XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 29/4/2008

TESTO AGGIORNATO AL 2 LUGLIO 2008

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
Ingrid Betancourt, militante per la difesa dei diritti umani, impegnata dal 1990 nella lotta alla corruzione e al narcotraffico e candidata nel 2002 alle elezioni presidenziali, fu rapita il 23 febbraio dello stesso anno, dalle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia, e che da allora se ne sono perse le tracce;
il 17 maggio e il 30 novembre 2007 si è appreso, per mezzo di un ostaggio fuggito alle Farc e per mezzo di un video rilasciato dalla stessa formazione armata, che Ingrid Betancourt è viva e gode ancora di discreta salute;
nonostante in questi anni il Governo colombiano abbia progressivamente, quanto timidamente, aperto alle proposte delle Farc per lo scambio dei prigionieri, inserendo nelle trattative anche Paesi terzi, la situazione continua a rimanere nel più assoluto immobilismo e che spesso ciò avviene per la presenza, in alcuni ambienti governativi, di steccati ideologici ed atteggiamenti talvolta ambigui che finiscono sempre col far naufragare ogni tentativo di negoziazione;
il Ministro degli esteri francese Bernard Kouchner, dopo una serie di tentativi falliti ha deciso di riavviare i negoziati con le Farc per la liberazione della Betancourt e degli altri ostaggi;

impegna il Governo

a sostenere ogni sforzo ed ogni azione diplomatica della Francia e della comunità internazionale a favore di Ingrid Betancourt e degli altri ostaggi delle Farc in linea con i principi e i valori di libertà e democrazia che appartengono al dna costituzionale, politico e culturale dell'Italia;
a fare propria la causa della lotta alla corruzione e al narcotraffico anche di fronte allo stesso governo colombiano perché si ponga fine a questa barbarie e ad anni di lotte fratricide che ancora insanguinano la terra colombiana.
(1-00001) «Evangelisti, Donadi, Barbato, Borghesi, Costantini, Cambursano, Cimadoro, Di Giuseppe, Favia, Formisano Aniello, Giulietti, Messina, Misiti, Monai, Mura, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Pisicchio, Porcino, Porfidia, Razzi, Rota, Scilipoti, Touadi, Zazzera, Argentin, Bocci, Tullo, Tassone, Beltrandi, Bordo, Boffa, Boccuzzi, Binetti, Benamati, Castagnetti, Marco Carra, Burtone, Braga, Bossa, De Micheli, Dal Moro, Coscia, Corsini, Codurelli, Colombo, Ciriello, Cenni, Gianni Farina, Fassino, Farinone, Fadda, Esposito, D'Antona, Di Biagio, D'Incecco, Laratta, Lanzillotta, Giovanelli, Garavini, Fontanelli, Fogliardi, Fiano, Mazzarella, Mastromauro, Cesare Marini, Mariani, Lusetti, Lovelli, Lenzi, Laganà Fortugno, Peluffo, Andrea Orlando, Nicolais, Nastri, Mogherini Rebesani, Misiani, Miotto, Scalera, Sarubbi, Samperi, Rubinato, Realacci, Rampi, Pompili, Pistelli, Picierno, Piccolo, Viola, Vico, Verini, Arturo Mario Luigi Parisi, Servodio, Sereni, Schirru, Pezzotta, Brugger, Ricardo Antonio Merlo, Sardelli, Capitanio Santolini, Galletti, Delfino, Zinzi, Libè, Barbareschi, Barbaro, Bocciardo, Catone, Ciccioli, Concia, De Corato, Di Virgilio, D'Ippolito Vitale, Golfo, Moffa, Pelino, Pianetta, Rosso, Paolo Russo, Sbai, Scapagnini, Speciale, Stradella, Versace, Zacchera, Di Pietro, Bobba, Brandolini, Capano, De Biasi, Fluvi, Franceschini, Gasbarra, Ghizzoni, Gozi, Letta, Madia, Maran, Margiotta, Migliavacca, Motta, Naccarato, Narducci, Oliverio, Pedoto, Pes, Pizzetti, Rosato, Rossa, Sbrollini, Siragusa, Strizzolo, Vannucci, Veltroni, Zampa, Angeli, Bernini Bovicelli, Bianconi, Bocchino, Consolo, Tommaso Foti, Gava, Ghiglia, Laffranco, Lisi, Mancuso, Minasso, Patarino, Perina, Polidori, Porcu, Raisi, Adornato, Compagnon, Cera, Cesa, Poli, Volontè, Calabria, Gibiino, Damiano, Zucchi».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BER- NARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
fonti giornalistiche del 19 febbraio 2008 riportano le dichiarazioni del senatore Cossiga il quale, in una intervista rilasciata a Sky Tg24 dichiara: «Furono i nostri servizi segreti che, quando io ero Presidente della Repubblica, informarono l'allora sottosegretario Giuliano Amato e me che erano stati i francesi, con un aereo della marina, a lanciare un missile non ad impatto, ma a risonanza». L'obiettivo, sempre a detta del senatore Cossiga, non sarebbe stato il DC9 Itavia, bensì il leader libico Gheddafi e che fu salvato grazie a delle rivelazioni fattegli: «La verità è che Gheddafi si salvò perché il Sismi, il generale Santovito, apprese l'informazione, lo informò quando lui era appena decollato e decise di tornare indietro (...)

I francesi questo lo sapevano, videro un aereo dall'altra parte di quello italiano e si nascose dietro per non farsi prendere dal radar» -:
se siano a conoscenza dei fatti narrati;
se, ed eventualmente quali, provvedimenti urgenti intendano adottare.
(4-00022)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BER- NARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il 9 marzo scorso l'agenzia Ansa rilanciava la notizia secondo cui, in base ai dati diffusi dal Ministero dello sviluppo economico, cresce il numero di coloro che cancellano le ipoteche senza il ricorso del notaio. Secondo i dati del Ministero, in base agli aggiornamenti dell'Agenzia del territorio, in meno di un anno si sarebbe infatti già superata quota 150 mila, con un risparmio complessivo per i cittadini di circa 40-60 milioni di euro, considerando che ogni operazione costa, mediamente, intorno ai 300-400 milioni di euro. La norma è stata introdotta dalle cosiddette «lenzuolate» sulle liberalizzazioni del Ministro Pier Luigi Bersani;
sempre in base ai dati del Ministero, l'intero pacchetto sulle liberalizzazioni avrebbe prodotto finora un risparmio dei costi per i cittadini tra i 2,5 e i 2,8 miliardi di euro tra calo dei prezzi dei medicinali, della telefonia mobile e dei biglietti aerei, l'eliminazione dei costi per il passaggio di proprietà delle auto e, appunto, per la cancellazione delle ipoteche -:
quali siano, a un mese e mezzo di distanza dalla precedente comunicazione, i dati aggiornati sui risparmi dei costi per i cittadini determinati dall'adozione delle misure di liberalizzazione del Governo.
(4-00024)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'8 aprile 2008 il Ministro della salute, Livia Turco, a seguito delle numerose notizie di casi di mancata prescrizione della pillola del giorno dopo ha invitato i cittadini a segnalare direttamente al ministero tutte le difficoltà incontrate, e ha dichiarato che «è nostra intenzione offrire ai cittadini un canale in più per segnalare disfunzioni o mancate risposte di assistenza su un terreno così delicato come quello della contraccezione d'emergenza». Il Ministro della salute, riferisce una nota, «invita i cittadini a segnalare tali casi all'Ufficio relazioni con il pubblico (Urp) del ministero». Sarà cura del ministero «inviare tali segnalazioni alle Regioni e alle Asl di competenza per facilitare l'adozione di misure che evitino disfunzioni del servizio». il Ministro ha infine aggiunto: «Pensiamo sia dovere delle istituzioni farsi carico di questa domanda di assistenza facendo sì che nessuna donna sia lasciata sola in momenti difficili della propria vita, come può essere quello che la vede preoccupata per una possibile gravidanza non voluta» -:
se il Governo consideri sufficienti le misure sinora adottate a fronte di notizie così gravi riguardo all'effettiva possibilità per i cittadini di esercitare i propri diritti e all'effettivo rispetto della legge, e quali misure urgenti intenda adottare.
(4-00029)

MECACCI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
il 18 febbraio 2008 il Ministro delle infrastrutture, Antonio Di Pietro, ha dichiarato che «Le sentenze della Corte di Giustizia europea devono essere rispettate.

La Corte ha detto che si deve ristabilire la legalità: ridare a Europa 7 quello che è di Europa 7 e trasferire Retequattro sul satellite»;
il 20 novembre 2002 la Corte costituzionale, con la sentenza n. 466, bocciò la legge Maccanico del 1997, affermando che la stessa, oltre a non aver dato seguito alla sentenza n. 420 del 1994, che aveva dichiarato illegittimo il duopolio Rai-Fininvest, aveva peggiorato la situazione «con effetti ulteriormente negativi sui principi del pluralismo e della concorrenza, e con aggravamento delle concentrazioni». Secondo i giudici costituzionali, la legge Maccanico «non garantisce l'attuazione del principio del pluralismo informativo, che rappresenta uno degli imperativi ineludibili» stabiliti dalla Costituzione e da quattro direttive europee, e Retequattro, uno dei tre network berlusconiani, avrebbe dovuto trasferirsi sul satellite, liberando le frequenze nell'etere a vantaggio di nuovi editori, entro il 31 dicembre del 2003;
in seguito, una serie di leggi e decisioni giudiziarie, ignorando le decisioni della Consulta, ha permesso a Retequattro di proseguire le sue trasmissioni; in particolare la legge Gasparri, firmata dal Governo Berlusconi, ha permesso a Retequattro di rimanere al suo posto;
la Quarta Sezione della Corte di Giustizia del Lussemburgo ha stabilito che il regime italiano di assegnazione delle frequenze per le attività di trasmissione radiotelevisiva «è contrario al diritto comunitario» e «non rispetta il principio della libera prestazione dei servizi e non segue criteri di selezione obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati». La sentenza, pubblicata, ha stabilito che: «L'articolo 49 CE e, a decorrere dal momento della loro applicabilità, l'articolo 9, n. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7 marzo 2002, 2002/21/CE, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva "quadro"), gli articoli 5, nn. 1 e 2, secondo comma, e 7, n. 3, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7 marzo 2002, 2002/20/CE, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva "autorizzazioni"), nonché l'articolo 4 della direttiva della Commissione 16 settembre 2002, 2002/77/CE, relativa alla concorrenza nei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica, devono essere interpretati nel senso che essi ostano, in materia di trasmissione televisiva, ad una normativa nazionale la cui applicazione conduca a che un operatore titolare di una concessione si trovi nell'impossibilità di trasmettere in mancanza di frequenze di trasmissione assegnate sulla base di criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati»;
il Centro Europa 7 s.r.l. sin dal 1999, avendo vinto la gara per ottenere la concessione, avrebbe dovuto poter trasmettere su tutto il territorio nazionale, ma non ha potuto farlo, perché Retequattro, emittente del gruppo Mediaset, ha illegittimamente continuato ad occupare le frequenze -:
quali misure il Governo intenda adottare per dare seguito alla sentenza della Corte di Giustizia e per ripristinare tempestivamente la legalità violata, ponendo riparo ad una situazione che ad avviso degli interroganti nega i principi dello Stato di diritto e che ipoteca la possibilità di un futuro democratico per il nostro Paese.
(4-00030)

MECACCI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
il 17 marzo 2008 il Ministro delle comunicazioni, Paolo Gentiloni, ha dichiarato che è necessario «accompagnare il processo di liberalizzazione del sistema audiovisivo, perché c'è ancora troppa concentrazione», e ha ribadito la necessità

che «una rete Mediaset e una Rai vadano in anticipo su una piattaforma digitale terrestre. Non c'è nulla di così drammatico o punitivo come si vorrebbe fare credere»;
il 21 marzo lo stesso Ministro dichiarava, ospite della trasmissione Radio anch'io, che non serve «smembrare» Mediaset per aprire il mercato televisivo, ma sarebbe sufficiente trasferire una rete sul digitale, come stabilisce la legge -:
quali iniziative il governo intenda prendere in proposito, anche alla luce della recente pronuncia della Corte di giustizia dell'Unione europea in merito alla vicenda di Europa 7, sulla base della quale il fatto che una rete Mediaset (Retequattro) debba liberare le frequenze è un preciso obbligo giuridico al quale adempiere urgentemente, non una semplice «necessità».
(4-00031)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
lo scorso 4 aprile il Consiglio di Stato ha definitivamente annullato il decreto del Ministro Livia Turco che disciplinava i pagamenti dei danneggiati da vaccinazione secondo un ordine di arrivo delle domande che, non essendo verificabile, avrebbe potuto essere pilotato dai funzionari. Il Ministro della salute ha però dichiarato che la decisione del Consiglio di Stato non provocherà conseguenze, poiché il decreto riguardava 400 persone che avevano subito danni con vaccini e questi malati o i loro eredi «sono stati già tutti liquidati». Il ministero ha anche fatto sapere che l'intera procedura è stata completata con un tavolo di lavoro, guidato dal sottosegretario Antonio Gaglione, «in stretto contatto con le associazioni»;
secondo notizie diffuse dalle agenzie di stampa, sulla vicenda sarebbe stata trasmessa alla Corte dei conti una denuncia contro il Ministro «per il danno erariale causato dalla proliferazione di centinaia di azioni giudiziarie messe in atto contro il dicastero e provocate dal decreto illegittimo della Turco» -:
se queste notizie rispondano al vero, e quali misure urgenti il Governo intenda eventualmente adottare per porre riparo alla situazione.
(4-00032)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il 1 aprile 2008 il Ministro dello sviluppo economico, Pier Luigi Bersani, ha dichiarato a Sky Tg 24 che il Governo è pronto a valutare d'intesa con l'opposizione se vi siano margini per un provvedimento contro il rincaro delle tariffe di elettricità e gas: come per le accise sulla benzina, «con la sterilizzazione dell'Iva per evitare che lo Stato sia cointeressato agli aumenti», il Governo è pronto a valutare un analogo provvedimento «per quel che riguarda l'energia elettrica e il gas». Bersani ha poi aggiunto che «certamente siamo però in un'amministrazione di transizione, possiamo solo fare ordinaria amministrazione, quindi questi sono provvedimenti normativi che in una situazione del genere è difficile prendere. Comunque sentiremo l'opposizione se c'è una possibilità di questo genere» -:
se e quali siano le iniziative che il Governo intenda prendere in relazione alle gravi situazioni denunciate.
(4-00033)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il 13 marzo 2008 il ministro dello sviluppo economico, Pier Luigi Bersani, ha dichiarato a Perugia, in occasione dell'Assemblea generale di Ance, Sindacato dei

costruttori edili di Confindustria, che «non dobbiamo sentirci impotenti, ma fare politiche di scala europea e di scala nazionale per cercare di superare una fase che credo che sarà a poco a poco superata, di aggiustamento, che sta portando dei colpi gravi al potere di acquisto delle classi sociali più deboli... ci sono elementi strutturali evidenti perché centinaia di milioni di persone chiedono energia, e quindi i prezzi salgono. Ci sono fenomeni speculativi evidenti. Ma io credo che la prima misura da prendere sarebbe quella che l'Europa organizzasse meglio i suoi 500 milioni di consumatori» -:
quali provvedimenti il Governo intenda adottare per creare condizioni favorevoli alla crescita e allo sviluppo di associazioni di consumatori effettivamente indipendenti e competitive, invertendo la tendenza delle associazioni stesse ad una sorta di sempre più pronunciata parastatalizzazione.
(4-00034)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, MECACCI, FARINA COSCIONI, BERNARDINI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il 28 febbraio 2008 la Commissione europea ha deferito l'Italia alla Corte europea di Giustizia per le restrizioni nazionali in materia di apertura delle stazioni di servizio di carburanti;
lo stesso giorno il Ministro dello sviluppo economico, Pier Luigi Bersani, ha commentato la decisione dichiarando, secondo quanto riportato dalle principali agenzie di stampa, che «il Governo aveva previsto per tempo misure idonee a rispondere adeguatamente alle contestazioni di Bruxelles ritenendo fra l'altro di contribuire ad elevare a standard europei la rete nazionale di distribuzione dei carburanti. Il provvedimento rimasto fermo al palo contiene infatti, tra l'altro, l'ammodernamento della rete e la piena liberalizzazione del settore e avrebbe potuto realizzare qualcosa di utile anche dal lato del prezzo della benzina -:
quali provvedimenti il Governo intenda prendere in tempo utile per evitare il deferimento;
se intenda ricorrere - come in altri casi - alla decretazione d'urgenza, ricorrendone - nell'imminenza del deferimento, peraltro previsto - tutti i presupposti ad avviso degli interroganti.
(4-00035)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la versione consolidata del Trattato sull'Unione europea e del Trattato che istituisce la Comunità europea all'articolo 307 prevede che le disposizioni del trattato non pregiudicano i diritti e gli obblighi derivanti da convenzioni concluse, anteriormente al 1 gennaio 1958 o, per gli Stati aderenti, anteriormente alla data della loro adesione, tra uno o più Stati membri da una parte e uno o più Stati terzi dall'altra;
nella misura in cui tali convenzioni sono incompatibili col trattato, lo Stato o gli Stati membri interessati ricorrono a tutti i mezzi atti ad eliminare le incompatibilità constatate -:
quali siano le convenzioni concluse anteriormente al 1 gennaio 1958 tra l'Italia e uno o più Stati terzi;
se, quando, da chi, con quali motivazioni dette Convenzioni siano state valutate compatibili con i Trattati dell'Unione europea.
(4-00039)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente

del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 27 marzo 2006, a seguito di alcuni articoli di stampa che avevano preannunciato il movimento di 12 prefetti in prossimità delle elezioni politiche del 9 e 10 aprile, il presidente dell'associazione dei prefetti, il Sinpre, Claudio Palomba, inviò al Ministro dell'interno una accorata missiva: «...non è mai stato nello stile dei Ministro dell'interno dal 1948 ad oggi (salvo alcuni rarissimi casi) elargire regali e remunerazioni a fine legislatura così come i Ministri di questo dicastero si sono sempre distinti dagli altri per il rigore ed un certo "distacco" nel periodo di campagna elettorale, dovuto proprio al loro ruolo di garanti della correttezza del procedimento elettorale...» («i libri di diario», numero 3, maggio 2007 - pagina 54);
il 29 marzo il Consiglio dei ministri riunito a Palazzo Chigi, su proposta del Ministro dell'interno Pisanu, delibera il movimento di 12 Prefetti;
il 19 luglio 2006 il Prefetto Adriana Fabbretti, direttore dei Servizi elettorali del Viminale, nel corso dell'audizione alla Giunta delle elezioni della Camera dei deputati, «alla domanda dell'onorevole Donata Lenzi, il Prefetto Fabbretti aveva risposto "Probabilmente, vi saranno stati anche dei tempi tecnici, perché l'afflusso dei dati al Ministero crea delle code, in quanto ogni prefettura invia il proprio dato. Quando chiedevo perché si fermasse la trasmissione mi spiegavano che ciò era dovuto al fatto che si creavano dei blocchi. In prefettura, forse, il dato arrivava prima, perché era singolo. Ci saranno stati dei motivi tecnici, sui quali non sono in grado di riferire". Donata Lenzi: "Quindi, lei dice che quel vuoto che ha tenuto l'Italia con il fiato sospeso tra le 16 e le 17,30 di lunedì è stato provocato solo da una causa tecnica?" Prefetto Fabbretti: "Sì. La causa è stata solo tecnica, anche perché i dati venivano trasmessi su internet automaticamente, e quindi non si potevano bloccare.«»;
il 14 dicembre 2006 Roberto Andracchio, dirigente dell'Area 1, capoufficio staff dell'Ufficio I dei Servizi informatici elettorali del Viminale, nel corso di una testimonianza resa negli Uffici della Questura di Roma-Digos, dichiara, tra l'altro, che: «Per quello che riguarda l'andamento dei flussi elettorali e, in particolare, i ritardi, voglio dire che la sera delle elezioni, intorno alle ore 20 circa, anche se non ricordo con precisione l'orario, ci siamo accorti di rallentamenti, all'inizio minimi ma che andavano crescendo. Vale a dire i dati che arrivavano dalle Prefetture non erano diffusi istantaneamente ma si mettevano in coda provocando ritardi. Abbiamo verificato il corretto funzionamento dei nostri sistemi del centro informatico e poi, attraverso uno scambio di informazioni con il Dipartimento della pubblica sicurezza, ci è stato segnalato il malfunzionamento di una macchina di sicurezza "anti-intrusione" interna alla rete del Centro informatico, ossia un apparato di rete a salvaguardia degli apparati interni al Centro tecnico. Abbiamo risolto il problema baipassando questa macchina e adottando altre misure di sicurezza e in tempi piuttosto rapidi, circa 20 minuti, dopo aver focalizzato il problema, la situazione si è normalizzata. Diciamo che il "blocco" è durato circa 30 minuti e nei 15 o 20 minuti successivi, risolto il problema, tutto l'arretrato, ovvero i dati che erano stati messi in coda, sono stati regolarmente diffusi. Non ci sono stati ritardi nel completamento delle operazioni diffusione dati.» («i libri di diario», numero 3, maggio 2007 - pagina 23);
marzo 2007, Enrico Deaglio, direttore di Diario, che aveva formulato alcune domande al Ministero dell'interno, alla domanda specifica: ci furono blocchi di trasmissione dati quella notte?, Felice Colombrino, capo ufficio stampa del Ministero dell'interno, risponde: «... l'interruzione della diffusione dei dati sul sito internet è avvenuta una sola volta ed è durata 32 minuti (dalle ore 00.10 alle ore 00.42). Nei successivi 20 minuti si è provveduto a smaltire celermente e a diffondere tutte le comunicazioni accumulate. La breve interruzione è stata causata da un transitorio, rallentato funzionamento di un apparato di rete locale del Ministero

dell'interno, collegato al sistema di diffusione dei dati. Durante la notte delle elezioni è stata assicurata la presenza di specialisti Siemens per la sola, eventuale assistenza al personale interno del Ministero che ha gestito direttamente le fasi operative ed i rapporti con le Prefetture.» («i libri di diario», numero 3, maggio 2007 - pagina 59);
il 3 gennaio 2006 viene approvato dal Consiglio dei ministri il decreto-legge n. 1, che sarà convertito con modificazioni il 27 gennaio dalla legge n. 22 con il quale si dettano, tra l'altro, «disposizioni urgenti ... per la rilevazione informatizzata dello scrutinio...»;
il 21 febbraio 2006 il Ministro per l'innovazione e le tecnologie in risposta all'interrogazione 4-10195 presentata dal senatore Fiorello Cortiana, in relazione alla nomina gli operatori informatici - previsti dall'articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 1 del 2006 - scriveva che «la loro individuazione dovrà necessariamente basarsi sulle capacità tecniche possedute; in ogni caso ad essi verranno forniti specifica formazione e adeguato addestramento.»;
il 21 marzo 2006, il Ministro per l'innovazione e le tecnologie emanò un decreto di nomina degli operatori informatici e otto giorni dopo, il 29 marzo, ne emise un secondo, avendo «Ritenuto opportuno ampliare l'elenco degli operatori informatici al fine di disporre di un adeguato numero di soggetti che assicurino l'esecuzione della rilevazione informatizzata dello scrutinio delle elezioni politiche 2006 nella totalità degli uffici elettorali di sezione»; nella Gazzetta Ufficiale n. 81 di giovedì 6 aprile 2006, non sono stati pubblicati i due decreti ma un comunicato nel quale si dice che «I suddetti provvedimenti sono consultabili sul sito del Ministro per l'innovazione e le tecnologie denominato www.innovazione.gov.it», oggi introvabili; dai due decreti si evince che sono stati nominati 39.838 operatori informatici come di seguito indicato:
provincia di Roma: 7.817 (decreto ministeriale 21 marzo 2006); incremento: 1.899 unità pari al 24,29 per cento (decreto ministeriale 29 marzo 2006); totale operatori informatici: 9.716 unità;
provincia di Rieti: 875 (decreto ministeriale 21 marzo 2006); incremento: 135 unità pari al 15,43 per cento (decreto ministeriale 29 marzo 2006); totale operatori informatici: 1.010 unità;
provincia di Viterbo: 1.206 (decreto ministeriale 21 marzo 2006); incremento: 331 unità pari al 27,45 per cento (decreto ministeriale 29 marzo 2006); totale operatori informatici: 1.537 unità;
provincia di Latina: 1.898 (decreto ministeriale 21 marzo 2006); incremento: 160 unità pari all'8,43 per cento (decreto ministeriale 29 marzo 2006); totale operatori informatici: 2.058 unità;
provincia di Frosinone: 1.943 (decreto ministeriale 21 marzo 2006); incremento: 92 unità pari al 4,73 per cento (decreto ministeriale 29 marzo 2006); totale operatori informatici: 2.035 unità;
provincia di Genova: 2.148 (decreto ministeriale 21 marzo 2006); incremento: 432 unità pari al 20,11 per cento (decreto ministeriale 29 marzo 2006); totale operatori informatici: 2.580 unità;
provincia di Imperia: 981 (decreto ministeriale 21 marzo 2006); incremento: 51 unità pari al 5,20 per cento (decreto ministeriale 29 marzo 2006); totale operatori informatici: 1.032 unità;
provincia di La Spezia: 1.077 (decreto ministeriale 21 marzo 2006); incremento: 18 unità pari all'1,67 per cento (decreto ministeriale 29 marzo 2006); totale operatori informatici: 1.095 unità;
provincia di Savona: 1.036 (decreto ministeriale 21 marzo 2006); incremento: 62 unità pari al 5,98 per cento (decreto ministeriale 29 marzo 2006); totale operatori informatici: 1.098 unità;
provincia di Bari: 3.057 (decreto ministeriale 21 marzo 2006); incremento: 449 unità pari al 14,69 per cento (decreto

ministeriale 29 marzo 2006); totale operatori informatici: 3.506 unità;
provincia di Barletta-Andria-Trani: 557 (decreto ministeriale 21 marzo 2006); incremento: 2 unità pari allo 0,36 per cento (decreto ministeriale 29 marzo 2006); totale operatori informatici: 559 unità;
provincia di Brindisi: 1.151 (decreto ministeriale 21 marzo 2006); incremento: 127 unità pari all'11,03 per cento (decreto ministeriale 29 marzo 2006); totale operatori informatici: 1.278 unità;
provincia di Lecce: 1.989 (decreto ministeriale 21 marzo 2006); incremento: 249 unità pari al 12,52 per cento (decreto ministeriale 29 marzo 2006); totale operatori informatici: 2.238 unità;
provincia di Taranto: 1.652 (decreto ministeriale 21 marzo 2006); incremento: 170 unità pari al 10,29 per cento (decreto ministeriale 29 marzo 2006); totale operatori informatici: 1.882 unità;
provincia di Foggia: 1.737 (decreto ministeriale 21 marzo 2006); incremento: 187 unità pari al 10,77 per cento (decreto ministeriale 29 marzo 2006); totale operatori informatici: 1.924 unità;
provincia di Cagliari: 1.734 (decreto ministeriale 21 marzo 2006); incremento: 134 unità pari al 7,73 per cento (decreto ministeriale 29 marzo 2006); totale operatori informatici: 1.868 unità;
provincia di Nuoro: 860 (decreto ministeriale 21 marzo 2006); incremento: 41 unità pari al 4,77 per cento (decreto ministeriale 29 marzo 2006); totale operatori informatici: 901 unità;
provincia di Carbonia-Iglesias: 365 (decreto ministeriale 21 marzo 2006); incremento: - unità pari al - per cento (decreto ministeriale 29 marzo 2006); totale operatori informatici: 365 unità;
provincia di Medio Campidano: 289 (decreto ministeriale 21 marzo 2006); incremento: 5 unità pari all'1,73 per cento (decreto ministeriale 29 marzo 2006); totale operatori informatici: 294 unità;
provincia di Olgiastra: 225 (decreto ministeriale 21 marzo 2006); incremento: 5 unità pari al 2,22 per cento (decreto ministeriale 29 marzo 2006); totale operatori informatici: 230 unità;
provincia di Oristano: 875 (decreto ministeriale 21 marzo 2006); incremento: 31 unità pari al 3,54 per cento (decreto ministeriale 29 marzo 2006); totale operatori informatici: 906 unità;
provincia di Sassari: 1.357 (decreto ministeriale 21 marzo 2006); incremento: 128 unità pari al 9,43 per cento (decreto ministeriale 29 marzo 2006); totale operatori informatici: 1.485 unità;
provincia di Olbia-Tempio: 299 (decreto ministeriale 21 marzo 2006); incremento: 2 unità pari allo 0,67 per cento (decreto ministeriale 29 marzo 2006); totale operatori informatici: 301 unità;
Totali: 35.128 (decreto ministeriale 21 marzo 2006); incremento: 4.710 unità pari al 13,41 per cento (decreto ministeriale 29 marzo 2006); totale operatori informatici: 39.838 unità;

il 10 aprile 2006, seconda giornata della tornata elettorale, il Ministro per l'innovazione e le tecnologie emette un terzo decreto per nominare ulteriori 176 operatori informatici «stante il fatto che gli elenchi approvati» con i precedenti decreti «sono risultati insufficienti al momento dell'effettiva presentazione ai seggi degli operatori»;
il 3 gennaio 2006 viene approvato dal Consiglio dei ministri il decreto-legge n. 1, che sarà convertito con modificazioni il 27 gennaio dalla legge n. 22 con il quale si dettano, tra l'altro, «disposizioni urgenti ... per la rilevazione informatizzata dello scrutinio...»;
il 14 marzo 2006 viene sottoscritto il «Contratto per l'affidamento della realizzazione di un Sistema integrato per la

rilevazione informatizzata dello scrutinio alle elezioni politiche del 2006, nonché per la sperimentazione della trasmissione informatizzata dei risultati dello scrutinio agli uffici preposti alla proclamazione e convalida degli eletti» sottoscritto il 14 marzo 2006 dall'ingegner Mario Pelosi per conto della «Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le innovazioni e le tecnologie» e dal signor Marcello Giuseppe Caruti Antonelli per conto di «Telecom Italia Spa» in quanto Impresa mandataria capogruppo di un Raggruppamento Temporaneo di Imprese, per un importo di euro 27.995.000 (iva esclusa); detto contratto manca delle pagine da 8 a 27 e dalla 29 alla 40 nonché dei 4 allegati («i libri di diario», numero 3, maggio 2007 - riproduzione del contratto alle pagine 60/62);
il 21 febbraio 2006 il Ministro per l'innovazione e le tecnologie in risposta all'interrogazione 4-10195 presentata dal senatore Fiorello Cortiana, scriveva che «A proposito del rilievo circa le modalità di affidamento della gestione e realizzazione dello scrutinio elettronico, si osserva che il citato decreto-legge n. 1 del 2006 ha espressamente previsto che tale affidamento avvenga in deroga alle norme di contabilità generale dello Stato, stante il brevissimo lasso di tempo disponibile prima della consultazione elettorale; lo svolgimento delle procedure ordinarie sarebbe stato infatti impossibile in tempi tanto ristretti. La modalità prescelta è quindi quella della trattativa privata; in tal senso, sulla base di procedure trasparenti e nel pieno rispetto delle leggi del mercato, verranno valutate l'economicità e la funzionalità delle offerte.»;
il 9 marzo 2006 la società Ales srl di Selargius (Cagliari) fa notificare al Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie presso il Consiglio dei ministri e al Ministero dell'interno un atto stragiudiziale di diffida (avente ad oggetto il servizio di rilevazione informatizzata dei risultati degli scrutini elettorali in occasione delle elezioni politiche del 2006), dall'utilizzare - onde non incorrere nelle medesime violazioni di legge attribuite a E.D.S. Italia S.p.A, ognuno per quanto di propria competenza: numeri di licenze d'uso del programma «Seggio Elettorale Elettronico e-Voto®», oltre la misura massima delle 2.500 cedute dalla Ales S.r.l. nel 2004, in relazione alla lesione dei diritti alla stessa riferibili quale titolare del prodotto denominato «Seggio Elettorale Elettronico e-Voto®»;
il 24 marzo 2006, mancavano appena 16 giorni alle elezioni. E un giornale (Diario ndr) sollevava degli interrogativi gravissimi su una vicenda (lo scrutinio elettronico ndr) di cui, apparentemente, nessuno aveva mai sentito parlare ... «il contratto era riservato» ... non c'era stato un regolare appalto, ma si era dovuto procedere rapidamente perché era cambiata la legge elettorale. Non venne data particolare risposta a una ditta di informatica sarda, la Ales, che aveva condotto precedenti sperimentazioni con un proprio software brevettato e che si vedeva scippata della sua invenzione. Della serietà delle tre società che si erano unite per assicurarsi l'appalto di 32 milioni di euro, poi, non si poteva dubitare. La Telecom era ... già impegnata nei servizi elettorali per tutto ciò che riguardava la telefonia; la Accenture (l'ex Arthur Andersen travolta dallo scandalo Enron) ... la Eds, fondata dal miliardario americano Ross Perot ... il contratto, che non era visibile, non dipendeva dal Ministero dell'interno, ma dal Dipartimento per l'innovazione e della tecnologia, diretto da Lucio Stanca. Un dipartimento che fa parte della presidenza del Consiglio («i libri di diario», numero 3, maggio 2007 - pagina 20);
il 5 aprile 2006, sul quotidiano International Herald Tribune appare un articolo di Eric Sylvers, corrispondente dell'International Herald Tribune da Milano nel quale, tra l'altro, scrive che «Il decreto relativo al nuovo metodo di scrutinio (elettronico) dei voti, approvato dal Governo Berlusconi in gennaio, indica che in caso di contestazione dei voti scrutinati elettronicamente, questi non saranno considerati validi e saranno utilizzati i voti scrutinati manualmente. Ma i critici affermano che

un tale sviluppo potrebbe portare a una crisi simile a quella avvenuta in Florida nelle elezioni presidenziali americane del 2000. I critici sottolineano inoltre che il figlio di un ministro (Pisanu) è partner in una delle società che gestiranno il processo dello scrutinio elettronico (Accenture). ... Il contratto principale è stato assegnato, senza un bando pubblico, a Telecom Italia... Telecom Italia ha rifiutato di commentare sulla sua scelta di utilizzare Accenture...»;
il 6 aprile 2006 il quotidiano La Repubblica pubblica un articolo proveniente da Milano a firma Luca Fazzo, con occhiello «L'Allarme»; titolo: «Falle nel sistema di voto elettronico»; sottotitolo: «Rapporto al Viminale: rischi di attacchi, intrusioni e blocchi»; sommari: «I tecnici segnalano varchi nel sistema di sicurezza, che possono essere utilizzati da hacker». «Individuate due linee interne telefoniche del ministero in grado di agire come "porte"». «La polizia postale ha attivato un servizio 24 ore su 24 per le denunce di incursioni». «Alcune falle rendono vulnerabile il sistema di "voto elettronico" che in occasione delle elezioni politiche di domenica e lunedì raccoglierà ed elaborerà le schede di parte degli elettori italiani. Secondo un rapporto pervenuto nei giorni scorsi ai responsabili del ministero degli Interni, il sistema - appaltato dal Viminale a tre società private - è esposto ad attacchi, incursioni e blocchi. Inoltre il rapporto segnala l'individuazione all'interno del Ministero degli interni di postazioni in grado di entrare nel sistema senza motivo apparente. L'esperimento voluto dal Governo riguarda, come è noto, il voto di quattro regioni - Lazio, Liguria, Puglia e Sardegna - ed è stato affidato senza gara d'appalto ad un consorzio composto dall'americana Eds, da Accenture (ex Andersen Consulting) e da Telecom Italia. Nei giorni scorsi una serie di polemiche politiche avevano investito l'operazione, in particolare per quanto riguardava il sistema di consegna del voto dei seggi, affidato a diciottomila lavoratori interinali muniti di una chiavetta Usb con i dati da riversare nel cervellone centrale. Ma ora l'attenzione del ministero è focalizzata sulle lacune indicate dal rapporto promosso dallo stesso Viminale sul sistema operativo che gestirà i dati. Lunedì scorso una riunione dei responsabili dell'operazione ha comunque ritenuto che le falle non impediscano di proseguire l'esperimento: il voto elettronico, dunque, va avanti. Anche perché in caso di contestazioni e di discrepanze, a fare testo saranno comunque i tradizionali verbali su carta. Ad allarmare i tecnici sono stati alcuni varchi nel sistema di sicurezza che protegge il sistema, che potrebbero essere utilizzati da hacker - cioè da vandali informatici - per alterare il flusso dei dati o per paralizzarlo con quella che in gergo si chiama Dos, un sovraccarico di dati tale da mandare in tilt il servizio. Ma allarmante è stata anche l'individuazione di due utenze telefoniche interne del ministero in grado di agire come roots, le porte d'accesso privilegiate che dovrebbero essere riservate agli operatori del sistema. Il rischio di attacchi informatici in occasione delle elezioni è considerato alto dagli specialisti del settore. La polizia postale ha attivato un servizio 24 ore su 24 per raccogliere le denunce di incursioni come quelle che due giorni fa hanno paralizzato i siti web di due importanti aziende di comunicazione.» («i libri di diario», numero 3, maggio 2007 - pagina 57);
«Telecom ha anche una serie di doveri pubblici, tra cui quello di assicurare il funzionamento delle intercettazioni telefoniche richieste dalla magistratura ... e l'archivio di tutto il traffico telefonico ... la security Telecom ha spiato concorrenti, dipendenti, ha organizzato dossieraggi ... si è interfacciata con i servizi segreti italiani e francesi, ha ricattato, controllato, spiato, ha alimentato una serie notevole di società di consulenza che in realtà erano di spionaggio. Ma la punta di diamante dell'organizzazione ... è il Tiger Team, di cui l'animatore è Fabio Ghioni ... del Tiger Team fanno parte diverse persone; oltre a Ghioni, Rocco Lucia, Andrea Pompili, Alfredo Melloni, Roberto Preatoni ... A conoscere molti segreti del Tiger Team è Adamo Bove, responsabile della security

della Tim. Collabora con i magistrati di Milano che conducono l'inchiesta ... Precipita da un viadotto sulla tangenziale di Napoli il 21 luglio 2006 ... è curioso che uomini del Tiger Team capitanato da Fabio Ghioni siano stati coinvolti dal Viminale per curare la sicurezza delle operazioni elettorali del 2006 e in particolare impedire intrusioni di hacker: così entrarono al Viminale, realizzarono un lungo e dettagliato sopralluogo, fecero un'ispezione delle macchine, simulazioni di attacchi, verifica di password e meccanismi antintrusione.» («i libri di diario», numero 3, maggio 2007 - pagine 16-17);
«Le notizie che Luca Fazzo ebbe per lo scoop sull'allarme al Viminale venivano da Fabio Ghioni, il capo del Tiger Team della Telecom, alle dirette dipendenze di Giuliano Tavaroli.» («i libri di diario», numero 3, maggio 2007 - pagina 25);
il 1 marzo 2007, Il Sottosegretario di Stato per l'interno Francesco Bonato, in risposta all'interrogazione dell'onorevole Licandro, scriveva che «Com'è noto, la rilevazione informatizzata dello scrutinio delle elezioni politiche del 2006, prevista dall'articolo 2 della legge 27 gennaio 2006, n. 22, è stata curata dal Ministero dell'interno e dal Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei ministri. In particolare, questa Amministrazione ha seguito la realizzazione della fase preparatoria, assicurando la conformità alle norme delle procedure e diramando le numerose circolari a tutti i soggetti coinvolti, mentre il Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie si è occupato degli aspetti operativi compresa l'organizzazione sul campo, l'assistenza tecnica, l'individuazione delle società private coinvolte nell'iniziativa e la gestione della relativa attività contrattuale. In vista delle elezioni politiche del 9 e 10 aprile 2006, per rendere ancora più sicuro il sistema informatico di diffusione dei risultati elettorali, è stata pianificata un'attività di verifica e test mirata specificamente a prevenire eventuali attacchi informatici. Tale attività, svolta nel mese di marzo 2006, ha visto coinvolti oltre ai competenti uffici ministeriali, Telecom Italia S.p.a, che ordinariamente svolge attività sulla rete del Ministero sulla base di convenzioni con il Dipartimento della pubblica sicurezza, e il già citato Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei ministri. Quest'ultimo Dipartimento ha affidato l'incarico dell'effettuazione dei test anti-hacker alla Telecom Italia S.p.A. che ha quindi comunicato i nomi delle persone incaricate al Centro tecnico informatico della Direzione centrale dei servizi elettorali, per consentirne l'accesso presso il Compendio Viminale. Fra questi nominativi era compreso anche quello del signor Rocco Lucia. Si precisa che il personale indicato da Telecom Italia S.p.A. non è intervenuto né sulle macchine, né sui programmi di raccolta e diffusione dati del Centro tecnico informatico della Direzione centrale dei servizi elettorali ed ha effettuato esclusivamente simulazioni di attacco alla rete. Solo in questo ambito di attività si è svolto l'incarico del consulente Telecom Rocco Lucia.»;
marzo 2007, Felice Colombrino, capo ufficio stampa del Ministero dell'interno rispondendo a una domanda del direttore di Diario, Enrico Deaglio, nel richiamare la risposta all'interrogazione dell'onorevole Licandro, aggiungeva che «il signor Alfredo Melloni, il cui nominativo figurava tra quelli comunicati dalla Telecom Italia S.p.A., ha partecipato solo nei primissimi giorni all'attività specificata nella risposta alla predetta interrogazione.» («i libri di diario», numero 3, maggio 2007 - pagina 59);
il 17 maggio 2007, come riportato dall'Agenzia ANSA, nell'ambito della trasmissione «Prima serata» in onda su Telelombardia condotta da David Parenzo, è andata in onda una intervista realizzata da Stefano Golfari in cui Pilerio Plastina, avvocato di Fabio Ghioni, ha affermato che «Se gli specialisti del Tiger team, prestati al Viminale, avessero voluto manipolare i dati informatici delle elezioni politiche, sicuramente non avrebbero lasciato tracce. Perché già avevano tutte le

chiavi di accesso e quindi non avevano alcun bisogno di entrare come hacker nel sistema ... è vero invece che le tre incursioni informatiche ... ci sono state, ma sono state rilevate e contrastate dallo stesso Tiger Team» -:
se risulti dagli atti depositati presso i ministeri interrogati:
a) quali ragioni abbiano indotto il Ministero dell'interno a insediare dodici prefetti nel pieno della campagna elettorale;
b) con quali modalità il Ministero dell'interno abbia proceduto alla raccolta dei dati e alla loro successiva comunicazione ai mezzi di stampa nel periodo intercorso dall'apertura delle urne elettorali alla diffusione definitiva dei dati ufficiosi da parte dello stesso Ministero;
c) per quale motivo, nella notte tra il 10 e l'11 aprile 2006, nel corso dello scrutinio dei voti, l'aggiornamento dei dati che affluivano al Ministero dell'interno sia stato sospeso per diverse ore e facendo ritardare la diffusione all'opinione pubblica dei dati ufficiosi da parte del Ministero dell'interno;
d) a chi siano imputabili gli eventuali errori materiali che hanno portato alla quantificazione complessiva di 43.028 schede contestate nell'elezione della Camera dei deputati;
e) le ragioni per le quali gli errori concernenti la quantificazione delle schede contestate si siano concentrati in un numero limitato di province, in particolare quelle di Catania, Como, Enna, Pisa e Udine, e a quale livello, territoriale o centrale, tali errori sono stati compiuti;
f) per quale motivo il Ministero dell'interno abbia impiegato quarantotto ore per rendersi conto degli errori materiali di cui alle lettere d) ed e);
g) quali dotazioni tecniche il Ministero della giustizia ha messo a disposizione degli uffici elettorali circoscrizionali per le operazioni di somma dei dati di ogni sezione elettorale e di trasmissione degli stessi all'Ufficio centrale costituito presso la Corte di cassazione;
h) quanto tempo abbiano impiegato gli uffici elettorali istituiti presso ciascuna corte d'appello per trasmettere i dati definitivi all'Ufficio centrale e quali siano la data e l'ora di tali trasmissioni;
i) come si sia proceduto alla individuazione degli operatori informatici;
l) chi abbia controllato che gli operatori informatici avessero i requisiti di cui si dà atto essere in loro possesso nei decreti di nomina e che avessero ricevuto la necessaria specifica formazione e l'adeguato addestramento;
m) quando sia stato reso noto al Ministero per l'innovazione e le tecnologie il numero totale degli uffici elettorali di sezione delle regioni interessate allo scrutinio elettronico;
n) per quali ragioni i decreti di nomina degli operatori informatici non siano stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale;
o) ammesso che il 9 aprile 176 operatori informatici non si siano presentati all'ufficio elettorale di sezione, come abbia fatto ad individuarli per poi nominarli con decreto il giorno successivo;
p) se il contratto sottoscritto tra «Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le innovazioni e le tecnologie» e la Telecom Italia spa sia pubblico e conoscibile e, in caso contrario, per quali motivi non lo sia;
q) se e quali società siano state invitate a presentare un'offerta per la realizzazione di un Sistema integrato per la rilevazione informatizzata dello scrutinio alle elezioni politiche del 2006, nonché per la sperimentazione della trasmissione informatizzata dei risultati dello scrutinio agli uffici preposti alla proclamazione e convalida degli eletti; e, nel caso fossero diverse le proposte ricevute, quali siano i motivi che hanno portato a scegliere Telecom

Italia SpA in quanto Impresa mandataria capogruppo di un Raggruppamento Temporaneo di Imprese;
r) se risponda al vero che l'ingegner Mario Pelosi, che ha sottoscritto per conto della «Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le innovazioni e le tecnologie» il contratto con Telecom Italia Spa, era stato in precedenza Socio della Andersen Consulting/Accenture;
s) se risponda al vero che il signor Gianmario Pisanu, al momento della firma del contratto di cui al punto 2, era socio della Accenture;
t) quali iniziative abbia preso il Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie presso il Consiglio dei ministri e il Ministero dell'interno a seguito dell'atto stragiudiziale di diffida promosso dall'azienda Ales srl di Selargius (Cagliari);
u) quali siano i nomi degli esperti che Telecom Italia S.p.A. ha comunicato al Centro tecnico informatico della Direzione centrale dei servizi elettorali; in quali date si sia svolta l'attività di verifica e test mirata specificamente a prevenire eventuali attacchi informatici, per quante ore, quale attività sia stata svolta, se e da chi siano stati controllati; se a seguito della verifica sia stato fatto un rapporto e se esso sia pubblico e conoscibile;
v) se risponda al vero che gli esperti della Telecom Italia S.p.A. individuarono due utenze telefoniche interne del ministero in grado di agire come roots, le porte d'accesso privilegiate che dovrebbero essere riservate agli operatori del sistema; se sia stato appurato chi e quando le avesse fatte attivare; se e quando sono state disattivate;
z) se risulti che tra gli esperti della Telecom Italia S.p.A. ammessi al Viminale vi fossero persone coinvolte in attività di intelligence illegale nel contesto delle elezioni regionali del 3 e 4 aprile 2005, il cosiddetto caso Laziogate;
aa) quali misure abbia adottato per mettere in sicurezza i sistemi informatici del Viminale da eventuali attacchi provenienti dal gestore della rete;
ab) se risponda al vero che la polizia postale attivò un servizio 24 ore su 24 per raccogliere le denunce di incursioni, se era un numero verde, se era pubblico e come era stato pubblicizzato, quante denunce abbia raccolto e di che tipo; quali siano le due importanti aziende di comunicazione le cui incursioni abbiano paralizzato i siti web;
ac) perché il Viminale non si sia rivolto al GAT, il nucleo speciale frodi telematiche della Guardia di finanza che, nel sito ufficiale scrive che «Oltre a tirar fuori dai guai Ministeri, Enti pubblici e importanti imprese ... i super-esperti di questo Nucleo Speciale sono stati attori di una delle più mirabolanti investigazioni che ha assicurato alla giustizia gli hacker colpevoli di aver violato il Pentagono, la NASA e diversi governi stranieri»;
ad) chi e con quali strumenti sia stato preposto a controllare che Telecom non abusasse dei compiti istituzionali affidatigli e della disponibilità della rete;
ae) se, a seguito delle attività di spionaggio illegale messe in atto dai massimi dirigenti della sicurezza Telecom abbia preso provvedimenti, e quali, nei confronti della società; se e quali controlli abbia predisposto, se e quali misure abbia preso per evitare il ripetersi dei fatti citati.
(4-00045)

MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per l'attuazione del programma di Governo. - Per sapere - premesso che:
il 31 marzo 2008 il Ministro per l'attuazione del programma, Giulio Santagata, ha dichiarato che «il dato Istat sull'inflazione certifica l'esistenza di un problema grave per le famiglie italiane». Le dichiarazioni si riferiscono al dato secondo cui l'inflazione nel nostro Paese è salita fino al 3,3 per cento, e il giorno successivo il Ministro ha aggiunto che «si è deciso di verificare la praticabilità di sterilizzare la quota fiscale dell'aumento di prezzi e tariffe, in particolare quelle energetiche,

sulla falsa riga di quanto fatto per i carburanti con la Finanziaria 2008». Da qui la «decisione di elaborare una serie di possibilità e strumenti da proporre all'opposizione, un pacchetto di iniziative per alleggerire il peso delle famiglie». Misure che, sempre attraverso una «valutazione con l'opposizione», potrebbero essere varate con un «eventuale decreto» -:
se e quali iniziative si intendano assumere in relazione ai problemi evidenziati dal ministro Santagata.
(4-00047)

ZAMPARUTTI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, FARINA COSCIONI e MECACCI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 4 marzo 2008 l'Istat - rispondendo al Vice ministro dell'economia e delle finanze Vincenzo Visco, che aveva «corretto» i dati dell'Istituto parlando di un 42,5 per cento - ha ribadito che la pressione fiscale, relativa sia alle tasse sia ai contributi, nel 2007 è stata pari al 43,3 per cento -:
quali siano le ragioni di una così forte differenza tra i due dati.
(4-00049)

MECACCI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il 4 agosto 2007 il Congresso americano ha approvato la legge Foreign Intelligence Surveillance Act, che permette ai servizi segreti americani di intercettare le comunicazioni elettroniche dei cittadini non americani al di fuori del territorio USA, a condizione che le comunicazioni passino sul territorio di quel Paese. Secondo la nuova legge, per svolgere le intercettazioni non sarà necessaria l'autorizzazione giudiziaria, ed esse potranno coinvolgere anche cittadini europei, ad avviso dell'interrogante violando gravemente il diritto alla riservatezza e i diritti civili in generale;
anche i deputati europei Graham Watson, Presidente del gruppo ALDE, e Sophie In't Veld, eurodeputata olandese, hanno depositato una interrogazione al fine di ottenere informazioni dal Consiglio e dalla Commissione europea al riguardo -:
come siano protetti i dati personali dei cittadini italiani ed europei, e quali mezzi di ricorso questi abbiano quando le loro comunicazioni sono intercettate sulla base della nuova legge americana;
quale sia la relazione tra gli accordi UE-USA di estradizione e le informazioni ottenute sui cittadini UE attraverso il Foreign Intelligence Surveillance Act;
se intenda informare regolarmente il Parlamento italiano ed esercitare pressioni sul Consiglio e la Commissione europea perché questi informino regolarmente il parlamento europeo ed i parlamenti nazionali sul dialogo transatlantico che le istituzioni europee conducono nel quadro del Gruppo di Contatto ad Alto Livello, ed in particolare sulle discussioni in materia di protezione dei dati personali;
se l'amministrazione USA si sia consultata con le istituzioni europee ed i governi degli Stati membri dell'UE, incluso il Governo italiano, in merito a questa legge ed alle implicazioni per i cittadini dell'UE e, se è il caso, se ciò sia avvenuto a livello amministrativo o politico;
se non ritenga di dover chiedere all'amministrazione USA chiarimenti in merito all'impatto di questa legge sui diritti e le libertà fondamentali dei cittadini italiani ed europei, ed intervenire sulla Commissione europea perché questa faccia lo stesso;
se non ritenga di condurre un'indagine su come i dati personali dei cittadini italiani ed europei possano essere ottenuti da Stati terzi, ed in particolare dagli USA, e sulla base di quali leggi e norme, e se

non ritenga di intervenire sulla Commissione europea perché questa faccia lo stesso.
(4-00050)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 47 della legge n. 222 del 1985, «Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi», recita, tra l'altro, che: «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, ... in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica»;
l'articolo 48 recita, tra l'altro, che «Le quote di cui all'articolo 47, secondo comma, sono utilizzate ... dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo» -:
su quali banche siano state versate dette somme a partire dal 1990;
se e quali controlli siano stati effettuati al fine di verificare che le somme siano state utilizzate per gli scopi previsti dalla legge e, in caso contrario, se intenda effettuarne.
(4-00051)

MECACCI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la legge 11 giugno 1974, n. 252, la cosiddetta «legge Mosca», ha concesso la possibilità di regolarizzare nell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e superstiti, nell'assicurazione contro la disoccupazione involontaria e nell'assicurazione contro la tubercolosi «i periodi di lavoro o di attività politico sindacale ... prestati alle dipendenze dei partiti politici rappresentati in Parlamento, delle organizzazioni sindacali, degli istituti di patronato e di assistenza sociale e delle associazioni nazionali di rappresentanza, assistenza e tutela dei movimento cooperativo»;
nel nostro paese ci sono oltre 37.000 persone che hanno avuto benefìci ai fini pensionistici in ragione di detta legge nonostante che, quando detta legge fu varata, l'allora XIII Commissione permanente con apposita relazione prevedeva un carico di circa 3.000 domande;
il Senatore Eugenio Filograna, attraverso l'interrogazione 4-12110 del 30 luglio 1998, alla quale non è mai stata data risposta, annunciava che «in considerazione del fatto che ad oggi nessuno organismo dello Stato si è attivato per smascherare i falsi pensionati, l'interrogante ha ritenuto opportuno incaricare un pool di avvocati per denunciare di associazione a delinquere, truffa, concorso in truffa, appropriazione indebita, falso ideologico e materiale, il tutto finalizzato al voto di scambio i seguenti soggetti: a) i componenti della commissione presso il Ministero del lavoro che, nel tempo, ha valutato in maniera compiacente le domande presentate; b) le commissioni INPS per i pareri espressi; c) i consigli di amministrazione dell'INPS che si sono avvicendati nel tempo, per mancata vigilanza e mala gestione delle risorse dell'Istituto; d) i segretari politici e amministrativi dei partiti politici che hanno presentato e sottoscritto false documentazioni, elemento base della truffa ai danni dello Stato; e) i segretari e gli amministratori delle organizzazioni sindacali per i motivi di cui sopra al punto d); f) tutti i magistrati che si sono resi correi e comunque omissivi rispetto le notitiae criminis»;

secondo il quotidiano Il Giornale del 15 agosto 2002 un centinaio di procure della Repubblica hanno avviato indagini legate all'utilizzo truffaldino della legge -:
quali lavoratori e in quale misura abbiano fruito dei benefici della legge 11 giugno 1974, n. 252;
quali organizzazioni abbiano presentato le relative domande di regolarizzazione;
quanto sia stato versato per regolarizzare le posizioni in oggetto;
se le situazioni regolarizzate rispondessero almeno ai requisiti prescritti dalla legge ed in particolare: se si trattasse effettivamente di attività lavorative retribuite (articolo 1, primo comma); se sussistesse il carattere di attività continuativa e prevalente, in particolare per i periodi in cui gli interessati, come risulta da notizie di stampa, già ricoprivano importanti cariche pubbliche retribuite (articolo 1, primo comma); se le qualifiche lavorative dichiarate, di cui all'articolo 2, secondo comma, erano compatibili con la preparazione culturale e professionale degli interessati; se le domande erano corredate dalla documentazione di cui all'articolo 2, quarto comma, e se tale documento era sufficiente;
quanti siano i procedimenti penali collegati alle domande di applicazione dei benefici previdenziali della legge n. 252 del 1974, quanti siano già esauriti e con quale esito, quanti siano in corso e quali reati siano stati ipotizzati;
i risultati, sinanco parziali, della commissione di indagine annunciata nel febbraio del 1996 dal Ministro Treu;
se detta pensione sia cumulabile con gli assegni vitalizi per aver svolto le attività di consigliere regionale, parlamentare nazionale e deputato europeo.
(4-00054)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 16 marzo 1962 la «Suprema Sacra Congregazione del Sant'Ufficio» della Santa Sede (oggi «Congregazione per la dottrina della Fede», in origine «Sacra Congregazione della Romana e Universale Inquisizione») diramava «a tutti i Patriarchi, gli Arcivescovi, i Vescovi e Ordinari di altre sedi, anche di "Rito Orientale"», l'Istruzione «Crimen sollicitationis», destinato ad essere «diligentemente conservato nell'archivio segreto della curia», con la quale si impone il silenzio perpetuo, pena la sospensione «a divinis», a tutte le persone coinvolte in processi in materia di crimini sessuali commessi da membri del clero;
detto documento non è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale della Santa Sede in conformità con il canone 8 § 1 del Titolo I del «Codice di diritto canonico» («Le leggi ecclesiastiche universali sono promulgate con l'edizione nella Gazzetta ufficiale degli Acta Apostolicae Sedis, a meno che in casi particolari non sia stato stabilito un modo diverso di promulgare ...»);
da tale documento emerge che la Santa Sede ha prescritto, adottato e fatto adottare, proposto ed imposto alle suddette autorità ecclesiastiche comportamenti volti a sottrarre ad ogni pubblica conoscenza e alla giustizia gli abusi sessuali compiuti da membri del clero;
il 18 maggio 2001 la «Congregazione per la dottrina della Fede» della Santa Sede diramava l'epistola «De Delictis Gravioribus», con la quale si «attualizza» l'istruzione «Crimen sollicitationis» del 1962;
in detto documento, scrivendo dei delitti contro la morale, si cita quello «commesso da un membro del clero contro il sesto comandamento del decalogo con un minore di diciotto anni d'età» che viene riservato «al Tribunale apostolico

della Congregazione per la dottrina della fede» e quindi soggetto «al segreto pontificio»;
il cardinale Tarcisio Bertone, all'epoca dei fatti Segretario della «Congregazione per la dottrina della Fede in una intervista rilasciata nel febbraio 2002 al mensile «30 giorni», diretto dal Sen. Giulio Andreotti, ebbe a dire che «Le Norme di cui stiamo parlando si trovano all'interno di un ordinamento giuridico proprio, che ha un'autonomia garantita, e non solo nei Paesi concordatari. Non escludo che in particolari casi ci possa essere una forma di collaborazione, qualche scambio di informazioni, tra autorità ecclesiastiche e magistratura. Ma, a mio parere, non ha fondamento la pretesa che un vescovo, ad esempio, sia obbligato a rivolgersi alla magistratura civile per denunciare il sacerdote che gli ha confidato di aver commesso il delitto di pedofilia. Naturalmente la società civile ha l'obbligo di difendere i propri cittadini. Ma deve rispettare anche il «segreto professionale» dei sacerdoti, come si rispetta il segreto professionale di ogni categoria, rispetto che non può essere ridotto al sigillo confessionale, che è inviolabile» -:
quali iniziative conoscitive nonché diplomatiche intenda prendere in relazione al fatto che le istruzioni contenute in questi documenti sono in contrasto con le politiche e le leggi della Repubblica Italiana, nonché con le norme ed i trattati dell'Unione europea e delle Nazioni unite in materia di diritti dell'uomo e libertà fondamentali e di lotta agli abusi sessuali, in particolare contro i bambini e le donne;
se intenda invitare la Santa Sede a rimuovere quelle prescrizioni che sono chiaramente ed esplicitamente volte a sottrarre all'amministrazione della giustizia i presunti responsabili di gravi delitti;
se intenda compiere un'indagine per verificare se i rapporti giuridici che regolano le relazioni tra la Repubblica italiana e la Santa sede e che concedono privilegi al clero, non siano in contrasto con le leggi della Repubblica, nonché con le norme e i trattati dell'Unione europea e delle Nazioni unite.
(4-00060)

