XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 37 di giovedì 17 luglio 2008

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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

La seduta comincia alle 10.

SILVANA MURA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, il deputato Cirielli è in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria (A.C. 1386-A) (ore 10,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria.
Ricordo che nella seduta del 2 luglio scorso sono state respinte le questioni pregiudiziali Donadi ed altri n. 1, Soro ed altri n. 2 e Vietti ed altri n. 3.
Prima di dare inizio alla discussione sulle linee generali avverto che con lettera del Ministro per i rapporti con il Parlamento in data di ieri, il Governo ha presentato l'emendamento Dis.1.1, interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 112 del 2008 (A.C. 1386-A), preannunciando l'intenzione del Governo di porre la questione di fiducia sull'approvazione del medesimo.
L'emendamento è ora al vaglio di ammissibilità della Presidenza, al cui esito sarà trasmesso ai gruppi.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1386-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il Presidente del gruppo parlamentare dell'UdC ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che le Commissioni V (Bilancio) e VI (Finanze) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
Il relatore per la V Commissione, onorevole Zorzato, ha facoltà di svolgere la relazione.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, che ci stiamo a fare qui?

PRESIDENTE. Cosa succede?

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MICHELE VENTURA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICHELE VENTURA. Signor Presidente, lei ha annunciato all'Assemblea che il Governo ha depositato un maxiemendamento sul quale intende porre la questione di fiducia. Dovremmo iniziare un dibattito, con due relazioni, sulla base di un testo esaminato nelle Commissioni. L'Assemblea non conosce il maxiemendamento sul quale il Governo intende porre la questione di fiducia e, quindi, si tratta di un dibattito quasi accademico, senza avere minima conoscenza dei contenuti e delle novità introdotte.
Signor Presidente, vorrei sapere qual è il modo di procedere: quando il Governo pone la questione di fiducia, normalmente non è che si svolge un dibattito così come se niente fosse accaduto. La questione di fiducia implica tutta una serie di passaggi, quale quello della sospensione dell'esame del provvedimento, e non un dibattito in attesa che scatti ufficialmente il momento in cui la questione di fiducia viene posta.
Signor Presidente, è un modo di procedere che francamente credo sia senza precedenti. Non lo so, forse lei ora troverà qualche precedente...

PRESIDENTE. Onorevole Ventura, non credo che sia un problema di verifica dei precedenti. Credo che lei debba apprezzare - al pari dei colleghi - il fatto che io ho preannunciato l'intenzione del Governo. Se il Governo avesse posto la questione di fiducia, è di tutta evidenza che lei avrebbe non una, ma mille ragioni, ed il modo di procedere sarebbe stato del tutto diverso. La lettera del Ministro per i rapporti con il Parlamento - che, del resto, è qui presente, al pari del Ministro dell'economia e delle finanze - preannuncia l'intenzione. Fino a prova contraria, credo che sia dovere del Presidente della Camera comunicare alla Camera medesima ciò che è scritto in un atto ufficiale.

MICHELE VENTURA. Signor Presidente, qui si parla di un emendamento interamente sostitutivo. Vorrei capire di cosa adesso discutiamo, perché l'Assemblea non conosce quell'emendamento interamente sostitutivo.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola all'onorevole Evangelisti, che l'ha chiesta, ricordo che nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo di ieri è stato chiesto da parte dei gruppi dell'opposizione di pregare il Ministro dell'economia e delle finanze di essere presente quest'oggi per illustrare la situazione, alla luce del maxiemendamento e del dibattito che si era svolto nelle Commissioni. Il Ministro è qui presente e, quindi, credo sia interesse di tutti ascoltarlo, anche per avere quei chiarimenti che lei ha testé ricordato.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, dire che è una vergogna è poco. Ieri pomeriggio, durante la Conferenza dei presidenti di gruppo - parlo a nome del gruppo dell'Italia dei Valori ma potrei, credo, parlare a nome di tutte le forze dell'opposizione - abbiamo raccolto un invito che è stato formulato dal rappresentante del Governo, il Ministro Elio Vito. Egli ha detto che se le opposizioni non avessero esagerato con gli emendamenti, il Governo sarebbe stato disponibile alla non posizione della questione di fiducia. Noi come Italia dei Valori le abbiamo chiesto un congruo margine di tempo per la presentazione degli emendamenti. Il termine in una prima fase era stato fissato per le 22 di ieri sera; lei ha raccolto il nostro invito ed è stata posticipata a questa mattina la presentazione degli emendamenti. Parlo, in questo caso, soltanto per l'Italia dei Valori: su un volume di 618 pagine, l'Italia dei Valori si è limitata alla cifra di 40 emendamenti: niente di più ragionevole.
Il gruppo del Partito Democratico aveva per questo chiesto la presenza in Aula del Ministro Tremonti, affinché illustrasse una manovra che, votata in nove minuti e mezzo, è stata stravolta in quindici giorni,Pag. 3con oltre mille emendamenti presentati in prima battuta dalla maggioranza ed oltre trecento emendamenti aggiuntivi presentati dallo stesso Governo.
Signor Presidente, questa mattina lei ci preannuncia la volontà del Governo di porre la questione di fiducia. È l'ennesima prevaricazione! Ieri, durante il question time avevamo parlato di esproprio delle prerogative del Parlamento: questa mattina ne avete dato ulteriore dimostrazione. Vergogna (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. Credo che lei sappia, onorevole Evangelisti, che è dovere, da parte del Presidente, rendere pubbliche quelle che sono delle comunicazioni ufficiali. Quindi le valutazioni politiche le faccia...

BRUNO TABACCI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, non voglio fare troppe valutazione politiche. Sto alle cose. Penso che lei sia stato informato del lavoro che abbiamo fatto in Commissione e che, all'avvio della discussione in Commissione, i gruppi di opposizione avevano manifestato la disponibilità a ridurre i loro emendamenti al minimo. Penso che lei sia stato informato che il Governo ha presentato decine e decine di emendamenti, che hanno mutato non solo la struttura di quel decreto-legge ma hanno costretto ad una discussione un po' kafkiana. Il presidente Giorgetti ci diceva che, se avessimo indicato alcuni argomenti, sui medesimi avremmo potuto trovare un punto di incontro. Ovviamente gli argomenti erano alcuni, mentre il decreto-legge era partito con 84 articoli ai quali il Governo ne ha aggiunto molti altri.
È stata poi la volta del Ministro Vito, il quale ha detto che se la Commissione avesse raggiunto comunque l'approvazione di un testo, sul medesimo il Governo avrebbe posto la fiducia. Non siamo così, non è così, non è andata così. Abbiamo passato la notte ma non abbiamo raggiunto questo risultato, nel senso che il testo che è uscito dalla Commissione e che viene qui riassunto nella sintesi del contenuto del testo approvato dalle Commissioni - ringraziamo gli uffici per averci dato la sintesi, perché non era facile raccapezzarci ed avere effettivamente contezza di quello che è uscito dalla Commissione - è diverso da quello sul quale il Governo si accinge a porre la fiducia.
Quale discussione sulle linee generali si fa? Il collega Zorzato su che cosa interviene, visto che c'è il Ministro Tremonti che tiene in scacco il Parlamento e decide lui su quali temi e con quale impostazione si farà poi il voto di fiducia? Questo è il punto. Io non ho molto da aggiungere. Non so, vada a cercare se c'è qualche precedente. Ho l'impressione che non ce ne siano proprio e che questa sia una bruttissima pagina.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Su cosa?

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, sull'articolo 119 del Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, ci eravamo abbastanza abituati a vedere di tutto, e quello che non eravamo abituati a vedere, lo stiamo vedendo in questi giorni, anche grazie all'esercizio della Presidenza da parte sua. Nella fattispecie, non è a lei che, in particolare, rivolgo il mio intervento per un richiamo al Regolamento, ma, in generale, vorrei capire se almeno esiste una logica nelle cose che facciamo, nel senso che, certamente, fra i precedenti che lei potrà citare, signor Presidente, non avrà maniera di citare un precedente in cui il Governo annuncia la questione di fiducia prima dell'inizio della discussione sulle linee generali.
Infatti, la situazione nella quale ci troviamo è questa: quello che è accaduto - e di cui lei avrà, sicuramente, qualche abbondantePag. 4precedente - è che il Governo, iniziata la discussione sulle linee generali, in occasione dell'inizio del dibattito sul complesso degli emendamenti, preannunzia la presentazione di un emendamento (che, come lei sa perfettamente, è completamente sostitutivo), sul quale preannunzia la questione di fiducia. In quel caso, si sospendono i lavori della Camera, poiché vi è il vaglio di ammissibilità da parte degli uffici.
La disarmante e lucida richiesta che le veniva posta dal collega Ventura e dai colleghi intervenuti successivamente, è la seguente: vorremmo capire, nel momento in cui lei preannunzia, prima dell'inizio della discussione sulle linee generali, che il Governo ha presentato un emendamento interamente sostitutivo, sul quale, peraltro, preannunzia che porrà la questione di fiducia, esattamente cosa dovrebbero dire i colleghi Zorzato e Jannone?
Dal momento che abbiamo la disponibilità e la presenza del Ministro, magari potrebbe essere utile a lei, a noi, a coloro che ci ascoltano fuori dall'Aula, sapere - prima che noi interveniamo nel dibattito - che cosa ci sarà dentro questo benedetto emendamento completamente sostitutivo! Almeno potremmo discutere, in presenza della seconda fiducia, di tutto quello che avete fatto e disfatto in questi giorni! Fateci almeno discutere su qualcosa di concreto, e non su qualcosa di cui non sappiamo di cosa si sta parlando! Era una domanda naturale, ovvia (come lei dice tante volte, signor Presidente), alla quale, probabilmente, sarebbe stato possibile dar seguito con un'azione da parte del Ministro.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, sarebbe stato sufficiente aspettare che il Ministro chiedesse la parola (cosa che ha fatto), e credo che sia dovere del Presidente, prima che il Ministro chieda la parola, consentire ai colleghi, che a loro volta la chiedono per richiamo al Regolamento, di garantire loro quel diritto.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, ho chiesto di intervenire perché ritengo che, anche nella legittima pratica di polemica politica, non sia giusto che questa polemica politica investa il comportamento del Governo, quando tale comportamento è stato non solo rispettoso delle procedure parlamentari, ma ha addirittura, com'era doveroso, seguito le richieste dei gruppi di opposizione (Commenti del deputato Tabacci), che sono state avanzate nella Conferenza dei presidenti di gruppo di ieri e, di fronte a tali richieste, il Governo aveva già convenuto, ieri, che, per ragioni di correttezza e trasparenza nei confronti del Parlamento, il maxiemendamento che il Ministro Tremonti, come richiesto, è qui disponibile ad illustrare e sulle cui caratteristiche posso sin d'ora rassicurare i componenti delle Commissioni, sarebbe stato presentato nei termini previsti per i gruppi parlamentari, cioè entro questa mattina alle ore 10. Tuttavia, noi lo abbiamo presentato ieri sera, per consentire alla Presidenza di avere maggior tempo a disposizione per la verifica di ammissibilità.
Come le procedure parlamentari prevedono - e lei le conosce, onorevole Ventura, perché è deputato che gode di grande rispetto da parte del Governo - tale verifica di ammissibilità può essere attivata dalla Presidenza sul maxiemendamento solo a condizione che il Governo preannunzi che, su tale maxiemendamento, intenda porre la questione di fiducia. Si tratta, dunque, di un preannunzio, onorevole Evangelisti, subordinato alla verifica di alcune condizioni. Queste ultime, a nostro giudizio, si stanno verificando: il numero complessivo delle proposte emendative presentate questa mattina è pari a diverse centinaia - circa 800 emendamenti - per cui, nonostante la buona volontà del suo gruppo, riteniamo che, probabilmente, quel preannunzio, al termine della discussione sulle linee generali, si potrebbe tramutare in realtà. Ma, appunto, si tratta di un preannunzio...

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FABIO EVANGELISTI. È una pistola puntata alla tempia del Parlamento!

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti, la prego.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Come dicevo, si tratta di un preannunzio fatto nei confronti della Presidenza al fine di attivare le procedure.
Comunque, intendo rassicurare i colleghi delle Commissioni, onorevole Tabacci, che il Governo ha grande rispetto per il lavoro delle Commissioni e dei relatori; non sempre questo è accaduto: ci sono stati casi, presidente Tabacci, nella scorsa legislatura, di presidenti di Commissione che si sono dovuti dimettere, perché il Governo Prodi ha posto la fiducia su testi completamente difformi da quelli della Commissione (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Mi pare che ciò non abbia suscitato scandalo tra gli allora colleghi di quei presidenti di commissione di sinistra. Posso preannunciare che le Commissioni avevano deciso di non concludere l'esame, di non trattare alcune questioni segnalate dal Governo, e avevano, in tal modo, autorizzato il Governo a ripresentare le questioni, segnatamente quelle dell'articolo 60, all'Aula.
Posso preannunciare, ma se date modo al Ministro Tremonti di intervenire, come richiesto, lo farà lui nel dettaglio, che l'emendamento predisposto per l'Aula comprende le modifiche apportate dalle Commissioni e comprende alcune disposizioni sulle quali le stesse Commissioni hanno ritenuto di non essere in grado di concludere l'esame (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)...

BRUNO TABACCI. Non è così!

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento... e che fanno riferimento, come dicevo prima, all'articolo 60, che concerne la modifica della disciplina del contenuto della legge finanziaria.
Sono state, poi, inserite alcune disposizioni, come richiesto dalle Commissioni e dalla Conferenza unificata Stato-regioni, per quanto riguarda il concorso dello Stato alla copertura di ticket. Come convenuto nelle Commissioni, è stata prevista la totale esclusione delle autorità indipendenti anche dalle nuove disposizioni stabilite in termini di organismi collegiali.
Come verificato sulla base di una richiesta con un grande consenso generale, è stata inserita una nuova disciplina dei contributi per talune imprese radiofoniche e sono state apportate modificazioni alle semplificazioni in tema di documentazione richiesta dalla disciplina in materia di privacy, anche questa materia oggetto di dibattito nelle Commissioni.
Credo, signor Presidente, che il Governo abbia operato correttamente, con rispetto del lavoro del Parlamento e con trasparenza. Quello che non si può chiedere è che, anche rispetto ai precedenti cui siamo stati abituati, si urli allo scandalo e alla vergogna, quando abbiamo semplicemente operato come ci era stato richiesto e quando il Ministro Tremonti, come era stato richiesto, è presente stamattina in Aula per illustrare la manovra finanziaria, il contenuto del decreto-legge n. 112 del 2008 e anche il contenuto dell'emendamento, che, proprio per trasparenza della discussione generale, si è voluto che fosse già a disposizione delle Commissioni e di tutti i colleghi (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

TERESIO DELFINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, mi affido alla sua interpretazione del Regolamento sull'intervento del Ministro Vito, perché, di solito, quando parla un Ministro, si può, in questo Parlamento, interloquire. Quindi, chiedo a lei se sono autorizzato, perché...

PRESIDENTE. Il semplice fatto che stia parlando credo le fornisca la risposta, prego.

TERESIO DELFINO. La ringrazio, signor Presidente. Non possiamo non manifestare,Pag. 6almeno personalmente, lo stupore per l'intervento del Ministro Vito, che quasi fa emergere dal suo intervento che questa procedura di bilancio sarebbe stata richiesta da qualcuno.
Vorrei che questo qualcuno si alzasse in Aula, perché ricordo al Ministro Vito e al Ministro Tremonti che l'esaltazione dell'innovazione della procedura di bilancio, poi culminata in quella splendida dichiarazione per cui la manovra, questa manovra, era stata approvata in nove minuti e mezzo dal Consiglio dei ministri, era per me, ma credo per tutte le opposizioni e per tutti coloro che amano questa Assemblea parlamentare, certamente un momento non bello. Noi ricordiamo - forse siamo un po' datati e antichi - quante discussioni, Presidente Fini, avvenivano nella prima Repubblica nel Consiglio dei ministri per approvare una manovra finanziaria.
Lo dico al collega e Ministro Vito: possiamo discutere, dobbiamo discutere, sicuramente, dei Regolamenti parlamentari; dobbiamo discutere, sicuramente, della modifica della legge n. 468 del 1978 e delle procedure di bilancio, ma lo scempio - non voglio usare altra parola - che è stato fatto della normativa oggi vigente per l'approvazione dei provvedimenti che stiamo discutendo, che si inseriscono totalmente e pienamente nelle procedure di bilancio, credo che sia sotto gli occhi di tutti.
E negarlo, ribadendo in questa sede che siamo nel pieno rispetto, come lei ha detto, delle procedure parlamentari, credo che sia, francamente, un'affermazione assolutamente di principio, che non è concreta; perché nel rapporto che c'è sempre stato - nella divisione dei poteri di Montesquieu - tra Governo e Parlamento, oggi abbiamo sicuramente fatto tanti passi in avanti, negando nella sostanza, per tante questioni, il ruolo di questo Parlamento.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

TERESIO DELFINO. Perciò ritengo che registriamo oggi nelle sue parole una mortificazione del Parlamento e che oggi scriviamo una brutta pagina per il ruolo del Parlamento; e credo, signor Presidente, in conclusione, che a lei spetti soprattutto verificare con grande attenzione e per la carica che riveste, che tale ruolo sia sempre salvaguardato (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori).

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, credo, a premessa del richiamo agli articoli 119 e 123 del Regolamento cui mi riferirò nel mio intervento, che sia necessario dire che questa preannunciata da parte del Governo è una fiducia assai pesante, che tende a compromettere sempre più i rapporti tra quest'Aula, questo Parlamento e il Governo nazionale. È vero che le Commissioni riunite V e VI hanno concluso nella mattinata, avendo lavorato lungamente, i propri lavori e l'esame del provvedimento; ma il provvedimento - lo vorrei ricordare - è stato completamente stravolto dall'inserimento di contenuti che erano previsti nel disegno di legge collegato, ed è quindi diventato un treno su cui si è cercato e si cercano di inserire una serie di misure che erano stabilite in altri provvedimenti non sottoposti ad urgenza, e quindi sottoponibili a una discussione ampia della Camera e del Senato, e che invece così sono affrontate in un tempo ristretto.
Ciò premesso vorrei chiedere, signor Presidente, se lei intenda procedere ad aprire la fase della discussione sulle linee generali, quando in realtà stiamo apprezzando il fatto che sia presente il Ministro dell'economia, che, se ho capito bene, è qui per comunicare da parte del Governo le linee di indirizzo di politica di bilancio, così come previsto dall'articolo 123. Se di questo si tratta, e non dell'apertura della fase della discussione sulle linee generali, è chiaro che dopo le comunicazioni del Ministro si deve aprire una discussione, un dibattito relativo ad esse, e solo a seguitoPag. 7di questo dibattito è possibile aprire la fase della discussione sulle linee generali su un provvedimento che naturalmente a noi adesso risulta ignoto nei contenuti, visto che il Governo ha deciso di preannunciare la posizione della questione di fiducia su un testo sconosciuto all'Aula, sconosciuto alla Commissione, e che deve essere ancora preso in visione da parte della Presidenza ai fini dell'ammissibilità. È quindi chiaro che prima della discussione sulle linee generali probabilmente si debba attendere l'ammissibilità da parte della Presidenza e poi avviare la discussione sulle linee generali sul provvedimento medesimo, dopo avere avuto contezza dei contenuti di esso.

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, prendo la parola sull'intervento del Ministro Vito. Non voglio fare della demagogia: tutti sapevamo che questa vicenda sarebbe finita con una richiesta di fiducia del Governo su un maxiemendamento.
Però credo che vi sia, come sempre, modo e modo di fare le cose. D'altronde, siamo di fronte ad un Parlamento che viene sistematicamente violentato da questo Governo e da questa maggioranza. In cinquantotto giorni, il Consiglio dei ministri ha varato sessantasette provvedimenti tutti dichiarati di urgenza: fra di essi, invece, sappiamo bene che ve ne sono molti che non rivestono questo carattere. Dunque, non solo violenza al Parlamento ma - credo - violenza anche ad altri organi costituzionali che sono in qualche modo costretti a controfirmare simili decreti.
Per favore, dunque: evitiamo la demagogia perché a questo punto siamo di fronte al preannuncio da parte del Presidente della Camera della presentazione di un maxiemendamento sul quale il Governo intende porre la questione di fiducia; ciò mi porta a dire: togliamo, togliete la demagogia da questo dibattito! Si alzi il Ministro per i rapporti con il Parlamento, dichiari che deposita in questo momento quel maxiemendamento e finiamola qui, passando poi a discutere sulla fiducia. Perché è inutile prendere in giro tutti noi come state facendo in questo momento (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo?

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, io credo che...

PRESIDENTE. Per richiamo al Regolamento, onorevole?

ANTONIO DI PIETRO. Certamente.

PRESIDENTE. Lo ha appena fatto, per il suo gruppo, il collega Borghesi.

ANTONIO DI PIETRO. Ascolti anche me, se non le dà fastidio.

PRESIDENTE. Beh, se vogliamo innovare... Di solito lei fa sempre riferimento al rispetto dei regolamenti e delle leggi...

ANTONIO DI PIETRO. Mi pare che lei dovrebbe fare riferimento al rispetto di molte altre cose qui dentro: e anche del Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Proteste dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro...

ANTONIO DI PIETRO. Lei ha il dovere di ascoltare anche le critiche.

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, io le chiedo, ai sensi del Regolamento, a quale titolo chiede la parola. Gradirei una risposta.

ANTONIO DI PIETRO. Sull'ordine dei lavori, Presidente.

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PRESIDENTE. Prego.

ANTONIO DI PIETRO. Grazie. Io credo invece - contrariamente a quanto pensano gli altri - che bisogna fare esattamente quanto il Governo ha detto di fare. Il Governo dichiara che c'è un'urgenza perché ci sono questioni economiche che interessano i cittadini in materia finanziaria: c'è, insomma, una contabilità da mettere in ordine e si devono affrontare problemi gravissimi che finora, per esigenze diverse e personali, non si sono potuti affrontare. L'urgenza è tale, anzi, che - ce l'ha detto - intende anche provvedere con la fiducia, dopo aver provveduto con decreto-legge.
Vorrei entrare subito nel merito. Noi dell'Italia dei Valori, su alcuni punti di merito contenuti nel provvedimento, crediamo anche di poter dare una mano perché vengano approvati. Ed allora io credo che dovremmo avere tutti il coraggio e l'umiltà di essere meno ipocriti e di non prenderci in giro. Io non voglio essere classificato fra i «fannulloni» del Ministro Brunetta, e credo che far lavorare il Parlamento per due giorni a vuoto - perché tanto già si è deciso che c'è un emendamento governativo su cui poi verrà posta la fiducia - significa farci giocare come bambini, perché tanto poi arriverà il pastore che ci dirà: questo è il provvedimento, questa la fiducia: prendere o lasciare. E allora dico: perché preannunciare ipocritamente la fiducia, lasciarci giocare per un giorno o un giorno e mezzo su una discussione che tanto non serve a nulla, senza poter affrontare nel merito subito quel che c'è da affrontare? Tutto ciò, peraltro, considerato che in questi giorni il Parlamento è già stato bloccato per l'esame di misure che non avevano nulla di urgente, mentre qui l'urgenza c'è, ed è forte: noi condividiamo infatti il fatto che vi sono molte ragioni di urgenza per provvedere ai bisogni delle famiglie e al rilancio dell'economia del Paese! Proprio per questa ragione, si abbandoni l'ipocrisia! Chiedo dunque formalmente al Ministro dell'economia non di preannunciare la questione di fiducia, ma di alzarsi e dichiarare che la pone indicando le ragioni per cui lo fa, e chiedo che su questo si discuta immediatamente.
Risparmiamo due giorni di tempo e risparmiamo al Parlamento, che deve giocare a vuoto, due giorni di umiliazione e al Paese, che deve aspettare i giochini del Parlamento, due giorni di preoccupazione (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Di Pietro. Cercando di raccogliere alcune delle indicazioni che sono giunte dal dibattito, credo che sia doveroso ascoltare adesso i due relatori perché riferiscano quanto è stato fatto dalle Commissioni medesime nel corso delle molte ore di discussione che le hanno impegnate. Colgo, tra l'altro, anch'io l'occasione per ringraziare i membri delle Commissioni, che certamente non si sono astenuti da un grande impegno se è vero, com'è vero, che il provvedimento è stato licenziato alle sei della mattina (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Il Ministro dell'economia e delle finanze ha accettato l'invito che è stato rivolto dalla Conferenza dei presidenti di gruppo per illustrare questa mattina la manovra in generale e - credo - anche il contenuto di quel maxiemendamento che il Governo ha presentato e sul quale il Ministro Vito ha preannunziato l'intenzione di porre la questione di fiducia.
Ha certamente ragione l'onorevole Quartiani quando dice che diventa difficile iniziare la discussione sulle linee generali quando vi è un maxiemendamento che la stessa Presidenza sta ancora valutando, essendo stato presentato ieri. La conseguenza logica è la seguente: ascoltiamo i due relatori, ascoltiamo il Ministro, al termine sospenderò la seduta per dar modo alla Presidenza di valutare l'ammissibilità di tutto il maxiemendamento, e soltanto nel momento in cui il maxiemendamento sarà licenziato e portato a conoscenza dei gruppi in quel momento inizieremo gli interventi in sede di discussione sulle linee generali.Pag. 9
Al termine dell'intervento del Ministro, convoco la Conferenza dei presidenti di gruppo per definire in modo più compiuto il percorso per la giornata di oggi e per le successive. Il relatore per la V commissione, onorevole Zorzato, ha facoltà di svolgere la relazione.

MARINO ZORZATO, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, ringrazio anche i colleghi, ma mi corre l'obbligo di fare una premessa. Nell'intervento che mi accingo a fare, do per certo e scontato che quanto il Ministro Vito ha dichiarato in sede di Commissioni riunite - e cioè, quanto il rispetto dei lavori delle Commissioni sia contenuto nel testo del Governo (e ragiono in questo senso) - e che quanto il ministro Vito e i presidenti di Commissione hanno detto nel corso dei nostri lavori - ossia che il testo sarebbe stato quello che le Commissioni avevano elaborato, ad eccezione di alcune materie non trattate, ma annunciate dal Governo - sia quanto noi abbiamo prodotto, e credo che così sia.
Ed è in questo senso che, ancora in premessa, ricordo che il Parlamento è fatto di Aula e di Commissioni e che il lavoro svolto in Commissione - devo dire anche con il contributo dell'opposizione - è stato defatigante, lungo e difficile ma sicuramente - poi cercherò di esporlo - anche costruttivo rispetto ai contenuti del testo.
Ecco allora che la premessa di questo provvedimento sta nel Documento di programmazione economico-finanziaria del Governo nel quale erano - e sono - individuati quattro obiettivi essenziali dell'azione del Governo: ridurre il costo complessivo dello Stato, rendere più efficace l'azione della pubblica amministrazione, ridurre il peso della burocrazia per i cittadini e spingere l'apparato dell'economia verso lo sviluppo.
Il provvedimento al nostro esame non è solo l'anticipazione della manovra finanziaria per il 2009, ma rappresenta un insieme di misure dirette a correggere in positivo l'andamento del tasso di crescita del PIL e ad accelerare il risanamento della finanza pubblica nel rispetto degli impegni assunti con l'Unione europea.
Il Governo Berlusconi si è trovato a dover fronteggiare un grave deterioramento del quadro economico internazionale ed europeo, ed ha messo mano immediatamente ad interventi incisivi per ridare slancio all'economia e intervenire, quindi, in modo riduttivo sulla spesa corrente, evitando qualsiasi inasprimento fiscale ed operando, invece, in senso riduttivo (ecco allora l'eliminazione dell'ICI sulla prima casa e la detassazione degli straordinari e dei premi di produzione).
L'Italia si trova ad affrontare l'attuale difficile congiuntura economica in condizioni di relativa debolezza, in quanto l'eccesso di tassazione del Governo Prodi ha impedito al nostro Paese di usufruire di quella che era una «ripresina» economica verificatasi in Europa.
La depressione del ciclo economico prodotta anche dalla politica finanziaria del precedente Governo, in particolare dall'azione del Ministro Visco, ha debilitato il Paese deprimendo la domanda interna e gli investimenti e ci ha lasciato in eredità un'economia praticamente stagnante.
In questa situazione si è inserito il grave deterioramento dell'economia statunitense generato dalla crisi dei mutui che appare, di giorno in giorno, sempre più drammatica. Sembra quasi di tornare alla condizione del 1929. Tale situazione, purtroppo, sta avendo riflessi anche in Europa e in Italia. Nello stesso contesto abbiamo anche registrato l'aumento vertiginoso dei prezzi del petrolio e del gas naturale, che è particolarmente grave per il nostro Paese data la nostra pressoché totale dipendenza dalla fonte petrolifera per gli approvvigionamenti energetici, dipendenza che deriva anche dalla decisione degli anni Ottanta di abbandonare la fonte nucleare per la produzione di energia elettrica.
Come non bastasse, in tale contesto abbiamo avuto anche l'impennata dei prezzi di alcuni prodotti agricoli fondamentali: grano e mais. Ciò sia a causa della crescita della domanda internazionale,Pag. 10soprattutto nei Paesi emergenti, sia per la domanda derivante dall'impiego su larga scala, non privo di controindicazioni, di cereali per la produzione di biocarburanti.
In tale situazione era dovere del Governo non perdere tempo e intervenire con un provvedimento articolato e complesso, ma incisivo e innovativo, quale quello che stiamo esaminando. Pertanto, respingo le critiche sull'uso dello strumento del decreto-legge. Non saprei in quale altro modo affrontare velocemente emergenze come quelle che ho descritto in questo momento.
Intanto descrivo, anche se per sommi capi, i contenuti del provvedimento che abbiamo esaminato. Abbiamo pensato ad un piano industriale per la pubblica amministrazione finalizzato a ridurre costi e contemporaneamente a modernizzare a fondo le modalità di funzionamento dell'apparato pubblico. Inoltre, la semplificazione in materia di giustizia, le norme in materia di privatizzazioni e soprattutto le misure per la stabilizzazione della finanza pubblica e il contenimento della spesa per il pubblico impiego attraverso misure innovative finalizzate ad accrescere la produttività delle strutture pubbliche che devono essere poste a servizio dei cittadini e non viceversa.
Naturalmente, le norme di contenimento della spesa vanno estese - attraverso quello che abbiamo fatto, ossia la revisione del patto di stabilità interna - anche a regioni ed enti locali, altrimenti la manovra di contenimento, specie per la parte corrente, sarebbe fortemente carente se non addirittura monca. Discorso simile, ovviamente, si è fatto per la sanità, che rappresenta una voce importante di spesa per il bilancio dello Stato, poiché la programmazione delle risorse per la spesa sanitaria deve essere rigorosa per assicurare i livelli essenziali di assistenza ma allo stesso tempo non deve lasciare spazio a sprechi, inefficienze e abusi. Pertanto abbiamo varato, in particolare, il piano straordinario per la verifica delle invalidità civili la cui crescita eccessiva sta ad indicare che qualcosa non funziona.
Di rilievo, anche se molto discussa, e mi limito perciò a citarne solo il titolo, è il tema della Robin Hood tax che va a «toccare», per ragioni di equità sociale, i settori che hanno prodotto extraprofitti. Ecco allora il settore petrolifero, quello del gas, le banche e le assicurazioni.
La caratteristica innovativa più rilevante, però, del nostro testo sta nelle drastiche misure quali il cosiddetto «taglia-leggi», che riguarda 3.574 disposizioni normative vecchie e obsolete che hanno esaurito i loro effetti e che vengono abrogate. Il cosiddetto «taglia-tempi» amministrativi. Il taglio degli enti pubblici; taglio molto drastico: vengono cancellati tutti quelli che hanno una dotazione organica inferiore a cinquanta unità e anche quelli che hanno un numero maggiore di dipendenti e che, tuttavia, non siano confermati dai Ministri entro il 31 dicembre 2008. Inoltre, ricordo il cosiddetto «taglia-carta». Pertanto, procediamo verso l'ampliamento dei sistemi telematici. Inoltre, le norme denominate imprese in un giorno, tese a ridurre drasticamente i tempi per gli adempimenti burocratici per l'avvio delle imprese.
Di grande rilievo, poi, sono gli interventi a favore dell'installazione di reti a banda larga e il sostegno all'internazionalizzazione delle imprese. Tuttavia, il punto in cui tocchiamo a fondo il nucleo del provvedimento è il nodo dell'energia. Viene definita una nuova strategia energetica nazionale nel cui ambito ricompare, finalmente, la realizzazione degli impianti per l'energia nucleare. E poi il piano casa a favore dei nuclei familiari a basso reddito, delle giovani coppie, degli anziani e di quelli che sono in condizioni economiche svantaggiate. Il tutto per ridurre le tensioni abitative specialmente nei grandi centri.
Signor Presidente, abbiamo citato prima il lavoro delle Commissioni. Questo era nel testo del Governo che abbiamo emendato e corretto, ma vorrei - ovviamente d'intesa con il Governo - ricordare alcuni elementi di nuova introduzione nel testo che ho trovato importanti proprio per il rilancio dell'economia e per i cittadini.Pag. 11Tra questi vi è l'intervento sul Fondo per le aree sottoutilizzate, il FAS, che ha confermato il rapporto dell'85 per cento e del 15 per cento dei fondi tra aree del sud e del nord.
Vi è, inoltre, l'introduzione del capitolo sugli stati produttivi e sui redditi di impresa. Siamo passati dalle parole ai fatti: la banca del Mezzogiorno è un investimento e forse anche una scommessa. Ricordo poi la modifica del testo sul tema dello sfruttamento di giacimenti di idrocarburi nel golfo di Venezia: è stato introdotto il tema dell'intesa con la regione, cioè un principio federalista.
Viene prevista la revisione e l'introduzione del «piano casa», come dicevo anche in precedenza, attraverso la dotazione di un fondo di 24 milioni di euro per l'acquisto della casa per le giovani coppie. Vi è, inoltre, la disponibilità alla vendita di infrastrutture militari non funzionali per finanziare il settore difesa: dopo anni di parole consentiamo finalmente di fare cassa per la difesa.
Il testo reca la innovativa disciplina sui servizi pubblici locali a rilevanza economica. Ricordo l'importante discussione in Commissione con i colleghi Tabacci e Lanzillotta. L'impressione che ho avuto era che vi fosse quasi l'invidia dei colleghi, perché finalmente il testo diventava efficace ed efficiente, un testo molto simile a quello che hanno paventato per anni e che non sono riusciti a fare, che liberalizza il settore e lo porta in gara determinando economie per i cittadini, tariffe più basse e servizi più efficienti.
Si prevedono, inoltre, la semplificazione nei trasferimenti degli atti per le partecipazioni societarie, l'abolizione del ticket e il rifinanziamento del 5 per mille. Sono stati operati anche alcuni correttivi sul turn over per quanto riguarda le forze del comparto sicurezza, finanziando con 100 milioni di euro in tre anni il settore e, quindi, garantendo la totale copertura del turn over ed abbiamo escluso dalla disposizione sui trattamenti per infermità tutto il settore sicurezza e difesa.
Come dicevo in precedenza è stato costituito il Fondo per il comparto sicurezza e difesa, rimodulato il patto di stabilità per comuni, province e regioni e finanziato - questo mi pare sia nell'emendamento del Governo - con 400 milioni di euro il patto per la salute riferito al tema del taglio dei ticket.
Signor Presidente, questa sommaria descrizione rende evidente la portata fortemente innovativa del provvedimento in esame sottoposto dall'opposizione a critiche del tutto immotivate e a mio avviso preconcette. Il Governo vuole dare una scossa alla nostra economia intorpidita e questo è, a nostro giudizio, uno strumento utile per perseguire tale obiettivo. Si tratta solo di un primo passo per una profonda ed incisiva modernizzazione della nostra economia e delle amministrazioni pubbliche centrali, regionali e locali, cui seguiranno altri provvedimenti dello stesso segno diretti ad accelerare il processo e a correggere eventuali problemi sorti in corso d'opera.
Come è noto a tutti si annunciano tempi difficili per l'economia mondiale, europea ed ovviamente per la nostra. Le sfide che avremo davanti sono impegnative e per questo dobbiamo dimenticare il particolare e guardare l'interesse generale. Ogni componente della società e dell'economia deve fare la propria parte per far uscire il Paese dalle secche in cui si è cacciato, altrimenti non sarà possibile evitare il declino della nostra economia e quindi del nostro tenore di vita.
Dobbiamo mettere da parte antichi e nuovi egoismi e creare un contesto in cui i nostri imprenditori, che sono stati il motore della straordinaria crescita economica del nostro Paese nella seconda metà del secolo scorso, possano tornare ad operare al fine di rilanciare lo sviluppo con l'inventiva, la genialità, lo spirito di iniziativa tipici soprattutto dei medi e piccoli imprenditori italiani. Il nostro grande patrimonio di capacità imprenditoriali ha avuto le ali tarpate da una stagione di eccesso di fiscalità, di eccesso di regolamentazione, di eccesso di burocrazia che ha portato alla stagnazione economica.
Occorre ridurre anche il peso della burocrazia pubblica a livello centrale ePag. 12locale, ormai soffocante per la finanza pubblica e, quindi, per la nostra economia e, nello stesso tempo, rendere più efficienti i servizi e le prestazioni che il settore pubblico nel suo complesso fornisce ai cittadini. L'aver anticipato la manovra economica ci consentirà in autunno di affrontare con una legge finanziaria più snella la sfida del federalismo fiscale.
Sono quindi evidenti gli obiettivi di fondo del provvedimento al nostro esame, che riteniamo fondamentale per il nostro Paese e per tutti cittadini. Ovviamente è un provvedimento che sosteniamo e che proponiamo all'Assemblea per l'approvazione.

PRESIDENTE. Il relatore per la VI Commissione, onorevole Jannone, ha facoltà di svolgere la relazione.

GIORGIO JANNONE, Relatore per la VI Commissione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli ministri, credo che, anche avendo ascoltato e cercando di esercitare il mio ruolo di sintesi di relatore della VI Commissione, non si possano non prendere in considerazione le affermazioni dell'opposizione. Infatti, il lavoro delle Commissioni è stato utile, sia quello svolto da parte dei colleghi della maggioranza sia quello svolto da parte di quelli dell'opposizione. Anche questa mattina alcune delle considerazioni svolte hanno un loro senso specifico. È chiaro che questa manovra - innovativa per molti aspetti, gli stessi che ha testè evidenziato il relatore onorevole Zorzato - suggerisce la necessità di contestualizzare l'evidenza di alcune riforme, che non possono più essere ritardate.
È evidente ormai che ce ne sono almeno quattro urgenti non per la maggioranza, né per l'opposizione, ma per il Paese. È infatti chiaro che, sotto il profilo del quadro normativo e istituzionale, il ricorso continuo alla decretazione d'urgenza, non da parte di questa maggioranza o di questo Governo, ma da parte di qualsiasi Governo chiamato a guidare il Paese, sia diventato necessario. Infatti, esiste un'evidente discrasia tra i tempi necessari dell'economia e i problemi posti ai cittadini e i tempi troppo lunghi dell'iter legislativo di un sistema bicamerale perfetto.
Dobbiamo tutti porci questo tema che è stato evidenziato anche questa mattina negli interventi degli onorevoli Di Pietro, Evangelisti, Borghesi e Delfino. Vi è evidentemente un problema che non è di parte, ma è del Paese e delle istituzioni tutte. È chiaro, quindi, che il ricorso ai maxiemendamenti, ai decreti-legge, alle questioni di fiducia, più volte utilizzate dal Governo Prodi e moltissime volte con lo stesso meccanismo con cui oggi siamo costretti ad utilizzarle, evidenzia questa discrasia e questo problema di contesto, reiterato e che più volte è stato sottolineato anche dalla Presidenza della Repubblica. Siamo noi stessi a dover cercare di risolverlo con delle riforme innovative.
Lo stesso dicasi per l'iter del disegno di legge finanziaria. È stato detto prima da alcuni colleghi dell'opposizione che questa è una legge finanziaria anticipata in maniera innovativa. Signor Presidente, è certamente vero: oggi svolgiamo una manovra economica nel periodo estivo con una novità assoluta rispetto al contesto che vedeva la legge finanziaria approvata obbligatoriamente entro fine anno. Tuttavia, non dimentichiamo che è stata la situazione economica generale a imporre al Ministro e al Parlamento questa anticipazione dei tempi. La situazione, non solo italiana, ma di contesto globale e mondiale, impone che una manovra per lo sviluppo venga svolta oggi: dicembre sarebbe stato troppo tardi. Inoltre, i meccanismi della manovra finanziaria, che tutti sappiamo essere stati da sempre nel Paese particolarmente lunghi, laboriosi e oggetto di trattative spesso localistiche, particolari e individualistiche, poco si possono abbinare ad una situazione generale di contesto di assoluta emergenza quale quella attuale.
Infatti, onorevoli colleghi, non vi è dubbio - tocco un altro tema che è stato più volte trattato nel corso dell'esame nelle Commissioni - che anche in materia di riforma federale si stia intervenendo sinPag. 13dalla passata legislatura con una certa difformità, intervenendo con spot e non certo con modelli di sistema. È vero, inoltre, che anche questa riforma deve essere una volta per tutte trattata compiutamente. Infatti, l'assoluta necessità del Paese di avere una riforma federale porta tutti noi ad intervenire con provvedimenti tampone, che in realtà non affrontano e non risolvono questo problema atavico, che va invece affrontato nella sua compiutezza una volta per tutte.
Il contesto, signor Presidente, non è solo istituzionale e normativo, ma è anche economico. Siamo in una situazione economica particolare - è inutile ignorarlo - vicino alla stagflazione, ovvero alla presenza di stagnazione ed inflazione. Si tratta di un contesto estremamente complesso e difficile non solo per l'Italia, ma anche per l'Unione europea e per l'economia mondiale.
Con questa manovra - come diceva prima l'onorevole Zorzato - si è voluto cercare di utilizzare alcune leve, tra cui quella fiscale, per imprimere una forte accelerazione alla possibilità di sviluppo economico del Paese. È chiaro che sono stati effettuati anche dei tagli che, come sappiamo tutti noi, sono in parte dolorosi, in parte impopolari e certamente possono creare qualche frizione tra gli stessi appartenenti all'Esecutivo.
Ma nessun Paese al mondo oggi, e tanto meno l'Italia che è un Paese trasformatore per eccellenza e che non dispone di materie prime e paradossalmente non dispone neanche di centrali nucleari, le quali garantirebbero una possibilità di approvvigionamento di energia alternativa al petrolio, nessun Paese può cercare di supplire a questa situazione di emergenza senza ricorrere a tagli, che certamente possono non essere condivisi, ma che sono quanto mai necessari. Il Governo, quindi, rivendica e la maggioranza si assume la responsabilità di questi tagli che io credo debbano essere in qualche modo condivisi o quantomeno compresi dall'opposizione.
La maggioranza si è posta l'obiettivo, e il lavoro svolto nelle Commissioni è stato estremamente importante su questi argomenti, di arrivare compiutamente a realizzare alcune priorità. Lo abbiamo visto nei primi provvedimenti del Governo sull'ICI, oggi con una manovra che punta allo sviluppo; abbiamo visto che sono stati trattati alcuni dei temi più importanti per la vita economica e sociale del Paese in questa manovra. L'onorevole Zorzato li ha riassunti tutti per cui non voglio soffermarmi oltre; sarà compito di tutti gli interventi - vedo che sono moltissimi - approfondirli. Sono tutti argomenti che sono stati affrontati nelle Commissioni con un ruolo fondamentale che il presidente Conte e il presidente Giorgetti hanno fatto svolgere all'opposizione.
Voi sapete bene, e in questo vi chiedo il rispetto del lavoro che è stato svolto anche di notte e di mattina presto da parte di tutti, che i contributi dell'opposizione e di ciascun intervento all'interno delle Commissioni, sono stati seriamente ascoltati, presi in considerazione e spesso fatti propri dalle Commissioni nella loro interezza. Ciò significa che il modus operandi delle Commissioni non è stato certamente di parte ma ha voluto comprendere, tenere in conto e rispettare i suggerimenti tecnici condivisi, anche dell'opposizione.
Credo che ci siano alcuni problemi di questo Paese, alcuni atavici, altri di emergenza, che meritano da parte di tutti rispetto, soprattutto perché coinvolgono la vita dei cittadini e perché la loro soluzione richiede un'assunzione di responsabilità da parte di tutti, non solo da parte del Governo e della maggioranza.
Credo che il Governo possa portare al proprio attivo la risoluzione di alcune delle emergenze che già gravavano sul Paese, come quella dei rifiuti. Ritengo che questa manovra possa portare a soluzioni in sé importanti per una situazione economica che è seria, e probabilmente continuerà ad esserlo nei prossimi mesi. Molto di quanto è stato fatto su alcuni degli argomenti salienti che toccano il nostro Paese (penso all'intervento sulla Robin tax, al piano case, ai molti interventi che il Ministro Tremonti ha voluto personalmente e che noi abbiamo analizzato nelle Commissioni) rappresenta soluzioniPag. 14che dovrebbero essere condivise da tutti, e se non lo sono nella loro oggettività e assolutezza, certamente propongono un sistema innovativo per cercare di far cambiare marcia al Paese.
Ci sono alcuni temi che a noi stanno particolarmente a cuore e che hanno un risvolto sociale importante, ad esempio la politica per la famiglia, che sono stati affrontati e in parte risolti con l'aiuto di tutti. Lo stesso vale per il piano casa in cui i suggerimenti delle opposizioni sono stati assunti spesso come propri da parte della maggioranza e dei relatori e votati favorevolmente da tutti.
Ce ne sono altri che sono innovativi come l'utilizzo delle somme confiscate da parte delle procure e, comunque, il porsi questo problema nelle Commissioni affinché venga risolto, è uno di quei temi che meriterà quanto prima l'attenzione del Parlamento.
Esistono risorse nel nostro Paese (molti non lo sapevano) che sono state evidenziate anche grazie ad alcune trasmissioni giornalistiche, come Report di Rai3 e altre forme di giornalismo, che hanno posto in evidenza i problemi delle incongruenze e gli sprechi nelle efficienze del nostro Paese, che sono diventati poi patrimonio di tutti e da tutti affrontati in maniera utile e positiva. Alcuni tagli effettuati agli enti locali, alcune discrasie che erano classiche da decenni, i fondi confiscati dalle procure che nessuno sa quanti possano essere, dove siano e che non solo non forniscono alcun reddito o utilità allo Stato ma causano persino, paradossalmente, dei costi, sono tutti argomenti di carattere innovativo affrontati in questa riforma.
Ce ne sono altri che personalmente mi stanno particolarmente a cuore, che sono stati già oggetto di un approfondimento importante in questa riforma, ma che meriteranno ulteriori deduzioni: penso al 5 per mille e ad altri provvedimenti che in questa manovra hanno trovato finalmente le energie e le risorse da subito. Non dimentichiamoci, colleghi, che un provvedimento importante come quello del 5 per mille che sostiene e ha sostenuto tutto il mondo delle ONLUS e del volontariato italiano, aveva portato negli scorsi esercizi, durante il Governo Prodi, il Gruppo per la sussidiarietà - compreso chi vi parla ma anche molti colleghi di entrambi gli schieramenti - ad andare con il cappello in mano dal Ministro dell'economia e delle finanze all'ultimo secondo, quasi al 30 dicembre, a chiedere che il 5 per mille venisse finanziato. Ebbene, con questa manovra, già da luglio tutte le associazioni di volontariato e tutto il mondo delle ONLUS italiane sanno che queste risorse esistono e che sono immediatamente disponibili.
Credo che si tratti di un'innovazione importante, che consente a queste associazioni di impostare un bilancio di budget e di avere finalmente la possibilità di dedicarsi ai loro scopi istituzionali, che sono spesso di supplenza a ciò che il Paese e le istituzioni preposte non riescono a fare. Ritengo, inoltre, che la ricerca di questi fondi, già trovati a luglio, che permette di evitare di correre con il cappello in mano gli ultimi giorni di dicembre dal Ministro dell'economia e delle finanze, ponga un problema ulteriore e la necessità di compiere un passo ulteriore, che è caro al Gruppo della sussidiarietà e a molti colleghi della maggioranza e dell'opposizione: rendere il 5 per mille una misura stabile, in modo tale che ogni anno non si debba richiedere e ricorrere a queste forme improvvise di finanziamento.
Diamo quindi atto al Ministro Tremonti e al Governo di avere fortemente innovato il meccanismo della finanziaria, del quale prendiamo atto affinché possa essere un punto di partenza futuro per evitare tutte quelle leggi finanziarie che avevano come unica certezza l'approvazione entro il 31 dicembre di ogni anno, ma che - come voi sapete - avevano un iter, un percorso legislativo, particolarmente complesso, spesso individualistico e molte volte lontano dalle esigenze reali del Paese.

PRESIDENTE. Onorevole Jannone, la prego di concludere.

GIORGIO JANNONE, Relatore per la VI Commissione. Signor Presidente, mi apprestoPag. 15a concludere, anche perché credo che sia più utile ascoltare le esigenze e gli interventi dei colleghi, piuttosto che ripetere le nostre argomentazioni. Ritengo che questa manovra sia da sostenere, che le innovazioni introdotte siano importanti e che sia certamente un intervento che può far crescere e determinare lo sviluppo del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti e gli insegnanti dell'istituto Cristoforo Colombo di Buenos Aires, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi). Si tratta di un'istituzione educativa e culturale importante nel rapporto italo-argentino ed è certamente un punto di riferimento per la nostra cultura in sud America. Da nove anni, ininterrottamente, ogni anno vengono in visita in Italia e hanno il piacere di visitare la Camera dei deputati: quindi benvenuti anche questa volta. Vi ringraziamo (Applausi).
Ha facoltà di parlare il Ministro dell'economia e delle finanze, onorevole Tremonti.

GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, onorevoli colleghi, pur se la mia presenza in quest'Aula è stata richiesta dalla Conferenza dei presidenti di gruppo, considero comunque per me un grande onore prendere oggi la parola in questa sede. Vi ringrazio per la vostra cortesia e chiedo la vostra attenzione per avere la possibilità di formulare alcune considerazioni che non sono limitate all'atto Camera n. 1386-A, ma sono estese ad un campo più generale.
L'azione di politica economica del Governo è mirata a due obiettivi essenziali: la stabilizzazione triennale del bilancio pubblico della Repubblica e la costruzione di una migliore piattaforma istituzionale e legale per lo sviluppo industriale. Più in particolare, la stabilizzazione triennale dei conti pubblici, operata con il decreto-legge oggi in discussione, si caratterizza in base a due elementi essenziali: la concentrazione della manovra prima dell'estate e la sua proiezione triennale.
In questi termini emergono simmetricamente due caratteri di novità. Si interrompe una tradizione di storia finanziaria tipica di questo Paese, che per tanti versi possiamo ora considerare negativa e che ha portato il Paese ad avere il terzo debito pubblico del mondo senza avere la terza economia del mondo. Si tratta di una tecnica di bilancio che in questi anni ha portato la stagione di bilancio ad estendersi per nove mesi su dodici. La stagione, infatti, iniziava a luglio con il DPEF, proseguiva con un non sopito dibattito durante l'estate, successivamente si avevano i tre mesi della finanziaria, due mesi di tregua e poi, di nuovo, con la trimestrale di cassa, il dibattito sulla presunta necessaria manovra correttiva. Questa tecnica è stata causa di instabilità, di non credibilità e di un eccesso perverso di spesa pubblica alimentato dalla non naturale, per l'estensione nel tempo, competizione politica.
Il secondo elemento di novità è il superamento di un'anomalia che è stata finora tipica della struttura del bilancio della Repubblica italiana, ovvero che il bilancio fosse presentato con una previsione pluriennale, ma limitato per la parte dispositiva al solo primo anno, assumendo il residuo segmento temporale una dimensione puramente programmatica. La nostra scelta supera l'anomalia di una finta triennalità, di una finta pluriennalità, facendo convergere la parte dispositiva e la parte programmatica in un unico dispositivo. In questi termini il nostro bilancio si allinea allo standard europeo che è tutto costruito su bilanci per obiettivi di medio termine.
Nel merito, vi sono i dati sui quali abbiamo costruito la manovra e la nostra politica economica. Nel 2007 i dati ufficiali ed ufficialmente riconosciuti vedevano un deficit pubblico all'1,9 per cento sul prodotto interno lordo e una crescita verificata all'1,5 per cento. Nel giugno del 2008, a metà anno e prima dell'insediamento di questo Governo, la dinamica di questi numeri aveva assunto un andamento opposto. Il deficit dall'1,9 per cento è salito al 2,5, la crescita stimata era già scesa daPag. 16un tasso ragionevole, ottimistico e positivo allo 0,5 per cento. Sono dati oggettivi, e mi limito a citare il rapporto di primavera della Commissione europea: il deterioramento della posizione strutturale 2008 della Repubblica italiana rispetto al 2007 è chiaramente non in linea con la previsione del patto di stabilità e di crescita ribadita con la decisione del Consiglio ai sensi dell'articolo 104 (l'articolo 104 è l'articolo in base al quale era stata decisa la valutazione di apprezzamento di politica economica sul 2007).
Non credo che sia questa la sede per formulare polemiche su ciò che è successo nell'intervallo di tempo tra la fine del 2007 e la metà del 2008. Non credo, inoltre, che sia il caso di formulare considerazioni non appropriate, data la gravità e l'intensità del momento che stiamo vivendo. Credo che possano parlare solo i numeri, e i numeri sono quelli che vi ho detto e che tutti conoscono.
Mi limito solo a svolgere una considerazione. Non ci sono tesoretti ereditati e non ci sono ricchezze giacenti e in qualche mando nascoste. Se, infatti, guardiamo da tutte le parti, troviamo numeri che hanno davanti il segno meno e non il segno più.
Dopo la premessa sui numeri che ho citato, provenienti dall'Europa, farei una scommessa per avere numeri positivi, ma credo che valga la premessa: i numeri hanno tutti il segno negativo. Esiste una mitologia del tesoretto, una serie di ipotesi che in qualche modo integrano una «tesoromachia» che sarebbe in atto. Mi limito a segnalarvi alcuni dati essenziali. I numeri di bilancio pubblico di un grande Paese come l'Italia - e di tutti i grandi Paesi europei - sono apprezzati, valutati, reputati e considerati da almeno dieci soggetti diversi: dalla Ragioneria generale dello Stato, dalla Corte dei conti, dall'ISTAT, dalla Banca d'Italia (in Italia), e dall'EUROSTAT, dalla Commissione europea, dalla Banca centrale europea, dalle agenzie che reputano i debiti pubblici, dal Fondo monetario internazionale, dall'OCSE. In aggiunta, vi sono i centri di ricerca scientifica e il lavoro di trasparenza e di comunicazione svolto dai giornali, dalla stampa e dalla televisione. Ritengo che tutto questo apparato di analisi renderà evidente la dinamica dei numeri in atto, i numeri che vi ho comunicato e che abbiamo trovato (segnalo, comunque, il fatto che questo Governo ha ottenuto la fiducia solo 63 giorni fa).
In una logica di responsabilità repubblicana, è intenzione del nostro Governo rispettare gli impegni assunti dall'Italia in Europa e, in particolare, è intenzione del nostro Governo dare piena e immediata attuazione agli impegni assunti dal Governo Prodi e ribaditi, da ultimo, nella riunione dell'Eurogruppo tenutasi a Berlino il 20 aprile 2007, impegni che, considerati gli obiettivi-vincoli, concordati per l'Italia e dall'Italia in quella sede, si svilupperanno operativamente (come risulta dal testo ufficiale presentato in Parlamento) come indicato nella relazione unificata sull'economia e la finanza pubblica elaborata dal Governo Prodi e presentata in questo Parlamento il 18 marzo 2008. In essa si legge, tra l'altro, che «nel complesso la politica di bilancio dovrà recuperare risorse per un ammontare che si stima tra i 20 e i 30 miliardi nel triennio 2009-2011». In quella sede si esclude che la correzione possa essere operata dal lato di maggiori entrate, considerando che la pressione fiscale è già al massimo.
Rispetto alla relazione presentata dal Governo Prodi nella precedente legislatura, vi sono due varianti. La prima è costituita dal peggioramento registrato nel corso del primo semestre 2008, che non era indicato - se non indirettamente - in quella relazione e che è stato chiaramente rilevato dalla Commissione europea: non si tratta di 1,9 in discesa, ma di 1,9 in salita, un'inversione rispetto alla dinamica sulla quale si era fatto affidamento.
Vi è un'altra scelta di variante rispetto a quello schema e a quell'impegno (che per il resto replichiamo, avendo solo corretto il deficit, non per scelta volontaria, ma per rispetto di obblighi assunti in Europa dalla Repubblica italiana): ridurre il deficit non aumentando le tasse. Si tratta di una variante nella quale ci riconosciamo profondamente, quella di unaPag. 17perequazione tributaria effettuata incrementando elementi di base imponibile e di aliquota sui soggetti operanti nel settore bancario, assicurativo e petrolifero.
A questo proposito, vi è una vasta storia. È stata elaborata, da ultimo, una dottrina scientifica di un certo rilievo - mi sembra anche politico - secondo la quale tutte le imposte applicate a banche, assicurazioni e petrolieri non hanno senso perché vengono traslate.
È una dottrina scientifica secondo cui non si dovrebbero più tassare le banche, ma direttamente i correntisti, e non si dovrebbero più tassare i petrolieri, ma direttamente gli automobilisti. È una dottrina che rifiutiamo. Noi riteniamo che l'imposta sulle società abbia un valore costituzionale e civile profondo e non crediamo che, in base a questo opportunistico e cinico ragionamento, l'imposta ottima e scientifica sia, a questo punto, solo quella sugli operai, perché loro non possono traslare l'imposta (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Quando nella scorsa legge finanziaria è stata raddoppiata l'IVA sul riscaldamento, quella era l'imposta ottima, perché le famiglie non possono traslare. Noi abbiamo preferito tassare l'industria petrolifera, ed escludiamo che avvengano fenomeni di traslazione, anzi, assumiamo che ci saranno fenomeni di ulteriore contribuzione. In ogni caso (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). ..mi rendo conto della diversità di opinione, ma noi confermiamo la nostra. Il gettito di quegli incrementi di imposta, stimato a regime pari a 4 miliardi di euro, va tutto ad una destinazione sociale contenuta nei fondamentali del bilancio pubblico. Senza quei 4 miliardi avremmo dovuto ridurre molte voci di bilancio e di prestazione sociale. Quei 4 miliardi hanno aumentato la sostenibilità sociale - per le pensioni, per la sanità - del nostro bilancio pubblico.
È stata fatta qualche polemica sull'ipotesi, che confermiamo, di introdurre nel nostro Paese un sistema simile a quello vigente da decenni negli Stati Uniti d'America, il cosiddetto food stamp. Esiste da alcuni decenni negli Stati Uniti d'America, dove esercita una riconosciuta funzione sociale. Pensiamo che questo fondo possa essere alimentato non tanto e non solo da contribuzioni di bilancio pubblico, quanto da contribuzioni in denaro e in natura provenienti dalla società. Riteniamo che sarà una cosa giusta, perché va incontro a bisogni di cui conosciamo l'esigenza e rispetta in assoluto tutti gli elementi di necessaria riservatezza, a tutela delle persone.
A proposito di interventi sui quali penso che alla fine sia apprezzabile un cambiamento di opinione o un ripensamento, mi limito a citare il caso dei mutui. È stato detto che il provvedimento adottato dal Governo sulla fissazione retroattiva dei mutui alla rata fissa del 2006 avrebbe ucciso la portabilità dei mutui. Mi permetto di considerare l'uccisione della portabilità dei mutui un parricidio impossibile.
Vedete, l'idea della portabilità dei mutui è contenuta nel programma elettorale della Casa delle libertà del 2006: lì appare specificamente l'ipotesi della portabilità dei mutui. Non mi pare che un'analoga ipotesi appaia nel pur non breve programma parallelamente presentato dai nostri oppositori politici (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).

MASSIMO VANNUCCI. Questo è un comizio!

GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. In politica non esiste il diritto d'autore, ma ci permettiamo di rivendicare che la portabilità era un'ipotesi formulata dalla Casa delle libertà. Non abbiamo vinto le elezioni, ed è stato giusto introdurre quell'elemento nel sistema. Tuttavia, riteniamo che per come è evoluta - e si sapeva a giugno che la struttura del mercato finanziario sarebbe cambiata - la posizione delle famiglie rispetto ai tassi che salivano, fosse giusta la scelta della rata fissa 2006. Riteniamo e confermiamo, anche vedendo come salgono i saggi di interesse, che quella sia stata un'opportunitàPag. 18di sopravvivenza offerta a milioni di famiglie.
Il dibattito sul testo specifico degli articoli del provvedimento seguirà.
Mi limito ad alcune considerazioni, che correggono quanto si è detto comunemente in questi giorni a proposito dei cosiddetti tagli.
In primo luogo (e mi soffermerò, comunque, su tale aspetto in seguito), per noi era ed è essenziale e fondamentale mettere in sicurezza il bilancio pubblico della Repubblica italiana. Credo che questo sia il bene pubblico fondamentale che tali interventi tutelano. Tuttavia, in ogni caso, dovendo ridurre il deficit e non potendo aumentare le tasse, le alternative che ci si aprivano non erano numerose: si trattava di una politica di serio contenimento delle dinamiche incrementali della spesa pubblica. Faccio riferimento alla dichiarazione fatta dal presidente Gasparri sulle norme di finanziamento alle forze dell'ordine: 200 milioni di euro riguardanti le assunzioni, 100 milioni di euro per la sicurezza urbana, ulteriori 100 milioni di euro, al comma successivo. In totale, più di 400 milioni di euro di interventi: l'opposto dei tagli.
Una novità che è comunque fondamentale - sulla quale speriamo di avere anche il vostro consenso - è finalmente l'utilizzo, per il finanziamento delle forze dell'ordine, dei fondi che sono stati oggetto di confisca e di sequestro alla malavita (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Misto-Movimento per l'Autonomia). Crediamo che su questo punto vi debba e vi possa essere un concorso ed un consenso civile. È la prima volta che quei fondi non sono congelati in conti dormienti, ma utilizzati al servizio delle forze dell'ordine.
Quanto alla sanità, credo che sarà evidente dalla lettura del testo che sul 2008 non vi è alcun intervento, sul 2009 non vi è alcun intervento riduttivo sulla sanità e, all'opposto, vi è il finanziamento dei cosiddetti ticket, che sarebbero scattati per effetto della precedente legge finanziaria (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). È a partire dal 2010 che si riducono le dinamiche incrementali di previsione di spesa pubblica: crediamo che ne derivi un bilancio sostenibile - e, comunque, possibile - per un bene primario come la sanità degli italiani. Ritengo che un contributo alla riduzione delle forme anomale di spesa pubblica in questo comparto venga anche dalla magistratura e dalla sua azione moralizzatrice (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

RENATO CAMBURSANO. Speriamo che sia vero!

GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. Questa è la parte relativa al piano triennale di stabilizzazione dei conti pubblici italiani. È stato detto che si tratta solo di una parte, che non basta, che è un profilo puramente numerario, che dentro non vi è il respiro dello sviluppo né quello della crescita. In questa prima parte, ci siamo limitati a rappresentare, nel Documento di programmazione economico-finanziaria, i numeri europei. Linearmente, simmetricamente e rigorosamente abbiamo preso i numeri che ci sembravano corretti e, anche in base ai criteri di prudenza, abbiamo adottato i numeri europei.
Tuttavia, non crediamo che la nostra politica economica sia limitata - o possa essere considerata limitata - dalla lettura di quella parte del DPEF, ma che debba essere estesa a tutto il DPEF e ai suoi collegati. Consideriamo fondamentale, nella strategia per il Paese, un disegno di riforme istituzionali e di rilancio industriale. Il disegno di rilancio industriale è contenuto nel disegno di legge che sarà oggetto di discussione dopo il decreto-legge in questione. Si tratta di un disegno nel quale si trovano tutti gli elementi che a nostro avviso - e non solo a nostro avviso, per quanto ci risulta dalla considerazione in cui da fuori inizia ad essere tenuta l'Italia - rappresentano la nostra agenda per lo sviluppo.
Credo che siamo uno dei primi Paesi in Europa che applica al suo interno, declinandola in funzione del suo assetto e della sua struttura istituzionale, l'agenda di Lisbona.Pag. 19
Ecco alcuni punti che sono in qualche modo indicativi della nostra strategia di riforma per la costruzione di una piattaforma sulla quale si sviluppa l'industria del Paese. Partiamo dal presupposto che i Governi non fanno l'economia, ma hanno il dovere ed il potere di fare la piattaforma istituzionale e legale su cui si sviluppa l'economia. Molto in sintesi, sul nucleare pensiamo che sia parte del futuro di questo Paese e dell'Occidente lo sviluppo dell'industria nucleare e la concentrazione strategica, a partire dal 2008, dei fondi europei per lo sviluppo.
Vedete, l'anomalia che abbiamo registrato nei conti pubblici, nella gestione dei fondi europei - dico «abbiamo», perché credo che sia stato un limite dell'azione di Governo, nostra e vostra -, è una scelta funzionale che è stata fatta dalla Repubblica italiana negli anni scorsi, ma è la scelta sbagliata. Quei fondi che sono formalmente europei ed originariamente nazionali, ma che l'Europa ritorna e ristorna, orientandoli per grandi interventi, quei fondi sono stati fatti oggetto di un'azione non concentrata per grandi interventi ma, per almeno un decennio, dispersa su minimi interventi, con un movimento che non è stato strategicamente rivolto dal centro verso infrastrutture di sviluppo, ma dalla periferia verso il centro, disperso e disarticolato su migliaia di micro-interventi. Questo ha alimentato anche un pezzo non marginale della «clientela politica» di questo Paese. Un conto è fare un grande intervento strutturale, un conto è, essendo un costruttore, farsi venire in mente una piccola opera municipale o vicinale, raggiungere l'assessore comunale che va da quello regionale, che arriva a Roma e porta al CIPE un elenco infinito di micro-opere. Due, più due, più due, non fa la somma algebrica di due, più due, più due: fa sempre qualcosa di meno. Diversamente, due, più due, più due, se è concentrato su grandi opere, ha per somma un risultato positivo.
Vi rubo un secondo per notare quanto segue: se visitate presso la Commissione Europea il dipartimento relativo ai fondi europei, vedete nei corridoi, per tutti i grandi Paesi, i poster di grandi opere (infrastrutture, dighe). Se invece chiedete - ed io ho chiesto - dell'Italia, aprono un cassetto e vi fanno vedere un book con migliaia di piccole opere. Credo che tutto sia assolutamente dignitoso, ma anche che sia fondamentale, per lo sviluppo del Sud, la concentrazione in un'unica sede di una massa enorme di capitali, per grandi scelte strategiche. Questo assicura al Mezzogiorno d'Italia una direzione strategica e credo possa anche costituire un grande fattore di moralizzazione della vita politica di questo Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
È stato detto che manca una strategia per le infrastrutture: è intenzione di questo Governo fare un uso attivo della Cassa depositi e prestiti. Finora, tale Cassa, pur trasformata in società per azioni, è rimasta relativamente inattiva nel comparto strategico, che pure di alcuni grandi istituti pubblici è stato l'elemento storico. Mi permetto di ricordare che la più grande opera di modernizzazione e di unificazione dell'Italia, l'Autostrada del Sole, è stata fatta con una fortissima regia pubblica, ma senza una lira di fondi pubblici. Pensiamo che la Cassa depositi e prestiti debba fare entrambe le cose: certamente provvedere capitali e finanziamenti ma anche e soprattutto, insieme con altri soggetti, fare la regia delle grandi opere pubbliche che sono fondamentali per questo Paese.
Vi è un elemento che consideriamo qualificante per la graduatoria del nostro Paese nelle statistiche internazionali: la riforma del processo civile. Quest'ultima modernizzerà questo Paese: introdurre e sviluppare il file elettronico e la firma elettronica, superando l'arcaico sistema dei messi che fanno le notifiche contro cui si fa ricorso tanto per prendere tempo, è un passaggio di modernizzazione del nostro Paese.
Nel nostro provvedimento, sono presenti fortissimi abbattimenti di una burocrazia che consideriamo inutile, una burocrazia che fa perdere tempo e fa perdere credibilità al Governo che la impone.Pag. 20Se la burocrazia è necessaria, è fondamentale, ma se la burocrazia è superflua, produce l'effetto opposto.
Vi sono poi tante altre misure: per esempio, per i trasferimenti delle società, non sarà più obbligatorio recarsi dei notai. Calcoliamo un risparmio per le imprese, per un costo che era risparmiabile, pari a 300 milioni di euro.
Vi sono, altresì, molti interventi in cui crediamo profondamente: finalmente una nuova disciplina dei distretti industriali e degli start up innovativi.
Io credo profondamente nella banca del sud. Il Mezzogiorno d'Italia è l'unica area d'Europa totalmente «debancarizzata». In tutte le grandi regioni d'Europa vi sono banche locali, territoriali, autoctone. Il Mezzogiorno d'Italia è l'unica regione d'Europa che non ha banche tipiche, proprie, anzi il fatto che vi fossero e non vi siano più (Commenti di deputati del gruppo Partito Democratico) è certamente anche prodotto ed effetto di alcuni errori e degenerazioni della classe politica. Tuttavia, il fatto che vi fossero e non vi siano più non può essere comunque considerata una colpa permanente del Mezzogiorno d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). La linea bancaria si è progressivamente spostata: ancora due anni fa era a Roma, adesso è a Milano ed è prevedibile che l'anno prossimo sia a Monaco di Baviera. Non credo che il merito del credito per un piccolo investimento, per un piccolo imprenditore, possa essere apprezzato correttamente da soggetti così remoti. L'attività di banca non è solo l'utilizzo dei computer, la compilazione di formati, l'utilizzo di ratios, ma è qualcosa che ha anche a che vedere con i rapporti umani, con la conoscenza dell'imprenditore, della sua famiglia, della sua storia, del suo carattere e della sua onestà. Noi crediamo in una banca pubblica, nel senso di azioni diffuse tra il pubblico, non con soldi pubblici. Ci è stato detto: «soldi pubblici», ma sono vietati dall'Europa, quindi tranquillizziamoci in questi termini: non sarà la replica di quegli istituti che hanno, alla fine, distrutto capitale pubblico, non sarà così. Può essere che l'esperimento incontri alcune difficoltà, ma crediamo che sia, comunque, una necessità. Noi non crediamo al cinico fatalismo di chi - avendo considerato e forse anche provato esperimenti negativi, anche magari direttamente, di persona - condanna il sud a non avere una banca del sud. Vogliamo provare a fare in modo che il sud abbia una banca del sud (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
L'altro settore del nostro intervento è quello delle riforme istituzionali, che noi consideriamo strategiche per questo Paese, importanti almeno quanto le riforme che cerchiamo di fare e che facciamo sulla piattaforma istituzionale di questo Paese per lo sviluppo dell'industria. Le riforme istituzionali sono: la riforma costituzionale sostanziale - la bozza Violante, sulla quale è in atto una costruttiva discussione - e il federalismo fiscale. Ho considerato molto importanti, a questo proposito, due interventi svolti nei giorni scorsi dal Presidente Fini e, oggi, dal presidente D'Alema.
Credo che siano stati interventi che qualificano questo Paese, sul versante della classe politica, un Paese che esprime statisti (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Per quanto riguarda il federalismo fiscale, faccio alcune considerazioni molto velocemente. La prima: come è abbastanza evidente, in base alla Costituzione della Repubblica italiana, la materia del federalismo fiscale non è possibile oggetto di referendum, essendo materia di bilancio e tributaria.
Tuttavia, pur non essendo «referendabile», il federalismo fiscale, per scelta di questo Governo - speriamo e apprezziamo anche per simmetrica scelta da parte dell'opposizione - può essere realizzato solo con un consenso generale. Aggiungiamo e notiamo che nel Paese non c'è solo consenso, ma anche convinzione; da ultimo, convinzione e fiducia che viene anche dal Mezzogiorno d'Italia.
Registriamo nel Paese la caduta di giustificabili diffidenze: credo che si diffonda nel Paese, anche nel Mezzogiorno, la convinzione che il federalismo fiscale sia oPag. 21possa essere, pur protetto dai due fondi di perequazione e solidarietà previsti dalla Costituzione della Repubblica italiana, nella quale profondamente ci riconosciamo, pur dentro quel sistema di protezione, una prospettiva positiva (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Negli anni passati l'idea del federalismo fiscale applicata all'Italia era indicata sui mercati finanziari come la via per l'Argentina; adesso, forse, c'è quasi l'eccesso opposto, vale a dire che si potrebbe pensare che sia la terra promessa.
Credo abbia senso stare a metà; stare a metà vuol dire provarci, farlo, esserne convinti ed essere convinti sulla possibilità di farlo. Credo che la ricerca del consenso non possa essere limitata solo al rapporto, semplificando, tra destra e sinistra, ma debba essere fatta anche tra centro e periferia, coinvolgendo anche le regioni e la dimensione municipale, che è una dimensione storica non marginale, ma fondamentale nella vita civile di questo Paese.
Credo che la sede giusta, anche perché si tratta di un collegato alla legge finanziaria, sia la Camera dei deputati; non la sede del Governo o di un ministero, ma la Camera politica dei deputati (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Credo che sia fondamentale l'accordo tra tutti noi sulla preventiva costruzione di una base di dati condivisi sulle grandezze di finanza pubblica; è fondamentale, prima di fare scelte politiche, avere una base di dati condivisi sulle entrate, sulle uscite, sugli stock, sui flussi, su tutte le dinamiche aggregate.
È facile fare esercizi arbitrari, ma è fondamentale fare un esercizio di costruzione di una base di dati comuni condivisi. Per quanto ci riguarda, tutto è aperto a tutte le scelte, senza pregiudiziali ideologiche o tecniche, sapendo che il quadrante della riforma sarà tra tasse, spese, patrimonio e debito.
Alcune ipotesi sulle tasse: non c'è alcuna scelta preconcetta ed è tutto aperto. L'unico obiettivo che ci poniamo, che è quello fondamentale del federalismo, è l'avvicinamento quanto più prossimo, quanto più forte possibile, tra ciò che si amministrata e ciò che si tassa, in modo da stabilire, dal basso verso l'alto, il collegamento fondamentale della democrazia: no taxation without representation. È bellissimo il saggio di Tocqueville sulla democrazia, laddove è scritto che la democrazia inizia dalla pubblicazione del bilancio presso la casa comunale.
Crediamo, tra l'altro, che la scelta federalista sia quella strategica per ridurre l'evasione fiscale in Italia. Tutto è possibile in una logica centrale e molto è stato fatto, credo anche con il nostro concorso.
La riforma della legge sulle esattorie, la nazionalizzazione delle esattorie, che ha rimosso lo scandalo delle esattorie private, che pure per un secolo e passa, per decenni, è stato caratteristico del nostro Paese, è dovuto a una legge finanziaria, l'ultima fatta da noi.
Crediamo che l'effettivo contrasto all'evasione fiscale possa venire con il federalismo fiscale, in un Paese che ha 8 mila comuni e più di 4 milioni di partite IVA. Già nella legge finanziaria c'è un significativo potenziamento della partecipazione dei comuni all'accertamento delle imposte dirette, ma crediamo che la via fondamentale sia quella territoriale. Sulle spese credo che ormai si stia formando un consenso: non partiamo dalla spesa storica, che contiene le distorsioni storiche, partiamo da standard nuovi, comuni, sui quali poi si giocherà al meglio o al peggio; ma certo non possiamo andare avanti con un sistema che nel 2000 spendeva per le invalidità circa 6 miliardi di euro, che oggi, dopo il Titolo V asimmetrico, ne spende più di 12. Un raddoppio delle spese di invalidità non è giustificato dal declino demografico della popolazione, dall'abbattimento sulla nostra popolazione di eventi catastrofici esterni, non è del nord, del centro, del sud, non è di destra, non è di sinistra, non è dei grandi o dei piccoli; è un fenomeno tuttavia insostenibile. Dobbiamo aiutare i veri invalidi, dobbiamo evitare di finanziare i falsi invalidi (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).Pag. 22
L'altro pezzo del quadrante è il patrimonio. Nei nostri due programmi elettorali c'è l'ipotesi, è avanzata l'ipotesi di alienazione di parti importanti del patrimonio immobiliare. La Repubblica italiana ha un enorme passivo collocato sul mercato nella forma di titoli di debito, ha un ancora maggiore attivo attualmente fuori dal mercato: un attivo fatto da beni materiali, immateriali, regionali, comunali e statali. È molto difficile ipotizzare che tale enorme patrimonio, credo uno dei più grandi dell'Occidente, possa essere trasferito sul mercato in blocco, di colpo, soprattutto nelle presenti condizioni di mercato. Un'ipotesi che facciamo - ma è solo un'ipotesi - è quella di trasferire tutto il patrimonio pubblico ai comuni, alle regioni dove si trovano gli immobili, in modo che siano loro a valorizzare questi beni. Non è un trasferimento, ma è il ritorno alla condizione, alla posizione dove quei beni nella storia si sono formati e costruiti.
Credo che sia corretta la definizione che ha dato del federalismo fiscale il Presidente della Repubblica, definendolo: ineludibile.
Da ultimo chiedo la vostra attenzione, ancora per poco, per alcune considerazioni di scenario, che non sostituiscono quanto ho detto dianzi ma in qualche modo si aggiungono; e credo che sia questa la sede per farle da parte del Governo. Ci è stato detto: il Governo non deve fare scenari, non deve formulare delle visioni, ha compiti più specifici; noi siamo sul locale, conta la prassi. Credo che invece conti tutto, in un momento in cui è fondamentale agire localmente ma anche pensare globalmente e viceversa, in un momento in cui l'intellettuale è politico e il politico è intellettuale; non ci sono le ideologie, ma non possiamo pensare che la politica si riduca solo alla prassi specifica: dobbiamo tentare di avere una visione generale. E credo che tutti noi la abbiamo: può essere una visione diversa dell'uno rispetto all'altro, ma credo che tutti noi sappiamo, e nel Paese si sa, che a questa altezza di tempo, in questo momento storico, è fondamentale avere anche una visione di quello che sta succedendo. E devo dire che nell'intervento dell'onorevole Di Pietro, pur riferito all'ordine dei lavori, mi sembrava chiara, sia pure diversa dalla nostra, questa cifra politica.
Faccio solo un piccolo passo indietro. Mi permetto di rileggere il nostro programma elettorale, perché è un testo su cui riteniamo sia giusto fermare ormai da parte di tutti l'attenzione; e credo che sia stato fatto oggetto di un - intellettualmente onesto - riconoscimento, su un articolo de l'Unità, da parte dell'onorevole Visco, del professor Visco, questo brano del nostro programma elettorale: «Questo programma si estende sull'intero arco della prossima legislatura. (...) Cinque anni sono un periodo di tempo sufficientemente lungo per graduare l'avanzamento progressivo degli interventi. (...) In ogni caso ci è ben chiaro che la realizzazione del nostro programma» - così è scritto nel programma che abbiamo presentato agli italiani - «è sottoposta a tre vincoli essenziali: (...) il vincolo costituito dall'attuale instabile equilibrio dei conti pubblici italiani, (...) il vincolo imposto dagli impegni di trattato europeo, impegni che l'Italia ha assunto, (...) il vincolo costituito dalla crisi economica in atto nel mondo ed in Italia, una crisi che può aggravarsi e che in questi ultimi due anni è stata irresponsabilmente ignorata o sottovalutata».
Noi crediamo di avere una visione culturale e politica, una visione sufficientemente vasta ed approfondita e - in qualche modo - anticipata per poter vedere e valutare cosa sta accadendo nell'economia globale, quali forze sono in campo, quali dinamiche sono in atto nel mondo e quale impatto hanno per questa via le crisi che stanno investendo l'Europa e l'Italia: la crisi alimentare, la crisi energetica, la crisi finanziaria, le crescenti tensioni geopolitiche. È un impatto che, derivando dallo spostamento globale di enormi stock e flussi di ricchezza nel mondo, in Europa e in Italia, è quasi sempre regressivo ed erosivo - fino ad essere potenzialmente distruttivo - delle nostre strutture sociali.Pag. 23
Quali riflessioni vorrei fare con voi? È molto semplice. Dieci o quindici anni fa il mondo era fatto in modo radicalmente diverso: l'80 per cento della ricchezza era posseduta e controllata da 700 milioni di persone riunite in un unico meccanismo di governance, unificato da un unico codice monetario, il dollaro, e da un unico codice linguistico, l'inglese. Quel mondo in dieci o quindici anni (un tempo che riteniamo storicamente minimo, poiché per fatti che hanno questa dimensione storica dieci anni sono un istante) è radicalmente cambiato. La nostra tesi è che questo processo avrebbe potuto essere rallentato - non fermato, ma rallentato - e abbiamo cercato di dire perché e di prevedere cosa sarebbe successo diversamente.
All'epoca, l'illusione era comunque che - come si legge sui documenti politici di allora - l'acqua saliva e che, salendo, avrebbe sollevato tutte le barche. Poi abbiamo avuto l'impressione che l'acqua non saliva in Europa, ma pensavamo che salisse in Asia; oggi, abbiamo l'impressione netta che, attraverso l'aumento dei prezzi in particolare del petrolio, sia in atto un pompaggio della ricchezza dell'occidente verso altre aree del mondo. E non possiamo dire che l'effetto è redistributivo in senso positivo, poiché quel pompaggio va in favore di entità e strutture che non sono propriamente definibili come umanitarie o democratiche e va comunque a danno drammatico e verticale della parte più povera del mondo.
Il mondo è dunque radicalmente cambiato in termini profondamente negativi, opposti rispetto alle prospettive che ci erano state prefigurate. Quell'80 per cento di ricchezza controllato da 700 milioni di soggetti è sceso al 50 per cento, mentre l'altro 50 per cento è controllato oggi da soggetti che hanno caratteristiche opposte rispetto ad essi: non sono unificati dallo stesso codice di governance (giusto o sbagliato, il vecchio G7 era molto più forte di quanto è adesso il G8). Sono soggetti che hanno spinte storiche e dimensioni anarchiche, a volte democratiche, a volte non democratiche: tuttavia, sono soggetti che producono nel mondo, per opposizione all'altro 50 per cento, effetti di progressiva e complessiva instabilità caotica. Non credo che sia positivo o possibile prevedere un equilibrio nel quale per l'altra metà della ricchezza l'inflazione supera il 10 per cento: è evidente che siamo oltre una possibile soglia di rottura.
Il ruolo di questo Governo è stato quello di porre taluni argomenti di carattere culturale e morale nelle sedi internazionali nelle quali avevamo spazio e voce. È stata posta la questione della speculazione sulle materie prime, non solo sul petrolio ma anche sui cereali e sul riso, ed era un modo per indicare una crisi complessiva del sistema.
Gli argomenti che abbiamo ricevuto in opposizione sono stati in parte fondati in parte infondati. Per esempio, ci hanno detto: sul mercato delle commodities il prezzo del mais e dei cereali sale perché si usano i biocarburanti. E con il riso, come la mettiamo? Il riso non si usa per i biocarburanti, ma il suo costo sale comunque.
Si pongono enormi questioni che si aprono ad una dialettica che noi tutti dovremmo fare, cercando di guardare anche intorno al nostro Paese. Vi faccio un esempio per tutti: tra gli obiettivi energetici dell'Europa vi è quello che una quota importante delle produzioni e del consumo sia fatta da biocarburanti (il 20 per cento entro il 2020). La domanda è: produrre ed utilizzare i biocarburanti in questo modo è un obiettivo positivo e propositivo, o è un crimine contro l'umanità? Noi abbiamo posto la questione della speculazione per indicare, più in generale, la degenerazione di alcuni meccanismi capitalistici. Il capitalismo nasce dentro strutture che sono tipiche e nazionali, nasce dentro un meccanismo di giurisdizioni legali e di controllo; la struttura attuale del capitalismo nella sua componente più dinamica - quella finanziaria - è uscita dagli schemi legali originari. La struttura del reddito e del capitalismo nasce con la company inglese (la nave che esce dal porto, quella che arriva, le merci in magazzino); nasce il concetto di società per azioni, nascono i concetti di proprietà, diPag. 24diritto, di dovere; nascono i controlli pubblici, i controlli legali e quelli di opinione pubblica.
La parte più affluente e più dinamica del capitalismo si è sviluppata in un regno di anomia, fuori da questo territorio e fuori dagli schemi legali tipici, su schemi nuovi atipici (gli hedge fund) e, soprattutto, fuori dalle giurisdizioni nazionali, cercando contesti di operatività non controllata.
E questo ha spiegato - e spiega - la crescita esponenziale, su numeri fantastici, di ricchezza inventata che viene scalata (e mentre prima erano gli attivi adesso sono le perdite nell'ordine di trilioni e trilioni di dollari). In troppi operatori finanziari nell'attivo di bilancio non si trovano dei beni e non si trovano delle valutazioni, come loro dicono, marked-to-market, ma si trovano valutazioni marked-to-model, cioè a dire che non si tratta di numeri rilevati sul mercato ma di numeri inventati con il computer per fare stare in piedi una cosa che non sta in piedi.
La crisi finanziaria in atto - vi dirò una cosa che molti sanno ma pochi dicono - è la stessa bolla speculativa che nasce negli anni Novanta con la new economy, si sviluppa negli anni scorsi con la subprime economy ed arriva adesso a corrodere spostandosi dal campo finanziario.
Vedete, se uno perde i soldi finanza su finanza tutto sommato sono affari suoi; ma altra cosa è se uno cerca di rifarsi delle perdite fatte sulla finanza speculando sul petrolio, sul grano o sulle materie prime, determinando impatti sociali negativi nel mondo ed effetti di povertà (nei Paesi poveri, le rivolte del pane, fatti che pensavamo trascorsi per sempre; nei Paesi fortunatamente meno poveri, comunque drammatici problemi di tenuta e di consenso sociale).
Questo è inaccettabile, ed è questa la ragione per cui noi abbiamo posto in Europa e nel G8 la questione della speculazione. È stato detto che essa non esiste in base ad argomenti che ricordano quelli del don Ferrante di Manzoni, il quale, applicando categorie aristoteliche alla peste, se cioè fosse sostanza o accidente, e studiando se la peste fosse sostanza o accidente (speculazione, inflazione o qualcos'altro), morì di peste: è un destino che non vogliamo avere e vedere!
Ci sono problemi più fondamentali che riguardano l'Europa. Vedete, l'Europa è costruita - correttamente e giustamente - sull'idea del mercato perfetto, un'idea che è basata sul concetto che il mercato unico europeo fosse l'unico mercato al mondo. Dopo decenni e decenni dobbiamo verificare che quel mercato non è più l'unico e che intorno all'Europa stanno operando soggetti che hanno caratteristiche non competitive, ma caratteristiche aggressive, totalmente diverse da quelle di mercato: sono monopoli, duopoli, cartelli, fondi sovrani, strutture che niente hanno a che vedere con il mercato.
La stessa famosa Gazprom non è molto simile - o simile - ad una normale società per azioni, ma è qualcosa di drammaticamente simile alla Compagnia delle Indie (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Noi crediamo che tutto questo debba essere fatto oggetto di riflessione. In America salvano le banche e se fate attenzione in America la capitalizzazione delle banche è enormemente inferiore alle linee di credito aperte dal Governo alle banche. Il sistema bancario in America è oggetto di una progressiva nazionalizzazione. Da noi si contesta l'aiuto di Stato alla Northern Rock.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. Cerco di concludere, signor Presidente.
Come è messa l'Italia? Credo che il nostro Paese in uno scenario di crescente criticità abbia delle strutture che ci danno, se ben governate e considerate, anche delle grandi opportunità. Il sistema bancario italiano è più solido di quello di altri Paesi. In questo momento le prime due banche italiane sono tra le prime dieci banche del mondo. Sono statistiche, però il sistema bancario italiano, nel suo insieme, è molto più solido di quello di altriPag. 25Paesi. Non possiamo naturalmente, date le interdipendenze, escludere crisi ma il grado delle interdipendenze che sono in atto nel mondo ci permette, comunque, di valutare il nostro sistema bancario come un sistema relativamente più solido degli altri.
Per inciso, il Governo è fortemente contrario alle ipotesi in atto che, in base a stilizzazioni economiche e a idee di mercato ottimo, imporrebbero alle nostre grandi banche di cedere la struttura del risparmio gestito a operatori esteri che prendono i nostri capitali e li investono per le loro imprese. È opportuna la conoscenza dell'inglese ma, francamente, ci ha in parte salvato il fatto che, escluse alcune lodevoli eccezioni, nelle banche italiane non si parla in inglese ma si parla con le imprese.
Il sistema assicurativo italiano è solido. Il sistema industriale è solido, pur con le debolezze che conosciamo. Tali debolezze sono state accresciute dalla follia compiuta negli anni scorsi con la politica delle cosiddette privatizzazioni che, fatte male, hanno portato a trasferimenti a soggetti che non avevano i capitali ma i debiti (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania) e hanno disperso un pezzo fondamentale della struttura industriale del Paese. Forse adesso verifichiamo che la politica sbagliata è stata quella degli spezzatini fatti in un Paese solo.
Per tutte queste ragioni pensiamo che il nostro Paese abbia, pur nelle crescenti difficoltà, anche delle grandi opportunità, se sta insieme nel suo insieme. È questa la ragione per cui consideriamo non una colpa (se è una colpa è una felix culpa) avere blindato il bilancio della Repubblica italiana prima dell'estate e averlo blindato in una struttura che lo pone al riparo da potenziali criticità sistemiche (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Speriamo che non vi siano ma consideriamo fondamentale, nell'interesse del Paese, la scelta di blindare il nostro bilancio, per tre anni, prima dell'estate. In tali termini non possiamo accettare la vecchia demagogia illusionista, piazzista e deficista che ha portato il nostro Paese ad accumulare il terzo debito pubblico del mondo.
Per usare meglio le risorse pubbliche abbiamo tentato di ridurre quanto più possibile elementi di spesa pubblica che ci sembravano comprimibili e gli sprechi, ma restiamo convinti del fatto che il bilancio pubblico è il bene superiore che dobbiamo difendere perché nel bilancio pubblico risiede la sicurezza pubblica, c'è non solo il risparmio pubblico ma anche il risparmio delle famiglie.
Sappiamo bene quanta sofferenza vi è e cresce nel Paese, ma sappiamo anche che questa non scende bensì sale se si fanno politiche deficiste, illusioniste e di spesa pubblica non coperta.
Per me e per noi, in conclusione, è un onore servire in questo momento il nostro Paese. È un onore chiedere qui il vostro sostegno. Il testo che presentiamo per la discussione è un testo che contiene totalmente le decisioni prese nel lavoro delle Commissioni, con alcune marginali modifiche.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. No, no!

GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. Su alcuni provvedimenti la discussione si è sviluppata solo in modo parziale e non siamo arrivati al voto.
Sono sostanzialmente quelli relativi alla non emendabilità della legge finanziaria con elementi o con interventi microsettoriali per un anno, alla non emendabilità per il prossimo anno per la prossima legge finanziaria e riteniamo sia una scelta giusta perché, nella strategia che crediamo nell'interesse del Paese, è meglio chiudere la discussione sul bilancio pubblico e non continuarla a saldi aperti durante la tempesta.
Le varianti sono: la copertura del ticket per 400 milioni, l'esclusione di tutte le autorità indipendenti dal meccanismo di tagli, il finanziamento di alcune attività radiofoniche e (variante tecnica) una modifica nella normativa sulle semplificazioni in tema di documentazione.Pag. 26
Questo è il testo delle Commissioni con, lo ripeto, solo parziali aggiunte e modifiche (realmente solo parziali); è il testo sul quale noi abbiamo ragione di ritenere che, pur nel contesto di un'importante discussione parlamentare, abbiamo fiducia. Vi ringrazio per l'attenzione (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Misto-Movimento per l'Autonomia).

PRESIDENTE. Credo che l'ampiezza dell'intervento del Ministro Tremonti renda obbligatorio, oltre che doveroso, consentire ad ogni gruppo che lo vorrà di intervenire. Quindi, prima di sospendere la seduta, che - come ho detto - riprenderà alle ore 15 per dar modo alla Presidenza di vagliare l'ammissibilità del maxiemendamento, ammetterò un intervento per gruppo.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Ventura. Ne ha facoltà.

MICHELE VENTURA. Signor Presidente, il signor Ministro mi scuserà se alcuni giudizi saranno sommari a causa del ridotto tempo assegnato. Vorrei partire dalla constatazione che vi è, nel suo ragionamento e nella sua esposizione, un elemento di autocritica. Ricordo il modo in cui si presentò nel 2001, di fronte a una situazione internazionale assai complicata e difficile; in quella occasione espresse ottimismo sulla crescita del prodotto interno lordo, che allora valutava intorno al 3-3,5 per cento, dicendo che l'azione del Governo italiano, al di là di tutti gli indicatori internazionali, sarebbe riuscita a conseguire quei risultati. Oggi, ci troviamo di fronte ad una lettura molto più misurata e molto più aderente, perlomeno da questo punto di vista, alla realtà.
Il secondo elemento di autocritica, mi consenta, è quello relativo al bilancio dello Stato. Non che non abbia parlato, nel corso degli anni, di questo punto come un elemento di priorità, ma mi sarei aspettato, perché così si fa per uno stile che qualche volta dovrebbe essere sobrio, che fra i difetti, che pure ci sono stati di quei due anni di Governo di centrosinistra a cui si è riferito il Ministro, avesse trovato il modo di accennare che quel Governo ha interrotto l'innalzamento del deficit (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), ha costretto l'Unione europea a ritirare la procedura di infrazione e che se stiamo qui a ragionare è perché quell'azione ha iniziato un'opera di risanamento, altrimenti, francamente, rischiamo di non intenderci.
Farò alcuni flash.
Signor Ministro, ci siamo detti disposti a rivedere la procedura della sessione di bilancio. Quello che non possiamo accettare è che, attraverso la decretazione d'urgenza, si stravolgano le regole e si impianti una manovra di tre anni. Il decreto-legge deve contenere elementi di urgenza e ci siamo trovati di fronte a tutto, come è ovvio e come lei ha confermato, durante l'esame in Commissione. Forse sarebbe conveniente, per non avere lacerazioni e strappi, aprire un tavolo e ragionare come si fa tra persone civili, senza una visione unilaterale nel cambiamento delle regole, per discutere insieme come cambiare e gestire tali regole (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Infine, facendo degli esempi, vorrei porre molto rapidamente alcune ulteriori questioni che ho annotato. Parlando della sanità - non voglio fare una polemica semplice né fare riferimento a un'agenzia, giacché ritengo che questa corsa alle agenzie sia uno dei guai di questo Paese - lei ha detto che si aspetta molto dall'azione moralizzatrice della magistratura. Anch'io, onorevoli colleghi, ma vorrei che questa fiducia nella magistratura e nella giustizia non fosse a corrente alternata, che va bene in alcuni casi e non va bene in altri (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Se un'azione moralizzatrice della magistratura ci deve essere, ci sia in tutti i campi; quello che va modificato modifichiamolo, ma non possiamo, secondo il momento, avere posizioni così estremamente divergenti.
Vorrei fare un altro esempio, signor Ministro. Lei ci ricorda qui che lei è a favore degli operai e che, quindi, è giusto tassare banche, petrolieri ed assicurazioni.Pag. 27Ritorno alle agenzie, siamo di fronte ad un Governo che credo durerà. Non la critichiamo per questa tassazione, la faccia! Non ci sarà una ricaduta sull'utenza e sugli utenti? Lo vedremo, il tempo, come si dice, è galantuomo. Ma intanto, se non vogliamo cadere nella demagogia, quello che sarebbe stato giusto fare per gli operai sarebbe stato di intervenire sulle detrazioni e sull'abbassamento della pressione fiscale: questo sarebbe stato giusto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Oggi i pensionati ricevono - signor Ministro, poi avremo modo di discuterne ancora - quasi 400 euro. Sono quasi tre milioni di pensionati, e credo che molti di questi penseranno che questo sia un dono del Governo di centrodestra.

PRESIDENTE. Onorevole Ventura, la prego di concludere.

MICHELE VENTURA. Concludo, signor Presidente. Voi avete scelto un'altra strada, che non condivido, ovvero quella tessera che assomiglia tanto alla tessera della povertà. Non sono d'accordo, per un fatto di sensibilità e di dignità di tutti i nostri cittadini.
Infine, per quanto riguarda le privatizzazioni, lei ha di fronte la possibilità di dimostrarci che è cambiato il clima. Questa possibilità si chiama Alitalia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico): lei ci parla delle privatizzazioni del passato, noi la sfidiamo su Alitalia.
Concludo, signor Presidente, ma non voglio dare l'impressione di formulare soltanto critiche. Lei ha accennato, signor Ministro, sulle questioni dello sviluppo alla concentrazione delle risorse per la realizzazione di grandi opere. La mia opinione è che è possibile articolare un accordo con il quadro regionale, anche perché il federalismo non si regge se non vi è una crescita di responsabilizzazione delle classi dirigenti locali, e personalmente sono a favore del federalismo. Non sono contrario alla concentrazione e alla scelta di realizzare alcune grandi opere, non lo si faccia però con questa idea dirigistica, ma con il coinvolgimento.
Infine, posso dirglielo, ho letto il suo libro, l'ho ascoltata stamane: la mia opinione è che non possiamo avere nostalgia del G7 di un tempo o del G8 di oggi che non risponde più al mondo mutato, sarebbe come avere nostalgia di quando il mondo era diviso in blocchi militari contrapposti. Andiamo coraggiosamente ad una collaborazione e ad una sfida con tutti i nuovi Paesi che in questo periodo sono emersi sulla scena del mondo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. È l'ultima pagina del libro.

BRUNO TABACCI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, onorevole Ministro, la mia preoccupazione, dopo averla sentita, è davvero molto alta, mi pare che lei non abbia un'idea precisa su come affrontare la crisi, si è rifugiato in un'analisi politica sui grandi temi ma qui, vede, non sta presentando il libro con l'avvocato Rossi...

PRESIDENTE. Prego, onorevole Tabacci.

BRUNO TABACCI. Stavo dicendo all'onorevole Ministro che qui non sta presentando il libro con l'avvocato Rossi. Già è anomala tutta la procedura che è stata adottata, lei però ha fatto un fuor d'opera: ha spiegato, avendolo già dichiarato, che è andato in Europa ad annunciare che avrebbe anticipato la manovra, ma lei lo ha fatto prescindendo dalle procedure parlamentari. È vero che la gente fuori di qui ha l'impressione che, poiché le elezioni sono state fatte e la sua maggioranza ha vinto, se qualcuno solleva delle questioni che attengono al funzionamento della democrazia si provoca un certo fastidio, però questa è una strada molto pericolosa. La modifica della legge n. 468 del 1978 non può avvenire come se fosse un colpo diPag. 28mano: questa è l'impressione che abbiamo avuto anche oggi; il collegamento tra il dibattito in Commissione e il maxiemendamento viene fatto in maniera così strumentale che mi preoccupa per il futuro.
Comunque lei ha parlato per quattro quinti del suo intervento di altre cose, ci ha fatto lo scenario, un po' di filosofia politica, ha fatto un po' il professore. La sua dialettica mi è parsa meno efficace del solito, ma la sua retorica strumentale ha confermato che lei è tutto e il contrario di tutto, è per il mercato e per lo Stato, è liberista e statalista, è per le liberalizzazioni e per lo Stato imprenditore. Non va bene così, non siamo ad un concorso di dialettica politica, lei più di noi ha delle responsabilità alle quali deve rispondere. Lei dal 1994 ad oggi è stato protagonista nella continuità, è stato certo più al Governo che all'opposizione, ma c'è una linea continua, per cui scoprire che ci sono tutti questi temi drammatici davanti a noi e sentirci pure dire che lei l'aveva detto mi inquieta, mi provoca un certo nervosismo, per la preoccupazione che vivo rispetto alle sorti del mio Paese.
Vede, la differenza tra lei e Padoa-Schioppa è che lui aumentava le tasse e candidamente lo diceva, lei aumenta le tasse senza dirlo e la chiama perequazione (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori), è una cosa molto diversa questa. Vede, se i conti sono questi, e probabilmente sono questi, ma perché ha tolto l'ICI, che fretta c'era? C'era l'impegno elettorale, ma gli impegni elettorali non coincidono con il bene del Paese; non basta dire: l'abbiamo promesso in campagna elettorale, se è cambiato il ciclo economico, e lei che è lì da 63 giorni lo ha capito che è cambiato, ha capito che c'è la speculazione in agguato, ha capito che c'è la crisi del 1929 alle porte. Allora perché ha tolto l'ICI? Si poteva fare qualcosa di diverso, tra l'altro ha reso un beneficio ai più abbienti e non certo ai ceti deboli, che già erano stati esentati dal precedente Governo (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori).
E poi basta pensare alle tema delle liberalizzazioni dei servizi pubblici locali, questo è il suo capolavoro.
A me pare che la Lega abbia preso il posto di Rifondazione Comunista, perché la mediazione che è stata raggiunta sul testo che avete presentato - che non è l'emendamento Lanzillotta-Tabacchi - è molto più arretrata del compromesso, pur difficile, che io valutavo in modo negativo, che nel precedente Governo era stato raggiunto tra il Ministro Lanzillotta e Rifondazione Comunista. Siamo tornati indietro, andando contro le indicazioni comunitarie, perché lei chiude il mercato, non lo apre. Lei, in realtà, ripropone le società miste e la tecnica in house: altro che beneficio dei consumatori finali! È una questione di potere perché, come diceva l'onorevole Bossi, si tratta di tenere aperta la mangiatoia, è una questione di potere in cui si nominano amministratori e si tiene il controllo attraverso le assunzioni politicizzate. Voi mettete le mani nelle tasche dei cittadini italiani perché farete pagare di più i servizi (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico)!
Qui fuori le forze dell'ordine stanno manifestando, l'hanno fatto con il Governo Prodi ma lo stanno facendo anche con voi: non è un segnale del quale lei non dovrebbe preoccuparsi! Lei ci ha parlato con qualche passaggio di abilità politica; su un quotidiano ho notato la citazione sulla bozza Violante, sul Presidente Fini e su D'Alema. Bene: ho capito che lei oggi voleva svolgere un ruolo più ampio, ne prendo atto, siamo sul terreno della dialettica politica, ci vedremo più avanti. Sul federalismo fiscale ho sentito dire, in altra sede, che non ci vuole troppa fretta, perché vi sono molte cose da far quadrare. Non v'è dubbio che sia così, eppure sembrava la parola magica.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Sembrava la parola magica, perché col federalismo fiscale avremmo risolto tutti i problemi;Pag. 29anzi, lei ha detto che solo attraverso il federalismo fiscale avrebbe potuto restituire un po' di imposizione fiscale agli italiani. Ma è proprio così? Non so, evidentemente la Lega preme in quella direzione, ma non credo che avrà soddisfazione sul punto.
Mi auguro che lei e il suo Governo vogliate davvero discutere su queste cose; in questi 63 giorni non ce ne siamo accorti, perché voi non avete voluto discutere su nulla. Quanto al collegamento stretto che tenete tra la decretazione d'urgenza e il voto di fiducia preliminare - che non è, infatti, legato alla constatazione, onorevole Vito, dei tanti emendamenti che sono stati presentati, tant'è che voi lo annunciate prima - la tagliola che scatta, in realtà, lega il voto di fiducia al problema delle procedure parlamentari. Voi avete esautorato la funzione legislativa. Pensate che la dittatura della maggioranza sia sufficiente a garantire una prospettiva democratica del Paese? Non è così!
Onorevole Tremonti, scenda sul terreno politico e democratico e accetti la sfida su questo punto, non su altro.

PRESIDENTE. Onorevole Tabacci, la invito a concludere.

BRUNO TABACCI. Su questo la mia preoccupazione è altissima e le sue parole di oggi non hanno fatto altro che aumentarla (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, signor Ministro che c'è, la ringrazio perché almeno lei c'è, e quindi, finalmente, possiamo confrontarci con una persona che viene in Parlamento e che, seppur per pochi minuti, ci ascolta.
Credo che del merito di questo provvedimento si poteva e si doveva discutere dal primo giorno; quindi, mi dispiace che per sessanta giorni ci siamo dovuti occupare d'altro, che non aveva nulla a che fare con l'urgenza e con l'emergenza, ma che aveva a che fare soltanto con questioni personali. Mi dispiace anche che questo provvedimento, sebbene sia urgente, deve essere affrontato non solo con un decreto-legge, ma addirittura con il voto di fiducia, proprio perché il Parlamento deve essere libero ancora di occuparsi d'altro. Me ne dispiace anche perché dobbiamo liberare il Parlamento non solo per prima delle ferie, ma lo dobbiamo liberare anche per dopo le ferie, perché allora ci dovremo occupare ancora di altro che già ci è stato annunciato dal Presidente del Consiglio, ossia dell'immunità parlamentare, del CSM e di quant'altro. Me ne dispiace, perché credo che di questo provvedimento e di questa materia, che invece oggi ci propone, vi sia davvero bisogno.
Ora che la frittata in ordine al metodo è fatta, dobbiamo discutere in ordine al merito, per il tempo che ci è dato a disposizione. Manifestiamo tutta la nostra contrarietà al fatto che se ne debba discutere con lo strumento del decreto-legge e se ne debba addirittura non discutere, perché ciò che facciamo oggi e domani è solo un giochetto per perdere tempo e per far dire che, comunque, ne abbiamo discusso. Tanto avete già deciso e sappiamo già l'ora in cui sarà posta la fiducia e quando sarà data. Si tratta, insomma, solo di una ricreazione di un paio di giorni.
Io, invece, voglio prendere sul serio ciò che è scritto nel provvedimento in esame. Ho, soprattutto, ascoltato con attenzione le sue argomentazioni, come ascolto sempre con molta attenzione le argomentazioni dell'onorevole Tabacci. Ripeto anche in questa sede ciò che ho sempre detto fuori: quando persone come lei, o come l'onorevole Tabacci, parlano ed esprimono le loro idee, preferisco prendere appunti ed ascoltare. L'Italia dei Valori, infatti, non ha solo voglia di denigrare. Quando riteniamo che non abbiamo altra voce che gridare nel deserto non possiamo fare altro, ma quando ascoltiamo delle persone che esprimono delle idee, che possiamo condividere o non condividere, ascoltiamo con molta attenzione.

Pag. 30

MAURIZIO LUPI... è il braccio della morte.

FABIO EVANGELISTI. Ma che c... dici, stupido!

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti, la prego di moderare il linguaggio, in ogni caso.

FABIO EVANGELISTI. Si offendono tutte le volte!

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti, stia tranquillo. Nessuno le ha dato la parola e lasci parlare l'onorevole Di Pietro.

ANTONIO DI PIETRO. L'onorevole Tabacci le ha rimproverato sia ragioni di metodologia che di merito. Sulla metodologia, come sa, anch'io non sono affatto d'accordo. Quanto al merito, credo che nel suo discorso, al di là delle valutazioni se sia soltanto un discorso accademico o meno, vi siano aspetti che possono e debbono essere condivisi, e che noi condividiamo, e altri che non condividiamo, ed è bene che li sottolineiamo, pur nel poco tempo a disposizione. Mi limito solo ad elencare questi aspetti, non avendo avuto la possibilità di partecipare ad un dibattito parlamentare che, magari attraverso il confronto, poteva convincerci meglio, o grazie al quale anche noi potevamo fornire qualche indicazione.
Prendiamo atto e concordiamo sul fatto che responsabilmente lei ha detto che rispetterà gli impegni italiani con l'Europa presi dai precedenti Governi, compreso il Governo Prodi, ed è così che si deve fare. Uno Stato che fa parte della Comunità europea non può permettersi di non rispettare gli impegni presi soltanto perché cambia il Governo. Noi rivendichiamo ciò, in quanto siamo convinti che gli impegni che ha preso il Governo Prodi con l'Europa siano giusti e doverosi.
Forse ci distinguiamo anche da qualche alleato, quando lei dice che intende trovare un sistema per combattere alcuni cartelli e monopoli, come le banche, i petrolieri e quant'altro. Non so (perché veramente non ho capito, e perché è mancato il dibattito parlamentare) se è più giusto ciò che sostiene lei, ovvero che le tasse le pagheranno i cartelli, o se è vero ciò che sostengono i nostri alleati (cui do fiducia, fino a prova contraria), ovvero che le tasse verranno traslate sui contribuenti. Ne avrei voluto discutere maggiormente in questa sede, e avrei voluto essere più convinto delle ragioni dell'uno e dell'altro. Noi dell'Italia dei Valori, infatti, vogliamo combattere i cartelli delle banche e dei petrolieri, e siamo convinti che lì vi è una grossa sacca di malaffare e di approfittamenti.
Tuttavia, non riusciamo a capire come si fa a bloccare poi la ricaduta a valle costituita dal fatto che le tasse verranno scaricate sui contribuenti. Vorremmo capirlo meglio, al di là delle affermazioni di principio. E vorremmo capire meglio le affermazioni di principio, in quanto il principio noi lo condividiamo. Vorremmo, però, capire tecnicamente come ciò avverrà.
Riteniamo che lei abbia affermato una cosa giustissima - che però la mette fuori dall'azione del suo Governo - quando ha detto che, per avere una sanità migliore, più efficiente e con minori sprechi è necessaria un'azione moralizzatrice della magistratura. Ma viva Iddio che fosse così! Allora, ciò che svolge la magistratura non è un teorema, ma un'azione dovuta e necessaria, di cui dovreste essere felici. Il suo Governo, però, non ha tale orientamento e vuole fare tutt'altro!

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, abbia pazienza...

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, io ho pazienza, ma ho anche il dovere di far rispettare il Regolamento, come lei sa. Lei ha superato da due minuti il tempo assegnato al suo gruppo, così come agli altri.

ANTONIO DI PIETRO. Anzitutto, Presidente, anche gli altri hanno parlato di più. Inoltre, mi perdoni...

Pag. 31

PRESIDENTE. Non perdiamo tempo in questo inutile battibecco. Continui e cerchi di concludere.

ANTONIO DI PIETRO. È possibile che solo quando parlo io lei si ricorda di stare con l'orologio in mano? Abbia pazienza (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. Non me ne ricordo soltanto quando parla lei. Onorevole Di Pietro, l'orologio non ha colori.

ANTONIO DI PIETRO. Invece per lei sì! Per lei sì!

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, la prego di proseguire.

ANTONIO DI PIETRO. Per lei non solo l'orologio ha colori...

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, concluda.

ANTONIO DI PIETRO. Io, però, non riesco a capire - fra il dire e il fare - come oggi lei possa dire di volere combattere l'evasione fiscale se proprio oggi - lei lo sa meglio di me - la Corte di giustizia europea ha condannato il Governo per la legge finanziaria per il 2003, nella quale era contenuto il famoso condono fiscale, sul quale noi gridammo allo scandalo perché esso permetteva agli evasori fiscali di farla franca. Se lo ricorda tutto questo? Anche allora lei ci disse che quello era un modo per recuperare le tasse. In realtà, si trattò di un modo per legittimare l'evasione delle tasse e per farci anche subire, ora, la sanzione europea perché non abbiamo svolto il nostro dovere.
Infine, per concludere...

PRESIDENTE. Onorevole, concluda.

ANTONIO DI PIETRO. Noi non condividiamo il fatto che in questa manovra finanziaria, per fare cassa, lei abbia dovuto ridurre i fondi per le forze dell'ordine mentre ha eliminato l'ICI indistintamente: oggi, quindi, non abbiamo quelle risorse necessarie per far fronte alle esigenze delle forze dell'ordine. Non condividiamo soprattutto - su questo vorremmo e avremmo voluto confrontarci - la sua idea sulla banca del sud...

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, la prego di concludere. Non mi costringa a toglierle la parola. Lei ha superato da quattro minuti il tempo a sua disposizione...

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, mi tolga pure la parola. Non sarebbe né la prima né l'ultima volta.

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, lei effettua sempre giusti riferimenti ai Regolamenti e al rispetto delle regole. Sta parlando da quattro minuti oltre il tempo fissato per lei come per ogni altro gruppo.

ANTONIO DI PIETRO. Io continuo a parlare e quando lei ritiene di togliermi la parola me la tolga (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Il suo tempo è terminato, onorevole Di Pietro (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

MAURIZIO LUPI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURIZIO LUPI. Signor Presidente, ringrazio il Ministro per la puntuale e ampia relazione. Il nostro gruppo, anche perché rimanga agli atti, vuole ringraziare (come ha fatto lei, signor Presidente) tutti i membri della Commissione finanze e della Commissione bilancio che in questi numerosi giorni hanno lavorato intensamente, confrontandosi seriamente sui contenuti proposti (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Partito Democratico).
Prima che l'onorevole Di Pietro lasci l'Aula, volevo rivolgergli un'osservazione. Poiché noi, per la nostra cultura e per laPag. 32nostra storia, abbiamo profondo rispetto di tutti coloro che siedono in questo Parlamento (da una parte perché cittadini e, dall'altra, perché rappresentano, proprio perché eletti da cittadini, storie, ideali e sensibilità diversi), le posso soltanto rivolgere un'osservazione: affinché ciò accada nel profondo rispetto e il Parlamento possa diventare un luogo serio e costruttivo, non solo non dobbiamo partire da pregiudizi, ma - come lei ha richiamato tante volte - dobbiamo rispettare fino in fondo le funzioni che questo Parlamento ha.
Onorevole Di Pietro, se lei ritenesse non vani e vacui le nostre istituzioni, le nostre procedure e i nostri dibattiti, saprebbe bene che fra due ore inizia una discussione sulle linee generali, alla quale tutti noi dovremmo affidare un'importanza seria. In quel luogo, intervenendo in maniera più ampia, lei avrebbe potuto e potrebbe portare tutte le motivazioni e le ragioni che oggi ha riferito, dando il suo contributo.
Qual è la questione di fondo che appare? Onorevole Di Pietro, lo dico a lei, ma anche a tutti noi. Appare che noi, in fondo, non crediamo nel valore delle istituzioni, che ci interessano affinché la gente, quanti ci ascoltano fuori, siano convinti delle nostre idee. Pertanto, quando lei, onorevole Di Pietro, afferma che in sessanta giorni, otto settimane di lavoro intenso (lo dico a tutti noi), questo Parlamento si è occupato solo dell'interesse del Presidente del Consiglio o di giustizia, commette un errore e lo sa bene. Dice una cosa sbagliata. Questo non appartiene al dibattito e al confronto politico tra di noi, fa male alle istituzioni ed a quella credibilità che dobbiamo ridare al Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà), pur pensandola diversamente.

RENATO CAMBURSANO. Lo fate così, con la fiducia!

MAURIZIO LUPI. Altrimenti, onorevole Di Pietro - lo dico anche all'onorevole Tabacci, con la stima che anch'io ho per lui - l'onorevole Tabacci oggi non avrebbe potuto dire, con tutta la forza giusta e la passione che ci ha messo e anche con idee diverse, che, per esempio, noi abbiamo adottato un provvedimento che lui ritiene sbagliato e che noi, invece, riteniamo giusto, che è quello recante l'abolizione dell'ICI.
Non avrebbe potuto contestare le manovre di politica economica, per ridare - perché noi crediamo che sia così e lo abbiamo scritto nel nostro programma - fiducia e sviluppo a questo Paese, detassando gli straordinari o i premi di produzione.
Vedete, noi crediamo che gli impegni elettorali si debbano mantenere, ma non perché qualcuno ci ha obbligato, ma perché questo è un nuovo modo di concepire e di pensare la politica, in cui ci si presenta agli italiani, si dice cosa si vuole realizzare e, quando si viene eletti e gli italiani ci danno la maggioranza per governare, con coerenza si attuano quegli impegni.
Noi crediamo nell'abolizione dell'ICI, non solo perché è un impegno elettorale, ma perché riguarda l'80 per cento dei nostri cittadini, perché è una tassa sbagliata, in quanto tassa la casa, che è un bene che contribuisce alla qualità della vita di ogni cittadino.
Questo è il motivo per cui noi siamo andati in quella direzione. Svolgo un'ulteriore osservazione, perché questo è un punto su cui molti parlamentari e gruppi politici stanno discutendo in questi giorni, nelle riunioni delle Capigruppo e nel confronto tra maggioranza e opposizione, anche fuori dal Parlamento.
Si dice che si sta esautorando il Parlamento. Lo ha affermato con forza l'onorevole Tabacci. Credo che il contenuto più forte del suo intervento sia proprio questo, che l'onorevole Tabacci ha cercato di esemplificare.
Credo che su questo dovremmo fare, senza pregiudizi, una riflessione seria, che ci deve far capire che anche il Parlamento, anche i Regolamenti, anche la funzione del Parlamento stesso devono cambiare rispettoPag. 33a ciò cui il Parlamento deve servire, ossia alla gente, al nostro Paese, al bene comune e all'interesse generale.
È esautorare il Parlamento chiedere di ridurre i tempi?
Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Volevo dire altre cose, ma il tempo ovviamente è limitato.
È esautorare il Parlamento chiedere che il Parlamento, rispetto a una situazione importante e drammatica di emergenza, possa iniziare a rivedere i propri tempi, riducendo i tempi di approvazione e di discussione.
Il contributo che il Parlamento può dare al proprio ruolo viene meno solo perché si dà meno tempo o, nella storia del Parlamento, abbiamo visto che il tempo a disposizione non è certamente sinonimo del fatto che il Parlamento conti di più?

PRESIDENTE. Onorevole Lupi, la prego di concludere.

MAURIZIO LUPI. Signor Presidente, concludo. Mi rivolgo ai colleghi che sono qui da tante legislature. Quante volte in questo Parlamento abbiamo avuto decine e decine di ore per gli interventi e quante volte, avendo avuto decine e decine di ore, questo Parlamento può dire, con qualsiasi Governo, di qualsiasi colore, di aver contato? Allora, forse la riflessione che dobbiamo fare e lo spunto che ci viene dato oggi da questo dibattito è esattamente questo: accettare la sfida del cambiamento, la sfida di volere ben dire agli italiani che le istituzioni, il Governo e il Parlamento, hanno un valore forte. Su questo noi ci vogliamo confrontare (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

MASSIMO POLLEDRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, sapevamo che il compito non sarebbe stato facile. In campagna elettorale non si sono fatte promesse a vanvera. Si sapeva che la congiuntura economica non era delle migliori, che la strada era piena di intoppi e di buche. Con il Governo precedente, non si sapeva da che parte procedere.
Ora, pur nelle difficoltà, abbiamo un quadro più chiaro, abbiamo indicazioni e un cammino da prendere, che è sì quello del risanamento economico, ma con un'idea ben precisa: di rilanciare uno sviluppo economico del Paese ma, soprattutto, uno sviluppo morale. Credo che sia ancora forte il messaggio elettorale arrivato dal Paese, un Paese che si è trovato a scegliere una classe politica al di là della litigiosità. Il messaggio che viene lanciato a tutti - la semplificazione politica adottata, ahinoi, anche con il «taglio» di una parte importante rappresentata anche della sinistra che, in qualche modo, è presente anche nel corpo elettorale della Lega Nord è quello della necessità di dividerci fortemente su alcuni temi, ma di ritrovare l'unità.
Il provvedimento in oggetto riconsegna al Paese un'idea di crescita e di poter superare l'attuale difficoltà legata alla congiuntura internazionale, ma tenendo presente alcuni punti fermi: quello della famiglia, ad esempio, su cui si è intervenuti. Sicuramente, sarà necessario apportare miglioramenti: il quoziente familiare, certo, è un obiettivo futuro per il Paese, che ci viene richiesto con forza e che pensiamo di poter consegnare alla discussione futura.
La centralità della crescita: oggi, i dati evidenti di una crescita attestata allo 0,5 per cento ci preoccupano. Non esiste uno sviluppo economico né una condivisione dei diritti se non vi è crescita. Tuttavia, non è possibile immaginare una crescita con uno Stato che paralizza con centomila leggi e che cerca di far di tutto per mettere il bastone fra le ruote a chi vuole produrre e non consente, invece, un libero sviluppo a chi ha voglia di lavorare.
È evidente, che lo Stato che abbiamo in mente è molto leggero e si basa sul principio della sussidiarietà: chi ha voglia di produrre e di rischiare deve esserePag. 34messo in condizione di poterlo fare. Il nord ha lanciato un messaggio importante con il federalismo fiscale. Quella che chiediamo al Governo non è una scelta tiepida, ma è una scelta che può portare a risparmiare circa tre miliardi e mezzo di euro. Questi sono i conti semplici, ma necessari. Per questo motivo, pensiamo che la riforma del federalismo fiscale sia la missione fondamentale della Lega Nord in questo provvedimento, che sia la missione fondamentale, nel senso proprio dell'esistere, della Lega di Umberto Bossi. Le parole pronunciate dal Ministro in questo senso ci rassicurano, ma abbiamo bisogno di tempi certi, di non procrastinare all'infinito la riforma e di vedere dunque approvato il federalismo fiscale.
Da ultimo, le forze dell'ordine. È evidente, che la scelta della sicurezza è fondamentale e che, in qualche modo, la necessità di comprimere la spesa pubblica le ha interessate. Credo che vi sia la necessità di ridare serenità alle forze dell'ordine, che sono state umiliate. Ricordo che, nella passata legislatura, è stata intitolata una sala del Senato ad uno sfortunato cittadino che, tuttavia, stava cercando di uccidere un agente delle forze dell'ordine: mi riferisco alla «Sala Giuliani». Questa scelta da noi non verrà mai fatta, perché se dobbiamo scegliere tra i delinquenti e le forze dell'ordine, deve essere chiaro che questo Governo sta dalla parte delle persone oneste e delle forze dell'ordine.

Sull'ordine dei lavori, per fatto personale e per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo (ore 12,43).

RENATO FARINA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENATO FARINA. Signor Presidente, intervengo contro un omicidio, contro l'assassinio che un giudice ha voluto permettere fosse compiuto. Intendo tuttavia intervenire non solo contro, ma anche a favore della positività della vita. Oggi si terrà a Milano, in piazza Duomo, alle 18.30, una manifestazione intitolata «Acqua per Eluana Englaro», organizzata e promossa da Il Foglio di Giuliano Ferrara e da Tempi di Luigi Amicone. Si porterà una bottiglia d'acqua, per affermare che non c'è bisogno di assetare nessuno. Ciò che si chiede, ciò che i malati e coloro che hanno bisogno chiedono, non è di essere affamati o assetati, ma di avere acqua e di essere dissetati, anche di significato, di gesti che dicono che qualunque vita, in qualunque condizione si trovi, è utile e positiva e ci insegna tante cose. Insegna anche a guardare i problemi del mondo - come poco fa ha detto il ministro Tremonti - senza chiudersi dinanzi ai piccoli egoismi, ai calcoli su cosa sia il piacere del vivere. Non si vive per questo. Questa piazza dice tante cose al Paese, forse le dice a Dio e di certo le dice al Parlamento. Essa, rivolgendosi al Parlamento, dice «no» all'assassinio e dice anche che non è giusto che un giudice, in nome del popolo italiano - perché così si esprimono i tribunali - si permetta di decidere ciò che il popolo italiano non ha mai stabilito e cioè una legge che consenta l'omicidio.
Non in nome del popolo italiano può essere assassinato qualcuno, nell'indifferenza spettacolare del Parlamento: tutte le volte che si è parlato di Eluana il Parlamento era infatti semi-vuoto, forse perché c'è un dubbio e non si sa bene cosa pensare, se sia un problema di tutti o un problema individuale del padre o magari della Chiesa. Non è così, questo è un problema che riguarda il destino di questo Paese. È vero che sono importanti i grandi scenari dei cereali e della fame del mondo. Ma c'è un'altra fame ed è la fame di giustizia e la fame di significato.
Mi chiedo se il Parlamento sappia o meno di essere stato scavalcato da un giudice. Al Senato si è sollevato il conflitto di attribuzione e so che sarà sollevato anche dalla Camera dei deputati. Mi rivolgo a chi ha dei dubbi e so che si tratta della grande maggioranza. Rispetto tali dubbi, però, se si ha in mano un fucile e c'è un cespuglio, nel dubbio su chi stiaPag. 35dietro il cespuglio, se sia un bambino o un coniglio, non si spara, non si da il permesso di sparare e non si lascia sparare. Non bisogna permettere che Eluana sia assassinata per fame e per sete.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 12,45)

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare per fatto personale.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, avrei preferito francamente ci fosse ancora al suo posto il presidente Fini, al quale avrei rivolto le mie espressioni di scuse, che intendo comunque rivolgere all'Assemblea. Poco fa mi sono infatti lasciato andare forse un po' troppo ed ho reagito in malo modo ad un'interruzione che era venuta dai banchi del Popolo delle Libertà. Ho visto e sentito, un minuto dopo, l'onorevole Lupi che, interloquendo con l'onorevole Di Pietro, ha detto che lui ha rispetto per tutti. Peccato che però, proprio ieri, il senatore Francesco Casoli, dello stesso gruppo dell'onorevole Lupi, o meglio il vice-capogruppo del Popolo della Libertà al Senato, abbia dichiarato quanto segue: Di Pietro è come la «monnezza»: l'una inquina le falde acquifere, l'altro inquina la vita politica italiana con le sue dichiarazioni da criminale.
Poiché ogni qual volta che prende la parola qualcuno dai banchi dell'opposizione, in particolare da quelli dell'Italia dei Valori, si alzano urla, strepiti e grida, e vi è un continuo richiamo al Presidente affinché intervenga e vengano moderati i toni, la prego di tenere conto di quello che accade dentro quest'aula e anche nell'altra aula.
Personalmente, mi permetta di dire - in questo caso mi rivolgo a lei, illustre professore, oltre che Presidente di quest'Assemblea al momento - come il Candido di Voltaire, sono pronto a morire affinché il senatore Casoli possa continuare a ripetere le sue sciocchezze, ma prima di morire mi si lasci almeno la possibilità, ogni tanto, di «sbottare».

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti, riferirò le sue scuse al Presidente Fini, credo tuttavia che in quest'Aula sia sempre stata garantita con equilibrio sia la libertà di parola per tutti, sia il rispetto reciproco che le forze politiche si devono.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, non sarei intervenuto, come non sono intervenuto nello «pseudo-dibattito» che si è aperto anche l'altro giorno riguardo al caso della Englaro, tuttavia intervengo perché vorrei semplicemente lasciare agli atti la mia opinione personale.
Quando noi - e lo dico anche con rispetto verso il collega Renato Farina - ci approcciamo a situazioni che riguardano la vita di persone che da anni si trovano in una condizione drammatica, rispetto alla quale ritengo abbiano manifestato anche grande nobiltà e dedizione nell'affrontarla, non si dovrebbe avere questo approccio un po' fanatico - addirittura si sente parlare in quest'Aula di assassinio da parte di giudici - ma soprattutto non si dovrebbe utilizzare quest'Aula per fare propaganda ad una manifestazione, che dovrebbe essere la manifestazione di quella maggioranza che vorrebbe non uccidere.
Infatti, ad esempio, sappiamo perfettamente che anche sondaggi recenti riportano che l'81 per cento degli italiani condividono, sono d'accordo (si tratta di un sondaggio che sarà pubblicato a breve da Donna moderna e dal momento che i sondaggi valgono quando si vincono le elezioni, essi possono valere anche in altre occasioni, quando ad esempio si testa l'opinione delle persone).
Ebbene, dico semplicemente che si dovrebbe avere un approccio un po' meno fanatico e si dovrebbe utilizzare questoPag. 36Parlamento per la sua funzione e non per fare propaganda a manifestazioni che, ovviamente, ognuno è libero di fare e che il direttore de Il Foglio fa benissimo ad organizzare, avendo anche magari un po' di rispetto per quello che è il dramma che sta vivendo, da anni e non soltanto da ieri, la famiglia della Englaro.
Si dovrebbe guardare anche a dove sono le carenze di questo Parlamento, perché poi coloro i quali oggi protestano contro la decisione dei giudici, sono quegli stessi che impediscono, che non vogliono, o che non vogliono affrontare leggi - penso a quella del testamento biologico - che, probabilmente, renderebbero la possibilità a ciascuno di noi di decidere in alcune materie e su alcune questioni.
Tuttavia, ripeto, il problema è semplicemente che viene rivolto, da qui dentro, un appello per partecipare a manifestazioni e forse non è esattamente questa la sede e il mezzo attraverso cui legittimamente si può invitare a partecipare o a non partecipare a qualunque manifestazione.

GIORGIO JANNONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIORGIO JANNONE. Signor Presidente, intervengo a fine seduta, ovviamente spogliandomi del ruolo di relatore, solo perché vorrei ricordare in quest'Aula che pochi giorni fa è scomparso a Milano un personaggio televisivo che si chiama Gianfranco Funari, il quale ha dedicato buona parte della sua carriera alla vita politica italiana.
Credo che, grazie ai suoi programmi, condotti con uno spirito ed uno stile certamente particolare, siano state affrontate, appunto con uno spirito ed un approccio diverso, le principali problematiche politiche del Paese. Sebbene con uno stile originale, talvolta non condiviso, credo che la politica si sia avvicinata agli italiani grazie a Gianfranco Funari.
Pertanto, mi permetto per un attimo, solo a fine seduta, di ricordarlo - dato che ancora non era stato fatto - da amico personale che lo ha commemorato e che ne ha condiviso anche le ultime parole, perché credo che sia doveroso, da parte di quest'Aula, anche solo per un attimo, ricordarlo. Grazie, signor Presidente.

PRESIDENTE. Onorevole Jannone, mi unisco alle sue parole. Sono stato anch'io un amico di Gianfranco Funari e ne ho apprezzato, oltre la straordinaria professionalità, la grandissima umanità. Devo, però, farle osservare che egli è stato ricordato in quest'Aula, credo il giorno stesso della morte.
Ciò non toglie che la sua iniziativa, cui cordialmente mi associo, sia meritoria, condividendo il dolore suo e della famiglia.

MASSIMO POLLEDRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, ho sentito dall'amico Giachetti la definizione di fanatico: fanatico è una persona convinta delle proprie idee e che procede senza curarsi molto di quello che succede attorno. È un'interpretazione, forse, poco lusinghiera.
Ricordo che il collega Giachetti, altrettanto convintamente, ha sostenuto parecchi digiuni, forse per cause meno nobili di quella di Eluana, giustamente ricordata oggi, ma frutto già di una meditazione da parte di questo Parlamento, signor Presidente, che la vede sicuramente condividere una serie di principi.
Il dibattito non deriva, quindi, da un'impostazione ideologica, tenendo presente che tutti, credo, abbiano espresso la propria vicinanza umana al padre e nessun giudizio in questo senso va dato. Esiste, però, un conflitto di attribuzione, in qualche modo dovuto a un'invasione di campo. Ricordo che oggi il tema è già normato dal codice penale attraverso tre fattispecie particolari: l'omicidio, l'omicidio del consenziente e l'istigazione al suicidio.Pag. 37
I giudici non possono prescindere da ciò. Credo che sia necessario rimettere mano al codice penale; il testamento biologico, a mio giudizio, anche per l'esperienza della passata legislatura, non è la risposta.
A mio giudizio personale, la necessità è quella di mettere mano, di istituire il reato di eutanasia: l'eutanasia deve essere reato e credo che in pochi, nell'arco parlamentare passato e presente, siano favorevoli all'eutanasia. Questa si deve chiamare con il suo nome: se non lo si vuole chiamare omicidio, lo si deve chiamare eutanasia, perché, forse, anche tra i colleghi, sfugge la differenza tra l'accanimento terapeutico e le cure primarie e non differibili. Non è differibile il mangiare e il bere: non sono cure accessorie, ma fondamentali. Senza mangiare e bere si uccide una persona; il testamento biologico non ha niente a che fare con tutto ciò.
In questo caso si sta parlando di eutanasia; personalmente, parteciperò alla manifestazione di oggi, non pensando di fare pubblicità a questa o quella parte, ma pensando di compiere il mio dovere di parlamentare eletto dal popolo italiano (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Onorevole Polledri, come lei immagina, vorrei dire molte cose, ma il mio ruolo istituzionale del momento non me lo consente.

GIANCARLO LEHNER. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANCARLO LEHNER. Signor Presidente, sarò molto sobrio. Chiedo soltanto, in modo sollecito, una risposta da parte del Ministro dell'economia e delle finanze ad una mia interrogazione - ormai è trascorso più di un mese - nella quale c'era una denuncia dettagliata su un'evasione dell'IVA abbastanza importante in Molise, sulla quale l'Agenzia delle entrate è rimasta assolutamente silente.
Visto che siamo in una temperie di tagli alla spesa, sarebbe importante avere una risposta su questa maxievasione dell'IVA in Molise.

PRESIDENTE. Onorevole Lehner, la Presidenza provvederà a sollecitare il Ministro competente perché dia la dovuta risposta.

LUCIA CODURELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIA CODURELLI. Signor Presidente, in merito a quanto è stato ancora affermato in Parlamento sulla vicenda Eluana, vorrei aggiungere poche parole, chiedendo rispetto, rispetto, rispetto per la famiglia. Credo che dopo sedici lunghi anni, in cui la colpa grossa semmai è della politica, oggi abbiamo bisogno di rispettare la scelta, e semmai di porci delle domande da parte del Parlamento e delle istituzioni che non hanno fatto tutto quanto era nel loro dovere. Oggi chiedo che venga rispettata la scelta della famiglia e della persona.
Personalmente ritengo che non si possa nel modo più assoluto parlare di cure naturali e di una morte naturale, perché questa non lo sarebbe affatto. Dunque il Parlamento, se vuole veramente svolgere il proprio dovere, come lo doveva già fare, deve interrogarsi su cosa non ha fatto e procedere immediatamente. Chiedo, dunque, che tutto il Parlamento rispetti fino in fondo la famiglia, che è stata lasciata sola in tutti questi anni.

RENATO FARINA. Non è vero che è stata lasciata sola! E le suore di Lecco?

LUCIA CODURELLI. Anzi, oggi non occorre assolutamente infierire oltre. Non abbiamo bisogno di pietà e nemmeno di fanatismo, abbiamo bisogno di rispetto: la pietà ognuno la può esercitare in altro modo. Poi ognuno può correre a fare quello che vuole, ma il Parlamento ha ilPag. 38dovere di intervenire in un modo istituzionale, non fanatico e non ispirato a pietismo.

GIANLUCA BUONANNO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANLUCA BUONANNO. Signor Presidente, volevo chiedere: quanto tempo ho?

PRESIDENTE. Cinque minuti, come tutti.

GIANLUCA BUONANNO. Non conosco ancora bene il Regolamento: sono un «primino», come lei può ben capire, quindi sono qui per imparare.

PRESIDENTE. Normalmente ha cinque minuti; quando parla in dissenso dal suo gruppo, è «punito» con un minuto solo.

GIANLUCA BUONANNO. Penso che sia un'eventualità che non esiste.
Vorrei intervenire su quello che ha detto il Ministro dell'economia e delle finanze, Tremonti, per un motivo molto semplice: penso di essere uno di quelli che vive quotidianamente con la gente, facendo il sindaco da 15 anni ed essendo in politica nella trincea abitualmente.

PRESIDENTE. Onorevole Buonanno, posso segnalarle in materia di Regolamento che se lei si iscrive a parlare nella discussione generale, parlerà più tardi ma, probabilmente, davanti un pubblico più folto.

GIANLUCA BUONANNO. Sono state chiuse le iscrizioni.

PRESIDENTE. Allora ha facoltà di parlare.

GIANLUCA BUONANNO. Dicevo che quello che mi fa specie, venendo in questa importante Aula, è la forte impressione che ciò che si dice qui non è quello che si vive fuori. Quando ero più piccino, vedendo i filmati e le immagini di chi ha presieduto e di chi ha vissuto quest'Aula, mi dava sempre l'idea che qui si vivesse su Marte e che in realtà il pianeta Terra fosse fuori da questa sala. Oggi ne ho avuto ulteriormente la prova, come ce l'ho abitualmente ogni volta che vengo qui. Non vorrei certo insegnare ad altri quello che bisogna fare o non fare, ci mancherebbe altro, ma vorrei che si riuscisse a mandare dei messaggi ai cittadini che sono fuori dall'Aula, alla nazione intera, in una maniera molto più semplice e molto più realistica, senza ipocrisia.
Faccio un esempio. In questi anni, seguendo la politica, ho visto che ogni volta che il Governo in carica mette la fiducia, l'opposizione dice che viene espropriata dei suoi diritti e che è una vergogna mettere la fiducia; poi l'opposizione diventa maggioranza e la maggioranza diventa opposizione e si sente la stessa cantilena, dove vengono espropriati dei diritti coloro che fanno l'opposizione, mentre la maggioranza dice i motivi per cui si mette la fiducia.
Questo balletto è ridicolo agli occhi dei cittadini: se non abbiamo credibilità istituzionale lo dobbiamo anche a queste sceneggiate e stupidaggini, in cui ognuno si riempie la bocca a seconda di dove ha posato il sedere. Mi spiace doverlo dire ma è un dato che osservo da sindaco.
L'altra considerazione che vorrei svolgere, come sindaco e come deputato, è che quando si parla in quest'Aula il 99 per cento delle persone presenti fa tutt'altro che ascoltare, mentre ad esempio un semplice consiglio comunale è assai più attento e attivo quando si discute di argomenti relativi al territorio. Sarebbe, dunque, opportuno dare a quest'Aula una direttiva diversa e far capire a tutti che l'esempio che diamo fuori è fondamentale: se non diamo un buon esempio, infatti, le istituzioni non possono avere la credibilità che devono avere, e così risulta complicato far comprendere i casi in cui occorre prendere decisioni importanti e difficili per il popolo italiano.
Infine, devo dire che condivido quel che ha detto il Ministro Tremonti oggi, e cioèPag. 39che ci troviamo in una situazione difficile, nella quale è vero che non si aumentano le tasse, ma comunque la gente paga sempre di più. Infatti, contrariamente ad un'altra affermazione stupida che ogni tanto sento, non è che il cittadino italiano abbia tre portafogli: ne ha uno solo. Dunque, se il Governo non aumenta le tasse, ma diminuisce i trasferimenti a regioni, province e comuni, a cascata è logico che per poter svolgere i loro servizi, comuni, province e regioni debbono aumentare le tasse. E allora bisogna dire chiaramente che il sistema deve essere organizzato in maniera decente. Se ad esempio un comune in un anno si trova, solo per il gasolio o il metano per il riscaldamento delle scuole, o per il carburante dello scuolabus, o per la luce per l'illuminazione pubblica...

PRESIDENTE. Onorevole, devo invitarla a concludere: il suo tempo è terminato da dieci secondi.

GIANLUCA BUONANNO. Presidente, dal momento che il Presidente Fini ha lasciato Di Pietro parlare quattro minuti in più, potrebbe regalarmene due. Valgo un po' meno di Di Pietro, ma magari valgo un pochino di più...

PRESIDENTE. Il Presidente è più ricco: può permettersi maggiore generosità.

GIANLUCA BUONANNO. Concludo subito. Insomma, dicevo, se ad esempio i comuni si trovano ad affrontare aumenti dei costi del 30 o del 40 per cento per luce o riscaldamento, è evidente che ciò va a gravare sul loro bilancio: dunque, avendo sempre meno soldi, è logico che essi devono andare a prenderli da qualche parte. Insomma, vi è un sistema che secondo me non funziona.
Chiedo dunque, concludendo, che il Parlamento sia più vicino alla gente e che si dica la verità - pane al pane e vino al vino, come si suol dire - invece che fare ogni volta le parti in commedia in cui uno dice «a» e l'altro dice «z», perché questo è il gioco delle parti. Credo che faremmo un bel servizio ai cittadini italiani, se veramente si venisse qui a dire la verità e si potesse finalmente fare qualcosa di utile per questa nazione.

PRESIDENTE. La ringrazio. Devo dirle che in realtà sono stato assai più generoso del Presidente Fini, poiché le ho regalato cinque minuti che non avrei dovuto darle, dal momento che il suo è un intervento da svolgere in discussione sulle linee generali e non è, chiaramente, un intervento sull'ordine dei lavori. L'ho fatto, comunque, per la simpatia che ispira la sua persona e perché bisogna aiutare i nuovi deputati ad entrare in ingranaggi non sempre facilissimi. Ricordi, però, che la prossima volta deve iscriversi a parlare in discussione sulle linee generali.
Quanto al resto, quella del parlamentare è una vita difficile, ma credo che lei saprà per esperienza che non è vero che non si lavora: se l'Aula è vuota, è di solito perché i parlamentari sono in Commissione. Certamente il lavoro può essere organizzato meglio e, se lei ha qualche proposta per la riforma del Regolamento, questo è un tema del quale si sta discutendo proprio in questo momento.
Sospendo la seduta che riprenderà alle 15,30.

La seduta, sospesa alle 13,10, è ripresa alle 15,35.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione alla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Pag. 40

Si riprende la discussione.

PRESIDENTE. Dovremmo riprendere il seguito della discussione sulle linee generali del disegno di legge di conversione del decreto-legge in materia economica.
Avverto tuttavia che, avendo la Presidenza richiesto elementi di informazione al Governo, la Presidenza non ha ancora esaurito il vaglio di ammissibilità.
Pertanto, come il Presidente ha preannunciato questa mattina, gli interventi in sede di discussione sulle linee generali avranno inizio solo nel momento in cui il maxiemendamento sarà licenziato e portato a conoscenza dei gruppi.
Occorre pertanto sospendere nuovamente la seduta, che riprenderà alle ore 18.
Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, le volevo dire che, come lei saprà, c'è stata anche una Conferenza dei presidenti di gruppo prima della ripresa della seduta, nella quale comunque era stato stabilito un orario a disposizione per gli interventi nella discussione sulle linee generali. Volevo pertanto capire le ragioni di questo slittamento. Praticamente avremmo dovuto iniziare questa mattina la discussione sulle linee generali, ma per una ragione o per un'altra - è inutile tornare sopra l'argomento - ci troviamo nelle condizioni per cui la stessa non comincerà prima delle 18.
Possiamo anche ritenere - ed ovviamente saremmo contrari - che all'opposizione viene concesso di poter parlare su una manovra economica di questa portata magari alle due o alle tre di notte. Però, obiettivamente, credo che vi sia anche bisogno di rispetto per la dignità delle persone che si trovano in quest'Aula, a prescindere dal fatto che siano nella maggioranza o all'opposizione. Vorrei dunque capire, in ragione di un orientamento che era stato preso dalla Conferenza dei presidenti di gruppo circa l'andamento della discussione sulle linee generali, prima di qualunque altro tipo di valutazione, quali siano gli orientamenti della Presidenza, ed anche quelli del Governo, del Governo che non c'è.

FEDERICO PALOMBA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori, anzi sul disordine dei lavori. Noi non possiamo accettare, per la dignità di quest'Aula e di questo Parlamento, che le cose si trascinino in questo modo indegno; non possiamo ridurre l'approfondimento e la discussione di 600 pagine di una manovra complessa, che il Governo, che non c'è... che non c'è... il Governo che non c'è!

PRESIDENTE. Prego, onorevole Palomba, prosegua il suo intervento.

FEDERICO PALOMBA. No, signor Presidente, a chi parlo?

PRESIDENTE. Al Presidente.

FEDERICO PALOMBA. Parlo a lei?

PRESIDENTE. Certo.

FEDERICO PALOMBA. E il Governo non mi sente?

MARIO PEPE (PD). Ma senza il Governo con chi parliamo?

PRESIDENTE. Onorevole Palomba, parli al Presidente, nel senso che il Presidente ha dato una comunicazione all'Aula, e dunque lei si rivolga al Presidente. Voi avete fatto delle osservazioni che, tra l'altro, ritengo pertinenti (per cui risponderemo poi, nel merito, rispetto a tali osservazioni), però intanto prosegua il suo intervento. Lei sta intervenendo sull'ordine dei lavori e l'ordine dei lavori è un argomento che appartiene prettamente alla competenza del Presidente.

Pag. 41

FEDERICO PALOMBA. Certo, Presidente, se lei mi dice che parlare alla Presidenza è la stessa cosa che parlare al Governo, continuo. Dunque, la questione è questa: voi non potete continuare a gestire così le prerogative parlamentari, violandole continuamente e costantemente. Ci avete imposto l'approvazione di un disegno di legge così importante, che involgeva questioni così importanti, come quello sull'immunità al Premier e alle alte cariche dello Stato, in trentasei ore (comprese le ore notturne). Adesso voi vorreste comprimere - e state comprimendo - ancora di più le prerogative del Parlamento, portando pacchi, pacchi e pacchi di emendamenti del Governo al provvedimento in esame, costringendo le Commissioni a fare le ore notturne e rimandando di ora in ora la discussione ed il dibattito in Aula. Signor Presidente, noi protestiamo contro questa grave violazione delle prerogative del Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!

ALBERTO FLUVI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALBERTO FLUVI. Signor Presidente, volevo suggerire una cosa da tenere in conto, a mio avviso, nella nostra programmazione dei lavori. Siccome il Governo ha presentato un maxiemendamento interamente sostitutivo dell'articolo unico, non so se non sia il caso, una volta dichiarata l'ammissibilità, di rinviare il testo nelle Commissioni riunite, o, quantomeno, nel Comitato dei diciotto. Mi limito quindi a suggerire ciò, per valutare, appunto, il prosieguo dei lavori e considerare tale possibilità con riferimento all'organizzazione dei lavori stessi.

ROLANDO NANNICINI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROLANDO NANNICINI. Signor Presidente, lei ha parlato del maxiemendamento. Non lo chiamerei maxiemendamento perché non siamo di fronte alla richiesta di fiducia, anzi, noi, come opposizione, le fiducie non siamo mai d'accordo che siano poste. Pertanto, stiamo svolgendo la discussione sulle linee generali, e perciò non può essere presentato un emendamento se non si sospende il dibattito. Dopo, per l'appunto, si presenta l'emendamento. Questo è il Regolamento e la prassi.
Codesto emendamento, che ancora non conosciamo a causa del vaglio di ammissibilità, può essere subemendato e può essere discusso dall'Assemblea. Perché si parla di fiducia? Non sono a conoscenza che il Governo abbia richiesto la fiducia e in questa fase non la può chiedere, perché stiamo svolgendo il dibattito generale.
Pertanto, chiedo alla Presidenza di sapere dell'emendamento del Governo (si parla di maxi, di mini) che non sappiamo se sia sostitutivo, non sostitutivo o che cos'altro. Lo vogliamo esaminare e poi subemendare, anche in mezz'ora, in un'ora, ma deve essere subemendabile, perché altrimenti si cambiano le regole, e non chiederò mai che il Governo ponga la questione di fiducia.

BRUNO TABACCI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, mi dispiace molto intervenire, anche perché stamane lei aveva svolto un intervento molto apprezzabile dai banchi e aveva segnalato la necessità di passare alla discussione sulle linee generali. Come le avevo fatto cenno, io ero qui. Vorrei intervenire sulla discussione generale, e voi ce lo impedite. Che problema c'è adesso ad avviare la discussione? I due relatori stamattina hanno svolto la relazione. È intervenuto l'onorevole Tremonti. Vogliamo avviare la discussione generale, anche al buio? Avviamola, il Governo venga e ci ascolti. Dopodiché è chiaro che se si presenta un emendamento totalmente sostitutivo, diverso da quello esaminato inPag. 42Commissione, dovete concedere un termine per la presentazione dei subemendamenti. Probabilmente è ragionevole che tutto venga riportato in Commissione. Già stamattina il Presidente Fini ha cominciato su una linea e poi ne ha presa un'altra. Cercate di darvi una regola, perché non si può avere tutto e il suo contrario. Siete su una strada anche molto perigliosa dal punto di vista della conduzione istituzionale. Quindi, se lei vuole tornare sui banchi e consentire la discussione non sarebbe male, e il fatto che abbia presieduto lei vuol dire che la volevano esporre ad una Presidenza non proprio rituale.

