XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 57 di martedì 30 settembre 2008

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

La seduta comincia alle 9,05.

DONATO LAMORTE, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Balocchi, Bongiorno, Brancher, Brugger, Caparini, Castagnetti, Cicchitto, Cirielli, Conte, Franceschini, Galati, Giancarlo Giorgetti, Lo Monte, Lusetti, Mazzocchi, Melchiorre, Menia, Migliori, Mogherini Rebesani, Molgora, Mura, Pescante, Scajola e Soro sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 1o settembre 2008, n. 137, recante disposizioni urgenti in materia di istruzione e università (A.C. 1634-A) (ore 9,07).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 1o settembre 2008, n. 137, recante disposizioni urgenti in materia di istruzione e università.
Ricordo che nella seduta di ieri sono iniziati gli interventi in sede di discussione sulle linee generali.

(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 1634-A)

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Siragusa. Ne ha facoltà.

ALESSANDRA SIRAGUSA. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, stiamo trattando di un decreto-legge infarcito di slogan che mirano a nascondere davanti all'opinione pubblica la sola intenzione vera, vale a dire ridurre la spesa colpendo la parte migliore della nostra scuola, quella che viene guardata con ammirazione da tutto il mondo, la seconda migliore d'Europa, la quinta del mondo: la scuola elementare, quella che la stessa Ministra aveva assicurato in Commissione di non voler cambiare. La Ministra Gelmini ha accusato e continua ad accusare in modo volgare noi dell'opposizione di populismo demagogico e gli insegnanti che protestano di strumentalizzare i bambini, quando, in realtà, di populismo demagogico ridondano gli articoli di questo decreto-legge.
Vediamoli ad uno ad uno, iniziando dall'articolo 1, «Cittadinanza e Costituzione». Anzitutto vi è da chiedersi cosa pensa il Ministro per la semplificazione normativa del fatto che si utilizzi un articolo di una legge - peggio, di un decreto-legge - per introdurre azioni di sensibilizzazione e di formazione del personale. Può essere questo oggetto di unaPag. 2legge? Non sarebbe bastato un atto amministrativo? No, facciamo un articolo di legge: e per fare cosa? Non l'introduzione di una nuova materia, come pure era previsto nel disegno di legge presentato il 1o agosto, ma azioni di sensibilizzazione, non l'introduzione di un numero di ore, non l'indicazione dell'ambito di insegnamento, ma sensibilizzazione e formazione.
Benissimo, facciamo finta di credere che si tratti di una grande novità. Ignorate quanto già si fa nella scuola italiana? Ad esempio, una manifestazione come quella del 23 maggio a Palermo, a cui pure il Ministro Gelmini ha partecipato, può nascere dal nulla? Centinaia e centinaia di ragazzi, decine e decine di scuole di tutta Italia in movimento verso Palermo nel ricordo di Giovanni Falcone e Francesca Morvillo e degli uomini della loro scorta: tutto questo può nascere dal nulla? Ignorate, forse, le tante leggi regionali che favoriscono, investendo risorse, l'educazione alla legalità? La Ministra ha detto in Commissione che la grande novità sarebbero le visite alle istituzioni, al Parlamento. Da quando sono qui, cioè dalla fine di aprile, mi accorgo costantemente di quanti studenti visitano questo palazzo e questa istituzione. Vogliamo introdurre una nuova materia, «Cittadinanza e Costituzione»? Bene, implementiamo ciò che già si fa, investiamo risorse, ma in questo modo, che cosa è questa nuova disciplina, quali sono i programmi, quante ore settimanali le sono dedicate, chi la insegnerà? Insomma fumo, puro fumo, tanto per avere qualcosa da dire alla stampa.
Passiamo all'articolo 2, «Valutazione del comportamento degli studenti»: voto in condotta e bocciatura con il cinque. Anche su questo punto il Governo è andato in giro a raccontare che si tratta del modo per restituire autorevolezza alla scuola. Il Paese ha paura, la questione della sicurezza è un tema sensibile, ed ecco uscire il coniglio dal cappello: bocciamo quelli che si comportano male. Risolveremo il problema del bullismo bocciando i bulli? Ripeteranno un anno, due e poi lasceranno la scuola. E che faranno? Ci vuole poco a immaginarselo: mettendoli in strada, trasporterete nella strada la violenza. Li mettete in strada a scippare vecchietti e a pestare passanti: bella sicurezza.
Fate finta di ignorare che la questione di una maggiore autorevolezza e disciplina nelle scuole è stata già affrontata con il decreto del Presidente della Repubblica 21 novembre 2007, n. 235, in modo ben più convincente. Intanto perché sono i regolamenti delle singole istituzioni scolastiche che individuano i comportamenti che configurano mancanze disciplinari con riferimento al corretto svolgimento dei rapporti all'interno della comunità scolastica e alle situazioni specifiche di ogni singola scuola, le relative sanzioni, gli organi competenti ad irrorarle e il relativo procedimento secondo i criteri indicati nel decreto. Inoltre, nel decreto del Presidente della Repubblica sopracitato si sottolinea che i provvedimenti disciplinari hanno finalità educativa e tendono al rafforzamento del senso di responsabilità e al ripristino di rapporti corretti all'interno della comunità scolastica, nonché - fondamentale - al recupero dello studente attraverso attività di natura sociale, culturale e in generale a vantaggio della comunità scolastica. Si trattava di un livello completamente diverso da quello previsto ora - ancora una volta, peraltro, in un articolo di legge - che prende questi ragazzi, i ragazzi più difficili, e li allontana dalla scuola.
Inoltre, il decreto del Presidente della Repubblica 21 novembre 2007, n. 235, prevede che la responsabilità disciplinare sia personale, che nessuno possa essere sottoposto a sanzioni disciplinari senza essere stato prima invitato ad esporre le proprie ragioni. Nessuna infrazione disciplinare connessa a comportamento può influire sulla valutazione del profitto. Altro importante principio previsto è che in nessun caso può essere sanzionata né direttamente, né indirettamente la libera espressione di opinioni correttamente manifestata e non lesiva delle altrui personalità. Le sanzioni sono sempre temporanee, proporzionate alla infrazione disciplinare e ispirate al principio di gradualità, nonché, per quanto possibile, al principio della riparazione del danno. Sempre nelPag. 3decreto del Presidente della Repubblica n. 235 del 2007, le sanzioni tengono conto della situazione personale dello studente, della gravità del comportamento e delle conseguenze che da esso derivano. Allo studente è sempre offerta la possibilità di convertirle in attività in favore della comunità scolastica.
Le sanzioni e i provvedimenti che comportano l'allontanamento da questa comunità scolastica sono adottati dal consiglio di classe, quindi collegialmente. Le sanzioni che comportano l'allontanamento superiore a quindici giorni e quelle che implicano l'esclusione dallo scrutinio finale o la non ammissione all'esame di Stato - quindi, non è una grande novità che per problemi legati alla condotta si possa non superare l'anno scolastico - in base al decreto del Presidente della Repubblica n. 235 sono adottate dal consiglio di istituto. Non è un caso: infatti in quell'organo gli studenti e le famiglie sono rappresentati e si può fare una discussione seria nel merito delle questioni e delle possibili soluzioni per recuperare i ragazzi più difficili. E questo sempre perché la finalità è costantemente educativa.
Nei periodi di allontanamento non superiori a quindici giorni, infatti, deve essere previsto un rapporto con lo studente e con i suoi genitori tale da preparare il rientro nella comunità scolastica. Nei periodi di allontanamento superiori a quindici giorni, in coordinamento con la famiglia e - si prevede anche questo -, ove necessario, anche con i servizi sociali e l'autorità giudiziaria, la scuola promuove un percorso di recupero educativo che miri all'inclusione, alla responsabilizzazione e al reintegro, ove possibile, nella comunità scolastica. L'allontanamento dello studente - ci dice il decreto del Presidente della Repubblica - dalla comunità scolastica può essere disposto anche quando siano stati commessi reati che violano la dignità e il rispetto della persona umana o vi sia pericolo per l'incolumità delle persone. In tale caso la durata dell'allontanamento è commisurata alla gravità del reato ovvero al permanere di situazioni di pericolo.
E ancora: il decreto del Presidente della Repubblica 21 novembre 2007, n. 235, già prevede casi di recidiva, di atti di violenza o comunque connotati da una particolare gravità tali da generare elevato allarme sociale e in esso si stabilisce che, ove non siano esperibili interventi per un reinserimento responsabile e tempestivo dello studente nella comunità durante l'anno scolastico, la sanzione è costituita dall'allontanamento dalla comunità scolastica con l'esclusione dallo scrutinio finale e la non ammissione all'esame di Stato conclusivo del corso degli studi o, nei casi meno gravi, dal solo allontanamento sino al termine dell'anno scolastico. Sulle sanzioni disciplinari è sempre possibile presentare ricorso.
Tutto questo era già previsto perché si era già pensato di porre rimedio ad una situazione di difficoltà, in cui ragazzi difficili pongono la comunità scolastica. Ma il fatto più importante è stato il patto educativo di corresponsabilità.
Il decreto del Presidente della Repubblica citato prevede la sottoscrizione da parte del genitore e degli studenti, al momento dell'iscrizione, di un patto educativo di corresponsabilità - cito testualmente il decreto del Presidente della Repubblica n. 235 del 2007 - finalizzato a definire in maniera dettagliata e condivisa diritti e doveri nel rapporto tra istituzione scolastica, studenti e famiglie. Sempre nello stesso decreto era stato stabilito che nelle prime due settimane di inizio delle attività didattiche ciascuna istituzione ponesse in essere iniziative più idonee per le opportune attività di accoglienza dei nuovi studenti e per la presentazione e la condivisione dello statuto delle studentesse e degli studenti, del piano dell'offerta formativa, del regolamento di istituto e del patto educativo di corresponsabilità.
Questo ha senso, questo ha finalità educativa, e non è uno slogan da propinare ad un'opinione pubblica impaurita che però, in cambio del fatto di averci creduto, si troverà sulle strade presto, troppo presto, ragazzi che avremmo potuto recuperare e che invece abbiamo cacciato con un bel cinque in condotta.Pag. 4Per quanto riguarda l'articolo 3 del decreto-legge (valutazione del rendimento scolastico in decimi), per capire il senso di questa grande innovazione ci soccorre un'intervista del Ministro Tremonti rilasciata al Corriere della Sera il 22 agosto scorso. Il Ministro ci dice che i numeri sono una cosa precisa, mentre i giudizi sono normalmente causa di confusione; il voto - continua Tremonti - obbliga l'insegnante e l'alunno ad assumersi precise responsabilità; inoltre - udite, udite - i giudizi per come sono strutturati - ci dice Tremonti - e «bizantinati» (neologismo di formazione tremontiana) basati su formule che tendono ad essere ipocrite, psicopedagogiche, tautologiche, caramellose, offensivo-giudiziarie o presunte tali sembrano - continua Tremonti - fatti apposta per mandare fuori di testa i genitori o per stendere i ragazzi sul lettino della psicanalista, o per portarli tutti insieme da un avvocato che predispone un ricorso, quasi sempre vincente, davanti al TAR.
Mi basta sottolineare che, secondo il Ministro, psicopedagogico è uguale a ipocrita, tautologico, caramelloso e offensivo-giudiziario, e che certe volte capita e deve capitare che chi non capisca di una materia è meglio che non la affronti. Ma il Ministro continua affermando che dove non c'è un voto non viene fornita una reale informazione sull'andamento scolastico dello studente.
Peccato, però, che Tremonti dimentichi che nella scuola media i giudizi da lui definiti «bizantinati» sono: insufficiente, sufficiente, buono, distinto e ottimo. Però Tremonti in realtà ha una sua idea precisa di matematica - questo mi piace approfondirlo - e ci fa anche sapere che tutti i fenomeni significativi sono misurati con i numeri: il terremoto con la scala Mercalli o Richter; il moto con la scala numerica della forza; la temperatura del corpo umano in base ai gradi. Però qualcosa non torna. La scala infatti ci permette di misurare un fenomeno ma la misurazione non è la stessa cosa della valutazione, e questo lo so perfino io che sono laureata in lettere classiche. L'uso di una scala, infatti, presuppone la possibilità di graduare fenomeni misurati secondo intervalli uguali o almeno equivalenti. Ma tale operazione nel caso della valutazione può essere fatta solo per approssimazione, in altre parole si tratta di un intreccio tra misurazione, interpretazione e stima all'interno di un modello cooperativo di cui il soggetto è parte integrante. Con i numeri quindi è assai difficile esprimere una valutazione. Però il Ministro Tremonti, che si picca di sapere di numeri, ha un'idea ben strana della matematica - lo dicevo prima - e infatti sempre nella stessa intervista ci fa sapere che la matematica è quella di sempre - cito testualmente - quella dell'Ottocento e del Novecento. E Einstein, Ministro? E la relatività? E i quanti? Ne saprò più io di matematica che, come ho detto, sono laureata in lettere classiche? Tremo all'idea che i conti del bilancio dello Stato li faccia uno che ha questa idea della matematica e questa consapevolezza dei numeri. E non fa quindi specie quanto accaduto e mi piacerebbe però - lo dico al sottosegretario - chiedere al Ministro Gelmini se lei non si è offesa del fatto che le interviste nel merito delle questioni scolastiche le rilasciasse Tremonti. Infatti se lei non ha nessun problema sul fatto che il Ministro dell'economia e delle finanze entri nelle questioni tecniche della pedagogia, della valutazione e della scuola, non deve stupirsi se in tanti pensano che lei sia il ventriloquo del suo collega dell'economia. Non fa specie quindi che al comma 3 dell'articolo 3 del provvedimento in esame si preveda, cancellando la collegialità della scelta, che anche per una sola insufficienza i bambini e i ragazzi della scuola elementare, della scuola media, e ovviamente anche delle superiori, possano essere bocciati. Anche in questo caso quando abbiamo sollevato il problema siamo stati offesi e ci è stato detto che non avevamo capito niente. Alla nostra osservazione in Commissione di merito la Ministra ha affermato di avere troppa stima degli insegnanti per pensare che possa succedere una cosa simile. Ma si può immaginare di fare una legge e di affidare poi all'altrui buon senso e all'altrui responsabilità la mancata applicazione degliPag. 5errori? Non sarebbe meglio ammettere gli errori e correggerli? Anche l'articolo 5, sull'adozione dei libri di testo, è pieno solo di slogan e se ne accorgeranno le famiglie italiane. Noi avevamo proposto la detraibilità e la verifica affidata al dirigente scolastico affinché non fossero travalicati i tetti di spesa fissati dal Ministero; emendamenti che sono stati bocciati. Il testo dell'articolo è tecnicamente inapplicabile posto che, escludendo il ciclo delle elementari, nella scuola non esistono quinquenni ma trienni e bienni. Quindi potrebbe succedere che un insegnante che insegni al biennio del liceo (il quale può scegliere di cambiare e quindi può adottare un nuovo libro soltanto ogni quinquennio) faccia l'adozione un anno, rimanga con lo stesso testo per due anni, poi altri due anni, e poi in mezzo al biennio cambi in corso d'opera il libro di testo ai ragazzi di quell'anno.
Inoltre ci chiediamo che cosa voglia dire - in una legge occorre far capire il senso delle norme e non possiamo produrre provvedimenti fumosi come questo - e in che cosa consista l'impegno delle case editrici a mantenere invariato il contenuto dei libri di testo. Chiederete una fidejussione? Un giuramento a Pontida? Un patto di sangue? Come si sostanzia l'impegno che chiedete agli editori? Ed eccoci quindi all'articolo 4. Anche a tal proposito avete riempito il Paese di bugie. Avete detto che la spesa per gli stipendi è il 97 per cento della spesa del Ministero, però l'OCSE ci dice che si tratta del 74 per cento: o si decide di fare una colluttazione oppure il dato è questo. Avete detto che i bambini hanno bisogno di un'unica figura di riferimento e per questo date loro il maestro unico, ma tutti sanno che l'equilibrio degli adulti è fondato sulla capacità di instaurare relazioni circolari e non biunivoche, relazioni che comprendono più soggetti, ciascuno con un ruolo diverso. E ancora bugie: le dice Tremonti sempre in questa famosa intervista lunghissima al Corriere della sera del 22 agosto scorso, quando afferma che nelle scuole italiane vi sono tre o quattro insegnanti per ogni classe. Ma lo ha detto il Ministro Gelmini al Ministro Tremonti che la media per la scuola elementare è di 1,73 insegnanti per classe contro il 2,10 della scuola media e l'1,93 degli istituti superiori? Lo sa il Ministro Tremonti che in prima media i ragazzini hanno anche nove insegnanti? La specializzazione dei saperi dovrebbe sconsigliare la reintroduzione del maestro unico e mi piace ricordare qui che in quest'Aula si è approvata la legge n. 148 del 1990, e quando ciò è avvenuto non si è affatto trattato - come è stato detto più volte dai rappresentanti del Governo e da opinionisti legati all'Esecutivo - di una legge pensata per aumentare i posti di lavoro. Al contrario è stata proprio la consapevolezza dell'ampiezza dei saperi e delle competenze - come si era evidenziato nei programmi del 1985 - a spingere il legislatore a pensare che il modello tradizionale del maestro unico non fosse più sufficiente. Il confronto e il dibattito furono lunghi e non durarono un mese, quindici giorni, dal primo settembre fino ad oggi, bensì cinque anni e durante tale periodo ci fu una sperimentazione di due anni, e solo dopo, nel 1990, la didattica modulare fu decisa per legge. Non si può distorcere la memoria di come sono andati gli avvenimenti.
Quel procedimento fu del tutto diverso dalla procedura che si sta seguendo in questo momento. Io credo che sia il momento di finirla di mentire, di raccontare, come in questa Aula è stato fatto, che Don Milani era un maestro unico. Se si studiano la sua storia, i suoi metodi, la sua corrispondenza, appare subito chiaro che a Barbiana i maestri erano tanti e tanti ne cercava Don Milani, invitando a tenere lezioni non solo specialisti di varie materie, ma giornalisti, politici, filosofi, perché niente temeva di più del pensiero unico, persino del suo. Esercitava i suoi ragazzi alla critica e al ragionamento. Diciamolo chiaramente: il modello del team della scuola elementare avrebbe dovuto essere di esempio per il resto della scuola. Responsabilità condivisa, contenimento reciproco, sostegno e stimolo reciproco tra docenti, programmazione collettiva dovrebberoPag. 6essere il modello per tutti i docenti di qualunque ordine di scuola.
Una riforma della scuola elementare dovrebbe ritrovare la via maestra della qualità più profonda del suo stile, del suo clima, che l'ha resa così popolare e così vicina alla gente ed ai bambini. Tutti i sondaggi sulla scuola elementare, a partire da quello degli stati generale della cultura - questo è stato pubblicato ieri su Tecnica della scuola - mostrano un consenso elevatissimo nei confronti della scuola elementare da parte dei nostri concittadini: ciò l'ha resa così popolare e vicina alla gente ed ai bambini; mi riferisco alla cura educativa, ai tempi distesi, all'unitarietà degli apprendimenti, all'operatività, al rapporto con l'esperienza, alla costruzione di un buon ambiente per l'apprendimento. È vero, si tratta di una sfida sempre aperta che riguarda gli insegnanti, il personale della scuola, i genitori, i bambini. Dovrebbe essere una ricerca che non ha fine al di là delle leggi, dei decreti e dei piani. Ma una legge non può essere pessima come questa è. La verità è che erano altri i settori della scuola da riformare. Questa non è una riforma, ma un taglio per ridurre i costi. Una riforma avrebbe avuto bisogno di approfondimento, di conoscenza, di comprensione, di riflessione, di ascolto e di confronto. Ma Tremonti aveva fretta. E con la sua concezione un po' arcaica della matematica, diciamo a dir poco semplicistica, la cosa più veloce era tagliare nella scuola elementare: ogni due classi levo un maestro e il gioco è fatto. Poi se con ventiquattro ore settimanali i bambini andranno a casa alle 12,30 poco importa. Perché se anche salverete il tempo pieno, cosa che è stata detta sui giornali ma di cui peraltro non c'è traccia nel piano che Gelmini ha presentato ai sindacati, al sud dove il tempo pieno è residuale, a causa delle carenze gravissime dell'edilizia scolastica, un fatto è certo: saranno ventiquattro ore alla faccia delle famiglie e dell'apprendimento dei bambini. E qui mi piace dire alcune cose sugli insegnanti e sulla scuola del sud. A conti fatti la scure dei tagli ai posti colpisce il sud in modo folle: settemila cattedre delle 14 mila che pensate di risparmiare sono al sud, soprattutto dei siciliani e campani. Ci avete accusato di difendere non la scuola, ma i posti di lavoro. A me non sembra un'offesa. Mi vanto di difendere i posti di lavoro soprattutto in casi come questo, in alcuni difendo persone, professionisti che hanno avuto il merito di fare funzionare la scuola. Persone che nella scuola hanno investito la loro esistenza, che ci credono, che ci lavorano da tantissimi anni. Questi sono i precari. Ed io sono orgogliosa di difenderli, perché difendendo loro difendo la buona scuola, e difendendo la buona scuola difendo loro.
Sugli insegnanti del sud e su quelli siciliani in particolare voglio dire qualche cosa di più. Sempre nella stessa intervista Tremonti invoca il passato, quello a cui - dice - si può e si deve tornare. Ma il passato era quello in cui eravamo in pochi ad andare a scuola e chi ci andava avrebbe anche potuto non farlo, perché la famiglia suppliva alla scuola. Alcuni dati sulla dispersione scolastica a Palermo: nell'anno scolastico 1988-89 (siamo nei primi anni in cui si valutava la dispersione scolastica), il dato alle elementari era del 7,6; nella scuola media, ovviamente connessa a come si stava alla scuola elementare, era del 25,6 per cento. Non parliamo poi della scuola superiore. Nell'anno scolastico 1991-92, quindi per merito dell'introduzione della didattica modulare e grazie anche a progetti specifici, nella scuola elementare il dato era sceso addirittura al 4 per cento ed al 21 per cento nella scuola media. L'ultimo dato, che è riferito al 2006-2007, vede lo 0,15 per cento di dispersione scolastica nella scuola elementare in Sicilia e il 6,44 nella scuola media. Ma vorrei aggiungere un altro dato per leggerlo insieme. Il confronto fra i dati PIRS 2001 e quelli 2006 sulla lettura ci dice che le performance degli studenti del sud e delle isole sono passate da 525,38 a 546,23 e di quelli del sud da 527,83 a 545,97. Allora ecco che cosa hanno fatto in questi anni i docenti del sud ignoranti e additati come tali all'opinione pubblica nazionale e sulla stampa. Sono stati capaci di allargare enormemente la platea deiPag. 7bambini che stanno in classe e di accrescere altrettanto enormemente le loro competenze. Certo è aumentata anche la spesa, certo ancora non ci siamo con le competenze, ma da qui ad augurarsi ed a praticare il ritorno al passato ce ne passa. E a questa scuola degli miracoli, baluardo contro le mafie, spesso avamposto dello Stato dove altro Stato non c'è, il Governo regala tagli per il 50 per cento dei posti che pensate di risparmiare con la reintroduzione del maestro unico. L'ho già detto, 7 mila cattedre tagliate al sud contro le 2225 di Toscana, Lazio ed Umbria e le 4007 delle sei regioni settentrionali. Signor sottosegretario, lo dica al Ministro: lei pensa che tutto questo non avrà conseguenze? Lei pensa che noi avremmo dovuto lasciarvi fare tutto ciò senza alzare la voce, senza protestare? Pensa il collega Garagnani che le maestre non debbano protestare, che debbano subire in silenzio, oppure essere deferite all'autorità giudiziaria? Lui, che preannuncia in questo senso una lettera alla presidenza, in Commissione ha accusato l'opposizione di terrorismo e di pratica della strategia della tensione. Allora perché il Ministro invoca il patto per la scuola che lei per prima ha disatteso? Non ha ascoltato il dibattito in Commissione, si è rifiutata di ragionare sugli emendamenti; alle richieste di chiarimento ha invocato che avremmo dovuto avere fiducia nel Governo. Forse anche in questo intende un ritorno al passato, ma da tanto secondo noi e secondo tanti l'obbedienza non è più una virtù. E noi al passato non vogliamo tornare. Io lo so, l'ho anche studiato, ci sono tanti periodi della storia del nostro Paese, anche della storia antica, in cui per esempio - penso alla storia romana - i romani, vittime da anni della guerra civile, cominciano a sognare la mitica età dell'oro. E con loro la sognano i poeti, i migliori poeti. Ma il risultato di questo sogno è un pugno di mosche. Il passato non torna mai, soprattutto il passato che noi abbiamo dentro psicologicamente. Certo anch'io ricordo benissimo la mia maestra unica che combatteva con 41 ragazzine. Ma ho altrettanto chiara la consapevolezza che io che avevo tutti dieci, potevo tranquillamente stare con la maestra unica, e il mio ricordo è positivo da una parte ma anche vergognoso dall'altra nei confronti delle tante persone che erano con me in quella classe e che non avendo i miei stessi strumenti in realtà sono state tagliate fuori. E allora si può ridurre la spesa senza colpire la parte migliore della nostra scuola. Si può immaginare che un maestro unico con 30, 32, 33 bambini (andiamo aumentando il numero degli alunni per classe) non possa senza nessuna ora di compresenza procedere al recupero dei bambini con maggiori difficoltà. E allora un confronto ci deve e ci può essere, proprio perché, ben lontani dall'immaginare di tornare a questo passato mitologico, invocato, ma che di fatto non esiste, se scaviamo un po' più nella nostra memoria, nella nostra coscienza, tutti noi lo sappiamo bene. Noi vogliamo, anzi, noi ci ostiniamo a voler lasciare ai nostri figli e ai figli dei nostri figli un Paese migliore di quello in cui abbiamo vissuto anche se ciò, in questo momento storico, sembra impossibile.
Ed è anche per questo che chiediamo con molta forza di ritirare questo decreto-legge e di iniziare subito un confronto vero, aperto a chi nelle scuole lavora - ai genitori, agli esperti - e, infine, soltanto dopo, un confronto nelle aule parlamentari. Come ho già osservato in precedenza, il percorso della legge n. 148 del 1990, che ha introdotto la didattica modulare, è stato un percorso molto lungo, di grande riflessione, di grande approfondimento, nato proprio dalla consapevolezza, con i programmi del 1985, che la specializzazione, la quantità, la crescita dei saperi, la necessità e l'importanza, di cui il mondo moderno ci obbliga a tenere conto, di competenze sempre più raffinate, avevano bisogno di un altro tipo di modello.
Oggi, dopo diciott'anni, questa problematica è ancora maggiore, oggi le conoscenze sono ancora più numerose e da approfondire rispetto a quelle che c'erano nel 1985, alla nascita dei nuovi programmi per la scuola elementare. E adesso, rispetto a questo, la risposta è il maestroPag. 8unico, che non avrà mai competenze specifiche? A meno che, appunto, la matematica non sia quella che è nell'opinione del Ministro Tremonti, che ritiene sia sempre la stessa tra l'Ottocento e il Novecento: niente è più come prima.
Dunque, con l'introduzione del maestro unico, distruggiamo il pezzo migliore della nostra scuola...

PRESIDENTE. La prego di concludere,

ALESSANDRA SIRAGUSA. Chiediamo, dunque, al Governo di ritirare il decreto-legge in esame.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tocci. Ne ha facoltà.

WALTER TOCCI. Signor sottosegretario, mi rivolgo a lei, vista l'assenza del Ministro Gelmini. È assente: si sarà svegliata tardi, oppure starà registrando l'ennesimo spot televisivo. Il Ministro sono due mesi che pontifica su tutti i media nazionali, ma ha seguito con un chiaro fastidio il dibattito parlamentare. Oggi è assente, nella riunione della Commissione abbandonò la seduta, perché chiamata a una riunione di partito. Signor sottosegretario, lei è un politico di esperienza, e ci sono tanti altri parlamentari di lungo corso nella maggioranza. Spero che voi troviate il modo di spiegare al Ministro Gelmini che cosa è il rispetto del Parlamento.
Mi rivolgo a lei, sottosegretario, per chiederle almeno un piacere: non chiamatela riforma, risparmiateci almeno questo. Non chiamatela riforma, perché si tratta di un colossale imbroglio. Avete alzato una cortina fumogena per distrarre l'attenzione dell'opinione pubblica e compiere una rapina nelle risorse della scuola italiana. Avete propinato all'opinione pubblica una paccottiglia ideologica da anni Cinquanta, per nascondere la vera manovra che c'è nel decreto-legge, vale a dire ridurre il tempo scuola di 6 ore su 30, cioè del 20 per cento.
Ciò significa togliere un giorno di scuola a settimana o, alternativamente, un'ora ogni giorno. I ragazzi, i bambini usciranno da scuola alle 12,30 invece che alle 13,30 ed evidentemente se le famiglie non riusciranno ad andarli a prendere a quell'ora - a mezzogiorno e mezzo, un orario difficile per i genitori che lavorano - dovranno organizzarsi con baby sitter oppure pagando il doposcuola. Quindi dovranno spendere altri soldi per tornare all'orario di prima, ma evidentemente con una qualità inferiore, perché quell'ora aggiuntiva non sarà un'ora di scuola ma sarà, al più, una sorta di guardianìa dei nostri ragazzi. La vera manovra, quindi, consiste nel togliere risorse alla scuola italiana, nel ridurre del 20 per cento l'offerta scolastica.
Intendiamoci bene, non è la prima volta che un Governo di destra riduce l'offerta pubblica di servizio, ma, vivaddio, i Governi di destra europei quando riducono l'offerta di servizio pubblico riducono anche le tasse. Invece voi no, voi riducete l'offerta di servizio pubblico scolastico mantenendo le stesse tasse di prima, perché non è affatto vero che si tratti di un'operazione di risanamento: voi risparmiate sulla scuola per pagare i buffi che state provocando con altre decisioni,.negli stessi giorni e nelle stesse settimane. Si pensi alle centinaia di milioni, forse miliardi, che verranno scaricati sulle tasse dei cittadini con l'operazione Alitalia: per farsi bello il Presidente del Consiglio, con la sua italianità, in questo caso del tutto fuori posto, ha scaricato tutti i debiti sull'erario, quando era possibile - e lo aveva dimostrato il Governo precedente - che un operatore straniero come Air France si facesse carico anche dei debiti pregressi di Alitalia. Voi dovete dunque pagare quei debiti, e per questo risparmiate sulla scuola.
O meglio, vi siete già mossi in anticipo nel creare un gruzzolo che andrà appunto a compensare l'aumento di spesa pubblica che sicuramente produrrete nei prossimi anni. Lo avete già dimostrato nella legislatura 2001-2006, quando, come Governo di centrodestra, che si diceva liberista, liberale, rigorista, aumentaste la spesa pubblica di 2,5 punti del PIL. Probabilmente farete la stessa cosa in questaPag. 9legislatura, anzi forse peggio, perché la vera scelta di questa legislatura è il federalismo e come tutti sappiamo il federalismo per come lo state impostando voi produrrà un aumento di spesa pubblica.
Dunque, tutta la vostra politica è una politica di aumento della spesa, e per far tornare i conti andate a togliere le risorse alla scuola italiana. I cittadini che vorranno tornare allo stesso livello e alla stessa offerta di servizio precedente, le famiglie che vorranno tornare all'orario delle 13,30 dovranno metterci i soldi di tasca propria.
Questo significa che, ancora una volta, si tratta di un'operazione che ha un ben preciso segno, un'operazione che mette in difficoltà i ceti popolari, le famiglie più povere, quelle che non possono permettersi la baby sitter, che non possono permettersi di pagare il doposcuola.
Negli ultimi anni avete preso il vezzo di farvi paladini degli interessi popolari, della povera gente, di chi sta male, ma è tutta propaganda, perché poi nelle scelte concrete - e questo ne è un esempio illuminante - andate a colpire i ceti popolari. In modo particolare, andate a colpire il Meridione, perché nel nostro Mezzogiorno la scuola è quasi interamente organizzata per moduli e il tempo pieno è scarsamente diffuso, e dunque con la riduzione da 30 a 24 ore si dà un colpo a tutta la scuola del Mezzogiorno, proprio quella scuola che avrebbe bisogno di un sostegno per essere aiutata ad educare i nostri ragazzi in condizioni molto più difficili.
Dunque, si è trattato di un imbroglio, di un imbroglio mediatico, di un illusionismo, come tanti altri del Governo Berlusconi.
E questa natura di imbroglio si ritrova anche in un aspetto formale, aspetto formale che è passato inosservato ma che, a mio avviso, è dovere dell'opposizione rendere noto in quest'Aula, perché rimanga agli atti. L'approvazione del decreto-legge è infatti segnata da un vulnus di legittimità molto grave che io, signor sottosegretario, ho già sollevato in Commissione e che lei non ha assolutamente ripreso.
Signor Presidente, le segnalo che, a questo punto, con l'assenza del sottosegretario, siamo senza Governo: la cosa non è che ci rattristi, però insomma, è un po' fastidioso.

ROBERTO GIACHETTI. Che doveva mancare anche il sottosegretario mi sembra eccessivo!

VALENTINA APREA, Relatore. È in Aula!

PRESIDENTE. Signor sottosegretario!

WALTER TOCCI. Grazie, signor Presidente. Dicevo, signor sottosegretario, che già in Commissione ho avuto modo di segnalarle un vulnus di legittimità, una grave irregolarità formale che ha accompagnato l'approvazione del decreto-legge. Lei ha buttato la palla in tribuna, come si dice, non ha risposto nel merito, gradirei una sua risposta circostanziata. Quando il Governo ha approvato questo decreto-legge, nelle stesse ore ha emanato un comunicato stampa nel quale si diceva che il Ministro Gelmini aveva illustrato al Governo medesimo l'indirizzo del maestro unico, che vi era stata una discussione su questo punto, ma che la discussione stessa non si era conclusa con una deliberazione in merito anzi, si era chiusa con l'incarico al Ministro di presentare un successivo provvedimento in un'altra riunione del Consiglio dei ministri. Questo non lo ha dichiarato l'opposizione, lo ha dichiarato il Governo, con un comunicato ufficiale di Palazzo Chigi, che è ancora sul sito del Governo, ed è da tutti verificabile. Pochi giorni dopo compare, nella pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, l'articolo 4.
Se dobbiamo dare ascolto, quindi, alla dichiarazione del Governo, e cioè che non si è deliberato sul maestro unico, questo significa che quell'articolo è stato introdotto surrettiziamente, è stato introdotto nel decreto-legge senza un'approvazione collegiale da parte del Consiglio dei ministri. Voglio ricordare a lei, signor sottosegretario, che è uomo esperto e, se fosse qui presente anche al ministro Gelmini, che il Ministro non ha un potere legislativo; soltanto nella misura in cui una norma èPag. 10approvata collegialmente dal Governo può e deve avere successivamente la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Si tratta, in termini tecnici, di un falso ideologico, cioè di una dichiarazione falsa del Governo. Se fosse una giunta comunale sarebbe un reato penale, signor sottosegretario. Siamo qui, in un Parlamento in cui, giorno per giorno, vengono compiuti atti illegittimi, che sono in contrasto con il nostro ordinamento. Io ritengo che sia un fatto molto grave e pare almeno importante che rimanga agli atti, in quest'Aula, questo falso in atto pubblico.
Ma, vengo al merito: signor sottosegretario, non mi convincerete mai a partecipare a questa oziosa discussione sul grembiulino, sul voto in condotta, sul voto numerico. Sono tutte amenità che non cambieranno di un millimetro la vita della scuola italiana, sono tutte amenità che avete messo in campo per distrarre l'attenzione dell'opinione pubblica dal vero motivo di questo decreto-legge. E ci avete messo anche molta passione in queste amenità. Abbiamo sentito lezioni di morale nelle discussioni in Commissione e sui giornali. Ci avete spiegato che è tutta colpa del sessantotto. Non so se conoscete i sessantottini di oggi, che nel frattempo sono maturati, hanno messo i capelli bianchi. Forse in gioventù erano un po' guasconi, ma oggi sono diventati molto più autoritari. Molti di questi sessantottini ce li avete anche in Forza Italia e non è vero che sono anti-autoritari. Abbiamo sentito delle prediche contro il relativismo culturale. Oh, questa è bella: contro il relativismo culturale, proprio voi che avete come leader il signor Berlusconi, che è un campione mondiale di relativismo culturale! Risparmiateci, quindi, questa paccottiglia ideologica e veniamo al merito. Il merito è l'intenzione di organizzare la nostra scuola elementare con un tempo scuola di ventiquattro ore. Qui il Ministro Gelmini ha cercato di suscitare un amarcord, un senso di nostalgia: quanto era bella la scuola degli anni Cinquanta, degli anni Sessanta, siamo stati tutti in quella scuola...tutte operazioni da fotoromanzo. È vero che c'era la scuola elementare a ventiquattro ore, ma le condizioni erano molto diverse. Cerchiamo di ristabilire bene la verità. Le attuali ventiquattro ore sono molto diverse dalle ventiquattro ore di un tempo. Infatti, nelle attuali ventiquattro ore bisogna togliere due ore di religione - prima non c'erano, ce n'era soltanto una - e poi bisogna togliere tre ore di lingua straniera. Quindi, dalle ventiquattro ore passiamo a diciannove ore. C'è, poi, una quota dell'orario che è delegata alle scuole, all'organizzazione scolastica nella sua autonomia, c'è poi la vostra intenzione, ribadita anche nella discussione, di delegare alle regioni una parte del tempo scuola. E, quindi, dalle diciannove ore scendiamo a diciotto, a diciassette. Poi, c'è la ricreazione, poi ci sono quegli sfasamenti temporali inevitabili all'entrata e all'uscita dalla scuola. Quindi, è facile arrivare alle quindici, alle quattordici ore, cioè, insomma a due ore effettive di tempo scuola su sei giorni.
È questo il punto: è possibile mantenere la qualità della scuola italiana con un tempo scuola effettivo di due-tre ore? Questo è il punto sostanziale se vogliamo davvero fare un confronto tra di noi, se vogliamo uscire dalla cortina fumogena delle operazioni mediatiche, questa è la domanda alla quale voi dovete rispondere, cioè se è possibile mantenere l'attuale livello qualitativo della scuola elementare italiana, con una forte, drastica, improvvisa e impreparata riduzione del tempo scuola. Noi riteniamo che non sia possibile, anzi tutto spinge nella direzione contraria. Non è certo questo il momento di ridurre il tempo scuola. Le classi, soprattutto nelle scuole del nord, soprattutto in certe zone del paese, vedono ormai bambini con la pelle di tutti colori, con questi nuovi italiani che entrano nelle nostre scuole per imparare questa lingua. E una maestra oggi si trova, nella sua giornata scolastica, a compiere un lavoro molto più difficile di quanto dovessero fare le nostre maestre trenta o quaranta anni fa, perché debbono insegnare la lingua a bambini che vengono tutte le parti del mondo. E proprio in un momento in cui, quindi, la scuola italiana è chiamata a questo grandePag. 11salto di qualità, a questo nuovo impegno, che è educativo ma che è anche civile, voi togliete le risorse alla scuola italiana, mentre bisognerebbe rafforzarle, bisognerebbe pianificarle, appunto per aiutare la nostra organizzazione scolastica in uno dei suoi passaggi più impegnativi. E non solo: c'è anche un'osservazione che ha fatto, con il consueto buonsenso, il Ministro Bossi (si possono non condividere molte delle sue sparate, però a volte si sente l'esercizio del buonsenso). Egli ha fatto notare che se riduciamo il tempo scuola e, quindi, se viene caricato tutto su un unico maestro, in una classe statisticamente può capitare che uno o due bambini, per diverse ragioni, non entrino in sintonia con quel maestro. Oggi, se questo succede in una équipe di due o tre maestri, il bambino ha la possibilità di trovare negli altri quella sintonia e, quindi può uscire dalla sua prima esperienza formativa comunque con un rapporto positivo.
Se, tuttavia, si delega ad un solo maestro questo rapporto, se questo maestro è bravissimo otterrà il 100 per cento di successo educativo; ma se questo maestro, per varie ragioni, non trova la sintonia, evidentemente su quel bambino, che si trova in difficoltà, rimarrà un segno negativo, in un periodo delicatissimo della sua formazione, che forse si porterà dietro per tutto il resto della vita scolastica.
Quindi, di là di tante considerazioni pedagogiche, l'équipe di maestri risponde ad un principio elementare di ridondanza della funzione docente, che costituisce una garanzia e l'opportunità per i bambini di avere comunque un interlocutore e un rapporto positivo, che gli servirà anche per il futuro.
Vorrei poi far osservare una semplice considerazione: l'organizzazione per moduli non è avvenuta in modo improvvisato (lo ha ricordato anche la collega nell'intervento precedente): è stato un processo lento, durato quasi vent'anni, che ha comportato una grande operazione di formazione di circa 250 mila maestri. Lo Stato ha speso numerose risorse per la formazione a tappeto di tutti i maestri, i quali vi si sono impegnati. Quindi, è stata una grande operazione di crescita della nostra scuola, che ha consentito di fare specializzare i nostri maestri in aree tematiche ampie (nella lingua, nella storia e geografia, nella matematica). Formare 250 mila persone non è scherzo, ma una grande operazione, e non si può sprecare all'improvviso...

PRESIDENTE. La prego...

WALTER TOCCI. ...cambiando il corso dell'organizzazione scolastica. Ciò significherebbe compiere di nuovo una grande operazione di formazione, perché il maestro che si è specializzato ormai da vent'anni nell'area di matematica, a questo punto, dovrà riprendere l'area letteraria, e viceversa. Quindi, si compie una scelta molto gravosa per la scuola italiana.
Questo sistema andrebbe accompagnato, allora, con un impegno, con investimenti e con tante altre operazioni organizzative. Soprattutto, però, credo che non si possa giocare con gli insegnanti come se fossero dei birilli, spostandoli da una parte all'altra così, con un decreto-legge.
Quindi, questo decreto-legge interviene brutalmente sull'organizzazione scolastica e non può che peggiorarne la qualità. Infatti, anche su questo aspetto, il Ministro ha fatto molta propaganda, cercando di infiorettare il taglio con discorsi del tutto aleatori sul merito.
Abbiamo sentito che una parte delle risorse risparmiate (un terzo, secondo il Ministro) servirebbe a premiare il merito. Bene, ne prendiamo atto, ma se fosse davvero così, allora avremmo voluto vedere in questo decreto-legge l'impegno finanziario per premiare il merito. Avremmo dovuto vedere qui proposte concrete.
Premiare il merito è un'operazione molto difficile. Finora ci ha provato soltanto il Ministro Berlinguer, magari in modo maldestro e comunque non ci è riuscito, ma quell'operazione ha fatto capire quanto è difficile che passare dalle parole ai fatti. Il Ministro Moratti ha governato per cinque anni e si è guardataPag. 12bene dall'affrontare il tema. Il Ministro Gelmini lo affronta con la sua consueta leggerezza, ma senza dare seguito con fatti concreti a queste dichiarazioni di principio.
Noi incalzeremo molto su questo aspetto - mi sia consentito - perché ci crediamo e perché siamo piuttosto pessimisti sul fatto che il Ministro Gelmini sia la persona adatta a perseguire una politica di riconoscimento del merito. Infatti, una persona che va Reggio Calabria per prendere il titolo professionale di avvocato non ha la legittimità per fare prediche sul merito e non è credibile, in capo all'amministrazione, relativamente ad una politica del merito.
In un Paese normale un Ministro che compia un atto del genere, che rappresenta una chiara incoerenza con le sue parole, si sarebbe immediatamente dimesso; ma in un Paese come questo, in cui c'è un Governo che dalla mattina alla sera compie illusionismi di varia natura, può anche capitare che rimanga al suo posto. Credo, però, che piano piano la cortina fumogena si diraderà; piano piano, anzi, già oggi i cittadini italiani stanno scoprendo come stanno davvero le cose e lo scopriranno ancora di più strada facendo.
Noi giorno per giorno dimostreremo dove sta l'imbroglio...

PRESIDENTE. Onorevole Tocci, deve concludere.

WALTER TOCCI. ...e terremo sempre alta l'idea di una vera riforma della scuola italiana, di una riforma basata sulla qualità, sul merito e sulle risorse per la scuola italiana (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Collega Tocci, le rivolgo solo un garbato richiamo al rispetto di chi istituzionalmente rappresenta un dicastero, a proposito di quanto lei ha detto sul Ministro Gelmini...

WALTER TOCCI. Il rispetto bisogna meritarselo venendo in Aula!

PRESIDENTE. No, il rispetto lo dobbiamo dare prima noi...

WALTER TOCCI. No, lo deve dare prima il Ministro!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Meta. Ne ha facoltà.

MICHELE POMPEO META. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, oramai sono trascorsi i primi cento giorni dell'Esecutivo guidato dal Presidente Berlusconi e la cosiddetta bella storia raccontata all'inizio dal «pluripremier», purtroppo, rischia di non volgere a lieto fine.
I primi atti della maggioranza - lo ricordo - si sono contraddistinti per i tagli indiscriminati ai gangli vitali del sistema Paese. Ciò è avvenuto attraverso l'approvazione di una discussa, nel merito e nel metodo, manovra economica. Penso al tema dei trasporti, pesantemente colpito, al comparto della sicurezza e ad altri comparti, compreso quello della casa. Ne sono vittime inconsapevoli questi settori e questi comparti insieme alle regioni e agli enti locali, che hanno subito anche il diminuito trasferimento di risorse derivante dall'abolizione dell'ICI.
Cari colleghi, tali scelte sono state operate da una maggioranza che ha una certa idea dell'interesse generale, discutibile e non condivisibile per quanto riguarda noi. Altra cosa, però, è l'aver sottovalutato, come si sta facendo in questi giorni, le conseguenze di tagli così indiscriminati, che vanno a colpire gravemente la scuola, settore fondamentale per la nostra vita e quella dei nostri figli. In questo caso possiamo parlare di disinteresse generale. Tale spregiudicatezza, infatti, colpisce in maggior misura i servizi educativi scolastici, come gli asili nido, le scuole per l'infanzia, le mense scolastiche, gli interventi di sostegno ai bambini disabili e a quelli in condizioni economiche disagiate.
Accanto al capitolo dei tagli, purtroppo, i colpi assestati al comparto del sapere sono proseguiti con misure di riorganizzazione del sistema scolastico ePag. 13di modifiche di ordinamenti. Insomma, si tratta di una vera e propria controriforma, targata Gelmini e sostenuta, anzi richiesta per motivi di cassa, da Tremonti, che trova la sua ragione esclusivamente nel risparmio e nella semplificazione, forse unica matrice identitaria di questa destra di Governo, compiendo, a mio avviso, in questo modo anche l'errore più grave che un'amministrazione pubblica possa fare: quello di ritenere che la spesa pubblica per l'istruzione sia assimilabile a tutti gli altri impegni di risorse di uno Stato democratico e credere, quindi, che i recenti rapporti dell'OCSE dimostrino che la scuola pubblica italiana sia rea di avere una spesa fuori controllo per 43 miliardi di euro nel 2008.
Ecco, quindi, l'ennesimo capolavoro di Berlusconi. È sotto gli occhi di tutti: 8 miliardi di euro in meno fino al 2011 per la scuola pubblica, si tagliano 87 mila docenti, 43 mila addetti al personale ATA (i bidelli), si sopprimono scuole nei piccoli centri, si razionalizzano e si accorpano classi di concorso per il personale docente, si razionano i piani di studio, si rivedono i criteri per la formazione delle classi, si ridefiniscono i sistemi di istruzione per gli adulti, incluse le scuole serali.
Si riduce il numero degli insegnanti per i bambini disabili, aumentano le tariffe per asili, mense e trasporto scolastico, aumentano le difficoltà di integrazione dei bambini rom e dei figli di immigrati.
La controriforma Gelmini, insieme ad altre mosse del Governo, dimostra in realtà l'assenza di qualsiasi idea consapevole del bene comune e di sviluppo del Paese. Si preferisce, ad esempio, ritornare al passato, reintroducendo il maestro unico alle elementari, giustificando questa scelta con pseudoragioni pedagogiche.
Quello che manca, cari colleghi, lo sottolineo, è la consapevolezza che la scuola, oggi più di prima, svolge un importantissimo ruolo di socializzazione primaria, svolge un ruolo di formazione del cittadino e di integrazione sociale; un ruolo che decenni fa, ai tempi del maestro unico, veniva svolto anche da agenzie di socializzazione alternative, come le parrocchie, le sezioni ai tempi dei partiti di massa, che non ci sono più, il dopolavoro, le organizzazioni sindacali.
Signor Presidente, noto che dai banchi del Governo, già distratto, il sottosegretario è ora assente. Così non possiamo andare avanti, è una questione di rispetto verso le istituzioni e non nei confronti di chi vi parla.

PRESIDENTE. Ne prendo atto. Sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 10,10, è ripresa alle 10,15.

PRESIDENTE. Invito l'onorevole Meta a riprendere il suo intervento.