ZAMPARUTTI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI e MECACCI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nell'estate del 2001, il dottor Marco Tronchetti Provera acquista Telecom, comprando da Bell - holding con sede legale al 73 di Cote d'Eich, Lussemburgo - il 22,5 per cento delle azioni Olivetti che ne garantiscono il controllo; i soci della Bell raccolgono dalla transazione plusvalenze esentasse per due miliardi di euro, pari a circa 3.500 miliardi di vecchie lire;
il 31 luglio 2007 la Guardia di finanza notifica un accertamento della Agenzia delle entrate, che fa capo al Ministero dell'economia, di circa 1,8 miliardi di euro (comprendenti imposte evase, sanzioni e interessi) agli azionisti della Bell che detenevano il pacchetto di controllo di Telecom, in quanto lo Stato non avrebbe incassato le tasse sui profitti: i due miliardi di euro di plusvalenze della vendita Telecom sarebbero stati sottratti alla tassazione attraverso una «esterovestizione», termine tecnico con cui viene definita la fittizia localizzazione all'estero della residenza fiscale di una società che, al contrario, ha di fatto la sua attività e persegue il suo oggetto sociale in Italia;
il 27 novembre 2007 i pubblici ministeri milanesi Carlo Nocerino e Letizia Mannella, nell'avviso di conclusione delle indagini sull'omessa dichiarazione dei redditi nei confronti del finanziere bresciano Emilio Gnutti e di Alex Schmitt, rispettivamente amministratori di fatto e di diritto della società Bell utilizzata per la scalata a Telecom, sostengono che la società Bell solo formalmente era lussemburghese, ma era in realtà domiciliata a Milano presso la sede dello studio legale Freshfields Bruckhaus Deringer, sita in via dei Giardini n. 7;

il 21 gennaio 2008 la finanziaria lussemburghese Bell annuncia che «La società ha sottoscritto un verbale di contraddittorio con l'Agenzia coi termini per la definizione conclusiva, tramite accertamento con adesione, della contestazione per presunta evasione fiscale relativamente alla plusvalenza conseguita per effetto della cessione ad Olimpia della partecipazione Olivetti, perfezionata nel 2001 (...) La decisione di pervenire alla definizione concordataria della vertenza comporta l'abbandono da parte dell'Agenzia stessa anche delle pretese avanzate nei confronti dei soci - tra cui Hopa - e degli amministratori a titolo di coobbligati solidali per i debiti fiscali di Bell comunque riconducibili all'operazione accertata. Per effetto dell'atto di cui sopra, le controversie già instaurate presso le sedi giudiziarie competenti saranno reciprocamente e definitivamente abbandonate» -:
se, sulla base degli atti depositati presso il ministero, risulti:
a) se risponda a verità che l'entità della cosiddetta maxi multa ammontava a 1,8 miliardi di euro;
b) se risponda a verità, come diffuso dalla nota della Bell del 21 gennaio 2008, che la Bell e l'Agenzia delle entrate hanno «sottoscritto un verbale di contraddittorio con l'Agenzia con i termini per la definizione conclusiva, tramite accertamento con adesione, della contestazione per presunta evasione fiscale relativamente alla plusvalenza conseguita per effetto della cessione ad Olimpia della partecipazione Olivetti, perfezionata nel 2001», per cui la Bell stessa pagherà all'Agenzia delle entrate una cifra pari a circa un decimo a quella prevista dalla maxi multa;
c) quali siano le ragioni per le quali l'Agenzia delle entrate, dipendente dal ministero dell'economia, sia addivenuta alla soluzione concordataria di cui sopra, e se il ministero ne fosse a conoscenza;
d) chi siano i soci e gli amministratori a titolo di coobbligati solidali per i debiti fiscali di Bell comunque riconducibili all'operazione accertata che, a seguito della definizione concordataria della vertenza, si vedranno cancellare le pretese avanzate dall'Agenzia delle entrate;
e) quali siano le controversie già instaurate dalle due parti presso le sedi giudiziarie competenti che saranno reciprocamente e definitivamente abbandonate.
(4-00064)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
fra poco 39 milioni di contribuenti italiani presenteranno la propria dichiarazione dei redditi ai fini dell'Irpef;
in occasione di tale dichiarazione la legge prevede che i contribuenti effettuino la scelta della destinazione dell'otto per mille Irpef (di seguito OPM) tra i sette soggetti concorrenti, tra cui lo Stato italiano in posizione di parità con gli altri;
il sistema di ripartizione indicato dalla legge n. 222 del 1985 prevede che anche la quota dell'OPM dei contribuenti che non hanno espresso una scelta sia ripartita tra i soggetti concorrenti in proporzione alle scelte espresse dagli altri contribuenti;
dai dati degli ultimi anni relativi alla destinazione dell'OPM, risulta che solamente il 39 per cento dei contribuenti italiani ha espresso una scelta circa il soggetto giuridico cui destinare i fondi, mentre il 61 per cento non ha espresso alcuna scelta;
tra coloro che hanno indicato una scelta, solamente il 10 per cento ha espresso l'indicazione di destinazione a favore dello Stato;
le confessioni religiose concorrenti a ripartirsi i fondi derivanti dall'OPM, in particolare la Conferenza Episcopale Italiana, svolgono periodicamente una massiccia

propaganda attraverso l'acquisto di spazi pubblicitari sui maggiori mezzi di comunicazione di massa al fine di «accaparrarsi» una quota del mercato dei contribuenti che esprimono una scelta per la destinazione dell'OPM;
tale opera di propaganda ha fatto aumentare considerevolmente la percentuale delle scelte a favore dei soggetti che hanno maggiormente investito nella citata pubblicità, percentuale cresciuta per la Chiesa Cattolica in soli cinque anni dall'82,56 per cento all'88,8 per cento;
lo Stato italiano, al contrario, non svolge alcuna attività di pubblicizzazione dell'utilizzo dei fondi ad esso destinati dall'OPM né ha posto in essere campagne pubblicitarie volte ad aumentare il numero dei contribuenti che scelgono lo Stato tra i sette soggetti che concorrono alla ripartizione dei fondi derivanti dall'OPM;
è notorio come gran parte dei cittadini italiani non sia a conoscenza del reale sistema di ripartizione dei fondi dell'OPM, in particolare ignorando che la quota OPM di chi non esprime la scelta sarà comunque ripartita tra tutti i soggetti concorrenti sulla base della percentuale delle scelte espresse dagli altri contribuenti;
la percentuale dei cittadini che non effettua una scelta nella destinazione della propria quota dell'OPM (nonostante la quota di ciascuno venga comunque destinata anche in assenza di scelta) è in costante e significativo aumento, attualmente intorno al 60 per cento;
in materia di fiscalità, è onere del Governo italiano pubblicizzare ai cittadini il metodo di ripartizione dei fondi dell'OPM, essendosi dimostrate non sufficienti le scarne indicazioni contenute nella modulistica predisposta dall'Erario;
peraltro in molti casi i contribuenti italiani non avranno con certezza disponibilità diretta della modulistica per effettuare la scelta di destinazione dell'OPM (coloro che hanno percepito solo redditi di pensione, di lavoro dipendente o assimilati, attestati dalla certificazione CUD);
la legge n. 222 del 1985 e sue disposizioni di attuazione individuano chiaramente lo Stato come uno dei soggetti destinatari dell'OPM, in concorrenza con essi nella attrazione del consenso verso la scelta di destinazione;
dal 1996 ad oggi la percentuale di scelte espresse dai contribuenti a favore dello Stato è in costante e significativa riduzione, essendo passata dal 13,3 per cento del 2001 all'8,65 per cento del 2005;
la rinuncia sistematica dello «Stato» a pubblicizzare l'utilizzo dei fondi dell'OPM ad esso destinati e l'assenza di campagne pubblicitarie che incentivino i contribuenti ad esprimere le loro scelte a favore dello Stato, in costanza di propaganda da parte degli altri soggetti concorrenti, potrebbe rappresentare un danno economico al bilancio dello Stato e favorire un abnorme arricchimento degli altri soggetti -:
se non ritenga doveroso ottemperare agli obblighi imposti dalla legge, nonché di conoscere quale iniziative ha posto e intende porre in essere per:
a) informare, anche attraverso campagne mediatiche, i cittadini italiani circa il funzionamento del sistema di ripartizione dei fondi dell'otto per mille dell'Irpef, in particolare spiegando la reale destinazione delle quote dei contribuenti che non esprimono alcuna scelta;
b) pubblicizzare l'utilizzo da parte dello Stato italiano dei fondi ad esso destinati;
c) organizzare tempestivamente una campagna pubblicitaria volta ad invitare i contribuenti a scegliere lo Stato tra i soggetti destinatari della quota dell'otto per mille Irpef.
(4-00067)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente

del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in Italia, gli edifici di culto appartengono in parte agli enti della Chiesa cattolica ed in parte allo Stato italiano. Questi ultimi sono stati acquisiti dallo Stato con le leggi eversive dell'asse ecclesiastico del 1848-1873. Nel 1929, l'allora Presidente del Consiglio Benito Mussolini, in occasione del trattato e del concordato con la Santa Sede, compose definitivamente la "questione romana" anche a proposito dei beni incamerati a suo tempo dallo Stato liberale. Un'apposita clausola, superflua dal punto di vista giuridico, accordò al nascente Stato Città del Vaticano un lauto risarcimento per i beni già appartenenti agli enti ecclesiastici, che rimanevano in proprietà dello Stato italiano (all'interno de il Fondo per il culto e il Fondo speciale di beneficenza e religione per la città di Roma);
l'articolo 29, lettera a), del Concordato ha previsto, inoltre, che possa essere riconosciuta la personalità giuridica delle chiese pubbliche già appartenenti agli enti ecclesiastici soppressi. Poiché il riconoscimento di un ente-chiesa comporta la creazione di una fondazione al fine di curare l'officiatura e la manutenzione del tempio, la norma concordataria prevede che il patrimonio di tali nuove fondazioni sia, in qualche misura, assicurato dallo Stato, assegnando all'ente di nuova formazione la rendita che il Fondo per il culto destinava alla chiesa per assicurarne il funzionamento;
tuttavia, nel dare applicazione alla norma citata, gli articoli 6 e 7 della legge 27 maggio 1929, n. 848, richiamando esplicitamente l'articolo 29, lettera a), del Concordato lateranense sono andati oltre quanto sopra detto, prevedendo che le chiese già appartenenti agli enti ecclesiastici soppressi sarebbero state «consegnate all'autorità ecclesiastica» tutte le volte in cui, in riferimento all'edificio, fosse stata riconosciuta la personalità giuridica di un ente-chiesa destinato ad occuparsi, come già detto, della manutenzione e dell'officiatura del tempio;
il termine «consegna» ha dato luogo ad un serio problema interpretativo. Il trasferimento della proprietà del bene non è desumibile né dall'articolo 29, lettera a), del Concordato lateranense, né dagli articoli 6 e 7 della legge n. 848 del 1929, né tanto meno dall'articolo 12 del regolamento di cui al regio decreto 2 dicembre 1929, n. 2262. Ai fini del trasferimento della proprietà sarebbe stata rilevante la trascrizione del riconoscimento dell'ente sui registri immobiliari e non la prevista registrazione su atti coperti dal segreto d'ufficio;
la giurisprudenza (Cfr. Cass., 3 marzo 1950, n. 516; Cons. Stato, sez. III, 12 maggio 1959 parere) ha superato il silenzio della legge affermando che l'ente chiesa, per effetto del riconoscimento della personalità giuridica, acquisterebbe ipso facto la proprietà dell'edificio di culto e delle sue pertinenze, con il connesso diritto alla «consegna» del bene;
la dottrina, in modo pressoché unanime, ha dichiarato illegittimo il trasferimento automatico del bene, dato che tale pronunciamento ha letteralmente creato dal nulla un nuovo modo originario di acquisto della proprietà oltre a quelli previsti dalla legge;
la situazione di incertezza giuridica si è aggravata con la revisione delle norme concordatarie effettuata con la legge 20 maggio 1985, n. 222. Tale riforma ha istituito il Fondo Edifici di Culto, nel quale sono confluiti i fondi precedenti, e ha aumentato considerevolmente il numero degli enti a cui può essere riconosciuta la personalità giuridica, estendendo tale diritto ad ogni singola parrocchia e diocesi. L'articolo 73 della legge n. 222 del 1985 ha altresì mantenuto transitoriamente in vigore gli articoli 6 e 7 della legge n. 848 del 1929;
il consiglio di stato sezione I, nel parere del 18 ottobre 1989 n. 1263, alla luce delle innovazioni normative occorse, si è sostanzialmente allineato alla precedente giurisprudenza;

nella prassi, quindi, lo Stato trasferisce la proprietà di propri beni di inestimabile valore senza che alcuna norma stabilisca tale trasferimento, e lo fa a favore di soggetti (diocesi e parrocchie) verso i quali non aveva assunto alcun obbligo di «consegna» nel 1929;
ancora una volta la dottrina si è dimostrata estremamente critica verso tale orientamento, che appare inconciliabile con la volontà del legislatore. Pare altamente dubbio inoltre che la dismissione dei beni corrisponda a un'oculata tutela del patrimonio storico artistico della nazione italiana, a norma dell'articolo 9 della Costituzione;
vi è da considerare, inoltre, che prescindendo da valutazioni storico-artistiche o giuridiche e volendosi avventurare in considerazioni economiche, l'autorità ecclesiastica, nella prassi, ha richiesto il riconoscimento della personalità giuridica soltanto per quei beni di culto giudicati rilevanti, avendo carattere storico-artistico, anche per il reddito che possono produrre come beni di tale natura, evitando invece di farlo per i beni dei quali l'onere di manutenzione eccede il guadagno realizzabile -:
quanti e quali siano gli immobili trasferiti in proprietà all'autorità ecclesiastica, in seguito alla discutibile interpretazione che la magistratura amministrativa ha dato alle norme giuridiche richiamata in premessa.
(4-00069)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
su La Repubblica del 20 settembre 2007 a pagina 51 è apparso un articolo dal titolo «Chiesa e quattrini» in cui è scritto che il 10 luglio 2007 il banchiere Giampiero Fiorani, di fronte ai magistrati milanesi, Francesco Greco, Eugenio Fusco e Giulia Perrotti, ha tra l'altro affermato che «I primi soldi neri li ho dati al cardinale Castillo Lara, quando ho comprato la Cassa Lombarda, m'ha chiesto di dargli trenta miliardi delle vecchie lire possibilmente su un conto estero, non sul conto del Vaticano». All'epoca a capo della Popolare di Lodi c'era Angelo Mazza e Fiorani era il suo braccio destro. A metà degli anni '90 l'istituto lodigiano rileva il 30 per cento della Cassa Lombarda, la banca della famiglia Trabaldo Togna guidata oggi da Giuseppe Spadafora (ex Bnp Paribas), una partecipazione tenuta in portafoglio fino al 2001. «Quando abbiamo comprato la Cassa Lombarda, una quota era del Vaticano, dell'Apsa». Il passaggio avviene con un giro di acquisti intermedi: «La quota l'hanno intestata a una società della Bsi di Lugano, Bsi ha venduto, poi ha venduto, e le chiese han venduto a Trabaldo Togna e poi Trabaldo Togna ha venduto a noi». I soldi però vengono in parte dirottati su un conto estero della Bsi, la banca della Svizzera italiana, ora in mano alle Generali. «Noi abbiamo dichiarato un valore troppo basso - dice il cardinale Castillo Lara secondo la ricostruzione di Fiorani - paghiamo troppe plusvalenze, allora facciamo un'operazione estero su estero». Fiorani riporta a Mazza, il quale dà l'autorizzazione al pagamento. E parte un bonifico bancario su un conto della Bsi. Perché in quella banca «ci sono tre conti del Vaticano che era, penso, non esagero dai due ai tre miliardi di euro»;
dall'annuario Pontificio 2007 risulta che il cardinale Castillo Lara Rosalio José è Presidente emerito sia dell'Apsa, Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica e della Pontificia Commissione per lo Stato Città del Vaticano;
rispondendo all'interrogazione a risposta scritta 4-00692 dell'interrogante, la sottosegretaria Marcella Lucidi affermava che «Al novero degli enti centrali appartengono indubbiamente gli uffici e gli organismi costituenti la Curia romana, che danno vita all'organizzazione che, operando in nome e per autorità del Romano Pontefice (cf. can. 360 CIC), gestisce in via ordinaria gli affari della Chiesa universale. Detti uffici ed organismi sono elencati

dalla costituzione apostolica di Giovanni Paolo II Pastor bonus (28 giugno 1988). Fra questi, l'articolo 172 enumera l'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA), a cui spetta «amministrare i beni di proprietà della Santa Sede, destinati a fornire fondi necessari all'adempimento delle funzioni della Curia romana». Non può, per tanto, mettersi in dubbio che all'APSA, in quanto ufficio facente parte della Curia romana, si applichi il disposto dell'articolo 11 del Trattato del Laterano. Mentre «La tipizzazione dello IOR quale ente della Chiesa Cattolica è stata riconosciuta con pronuncia della Corte penale di cassazione, Sezione quinta, 1 aprile 1987, n. 3932.»;
l'articolo 1 della Costituzione apostolica di Giovanni Paolo II Pastor bonus (28 giugno 1988) recita che «La Curia romana è l'insieme dei dicasteri e degli organismi che coadiuvano il romano Pontefice nell'esercizio del suo supremo ufficio pastorale per il bene e il servizio della Chiesa universale e delle Chiese particolari, esercizio col quale si rafforzano l'unità di fede e la comunione del Popolo di Dio e si promuove la missione propria della Chiesa nel mondo.»;
l'articolo 307 della versione consolidata del Trattato che istituisce la Comunità europea recita che: «le disposizioni del presente trattato non pregiudicano i diritti e gli obblighi derivanti da convenzioni concluse, anteriormente al 1 gennaio 1958 o, per gli Stati aderenti, anteriormente alla data della loro adesione, tra uno o più Stati membri da una parte e uno o più Stati terzi dall'altra. Nella misura in cui tali convenzioni sono incompatibili col presente trattato, lo Stato o gli Stati membri interessati ricorrono a tutti i mezzi atti ad eliminare le incompatibilità constatate. Ove occorra, gli Stati membri si forniranno reciproca assistenza per raggiungere tale scopo, assumendo eventualmente una comune linea di condotta;
nell'applicazione delle convenzioni di cui al primo comma, gli Stati membri tengono conto del fatto che i vantaggi consentiti nel presente trattato da ciascuno degli Stati membri costituiscono parte integrante dell'instaurazione della Comunità e sono, per ciò stesso, indissolubilmente connessi alla creazione di istituzioni comuni, all'attribuzione di competenze a favore di queste ultime e alla concessione degli stessi vantaggi da parte di tutti gli altri Stati membri» -:
se dagli atti depositati presso il Ministero della giustizia risulti una richiesta di rogatoria internazionale della procura di Milano volta a chiarire i fatti verbalizzati il 10 luglio 2007 e quali siano stati in tal caso gli atti assunti dal Ministero;
se, chi, quando e con quali risultati, ha valutato la compatibilità del Trattato del Laterano con il diritto comunitario.
(4-00070)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
è tuttora in vigore il Trattato contenuto nei patti Lateranensi sottoscritti l'11 febbraio 1929 tra il cardinale Segretario di Stato Pietro Gasparri per conto della Santa Sede e Benito Mussolini, capo del Fascismo, come primo ministro italiano;
l'articolo 17 del Trattato stabilisce che «le retribuzioni, di qualsiasi natura, dovute dalla Santa Sede, dagli altri enti centrali della Chiesa Cattolica e dagli enti gestiti direttamente dalla Santa Sede anche fuori di Roma, a dignitari, impiegati e salariati, anche non stabili, saranno nel territorio italiano esenti, a decorrere dal 1 gennaio 1929, da qualsiasi tributo tanto verso lo Stato quanto verso ogni altro ente»;
la legge nazionale ha dato attuazione a tale norma, da ultimo, con l'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, il quale

dispone, che «Le retribuzioni di qualsiasi natura, le pensioni e le indennità di fine rapporto, corrisposte dalla Santa Sede, dagli altri enti centrali della Chiesa cattolica e dagli enti gestiti direttamente dalla Santa Sede ai propri dignitari, impiegati e salariati, ancorché noti stabili, sono esenti dall'lrpef». Disposizione che si applica al personale religioso e ai dipendenti «civili» della Santa Sede (nonché dagli altri enti centrali della Chiesa Cattolica e dagli enti gestiti direttamente dalla Santa Sede anche fuori di Roma) -:
se al Governo risulti quante siano le retribuzioni di qualsiasi natura, le pensioni e le indennità di fine rapporto, corrisposte dalla Santa Sede, dagli altri enti centrali della Chiesa cattolica e dagli enti gestiti direttamente dalla Santa Sede ai propri dignitari, impiegati e salariati, ancorché non stabili, che sarebbero soggetti alla disciplina sull'Irpef in assenza della predetta esenzione e a quanto ammonti il mancato introito per le casse dello Stato negli anni 2003, 2004 e 2005.
(4-00071)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa si apprende quanto segue:
sarebbe attivo un «organo esecutivo sicurezza» (Oes), alle dirette dipendenze del Ministero delle comunicazioni, con il compito di «vagliare» le notizie da diffondere;
di questa struttura farebbero parte circa 50 giornalisti che avrebbero il potere di autorizzare il «Nulla osta di sicurezza» (Nos) sulla divulgazione di notizie sulle reti della tv pubblica;
la rivelazione dell'esistenza di un organo preposto alla tutela del segreto di Stato in Rai, sarebbe stata fatta la settimana scorsa, durante una riunione dell'Autorità nazionale per la sicurezza (Ans), da parte del rappresentante del dicastero delle Comunicazioni - attualmente guidato da Paolo Gentiloni -, dal cui Organo centrale di sicurezza (Ocs) dipenderebbe la struttura di viale Mazzini;
l'Ans è alle dirette dipendenze del Presidente del Consiglio dei ministri, al quale, secondo la legge n. 801 del 24 ottobre 1977 sull'Istituzione ed ordinamento dei servizi per l'informazione e la sicurezza e disciplina del segreto di Stato, è demandato il potere di decidere la secretazione delle informazioni, il cui regolamento attuativo, emanato da Palazzo Chigi, è stato classificato come «riservatissimo»;
i responsabili del reparto Informazione e sicurezza del Centro intelligence interforze dello Stato maggiore della Difesa, che partecipavano all'incontro ne erano all'oscuro;
la normativa in vigore sul segreto di Stato stabilisce che sono coperti «gli atti, i documenti, le notizie, le attività ed ogni altra cosa la cui diffusione sia idonea a recar danno all'integrità dello Stato democratico, anche in relazione ad accordi internazionali, alla difesa delle istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento, al libero esercizio delle funzioni degli organi costituzionali, all'indipendenza dello Stato rispetto agli altri Stati e alle relazioni con essi, alla preparazione e alla difesa militare dello Stato»;
secondo questa definizione, potrebbe rientrarvi qualsiasi tipo di notizia, comprese quelle «politiche» -:
se risponda al vero che in Rai sarebbe attivo un «organo esecutivo sicurezza» (OES), alle dirette dipendenze del Ministero delle comunicazioni e, se fosse confermato, chi abbia scelto i giornalisti che ne farebbero parte, con quali criteri siano stati scelti, se sia loro corrisposto un emolumento;
se risponda al vero che i membri dell'OES avrebbero il potere di autorizzare

il «Nulla osta di sicurezza» (Nos) sulla divulgazione di notizie sulle reti della tv pubblica;
se risponda al vero che il regolamento attuativo emanato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri è stato classificato riservatissimo e, se fosse confermato, quali ne siano le ragioni e chi siano le persone che sono a conoscenza del contenuto;
se tra «gli atti, i documenti, le notizie, le attività ed ogni altra cosa la cui diffusione sia idonea a recar danno all'integrità dello Stato democratico, anche in relazione ad accordi internazionali, alla difesa delle istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento, al libero esercizio delle funzioni degli organi costituzionali, all'indipendenza dello Stato rispetto agli altri Stati e alle relazioni con essi, alla preparazione e alla difesa militare dello Stato» siano compresi anche quelli che si richiamano ai rapporti tra la Repubblica italiana e lo Stato Città del Vaticano.
(4-00074)

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

DE POLI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in data 31 ottobre 2007 è stato depositato presso ATO BRENTA da Veneto Acque spa copia del progetto preliminare relativo alla realizzazione del «Modello Strutturale degli acquedotti del Veneto - Schema Veneto Centrale. Derivazione dalle falde del Medio Brenta»;
l'obiettivo del progetto consiste principalmente nell'aumento dei pozzi e degli attingimenti dai pozzi acquedottistici del Medio Brenta;
nel territorio interessato dagli interventi di Veneto Acque è presente una falda indifferenziata che emerge in superficie immediatamente a valle di Camazzole e interagisce con il fiume per effetto della particolare idrogeologia del suolo; la falda cioé viene alimentata dal Brenta più a nord verso Bassano (fase disperdente) e drenata dallo stesso più a sud (fase drenante). La falda negli ultimi anni ha mostrato segni di diminuzione del volume complessivo. Tale fenomeno è molto più marcato nel territorio di Carmignano, Gazzo, San Pietro in Gu' e Pozzoleone;
il progetto non affronta il problema della sostenibilità del prelievo da parte della falda nel suo insieme. La principale connotazione del territorio è fortemente caratterizzata dalla presenza della risorsa acqua, al punto che tutte le attività industriali, artigianali, agricole non possono prescindere dalla esigenza di preservarne la disponibilità anche in futuro;
diversi enti locali evidenziano l'assenza di adeguata rete acquedottistica nel loro territorio. Nella eventualità che l'insufficiente ricarica della falda dovuta all'aumento emungimento pregiudichi fortemente l'esistenza dei pozzi privati, comporterebbe gravissimo danno a dette zone con possibile situazione di emergenza. Analoga situazione si creerebbe qualora l'insufficiente ricarica determinasse il provvedimento di chiusura dei pozzi privati;
inoltre la documentazione a supporto del progetto si basa su studi datati, non corrispondenti alla situazione attuale per quanto riguarda la portata del fiume e il minimo flusso vitale nonché per l'aspetto morfologico del terreno;
con il progetto si individuano quale unica forma di ricarica le traverse da realizzare sull'alveo del fiume. Non si prospetta alcuna soluzione nel caso di mancata efficace ricarica da parte di queste;
a seguito della realizzazione delle predette opere si avrà un nuovo e consistente

prelievo di acqua dalle falde che attualmente forniscono soprattutto i Comuni privi di acquedotto;
le medesime falde hanno ridotto negli anni, in modo sensibile, le loro portate anche a causa dei maggiori prelievi domestici e industriali nonché a causa di un uso scriteriato del territorio avvenuto negli anni settanta e ottanta;
le opere che saranno realizzate comporteranno inevitabilmente un abbassamento delle falde acquifere;
tale abbassamento influirà negativamente e pesantemente sulla vita dei cittadini, sull'attività agricola e zootecnica e sulle piccole e medie imprese delle zone interessate -:
come il Ministro dell'ambiente intenda intervenire - anche per il tramite dell'autorità di Bacino - per tutelare un bene primario per l'essere umano e per le sue manifestazioni sia sociali che produttive e come intenda intervenire per porre fine al prelievo indiscriminato delle risorse idriche della falda acquifera del Medio Brenta e per assicurare l'equilibrio del Bilancio idrico.
(4-00016)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
è crescente l'allarme per il problema dei farmaci scaduti rimessi in circolo con nuove date di scadenza, un business mondiale che l'OMS ha valutato in 32 miliardi di dollari l'anno, che si assomma a quello, enorme, dei farmaci contraffatti; secondo un rapporto redatto dall'organizzazione parigina Pharmaciens sans Frontières (Psf) metà delle migliaia di tonnellate di medicine donate all'Indonesia per lo tsunami del 2004 era scaduta e sono serviti 8 milioni di euro per la loro distruzione, al fine di evitare che finissero per dar vita ad un pericoloso mercato nero;
anche in Italia si assiste ad un crescendo di sequestri di farmaci scaduti, illegalmente detenuti, non solo provenienti da circuiti paralleli ed illegali e che raggiungono palestre ed allevamenti o venduti via internet, ma anche di farmaci del circuito legale il cui costo, una volta scaduti o divenuti invendibili a seguito di apposito provvedimento emesso dalle Autorità competenti, viene recuperato tramite l'apposizione su false ricette stilate da medici compiacenti delle relative fustelle, con grave danno erariale, come segnalato più volte dalle sezioni regionali della Corte dei conti e le confezioni spesso abbandonate o interrate in discariche abusive con grave danno all'ambiente;
in molte ispezioni effettuate dai Carabinieri Nas in ospizi, centri di accoglienza per anziani e in qualche casa di cura privata sono state rinvenute quantità importanti di farmaci scaduti. È da evidenziare sul punto che la detenzione di farmaci scaduti per la somministrazione non configura la fattispecie incriminatrice di cui all'articolo 513 del codice penale, per cui tutti i procedimenti penali instaurati si stanno concludendo, sulla base dell'orientamento ormai consolidato della Suprema Corte di cassazione, con la piena assoluzione dei responsabili dei detti centri con la formula «perché il fatto non costituisce reato»;
il 25 maggio 2005 i Ministeri dell'ambiente e delle attività produttive hanno siglato un accordo di programma con Assinde Servizi, società costituita fra le associazioni della filiera produttiva e distributiva del farmaco (Farmindustria, Federfarma, Assofarm, ADF e Federfarma Servizi), per ottimizzare la raccolta, il trasporto e lo smaltimento dei farmaci scaduti o invenduti, sulla base della più avanzata normativa comunitaria, recepita poi lo scorso anno, con i due decreti legislativi 219/2006 e 193/2006, contenenti, rispettivamente, il Codice dei medicinali ad uso umano ed il Codice dei medicinali ad uso veterinario;
l'articolo 157 del decreto legislativo n. 219 del 2006 prevede che con apposito

decreto del Ministro della salute, di concerto con i Ministri dell'ambiente e delle attività produttive, saranno stabiliti idonei sistemi di raccolta per i medicinali inutilizzati o scaduti, che potranno basarsi su accordi conclusi a livello nazionale fra le parti interessate alla raccolta; norma analoga è contenuta nell'articolo 117 del decreto legislativo n. 193 del 2006;
il richiamato accordo di programma presenta diverse caratteristiche positive quali: semplificazione burocratica (tenuta di registri e denunzie Mud) e velocizzazione del procedimento e degli indennizzi per tutti gli operatori di filiera; garanzia del buon fine con avvio a termodistruzione dei prodotti ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 254 del 2003; riduzione della produzione di rifiuti mediante utilizzo di contenitori di trasporto speciali, sigillati e riutilizzabili, con maggiori difficoltà ad indirizzare i prodotti scaduti verso circuiti illegali; possibilità di estendere la raccolta anche ad altre tipologie di rifiuti sanitari quali i medicinali scaduti, semiutilizzati e restituiti dai consumatori, i dispositivi medici, i kit diagnostici e qualsiasi altro prodotto di carattere sanitario ad uso umano o veterinario, con la sola eccezione delle apparecchiature elettromedicali. È previsto infine che un apposito Comitato di vigilanza e di controllo costituito dai rappresentanti dei ministeri e dell'Assinde, aperto anche a ulteriori sottoscrittori, provvede alla corretta attuazione dell'accordo stesso;
tuttavia nonostante l'accordo sia già in parte funzionante, il decreto di attuazione del citato articolo 157 del decreto legislativo n. 219 del 2006 risulta fermo presso il Ministero dell'ambiente ed in una versione che attua solo parzialmente il disposto normativo del menzionato articolo 157 -:
quali siano i motivi del ritardo nell'attuazione del disposto dell'articolo 157 del decreto legislativo n. 219 del 2006 e per quali motivi sembra non ne sia stato integralmente recepito il disposto;
se infine non ritenga opportuno, ai fini della tutela dell'ambiente, estendere il contenuto dell'accordo anche alla raccolta e certificazione dei medicinali utilizzati negli ospedali e nei centri di ricovero e cura nonché alla raccolta dei farmaci scaduti, detenuti dai consumatori, la cui raccolta è affidata a iniziative regionali o ad accordi parziali, quale quello tra Federfarma e Ministero della salute del 10 dicembre 2005.
(4-00075)

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COMUNICAZIONI

Interrogazione a risposta scritta:

MECACCI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro delle comunicazioni, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la legge 16 gennaio 2003, n. 3, ha disposto il riconoscimento della «Fondazione Ugo Bordoni» quale «istituzione privata di alta cultura», sottoponendola alla vigilanza del Ministero delle telecomunicazioni;
la fondazione propone ed elabora strategie di sviluppo del settore delle comunicazioni da poter sostenere nelle sedi nazionali ed internazionali competenti, coadiuva operativamente il Ministero delle comunicazioni nella soluzione organica ed interdisciplinare delle problematiche di carattere tecnico, economico, finanziario, gestionale, normativo e regolatorio connesse alle attività del Ministero;
la citata legge 2003, n. 3, ha disposto la prosecuzione, senza soluzione di continuità, di una convenzione stipulata il 14 marzo 1985, scaduta il 13 marzo 1994 e prorogata con modificazioni sino al 31 dicembre 2000, tra l'amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni, poi Ministero delle comunicazioni e la Fondazione Bordoni stessa, per lo svolgimento in favore dello stesso Ministero attività di ricerca

tecnico-scientifica, di consulenza e di didattica, di redazione di articoli e pubblicazioni;
nell'interesse generale alla tutela dell'ambiente e della salute pubblica, la Fondazione è poi chiamata a realizzare una rete nazionale di monitoraggio dei livelli di campo elettromagnetico esistenti sul territorio nazionale;
nel quadro delle attività per lo sviluppo della tecnica-digitale realizzate sotto la vigilanza del Ministero delle comunicazioni e dell'autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni, la Fondazione Ugo Bordoni è chiamata a compititi di supervisione attraverso convenzioni con i soggetti abilitati alla sperimentazione ai sensi della normativa vigente;
la legge n. 3 del 2003 ha previsto un finanziamento della fondazione per le spese di investimento relative alla sola attività di ricerca pari a 5.165.000 euro annui per il triennio 2002-2004;
il decreto-legge n. 35 del 2005, convertito dalla legge n. 80 del 2005 ha rinnovato il finanziamento in favore della fondazione per il medesimo importo, pari a 5.165.000 euro annui, per il triennio 2005-2007;
la convenzione per la disciplina dei rapporti tra il Ministero delle comunicazioni e la Fondazione Ugo Bordoni per la realizzazione della rete di monitoraggio dei livelli di campo elettromagnetico a livello nazionale, sottoscritta il 25 luglio 2003, ha stabilito un ulteriore finanziamento in favore della fondazione pari a 16.526.621 euro;
il decreto-legge n. 35 del 2005, convertito dalla legge n. 80 del 14 maggio 2005 ha introdotto, per la Fondazione Bordoni, l'obbligo di inviare entro il 31 marzo di ogni anno una relazione al Governo ed alle competenti Commissioni parlamentari sull'attività svolte nell'anno precedente;
in attuazione di tale obbligo di legge, l'unica relazione trasmessa dalla Fondazione alle Camere, risulta essere quella (trasmessa, per altro, tardivamente) del 29 dicembre 2006 (doc. XXVII n. 4), relativa all'attività svolta nel 2005, mentre non risulta trasmessa la relazione relativa all'attività svolta nell'anno 2006, per la quale il termine di legge è scaduto il 31 marzo 2007;
tra i soggetti fondatori della «Fondazione Ugo Bordoni» risultano: - Telecom Italia mobile S.p.A - Ericsson telecomunicazioni S.p.A - Telecom Italia S.p.A. - Vodafone Italia n.v. - Wind telecomunicazioni S.p.A. - Siemens mobile communications S.p.A - H3G S.p.A. - Telespazio S.p.A. - Fastweb S.p.A. - Alcatel Italia S.p.A. -:
se non ritenga che il puntuale adempimento degli obblighi di legge relativi alla rendicontazione dell'attività svolta dalla Fondazione non rappresenti un elemento rilevante ai fini dei rapporti convenzionali con il ministero e dell'erogazione di qualsiasi finanziamento;
quale sia l'esatto ammontare dei finanziamenti pubblici, con particolare riferimento all'attività in convenzione con il Ministero delle comunicazioni, percepiti dalla Fondazione nel corso degli anni, nonché degli stanziamenti già previsti per il 2008 e per gli anni successivi;
se, ed in caso affermativo a quali soggetti, pubblici o privati, siano stati comunicati gli esiti del monitoraggio dei livelli di campo elettromagnetico esistenti sul territorio nazionale e, considerato che tale attività viene svolta con finalità di tutela dell'ambiente e della salute pubblica, se a seguito delle risultanze prodotte siano stati assunti provvedimenti di qualsiasi tipo;
se non ritenga che il campo di attività delle società che risultano tra i fondatori, tutti operanti nel settore delle telecomunicazioni, ponga la fondazione in una condizione di conflitto di interessi, in considerazione delle rilevanti attività che essa è chiamata a svolgere in materia di

campi elettromagnetici e di nuove tecnologie digitali.
(4-00040)

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DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

TOMMASO FOTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
sulla base delle dichiarazioni assunte e dei dati clinici rilevati al Caporale Maggiore Barocelli Giordano (nato a Piacenza il 12 gennaio 1970) veniva riconosciuto (Ospedale Militare di Firenze, 8 giugno 1991) che la frattura diafisaria scomposta del femore sinistro dipendeva da causa di servizio, essendosi la stessa verificata mentre il Barocelli sosteneva un addestramento regolarmente comandato nel percorso addestrativi C.A.G.S.M. della Caserma «Lamarmora»;
a tutt'oggi non risultano essere stati assunti tutti i successivi provvedimenti di competenza, pur essendo stato trasmesso il giudizio affermativo sulla dipendenza da causa di servizio del predetto incidente in data 10 giugno 1991 al 5 Battaglione Paracadutisti di Siena -:
quali accertamenti intenda disporre al riguardo, atteso che l'arco di tempo trascorso è oltremodo ampio e, conseguentemente, non si comprendono i motivi per i quali la vicenda non sia ancora conclusa nei suoi aspetti burocratici.
(4-00005)

CICCHITTO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
fonti di alto livello a Gerusalemme, citate dal quotidiano Haaretz, rivelano che la forza di interposizione Onu in Libano (Unifil) sotto comando italiano sta «nascondendo deliberatamente» informazioni sulle attività dell'Hezbollah a sud del fiume Litani, per evitare il conflitto con le milizie del «partito di Dio» e precisamente che negli ultimi sei mesi, sulla base di quanto scrive il quotidiano israeliano, «ci sono stati almeno quattro casi in cui i militari dell'Unifil hanno identificato operativi armati dell'Hezbollah, senza fare nulla né presentare un rapporto dettagliato sugli incidenti al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite» -:
se sia stata verificata la veridicità di quanto riportato dal quotidiano Haaretz e quali provvedimenti intenda prendere qualora ciò rispondesse a verità.
(4-00014)

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DIRITTI E PARI OPPORTUNITÀ

Interrogazione a risposta scritta:

SCHIRRU, CODURELLI, CALVISI, FADDA, MARROCU, PES, MOTTA, BELLANOVA, MOSCA, BRAGA, RAMPI, MATTESINI e FERRANTI. - Al Ministro per i diritti e le pari opportunità, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
un'analoga discriminazione, consumata a Lecco presso un negozio di calzature, ha colpito addirittura una ragazza di 155 cm, giudicata «troppo bassa»;
la statura come discriminante nel riconoscimento di un diritto costituzionale come quello del lavoro è pura barbarie;
è intollerabile che in un Paese che si dichiara civile e democratico, una donna non sia ritenuta idonea per un posto di lavoro e venga giudicata, non in base alle proprie capacità, ma secondo parametri irrilevanti, come in questo caso;
è il chiaro sintomo di una stortura che affligge la nostra società dove a tutti viene richiesto di essere «perfetti», alti, belli, abbronzati, privi di «difetti»;
una perfezione fasulla, mutuata senza dubbio da una concezione troppo televisiva dell'individuo e che, ahimé promuove,

anche sul lavoro, un'immagine «da copertina» tanto finta quanto distante da ciò che invece siamo;
è ora di chiudere con tali atteggiamenti e pregiudizi che si risolvono in discriminazione;
Chiara, una ragazza alla quale recentemente è stato rifiutato perfino un colloquio di lavoro adducendo il pretesto della sua bassa statura, è alta 141 cm, molte donne sarde la superano solo di pochi centimetri;
come lei sono in tanti ad essere esclusi anche da molti concorsi pubblici, forze dell'ordine, forestale, militari per via dell'altezza;
gli interroganti sono sicuri che la caparbietà di questa giovane donna sarà sempre più forte della discriminazione;
alle Istituzioni e alla società civile, però, resta il compito di estirpare, pregiudizi e discriminazioni di tal genere, per il pieno rispetto e la tutela delle pari opportunità;
si tratta di invertire la rotta dell'omologazione per prendere atto delle differenze, anagrafiche, generazionali, fisiche e di salute;
oggi bisogna sempre più integrare e valorizzare la diversità e richiedere alle diverse istituzioni pubbliche dello Stato nonché alle aziende private un approccio inclusivo, capacità relazionali, professionalità di integrazione alla diversità, disabilità o gap fisico;
la maggioranza della popolazione ha una difficoltà di salute, è soggetta ad invecchiamento, o a una riduzione di autonomia;
riteniamo utile mettere in campo progetti culturali per venire incontro all'integrazione della diversità, e far maturare la consapevolezza che la differenza è un valore e dovrebbe essere acquisita come criterio di buona prassi e reputazione;
non bastano più le parole, le denunce, le forme di solidarietà che si esprimono attraverso gli strumenti della parità, e delle pari opportunità-:
come il Governo intenda affrontare queste vicende alla luce delle diverse raccomandazioni comunitarie tese a favorire la massima occupazione femminile, l'integrazione sociale delle persone con difficoltà o gap fisici.
(4-00018)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:

TOMMASO FOTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
notizie di stampa riferiscono che alcuni collaboratori del programma televisivo «Le Iene» (in onda su Italia 1) avrebbero effettuato acquisti di generi vari all'interno del Ministero dell'economia e delle finanze, ove risulterebbe attivo «un vero e proprio piccolo Suk» (vedi il Giorno 14 novembre 2006, pag. 9);
indigna il fatto che proprio all'interno di un Ministero i cui precedenti responsabili politici ogni giorno ripetevano di voler combattere l'evasione fiscale, sia stato tollerato un mercato parallelo di vari prodotti di consumo le cui modalità appaiono del tutto contrarie alla vigente disciplina fiscale -:
se non ritenga doveroso assumere ogni utile iniziativa affinché il Dicastero dell'economia e delle finanze non si trasformi in un Suk senza regole, con conseguente violazione delle norme fiscali e mortificazione delle migliaia e migliaia di onesti commercianti, inopinatamente e sistematicamente accusati dal precedente Ministro dell'economia e delle finanze di essere incalliti evasori.
(5-00004)

Interrogazioni a risposta scritta:

TOMMASO FOTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con nota del 5 giugno 2007 protocollo n. 44681 a firma del capo dipartimento del Ministero dell'economia e delle finanze è stato definito un quadro «ipotetico» delle sedi che costituiscono l'attuale struttura periferica del ministero in questione e per le quali, in ragione di quanto disposto dai commi 426, 427, 428 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è giudicata possibile l'attivazione di un processo di razionalizzazione mediante accorpamento con altre sedi;
tra le sedi individuate a far parte di detto processo di razionalizzazione vi sono anche la Ragioneria dello Stato (che impiega 20 dipendenti) e Direzione provinciale servizi vari (che impiega 15 dipendenti) aventi sede a Piacenza -:
se risponda al vero che le due citate strutture sono effettivamente coinvolte nel processo di razionalizzazione di cui in premessa;
se, in caso di risposta affermativa, si intenda predisporre un accordo quadro che agevoli la mobilità geografica volontaria (attraverso, quindi, il riconoscimento di incentivi per quei dipendenti che decidano autonomamente di trasferirsi in altra sede) e quali concrete possibilità vi siano di favorire la mobilità di detti dipendenti presso altri enti o agenzie attive a Piacenza.
(4-00001)

TOMMASO FOTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nel territorio del comune di Calendasco (Piacenza), e precisamente in località Puglia-Cascina Turriò, vi è un terreno di origine alluvionale estromesso dall'alveo fluviale per il quale i signori Antonio Zaffignani, Giovanni Zaffignani e Giuseppe Zaffignani hanno formulato istanza in data 1 agosto 1983, essendo privati frontisti del terreno menzionato, onde ottenere l'emissione formale del provvedimento di delimitazione dell'alveo del fiume Trebbia - sinistra orografica - ai sensi e per gli effetti degli articoli 93 e 94 del regio decreto 25 luglio 1904, n. 523;
il magistrato per il Po di Parma, previo espletamento dell'istruttoria dovuta, ha emesso il 13 dicembre 1983 il decreto n. 14320 di delimitazione dell'alveo di piena ordinaria del fiume Trebbia nella sinistra orografica relativo alla località che qui interessa, stabilendo la nuova linea di sponda e di fatto estromettendo dall'alveo medesimo un insieme di terreni di origine alluvionale di quota altimetrica non soggiacente ai flussi idrici di piena ordinaria;
il Magistrato per il Po - ufficio operativo di Piacenza - con relazione prot. 201 del 28 aprile 1984, ha analizzato nel merito le cause di formazione-emersione dei terreni alluvionali estromessi dall'alveo del fiume Trebbia con il precitato decreto n. 14320 del 1983, all'uopo affermando che essi terreni (in zona posta al fronte dei terreni già di proprietà privata di cui ai mappali 12, 14, 22 e 25 del foglio 29 del nuovo catasto terreni del Comune censuario di Calendasco-Piacenza) erano la conseguenza della naturale evoluzione fluviale e, quindi, nei limiti di quanto previsto all'articolo 941 del codice civile;
Antonio Zaffignani, Giovanni Zaffignani e Giuseppe Zaffignani con separate istanze rivolte in data 5 maggio 1984 all'Intendenza di finanza di Piacenza hanno chiesto l'accatastamento a proprio nome dei terreni di origine alluvionale, di formazione naturale, emersi a fronte dei terreni già censiti, ai sensi dell'articolo 941 del codice civile;
Giuseppe Zaffignani è deceduto e il terreno di cui al mappale 12 del foglio 29 di cui sopra è ora di proprietà di Giovanni Zaffignani;

Antonio Zaffignani è deceduto e il terreno di cui al mappale 22 del foglio 29 di cui sopra è ora di proprietà dei di lui figli Giovanni, Rosa Pia e Tiziana;
a distanza di ben 22 anni dall'avvio dell'azione per il formale riconoscimento dell'intervenuta cessione ipso iure dei nuovi terreni alluvionali alla proprietà privata frontista, azione più sopra esposta, nessun provvedimento formale di riconoscimento della proprietà nel senso auspicato risulta emesso;
in data 11 aprile 2005, Giovanni Zaffignani (nato a Calendasco, Piacenza, il 17 giugno 1950 ed ivi residente, Rosa Pia Zaffignani (nata a Calendasco, Piacenza il 23 agosto 1954 e residente a Piacenza) e Tiziana Zaffignani (nata a Calendasco, Piacenza, il 26 febbraio 1956 e residente a Rottofreno, Piacenza), hanno presentato istanza all'Agenzia del demanio - Direzione centrale area operativa di Roma - e alla filiale dell'Emilia-Romagna - ufficio di Piacenza affinché il procedimento già in essere per il riconoscimento della cessione dei terreni alluvionali formatisi successivamente e impercettibilmente nei fondi posti lungo la riva sinistra del fiume Trebbia, e che dall'alveo di piena ordinaria del medesimo sono stati estromessi (decreto del magistrato per il Po di Parma n. 14320 del 1983) sia portato a conclusione in tempi brevi, con conseguente intestazione dei terreni che qui interessano a loro stessi -:
se e quando verrà definita detta annosa pratica, il cui iter burocratico appare quanto meno tortuoso, e comunque cosa osti alla positiva definizione della stessa.
(4-00003)

TOMMASO FOTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere:
quale sia lo stato del ricorso gerarchico presentato da Melloni Gabriella (nata a Piacenza il 24 aprile 1934 ed ivi residente), titolare della rivendita di generi di monopolio n. 2 di Piacenza, sita in Via XX Settembre 91, avverso i provvedimenti con i quali il Capo Dipartimento Monopoli di Stato di Parma ha respinto le istanze dalla stessa presentate di trasferimento della rivendita di cui sopra.
(4-00004)

TOMMASO FOTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
Baldini Elio (nato a Piacenza il 19 novembre 1949 e residente a Piacenza - codice fiscale BLDLEI49S10G535J) vanta dal 31 dicembre 1996 un credito Irpef ammontante a lire 28.851.000 (euro 14.900,30) oltre agli interessi maturati, giusta la normativa vigente in materia -:
quali siano i motivi per cui detto rimborso non sia ancora stato disposto e se non si ritenga doveroso provvedere in merito, con l'urgenza che il caso conclama.
(4-00006)

TOMMASO FOTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
Samko Srl, corrente in località Cattagnina a San Nicolò di Rottofreno, provincia di Piacenza, vanta un credito Iva pari 457.837,53 euro per il quale è stata assentita l'autorizzazione al rimborso in data 30 novembre 2004 ed altro credito Iva pari 3.300.000,00 euro per il quale è stata assentita l'autorizzazione al rimborso in data 30 dicembre 2004 -:
quando verrà disposto il rimborso in favore della società cui si fa riferimento in premessa.
(4-00007)

TOMMASO FOTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'allora detto Provveditorato agli Studi di Piacenza, con decreto n. 7505/97 del 27 settembre 1999, faceva proprie le conclusioni della Commissione medico ospedaliera e riconosceva, come dipendente

da causa di servizio, l'infermità: «infrazione del sacro» alla Signora Raggio Fortunata (nata a Merca - Somalia, il 23 agosto 1943, e residente in Piacenza), docente di ruolo in quiescenza dal 1 settembre 1999;
detto decreto veniva trasmesso al Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie, affinché lo stesso esprimesse il parere previsto dall'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 349 del 20 aprile 1994;
nessuna comunicazione risulta da allora resa in merito -:
se risulti che il comitato per le pensioni privilegiate, abbia espresso il prescritto parere e, in caso negativo, quali siano i motivi che ostino alla definizione della pratica sopra indicata.
(4-00008)

TOMMASO FOTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture, al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
con decreto del Presidente del Magistrato per il Po di Parma protocollo 2241 del 22 febbraio 1991 veniva disposta una nuova delimitazione dell'alveo del torrente Tidone, in sponda sinistra nel comune censuario di Nibbiano Val Tidone (Piacenza), località «Cà Manzini - Cà Roveda»;
il predetto decreto, conseguente l'istanza presentata in data 20 dicembre 1989 dalla ditta Zaffiro Oscar e Negri Cecilia, veniva trasmesso per la sua esecuzione all'Ufficio operativo del Magistrato per il Po sede di Piacenza, all'Intendenza di finanza di Piacenza, all'Ufficio tecnico erariale di Piacenza, al Comune censuario di Nibbiano, Val Tidone, al Servizio provinciale difesa del suolo della Regione Emilia-Romagna, oltre che alla Direzione generale difesa del suolo, in allora presso il Ministero dei lavori pubblici, e alla Direzione generale del demanio, in allora presso il Ministero delle finanze -:
se e quali urgenti iniziative si intendano assumere, da parte dei Ministri interrogati, affinché sia possibile dare concreta esecuzione al citato decreto, atteso che a tutt'oggi nessun accatastamento risulta essere stato perfezionato e che, in ragione di ciò, la nuova delimitazione dell'alveo del torrente Tidone non risulta aver prodotto alcun effetto pratico.
(4-00011)

BERNARDINI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere premesso che:
nel 1973, con decreto n. 9346, del 12 novembre 1973, il Prefetto di Matera dispose l'espropriazione, a favore della società Ittica Val D'Agri, di alcune centinaia di ettari di terreno di proprietà demaniale o comunque di enti pubblici, posti alla foce del fiume Agri. L'espropriazione venne pronunciata affinché la società Ittica Val D'Agri realizzasse attività industriale consistente in allevamento e inscatolamento del pesce;
la società beneficiaria dell'esproprio (ottenuto con poche lire a metro quadrato) realizzò delle vasche per allevamento del pesce ma mai pervenne ad un'attività industriale. Negli anni '80 l'Ittica Val D'Agri e per essa la società Consyris, con il ruolo di primo attore sempre svolto dal signor Vincenzo Vitale, chiese ed ottenne, dalla Cassa per il Mezzogiorno un finanziamento di 25 miliardi di lire per la costruzione di un centro di acquacoltura. L'iniziativa non convinceva il presidente dell'Esab, senatore Decio Scardaccione, che vi si oppose. Nello stesso periodo di tempo, il senatore Scardaccione fu ferito alle gambe da cinque colpi di pistola. Anche a seguito di quella vicenda il centro per l'acquacoltura non fu realizzato e le somme promesse non furono erogate;
negli ultimi anni la società Marinagri - patron Vincenzo Vitale - presumibilmente succeduta a Ittica Val D'Agri, utilizza

gli stessi terreni per la realizzazione di abitazioni e complessi turistici in relazione a tale attività vi è inchiesta giudiziaria la quale, coinvolgendo alcuni magistrati del Tribunale di Matera, viene svolta, per competenza, dalla Procura della Repubblica di Catanzaro;
quanto esposto dimostra come un vasto territorio pubblico, passato di mano a prezzo vilissimo per promuovere e favorire l'attività industriale, è stato utilizzato dapprima per l'allevamento del pesce che costituisce attività agricola (cons. Stato, sez. V, 6/12/1994 n. 1455) ed ora per attività di edificazione di lusso come si evince dalla pubblicità sulla stampa (il Sole24ore - la Nuova del Sud eccetera), con grandi profitti e colossale speculazione;
l'articolo 60 della legge 25 giugno 1985 n. 2359 prima e l'articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001 poi prevedono che, quando l'opera per la cui realizzazione fu disposta l'espropriazione non venga realizzata entro 10 anni, il proprietario delle aree possa ottenere la retrocessione delle stesse;
ragioni di giustizia impongono che le aree di proprietà pubblica all'epoca trasferite all'Ittica Val D'Agri vengano restituite al patrimonio pubblico -:
se, acquisita formale conoscenza di quanto sopra esposto, non intenda avviare le iniziative previste dalla legge affinché le aree sottratte al patrimonio pubblico per una attività industriale mai realizzata vengano restituite al Demanio dello Stato o comunque agli enti pubblici che l'esproprio avevano subito.
(4-00052)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
il sito della RAI ospita un portale dedicato alla «religione cattolica» (www.religionecattolica.rai.it) che «È il primo passo di un portale tematico che sarà dedicato alle principali espressioni religiose presenti nel nostro paese (...)» e che «Il portale è frutto della collaborazione tra Rai.it e l'Ufficio per le comunicazioni sociali della Conferenza episcopale italiana»;
in detto portale vi è un banner «OTTO PER MILLE che cos'è e come funziona» che apparentemente sembra rimandare ad un sito di informazione ma in realtà e linkato al sito pubblicitario della Chiesa cattolica, la quale peraltro fa pubblicità sui canali RAI;
non si comprende se la collaborazione tra RAI.it e l'Ufficio per le comunicazioni sociali della Conferenza episcopale italiana sia di tipo informale o se sia regolata da un accordo;
nemmeno è noto se il banner per la pubblicità sull'otto per mille da destinare alla Chiesa cattolica sia a pagamento e, se del caso, quali siano i termini del contratto;
infine non si sa se la pubblicità sull'otto per mille da destinare alla Chiesa cattolica sulle reti RAI sia frutto di un accordo o di un contratto pubblicitario -:
se non ritenga di attivarsi affinché in sede di predisposizione del futuro contratto di servizio si preveda l'obbligo, per la RAI, di garantire parità di trattamento per tutte le confessioni religiose che abbiano stipulato un'intesa con lo Stato italiano.
(4-00061)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano Libero del 7 dicembre 2007 è apparsa la seguente notizia dal titolo «Sui presenti sconti Ici alla Chiesa Prodi sbatte la porta in faccia alla UE»: «Il Governo Prodi risponde picche alla Commissione europea che aveva chiesto

ulteriori informazioni sull'esenzione dell'Ici a favore di enti religiosi, onlus e simili, la riduzione dell'Ires e l'esenzione dalle imposte sui redditi per i fabbricati della Santa sede. Questione delicata: il Vaticano non ha gradito, il polverone è troppo. Così il Dipartimento delle Politiche Fiscali del Ministro dell'economia ha risposto che questo argomento richiede "riservatezza di trattazione" e che se si vogliono informazioni più dettagliate venga a prendersele a Roma una delegazione ad hoc. C'è da pensare che anche a Bruxelles ci sia voglia di chiudere qui la questione» -:
se il Governo sia a conoscenza di altri casi nei quali paesi membri dell'Unione europea, a fronte di una richiesta di informazioni da parte della Commissione europea, abbiano richiesto che una delegazione ad hoc si recasse nel paese destinatario della richiesta stessa per poterli ricevere;
se quella adottata sia ancora la linea del Governo e quali informazioni intenda fornire al riguardo al Parlamento.
(4-00076)