PRESIDENTE. Onorevole Tabacci, grazie dell'apprezzamento per l'intervento di stamattina. Comunque, la Presidenza ci tiene a entrare nel merito di tutte le osservazioni da voi proposte a proposito dell'ordine dei lavori. Innanzitutto precisiamo - ma credo che stamattina eravamo tutti presenti - l'ordine dei lavori che era stato deciso dalla Presidenza. Dopo un intervento dell'onorevole Quartiani, che chiedeva esattamente di poter iniziare la discussione sulle linee generali solo nel momento in cui tutta la Camera fosse venuta a conoscenza nel merito del maxiemendamento depositato dal Governo e su cui era stata anche preannunciata l'intenzione di porre la questione di fiducia, il Presidente Fini aveva accolto le osservazioni dell'onorevole Quartiani e, a tutela della nostra istituzione e della dignità dei nostri lavori, aveva stabilito che gli interventi in sede di discussione sulle linee generali dovesse iniziare solo nel momento in cui la Presidenza avesse valutato l'ammissibilità del maxiemendamento e pertanto il maxiemendamento potesse essere portato a conoscenza dell'Assemblea.
Avevamo individuato così il procedere dei nostri lavori: intervento del Ministro Tremonti, che era stata chiesto e deciso nella Conferenza dei presidenti di gruppo; dibattito a seguito della relazione del Ministro Tremonti; aggiornamento alle ore 15 per l'inizio degli interventi in discussione sulle linee generali, dopo che fosse stata valutata l'ammissibilità da parte della Presidenza.
Siamo adesso all'apertura della seduta. La Presidenza, a tutela dell'interesse di tutti, ha richiesto ulteriori elementi riguardo all'ammissibilità del maxiemendamento.
Pertanto, ritiene che non si possa iniziare la discussione sulle linee generali se non coerentemente con le decisioni prese nella mattinata. Si è quindi deciso di comunicare l'aggiornamento alle ore 18 della seduta, per riprendere con l'ordine del giorno per avere la possibilità, fino a quel momento, di vagliare l'ammissibilità e, ovviamente, di consentire la conoscenza del maxiemendamento.
L'ulteriore osservazione che è stata formulata è quella dell'onorevole Giachetti, che giustamente afferma: la riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo aveva stabilito un ordine sul prosieguo dei nostri lavori, concordando che alla discussione generale fossero dedicate la giornata di oggi e quella di domani. Questa è la decisione che abbiamo preso.
Si terrà conto, nella discussione sulle linee generali, degli impedimenti o degli ulteriori sviluppi delle decisioni sul nostro lavoro. Credo che questo sia quanto doverosamente la Presidenza doveva riferire e, pertanto, aggiorno la seduta alle ore 18.

MARINA SERENI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARINA SERENI. Signor Presidente, ho l'impressione che vi siete infilati in un inestricabile ginepraio dal punto di vista delle procedure e in uno scandaloso precedente dal punto di vista del merito. Noi non abbiamo capito due cose; la prima, forse, ad un certo punto della giornata la capiremo, e cioè che cosa avete scritto dentro a questo maxiemendamento. Informalmente avete detto che si tratta, grosso modo, del testo licenziato dalle Commissioni, più qualcos'altro. Poiché gli uffici della Camera, che apprezzabilmente stanno esaminando con attenzione il maxiemendamento, non hanno ancora finito,Pag. 43ci sorge il dubbio che vi sia qualcosa di molto diverso da quello che è stato discusso e licenziato dalle Commissioni competenti.
In secondo luogo, nonostante il suo eloquio, non abbiamo capito, signor Presidente, che cosa succede dopo le 18. Si è svolta una Conferenza dei presidenti di gruppo subito dopo la sospensione della seduta, in cui si era ipotizzato che alle ore 15,30 potesse cominciare la discussione generale, accettando noi, o meglio, subendo noi una forzatura, perché avremmo iniziato comunque un dibattito generale sulla base di un testo che certamente non avevamo avuto il tempo di esaminare.
Ora ci si dice che ci rivediamo alle 18 - intanto non ho capito se alle 18 ci rivediamo sicuramente con un testo che ha ricevuto l'ammissibilità - e inoltre non abbiamo capito che cosa pensa la Presidenza di proporci per quanto attiene al prosieguo del dibattito generale. Mi permetto dunque di insistere sulla richiesta già avanzata dall'onorevole Giachetti e chiederei di sapere come la Presidenza intenda procedere dopo le ore 18.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Nannicini. Ne ha facoltà.

ROLANDO NANNICINI. Signor Presidente, lei non mi ha risposto. Se domani sarà posta la questione di fiducia (spero di no), di quale testo si tratterà? Di quello che verrà presentato in quel momento, al momento non vi è un testo perché non vi è richiesta. Non vi è richiesta, lei non ha risposto.

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Nannicini, io le ho risposto. Non so se lei era presente in Aula: stamattina è stata posta esattamente la questione...

ROLANDO NANNICINI. Quello che avete deciso in modo pasticciato non mi interessa. Io sto al Regolamento.

PRESIDENTE. Onorevole Nannicini, stamattina il Governo ha preannunciato con lettera formale l'intenzione di porre la fiducia sul maxiemendamento presentato ieri sera presso la Camera dei deputati. Abbiamo deciso che la discussione generale, accettando la richiesta dell'onorevole Quartiani, iniziasse solo dopo il vaglio di ammissibilità dello stesso maxiemendamento.
Alla Conferenza dei presidenti di gruppo è stato deciso l'ordine dei nostri lavori: discussione generale alle ore 15 della giornata di oggi, con il proseguimento sia nella giornata di oggi che in quella di domani. Questo è quanto. A fronte di elementi richiesti dalla Presidenza riguardo al vaglio di ammissibilità, credo a tutela di tutti, la Presidenza ha deciso di aggiornare alle ore 18 la nostra seduta. È evidente, onorevole Sereni, che alle ore 18 inizierà la discussione generale.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 18.

La seduta, sospesa alle 15,50, è ripresa alle 18.

PRESIDENTE. Ricordo che il Governo ha preannunciato l'intenzione di porre la fiducia sull'approvazione dell'emendamento Dis.1.1, interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame.
La Presidenza ha verificato l'ammissibilità di tale emendamento, che risulta corredato di relazione tecnica.
Segnalo che, proprio con riferimento ai rilievi contenuti nella suddetta relazione tecnica, il Governo, con lettera pervenuta alla Presidenza in data odierna, ha comunicato che il testo dell'emendamento deve intendersi modificato nel senso di sostituire, all'articolo 84, comma 1-ter, le parole da: «dello stanziamento del fondo speciale» fino alla fine del comma, con le seguenti: «dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 5, comma 4, del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93».
Ha chiesto di parlare per un richiamo al Regolamento l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, confesso che in queste ventiquattroPag. 44ore mi sono agitato un po' troppo, fino però ad arrivare al punto di chiedermi se davvero vi fosse motivo di tanta agitazione. Quanto è successo oggi conferma i motivi di una sacrosanta agitazione, per cui, ormai, forse non ne vale neanche più la pena.
Veniamo al dunque: questa mattina il Presidente della Camera, interloquendo con l'onorevole Di Pietro, si è lasciato andare ad un'espressione di questo tipo: «Beh, se vogliamo innovare... di solito lei fa sempre riferimento al rispetto dei regolamenti e delle leggi...». In questo caso chi ha voglia di innovare è la Presidenza della Camera, non nella sua figura, onorevole Presidente Lupi, ma nell'istituzione Presidenza della Camera, che si assume una grave responsabilità, perché spesso si fa riferimento ai precedenti, ma nel caso specifico non vi potete agganciare nemmeno ai precedenti. Non esiste, infatti, un precedente per cui, come lei ha appena fatto, si possa venire in Aula a ricordare che è stato presentato un maxiemendamento dal Governo, ancora con la finzione della preannunciata fiducia, per cui noi stiamo qui a baloccarci due giorni per discutere su un testo - l'unico che ci è stato fornito, quello licenziato dalle Commissioni di merito - mentre dovremmo svolgere la discussione almeno sul maxiemendamento, che forse lei ha visto, ma che noi non abbiamo ancora visto. Quindi, siamo di fronte ad una finzione, ad una presa per il naso dei deputati e dell'istituzione Camera dei deputati.
Voglio però venire al merito della questione. Immagino che dietro tanto disagio, tanta sofferenza, tanto lambiccarsi, tanta ricerca di pertugi e di appigli regolamentari e procedurali, si nasconda anche un dato politico: le divisioni che serpeggiano, gli approcci diversi tra le forze politiche che compongono la maggioranza e il timore di imboscate. Se pensate che in soli due giorni siete riusciti a portare a Roma non soltanto le forze di polizia, ma anche gli operatori della sanità che stanno manifestando in piazza Montecitorio contro le vostre scelte, immagino - l'intervento del Ministro Tremonti di questa mattina l'ha sottolineato - che voi abbiate il timore che dalla vostra maggioranza possano provenire emendamenti e modifiche proprio sui temi della sanità, della scuola e delle forze dell'ordine, per non parlare dei precari, dei lavoratori della pubblica amministrazione e di quant'altro.
Vengo al motivo per cui ho fatto il richiamo al nostro Regolamento, in particolare all'articolo 116. Se ricordo bene, se leggo bene questo Regolamento - ne chiedo conferma a lei, Presidente, con l'ausilio degli uffici che sicuramente mi stanno ascoltando -, quando c'è il preannunzio della questione di fiducia su un maxiemendamento la procedura vuole che intanto il maxiemendamento venga presentato e che quindi vi sia una sospensione della seduta per consentire la valutazione di ammissibilità, com'è appena stato ricordato.
La procedura, quindi, vuole che si riprenda la discussione e sia posta (e non soltanto preannunciata) la questione di fiducia; che vi sia, di conseguenza, la preclusione di tutti gli emendamenti; che si convochi la Conferenza dei presidenti di gruppo per definire il seguito delle procedure volte a consentire la discussione su un testo vero e non su un testo che oggi non è più tale, ovvero quello licenziato dalle Commissioni.
Quindi, la prima richiesta che faccio è che intanto il maxiemendamento sia rinviato alle Commissioni di merito e non ci si faccia svolgere, dunque, una discussione che rischia di diventare oziosa. Chiedo, inoltre, che sia dato il tempo per presentare i subemendamenti, perché come lei, Presidente, ha appena ricordato, il testo è cambiato, in quanto l'emendamento è sostitutivo del testo giunto in Aula. Tuttavia, non è solo un problema di procedure, ma di democrazia, di credibilità e di affidabilità dei lavori e delle procedure.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

FABIO EVANGELISTI. Concludo, però mi faccia completare il ragionamento. Dicevo che è un problema di tempi che denunciano la confusione, la divisione ePag. 45persino l'arroganza di chi pensa di poter disporre a piacimento delle istituzioni.
Attendo, dunque, una risposta alle domande che ho appena posto, non senza però aver detto che nonostante il rischio che sia svuotata di contenuto, noi non vogliamo rinunciare alla discussione sulle linee generali del provvedimento quand'anche modificato.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FABIO EVANGELISTI. Solo quindici secondi, Presidente. La discussione sulle linee generali, infatti, è anzitutto una fase procedurale di garanzia per le opposizioni, e noi non siamo disponibili a rinunciarvi. Ciò che, invece, riteniamo improprio è che la discussione sulle linee generali sia ridicolizzata dal preannuncio della posizione della questione di fiducia su un testo che è noto nella sua esistenza ma non nel suo contenuto. La ringrazio per la risposta che vorrà gentilmente fornirmi.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, credo che ciò cui stiamo assistendo oggi costituisca un grave accadimento per il modo in cui si stanno determinando i rapporti tra il Governo e il Parlamento e tra il Governo e la Camera dei deputati. Per la prima volta, infatti, si ha un emendamento interamente sostitutivo del testo di un decreto-legge che già impropriamente conteneva l'anticipazione di una manovra che si sarebbe dovuta discutere all'interno della sessione di bilancio e avrebbe dovuto avere i tempi consentiti dal Regolamento e dalla Costituzione per quella sessione di discussione così impegnativa per il Paese, per le famiglie, per le imprese e per i cittadini italiani.
Si è anticipata una manovra che si è voluta all'interno di un DPEF triennale e di una previsione triennale e quinquennale di intervento che, ricordo, incide sulle tasche degli italiani, in quanto non si riduce la pressione fiscale e si effettuano tagli enormi alla sanità e ai servizi universali a cui hanno diritto tutti i cittadini e le famiglie italiane. Si tratta di una manovra di un rilievo tale che, probabilmente in maniera non consona a questa istituzione, si vorrebbe ridurre ad una discussione nemmeno di giorni, bensì di poche ore.
Quindi non si può, signor Presidente di turno, sottacere che oggi si è determinato un fatto nuovo e rilevante che spero il Presidente della Camera - e le chiedo di riferirlo al Presidente stesso - non ritenga di dover annoverare tra i futuri precedenti ai quali riferirsi nel prosieguo dei nostri lavori nel quinquennio di questa legislatura.
Sostanzialmente, prima ancora che iniziasse la discussione sul provvedimento in esame - ore prima, nella giornata precedente -, è stato presentato un emendamento da parte del Governo, sul quale, con una lettera indirizzata al Presidente della Camera, si è preannunciata la posizione della questione di fiducia da parte del Governo stesso. Ciò ha reso pressoché impossibile la discussione in quest'Aula e ringrazio il Presidente, naturalmente, per il modo in cui ha voluto parzialmente risolvere questioni che oggi abbiamo posto.
Oggi abbiamo impedito che si avviasse una discussione sulle linee generali in quest'Aula, con una spada di Damocle che pendeva sulla testa di questo Parlamento nel momento in cui non si conosceva esattamente il contenuto del maxiemendamento del Governo né si conoscevano le intenzioni del Governo stesso relativamente a quando sarebbe stata posta la questione di fiducia; non si conosceva, cioè, quanto sarebbe stato lo spazio disponibile per le opposizioni - ma anche per tutti i deputati - per poter discutere sul provvedimento almeno adeguatamente nei tempi che sarebbero stati comunque riservati qualora la fiducia fosse stata posta in termini tali da privare l'intero Parlamento del diritto di intervento e di discussione.Pag. 46
Ancora oggi non sappiamo se i tempi della discussione saranno adeguati e se ci sarà data la possibilità - prima della posizione della questione di fiducia e dopo il voto - di discutere adeguatamente in quest'Aula e di avere con il Governo un'interlocuzione adeguata per discutere almeno sugli ordini del giorno (non dico sugli emendamenti, sulle proposte dell'opposizione e su quelle delle Commissioni di merito: il Governo, con il maxiemendamento, ha infatti aggiunto al provvedimento anche parti rilevanti, cambiando il complesso della configurazione con la quale lo stesso era stato licenziato dalle Commissioni di merito).
Signor Presidente, le chiediamo di conoscere esattamente i tempi - che non devono essere compressi - che la Presidenza intende assegnare per la discussione sulle linee generali e che la Presidenza intenderà attribuire per la discussione degli ordini del giorno e per le dichiarazioni di voto finale, in modo tale che sia possibile avviare in quest'Aula una discussione che almeno recuperi parte di un diritto negato, che l'atteggiamento del Governo ha determinato nei confronti del Parlamento.
In conclusione, le chiedo formalmente di convocare il Comitato dei diciotto prima che si proceda alla discussione in Aula, in modo tale che possa essere apprezzato effettivamente il testo (così come è stato presentato dal Governo), la cui ammissibilità è stata ora pronunciata. Il Parlamento non conosce ancora il testo: almeno il Comitato dei diciotto deve conoscerlo, anche perché abbiamo appreso che, se non altro, è stato recepito un rilievo contenuto nella relazione tecnica che modifica in parte lo stesso testo che il Governo aveva presentato ieri con il maxiemendamento interamente sostitutivo del testo in esame (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Quartiani, riferirò al Presidente della Camera le sue osservazioni concernenti le preoccupazioni da lei enunciate con riferimento ad un dibattito il più possibile ampio e approfondito, considerata l'importanza del provvedimento che stiamo discutendo. Abbiamo più volte affrontato la questione in Conferenza dei presidenti di gruppo e lei sa, onorevole Quartiani, che tutta la giornata di oggi e tutta quella di domani sono state dedicate alla discussione sulle linee generali e che, in ogni caso, proprio per le osservazioni da lei svolte personalmente in Conferenza dei presidenti di gruppo, ci siamo riservati di definire work in progress, ossia andando avanti nei lavori, la calendarizzazione e la posizione all'ordine del giorno del prosieguo della discussione e del voto finale.
Con riferimento alla convocazione del Comitato dei nove o del Comitato dei diciotto, la Presidenza, dopo il vaglio di ammissibilità, ha trasmesso anche alle Commissioni il maxiemendamento e credo che spetti non alla Presidenza ma all'autonomia dei presidenti delle Commissioni stesse decidere modalità e tempi di convocazione del Comitato dei nove o del Comitato dei diciotto, dal momento che le due Commissioni sono riunite.
Onorevole Evangelisti, per quanto riguarda le sue osservazioni, le devo ovviamente una risposta puntuale. La presentazione da parte del Governo di un emendamento interamente sostitutivo, con preannuncio della posizione della questione di fiducia, corrisponde ad una prassi consolidata del nostro Parlamento ed è conforme ai principi regolamentari. Allo stesso modo, è conforme alla prassi e ai principi regolamentari anche il fatto che la Presidenza compia il vaglio di ammissibilità prima di rendere noto il testo.
Tale testo è stato, inoltre, come ho affermato prima, inviato alle Commissioni perché ne prendano conoscenza.
Per il resto, come lei sa (lei segue in maniera molto attenta i lavori dell'Aula ed è spesso presente anche in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo), come ho precisato dianzi, la posposizione della discussione sulle linee generali - lo ha appena affermato anche l'onorevole Quartiani - rispetto alla conoscenza dell'emendamento corrisponde ad una esigenza prospettata dalla stessa opposizione e fattaPag. 47propria dalla Presidenza della Camera, proprio per garantire a tutto il Parlamento di procedere, nell'ambito della discussione sulle linee generali e nel prosieguo dell'iter dei lavori, a discutere del maxiemendamento con la conoscenza dovuta.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, in particolare intervengo per un richiamo al comma 4 dell'articolo 116 del Regolamento e lo faccio davvero scevro da qualunque nota polemica, perché davvero credo che, in questo momento, da parte sua sia necessario - ovviamente con il conforto degli uffici - darci garanzie.
Ovviamente, non conosco il testo del maxiemendamento, ma conosco, per la lettura che lei ha fatto adesso, qual è l'unica parte che è stata modificata secondo la lettera del Governo rispetto al testo che dovrebbe essere stato presentato.
Quindi, per quanto mi riguarda, vigono le cose che sono state dette dal Ministro Tremonti questa mattina, in cui indicava in cosa il maxiemendamento si discostava dai risultati cui era giunta la discussione avvenuta in sede di Commissioni riunite.
Sappiamo, perché ce l'hanno riferito i membri delle Commissioni di merito, che di tale scostamento fanno parte alcuni aspetti che, non a caso, le Commissioni non hanno voluto inserire nel testo e che verrebbero aggiunti al testo dal Governo con il maxiemendamento.
Volendo citare le parole del Ministro Tremonti, leggerò dal resoconto stenografico quanto segue. Egli, con riferimento al maxiemendamento, dice: «su alcuni provvedimenti la discussione si è sviluppata solo in modo parziale e non siamo arrivati al voto».
Ciò non è vero: le Commissioni non hanno voluto includere nel testo alcune questioni. Ma il Ministro dice di più, in quanto aggiunge: «Sono sostanzialmente quelli relativi alla non emendabilità della legge finanziaria con elementi o con interventi microsettoriali per un anno, alla non emendabilità per il prossimo anno per la prossima legge finanziaria e riteniamo sia una scelta giusta (...)».
Di cosa ci informa, signor Presidente, il Ministro Tremonti? Che viene inserito, da parte del Governo, nel maxiemendamento, un tratto che modifica quanto previsto dal nostro Regolamento per l'esame dei provvedimenti, della legge finanziaria in particolare.
Signor Presidente, il comma 4 dell'articolo 116 del nostro Regolamento prevede che la questione di fiducia non possa essere posta, tra l'altro, su proposte di modifica del Regolamento.
Cosa sta accadendo? Io immagino che la Presidenza - in questo le chiedo conforto - abbia vagliato il testo del maxiemendamento. Poiché però il Ministro Tremonti - non lo dico io, ma il ministro stesso -, nel suo maxiemendamento, discostandosi da quanto deciso dalle Commissioni, che di proposito hanno voluto tenere fuori questa materia, inserisce una sostanziale modifica del Regolamento, che porta alla non emendabilità di alcuni provvedimenti che fanno parte della manovra economica, cambiando sostanzialmente (occorre capire poi materialmente come ciò accade) il nostro Regolamento, su questa materia, signor Presidente, viene meno la possibilità di porre la questione di fiducia.
Non credo, allora, che di fronte a una cosa così grave e particolare possiamo trincerarci dietro il fatto che non vi è una modifica sostanziale della dizione di un articolo del Regolamento. Stiamo modificando in modo surrettizio, se quello che afferma il Ministro Tremonti è vero, il nostro Regolamento, cosa che si può fare a «colpi di maggioranza» ma che tendenzialmente ancora non era previsto che si potesse fare a «colpi di fiducia». La pregherei, quindi, signor Presidente, di dirci qual è la situazione. Lei probabilmente conosce la questione meglio di me e gli uffici che hanno coordinato la Presidenza nel vaglio di ammissibilità, ne sapranno più di me, ma io parlo perPag. 48quello che ha affermato il Ministro Tremonti e non per quello che ho letto.
Vorrei anche dirle signor Presidente che la sua risposta all'onorevole Evangelisti è una risposta che sappiamo apprezzare per la parte in cui risponde, ma il problema che il collega Evangelisti le ha sottolineato - e almeno questo si potrebbe evitare che diventi un precedente, soprattutto per quelli che verranno eletti dopo di noi - riguarda la presentazione di un maxiemendamento collegato alla questione della possibile richiesta di fiducia - lei sa perfettamente che quel maxiemendamento può essere presentato solo in funzione del fatto che viene preannunciata la fiducia - prima dello svolgimento della discussione sulle linee generali.
Il collega Evangelisti non metteva in discussione, infatti, che esistessero dei precedenti sulla possibilità di preannunciare la fiducia; lo sappiamo tutti essendone da tempo vittime e carnefici. Quello che non è mai accaduto è che venga presentato un maxiemendamento prima di una discussione sulle linee generali. Lei sa che il Regolamento prevede una fase per la discussione sulle linee generali e una fase completamente diversa che riguarda il complesso degli emendamenti. Fare quello che ha fatto il Governo vuol dire coercire ulteriormente i diritti dell'opposizione e sostanzialmente togliere tempo per la discussione.
Noi stiamo svolgendo un dibattito sui generis, assurdo, perché stiamo facendo una discussione sulle linee generali su un testo che non esiste più perché è stato sostituito, mentre avremmo dovuto svolgere una discussione sulle linee generali su quello che esisteva, la cui eventuale sostituzione avrebbe rappresentato un'altra fase. Nessuno contesta i precedenti, quello che lei difficilmente potrà contestare è che questa sia un'innovazione delle procedure parlamentari da parte del Governo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, sarò buono, mi dichiaro soltanto insoddisfatto delle risposte che lei mi ha fornito per i motivi che cortesemente l'onorevole Giachetti ha appena rappresentato e che, ovviamente, condivido interamente.

PRESIDENTE. Per quanto riguarda le osservazioni rappresentate dall'onorevole Giachetti, con il richiamo all'articolo 116, comma 4, del nostro Regolamento, la Presidenza ritiene di dover comunicare che il vaglio di ammissibilità che deve tener conto, proprio in quanto vaglio di ammissibilità, della coerenza con il Regolamento e con tutti principi parlamentari, è stato realizzato, e non può che essere realizzato, con l'ausilio degli uffici, sul contenuto del maxiemendamento e non sulle dichiarazioni del Ministro Tremonti o di qualunque altra persona. Pertanto, il vaglio di ammissibilità del maxiemendamento ha tenuto conto anche dell'articolo 116, comma 4, del Regolamento, in quanto nessun maxiemendamento, né la posizione della questione di fiducia, possono implicare modifiche regolamentari.

(Ripresa della discussione sulle linee generali - A.C. 1386-A)

PRESIDENTE. Passiamo, quindi, agli interventi previsti per la discussione sulle linee generali.
È iscritto a parlare l'onorevole Bitonci. Ne ha facoltà.

MASSIMO BITONCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto-legge n. 112 che stiamo analizzando si inserisce all'interno di una manovra triennale (articolata su un decreto-legge e un disegno di legge a cui si aggiunge il DPEF per gli anni 2009-2013) per il varo di disposizioni innovative complessivamente volte a promuovere lo sviluppo, a restituire il potere di acquisto ai cittadini, a razionalizzare l'efficienza e l'economicità dell'organizzazione amministrativa, a perseguire obiettiviPag. 49di perequazione tributaria e a semplificare i procedimenti che incidono su questi aspetti.
La manovra ammonta a 34,8 miliardi di euro, di cui 13,1 miliardi sono previsti per il 2009, 7,1 miliardi per il 2010 e 14,6 miliardi per il 2011 e assicura obiettivi di stabilizzazione della finanza pubblica nel rispetto di quelli concordati in Europa per il triennio 2009-2011. I provvedimenti, mirati allo sviluppo economico, riguardano il potenziamento della rete infrastrutturale e di comunicazione, nonché la politica energetica nazionale, di valenza strategica ai fini della competitività; una riforma degli interventi di reindustrializzazione e incentivi per l'internazionalizzazione delle imprese; la delega per la riforma dei servizi pubblici locali; modalità e procedure necessarie a garantire l'effettiva tracciabilità dei flussi finanziari, dei fondi strutturali comunitari e del fondo per le aree sottoutilizzate; norme per la semplificazione amministrativa; l'immediato avvio di maggiori investimenti in materia di innovazione e ricerca.
Con l'esenzione delle plusvalenze e la cessione delle partecipazioni si favorisce il reinvestimento delle stesse nel capitale di start up nella stessa azienda. Vi è poi l'introduzione di norme con l'obiettivo di semplificare i procedimenti e individuare la competenza nel rendere effettiva l'impresa in un giorno. Tra gli obiettivi del decreto-legge in esame rientrano lo sviluppo dell'attività imprenditoriale, l'«efficientamento» e la diversificazione delle fonti di energia e, ancora, il potenziamento dell'attività della pubblica amministrazione e il rilancio delle privatizzazioni, lo sviluppo delle città e dell'edilizia residenziale, le misure per la semplificazione e l'accelerazione delle procedure amministrative, la salvaguardia del potere d'acquisto delle famiglie e sul costo della vita e l'attività di impresa, nonché per la semplificazione dei rapporti di lavoro tali da determinare effetti positivi in termini di crescita economica e sociale.
In materia di liberalizzazioni, finalmente, anche le società che gestiscono servizi pubblici locali a totale partecipazione pubblica assumeranno il loro personale con criteri e modalità per il reclutamento del personale pubblico, ispirato a principi comunitari di trasparenza, pubblicità e imparzialità.
Sono previsti, inoltre, molti provvedimenti a favore del sostegno alle famiglie, con l'abolizione del divieto di cumulo della pensione e del reddito da lavoro, il rilancio dei contratti a termine, il ripristino del lavoro intermittente e la lotta al sommerso. Si recupera anche il concetto di equità e giustizia sociale, quando si dispone che l'alimentazione del Fondo di solidarietà per i cittadini meno abbienti avvenga con importi derivati dal recupero delle maggiori imposte sostitutive dovute dalle banche e che la carta per gli acquisti venga concessa ai cittadini residenti che versano in condizioni di particolare disagio, ma solo di cittadinanza italiana.
Con l'articolo 20 si prevede l'estensione dell'assicurazione per la maternità e la malattia ai dipendenti delle imprese pubbliche, come per l'assicurazione volontaria, ma soprattutto, nel comma 10, si stabilisce che gli assegni sociali siano corrisposti agli aventi diritto, a condizione che siano residenti in via continuativa nel territorio nazionale per almeno dieci anni. Si risolve in questo modo una grave ingiustizia, una truffa ai danni dei nostri pensionati: i falsi ricongiungimenti perpetrati dagli extracomunitari soltanto al fine di ottenere quello sciagurato assegno sociale di 550 euro, voluto dal Governo Amato e perpetrato dal Governo Prodi, che nel 2008, secondo stime, comporterà solo nel Veneto un esborso di circa dieci milioni di euro per le già esangui casse dell'INPS.
Il pacchetto welfare contiene numerose importanti misure di semplificazione, tra le quali l'abrogazione dei libri matricola e dei libri paga e le modifiche alla disciplina dei contratti occasionali di tipo accessorio, semplificando il regime giuridico dei buoni-lavoro previsti dalla legge Biagi e mai entrati in vigore con il Governo di centrosinistra.
In materia di servizi pubblici locali, con l'emendamento della Lega Nord Padania,Pag. 50si tiene conto dell'importanza dei beni primari come l'acqua, un bene indispensabile ed irrinunciabile, dell'importanza della proprietà delle reti da parte degli enti e della disciplina dell'affidamento della gestione di servizi pubblici e di rilevanza economica, al fine di favorire anche la diffusione dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi di tutti gli operatori economici nella gestione dei servizi pubblici, che andrà in via ordinaria verso il libero mercato a imprenditori o società, con procedure competitive ad evidenza pubblica.
Le deroghe all'affidamento diretto sono previste solo per le società a capitale interamente pubblico, che abbiano le caratteristiche per la gestione in house, e le società miste pubblico-privato, anche quotate in borsa, partecipate dall'ente locale, ma a condizione che il socio privato sia scelto con gara ad evidenza pubblica.
Importante è poi la misura taglia-enti, con la soppressione automatica di tutti gli enti pubblici non economici con dotazione organica inferiore alle cinquanta unità, nonché tutta una serie di enti utili, e così tutte le funzioni da questi esercitate, nonché le relative risorse, che vengono attribuite alle amministrazioni, operando un notevole risparmio di spesa.
Vengono eliminate anche quattromila leggi inutili ed obsolete, oltre alla previsione di norme volte a ridurre lo spreco di carta e ad incentivare l'utilizzo dei sistemi informatici.
Tra le semplificazioni segnalo il prolungamento della validità della carta d'identità, in attesa della carta d'identità elettronica, che diverrà uno strumento per l'accesso a numerosi ed ulteriori servizi. La Lega Nord ritiene molto importante l'emendamento inserito in Commissione bilancio, che dal 2010 obbligherà anche tutti i cittadini a rilasciare le impronte digitali, oltre alla foto, sulla stessa carta di identità.
Si segnala una «stretta» anche sulle consulenze e massima trasparenza sui compensi pagati dalla pubblica amministrazione e dagli enti pubblici, lotta all'assenteismo, una busta paga più leggera per chi presenta falsi certificati medici o timbra il cartellino e poi lascia l'ufficio, blocco del turn over dei dipendenti pubblici, riduzione del numero degli insegnanti.
Sotto controllo anche la spesa dei Ministeri, con CDA più snelli per le aziende pubbliche e aste on line per il risparmio energetico, mentre i costi intermedi dei Ministeri dovranno scendere del 22 per cento.
Molte semplificazioni anche nel campo della giustizia, in attesa di un riordino generale, volto a snellire il processo: comunicazioni e notificazioni avverranno per via telematica e si avranno nuove norme per la razionalizzazione del processo di lavoro tributario e amministrativo. Con la stabilizzazione della finanza pubblica, si propone la riduzione delle dotazioni di missione di ciascun Ministero, connessa a stipendi e spese per interessi.
L'articolo 63 rinnova, per l'anno 2009, la misura relativa alla destinazione del 5 per mille, in particolare per il volontariato, la promozione sociale, le ONLUS, la ricerca scientifica, l'università, con una novità assoluta costituita dall'inserimento anche delle associazioni sportive, però quelle riconosciute interamente dal CONI.
Il capo III, in materia di patto di stabilità interno (che comprende gli articoli 77 e 78) indica la cornice finanziaria entro la quale dovranno essere definite le disposizioni volte a disciplinare il patto di stabilità interno per regioni ed enti locali, relativamente al triennio che va dal 2009 al 2011.
Al fine di scontare gli effetti sui saldi, in attesa delle suddette disposizioni, è previsto l'accantonamento, sui vari capitoli di bilancio statale, di importi corrispondenti al contributo della manovra per gli enti territoriali. La misura del concorso per ciascun ente è applicata su determinati coefficienti, dell'entità sul saldo del 2007, a seconda che l'ente abbia o meno rispettato il patto di stabilità per l'anno 2007 e presenti un saldo positivo o negativo per lo stesso anno.Pag. 51
Le misure di carattere sanzionatorio saranno: la riduzione del 5 per cento dei trasferimenti statali, il divieto di impiegare spese in parte corrente in misura superiore all'importo annuale minimo dei corrispondenti il triennio, il divieto di ricorrere a mutui e il divieto di procedere ad assunzioni di personale, oltre alla riduzione del 30 per cento dell'indennità dei sindaci e degli amministratori locali.
La vera novità sta nell'introdurre un meccanismo di premialità a favore degli enti locali virtuosi, secondo due indicatori: l'indicatore di rigidità strutturale e l'indicatore di autonomia finanziaria.
Viene poi sospesa, per il triennio 2009-2011 o fino all'attuazione del federalismo, la possibilità dei Comuni di deliberare aumenti dei tributi e delle addizionali, fatta eccezione per la tassa per lo smaltimento dei rifiuti.
All'articolo 68 si individuano i criteri rigorosi volti alla riduzione degli organismi collegiali e alla duplicazione delle strutture.
L'articolo 71 (Assenze per malattia e per permesso retribuito dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni) in primo luogo introduce misure dirette alla riduzione dei giorni di assenza per malattia dei dipendenti pubblici, prevedendo alcune misure finalizzate a riportare il tasso di assenteismo del settore pubblico nei limiti di quello del settore privato. In particolare, la disposizione costituisce un disincentivo economico per tale tipologia di assenza, prevedendo, in deroga a quanto stabilito nei contratti collettivi e nelle normative di settore, la mancata corresponsione dell'indennità di amministrazione o indennità equivalenti, per i primi dieci giorni di assenza, indipendentemente dalla durata della stessa. Vengono inoltre introdotte alcune modifiche intese a rendere più rigorosa l'attività di controllo dell'assenza e dei permessi retribuiti. Infine la disposizione, nell'ottica del recupero della premialità delle politiche del personale e della produttività degli uffici pubblici, prevede la non corresponsione delle somme dei fondi di amministrazione o di ente in caso di assenza dal servizio.
Novità vi sono anche per l'articolo 73, che è relativo al part-time e reca due modifiche alla disciplina prevista dalla legge n. 662 del 1996, la cui applicazione ha creato negli anni non pochi problemi di funzionalità agli uffici dell'amministrazione ed in particolare alle strutture periferiche, notoriamente sottodimensionate per quanto concerne l'organico. Con la prima proposta si intende modificare la disciplina relativa alla trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, attualmente oggetto di un vero e proprio diritto soggettivo da parte del dipendente, per subordinarla alla valutazione discrezionale dell'amministrazione, effettuata in relazione alle esigenze dei servizi. In particolare viene previsto che l'amministrazione possa respingere la domanda del dipendente quando la trasformazione arrechi pregiudizio alla funzionalità dell'amministrazione e non più come nell'attuale sistema.
Arriva anche lo stop per la distribuzione a pioggia dei fondi FAS, cioè i Fondi per le aree sottosviluppate del Sud. Infatti le risorse saranno riorientate, prevalentemente su pochi grandi «progetti-Paese», che riguarderanno il trasporto, la sicurezza, l'energia, le telecomunicazioni, l'ambiente, l'internazionalizzazione, sentito il parere della Conferenza Stato-regioni. Inoltre sarà introdotto un metodo che rende più trasparenti i flussi finanziari delle risorse pubbliche alimentate dai fondi strutturali e dai FAS: in questo modo sarà possibile prevenire fenomeni distorsivi di natura criminale e sarà certa l'entità delle spese sostenute per gli interventi agevolati.
Per quanto riguarda il piano di reindustrializzazione del territorio, saranno bonificate le aree industriali con rilevanti problemi ambientali e saranno riqualificate le aree di crisi di settori che rivestono particolare importanza per lo sviluppo dell'economia globale. Inoltre le popolazioni che vivono vicino ai grandi impianti industriali, come i rigassificatori o i termovalorizzatori, potranno godere di interventi compensativi.Pag. 52
Il titolo IV si occupa della perequazione tributaria. Per le banche ci sarà un ampliamento della base imponibile sulla deducibilità degli interessi passivi e una stretta sulle svalutazioni dei crediti. La «tassa» sui petrolieri sarà invece articolata in tre punti. Si agirà sulle scorte di magazzino, sull'entità dei diritti minerari e con un'addizionale: l'IRES per le aziende del settore verrà riportata dal 27 al 33 per cento e andrà ad alimentare il fondo di solidarietà.
Per quanto riguarda un tema molto caro alla nostra gente, la sicurezza, le somme derivanti dalla riduzione di spesa sono state destinate per 200 milioni alle forze dell'ordine, per l'attuazione del pacchetto sicurezza del Ministro Maroni, inclusa l'assunzione del personale in deroga alle limitazioni stabilite. Inoltre per l'anno 2009 è stato istituito un ulteriore fondo, con una dotazione di 100 milioni, per la realizzazione, sulla base di apposite convenzioni tra il Ministero dell'interno e i comuni interessati, delle iniziative urgenti occorrenti per il potenziamento della sicurezza urbana e a tutela dell'ordine pubblico.
Pensiamo che questa manovra economico-finanziaria sia una manovra di rigore, che tiene conto del particolare momento economico generale di crisi, ma che, attraverso i tagli e questo primo snellimento e semplificazione della macchina amministrativa, può far sperare un nuovo corso, una nuova inversione di tendenza, che, entro la fine dell'anno, ci porterà alla vera soluzione di tutti i mali della nostra nazione: il federalismo fiscale.
Un ringraziamento va ai presidenti, l'onorevole Giorgetti e l'onorevole Conte, e a tutti i componenti delle Commissioni che hanno lavorato in questa settimana (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, membri del Governo, onorevoli colleghi, per la verità, per quanto concerne questa manovra, intervengo su un testo che, evidentemente, è superato, perché siamo di fronte ad una manovra in evoluzione.
È chiaro che tutti noi possiamo pensare che questo cosiddetto maxiemendamento contenga al suo interno la maggior parte degli argomenti che conosciamo, ma, non conoscendo il testo, dobbiamo intervenire, evidentemente, su questioni che potrebbero non essere comprese all'interno del testo finale che voteremo. Ci scuseranno, quindi, coloro i quali ci ascoltano, quelli che ci vedono sul canale satellitare, e quanti, evidentemente, possono considerare che in questo Parlamento, in questo momento, non facciamo altro che dilettarci, discutere, scherzare su questioni che non sono reali.
Intanto, è chiaro che il primo articolo riguarda gli obiettivi. Siamo di fronte ad una manovra triennale (questo rimarrà certamente nel testo finale): per il primo anno è prevista una manovra piccola, per il secondo anno una media e per il terzo anno una grande.
Mi dispiace che coloro i quali hanno illustrato questa manovra in questo periodo, anche il Governo, che spesso ne ha parlato nelle Commissioni, non abbiano messo in evidenza che la manovra leggera di questo primo anno è possibile esclusivamente perché c'è stata l'azione assolutamente positiva delle due manovre precedenti, in particolare la prima, che hanno portato i nostri conti in ordine; tanto è vero che, dalla procedura di infrazione, che era stata aperta prima del Governo Prodi, siamo passati alla sua cancellazione, proprio in base ai provvedimenti inseriti nelle due finanziarie del Governo Prodi.
Questa manovra leggera del primo anno, quindi, può essere considerata proprio un effetto positivo di quell'azione precedente; questo andrebbe riconosciuto, perché è chiaro che c'è una continuità nelle decisioni finanziarie più importanti. Naturalmente, è così possibile continuare la riduzione del rapporto tra debito e PIL.
E speriamo che venga mantenuto, perché è chiaro che se riuscissimo a passare in un triennio dal 103,8 per cento al 97,2Pag. 53per cento scenderemmo sotto la soglia psicologica del 100 per cento e ci avvieremo verso un periodo migliore, che speriamo si possa concludere con l'inserimento del nostro Paese nel novero dei Paesi che hanno un rapporto deficit-PIL comparabile, intorno al 50-60 per cento. Ma mi domando: per fare un'operazione di questo genere c'era bisogno di un decreto-legge? Credo che non ce ne fosse bisogno affatto. Ci troviamo di fronte ad un argomento che poteva essere trattato in altro modo. Anzi, trattandosi di un piano triennale, mi sembra un'assurdità predisporlo tramite decreto-legge: è proprio assurdo il fatto che una manovra che riguarda un periodo di tre anni si debba fare in fretta e furia, addirittura approvandola in dieci minuti da parte del Consiglio dei Ministri, senza un approfondimento reale, senza la collaborazione delle forze parlamentari, senza un confronto con l'opposizione parlamentare. Soprattutto in queste delicate materie il confronto è necessario e indispensabile, perché si tratta di questioni vitali per il nostro Paese, da oggi e per tre anni.
È stato certamente un peccato, perché noi avremmo potuto collaborare, dare un sostegno ed apportare dei miglioramenti. Ad esempio, in ordine all'articolo 2, quello che riguarda le telecomunicazioni e la DIA per la banda larga, si poteva, con una buona discussione, migliorare quel testo e magari votarlo, perché credo che sia necessaria la massima diffusione di questo strumento fondamentale, di questa attività fondamentale in tutto il Paese; soprattutto per le regioni meridionali sarebbe stato un fatto estremamente positivo se il testo fosse stato migliorato, perché così com'è scritto probabilmente incontrerà difficoltà enormi nella sua attuazione. Non sono certamente uguali le richieste per effettuare lavori di telecomunicazione, quelle all'ufficio preposto del comune rispetto ad interventi che potrebbero avere una durata di tre anni alle richieste presentate nel campo delle costruzioni, dell'urbanistica e dell'attività di ristrutturazione degli appartamenti; non si può operare al riguardo un meccanico collegamento. Insomma, un impianto di telecomunicazioni non è come se si trattasse di una ristrutturazione di un bagno o di una camera da letto: è qualcosa che i comuni non conoscono, che gli impiegati dei piccoli comuni è difficile che conoscano. Avremmo potuto discutere come prevedere uffici unici nel territorio; altrimenti, si fa una legislazione che riguarda parti del Paese più fortunate, magari le città: non riguarda, invece, proprio quelle zone, quel territorio della nostra penisola che oggi versa in grave difficoltà. Proprio in questi giorni, prima che uscisse il testo della manovra, ho preparato delle interrogazioni proprio per l'estensione dell'ADSL, per l'estensione della banda larga in alcuni comuni del Mezzogiorno dove non arriva ancora.
Questo sarebbe stato certamente un aspetto che avremmo potuto migliorare e votare; non lo possiamo fare, però, proprio perché è stato predisposto questo decreto-legge sul quale il Governo ha scelto di porre la questione di fiducia: dunque, nessun emendamento, nessun cambiamento e una collaborazione scarsissima. Anche in questo caso, dunque, davvero non vedo l'urgenza di trattare un argomento così importante - quello della diffusione delle telecomunicazioni nel nostro Paese - che viene affrontato in modo arronzato, superficiale e senza il necessario approfondimento, senza quella discussione e quel contributo che sarebbe potuto venire non solo da noi, ma anche dagli stessi banchi della maggioranza, poiché è la stessa maggioranza che soffre del modo in cui discutiamo questa manovra finanziaria.
Insomma, la discussione che stiamo svolgendo avrà una validità solamente storica e archivistica, poiché né noi né la maggioranza possiamo interferire con quanto il Governo ha stabilito: anzi, non sappiamo neppure quanto di quel che è stato discusso nelle Commissioni riunite rientrerà nel cosiddetto maxiemendamento. Ciononostante, noi discuteremo caparbiamente, dicendo la nostra e dando indicazioni.
Passando alle altre norme presentate in questi giorni - perché è vero che ilPag. 54decreto-legge è stato approvato in meno di dieci minuti, ma il Governo ha provveduto poi a presentare un migliaio di emendamenti - fra di esse vi è anche quella relativa alla cosiddetta Banca del sud, prevista dall'articolo 6-sexies. Vi rendete conto del fatto che questa è una sorta di presa in giro? Non è infatti che nel sud non vi fossero le banche (vi era il Banco di Sicilia, il Banco di Napoli, vi erano e vi sono ancora le banche locali cooperative); il problema è che quel che viene raccolto al sud - le risorse finanziarie, i risparmi dei lavoratori e degli imprenditori, di coloro che operano al sud - per quanto venga incassato da banche al sud (anche oggi le banche del nord hanno senz'altro sportelli al sud), viene gestito da banche che lo portano nei territori del Paese dove si può investire e far prestiti più facilmente: insomma, i soldi dal sud emigrano al nord, come emigrano la manodopera, gli intellettuali e coloro che vogliono affermarsi.
Dunque, questa della Banca del Mezzogiorno è solo una sparata pubblicitaria. E allora: lasciamo perdere! Anch'essa infatti svolgerà lo stesso ruolo.
Sono cinque milioni investiti (che poi chiaramente dovranno essere restituiti), ma in realtà si tratta di cinque milioni buttati, nel senso che si viene a creare una struttura che opererà come operano le altre banche, ossia raccoglierà i risparmi e li porterà, per investirli, al nord. Non abbiamo bisogno di questo, ma di altro! Abbiamo bisogno di intervenire sull'usura bancaria e di intervenire - ma non è con questo strumento che lo si può fare - per portare il tasso di interesse al livello medio nazionale. Nelle quattro, cinque regioni meridionali abbiamo un tasso di interesse che è il doppio rispetto a quello delle regioni settentrionali; è su questo aspetto che dobbiamo provvedere, perché anche al sud si concedano prestiti con i tassi simili a quelli del nord, altrimenti è chiaro che gli investimenti non saranno mai richiamati! È su questo che bisognava puntare, non sulla costruzione di una banca del sud o del Mezzogiorno, che non farà altro che ciò che hanno fatto e fanno le altre banche, ossia raccogliere i risparmi e portarli al nord. Ecco cosa avremmo voluto che si facesse, e forse vi avremmo suggerito di non procedere in tal senso ma di puntare, invece, sulla riduzione del tasso di interesse, che è un tasso di interesse usuraio per le aziende del sud, sia per quelle esistenti, sia per quelle nuove.
Si interviene poi su un punto di cui all'articolo 7, sulla strategia energetica nazionale. Anche su questo aspetto avremmo potuto fornire un contributo, perché la questione energetica interessa tutti - i ricchi ed i poveri - ed è qualcosa che sta strozzando i meno abbienti. Ebbene, si dice che praticamente dobbiamo ricorrere a fonti diversificate - e certamente noi siamo per questo, ossia per le fonti diversificate -, ma lo scopo non è solo quello di ridurre la CO2 o i gas cosiddetti serra. Noi abbiamo bisogno - e questa potrebbe essere la motivazione del ricorso all'energia nucleare - di non essere strozzati da altri Paesi e di non essere totalmente dipendenti dagli altri (questo è un dato, un fatto). Abbiamo quindi sicuramente bisogno di diversificare, ma avremmo potuto dare un contributo nel merito di questo argomento che interessa tutti. Se infatti andiamo a vedere la riduzione del CO2 o gli accordi internazionali che si fanno sul CO2 e sulla questione dei gas inquinanti, vedremo che è vero che l'Italia produce gas inquinanti e, soprattutto, i gas cosiddetti serra (e quindi CO2 e assimilabili) in quantità superiori a quanto è stato affermato nel Protocollo di Kyoto (siamo infatti fuori del 18-19 per cento rispetto al contributo assegnatoci). Vorrei anche richiamare l'attenzione - parlo a titolo personale, poiché non ne abbiamo ancora diffusamente discusso nei nostri gruppi parlamentari - sulla questione del federalismo fiscale: io sarò per il federalismo, ma per un federalismo complessivo, compreso quello fiscale (il federalismo per gli investimenti, il federalismo per i debiti ambientali, il federalismo complessivamente considerato, non soltanto quello fiscale). In questo caso, sappiamo da dove proviene la CO2 in Italia: alcune regioni ne producono dieci,Pag. 55altre non ne producono affatto oppure, addirittura, contribuiscono con l'ossigeno. E allora diciamo che i debiti o i crediti ambientali - dipende dal punto di vista - bisogna realizzarli non solo tra le nazioni, ma anche all'interno, tra le regioni, il che significa che si applica un principio, anche in questo caso, di federalismo.
Pertanto, è chiaro che non potremmo che essere soddisfatti se si realizzasse un'operazione di tale genere, ossia se si riducesse l'inquinamento nel nostro Paese. Ma tale obiettivo, evidentemente, deve prevedere anche un momento di uguaglianza, di trattamento simile tra nord, centro e sud.
Nell'articolo 8 si parla di una legge obiettivo per lo sfruttamento dei giacimenti di idrocarburi. Certo, anche qui bisogna stare attenti. Siamo d'accordo ad indagare e ampliare la produzione nazionale. Ma perché non ci siamo confrontati su tale argomento? Siamo d'accordo su tale punto, ma è chiaro che lo sfruttamento del gas nell'alto Adriatico è collegato alla possibilità di subsidenza, ossia l'abbassamento del terreno nelle Tre Venezie. Di fatto la possibilità e i rischi di subsidenza non si possono notare in qualche giorno. Pertanto, qui sarebbe stato necessario molto tempo per discutere, per svolgere delle prove e per andare in questa direzione. Dunque, perché inserire tale argomento all'interno di un decreto-legge ossia un provvedimento connotato da necessità e urgenza? Necessità certo, ma urgenza no! Non vi è urgenza per compiere un'attività che poi richiederà anni di verifiche, di misure e di approfondimenti.
Ma procediamo oltre. Vi è una questione che viene affrontata in modo diverso da quanto era stato stabilito da tutte le parti sociali e dal Governo in precedenza, vale a dire il piano casa. Si era organizzato un tavolo a Palazzo Chigi dove erano presenti tutti. Non si può stravolgere da un momento all'altro il risultato di quel tavolo perché la questione del piano casa è importantissima. La discontinuità in questi casi non serve. Ora abbiamo la necessità di attuare un piano casa che favorisca i più deboli. Vi era un piano casa impostato dal Governo Prodi, ma in realtà si trattava di un piano casa del Governo Prodi solo per modo di dire, perché era stato condiviso anche da tutte le parti sociali, ossia sindacati, imprenditori, proprietari di case e affittuari. Tutti insieme avevano stabilito un programma straordinario di edilizia residenziale pubblica finanziato dall'articolo 21 del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, convertito dalla legge 29 novembre 2007, n. 222. Questo, quindi, era destinato prioritariamente a garantire il passaggio da casa a casa ai soggetti deboli sottoposti a procedure di sfratto. Si è trattato di un azzeramento, un vero e proprio scippo di altre risorse.
Purtroppo, non posso soffermarmi su ogni aspetto perché altrimenti si tratterebbe di demolire esattamente ciò che si è stabilito nel piano casa in esame. Avremmo potuto costruire qualcosa insieme, forse anche in questa occasione, e non da soli. Infatti, avremmo potuto audire in Commissione le associazioni che si sono sedute sul tavolo della Presidenza del Consiglio. Avremmo potuto sicuramente tenere presente le loro proposte.
Non abbiamo bisogno di una riproposizione nei medesimi termini della legge finanziaria 2006, vale a dire dell'alienazione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica sulla quale grava ancora un giudizio di incostituzionalità pronunciato dalla Corte. Avremmo potuto arrivare ad un piano casa fattibile e accettabile dalle parti sociali.
Con riferimento all'articolo 12 è stata abrogata la revoca delle concessioni di RFI a TAV (treno alta velocità) che datano 15 ottobre 1991 e 16 marzo 1992 su almeno quattro tratte. Ma vi rendete conto che, facendo un simile regalo ai concessionari, senza gara e a tanti anni di distanza, si danneggiano gli utenti? Avremmo potuto ottenere condizioni migliorative. Sono passati tanti anni; successivamente è stata introdotta anche la legge obiettivo e, quindi, avremmo avuto la possibilità di rimettere sul mercato la questione della costruzione di queste tratte di alta velocitàPag. 56ferroviaria. Voi, invece, avete rimesso in vigore, dopo 16 anni, le stesse convenzioni senza alcuna modifica.
Bene, avremmo potuto essere contrari; ma avremmo potuto essere favorevoli all'articolo successivo che si occupa della vendita del patrimonio degli IACP, della possibilità per gli affittuari di diventare proprietari e della costruzione di nuovi alloggi per chi ne ha urgenza. Certamente sul tema avremmo potuto discutere bene e avremmo voluto fornire il nostro contributo. Ma dov'era l'urgenza?
L'articolo 14 riguarda Expo Milano 2015. Ma vi rendete conto - siamo veramente ridicoli - che per ogni avvenimento importante internazionale (questo è un grande avvenimento che non riguarda solo Milano) e a sette anni di distanza viene nominato un commissario? Cosa c'entra? In sette anni con le leggi ordinarie e con le strutture normali (della città di Milano, della regione Lombardia, dello Stato) si sarebbe potuto mettere a punto un lavoro per realizzare opere indispensabili senza derogare alle leggi italiane.
Stiamo prendendo una brutta piega e non è questo l'unico caso. In tutti i casi in cui c'è un grande avvenimento non siamo capaci - almeno pensiamo di non esserlo o lo si fa per altri motivi -, deroghiamo alle leggi e nominiamo i commissari. Il Paese è sempre commissariato: non è possibile! Pertanto, ritengo che anche quella del commissariamento sia una questione inutile perché ogni volta si risolve nella deroga di leggi indispensabili e, alla fine, deve intervenire la magistratura, come succede sempre purtroppo.
Vengono previste delle deroghe, poi non si conoscono i limiti di queste deroghe, il commissario esagera - questo succede sempre - e poi vengono fuori le magagne e deve intervenire la magistratura. Ingolfiamo anche la magistratura! Ben venga, però, perché evidentemente i commissari derogano anche alle norme non derogate, sentendosi sicuri di poter fare quello che vogliono in quanto commissari.
Invece, con riferimento all'articolo 14-bis, avremmo potuto dare un nostro contributo sulle infrastrutture militari da dismettere: avremmo potuto collaborare, fare audizioni, cercare di arrivare a un risultato il più positivo possibile per utilizzare queste strutture destinandole alla riallocazione delle esigenze di funzionamento delle strutture militari; avremmo potuto aiutare le caserme dei carabinieri e compiere un'opera di questo genere. Invece, evidentemente, conosce tutto il Governo, sa tutto il Governo e non è stata fatta nessuna audizione, nessuna discussione ed il Parlamento è stato tagliato fuori.

PRESIDENTE. La prego di concludere...

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, penso sia giusto concludere nei trenta minuti canonici. Tuttavia, sappia che sugli altri argomenti ci sarà una serrata analisi ed un esame punto per punto da parte nostra. Nonostante questa situazione di ingabbiamento del Parlamento, noi daremo sempre il nostro contributo che resterà certamente negli archivi della Camera perché non avrà seguito, perché è difficile andare avanti in questo modo. Ma lo facciamo come denuncia, perché rimanga agli atti nel resoconto stenografico. L'archivio dovrà dire che questo Parlamento ha cambiato volto, noi ci auguriamo di ritornare alla normalità al più presto (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Sanga. Ne ha facoltà.

GIOVANNI SANGA. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Sanga, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Farinone. Ne ha facoltà.

Pag. 57

ENRICO FARINONE. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Farinone, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritta a parlare l'onorevole Mastromauro. Ne ha facoltà.

MARGHERITA ANGELA MASTROMAURO. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Mastromauro, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Cazzola. Ne ha facoltà.