MICHELE POMPEO META. Signor Presidente, come ho già detto, quello che manca - lo voglio sottolineare ancora una volta - è la consapevolezza che la scuola, oggi più di prima, svolge un importantissimo ruolo di socializzazione primaria, di formazione del cittadino e anche di integrazione sociale; un ruolo che nei decenni scorsi, ai tempi del maestro unico, veniva svolto anche da agenzie di socializzazione alternative come le parrocchie, gli oratori, le organizzazioni a rete dei partiti di massa, che non ci sono più, il dopolavoro e le stesse organizzazioni sindacali. Tale ruolo veniva svolto anche dalle famiglie, che vedevano nella madre, spesso casalinga e, quindi, con il compito di gestione della casa, la figura di riferimento per imparare a vivere il quotidiano.
Oggi, al tempo della convergenza multimediale, del mercatismo senza anima e della globalizzazione spregiudicata, molti punti di riferimento per le giovani generazioni sono venuti a mancare, cancellati dalla storia. Le famiglie spesso lasciano che il televisore o Internet svolgano quel ruolo di formazione, perché entrambi i genitori sono impegnati, per ambizione o a volte per necessità, in lavori totalizzanti.
La scuola con la sua caratteristica di obbligatorietà per i cittadini di uno Stato democratico ed evoluto rimane l'ultimo baluardo per costruire il cittadino consapevolePag. 14e maturo con doti di innovazione e coscienza civica, per formare il cittadino di una società che guarda al futuro, allo sviluppo e forse ad una nuova missione delle istituzioni.
Detto ciò, non credo proprio che il ritorno al maestro unico sia uno strumento all'altezza delle sfide del futuro. Non credo che sia opportuno ed urgente intervenire sulla scuola, decidendo che, da Trapani a Udine, sia più utile avere il maestro unico nelle scuole elementari, una voce unica, autoritaria ed autorevole imposta per legge. Non credo che sia necessario per i bambini avere una settimana scolastica accorciata a ventiquattro ore, con conseguenti problemi per le famiglie dei lavoratori che dovranno organizzarsi per andare a prendere il figlio alle 12,30, fermo restando che l'opzione del tempo pieno dovrebbe, forse, assumere un carattere non strettamente educativo ma sociale.
La scuola pubblica oggi ha, forse, bisogno di altri interventi e rimedi. Lo dico con maggiore convinzione dopo questi atti sciagurati del Governo. La scuola ha bisogno di essere liberata dalla politica, da quella mala politica che, annidata nei ministeri, decide centralmente interventi buoni sia per una scuola di Oristano sia per una di Venezia.
Forse oggi è necessario abbandonare lo schema che prevede che istanze non pedagogiche, ad esempio il Governo, decidano in esclusiva il futuro del sistema scolastico.
È indispensabile, invece, che le scuole abbiano risorse non ridotte al minimo ed un organico funzionale tale da consentirle di compiere scelte educative autonome.
È paradossale, cari colleghi, che, da un lato, si inondi il dibattito pubblico e si metta ai primi posti la riforma federale fiscale e, dall'altro, si imponga urbi et orbi una controriforma che non tiene in considerazione la peculiarità del sistema educativo italiano e di tutto il suo territorio.
Il ruolo della politica e del Governo dovrebbe essere quello di fornire le linee guida e non quello di decidere a livello nazionale una soluzione tecnico-didattica che non va bene ovunque e che rientra nelle competenze tecnico-professionali della scuola.
Le scuole pubbliche oggi hanno sicuramente bisogno di una più ampia autonomia, di budget predeterminati e non ridotti al minimo con standard medi definiti a livello centrale. È scorretto, ad esempio, decidere la bontà di un insegnante per classe nella scuola primaria solo al fine di diminuire la spesa.
La razionalizzazione va fatta, invece, a mio avviso, a partire dalla definizione di un organico funzionale, definito non solo sulla base delle classi e degli alunni, ma anche delle molteplici funzioni che pure qualcuno nella scuola deve svolgere, pena l'aggravio di sprechi e l'abbassamento della qualità del lavoro scolastico. Così come, per avere risultati di efficienza e di efficacia, si dovrebbe sottrarre questo dibattito all'esclusività della politica e coinvolgere le scuole, attori primari del sistema di istruzione.
Le linee guida e le direttive nazionali devono essere concordate con le regioni e le associazioni delle scuole autonome. I dirigenti scolastici, inoltre, devono vedere rafforzato il proprio ruolo, perché essi, più di tutti, possono contribuire a dare un'impostazione, un taglio educativo forte alla scuola in base alle direttive nazionali, interpretando al meglio le istanze locali.
Il potenziamento dell'autonomia scolastica passa, dunque, attraverso la centralità della figura del dirigente scolastico ed una riorganizzazione degli organi collegiali della scuola. Spesso, anche le migliori intenzioni di presidi e direttori scolastici si sono fermate dinnanzi al muro del sofisticato meccanismo collegiale di gestione della scuola, di degenerata eredità sessantottina.
Adeguata riflessione merita, poi, la riorganizzazione degli ordinamenti della scuola superiore. Muovendosi verso un rafforzamento del modello liceale, perché non prevedere, ad esempio, che gli istituti tecnici e professionali possano essere messi a disposizione di tutti gli studenti per compiere esperienze pratiche, persino di manualità, con corsi di tirocinio ePag. 15stages? Perché non lasciare che questo sia fatto sulla base di accordi tra scuole e in base alle esigenze economiche e sociali del territorio?
Signor Presidente, sarebbe certamente utile per gli studenti, tanto per non rimanere nell'ambito prevalentemente teorico delle materie studiate, un'esperienza formativa nei laboratori degli istituti tecnici e professionali. Ciò consentirebbe, inoltre, di accorciare le distanze tra nord e sud del paese, tra il nord ricco di imprese, presso le quali fare esperienze formative durante il percorso scolastico, e il sud povero di opportunità ma con numerose scuole tecniche.
Le scuole, poi, potrebbero tornare a fare ricerca e formazione per i docenti. E se lasciassimo alle scuole la possibilità di assumere gli insegnanti sulla base di concorsi nazionali di tipo attitudinale? E se le scuole formassero i docenti sulla base delle loro esigenze? E se fosse possibile la progressione di carriera nella scuola, così come richiesto dalle associazioni dei dirigenti scolastici? E se, anche qui, si assicurasse una parità di genere nell'insegnamento, con una quota di maschi non inferiore al trenta per cento?
Per migliorare la qualità della scuola pubblica bisognerebbe partire da queste ed altre importanti considerazioni che gli addetti al settore fanno da molti anni. Perché non considerare questo genere di interventi come prioritari? Perché, invece, si comincia dal taglio di risorse e docenti? Ciò che oggi serve alla scuola pubblica è una piena garanzia sui livelli operativi gestionali. Alla scuola serve una terapia che deve, innanzitutto, essere decisa e condivisa con gli operatori del settore a livello locale e di singola scuola. Queste riflessioni, se fatte alla luce del sole e con il coinvolgimento degli attori del sistema, arricchirebbero, senza meno, la scuola pubblica italiana. La politica, quella buona, si dovrebbe far carico di incoraggiare la scuola a migliorarsi. L'istruzione deve essere considerata risorsa e non spreco.
Non mi resta, cari colleghi, che constatare come, anche in questa occasione, il Governo e la maggioranza che lo sostiene hanno perso una preziosa occasione di confronto parlamentare con le posizioni diverse dalle loro ma egualmente degne di rispetto e, sicuramente, di maggiore responsabilità. Sta avvenendo ciò che si è tentato di fare nei decenni scorsi quando, a fasi molto altalenanti, con l'obiettivo di accrescere il diritto all'accesso, alla formazione e al sapere, quelle riforme non avevano investito organicamente e contestualmente i livelli dell'istruzione primaria e secondaria.
Dal dopoguerra in poi, abbiamo sempre avuto una spinta ad includere, a riconoscere i diritti come raggiungimento dell'obiettivo della scuola di massa. Non sono ancora concluse le celebrazioni del quarantennale del sessantotto e, da più parti, si è tentata anche un'operazione di revisionismo: il dibattito su quegli anni è ancora aperto. Ciò che è certo uno dei meriti da ascrivere a quel movimento è quello di aver consentito, come auspicavano in tempi diversi, tra gli altri, sia Di Vittorio sia Pierpaolo Pisolini, un dibattito sulla scolarizzazione di massa ai giovani meridionali, così come ai giovani dell'allora depresso Triveneto, l'accesso alla scuola pubblica, alle università del nostro paese. Di certo quelli non erano momenti storici e politici più facili di adesso ma c'era una sola e sostanziale differenza: chi governava, pur non amando l'opposizione, ne riconosceva il ruolo e la funzione. Oggi, invece, questa cultura di Governo, anche al di là del merito e dei vari provvedimenti, non riesce a nascondere una sorta di allergia di fondo nei confronti proprio della funzione dell'opposizione.
Ha ragione Veltroni quando dice che siamo di fronte a processi di svuotamento della democrazia italiana. Dopo cento giorni di Governo, nel corso dei quali dalla sicurezza al taglio di risorse agli enti locali, dalla cultura alla giustizia, non pensavamo davvero che, con l'ennesimo decreto, si potesse creare panico ed una sensazione da salto nel buio in un versante che colpisce tutti gli italiani: studenti, genitori, lavoratori, insegnanti. Ci voleva proprio la Gelmini per superare in notorietà,Pag. 16sicuramente negativa, altri ministri che, in epoche diverse, hanno provocato nella memoria di intere generazioni di studenti, sentimenti e ricordi tutt'altro che benevoli! È proprio un bel capolavoro, dottoressa Gelmini! Nonostante gli sforzi, però, questo merito non è suo perché lei ha agito sotto dettatura: è il vice capo Tremonti ad avere fornito parametri e compatibilità! Lei potrà anche trastullarsi con sondaggi che la fanno apparire tra i ministri più decisionisti.
Riuscirete, purtroppo, a convertire anche questo decreto ma non andrete lontano perché la domanda di sapere, la richiesta incontenibile del diritto all'accesso e alla formazione travolgerà la furia decisionista che ha compattato in modo coatto una maggioranza politica che sta rovinando l'Italia. Sappiate che, a differenza di altri mondi, quello della scuola è vigile, non dormiente e vi porterà un conto salatissimo, che voi non sarete in grado di pagare!
Viviamo da pochi anni nel terzo millennio. Dallo scorso secolo abbiamo scaricato, noi, molta zavorra ma ci siamo portati in dote alcune cose significative: Gramsci e Don Milani, così come il dovere, la lezione ed il monito ad investire sulla formazione, sulla scuola e sulla cultura per creare condizioni di eguaglianza e di pari opportunità per tutti in un Paese - ci auguriamo - più giusto.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ginefra. Ne ha facoltà.

DARIO GINEFRA. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, la discussione di oggi verte sul disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 137, il cosiddetto decreto Gelmini. Giungiamo a questo dibattito al termine di due settimane di attività parlamentare che oserei definire paradigmatiche dello stato di salute in cui versa la nostra cara e amata democrazia.
Durante gli scorsi giorni abbiamo assistito, in Commissione cultura, a quella prassi che avviene sin dai primi giorni di questa XVI legislatura per ogni materia. Una maggioranza che dichiara la disponibilità al confronto (nonostante proceda per provvedimenti d'urgenza, peraltro predisposti senza alcun incontro con le parti sociali) e un'opposizione che, diligentemente, analizza, approfondisce, sostituendosi talvolta al Governo nel duro ma necessario lavoro di ascolto delle componenti sociali, in questo caso della scuola (famiglie, studenti, docenti, pedagogisti, dirigenti didattici). Da una parte un centrosinistra che emenda il testo del decreto, si prepara al confronto parlamentare e dall'altra una destra che, sebbene i grandi numeri a disposizione in Parlamento, in questa Aula si accinge con ogni probabilità a chiedere la fiducia sul provvedimento per annullare, di fatto, ogni possibile modifica al testo ed ogni sorta di confronto reale.
Qualcuno definisce ancora questa «roba» democrazia parlamentare. Il Ministro Gelmini - che anche oggi non c'è - alla quale mi rivolgo, signor sottosegretario, attraverso la sua persona per riferire quanto segue, nella prima audizione presso la VII Commissione aveva proposto, il 10 giugno scorso, una grande alleanza per la scuola che restituisse al paese la parola speranza. Queste furono le sue parole.
Ministro Gelmini, che ne è stato di tale dichiarazione di intenti? Lei che è così abile nel dichiarare ciò che al popolo piace ascoltare, può spiegarci il motivo per il quale lei abbia già rinunciato al suo ruolo di ministro dell'armonia?
Cosa la induce a trasformarsi in uno dei falchi del Governo Berlusconi? E soprattutto, perché sta sacrificando la freschezza che le rinviene dalla sua giovane età per assumere le sembianze di quei tecnocrati cinici e miopi che vogliono trasformare l'immagine di uno degli avamposti della lotta al degrado morale, culturale e sociale di questo Paese, la scuola con i suoi insegnanti, in una categoria che dalla vostra descrizione sembrerebbe vivere in una sorta di parassitismo occupazionale, quasi priva di spessore morale?
Nella seduta di ieri abbiamo ascoltato, ancora una volta, parole indecenti perPag. 17quanto riguarda il giudizio che viene espresso su una categoria che credo abbia compiuto nella storia della Repubblica italiana sempre una funzione servente, nonostante stipendi da fame, con grande professionalità.
Monsignor Cosmo Francesco Ruppi, vescovo di Lecce e già presidente della Conferenza episcopale pugliese, dalle pagine della Gazzetta del Mezzogiorno di ieri affermava che per la scuola, in buona sostanza per l'educazione e la formazione delle giovani generazioni, bisogna fare ogni sacrificio. Non bisogna, cioè, destinare i soldi che ci sono ma bisogna trovarne altri, se necessario, perché l'emergenza educativa è di gran lunga la più importante, persino più importante di quella economica. Alla scuola bisogna dare di più e bisogna fare ogni sacrificio per formare i ragazzi e i giovani, perché da essi dipende il futuro della nazione. Queste sono state le parole di monsignor Ruppi.
Ha provato, Ministro Gelmini, sottosegretario Pizza, a parlare con il Ministro dell'economia, a comprendere se occorreva davvero varare un decreto-legge privo di qualsivoglia argomentazione pedagogica, che determina una sorta di ritorno al passato, per far fronte ai tagli necessari da operare sulla spesa pubblica? Ringrazio a tal proposito la presidente della Commissione cultura, Aprea, che con grande onestà intellettuale, in un'intervista rilasciata nel numero di ieri de Il Riformista, non ha voluto giustificare l'impossibile nascondendosi dietro infingimenti e ha dichiarato che il provvedimento in esame parte, evidentemente, da motivi necessariamente legati alla spesa pubblica e al suo contenimento.
Avete cercato di proporre a Tremonti la possibilità di ottenere risultati analoghi, se non addirittura più consistenti, rispettando quel punto di programma elettorale che avevamo persino condiviso prima del 14 aprile, e cioè la soppressione delle province, istituzioni che oggettivamente hanno stentato a trovare un ruolo e che si sono trasformate, sempre più, nel simbolo dei costi della politica? Ritiene che nel suo Governo esista un «superministro» che possa dettare legge, sottosegretario Pizza, nel vero senso della parola? E che il suo ruolo e quello del suo Governo sia quello di rappresentanti ridotti ad una sorta di amministrazione controllata? Rivolgo queste domande perché ho la sensazione che si stiano sacrificando le capacità dello stesso Ministro mettendole al servizio di un progetto che dà in queste ore la vetrina ma che, sul lungo periodo, temo si trasformerà in un boomerang, o meglio in un incubo, per l'attività politica del Ministro stesso, ma soprattutto per il futuro di quanti non hanno ancora l'età per manifestare contro il provvedimento in esame.
Con il Ministro Gelmini l'aforisma «il futuro non è più quello di una volta» rischia di divenire l'epitaffio per un'intera generazione. Siamo in piena emergenza educativa, e questo è un dato di fatto. Voglio però ribadire che la nostra crisi è figlia, prima ancora che di un'errata organizzazione del mondo della scuola, di una progressiva erosione di quei modelli culturali che sono alla base di una società capace di investire sul futuro, con un lavoro che consenta a tutti di fare un passo avanti, di autoriformarsi. A me non importa la diatriba sul Sessantotto, le responsabilità dei governanti di ieri rispetto a quelli di oggi. Ciò che mi appassiona è cogliere se il Paese possa partecipare unito al ripensamento di uno dei tasselli più importanti per la sua crescita e per la sua coesione culturale, sociale, economica e per il suo rilancio, ovvero se si debba proseguire nel solco di un lavoro di pochi, fondato su premesse che nulla hanno a che fare con la scienza ma che fanno leva sul mero dato emozionale (lo hanno ricordato tanti colleghi prima di me) o meglio - verrebbe da dire - sulla nostalgia.
Interroghiamoci se sia possibile rivolgerci al futuro pensando e orientandoci solo guardando al passato. Noi classe dirigente di questo Paese non possiamo trattare i nostri connazionali come il protagonista del film The Truman show. Non possiamo costruire un set nel quale il protagonista viene eterodiretto da una regia che plagia, deresponsabilizza e trasformaPag. 18il cittadino in inconsapevole protagonista di un mondo irreale o, peggio ancora, statico.
Prima o poi i tanti Truman riusciranno a vincere le loro paure e non si accontenteranno più di questo reality show costruito da una politica che, non sapendo più riformare se stessa e il Paese, gioca a far rimpiangere i tempi andati.
Ministro Gelmini, sia davvero riformista, trovi qualche ora del suo prezioso tempo per ascoltare le esperienze delle famiglie, degli insegnanti e dei bambini. Rinunci a qualche riunione di partito, lo ricordava il collega Tocci, che in queste ore le ha persino impedito di partecipare ai lavori di una Commissione parlamentare. Se le riesce, ascolti alcuni dei suoi colleghi dello stesso Popolo della Libertà, prima ancora che noi partigiani della scuola pubblica e nazionale. Ascolti le valutazioni emerse nelle nostre audizioni, le osservazioni anche di coloro i quali magari condividono le sue idee e quelle della sua parte, ma credono che il decreto-legge che lei ci chiede di convertire in legge non costituisca la risposta più efficace a risolvere i mali della scuola italiana.
Provi a pensare anche lei, come il vescovo di Lecce, che la scuola è qualcosa di più di un centro di costo e di una posta di bilancio: è la cifra di una democrazia e del suo investimento sul futuro; è l'opportunità data a coloro che verranno dopo di noi di sperare in una società più giusta e più equa, che dia loro più possibilità di quante ne sono state date a noi di vivere felici.
Se il suo testo sarà convertito in legge verrà reintrodotto il maestro unico nella scuola primaria (le cosiddette elementari), eliminando dopo quasi vent'anni la riforma della legge n.148 del 1990 che ha introdotto il modulo di tre docenti ogni due classi che si ripartivano gli interventi didattici aggregati in ambiti disciplinari. Dopo un anno di sperimentazione nelle classi la riforma entrerà a regime gradualmente. Ciò comporterà a regime, cioè entro l'anno scolastico 2011-2012, il taglio di 87 mila cattedre e circa 40 mila posti di personale ATA. In Puglia, la mia regione, ciò comporterà, già dal prossimo anno, il taglio di 1.882 maestri. Così, con un semplice colpo di spugna, Ministro Gelmini, cancellerà il segmento di scuola considerato il sesto al mondo per qualità.
È un quadro di trasformazione generale della scuola italiana che, al di là dei provvedimenti di superficie, sembra rispondere ad un progetto generale di riduzione, di depotenziamento, di perdita della qualità della scuola statale a partire proprio dalla scuola primaria, le elementari, che tutte le ricerche internazionali danno come prime al mondo.
Vede, Ministro, il diritto allo studio è un diritto costituzionale delle persone singolarmente prese. La scuola non è un'agenzia erogatrice di servizi che non si occupa e preoccupa di mettere tutti in condizione di fruirne. La differenza fra la scuola della Costituzione e le altre agenzie sta proprio qui. Questo lo sanno le tante associazioni audite dalla VII Commissione che rappresentano non solo delle sigle, ma centinaia e centinaia di famiglie, migliaia di lavoratori del mondo della scuola e i tanti bambini che, come ricordavo, non hanno ancora la capacità e la possibilità di manifestare contro questo provvedimento.
Vorrei ricordare, facendole mie, alcune riflessioni sottoposte all'attenzione della nostra Commissione, a partire dalla lettera aperta al Ministro Gelmini che i dirigenti delle scuole autonome e libere le hanno rivolto. In questa lettera si dice: in particolare abbiamo letto l'invito da lei formulato nella Commissione cultura della Camera per una grande alleanza per la scuola che restituisca al Paese la parola speranza. Con più appassionata attesa abbiamo poi letto quanto da lei dichiarato ai sindacati scuola, cioè la decisa convinzione che la scuola non può essere considerata solo uno dei capitoli di bilancio dello Stato, ma va recuperata interamente alla sua dimensione di risorsa strategica per il Paese. Infatti, da buone scuole dipende il futuro del nostro Paese.
Sempre in questa lettera aperta - queste erano le parole della Ministra Gelmini - a proposito del maestro unico si sostienePag. 19che il problema del maestro unico va affrontato al di fuori di tante forzate e reciproche contrapposizioni.
Siccome da molte delle sue dichiarazioni ci pare di capire che lei non abbia preso le mosse da meri calcoli di tagli della spesa pubblica, chiediamo che si impari dalle migliori esperienze di questi anni, anche con il coraggio di riproporre figure di tutorato lasciando alle istituzioni scolastiche autonome le concrete scelte di modelli didattici e organizzativi più adeguati alle comunità locali nelle quali sono radicate, limitandosi o a formalizzare sul piano della norma la prassi introdotta dalle circolari applicative della legge n. 148 del 1990 e del decreto legislativo n. 59 del 2004 con la figura del maestro prevalente o, semplicemente, stralciando interamente l'articolo 4, per avviare contemporaneamente un serio scambio di esperienze ed un'attenta verifica dei risultati ottenuti con i modelli in atto.
Questo è l'appello dei dirigenti delle scuole autonome libere. Ho citato questa lettera aperta, ma potrei ricordare tutte le associazioni intervenute, che rappresentavano la componente scientifica, quella del mondo del lavoro, quella delle famiglie dei nostri studenti e le stesse organizzazioni studentesche. Mi piacerebbe che la Ministra Gelmini, che non ha avuto tempo da dedicare alla nostra Commissione, avesse quantomeno cura di leggere una per una le relazioni dei soggetti intervenuti.
Quando si riforma si deve avere la sensibilità, la capacità di comprendere che si sta facendo qualcosa che va ben oltre il puro calcolo di parte. Quando si operano delle riforme in un Paese serio, si affronta quel confronto con le parti sociali e con le componenti politiche altre che sono elementi di rappresentanza della politica, ma anche dei cittadini e dei nostri concittadini. Ciò non è avvenuto. Credo che sia un atto di grave lesione non solo dell'attività parlamentare, ma anche della democrazia italiana, dal momento che si pensa che evidentemente la decisione di pochi possa valere più di quello che è stato lo sforzo di tanti che hanno studiato e approfondito la materia.
Chi richiama la normativa previgente alla riforma della legge n. 148 del 1990 ricorderà, come hanno già fatto tanti colleghi che mi hanno preceduto, che per realizzare quella riforma ci fu bisogno di anni e anni di meditato approfondimento. Inoltre, con l'entrata in vigore, si introdusse una forma di sperimentazione che aiutò l'intero Paese a concepire un nuovo modello del funzionamento della scuola, e credo che anche con gli strumenti empirici dati a chi come noi vive il rapporto con il mondo della scuola da osservatori è facile constatare come quel modello abbia funzionato.
Invito il Presidente Leone e i nostri colleghi a riflettere accuratamente sulla preparazione dei nostri figli, dei nostri nipoti, dei nostri fratelli minori. Coglieremo molti stimoli, e quanto sia stato importante avere una pluralità di insegnamento che ha portato i nostri figli ad avere più stimoli e a crescere con una scuola che aiuta meglio a leggere ciò che accade nella nostra società.
«Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse e il mondo appare diverso da quassù. Non vi ho convinti? Venite voi a vedere, coraggio! È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un'altra prospettiva». Quanta intelligenza e quanta sapienza in queste parole che pronuncia Robin Williams nel film L'attimo fuggente. Quanta verità scientifica, pedagogica e didattica, quanta educazione umana e sociale alla diversità, alla pluralità dei punti di vista e al loro riconoscimento e accoglienza! In questo principio vi è tutta la bellezza e la fatica dell'insegnare e dell'apprendere, ma anche del fare politica.
Ministro Gelmini, provi a coltivare il dubbio, ad immaginare per un solo attimo - un attimo fuggente - che sta sbagliando. Congeli l'articolo 4, apra un confronto serrato con il Paese attraverso un percorso legislativo ordinario. Troverà la nostra parte disposta a collaborare su questo piano. Salga in cattedra, non si limiti a copiare, il suo lavoro sarà un po' più faticoso, ma avrà la sua anima, e nonPag. 20quella del primo inquilino di via XX settembre (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mario Pepe (PD). Ne ha facoltà.

MARIO PEPE (PD). Signor Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario, presidente della Commissione cultura, il Ministro dell'istruzione qualche giorno fa ha reso noti le prospettive, le scelte, gli avvenimenti della scuola italiana dei prossimi anni. La parte relativa al personale porterà alla riduzione di 87 mila cattedre ed alla riduzione di 44 mila posti di personale ATA nei tre anni che verranno.
È un triste provvedimento, lo diciamo con franchezza, concordato con il Ministro dell'economia per i rilievi e gli aspetti di carattere economico e finanziario, che produrrà una forte e drammatica frattura nella scuola italiana; mai un Ministro della Repubblica era riuscito in pochi mesi, quelli del Governo del centrodestra, a produrre danni così gravi al sistema formativo italiano.
Si è partiti dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, per dare una svolta negativa alla scuola italiana sul piano organizzativo, ordinamentale, istituzionale, culturale e formativo. Proseguiamo con ordine, presidente Aprea (ho letto la sua relazione che accompagna questo provvedimento), nella predisposizione dei rilievi che ci accingiamo a svolgere sul testo in oggetto, assunto pochi giorni prima dell'inizio della scuola, un provvedimento pasticciato, abborracciato, così difforme dallo spirito e dalle istanze culturali della scuola italiana.
Poniamoci una domanda, senza enfasi e ridondanza: la scuola concepita dall'attuale Ministro dell'istruzione e dal Governo della destra ha un disegno, un'idea della scuola italiana? Un'idea della scuola non deve corrispondere ad un'idea della società italiana, alle scelte, alle prospettive culturali che essa deve realizzare? È una domanda non di ordine tecnico, ma programmatico e politico, di intenzionalità istituzionale.
Sono domande che non affiorano - lo diciamo con franchezza e amarezza - alla soglia della coscienza degli attuali gestori della scuola italiana. I provvedimenti che sono stati assunti e le disposizioni che si andranno ad attuare sono tutti orientati verso una pars destruens, alle negatività che devono colpire la scuola italiana senza una finalità, senza un'idea educativa, senza una prospettiva storica.
Le prospettive storico-istituzionali di una scuola che ha svolto un suo ruolo nella società italiana, a partire da Croce e Gentile (per non parlare di altri autorevoli Ministri), biografie eccezionali della filosofia pedagogica italiana, e le finalità educative di una nuova paideia formativa sembrano essere rimosse da una politica ispirata da forti sentimenti di negatività e di abbandono di una scuola che, pur tra tante difficoltà, ha saputo dare una formazione adeguata alle generazioni del passato. Si possono citare valutazioni, rilievi sulle prospettive educative della scuola di istituti valutativi di livello, ma non si può dimenticare che dalla scuola, da questa scuola, come storicamente si è configurata e modificata, secondo le varie prassi gestionali, sono venuti fuori i responsabili della vita pubblica e civile del nostro Paese.
Manca non solo il rilievo storico adeguato nei provvedimenti che si assumono, manca la scuola del futuro, le sue scelte, la sua presenza animatrice, manca la scuola con la sua assiologia, con la sua metodologia dialogante e propositiva, insomma il futuro della nostra identità culturale è rimosso in un indistinto, caotico spirito vessatorio che deve esprimere soltanto misure draconiane sulla qualità dei processi educativi e funzionali della scuola.
È vero che la scuola attraversa una crisi valoriale profonda in un rapporto dialettico con una società che cambia continuamente e pone in forse tutti i nostri legami di relazionalità sociale; una crisi docimologica, organizzativa, di funzionalità è presente nella scuola e rende, talvolta, inutili tutti i progetti riformatori.Pag. 21
Lo sa il presidente della VII Commissione, che illo tempore è già stata sottosegretario: si potrà dire che si stava meglio quando si stava peggio, ahimè!
Quante riforme, che non sono state espressioni titaniche, sono state approvate, annullate e riproposte, in un processo di nichilismo organizzativo e normativo che le ha ridotte tutte a flatus vocis. Il riformismo scolastico, evocato in maniera massimalistica e quantitativa, non ha prodotto cambiamenti; tutte le riforme sono state annullate in un processo di relativismo e di riscoperta dell'incipit iniziale.
Si parte sempre daccapo: partire sempre daccapo è ritornare a ritroso al momento analitico. La proposta, rispetto a tutto questo, è stata l'adozione, prima, dell'articolo 64 della legge 6 agosto 2008, n. 133, afferente all'organizzazione scolastica e, in seguito, del decreto-legge n. 137 del 2008 (non dimentichiamo la pericolosità normativa dell'articolo 64 della citata legge n. 133, commi 3 e 4), che ha raggiunto l'acme della nullità, in relazione alle scelte che interessano realmente la scuola. L'impianto normativo del decreto-legge n. 137 del 2008, di cui stiamo parlando e che dovrà essere convertito in dignità di legge, ha inizio con l'articolo 1, relativo all'educazione alla cittadinanza, dimenticando fin d'ora che tutte le esperienze formative acquisite nella scuola hanno realizzato da lungo tempo l'educazione alla cittadinanza, che è fondamentale per un rapporto corretto tra scuola e società italiana. Si tratta, in verità, di un articolo tautologico, solo parenetico alla buona educazione civica, un articolo di apertura per tutti gli altri provvedimenti che si assumono nell'articolato.
Non sono le scelte docimologiche, che in maniera ciclica si ripetono nella valutazione del comportamento e del rendimento scolastico degli studenti, a destare la nostra preoccupazione, ma il cambiamento frettoloso e la proposizione ritenuta risolutrice delle difficoltà che si incontrano nell'assumere una seria valutazione degli studenti. Il capitolo valutativo mi sembra concepito male e reso in maniera del tutto difforme rispetto a tutto quello che storicamente è stato costruito su questo versante.
Diceva il Lambruschini, grande pedagogista della seconda metà dell'Ottocento, che «la libertà è la coscienza che rispetta la legge, e l'autorità è la legge che rispetta la coscienza».
Il docente è al centro del dibattito della moderna pedagogia, con la sua libertà e la sua autorità; nel rapporto interattivo tra docenti e studenti è possibile costruire quei valori civili utili alla democrazia e determinare una valutazione obiettiva degli studi. Non può essere respinto un libero sperimentalismo pedagogico, che aiuta ad arricchire e a modificare le dottrine pedagogiche, date per certe e consolidate.
Il docente, in un pluralismo metodologico, insieme ad altri docenti nella scuola primaria e secondaria, con pazienza e metodologia socratica - quanto dovrebbe essere remunerata la pazienza degli educatori! - costruisce, con i ragazzi, la semantica delle cose, educando al logos, alla solidarietà interumana, ad una relazionalità formativa positiva, primo intreccio dell'essere sociale. Tutta questa tensione non emerge all'interno del provvedimento, che vuole ritornare al maestro unico, che, come diceva un grande studioso di pedagogia, Comenio, deve dare tutto a tutti. Il docente, insieme con gli altri, per la sua competenza e per le sue capacità, diventa, insieme, una forte risorsa di motivazione culturale-educativa, perché i docenti, nel dialogo interpersonale, riescono ad essere, nella processualità educativa, vettori della formazione di un'intersoggettività in essere. La libertà del docente, non l'unicità monadica, sostenuta e intrecciata con la libertà degli altri educatori, ha realizzato la grande utopia di Francesco De Sanctis, storico della letteratura italiana, che la scuola è laboratorio di vita.
Oggi la scuola - lo diciamo con franchezza, caro sottosegretario - così come è concepita dall'attuale Ministro, rischia di diventare un'officina per demolire le strutture essenziali dell'educazione. Non si discutePag. 22se il modello educativo possa essere il modello stellare, tutto incardinato nel maestro principale o il modello paritario, dove il gruppo dei docenti agisce in una mutualità operativa per una sana, autentica, libera educazione. La scuola del maestro unico - che ha avuto grandi meriti sul piano della storicità e della dottrina pedagogica - si è esaurita attraverso le varie valutazioni che sono subentrate, ritenendo che il monismo didattico-metodologico, proprio rispetto alla globalità dei vissuti dei ragazzi, non è adeguato a rispondere alle domande dei nuovi saperi cognitivi, ai quali si deve ispirare l'educazione dei ragazzi. Alla luce di questo provvedimento, non si può parlare più, come diceva il professore Ferroni in un significativo saggio, di scuola sospesa, ma dovremo alludere ad esso e parlare di scuola annullata.
Il provvedimento che si andrà ad approvare ha destato e desta grandi preoccupazioni nella società italiana, nelle forze operative, negli operatori scolastici, in quanto sembra introdurre una pedagogia retriva, dimenticando che le moderne tassonomie educative ipotizzano un pluralismo di educatori che, in una forte azione dialettica, possono determinare e realizzare il progetto di una scuola nuova, rinnovata, attenta ai tempi.
Possiamo noi accogliere questo tipo di scuola che si vuole realizzare, accettare passivamente provvedimenti che vogliono togliere ogni prospettiva sicura di lavoro agli operatori? Galli della Loggia, in un articolo del 21 agosto sul Corriere della Sera, ha sostenuto che: «la funzione della scuola nella costruzione della personalità individuale principalmente si ha attraverso l'apprendimento dei saperi, delle nozioni e la disciplina che esso comporta». Dobbiamo preoccuparci di questo, si doveva preoccupare di questo il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di un progetto completo, non rimandato ad un regolamento che deve disciplinare tutta la scuola, valido per la scuola del futuro, che fosse sostenuto da una visione della vita, da una concettualità del nostro avvenire, da un'articolazione dei saperi ritmati secondo i tempi ed i dinamismi psico-sociali dei ragazzi di oggi.
Signor Presidente, mi avvio alla conclusione, per essere operativo e sintetico.
Non parliamo di altri argomenti previsti in questo decreto-legge, che sono aggiunti alle norme principali solo per riempire di un pieno normativo un vuoto culturale ed educativo, che caratterizza l'attuale gestione della scuola italiana.
Appellandoci al grande critico e filosofo Benedetto Croce, possiamo affermare che solo l'esercizio della nostra libertà in un impegno vissuto per la democrazia può restituirci consapevolezza del nostro ruolo e del ruolo che la scuola ha e deve avere nella società italiana.
Il provvedimento di cui stiamo discutendo non è concepito per la scuola ma è stato costruito, prosaicamente, per colpire le prospettive future della scuola, dei docenti, degli operatori scolastici e di quanti credono che solo la scuola può aiutare il rinnovamento della società ed il rafforzamento della nostra democrazia.
Per questo, non può essere sostenuto, approvato e storicizzato nella storia politica e istituzionale del nostro Paese.

PRESIDENTE. Sospendiamo la discussione sulle linee generali del provvedimento, che riprenderà nella seduta odierna, al termine delle votazioni sul disegno di legge collegato alla manovra finanziaria, l'atto Camera n.1441-bis-A. Il seguito dell'esame del provvedimento è dunque rinviato al prosieguo della seduta.
Sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 11, è ripresa alle 11,40.

Pag. 23

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Seguito della discussione del disegno di legge: Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria (Testo risultante dallo stralcio degli articoli 3, da 5 a 13, da 15 a 18, da 22 a 24, 31, 32, da 37 a 39, da 65 a 67 e 70 del disegno di legge n. 1441, deliberato dall'Assemblea il 5 agosto 2008) (A.C. 1441-bis-A).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria.
Ricordo che nella seduta del 25 settembre si è conclusa la discussione sulle linee generali e hanno avuto luogo le repliche del Governo, mentre i relatori vi hanno rinunciato.
Ricordo, inoltre, che è stato convenuto in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, ai sensi dell'articolo 123-bis, comma 3, del Regolamento, di fissare al 1o ottobre il termine per la conclusione dell'esame in Assemblea del disegno di legge all'ordine del giorno.

(Esame degli articoli - A.C. 1441-bis-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge nel testo delle Commissioni.
Ricordo che, a norma dell'articolo 123-bis, comma 3-bis, ultimo periodo, del Regolamento, gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi dichiarati inammissibili dalle Commissioni riunite non possono essere ripresentati in Assemblea e, ove ripresentati, non sono pubblicati.
Inoltre non sono pubblicati, in quanto non ricevibili, gli emendamenti già presentati presso le Commissioni riunite, ma in quella sede ritirati, e i nuovi emendamenti, non previamente presentati presso le Commissioni riunite, riferiti a parti del testo non modificate dalle Commissioni stesse.
Avverto, altresì, che la Presidenza non ritiene ammissibile, a norma dell'articolo 123-bis del Regolamento, in quanto reca nuovi o maggiori oneri finanziari privi di idonea quantificazione e copertura, l'emendamento Livia Turco 30.7, in materia di nuovi servizi erogati dalle farmacie.

Sull'ordine dei lavori (ore 11,42).

MARCO BELTRANDI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO BELTRANDI. Signor Presidente, stamattina si è tenuta la diciottesima votazione per l'elezione del presidente della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, andata ancora una volta a vuoto. Sono passati ormai quattro mesi da quando ella mi ha indicato come componente di questa Commissione e ancora la Commissione non si è insediata.
Sono poi oltre diciassette mesi che la Corte costituzionale opera in mancanza di un componente e ricordo anche che, in questa legislatura, soltanto la scorsa settimana è stata indetta una seduta congiunta per colmare questa vacanza.
Signor Presidente, Marco Pannella ha cominciato da trentasei ore circa uno sciopero della fame, di dialogo nei confronti del Presidente della Repubblica, proprio per segnalare e porre termine a questa situazione, che è anche una situazione di degrado delle nostre istituzioni.
Siamo convinti - non lo diciamo solo noi, ma lo dicono anche costituzionalisti come Stefano Rodotà - che sia colmare il vuoto alla Corte costituzionale sia insediare la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi non siano solo «doveri», ma precisi obblighi di queste Camere.
Ancora una volta, quindi, la invito, con la massima fiducia, naturalmente in accordo con il Presidente del Senato, ad attuare qualsiasi misura consentita dalla Costituzione e dai regolamenti parlamentari per porre termine a questa situazione, che - ripeto - è una situazione di vulnus costituzionale, che si sta protraendo daPag. 24troppo tempo, nell'incertezza più assoluta su quando si avranno gli organi costituzionali nella pienezza della loro costituzione e funzionanti, come previsto dal nostro ordinamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Beltrandi, la ringrazio per avere richiamato all'attenzione dell'Aula una questione che è certamente nei termini che lei ha indicato. So che non le sfugge che si tratta di una questione che ha un'indubbia rilevanza, non soltanto per gli aspetti di carattere istituzionale che lei richiamava, ma anche in termini più squisitamente politici.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 11,45).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Esame dell'articolo 14 - A.C. 1441-bis-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 14 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 1441-bis-A).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Vanalli. Ne ha facoltà.

PIERGUIDO VANALLI. Grazie presidente. Ci troviamo oggi a parlare di questo provvedimento che porta con sé parecchia carne al fuoco, soprattutto per quanto riguarda i comuni ai quali sono particolarmente legato, essendo un sindaco di un piccolo comune. In Commissione abbiamo avuto modo appunto di discutere su quello che i comuni dovrebbero e potrebbero dover fare ancora meglio per la nostra società. In particolare sull'articolo 30 abbiamo potuto verificare come i comuni al di sotto dei 5 mila abitanti abbiano necessità di essere meglio strutturati per poter sopportare il prossimo provvedimento che è in arrivo, cioè il federalismo. Abbiamo verificato, con particolare riguardo appunto a questa categoria di comuni, come l'aiuto sia indispensabile. Abbiamo comuni in tutte le nostre vallate che non raggiungono mai i 5 mila abitanti e che, per questo motivo, necessitano di avere dei servizi e di avere delle strutture che possano reggere questo grave problema per le nostre vallate. Innanzitutto i comuni sotto i 5 mila abitanti, per quanto riguarda le nostre regioni, portano con sé delle carenze che sono soprattutto di personale. Contrariamente ad altre regioni, dove comuni delle stesse dimensioni sovrabbondano di personale, dalle nostre parti questo personale manca e il fatto di aver chiuso per un attimo la possibilità di un ricambio del personale ci porta a conseguenze per noi negative, in quanto non abbiamo più la possibilità di dare cambio al nostro personale che va in pensione, fermando tutto il lavoro del comune. Questo è legato anche con particolare riferimento ai segretari comunali. I segretari comunali dei nostri comuni sono abituati a lavorare bene e a lavorare soprattutto per più comuni. Il fatto di doverli riunire per forza in un certo numero e in una certa quantità di abitanti potrebbe, in questo caso, distrarli dalla loro attività principale. L'istituzione della segreteria unica, così come era stata prevista, incontra queste difficoltà, pertanto abbiamo presentato anche degli emendamenti in questo senso per cercare di correggere un po' la portata del provvedimento e, quindi, di portare quelle che sono le competenze dei segretari all'interno di un alveo più indicato. Oltre all'articolo 30, che appunto si interessa di comuni, come diceva giustamente il presidente, stiamo parlando dell'articolo 14, sulla banda larga. Il provvedimento sulla banda larga prevede appunto una estensione di questo sistema di comunicazione abbastanza moderno e performante sottoPag. 25questo punto di vista; provvedimento che, è già stato anticipato da altri, consente comunque ai comuni di ricorrere a questo sistema e alle società, soprattutto pubbliche, che lo distribuiscono di raggiungere tutti i comuni, soprattutto quelli montani, quelli più in difficoltà. Quindi, la banda larga è un sistema di comunicazione che è sicuramente molto interessante per i nostri piccoli comuni. Naturalmente, bisogna cercare di fare in modo che questo sistema raggiunga tutti i comuni anche con degli incentivi, anche con delle agevolazioni per gli operatori. In generale, quindi, questo provvedimento che va a raccogliere e a racchiudere parecchie branche di quello che è il nostro lavoro in Aula, ha un aspetto positivo che è appunto la predisposizione verso la nuova riforma del sistema federale della nostra nazione. Una riforma che soprattutto da noi è da sempre spinta e che ci vedrà impegnati per le prossime settimane e per i prossimi mesi. Una riforma che è già incardinata, appunto, in questo disegno di legge.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Torazzi. Ne ha facoltà.

ALBERTO TORAZZI. Signor Presidente, siamo qui oggi per affrontare questa parte della riforma collegata alla manovra finanziaria. È importante tenere presente anche in questo caso che tutto questo lavoro è finalizzato a rendere possibile e ad armonizzare il programma di riduzione di spesa previsto dal Governo. Tale programma è essenziale in un momento come questo, in cui, come aveva giustamente previsto il Ministro dell'economia e delle finanze Giulio Tremonti, si è scatenata una crisi finanziaria di cui non si intendono ancora i limiti. Abbiamo spesso ascoltato nel corso del dibattito, anche in Commissione, osservazioni su come tutto si potesse fare in modo migliore o tenendo conto di alcuni aspetti e sul fatto che questi tagli fossero dolorosi; però, è un dato di fatto che non possiamo continuare a lamentarci della situazione finanziaria se non interveniamo sulla spesa.
Il nostro Paese ha una società civile produttiva molto efficiente, ma paga il costo di uno Stato, che è invece una palla al piede della società civile; quindi l'invadenza e il costo dello Stato andavano ridotti e, secondo me, il cappello più importante che si può fare a tutta la manovra economica è che per la prima volta in questo Paese si inverte la tendenza: investiamo sugli italiani e sulle imprese e tagliamo gli sprechi, mettiamo in concorrenza la burocrazia.
Un altro punto molto importante, che riguarda direttamente la Commissione di cui faccio parte, è il rilancio dell'energia nucleare. Esso non riguarda soltanto la visione strategica degli approvvigionamenti nel tempo, ma per un Paese come il nostro, che da sempre importa tutta l'energia, entra in maniera prepotente nella catena della creazione del valore, perché è chiaro che, se produciamo l'energia al nostro interno, si crea una catena di produttori che sono retribuiti, ossia che traggono reddito da questa iniziativa. Il lavoro del Governo in questa direzione, quindi, sarà sempre suscettibile di miglioramenti, per carità; però, al di là di tutte le polemiche, è un merito che questa maggioranza può rivendicare e noi ci aspettiamo una collaborazione da parte dell'opposizione, della sua parte più matura, perché veramente il rilancio del nucleare è un passaggio fondamentale per il nostro Paese.
All'interno di questa manovra qualcuno ha forse sottovalutato l'aspetto della semplificazione normativa. Spesso pensiamo alla semplificazione come a ridurre le perdite di tempo e i disturbi per i cittadini; però esiste una funzionalità economica molto importante di essa, che si collega al lead time di qualsiasi investimento, perché i tempi con cui si può aprire un'impresa, i costi aggiuntivi che un'impresa può avere e che influiscono nel conto della redditività, per partire con una nuova intrapresa, sono fondamentali nel decidere l'allocazione degli investimenti. Quindi, anche la semplificazione, come la generazione dell'energia nucleare, aumenta la competitivitàPag. 26di questo Paese rispetto ai partner europei e ai competitori internazionali.
Un altro punto importante è la lotta alla contraffazione. Sapete che la Lega Nord ha fatto del tema dei dazi una battaglia importante. Noi non vogliamo i dazi per impedire ad altri di lavorare nel nostro Paese.
Abbiamo sempre detto, invece, che i dazi costituiscono una misura legale contro chi utilizzava il dumping ambientale e il dumping sociale sfruttando gli schiavi, inquinando, impiegando sostanze pericolose (come ci ha insegnato l'ultimo scandalo del latte cinese) e poi poteva, grazie a tutti questi vantaggi scorretti, fare dumping verso le nostre imprese.
Una parte di questi problemi riguarda la lotta alla contraffazione, un problema che non era stato affrontato con la dovuta determinazione e che oggi, grazie al programma del Governo, diventa più efficace e permette veramente di contrastare tale fenomeno, che è particolarmente critico per i nostri prodotti che più hanno caratteristiche di marchio.
Infine, un altro passaggio importante è sicuramente costituito dal rilancio dei distretti. Abbiamo visto che questa crisi economica, che è legata alla finanza, ha dimostrato, ancora una volta, che la ricchezza non si crea con la speculazione; la ricchezza si crea con il lavoro, si crea con l'industria. È chiaro, infatti, che laddove vi sono più beni a disposizione, tali beni possono essere divisi, mentre se giochiamo sulla speculazione, alla fine, come è successo, ci troviamo con un castello di carta.
Di fronte a questa situazione, nella quale si registra un crollo finanziario che comunque impatterà anche sulle imprese (dal momento che vi sarà una stretta sul credito), era importante intervenire per rilanciare il programma dei distretti e per sostenere le nostre imprese e i nostri distretti in questa fase estremamente critica.
Credo che, con i provvedimenti che andremo a discutere e poi ad approvare, il Governo abbia dimostrato di avere una visione a trecentosessanta gradi, nonché una capacità preventiva: il nostro Paese ha sempre rincorso gli eventi e gli altri Paesi, ma oggi possiamo dire di avere concepito una manovra finanziaria con un contorno di interventi che veramente ci permettono di entrare con più sicurezza e più tranquillità in questa fase che, comunque, è estremamente difficile. Possiamo dire di avere allineato il Paese alla nuova sfida, ossia quella di creare la ricchezza. Per anni qualcuno, speculando sulla Cina, ha realizzato enormi profitti finanziari e poi ha messo in piedi un castello, una piramide, per cercare di remunerare continuamente tali proventi finanziari, senza curarsi del fatto che al di sotto di quest'enorme massa finanziaria c'era un corpo industriale sempre più debole e non in grado di reggere il peso di tale speculazione, in quanto non in grado di alimentare una simile catena di creazione del valore realizzata sulla carta.
I provvedimenti del Governo e gli emendamenti che andremo a discutere vanno in questa direzione e, pertanto, confermo l'appoggio mio e della Lega Nord a questo programma (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole De Girolamo. Ne ha facoltà.

NUNZIA DE GIROLAMO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'articolo 14 del disegno di legge all'ordine del giorno riguarda la questione della banda larga nel nostro Paese. Una nazione, per essere competitiva, deve investire nelle reti di comunicazioni elettroniche, sia pubbliche, sia private. Abbiamo il dovere di garantire al nostro Paese evoluzione tecnologica e servizi avanzati di informazione e comunicazione. Non possiamo consentire che l'Italia, rispetto agli altri Paesi europei, abbia ancora tante zone bianche. L'articolo 14 reca appunto norme volte alla realizzazione delle infrastrutture necessarie all'adeguamento delle reti di comunicazione elettronica nelle aree sottoutilizzate.
A tal fine, il comma 1 stabilisce che il Governo, nel rispetto delle competenze regionali, definisca un programma nelPag. 27quale sono indicati gli interventi necessari ed assegni una dotazione di 800 milioni di euro per il periodo 2007-2013 a valere sulle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate.
Si ricorda a tal proposito che il Fondo, istituito dalla legge finanziaria per il 2003, è destinato al finanziamento degli interventi attuativi del programma per lo sviluppo della banda larga nel Mezzogiorno da parte del Ministero delle comunicazioni per il tramite della società Infrastrutture e Telecomunicazioni per l'Italia Spa.
Con la legge finanziaria per il 2007 sono state incrementate le risorse assegnate a tale Fondo nella misura di 10 milioni di euro per gli anni 2007, 2008 e 2009 e si è prevista l'attribuzione di ulteriori 50 milioni a beneficio del Ministero delle comunicazioni, destinati a sostenere nuovi processi di realizzazione delle infrastrutture per la banda larga e di completare il suddetto programma per lo sviluppo della banda larga nel Mezzogiorno.
Anche nella legge finanziaria per il 2008 è stato disposto un incremento pari a 50 milioni di euro nella dotazione del Fondo al fine di sostenere nuovi processi di realizzazione delle infrastrutture per la banda larga sul territorio nazionale.
Il comma 2 conferisce una delega al Governo per adottare, entro 12 mesi dall'entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi di riassetto legislativo volti a ridefinire il quadro normativo relativo alla realizzazione delle infrastrutture di comunicazione elettronica a banda larga secondo le modalità e i principi direttivi della legge 15 marzo 1997, n. 59. Si ricorda che tale articolo 20 ha previsto al comma 1 che il Governo presenti al Parlamento, entro il 31 maggio di ogni anno, un disegno di legge per la semplificazione e il riassetto normativo, volto a definire per l'anno successivo gli indirizzi, i criteri, le modalità e le materie di intervento, anche ai fini della ridefinizione dell'area di incidenza delle pubbliche funzioni, con particolare riguardo all'assetto delle competenze dello Stato, delle regioni e degli enti locali.
Il comma 2, inoltre, ha previsto l'emanazione di decreti legislativi relativamente alle norme legislative sostanziali e procedimentali, nonché di regolamenti per le norme regolamentari di competenza dello Stato, indicando i criteri direttivi generali cui Governo deve attenersi nell'esercizio delle deleghe, facendo salva la previsione di principi e criteri specificatamente dettati per le singole materie. Il medesimo comma 2 indica gli ulteriori principi e criteri direttivi cui il Governo deve conformarsi nell'attuazione della delega: la disciplina delle tecniche di finanza di progetto e di accordo tra il settore pubblico e privato per finanziare le infrastrutture nelle aree sottoutilizzate, a condizione che i progetti selezionati contribuiscano allo sviluppo di un sistema di reti aperto alla concorrenza nei rispetto dei princìpi e delle norme comunitari; fermi restando i compiti spettanti al Ministero dello sviluppo economico e all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ai sensi della legislazione vigente, la razionalizzazione e semplificazione della disciplina generale delle concessioni dei diritti di passaggio nel rispetto delle norme comunitarie, abolendo qualunque diritto speciale o esclusivo nella posa e nel passaggio delle dorsali in fibra ottica e nell'accesso alla proprietà privata; la definizione di procedure semplificate di inizio attività per la realizzazione degli impianti; la definizione della durata delle medesime procedure non superiore a 30 giorni per l'approvazione dei progetti preliminari; la definizione delle procedure necessarie per la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza e per l'approvazione del progetto definitivo nel termine di ulteriori sessanta giorni.
Il 13 novembre 2007 la Commissione ha presentato un pacchetto di riforma delle telecomunicazioni, costituito sostanzialmente da due proposte di direttiva e da una proposta di regolamento. La prima proposta di direttiva contiene modifiche alla direttiva quadro 2002/CEE che istituisce un quadro normativo comune per le reti e i servizi di comunicazione elettronica relativo all'accesso alle reti di comunicazionePag. 28elettronica, alle risorse correlate e alle interconnessioni alle medesime e concernente, quindi, l'autorizzazione per le reti e i servizi di comunicazione elettronica.
Obiettivi della proposta sono, fra l'altro, l'orientamento verso una gestione più efficace dello spettro radio, in modo da agevolare l'accesso agli operatori e promuovere l'innovazione e il raggiungimento di una regolamentazione più efficace e più semplice sia per gli operatori sia per l'Autorità nazionali di regolamentazione. La proposta segnala che il sistema attuale di gestione e distribuzione dello spettro si basa generalmente su decisioni amministrative che non sono sufficientemente flessibili per stare al passo con il progresso tecnologico, l'evoluzione dei mercati e, in particolare, con il rapido sviluppo della tecnologia senza fili e con la crescente domanda di banda larga. La frammentazione delle politica nazionale comporta costi più elevati e una perdita di opportunità commerciali per gli utilizzatori dello spettro e, inoltre, rallenta l'innovazione a scapito del mercato interno dei consumatori e dell'economia nel suo complesso.
Le condizioni di accesso e di utilizzo delle frequenze radio possono variare in base al tipo di operatore, mentre i servizi elettronici forniti da tali operatori si sovrappongono sempre di più, creando così tensioni fra i titolari di diritti, discrepanze nel costo dell'accesso allo spettro radio e potenziali distorsioni nel funzionamento del mercato interno.
Si ricorda che la seconda proposta di direttive è relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica, nonché al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche e al regolamento sulla cooperazione per la tutela dei consumatori, mentre la proposta di regolamento prevede l'istituzione di un'Autorità europea del mercato delle comunicazioni elettroniche. Le proposte che seguono la procedura di consultazione sono state esaminate dal Consiglio europeo, da ultimo, il 21 e 22 luglio 2008 e sono in attesa di essere esaminate dal Parlamento europeo durante la prossima sessione (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Giudice. Ne ha facoltà.