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GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

TOMMASO FOTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
quanto all'organico dei magistrati in servizio presso la sede di Reggio Emilia, attualmente determinato con una dotazione di 22 unità totalmente coperte, in data 10 gennaio 2006 il Ministero della giustizia aveva proposto l'ampliamento della pianta organica dell'ufficio con l'aggiunta di un posto di giudice, ma il Consiglio superiore della magistratura con il parere discorde in relazione al suddetto ampliamento, reso nella seduta del 6 luglio 2006, ha ritenuto che i dati relativi al contenzioso specialistico non fossero tali da giustificare la destinazione di una ulteriore unità, così che non si è proceduto al predetto incremento;
il 17 settembre 2007 il Ministero della giustizia ha emesso il decreto che distribuisce 32 dei 116 posti residui relativi alla proposta di intervento di ripartizione delle 546 unità di magistrato recate in aumento dalla legge 13 febbraio 2001, n. 48, riservando ad un separato provvedimento l'assegnazione delle risorse residue, da allocare secondo un nuovo progetto di distribuzione, da sottoporre al prescritto parere dell'organo di autogoverno, aggiornato ai nuovi dati statistici disponibili;
le piante organiche del personale amministrativo e del personale dell'ufficio notifiche, esecuzioni e protesti, senza tenere conto delle unità in soprannumero, presentano vacanze per complessive 18 unità;
con decreto 8 marzo 2007 il Ministero della giustizia ha proceduto a ridurre proporzionalmente le risorse destinate a ciascuna struttura, tant'è che la pianta organica del personale amministrativo di Reggio Emilia è stata ridotta di 3 unità nei profili professionali di cancelliere C2 e C1 e di operatore giudiziario B2; la pianta organica dell'Ufficio N.E.P. è stata ridotta di una unità nel profilo professionale di ufficiale giudiziario C1;
detti fatti trovano puntuale riscontro nella relazione del procuratore capo della Repubblica di Reggio Emilia dottor Italo Materia, laddove quest'ultimo evidenzia la carenza d'organico sia per quanto attiene ai sostituti procuratori che al personale amministrativo, a tacere del fatto che anche l'organico delle Forze di Polizia non risulta adeguato all'incremento ragguardevole della popolazione in detta Provincia, soprattutto dovuto alla notevole presenza di immigrati clandestini;
in occasione della risposta resa all'atto di sindacato ispettivo 5-01596 il sottosegretario Luigi Li Gotti assicurava il

proprio impegno per tener conto della situazione della giustizia in allora denunciata che tale è ancora oggi -:
se e quali urgenti iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per contribuire a risolvere la situazione sopra evidenziata che finisce per mortificare l'impegno profuso da tutti gli operatori all'interno delle strutture giudiziarie di Reggio Emilia.
(5-00003)

CONTENTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel corso della XIV legislatura, il Ministero della giustizia predispose un programma straordinario di edilizia penitenziaria dotandolo di specifiche risorse finanziarie;
tra le strutture di nuova realizzazione era stato individuato il carcere di Pordenone, per il quale risultava prevista l'acquisizione in locazione finanziaria e stanziata la somma di 32.462.000,00 euro;
la procedura relativa all'assegnazione dei lavori, giunta alla fase conclusiva, veniva fatta oggetto di un rilievo da parte della commissione europea all'esito del quale il competente dipartimento sospendeva l'aggiudicazione;
nella scorsa legislatura, purtroppo, i fondi stanziati venivano dirottati, dal ministro in carica, verso altre destinazioni vanificando così la realizzazione delle nuove strutture carcerarie individuate dal programma ricordato;
il problema del nuovo istituto di Pordenone si trascina oramai da tantissimi anni e l'esigenza dell'intervento è resa ancor più urgente dalla profonda inadeguatezza della struttura utilizzata attualmente e oggetto, altresì, di dubbi anche dal punto di vista della perfetta rispondenza ai migliori criteri di idoneità sanitaria;
è fuor di dubbio la necessità di realizzare nuovi istituti al fine di far fronte alle esigenze, più volte manifestate, di maggior disponibilità di spazi anche allo scopo di rendere effettiva la tutela penale;
l'ipotesi più semplice potrebbe essere proprio quello di riprendere la strada di un programma straordinario di edilizia penitenziaria che risponda ad una duplice esigenza: quella di conciliare strutture con una sufficiente capienza con l'utilizzo, ai fini del risparmio delle spese, del personale penitenziario già in servizio;
ciò potrebbe, tra l'altro, consentire di dare finalmente risposta anche alla esigenza di realizzazione di una struttura nella città di Pordenone, esigenza frustrata dall'incredibile riallocazione delle risorse già destinate allo scopo -:
se non ritenga opportuno prevedere un piano straordinario di edilizia penitenziaria allo scopo di far fronte alle esigenze della giustizia conciliandole con l'economicità degli interventi;
se in tale contesto o, comunque, anche indipendentemente da tanto, ritenga possibile ripristinare o reperire idonee risorse finanziarie per risolvere il problema della realizzazione del nuovo carcere di Pordenone.
(5-00005)

Interrogazioni a risposta scritta:

TOMMASO FOTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel decreto di archiviazione del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pavia relativo al procedimento 2159/05 R.G.GIP., si legge testualmente: «ritenuto che l'attività peritale richiesta dalla persona offesa dal reato con questo secondo atto di opposizione, di lunga e costosa esecuzione (nomina di un perito per stabilire con certezza se le mappe genetiche acquisite al fascicolo processuale siano tutte appartenenti allo stesso soggetto da identificarsi nella persona del defunto Massimo Cataldo) non potrebbe portare ad alcun risultato positivamente apprezzabile ai fini dell'esercizio dell'azione penale in quanto, come correttamente

illustrato dal pubblico ministero in richiesta, anche se in ipotesi si provasse che vi è stata confusione tra i referti relativi al deceduto e quelli di altra persona, non si potrebbe mai dimostrare che la sostituzione sia stata conseguenza di un atto doloso e non colposo, con conseguente impossibilità comunque di sostenere efficacemente l'accusa in giudizio»;
i referti in questione non riguardano certamente alcun «deceduto», essendo la persona cui gli stessi si riferiscono persona viva e vegeta, cosicché il riferimento al «defunto Massimo Cataldo» appare incomprensibile e, comunque, inconferente con il caso che qui interessa;
la persona offesa, che agisce a tutela degli interessi del figlio minore, per effetto del decreto del giudice per le indagini preliminari si vede preclusa ogni impugnativa dello stesso -:
se i fatti siano noti al Ministro interrogato e quali iniziative intenda assumere, nell'ambito delle proprie competenze, rispetto al caso qui prospettato di denegata giustizia.
(4-00002)

TOMMASO FOTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la sezione distaccata di Sassuolo del Tribunale di Modena, competente territorialmente per i comuni di Sassuolo, Fiorano Modenese, Maranello, Montefiorino, Palagano, Prignano sulla Secchia e Frassinoro, ha un carico giudiziario di diverse migliaia di procedimenti all'anno;
nonostante il personale scarso, sottoposto di continuo a mobilità (è notizia recente che un cancelliere verrà trasferito a breve presso il giudice di pace di Vignola) e al fatto che alle necessità indispensabili per il funzionamento dell'ufficio di cui sopra provvede il Comune di Sassuolo, detta struttura è fondamentale per rispondere alla domanda di giustizia promanante dal territorio;
nel decreto 211 del 2007 del Presidente della Corte d'appello di Bologna si menziona la richiesta di soppressione della sezione distaccata di Sassuolo del Tribunale di Modena, evenienza quest'ultima ipotizzata già nel 1977, tant'è che venne presentato dall'interrogante al riguardo un atto di sindacato ispettivo -:
se e quali assicurazioni voglia fornire in merito al mantenimento in funzione della sezione distaccata di Sassuolo del Tribunale di Modena, indispensabile per un corretto funzionamento della giustizia.
(4-00012)

BERNARDINI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la sera del 1 novembre 1998, verso le ore 21, in Lastra a Signa (Firenze), presso il villino di proprietà dei coniugi Manetti, nella sottostante tavernetta-garage, i carabinieri della locale stazione rinvenivano, all'ingresso della stessa, il corpo agonizzante del collega carabiniere Paolo Galardo di 21 anni, in servizio presso la medesima stazione, il corpo senza vita di Palumbo Gemma, di 18 anni e Lucia Manetti, di 17 anni, figlia del signor Manetti, in fin di vita tra le braccia del padre, nel cortiletto di pertinenza del detto villino;
tutti e tre risultavano essere stati attinti da diversi colpi esplosi da arma da fuoco;
Lucia Manetti decedeva quasi subito dopo l'arrivo dei soccorsi mentre Paolo Galardo decedeva in ospedale, intorno alle 22,30 del 1 novembre 1998;
gli operanti giunti sul luogo del delitto - appartenenti alla stessa stazione di Lastra a Signa ove il Galardo prestava servizio - nell'immediatezza dei fatti e a quel che pare agli interroganti sulla base degli sviluppi della vicenda senza esperire alcun serio accertamento, predisponevano ed inviavano al Comando provinciale dei

carabinieri - Nucleo operativo provinciale di Firenze - la seguente e testuale segnalazione: alle ore 21 circa del 1 novembre 2001 «dopo violento alterco scaturito da precedente legame sentimentale con Manetti Lucia, colto improvviso raptus esplodeva n. 5 colpi pistola ordinanza modello 92/S calibro 9 parabellum avente matricola U31657Z at indirizzo predetta et contro di lei amica Palumbo Gemma (...) ferendole mortalmente. Militare infine rivolgeva suddetta arma contro propria tempia esplodendo sesto colpo», a firma del capitano Ruocco;
la segnalazione così come riportata veniva girata - in data 2 novembre 1998 - dal capitano del Comando nucleo operativo provinciale, maggiore Luigi Grisoli, al PM di Firenze dottor Francesco Pappalardo, al quale veniva assegnato il fascicolo;
sempre il 2 novembre 1998, a fronte della segnalazione pervenuta dai Carabinieri, il dottor Pappalardo iscriveva la notizia di reato (duplice omicidio) al n. di R.G. 3863/98 n.r. a carico del già deceduto Paolo Galardo, ed il fatto veniva catalogato come duplice omicidio/suicidio;
lo stesso giorno, infine, 2 novembre 1998, a meno di ventiquattro ore dai tragici accadimenti, in termini davvero inusuali ed inspiegabili, veniva disposto il dissequestro dell'arma rinvenuta sul posto - pistola Beretta 92/S Parabellum U31657Z - dei bossoli ed ogive repertati, nonché dell'immobile, così consentendo secondo l'interrogante la irreparabile manomissione della scena del crimine, con la conseguente dispersione di fondamentali elementi di prova determinanti per l'esatta ricostruzione della dinamica dei fatti;
nei giorni successivi veniva disposta la sola ispezione esterna dei cadaveri, non veniva effettuata alcuna autopsia, non veniva eseguita alcuna prova volta a verificare se ad esplodere i colpi fosse effettivamente stata la mano del giovanissimo carabiniere e dopo soli 9 giorni, il PM procedente dottor Pappalardo, chiedeva, in data 12 novembre, l'archiviazione del procedimento per morte del reo;
alla richiesta di archiviazione si opponeva il padre del giovane Paolo, anch'egli brigadiere nell'arma signor Edipo Galardo, il quale evidenziava la superficialità e la lacunosità delle indagini che a soli nove giorni dal fatto avevano portato il PM a chiedere l'archiviazione di un episodio tanto grave e riferiva che, solo qualche settimana prima dell'omicidio, il figlio Paolo gli aveva rappresentato di aver ricevuto delle minacce e di essere molto preoccupato per la sua incolumità in ragione di alcune indagini - per le quali aveva raccolto del materiale probatorio custodito all'interno di una valigetta ventiquattr'ore conservata presso la stazione e successivamente rinvenuta forzata e priva di contenuto - che stava conducendo personalmente in ordine ad un traffico di sostanze stupefacenti, in Lastra a Signa, e che avrebbe visto coinvolto anche il figlio del comandante di quella caserma maresciallo Franceschini;
tale racconto veniva successivamente riscontrato dalla testimonianza resa, ai sensi dell'articolo 391-bis codice di procedura penale al difensore dell'Edipo Galardo, dal migliore amico di Paolo, signor Enrico Federici;
inoltre, il padre di Paolo Galardo riferiva che, a seguito del furto del portafoglio subito dal figlio presso la caserma poco tempo prima del tragico episodio, Paolo gli forniva tutti i numeri di matricola della sua dotazione personale oltre che i numeri dei vari documenti di identificazione al fine di poter agevolmente proporre una denuncia in caso di ulteriori sottrazioni;
tra i numeri di matricola forniti, Edipo Galardo annotava anche quello - U 16499Z - relativo alla pistola in dotazione al figlio che risultava essere ancora quella assegnatagli nel 1996 allorquando il giovane faceva il suo ingresso nell'arma dei carabinieri con l'evidente conseguenza della non coincidenza con l'arma rinvenuta sul luogo del delitto;
a seguito dell'opposizione veniva fissata una prima udienza in camera di consiglio

in data 13 aprile 1999, all'esito della quale il GIP, dottor Silvio De Luca, disponeva ulteriori indagini «anche alla luce della dettagliata investigazione suppletiva richiesta da Galardo Edipo» e fissava nuovamente l'udienza camerale in data 15 giugno 1999 all'esito della quale, nonostante fosse stata audita solamente un'altra persona, disponeva l'archiviazione del procedimento per «morte del reo» - con ciò logicamente contraddicendo e dunque disattendendo la propria iniziale ordinanza - e così accogliendo la conforme richiesta del P.M. dottor Pappalardo;
un esposto del luglio del 2000 presentato dal signor Edipo Galardo portava un nuovo P.M., dottor Rosario Minna a richiedere al GIP di Firenze la riapertura delle indagini per il proc. n. 3863/98 R.G. n.r. che infatti venivano riaperte con provvedimento del 27 dicembre 2000 del GIP dottor Silvio De Luca;
a seguito della riapertura del fascicolo le indagini venivano, secondo l'interrogante inspiegabilmente, delegate dal PM procedente ai carabinieri di Lastra a Signa oggetto dell'esposto del signor Edipo Galardo;
venivano altresì effettuati una serie di accertamenti, veniva esperita una consulenza medico-legale, una consulenza balistica ed una consulenza grafologica sulla firma di Paolo Galardo presente nel registro delle armi; all'esito di tali ulteriori accertamenti, in data 19 settembre 2001, veniva formulata una nuova richiesta di archiviazione ex articolo 411 codice di procedura penale per morte del reo;
detta richiesta veniva nuovamente opposta dal signor Edipo Galardo e veniva fissata un'ulteriore udienza camerale in data 3 ottobre 2002 all'esito della quale il GIP, dottoressa Elisabetta Improta, con ordinanza del 7 ottobre 2002 disponeva ulteriori accertamenti tra i quali l'autopsia sui cadaveri delle tre vittime, previa esumazione degli stessi; anche se nel corso delle indagini il PM, dottor Francesco Fleury, chiedeva al GIP, che lo autorizzava, di effettuare soltanto la esumazione del cadavere di Lucia Manetti;
all'esito di dette indagini il PM dottor Fleury presentava una nuova richiesta di archiviazione sempre ai sensi dell'articolo 411 codice di procedura penale, nuovamente opposta dalla p.o. Edipo Galardo; veniva fissata l'udienza camerale per il giorno 8 aprile 2004 all'esito della quale il GIP, dottoressa Elisabetta Improta disponeva l'archiviazione del procedimento per morte del reo;
nel corso delle due riaperture del procedimento il signor Edipo Galardo depositava consulenze di parte redatte da noti e stimatissimi professionisti: quella medico-legale del professor Angelo Fiori; quella grafologica del professor Alberto Bravo; quella criminologica del professor Francesco Bruno che comprovavano - oltre che la sconcertante superficialità e lacunosità delle indagini dovuta alla irrimediabile alterazione della scena del crimine, all'inspiegabile repentino dissequestro della pistola, dei bossoli e delle ogive rinvenute sul luogo del delitto, alla assenza di una tempestiva autopsia sui cadaveri, alla assenza di una prova da sparo - l'inattendibilità delle conclusioni dei consulenti del P.M.;
ed infatti, la consulenza medico-legale metteva in evidenza l'assoluta impossibilità di affermare l'ipotizzato suicidio di Paolo Galardo a causa dell'indiscutibile carenza delle indagini medico-legali (autopsia, descrizione delle mani, indagini istochimica, chimica e chimico-fisica sui contorni delle due lesioni da arma da fuoco, analisi di tracce di polvere sulle mani ed esame della volta cranica) e per Lucia Manetti si interrogava sul come fosse possibile affermare - come fatto invece dai CT del PM - che quattro eventuali proiettili, di cui uno ritenuto nel corpo della povera ragazza e quindi senza foro di uscita, potessero aver prodotto ben 13 fori;
la consulenza grafologica effettuata dal professor Bravo sul registro delle armi conservato presso la caserma di Lastra a Signa, mette in evidenza la presenza di manomissioni e cancellature, ed afferma

che la firma di Paolo Galardo apposta sul registro per avvenuta consegna dell'arma del delitto, già sconosciuta dai suoi congiunti, non sarebbe stata apposta dallo stesso, ma da qualcuno che si sarebbe allenato prima di riprodurla;
a sostenere la falsità della firma intervengono, inoltre, sia la palese irregolarità dell'annotazione presente sul libretto personale del carabiniere Paolo Galardo e relativa alla data di presa in carico della pistola Beretta 92/S Parabellum U31657Z, sia le contrastanti dichiarazioni rese dal maresciallo Remo Franceschini, il quale sentito a sommarie informazioni il 12 dicembre 2000 affermava di non sapere nulla del cambio di arma da parte del Galardo per poi mutare radicalmente versione nel corso delle sommarie informazioni rese il 27 marzo 2001 allorquando riferiva di aver eseguito lui stesso l'annotazione nel registro delle armi dell'avvenuta consegna a Paolo Galardo della pistola rinvenuta sul luogo del delitto;
alla luce dei fatti esposti, risulta evidente che a fronte di un fatto di sangue gravissimo, per motivi mai seriamente accertati, i magistrati della procura della Repubblica di Firenze aderirono secondo gli interroganti acriticamente alla prima versione dei fatti fornita nell'immediatezza dai carabinieri intervenuti e che, segnatamente il maresciallo Franceschini, in base a quanto più volte denunciato dal signor Galardo Edipo, potevano avere un interesse nella rapida chiusura del caso, così consentendo la dispersione di preziosi elementi di prova determinanti per la ricostruzione del fatto;
inoltre i predetti magistrati della procura di Firenze, dopo aver proceduto alla iscrizione nel registro delle notizie di reato del nominativo di una persona deceduta, a fronte delle denunce del padre del Paolo Galardo hanno ripetutamente delegato per le indagini gli stessi soggetti denunciati che, da parte loro, non hanno mai sentito neppure la necessità di astenersi dalle stesse;
ciò nonostante nel corso delle indagini, per lo più grazie all'attività del signor Edipo Galardo, è emerso: - che effettivamente il figlio del maresciallo Franceschini era pregiudicato per delitti contro il patrimonio; - che il predetto maresciallo effettivamente aveva frequenti rapporti telefonici con un noto spacciatore della zona (circostanza giustificata con il rapporto sentimentale che legava quest'ultimo alla figlia del maresciallo); - che gravi irregolarità contraddistinguono il libretto personale del carabiniere Paolo Galardo nella annotazione relativa alla presa in carico dell'arma rinvenuta sul luogo del delitto; - che tali irregolarità risultano supportate dai forti sospetti di falsificazione della grafia di Paolo Galardo (C.T. professor Bravo) sull'annotazione relativa alla presa in carico della pistola Beretta 92/S Parabellum U31657Z presente nel registro delle armi custodito presso la stazione di Lastra a Signa; - che tali forti sospetti risultano corroborati dalle contrastanti dichiarazioni rese sul punto dal maresciallo Franceschini; - che all'esito dell'ultima archiviazione disposta dal GIP dottoressa Improta, sono pervenuti nel fascicolo processuale tabulati telefonici che smentiscono quanto ritenuto appurato (per mezzo di dichiarazioni di altri carabinieri) in ordine alla circostanza, anch'essa oscura, relativa al momento nel quale il maresciallo Franceschini fu informato del fatto di sangue (fu il primo a recarsi sul luogo del delitto e a tutt'oggi non è emerso con chiarezza da chi sia stato avvertito); - che sulla base della consulenza medico legale del professor Fiori ben difficilmente quattro proiettili potevano determinare i 13 fori rinvenuti sul cadavere di Lucia Manetti; - che sulla base della consulenza del professor Bruno ben altra e diversa potrebbe essere stata la dinamica dei fatti con la presenza di una quarta persona sul luogo del delitto ed autore di un triplice omicidio;
nonostante tutto ciò, all'esito delle indagini, la procura di Firenze, mantenendo immutata la prima indicazione fornita in assenza di qualsiasi significativa indagine e nell'immediatezza del fatto dai carabinieri di Lastra a Signa intervenuti sul luogo del delitto, dopo aver iscritto nel registro delle notizie di reato una persona

già deceduta, richiedeva ed otteneva dal GIP dottoressa Improta, ancora nel 2004, l'archiviazione del procedimento ex articolo 408 codice di procedura penale, così confermando la precedente statuizione -:
se siano state avviate ispezioni da parte del Ministro della giustizia in ordine alle gravissime lacune investigative (dissequestro del luogo del delitto, della pistola, dei bossoli e delle ogive rinvenuti sul luogo del delitto, mancanza di esami autoptici sui cadaveri, mancanza di prove volte a verificare se la mano di Paolo Galardo avesse effettivamente esploso colpi di pistola) alle palesi irregolarità delle indagini (delega di indagine conferita agli stessi «indagabili», iscrizione di un morto nel registro delle notizie di reato) e in caso negativo se non intenda avviarle;
se il Ministro della difesa sia a conoscenza di eventuali determinazioni assunte dal comandante della regione carabinieri Toscana dell'epoca in relazione al comportamento di cui si sono resi responsabili i carabinieri della stazione di Lastra a Signa e del Nucleo operativo provinciale di Firenze che hanno consentito la dispersione di preziose fonti di prova determinanti per la esatta ricostruzione della dinamica dei gravissimi fatti di sangue e, in caso contrario, se non intenda fornire spiegazioni a riguardo;
se il Ministro dell'interno ritenga che le procedure adottate dai militari dell'Arma nell'espletamento del servizio istituzionale cui sono preposti siano conformi alla prassi, ai regolamenti ed alle leggi vigenti in materia.
(4-00017)

BERNARDINI, MAURIZIOTURCO, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nella giornata del 9 aprile 2008 si è tenuta a Roma, presso la sede del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, una riunione tra il Ministro Scotti e le Organizzazioni sindacali della Polizia penitenziaria;
la riunione si è svolta a seguito dei recenti suicidi e delle aggressioni dal personale della polizia penitenziaria;
il Segretario generale della Uil penitenziari, Eugenio Sarno, ha dichiarato in questa occasione: «abbiamo spiegato al Ministro che oggi il sistema penitenziario paga la fase post-indulto, perché non sono state attivate quelle misure strutturali che pure erano state annunciate. Noi non intendiamo strumentalizzare le tragedie di queste ultime settimane ma non può non trovare attenzione l'avvento esponenziale dei suicidi»;
il Ministro Scotti ha dichiarato che: «Per quanto accaduto in questi ultimi giorni e per la situazione di difficoltà che vivete ho sentito il dovere morale e istituzionale di essere con voi» -:
quanti e quali siano i casi di suicidi e aggressioni che risultano al Governo essersi verificati;
se dai dati sia ravvisabile un aumento dei casi suddetti, e quali ne siano le ragioni secondo il Governo;
se il Governo intenda adottare misure urgenti per porre riparo alla situazione, e quali.
(4-00021)

MECACCI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'Italia è uno dei Paesi fondatori del Consiglio d'Europa, organizzazione internazionale, istituita il 5 maggio 1949 e della quale fanno parte 47 Paesi europei, che ha lo scopo di favorire la creazione di uno spazio democratico e giuridico comune in Europa, organizzato nel rispetto della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e di numerosi altri trattati internazionali;

il 25-26 ottobre 2007 nel corso della 28a Conferenza dei ministri europei della Giustizia che si è tenuta a Lanzarote, è stata aperta alla sottoscrizione la «Convenzione per la protezione dei bambini contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali» che rappresenta un passo importante per la prevenzione degli abusi sessuali contro i bambini, per il perseguimento degli abusanti e per la tutela delle vittime;
la convenzione è stata sottoscritta da Austria, Belgio, Bulgaria, Croazia, Cipro, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Lituania, Moldavia, Olanda, Norvegia, Polonia, Portogallo, Romania, San Marino, Serbia, Slovenia, Svezia, ex Repubblica Jugoslava di Macedonia e Turchia -:
per quali motivi l'Italia non risulti essere tra i sottoscrittori della «Convenzione per la protezione dei bambini contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali».
(4-00027)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 24 marzo 2007 sul settimanale Controsenso, distribuito gratuitamente in allegato anche al giornale lucano La Nuova del Sud, è stato pubblicato il seguente articolo firmato da Filippo Laganà dal titolo «Le relazioni misteriose della sanità - Inquietanti omonimie o effettive parentele, pongono dei seri interrogativi sui meccanismi in atto al San Carlo e in alcuni centri di fisiokinesiterapia»: «Si potrà trattare di una semplice omonimia, addirittura di un errore di comprensione. Ma quando l'ufficio del personale dell'Azienda Ospedaliera San Carlo di Potenza ci ha confermato l'esistenza di un "Luigi Grimaldi" fra i suoi dipendenti non potevamo non fare tremila collegamenti in 3 secondi. Al punto che, dall'altro capo del filo, la voce impersonale dell'addetto all'ufficio continuava a chiedere se era tutto chiaro, se avevamo capito bene, persino se eravamo ancora in linea. Qualche parola di ringraziamento e congedo e subito a scrivere, di corsa. Cosa ci fa un Luigi Grimaldi ai vertici dell'economato del San Carlo (e che fine ha fatto il dottor Pergola, ancora in servizio)? E, soprattutto, chi è Luigi Grimaldi? In questi giorni si è fatto un gran parlare del Direttore Generale dell'Asl "San Carlo". Fra le tante vicende che lo hanno visto chiamato in causa a vario titolo in prima persona la più nota agli italiani è certamente quella relativa alla scomparsa di Elisa Claps. Ebbene, forse a molti sarà sfuggito oppure noi stessi ricordiamo male, ma il capo della squadra mobile che condusse le prime indagini era proprio un Luigi Grimaldi. Omonimo del neo assunto da Michele Cannizzaro, il 2 febbraio 2007. Ma non si tratta dell'unica assunzione che desta qualche interrogativo. Forse sarebbe opportuno che si rendesse pubblica una tabella dei magistrati in organico presso i tribunali di Matera e Potenza che hanno parenti prossimi in questa o quella ASL, in questo o quell'ufficio regionale, subregionale o ente controllato. Così, tanto per consentire a qualche "normale" cittadino di esercitare un minimo controllo e chiedere, opportunamente, l'astensione dei magistrati in procedimenti che vedono, fra le parti in causa, i datori di lavoro dei propri cari. Può essere utile, tanto per documentare il "sistema" degli affari che coinvolge politici, magistrati e imprenditori e che il Dottor Folino (capogruppo DS nel Consiglio Regionale di Basilicata) si ostina a non vedere, commentare la delibera di Giunta Regionale n. 2793 del 29 novembre 2004. Presenti: Filippo Bubbico, Presidente; Carlo Chiurazzi, Assessore; Gaetano Fierro, Assessore; Donato Salvatore, Assessore; Giovanni Carelli, Assessore. Gli assessori presenti ed il presidente Bubbico "vedono" la nota prot. 78/07/04 del 23 luglio 2004 acquisita al protocollo regionale il 6 settembre 2004 (non male, solo 45 giorni!) con cui si comunica "che, con decorrenza 22 luglio 2004, il socio Dott. Cannizzaro Michele ha ceduto tutte le quote societarie al Sig. Cannizzaro Camillo".

Di quale società? "Dell'ambulatorio di fisiocinesiterapia e rieducazione funzionale Genovese Camillo s.r.l.". Esiste un qualche rapporto di parentela fra Michele e Camillo? Non è dato sapere. È certo, dall'atto notarile di cessione delle quote, che abitano allo stesso indirizzo. L'esigenza di cedere le quote societarie in capo al dottor Michele Cannizzaro era scaturita in seguito alla sua domanda di concorrere per la dirigenza della ASL San Carlo, esitata favorevolmente e, quindi, dalla incompatibilità che sarebbe sorta fra il ruolo istituzionale di direttore generale di una ASL e quello meramente imprenditoriale di socio di un'azienda che svolge servizi in convenzione per la medesima ASL. Ma, ci chiediamo, se Camillo fosse il figlio di Michele, l'incompatibilità risulterebbe cessata? Domanda per il dottor Folino, fiduciosi che voglia accoglierla non come parte di un piano per screditare la Basilicata. Ci basterebbe chiarire come mai fra una "Vista", un "Rilevato", un "Dato Atto", un "Considerato" e via dicendo, la Giunta non si accorge che un centro di fisiocinesiterapia intestato al figlio del Direttore Generale del San Carlo, nonché figlio del sostituto procuratore della DDA di Potenza, aumenta di anno in anno le prestazioni ed il fatturato mentre gli altri centri "concorrenti" faticano e vedere riconfermate le proprie convenzioni. Già nel 2001, la dottoressa Felicia Genovese ebbe ad astenersi in un procedimento a carico di politici e funzionari regionali. Motivo? Il conflitto per il fatto che suo marito (Michele Cannizzaro) era socio in una società che aveva in essere convenzioni con la Regione Basilicata. La Camillo Genovese srl. Ci sono state altre astensioni dopo quella del 2001? Bisognerebbe chiederlo alla dottoressa Felicia Genovese che pure, a memoria d'uomo, ci pare abbia tenuto più di un procedimento a carico di amministratori regionali. Celebre quello per la ASL di Venosa che, dopo una richiesta di archiviazione non accolta, la vide astenersi ma non con la tempestività sufficiente a scongiurare una richiesta di approfondimento avanzata dal GIP Iannuzzi direttamente alla Procura della Repubblica di Catanzaro. I recenti fatti di cronaca giudiziaria parlano di una vera e propria ipotesi di reato, finita fra le tante dell'inchiesta "toghe lucane" incardinata presso la competente Procura della Repubblica di Catanzaro. Eppure sarebbe bastato così poco, sarebbe bastato che ci si accontentasse di un solo lavoro; che si lasciasse qualche spazietto ad altri imprenditori o dirigenti»;
sarebbe necessario assumere iniziative, anche alla luce delle inchieste in corso da parte della Procura della Repubblica di Catanzaro, per verificare cosa è effettivamente avvenuto in Basilicata nel corso degli anni, se e quali provvedimenti intendano adottare per evitare il ripetersi di tali fatti-:
se il dottor Luigi Grimaldi sia ancora in forza alla Polizia di Stato o, in caso contrario, per quali motivi e da quando e, in tal caso, se risulti che è attualmente ai vertici dell'economato dell'Azienda Ospedaliera San Carlo di Potenza;
se vi siano fatti nuovi relativamente alla scomparsa di Elisa Claps.
(4-00037)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della pubblica istruzione, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
dal 31 maggio 2006, in Vallo della Lucania, trentasei bambini di età compresa fra i tre ed cinque anni denunciano pesanti molestie sessuali ad opera di una novizia all'interno della scuola materna «Paolo VI» gestita dalle suore dell'Ordine delle Ancelle di Santa Teresa del Bambino Gesù;
detti bambini raccontano circostanze che lasciano trasparire come probabile il coinvolgimento di altre suore nonché di persone estranee all'ambito scolastico;

in una lettera inviata il 31 ottobre 2006 al Papa e al Vescovo di Vallo della Lucania, i genitori di una delle bambine coinvolte scrivevano tra l'altro:
«Il massimo rappresentante della Chiesa Diocesana non ha ritenuto di dover esprimere alcuna parola di conforto nei confronti dei bambini e delle loro famiglie, limitandosi a poche e scarne dichiarazioni ufficiali dagli inequivocabili connotati pilateschi cui ha fatto seguito un silenzio assordante. I vertici della citata scuola e del citato Ordine non hanno ritenuto di dover manifestare alcuna forma di vicinanza o di solidarietà ai bambini coinvolti ed alle loro famiglie, preoccupandosi di negare ogni accadimento e di tacciare di isteria i genitori dei bambini stessi. Non pochi rappresentanti del Presbiterio, nel totale silenzio e nella generale indifferenza degli altri, hanno esplicitamente dimostrato e dimostrano aperta ostilità nei confronti dei genitori dei bambini coinvolti, ancorché cattolici praticanti.» Di fronte al silenzio assordante degli interlocutori, i genitori scrivevano nuovamente il 6 febbraio 2007, lettera che a tutt'oggi non ha ricevuto alcuna risposta;
in una lettera inviata il 15 gennaio 2007 al Direttore Generale della ASL SA3 di Vallo della Lucania, i genitori di detti bambini, si richiamavano alla nota del 13 dicembre 2006 - alla quale non era stata data risposta - con la quale avevano già richiesto la necessaria collaborazione per predisporre adeguati e necessari presidi terapeutici volti a porre rimedio ai disturbi comportamentali dei loro figli. È infatti accaduto che la dott.ssa Giuseppina Pustorino, neuropsichiatra infantile dipendente dalla ASL SA3, presso il poliambulatorio di Sapri aveva avviato percorsi osservazionali sui bambini al fine di valutare le loro condizioni e di accertare la necessità di cure. Per taluni dei bambini il percorso osservazionale si era già concluso ed aveva evidenziato la necessità di procedere ad urgenti terapie da affidare a psicoterapeuti specializzati ed esperti; per taluni altri bambini il percorso osservazionale sebbene avviato non si è concluso. Nel frattempo la dott.ssa Pustorino nonostante fosse andata ad espletare la sua attività professionale in Foggia si era dichiarata disponibile a completare i percorsi osservazionali avviati, senza aggravio di costi per alcuno, recandosi in Vallo della Lucania o Sapri ed utilizzando all'uopo le proprie ferie. Nelle more taluni genitori avevano esposto le problematiche inerenti le condizioni dei loro figli al Dipartimento per la Tutela della Salute Mentale - unità operativa di neuropsichiatria dell'infanzia e della adolescenza dell'ASL di Cava dei Tirreni (dotato di personale adeguatamente specializzato) raccogliendo il pressante invito ad avviare con urgenza le opportune cure per i piccoli pazienti e che il personale informalmente contattato aveva dichiarato la disponibilità ad avviare programmi di collaborazioni con l'ASL SA3 e ad espletare in Vallo della Lucania ogni attività terapeutica, previ indispensabili accordi istituzionali fra le due Aziende. In detta nota viene altresì rilevato che «relativamente alla istanza del 13 dicembre 2006, le uniche notizie a noi pervenute, peraltro per canali del tutto informali ed assolutamente inadeguati alla delicatezza del caso, riferiscono di assunzione di informazioni presso la dott.ssa Pustorino mercè metodologie poco ortodosse e non consone alla complessità ed alla problematicità di una vicenda in cui i profili sanitari si intrecciano inevitabilmente e strettamente con quelli giudiziari, imponendo estrema attenzione e rigorosa prudenza a chiunque entri in contatto con essa». Nota con al quale, infine, tra l'altro si chiedeva di autorizzare la utilizzazione da parte della dott.ssa Giuseppina Pustorino degli ambulatori di detta ASL in Vallo della Lucania o in Sapri allo scopo di ultimare i percorsi osservazionali già avviati e di monitorare i percorsi terapeutici cui saranno sottoposti i nostri figli;
secondo l'interrogazione il comportamento della ASL è quantomeno anomalo -:
se siano a conoscenza di detti fatti e se siano state avviate indagini al riguardo;

se siano a conoscenza di fatti simili accaduti in istituti scolastici di ogni ordine e grado e, in caso affermativo, quali;
se la scuola materna «Paolo VI» gestita dalle suore dell'Ordine delle Ancelle di Santa Teresa del Bambino Gesù goda di finanziamenti pubblici;
quali iniziative intenda prendere per garantire un sostegno adeguato alle vittime, tenendo conto sia dell'età delle stesse che della gravità delle violenze subite;
quali iniziative intenda assumere affinché episodi di questo genere non abbiano più a ripetersi in luoghi deputati alla formazione e all'equilibrato sviluppo della personalità degli alunni, quali le scuole.
(4-00041)

MECACCI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa si è appreso che il PM di Matera dottoressa Annunziata Cazzetta, in data 26 luglio 2007, ha disposto perquisizioni a carico di cinque giornalisti: Carlo Vulpio (Corriere della Sera), Nicola Piccenna, Nino ed Emanuele Grilli tutti del settimanale Il Resto, Gianloreto Carbone della trasmissione Rai Chi l'ha visto? e del Capitano dei Carabinieri della Stazione di Policoro (Matera), Pasquale Zacheo;
l'ipotesi di reato formulata dalla Procura materana va a sostanziarsi in un inedito reato associativo, laddove si parla di «associazione a delinquere finalizzata alla diffamazione a mezzo stampa e alla rivelazione del segreto istruttorio»;
da notare che il Capitano Pasquale Zacheo indaga in Basilicata per conto del sostituto Procuratore di Catanzaro Luigi De Magistris;
insomma, il Capitano Zacheo è indagato da un magistrato in servizio presso quella Procura della Repubblica di Matera, il cui Procuratore capo è indagato nell'inchiesta «Toghe lucane», condotta proprio dalla Procura della Repubblica di Catanzaro;
sulla Nuova Basilicata del 28 luglio il Capitano Zacheo dichiara: «Ho voluto comunicare al Pm procedente la dottoressa Cazzetta, che le indagini da lei condotte per questa vicenda, di fatto, si erano sovrapposte con quelle della Procura di Catanzaro. Dalle intercettazioni da loro svolte, era chiaramente emerso che: stavo svolgendo delle delicate indagini a carico di magistrati della Procura, e non si tratta solo del Procuratore Chieco, e dell'ufficio del Gip di Matera... Un'attività da cui emergono gravi presunte responsabilità a carico dei magistrati di quegli uffici. Pertanto sarebbe stato opportuno che il Pm Cazzetta si astenesse. Gli indagati a Catanzaro, potrebbero risultare avvantaggiati dall'inchiesta di Matera e c'è il rischio che venga compromesso il quadro probatorio...»;
in data 30 luglio, la giornalista de Il Quotidiano della Calabria Chiara Spagnolo viene anch'essa sottoposta a perquisizione domiciliare su disposizione del sostituto procuratore di Catanzaro, Salvatore Curcio, per presunta violazione del segreto istruttorio;
sullo stesso Quotidiano calabrese, nell'edizione del 31 luglio leggiamo: «Le perquisizioni e i sequestri effettuati dai Ros e dalla sezioni Pg della Procura hanno riguardato la casa di Catanzaro, quella al mare di Sellia Marina e la redazione cittadina de il Quotidiano della Calabria»;
in data 1 agosto si apprende, sempre da organi di stampa, che il giornalista de Il Quotidiano della Basilicata Fabio Amendolara risulta indagato dalla Procura della Repubblica di Cosenza, la quale in data 31 luglio ha fatto pervenire presso la sede di Cosenza de Il Quotidiano della Calabria una nota della sezione di Polizia di Stato, con la seguente richiesta: «Pregasi voler comunicare con urgenza come l'autore dell'articolo Fabio Amendolara sia

venuto a conoscenza del decreto di perquisizione e sequestro avvenuto presso il villaggio «Marinagri»;
lo stesso Amendolara, con la sua collega de Il Quotidiano della Basilicata, Alessia Giammaria, risulta di già indagato dal Procuratore Capo di Catanzaro, dottor Mariano Lombardi, sempre per una «fuga di notizie»;
da quanto scritto, risulta evidente all'interrogante che le Procure di Matera, Catanzaro e Cosenza si occupano di atti prodotti dal sostituto procuratore di Catanzaro Luigi De Magistris: in tutte e tre le indagini c'è un riferimento all'inchiesta «Toghe lucane» -:
se sia a conoscenza dei fatti narrati;
se e quali iniziative intenda adottare, nell'ambito delle sue competenze.
(4-00043)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
dal quotidiano La Repubblica del 16 marzo 2007 si apprende che «ieri, con funerali in forma privata (...) è stato sepolto il boss Francesco Madonia morto sabato scorso al Policlinico di Napoli», e che «Don Ciccio Madonia, patriarca della mafia di Resuttana - San Lorenzo, se n'è andato nel reparto di terapia intensiva dell'ospedale di Napoli dove era stato ricoverato un paio di settimane fa con l'aggravarsi delle sue condizioni. A 83 anni, Francesco Madonia era ancora al regime del carcere duro, di quel 41-bis che proprio qualche giorno fa, su richiesta della Procura di Palermo, è stato ripristinato anche nei confronti di suo figlio Nino. (...) Toccherà invece ai giudici decidere se autorizzare o meno eventuali permessi ai tre figli detenuti al carcere duro» per partecipare al funerale -:
quando Francesco Madonia sia stato ricoverato al Policlinico di Napoli;
se quando è deceduto risultasse ancora sottoposto al regime 41-bis, ovvero quando gli sia stato revocato;
se risulti che i figli siano stati autorizzati a partecipare al funerale.
(4-00053)

BERNARDINI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha approvato il 18 aprile la risoluzione n.1548 (2007) in cui al punto 22.3.2 si legge: «22.3.2. In Italia, nonostante i reiterati appelli dell'Assemblea - più di recente nella sua Risoluzione n.1516 (2006) -, e del Comitato dei Ministri (ResDH(2007)2), le carenze strutturali continuano a dar adito a violazioni reiterate della Convenzione connesse alla durata eccessiva dei procedimenti giudiziari. L'assenza di qualsiasi progresso verso una soluzione alle violazioni sistemiche, da parte dell'Italia, del diritto di proprietà mediante gli "espropri indiretti", ha determinato l'adozione, in data 14 febbraio 2007, di una nuova risoluzione interinale da parte del Comitato dei Ministri (ResDH(2007)3). La legislazione italiana seguita altresì a non autorizzare la riapertura dei procedimenti penali nazionali impugnati dalla Corte, e nessun altro provvedimento è stato preso per ristabilire il diritto dei richiedenti a un giusto processo (ResDH(2005)85);
22.4. Esorta vivamente la Grecia e l'Italia ad accelerare l'adozione dei provvedimenti d'ordine generale occorrenti per assicurare la piena esecuzione delle sentenze della Corte europea dei Diritti dell'Uomo e la prevenzione efficace di simili violazioni della Convenzione» -:
quali provvedimenti intenda adottare in relazione a quanto denunciato dall'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa.
(4-00058)

BERNARDINI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 18 ottobre del 2004 il signor Ilio Spallone veniva condannato in via definitiva dalla Cassazione, alla pena di 17 anni e 11 mesi di reclusione per omicidio volontario;
il 24 maggio 2007 è stato trasferito dal carcere di Roma-Rebibbia all'ospedale;
il 25 maggio il Tribunale di sorveglianza lo ha rimesso in libertà;
il 26 maggio è morto -:
se sia a conoscenza delle cause della morte del detenuto;
se nel diario clinico del carcere si riscontra il pericolo di vita per il detenuto ovvero uno stato di salute che avrebbe potuto portare alla morte;
se la magistratura ne fosse informata e da quando;
se non intenda acquisire informazioni circa i tempi intercorsi tra l'eventuale richiesta dei legali e la scarcerazione del loro cliente per problemi di salute;
come venga considerato dal punto di vista statistico il caso di Ilio Spallone, ovvero se il ministero di giustizia disponga di statistiche sui giorni che intercorrono tra la scarcerazione per problemi di salute e la morte del detenuto.
(4-00059)

BERNARDINI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
ex articolo 196 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, «I magistrati possono essere destinati ad esercitare funzioni amministrative nel ministero di grazia e giustizia, in conformità delle norme speciali contenute nell'ordinamento del ministero medesimo, nel numero e nei gradi stabiliti dalla tabella N annessa al presente ordinamento. Tale tabella può essere, con decreto reale, modificata su proposta del Ministro di grazia e giustizia, di concerto con il Ministro delle finanze. Essi sono collocati fuori dei ruolo organico della magistratura durante l'esercizio delle predette funzioni»;
ex articolo 1, comma 4, della legge n. 1 del 4 gennaio 1963 «Il numero dei magistrati che possono essere destinati al ministero di grazia e giustizia a norma dell'articolo 196 dell'Ordinamento giudiziario approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, è stabilito dalla tabella C allegata alla presente legge, che sostituisce la tabella A allegata alla legge 12 agosto 1962, n. 1311»;
ex articolo 19 del decreto legislativo n. 300 del 30 luglio 1999 «Il numero massimo del magistrati collocati fuori dal ruolo organico della magistratura e destinati al ministero non deve superare le 65 unità» -:
se anche sulla base degli atti depositati presso il Ministero risulti:
quale sia il numero dei magistrati distaccati, attualmente e negli ultimi cinque anni, presso il ministero della giustizia;
quali siano gli incarichi ricoperti e le funzioni svolte presso i singoli uffici;
quali siano i nominativi, le sedi e gli incarichi ricoperti presso gli uffici di provenienza;
quale sia l'associazione di categoria di appartenenza, ove disponga di tale dato, e nel rispetto dei diritti di riservatezza riconosciuti dalla vigente normativa;
quale sia la durata media del distacco presso gli uffici del ministero;
quale sia la sede di assegnazione e quali siano gli incarichi ricoperti dai singoli magistrati che nel corso degli ultimi cinque anni hanno cessato il distacco presso il ministero e sono tornati ad esercitare funzioni giudiziarie.
(4-00063)

BERNARDINI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sono prossimi a scadere i decreti di applicazione del regime speciale di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario;
nei confronti di numerosi detenuti, il durissimo regime speciale è in atto da molti anni (per taluno dall'estate 1992, cioè da ormai quattordici anni);
nonostante la riforma del 2002, il regime speciale è pur sempre - nei confronti del singolo detenuto - una forma di trattamento derogatoria, temporanea e di carattere straordinario (la norma è infatti rubricata «Situazioni di emergenza»);
i decreti applicativi (o di «rinnovo») emessi dal 1992 ad oggi, tutti praticamente uguali tra loro ad onta del principio della personalizzazione del trattamento detentivo e della pena, a giudizio dell'interrogante, risultano ispirati da una interpretazione assai discutibile della normativa in materia, per la quale - a proposito dei soggetti legati, al momento dell'arresto, ad associazioni criminali di stampo mafioso - sussisterebbe una «presunzione di persistenza dei collegamenti (del detenuto) con il gruppo criminale» che potrebbe essere superata soltanto dallo scioglimento del gruppo criminale ovvero dalla sopravvenuta collaborazione del detenuto con la giustizia;
in tal modo si è creata, per via d'interpretazione in malam partem e nella prassi, una norma che è invece inesistente a livello normativo, per la quale il regime detentivo de quo sarebbe automaticamente (e necessariamente) applicabile a tutti gli imputati e/o condannati per associazione di tipo mafioso che non si siano determinati alla collaborazione;
al contrario, secondo l'interrogante, non pare ammissibile sostenere che la «persistenza dei collegamenti» con l'associazione criminale di (originaria) appartenenza debba «presumersi» (nonostante anni ed anni di sottoposizione al particolare e restrittivo regime detentivo), mentre è più aderente ai principi costituzionali ritenere che l'eventuale persistenza di collegamenti «criminali» del detenuto debba affermarsi sulla scorta di positivi elementi e concrete circostanze;
in altri termini, da una parte sta la concezione del «41-bis» come regime non più eccezionale ma ordinario (anzi: perpetuo, almeno per certe categorie di detenuti); dall'altra parte quella (più adeguata già alla rubrica della norma, recante «Situazioni di emergenza») di istituto eccezionale da applicarsi rigorosamente «quando ricorrano gravi motivi di ordine e sicurezza pubblica» (peraltro, la prima impostazione presuppone che tali «gravi motivi» sussistano ininterrottamente, nel nostro Paese, da ormai quasi quattordici anni; da quando, cioè, l'articolo 41-bis ord. penit. è stato introdotto ed immediatamente applicato);
la nuova formulazione (intervenuta con la legge n. 279 del 2002) della norma citata ha introdotto un fondamentale ma trascurato passaggio, per il quale la sospensione del normale trattamento penitenziario è possibile (sempre quando ricorrano i gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica) «nei confronti di detenuti o internati per taluno dei delitti di cui al primo periodo del comma 1, dell'articolo 4-bis, in relazione ai quali vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con un'associazione criminale terroristica o eversiva», di tal che tali elementi devono «esserci» (e cioè risultare attualmente ed in positivo) e non possono in alcun modo essere presunti;
la diversa opzione interpretativa sarebbe invece possibile a fronte di una disposizione di legge che consentisse o imponesse il particolare regime «...a meno che non vi siano elementi tali da far escludere la sussistenza di collegamenti...», anche perché risulta addirittura ovvio come una cosa sia richiedere, al fine di legittimare l'adozione di un certo provvedimento, che «vi siano» elementi indicativi

di attuali collegamenti del destinatario col mondo del crimine (ed allora occorre che tali elementi siano individuati e descritti): mentre tutt'altra e ben diversa cosa è che - al contrario - esistano elementi tali da far escludere qualsiasi possibilità di collegamenti di quella natura (le due differenti situazioni determinano una differente distribuzione dell'onere della prova dell'esistenza, ovvero dell'inesistenza, dei collegamenti in questione);
la predetta sostanziale differenza è stata tenuta ben presente dal legislatore allorché ha «messo mano» all'aggiustamento dell'ordinamento penitenziario come d'altronde risulta, senza andare troppo lontano, proprio dal dato testuale dell'articolo 4-bis ord. penit., così come deriva dalle modifiche introdotte dalla stessa legge n. 279 del 2002: «I benefici suddetti possono essere concessi ai detenuti ed agli internati per uno dei delitti di cui al primo periodo del presente comma purché siano stati acquisiti elementi tali da escludere l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata...»;
la prospettiva per la quale il restrittivo regime deve fondarsi sulla positiva emergenza di persistenti collegamenti del detenuto con l'associazione criminale ha già avuto, d'altra parte, significativo e ripetuto avallo in sede di verifica giurisdizionale dei decreti ministeriali: «nelle ipotesi in cui, come quella di specie, sia trascorso un così rilevante periodo di tempo dalla commissione dei delitti ed il soggetto sia stato ristretto ininterrottamente nel medesimo regime restrittivo, l'ulteriore proroga deve essere supportata da circostanze recenti o fatti concreti da cui possa desumersi il perdurare del vincolo associativo e della posizione di preminenza un tempo rivestita dal soggetto. Né tale necessità può ritenersi soddisfatta dal generico richiamo a «recenti indagini», quando si ometta di indicare la natura e l'entità degli indizi che si assumono sopravvenuti. - Tale interpretazione della norma, che appare l'unica costituzionalmente corretta peraltro conforme alla nota giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenze 349/93, 351/96 376/97), è stata ora recepita dal testo novellato dell'articolo 41-bis, a seguito della modifica intervenuta con la legge n. 279/02, che ancora attribuisce la facoltà di sospendere in tutto o in parte le normali regole del trattamento penitenziario e rieducativo, alla presenza di «elementi tali da far desumere la sussistenza di collegamenti» con l'organizzazione criminale di appartenenza» (Tribunale di sorveglianza di Roma, ord. n. 3390/2003, Emmanuello A.; negli stessi termini, Tribunale di sorveglianza di Roma, ord. 2269/2003, Barreca S.; Tribunale di sorveglianza di Perugia, ord. n. 977/2003, Tagliavia F.; Tribunale di sorveglianza di Perugia, ord. n. 1280/2003, Barreca G.);
secondo l'interrogante nella impostazione contestata si confondono i piani della permanenza del reato associativo (che però - e come noto - cessa con la sentenza di primo grado) e quello - ben diverso - della sussistenza attuale di collegamenti con l'associazione di provenienza, mentre (va ribadito con fermezza) è la seconda condizione, e non già la prima, a legittimare il regime carcerario speciale;
al contrario, i decreti applicativi sono stati sino ad oggi ispirati alla pretesa «massima d'esperienza» per rimane tale fino a prova (diabolica) del contrario: a quale il mafioso - o il camorrista «La regola principale della militanza nel gruppo mafioso... è data dalla assoluta fedeltà all'associazione, alla quale si rimane legati anche nello stato di detenzione, e dalla quale, in quanto appartenenti, si ottengono mensilmente le risorse per il mantenimento della famiglia e per sostenere le spese legali e processuali»; ebbene, nel ribadire che non spetta al Ministro stabilire quando cessi la permanenza del reato, ma soltanto se sussistono collegamenti del (mafioso o ex) con l'associazione di appartenenza, deve rilevarsi la genericità di tali assunti (difatti ripetuti indistintamente in tutti i decreti applicativi);
a quanto risulta all'interrogante, nei decreti applicativi si legge che «il comportamento corretto (del detenuto) nel

corso della detenzione, che è regola per gli appartenenti alle organizzazioni di tipo mafioso, in nessun caso può essere interpretato come segno univoco della resipiscenza e cessazione di ogni pericolosità sociale», il che svela l'automaticità dell'applicazione dell'istituto: se si dà atto del corretto comportamento intramurario (e quindi - deve ritenersi - dell'insussistenza di tentativi di indebita comunicazione con l'esterno), l'asserita persistenza di contatti con l'associazione criminale non può che trovare fondamento in una presunzione assoluta ed insuperabile (se non, come s'è detto, con la collaborazione);
la rituale elencazione delle «pendenze» (cioè dei procedimenti e processi in corso) del detenuto deve essere letta alla luce del presupposto che spesso (se non sempre) si tratta di processi per fatti assai datati, rivelatori quindi di ciò che era, e non già di ciò che attualmente è il soggetto in questione; diversamente, dovrebbe ammettersi che la detenzione - ad onta dei princìpi costituzionali - è del tutto inutile ai fini della riabilitazione personale;
i detenuti sottoposti al «41-bis» hanno rapporti assai rarefatti (non già con l'ambiente di provenienza, ma) addirittura con la loro stessa famiglia, essendo ristretti in località lontane dai luoghi d'origine, ed essendo decisamente «disincentivante» l'unico colloquio mensile, della durata di un'ora, attraverso uno spesso vetro divisorio; pur tuttavia ciò non è tenuto mai in considerazione nella «presunzione di mantenimento di contatti con l'associazione criminale di appartenenza», trattandosi invece della rappresentazione più eloquente non soltanto della mancanza di contatti «criminali», ma addirittura di un progressivo isolamento personale dei soggetti, dalle preoccupanti conseguenze sul piano dell'equilibrio personale e della stessa salute mentale;
negli anni scorsi centinaia di detenuti sottoposti al regime speciale (non vi è mai stato modo di stabilirne il numero esatto) chiesero, tanto formalmente quanto inutilmente, che i colloqui fossero videoregistrati per verificarne il contenuto verbale e «mimico», con rinuncia scritta ad ogni profilo di privacy (anche da parte del parente ammesso al colloquio, che firmava una «liberatoria» in tal senso), se a ciò aggiungiamo che la posta di tali detenuti è già interamente sottoposta a censura, la misura avrebbe consentito di azzerare qualsiasi rischio di indebite comunicazioni, consentendo colloqui in numero e con modalità ordinarie; ma forse proprio per questo, la richiesta non ha mai avuto seguito;
la stessa sussistenza dei presupposti «oggettivi» per la sospensione dell'ordinario regime carcerario (la ricorrenza di «gravi motivi di ordine e sicurezza pubblica») è stata sinora affermata e ritenuta nei seguenti termini: «Per ciò che in particolare riguarda "cosa nostra" e le altre associazioni criminali similari, la maturate esperienze consentono di affermare che l'operatività e gli interessi dell'organizzazione frequentemente prescindono dalla manifesta commissione di reati. Spesso pertanto il "silenzio" è frutto di una strategia per determinare cali di tensione nell'attività di contrasto istituzionale e promuovere il rilancio delle attività criminali e di controllo sul territorio»; con il che, secondo l'interrogante, il Ministro, esplicitamente, ha dato atto della insussistenza, allo stato, di quella particolare situazione «esterna» che legittima l'inasprimento del regime detentivo, ma ha mostrato di ritenere che il «41-bis» possa impedire il «rilancio» delle attività criminali;
la norma non autorizza affatto tale «applicazione in via preventiva» dell'(un tempo, ma ormai non più) eccezionale regime, che continua ad essere legato ad obiettivi fattori, riassunti nella formula «gravi motivi di ordine e sicurezza pubblica»; previsione indiscutibilmente «aperta», ma che certo non consente di giungere al paradosso per il quale l'assenza di manifestazioni criminali equivarrebbe alla drammatica situazione che, a partire dalla primavera/estate del 1992 (basti rammentare la tragica escalation omicidio