GIULIANO CAZZOLA. Signor Presidente, per agevolare il dibattito non mi avvarrò di tutto il tempo a mia disposizione e mi limiterò a svolgere alcune considerazioni di carattere generale.
Vorrei ricordare, innanzitutto, una legge finanziaria approvata con un maxiemendamento composto da poco meno di 1400 commi; vorrei ricordare, subito dopo, che anche grazie al ricorso al voto di fiducia questo Governo porterà a conclusione un ampio programma legislativo entro l'estate finalizzato, come ha ricordato il Ministro Tremonti questa mattina, agli obiettivi dello sviluppo, del risanamento e della coesione sociale.
Ho un età sufficiente per ricordare un solo precedente con provvedimenti di questa dimensione, quello del Governo Amato nel 1992, un Governo che viene annoverato negli annali del Parlamento e nelle cronache del Paese come quello che ha iniziato il risanamento e che ha consentito al Paese di varcare i traguardi ambiziosi dell'euro e dell'Unione europea.
Signor Presidente, delle dichiarazioni del Ministro Tremonti ho molto apprezzato - e questo è il motivo della premessa che ho voluto fare - la sottolineatura della centralità della finanza pubblica e l'intenzione di mettere in sicurezza il bilancio dello Stato come bene fondamentale. Considero queste affermazioni il segno di un'aria nuova presente nel Governo e nella maggioranza, in particolare per questo forte aggancio con gli impegni assunti con l'Unione europea che io giudico molto positivamente, anche perché nel dibattito è sempre facile che corrano riserve, prese di distanza, polemiche nei confronti di una prospettiva - quella di una sempre crescente integrazione europea - che credo appartenga al futuro e alla prospettiva più forte di questo Paese.
Ma credo che ci sia aria nuova anche sui problemi delle politiche del lavoro. Signor Presidente, non mi sarei mai aspettato alcune settimane or sono che i provvedimenti annunciati dai Ministri Sacconi e Brunetta potessero in breve diventare legge dello Stato, come lo diverranno entro l'estate. È opportuno, allora, che non solo l'opposizione e le forze sociali, ma anche il Paese colgano questo cambio di passo del Governo e imparino a fare i conti non più con un Esecutivo che veniva definito dagli osservatori critici (a torto o a ragione) a volte «piacione», a volte un poco populista, attento piuttosto alle ragioni del consenso che a quelle del rigore.
L'aria è cambiata, è mutato anche l'approccio culturale alle politiche del lavoro; riparte - lo ripeto: riparte - il filone fecondo del Libro bianco e della cosiddetta legge Biagi. Sappiamo che il Paese guarda con favore ai nostri progetti di cambiamento, che è pronto per una grande trasformazione riformatrice, anche a costo di dover rinunciare alle tante rendite di posizione, che fino ad oggi ci hanno impedito di competere e hanno ritardato il nostro cammino.
Esemplare, in questo senso, è il caso del pubblico impiego. Credo che il Paese - lo dicono i sondaggi, anche se io non sono portato a dar loro molta importanza, ma ritengo comunque che siano un riferimento importante - condivida il piano industriale del Ministro Brunetta; ebbene, lo stesso piano industriale viene osteggiatoPag. 58dai sindacati. Qui vi è una prima discriminante, signor Presidente, perché i Governi di centrosinistra avrebbero prestato ascolto ai sindacati, e probabilmente avrebbero accantonato il piano industriale; noi, invece, lo portiamo avanti, con una legge e vogliamo essere in sintonia con il Paese.
Il confronto sui temi del lavoro, signor Presidente, è un vero e proprio spartiacque tra il Popolo della Libertà, i suoi alleati e l'opposizione. Il decreto-legge n. 112 del 2008 ha introdotto importanti innovazioni in materia di lavoro in un'ottica di liberalizzazione e di deregolazione. Cito le modifiche alla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato ricordando al mio amico Baretta, che parlerà dopo di me, che il testo del decreto-legge in discussione, a tal proposito, riprende la prima formulazione del Protocollo del 23 luglio 2007, che è stato poi modificato dalla maggioranza - ovviamente con un dibattito che portò ad una soluzione diversa e comunque più articolata - per le difficoltà che la stessa maggioranza aveva con la parte della sinistra radicale nella passata legislatura. L'aver introdotto oggi la possibilità di derogare con il consenso delle parti sociali riprende l'impostazione originaria del Protocollo del 2007.
Cito anche le modifiche ai contratti occasionali, all'apprendistato, alla normativa sull'orario di lavoro ma, soprattutto, le misure di semplificazione in materia di adempimenti formali, a partire da quell'innovazione, che sarà il Libro unico del lavoro, contornata dall'abolizione di una sfilza di adempimenti formali e burocratici (penso soprattutto alle procedure per le dimissioni volontarie) che caricavano su un'intera comunità la scorrettezza di pochi imprenditori. È singolare che mentre noi salutiamo le misure di deregolazione come un fatto positivo di libertà, anche per i lavoratori, da sinistra siano venute critiche astiose e generalizzate.
Ebbene, signor Presidente, noi vogliamo lasciarci alle spalle una concezione del diritto del lavoro che vorrebbe costringere tutte le aziende a sottoporsi a vincoli e a procedure inutilmente pensate per colpire i casi limite. Per noi è sbagliato un approccio tradizionale ad un diritto del lavoro fondato su una casistica estrema, in un contesto in cui, invece, le leggi esistono e vengono rispettate nella grande maggioranza dei casi e i sindacati - per fortuna, visto che sono una componente essenziale di un sistema democratico - hanno un'ampia agibilità politica che il decreto-legge non elimina e non vanifica. Guai, allora, a generalizzare fenomeni gravi che pure esistono, ma che sono limitati a casi minoritari, mentre i rapporti di lavoro si avviano verso situazioni sempre più partecipative e collaborative.
Signor Presidente, in sostanza, il diritto del lavoro deve liberarsi della missione che aveva nel secolo scorso: quella di tutelare il cosiddetto contraente debole, al punto di trattarlo come un minus habens incapace di intendere e di volere al di fuori del perimetro per lui tracciato dal sindacato e dalle leggi.
Il moderno diritto del lavoro è chiamato a disciplinare i rapporti di produzione e ad integrarsi con il diritto commerciale, come sosteneva Marco Biagi. La «lenzuolata» di Sacconi si muove, signor Presidente, in questa prospettiva.
Quanto al pubblico impiego, prima di criticare le misure contenute nel decreto-legge n. 112 del 2008, invito i colleghi dell'opposizione a rileggere quanto in proposito scriveva l'allora Ministro Padoa Schioppa nel suo Libro verde sulla spesa pubblica in tema di dinamiche delle retribuzioni dei pubblici dipendenti negli ultimi anni, di fallimento delle politiche di blocco del turn over (pur attuate da quasi tutte le leggi finanziarie degli ultimi anni) e, soprattutto, sull'inesistenza della mobilità anche all'interno delle medesime amministrazioni. Ci sono dei dati clamorosi in tal senso.
Si vedrà così che il Ministro Brunetta ha dato voce anche a quei modesti margini di riformismo che nella passata legislatura restarono inascoltati e vilipesi. La verità è che vi sono moltissime assonanze tra le analisi del Libro verde sulla spesa pubblica e quelle su cui poggia il piano industriale.Pag. 59
In sostanza, signor Presidente, è toccato a noi raccogliere le bandiere di un riformismo che nella passata legislatura è caduto nel fango in attesa che l'acqua - e mi rivolgo al Ministro Tremonti - torni a salire e a sollevare tutte le barche (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Baretta. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO BARETTA. Signor Presidente, a nessuno in Aula sfugge la delicatezza istituzionale e politica della situazione nella quale ci troviamo e sulla quale sono intervenuti con precisione e competenza i rappresentanti dei gruppi. Nell'arco di poche settimane di vita di questa legislatura il Governo ha scaricato in Parlamento un'imponente mole di decretazione d'urgenza senza che, nella stragrande maggioranza dei casi, vi fosse urgenza alcuna.
Si potrebbe sostenere che quest'ansia legiferante, che ha già portato a tre voti di fiducia (due in una settimana) vi ha colto proprio perché siamo all'inizio di legislatura, con l'intendimento di rispondere meglio al mandato degli elettori.
Tuttavia, per arrivare subito al merito del provvedimento in discussione oggi, sinceramente mi chiedo cosa c'entri l'avvio della conversione nucleare del Paese fatta per decreto e cosa c'entri la banca per il sud istituita per decreto. Il Ministro Tremonti stamattina ha tessuto gli elogi della Cassa depositi e prestiti e mi chiedo se non era sufficiente questa. Mi chiedo, inoltre, cosa c'entri la riforma dei servizi pubblici locali attraverso lo strumento del decreto.
La soluzione proposta, peraltro, se mantenuta (perché stiamo discutendo al buio), è meno coraggiosa di quella prospettata la scorsa legislatura, che era già il risultato di un compromesso politico. Mi rivolgo all'amico Cazzola chiedendomi cosa c'entri la legislazione sul lavoro fatta per decreto e sulla quale si interviene modificando quanto era stato liberamente pattuito dalle parti sociali e approvato da cinque milioni di cittadini lavoratori e pensionati con il referendum dei mesi scorsi, finendo per ridurre ad emergenza una riforma che ha proprio - come Cazzola diceva - ambizioni riformatrici.
Che cosa c'entra la decapitazione per decreto dell'Autorità garante dell'energia? L'azione parlamentare dell'opposizione vi ha costretto a ritirare l'emendamento tanto clamoroso era il fatto così come lo era la modifica della Corte dei conti. L'emendamento con il quale si interveniva sull'Autorità era stato presentato e votato proprio il giorno dopo che il Presidente dell'Autorità stessa aveva pubblicamente sollevato alcune considerazioni sugli effetti finali della Robin Hood tax in ordine alla concreta ed effettiva possibilità che vi sia una traslazione sui consumatori. Si è certamente trattato di una coincidenza, ancorché Agatha Christie, che se ne intendeva, sostenesse che una coincidenza è già un buon indizio.
L'indizio vale anche per il merito della questione, considerato l'andamento della borsa elettrica che, solo in Italia, in una settimana, è aumentata del 23 per cento, reagendo anticipatamente all'annuncio della nuova tassa. La preoccupazione di una ricaduta sui consumatori, in verità, era stata prospettata dallo stesso Governatore della Banca d'Italia in sede di audizione, ma bisogna riconoscere che non siete arrivati alla presentazione di un emendamento sulla Banca d'Italia.
Il problema non riguarda il fatto - come questa mattina ha affermato in Aula il Ministro Tremonti - che il timore della ricaduta rende vana la tassa, bensì riguarda quali iniziative, quali controlli e quali prevenzioni si mettano in campo per ridurre il danno. Uno di questi, come ha sostenuto lo stesso Governatore, è certamente un maggior potere alle autorità, che voi avete prontamente indebolito. Questa contraddittorietà rende non credibile il vostro comportamento. Sempre a proposito degli effetti della Robin Hood tax, avete voluto precisare puntigliosamente che la carta acquisti deve essere riservata solo ai residenti di cittadinanza italiana. Poiché le leggi valgono per tutti e le questioni di principio che esse sollevanoPag. 60non sono risolvibili con valutazioni statistiche, se ne deduce che un americano, un inglese o un francese che risiedono in Italia, pur non avendo la cittadinanza e pur essendo poveri, non possono accedere al sussidio. Non è un problema di ospitalità, sia chiaro, ma un problema di modello di civiltà.
Cosa c'entra la modifica per decreto-legge della legge di bilancio? Non vi è bastato che il Capo dello Stato, sin dall'inizio dell'iter del provvedimento, avesse rilevato l'anomalia? Ciononostante, avete presentato un emendamento e non vi è bastato che i presidenti delle Commissioni bilancio e finanze lo abbiano dichiarato inammissibile, ma avete insistito, presentandone uno ulteriore. Non vi è bastato che, a seguito di un accordo fra maggioranza e opposizione, l'emendamento non sia stato votato dalla Commissione e che, sulla base dello stesso accordo, esso non sia entrato nel testo licenziato dalle Commissioni riunite. Non vi è bastato, nonostante che il Ministro Vito, nelle Commissioni, avesse dato il suo formale assenso, preso l'impegno e - si potrebbe dire, con una terminologia forse desueta, ma ancora valida - avesse dato la sua parola d'onore che il testo licenziato dalle Commissioni riunite sarebbe diventato la base per il maxiemendamento. Invece no, non è bastato e, allo stato delle nostre informazioni - ripeto che ragioniamo, in parte, «al buio» -, avete deciso, come hanno affermato stamattina il Ministro Tremonti e lo stesso Ministro Vito, di riproporre la questione oggi in Aula, così come avete ripresentato l'emendamento sulla sicurezza dei siti nucleari, che aveva seguito lo stesso iter.
Cosa vi ha impedito e vi impedisce di seguire, su questioni così cruciali per la vita democratica, di operare una normale prassi parlamentare? Non sembra al Parlamento che, in questa ansia realizzatrice, vi sia qualcosa di sbagliato che mette il Parlamento stesso di fronte ad una faticosa quanto fastidiosa condizione di umiliazione? La fretta, inoltre, si sa, non è sempre buona consigliera, sicché la fretta di legiferare su tutto e subito vi ha portato a commettere errori, a dovervi correggere e a modificare le vostre stesse scelte. Non solo, dunque, avete emendato su tutto, ma avete presente quante volte avete emendato voi stessi in queste settimane?
Le nostre osservazioni alla manovra presentata, però, trovano la loro principale obiezione nel merito delle scelte compiute. Siamo di fronte a una manovra di tagli pesanti, che incide su molti settori sensibili della nostra società: gli enti locali, gli apparati della sicurezza, la sanità, la scuola, il Mezzogiorno e i rapporti di lavoro. Sia chiaro, per noi non è in discussione la linea del risanamento: il Governo Prodi ha agito con determinazione in questa direzione, raggiungendo egregi risultati (come anche voi riconoscete nel DPEF), ma ha accompagnato la manovra di risanamento ad una seria lotta all'evasione fiscale, sulla quale, invece, voi mollate la presa.
È stato affermato che la tracciabilità oltre una certa misura è vessatoria. Non voglio entrare in questa discussione, ma rivolgo solo una domanda: qual è la giusta misura? 12 mila 500 euro vi sembrano troppi? Ma duemila euro vi sembrano adeguati a rendere trasparente il flusso finanziario? Questi provvedimenti di liberalizzazione - gli unici che avete elaborato - non vanno ascritti solo alle scelte antimafia, ma hanno a che fare direttamente con il messaggio culturale e pratico che si vuole dare sull'evasione fiscale.
Non è in discussione, dunque, per noi la necessità del risanamento del bilancio dello Stato. Sono in discussione le scelte che si compiono per raggiungere questo obiettivo. La vostra linea di tagli non è selettiva né orientata ad obiettivi di riforma effettiva, ma esclusivamente di recupero di risorse per correggere i saldi.
L'obiettivo del risanamento si può raggiungere anche con sistemi selettivi, che sappiano intervenire intelligentemente, modulando le mosse, in equilibrio tra contrazione di spese ed efficienza del servizio. Invece, voi mettete in ginocchio gli enti locali. Lo si è visto nelle polemiche di questi giorni e di queste ore, nello sconcerto degli amministratori locali diPag. 61tutte le componenti politiche, costretti, dopo gli esiti incerti delle compensazioni successive alla abolizione dell'ICI, a fare i conti con questa riduzione ulteriore, che, in prima stesura, poco distingueva addirittura tra comuni virtuosi e non, quasi che il taglio della spesa pubblica non debba essere per niente ancorato a criteri di qualità.
Questa manovra crea problemi insostenibili ai comparti della sicurezza, come dimostrano le proteste dei sindacati di polizia, del Cocer, che hanno chiesto, finora inutilmente, di incontrare il Governo e hanno dovuto presentarsi davanti al Parlamento. Crea problemi alla sanità e ai lavoratori del settore, come hanno sostenuto le rappresentanze sindacali che oggi erano presenti qui davanti a Montecitorio. Un tardivo recupero non annulla il senso del vostro intervento.
Ma il vero errore di questa manovra è che, mentre tagliate, non rilanciate. La manovra, infatti, non protegge in alcun modo le famiglie dal pesante attacco portato alla loro sostenibilità quotidiana dai prezzi, dalle tariffe, dalla riduzione drastica del potere d'acquisto, dalla mancata rivalutazione degli stipendi, dei salari e delle pensioni.
Nei giorni scorsi, è stata l'OCSE a ricordarci che il differenziare delle retribuzioni è del 20 per cento tra quelle italiane e quelle dell'area. Il Parlamento, in occasione della scorsa finanziaria, aveva dato incarico al Governo di agire verso la riduzione delle tasse sugli stipendi e sulle pensioni.
Voi non solo non fate quanto il Parlamento ha deciso, ma non fate alcun taglio delle tasse. Per i prossimi anni non prevedete riduzioni fiscali. Oggi, il Ministro Tremonti ha dichiarato che risanerete il bilancio senza aumentare le tasse. Ma non avevate promesso che le avreste ridotte?
Non avevate sostenuto che solo attraverso la riduzione del carico fiscale si metteva in moto l'economia? Dopo il cuneo fiscale, servono le detrazioni. Sostenete che non ci sono le risorse. Non è vero. A parte l'extragettito, generosamente lasciatovi dal precedente Governo, che voi occultate, il livello delle entrate è ancora alto, nonostante la flessione, come dimostrano i dati che anche voi pubblicate.
Certo, Signor Ministro, se sottostimate l'IVA e sovrastimate il fabbisogno, siete in grado di farvi, con l'aggiunta dei tagli di questa manovra, anche voi un vostro nuovo tesoretto. Capisco che l'autunno sarà politicamente caldo, in quanto l'arrivo della legge sul federalismo vi imporrà livelli di discussione e di mediazione difficili e che, dunque, un buon accumulo di riserve potrà servire al Governo o meglio al Ministro dell'economia e delle finanze per dirigere il traffico, ma state sbagliando a non affrontare la situazione sociale che si sta creando a seguito delle difficoltà economiche dei cittadini.
Il problema riguarda una fascia sempre più larga di strati popolari, comprendendo in questa definizione quello strato di popolazione che sempre più unisce la condizione sociale degli ex ceti medi a quella dei cosiddetti redditi bassi. Si riducono le differenze tra coloro che faticano a far quadrare il bilancio. È una realtà sociale nuova e in movimento, distribuita tra tutto l'elettorato, che non è più diviso secondo i tradizionali parametri ideologici.
Si riducono i risparmi accumulati dalle famiglie e cresce l'indebitamento. Sono impressionanti i dati sul ricorso alla cessione del quinto, nel tentativo di mantenere un dignitoso tenore di vita, ma inutilmente. I consumi, infatti, calano nettamente. Inoltre, la crisi dei mutui, alla quale - mi sia consentito - il Governo ha dato una risposta truccata, la crescita rapida e fuori controllo dell'inflazione - anche ieri il tetto si è superato - sostenuta dagli aumenti, talvolta sconsiderati, dei prezzi e delle tariffe delineano un quadro davvero preoccupante.
Sicché, ahimè, il problema della quarta settimana sta diventando quello della terza per molti cittadini. Ma è anche vero che - e qui sta il cuore del problema - questo fenomeno non è esclusivamente economico. Siamo di fronte ad una nuova questione sociale, per usare una pregnante espressione, che ha caratterizzato una parte significativa della cultura socialePag. 62italiana. Dietro questa emergenza, vi è una diffusa frustrazione, una depressione, una perdita di senso del futuro.
Ecco la nuova questione sociale e quando affermiamo che questa è la priorità non stiamo facendo alcuna operazione salarialista ed economicistica. Non pensiamo, infatti, soltanto al ruolo, peraltro per nulla marginale, che un incremento del reddito delle famiglie può avere nella ripresa dei consumi e, quindi, nella ripresa in generale. Ha ragione chi ha osservato ieri nel dibattito sul quoziente familiare lo scarto che vi è tra quella discussione e le scelte di politica economica del Governo e prova ne sia la scelta di un tasso d'inflazione così distante dalla realtà.
Ho già affermato in sede di discussione sul DPEF che certamente il tasso di inflazione per non essere inflattivo non deve rincorrere i dati reali, ma nemmeno essere, al contrario, depressivo. Tutto questo è importante, ma la ragione di fondo per la quale è necessario agire è che la crisi economica, di reddito e di potere di acquisto, sta provocando una crisi soggettiva e collettiva di identità e di senso. Chi se la cava, se la cava sempre meglio e mentre le borse valori bruciano ogni venerdì miliardi di euro si moltiplicano le riviste patinate sul lusso. Ma chi non se la cava, teme di non cavarsela più, di non poter reagire. A questa situazione che - lo ripeto - produce una nuova unificazione sociale di larghe fasce di reddito, a questa nuova questione sociale, si risponde con politiche di respiro, con interventi di fondo quali l'aumento delle detrazioni fiscali, il sostegno agli accordi di produttività ben più efficaci dello straordinario e non con misure pauperistiche quali la social card alla quale, peraltro, avreste destinato una cifra irrisoria, sicché l'avete promessa a tutti ma la darete a pochi. Poiché affidate le vostre scelte di politica economica per i prossimi anni solo ai tagli, senza affrontare il problema della crescita e dei redditi, questa manovra rischia di essere destinata all'insuccesso. Se tutto questo significa che dovete combattere la congiuntura economica negativa soltanto con la quadratura del bilancio - che, lo ripeto, è importante e va realizzata - si rischia di avere una manovra senza successo. Ecco il punto definitivo: la vostra manovra è semplicemente sbagliata, il Paese ha bisogno di ben altro, voi avete vinto le elezioni ma sembrate non essere in grado di affrontare una prospettiva politica per il nostro Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Unione di Centro - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ciccanti. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, che la manovra economica e finanziaria fosse condivisa a denti stretti dal Popolo della Libertà lo abbiamo capito quando, con 666 emendamenti, contro 647 del Partito Democratico, si è conquistato il primo posto nella presentazione delle correzioni al decreto-legge n. 112 del 2008. Che il decreto-legge stesso, approvato in nove minuti dopo qualche giorno di riflessione, non piacesse nemmeno al Governo, lo abbiamo capito quando nelle Commissioni bilancio e finanze sono arrivati ben 156 emendamenti dello stesso Governo e 36 del relatore per la maggioranza. Si tratta, quindi, di una manovra insufficiente, squilibrata e rattoppata e a settembre il Governo sarà costretto a un'altra manovra correttiva. Si tratta di una manovra triennale (2009-2011) che ha come obiettivo il pareggio di bilancio nel 2011, nel rispetto degli impegni assunti dall'Italia con il Governo Prodi nell'Eurogruppo di Berlino nell'aprile 2007 e confermati dall'attuale Governo Berlusconi. Vi è dunque una continuità politica rispetto agli impegni internazionali assunti e su questo siamo tutti d'accordo. Non siamo d'accordo, però, sul merito delle misure proposte per l'azione di Governo previste nel triennio e sopratutto sul metodo seguito. Capisco la necessità di correggere l'andamento dei conti pubblici per il 2008 rispetto al discostamento delle previsioni della legge finanziaria per il 2008 del Governo Prodi e la necessità di anticipare gli effetti sul 2009 degli interventiPag. 63di contenimento della spesa pubblica rispetto agli andamenti a legislazione vigente e alla conseguenze della congiuntura internazionale.
Capisco la necessità, come affermato dal relatore Zorzato, di riportare la legge finanziaria al contenuto proprio, finalizzata alla quantificazione degli interventi normativi rispetto alle ricadute sul bilancio dello Stato e delle pubbliche amministrazioni. Ma nessuno di noi riesce a capire come tutto questo possa essere fatto con un decreto-legge che ha per titolo «Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria». Dentro questo decreto-legge c'è tutto: tutto quello che dovrebbe stare in una legge finanziaria, che il Regolamento parlamentare e la legge 5 agosto 1978, n. 468, di contabilità pubblica affidano ad una sessione di bilancio che dura tre mesi. Invece, in 60 giorni, imponete al Parlamento di approvare tutto.
Non solo, ponete la questione di fiducia, ancora una volta, nonostante l'ampia maggioranza e proponete un maxiemendamento che inserisce ulteriori norme da parte del Governo: una procedura arrogante e, perciò, irragionevole, una cultura istituzionale che strappa la Costituzione nella parte relativa alle procedure per la formazione delle leggi e, in particolar modo, gli articoli 72 e 77, una cultura del potere che stravolge la stessa ripartizione dei poteri, subordinando il Parlamento al Governo, con l'alibi che Berlusconi è stato eletto dal popolo e non dal Parlamento e, perciò, non può essere nemmeno processato.
Entrando nel merito del decreto-legge in esame, in realtà, proponete soltanto norme manifesto, perché in concreto non definite niente.
Veniamo ai fatti di questo decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112. Non esistono i presupposti di necessità e urgenza per giustificare il ricorso alla decretazione di urgenza: come vedremo ci sono una congerie di norme che potrebbero benissimo essere approvate con legge ordinaria. La riprova è data dalla circostanza che ha visto trasferire norme, sotto forma di emendamenti a firma del Governo, dal disegno di legge per il completamento degli interventi previsti nel triennio 2009-2011 per la realizzazione degli obiettivi previsti dal DPEF, all'attuale decreto-legge. Non solo vi siete resi conto che il decreto-legge era sovraccarico di norme estranee alla necessità e all'urgenza del provvedere ma, dal momento che avevate abusato della violazione costituzionale dell'articolo 77, avete pensato bene di abusare per bene e in abbondanza. Dopo il decreto-legge «salva premier» potete permettervi tutto.
Altra ragione che denota l'abuso costituzionale è il modesto dato sull'indebitamento netto che la manovra determina per il 2008: solo 492 milioni su una manovra complessiva per il triennio di circa 35 miliardi, di cui poco più di 13 miliardi di manovra lorda nel 2009. L'urgenza e la richiesta del provvedere per il 2008, tanto da richiedere un decreto-legge, era di soli - ripeto - 492 milioni.
Tuttavia avete i numeri e avete votato contro la questione pregiudiziale di costituzionalità: chi comanda, come si dice, fa legge. Volete dimostrare al Paese la vostra capacità di Governo con un decisionismo senza regole e senza consenso sociale. Il vostro è un decisionismo da scrivania, pensate che l'Italia si possa cambiare con alcune norme scritte male e approvate in soli nove minuti.
Vi sbagliate: il Paese reagirà. Avete fatto vanto di aver tagliato le leggi, gli enti, il personale e la pubblica amministrazione. Vi siete vantati di aver tagliato già modeste indennità agli amministratori locali e avete ridotto gli organismi collegiali e le strutture organizzative inutili: tutto fumo. Da dieci anni si studia come tagliare le leggi inutili e in base all'Allegato A, previsto dall'articolo 24, tagliate appena 3574 leggi su circa 25 mila.
Avevate tagliato, per la fretta di apparire, persino 150 leggi tuttora efficaci, come la legge 12 agosto 1993, n. 317, concernente i piani di ricostruzione postbellica, che riguarda due città della mia regione, Ancona e Macerata.Pag. 64
Avete fatto in tempo a correggervi nell'esame nelle Commissioni, grazie anche a noi dell'opposizione.
Ma il problema, come tutti sanno, non è il numero delle leggi che sono andate desuete, rimangono lettera morta e non creano problemi a nessuno. Il problema è il coordinamento dei testi legislativi disciplinanti le varie materie: leggi contraddittorie, evasive, che generano contenziosi giudiziari e rappresentano la dannazione dei comuni cittadini. Per esse, fin dal 2001, furono promessi testi unici di coordinamento e codici. Avete persino un Ministro addetto alla semplificazione.
Ebbene, su questo tema, sia nel DPEF sia nella manovra triennale, non vi è una riga di impegni. La riduzione degli enti inutili è poi una farsa: disponete che sono inutili tutti gli enti con meno di cinquanta dipendenti, sicché chi ha fatto assunzioni clientelari viene premiato e chi è stato virtuoso viene chiuso.
Pensate alle autorità portuali: chiudete l'autorità portuale di Ancona, che fattura centinaia di milioni, perché amministra uno dei porti più importanti dell'Adriatico, e lasciate in vita decine di enti inutili nella cosiddetta Roma ladrona, che sono tali proprio perché hanno troppo personale a fare alcunché. Dov'è Calderoli? Dov'è la Lega?
Non c'è criterio e valutazione di merito, tanto che, anche qui, vi siete corretti rinviando tutto ad un futuro decreto ministeriale di verifica. Così come non vi è criterio e valutazione selettiva nel taglio della spesa corrente dei Ministeri: vi prefiggete di tagliare il 21 per cento nel 2009, il 22 per cento nel 2010 e il 40 per cento nel 2011, dopo i fallimenti del famoso comma 507 della legge finanziaria 2007 di Prodi.
Tagli lineari quindi, questo è il ragionamento del Governo. Siccome è stato preso l'impegno con gli elettori per non aumentare le tasse - anzi, l'impegno era di tagliare le tasse, invece la pressione fiscale rimane al 43 per cento fino al 2013 - allora bisogna pareggiare il bilancio tagliando le spese. È un impegno lodevole, ma come tagliare? Taglio uguale per tutti, 21 per cento a tutti i Ministeri, spesa buona e spesa cattiva e stesso criterio per gli enti locali, di cui parleremo in sede di federalismo fiscale, a ottobre.
Ci vuole un Governo per fare ciò? Credo che basti un ragioniere, che sappia tirare una riga nel bilancio dello Stato. Avviene così che si tagliano 447 milioni per il 2009 al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dopo aver detto, in campagna elettorale, che lo sviluppo industriale del nostro Paese sta tutto nella nostra intelligenza, che è il nostro petrolio. Invece, si va dalla parte opposta e la scuola seguita a languire.
Ma avviene anche che si taglino 210 milioni nel 2009 sulla competitività e sviluppo delle imprese, e 31 milioni all'internazionalizzazione delle imprese e scrivete però, nell'articolo 6, di sostenere l'internazionalizzazione delle imprese, con meno risorse del passato.
Sostenete, all'articolo 7, di voler costruire le centrali nucleari per ridurre le emissioni di CO2 e ridurre quindi la dipendenza da idrocarburi e non prevedete un euro, anzi, sulla voce diversificazione delle fonti energetiche, tagliate addirittura 11 milioni di euro nel 2009.
Tutti aspettano dal Governo che indichi la localizzazione dei siti delle tre o quattro centrali nucleari che intendete realizzare, e soprattutto i siti di smaltimento delle scorie. Nel programma di Governo, inoltre, parlate di realizzazione di centrali nucleari di quarta generazione. Ma vi è anche un emendamento, Marsilio 7.6, del Popolo della Libertà, che inserisce nella strategia energetica nazionale una norma per la promozione della ricerca del nucleare pulito di quarta generazione.
Queste centrali dovrebbero entrare in funzione tra dieci anni, come dicono gli esperti, mentre Berlusconi, al G8 del Giappone, qualche settimana fa, ha fatto intendere di voler realizzare centrali nucleari, invece, di terza generazione, quelle già realizzate in gran parte dell'Europa. Siamo in attesa di capire cosa intendete fare in questo senso. La confusione è alta.Pag. 65
Aspettiamo il disegno di legge sullo sviluppo industriale preannunciato questa mattina dal Ministro Tremonti, per capire qualcosa di più.
La realtà dei dati forniti dall'ISTAT ci dice che la produttività del Paese è la più bassa d'Europa ed è peggiorata del 30 per cento tra il 2007 ed il 2008. La Banca d'Italia, ieri, ha affermato che la ricchezza del Paese per il 2008 e il 2009 crescerà solo dello 0,4 per cento rispetto all'1,5 per cento dell'Unione europea, di cui - segnalo - il 3,8 della sola Spagna, e che la produzione industriale rispetto allo stesso periodo del 2007 è scesa dell'8,4 per cento.
A fronte di tutto ciò abbiamo un'inflazione al 3,8 per cento, nella quale le tariffe per luce, acqua, gas e trasporto pubblico superano il 10 per cento di aumento rispetto all'anno precedente. Lo stesso Governo fissa all'1,7 per cento l'inflazione programmata, ritenendo la differenza rispetto al 3,8 per cento, quale inflazione importata dal ciclo congiunturale sfavorevole dovuto soprattutto all'aumento del costo del petrolio, degli alimentari e delle materie prime.
C'è da dire che per l'Italia, accanto al ciclo congiunturale sfavorevole, pesa un fattore strutturale superiore al resto dell'Europa, il debito pubblico. Esso ha prodotto i suoi effetti con l'aumento della spesa corrente dovuto all'aumento del tasso, pari allo 0,25 per cento, deciso qualche settimana fa dalla Banca centrale europea. Non so se sarà l'ultimo, stando il permanere degli effetti di lunga durata del fattori congiunturali dell'inflazione, che a livello europeo si attesta al 4 per cento.
Come tutela il potere di acquisto del reddito delle famiglie il Governo Berlusconi? In primo luogo abolendo l'ICI per la prima casa al di sopra dei 300 euro - ossia per i proprietari delle case più abbienti -, ma non è tutto. Abolisce anche il Ministero per la famiglia, trasformandolo in Ministero per le pari opportunità - perché così ha voluto la neo-ministra Mara Carfagna - e taglia il Ministero per il welfare di Sacconi, di ben 115 milioni destinati alla missione diritti sociali, solidarietà sociale e famiglia.
Eppure il Popolo della Libertà aveva promesso nel proprio programma, non solo l'abolizione del bollo degli autoveicoli e dei motorini, la detassazione della tredicesima e l'aumento delle pensioni, ma anche la realizzazione del quoziente familiare ossia la deduzione, dal reddito di lavoro familiare, dei familiari a carico. Ebbene, di questo impegno, nel DPEF e nella manovra triennale del decreto-legge in discussione, non c'è una riga. Come dire: «passata la festa, gabbato lo santo».
Ma il potere di acquisto poteva essere difeso anche senza logiche cosiddette assistenzialistiche, come ci insegna quella cultura liberale che il Presidente Berlusconi richiama in tutte le occasioni in cui parla di economia, ossia attraverso l'apertura dei mercati protetti come quello dei servizi pubblici locali.
Abbiamo visto il Governo Prodi fallire su questo tema. È stato sterilizzato il significato delle cosiddette «lenzuolate» di liberalizzazioni del ministro Bersani, a causa del veto della sinistra radicale. Ebbene, nonostante il coraggio dimostrato dal Governo con l'introduzione dell'articolo aggiuntivo 23.011 all'articolo 23-bis, che riprendeva la parte più debole della riforma dei servizi pubblici locali della Ministra Lanzillotta del Governo Prodi, con il subemendamento 0.23.011.64 dell'onorevole Fugatti della Lega Nord, contenente gli stessi obiettivi di Rifondazione Comunista, è stata sterilizzata quella riforma dei servizi pubblici locali.
È evidente che le alte tariffe di luce, acqua, gas e trasporti pubblici seguiteranno ad alimentare i bilanci in disavanzo dei comuni azionisti proprietari, delle società pubbliche e delle società partecipate, per garantire diseconomie di gestione e clientele politiche locali. Il consumatore è tutelato quando il prezzo e la qualità del servizio sono il risultato di una gara tra operatori di settore; non è tutelato invece quando il prezzo e la qualità sono imposti dal monopolio pubblico, senza scelta. In tal caso il comune controlla se stesso.
Anche questa occasione non è servita per dare una mano al reddito dei consumatori, soprattutto quelli più poveri. SuPag. 66questo tema dei poveri, che in Italia sono in aumento, come ha ricordato l'onorevole Pezzotta nella discussione sulla mozione sulla famiglia dell'UdC approvata ieri, è doveroso aprire una finestra sulla Robin Hood tax.
La tassa sugli speculatori delle assicurazioni, delle banche e del petrolio è stata il cavallo di battaglia del Ministro Tremonti; tutta questa manovra si è caratterizzata per il messaggio mediatico che vedeva Tremonti come Robin Hood, che tagliava ai ricchi per dare ai poveri. Infatti, avrebbe dovuto trasferire ai pensionati quello che avrebbe tolto agli assicuratori, ai banchieri e ai petrolieri.
Le cose, conti alla mano, stanno molto diversamente. Lo stesso Tremonti ci dice che l'operazione di aumento della tassazione - e quindi aumenta le tasse - per queste categorie di operatori economici rende all'erario, nel triennio 2009-2011, ben 5 miliardi 100 milioni. Di questa cifra egli restituisce ai poveri, non si sa come, in che misura e quando, appena 200 milioni per il solo anno 2009, con una tessera di povertà attualmente ancora allo studio.
Approfondendo meglio alcune dichiarazioni del Ministro Tremonti, si è anche capito che i predetti 200 milioni dovrebbero venire dall'ENI, come atto di liberalità; tradotto, si tratta di elemosina di Stato per lo sfruttamento che verrebbe concesso alla stessa società, con l'articolo 81, dei giacimenti di idrocarburi dell'alto Adriatico, finora vietati.
Siamo al gioco delle tre carte, soprattutto se si fa attenzione alle dichiarazioni del Governatore della Banca d'Italia, Draghi, che lo scorso 9 luglio segnalava il rischio di traslazione sui prezzi per il consumatore finale dell'inasprimento fiscale per i petrolieri, dove c'è un mercato ad offerta rigida e il consumatore non ha scampo.
Come dire, il Governo non incide direttamente sul reddito delle famiglie, ma ci arriva per interposta persona; né vale scrivere, nel comma 18 dell'articolo 81, che l'Autorità per l'energia elettrica e il gas vigila sulla puntuale osservanza delle disposizioni, quando la stessa Autorità non ha poteri di intervento, perché trattasi di carburanti, e quindi di materie estranee alle competenze della stessa Autorità. Anzi, con l'emendamento 7.9 presentato dallo stesso onorevole Fugatti, della Lega Nord, la maggioranza ha cancellato persino questa Autorità, rendendola solo consultiva; si tratta di un'altra presa in giro per i ceti meno abbienti, soprattutto per le giovani coppie e gli anziani, che non riescono a far quadrare il bilancio familiare con gli affitti alti ed il famoso piano-casa.
In realtà, si tratta di riciclare i 550 milioni della finanziaria 2008 del Governo Prodi. Quello che è grave è che la rimodulazione comporta l'annullamento di tutti gli interventi che comuni e regioni avevano programmato per far fronte alla tensione abitativa di molte città; cosicché chi aveva gli sfratti esecutivi ovvero aveva definito la procedura per vedersi assegnata una casa popolare o vedersi riconosciuto, in prospettiva, il diritto ad una casa, deve ricominciare da capo. Davvero un bel risultato per la vostra necessità di propaganda, ma un dramma per chi non ha una casa.
Non va tralasciato un altro settore della vita sociale, che nella preoccupazione degli italiani è al primo posto: la sicurezza personale. Parliamo di ordine pubblico e giustizia. Al Ministero della giustizia vengono tagliati 210 milioni e al Ministero dell'interno circa 400 milioni per il 2009, altrettanti per il 2010 ed il doppio per il 2011, di cui 254 milioni, sempre per il 2009, alla missione riguardante l'ordine pubblico e la sicurezza.
Mentre esprimo la solidarietà dell'Unione di Centro al SIULP, che oggi ha manifestato davanti alla Camera, a tutti i sindacati che rappresentano le forze dell'ordine e ai COCER delle Forze armate e della guardia di finanza, non si può non sottolineare il tradimento del Popolo della Libertà e della Lega verso gli apparati per la sicurezza nazionale, verso i quali si è sempre dichiarata con amicizia e considerazione politica.Pag. 67
Con la proposta emendativa 60.02 il Governo ha introdotto l'articolo 60-bis, con il quale assegna, al comma 18, un fondo di appena 100 milioni per il 2009 per il potenziamento della sicurezza urbana e tutela dell'ordine pubblico. Questa mattina il Ministro ha parlato di una disponibilità nel triennio di 400 milioni: non ce n'è traccia nei numeri e nelle tabelle. Si tratta comunque di una riduzione dei tagli, ma che conferma i tagli stessi; conosceremo meglio i dettagli appena avremo la possibilità di esaminare il maxiemendamento. Davvero una presa in giro: avete votato l'altro ieri il decreto-legge n. 92 del 2008 sulla sicurezza, in cui inasprite le pene per i reati di maggiore allarme sociale e poi non dotate di risorse chi deve catturare e condannare i delinquenti. Avete sbandierato ai quattro venti che, per gli immigrati irregolari e clandestini, adesso c'è il carcere, e di fronte a circa 600 mila irregolari, chissà quanti di questi anche clandestini, che sono presenti in Italia, tagliate 55 milioni sui 75 stanziati dal Governo Prodi per l'edilizia penitenziaria: davvero un esempio di coerenza!
Ammesso che le vostre norme funzionino, dovreste mettere i 600 mila irregolari nelle carceri che hanno 47 mila posti letto, che sono tra l'altro già pieni; non vi sono quindi posti disponibili nel nostro sistema carcerario. Pensate forse ad un altro indulto?
Il sottosegretario Vegas ci ha detto che non ci sono risorse; dopo le critiche dell'opposizione ha chiesto all'opposizione stessa di indicare quali sono le risorse disponibili! Al Governo riproponiamo una vecchia domanda, che questa mattina l'onorevole Tabacci ha posto al Ministro Tremonti: ma davvero c'era bisogno di abolire l'ICI per un miliardo e 700 milioni se non c'erano le risorse per gli straordinari, per le uniformi delle forze dell'ordine e i soldi per gli affitti, la benzina e la manutenzione dei mezzi? Quando un Governo non sa scegliere le priorità, non sa governare.
In altra sede, quella sul disegno di legge di delega per la riforma della pubblica amministrazione, parleremo meglio del pubblico impiego. Il Ministro Brunetta, per farsi un po' di propaganda, è riuscito a criminalizzare tutti i dipendenti pubblici, facendoli passare per fannulloni: è grave che un Ministro della funzione pubblica insulti i suoi collaboratori! Le tensioni sociali che ha ingenerato nell'apparato pubblico saranno purtroppo pagate nei prossimi mesi dall'utenza; se così sarà, chiederemo allo stesso Ministro di trarne le conseguenze.
Un dato non va trascurato in questa manovra: l'accanimento del Governo verso il Mezzogiorno. La partita dei fondi per le aree sottoutilizzate, rimessa in discussione con la scusa di rendere più efficiente il sistema dell'utilizzo dei fondi stessi e del fondo rotativo per l'utilizzo dei finanziamenti europei, è un prezzo che il sud non può pagare: ricominciare da capo i programmi in essere significa perdere ulteriore tempo!
Il dato politico che cogliamo noi centristi è la delegittimazione politica della classe dirigente delle regioni del sud: la Lega vuole imporre ad ottobre il federalismo fiscale secondo il modello lombardo perché così è scritto nel programma del Popolo delle Libertà. Tremonti però già si è smarcato da questo impegno elettorale, e propende per un modello elaborato dal sistema delle regioni: proprio poco fa è uscita un'agenzia di Calderoli che riafferma questo orientamento, mentre questa mattina ha addirittura evitato di parlarne. Ridiscutere i fondi per il Mezzogiorno è chiaramente un'intimidazione politica, che serve alla Lega e all'ala nordista del Governo per addolcire i parlamentari del sud. Sul federalismo fiscale noi centristi non permetteremo di dividere il Paese: ne riparleremo ad ottobre.
Non parlo poi della sanità: solo un accenno alle ragioni che ha manifestato ieri l'onorevole Tabacci: quello che è successo in Abruzzo - ha detto - non è un caso isolato.
I meccanismi in cui è maturata quella vicenda sono comuni a quelli di tante altre cartolarizzazioni di crediti di altre regioni: solo che lì ancora non vi sono gole profonde che parlino. Sarebbe dunque utilePag. 68prevedere qualche sistema di controllo e verifica, ma ne parleremo in altra sede.
Peraltro, la situazione si è aggravata proprio oggi con la sentenza definitiva della Corte di giustizia europea sul condono IVA, che peserà per 3 miliardi e mezzo sui conti pubblici. Piove sul bagnato: considerata l'attuale situazione dei conti pubblici, sarà difficile trovare una soluzione a questa tegola che ci cade in testa oggi.
È di tutta evidenza che il Paese si trova in una situazione di emergenza: questa maggioranza è stata votata solo dal 47 per cento degli italiani, è priva di insediamento sociale, ed è in tensione con tutte le cariche istituzionali. Bisogna saper guardare agli interessi del Paese, che richiedono un Governo di unità nazionale: prima ve ne accorgerete, prima darete una mano all'Italia. Le soglie di democrazia parlamentare si stanno abbassando, come si sta constatando in queste ore, e vi è il rischio che nuove tensioni sociali - a ottobre e nei mesi prossimi - consiglino a qualcuno di abbassare anche quelle della democrazia sostanziale.
Per queste ragioni, noi dell'Unione di Centro vi mettiamo in guardia in tempo utile. Molti di noi, lo sapete, hanno l'occhio lungo: fate dunque tesoro dei nostri consigli (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marsilio. Ne ha facoltà.

MARCO MARSILIO. Signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, il gruppo del Popolo della Libertà sostiene ed apprezza questa manovra e soprattutto l'intenzione del Governo di anticipare al prima possibile il momento del confronto sui temi economici che riguardano la nostra nazione. Abbiamo fatto bene ad anticiparla, a non attendere, dopo l'estate, una lunga stagione che ci avrebbe portato da settembre, - come è sempre stato nelle liturgia parlamentari - ad affrontare e risolvere i nodi della finanza pubblica a novembre o addirittura a Natale. Abbiamo fatto bene perché non abbiamo tempo da sprecare: non dobbiamo attendere un solo minuto per mettere mano ad una situazione che è grave, non solo per l'eredità del Governo che ci ha preceduto, ma soprattutto per la gravità di un contesto internazionale che il Ministro Tremonti ha ben rappresentato sia a quest'Aula questa mattina, di fronte alla nazione, sia nel contesto europeo e internazionale dove il Governo italiano sta svolgendo una funzione fondamentale, di stimolo, di assunzione di responsabilità e consapevolezza rispetto a questa drammatica congiuntura internazionale, nonché alla grave speculazione che sta colpendo i beni primari necessari per la vita e il benessere dei cittadini di tutto il mondo. Finalmente, l'Italia sta svolgendo un ruolo da protagonista sullo scenario internazionale: non abbiamo più «governicchi» che si presentano sullo scenario internazionale con il cappello in mano, con il profilo basso e «le orecchie abbassate», e che non hanno niente da dire e da proporre se non entusiastiche adesioni a programmi di globalizzazione dei mercati assunti in maniera assolutamente acritica; abbiamo invece finalmente un Governo che rappresenta a testa alta gli interessi del popolo italiano, e soprattutto cerca di stimolare i partner europei ed occidentali in genere a comprendere quali dinamiche di fondo si stanno muovendo sui mercati internazionali e quali pesanti conseguenze le nostre popolazioni e i nostri cittadini possono ricevere da questo quadro.
Come dicevo, dunque, abbiamo fatto bene ad anticipare la manovra, a fare in modo che entro l'estate l'Italia abbia un quadro certo per affrontare il prossimo triennio per quanto riguarda la finanza pubblica, a ricondurre così la legge finanziaria alla sua funzione originaria, evitando che essa sia snaturata dal solito, vituperato assalto alla diligenza che, inevitabilmente, si sarebbe verificato, se non avessimo introdotto nella manovra anche un esplicito richiamo al fatto che è ora di farla finita con leggi finanziarie che entrano in Parlamento per disegnare il quadro della finanza pubblica e che, nelPag. 69passaggio parlamentare, vengono saccheggiate dall'assalto di lobby di ogni tipo.
Ciò costringe queste leggi a diventare di conseguenza qualcosa di incomprensibile e di illeggibile per il semplice cittadino e nascondono, ad ogni comma, un incremento di spesa pubblica che serve a garantire una qualche clientela o un qualche interesse poco trasparente e, soprattutto, poco vicino agli interessi generali del popolo italiano.
In questa manovra abbiamo inserito misure molto importanti, ma citerò solo quelle di cui ho maggiore conoscenza. Si tratta, del resto, di un decreto-legge complesso che tocca vari aspetti della vita economica e finanziaria della nostra nazione, e sarebbe presuntuoso, da parte nostra, dire che comprendiamo e capiamo ogni singolo articolo ed ogni singolo capo del decreto-legge e del disegno di legge di conversione al nostro esame, sul quale credo che abbiamo svolto fino in fondo con tutti i colleghi, soprattutto quelli delle Commissioni bilancio e finanze, il nostro lavoro di studio, di approfondimento ed anche di miglioramento. Siamo riusciti infatti, con il lavoro fatto e con la volontà di andare avanti nel lavoro in Commissione, a migliorare il testo. Lo voglio dire anche nei confronti di un'opposizione che, sin dal primo minuto, ha assunto in Commissione l'atteggiamento provocatorio di chi ci invitava a non affrontare la discussione in quella sede, provocando quindi il rappresentante del Governo e la maggioranza a porre, sin da subito, un voto di fiducia che blindasse l'intero provvedimento, sottraendolo alla discussione parlamentare, per poter avere poi un pretesto per dire che il Parlamento veniva espropriato delle proprie funzioni.
Abbiamo invece insistito, tenuto il punto e lavorato nelle Commissioni, ed abbiamo sostanzialmente licenziato il provvedimento (ad eccezione di pochi aspetti che, peraltro, non è stato possibile licenziare perché da parte dell'opposizione si è assunto un atteggiamento strumentale di ostruzionismo che ha impedito di affrontare gli articoli, in particolare quello che consente appunto di mettere fine all'assalto alla diligenza di cui parlavo prima).
Tra le misure ricordo quella sul piano casa, che sarebbe altrimenti rimasto uno slogan del precedente Governo, che non aveva alcun contenuto concreto (tranne una generica indicazione di fondi) e rispetto al quale non abbiamo ancora visto realizzare un solo alloggio da quando è stato annunciato in pompa magna; ma finalmente, con le misure che abbiamo inserito, esso permetterà alle giovani coppie, alle famiglie in difficoltà e agli anziani soli di poter avere alloggi sociali disponibili sul mercato delle locazioni o, soprattutto, nuova edilizia popolare che da decenni in Italia non si costruisce.
Nel provvedimento abbiamo aggiunto, grazie al lavoro delle Commissioni, il fondo di garanzia per le giovani coppie che sarà gestito dal Dipartimento della gioventù, una risposta concreta per i giovani e per le giovani famiglie. Abbiamo inserito anche l'indicazione ai comuni di privilegiare e di utilizzare, tra i vari aspetti tramite cui realizzare sul territorio questo programma per i nuovi alloggi, lo strumento della sostituzione edilizia, rispetto al quale credo che il Parlamento dovrà prossimamente tornare a discutere e a legiferare.
L'Italia non è infatti un Paese che abbia grandi distese dove poter continuare l'espansione edilizia; se dobbiamo realizzare nuovi alloggi occorre andare nelle aree già urbanizzate o riutilizzare quindi le zone già costruite nelle quali sono stati edificati, nei decenni passati, quartieri secondo logiche di speculazione (con il risultato, quindi, di alloggi fatiscenti che oggi costa più riammodernare che non demolire e ricostruire), o quartieri ispirati alla follia collettivista che flagellano le nostre periferie (ed anche in questo caso, essi presentano un costo enorme non soltanto in termini materiali - di manutenzione delle infrastrutture -, ma anche in termini sociali per il degrado umano e culturale che hanno provocato e continuano a provocare).Pag. 70
Vi sono misure importanti e fondamentali per Roma capitale dopo decenni che il Parlamento discute, senza costrutto, sullo status da riconoscere alla capitale della Repubblica, per permettere alla città di Roma di essere all'altezza dei compiti che le competono come capitale e come rappresentanza a livello internazionale del nostro popolo.
Finalmente abbiamo inserito, con l'articolo 78, una norma che non si limita soltanto a fornire una soluzione immediata e temporanea al disastro dei conti pubblici che le amministrazioni di sinistra hanno lasciato nella capitale e che mettono in grave difficoltà l'attuale nuova amministrazione, ma abbiamo inserito un provvedimento strutturale che impegnerà entro settembre il Governo a presentare il disegno di legge per Roma distretto federale e per concedere finalmente i poteri speciali che sono stabiliti nella Costituzione ma che il Governo Prodi non è stato capace di trasformare, con legge ordinaria, in un fatto reale e concreto.
Continuando a parlare di argomenti dei quali da anni si discute senza che nessuno avesse mai avuto il coraggio di arrivare ad assumere una decisione, faccio presente che abbiamo inserito la riforma dei servizi pubblici locali che crea tanto dibattito. Improvvisamente a sinistra abbiamo visto scatenare l'opposizione di chi ritiene che siamo stati poco coraggiosi perché abbiamo avuto il difetto di tutelare alcune importanti realtà quotate in borsa che sono presenti soprattutto nelle grandi città. Non capisco quale sia l'obiettivo del Partito Democratico, dell'Italia dei Valori e anche dell'UDC: forse quello di provocare alcune importanti aziende partecipate dalle istituzioni pubbliche ma quotate sul mercato e in cui le famiglie e migliaia di piccoli risparmiatori ne detengono le azioni, con una riforma traumatica che avrebbe comportato un immediato crollo del valore in borsa delle azioni e pertanto la disperazione di tante famiglie, oltre ai seri problemi per tali aziende che devono essere, dal giorno alla notte, competitive in un mercato completamente aperto. Forse così si sarebbe lasciato campo libero alle grandi multinazionali estere che probabilmente sarebbero arrivate qui avendo alle spalle la forza dei loro Governi e avrebbero invaso i nostri mercati. Bene abbiamo fatto a varare la riforma in esame, a vararla subito, smettendo di parlare e mettendo intanto un punto fermo. Come tutte le riforme si possono misurare, sperimentare, correggere e migliorare anche alla luce degli approfondimenti che vanno compiuti. Tuttavia, oggi il Governo e la maggioranza hanno sicuramente - con la riforma in esame - dimostrato la volontà di passare dalle parole ai fatti e di procedere verso questa strada.
Lo stesso vale per la banca per il Sud e per la politica energetica. Il collega Ciccanti lo ha prima citato e lo ringrazio per aver ricordato all'Assemblea anche questo importante emendamento che riguarda il nucleare di quarta generazione o da fusione. Abbiamo voluto inserire con tale disposizione un ulteriore elemento per sostenere che il Governo italiano nel momento in cui compie una scelta importante in ordine alla strategia energetica nazionale (ossia tornare ad utilizzare l'energia derivata dal combustibile nucleare) non deve fermarsi al nucleare di terza generazione. Temo anzi che fermarsi al nucleare di terza generazione possa voler dire ritrovarci tra dieci anni ad essere la retroguardia dell'occidente industrializzato e di tutto il mondo che utilizza il nucleare, perché il nucleare di terza generazione è stato sperimentato, utilizzato e sviluppato da altri Paesi già da qualche lustro mentre noi stiamo arrivando a questa tecnologia solo oggi.
La verità è che, se pure si ritiene necessario (potremmo discuterne e ovviamente si tratta di una discussione aperta), fare del nostro meglio per aprire entro breve tempo o nel minor tempo possibile nuove centrali nucleari, adottando quella che è l'attuale tecnologia, quindi il nucleare di terza generazione, non dobbiamo tuttavia rinunciare a proporci come avanguardia del mondo sviluppato per avviare la ricerca, la sperimentazione e la realizzazione del nucleare del futuro, quello senza scorie, pulito e in grado di risolverePag. 71il problema del fabbisogno energetico senza creare incubi dal punto di vista della sostenibilità ambientale.
Deve essere, inoltre, lodato il coraggio del Governo nell'affrontare il problema dei profitti dei petrolieri, la cosiddetta «Robin tax». Quando sentiamo certe critiche non riusciamo a capire se si tratti della stizza di chi da sinistra deve spiegare alla propria base sociale per quale motivo negli anni passati non ha avuto il coraggio di colpire questi soggetti con le spalle larghe, ma ha preferito continuare a taglieggiare il piccolo artigiano, il piccolo commerciante e il lavoratore umile e modesto.
La barzelletta che tassare i petrolieri significa scaricare sui consumatori finali il costo può essere adottata, ovviamente, su qualunque categoria, dai costruttori di automobili ai costruttori o agli industriali di qualunque genere e specie. Allora è naturale, come dice il nostro Ministro, che non dovremmo tassare nessuno se non gli ultimi, cioè i consumatori finali. Potrebbe anche essere una dottrina: che qualcuno la sviluppi e la metta in pratica e vediamo cosa succede.
Nel frattempo, sosteniamo e incoraggiamo il Governo ad andare avanti su questa strada, naturalmente facendo il massimo per vigilare sui prezzi e impedire che qualcuno possa scaricare l'onere di questa tassa sul consumatore finale; e, al riguardo, invitiamo il Governo a mettere in campo tutti gli strumenti utili per controllare che ciò non avvenga.
Vi è un'altra importante misura che riguarda il costo dei libri scolastici; la previsione di poter scaricare da Internet i libri di testo è il primo duro colpo a questo vero e proprio cartello delle case editrici scolastiche che da decenni taglieggiano le famiglie cambiando edizione ogni anno e costringendo anche le famiglie che hanno più figli e che potrebbero tranquillamente riutilizzare i libri anno dopo anno a ricomprarli perché magari vengono cambiate quattro illustrazioni e la copertina e qualche professore compiacente obbliga gli studenti ad acquistare l'ultima edizione. È questo un primo importante passo per stroncare questo mercato e per permettere alle famiglie di tenere in tasca qualche soldo in più da spendere o da risparmiare piuttosto che, appunto, dover affrontare spese improprie.
Abbiamo tagliato consulenze e sprechi nella pubblica amministrazione e bene ha fatto il Governo ad accogliere le richieste che sono venute dalla maggioranza, e comunque da tutta la Commissione, di non andare a colpire gli amministratori locali. Infatti, i tagli previsti dal 2000 in poi sono stati già molto consistenti (superiori del 30-35 per cento) e non credo che ci siano altre categorie che hanno pagato altrettanto la necessità di alleggerire il peso della finanza pubblica. Invece, va bene, anzi benissimo - e dobbiamo andare avanti su questa strada - il taglio dei costi aggiuntivi (le consulenze, gli sprechi, i convegni, le conferenze, gli enti inutili o ridondanti). È in questa direzione che bisogna proseguire per fare in modo che le pubbliche amministrazioni spendano esattamente quello che è giusto e utilizzino fino all'ultimo euro per offrire servizi ai cittadini e non per alimentare clientele o botteghe di partito o addirittura solamente personali.
Un altro importante provvedimento che ha scatenato le ire dell'opposizione, tesa più a difendere il piccolo orticello e la piccola prebenda, è stata la decisione di concentrare gli investimenti strategici. Non è possibile che i fondi sia nazionali sia europei previsti per le grandi infrastrutture e per l'ammodernamento della nazione debbano essere vanificati da interventi a pioggia microsettoriali distribuiti su ogni singolo chilometro del nostro territorio, spesso improduttivamente. Infatti, quando si realizzano questi interventi è già qualcosa, ma troppo spesso, come dimostrato dalle tabelle che ha portato il Ministro, questi fondi restano fermi per anni, non alimentano nessun investimento ed impediscono peraltro di realizzare le grandi infrastrutture.
Per finire, un argomento che ha fatto molto parlare e che nella giornata di ieri e di oggi ha occupato i titoli dei giornaliPag. 72è la questione delle impronte digitali (anche se non ha nessuna evidente relazione con la manovra economica).
Mi onoro di essere stato il presentatore di questo emendamento che poi ha ottenuto un unanime consenso da parte di tutti; tutti a salire sul carro e a volerlo sottoscrivere, per andare poi dai giornalisti a rivendicare di aver vinto chissà quale battaglia. Ecco, questo misura la strumentalità della posizione del centrosinistra.
Noi abbiamo presentato un emendamento con l'obiettivo di aumentare la sicurezza dello Stato, di garantire la sicurezza dei cittadini e stroncare ogni sterile ed inutile polemica rispetto a discriminazioni in atto che nessuno ha mai posto in essere e, soprattutto, nessuno vuole porre in essere. La sinistra ha aderito a questo emendamento non perché creda nel bisogno della sicurezza o perché abbia sfatato il tabù ideologico che prendere le impronte digitali sia una cosa assolutamente normale e non rappresenti un inquietante atto da Stato di polizia, perché a sinistra ancora bisogna fare molto i conti con questa sottocultura. La verità è che si è cercato da parte di qualcuno di utilizzare in maniera strumentale questo emendamento per sollevare una polemica nei confronti del Ministro Maroni, che bene ha fatto a respingere questa polemica e a dire che ovviamente si va avanti. Qualcuno chiedeva al Governo, attraverso questo strumento, di fare un passo indietro rispetto al censimento dei nomadi, mentre la nostra intenzione, per la quale tutta la maggioranza ha poi sostenuto questo emendamento, era quella di chiedere al Governo di compiere un ulteriore passo avanti. Si è cominciato con quelle persone che oggi non hanno un'identità certa, si dovrà proseguire con tutti i cittadini; peraltro, ciò già si fa sperimentalmente in molti comuni, quindi non si capisce quale sia il motivo dello scandalo, della sorpresa e della grande novità che motiva gli strilli sui titoli delle prime pagine dei quotidiani.
Si tratta di un provvedimento che serve ad andare incontro, con buonsenso, alle esigenze di sicurezza in un periodo difficile e delicato su questo fronte. Noi pensiamo di aver dato delle risposte ai cittadini anche su questo punto, come abbiamo fatto con il «Fondo cento milioni» dedicato alla sicurezza da concentrare soprattutto nelle aree metropolitane, nelle grandi città, per alimentare quei patti che il Ministero dell'interno sigla con i sindaci per il controllo del territorio e per aumentare la sicurezza dei cittadini.
Mi fermo qui. Tanti altri argomenti sono contenuti nel decreto-legge, ma altri colleghi avranno modo di illustrarli; ho voluto soltanto affrontare gli argomenti che conoscevo meglio, che mi sono più vicini e toccano maggiormente la mia sensibilità personale. Ho voluto sottolineare con questo intervento il sostegno al Governo per questa manovra per i suoi contenuti e ringraziarlo per la sua capacità di accogliere una serie di suggerimenti e di emendamenti da parte della maggioranza che hanno contribuito a migliorare questo testo e a presentarlo alle Camere pronto per la sua votazione (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palagiano. Ne ha facoltà.

ANTONIO PALAGIANO. Signor Presidente, a differenza dell'onorevole Marsilio, pur non essendo parlamentare nella XV legislatura, preferivo il vecchio «governicchio», come lui ha chiamato il Governo Prodi, e non per partito preso. L'onorevole Marsilio ritiene l'attuale Governo forte e autorevole, mentre secondo me è più che altro autoritario e chiacchierato, specialmente se consideriamo le schede informatiche che la stampa degli Stati Uniti ha consegnato a tutti i singoli giornalisti, la stampa dell'amico Bush. Quindi, sicuramente non mi sento rappresentato a livello internazionale da questo Governo, non per partito preso, ma perché oggettivamente non ritengo che sussistano gli estremi.
Sono anche amareggiato, signor Presidente, per questo soliloquio improduttivo che stiamo facendo in pochi in quest'Aula e che non porterà a nulla, giacché tutto è deciso. Nel Paese, se ci vedessero, direbbero: va bene, avete deciso, andate avanti,Pag. 73votate, affrontate gli altri problemi del Paese perché sono tanti. Invece, ci troviamo qui un'altra volta a parlare di un argomento che avrebbe necessitato di più tempo e davvero di un dialogo anche con l'opposizione, come avete detto volevate fare all'inizio di questa legislatura.
Avete ascoltato questa mattina il presidente dell'Italia dei Valori Di Pietro che era interessato - lo diceva con convinzione all'onorevole Tremonti - a capire se certi meccanismi fossero effettivamente produttivi, dando prova che, quando non si tratta di provvedimenti che interessano soltanto una persona, ma sono nell'interesse del Paese, siamo qui a collaborare e anche a votare provvedimenti che siano nell'interesse della collettività. Ci troviamo, quindi, in quest'Aula a dover discutere, per l'ennesima volta con urgenza, sulla conversione di un decreto-legge che racchiude in sé una complessa manovra finanziaria che interessa i più diversi ambiti della nostra società: dalla sanità al sistema universitario e scolastico, dal lavoro alla previsione delle imposte per i prossimi tre anni. Si tratta di un decreto-legge complicato, che meriterebbe una riflessione attenta e concentrata su ogni punto e su ogni passaggio, ma che, come è ormai abitudine per questo Governo, ci troviamo a dover discutere in fretta, per poi ricorrere, come al solito, al voto di fiducia che sembra diventata una prassi, una consuetudine, anziché una procedura straordinaria.
Tra le tante tematiche affrontate dal decreto-legge n. 112, quella che più mi sorprende e che merita, a mio avviso, di essere ulteriormente sottolineata è la riforma del sistema sanitario. Mi soffermo, in particolare, sull'analisi di tutti i tagli che subirà la sanità italiana attraverso questa manovra fiscale, che sono quantificati in circa cinque miliardi di euro: esattamente due miliardi di euro per il 2010 e tre miliardi di euro per il 2011. È una manovra che ricorda, senza esagerare, i tempi di guerra! I tagli riguarderanno la riduzione dei posti letto ospedalieri e del personale, dai medici agli infermieri, ignorando che - cito un solo esempio - il più grande ospedale del sud, il Cardarelli di Napoli (ma non solo quello) continua, nell'emergenza cronica cui è costretto, a ricoverare i pazienti sulle barelle, nei corridoi, negli androni e nelle medicherie, in attesa che si liberi qualche posto letto. Si ignora anche che, ancora oggi, nei policlinici universitari di tutta Italia, l'assistenza è garantita prevalentemente dai precari e dagli specializzandi che offrono la loro opera a buon prezzo, perché sono sottopagati, ma spesso la loro competenza non è proprio quella che noi ci augureremmo per trattare i nostri familiari o i nostri malanni. Non è questo il diritto alla salute che noi intendiamo.
Con questa manovra finanziaria si genererà, anzi si è già generato, un conflitto istituzionale fra Stato e regioni; è stato abolito, infatti, il Patto per la salute fra il Governo e le regioni, sottoscritto appena un anno fa. Per questa ragione è in atto, come lei ben sa, signor Presidente, un braccio di ferro di non poco conto fra Roma e i governatori di tutta Italia, anche quelli del centrodestra, che quindi hanno votato questo Governo, perché avevano delle altre aspettative come cittadini italiani. Tutti abbiamo letto le dichiarazioni del presidente della Lombardia Formigoni e sappiamo tutti che vi è stato un conflitto aspro tra l'onorevole Tremonti e l'onorevole Formigoni. Siamo di fronte, quindi, ad alcuni provvedimenti - in questo caso quello che riguarda anche la sanità - che non siamo soltanto noi a non condividere, ma anche i vostri alleati nelle varie regioni d'Italia perché si vedono sottratti dei fondi indispensabili per mandare avanti un sistema sanitario con i criteri della minima decenza.
Il Patto per la salute siglato dal Governo Prodi, e proposto dall'allora Ministro Livia Turco, in sintonia con il Ministro Padoa Schioppa, prevedeva un aumento del Fondo sanitario nazionale del tre per cento, dal 2008 al 2011. Quando l'onorevole Tremonti, questa mattina, ci ha detto che andrà tutto bene per il 2008, e anche per il 2009, il punto critico sarà allora proprio dopo il 2009, perché adesso abbiamo stabilito che dal 2009 non ciPag. 74saranno più soldi. Questo Patto per la salute soddisfaceva (bene o male) tutti: le regioni, i pazienti, i medici, i paramedici, per i quali erano stati previsti anche i fondi per il rinnovo del contratto. Esattamente tre miliardi di euro servivano per evitare i ticket - quelli che davvero erano stati aboliti - e 1 miliardo 800 milioni di euro servivano per il rinnovo dei contratti. Oggi, invece, questo decreto fiscale di fatto dimezza i fondi destinati alla sanità. Dunque, quando l'onorevole Sacconi afferma che sono stati destinati dei fondi, in realtà, essi sono la metà di quelli che erano previsti prima; quindi, vi è un taglio evidente che il Ministro opera così disinvoltamente da non rendersi conto, o fingendo di non rendersi conto, che i tagli graveranno soltanto sulle famiglie degli italiani.
Non si è tenuto conto dell'incremento demografico di circa 400 mila persone all'anno, ma peggio per loro, in quanto sono extracomunitari, hanno la pelle nera, pagano anche le tasse e spesso sono cittadini italiani. Loro, però, non hanno diritto all'assistenza e «non sono figli a Dio».
Attraverso questa manovra fiscale si è deciso di lasciare esclusivamente alle regioni la responsabilità di sanare il debito derivante dall'eliminazione fantomatica del ticket. Si tratta di un onere di 834 milioni di euro e sappiamo che molte regioni hanno già di per sé un buco, o anche una voragine. Ricordo agli amici della maggioranza la prima regione con questo deficit, il Lazio e subito dopo vi sono la Sicilia e la Campania. Il primato, comunque, deriva da due regioni governate dal centrodestra. Ebbene, queste regioni governate dai vostri colleghi avranno un doppio onere: da un lato dovranno colmare il buco e la voragine finanziaria e, dall'altro, dovranno stringere ulteriormente la cinta perché i contributi che verranno da questo Governo saranno molti di meno rispetto ai precedenti, quindi si introdurranno ticket e nuove tasse per i cittadini.
Il buco della sanità diventerà, quindi, una voragine ed è inutile aver abolito il ticket con il comma 19 dell'articolo 60-bis, in quanto con il comma 21 vi rimangiate ciò che avete detto. Quindi, da un lato, togliete il ticket (e ciò rappresenta il paravento per il popolo italiano) e, dall'altro lato, dite alle regioni che, se non ce la faranno, lo reinserirete. Presidente, a nostro avviso tutto ciò è una sceneggiata.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ANTONIO PALAGIANO. Mi avvio a concludere. Questa sceneggiata mi ricorda molto quella sull'ICI. Vi siete vantati, colleghi della maggioranza, di avere fatto quest'altra sceneggiata (come diciamo a Napoli), e poi ovviamente le conseguenze ricadranno sui comuni. In questo caso, per la manovra fiscale, le conseguenze cadranno sulle regioni (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fluvi. Ne ha facoltà.

ALBERTO FLUVI. Signor Presidente, molti colleghi hanno evidenziato l'anomalia di questa discussione sulle linee generali che inizia dopo che il Governo ha annunciato la volontà di porre la questione di fiducia, peraltro su un testo diverso da quello approvato dalle Commissioni. Vi sono diverse anomalie, purtroppo, in questo confronto sul decreto-legge che contiene la manovra economica per il prossimo anno e per il triennio.
Prima di tutto, signor Presidente, si tratta di una questione di metodo. Siamo di fronte ad uno stravolgimento delle regole parlamentari sulla sessione di bilancio che, come i colleghi sanno, prevede la discussione sul Documento di programmazione economico-finanziaria prima di giungere alla presentazione della legge finanziaria e alla discussione del documento di bilancio nelle Aule parlamentari.
Credo che nessuno in quest'Aula sia in grado di portare una sola motivazione a sostegno di un percorso che impegnava il Parlamento per mesi e che inevitabilmente si concludeva con il voto di fiducia alla vigilia di Natale: il Documento di programmazione economico-finanziaria presentato a giugno, il disegno di legge finanziaria adPag. 75ottobre, le migliaia di emendamenti e da ultimo la fiducia alla vigilia di Natale. È anche per questo motivo che nella scorsa legislatura si era tentato di modificare la sessione di bilancio per renderla più aderente all'idea di democrazia decidente cui tutti siamo affezionati.

ROBERTO GIACHETTI. Il Governo è distratto!

PRESIDENTE. Onorevole Marsilio, il Governo ha ascoltato con attenzione il suo intervento e deve poter ascoltare con attenzione anche l'intervento dell'onorevole Fluvi.

ALBERTO FLUVI. Grazie, signor Presidente. Abbiamo già avuto mondo di confrontarci in sede di Commissione con il sottosegretario Vegas. Comprendo la volontà della maggioranza di fare in fretta e di dare di sé stessa un'immagine di efficienza, di corrispondere al programma elettorale e di intervenire per rispondere con le proprie proposte alle difficoltà che il Paese sta attraversando. Tuttavia, con questa scelta l'Esecutivo entra pesantemente nei rapporti tra il Governo e il Parlamento, decidendo unilateralmente di cambiare le regole del gioco.
Signor sottosegretario, non è un problema solo dell'opposizione, ma a mio avviso sono in discussione i rapporti fra Governo e Parlamento. Con il decreto-legge in esame il Governo entra pesantemente nei rapporti tra Esecutivo e Parlamento, decidendo unilateralmente di cambiare le regole del gioco.
Mi rendo conto che questi argomenti - ossia le regole - non sono molto popolari, non sono spendibili all'esterno e non incontrano il favore dell'opinione pubblica, che invece critica la politica, semmai per il difetto opposto, per la sua incapacità di decidere e per il suo essere molto spesso inconcludente. Anche noi abbiamo registrato, durante le audizioni che abbiamo svolto nelle Commissioni, l'apprezzamento di molte organizzazioni per questo presunto decisionismo del Governo: la manovra è stata elaborata in nove minuti e mezzo, salvo poi accorgervi che, per scriverla e per stendere anche il maxiemendamento, avete avuto bisogno di molto più tempo. Attenzione, questo presunto decisionismo svuota il Parlamento aggirando le regole, che sono certamente da cambiare, ma che comunque, oggi, rimangono in vigore. Le regole, a mio avviso, sono sostanza e sono a salvaguardia di quella divisione dei poteri fra esecutivo e legislativo. Non dimentichiamo che il decreto-legge in esame scadrà alla fine del mese di agosto e che quindi sono ancora più ridotti i tempi a disposizione del Parlamento per il suo esame e per la sua discussione. Nonostante i tempi ristretti, l'opposizione ha cercato il confronto per tentare di migliorare un provvedimento che comunque giudichiamo negativamente. Non ci siamo sottratti al confronto di merito: il decreto-legge, lo ricordo, aveva circa 80 articoli, sui quali sono stati presentati 1.600 emendamenti, di cui 1.000 dalla sola maggioranza. Sono stati altresì presentati circa 130 emendamenti da parte del Governo. Dal metodo, però, si passa al merito e sul merito condivido le considerazioni che prima di me ha svolto il collega Baretta. A nostro avviso, si tratta di una manovra repressiva, perché, da una parte, essa rinuncia a sostenere la domanda interna - attraverso un sostegno ai salari e alle pensioni - e a difendere il potere d'acquisto delle famiglie e, dall'altra, taglia sul lato degli investimenti ed effettua tagli lineari sul fronte della spesa pubblica, che rischiano di non avere effetti concreti. Sarebbe stato preferibile un intervento selettivo sulle sacche di inefficienza che pure permangono all'interno della pubblica amministrazione.
Pensiamo che, dopo gli interventi effettuati nella scorsa legislatura, tesi a sostenere il sistema economico e a consentire alle imprese di confrontarsi con la concorrenza internazionale, occorresse intervenire per sostenere la ripresa dei consumi e la domanda interna, ad esempio - così come abbiamo proposto con nostri emendamenti - attraverso l'aumento delle detrazioni su salari e pensioni. Abbiamo presentato emendamenti in questa direzione,Pag. 76ad esempio attraverso una rivisitazione del tasso di inflazione programmato, che, nel Documento di programmazione economico-finanziaria, voi avete fissato all'1,7 per cento, ben sapendo che il tasso di inflazione attuale si avvicina al 4 per cento e che il tasso di inflazione sui generi di largo consumo è di molto superiore al 5 per cento. Vorrei rispondere al Ministro Tremonti che conosciamo bene il numero di telefono della Banca centrale europea, ma conosciamo anche quello di tante famiglie che non arrivano alla fine del mese e che chiedono interventi volti a tutelare il potere d'acquisto.
Queste considerazioni ci portano, a mio avviso, dritti ad alcune riflessioni sul tema del fisco e dell'abbassamento della pressione fiscale. Voi sapete che la campagna elettorale è stata caratterizzata, e sicuramente anche influenzata, dal dibattito e dal confronto sul tema dell'abbassamento dei tassi.
Non fatico a riconoscere che su questo tema abbiamo la necessità di una riflessione seria, come Partito Democratico. Non c'è dubbio che noi siamo stati percepiti, a torto o a ragione, non mi interessa, come portatori di una politica fiscale punitiva.
Credo che si debba aprire seriamente una riflessione in questo senso. Forse è vero che abbiamo avuto una politica fiscale punitiva, ma mantenendo fermo un punto: ci ha sempre caratterizzato il senso della legalità. Una cosa diversa da quello che avete fatto voi nell'esperienza di Governo dal 2001 al 2006. Faccio riferimento alle agenzie che in queste ore ci informano che l'Italia è stata condannata di fronte alla Corte di giustizia delle Comunità europee per il condono IVA che avete fatto con la legge finanziaria per il 2003. Se da una parte c'è la necessità, per quanto ci riguarda, di una riflessione su questa tematica, dall'altra, credo che dobbiamo tutti mantenere alta l'asticella sul tema della legalità.
Non c'è dubbio, allora, ritornando alla discussione sul tema delle tasse, che il proposito, che voi avete indicato in campagna elettorale, di abbassare la pressione fiscale del 40 per cento, scompare definitivamente dal vostro orizzonte, dall'orizzonte di questa legislatura.
Infatti, nel Documento di programmazione economico-finanziaria, voi indicate che, per tutta la legislatura, quindi fino al 2013, la pressione fiscale rimarrà sostanzialmente inalterata, attestandosi, come oggi, intorno al 43 per cento. A questo punto, vorrei calare ancora il ragionamento su una discussione, che è stata fatta in questi giorni e in queste settimane, che noi abbiamo cercato di fare emergere presso le Commissioni riunite finanze e bilancio, che fa riferimento alle stime del fabbisogno.
Fino ad oggi, non abbiamo ricevuto risposte chiare. Anche questa mattina, il Ministro Tremonti ha glissato sul tema. Si è limitato a dire genericamente che non c'è un euro.
Allora, dovete spiegarci come avete fatto le stime del fabbisogno. Il Documento di programmazione economico-finanziaria prevede a fine anno un fabbisogno di circa 46 miliardi, contro i 23,5 miliardi registrati fino a giugno.
L'esperienza - lei, sottosegretario, lo sa meglio di me - ci dice che il fabbisogno cresce soprattutto nel primo semestre e che poi tende a stabilizzarsi su quei livelli. Neppure nel 2005, che tutti ricordiamo come un anno di record negativi per i conti pubblici e per la finanza pubblica, si era registrato un peggioramento così consistente del fabbisogno nella seconda metà dell'anno. La domanda, sottosegretario, è questa: perché il fabbisogno dovrebbe avere un vistoso peggioramento nella seconda metà del 2008?
Stando alle vostre previsioni, dovremmo avere oltre 22 miliardi di maggior fabbisogno negli ultimi sei mesi dell'anno. È appena il caso di ricordare, non tanto a lei che lo sa benissimo, quanto a me e ai colleghi dell'Aula, che nel 2007 il fabbisogno aumentò, nel secondo semestre, di circa 3 miliardi. Allora, tra giugno e dicembre 2008 dovrebbe, invece, crescere di oltre 22 miliardi, per raggiungere le vostrePag. 77previsioni di 46 miliardi, contenute nel Documento di programmazione economico-finanziaria.
Pongo, allora, un punto di riflessione signor sottosegretario: al di là delle ricette economiche che a ciascun Governo, di destra o di sinistra, intende portare avanti, credo sia preliminare la chiarezza sui conti e sui numeri e poi ciascuna maggioranza su quei numeri attua le politiche che ritiene necessarie. Reputo, quindi, che sia preliminare la chiarezza su come vengono formulate, per esempio, le stime del fabbisogno e fondamentale rafforzare i Servizi bilancio di Camera e Senato che sono indipendenti dal Governo perché non possiamo approvare a scatola chiusa provvedimenti così impegnativi e questo ragionamento vale indipendentemente dalla maggioranza che è al momento al Governo. Affermo tutto ciò perché sono convinto che non siamo di fronte ad una sinistra spendacciona e a una destra, invece, rigorista. L'esperienza di Governo di questi anni, semmai, ci mostra il contrario. Durante le nostre esperienze di Governo, sia nel 1996 che nel 2001, che dal 2006 al 2008, siamo stati spesso criticati per l'eccessiva attenzione ai conti pubblici e al controllo della finanza pubblica. La chiarezza sui conti è, prima di tutto, un dovere di lealtà nei confronti del Paese e dei cittadini. Il Ministro Tremonti è molto bravo, e l'ha ripetuto anche questa mattina, a ragionare di speculazione, di globalizzazione e di finanziarizzazione dell'economia, ma questi argomenti, che pur sono interessanti nel dibattito accademico, politico o che sono anche importanti nel nostro confronto sugli strumenti di programmazione economico-finanziaria e sui provvedimenti che riguardano la manovra per i prossimi anni, rischiano di essere però dei comodi alibi per non intervenire.
Per questo vi diciamo di smettere di dare la caccia all'untore - che oggi è la speculazione e ieri era la Cina - e di mettere il Paese in condizione di reagire. Per noi fondamentale in questa fase è rilanciare i consumi interni e tutelare il potere di acquisto delle famiglie, ma in tutto il provvedimento non vi è un intervento che vada in questa direzione e persino la Robin Hood tax rischia di andare nella direzione opposta. Lei, signor sottosegretario, sa come me che molti autorevoli commentatori - non li cito, sarebbe troppo lungo l'elenco - hanno avvisato del rischio di una traslazione sui consumi. È un dato di fatto, per esempio, che alla borsa elettrica il costo dell'energia sia già aumentato del 23 per cento a differenza di altre borse elettriche del Continente dove il costo dell'energia è stato molto più contenuto in ragione dell'1 o 2 per cento, eppure il costo del petrolio è lo stesso per noi, per la Francia e per la Germania.
Un'altra considerazione riguarda l'applicazione della Robin Hood tax sulle imprese elettriche e sulle altre imprese di un energia che sono quasi tutte aziende pubbliche come l'ENI, l'ACEA, le aziende pubbliche locali: delle due l'una, o stiamo parlando di dividendo oppure di tassazione. La Robin Hood tax, come ho già avuto modo di affermare anche nelle Commissioni riunite, introduce anche un sistema differenziato di tassazione al mondo delle imprese e lei sa meglio di me, signor sottosegretario, che il sistema economico, gli investitori interni e internazionali, non possono subire ad ogni piè sospinto le invenzioni di questo o di quel Ministro dell'economia e delle finanze perché vi è necessità di stabilità nel sistema economico.
Un sistema di tassazione che non cambia ogni sei mesi è un valore aggiunto per il sistema economico del Paese. Anche su questo principio ritengo che sia il momento di precisare un punto: non possiamo cambiare il sistema di tassazione, in questo caso delle imprese, ogniqualvolta cambia il Governo. Ritengo che dobbiamo trovare il modo di accordarci, tra maggioranza e opposizioni, su alcune grandi questioni e quello suddetto sicuramente è un tema di grande importanza, perché attiene direttamente alla crescita del Paese, allo sviluppo economico del nostro Paese, per individuare un piano di confronto che stabilizzi la pressione fiscale sul sistema delle imprese. Troviamo il modo,Pag. 78insieme, di stabilire per i prossimi anni - ma non per i prossimi due, tre anni - un sistema stabile di tassazione di impresa. Dunque, vi dico: considerate straordinario questo intervento della Robin Hood tax, ponete ad esso un termine, stabilitelo voi - un anno, due anni - ma non rendete incerto il sistema. Individuate un termine, ad esempio, che coincida con il rientro dal deficit, con il piano di stabilità, con il 2011 ma poniamo un termine perché questo sistema di tassazione possa e debba essere considerato straordinario.
Il Ministro Tremonti ha affermato che la Robin Hood tax vale 4 miliardi: vale un po' di più, perlomeno leggendo i provvedimenti e i documenti che ci sono stati consegnati. Ma alla social card consegnate solo 200 milioni. Noi siamo contrari alla social card (è stato già detto) perché assomiglia molto alla tessera del pane che c'era un po' di anni fa, durante la guerra, la tessera di povertà, ma è rivelatrice della concezione assistenzialistica del sistema di protezione sociale, che vi appartiene. Avremmo preferito destinare queste risorse per finanziare un sistema di welfare teso all'affermazione dei diritti di cittadinanza. Con queste risorse, invece, finanziate, ad esempio, l'aumento delle pensioni più basse: non fate la carità, sottosegretario.
Con le limitate risorse che avevamo a disposizione nella scorsa legislatura, abbiamo finanziato l'incremento delle pensioni minime. Ricordo: a ottobre 320 euro, a dicembre 150 euro, a luglio più di 3 milioni di pensionati hanno riscosso 420 euro in media. Dunque, utilizzate la Robin Hood tax non per fare la carità, non per fare dell'assistenzialismo ma proseguite questi interventi, introducete un aumento delle pensioni minime anche per i prossimi mesi.
Concludendo, signor Presidente e sottosegretario, siamo contrari a questo provvedimento sia per il metodo che avete seguito sia per il merito. Ma non rinunceremo, tuttavia, a svolgere sino in fondo il nostro dovere e il nostro ruolo di opposizione. Non rinunceremo, in sostanza, a lavorare in Parlamento, a percorrere tutte le strade per costruire quelle politiche tese a coniugare risanamento, crescita ed equità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Libè, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare l'onorevole Federico Testa. Ne ha facoltà.

FEDERICO TESTA. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, concentrerò il mio intervento sul tema dei servizi pubblici locali, previsto nell'articolo 23-bis del testo approvato dalle Commissioni riunite.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 21,05).

FEDERICO TESTA. Si tratta di una normativa presentata, prima sulla stampa e anche qui in Aula, come un intervento di liberalizzazione e di apertura del mercato, con conseguenti vantaggi per i consumatori.
Credo - e cercherò di dimostrarlo - che la sostanza della norma proposta non corrisponda assolutamente a quanto dichiarato, che gli effetti saranno di ulteriore chiusura del mercato e di limitazione della concorrenza e che tutto ciò avrà pesanti conseguenze sulle famiglie, sui cittadini e sulle imprese, che si troveranno a pagare il conto di questa vera e propria controriforma.
Ma prima di analizzare nel merito la proposta, mi si consenta una breve considerazione di metodo, che in questo caso produce pesanti conseguenze anche sul merito del provvedimento. I servizi pubblici locali si chiamano così perché viene riconosciuta la loro rilevanza, ai fini della qualità della vita dei cittadini, e la stessa storia dei servizi pubblici locali nel nostro Paese - e non solo nel nostro Paese - è testimonianza di ciò. Proprio per questo avrebbero meritato, credo, una riflessione ed una discussione di merito approfondita.Pag. 79
Si è scelto invece di procedere per decreto, con una norma che giudico raffazzonata, che non produrrà effetti positivi in termini di liberalizzazione e, invece, produrrà effetti pesanti a livello sociale ed economico, oltre ad una serie di difficoltà ed iniquità interpretative, che aumenteranno il contenzioso, che già nel settore è quanto mai diffuso.
Venendo a questo punto, nell'articolo 23-bis il comma 2, è vero, prevede il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali attraverso procedure competitive ad evidenza pubblica (quindi, gara ad evidenza pubblica). Però il comma 3 prevede la deroga (e quindi l'affidamento senza procedura ad evidenza pubblica), purché si tratti di società a capitale interamente pubblico, partecipate dall'ente locale, che abbiano i requisiti richiesti dall'ordinamento comunitario per la gestione in house, e questa possibilità è prevista purché vi siano peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento.
Credo che vi siano poche ragioni che non siano ricomprese nelle peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, quindi questa previsione normativa corre il rischio di allargare a dismisura la pratica - ahimè già diffusa - degli affidamenti diretti in house.
Ma il punto b) del comma 3 prevede, inoltre, la possibilità di effettuare affidamenti diretti anche a società a partecipazione mista pubblica e privata - tra le altre anche quotate in borsa - nelle quali il socio privato sia stato scelto mediante procedure ad evidenza pubblica. Quindi, sostanzialmente si dice: va bene, la società può essere mista (in una versione precedente era previsto che il privato avesse almeno il 30 per cento, nella versione attuale la quota di partecipazione del privato può essere qualunque, quindi anche l'1 o il 2 per cento). Ma, al di là di ciò, si prevede l'affidamento in house purché sia presente il pubblico e si dice che, in qualche modo, questo diritto all'affidamento diretto deriva dal fatto che il privato è stato scelto tramite gara.
Qui vi è, chiaramente, una confusione e un disallineamento delle finalità rispetto a quanto si prevede, perché è chiaro che un conto è fare una gara, nella quale si va a scegliere a chi affidare la concessione perché offre le migliori condizioni per i cittadini e per le imprese, mentre altro è fare una gara per scegliere un partner. Poi è vero che in qualche modo si collega tutto il ragionamento alla gestione del servizio, ma è chiaro che scegliere il partner tramite gara è cosa molto diversa, proprio perché le finalità sono completamente differenti, rispetto a scegliere il fornitore che possa garantire a cittadini ed imprese le migliori condizioni di fornitura.
Si dirà: va bene, ma poi vi è il comma 4 in cui si cerca di limitare un uso indiscriminato di questa previsione normativa, in quanto vi si afferma che l'ente affidante che sceglie una pratica di questo genere deve trasmettere una relazione, e quindi giustificare un po' la sua scelta.
È un peccato che la relazione vada mandata sia all'Autorità garante della concorrenza e del mercato che all'Autorità di regolazione del settore, quindi a due autorità diverse - non si capisce bene perché - che devono esprimere un parere entro sessanta giorni. Trattandosi di due autorità diverse è possibile che ci siano due pareri diversi e che l'Autorità di regolazione del mercato dica che è stato fatto bene mentre l'Autorità di settore che è stato fatto male.
Non si chiarisce, inoltre, se il parere sia o meno vincolante. L'affidamento parte una volta aggiudicata la gara, l'autorità ha poi tempo sessanta giorni. Mi domando cosa succederebbe se il parere dell'autorità o delle autorità fosse un parere negativo e se fosse mai possibile la revoca dell'affidamento. Credo che con una previsione normativa di questo genere daremo da lavorare ai tribunali amministrativi per i prossimi dieci anni.
Al comma 5 si prevede la proprietà pubblica delle reti. Sul tema della proprietà pubblica delle reti in dottrina ciPag. 80sono fiumi di parole scritte, si discute se proprietà e gestione debbano andare insieme e sui vantaggi e svantaggi delle due ipotesi. La previsione in oggetto lascia non risolti alcuni temi quali ad esempio, nel settore della distribuzione del gas, le modalità con le quali il pubblico potrà ricomprare l'80 per cento delle reti di distribuzione del gas che, in questo momento, sono di proprietà dei privati. Sulla base di tale previsione normativa, evidentemente le amministrazioni locali dovranno indebitarsi, allo scopo di ricomprare dai privati le reti che sono state dai medesimi costruite e sono attualmente di proprietà dei privati. Trascuriamo per il momento il tema della determinazione del prezzo al quale tale operazione verrà effettuata: al riguardo i tribunali amministrativi del nostro Paese sono, in questo momento, assolutamente ingolfati di procedimenti legali, proprio perché la cosa non è chiara dal punto di vista legislativo.
Al comma 7 si prevede che le regioni e gli enti locali possano definire i bacini di gara per i diversi servizi. Si dà quindi a soggetti che fino ad oggi hanno avuto tutto l'interesse a non definire bacini di dimensioni economiche tali da sfruttare economie di scala ed economie di scopo - che vengono anche citate - la potestà di decidere se fare o non fare i bacini. È evidente che, con ogni probabilità, questi bacini non saranno fatti o saranno fatti in modo tale da non rispondere ai criteri di efficienza economica che si vogliono perseguire ma secondo logiche completamente diverse.
Desidero citare solo un caso: in questo momento, per restare alla distribuzione del gas, le ultime gare per l'affidamento dei servizi di distribuzione sono state vinte da operatori che hanno offerto ai comuni l'85 per cento del VRD che è il margine del distributore. Tali operatori ottengono quindi l'affidamento cedendo in cambio al comune l'85 per cento di quanto incasseranno negli anni futuri. La conseguenza principale di tale meccanismo è che nessuno fa più investimenti nelle reti del gas. Poiché il gas è anche una materia prima con problemi di sicurezza, probabilmente alla conclusione di tali affidamenti, ci troveremo con una rete bucata e con grossi problemi.
Si dirà: va bene, ma, a fronte di tutto questo, ci sono delle sanzioni. La sanzione è quella prevista al comma 9, in cui si prevede che i soggetti titolari della gestione di servizi pubblici non affidati mediante procedure competitive non possono acquisire la gestione di servizi in ambiti territoriali diversi. Anche in questo caso, vi è l'eccezione delle società quotate in borsa, per cui, sulla base di questa norma, ci sono imprese e imprese: le imprese di cui al comma 3, lettera b), e quindi le società miste pubblico-private quotate in borsa, possono andare fuori dai territori, le società solamente private no.
Secondo me, questa norma finisce alla Corte di giustizia europea in cinque minuti e, comunque, comporterà una serie di contenziosi infiniti, perché si discrimina tra soggetti economici che operano con uguali diritti sul mercato.
È evidente che la sanzione non è idonea ad ottenere il risultato che si vuole raggiungere, che è quello di superare la dimensione localistica del servizio pubblico. Infatti, se sono il sindaco di una piccola comunità e ho voglia di fare la mia piccola azienda locale in house, con il mio piccolo consiglio di amministrazione e con il mio piccolo collegio sindacale, in realtà, non ho nessun interesse ad andare nel comune vicino, perché comunque preferisco mantenere quel pezzo di potere che mi è garantito da questi meccanismi di affidamento, che si sono consolidati nel tempo. La sanzione, quindi, non funziona e una sanzione che non funziona consente la prosecuzione di comportamenti che non rientrano tra le finalità dichiarate di questo provvedimento.
C'è un ultimo tema che mi sento di sollevare: al comma 10 si prevede l'emanazione di una serie di regolamenti. La lettera h) del comma 10 prevede, nella disciplina di affidamento, idonee forme di ammortamento degli investimenti e una durata degli affidamenti strettamente proporzionale ai tempi di recupero degli investimenti. La cosa ha una sua logica, ciPag. 81mancherebbe altro, ma c'è un problema. Visto che siamo partiti con gli esempi sul settore del gas, continuiamo su questi: gli impianti di distribuzione del gas hanno una durata di ammortamento di 60 anni.
Sulla base della lettera h), quindi, si prevede di fare affidamenti proporzionali ai tempi di recupero degli investimenti, cioè affidamenti per 60 anni. È chiaro che il tema della durata degli affidamenti è un tema delicato: in dottrina ci sono discussioni, bisogna trovare il giusto punto di equilibrio tra il fatto di favorire gli investimenti da parte delle imprese e, dall'altro, non consolidare situazioni di monopolio.
Anche questa mi pare una buona dimostrazione del fatto che il problema, nel suo complesso, avrebbe richiesto un approccio diverso e più meditato. Per tutte queste ragioni, quindi, come il fatto che, a mio avviso, questa normativa non risolverà i problemi che ha dichiarato di voler risolvere e anche dal punto di vista di tutte queste incongruenze, che, secondo me, davvero aumenteranno il contenzioso già molto presente nel settore, e quindi finiranno per lasciare tutto immutato, non posso che ribadire il rimpianto per un'occasione oggettivamente persa ai fini della modernizzazione del settore e, più in generale, del Paese.
È un'occasione persa, che produrrà un aumento del contenzioso e certamente andrà nella direzione opposta a quella della creazione di un mercato vero, a vantaggio dei cittadini, delle famiglie e del sistema delle imprese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Germanà. Ne ha facoltà.