GASPARE GIUDICE. Signor Presidente, il disegno di legge che oggi stiamo analizzando è uno stralcio del decreto-legge che abbiamo convertito in legge prima della pausa estiva ed integra con grande puntualità le disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria. In particolare, il primo articolo al nostro esame, essendo i primi (dall'articolo 1 all'articolo 13) già stati assorbiti dal contenuto del decreto-legge, è l'articolo 14, che riguarda un tema delicato come quello della banda larga. Ricordo che proprio questo articolo reca norme volte alla realizzazione delle infrastrutture necessarie all'adeguamento delle reti di comunicazione elettronica nelle aree sottoutilizzate e a tal fine proprio il comma 1 di tale articolo stabilisce che il Governo, nel rispetto delle competenze regionali, definisca un programma nel quale siano indicati gli interventi necessari ed assegna una dotazione di 800 milioni per il periodo 2007-2013 a valere sul Fondo per le aree sottoutilizzate.
Si ricorda a tale proposito che il Fondo istituito dall'articolo 61 della legge finanziaria per il 2003 è destinato appunto al finanziamento degli interventi attuativi del programma per lo sviluppo della banda larga nel Mezzogiorno da parte del Ministero delle comunicazioni per il tramite della società Infrastrutture e telecomunicazioni per l'Italia.
Con la legge finanziaria del 2007 sono state incrementate le risorse assegnate a tale fondo nella misura di 10 milioni di euro per gli anni 2007, 2008 e 2009 e si è prevista l'attribuzione di ulteriori 50 milioni sulla base di un'apposita delibera del CIPE a beneficio del Ministro delle comunicazioni destinati a sostenere nuovi processiPag. 29di realizzazione delle infrastrutture per la banda larga, e di completare il suddetto programma per lo sviluppo della banda larga nel Mezzogiorno. Anche nella legge finanziaria per il 2008 - ricorderete il comma 299 dell'articolo 2 di tale provvedimento - è stato disposto un'ulteriore incremento, pari a 50 milioni di euro per il 2008, della dotazione del fondo al fine di sostenere nuovi processi di realizzazione delle infrastrutture per la banda larga sul territorio nazionale.
Il comma 2 del disegno di legge al nostro esame reca una delega al Governo per adottare, entro dodici mesi dall'entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi di riassetto legislativo volti a ridefinire il quadro normativo relativo alla realizzazione delle infrastrutture di comunicazione elettronica a banda larga, secondo le modalità e i principi direttivi di cui all'articolo 20 della legge n. 59 del 15 marzo 1996.
Il medesimo comma 2 indica gli ulteriori principi e criteri direttivi cui il Governo deve conformarsi all'attuazione della delega. Questa complessa materia della banda larga è ulteriormente arricchita da un emendamento che analizzeremo e che è stato presentato dal Governo.
Il comma 3 dell'articolo 14 prevede, infine, che i decreti legislativi di cui al comma 2 vengano emanati dopo aver acquisito il parere della Conferenza unificata, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e delle Commissioni parlamentari competenti.
Il comma 5, che chiude l'articolo 14, fa salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome quali previste dagli statuti speciali e dalle relative norme di attuazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, intervengo per esporre talune osservazioni non di rilevanza secondaria, ad avviso di chi vi parla, che riguardano e salutano una norma finalmente introdotta nel nostro sistema e che ci pone sicuramente in linea con le tecniche di normazione di carattere europeo.
L'articolo 25, allorquando si occupa della chiarezza dei testi normativi, finalmente introduce la necessità che le norme che sostituiscono, modificano, abrogano norme vigenti, ovvero che stabiliscono deroghe, debbano espressamente individuare quelle norme. Tale principio è rafforzato dal secondo comma, che finalmente stabilisce che il rinvio contenuto in disposizioni legislative debba in qualche modo fare spazio al contenuto del rinvio stesso. Signor Presidente, si tratta di una norma assai importante, che finalmente consente all'utente di percepire quanto la complessità normativa non debba confondersi con la necessità di un approfondimento che nuoce alla chiarezza del testo normativo.
È un passaggio che reputo quasi epocale nell'ambito delle tecniche di formulazione normativa e che ci aveva posto in grave disavanzo, in grave gap tecnico, con le tecniche di normazione europea proprie delle direttive. Siamo, quindi, di fronte sicuramente ad un indirizzo di rilevante importanza per ogni tipo di intervento normativo.
Questo pacchetto, tuttavia, riveste un'altra grande funzione, in perfetta linea con l'obiettivo che il Governo si pone e che è stato uno dei programmi del Ministro Alfano, vale a dire piccole riforme utili che prendano le mosse dal terreno della quotidianità patologica giudiziaria.
Mi riferisco naturalmente agli interventi di accelerazione sul processo civile che in qualche modo, da un lato, accelerano il flusso processuale e i ritmi della giurisdizionalizzazione, ma soprattutto evitano gli atteggiamenti dilatori ed ostruzionistici che nuocciono tanto alla credibilità del processo stesso: intervento sui tempi che tiene conto, però, saldamente delle realtà e delle esperienze del quotidiano.
Mi riferisco in particolare al contenuto dell'articolo 53: la testimonianza scritta che ha in sé importanti qualificazioni. Anzitutto il giudice può disporre la testimonianza scritta, tenuto conto dell'oggetto della causa. Quindi che non si gridi alloPag. 30scandalo e alla sostituzione della raccolta della prova orale con un succedaneo che è la prova scritta, ma si tenga conto che il giudice deve stabilirlo anche a seconda dell'oggetto della causa e, quindi, ad esempio della facilità della trascrizione scritta di un dato estremamente oggettivo. Il giudice sarà l'arbitro della facilità di approccio alla testimonianza, che tutti quanti sappiamo bene essere tante volte un vero e proprio ostacolo spesso insuperabile alla speditezza del processo. Dunque, una testimonianza scritta che abbia nelle forme certamente un suo punto di forza ma nella velocità il traguardo che ci si vuole proporre.
Non diversamente credo che si possa dire dell'articolo 54, che evita gli atteggiamenti ostruzionistici in tema di esecuzione delle sentenze ma soprattutto - mi avvio rapidamente alla conclusione, signor Presidente - di quanto è previsto dall'articolo 53-bis, vale a dire la Corte di Cassazione filtro che corrisponde a quanto accade nel processo penale, in cui rispettando il contraddittorio - su questo ritengo che vi sia stata estrema chiarezza in Commissione - si eviteranno i ricorsi palesemente incapaci di produrre una sentenza utile ai fini del processo.
Concludo con il richiamo all'articolo 56, concernente il procedimento sommario di cognizione. Lo richiamo per sintesi, signor Presidente - infatti l'intervento di ciascuno non deve essere un mare ma un apporto, una sorta di affluente in vista del percorso del Parlamento verso un risultato anche qui utile - con una osservazione. Il giudice deve eliminare ogni formalità non essenziale al contraddittorio.
Il principio è saldamente invocato, perché è dovuto rispetto al contraddittorio - che costituisce, ai sensi dell'articolo 111 della Costituzione, un irrinunciabile presupposto per la giurisdizione - ma le formalità non utili al contraddittorio è bene che siano valutate sommariamente dal giudice, che deve decidere. Il segnale è chiaro e forte: il giudice deve decidere. Se questo decisionismo, senza alcun riflesso patologico, può condurre ad un risultato più rapido, si interviene sulle forme rispettando il principio del contraddittorio.
La salvezza di questo apparato, signor Presidente e illustri colleghi, mi sembra non possa che essere rimarcata ed essere salutata come un ulteriore tassello coerente, preciso e puntuale verso la soluzione, piccola ma utile, di qualche importante problema della giustizia.

PRESIDENTE. Avverto che le Commissioni e il Governo hanno presentato alcune proposte emendative che sono distribuite in fotocopia.
I termini per la presentazione di subemendamenti sono stati comunicati ai gruppi. In particolare, per gli emendamenti riferiti a partire dall'articolo 26 il termine è fissato alle ore 14,15.
Avverto che sono stati ritirati dal presentatore gli emendamenti Zeller 30.14 e 62-bis.6.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Montagnoli. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MONTAGNOLI. Signor Presidente, intervengo relativamente al disegno di legge in esame e, in particolar modo, all'articolo 14, che riguarda la banda larga.
In Commissione, nelle ultime settimane, abbiamo ascoltato i vari operatori. Tutti ci hanno un po' illustrato le problematiche, a livello dello Stato italiano, della conoscenza dell'informatica della nostra popolazione e anche del ritardo rispetto ai competitori europei. Sicuramente dobbiamo fare scelte importanti e il Governo, anche attraverso il disegno di legge in esame, conferma un impegno finanziario notevole, di 800 milioni di euro.
Da parte di vari operatori si è anche segnalata la disponibilità ad intervenire di pari passo con lo sviluppo degli enti pubblici, quindi dello Stato, delle regioni e delle varie autorità locali. È previsto che questi 200 milioni vengano utilizzati prendendoli dal fondo FAS, e conosciamo la distribuzione dell'impegno di spesa: l'85 per cento nelle aree del Mezzogiorno d'Italia e il 15 per cento nelle altre aree, centro e nord Italia.Pag. 31
In Commissione, però, qualche novità è emersa: ad esempio, a nome del dottor Pittaluga, rappresentante delle regioni, secondo cui sembra - e questo è un dato conosciuto da pochi - che in buona parte delle regioni del centro-nord vi sia una difficoltà ben maggiore di quella invece delle realtà del Mezzogiorno d'Italia, relativamente alla fibra ottica. Pertanto, è stata chiesta una mappatura ed è stato formulato un invito al Governo a far sì che le scelte che seguiranno, tramite i decreti per l'impegno di questa ingente spesa, siano effettivamente indirizzate alle realtà del territorio italiano che hanno più bisogno di queste strutture, che sicuramente sono fondamentali per lo sviluppo economico di una nazione.
Penso che dovremo fare scelte importanti anche relativamente agli operatori, alla posizione dominante che ad oggi ha Telecom Italia. Sicuramente, se vogliamo fare un salto di qualità, bisogna dare la possibilità al mercato e a tutti gli operatori di confrontarsi, a parità di condizioni. Penso che ciò non sia più procrastinabile, perché tutte le nostre aziende e tutti i nostri cittadini vogliono essere posti nelle stesse condizioni delle altre aziende europee, per competere in maniera effettiva.
Altresì, penso che gli enti locali, ormai da anni, stiano lanciando un grido di allarme soprattutto nei confronti dell'operatore dominante, Telecom Italia, perché in molti casi manca il servizio a livello locale. Infatti, molti sindaci e molte province stanno cercando in tutte le maniere di dare risposte ai propri cittadini in termini di rapporti con questa società, che in passato sicuramente era pubblica e nel tempo, in base alle varie operazioni, è diventata privata; tuttavia, ciò che serve ad oggi a tutti noi è un servizio a tutti gli effetti per i cittadini.
Pertanto, questo articolo 14 è un punto fondamentale, perché un Paese - soprattutto un Paese industrializzato come il nostro - non può più permettersi di avere un ritardo soprattutto in termini di informatizzazione. È una scelta politica che deve fare anche il Governo, con un salto di qualità ritengo in più, per esempio potenziando la conoscenza dell'informatica anche relativamente alle fasce giovani e alle fasce anziani.
Sappiamo che abbiamo difficoltà, possiamo però intervenire efficacemente, magari collaborando anche con le istituzioni a livello locale, che hanno dimostrato in questi anni di volere e potere investire a favore del territorio e a favore di questi servizi.
Penso che sia un punto fondamentale per riportare il nostro Paese a pieno titolo tra i Paesi industrializzati.
L'altro fondamentale articolo su cui desidero intervenire è l'articolo 30. Esso riguarda gli enti locali, dove sono previsti parecchi strumenti di valorizzazione dei comuni rispetto alla attuale situazione.
Relativamente al comma 6 del suddetto articolo, ritengo che il Governo dovrebbe tenere in considerazione la qualifica e la situazione dei segretari comunali. Negli ultimi anni è stata compiuta una scelta fondamentale passando - a partire dall'elezione diretta del sindaco da parte dei cittadini - alla possibilità riconosciuta al sindaco di scegliere personalmente la persona su cui riporre la propria fiducia, il suo funzionario più stretto, cioè il segretario comunale. I sindaci hanno potuto effettuare effettivamente tale scelta, prendendo delle persona di propria fiducia, ben rispettosi del mandato popolare e nel desiderio di fornire delle risposte ai cittadini.
Non ritengo corretto che, nel caso in cui i segretari comunali non siano confermati e vengano revocati dal loro incarico, l'onere di tale spesa venga posta a carico dei bilanci degli enti locali. È noto che i segretari comunali ai quali non sia confermato l'incarico da parte degli amministratori vengono iscritti in un apposito fondo presso l'agenzia dei segretari comunali e l'onere è posto a carico di tutti i comuni. Non lo ritengo corretto, per cui invito il Governo a valutare la possibilità di far sì che ogni comune paghi per il servizio che riceve. Ogni comune sceglierà il proprio segretario, al pari di ogni provincia, e su quello pagherà gli oneri.Pag. 32
Essere gravati di oneri per un servizio che non si riceve non lo giudico corretto, pertanto invito il Governo a una valutazione generale, anche in questo disegno di legge e con la proposta di modifica relativa al ruolo del segretario comunale legato a più comuni, sempre nella logica della razionalizzazione delle spese. I comuni hanno bisogno di potestà anche in questo campo e devono avere a proprio carico le spese per i servizi di cui dispongono.
Da ultimo, qualche considerazione sugli articoli riguardanti i procedimenti amministrativi. Ben venga la certezza sui tempi entro i quali gli enti pubblici devono fornire delle risposte. È giusto che siano garantiti tempi certi, ma questo non deve essere chiesto solo all'ente territoriale (comune, provincia o regione), ma anche alle aziende partecipate dagli enti pubblici. Spesso, infatti, le aziende pubbliche non rispondono nei tempi giusti, non dico entro i 30 giorni, ma quantomeno nei tempi richiesti dal mondo di oggi. Sappiamo di società, quali ad esempio l'ENEL, che risponde con mesi e mesi di ritardo. È auspicabile che la certezza dei tempi dei procedimenti venga estesa a tutte le società partecipate dagli enti pubblici, in modo da garantire ai cittadini nei tempi certi le risposte certe (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bitonci. Ne ha facoltà.

MASSIMO BITONCI. Signor Presidente, con la conversione del decreto-legge n. 112 del 2008 è stato riportato un importante risultato: la modifica dell'articolo 2470 del codice civile in materia di cessione delle quote sociali. Con tale modifica si è ottenuta un'importante semplificazione, una diminuzione del costo della cessione delle quote e, inoltre, si è inferto un duro colpo alla lobby dei notai.
Il gruppo della Lega Nord aveva presentato un ulteriore emendamento all'articolo 45 che è stato poi soppresso in Commissione. Si trattava di un articolo estremamente importante, perché andava ulteriormente a semplificare e a ridurre il costo da parte delle aziende e degli utenti rispetto ad altre due importanti cessioni. La proposta mirava a unificare le modalità di sottoscrizione e di iscrizione nel registro delle imprese dei contratti aventi ad oggetto il trasferimento della proprietà o del godimento dell'azienda con quelle recentemente previste per la cessione di quote da parte di società a responsabilità limitata - di cui parlavo poc'anzi - ai sensi dell'articolo 36-bis del decreto-legge n. 112, convertito nella legge n. 133 del 2008.
Le differenze oggi esistenti tra le suddette categorie di atti non hanno alcuna ragione di essere, come del resto avveniva prima delle modifiche introdotte dalla cosiddetta legge Mancino del 1993, quando tale differenza non esisteva. Tale semplificazione comporterà significativi risparmi per i soggetti che non intenderanno ricorrere alla figura del notaio, che rimane tuttavia la sola alternativa alla sottoscrizione telematica.
Per una semplice cessione anche di un'attività (di un affitto d'azienda, di un bar o di un ristorante) i notai possono chiedere parcelle che arrivano fino ai 5 mila euro.
Tale semplificazione comporterà significativi risparmi per i soggetti che non intendono ricorrere alla figura del notaio. Si noti, comunque, che la forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata rimarrà una strada obbligatoria qualora la legge prescriva forme particolari per il trasferimento dei singoli beni che compongono l'azienda, come gli immobili ad esempio, o per la specifica natura del contratto (ad esempio la donazione d'azienda). In effetti, l'articolo 2556, primo comma, del codice civile rimane invariato, in particolare laddove prevede che sia fatta salva l'osservanza delle forme stabilite dalla legge per il trasferimento dei singoli beni che compongono l'azienda o per la particolare natura del contratto.
Era stato presentato anche un ulteriore emendamento all'articolo 45, anche questo non giunto all'esame dell'Assemblea a causa della sua soppressione. A seguito delle manovre di contenimento della spesaPag. 33assunte nel 2006 ha cessato di operare, insieme ad un discreto numero di altri organismi, anche il comitato consultivo competente a pronunciarsi, in seconda istanza, sulle richieste di interpello cosiddetto antielusivo. Il comitato, in particolare, interveniva in caso di mancata risposta o di risposta negativa da dare alla direzione generale del Ministero dell'economia e delle finanze e in ordine a determinate categorie di spese, come quelle per pubblicità e rappresentanza.
La mancata risposta da parte del comitato consultivo, entro un certo termine, equivaleva al silenzio-assenso. La soppressione del comitato ha, nei fatti, disarticolato il sistema predisposto dal legislatore nel 1991. L'Agenzia delle entrate, con la circolare n. 40 del 2007, ha cercato comunque di salvare in qualche modo questa tipologia di interpello speciale soprattutto per rispondere all'esigenza affermata dall'articolo 11, comma 6, dello Statuto del contribuente, che fa salva la possibilità, per il contribuente, di richiedere il parere dell'amministrazione finanziaria in materie delicate come quelle in oggetto.
Questo salvataggio si è tuttavia realizzato - e non poteva essere altrimenti - attraverso il mantenimento dell'interpello dinanzi alla direzione generale del Ministero, la quale tuttavia ha un tempo di soli 60 giorni per rispondere. In assenza di una risposta, opera il silenzio-rifiuto. Non a caso lo statuto del contribuente, laddove disciplina il cosiddetto interpello generale, prevede un termine più lungo di centoventi giorni perché l'amministrazione possa rispondere alla richiesta del contribuente, ma nel contempo stabilisce che in assenza di risposta operi il silenzio-assenso.
Pertanto, la proposta che era stata presentata, contenuta nell'emendamento poi non accettato, colma il vuoto che si è venuto a creare a seguito della soppressione del comitato consultivo, stabilendo che la direzione generale del Ministero possa pronunciarsi non più entro sessanta giorni ma centoventi. Nel contempo, la mancata risposta equivale a silenzio-assenso.
Pertanto, l'articolo 21, comma 10, della legge n. 413 del 1991, che prevedeva il comitato consultivo, può essere formalmente soppresso. Infine, si segnala che la proposta di modifica era comunque a costo zero per il bilancio dello Stato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bragantini. Ne ha facoltà.

MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo in particolare sugli emendamenti presentati all'articolo 30 del provvedimento n. 1441-bis in esame. Tali emendamenti prevedono di regolare e sistemare un po' la situazione in alcuni comuni e fare in modo che vi sia, anche nel nostro Stato, uno spoil system (ad esempio tra i dirigenti pubblici), facendo in modo che ogni dirigente pubblico venga assunto dalla nuova amministrazione, dal nuovo sindaco e dalla nuova giunta con un contratto destinato a terminare allorché l'amministrazione cessa dalla carica. In questo modo vi sarebbe un controllo più diretto da parte dei cittadini in ordine al modo di operare del sindaco e della giunta.
Infatti troppo spesso succede che la volontà del politico, l'amministratore eletto da tutti i cittadini, non riesca ad andare a buon fine in quanto ci sono dirigenti che, forse perché troppo prudenti, molto probabilmente per altri motivi (speriamo sempre legittimi), non sono celeri ad andare incontro alle esigenze dell'amministratore e del politico. È il politico che mette la propria faccia, che ha ottenuto i voti su un certo programma e, giustamente, deve portare a casa nei tempi più rapidi possibili tale programma.
Inoltre, sempre su questo articolo, sono stati presentati emendamenti, già accennati poco fa, che riguardano la figura del segretario comunale, una figura che potrebbe essere individuata non solo negli iscritti all'albo dei segretari comunali, ma anche in altri ambiti professionali. Ciò per garantire un rapporto di fiducia tra la giunta, il sindaco ed i propri dipendenti e collaboratori, in modo che vi sia un rapporto più diretto. Vi sarebbe anche laPag. 34possibilità di attribuire ai segretari comunali altre funzioni che sono specifiche dei notai, in modo che per l'amministrazione vi sarebbe un maggiore introito e, soprattutto, per i cittadini si realizzerebbe una riduzione delle spese per tutti quegli atti notarili che troppo spesso sono molto onerosi e non hanno motivo di esistere. Infatti, se un segretario comunale è un pubblico ufficiale, è giusto che possa anche apporre la firma e autenticare - come già adesso avviene per molti altri atti - alcuni atti che normalmente vengono fatti dal notaio.
In questo modo si riesce ad andare incontro anche ai cittadini. Questa potrebbe essere un'ottima occasione per rendere più snelli la funzione pubblica, i nostri comuni e la nostra società. Ci sono troppi albi e troppe associazioni, che sembrano ai cittadini delle scatole chiuse a cui non tutti possono accedere. Speriamo che questi emendamenti vengano approvati e che vi sia una riforma veramente drastica di questo Stato che, ormai, è fermo da, come minimo, sessant'anni (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Laboccetta. Ne ha facoltà.

AMEDEO LABOCCETTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il 18 luglio scorso presentai una proposta di legge per modificare l'articolo 171-ter della legge 22 aprile 1941, n.633, che riguarda le pene accessorie per la violazione di talune norme a tutela del diritto d'autore.
La previsione dell'obbligatorietà di tale pena accessoria, come osservato nei lavori preparatori di tale normativa, si ritenne giustificata dall'esigenza di realizzare campagne di pubblica informazione dirette a sensibilizzare i cittadini sulla gravità e sulla pericolosità sociale della pirateria in materia di opere dell'ingegno. La pratica attuazione da parte delle procure generali della Repubblica che, come organi dell'esecuzione penale, sono tenute a ordinare la pubblicazione per estratto delle sentenze di condanna, comporta un notevole dispendio di risorse a carico del Ministero della giustizia. In particolare, il capitolo di spesa 1360 del bilancio viene gravato ogni anno da notevoli esborsi, e dette spese riguardano pressoché esclusivamente pubblicazioni di sentenze di condanna a carico di cittadini extracomunitari indigenti (ad esempio, rivenditori ambulanti di audio e videocassette), con la conseguenza dell'evidente irrecuperabilità delle somme sborsate. L'obbligatorietà della sanzione determina, nella quasi generalità dei casi, l'impossibilità del recupero delle somme sborsate, laddove è assai dubbia l'adeguatezza della sanzione, proprio a fronte delle ipotesi citate di condanna di cittadini extracomunitari non possidenti. Il più delle volte poi, si tratta, di cittadini irreperibili.
Desidero esprimere grande soddisfazione e ringrazio il Governo per il recepimento, all'articolo 63 del disegno di legge di cui stiamo discutendo, della previsione contenuta nella mia proposta di legge n. 1506, che ho voluto sinteticamente richiamare e riassumere, tesa a eliminare i costi delle inutili pubblicazioni su giornali e riviste delle condanne relative a violazioni della legge sui diritti d'autore che hanno comportato e comportano, da un calcolo che ho fatto io, oltre 15 milioni di euro l'anno a carico del Ministero della giustizia e, quindi, dei cittadini.
Tutto ciò avrebbe anche la finalità di ridurre un notevole aggravio di lavoro a carico delle strutture amministrative dei tribunali e delle procure della Repubblica. Mi auguro comunque - si tratta di un appello che rivolgo al Governo - che parte delle cifre risparmiate possano essere destinate alle attività delle forze dell'ordine, soprattutto a quelle impegnate nel Mezzogiorno d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito i relatori ad esprimere il parere delle Commissioni sulle proposte emendative riferite all'articolo 14.

MASSIMO ENRICO CORSARO, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, le Commissioni esprimono parerePag. 35contrario sulle proposte emendative Lo Monte 014.01, 014.02, 14.1 e 14.2.
Le Commissioni esprimono parere favorevole sull'emendamento 14.200 del Governo.
Il parere è, altresì, contrario sulle proposte emendative Lo Monte 14.3, Zaccaria 14.4, Borghesi 0.14.201.1.
Le Commissioni esprimono parere favorevole sull'emendamento 14.201 del Governo.
Le Commissioni, infine, esprimono parere contrario sugli emendamenti Borghesi 14.5 e Lanzillotta 14.6.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Lo Monte 014.01, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 471
Votanti 469
Astenuti 2
Maggioranza 235
Hanno votato
218
Hanno votato
no 251).

Prendo atto che la deputata Melandri ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole e che il deputato Romele ha segnalato di aver erroneamente espresso voto favorevole mentre avrebbe voluto esprimere voto contrario.

Sull'ordine dei lavori (ore 12,38).

ANTONELLO SORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONELLO SORO. Signor Presidente, credo che non sfugga a nessuno che, in questi giorni, l'uragano sui mercati finanziari sta sconvolgendo la vita del pianeta. In queste ore abbiamo avvertito la pronta sensibilità del Ministro dell'economia e delle finanze, che questa mattina ha convocato il comitato per la salvaguardia della stabilità finanziaria all'indomani della decisione del Congresso degli Stati Uniti, che ha in qualche modo ulteriormente aggravato la prospettiva per la finanza internazionale. Sappiamo che in queste ore quasi tutti gli italiani che hanno risparmi vivono con apprensione i dubbi sul proprio futuro. Abbiamo notato che la presidente della Confindustria italiana sta chiedendo a tutti un momento di riflessione e di pronta reazione, per attivare e conoscere quanto è possibile nel nostro Paese.
Sappiamo che ieri ed oggi importanti istituti bancari italiani hanno subito il pesante impatto di questa crisi finanziaria. Abbiamo letto in queste ore che l'amministratore delegato della FIAT esprime la certezza di un ineludibile impatto sulla principale industria italiana di questa crisi nei mercati internazionali. Sappiamo che tutti sono molto preoccupati, con eccezione del Ministro degli affari esteri Frattini, il quale, invece, ci rassicura sul futuro delle sorti italiane.
Signor Presidente della Camera, noi chiediamo se non sia il caso che il Parlamento italiano in queste ore abbia la possibilità di sentire dal Ministro dell'economia e delle finanze o dal Presente del Consiglio quale sia esattamente la valutazione che il Governo dà di questa condizione, e su questo avere un momento di incontro con il Parlamento.
Pensiamo che sia il minimo che un Parlamento democratico in questa situazionePag. 36debba e possa fare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

BRUNO TABACCI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, l'indicazione del collega Soro mi sembra molto ragionevole. D'altro canto sembra che il Parlamento italiano, occupandosi della sua ordinaria amministrazione, sia astratto rispetto a questioni che stanno imperversando sulla scena dell'economia mondiale, creando uno spazio di grande negatività, rispetto al quale l'idea che in queste ore il Ministro dell'economia e delle finanze continua a spiegarci, che noi in fondo non siamo toccati se non marginalmente, appare un'astrazione.
Noi saremo toccati, come è naturale che sia, dentro un processo che coinvolge l'economia americana, ma che conseguentemente avrà dei risvolti pesanti. Tra l'altro, da due trimestri siamo in presenza di un PIL negativo, quindi siamo, anche tecnicamente, in una fase di recessione. Non so come si possa pensare di non dedicare un'attenzione puntuale e precisa, anche per richiamare l'attenzione non solo dei mercati, ma anche di coloro che si occupano delle questioni economiche nel nostro Paese, dimostrando che la politica non è disattenta, non parla d'altro, non si occupa di cose meno importante e meno decisive.
Pertanto credo che la richiesta del collega Soro sia assolutamente motivata, e ad essa il gruppo dell'Unione di Centro si richiama (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

RENATO CAMBURSANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, ringrazio il presidente Soro della richiesta che ha fatto, alla quale mi associo a nome dell'intero gruppo dell'Italia dei Valori. Quello che sta accadendo fuori da quest'Aula non può non vederci coinvolti in un esame attento e puntuale. Nascondersi dietro affermazioni generiche, tipo che l'Italia non è toccata da eventi catastrofici che invece avvengono nel resto del mondo, significa avere una visione miope.
Basta ricordare, signor Presidente, onorevoli colleghi, che sono state nazionalizzate due grandi banche europee, la Fortis e la Dexia. Quest'ultima, come ricorderanno i colleghi, acquistò qualche anno fa la Crediop, che era uno dei terminali degli enti locali per l'erogazione di credito, di prestiti, così come Dexia è uno dei maggiori sottoscrittori di prestiti obbligazionari emessi dagli enti locali e dalle regioni.
Quali ricadute avranno simili provvedimenti? Si immagina un maxi-intervento da parte della Cassa depositi e prestiti: con quali risorse? Io credo che sia doveroso da parte del Governo venire immediatamente in Aula a riferire su come stiano andando le cose e, soprattutto, su quali provvedimenti si intendano intraprendere. Lo chiedono il Paese, i lavoratori, gli imprenditori, tutta la classe politica: il Governo, sordo rispetto a questi aspetti, ha il dovere di venire a riferirci (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Agli onorevoli Soro, Tabacci e Cambursano assicuro che la Presidenza riferirà al Governo quanto richiesto da parte delle opposizioni.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo 14 - A.C. 1441-bis-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'articolo premissivo Lo Monte 014.02.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Causi. Ne ha facoltà.

MARCO CAUSI. Signor Presidente, intervengo per manifestare molti dubbi non solo sul contenuto, ma soprattutto sul perché questa proposta emendativa siaPag. 37riferita all'articolo 14, essendo relativa alla questione della Banca del Mezzogiorno (una questione su cui questo Parlamento ha deliberato nell'ambito del decreto-legge n. 112 del 2008), mentre invece l'articolo 14 è relativo alla banda larga.
Non capiamo, quindi, come sia possibile che, all'interno dell'articolo 14, sia rimasta questa parte relativa alla Banca del Mezzogiorno: mi sembra che non c'entri.
Vogliamo ribadire, inoltre, che, nel merito, il Partito Democratico ha espresso un'opinione negativa nei confronti della proposta di prevedere questo nuovo istituto di tipo pubblicistico, perché ci sembra non tanto che non vi sia un grande bisogno di rafforzare gli strumenti del credito per le imprese del Mezzogiorno, quanto che non sia questo lo strumento più adatto.
Al di là del merito, abbiamo forti dubbi sulla coerenza della proposta emendativa in esame all'interno dell'attuale testo. Questo ci induce a preannunziare che esprimeremo un voto negativo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo premissivo Lo Monte 014.02, non accettato dalle Commissioni, né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 482
Votanti 478
Astenuti 4
Maggioranza 240
Hanno votato
9
Hanno votato
no 469).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Lo Monte 14.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Velo. Ne ha facoltà.

SILVIA VELO. Signor Presidente, l'emendamento Lo Monte 14.1 riguarda un tema strategico per il futuro del Paese, perché nell'articolo 14 si prevedono finanziamenti per 800 milioni di euro per l'infrastrutturazione della banda larga. Vi sono, pertanto, motivi di condivisione rispetto a questo tema, ma anche alcune perplessità, che abbiamo manifestato anche in Commissione trasporti, che si è espressa in sede consultiva.
In particolare, abbiamo manifestato dubbi sul fatto che questi finanziamenti venissero prelevati da fondi FAS, e quindi decurtati da altre poste di bilancio destinate agli investimenti per le aree sottoutilizzate. Abbiamo espresso perplessità rispetto al fatto che, nella stesura iniziale dell'articolo, prevalesse una visione centralistica nella definizione dell'utilizzo di queste risorse e della ripartizione dei fondi nei vari territori nazionali.
Con l'emendamento Lo Monte 14.1 si corregge questa impostazione, che noi non condividevamo e che, però, denuncia un'impostazione del Governo che, a parole, parla di federalismo e poi, nei fatti, assume sempre più spesso un atteggiamento centralista, anche laddove sarebbe bene che vi fosse una collaborazione con i territori. Con l'emendamento in esame si prevede che questi investimenti vengano programmati d'intesa con le regioni stesse, ossia che non vi sia solo una consultazione delle regioni, ma un'intesa con le regioni stesse e con i territori interessati.
Chiediamo che questa possa essere un'impostazione condivisa da tutti e, per questo motivo, il Partito Democratico si esprime a favore dell'emendamento Lo Monte 14.1 (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cimadoro. Ne ha facoltà.

GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, intervengo per dare valore e fiato all'appello che, prima di me, già l'onorevole Cambursano e l'onorevole Tabacci hanno rivolto sulla disastrosa situazione economica e finanziaria in cui versa l'Europa.Pag. 38
Purtroppo, credo che anche il nostro Paese sarà interessato da questo disastro, ma soprattutto mi preoccupa il silenzio del Ministro Tremonti o, comunque, le vaghe dichiarazioni, le stesse vaghe dichiarazioni del Governatore della Banca d'Italia.
Di fronte a un disastro tale, a un'economia che sta andando a rotoli e alla possibilità - e, credo, quasi la certezza, a questo punto - che anche l'Italia abbia questo contraccolpo, ritengo che sia urgente sospendere i lavori, affinché il Ministro dell'economia e delle finanze venga in Aula a riferire, non in merito a dichiarazioni, ma sulla situazione reale.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lo Monte 14.1, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 481
Votanti 479
Astenuti 2
Maggioranza 240
Hanno votato
221
Hanno votato
no 258).

Prendo atto che i deputati Pelino e Giacomoni hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario e che il deputato Graziano ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Lo Monte 14.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fiano. Ne ha facoltà.

EMANUELE FIANO. Signor Presidente, mi corre l'obbligo di esprimere il nostro parere favorevole su un emendamento che ritengo talmente ovvio che è difficile riconoscere la necessità di scriverlo. Questo emendamento chiede che venga rispettato l'articolo 17 del Regolamento CE n. 1083 dell'11 luglio 2006, nel quale vengono individuati i territori riconosciuti come aree sottoutilizzate, dove intervenire per superare il divario infrastrutturale. È evidente che l'individuazione di queste aree deve sottostare a questo Regolamento. Ovviamente, anche noi concordiamo con la necessità di corrispondere alle aree già individuate nel Regolamento e, pertanto, su questo emendamento esprimeremo un voto favorevole.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lo Monte 14.2, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 481
Votanti 478
Astenuti 3
Maggioranza 240
Hanno votato
223
Hanno votato
no 255).

Prende atto che la deputata De Pasquale ha segnalato di aver erroneamente espresso voto favorevole mentre avrebbe voluto astenersi.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 14.200 del Governo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lovelli. Ne ha facoltà.

MARIO LOVELLI. Signor Presidente, su questo emendamento esprimiamo una valutazione favorevole, perché evidentemente l'introduzione in questo iter di approvazione di un parere del CIPE è importante, tenendo conto che si tratta, con questo atto e con questa procedura, di mettere a disposizione e di individuare i destinatari di un pacchetto di finanziamenti molto significativo. Da questo punto di vista, voglio ricordare che proprio sull'argomento la IX Commissione ha in corso un'indagine conoscitiva, su cui ancora questa mattina abbiamoPag. 39ascoltato opinioni e interventi importanti, compreso quello di Telecom, e che sull'argomento l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha avviato una procedura, per poter entrare nel merito definitivo del problema della separazione della infrastruttura in capo a Telecom, in funzione dello sviluppo della banda larga. Penso che dobbiamo lavorare su questo, e quel compito che competerà, in attuazione di questa norma, agli organi individuati - quindi, naturalmente il CIPE deve avere un suo ruolo - è molto importante da sottolineare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, l'emendamento 14.2 del Governo è molto opportuno, perché la questione della banda larga è fondamentale per lo sviluppo, in Italia, di un'economia della conoscenza e della comunicazione ed è anche uno dei pilastri di quel processo di Lisbona, di cui per fortuna si sente parlare di meno, dopo che per tanto tempo ne abbiamo parlato, senza fare molto nel cammino della sua realizzazione.
Questa, invece, è un'iniziativa che effettivamente si iscrive nella realizzazione degli obiettivi del processo di Lisbona. Quindi, siamo lieti di vedere l'impegno del Governo su questo tema. Abbiamo, però, delle perplessità non da poco su questo emendamento, perché il testo originario era nettamente migliore dell'emendamento. Intanto, al secondo comma vi è il riferimento al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, che valutiamo anch'esso positivamente, perché consente una visione più organica della normativa e obbedisce a un buon principio di legislazione, che è quello di non disperdere le norme in una pluralità di interventi, ma di concentrarle nell'intervento specifico.
Successivamente, però, vediamo che una serie di provvedimenti importanti e, in qualche modo, complementari e migliorativi del comma 2, quello sulla finanza di progetto, scompaiono. Perché la finanza di progetto, in questo settore come in molti altri settori, in genere fa fatica a funzionare? Perché la finanza di progetto suppone una pubblica amministrazione capace di reggere con assoluto rigore un insieme di tempi; perché chi finanzia e finanzia tempo vuole vedere gli stati di avanzamento prima di finanziare la tranche successiva e tutto ciò che impedisce di proseguire secondo un processo temporale rigidamente definito è qualcosa che rende straordinariamente problematico e difficile camminare con la finanza di progetto. Vediamo che, invece, tutti gli elementi innovativi, contenuti soprattutto nel comma 4, scompaiono e non capiamo quali sono le ragioni per cui questo è avvenuto.
Oltre a ciò, forse, essendo questo un tema davvero di grandissimo rilievo per il futuro della nostra economia, poteva essere un'occasione per dire una parola più chiara riguardo al tema, già sollevato dall'onorevole che mi ha preceduto, della gestione o della separazione della proprietà della rete, o comunque della gestione della rete, dalla gestione del traffico che va sulla rete, che è condotto da diverse società che devono poter competere fra di loro. Anche su questo, nel provvedimento originario c'era qualcosa; con l'emendamento sostitutivo, tutto questo scompare. Bene, quindi, il riferimento al decreto legislativo n. 163 del 2006, fatto da un Governo di cui, fra l'altro, facevo parte, ma non capiamo le ragioni per le quali, invece, è venuta meno la regolamentazione successiva, che aveva molti aspetti positivi.
Per tali ragioni, su questo emendamento ci asterremo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 14.200 del Governo, accettato dalle Commissioni.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

Pag. 40

(Presenti 479
Votanti 461
Astenuti 18
Maggioranza 231
Hanno votato
459
Hanno votato
no 2).

Prendo atto che la deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole e che il deputato Tabacci ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Lo Monte 14.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Meta. Ne ha facoltà.

MICHELE POMPEO META. Signor Presidente, intervengo per sottolineare il nostro parere favorevole su un emendamento importantissimo. A questo proposito, voglio ricordare che, durante la discussione sulla manovra finanziaria, fu merito del PD, grazie ad emendamento a firma congiunta Causi e Boccia, consentire che l'85 per cento dei Fondi strutturali e dei Fondi FAS per il Mezzogiorno fossero messi in sicurezza per quegli investimenti.
Ora, questa norma sarebbe anche pleonastica, ma è bene votarla, perché, a fronte di un finanziamento di 800 milioni, un finanziamento pluriennale, è cosa utile che grande parte di questi finanziamenti siano destinati per infrastrutturare il Mezzogiorno, dove c'è un'offerta bassa e dove c'è la necessità di intervenire, anche per risolvere quello svantaggio nella creazione di reti materiali.
Riteniamo, nonostante che la norma - ripeto - sia già prevista (è nei regolamenti, è votata), che una manifestazione ulteriore di volontà vada nella direzione giusta e preghiamo maggioranza e Governo di concordare con noi questo altro atto positivo e mettere in campo un'azione non contraddittoria.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lo Monte 14.3, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 482
Votanti 479
Astenuti 3
Maggioranza 240
Hanno votato
222
Hanno votato
no 257).

Prendo atto che il deputato Razzi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Zaccaria 14.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, l'emendamento 14.4 è firmato da me per ragioni tecniche; in realtà apre una serie di emendamenti - sono sei - a proposito dei quali sono contenute alcune osservazioni nel parere del Comitato per la legislazione, parere dato, come lei sa, all'unanimità, come sempre succede. Questo parere faceva notare come ci fosse un problema di coordinamento tra il provvedimento in esame e il decreto-legge n. 112 del 2008. Vorrei fosse chiaro che siamo in presenza di un provvedimento un po' atipico: già lo si capisce da come si sta svolgendo il dibattito, non è facilissimo cogliere in ogni passaggio l'esatta portata degli emendamenti, figuriamoci del contenuto normativo. Dal mio punto di vista, più che una legge, questo sembra un vettore, una sorta di treno, al quale si aggiungono via via dei vagoni: credo che il Governo, dopo averlo presentato a luglio, vi abbia presentato diverse decine di emendamenti. Il disegno di legge in discussione è cioè un provvedimento che viene cambiato via via. Dico ai colleghi, perché questo è un elemento molto significativo, che avranno visto con stupore una dichiarazionePag. 41del Ministro Alfano nei giorni scorsi (il Ministro mi pare di non vederlo, forse è presente la sottosegretaria) che affermava con una certa enfasi: nei prossimi giorni approveremo la riforma del processo civile. Molti parlamentari mi hanno chiesto: dov'è la riforma del processo civile? Non la troviamo, non c'è un provvedimento che porti questo titolo; siamo in Parlamento e non lo sappiamo. Questa è una cosa singolare!
È a tal punto singolare, signor Presidente, che volevo sottolinearle come stamattina l'ultimo emendamento presentato, mi pare dal Governo o dal relatore, ma lo vedremo meglio in seguito, cambia il titolo del provvedimento: finalmente ci accorgiamo dal titolo che si parla anche di processo civile. È un collegato alla manovra finanziaria, che ha quella corsia preferenziale che sappiamo: lo stiamo esaminando con i tempi contingentati, e quindi in maniera molto drastica; ma nel contenuto, come in una specie di gioco di prestigio, una norma compare e una norma scompare. Questo è grave! Capisco che poi chi studierà tra vent'anni queste cose vedrà che sul provvedimento è scritto «riforma del processo civile», ma all'inizio non figurava neanche nel titolo: i colleghi della Commissione giustizia hanno dovuto venire nelle Commissioni bilancio e affari costituzionali a discutere quasi di soppiatto il provvedimento in esame. Credo che sarebbe almeno decoroso rispettare le indicazioni che vengono dal Comitato per la legislazione, che dice: almeno sopprimiamo i commi 2, 3 e 4, visto che c'è un incerto coordinamento con il decreto-legge n. 112 del 2008 che abbiamo già approvato; poi dopo, se si vorrà tornare sull'argomento, si potrà farlo, ma diventa un modo di legiferare che ritengo schizofrenico.
Concludo con queste parole il mio intervento: la soppressione ha un carattere tecnico. Da quello che è stato il parere dei relatori so che questo emendamento non verrà approvato, però voglio dire: guardiamo almeno a chi si occupa della qualità delle leggi con maggior rispetto.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Zaccaria 14.4, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 488
Votanti 484
Astenuti 4
Maggioranza 243
Hanno votato
219
Hanno votato
no 265).

Prendo atto che la deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare.
Passiamo alla votazione del subemendamento Borghesi 0.14.201.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, l'intendimento del subemendamento in esame è semplice: Telecom, quando esercitava in regime di monopolio, aveva fatto sviluppare sul territorio tutta una serie di imprese che, di fatto, erano dei satelliti che procedevano all'espletamento dei servizi tecnici di Telecom, compresa la posa delle reti.
Queste imprese, con la privatizzazione sono state lasciate improvvisamente nel mare in burrasca della concorrenza, che fa sicuramente bene, ma sono imprese che si sono specializzate ad operare sul territorio e che spesso hanno dimensioni ragguardevoli (in qualche altro caso, anche dimensioni minori). Il nostro intento era pertanto quello di dire che non vogliamo minimamente immaginare che non si faccia una gara in regime di concorrenza - ci mancherebbe -, ma chiedevamo che in queste gare si potesse prevedere, a parità di condizioni, la priorità per tali imprese, che sono presenti sul territorio indipendentemente dalla loro dimensione. Ciò potrebbe realmente consentire che l'intervento pubblico che andiamo a fare sulla banda larga dia sostegno all'occupazione ePag. 42allo sviluppo proprio nelle aree nelle quali si vanno a sviluppare questi investimenti e con le imprese che da tempo conoscono bene il territorio ed hanno finora già operato in questo settore.
Proprio dal punto di vista del sostegno pubblico, volevo però chiedere al Ministro Brunetta (approfittando della sua presenza, se il Ministro Brunetta mi ascolta solo un secondo) se sa che questa mattina il Governo ha presentato degli emendamenti al provvedimento al nostro esame che di fatto limitano, attutiscono o eliminano le responsabilità dei dirigenti della pubblica amministrazione, quando sbagliano, nei confronti dei cittadini che entrano in rapporto con la pubblica amministrazione stessa.
Era previsto che si intervenisse anche sulle loro indennità, ma gli emendamenti del Governo cancellano e limitano le responsabilità e limitano anche gli interventi sullo stipendio. Volevo allora capire se i «fannulloni» sono soltanto quegli impiegati ai quali lei, Ministro, ha deciso fin dal primo giorno di malattia di togliere parte dello stipendio, mentre per i dirigenti va sempre tutto bene (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico - Commenti di deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Borghesi 0.14.201.1, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 486
Votanti 483
Astenuti 3
Maggioranza 242
Hanno votato
219
Hanno votato
no 264).

Prendo atto che la deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 14.201 del Governo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lanzillotta. Ne ha facoltà.

LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, il Partito Democratico si asterrà su questo emendamento perché, pur condividendo il fatto che si intervenga in modo consistente a finanziare le reti a banda larga e l'infrastruttura telematica, innanzitutto non condivide sostanzialmente il fatto che questo intervento così strategico sia stato inserito in un provvedimento omnibus in cui, com'è emerso dalla discussione, è assai complesso cogliere tutte le implicazioni in termini di coordinamento con il sistema di regolazione delle reti di telecomunicazione.
Anche questo emendamento, che semplifica attraverso norme prescrittive quella che era originariamente una delega, lascia molte ombre e molti elementi non chiariti. Vi sono alcuni principi che condividiamo, quali il sostegno al project financing e il coinvolgimento delle regioni nella programmazione degli interventi (in particolare, delle regioni che sono interessate a tali interventi per la crescita economica in modo peculiare, in quanto regioni svantaggiate), e vi sono interventi che condividiamo sulla semplificazione procedurale per quanto riguarda la realizzazione delle reti telematiche. Tuttavia, resta molto incerto e molto vago il modo con il quale queste reti, realizzate con risorse pubbliche, si inseriranno e saranno regolate e gestite in un sistema ormai fortemente liberalizzato.
Inoltre, esprimo molto rammarico per il fatto che sia stato espresso parere contrario su un emendamento - il cui esame pertanto sarà precluso, sebbene mi auguro che il suo contenuto possa essere recepito - il quale prevedeva di accompagnare gli interventi con piani di formazione, perché se gli obiettivi non vengono accompagnati da un sostegno ai soggetti pubblici (amministrazioni regionali e locali) che li devono realizzare, gli interventi, alla fine, rimarranno sulla carta.Pag. 43
Raccomando pertanto il Governo di farsi carico della parte attuativa e delle implicazioni concrete che questi provvedimenti richiedono, altrimenti le regioni meridionali saranno lasciate a loro stesse ed i finanziamenti, alla fine, risulteranno inutilizzati (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 14.201 del Governo, accettato dalle Commissioni.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 485
Votanti 271
Astenuti 214
Maggioranza 136
Hanno votato
268
Hanno votato
no 3).

Prendo atto che i deputati Argentin e Berardi hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere il voto.
Sono conseguentemente preclusi gli emendamenti Borghesi 14.5 e Lanzillotta 14.6.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 14, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 486
Votanti 272
Astenuti 214
Maggioranza 137
Hanno votato
270
Hanno votato
no 2).

Prendo atto che la deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare e che i deputati Lehner e Pelino hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole. Prendo altresì atto che la deputata Farina Coscioni ha segnalato di aver erroneamente espresso voto favorevole mentre avrebbe voluto astenersi.

(Esame dell'articolo 19 - A.C. 1441-bis-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 19 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 1441-bis-A).
Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Amici. Ne ha facoltà

SESA AMICI. Signor Presidente, entriamo nel vivo di una discussione che ci ha appassionato nonostante le contraddizioni che questo collegato presenta e il tentativo di persuasione svolto dal sottosegretario Vegas, che ci ha accompagnato nel percorso. È del tutto evidente che qui non siamo di fronte ad un unicum in grado di riunire il collegato con le disposizioni della legge finanziaria, ma siamo esattamente di fronte a una parcellizzazione, avvenuta anche con tecniche legislative di cui hanno dato ampio conto i colleghi intervenuti nella discussione sulle linee generali.
In particolare, l'articolo 19 e le proposte emendative ad esso presentate sollevano un tema che vorrei che quest'Aula avesse la pazienza di ascoltare per comprendere anche ciò che hanno espresso le Commissioni di merito nel loro lavoro, fin qui troppo mortificato. La Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici ha sottolineato che, da un lato, il ricorso alle centrali di committenza è previsto dalle direttive comunitarie del 2004 ed è stato giustamente ripreso all'articolo 33 del codice di contratti pubblici come una facoltà per le stazioni appaltanti e per gli enti aggiudicatori; dall'altro lato, il ricorso obbligatorio alle centrali di committenza previsto per gli appalti di servizi e forniture attraverso la disciplina relativa alla Consip (introdotto con la legge finanziariaPag. 44per il 2001) non ha prodotto i risultati attesi. Questa affermazione deriva dal fatto che dobbiamo partire dalla constatazione che in Italia gran parte dei comuni sono dei piccoli comuni. Abbiamo dovuto introdurre questa disciplina, non sempre con la giusta attenzione, affinché ci fosse un rispetto dell'efficacia e dell'efficienza dei servizi nei confronti dei cittadini e ci fosse la possibilità per i piccoli comuni di favorire le unioni comunali. Questo provvedimento, stabilendo una serie di elementi sanzionatori, disincentiva l'unione dei piccoli comuni. Ci troviamo, dunque, di fronte al paradosso di un Governo che fa del federalismo la sua bandiera e che, di fronte all'autonomia e alla capacità degli enti locali di autodeterminarsi, invece di rispettarli e di accompagnarli in tale percorso, immette nella procedura degli appalti pubblici un elemento di eccessiva centralizzazione. Ciò avverrà a danno anche di quei comuni che, per le proprie di dimensioni, avranno difficoltà di programmare opere di intervento di ordine pubblico relative alla propria comunità locali.
Credo che questo parere, come quello della Commissione affari regionali, testimoni una contraddizione di fondo cui dovete dare una risposta. Quando si predispongono collegati di questo tipo, ci si impedisce oggettivamente di entrare nel merito e di assumere, su un tema così importante, decisioni di buon senso e di efficacia per la pubblica amministrazione. Molte delle proposte emendative sottoposte alla vostra attenzione hanno questo spirito. La capacità oggi di ragionare su un tema così importante riguarda uno degli elementi che costituisce la competitività del Paese e ciò non a parole, ma nell'atto di costruire politiche pubbliche (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere delle Commissioni.

MASSIMO ENRICO CORSARO, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, le Commissioni esprimono parere contrario sugli emendamenti Mariani 19.1 e Lo Monte 19.2, mentre esprimono parere favorevole sull'emendamento Calabria 19.3. Le Commissioni esprimono altresì parere contrario sull'emendamento Zaccaria 19.4, sugli identici emendamenti Misiani 19.5, Borghesi 19.6 e Giudice 19.7 e sugli articoli aggiuntivi Lanzillotta 19.01 e Borghesi 19.02.
Le Commissioni raccomandano infine l'approvazione del proprio emendamento 19.300.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore, salvo per quanto riguarda l'emendamento Calabria 19.3, il cui testo probabilmente potrebbe limitarsi alle seguenti parole: «di cui al comma 5 dell'articolo 6», senza dunque riportare la restante parte, che in realtà è una ripetizione.

PRESIDENTE. Quindi, sottosegretario Vegas, il parere del Governo sull'emendamento Calabria 19.3 è favorevole se riformulato nel senso da lei richiamato?

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Sì, signor Presidente, il parere è favorevole se riformulato nel senso descritto, quindi in sostanza è favorevole limitatamente alla prima riga del testo dell'emendamento.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Mariani 19.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mariani. Ne ha facoltà.