Lima, strage di Capaci, strage di Via D'Amelio, attentati a Roma e Firenze) provocò l'introduzione del regime detentivo;
a giudizio dell'interrogante, ciò è la riprova che il regime differenziato è divenuto, nella prospettiva ministeriale, una normale modalità di detenzione e di espiazione della pena per certe categorie di detenuti, indipendentemente dalla reale sussistenza delle condizioni oggettive e soggettive che ne autorizzano l'applicazione;
in conclusione, appare chiaro che l'istituto della sospensione delle normali regole trattamentali all'interno dell'istituto di pena di cui all'articolo 41-bis ord. penit., per mantenersi nei limiti imposti dalla Carta costituzionale, deve rispondere a specifiche e determinate finalità indicate dalla legge, quali la salvaguardia di esigenze di ordine e di sicurezza, e deve essere rivolto ad impedire i collegamenti dello specifico soggetto con l'associazione criminale, terroristica o eversiva d'appartenenza, mentre, allo stato, secondo l'interrogante, è prevalsa la concezione di un sistema duramente punitivo, inadeguato ai fini che ufficialmente si propone, ed invece mirante unicamente a provocare la collaborazione del detenuto -:
se ritenga necessario ed urgente riportare il sistema ai livelli di legalità previsti dalla riforma legislativa intervenuta con la legge n. 279 del 2002, partendo almeno dalla immediata limitazione dei decreti applicativi o di proroga ai casi in cui sia concretamente emersa l'esistenza (o il tentativo) di contatti del detenuto con l'associazione criminale esterna, con il superamento di preconcettuali, indebite ed insuperabili «presunzioni» di segno opposto.
(4-00065)

BERNARDINI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da notizie di agenzia si apprende che il 13 febbraio è morto presso l'Ospedale Sandro Pertini di Roma dove era «ricoverato da alcune settimane per un tumore ai polmoni» Michele Greco, 84 anni, detenuto presso il carcere di Roma-Rebibbia;
Michele Greco era stato arrestato il 20 febbraio 1986 e dal 1992 al 2004 è stato sottoposto al regime di 41-bis -:
se risponda al vero che è stato per 18 anni in isolamento (interrogazione 4-08919 della XIV legislatura) di cui 9 guardato a vista;
se risponda al vero che il 22 dicembre scorso la magistratura di sorveglianza del tribunale di Roma aveva rigettato l'istanza di differimento provvisorio della pena avanzata dai suoi legali;
quando gli sia stato diagnosticato il tumore ai polmoni;
quando sia stato trasferito presso l'Ospedale Sandro Pertini;
dopo la revoca del 41-bis, a quale regime detentivo fosse stato assegnato e, in considerazione del suo stato di salute, se e quando gli sia stato revocato il regime detentivo.
(4-00066)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno, al Ministro per i diritti e le pari opportunità, al Ministro della difesa, al Ministro della solidarietà sociale. - Per sapere - premesso che:
il 4 ottobre a Montesilvano, in provincia di Pescara, durante un controllo antiprostituzione dei Carabinieri, alcune transessuali sono state sanzionate perché vestite da donna, in base all'articolo 85 del testo unico di pubblica sicurezza del 1931;
l'articolo 85 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto n. 773, il 18 giugno 1931, recita: «È vietato comparire mascherato in luogo pubblico. Il contravventore è punito con la sanzione amministrativa da lire 20.000 a lire 200.000. È vietato l'uso della maschera nei teatri e negli altri luoghi aperti al pubblico, tranne nelle epoche e con l'osservanza

delle condizioni che possono essere stabilite dall'autorità locale di pubblica sicurezza con apposito manifesto. Il contravventore e chi, invitato, non si toglie la maschera, è punito con la sanzione amministrativa da lire 20.000 a lire 200.000» -:
se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
se, i Ministri della giustizia, dell'interno, della difesa, per i diritti e le pari opportunità e della solidarietà sociale, non ritengano che nel caso di specie non sussistano i requisiti per comminare l'ammenda prevista dal regio decreto del 1931 anche in considerazione della legge n.164, del 14 aprile 1982, recante: «Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso» e delle necessarie maggiori attenzioni verso i bisogni e le necessità di persone che vivono drammi e difficoltà personali molto gravi;
se non ritengano anacronistico, persecutorio, discriminatorio e confliggente con lo spirito e i vincoli del diritto dell'Unione europea il contenuto e l'applicazione nel contesto descritto della norma prevista dall'articolo 85, regio decreto n. 773 del 1931;
se non ritengano necessario adottare ogni misura volta a rivedere l'articolo di legge sopra citato considerando il cambiamento dei costumi e le maggiori garanzie di tutela dei diritti delle persone transessuali rispetto al contesto in cui fu emanata tale norma;
se non ritengano che tale applicazione della legge, volta a colpire una parte della popolazione già discriminata da atteggiamenti omofobici diffusi nel paese, non costituisca una violazione dei diritti civili e umani della persona.
(4-00068)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
Antonino Loddo, detenuto originario di Cagliari, affetto da epatite HCV, una grave patologia che comporta la paralisi progressiva degli arti ed è costretto a vivere su una sedia a rotelle, è stato ricoverato nel dicembre 2007, per l'ennesima volta all'ospedale «Sandro Pertini» di Roma a seguito dello sciopero della fame e della sete che ha attuato nel carcere di Rebibbia dov'è rinchiuso;
egli, anche in questi giorni, ha continuato a chiedere il trasferimento a Buoncammino per evitare alla madre di 75 anni, in chemioterapia orale quotidiana il lungo e stressante viaggio per visitare il figlio;
inoltre, Loddo è padre di un ragazzo trapiantato di midollo osseo e, anche per questa ragione, ha chiesto in diverse occasioni di essere trasferito a Cagliari. La richiesta di trasferimento, è all'attenzione del DAP (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) che da alcune settimane ha ricevuto anche l'ordinanza del Tribunale del Riesame di Cagliari. I Giudici infatti, nel rigettare la richiesta degli arresti domiciliari, hanno prospettato l'opportunità, viste le perizie mediche, di un trasferimento nel carcere di Buoncammino a Cagliari -:
per quali motivi Antonino Loddo non possa essere trasferito nel carcere Buoncammino a Cagliari.
(4-00072)

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INFRASTRUTTURE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

TOMMASO FOTI. - Al Ministro delle infrastrutture, al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
ormai da oltre dieci anni il comune di Sarmato (provincia di Piacenza) ha richiesto (nota protocollo n. 1417 del 22 dicembre 1992) all'ufficio operativo di Piacenza del Magistrato per il Po la sdemanializzazione del Rio Corniolo, nel tratto compreso tra la strada statale 10 e la via Sacchello;

nella risposta resa in data 22 settembre 1997 all'atto di sindacato ispettivo n. 4-07902 a firma dell'interrogante, il Ministro Costa sostenne che il Magistrato per il Po di Parma era in attesa di ricevere il parere in ordine alla sdemanializzazione, predetta del servizio provinciale della difesa del suolo di Piacenza, essendo il tratto da sdemanializzare di competenza regionale;
nella predetta risposta si leggeva, altresì, che il Magistrato per il Po di Parma avrebbe potuto effettuare il previsto sopralluogo, e quindi emettere il provvedimento di sdemanializzazione dell'area che qui interessa, solo dopo l'acquisizione del parere dell'Autorità di bacino del fiume Po -:
se e quali urgenti iniziative intenda assumere per fare in modo che la sdemanializzazione di che trattasi possa avere finalmente luogo, atteso che il lungo termine di tempo intercorso dall'avvio della pratica (oltre dieci anni) non costituisce certamente titolo di merito per gli uffici interessati.
(5-00002)

CONTENTO. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
notizie di stampa regionale hanno dato ampio risalto, in passato, alla richiesta congiunta dei «governatori» del Friuli Venezia Giulia e del Veneto volta alla dichiarazione dello stato di emergenza diretto alla nomina di un commissario straordinario per la realizzazione della terza corsia dell'autostrada «A4»;
altrettanto risalto è stato dato alla risposta del precedente Ministro delle infrastrutture, il quale avrebbe espresso contrarietà alla richiesta liquidandola come un sostanziale fardello burocratico idoneo soltanto ad aumentare la proliferazione cartacea e non a dare impulso all'effettivo avvio dell'opera;
come se non bastasse, il precedente ministro ha attribuito alle regioni interessate la responsabilità degli eventuali ritardi circa l'inizio dei lavori evidenziando come non risulti l'esistenza di un accordo, da parte di queste ultime, in relazione al tracciato della ferrovia «alta velocità-alta capacità»;
tra l'altro, risulterebbe che proprio la società cui fa riferimento l'infrastruttura ferroviaria abbia ritenuto opportuno prevedere che la rete dedicata all'alta capacità scorra parallela all'asse autostradale;
senza dire, comunque, che il primo tratto già progettato per la terza corsia non sarebbe minimamente interessato dal problema circa la scelta delle modalità progettuali cui dar seguito per determinare l'ubicazione della linea di alta velocità -:
se ritenga opportuna la nomina di un commissario straordinario per la realizzazione della stessa corsia dell'autostrada A4;
quali urgenti iniziative intenda, comunque, assumere per favorire l'accelerazione dei lavori e, in particolare, la soluzione del problema progettuale riferito al tracciato parallelo tra rete dedicata all'alta capacità e asse autostradale.
(5-00006)

CONTENTO. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
il progetto esecutivo della costruzione dell'edificio adibito a servizi generali di accasermamento ad uso della Polizia di Stato in Pordenone è stato oggetto di precedenti interrogazioni del sottoscritto interrogante all'esito delle quali venivano fornite rassicurazioni circa le risorse finanziarie necessarie per permettere la realizzazione;
la legge finanziaria per il 2008, all'articolo 3, ai commi 36 e seguenti, ha dettato una nuova disciplina della perenzione dei residui di bilancio col risultato che la disponibilità finanziaria residua, pari a circa 8 milioni di euro, comprese le assegnazioni per il 2003 e il 2004, è perenta;

nel corso del 2007 il provveditorato risulterebbe aver inoltrato la richiesta per l'erogazione dei fondi perenti stanziati negli anni 1990, 1991 e 2000 -:
quali iniziative risultino adottate per dare sollecito riscontro alla richiesta del provveditorato e al fine di consentire la sollecita riassegnazione degli importi relativi ai residui parenti;
quali conseguenze, sotto il profilo finanziario e operativo, determinino le nuove disposizioni citate della legge finanziaria per il 2008, in ordine alla sollecita realizzazione dell'opera e ai suoi costi.
(5-00007)

...

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:

TOMMASO FOTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella risposta resa dal Sottosegretario di Stato per l'interno Alessandro Pajno alle interrogazioni nn. 4-04988 e 4-04989 è detto che il giudice di pace di Borgonovo ha «accertato l'insussistenza di una servitù di uso pubblico» sulla via alla chiesa parrocchiale di Vicobarone di Ziano Piacentino, mentre la sentenza in questione nulla ha invece «accertato», essendosi il giudice limitato a dichiarare che il comune non aveva «provato» (nonostante la facilità della cosa!) la sussistenza della servitù di cui trattasi;
anche il Tribunale di Piacenza non ha dichiarato l'insussistenza in parola, limitandosi a stabilire che la sentenza del giudice di pace precitata impediva ad esso Tribunale di entrare nel merito della vicenda e quindi di stabilire alcunché;
lo «stradello carrabile» di cui alla precitata risposta è in realtà una striscia di terreno non coltivata che si stacca dalla strada comunale che risale il colle sul quale si trova la chiesa, striscia di terreno impercorribile tant'è che - non potendo essere percorsa dai carri funebri - le bare dei defunti vengono in atto portate in chiesa a braccia, salendo la ripida scalinata prospiciente la chiesa parrocchiale;
la già citata risposta ai precedenti atti di sindacato ispettivo dell'interrogante non chiarisce se le opere definitive ingiunte con l'ordinanza del sindaco del comune di Ziano Piacentino del 7 agosto 2006 siano state eseguite o meno, parendo anzi di capire il contrario;
non si capisce come abbia potuto non essere irrogata la sanzione di cui all'ultimo comma dell'articolo 30 del Codice della strada, la cui irrogazione discende dal solo fatto dello stato di pericolo creato (come fa chiaro il primo comma della stessa norma), a nulla rilevando che siano fatti salvi (anzi, proprio per questo) altri provvedimenti per la tutela della pubblica incolumità;
la strada per la chiesa è stata chiusa dai proprietari del castello prospiciente la stessa dopo la (e in conseguenza della) citata sentenza del Tribunale di Piacenza, i cui effetti sono stati peraltro sospesi con ordinanza 18 settembre 2007 della Corte d'appello di Bologna -:
se alla luce di quanto sopra in proposito considerato, il Prefetto di Piacenza non intenda rivedere la propria decisione ed irrogare la sanzione di cui all'articolo 30 del codice della strada, prima che la stessa si prescriva;
se la stessa Autorità, essendo accertato - per quanto emerge dalla stessa risposta alle precitate interrogazioni - che l'ordinanza del sindaco di Ziano Piacentino del 7 agosto 2006 non è stata osservata né revocata, nella sua parte relativa ai provvedimenti definitivi ingiunti per la messa in sicurezza del fabbricato in questione, non ritenga di assumere i provvedimenti surrogatori di competenza, anziché mantenere il suo attuale e da tempo perdurante atteggiamento;
se la stessa Autorità non intenda intervenire, nelle forme consentite, presso il sindaco di Ziano Piacentino perché

venga ordinata la riapertura della strada in questione a seguito del provvedimento della Corte d'appello citato e, comunque, perché la strada in parola venga reiscritta nell'elenco delle strade ad uso pubblico, dalla quale è stata cancellata dopo la sentenza del Tribunale di Piacenza ora sospesa - come detto - nei suoi effetti;
se il comune di Ziano Piacentino abbia ripetuto (e, in caso, in che data) dalla proprietà del castello di cui trattasi le spese sostenute per spese ed onorari in favore del tecnico abilitato citato nella più volte richiamata risposta ministeriale e, in caso negativo, cosa intenda fare al proposito il Prefetto di Piacenza, in via surrogatoria o di segnalazione alle competenti autorità anche contabili;
quali iniziative si intendano assumere per assicurare il transito dei parrocchiani sulla strada per secoli dagli stessi percorsa, dovendo la situazione di fatto da secoli esistente, essere comunque ripristinata atteso che nessuna Autorità giudiziaria ha ad oggi affrontato nel merito il problema dell'esistenza o meno della servitù di uso pubblico della strada di cui trattasi;
se l'ordinamento giuridico non offra proprio alcun rimedio definitivo ad una situazione come quella attualmente esistente e se il Prefetto di Piacenza non intenda promuoverlo.
(5-00001)

Interrogazioni a risposta scritta:

TOMMASO FOTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
giusta la comunicazione in data 3 novembre 2003 da parte del Servizio Trattamento di pensione e previdenza, divisione III, del Ministero dell'interno, a favore della signora Scaltrini Damaris vedova Villa (SCLDRS39M46G535F) risulta emesso il decreto di pensione privilegiata di reversibilità (n. iscrizione 03561415R);
così come partecipato alla Divisione del Ministero dell'interno dal legale dell'interessata, l'importo pensionistico liquidato risulta inferiore a quello stabilito con sentenza n. 01/03/C in data 18 ottobre 2002 dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale regionale per l'Emilia-Romagna (sentenza depositata in segreteria il 7 gennaio 2003 e passata in giudicato) -:
se e quali urgenti iniziative intenda assumere per riparare all'errore di cui sopra e consentire, quindi, alla signora Scaltrini Damaris di potere godere del trattamento pensionistico di sua spettanza.
(4-00010)

ZAMPARUTTI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI e MECACCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
sul Sole 24 Ore pubblicato il 20 febbraio 2008 si dà notizia, con un articolo firmato da Paolo Bricco, di dati appena diffusi dal Viminale, relativi all'intero anno 2007, sulla drammatica piaga dell'usura;
secondo gli estratti riportati dal quotidiano di Confindustria, sempre citando come fonte il Ministero dell'interno, tra gennaio e settembre del 2007 a livello nazionale sarebbero stati scoperti 379 reati di usura, il 16,62 per cento in più rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, e 951 sarebbero le persone denunciate o arrestate;
sempre secondo Il Sole 24 Ore, desterebbero particolare allarme le tendenze di «alcune delle province più ricche e apparentemente placide del nostro Paese»: a Genova, si sarebbe registrato un incremento dell'87,5 per cento, e le persone arrestate sarebbero un terzo in più dello stesso periodo dell'anno precedente; a Novara i reati scoperti registrerebbero un aumento del 200 per cento; a Milano 14 arresti, a Torino 29. Questa tendenza si registrerebbe in tutto il Paese, compreso il Nord-Est: i reati a Verona sarebbero aumentati del 300 per cento, e l'allarme per

il peso della mafia e della camorra in questo fenomeno sarebbe ai massimi livelli in tutta Italia -:
se il Ministro dell'interno confermi i dati sopracitati e se e quali misure intenda assumere.
(4-00020)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nella giornata di lunedì 18 febbraio 2008, a Savignano Irpino, le forze dell'ordine, in seguito alle proteste dei cittadini nei cui territori si cerca di insediare una discarica, si sono scontrati con la popolazione locale riunitasi per manifestare contro tale decisione;
in conseguenza degli scontri ci sono stati dodici feriti fra manifestanti, poliziotti, un cronista e due vigili del fuoco;
la protesta popolare degli abitanti di Savignano Irpino è stata causata dalla marcia indietro fatta dal Commissario De Gennaro sulla discarica di Ariano Irpino, in località Difesa Grande, originariamente individuata per lo stoccaggio dei rifiuti;
lo staff del commissario straordinario, aveva individuato erroneamente la discarica già esistente di Difesa Grande, soggetta a sequestro giudiziario dal 2003, dopo nove anni di attività;
tale discarica è risultata ricolma, inavvicinabile, inquinata a causa dello stoccaggio di rifiuti tossici, e si è quindi deciso di costruirne una nuova, a circa tre chilometri di distanza, nella località di Savignano Irpino, già sofferente a causa della situazione descritta;
il giorno successivo, il prefetto di Avellino, Ennio Blasco, ha confermato che la discarica di contrada Pustarza a Savignano Irpino si farà. Ma ha anche proposto, riferiscono membri del Comitato di tutela del territorio di Savignano Irpino, «un baratto». Il prefetto avrebbe, infatti, detto che «la provincia lascerebbe stare il sito di contrada Pustarza in cambio di quello in contrada Ischia». Una discarica per un'altra discarica. Anche se, avvertono dal Comitato, «l'ex commissario straordinario e prefetto, Alessandro Pansa, l'aveva dichiarata inidonea». Ma, il problema per il Comitato rimane: «La discarica è sempre nel comune di Savignano Irpino è lontana soltanto due chilometri dall'altra» -:
se siano a conoscenza dei fatti narrati;
se, ed eventualmente quali, provvedimenti intendano prendere per accertare se il comportamento tenuto dalle forze dell'ordine sia stato proporzionato a quanto effettivamente richiesto dalla situazione in atto e per dare soluzione al gravissimo rischio ambientale a cui è sottoposta la popolazione di Savignano Irpino.
(4-00044)

ZAMPARUTTI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI e MECACCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
fonti di agenzia riportano la seguente notizia: «Elezioni, tre milioni e mezzo di euro per le schede elettorali;
un affare d'oro per le centoventi tipografie che hanno ricevuto l'incarico di stampare le schede;
un brindisi apolitico salutò probabilmente la fine della legislatura e l'indizione di nuove elezioni. I calici di 120 tipografi su tutto il territorio nazionale, con la notizia del crollo del governo, si saranno verosimilmente levati alla salute dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato;
la Zecca di Stato, infatti, senza nessuna gara di appalto ma sulla base di un "criterio di continuità", affida l'incarico di stampare le schede elettorali agli stabilimenti che nel corso degli anni hanno saputo conquistarsi la sua fiducia;

la Poligrafica nazionale fornisce alle tipografie prescelte la carta, con l'incarico di produrre il 30 per cento di schede in più rispetto al numero degli elettori (47 milioni per la Camera e più di 43 milioni per il Senato, escludendo i 2 milioni e mezzo di elettori all'estero e le schede per le amministrative). Il prezzo della stampa, deciso dalla Commissione tariffe del ministero dell'economia è stato fissato per quest'anno in 26 euro ogni mille schede, per un esborso complessivo da parte dello Stato che supera i tre milioni e mezzo di euro;
le "rotative", stanno per mettersi in moto e avviare una produzione che, come prevede la legge dovrebbe partire venti giorni prima della data delle elezioni, sotto l'occhio vigile delle forze dell'ordine che presidiano le fortunate tipografie» -:
sulla base degli atti depositati presso il Ministero, se sia a conoscenza dei fatti, ed in caso positivo, perché non sia stata indetta una gara di appalto per la fornitura delle schede elettorali.
(4-00046)

BERNARDINI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
fonti di stampa del 2 aprile 2008, riferiscono che per il Silp, il sindacato di polizia della Cgil che si è riunito a Palermo per la conferenza di organizzazione, il poliziotto di quartiere è diventato «un notaio dell'illegalità, costretto com'è ad assistere quotidianamente a violazioni di norme commesse da chi parcheggia le auto in quarta fila o dai commercianti abusivi che vendono agli angoli delle strade»;
il segretario nazionale del Silp, Federico Schillaci, chiede al Governo di fare un passo indietro «per togliere questo servizio alla polizia di Stato e assegnarlo alla polizia municipale, cui dovrebbe spettare anche il controllo su lavavetri eposteggiatori abusivi, che non rappresentano un problema di ordine pubblico» -:
se sia a conoscenza dei fatti, se essi corrispondano a realtà e, in questo caso, quali iniziative urgenti intenda assumere per un utilizzo maggiormente efficiente delle forze dell'ordine.
(4-00048)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
è a tutt'oggi presente sul sito della Polizia di Stato il seguente comunicato stampa:
«15 settembre 2004 - Accordo tra Ministero dell'interno - Dipartimento di P.S. e il Gruppo Telecom Italia per la protezione da attacchi informatici dei sistemi informativi che gestiscono l'infrastruttura nazionale di telecomunicazione.
La Polizia Postale e delle Comunicazioni, insieme con Telecom Italia, svilupperà un apposito piano di prevenzione.
Il Capo della Polizia - Direttore Generale della Pubblica Sicurezza - Prefetto Giovanni De Gennaro e il Presidente del Gruppo Telecom Italia, Marco Tronchetti Provera, hanno sottoscritto oggi, presso il Dipartimento della Pubblica Sicurezza, un accordo per migliorare la prevenzione dei crimini informatici a danno delle infrastrutture tecnologiche di telecomunicazione.
Alla firma erano presenti: il Prefetto Antonio Manganelli, Vice Direttore Generale della P.S. con funzioni Vicarie, il Prefetto Pasquale Piscitelli, Direttore Centrale per la Polizia Stradale, Ferroviaria delle Comunicazioni e per i Reparti Speciali della Polizia di Stato, il Direttore del Servizio Polizia Postale delle Comunicazioni dottor Domenico Vulpiani; per Telecom Italia, il dottor Giuliano Tavaroli, Security - Group Senior Vice President.
L'intesa, di durata triennale, si pone l'obiettivo di sviluppare tutte le forme di collaborazione utili a prevenire attacchi contro i sistemi informatici e telematici delle telecomunicazioni di rete fissa gestiti da Telecom Italia.

La gestione delle telecomunicazioni di rete fissa operative sul territorio nazionale, infatti, avviene soprattutto mediante il supporto dei sistemi informatici di Telecom Italia, che pertanto sono da ritenersi strategici per la tutela del traffico telematico, sviluppato dalle più importanti aziende nazionali e dalle istituzioni pubbliche attraverso le infrastrutture di telecomunicazioni del Paese.
Per questo motivo è stato deciso di realizzare, attraverso adeguati canali di collaborazione, coordinamento e comunicazione, un sistema di protezione finalizzato all'individuazione delle minacce nei confronti di queste infrastrutture.
L'obiettivo è quello di elevare i livelli di protezione e rendere più facilmente identificabili le cause di eventuali attacchi.
In questa ottica, il Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni e Telecom Italia hanno anche previsto la possibilità di sviluppare insieme attività di formazione e addestramento sulle nuove tipologie di attacchi e sulle nuove tecnologie a difesa delle infrastrutture informatiche.
L'accordo - che si aggiunge a quelli già sottoscritti con Ferrovie dello Stato S.p.A., con l'ACI (Automobile Club Italia), con GRTN (Gestore Rete Trasmissione Nazionale), con la RAI (Radio Televisione Italiana), con SNAM Rete Gas e con A.B.I. (Associazione Bancaria Italiana) - rappresenta un ulteriore ed importante passo in avanti del Dipartimento di P.S. nella costruzione di un progetto globale di protezione delle infrastrutture informatiche critiche per la sicurezza e la prosperità del Paese. Tale progetto è parte integrante delle strategie del Ministro dell'Interno in difesa della sicurezza nazionale.
In questo contesto, nuovi analoghi accordi bilaterali saranno presto stipulati tra il Dipartimento della P.S. e gli altri enti istituzionali o aziende che gestiscono infrastrutture critiche.
Presso la Polizia Postale e delle Comunicazioni è ormai in fase avanzata la realizzazione del "Centro Nazionale Anticrimine Informatico per la Protezionedelle Infrastrutture Critiche", che sarà in collegamento costante con analoghi organismi di altri Paesi, con provider e gestori nazionali ed internazionali di internet. Il centro fungerà, inoltre, da centrale di coordinamento informativo e investigativo per gli operatori delle strutture territoriali della Polizia Postale e delle Comunicazioni addetti alla prevenzione e alla repressione dei crimini informatici» -:
se il testo dell'accordo sia pubblico e dove sia reperibile e, in caso contrario, per quale motivo non lo sia;
se abbia comportato oneri per lo Stato e, in caso affermativo, quale sia l'ammontare e da quale fondo siano stati impegnati;
se detta intesa sia tuttora valida e cosa intenda fare alla scadenza della stessa prevista per il settembre prossimo;
se abbia rilevato da parte di Telecom Italia SpA, suoi dirigenti o dipendenti, l'utilizzo fraudolento di dati sensibili degli utenti privati e istituzionali, quali il traffico, i testi delle mail, le conversazioni telefoniche;
se e quali iniziative la Polizia di Stato e le altre istituzioni preposte alla difesa dello Stato abbiano messo in atto per prevenire, controllare e contrastare eventuali abusi da parte di Telecom Italia SpA, suoi dirigenti o dipendenti, nell'utilizzare illegalmente o impropriamente dati sensibili degli utenti privati e istituzionali, quali il traffico, i testi delle mail, le conversazioni telefoniche;
chi siano attualmente gli interlocutori della Polizia di Stato al posto dei signori Marco Tronchetti Provera e Giuliano Tavaroli.
(4-00057)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri, al

Ministro per i diritti e le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
il 18 ottobre 2007, è stata emessa dalla Direzione centrale per i servizi demografici del Dipartimento per gli Affari interni e territoriali, incardinato presso il Ministero dell'interno, la Circolare 55 (Protocollo n.15100/397/0009861), con oggetto: «Matrimoni contratti all'estero tra persone dello stesso sesso. Estratti plurilingue di atti dello stato civile»;
nell'atto richiamato, firmato dal prefetto Annapaola Porzio, Direttore centrale dei servizi demografici, si afferma che: «Tale convenzione, come è noto, prevede un modello plurilingue (formula B), utilizzato per la redazione dell'estratto dell'atto di matrimonio che, contratto in uno Stato, deve essere trascritta in un altro Stato. Tale modello, non specifica il sesso degli sposi e, al contrario, parlando di sposo e sposa, potrebbe indurre a ritenere che i due siano sempre di sesso diverso ..., al fine di indicare con chiarezza il sesso degli sposi, ma tale intervento, qualora fattibile, potrebbe richiedere tempi lunghi, trattandosi di modificare un allegato ad una convenzione internazionale ... il nostro ordinamento non ammette il matrimonio omosessuale e la richiesta di trascrizione di un simile atto compiuto all'estero deve essere rifiutata perché in contrasto con l'ordine pubblico interno.» Nella circolare si conclude che: «Si richiama pertanto l'attenzione degli ufficiali di stato civile affinché al momento di trascrivere un matrimonio contratto all'estero da un cittadino, pongano particolare cura alla verifica che i due sposi siano di sesso diverso, eventualmente richiedendo direttamente al cittadino o al consolato che ha trasmesso la pratica, in caso di dubbio, un documento di identità dal quale si evinca inequivocabilmente il sesso degli interessati»;
la convenzione a cui si fa riferimento nella circolare 55, è la Convenzione di Vienna l'8 settembre 1976 e la legge 21 dicembre 1978, n. 870, reca: «Approvazione ed esecuzione della convenzione relativa al rilascio di estratti plurilingue di atti di stato civile, firmata a Vienna l'8 settembre 1976» -:
se con questa circolare, in particolare con riferimento alla frase «È stato già interessato sull'argomento il Ministero degli esteri per verificare l'eventuale possibilità di un aggiornamento della predetta modulistica» si intenda proporre in sede comunitaria un adeguamento agli standard italiani, della modulistica prevista dalla Convenzione di Vienna dell'8 settembre 1976;
se non ritengano che l'applicazione differenziata della legislazione straniera in materia di matrimonio od unione registrata, a seconda che riguardi una coppia composta da persone di sesso diverso o persone dello stesso sesso, non equivalga ad una discriminazione basata sull'orientamento sessuale proibita dall'ordinamento italiano e comunitario come da risoluzioni comunitarie contro l'omofobia del 18 gennaio 2006 e del 26 aprile 2007;
se intendano adottare delle iniziative volte ad evitare atteggiamenti, che agli interroganti appaiono omofobici e discriminatori nei confronti delle persone GLBT da parte di funzionari del Ministero dell'interno e di quelli pubblici in genere;
a quali pratiche intenda riferirsi la circolare quando invita i funzionari di Stato civile a porre «particolare cura alla verifica che i due sposi siano di sesso diverso»;
se sussista la fattispecie prospettata dalla Circolare 55 di contrasto con l'ordine pubblico interno in considerazione del combinato disposto della legge n. 74 del 1987 con la legge n.898 del 1970, dal quale si evince che se uno dei coniugi cambia sesso la coppia può rimanere sposata e dalla sentenza n.494 del 28 novembre 2002 che ha statuito un chiaro concetto per cui un «ordine pubblico familiare» è insostenibile giuridicamente in quanto suscettibile di conformare in senso limitativo i diritti della persona.
(4-00073)

LAVORO E PREVIDENZA SOCIALE

Interrogazioni a risposta scritta:

DE POLI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'assegno sociale (articolo 3, commi 6 e 7, della legge n. 335 del 1995) è una prestazione di natura assistenziale che può competere ai cittadini italiani, o equiparati che hanno 65 anni di età, risiedono stabilmente in Italia e che hanno redditi inferiori ai limiti previsti dalla legge;
sono equiparati ai cittadini italiani: gli abitanti di San Marino, i rifugiati politici, i cittadini di uno Stato dell'Unione europea, i cittadini extracomunitari in possesso di carta di soggiorno, a partire dal 1o gennaio 2001 (articolo 80, comma 19, della legge n. 388 del 2000 - Messaggio INPS n. 47 del 2001);
l'Italia ha ottemperato alla direttiva 2003/109/CE relativa allo status di cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo, emanando con decreto legislativo n. 3 dell'8 gennaio 2007 le modifiche necessarie all'adeguamento della normativa agli obblighi comunitari. In particolare si è provveduto alla modifica dell'articolo 9 del testo unico sull'immigrazione, con cui si introduce il nuovo titolo di soggiorno, e all'introduzione di un nuovo articolo, l'articolo 9-bis, con cui si disciplina il riconoscimento del titolo medesimo rilasciato in altri Paesi CE;
per il nuovo titolo di soggiorno sono richiesti solo cinque anni di presenza regolare sul nostro territorio e non è necessario, come accadeva per il rilascio della vecchia carta, possedere un permesso di soggiorno per un motivo «che consenta un numero indeterminato di rinnovi», basterà un permesso di soggiorno di lunga durata (ad esempio per lavoro subordinato, anche a tempo determinato, per motivi familiari, autonomi);
sono stati definiti in sei mesi consecutivi e 10 mesi complessivi i termini massimi di assenza dal territorio nazionale entro i quali si può comunque aspirare allo status di soggiornante di lungo periodo;
si è riscontrato che molti lavoratori regolarmente chiedono il ricongiungimento dei genitori in Italia. I quali ottengono in un primo tempo il permesso di soggiorno temporaneo, poi quello definitivo. Nel compilare moduli e pratiche alla voce su come pensano di vivere, dichiarano «altri redditi»: cioè al loro sostentamento provvederanno i figli;
compiuti i 65 anni, possono chiedere e ottenere l'assegno sociale: sono privi di reddito (quello dei figli non è cumulabile), sono in possesso del permesso di soggiorno a tempo indeterminato. La condizione indispensabile che il cittadino straniero deve possedere per avere l'assegno sociale è che il cittadino straniero «risieda abitualmente in Italia». Non ci sono controlli relativi a tali rilasci in quanto non vi sono scambi di informazioni o meglio, i sistemi informatici tra comuni, INPS e Questura non sono collegati e pertanto non emergono le incongruenze dichiarate;
una volta ottenuto l'accredito su un conto corrente in banca o alla posta l'ultrasessantacinquenne extracomunitario (che non ha mai lavorato in Italia o ha lavorato per periodi minimi per i quali non si può sfociare in alcuna corresponsione di pensioni dallo Stato) o chi per lui, può intascare l'assegno mensile senza spostarsi dal Paese di nascita;
se i genitori «ricongiunti» sono tutti e due, la somma complessiva ogni anno è di circa 10 mila euro;
al 1o gennaio 2006 l'INPS ha registrato in pagamento a cittadini nati all'estero, circa 285 mila pensioni di tutte le categorie: vecchiaia, anzianità (in totale 112 mila), invalidità (20 mila), assegno sociale (18 mila), invalidità civile (34 mila), superstiti (99 mila). A percepire le prestazioni pensionistiche italiane in Italia sono 225.775 cittadini nati all'estero, comunitari

e non, così ripartiti: 90.843 pensioni di vecchiaia (età media di 72,1 anni e importo medio mensile di 910 euro), 19.162 pensioni di invalidità (età media di 70,6 anni e importo medio mensile di 506 euro), 58.033 pensioni ai superstiti (età media di 72,6 anni e importo medio mensile di 400 euro) e, inoltre, 34.328 pensioni di invalidità civile e 18.409 assegni sociali. Le prestazioni pensionistiche totali relative a cittadini nati in Paesi da cui provengono i flussi migratori sono circa 100 mila -:
in che modo e con quali iniziative, anche normative, il Governo ha intenzione di ripristinare la titolarità del diritto ad usufruire delle prestazioni assistenziali ai cittadini italiani che spesso si vedono privati dei loro diritti a causa di fenomeni e di abusi ormai incontrollabili da parte di cittadini extracomunitari e neocomunitari che pesano gravemente sulla spesa pubblica del nostro Paese.
(4-00015)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
il giorno 9 aprile le agenzie di stampa hanno diffuso la notizia secondo cui il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, Cesare Damiano, ha firmato assieme ai presidenti delle Casse previdenziali private un memorandum per il riordino organico della disciplina delle previdenze dei professionisti;
l'esperienza delle Casse privatizzate, ad oltre un decennio dalla loro nascita, si presenta positiva ancorché bisognosa di un intervento organico di riordino - sottolinea il ministero - punti fermi di tale disegno sono il pieno rispetto della natura privata di tali enti e quindi della loro autonomia; un miglioramento del sistema dei controlli; una graduale riforma del regime fiscale in direzione del modello EET (tassazione dei soli trattamenti previdenziali); un sistema di incentivi per favorire azioni sinergiche tra le varie Casse; un meccanismo per garantire adeguatezza e sicurezza delle prestazioni anche attraverso una relazione tra aliquota integrativa e aliquota soggettiva; un intervento per ridurre i costi di gestione, in particolare dei consigli di indirizzo generale - conclude il ministero del lavoro e della previdenza sociale - il memorandum si presenta come una riflessione organica e condivisa a disposizione del prossimo Governo e Parlamento per un rilancio dell'esperienza delle Casse di previdenza private -:
quali siano i dati attualmente a disposizione del Governo sulla situazione delle Casse previdenziali private e se, sulla base delle proiezioni a medio e lungo termine, sia assicurato il loro funzionamento e autofinanziamento, senza che vi sia bisogno dell'intervento dello Stato, né la necessità in futuro di un oneroso intervento dello Stato per garantire il pagamento delle pensioni ai lavoratori interessati.
(4-00028)

ZAMPARUTTI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI e MECACCI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro delle politiche europee. - Per sapere - premesso che:
nel dicembre 2006, la Regione Basilicata, con il cofinanziamento del Fondo sociale europeo, affidava alla società Memory Consult srl la realizzazione di un progetto formativo denominato «Formazione per autoriparatori»;
il bando di partecipazione, emanato in data 18 dicembre 2006, rientrava nell'ambito del completamento di programmazione del P.O.R. Basilicata 2000-2006 Asse III - Risorse umane, e recava in calce la firma dell'allora assessore Carlo Chiurazzi e dell'amministratore della Memory Consult srl, Antonio Imbrogno;
il sopra citato bando prevedeva un piano formativo per n. 16 allievi, fatto di 160 ore di «formazione d'aula» e 6 mesi di stage formativo presso aziende resesi disponibili ad ospitare i tirocinanti;
nel bando, inoltre, veniva stabilito che al termine del corso sarebbe stato

rilasciato ai corsisti un attestato di competenza professionale;
dopo la fase di formazione in aula, svoltasi tra aprile e maggio 2007, i corsisti/tirocinanti venivano assegnati, nel mese di luglio 2007, alle aziende che prendevano parte al progetto;
in riferimento allo stage formativo, risulta che il signor Giovanni Di Leo, uno dei 16 tirocinanti, invece di essere assegnato ad un'autofficina veniva destinato per lo svolgimento della fase formativa di 6 mesi, denominata «formazione on the job» (tirocinio), ad un autolavaggio, l'azienda Panza Emanuele ubicata in Maratea (Potenza);
da sottolineare che nel sopra citato bando è dato leggere: «Il presente intervento mira a formare la figura dell'autoriparatore, figura innovativa e complessa che accorpa in sé le competenze proprie del carrozziere e del meccanico. Nell'ottica di permettere l'acquisizione di competenze spendibili nell'odierno mercato del lavoro, la figura professionale a cui si è pensato è in grado di inserirsi facilmente nel mondo del lavoro sia come lavoratore autonomo al livello artigianale, sia come dipendente di piccole aziende locali»;
in data 24 luglio 2007, il Dipartimento formazione, lavoro, cultura e sport ufficio lavoro e territorio della Regione Basilicata comunicava alla Memory Consult srl, e per conoscenza al signor Giovanni Di Leo, quanto segue: «In proposito si ritiene utile richiamare, preliminarmente, i soggetti coinvolti (soggetto attuatore ed azienda ospitante) al rispetto degli obblighi previsti dall'articolo 11 dell'Avviso Pubblico n. 01/2005 e ribaditi nella convenzione sottoscritta con la Regione Basilicata, con particolare riferimento alla gestione del progetto (... da realizzare secondo i tempi, le fasi, le modalità ed i contenuti come dettagliatamente descritti nella proposta progettuale presentata ed approvata, assicurando l'attuazione del percorso formativo ed il conseguimento degli obiettivi professionali ed occupazionali prefissati). Dal contenuto della nota pervenuta si appalesa il mancato rispetto dei suddetti obblighi, o quantomeno un parziale ed insufficiente raccordo tra i soggetti interessati. Per quanto sopra, e non potendosi giustificare simili situazioni, si richiede alle Signorie loro, ciascuna per quanto di propria competenza, di relazionare in merito a quanto segnalato e di comunicare, altresì, se sono state rimosse le cause alla base della segnalazione e, in ultimo, se sono state assicurate all'allievo in questione le condizioni necessarie per la frequenza al corso di che trattasi»;
allo stesso Di Leo è stata, inoltre, negata la possibilità di accedere a documenti inerenti il sopra citato corso di formazione per autoriparatori;
infatti, in data 11 maggio 2007, il signor Giovanni Di Leo inviava una lettera alla Memory Consult, alla Regione Basilicata e al direttore generale ingegnere Gerardo Calvello, con la quale richiedeva una copia del progetto definitivo del corso di autoriparatore;
in data 14 maggio 2007, la responsabile area formazione della Memory Consult srl, rispondeva alla richiesta scrivendo: «La sua richiesta di ricevere in copia il progetto definitivo in riferimento al corso in oggetto è da rigettare, atteso che, il progetto di cui trattasi è un atto amministrativo depositato in Regione il cui accesso è consentito solo alle parti coinvolte nelle procedure di cui trattasi...»;
nonostante la richiesta avanzata, al signor Giovanni Di Leo, ad oggi, non è stato consentito di prendere visione dei sopra citati documenti;
la gestione del corso per «Autoriparatori», bandito dalla Regione Basilicata il 18 dicembre 2006, e le vicissitudini del signor Giovanni Di Leo, stanno a dimostrare, una volta di più, che per garantire l'efficacia degli interventi occorrerebbe attivare un monitoraggio qualitativo permanente, che risulta essere palesemente assente;
l'Unione europea, riferendosi all'utilizzo dei finanziamenti nel settore della formazione lavoro, afferma: «I programmi

del fondo sociale europeo hanno raggiunto un numero molto vasto di beneficiari, ma all'ampiezza dell'intervento non ha corrisposto un'altrettanto diffusa efficacia. Sono inoltre mancati i legami tra il sostegno alle risorse umane e il settore produttivo...»;
sono eloquenti a questo riguardo alcune tabelle del Por Basilicata 2000-2006, laddove è dato apprendere che le misure destinate al contrasto della disoccupazione, per il tramite della formazione, continuano a segnalare performance deludenti. Si pensi che su 21.000 soggetti sottoposti alla formazione finalizzata all'occupazione, appena il 25 per cento di questi ha trovato uno sbocco lavorativo, con rapporti contrattuali la cui natura e consistenza sarebbe il caso di scandagliare -:
se siano a conoscenza dei fatti narrati, anche alla luce della sussistenza di finanziamenti comunitari;
come intendano intervenire, ferme restando le competenze regionali in materia per stabilire una connessione più efficace fra formazione professionale e incremento qualitativo e quantitativo del livello occupazionale;
se non intenda svolgere un monitoraggio a livello nazionale sull'efficacia dei percorsi di formazione professionale.
(4-00062)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:

CONTENTO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per conoscere - premesso che:
la Regione Friuli Venezia Giulia, attraverso i competenti uffici, ha predisposto ed inviato al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, servizio fitosanitario centrale, il documento di analisi del rischio necessario per premettere l'esportazione di materiale vivaistico (barbatelle innestate) verso la Repubblica cinese;
tale documento dovrà essere inoltrato ai competenti organi cinesi e, solo dopo gli adempimenti ivi prescritti, sarà possibile, per le imprese italiane attive nel settore, esportare detti prodotti -:
quali iniziative intenda adottare per accelerare l'iter amministrativo relativo alla predisposizione e all'invio del citato documento e in quali tempi è ipotizzabile che ciò avvenga.
(4-00013)

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PUBBLICA ISTRUZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
la somma impegnata per i corsi di aggiornamento e formazione per gli insegnanti di religione cattolica negli anni scolastici 2005-2006 e 2006-2007 è stata di 400.000 euro l'anno;
in risposta all'interrogazione 4-04835 sono allegate due tabelle relative agli insegnanti di religione cattolica che hanno partecipato a corsi di aggiornamento e formazione da cui si desume che i docenti interessati sono stati 2.191 nell'anno scolastico 2005-2006 e 2.171 nell'anno scolastico 2006-2007 -:
quanti insegnanti di materie diverse da quella di religione cattolica abbiano partecipato a corsi di aggiornamento e formazione nel corso degli anni scolastici 2005-2006 e 2006-2007 e quali siano state le somme impegnate per ciascun anno;
quanti insegnanti di materie diverse da quella di religione cattolica è previsto che partecipino a corsi di aggiornamento e

formazione durante l'anno scolastico 2007-2008 e quale sarà la somma impegnata;
quanti insegnanti di religione cattolica è previsto che partecipino, o quanti hanno partecipato, a corsi di aggiornamento e formazione durante l'anno scolastico 2007-2008 e quale sarà o quale è stata la somma impegnata.
(4-00038)

MECACCI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
l'organizzazione di periodi di studio all'estero per studenti delle scuole superiori è riconosciuta dal Ministero dell'istruzione a livello di leggi (articolo 192 del decreto legislativo n. 297 del 1994) e Circolari ministeriali (n. 181 del 1997, n. 128 del 1999, n. 236 del 1999);
la WEP (World Education Program) è una organizzazione che opera in Italia con sedi a Torino e Milano nel settore dell'organizzazione di periodi di studi all'estero;
tale organizzazione nel contratto con le famiglie si assume la responsabilità del controllo degli studenti e delle loro condizioni di salute in particolare;
su segnalazione di un genitore, che ha un contenzioso aperto con la WEP, recentemente si sono verificati casi (in particolare in soggiorni in Australia) in cui, come consta all'interrogante, la salute degli studenti sotto controllo WEP ha corso gravi pericoli e ha causato conseguenze gravi senza che le famiglie venissero minimamente informate -:
se la WEP sia in possesso dei requisiti richiesti per l'effettuazione della sua attività e quali controlli ed interventi il Ministero abbia operato o intenda operare sulla WEP al fine di tutelare la salute degli studenti che partecipano a periodi di studio all'estero e i diritti delle loro famiglie.
(4-00042)

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SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano La Repubblica di giovedì 21 febbraio 2008 è stato pubblicato l'articolo dal titolo: «Medici obiettori in ospedale ma abortisti nei loro studi privati», nel quale è pubblicata l'intervista alla responsabile del day hospital dell'Ospedale San Camillo di Roma, nella quale afferma che deve puntarsi il dito contro «le "pubbliche virtù" e i vizi privati di tanti colleghi» poiché «l'operato dei non obiettori è sempre sotto i riflettori e sotto tiro con inchieste interne ed esterne. Quello dei medici che la mattina storcono il naso in ospedale e il pomeriggio praticano aborti nei loro studi, non è scrutato da alcuno. Se l'è mai chiesto perché in ospedale arrivano, nella stragrande maggioranza dei casi, pazienti povere e disperate? È raro trovare sedute nei corridoi per l'attesa attrici, manager, donne in carriera, insomma. Loro hanno altre sponde (...) Quella dei privati, appunto. O, come avviene da anni, quella delle trasferte all'estero. In Germania, Francia, la pillola abortiva Ru486 si somministra da un ventennio. Costa 150 euro. Ma da noi è ancora vietata in barba alle sofferenze, anche fisiche, di tante donne. È il risultato di un battaglia pretestuosa contro la 194 (...la battaglia si combatte...). Anche sui giornali. La legge prevede che in ogni ospedale pubblico ci sia un servizio. Non è così. E va sempre peggio. Al San Giacomo, per esempio, che assicurava una media di sei interventi al giorno è stato chiuso. Trasferito al San Giovanni dove, però, il numero degli aborti non è aumentato. In provincia di Frosinone neanche nell'ospedale del capoluogo è attivo il centro per le Ivg. Quello di Sora è aperto solo una mattina per settimana. E la regione che fa? Dopo riunioni in cui si

proclama che i manager di Asl e ospedali saranno valutati anche per la corretta applicazione della 194, si lascia correre. Si va peggio di giorno in giorno. Prima c'era un barlume di coordinamento con i consultori. Ora, dopo tanto parlare di "assistenza al territorio", viene meno anche quello. Intanto in ospedale le liste di attesa sfiorano le tre settimane. Così si rischia di non garantire il servizio. Soprattutto alle pazienti che si presentano a ridosso del novantesimo giorno» -:
se sia a conoscenza dei fatti narrati; nell'eventualità affermativa se e quali misure intenda adottare per ripristinare la corretta applicazione delle norme contenute nella legge del 22 maggio 1978, n. 194.
(4-00023)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'agenzia Agi, il 9 aprile 2008 ha riportato la seguente notizia: «tumori: Mario Negri, farmaci non sperimentati abbastanza. Alcuni farmaci anticancro hanno ottenuto la licenza alla commercializzazione prima che si concludesse la fase naturale della sperimentazione, che consente anche di studiare gli eventuali effetti collaterali a lungo termine;
è l'allarme lanciato da uno studio italiano condotto dall'Istituto Mario Negri e pubblicato sulla rivista Annals of oncology, che ha analizzato 25 studi clinici, che sono stati fermati in anticipo tra il 1997 e il 2007. Troppo in anticipo, secondo l'Istituto, senza cioè che venissero certificati gli impatti a lungo termine. Mentre per le case farmaceutiche, che si difendono dall'accusa, concludere in anticipo lo studio su un farmaco «significa salvare più vite». Fatto sta che, secondo la ricerca, dei 25 studi scelti casualmente, 14 erano stati stoppati nel corso degli ultimi tre anni. E di questi, 11 sono stati utilizzati a sostegno delle domande di autorizzazione all'immissione in commercio;
una strategia, attacca il capo dei ricercatori Giovanni Aplone, che ha consentito alle case farmaceutiche di immettere più rapidamente i prodotti sul mercato avvalendosi di risultati clinici intermedi, quindi necessariamente non definitivi;
questo malgrado «i dati sulla efficacia e sui potenziali effetti collaterali possano essere incompleti interrompendo un test in anticipo». Anche perché, ha spiegato, interrompere un trial ai primi risultati positivi può non dare garanzie, visto che questi ultimi potrebbero anche essere casuali. Il team ha rilevato che la durata media di uno studio clinico è stata di 30 mesi, quando l'impatto a lungo termine può essere valutato solo negli anni;
secondo i ricercatori occorre una regolamentazione necessaria per considerare lo stop precoce a uno studio clinico nel momento in cui si prendono decisioni sulle licenze. Magari attraverso un comitato di controllo indipendente. Tanto più che secondo il professor Stuart Pocock, esperto di statistica medica presso la London School of Hygiene and Tropical Medicine, il problema non esiste solo per i farmaci anticancro, ma per tutti i tipi di trattamenti;
«prima di arrestare precocemente un trial - sottolinea Pocock - c'è bisogno di prove oltre ogni ragionevole dubbio.» -:
se sia a conoscenza dei fatti, se essi corrispondano a realtà e, nell'eventualità positiva, quali misure urgenti intenda predisporre per dare soluzione al caso in oggetto.
(4-00025)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in seguito alle note vicende accadute a Napoli al Nuovo Policlinico l'undici febbraio di quest'anno, vicende che hanno visto per protagonisti sette agenti delle forze dell'ordine che si sono presentati nella Clinica Ostetrica per indagare su una

presunta illecita interruzione di gravidanza effettuata su una trentanovenne che aveva in grembo un feto malformato, il direttore del Policlinico ha avviato un'indagine interna -:
se tale indagine sia terminata e, nell'eventualità positiva, se e quando la Camera dei deputati sarà informata dei risultati a cui si è pervenuti.
(4-00026)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in Italia la legge 13 maggio 1978, n. 180 (la cosiddetta legge Basaglia), recante «Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori», ha fondato un nuovo approccio e proposto nuovi metodi e modelli rispetto a quelli sino ad allora seguiti per la cura delle malattie mentali, ponendo le basi per la chiusura degli ospedali psichiatrici, strutture sanitarie speciali deputate alla cura di soli pazienti affetti da malattie mentali, favorendo la sostituzione di tali strutture con presidi sanitari pubblici territoriali e, ove necessario, ricorrendo alla degenza dei malati mentali nelle ordinarie strutture ospedaliere pubbliche o convenzionate;
la successiva legge n. 833 del 1978, istitutiva del Servizio sanitario nazionale, ha trasferito gran parte delle norme contenute nella legge n. 180 del 1978, la cosiddetta legge Basaglia, negli articoli 33, 34, 35 e 64 della legge n. 833 citata. Ciò ha comportato l'assenza di una speciale disciplina legislativa relativa alla tutela della salute mentale, facendola rientrare nella generalità dei compiti istituzionali attribuiti al novello Servizio sanitario nazionale;
con la nuova normativa si è stabilito il principio generale per cui i trattamenti sanitari dovrebbero essere volontari, ponendo specifici limiti per la sottoposizione di un paziente a trattamenti sanitari obbligatori. Ed infatti il personale sanitario ha l'obbligo di cercare il «consenso e la partecipazione» del paziente sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio (TSO) avendo quest'ultimo, inoltre, il diritto alla scelta del medico e del luogo di cura, nonché il diritto di comunicare «con chi ritenga opportuno»;
nel caso specifico di un paziente afflitto da malattia mentale, esso può essere obbligato a trattamento sanitario solo se le condizioni richiedano un urgente intervento terapeutico e non a siano possibili misure extra ospedaliere;
la stessa legge n. 833 del 1978 ha stabilito il principio secondo il quale si demanda alle regioni l'organizzazione di servizi di assistenza psichiatrica, istituendo dipartimenti per fornire servizi per la cura delle malattie mentali che possono essere situate sia nelle strutture ospedaliere, creando apposite strutture di diagnosi e cura, che in presidi extra ospedalieri in grado di fornire le appropriate cure necessarie;
il fine della normativa è chiaro: con essa si persegue l'obiettivo d'una chiusura completa e definitiva delle speciali strutture ospedaliere psichiatriche;
nel corso degli anni si sono susseguiti ulteriori interventi normativi volti a favorire tale chiusura, interventi resisi necessari a causa delle difficoltà incontrate nel raggiungere compiutamente l'obiettivo posto dal nostro ordinamento sin dal lontano 1978. Ciò si è perseguito con l'adozione di norme contenute nell'ambito della legislazione collegata alla legge finanziaria: l'articolo 3, comma 5 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, aveva fissato al 31 dicembre 1996 la chiusura definitiva delle strutture manicomiali ancora attive, ribadendo il principio della completa attuazione della cosiddetta legge Basaglia mirante alla totale chiusura degli ospedali psichiatrici. Successivamente altre norme hanno favorito la ristrutturazione della rete ospedaliera in funzione dell'obiettivo perseguito stabilendo, da ultimo, il cosiddetto «progetto-obiettivo» per la «tutela della salute mentale 1998-2000» mirante a realizzare il modello organizzativo del Dipartimento

di salute mentale, che si sostanzia nel favorire e incentivare una serie di obiettivi puntuali: la promozione di progetti specifici per il superamento del residuo manicomiale, la promozione un sistema informativo per il monitoraggio della spesa psichiatrica; la focalizzazione d'un sistema di indicatori di qualità dell'assistenza psichiatrica; la promozione della formazione degli operatori;
successivamente, la legge 23 dicembre 1996, n. 662, all'articolo 1, commi 21, 22, 23 e 24 ha individuato una serie di adempimenti posti a carico di Regioni e delle (allora) USL, al fine di far loro adottare piani, entro il 31 gennaio 1997, per la chiusura degli ospedali psichiatrici ancora attivi. Il tutto con la previsione di un meccanismo di penalizzazione finanziaria per i soggetti inadempienti;
una ulteriore serie di sanzioni sono loro state poste a loro carico nel caso di mancato rispetto delle previsioni contenute nel «progetto obiettivo», progetto attualizzato con il decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1999, contenente indicazioni per gli anni 1998-2000. Con ciò è ribadita la volontà di perseguire gli scopi sopra individuati mediante il modello dipartimentale già proposto per il periodo precedente. Concretamente si conferma la volontà del legislatore di potenziare i Dipartimenti di salute mentale;
la XII Commissione permanente della Camera dei deputati durante la XIII legislatura, in occasione d'una «Indagine conoscitiva sulla chiusura degli ospedali psichiatrici» resasi necessaria a causa della scadenza prevista dalla legge n. 724 del 1994 che di lì a poco avrebbe dovuto essere soddisfatta, ovvero la chiusura di tutti gli ospedali psichiatrici entro il 31 dicembre 1996, ha approvato un documento conclusivo, in data 16 luglio 1997 che, confermando il ritardo nel processo di chiusura degli ospedali psichiatrici e della loro sostituzione con strutture territoriali per la cura delle malattie mentali previsti, come detto, dalla legge n. 724 del 1994 indica, tra i tanti, un particolare punctum dolens: la Commissione mette in guardia dal pericolo di «adeguarsi alle "false chiusure". In molti ex ospedali psichiatrici è in atto un processo di ristrutturazione che vuole semplicemente rimodernare i vecchi padiglioni mantenere in questi contesti i vecchi degenti. In qualche caso si vuole addirittura paradossalmente aprire ai nuovi ricoveri attraverso le cosiddette comunità riabilitative», a testimonianza della bontà delle conclusioni cui giunge;
in base a quanto appreso dalla pubblicazione sul numero 10 della rivista Diario della settimana, del 16 marzo 2007, d'un articolo dal titolo: «I poveri matti del Vaticano. I tre manicomi "Don Uva" sono i più grandi d'Europa: vi sono rinchiuse circa 2 mila persone a volte non malate ma dimenticate da famiglie e istituzioni. Molte le morti e le violenze sospette», in cui vengono affermati episodi di estrema gravità avvenuti in tre strutture sanitarie di proprietà formale dell'ente ecclesiastico Congregazione ancelle della Divina Provvidenza, ma in realtà controllati direttamente dallo Stato Città del Vaticano, ubicate in Foggia, Potenza e Bisceglie, l'interrogante sottopone all'attenzione del Ministro alcune specifiche affermazioni contenute nella pubblicazione in esame;
dalla lettura dei reportage emerge la convinzione dell'autore che si sia in presenza d'una violazione della normativa sopra ricordata, tanto che lo stesso, Gianni Lannes, cita alcuni passi della relazione conclusiva della XII Commissione permanente per descrivere quanto da lui verificato «sul campo»: «nonostante l'indirizzo legislativo teso a evitare il riutilizzo degli ospedali psichiatrici per i servizi di assistenza al disagio mentale, i piani regionali dimostrano come questa soluzione sia frequentemente adottata e la norma legislativa elusa» con la trasformazione dei degenti in ospiti. «Tale pratica consente in aperta violazione della legge 180, nuove ammissioni»;
egli cita le amare conclusioni della Commissione rese si badi bene, nel 1996,

a commento dei fatti conosciuti in ragione della sua indagine;
tra i tanti episodi denunciati, alcuni meritano particolare attenzione:
l'esistenza di condizioni di vita subumane, ove i pazienti delle tre strutture sono costretti ad una vita indegna, immersi nei propri escrementi, con intollerabili carenze igieniche, costretti a nutrirsi con cibo avariato e bisognosi di cure fisiche non attinenti alla malattia mentale;
l'ammissione, resa dalla persona del primario dell'istituto di Bisceglie, il quale afferma che tra i tanti pazienti della struttura, oltre 2000, alcuni di essi non dovrebbero essere reclusi in tale luogo. Riferendosi ad un paziente in particolare afferma: «quello non c'è motivo che stia qui dentro. Ci sta e basta. E mi raccomando, non fotografi quelli nudi», giustificando la loro presenza in quel luogo a causa del rifiuto di farsene carico da parte delle Asl e della famiglia;
la presenza nella struttura di persone che, pur non presentando alcuna patologia psichiatrica, sono costretti a vivere nella struttura a causa dei loro internamento in un periodo precedente, alla promulgazione della cosiddetta legge Basaglia, nonché la presenza di pazienti reclusi successivamente al 1978 i quali, ancorché non afflitti da malattie mentali, vengono «parcheggiati» in queste strutture da famiglie scarsamente solidali con essi. L'autore afferma che «sono numerose le persone tradotte in manicomio dalle famiglie che vogliono liberarsene con l'aiuto di medici compiacenti. In loco gli ospiti non sono soggetti di diritto e continuano a sopravvivere nell'abbandono e nell'oblio»;
si descrivono persone che, pur se ospiti d'una struttura formalmente classificata come istituto di riabilitazione, ha tutte le caratteristiche del manicomio: inferriate alle finestre, pazienti ammanettati ai letti, ai termosifoni, imprigionati in camere di sicurezza, senza alcun conforto di terapie, se non la sola terapia farmacologia;
si denuncia la frequenza troppo elevata di morti sospette all'interno delle strutture e di vicende lesive della salute dei pazienti che, in qualche caso, hanno visto l'apertura d'una inchiesta da parte della magistratura ai danni di alcuni appartenenti al personale paramedico denunciati per lesioni ai danni dei pazienti. In alcuni dei casi denunciati si sono avute le prime condanne inflitte, dalla magistratura, ai responsabili;
la grave anomalia rappresentata dal fatto che il direttore delle tre case della Divina Provvidenza rivesta un doppio incarico, essendo contemporaneamente amministratore delle tre strutture sanitarie convenzionate e giudice presso la Commissione provinciale tributaria di Foggia, ponendosi in una condizione oggettiva di conflitto di interessi;
«nei tre manicomi "Don Uva" operano una ventina di società finanziarie e immobiliari» e «singolare coincidenza una ristretta cerchia di dirigenti del "Don Uva" gestisce l'indennità pensionistica dei pazienti sotto tutela (circa 15 milioni di euro)»;
il Lannes effettua, infine, una rapida analisi della situazione nazionale che si conclude con la seguente affermazione: «i manicomi sono ben lungi dall'essere chiusi: sono nate situazioni micromanicomiali un po' dappertutto» -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere, nell'ambito delle proprie competenze, sia per accertare la veridicità dei fatti riportati nei tre istituti cattolici in oggetto, sia per accertare il rispetto effettivo della normativa in materia vigente, soprattutto nel caso di Istituzioni convenzionate e se intenda istituire un sistema stabile di controlli e monitoraggio sul complesso delle strutture operanti nell'ambito della cura delle malattie mentali.
(4-00055)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
le norme contenute nell'articolo 7, comma 3 e 4, del decreto del Presidente della Repubblica del 10 settembre 1990, n. 285, dispongono che:
a richiesta dei genitori, nel cimitero possono essere raccolti con la stessa procedura anche prodotti del concepimento di presunta età inferiore alle 20 settimane;
nei casi previsti dai commi 2 e 3, i parenti o chi per essi sono tenuti a presentare, entro 24 ore dall'espulsione od estrazione del feto, domanda di seppellimento all'Unità sanitaria locale accompagnata da certificato medico che indichi la presunta età di gestazione ed il peso del feto;
nella regione Basilicata l'azienda ospedaliera «San Carlo» di Potenza ha stipulato con l'associazione «Difendere la vita con Maria» una convenzione per la sepoltura dei prodotti del concepimento di presunta età gestazionaria inferiore alle 20 settimane, cioè il feto, che autorizza la sopraindicata associazione non solo a svolgere l'attività descritta ma, anche, a predisporre la domanda di tumulazione all'ASL in nome e per conto degli aventi diritto, previa autorizzazione degli aventi diritto;
a giudizio dell'interrogante l'anomalia riguarda il regime di esclusività che l'associazione detiene rispetto alle richieste da inoltrare alla unità sanitaria locale ed al servizio di prelievo e trasporto per il seppellimento del feto;
come evincibile dalle norme della convenzione sottoscritta tra azienda ospedaliera ed associazione «Difendere la vita con Maria» all'articolo 1 delle procedure attuative è previsto che i prodotti del concepimento siano conservati tutti indistintamente, senza diversificare tra quelli di cui si è fatta richiesta di sepoltura entro le 24 ore successive all'espulsione o all'estrazione del feto, come previsto dalle norme citate, e quelli di cui non si inoltra tale richiesta e di cui non vi è ragione di una conservazione in camera mortuaria trascorse le 24 ore dall'espulsione o estrazione stessa. Inoltre l'articolo 1 della convenzione delega alla sola associazione il servizio di prelievo, trasporto e sepoltura dei feti. In tal modo gli aventi diritto alla richiesta non sembra possano avvalersi di altra distinta organizzazione al fine di dare sepoltura al feto né sembra essere possibile avvalersi della facoltà di inoltrare direttamente e personalmente la richiesta all'unità sanitaria locale, detenendo l'associazione «Difendere la vita con Maria» un monopolio ingiustificato di tali adempimenti;
a tale conclusione, ad avviso dell'interrogante, sembra potersi pacificamente giungere anche alla luce dei punti 1, 2 e 3 dell'allegato 2 della convenzione stessa, ove si prevede che nel caso in cui l'autorizzazione all'azienda sanitaria locale non sia richiesta direttamente dall'associazione e dalla stessa non siano materialmente effettuate le operazioni di prelievo, trasporto e sepoltura, non sembra darsi ai parenti o chi per essi altra possibilità che assoggettare il feto «al regime giuridico dei rifiuti pericolosi»;
ad avviso dell'interrogante, la presenza di associazioni antiabortiste all'interno dell'azienda ospedaliera San Carlo di Potenza, quali «Difendere la vita con Maria» ed il «Centro di aiuto alla vita» (CAV), costituisce di fatto un potente apparato dissuasivo nei confronti delle donne che decidano di ricorrere all'interruzione volontaria di gravidanza. Non appare casuale che, secondo l'ultimo rapporto ministeriale disponibile (2004), oltre il 50 per cento delle donne lucane abbiano deciso di abortire in strutture poste al di fuori dei confini regionali. Tale scelta è direttamente imputabile al fatto che la regione Basilicata detiene il record nazionale dei medici obiettori di coscienza all'aborto (92,6 per cento). Nell'ambito di questo primato, l'ospedale San Carlo di