ANTONINO SALVATORE GERMANÀ. Signor Presidente, signori del Governo e onorevoli colleghi, il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, rappresenta una rilevante novità che il Governo offre all'esame parlamentare: il provvedimento infatti, in modo estremamente innovativo, attua in larga misura la manovra triennale di stabilizzazione della finanza pubblica le cui coordinate sono state definite dal DPEF 2009-2013. Per la prima volta alla definizione degli obiettivi da parte del DPEF segue immediatamente un provvedimento normativo in grado di assicurare l'attuazione della manovra finanziaria. Il Governo ha inteso in questo modo manifestare all'opinione pubblica, alle imprese, ai mercati la propria volontà di intraprendere un percorso virtuoso di risanamento dei conti pubblici e di sviluppo, indicando con chiarezza le linee direttrici sulle quali intende muoversi in materia di politica di bilancio e di politica economica.
Il decreto-legge rappresenta una manifestazione di realismo politico, di concretezza e di trasparente comunicazione della situazione reale del Paese e delle sue prospettive di crescita sociale ed economica. La congiuntura economica internazionale e lo stato della finanza pubblica richiedono interventi seri e rigorosi, in grado di tenere fede agli impegni assunti in sede europea, accelerando il percorso di azzeramento del deficit e di riduzione del debito pubblico.
A tal fine il decreto-legge avvia la riduzione dei costi dell'amministrazione dello Stato e di tutte le pubbliche amministrazioni, finalizzata a recuperi di efficacia e di efficienza e che non riduca il livello delle prestazioni e dei servizi resi ai cittadini e alle imprese. Stato, regioni ed enti locali e quindi il sistema sanitario sono chiamati ad attivare misure in grado di assicurare una riduzione della spesa pubblica pari a un punto percentuale di PIL per ciascun anno del prossimo triennio; un simile impegno in termini di riduzione dei costi dell'amministrazione è necessariamente accompagnato dall'introduzione di meccanismi volti a rendere più flessibile la gestione del bilancio. I singoli ministri potranno, infatti, nel corso dell'esercizio finanziario procedere a rimodulazioni dei tagli della spesa tra i diversi programmi. Solo in questo modo i tagli potranno essere mirati e rivolti a colpire gli sprechi e le spese improduttive. È comunque fatto salvo in tali casi l'esercizioPag. 82della funzione di controllo parlamentare sulle rimodulazioni che si intende effettuare.
Va evidenziato come negli ultimi due anni il precedente Governo, pur in presenza di una significativa crescita del PIL, abbia incrementato in misura notevole la spesa pubblica ed aumentato le imposte, destinando al risanamento della finanza pubblica risorse assai inferiori a quelle teoricamente disponibili. L'attuale Governo, agendo in un quadro assai meno favorevole e non avendo trovato nessun «tesoretto», come diceva stamattina il Ministro nella sua relazione, e avendo quindi trovato soltanto conti in rosso, si trova ora costretto a chiedere sacrifici più consistenti di quelli che sarebbero stati in precedenza sufficienti per raggiungere gli stessi obiettivi.
Sul versante delle entrate, il decreto-legge mantiene fede all'impegno del Governo di non aumentare la pressione fiscale, che nella scorsa legislatura è lievitata di ben 2,8 punti di PIL. Il provvedimento contiene, inoltre, disposizioni volte a rafforzare l'azione di contrasto all'evasione fiscale, anche attraverso il coinvolgimento degli enti locali, e sopprime al contempo adempimenti fiscali che costituivano pesanti aggravi per i contribuenti senza arrecare effettivi benefici a livello di gettito. Quanto nell'immediato era possibile fare con riferimento alla riduzione del carico fiscale è del resto già stato attuato nel decreto-legge n. 93 del 2008, che ha abolito l'ICI sulla prima casa e introdotto la detassazione degli straordinari, al fine di sostenere i redditi da lavoro dipendente e di promuove la flessibilità.
L'attenzione riservata dal decreto-legge sulla pubblica amministrazione non si riduce a un taglio delle spese, ma ha piuttosto al centro una complessiva opera di razionalizzazione e di promozione dell'efficienza. Vengono abrogati migliaia di provvedimenti legislativi, che appesantivano l'ordinamento senza ricevere ormai alcuna applicazione, e avviato un piano per la riduzione degli oneri amministrativi, volta a semplificare l'attività dei cittadini e delle imprese conseguendo l'obiettivo, definito in sede europea, di riduzione del 25 per cento degli oneri in questione entro il 2012. Si provvede ad eliminare una pluralità di enti privi di una missione meritevole di tutela, prevedendo tuttavia un meccanismo di salvaguardia che consentirà di procedere in modo selettivo, salvando le autorità portuali (non come diceva il collega Ciccanti) in quanto enti virtuosi.
Il decreto-legge si fa inoltre carico dei fenomeni di disagio sociale e di degrado urbano legati all'indisponibilità di un alloggio dignitoso, disponendo l'avvio di un piano casa da definire d'intesa tra il Governo e la Conferenza unificata ove sono rappresentati le regioni e gli enti locali.
Viene inoltre istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un Dipartimento per la gioventù e si prevede un fondo casa a beneficio delle giovani coppie, introducendo così una significativa misura di politica familiare.
Il decreto-legge persegue inoltre l'obiettivo di un utilizzo più efficace delle risorse destinate alla crescita economica delle aree meno sviluppate del Paese, privilegiando gli investimenti infrastrutturali. Come sottolinea anche la risoluzione di maggioranza sul DPEF 2009-2013 approvata l'8 luglio scorso da questa Assemblea, dovranno essere destinate risorse specifiche alla promozione e al rilancio dell'economia meridionale, e quindi anche della Sicilia, i cui tassi di crescita sono tuttora insufficienti a ridurre in tempi ragionevoli il gap che separa le regioni meridionali dal centro-nord, e dove i tassi di disoccupazione sono ancora assai elevati. Parimenti, significativa è l'istituzione della Banca del Mezzogiorno, un istituto bancario chiamato a sostenere lo sviluppo economico e a favorire la crescita delle regioni del sud.
Per quanto riguarda il settore energetico, il provvedimento definisce le coordinate di una nuova strategia volta a fronteggiare gli alti costi dell'energia che caratterizzano il mercato interno, sia a motivo del quadro internazionale, sia per l'insufficiente diversificazione delle fonti che caratterizza il sistema di approvvigionamentoPag. 83energetico del nostro Paese. In proposito, occorre promuovere nuovi investimenti, stimolare la ricerca, diversificare le fonti di approvvigionamento, avviando in particolare - come ho già detto in altre sedi - lo sfruttamento dell'energia nucleare.
Significativi sono anche gli interventi nei settori del lavoro pubblico e privato. Su quest'ultimo versante, si tende a rimuovere le rigidità presenti nel mercato del lavoro, promuovendo la diversificazione degli strumenti contrattuali e favorendo un'articolazione più flessibile dell'orario di lavoro. Di particolare rilievo, in proposito, è poi l'abolizione del divieto di cumulo tra pensioni e redditi da lavoro, destinata fra l'altro a favorire l'emersione del sommerso e aumentare il tasso di occupazione. Per quanto riguarda invece il lavoro pubblico, le linee di azione del provvedimento si riassumono nelle parole: meritocrazia, efficienza, produttività. Ciò vuol dire premiare i molti che si impegnano a servizio della collettività e negare legittimità a coloro che ritengono di avere acquisito uno status che consente di trascurare i propri doveri.
Ho così sinteticamente richiamato taluni contenuti del provvedimento in esame per evidenziare la sostanza riformatrice e la coerenza di un provvedimento legislativo che è mosso dall'urgenza di definire un quadro organico di misure ed interventi in grado di dare da subito un impulso positivo all'economia nazionale e di favorire l'uscita dallo stato di criticità che caratterizza la finanza pubblica. La prospettiva del provvedimento non è tuttavia affatto di breve periodo: piuttosto, esso si qualifica come il primo tassello di un'azione di governo che intende svilupparsi nell'arco di una legislatura e che allo stato deve fare anzitutto i conti con una difficile congiuntura internazionale, la cui evoluzione appare assai incerta.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, in conclusione, per tutte queste ragioni, il provvedimento in esame va sostenuto con convinzione e ad esso va garantita piena attuazione attraverso il sostegno e la vigilanza da parte del Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cesario. Ne ha facoltà.

BRUNO CESARIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, un film degli anni Cinquanta si intitolava: «Mamma mia che impressione!»: in quella pellicola, un giovanissimo Alberto Sordi recitava la parte di uno dei «compagnucci» della «parrocchietta». Ecco il titolo giusto di questa manovra: «Mamma mia che delusione!». Si tratta di una delusione profonda, manifestata sin dall'inizio dell'esame di questa manovra nelle Commissioni, ove una maggioranza arrogante tentava in tutti i modi di impedire l'azione istituzionale dell'opposizione. Vi sono stati ben mille emendamenti della maggioranza, duecento solo del Governo, a fronte dei quattrocento presentati dall'opposizione. Per contro, abbiamo mantenuto un atteggiamento che ha portato noi dell'opposizione non solo ad essere, come sempre, tutti presenti in Commissione anche di domenica e di notte, ma anche a contribuire in modo pressante a risolvere questioni spinose.
Una di tali questioni, che voglio sottolineare, è quella relativa al FAS, cioè il Fondo per le aree sottoutilizzate.
Questa maggioranza riteneva di utilizzare il Fondo senza verificare la percentuale che spettava per legge al Mezzogiorno e senza alcun riferimento. C'è voluto quindi un emendamento del Partito Democratico, a firma dell'onorevole Boccia, che ha permesso di correggere il tiro. Il Mezzogiorno non può infatti essere più mortificato di quanto sia già stato in precedenza, considerato che un mese fa abbiamo avuto un altro provvedimento - quello sull'ICI - che ha di fatto sottratto al Mezzogiorno i fondi relativi ai finanziamenti per la Sicilia e la Calabria.
Quei fondi servivano per la realizzazione delle infrastrutture su quei territori ed erano stati recuperati dalla realizzazione del Ponte sullo Stretto, mentre noi, come Governo Prodi, avevamo destinatoPag. 84quei soldi a quei territori. Voglio citare, proprio sull'argomento, la perplessità espressa, non solo in Commissione, dai deputati Pagano e Giudice del Popolo della Libertà, che hanno manifestato il proprio dissenso rispetto alla maggioranza ed al Governo, nonché una lettera sottoscritta da sette parlamentari del Popolo della Libertà ed inviata al capogruppo Cicchitto, nella quale sette deputati meridionali hanno manifestato il proprio dissenso. Ve ne leggo un passo: la vicenda della soppressione delle infrastrutture di Calabria e Sicilia e l'eliminazione dei fondi per i danni della peronospora in Sicilia sta creando serie difficoltà per l'immagine non solo della nostra coalizione, che rischia di perdere gran parte della fiducia della gente.
Questo è stato scritto dai deputati del Popolo della Libertà; immaginate noi, che abbiamo subito in Commissione un provvedimento che non ci è stato comunicato nei tempi giusti. Non ci è stata data la possibilità di esercitare il nostro ruolo di opposizione, così come è previsto dai Regolamenti parlamentari e dalla Costituzione. Non abbiamo avuto questa possibilità: abbiamo subito rimandi di giorno in giorno fino all'ultimo momento, perché i litigi all'interno della maggioranza erano talmente forti che anche oggi siamo arrivati alle 18 per discutere liberamente in quest'Aula. Pensavo che ci avreste convocati a mezzanotte, invece su questo ci avete sorpreso!
Voglio sottolineare ciò che è emerso dalla manovra, perché le manifestazioni di oggi della piazza non sono state organizzate da noi, ma qualche mese fa, se ricordate, le stesse persone che siedono ai banchi del Governo manifestavano in quella piazza, mentre noi, mortificati anche dal tono con il quale si manifestava, avevamo subito la piazza ed anche l'opinione pubblica che ci chiedevano più fondi per la sicurezza. Mi riferisco a fondi che dal Governo precedente non erano stati sottratti, mentre invece adesso parlano le cifre pesantissime: i Ministeri dell'interno, della difesa e della giustizia subiscono una pesante riduzione dei fondi, cosa non possibile perché, da un lato, si invoca la maggiore sicurezza sui territori, dall'altro, si bloccano i processi e si consente a qualcuno di portare avanti leggi ad personam. E noi cosa facciamo? Invece di dare un impulso, così com'è stato promesso in campagna elettorale dal PdL (dal momento che, tra le motivazioni della vittoria, vi è quella per cui la gente pensava che le città diventassero più sicure), adesso pensiamo di risolvere il problema solo con tremila militari (senza contare i fondi tagliati alla Difesa), ma non si pensa di dotare le Forze dell'ordine delle risorse, delle tecnologie e dei mezzi. Parliamo di tagli di 1,5 miliardi di euro per il triennio e di 3 miliardi in cinque anni. Ci accusavate - ero presente nella scorsa legislatura - di aver fatto mancare la benzina, ma voi avete tolto anche le macchine!
Penso che le forze dell'ordine, grazie a questa manovra, probabilmente dovranno andare in bicicletta.
Pertanto, per il Ministero dell'interno e della difesa sono previsti tagli per 3,2 miliardi di euro; per il Ministero della giustizia 800 milioni di euro in tre anni. Inoltre voglio sottolineare, come deputato della Campania e di Napoli, l'affronto che è stato operato per il mancato sostegno ad un'opera importantissima per il nostro territorio quale la cittadella della polizia sita in Gianturco, nella ex manifattura tabacchi. Ebbene, l'articolo 63, comma 11, viene soppresso laddove si attribuiva all'INAIL la facoltà di finanziare opere di interesse regionale. Pertanto, lo sconcio è che si tratta di una città, in cui si è svolta la manifestazione sulla sicurezza e faccio presente che in questo sito, in particolare, vi sono dei quartieri molto difficili che hanno bisogno di un sostegno maggiore da parte dello Stato, quali Barra, San Giovanni e Ponticelli. Noi, invece, cosa facciamo? Voi cosa fate? Sopprimete un'opera attesa da anni.
Quali sono le esigenze prioritarie? Quali sono? La scuola. In ordine alla scuola ricordo la campagna elettorale. Anche lì solo parole. Infatti, 150 mila persone in meno fra docenti e personale amministrativo. Così si cerca di migliorare laPag. 85qualità della scuola. Anche sulla formazione vi fornisco altri dati. L'articolo 64, relativo all'organizzazione scolastica, prevede una riduzione organica di docenti e personale ATA per il 2009 pari a meno 456; nel 2010 meno 1.650 e nel 2011 meno 2.539. Inoltre, in ordine al Fondo scuola in materia di organizzazione scolastica è prevista una riduzione organica di docenti e personale ATA nell'anno 2010 pari a meno 410; nel 2011 meno 664. Poi abbiamo sentito che si sarebbe investito sulla ricerca, sul futuro del nostro Paese, sui nostri figli, sui giovani che devono rimanere in Italia e sui nostri cervelli. Ebbene, cosa si fa? Nei cinque anni a venire si prevede una riduzione. Infatti, si parte da sette miliardi di stanziamento e si arriva, nei cinque anni, ad uno stanziamento nel FFO (il Fondo di finanziamento ordinario per l'università e la ricerca scientifica) pari a 5,5 miliardi. Nelle ultime ore nelle università ci si organizza e ci si mobilita perché in ordine a tale riduzione si svolgerà una dura battaglia. Useremo tutti i mezzi leciti e democratici per contrastare lo scempio che si sta portando avanti.
Ora veniamo alla sanità. Sulla sanità si pensa di risolvere il problema con i tagli ai posti letto. Non si cerca di colpire laddove le cose non vanno ma si scarica sulle regioni il pagamento del ticket sapendo che queste non sono in grado di pagarlo. Il Ministro Fitto ha detto in Commissione che su un importo di 800 milioni ovviamente non vi era la disponibilità, mentre sui 400 milioni ha detto: «Ce li mettiamo noi». Nei fatti questi soldi non si vedranno mai.
Per quanto riguarda i comuni, oggi si è svolta la conferenza unificata dei comuni dell'ANCI che ha espresso parere negativo sulla manovra finanziaria. Meno 1.340 milioni a carico dei comuni. Questa è la visione della maggioranza dell'Italia dei comuni e il manifesto elettorale fatto a sostegno dei sindaci. Tanti comuni andranno in dissesto finanziario e non riusciranno a erogare i servizi previsti. Pertanto, l'Italia sarà un Paese arretrato e senza possibilità di sviluppo. E quando dite: «meno tasse», abbiamo capito che invece non vi sarà, da parte di questo Governo, una riduzione fiscale, ma solo un conferimento ai comuni per risolvere i problemi che il Governo non è stato in grado di risolvere.
Si invoca sempre il federalismo come sirena; si afferma che adesso vi sarà il federalismo fiscale, ma come si fa ad invocarlo, quando invece si cerca di accentrare e centralizzare il potere? Abbiamo visto ciò che è accaduto sui fondi FAS: si è cercato di accentrare il potere nelle mani di poche persone, togliendolo dagli enti locali e dalle regioni, ossia da coloro che devono progettare e portare avanti questi finanziamenti.
Pertanto, gli italiani hanno capito che ormai, già dalle prime scelte compiute da questo Governo, sono stati presi in giro e noi mobiliteremo la piazza, così com'è stato fatto oggi, in maniera democratica e faremo in modo che la delusione, dopo pochi mesi di Governo, porti sicuramente ad un ribaltamento della situazione.
Siamo convinti che la gente capirà, finalmente, tutti i danni che procurerà il Governo Berlusconi e saremo vigili nella nostra azione di opposizione (sempre leale e corretta, ma intransigente), senza fare sconti a nessuno e facendo in modo che non vi sia nessuno che si senta padrone del nostro Paese. L'Italia è di tutti e non vogliamo che un federalismo che è alle porte la possa dividere e la difenderemo in tutti modi con le nostre forze, con il nostro partito e con la convinzione che gli italiani faranno di tutto anche per cambiare quello che è accaduto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Delfino. Ne ha facoltà. Ascoltiamo la voce della provincia Granda.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il Paese ha certamente bisogno di una manovra economico-finanziaria che metta al riparo da qualsiasi turbolenza economica mondiale, europea e nazionale i nostri conti pubblici. Il DPEFPag. 86e la manovra per il triennio 2009-2011 definita con il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 si inseriscono in questo quadro interno ed internazionale sicuramente complesso.
Le procedure adottate dal Governo e dalla maggioranza potevano anche avere una valutazione attenta e diversa qualora si fossero limitate a fronteggiare future difficoltà mediante un approccio severo e rigoroso. Purtroppo, così non è stato, sia in termini di metodo, sia di contenuti. Sul metodo non possiamo non rilevare che il Governo ha proceduto ad un reale strappo nei confronti della legislazione vigente, ritenendo prioritario raggiungere, prima della pausa feriale, l'obiettivo di mettere al riparo, come ha detto stamani il Ministro Tremonti, i nostri conti pubblici rispetto alla osservanza formale delle procedure di bilancio.
Sono convinto che il fine non giustifica i mezzi, soprattutto perché il Governo ha piena consapevolezza della disponibilità del Parlamento intero, e quindi anche delle opposizioni, ad approfondire un adeguato ammodernamento delle procedure di bilancio e del Regolamento stesso della Camera dei deputati. Questo comune convincimento avrebbe dovuto indurre il Governo ad un confronto serrato e puntuale sul quadro economico internazionale, sulle incertezze relative ai mercati finanziari e creditizi e sui conseguenti rischi che il nostro Paese potrebbe correre dall'assenza di una decisione di bilancio prima della pausa feriale.
Il Governo, invece, ha proceduto in splendida solitudine, ha ritenuto assoluto e prioritario il vincolo elettorale per alcune materie ed ha promosso una procedura che nella sostanza ha determinato l'esautoramento del Parlamento.
Non c'è chi non veda, ad una onesta disamina del processo decisionale del Governo, le gravi e rilevanti violazioni operate soprattutto in relazione non tanto all'obiettivo della stabilizzazione dei conti pubblici e alla triennalità del vincolo di bilancio (anche comprensibile per le ragioni che ho appena detto), quanto ai contenuti che sono stati aggiunti in maniera assolutamente ingiustificata rispetto a tale fondamentale obiettivo.
Nel provvedimento in esame c'è di tutto, si sono affrontate in modo frettoloso grandi e complesse questioni che il dibattito sta mettendo in evidenza, e che avrebbero meritato un'analisi molto più profonda e la raccolta di indicazioni forti da parte di tutto il Parlamento. Per questo motivo credo che potrà risultare fastidiosa, signor rappresentante del Governo, la nostra insistenza sul rispetto rigoroso delle regole e delle procedure parlamentari, ma non può sfuggire il dato che questa impostazione innova in modo sostanziale: non solo comprime il dibattito, ma rischia di svuotare sostanzialmente il Parlamento del suo ruolo; esso è il vero titolare dell'iniziativa legislativa e il riferimento più puntuale e rappresentativo dell'intero Paese.
Nel merito la manovra finanziaria ammonta nel triennio a 35 miliardi ed è finalizzata alla piena attuazione degli impegni sul patto di stabilità. Si propone una progressiva riduzione del debito pubblico e il raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2011.
Il Ministro Tremonti stamane ha dichiarato che questi obiettivi saranno raggiunti senza aumenti di tasse, salvo poi contraddirsi e aggiungere che la Robin tax ha un valore perequativo profondo; ha affermato che il suo gettito avrà una totale destinazione sociale ed ha escluso che da questa imposta possano derivare ipotesi di traslazione sui consumatori. Il tempo ci dirà se queste previsioni sono fondate. Spero che si avverino, ma se fosse sufficiente avere buone intenzioni e leggi puntuali per ottenere buoni risultati, allora potremmo conseguire con questa metodologia tantissimi obiettivi che sfuggono al Governo del Paese: dalla questione dell'evasione fiscale al lavoro nero, dalla sicurezza sul lavoro agli incidenti sulle strade, e potremo proseguire per tante altre questioni.
Sono, invece, convinto che la situazione italiana - come anche il Ministro ha sostanzialmente riconosciuto - sia critica,Pag. 87pur presentando anche alcuni elementi relativamente positivi. È incontrovertibile che l'Italia, per quanto riguarda la crescita economica e la produzione industriale, è tra le ultime in Europa, sia perché la domanda interna è debole, sia perché i consumi sono in fortissimo calo e gli investimenti sono ad un livello molto basso. Abbiamo una situazione congiunturale difficile, non solo sul fronte del reddito dei lavoratori e delle famiglie, e anche l'indice di disoccupazione torna a salire.
Per questa situazione ci aspettavamo una terapia d'urto per la crescita economica, quale quella messa in campo da altri Paesi europei, sia sul piano degli investimenti, sia sul reddito delle fasce deboli. Le nostre priorità, signor rappresentante del Governo, già illustrate dal presidente Casini nel suo intervento sulle dichiarazioni programmatiche del Presidente del Consiglio Berlusconi, tengono conto dell'indirizzo espresso allora dal Governo di porre rimedio alla caduta del potere di acquisto dei salari, degli stipendi e delle pensioni, con interventi sulla fiscalità generale, e di promuovere la famiglia come nucleo fondamentale dell'intera organizzazione sociale.
Coerentemente abbiamo sperato in un immediato intervento fiscale, che partisse da un significativo aumento delle detrazioni in favore dei lavoratori e dei pensionati per contrastare quell'emergenza sociale dell'impoverimento crescente di fasce di cittadini e per incentivare i consumi.
Abbiamo sperato che nel suo piano triennale 2009-2011 il Governo desse un forte riconoscimento alla famiglia affrontando il tema dell'equità fiscale e garantendo anche sotto questo profilo un impegno assunto nel suo programma elettorale: quello di introdurre il quoziente familiare. Si vede - questa è la prova tangibile - che vi sono impegni ed impegni elettorali, perché nulla di tutto ciò è stato fatto per quanto concerne i temi che ho illustrato, il recupero salariale e l'equità fiscale familiare, nessuna iniziativa è stata assunta per una politica familiare di vera giustizia sociale, nessuna priorità è stata data al tema del recupero salariale per tutti i dipendenti e i pensionati in difficoltà.
Invece, in questi primi sessantatré giorni di Governo, come ricordava il Ministro Tremonti, a nostro giudizio, abbiamo avuto un'azione molto frammentata, con la detassazione degli straordinari che ha creato un discrimine tra i lavoratori privati e quelli pubblici, e abbiamo assistito all'introduzione della cosiddetta social card. Quest'ultima misura ci appare più assimilabile alla lotta per la povertà che ad una politica dei redditi che rispetti il diritto di ogni persona ad avere un reddito dignitoso.
Nelle complesse misure del provvedimento in esame vi sono certamente norme - proprio perché non abbiamo una visione manichea - che, se esaminate singolarmente, sono condivisibili, ma noi riteniamo che manchi una proposta complessiva di politica economica rivolta alla crescita e ad un equilibrio immediato e non differibile del reddito a favore dei pensionati, dei lavoratori e delle famiglie.
Sarebbero state necessarie, e lo sono tuttora, politiche macroeconomiche di sviluppo per migliorare le infrastrutture, la ricerca, l'innovazione e l'istruzione, mentre la manovra - ahimè - riduce fortemente gli stanziamenti in conto capitale.
Nel merito più specifico del lavoro, condividiamo la necessità di una riforma del modello contrattuale finalizzata a legare crescita di produttività e crescita del salario per i lavoratori privati e pubblici; così come condividiamo l'obiettivo della restituzione fiscale ai lavoratori e ai pensionati delle risorse provenienti dalla maggiore crescita e dalle maggiori entrate derivanti dalla lotta all'evasione fiscale e al lavoro irregolare. Il problema sarà se potremo constatare il raggiungimento di tali obiettivi.
La priorità di investimenti infrastrutturali volti a rendere più competitivo il nostro Paese, a riqualificare la spesa sociale, con particolare riferimento alla sanità e alla scuola e ad aumentare il potenziale di innovazione del nostro sistema produttivo, è anch'essa un obiettivoPag. 88che noi largamente condividiamo, ma non riteniamo convincenti le proposte che dovrebbero renderlo concreto e, soprattutto - lo ribadisco - per gli investimenti constatiamo che c'è un calo dei fondi e degli stanziamenti a disposizione.
Aver fissato l'inflazione programmata all'1,7 per cento nel 2008 e all'1,5 per gli anni successivi, averla assunta come riferimento per gli stanziamenti per i rinnovi dei contratti pubblici per il 2008-2011, nei fatti smentisce la volontà di quel recupero salariale, oggi urgente, e lo rinvia tutto all'eventuale crescita della produttività. È una posizione che, legata alla previsione, invece, di bassa crescita economica, come ha affermato il ministro Tremonti, praticamente vanifica questo obiettivo o lo rende quantomeno molto aleatorio. A nostro giudizio, siamo davanti ad un'impostazione insostenibile per il mondo del lavoro, che dovrà comunque affrontare l'aumento di prezzi e tariffe già in corso e largamente realizzato, che crescerà ulteriormente il prossimo anno.
Rispetto al piano industriale per la pubblica amministrazione annunciato dal Ministro Brunetta e che in questo provvedimento trova alcune prime attuazioni, rilevo che numerose norme sul pubblico impiego appartengono da tempo all'autonomia della contrattazione. Migliorare l'efficienza della pubblica amministrazione ed espellere i cosiddetti fannulloni dal pubblico impiego sono enunciazioni assolutamente condivisibili, ma purtroppo, anche qui come in altre situazioni, emerge un'impostazione di carattere pregiudizialmente negativo che tende a colpire tutti, anziché muoversi su una direzione selettiva che riconosca il merito dei lavoratori meritevoli e che sanzioni efficacemente tutti i lavoratori non meritevoli.
In sostanza, nella normativa dedicata a questo settore contenuta nel provvedimento in discussione, leggiamo una politica che incide pesantemente sui diritti dei lavoratori pubblici e sui loro redditi senza operare, invece, come dicevo prima, la necessaria discriminazione che sarebbe stata certamente più idonea per raggiungere l'obiettivo e per riconoscere il valore di milioni di lavoratori che nella pubblica amministrazione compiono pienamente il loro dovere.
A titolo esemplificativo, signor sottosegretario, voglio citare specificatamente la disposizione contenuta nell'ex articolo 71 (non avendo sotto mano il maxiemendamento non posso sapere a quale comma si riferirà). Con tale articolo, volendosi perseguire lo scopo condivisibile di riportare il tasso di assenteismo nel settore pubblico nei limiti di quello del settore privato, si introducono senza alcuna selezione e discriminazione misure che penalizzano fortemente anche i lavoratori che hanno familiari con gravi disabilità, compiendo così chiaramente un passo indietro rispetto alla normativa previgente che sapeva, invece, andare incontro alle difficoltà dei lavoratori. Colpire chi fa un uso scorretto di permessi e congedi era ed è necessario, ma negarli a chi ne ha una profonda necessità e a chi ha dei familiari con gravi disabilità è una profonda ingiustizia. Signor rappresentante del Governo, non vi è maggiore iniquità di quella che vuole trattare in modo uguale situazioni assolutamente diseguali.
Infine, per quanto riguarda queste norme, siamo in presenza, di fatto, di una rilegificazione di una materia prima disciplinata dalla contrattazione collettiva. È una rilegificazione che francamente è in contraddizione con la volontà di semplificazione e di delegificazione che questo Governo ha sempre enunciato nei suoi programmi e che nega nei fatti; mi riferisco anche all'autonomia delle singole amministrazioni pubbliche che ritengo sia condizione indispensabile per perseguire un'efficacie e migliore efficienza della pubblica amministrazione nelle singole istituzioni.
Si sacrificano, inoltre, con un taglio sommario degli organici, le prospettive di sistemazione dei lavoratori precari e si rinviano ad un «dopo» molto aleatorio i processi di riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni. Rilevo che questo approccio non può essere che foriero di grandi conflittualità nel prossimo autunno, in quanto sono operati tagli pesanti sullaPag. 89contrattazione integrativa ed è introdotto un trattamento economico fortemente peggiorativo per l'assenza unita ad una modalità di certificazione certamente più burocratica e vessatoria.
Stupisce che il Governo e la maggioranza procedano con questa disinvoltura con un decreto-legge sulle tematiche del lavoro dipendente della pubblica amministrazione e su tante materie per le quali un adeguato confronto con le organizzazioni sindacali avrebbe sicuramente portato a proposte più eque e più puntuali.
Anche sul tema della sicurezza sui luoghi di lavoro, le proposte del provvedimento in esame rischiano di innescare un processo di semplificazione che potrebbe, da un lato, rivelarsi inadeguato e, dall'altro, determinare una minore tutela dei lavoratori. Siamo convinti della necessità di semplificare e di liberalizzare: pertanto, a nostro giudizio, alcune innovazioni introdotte sono positive, perché affrontano criticità emerse negli ultimi anni a seguito della proliferazione di alcuni provvedimenti che hanno imposto inutili adempimenti burocratici nei confronti delle aziende. Vanno certamente in questa direzione l'abolizione dei libri paga e matricola, le novità che intendono abbreviare il processo di lavoro, il divieto di cumulo fra pensione e reddito da lavoro dipendente, così come appaiono importanti le norme sull'apprendistato, tese a dare riconoscimento alla formazione professionale interna dell'azienda.
In sintesi, a nostro avviso, questa normativa sarebbe stata migliore se si fosse seguita la strada di un ragionamento e di un confronto reale e forte con tutte le parti sociali interessate. Vi è una strana euforia nel Governo e nella maggioranza circa la possibilità di fare a meno di questo sistematico confronto con tutte le forze sociali, nella convinzione che l'investitura popolare legittimi a decidere comunque e a prescindere. La tradizione alla quale orgogliosamente appartengo, quella democratica cristiana, ha da sempre avuto un grande rispetto ed effettuato una forte valorizzazione delle organizzazioni sociali sindacali e imprenditoriali, nella convinzione che la partecipazione ai processi di formazione di scelte decisive per lo sviluppo del Paese rappresenti una condizione per una loro migliore efficacia.
La sfida per risanare i conti pubblici e sostenere la crescita dell'economia è certamente difficile e complessa. Siamo davanti a un provvedimento che declina tante ambizioni, pur in presenza di una difficile situazione congiunturale, rispetto alla quale il processo di formazione di questo provvedimento, a nostro avviso, è francamente inadeguato.
Il provvedimento, approvato in nove minuti e mezzo dal Consiglio dei ministri - suscitando nel Paese un effetto di straordinario interesse per questa capacità decisionale -, illustrato come segnale di forte coesione e compattezza del Governo e della maggioranza, deciso senza un reale coinvolgimento della maggioranza stessa e delle forze sociali, ha dovuto subire, nel corso di una discussione fortemente «strozzata» in questi venticinque giorni, profonde modifiche, per superare le divergenze esistenti nel Governo. Ciò non tanto - il sottosegretario Vegas me lo consenta - per gli 800 emendamenti: chi, come me, siede in quest'Aula da sedici anni, ricorda che abbiamo approvato leggi finanziarie dopo 1.200-1.500 votazioni. La presenza di 800 emendamenti, con la disponibilità dell'opposizione ad una congrua riduzione, poteva essere un elemento di grande confronto e di grande dialogo su scelte così importanti e definitive: questa democrazia decidente, invece, ha comunque espresso un orientamento volto a far passare il proprio punto di vista, che poi però il Governo ha dovuto mediare con la sua maggioranza, arrivando fino alla posizione della questione fiducia. La vicenda di stamane è un'ulteriore conferma dell'azione volta a mettere insieme tutte le diverse posizioni esistenti all'interno del Governo stesso.
In conclusione, questo iter non ci sembra di buon auspicio per una manovra che, in sintesi, aumenta le tasse e non fa fronte alle emergenze della famiglia, dei lavoratori e dei pensionati che non arrivano alla quarta settimana.Pag. 90
Prendiamo atto della fiducia che il Ministro, il Governo e la maggioranza nutrono sul loro progetto economico e sociale, ma è certo che oggi al Paese viene offerta una medicina amara, che mortifica - lo diranno altri, anche del mio gruppo - le autonomie locali, i comuni, le province e le regioni, che rischia di rendere ancor più difficoltosa e disagiata la vita di tante famiglie e di tanti cittadini, che impone una serie di elementi innovativi, sui quali non c'è stato il confronto che, invece, questi elementi richiedevano.
Noi continueremo la nostra battaglia, convinti che questa maggioranza dovrà, prima o poi, prendere atto che le nostre proposte avrebbero reso migliore questa manovra finanziaria e avrebbero avviato il conseguimento degli obiettivi di risanamento, certamente con la riduzione del debito pubblico, con servizi pubblici più efficienti e con una riduzione del carico fiscale per le imprese, per le famiglie e per i cittadini, più tempestivo di quello che la proposta del Governo propone (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Messina. Ne ha facoltà.

IGNAZIO MESSINA. Signor Presidente, credo che intanto vada fatta brevemente un'analisi sull'uso distorto dello strumento usato per fare sostanzialmente una manovra finanziaria. Poi, se fosse stata una bella finanziaria, perlomeno sarebbe andata meglio.
Si tratta di un uso distorto, perché con un decreto-legge, di fatto, si è provveduto su materie che di urgente non hanno assolutamente niente e che sono contenute in questa norma solo perché fa comodo che si faccia immediatamente un provvedimento di natura finanziaria. Infatti, probabilmente in autunno sarà più difficile parlare di problemi economici, perché cominceranno a palesarsi nella maggioranza quei problemi di tipo politico che riguarderanno il federalismo fiscale e tutte quelle cose che sono le cambiali da pagare nel momento in cui si è andati al Governo.
Un plauso va fatto, per la resistenza, al sottosegretario Vegas, che è stato presente a tutti i lavori nelle Commissioni e lo è anche in Aula. Devo dire che è l'unico che per la verità ha portato, dopo questi giorni di lavoro, un risultato a casa per il Governo, considerato che si era partiti nelle Commissioni - io sono capogruppo in Commissione finanze - da una disponibilità da parte del Governo. Si trattava di una disponibilità a trattare e discutere sui vari argomenti, per fare in modo che maggioranza e opposizione insieme - in questo strano clima di collaborazione, che l'Italia dei Valori non ha comunque mai condiviso, se non su determinate materie, quando ha ritenuto opportuno farlo e non per partito preso - alla fine aggiustassero con degli interventi quella che di fatto era la manovra finanziaria.
Devo dire che, alla fine, il risultato per l'opposizione è stato assolutamente nullo, considerato che, dopo domeniche di lavoro e notti passate in bianco, da parte dell'opposizione non c'è stato alcun risultato utile, tenuto conto che è passata per intero tutta la manovra del Governo.
Come se ciò non bastasse, come se non bastasse che il lavoro svolto presso le Commissioni riunite aveva già portato per il Governo ad una soluzione rispetto a quello che si era originariamente proposto, arriva anche il maxiemendamento. Alla fine, oggi ci siamo ritrovati con un nuovo cambiamento. Dunque, l'illusione poteva anche starci, ossia pensare che, dopo questi giorni, alla fine, il Governo si fosse ricreduto, che ci fosse stato un pentimento di tipo morale, rispetto a tutte le osservazioni, giuste e corrette, che erano venute fuori rispetto alle disfunzioni di questa disarticolata manovra. Infatti, questa certamente non è nemmeno una manovra con un filo conduttore economico e politico, trattandosi di interventi sporadici su tutta una serie di materie, che nulla hanno di connesso tra loro. Pensavamo che il maxiemendamento potesse contenere le riforme e accogliere le istanze che erano state proposte. Aggiungo che erano state proposte non solo dall'opposizione.Pag. 91
L'anomalia di questo provvedimento, che è il motivo della questione di fiducia, è che in termini numerici le maggiori perplessità espresse attraverso gli emendamenti sono state più del Governo che non dell'opposizione e ciò a dimostrazione delle enormi perplessità che vi erano rispetto al provvedimento non solo da parte dell'opposizione ma anche della maggioranza. Evidentemente la perseveranza del Governo si conferma anche in questo maxiemendamento perché da un esame sommario si sono acuite le previsioni iniziali e non si è certo mirato ad accogliere quelle che erano le istanze. D'altronde non ci si poteva aspettare altro da un Governo che del primo giorno di lavoro ha previsto il taglio dell'ICI a danno dei comuni, allorché non ha previsto delle risorse sostitutive, e del sud. Si tratta di un Governo che ha previsto come unica possibilità per risollevare le famiglie che non arrivano a fine mese - questi sono i veri problemi e non quelli contenuti nel provvedimento - con questa scandalosa tessera di povertà. Scandalosa perché non solo non risolve il problema ma va a umiliare e ad acuire ancora di più la situazione di coloro i quali vivono in uno stato di bisogno che probabilmente, in maniera dignitosa, potevano celarlo. Il Governo, al contrario, sostanzialmente dice a chi non ce la fa più: vieni qua, dimmi che non ce la fai più e ti do una tessera per poter provare a campare. Sarebbe stato opportuno, contrariamente a quello che ha fatto il Governo, agire sulle pensioni e su degli sgravi previsti per tutti, senza questo tipo di provvedimento che ha un sapore vecchio e sgradevole.
Volevo intervenire rispetto a questo decreto-legge - che è un decreto-legge solo nella forma in quanto va approvato velocemente - sottolineando che alcune questioni non vengono assolutamente affrontate. Innanzitutto il problema della sicurezza. Quello che si nota rispetto a ciò che il Governo sta facendo è che si tratta di un'azione disarticolata che non ha alcun nesso politico. Da un lato il Governo, infatti, fa approvare a gran velocità una legge sulla sicurezza, affermando che bisogna inasprire le pene ed essere più incisivi rispetto a coloro i quali entrano illegalmente in Italia, che vanno bloccati, immediatamente censiti, schedati e buttati fuori e da un altro prevede dei nuovi compiti per i sindaci (qualche collega sindaco si gloriava di questi nuovi compiti ma forse non si è accorto che non solo hanno tolto le risorse ai comuni attraverso l'ICI ma non gli hanno fornito neanche nuove risorse per gestire la sicurezza nelle città). Come faranno i sindaci a gestire questi nuovi compiti? Con i vigili urbani che già hanno a disposizione poche risorse per garantire il loro servizio?
Ma vi è di più a fronte di una necessità sacrosanta, perché anche l'Italia dei Valori su questo ha presentato un proprio «pacchetto», di una maggiore sicurezza organica e non disarticolata, ci vogliono anche le risorse per fare in modo che le forze dell'ordine e di polizia possano svolgere appieno il loro ruolo. Non è un caso che questa mattina davanti a Montecitorio non protestassero dei disoccupati, delle categorie disagiate, ma proprio quei tutori dell'ordine che si sono visti, rispetto a delle promesse elettorali espresse con gran foga, fortemente e duramente penalizzati. A cosa serve parlare di sicurezza se con il decreto fiscale si vanno a togliere i fondi alle forze dell'ordine? Forse le forze dell'ordine serviranno per inseguire a piedi soltanto quei rom che stanno agli angoli delle strade in quanto non hanno più i soldi per la benzina e per i mezzi per poter andare a fronteggiare quelle che invece sono la vera criminalità come la mafia, la 'ndrangheta, la camorra e la criminalità organizzata che per essere contrastate richiedono grandi risorse, dato che si stanno evolvendo sempre di più e con mezzi infiniti, mentre noi li combattiamo con gli «stivali di cartone». Questa è la proposta che il Governo ci fa in maniera poco seria e assolutamente disarticolata. Mi domando perché esporre ulteriormente le nostre forze dell'ordine a rischi se non gli forniamo gli strumenti per poter operare? Questo è un elemento di straordinaria importanza per svelare quello che è il trucco di questa manovraPag. 92finanziaria: creare delle risorse a vantaggio del Governo le cui finalità non si sa dove andranno a finire perché verranno spese e individuate successivamente.
Un appello forte deve essere rivolto al Governo rispetto alla questione riguardante il sud. Da parlamentare del Mezzogiorno, da parlamentare siciliano, devo dire che lo strumento finanziario che esaminiamo penalizza ancora di più il sud. Era già volata via l'ICI: sicuramente il sottosegretario Vegas se ne sarà occupato, qualcuno poco attento non si è nemmeno reso conto, ma già con l'ICI si è tolto al sud per dare al nord, con il famoso Robin Hood - con la Robin Hood tax - che è sempre più al contrario, sempre più penalizzo chi non ha, a vantaggio di chi ha. Già l'ICI, ad esempio in Sicilia, aveva portato ad una riduzione del versamento per tutti i siciliani di 67 milioni di euro. Ebbene, a fronte di 67 milioni di euro, sono stati sottratti alla Sicilia e alla Calabria 500 milioni di euro per le infrastrutture che avrebbero portato risorse sul territorio e che avrebbero consentito ad un territorio disagiato di poter, invece, adeguarsi al resto del Paese.
Ma i proclami continuano e per questo motivo si ha la sensazione di parlare al nulla e di essere presi in giro. Infatti una dichiarazione, di oggi, del Ministro Vito afferma che il Governo è conscio del deficit di infrastrutture che grava sulla regione Sicilia ed è assolutamente intenzionato a portare a completamento il piano di ammodernamento interrotto dal precedente Governo, per assicurare un livello adeguato dei servizi e dei trasporti dell'isola. Questa dichiarazione è di oggi. Ritengo o che il Ministro Vito non si occupi di ciò che il Governo fa quotidianamente ovvero viene perpetuata una grossa presa in giro. Il Governo precedente, che probabilmente avrebbe potuto fare anche di più, quantomeno aveva stanziato 500 milioni di euro per infrastrutture a favore della Sicilia e della Calabria. Un nuovo Governo, che sino ad oggi si impegna ad agire per il meridione, alla fine questi 500 milioni li ha tolti. Naturalmente, per noi siciliani, c'è sempre il controllo del «governatore» della Sicilia, Lombardo. Questi ha detto chiaramente di aver concluso l'accordo con il Popolo della Libertà e ha spiegato anche in un'intervista di aver chiesto e ottenuto dal Presidente del Consiglio che guardasse al Sud e che inserisse il Mezzogiorno nei sette punti fondamentali del programma di Governo, sulla cui attuazione vigilerà la pattuglia dei parlamentari del Movimento per l'autonomia.
Devo dire ai parlamentari del Movimento per l'autonomia, che ovviamente non sono presenti, di svegliarsi, perché se continuano a vigilare in questo modo, probabilmente la Sicilia avrà veramente poco da vedere e da sperare.
Noi dell'Italia dei Valori cosa abbiamo fatto? Abbiamo presentato due emendamenti a questo decreto-legge fiscale per tentare di stanziare nuovamente quei 500 milioni. Qual è stato l'esito scontato di questa maggioranza, che pure si è impegnata a favorire la Sicilia e il Meridione? Naturalmente bocciare tali emendamenti, perché ovviamente tra il dire e il fare vi è questa grossa presa in giro perpetrata nei confronti del sud.
Probabilmente, nel progetto del Governo, il sud ha una sola aspettativa. Ai siciliani non interessano le infrastrutture, al Meridione, alla Calabria, alla Puglia, alla Campania in questo momento non interessano le infrastrutture: non servono, ne abbiamo troppe e, forse, possiamo anche darne agli altri. Ci serve una banca: la banca del Mezzogiorno è l'ultima trovata del Governo per mettere in moto l'economia nel Meridione. Devo dire che è una riedizione: infatti il Ministro Tremonti ci aveva provato già nel 2004, perché anche in quell'anno aveva costituito la banca del Sud, che tuttavia era stata un aborto assoluto, non aveva portato ad alcun risultato ed era finita nel nulla. Ma, iniziando una nuova legislatura, ritorna nuovamente la banca del Sud. Questa mattina il Ministro Tremonti ha affermato a proposito della banca del Mezzogiorno: il sud non può, per colpa di qualcuno,Pag. 93essere condannato a non avere una sua banca. Come se il problema del sud fosse di avere una nuova banca.
Ho anche tentato di spiegare nelle Commissioni, non con dati miei, ma della Banca d'Italia e delle banche di credito cooperativo. Ebbene, vi sono già esperienze di banche nel sud, che, peraltro, erano nate con le migliori intenzioni nel momento in cui qualcuno le aveva ideate.
Sono il Banco di Napoli (che oggi è stato acquisito e che sicuramente non ha avuto vita facile, tanto che alla fine ha avuto un vero e proprio salvataggio), il Banco di Sicilia (la più grande banca del sud, che è stata acquisita da Unicredit e ora, pian piano, sembra stia vedendo un po' di luce), la Cassa di risparmio per le province siciliane (che è stata posta in liquidazione, anche questa un grosso fallimento).
Allora, evidentemente, non è certo la nuova banca ciò che può portare le risorse al sud. Evidentemente, al sud può portare risorse un nuovo modo di fare banca, ma che è cosa diversa, cosa che il Governo si rifiuta di fare, perché non lo prende nemmeno in considerazione. Il Governo dovrebbe intervenire con molta serietà, per fare in modo che il sud non sia più il salvadanaio d'Italia e il nord sia il luogo dove investire i soldi che vengono presi dal salvadanaio. Infatti, questo è il problema: la politica economica delle banche e la politica finanziaria nel nostro Paese è tutta centrata su questo modo di operare (sono i dati della Banca d'Italia che parlano, e sono molto chiari). Quindi, in questo senso il Governo deve avere la serietà, se vuole intervenire, di intervenire con le grandi banche, per costringerle ad applicare anche nel sud condizioni che siano chiare ed equivalenti a quelle praticate nel nord.
Chiediamolo in giro, chiediamo agli imprenditori del sud che vogliono accedere al credito, se hanno la possibilità di farlo così come accade nel nord, oppure se vengono chieste sempre garanzie supplementari per poter intervenire, garanzie che spesso non ci sono e sono l'alibi per poter poi non erogare i finanziamenti. Quindi, in questo senso credo che sia fondamentale.
Poi, come si inventa la banca del Mezzogiorno? Perché anche lì, devo dire, ci vuole anche serietà nel momento in cui si formulano delle proposte, serietà confermata dai dati economici. Il Governo afferma che farà la banca del Mezzogiorno con un capitale di 5 milioni di euro. Nelle Commissioni riunite ho ascoltato con attenzione la relazione del sottosegretario Vegas, che mi ha risposto che i 5 milioni sono lo start up, poi è intervenuto anche il relatore per la VI Commissione, che ha detto che è uno start up, perché nel momento in cui poi si parte evidentemente si metteranno altri soldi. Questo è un po' un modo ulteriore di prendersi in giro.
La Banca d'Italia prevede che per istituire una banca di credito cooperativo - cioè le banche più radicate sul territorio, ma ovviamente più piccole, quelle che operano in piccole zone - ci vogliono almeno 2 milioni di euro, perché se non vi è un capitale sottoscritto di 2 milioni di euro le banche di credito cooperativo - quelle che vediamo dappertutto in Italia e che hanno un forte radicamento sul territorio - non possono esser costituite.
A questo punto, il Governo pensa a una grande banca del Mezzogiorno con 5 milioni di euro, cioè sostanzialmente come una minuscola banca di credito cooperativo, che potrà al massimo aprire un paio di sportelli in tutta l'area del Mezzogiorno. Se è questo il modo incisivo, le premesse sono queste. La premessa del Governo, nel momento in cui istituisce la banca del Mezzogiorno, è quella di fare in modo che anche il sud abbia una sua banca e che possa non solo - e forse qui probabilmente si svela, signor sottosegretario, il vero obiettivo del Governo - salvare probabilmente qualche grande gruppo da qualche ramo secco che non può più gestire.
Infatti, nel momento in cui viene costituita la banca del sud si dicono due cose fondamentali: in primis chi potranno essere i soci, gli enti locali; potranno essere soci della banca del sud, oltre che privatiPag. 94- che dovranno andare a reperire, perché evidentemente un privato investe nel momento in cui vede una possibilità di utili, non fa certo beneficenza - anche regioni, province e comuni. In altre parole, sostanzialmente, a quelle regioni, quelle province e quei comuni che oggi sono per la maggior parte dissestati e che hanno problemi da affrontare che vanno appunto dalle infrastrutture alla sanità e alla sicurezza, diciamo: «va bene, non puoi affrontare questi problemi, non puoi vivere alla giornata, ma diventa banchiere, sottoscrivi la banca del Mezzogiorno». Poi viene espressamente detto anche che saranno previste le modalità di composizione dell'azionariato per l'acquisizione - badate bene - di rami di azienda già appartenuti ai banchi meridionali e insulari.
Evidentemente è forse lì il progetto del Governo, che avrà già individuato i rami - secchi aggiungiamo - delle banche meridionali ed insulari da poter acquisire. I cinque milioni (ma poi ce ne metteremo altri) non serviranno quindi per far funzionare la finanza nel Meridione, per giovare agli imprenditori delle piccole e medie imprese del Meridione ma, al contrario, per poter sollevare da qualche problema qualche grande gruppo.
Sarebbe stato opportuno un chiarimento migliore ma questo ovviamente non c'è stato. Alcuni dati utili, secondo me, per comprendere l'inutilità della disposizione in oggetto (ma ormai il dato è tratto, alla fine la fiducia c'è e la Banca del Mezzogiorno verrà alla luce come il Governo ha previsto) sono quelli relativi alle banche di credito cooperativo: si prevede, per esempio, la presenza di 146 banche nella sola Sicilia, che potranno quindi essere radicate nei vari comuni della medesima regione.
A che cosa serve, mi chiedo - vi sottopongo i dati riferiti alla Sicilia ma la presenza sarà identica o analoga nelle altre regioni del Meridione, perché la cultura della banche di credito cooperativo è diffusa un po' in tutto il Paese - a che cosa serve una nuova banca, se non è in grado di dare un servizio almeno pari a quello che già le banche di credito cooperativo forniscono. Esse, occorre dirlo, fanno ciò in maniera radicata sul territorio, analogamente all'obiettivo che il Governo, nelle buone intenzioni espresse nella fase costitutiva del provvedimento in esame, vuole raggiungere, quello cioè di essere più vicino al territorio. Se già c'è sul territorio lo strumento per finanziare le imprese, perché crearne un altro, perché creare un nuovo «carrozzone»? Si parla di liberalizzazioni, ma poi si propone una nuova banca tutta praticamente a patrimonio pubblico.
In realtà - e mi avvio alla conclusione - si poteva fare di meglio. Il Governo avrebbe potuto provvedere con i fatti e non con le parole e con i suoi proclami, come ha fatto fino ad oggi. In realtà non si è trattato solo di proclami. Devo dire che in materia di tutela personale del Premier il Governo è stato estremamente efficace, è riuscito a trovare soluzioni immediate, chiare e precise al problema. Se il Governo ci avesse messo un minimo di impegno per risolvere qualche problema degli italiani, delle famiglie, qualche problema relativo alla sicurezza, serio e vero, qualche problema relativo all'economia, confrontandosi, dando la possibilità di poter finanziarie il sud così come il nord - perché è giusto che ci sia una perequazione in tutto il Paese -, probabilmente l'effetto sarebbe stato completamente diverso.
Prendiamo atto che, con questo provvedimento economico, il Governo non ha voluto fare ciò, evidentemente perché ha chiara in testa una propria politica, quella di danneggiare il Paese a vantaggio di qualcuno e di danneggiare il sud a vantaggio probabilmente del nord.
Ciò a noi dispiace ma poiché nessuno vigila, in qualità di parlamentari del sud, del Meridione, saremo i primi a vigilare affinché comunque ciò non passi inosservato e atteso che i poteri dell'opposizione che il Governo continua a umiliare con l'indisponibilità a discutere e dialogare. Quanto meno vigileremo per rendere evidente all'esterno - non ce n'è molto bisogno, vista la manifestazione delle forze dell'ordine questa mattina - per renderePag. 95chiaro qual è il progetto del Governo: la non tutela delle aree svantaggiate del nostro Paese a vantaggio di chi, al contrario, dal nostro Paese si vuole sganciare (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vannucci. Ne ha facoltà.

MASSIMO VANNUCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario Vegas, siamo di fronte alla cosiddetta manovra estiva. L'avete predisposta per decreto-legge e l'approverete con la fiducia che noi non vi daremo. L'atto produce forti strappi sul metodo: l'uso improprio del decreto-legge, l'inserimento di norme che il Presidente della Repubblica, per quel che sappiamo dai giornali, aveva espunto consigliando un disegno di legge e che entrano invece nel decreto in esame, la mancanza dei caratteri di indifferibilità ed urgenza (di ciò ha dato conto l'onorevole Baretta, facendo esempi molto calzanti).
Questa del metodo, delle regole democratiche, del ruolo del Parlamento, è una materia che per noi ha un valore. Voi producete questi strappi perché ritenete che per i cittadini questo valore sia inferiore. Credo invece che i cittadini non siano distratti e siano invece sensibili alle regole democratiche. L'Italia è un grande Paese civile e democratico, dove certe pratiche non sono possibili e verranno punite.
Ci vorrà tempo, perché è vero che i cittadini pensano ad altro, ma non per distrazione; sono impegnati a sbarcare il lunario, sottosegretario Vegas, e vedono il loro potere di acquisto assottigliarsi ogni giorno.
L'allarme dell'ISTAT è di ieri, il monito della Banca d'Italia anche; c'è la corsa infinita dei prezzi per carburanti, alimentari ed energia, un'inflazione che viaggia oltre il 4 per cento (il taglio dell'inflazione alle famiglie vale 130 euro al mese), la spesa quotidiana costa mediamente il 6, il 7 per cento in più. Tutto questo si è aggravato negli ultimi mesi: è una spirale fuori controllo, siamo di fronte ad eventi eccezionali. Il pessimismo cosmico del Ministro Tremonti paragona questa fase, addirittura, alla crisi del 1929; bisogna reagire, e bisogna farlo adesso.
Come sapete, il binomio dell'inflazione, che vuol dire crescita dei prezzi, con un Paese fermo, con la crescita stagnante, è un binomio pericolosissimo. Cosa bisognerebbe fare, che voi non fate? Bisognerebbe, semplicemente, aumentare il potere di acquisto delle famiglie, abbassare la tassazione sui salari e sulle pensioni, restituire una capacità di acquisto in grado di smuovere i consumi, di favorire la crescita. Il buonsenso direbbe questo. Invece, voi non lo fate, anche se avreste la possibilità, e non lo fate truccando i conti, perché è bene che gli italiani sappiano che le risorse ci sono, ci sarebbero state, per affrontare il problema in questa manovra.
Importanti giornali lo hanno ripreso, documentato e dimostrato, dopo che noi lo avevamo denunciato per giorni. Il fabbisogno è diminuito grazie all'azione del precedente Governo, che vi ha consegnato un Paese con i conti in ordine; i dati su come voi lo avete lasciato, per il momento, ve li evito. Ma in questa fase avete sovrastimato il fabbisogno per il secondo semestre - ne ha dato conto l'onorevole Fluvi - di 17 miliardi; i margini ci sono nell'assestamento. Avete sottostimato le entrate da imposte dirette di 6 miliardi e mezzo; tutto questo per non affrontare il problema centrale dei salari e delle pensioni, che hanno sopportato una perdita del 22 per cento.
Nella graduatoria siamo il Paese che è arrivato al ventitreesimo posto per la capacità di acquisto delle nostre pensioni e dei nostri salari. Potevamo compensare completamente la perdita del potere di acquisto, se solo aveste voluto, dando ai redditi i mille, i 1.500 euro che l'inflazione taglia; invece no, occultate le risorse per i vostri piani (se va bene, forse, per il federalismo fiscale, ma credo, e sono preoccupato, per spesa improduttiva).
Badate, vi era un obbligo di legge: il comma 4 dell'articolo 1 della legge finanziaria, relativo alle maggiori entrate e aiPag. 96salari, ma non si rispetta; sarà sempre peggio, colleghi, avendo colpevolmente previsto, nel Documento di programmazione economico-finanziaria, l'inflazione programmata all'1,7 per cento. Questa è una formula magica - è bene che gli italiani lo sappiano - alla quale parametrare gli aumenti salariali: salari e pensioni più 1,7 per cento, prezzi più 4 per cento; continueranno a perdere potere di acquisto, oltre a quello che hanno già perso.
Ma quanta gente volete portare sotto la soglia della povertà? Questo è davvero irresponsabile! Alle nostre critiche siete soltanto capaci di rispondere che questa è l'eredità che avete trovato. E allora? Anche se fosse (così non è, perché le cose vanno peggiorando, giorno dopo giorno)?
Avete vinto le elezioni per questo, per l'insicurezza sociale dei cittadini, con l'impegno che avreste abbassato la tassazione e dato sollievo alle famiglie. Adesso, cosa gli direte? Che aumentate le tasse, che non le abbasserete fino al 2013 e che nelle loro tasche non metterete nulla, visto che la formula vi piace? Dopo vi spiegherò come e perché, invece, metterete le mani nelle tasche degli italiani.
Consideriamo, quindi, questa manovra un'occasione persa; non dà l'unica risposta che gli italiani si aspettavano, nel rispetto dei vostri impegni elettorali. Noi non avevamo dubbi; vi avevamo già visto in azione dal 2001 al 2006. Ci lasciaste un Paese in ginocchio: infrazioni aperte dall'Europa, agenzie di rating che avevano declassato l'Italia, debito fuori controllo, deficit alle stelle.
Allora in cinque anni, fra le previsioni di crescita e il realizzato, colpevolmente sbagliaste di dieci punti: anche allora facevate i trucchi! Questo vi permetteva, prevedendo un'alta crescita, di non fare operazioni vere, strutturali: erano giochi di prestigio, era nascondere la polvere sotto il tappeto, ci penserà chi verrà dopo di noi. Questa volta no: prevedete una crescita vicina allo zero, meno di così non si può. Ma l'operazione la fate sull'inflazione programmata, a danno dei più deboli.
E mi direte: ma come non fa operazioni strutturali questa manovra? La mia risposta, sottosegretario Vegas, è no, perché si tratta di pure aspirazioni: la manovra è impraticabile! Voi prevedete tagli alla spesa pubblica di circa 35 miliardi in tre anni, per rispettare gli obiettivi di risanamento. Noi condividiamo questi obiettivi, condividiamo le cifre, condividiamo i saldi; noi consideriamo il risanamento dei conti esigenza prioritaria del Paese. E questa è una lunga storia, non si può fare adesso: è la vera palla al piede del Paese, è la tassa occulta che i cittadini pagano. Il debito più alto d'Europa, il terzo debito del mondo, ben oltre il prodotto! Bruciamo ogni anno cinque punti di prodotto per il pagamento di interessi ormai arrivati a 76 miliardi: è come se ogni anno cedessimo la più importante azienda italiana. Ogni anno l'Italia parte da cinque passi indietro, che sono i cinque punti di PIL che bruciamo in interessi, mentre altri partono da uno, due, tre: è la nostra corsa della competitività.
Ho sempre considerato retorico parlare ai giovani se il Paese non ha la possibilità, la volontà, l'orgoglio di affrontare questo nodo, e pensare al Paese che lasciamo loro. Ce l'ha ricordato questa mattina il Ministro Tremonti: secondo me sarebbe da irresponsabili non condividerlo, e non porre in questo un obiettivo condiviso, l'ambizione di un Paese che vuol mettersi a posto, in condizione di competere davvero. Ma certo, anche quando abbiamo proposto drastiche riduzioni di spesa pubblica, e le facemmo ben più pesanti, mai abbiamo pensato di farle «a prescindere», direbbe Totò.
I tagli lineari, così come avete proposto, in percentuali per tutti, per tutti uguali, faranno rimanere sprechi, inefficienze, cattiva spesa, e faranno mancare risorse alla spesa buona, a quella produttiva, quella per la coesione sociale, che è condizione essenziale per lo sviluppo! Così è più semplice: tagliamo per tutti, mal comune mezzo gaudio. Certo è più difficile andare a colpire obiettivi precisi, sacche di spreco, di efficienza: vedremo in azione il Ministro Brunetta. È più difficile fare unaPag. 97vera e autentica revisione della spesa - i più bravi dicono spending review -, che noi avevamo iniziato con successo. Voi fate semplicemente un'operazione aritmetica, e dentro ci cadono tutti, regioni, comuni, province, che la riverseranno sui servizi, e quindi sui cittadini: la sanità, la scuola con tagli inauditi, 100 mila insegnanti in tre anni, la sicurezza (vi richiamo alla coerenza in questo campo), ma soprattutto gli investimenti, settore fondamentale per la crescita.
E dobbiamo dirci, colleghi, infine una verità: l'Italia spende mediamente meno degli altri Paesi europei in tre settori fondamentali, che sono il baricentro, l'asse centrale al quale deve pensare lo Stato, e cioè sanità, scuola e sicurezza. Intervenire in questo campo si deve, sì può per migliorare, per ottimizzare, per spendere meglio, per usare bene i fondi dei cittadini; ma ridurre la spesa come avete previsto, in quelle percentuali, è praticamente impossibile, irrealistico, irrealizzabile, è rischioso per la tenuta sociale! C'è invece una voce che ci mette agli ultimi posti nella media europea, ed è quella della fedeltà fiscale.
Lì possiamo intervenire, dobbiamo intervenire per un'azione di risanamento che renda veramente uguali i cittadini, che estirpi questo cancro di concorrenza sleale che, questo sì, tiene gli investitori lontani dal nostro Paese e non lo fa crescere. Quando diventeremo veramente europei sul fisco? Su questo argomento, che è l'unico che possa salvarci, cosa ci avete proposto? Nulla. Anzi, noi ricordiamo i vostri condoni: i messaggi - neppure subliminali - ad arrangiarsi all'infedeltà fiscale.
Io invece credo che in questo provvedimento vi sia un vero e proprio allentamento della lotta all'evasione e all'elusione fiscale. Voi avete trovato un Paese con una dote di 23 miliardi di euro recuperati dalla lotta all'evasione e all'elusione: eppure, ancora pochi giorni fa importanti giornali titolavano con i dati sui 100 miliardi di evasione per mancate fatturazioni. Altrettanti poi si trovano nella contribuzione sul lavoro, perché ancora gran parte del Paese si basa sull'economia sommersa.
Ebbene, ho paura delle norme che vengono introdotte. Ho paura del fatto che si torna indietro sulla tracciabilità degli assegni, riportando il limite ai 5 mila euro rispetto ai precedenti 12.500; ho paura del fatto che si elimina il registro fornitori clienti. E ho paura di tante altre norme. Penso a quelle sul lavoro, e a una per tutte, la più inquietante: l'abrogazione della legge che finalmente aveva trovato il modo per eliminare la prassi barbara di far firmare le dimissioni in bianco tenendo il lavoratore sotto ricatto, in balia dei cattivi imprenditori, un fenomeno certamente minoritario, ma assai significativo. La dice lunga il fatto che abbiate abrogato quella norma.
Sottosegretario Vegas, mi creda: questa è la strada maestra.
E perché dico che con questa manovra mettete le mani nelle tasche degli italiani? Perché in realtà vi sono cento modi per farlo. Si può essere populisti o demagogici, ma ad esempio noi consideriamo la Robin tax un modo che indirettamente finirà per mettere le mani nelle tasche degli italiani: quella è una tassa che pagheranno i consumatori, poiché i prezzi non sono amministrati, e i costi fiscali finiranno dunque nel prezzo finale, senza che l'autorità possa far nulla. Così come finirà per mettere le mani nelle tasche degli italiani la scelta dei tagli alle regioni sui ticket sanitari.
Ma voglio fare un altro esempio per evidenziare i mille modi che vi sono per far pagare i consumatori, e chiamare in causa su di esso i liberali della maggioranza. Questo decreto ha tradotto in legge un accordo che è stato fatto con gli autotrasportatori con il quale si è tornati a trent'anni fa, cioè alla tariffa indicizzata. Non abbiamo più la scala mobile per le buste paga, ma abbiamo introdotto la scala mobile per gli autotrasportatori! Non che non si dovesse dare una risposta al mondo dell'autotrasporto: certamente bisognava farlo. Ma gli altri Paesi europei - dalla Spagna al Portogallo alla FranciaPag. 98- che si sono confrontati con il tema in questo momento storico della crisi energetica, certamente non si sono sognati di tornare alla tariffa indicizzata. In un Paese dove il costo del trasporto incide per circa il 20 per cento per le difficoltà logistiche che abbiamo, quell'onere in più chi pensate che alla fine lo pagherà, se non i consumatori?
I tagli ai comuni e alle province cosa determineranno? Le mancate liberalizzazioni dei servizi cosa produrranno? E le ridicole norme che avete fatto per le banche? Il fatto che tornate indietro sulla portabilità, sulle norme che incidevano su costi e commissioni, con una interruzione di fatto del processo di liberalizzazione che si era avviato per favorire mercato e concorrenza nei settori bancario, assicurativo, energetico, delle comunicazioni?
Quanti modi vi sono per mettere le mani nelle tasche dei cittadini! Penso alle scelte fatte per l'Alitalia: non finiscono forse per mettere le mani nelle tasche degli italiani? Quella è una società che perde un milione e mezzo di euro al giorno: noi le abbiamo dato 300 milioni. Ma dov'è la cordata? Per non parlare della scelta compiuta con questo decreto sulla class action, che è la tutela collettiva che i consumatori possono avere contro gli abusi del mercato: la sua entrata in vigore è stata prorogata e io credo che la toglierete definitivamente.
Quanti modi ci sono per mettere le mani nelle tasche degli italiani! Per quanto riguarda infine la crescita, la manovra, come hanno detto i colleghi, è depressiva ed il taglio agli investimenti è colossale: così il Paese si ferma. Però noi siamo fiduciosi, perché vi aspettiamo alla prova dei fatti e al confronto dei dati, quando la gente davvero si farà i conti in tasca e capirà che alle promesse elettorali non sono seguiti i fatti. Finirà il tempo della propaganda, della demagogia, delle norme manifesto, come quelle che avete fatto sulla casa! Lasciamo in pace i padri di questa nazione - onorevole Fanfani -, non facciamo questi collegamenti! Si tratta di un piano per la casa basato esclusivamente sulle risorse che aveva destinato il precedente Governo: è tutto così questo decreto, è fatto di norme manifesto. Il tempo della propaganda, quindi, scadrà presto e il re sarà nudo. Nel frattempo, in attesa di dover riprendere questo Paese in mano, cercheremo di limitare i danni come abbiamo fatto con questa manovra, lavorando in maniera costruttiva e mettendovi di fronte alle responsabilità che avete con il Paese, con l'Europa e con il mondo. Vi ringrazio (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Porfidia. Ne ha facoltà.