RAFFAELLA MARIANI. Signor Presidente, sull'emendamento in esame avevamo posto numerose questioni, a partire dal parere che la VIII Commissione aveva espresso all'unanimità e che riteniamo grave che oggi non sia stato tenuto in considerazione. Infatti, in quel parere,Pag. 45considerato che la nostra Commissione è stata interpellata solo in via consultiva e non per competenza diretta, era stata espressa la richiesta al Governo di stralciare il tema di questo emendamento, ritenendo che sull'articolo 19, riguardo alla questioni dei contratti dei lavori pubblici e per la competenza che faceva riferimento ad argomenti del codice dei contratti dei lavori pubblici, si potesse tornare anche con l'intervento delle Commissioni direttamente competenti.
Credo che anzitutto vada messo in rilievo il fatto che un parere della Commissione competente sia completamente disatteso dalle considerazioni del Governo e del Comitato dei diciotto, ma inoltre avevamo fatto presente (anche condividendo il punto con la maggioranza in quella discussione) l'inesatta - dal nostro punto di vista - assimilazione del tema dei lavori pubblici a quello dei servizi e delle forniture. Il fatto che in questa disciplina si volessero in qualche modo assimilare i contratti che riguardano lavori pubblici a quelli che riguardano forniture e servizi rappresenta un elemento di superficialità e suscita diverse interpretazioni. Abbiamo svolto una discussione di recente sul codice dei contratti e avremmo anche avuto modo, in quell'ambito, di modificare alcune questioni che in quel contesto potevano essere messe in rilievo dal Governo e da chi aveva sollevato il tema; tuttavia, tornare su tale tema attraverso un meccanismo di collegati che non interessano direttamente le Commissioni competenti ci sembra un'esagerazione, anche perché da più parti si sono sollevati dubbi circa questa norma.
Le considerazioni degli enti locali, delle regioni e anche delle imprese tendono a sottolineare che, seppure nella ricerca dell'efficienza e della maggiore velocità nella gestione dei contratti degli appalti, si assimilano questioni molto differenti tra loro e che ciò può dare luogo ad interpretazioni che non vanno sempre nella direzione dell'efficienza e della riduzione dei tempi, ma che, in alcuni casi, comportano una soluzione più centralistica e, secondo noi, meno corretta, della gestione di questioni che riguardano la progettazione e l'appalto di lavori importanti.
Si deve anche sapere che nella discussione che stiamo svolgendo a livello politico, ma anche nella ridefinizione di alcune regole, interessa a tutti che vi sia maggiore efficienza e semplificazione, ma nello stesso tempo interessa anche che vi sia trasparenza, correttezza e la capacità di controllo e di vigilanza. Purtroppo, in questi primi mesi, abbiamo assistito molte volte, invece, quasi ad una leggerezza e ad un desiderio di non curare questi aspetti, rendendo tutto molto più agile attraverso il pretesto della velocità delle procedure.
Vorremmo che si tenesse presente che un rallentamento delle procedure, invece, potrebbe originarsi da un meccanismo che non è ancora chiaro: definire centrali di committenza non in modo facoltativo, come più volte era stato individuato anche dalle norme precedenti. Anche nel codice dei contratti tale facoltatività era stata indicata e numerose regioni del nostro Paese avevano anche stabilito la possibilità che molti enti potessero associarsi per rendere le centrali di committenza più efficaci ed efficienti. In questo caso, invece, la facoltatività è termine inesatto, in quanto le ammende provocano l'obbligatorietà.
Riteniamo che su questo aspetto vi debba essere un'ulteriore riflessione e continuiamo a non capire perché vi sia da parte del Governo il desiderio di andare avanti senza considerare la specificità dell'argomento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mariani 19.1, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

Pag. 46

(Presenti 486
Votanti 454
Astenuti 32
(Maggioranza 228
Hanno votato
190
Hanno votato
no 264).

Prendo atto che i deputati Argentin, Lovelli, Leoluca Orlando e Paladini hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Lo Monte 19.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Braga. Ne ha facoltà.

CHIARA BRAGA. Signor Presidente, intervengo sull'emendamento Lo Monte 19.2 riprendendo in gran parte le osservazioni precedenti. In particolare, tale proposta emendativa prevede la possibilità di agire per la formazione delle centrali di committenza anche in deroga alle disposizioni della legge 24 dicembre 2007, n. 244. In realtà, però, vorrei porre in evidenza e sottolineare in modo particolare che il mantenimento dell'articolo 19 all'interno di questo disegno di legge rappresenta un elemento di forte criticità rispetto al quale anche i piccoli comuni hanno manifestato diverse perplessità.
La centralizzazione della gestione degli appalti in un campo delicato come quello dei lavori pubblici sappiamo che non è sempre garanzia di qualità e di rispetto delle specificità delle singole amministrazioni. In alcuni casi, essa ha prodotto anche effetti deleteri e, comunque, non rispondenti agli obiettivi che, invece, avevamo posto all'interno del parere elaborato nella Commissione VIII e che richiedeva un ulteriore lavoro di approfondimento e di confronto anche con le amministrazioni e con il sistema delle rappresentanze locali, proprio al fine di non andare ad appesantire una procedura che limita in maniera eccessiva le attività di pianificazione e di gestione degli appalti dei piccoli comuni. Per questi motivi, esprimeremo un voto contrario sull'emendamento in questione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lo Monte 19.2, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 485
Votanti 481
Astenuti 4
Maggioranza 241
Hanno votato
9
Hanno votato
no 472).

Prendo atto che la deputata Argentin non è riuscita a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 19.300 delle Commissioni, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 465
Votanti 461
Astenuti 4
Maggioranza 231
Hanno votato
453
Hanno votato
no 8).

Prendo atto che i deputati Cera, Argentin e Monai hanno segnalato che non sono riusciti a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Calabria 19.3, sul quale il Governo ha proposto una riformulazione.

MASSIMO ENRICO CORSARO, Relatore per la V Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO ENRICO CORSARO, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente,Pag. 47le Commissioni concordano sulla riformulazione proposta dal Governo dell'emendamento Calabria 19.3, nel senso di sopprimere le parole da: «del Codice dei contratti» fino alla fine dell'emendamento, per non citare nuovamente il Codice, che viene già citato nell'alinea dell'articolo.

PRESIDENTE. Onorevole Calabria, accetta la proposta di riformulazione del suo emendamento 19.3, formulata dal Governo e dalle Commissioni?

ANNAGRAZIA CALABRIA. Sì, signor Presidente, accetto la riformulazione.

PRESIDENTE. Sta bene.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Margiotta. Ne ha facoltà.

SALVATORE MARGIOTTA. Signor Presidente, colleghi deputati, la collega Mariani ha espresso bene il punto di vista generale non solo del gruppo del Partito Democratico, ma dell'intera Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici in relazione all'articolo 19 e agli emendamenti di cui stiamo discutendo.
Il nostro punto di vista è che il tema delle infrastrutture, dei lavori pubblici e dei servizi sia davvero centrale e cruciale nella vita del Paese e lo sia dal punto di vista dell'economia, dell'efficienza del sistema Paese e dell'unità della stessa nostra nazione. Ancora di più, per certi versi, sono temi cruciali sotto il profilo della sicurezza, della legalità e della trasparenza.
Ben altro approfondimento richiederebbero ed avrebbero richiesto questioni così delicate quali le centrali di committenza. Di qui appunto la richiesta della nostra Commissione, nel parere, di non occuparsi in questa sede delle questioni e di stralciarle.
Devo dire che è la seconda volta nella quale, occupandoci di lavori pubblici e di forniture, occupandoci di codice degli appalti, subiamo in qualche modo una delusione dal Governo: nello stesso iter di discussione sulla terza revisione del codice degli appalti, la nostra Commissione aveva posto una serie di condizioni e ha avanzato una serie di osservazioni, un lungo lavoro - peraltro anche lì realizzato insieme e sostanzialmente di concerto tra maggioranza ed opposizione - del tutto disatteso dal Governo. La sensazione è che si proceda velocemente, con superficialità e anche con approssimazione, evitando un chiaro, netto, serio e concreto confronto nel merito delle questioni.
Le centrali di committenza, tra l'altro, rischiano di toccare un equilibrio che deve essere sempre più delicato e che dovrebbe essere perfetto tra poteri dello Stato centrale e poteri delle regioni e dei comuni, anche dei piccoli comuni; anche sotto questo punto di vista il tema avrebbe meritato ben altra discussione e ben altro approfondimento.
Nel merito dell'emendamento in esame, esso sostanzialmente recepisce normative comunitarie e dunque ci asteniamo, perché, pur non disprezzando la formulazione dell'emendamento sottoposto alla nostra attenzione, esprimiamo, attraverso il voto di astensione, la nostra assoluta contrarietà a trattare questi temi, in questa sede e in questo modo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Calabria 19.3, nel testo riformulato, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 488
Votanti 322
Astenuti 166
Maggioranza 162
Hanno votato
316
Hanno votato
no 6).

Prendo atto che la deputata Ferranti ha segnalato di non essere riuscito a votare mentre avrebbe voluto astenersi e che ilPag. 48deputato Orsini ha segnalato di aver erroneamente espresso voto contrario mentre avrebbe voluto esprimere uno favorevole.
Prendo altresì atto che i deputati Colombo e De Pasquale hanno segnalato di aver erroneamente espresso voto favorevole mentre avrebbero voluto astenersi.
Prendo atto che la deputata Argentin ha segnalato di non essere riuscita a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Zaccaria 19.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Duilio. Ne ha facoltà.

LINO DUILIO. Signor Presidente, anche l'emendamento in esame, come ha già detto il collega Zaccaria, recepisce un'osservazione del Comitato per la legislazione, che appunto suggerisce di inserire quanto è previsto nel comma in esame all'interno della sede propria, da novellare, che è la legge n. 468 del 1978. Può apparire una questione eccessivamente tecnica, però va considerata la delicatezza di una normativa che non può essere innovata da una parte e dall'altra, in un modo un po' anarchico, se così posso dire.
Tale comma dice sostanzialmente che l'ammontare della quota premiale che spetta alle regioni che hanno introdotto, nella loro legislazione, disposizioni che rendano effettivo il ricorso alle procedure gestite da centrali di committenza, viene collocato nella disposizione contenuta nel DPEF. Però il DPEF, a sua volta, è previsto nella legge n. 468 del 1978, per cui sostanzialmente qui si interviene affermando che la sede propria in cui inserire la disposizione in esame - e dunque questo ulteriore contenuto del DPEF - è la legge n. 468 del 1978.
Quindi, essendo una questione tecnica e normativa che ritengo oggettiva, credo che sia il relatore sia il rappresentante del Governo potrebbero forse accogliere l'emendamento in esame, piuttosto che respingerlo, proprio perché muove nella linea di una legislazione più corretta e più trasparente.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Zaccaria 19.4, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 479
Votanti 474
Astenuti 5
Maggioranza 238
Hanno votato
218
Hanno votato
no 256).

Prendo atto che il deputato Barbareschi ha segnalato di non essere riuscito a votare contro e che i deputati Realacci e Argentin hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Misiani 19.5, Borghesi 19.6 e Giudice 19.7.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Naccarato. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO NACCARATO. Signor Presidente, questi emendamenti si propongono di sopprimere quattro capoversi dell'articolo 19, in particolare i capoversi 3-septies, 3-octies, 3-novies e 3-decies, e hanno l'obiettivo molto semplice di migliorare il testo che è stato proposto, in particolare su un punto che è oggetto della discussione politica di questi mesi.
Si parla tanto, infatti, di federalismo, di autonomia degli enti locali, di responsabilità delle amministrazioni locali e poi, quando il Parlamento è chiamato a legiferare come in questo caso, si prendono provvedimenti che vanno in direzione diametralmente opposta rispetto a quanto si dice da più parti. Nel caso in questione, infatti, si limita grandemente l'autonomia dei comuni, in particolare dei comuni più piccoli. Non a caso il meccanismo che si è immaginato relativamente alla committenza unificata rispetto ai lavori pubblici e ai lavori di fornitura ha dato risultati molto modesti da quando si è iniziato adPag. 49applicarlo; ciò è avvenuto soprattutto perché non si è previsto di poterlo fare, aumentando il senso di responsabilità e di autonomia delle amministrazioni locali.
Le colleghe Amici e Mariani hanno spiegato molto bene perché tale meccanismo non sia riuscito a funzionare e si sono richiamate (sarebbe interessante se tutto il Parlamento lo facesse con attenzione) ai pareri che le Commissioni di merito hanno espresso. Si tratta, in particolare, della Commissione VIII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali. Ebbene, queste Commissioni, analizzando nel dettaglio le previsioni relative al presente articolo, hanno indicato la possibilità che si possa ricorrere alle sanzioni previste soltanto quando venga meno il controllo della committenza degli organi regionali. Io ritengo che questo punto vada valutato con attenzione, altrimenti rischiamo di introdurre dei meccanismi di tipo centralistico che non consentono di sviluppare davvero le competenze presenti negli enti locali.
Desidero svolgere un'altra considerazione, signor Presidente. Dobbiamo considerare che questo articolo introduce una disciplina troppo rigida per gli enti locali, limitando in maniera eccessiva l'attività di pianificazione degli appalti nei piccoli comuni. Anche tale aspetto merita di essere considerato con attenzione, perché se non diamo la possibilità di pianificare le attività per gli appalti ai comuni che hanno competenza per farlo, il rischio vero è che venga meno una forma di controllo che funziona molto bene: penso soprattutto agli enti che funzionano meglio e che hanno prodotto risultati importanti senza dover ricorrere a questi meccanismi eccessivamente sanzionatori.
Per questo motivo ritengo che, anziché fingere di affrontare la questione della trasparenza nella pubblica amministrazione, dell'efficienza e della competitività, sarebbe opportuno sopprimere i capoversi che abbiamo indicato e dare la possibilità ai comuni in maniera autonoma di pianificare le proprie attività relative agli appalti pubblici e agli appalti relativi alle forniture di servizi. Per questo motivo preannunzio l'espressione del voto favorevole sull'emendamento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Misiani 19.5, Borghesi 19.6 e Giudice 19.7, non accettati dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 475
Votanti 471
Astenuti 4
Maggioranza 236
Hanno votato
218
Hanno votato
no 253).

Prendo atto che le deputate Argentin e Zamparutti hanno segnalato che non sono riuscite a votare e che il deputato Sisto ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'articolo 19.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mariani. Ne ha facoltà.

RAFFAELLA MARIANI. Signor Presidente, pongo un problema politico ma anche di carattere regolamentare. Vorrei leggerle il parere che la VIII Commissione all'unanimità ha espresso. Esso chiede che sia soppresso l'articolo 19, ovvero siano soppressi, quanto meno, i commi da 3-septies a 3-undecies del medesimo articolo 19; infatti, in caso di loro approvazione, essi potrebbero rappresentare una disciplina eccessivamente rigida per gli enti locali che limiterebbe in misura eccessiva soprattutto le attività di pianificazione degli appalti dei piccoli comuni.
Desidero sottolineare questo aspetto fino in fondo e voglio anche ricordare che - relativamente ai lavori pubblici - rendere di fatto obbligatorio il ricorso aPag. 50centrali di committenza ha forti probabilità di determinare una serie di inconvenienti. Tra di essi, individuiamo anche il rallentamento delle procedure (a differenza di ciò che invece si sbandiera), considerato che, in materia di lavori pubblici, è abbastanza difficile standardizzare gare e ricavarne effetti proficui.
Come hanno sottolineato coloro che mi hanno preceduto, vi è poi una limitazione dell'autonomia degli enti locali.
L'attività di questi enti locali non sembra possa essere preventivamente indirizzata da una legge statale che tenda a generalizzare e a spostare funzioni ad un altro ente.
Mi meraviglio che esponenti autorevoli, soprattutto della Lega Nord, non abbiamo niente da dire in ordine all'accentramento delle centrali di committenza che tolgono, in un certo senso, autonomia ai comuni. Oggi si discute di mille questioni, ma naturalmente il tema delle gare in ordine ai lavori pubblici è sicuramente una delle questioni che richiede agli enti locali la maggiore responsabilità e anche la maggiore capacità di pianificazione.
Riteniamo che tutto ciò - che d'altronde facoltativamente era già previsto dal codice degli appalti - potesse anche rispondere ad esigenze che in alcune regioni del nostro Paese erano volte a contrastare le infiltrazione malavitose, a garantire maggiore trasparenza nelle procedure di gara e a sopperire anche a carenze organizzative degli enti. La facoltatività rispondeva a queste esigenze e, dal nostro punto di vista, è molto grave che oggi si voglia di nuovo mettere di fronte l'indicazione dello Stato centrale con scelte che le regioni e i comuni avevano già effettuato e rispetto alle quali disponevano legittimamente della responsabilità e della competenza. Ritengo che tale aspetto debba essere sottolineato con forza.
Si parla di federalismo e vorrei sapere rispetto a tutto quello che stiamo trattando - penso alle dichiarazioni sul piano della casa, alle questioni che riguardano l'edilizia scolastica, alla scelta delle centrali di committenza sopra la testa di comuni e regioni - come potremo declinare una discussione sul federalismo che sia corretta e che tenga presente anche le esigenze degli enti locali e delle regioni stesse (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 19, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 482
Votanti 451
Astenuti 31
Maggioranza 226
Hanno votato
269
Hanno votato
no 182).

Prendo atto che il deputato Cazzola ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che la deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Lanzillotta 19.01, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 482
Votanti 469
Astenuti 13
Maggioranza 235
Hanno votato
136
Hanno votato
no 333).

Prendo atto che la deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare.
Prendo altresì atto che il deputato Colombo ha erroneamente espresso voto contrario mentre avrebbe voluto esprimerne uno favorevole, che il deputato Pes ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole e che il deputatoPag. 51Realacci ha segnalato che ha erroneamente espresso voto contrario mentre avrebbe voluto esprimerne uno favorevole.
Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Borghesi 19.02.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, con l'articolo aggiuntivo in esame chiediamo una serie di interventi. In particolare, si mira a far cessare gli affidamenti diretti di servizi pubblici locali entro e non oltre il 31 dicembre del 2009; si prevede il ricorso (ma solo in particolari situazioni) all'affidamento in house, ma in questi casi l'ente locale deve motivare la propria scelta attraverso un'analisi di mercato, confrontandola con un'offerta privata da trasmettere all'Antitrust e all'Autorità di settore. A queste ultime è concessa anche la facoltà di adottare provvedimenti inibitori.
Nell'articolo aggiuntivo in esame prevediamo anche che i soggetti già titolari della gestione di servizi pubblici locali in Italia non possono acquisire la gestione di ulteriori servizi e, se già esistenti, prevediamo che questi ulteriori servizi o attività cessino entro e non oltre il 31 dicembre 2009. Nel caso in cui tali gestioni siano svolte attraverso società controllate o partecipate, i soggetti titolari delle relative partecipazioni devono dismetterle entro 12 mesi dall'entrata in vigore della legge. Ovviamente, si fanno salvi gli effetti di queste dismissioni con riguardo al rispetto del patto di stabilità interno.
Infine, attraverso l'articolo aggiuntivo in esame prevediamo che i bacini di gara abbiano un minimo di soglia dimensionale costringendo così i comuni contermini, che appartengono alla stessa provincia e con una popolazione inferiore ai cinquemila abitanti, ad unirsi in modo da raggiungere un'utenza minima di ventimila abitanti.
Pensiamo che ventimila abitanti siano la soglia minima al di sotto della quale gestire servizi pubblici locali non ha senso, se non a discapito di quei cittadini che finiscono o finiranno per pagare di più i servizi.
In questo senso abbiamo proposto l'articolo aggiuntivo in esame, ma soprattutto perché, se realmente vi deve essere liberalizzazione anche in questo settore, liberalizzazione sia, e non si mantengano in piedi entità ed enti che spesso finiscono con l'aggravare i costi per i cittadini in un momento nel quale già le famiglie fanno fatica ad arrivare alla fine del mese.
È di ieri la notizia che scatteranno da domani (o dopodomani) nuovi aumenti tariffari nei settori di questo tipo, in particolare nei servizi elettrici e del gas. Pertanto, credo che, se si vuole realmente avere un effetto competitivo, la liberalizzazione debba essere effettiva, e non fare in modo che, quando fa comodo avere quattro posti da regalare agli amici nei consigli d'amministrazione, allora si mantiene tutto inalterato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lanzillotta. Ne ha facoltà.

LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, nell'annunciare anche il voto favorevole del nostro gruppo sull'articolo aggiuntivo Borghesi 19.02, che tenta di introdurre qualche seppur marginale miglioramento al testo approvato del decreto-legge n.112 del 2008 sui servizi pubblici locali - che pure dovrà essere oggetto, credo, di un intervento più ampio - vorrei ritornare, visto che forse è sfuggita la mia richiesta di intervento, sul mio articolo aggiuntivo 19.01, su cui la posizione del nostro gruppo è favorevole, per richiamare l'attenzione del Governo.
Infatti, si tratta di una proposta che tende a ridurre i costi della pubblica amministrazione non attraverso dei puri tagli lineari, ma facendo efficienza e trasparenza e, soprattutto, correggendo quelle parti del codice dell'amministrazione digitale che hanno fin qui impedito una trasformazione del funzionamento dell'amministrazione pubblica dal modo tradizionale all'amministrazione digitale.
Questo articolo aggiuntivo tende a rendere obbligatorio lo svolgimento on-line delle gare degli appalti pubblici. Sarebbe il minimo, credo, da prevedere, visto che nell'articolo precedente si è prevista la centralizzazione,Pag. 52da parte di soggetti come le centrali di acquisto, nello svolgimento delle gare. Quindi, credo che la digitalizzazione di questi procedimenti renda più efficienti, ma anche molto più trasparenti, le modalità di svolgimento delle procedure di acquisto.
Inoltre, forse questo contribuirebbe a farci un po' avanzare in quelle classifiche sulle amministrazioni digitali e sull'innovation scoreboard internazionale dove noi siamo sempre fanalino di coda. Mi spiace che il Ministro Brunetta non ci sia perché credo questo dovrebbe essere un intervento elementare nel suo piano di modernizzazione dell'amministrazione pubblica.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Galletti. Ne ha facoltà.

GIAN LUCA GALLETTI. Signor Presidente, intervengo solo per dichiarare il nostro voto favorevole su questa proposta emendativa. Però, vogliamo anche rilevare, contestualmente, come su una materia importante come quella dei servizi pubblici locali e della loro liberalizzazione stiamo legiferando in maniera sclerotica.
Abbiamo introdotto un articolo 23-bis nel decreto-legge n. 112 del 2008 che era stato estratto proprio da questo provvedimento (infatti lo trovate soppresso nel provvedimento che stiamo esaminando) e abbiamo fatto un passo indietro rispetto alla liberalizzazione che già esisteva in questo Paese.
Allora, rivolgo davvero un appello a questa maggioranza perché nel vostro programma era esplicitata in maniera chiara la liberalizzazione dei servizi pubblici locali. Oggi non abbiamo fatto ancora niente. Con questo articolo aggiuntivo faremo un piccolo passo in avanti e dobbiamo farne ancora molti.
Chiedo davvero di votare questo articolo aggiuntivo per compiere un primo passo con l'impegno, successivamente, di rivedere tutta la materia prevedendo una vera liberalizzazione che vada incontro soprattutto al bisogno degli utenti di avere tariffe minori e qualità del servizio maggiore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Borghesi 19.02, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 477
Votanti 474
Astenuti 3
Maggioranza 238
Hanno votato
208
Hanno votato
no 266).

Prendo atto che i deputati Anna Teresa Formisano e Compagnon hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che la deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare.
Avverto che sono state ritirate le proposte emendative Luciano Dussin 30.21 e Montagnoli 30.25.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15 con il seguito dell'esame del provvedimento.

La seduta, sospesa alle 13,45, è ripresa alle 15,05.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Bongiorno, Brancher, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Caparini, Cesa, Cosentino, Cossiga, Cota, Donadi, Gelmini, Lo Monte, Meloni, Roccella, Romani, Soro, Urso, Valducci, Vegas e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Pag. 53

Si riprende la discussione.

PRESIDENTE. Riprendiamo il seguito della discussione del disegno di legge n. 1441-bis-A: Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria.
Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta è stato respinto da ultimo l'articolo aggiuntivo 19.02.

(Esame dell'articolo 25 - A.C. 1441-bis-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 25 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 1441-bis-A).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere delle Commissioni.

MASSIMO ENRICO CORSARO, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, le Commissioni esprimono parere contrario sugli emendamenti Zaccaria 25.1, Zaccaria 25.2, nonché sull'emendamento Borghesi 25.3.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore. Si ritiene in particolare che l'articolo 25 non vada modificato, perché è uno degli articoli fondamentali per quanto riguarda l'impostazione complessiva di questo provvedimento, perché la chiarezza dei testi normativi dovrà essere anche la base del nuovo rapporto tra cittadino e pubblica amministrazione.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Zaccaria 25.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.
Prendo atto che l'onorevole Zaccaria rinuncia al suo intervento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, abbiamo ascoltato i pareri sugli emendamenti del relatore e del Governo. Mi sembra che abbiamo già affrontato due articoli importanti di questo provvedimento collegato alla manovra di finanza pubblica. Ritengo peraltro in questa fase, Presidente, visto che stanno terminando i lavori delle Commissioni, alcune delle quali stanno chiudendo adesso, che potremmo, al di là del merito del testo, procedere ad un'eventuale verifica sulla conclusione dei lavori delle Commissioni, per permettere ai colleghi di essere in Aula e di poter esprimere il proprio voto su questo articolato e su questi emendamenti.
L'emendamento Zaccaria 25.1 è un emendamento soppressivo, riguarda sostanzialmente la materia della chiarezza dei testi normativi. Abbiamo avuto una lunga discussione sul fatto che ci sia o meno una competenza della Commissione giustizia in materia; la questione è stata affrontata dalle Commissioni I e V, e mi sembra che siano stati fugati tutti i punti che potevano essere sollevati al riguardo, sia in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo sia in Aula. È stato affrontato questo provvedimento collegato, importante in quanto ha una data certa entro la quale il Parlamento deve pronunciarsi; esso ha anche una valenza economica importante.
Chiaramente, la velocità della giustizia, la celerità e la certezza dei tempi e il meccanismo di funzionamento della pubblica amministrazione - nel caso specifico della giustizia come servizio al cittadino e alla pubblica amministrazione - sono aspetti che, nella nostra società, attengono anche all'economia del sistema. È per questo che, tutto sommato, garantire tempi certi per la giustizia e abbreviarne i tempi ha un valore, anche economico, importante: dà certezza alle imprese, agli operatori finanziari e a chiunque decida di investire nella nostra economia, pur provenendo da sistemi giuridici diversi, in cui i tempi della giustizia sono più certi e iPag. 54meccanismi di decisione sono più chiari e rapidi.
Da questo punto di vista, è evidente che sono stati dati dal Governo segnali importanti nella formulazione del provvedimento collegato in esame, in cui si danno tempi certi alla giustizia, il cui sistema viene riformato.
Un altro segnale importante che credo sia il caso di sottolineare in quest'Aula è quello che riguarda la presenza del Ministro Alfano che, al termine della discussione sulle linee generali del provvedimento, ha avuto modo di offrire al Parlamento una replica importante e puntuale sulle obiezioni che, in parte, sono state sollevate da diversi colleghi in ordine al provvedimento che stiamo affrontando, ma anche su alcune proposte formulate.
Il Ministro Alfano ha avuto la capacità di delineare il quadro di una giustizia in ordine alla quale in questo Parlamento, troppo spesso, si è parlato soltanto per alcuni aspetti di natura penale o istituzionale; si è sempre rimproverato alla politica di avere un approccio autoreferenziale rispetto al tema della giustizia. In questo caso, invece, si tratta evidentemente della giustizia comune, che riguarda il cittadino e la vita di tutti i giorni, di quella giustizia che, quando è efficiente ed efficace e ha tempi certi e scadenze precise e concrete, evidentemente aiuta il sistema a funzionare meglio. Non si parla della giustizia con la «g» maiuscola, della giustizia di qualche giustiziere vendicatore, di qualcuno che «avvampa di eccitazione al tintinnar di manette». Si tratta della giustizia che deve essere un servizio di pubblica amministrazione: chi lavora nell'ambito della giustizia deve essere pagato bene (guarda caso anche questo è un provvedimento del Governo Berlusconi). Coloro che affrontano situazioni difficili nelle sedi disagiate, evidentemente, devono essere gratificati, valorizzati e incentivati.

PRESIDENTE. Onorevole Baldelli, la prego di concludere.

SIMONE BALDELLI. Evidentemente, si tratta di un servizio che deve funzionare, come devono funzionare tutti gli altri elementi che attengono alla pubblica amministrazione.
Per questo motivo, credo che con buonsenso il relatore e il Governo stiano cercando di esprimere pareri conformi al mantenimento dell'impianto originario del provvedimento in esame, che riteniamo assolutamente condivisibile (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Onorevole Baldelli, in merito al suo quesito, le Commissioni hanno terminato il loro lavoro o sono state comunque sconvocate.

ANNA MARIA BERNINI BOVICELLI, Relatore per la I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANNA MARIA BERNINI BOVICELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, tengo in modo particolare ad intervenire su questa disposizione, che noi consideriamo una punta di diamante della nostra riforma. È importantissimo poter contare su testi normativi chiari, efficaci e intelligibili, che rendano al cittadino comprensibile la lettura dei medesimi.
Colleghi, se noi pensiamo al nostro testo fondamentale, alla nostra Costituzione del 1948, su cui si fonda tutto il nostro apparato normativo e la nostra gerarchia delle fonti, questo testo normativo e questo articolato, così denso, corposo e pieno di contenuti, risulta di semplicissima lettura.
Può essere letto anche da un bambino, è assolutamente comprensibile. Questo è, deve e dovrà essere il senso della nostra attività normativa. Troppe volte ci siamo sentiti rimproverare testi che rimandavano ad altri testi, abrogazioni implicite o inespresse, grandi confusioni non solo terminologiche, lessicali e semantiche, ma concettuali.
Questo è il motivo per cui - torno agli emendamenti e, purtroppo, alla nostraPag. 55decisione di non accoglierli - non possiamo pensare di sopprimere proprio l'articolo 25, che consideriamo l'essenza, uno dei perni del nostro sistema di semplificazione.

PRESIDENTE. Onorevole Bernini Bovicelli, la prego di concludere.

ANNA MARIA BERNINI BOVICELLI, Relatore per la I Commissione. Inoltre, non possiamo nemmeno pensare di accogliere quel disposto, peraltro semplificatorio e di chiarezza in se stesso, che prevede l'allegazione dei singoli testi di legge, perché ciò, volendo essere semplificatorio, comporterebbe un aggravio.

MASSIMO ENRICO CORSARO, Relatore per la V Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO ENRICO CORSARO, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, intervengo anch'io per esplicitare la totale contrarietà all'intendimento dell'emendamento Zaccaria 25.1, che intende sopprimere un articolo che, secondo noi, qualifica l'azione di questo Parlamento proprio nel senso di lavorare per ridurre lo iato tra l'amministrazione e gli amministrati, i cittadini, che troppo spesso non riescono a comprendere nemmeno quale sia l'argomentazione contenuta nei testi normativi, fitti come sono di continui richiami numerici, senza un'esplicita definizione dell'argomento in oggetto. Inoltre - lo stava dicendo la collega, onorevole Bernini Bovicelli - mi piace ribadire, relativamente all'emendamento Zaccaria 25.2, che suggerisce di allegare ai testi normativi tutte le norme e le leggi ivi richiamate...

PRESIDENTE. Onorevole Corsaro, la prego di concludere.

MASSIMO ENRICO CORSARO, Relatore per la V Commissione. Purtroppo è impossibile eseguire ciò per un motivo di praticità, pur condividendo lo spirito della proposta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gioacchino Alfano. Ne ha facoltà, per un minuto.

GIOACCHINO ALFANO. Signor Presidente, come ha detto giustamente il collega Corsaro, se il testo licenziato dalle Commissioni è un testo utile, in questa parte esso è ancora più interessante, perché all'articolo 25 non si fa altro che evitare una difficoltà oggettiva nell'interpretare i testi normativi, che è quella di rincorrere i richiami ai numeri e alle sigle. In effetti, l'articolo 25 cerca di evitare ciò, imponendo di esplicitare ogni volta, in ogni testo, tutti i riferimenti a testi già approvati. Addirittura, signor Presidente, suggerivo di aggiungere - non ci sono riuscito nell'iter del provvedimento - di evitare che nei testi normativi si facesse riferimento a lingue straniere. Spesso notiamo che in norme italiane vengono fatti riferimenti a parole che provengono da lingue straniere, quindi tante volte c'è difficoltà a capire il contenuto del dispositivo. Dunque, sarebbe opportuno aggiungere non solo che bisogna richiamare tutti i testi che vengono modificati, ma anche di riportare sempre le parole in italiano.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Orsini. Ne ha facoltà.

ANDREA ORSINI. Signor Presidente, sono veramente stupito dal fatto che si voglia abrogare o comunque limitare la portata di un articolo come l'articolo 25, che apparentemente è un articolo che ha solo una funzione tecnica, ma che, in realtà, investe una grandissima questione, quella della trasparenza, dell'intelligibilità, della comprensione delle leggi, di ciò che fanno la politica, le istituzioni e lo Stato.
Se lo Stato, la pubblica amministrazione, le istituzioni sono, purtroppo, avvertite come estranee, talora, addirittura,Pag. 56come ostili, da un numero crescente di cittadini, questo nasce anche dall'oscurità delle norme, dall'impossibilità di comprenderle e leggerle, dalla necessità, per qualunque adempimento, di ricorrere a degli esperti, a degli avvocati, a dei commercialisti, a degli specialisti per fare ciò che appartiene, in realtà, a tutti i cittadini, perché le leggi che facciamo, le leggi che il nostro Parlamento approva, sono patrimonio della collettività.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Pecorella. Ne ha facoltà.

GAETANO PECORELLA. Signor Presidente, credo che l'onorevole Zaccaria, se riflettesse un attimo, e so che certamente l'ha già fatto, su questo emendamento soppressivo, potrebbe valutare quanto questo porterebbe effetti contrari ai suoi obiettivi.
Credo che tutti noi vogliamo un sistema chiaro e trasparente nell'interpretazione e nella lettura delle norme, e qualunque ulteriore disposizione che ci aiuti alla lettura più chiara, più organica e più sistematica del sistema normativo, non può che essere bene accolta.
Credo, quindi, che l'emendamento soppressivo vada respinto, e, forse, lo stesso onorevole Zaccaria potrebbe pensare, eventualmente, ad affrontare più direttamente l'ulteriore emendamento, abbandonando quello soppressivo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Antonio Pepe (PdL). Ne ha facoltà.

ANTONIO PEPE (PdL). Signor Presidente, intervengo anch'io per invitare i colleghi a votare contro l'emendamento proposto dal collega Zaccaria. Si parla tanto di trasparenza e di semplificazione e, nel momento in cui il legislatore prevede una norma con la quale impone una maggiore chiarezza dei testi normativi, una norma del genere dovrebbe trovarci tutti d'accordo.
Infatti, l'enorme contenzioso che vi è nel campo giudiziario, probabilmente, trova la sua fonte anche nella poca chiarezza dei testi normativi e nell'oscurità di molte norme; va, quindi, accolto positivamente ciò che è stato proposto dal Governo.
Ricordo a me stesso che già in campo fiscale, anni fa, approvammo lo statuto del contribuente; anche lì era previsto che, per abrogare determinate norme, bisognava espressamente dire quali norme venivano abrogate.
L'articolo 25, che espressamente prevede ed impone, con una norma che è certamente di indirizzo, ma sicuramente positiva, che bisogna indicare espressamente le norme che vengono sostituite, modificate, abrogate o derogate, è sicuramente positivo. Inviterei il collega Zaccaria a riflettere sull'emendamento proposto e a ritirarlo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Zaccaria 25.1, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Vedi votazioni).

(Presenti 445
Votanti 443
Astenuti 2
Maggioranza 222
Hanno votato
80
Hanno votato
no 363).

Prendo atto che i deputati Testoni, Picierno e Buttiglione hanno segnalato che non sono riusciti a votare e che il deputato Torazzi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Prendo altresì atto che le deputate Concia e Codurelli hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto favorevolePag. 57e che i deputati Motta, Colombo, Gatti, Corsini, Giulietti, Palagiano e Damiano hanno segnalato di aver erroneamente espresso voto contrario mentre avrebbero voluto esprimerne uno favorevole.
Onorevoli colleghi, vi prego... capita a tutti di sbagliare!
Passiamo alla votazione dell'emendamento Zaccaria 25.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Duilio. Ne ha facoltà.

LINO DUILIO. Signor Presidente, vorrei brevemente intervenire, magari non troppo brevemente, così consentiamo ai colleghi di maggioranza di rientrare in Aula, visto che si sono esercitati in numerose dichiarazioni, finalizzate esclusivamente a questo obiettivo, che prescindevano totalmente dal contenuto dell'emendamento precedente.
Dicevo che vorrei intervenire sull'emendamento in esame, segnalandolo anche all'attenzione del ministro Brunetta. Intanto, vorrei ricordare il parere del Comitato per la legislazione, espresso, come è stato richiamato dall'onorevole Zaccaria, all'unanimità dei suoi componenti; e a furia di non tener conto dei suoi pareri (in questo caso è un'osservazione nel parere), forse prima o poi ci dovremo porre il problema se il Comitato per la legislazione ha ancora un senso in questo Parlamento. Nel parere del Comitato per la legislazione si dice, a proposito dell'articolo 25, che è opportuno valutare la possibilità di collocare in un contesto normativo sistematico il suo dispositivo, in particolare in riferimento al fatto che tutto ciò che viene abrogato deve essere richiamato in forma integrale o in forma sintetica; che forse sarebbe opportuno che questo richiamo - tale è il contenuto dell'emendamento - venga collocato nel codice civile, cioè nell'ambito delle disposizioni sulla legge in generale.
Aggiungo che, se si operasse così, probabilmente si conseguirebbe anche un altro obiettivo, che i sociologi definirebbero evitare l'eterogenesi dei fini. Già nelle Commissioni I e V riunite abbiamo fatto presente che l'articolo 25, per come è formulato, rischia poi di produrre un effetto esattamente contrario a quello che persegue, e cioè per conseguire il risultato della chiarezza dei testi normativi avremo degli articoli che saranno lunghi chilometri: per cui per il cittadino comune cercare di capire che cosa è scritto in quella norma sarà un esercizio, perché dovrà saltare e saltellare tra riferimenti normativi, commi, decreti e così via, che risultano abrogati della norma. Noi molto più banalmente (lo dico al Ministro Brunetta, sempre che sia interessato alla materia) avevamo detto: i riferimenti alle norme che sono stati abrogate mettiamoli in una nota allegata, in modo tale che il cittadino avrà davanti a sé un testo che è essenziale in quello che è il suo dispositivo, e poi tutta la caterva di riferimenti normativi che vengono abrogati, se proprio è un cultore della materia, la andrà a leggere nell'allegato che potrà essere previsto nella norma. Ovviamente l'emendamento non è stato accolto, e avremo, lo ripeto, l'eterogenesi dei fini, per cui applicando questa norma avremo articoli lunghissimi e che saranno molto più difficili da decrittare; in aggiunta il Comitato per la legislazione dice che trattandosi di una norma di carattere generale forse sarebbe il caso di collocarla nella sede sua propria, che è quella del codice civile. Quindi, come dice il vecchio proverbio popolare (io sono di tradizione popolare), signor Presidente, prenderemmo due piccioni con una fava, se così si può dire. Di nuovo mi appello quindi ai relatori e al Governo affinché cambino opinione sul parere che hanno espresso prima.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, prendo la parola brevemente. A differenza di quanto abbiamo fatto per quanto riguarda il precedente emendamento, dove abbiamo votato contro (mi dispiace per l'onorevole Zaccaria, so io con quanto dolore l'ho fatto) l'emendamento in esamePag. 58merita una grande attenzione. Anch'io mi rivolgerei ai relatori e al Governo, chiedendo di rivedere il loro parere, perché l'emendamento dell'onorevole Zaccaria ritengo che completi in chiarezza le cose contenute e lo spirito contenuto ed evidenziato nell'articolo 25 predisposto dal Governo. Si va verso la semplificazione, verso la razionalizzazione, verso una spinta ulteriore alla chiarezza; per cui se noi andiamo a leggere attentamente l'emendamento in esame, ritengo che ci troviamo in tema con le esigenze più volte avvertite in quest'Aula, che possono trovare una loro definizione anche grazie ad esso. Quindi, l'approvazione dell'articolo 25 va completata con questo emendamento. Ritengo che in ciò possiamo darci una visione molto più complessiva, completa, che non è esaustiva, di tutti i problemi che riguardano una corretta legislazione. Ci siamo sempre mossi con grande confusione, con disarticolazione; ritengo che un minimo di chiarezza la possiamo fare, e il contributo dato dall'emendamento credo che non sia irrilevante.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.

ROBERTO ZACCARIA. Ringrazio l'onorevole Tassone, il quale ha dovuto giustificare un voto contrario su un emendamento che credo sia di comune buon senso. Dico al collega Pecorella, che di queste cose se ne intende, dal momento che è intervenuto, che in questa materia l'opinione dei giuristi è quella di ritenere che sia inutile con una norma primaria stabilire vincoli alle norme primarie successive, perché qualsiasi norma successiva, come correntemente succede, può disporre diversamente da questa.
Avrebbe allora un senso se una simile norma fosse contenuta nella Costituzione o nella legge n. 400 del 1988, ma siccome ora, con una norma primaria del Parlamento, stabiliamo vincoli a norme successive, essa non ha alcun valore (un costituzionalista direbbe, infatti, che si tratta di una norma inutile).

PRESIDENTE. Onorevole Zaccaria, deve concludere.

ROBERTO ZACCARIA. Pertanto, in prima battuta ne abbiamo chiesto la soppressione non perché non sia giusto il fine, ma perché esso - sia chiaro - è già contenuto nelle circolari del Presidente della Camera, e quindi non aggiunge niente, è una pura estetica controproducente.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Zaccaria 25.2, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 468
Votanti 465
Astenuti 3
Maggioranza 233
Hanno votato
208
Hanno votato
no 257).

Prendo atto che i deputati Zazzera e Coscia hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che la deputata Anna Teresa Formisano ha segnalato che non è riuscita a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Borghesi 25.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, anche questo emendamento vuole raggiungere sostanzialmente lo scopo di evitare un appesantimento, che deriverebbe dalla formulazione attuale dell'articolo 25 che, tra l'altro, è già largamente disapplicato: ho infatti ascoltato la collega relatrice per la I Commissione ritenere addirittura questo articolo lo snodo fondamentale della prossima attività legislativa di questo Parlamento, ma basta leggerePag. 59il testo del provvedimento al nostro esame per capire che in realtà questa maggioranza e questo Governo, che hanno formulato il disegno di legge ora in discussione, di sicuro non avevano minimamente in mente di poter dar luogo ad una semplificazione nella chiarezza dei testi normativi. Basterebbe prendere qualche passaggio nel quale vengono citate norme (ad esempio, quelle sulla giustizia e sul codice di procedura), dopodiché si indicano semplicemente le parole che vengono sostituite; ma, a meno che uno non sia un tecnico della procedura civile, per cui conosce a memoria il testo e lo sostituisce, nessun altro sarebbe in grado, in realtà, di comprendere ciò che è scritto (si prenda, ad esempio, l'articolo 48, ma molti altri ve ne sono che presentano questo tipo di caratteristiche).
Sarebbe quindi bene che, se questa maggioranza intende realmente assicurare chiarezza ai testi normativi, incominciasse già dal provvedimento in esame; pertanto, forse sarebbe utile sospendere la seduta per rivederne integralmente il testo in modo da renderlo compatibile con l'articolo che ci accingiamo ad approvare, altrimenti siamo in presenza di una contraddizione in termini.
Con questo emendamento, in sostanza, proponiamo di collocare in un apposito allegato alla legge o al provvedimento tutte le indicazioni e i rinvii normativi di cui ai commi 1 e 2. Crediamo che in questo modo si renda più snello il testo e l'articolato, e, prevedendo comunque come obbligatorio l'allegato che indica le norme del rinvio, ciò permetterebbe di avere immediatamente un testo coordinato e disponibile che consenta al lettore, anche non strettamente addetto ai lavori, di capire di che cosa si sta parlando.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Borghesi 25.3, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 469
Votanti 466
Astenuti 3
Maggioranza 234
Hanno votato
206
Hanno votato
no 260).

Passiamo alla votazione dell'articolo 25.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, completerò le considerazioni che svolgevo poco fa e sulle quali lei, giustamente, mi ha invitato a concludere. Questo provvedimento reca un titolo un po' singolare perché si riferisce ad una quantità di questioni molto diverse: disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, a cui questa mattina - l'ho sottolineato, ma ce ne accorgeremo andando avanti - è stato aggiunto anche il processo civile. Credo che un cittadino qualsiasi, anche attento ai lavori del Parlamento, farebbe una grande fatica a capire di che cosa stiamo discutendo. Parlo di un cittadino qualsiasi, ma credo che anche molti colleghi - non faccio loro torto - pur attenti ai lavori della loro Commissione, al lavoro parlamentare, al loro specifico lavoro, siano in difficoltà seria a capire la portata di questo disegno di legge. Questo provvedimento è un collegato alla manovra finanziaria che ha un contenuto estremamente eterogeneo. È chiaro, che questo disegno di legge è sostanzialmente un provvedimento omnibus che, però, cammina con regole più marcate addirittura dei decreti-legge. Un decreto-legge del Governo ha comunque delle regole e dei contrappesi: dopo essere arrivato all'esame dell'Aula, infatti, non vi è la possibilità di contingentare il tempo, mentre vi è la possibilità di presentare proposte emendative; il decreto-legge ha, sia pure nei tempi ristretti dei sessanta giorni, una sua dialettica, tanto che vi è la possibilità, addirittura, secondo il Regolamento della Camera, diPag. 60fare ostruzionismo e di presentare ordini del giorno. Tutto questo circonda il decreto-legge, che è un atto del Governo e che arriva in Parlamento sostanzialmente per la sola conversione. Vorrei che qualcuno provasse spiegare la natura di questo provvedimento che inizia il suo esame in Commissione il 10 settembre e che oggi e domani viene votato con tempi estremamente contingentati e sul quale i nostri colleghi nelle Commissioni non hanno potuto svolgere audizioni, dibattiti, non hanno avuto le loro condizioni accettate. Questo è un provvedimento terrificante per una logica parlamentare, tanto che penso che qualcuno si alzerà e affermerà, ad un certo punto: «fateci una cortesia, tornate ai decreti-legge, almeno qualche vincolo di omogeneità lì ci deve essere».
Trovo veramente grottesco che in un provvedimento di questa natura, che smentisce qualsiasi logica di dibattito parlamentare, vi sia una norma sulla semplificazione, che, questa sì, potrebbe essere necessaria, se non prevista in questo modo. L'ho affermato poco fa: provate a consultare qualsiasi giurista e vi spiegherà che le norme non si possono semplificare in questo modo. Signor Presidente, esiste una circolare emanata da un suo predecessore, una circolare uguale del Presidente del Senato e vi è una direttiva della Presidenza del Consiglio dei ministri che queste cose le affermano molto meglio, ma che hanno il garbo di usare un metodo appropriato. Non è una legge che può pretendere di dettare regole a se stessa: non può! Questo è un errore grave di grammatica. Ma la cosa più grave è che avete respinto anche la proposta emendativa illustrata dall'onorevole Duilio. Si trattava di un emendamento tecnico del Comitato della legislazione, passato nella totale inosservanza, che prevedeva di stabilire questo concetto nelle preleggi, in quella parte delle norme italiane che sono osservate in modo particolare e che potevano fornire un certo carattere. Anche a quell'emendamento presentato dall'onorevole Duilio, che rappresentava un'indicazione del Comitato per la legislazione, è stato detto «no»!
Allora, io ho la sensazione che non facciamo un complimento a noi stessi se, uscendo dall'Aula, diciamo che non sappiamo che cosa abbiamo votato, e se anche alcune singole parti di questo articolo avrebbero potuto essere apprezzate, noi dobbiamo dare un voto contrario sullo stesso. In tal modo, diamo un segnale contrario non solo al merito di questo articolo ma anche al metodo con il quale tale disposizione viene approvata, cioè in una totale indifferenza, e si tratta dunque di un provvedimento che umilia il Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, non starò qui a ripetere cose che ho detto anche in sede di discussione sulle linee generali riguardo a questo provvedimento. Il tema delle competenze attribuite alla I e alla V Commissione, e i problemi che sono sorti in Commissione giustizia, ritengo che abbiano dato l'esatta dimensione e visione di una vicenda particolare e articolata anche di questo provvedimento, ma soprattutto mi riferisco alle difficoltà che sono a tutti note. Voglio riferirmi semplicemente all'articolo 25, e dire con estrema chiarezza che questa disposizione, almeno nel suo spirito, è stata sempre evocata e invocata anche nelle precedenti legislature. Fu invocata, espressa e soprattutto prevista anche da norma regolamentare. La costituzione, poi, del Comitato per la legislazione doveva andare in questa direzione, ovverosia dare maggiore chiarezza alla legislazione e maggiore razionalità all'attività e all'iter legislativi. Il dato vero è che oggi invece siamo andati avanti con una grande disarticolazione e con una grande confusione. A nostro avviso, questo articolo 25 corrisponde pienamente a quelle che sono un po' le attese diffuse all'interno del Paese per rendere più intellegibili e leggibili le norme che noi produciamo. Questo lo abbiamo ripetuto in ogni occasione e lo ripetiamo anche inPag. 61questo momento, e l'approvazione non è una giustificazione ad un intervento che ho fatto e non è una giustificazione nei confronti di alcuna persona. Non credo che siamo a questi livelli e che ci troviamo in questi termini. Sono prettamente convinto - come lo sono stato quando questo articolo è stato esaminato congiuntamente dalle Commissioni I e V riunite - che l'emendamento illustrato dall'onorevole Duilio, sottoscritto dallo stesso e a prima firma dell'onorevole Zaccaria, era nella direzione giusta perché corrispondeva ulteriormente a una determinata esigenza, anche con un filo di contraddizione tra lo sforzo dei presentatori rispetto al primo emendamento all'articolo in esame che ne richiedeva la soppressione (in altre parole, da una fase negativa si passava ad una fase collaborativa, per migliorare il testo licenziato e presentato a noi dal Governo). Ritengo che questo sia il dato ed ecco perché mi dispiace che i relatori e i colleghi dell'Assemblea non abbiano raccolto lo sforzo che alcuni colleghi hanno prodotto in questa direzione. Tuttavia, non c'è dubbio che non mi sento, in questo momento, di dire «no» all'articolo 25. Ciò non avrebbe nessun senso, nessun significato. Poi certamente si possono fare passi in avanti, in ulteriori occasioni, in altre circostanze nelle quali il Parlamento sarà chiamato ad esprimersi.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Prego i colleghi di astenersi dal votare per deputati che siano al momento assenti dall'Aula.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 25.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 457
Votanti 451
Astenuti 6
Maggioranza 226
Hanno votato
270
Hanno votato
no 181).

Prendo atto che il deputato Scandroglio ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che il deputato Cesare Marini ha segnalato di non essere riuscito ad esprimere voto contrario.

(Esame dell'articolo 25-bis - A.C. 1441-bis-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 25-bis, al quale non sono state presentate proposte emendative (Vedi l'allegato A - A.C. 1441-bis-A).
Passiamo dunque ai voti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garavini. Ne ha facoltà.