Potenza raggiunge addirittura il 95 per cento di medici obiettori di coscienza all'aborto;
ad avviso dell'interrogante, esiste un chiaro nesso causale tra la presenza di associazioni antiabortiste e le convenzioni con esse stipulate da parte delle strutture del servizio sanitario nazionale quali le associazioni «Difendere la vita con Maria» ed il «Centro di aiuto alla vita» e l'altissima percentuale di medici obiettori. La situazione «ambientale» venutasi a creare all'interno dell'ospedale San Carlo di Potenza, fondata anche sulla stipulazione di convenzioni quale quella in oggetto, rende pressoché impossibile la corretta applicazione della legge n. 194 del 1978 -:
se il Ministro intenda svolgere una indagine presso l'azienda ospedaliera San Carlo di Potenza al fine di verificare l'eventuale violazione delle norme di legge, prendere gli opportuni provvedimenti e ripristinare i diritti previsti dalla normativa di riferimento.
(4-00056)

...

SOLIDARIETÀ SOCIALE

Interrogazione a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI e MECACCI. - Al Ministro della solidarietà sociale. - Per sapere - premesso che:
l'11 luglio 2007 è stata presentata la relazione annuale al Parlamento sullo stato delle tossicodipendenze in Italia 2006;
più di metà della relazione si basa sui dati di due indagini campionarie di popolazione (generale e scolarizzata) condotte dall'Istituto di fisiologia clinica del Cnr nel 2005, già peraltro utilizzati per la relazione dell'anno precedente (oltre metà della relazione è «vecchia»), ed entrambi i campioni rilevati non sono rappresentativi delle rispettive popolazioni;
la prima indagine sulla popolazione generale, denominata Ipsad, si basa esclusivamente sulle risposte a un questionario postale, in cui la percentuale di rispondenti autoselezionati non supera il 34 per cento e non è omogenea neppure nelle diverse fasce d'età e per sesso (più in particolare sono sottorappresentati soprattutto i giovani e i maschi). A queste condizioni non ha senso estendere i risultati campionari (ogni inferenza è pura fantasia) alla popolazione generale, fare confronti con le statistiche degli anni precedenti (analogamente distorte e non rappresentative) e, ancor meno, fare analisi multivariate correlando i cosiddetti fattori di rischio o protettivi all'uso delle sostanze (si veda il punto «Fattori associati all'uso di sostanze psicoattive» a pagina 36 della relazione). Basti pensare a come possa essere distorto quanto affermato in merito alla condizione socio-economica o alla scolarità che favorirebbe l'uso non problematico di certe sostanze, essendo plausibile che abbiano risposto correttamente al questionario prevalentemente proprio soggetti di condizione socio-economica più elevata e meno problematici, come anche il buon senso, oltre che l'esperienza statistica, suggerisce. Per fare solo un esempio estremo, immaginiamo che l'uso di cocaina sia un problema legato soprattutto alla popolazione maschile ma che, tra i rispondenti al questionario, siano presenti soprattutto donne utilizzatrici, mentre nessun uomo utilizzatore abbia deciso di rispondere. In questo caso risulterebbe come fattore di rischio l'essere donna che, invece, nella popolazione non autoselezionata è in realtà un fattore di protezione;
per quanto riguarda l'indagine sulla popolazione scolarizzata, denominata Espad, la situazione è ancora più inquietante perché già il campione di scuole su cui è stata condotta non è rappresentativo delle scuole italiane. Se si visita il sito italiano (http://www.epid.ifc.cnr.it/Espad/doc/) si comprende che il metodo di campionamento

è stratificato per tipo di istituto e per capoluogo e altri comuni di ogni provincia e evidentemente non rappresentativo, perché le province e comuni grandi sono sottorappresentati rispetto a quelli piccoli, basti considerare che in provincia di Roma (circa 4 milioni di abitanti) fanno parte del campione undici scuole e in provincia di Campobasso (230.000 abitanti) ben 8 scuole, anche considerando la possibilità che si tratti di scuole più piccole, la provincia di Campobasso è sovrarappresentata rispetto alla provincia di Roma, ma c'è anche da considerare che a Roma (non sono presenti altri comuni della provincia che pure contano circa quattro volte la provincia di Campobasso) sono presenti nel campione ben tre istituti d'arte e un solo liceo scientifico. È istruttivo andare a verificare le altre evidenti distorsioni (si confronti Rimini con Milano... e così via), esaminando in dettaglio il campione di scuole disponibile sul sito citato, ma ora anche sul sito del Coraold, ma è sufficiente il piccolo commento riportato sopra per dimostrare la non rappresentatività del campione Espad. Ne segue che tutto quanto riportato nella relazione, e in quelle precedenti, derivante da tale indagine risulta inutile, anzi dannoso perché sicuramente fuorviante e costoso;
data l'importanza di monitorare la popolazione scolarizzata, questa carenza è particolarmente grave -:
se, dagli atti depositati presso il Governo risulti:
a) chi abbia definito i contenuti della relazione presentata il giorno 11 luglio 2007 dall'allora Ministro Ferrero;
b) chi abbia svolto le analisi statistiche sui dati non rappresentativi come se, invece, lo fossero;
c) con quale criterio si sia deciso di includere tali analisi errate e fuorvianti nella relazione;
d) quanto sia stato pagato il gruppo di lavoro che ha svolto e interpretato tali analisi sbagliate e redatto i relativi testi;
e) come si intenda provvedere nel futuro per evitare queste situazioni di pianificazione e utilizzo scorretto di rilevazioni statistiche costose;
f) da quali archivi e con quale criterio siano stati rilevati gli indirizzi postali per l'indagine denominata Ipsad;
g) se siano stati utilizzati gli stessi campioni per le indagini del 2001, 2003 e 2005;
h) quale sia stata la percentuale di rispondenti registrata tra i destinatari del questionario;
i) quale sia stata la percentuale di rispondenti per ogni «strato» del campione;
l) quale sia stata la percentuale di questionari completamente compilati;
m) quale sia stata la percentuale di questionari completamente compilati per ogni «strato» del campione;
n) da quali archivi e con quale criterio siano state estratte le scuole da inserire nel campione relativo all'indagine denominata Espad;
o) se siano state utilizzate le stesse scuole per le indagini del 2001, 2003 e 2005;
p) con quale criterio siano stati scelti gli alunni di dette scuole da inserire nel campione;
q) con quali modalità sia stato somministrato il questionario agli alunni;
r) che percentuale di rispondenti sia stata registrata tra gli alunni;
s) che percentuale di rispondenti sia stata registrata tra gli alunni per zona territoriale;
t) che percentuale di rispondenti sia stata registrata tra gli alunni per tipo di scuola.
(4-00019)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il 7 marzo 2008 è stato adottato un decreto ministeriale per la riduzione delle accise sui carburanti ai fini della restituzione del surplus di Iva generato dall'aumento del prezzo internazionale del greggio;
lo stesso giorno il Ministro dello sviluppo economico, Pier Luigi Bersani, commentando il provvedimento dichiarava che lo stesso «non risolve il problema del caro-benzina, ma conferma l'impegno del governo a non far cointeressare lo Stato agli aumenti del carburante» e che «proseguirà un'attenta azione di monitoraggio su eventuali scostamenti dalla media del prezzo europeo, per evitare che alle tensioni del prezzo possano aggiungersi comportamenti speculativi»;
la lista dei distributori indipendenti pubblicata da diverse associazioni di consumatori ha consentito secondo le stime un risparmio medio per gli automobilisti di 8 centesimi di euro per ogni litro di benzina o gasolio;
Autostrade per l'Italia ha proceduto contestualmente a sconti fino a 7,5 centesimi di euro presso alcuni distributori della propria rete -:
quali effetti abbia prodotto per i consumatori il decreto citato in premessa, e se le misure del decreto stesso si siano rivelate idonee in concreto ad alleggerire la spesa degli automobilisti per i carburanti in modo adeguato.
(4-00036)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il 6 gennaio 2008 il sindaco di Terni, Paolo Raffaelli, richiesto di informare l'opinione pubblica dei motivi per i quali l'inceneritore di Terni fosse spento, ha dichiarato: «Lo sciagurato provvedimento che ha eliminato gli incentivi "Cip 6" dal sistema di trattamento dei rifiuti rende più conveniente sistemare i rifiuti in discarica che non bruciarli. Unicamente per questo motivo l'inceneritore dell'Asm di Terni è temporaneamente spento ... Questa normativa va cambiata perché serve solo alle ecomafie e perché sembra fatta apposta per impedire una soluzione moderna, ambientalmente e socialmente compatibile ...»;
negli ultimi due anni l'informazione sul CIP 6 e l'opinione generale degli italiani su di esso è stata che il grosso delle risorse era (malamente) finito ai petrolieri ed agli inceneritori di rifiuti, invece che alle fonti energetiche rinnovabili, con una maggiore spesa dell'utenza di 30 miliardi di euro -:
se risultino al Governo elementi per i quali potrebbe essere più conveniente smaltire la «materia prima» dell'inceneritore, peraltro già pagata dall'utenza, in discarica, piuttosto che utilizzarla per la produzione di energia elettrica, che sarebbe comunque pagata, sia pure a tariffa minore, come si desume dalle parole del sindaco di Terni;
per quali motivi gli inceneritori di rifiuti debbano godere del CIP 6 pur non essendo, per la gran parte, gestiti da imprese private, ma da aziende in mano pubblica, che ricevono la materia prima da altre aziende in mano pubblica e che dovrebbero avere come obiettivo non il lucro, ma il miglior servizio possibile al minor costo possibile.
(4-00077)

TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:

TOMMASO FOTI. - Al Ministro dei trasporti, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
come si evince dalla presentazione presente sul sito www.ferroviedellostato.it, Ferrovie dello Stato SpA è una holding industriale unitariamente garante verso l'azionista del risanamento globale del Gruppo e orientata alla generazione di valore e all'incremento di competitività complessiva del sistema ferroviario;
Real Estate è la società del Gruppo Ferrovie dello Stato Spa costituita con l'obiettivo di individuare le migliori strategie per la valorizzazione del patrimonio immobiliare del Gruppo;
risulta che da diverso tempo un immobile di proprietà delle Ferrovie dello Stato, ubicato nella città di Parma nelle vicinanze dell'aeroporto e della Fiera, in passato utilizzato dal personale della società ai fini abitativi, sia oggi abusivamente occupato da appartenenti al cosiddetto Centro Sociale Paguro;
gli occupanti del predetto immobile recano costante disturbo alla quiete pubblica diffondendo, anche in piena notte, musica ad alto volume, mentre le condizioni igieniche riscontrabili nell'area adiacente allo stesso lasciano quanto meno a desiderare (vedi Gazzetta di Parma del 19 giugno 2006) -:
se non ritenga di doversi attivare affinché il Gruppo delle Ferrovie dello Stato Spa, e per esso la società proprietaria dell'immobile in questione e/o a cui sia stato consegnato, ponga in essere ogni utile azione a tutela della struttura in questione, specificatamente intimando agli occupanti abusivi l'immediato rilascio della stessa;
se risultino inviati dall'autorità di Pubblica Sicurezza alla magistratura di Parma segnalazioni dalle quali si evinca l'occupazione abusiva del predetto immobile, se in relazione ai fatti che qui interessano risulti pendente procedimento penale (quantomeno per quanto riguarda l'occupazione abusiva del predetto immobile) e quale ne sia lo stato.
(4-00009)

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTARISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

ALEMANNO e BUONFIGLIO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la notte di venerdì 1 febbraio 2008, alle ore 22.30 circa, un peschereccio di Mazara del Vallo, il Vito Manciaracina, con otto uomini di equipaggio, tre italiani, quattro tunisini e un senegalese è stato sequestrato nel Golfo della Sirte da una motovedetta libica e scortato nel porto di Tripoli;
il Comandante del peschereccio, Asaro Leonardo, alle ore 22.30 circa aveva segnalato la sua posizione a circa 40 miglia marine dalle coste libiche e subito dopo, aveva informato che una motovedetta si stava avvicinando per operazioni di controllo. Da questo momento in poi il Comandante Asaro non effettuerà più alcuna comunicazione via blue box;
il Presidente della Commissione Affari Istituzionali della Regione Siciliana ha dichiarato che il peschereccio non si trovasse in acque territoriali libiche, in particolare in un tratto di mare considerato «zona economica esclusiva» come affermano le autorità libiche, bensì in acque internazionali e informa che il peschereccio sequestrato è stato condotto nel porto di Tripoli ed è sotto il controllo delle autorità militari libiche e viene impedito a chiunque di avvicinarsi al natante e sembrerebbe che anche al console italiano sino a questo momento sia stato impedito di salire a bordo;
questa condotta da parte delle autorità libiche pare trovare conferma se si confronta con il fatto che non è stato possibile conoscere le loro condizioni fino all'intervento del Console di Tripoli, Dr. De Luca, avvenuto a distanza di due giorni dal sequestro 3 febbraio 2008 -:
quali provvedimenti urgenti intenda adottare sia per consentire a tutto l'equipaggio di poter far ritorno al più presto in Patria e per assicurare tutta l'assistenza necessaria e se non ritenga opportuno adoperarsi per acquisire con certezza il dato dell'esatta posizione in cui il peschereccio Manciaracina è stato abbordato dalla motovedetta Libica al fine di chiarire con il Governo Libico questa incresciosa vicenda.
(4-06294)

Risposta. - In merito a quanto segnalato dall'interrogante nel presente atto parlamentare, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
1. Nel 2005, le Autorità libiche hanno istituito una zona di pesca protetta che si estende a 62 miglia dalla linea di base delle acque territoriali, nella quale sarebbe possibile esercitare attività di pesca solo a seguito di specifica autorizzazione da parte delle Autorità di Tripoli.
Malgrado le nostre ripetute richieste ed i passi svolti dall'ambasciata a Tripoli, le Autorità libiche non hanno fornito indicazioni sulle procedure per l'ottenimento delle suddette autorizzazioni (la legge libica istitutiva

della zona protetta rinvia ad un apposito regolamento che, però, non è stato adottato).
2. La problematica, di interesse evidentemente anche di altri Paesi, è stata esaminata in sede Unione europea, nel corso del 2005 e del 2006, in particolare nel gruppo di lavoro «pesca» del Consiglio e nel gruppo Comar «Diritto del mare». In estrema sintesi, non si contesta sul piano del diritto internazionale la legittimità dell'istituzione di una zona di pesca protetta ma, piuttosto, si contesta la linea di base utilizzata dai libici, con la cosiddetta «chiusura» del Golfo della Sirte. Le ragioni della contestazione sono state oggetto di una specifica nota verbale che la Presidenza dell'Unione europea ha inviato nel 2006 alle Autorità libiche.
3. Dall'istituzione della zona di pesca protetta, si sono verificati alcuni incidenti che hanno coinvolto nostri pescherecci e che, oltre alla assistenza fornita
in loco dalla nostra ambasciata e dal Consolato generale, hanno richiesto in taluni casi interventi al più alto livello. L'incidente più grave, che ha tra l'altro causato un lungo periodo di incomprensioni tra le rispettive marine militari, è stato quello del gennaio 2007, con il coinvolgimento del motopeschereccio «Giovanni Vincenzo», contro il quale la marina militare libica aveva aperto il fuoco «fuori sagoma», a fronte del tentativo del peschereccio di allontanarsi rapidamente dalla zona di pesca protetta nella quale si trovava ad operare.
Il ministero degli esteri, il ministero delle politiche agricole e il Comando generale delle Capitanerie di porto hanno, più volte, fatto presente alle federazioni e associazioni di categoria la necessità di rispettare la zona di pesca protetta, per evitare che i nostri operatori si trovino coinvolti in spiacevoli situazioni, quali lo stato di fermo, il sequestro dell'imbarcazione e del pescato.
4. L'ultimo caso, quello relativo al sequestro del motopeschereccio «Vito Mangiaracina», cui si fa riferimento nell'interrogazione, è iniziato in data 1o febbraio 2008. Il natante italiano - che stava svolgendo attività di pesca a circa 45 miglia dalle coste libiche, quindi nella zona di pesca protetta - dopo essere stato sottoposto alla visita di una motonave libica, è stato successivamente condotto, in stato di fermo, nel porto militare di Tripoli.
L'equipaggio sequestrato è composto da tre marittimi italiani, il comandante Leonardo Asaro, il direttore di macchina Vito De Albis e il timoniere Francesco Cavataio, nonché da quattro cittadini tunisini e un cittadino senegalese. La nostra ambasciata e il consolato generale si sono subito attivati per fornire loro assistenza. Una prima visita consolare veniva effettuata già in data 2 febbraio 2008. Successivamente, il 4 febbraio, i membri dell'equipaggio del «Mangiaracina» venivano trasferiti presso la procura per crimini economici di Zawia, in stato di fermo per accertamenti, con il capo d'imputazione di «pesca senza autorizzazione nelle acque territoriali libiche».
5. I membri dell'equipaggio, assistiti con regolarità dal nostro consolato generale, sono stati rilasciati l'11 febbraio 2008 e sono tuttora a bordo dell'imbarcazione, sottoposta a stato di fermo nel porto militare di Tripoli. Ad oggi, le Autorità libiche non hanno ancora proceduto alla riconsegna dei documenti (libretto di navigazione e di immatricolazione). La prima udienza del procedimento giudiziario (il codice penale libico prevede, per il reato contestato, una detenzione da sei mesi a due anni, oltre al pagamento di un'ammenda e al sequestro dell'imbarcazione e del relativo carico), inizialmente fissata per il 24 febbraio a Tripoli, è stata rinviata da parte del procuratore generale libico. Nel frattempo, la nostra ambasciata e il consolato generale hanno richiesto alle competenti Autorità libiche il rilascio dei visti d'uscita da apporre sui documenti che lo stesso consolato generale ha rilasciato ai tre connazionali, per consentire il loro rientro in Italia.
6. Sulla vicenda, il ministero degli esteri mantiene uno stretto coordinamento con il ministero delle politiche agricole e si ritiene che proprio l'intervento del Ministro delle politiche agricole, De Castro, presso il suo omologo libico, Al Mansouri, abbia agevolato il rilascio dei membri dell'equipaggio. I connazionali, inizialmente intenzionati a

rimanere a Tripoli, a seguito di conversazione telefonica con lo stesso Ministro De Castro, il 20 febbraio ultimo scorso, sembravano aver deciso di voler, invece, fare rientro in Italia. Due di loro, ultimamente, avrebbero nuovamente manifestato l'intendimento di voler rimanere a Tripoli per non lasciare l'imbarcazione affidata alle Autorità libiche in attesa dello svolgimento del procedimento giudiziario.
7. Al fine di tutelare adeguatamente gli interessi dei nostri pescatori ad operare nella fascia di mare in questione e trovare un'efficace soluzione per evitare il ripetersi di sequestri di pescherecci italiani, da tempo, su sollecitazione della Farnesina, sono stati riattivati, dal ministero delle politiche agricole, incontri negoziali in materia di pesca con la controparte libica (l'ultima riunione si è svolta a Roma lo scorso 15 novembre ed è previsto che il tavolo negoziale torni a riunirsi in tempi brevi).
La vicenda del «Mangiaracina» è stata altresì oggetto di discussione tra il Ministro De Castro e il Commissario europeo per la pesca, Joe Borg, a margine del Consiglio europeo dell'agricoltura tenutosi a Bruxelles lo scorso 19 febbraio. Il Commissario europeo, su sollecitazione italiana, si è detto disponibile a riprendere il negoziato per l'eventuale conclusione di un accordo tra Libia e Unione europea in materia di pesca.

Il Viceministro degli affari esteri: Ugo Intini.

ALESSANDRI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) è una patologia rara neurodegenerativa che comporta una progressiva degenerazione muscolare con esito fatale;
le conseguenze di questa malattia sono la perdita progressiva e irreversibile della normale capacità di deglutizione (disfagia), dell'articolazione della parola (disartria) e del controllo dei muscoli scheletrici, con una paralisi che può avere un'estensione variabile, fino alla compromissione dei muscoli respiratori, alla necessità di ventilazione assistita e quindi alla morte;
la SLA è una patologia a eziopatogenesi sconosciuta; verosimilmente, si tratta di una malattia ad origine multifattoriale; attualmente le ipotesi più accreditate per spiegare la degenerazione neuronale sono due: un danno di tipo «eccitotossico, dovuto ad un eccesso di glutammato, e un danno di tipo «ossidativo», dovuto ad uno squilibrio tra sostanze ossidanti e sostanze riducenti nel microambiente che circonda i motoneuroni colpiti;
la SLA è una patologia rara che in Italia ha un'incidenza di circa 6 casi ogni 100.000 abitanti, con circa 1.500 nuovi pazienti in un anno;
con le procedure diagnostiche attuali, il tempo medio che trascorre dall'insorgenza dei sintomi alla diagnosi è di circa 12 mesi; marcatori diagnostici migliori potrebbero aiutare a fare una diagnosi ancora più precoce, permettendo ai pazienti di ricevere la terapia in tempi significativamente più rapidi;
finora non è stato scoperta alcuna cura definitiva per la SLA; nonostante questo, la Food and Drug Administration (FDA) ha approvato il primo trattamento farmacologico per la malattia: il riluzolo (Rilutek);
numerose sono le molecole in sperimentazione clinica, soprattutto negli Stati Uniti; anche in Italia sono in corso diverse sperimentazioni, due approvate dall'AiFA all'interno dei bandi di ricerca non-profit del 2005, altre in corso di valutazione nei bandi AIFA 2006;
tra i vari composti, l'IGF1-BP3 ha dimostrato in studi pre-clinici su animali di moderare la degenerazione muscolare, anche se sembra che il composto non sia stato ancora adeguatamente studiato su pazienti affetti da SLA;
ad oggi l'IGF1-BP3, pur reperibile sul mercato, è registrato con un'altra indicazione

(terapia a lungo termine nel deficit di crescita nei bambini);
l'Agenzia Italiana del Farmaco, con comunicato del 21 novembre 2006, ha dichiarato che non vi sono i presupposti per fornire gratuitamente, a carico del Servizio sanitario nazionale, i farmaci IGF-1, IGF-1/IGF-BP3 per il trattamento dei pazienti affetti da SLA;
sempre secondo il comunicato AIFA di cui sopra, l'utilizzo dell'IGF-1 e dell'IGF-1/IGF-BP3 non sarebbe supportato né da strumenti normativi, né da basi scientifiche;
nel frattempo, tuttavia, il Ministero della salute (come ufficialmente confermato nel comunicato stampa del Ministero n. 140 del 31 ottobre 2006) sta dando esecuzione a specifici provvedimenti dei Tribunali che impongono l'erogazione preventiva dell'IGF-1 a favore dei singoli soggetti;
il Ministero della salute ha deciso di avviare, d'intesa con l'AIFA e l'Istituto superiore di sanità, uno studio clinico che possa verificare la reale efficacia dell'IGF-1 e il suo profilo di beneficio-rischio nei pazienti affetti da SLA, in rapporto con il trattamento farmacologico oggi disponibile e rimborsato (il Riluzolo - Rilutek) -:
se il Ministro non ritenga di promuovere uno studio clinico anche sull'efficacia del complex IGF1-BP3 e sui suoi profili di beneficio-rischio nei pazienti affetti da SLA;
se, in attesa dell'esito di tali studi clinici, il Ministro, onde evitare ai pazienti l'onere di avviare procedure giudiziarie per vedersi riconosciuto il diritto all'erogazione preventiva, non intenda opportuno che sia riconosciuta in via generale la possibilità, a tutti i pazienti affetti da SLA che lo richiedono, di usufruire dell'IGF1 e dell'IGF-1/IGF-BP3;
quali risultati siano stati conseguiti nelle sperimentazioni delle altre molecole, sia in Italia che negli Usa.
(4-03595)

Risposta. - Si precisa preliminarmente che l'Insulin-like Growth Factor-1 (IGF-1) è un prodotto il cui brevetto appartiene alla società Genentech/Termica (USA), mentre l'IGF-1/GF-BP3 è brevettato dalla società Insmed (USA).
Quest'ultima società, in piena autonomia, sta sperimentando tale prodotto per alcune indicazioni terapeutiche (tra cui la sclerosi laterale amiotrofica-SLA), diverse dalla sindrome da malaccrescimento, che costituisce l'indicazione per la quale il prodotto è registrato negli Stati Uniti e che attualmente è all'esame dell'European agency for the evaluation of medicinal products (EMEA).
Più in particolare, si segnala che negli anni '90 sono stati effettuati due
trial in doppio cieco, controllati verso placebo, con somministrazione subcutanea di IGF-1 ricombinante umano (rhIGF-1) in pazienti affetti da SLA (Lai et al, 1997; Borasio et al, 1998).
Sulla base dell'esito discordante di questi due
trial, la statunitense Food and drugs administration (FDA) si riservò di approvare l'uso del rhIGF-1 nella terapia della SLA; in effetti, sussisteva una differenza numerica nella casistica dei due studi (nello studio nordamericano 89 pazienti con 0.05 mg/Kg/die, 87 pazienti con 0.1 mg/Kg/die e 90 pazienti con placebo; nello studio europeo, 124 pazienti con 0.1 mg/Kg/die e 59 pazienti con placebo).
Tuttavia, nell'ambito di una recente metanalisi (Mitchell et al., 2002) la valutazione combinata dei dati ottenuti nei due studi ha dimostrato una riduzione significativa del punteggio dell'Appel Amyotrophic Lateral Sclerosis Rating Scale (AALSRS) a favore dei pazienti trattati con rhIGF-1 ed, inoltre, la valutazione degli eventi avversi evidenzia una buona sicurezza e tollerabilità del farmaco, a fronte di un aumento di rischio di reazioni locali indesiderate di tipo infiammatorio.
Per quanto concerne gli aspetti metodologici, gli autori sottolineano che entrambi gli studi presentano notevoli carenze, quali:


scarsa numerosità campionaria, che potrebbe aver impedito di osservare piccole differenze;
durata del
follow-up inadeguata rispetto al decorso della malattia (gli autori della metanalisi suggeriscono almeno 12 mesi, se non addirittura 18);
scelta discutibile dell'indicatore di esito primario: la scala AALSRS possiede una struttura eterogenea e permette di misurare indici clinici poco rilevanti per il paziente rispetto ad altri parametri, come qualità di vita, mortalità e sopravvivenza senza ricorso alla ventilazione meccanica;
alta percentuale di pazienti che non hanno completato lo studio (47 per cento nello studio nordamericano, e 48 per cento in quello europeo), per i quali, quindi, non sono disponibili i dati per ulteriori approfondimenti;
scarsa affidabilità della cecità (i pazienti nel punto d'iniezione con IGF-1 hanno presentato frequentemente reazioni cutanee locali, rendendo intuibile, da parte degli sperimentatori, a quale trattamento erano stati sottoposti);
l'analisi statistica degli studi, basata sulla
last observation carried forward, impedisce una completa ed oggettiva valutazione dei risultati di questi trial.

Secondo gli autori della metanalisi, c'è un'alta probabilità che i risultati dei due studi siano viziati da errori sistematici; sostengono, inoltre, che l'rhIGF-1 possa essere modicamente efficace, sebbene i dati disponibili - a causa dei sostanziali problemi metodologici degli studi finora completati - non siano conclusivi e rendano necessari ulteriori trial terapeutici.
A testimonianza dell'elevato interesse originato dai suddetti
trial clinici, attualmente è in corso negli Stati Uniti un terzo trial clinico con rhIGF-1 in pazienti affetti da SLA.
Il North American Consortium, che raggruppa diversi centri clinici, sta conducendo uno studio multicentrico in doppio cieco per la durata di 18 mesi, utilizzando la molecola ricombinante umana per via sottocutanea; i risultati di questo studio farmacologico, che ha l'obiettivo di fornire definitive informazioni sulla efficacia clinica della molecola, sono attesi tra circa 9 mesi.
Recentemente, in un modello murino transgenico di SLA, l'infusione intratecale di IGF-1 ha mostrato un interessante aumento della sopravvivenza degli animali trattati (Nagano et al., 2005a); pertanto, gli autori hanno effettuato un
trial clinico in doppio cieco per valutare gli effetti della somministrazione intratecale di IGF-1 sulla progressione di malattia nei pazienti SLA.
Anche se con un ridotto numero di pazienti arruolati (9), tale somministrazione (3 microg/Kg ogni 2 settimane per 40 settimane), ha mostrato una riduzione modesta, ma significativa, della progressione della malattia, valutata mediante la scala di Norris, e nessun evento avverso di particolare rilievo.
Su tale problematica, si segnala che il tavolo tecnico e la sottocommissione sulla sperimentazione clinica, operanti presso l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), hanno considerato la possibilità, una volta acquisiti i risultati dello studio americano, di avviare d'intesa con il Ministero della salute e l'Istituto superiore di sanità, uno studio clinico per verificare la complessiva efficacia del principio attivo IGF-1 e il suo profilo di beneficio-rischio nei pazienti affetti da SLA, in confronto con il trattamento farmacologico oggi disponibile, a carico del Servizio sanitario nazionale (Riluzolo - Rilutek®).
Certamente si sta verificando in Italia una crescente richiesta d'impiego dell'IGF-1, considerato dai pazienti, sulla base di informazioni non ufficiali, il farmaco in grado di migliorare «significativamente» la progressione della SLA; pertanto, su prescrizione del medico i pazienti sono ricorsi alla autorità giudiziaria che, in taluni casi, ha disposto il trattamento con IGF-1/IGF1-BP3, imponendone l'approvvigionamento a favore del singolo paziente.
Si sottolinea che in questi casi il farmaco somministrato è composto da un

complesso costituito dall'IGF-1 e dalla sua proteina legante BP3 (IGF-1/BP3 complex o Mecasermina).
In base alle evidenze scientifiche disponibili, tale principio attivo non risulta essere mai stato precedentemente utilizzato in pazienti affetti da SLA o da altre malattie del motoneurone; vista l'assenza di evidenze scientifiche sull'uso clinico di tale principio, e considerato quanto sopra accennato riguardo alla prossima disponibilità dei risultati del
trial americano sull'IGF-1, l'avvio di uno studio clinico sull'efficacia ed il rapporto beneficio/rischio dell'IGF-1/BP3 nella terapia della SLA appare prematuro.
Il Ministero della salute ha richiesto al Consiglio superiore di sanità (CSS) di procedere ad una approfondita e aggiornata valutazione degli eventuali benefici che, sulla base delle attuali conoscenze scientifiche, si potrebbero attendere dall'impiego dei due farmaci IGF-1 e IGF-1/IGF-BP3 nel trattamento della SLA, a fronte degli eventuali rischi, sia direttamente legati all'assunzione di tali prodotti, sia correlabili al mancato ricorso a possibili terapie alternative con medicinale regolarmente registrato.
Il 23 ottobre 2007 il Consiglio superiore di sanità ha espresso parere non favorevole al trattamento dei pazienti affetti da SLA con i citati farmaci, anche nel caso di soggetti che non rispondono alla terapia con il medicinale Riluzolo.
Il Consiglio superiore di sanità, sentito il gruppo di lavoro costituito appositamente per la problematica, nell'esaminare la documentazione disponibile sugli studi clinici, ha considerato, tra l'altro, che il riluzolo (Rilutek), autorizzato nell'Unione europea e negli USA per il trattamento della SLA, commercializzato e rimborsato in Italia dal Consiglio superiore di sanità, è ad oggi l'unico farmaco che, nel contesto di sperimentazioni cliniche controllate, si è mostrato efficace, rispetto al placebo, nel prolungare la sopravvivenza in pazienti affetti dalla malattia (circa tre mesi).
Inoltre, i farmaci IGF-1 e IGF-1/IGF-BP3 sono indicati per il «trattamento del malaccrescimento in bambini con severa e primaria deficienza di IGF-1 o che presentino delezione del gene GH (ormone della crescita) e che abbiano sviluppato anticorpi neutralizzanti l'ormone della crescita», la commercializzazione di tali farmaci è stata autorizzata alla fine del 2005 dalla Food and Drug Administration.
Il Consiglio superiore di sanità ha tenuto anche conto del fatto che il trattamento della SLA con i due farmaci in esame, il cui profilo beneficio/rischio non è stato ancora adeguatamente valutato, espone il paziente ad una cura «di non nota efficacia e non priva di effetti collaterali, distogliendolo dall'assunzione di un farmaco (Riluzolo) di comprovata efficacia e regolarmente registrato per tale indicazione terapeutica».
Il parere del Consiglio superiore di sanità richiama quello espresso dalla Commissione tecnico-scientifica dell'AIFA in data 21 novembre 2006, con il quale la stessa, anche sulla base dell'attività istruttoria effettuata dalla sottocommissione sperimentazione clinica con l'apporto di esperti esterni, ha ritenuto che non sussistessero «i presupposti per fornire gratuitamente, a carico del Servizio sanitario nazionale (nell'ambito della legge 648 del 1996), i farmaci IGF-1 e IGF-1/GF-BP3 per il trattamento dei pazienti affetta da SLA» ed ha rilevato che «l'utilizzo di IGF1 e di IGF-1/IGF-BP3 nella SLA non è supportato né da strumenti normativi (farmaci sprovvisto di indicazione registrata) né da basi scientifiche (dagli studi conclusi finora non esistono prove che l'IGF-1 sia efficace nella terapia della SLA, mentre l'IGF-1/IGF-BP3 fino ad oggi non è neppure stato studiato nei pazienti affetti dalla malattia)».
Pertanto, il Consiglio superiore di sanità ritiene che:
sulla base dei risultati degli studi ad oggi disponibili, non sia giustificato il trattamento dei pazienti affetti da SLA con i farmaci IGF-1 ed IGF-1/IGF-BP3;
per le stesse motivazioni, non sia giustificato il ricorso a tali farmaci per il trattamento dei pazienti affetti da SLA che non rispondono alla terapia con Riluzolo;
le risorse attualmente impegnate per trattare pazienti affetti da SLA con tali

farmaci possono essere più utilmente utilizzate per assicurare ai pazienti stessi interventi la cui efficacia sia comprovata da adeguate evidenze scientifiche;
anche sotto il profilo normativo, non sussistano le condizioni per trattare la SLA con tali farmaci.

Il Consiglio superiore di sanità si è, comunque, riservato di riesaminare la problematica alla luce dei risultati definitivi dello studio clinico attualmente in corso negli Stati Uniti.
Si ritiene, inoltre, utile fornire qualche cenno sulla attuale terapia farmacologica per i casi di SLA.
Dagli inizi degli anni '90 ad oggi è indubbiamente aumentato l'impegno di contrastare e sconfiggere le malattie neurologiche degenerative, sviluppando un maggiore interesse verso la ricerca di base, volta ad identificare il meccanismo patogenetico delle varie affezioni e ad individuare gli interventi terapeutici utili a rallentare, se non interrompere, il processo degenerativo.
Il Riluzolo (Rulutek®) è l'unico farmaco con indicazione registrata in Italia per la SLA; a circa 15 anni dall'identificazione di un possibile ruolo dell'eccitotossicità nella SLA, il Riluzolo rimane la sola terapia farmacologia comprovata da un
trial clinico in grado di prolungare (circa 3 mesi) la sopravvivenza dei pazienti affetti dalla malattia, rispetto al placebo.
Questo risultato è stato recentemente confermato da uno studio sulla popolazione irlandese (Traynor et al. 2003), che ha inoltre evidenziato un inspiegabile maggior effetto positivo sulla sopravvivenza dei pazienti con esordio bulbare.
Il Riluzolo è indicato nei pazienti con SLA, definita o probabile, secondo i criteri della World Federation of Neurology, con sintomi presenti da meno di 5 anni, non tracheostomizzati e con capacità vitale forzata minore del 60 per cento.
Va precisato che l'IGF-1 non è l'unico farmaco con proprietà neuroprotettive in corso di studio nella SLA; numerose altre molecole sono al momento oggetto di sperimentazione, alcune delle quali anche sull'uomo.
Recentemente l'American Academy of Neurology ha pubblicato nella rivista «Neurology» i risultati di una valutazione rigorosa della letteratura scientifica disponibile sugli agenti neuroprotettori, potenzialmente utili nella SLA, al fine di identificare quali tra queste molecole meriterebbero di essere prioritariamente studiate nell'ambito di sperimentazioni cliniche di fase III (Traynor et al. 2006); tra queste, per le quali la necessità di ulteriori sperimentazioni è giustificata dall'assenza di prove di efficacia, è ricompresa anche l'IGF-1.
Si riporta l'elenco delle molecole in fase sperimentale, delle quali l'AIFA al momento non dispone dei risultati degli studi, avviati autonomamente dalle Aziende titolari dei relativi brevetti:
Fase II (Studi sulla tollerabilità della molecola in soggetti affetti da SLA):
Pramipexolo (in corso);
Memantina (in corso);
Celecoxib (in corso);
Creatine (in corso);
Minocycline (in corso);
Levetiracetam (in corso);
Talidomide (in corso);
Eritropoietina (in corso);
Glatiramer (in corso);
Arimoclomol (in corso);
Cefriaxone (in corso);
Coenzima Q10 (in corso);
Fenilbutirato di sodio (in corso);
Talampanel (terminata ma i dati non sono ancora disponibili);
Tamoxifen (terminata ma i dati non sono ancora disponibili);
ONO-2506 (in corso).

Fase III (Studi sul profilo rischio-beneficio della molecola in soggetti affetti da SLA:
Cefriaxone (in corso);
Memantina (in corso);
Vitamina E (in corso);
Valproato di sodio (in corso);
Edaravone - radicut (in corso).

Si sottolinea, infine, che il 1o agosto 2007 in sede di Conferenza Stato-Regioni è stato sancito l'Accordo per la ripartizione fra le Regioni di 10 milioni di euro per l'anno 2007, allo scopo di consentire agli enti locali di dotare di comunicatori vocali (Sistemi di comunicazione aumentativa alternativa) un primo target di pazienti, tra quelli con fonazione di grado 2 (sostanziale perdita della parola) e motilità di grado 4 (tetraparesi), nell'ambito del progetto «Facilitazione della comunicazione nei pazienti con gravi patologie neuromotorie».
Nelle fasi più avanzate della malattia, quando i pazienti possono interagire con il mondo circostante soltanto con i movimenti oculari, tali dispositivi, grazie ad una telecamera connessa ad un computer e ad un software, consentono al malato di scrivere, navigare in Internet, utilizzare il sistema di posta elettronica, comandare luci ed apparecchi domestici.
Il Ministero della Salute ha inteso farsi portatore di una battaglia di civiltà, a sostegno della qualità della vita nella fase più dolorosa di questa malattia, recependo, peraltro, una domanda pressante che da tempo proveniva dalle associazioni di pazienti maggiormente coinvolte nell'impegno a favore di questi malati.

Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.

ANGELI. - Al Ministro della pubblica istruzione, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
i finanziamenti destinati alla promozione linguistico culturale a favore delle collettività italiane all'estero, di cui all'ex legge 153 del 1971, non sono stati interamente erogati nel corso degli anni 2005 e 2006;
l'editoria italiana riserva scarsa attenzione alla produzione di materiale didattico (cartaceo e multimediale) per il mercato dell'America latina (materiale che diventa inesistente quando si parla di bambini e adolescenti);
le procedure di formazione ed aggiornamento professionale per il corpo docente, curate in accordo con università italiane, dovrebbero avere una maggiore durata (almeno sessanta giorni) ed assicurare una continuità del processo formativo che non può essere quella offerta fino ad oggi, che appare all'interrogante inadeguata -:
se il Governo intenda promuovere tutte le azioni necessarie per assicurare agli enti e alle istituzioni che promuovono la cultura italiana all'estero materiali didattici multimediali destinati a tutte le fasce scolastiche e in grado di soddisfare le esigenze di un mercato estremamente ampio;
se il Governo intenda assumere iniziative, anche normative, finalizzate all'effettiva diffusione della lingua italiana assicurando agli enti citati status idonei a produrre certificazioni valide in ogni stato e grado del percorso scolastico;
se il Governo intenda promuovere accordi tra l'Italia e gli stati esteri interessati per la nascita di istituzioni destinate a formare, in prospettiva, il personale docente direttamente sul territorio dello stato interessato.
(4-03642)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
I contributi per la realizzazione delle iniziative linguistico-culturali a favore delle nostre collettività all'estero di cui alla legge n. 153 del 1971 (decreto legislativo n. 297 del 1994 articoli 635-636), sono stati completamente

erogati negli anni 2005 e 2006 (l'avanzo di cassa è stato, rispettivamente, di euro 230,00 e 6.655,57).
Il ministero degli esteri da tempo si è fatto promotore di una prospettiva bilingue e biculturale, concretizzatasi soprattutto con la conclusione di accordi bilaterali miranti all'istituzione di sezioni bilingui presso le scuole straniere, che non siano solo circoscritte alla fascia dell'obbligo scolastico, ma estese a tutto l'arco formativo. In esse viene impartito l'insegnamento non solo della lingua e letteratura italiana, ma anche di altre materie in lingua italiana ed il titolo di studio finale è riconosciuto dall'Italia e dal paese ospitante. Un'analoga valorizzazione del carattere biculturale e bilingue è un obiettivo prioritario dell'intervento della Farnesina nei confronti delle scuole italiane all'estero sia statali che private e paritarie.
Per quanto riguarda la formazione dei docenti di lingua e cultura italiana, si segnala che corsi di formazione e di aggiornamento loro rivolti si svolgono annualmente, nell'ambito dei progetti elaborati dagli enti locali, gestori delle iniziative, con il coordinamento e il monitoraggio degli uffici scolastici consolari. I corsi sono condotti da enti formatori esperti nel settore, università italiane, a volte anche in collaborazione con istituzioni accademiche locali di comprovata esperienza. Generalmente essi hanno la durata di cinque giorni, spesso integrati da collegamenti su rete con gli stessi enti formatori. Ai corsi realizzati grazie all'intervento ministeriale debbono aggiungersi quelli che in numerose realtà, vengono offerti dalle istituzioni locali preposte alla formazione, soprattutto per i docenti che insegnano nei corsi integrati nelle scuole del paese ospitante. A ciò si aggiunge l'offerta di perfezionamento in Italia a contatto diretto con la realtà sociale e culturale del nostro paese. In tale contesto, appare del tutto impraticabile la possibilità di offrire corsi della durata di 60 giorni a docenti che sono impegnati in regolari attività d'insegnamento ed appare altresì poco opportuna anche la creazione di altre istituzioni.
Per quanto riguarda la fornitura di materiali didattici e multimediali, diversamente da quanto avveniva in passato con l'invio dal ministero degli esteri di libri per l'insegnamento della lingua italiana, da tempo i suddetti materiali aggiornati vengono acquistati direttamente dagli enti gestori, che, sul capitolo 3153, ricevono contributi ministeriali sulla base della valutazione delle richieste presentate e nell'ambito delle risorse disponibili. All'esame è la possibilità di attuare misure che facilitino gli acquisti da parte degli enti di materiali editoriali di lingua e cultura prodotti in Italia relativamente alle spese di spedizione o alle operazioni di sdoganamento.
Obiettivo perseguibile e, in alcuni casi, attuato in via sperimentale, è anche quello di fornire la certificazione di competenza linguistica nel quadro di intese specifiche con istituzioni locali. Infatti, la competente direzione generale del ministero degli esteri ha sottoscritto convenzioni con le Università per stranieri di Siena e Perugia, l'università Roma 3 e la società Dante Alighieri per il rilascio di tali certificazioni tramite gli Istituti italiani di cultura. Peraltro, affinché detta certificazione risponda allo scopo, l'insegnamento deve essere altamente qualificato e rigoroso e svolgersi nel rispetto dei programmi linguistici locali.
Sempre per agevolare l'insegnamento della lingua italiana all'estero, inoltre, è stato recentemente messo a punto un progetto di collaborazione tra il ministero degli esteri (MAE) e il ministero della produzione industriale (MPI) per la diffusione
on-line di materiali didattici scaricabili gratuitamente adatti all'insegnamento dell'italiano a stranieri, avvalendosi dell'Istituto nazionale per la documentazione, l'innovazione e la ricerca educativa (INDIRE) di Firenze, che dispone - unico ente in Italia - di una piattaforma ad attività sincrona per 3000 utenti in contemporanea e si avvale di esperti propri o individuati dal ministero della produzione industriale guidando iniziative di formazione e sperimentazione didattica.
Si deve peraltro specificare che il ministero degli esteri può inviare materiale didattico, anche multimediale, solo a lettorati

universitari, a scuole bilingui e a scuole straniere in cui si insegna l'italiano.
All'indirizzo http://insegnoitaliano.indire.it è già fruibile un ambiente virtuale dedicato a tutti coloro che insegnano l'italiano a stranieri, contenente materiali specifici: schede destinate agli alunni e spunti di attività didattica. Si tratta di materiale studiato tenuto conto delle necessità specifiche per l'insegnamento della lingua italiana a stranieri di vari gruppi linguistici (al momento prevalentemente ispanofoni e anglofoni).
Al materiale in questione sono affiancati strumenti per il miglioramento della preparazione didattica dei docenti. Il progetto Istituto nazionale per la documentazione, l'innovazione e la ricerca educativa fornisce pertanto uno strumento utile per contribuire ad un auspicabile superamento della insufficienza di preparazione dei docenti e della disponibilità di materiali didattici, rispetto alla crescente domanda di insegnamento della nostra lingua.
Infine, per ciò che riguarda nello specifico la scarsa attenzione che l'editoria italiana riserva all'America Latina, si può sottolineare che l'Italia è stata invitata come ospite d'onore alla Fiera internazionale del libro di Guadalajara, la più grande dell'America Latina e la seconda al mondo dopo Francoforte. Anche in considerazione di questo importante evento è stato dato un impulso maggiore agli incentivi dedicati alla traduzione di libri italiani in lingua spagnola.

Il Viceministro degli affari esteri: Ugo Intini.