AMERICO PORFIDIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questa manovra doveva essere quella del rilancio dello sviluppo e dell'economia dell'Italia. Si è evidenziato chiaramente, invece, che questa manovra consta soltanto di una serie di disposizioni peraltro fatte a macchia di leopardo, prive di un collegamento l'una con l'altra, anche se interessano vari settori, senza una programmazione ed una sinergia che evidenziano una forte contraddizione tra quanto promesso dal Governo Berlusconi durante l'ultima campagna elettorale e la politica economica e fiscale che sta invece attuando. Questa è la contraddizione che notiamo nel decreto-legge al nostro esame! Tutte queste misure che, come dicevamo prima, interessano vari settori dell'economia, se in alcuni casi, prese da sole, possono anche essere considerate in modo positivo, nel complesso, proprio perché mancano un collegamento tra di loro ed una programmazione che possano appunto fare in modo che si possa avere un rilancio, anche a medio termine, della nostra economia, si presentano insufficienti, perché affiancate da altre norme notevolmente negative.
Pertanto, con il decreto-legge in discussione assolutamente non riusciamo a notare un aumento della produttività per il nostro Paese, non vediamo un rilancio per i comuni, non notiamo un miglioramento delle famiglie, soprattutto di quelle disagiate che non riescono più ad arrivare allaPag. 99fine del mese e di quelle a basso reddito. Non si riesce ad avere una giustizia che sia veloce, sicura e giusta. Devo anzi dire che il percorso della politica economica tracciato in questo decreto determina un aumento della pressione fiscale. Nel decreto-legge notiamo soprattutto questo elemento, perché si ha una riduzione delle spese in conto capitale anziché di quelle in conto corrente. Tutto ciò determina una notevole difficoltà soprattutto per gli enti locali, i quali a questo punto si trovano di fronte ad un bivio: o aumentano loro stessi la pressione fiscale, o riducono i servizi ai cittadini (quei servizi che il Governo Berlusconi, durante l'ultima campagna elettorale, aveva promesso di incentivare in modo notevole)!
Certamente con questa manovra non avremo, quindi, un aumento dei servizi e non vedremo ridurre il precariato, piuttosto vedremo nascere altro precariato ed altre persone che si illuderanno di aver trovato un posto di lavoro, si formeranno una famiglia e alla fine si potranno trovare in mezzo ad una strada. Per non parlare poi della sanità e della scuola, i cui tagli determineranno una netta riduzione della qualità dei servizi che queste due istituzioni fondamentali per la nostra nazione dovrebbero assicurare.
Siamo convinti, per esempio, entrando un po' più nel merito del provvedimento, che anche la Robin tax, di cui il Governo sta facendo una grande bandiera elettorale, andrà a finire contro i cittadini. Saranno i cittadini - ne motiveremo le ragioni - alla fine a pagare questa Robin tax. Infatti, si tratta di una tassa che, come stamattina ha affermato il Ministro, potrà produrre ben quattro miliardi di entrate a favore dello Stato, ma di cui solo 250, 260 milioni saranno invece erogati alle classi sociali deboli.
Tuttavia, dobbiamo ricordare che l'aumento delle addizionali IRES graverà sulle banche, sugli operatori del settore energetico, degli idrocarburi liquidi e gassosi e dell'energia elettrica ma sarà anche a danno di cittadini e ne spiegheremo i motivi. Riteniamo che tali società faranno in modo che i cittadini dovranno pagare tali imposte attraverso le bollette e probabilmente in questo momento, mentre noi stiamo parlando, ciò sta già accadendo, perché l'Authority che dovrebbe controllare - cui lo Stato ha chiesto di controllare - non ha nemmeno i poteri e soprattutto perché ci troviamo di fronte a società che hanno investito in capitali perché sapevano che avrebbero investito in un settore in cui i prezzi, per quanto concorrenziali, sono liberi e certamente non sono amministrati e né tantomeno controllabili. Inoltre, si può anche affermare che si tratta di un prodotto la cui variazione del prezzo dipende anche da fattori esterni. Ecco perché lo Stato e l'Authority in sua vece non riuscirà mai a controllare tutto ciò.
Teniamo presente che molte di queste società, tra l'altro, sono rappresentate nella maggior parte delle loro azioni, in una grande percentuale dallo Stato. Pertanto, in conclusione sono delle società pubbliche e dunque siamo convinti che anche per tale motivo, nonché per gli altri addotti in precedenza, anche la Robin tax sarà pagata dai nostri cittadini.
Il Governo ha previsto un tasso di inflazione programmato dell'1,7 per cento contro quello effettivo del 3,4 (addirittura al di sotto di quello reale e di quello europeo pari al 3,4). All'inflazione programmata, come è noto, fanno riferimento gli aumento contrattuali e l'adeguamento delle pensioni. Pertanto, vi sarà ancora di più una riduzione del potere d'acquisto dei salari e degli stipendi.
Per non parlare della sanità. È prevista, addirittura nel corso di due anni, nel 2010, una riduzione di trasferimenti di fondi dallo Stato alle regioni di due miliardi per arrivare a ben tre miliardi nel 2011. Tutto ciò chiaramente sarà pagato attraverso una riduzione dei servizi sempre dai cittadini e teniamo a mente che stiamo parlando di un settore che rappresenta forse il momento vitale per la salute dei nostri cittadini.
Inoltre, nel decreto-legge in esame è prevista la privatizzazione dei servizi pubblici locali ma nulla si fa per controllare che tale privatizzazione avvenga attraversoPag. 100dei meccanismi di trasparenza. Addirittura, un emendamento presentato dal Governo ha fatto in modo che si possano concedere in affidamento e direttamente alle società in house tali privatizzazioni. Cerchiamo di non creare dei nuovi carrozzoni politici e certamente in un momento di tagli dei costi della pubblica amministrazione non ci possiamo permettere di creare altre situazioni in cui tante persone vanno a guadagnarsi soltanto lo stipendio a fine mese.
Ritornando al concetto espresso in precedenza, devo affermare che forse effettivamente qualche cosa di buono possiamo notare nel decreto-legge in esame. Forse, la semplificazione delle procedure amministrative, ma si trattava di un atto che già il Governo Prodi aveva iniziato e su tale punto l'Italia dei Valori è d'accordo perché effettivamente le leggi italiane sono come le scatole cinesi. Infatti, da una legge si deve risalire ad un'altra legge e ancora ad un'altra ma è molto difficile alla fine venirne a capo e perciò questa è una di quelle condizioni che forse prese da sé possono essere utili, ma si inseriscono in un contesto in cui rappresentano una grande negatività.
Abbiamo fatto un passo indietro sul tema del lavoro; con le nuove regole aumenterà in misura maggiore il precariato: quelle persone, come dicevo prima, che sono precarie e che pensavano di aver ottenuto un posto di lavoro stabile si potranno trovare di nuovo in mezzo alla strada. Sono degli interventi che partono quasi in via sperimentale, rivolti a determinati settori e a determinate aree geografiche, che hanno un orizzonte temporale limitato e, come tali, in un qualunque momento possono essere revocati e, pertanto, possono determinare un aumento del numero dei precari e di giovani che si vedono ancora una volta una spada di Damocle sulla loro testa.
Devo ammettere che forse uno degli unici punti su cui il Governo ha le idee chiare in questo decreto-legge è quello dell'energia, su cui però assolutamente non ci troviamo d'accordo. Infatti, noi dell'Italia dei Valori riteniamo che questo sia uno dei settori in cui maggiormente bisogna pensare alla salute dei cittadini e alla sicurezza degli stessi. Siamo convinti che in questo momento il nucleare non possa essere la risoluzione del problema dell'energia, anche perché con i reattori di terza generazione non ci sentiamo tranquilli. Ci vuole ancora altro tempo per arrivare a quelli di quarta generazione e dobbiamo rivolgerci, per quanto ci riguarda, ad altre fonti di approvvigionamento e ad altre fonti alternative.
Questo decreto-legge propone di ridurre progressivamente l'indebitamento e vuole raggiungere un traguardo: quello di arrivare al rapporto debito pubblico-PIL nel 2011 al 97,2 per cento, scendendo quindi al di sotto di quel valore di 100 che, psicologicamente, potrebbe essere importante. Ci stiamo chiedendo in che modo il Governo vuole fare questo e dove troviamo in questo decreto-legge una programmazione attraverso la quale raggiungere questa riduzione del debito pubblico. Assolutamente non la troviamo da nessuna parte. Vediamo solamente delle contraddizioni e delle incongruenze che sono chiare e palesi in questo decreto-legge.
Prendiamo, ad esempio, l'articolo 10 del decreto-legge ove si parla di promuovere interventi infrastrutturali: abbiamo dimenticato che, non più tardi di un mese fa, questo stesso Governo, pur di mantenere una promessa elettorale populista per esonerare i cittadini dal pagamento dell'ICI, ha ridotto le infrastrutture soprattutto nel sud? In Calabria, in Sicilia e in Campania probabilmente non esisteranno più infrastrutture e ci si permette, nel decreto-legge, di parlare di aggiornamento e di interventi sulle infrastrutture?
Sono inserite delle norme che a pioggia vorrebbero migliorare la giustizia. Noi abbiamo bisogno veramente di una regolamentazione organica del sistema della giustizia e certamente non delle norme contenute in questo decreto-legge. Per avere una giustizia più veloce, più sicura e con una certezza della pena è necessaria una regolamentazione che però non sia condotta attraverso conflitti di interesse.Pag. 101
All'articolo 63 si parla, è vero, di un aumento di 90 milioni di euro per le missioni internazionali. Poco fa ho sentito - mi dispiace che non sia qui in Aula - il collega Marsilio del Popolo della Libertà che parlava della grande visibilità che abbiamo ormai all'estero con riferimento alle nostre missioni. Tuttavia, ci rendiamo conto che, se all'articolo 63 è previsto un aumento di 90 milioni di euro, all'articolo 65, è prevista una riduzione del 7 per cento per il 2009 e addirittura del 40 per cento delle spese per le forze armate a decorrere dall'anno 2010? Parliamo del 40 per cento.
Avrei voluto che il collega Marsilio oggi fosse stato presente in Commissione difesa durante l'audizione - anzi lo invito ad andare ad ascoltare l'audizione - dove abbiamo ascoltato il Capo di Stato maggiore delle forze armate che, in modo veramente passionale, ha posto una domanda alla Commissione. Egli ha chiesto, con riferimento alle forze armate, cui questo Governo sta continuando a chiedere ulteriori sacrifici e, addirittura, di assolvere compiti che non competono loro anche sul territorio nazionale ...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

AMERICO PORFIDIA. Concludo, signor Presidente ... di sapere qual è l'obiettivo di questa amministrazione e di questo Governo.
Notiamo quindi una palese contraddizione in questo decreto-legge per la presenza di norme fatte a raffica. Questo decreto-legge certamente non ha una programmazione, sa di campagna elettorale e ancora di populismo: fatto sta che non è previsto nulla per le famiglie in difficoltà. Ormai è chiaro che gli stipendi e i salari non permettono di giungere a fine mese, anzi sempre più ogni giorno si legge sui giornali che gli acquisti dei beni, soprattutto quelli essenziali, addirittura primari, quelli alimentari, si vanno sempre più riducendo.
Da questo decreto-legge si evince chiaramente che non si può avere uno sviluppo delle imprese, della produttività dell'agricoltura e del turismo. È semplice quello che sta facendo il Governo: sta tagliando, taglia ovunque, ma certamente non c'è una programmazione. Questo Governo Berlusconi sta dimostrando di voler pensare solamente a fare delle leggi ambigue, ad personam, con un conflitto di interessi, ma soprattutto contro l'interesse nazionale (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gozi. Ne ha facoltà.

SANDRO GOZI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei tornare brevemente su alcuni punti sollevati questa mattina dal Ministro Tremonti. Egli ha parlato di Agenda di Lisbona, si è attribuito addirittura il merito di fare in modo che il nostro sia tra i primi Paesi ad attuare una vera Agenda di Lisbona interna. La manovra, al contrario, non si inserisce nel più ampio orizzonte delineato in sede europea con la strategia di Lisbona, con particolare riguardo alle questione sociali, allo sviluppo della conoscenza, della ricerca, della competitività, così come quello delle pari opportunità. Con questa manovra, infatti, si opera un allontanamento dagli standard indicati da Lisbona e dai risultati concreti da raggiungere entro il 2010, ma tornerò su questo punto.
Sempre questa mattina il Ministro ha poi parlato di fondi europei, di maggiore concentrazione comunitaria, di grandi opere anziché di microinterventi. Tutto bene, ma ha tralasciato un particolare di non poco conto. Certamente, come diceva, la programmazione la decide lo Stato, ma solamente se il cofinanziamento è nazionale; la decidono le regioni, invece, se il cofinanziamento è regionale, sempre in base ad una logica comunitaria, ma nel rispetto dell'autonomia regionale, un'autonomia che il Ministro sembra invece voler ignorare. Non vorrei che il Ministro Tremonti dovesse litigare con il presidente Formigoni anche su questo punto.
Insomma, il testo che proponete è negativo, come vari colleghi hanno evidenziato.Pag. 102Il contesto politico in cui lo collocate è ancora peggiore, e su questo aspetto vorrei soffermarmi. Per nascondere la vostra impotenza e incapacità ad incidere veramente, state cercando nuovi nemici esterni: la globalizzazione, l'Europa, la Banca centrale europea. Scoprite solo oggi alcuni guasti della globalizzazione e volete usarli a vostro beneficio. Quando avvertite che la globalizzazione fa paura ad un numero crescente di persone, agitate l'icona di uno Stato forte e di una politica autorevole e protezionistica che comandi sull'economia. Dimenticate cioè all'improvviso di appartenere ad una parte politica che ha fatto dello slogan: «affamare la bestia» (per bestia intendendo lo Stato) un cavallo di battaglia. Lo Stato sociale è stato sempre per voi uno spreco da eliminare. Così ignorate, ancora oggi, e non fate nulla contro le scandalose distanze fra ricchi e poveri all'interno dei Paesi, crescenti in Italia.
Il Ministro Tremonti afferma spesso, in Aula e nei suoi libri, che, per combattere questa deriva, lo cito, «serve una visione della vita che non sia materiale». Oggi si è riferito al federalismo, certamente necessario, ma non ci ha spiegato però neppure questa mattina come lo spiritualismo di cui parla nei sui libri e il federalismo di cui parla in Aula e che propone possano restituire a salari e pensioni quei 100 miliardi di euro che, in Italia, negli ultimi otto anni, sono stati sottratti per una redistribuzione iniqua del reddito che noi vogliamo riequilibrare e che avevamo iniziato a fare con il nostro Governo.
Ha parlato sempre di federalismo, il Ministro Tremonti, ed ha detto che non ci sarà un referendum sul federalismo. Si sbaglia: il federalismo fiscale non sarà semplicemente una legge tributaria, sarà una legge sulle finanze pubbliche e quindi sarà certamente difficile evitare, se fosse necessario, il referendum. Peraltro, la base da cui sembrate partire, in particolare la perequazione orizzontale, prefigura un sistema che non è federale, ma confederale, vale a dire mina le basi della coesione nazionale e sociale del Paese, rendendo così dannosa e pericolosa anche una riforma necessaria.
L'altro vostro nemico preferito è la Banca centrale europea, l'avete citata molto in questi giorni. Anche su questo sbagliate analisi e proposta.
Non si tratta di mettere in dubbio l'indipendenza della Banca centrale europea, che deve rimanere un punto fermo della politica monetaria europea, ma di affrontare le esigenze reali di politica economica. C'è effettivamente una questione irrisolta in Europa, anche dopo il Trattato di Lisbona: il governo economico e sociale attorno all'euro. L'Europa di oggi è asimmetrica, con una politica monetaria centralizzata e una serie di politiche nazionali non integrate, che non incidono effettivamente sull'economia. Causa dell'assenza di un governo europeo delle scelte, i Governi nazionali non hanno ancora saputo recuperare collettivamente, a livello europeo, quei margini di manovra ormai perduti a livello nazionale. Il re nazionale è nudo, ma nessuno ha il coraggio di trarne tutte le conseguenze, recuperando in chiave europea una sovranità nazionale ormai perduta: per quanto tempo potremo permettercelo?
Tuttavia, la risposta non consiste nell'attaccare la Banca centrale europea o l'unione monetaria, come fate voi ogni giorno; occorre, invece, correggere tale asimmetria, rafforzando il coordinamento delle politiche economiche e la convergenza progressiva delle principali scelte finanziarie. Occorre cioè rafforzare le istituzioni e le politiche europee e costruire una nuova governance multilaterale, riformando e superando istituzioni e strumenti concepiti nel 1945 o negli anni Settanta, del tutto inadeguati a governare le nuove sfide e a dare alla politica la possibilità di incidere, anziché rincorrere, o limitarsi ad osservare, gli eventi globali.
Sul piano politico, tuttavia, la risposta protezionistica alle ansie del nostro tempo crea un alibi formidabile a chi, come voi, per timore od opportunismo, preferisce sottrarsi alla sfida della globalizzazione, dell'apertura dei mercati e della competitività,Pag. 103ed offre una prospettiva di ripiegamento e di rinuncia alla spinta verso la modernizzazione, che oggi, invece, è la grande missione e la grande sfida da svolgere nel nostro Paese. Dunque, mentre è velleitario ed illusorio rinchiudersi nelle piccole patrie nazionali, è in Europa che bisogna combattere per democratizzare la globalizzazione.
Spetta invece allo Stato - questa volta sì - al nostro Stato nazionale, rendere competitivo il sistema Italia, facendo davvero, finalmente, le riforme che tutti sappiamo devono essere fatte: liberalizzare, abbattere le rendite, semplificare e valutare meglio le pubbliche amministrazioni, introdurre criteri meritocratici nell'istruzione superiore, in quella universitaria e nella ricerca, ridurre il peso delle amministrazioni pubbliche, semplificare la vita dei cittadini e delle imprese, nonché realizzare le infrastrutture indispensabili e, per questa via, realizzare una giustizia sociale fondata sull'uguaglianza delle opportunità e sui meriti. Questa responsabilità non può essere scaricata sull'Europa, come sembra suggerire il Ministro Tremonti, ma spetta a noi. Invece voi, con questa manovra, state proponendo esattamente il contrario.
Siete molto lontani anche dalla strategia di Lisbona; basti pensare ai tagli alle università, alle incoerenze con la strategia europea di competitività e all'insufficienza del vostro programma sulla semplificazione, il cosiddetto taglia-leggi.
Dall'Europa, inoltre, continuano, a causa vostra, a piovere le condanne al nostro Paese. Oggi l'IVA, ma anche le Poste italiane: tutti lasciti negativi della vostra precedente gestione; condanne di oggi in attesa che arriveranno quelle di domani legate al testo in esame. Penso all'articolo 37 del decreto-legge che stiamo esaminando rubricato: «Certificazioni e prestazioni sanitarie», che ha l'effetto paradossale di prevedere che i cittadini dell'Unione possano subire un trattamento sanitario meno favorevole rispetto agli extracomunitari, all'articolo 20 che restringe l'accesso dei cittadini comunitari agli assegni sociali, in chiaro contrasto con i diritti fondamentali e con la direttiva sulla libera circolazione dei cittadini comunitari o all'articolo 83, relativo agli autotrasporti.
Le vostre costanti sono quindi: ignorare le prerogative parlamentari, strumentalizzare l'Europa, cercare nuovi capri espiatori per nascondere le vostre incapacità. Prima, infatti, rovesciavate tutto sul centrosinistra, poi su Bruxelles, ora addirittura sul resto del mondo, agitando demoni globali. Dobbiamo certamente lottare contro gli effetti negativi della globalizzazione, dobbiamo certamente costruire una nuova governance globale, dobbiamo finalmente avviare le riforme interne necessarie per attrezzarci a farlo, ma la vostra politica non risponde a nessuna di queste necessità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Narducci. Ne ha facoltà.

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, di fronte alla profonda crisi che sta vivendo il nostro Paese questa mattina, il Ministro Tremonti ha difeso a spada tratta la decretazione d'urgenza, l'impianto triennale della manovra, lo stravolgimento delle procedure parlamentari e ha riconosciuto che il Paese è in profonda sofferenza. Il Ministro ha concluso il suo intervento chiedendo il sostegno del Parlamento e affermando enfaticamente che il testo sottoposto alla discussione generale è il frutto del lavoro svolto dalle Commissioni con alcune marginali modifiche.
Ebbene, che il nostro sistema economico e produttivo sia in stato altamente febbrile è inoppugnabile. La produzione industriale relativa al mese di maggio, infatti, è andata peggio di quanto ci si aspettasse, i dati certificati dalla Confcommercio dicono che la crisi dei consumi è profonda, strutturale e tocca pesantemente tutti i settori con ampie ricadute sulla produzione industriale. L'andamento negativo della stagione dei saldi, con un crollo stimato al 15 per cento, oltre a confermare che la coperta è sempre piùPag. 104stretta, evidenzia che al commercio viene a mancare la tradizionale boccata d'ossigeno costituita dai saldi e che aumenterà ancora il trend della cessazione delle attività commerciali che già in questo primo semestre registra una forte impennata.
Moltissime famiglie sono alle prese con problemi finanziari, soprattutto per far fronte alle spese primarie e all'aumento del costo del mutuo della casa.
Davanti a questa situazione allarmante, per gli interessi dell'Italia sarebbe stato auspicabile un più ampio dibattito tra le forze politiche, soprattutto sul metodo e sulla ricetta proposta per curare il paziente. E, invece, soltanto le proteste dell'opposizione hanno consentito di strappare qualche giorno di confronto in più per discutere una manovra che si è rivelata, già nella sua genesi, frettolosa e poco avveduta tanto da indurre la maggioranza e il Governo stesso ad intervenire in corsa con numerosi emendamenti e con la questione di fiducia largamente anticipata sotto il segno dell'emergenza.
Vorrei ricordare a tutti, signor Presidente ed onorevoli colleghi, che la situazione finanziaria in cui si trovò ad operare il Governo Prodi nel 2006 non era costellata di rose e di fiori. Vi erano un debito pubblico in crescita, la minaccia della procedura d'infrazione da parte dell'Unione europea a causa dell'elevato deficit sul PIL, l'emergenza salari e l'esigenza fondamentale di rilanciare la crescita del nostro sistema economico.
Allora, credo che non si possano dimenticare in fretta gli attacchi durissimi che furono rivolti al Presidente Prodi e al suo Ministro dell'economia e delle finanze per la manovra messa in campo al fine di contrastare il declino del Paese e ridare fiato alle imprese. Roma fu tappezzata di manifesti irridenti che accusavano il Capo del Governo di mettere le mani nelle tasche degli italiani. Ma cosa fa con questa manovra il Governo Berlusconi? Forse diminuisce la pressione fiscale? Assolutamente no, anzi l'aumenta per cercare di raggiungere l'obiettivo del pareggio del bilancio entro il 2011, un obiettivo condivisibile che lo stesso Ministro Padoa Schioppa aveva tenacemente perseguito. L'allora opposizione, ora maggioranza di Governo, si oppose duramente ad ogni forma di liberalizzazione, difendendo interessi corporativi e unendo i propri leader alle categorie che protestavano avanti alla sede del Governo.
Il decreto-legge n. 112 si propone di rilanciare lo sviluppo economico, la competitività e la perequazione tributaria. Tuttavia, i pesantissimi tagli lineari che saranno operati su tutti i settori della vita economica del nostro Paese (dalla sicurezza alla sanità, dalla scuola agli enti locali, dall'università alla politica estera, dalla ricerca scientifica alla difesa, dalla cooperazione allo sviluppo e alle politiche sociali) deprimono ulteriormente ed irreparabilmente la fiducia dei nostri cittadini nelle istituzioni e nella loro capacità di affrontare con equilibrio l'emergenza economica.
Lo riprovano le manifestazioni di protesta che si stanno preannunciando, dalle forze di polizia fino alle molteplici categorie del precariato. Riteniamo che si potesse elaborare una manovra più equilibrata e prociclica in alcuni settori che dovrebbero dare impulso alla ripresa del nostro sistema economico.
Non si capisce, a fronte delle esigenze evidenziate dal Ministro Tremonti questa mattina, come si possa mettere d'accordo il fuoco che ha ispirato tagli così pesanti per reperire risorse e la fretta con cui si è proceduto all'abolizione della parte residua dell'ICI per quei nuclei familiari che, per di più, avrebbero goduto dell'ulteriore riduzione introdotta dal Governo Prodi e che sono in grado di pagare la parte restante. È stato detto da parte della maggioranza che si tratta di una manovra a «costo zero», ma, a parte i problemi di copertura che fino all'ultimo momento hanno posto interrogativi sul rispetto delle regole vigenti, il «costo zero» è stato ottenuto procedendo di nuovo a tagli gravosi di provvedimenti già approvati da leggi varate.
Che fretta c'era, soprattutto in un quadro di grande incertezza economica, di abolire uno dei pochi strumenti di federalismoPag. 105fiscale esistenti in Italia? Il Ministro Tremonti ha sfiorato questa mattina il tema del federalismo fiscale, un tema caldo che, in questi giorni, infiamma il dibattito tutto interno alla maggioranza di Governo. Ciò che temo è che, dietro le eclatanti promesse di un federalismo mansueto, si celi una prima forma di destrutturazione dei livelli di solidarietà nel nostro Paese che si evolverà, legge finanziaria dopo legge finanziaria, in un sempre più ridotto intervento perequativo da parte dello Stato centrale e in un sempre più marcato abbandono dei cittadini delle regioni più povere al loro destino di indigenza.
Pur essendo un convinto sostenitore del federalismo - vivo da trentacinque anni in Svizzera, dove vige una delle forme più antiche di federalismo -, vorrei ricordare al Ministro Tremonti che spesso il Leviatano, il mostro burocratico di hobbesiana memoria, è assiso sul campanile. Nelle regioni ove i cittadini sono soffocati dalla delinquenza organizzata e dall'inefficienza delle istituzioni, la dipartita dello Stato centrale rischia di aumentare il grado di asservimento della popolazione civile alle consorterie criminali, che già adesso si accreditano come le uniche fonti di sostentamento per gli abitanti di alcune porzioni del territorio nazionale. Con ciò intendo richiamare, dunque, l'attenzione di tutti sul processo di costruzione del federalismo fiscale.
Che la crisi finanziaria sorta dal «pasticcio» dei mutui subprime americani abbia ormai assunto proporzioni pandemiche, investendo l'economia internazionale, è un dato incontestabile. Che su questo incendio, già di per sé incontrollabile, aliti anche un vento perenne di stagflazione, un mix micidiale di crescita dei prezzi e riduzione del reddito, alimentato dal caro greggio, è certo sotto gli occhi di tutti. Ci si interroga, allora, sull'adeguatezza della risposta del Governo.
Non si possono, certo, pretendere miracoli, ma un impegno utile per fronteggiare una situazione che inevitabilmente acquisirà lo stato di sofferenza e di indigenza di molti nostri connazionali è possibile e va preteso.
Mentre gli interventi di solidarietà si risolvono nella Robin tax e in poche altre misure di dubbia efficacia, il provvedimento contiene ben più perniciose azioni di decostruzione e smontaggio dei diritti tradizionalmente riservati ai lavoratori dipendenti. Dietro le misure di semplificazione degli adempimenti in materia di lavoro dipendente, si nascondono sostanziali riduzioni dell'impianto sanzionatorio a carico degli imprenditori che assumono in nero e, quindi, un incentivo al lavoro sommerso contro il quale il precedente Governo aveva impostato una parte importante della propria politica economica.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FRANCO NARDUCCI. Concludo, signor Presidente. Ritengo che stiamo dimenticando il principio di solidarietà, tanto caro a Giorgio La Pira nell'ispirare l'articolo 2 della Costituzione. Procedo velocemente e chiederò la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
Oggi più che mai, per affrontare le sfide che ci attendono a livello internazionale, abbiamo bisogno di difendere la ricerca scientifica, progettando i meccanismi indispensabili affinché la dinamica culturale tra innovazione e conservazione consenta agli uomini di cooperare sempre meglio con l'ambiente in cui vivono.
Bisogna tagliare, ed allora chiudiamo i consolati - come fa il Governo - anche se l'accorpamento aumenterà la spesa immediata legata ai costi di riposizionamento delle strutture, come nel caso di Berna.
Ma tagliare per abbattere i costi, senza chiedersi quale sviluppo prospettico precludiamo, non credo sia proficuo. Come può lo Stato seguire passo passo quelle piccole e medie imprese accompagnandole alla conquista del mondo, se le istituzioni competenti non hanno i finanziamenti necessari per offrire il supporto più elementare che le rappresentanze dell'Italia dovrebbero e devono dare? Appare, allora,Pag. 106evidente la discrasia tra le finalità di sviluppo della competitività enunciate nel titolo del decreto-legge e gli effetti negativi della destrutturazione della nostra rete di presenze all'estero. Evidentemente, non riusciremo a contribuire alla realizzazione del vantaggio competitivo necessario oggi al nostro Paese.
In tempi in cui bisogna affrontare la crisi economica con il rigore dei provvedimenti è bene ricordarsi che nella rigidità dell'inverno forse è meglio non tosare sempre le stesse pecore.
Credo che il bilancio del Ministero degli affari esteri sia quello che solitamente viene tosato. Vale a dire che, alla fine, sono sempre i più deboli a pagarne le spese, anche se si vuol far credere il contrario. La grande comunità italiana residente ovunque nel mondo subisce un duro colpo da questo provvedimento, ma non si rassegna all'incapacità di un Governo di vederli parte importante e attiva del nostro sistema Paese. Con molta probabilità, le previsioni fosche sull'andamento stagionale del turismo in Italia, che i media ci propinano con feroce regolarità, saranno ancora una volta attenuate dalla fedeltà di tantissimi connazionali, che di anno in anno alimentano il flusso del turismo di ritorno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Narducci, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Ventucci. Ne ha facoltà.

COSIMO VENTUCCI. Signor Presidente, colleghi, il recupero del potere d'acquisto di salari e pensioni e, quindi, la stabilità dei prezzi è l'obiettivo primario dell'azione dei Governi, ancor più incisivo quando ci si trovi in un contesto congiunturale come l'attuale, che si sviluppa a livello internazionale e che potrebbe estendersi anche al primo semestre del 2009, con il pericolo di trasferire sulle famiglie i costi dell'inflazione e le esigenze di riequilibrio del bilancio pubblico.
Aggiungiamo che gli squilibri, le mancate scelte e i ritardi accumulatisi in quest'ultimo ventennio hanno generato, oltre il dissesto enorme dei conti pubblici, anche un deterioramento della pubblica amministrazione, del tutto insufficiente nella gestione della cosa pubblica.
Inoltre, la crisi finanziaria del 2007, innescata da speculazioni avventate a livello internazionale, ricade soprattutto sul comparto delle piccole e medie imprese, che a loro volta trovano difficoltà nell'accesso al credito e rallentano la loro partecipazione nella competitività e produttività, sebbene il buon andamento delle esportazioni abbia evitato fino ad ora che la flessione della domanda interna si traduca in recessione.
Questi brevi cenni sui quotidiani e le partecipazioni ai lavori nelle Commissioni riunite inducono a constatare, nella prassi consolidata della discussione politica, che ciascuno ritiene di possedere alcune verità, spesso supportate da un'etica autoreferenziale, che legittima la convinzione della giustezza delle proprie tesi.
Nell'occasione, è parte del nostro bagaglio culturale lo stantio ricordo dei grandi pensatori, noti più come fonti di citazione che per l'approfondimento di tutte le loro ricerche e conclusioni.
Ed allora si sviluppa una discussione dove primeggia il divenire della contrapposizione hegeliana, dell'io di Fichte, o, per restare al nostro tema, pur di contrastare le tesi dell'onorevole Tremonti, si fa riferimento a Colbert, un amministratore settecentesco odiato e non certo un economista di rango, per tacciare il Ministro di neostatalismo, che contrasta con il suo liberismo, tanto per annoverarlo tra i cultori di una filosofia economica eclettica, così come ritiene l'onorevole Tabacci. Manca solo che lo si accomuni alla crematistica dell'Etica a Nicomaco ed abbiamo sistemato il Ministro dell'economia e delle finanze.Pag. 107
Auspichiamo, invece, da parte nostra, che egli vada avanti nella strada intrapresa per il risanamento.
In tale contesto è tuttavia stucchevole ascoltare la difesa di alcuni potentati economici da parte dell'opposizione, che ha sempre tratto la propria forza politica da una presunta difesa dei più deboli; o mores! direbbe qualcuno. È un pessimo segnale se si considera che l'Italia deve uscire dall'emergenza ed ha assoluto bisogno di una legislatura costituente, realizzabile solo con uno stretto dialogo nell'intero Parlamento e non certo in una continua e sterile contrapposizione di principi. Il Ministro Tremonti, questa mattina, ci ricordava che dal marzo del 2008 in sede europea il Governo Prodi presentò la relazione unificata sull'economia e la finanza pubblica impegnando il nostro Paese al pareggio di bilancio nel 2011 (impegno che l'attuale Governo intende mantenere con la manovra lorda sul triennio 2009-2011 di circa 35 miliardi di euro, di cui 25 per la correzione del deficit). Un atto sostanziale per tale obiettivo è l'attuale decreto-legge n. 112 del 2008, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria. La discussione odierna, infatti, riguarda l'esame generale del provvedimento che può dispiegarsi sotto un duplice aspetto: uno di carattere formale, riguardando la scelta dell'intervento di legislazione di bilancio e l'altro di merito, concernente la verifica della coerenza fra le decisioni di politica economica assunte e gli obiettivi di finanza pubblica dichiarati nel Documento di programmazione economico-finanziaria del triennio 2009-2011. In ordine al primo profilo, è evidente che il provvedimento propone una soluzione originale destinata ad assicurare l'affinità della continuità dei bilanci statali di gestione e denuncia l'insufficienza di una programmazione economica e finanziaria basata su un triennio. Mi riferisco al fatto che in un unico corpus juris il bilancio affronta per la prima volta, e a metà gestione, la necessità di correggere i dati contabili del 2008 non più allineati a nuove esigenze economiche derivanti dai riflessi negativi nell'aria euro dalle varie crisi manifestatesi nell'economia globale del 2007 e di porre nel 2009 le misure cardine di contenimento della spesa pubblica. È quindi abbandonata la pratica della legislazione di bilancio di limitarsi a correggere soltanto i dati contabili che risultano alterati dall'esito negativo della trimestrale di cassa.

PRESIDENTE. Invito i colleghi a fare meno capannelli e a prestare più attenzione all'oratore che parla.

COSIMO VENTUCCI. Per altro verso, l'innovazione riguarda l'insufficienza della programmazione triennale a far sì che il bilancio di gestione rappresenti anche fatti economici generali sull'andamento dell'economia globale ma la cui incidenza nell'economia interna si verifica nel corso di gestione. In proposito vale il rilievo che l'attività gestioni statali sono assimilabili e quelli di una holding nei quali tuttavia si pratica un bilancio di gestione come quota parte di una programmazione economica in genere quinquennale. È certamente vero che la qualità dell'intervento legislativo è stata facilitata anche dagli sconvolgimenti economici importati nell'area euro per l'effetto congiunto nel mercato globale sia della dinamica dell'aumento dei prezzi delle materie prime e dei prodotti petroliferi sia dalla crisi finanziarie tuttora di incerta estimazione generata dai mutui subprime statunitensi. È vero anche che l'immediata incidenza dei mercati finanziari asiatici e le crisi del dollaro non potevano non alterare il rapporto di cambio con l'euro. Nel 2007 la Banca centrale europea ha innalzato per due volte il tasso di sconto, con l'effetto di produrre nell'economia nazionale e comunitaria un sicuro allontanamento della crescita del Prodotto interno lordo e conseguentemente una contrazione generalizzata dei consumi interni. Si tratta di fenomeni che si producono a livello macroeconomico ma i cui riflessi devono considerarsi attesi nell'economia nazionale ove possono essere governati in maniera anticipata e nonPag. 108anche susseguente. In sostanza, gioca un ruolo fondamentale la capacità del governanti di prevedere le contromisure economiche in un quadro di più ampio respiro programmatico. Sotto tale profilo, il giudizio sul provvedimento non può essere tratto dal solo esame complessivo delle proposte economiche previste ma deve rilevarsi stabilendosi se sono credibili e coerenti con l'obiettivo finale del pareggio di bilancio nell'esercizio del 2011, che è il vincolo inderogabile comunitario. Il Governo si propone di ridurre nel biennio 2008-2009 l'indebitamento netto di 4,5 punti percentuali del PIL su un totale complessivo 5,6 punti percentuali e nel biennio 2010-2011 il rapporto debito-PIL di 5,5 punti percentuali su un totale complessivo di circa 7 punti percentuali. In concreto, se si esclude la maggiore tassazione dei profitti speculativi realizzati da taluni soggetti, come banche, petrolieri e assicurazioni, le cui entrate sono peraltro destinate in massima parte ad un Fondo di solidarietà sociale, la riduzione immediata dell'indebitamento netto si ottiene mediante misure di contenimento della spesa pubblica a costo zero e a parità di servizi resi ai cittadini.
Tale risultato è ottenuto non riclassificando, ma riqualificando la spesa pubblica, nel senso che si rende economicamente utile la spesa per i bisogni collettivi, disincentivando quella inutile mediante la semplificazione delle procedure amministrative. Ad esempio, l'eliminazione di obblighi informativi non richiesti da direttive comunitarie, ma imposti da una normativa interna eccessivamente tutoristica e, comunque, alternatrice del rapporto fiduciario con l'utente, produce un duplice risparmio di spesa: quello diretto, per l'inutilmente obbligato e quello indiretto, per l'amministrazione pubblica, che manca di costi gestionali, senza che l'azione amministrativa complessiva perda efficacia ed efficienza; il corso degli altri dati informativi obbligatoriamente trasmessi; il raddoppio della durata del periodo di validità della carta di identità riduce alla metà i costi derivanti dal pubblico rilascio o rinnovo; la conservazione su supporto soltanto informatico di una serie di documenti amministrativi elimina spesa cartacea; l'attribuzione della fede pubblica alle certificazioni ambientali o di qualità dei soggetti certificatori accreditati riduce la spesa di certificazione amministrativa.
Pertanto, rilevato che il provvedimento contiene altresì una serie di misure dirette a consentire la ripresa economica, non può non condividersi una linea di politica di bilancio fondata su tagli alla spesa pubblica inutile, le cui risorse economiche si impieghino per incentivare immediatamente lo sviluppo, con l'effetto di produrre negli anni seguenti maggiori redditi e, quindi, nuove risorse economiche a tassazione invariata, se non addirittura ridotta, da destinare essenzialmente alla riduzione del debito pubblico.
Infine, concludendo, mi corre l'obbligo di dare atto ai colleghi di maggioranza ma anche di opposizione, soprattutto per l'abnegazione e l'onestà intellettuale dei colleghi dell'opposizione che hanno svolto un lavoro veramente importante, democratico durante le sessioni anche notturne delle Commissioni V e VI, offrendo un notevole contributo alla discussione degli emendamenti tutti e, in particolare, di quelli importanti e complessi del Governo, in parte accolti. Tale lavoro è stato comunque riconosciuto dal Governo che ha predisposto il maxiemendamento per la preannunciata questione di fiducia, recependo il testo discusso nelle Commissioni riunite. La ringrazio, signor Presidente, e ringrazio anche gli onorevoli colleghi che mi hanno dato l'opportunità di anticipare il mio intervento (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà e di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Strizzolo. Ne ha facoltà.

IVANO STRIZZOLO. Signor Presidente, credo che il dibattito che si sta svolgendo questa sera in Assemblea, che fa seguito - ritengo di poterlo dire - ad un lavoro importante, costruttivo e rigoroso che tutti i colleghi dei gruppi di opposizione hanno svolto in precedenza in sede di CommissioniPag. 109riunite bilancio e finanze, non sia un mero e sterile esercizio verbale, ma sia il contributo doveroso che ciascuno di noi deve apportare quando si stanno affrontando passaggi, decisioni fondamentali per il nostro Paese, sia che questi siano posti su una corretta e positiva impostazione, ma a maggior ragione quando, come noi riteniamo in questo caso, si stiano per prendere decisioni che non vanno sicuramente nella direzione dell'interesse generale del Paese e, in particolare, delle comunità locali e delle categorie sociali più deboli.
Alcuni colleghi, non solo del Partito Democratico, ma mi riferisco in particolare a questi, in modo specifico al collega Baretta e al collega Fluvi, i nostri due rappresentanti di gruppo nelle due Commissioni, ma anche ad altri che hanno svolto riflessioni, hanno fatto bene a sottolineare e mettere in evidenza la gravità di ciò che sta accadendo, soprattutto per la forzatura e lo strappo che è stato perpetrato e consumato da parte del Governo, con l'impostazione di un rapporto sicuramente non corretto, non solo per quanto riguarda quello che è previsto dai Regolamenti parlamentari, in particolare dal Regolamento della Camera ma soprattutto per il modo di porsi del Governo con l'intera Assemblea e l'intera Camera dei deputati.
Infatti, questa forzatura non solo penalizza e tenta di comprimere l'impegno, lo stimolo e la capacità di elaborazione e di proposta dei gruppi di opposizione, ma ritengo che metta anche in difficoltà sicuramente diversi esponenti e diversi colleghi della maggioranza (poi farò qualche riferimento più specifico).
Si punta a fare una manovra finanziaria di questa portata, attraverso il metodo e il percorso della decretazione d'urgenza, inserendo poi progressivamente, come emendamenti, anche sostanziali riforme al percorso formativo della manovra di bilancio, andando così a mettere in discussione quei meccanismi che può darsi che siano per certi aspetti superati e che necessitino di un cambiamento, ma che sono quegli elementi, quelle norme e quelle regole che sono a presidio di una corretta formazione della volontà democratica e di un corretto svolgersi del confronto in quest'Aula. Quindi, questo è un aspetto che non va assolutamente dimenticato.
Ma certo, considerato - come è stato ricordato - che qualcuno si è vantato che in nove minuti e mezzo il Consiglio dei Ministri ha approvato, d'un colpo, questa manovra finanziaria, probabilmente non c'era da aspettarsi il rispetto delle regole, perché si è cercato comunque di forzare i tempi anche nei lavori delle Commissioni e dell'Assemblea, anche se devo riconoscere che i due presidenti di Commissione hanno avuto un atteggiamento responsabile nei confronti dei gruppi di opposizione e hanno probabilmente sofferto anch'essi, in parte, queste forzature portate avanti dal Governo, il quale ha continuato a sfornare emendamenti anche nel corso della famosa ultima notte, emendamenti che spesso erano anche in contraddizione con tanti proclami.
Però, tornando al tipo di rapporto, vi è quasi un senso di fastidio che si percepisce in questa Assemblea, nel lavoro di Commissione, nel confronto tra le forze politiche. Si vede questo percorso di confronto e di dibattito democratico quasi come un intralcio all'obiettivo che sta forse all'orizzonte e nella testa di qualcuno, il sogno dell'uomo solo al comando. Noi invece riteniamo che la democrazia sia partecipazione vera, sia confronto, sia dibattito. Poi, naturalmente, chi ha avuto la legittimazione popolare e chi ha la maggioranza deve assumersi le sue responsabilità e chi sta all'opposizione deve svolgere quel ruolo in maniera rigorosa, seria e costruttiva, avendo sempre presente il bene del Paese e l'interesse generale. Abbiamo percepito ciò anche in queste ore, siccome anche la giornata di oggi si è trascinata con un atteggiamento assolutamente inaccettabile da parte del Governo.
Riteniamo che per far fronte alla situazione di grande difficoltà che sta vivendo il Paese, ma soprattutto alcune categorie sociali, sarebbe stato più utile che il Governo avesse messo in campoPag. 110proposte che mettessero al centro un nuovo patto per lo sviluppo e per la crescita del Paese.
Ciò naturalmente significa avere l'umiltà, la pazienza e il sacrificio di sviluppare un dibattito e un confronto, non solo in quest'Aula, non sono in sede di Commissioni, ma anche con le parti sociali, con le rappresentanze economiche del nostro Paese, non per ripristinare antichi e superati riti consociativi, ma perché ritengo che perseguire come metodo il confronto e la concertazione, almeno sulle grandi scelte, non significhi fare passi indietro, ma anzi significhi tentare di mettere assieme le migliori energie del Paese per affrontare i problemi che abbiamo davanti. Nulla di tutto ciò, anzi si va avanti con un atteggiamento appunto di fastidio verso questi passaggi.
Consideriamo poi come si è proceduto con i tagli, in maniera assolutamente indiscriminata.
Non voglio mancare di rispetto a nessuno, ma anche in sede di Commissione ho espresso questa riflessione: per fare tagli indiscriminati, tagli lineari come si usa dire dal punto di vista tecnico, non serve un Governo, anzi una figura altamente significativa come quella del Ministro Tremonti è sprecata, perché basterebbe un medio e normale funzionario, un medio appartenente all'apparato burocratico dello Stato, per applicare un metodo di questo tipo.
Altro è invece recuperare la capacità da parte di un Governo di entrare nel merito delle questioni, di vedere dove è possibile recuperare gli sprechi, facendo una selezione degli interventi e riqualificando nel complesso la spesa pubblica. Certo, è un cammino faticoso, complesso e difficile, dove si rischia anche l'impopolarità. È il cammino che il Governo Prodi aveva cominciato ad intraprendere con alcune scelte coraggiose che avevano anche determinato una certa impopolarità per il Governo stesso. Recuperare la capacità di selezionare e di stabilire le priorità, significa avere capacità di Governo, capacità di svolgere la funzione politica fino in fondo.
In relazione ai tagli alla scuola e all'università si leggono notizie di agenzie che evidenziano alcune difficoltà anche interne alla maggioranza. Dal nord, dal Friuli Venezia Giulia che è la mia regione, in giù, fino alla Sicilia, in questi giorni si leggono prese di posizione di parlamentari, richieste di ordini del giorno e promesse di Ministri. Mi sembra ci sia un ordine del giorno nel quale il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Gelmini, si sarebbe impegnata a dire che nei prossimi anni si recupereranno i tagli perpetrati con questa manovra al comparto della pubblica istruzione, dell'università e della ricerca.

PRESIDENTE. Onorevole Strizzolo...

IVANO STRIZZOLO. Proseguo ancora qualche minuto, signor Presidente. Credo che lo sforzo che tutti dobbiamo fare, ciascuno con la posizione di responsabilità assegnatagli dagli elettori, sia proprio quello di recuperare la capacità di selezionare gli interventi.
È stato detto che il potere d'acquisto è diminuito e che c'è un impoverimento progressivo dei ceti medi. Cito solo un esempio: in queste ultimissime ore le quotazioni del greggio sono calate in maniera significativa. Mi chiedo se ci sia qualche idea del Governo per attivare - naturalmente nel limiti del consentito - iniziative per vigilare e controllare che vi sia una riduzione del prezzo dei carburanti alla pompa. Sappiamo infatti che non appena c'è il rialzo della quotazione del greggio, cinque minuti dopo alla pompa di benzina il prezzo è aumentato. Non notiamo una uguale tempestività nella riduzione. Ho citato questo esempio poiché si tratta di un argomento che sicuramente tocca un po' tutti. Credo che il rischio evidenziato - l'ho sentito con le mie orecchie - anche dal Governatore della Banca d'Italia, Draghi, qualche giorno fa all'assemblea dell'ABI, ossia che il meccanismo della Robin Hood tax possa essere alla fine traslato e cioè vada a toccare le tasche dei consumatori, effettivamente ci sia. Anche la scelta della card per gli acquisti ritengo siaPag. 111una scelta veramente allucinante, che non solo riporta indietro la storia di questo Paese, ma mortifica anche la dignità delle persone bisognose: c'erano, ci sono, anche nascoste, le risorse per finanziare - come avevamo proposto - l'aumento delle detrazioni fiscali sulle pensioni e sui redditi più bassi.
Cito molto rapidamente un altro caso. Nel provvedimento in esame si inserisce la riforma dei servizi pubblici locali. Anche a tal proposito rischiamo di vedere delle posizioni assolutamente contraddittorie: a riguardo circola una notizia di agenzia in cui si preannuncia da parte di AN la presentazione di un progetto di legge che punterebbe a modificare questa parte della manovra. Si potrebbe continuare con altri punti ed altri argomenti. Concludo facendo riferimento al discorso del federalismo.
Il federalismo, prima di tutto, significa autonomia, responsabilità e solidarietà. Stamattina ho visto un collega della Lega in televisione, che diceva: Tremonti ci ha assicurato che con il federalismo diminuiranno le tasse. Penso che la Lega non si accontenti di questa affermazione; la diminuzione delle tasse - lo so che è banale dirlo e ricordarlo - si può realizzare, al di là del problema serio del federalismo, se si proseguisse nell'azione intrapresa, anche questa, sicuramente, impopolare, dal Governo Prodi, di lotta all'evasione, perché, se tutti pagassero equamente le tasse, tutti potrebbero pagare di meno rispetto a una quota di sommerso che è stata citata prima dal collega Narducci.
Concludo veramente ricordando il dato relativo a questa manovra, che, a mio modo di vedere, in alcuni punti rasenta l'incostituzionalità, quando si prevedono alcuni meccanismi finanziari coercitivi nei confronti delle regioni a statuto speciale.
Non sono qui a fare una difesa campanilistica, perché provengo da una di queste regioni, ma credo che l'esperienza, complessivamente positiva, delle regioni a statuto speciale non possa essere gettata via; anzi, la costruzione di un serio federalismo in questo Paese deve proprio partire da questa esperienza.
Certo, ci potrà essere la necessità di qualche correttivo e di qualche aggiustamento; anche queste regioni devono compartecipare, in misura equa e condivisa, al percorso di risanamento della finanza pubblica di questo nostro Paese. Tra l'altro, la mia regione è quella che ha la compartecipazione complessivamente più bassa rispetto alle altre; stiamo, però, attenti, con la foga di concedere subito l'impostazione del federalismo fiscale, a non gettare via, come si suole dire, con l'acqua sporca anche il bambino.
Quest'ultimo è rappresentato, a mio modo di vedere, da una positiva esperienza, che non è solo legata a fatti storici e culturali, legati all'identità di ciascuna di queste regioni, ma che è legata anche ad una prospettiva vera di un federalismo che non può perdere di vista la solidarietà, soprattutto verso le persone e le comunità in maggiore difficoltà.
Ringrazio, signor Presidente. Ci sarebbero stati altri punti ed elementi di riflessione, ma sicuramente avremo modo di riprenderli, anche perché ho una grossa preoccupazione. Lo dico non tanto e non solo come parte politica, perché in autunno avremo una situazione seria e preoccupante, e non vorrei che si determinasse una situazione per cui da parte degli stessi elettori del centrodestra che hanno affidato un mandato così ampio, che neppure De Gasperi ha mai avuto nella storia democratica repubblicana di questo Paese, ci fosse il segnale di una forte insofferenza, di una delusione: avremo una condizione ancora più difficile per affrontare i problemi e le questioni che riguardano l'interesse generale di questo nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOCCIA. Signor Presidente, vista l'ora mi autodisciplinerò e, quindi, parlerò davvero pochissimo. Ho deciso, però, di svolgere i compiti a casa, dopo aver sentito e ascoltato il Ministro dell'economia e delle finanze Tremonti.Pag. 112
Ho deciso, quindi, di consultare i testi cui egli ha fatto riferimento oggi: Corte dei conti, Banca d'Italia, Commissione europea. Poi, sottosegretario Vegas, mi sono fermato, perché ho iniziato a trovare un comune denominatore in ognuno di questi testi che ci aveva indicato il Ministro Tremonti; a quel punto, quindi, il pensiero è andato al 2001, quando al TG1, dopo qualche settimana dalle elezioni, disegnò all'Italia intera, con una lavagnetta e degli istogrammi, una situazione che, di fatto, definiva, anche in quel caso, un'Italia lasciata con le pezze dai Governi di centrosinistra.
Non so se lei lo ricorda, io lo ricordo molto bene, ma quel TG1 del 2001 è passato alla storia: quegli istogrammi del Ministro dell'economia di allora hanno fatto la storia della comunicazione, nel senso che parlò di buchi che non c'erano. E allora sono andato a guardare cosa sostiene la Commissione europea, cioè che il rapporto debito-PIL ha invertito la tendenza alla crescita passando dal 106,5 al 104, migliorando l'obiettivo posto dai documenti programmatici. Grazie a questi risultati si sono creati i presupposti per l'avvenuta cancellazione della procedura di disavanzo eccessivo aperta dalle autorità nei confronti dell'Italia nell'estate 2005. Stiamo parlando dell'aprile del 2008: se non sbaglio il Ministro Tremonti oggi, non potendo parlare del 2007, è riuscito a trovare gli unici mesi, e cioè immagino dal 1o gennaio al 13 aprile, non coperti a suo dire - evidentemente era distratto - da certificazioni in qualche modo ufficiali. Invece no: la Commissione europea, nell'aprile del 2008, mentre il Paese era in campagna elettorale, metteva per iscritto questo.
Sono andato a guardarmi la Corte dei conti; ma lei questo lo conosce, perché abbiamo già dibattuto in sede di DPEF della lotta all'evasione. La Corte dei conti ci ricorda che sul 2007 ci sono valutazioni positive che attengono all'aumentata quota di accertamenti riscossi e versati, alla diminuzione delle entrate una tantum, al calo dell'incidenza sul totale delle entrate tributarie a natura volontaria, aleatoria o comunque soggetta a grande variabilità. L'esercizio del 2007 fa registrare, quindi, un miglioramento della composizione del gettito dal punto di vista strutturale, un miglioramento sicuramente riconducibile anche al recupero all'imposizione di consistenti basi imponibili tradizionalmente erose, eluse o evase.
Inoltre, afferma sempre la Corte dei conti, particolarmente significativi sono i risultati della lotta all'evasione in termini non solo di maggiore imposta accertata attraverso i controlli, ma anche di aumentata capacità di riscossione degli importi iscritti a ruolo, di maggiore adesione spontanea all'adempimento dell'obbligazione tributaria da parte dei contribuenti. Glielo dico quindi oggi per domani: che non si tiri fuori un condono per gli importi iscritti a ruolo, perché in realtà il Paese aveva imparato a pagarli! E gli evasori, come dice la Corte dei conti, avevano imparato a rispettare le regole tributarie di un Paese che veniva fuori da cinque anni di incertezze e di condoni.
La Banca d'Italia dice: coerenti e strutturali appaiono le misure per l'anno 2007 per la lotta all'evasione. Quindi parliamo di strutturalità! Siccome mi sono autodisciplinato, non ho nessuna intenzione di approfondire gli aspetti tecnici e scientifici delle cose scritte da Bankitalia, dalla Corte dei conti, dalla Commissione europea, che proprio il Ministro dell'economia e delle finanze oggi ci ha consigliato di rileggere; e noi che siamo pazienti andiamo a rileggerci tutto quello che lui ci dice di leggere.
Converrà con noi che il «tesoretto», che in realtà non si trova nell'indice di nessun libro di economia, altro non è, nel linguaggio comune e nel linguaggio giornalistico, che l'extragettito fiscale che dovrebbe venir fuori dalla lotta all'evasione e dai maggiori introiti erariali. In funzione di cosa? In funzione del rapporto tra la crescita del Paese e l'ammontare complessivo della spesa. Continuare a dire che non ci sono risorse aggiuntive che provengono dalla lotta all'evasione significa dire il falso.
Ammettete che vi è una crisi congiunturale, ma che la lotta all'evasione ha datoPag. 113risultati strutturali, che sono sotto gli occhi di tutti e che - non ripeterò cose che hanno detto Fluvi e Baretta - ci consentono di fare oggi una valutazione, alla vigilia della conversione dell'ennesimo decreto-legge. Di esso noi avremmo voluto discutere di più (lei è fra coloro che con noi hanno fatto la notte nelle Commissioni riunite): avremmo voluto discutere di più delle entrate di 6 miliardi e mezzo di euro che in realtà prevedete in aumento nel DPEF; avremmo voluto discutere di più di una pressione fiscale che sale dal 42,6 al 43 per cento (ciò è scritto nel vostro Dpef per i prossimi tre anni); avremmo voluto discutere di più soprattutto del contenimento della spesa in conto capitale. Sottolineiamo questo aspetto in quest'Aula: stiamo parlando del contenimento della spesa in conto capitale! Parliamo degli investimenti, che poi generano altri investimenti, soprattutto nel settore privato, e che - come ci siamo già detti nelle Commissioni - generano gli aumenti dell'occupazione. Non vi è traccia invece di riduzione di spesa corrente: non ce ne siamo accorti, non l'abbiamo notata. Quanto alla pressione fiscale, nel DPEF essa è prevista ulteriormente in aumento nel 2010 e, comunque, è sempre superiore al tendenziale per tutta la legislatura.
Chiudo sul sud e sulla Cina. Quanto al sud, desidero telegraficamente dire che i 100 miliardi di cui parla Tremonti sono quelli di due anni fa. Non vorrei che facessimo come in un noto film di Totò, in cui un personaggio ogni giorno diceva: «ho detto domani, non oggi»; e poi, il giorno dopo, di nuovo: «Ma ho detto domani, non oggi!». Qui facciamo il contrario: i 100 miliardi di risorse strutturali sono risorse aggiuntive comunitarie, definite nel 2006 per il periodo 2007-2013. Soprattutto, poi, sono risorse comunitarie: è preoccupante quello che il Ministro dell'economia ha detto oggi quando ha considerato le risorse che tornano da Bruxelles come risorse nostre (e non lo sono: la quota IVA che va al finanziamento dell'Unione Europea è una quota che è parte integrante del funzionamento comunitario), perché se culturalmente noi consideriamo quelle risorse come nostre, affermando che devono poi tornare, significa che non crediamo nell'Europa e nel processo di costruzione reale dell'Unione Europea. È la prima volta che ho ascoltato un uomo delle istituzioni considerare le risorse comunitarie come risorse nostre che tornano. Non vorrei che vi fosse una regressione culturale che porta il Paese a riconsiderare l'atteggiamento che spinge verso un ideale modello federalista.
Tale atteggiamento mi pare infatti essere condizionato in realtà da una voglia economica e non da ragioni sociali. Mi consenta di dire - parafrasando Michael Pagano, non certamente me stesso - che si federalizza per qualsiasi motivo, tranne che per motivi economici. Invece, non vorrei che noi lo stessimo facendo per motivi economici. Di solito territori diversi si mettono insieme per ragioni linguistiche o etniche: ed è vero che noi non ci capiamo fra una regione e l'altra, ma io Strizzolo riesco ancora a comprenderlo, anche quando fa qualche battuta in dialetto. Si «federalizza» per mille motivi: ma non per ragioni economiche. Non penso che in Italia vi siano problemi etnici, linguistici o religiosi: vi sono motivi seri di responsabilizzazione dei territori, cui noi non siamo contrari, purché si riparta dalla centralità dei diritti della persona.
Tornando al sud, vorrei che fosse chiaro che la garanzia che l'85 per cento delle risorse comunitarie andranno al Mezzogiorno è stata confermata grazie a due emendamenti proposti dall'opposizione. Lei stesso ne è testimone, poiché ha avuto bisogno di cinque ore per darci una risposta l'altra notte nelle Commissioni: e non lo ha fatto prima perché non era consentito dare subito la certezza che - così come ha fatto il Governo Prodi - l'85 per cento delle risorse comunitarie fosse garantito al Mezzogiorno anche in caso di rimodulazione. Siamo d'accordo con Tremonti quando parla di qualità della spesa: ma la qualità della spesa deve avvenire nel rispetto chiaro dei parametri fissati dal Governo precedente.Pag. 114
Infine - e ho davvero concluso -, per quanto riguarda la Cina sono d'accordo con tutto quello che dice Tremonti, ma c'è un piccolo particolare: dal 2001 al 2006 il Presidente Berlusconi non è mai andato in Cina, perché non l'ha ritenuta prioritaria nei rapporti commerciali. Mi auguro che questa volta il rapporto rispetto all'Oriente sia completamente diverso, ma avremo tempo e modo per parlarne (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Scilipoti. Ne ha facoltà.

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, è stato - ed è - interessantissimo il dibattito all'interno di quest'Aula, per tutto quanto è stato detto dagli onorevoli colleghi che sono preoccupati di dare un giusto contributo alla manovra fiscale e al decreto-legge n. 112 del 2008. Vedo con grande interesse, ma veramente con grande interesse, che esiste un grande dibattito in quest'Aula da parte della maggioranza e vedo, tra le altre cose, un attento, davvero un attento, ascolto degli interventi dei colleghi da parte del Governo nel prendere appunti e nel ricordare quanto detto dagli illustri colleghi all'interno dell'Aula per tramutarlo immediatamente, domani mattina, in raccomandazioni negli interessi degli italiani.
È veramente interessante, davvero interessantissimo, perché abbiamo ascoltato degli illustri colleghi che appartengono ad altri modi di vedere e di pensare che non sono i nostri, cioè i rappresentanti del Popolo della Libertà, affermare che era importante discutere, colloquiare ed aprire un dibattito e una dialettica all'interno del Parlamento fra maggioranza e opposizione, per costruire delle regole diverse nell'interesse dei cittadini italiani.
E sto vedendo, veramente con grande interesse, il grande entusiasmo e la presenza veramente forte all'interno di quest'Aula, tale che abbiamo quasi difficoltà a parlare per la numerosa presenza dei parlamentari! Ma questo ci mette in grande difficoltà, perciò pregherei il mio collega Piffari, poiché vi è una difficoltà nell'ascolto per la grande presenza, di prendere appunti che domani mattina consegneremo insieme a quanto stasera - io insieme a tutti gli altri colleghi - abbiamo detto.
Dico questo perché i problemi del Paese sono tanti. Perché molte volte, a nostro giudizio, viene delegittimato il Parlamento? Esso viene delegittimato perché i cittadini italiani non credono più nei partiti che rappresentano i cittadini, perché i partiti sono lontani dai cittadini ed esiste un movimento trasversale nel Paese che è proprio stanco di vedere queste sceneggiate che non portano a niente. Hanno ragione i colleghi nel dire che parliamo a vuoto. Ma parliamo per fare che cosa: opposizione o ostruzionismo?
«Opposizione» è una parola seria, concreta e reale, significa cioè confrontarsi giornalmente per costruire un Paese diverso. Noi, invece, siamo costretti a fare ostruzionismo, perché esiste una maggioranza che non vuole ascoltare e che si fonda, prevalentemente, su due concetti: un modello di comportamento individualistico ed egoista, e un modello di comportamento - ma oltre a ciò, una società - che ha come indirizzo principale il modello imprenditoriale. Perché dico ciò? Lo dico perché ora entrerò nel merito della questione cercando di dare un contributo e di dire anche il mio pensiero, nonché per riportare all'interno di quest'Aula ciò che si sente tra i cittadini e ciò che si legge sui giornali.
Oggi siamo chiamati a confrontarci sull'anticipo della manovra economica che il Governo intende attuare attraverso il decreto-legge n. 112 del 2008. Si tratta di un provvedimento mal concepito e che causerà molti danni al Paese e all'Italia. Il provvedimento in esame non è né di rigore né di risanamento, ma interviene con tagli indiscriminati e irrazionali in molti settori, tra cui la sanità che - credo - sia uno dei più importanti, perché tocca veramente da vicino coloro che qui ci hanno mandato a rappresentarli e che oggi ci chiedono con forza di tutelare il diritto alla salute e il diritto di cura che, con il vostro provvedimento,Pag. 115viene posto a rischio. Come se non bastasse, impedite ogni dibattito sui contenuti, presentando un maxiemendamento sul quale certamente porrete la fiducia, violentando il Parlamento nelle sue prerogative e il popolo italiano nelle sue aspettative di base, così come in quelle politiche che vedono le vostre promesse elettorali già disattese.
Ma andiamo avanti. Oggi, signor Presidente, assistiamo impotenti ad un nuovo tsunami che sta investendo il mondo della sanità pubblica e privata. Vi sono regioni che non sanno come coprire il buco dei bilanci delle aziende sanitarie dissestati da anni di mala gestione e di clientelarismo che deriva anche, ma non solo, dalla corruzione che sembra essere nuovamente dilagante e come non mai senza distinzione politica, infettando sia la destra sia la sinistra come un virus che è difficile combattere senza un nuovo e sano rapporto tra politica e imprenditoria e tra etica e politica.
La situazione della sanità in Italia è a dir poco tragica, alla luce dello scandalo abruzzese, della clinica degli orrori di Milano, dove il malato è carne da macello da sottoporre ad interventi di chirurgia e ad esami clinici inutili per aumentare il fatturato a carico del Servizio sanitario nazionale. Ciò, anche alla luce dello scandalo di Lady ASL, a seguito del quale è emerso il gravissimo stato di dissesto del servizio sanitario nella regione Lazio. Pensate che il 3 agosto scorso le agenzie di stampa diramavano una nota con cui si annunciava che oltre 37 milioni di euro venivano restituiti alle ASL Roma B e C, due delle aziende sanitarie maggiormente danneggiate dalla megatruffa ordinata dalla manager Anna Iannuzzi, nota come Lady ASL, e dal marito Andrea Cappelli, condannati rispettivamente a otto e sei anni di reclusione per reati di associazione per delinquere, peculato, corruzione e falso.
Questi sono soltanto alcuni passaggi ma sono necessari per ricordare anche (mi dispiace) che è stato eliminato, abrogato, sospeso, non esiste più il Ministero della salute o Ministero della sanità, come si chiamava. Un altro scandalo enorme è quello della tessera sanitaria, perché si spendono migliaia e migliaia di euro per produrla, ma in alcune regioni serve solo ed esclusivamente come codice fiscale e nessuno ne parla né ne discute.
Andiamo a trattare ora anche il trattamento che tante volte chi opera nel campo della sanità ha dal punto di vista finanziario e del rapporto umano. Vi voglio leggere una riflessione, che non vale solo nell'ambito della sanità, sul ruolo degli stipendi pubblici che più volte abbiamo denunciato. Si dovrebbe aprire un capitolo a parte per quanto riguarda i manager pubblici. Tuttavia, una volta aperto, andrebbe fatto un raffronto tranquillo e sereno. Un cittadino normale guadagna mille euro al mese per 13 mensilità, se ha la fortuna di essere un lavoratore dipendente. Egli va confrontato non dico con i super manager di Stato pagati come l'ex amministratore delegato dell'Alitalia Prato che, in cinque mesi, ha raccolto 326 mila euro, guadagnando 2.170 euro al giorno, comprendendo anche il premio di produttività, ma anche con altri signori, altri personaggi, come Cimoli che, nel 2006, ha percepito un milione e 536 mila euro di compenso.
Però, guarda caso, di questi argomenti il Governo non tiene conto, non riesce a sapere niente: non si sa e non si capisce. Il fatto importante è che un compenso di un milione e 536 mila a euro è pari a 6.400 euro al giorno ed è premiato anche con il premio di produttività.
Ciò significa che vi sono in Italia grandi difficoltà che andrebbero vagliate attentamente e discusse per individuare delle soluzioni. Ma le soluzioni si trovano attraverso un attento esame: noi abbiamo degli ospedali che non funzionano, che sono privi degli infermieri, con medici insufficienti e strutture di pronto soccorso gestite da primari messi là esclusivamente per cordata politica. Abbiamo primari di ospedali e di pronto soccorso che sono emeriti ignorantoni. Ogni giorno leggiamo dai giornali che si entra per una banalePag. 116appendicite o per una tonsillite e si esce in una cassa da morto. Questo ci dovrebbe far riflettere.
Pertanto, molte volte quando parliamo di questi argomenti qualcuno dice che siamo fuori dalla logica, perché non parliamo un linguaggio vicino forse a coloro i quali parlano il linguaggio del politichese, ma parliamo un linguaggio del popolo che vuole risposte serie e concrete. Il popolo che soffre non vuole il ticket, ma vorrebbe far pagare il ticket a coloro i quali hanno qualcosa in più per contribuire a sanare e ad aiutare i più deboli.
Oggi, la nostra società e il nostro modo di comportarci non sono più nella direzione dell'interesse comune e dell'altruismo, ma dell'egoismo personale, improntati ad un modello di comportamento, cui accennavo poco fa, individualista ed egoista che non è del PdL, ma trasversale da destra a sinistra. Allora, il ruolo del nostro partito non è di pregiudizio nei confronti di nessuno, ma è, in modo particolare, quello di deputati come me che pensano ed agiscono nell'interesse della collettività, che sono pronti a sostenere, a discutere, e vagliare e a votare tutto ciò che può essere nell'interesse della collettività e del Paese e non per partito preso, ma per discutere serenamente e concretamente.
Quando dai banchi della maggioranza si dice che si è disponibili a parlare e a dialogare lo si deve dimostrare nei fatti concretamente. La discussione va fatta in Aula per capire che l'Aula parlamentare è diversa dal Governo, almeno teoricamente. Infatti, poi assistiamo - attenzione non voglio farne una colpa - ad un padrone che dà ordini, dice come votare al parlamentare che non conosce la realtà. Il parlamentare, eletto al di fuori delle logiche della rappresentanza e delle competenze, viene scelto come il primario del pronto soccorso non per meritocrazia, ma solo per un motivo di appartenenza politica. Anche il deputato viene scelto per fedeltà come i cani (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!
Questo è il fatto più ignobile che possa esistere. All'interno di questo Parlamento dovremmo prendere coscienza, al di fuori dei partiti politici, per cercare di fare gli interessi della collettività e capire che in Italia c'è un gruppo e un movimento che non è controllato da nessuno, che vuole cambiare le regole del gioco e che vuole essere fuori da questi schieramenti solo ed esclusivamente negli interessi padronali e baronali.
Se così non dovesse essere, potremmo rischiare qualcosa di più pesante: non la manifestazione di piazza dell'8 luglio, ma qualcosa di più concreto e più reale, persone che si ribellano ai parassiti che vivono solo ed esclusivamente di momenti di gloria, di vanesio e di nient'altro.
Concludo, dicendo che il nostro contributo è reale e concreto nella discussione e reale e concreto in tutto quello che può essere interesse della collettività. Noi siamo altruisti, non individualisti, e siamo per la parola nobile: «collettivo» in opposizione a ciò che è antagonista al collettivo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Cenni. Ne ha facoltà.

SUSANNA CENNI. Signor Presidente, cercherò per rispetto dei colleghi di quest'Aula di concentrare al massimo il mio intervento, però desidero esprimere le mie opinioni anche perché chi, come me, siede per la prima volta in quest'Aula non possiede pienamente una conoscenza dei Regolamenti, degli iter, delle procedure e anche delle relazioni che abitualmente dovrebbero intercorrere tra il Governo e Parlamento.
Devo però rilevare, soprattutto dopo le vicende di oggi, che sono seguite a quelle di alcune settimane fa e della scorsa settimana, che ho avuto l'impressione di non essere l'unica ad avere le idee un po' confuse su tutta questa partita. Il Governo sta continuando a fare scelte sbagliate che non aiutano le famiglie del nostro Paese e che contrastano pesantemente con i bollettini quotidiani che vari colleghi hanno richiamato, quelli dell'ISTAT, del Censis, della Banca d'Italia. Del resto, non siamo noi dell'opposizione a parlare di un possibilePag. 117nuovo «ventinove» che riguarderebbe quindi buona parte del mondo e del nostro Paese.
Quello che leggiamo è l'esistenza di un Paese diseguale e frammentato che questo Governo contribuirà a rendere ancora più diseguale e più frammentato, perché le proposte che state facendo non invertiranno questa situazione. Vi è una difficoltà crescente per il sistema degli enti locali e devo dire, signor sottosegretario, che oggi non mi sono affatto piaciute le parole del Ministro Tremonti, soprattutto nel passaggio sul sistema delle economie locali, degli enti spreconi, dei microprogetti in cui vengono disseminate tante risorse pubbliche. Fino a due mesi fa, ho fatto parte del governo di una regione che sino ad oggi ha avuto il bilancio della sanità in pareggio, ma non so se continuerà ad essere così nel tempo. Si tratta di una di quelle regioni che gli obiettivi di Lisbona, che oggi il Ministro ci invitava a tener presente, li ha raggiunti da qualche tempo. Cito un paio di dati: uno è quello degli asili nido, l'altro quello sull'occupazione femminile, e mi fermo qui.
Mi fermo qui perché vorrei concentrare il resto del mio intervento su un tema ben preciso che riguarda le scelte che voi avete compiuto, e che vi accingete ancora a fare con questo provvedimento, in materia di politiche agricole. Si tratta di scelte stridenti con quello che sta avvenendo nel mondo e in Europa. Questa città ha ospitato, non più di qualche settimana fa, il vertice FAO che ha censito i numeri della situazione della fame nel mondo ed ha ragionato su quello che sta avvenendo nell'agricoltura, con riferimento ai mutamenti climatici, all'accesso al cibo (tema enorme che non voglio certo aprire in questo momento): tutti temi, assieme all'esplosione dei prezzi, estremamente collegati l'uno con l'altro.
Siamo di fronte all'health check: l'Europa discuterà della riforma di medio termine delle politiche agricole; Sarkozy ha inaugurato il semestre di presidenza francese, parlando di una rinnovata fase delle politiche agricole e delle politiche ambientali in Europa; Barroso al G8 ha fatto un richiamo all'impegno degli otto grandi Paesi a stanziare risorse in un fondo per le politiche agricole. E voi che idee avete dell'agroalimentare in questo Paese? Perché a me un'idea di quello che voi pensate francamente comincia a venire e l'ho letta attraverso le scelte che avete fatto prima nel cosiddetto provvedimento sull'ICI e sugli straordinari, poi nel DPEF e che confermate oggi in questo ennesimo decreto-legge. È un'idea di secondarietà, di marginalità e di irrilevanza di questo settore, ed è un'idea vecchia e profondamente sbagliata che non corrisponde alla realtà e che soprattutto non corrisponde ai bisogni del nostro Paese.
Avete compiuto scelte pesanti nel decreto-legge sull'ICI tese a smantellare quello che di buono era stato realizzato in questi due anni, con alcuni provvedimenti condivisi da tutto il mondo agricolo italiano. Per la prima volta veniva rifinanziato il piano irriguo, si facevano scelte molto innovative per esempio sulla questione relativa all'aria-energia, penso alle biomasse, non mi riferisco solo al tema spinoso dei biocarburanti che questa mattina il Ministro Tremonti ha toccato.
Non soltanto, fate annunci, francamente un po' incauti, sul tema dell'apertura agli OGM, ma contemporaneamente smantellate le risorse stanziate sia per il sostegno alle filiere OGM-free, sia per la ricerca sulle biotecnologie; c'è qualcosa un po' difficile da comprendere in queste scelte.
Infine, sul decreto-legge che stiamo esaminando oggi, non posso che esprimere una profonda insoddisfazione per le scelte che fate, ma anche per quelle che non fate, che non riusciamo francamente a leggere. Le scorro soltanto: penso allo smantellamento delle politiche rispetto a quella che era definita la cosiddetta finanziaria agricola, alla mancanza di una politica complessiva di modernizzazione del sistema, per renderlo più competitivo, non per assisterlo (perché non ha bisogno di politiche assistenziali), alle questioni dell'internazionalizzazione, di cui parlate, ma sull'agricoltura non dite niente, né su una vostra creatura, Buonitalia, un'agenzia chePag. 118è stata creata, ma che non riesce a produrre risultati. Ed ancora: penso ad alcune perle, quali l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, sulla quale mi soffermo brevemente. In uno strumento che francamente c'entrava ben poco, come il provvedimento sui rifiuti in Campania, avete accorpato questo istituto all'Agenzia ambientale che la Ministra Prestigiacomo vuole creare.
Non riesco a capire cosa c'entrino le politiche di carattere faunistico con i rifiuti, con l'acqua e con mille altre competenze che un'agenzia potrebbe avere. Successivamente avete ritirato quel provvedimento, perché all'interno della stessa maggioranza non vi era il consenso, e adesso lo inserite in questo decreto-legge che avete blindato e sul quale, quindi, immagino che anche la dialettica interna alla maggioranza faccia un po' fatica ad arrivare in fondo.
Non voglio aggiungere altro se non questo: mi sembra abbastanza chiaro che, al di là delle dichiarazioni che il Ministro Zaia ha rilasciato nelle varie interviste, in realtà, sia Tremonti che decide anche sulle politiche agricole, e mi sento di dire che forse il Ministro Tremonti non ha un'idea molto chiara di cosa sia l'agricoltura italiana. Io gli consiglio vivamente di abbandonare per qualche ora la prestigiosa scrivania di Quintino Sella e di andare a visitare qualcuna delle nostre belle aziende agricole; scoprirebbe che in Italia abbiamo aziende che hanno fatto della multifunzionalità la propria grande mission, che producono energia, che fanno agricoltura sociale, nonché trasformazione e vendita diretta in azienda e che, infine, hanno un ottimo export. Questa agricoltura, che è un pezzo enorme della nostra agricoltura, ha bisogno di aiuti alle modernizzazioni, non di assistenza; quindi, se fossi il Ministro Tremonti mi risparmierei anche qualche battuta infelice sulle regalie per l'agricoltura. Abbiamo dati importanti, che non sono dell'opposizione, ma di Coldiretti - quindi di un'associazione che quando ha voluto ha preso le distanze anche dai Governi precedenti - che ci dicono cosa è l'agricoltura italiana e che vi sono aziende che sono state capaci, anche in questo trimestre, di crescere in termini di PIL dell'1,1 per cento, ma che hanno registrato un calo del reddito agricolo di quasi il 18 per cento, a differenza di quanto sta accadendo in tutto il resto dell'Europa. Credo che dobbiate assolutamente modificare questo tipo di scelte e anche che non potrete continuare a lungo a dare la colpa all'Europa di quello che non funziona nell'agricoltura.
Consentitemi, in conclusione, dieci secondi di leggerezza a quest'ora. Qualche giorno fa mi è capitato di leggere sulla cronaca cinematografica di un quotidiano la notizia che un regista americano sta girando un nuovo film su Robin Hood con un cast di tutto rispetto. La peculiarità è che questo regista ha scelto una storia, un po' diversa, rispetto a quella che tutti abbiamo conosciuto, nella quale, in realtà, Robin Hood è il cattivo e lo sceriffo di Nottingham è il vero personaggio buono. Ecco, francamente solo allora, quando ho letto questa notizia, ho realizzato che, ancora una volta, il Ministro Tremonti aveva visto più in là di tutti noi e che, quindi, era a quel Robin Hood che evidentemente lui pensava. Ci perdoni! Evidentemente, distratti dai problemi degli italiani, noi non avevamo capito (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Rampi. Ne ha facoltà.