LAURA GARAVINI. Signor Presidente, intervengo per annunciare l'astensione del gruppo del Partito Democratico sull'articolo 25-bis del disegno di legge in esame. Innanzitutto però vorrei denunciare un vizio di metodo nell'inserire questo articolo nel disegno di legge 1441-bis, perché non si è avuto nessun coinvolgimento né di esperti né di esponenti direttamente coinvolti nella rete consolare, per esempio, al fine di arrivare a valutazioni che entrino nel merito delle questioni.
Approfitto, inoltre, della possibilità di intervenire per ribadire che le misure per la semplificazione della gestione amministrativa e finanziaria delle rappresentanze diplomatiche e degli uffici consolari non devono diventare lo strumento attraverso cui peggiorare ulteriormente la qualità dei servizi offerti dai nostri consolati all'estero. La rete consolare rappresenta il primo biglietto da visita per il nostro Paese nel mondo ed è il primo punto di riferimento per gli oltre quattro milioni di connazionali all'estero. Già oggi sarebbe necessario un forte investimento mirato a migliorare la qualità di servizio della rete consolare. Al contrario, ci vediamo confrontati con una radicale riduzione delle risorse per gli italiani all'estero. I fondi stanziati per gli italiani nel mondo passano dagli 82 milioni inseriti nella legge finanziaria dal Governo Prodi ai 32 milioni previsti dall'attuale maggioranza. Vi èPag. 62una riduzione delle risorse di quasi due terzi. Ecco che siamo quanto mai preoccupati, perché è chiaro che tagli di questa portata andranno ad incidere in modo estremamente negativo sui servizi della rete consolare per gli italiani all'estero. Già adesso si vedono gli effetti di quella che viene definita razionalizzazione della rete consolare e che sta diventando, invece, una vera mannaia sui diversi consolati. Una mannaia che, peraltro, colpisce a sorpresa senza che vi sia il benché minimo coinvolgimento, se non a posteriori, degli organi di rappresentanza locale, COMITES e CGIE e senza che vi sia un quadro organico e complessivo di riorganizzazione dell'intera rete consolare. Esprimo quindi l'esigenza e la necessità di trasparenza e chiarezza su cosa intenda concretamente il Governo con l'articolo 25-bis. Esprimo con forza la necessità che le misure per la semplificazione amministrativa e finanziaria delle rappresentanze diplomatiche e consolari non devono andare a scapito dei cittadini e tanto meno devono compromettere la qualità dei servizi a loro destinati.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 25-bis.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 452
Votanti 273
Astenuti 179
Maggioranza 137
Hanno votato
273).

Prendo atto che il deputato Leoluca Orlando ha segnalato di non essere riuscito a votare mentre avrebbe voluto astenersi e che il deputato Colombo ha segnalato di aver erroneamente espresso voto favorevole mentre avrebbe voluto astenersi.

(Esame dell'articolo 26 - A.C. 1441-bis-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 26 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 1441-bis-A).
Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Nicolais. Ne ha facoltà.

LUIGI NICOLAIS. Signor Presidente, una riforma della pubblica amministrazione sicuramente è un'attività normativa necessaria per un Paese moderno. Pensare, tuttavia, ad una riforma della pubblica amministrazione significa pensare ad un intervento normativo che sia ben articolato e che tenga conto di tutti i problemi di criticità che attualmente la nostra pubblica amministrazione presenta.
Oggi siamo di fronte sicuramente ad una mancanza di fiducia reciproca tra la pubblica amministrazione ed i cittadini, nonché ad un passaggio di tecnologia: dalla tecnologia della carta e della penna alla tecnologia informatica. Abbiamo bisogno di affrontare il problema nella sua globalità e nella sua complessità e non possiamo pensare di introdurre una norma in un disegno di legge omnibus. Il problema principale in Italia è che la mancanza di fiducia reciproca induce la pubblica amministrazione a richiedere al cittadino una serie di certificazioni prima di rilasciare qualunque forma di documentazione o di permesso. Dall'altro lato, il cittadino non ha alcuna fiducia nella pubblica amministrazione sia per un problema di mancanza di rispetto dei tempi di consegna sia per un complesso sistema burocratico. Per fare ciò abbiamo bisogno di intervenire con forza e sicuramente di affrontare il problema dei tempi certi.
Nel precedente Governo fu presentato un disegno di legge proprio sui tempi certi nella pubblica amministrazione. I tempi certi devono non solo rappresentare una facilitazione per il cittadino, permettendo allo stesso di riacquistare fiducia nella pubblica amministrazione, ma servono anche per introdurre un sistema di valutazionePag. 63oggettivo nell'attività dei dirigenti della pubblica amministrazione.
Nel precedente disegno di legge avevamo voluto introdurre una multa che il cittadino poteva direttamente erogare al pubblico amministratore, in particolare al dirigente dell'ufficio che non avesse rispettato i tempi. Nella disposizione che oggi discutiamo, invece, vediamo un sistema molto più lasco, molto più rilassato, perché si parla semplicemente del fatto che si terrà conto, nello sviluppo di carriera, della mancanza di rispetto dei tempi previsti.
Abbiamo bisogno anche di sostituire completamente la tecnologia della carta e della penna con una tecnologia dell'informatica, ma ciò non significa soltanto acquistare computer e metterli negli uffici dei pubblici amministratori: significa cominciare a pensare in modo informatico e, quindi, avviare un grande processo di ridisegno delle procedure, di reingegnerizzazione di tutto il sistema di funzionamento della pubblica amministrazione.
Abbiamo quindi bisogno veramente di una vision di ciò che sarà la pubblica amministrazione nei prossimi anni. Abbiamo bisogno di immaginare la pubblica amministrazione totalmente collegata per via informatica, che non ha più bisogno di richiedere autorizzazioni o certificati ai cittadini, perché, se viene completato il sistema pubblico di connettività che è stato avviato dal precedente Governo, si potranno avere a disposizione, in ogni ufficio, tutti i dati necessari ai pubblici ufficiali per emettere qualunque certificato o qualunque informazione. Non avremmo più una serie di uffici della pubblica amministrazione, ma un solo ufficio nel quale entrare, anche per via informatica, e navigare in questa specie di Internet della pubblica amministrazione. Ma se abbiamo questa vision della pubblica amministrazione, abbiamo bisogno di intervenire con forza, affinché ciò si realizzi nei tempi più rapidi: in genere, infatti, quando in qualunque processo esistono due tecnologie, il sistema si rende più complesso e non più semplice per gli utenti di quel processo. Credo che in un Governo moderno e in un Paese moderno, che vuole essere sempre più competitivo, ciò debba essere ridotto al minimo.
Quindi, ci saremmo aspettati un disegno di legge che affrontasse il problema generale della pubblica amministrazione e cercasse di avviare una serie di procedimenti per accelerare tale processo.
Avevamo previsto l'obbligo del protocollo informatico, introducendo anche il concetto del commissario ad acta per le pubbliche amministrazioni, che non utilizzassero questo sistema di protocollo.
Avevamo anche pensato alla necessità di trasferire queste norme per la pubblica amministrazione, relative al rispetto dei tempi, anche ai gestori dei servizi pubblici, perché ciò permette al cittadino di intervenire direttamente sul pagamento delle bollette, nel rispetto dei tempi e in un rapporto diretto tra il cittadino e i gestori di servizi pubblici.
Purtroppo, nella disposizione in esame troviamo solo alcuni accenni a questo disegno di riforma, un disegno di riforma che serve a rendere più competitive le nostre imprese, non solo a rendere più facile la vita dei nostri cittadini. Il disegno di legge di cui avremmo bisogno serve a portare il nostro Paese ai livelli internazionali, nonché ad accelerare il processo di eliminazione dei cosiddetti fannulloni, perché la valutazione interviene direttamente nell'attività operativa dei dirigenti degli uffici pubblici. Questo è un punto importante: non dobbiamo immaginare che una piccola norma ci permetta veramente di cambiare una macchina così complessa di tre milioni e mezzo di dipendenti, che è divisa in tanti comparti diversificati e che ha un solo scopo, quello di rendere un servizio al cittadino.
Bisogna riportare al centro della pubblica amministrazione il valore del cittadino e delle imprese e riportare la pubblica amministrazione ad una funzione di servizio per il cittadino. Per fare ciò, abbiamo bisogno di una legge di riforma complessiva, una legge di riforma che veramente affronti tutti i punti di debolezza e che incentivi ad un cambiamento più rapido, per rendere più semplice aiPag. 64nostri cittadini l'accesso a questa pubblica amministrazione, che potrebbe diventare in futuro un elemento di sviluppo, non più un peso per lo sviluppo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito i relatori ad esprimere il parere delle Commissioni.

MASSIMO ENRICO CORSARO, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, le Commissioni raccomandano l'approvazione del proprio emendamento 26.300, mentre accettano gli emendamenti 26.201, 26.200, 26.202, 26.203 e 26.204 del Governo.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il Governo esprime parere conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 26.300 delle Commissioni, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 471
Votanti 263
Astenuti 208
Maggioranza 132
Hanno votato
262
Hanno votato
no 1).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 26.201 del Governo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ferrari. Ne ha facoltà.

PIERANGELO FERRARI. Signor Presidente, rimando alle argomentazioni dell'onorevole Nicolais per dichiarare che ci asterremo sull'emendamento 26.201 del Governo. Faccio notare a lei e all'Assemblea che l'astensione è motivata dal fatto che, riprendendo l'A.C. 2161 della precedente legislatura (il cosiddetto disegno di legge Nicolais), nell'ambito di questo provvedimento omnibus, si attenua quanto lì era previsto.
Il testo precedente prevedeva che il dirigente fosse personalmente responsabile delle ulteriori spese conseguenti alla mancata emanazione del provvedimento nei termini prescritti. Ora il testo prevede una forma più blanda: la mancata emanazione del provvedimento nei termini costituisce elemento di valutazione (genericamente) della responsabilità dirigenziale. Per questo motivo ci asteniamo sull'emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, se fosse ancora in Aula il Ministro Brunetta comincerei col dire che questo è il primo intervento di marcia indietro del Governo, un Governo che - come dicevo poc'anzi - ha attaccato, attraverso il Ministro Brunetta, i fannulloni (ed è giusto, per carità) e addirittura ha previsto la decurtazione dello stipendio fin dal primo giorno di malattia (malattia vera, non finta, intendiamoci bene). Ad un dirigente che non rispettava i tempi previsti e al quale originariamente e giustamente si diceva fosse personalmente responsabile delle ulteriori spese conseguenti alla mancata emanazione del provvedimento nei termini prescritti (cosa che mi pare sacrosanta), mentre, con questa proposta emendativa, nei confronti del dirigente fannullone che non rispetta i tempi e che fa aumentare le spese dell'ente per cui lavora - e che è giusto che paghi e che risponda per le altre spese - noi cosa facciamo invece, anzi, cosa fate voi, il Governo e (devo pensare) il Ministro Brunetta? Dite semplicemente che la mancata emanazione del provvedimento nei termini costituisce elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale. Ma vogliamoPag. 65scherzare? Chiediamo ai semplici impiegati, ai bidelli e a tutte queste persone di pagare...

Una voce dai banchi del gruppo Popolo della Libertà: Basta!

ANTONIO BORGHESI. ... di pagare se sono ammalate e ai dirigenti che causano maggiori spese all'ente a causa della loro incuria diciamo semplicemente che sarà elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale. L'Italia dei Valori voterà sicuramente contro questo emendamento (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 26.201 del Governo, accettato dalle Commissioni.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 481
Votanti 287
Astenuti 194
Maggioranza 144
Hanno votato
256
Hanno votato
no 31).

Prendo atto che il deputato Fucci ha segnalato di aver erroneamente espresso voto contrario mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 26.200 del Governo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanelli. Ne ha facoltà.

ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente, il nostro voto sarà senz'altro contrario su questo emendamento che credo sia paradigmatico della cultura che domina la maggioranza. L'articolo 26 è tutto ispirato alla certezza dei tempi del procedimento amministrativo. L'onorevole Nicolais è già intervenuto per sottolineare - e così ha fatto anche l'onorevole Ferrari - l'importanza che ha, nel rapporto con il cittadino, con i suoi diritti, con le imprese, con l'idea di trasparenza, un lavoro che non può essere risolto dagli articoli del provvedimento di legge in esame relativi alla certezza dei tempi della pubblica amministrazione. Guarda caso, tutti i termini tassativi che si prevedono nel provvedimento in esame non valgono per quanto riguarda i procedimenti amministrativi per l'acquisizione del diritto di cittadinanza italiana. Credo che ciò sia davvero emblematico di una certa cultura. Sappiamo quanto sia già difficile la procedura per chi vive e lavora onestamente nel nostro Paese per acquisire la cittadinanza. Sappiamo che c'è stato anche un lavoro di predisposizione di testi normativi nella precedente legislatura per accorciare i tempi del conseguimento della cittadinanza italiana, proprio perché anche l'immigrazione ed i fenomeni degenerativi ad essa collegati, hanno, nella cittadinanza, un loro freno. Quante volte ci siamo detti che, a parità di condizioni di cittadinanza, gli immigrati delinquono meno degli italiani e che il problema è la clandestinità, il non lavoro, la marginalità. Con questa norma, nel momento in cui avevamo individuato un procedimento che desse certezza di tempi alla risposta da parte della pubblica amministrazione su tutte le questioni, sul tema della cittadinanza, diciamo: «Non vale». Io credo che sia davvero una testimonianza di scarsa civiltà nonché un atteggiamento che manifesta - e per noi è un elemento di grande preoccupazione - la subcultura che, rispetto alla certezza del diritto, in questo Paese, si manifesta nei confronti di cittadini che, lavorando e comportandosi onestamente, hanno tutto il diritto di ottenere la cittadinanza italiana (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.Pag. 66
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 26.200 del Governo, accettato dalle Commissioni.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 479
Votanti 475
Astenuti 4
Maggioranza 238
Hanno votato
256
Hanno votato
no 219).

Prendo atto che la deputata Ferranti ha segnalato di aver erroneamente espresso voto favorevole mentre avrebbe voluto esprimere voto contrario e la deputata De Pasquale ha segnalato di essersi erroneamente astenuta mentre avrebbe voluto esprimere voto contrario. Prendo altresì atto che la deputata Laura Molteni ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 26.202 del Governo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanelli. Ne ha facoltà.

ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente, ci troviamo di fronte ad una parte dell'articolo 26 che sostanzialmente introduce, recependo un lavoro svolto nella precedente legislatura, una responsabilità in capo all'amministrazione in relazione alla certezza dei tempi di risposta al cittadino. Credo che la modifica che il Governo ci propone e sulla quale noi ci asterremo sia sostanzialmente un'ulteriore correzione legata al fatto che qualcosa vi era sfuggita nel lavoro di copiatura del testo del disegno di legge, presentato e approvato da questo ramo del Parlamento nella precedente legislatura.
Pertanto, si tratta di una modifica assolutamente formale. Non vi sono elementi sostanziali sui quali debba ulteriormente intervenire e conseguentemente annuncio il nostro voto di astensione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, noi dell'Italia dei Valori invece esprimeremo voto contrario perché ancora una volta tutti gli emendamenti che il Governo ha presentato e che sono stati esaminati oggi in sede di Comitato dei nove hanno una duplice natura: sono deboli con chi è più forte e, invece, sono forti con chi è più debole. L'effetto, come ho già detto prima a proposito dei dirigenti, è che vengono salvati sempre, anche quando si accerta la loro responsabilità. Quindi, non solo non vengono penalizzati in ordine alla corrispondenza tra il loro atteggiamento e la propria responsabilità, ma in questa circostanza si opera anche nei confronti del cittadino.
Voglio leggervi il testo che andiamo ad approvare e ciò che viene tolto da quel testo: «le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all'articolo 1, comma 1-ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza della inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento». Pertanto, siamo in presenza di un comportamento doloso o colposo che crea un danno ingiusto e si dice che si è tenuti al risarcimento, indipendentemente dalla spettanza del beneficio derivante dal provvedimento richiesto. Questo cosa vuol dire? Presento una domanda, tu per dolo o per colpa mi causi un danno e, se per caso non avevo diritto a quanto avevo chiesto, il danno ricade su di me anche se sei stato tu a causarlo. Ma vi pare possibile? Vi pare accettabile? Questo è l'atteggiamento nei confronti del cittadino suddito e non possiamo accettare che i cittadini siano trattati da sudditi.
Pertanto, non accettiamo l'idea che ciò, indipendentemente dalla spettanza del beneficio derivante dal provvedimento richiesto, venga cancellato con un tratto di penna. Chi per dolo o colpa causa un danno, anche la pubblica amministrazione, è giusto che ne risponda in termini di risarcimento al cittadino danneggiato.

Pag. 67

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mussolini. Ne ha facoltà.

ALESSANDRA MUSSOLINI. Signor Presidente, la invito a richiamare l'onorevole Borghesi a parlare un po' più forte perché non sentiamo. Abbiamo difficoltà di udito. Alzi un po' il tono della voce. Ha capito Borghesi (Commenti dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico)?

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 26.202 del Governo, accettato dalle Commissioni.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 477
Votanti 285
Astenuti 192
Maggioranza 143
Hanno votato
259
Hanno votato
no 26).

Prendo atto che l'onorevole Lovelli ha segnalato di non essere riuscito a votare mentre avrebbe voluto astenersi.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 26.203 del Governo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanelli. Ne ha facoltà.

ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente, una delle difficoltà più rilevanti quando si legifera in ordine alla certezza dei tempi della pubblica amministrazione è riuscire a legiferare in modo efficace anche nei confronti di soggetti come gli enti pubblici nazionali che, pur facendo riferimento all'amministrazione dello Stato, non sempre ne rispondono in termini regolamentari, come invece ne risponde direttamente l'amministrazione dello Stato.
Qui si fa un passo indietro. Ricordo che il lavoro più complesso (e tutti gli emendamenti successivi rispondono più o meno a questo percorso) è tenere conto che il cittadino oggi non ha a che fare soltanto con un tipo di amministrazione e che molti servizi e molte funzioni amministrative vengono gestite per conto dell'amministrazione da soggetti ed enti ai quali esse vengono demandate.
Con l'emendamento del Governo 26.203 si fa una sostanziale marcia indietro rispetto alla certezza dei tempi. Infatti, si prevede che il soggetto, ente nazionale e così via, deve tenere conto, utilizzando un linguaggio di una burocrazia e di una pubblica amministrazione che abbiamo cercato di superare e di cambiare. Quando si dice che un procedimento deve essere concluso con un atto espresso in tempi certi, non ci si può rifugiare in formule tipo «ne tenga conto», perché ciò significa lasciare la situazione vaga.
O si trovano formulazioni più stringenti o si portano, con gli atti dovuti, accordi in modo tale che ci sia un vincolo da parte di questi enti, oppure si rischia di far rientrare dalla finestra quell'indeterminatezza e quell'incertezza che si vuole ufficialmente far uscire dalla porta. Per tali motivi il nostro voto sarà contrario.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, se la collega, onorevole Mussolini, non chiacchierasse come sta facendo e come fa abitualmente con i compagni di banco, invece di seguire quello che dicono i colleghi che intervengono (e questo vale anche per altri colleghi), si potrebbe parlare certamente con un tono di voce diverso, ma spesso questo è l'unico modo per farsi sentire (Commenti del deputato Mussolini).
Ritorno anche sull'emendamento in esame e mi dispiace che non ci sia il Ministro Brunetta. Ai dirigenti non viene data la responsabilità: non rispondono se fanno spendere di più e se fanno aumentarePag. 68le spese della loro amministrazione. Abbiamo visto che, invece, il cittadino viene «caricato» e gli viene imposto di non essere risarcito, se qualcuno dolosamente o colposamente causa dei danni, soltanto perché non aveva diritto a ciò che aveva richiesto.
Ora, addirittura, ai dirigenti viene fatto un altro regalo. Vi era un articolo che giustamente affermava: «il rispetto dei termini per la conclusione dei procedimenti rappresenta un elemento di valutazione dei dirigenti, anche al fine della corresponsione della retribuzione di risultato». Con un tratto di pena viene eliminata la parola «anche» sostituita dalle parole «si terrà conto», cosa ben diversa da una norma che imponga di determinare l'indennità di quel dirigente che non ha rispettato i termini ed ha causato danni all'amministrazione e al cittadino. Egli non viene penalizzato neppure sul piano dell'indennità.
Ma, allora, cosa fa il Ministro Brunetta nelle sue giornate di lavoro (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)? Pensa soltanto a quei dipendenti a cui va a togliere l'indennità dal primo giorno di malattia e non pensa di togliere per punizione a un dirigente così incapace neanche un po' della sua retribuzione? Neanche con quella deve pagare (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)?

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 26.203 del Governo, accettato dalle Commissioni.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 486
Votanti 458
Astenuti 28
Maggioranza 230
Hanno votato
269
Hanno votato
no 189).

Prendo atto che il deputato Lovelli ha segnalato di non essere riuscito ad esprimere voto contrario e che i deputati De Micheli, Calvisi e Baretta hanno segnalato di aver erroneamente espresso voto favorevole mentre avrebbe voluto esprimerne uno contrario.
Passiamo all'emendamento 26.204 del Governo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanelli. Ne ha facoltà.

ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente, sostanzialmente si smonta la responsabilità cui faceva riferimento il collega Borghesi e si debilita quel provvedimento per il quale per il mero ritardo veniva riconosciuto al cittadino istante un indennizzo. Si depotenzia, cioè, quell'impulso che avevamo cercato di dare al riconoscimento del cittadino non solo ad avere una risposta, ma di averla in tempi certi. Avevamo a tal fine individuato una figura della pubblica amministrazione, il dirigente responsabile del procedimento, tenuto a fornire una risposta, e se ciò non accade nei tempi certi, al di là del ricorso per l'eventuale danno che il cittadino può fare, vi è una sorta di ammenda, di multa che si fa alla pubblica amministrazione. Credo che si sia voluto in qualche modo «imbiancare» questo provvedimento - tra l'altro omnibus - con una serie di articoli che riprendevano un buon lavoro che avevamo fatto, che incideva secondo me significativamente come «manutenzione» seria della legge n. 241 del 1990 e forniva ulteriori elementi al cittadino utente nei confronti della pubblica amministrazione.
Vedo che pezzo per pezzo - come giustamente faceva rilevare anche il collega Borghesi - si fa una sorta di marcia indietro. Francamente credo che, per chi come noi ha lavorato con tanta convinzione affinché questa «manutenzione» della legge n. 241 del 1990 rafforzasse il cittadino nei confronti della pubblica amministrazione, non vi sia altra possibilità che votare contro.

Pag. 69

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, prima di svolgere il mio intervento ho bisogno di un chiarimento. Questa mattina, durante la riunione del Comitato dei nove ci è stato fornito questo documento che si chiama «nota del Servizio assemblea ai gruppi parlamentari», che alla pagina 3 reca il seguente testo dell'emendamento 26.204 del Governo: «Sopprimere i commi 4 e 5». Viceversa, nello stampato ora in distribuzione è scritto: «Sopprimere i commi 5 e 6». È una cosa ben diversa. Quindi, prima di intervenire, signor Presidente, credo che vada chiarito questo aspetto.

MASSIMO ENRICO CORSARO, Relatore per la V Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO ENRICO CORSARO, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, la formulazione corretta è: «Sopprimere i commi 5 e 6». Infatti, è evidente - come si legge negli atti parlamentari - che nel corso del dibattito nelle Commissioni è stato inserito un comma dopo il comma 3: ciò ha cambiato la numerazione dei commi successivi. Pertanto, adesso i commi 5 e 6 sono gli ex commi 4 e 5.

PRESIDENTE. Onorevole Borghesi, abbiamo chiarito che si tratta dei commi 5 e 6.
Prego onorevole Borghesi, può proseguire il suo intervento.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, ovviamente avevo preparato un altro tipo di intervento, pensando che stessimo parlando dei commi 4 e 5.

PRESIDENTE. Può rinviarlo.

ANTONIO BORGHESI. No, signor Presidente, sono comunque in grado di intervenire. In effetti, succede ancora una volta che al cittadino che incorre in un comportamento non regolare della pubblica amministrazione, diamo un'altra botta in testa. Infatti, vorrei ricordare che, abrogando il comma 5 (ex comma 4), sopprimiamo un passaggio che è il seguente: «Decorsi i termini prescritti» (ovvero quelli per l'emanazione del regolamento) «in caso di mancata adozione degli atti previsti dal presente comma, la somma di cui al comma 2 del medesimo articolo 2-bis è liquidata dal giudice secondo equità».
Quindi, abbiamo un comportamento scorretto della pubblica amministrazione che non rispetta i termini, un ulteriore comportamento scorretto di chi dovrebbe emanare un regolamento e non lo fa e togliamo la possibilità al giudice di determinare secondo equità la somma dovuta al cittadino danneggiato.
Ma a me pare paradossale, signor Presidente! Mi pare paradossale che non si ammetta questa possibilità; siamo in presenza addirittura di due comportamenti scorretti della pubblica amministrazione e a pagare è il cittadino che non può neanche chiedere al giudice un risarcimento a titolo di equità. Mi pare veramente che, per un disegno di legge che viene pubblicizzato attraverso i media come un provvedimento che affronta le problematiche per una maggiore efficienza della pubblica amministrazione per tutelare il cittadino, se questo è il risultato siamo veramente al massimo dell'inverso di ciò che si voleva fare.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 26.204 del Governo, accettato dalle Commissioni.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

Pag. 70

(Presenti 474
Votanti 447
Astenuti 27
Maggioranza 224
Hanno votato
253
Hanno votato
no 194).

Prende atto che l'onorevole Misiani ha segnalato di non essere riuscito ad esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'articolo 26.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ferrari. Ne ha facoltà.

PIERANGELO FERRARI. Signor Presidente, faccio riferimento agli interventi dei parlamentari del nostro gruppo in occasione dei singoli emendamenti per confermare - come ho già detto in occasione della dichiarazione sull'emendamento 26.201 del Governo - la nostra astensione. La ragione di ciò la ripeto rapidamente: in questo articolo c'è la sostanza di un articolo della parte iniziale del provvedimento che avevamo preparato nel biennio scorso, il cosiddetto disegno di legge Nicolais. Tuttavia questo tema, come ha detto l'onorevole Nicolais stesso, meriterebbe un intervento organico, un disegno di legge organico di riforma (come noi avevamo tentato di fare con un disegno di legge che poi non andrò oltre il dibattito nella prima Commissione), meriterebbe un provvedimento separato e autonomo e ridotto in questo provvedimento omnibus perde molto di valore e di significato e questo è un messaggio che diamo alla pubblica amministrazione.
Pertanto, confermo il nostro voto di astensione ed aggiungo un'osservazione, Presidente, e la rivolgo direttamente a lei anche in ragione della sua cultura. Non so se lei condivide il fatto che l'approvazione dell'emendamento 26.200, in cui è scritto «acquisto della cittadinanza italiana», non sia in qualche modo un vilipendio della lingua italiana. Le rimando la questione chiedendole di intervenire.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 26, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 472
Votanti 275
Astenuti 197
Maggioranza 138
Hanno votato
255
Hanno votato
no 20).

(Esame dell'articolo 27 - A.C. 1441-bis-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 27 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 1441-bis-A).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere delle Commissioni.

MASSIMO ENRICO CORSARO, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, raccomando l'approvazione dell'emendamento 27.300 delle Commissioni ed esprimo parere favorevole sull'emendamento del Governo 27.200.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 27.300 delle Commissioni, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

Pag. 71

(Presenti 474
Votanti 266
Astenuti 208
Maggioranza 134
Hanno votato
255
Hanno votato
no 11).

Prendo atto che i deputati Cesare Marini e Palomba hanno segnalato di non essere riusciti a votare mentre avrebbero voluto astenersi.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 27.200 del Governo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.

SESA AMICI. Signor Presidente, con l'emendamento in esame il Governo sopprime un'articolazione che appare del tutto in contraddizione con l'insieme di questo provvedimento, che riguarda la certezza dei tempi in caso di attività consultiva e di valutazione tecnica, usando due pesi e due misure circa il ruolo e la funzione dei dirigenti e dei responsabili del procedimento.
È del tutto evidente che noi stiamo parlando di una questione assai delicata che richiederebbe un'articolazione di ragionamento molto ampia e soprattutto senza che sia interrotta in questo modo parcellizzato in cui si alternano «norme manifesto», proclami sul ruolo e la funzione del dirigente, soprattutto per il rispetto degli utenti che chiedono all'amministrazione sempre più non solo la certezza dei tempi ma anche di avere delle amministrazioni pubbliche amiche.
Ritengo che l'emendamento 27.200 del Governo, proprio perché fa venire meno la responsabilità posta in capo al responsabile del procedimento, appare non solo contraddittorio, ma sbagliato, perché di fatto elimina quell'elemento di certezza in base al quale chi è responsabile del procedimento nei confronti dell'utenza - e quindi, in particolare, dei cittadini - non può non essere chiamato a rispondere degli eventuali danni derivanti dalla mancata emissione delle valutazioni tecniche di cui al comma in questione.
Nella pubblica amministrazione, le valutazioni tecniche sono l'insieme, e non una parte, dello stesso procedimento amministrativo. Tentare di separarle significa, da un lato, aggraziarsi una figura e, dall'altro, caricarla di oneri che spesso non le competono.
Per questo motivo, voteremo contro l'emendamento 27.200 del Governo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, mi associo alle parole della collega Amici, ma vorrei aggiungere qualche considerazione, perché abbiamo analizzato una serie di norme e ora stiamo tornando indietro su tutte. Addirittura, si propone di sopprimere più della metà dell'intero articolo 27, rubricato appunto: «Certezza dei tempi in caso di attività consultiva e valutazioni tecniche». Non solo si producono gli effetti indicati adesso dalla collega, ma - lo ricordo - si sopprimono altre norme, ad esempio quella sui servizi di controllo interno delle singole amministrazioni statali, ovvero le strutture delle medesime amministrazioni cui sono affidate, in forza degli ordinamenti, le verifiche sul rispetto dei tempi. Si intacca anche un principio assolutamente normale in qualunque attività amministrativa: non esisterebbe alcuna impresa, infatti, Ministro Brunetta, che non ponga in essere attività di controllo sul suo operato, perché esse permettono di affermare se l'impresa medesima sta andando nella direzione voluta, oppure se sta facendo qualcosa di completamente diverso. Con questa norma si elimina l'effettuazione di controlli doverosi.
«I servizi di controllo interno (...) sono tenuti, anche avvalendosi di sistemi di protocollo informatico, a misurare i tempi medi di conclusione dei procedimenti, nonché a predisporre un apposito rapporto annuale, indicando il numero e le tipologie dei procedimenti che non si sono conclusi nei termini previsti». Sicché, con l'emendamento del Governo, nonPag. 72daremmo neanche, a questi cittadini sudditi, un pezzo di carta che dimostri cosa sta facendo quella pubblica amministrazione!
Ritengo sia una questione minimale e ovvia quella di rappresentare ai cittadini quante volte la pubblica amministrazione non è stata capace di raggiungere l'obiettivo della conclusione nei termini previsti dei procedimenti. Anche questo è un altro meccanismo di dittatura dolce, perché così togliamo ai cittadini anche l'informazione. Altro che inserire, come vuole il Ministro Brunetta, gli stipendi e le consulenze sul sito Internet: inseriamo prima di tutto i tempi in cui le amministrazioni concludono i procedimenti e il numero delle volte in cui esse sbagliano rispetto ai tempi che si sono obbligate a rispettare!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 27.200 del Governo, accettato dalle Commissioni.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 475
Votanti 471
Astenuti 4
Maggioranza 236
Hanno votato
251
Hanno votato
no 220).

Prendo atto che il deputato Dima ha segnalato di non essere riuscito ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 27, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 472
Votanti 425
Astenuti 47
Maggioranza 213
Hanno votato
247
Hanno votato
no 178).

(Esame dell'articolo 28 - A.C. 1441-bis-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 28 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 1441-bis-A).
Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Nicolais. Ne ha facoltà.

LUIGI NICOLAIS. Signor Presidente, riteniamo che l'articolo 28, relativo alla conferenza dei servizi e al silenzio assenso, interpreti abbastanza bene lo spirito perseguito dal precedente Governo. Preannunziamo, pertanto, un voto favorevole sull'articolo 28.

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito i relatori ad esprimere il parere delle Commissioni sull'emendamento 28.200 del Governo.

MASSIMO ENRICO CORSARO, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, le Commissioni accettano l'emendamento 28.200 del Governo.

PRESIDENTE. L'emendamento Zaccaria 28.1 sarebbe assorbito dall'approvazione dell'emendamento del Governo. Il Governo?

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il Governo raccomanda l'approvazione della sua proposta emendativa 28.200.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamentoPag. 7328.200 del Governo, accettato dalle Commissioni.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 474
Votanti 440
Astenuti 34
Maggioranza 221
Hanno votato
438
Hanno votato
no 2).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 28, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 467
Votanti 434
Astenuti 33
Maggioranza 218
Hanno votato
418
Hanno votato
no 16).

Prendo atto che la deputata Pes ha segnalato che non è riuscita a votare e che la deputata Bernini Bovicelli ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.

(Esame dell'articolo 29 - A.C. 1441-bis-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 29 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (Vedi l'allegato A - A.C. 1441-bis-A).
Nessuno chiedendo di parlare, invito i relatori ad esprimere il parere delle Commissioni.

MASSIMO ENRICO CORSARO, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, le Commissioni raccomandano l'approvazione del loro emendamento 29.300.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il Governo accetta l'emendamento 29.300 delle Commissioni.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 29.300 delle Commissioni, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 457
Votanti 248
Astenuti 209
Maggioranza 125
Hanno votato
246
Hanno votato
no 2).

Prendo atto che la deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita ad astenersi e che i deputati Antonino Russo e Sanga hanno segnalato che non sono riusciti a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 29, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 470
Votanti 269
Astenuti 201
Maggioranza 135
Hanno votato
269).

Prendo atto che i deputati Brandolini e Viola hanno segnalato che non sono riusciti a votare.Pag. 74
Prendo atto altresì che la deputata Zampa ha segnalato che non è riuscita ad esprimere il voto e che avrebbe voluto astenersi.

(Esame dell'articolo 30 - A.C. 1441-bis-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 30 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 1441-bis-A).
Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, il mio breve intervento mi dà l'opportunità di sollevare una questione che penso stia a cuore a tutti, soprattutto a coloro dai quali il federalismo viene interpretato come una forma di maggior autonomia delle amministrazioni locali. Nell'articolo che ci accingiamo testé ad esaminare, con i vari emendamenti, vi sono norme, segnatamente una, che obbligherebbe le amministrazioni comunali ad associarsi per avere un unico funzionario, un unico segretario comunale. Sui segretari comunali, credo si debba chiarire che una volta erano funzionari nominati dalla prefettura e rappresentanti del Ministero dell'interno, mentre oggi essi vengono scelti dai sindaci da appositi elenchi. Ma vi è di più: molti segretari comunali svolgono funzioni di direttore generale e sono contemporaneamente funzionari che hanno ruoli di assistenza alla correttezza degli atti amministrativi, ma anche di gestione.
Mi domando se si possano obbligare più comuni, magari con amministrazioni di segno e colore diversa, dove il rapporto fiduciario fra l'amministrazione, il sindaco e il segretario direttore generale deve essere totale, a servirsi di un unico funzionario (anche quattro o cinque comuni).
Questo è quanto prevede questo articolo, nel quale, tra l'altro, si ignorano anche condizioni diverse presenti nelle amministrazioni, anche con popolazione inferiore a cinquemila abitanti.
Credo che, per esempio, comuni con popolazione inferiore a cinquemila abitanti che sono in zone di entroterra abbiano situazioni molto differenziate rispetto ad altri comuni che pure abbiano una popolazione ridotta.
Pensiamo, ad esempio, ai comuni ad alta intensità turistica, nei quali, se sono residenti poche migliaia di persone, ci sono ospiti per un ammontare di decine di migliaia di persone nei periodi di più intenso turismo.
Pertanto, queste ultime amministrazioni hanno carichi di lavoro, spese, profili organizzativi, esigenze infrastrutturali tali da richiedere un direttore generale.
Come la mettiamo, dunque, con la questione del segretario comunale? Il segretario comunale non è il juke-box che, a richiesta, fornisce l'informazione tecnico-giuridica per la correttezza dell'atto, ma il segretario è, in questo caso, un manager e un direttore che non può contemporaneamente fare il direttore di più comuni.
Credo che il Governo debba ripensare questa norma. Leggo, poi, alcuni emendamenti presentati da colleghi dell'opposizione, che addirittura recano l'obbligo di esercitare funzioni per gruppi di comuni, quasi l'autonomia del comune non esistesse più.
Credo che qui - mi riferisco ai colleghi della Lega, che in modo particolare sono notoriamente molto sensibili e molto attenti alla questione delle autonomie - ci siano palesi, pesanti, pesantissime violazioni delle autonomie dei comuni.
Questo è il prodromo della stagione del federalismo? Questo, lo domando; però, penso che davvero dobbiamo un chiarimento di fondo. Non tanto per collocarci all'opposizione o nella maggioranza, ma sul territorio, in giro per il nostro Paese, maggioranze di centrodestra o di centrosinistra, vogliamo garantire l'autonomia e il diritto dei cittadini, che si eleggono - dico: «si eleggono» - i propri rappresentanti , di trovare soggetti responsabili dell'amministrazione, soggetti a cui non sia stata tolta la responsabilità, in processi diPag. 75accorpamenti e di deleghe ad altri che, appunto, fanno venir meno la responsabilità della singola amministrazione?
Immaginate più comuni che si debbano riunire, con un sindaco di un colore, uno di un altro, uno che ha interessi, per scegliere insieme il direttore generale. Se non crediamo a tale ipotesi, si abbia il coraggio, ope legis, di fondere i comuni, ma smettiamola con questa sistematica aggressione all'autonomia degli enti locali, laddove proprio l'articolo 119, il nuovo articolo 119 della Costituzione, garantisce autonomia di entrate e di spesa. Sarebbe questo il sistema di garantire l'autonomia?
Interverrò, poi, sui singoli emendamenti, ma credo che questa riflessione debba essere chiara e ben presente, non solo al Governo, ma a tutta l'Aula.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole De Camillis. Ne ha facoltà.

SABRINA DE CAMILLIS. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nel condividere gran parte delle cose dette dall'onorevole Bosi su questo articolo, ritengo che, in effetti, vada fatta una riflessione approfondita sulle iniziative che, magari, potrebbero derivare da un decreto legislativo che non tenesse conto, in effetti, del sistema regolamentare dei segretari comunali, della loro carriera e della loro professione, nonché, appunto, degli articoli 117 e 119 della Costituzione.
Pur se, in effetti, dà significative e positive disposizioni di semplificazione in favore dei comuni minori, questo articolo crea numerose criticità e profonde contraddizioni riguardo al profilo della figura del segretario comunale, che rischiano, se non adeguatamente risolte, di porre a repentaglio la stessa funzionalità degli enti minori.
Un esempio per tutti è stato già fatto: la reintroduzione del controllo di legittimità sugli atti contrasta in modo palese come il potere di nomina e di revoca da parte del sindaco del segretario comunale. E pertanto è necessaria una riflessione in materia, prima di dar corso all'emanazione di principi e criteri direttivi che potrebbero portare a una paralisi dell'intero sistema delle autonomie locali; oltre naturalmente a tutte le questioni di funzionalità proprie di territori, che sono comuni all'intera Italia: comuni piccolissimi e sparpagliati sul territorio, che per raggiungere i famosi 15 mila abitanti vedrebbero il segretario comunale fare il commesso viaggiatore più che espletare le funzioni che gli sono consone. Concludo invitando quindi il Governo e il Ministro, magari prima di adottare il decreto legislativo, a verificare l'opportunità di far sì che lo status giuridico del segretario comunale venga trattato nell'ambito della riforma del Testo unico degli enti locali. Mi riservo poi di intervenire emendamento per emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Buonanno. Ne ha facoltà.

GIANLUCA BUONANNO. Signor Presidente, in merito alla discussione sui segretari comunali, ritengo che chi, come il sottoscritto e molti dei deputati della Lega, ha fatto e fa il sindaco, abbia delle puntualizzazioni da fare.
Circa quindici anni fa, anche meno, i segretari comunali venivano scelti dalle prefetture, e quindi i sindaci si ritrovavano ad avere a che fare con dei funzionari che molto spesso, invece di lavorare, «dormivano», molto spesso, invece di fare gli interessi della comunità, guardavano ad altre faccende, e noi, poveri sindaci, dovevamo andare col cappello in mano dal prefetto chiedendo la sostituzione del segretario; poi invece il prefetto, da buon Ponzio Pilato, faceva finta di niente e noi ci dovevamo ritrovare un funzionario che non andava incontro alle esigenze sia dell'amministrazione sia, naturalmente, dei cittadini. Prendo spunto da ciò per raccontarvi quello che ho fatto quindici anni fa, quando ero già sindaco: il ministro Brunetta, così bravo, credo che possa imparare qualcosa anche da me. Avevo un segretario comunale che arrivava alle dieci del mattino e che, dopo poche ore, andava via e si chiudeva nel suo ufficio, che era di fronte al mio. Dopo un po' di volte chePag. 76dicevo al funzionario che, siccome era in sostanza il direttore generale del municipio, doveva dare l'esempio ai dipendenti - ed era invece il contrario perché, se il capo dorme in piedi, non puoi pretendere che i dipendenti facciano quanto devono fare - e, pertanto, evidentemente, doveva darsi una scossa. Atteso che nessuna legge lo impediva, ho pensato che la prima cosa giusta da fare fosse smontargli la porta, perché così, dal mio ufficio, potevo guardare direttamente ciò che faceva lui nell'altro ufficio (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Dopodiché, ho cercato di fare quanto successe al povero Fantozzi quando, nel celebre film, andò al casinò col suo capo e, quando cominciò a perdere, il suo ufficio visivamente perdeva tutti i pezzi: così, gli abbiamo tolto i quadri, i tappeti, le piante e l'abbiamo lasciato con una scrivania e una sedia, e il crocifisso, naturalmente. Dopo un po' di tempo, il buon segretario diede le sue dimissioni e andò da un'altra parte, e così ho risolto il problema sia col prefetto sia con lui, e riuscii finalmente ad avere un segretario comunale adeguato.
Poi ci fu la riforma, e questa riforma ha consentito finalmente ai sindaci, che sono comunque coloro che rappresentano la città, di poter scegliere chi può fare qualcosa all'interno del meccanismo complicato della macchina comunale, e quindi abbiamo delle persone nelle quali possiamo avere un po' fiducia. Dico: «un po'» perché, se uno è fortunato, la fiducia c'è e si raggiungono anche dei risultati, ma se uno poi, come spesso capita, vede una persona molto motivata, capace, che dopo due o tre mesi comincia a perder colpi e poi ad avere una serie di problemi, siamo di nuovo in difficoltà.
Quando si parla di caste, una casta che esiste è quella dei segretari comunali, i quali hanno pure un'Agenzia per potersi difendere (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), ed anche quando gli va male hanno poi qualche anno di tempo per prendere sempre lo stipendio, mantenuto certamente da tutti noi, e potersi quindi ricollocare da altre parti (mi suggerisce una collega che sono un po' come i piloti dell'Alitalia e allora li passiamo tutti dirigenti così gli facciamo quello che hanno fatto agli altri). Come dicevo, i sindaci hanno bisogno di punti di riferimento e, quindi, di poter dare quelle risposte necessarie. I segretari comunali - ribadisco - se sono persone in gamba sono quelli che fanno girare la macchina comunale ed anche quei dipendenti che lavorano un po' meno si devono adeguare ad un sistema; ma è certo, invece, che se il segretario comunale è una persona che preferisce pensare ad altro piuttosto che a lavorare, il discorso diventa molto più complicato.
Noi della Lega ci auguriamo dunque che vi possa essere una riforma seria per questo settore, la quale possa giovare veramente alle amministrazioni comunali. Non stiamo facendo un discorso esclusivamente di un colore politico, ma diciamo ciò perché i sindaci sono di tutti i colori ed hanno tutti gli stessi problemi, e quando si parla dei problemi non andiamo a guardare se uno è di destra, di sinistra o della Lega, ma vogliamo trovare un risultato perché i cittadini vogliono un risultato, e noi vogliamo avere le mani libere per avere funzionari che, se lavorano, è giusto che vengano pagati, ma che, se non lavorano, è giusto dargli un calcio nel sedere e scegliere in maniera libera un altro funzionario (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore per la V Commissione ad esprimere il parere delle Commissioni.

MASSIMO ENRICO CORSARO, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, le Commissioni esprimono parere contrario sugli emendamenti Amici 30.1 e Miotto 30.2, mentre il parere è favorevole sugli emendamenti Livia Turco 30.3, Miotto 30.4, Livia Turco 30.5 e Miotto 30.6. Le Commissioni esprimono altresì parere contrario sull'emendamento Livia Turco 30.7...

Pag. 77

PRESIDENTE. Onorevole relatore, le ricordo che l'emendamento Livia Turco 30.7 è inammissibile.

MASSIMO ENRICO CORSARO, Relatore per la V Commissione. Chiedo scusa. Le Commissioni esprimono parere contrario sugli identici emendamenti Miotto 30.8 e Oppi 30.9, nonché sull'emendamento Marinello 30.10. Per quanto riguarda l'emendamento Gioacchino Alfano 30.11, ci rimettiamo alle valutazioni del Governo. Le Commissioni esprimono altresì parere contrario sugli emendamenti Rubinato 30.12 e Borghesi 30.13, mentre raccomandano l'approvazione del loro emendamento 30.300. Le Commissioni esprimono invece parere contrario sugli identici emendamenti Giudice 30.15, Borghesi 30.16 e Fontanelli 30.17, nonché sull'emendamento Borghesi 30.18 e sugli identici emendamenti Borghesi 30.19 e Osvaldo Napoli 30.20. Le Commissioni raccomandano inoltre l'approvazione del loro emendamento 30.301, mentre sull'emendamento Luciano Dussin 30.21 il parere è contrario...

PRESIDENTE. Onorevole relatore, l'emendamento Luciano Dussin 30.21 è stato ritirato.

MASSIMO ENRICO CORSARO, Relatore per la V Commissione. Le Commissioni, infine, esprimono parere contrario sull'emendamento Lo Monte 30.22 e sugli identici emendamenti Borghesi 30.23 ed Osvaldo Napoli 30.24, mentre mi pare che l'emendamento Montagnoli 30.25 fosse stato ritirato.

PRESIDENTE. Sì, l'emendamento Montagnoli 30.25 è stato ritirato.

MASSIMO ENRICO CORSARO, Relatore per la V Commissione. Le Commissioni accettano l'emendamento 30.302 del Governo.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il parere è sostanzialmente conforme a quello del relatore, ad eccezione degli emendamenti Livia Turco 30.3, Miotto 30.4, Livia Turco 30.5 e Miotto 30.6, rispetto ai quali il Governo si rimette all'Assemblea per questo semplice motivo che riguarda anche gli emendamenti successivi in tema di farmaceutica: è attualmente in corso, infatti, una trattativa tra il Ministero del Welfare (ramo sanità o salute che dir si voglia) con il comparto farmaceutico. Da questa trattativa dovrebbe anche derivare qualche miglioramento dell'assunto dell'articolo 30, tenendo anche conto che, ad esempio, l'emendamento Gioacchino Alfano 30.11 che era stato ritirato avrebbe avuto anche un parere favorevole da parte, credo, del relatore (se fosse stato mantenuto) e del Governo, perché andava a razionalizzare la materia. Ma siccome è in oggetto una razionalizzazione completa attraverso una trattativa con le parti interessate, è opportuno che per adesso non vi siano norme ulteriori che appesantiscono questo tipo di trattativa.
Relativamente agli altri emendamenti il parere, come dicevo, è conforme a quello espresso dal relatore, tenendo conto che la questione dei segretari comunali, che pure riveste grande importanza, tutto sommato è stata conciliata nel testo approvato dalle Commissioni fissando un limite quantitativo assolutamente ragionevole che può, in qualche modo, cercare di contemperare entrambe le esigenze, quella di salvaguardia della finanza pubblica e di contenimento della spesa ai comuni e, contemporaneamente, anche quella di una gestione efficiente e non troppo dispersiva e difficile per l'elevato numero di comuni rispetto ai quali i segretari comunali devono prestare la loro opera.
La soluzione approvata dalle Commissioni è di compromesso, però, ad avviso del Governo, assolutamente ragionevole.

PRESIDENTE. Prendo atto che l'emendamento Marinello 30.10 è stato testé ritirato.Pag. 78
Pregherei l'onorevole rappresentante del Governo di fornire un'indicazione più precisa sull'emendamento Gioacchino Alfano 30.11, avendo detto il relatore per la V Commissione, onorevole Corsaro, che le Commissioni si rimettono al parere del Governo. Qual è il parere del Governo?

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, forse mi sono espresso male, ma rispetto all'emendamento Gioacchino Alfano 30.11, quello del Governo sarebbe un parere di valutazione ragionevolmente positiva, però si formula un invito al ritiro perché è in corso questo tipo di trattativa.

PRESIDENTE. Ho capito, vi è stata una scarsa comprensione da parte mia: un modo elegante per dire che si era spiegato male lei.
Prendo atto che l'onorevole Gioacchino Alfano ritira il suo emendamento 30.11.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Amici 30.1
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zamparutti. Ne ha facoltà.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Signor Presidente, come delegazione radicale nel Partito Democratico, sosteniamo questo emendamento Amici 30.1, perché mira a cancellare l'ennesimo favore fatto a vantaggio di quella che è, e lo è sempre di più, una vera e propria casta fuori dal tempo, oltre che fuori dal mercato: la casta dei farmacisti, che sono i veri assistiti di questo Paese (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Con questa disposizione si permette alle farmacie di svolgere servizi che, di tutta evidenza, portano flussi di clientela. Affermo ciò perché se fosse una misura a vantaggio dei consumatori allora si sarebbero inserite anche altre categorie come i medici di base o come i parafarmacisti che sono una realtà, oggi, di duemila esercizi, che è stata resa possibile grazie alla liberalizzazione del Governo Prodi. Si tratta di realtà rispetto alla quali l'attuale Governo, invece, anche rispetto a proposte di legge depositate al Senato, è dell'avviso di farle chiudere. Noi presenteremo un ordine del giorno su questo tema, intanto, però, voteremo a favore dell'emendamento Amici 30.1 in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Miotto. Ne ha facoltà per un minuto.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Signor Presidente chiederei un po' di attenzione sull'emendamento Amici 30.1 da parte dei colleghi, perché poco fa, all'inizio del dibattito pomeridiano, il professor Zaccaria ha richiamato l'attenzione di tutti sulla estraneità di molte materie a questo provvedimento. È questo un caso di scuola. Pensate: il titolo di questo provvedimento riguarda la competitività, ma cosa c'entra il riordino delle farmacie con la competitività? Il processo civile, che cosa c'entra con il riordino delle farmacie? Lo sviluppo economico è un presidio del sistema sanitario? Mi sembra che l'oggetto della delega sia tutt'altro rispetto alla semplificazione. E riguardo alla stabilizzazione della finanza pubblica? Beh, forse con i tagli questa delega ha qualcosa a che fare, perché taglia risorse alle farmacie rurali.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Concludendo, cosa c'entra la perequazione tributaria? Insomma, si tratta di una materia completamente estranea. Con questo emendamento si propone di sopprimere i commi 1 e 2 dell'articolo 30 perché sono totalmente estranei alle materie trattate.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Amici 30.1, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 79
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 473
Votanti 446
Astenuti 27
Maggioranza 224
Hanno votato
194
Hanno votato
no 252).

Prendo atto che il deputato Tassone ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Miotto 30.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Miotto. Ne ha facoltà.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Signor Presidente, con questo emendamento chiediamo che fra i principi della delega sia tenuta presente una norma introdotta dal Governo Prodi che va sotto il nome di istituzione delle farmacie, e meglio conosciuta come la disposizione appartenente alla prima «lenzuolata» del Ministro Bersani.
In questa operazione di riordino, dai contorni un po' vaghi ed incerti, almeno occorrerebbe essere chiari su un punto. Da pochi mesi è operativa questa norma che consente la distribuzione di alcuni farmaci, con risparmio notevole per le famiglie e quindi a vantaggio dei consumatori, senza danneggiare il sistema delle farmacie pubbliche e private, che peraltro costituiscono un presidio essenziale del sistema sanitario nel nostro Paese, ed inoltre offre l'occasione di uno sbocco professionale dignitoso per molti giovani farmacisti che altrimenti sarebbero rimasti ad affollare le lunghe liste di attesa per vedere corrisposta l'ambizione di poter lavorare in una farmacia pubblica o privata.
Ebbene, con questo emendamento si chiede semplicemente che la delega venga esercitata dal Governo rispettando quanto già previsto dal decreto-legge n. 223 del 2006, convertito nella legge n. 248 del 2006. Devo dire che sono un po' sorpresa nel sentire che il relatore ed il Governo hanno espresso un parere contrario su questo emendamento. Allora mi viene un dubbio: forse si ha in mente - invece di attribuire nuove funzioni e nuovi ruoli alle farmacie in campi che sono oggi ahimè largamente scoperti, come ad esempio l'assistenza domiciliare (poi diremo però dell'incongruenza di questa previsione che pure sarebbe stata condivisibile e che sta tutta naturalmente nella norma finanziaria che prevede costo zero per questa operazione) -, accanto a questa indicazione contenuta nella delega da esercitare da parte del Governo, di riordinare anche questo campo, questo settore che ha avuto la grande innovazione dell'introduzione delle parafarmacie? Non sarebbe stato il caso di dirlo esplicitamente?
Penso, quindi, sia un grave errore votare contro l'emendamento in esame, perché davvero allora vuol dire che con il disegno di legge Gasparri-Tomassini (che è stato presentato dalla maggioranza e che mi sembra abbia iniziato l'esame presso la corrispondente Commissione del Senato) la maggioranza intende attestarsi su quella linea, che rappresenta un altro passo indietro rispetto ad un'innovazione pur timida e parziale che aveva connotato i diciotto mesi del Governo Prodi, e che, in questo campo, credo abbia fatto bene all'intero sistema, all'intero settore. Perché insomma dire di «no» a questo emendamento?
Faccio notare, cari colleghi, che questa delega per il riordino delle farmacie non era nota e non è nota, perché appare solo una settimana fa. Per tre mesi invece avete fatto discutere di un altro argomento che è stato rapidamente accantonato, perché la proposta originaria contenuta in questo provvedimento prevedeva di fatto l'abrogazione delle farmacie rurali. Per tre mesi due emendamenti riguardavano l'abrogazione di fatto delle farmacie rurali. Solo qualche giorno fa appare improvvisamente questo emendamento che sostituisce l'abrogazione dell'indennità di residenza per le farmacie rurali. Non vi sembri strano, ma a pensar male si fa peccato ma talvolta ci si indovina. Pertanto, spero che questo emendamento possa essere attentamentePag. 80valutato dall'Assemblea e approvato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Miotto 30.2, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 476
Votanti 474
Astenuti 2
Maggioranza 238
Hanno votato
219
Hanno votato
no 255).