ASCIERTO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la Croce Rossa Italiana, in virtù delle convenzioni internazionali ed ai sensi delle leggi vigenti in Italia, dispone tra le sue componenti di un corpo militare, ausiliario delle Forze armate dello Stato;
il personale del Corpo militare della Croce Rossa Italiana è disciplinato, per quanto riguarda lo stato giuridico, il reclutamento, l'avanzamento ed il trattamento economico dal regio decreto 10 febbraio 1936, n. 484, modificato dalla legge 25 luglio 1941, n. 883, e dal decreto legislativo luogotenenziale 22 febbraio 1946, n. 379;
ai sensi degli articoli 29, 249, 116 del regio decreto 10 febbraio 1936, n. 484, gli iscritti nel Corpo militare della Croce Rossa Italiana, chiamati in servizio, sono militari e sottoposti alle norme del regolamento di disciplina militare e del codice penale militare. I militari della Croce Rossa Italiana, inoltre, quale ulteriore segno di soggezione alle leggi militari ed alla giurisdizione militare, indossano sull'uniforme le stellette a cinque punte;
ai mancanti alle chiamate in servizio sono applicate le disposizioni penali sancite per i militari dell'Esercito e gli iscritti al personale militare della Croce Rossa Italiana, quando prestano servizio, sono considerati anche pubblici ufficiali;
i militari della CRI, purtroppo, non sono stati inclusi nei provvedimenti che negli anni hanno modificato le norme sia sullo stato degli ufficiali, che sullo stato dei sottufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica, creando, di conseguenza, disparità di trattamento economico e di inquadramento;
i militari della CRI, pur non essendo destinatari delle recenti normative, a differenza dei pari grado in servizio nelle Forze armate, hanno tutti i doveri (soggezione alle leggi penali militari, ai regolamenti disciplinari militari, alla giurisdizione militare) propri dei militari delle Forze armate dello Stato (di cui sono ausiliari ed al cui fianco operano), ma non hanno invece gli stessi diritti e non usufruiscono di alcuna forma di benessere a favore del personale;
risulta all'interrogante che nonostante la vacanza legislativa, negli anni gli adeguamenti stipendiali e contrattuali siano stati erogati al personale del Corpo Militare CRI in analogia a quelli del personale delle Forze Armate fino a far data

del 2005, anno in cui è stato erogato sol un parziale adeguamento non riconoscendo la coda contrattuale, poiché l'amministrazione attuale, non ha effettuato il dovuto accantonamento dei fondi previsti per l'erogazione dei contratti, non corrispondendo a detto personale militare anche gli adeguamenti contrattuali previsti per l'anno 2006, mettendo di fatto a rischio anche l'erogazione dei nuovi incrementi stipendiali estesi di recente a favore delle Forze Armate;
l'amministrazione della CRI a tutto oggi ha addotto a motivazione della mancata estensione delle competenze contrattuali la difficoltà a riconoscere quale forma contrattuale deve applicare al personale militare;
il Co.Ce.R.-CRI in data 19 giugno 2007 con lettera prot. Cocer-cri/10307 ha chiesto alla Procura Generale della Repubblica, alla Procura Militare e alla Procura Regionale della Corte dei conti di essere sentito per esporre il grave stato di malessere e avviare un'eventuale indagine che accerti se ci siano estremi di reato nell'azione perpetrata dall'Amministrazione della CRI a danno degli appartenenti al Corpo Militare e alle loro famiglie creando un nuovo contenzioso che inciderà negativamente sul bilancio dell'erario -:
quali iniziative urgenti intenda intraprendere il ministro interrogato al fine di porre luce su questa grave disparità di trattamento tra i militari della CRI ed i loro pari grado delle Forze armate.
(4-05268)

Risposta. - A premessa della risposta all'atto di sindacato ispettivo in argomento, si specifica che le problematiche relative al trattamento economico del personale del Corpo militare della Croce Rossa Italiana esulano dai compiti di vigilanza attribuiti all'Amministrazione della difesa dalla vigente normativa in materia (regio decreto 10 febbraio 1936, n. 484 e successive modifiche e decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1980, n. 613 e successive modifiche), rientrando nell'area di competenza esclusiva dell'Associazione della Croce Rossa Italiana.
Infatti, il trattamento economico del personale del Corpo militare della CRI è disciplinato da specifica ed autonoma normativa legislativa, rispetto a quello del personale delle forze armate.
In particolare, l'articolo 116 del citato regio decreto n. 484 del 1936, stabilisce che il personale direttivo e di assistenza della CRI, richiamato in servizio in tempo di pace, riceve le competenze stabilite per ciascun grado previsto dal detto regio decreto, in analogia a quanto viene praticato per il personale militare e con provvedimento da adottare a cura dalla Presidenza generale dell'Associazione.
A tale riguardo, è utile richiamare il contenuto dell'ordinanza n. 273 del 1999 della Corte Costituzionale nella quale si afferma che «il personale militare della Croce Rossa, non appartiene alle Forze Armate o alle Forze di Polizia dello Stato, ed anzi non ha mai una disciplina legislativa contestuale con quella del personale statale, appartenente alle Forze armate o alle Forze di polizia...», trattandosi di personale non dello Stato, bensì di un ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico.
Proprio per la peculiarità della natura giuridica del Corpo militare CRI, una specifica ed autonoma disciplina legislativa ne regola l'ordinamento ed il trattamento economico del personale.
Si sottolinea, sullo specifico aspetto della possibilità da parte dell'Associazione di adeguare il trattamento economico del proprio personale, che la stessa Corte Costituzionale ha ribadito il principio della non automaticità, affermando che in tempo di pace «l'adeguamento non è assolutamente automatico ... è rimesso a provvedimenti degli organi dell'ente, che devono tener conto delle indicazioni normative e dei principi propri dell'azione amministrativa ed in ogni caso sono tenuti a ponderate valutazioni delle particolarità organizzative e funzionali del Corpo militare della Croce Rossa Italiana e delle disponibilità di bilancio, anche in relazione alle sovvenzioni

statali, essendo la copertura finanziaria della maggiore spesa, un principio cui sono tenuti tutti gli enti e gli organismi pubblici».
Inoltre, dal combinato disposto degli articoli 10 e 11 del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1980, n. 613 e successive modificazioni, recante norme sul riordinamento della Croce Rossa, si evince che l'organizzazione ed il funzionamento dei servizi della CRI ausiliari delle forze Armate sono sovvenzionati dallo Stato e, pertanto, sono a carico del bilancio del Ministro della difesa le sole spese relative alla preparazione del personale ed al mantenimento in efficienza dei materiali e delle strutture di pertinenza del Corpo militare della CRI e del Corpo delle infermiere volontarie ausiliare delle Forze armate dello Stato.
Come appare evidente, i limiti del contributo statale sono delineati dalle citate disposizioni e, pertanto, esula dalle competenze del Ministro della Difesa il poterne autorizzare un uso diverso.
I vincoli di legge, in altri termini, non consentono, sul piano amministrativo, un impiego diverso rispetto a quello dalla stessa legge previsto che è finalizzato, come detto in precedenza, solo ed esclusivamente alla preparazione del personale e al mantenimento in efficienza dei materiali e delle strutture del Corpo militare.
Per quanto sopra, in virtù della differenziazione dello stato giuridico e della relativa gestione amministrativa del personale del Corpo militare dell'Associazione della CRI destinatario di norme speciali rispetto a quello delle Forze armate, si ritiene che la problematica in esame possa trovare adeguata soluzione soltanto mediante una iniziativa legislativa - auspicabilmente promossa dalla medesima Associazione - che innovi la vigente normativa relativa al trattamento economico del personale del Corpo militare della CRI, prevedendo apposite coperture finanziarie che non potrebbero essere comunque a carico dell'Amministrazione militare.

Il Ministro della difesa: Arturo Mario Luigi Parisi.

BERTOLINI e CARLUCCI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da notizie stampa si apprende che il Ministero della Salute avrebbe predisposto un decreto ministeriale con il quale verrebbe consentita la consegna di metadone, da parte dei Sert direttamente ai pazienti, per una durata fino a trenta giorni;
tale iniziativa rischia di rappresentare una scelta pericolosissima per i pazienti, che potrebbero assumere troppo metadone in una sola volta, venderlo o cederlo ad altre persone, custodirlo in luoghi non sicuri, con conseguenti gravi rischi per altri soggetti;
i farmaci stupefacenti (metadone e buprenorfina) devono essere per legge regolarmente registrati su appositi ricettari da mantenere presso le Aziende Sanitarie e le Aziende produttrici hanno l'obbligo di documentare in maniera molto precisa le quantità prodotte e commercializzate-:
quale sia la quantità totale di farmaco prodotto e venduto in Italia per singola Regione e quanto di questo sia stato utilizzato per i soggetti tossicodipendenti presso i Sert;
per quale motivo nella proposta di affidamento di metadone a domicilio, preparata dal Ministro della Salute, contenuta nel decreto sopramenzionato, non vengano indicati i motivi dell'affidamento e le caratteristiche dettagliate degli utenti tossicodipendenti tali da poter accedere e fruire ai programmi di affidamento delle sostanze stupefacenti presso il proprio domicilio;
come mai non vengano indicati i motivi e le condizioni per le quali tali affidamenti possano e debbano essere revocati (come ad esempio la ripresa di assunzione di sostanze stupefacenti da strada durante l'assunzione della terapia data in affidamento);
se siano state individuate ed elencate nel dispositivo del Ministro della salute e quali siano le misure che sono state previste

per garantire che il metadone dato non venga venduto fraudolentemente una volta affidato o utilizzato per finalità improprie;
come il Ministro abbia previsto di accertare se il metadone affidato ai pazienti venga poi assunto regolarmente secondo il piano terapeutico;
se siano state individuate e quali siano le misure previste esplicitamente nel dispositivo del Ministero della Salute al fine di accertare preventivamente se l'utente a cui verrà affidato il metadone stia assumendo contemporaneamente eroina e, se questo sia stato esplicitamente riportato come motivo esplicito di non affidamento;
quale tipo di tutela il Ministro della salute abbia messo in atto nel dispositivo predisposto nel caso in cui il tossicodipendente non possa recarsi personalmente al servizio a ritirare il metadone, per evitare che il metadone venga ritirato da persona «non affidabile» o addirittura anch'egli tossicodipendente;
se un'eventuale «delega» del paziente tossicodipendente a terzi per il ritiro del metadone affidato possa essere considerata valida agli effetti legali e quali siano le norme che sostengono questo, ma soprattutto se il «delegato» debba essere e come verificato nella sua affidabilità;
quali siano i criteri elencati nel dispositivo per poter considerare la persona a cui verrà affidato il metadone persona «affidabile» alla conservazione e al corretto utilizzo del farmaco;
se esistano e quali siano, prove scientifiche dirette, certe e documentabili che dimostrino che questo aumento del tempo di affidamento a 30 giorni comporti contestualmente un aumento dell'efficacia delle terapie con metadone (in termini di sospensione dell'uso di sostanze stupefacenti illegali o alcoliche) e del reinserimento sociale e lavorativo;
se il Ministro ritenga che l'accesso di una persona tossicodipendente al Sert una sola volta al mese possa essere considerata condizione necessaria e sufficiente per asserire che il trattamento in corso sia una «buona e valida prassi clinica», ben controllato negli effetti terapeutici e collaterali possibili e, in caso affermativo, su quali evidenze scientifiche basi la sua convinzione;
se nel decreto proposto siano previste e quali siano le misure da adottare qualora il paziente, una volta ottenuto l'affidamento del metadone, non si renda più reperibile;
se nel dispositivo predisposto dal Ministro della salute sia stato preso in considerazione e come, anche l'aspetto di sicurezza nei posti di lavoro per le persone con affidamento del metadone, soprattutto in relazione agli incidenti e alle morti sui posti di lavoro sotto l'effetto di sostanze stupefacenti;
quale sia l'elenco delle aziende farmaceutiche produttrici e fornitrici di metadone e buprenorfina e se al Ministro risulti l'elenco delle società scientifiche, associazioni di ricerca e federazioni di operatori del settore o altre organizzazioni del settore le cui attività congressuali o seminariali o di formazione siano state in qualche modo finanziate o sponsorizzate dalle aziende produttrici di metadone e buprenorfina negli ultimi tre anni, altresì quali siano gli importi delle sponsorizzazioni corrisposti e il nominativo degli attuali presidenti di dette organizzazioni che hanno goduto di tali privilegi;
se nei gruppi di lavoro del Ministero della Salute e delle Regioni in materia di tossicodipendenze, che hanno partecipato alla preparazione o approvazione di tale decreto, vi siano persone, consiglieri o consulenti ufficiali del Ministro della salute, che hanno avuto o hanno in essere, direttamente o indirettamente, rapporti economici o di concessione di privilegi, con aziende farmaceutiche produttrici di metadone o buprenorfina.
(4-05156)

Risposta. - Si sottolinea che il decreto ministeriale del 16 novembre 2007, concernente

«Consegna dei medicinali per il trattamento degli stati di tossicodipendenza da oppiacei da parte delle strutture pubbliche o private autorizzate ai pazienti in trattamento», non dispone variazioni ai limiti temporali di prescrizione dei medicinali stupefacenti utilizzati nella terapia della disassuefazione.
Infatti, la legge 21 febbraio 2006, n. 49 (cosiddetta legge Fini-Giovanardi), di modifica del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, entrata in vigore agli inizi del 2006, ha già disposto, all'articolo 43, comma 2, che i medicinali stupefacenti o psicotropi iscritti nella tabella II, sezione A (quali il metadone e la buprenorfina), possono essere prescritti, con una singola ricetta, per una cura non superiore a trenta giorni di terapia e, trascorso tale termine, la prescrizione deve essere rinnovata.
Inoltre, per questa tipologia di medicinali, il comma 5 del medesimo articolo dispone che la ricetta medica deve prescrivere medicinali nel rispetto di un piano terapeutico predisposto da una struttura sanitaria pubblica o da una struttura privata autorizzata ai sensi dell'articolo 116 e, specificamente, per l'attività di diagnosi di cui al comma 2, lettera
d), del medesimo articolo. La persona alla quale sono consegnati in affidamento i medicinali è tenuta ad esibire, a richiesta, la prescrizione medica o il piano terapeutico in suo possesso.
La conseguenza di tali previsioni normative, introdotte
ex-novo dalla legge n. 49 del 2006, è che ad oggi il paziente tossicodipendente può ricevere, per il proprio fabbisogno, dalla farmacia aperta al pubblico, e dietro presentazione di ricetta medica compilata sul modello ministeriale (ricetta in triplice copia autocopiante), una quantità di metadone o di buprenorfina sufficiente per un ciclo terapeutico non superiore a trenta giorni; pertanto, lo stesso può avere con sé nella propria abitazione tale quantità di medicinale.
Il Ministero della salute ha ritenuto opportuno regolamentare in maniera più puntuale la procedura di affidamento, prevedendo anche il coinvolgimento dei Servizi per le tossicodipendenze (Sert); infatti, secondo le segnalazioni che provengono al Ministero della salute, sussiste una difformità di comportamento da parte degli operatori sanitari in relazione alle diverse realtà regionali o, addirittura, alle singole aziende sanitarie.
In risposta a quanto richiesto nell'atto parlamentare, si forniscono le seguenti precisazioni.
Per quanto concerne la quantità di metadone e di buprenorfina prodotti in Italia, e considerando che la produzione nazionale può essere destinata all'esportazione in altri paesi, si precisa che il Ministero della salute è tenuto a comunicare all'organo di controllo internazionale presso le Nazioni Unite, «International Narcotics Control Board» (INCB) di Vienna, i dati relativi al calcolo stimato di metadone che può essere utilizzato annualmente nel territorio nazionale a scopo medico.
I dati vengono analizzati e devono essere confermati dall'INCB, in base a valori storico-statistici; pertanto, in Italia non possono essere immesse nel mercato, a disposizione dei pazienti, quantità di metadone superiori a quelle approvate dall'INCB.
Per la buprenorfina, classificata dall'INCB come sostanza psicotropa, l'Italia deve indicare un
assessment, e cioè la quantità massima che può essere utilizzata in campo medico, senza necessità di approvazione della stima da parte dell'INCB.
Tali dati sono ufficiali e resi disponibili attraverso le pubblicazioni curate dall'INCB, reperibili anche nello specifico sito internet.
I motivi dell'affidamento e le caratteristiche dettagliate degli utenti per poter accedere e fruire dei programmi di affidamento delle sostanze stupefacenti presso il proprio domicilio, sono di esclusiva competenza dell'equipe curante, come disposto dall'articolo 2, commi 1 e 2 del decreto ministeriale citato.
Per quanto riguarda la possibilità che il metadone o la buprenorfina siano venduti fraudolentemente, si ricorda che il decreto ministeriale 16 novembre 2007 consente la possibilità di dispensare i farmaci da parte dei Sert o delle strutture private autorizzate,

oltre che dalle farmacie aperte a pubblico, come già previsto dall'articolo 43, commi 2 e 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990.
Pertanto, i pazienti possono ricevere dalle farmacie aperte al pubblico quantitativi di metadone e buprenorfina per un massimo di trenta giorni di terapia e tenerli nella propria abitazione: le misure da adottare nel caso di uso diverso del farmaco sono quelle previste dalle vigenti norme penali.
L'accertamento della regolare assunzione del farmaco da parte del paziente costituisce elemento essenziale dei compiti e delle responsabilità del medico e del rapporto fiduciario tra questi ed il paziente.
Le misure utili ad accertare preventivamente se l'utente, a cui verrà affidato il metadone o la buprenorfina, stia contemporaneamente assumendo anche eroina, sono le stesse adottate attualmente dal medico curante per stabilire se il paziente può essere sottoposto all'assunzione del farmaco e sono state confermate con l'articolo 2, comma 2, del decreto.
Nel caso in cui il tossicodipendente non possa recarsi personalmente al citato Servizio per ritirare il metadone o la buprenorfina, può essere individuato un altro soggetto e l'impedimento «deve essere dimostrato da opportuna certificazione scritta ai sensi delle norme di legge vigenti».
I criteri per poter considerare il paziente «affidabile» rientrano nell'attività medica dell'equipe curante, responsabile della redazione del piano terapeutico ai sensi dell'articolo 43, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 e dell'articolo 2, comma 1, del decreto ministeriale.
La possibilità di prescrivere un quantitativo di metadone o di buprenorfina sufficiente per un massimo di trenta giorni di terapia con una singola ricetta discende dalla previsione dell'articolo 43, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, come modificato dalla legge n. 49 del 2006: tale limite temporale rappresenta un valore massimo potenziale e non una regola generale di prescrizione.
Inoltre, il valore temporale di ogni singola prescrizione non ha alcun rapporto clinico- farmacologico con l'efficacia della terapia, ma piuttosto è riferibile ad un aumento della
compliance del paziente.
Ciò è, peraltro, valido in termini generali per qualsiasi somministrazione di farmaci in terapia farmacologica.
L'accesso di un paziente tossicodipendente al Sert per eseguire i necessari
follow up previsti dall'equipe curante esula completamente dai limiti previsti per la prescrizione del farmaco: tali accessi possono quindi avvenire con una frequenza maggiore, in relazione alle condizioni cliniche del paziente, rispetto alla cadenza delle prescrizioni del farmaco, come avviene per altre patologie.
Il decreto ministeriale non contempla eventuali misure da adottare qualora il paziente non si renda più reperibile, in quanto tale evenienza può dipendere da svariati fattori; pertanto le misure da adottare sono quelle previste dalle specifiche norme relative agli eventi verificatisi (fuga, morte, cambio di residenza, trasferimento, eccetera).
Per quanto riguarda l'aspetto della sicurezza nei posti di lavoro per le persone che sono in terapia con farmaci sostitutivi (metadone o buprenorfma) in affidamento, si ricorda che il provvedimento citato si limita a consentire la possibilità di dispensare i farmaci da parte dei Sert o delle strutture private autorizzate, oltre che dalle farmacie aperte al pubblico, come già previsto dall'articolo 43, commi 2 e 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990.
Restano ferme, pertanto, le norme che regolamentano la sicurezza nei posti di lavoro relativamente all'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope.
L'elenco delle aziende farmaceutiche autorizzate dal Ministero della salute e dall'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) a produrre e commercializzate metadone e buprenorfina viene pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana; l'elenco vigente è previsto nel decreto ministeriale

13 ottobre 2006, e, attualmente, è in fase di predisposizione il relativo aggiornamento.
Il decreto ministeriale 16 novembre 2007 è stato predisposto dai competenti uffici del Ministero della salute, che hanno acquisito il contributo e le valutazioni delle associazioni degli operatori sanitari (Federserd) e delle società scientifiche (Sitd), nonché il parere favorevole della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano nella seduta del 18 ottobre 2007.

Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.

BRIGUGLIO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
secondo l'ultimo rapporto Unicef la condizione dei minori in Irak è drammatica;
in particolare è sceso il livello di alfabetizzazione dei bambini dei quali circa la metà non va a scuola;
un minore su tre è malnutrito e il dato riguarda in particolare bambini tra i 12 e i 23 mesi;
i due terzi della popolazione, compresi i minori, non ha accesso all'acqua potabile;
circa la metà degli oltre 4 milioni di sfollati che hanno abbandonato l'Irak per i Paesi vicini (Giordania, Siria, ecc...) sono bambini e versano in gravi condizioni umanitarie -:
quali iniziative il Governo italiano intenda assumere nelle competenti sedi internazionali e nell'ambito della missione del nostro Paese in Irak.
(4-04423)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
L'attività italiana a sostegno del processo di ricostruzione civile ed economica dell'Iraq, di cui alla legge 29 marzo 2007, n. 38, ha consentito lo scorso anno di proseguire e sviluppare una serie di iniziative in diversi settori, garantendo una linea di continuità dell'impegno italiano con gli anni precedenti e consentendo al nostro paese di rafforzare ulteriormente i rapporti di amicizia con la Repubblica dell'Iraq, così come sancito il 23 gennaio 2007 dalla firma del Trattato bilaterale di amicizia, partenariato e cooperazione.
Le singole iniziative a sostegno del processo di ricostruzione del tessuto istituzionale e sociale iracheno sono state individuate e previamente concordate, da un punto di vista contenutistico e nella scansione temporale, in raccordo con le competenti Autorità irachene, sia a livello centrale che a livello locale.
Una presenza capillare sull'intero territorio nazionale iracheno ha consentito di mantenere costanti contatti con la controparte irachena. Oltre alla attività svolta dalla nostra Rappresentanza diplomatica a Baghdad, ci si è avvalsi della Unità di sostegno alla ricostruzione del Dhi Qar, sita in Tallil (Nassiriya) e della presenza di due corrispondenti consolari a Erbil, città capoluogo della Regione autonoma del Kurdistan iracheno.
La Unità di sostegno alla ricostruzione del Dhi Qar ha costituito il fulcro dell'attività di cooperazione italiana in Iraq, concretizzando il suo operato, che si è avvalso della presenza di dieci connazionali, attraverso la diretta gestione di progetti finanziati a valere sui fondi della predetta legge, nonché svolgendo un'attività di supervisione e monitoraggio dei progetti finanziati con i fondi dei principali
partner internazionali.
In ottemperanza al dettato dell'articolo 2 della citata legge n. 38 del 2007, l'azione italiana è stata indirizzata a sostenere lo sviluppo socio-sanitario locale, con particolare riferimento alle fasce più deboli della popolazione, residenti nell'intero territorio nazionale iracheno. È stata condotta un'intensa attività a favore della riqualificazione delle strutture sanitarie presenti nella Regione autonoma del Kurdistan iracheno, contribuendo al miglioramento delle condizioni sanitarie dei bambini e adolescenti

ivi residenti. Particolare attenzione è stata rivolta alla cura di soggetti affetti da patologie ematologiche, oncologiche e onco-ematologiche. L'articolazione degli interventi qui svolti hanno garantito la cura in loco dei pazienti e il trasferimento e la cura in Italia dei casi più gravi. È stata svolta altresì un'attività di formazione del personale medico e paramedico iracheno con attività di training on the job e la partecipazione a seminari di formazione.
Nella regione meridionale dell'Iraq, è stata installata presso l'Unità di sostegno alla ricostruzione un'unità chirurgica, composta da una sala operatoria, un'area di preparazione e risveglio, un impianto di sterilizzazione, spogliatoi e magazzino. È stata inoltre predisposta un'attività di formazione a favore di medici e tecnici in merito all'utilizzo della dotazione strumentale e impiantistica e alla relativa manutenzione.
È stato sviluppato inoltre un ciclo di interventi chirurgici a favore di bambini affetti da esiti di ustioni e labio-palatoschisi e uno formativo a favore di medici iracheni specialisti in chirurgia plastica maxillo-facciale e anestesisti.
Per ciò che attiene alle attività di sostegno istituzionale e tecnico, sono state realizzate nel 2007 attività per circa 20 milioni di euro, la cui prosecuzione, negli anni a venire, potrà avvalersi della recente istituzione di un centro servizi satellitare con compiti di sostegno tecnico tramite la fornitura di servizi di telecomunicazione terrestri e satellitari.
Occorre altresì menzionare l'organizzazione di un ciclo di seminari in Italia e in Iraq volti a favorire il dialogo tra i principali attori della politica irachena nella direzione della riconciliazione nazionale nonché una serie di iniziative finalizzate alla condivisione di esempi concreti di applicazione di forme di governo federali e di
governance. In tale ambito, esponenti della società civile irachena e del mondo accademico hanno compiuto visite in Italia. Si colloca, d'altronde, su un piano tecnico, l'esecuzione di progetti di informatizzazione della rete della pubblica amministrazione, tramite il collegamento di dicasteri ed enti istituzionali a Baghdad, Erbil e Nassiriya.
Nel complesso dell'impegno italiano a favore della riabilitazione dell'Iraq non poteva non assumere un ruolo centrale, anche in considerazione delle note condizioni di sicurezza del paese, l'individuazione e l'esecuzione di appropriati percorsi formativi destinati a dirigenti, quadri e maestranze iracheni. In tale ambito, sono state sviluppate in Iraq e in Italia attività di formazione nei settori della pubblica amministrazione, delle infrastrutture e della gestione dei servizi pubblici.
Specifiche esigenze sono state identificate inoltre nei settori dell'energia. Per quanto attiene alle risorse idriche, è stato realizzato un programma di formazione per ingegneri del ministero delle risorse idriche dell'Iraq inerente ai temi della pianificazione e gestione delle risorse idriche; sicurezza delle dighe; impatti ambientali delle opere idrauliche; nuove tecniche costruttive nonché progettazione di dighe e monitoraggio e controllo della qualità delle acque. Nel campo elettrico, è stata condotta un'attività di formazione per lo sviluppo delle competenze tecniche nel settore destinato a ingegneri e tecnici iracheni dei settori della generazione e distribuzione di energia elettrica. Nel campo petrolifero, sono stati sviluppati percorsi formativi a favore di ingegneri e tecnici iracheni aventi ad oggetto le tecniche di estrazione, manutenzione e raffineria petrolifera.
Nel settore dei trasporti, è stata avviata l'esecuzione di tre tipologie di corsi di addestramento, che vertono sulle tematiche dei sistemi di gestione del traffico aereo, del traffico marittimo e della segnalazione ferroviaria.
Nelle discipline umanistiche, occorre menzionare la prosecuzione del progetto per l'internazionalizzazione delle università irachene - condotto in collaborazione con l'Accademia nazionale delle scienze irachena e i principali poli universitari italiani e iracheni - tramite il quale sono state concesse borse di studio a scienziati e ricercatori iracheni. È stato realizzato inoltre un corso di formazione
post-lauream in discipline umanistiche per studenti universitari

e dottorandi iracheni. Menzione specifica merita infine l'azione rivolta alla riabilitazione e consolidamento del settore agricolo iracheno, ove, nella regione meridionale, è stata favorita la riabilitazione della filiera del dattero nonché del settore lattiero-caseario e condotta un'attività di monitoraggio della regione delle Mashlands. È stato inoltre svolto un percorso di formazione professionale per tecnici e operatori agricoli.
Per quanto riguarda il
capacity building, è stata condotta un'attività formativa a favore di funzionari, dirigenti e impiegati della pubblica amministrazione nella provincia del Dhi Qar. Specifici corsi altresì hanno avuto ad oggetto le pari opportunità e l'inserimento della componente femminile nel mondo del lavoro. Si sono svolti infine in Italia stages e corsi di formazione per giornalisti e maestranze televisive.
L'individuazione dei partecipanti iracheni ai predetti corsi è avvenuta tramite contatti diretti tra le istituzioni e gli enti esecutori dei percorsi formativi da una parte e i dicasteri e istituzioni competenti per materia dall'altra, sotto la supervisione dell'ambasciata d'Italia a Baghdad.

Il Viceministro degli affari esteri: Ugo Intini.

CASSOLA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
Giovanni Di Stefano, uno degli avvocati di Saddam Hussein, ha dichiarato (su Radio 24 - Il Sole 24 ore - Repubblica news - La Stampa - Il Giornale) che il precedente Governo italiano ha firmato un accordo con quello britannico e quello iracheno affinché Saddam Hussein non sia giustiziato;
secondo tale avvocato, il Governo Berlusconi avrebbe firmato nel 2004 un accordo con il governo Blair e quello iracheno che prevedeva che undici imputati iracheni, per i quali Italia e Gran Bretagna avevano concorso alla cattura (mentre erano in Iraq), non potevano essere sottoposti alla pena capitale;
nell'elenco di questi undici imputati vi sarebbe anche Saddam Hussein;
lo stesso avvocato, già nel 2005, aveva rilasciato la medesima dichiarazione al quotidiano Il Giornale (edizione del 16 maggio 2005), nella quale faceva riferimento a informazioni possedute da Saddam Hussein circa la presenza italiana a Nassiriya -:
se non ritenga opportuno fare chiarezza sulla vicenda, in modo da evitare eventuali dubbi sulla validità del processo, che all'interrogante appare, in questo modo, gestito in modo non trasparente.
(4-01556)

Risposta. - L'interrogazione - poi resa sfortunatamente superata dagli eventi - aveva manifestato un particolare interesse per la situazione dei diritti umani in Iraq. Spero quindi di farle cosa gradita nell'inviarle un quadro aggiornato su questa tematica.

Situazione dei diritti umani in Iraq.
Contesto internazionale per la protezione dei Diritti Umani.
L'Iraq ha ratificato alcuni dei principali strumenti internazionali di protezione dei diritti umani (Patto sui diritti civili e politici, Patto sui diritti economici, sociali e culturali, Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale, Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne, Convenzione sui diritti del fanciullo). D'altro canto, l'Iraq non è parte della Convenzione contro la tortura e di molti protocolli opzionali alle convenzioni menzionate.

Contesto nazionale per la protezione dei Diritti Umani.
La Costituzione irachena adottata nel 2005 dedica il secondo capitolo (Rights and liberties) ai diritti umani. Essa sancisce l'uguaglianza di tutti i cittadini senza distinzione di fronte alla legge, la riserva di legge in materia di privazione della libertà personale, il principio del giusto processo,

la tutela delle categorie più deboli (donne, anziani, bambini), la salvaguardia della dignità umana, la libertà di espressione, di associazione, di culto. Esiste inoltre in Iraq un apposito Ministro per i diritti umani (la Signora Wijdan Michael, cristiana del nord del Paese).
Il rispetto e la promozione dei diritti umani in Iraq sono fortemente condizionati dall'attuale particolare situazione del paese, specie sul piano della sicurezza. La diffusa violenza, di origine politica o determinata dal fanatismo religioso, incide pesantemente sul funzionamento delle istituzioni democratiche. Nel suo ultimo rapporto sullo stato dei diritti umani in Iraq, l'UNAMI (la Missione delle Nazioni Unite di Assistenza per l'Iraq) riconosce le enormi difficoltà cui deve far fronte il Governo iracheno per far rispettare lo stato di diritto, pur sottolineando come l'Iraq resti comunque vincolato al rispetto delle norme nazionali ed internazionali in materia di diritti umani, alle quali non è possibile derogare invocando lo stato di emergenza.
In questo contesto, destano particolare preoccupazione la situazione delle donne, dei rifugiati, dei detenuti e delle minoranze etniche e religiose.
Le donne, come i bambini e gli anziani, sono indiscriminatamente colpite dalla violenza stragista. Si sono inoltre registrati, specie nella regione del Kurdistan iracheno (ove vi è un maggiore monitoraggio anche da parte delle Autorità di questi fenomeni), numerosi casi di «crimini di onore». Nel 2002 l'Assemblea regionale del Kurdistan ha promulgato un provvedimento per autorizzare i tribunali a non applicare la legge irachena, che consente una riduzione della pena per tali reati, e più recentemente questi non sono stati contemplati nella legge generale d'amnistia in tale regione. È inoltre molto diffusa in alcune comunità rurali, soprattutto curde, nelle quali sussistono norme e usi tribali, la pratica delle mutilazioni genitali femminili. A questi problemi è dedicata una particolare attenzione da parte della componente femminile del Parlamento iracheno (Consiglio dei rappresentanti, nel quale 70 parlamentari su 275 sono donne, pari al 25,4 per cento). Nell'esecutivo vi sono tre donne (a capo dei dicasteri di ambiente, dritti umani e costruzioni) su 29.
Secondo stime dell'UNHCR (L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati), circa 2 milioni di iracheni sono rifugiati all'estero, soprattutto in Siria e Giordania. Il loro numero è aumentato negli ultimi anni, con un'accelerazione costante, a causa delle violenze, delle vessazioni e di condizioni di vita particolarmente difficili. A questi si aggiungono, per gli stessi motivi, le «internally displaced persons» (IDPs), il cui numero si aggira intorno ai 2.4 milioni.
L'incremento del numero dei detenuti, seguito all'attuazione del «Baghdad Security Plan», ha determinato nel 2007 un sovraffollamento dei centri di detenzione con gravi conseguenze dal punto di vista igienico sanitario. Nel citato rapporto, l'UNAMI pone l'accento anche sulle difficoltà delle Autorità irakene nel garantire un'adeguata tutela giuridica alla popolazione detenuta. Il rapporto esprime inoltre preoccupazione per le continue notizie di torture e maltrattamenti perpetrate nei confronti degli arrestati, in particolare all'interno di strutture del Ministero degli interni a Baghdad, dove essi verrebbero detenuti prima di essere consegnati alle Autorità giudiziarie.
Altro motivo di preoccupazione è costituito dagli abusi e dalle discriminazioni contro le minoranze etniche e religiose, che stanno costringendo alcune comunità ad abbandonare l'Iraq. Tensioni interetniche si manifestano soprattutto nella regione del Kurdistan e nell'area Kirkuk. In particolare, il clima di violenza e di insicurezza del paese ha determinato il progressivo allontanamento dei cristiani dai luoghi di residenza. I mesi di maggio e giugno 2007 hanno visto un incremento degli attacchi e delle espulsioni forzate a danno delle minoranze religiose, in particolare delle comunità cristiane. D'altro canto, il relativo miglioramento delle condizioni di sicurezza, registrato nel 2007 in molte parti dell'Iraq, sta avendo conseguenze moderatamente positive anche sulle condizioni delle minoranze. Segnali positivi in tal senso provengono

dalla riapertura di un'importante chiesa cattolica caldea nella capitale e dal ritorno di diverse famiglie cristiane nelle proprie abitazioni a Baghdad, abbandonate a seguito della guerra. Rimane fortemente critica la situazione nelle aree di Mosul e Kirkuk (nel Kurdistan irakeno), dove i recenti episodi di rapimenti, anche di religiosi, sembrano prevalentemente il prodotto delle attività di gruppi criminali comuni, anche se non mancano attacchi ai cristiani con motivazioni ricollegabili all'estremismo fondamentalista o alla loro asserita vicinanza alle Autorità curde.

Pena di morte.
Le condanne alla pena capitale sono riprese nel 2004 con il governo Allawi, dopo che nel 2003 la CPA (Coalition Provisional Authority) ne aveva decretato la moratoria (l'Assemblea del Kurdistan iracheno, che aveva mantenuto la moratoria, l'ha abolita nel 2006 quale misura di contrasto al terrorismo). Dal 2004 sono in continuo aumento le condanne a morte da parte della Central Criminal Court irachena. Gran parte di queste sentenze non sono state ancora eseguite. Le Missioni delle Nazioni Unite di assistenza per l'Iraq ha documentato casi, culminati con sentenze di condanna a morte, in cui il cui giudizio è stato inficiato da gravi irregolarità ed i cui standard sono distanti dal principio del «giusto processo». L'Italia e l'Unione europea sono intervenute più volte presso le Autorità irakene per segnalare la loro condanna nei confronti delle esecuzioni capitali applicate a diversi esponenti del passato regime (sottolineando il serio pregiudizio che tali esecuzioni avrebbero arrecato al processo di riconciliazione nazionale), nonché di altri condannati a morte.
Il Viceministro degli affari esteri: Ugo Intini.

CASSOLA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sembrerebbe che Abou Elkassim Britel, cittadino italiano nato in Marocco, sposato con un'italiana, sia in carcere in Marocco, vittima di extraordinary rendition;
infatti, sospettato di essere un terrorista, il tribunale di Brescia ha condotto delle indagini a suo carico a partire dal 2000. Tuttavia, queste indagini non avrebbero portato a dei risultati concreti, tanto che a settembre del 2006, il tribunale di Brescia ha disposto l'archiviazione del caso;
sembrerebbe che il cittadino italiano sia stato seguito fino in Pakistan dalla Digos di Bergamo dove i servizi segreti locali lo hanno arrestato il 10 marzo del 2002. Kassim si trovava in Pakistan per cercare dei fondi per tradurre in italiano il Tafsir (commento del Corano) di Ali Khatib, un testo fondamentale di teologia musulmana. Nonostante fosse in possesso di un passaporto italiano, i servizi pakistani non gli hanno concesso di contattare l'ambasciata, consegnandolo alla Cia. In seguito sarebbe finito in Marocco, nella prigione segreta di Témara per otto mesi fino all'11 febbraio 2003;
all'uscita dal Marocco, però, un nuovo arresto nel maggio del 2003 con le accuse di associazione sovversiva;
una domanda di grazia è stata già presentata alle autorità marocchine firmata da deputati, senatori e europarlamentari europei;
nei giorni scorsi il prigioniero ha iniziato lo sciopero della fame, determinato ad andare avanti ad oltranza se nulla succederà -:
se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali misure intenda adottare al fine di salvare la vita ad un cittadino italiano sul quale non sono state trovate prove concrete di colpevolezza.
(4-05863)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto

parlamentare, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Il mistero degli esteri e le Rappresentanze diplomatiche italiane in Marocco hanno seguito con la massima attenzione, sin dal suo sorgere, il caso del signor Abou El Kassim Britel, cittadino italiano e marocchino condannato in quel paese ad una pena detentiva di 15 anni, poi ridotta a 9 anni in appello con sentenza confermata dalla Corte Suprema, per costituzione di banda armata finalizzata ad atti terroristici.
Nel corso del periodo di reclusione, prima nel carcere di Ain Borja e da ultimo in quello di Oukacha a Casablanca, il signor Britel ha ricevuto ogni possibile assistenza da parte dell'Autorità diplomatica e consolare italiana. Il consolato generale a Casablanca, in particolare, ha effettuato diverse visite consolari, al fine di monitorare lo stato di salute e di detenzione dell'interessato e ha provveduto a mantenere un regolare contatto con la moglie dello stesso.
L'Ambasciata a Rabat, oltre a chiedere alle Autorità marocchine chiarimenti circa le accuse di terrorismo mosse al connazionale, non ha mancato, di concerto con la Farnesina, di intercedere a più riprese - anche con passi svolti ai più alti livelli dall'ambasciatore in persona - affinché il signor Britel potesse beneficiare di un provvedimento di clemenza. Tale provvedimento è stato richiesto, tra l'altro, in una lettera inviata dal nostro ambasciatore al nuovo Ministro della giustizia marocchino, in occasione della solenne festività islamica dell'Aid al Adha, il 21 dicembre scorso e anche in una lettera che il Ministro D'Alema ha consegnato personalmente al suo omologo marocchino, in occasione della sua recente visita in Marocco, il 21 gennaio 2008.
La rappresentanza a Rabat, inoltre, non ha mancato, di concerto con la Farnesina, di appoggiare nelle dovute forme le richieste di grazia presentate dai legali del signor Britel.
A causa del progressivo deterioramento delle condizioni fisiche del connazionale, il ministero degli esteri ha anche recentemente impartito istruzioni alle succitate rappresentanze di intervenire con fermezza presso le competenti istanze marocchine, rappresentando alle stesse tutta la gravità della situazione e chiedendo per il signor Britel un'approfondita visita medica al fine di accertare i danni provocati al suo organismo dal protrarsi dello sciopero della fame.
Nei giorni scorsi, infine, un'apposita visita consolare ha constatato che il Britel è in buone condizioni di salute. Egli stesso ha affermato di essersi quasi completamente ristabilito dalle conseguenze del suddetto sciopero della fame, interrotto peraltro lo scorso 7 gennaio.

Il Viceministro degli affari esteri: Ugo Intini.

COSTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
Luca Giovanni Ferrero è un ingegnere italiano nato a Mondovì (Cuneo) nel 1971, che dal 2003 lavorava negli Stati Uniti, al Kennedy Space Center di Cape Canaveral (Florida) con Alenia Spazio North America;
il suo ultimo indirizzo in Florida era: 327 Ocean Park Lane, Cape Canaveral;
durante il soggiorno statunitense, in attesa della Green Card. l'ingegner Ferrero ha anche avuto modo di perfezionare i suoi studi presso l'International Import-Export Institute di Phoenix (Arizona);
l'ingegner Ferrero aveva un visto H1-B, emesso il 21 luglio 2003 al Consolato statunitense di Milano. Scaduto il visto, il Ferrero prendeva, per richiedere il rinnovo, un appuntamento al Consolato che veniva fissato per il 31 luglio 2006;
in tale data - presso il Consolato milanese - il Ferrero, veniva informato che erano necessari non meglio precisati «ulteriori accertamenti», richiedenti una decina di giorni;
da tale momento, l'interessato non ha più avuto notizie, nonostante abbia più volte contattato il Consolato;

l'ingegner Ferrero ha, di conseguenza, perduto il lavoro in America ma, aspetto che ha del clamoroso, è a tutt'oggi impossibilitato a raggiungere gli Stati Uniti. Neppure con un visto turistico, gli è consentito l'ingresso nel paese; ciò gli ha, tra l'altro impedito per molti mesi di risolvere il contratto di locazione della casa, e di svolgere urgenti incombenze -:
tale situazione di assoluta incertezza ha determinato un evidente danno all'interessato, anche dal punto di vista economico;
tale situazione è inspiegabilmente in sospeso dall'estate 2006;
l'ingegner Ferrero dichiara, peraltro, di non avere pendenze con la giustizia né in America né altrove;
l'interrogante è a conoscenza della totale autonomia riservata all'amministrazione americana nella valutazione delle condizioni per il rinnovo del visto, tuttavia non si può non rilevare che è un dovere del Governo Italiano approfondire perché ad un cittadino non è stata fornita una risposta, positiva o negativa -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
se non ritenga, svolti gli opportuni accertamenti, porre in essere gli adempimenti o gli interventi ritenuti necessari.
(4-03515)

Risposta. - In merito ai quesiti posti dall'interrogante, questo Ministero degli affari esteri fa presente quanto segue.
In materia di ingresso sul proprio territorio, ogni Stato è libero e sovrano - fatti salvi specifici accordi internazionali di regolamentazione, agevolazione o esenzione dal visto cui lo Stato stesso decide di aderire.
Tra Italia e Stati Uniti vige un sistema di libera circolazione dei rispettivi cittadini, fino a novanta giorni di soggiorno e previa disponibilità di un passaporto cosiddetto «digitale» (recante la foto scannerizzata e il
microchip di memoria).
In caso di soggiorni superiori e in particolare di lavoro, la mancata concessione del visto prescritto e le modalità della stessa (scarsa trasparenza, mancanza di possibilità di appello) è una decisione delle autorità del Paese ospite, sulla quale questa Amministrazione non ha strumenti per intervenire, né per svolgere gli opportuni accertamenti invocati dall'interrogante. Questo vale verso ogni decisione negativa di qualunque amministrazione straniera, sia essa statunitense o di un altro Paese.
Incidenti analoghi a quello segnalato dall'interrogante vengono qui spesso segnalati, in riferimento in particolare alla mancata concessione di visti per gli Stati Uniti, e il noto atteggiamento rigido e restrittivo di quella amministrazione è spesso oggetto di pressione dei media e dell'opinione pubblica, non solo in Italia, senza che si ottenga alcun ammorbidimento della linea di intransigenza intrapresa dalla amministrazione statunitense in tema di ingressi.
È difficile intravedere nel singolo caso di respingimento - per quanto discutibile - la lesione di un interesse nazionale e dunque la necessità di un intervento governativo a tutela dell'ingegner Ferrero.
Desidero tuttavia assicurare l'interrogante sul fatto che da parte italiana non si mancherà - pur nel pieno rispetto delle esigenze di sicurezza statunitensi - di continuare a segnalare alle nostre controparti l'opportunità di ispirare la propria politica in materia di ingressi a criteri di flessibilità e proporzionalità.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Bobo Craxi.

GRILLINI, ZANOTTI, TRUPIA e SCOTTO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 24 maggio scorso, il quotidiano, «Repubblica.it», segnala (all'url:ttp://www.repubblica.it/2007/05/sezioni/crona-ca/tagli-farmaci-salvavita/tagli-farmacisalvavita/tagli-farmaci-salvavita.html) che per il «contenimento della spesa farmaceutica ospedaliera« la Regione Lombardia ha deciso dei tagli nel File F che «riguarda

tutti i salvavita che curano, per fare un esempio, dall'epatite all'Aids, dai tumori alle malattie cardiache, dall'epilessia al diabete»;
come spiega l'articolo: «Se la Asl consuma il 98 per cento, cioè il 2 per cento in meno rispetto al 2006, dei farmaci del File F, avrà tutto il rimborso. Altrimenti, i soldi rimborsati diminuiscono in proporzione alla spesa» e che la riduzione adottata dalla Regione potrebbe comportare il rischio che, nei prossimi mesi, nuovi pazienti, a quali vengano diagnosticate gravi malattie, non potranno essere curati o dovranno pagare di tasca propria farmaci costosissimi;
la delibera ha già prodotto alcuni effetti in Lombardia. È, il caso del Policlinico San Matteo di Pavia che in una circolare protocollata DS/mz48/2007 del 22 marzo 2007 considerato che solo «il dato relativo al primo mese dell'anno, ha dato un primo segnale di allarme, evidenziando notevoli sforamenti sulla disponibilità oggi definita» chiede ai medici di non superare il tetto di spesa sul File F pena «una sanzione anche a titolo patrimoniale» impedendo, di fatto, l'inizio di nuove terapie con salvaci salvavita in modo particolare per i non residenti;
se il Ministro non intenda assumere iniziative urgenti volte a garantire che le persone che necessitano di farmaci salvavita abbiano accesso ai suddetti farmaci a titolo gratuito in ogni regione d'Italia ed indipendentemente dalla residenza;
se il Ministro non intenda procedere a una revisione del file F per quanto riguarda i farmaci garantiti, che mantengono in vita le persone, che devono essere differenziati, da medicinali antireumatoidi e antiblastici, che sono stati immessi nel file F successivamente alla sua creazione.
(4-04343)

Risposta. - In merito all'interrogazione parlamentare in esame, l'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) ha precisato che il File F viene definito come il «tracciato record per la gestione, attivazione e rendicontazione dei farmaci somministrati e forniti dalle strutture ospedaliere per l'utilizzo ambulatoriale e domiciliare ai pazienti non ricoverati, al fine di garantire la continuità assistenziale».
Il
File F è, pertanto uno strumento per la compensazione finanziaria di quanto direttamente somministrato in regime diverso dal ricovero, utilizzato dalle strutture ospedaliere per ottenere il rimborso di particolari categorie di medicinali.
La lista dei farmaci inseriti nel
File F può variare a seconda della regione, in quanto la gestione della procedura è di competenza regionale; infatti nell'ambito di ciascun Piano sanitario regionale e sulla base della rispettiva autonomia in materia di sanità, le regioni hanno l'esclusiva responsabilità della relativa distribuzione.
In sintesi, nella tipologia di farmaci afferenti al
File F possono essere ricompresi:
i farmaci innovativi e per particolari patologie (fascia H), che necessitano di un controllo ricorrente del paziente;
i farmaci elencati in un apposito documento, predisposto annualmente dalla Commissione tecnico scientifica (CTS) dell'Aifa ai sensi della legge 23 dicembre 1996, n. 648, come, ad esempio, farmaci la cui commercializzazione non è ancora autorizzata in Italia, farmaci non ancora utilizzati ma già sottoposti a sperimentazione clinica, farmaci da impiegare per indicazioni terapeutiche differenti da quelle autorizzate;
i farmaci da utilizzare al domicilio per pazienti in regime di
day-hospital;
i farmaci antiblastici domiciliari;
i farmaci non registrati per uso domiciliare;
i farmaci di esclusivo utilizzo ospedaliero;
i farmaci dati al paziente in dimissione per il proseguimento della cura.
Premesso quanto sopra precisato in merito all'autonomia regionale in materia, la Regione Lombardia ha comunicato che la Direzione generale sanità ha inviato, in data

30 marzo 2007, una nota alle aziende sanitarie ed ospedaliere ed alle strutture erogatrici di File F (Fondazioni I.R.C.C.S. ed I.N.R.C.A. di Casatenovo, I.R.C.C.S. di diritto privato, case di cura private, ospedali classificati), concernente l'applicazione della delibera della Giunta regionale n. VIII/4239 del 28 febbraio 2007.
La nota conferma la soglia del 3 per cento per la spesa farmaceutica non convenzionata (articolo 1, comma 796, lettera L, punto 2 della legge 27 dicembre 2006, n. 296); tale soglia riguarda la spesa farmaceutica ospedaliera nel suo complesso e non esclusivamente il
File F.
La nota precisa anche che il
File F ha come valore di riferimento anno 2006, per il calcolo della suddetta soglia, l'intero consumo comprensivo della classe 5, partendo così da una base, rispetto al 2005, incrementata del 24 per cento.
Il limite del 3 per cento prevede una compensazione interna di sistema tra le varie voci che costituiscono la farmaceutica ospedaliera mantenendo comunque l'obbligo dell'erogazione delle prestazioni fino ad un incremento del 10 per cento rispetto al 2006.
È stato inoltre sottolineato che la regressione tariffaria non viene applicata in modo automatico a prescindere dall'andamento del sistema nel suo complesso ed i valori di regressione massima indicati dalla suddetta delibera sono ipotetici e la loro entità verrà determinata in base ai dati di equilibrio del sistema.
La Regione ha sottolineato che «sulla base di quanto detto si ritiene che siano assolutamente ingiustificati dei comportamenti finalizzati a ridurre certe terapie che rappresenterebbero meramente delle interruzioni di un pubblico servizio e che piuttosto si sfruttino al massimo tutte le possibilità di governo della farmaceutica che la Giunta regionale ha stabilito con le deliberazioni della Giunta regionale VIII/3776 e VIII/4239».
La Giunta regionale con la delibera n. VIII/5237 del 2 agosto 2007 ha previsto, per la spesa dei farmaci nel
File F, un ulteriore finanziamento alle strutture erogatrici, nei limiti della complessiva compatibilità di sistema, disponendo che la spesa per tali farmaci possa crescere, a livello regionale, in media fino ad un massimo del 14 per cento rispetto alla spesa sostenuta nel 2006.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.

GRIMOLDI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il decreto del Presidente della Repubblica 18 novembre 1998, n. 566, stabilisce che per svolgere l'attività di Assistente di volo è necessaria una specifica abilitazione professionale, rilasciata dall'ENAC (Ente nazionale per l'aviazione civile);
l'attestato che abilita a svolgere il servizio di pronto soccorso ed emergenza sugli aeromobili, in base alle disposizioni contenute nel decreto ministeriale 15 settembre 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 2 novembre 1995, n. 256, è subordinato al possesso della seconda classe di idoneità psico-fisica;
la visita medica richiesta può essere effettuata presso uno degli Istituti Medico Legali dell'Aeronautica Militare, oppure, presso gli ambulatori polispecialistici del servizio per l'assistenza sanitaria al personale navigante, autorizzati dal Ministro della salute (SASN);
gli ambulatori, collocati in prossimità delle zone portuali, inizialmente svolgevano prestazioni mediche per il personale marittimo. Successivamente, le prestazioni sono state estese al personale aeronavigante, creando tuttavia alcuni disagi per il personale operante in quegli aeroporti come Malpensa, dove non sono presenti tali strutture per l'assistenza sanitaria;
l'Agenzia europea per la sicurezza aerea, (EASA), prima fra le Autorità aeronautiche comuni (JAA), istituita con regolamento (CE) 1592/2002, ha adottato, nell'ambito della regolazione aeronautica comune (JAR), iniziative volte a disciplinare, a livello comunitario, il rilascio di

licenze e abilitazioni nei confronti del personale aeronavigante;
l'Italia, ormai da diversi anni, applica correttamente le regole contenute nelle JAR 1, 2 e 3 in materia di sicurezza di volo. Tuttavia, per quanto riguarda la parte medica, i parametri medici applicati in Italia e contenuti nelle norme nazionali non sono conformi ai parametri comunitari, anche se questi ultimi sono meno restrittivi dei parametri applicati a livello nazionale;
secondo notizie diffuse, sono in corso trattative tra l'ENAC e il Ministero della Salute, di concerto con il Ministero della Difesa, ai fini dell'applicazione in Italia dei parametri medici JAR, i quali sono richiesti anche per il rilascio dell'attestato di idoneità psico-fisica per l'attività di Assistente di volo -:
quali siano i motivi che fino ad oggi hanno impedito l'applicazione delle regole JAR in materia di parametri medici e se sia vero che esistono degli accordi tra i diversi organi competenti, finalizzati a dare attuazione alla regolazione comunitaria per quanto concerne le visite mediche;
quali misure il Ministro interrogato intenda adottare, in attesa che venga data attuazione alla regolazione comunitaria, per agevolare il personale operante in quegli aeroporti, come Malpensa, dove non esistono strutture ambulatoriali sanitarie che svolgono le visite mediche al personale aeronavigante.
(4-03725)

Risposta. - Il Ministero della salute, ai sensi dell'articolo 27, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 18 novembre 1988, n. 566 concernente «Approvazione del regolamento in materia di licenze, attestati e abilitazioni aeronautiche, ai sensi dell'articolo 731 del codice della navigazione, come modificato dell'articolo 3 della legge 13 maggio 1983, n. 213», svolge tramite gli uffici del servizio assistenza sanitaria e medico legale ai naviganti (SASN) le visite periodiche di idoneità psicofisica per il rinnovo delle licenze aeronautiche del personale di volo.
Agli stessi uffici sono attribuiti, inoltre, compiti medico-legali relativi all'emissione di giudizi di idoneità o inidoneità al volo, nonché il controllo relativo alle radiazioni ionizzanti, ai sensi del decreto legislativo 26 maggio 2000, n. 241, concernente l'attuazione della direttiva 96/29/EURATOM in materia di rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti.
La relazione alla richiesta di notizie riguardanti l'applicazione delle norme Joint Aviation Requirements - Flight Crew Licencing (JAR-FCL) e, in particolare, «per quanto riguarda la parte medica» (FCL 3), si fa presente che, al momento, i requisiti psicofisici, individuati dall'Organizzazione dell'aviazione civile internazionale (OACI), sono stati approvati con decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministero della sanità, sentito il Ministro della difesa (decreto ministeriale 15 settembre 1995, adottato secondo quanto disposto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 566 del 1988).
In merito alla suddetta normativa, si precisa che, nel primo semestre 2007, un gruppo di lavoro istituito dal Ministero dei trasporti e composto anche da rappresentanti dei Ministeri della salute e della difesa, ha predisposto una bozza di decreto presidenziale per il recepimento della normativa medesima nel nostro paese; l'iter di approvazione del provvedimento è in fase di definizione.
Infine, appare opportuno precisare che l'European Aviation Safety Agency (EASA), su mandato della Commissione europea, sta predisponendo un regolamento in materia di certificazioni mediche per il personale navigante, destinato a sostituire dal gennaio 2010 la normativa JAR.
Relativamente alla lamentata carenza di un presidio medico SASN all'interno dell'aeroporto di Malpensa, si segnala che già in data 5 giugno 2007 l'ufficio SASN del nord-centro Italia ha provveduto a sottoscrivere una convenzione con un istituto di ricovero e cura a carattere scientifico che, per la sua ubicazione, risulta funzionale ad entrambi i siti aeroportuali di Malpensa e Linate.


Inoltre, tenuto conto che sulla zona aeroportuale di Malpensa insistono circa 3.500 unità di personale aeronavigante, il Ministro della salute ha autorizzato l'apertura di un ambulatorio polifunzionale all'interno dell'aeroporto; si precisa che sulla stipula del relativo contratto di affitto è stato già acquisito il parere di congruità da parte dell'agenzia del demanio territorialmente competente.
Si conferma, pertanto, che il Ministero della salute sta provvedendo a quanto necessario per consentire l'apertura, nei tempi più rapidi possibili, del citato presidio medico, allo scopo di garantire la vigilanza e l'assistenza sanitarie per i lavoratori aeronaviganti operanti nell'area di Malpensa.

Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.

GUADAGNO detto VLADIMIR LUXURIA. - Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
recentemente si è aperta una polemica, riportata in particolare dal quotidiano La Padania, tra la direttrice della casa Circondariale Baldenich di Belluno, dott.sa Immacolata Mannarella, e l'assessora regionale alla sanità del Veneto, Francesca Martini, sulla scelta della responsabile della struttura carceraria di consentire ai detenuti transessuali di assumere gratuitamente gli ormoni per il cambiamento di sesso;
«Non si tratta di regalare farmaci perché qualcuno ce li chiede - ha dichiarato la direttrice dell'istituto - l'ottica è la tutela e non il peggioramento della salute di chi ha già iniziato delle cure». Secondo la dott.sa Mannarella, tagliare le dosi ormonali a chi già le assume «significherebbe creare una serie di gravi scompensi dal punto di vista fisico» che potrebbero compromettere seriamente la salute psicofisica dei detenuti in fase di transizione;
malgrado le motivazioni di carattere assolutamente sanitario addotte dalla direttrice della Casa Circondariale, l'assessore alla sanità del Veneto ha dichiarato che il progetto di assistenza alle persone detenute transgender sarà impedito entro breve dall'Ulss n. 1 che sottrarrà qualsiasi sostegno economico volto a coprire la spesa dei medicinali antiandrogeni, androgeni ed estrogeni naturali e coniugati, necessari per il mantenimento di tali cure, impedendo in questo modo la prosecuzione dell'esperimento della responsabile della struttura carceraria -:
se i Ministri non ritengano necessario e urgente a fronte di una situazione tanto complessa come quella carceraria non lasciare alla sensibilità personale dei direttori degli istituti di pena un tema tanto delicato come quello della salute e garantire, attraverso una direttiva specifica in materia, la somministrazione di quei medicinali necessari alla prosecuzione delle cure ormonali per i detenuti trangender secondo il dettato dell'articolo Art. 32. della Costituzione italiana che «tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività».
(4-05775)

Risposta. - In merito alla situazione segnalata nell'interrogazione parlamentare in esame, il Ministero della giustizia, pur tenendo conto che attualmente il Servizio sanitario nazionale non prevede l'erogazione gratuita dei farmaci indicati per il «disturbo di identità di genere» (prodotti estroprogestinici, antiandrogeni e testosterone) ritiene che l'interruzione improvvisa delle terapie ormonali in atto possa apportare danni per la salute psicofisica del paziente.
Per quanto riguarda, in particolare, le cure ormonali somministrate ai detenuti transessuali della Casa circondariale di Belluno, il medesimo Ministero ha manifestato al Provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria per il Veneto, il Friuli Venezia Giulia e il Trentino Alto Adige, l'opportunità, anche alla luce del prossimo trasferimento al Servizio sanitario nazionale delle competenze in materia di assistenza sanitaria ai detenuti, di richiedere, tramite la stessa Casa circondariale di

Belluno, alla competente ULSS n. 1 Belluno di voler farsi carico della problematica mediante l'attività professionale di idonei specialisti (psichiatra ed endocrinologo), responsabili della prescrizione delle terapie ormonali.
Peraltro l'acquisto dei farmaci necessari, qualora non venisse assicurato dalla Regione Veneto, dovrà continuare ad essere garantito dall'Amministrazione penitenziaria.
Inoltre, la competente Prefettura ha comunicato che, secondo quanto precisato dalla direttrice della suddetta Casa circondariale l'acquisto dei farmaci suddetti viene effettuato a spese dell'Amministrazione penitenziaria, in quanto la ULSS n. 1 Belluno non fornisce gratuitamente né tali prodotti farmaceutici, né altri farmaci o materiale sanitario, ad eccezione del metadone e dei vaccini antinfluenzali e, da circa un anno, anche del lorazepam, della buprenorfina e degli antiretrovirali.
Inoltre, l'ente sanitario non assicura la presenza presso l'Istituto penale di medici specialisti; pertanto, per ogni visita specialistica è necessario predisporre l'accompagnamento del detenuto in ospedale, con impiego di un automezzo per traduzioni e di quattro unità di Polizia penitenziaria di scorta, con evidenti costi, a fronte di un notevole risparmio di uomini e mezzi ove fossero i medici della ULSS ad effettuare le visite in carcere.
L'unico intervento medico specialistico garantito dalla ULSS è quello dello psichiatra, esclusivamente per i detenuti tossicodipendenti e alcodipendenti.
La situazione permane nonostante le ripetute sollecitazioni rivolte, a partire dal 2001, dalla Casa circondariale di Belluno all'Azienda sanitaria, con particolare riferimento alla necessità del servizio medico per tutti i detenuti che abbiano bisogno di ortopedici, cardiologi, dermatologi; e soprattutto di psichiatri e infettivologi, nonché, da quando è attiva la sezione transessuali, anche di endocrinologi.
Con l'istituzione nell'agosto 2007 del servizio «Nuovi Giunti» presso l'istituto penitenziario, è stata ulteriormente segnalata la necessità dell'intervento costante di uno psichiatra e di un infettivologo, i quali nel caso di apposita richiesta, devono presentarsi senza ritardo rispetto al momento dell'ingresso del soggetto in istituto, e comunque non oltre le 36 ore.

Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.

HOLZMANN. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il Governo ha deciso di togliere tutte le truppe precedentemente stanziate in Irak e lo sgombero è già avvenuto da qualche mese;
numerose organizzazioni umanitarie italiane operano ancora in Irak con la necessità di essere protette sia dai rischi di attentati che da quello di rapimenti -:
quali organizzazioni italiane, siano operative in Irak e dove siano dislocate;
quale sia il numero delle persone di nazionalità italiana che attualmente operano in Irak;
quali siano le garanzie di sicurezza per i nostri operatori e se vi siano truppe adibite alla loro protezione e in caso affermativo, di quale nazionalità.
(4-02697)

Risposta. - Contrariamente a quanto affermato dall'interrogante nel presente atto parlamentare in Iraq opera attualmente - a quanto risulta all'unità di crisi del ministero degli esteri - una sola organizzazione umanitaria italiana, basata in zona curda, presso cui lavorano tre cooperanti di nazionalità italiana. Anche se la situazione del paese resta ad altissimo rischio, finora nella zona curda non si sono registrati atti di violenza d'intensità e livello paragonabili a quelli di altre regioni dell'Iraq.
Oltre ai tre citati connazionali, vi è in Iraq una presenza istituzionale italiana (il personale dell'ambasciata e dell'unità tecnica di ricostruzione di Tallil e Nassiryah, nonché i militari adibiti alla protezione dei civili), che ammonta a 70 unità. Ad esse si aggiungono i 70 militari inquadrati nella missione NATO di addestramento della polizia

e dell'esercito iracheni (la NITM-1 cioè la NATO Implementation Training Mission), alcuni dipendenti italiani di società straniere ed italiane operanti in Iraq ed alcuni connazionali che lavorano per organizzazioni umanitarie straniere.
Il totale complessivo di connazionali presenti nel Paese, alla data del 21 febbraio 2008, è di 162 unità.
Si segnala che la suddetta unità di crisi effettua a giorni alterni un attento monitoraggio delle presenze italiane in Iraq, in stretto raccordo con l'ambasciata italiana a Baghdad e con la competente direzione geografica della Farnesina.

Il Viceministro degli affari esteri: Ugo Intini.

MARINELLO. - Al Ministro dei trasporti, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'agenzia di stampa ansa di lunedì 29 gennaio riferisce dell'ennesimo incidente verificatosi in acque internazionali la notte precedente nel Canale di Sicilia, a circa 80 miglia da Lampedusa;
vittima dell'aggressione è il motopesca della flotta di Mazara del Vallo: «Giovanni Vincenzo», che è stato bersagliato con colpi di mitraglia da una motovedetta libica che ha cercato di dirottarlo;
secondo quanto riferisce la stessa agenzia Ansa, i colpi d'arma da fuoco, fortunatamente, non hanno provocato danni ai dieci uomini d'equipaggio e all'imbarcazione;
l'unità militare libica ha successivamente affiancato il motopesca, intimando al comandante di fare rotta verso le coste nordafricane;
è stato lo stesso capitano del motopesca a dare via radio l'allarme raccolto dalla centrale operativa delle Capitanerie di Porto, che ha consentito l'intervento della nave: «Urania» della Marina Militare, in servizio di pattugliamento nel Canale di Sicilia, che dopo un contatto radio con la motovedetta, ha scortato il peschereccio «Giovanni Vincenzo» permettendo di riprendere la sua attività di pesca -:
se non ritenga opportuno avviare una indagine al fine di verificare l'esatta dinamica dell'incidente avvenuto nel Canale di Sicilia, che costituisce l'ennesima aggressione da parte delle autorità militari libiche ai danni delle motopesche della flotta di Mazara del Vallo, che nonostante svolgano un lavoro difficile, rischiano addirittura la propria incolumità per cause a loro non imputabili;
se non intenda allestire con l'ausilio della marina militare italiana un piano di sorveglianza, per assicurare punti di vigilanza per la salvaguardia e la sicurezza in mare nei confronti dei nostri pescherecci, dato che la maggior parte degli incidenti sono avvenuti in acque internazionali;
se non ritenga infine necessario avviare una concreta iniziativa con le autorità libiche per raggiungere un accordo al fine di definire in maniera permanente la risoluzione degli incidenti che costantemente si verificano nelle acque internazionali del Canale di Sicilia e restituiscano ai lavoratori della flotta di Mazara del Vallo, tranquillità e sicurezza del lavoro che si svolge spesso in condizioni di evidente disagio e grave pericolo.
(4-02401)

Risposta. - L'interrogante, nel presente atto parlamentare, focalizza essenzialmente la sua attenzione sui seguenti tre punti:
1) l'opportunità dell'avvio di un'indagine per la verifica della dinamica dell'incidente;
2) l'eventuale allestimento di un piano di sorveglianza comprensivo della predisposizione di «punti di vigilanza per la salvaguardia e la sicurezza in mare»;
3) l'avvio di apposite iniziative con le autorità libiche finalizzate al raggiungimento di accordi utili ad una permanente risoluzione dei profili di criticità della vicenda.


1) Per rispondere al primo quesito, occorre fare una premessa riguardante il problema delle acque territoriali libiche.
Il Governo libico, con decreto n. 37 del 24 febbraio 2005, ha istituito la cosiddetta «zona di pesca protetta», per l'ampiezza di oltre 55 miglia nautiche misurate a partire dal limite esterno delle acque territoriali. All'interno di tale zona è vietato l'esercizio della pesca ai pescherecci non espressamente autorizzati dalle Autorità libiche.
Con i successivi decreti n. 104 del 20 giugno 2005 e n. 105 del 21 giugno 2005, il Governo libico ha individuato le coordinate geografiche della linea di base, a partire dalla quale, procedendo verso il largo, si misura l'ampiezza delle acque territoriali libiche e delle altre aree marittime dichiarate sotto la sovranità della Libia e le linee di confine della suddetta zona protetta di pesca.
Sia il ministero delle politiche agricole e forestali (direzione generale per la pesca e l'acquacoltura), sia il ministero dei trasporti (Comando generale delle Capitanerie di porto) hanno con note successive dato ampio risalto alla decisione del Governo libico, che ha manifestato più volte l'intenzione di adottare seri provvedimenti nei confronti di motopescherecci stranieri che contravvengano al divieto di entrare in detta zona.
Il reparto di pesca marittima del corpo delle Capitanerie di porto presso il ministero delle politiche agricole, proprio a seguito dell'incidente oggetto del presente atto di sindacato ispettivo, ha provveduto, con nota del 9 febbraio 2007, a sensibilizzare le associazioni di categoria rappresentative degli armatori operanti nel settore della pesca professionale sui rischi correlati allo sconfinamento nella suddetta zona di pesca e sull'importanza di mantenere efficiente ed attivo il sistema di rilevamento satellitare della posizione delle unità di pesca (la cosiddetta
blue box).
Ciò premesso, si conferma che, subito dopo l'incidente, è stata immediatamente avviata un'indagine per pervenire ad una ricostruzione dei fatti, che ha evidenziato essenzialmente quanto segue.
Il giorno 28 gennaio 2007, il M/P Giovanni Vincenzo è stato trovato dalla guardia costiera libica proprio all'interno della zona di pesca protetta, a circa 55 miglia nautiche dalle coste libiche e a 115 miglia a sud di Lampedusa. La motonave libica gli ha quindi intimato di fare rotta verso Tripoli, minacciando di aprire il fuoco in caso di disobbedienza. A seguito del segnale di «SOS» lanciato attraverso la
blue box, il motopeschereccio è stato soccorso dalla nave della Marina militare, Urania, che si trovava in zona in attività di vigilanza pesca. Urania è riuscita ad ottenere che il M/P potesse invertire la rotta verso nord, per consentire il trasbordo di un team sanitario allo scopo di verificare le condizioni di salute di un marittimo colto da malore e di alcuni infortunati. La motovedetta libica proseguiva invece la sua navigazione verso la propria costa, mostrando di fatto l'intenzione di desistere dal fermo del peschereccio italiano, reso difficoltoso, tra l'altro anche da sfavorevoli condizioni meteomarine. In ogni caso, la dinamica dell'evento, per come attestato dalla dichiarazione resa dal comandante del M/P stesso dinanzi al personale militare dell'ufficio circondariale marittimo di Lampedusa, risulta concordante con il contenuto della relazione dei competenti organi di forza armata (comando in capo della squadra navale e comandante della nave Urania) posta a base dell'atto di riscontro fornito dallo Stato maggiore della Marina al gabinetto del Ministro della difesa, in ordine al medesimo atto ispettivo. L'incidente, dunque, può considerarsi chiuso.
2) Per quanto attiene al secondo punto, si rende noto che lo Stato maggiore della Marina, proprio a seguito della vicenda in questione, ha emanato, con nota del 19 aprile 2007, una serie di direttive rivolte alle unità militari in attività di vigilanza pesca (Vi.Pe.) nelle zone di pesca esclusiva (ZPE). Tali direttive si prefiggono essenzialmente l'obbiettivo di tutelare l'integrità personale dei pescatori nazionali. L'eventuale assistenza deve quindi mirare fondamentalmente alla salvaguardia della vita umana in mare (SAR), ad impedire il sequestro di motopescherecci in transito non in attività

di pesca, ad intervenire in caso di sequestro di pescherecci, se esiste pericolo per l'integrità fisica dei nostri connazionali. Il pattugliamento in mare viene svolto con una unità navale, che fa servizio di vigilanza pesca in modo continuativo attraverso missioni della durata di 7/8 giorni ciascuna.
In questo campo assolve un importante ruolo anche il dispositivo di allarme,
blue box, il quale, oltre che come dispositivo di vigilanza remota sull'attività di pesca, funziona anche come canale immediato per qualunque situazione di pericolo, come è stato evidenziato proprio dall'evento in parola. Esso permette inoltre di poter disporre di dati certi per far fronte ad eventuali contestazioni di presunti illeciti da parte delle autorità libiche.
3) Riguardo al terzo punto, si segnala che recentemente il ministero delle politiche agricole, su impulso del ministero degli esteri, ha nuovamente ripreso i colloqui con le controparti libiche, allo scopo di trovare una soluzione per la problematica, rispettosa sia degli interessi della marineria nazionale che dello stato nordafricano che ha istituito la «zona di pesca protetta».

Il Viceministro degli affari esteri: Ugo Intini.

MELLANO, PELLEGRINO e PORETTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 23 dicembre del 1978 con una legge votata dall'85 per cento del Parlamento (legge 833/78), nacque in Italia il Servizio sanitario nazionale pubblico basato sull'universalità dell'assistenza sanitaria, sulla solidarietà del finanziamento attraverso la fiscalità generale e sull'equità di accesso alle prestazioni;
durante una conferenza stampa svoltasi presso la sala stampa della Presidenza del Consiglio dei ministri a Palazzo Chigi è stata presentata una campagna del Ministero della salute per la «Buona Sanità» curata dal fotografo Oliviero Toscani. La campagna giunge alla vigilia dei primi trenta anni del Servizio sanitario nazionale;
il «Viso Sano» del Ssn fotografato da Toscani per la campagna del Ministero della salute giunge come una beffa dopo il recentissimo manifesto pubblicitario rappresentante una modella affetta da una forma di anoressia in stadio avanzato, firmato sempre Toscani;
ben tre milioni di italiani risultano «dimenticati» dal Sistema sanitario nazionale, ovvero quelli alle prese con disturbi alimentari - anoressia e bulimia in testa - che non trovano alcun tipo di sostegno nelle strutture sanitarie pubbliche del Paese;
dall'esperienza di associazioni come l'ABA (Associazione per lo studio e la ricerca sull'Anoressia, la Bulimia e i disordini alimentari) si apprende che non si riesce a contare il numero di donne ammalate di anoressia e bulimia che non trovano una collocazione all'interno del Servizio sanitario nazionale, anche quando arrivano al pronto soccorso in stato di morte imminente;
gli ospedali, disponendo di un personale non formato, rifiutano il ricovero di queste persone. Le Asl non firmano le delibere per il ricovero nelle comunità specializzate, nonostante le prescrizioni allarmate dello psichiatra o del medico curante, se non dopo l'intervento delle associazioni dedicate a queste patologie;
a trenta anni dalla nascita del Ssn, dobbiamo denunciare di cure ancora inaccessibili per la stragrande maggioranza di queste persone; terapie che se somministrate in modo adeguato, sono in grado di restituire una vita normale a donne (e qualche volta a uomini) spesso neanche più in grado di camminare -:
quali iniziative il Governo intenda intraprendere al fine di risolvere le gravissime carenze del Servizio sanitario nazionale, a partire dai ricoveri negati, nei confronti di malattie purtroppo sempre

più diffuse come l'anoressia e la bulimia, anche in occasione dei trenta anni dalla nascita del Ssn.
(4-05189)

Risposta. - Con riferimento a quanto segnalato, si precisa che il Ministero della salute, consapevole dell'importanza delle problematiche connesse ai disturbi del comportamento alimentare (DCA), già nel 1997 ha costituito con decreto ministeriale 21 marzo 1997 una «Commissione di studio per l'assistenza ai pazienti affetti da anoressia e bulimia nervosa».
I risultati del lavoro di detta commissione, hanno portato alla predisposizione di una proposta di «Linee di indirizzo per la prevenzione, cura, riabilitazione nel campo dei disturbi del comportamento alimentare (DCA)». Gli obiettivi di detto lavoro sono stati quelli di armonizzare, coordinare e razionalizzare gli interventi preventivi, curativi e riabilitativi con la costruzione di una rete di assistenza territoriale specializzata.
Peraltro, va precisato che, allo stato attuale, solo alcune regioni, nell'ambito della propria autonomia organizzativa e gestionale, hanno emanato specifiche linee guida e realizzato interventi operativi sul territorio.
Si segnala che il Ministro della salute in data 19 settembre 2007 ha siglato un protocollo d'intesa con il Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive; tale protocollo, nell'ambito del programma quadro «Guadagnare Salute» ricomprende il progetto «le buone pratiche nella cura dei DCA», con l'obiettivo di definire la mappatura, a livello nazionale, dei servizi pubblici presenti oggi nel nostro territorio, per il trattamento e la presa in carico dei pazienti affetti da DCA.
Il progetto intende anche raccogliere dati sull'attuale frequenza della patologia e sull'esito dei trattamenti, allo scopo di pervenire, nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, ad una condivisione delle «Buone pratiche di trattamento dei DCA» basate su evidenze scientifiche.
Si fa presente che anche il Piano sanitario nazionale 2006-2008, tra gli obiettivi da raggiungere nell'ambito della tutela della salute mentale, include quello di «migliorare la capacità di risposta alle richieste di cura per i disturbi dell'umore (con particolare riferimento alla depressione in tutte le fasce di età) e i disturbi del comportamento alimentare (con particolare riferimento alla anoressia)».
Inoltre, nella procedura, attualmente in corso, di revisione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001 concernente «Definizione dei livelli essenziali di assistenza», è prevista una più puntuale elencazione delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie erogabili nei confronti delle persone con disturbi mentali, che consentirà di mettere a disposizione dei servizi territoriali una più ampia gamma di strumenti terapeutici.
Per quanto attiene all'offerta concreta di opportunità terapeutiche per tale tipologia di pazienti (in regime di ricovero diurno, in strutture semiresidenziali o residenziali, fatto salvo il trattamento delle urgenze in Pronto soccorso), e nel rispetto dell'autonomia e della diretta responsabilità delle Regioni e delle Aziende sanitarie locali nell'organizzazione dei servizi sanitari, si rileva che, pur in presenza di forti disomogeneità sul territorio nazionale, anche in conseguenza del fatto che i protocolli terapeutici e le modalità di approccio alla problematica non sono ancora sufficientemente consolidati, tale offerta risulta in costante aumento, per corrispondere ad una richiesta di assistenza che è sempre più emergente in tutte le fasce d'età e in entrambi i sessi.

Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.

MIGLIORI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
a seguito dei gravissimi fatti di sangue avvenuti lo scorso agosto a Duisburg (Germania) che hanno visto drammaticamente coinvolti nostri connazionali, si è registrato nei confronti della numerosissima comunità italiana operante in tale Paese una pesante campagna di sospetto tanto che, prendendo a pretesto la vicinanza di un ristorante italiano rispetto al

luogo della strage di Duisburg, Il Corriere Italiano di Francoforte ha denunciato i dubbi montanti circa la possibilità che «dietro la ristorazione italiana in Germania» si possano nascondere attività mafiose;
i rischi di credibilità e onorabilità della ingente complessiva presenza in Germania del «sistema Italia» va tutelata e difesa rispetto ad ogni possibile rischio in merito -:
quali iniziative simboliche e concrete, d'immagine e presenza siano state assunte dal Governo per tutelare l'autorevolezza della comunità italiana in Germania, la rispettabilità della nostra ristorazione, la credibilità complessiva del nostro Paese.
(4-04750)

Risposta. - Il consolato generale in Colonia ha prontamente informato il Ministero degli affari esteri dei fatti criminosi accaduti a Duisburg e contemporaneamente si è adoperato per fornire ai parenti delle vittime la necessaria assistenza. Lo stesso comportamento è stato adottato da tutta la rete consolare in Germania che svolge abitualmente con estrema attenzione e competenza sia l'attività di assistenza legale in favore dei connazionali indigenti che di quelli che si trovano temporaneamente sul territorio tedesco.
Il consolato italiano non ha segnalato episodi che possano suscitare timori di ricadute negative sul tenore di vita e sulle attività di ristorazione gestite da nostri connazionali in Germania.
Le Autorità tedesche hanno espresso sentimenti di condanna riguardo l'evento di Duisburg ed hanno avuto altresì espressioni di solidarietà e di cordoglio per le famiglie delle vittime, facendo presente chiaramente che esso non avrebbe avuto ripercussioni in alcun modo sulla nostra comunità locale.
Dal punto di vista politico, vorrei comunque ricordare la visita che io stesso ho effettuato nella Renania settentrionale, dall'8 al 10 settembre 2007, proprio per testimoniare alle Autorità tedesche di Colonia e Duisburg, anche con interventi sui mezzi di comunicazione locali, l'impegno delle autorità italiane nel perseguire gli autori del gravissimo gesto criminoso e rassicurare la comunità italiana sulla tutela offerta loro dal Governo italiano.

Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.

MIGLIORI e ULIVI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
venerdì 14 settembre 2007 in Prato si è tenuto, organizzato dal SIOR (Sistema integrato ospedali regionali), un seminario di lavoro su «stato del procedimento per la realizzazione dei quattro nuovi ospedali di Prato, Pistoia, Lucca e delle Apuane»;
nel corso di tale occasione l'Assessore alla Sanità della Regione Toscana ha ribadito la complessità della travagliata procedura di gara per i nuovi ospedali, sottolineando gli elementi di «modello innovativo» di tale progetto;
ormai sono molti gli anni impiegati per la definizione della gara di appalto in gestione che deve ancora essere giudicata definitivamente mentre persistenti sono le perplessità circa le localizzazioni individuate soprattutto a Massa e Pistoia mentre a Lucca addirittura l'unanimità del nuovo Consiglio comunale ha deliberato la cancellazione del sito precedentemente individuato come sede del nuovo ospedale;
sono particolarmente onerose le risorse disponibili inserite dallo Stato all'interno del Piano nazionale ospedaliero finalizzate alla realizzazione dei nuovi ospedali toscani -:
se il Governo intenda confermare o meno l'entità dei finanziamenti finalizzati alla costruzione dei nuovi ospedali toscani stanti sia i ritardi gravissimi accumulati, sia le nuove ostilità alle localizzazioni prescelte, sia l'evidente odierna insufficienza delle risorse originariamente previste;
se il Governo non reputi necessario notiziare la Regione Toscana circa l'opportunità di azzeramento della gara esperita

e l'esigenza di una revisione complessiva del relativo programma.
(4-04992)

Risposta. - La realizzazione dell'intervento denominato «Nuovi ospedali», finalizzato alla costituzione dei presidi portanti della rete ospedaliera toscana, ossia i nuovi ospedali di Prato, Pistoia, Lucca e delle Apuane (Massa Carrara), è stata prevista nell'Accordo di programma sottoscritto il 27 maggio 2004 tra il Ministero della salute e la Regione Toscana, per un importo complessivo a carico dello Stato di euro 162.182.367,23 a valere sulle risorse di cui all'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67 (legge finanziaria 1988).
L'intervento è stato ammesso a finanziamento con decreto dirigenziale del Ministero della salute del 31 gennaio 2006, per consentire alla regione l'utilizzo della somma autorizzata.
Rispetto al cronoprogramma originariamente formulato in sede di predisposizione degli atti di programmazione dell'intervento, si sono verificati dei ritardi, con il conseguente dilatarsi della tempistica prevista.
Al riguardo, la Regione Toscana ha precisato che tali ritardi non devono essere imputati ad inefficienze nella gestione della procedura o a errori commessi dagli enti preposti all'attuazione dell'intervento, bensì al livello elevato di contenzioso, proposto, in sede di giustizia amministrativa, da alcune imprese concorrenti, che ha causato numerose e forzose sospensioni della procedura del
project financing.
Nonostante quanto sopra segnalato, con deliberazione n. 38 del 25 settembre 2007, il Sistema Integrato Ospedali Regionali (S.I.O.R.) ha provveduto, in qualità di soggetto concedente, ad aggiudicare in via definitiva la realizzazione dei quattro ospedali in questione.

Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.

PICCHI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
gli italiani ufficialmente residenti nella circoscrizione consolare di Londra, Regno Unito, sono oltre novantamila mentre quelli non iscritti all'AIRE potrebbero essere circa il doppio;
la comunità italiana di Londra avvertendo l'assenza di una scuola, pubblica o parificata, italiana ha intrapreso, in accordo con la rappresentanza diplomatica, alcune iniziative per sollecitarne la creazione o almeno lo stanziamento di alcuni fondi;
sono disponibili ingenti risorse di personale e di fondi destinate ai corsi di lingua e cultura italiana, che potrebbero essere meglio impiegati per la creazione di una scuola italiana nella circoscrizione consolare di Londra;
altre circoscrizioni consolari con minore presenza di cittadini italiani beneficiano di una scuola italiana -:
quali iniziative siano state fino ad oggi intraprese in proposito;
se intenda destinare fondi e risorse alla realizzazione di una scuola italiana a Londra o agevolarne la costituzione attraverso altri interventi indiretti.
(4-02975)

Risposta. - In merito a quanto segnalato dall'onorevole interrogante nel presente atto parlamentare, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Si è avuta notizia dell'interesse emergente presso la comunità italiana di Londra per la realizzazione di una scuola italiana. Al momento tuttavia non è ancora pervenuta alcuna informativa sul concretizzarsi delle intenzioni.
Stante l'impossibilità di prevedere la creazione di una scuola statale italiana per motivi di bilancio, l'unica strada al momento percorribile è quella di creare le condizioni per il successo di un'iniziativa a carattere privato che, una volta realizzata, possa beneficiare dei contributi da parte dello Stato.
Una tale iniziativa deve ovviamente partire da soggetti interessati, che dispongano delle competenze necessarie a gestire una scuola e siano in grado di mobilitare le indispensabili risorse finanziarie. La struttura dovrà assicurare un sistema organizzativo

e didattico conforme anche alla normativa locale, oltre che a quella italiana, ed un intero ciclo di studi, onde consentire una completa validità internazionale dei titoli di studio rilasciati. Sulla base di tali presupposti il ministero degli affari esteri potrebbe - una volta effettuate le opportune verifiche - attribuire la parità scolastica a tale scuola, quale riconoscimento di qualità. Da quest'ultima deriverebbero anche dei contributi a carico dello Stato italiano.
Le disposizioni sulle procedure da attivare per l'attribuzione del riconoscimento da parte italiana alle scuole private italiane all'estero, e quelle relative ai criteri e modalità di assegnazione di risorse finanziarie, sono contenute nella circolare Ministero degli affari esteri (Maf) n. 1 del 2 gennaio 2004, la quale tra l'altro chiarisce che l'obiettivo delle scuole italiane all'estero è quello di favorire una formazione multiculturale e di promuovere la conoscenza della lingua e della cultura italiana all'estero.
Si precisa, infine, che i fondi a valere sul cap. 3153 destinati ai corsi di lingua e cultura italiana per i connazionali residenti all'estero non possono essere in alcun modo utilizzati dal ministero degli affari esteri in favore delle scuole italiane all'estero.

Il Viceministro degli affari esteri: Ugo Intini.

PICCHI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la European School con sede a Monaco di Baviera in Germania e dotata di un proprio statuto è nata in primo luogo per i figli degli impiegati dello European Patent Office tra cui molti italiani;
l'Italia per soddisfare la richiesta di corsi in italiano da molti anni contribuisce alla European School con l'invio di professori di lingua italiana;
dalla lettura del bilancio annuale della scuola è emerso che l'Italia non ha richiesto il rimborso delle spese per i professori di lingua italiana per una somma che ad oggi sarebbe di 1.850.000 euro;
considerando la precarietà, dovuta a mancanza di fondi, in cui si trovano molte scuole italiane in Germania appare sconcertante la mancata riscossione di questi crediti -:
quali iniziative urgenti saranno intraprese per verificare i fatti in premessa;
a quanto ammonti il credito maturato ma non riscosso dello stato italiano;
quali azioni saranno poste in essere per il recupero dei crediti;
se non ritenga opportuno vincolare le somme eventualmente recuperate per progetti ed iniziative a beneficio alla comunità italiana di Monaco di Baviera.
(4-05519)

Risposta. - In merito a quanto segnalato dall'interrogante nel presente atto parlamentare, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Il problema del recupero dei crediti vantati dall'Italia nei confronti della Scuola europea di Monaco è da tempo noto alle amministrazioni a vario titolo competenti: i ministeri della pubblica istruzione, dell'economia e finanze e degli affari esteri.
Nella scuola di Monaco le retribuzioni dei docenti distaccati dai diversi Stati membri dell'Unione europea sono assunte a completo carico dell'Ufficio dei brevetti, mentre in tutte le altre scuole europee la retribuzione di docenti è composta dallo stipendio nazionale, corrisposto dall'amministrazione competente dello Stato membro, e da un'integrazione a carico del sistema delle isole europee. Pertanto il trattamento nazionale degli insegnanti italiani distaccati alla Scuola europea di Monaco, eventualmente già corrisposto dal ministero della pubblica istruzione - competente ad assicurare gli stipendi nazionali del personale docente italiano in servizio all'estero - deve essere recuperato dal predetto dicastero. Si precisa, inoltre, che materialmente gli emolumenti sono erogati dalle diverse tesorerie provinciali del ministero dell'economia e

finanze in rapporto ai singoli periodi di permanenza all'estero dei singoli docenti.
Secondo quanto comunicato nel febbraio 2007 dal consolato generale d'Italia a Monaco di Baviera, la somma da recuperare era stimata in complessivi 1.350.000 euro al 2003.
Al tal riguardo, il ministero degli affari esteri aveva segnalato il problema al ministero dell'economia e finanze una prima volta nel 2002, e lo rappresentava nuovamente nell'agosto del 2006 e ancora nel febbraio 2007 sia al ministero dell'economia e finanze che a quello della pubblica istruzione, presenti attraverso i propri delegati nel sistema di governo delle scuole europee. Inoltre, il ministero degli affari esteri sta coadiuvando le amministrazioni tecniche competenti nella ricerca dei dati relativi alle unità di personale per le quali va effettuato il recupero delle somme.
In data 11 marzo 2008 il Segretario generale delle scuole europee, signora Christmann, ha scritto al delegato italiano presso il Consiglio superiore in merito al problema del recupero dei crediti vantati da parte italiana presso la Scuola europea di Monaco.
In tale lettera, dopo aver richiamato i contatti intercorsi già dal 2006 con il competente ufficio del ministero degli affari esteri per giungere alla restituzione delle somme dovute all'Italia, viene per la prima volta definita in modo esatto l'entità della cifra da rimborsare sulla base di un esame completo dei registri contabili della scuola. La somma viene pertanto determinata per un ammontare complessivo di euro 2.153.504, superiore anche a quanto in precedenza stimato. Delle somme versate dall'Italia non sarebbe invece recuperatile una cifra minore, pari a € 332.655, consistente nei contributi sociali obbligatori per il predetto personale scolastico.
Il Segretario generale ha proposto quindi una procedura semplificata per regolarizzare definitivamente la situazione, e cioè che lo Stato italiano accetti il rimborso di tale somma in unica soluzione, indicando un capitolo di spesa e un numero di conto corrente ove poter trasferire la somma.
A tale proposito si fa presente che il ministero degli esteri sin dall'anno scolastico 1985-86 non è più competente ad erogare alcun emolumento nazionale («metropolitano») ai docenti distaccati all'estero, inclusi quelli destinati presso le scuole europee. Dunque, non ha neppure la possibilità di recuperare, su un qualsiasi suo capitolo di spesa, la somma che lo Stato vanta presso la Scuola europea di Monaco.
Pertanto, la Farnesina ha provveduto ad informare tempestivamente le amministrazioni competenti per le concrete procedure di rimborso delle somme in questione (ministero dell'economia e finanze e pubblica istruzione), chiedendo alle stesse di esprimere un proprio parere in merito alle proposte dell'11 marzo scorso del Segretario generale delle scuole europee, fornendo eventualmente istruzioni operative da comunicare allo stesso.
Con riferimento, infine, alla destinazione dei fondi eventualmente recuperati, la questione - che non riguarda alcun capitolo di bilancio del Ministero degli affari esteri - è di natura eminentemente tecnico contabile. In ogni caso, il credito da recuperare non potrà essere automaticamente speso per finalità relative alle scuole europee, né ad altre situazioni scolastiche di interesse italiano presenti in Germania.

Il Viceministro degli affari esteri: Ugo Intini.

PICCHI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il Comitato Attività Scolastiche e Culturali Italiane (CASCI), un Ente privato regolato dal codice civile svizzero con sede a Berna, la cui assemblea è costituita da 72 rappresentanti delle varie associazioni dell'emigrazione e gli insegnanti, è identificato come uno degli enti gestori ex lege 153/71 dei corsi di lingua e cultura italiana in stretta collaborazione con il Consolato d'Italia di Berna;
il Casci in qualità di ente gestore per la circoscrizione consolare di Berna riceve un contributo pubblico dello stato italiano

pari a 780.000 franchi svizzeri per lo svolgimento dei corsi di lingua e cultura italiana;
la diffusione della lingua e cultura italiana all'estero è una priorità della Repubblica italiana come ribadito in numerosi atti parlamentari tra cui l'ordine del giorno 9/648/18 accolto dal governo il 28 marzo 2007 a firma Baldelli, Picchi, che impegnano lo stesso a monitorare e controllare l'attività degli enti gestori;
da fonti stampa si apprende che la signora Carmela Sorrentino, insegnante dei corsi di Lingua e cultura italiana del Cantone di Berna, presente nelle graduatorie per le supplenze del MAE nella Circoscrizioni Consolari di Berna e di Zurigo, è stata licenziata dal Casci nel 2007 con modalità poco trasparenti e suscitando anche il disappunto del Consolato italiano di Berna e dell'Ufficio Scolastico dell'Ambasciata;
tale licenziamento ha arrecato de facto un danno al raggiungimento delle finalità di diffusione della lingua e cultura italiane nella circoscrizione consolare di Berna come dimostrano le rimostranze del console e dell'ufficio scolastico -:
se non ritenga opportuno intervenire nei confronti del Casci per verificare i fatti in premessa e tutelare quindi la continuità dei corsi di lingua e cultura italiana nella circoscrizione consolare di Berna;
se e come intenda intervenire per far sì che gli enti, beneficiari di finanziamenti pubblici, si attengano a scrupolosi codici di comportamento nei confronti dei propri dipendenti a pena di non ricevere il finanziamento pubblico loro spettante in caso di inadempienza.
(4-06043)

Risposta. - In merito a quanto segnalato dall'interrogante nel presente atto parlamentare, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Gli enti gestori dei corsi di lingua e cultura italiana sono, come già indicato dallo stesso interrogante, enti privati regolati dalla legge locale. Per tale motivo, anche il rapporto di lavoro fra tali enti ed i propri dipendenti ha natura squisitamente privata, che esclude qualsiasi intervento diretto da parte dell'autorità consolare.
Nel caso specifico, si tratta di un'insegnante, che, pur essendo iscritta nelle graduatorie del ministero degli affari esteri per le supplenze all'estero, nel corrente anno scolastico 2007-2008, non è mai stata nominata con nomina Ministero degli affari esteri. Risulta invece che la signora Sorrentino avesse un contratto privato con l'ente gestore CASCI, che è appunto un ente privato regolato dal codice civile svizzero.
Ciò non toglie che l'autorità consolare, nel monitorare le attività scolastiche in favore della collettività italiana, possa esprimere giudizi e fornire indicazioni agli enti gestori che si fondano anche sulla continuità didattica e sulla professionalità della classe docente.
L'autorità consolare, inoltre, nel formulare il proprio parere sulla congruità del contributo richiesto dall'ente gestore allo Stato italiano, prende in considerazione anche il corretto comportamento dell'ente nei confronti dei propri dipendenti e, soprattutto, il rispetto della normativa locale.

Il Viceministro degli affari esteri: Ugo Intini.

RAITI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'Ordine dei farmacisti della provincia di Catania ha comunicato al ministero della salute, e per conoscenza alla FOFI (Federazione ordini farmacisti italiani), che in data 3 novembre 2006 tutti i membri del Consiglio direttivo del medesimo Ordine hanno rassegnato le proprie dimissioni;
si ha notizia che il Ministro della salute, nel prendere atto delle avvenute dimissioni del Consiglio dell'Ordine di Catania, ha avviato la procedura per la nomina della Commissione straordinaria di cui all'articolo 6 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 233 del 1946, e ha richiesto con nota del 7 novembre 2006 alla FOFI di voler inviare

i nominativi di tre farmacisti iscritti all'Ordine di Catania ai fini della costituzione della suddetta Commissione;
la FOFI con lettera a firma del Presidente, datata 10 novembre 2006 ha, pertanto, richiesto agli iscritti interessati a voler far parte di tale Commissione straordinaria, di rappresentare la propria disponibilità presentandosi il giorno 26 novembre 2006, dalle ore 9 alle ore 14, presso l'Ordine dei farmacisti di Catania, in Via Gabriele D'Annunzio, 43/A; ed ha precisato che la Commissione in oggetto avrà il compito di procedere, entro tre mesi dalla nomina con decreto ministeriale, alle nuove elezioni e che, per il periodo in cui sarà in carica, dovrà svolgere tutte le attribuzioni di competenza del Consiglio direttivo dell'Ordine;
come indicato dalla lettera in oggetto il giorno 26 novembre 2006 dalle ore 9 alle ore 14, presso l'Ordine dei farmacisti di Catania, in Via Gabriele D'Annunzio, 43/A, era presente un rappresentante della FOFI per ricevere le dichiarazioni di disponibilità degli iscritti;
si ha notizia che, in data 30 novembre 2006, ai sensi dell'articolo 6 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 233 del 1946 siano stati indicati dalla Presidenza della FOFI, al Ministro della salute, i nominativi di tre farmacisti iscritti all'Albo professionale dell'Ordine dei farmacisti di Catania, per essere nominati ad accettare l'incarico di componente della Commissione straordinaria, per procedere alle nuove elezioni e per svolgere, nel periodo in cui sarà in carica, tutte le attribuzioni di competenza del Consiglio direttivo dell'Ordine -:
quanti e quali farmacisti, regolarmente iscritti, hanno dato la propria disponibilità a fare parte della suddetta Commissione e con quale criterio siano stati scelti i tre nominativi indicati dalla FOFI;
dove siano stati depositati i curriculum professionali aggiornati che avrebbero dovuto essere consegnati in allegato alla dichiarazione di disponibilità presentata, dai singoli iscritti interessati, nelle mani del Segretario della FOFI e come siano stati valutati i titoli professionali ed accademici dei singoli aspiranti;
per quali ragioni di urgenza, ed a quale titolo, l'Ordine dei farmacisti di Catania, nonostante le dimissioni rassegnate da tutti i componenti del Consiglio direttivo in data 3 novembre 2006, abbia avuto l'impellente necessità di avviare, con protocollo n. 2164 del 14 novembre 2006, presso il ministero della salute la richiesta di integrazione delle tabelle riportate nel decreto ministeriale del 30 gennaio 1998 e 31 gennaio 1998 pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale n. 37 del 14 febbraio 1998 - supplemento ordinario - (decreti ministeriali relativi ai titoli validi per l'ammissione ai concorsi di idoneità e alla dirigenza nelle A.S.L. e nel S.S.N.), promuovendo l'integrazione dell'elenco dei titoli riferiti alle discipline equipollenti, con l'aggiunta del Diploma di specializzazione in microbiologia e virologia, specializzazione della Facoltà di medicina.
(4-01871)

Risposta. - In merito ai quesiti formulati nell'interrogazione parlamentare si precisa quanto segue.
La Federazione Ordini Farmacisti Italiani (FOFI) interpellata da questo Ministero, ha comunicato che le modalità e i criteri di scelta sono stati previsti nella propria delibera n. 188/2006.
Al riguardo è stata anche inviata una lettera a tutti gli iscritti dell'Ordine di Catania, allo scopo di acquisire la disponibilità a far parte della Commissione straordinaria, (articolo 6 del decreto legislativo CPS 13 settembre 1946, n. 233).
Il dottor Maurizio Pace, in qualità di Segretario della Federazione, ha avuto l'incarico di ricevere il 26 novembre 2006 le adesioni degli interessati; al riguardo sono state acquisite n. 17 dichiarazioni di disponibilità (verbale del 26 novembre 2006).
Con delibera n. 199/2006 il Comitato centrale FOFI ha nominato la Commissione straordinaria, ritenendo opportuno individuare i seguenti criteri di selezione:
1) precedente esperienza in attività di rilevanza pubblica;

2) attività professionale svolta, per la quale, in funzione dell'appartenenza degli iscritti all'Albo alle varie componenti professionali, sono stati indicati n. 1 titolare di farmacia e n. 2 non titolari, di cui uno dipendente di ente pubblico.

La Federazione ha precisato che non è mai stato previsto che gli interessati dovessero consegnare alcun curriculum professionale, in coerenza con le modalità e i criteri di scelta individuati nelle deliberazioni citate.
Con nota del 31 gennaio 2007 la FOFI ha comunicato che il Comitato Centrale ha scelto i nominativi da indicare al Ministero della Salute, ai fini della nomina della Commissione straordinaria, sulla base del criterio fondamentale dell'ambito professionale in cui i soggetti operano, con l'obiettivo di rappresentare gli ambiti di attività di maggior rilievo per la professione.
La suddetta Commissione straordinaria è stata istituita con decreto ministeriale del 14 dicembre 2006.
A seguito di segnalazioni, pervenute da uno dei componenti, in merito a fatti che potevano impedire il regolare funzionamento e il corretto svolgimento del mandato della Commissione, nel febbraio 2007 un funzionario del Ministero è stato incaricato di acquisire presso il suddetto Ordine elementi conoscitivi sullo svolgimento dei lavori.
Dalla relazione è emersa, tra l'altro, una situazione di eccessivo contrasto tra i componenti dell'organo collegiale, con il conseguente pericolo che l'operatività della Commissione non fosse adeguata allo svolgimento del proprio mandato nei tempi e modi previsti dalla norma.
È stata evidenziata, inoltre, la mancata suddivisione dei compiti all'interno della Commissione stessa, con particolare riferimento alla gestione amministrativo-contabile dell'ente.
Successivamente all'incontro con il rappresentante del Ministero sono pervenute le dimissioni, per motivi di salute, di due componenti.
Allo scopo di consentire l'ordinaria gestione dell'Ordine e l'indizione delle nuove elezioni, con decreto ministeriale del 5 marzo 2007 si è proceduto alla nomina di altri due componenti, in sostituzione di quelli dimissionari.
In data 8 marzo 2007 la rinnovata Commissione ha evidenziato alcune difficoltà connesse all'espletamento del proprio mandato, in particolare l'impossibilità di rispettare le date stabilite dalla precedente Commissione per le elezioni.
Con decreto ministeriale 15 marzo 2007 è stata quindi prorogata la Commissione straordinaria fino all'insediamento del nuovo consiglio direttivo dell'Ordine dei farmacisti di Catania.
Le nuove elezioni si sono svolte il 14, 15 e 16 aprile 2007 e il 26 aprile 2007 l'Ordine ha trasmesso a questo Ministero i nominativi dei componenti del nuovo Consiglio direttivo e del Collegio dei revisori dei conti.
Per quanto concerne la richiesta di inserimento, nell'area di Farmacia, della specializzazione in Microbiologia e Virologia conseguita con il vecchio ordinamento, si precisa che con la nota del 28 dicembre 2006 questo Ministero ha provveduto a comunicare il proprio avviso all'Ordine dei farmacisti e all'Università degli studi di Catania.
Nello specifico è stato segnalato, tra l'altro, che questa Amministrazione, nel modificare o integrare le tabelle relative alle specializzazioni necessarie ai fini dell'accesso nel Servizio Sanitario Nazionale, ha sempre preso in considerazione le richieste formulate da una pluralità di soggetti, quali società scientifiche o associazioni o anche federazioni nazionali degli ordini professionali, al fine di garantire che la modifica da apportare rispondesse effettivamente alla tutela dell'interesse generale, cui l'Amministrazione è tenuta nell'esercizio del suo potere discrezionale.

Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.

RAMPELLI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
all'interno del Ministero vi sono numerosi locali destinati a varie attività: edicola di giornali, agenzie di assicurazioni,

delegazione dell'Automobil Club Italia, associazioni private, Cassa Mutua, organizzazioni sindacali rappresentative di comparto e non, consulenti, eccetera;
l'Amministrazione, al fine di regolarizzare la posizione di questi soggetti e per evitare di cagionare un danno all'erario, ha invitato gli stessi a richiedere l'uso dei suddetti locali a titolo oneroso, qualora interessati;
l'UGL-Esteri ha chiesto formalmente di utilizzare il proprio locale sindacale a titolo oneroso, senza tuttavia ricevere alcuna risposta;
nell'ottobre dello scorso anno - in piena campagna elettorale per il rinnovo delle elezioni delle rappresentanze sindacali unitarie - l'Amministrazione, nella persona del delegato del Ministro, intimava all'UGL-Esteri lo sgombero del locale entro breve termine;
da un incontro formale tra i rappresentanti federali della UGL e il delegato ministeriale è emersa la ferma posizione dell'Amministrazione di non concedere il locale utilizzato dall'UGL-Esteri a titolo oneroso ma al massimo di consentire una proroga del rilascio dello stesso;
l'Amministrazione ha reso noto di aver regolarizzato - concedendo l'uso dei locali a titolo oneroso - la posizione di tutti gli altri utilizzatori ad eccezione dell'UGL, in virtù della discrezionalità della stessa nell'individuazione dei beneficiari di detta concessione a titolo oneroso;
alla luce di quanto premesso, è stato ancora formalmente intimato alla UGL-Esteri di sgomberare il locale -:
come mai sia stata attuata dall'Amministrazione una palese e ingiustificata discriminazione nei soli confronti della UGL - e non verso tutte le numerose altre realtà presenti all'interno del Ministero - creando di fatto un forte disagio tra i lavoratori iscritti e simpatizzanti e dando luogo a un comportamento di natura antisindacale;
se vi sia di fatto un collegamento tra la posizione dell'Amministrazione e le innumerevoli attività condotte dall'UGL, in particolare: la richiesta di pubblicazione in rete dei nominativi dei consulenti presenti alla Farnesina e dei relativi compensi (elenco solo di recente apparso, ma ancora incompleto), la denuncia relativa agli sprechi di risorse pubbliche per quaranta auto-blu in dotazione al Ministero e il loro illegittimo utilizzo, la riorganizzazione del Ministero con la probabile chiusura di 33 rappresentanze diplomatiche e consolari all'estero, la paventata soppressione di 500 posti nell'organico dei posti all'estero riservati al personale di ruolo della Farnesina, l'affidamento di numerose procedure consolari a soggetti privati e patronati di cui è nota la collocazione politica, eccetera.
(4-06186)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare, si forniscono, per quanto di competenza, i seguenti elementi di informazione.
Premesso che l'Ugl non è al momento titolare di diritti sindacali in quanto non rappresentativa nel comparto ministeri, non si configura comportamento antisindacale nei confronti della predetta sigla l'attribuzione da parte del Ministero degli affari esteri di locali supplementari ad alcuni sindacati rappresentativi presenti all'interno della Farnesina, che ne avevano fatto richiesta.
Infatti, dette assegnazioni sono state disposte per favorire l'attività sindacale nei luoghi di lavoro delle suddette organizzazioni sindacali, in ottemperanza a quanto disposto dalla vigente normativa contrattuale in materia di relazioni sindacali.
L'uso di un locale, a titolo oneroso, può essere concesso ad un sindacato non rappresentativo, come l'Unione generale del lavoro Ugl, solo se tale assegnazione risulti compatibile con le disponibilità logistiche e le esigenze generali dell'amministrazione e soprattutto se non vi è conflittualità tra i soggetti sindacali presenti nell'amministrazione stessa.
Infatti, l'attribuzione di una sede sindacale ad una sigla priva dei requisiti di

rappresentatività potrebbe essere legittimamente percepito dagli altri sindacati titolari di diritti come una violazione delle norme poste a garanzia della loro, attività sindacale e quindi come comportamento antisindacale dell'amministrazione nei loro confronti.
La fruizione di spazi all'interno del Ministero degli affari esteri da parte di soggetti privati ed associazioni, quali una banca, una cassa mutua, un'agenzia di pratiche automobilistiche, non determina alcun comportamento discriminatorio dell'amministrazione nei confronti dell'Ugl. I predetti soggetti, infatti, non si trovano all'interno del ministero per esercitare attività sindacale e dunque ogni comparazione in relazione al loro regime e diritto di stabilimento all'interno del Ministero degli affari esteri (Mae) risulta incoerente.
Diversa è soprattutto la finalità e la disciplina della loro presenza. Essi, infatti, sono mantenuti all'interno del Ministero per fornire servizi sociali a favore del personale del Ministero degli affari esteri (Mae).
Si evidenzia, in proposito, che le concessioni a titolo oneroso dei locali che tali soggetti privati occupano sono state disposte all'Agenzia del Demanio, la quale ha formalmente autorizzato l'uso di detti spazi, dopo aver accertato l'esistenza dei previsti requisiti di legittimità.
Alla luce di quanto precede, è pertanto da escludere ogni presunto intento discriminatorio da parte della Farnesina nei confronti dell'Unione generale del lavoro (Ugl). Va infine evidenziato che la richiesta di riconsegna del locale non è stata avanzata solo nei confronti dell'Ugl ma anche della Federazione Intesa, anch'essa non più titolare di prerogative sindacali.

Il Viceministro degli affari esteri: Ugo Intini.

RONCONI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
si è aperta a Teheran in data 11 dicembre 2006 la conferenza «Discutere l'Olocausto, prospettive internazionali» voluta dal presidente iraniano, Ahmadinejad;
oltre ai più noti negazionisti dell'Olocausto, risulterebbero presenti, o comunque invitati a Teheran, anche alcuni italiani -:
se non ritenga di verificare i nominativi dei connazionali che sono stati invitati e per quali motivi abbiano partecipato al convegno, secondo l'interrogante vergognoso e inaccettabile, organizzato in Iran sull'Olocausto, se erano presenti a titolo personale o in rappresentanza di qualcuno e quali ruoli svolgano in Italia;
se non ritenga, infine, che la presenza di italiani alla manifestazione anti-israeliana, secondo l'interrogante vergognosa, oltre alla gravità del fatto, non debba esser verificata anche per le implicazioni che può avere sul versante della sicurezza nazionale.
(4-01939)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare, si forniscono i seguenti elementi di informazione.
Le relazioni bilaterali tra Italia e Iran sono intense sotto il profilo economico-commerciale e caratterizzate da una tradizionale amicizia.
Ciò non toglie che l'Italia abbia sempre manifestato apertamente, sul piano bilaterale ed in ogni foro internazionale, il proprio vivo disappunto e la ferma condanna per ogni apologia dell'olocausto e per qualsivoglia negazione del diritto dello Stato di Israele ad esistere.
Nel dicembre 2006 si è svolta a Teheran una conferenza internazionale per discutere dell'olocausto, nel corso della quale sono state esposte tesi negazioniste e sono state rese dichiarazioni non amichevoli nei riguardi dello Stato di Israele da parte del Presidente iraniano Ahmadinejad. Non si hanno informazioni circa la partecipazione all'incontro di cittadini italiani. La loro eventuale presenza, tuttavia, pur meritevole di biasimo, non costituisce un pericolo per la sicurezza nazionale dell'Italia, che ritiene in ogni caso di dover esprimere ferma condanna per la conferenza e per quanto in essa detto.
Il nostro Paese ha sempre dimostrato grande attenzione alla questione dei diritti

umani e, in particolare, ha vigilato con attenzione sul loro rispetto in Iran, dove, purtroppo, si è registrato un deciso deterioramento del loro riconoscimento. A tal fine, abbiamo promosso e promuoviamo in seno all'Unione europea un approccio incisivo nei confronti di Teheran, per assicurare un costante monitoraggio della situazione e la puntuale condanna di ogni violazione.
Fra queste, la violazione più grave è quella del frequente ricorso alla pena di morte della cui abolizione l'Italia è per cultura e tradizione, tra i più strenui fautori. La risoluzione a favore di una moratoria generalizzata, adottata ad ampia maggioranza dall'Assemblea generale il 18 dicembre 2007, è un risultato importante per il rafforzamento della dignità umana ed il progressivo sviluppo dei diritti umani.
Infine, i Paesi dell'Unione europea Ue, hanno cosponsorizzato, nell'ambito della Terza Commissione UNGA 2007, una risoluzione che esprime profonda preoccupazione per il perpetrarsi delle esecuzioni capitali in Iran, soprattutto in riferimento alle esecuzioni di minorenni ed alle condanne alla lapidazione.

Il Viceministro degli affari esteri: Ugo Intini.

SALERNO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
si sta svolgendo a Teheran, promossa dal Governo iraniano, una conferenza sull'Olocausto tesa a mettere in discussione la dimensione e la stessa veridicità della tragedia degli ebrei durante il regime nazista;
per il suo contenuto, tale conferenza è stata deplorata e definita dall'opinione pubblica mondiale come provocatoria se non infamante e inqualificabile sotto ogni profilo culturale, politico e umano;
durante i lavori e nello specifico durante l'intervento del Presidente Ahmadinejad si è svolta una significativa e qualificata protesta di studenti dell'Università di Teheran che hanno gridato slogan contro la dittatura iraniana e a favore della libertà, denunciando la violazione e negazione dei diritti civili e umani attualmente perpetrata dal regime integralista islamico al potere;
la protesta ha riguardato anche la conferenza sull'Olocausto definita dagli studenti un atto inqualificabile e vergognoso che nulla ha a che fare con la cultura e la sensibilità della società iraniana;
occorre rilevare l'estremo rilievo politico e culturale che, secondo l'interrogante, questa improvvisa protesta studentesca rappresenta come prima e significativa forma di rivolta pacifica contro un regime oscurantista ed integralista che testimonia e contraddice un ostentato ma non reale consenso che il regime va propagandando all'esterno;
la pesante situazione di violenza e di repressione che caratterizza la vita quotidiana dell'Iran esporrà a pesanti rischi gli studenti che coraggiosamente hanno manifestato ieri contro il regime integralista di Teheran -:
se vi siano notizie di arresti o di intimidazioni da parte delle autorità iraniane nei confronti degli studenti che hanno manifestato nella giornata di apertura dei lavori della Conferenza sull'Olocausto come sopra precisato;
quali siano le statistiche relative alla repressione del regime iraniano in termini di arresti e di detenzioni per motivi politici, di persecuzioni di tipo religioso, di limitazione alla libertà di stampa con chiusure di giornali e televisioni non in linea con il regime.
(4-01975)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare, si forniscono i seguenti elementi di informazione.
Le relazioni bilaterali tra Italia e Iran sono intense sotto il profilo economico-commerciale e caratterizzate da una tradizionale amicizia.
Ciò non toglie che l'Italia abbia sempre manifestato apertamente, sul piano bilaterale ed in ogni foro internazionale, il proprio

vivo disappunto e la ferma condanna per ogni apologia dell'olocausto e per qualsivoglia negazione del diritto dello Stato di Israele ad esistere.
Nel dicembre 2006 si è svolta a Teheran una conferenza internazionale per discutere dell'olocausto, nel corso della quale sono state esposte tesi negazioniste e sono state rese dichiarazioni non amichevoli nei riguardi dello Stato di Israele da parte del Presidente iraniano Ahmadinejad. Anche in questo caso, si è condannata la conferenza e quanto in essa e stato detto.
L'Italia ha sempre dimostrato grande attenzione alla questione dei diritti umani e, in particolare, ha vigilato con attenzione sul loro rispetto in Iran, dove, purtroppo, si è registrato un deciso deterioramento del loro riconoscimento. A tal fine, abbiamo promosso e promuoviamo in seno all'Unione europea un approccio incisivo nei confronti di Teheran, per assicurare un costante monitoraggio della situazione e la puntuale condanna di ogni violazione.
Fra queste, la violazione più grave è quella del frequente ricorso alla pena di morte della cui abolizione l'Italia è, per cultura e tradizione, tra i più strenui fautori. La risoluzione a favore di una moratoria generalizzata, adottata ad ampia maggioranza dall'Assemblea generale il 18 dicembre 2007, è un risultato importante per il rafforzamento della dignità umana ed il progressivo sviluppo dei diritti umani.
Infine, i Paesi dell'Unione europea Ue, hanno cosponsorizzato, nell'ambito della Terza Commissione UNGA 2007, una risoluzione che esprime profonda preoccupazione per il perpetrarsi delle esecuzioni capitali in Iran, soprattutto in riferimento alle esecuzioni di minorenni ed alle condanne alla lapidazione.

Il Viceministro degli affari esteri: Ugo Intini.