ELISABETTA RAMPI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, questo Governo sta cambiando profondamente la natura dei rapporti tra l'Esecutivo e il Parlamento, modificando passo dopo passo l'architettura istituzionale. Le decisioni assunte nei primi cento giorni sono altamente eloquenti sia nel merito che nel metodo e dimostrano il tentativo di spegnere ogni dibattito parlamentare, umiliando il Parlamento ed espropriandolo delle sue prerogative. Ciò si evince anche dall'iter per la conversione in legge del decreto-legge n. 112 oggi in discussione (ed emanazionePag. 119diretta del DPEF) e dalla fiducia preannunciata sul maxiemendamento.
Non possiamo che esprimere perplessità e biasimo in ordine alla decisione di varare una rilevante manovra economica di finanza pubblica mediante lo strumento del decreto-legge. Vi è preoccupazione per i contenuti fortemente ideologici e inadeguati, nonché per i significativi interventi emendativi d'iniziativa del Governo che ne hanno modificato in corso d'opera il contenuto originario.
Anche per quanto riguarda il lavoro svolto in Commissione è evidente che ci si è trovati di fronte ad una strozzatura di qualsiasi discussione, tant'è che la Commissione lavoro, con un atto di grande dignità che va riconosciuto al presidente, ha rinunciato ad esprimere un parere, manifestando tutto il disagio per le condizioni in cui si è vista costretta ad operare.
Il decreto-legge n. 112 recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria si è presentato da subito con una contraddizione in termini e, probabilmente, anche in sostanza, in quanto per molte disposizioni introdotte non è prevista l'immediata operatività, ma la decorrenza a partire dal 2009.
L'intera struttura del decreto-legge è per molti versi deludente: non risponde ai bisogni del Paese, non accoglie l'allarme della Banca d'Italia sulla crescita dell'inflazione e delude soprattutto le aspettative degli italiani, le cui priorità sono i salari, gli stipendi, le pensioni e il recupero di un potere d'acquisto che è drammaticamente insufficiente a garantire a molte famiglie una vita dignitosa.
I dati ISTAT 2007 segnalano che il reddito dei cittadini italiani è crollato del 13 per cento rispetto alla media dei Paesi dell'Unione europea. Straordinari e premi non sono la priorità del Paese e la detassazione degli straordinari produce disuguaglianza nel mondo del lavoro e discriminazione nelle fasce più deboli. Le misure messe in campo dal Governo non proteggono dall'inflazione e dal continuo rialzo dei prezzi proprio coloro che più sono esposti e non possono difendersi: i lavoratori a reddito fisso, i pensionati e le imprese attive nel settore dei consumi.
Nonostante le enunciazioni il decreto-legge non reca disposizioni finalizzate allo sviluppo, ma piuttosto norme di deregolazione. L'obiettivo del Governo sembra essere la cancellazione delle norme varate nella scorsa legislatura e lo smantellamento dello Stato sociale. Si tratta di un attacco frontale al Protocollo sul welfare e alla legislazione sulla sicurezza sul lavoro in un Paese che conta più di tre morti sul lavoro al giorno e in cui abbiamo assistito per anni alla vergogna dell'assunzione post mortem, eliminata grazie agli interventi legislativi fortemente voluti dal Ministro del lavoro del Governo Prodi, Cesare Damiano, che avevano obbligato i datori di lavoro a comunicare l'assunzione il giorno antecedente l'inizio del lavoro. Ma oggi questo Governo riporta indietro l'orologio consentendo alle aziende di comunicare l'avvenuta assunzione entro il quinto giorno successivo all'instaurazione del rapporto di lavoro. Questo permetterà ad aziende senza scrupoli di ricorrere, ancora una volta, al lavoro nero e ad altre forme di irregolarità.
Si è voluto, dunque, dimenticare che, soprattutto nel settore dell'edilizia, parte consistente delle morti sul lavoro risultavano avvenire proprio il primo giorno di lavoro che guarda caso è proprio il giorno dell'incidente.
Un Governo attento ai bisogni del Paese e, quindi, alla vita delle persone, non avrebbe mai consentito la cancellazione della comunicazione preventiva. Si è veramente voluto compiere un atto ignobile. Le norme vigenti, tra l'altro, oltre ad essere norme di civiltà non avevano costi né sociali, né economici, mentre pesanti costi saranno ancora una volta pagati dai lavoratori.
Un Governo attento ai bisogni del Paese - e, quindi, alla vita delle persone - avrebbe invece detassato salari e pensioni ed impostato tutta la manovra economica diminuendo la spesa pubblica improduttiva e, di conseguenza, il carico fiscale.Pag. 120
Questo Governo, invece, mantiene le previsioni di carico fiscale inalterate per i prossimi tre anni, prende in giro i lavoratori dipendenti, fissando l'inflazione programmata all'1,7 per cento, mentre il caro petrolio e l'impennata dei generi alimentari hanno già portato l'indice dei prezzi al 3,8 per cento.
Nessuno nega la crisi mondiale, ma se i provvedimenti del Governo non funzioneranno - così come siamo certi e come succede ogni volta che Berlusconi è Presidente del Consiglio - non si potrà addebitarne il fallimento alla congiuntura internazionale. Se non si ascoltano né i bisogni della gente né la voce del Governatore della Banca d'Italia, se non si fa nulla per impedire che l'inflazione impoverisca ancora di più e si fatica ad arrivare alla quarta settimana, non si può parlare di sviluppo. Ed è demagogico parlare di famiglia se, di fatto, non si costruiscono politiche volte alla crescita, perché un Paese fermo e ingessato continuerà ad essere tale anche dal punto di vista demografico.
Se si volesse davvero far crescere e modernizzare il Paese, si metterebbero in agenda misure urgenti per favorire l'occupazione femminile, che, oltre a costituire elemento di civiltà ed attuazione dell'articolo 4 della nostra Costituzione, produrrebbe un circolo virtuoso tra lavoro, consumi e investimenti, facendo aumentare il prodotto interno lordo del Paese. Per adesso, però, il problema non esiste, contrariamente a ciò che confermano gli ultimi dati OCSE, che assegnano all'Italia la maglia nera quale Paese europeo con il più basso indice di donne occupate: la stessa maglia nera guadagnata, nel campo degli investimenti, per la scuola e per la ricerca, ignorate completamente dal decreto-legge in discussione.
Ci preoccupa l'impostazione rinunciataria e recessiva della manovra, che rischia, tra l'altro, di pregiudicare la trattativa tra le parti sociali sulla riforma della struttura contrattuale. Il Paese ha bisogno di un'ampia intesa per fermare il declino e ricominciare a crescere. Servono interventi strutturali, mentre si preferisce stendere una cortina fumogena su tutta la manovra, operando tagli indiscriminati ai budget dei vari Ministeri, agli enti locali tutti, alla scuola, alla macchina della giustizia, alle forze dell'ordine e alla sanità, rischiando di mettere in discussione persino l'universalità del diritto alla salute.
La riqualificazione della spesa pubblica è un'operazione che va svolta alla luce del sole, indicando in modo chiaro gli obiettivi e rendendo partecipi il Parlamento e i cittadini delle scelte, che devono essere orientate al bene comune.
Ancora una volta, invece, si sceglie la politica degli spot e delle elemosine. La tanto decantata Robin tax - che prende il nome dal celebre eroe della letteratura inglese, che rubava ai ricchi per donare ai poveri - è solo una buona trovata pubblicitaria, ma la realtà è un'altra, perché il costo della supertassa ai ricchi petrolieri lo pagheranno i cittadini consumatori con l'aumento del costo dei carburanti (questo è il rischio) e l'aumento del costo dei consumi e dei servizi graverà soprattutto sulle famiglie a reddito medio-basso. La social card non risolve il problema delle famiglie povere, anche perché i comuni saranno costretti ad operare tagli sui servizi sociali destinati proprio agli stessi soggetti.
Nel decreto-legge in discussione è fortemente ideologico ed estremamente preoccupante l'intervento di revisione del Protocollo sul welfare, che aveva trovato un largo consenso nel Paese: oggetto di concertazione tra le parti sociali, esso era stato approvato da circa cinque milioni di lavoratori con un referendum.
Per quanto riguarda il mondo del lavoro, mi preme sottolineare la questione dei lavori usuranti, che va assolutamente recuperata e per la quale vi è stato un solenne impegno da parte del Ministro Sacconi.
Il decreto-legge produce una maggiore precarizzazione del lavoro e, sotto le spoglie della semplificazione, nasconde una pericolosa deregolazione che non fa presagire nulla di buono. Penso, ad esempio, all'abrogazione della legge n. 188 del 2007 sulle dimissioni in bianco, che cercava diPag. 121sanare una piaga presente nel nostro Paese, che colpisce soprattutto le donne in procinto di diventare madri. Si tratta di una legge che era stata approvata dal Parlamento la scorsa legislatura ed era stato oggetto...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ELISABETTA RAMPI... di ampio e trasversale consenso tra tutte le forze politiche.
Esprimo preoccupazione in ordine ai licenziamenti individuali e agli effetti derivanti dalle nuove misure introdotte. Le norme contenute nel decreto-legge sono palesemente inique e non favoriscono la piena e buona occupazione. Relativamente alla disciplina del contratto a tempo determinato, ad esempio, viene messo in discussione il principio cardine della normativa introdotta dal decreto legislativo n. 368 del 2001, secondo la quale il contratto di lavoro a tempo indeterminato costituisce la regola.
Non prevedono la stabilizzazione del personale impiegato nella pubblica amministrazione e non prevedono forme di buona flessibilità e conciliazione dei tempi. Addirittura le nuove norme sul part time sono estremamente rigide e penalizzanti, soprattutto per le donne. Non aiutano lo sviluppo, penalizzano addirittura il salario dei lavoratori che assistono i familiari disabili utilizzando la legge n. 104 del 1992 e introducono pesanti tagli sulla contrattazione integrativa.
La semplificazione non dovrebbe produrre penalizzazione, invece, il Governo, con questa manovra, attacca i soggetti più deboli. Ma ciò che è peggio è che lo fa in modo pavido, non agendo direttamente, ma costringendo altri soggetti, pubblici e privati, a farlo.
Non ci troviamo di fronte a misure virtuose e premianti per chi gestisce meglio la cosa pubblica, inserendo, ad esempio, meccanismi di competitività e merito, ma ci troviamo, in realtà, di fronte a provvedimenti di un Governo che lancia il sasso e nasconde la mano, lasciando in balia degli eventi le sorti del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Nannicini. Ne ha facoltà.

ROLANDO NANNICINI. Signor Presidente, vorrei ringraziare lei, che rappresenta questo ramo del Parlamento, per avermi concesso la parola, e tutte le persone che sono qui stasera per lo sforzo che compiono per consentirci, a quest'ora, di esprimere il nostro parere su questo provvedimento.
Non è una presenza formale, perché di fatto è uno spazio. Non ci si può lamentare, come hanno fatto alcuni parlamentari, dicendo che è sbagliato parlare e che si parla anche troppo. Bisogna entrare, invece, nel contenuto della manovra economica e nei suggerimenti che possiamo avanzare, sia al Paese sia al Governo, attraverso la figura del sottosegretario, su questo provvedimento.
Io lego questo provvedimento al Documento di programmazione economico-finanziaria, che individua quattro strumenti: il decreto-legge n. 112 del 2008 in discussione, il federalismo fiscale, il codice delle autonomie, recante anche le norme sull'ordinamento di Roma capitale, il disegno di legge finanziaria, da presentare entro la fine dell'anno, con alcune norme modificate dall'ex articolo 60.
Quindi, quale suggerimento si può avanzare a un Governo di centrodestra che non riconosce la continuità del lavoro e, anzi, vuole essere discontinuo rispetto al lavoro e ai risultati del Governo di centrosinistra?
Io sono un esponente del centrosinistra e non ho alcuna preoccupazione a presentare i risultati positivi del 2007, l'anno appena trascorso, ed a verificare i conti del 2008.
Ricordo che nel 2007 la situazione dei conti è notevolmente migliorata, l'indebitamento netto dell'amministrazione pubblica è diminuito di 1,5 punti percentuali del PIL, attestandosi all'1,9 per cento del PIL, conseguendo l'abrogazione della procedura per i disavanzi eccessivi, avviata nei confronti del nostro Paese nel 2005.Pag. 122
Quindi, nel 2007 vi è stato questo risultato da parte del Governo di centrosinistra e vedo continuità nella voglia di arrivare al pareggio di bilancio nel 2011, ma non si vede come è stata possibile questa azione da parte del Governo del centrosinistra.
Si dice che sono state previste solo tasse, ma, come ricordava bene il collega Boccia, si è trattato di un'azione concreta e coerente rispetto alle entrate e rispetto a chi faceva concorrenza sleale rispetto agli altri sul tema dell'evasione fiscale.
C'è stata una riduzione di spesa primaria dello 0,3 per cento, che è bassa; però, si è abbassata la spesa del 2005, che, con la vostra presenza, ha registrato il picco più alto nell'ultimo periodo dei calcoli economici.
Voi prevedete l'obiettivo della riduzione di due punti e mezzo, 35 miliardi, della spesa primaria, attraverso tagli lineari. Questo è un invito che vi rivolgiamo con molta forza: sappiamo che il Paese non può sostenere i tagli lineari, perché si muove, si ribella e vuole una politica di riforma sui tagli della spesa pubblica.
Con il taglio lineare, quindi, non ce la farete e lo vedete già anche dal movimento interno della vostra stessa maggioranza, che oggi può essere sopito dalla sbornia di un risultato elettorale che in realtà non è eccessivo, tanto che governate con meno voti del Governo Prodi (circa due milioni e mezzo di voti in meno, il 46,7 per cento dei voti totali) e non siete la maggioranza del Paese, almeno in termini percentuali.
Al di là di questa divagazione, sul tema di fondo vi diamo un suggerimento: i prossimi provvedimenti siano di riforma strutturale del Paese e della dinamica della spesa pubblica. Non si può, infatti, pensare di procedere tagliando, fino al 2011, 9,2 miliardi di euro alle regioni, alle province e ai comuni senza un processo di riduzione delle competenze e di semplificazione della miriade di enti che si interessano, a nome dei cittadini, sempre della stesse materie, salvo poi che i cittadini si rendono conto che non intervengono su quelle materie. Sia chiaro che ciò ve lo diciamo per un suggerimento e per il bene del Paese che, così come l'abbiamo cercato di perseguire nel periodo di Governo, lo vogliamo continuare a fare attraverso questo dibattito. È chiaro che sul tema dei tagli non è che non condividiamo l'obiettivo del pareggio, ma questo non lo realizzerete pensando di diminuire di 2,2 punti percentuali la spesa primaria corrente attraverso tagli lineari. Di tutto ciò ve ne renderete conto anche all'interno della vostra maggioranza e ne abbiamo già avuto delle avvisaglie anche nel metodo di presentazione del provvedimento: fiducia o non fiducia, annunciata o non annunciata, prima o dopo, questi quesiti hanno rappresentato i tre quarti di tutta la discussione. Vi diamo un consiglio: aprite una riflessione su come si genera la spesa e su come si possano introdurre modifiche rispetto alla struttura della spesa pubblica.
L'altra «perla» riguarda la spesa in conto capitale. Al 2011 la spesa raggiungerà la quota più bassa dell'ultimo periodo, saranno tagliati 12 o 13 miliardi di euro di investimenti, lo 0,8 per cento del Prodotto interno lordo. E un altra «perla» ancora è che la pressione fiscale rimarrà invariata. Ve lo diciamo con una profonda preoccupazione: vi sono alcune norme che non conserveranno la battaglia vinta contro l'elusione e l'evasione fiscale e quindi vi sarà forse una diminuzione del prelievo perché qualcuno smetterà di pagare le tasse, sebbene le terrete al 43 per cento; è chiaro che questi dati ci danno una profonda preoccupazione. Non siamo, quindi, allineati fino in fondo sulle analisi e sul cosa fare. Abbiamo letto e ascoltato con molta attenzione la capacità di rappresentare qualche novità nel dibattito economico del Ministro Tremonti. Il Ministro Tremonti in poche parole ci ha detto che esiste un extraprofitto, che dobbiamo individuare, e che dobbiamo individuare gli elementi della speculazione per intervenire nella tassazione. Mi ricordo da alcuni piccoli studi economici - non sono un professore universitario in questa materia - che Einaudi ci diceva che si realizza l'extraprofitto quando le imprese agiscono in regime di monopolio, ovvero quando si registra uno squilibrio tra domanda ePag. 123offerta; l'extraprofitto si genera, quindi, in condizioni di monopolio. Si risponde, quindi, all'extraprofitto aumentando di 5,5 punti l'IRES di prelievo su queste imprese e inserendo tra queste imprese l'ENEL che è un'impresa di distribuzione e produzione di energia? Pensando che questi 5,5 punti non verranno scaricati sul consumo finale? Quanto sarebbe più interessante prevedere una norma transitoria sulla tassazione degli extraprofitti, in attesa di un processo reale di liberalizzazione del Paese. Sono quelli i costi che vanno sui consumi in un regime di monopolio dove alcune imprese determinano gli elementi di presenza delle imprese stesse.
Ma sono solo quelli i settori dove si è generato un extraprofitto? Nel sistema radiotelevisivo, non c'è il duopolio, il tripolio, non si generano extraprofitti? Questo Paese ha sempre paura di discutere di soggetti che appartengono a una linea politica. Si vanno a cercare gli extraprofitti di chi esegue un deposito nei libretti di risparmio sino a 50 mila euro nelle cooperative, viene innalzato il prelievo da 0,3 a 0,39 perché quello è l'extraprofitto che si genera nelle cooperative e, nello stesso tempo, non si vedono gli extraprofitti che si realizzano.
Pertanto, noi sfideremo il Ministro Tremonti a discutere sul tema del processo di liberalizzazione, di eliminare gli extraprofitti e restituire ai consumatori sotto forma di risparmio, come è stato fatto sulle assicurazioni - non vorrei ricordare molte cose - per poter dare al Paese una risposta seria e coerente. Quindi, su questo aspetto dell'articolo 81 e del successivo, riguardanti la politica fiscale, non possiamo che rivendicare ciò che diceva con forza il nostro rappresentante di gruppo in Commissione, Fluvi: non possiamo ad ogni Governo modificare i livelli di tassazione nei confronti dell'impresa e dobbiamo rendere temporaneo questo problema, in attesa dei processi di liberalizzazione che incidono e eliminano le rendite di posizione godute dai monopoli.
Un'altra raccomandazione e con essa, vista l'ora, vorrei concludere: il provvedimento sul federalismo fiscale non sia visto come un provvedimento punitivo rispetto ad una parte del Paese ma veda l'Italia in termini unitari e, attraverso una redistribuzione delle risorse, possa finalmente riaprire la necessaria politica di risposta ai cittadini nei vari settori. Quindi, vi attendiamo con questa attenzione ai prossimi provvedimenti, sperando veramente che ci dobbiate di nuovo spiegare perché nel 2008 il secondo semestre dovrebbe portare 22 miliardi di fabbisogno, innalzandolo a 46 miliardi contro i 24 miliardi del primo semestre: nel 2005, l'anno peggiore, si è avuto nel secondo semestre un fabbisogno di 7 miliardi. Vogliamo destinare queste risorse all'azione più coerente che possiamo fare in questa fase: la diminuzione del prelievo fiscale nei confronti dei pensionati e dei lavoratori, nel rispetto del comma 4 dell'articolo 1, che costituirebbe veramente una risposta coerente al problema dell'aumento dei consumi interni e una risposta ai cittadini con redditi inferiori ai 50 mila euro che, considerato il tasso di inflazione programmata bassissimo e tutti gli elementi che state portando, non hanno una risposta.
Quindi vi attendiamo negli altri provvedimenti con questo cipiglio e questa attenzione, perché essi rientrano nel campo legislativo e nella soluzione dei problemi del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fiano. Ne ha facoltà.

EMANUELE FIANO. La ringrazio, signor Presidente, e ringrazio anche i funzionari e il personale della Camera che lavorano sino a quest'ora, permettendo a noi, che rappresentiamo - spero degnamente - il popolo italiano, di discutere fino ad adesso, forse anche contro il parere di chi non voleva farci discutere.
Impiegherò questi pochi minuti a questa tarda ora, soffermandomi su tre questioni: ciò che sta succedendo all'economia del nostro Paese; alcuni punti del merito e, prima ancora, del metodo del progetto che il Governo presenta e una questione particolare, che credo sia una questionePag. 124nazionale anche se legata ad una città e, in particolare, ad una regione del Paese.
Comincerei dalla situazione generale. L'analisi recente del Governatore della Banca d'Italia - che hanno già citato molti colleghi e quindi vado di corsa - è impietosa: l'economia è piatta. Peraltro pensavamo che gli economisti liberali avrebbero risposto rispetto a questa situazione, alla mancanza di investimenti, alla produzione industriale che cala, alla competitività che peggiora, proponendo maggiori investimenti. I consumi ristagnano: avevamo capito che economisti liberali avrebbero risposto con l'abbassamento della tassazione. La redditività delle imprese flette, il potere di acquisto delle famiglie è eroso dal carovita, il mix di caro-petrolio e caro-cibo fa esplodere l'inflazione.
Le cronache di questi giorni sui commenti - che sono già stati molto citati - di vari enti di analisi e della Banca d'Italia dicono che se i rincari delle materie prime non si fermeranno, il quadro può soltanto peggiorare, che il PIL rimane sostanzialmente in stallo, che la crescita è molto piccola, che in pratica questa crescita è già quasi dimezzata rispetto alle previsioni di gennaio, che evidentemente si riduce la capacità di spesa delle famiglie e che quindi si riduce la dinamica dei consumi privati, che questo induce un ridimensionamento dei piani di accumulazione di capitale delle imprese, che nel secondo trimestre è previsto un calo di un punto percentuale dell'attività industriale e c'è un peggioramento generale, insomma, del clima di fiducia delle imprese e delle famiglie.
Nei primi sei mesi sono state azzerate le emissioni nette di obbligazioni delle imprese, sono pressoché nulli gli aumenti di capitale delle società quotate, vanno giù i consumi (meno 2 per cento quelli per i beni durevoli), la competitività dei prodotti italiani peggiora. Questo è il quadro, molto difficile, nel quale ci troviamo.
Partiamo allora col vedere il metodo che avete scelto per affrontare questi temi. Stamattina il collega Jannone, relatore per la VI Commissione, ha affermato che vi sono quattro motivi urgenti, non già per la maggioranza, né per l'opposizione, ma per il Paese, per utilizzare lo strumento della decretazione d'urgenza prima e quindi evidentemente anche della fiducia dopo, a cui avrebbe fatto ricorso non questo Governo, ma qualsiasi Governo chiamato a guidare il Paese, perché esiste un'evidente discrasia tra i tempi necessari dell'economia, i problemi posti ai cittadini, e i tempi troppo lunghi dell'iter legislativo di un sistema bicamerale perfetto.
Sono andato a leggermi quanto aveva detto il ministro Tremonti, allora vicepresidente della Camera, mercoledì 2 agosto 2006, esprimendo la dichiarazione di voto per il suo gruppo, durante la discussione del disegno di legge di conversione del provvedimento concernente disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria del Governo Prodi. Dice Tremonti: «Veniamo al decreto legge, alla sua forma e alla sua sostanza. La forma: ci avete presentato un provvedimento urgente che in molte parti ha però effetti differiti, con all'interno una norma di conversione che ha efficacia addirittura retroattiva ed un'altra norma che ha efficacia addirittura ultrattiva».
Il 25 ottobre 2006 dice ancora (e forse questa dichiarazione di Tremonti di due anni fa la potremmo riprendere pari pari): «Cercherò di svolgere una riflessione che non riguarda il decreto in discussione, ma è relativa alle prerogative della Camera dei deputati. Lei afferma, signor Ministro - cioè Padoa Schioppa - che abbiamo un problema di calendario. È assolutamente comprensibile che vi sia un problema del genere in relazione alla discussione di un decreto-legge, possiamo anche immaginare che la soluzione di questo problema sia la posizione della questione di fiducia. Quello che non riusciamo assolutamente a condividere e che francamente consideriamo molto grave, è la motivazione che lei esprime. Lei equipara quella che è stata, o sarebbe potuta essere, una normale discussione in Parlamento ad ostruzionismo, o, comunque, la demonizza, in termini assolutamente negativi. Francamente, signor Ministro, gli emendamenti per l'AssembleaPag. 125sono stati presentati dal Governo soltanto a tardissima ora. Che cos'era quello, auto-ostruzionismo?».
Continua poi Tremonti: «Può essere che la discussione abbia tempi diversi rispetto al calendario che il Governo considera ottimale per l'esame del disegno di legge di conversione di un decreto-legge; tutto questo è possibile. Tuttavia, il fatto che lei consideri patologica o negativa, tanto da produrre l'effetto di amareggiarla, una discussione che è stata, comunque, assolutamente ordinaria, è assolutamente inaccettabile. Se lei equipara ad ostruzionismo una discussione di questo tipo, che magari non è efficiente con riferimento ai tempi di Governo, ma perfettamente fisiologica rispetto all'attività e ai doveri del Parlamento, la prossima volta la discussione fisiologica sarà solo quella per alzata di mano. Tutto ciò non lo possiamo accettare». Condivido parola per parola quanto espresse nell'ottobre 2006 il Ministro Tremonti. Forse quello era, parafrasando quanto ha sostenuto prima una collega molto brillante, il Robin Hood buono, il Tremonti uno.
Vorrei entrare adesso nel merito di alcune questioni, andando di corsa. Sappiamo tutti che nelle ultime settimane il Governo ha catapultato in Parlamento una mole molto cospicua di decretazione d'urgenza, senza che vi fosse una reale urgenza nella maggioranza di questi casi, se non forse l'urgenza per una persona sola. Vorrei anche dire, però, che stiamo svolgendo una discussione molto strana: noi siamo qui, a questa tardissima ora, a discutere di un provvedimento, in realtà conoscendo un provvedimento diverso da quello, cioè il maxiemendamento che poi è stato infine presentato, che dovrebbe essere effettivamente l'oggetto della nostra discussione (ma non lo sarà, perché questo maxiemendamento sarà poi oggetto di un voto di fiducia).
Per essere coerenti allora con questo tipo di voto, la discussione in atto non dovrebbe aver luogo. Se ha luogo vuol dire che stiamo facendo una discussione su un emendamento molto grande, ma un emendamento comunque e non un maxiemendamento. Si sarebbero pertanto dovute riconvocare le Commissioni, le opposizioni avrebbero dovuto avere spazio di discussione e così via. Un grande pasticcio insomma. Entriamo per pochissimi istanti nel merito. Mi chiedo - come ha già fatto molto meglio di me il collega Baretta, rappresentante di gruppo in Commissione Bilancio - che cosa c'entra con la decretazione d'urgenza l'avvio della conversione al nucleare del Paese, fatta per decreto? Che cosa c'entra la Banca per il Mezzogiorno istituita per decreto? Che cosa c'entra la riforma dei servizi pubblici con il decreto? Che cosa c'entra la legislazione per il lavoro fatta per decreto e con la quale si modifica un patto stabilito tra le parti sociali e poi approvato da quasi cinque milioni di cittadini lavoratori e di pensionati? Che cosa c'entrava, ma poi non c'è più stata, la decapitazione dell'autorità garante per l'energia?
La verità è che questa - come hanno già detto molti colleghi - è una manovra di tagli pesanti, che incide su molti nodi centrali della nostra società, gli enti locali, gli apparati della sicurezza, la sanità, la scuola, il Mezzogiorno e i rapporti di lavoro. In relazione agli enti locali basta leggere qualche frase dei comunicati che arrivano dalle associazioni degli enti locali. Cito testualmente l'ANCI Lombardia: «Chiediamo che il Governo mantenga per intero gli impegni assunti sulla compensazione integrale a tutti i comuni del mancato introito dell'ICI sulla prima casa e assicuri che le compensazioni coprano la sua evoluzione naturale. Esprimiamo contrarietà per le nuove norme sul personale che colpiscono soprattutto i piccoli comuni, provocando il blocco delle assunzioni e aggravando così le difficoltà che hanno già vissuto in questi anni. Potrei continuare.
C'è ancora un tema e non riguarda i piccoli o i medi comuni. Riguarda forse il federalismo, lo strano federalismo al quale vi state preparando, per lo meno secondo l'opinione del governatore della regione Lombardia. Poche ore fa, Formigoni ha detto, dopo uno scontro avuto a palazzo Chigi con il Ministro Tremonti: «ÈPag. 126strano» - cito dalle agenzie - «che venga definito irresponsabile chi ha avanzato la proposta di un lavoro comune tra Governo e regioni per evitare un conflitto funzionale su un tema così delicato come è la sanità, che finirebbe per scaricarsi sulla pelle dei cittadini. Questa volta» - dicendo di Tremonti - «se rompe con le Regioni fa del male a se stesso e al Governo. La verità è che questa manovra crea, con i tagli, problemi insostenibili al comparto degli enti locali, della sicurezza - come dimostrano le manifestazioni sindacali - della sanità».
Non posso citare, oltre ai tagli, l'altra parte, la parte che evidentemente manca, come ha appena detto chi mi ha preceduto. Manca una politica di investimenti: si riducono o si azzerano totalmente.
Il ministro Tremonti ha - secondo me, clamorosamente - annunciato oggi che risanerete il bilancio senza aumentare le tasse. Voi avevate però promesso che le tasse le avreste diminuite. Non avete affermato da quando siete nati che solo attraverso la riduzione del carico fiscale si rimette in moto l'economia? Noi stiamo dunque riducendo il risparmio accumulato dalle famiglie ed accrescendo il loro indebitamento.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

EMANUELE FIANO. Arrivo all'ultima questione, signor Presidente e concludo. Si tratta di una questione particolare. Nel 2015, Milano e la sua provincia ospiteranno l'Expo. Il Governo affronta questo straordinario evento, al quale hanno concorso tutte le forze del Paese e per il quale il Governo Prodi ha lavorato, con i due commi - è l'ultima pagina signor Presidente - dell'articolo 14, nominando il sindaco Moratti commissario straordinario, punto e basta. La questione verrà poi affrontata da un decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri ossia Berlusconi da solo, senza il coinvolgimento del Governo, si occuperà della questione. Milano, l'area di Milano, la provincia di Milano e la regione Lombardia aspettano risposte. Ci si chiede perché non si è proceduto con una legge speciale. Nel 2000, per le olimpiadi invernali di Torino, si procedette con una legge. Si trattava di 14 articoli semplici semplici, che descrivevano tutto con chiarezza e trasparenza, composizione e compiti del comitato organizzatore e dell'agenzia per la prosecuzione dell'opera, gli strumenti di controllo e così via. Insomma - concludo, signor Presidente - c'è molta fretta, tanta fretta, poca trasparenza e poca chiarezza. Poi a guardare nel dettaglio, le questioni cruciali, le grandi questioni nazionali come è l'Expo, ci si accorge che sotto la fretta si nascondono le scelte reali. Quelle si faranno tra pochi, senza dibattito, senza Parlamento, senza opposizione, senza emendamenti e senza tutte quelle orribili lungaggini della nostra vecchia, cara democrazia (Applausi dei deputati del gruppo del Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Giuseppina Servodio. (Ascoltiamo la voce di Bari). Ne ha facoltà.

GIUSEPPINA SERVODIO. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, credo che la discussione che stiamo conducendo in questo lungo pomeriggio e nottata abbia sottolineato che, oltre al metodo - si cambiano le regole democratiche, che, come dicevano i colleghi prima, sono regole importanti, che presiedono ai rapporti tra Governo e Parlamento - i nostri rilievi si riferiscono al merito e anche a delle proposte alternative, che in molti interventi sono state avanzate.
Qual è l'oggetto di questo decreto-legge? La crescita? Abbiamo dimostrato che non è la crescita. Questa è una manovra non di rilancio, ma depressiva, e la domanda alla quale vorrei che il Governo rispondesse - è previsto, certamente, il voto di fiducia e avremo modo di sentire il Governo - è la seguente: come mai - lo diceva la collega Cenni - il Governo ha sottovalutato la portata e il rilievo sul piano economico e della ripresa complessiva del Paese del ruolo dell'agricoltura italiana?
Ha ignorato tutti quegli aspetti che nello scenario europeo e internazionale,Pag. 127soprattutto in questi ultimi mesi, stanno segnando il dibattito sul ruolo strategico di questo settore primario, dell'agricoltura, rispetto ai temi dei prezzi, dell'alimentazione, dell'ambiente, del clima, dell'economia, dello sviluppo e della crescita.
Le prime mosse del Governo, al di là del movimentismo del Ministro delle politiche agricole e forestali, non sono in questa direzione. Lo ricordava la collega Cenni: nel provvedimento ICI cosa andiamo a toccare? Le risorse per l'agricoltura. Nel DPEF non c'è neppure una pagina sull'agricoltura: non c'è un disegno, non c'è un progetto, non c'è una sfida strategica. In questo provvedimento, nel decreto-legge n. 112 del 2008, che è stato presentato come l'anticipazione della legge finanziaria, il settore dell'agricoltura è scomparso, è marginale, è secondario, proprio rispetto agli obiettivi che il Governo si vuole porre, con questo provvedimento, per la crescita del Paese. Ma il Governo Berlusconi e il Ministro Tremonti hanno dimenticato che l'agricoltura rappresenta un valore aggiunto del complessivo sistema economico? È il secondo comparto produttivo; garantisce un bacino occupazionale molto significativo.
Qual è, allora, la risposta del Governo ai ritardi che, purtroppo, l'agricoltura italiana ha sul piano strutturale e della competizione? Come risponde? Dicendo «no» alla stabilizzazione fiscale e previdenziale. È gravissimo, signor sottosegretario. Pensavamo che nelle Commissioni fosse passato, almeno, l'emendamento per la proroga della stabilizzazione fiscale.
Sappiamo che non c'è copertura per il comparto agricolo....

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Non è vero!

GIUSEPPINA SERVODIO.... laddove, invece, in Commissione agricoltura avevamo condiviso anche l'osservazione della relatrice per la maggioranza circa la necessità di avviare e di superare le proroghe della stabilizzazione fiscale per l'agricoltura, e ci troviamo di fronte anche a un diniego sulla proroga.
Perché è importante la stabilizzazione fiscale? Ricordo qui di aver letto qualche intervista del Ministro Tremonti. La stabilizzazione fiscale è, forse, la modalità più coerente per intervenire a monte e positivamente sulle potenzialità di sviluppo, di espansione e di competizione dell'impresa agricola. Sappiamo che la normativa comunitaria vieta gli aiuti di Stato. Dovremmo fare come fanno negli altri Paesi: sulla leva fiscale si creano le condizioni positive e le opportunità per le aziende agricole, e non solo per esse.
Ma oggi il Governo non dà risposte in tale direzione; eppure il decreto-legge ha come obiettivo la crescita, e questo elemento, questa precondizione non viene compresa e non viene prevista in esso. In Commissione agricoltura, signor Presidente e sottosegretario, la maggioranza ci ha detto: non vi preoccupate, non ha importanza se non c'è scritto «agricoltura», perché di fatto il provvedimento in discussione, nel suo impianto generale, crea opportunità anche per il settore dell'agricoltura. Vorrei ricordare che il settore agricolo è attraversato da specificità, dinamiche, caratteristiche che vanno considerate in modo proprio! Non a caso a livello comunitario, sottosegretario, esistono una politica agricola di sostegno e misure specifiche, perché anche la Comunità europea guarda al settore agricolo e ne individua fattori imprevedibili, da un lato, e fattori economici e sociali più dinamici rispetto ad altri settori.
Vorrei dire che qualche misura c'è ma, ripeto, è molto vaga: interessante è la misura che riguarda la ridefinizione delle funzioni del Garante per la sorveglianza dei prezzi. Ma è il minimo, perché contestualmente non vengono individuati nel decreto-legge percorsi virtuosi per far fronte alla sfida dell'aumento dei prezzi alimentari, attraverso misure nel breve e medio periodo, per scongiurare effetti secondari di ampia portata sulle retribuzioni e sui prezzi. La forbice dei prezzi alla produzione e al consumo è infatti il terreno sul quale dobbiamo intervenire, ma il Governo non interviene.Pag. 128
C'è un'altra questione, che vorrei in questa sede sottoporre al Governo: il sostegno all'internazionalizzazione delle imprese. Vi è certamente una norma, che è più rivolta a scongiurare una possibile procedura di infrazione, ma è anche vero che nel provvedimento non c'è nessuna strategia di sostegno alle imprese agricole. Non si guarda ai costi della produzione, alla necessità di implementare misure per i progetti integrati agroalimentari, turistici e alberghieri, alle azioni promozionali a sostegno del made in Italy.
C'è un'altra perplessità, sottosegretario. Mi spiace che non ci sia il collega Cazzola. Noi abbiamo introdotto in modo molto sperimentale l'anno scorso una norma sui contratti occasionali di tipo accessorio. Ma noi abbiamo riferito quella norma, con la condivisione dell'allora opposizione, oggi maggioranza, soltanto ad alcuni soggetti, ad alcune attività agricole di breve durata e saltuarie, le cosiddette vendemmie, e fu introdotta con l'impegno di verificarne poi gli effetti. Oggi non esiste alcuna verifica: si propone, nel decreto-legge n. 112 del 2008, di ampliare l'ambito oggettivo e soggettivo di applicazione. Ma questo è un rischio, perché - lo comprendiamo tutti - le attività agricole di fatto sono tutte stagionali, e pertanto è necessario circoscrivere e porre dei paletti, se non si vuole aprire una pericolosa deriva verso la precarietà per i lavoratori.
Non vorrei, sottosegretario (e così appare dall'intervento sempre del collega di maggioranza), che i risultati raggiunti con l'applicazione del Protocollo sul welfare, condiviso da tutte le organizzazioni professionali di categoria, fossero ribaltati e messi in discussione, signor Presidente, proprio sul punto più qualificante dell'equilibrio, che nel Protocollo è stato raggiunto, tra l'esigenza di flessibilità e la garanzia di tutela e di trasparenza nei rapporti di lavoro. Questa è la linea riformatrice, non ci sono altre linee rispetto a questo obiettivo di equilibrio.
C'è un altro aspetto: la cooperazione. Noi abbiamo visto che è stato approvato in Commissione bilancio l'elevazione della ritenuta sugli interessi corrisposti dalle società cooperative ai soci. Sottosegretario, questa era un'occasione per affrontare tutta la partita sulla cooperazione! Sappiamo che la cooperazione in questo Paese è costituito da piccole e medie cooperative.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIUSEPPINA SERVODIO. Non c'è una strategia, nel decreto-legge n. 112 del 2008, che vada in direzione di una maggiore aggregazione. E questi sono gli aspetti strutturali.
Chiudo, signor Presidente, dicendo che noi siamo convinti che il settore agricolo non è marginale. Di qui le nostre domande al Governo: perché non ha ritenuto che questo settore sia un volano per lo sviluppo? Invece lo è: affrontare i nodi strutturali dell'agricoltura italiana significa infatti anche fermare il processo inflattivo e può essere un modo per non far precipitare i livelli occupazionali e, dunque, i redditi e la possibilità per le famiglie italiane di arrivare in modo dignitoso alla fine del mese. Insomma, il Governo non ha raccolto la svolta che nella precedente legislatura abbiamo dato a questo settore.
Ciò comporta peraltro un pericolo del quale parlavano prima anche altri colleghi. Chi è infatti il nemico oggi per il settore dell'agricoltura? L'Europa. «I mali dell'agricoltura italiana derivano dalla politica europea»: è questo che viene pericolosamente ad affermarsi. E invece, per quanto sia vero che noi dobbiamo rivolgerci all'Europa con un atteggiamento di non cedimento e che dobbiamo fare le battaglie giuste per il riconoscimento della qualità e anche della quantità (dobbiamo superare la politica delle quote), per quanto sia vero insomma che dobbiamo andare in direzione di un processo di evoluzione della politica agricola europea, guai a noi se demonizziamo l'Europa per non affrontare le vere responsabilità che abbiamo come istituzione, quelle cioè di contribuire a cambiare il modello di sviluppo dell'agricoltura italiana (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vico. Ne ha facoltà.

Pag. 129

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, ancora ieri il Ministro Tremonti ci ha confermato che la politica economica del Governo non è all'altezza dei problemi del Paese. Esso non vuole infatti assolutamente affrontarne le due priorità: l'anemia della produttività e la perdita di potere d'acquisto dei salari e delle pensioni. Il Ministro Tremonti sa bene che il fiscal drag torna a corrompere la busta paga: i salari crescono in maniera nominale ma, crescendo gli scaglioni di reddito, il prelievo fiscale aumenta fortemente. Superato il 2 per cento di inflazione, il fiscal drag va restituito ai lavoratori: in sette anni, quel prelievo ha reso i lavoratori creditori mediamente di 1.182 euro; e nel solo 2008 i lavoratori e i pensionati saranno creditori mediamente di 220 euro.
Il Ministro dell'economia e delle finanze continua a sostenere invece che, di fronte allo shock dei prezzi delle materie prime e dei prodotti agricoli, il Governo italiano non può far nulla a causa dei vincoli di bilancio, con la conseguenza che occorre agire sul fronte esterno mobilitando i Governi europei contro la peste speculativa. Eppure, si dice in letteratura che quando si verificano simili situazioni di shock sulla domanda e sull'offerta, non si deve ricorrere né a pensieri lunghi né a politiche monetarie: si deve ricorrere invece alle politiche fiscali. I manuali affermano infatti che bisogna mettere le mani alla riduzione delle imposte sui redditi da lavoro, operando un intervento sui salari e sulle pensioni che dia sollievo alla domanda e, dal lato dell'offerta, determini una diminuzione dei costi di produzione.
In secondo luogo, sono lo sviluppo e la competitività il vero snodo davanti a noi. In fatto di vitalità economica del sistema produttivo, il nostro Paese e le sue ripartizioni si trovano costantemente in posizione di svantaggio rispetto agli altri Paesi dell'Unione. L'Italia intera, con un indice dell'84,6 si colloca al ventunesimo posto: il centronord, con un indice del 95,3, si colloca al sedicesimo; il Mezzogiorno, dal canto suo, con un indice del 54,1, si colloca all'ultimo posto, sorpassato dalla Grecia. Il fattore che contribuisce ad abbassare l'indice sintetico del nostro Paese è dunque il Mezzogiorno, con il suo ridotto volume degli investimenti fissi lordi per abitante, il ridotto grado di internazionalizzazione, la bassa quota di export e la quasi totale assenza di investimenti dall'estero.
In Italia, il flusso annuo medio di investimenti esteri per abitante nel quinquennio 2001-2006 e nel biennio 2006-2007 è stato di 350 euro al centro-nord, di 292 euro nel solo nord, di 13 euro nel Mezzogiorno. Colleghi, da questi dati sommari, appena citati, si ricava un indice di potenzialità competitiva del sistema produttivo Italia che spiega bene, da un lato, l'inadeguatezza del nostro Mezzogiorno rispetto alla sfida dei mercati e, dall'altro, quale grande sforzo questo Parlamento e soprattutto il Governo dovrebbe compiere per innescare un processo rapido di reale convergenza tra le due macroaree del Paese, nord e sud.
Il Mezzogiorno non è solo l'emergenza rifiuti o l'emergenza criminalità; il Mezzogiorno torna per il Paese come problema nazionale. Il sud è in difficoltà seria e, tuttavia, non può essere riassunto in una definizione unica. Permettetemi, distinguere è utile e necessario; insomma, occorre differenziare i sud che funzionano da quelli in declino, da quelli in crisi, da quelli che non assumono la propria responsabilità.
Colleghi, penso che si è conclusa quella lunga fase in cui il pensiero economico dominante riteneva bastasse riattivare le risorse locali endogene per conseguire tassi di sviluppo più elevati nel Mezzogiorno, accompagnati dall'intervento pubblico diretto. Tuttavia, ritengo che questo sia il pensiero del Governo e del Ministro Tremonti. Se il Mezzogiorno ha bisogno di un'azione positiva, essa dovrà essere la capacità di intercettare i flussi di investimento nazionale ed internazionale per incentivare il cambiamento strutturale della specializzazione produttiva nell'interesse dell'intero Paese.Pag. 130
In questa direzione, la politica industriale deve assumere un ruolo importante per il sud. Non si tratta di mettere in campo solo interventi compensativi, come si è fatto nel passato e nel recente passato, o la creazione di condizioni di contesto, ma di orientare la struttura produttiva verso processi di rinnovamento tecnologico dell'offerta e di sviluppo del capitale fisico e umano.
Penso che Industria 2015 e il Mezzogiorno siano il sentiero da percorrere. Credo che il sentiero di Industria 2015 dovrà appunto dedicare una maggiore attenzione al Mezzogiorno, e il Governo assumere quel sentiero. Se si coniugherà l'evoluzione della politica industriale nazionale con il rinnovamento degli strumenti della politica regionale e con un rilancio delle politiche di attrazione, si potranno disegnare le coordinate di un nuovo impegno per il Mezzogiorno.
Penso che degli istituendi progetti di innovazione industriale potranno far parte le medie imprese e le aree produttive di eccellenza meridionale, dall'aeronautica all'aerospaziale, ad alcuni comparti delle agricolture di qualità, alle biotecnologie, alla microelettronica e alla chimica come nuovo campo da riassumere e, attraverso l'utilizzo dello strumento cosiddetto Reti di impresa, si potrà aprire un più congruo accesso alle residue leggi di agevolazione nazionale mirate ad obiettivi orizzontali, che sono la crescita dimensionale, l'internazionalizzazione, la ricerca e l'innovazione. Guardate, con la fine della legge n. 488 siamo passati agli automatismi.
È stata quella l'azione economica del Governo Prodi, non ultimo, più significativa e - mi permetto di dire - anche dal profilo morale.
Cosa diversa è la reiterata richiesta di fiscalità di vantaggio anche quando è temporaneamente utile ai fini di compensare le diseconomie esterne in funzione delle politiche di attrazione per ridurre i costi di transazione. Ora cosa ci propone il Ministro dell'economia, onorevole Tremonti? Quali sono i primi atti del Governo? Quali sono i primi annunci del Ministro dello sviluppo economico? Consentitemi di riassumerli con dei titoli rapidissimi. Ci propongono un ponte, una centralizzazione dei fondi FAS, la destrutturazione del credito d'imposta per gli investimenti, un'opzione esclusiva su energia, telecomunicazioni, infrastrutture al V livello di priorità e infine, dice il Ministro Tremonti, una banca del Mezzogiorno e l'argomenta, come ha fatto ieri, affermando che nel Mezzogiorno non ci sono banche autoctone.
Mi permetto di segnalare al Ministro Tremonti che, alla data del 31 dicembre 2007, si rileva dal bollettino della Banca d'Italia che nel Mezzogiorno agiscono 141 banche di dimensione regionale, pluriregionale con direzione generale in loco, 12 banche popolari e 105 banche del credito cooperativo.
Concludo in questo modo. Vi è una questione del Mezzogiorno, una questione che torna ad essere nazionale e che per il Mezzogiorno significa assumere la differenziazione di ciò che è il Mezzogiorno. Il Mezzogiorno d'Italia non è l'emergenza rifiuti o l'emergenza criminalità (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Levi. Ne ha facoltà.

RICARDO FRANCO LEVI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, dedicherò il mio intervento a una questione di principio ossia al tema della difesa del pluralismo dell'informazione. Fissato dalla nostra Costituzione all'articolo 21, il pluralismo dell'informazione è stato nel tempo definito dalla Corte costituzionale come libertà di informare e diritto di essere informati, una libertà e un diritto che sono fondamento e condizione per una piena democrazia.
Ebbene, se pluralismo dell'informazione ci deve essere, molte devono essere le voci presenti sul mercato che trasmettono informazioni, notizie e opinioni. Molti - perché è di questo che si parla - devono essere i giornali.
In tutte le democrazie del mondo, e certo in tutta Europa, ai giornali si attribuiscePag. 131e si riconosce un ruolo così importante e così prezioso nel rendere possibile una consapevole partecipazione alla vita associata da giustificare un sostegno pubblico. Tale sostegno è espressamente consentito persino in ambito europeo dove, come ben sappiamo, gli aiuti di Stato sono proibiti.
Diverse, anzi diversissime sono le forme attraverso le quali tale sostegno si sostanzia ma dovunque - ripeto dovunque - la mano pubblica interviene per garantire un'informazione diversificata e plurale. In Italia il sostegno all'editoria, alla stampa quotidiana e periodica si esplica attraverso strumenti di aiuto indiretto, come le agevolazioni per le spedizioni in abbonamento postale, e di aiuto diretto.
Dei contributi diretti beneficiano quotidiani e periodici nazionali e locali editi da imprese editrici organizzate in forma cooperativa, da imprese non profit o di partito. Proprio di questi giornali pubblicati da cooperative, da fondazioni non profit di partito si occupa, purtroppo, il provvedimento al nostro esame. Dico purtroppo, ma dovrei in realtà usare termini molto più duri perché ciò che esso dispone equivale in buona sostanza ad una dichiarazione di morte per moltissimi di questi quotidiani e periodici.
È una manovra a tenaglia quella che è stata messa in atto. Da un lato, con il taglio triennale previsto nell'Elenco 1, a fronte di appostazioni di bilancio per 414 milioni nel 2008 e per 387 milioni per il 2009 ed il 2010, appostazioni già vistosamente al di sotto del fabbisogno reale, si riducono tali voci di ulteriori 80 milioni per il 2009, 96 milioni per il 2010, 170 milioni per il 2011.
Basta un rapido calcolo sul valore percentuale dei tagli disposti per concludere che si tratta di un vero e proprio azzeramento del finanziamento pubblico della stampa. A dipingere uno scenario ancora più fosco interviene poi il testo dell'articolo 44 che, non solo attraverso un regolamento di delegificazione attribuisce al solo Governo la potestà di determinare la disciplina di erogazione dei contributi diretti, ma stabilisce altresì che le somme complessivamente stanziate nel bilancio dello Stato, quelle stesse somme appena determinate ai livelli che vi ho testè ricordato, costituiscano il limite massimo di spesa.
Cosa vuol dire tutto questo? Vuol dire che il Governo, senza controllo alcuno da parte del Parlamento (lo ripeto: senza controllo alcuno da parte del Parlamento), sarà libero di stabilire se e come sostenere la stampa quotidiana periodica e sarà libero di stabilire quale stampa sostenere. Vuol dire che i giornali non avranno più alcuna certezza dei loro diritti e che come diretta conseguenza perderanno la possibilità di scontare i propri crediti presso il sistema bancario.
Se non è questa una quasi certa condanna a morte per queste imprese che costituiscono, come è facile comprendere, la parte più debole del comparto dell'editoria, ditemi voi che cos'è. Per completare il quadro mi resta solo da illustrarvi l'ampiezza della platea colpita da questo provvedimento. Non vi farò i nomi delle testate per non aggiungere alle drammatiche difficoltà nelle quali esse si troveranno (sono diverse per ispirazione culturale, politica e di orientamento, laiche e di ispirazione religiosa) l'ulteriore danno della pubblicità ai loro problemi.
Mi limiterò, dunque, a citare solo alcune delle tantissime città che saranno colpite nei loro organi di informazione più radicati nei territori: Genova, Cremona, Perugia, Bari, Latina, tutta la Ciociaria, Taranto, insomma un intervento peggiore e più inquietante il Governo proprio non lo poteva proporre. Non fosse che per questo solo intervento il provvedimento che ci viene sottoposto merita di essere bocciato (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Miotto. Ne ha facoltà.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Signor Presidente, questo dibattito è indispensabile (checché ne pensi molta parte della maggioranza) perché, anche se in piccola parte, dà contenuto alla cifra democraticaPag. 132del nostro Paese e comunque contribuisce a fornire degli elementi di verità indispensabili nel momento in cui ci si potrebbe chiedere, leggendo questa manovra, dove ci eravamo lasciati. Io dico nel 2006 forse, perché c'è una singolare saldatura con la legislatura 2001-2006.
Guardiamo subito agli elementi simbolici: da una parte, i manifesti, dall'altra un'azione di Governo che va in tutt'altra direzione. Gli elementi simbolici sono costituiti dai manifesti: la famiglia. Si prevede di aiutare la famiglia, ma l'azione di Governo qual è? Si aumentano gli alunni per classe, si riducono gli insegnanti, si toglie stabilità ai precari, con tagli al sociale. Che cosa ne sarà del Fondo per la non autosufficienza? Altro elemento simbolico è la sicurezza: lo hanno detto già molti colleghi, non lo ripeto qui: si tagliano le risorse economiche, i mezzi, il numero dei poliziotti, del personale, 538 milioni nel triennio. Il terzo elemento simbolico è costituito dalle tasse: non si riduce la pressione fiscale. Il quarto: si blocca la lotta all'evasione, anzi la si contrasta. Vi sono misure contro il riciclaggio e il lavoro nero e vengono bloccate le misure sulla tracciabilità, quelle anti-evasione. Per finire con la beffa di questi giorni: il Papa chiede agli Stati un aiuto importante per i Paesi poveri e immediatamente replica il Presidente del Consiglio, affermando che il Papa ha ragione. Peccato che, contemporaneamente, firma il decreto-legge n. 112 e toglie 170 milioni di euro dalla cooperazione internazionale.
Allora, gli elementi simbolici ci sono tutti rispetto al 2006, ma le azioni di Governo vanno in tutt'altra direzione. E non è difficile fare un parallelismo, ahimè così distante sotto il profilo degli esiti, rispetto all'azione del Governo Prodi: cuneo fiscale, incremento del fondo sociale, intervento sugli assegni familiari, interventi sulle opere pubbliche. Tutto il contrario di ciò che questa manovra sbagliata e inadeguata prevede.
Ma, ahimè, c'è anche un importante e significativo capitolo che riguarda la vita istituzionale del nostro Paese. Da questo punto di vista, le preoccupazioni sono serie e devono essere sottolineate, non solo perché si è ricorso ad un decreto-legge, discusso come sappiamo con una modalità quasi inesistente nelle Commissioni, con i parlamentari catturati per essere portati da una Commissione ad un'altra per garantire il voto alla maggioranza, ma perché si è alterato il rapporto con le parti sociali con i tagli ai comuni; si è aperto un conflitto istituzionale con le regioni sulla sanità e si propongono politiche di stampo centralista mai viste in precedenza.
Poi vi è anche qualche svarione, anzi le dico già, sottosegretario, che occorre che lei pensi ad una soluzione rapida, e le do un suggerimento: preoccupati di chiudere la porta rispetto agli abusi che possono esserci stati su una norma che riguarda l'attribuzione dell'assegno sociale, è stata fatta un po' di confusione e si rischia di mettere in discussione questo istituto che opera un intervento assistenziale, come è noto, nei confronti delle persona in difficoltà, questa volta per la generalità degli italiani. Le persone residenti in Italia con più di 65 anni che hanno redditi inferiori ai 5 mila euro oggi godono dell'assegno sociale, ma spesso queste persone non hanno maturato il diritto alla pensione ed hanno un'esiguità di contributi versati; sono spesso donne, casalinghe, con un reddito familiare inferiore ai 10 mila euro.
Ebbene, nell'intento di limitare l'estensione di questo intervento assistenziale ai cittadini stranieri, immigrati, che sono in Italia con regolare permesso di soggiorno, si è fatto veramente un pasticcio - mi scusi il termine, signor Presidente - perché si è previsto che tutti gli aventi diritto all'assegno sociale debbano dimostrare di aver soggiornato per oltre dieci anni in Italia e di avervi lavorato per dieci anni con un reddito superiore ai 5 mila euro. A tal riguardo, ho ascoltato il collega Bitonci (il padre di questo emendamento), affermare, poche ore fa che, se non si fosse introdotta questa norma, l'INPS avrebbe avuto un carico eccessivo di 10 milioni di euro di spesa. Tuttavia, faccio notare che la scheda tecnica che accompagna il decreto-legge n. 112 prevede che, con l'introduzione di questa norma, vi sarà unPag. 133risparmio di 5 milioni di euro; quindi, quanto meno questo rischio sarebbe sopravvalutato, ma, poiché sappiamo tutti quante sono le persone che hanno già potuto ottenere l'assegno fiscale (sono poche decine in Italia), la cifra di 5 milioni di euro sarà assai lontana dall'essere raggiunta. Tuttavia, se si ritiene che una norma sia necessaria, credo che la stessa non possa essere come quella che viene prevista all'articolo 20, comma 10, del provvedimento in discussione, perché delle due l'una: se la norma - come si legge - riguarda i cittadini italiani e quelli stranieri, allora, è chiaro che a quelle condizioni perdono il diritto i cittadini italiani; se invece si ritiene di cambiare i requisiti per i cittadini stranieri, allora è evidente che occorre cambiare la norma, perché se si richiede un'attività lavorativa con un importo superiore ai 5 mila euro, pensando che questi cittadini abbiano lavorato in Italia e pagato le tasse - perché questa dovrebbe essere la condizione per ottenere l'assegno sociale - sappiamo tutti che con 5 mila euro si rientra nell'area dell'incapienza e, dunque, non vi sarebbero nemmeno le condizioni, se questa è la ragione, per fissare un tale limite di reddito. È un pasticcio al quale è opportuno porre rimedio.
Veniamo invece alle preoccupazioni più rilevanti che riguardano i tagli. A me preoccupano i tagli lineari che sono stati proposti in particolare per le aree della solidarietà sociale e della famiglia. Nonostante siamo a poche ore di distanza dal dibattito che si è tenuto in quest'Aula sulle mozioni concernenti le politiche a sostegno della famiglia notiamo, invece, una distanza abissale per quanto riguarda le scelte concrete che si compiono: 300 milioni di euro, a cui si aggiungono altri 520 milioni di euro per due Ministeri diversi legati alle politiche di solidarietà sociale e agli interventi per le famiglie, fanno sì che si debbano già prevedere tagli per oltre 800 milioni di euro per questi interventi nel triennio.

PRESIDENTE. Onorevole Miotto...

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Le chiedo scusa, signor Presidente, mi affretto e vengo ai tagli alla sanità. Vige il principio del «chi rompe paga»? No, questo è il principio che sottostava al Patto per la salute, ma qui il Patto è stato rotto.
Leggendo oggi le interviste, o meglio le dichiarazioni, apprendiamo che, da un lato, il Ministro Fitto afferma che il Governo ha fatto lo sforzo massimo di 400 milioni di euro, riconoscendo quindi il taglio sui ticket, dall'altro, il Ministro Sacconi afferma: «siamo andati oltre il Patto per la salute». Sì, Ministro Sacconi, siete andati oltre, nel senso che avete rotto quel Patto. Immediatamente dopo replica un assessore della regione Veneto, anch'esso della stessa parte politica, che dice: «ereditato o meno, questo ticket comunque è di questo Governo». Allora, colleghi, su questo aspetto occorre fare un'operazione verità come ha chiesto il presidente Errani.
Il Patto per la salute prevede la piena copertura degli 834 milioni di euro da parte del Governo. Questa somma è stata coperta per il 50 per cento, però nell'emendamento del Governo oggi ci viene distribuita una tabellina in base alla quale quei 120 milioni di euro dei 400 milioni di euro che sono stati coperti guarda caso sono stati ridotti per 55 milioni di euro dalla solidarietà sociale e per 13 milioni di euro dal Ministero della salute.
Insomma, dobbiamo essere chiari: o si realizzano nuove economie perché è preclusa la leva fiscale (e sappiamo quali sono le finanze regionali), oppure si afferma che verranno tolti i ticket, ma di fatto si costringono le regioni ad applicarli. Ciò rappresenta una nuova operazione di traslazione di quest'antipatica tassa sulla malattia dallo Stato alle regioni.
Non è finita, in quanto è il finanziamento sulla sanità che crea maggiori preoccupazioni. Il sottodimensionamento del fondo sul triennio ormai è chiaro ed è di 7 miliardi di euro. Tuttavia, ciò che preoccupa non è di natura finanziaria, in quanto interessa il profilo del sistema che salta. Si cambia, infatti, il sistema sanitario del nostro Paese, in quanto si individuanoPag. 134già nel decreto-legge le misure che dovranno essere assunte nel nuovo patto tra Stato e regioni.
Si parla di riduzione degli standard dei posti letto per decreto, di riduzione del personale, di cambiamento del modello attraverso la riduzione delle unità operative complesse e semplici e dell'introduzione dei ticket come forma di compartecipazione per le categorie finora esentate.
Ciò è cinico perché il ticket non può finanziare il sistema, in quanto è stato introdotto nel nostro Paese per moderare il consumismo sanitario. È sempre stato definito, infatti, con il nome ticket moderateur e in questo senso è stato importato nel nostro Paese, ma non per finanziare il sistema. Con questa manovra, invece, si rovescia il modello sanitario e, di conseguenza, il ticket diventa uno strumento per finanziare il sistema di fronte al sottofinanziamento del fondo sanitario.
Ciò è inaccertabile, soprattutto se addirittura si introduce il principio per cui potrà essere applicato anche alle fasce esenti, cosa mai avvenuta nel nostro Paese. Tuttavia, si dirà che c'è la card grazie ad un emendamento intelligente uscito dalla Commissione bilancio. È stato introdotta, infatti, tra le finalità della social card anche la possibilità di finanziare le spese sanitarie. Su questo aspetto stamattina abbiamo sentito anche un paragone non del tutto astratto, anzi molto vicino al modello statunitense. Credo che non sia una cosa nuova se si fa riferimento a quel modello quando si parla dei buoni alimentari. Prendiamo, però, tutto il modello.
Negli Stati Uniti con quel modello si assistono 26 milioni di cittadini. Facciamo le debite proporzioni: in Italia si tratterebbe di cinque milioni di cittadini. Con la card prevista dalla manovra economica si finanziano 500 mila tessere da 400 euro ciascuna. È un modello che dovrebbe essere tendenzialmente universale? Certamente, ma qui si pensa, invece, di partire dagli anziani. Ma chi sono i poveri in Italia e cosa ci dice l'ISTAT? I poveri non sono forse le famiglie con figli e i più poveri di tutti forse non sono i minori? Non copiamo le cose che non sono copiabili.
Negli Stati Uniti il programma food stamp in verità è gestito dal Dipartimento dell'agricoltura per garantire condizioni di alimentazione decorose, decenti e dignitose alle fasce più emarginate della popolazione. Prendiamo, allora, tutto il modello.
Sapete cosa prevedono le norme negli Stati Uniti? Ad esempio, che il fatto di ricevere dei buoni alimentari non dovrà avere effetti negativi se si desidera ottenere la cittadinanza. In Italia addirittura sono stati esclusi i cittadini stranieri, che sono italiani e residenti in Italia.
Il Dipartimento dell'agricoltura degli Stati Uniti, in tutti i suoi programmi ed attività, vieta qualsiasi discriminazione basata su razza, colore, nazionalità, genere, religione, età, disabilità, credo politico, orientamento sessuale e stato coniugale o familiare.
Signor Ministro Tremonti, se deve copiare qualcosa dagli Stati Uniti, la copi almeno per intero!
Vi è, inoltre, l'ultimo emendamento all'articolo 81, che prevede che siano spesi anche un po' di soldi (visto che il fondo è così dotato di risorse!) per avviare un'idonea iniziativa di comunicazione. Non si arrossisce più! Si dovrebbe arrossire di fronte a questa operazione di stato compassionevole. Si farà una operazione di comunicazione, per la quale dovremo anche sorbirci gli spot e che immagino verrà pagata, naturalmente, con una parte del fondo. Di fronte a una manovra come questa, un Paese come il nostro non merita una deriva compassionevole.
Concludo, signor Presidente: stamattina abbiamo anche sentito che il Ministro Tremonti, a questo proposito, ha affermato che dovremo incrementare questo fondo e pensare alla distribuzione di beni in natura. Ho pensato che stia organizzando anche una raccolta di vestiti usati. Ci mancherebbe solo questa!
Eppure, le alternative c'erano. Ci sono, signor sottosegretario. In Italia, ad esempio, vi sono 800 mila invalidi civili che percepiscono una pensione di 245 euro al mese e hanno chiesto, con una raccolta di cinque milioni di firme, di avere almeno laPag. 135pensione minima di 580 euro, ossia il minimo vitale. Invece di predisporre una grande graduatoria su base nazionale, che vedrà milioni di persone concorrere per una lotteria in cui sono «in ballo» solo 200 mila tesserini, nel momento in cui le famiglie sotto la soglia di povertà in Italia sono 2 milioni 630 mila, risparmiamo questi soldi necessari per un grande bando, un grande spot con il quale si illudono milioni di persone! È molto più semplice: aumentiamo le pensioni più basse. Certo, 200 milioni sono troppo pochi: bisogna trovarne qualcuno in più. A dire il vero, un punto percentuale di PIL sarebbe stato necessario per affrontare questo problema, ma probabilmente dovremo rinviare alla prossima occasione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rosato. Ne ha facoltà.