Prendo atto che il deputato Scilipoti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Livia Turco 30.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Miotto. Ne ha facoltà.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Il relatore ha espresso parere favorevole all'emendamento Livia Turco 30.3. Dunque, avrei potuto non intervenire, anzi mi ero ripromessa di non intervenire ma il sottosegretario ha detto che si rimette all'Assemblea e allora, cari colleghi, facciamo un piccolo ragionamento.
Penso che la Lega non farà mancare il voto favorevole sull'emendamento in questione. Siamo di fronte ad una norma, una delega al Governo per riformare il settore farmaceutico, che riguarda le competenze, i ruoli, le funzioni attribuite alle farmacie, che sono di competenza delle regioni. Si tratta di materia normata dall'articolo 117 della Costituzione come materia esclusiva delle regioni poiché attiene all'organizzazione dei servizi di assistenza domiciliare, di educazione sanitaria, di prevenzione, di prenotazione delle visite e della consegna dei farmaci a domicilio e così via. Si tratta di un'invasione dell'autonomia regionale. Quando abbiamo sollevato la questione in Commissione, devo dire che non abbiamo trovato nel Governo un argine rispetto a questa tentazione di invadere le competenze regionali. Ma come si fa a parlare di federalismo mattino, pomeriggio e sera e, poi, di notte ad approvare queste norme? Ma non vi sembra che sia anacronistico, ora, nel 2008, dopo il referendum sul titolo V della Costituzione, dopo le decine di ricorsi delle regioni sulle norme approvate e contenute nelle leggi finanziarie, e su parecchie leggi di questi due mesi che noi continuiamo ad invadere la competenza delle regioni?
L'emendamento che abbiamo presentato tende a mitigare tale invasione. Ritengo che questi due commi dovessero essere stralciati proprio per questa ragione. Non c'è materia per lo Stato di entrare in queste materie per normare queste funzioni che sono di competenza regionale. Tuttavia, nel momento in cui il Governo insiste, almeno rendiamo compatibile questa norma con le previsioni dei piani sanitari di ciascuna regione. Perlomeno facciamo questo, altrimenti debbo dire che cadremmo in una contraddizione plateale e mi sorprende che le regioni non si facciano sentire ma forse non conoscono ancora la norma, dal momento che è maturata nell'arco di poche ore dalla scorsa settimana ad oggi. Quindi mi auguro che l'Assemblea accolga il parere già espresso dalle Commissioni, che avevano appunto espresso parere favorevole su questo emendamento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Livia Turco 30.3, accettato dalle Commissioni e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Applausi dei deputati delPag. 81gruppo Partito Democratico - Vedi votazioni).

(Presenti 479
Votanti 475
Astenuti 4
(Maggioranza 238
Hanno votato
470
Hanno votato
no 5).

Prendo atto che i deputati Fugatti e Di Biagio hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Miotto 30.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Miotto. Ne ha facoltà.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Adesso vi risparmio, ma l'emendamento 30.4, di cui sono prima firmataria, è uguale al precedente, esattamente uguale al precedente: ci si richiama ai piani regionali per consentire l'esercizio della delega in materie che sono di competenza regionale.

PRESIDENTE. Confermo quanto affermato dall'onorevole Miotto.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Miotto 30.4, accettato dalle Commissioni e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 480
Votanti 473
Astenuti 7
(Maggioranza 237
Hanno votato
472
Hanno votato
no 1).

Prendo atto che il deputato Pepe ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole che il deputato Cassinelli ha segnalato che si è erroneamente astenuto e che avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Livia Turco 30.5, accettato dalle Commissioni e sul quale il Governo si è rimesso all'Assemblea.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 474
Votanti 468
Astenuti 6
Maggioranza 235
Hanno votato
467
Hanno votato
no 1).

Prendo atto che i deputati Pepe e Cassinelli hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Miotto 30.6, accettato dalle Commissioni e su cui il Governo si rimette all'Assemblea. Si tratta della medesima questione riferita all'emendamento approvato in precedenza.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 480
Votanti 475
Astenuti 5
Maggioranza 238
Hanno votato
475).

Prendo atto che la deputata Zampa ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.
Ricordo che l'emendamento Livia Turco 30.7 è inammissibile.
Passiamo agli identici emendamenti Miotto 30.8 e Oppi 30.9.Pag. 82
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Miotto. Ne ha facoltà.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Signor Presidente e colleghi, questa è la parziale retromarcia che ha fatto il Governo, ma aiutiamolo a fare tutta la retromarcia: ne ha fatta metà, facciamogli completare l'operazione.
Cosa aveva previsto il Governo due mesi fa? Aveva previsto, con una norma, di abrogare l'indennità di residenza per le farmacie rurali. Voi tutti sapete, cari colleghi, che le farmacie rurali non sono un lusso per il territorio: sono una necessità di presidio del territorio per realtà che sono di piccola entità: tremila abitanti.
L'indennità di residenza viene riconosciuta, perché queste farmacie, avendo un'utenza limitata, spesso in località montane o insulari, rischiano altrimenti di non avere le condizioni economico-finanziarie per sopravvivere. È quindi un servizio essenziale per cittadini che hanno difficoltà nella mobilità, perché spesso si tratta, in queste aree montane, di persone prevalentemente anziane.
Questa indennità, peraltro, non è elevatissima e riguarda comunque un numero di farmacie che è abbastanza rilevante nel nostro Paese. Voi sapete che abbiamo una media di una farmacia ogni 3.300 abitanti ed è una grande ricchezza per il sistema sanitario del nostro Paese.
Naturalmente, se si toglie o si limita l'indennità, si diminuisce la possibilità di avere questo servizio. Pertanto, come si fa, nei commi precedenti, a sostenere che le farmacie devono essere un luogo di riferimento per i cittadini - non solo per la distribuzione dei farmaci, ma anche per altre funzioni - e, contemporaneamente, limitare l'erogazione e il riconoscimento dell'indennità di residenza, in modo che diminuiranno nel numero e, soprattutto, nelle aree più disagiate?
Capisco che vi sia la necessità di risparmiare, di rischiare il fondo del barile, ma i risparmi non vanno fatti nelle aree più disagiate del Paese, non vanno fatti a carico delle farmacie rurali: si chieda uno sconto sui farmaci nelle farmacie che hanno un più alto volume d'affari, ma non si faccia risparmio su queste cose (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Alla fine, sono poche briciole queste, ma sono essenziali per mantenere in vita un servizio essenziale.
Se si toglie questo servizio, ne va anche davvero dell'esigibilità del diritto alla salute contenuto nell'articolo 32 della Costituzione.
Mi auguro che l'Assemblea aiuti il Governo a compiere questo sforzo ulteriore: a giugno ha già fatto mezza retromarcia: facciamogliela fare interamente.

MASSIMO ENRICO CORSARO, Relatore per la V Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO ENRICO CORSARO, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, intervengo su questo emendamento, in realtà cercando di trarre spunto dalle considerazioni svolte sull'argomento farmacie per rilevare che non vi è alcuna forma di contrasto e di contraddizione tra quanto è scritto nel testo approvato dalle Commissioni e quanto, viceversa, è l'intendimento del provvedimento che stiamo valutando in Aula. Ciò, sia perché, da un lato, la revisione della caratteristica di ruralità per le farmacie è assolutamente necessaria, atteso che quelle indennità erogate alle farmacie sono disposte sulla base di un criterio di individuazione di specifiche che sono datate di diversi decenni (il territorio, morfologicamente e socialmente, è fortemente modificato, per cui si può dare il caso che vi siano alcune farmacie nei confronti delle quali la disponibilità di popolazione di riferimento è assai superiore a quella che si era registrata all'inizio, quando sono state riconosciute come farmacie rurali e, quindi, va da sé che un aggiornamento di questo archivio debba essere fatto), sia perché abbiamo approfittato, questo sì, di questo provvedimento per utilizzare la rete delle farmacie, capillarmente assai diffusa sul territorio molto più di qualunque altroPag. 83presidio sanitario, per offrire, utilizzando la struttura delle farmacie, un'amplificazione di servizi a diretto supporto del cittadino, esattamente nell'intento di avvicinare la pubblica amministrazione agli interessi del cittadino.
È chiaro - e ce ne rendiamo conto - che chi ha inteso, in un recente passato, assimilare la distribuzione dei farmaci alla vendita delle scope e a quella delle lattughe, può non riconoscersi in questo intendimento, ma noi siamo convinti di quello che stiamo facendo (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Polledri. Ne ha facoltà.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, per ristabilire un criterio di verità, la collega adombrava il dubbio che vi fosse un complotto della maggioranza contro il federalismo e contro le farmacie. Vorrei ricordare alla collega che il primo provvedimento che il centrosinistra varò in occasione della magnifica «lenzuolata» fu per pagare un debito alle coop rosse - come diceva il relatore - dando loro le medicine, per pagare in qualche modo, contro un criterio di qualità. E volevano anche dare alle varie parafarmacie e cooperative rosse i farmaci di fascia C. È evidente che questo provvedimento è ben diverso. Come sosteneva il relatore, vi è l'intenzione di incentivare le farmacie rurali e devo dire che la Lega Nord Padania, nella passata legislatura ma anche in questa, ha presentato progetti di legge in questo senso.
Quanto poi alla contrapposizione al federalismo, inviterei anche a guardare all'interesse del consumatore e soprattutto del paziente. L'esperienza, ad esempio, dell'Emilia Romagna di avere la possibilità nelle farmacie di prenotare una parte di esami, con un CUP di prenotazione, è un qualcosa che penso vada ripetuto. Invece di pensare all'offesa a qualche assessore, bisognerebbe pensare al piacere che, con questo provvedimento, viene arrecato alla maggioranza degli italiani e alla maggioranza dei pazienti (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Miotto 30.8 e Oppi 30.9, non accettati dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 479
Votanti 472
Astenuti 7
Maggioranza 237
Hanno votato
221
Hanno votato
no 251).

Prendo atto che i deputati Ciccanti e De Torre hanno segnalato di aver erroneamente espresso voto contrario mentre avrebbero voluto esprimerne uno favorevole e che i deputati Mancuso e De Corato hanno segnalato di aver erroneamente votato a favore mentre avrebbero voluto esprimere voto contrario.
Ricordo che gli emendamenti Marinello 30.10 e Gioacchino Alfano 30.11 sono stati ritirati.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Rubinato 30.12.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rubinato. Ne ha facoltà.

SIMONETTA RUBINATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, ho sottoscritto pienamente tutte le motivazioni che la collega Miotto ha illustrato in relazione al suo emendamento 30.2. Questa, come dire, è una difesa in subordine, di retroguardia.
Innanzitutto, voglio anch'io evidenziare come sia particolarmente singolare che, in relazione ad un provvedimento che è partitoPag. 84con l'abrogazione dell'articolo 2 della legge n. 221 del 1968 e della corresponsione delle indennità alle farmacie rurali, si arrivi a dire che si tratta di un emendamento che addirittura, come dire, le incentivi. Pertanto, delle due l'una: o vi è un percorso dietro queste proposte emendative, oppure vi è una certa schizofrenia sull'argomento.
A questo percorso credo non sia estraneo - come sollevava anche la collega Miotto - il fatto che al Senato sia stato presentato un disegno di legge a prima firma Maurizio Gasparri e Antonio Tomassini, che titola nel modo seguente: «Disposizioni normative in materia di medicinali ad uso umano e di riordino dell'esercizio farmaceutico». Ebbene, l'esercizio del potere legislativo appartiene a quest'Aula. In particolare, in questo campo, siamo in materia di una delicata competenza Stato-regioni, ma non solo. Anche la materia dell'organizzazione del servizio farmaceutico è particolarmente delicata, posto che, come ha evidenziato la Corte costituzionale, la regolamentazione pubblicistica dell'attività economica di rivendita dei farmaci è preordinata al fine di assicurare e controllare l'accesso dei cittadini ai prodotti medicinali e, in tal senso, a garantire la tutela del fondamentale diritto alla salute.
Atteso ciò, il fatto che il Parlamento e le Commissioni competenti si trovino di fronte ad una disposizione che aboliva tout-court le sovvenzioni, gli aiuti e gli incentivi alle farmacie rurali, trasformandosi poi in una delega al Governo a legiferare in materia, senza avere il tempo necessario affinché il Parlamento possa svolgere il suo compito in una materia così delicata, francamente ci preoccupa. Ci preoccupa, anche leggendo le disposizioni in materia di riordino dell'esercizio farmaceutico contenute nel disegno di legge che ho citato prima, in cui si vuole delegare all'AIFA il compito di redigere, fra i farmaci cosiddetti da banco ovvero senza obbligo di ricetta, una lista di medicinali vendibili anche al di fuori delle farmacie e soprattutto senza obbligo della presenza di un farmacista. Questo ci preoccupa - e ci preoccupa anche il parere contrario sul nostro emendamento - perché si vogliono smantellare le farmacie rurali. Poco fa il collega Polledri ed anche il relatore dicevano che le garanzie ci sono, perché, in realtà, si vogliono soltanto verificare i requisiti previsti dalla legge 8 marzo 1968, n. 221 per la permanenza della ruralità. Eppure, io leggo un'altra cosa e cioè che si intendono rivedere i requisiti della ruralità, non verificare che vi siano. Il mio timore è che, mentre si dice che si vogliono dare più funzioni e maggiori possibilità di servizio ai cittadini anche nelle farmacie rurali, con schizofrenia, si rivedono quei requisiti. Forse sarebbe il caso di continuare invece proprio in quei presidi, in zone disagiate, insulari o montane. Ciò rappresenta proprio il motivo per cancellare la lettera f) che pure voi introducete. Dunque ciò ci preoccupa. Forse, si vuole fare retromarcia sulla questione delle parafarmacie, con riferimento alle quali la norma del decreto Bersani prevedeva, a garanzia dei cittadini e della loro salute, la presenza di un farmacista, mentre il disegno di legge Gasparri-Tommasini prevede che si possano vendere, senza presenza del farmacista, un elenco di farmaci.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

SIMONETTA RUBINATO. Ci preoccupa moltissimo che venga espresso un parere contrario su un emendamento, quello presentato dalla sottoscritta, che semplicemente chiede che, con riferimento alla revisione dei requisiti di ruralità, nei comuni con popolazione inferiore a cinquemila o tremila abitanti sia garantita almeno la presenza di un punto di vendita con farmacista. Ci preoccupa un percorso non schizofrenico ma certamente preordinato ad arrivare sicuramente ad obiettivi che non condividiamo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Rubinato 30.12, non accettato dalle Commissioni e dal Governo.
(Segue la votazione).

Pag. 85

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 473
Votanti 436
Astenuti 37
Maggioranza 219
Hanno votato
185
Hanno votato
no 251).

Prendo atto che la deputata De Pasquale ha segnalato di aver erroneamente espresso voto contrario mentre avrebbe voluto esprimerne uno favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Borghesi 30.13.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, nei commi 3 e seguenti, in sostanza si interviene, dettando delle norme che permettono ai piccoli comuni di non dover più sottostare alla normativa generale che riguarda la redazione del bilancio. Noi siamo un po' sorpresi di ciò, perché credo una cosa e tutti noi credo possiamo affermarlo a ragion veduta: non è che nei comuni di dimensioni minori non esistano problemi di conflitto di interesse. Non pensiamo che l'unico conflitto di interessi esistente al mondo sia quello che investe il Presidente Berlusconi. Certo, quello è la summa di tutti! In realtà, si hanno tante situazioni di conflitto di interesse in comuni minori con assessori che al mattino fanno gli assessori, mentre al pomeriggio i geometri e poi portano in approvazione le loro pratiche di natura edilizia.
Pertanto, al mattino fanno un lavoro, mentre di pomeriggio ne svolgono un'altro che è esattamente in conflitto con il primo. Vi sono situazioni che, in molti casi, come anche rivelano le indagini della magistratura, meritano un'adeguata attenzione, perché, se è vero che si tratta di comuni minori, è altrettanto vero che sono in numero tale per cui, nell'ambito della finanza pubblica, pesano in modo rilevante. Pertanto, pensiamo che non sia quello il modo giusto per affrontare un problema che è, invece, molto più rilevante.
Voglio sottolineare il fatto che noi dell'IdV riteniamo che non si possa dar luogo ad alcun provvedimento che riguarda il federalismo fiscale se non si esamina e risolve un altro problema che ha il nostro Paese, ossia quello dei livelli istituzionali. Abbiamo avuto una maggioranza che è andata a svolgere la propria campagna elettorale, proponendo agli italiani l'eliminazione delle province tra i provvedimenti da varare per ridurre il numero dei livelli istituzionali. Noi dell'Italia dei Valori siamo favorevoli alla soppressione delle province, ma voi non ne parlate più. Infatti, dalle province siete passati all'idea delle province metropolitane, delle province nel caso in cui vi sono le città metropolitane, ma anche di ciò non parlate più e non siete nemmeno in grado di varare un provvedimento minimale come quello della soppressione delle comunità montane, al quale anche noi saremmo favorevoli. Voi, invece, avete atteggiamenti ondivaghi, tant'è che qui a Roma votate l'emendamento della manovra economica che riduce di trenta milioni di euro, a partire dall'anno prossimo, i fondi destinati alle comunità montane, ma i vostri partiti sul territorio - tanto per non fare nomi, il Veneto - vanno a proporre leggi regionali che intendono salvare tutte le comunità montane esistenti.
Allora è necessario capirsi anche su questo punto. Proponiamo anche per i comuni una soluzione. Un'azienda, allorché si rende conto che i suoi costi fissi non sono più sostenibili, cosa fa? Normalmente, se è in grado di farlo, acquisisce un'altra azienda, in modo da aumentare il suo volume di attività e ridurre il peso dei costi fissi (è evidente che laddove è presente una struttura amministrativa, una contabile e una tecnica ne basta una sola, anche se l'attività è aumentata) oppure due aziende si fondono con l'intento di ridurre fortemente il peso dei costi fissi. Proponiamo per i comuni una soluzione che non è quella della fusione, che è impraticabile, bensì quella di imporre adPag. 86essi di unirsi in modo che essi abbiano un minimo di 20 mila abitanti. In tale circostanza sarà l'unione di comuni a sottostare alle regole di bilancio, la cui osservanza oggi vogliamo togliere ai piccoli comuni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, intervengo per una brevissima dichiarazione di voto e per esprimere la nostra contrarietà all'emendamento in esame. Non credo che sia in sintonia con i nostri principi la previsione di un'unione di comuni in termini obbligatori e coercitivi; inoltre, tale questione pone il problema delle autonomie locali in senso forte ed intenso. Certamente l'unione fra comuni per i servizi ha senso e significato, ma prevedere per i comuni una fascia di abitanti pari a 20 mila unità e allo stesso tempo l'obbligatorietà dell'unione e dell'associazione per i servizi credo che sia troppo e ritengo che tale idea si inserisca in un filone culturale, filosofico e politico che guarda più allo smantellamento delle autonomie locali che al suo rafforzamento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Borghesi 30.13, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 478
Votanti 472
Astenuti 6
Maggioranza 237
Hanno votato
20
Hanno votato
no 452).

Ricordo che l'emendamento Zeller 30.14 è stato ritirato.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Giudice 30.15, Borghesi 30.16 e Fontanelli 30.17.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanelli. Ne ha facoltà.

ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente, si tratta semplicemente di consentire di estendere l'esercizio delle funzioni che sono attribuite al sindaco anche al presidente della circoscrizione (laddove sono rimaste, ovviamente) e ai presidenti delle unioni dei comuni nello spirito di favorire, non obbligare, l'aggregazione degli enti locali, in modo tale da rendere sempre più adeguato il servizio che essi devono svolgere.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Giudice 30.15, Borghesi 30.16 e Fontanelli 30.17, non accettati dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 490
Votanti 486
Astenuti 4
Maggioranza 244
Hanno votato
222
Hanno votato
no 264).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 30.300 delle Commissioni, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

Pag. 87

(Presenti 490
Votanti 487
Astenuti 3
Maggioranza 244
Hanno votato
469
Hanno votato
no 18).

Prendo atto che il deputato Scilipoti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Borghesi 30.18.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, prima ho dovuto concludere rapidamente perché avevo esaurito il tempo a disposizione e vorrei chiarire meglio il senso di questa proposta. Se qualcuno immaginasse di obbligare per legge i comuni a fondersi, avrebbe scarso risultato; siamo il Paese dei comuni e credo che sia anche giusto, per cui salviamo l'esistenza del comune e del sindaco. Ciò che tuttavia è inaccettabile, dati i costi fissi che comporta, è che comuni anche di dimensioni minuscole abbiano un servizio anagrafe in proprio, un servizio contabile in proprio, un servizio tecnico in proprio e un servizio di sicurezza in proprio (ce ne sono tanti).
Come dicevo prima, incrementiamo un atteggiamento anche aziendalista da parte dei comuni e cerchiamo di favorire il coordinamento della finanza pubblica, se vogliamo realmente immaginare di ridurre i trasferimenti dello Stato ai comuni. Su questo tema ci sarebbe da aprire un capitolo sul fatto che, se il Governo non trova in fretta un po' di quattrini, non si sa come faranno i comuni a chiudere i bilanci; certamente lo faranno mettendo le mani nelle tasche dei cittadini.
Vorrei citare l'esempio del comune dove abito, Verona, che sta inserendo nel bilancio, in via programmatica, la copertura del buco di bilancio con 2 milioni di euro di maggiori entrate da multe. Vorrei capire se questa è la nuova tassa che alcune amministrazioni hanno deciso di porre a carico dei cittadini, poiché a pagare le multe (o più multe) non sono certamente coloro che viaggiano in macchina con l'autista, ma sono cittadini normali che magari hanno lasciato l'autovettura per un attimo per fare qualche servizio urgente.
Questo è un altro modo per mettere le mani nelle tasche dei cittadini invece che in quelle dei petrolieri, o degli assicuratori, o dei banchieri, come voleva Robin Tremonti. Allora, affrontiamo il problema della riduzione dei costi fissi dei comuni, imponendo che ci sia un bacino minimo di cittadini amministrati e mettendo in comune tutti i servizi generali. Questa è la nostra proposta.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Borghesi 30.18, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 479
Votanti 476
Astenuti 3
Maggioranza 239
Hanno votato
28
Hanno votato
no 448).

Prendo atto che il deputato Gianni Farina ha segnalato che ha erroneamente votato a favore mentre avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Borghesi 30.19 e Osvaldo Napoli 30.20.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanelli. Ne ha facoltà.

ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente, si è già discusso molto della questione del segretario comunale. Il testo presentato dal Governo era davvero al limite - mi sia consentito senza offesa - del ridicolo. Infatti, mettere insieme ventimilaPag. 88abitanti per giustificare la presenza di un segretario comunale (comunque la si pensi sul ruolo di questa figura e qui abbiamo sentito pareri molto diversificati) avrebbe significato mettere le ali al segretario comunale, farlo diventare una specie di Flash Gordon su e giù per le vallate del Piemonte e della Lombardia dove, per mettere insieme ventimila abitanti, bisogna correre parecchio. Non è una cosa così semplice.
Il testo è stato modificato e, in parte, migliorato. Riteniamo ancora insufficiente il miglioramento uscito dall'esame nelle Commissioni. Ci pare che questi emendamenti contribuiscano ulteriormente a migliorare il testo. Mi auguro che vi sia la convergenza da parte di tutta l'Assemblea, dal momento che non è una questione - si badi bene - né politica, né di valutazione sul ruolo del segretario comunale sul quale ci sono opinioni differenti. È proprio un ragionamento di razionalità: ridurre da quindicimila a diecimila i cittadini di riferimento di comuni che vengono curati da un segretario comunale mi sembra realistico.
Tenete conto che nel nostro paese ci sono 5400 comuni sotto i cinquemila abitanti. La stragrande maggioranza di questi sono sotto i tremila abitanti: mettere insieme diecimila abitanti sarà comunque difficile. Quindi, credo che, anche se non corrisponde al nostro punto di vista ottimale, questi emendamenti sono sicuramente migliorativi e mi auguro che tutta l'Assemblea li approvino.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vietti. Ne ha facoltà.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, intervengo per esprimere il voto favorevole anche del nostro gruppo su queste due identiche proposte emendative. Ci pare condivisibile la proposta contenuta nel provvedimento di iniziare un'operazione di razionalizzazione rispetto ai piccoli comuni e, in particolare, con riguardo al ruolo del segretario comunale, che, effettivamente, non può essere moltiplicato all'infinito per un numero di centri piccolissimi. La previsione, però, che rimane anche nella formula adottata dalle Commissioni (ovvero il riferimento ad almeno quindicimila abitanti), pur temperata da un riferimento ad almeno quattro comuni, sembra francamente elevata se si tiene conto - come il collega ha anticipato - del numero enorme di piccoli comuni presenti in Italia, in particolare al nord.
Dunque, la riformulazione con riferimento ai diecimila abitanti sembra condivisibile, così come credo che lo sia l'enunciazione nei criteri di delega del richiamo alle responsabilità del segretario presso la sede unificata e il ripristino anche delle sue funzioni di controllo interno di gestione e di legittimità degli atti. In particolare, per quanto riguarda i piccoli comuni, la funzione del segretario comunale è preziosa ed insostituibile. Anche in riferimento al controllo di legittimità è un contributo importante, che spesso non può essere supplito dalle competenze dei singoli consiglieri comunali, degli assessori o dei sindaci ed è a garanzia dell'intera nostra collettività, del rispetto della legge e per evitare il ricorso al contenzioso. Per questa ragione, il nostro voto su queste due identiche proposte emendative è favorevole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, torno a ripetere, come ricordava il collega Vietti, che è migliorativo parlare di diecimila abitanti, con un riferimento a un numero di comuni non superiore a quattro, piuttosto che la formula del Governo. Però è anche vero che si continua ad ignorare la funzione dei direttori generali e si continua ad assumere in riferimento la popolazione, quando in alcuni contesti la popolazione è marginale rispetto al numero delle presenze in un comune: mi riferisco ai comuni turistici in modo particolare.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identiciPag. 89emendamenti Borghesi 30.19 e Osvaldo Napoli 30.20 non accettati dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 475
Votanti 472
Astenuti 3
Maggioranza 237
Hanno votato
220
Hanno votato
no 252).

Prendo atto che il deputato Corsini ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 30.301 delle Commissioni, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 441
Votanti 437
Astenuti 4
Maggioranza 219
Hanno votato
421
Hanno votato
no 16).

Prendo atto che i deputati Contento, Laura Molteni e De Pasquale hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Ricordo che l'emendamento Luciano Dussin 30.21 è stato ritirato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Lo Monte 30.22.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vannucci. Ne ha facoltà.

MASSIMO VANNUCCI. Signor Presidente, l'emendamento Lo Monte 30.22 è stato ritirato?

PRESIDENTE. No, è stato ritirato l'emendamento Luciano Dussin 30.21.

MASSIMO VANNUCCI. Intervengo sull'emendamento Lo Monte 30.22, sempre relativo alla norma sui segretari comunali che è stata ampiamente discussa e modificata nel corso della discussione nelle Commissioni. Ritengo che abbiamo fatto un primo passo verso la soluzione definitiva che potrebbe arrivare in quest'Aula, perché la norma che il Governo ci ha proposto nel disegno di legge era contraddittoria, visto che aumentava le competenze del segretario comunale fino ad arrivare al controllo di legalità, cosa peraltro discutibile (anche in quest'Aula è stato rilevato da una collega), proprio perché lede l'autonomia ed ha a che fare con una nomina diretta. Noi, però, non l'abbiamo discussa anche perché riteniamo la categoria dei segretari comunali, dopo la riforma e il loro impegno di formazione che ne è seguito, una categoria utile per questi comuni.
Fino ad ora abbiamo lasciato la materia al libero arbitrio: i comuni potevano associarsi o meno a seconda delle loro forme. Per la prima volta tentiamo di normarla e di affrontarla. Quindi, a nostro parere, va bene la parte relativa alle competenze del segretario comunale, mentre era sbagliata la norma che faceva riferimento ai quindicimila abitanti. Avendo questo Paese oltre cinquemila comuni al di sotto dei cinquemila abitanti, aree e comunità montane con comuni piccoli e piccolissimi con mille, ottocento, settecento abitanti, sarebbe stato necessario associare un numero di comuni tale che, poi, non avrebbe permesso al segretario comunale di operare. Se il segretario comunale deve partecipare a sedute di giunta e di consiglio, bisogna pure mettere un limite. Noi sappiamo che questi piccoli comuni sono governati da amministratori che non sono tali a tempo pieno e che, quindi, non possono partecipare a sedutePag. 90al mattino e al pomeriggio, e sono chiamati ad operare di sera.
Ritengo che anche quattro sedi sia un numero eccessivo. Abbiamo partecipato in Commissione ad una discussione con il sottosegretario Vegas che riteneva equa una limitazione a cinque comuni; un nostro emendamento ne proponeva tre. C'è stata una corretta mediazione del relatore a quattro, come avviene in questi casi.
Tuttavia, avendoci pensato ed avendo studiato meglio la materia, penso che il numero di tre sia quello giusto per poter esercitare al meglio questa funzione. Scriviamo «almeno tre», così non sarebbe vietata l'associazione fino a quindicimila abitanti, perché per arrivare a quindicimila abitanti ce ne vorrebbero tanti.
Chiedo, pertanto, ai relatori e al Governo di rivedere il loro parere sull'emendamento Lo Monte 30.22 e ringrazio i colleghi Lo Monte, Commercio ed altri per averlo presentato.
Del resto, finora, come affermavo all'inizio del mio intervento, non abbiamo modificato le norme e questo della sostituzione della parola «quattro» con la parola «tre» potrebbe essere un primo passo per arrivare ad altri passi successivi.
Vi ricordo che in questa legislatura - me lo auguro, ma ne parleremo dopo, in merito all'articolo 30 - torneremo ad affrontare la cosiddetta legge sui piccoli comuni: quella sarà l'occasione per vedere come è stata attuata la norma e, magari, per migliorarla.
Adesso, però, chiedo di partire introducendo, al posto del numero quattro, il numero tre, che è un numero perfetto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Galletti. Ne ha facoltà.

GIAN LUCA GALLETTI. Signor Presidente, mi sembra che stiamo intervenendo sui piccoli comuni in maniera non organica, pericolosa e sclerotica.
In maniera non organica, perché interveniamo senza normare tutta la materia. Sappiamo che dobbiamo rivedere tutta la materia dei piccoli comuni e interveniamo sporadicamente sulle farmacie, oppure sui segretari comunali.
In maniera pericolosa, perché andiamo intorno ai territori più deboli del nostro Paese. Oggi i piccoli comuni vivono - lo sappiamo tutti - un momento drammatico, perché sono quelli che più soffrono per i tagli del Governo e per la situazione economica, in quanto hanno meno possibilità di recuperare risorse all'interno dei loro bilanci. In questi comuni vivono anche popolazioni più deboli di quelle delle grandi città. Non c'è dubbio che la norma che abbiamo approvato prima, riguardante i requisiti di ruralità delle farmacie, penalizzerà soprattutto le fasce più deboli dei comuni deboli, quindi i più deboli dei deboli.
Infine, interveniamo in maniera sclerotica, perché tutti i giorni facciamo dibattiti sul federalismo fiscale, affermando che gli amministratori locali devono essere responsabili delle proprie spese all'interno dei propri comuni e che, per questo motivo, attribuiremo loro la famosa capacità impositiva. Con questi provvedimenti, poi, siamo noi a dire agli amministratori che non sono in grado di gestire il bilancio, perché operano sprechi e quindi li obblighiamo ad alcune azioni, ad esempio ad assumere un segretario comunale ogni quattro comuni. Queste due previsioni, però, vanno l'una contro l'altra.
Capisco che a questo punto bisogna migliorare il provvedimento di cui disponiamo. Anch'io, come il collega che ha parlato prima di me, ritengo che tre comuni siano meglio di quattro. Sosterremo l'emendamento Lo Monte 30.22, ma, sia chiaro, non ne condividiamo la filosofia di fondo (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lo Monte 30.22, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 91
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 475
Votanti 470
Astenuti 5
Maggioranza 236
Hanno votato
216
Hanno votato
no 254).

Prendo atto che la deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare e che avrebbe voluto astenersi.
Passiamo agli identici emendamenti Borghesi 30.23 e Osvaldo Napoli 30.24.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vannucci. Ne ha facoltà.

MASSIMO VANNUCCI. Signor Presidente, intervengo a favore degli identici emendamenti Borghesi 30.23 e Osvaldo Napoli 30.24, proprio perché essi intervengono sempre sulla materia dei segretari comunali, che, come sappiamo, hanno costituito un'agenzia e quindi si autogestiscono.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 17,45)

MASSIMO VANNUCCI. Disponiamo già di dati - lo ricordo al sottosegretario Vegas - che vedono segretari comunali senza incarico, a disposizione dell'agenzia, che per anni prendono uno stipendio. Lo Stato corrisponde loro uno stipendio, senza che essi possano lavorare ed operare.
Mi collego a quanto affermava l'onorevole Galletti sul modo anche schizofrenico che spesso abbiamo di operare. Mi risulta, fra l'altro, che recentemente è stato indetto un nuovo concorso per segretari comunali, quando ve ne sono già in numero eccessivo.
Gli identici emendamenti Borghesi 30.23 e Osvaldo Napoli 30.24 si propongono di evitare che queste situazioni permangano. I segretari comunali che non hanno una sede di segreteria vengano inseriti nel ruolo della dirigenza locale: continuino pure a prendere lo stipendio, ma svolgano una funzione!
Capisco che intervenire nella materia semplicemente con un emendamento, che poi non stabilisce esattamente i percorsi, è difficile, ma credo che sia un'occasione, visto che questa materia poi sarebbe compresa in una delega al Governo, che dovrebbe scrivere la norma. Quindi, credo che la disposizione sia sostenibile anche così com'è stata scritta, così eviteremmo uno spreco ulteriore per lo Stato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, intervengo semplicemente per associarmi a quanto ha detto il collega e per aggiungere il fatto che talvolta a me pare ci sia uno spreco di professionalità nei casi nei quali queste persone restano a disposizione e, quindi, sostanzialmente finiscono con il giocare a carte.
A me è capitato anche di incontrarne alcuni che non hanno alcuna voglia di giocare a carte e che preferirebbero, invece, essere impiegati operativamente negli enti locali. È evidente che poi la formula non può che essere quella per cui uno chiede di poter transitare in questi altri ruoli e qualcun'altro, dall'altra parte, deve dire che è d'accordo.
Quindi, non è che ci sia nessun obbligo, non c'è alcun atteggiamento che imponga questo passaggio, ma certamente ciò permetterebbe di utilizzare meglio delle professionalità che altrimenti restano inutilizzate.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, io avrei qualche perplessità per quanto riguarda questi due emendamenti, così come nutro perplessità - l'abbiamo già manifestato in sede di Commissioni riunite - su questo comma 6 dell'articolo inPag. 92esame. Qui si pone il problema enorme - lo ha detto già il collega Galletti - di una materia la cui disciplina viene inserita in un provvedimento in cui si tratta di tutto mentre questa problematica doveva certamente essere affrontata in modo organico e omogeneo.
Ci sono e ci saranno, sulla materia, provvedimenti all'attenzione del Parlamento e l'aspetto che riguarda i segretari comunali poteva essere trattato, ad esempio, nell'ambito del cosiddetto Codice delle autonomie, che era stato discusso, come bozza, nell'altra legislatura e che dovrebbe riprendere il proprio cammino.
Anche perché, quando si parla di sedi di segreteria, non si parla di un ufficio di segreteria, ma, appunto, di una sede di segreteria. Tutto questo certamente si collega a tutto il discorso fatto sull'agenzia e sull'elenco dei segretari comunali. Quindi, un'attribuzione di ruolo di questi segretari comunali, per quanto riguarda l'unione di comuni, diventa estremamente confusa. La delega data al Governo è certamente molto ampia. Non ha una sua delimitazione, non c'è un contributo da parte del Parlamento per indicarne un percorso e, quindi, una traiettoria. Ecco perché la mia perplessità su questi emendamenti è associata anche ad una preoccupazione di fondo, rispetto ad una materia che stiamo trattando e normando con disposizioni che certamente potranno complicare l'intervento organico che il Governo e il Parlamento saranno chiamati a svolgere in futuro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buonanno. Ne ha facoltà.

GIANLUCA BUONANNO. Signor Presidente, volevo sottolineare ancora alcune cose sui segretari comunali, che vivo in diretta sul mio territorio. Faccio parte di un territorio dove c'è la comunità montana più vasta del Piemonte. Nel territorio piemontese dove vivo, ci sono segretari comunali che girano come trottole in tantissimi comuni e spesso vedono i sindaci solo in fotografia. Questi segretari comunali, però, non vogliono solo fare il bene del territorio, ma evidentemente, in più comuni prestano la loro attività, più soldi guadagnano. Quindi, vanno a fare tante «marchette» in tanti comuni piccoli, proprio perché hanno bisogno, loro, di guadagnare più soldi. I sindaci, però, sono obbligati ad averli, perché, senza un segretario comunale, non possono adottare le delibere, approntare consigli comunali e fare tutto quello che serve per l'organizzazione di un comune.
È dunque logico che i comuni piccoli siano in forte difficoltà. Quello che poi avviene in maniera ancora più palese è che ci sono segretari comunali che si trasformano in sindaci; diventano, cioè, addirittura coloro che pretendono di fare le scelte politiche, perché si sentono padroni del comune dove vanno a svolgere le proprie mansioni.
Non è che dobbiamo santificarli tutti, questi segretari comunali; certamente ce ne sono tanti bravi, ma ve ne sono anche tanti che non sono così tanto bravi.
Parlo a titolo personale, perché non vorrei attribuire le mie considerazioni anche ad altri, però penso che, se si parla tanto di riduzione dei costi della politica e di tanti altri ambiti, dovremmo ridurre anche le indennità dei segretari comunali. Con questo, magari, possiamo anche proporre l'abolizione dell'albo dei segretari comunali.
Insomma, se vogliamo fare la vera rivoluzione che i cittadini vogliono, deve essere tutto più semplificato e chi ha fatto sempre una vita in mezzo alla bambagia si deve rendere conto che i sacrifici li dobbiamo fare tutti: li dobbiamo fare noi, con la riduzione dei deputati e dei senatori, con la riduzione dei costi, e li devono fare anche i segretari comunali, con la riduzione dei loro stipendi, che vanno a discapito delle risorse dei comuni.
Naturalmente, questa è una proposta per il futuro, che mi auguro questo Parlamento possa prendere in considerazione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.Pag. 93
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Borghesi 30.23 e Osvaldo Napoli 30.24, non accettati dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiuda, signor Presidente, chiuda la votazione!

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:

Presenti 244
Votanti 241
Astenuti 3
Maggioranza 121
Hanno votato 1
Hanno votato no 240

Sono in missione 76 deputati.
(La Camera respinge - Vedi votazionia - Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

Prendo atto che i deputati Abrignani e Cassinelli hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, volevo solo dire che ho visto una particolare agitazione. Non è che sono cambiate le cose ora da come erano un'ora fa, due ore fa o tre ore fa. Abbiamo la fortuna di avere quattro arti, perché, se ne avessimo otto, probabilmente, i votanti sarebbero cinquecento.
Essendo solo quattro, votando con tutti e quattro gli arti, ci sono 240 persone, che sono praticamente al filo con il numero legale. Questo è il quadro della situazione!
Ora non voglio chiedere a lei di verificare se, anziché votare con quattro arti, almeno si potesse votare con due, però la pregherei di farne carico alla maggioranza, visto che stiamo discutendo un provvedimento sul quale siamo contrari per come è nato, per come si è sviluppato in sede di Commissioni riunite, per il contenuto, per la vastità di materia, per tutto quello che sappiamo; stiamo qui diligentemente votando e partecipando alla votazione.
Se fosse possibile farlo con una maggioranza che dimostra di essere tale, e non dal punto di vista formale, votando per quattro e magari anche per cinque, facendo una corsetta tra i banchi.
D'altra parte, signor Presidente, lei è in quella posizione così in alto e basta che dia uno sguardo perché si renda conto, per la sua esperienza, signor Presidente, anche come vicecapogruppo, che i numeri, purtroppo, sono quelli che sono e la realtà anche (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento 30.302 del Governo.

GIANCARLO GIORGETTI, Presidente della V Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANCARLO GIORGETTI, Presidente della V Commissione. Signor Presidente, questo emendamento del Governo è assolutamente opportuno, ma, a mio avviso, deve essere integrato, perché nell'attuale formulazione non coprirebbe gli atti adottati dai consorzi per il periodo che intercorre fino all'entrata in vigore di questa legge.
Proporrei pertanto al Governo di riformulare il suo emendamento 30.302 integrandone le previsioni nel senso indicato.

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Mi sembra ragionevole l'annotazione del presidentePag. 94Giancarlo Giorgetti. Si potrebbero aggiungere, alla fine dell'emendamento, le seguenti parole: «Sono fatti salvi gli atti adottati sino alla data dell'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto». In questo modo il problema si risolve, quindi modificherei in questo senso il testo dell'emendamento.

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Chiedo scusa, ma non mi pare che la formulazione che è stata letta sia adeguata. Ho sentito: «fatti salvi gli atti adottati fino alla legge di conversione del presente decreto», ma questo non è un decreto. Mi permetto di fare questa osservazione.

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Ha ragione l'onorevole Borghesi, ma siccome siamo abituati a legiferare per decreti, allora è rimasta un po' l'abitudine nella penna (Commenti dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori). Quindi, la riformulazione dell'emendamento è nel senso di aggiungere, alla fine, le parole: «Sono fatti salvi gli atti adottati sino alla data di entrata in vigore della presente legge».

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Credo che una riformulazione su una materia così importante non possa non prevedere un passaggio, anche se breve, nel Comitato dei diciotto, nonché in Commissione bilancio cui spetterebbe verificare la congruità della copertura.
Ho fatto una proposta, mi deve rispondere!

PRESIDENTE. Non è stata raccolta. Possiamo risentire la riformulazione in maniera compiuta?

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, la riformulazione è nel senso di aggiungere, alla fine, le parole: «Sono fatti salvi gli atti adottati sino alla data di entrata in vigore della presente legge».

MASSIMO ENRICO CORSARO, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, chiedo una breve sospensione per consentire al Comitato dei diciotto di riunirsi.

PRESIDENTE. Sospendo pertanto la seduta per cinque minuti.

La seduta, sospesa alle 18, è ripresa alle 18,10.

PRESIDENTE. Prego i relatori di voler dare lettura della riformulazione dell'emendamento 30.302 del Governo, da quest'ultimo condivisa, sulla quale i gruppi concordano.

MASSIMO ENRICO CORSARO, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, la riformulazione, accettata dal Governo, dell'emendamento 30.302 è nel senso di aggiungere, dopo il comma 7, recante la originaria formulazione: «All'articolo 2, comma 28, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, le parole: «30 settembre 2008» sono sostituite dalle seguenti: «1o marzo 2009», un ulteriore comma così formulato: «Sono fatti salvi gli effetti prodotti dal comma 28 dell'articolo 2 della legge n. 244 del 2007 fino alla data di entrata in vigore della presente legge».

PRESIDENTE. Sta bene.Pag. 95
Passiamo, dunque, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 30.302 del Governo, nel testo riformulato, accettato dalle Commissioni.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 408
Votanti 406
Astenuti 2
Maggioranza 204
Hanno votato
404
Hanno votato
no 2).

Prendo atto che i deputati Brandolini e Mazzuca hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'articolo 30.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vannucci. Ne ha facoltà.

MASSIMO VANNUCCI. Signor Presidente, l'articolo 30 ha avuto un'ampia discussione, sia nelle Commissioni riunite, sia in quest'Aula, e il nostro giudizio non può che essere articolato anche perché esso consta di tre parti un po' differenti tra loro, che non corrispondono sempre alla rubrica (la rubrica, la ricordo a beneficio dei colleghi, reca disposizioni concernenti i comuni con popolazione inferiore a 5 mila abitanti). Con i commi 1 e 2 è stata introdotta una norma generale sul tema delle farmacie che noi, pur avendo contribuito a migliorare con emendamenti delle colleghe Miotto, Livia Turco ed altri, non condividiamo appieno.
Ci sembra, infatti, una materia che fa capo più alle regioni che a noi, in quanto l'ambizione è quella di trasformare le farmacie in presidi della salute. Il principio in sé è condivisibile, la delega al Governo ci sembra piuttosto generica, però vogliamo lasciare il beneficio del dubbio e sperare che il Governo faccia tesoro della discussione che in questa sede si è svolta per proporre al Parlamento, che dovrà tornare a discuterne, un atto condivisibile.
Speriamo, quindi, di avere la possibilità di interloquire affinché un principio generale condivisibile venga declinato al meglio.
Siamo ovviamente molto preoccupati della lettera f) del comma 1 dell'articolo, lettera che prevede di rivedere i requisiti di ruralità, anche perché riteniamo che le farmacie storicamente nel nostro Paese hanno rappresentato un presidio importante per la salute, soprattutto in territori limitrofi, difficili e nei piccoli comuni. Perciò abbiamo anche apprezzato il parere contrario dei relatori e del Governo su emendamenti che intendevano creare su questo troppa flessibilità, la quale avrebbe messo a rischio la permanenza delle farmacie nei territori più marginali.
Possiamo dunque dire che il nostro giudizio sui commi 1 e 2 è sospeso in attesa di vedere un buon testo da parte del Governo, condividendo il principio generale in base al quale le farmacie, perdendo la possibilità di commerciare tutto secondo la linea che il precedente Governo ha tracciato con le parafarmacie, possano però assolvere a compiti utili anche per il Servizio sanitario nazionale.
L'altra parte, quella riferita ai comuni al di sotto dei 5 mila abitanti, l'abbiamo molto apprezzata. Al comma 3, dell'articolo 30, vi sono le lettere dalla a) alla h) che condividiamo. È una semplificazione importante perché togliamo molta burocrazia dai piccoli comuni, come ad esempio, la relazione previsionale e programmatica, il bilancio pluriennale, il rendiconto del penultimo esercizio, il programma triennale dei lavori pubblici, la tabella con i parametri di riscontro della situazione deficitaria. Si tratta di norme utili e condivisibili che, quindi, sosterremo, anche perché pensiamo che quella dei piccoli comuni in Italia (oltre 5 mila) sia una realtà che ha bisogno senz'altro di una legislazione che semplifichi, che alleggerisca, ma, soprattutto, che rispetti questa ossatura del Paese che è la spinaPag. 96dorsale dalla quale tutti veniamo. Ricordo che nella scorsa legislatura approvammo, con voto unanime, in questa Camera, una legge per i comuni al di sotto dei 5 mila abitanti, rivolta, soprattutto, ai territori marginali.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MASSIMO VANNUCCI. Ha ragione il collega Bosi quando richiama a non considerare i comuni tutti alla stessa maniera, soprattutto quelli che soffrono. Sappiamo che l'Italia è molto cresciuta lungo le linee autostradali ma ci sono problemi di equilibri territoriali per lo sviluppo. Questa parte d'Italia, invece, può concorrere alla competitività del Paese con tante eccellenze.
Per quanto riguarda la parte dei segretari comunali siamo insoddisfatti dell'esito, ma abbiamo apprezzato la comprensione dei relatori e questa mediazione che alla fine vi è stata. Possiamo, quindi, annunciare il nostro voto di astensione sull'articolo 30.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rubinato. Ne ha facoltà.

SIMONETTA RUBINATO. Signor Presidente, intervengo solo per denunciare ancora una volta l'ipocrisia della maggioranza che parla di razionalizzazione del ruolo del segretario comunale nei comuni con popolazione inferiore a 5 mila abitanti. Nei principi della delega, che si appresta ad approvare, sulla potestà legislativa del Governo non vedo apparire due principi fondamentali che, unici, avrebbero consentito veramente di ridurre gli sprechi. Il primo, è il fatto che si razionalizzino le agenzie regionali dei segretari. Non mi pare che si dica nulla su ciò e mi stupisce che su questo aspetto la Lega sia silente. Dobbiamo mantenerci queste strutture amministrative dove i comuni pagano per tenere delle persone in disponibilità a non fare nulla? Questo aspetto mi sembra che manchi nella delega. Il secondo aspetto: manca una qualsiasi disposizione che dica che queste persone vengano liberate in mobilità e in disponibilità su tutto il territorio nazionale.

PRESIDENTE. Deve concludere.

SIMONETTA RUBINATO. Vi era al riguardo un emendamento presentato dalla Lega ma è stato ritirato. Alle parole fumose e vuote non seguono mai i fatti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, credo che sull'articolo 30 non si possa che dare un giudizio articolato, così come hanno fatto altri colleghi. Vi sono parti che hanno un valore sicuramente positivo, come quelli che riguardano le farmacie o l'alleggerimento delle procedure amministrative per i comuni sotto i 5 mila abitanti. Vi sono, però, anche aspetti fortemente negativi. Quello che si osserva è che spira un vento di centralismo che punta a colpire pesantemente le autonomie locali e l'esempio più eclatante è quello dei segretari comunali.
Credo che se l'amministrazione comunale - non centrano niente gli sprechi - vuole gestire in associazione con altri comuni il segretario comunale già lo possa fare, non vi è bisogno che vi siano leggi che la obbligano. Il problema - torno a ripetere - è che probabilmente vi è una ignoranza collettiva - nel senso di ignorare - del fatto che molti segretari comunali svolgono non solo la funzione classica del segretario comunale ma anche quella di direttore generale dell'amministrazione comunale.
È chiaro che il direttore generale esercita tale funzione nella misura in cui cura l'interesse dell'amministrazione, e il suo stipendio si giustifica sui bilanci. Allora che senso ha obbligare determinati comuni a scegliersi un segretario comunale che non potrà più fare il direttore generale? E attraverso quale procedura sarebbePag. 97selezionato? Qui non si è parlato della procedura. Cosa succede? Si riuniscono i sindaci e tirano a sorte quale sia il segretario da preferire? Come si svolge questo procedimento? Perché obbligare a fare questo? Davvero si pensa che tutto ciò favorisca il buon funzionamento delle amministrazioni comunali? Aggiungo che questo famoso parametro dei residenti è un parametro fasullo che deve essere sbarazzato via dalle normative, perché in molti comuni italiani, piccoli per numero di residenti effettivi, si registra un numero di presenze enormemente superiore. Parlavo poco fa con la collega, che è sindaco di un comune della provincia di Grosseto, Castiglione della Pescaia. Si tratta di un comune di circa 10 mila residenti che ha 150 mila presenze. Immaginate voi considerare alla stessa stregua un comune di quel tipo rispetto ad altri. Io faccio il sindaco in un comune dell'Elba e lo so bene: abbiamo due, tre e anche quattromila residenti a fronte di 70, 80, 90, fino a 100 mila presenze durante l'estate. Tutto ciò vuol dire infrastrutture, carico di lavoro, personale che deve essere assunto. Qui continuiamo a contrabbandare questioni false che non hanno niente a che vedere con i problemi reali delle amministrazioni. Se non la smettiamo, metteremo in ginocchio le amministrazioni, e allora sì che ci sarà lo spreco del denaro pubblico, perché se ad un amministratore eletto non gli dai la facoltà e la possibilità di essere autonomo nello scegliersi gli strumenti organizzativi condanni quell'amministrazione all'inefficienza e a sprecare soldi.
Per quanto riguarda il personale, in alcuni comuni questo può essere troppo, in altri poco, ma chi decide? Allora o rilanciamo l'autonomia dei comuni oppure decidiamo il da farsi. Da parte di alcuni colleghi si sono fatti degli esempi riguardo piccolissimi comuni. Ebbene, inseriamo una disposizione per cui sotto i mille abitanti non può esistere un comune. Ma allora discipliniamo la materia in questo modo...