TURCO, BELTRANDI, D'ELIA, MELLANO e PORETTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in Italia la legge 13 maggio 1978, n. 180 (la cosiddetta legge Basaglia), recante «Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori», ha fondato un nuovo approccio e proposto nuovi metodi e modelli rispetto a quelli sino ad allora seguiti per la cura delle malattie mentali, ponendo le basi per la chiusura degli ospedali psichiatrici, strutture sanitarie speciali deputate alla cura di soli pazienti affetti da malattie mentali, favorendo la sostituzione di tali strutture con presidi sanitari pubblici territoriali e, ove necessario, ricorrendo alla degenza dei malati mentali nelle ordinarie strutture ospedaliere pubbliche o convenzionate;
la successiva legge n. 833 del 1978, istitutiva del Servizio sanitario nazionale, ha trasferito gran parte delle norme contenute nella legge n. 180 del 1978, la cosiddetta legge Basaglia, negli articoli 33, 34, 35 e 64 della legge n. 833 citata. Ciò ha comportato l'assenza di una speciale disciplina legislativa relativa alla tutela della salute mentale, facendola rientrare nella generalità dei compiti istituzionali attribuiti al novello Servizio sanitario nazionale;
con la nuova normativa si è stabilito il principio generale per cui i trattamenti sanitari dovrebbero essere volontari, ponendo specifici limiti per la sottoposizione di un paziente a trattamenti sanitari obbligatori. Ed infatti il personale sanitario ha l'obbligo di cercare il «consenso e la partecipazione» del paziente sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio (TSO) avendo quest'ultimo, inoltre, il diritto alla scelta del medico e del luogo di cura, nonché il diritto di comunicare «con chi ritenga opportuno»;
nel caso specifico di un paziente afflitto da malattia mentale, esso può essere obbligato a trattamento sanitario solo se le condizioni richiedano un urgente intervento terapeutico e non a siano possibili misure extra ospedaliere;
la stessa legge n. 833 del 1978 ha stabilito il principio secondo il quale si demanda alle regioni l'organizzazione di servizi di assistenza psichiatrica, istituendo dipartimenti per fornire servizi per la cura

delle malattie mentali che possono essere situate sia nelle strutture ospedaliere, creando apposite strutture di diagnosi e cura, che in presidi extra ospedalieri in grado di fornire le appropriate cure necessarie;
il fine della normativa è chiaro: con essa si persegue l'obiettivo d'una chiusura completa e definitiva delle speciali strutture ospedaliere psichiatriche;
nel corso degli anni si sono susseguiti ulteriori interventi normativi volti a favorire tale chiusura, interventi resisi necessari a causa delle difficoltà incontrate nel raggiungere compiutamente l'obiettivo posto dal nostro ordinamento sin dal lontano 1978. Ciò si è perseguito con l'adozione di norme contenute nell'ambito della legislazione collegata alla legge finanziaria: l'articolo 3, comma 5 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, aveva fissato al 31 dicembre 1996 la chiusura definitiva delle strutture manicomiali ancora attive, ribadendo il principio della completa attuazione della cosiddetta legge Basaglia mirante alla totale chiusura degli ospedali psichiatrici. Successivamente altre norme hanno favorito la ristrutturazione della rete ospedaliera in funzione dell'obiettivo perseguito stabilendo, da ultimo, il cosiddetta «progetto-obiettivo» per la «tutela della salute mentale 1998-2000» mirante a realizzare il modello organizzativo del Dipartimento di salute mentale, che si sostanzia nel favorire e incentivare una serie obiettivi puntuali: la promozione di progetti specifici per il superamento del residuo manicomiale, la promozione un sistema informativo per il monitoraggio della spesa psichiatrica; la focalizzazione d'un sistema di indicatori di qualità dell'assistenza psichiatrica; la promozione della formazione degli operatori;
successivamente, la legge 23 dicembre 1996, n. 662, all'articolo 1, commi 21, 22, 23 e 24 ha individuato una serie di adempimenti posti a carico di Regioni e delle (allora) USL, al fine di far loro adottare piani, entro il 31 gennaio 1997, per la chiusura degli ospedali psichiatrici ancora attivi. Il tutto con la previsione di un meccanismo di penalizzazione finanziaria per i soggetti inadempienti;
una ulteriore serie di sanzioni sono loro state poste a loro carico nel caso di mancato rispetto delle previsioni contenute nel «progetto obiettivo», progetto attualizzato con il decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1999, contenente indicazioni per gli anni 1998-2000. Con ciò è ribadita la volontà di perseguire gli scopi sopra individuati mediante il modello dipartimentale già proposto per il periodo precedente. Concretamente si conferma la volontà dei legislatore di potenziare i Dipartimenti di salute mentale;
la XII Commissione permanente della Camera dei deputati durante la XIII legislatura, in occasione d'una «Indagine conoscitiva sulla chiusura degli ospedali psichiatrici» resasi necessaria a causa della scadenza prevista dalla legge n. 724 dei 1994 che di lì a poco avrebbe dovuto essere soddisfatta, ovvero la chiusura di tutti gli ospedali psichiatrici entro il 31 dicembre 1996, ha approvato un documento conclusivo, in data 16 luglio 1997 che, confermando il ritardo nel processo di chiusura degli ospedali psichiatrici e della loro sostituzione con strutture territoriali per la cura delle malattie mentali previsti, come detto, dalla legge n. 724 del 1994 indica, tra i tanti, un particolare punctum dolens: la Commissione mette in guardia dal pericolo di «adeguarsi alle "false chiusure". In molti ex ospedali psichiatrici è in atto un processo di ristrutturazione che vuole semplicemente rimodernare i vecchi padiglioni mantenere in questi contesti i vecchi degenti. In qualche caso si vuole addirittura paradossalmente aprire ai nuovi ricoveri attraverso le cosiddette comunità riabilitative», a testimonianza della bontà delle conclusioni cui giunge;
in base a quanto appreso dalla pubblicazione sul numero 10 della rivista Diario della settimana, del 16 marzo 2007, d'un articolo dal titolo: «I poveri matti del Vaticano. I tre manicomi "Don Uva" sono

i più grandi d'Europa: vi sono rinchiuse circa 2 mila persone a volte non malate ma dimenticate da famiglie e istituzioni. Molte le morti e le violenze sospette», in cui vengono affermati episodi di estrema gravità avvenuti in tre strutture sanitarie di proprietà formale dell'ente ecclesiastico Congregazione ancelle della Divina Provvidenza, ma in realtà controllati direttamente dallo Stato Città del Vaticano, ubicate in Foggia, Potenza e Bisceglie, l'interrogante sottopone all'attenzione dei Ministro alcune specifiche affermazioni contenute nella pubblicazione in esame;
dalla lettura dei reportage emerge la convinzione dell'autore che si sia in presenza d'una violazione della normativa sopra ricordata, tanto che lo stesso, Gianni Lannes, cita alcuni passi della relazione conclusiva della XII Commissione permanente per descrivere quanto da lui verificato «sul campo»: «nonostante l'indirizzo legislativo teso a evitare il riutilizzo degli ospedali psichiatrici per i servizi di assistenza al disagio mentale, i piani regionali dimostrano come questa soluzione sia frequentemente adottata e la norma legislativa elusa» con la trasformazione dei degenti in ospiti. «Tale pratica consente in aperta violazione della legge 180, nuove ammissioni»;
egli cita le amare conclusioni della Commissione rese si badi bene, nel 1996, a commento dei fatti conosciuti in ragione della sua indagine;
tra i tanti episodi denunciati, alcuni meritano particolare attenzione:
l'esistenza di condizioni di vita subumane, ove i pazienti delle tre strutture sono costretti ad una vita indegna, immersi nei propri escrementi, con intollerabili carenze igieniche, costretti a nutrirsi con cibo avariato e bisognosi di cure fisiche non attinenti alla malattia mentale;
l'ammissione, resa dalla persona del primario dell'istituto di Bisceglie, il quale afferma che tra i tanti pazienti della struttura, oltre 2000, alcuni di essi non dovrebbero essere reclusi in tale luogo. Riferendosi ad un paziente in particolare afferma: «quello non c'è motivo che stia qui dentro. Ci sta e basta. E mi raccomando, non fotografi quelli nudi», giustificando la loro presenza in quel luogo a causa del rifiuto di farsene carico da parte delle Asl e della famiglia;
la presenza nella struttura di persone che, pur non presentando alcuna patologia psichiatrica, sono costretti a vivere nella struttura a causa dei loro internamento in un periodo precedente, alla promulgazione della cosiddetta legge Basaglia, nonché la presenza di pazienti reclusi successivamente al 1978 i quali, ancorché non afflitti da malattie mentali, vengono «parcheggiati» in queste strutture da famiglie scarsamente solidali con essi. L'autore afferma che «sono numerose le persone tradotte in manicomio dalle famiglie che vogliono liberarsene con l'aiuto di medici compiacenti. In loco gli ospiti non sono soggetti di diritto e continuano a sopravvivere nell'abbandono e nell'oblio»;
si descrivono persone che, pur se ospiti d'una struttura formalmente classificata come istituto di riabilitazione, ha tutte le caratteristiche del manicomio: inferriate alle finestre, pazienti ammanettati ai letti, ai termosifoni, imprigionati in camere di sicurezza, senza alcun conforto di terapie, se non la sola terapia farmacologia;
si denuncia la frequenza troppo elevata di morti sospette all'interno delle strutture e di vicende lesive della salute dei pazienti che, in qualche caso, hanno visto l'apertura d'una inchiesta da parte della magistratura ai danni di alcuni appartenenti al personale paramedico denunciate per lesioni ai danni dei pazienti. In alcuni dei casi denunciati si sono avute le prime condanne inflitte, dalla magistratura, ai responsabili;
la grave anomalia rappresentata dal fatto che il direttore delle tre case della Divina Provvidenza rivesta un doppio incarico, essendo contemporaneamente

amministratore delle tre strutture sanitarie convenzionate e giudice presso la Commissione provinciale tributaria di Foggia, ponendosi in una condizione oggettiva di conflitto di interessi;
«nei tre manicomi "Don Uva" operano una ventina di società finanziarie e immobiliari» e «singolare coincidenza una ristretta cerchia di dirigenti del "Don Uva" gestisce l'indennità pensionistica dei pazienti sotto tutela (circa 15 milioni di euro)»;
il Lannes effettua, infine, una rapida analisi della situazione nazionale che si conclude con la seguente affermazione: «i manicomi sono ben lungi dall'essere chiusi: sono nate situazioni micromanicomiali un po' dappertutto» -:
quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda assumere, nell'ambito delle proprie competenze, sia per accertare la veridicità dei fatti riportati nei tre istituti cattolici in oggetto, sia per accertare il rispetto effettivo della normativa in materia vigente, soprattutto nel caso di Istituzioni convenzionate e se intenda istituire un sistema stabile di controlli e monitoraggio sul complesso delle strutture operanti nell'ambito della cura delle malattie mentali.
(4-03141)

Risposta. - Il processo relativo al superamento degli ospedali psichiatrici è stato monitorato nel tempo dal Ministero della salute, tramite sia le relazioni trasmesse dalle singole regioni, competenti e responsabili per il proprio territorio, sia con visite conoscitive in quasi tutte le regioni, mirate a verificare alcune situazioni specifiche.
Infatti, le attività di costante controllo in merito alla conformità alla normativa vigente e al livello di qualità delle prestazioni nelle strutture in questione rientrano nelle funzioni istituzionali delle regioni; le verifiche effettuate da questo Ministero vengono concordate con le regioni interessate, nel rispetto delle reciproche competenze, quali rilevano dal quadro istituzionale delineato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, concernente modifiche del titolo V della parte seconda della Costituzione.
Dei risultati del processo di superamento degli
ex ospedali psichiatrici è stata fornita la debita informazione al Parlamento con relazioni semestrali; l'ultima relazione risale al 31 dicembre 2005, data in cui la quasi totalità delle regioni aveva dichiarato l'avvenuta chiusura degli ex.
La situazione di maggiore criticità, con un numero ancora consistente di soggetti presenti in strutture di grandi dimensioni, risultava proprio quella della Regione Puglia.
Per tale motivo è stata effettuata da funzionari del Ministero nel luglio 2005, una visita presso gli
ex ospedali psichiatrici privati convenzionati «S. Maria» di Foggia e «Don Uva» di Bisceglie.
Le rilevazioni conseguenti a tale visita sono state trasmesse alla Regione Puglia, con le opportune indicazioni sugli interventi da effettuarsi per rispettare le disposizioni legislative in materia.
Occorre precisare, tuttavia, che nonostante una serie di carenze e di ritardi puntualmente segnalati, non sono state riscontrate situazioni del tenore descritto dall'articolo citato nell'interrogazione parlamentare.
Relativamente alla struttura «Don Uva» di Potenza, la Regione Basilicata ne ha comunicato la chiusura (giugno 2005), con il collocamento in trattamento in residenza sanitario-assistenziale degli ultimi 4 pazienti.
Per la Regione citata, si riportano le informazioni fornite, attraverso la competente Prefettura, dal Comando provinciale dei Carabinieri di Potenza e dall'Assessorato regionale alla salute, sicurezza e solidarietà sociale.
La struttura dell'
ex ospedale psichiatrico «Don Uva» con sede in Potenza, attualmente opera come centro di riabilitazione psicosociale, con la nuova denominazione «Casa della Divina Provvidenza Opera Don Uva», gestito dall'ente ecclesiastico «Congregazione delle suore ancelle della Divina Provvidenza».
L'ente, che ha come oggetto sociale la «cura, assistenza, riabilitazione, difesa, sorveglianza

delle persone nelle quali è presente una compromissione delle facoltà intellettive superiori, in special modo verso i neuropatici, minorati psichici, gli epilettici, encefalitici e anziani lungodegenti», si avvale per l'espletamento delle proprie attività di proprie infrastrutture, aventi sedi a Potenza, Foggia e Bisceglie (Bari).
In particolare, per la sede di Potenza (che occupa 386 dipendenti fra personale medico, paramedico e personale amministrativo), la Regione Basilicata, nella fase di riorganizzazione, successiva alla sua dismissione da ospedale psichiatrico, con la delibera regionale n. 3354 del 28 dicembre 1999 ha approvato i «piani attuativi di impiego della struttura». Con successivi provvedimenti ha autorizzato i seguenti moduli operativi:
«centro socio sanitario riabilitativo» per 273 posti letto destinati a pazienti dell'
ex istituto ortofrenico, affetti da ritardo mentale di vario grado, nonché 136 posti letto destinati alla residenza sanitaria assistenziale, costituita da pazienti appartenenti al «residuo manicomiale, ex fascia C», aventi età superiore ai 65 anni e non affetti da patologie psichiatriche (questi posti letto sono stati poi destinati all'assistenza geriatrica);
«residenza sanitaria assistenziale per anziani disabili», per 24 posti letto destinati ad ospitare anziani non autosufficienti per un periodo di tempo limitato e comunque autorizzato dall'azienda sanitaria locale, in base all'esame del piano di riabilitazione;
«nucleo Alzheimer», per 24 posti letto destinati ad ospitare persone affette da tale disturbo.

L'Assessorato già citato ha inoltre precisato che per il suddetto progetto di riconversione del «Don Uva» non vi è stato alcun sostegno economico da parte della Regione, in quanto non previsto dalla normativa in vigore, né sono stati erogati finanziamenti di altra natura.
Inoltre, un'apposita commissione regionale ha censito tutte le strutture territoriali esistenti per acquisire direttamente le informazioni circa la tipologia e i bisogni assistenziali dei pazienti assistiti e circa, soprattutto, le modalità di intervento terapeutico riabilitativo, al fine di evitare «la formazione di una nuova cronicità e di manicomializzare il territorio con modelli operativi improntati alla transistituzionalizzazione».
L'analisi dei dati ha consentito alla suddetta commissione di affermare che le case alloggio attive in Basilicata funzionano ad un livello di qualità mediamente buono.
In data 26 aprile 2007, il Nucleo antisofisticazioni (N.A.S.) dei Carabinieri di Potenza ha effettuato una ispezione presso il «Don Uva», rilevando carenze igienico-strutturali, le quali, secondo quanto riferito, «non costituiscono un pregiudizio per il prosieguo della specifica attività».
I N.A.S. hanno precisato anche che, da un esame dei dati statistici relativi ai decessi avvenuti nella struttura, è risultato che nel 2005 si sono registrati trentacinque decessi (di cui trenta relativi ad ospiti della residenza sanitaria assistenziale geriatrica), mentre per l'anno 2006 i decessi sono stati trentotto (di cui trentuno relativi alla suddetta residenza).
Non sono state registrate situazioni riconducibili a «possibili atti di maltrattamento o di mancato rispetto dell'elementare principio di umanità».
In relazione alle presunte irregolarità nella gestione delle indennità pensionistiche dei pazienti, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Potenza ha condotto negli anni passati un'indagine in merito, conclusasi il 14 maggio 2003 con sentenza del giudice per le indagini preliminari «di non luogo a procedere» (
ex articolo 425 c.p.p.).
Anche un successivo procedimento-penale avviato per i medesimi fatti è stato archiviato il 1o marzo 2005 dal giudice per le indagini preliminari «per infondatezza delle notizie».
La Prefettura di Potenza ha comunicato in data 18 dicembre 2007 che una copia dell'interrogazione parlamentare in esame è stata depositata, in data 30 aprile 2007, alla Procura della Repubblica presso il Tribunale

di Potenza «per verificare i contenuti della stessa interrogazione, costituenti notitia criminis.
Il già citato Nucleo ha precisato che, poiché è stato avviato un procedimento penale, l'autorità giudiziaria non ha concesso l'autorizzazione a fornire in merito ulteriori notizie.

Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.

VENIER. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'alto Commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite ha diramato un appello di raccolta di fondi all'inizio del 2007 che segnala l'emergenza dei rifugiati iracheni nei paesi limitrofi (Siria, Turchia, Giordania) e nelle zone di confine interne;
la gravità della situazione era già evidente negli scorsi anni ma dalla metà del 2006 si è ulteriormente aggravata. Secondo le stime U.N. sono 2 milioni i rifugiati iracheni nei paesi limitrofi ed 1 milione 700 quelli dislocati all'interno dell'Iraq. Viene anche segnalato che nel 2006, fra i rifugiati il 40 per cento sono cristiani. Non esistono programmi di accoglienza né protezioni internazionali;
la maggior parte dei rifugiati rimane senza risorse e non ha possibilità di lavoro. C'è stato un notevole aumento delle domande di visto anche verso i paesi europei. La situazione rischia di rimanere totalmente ignorata -:
se non ritenga di adoperarsi presso gli organismi internazionali preposti al fine di prediporre un intervento rapido e urgente in favore delle popolazioni interessate;
quali interventi intenda adottare presso la comunità internazionale, e in particolar modo i paesi dell'Unione europea al fine di promuovere un intervento di denuncia che dia il giusto rilievo all'emergenza e ponga le necessarie priorità politiche e umanitarie per affrontare la questione.
(4-02630)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
La normativa italiana vigente in materia di protezione temporanea è contenuta nel decreto-legge 286 del 1998, recante il Testo unico sull'immigrazione e successive modificazioni, che, all'articolo 20 prevede l'adozione di un decreto del Consiglio dei ministri d'intesa coi Ministri degli affari esteri, dell'interno e per la solidarietà sociale, che stabilisce misure di protezione temporanea da adottarsi per rilevanti esigenze umanitarie in occasione di conflitti, disastri naturali o altri enti di particolare gravità in Paesi non appartenenti all'Unione europea.
Inoltre all'articolo 19 del citato Testo unico è previsto il divieto di espulsione e di respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione.
Pertanto, al di là dell'opportunità politica di adottare un provvedimento di natura generale a tutela dei cittadini iracheni, l'attuale normativa italiana consente comunque la protezione degli stranieri a rischio di persecuzione.
Più che un problema di carenza di norme, dunque, in questo caso vi è l'esigenza di un'armonizzazione tra diverse fonti normative e di una loro applicazione che non conduca a conseguenze lesive dei diritti delle persone. Questo è il problema sollevato e che certamente merita attenzione. In una situazione particolarmente delicata vi è l'impegno a garantire agli iracheni richiedenti asilo, rifugiati o titolari di protezione umanitaria, l'esercizio dei diritti riconosciuti dalla legge e il godimento delle opportunità previste, attuate attraverso il sistema di protezione, che riunisce anche la rete dei progetti territoriali di accoglienza che realizzarlo gli enti locali. È, inoltre, costante - e si potrà rafforzare - la sensibilizzazione dei prefetti delle province

di frontiera per una corretta applicazione delle norme vigenti e per l'attivazione eventuale di servizi di accoglienza validi.
L'Italia, inoltre, continua a sostenere l'Alto Commissario per i Rifugiati, Antonio Guterres, nel suo sforzo volto a promuovere riforme dell'Unhcr
(UN High Commissioner for Refugees) che rendano tale organizzazione più efficace nel rispondere alle sfide dell'attuale situazione internazionale, fra le quali figura in maniera eminente la crisi irachena.
Tale appoggio è stato espresso, da ultimo, nella 38ma sessione del Comitato Permanente dell'Unhcr, svoltosi a Ginevra dal 6 al 9 marzo 2007, nel corso del quale Guterres ha avuto modo di illustrare come le riforme di cui sopra abbiano già conseguito risultati concreti, sotto forma di un più spiccato decentramento decisionale, di uno snellimento dei quartieri generali a vantaggio degli uffici regionali, di un'accresciuta flessibilità nelle assegnazioni dei posti di personale, grazie anche all'aumento del ricorso a contrattisti locali. Si tratta, ha sottolineato l'Alto Commissario, di un processo che porterà, entro la fine del 2008, ad incrementare la qualità delle operazioni a tutto beneficio delle popolazioni e dei soggetti colpiti da crisi internazionali.
Nel contesto della riunione di cui sopra, nell'ambito della discussione sulla protezione internazionale, particolare attenzione è stata data al Medio oriente e soprattutto all'Iraq. Su tale tema, infatti, Guterres ha convocato una conferenza a livello ministeriale, con la quale ha mobilitato tutti i rappresentanti dei Governi dei Paesi interessati alla crisi umanitaria irachena («International conferenze on addressing the humanitarian needs of refugees and internally displaced persons inside Iraq and in neighbouring countries»). In occasione di tale conferenza - svoltasi dal 17 al 18 aprile 2007 a Ginevra e alla quale io stesso ho partecipato - da parte italiana si è chiesta la disponibilità di dati aggiornati sul fenomeno, proprio per prevedere forme nuove e più adeguate di assistenza.
Di recente, inoltre, la cooperazione allo sviluppo ha anche provveduto a stanziare 3 milioni di euro a favore dell'Alto Commissariato per i rifugiati, anche per attività che consentano il reinsediamento dei rifugiati iracheni nelle regioni meridionali.

Il Viceministro degli affari esteri: Ugo Intini.

ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la difficile situazione in Iraq ha avuto come conseguenza collaterale che molti iracheni hanno dovuto lasciare la propria residenza sia per sfuggire ad atti di guerra o di guerriglia sia perché hanno avuto distrutto le proprie abitazioni o luoghi di lavoro o per semplicemente sfuggire ai conflitti inter-religiosi che dividono il mondo islamico ed iracheno in particolare;
tale massa di profughi ha raggiunto soprattutto la Giordania e la Siria, in un numero che risulta imprecisato ma sicuramente di centinaia di migliaia di persone;
solo in Giordania fonti attendibili dell'UNHCR riportano la cifra di un minimo di 500.000 persone tra cui almeno 45.000 cristiani fuggiti dall'Iraq mentre in Siria dovrebbero esserci circa 700.000 profughi, dei quali 40.000 cristiani;
la situazione di questi profughi é molto difficile per le comprensibili difficoltà materiali, logistiche e anche di riconoscimento del proprio status che non, sempre riesce ad essere certificato per le vicende belliche -:
quali iniziative abbia intrapreso od abbia in animo di intraprendere il Governo italiano per l'assistenza a questi profughi, attraverso quali Enti o ONG e più in generale se sia stato avviato un qualche programma di assistenza umanitaria.
(4-02707)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
La normativa italiana vigente in materia di protezione temporanea è contenuta

nel decreto-legge 286 del 1998, recante il Testo unico sull'immigrazione e successive modificazioni, che, all'articolo 20 prevede l'adozione di un decreto del Consiglio dei ministri d'intesa coi Ministri degli affari esteri, dell'interno e per la solidarietà sociale, che stabilisce misure di protezione temporanea da adottarsi per rilevanti esigenze umanitarie in occasione di conflitti, disastri naturali o altri enti di particolare gravità in Paesi non appartenenti all'Unione Europea.
Inoltre all'articolo 19 del citato Testo unico è previsto il divieto di espulsione e di respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione.
Pertanto, al di là dell'opportunità politica di adottare un provvedimento di natura generale a tutela dei cittadini iracheni, l'attuale normativa italiana consente comunque la protezione degli stranieri a rischio di persecuzione.
Più che un problema di carenza di norme, dunque, in questo caso vi è l'esigenza di un'armonizzazione tra diverse fonti normative e di una loro applicazione che non conduca a conseguenze lesive dei diritti delle persone. Questo è il problema sollevato e che certamente merita attenzione. In una situazione particolarmente delicata vi è l'impegno a garantire agli iracheni richiedenti asilo, rifugiati o titolari di protezione umanitaria, l'esercizio dei diritti riconosciuti dalla legge e il godimento delle opportunità previste, attuate attraverso il sistema di protezione, che riunisce anche la rete dei progetti territoriali di accoglienza che realizzano gli enti locali. È, inoltre, costante - e si potrà rafforzare - la sensibilizzazione dei prefetti delle province di frontiera per una corretta applicazione delle norme vigenti e per l'attivazione eventuale di servizi di accoglienza validi.
L'Italia, inoltre, continua a sostenere l'Alto Commissario per i Rifugiati, Antonio Guterres, nel suo sforzo volto a promuovere riforme dell'Unhcr
(UN High Commissioner for Refugees) che rendano tale organizzazione più efficace nel rispondere alle sfide dell'attuale situazione internazionale, fra le quali figura in maniera eminente la crisi irachena.
Tale appoggio è stato espresso, da ultimo, nella 38ma sessione del Comitato permanente dell'UNHCR, svoltosi a Ginevra dal 6 al 9 marzo 2007, nel corso del quale Guterres ha avuto modo di illustrare come le riforme di cui sopra abbiano già conseguito risultati concreti, sotto forma di un più spiccato decentramento decisionale, di uno snellimento dei quartieri generali a vantaggio degli uffici regionali, di un'accresciuta flessibilità nelle assegnazioni dei posti di personale, grazie anche all'aumento del ricorso a contrattisti locali. Si tratta, ha sottolineato l'Alto Commissario, di un processo che porterà, entro la fine del 2008, ad incrementare la qualità delle operazioni a tutto beneficio delle popolazioni e dei soggetti colpiti da crisi internazionali.
Nel contesto della riunione di cui sopra, nell'ambito della discussione sulla protezione internazionale, particolare attenzione è stata data al Medio Oriente e soprattutto all'Iraq. Su tale tema, infatti, Guterres ha convocato una conferenza a livello ministeriale, con la quale ha mobilitato tutti i rappresentanti dei Governi dei paesi interessati alla crisi umanitaria irachena
(International conferenze on addressing the humanitarian needs of refugees and internally displaced persons inside Iraq and in neighbouring countries). In occasione di tale conferenza - svoltasi dal 17 al 18 aprile 2007 a Ginevra e alla quale io stesso ho partecipato - da parte italiana si è chiesta la disponibilità di dati aggiornati sul fenomeno, proprio per prevedere forme nuove e più adeguate di assistenza.
Di recente, inoltre, la cooperazione allo sviluppo ha anche provveduto a stanziare 3 milioni di euro a favore dell'Alto Commissariato per i rifugiati, anche per attività che

consentano il reinsediamento dei rifugiati iracheni nelle regioni meridionali.
Il Viceministro degli affari esteri: Ugo Intini.

ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
alle ore 23.59 del 16 giugno 2007 l'edizione internet dell'importante quotidiano israeliano Haaretz ha «aperto» con la notizia di una proposta di accordo che sarebbe stata avanzata dal ministro Massimo D'Alema alla Siria con il quale, in cambio di un impegno italiano a porre fine all'isolamento internazionale della Siria, questa nazione avrebbe garantito che Hezbollah e gli altri gruppi estremisti islamici non avrebbero attaccato le truppe italiane in Libano;
anche alla luce del recente attentato in Libano dove è stato ucciso un parlamentare libanese notoriamente anti-siriano, attentato che è stato attribuito dalla stampa internazionale come fomentato da Damasco il diffondersi di notizie come questa può mettere a rischio la reputazione e la credibilità italiana in Libano ed in Medio Oriente, soprattutto in vista di un potenziale invio di contingenti ONU a Gaza in missione di pace;
va ricordata la delicata posizione dell'Italia che in questo momento ha il comando della missione ONU nel sud del Libano -:
se quanto riportato da Haaretz corrisponda a verità;
in questo caso, se il Ministro interrogato non debba chiarire il suo atteggiamento e la portata delle sue aperture alla Siria;
in caso negativo, se la Farnesina non ritenga di smentire o meglio precisare la posizione italiana su questo delicatissimo tema;
se, in ogni caso, non si debba chiarire il fatto con il Governo e l'opinione pubblica israeliana.
(4-04099)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Il Ministro degli esteri, D'Alema, ha già a più riprese, categoricamente smentito ogni illazione riguardante accordi segreti con la Siria per tutelare l'incolumità delle truppe italiane dell'
United Nations Interim force in Libanon in Libano.
È stato peraltro appurato che la notizia pubblicata dal quotidiano Haaretz non è riconducibile a fonti israeliane autorizzate.
Nel corso della sua visita effettuata a Damasco nel giugno dello scorso anno, il Ministro ha anche invitato la Siria a cooperare concretamente con la Comunità internazionale per contribuire alla stabilità della regione.
Il Ministero degli esteri ritiene che il Ministro D'Alema abbia già risposto in maniera esuriente e precisa alle citate illazioni, con dichiarazioni che sono state ampiamente riprese dagli organi di stampa, nazionali e internazionali; non vi è pertanto nulla da aggiungere né da chiarire né con il Governo di Tel Aviv né, tanto meno, con l'opinione pubblica israeliana.

Il Viceministro degli affari esteri: Ugo Intini.

ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
più volte sulla stampa e su diversi siti internet è stata sottolineata la condizione di estrema violenza in cui si vive nelle carceri sudamericane, soprattutto in Brasile ed in Venezuela;
ad esempio, in Venezuela vi è in media più di un morto al giorno (400 detenuti morti in carcere l'anno scorso su di una popolazione carceraria di circa 19.000 detenuti, di norma uccisi in scontri e risse tra i prigionieri);
di fatto nelle prigioni venezuelane vigono leggi non scritte di controllo negli istituti di pena da parte di bande criminali, che controllano anche con una sorta di «pizzo» interno sia l'introduzione di

generi di conforto che versamenti economici a favore dei detenuti inviati dall'esterno;
vi sono alcune decine di detenuti di nazionalità italiana e che è difficile contattarli per le nostre autorità diplomatiche anche per la loro distribuzione nel paese -:
quanti siano ad oggi i detenuti in Venezuela di nazionalità italiana, se il livello di assistenza da parte delle nostre autorità consolari sia giudicato soddisfacente, se vengano versati ai detenuti - con che mezzo e con quale entità - sussidi di sopravvivenza tenuto conto della durezza del sistema carcerario;
in particolare se siano stati segnalati episodi di violenza a loro danno e - nel caso di detenuti in cattive condizioni di salute - se sia loro assicurato un adeguato livello di assistenza medica;
se in ogni caso non si ritenga doveroso raccomandare al governo venezuelano l'osservanza dei diritti umani fondamentali per tutti i detenuti nelle carceri venezuelane ed in special modo per quelli di nazionalità italiana.
(4-04879)

Risposta. - Le condizioni delle carceri venezuelane sono molto dure, non dissimili peraltro dalla situazione riscontrabile in molti altri paesi dell'area (Brasile, Salvador eccetera). Il Venezuela si pone tuttavia al primo posto per quanto riguarda il numero di detenuti morti (omicidi) avvenuti in carcere. Nonostante la precarietà delle condizioni carcerarie in Venezuela, non si sono registrati finora casi gravi di violenza nei confronti dei detenuti italiani anche se si sono verificati casi di coinvolgimento in risse e di sopruso - la cui situazione viene seguita costantemente a livello di ambasciate e consolati dei Paesi membri della Ue accreditati in loco che si riuniscono periodicamente in vista, quando necessario, di opportune azioni di sensibilizzazione in proposito presso le locali autorità di Governo svolte anche a livello di Unione europea sotto la Presidenza di turno.
Il Governo italiano segue con grande attenzione la situazione dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali nei Paesi sudamericani, ivi comprese le condizioni delle carceri, sia a livello bilaterale che attraverso il monitoraggio in ambito Ue.
Secondo quanto evidenziato dai rapporti dei capi missione Ue accreditati a Caracas, la legislazione nazionale venezuelana garantisce i diritti e le libertà fondamentali dell'individuo riflettendo gli strumenti internazionali e regionali in materia. Tuttavia, l'attuazione della legislazione esistente resta carente e permangono motivi di preoccupazione tra i quali le condizioni delle carceri, dove morti violente, circolazione di droga e di armi da fuoco sono fenomeni comuni.
Nell'ambito della campagna europea per l'attuazione delle linee guida comunitarie sulla tortura, il 24 gennaio 2007 la troika dell'Unione europea ha sollevato il problema della situazione delle carceri con il Vice Ministro degli esteri del Venezuela. Questi ha sottolineato l'importanza del contributo che l'Ue può fornire al Venezuela per migliorare il trattamento dei detenuti e le condizioni degli istituti di pena. Quanto agli abusi commessi dalle forze di sicurezza, secondo il Vice Ministro non sarebbero tollerati, ma perseguiti e puniti. Inoltre, specifici programmi di formazione per le guardie carcerarie sarebbero stati già predisposti per evitare simili incidenti in futuro.
Il Venezuela ha ratificato i principali strumenti internazionali e regionali in materia di protezione dei diritti umani. Tra questi, la situazione nelle carceri rientra negli ambiti d'interesse della Convenzione contro la tortura che il Venezuela ha ratificato nel 1991. Inoltre, è in esame presso le competenti autorità venezuelane la ratifica del Protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura, il quale prevede un meccanismo di monitoraggio internazionale dei luoghi di detenzione presenti negli Stati parte.
I cittadini italiani sottoposti a misure restrittive in Venezuela alla fine del 2007 erano 52 (di questi 13 in libertà condizionata, 2 agli arresti domiciliari e 2 in regime

di semi libertà) e gran parte dei predetti si trova ristretta per reati connessi al traffico di stupefacenti.
Il consolato generale a Caracas e quello a Maracaibo, con l'ausilio della rete consolare onoraria, si adoperano, nei limiti delle risorse disponibili, al fine di fornire ai nostri connazionali ogni possibile assistenza. In particolare, vengono periodicamente effettuate visite consolari in carcere e, se necessario, si provvede ad interessare medici di fiducia. Altresì si provvede alla concessione di sussidi. Pacchi dono vengono inoltre consegnati in occasione di festività. Le vicende giudiziarie dei detenuti, così come le domande di trasferimento in Italia, ai sensi della Convenzione di Strasburgo del 1983, sono seguite da vicino dalle suindicate rappresentanze in contatto con i legali difensori e con i familiari degli interessati.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Donato Di Santo.

ZACCHERA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
è in corso una grande campagna pubblicitaria a livello nazionale da parte del Ministero della Salute per «festeggiare» il trentesimo anniversario del Servizio sanitario nazionale;
la campagna pubblicitaria è stata curata da una azienda pubblicitaria del noto pubblicitario Oliviero Toscani e dovrebbe essere costata circa 1,5 milioni di euro;
è noto come la sanità in Italia, che deve essere peraltro gestita dalle Regioni, sia afflitta da gravi problemi di carattere economico ed organizzativo ed ancora recentemente il Parlamento è stato chiamato a ripianare ingentissimi deficit legati al servizio sanitario;
non pare al sottoscritto che il messaggio pubblicitario sia particolarmente accattivante ed in ogni caso che appare un vero e proprio spreco allestire una campagna pubblicitaria su un tale tema che non è neppure una delle consuete campagne «pubblicità progresso», ma solo la pubblicità di un servizio sul quale ogni italiano nulla può fare, oltre che esserne «utente»;
oltretutto la presunta infermierina che sorride ha un copricapo assurdo visto che, anziché la croce rossa, ha sul capo una croce che richiama la bandiera della Confederazione Elvetica;
comunque ad avviso dell'interrogante non c'era nulla da festeggiare, oltretutto non essendo il 30 anniversario un «evento» particolare né una particolare ricorrenza;
le risorse destinate alla campagna pubblicitaria potevano in modo molto più utile essere destinate a finanziare un ospedale, un servizio particolare, un'opera pubblica necessaria oppure la ricerca scientifica che in Italia è drammaticamente carente;
in alternativa queste risorse potevano essere molto più utilmente utilizzate per dare un minimo di assistenza alle migliaia di cittadini italiani indigenti che avrebbero diritto al servizio ma sono residenti all'estero e che spesso, per situazioni locali come in Sudamerica, non possono contare su di una assistenza pubblica adeguata nei paesi ai emigrazione, così come non è prevista una adeguata copertura sanitaria per i cittadini italiani che si recano all'estero per turismo;
iniziative come queste sono in palese contrasto con la necessità di contenere la spesa pubblica che, stando alle dichiarazioni del Governo, dovrebbe essere sempre rivolta ad una sua razionalizzazione -:
quali vantaggi abbia ritenuto il Ministero di dover ottenere dalla predetta iniziativa pubblicitaria;
quanto sia costata in modo diretto ed indiretto tale campagna pubblicitaria, attraverso quali media sia stata organizzata e con quali finanziamenti;

come e perché sia stata scelta l'agenzia pubblicitaria di Oliviero Toscani, quanto sia costata la collaborazione di questa agenzia e se sia stata indetta una gara tra diverse agenzie pubblicitarie ed in forza di quale criterio sia stata scelta proprio questa Agenzia;
se l'acquisto di spazi pubblicitari sia stata fatta dal Ministero stesso o attraverso quale altro mezzo od agente pubblicitario, se siano state pagate provvigioni su questo servizio e/o si sia accertato che le tariffe applicate siano state effettivamente le più convenienti sul mercato;
se più in generale la Presidenza del Consiglio non ritenga di intervenire nell'evitare che in futuro i ministeri si lancino in una serie di costose quanto pressoché inutili iniziative pubblicitarie come quella indicata.
(4-05173)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame su delega della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Con riferimento a quanto lamentato circa la presunta mancanza di benefici della iniziativa di comunicazione realizzata dal Ministero della salute con la campagna «Pane, amore e sanità», deve essere preliminarmente evidenziato come il rapporto di fiducia tra i cittadini/utenti e gli operatori del Servizio sanitario nazionale (SSN) sia oggi spesso minacciato dalla ampia risonanza mediatica che viene concessa ai cosiddetti «casi di malasanità».
Il pericolo è quello di determinare, nell'immaginario collettivo, una scarsa consapevolezza della qualità dei servizi offerti al cittadino dal sistema pubblico di assistenza sanitaria.
Infatti, da un'indagine dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il Servizio sanitario nazionale del nostro Paese risulta essere il secondo al mondo per capacità di risposta assistenziale in rapporto alle risorse investite; inoltre, l'accessibilità del diritto alla salute, garantita a tutti i cittadini, qualifica e contraddistingue tale sistema da altri sistemi di assistenza.
Alcune caratteristiche peculiari del Servizio sanitario nazionale, quali, ad esempio, l'assistenza sanitaria pediatrica gratuita da 0 a 14 anni d'età e il numero di farmaci erogati gratuitamente, rispetto all'offerta globale sul mercato, costituiscono primati in ambito europeo non adeguatamente apprezzati dalla popolazione, che, al contrario, viene sovente sollecitata dai mezzi di comunicazione a percepire la visione di un sistema sanitario che eroga prestazioni non efficaci, o addirittura inappropriate.
Allo scopo di bilanciare questa pressione mediatica, il Ministero della salute ha colto l'occasione della ricorrenza dei primi 30 anni del Servizio sanitario nazionale per promuoverne gli aspetti indubbiamente positivi, attraverso la realizzazione di una complessa campagna di comunicazione.
Ad una prima fase, che ha avuto l'obiettivo di catalizzare l'attenzione dei cittadini sul tema, ha fatto seguito una fase di comunicazione a contenuto informativo, rivolta ad illustrare sinteticamente alcuni dei tanti punti di forza del nostro Servizio sanitario nazionale.
Per promuovere anche graficamente una buona percezione del Servizio sanitario nazionale, la campagna «Pane, Amore e Sanità» si è avvalsa di una immagine positiva, semplice e fresca, rappresentativa di un servizio sanitario giovane ed in buona salute come quello italiano.
In merito alla richiesta di conoscere le modalità della scelta dell'agenzia pubblicitaria di Oliviero Toscani, va sottolineato che l'immagine presentata dal laboratorio di comunicazione «La Sterpaia», che ha collaborato alla fase creativa della campagna e ha in parte realizzato l'allestimento del convegno «Una sanità dalla parte del cittadino», tenutosi a Roma presso il Consiglio Nazionale delle ricerche il 18 maggio 2007, è stata scelta tra quelle presentate dalle cinque agenzie specializzate nel settore, invitate dal Ministero a partecipare ad una procedura di spesa in economia, ai sensi dell'articolo 3, lettera
b) e dell'articolo 8, comma 1, del decreto ministeriale 6 novembre 2002.
Tale immagine è apparsa la più originale e maggiormente rispondente agli obiettivi dell'Amministrazione.
Nella seconda fase della campagna; come già detto, l'immagine ha accompagnato,

sui maggiori quotidiani nazionali e locali, una parte propriamente informativa in merito ai dati certificati del nostro sistema sanitario.
In riferimento, inoltre, alla richiesta formulata dall'interrogante se il Ministero della salute abbia acquistato spazi pubblicitari, direttamente o attraverso agenti pubblicitari, si precisa che sono stati acquistati direttamente spazi tabellari su tutti i maggiori quotidiani nazionali (in particolare,
La Repubblica, Corriere della Sera, La Stampa, Il Messaggero, Quotidiano Unico Nazionale, Il Sole 24 Ore, Il Giornale, L'Unità, Gazzetta dello Sport, Corriere dello Sport, Tuttosport) e sui free press (in particolare City, Metro, Leggo, Metropoli, E Polis, 24 minuti), oltre che su alcuni importanti periodici specializzati rivolti agli operatori sanitari (Il Farmacista, Avvenire Medico, Più Salute, Medical Network, ENPAS Informazione, Vaccinare Oggi, Innovazione e Salute).
Attraverso migliaia di affissioni, inoltre, la campagna è stata presente sui principali circuiti stradali cittadini, sui mezzi pubblici, sui circuiti cinematografici e negli aeroporti di Roma e Milano.
Va sottolineato che l'acquisto diretto degli spazi pubblicitari, senza l'intermediazione di agenzie pubblicitarie, ha comportato un rilevante onere lavorativo per il competente ufficio dell'Amministrazione, consentendo, peraltro, un notevole risparmio per la pubblica amministrazione, nel rispetto del principio - giustamente richiamato nell'interrogazione - del contenimento e della razionalizzazione della spesa pubblica.
Le procedure previste dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, sono state pienamente rispettate, in quanto sono stati coinvolti tutti i quotidiani a maggiore diffusione nazionale e locale, individuati sulla base di oggettivi dati audipress, e tutte le concessionarie esclusiviste delle affissioni cittadine; in conseguenza del carattere di esclusività della prestazione da fornire, si è fatto ricorso all'affidamento della campagna attraverso lo strumento della procedura negoziata (articolo 57, comma 2, lettera
b) del suddetto decreto legislativo).
Relativamente al costo della campagna in esame e delle affissioni, si precisa che sono stati utilizzati i fondi dell'esercizio finanziario 2007, per una spesa complessiva di 1.816.422,18 euro; inoltre l'affissione dell'immagine della campagna in occasione della Festa del Cinema di Roma, evento di particolare rilevanza e visibilità, nonché le ulteriori correlate pubblicazioni sui quotidiani, hanno comportato un costo aggiuntivo di 219.588,00 euro.
In conclusione, a riprova del gradimento e della buona accoglienza della campagna «Pane, amore e sanità» da parte dei cittadini, si evidenziano alcuni dati rilevati da un sondaggio demoscopico effettuato su un campione rappresentativo della popolazione italiana e realizzato da un istituto indipendente.
L'indagine, condotta su un campione di 1400 soggetti di età superiore ai 16 anni, rileva che la maggioranza delle persone esposte alla campagna ha colto l'invito del Ministero ad una riflessione positiva sul sistema della sanità italiana.
Il 64 per cento del campione intervistato ha recepito l'accezione positiva del messaggio proposto e il 72 per cento ha associato l'immagine utilizzata dalla campagna al Servizio sanitario nazionale.
La campagna, in sé, è stata largamente gradita per l'impostazione originale, per la grafica e per quanto sollecitava visivamente, come attestato dai voti favorevoli del 52 per cento del campione intervistato: di questi il 63 per cento ha apprezzato la capacità di attirare l'attenzione e l'allegria, il 59 per cento l'impatto grafico e il 58 per cento l'originalità e la gradevolezza.
Una buona accoglienza, quindi, dell'iniziativa e, soprattutto, un'accettazione ampia di un nuovo modo di porsi dell'istituzione.
La campagna ha trasmesso un messaggio di ottimismo per il 53 per cento degli intervistati e un'immagine positiva della sanità per il 50 per cento.
È stata apprezzata, inoltre, dalla maggioranza, la modalità di approccio e lo slogan con un giudizio positivo del 54 per cento del campione: le singole voci testate

hanno fatto emergere un 70 per cento che condivide lo slogan perché è facile da ricordare, il 56 per cento perché è simpatico e il 49 per cento perché è rassicurante, il 43 per cento per la sua chiarezza.
Il ricordo della campagna, tra quanti sono stati esposti, è stato elevato (40 per cento) ed è risultato superiore alla media di iniziative simili di comunicazione.
Del citato 40 per cento, ricorda spontaneamente la campagna il 15,8 per cento risultato di rilievo che rende ancora più solidi i giudizi espressi.
L'impatto della campagna è stato, pertanto, ampio, producendo un buon rapporto costo/contatto (inferiore del 20 per cento circa rispetto a campagne similari).
Nell'insieme, visto il gradimento della maggioranza del campione intervistato, si può dire che la campagna ha raggiunto l'obiettivo di porre all'attenzione dell'opinione pubblica un sistema, quello della salute, che è al fianco del cittadino nello svolgimento dei suoi compiti.
L'indagine, inoltre, attraverso il giudizio delle persone che non hanno gradito la campagna, ha offerto preziosi spunti di riflessione per migliorare sempre di più la comunicazione rivolta ai cittadini.
La ricerca ha evidenziato, infatti, che le persone hanno la necessità di un rapporto aperto soprattutto con le istituzioni che presentano forti implicazioni con la loro vita. Complessivamente, infatti, il 70 per cento degli intervistati ha dichiarato di apprezzare l'utilizzazione e la promozione di campagne pubblicitarie da parte delle istituzioni, considerandole strumenti positivi per veicolare messaggi rivolti ai cittadini.

Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.

ZANELLA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
dal settembre del 2005 ad oggi, le condizioni di sicurezza in Iraq sono gravemente peggiorate;
secondo quanto afferma il rapporto delle Nazioni Unite sulle violazioni dei diritti umani del 16 gennaio 2007, più di 34.000 civili sono stati uccisi in Iraq nel 2006: anche se in numero leggermente inferiore a quello dei due mesi precedenti, circa 6.400 civili iracheni sono stati uccisi tra novembre e dicembre 2006, a causa di stragi violente ed indiscriminate, lotte tra fazioni, esecuzioni illegali che sono continuate in modo incontrollato con l'impunità per i responsabili;
la situazione complessiva è caratterizzata da un'estrema violenza in Iraq centrale e da una significativa instabilità nel sud del paese che favorisce diffuse e mirate violazioni dei diritti umani ai danni soprattutto delle minoranze religiose. Tensioni di tipo settario sono notevolmente aumentate dopo il bombardamento di Samarra avvenuto lo scorso febbraio, portando all'uccisione mirata di migliaia di iracheni e a un protratto e massiccio spostamento di popolazione;
si stima che oggi un iracheno su otto sia sfollato;
recentemente, l'UNHCR ha emesso un documento sulla necessità di protezione degli iracheni al di fuori dell'Iraq;
tra le circa 40 nazionalità dei richiedenti asilo nei paesi europei nella prima metà del 2006, l'Iraq si è attestato al primo posto con più di 8.100 domande. Inoltre le statistiche pervenute da 36 paesi industrializzati per lo stesso periodo mostrano un aumento del 50 per cento nelle domande di asilo presentate da iracheni rispetto ai primi sei mesi dell'anno precedente;
per quanto riguarda i paesi limitrofi all'Iraq, vi sono da 500.000 a 1 milione di iracheni in Siria; più di 700.000 in Giordania; da 20.000 a 80.000 in Egitto e più di 40.000 in Libano, mentre il numero di iracheni presenti in Turchia è sconosciuto;
questi paesi si trovano in grave difficoltà nell'accogliere tale esodo e spesso non sono in grado di fornire a questi rifugiati nemmeno i beni di prima necessità. Ad esempio, in Siria circa il 30 per cento dei bambini iracheni non va a

scuola, il 4 per cento degli iracheni è disabile e più del 10 per cento delle famiglie irachene è mantenuta dalle donne;
secondo la stima dell'UN dall'invasione USA del 2003, circa un milione di iracheni ha dovuto lasciare il proprio paese in questo lungo e silenzioso esodo; per il 40 per cento erano cristiani, nonostante questa minoranza religiosa rappresenti solo il 3 per cento della popolazione irachena;
la minoranza religiosa dei cristiani iracheni (caldei) è stata dimezzata dalle ragioni della guerra dal 1991 ad oggi, passando da circa un milione a meno di 400.000; trenta chiese sono state distrutte e ogni giorno cristiani vengono rapiti, aggrediti e uccisi;
il rischio è che questa vera e propria diaspora cristiana porti 2.000 anni di storia Assiro-Caldea in Iraq alla fine;
dopo il nord Iraq la prima meta per chi scappa è proprio la Siria. Qui, secondo ultime stime del ministero siriano dell'iterno, in tutto dal 2003 sono stati ammessi 750 mila iracheni. Di questi circa 40 mila sono cristiani, divisi tra Damasco e Aleppo;
sempre secondo l'UNHCR, i profughi iracheni in Giordania sono circa 500 mila e negli ultimi mesi il flusso è di 1.000 al giorno. Solo nel 2006 sono 45 mila i cristiani iracheni entrati nel Paese;
spesso, arrivati in questi paesi, prima di ricevere lo status di rifugiato si aspettano anni. Queste persone vivono in questo limbo per un tempo che va da uno a undici anni, in attesa di emigrare verso altri Paesi, senza diritto a lavorare, privi di assistenza sanitaria, né diritto allo studio e sono costretti a risiedere dove decide il governo, spesso in luoghi dove non possono ricevere assistenza pastorale;
la situazione peggiore è in Turchia: i rifugiati si trovano in un paese del quale non capiscono la lingua e vengono sempre spediti a vivere la loro attesa di cui sopra, in luoghi come Isparta e Burdur dove non esistono chiese -:
se il Governo sia a conoscenza di questa drammatica situazione e, nello specifico, della diaspora cristiana di cui sopra;
se il Governo non ritenga giusto adoperarsi nei modi e nei tempi che gli sono consoni, affinché la pratica per il riconoscimento dello status di rifugiato sia più veloce, almeno nel nostro paese, evitando di aggravare la condizione già tragica dei perseguitati che hanno dovuto fuggire dal proprio;
se il Governo, alla luce di queste gravi condizioni di violazioni dei diritti umani, non voglia accordare ai richiedenti asilo iracheni lo status di rifugiato ai sensi della Convenzione sui Rifugiati del 1951, come recentemente raccomandato dall'UNHCR, e, in caso contrario, se non ritenga necessario comunque accordare loro una forma di protezione sussidiaria;
se il Governo non ritenga necessario evitare il rimpatrio coattivo degli iracheni provenienti dalle aree più a rischio (centro e sud) finché non sarà ripristinato un sostanziale miglioramento della sicurezza e dei diritti umani nel paese;
se il Governo, come raccomandato all'UNHCR non intenda evitare il rimpatrio nei tre Governatorati del nord di persone che non siano originarie di quelle regioni, e voglia valutare secondo i criteri sanciti dalla Convenzione sui Rifugiati del 1951, tenendo conto dei requisiti individuali della domanda, le domande di asilo degli iracheni provenienti dal nord.
(4-02700)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
La normativa italiana vigente in materia di protezione temporanea è contenuta nel decreto-legge 286 del 1998, recante il Testo unico sull'immigrazione e successive modificazioni, che, all'articolo 20 prevede l'adozione di un decreto del Consiglio dei

ministri d'intesa coi ministri degli affari esteri, dell'interno e per la solidarietà sociale, che stabilisce misure di protezione temporanea da adottarsi per rilevanti esigenze umanitarie in occasione di conflitti, disastri naturali o altri enti di particolare gravità in Paesi non appartenenti all'Unione europea.
Inoltre all'articolo 19 del citato Testo unico è previsto il divieto di espulsione e di respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione.
Pertanto, al di là dell'opportunità politica di adottare un provvedimento di natura generale a tutela dei cittadini iracheni, l'attuale normativa italiana consente comunque la protezione degli stranieri a rischio di persecuzione.
Più che un problema di carenza di norme, dunque, in questo caso vi è l'esigenza di un'armonizzazione tra diverse fonti normative e di una loro applicazione che non conduca a conseguenze lesive dei diritti delle persone. Questo è il problema sollevato e che certamente merita attenzione. In una situazione particolarmente delicata vi è l'impegno a garantire agli iracheni richiedenti asilo, rifugiati o titolari di protezione umanitaria, l'esercizio dei diritti riconosciuti dalla legge e il godimento delle opportunità previste, attuate attraverso il sistema di protezione, che riunisce anche la rete dei progetti territoriali di accoglienza che realizzano gli enti locali. È, inoltre, costante - e si potrà rafforzare - la sensibilizzazione dei prefetti delle province di frontiera per una corretta applicazione delle norme vigenti e per l'attivazione eventuale di servizi di accoglienza validi.
L'Italia, inoltre, continua a sostenere l'Alto Commissario per i rifugiati, Antonio Guterres, nel suo sforzo volto a promuovere riforme dell'Unhcr
(UN High Commissioner for Refugees) che rendano tale organizzazione più efficace nel rispondere alle sfide dell'attuale situazione internazionale, fra le quali figura in maniera eminente la crisi irachena.
Tale appoggio è stato espresso, da ultimo, nella trentottesima sessione del Comitato permanente dell'UNHCR, svoltosi a Ginevra dal 6 al 9 marzo 2007, nel corso del quale Guterres ha avuto modo di illustrare come le riforme di cui sopra abbiano già conseguito risultati concreti, sotto forma di un più spiccato decentramento decisionale, di uno snellimento dei quartieri generali a vantaggio degli uffici regionali, di un'accresciuta flessibilità nelle assegnazioni dei posti di personale, grazie anche all'aumento del ricorso a contrattisti locali. Si tratta, ha sottolineato l'Alto Commissario, di un processo che porterà, entro la fine del 2008, ad incrementare la qualità delle operazioni a tutto beneficio delle popolazioni e dei soggetti colpiti da crisi internazionali.
Nel contesto della riunione di cui sopra, nell'ambito della discussione sulla protezione internazionale, particolare attenzione è stata data al Medio oriente e soprattutto all'Iraq. Su tale tema, infatti, Guterres ha convocato una conferenza a livello ministeriale, con la quale ha mobilitato tutti i rappresentanti dei Governi dei Paesi interessati alla crisi umanitaria irachena
(International conference on addressing the humanitarian needs of refugees and internally displaced persons inside Iraq and in neighbouring countries). In occasione di tale conferenza - svoltasi dal 17 al 18 aprile 2007 a Ginevra e alla quale io stesso ho partecipato - da parte italiana si è chiesta la disponibilità di dati aggiornati sul fenomeno, proprio per prevedere forme nuove e più adeguate di assistenza.
Di recente, inoltre, la Cooperazione allo sviluppo ha anche provveduto a stanziare 3 milioni di euro a favore dell'Alto Commissariato per i rifugiati, anche per attività che consentano il reinsediamento dei rifugiati iracheni nelle regioni meridionali.

Il Viceministro degli affari esteri: Ugo Intini.

ZANELLA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la minaccia dei cambiamenti climatici e la grande emergenza ambientale planetaria sono ormai sotto gli occhi di tutti e rendono sempre più urgente il bisogno di attivarsi per garantire un futuro al nostro pianeta ed all'umanità intera;
dal governo ecuadoriano di Rafael Correa è stata avanzata una proposta in grado di perseguire questi obiettivi, relativamente alla zona a più alta biodiversità del pianeta: il parco dello Yasunì, riserva mondiale della biosfera che conserva un'importante porzione di foresta amazzonica e ospita gli ultimi popoli nativi americani non ancora contattati, dichiarato dall'Unesco nel 1979 Patrimonio dell'Umanità;
l'Ecuador è anche uno dei Paesi più poveri del Cono Sur e le riserve di greggio custodite sotto il suolo di Yasunì darebbero prezioso fiato all'economia del Paese, per questo i predecessori dell'attuale presidente Rafael Correa avevano intavolato trattative con compagnie petrolifere per l'estrazione del greggio in questione;
Correa si è trovato, quindi, tra due fuochi: estrarre il greggio distruggendo il parco, oppure salvaguardare il parco e rinunciare a una fonte di reddito essenziale per il Paese;
il ministro per l'energia dell'Ecuador, Alberto Acosta, ha avanzato la proposta di non sfruttare campi petroliferi presenti in aree ad alta biodiversità come il caso del parco dello Yasunì con il triplice obiettivo di: rispettare i diritti dei popoli nativi, conservare la biodiversità e controllare i cambiamenti climatici;
Correa ha pensato di risolvere il problema vendendo il greggio ancora nel sottosuolo al barile ai privati cittadini che siano interessati, purché lascino il greggio lì dove sta;
ai paesi «ricchi» spetterebbe di elargire una compensazione del 50 per cento di quello che lo stato ecuadoriano guadagnerebbe in caso di sfruttamento dei giacimenti, in vero ossequio al principio delle responsabilità «differenziate» in relazione ai cambi climatici -:
se il Governo non ritenga opportuno farsi promotore a livello internazionale e in sede Onu di una moratoria internazionale sulle estrazioni petrolifere in aree ricche di biodiversità e abitate da popolazioni native;
se, dopo le dichiarazioni di sostegno di alcuni paesi europei quali la Spagna e la Norvegia, anche il Governo italiano non voglia cogliere l'occasione per praticare concretamente una vera inversione di rotta basata sulla giustizia ecologica ed ambientale, appoggiando la moratoria proposta dal governo ecuadoriano di Correa per la tutela dei parco dello Yasunì, comprando quote di petrolio che andranno a costituire un fondo per lo sviluppo e la tutela del parco e per la produzione di energie rinnovabili, contribuendo concretamente alla riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera, responsabili dei riscaldamento globale.
(4-04439)

Risposta. - L'iniziativa dell'interrogante di istituire una moratoria internazionale sulle estrazioni petrolifere in aree ricche di biodiversità o abitate da popolazioni native, prende spunto da una analoga proposta del Presidente ecuadoriano Correa per proteggere l'area del parco Yasuni nel cui sottosuolo si trovano ingenti riserve di idrocarburi.
Una moratoria internazionale per evitare o contenere lo sfruttamento di aree particolarmente ricche di biodiversità e/o di popolazioni di nativi che in queste aree vivono è certamente un'iniziativa positiva e da sostenere, almeno da un punto di vista teorico, anche nell'ottica di rinnovata attenzione per l'emergenza climatica e i danni che il surriscaldamento globale può provocare all'ambiente nel suo complesso.
Qualora la moratoria venisse istituita è molto probabile che dovranno essere concordati

i criteri necessari per l'individuazione delle aree da proteggere, la selezione delle aree stesse e le eventuali misure compensative per il mancato accesso allo sfruttamento.
Per quanto riguarda il mercato degli idrocarburi, sembra poco probabile che l'iniziativa possa comportare effetti significativi sui prezzi, almeno nel breve termine e a meno che essa non comporti rapidamente una significativa limitazione dell'attività di prospezione e di estrazione a livello mondiale, eventualità che oggi non appare realistica.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Donato Di Santo.