Testo sostituito con errata corrige volante ETTORE ROSATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario Vegas, è sembrata una magia, perché sono serviti nove minuti e mezzo per approvare questa manovra e poi ci siamo accorti che sono serviti otto giorni per pubblicarla sulla Gazzetta Ufficiale e centinaia di pagine di emendamenti (un migliaio della maggioranza, 130 governativi), per concludere con un maxiemendamento di 74 pagine. Forse la condivisione, la convinzione e la chiarezza che sono state comunicate dopo la riunione di quel Consiglio dei ministri non corrispondevano proprio alla realtà.
Nello sforzo che abbiamo compiuto noi - quando, qualche mese fa, eravamo al Governo -, al confronto eravamo dei dilettanti, per la capacità che avete dimostrato di riprodurre logiche che da tempo non si vedevano in quest'Aula.
Siamo qui, quasi alle due di notte, perché la giornata che ha preceduto questa discussione è stata per voi frenetica e di lavoro e per noi inutile, nel senso che aspettavamo il testo dell'emendamento per poter cominciare la nostra riflessione. A quest'ora non posso che tagliare molte parti del mio intervento - così come hanno fatto tanti miei colleghi -, sulle quali sarei intervenuto volentieri, magari riprendendo le riflessioni della collega Miotto sulla social card o le norme sulla scuola contenute in questo provvedimento - che riescono a penalizzare insieme gli studenti e i docenti -, oppure il Patto di stabilità che colpisce così duramente le regioni e gli enti locali.
Mi concentro su due aspetti. Devo dire che da questo Governo mi aspettavo una manovra diversa nei settori di vostro interesse (su cui avete fatto tante promesse e tanti proclami in campagna elettorale e che erano sempre al centro della vostra attenzione, con un'attività quasi demagogica, per richiamare l'attenzione della pubblica opinione), come quelli della sicurezza e della difesa.
Mi sembra, invece, che, in questo grande sforzo, ci sia stata la consapevolezza di mentire rispetto alle scelte che avete fatto e che leggiamo. Il Ministero dell'interno si trova un taglio di 1.673 milioni di euro. Per la verità, nel testo approvato dal Consiglio dei ministri, c'erano 1.618 di milioni di euro di tagli, ma poi, dopo aver ascoltato stamattina la piazza delle forze di polizia, dopo aver ascoltato gli enti locali e aver ricevuto questa forte pressione sulla sicurezza, avete deciso di tagliare altri 55 milioni. Allo stesso modo, per il Ministero della difesa, su cui avete tagliato nella prima bozza 1.754 milioni di euro, più 183 milioni di euro di investimenti, dopo aver sentito i rappresentanti del Cocer, dopo aver mandato il Ministro La Russa in Afghanistan e in Libano, dopo aver fatto una serie importante di audizioni, avete deciso di aumentare i tagli di altri 61 milioni di euro.
Ma queste non sono cifre su cui c'era una condivisione iniziale, perché sono le cifre della nostra finanziaria, quelle su cui avete impostato i vostri tagli e che avevate già giudicato inutili, incongruenti, insufficienti, che avevate criticato in quest'Aula, quando il Governo Prodi le prevedeva nella sua finanziaria: ne avete riempito i comunicati stampa. Successivamente ci avete venduto il prodotto di aver sanato iPag. 136tagli. Con che cosa? Con i 200 milioni di euro previsti nel comma 17 dell'articolo 60-bis, con cui avete detto di aver messo i soldi per le forze di polizia. Leggendo il comma 17 dell'articolo 60-bis, ci si accorge che le forze di polizia sono finanziate, ma che all'interno di questi finanziamenti c'è anche tutta la contrattazione integrativa per le agenzie fiscali, per l'università e gli enti di ricerca. E voi dite che sono i soldi per la sicurezza!
Consentiteci di essere molto preoccupati per le risorse, che mettono in discussione la funzionalità e la capacità di rispondere alle esigenze di questo Paese, ma anche molto preoccupati per la confusione che state creando: ci sono militari che devono fare i poliziotti e vigili urbani che devono fare i poliziotti, senza preparazione. E poi chi farà i vigili urbani, visto che, naturalmente, ci sono i tagli agli enti locali? E chi farà i militari, visto che tagliate l'organico delle Forze armate?
È una politica veramente incoerente e piena di proclami sulla sicurezza nelle città, che poi si concretizza, invece, in tagli ai Ministeri dell'interno e della giustizia e in tagli per i trasferimenti agli enti locali. Dove sta, quindi, questa sicurezza, quando si tagliano le volanti? I quotidiani nazionali ci hanno mostrato le volanti che verranno tagliate per le questure delle grandi città e quanti commissariati chiuderanno. Siete riusciti a unire tutte le sigle sindacali delle forze di polizia e delle Forze armate, tutti i Cocer, tutti i sindacati dei vigili del fuoco, che hanno accompagnato la giornata di oggi con grande convinzione fuori di questo palazzo, ma anche fuori le questure e le prefetture di tutta Italia, tutti convinti che avete depredato i conti, perché, al di là dei proclami, ci sono veramente i numeri.
Mi piace leggere una dichiarazione in cui, il 1o dicembre del 2007, il Ministro Maroni, allora rappresentante dell'opposizione, diceva che la Lega Nord è al fianco delle forze di polizia, che oggi sono scese in piazza per protestare contro l'assurda politica dei tagli alla sicurezza, portata avanti da questo Governo.
Quei tagli sono la base da cui siete partiti, da quegli importi che erano considerati da voi assurdi siete riusciti a tagliare oltre 3,5 miliardi di euro. Vi sono, inoltre, norme assurdamente punitive. Faccio solo l'esempio dell'articolo 71, sulle assenze per malattia: avete equiparato al personale della pubblica amministrazione tutti i dipendenti delle Forze armate e delle forze di polizia senza tener conto, ed era stato denunciato con chiarezza dai Cocer e dai vertici delle Forze armate, che una parte preponderante della paga degli operatori delle Forze armate è costituita da indennità e trattamenti che rappresentano i due terzi della loro paga. Andate a creare, quindi, una disparità evidente e fortissima tra i dipendenti della pubblica amministrazione allorché per tre giorni di malattia un dipendente delle Forze armate si vedrà trattenuto in quota parte i due terzi della sua paga. Anche per quanto attiene alle lesioni sul lavoro avete costituito una norma correttiva all'interno del maxiemendamento assolutamente inutile e ridondante in cui affermate che «le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano al comparto sicurezza e difesa per malattie conseguenti a lesioni riportate in attività operative e addestrative». Questo vuol dire che se un altro dipendente della pubblica amministrazione si fa male sul posto del lavoro gli verrà tolto anche un pezzo della sua paga? Mi sembra veramente assurdo. Nel provvedimento, inoltre, avete lasciato privi da qualsiasi deroga rispetto a questo regole fatte veramente male il personale dei vigili del fuoco.
Inoltre, vi condannano duramente anche i numeri. Oggi in sede di Commissione difesa, il Capo di Stato maggiore, il generale Camporini, ha tracciato un quadro drammatico e la definizione «drammatica» non è mia, ma dei parlamentari della maggioranza che erano presenti in Commissione. Sono stati previsti, infatti, tagli lineari al Ministero della difesa per 1.815 milioni di euro. Il generale ha affermato che questi tagli, e non sapeva delle ultime sorprese che ho citato adesso, provocheranno un rapido decadimentoPag. 137operativo del Ministero, rischi di insolvenza a livello internazionale, che avremo capacità operative - ha affermato testualmente - «sotto gli standard Nato» e che metteremo in conto l'esaurimento delle scorte. Con questa finanziaria avremo settemila reclutamenti in meno nel 2009 e dal 2010 al 2015 avremo zero reclutamenti. Potremmo chiudere dal 2010 tutte le scuole delle Forze armate perché non ci sarà più nessuno da addestrare. Vi sarà un invecchiamento di tutte le nostre Forze armate e naturalmente non ci sarà più la possibilità per chi oggi è volontario in ferma prolungata di andare nelle forze di polizia. Nella finanziaria non vi è nulla neanche per le richieste del personale, ci sono solo penalizzazioni.
Arrivando alle conclusioni, la prima cosa che voglio sottolineare riguardo alle Forze armate è che non è corretto con un provvedimento finanziario modificare completamente l'assetto della difesa. Avete deciso che si spende troppo per le Forze armate? Bene, portate in quest'Aula un provvedimento con cui si ridisegna l'organico delle Forze armate e si decide che non servono più 190 mila uomini ma ne servono di meno, non servono più tante basi aeree e navali. Discuteremo di questo e può darsi anche che troveremo un accordo su alcuni aspetti o che non lo troveremo ma almeno sarà tutto trasparente. Altrimenti si arriva al decadimento verticale delle Forze armate, come è stato definito in sede di Commissione, che saranno trasformate solo in un erogatore di stipendi. Con i tagli che sono stati impostati con questo provvedimento si arriva al paradosso che il 73 per cento delle risorse del Ministero dell'interno è costituito da stipendi; quasi un ammortizzatore sociale. Se le Forze armate non possono investire, se non possono avere le risorse per l'esercizio, non possono essere funzionali e basti pensare che mancano 380 milioni di euro per le missioni all'estero considerando anche i 90 milioni che vengono assegnati con questo provvedimento.
Se in precedenza si riusciva a far fronte a questa necessità con le risorse complessive del Ministero, adesso, con i tagli che sono stati impostati, ciò non sarà più possibile. Di fatto, dopo i proclami che abbiamo ascoltato di inviare quattro Tornado in Afghanistan - quasi andassimo a risolvere i problemi di quello scenario di guerra - poiché mancano 15 milioni, non li mandiamo.
La nostra preoccupazione non sta nel fatto che non mandiamo i Tornado, ma che stiamo prendendo in giro i nostri militari e, quindi, manca completamente la coerenza. Allo stesso modo, manca l'autorevolezza nel sistema di rapporti internazionali di questo Paese. Infatti, quando si prende un accordo su partite così delicate come la partecipazione dell'Italia ai contingenti internazionali, bisogna avere la consapevolezza di arrivare sino in fondo. Non credo che stiate lavorando per creare un Paese più sicuro, perché non è compatibile con una politica indifferenziata. I tagli lineari non corrispondono al bisogno di una politica che sia attenta ai bisogni dei cittadini.
Avete detto che il problema della sicurezza è il primo problema. A questa vostra preoccupazione e dichiarazione non corrispondono le scelte che qui sono state impostate. È una politica senza la spina dorsale di una scelta politica. Il leader dell'opposizione - consentitemi di citare - afferma: dopo tutti gli impegni assunti dal Governo nell'arco di questi mesi - scrive appunto il leader dell'opposizione in un messaggio ai sindacati dei manifestanti che sono in piazza - ero convinto che almeno nella legge finanziaria di quest'anno il Governo avrebbe stanziato i mezzi necessari per la sicurezza e la difesa dello Stato. Purtroppo, invece, le vostre e le nostre speranze sono state ancora una volta deluse. Secondo il leader dell'opposizione, questa è la voce del popolo.
Voi capite che queste non possono essere parole di Veltroni, perché è difficile che parli delle vostre e delle nostre speranze e delle voci del popolo. In effetti, si trattava delle parole di Berlusconi, pronunciate il 1o dicembre 2007, quando si teneva un'altra manifestazione delle forze di polizia in relazione alla nostra legge finanziaria - ahimè - che comunquePag. 138conteneva 3,5 miliardi in più per le forze di polizia e per le Forze armate, che, invece, hanno subito tagli, insieme a tagli agli organici, con le vostre scelte che hanno previsto norme penalizzanti per il comparto sicurezza e difesa. Ritengo che questo sia il fatto e le situazioni a cui mettete davanti il Paese rispetto a quelle che, invece, sono soltanto dichiarazioni su un Paese che volete più sicuro ma nei proclami e nei titoli dei telegiornali, non nelle scelte concrete di ogni giorno, che i nostri rappresentanti delle forze dell'ordine e delle forze di polizia si attendono ogni giorno per poter compiere bene il loro lavoro. Diamo loro gli strumenti per compiere bene il loro lavoro. Voi questi strumenti li avete spuntati e resi meno efficaci e sicuramente meno utili rispetto a quanto, invece, hanno bisogno di essere (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
ETTORE ROSATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario Vegas, è sembrata una magia, perché sono serviti nove minuti e mezzo per approvare questa manovra e poi ci siamo accorti che sono serviti otto giorni per pubblicarla sulla Gazzetta Ufficiale e centinaia di pagine di emendamenti (un migliaio della maggioranza, 130 governativi), per concludere con un maxiemendamento di 74 pagine. Forse la condivisione, la convinzione e la chiarezza che sono state comunicate dopo la riunione di quel Consiglio dei ministri non corrispondevano proprio alla realtà.
Nello sforzo che abbiamo compiuto noi - quando, qualche mese fa, eravamo al Governo -, al confronto eravamo dei dilettanti, per la capacità che avete dimostrato di riprodurre logiche che da tempo non si vedevano in quest'Aula.
Siamo qui, quasi alle due di notte, perché la giornata che ha preceduto questa discussione è stata per voi frenetica e di lavoro e per noi inutile, nel senso che aspettavamo il testo dell'emendamento per poter cominciare la nostra riflessione. A quest'ora non posso che tagliare molte parti del mio intervento - così come hanno fatto tanti miei colleghi -, sulle quali sarei intervenuto volentieri, magari riprendendo le riflessioni della collega Miotto sulla social card o le norme sulla scuola contenute in questo provvedimento - che riescono a penalizzare insieme gli studenti e i docenti -, oppure il Patto di stabilità che colpisce così duramente le regioni e gli enti locali.
Mi concentro su due aspetti. Devo dire che da questo Governo mi aspettavo una manovra diversa nei settori di vostro interesse (su cui avete fatto tante promesse e tanti proclami in campagna elettorale e che erano sempre al centro della vostra attenzione, con un'attività quasi demagogica, per richiamare l'attenzione della pubblica opinione), come quelli della sicurezza e della difesa.
Mi sembra, invece, che, in questo grande sforzo, ci sia stata la consapevolezza di mentire rispetto alle scelte che avete fatto e che leggiamo. Il Ministero dell'interno si trova un taglio di 1.673 milioni di euro. Per la verità, nel testo approvato dal Consiglio dei ministri, c'erano 1.618 di milioni di euro di tagli, ma poi, dopo aver ascoltato stamattina la piazza delle forze di polizia, dopo aver ascoltato gli enti locali e aver ricevuto questa forte pressione sulla sicurezza, avete deciso di tagliare altri 55 milioni. Allo stesso modo, per il Ministero della difesa, su cui avete tagliato nella prima bozza 1.754 milioni di euro, più 183 milioni di euro di investimenti, dopo aver sentito i rappresentanti del Cocer, dopo aver mandato il Ministro La Russa in Afghanistan e in Libano, dopo aver fatto una serie importante di audizioni, avete deciso di aumentare i tagli di altri 61 milioni di euro.
Ma queste non sono cifre su cui c'era una condivisione iniziale, perché sono le cifre della nostra finanziaria, quelle su cui avete impostato i vostri tagli e che avevate già giudicato inutili, incongruenti, insufficienti, che avevate criticato in quest'Aula, quando il Governo Prodi le prevedeva nella sua finanziaria: ne avete riempito i comunicati stampa. Successivamente ci avete venduto il prodotto di aver sanato iPag. 136tagli. Con che cosa? Con i 200 milioni di euro previsti nel comma 17 dell'articolo 60-bis, con cui avete detto di aver messo i soldi per le forze di polizia. Leggendo il comma 17 dell'articolo 60-bis, ci si accorge che le forze di polizia sono finanziate, ma che all'interno di questi finanziamenti c'è anche tutta la contrattazione integrativa per le agenzie fiscali, per l'università e gli enti di ricerca. E voi dite che sono i soldi per la sicurezza!
Consentiteci di essere molto preoccupati per le risorse, che mettono in discussione la funzionalità e la capacità di rispondere alle esigenze di questo Paese, ma anche molto preoccupati per la confusione che state creando: ci sono militari che devono fare i poliziotti e vigili urbani che devono fare i poliziotti, senza preparazione. E poi chi farà i vigili urbani, visto che, naturalmente, ci sono i tagli agli enti locali? E chi farà i militari, visto che tagliate l'organico delle Forze armate?
È una politica veramente incoerente e piena di proclami sulla sicurezza nelle città, che poi si concretizza, invece, in tagli ai Ministeri dell'interno e della giustizia e in tagli per i trasferimenti agli enti locali. Dove sta, quindi, questa sicurezza, quando si tagliano le volanti? I quotidiani nazionali ci hanno mostrato le volanti che verranno tagliate per le questure delle grandi città e quanti commissariati chiuderanno. Siete riusciti a unire tutte le sigle sindacali delle forze di polizia e delle Forze armate, tutti i Cocer, tutti i sindacati dei vigili del fuoco, che hanno accompagnato la giornata di oggi con grande convinzione fuori di questo palazzo, ma anche fuori le questure e le prefetture di tutta Italia, tutti convinti che avete depredato i conti, perché, al di là dei proclami, ci sono veramente i numeri.
Mi piace leggere una dichiarazione in cui, il 1o dicembre del 2007, il Ministro Maroni, allora rappresentante dell'opposizione, diceva che la Lega Nord è al fianco delle forze di polizia, che oggi sono scese in piazza per protestare contro l'assurda politica dei tagli alla sicurezza, portata avanti da questo Governo.
Quei tagli sono la base da cui siete partiti, da quegli importi che erano considerati da voi assurdi siete riusciti a tagliare oltre 3,5 miliardi di euro. Vi sono, inoltre, norme assurdamente punitive. Faccio solo l'esempio dell'articolo 71, sulle assenze per malattia: avete equiparato al personale della pubblica amministrazione tutti i dipendenti delle Forze armate e delle forze di polizia senza tener conto, ed era stato denunciato con chiarezza dai Cocer e dai vertici delle Forze armate, che una parte preponderante della paga degli operatori delle Forze armate è costituita da indennità e trattamenti che rappresentano i due terzi della loro paga. Andate a creare, quindi, una disparità evidente e fortissima tra i dipendenti della pubblica amministrazione allorché per tre giorni di malattia un dipendente delle Forze armate si vedrà trattenuto in quota parte i due terzi della sua paga. Anche per quanto attiene alle lesioni sul lavoro avete costituito una norma correttiva all'interno del maxiemendamento assolutamente inutile e ridondante in cui affermate che «le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano al comparto sicurezza e difesa per malattie conseguenti a lesioni riportate in attività operative e addestrative». Questo vuol dire che se un altro dipendente della pubblica amministrazione si fa male sul posto del lavoro gli verrà tolto anche un pezzo della sua paga? Mi sembra veramente assurdo. Nel provvedimento, inoltre, avete lasciato privi da qualsiasi deroga rispetto a questo regole fatte veramente male il personale dei vigili del fuoco.
Inoltre, vi condannano duramente anche i numeri. Oggi in sede di Commissione difesa, il Capo di Stato maggiore, il generale Camporini, ha tracciato un quadro drammatico e la definizione «drammatica» non è mia, ma dei parlamentari della maggioranza che erano presenti in Commissione. Sono stati previsti, infatti, tagli lineari al Ministero della difesa per 1.815 milioni di euro. Il generale ha affermato che questi tagli, e non sapeva delle ultime sorprese che ho citato adesso, provocheranno un rapido decadimentoPag. 137operativo del Ministero, rischi di insolvenza a livello internazionale, che avremo capacità operative - ha affermato testualmente - «sotto gli standard Nato» e che metteremo in conto l'esaurimento delle scorte. Con questa finanziaria avremo settemila reclutamenti in meno nel 2009 e dal 2010 al 2015 avremo zero reclutamenti. Potremmo chiudere dal 2010 tutte le scuole delle Forze armate perché non ci sarà più nessuno da addestrare. Vi sarà un invecchiamento di tutte le nostre Forze armate e naturalmente non ci sarà più la possibilità per chi oggi è volontario in ferma prolungata di andare nelle forze di polizia. Nella finanziaria non vi è nulla neanche per le richieste del personale, ci sono solo penalizzazioni.
Arrivando alle conclusioni, la prima cosa che voglio sottolineare riguardo alle Forze armate è che non è corretto con un provvedimento finanziario modificare completamente l'assetto della difesa. Avete deciso che si spende troppo per le Forze armate? Bene, portate in quest'Aula un provvedimento con cui si ridisegna l'organico delle Forze armate e si decide che non servono più 190 mila uomini ma ne servono di meno, non servono più tante basi aeree e navali. Discuteremo di questo e può darsi anche che troveremo un accordo su alcuni aspetti o che non lo troveremo ma almeno sarà tutto trasparente. Altrimenti si arriva al decadimento verticale delle Forze armate, come è stato definito in sede di Commissione, che saranno trasformate solo in un erogatore di stipendi. Con i tagli che sono stati impostati con questo provvedimento si arriva al paradosso che il 73 per cento delle risorse del Ministero della difesa è costituito da stipendi; quasi un ammortizzatore sociale. Se le Forze armate non possono investire, se non possono avere le risorse per l'esercizio, non possono essere funzionali e basti pensare che mancano 380 milioni di euro per le missioni all'estero considerando anche i 90 milioni che vengono assegnati con questo provvedimento.
Se in precedenza si riusciva a far fronte a questa necessità con le risorse complessive del Ministero, adesso, con i tagli che sono stati impostati, ciò non sarà più possibile. Di fatto, dopo i proclami che abbiamo ascoltato di inviare quattro Tornado in Afghanistan - quasi andassimo a risolvere i problemi di quello scenario di guerra - poiché mancano 15 milioni, non li mandiamo.
La nostra preoccupazione non sta nel fatto che non mandiamo i Tornado, ma che stiamo prendendo in giro i nostri militari e, quindi, manca completamente la coerenza. Allo stesso modo, manca l'autorevolezza nel sistema di rapporti internazionali di questo Paese. Infatti, quando si prende un accordo su partite così delicate come la partecipazione dell'Italia ai contingenti internazionali, bisogna avere la consapevolezza di arrivare sino in fondo. Non credo che stiate lavorando per creare un Paese più sicuro, perché non è compatibile con una politica indifferenziata. I tagli lineari non corrispondono al bisogno di una politica che sia attenta ai bisogni dei cittadini.
Avete detto che il problema della sicurezza è il primo problema. A questa vostra preoccupazione e dichiarazione non corrispondono le scelte che qui sono state impostate. È una politica senza la spina dorsale di una scelta politica. Il leader dell'opposizione - consentitemi di citare - afferma: dopo tutti gli impegni assunti dal Governo nell'arco di questi mesi - scrive appunto il leader dell'opposizione in un messaggio ai sindacati dei manifestanti che sono in piazza - ero convinto che almeno nella legge finanziaria di quest'anno il Governo avrebbe stanziato i mezzi necessari per la sicurezza e la difesa dello Stato. Purtroppo, invece, le vostre e le nostre speranze sono state ancora una volta deluse. Secondo il leader dell'opposizione, questa è la voce del popolo.
Voi capite che queste non possono essere parole di Veltroni, perché è difficile che parli delle vostre e delle nostre speranze e delle voci del popolo. In effetti, si trattava delle parole di Berlusconi, pronunciate il 1o dicembre 2007, quando si teneva un'altra manifestazione delle forze di polizia in relazione alla nostra legge finanziaria - ahimè - che comunquePag. 138conteneva 3,5 miliardi in più per le forze di polizia e per le Forze armate, che, invece, hanno subito tagli, insieme a tagli agli organici, con le vostre scelte che hanno previsto norme penalizzanti per il comparto sicurezza e difesa. Ritengo che questo sia il fatto e le situazioni a cui mettete davanti il Paese rispetto a quelle che, invece, sono soltanto dichiarazioni su un Paese che volete più sicuro ma nei proclami e nei titoli dei telegiornali, non nelle scelte concrete di ogni giorno, che i nostri rappresentanti delle forze dell'ordine e delle forze di polizia si attendono ogni giorno per poter compiere bene il loro lavoro. Diamo loro gli strumenti per compiere bene il loro lavoro. Voi questi strumenti li avete spuntati e resi meno efficaci e sicuramente meno utili rispetto a quanto, invece, hanno bisogno di essere (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Porta. Ne ha facoltà.

FABIO PORTA. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, anzitutto un ringraziamento per la pazienza e il senso di dovere civile che stiamo dimostrando in questa sede e permettetemi di estendere il ringraziamento anche ai funzionari della Camera.
Cercherò di essere breve, avendo tagliato il mio intervento e credo che in mezzo a tanti tagli funesti - permettetemi la battuta - di cui stiamo parlando, gli unici tagli buoni, forse, sono quelli che ho fatto al mio intervento. Nella discussione sulla manovra finanziaria, proposta dal Governo, siamo chiamati a decidere su un provvedimento che incide - aggiungerei, purtroppo - direttamente sulla vita e sul futuro dell'Italia e dei suoi cittadini, di coloro che sono residenti nel nostro Paese e di quei milioni che vivono all'estero e con il loro voto hanno scelto i loro rappresentanti in Parlamento.
Nel decreto-legge oggi all'esame della Camera si dividono in maniera chiara gli indirizzi di politica economica del Governo Berlusconi, in maniera chiara ma allo stesso tempo confusa se consideriamo i tagli dissennati e scriteriati in esso contenuti.
A scandalizzare tanto, infatti, non sono i tagli, ossia le riduzioni di spesa sui capitoli del bilancio dello Stato, quanto la loro illogicità e, come affermato in questi giorni proprio dalla Banca d'Italia, il fatto che tali provvedimenti non avranno alcun effetto di crescita sul PIL, mentre si aumentano le tasse, si riducono gli investimenti e non si interviene in alcun modo su stipendi, salari e pensioni basse.
Governare - lo sappiamo - significa saper decidere, quindi operare scelte, anche se queste a volte possono essere impopolari.
Tagliare, ridurre le spese, risparmiare a volte può anche essere necessario, e ciò comporta, di conseguenza, l'individuazione di priorità, l'indicazione di un percorso o di una tendenza, saper scegliere appunto.
Ecco, di fronte alle scelte che l'attuale Governo sta compiendo abbiamo chiaro un concetto: l'Italia e il suo futuro non sono al centro della manovra politico-finanziaria dell'Esecutivo presieduto da Silvio Berlusconi.
Sono convinto che tanti italiani in Italia e anche all'estero hanno votato per la coalizione guidata dall'attuale Presidente del Consiglio convinti, o perlomeno speranzosi, che con le sue grandi capacità di manager e di imprenditore quest'ultimo riuscisse, come recitava il suo slogan che ricordiamo tutti, a rialzare l'Italia.
Una lettura attenta del decreto-legge ora in discussione ci dice esattamente il contrario: l'Italia, con questi provvedimenti, rischia semmai di addormentarsi - come noi a quest'ora, scusatemi un'altra battuta - se non di entrare in uno stato di coma profondo.
Come rialzare l'Italia, quando a fronte di tanti proclami sulla sicurezza, più o meno demagogici, si tagliano drasticamente i fondi relativi (la manifestazione che abbiamo visto davanti alla Camera stamani ne è un esempio)? O quando, a fronte di altrettanti discorsi sullo stato della nostra giustizia, si mortifica proprioPag. 139questa amministrazione con una severa riduzione dei fondi ad essa destinati?
O ancora: come è possibile continuare a riempirci la bocca dell'Italia leader mondiale in materia di cultura, quando nel prossimo triennio si preannuncia una decurtazione di quasi 900 milioni sugli stanziamenti previsti per questo settore, di vitale importanza per il Paese?
Per non parlare, poi, dell'unica misura, peraltro ancora allo studio del Governo, con la quale si intenderebbe intervenire sulle classi sociali più deboli, la cosiddetta social card, o meglio la tessera della povertà.
È un intervento, tra l'altro, che non si applicherebbe agli stranieri residenti in Italia, come stava ricordando la collega Miotto, tantomeno ai nostri concittadini residenti all'estero: in una parola, un bell'esempio di inciviltà.
Permettetemi poi di fare un riferimento specifico alla nostra politica estera: il Presidente del Consiglio Berlusconi, nel corso della scorsa campagna elettorale, ha inviato una lettera agli oltre 4 milioni di elettori italiani sparsi in tutto il mondo.
Nella missiva prometteva un grande impegno per rilanciare la presenza italiana sulla scena internazionale e, soprattutto, per garantire alle nostre comunità residenti all'estero adeguate politiche e specifici programmi di intervento.
Bene, basta osservare gli enormi tagli che la manovra finanziaria che ci viene presentata dal Governo riserva al Ministero degli affari esteri, per rendersi conto che quelle parole erano ancora una volta puro marketing elettorale, anzi pura demagogia nazional-popolare:32 milioni di euro in meno per il 2008, 50 in meno per il 2009, 100 per il 2010.
Questi tagli colpiscono al cuore, forse in maniera irrecuperabile, la nostra già precaria rete diplomatico-consolare all'estero, oltre a mortificare, penalizzandole, le nostre comunità, che tanto hanno dato (e mi riferisco alle rimesse, ancora rilevanti, dei nostri connazionali all'estero), ma che tanto - voglio sottolinearlo con forza - possono continuare a dare al nostro Paese.
Porto qui - permettetemi - un esempio: la comunità degli italiani che, come il sottoscritto, risiedono in Brasile, un Paese continentale dove vivono oltre 200 milioni di persone.
Ebbene, in Brasile vivono oggi 300 mila nostri connazionali, mentre cento volte di più, 30 milioni, sono i brasiliani di origine italiana.
Nel 2020 - e cito il «Rapporto 2020» sulle scelte di politica estera, coordinato dal Ministro degli esteri D'Alema nel Governo precedente, ma all'interno di un gruppo di lavoro del quale faceva parte anche l'attuale Ministro Frattini - secondo dati dell'Economist, il Brasile sarà la quinta o sesta potenza mondiale, mentre noi, forse, saremo la decima o l'undicesima.
A questo proposito il collega Boccia parlava della Cina, reclamando lamentando l'assenza del Presidente Berlusconi tra il 2001 ed il 2006. Aggiungo che anche il Brasile è stato dimenticato in quegli anni dall'allora Presidente del Consiglio. Dati come questo dovrebbero spingerci a riflettere ed in particolare a investire in questo potenziale enorme di cultura, di scambi economici e commerciali, sulla linea di quanto stava facendo il Governo Prodi e il suo Ministro degli affari esteri, D'Alema.
Adesso, a quanto pare, si mette il freno a mano su questa direzione di marcia, anzi si fa una vera e propria marcia indietro, anche rispetto ai risultati ottenuti in relazione alla legge finanziaria per il 2007. Non voglio parlare poi dei 182 milioni di tagli per i prossimi anni, ai quali si devono aggiungere, per il 2008, il congelamento del Fondo di accantonamento che prevedeva, per il Ministero degli affari esteri, un ammontare di 80 milioni di euro già ridotti ad 8 dal Consiglio dei Ministri e, in base alle ultime informazioni che abbiamo acquisito anche in Commissione Esteri, destinati addirittura ad azzerarsi. E non voglio parlare dell'eliminazione, per i nostri consolati, della possibilità di attingere al Fondo ricavato dal 40 per cento delle tasse e imposte raccolte localmentePag. 140che sono spesso vitali per l'espletamento delle semplici funzioni amministrative.
Ancora più triste è il capitolo della cooperazione allo sviluppo - lo ricordava poco fa la collega Miotto - non soltanto quella bilaterale - che questo Governo si appresta a diminuire ulteriormente, relegando l'Italia all'ultimo posto tra i Paesi più ricchi e sviluppati - ma anche quella multilaterale, affidata cioè alle grandi agenzie internazionali. Oggi stesso infatti il direttore dell'IFAD, una delle agenzie delle Nazioni Unite che si occupa di agricoltura, ricordava alle Commissioni Esteri ed Agricoltura di Camera e Senato, riunite in seduta congiunta, come l'Italia non abbia ancora onorato il suo impegno di finanziare anche quest'anno tale Agenzia, tradizionalmente sostenuta dal contributo importante del nostro Paese.
Concludo dicendo che non si rialza così l'Italia, in questo modo la possiamo soltanto azzoppare, in maniera dura e forse irrimediabile Signor Presidente, onorevoli colleghi, voglio esprimere in quest'Aula il disagio, la rabbia e l'indignazione di quanti continuano a credere in un grande ruolo dell'Italia a livello europeo ed internazionale.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FABIO PORTA. Voglio farlo anche a nome dei nostri concittadini residenti all'estero che da questa finanziaria non sono visti né come oggetto di politiche specifiche né tantomeno - come avremmo voluto - come soggetto attivo, fondamentale e strategicamente rilevante del rilancio della presenza italiana nel mondo e della relativa crescita economica del nostro Paese.
Ridurre i Fondi destinati alla nostra rete consolare, dimezzare le risorse per l'assistenza ai nostri connazionali indigenti che vivono all'estero, ridimensionare o eliminare i Fondi per la formazione professionale, la diffusione della lingua, l'internazionalizzazione delle imprese e azzerare o quasi la nostra cooperazione allo sviluppo, tutto ciò vuol dire non rispettare la storia ed il valore della nostra emigrazione, non conoscere la realtà e la dimensione della nostra presenza all'estero. Soprattutto ciò significa non capire come una delle chiavi per lo sviluppo futuro del nostro Paese passi dal rafforzamento e dalla qualificazione del ruolo internazionale dell'Italia e non dalla mortificazione degli italiani nel mondo o dalla riduzione drastica delle risorse destinate al Ministero degli esteri (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Monai. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, anch'io sarò più breve di quanto non avrei voluto. Ringrazio anch'io tutti i presenti e i funzionari, per la pazienza che mi dedicheranno. C'è certamente un po' senso di frustrazione di prostrazione rispetto ad un dibattito che toccava e tocca tante materie anche importanti del nostro vivere civile e dell'economia nazionale.
Da una parte, questo decreto-legge e la fiducia che è stata posta dal Governo rendono vano il nostro ragionare, e queste meditazioni notturne rischiano di diventare quasi delle situazioni oniriche, probabilmente ben diverse da quelle evocate dal Presidente del Consiglio nelle sue telefonate.
Certo, la maggioranza dimostra, un volta di più, una difficoltà di rapporto all'interno delle istituzioni e del Parlamento, se è vero, com'è vero, che anche quel provvedimento, che nel decreto-legge sui rifiuti campani voleva accorpare i vari enti ambientali e faunistici (APAT, INFS e ICRAM) in un unico ente, e che in quell'occasione, in base ad un accordo concesso all'opposizione, era stato ritirato, con la prospettiva, poi, di accelerare un disegno di legge di valenza parlamentare, per approfondire tutte le tematiche afferenti a questo accorpamento, nondimeno, il Governo ce l'ha presentato di nuovo in un decreto-legge sul quale cala la scure della fiducia.
Questo, come dico, è sintomatico di un rapporto unilaterale che il Governo vuole con il Parlamento, del quale, forse, anche la stessa maggioranza deve prendere attoPag. 141con qualche tentennamento. Voglio vedere quanto, alla fine, anche gli amici della Lega Nord sapranno resistere alla tentazione di ribaltare il tavolo, come già hanno fatto in passato, rispetto ad un'agenda politica che sovverte le indicazioni programmatiche della vigilia del voto, come, anche in questa occasione, più colleghi hanno rimarcato.
Questo decreto-legge è, in qualche modo, un decreto omnibus, un decreto «spezzatino», che tocca i più vari temi, dal taglio della carta a quello delle leggi e degli enti, con disposizioni sul procedimento civile piuttosto che amministrativo piuttosto che sul processo del lavoro, e norme che, alla fine, introducono elementi di complessità e di farraginosità.
Penso solo a quella disposizione, di per sé banale, che, sostanzialmente, prevede la cancellazione dal ruolo del procedimento civile, se le parti non si presentano alla seconda udienza.
Ebbene, si introduce una norma transitoria, che mantiene la vigenza di questa norma solo per i processi nuovi, mentre quelli già pendenti non ne sono toccati.
In realtà, anche questa piccola previsione introdurrà un ulteriore elemento di complessità del procedimento civile e giudiziario, che, già di per sé, oggi ha il record di complessità rispetto agli ordinamenti occidentali.
Ancora, si parla di energia, di impresa, di pagamenti in contanti, di tracciabilità dei professionisti, di fisco, di banche; ma la gran parte di queste norme, a ben vedere, non ha neppure quei criteri di necessità e di urgenza che dovrebbero, in qualche modo, presiedere a questa soluzione legislativa.
A ben vedere, vi sono delle normative anche sostenibili, anche plausibili, che, se vogliamo, lo stesso nostro presidente Di Pietro aveva caldeggiato; penso, per esempio, alla norma che libera le risorse dei fondi sequestrati o i beni confiscati alla malavita, che, finalmente, in questo decreto-legge, vengono utilizzati. Ma, anche in questo caso, con qualche opacità, con qualche furberia, nel senso che, se è vero che secondo questa norma dovrebbero essere finalizzati alle spese di giustizia piuttosto che a quelle di sicurezza pubblica, non vi è una specifica allocazione di risorse su questi due capitoli, perché si mantiene un'alternativa aperta per quanto riguarda la destinazione di questi fondi al bilancio dello Stato.
Non c'è neppure una garanzia che una componente, stabilita per legge, di questi soldi vada effettivamente spesa per la sicurezza e la giustizia.
È quindi probabile che, rispetto alle necessità erariali a tutti note, ben poche di queste risorse vadano effettivamente spese poi in quella direzione.
Ma ancora, ci sono alcune discrasie tra l'enunciazione di principio, di per sé condivisibile, e la sua applicazione. Alcune parole chiave hanno caratterizzato anche la campagna elettorale del centrodestra, quali la sicurezza, la ricerca e l'innovazione, il contrasto al carovita, il piano casa, l'impresa in un giorno, l'emergenza energetica, la banda larga, il federalismo; alla fine però come vengono declinate queste previsioni? Con grande titubanza, con molta delegificazione, che lascia poi un «canovaccio» molto indistinto e molto indecifrabile al lettore, e direi anche con delle contraddizioni in termini. In questo il Presidente Berlusconi è un grande affabulatore, nel senso che riesce immancabilmente a declinare un concetto, una parola che ha un senso proprio molto persuasivo, con dei contenuti che in realtà svuotano questo concetto e anzi introducono elementi di contrasto alla sua stessa realizzazione. Per esempio, si parla di «pacchetto sicurezza», si parla di decreto sicurezza, e però nel provvedimento in esame si tagliano in maniera sconsiderata i Fondi destinati alle forze dell'ordine, che proprio oggi hanno inscenato una manifestazione davanti al Parlamento, con - penso - molto imbarazzo non solo da parte della maggioranza, ma anche del Governo, se è vero che poi alcuni interventi correttivi sono stati apportati. Si parla di scuola, di università come elementi strategici nello sviluppo di un Paese che ha fatto del genio italico unaPag. 142delle sue risorse più accreditate, e poi si trovano tagli al mondo degli insegnanti piuttosto che al bilancio dell'università, e anche qui va rimarcata la posizione unanime dei rettori italiani, che hanno stigmatizzato la decisione del Governo di portare tagli così lineari e gravosi, tali da portare al dissesto finanziario le pubbliche università italiane.
Ma ancora, per esempio, sul carovita: si introduce una normativa che non fa altro che differire l'entrata in vigore della class action, che potrebbe essere un effettivo strumento a favore delle associazioni dei consumatori, e viceversa si introduce un ulteriore osservatorio dei prezzi con la pubblicazione su Internet dell'andamento dei prezzi a livello provinciale, come se la massaia o la signora Maria siano così confortate dal fatto di poter accedere ad Internet, questo oggetto probabilmente misterioso per loro, e vedere che il prezzo della loro provincia è più alto o più basso di quanto non sia nella provincia accanto. Mi pare insomma che in questo settore il decreto-legge abbia una funzione antagonista alle sue stesse finalità perché, come dico, la vera parte dispositiva ha differito la possibilità di una tutela giudiziaria della class action, che non avete voluto attuare.
Ma ancora, potrei andare avanti con altri esempi: lo Sportello unico per l'impresa. Abbiamo già delle esperienze pilota molto significative.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

CARLO MONAI. Per esempio, vengo dalla regione Friuli Venezia Giulia, dove questa legge è stata attuata nel 2001, dimostrando una capacità effettiva di ammodernare il sistema impresa in Friuli. Nel testo del provvedimento abbiamo invece semplicemente la previsione di protocolli, di convenzioni, di regolamenti che sono ancora tutti a venire.
Potrei continuare ancora con altri esempi. Certo è che, quindi, il modo con cui avete proceduto alla normazione della materia ci lascia molto perplessi e anche un po' amareggiati, perché si potevano affrontare questi temi con un più alto profilo istituzionale, con maggior condivisione, secondo quello stesso dialogo che il Premier aveva evocato nel momento in cui si è presentato alle Camere per chiedere la fiducia; di rincalzo l'onorevole Cicchitto ha anche detto su Il Giornale che il dialogo va bene, ma l'importante è che si faccia poi quello che dice la maggioranza.
E allora, se questo è il taglio della legislatura, mi pare che questo dialogo si traduca in un monologo assai sterile che penso abbia già impegnato fin troppo la discussione dell'Aula in questa giornata di disagio per il Parlamento, che non ha saputo cogliere dalle tante voci dell'opposizione quegli stimoli e quegli spunti che potevano contribuire a migliorare questo importante provvedimento del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pugliese. Ne ha facoltà.

MARCO PUGLIESE. Signor Presidente, il mio ringraziamento particolare va al Governo, che è qui presente nella persona del sottosegretario Vegas, il quale ha lavorato intensamente in quest'ultimo mese nelle Commissioni bilancio e finanze con una presenza assidua e sempre disponibile a rispondere alle esigenze della minoranza e della maggioranza. La manovra fiscale che questa notte stiamo discutendo in Aula rappresenta, a mio avviso, una radicale svolta nella politica economica del Paese: una svolta di carattere liberale che è stata voluta sia dal Governo, sia dalla maggioranza parlamentare, sia soprattutto dai cittadini.
È questa una manovra fiscale di stampo liberale che dà una totale sterzata al sistema economico-assistenzialistico e statalista attuato dal precedente Governo, il quale - come hanno ricordato prima i colleghi della sinistra - ha portato il Paese al dissesto con l'aumento delle tasse e dei tributi ai cittadini e alle imprese, con l'aumento del debito pubblico e dell'inflazione e un forte calo del prodotto interno lordo. Lo dimostra anche il fatto che l'OCSE, in un rapporto pubblicato tre mesiPag. 143fa, classifica l'Italia all'ultimo posto in Europa in termini di crescita e sviluppo economico negli ultimi due anni.
Questa manovra fiscale servirà a dare al Paese una sana crescita economica e sociale, con una serie di previsioni che tagliano gli sprechi e le inefficienze pubbliche e private, combattono le evasioni e le speculazioni fiscali, mentre incentivano la flessibilità e la produttività del lavoro e dell'occupazione. Ed è in quest'ottica che dobbiamo riflettere sulla necessità di tale provvedimento: lo Stato costerà di meno, toglierà i vincoli e renderà più facile la vita degli italiani. Con questa manovra, esso risparmierà inoltre 35 miliardi di euro in tre anni: sarà così centrato da parte di questo Governo e di questa maggioranza - che io chiamo «operaia» anche se non è di sinistra né è giustizialista, colleghi di Di Pietro - l'obiettivo del pareggio di bilancio entro il 2011. Ci arriveremo: e ci arriveremo senza ricorrere a nuove tassazioni.
Nelle Commissioni riunite finanze e bilancio abbiamo lavorato duramente per circa un mese, notte e giorno, per approfondire i contenuti di questo provvedimento. Ed effettivamente l'opposizione, che a quest'ora non c'è perché dorme, ha ragione quando dice che esso taglia ampiamente la spesa pubblica: taglia, però, quella spesa che è improduttiva per il Paese, ossia i costi della politica inefficiente, le consulenze facili, gli enti inutili e la burocrazia della pubblica amministrazione.
Ma questa manovra è solo la premessa per il raggiungimento del vero obiettivo, che sarà il federalismo fiscale, definito come la vera riforma per uno Stato moderno, liberale e certamente più rispettato in Europa.
Da parlamentare eletto al sud non posso non rimarcare gli impegni che il Presidente del Consiglio Berlusconi e il Ministro Tremonti hanno mantenuto a sostegno di quest'area geografica.
Dai contenuti e, quindi, dai fatti della manovra si evince che l'85 per cento dei fondi FAS, i fondi per le aree sottosviluppate, sarà speso al sud. Vi saranno investimenti importanti nelle infrastrutture ritenute strategiche - così come ci ha ricordato questa mattina in Aula il Ministro Tremonti -, nei trasporti, nei rifiuti e nell'ambiente, ed una serie di agevolazioni per chi vorrà fare impresa anche in un giorno, nonché per le giovani coppie con il piano casa.
Vi è poi la creazione della banca del Sud, quella che il Governo precedente non è riuscito ad avviare, un organismo di carattere finanziario indispensabile per il mercato del Meridione sia nei confronti di quello nazionale ed internazionale, ma soprattutto per un mercato meridionale italiano che si accinge ad aprirsi verso le aree ed il mercato libero del Mediterraneo. Allora, signor Presidente, pochi onorevoli colleghi, signor sottosegretario, volevo ricordare a tutti che, a distanza di soli tre mesi dall'insediamento di questo Governo e di questa maggioranza parlamentare, già tanto è stato fatto in materia di rifiuti, di ambiente, di trasporti, di famiglia, di casa, di detassazioni (come l'ICI) e di sicurezza, come abbiamo fatto l'altro giorno.
Ed io sono convinto che se continuiamo a lavorare così, attraverso anche una riforma della giustizia, allora sì che questa manovra finanziaria, prima, ed il federalismo fiscale, poi, daranno la vera svolta al Paese Italia in termini di civiltà, di progresso e di responsabilità politica verso le istituzioni. Grazie, signor Presidente (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Pugliese. Grazie a tutti gli intervenuti e grazie al personale della Camera che ha reso possibile e, per quanto possibile, confortevole questo nostro lavoro (Applausi).

FRANCESCO BARBATO. Grazie anche al Presidente.

PRESIDENTE. Ringrazio io voi. La democrazia vive anche di questi riti che non sono inutili, ma hanno un loro senso profondo.
Il seguito della discussione sulle linee generali è rinviato alla seduta di domani.

Pag. 144

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissioni in sede referente.

PRESIDENTE. Il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e V (Bilancio):
S. 735 «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97, recante disposizioni urgenti in materia di monitoraggio e trasparenza dei meccanismi di allocazione della spesa pubblica, nonché in materia fiscale e di proroga di termini» (Approvato dal Senato) (1496) - Parere delle Commissioni II, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, VIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), IX, X, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XII, XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dall'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, è altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Venerdì 18 luglio 2008, alle 9,30:

Discussione del disegno di legge (per il seguito della discussione sulle linee generali):
Conversione in legge del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria (1386-A).
Relatori: Zorzato, per la V Commissione e Jannone, per la VI Commissione.

La seduta termina alle 2,35 del 18 luglio 2008.

TESTO INTEGRALE DEGLI INTERVENTI DEI DEPUTATI GIOVANNI SANGA, ENRICO FARINONE, MARGHERITA ANGELA MASTROMAURO E FRANCO NARDUCCI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 1386-A

GIOVANNI SANGA. Signor Presidente, le vicende politiche e parlamentari che hanno accompagnato la conversione di questo decreto presentano elementi di incredulità e di stranezza. Ci sembra di aver assistito a due diversi film. Il primo vede scorrere i seguenti fatti: la presentazione alla stampa e all'opinione pubblica del Paese del decreto in questione, con l'annuncio dei tempi risicati di discussione ed approvazione in Consiglio dei ministri; in nove minuti e mezzo la manovra economica, che blinda per un triennio il bilancio dello Stato, viene approvata; l'annuncio che questa manovra approvata dal Consiglio dei ministri sarà risolutiva dei problemi italiani; le dichiarazioni fatte in alcune aule di Commissione circa la genialità degli ispiratori, degli estensori, dei protagonisti della nostra politica economica; gli stessi interventi dei relatori nell'ambito della discussione in Commissione, quasi sempre interventi puntuali e circostanziati per illustrare i contenuti del decreto approvato.
Poi vi è un secondo film, con altre riprese, meno confortanti e meno rassicuranti. Anzitutto, la difficoltà a reperire il testo approvato, difficoltà che anche per noi parlamentari si protrae per diversi giorni: dove sono materialmente i contenuti? Poi l'intervento del presidente della Commissione finanze della Camera, onorevolePag. 145Gianfranco Conte, che annuncia un emendamento soppressivo della cosiddetta Robin tax, uno dei pilastri della manovra; successivamente, la smentita del presidente Conte e l'annuncio di una revisione, con i rischi di mancata copertura; ancora, i circa duemila emendamenti, la stragrande maggioranza - quasi millecinquecento - della maggioranza parlamentare; poi i contrasti sulla questione del «piano casa» tra il sottosegretario per lo sviluppo economico e il Ministro delle infrastrutture; inoltre, l'intervento dell'Autorità per l'energia, i timori sull'incremento dei prezzi e delle tariffe per l'introduzione della Robin tax; infine, la preoccupazione del Governatore della Banca d'Italia Draghi in merito alla possibilità che le banche riversino sui clienti gli oneri della Robin tax.
Questo secondo film smentisce le certezze da voi manifestate sull'impatto del decreto sull'economia e sullo sviluppo del Paese. Smentisce anche la compattezza della maggioranza: i nove minuti e mezzo non sono certamente bastati a fugare le perplessità, le posizioni diverse e a superare le conflittualità profonde interne a questa maggioranza, che ha presentato appunto centinaia e centinaia di emendamenti, perché non convinta delle scelte fatte dal Governo.
C'è stata una grande finzione accompagnata da una notevole abilità mediatica e da una bella scenografia. Il tutto è durato solo alcuni giorni. Poi si è presentata la realtà per quello che effettivamente è. Sono così seguite centinaia di pagine di emendamenti, cambiamenti radicali, stravolgimenti, fino al maxiemendamento: altro che nove minuti e mezzo!
Adesso, alcune considerazioni sui contenuti.
Questa manovra non aiuta la crescita economica, in un contesto difficile e delicato per l'attività delle imprese, per le famiglie e per i cittadini. Vi è l'esigenza di fare qualcosa che dia un sollievo immediato.
Il Governo deve sostenere i redditi ed i salari da un lato e rilanciare la crescita dall'altro. Al contrario, questa manovra presenta elementi recessivi, taglia gli investimenti relativi all'innovazione e per le infrastrutture e deprime i consumi. Non pone al centro il nodo della produttività. Non può bastare un provvedimento sparuto, una tantum. L'intera azione di Governo, dalla riforma della pubblica amministrazione agli interventi fiscali, alle liberalizzazioni, alla riforma del mercato del lavoro, deve porsi l'obiettivo della produttività.
Nei due anni passati abbiamo fatto interventi concreti, mirati, strutturati; abbiamo investito nella realizzazione delle infrastrutture necessarie, indispensabili al Paese; abbiamo sostenuto il reddito dei pensionati, abbiamo dato una sorta di «quattordicesima», non un'elargizione una tantum, non una umiliante tessera per acquisti.
Veniamo alla Banca del sud: forse non è una novità; il Ministro Tremonti ci aveva già provato, mi pare nel 2004. È finita con l'autoscioglimento del comitato promotore del progetto. La proposta odierna non la conosciamo bene ma per quel poco che sappiamo ci preoccupa. Potrebbe preoccupare assai anche la Banca d'Italia. L'ABI non si pronuncia.
I precedenti relativi ad operazioni creditizie meridionali non sono buoni. Furono necessari salvataggi a fronte di crisi disastrose. Perché lo Stato si deve cimentare in queste avventure? Si vuole forse creare una nuova Cassa del Mezzogiorno? Il principale problema del sud non è certamente il credito, bensì la legalità, la sicurezza, l'efficienza dei servizi e della burocrazia, l'assenza di infrastrutture che frenano l'attività imprenditoriale.
Sul tema dell'energia, in particolare il nucleare, non abbiamo pregiudizi. Siamo consapevoli delle difficoltà. Vogliamo affrontare il problema in modo pragmatico, lontani dagli approcci ideologici che in passato hanno condizionato questo dibattito e questa realtà. Il tema del nucleare tuttavia non si può porre in termini di realizzazione di due, tre, quattro centrali nucleari. La questione del nucleare rappresenta un sistema di scelte, di valori e di cultura industriale, di relazioni, che nonPag. 146può essere sganciato dal «sistema Paese» nel suo complesso. Non si risolve con gli annunci e con i proclami: richiede un lungo lavoro di coinvolgimento del tessuto produttivo e della realtà sociale. È un cambio di cultura e di mentalità. Una volta fatta questa scelta non si può tornare indietro. Il Governo deve dire esattamente cosa intende fare, quali sono le sue priorità nel breve periodo e gli investimenti per il lungo periodo. Ci vorrà quindi molto tempo. Non è una risposta immediata al nostro fabbisogno energetico.
Quali sono, allora, le risposte per l'oggi, per questi mesi di difficoltà, direi di emergenza, che è divenuta gravosa per le imprese ma anche per i conti che le nostre famiglie debbono sopportare? Vi è incertezza al riguardo. Il Ministro Scajola nelle scorse settimane aveva ad esempio dichiarato costoso ed inefficiente il taglio delle accise per il caro-benzina. Successivamente si è reso conto della necessità di questo intervento. È il caso di evitare ogni improvvisazione, nell'interesse del Paese: ce lo chiedono gli italiani.

ENRICO FARINONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la legge finanziaria deve tener conto del contesto economico, nazionale e internazionale, nel quale si situa.
Per cercare di incidervi. È quello che questa finanziaria non fa.
La Borse mondiali, e quelle europee in particolare, continuano a vivere giornate-orso, venerdì neri bruciando milioni e milioni di euro.
I mercati finanziari sono fortemente condizionati con sempre più frequenti, e inquietanti, dissesti di banche succeduti alla crisi americana dei mutui subprime, ormai un anno fa.
Davvero preoccupante, per non dire drammatico, è l'incessante aumento dei prezzi delle materie prime - problema fra l'altro gravissimo per il nostro Paese, che ne è quasi privo - dal gas al petrolio, ai generi alimentari di prima necessità.
Così il tasso di inflazione ha ripreso dopo anni a crescere, deprimendo ulteriormente il potere di acquisto delle famiglie, in ispecie di quelle più popolari perché - come è ben noto - l'inflazione colpisce più duramente le fasce deboli e i detentori di reddito fisso.
La Banca centrale europea ha deciso di alzare il costo del denaro, non so quanto inevitabilmente. Ma anche questo produce contrazione di investimenti e spese dei privati, comprimendo la crescita.
Oltre a rafforzare ulteriormente l'euro sul dollaro, come è puntualmente avvenuto: situazione del cambio che ormai ha generato problemi enormi alle esportazioni nella più parte delle imprese continentali.
In questo scenario, la situazione del nostro Paese è, se si può, ancor più grave. Dati Istat dell'altro ieri certificano la crescita del caro vita, ora al 3,8 per cento.
E l'aumento, fatto ancor più grave, è guidato - oltre che dal prezzo dei carburanti - degli alimentari. Il prezzo del pane su base tendenziale è cresciuto del 13 per cento mentre la pasta è aumentata del 22,3 per cento.
Il Bollettino economico di Bankitalia spiega, testuale, che «il ritmo di aumento sui dodici mesi dell'indice armonizzato dei prezzi al consumo ha raggiunto nel nostro paese il 4 per cento in giugno». «Un quadro - prosegue - che presenta rischi al rialzo per l'inflazione e al ribasso per la crescita».
Il 4 per cento di Bankitalia è di più, in termini di inflazione reale, per i percettori di redditi bassi, come ad esempio molti, i più, tra i pensionati e i giovani lavoratori precari. E allora è qui, sul terreno del recupero del potere di acquisto e sul sostegno ai salari e agli stipendi del lavoro dipendente, e alle pensioni, che bisogna lavorare!
Ma il patrio Governo ci informa che salari e stipendi aumenteranno solo se l'economia ritornerà a crescere. Ma senza adottare alcuna misura anticiclica, nello scenario mondiale ricordato, l'economia non può crescere! E infatti sempre Bankitalia prevede al massimo una crescita dell'economia italiana, per il 2008 e anche il 2009, di un misero 0,4 per cento.Pag. 147
Si sarebbe dovuto pensare a misure capaci di fornire alle famiglie italiane strumenti efficaci per contrastare il caro-vita e l'indebolimento progressivo del potere d'acquisto. Abbiamo, purtroppo, una recessione in arrivo e non si fa nulla per salvaguardare i consumi del ceto medio e popolare! Bisognerebbe diminuire le tasse sul lavoro dipendente, aumentando le detrazioni fiscali, ma i paladini della lotta alle tasse hanno preferito mantenerle tutte. Dopo averci fatto per due anni una testa così proprio su questo argomento! Quale incongruenza, signor Presidente!
Insomma, lo ripeto perché è importante: la manovra avrebbe dovuto essere più attenta alla crescita, dando un po' di sostegno ai consumi, quindi ai salari, e agli investimenti, quindi alle imprese.
Ci sono tagli, invece. Tanti tagli.
La contraddizione del Governo sulle tasse - aborrite in campagna elettorale, intoccabili adesso - si ripete, aggravata, in tema di sicurezza, il tema sul quale il centrodestra ha vinto le elezioni.
3,2 miliardi in meno di risorse per la sicurezza significano tagli consistenti, consistentissimi per le forze di polizia, che oggi giustamente hanno manifestato la loro profonda insoddisfazione.
Tagli nel vitale settore della sanità, costringendo così di fatto le regioni - perché finirà così - a reintrodurre i ticket.
Tagli all'università, cioè al futuro di qualità dei nostri giovani, attraverso la riduzione drastica del Fondo di finanziamento ordinario.
Disposizioni che, limitando le possibilità didattiche degli atenei, contrastano con gli indirizzi di politica europea sulla ricerca e con il concetto di «missione pubblica» delle università affermato dalla Dichiarazione di Berlino.
Tagli allo sport - sto facendo alcuni esempi, signor Presidente - ove l'80 per cento dei fondi - 120 miliardi di euro - previsti per le promozioni sportive della finanziaria 2008 del Governo Prodi viene tagliato, in particolare la quota riservata ai disabili.
Tagli alle Comunità montane, quelle vere, e tagli ai comuni i quali, se si va avanti così non riusciranno a fare i bilanci del 2009.
Ma, mi chiedo e chiedo al Governo, valeva davvero la pena di abolire l'ICI per poi dover recuperare quei quattrini con questi e altri (non ho citato la scuola, per esempio) tagli?
E come potranno i comuni garantire i servizi sociali essenziali se il mancato gettito ICI non sarà loro coperto integralmente e per tempo? E come glielo si potrà garantire se si riducono la copertura a ciò destinate?
Non voglio farla lunga. Ma quando una crisi economica incombe più che in altri momenti occorre fare delle scelte che cerchino, per quanto possibile, di contrastarla. Non ci si può limitare a cercare di contenere i tagli. E soprattutto non si può scaricarne di fatto il peso sui ceti meno abbienti, tra i quali tra un po' se si va avanti così, dovremo includere anche il ceto medio italiano, senza cioè predisporre misure - non demagogiche, non caritative tipo la social card - di salvaguardia e protezione.
Dopo di che lo so, la situazione è difficile e nemmeno questo Governo - nonostante la simpatica vignetta di Giannelli che ritrae Berlusconi come un maghetto - ha la bacchetta magica. Non l'avevano nemmeno Prodi e Padoa Schioppa ma voi per puri motivi di propaganda politica li avete massacrati!
La verità è che tagli alle spese vanno fatti sì, ma selezionati. Le priorità si devono vedere. Ad esempio in luogo della detassazione degli straordinari si sarebbe dovuto procedere alla detassazione della quota di salario derivante dalla contrattazione di secondo livello, quella legata ai risultati aziendali più che all'incremento quantitativo del lavoro del singolo, che non sempre, non necessariamente produce più ricchezza aziendale.
Nel provvedimento che ci presentate, spesso i tagli sono indiscriminati e quando si vedono delle scelte sono in una direzione che non è certo quella della tutela dei ceti deboli e dello stesso ceto medio.Pag. 148Robin Hood non si vede, signor Presidente, in questa manovra. Anche perché non si vede, al di là delle dichiarazioni di facciata, una grande attenzione al recupero dell'evasione fiscale che - come ha dimostrato il precedente esecutivo - apporterebbe denaro fresco alle casse dello Stato, oltre a garantire un po' di equità in questo nostro Paese. Non si vede, non c'è. E infatti in giugno si è registrato un avanzo inferiore rispetto a quello del giugno 2007, tangibile segnale di come molti «contribuenti di frontiera» hanno interpretato il ritorno al potere di Berlusconi.
C'è poi, e concludo, una questione di fondo, sul metodo che il Governo adotta per avviare questa manovra economica. Una questione che si è ormai palesata in questi primi tre mesi di legislatura in tutta la sua preoccupante gravità: l'estensione dei poteri dell'esecutivo a scapito del legislativo.
È stato presentato un decreto-legge di ottantacinque articoli e si è dato pochissimo tempo per analizzarlo e discuterlo. Poi lo si è modificato radicalmente. E il tempo per analizzare le novità è ancora meno. Certo, molti fra i componenti di questo Governo e di questa maggioranza, a cominciare dal Presidente del Consiglio, ritengono occasioni come questo dibattito in Aula delle vuote liturgie nelle quali deputati di seconda e terza fila producono parole prive di reale importanza e quindi meno si discute meno si perde tempo. Ma per questa via si giunge di fatto ad uno stravolgimento della Costituzione. E quindi è doveroso che l'opposizione lanci l'allarme prima che sia troppo tardi.
È una questione, peraltro, che comincia ad essere osservata anche da commentatori esterni ed autorevoli. La riprendeva l'altro giorno un piccolo fondo del Sole 24 Ore, ricordando come la sessione di bilancio in questi trent'anni è riuscita, al di là degli eccessi verbosi ed emendativi che l'hanno caratterizzata, a fare oggetto di discussione di interesse nazionale argomenti che prima erano ignorati, e non solo al grande pubblico.
Ora si procede tramite decretazione d'urgenza, con emendamenti presentati all'ultimo momento dell'ultima notte. Si subisce la liturgia di questo stanco dibattito in un'Aula semivuota e poi si chiude il tutto con un bel voto di fiducia. Arrivederci e grazie!
Se non si restituirà al Parlamento e alle leggi ordinarie il ruolo che a loro spetta in questo Paese, oltre all'emergenza economica, rischiamo di avere presto un'emergenza democratica.

MARGHERITA ANGELA MASTROMAURO. Signor Presidente, Intervengo per esprimere alcune valutazioni sul decreto-legge n. 112 del Governo che nasce con l'ambizioso obiettivo di proporre misure urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, e quindi dell'aggiustamento dei conti pubblici nel 2009 e per gli anni a venire.
L'azione del Governo si inserisce in un contesto economico congiunturale preoccupante sia sul fronte internazionale sia soprattutto su quello nazionale. Il maggiore fattore di freno alle economie occidentali oggi è rappresentato dall'impennata dei prezzi delle materie prime, soprattutto alimentari ed energetiche, che hanno determinato una accelerazione dei prezzi al consumo con il conseguente impoverimento delle famiglie ed una pericolosa crisi di buona parte del sistema industriale italiano sempre meno competitivo.
Malgrado vi siano alcuni punti qualificanti in questo provvedimento, come i buoni propositi in materia di semplificazione degli adempimenti burocratici, ad esempio nella fase di costituzione e di avvio dell'attività di impresa, la semplificazione dei controlli per le imprese certificate o in materia di privacy, tuttavia in questo provvedimento, come anche negli altri provvedimenti economici che avete sottoposto al vaglio di questo Parlamento, mancano risposte adeguate rispetto alle emergenze che il nostro paese deve affrontare.
Vi è una discrepanza evidente fra gli annunci elettorali e i provvedimenti adottati.
Secondo il DPEF il pareggio di bilancio nel 2011 viene realizzato lasciando invariata la pressione fiscale che resterebbe aiPag. 149massimi storici del 43,3 per cento del PIL. Ma nel programma elettorale non si era forse promessa una riduzione delle imposte a cittadini e imprese?
Sul tema della competitività questo Governo aveva annunciato nel suo programma elettorale di dare spazio all'infrastrutturazione dell'intero Paese per permetterne la competitività e invece in questo provvedimento, come anche nel DPEF, non sono assolutamente non dico rafforzate ma perfino salvaguardate le spese per infrastrutture. Sono preoccupanti le previsioni per la spesa in conto capitale, che dovrebbe ridursi dal 4,5 per cento al 3,3 per cento del PIL e di quella per investimenti fissi, che passerebbe dal 2,4 per cento al 2 per cento del PIL. Il rischio, come denunciato anche da Confindustria, è di porre seriamente in dubbio la programmazione infrastrutturale con particolare riguardo alla legge obiettivo, che è rimasto il principale riferimento della politica infrastrutturale del nostro Paese.
Potrebbero essere messe in discussione anche decisioni di investimento già acquisite.
Se poi guardiamo al Mezzogiorno, in questo provvedimento vi è una consistente riduzione della dotazione di spesa della missione «sviluppo e riequilibrio territoriale» del Ministero dello sviluppo economico, in cui sono allocati gli stanziamenti del fondo aree sottoutilizzate per un importo pari a 7.707 milioni di euro nel triennio, ovvero ad oltre un quarto delle riduzioni complessive pari a 26 milioni di euro nel triennio.
Questo significa che manca totalmente un progetto di sviluppo per il Paese ma soprattutto manca la consapevolezza che non può esistere un futuro di crescita e sviluppo del Paese che escluda il Mezzogiorno.
Voglio ricordare che il sud presenta una dotazione infrastrutturale da terzo mondo e che questa è una delle principali ragioni del suo sottosviluppo.
Nell'ultimo decennio la spesa per infrastrutture al sud si è mantenuta ben al di sotto della media nazionale ed il divario infrastrutturale tra nord e sud rispetto alla metà degli anni Novanta si è accentuato. Questo trend negativo prosegue e questo ci preoccupa molto.
Se mancano le risorse finanziarie per colmare questo gap, allora ci domandiamo se era opportuno decidere che il taglio dell'ICI avvenisse a svantaggio dei fondi destinati alle opere pubbliche nel Mezzogiorno.
Sempre sul tema delle infrastrutture oggi il Ministro Tremonti ha confermato che si vogliono aprire pochi grandi cantieri anziché disperdere le risorse su mille piccole opere irrilevanti, così confermando un'altra preoccupazione, per la verità già manifestata al Ministro Matteoli in Commissione: che si vogliano penalizzare interi territori, e che si facciano lavorare solo poche grandi imprese a discapito delle medie e piccole imprese che rappresentano l'ossatura del nostro Paese e sono una risorsa indispensabile per la nostra economia.
E infine, su un tema di notevole interesse pubblico come quello dell'alloggio sociale, questo Governo ha introdotto nel decreto una norma (l'articolo 11) sul piano casa che, così com'è, anche alla luce delle ultime modifiche proposte, presenta dei punti di crisi fondamentali: i tempi per l'attuazione del piano continuano a non essere individuati; le risorse, nonostante le modifiche al comma 10, sono ancora insufficienti per garantire l'effettiva attuazione del piano; infine, il ruolo totalizzante attribuito al general contractor lascia temere che l'attuazione delle poche norme a contenuto economico avvantaggi anche in questo caso poche grandi imprese a discapito delle piccole e medie imprese.
Non potendomi dilungare oltre, concludo la mia valutazione intanto rilevando in questo provvedimento una revisione al ribasso degli obiettivi che hanno caratterizzato il programma elettorale della maggioranza e poi l'incapacità di questo Governo di legiferare secondo norme chiare, certe e attuabili, accompagnate da un impegno di spesa disponibile soprattutto quando si tratta di intervenire su questioni che, oltre ad avere un notevole impatto economico, si traducono in misure di notevole interesse pubblico.Pag. 150
Auspico pertanto che almeno su questo genere di misure questo Governo in futuro accetti quel confronto costruttivo privo di posizioni preconcette che il Partito Democratico sta faticosamente cercando di portare avanti, anziché usare lo strumento della fiducia per evitarlo.

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, di fronte alla profonda crisi che sta vivendo il nostro Paese il Ministro Tremonti questa mattina ha difeso a spada tratta la decretazione d'urgenza, l'impianto triennale della manovra, lo stravolgimento delle procedure parlamentari e ha riconosciuto che il Paese è in profonda sofferenza. Il Ministro ha concluso il suo intervento chiedendo il sostegno del Parlamento e affermando enfaticamente che il testo sottoposto alla discussione generale è il frutto del lavoro svolto nelle Commissioni, con alcune «marginali modifiche».
Ebbene, che il nostro sistema economico e produttivo sia in stato altamente febbrile è inoppugnabile: la produzione industriale relativa al mese di maggio è andata peggio di quanto ci si aspettasse; i dati certificati dalla Confcommercio dicono che la crisi dei consumi è profonda ed è strutturale, e tocca pesantemente tutti i settori con ampie ricadute sulla produzione industriale e l'andamento negativo della stagione dei saldi, con un crollo stimato al 15 per cento, oltre a confermare che la coperta è sempre più stretta, evidenzia che al commercio viene a mancare la tradizionale boccata d'ossigeno costituita dai saldi e che aumenterà ancora il trend della cessazione delle attività commerciali che già in questo primo semestre registra una forte impennata; moltissime famiglie sono alle prese con problemi finanziari, soprattutto per far fronte alle spese primarie e all'aumento del costo del mutuo sulla casa.
Davanti a questa situazione allarmante per gli interessi dell'Italia sarebbe stato auspicabile un più ampio dibattito tra tutte le forze politiche, soprattutto sul metodo e sulla ricetta proposta per curare il paziente. E invece soltanto le proteste dell'opposizione hanno consentito di strappare qualche giorno di confronto in più per discutere una manovra che si è rivelata, già nella sua genesi frettolosa, poco avveduta tanto da indurre la maggioranza e il Governo stesso ad intervenire in corsa con numerosi emendamenti e con la questione di fiducia largamente anticipata, invocando l'emergenza.
Io vorrei ricordare a tutti, signor Presidente, onorevole colleghi, che la situazione finanziaria in cui si trovò ad operare il Governo Prodi nel 2006 non era costellata di rose e fiori: un debito pubblico in crescita, la minaccia della procedura d'infrazione da parte dell'Unione europea a causa dell'elevato deficit sul PIL, l'emergenza salari e l'esigenza fondamentale di rilanciare la crescita del nostro sistema economico.
Allora io credo che non si possano dimenticare in fretta gli attacchi durissimi che furono fatti al Presidente Prodi e al suo Ministro dell'economia per la manovra messa in campo per contrastare il declino del Paese e ridare fiato alle imprese. Roma fu tappezzata di manifesti irridenti che accusavano il capo del Governo di mettere le mani nelle tasche degli italiani. Ma cosa fa con questa manovra il Governo Berlusconi? Forse diminuisce la pressione fiscale? Assolutamente no, anzi l'aumenta per cercare di raggiungere l'obiettivo del pareggio di bilancio entro il 2011, un obiettivo condivisibile che lo stesso Ministro Padoa Schioppa aveva tenacemente perseguito.
L'allora opposizione, ora maggioranza di Governo, si oppose duramente ad ogni forma di liberalizzazione difendendo interessi corporativi, unendo i propri leader alle categorie che protestavano duramente davanti alla sede del Governo. Il decreto-legge n. 112 si propone di rilanciare lo sviluppo economico, la competitività e la perequazione tributaria, ma i pesantissimi tagli lineari che saranno operati su tutti i settori della vita economica del nostro Paese - dalla sicurezza alla sanità, dalla scuola agli enti locali, dall'università alla politica estera, dalla ricerca scientifica alla difesa, dalla cooperazione allo sviluppo alle politiche sociali - deprimono ulteriormente e irreparabilmente la fiducia deiPag. 151nostri cittadini nelle istituzioni e nella loro capacità di affrontare con equilibrio l'emergenza economica. Lo riprovano le manifestazioni di protesta che si stanno preannunciando, dalle forze di polizia fino alle molteplici categorie di precariato. Noi riteniamo che si potesse fare una manovra più equilibrata e pro-ciclica in alcuni settori che dovrebbero dare impulso alla ripresa del nostro sistema economico.
Non si capisce, a fronte delle esigenze evidenziate dal Ministro Tremonti, come si possa mettere d'accordo il fuoco che ha ispirato tagli così pesanti per reperire risorse e la fretta con cui si è proceduto all'abolizione della parte residua dell'ICI a quei nuclei familiari che per di più avrebbero goduto della ulteriore riduzione introdotta dal Governo Prodi e sono in grado di pagare la parte restante. È stato detto da parte della maggioranza, «una manovra a costo zero» ma, a parte i problemi di copertura che fino all'ultimo hanno posto interrogativi sul rispetto delle regole vigenti, il costo zero è stato ottenuto procedendo di nuovo a tagli gravosi di provvedimenti già approvati da leggi varate. Che fretta c'era, soprattutto in un quadro di grande incertezza economica, di abolire uno dei pochi strumenti di federalismo fiscale esistente in Italia?
Il Ministro Tremonti ha sfiorato questa mattina il tema del federalismo fiscale, un tema caldo che in questi giorni infiamma il dibattito tutto interno alla maggioranza di Governo.
Ciò che temo è che dietro le eclatanti promesse di un federalismo «mansueto» si celi una prima forma di destrutturazione dei livelli di solidarietà nel nostro Paese che si evolverà, finanziaria dopo finanziaria, in un sempre più ridotto intervento perequativo da parte dello Stato centrale e in un sempre più marcato abbandono dei cittadini delle regioni più povere al loro destino di indigenza.
Pur essendo un convinto sostenitore del federalismo, vorrei ricordare al Ministro Tremonti che spesso il Leviatano, il mostro burocratico di hobbesiana memoria, è assiso sul campanile. Nelle regioni ove i cittadini sono soffocati dalla delinquenza organizzata e dall'inefficienza delle istituzioni, la dipartita dello Stato centrale rischia di aumentare il grado di asservimento della popolazione civile alle consorterie criminali che già adesso si accreditano come le uniche fonti di sostentamento per gli abitanti di alcune porzioni del territorio nazionale. Con ciò intendo richiamare dunque l'attenzione di tutti sul processo di costruzione del federalismo fiscale.
Che la crisi finanziaria sorta dal pasticcio dei mutui subprime americani abbia ormai assunto proporzioni pandemiche investendo l'economia internazionale è un dato incontestabile. Che su questo incendio, già di per sé incontrollabile, aliti anche un vento perenne di stagflazione, un mix micidiale di crescita dei prezzi e riduzione del reddito, alimentato dal caro-greggio è certo sotto gli occhi di tutti.
Ci si interroga allora sull'adeguatezza della risposta del Governo. Non si possono certo pretendere miracoli ma un impegno utile per fronteggiare una situazione che inevitabilmente acquisirà lo stato di sofferenze e di indigenza di molti nostri connazionali è possibile e va preteso.
Mentre gli interventi di solidarietà si risolvono nella Robin tax e poche altre misure di dubbia efficacia, il provvedimento contiene ben più perniciose azioni di decostruzione e smontaggio dei diritti tradizionalmente riservati ai lavoratori dipendenti. Dietro le misure di semplificazione degli adempimenti in materia di lavoro dipendente (introduzione del registro unico del lavoro) si nascondono sostanziali riduzioni dell'impianto sanzionatorio a carico degli imprenditori che assumono in nero e quindi un incentivo al lavoro sommerso contro il quale il precedente Governo aveva impostato una parte importante della propria politica economica.
Credo che stiamo dimenticando il principio di solidarietà tanto caro a Giorgio La Pira nell'ispirare l'articolo 2 della Costituzione. Una solidarietà che non riesce a intravvedersi neanche sul piano internazionale, nonostante che il Presidente del Consiglio dica al G8 di voler aumentare la contribuzione italiana, e che comunque ha ricadute sulla prospettiva di sviluppo sostenibilePag. 152recentemente riaffermata dalla Campagna delle Nazioni Unite per gli obiettivi del millennio venendo a ledere gli impegni internazionali assunti dal nostro Paese e tradendo l'esigenza etica in termini di diritto delle generazioni future. Infatti desta preoccupazione la riduzione di 170 milioni all'aiuto pubblico a favore dei Paesi in via di sviluppo a partire dal 2009, così come si evince dall'articolo 60 del decreto n. 112 in questione e ciò costituisce una chiara dichiarazione politica nel non voler raggiungere gli obiettivi del millennio, così come previsti per il 2015.
In questa prospettiva non siamo in grado di dare un contributo reale alle sfide della fame, dell'ambiente e dei cambiamenti climatici che invece si possono sconfiggere con la cooperazione.
Oggi più che mai abbiamo bisogno, per affrontare le sfide che ci attendono a livello internazionale, di difendere la ricerca scientifica, progettando i meccanismi indispensabili affinché la dinamica culturale tra innovazione e conservazione consenta agli uomini di cooperare sempre meglio con l'ambiente in cui vivono, e facendo saggi investimenti a lungo termine sulla scienza di base che è anche intelligenza, know-how oltre che produzione di alta tecnologia. Ma come può avvenire questo con gli ingenti tagli alla ricerca e all'università?
In tema di tagli vorrei richiamare quelli gravosi apportati all'intera struttura del MAE. Per ridare slancio all'Italia occorre puntare alla realizzazione di «reti di imprese» che sappiano espandersi nel mondo, dove le aziende creative e quelle tecnologicamente innovative possano crescere vicine e svilupparsi, puntando sulla creatività e sulla piccola e media imprenditorialità italiana. Ma come può lo Stato aiutare questo processo, fare la sua parte, quando si decurtano i fondi destinati al Ministero degli affari esteri che si vede costretto ad una ristrutturazione basata prevalentemente sui tagli ai costi senza fare una valutazione strategica nella prospettiva di una razionalizzazione efficace?
Bisogna tagliare ed allora chiudiamo i consolati anche se l'accorpamento aumenterà la spesa immediata legata ai costi di riposizionamento delle strutture come nel caso di Berna. Ma tagliare per abbattere costi senza chiedersi quale sviluppo prospettico precludiamo non credo sia proficuo. Come può lo Stato seguire passo passo quelle piccole e medie imprese accompagnandole alla conquista del mondo se le istituzioni competenti non hanno i finanziamenti necessari per offrire il supporto più elementare che le rappresentanze dell'Italia dovrebbero e devono dare? Appare allora evidente la discrasia tra le finalità di sviluppo della competitività enunciate nel titolo del decreto e gli effetti negativi della destrutturazione della nostra rete di presenze all'estero. Evidentemente non riusciremo a contribuire alla realizzazione del vantaggio competitivo necessario oggi al nostro Paese.
In tempi in cui bisogna affrontare la crisi economica con il rigore dei provvedimenti è bene ricordarsi che nella rigidità dell'inverno forse è meglio non tosare sempre le stesse pecore. Vale a dire che alla fine sono sempre i più deboli a pagarne le spese anche se si vuol far credere il contrario. E la grande comunità italiana residente ovunque nel mondo subisce un duro colpo da questo provvedimento, ma non si rassegna all'incapacità di un Governo di vederla parte importante e attiva del nostro sistema Paese. Con molta probabilità le previsioni fosche sull'andamento stagionale del turismo in Italia che i media ci propinano con feroce regolarità, saranno ancora una volta attenuate dalla fedeltà di tantissimi connazionali che di in anno in anno alimentano il flusso del turismo di ritorno.