PRESIDENTE. Deve concludere.

FRANCESCO BOSI. ...non facciamolo attraverso uno stillicidio di vincoli e controvincoli che condannano le amministrazioni all'inefficienza.
Concludo, signor Presidente, dicendo che considerato che l'articolo in esame presenta aspetti positivi e altri fortemente negativi, ma che riguardano essenze importanti, noi esprimeremo un voto di astensione che deve essere letto come una sollecitazione al Governo a ripensare e a rielaborare questa materia, a mio giudizio, affrontata in maniera frettolosa e senza una conoscenza dei problemi.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 30, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 473
Votanti 260
Astenuti 213
Maggioranza 131
Hanno votato
255
Hanno votato
no 5).

(Esame dell'articolo 33 - A.C. 1441-bis-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 33 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 1441-bis-A).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere delle Commissioni.

MASSIMO ENRICO CORSARO, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, le Commissioni esprimono parere contrario sugli emendamenti Corsini 33.1, 33.3 e 33.4, Zaccaria 33.5 e Corsini 33.7. Le Commissioni esprimono, infine, parere favorevole sull'emendamento Contento 33.6.

Pag. 98

PRESIDENTE. Il Governo?

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Corsini 33.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Corsini. Ne ha facoltà.

PAOLO CORSINI. L'emendamento 33.1, di cui sono primo firmatario, è il primo di quelli da noi presentati in ordine all'articolo 33, che affronta i problemi della cooperazione allo sviluppo internazionale.
Questa materia è di particolare significato e attualità sia per quanto attiene ai meccanismi dello scambio internazionale - basti pensare all'attenzione che ha suscitato nell'ambito del G8 - sia per quanto riguarda la continuazione di una significativa tradizione della politica estera di pace nel nostro Paese. Rispetto all'articolato che ci viene oggi presentato, abbiamo avuto in Commissione esteri una discussione che giudico assolutamente pacata, serena e civile. Devo riconoscere che il relatore - in questo caso l'amico e collega onorevole Enrico Pianetta - ha mostrato un'attitudine attenta e sensibile alle argomentazioni che abbiamo proposto. Tant'è vero che aveva sottoscritto un parere con alcune indicazioni, suggerimenti che si facevano carico di accogliere o, comunque, di sottoporre a valutazione le istanze che avevamo avanzato.
Peraltro, avevamo chiarito che in ordine a questa materia, avremmo preferito che l'Assemblea parlamentare e le Commissioni potessero proseguire lungo la strada maestra già intrapresa nella precedente legislatura. Su ciò si è svolta una discussione che valutiamo per ambedue le parti assolutamente feconda, preziosa e positiva. Tale discussione, nei nostri intendimenti, avrebbe dovuto portare alla stesura di un testo di riforma generale complessiva della materia della cooperazione. Ora, invece, si è preferita un'altra strada, rispetto alla quale non abbiamo un atteggiamento ostativo in linea di principio o di contrapposizione, tanto è vero che ci siamo prefissati di proporre una serie di emendamenti a nostro avviso migliorativi, perché riconosciamo il fondamento che sta alla base dell'accelerazione che l'iter di produzione legislativa ha assunto, vale a dire la necessità, presentata anche dal variegato arcipelago, dal ricco e articolato mondo della cooperazione, di procedere ad uno snellimento delle norme, di favorire una deburocratizzazione delle procedure al fine di mettere il nostro Paese nella condizione di promuovere una politica più efficace e più remunerativa. Queste considerazioni valgono al di là del giudizio contrario che abbiamo espresso in ordine alla decurtazione di 150 milioni di euro alle politiche della cooperazione.
Con questo primo emendamento richiamiamo la bussola di orientamento che ha ispirato le nostre scelte, cioè la necessità di procedere non attraverso un decreto del Ministro degli affari esteri di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze ma attraverso la strada maestra più limpida e più lineare del decreto legislativo. Per dovere di onestà va riconosciuto che uno sforzo in questa direzione da parte della maggioranza è stato compiuto, perché è stato aggiunto un comma, il 4, il quale testualmente recita, testualmente, che: «Lo schema del decreto di cui al comma 1 è trasmesso alle Camere per l'espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili di carattere finanziario». Ciò implicitamente riconosce che le motivazioni che erano all'origine della nostra proposta hanno e mantengono un fondamento.
Riteniamo che debba essere applicata la strada maestra del decreto legislativo. Nello stesso tempo, con l'emendamento in esame, cancelliamo la lettera a) comma 2, relativo al fatto che riconosciamo la fondatezza delle criticità che attengono a situazioni emergenziali e non riteniamo che questo tema debba essere posto sullo stesso piano delle missioni internazionali,Pag. 99che definiscono un altro ambito di intervento da parte del Governo e dello Stato italiano.
Questa è la ragione per la quale insistiamo nel prospettare l'emendamento che mi sono sforzato di descrivere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Corsini 33.1, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 483
Votanti 479
Astenuti 4
Maggioranza 240
Hanno votato
225
Hanno votato
no 254).

Passiamo all'emendamento Corsini 33.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Corsini. Ne ha facoltà.

PAOLO CORSINI. Signor Presidente, l'emendamento in esame si pone in una linea di coerenza e di continuità con l'ispirazione che prima ho richiamato e quindi mantiene le lettere a) e b) del comma 2, relative agli interventi di cooperazione a sostegno dei processi di pace ed agli interventi nelle ulteriori aree individuate, ma, proprio perché si tratta di una materia rispetto alla quale riteniamo che l'Assemblea parlamentare debba disporre degli strumenti di informazione, di valutazione e di decisione, proponiamo che lo strumento attraverso il quale si possano perseguire gli obiettivi che di volta in volta ci si assegna, venga rappresentato da un decreto legislativo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Corsini 33.3, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 489
Votanti 486
Astenuti 3
Maggioranza 244
Hanno votato
226
Hanno votato
no 260).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Corsini 33.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Corsini. Ne ha facoltà.

PAOLO CORSINI. Signor Presidente, anche per quanto riguarda l'emendamento in esame, interveniamo in modo più sostanziale e più sostanzioso, nel senso che proponiamo, al comma 1, lettera a), di sostituire la parola: «dal» con le seguenti: «dall'articolo 2, commi 1 e 3, del», perché riteniamo che debba essere specificato correttamente l'ambito di intervento, per quanto attiene ai Paesi che sono esplicitamente indicati.
In secondo luogo, siccome riteniamo che le ragioni «di natura umanitaria, sociale o economica» non possano essere tra loro equiparate - perché ragioni di natura economica aprono un campo d'iniziativa che giudichiamo da un lato troppo indeterminato e dall'altro troppo ampio - riteniamo che si debbano sostituire con le espressioni più coerenti «di carattere emergenziale o di natura umanitaria».
Ancora, al comma 2, lettera a), dopo le parole: «degli interventi» vogliamo marcare una specificazione ed un'ulteriore determinazione, definendo interventi «straordinari, destinati a fronteggiare casi di calamità e di carenze igienico-sanitarie che minacciano la sopravvivenza delle popolazioni, nonché interventi richiedentiPag. 100procedure d'urgenza, su richiesta delle comunità colpite o a seguito di appello internazionale». Ciò per mettere, peraltro, la cooperazione di fronte ad una ambito e ad un campo di intervento che sia del tutto consentaneo alla sua ispirazione etica ed umanitaria.
Per quanto riguarda il tema della contabilità dello Stato, introduciamo - solo ed esclusivamente per questo aspetto e con l'emendamento in esame - la necessità che, solo per la contabilità dello Stato, si agisca attraverso decreto legislativo.
Come vede, signor Presidente, si tratta di una serie di emendamenti che tendono, in modo coerente, a definire un quadro più coeso, più chiaro e più nettamente determinato.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Corsini 33.4, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 485
Votanti 482
Astenuti 3
Maggioranza 242
Hanno votato
222
Hanno votato
no 260).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Zaccaria 33.5.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, vorrei fare presente che, in questo caso, nell'esprimere il parere, i relatori e anche il Governo hanno involontariamente commesso un errore grave. Perché dico ciò? Perché è la prima volta - e chiedo scusa - che si smentisce in maniera testuale quello che, con l'articolo 25, avete approvato non più di un paio d'ore fa. Cioè: prima, con l'articolo 25 si dice che ogni norma, che modifica, sostituisce e corregge un testo precedente, deve indicarlo in maniera esplicita, puntuale, precisa; invece, con l'articolo 33, sostanzialmente questa operazione non viene fatta, ossia ci si riferisce agli interventi di cooperazione a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione nei Paesi indicati dal decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 marzo 2008, n. 45. In questo caso, pertanto, si fa un riferimento che smentisce chiaramente la tecnica normativa che si era invocata nell'articolo 25. Si conferma, quindi, quello che io sommessamente dicevo: è inutile che con una norma di legge stabiliamo un principio che può essere modificato da una norma successiva. Non osavo pensare che nello stesso provvedimento, a otto articoli di distanza, vi fosse una violazione di ciò che si era affermato.
Vorrei tranquillizzare sul fatto che non si tratta di un emendamento politico del Comitato per la legislazione, poiché si intendeva inserire semplicemente il riferimento ai commi di quel decreto-legge che menzionano i Paesi a cui si fa riferimento. Sinceramente non capisco, perché il tempo che impieghiamo è lo stesso, bocciare o approvare l'emendamento è uguale, ma in questo caso semplicemente evitate di fare una brutta figura, perché, da un lato, affermate un principio con la durezza assoluta della norma e poi, otto articoli dopo, lo smentite voi stessi. Pertanto, io farei un'attività di servizio più che un'attività di intervento politico. Tenete conto di non fare brutte figure voi stessi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Zaccaria 33.5, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

Pag. 101

(Presenti 481
Votanti 476
Astenuti 5
Maggioranza 239
Hanno votato
223
Hanno votato
no 253).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Corsini 33.7.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Corsini. Ne ha facoltà.

PAOLO CORSINI. Signor Presidente, questo emendamento si riferisce al comma 3 dell'articolo 33, che recita: «Nell'individuazione delle aree di intervento di cui al comma 1, lettera b), è data priorità ai Paesi che hanno sottoscritto accordi di rimpatrio o di collaborazione nella gestione dei flussi dell'immigrazione clandestina».
In questa sede non voglio riaprire una discussione di principio e valoriale attorno alle prospettazioni che ciascun gruppo intende perseguire circa questo fenomeno. Mi limito a segnalare due dati che mi sembrano espressivi di una contraddizione, e cioè: da un lato, questo emendamento crea disparità, ma soprattutto propone una soluzione che, a nostro avviso, è irragionevole per le conseguenze pratiche che può comportare.
Infatti, potremmo incorrere nel paradosso di sostenere Paesi che non necessitano di interventi di cooperazione o che presentano esigenze e necessità inferiore a quelle di altri. Pertanto, al di là della disputa, del tutto legittima o di una possibile contrapposizione circa l'interpretazione che diamo del principio, qui intendiamo sottolineare soprattutto le conseguenze concrete, pratiche e operative. Pertanto, invitiamo i rappresentati della maggioranza e del Governo ad una riconsiderazione del parere che ci è stato prima annunziato.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Corsini 33.7, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 491
Votanti 489
Astenuti 2
Maggioranza 245
Hanno votato
226
Hanno votato
no 263).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Contento 33.6, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 480
Votanti 476
Astenuti 4
Maggioranza 239
Hanno votato
471
Hanno votato
no 5).

Passiamo alla votazione dell'articolo 33.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Corsini. Ne ha facoltà.

PAOLO CORSINI. Signor Presidente, non voglio enfatizzare l'indicazione di voto che propongo al gruppo che ho l'onore di rappresentare. Però, quel che ci ha amareggiato - non dico sconcertato ma amareggiato - è il fatto che la maggioranza non abbia avuto il coraggio di proseguire lungo una linea rispetto alla quale aveva manifestato una certa disponibilità e apertura, sia rispetto alle argomentazioni sostenute in Commissione dall'onorevole Duilio, sia nell'ambito della discussione che abbiamo svolto presso la Commissione affari esteri. Ci sembra quindi che non siano state esplicitate le motivazioni di questa durezza, di questa sordità, di questa indisponibilità. Mi pare, in sostanza, che si confermi l'atteggiamento (non voglio scomodare parole pesanti) di una sorta diPag. 102tirannide di maggioranza, che non presta attenzione ad argomenti che non hanno nulla di ideologico e che, nel riconoscimento comune del valore prezioso e straordinario della cooperazione, si prefiggevano di introdurre proposte di miglioramento dei testi. Per tali ragioni preannunzio l'espressione del voto contrario.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pianetta. Ne ha facoltà.

ENRICO PIANETTA. Signor Presidente, ritengo che l'articolo 33 sia veramente importante ed anche molto significativo, perché impegna il Ministero degli affari esteri ad emanare un decreto finalizzato alla semplificazione dello svolgimento di tutte le procedure che hanno a che fare con gli aspetti amministrativi e contrattuali della cooperazione internazionale. Dunque, nell'applicazione della legge 26 febbraio 1987, n. 49, vi sarà più efficienza e una minore complessità delle procedure. Credo si tratti di un passo veramente utile ed atteso, anche nell'eventuale prospettiva - bisognerà vedere e comunque sarà il Parlamento a decidere - di una possibile riforma o comunque di una possibile revisione della legge 26 febbraio 1987, n. 49.
Ricordo che i tempi lunghi della cooperazione, oltre alla evidente inefficienza dei provvedimenti e degli interventi, costituiscono anche un elemento controproducente per quanto riguarda l'immagine dell'Italia nel mondo. Infatti, dal momento che la cooperazione è parte integrante della politica estera, tali elementi che dilungano i tempi sono estremamente negativi per la nostra immagine. È stato già evidenziato il fatto che il decreto sarà soggetto al parere delle competenti Commissioni.
Pertanto, credo che questo sia un fatto importante che metterà il Parlamento nella condizione di valutare e di esprimere le proprie considerazioni.
Infine, voglio esprimere un'ultima considerazione e avviarmi a concludere il mio intervento. L'articolo 33, comma 5, del provvedimento in esame permette all'Italia di essere anche leader in alcuni Paesi in via di sviluppo, laddove l'intervento dell'Italia è particolarmente significativo con mezzi e con uomini. Pertanto, ritengo che questo articolo sia una disposizione che dà un grande significato al miglioramento della nostra cooperazione che non esclude anche passi ulteriori, ma credo che ciò sia un fatto importante ed aspettato da tutti i soggetti che lavorano all'interno della cooperazione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 33, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 488
Votanti 460
Astenuti 28
Maggioranza 231
Hanno votato
260
Hanno votato
no 200).

Prendo atto che il deputato Del Tenno ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.

(Esame dell'articolo 34 - A.C. 1441-bis-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 34 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (Vedi l'allegato A - A.C. 1441-bis-A).
Nessuno chiedendo di parlare, invito i relatori ad esprimere il parere delle Commissioni.

MASSIMO ENRICO CORSARO, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, le Commissioni esprimono parere contrario sull'emendamento Lo Monte 34.1.

PRESIDENTE. Il Governo?

Pag. 103

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lo Monte 34.1, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 488
Votanti 462
Astenuti 26
Maggioranza 232
Hanno votato
19
Hanno votato
no 443).

Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 34...

MASSIMO VANNUCCI. No signor Presidente, chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Revoco l'indizione della votazione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vannucci. Ne ha facoltà.

MASSIMO VANNUCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo da questa mattina lavorando sul disegno di legge in esame. Credo che i colleghi si siano ormai resi conto della discrasia che vi è fra il titolo del provvedimento: «Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria» e quello che stiamo esaminando e approvando.
Si tratta di norme manifesto. È in larga massima un provvedimento inefficace, parziale, insufficiente e inadeguato. Approfitto della presenza del Ministro Tremonti per rilevarlo. In una situazione come quella del nostro Paese, dove vi è una crescita del PIL pari allo 0,1 per cento, in una situazione di congiuntura internazionale difficilissima, sarebbe stato necessario molto più coraggio. Non erano e non saranno sufficienti queste norme manifesto. Ma perché non c'è più coraggio, perché non si va a fondo? Perché la vera differenza, Ministro Tremonti, la vera divisione fra mercatisti e statalisti è nella vostra maggioranza, che non vi permette di produrre provvedimenti veramente efficaci. In questo provvedimento ne abbiamo una testimonianza, in tanti passaggi e in tanti titoli.
L'articolo 34, così rubricato: «Trasparenza dei flussi finanziari dei Fondi strutturali comunitari e del Fondo per le aree sottoutilizzate», ha un titolo che enuncia un principio giusto, perché dobbiamo prevenire l'indebito utilizzo delle risorse stanziate, ma è un titolo. Era necessario un provvedimento di legge per varare una circolare? Il Servizio studi della Camera dei deputati ci dice che l'articolo introduce disposizioni relative a misure di tracciabilità. Pensavamo ad una tracciabilità che, invece, state distruggendo. Questa ci sembra una presa in giro e esprimiamo voto contrario non perché contestiamo il merito di ciò che è scritto ma per non farci prendere in giro.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 34.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 480
Votanti 449
Astenuti 31
Maggioranza 225
Hanno votato
256
Hanno votato
no 193).

Pag. 104

(Esame dell'articolo 35 - A.C. 1441-bis-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 35 (Vedi l'allegato A - A.C. 1441-bis-A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Ha chiesto di parlare per dichiarazioni di voto l'onorevole Lovelli. Ne ha facoltà.

MARIO LOVELLI. Signor Presidente, intervengo per motivare l'astensione del gruppo del Partito Democratico, già espressa in sede di IX Commissione al momento di esprimere il parere consultivo. Questo è uno di quei casi in cui il modo affrettato e parcellizzato con cui stiamo lavorando finisce per incidere negativamente sulla qualità del lavoro legislativo.
La Commissione competente di merito, infatti, avrebbe dovuto essere la IX Commissione che, invece, ha avuto solo lo spazio di 15 minuti per esprimere il parere consultivo nella seduta del 27 settembre. La materia in esame, invece, riveste un'importanza economica e sociale rilevante; basti ricordare che, a livello di Unione europea, si tratta di un mercato che vale 90 miliardi di euro e che impiega 1,7 milioni di persone, mentre nel nostro Paese sono 150 mila gli addetti di Poste italiane con 14 mila sportelli e 70 le agenzie private del settore con 300 dipendenti.
La materia, quindi, meritava un'attenzione più pregnante, soprattutto perché stiamo attuando, con questo articolo, la direttiva 6/2008/CE che, innovando la precedente direttiva postale 97/67/CE, stabilisce che gli Stati membri adottino le misure volte a garantire che le condizioni a cui viene affidato il servizio universale si basino su principi di trasparenza, non discriminazione e proporzionalità, garantendo in tal modo la continuità della fornitura del servizio universale e tenendo conto del ruolo importante che il servizio svolge nella coesione sociale e territoriale del Paese.
Da questo punto di vista, il testo alla nostra attenzione appare debole per due motivi: da una parte, individua nel Ministero delle comunicazioni l'autorità di regolazione del settore postale, riproponendo un ruolo di controllore-controllato che rischia di indebolire i provvedimenti necessari per rendere accessibile la rete postale pubblica a tutti gli operatori, con ciò rispondendo effettivamente alle esigenze di tutela della concorrenza e di corretto posizionamento del mercato.
A questo proposito, il recente rapporto 2008 dell'istituto Bruno Leoni, nel fare l'analisi sull'indice di liberalizzazione dei servizi, individua il mercato postale italiano in una fascia intermedia, laddove si parla di liberalizzazione dal punto di vista normativo, mentre lo individua nella fascia bassa, laddove in particolare rileva che manca un organo di regolazione pubblica indipendente.
Quindi, questo articolo, pur introducendo elementi importanti a garanzia dei diritti degli utenti del servizio postale, intervenendo quindi nella disciplina dei reclami degli utenti e della possibilità di rimborsi e compensazioni per i disservizi, non risponde però al problema della gestione del servizio universale, attualmente in capo a Poste italiane, per valorizzare intanto il ruolo di un'azienda che oggi è partecipata dallo Stato in modo maggioritario (65 per cento: Ministero dell'economia, 35 per cento: Cassa depositi e prestiti), ma soprattutto per affermare un principio di garanzia per le aree periferiche del Paese dalle quali già oggi vengono evidenziati spesso motivi di insoddisfazione e critica al servizio.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARIO LOVELLI. Allora, concludendo, pensiamo che questa sia una norma non risolutiva e insufficiente, che la materia meriti una regolamentazione più organica rispetto alla quale il Partito Democratico è impegnato a portare avanti una proposta di legge apposita, riprendendo il disegno di legge del Governo Prodi, S. 1366, sulle autorità di regolazione, il cui iter di approvazione è rimasto interrotto nella precedente legislatura.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

Pag. 105

MARIO LOVELLI. Allo stesso tempo, riteniamo importante un intervento normativo complessivo - concludo veramente, signor Presidente - individuando il ruolo del servizio postale di Poste italiane all'interno di quei livelli essenziali minimi civili e sociali che debbono essere garantiti in tutto il territorio nazionale.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 35.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 476
Votanti 271
Astenuti 205
Maggioranza 136
Hanno votato
265
Hanno votato
no 6).

Prendo atto che i deputati Abrignani, Di Biagio, Del Tenno e Antonio Vincenzo Fontana hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che il deputato Palomba ha segnalato che non è riuscito a votare e che avrebbe voluto astenersi.

(Esame dell'articolo 36 - A.C. 1441-bis-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 36 (Vedi l'allegato A - A.C. 1441-bis-A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Ha chiesto di parlare per dichiarazioni di voto l'onorevole Lanzillotta. Ne ha facoltà.

LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, voteremo contro questo articolo e credo che sarebbe stato opportuno che il Governo e le Commissioni ne avessero proposto la soppressione. Si tratta di un articolo che sopravvive con un'enfasi alquanto impropria e con una dichiarazione di eccessive ambizioni, in quanto annuncia una riforma della pubblica amministrazione in nome dell'articolo 97 della Costituzione, dell'articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali e, infine, dell'articolo 197 del trattato sull'Unione europea.
Viceversa, si tratta di un testo in parte svuotato dallo stralcio della finanziaria e, in parte, contenente una serie di misure di buonsenso e di manutenzione della pubblica amministrazione. Credo, quindi, che in linea generale il Ministro Brunetta farebbe bene ad usare una maggiore sobrietà di toni a partire da questo testo, sopprimendo, quindi, l'articolo in esame.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 36.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 472
Votanti 443
Astenuti 29
Maggioranza 222
Hanno votato
256
Hanno votato
no 187).

(Esame dell'articolo 40 - A.C. 1441-bis-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 40 (Vedi l'allegato A - A.C. 1441-bis-A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Ha chiesto di parlare per dichiarazioni di voto l'onorevole Nicolais. Ne ha facoltà.

LUIGI NICOLAIS. Signor Presidente, questo articolo fa parte di un capo che ha un titolo molto ambizioso: «Piano industriale della pubblica amministrazione», in cui invece sono presenti una serie di articoli molto deboli e molto spesso anche con scarso effetto. Infatti, l'articolo 40, che condividiamo appieno nel suo spirito, manca totalmente di una norma sanzionatoriaPag. 106che sia collegata a questo. Pertanto, non è più una norma prescrittiva, ma diventa soltanto una «norma manifesto» con scarsa efficacia. Pertanto, ci asterremo nella votazione di questo articolo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 40.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 468
Votanti 272
Astenuti 196
Maggioranza 137
Hanno votato
252
Hanno votato
no 20).

Prendo atto che la deputata Ravetto ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.

(Esame dell'articolo 41 - A.C. 1441-bis-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 41 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 1441-bis-A).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere delle Commissioni.

MASSIMO ENRICO CORSARO, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, le Commissioni esprimono parere contrario sulle proposte emendative Amici 41.1 e Borghesi 41.2.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Amici 41.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baretta. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO BARETTA. Signor Presidente, leggo testualmente l'articolo in esame, con particolare riferimento al comma 2, che chiediamo venga soppresso: «Relativamente alla spesa per il personale e alle dotazioni organiche le amministrazioni interessate dai processi di cui al presente articolo provvedono al congelamento dei posti e alla temporanea riduzione dei fondi della contrattazione». Questo articolo solleva alcune questioni che non sono state risolte nel corso del dibattito.
La prima è di carattere generale e si riproporrà anche per altri articoli: è in atto nel Paese un dibattito sulla riforma della pubblica amministrazione. Vi sono le dichiarazioni del Ministro Brunetta, vi sono annunci di piani e praticamente «a pezzi» si introduce questa discussione al di fuori di un disegno organico così come, invece, viene annunciato.
Inoltre, entrando nel merito, cosa significa il fatto che le amministrazioni provvedono al congelamento dei posti? Il termine «congelamento», lo sappiamo, si presta a interpretazioni molteplici, se non ambigue: non c'è nessuna datazione temporale che dia un riferimento a questo congelamento, non si capisce se significhi la possibilità di un ripristino o se di fatto costituisca una riduzione degli organici.
Ma anche sulla temporanea riduzione dei fondi per la contrattazione, voglio sottolineare che sia nel caso dei posti che nel caso dei fondi si usa la preposizione «dei» e non «di»: quindi non c'è un margine di discrezionalità. Il congelamento dei posti e il congelamento dei fondi significa tutti i posti e tutti i fondi relativi alla questione in discussione. Ma cosa significa riduzione dei fondi della contrattazione, con un dibattito aperto su tutta la materia delle retribuzioni nella pubblica amministrazione?
In sostanza, signor Presidente, questo articolo apre una serie di problemi, non liPag. 107chiude. Non risolve dei problemi ma pone, con forti preoccupazioni, una serie di argomenti e di questioni che avrebbero bisogno di essere non solo chiariti ma anche affrontati in un ambito sia legislativo, sia di discussione molto più serio e organico.
Per queste ragioni a noi pare che il comma 2 dell'articolo 41 non abbia ragione di essere portato avanti e ne chiediamo la soppressione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Amici 41.1, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 474
Votanti 446
Astenuti 28
Maggioranza 224
Hanno votato
191
Hanno votato
no 255).

Prendo atto che il deputato Scilipoti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Borghesi 41.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, non avendo l'Aula accolto la proposta emendativa di soppressione del comma 2, noi facciamo una proposta che in qualche modo va a temperare o comunque a prendere atto del fatto che, così com'è, il comma 2, fa riferimento ad un'azione, «congelamento dei posti», che non si capisce che significato abbia. Perché se quei posti non hanno più ragione d'essere allora è meglio eliminarli; non si capisce che senso avrebbe congelarli nel momento in cui si riducono i fondi relativi ai posti medesimi.
Per questo motivo la nostra proposta è di sostituire le parole: «provvedono al congelamento dei posti» con le seguenti: «possono prevedere, in conseguenza delle disposizioni di cui al precedente comma 1, all'eventuale riduzione del personale, nel pieno rispetto della normativa in materia di mobilità nella pubblica amministrazione».

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Borghesi 41.2, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 469
Votanti 466
Astenuti 3
Maggioranza 234
Hanno votato
211
Hanno votato
no 255).

Prendo atto che i deputati Nunzio Francesco Testa e De Poli hanno segnalato che non sono riusciti a votare a favore.
Passiamo alla votazione dell'articolo 41.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baretta. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO BARETTA. Signor Presidente, anche in questo caso prendo a riferimento il testo perché in questo modo risulta più chiaro il ragionamento. All'articolo 42 si legge: «ai fini del trasferimento delle occorrenti risorse, sulla base degli accordi con le regioni e le autonomie locali, da concludere in sede di Conferenza unificata (...) il Governo (...) può avviare i trasferimenti dei suddetti beni o risorse mediante uno o più decreti della Presidente del Consiglio dei ministri».Pag. 108
Ora io mi chiedo se questo non sia esattamente un argomento da federalismo fiscale, da trattare secondo le regole, le modalità, le logiche che presiederanno alla discussione sul federalismo fiscale.
Per quale ragione, quindi, vi è questa anticipazione, peraltro inutile (non volendo avere sospetti, la considero inutile)?
Per questo motivo, chiediamo la soppressione dell'articolo 42. Cito frasi precise in esso contenute: «ai fini del trasferimento delle occorrenti risorse» (si fa riferimento esplicito al trasferimento delle risorse); «sulla base di accordi con le autonomie locali» (si fa riferimento alla conferenza unificata); si fa riferimento, inoltre, alle modalità con le quali il Governo può trasferire. Siamo esattamente all'interno di un capitolo che non dico sia estraneo a questa discussione, ma che sicuramente sarebbe molto più serio, opportuno ed anzi necessario discutere all'interno del provvedimento sul federalismo fiscale. Chiediamo, pertanto, di rinviarne la trattazione a quella discussione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 41.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 464
Votanti 437
Astenuti 27
Maggioranza 219
Hanno votato
253
Hanno votato
no 184).

Prendo atto che i deputati Nunzio Francesco Testa e De Poli hanno segnalato che non sono riusciti a votare.

(Esame dell'articolo 42 - A.C. 1441-bis-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 42 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 1441-bis-A).
Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Marchi. Ne ha facoltà.

MAINO MARCHI. Signor Presidente, riteniamo che il contenuto e la materia affrontati dall'articolo 42 non dovrebbero far parte di questo provvedimento collegato. Si tratta di una materia tipica da Carta delle autonomie e da federalismo fiscale, da affrontare in altri provvedimenti. Anche il provvedimento in esame, invece, è stato inserito in un disegno di legge collegato alla manovra finanziaria, che a questo punto dei lavori, oggi, è bene richiamare nelle sue caratteristiche fondamentali.
Si tratta, innanzitutto, di una manovra che riteniamo depressiva. Abbiamo sostenuto che occorresse affrontare insieme i temi del risanamento e della crescita, così come aveva fatto, nella precedente legislatura, il Governo Prodi. Il Governo ci ha sempre risposto che è intervenuto in una situazione di crisi internazionale estremamente grave, per mettere al sicuro i conti pubblici del nostro Paese.
Da questo punto di vista, ritengo interessante la valutazione della manovra finanziaria compiuta dal centro studi economia reale, che fa riferimento al senatore Baldassarri (non parlo, quindi, di posizioni della sinistra). In essa si sostiene che, confrontando gli effetti della manovra varata dal Governo nello scorso mese di luglio con gli andamenti tendenziali, emerge con chiarezza che tale manovra, mirata al riequilibrio finanziario dei conti pubblici, determina effetti, seppur lievi, di freno sulla crescita economica. La minore crescita economica, in tutti i modelli econometrici e, probabilmente, anche nella realtà dei sistemi economici, attiva una retroazione sugli stessi andamenti di finanza pubblica e, quindi, rende più fragile lo stesso obiettivo di riequilibrio finanziario.
Vi sono, perciò, contestualmente due elementi negativi: sia quello riguardante la crescita, sia, in particolare rispetto al rapporto tra deficit e PIL, una maggiore difficoltà a raggiungere gli obiettivi previstiPag. 109(in modo particolare nel 2011) e anche con riferimento al rapporto tra debito e PIL.
In ordine a quest'ultimo rapporto, da parte del centro studi economia reale si ritiene che sia ben difficile che, nel 2011, esso giunga al 97 per cento, come è stato indicato nel DPEF. Siamo di fronte, quindi, a una manovra con queste caratteristiche, dove non vi sono sostanzialmente interventi sul versante della crescita, proprio nel momento in cui si conferma che la nostra è l'economia che in Europa va peggio.
In modo particolare, non ci sono interventi a sostegno della domanda interna, che è il problema vero, per quanto riguarda la crescita.
È una manovra che aumenta le tasse. Abbiamo avuto una campagna elettorale in cui questo è stato uno dei temi predominanti. Ci sono state promesse di portare la pressione fiscale al di sotto del 40 per cento, mentre adesso le previsioni per i prossimi anni considerano che si rimanga al di sopra del 43 per cento. Ma non solo. Nello stesso DPEF, si prevede che, con la manovra, il livello programmato di pressione fiscale sia superiore a quello tendenziale, cioè senza manovra del Governo la pressione fiscale sarebbe più bassa rispetto a quanto sarà con la manovra del Governo.
Non si interviene sul potere d'acquisto delle famiglie. Questo è il tema, a nostro avviso, fondamentale, perché detrazioni fiscali per i lavoratori dipendenti e per i pensionati potrebbero permettere contestualmente di aumentare il potere d'acquisto delle famiglie, di ridurre le tasse e di aiutare la crescita, sviluppando i consumi. Questo è ancora più grave, oggi, in una situazione che vede un quadro internazionale mutato in termini molto pesanti e, quindi, ancora peggiorato rispetto alle previsioni e al quadro del DPEF. Invece, di interventi per la crescita, per il potere d'acquisto delle famiglie, per le detrazioni fiscali, abbiamo un collegato che non interviene su queste priorità né su materie ben delineate, ma è un affastellamento di misure diverse (lo ha sottolineato nella discussione generale l'onorevole Zaccaria e io lo ribadisco).
È un provvedimento che contiene una riforma del processo civile fatta in Commissione bilancio. Tra l'altro, il titolo stesso del collegato cambia su questo punto, ma solo adesso che siamo alla fine dell'esame, ricomprendendo solo ora questa materia nel titolo. Non si è voluto lo stralcio di questo aspetto in Commissione giustizia, per motivazioni non condivisibili. Il Governo ha sostenuto che la riforma del processo civile può avere effetti positivi sulla competitività e per questo motivo doveva essere inserito all'interno di questo collegato. È vero che si tratta di una materia che ha effetti sulla competitività del Paese, ma assumendo questo parametro si rischia che le Commissioni di merito siano spogliate molte volte del loro ruolo e si riporti tutto all'interno della Commissione bilancio.
Non si è tenuto debito conto del parere delle Commissioni, in particolare - lo ricordo, visto che intervengo sull'articolo 42 - in materia di enti locali, di autonomie locali. Mi riferisco, soprattutto, all'articolo 19, che abbiamo già esaminato, sulle centrali di committenza.
La Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici, presieduta dall'onorevole Alessandri, aveva proposto all'unanimità uno stralcio totale o parziale di quell'articolo. Dobbiamo dire che la Commissione è stata bocciata dal Governo e dalla maggioranza (solo l'opposizione ha sostenuto quella misura), anche in questo caso per motivazioni che riteniamo non condivisibili. Sull'articolo 42 c'erano pareri del Comitato per la legislazione e della Commissione per le questioni regionali.
Siamo di fronte ad una grande contraddizione. Si parla di federalismo fiscale, se ne parla continuamente. Esso dovrebbe definire un quadro di competenze e di risorse delle diverse articolazioni dello Stato, ma poi continuamente si assumono provvedimenti che riguardano le autonomie locali di stampo centralistico, fuori da quel contesto, dall'ICI, al nuovo patto diPag. 110stabilità, agli ulteriori tagli ai trasferimenti previsti nel decreto-legge n. 112 del 2008.
Sulla sicurezza si danno nuove funzioni senza risorse aggiuntive, anzi con meno risorse. Si è intervenuti sui servizi pubblici locali, sulle comunità montane e con questo collegato si continua, come abbiamo visto per l'articolo 19, il 30 sui piccoli comuni e, ora, per il 42.
Si interviene in materia di trasferimento delle risorse e delle funzioni agli enti territoriali, questione che non può essere definita prima del federalismo fiscale e della carta delle autonomie, perché quello è il vero piano industriale della pubblica amministrazione.
Può esserlo solo congiuntamente a quel momento o successivamente, non prima.
Anche sulla sussidiarietà orizzontale, si chiede agli enti locali di individuare i servizi la cui erogazione è affidata ai privati entro dodici mesi, quando non sarà ancora definito il quadro di riferimento, perché è previsto, nell'ultima versione della riforma, che i decreti legislativi di attuazione della legge delega sul federalismo fiscale verranno adottati solo dopo ventiquattro mesi, due anni, dall'approvazione della legge delega, e dobbiamo ancora cominciarne la discussione. Non abbiamo ancora la proposta definitiva del Governo.
E poi il tema della sussidiarietà: è un obbligo o una scelta, per quanto riguarda gli enti locali? In questo modo, lo si prefigura come un obbligo; è materia su cui dovrebbe esserci una discussione non all'interno di un collegato alla finanziaria.
E fuori da qualsiasi contesto, si fissano dei numeri; si rischia, a volte, di darli, a forza di prevedere numeri diversi nei vari provvedimenti. Il comma 3 dell'articolo 42 fissa, ad esempio, il numero di 20 mila abitanti come livello minimo per la gestione associata dei servizi.
Anche questa credo che sia materia da Carta delle autonomie; è in quel contesto che bisogna darsi delle regole e non operare di volta in volta con provvedimenti che affrontano solo una parte particolare.
Il Comitato per la legislazione e la Commissione parlamentare per le questioni regionali hanno anche sottolineato che non è chiarito il rapporto tra questo comma dell'articolo e l'articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, che ha affrontato il tema dei servizi pubblici locali.
In sostanza, l'articolo 42 è la dimostrazione, credo, dell'inadeguatezza di questo collegato ad affrontare i problemi del Paese, i problemi dell'economia e anche i problemi della pubblica amministrazione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Avverto che è stato ritirato dal presentatore l'emendamento Luciano Dussin 42.3.
Nessun altro chiedendo di parlare, invito i relatori ad esprimere il parere delle Commissioni sulle proposte emendative riferite all'articolo 42.

MASSIMO ENRICO CORSARO, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, il parere è contrario sugli emendamenti Amici 42.1, Aniello Formisano 42.2, sugli identici emendamenti Marchi 42.4 e Giudice 42.5 nonché sull'emendamento Borghesi 42.6.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Il parere è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Amici 42.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baretta. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO BARETTA. Signor Presidente, non intendo ripetere gli argomenti che stiamo sostenendo relativamente agli articoli 41, 42 e 43. Siamo di fronte ad una materia che avrebbe meritoriamente la necessità di essere discussa non solo con più tempo, ma anche in una sede più competente.
Questi articoli si sostituiscono, in qualche modo, come anche il collega Marchi ricordava poco fa, alla discussione sul federalismo fiscale, e, avendo già affrontatoPag. 111e precisato questi argomenti, non faccio altro che sottolinearli all'attenzione del Governo e all'attenzione dei colleghi, in quanto, francamente, non si capisce la ragione di un'insistenza su una materia che legittimamente poteva essere affrontata e dovrà essere affrontata tra poche settimane.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Amici 42.1, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 466
Votanti 460
Astenuti 6
Maggioranza 231
Hanno votato
209
Hanno votato
no 251).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Aniello Formisano 42.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, chiediamo con l'emendamento in esame, che al comma 1, lettera b), capoverso 3, terzo periodo, si modifichi la parte dove si prevede che venga acquisito il parere delle Commissioni parlamentari competenti per le conseguenze di carattere finanziario. Noi pensiamo, e crediamo sia assolutamente doveroso, che, laddove si ipotizzino trasferimenti di risorse e di funzioni agli enti territoriali - quindi, una forma in qualche modo di applicazione anticipata del federalismo rispetto alla futura legge (quando ci sarà) -, gli schemi di decreto vengano esaminati, sotto il profilo della competenza di merito, da parte delle Commissioni competenti per materia. Per questo, riteniamo che sia doveroso nei confronti di questo Parlamento permettere una valutazione anche da parte delle Commissioni di merito.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Aniello Formisano 42.2, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 473
Votanti 469
Astenuti 4
Maggioranza 235
Hanno votato
214
Hanno votato
no 255).

Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Marchi 42.4 e Giudice 42.5.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Causi. Ne ha facoltà.

MARCO CAUSI. Signor Presidente, mi auguro che la maggioranza e il relatore vogliano ascoltare le argomentazioni che mi portano a invitarli ad approvare l'emendamento in esame, e cioè a sopprimere il comma 3 di questo articolo. Queste argomentazioni sono scritte a pagina 5 dell'atto parlamentare su cui stiamo discutendo, a firma del Comitato per la legislazione, che ci ricorda che il comma 3 si sovrappone, e non si capisce bene in quale modo si coordini con (o contraddica) una recentissima norma approvata in Aula (col voto contrario del Partito Democratico, ma pur sempre approvata), e cioè l'articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008. Neanche due mesi fa abbiamo dato una delega al Governo, autorizzandolo ad adottare uno o più regolamenti aventi fra le altre finalità quella di prevedere che i comuni con un limitato numero di residenti possano svolgere le funzioni relative alla gestione dei servizi pubblici locali in forma associata.Pag. 112L'obiettivo è comune: tutti pensiamo che i piccoli comuni e le piccole gestioni debbano progredire verso dimensioni e bacini più ampi; la delega è già stata data al Governo per fare un'analisi che tenga conto dei parametri tecnici e industriali di questo processo. Il comma in questione si sovrappone a tale previsione, tanto è vero che la stessa Commissione per le questioni regionali, nell'emanare parere favorevole sul provvedimento in esame, chiede però, nel caso di questo comma, che sia inoltre attuato un coordinamento normativo fra esso e la previsione del decreto-legge n. 112 del 2008. Invito quindi davvero la maggioranza e il relatore a riflettere su come voteranno sull'emendamento in esame, perché la mia impressione è che si compia un intervento che contraddittoriamente si sovrappone ad una normativa molto delicata, perché i servizi pubblici locali rappresentano un ganglio vitale del nostro sistema socioeconomico: parliamo di gestioni idriche e ambientali, rifiuti, trasporti, distribuzione elettrica, distribuzione del gas. È un settore fondamentale, che vive già da molti anni, direi, ma soprattutto negli ultimi mesi, in uno stato di costante fibrillazione regolamentare e normativa.
Con questa norma aggiungiamo confusione a confusione; agiamo - anzi agite, come maggioranza e come Governo, perché il nostro voto sarà contrario - in modo superficiale e pasticciato; continuate ad affastellare norme contraddittorie che, però, non ci permettono ancora di affrontare le due questioni cruciali di questo settore, che sono quella di una maggiore concorrenza e di un rafforzamento ed ampliamento dei bacini e delle basi industriali del settore.
Vi invito quindi ancora a riflettere: lavoriamo sulla delega già data al Governo per l'accorpamento dei servizi pubblici locali, in quella delega lavoriamo per parametri tecnici ed economici sensati ed eliminiamo una norma come questa che, oltre a sovrapporsi e ad essere confusa, sembra determinare un processo di tipo meramente burocratico ed obbligatorio che non tiene in conto parametri tecnici ed industriali fondamentali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, intervengo solo per sottolineare che i colleghi della Lega Nord hanno ritirato un loro identico emendamento; questo mi fa pensare che tra un po' si appresteranno a votare secondo il parere dei relatori e del Governo, e quindi contro un principio che fino a pochissimi momenti fa ritenevano invece giusto supportare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Quartiani. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, il Governo si era espresso conformemente al parere contrario espresso dal relatore su emendamenti che sostanzialmente rappresentavano la gran parte dell'opinione prevalente di quest'Aula in relazione al comma 3 dell'articolo 42, che anticipa, con la previsione di una serie di decreti del Governo, provvedimenti che dovrebbero essere assunti nell'ambito di un quadro organico che dovrebbe essere rappresentato dall'attuazione della norma costituzionale relativa al federalismo fiscale.
Mi pare di avere capito che i colleghi della Lega hanno ritirato il loro emendamento, e vorrei capire, se fosse possibile in una discussione pacata e seria in quest'Aula, quali siano i motivi che hanno addotto gli amici della Lega per ritirare un emendamento così importante in relazione alla politica di carattere federalista di questo Parlamento e in relazione alle proposte che pervengono in questa materia dal Governo.
Non ho capito invece se il collega Osvaldo Napoli, che è il vicepresidente dell'ANCI, ritenga opportuno mantenere la sua opinione - che io ed il gruppo del Partito Democratico, anche attraverso un emendamento, condividiamo - circa laPag. 113soppressione del comma 3 dell'articolo 42. In questo caso penso che potremmo tutti convergere sulla richiesta al Governo e ai relatori di rivedere la loro posizione, in modo tale che l'articolo 42, comma 3, venga superato da una decisione comune dell'Aula e venga nuovamente affrontato in una sede più propria (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Marchi 42.4 e Giudice 42.5, non accettati dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 467
Votanti 464
Astenuti 3
Maggioranza 233
Hanno votato
213
Hanno votato
no 251).

Prendo atto che il deputato Corsini ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Borghesi 42.6.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, qui è la maggioranza stessa che approva un principio per cui si dice che i comuni con popolazione inferiore a ventimila abitanti svolgono le funzioni relative alla gestione dei servizi pubblici locali in forma associata, in modo che la popolazione complessiva dei comuni associati sia almeno pari a ventimila abitanti.
È, né più né meno, lo stesso principio che ho enunciato illustrando due emendamenti dell'Italia dei Valori che tendono ad applicare, pari pari, la stessa ragionevolezza, che è quella di un numero di utenti sufficiente a rappresentare una massa critica perché possa essere svolto un servizio, e che era esattamente lo stesso principio per il quale si dovrebbe far valere questa massa critica anche per gli altri servizi generali gestiti dai comuni.
Parliamo, quindi, dei servizi tecnico-amministrativi, nonché di funzioni e servizi di polizia municipale, di protezione civile, del territorio, di sviluppo economico, di servizi sociali, di scuole, di servizi scolastici e di attività ricreative. A noi pare che questa sia la strada giusta perché si possa realmente ottenere una riduzione dei costi per la finanza pubblica complessiva, senza che questo porti a una reale riduzione dei servizi per i cittadini oppure ad un aggravio del contributo che ai cittadini viene richiesto sotto svariate forme, fossero anche quelle di preventivare un aumento delle multe per la circolazione degli autoveicoli. Se questa riflessione, il Governo, la maggioranza e i relatori, l'hanno compiuta per i servizi pubblici locali, non si capisce perché non si possa estendere anche agli altri servizi dei comuni (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Borghesi 42.6, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 463
Votanti 460
Astenuti 3
Maggioranza 231
Hanno votato
35
Hanno votato
no 425).

Passiamo alla votazione dell'articolo 42.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Naccarato. Ne ha facoltà.

Pag. 114

ALESSANDRO NACCARATO. Signor Presidente voteremo contro l'articolo 42 per i motivi che sono stati illustrati con grande precisione dai colleghi del gruppo del Partito Democratico e mi riferisco in particolare al comma 3 dell'articolo 42 rispetto al quale, come da ultimo rilevato dall'onorevole Quartiani, è successo un fatto davvero curioso. Ci siamo trovati in presenza dell'emendamento Luciano Dussin 42.3 presentato dal gruppo della Lega Nord - identico all'emendamento presentato anche dal mio gruppo - che è stato ritirato in fase di votazione. Francamente, risulta difficile comprendere perché, all'interno del testo, prima è stato introdotto questo comma, poi si è provato a correggerlo, e alla fine lo si è lasciato invariato così come era stato presentato. Ciò di per sé rappresenta un argomento che vale il voto contrario sull'intero articolo, perché mette in discussione in maniera pesante l'autonomia dei comuni, in particolare di quelli più piccoli, facendo esplicito riferimento ai comuni con meno di ventimila abitanti, che sono peraltro la realtà più numerosa nell'ambito dell'organizzazione dei servizi pubblici locali. Tali comuni verranno fortemente penalizzati perché si prescrive loro la modalità di organizzazione dei servizi pubblici locali. Peraltro, anche il Comitato per la legislazione su questo aspetto aveva espresso un parere molto netto chiedendo che questa norma venisse valutata in maniera differente, cogliendo così la contraddizione tra essa e la precedente statuizione dal Governo approvata, questa estate, in sede di conversione in legge del decreto-legge n. 112 del 2008. Questo è un articolo tipico in cui si vede la confusione con cui il Governo ha operato in questa materia. Vi sono norme che vanno in contraddizione con altre precedentemente approvate, vi è un dibattito in corso fuori da quest'Aula in cui si affermano cose esattamente contrarie a quelle che poi sono contenute nei provvedimenti all'esame dell'Aula. Tutto ciò non consente di legiferare in maniera adeguata su materie così delicate. In sostanza, l'articolo 42 rappresenta un passo indietro su una materia molto delicata per gli enti locali e i comuni in particolare, sull'organizzazione dei servizi pubblici locali. Per queste ragioni, voteremo contro l'approvazione di questo articolo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 42.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 460
Votanti 435
Astenuti 25
Maggioranza 218
Hanno votato
250
Hanno votato
no 185).

Prendo atto che il deputato Baldelli ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Secondo le intese intercorse tra i gruppi, anche al fine di consentire il seguito della discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 1634 - Conversione in legge del decreto-legge 1o settembre 2008, n. 137, recante disposizioni urgenti in materia di istruzione e università, sospendiamo l'esame di questo provvedimento, che riprenderà nella seduta di domani alle 9,30. Dopo una breve sospensione passeremo, quindi, al seguito della discussione sulle linee generali del provvedimento in materia di istruzione e università.
Avverto informalmente i colleghi che la seduta di domani mattina riprenderà con il seguito dell'esame del disegno di legge n. 1441-bis, con immediate votazioni.
Sospendo pertanto la seduta, che riprenderà alle ore 20.

La seduta, sospesa alle 19,35, è ripresa alle 20,05.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento,Pag. 115i deputati Albonetti, Bongiorno, Brancher, Brugger, Caparini, Cosentino, Cossiga, Cota, Donadi, Giancarlo Giorgetti, Lo Monte, Melchiorre, Pescante, Romani, Soro, Stefani, Urso, Valducci, Vegas e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa notturna della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione 1634-A

(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 1634-A)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bachelet. Ne ha facoltà.

GIOVANNI BATTISTA BACHELET. Signor Presidente, malgrado i generosi e umili tentativi di riportare il dialogo e il confronto sulla scuola, auspicati anche ieri dal Presidente della Repubblica, dal terreno della fantasia a quello della realtà il mitico '68 continua a essere tirato in ballo dal Ministro come origine di tutti i mali della scuola italiana, in particolare dell'oscuramento dei principi di autorevolezza, autorità, gerarchia, insegnamento, studio, fatica e merito.
Come ho già detto in Commissione, a parte il fatto che nel 1968 io avevo tredici anni e il Ministro - beata lei - non era ancora nata, già questa estate mi è parso doveroso scrivere al Corriere della sera che negli ultimi quindici anni i due provvedimenti che nella scuola hanno minato alla base questi principi sono stati l'abolizione degli esami di riparazione ad opera del Ministro D'Onofrio nel 1994 (primo Governo Berlusconi) e l'abolizione dei membri esterni delle commissioni di maturità ad opera del Ministro Moratti nel 2002 (secondo Governo Berlusconi). Ricordando poi che nel 2006-2007 fortunatamente il Ministro Fioroni (secondo Governo Prodi) aveva posto rimedio ad entrambi questi gravi errori, mi auguravo che, una volta declamati i principi, il Ministro Gelmini mantenesse queste ed altre cose buone fatte da Fioroni e non ricadesse nelle pericolose tentazioni sessantottine dei predecessori D'Onofrio e Moratti, demolitori della meritocrazia nella scuola.
In parte il Ministro lo ha fatto. L'intenzione di rivedere e perfezionare ulteriormente la gestione dei recuperi dei debiti delle superiori non pareva disprezzabile. Anche alcuni aspetti del decreto-legge che discutiamo oggi potevano a prima vista sembrare ragionevoli. Stando all'intervista e al battage pubblicitario che ha preparato la presentazione e la discussione del decreto la mia prima impressione, e forse quella di altri italiani, era complessivamente favorevole. Il Ministro sembrava procedere sulla buona strada intrapresa da Fioroni: educazione alla legalità; stretta sui comportamenti inaccettabili dei ragazzi; meritocrazia.
L'articolo 1 riguardava l'educazione alla cittadinanza e alla Costituzione; l'articolo 2 riguardava il ritorno al voto di condotta; l'articolo 3 riguardava il ritorno al voto in decimi (sembrava almeno) e, tutto sommato, con due nonni militari e una vita da boy scout, non mi sarebbe dispiaciuto nemmeno il grembiulino caro alla collega Giammanco. E anche l'articolo 5 sui libri e l'articolo 6 su titoli di studio abilitanti mi parevano, a prima vista, non troppo sbagliati. E l'articolo 4? I giornali lo presentavano come il ritorno al maestro unico, e confesso che in proposito quando alle elementari fu introdotto il modulo avevo anch'io molti dubbi. Non ne vedevo i vantaggi e pareva anche a me, come dice tuttora Panebianco, che la motivazione fosse più sindacale che educativa. Nel frattempo però sono passati più di quindici anni e a me quattro figli alle elementari tra il 1991 e il 2005 hanno insegnato che la pluralità di figure educative rappresenta non solo in positivo un arricchimento, così come una famiglia con mamma e papà, quando è possibile, è preferibile ad una single parent family, ma anche, grazie alla collegialità, un elementoPag. 116di controllo reciproco tra docenti e quindi di garanzia e di tutela dei bambini, una specie di assicurazione contro il rischio di imboccare la persona sbagliata per cinque anni e viceversa anche un vantaggio che definirei di equità statistica. L'esperienza dei quattro figli suggerisce che su tre maestre o maestri è quasi certo che almeno uno preparato e molto motivato ci sia.
La seconda impressione, soprattutto grazie alle audizioni fatte lo scorso martedì 16 settembre in Commissione e allo studio analitico del decreto-legge finalizzato ai nostri emendamenti presentati insieme al gruppo del Partito Democratico, è stata invece negativa anche sugli articoli che a prima vista non mi erano parsi tanto male. Di questi articoli non ce n'è stato uno che si sia salvato da pesanti critiche, per niente ideologiche e molto circostanziate e pacate, da parte della maggioranza dei gruppi ascoltati.
A sentire le audizioni ciascuno degli articoli sopraelencati avrebbe avuto con ogni probabilità un effetto controproducente o, nel migliore dei casi, nullo. L'educazione alla Costituzione non si capisce chi la fa e come. Il voto di condotta, senza un rapporto di corresponsabilità tra scuola e famiglia, è inefficace come le grida manzoniana. Il voto in decimi, oltre a possibili pasticci tecnici legati alla lettera del testo, non aggiunge quasi niente fintantoché non sia saldamente agganciato ad una griglia di descrittori dal significato abbastanza univoco.
Quest'ultima cosa ci è stata spiegata bene in Commissione dal professor Cipollone, il capo dell'Invalsi. Anche su testi e titoli abilitanti le obiezioni tecniche degli auditi suggerivano l'urgenza di sostanziali emendamenti. Ma poi, clamorosamente, studiando il decreto-legge ci siamo accorti di un'evidente svista che era sfuggita a tutti: decimi o non decimi d'ora in poi basterà l'insufficienza in una sola materia o gruppo disciplinare per ripetere l'anno alle medie e perfino alle elementari. Ora, io sono per il merito e ho salutato con entusiasmo la reintroduzione della verifica dei debiti di Fioroni alle superiori che correggeva - meglio tardi che mai - l'immane corbelleria demagogica e antimeritocratica di D'Onofrio del 1994. Ma non prevedere alcun recupero e bocciare per una sola materia bambini e ragazzi delle elementari e delle medie appare a chiunque una solenne sciocchezza, resa ancor più grave ed irrimediabile dall'atteggiamento della maggioranza in Commissione che anche di fronte a ragionevoli emendamenti a costo zero, come la correzione della bocciatura senza appello, si è chiusa a riccio e non ha voluto accettarli.
Infine, al circolo del Partito Democratico di san Cosimato a Roma, un'intelligente maestra mi ha svelato un possibile risultato paradossale al quale non avevo pensato. Mi ha detto: finirà che i voti in decimi, usati da maestri e professori delle medie, saranno solo dal 6 al 10. Con questa condizione capestro nessuno metterà l'insufficienza. Così, dopo aver fatto la faccia feroce, continueremo allegramente a promuovere tutti come prima. A questo, purtroppo, porta l'uso della decretazione e la mancanza di concertazione, aggravata dalla caparbietà di una maggioranza che non vuole ammettere di aver fatto una svista nemmeno di fronte all'evidenza. Tutte le associazioni, senza eccezione, nel ringraziare la nostra Commissione segnalavano che l'audizione era la prima ed unica occasione nella quale venivano consultate. Attribuivano la modesta qualità giuridico-pedagogica dell'articolato, all'inedita scelta del Governo di operare per decreto-legge una riforma della scuola - niente di meno di questo - occupandosi a sorpresa di quella elementare anziché dei segmenti in maggiore sofferenza, come la secondaria e l'università. Malgrado l'importanza delle implicazioni, senza alcuna consultazione delle associazioni naturalmente coinvolte. E, inoltre, è grave che il Ministro non abbia preventivamente consultato studenti, docenti, presidi, genitori. Ma perché non consultare almeno l'onorevole Aprea, presidente della nostra Commissione cultura? Su molte cose non la vede come noi dell'opposizione, però è competente. A lei e all'onorevole GoisisPag. 117che nella scuola ha vissuto a lungo, certe papere, secondo me, non sarebbero sfuggite.
Se si vuole riformare la scuola perché non fare un disegno di legge come quello dell'onorevole Aprea e promuovere su tale base un'ampia consultazione? Dov'è l'urgenza? Difficile coglierla nei pochi e disparati provvedimenti a ben vedere piuttosto affrettati e abborracciati degli articoli appena richiamati. È più facile coglierla, invece, se si pensa male: a pensare male - diceva qualcuno - si fa peccato ma si indovina. Questi provvedimenti sono, nel caso migliore, inefficaci? Non importa, l'importante è che sappiano titillare l'insulso amarcord dei non pochi elettori che, come me, hanno ben più di trent'anni sul groppone e l'importante è che riescano anche a bucare lo schermo. Il grembiule e il voto in decimi bucano lo schermo ben più del piazzamento degli studenti elementari nelle classifiche europee, che è ottimo. Il polverone mediatico servirà così a mascherare la sostanza e il vero scopo del decreto-legge: il micidiale articolo 4 che prevede l'abolizione del team, del modulo, la cui origine è contabile e non didattica, come finalmente anche l'onorevole Aprea ammetteva su il Riformista di ieri. Si trova insomma nei mostruosi tagli già decisi nella finanziaria triennale approvata prima dell'estate. Dopo tutto questi tagli, effettuati dalla legge 6 agosto 2008 n. 133 da qualche parte si devono pur fare. Dunque facciamoli nella scuola questi tagli: tanto la scuola è persa ai fini del consenso al Governo. Gli insegnanti sono tutti comunisti. Dàgli all'insegnante fannullone: se c'è il bullissimo è colpa degli insegnanti, se i ragazzi delle superiori sono impreparati è colpa degli insegnanti. Nell'ambito della scuola facciamo i tagli dov'è più semplice dal punto di vista contabile: togliamo un maestro su tre. Tanti saluti al fatto che in quel segmento di scuola le performance degli studenti erano molto migliori che altrove. Un numero di famiglie pari a dieci volte gli esuberi dell'Alitalia rimane per strada? Pazienza, tanto non votano per noi.
Però il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. I decimi bucano lo schermo ma lo bucano anche le bocciature su una sola materia. Il maestro unico buca lo schermo ma lo buca anche la riduzione dell'orario scolastico. E poi è proprio vero che le poche riforme organiche della scuola italiana e, in particolare, delle elementari siano di origine comunista? Che il team dei maestri elementare sia un'eredità del 1968? Che gli insegnanti siano tutti comunisti? No, sono balle. Gli insegnanti sono di tutti i tipi e, almeno sinora, votano a destra, al centro e a sinistra. Chiunque sia passato a qualunque titolo nella scuola italiana, sa che nella scuola il sindacato più forte sino a poco tempo fa non era quello di sinistra e che tuttora la somma della CISL più lo SNALS supera - credo - la CGIL.
Sa che democristiana è stata la riforma delle elementari che ora si vuole abolire e democristiani tutti i Ministri della pubblica istruzione precedenti a quella riforma. Anche senza sapere questo, sarebbe stato sufficiente essere presenti alle audizioni in Commissione, per rendersi conto che sparare sulla scuola non è gratis. Forse per questo una gran parte della maggioranza, durante le audizioni in Commissione, non è venuta, ma la presidente e la vicepresidente ed altri c'erano e si sono accorti che, delle cinquanta associazioni sindacali, professionali e di studenti e genitori ascoltate, la stragrande maggioranza e anche sigle non politiche, come lo SNALS, l'Associazione italiana maestri cattolici, l'UCIM, il movimento studenti di azione cattolica, l'Age, nonché sindacati tradizionalmente non comunisti come la CISL e la UIL, hanno reclamato a gran voce il ritiro dell'articolo 4 ed espresso motivate e gravi riserve anche sugli altri articoli del decreto-legge in esame. Solo 4 o 5 sigle, quasi tutte collaterali ai partiti di Governo, si sono dichiarate a favore del decreto-legge in esame. Fra questi, perfino gli studenti padani si sono detti favorevoli all'articolo 4, ma solo a certe condizioni, per adesso non previste nell'articolato del decreto-legge in esame.Pag. 118La Lega proporrà i relativi emendamenti o anche stavolta nella maggioranza calerà il silenziatore della fiducia?
Finora ho usato il meno possibile il maestro unico per l'articolo 4 del decreto-legge in esame, sul quale perfino i ragazzi della Lega avevano riserve, probabilmente analoghe alle perplessità estive espresse con molto garbo dal senatore Bossi. Il fatto è che, diversamente dal maestro prevalente, già permesso oggi dalle leggi vigenti, il maestro unico implica un modello unico nazionale e produce ovunque una riduzione senza scampo dell'orario scolastico e un potenziale tracollo anche del tempo pieno, come evidenziato e documentato dai rappresentanti degli enti locali in Commissione e confermato anche dalla lettura della recente bozza di piano ministeriale.
Il vero e più importante risultato non è il maestro unico, è la riduzione dell'orario scolastico a 24 ore settimanali: dove non vi è il tempo pieno i bambini torneranno a casa a mezzogiorno anziché all'una. È così - ce lo ha ricordato tra gli altri lo SNALS - non ci potrà essere un maestro unico, ci vorrà sempre un secondo maestro, visto che il contratto prevede 22 ore di lezione e due di programmazione: le due ore in più richiederanno risorse aggiuntive - che oltretutto, come osservato dalla Commissione bilancio, non hanno copertura finanziaria - oppure frattaglie di orario di altri maestri, una situazione simile a quella, già prevista dalla legge vigente, del maestro prevalente, che fa 18 ore settimanali, mentre un secondo maestro fa il resto. Ma il resto, oggi, sono 9 ore, perché l'orario completo è di 27 ore settimanali. L'effetto vero dell'articolo 4 non è dunque il tanto strombazzato maestro unico, che in pratica c'è già oggi per chi lo vuole, sotto forma di maestro prevalente: è invece la riduzione di circa il 30 per cento del totale di ore di lezione fornite dalla scuola. Ciò potrà tradursi in un ritorno a casa anticipato dei bambini, in una riduzione del tempo pieno, nella chiusura di qualche migliaio di scuole o in qualche combinazione lineare di queste tre cose.
Qualche giorno fa, nessuno poteva dire in quali proporzioni, ora la bozza di piano presentata dal Ministro ai sindacati conferma le prime due cose, eccome. In particolare il taglio di un maestro ogni tre sul modulo normale, con riduzione dell'orario scolastico per tutti. Sia detto tra parentesi: contro questa riduzione si pronunciano tre italiani su quattro, come mostra il sondaggio del Magazine del Corriere della Sera di questa settimana, intitolato «Per chi suona la campanella». In questo sondaggio, il pur autorevole parere dei professori Panebianco e Ricolfi si rivela di minoranza: solo un italiano su quattro crede come loro alla favola secondo cui la scuola, per fornire un miglior servizio, riduce le ore di insegnamento; la favola secondo la quale a mezzogiorno le famiglie, se da scuola telefonano per dire di venire a prendere il figlio o la figlia un'ora prima, saltano di gioia e sfoderano a sorpresa una panoplia di attività integrative (pallavolo, inglese, musica) che tutti, come noi genitori ben sappiamo, si tengono normalmente fra mezzogiorno e l'una.
La bozza di piano del Ministro lascia invece intatti gli interrogativi sul destino del tempo pieno. Dai giornali apprendiamo che il Ministro Gelmini non vuole intaccarlo, ma il Ministro Tremonti invece sì. L'indiscrezione suona veramente infausta e sinistra, alla luce di precedenti non confortanti della scorsa estate. Nella prima audizione, infatti, il Ministro aveva dichiarato in Commissione di voler aumentare gli stipendi di maestri e professori addirittura fino ai livelli medi OCSE e di voler svecchiare il corpo docente. Ma poi, pare per intercessione di Tremonti, i primi aumenti di stipendio di docenti meritevoli saranno spostati, addirittura, al 2012. E tutte, ma proprio tutte le assunzioni in ruolo di giovani nella scuola sono state bloccate per almeno tre anni. Se anche col tempo pieno il Ministro dovrà rimangiarsi tutto, siamo davvero fritti. E in tal caso, chissà come la prendono gli elettori del nord, dove è concentrata l'offertaPag. 119del tempo pieno: qui raggiunge infatti punte del 40 per cento, mentre si attesta solo intorno al 4 per cento nel sud.
Ma se anche il tempo pieno si salvasse - e ne dubitiamo - il taglio al tempo normale, con l'offerta didattica a ventiquattr'ore, rimane purtroppo confermato dalla bozza di piano ministeriale e saranno dolori soprattutto al sud dove, appunto, il tempo normale è quasi la totalità dell'offerta. Le ventisette o le trenta ore rappresentano un lusso che d'ora in poi ci si potrà permettere solo nell'ambito delle risorse date.
Provare a fare un simile taglio senza discussione preventiva nel Paese e nel Parlamento con lo strumento della decretazione d'urgenza, chiedere al Parlamento di approvarlo senza conoscere esattamente le conseguenze concrete, rifiutare novantotto emendamenti su cento in Commissione, significa cercare lo scontro. Ciò porta fatalmente a un deterioramento del clima. Non c'è da meravigliarsi se poi qualcuno parla di funerale della scuola elementare italiana. Forse il funerale è un'esagerazione, ma un rischio mortale c'è: perdere un importante primato della scuola italiana che in Commissione abbiamo scoperto di avere grazie al professor Cipollone, presidente dell'Invalsi.
Fra gli altri dati e paragoni internazionali, Cipollone ci ha rivelato che, rispetto al resto dell'Europa, la performance degli studenti italiani è meno influenzata dalla presenza o meno di genitori colti e benestanti. Vogliamo mantenerlo questo primato anche domani? Noi diciamo di sì, anche se, come ricordava in Commissione la CISL, la qualità si paga.
Certo, in campagna elettorale si è anche sentito dire che il figlio dell'operaio non può essere uguale al figlio del professionista, ma escludo che simili affermazioni - incompatibili con l'idea di «Cittadinanza e Costituzione» sottese all'articolo 1 del decreto-legge - siano condivise dal Ministro. Per questo, le chiedo e le chiediamo, tutti noi del Partito Democratico, di ritirare, come hanno richiesto anche quasi tutte le associazioni ascoltate in Commissione, l'articolo 4, che è osteggiato anche - l'abbiamo visto sul Magazine del Corriere della Sera - da tre italiani su quattro.
Chiediamo, inoltre, al Ministro che ora, in Aula, accetti quegli emendamenti di buonsenso del Partito Democratico sulla bocciatura con una sola insufficienza e su altri punti importanti che la maggioranza in Commissione ha respinto senza pietà e senza ragione.
Accompagno questa richiesta con l'auspicio cortese e civile espresso qualche giorno fa dall'associazione italiana maestri cattolici, che alla fine della propria audizione ha detto (cito tra virgolette): «speriamo che i prossimi passi siano ispirati a logiche più partecipate, a valorizzazioni delle esperienze di scuola, all'ascolto di quei mondi che si sono spesi per la scuola e la sua qualità; vorremmo, in sintesi, ritrovare il Ministro Gelmini del giugno scorso, il Ministro che dichiarava autorevolmente: la scuola ha bisogno di stabilità, occorre una politica della continuità, lo scontro politico deve restare fuori dalla scuola, è necessario tener conto delle specificità territoriali e sociali, bisogna attivare la politica del buonsenso e delle soluzioni condivise, il Parlamento ha il diritto-dovere di esprimere la propria potestà legislativa».
Anche noi ci auguriamo questo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole De Torre. Ne ha facoltà.

MARIA LETIZIA DE TORRE. Signor Presidente, onorevole Ministro, onorevoli colleghi, svilupperò il mio intervento in quattro punti.
Il primo punto: un attacco alla coesione del Paese. All'inizio del mio lavoro al Ministero dell'istruzione ho preso qualche contatto significativo, che mi aiutasse a capire in modo più profondo la scuola italiana. Ne avvertivo il bisogno perché, pur essendo docente, provengo da una regione - il Trentino - dove la scuola è governata localmente e, quindi, non avevo la percezione delle ragioni di molti macro-problemi della scuola italiana.Pag. 120
Uno di questi grandi saggi è stato il professor Bollea, fondatore della neuropsichiatria infantile e grande osservatore dei fenomeni che riguardano i minori. Ho un fermo immagine che mi ha fatto comprendere la gravità della situazione, non tanto della scuola italiana, ma del rapporto tra sistema scolastico e Paese. Quelle sue parole mi avevano fatto concentrare le energie proprio in direzione di questo rapporto. Mi aveva detto, il professor Bollea: un tempo, un padre che camminava per strada con il figlio si levava il cappello al passaggio del maestro o della maestra. Si è andato perdendo il riconoscimento non solo di una delle più belle professioni, ma anche il riconoscimento del ruolo dell'istituzione più importante di un Paese, perché tale è la scuola.
Da troppo tempo ed in modo crescente, un sentire diffuso a livello di famiglie fino al livello dei centri di studi di eccellenza, investe la scuola di incapacità di rispondere alle esigenze delle famiglie, incapacità di rispondere alle esigenze difficili degli adolescenti, incapacità di rispondere alle esigenze di crescita dell'Italia. Da troppo tempo non ci si leva il cappello davanti alla scuola e ormai più di una generazione di italiani sta crescendo in questa dissociazione educativa. Ciò è ovviamente grave per il futuro del nostro Paese.
Ebbene, leggo proprio attraverso questa dissociazione, questo baratro tra scuola e società, le tante dichiarazioni, i tanti editoriali e la frenesia di questi giorni intorno alla scuola. Finalmente gli possiamo dare addosso; finalmente con quattro decisivi provvedimenti la scuola sarà messa a bacchetta. No, Ministro, magari fosse così facile! Non si sana questa profonda frattura tra scuola e Paese con il grembiulino, con numeri al posto di parole, neppure chiamando maestro unico il maestro prevalente. Risalire la china, ricostruire fiducia tra scuola, famiglia e società è un percorso che richiede una mappa e che è fatto di molte tappe, un processo che non sopporta la frettolosità e che ha bisogno di condivisione, proprio di quella condivisione che il Ministro, in un suo intervento, rifacendosi al Consiglio nazionale della pubblica istruzione, ha definito come un appesantimento. Mi chiedo, Ministro, cosa le abbia fatto cambiare idea rispetto alla grande alleanza che chiedeva all'inizio, tanto da arrivare ad un decreto urgente che di urgente non ha nulla, a cui si stanno associando articoli bis su articoli bis e aggiungendo, ogni giorno, emendamenti governativi e su cui, quasi sicuramente, sarà posta la fiducia. Paragonavo, già in Commissione, le dinamiche di una nazione a quelle di una famiglia con figli, in cui serie e continue divergenze riguardo l'educazione dei figli decretano, quasi sempre in modo irreversibile, la fine dell'unità familiare. In una nazione le divergenze sul sistema educativo hanno lo stesso effetto: parlo della fine della coesione di una nazione.
Secondo punto: Berlusconi contro Berlusconi. La legge Moratti aveva la consapevolezza della situazione complessiva della scuola italiana e della conseguente necessità di una riforma a tutto tondo. Pur essendo stata scritta nelle segrete stanze - questo era stato un danno - prevedeva un percorso rispettoso del Parlamento, con tempi dilatati di approvazione dei decreti e certamente senza fiducie. Questo rispetto parlamentare ha permesso al centrosinistra, quando è arrivato al Governo, nonostante non condividesse e tuttora non condivida alcune scelte, di accogliere gli aspetti condivisibili, di dichiarare che la scuola non aveva bisogno di altri traumi e di agire con il cacciavite, dialogando e capendo le ragioni delle cose. La riforma Moratti, inoltre, era una legge consapevole del contesto non più monoculturale anzi fatto di tante, troppe informazioni e punti di vista che investono in primis i ragazzi. Il progetto educativo della legge 28 marzo 2003, n. 53, prevedeva, coerentemente, un curriculum che li preparasse ad affrontare il mondo di oggi. Ora perché Berlusconi smentisce Berlusconi? Il presente decreto Gelmini infatti smentisce la riforma Moratti. La smentisce nelle competenze che erano state messe in atto per la legge n. 53 del 2003 e che non vediamo messe in atto in questa fase. La smentisce nella visione, come affermavo prima, la smentisce nelPag. 121tempo scuola della primaria, riducendolo dell'11,1 per cento rispetto alle 27 ore e del 20 per cento rispetto alle 30 ore che prevedeva il decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59. La smentisce, in particolare, per quell'«unico» davanti al maestro, davanti al voto, davanti al libro, al posto della pluralità di apporti previsti dal Ministro Moratti e dal sottosegretario Aprea.
Terzo punto: un progetto che ci inquieta. È il termine «unico» che ci inquieta. No, non quello del decreto, soprattutto se esso fosse inteso, come sostiene il Ministro, come maestro prevalente. Però non si comprende perché in tal caso il decreto non abbia usato il termine «prevalente». Il dubbio e di qui l'inquietudine, è che la dizione «unico» sia stata una precisa scelta culturale. Fino al giorno in cui sul Corriere della Sera non è apparsa una dichiarazione, eravamo convinti che le decisioni dell'istruzione si fossero trasferite all'economia e ciò rimane vero. Ma dopo l'intervento di Tremonti, ci ha assalito il dubbio che sia in atto qualcosa di più di un mero trasferimento dell'istruzione al Tesoro. Dichiarava Tremonti, parlando dei riferimenti ideologici che questo Governo non avrebbe e rispondendo in merito alla lotta ai fannulloni e all'idea del maestro unico: quella è una parte, ma non è il tutto. Certo, maestro unico, libro unico, voto unico, sono parte di un progetto che io sento e vivo e sintetizzo con «Dio, patria e famiglia».
Leggendo questa dichiarazione data con boria, quasi con orgoglio, mi ha colto un quesito inquietante. Oltre il governo dei media, oltre il Governo dell'Italia, quale altro governo prevede questo progetto? Mi chiedo se il Ministro Gelmini conosca quale sia questo progetto di cui parla il Ministro dell'economia e delle finanze. Sarei portata a pensare di «no», che non ne sia realmente al corrente, ma in tal caso rimane il fatto che, non avendo ancora spiegato al Paese quali siano i propri reali obiettivi, il Parlamento, i mezzi di informazione e le scuole non hanno chiarezza su dove si stia andando. Lei, Ministro, ha lamentato che vi è controinformazione sui suoi provvedimenti. In effetti, sarebbe proprio utile capire meglio il quadro complessivo della sua azione che, ovviamente, non può essere quello dei quasi otto miliardi dei tagli della manovra finanziaria.
In assenza di una progettualità dichiarata, come già ho avuto occasione di esprimerle in Commissione, sorgono delle domande. Se, tra gli obiettivi del Ministro, vi fosse la qualità della scuola, infatti, lavorerebbe in modo diverso, partendo dai pilastri della qualità, costruendo dalle fondamenta e non dalle tegole (tale è, ad esempio, il provvedimento sulla valutazione in voti decimali varato senza sistema di valutazione, senza formazione del personale, senza indicatori e senza un percorso di condivisione con le famiglie). Se avesse a cuore la qualità, inoltre, cercherebbe di tessere invece di strappare e di difendere le sue risorse, invece di difenderne il loro scippo. Se cercasse la qualità della scuola, provenendo da una formazione politica che conosce bene le dinamiche dell'azienda, saprebbe molto bene che il coinvolgimento del personale è più efficace degli ordini di servizio. Se la priorità fosse la meritocrazia, sarebbe oltremodo necessario aprire un dibattito sulle forme di meritocrazia adatte alla scuola italiana. Le misure che fino ad ora conosciamo non vanno, comunque, in questa direzione. Infatti, come suggerisce nel testo «Meritocrazia» Roger Abravanel, che lei ha chiamato come consulente al Ministero, un Paese meritocratico deve avere una scuola di eccellenza gestita dallo Stato e ciò, viene sostenuto nel testo, è particolarmente rilevante in Italia e deve precedere scelte di gestione privata della scuola pubblica.
Invece, il decreto-legge in esame, in particolare la riduzione di orario e il pressappochismo degli articoli del decreto stesso, vanno nella direzione di un indebolimento della scuola gestita dallo Stato. Esaminiamo per titoli due dei tanti aspetti. In primo luogo, si ignora totalmente uno dei fiori all'occhiello della scuola italiana ossia la scuola inclusiva, frutto di 31 anni di lavoro dalla legge n. 517 del 1977 in poiPag. 122(legge con cui si inizia la piena integrazione degli alunni con disabilità e con disturbi specifici di apprendimento).
Veniamo ora ad esaminare un altro punto: si viola ripetutamente la dimensione di autonomia della scuola. Anche il grembiulino lo si pensa a Roma invece che aprire un dibattito che porti ogni singola autonomia scolastica a contrastare, con modalità che rendano i ragazzi protagonisti, il fenomeno degli oggetti firmati. Sarà di tipo centralista il cosiddetto federalismo che stanno incubando Bossi e Calderoli? Chiederà, come fa il decreto-legge in esame per le ore straordinarie del maestro unico, alle autonomie di farsi carico, con proprie risorse, di compiti che lo Stato impone? E ancora, riguardo alla meritocrazia, prima di mettere in atto provvedimenti appunto meritocratici dovremmo anche capire quali talenti vogliamo portare avanti. Quelli eccellenti, che hanno portato alla situazione paradossale della fine dell'iperliberismo di Wall Street o quelli di tutti, fino a chi di talento ne ha uno solo, come dice la parabola?
Ma veniamo al caso in cui lei, Ministro, conosca e condivida il progetto «Dio, patria e famiglia» di Tremonti. Ci aiuti a capire non solo dove sta andando la scuola italiana ma anche dove questo Governo sta conducendo il Paese. Nel susseguirsi delle decisioni adottate a partire dal decreto-legge n. 112 del 2008 in poi e constatando ciò che questo Ministero non fa per la scuola italiana, vedo crearsi un vuoto; vedo fare terra bruciata intorno ad un patrimonio di idee, di lavoro e di pensiero frutto dell'impegno e della testimonianza di generazioni di insegnanti e di testimoni che, dedicandosi generosamente alla scuola, sono amanti della persona e del valore dei rapporti tra le persone.
Si tratta di un patrimonio che, partendo da tradizioni laiche, oppure dal pensiero sociale cristiano sull'educazione, è stato costruito in decenni di dedizione. No, questo patrimonio non morirà, perché la scuola risorge sempre, vive anche in luoghi della morte come Auschwitz.
Ma certo è il Paese che entra, già da ora, in profonda sofferenza e che rallenta la sua potenzialità di crescita. Non c'è niente da fare: ricerche su ricerche dimostrano che accade così quando non si investe o si investe male sulla scuola.
Il quarto punto: la scuola per cui il Partito Democratico continua a lavorare. Non sento più, in questi mesi, parole di prospettiva sulla scuola, ad esempio come quelle scritte dal Governo Prodi nella prefazione alle indicazioni per i curricula del primo ciclo curate dal Ministro Fioroni e che vorrei brevemente citare: le relazioni fra il microcosmo personale e il macrocosmo dell'umanità e del pianeta oggi devono essere intese in un duplice senso. Da un lato, tutto ciò che accade nel mondo influenza la vita di ogni persona; dall'altro, ogni persona tiene nelle sue stesse mani una responsabilità unica e singolare nei confronti del futuro dell'umanità. La scuola può e deve educare a questa consapevolezza e a questa responsabilità i bambini e gli adolescenti in tutte le fasi della loro formazione. È, quindi, decisiva un'alleanza nuova fra scienza, storia, discipline umanistiche, arte e tecnologia in grado di delineare la prospettiva di un nuovo umanesimo. L'elaborazione dei saperi necessari per comprendere l'attuale condizione dell'uomo planetario definita dalle molteplici interdipendenze tra locale e globale è, dunque, la premessa indispensabile per l'esercizio consapevole di una cittadinanza nazionale, europea e planetaria. Oggi la scuola italiana può proporsi concretamente un tale obiettivo, contribuendo, con ciò, a creare le condizioni propizie per rivitalizzare gli aspetti più alti e fecondi della nostra tradizione. Questa, infatti, è stata ricorrentemente caratterizzata da momenti di intensa creatività, come la civiltà classica greca e latina, la cristianità, il Rinascimento e, più in generale, l'apporto di artisti, di musicisti, di scienziati, degli esploratori e degli artigiani in tutto il mondo e per tutta l'età moderna nei quali l'incontro fra culture diverse ha saputo generare l'idea di un essere umano integrale, capace di concentrare nella singolaritàPag. 123del microcosmo personale i molteplici aspetti del macrocosmo umano.
Questa è la scuola di cui non sento più parlare, ma è la scuola per cui il Partito Democratico sta continuando a lavorare. Qual è, invece, chiediamo ancora, l'intero progetto Tremonti sulla scuola e chi ne è il regista (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)?

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Coscia. Ne ha facoltà.

MARIA COSCIA. Signor Presidente, signora Ministro (lei mi consentirà anche questa sera di chiamarla signora Ministro), come ha potuto ascoltare, magari solo in parte ieri e questa sera, così come probabilmente le avrà riferito il sottosegretario Pizza, noi abbiamo cercato, in questi giorni, così come avevamo fatto in Commissione, con pazienza e se vuole anche con un po' di testardaggine, di avviare un confronto vero sul merito del provvedimento di cui stiamo parlando.
Ciò, nonostante il fatto che ci siamo trovati di fronte ad un decreto-legge e nonostante che, come lei ci disse in Commissione a fine luglio, a conclusione della sua audizione sulle linee di indirizzo, programmatiche della scuola, i contenuti di questo decreto sarebbero stati oggetto di un disegno di legge che, in effetti, poi è stato approvato ai primi di agosto.
Poi, improvvisamente, alla fine di agosto, cioè quando il Parlamento era in vacanza, si è deciso, ovviamente nel rispetto dell'autonomia del Governo, ma nonostante l'impegno che si era preso, di trasformarlo in un disegno di legge, così come è avvenuto anche a pochi giorni dalla sua relazione sulle linee programmatiche dove appunto, come ricordavano i colleghi che mi hanno preceduto, lei aveva fatto un appello, a cui avevamo creduto, cioè quello di fare in modo che sulla scuola non ci fossero lotta politica e contrapposizione.
Infatti, la scuola era ed è stanca che, ad ogni cambio di Governo, la politica e le istituzioni rimettano in discussione ogni volta quello che magari faticosamente si era provato a mettere in piedi.
In quella sede, pronunciò parole impegnative nelle quali disse che si sarebbe mossa in continuità con i Ministri Moratti e Fioroni. Invece, di lì a pochi giorni, ci siamo trovati ancora una volta di fronte ad un decreto-legge, che rovesciava completamente l'impostazione.
Signor Ministro, vorrei che, almeno su questo, ci intendessimo. Noi condividiamo l'appello del Capo dello Stato. Non abbiamo mai detto che ci volevamo sottrarre ad un confronto serio sui temi della qualità e del contenimento della spesa, anche per quanto riguarda la scuola. Tuttavia, il problema è il punto di partenza: si è detto che intanto e da subito bisognava apportare un taglio indiscriminato di circa 8 miliardi (esattamente 7 miliardi e 832 milioni) e su questo bisognava eventualmente cucire il vestito delle misure necessarie per arrivare a questo obiettivo. Dietro a questa scelta non vi è un progetto pedagogico, che tende ad affrontare le criticità e i punti deboli. Si parte dal libro bianco, che conosciamo bene, ma non si può utilizzare solo per gli aspetti riferiti alla spesa e non per gli obiettivi e le debolezze fondamentali che tale documento individua.
Sappiamo da quel libro che le nostre difficoltà maggiori riguardano le capacità e la ricchezza di apprendimento dei nostri ragazzi quindicenni. Sono questi i punti che vengono sottolineati: in modo particolare, il tema delle difficoltà nell'apprendimento della matematica e nella lettura, che sembrerebbe una novità, quando invece, in realtà, scopriamo anche questa problematica, quando abbiamo un Paese che si era molto più cimentato sulle materie letterarie.
Quindi, per quale ragione partire dalla scuola primaria che è quella con riferimento alla quale, invece, abbiamo un primato e un riconoscimento di eccellenza (siamo tra i primi posti nel mondo)? Per quale motivo si vuole partire da ciò, proprio per cominciare dalla base su cui si fondano gli aspetti di forza del nostro sistema dell'istruzione? Dunque, si è voluto partire da lì.Pag. 124
Mi consenta di dire anche che, nel momento in cui si è deciso di trasformare il disegno di legge in decreto-legge, tutti sanno che, in realtà, in questo provvedimento non c'era l'articolo 4. Infatti, dopo la riunione del Consiglio dei Ministri del 28 agosto il testo è comparso per qualche ora senza tale norma (peraltro confermato nel comunicato stampa che invitava a riflettere su questo punto). Poi è ricomparso con l'articolo 4.
Quindi, vi è stata da questo punto di vista evidentemente una dialettica e una dinamica che non si vuole rendere pubblica, ma che conosciamo perfettamente. Quindi, non è vero che non siamo disponibili a confrontarci. Abbiamo proposte che abbiamo tradotto in proposte emendative precise di cui abbiamo discusso in Commissione. Anche in quella sede, abbiamo riscontrato un certo interesse da parte dei colleghi della maggioranza, rispetto agli argomenti che abbiamo portato avanti. Tuttavia, alla fine è prevalsa una posizione del muro contro muro, cioè una chiusura netta.
Ma a questa chiusura noi non ci rassegniamo, perché abbiamo dalla nostra il buonsenso, anche per il lavoro fatto in Commissione e ritengo che anche il lavoro della Commissione debba essere rispettato un po' di più, perché siamo stati al lavoro tanti giorni.
La presidente Aprea, che è anche relatrice del provvedimento, può testimoniare che nessuno dei membri della Commissione ha mai usato argomenti strumentali, siamo sempre entrati nel merito. Voglio aggiungere che ciò è avvenuto anche negli interventi che si sono svolti in quest'Aula, a cui hanno partecipato tantissimi colleghi che non si occupano tradizionalmente di scuola. Mi permetta di ringraziarli, perché si sono fatti carico di una questione che ritengono centrale per il Paese, non solo una questione di impegno del Partito Democratico; essi lo hanno immediatamente compreso, perché si tratta di parlamentari che sono radicati nei territori e che ogni giorno incontrano cittadini, genitori e insegnanti che chiedono loro notizie rispetto a questo decreto-legge e chiedono di far prevalere la possibilità di discutere.
Questo era anche l'appello rivolto dalle decine e decine di associazioni che sono intervenute nelle audizioni che abbiamo avuto in Commissione a tappe forzate, vero presidente? L'unanimità delle associazioni che sono venute in rappresentanza dei genitori, degli insegnanti, di associazioni professionali, delle università, hanno chiesto la possibilità di discutere, di entrare nel merito, di eventualmente essere convinti dagli argomenti a supporto di questa scelta. In quel quadro la stragrande maggioranza non ha potuto che esprimere le proprie riserve, le proprie contrarietà e perplessità.
Dunque noi non siamo soli, cerchiamo di interpretare quello che sta crescendo nel Paese e cioè la consapevolezza di un tentativo che c'è stato, mi permetta di dirlo signor Ministro, il tentativo di occultare qual era il vero obiettivo. Lo ripeto, il tema del contenimento della spesa è reale, ma non si può tentare di far credere agli italiani che in realtà la bontà delle scelte compiute risiede in aspetti e in valori pedagogici: non si tratta di questo. Si tratta di un tema su cui, come ricordava poco fa il collega Bachelet, la stessa presidente della Commissione in un'intervista ha detto: c'è un problema di risorse e, siccome non possiamo permettercelo, dobbiamo fare un'altra cosa. Ma la cosa da fare non può essere procedere a colpi di accetta con tagli indiscriminati, ma discutere con serenità, con rigore, con attenzione a ciò che è il mondo della scuola.
La scuola è un mondo sicuramente complesso, ma ha tante risorse, Ministro. Il mondo della scuola ne ha viste tante, e tuttavia è riuscito a sopravvivere anche alle situazioni più complesse e difficili. Ci sono tante risorse nella scuola e il Governo ed il Parlamento dovrebbero dialogare con queste risorse, che sono legate alle professionalità. Lei stessa ha detto che i nostri insegnanti hanno stipendi da fame eppure gli insegnanti hanno continuato a lavorare, a fare la loro parte, nonostantePag. 125che si siano sentiti in alcuni momenti isolati nel loro lavoro, nelle loro difficoltà e nei loro problemi.
In questi giorni mi sono arrivate innumerevoli lettere di insegnanti e dirigenti scolastici che francamente, per il livello del dibattito in questi giorni, si sono sentiti messi sotto accusa rispetto ad un loro attaccamento straordinario al valore della professione, malgrado tutte le difficoltà e il disvalore sociale che si è determinato in questi anni.
Allora, perché non avere fiducia in queste risorse? Perché non dialogare, costruire e condividere con loro i punti di criticità e le analisi e, insieme, cercare di capire come, partendo dalle buone pratiche (sono tante le persone nelle nostre scuole), si possa raggiungere anche l'obiettivo di contenimento e di qualificazione della spesa?
Tuttavia, su questo aspetto vi sono state risposte negative. I nostri emendamenti andavano e vanno in questa direzione. Vogliamo sperare che gli argomenti che abbiamo portato in questo dibattito inducano il Governo e la maggioranza a riflettere: continueremo, nei prossimi giorni, a portare argomenti anche su questioni di buonsenso.
È stato qui ricordato, ad esempio, che nell'articolo 3, probabilmente - non voglio credere che dietro vi sia stata pervicacia -, è contenuta una norma che va corretta, in modo chiaro e netto: non è possibile che un bambino della scuola elementare o un ragazzo della scuola media debba essere bocciato se «zoppica» in una materia, cioè se prende cinque e mezzo o cinque in una sola materia, anche non rilevante. Si tratta di una questione che abbiamo sollevato: abbiamo sentito le dichiarazioni del Ministro, che ha detto che, in sostanza, la situazione non è questa, fondandosi sul buonsenso degli insegnanti (è vero: gli insegnanti hanno buonsenso); tuttavia, abbiamo potuto leggere una dichiarazione alla stampa, in cui si dice che viene accolto un emendamento della Lega e non si tiene conto del fatto che la questione citata è stata sollevata in primo luogo dai deputati del Partito Democratico. Questa, quindi, è una delle questioni importanti da correggere. Ve ne sono, poi, altre, ma, considerato che il tempo scorre, vorrei ancora una volta soffermarmi sull'articolo 4.
Signor Ministro, in merito alla questione del maestro unico, devo riconoscere una certa abilità a lei e al Governo: si è tentato in tutti i modi di far discutere, alla ripresa estiva dei lavori, di questo tema, come se esso avesse valore pedagogico, cioè come se, per risolvere i problemi e la complessità dei tempi di crescita dei nostri bambini, lo si risolvesse individuando un unico insegnante che potesse accompagnare l'apprendimento dei bambini nella scuola primaria. Ci si è fondati, in proposito, sui ricordi infantili di una certa generazione che ha vissuto quest'epoca: di per sé, questi ricordi infantili sono per chiunque ricordi positivi, a meno che, in età infantile, non si siano avuti traumi indicibili. In ciascuno di noi, quindi, vi è la tendenza a ricordare come un periodo felice il periodo dell'infanzia e, quindi, anche il momento del rapporto con il maestro o la maestra unica (in realtà, si tratterebbe di maestra unica).
I tempi, però, sono cambiati. Siamo in un'altra fase della realtà del nostro Paese e su questo aspetto tornerò a soffermarmi. In realtà, il problema vero, che si è tentato di occultare è che l'obiettivo vero fosse ridurre l'orario scolastico a 24 ore.
Signor Ministro, abbiamo chiesto almeno di accantonare questo articolo e di discuterlo insieme al piano programmatico, anche per darle credito e per capire se gli impegni e le promesse che lei ha raccontato in questi giorni (il fatto, ad esempio, che verrebbe potenziato il tempo pieno e verrebbero salvaguardati gli altri orari) avessero un riscontro concreto nel piano.
Bene, siamo riusciti ad arrivare in possesso di questo piano solo perché è pubblicato sui siti delle organizzazioni sindacali; in Commissione non è stato ancora consegnato e da lì non si evince alcuna garanzia concreta che questo avverrà, anzi, è detto in modo netto quello che è scritto nell'articolo: nella scuola primaria va privilegiata l'attivazione diPag. 126classi affidate ad un unico docente e funzionanti per un orario di 24 ore settimanali.
Dunque, di questo si tratta; si tratta, cioè, del fatto che 24 ore settimanali significano mediamente quattro ore al giorno, e che, quindi, i bambini devono tornare a casa a mezzogiorno e mezzo. Questo cosa vuole dire rispetto alla difficoltà per le famiglie, già così in difficoltà per la loro vita quotidiana, di conciliare i tempi degli orari scolastici dei propri figli con i tempi di lavoro? Quante difficoltà determineremo ancora per le famiglie italiane?
Nello stesso tempo, cosa vorrà dire per i bambini tornare ad un'idea di scuola di trenta, quaranta, cinquant'anni fa, quando era necessaria una scuola nel nostro Paese dove bisognava apprendere le questioni fondamentali del saper leggere, scrivere e fare di conto?
Oggi siamo in un'altra fase, oggi i nostri bambini, dopo questi venti anni di scuola modulare e di scuola a tempo pieno, non solo devono imparare quelle cose, che rimangono fondamentali, ma, giustamente, nel decreto è prevista «Cittadinanza e Costituzione», un'ulteriore disciplina, che condividiamo. Voglio solo ricordarle che già si faceva nella gran parte delle scuole, ma ci sta bene e su questo abbiamo proposto emendamenti ulteriormente migliorativi; ma, accanto a questo, voglio ricordare che si insegna italiano, ma anche inglese, storia, geografia, matematica, scienze, tecnologia informatica, arte e immagine, scienze motorie e sportive, musica e religione cattolica.
Quante saranno le 24 ore? Ovviamente, sono comprensive, per chi lo sceglierà, dell'insegnamento delle due ore di religione, così come ci saranno le due ore di inglese e così via. Se si è consapevoli di questa situazione, in realtà, si capisce che dietro c'è un'idea almeno minimalista della scuola, un'idea in base alla quale si può pensare che quel numero di ore così limitato possa dare ai bambini di oggi, ai tanti diversi bambini che costituiscono la ricchezza per questa nazione, quello a cui hanno diritto con un numero così limitato di ore.
Non si può sostenere che il ritorno del maestro unico è ciò che può dare certezza e sicurezza ai nostri bambini. No, in realtà rischiamo di pregiudicare il futuro di intere generazioni, al contrario di quello che sarebbe necessario; infatti, è assolutamente necessario, per un Paese come il nostro, che ha l'alto tasso di invecchiamento che conosciamo, poter investire sul suo futuro, e per poterlo fare deve investire sulle giovani generazioni, dando ad esse tutte le opportunità, pari opportunità, e riconoscendo il merito, ma - ripeto - partendo dalle pari opportunità.
Invece, in questo modo, non sarà così e, poiché quello che potrà offrire la scuola pubblica sarà questa scuola minimale e impoverita, ancora una volta, chi più avrà più potrà ricercare fuori dalla scuola altre opportunità educative e formative.
Ecco perché le lanciamo di nuovo un appello: accantonate questo articolo, discutiamone il tempo necessario, discutiamone insieme al piano. Siamo d'accordo con il Presidente della Repubblica. Egli, in modo particolare, saggio, come è questo nostro grande Presidente, sottolinea che, per quel che riguarda la scuola, l'obiettivo di una minore spesa non può prevalere su tutti gli altri e va formulato, punto per punto, con grande attenzione ai contenuti e ai tempi, in un clima di dialogo.
Bene, non dite che siamo contrari al dialogo. Vi chiediamo di creare le condizioni perché si possa fare il bene della scuola e dei bambini nel nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 1634-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice, presidente della Commissione cultura, onorevole Aprea.

Pag. 127

VALENTINA APREA, Relatore. Signor Presidente, Ministro Gelmini, colleghi, siamo giunti alla fine della discussione sulle linee generali del decreto-legge n. 137 del 2008. Voglio innanzitutto, signor Presidente, ringraziare tutti i deputati che sono intervenuti, per l'approfondimento e per le analisi, la varietà delle argomentazioni, e in particolare i membri della Commissione cultura, che hanno voluto prendere la parola in questo dibattito e fare degli approfondimenti davvero non scontati e non usuali. Mi piace ricordare che hanno preso la parola i colleghi De Pasquale, Zazzera, Lolli, Rossa, Capitanio Santolini dell'UdC, che ha voluto prendere le distanze dalla modalità con cui le altre forze di opposizione stanno reagendo al decreto: non è quindi sfuggito a me relatrice, ma soprattutto presidente della Commissione, anche questo atteggiamento non pregiudizialmente contrario ai contenuti del decreto-legge. Anzi, si è spinta fino, Ministro, ad esprimere apprezzamenti sulle scelte che il Governo ha compiuto. Abbiamo ascoltato anche Antonino Russo, Levi, Pes, Mazzarella, il vicepresidente Nicolais, Siragusa, Tocci, e stasera Bachelet, De Torre e Coscia. Naturalmente abbiamo ascoltato anche, Ministro, membri della maggioranza, che hanno sostenuto senza riserve, come lei sa (è stata presente personalmente, poi l'ha sostituita con molta attenzione il sottosegretario Pizza), il decreto-legge, e quindi prendiamo atto di questa posizione che sicuramente ci conforta e ci spinge ad andare avanti. Tra l'altro, hanno preso la parola anche altri colleghi della Camera come la Argentin, che ha posto credo delle questioni molto interessanti sulla disabilità che noi come Commissione cultura, colleghe e colleghi, dobbiamo sicuramente riprendere, Ministro; probabilmente, approveremo anche delle risoluzioni. Ringrazio gli altri colleghi che hanno voluto a diverso titolo intervenire.
Mi rivolgo però ai colleghi della Commissione cultura per svolgere la seguente considerazione, signor Presidente: per onestà intellettuale, vorrei che l'opposizione riconoscesse che nelle audizioni svolte in Commissione non abbiamo acquisito solo pareri contrastanti o negativi sul decreto-legge. Certo, è stata una sede conoscitiva molto intensa, e abbiamo ascoltato nel giro di poche ore moltissime sigle. Sicuramente quello che abbiamo percepito era la sorpresa: certo, sulla decretazione d'urgenza, lo strumento; però, molte sigle (e qui voglio ricordarne solo alcune: l'APEF, piuttosto che il CIRPED, che è un centro italiano di ricerca pedagogica, perché negli interventi dei colleghi si è fatto riferimento alle università e ai pedagogisti che hanno criticato questa scelta, la Compagnia delle Opere, le FOE, Federazioni Opere Educative, poi tante altre sigle, e anche alcune organizzazioni sindacali) hanno con sfumature diverse appoggiato, condiviso la linea che il Ministro Gelmini ha voluto dare e la svolta che è stata determinata da questo decreto-legge e che seguirà nel piano. Vorrei quindi che rimanesse agli atti che le audizioni della Camera dei deputati parlano anche della necessità di effettuare questa svolta e appoggiano le scelte del Governo. Certo, è vero, anche le organizzazioni cattoliche, come il Ministro sa, e i sindacati di area o quanto meno più vicini al centrodestra, preferiscono parlare di maestro prevalente piuttosto che di maestro unico, ma credo che il Ministro avrà modo di valutare questo aspetto soprattutto nel varo della normativa secondaria e nella realizzazione del piano. La scelta di un recupero forte della funzione educativa è emersa, eccome, anche durante le audizioni in Commissione cultura.
Sulla decretazione d'urgenza ho avuto modo di dire nella mia relazione, signor Presidente, perché abbiamo condiviso - come maggioranza che sostiene questo Governo - anche la scelta del decreto-legge. Sono almeno tre o quattro legislature che si discute della riforma della scuola, le posizioni sono ormai note e conosciamo i pregi e i difetti delle scelte prese dai governi, ma ora il tempo è scaduto rispetto ai ripensamenti ed alle mediazioni: abbiamo bisogno di verificare nelle scuole che cosa può produrre, in termini di effetto qualitativo migliore, il cambiamento nelle scuole.Pag. 128
Signor Ministro, sulla riduzione del tempo-scuola tutti gli interventi hanno parlato di esso ed hanno accusato il Governo di ridurlo drasticamente. Ebbene, colleghi, siamo tutti molto informati e soprattutto noi della Commissione cultura cerchiamo di seguire ciò che succede in Europa, oltre che nel mondo. Non vi sarà pertanto sfuggito che la Francia, dalla sera alla mattina, ha introdotto, come lei sa Ministro, la settimana corta per gli alunni della scuola primaria, che con un provvedimento d'urgenza si sono visti ridurre di un'altra giornata il tempo-scuola: i bambini francesi della scuola elementare vanno a scuola quattro giorni, mentre hanno libero il mercoledì, come già avevano libero anche il sabato. Troviamo allora altre ragioni, cerchiamo di capire come utilizziamo il tempo-scuola, entriamo giustamente nel merito della formazione degli insegnanti. Condivido molte delle questioni sollevate anche stasera dalle colleghe e dai colleghi riguardo alla formazione degli insegnanti, ma il tempo-scuola non è - credetemi - una ragione determinante; certo lo è dal punto di vista sociale e dal punto di vista di quelle famiglie che hanno delegato, per troppo tempo e per tutta la settimana, l'educazione dei figli ad un'istituzione pubblica che se ne è fatta carico con tutti i problemi e con tutti i costi. Prendiamo dunque esempio anche dal coraggio che ci viene indicato dai Governi europei.
Non condivido e naturalmente rigetto l'ipotesi del disimpegno finanziario. Una questione è parlare di riqualificazione della spesa pubblica, ma come avete visto ho avuto il coraggio anche di dichiarare, in interviste di questi giorni, che una delle ragioni che ha prodotto le scelte del Governo è stata sicuramente quella della riqualificazione della spesa pubblica rispetto al numero degli insegnanti della scuola primaria. Ma lo avevate scritto prima voi nel Quaderno bianco sulla scuola (ho citato le pagine ed il punto): laddove si parla di organizzazione del lavoro, questo dossier del Ministero dell'economia e di quello dell'istruzione del Governo Prodi (quando parliamo di costi mi interessa focalizzare la responsabilità dei tecnici dell'economia) puntava l'attenzione non sulla scuola secondaria, ma soprattutto sui costi eccessivi della nostra scuola primaria e naturalmente, poi, anche sulla quantità delle ore di insegnamento che vengono proposte negli altri ordini di scuola. Ma il caso «di scuola» il Ministero dell'economia del Governo Prodi lo aveva fatto, nel paragrafo dedicato all'organizzazione del lavoro, proprio sulla scuola primaria, pertanto, non siamo i primi ad aver pensato di ridurre i costi e, di conseguenza, la presenza degli insegnanti e il tempo-scuola.
La riqualificazione è dunque necessaria, opportuna, urgente, europea. Ringrazio la Commissione innanzitutto per i ritmi, signor Presidente, che ci siamo dati e che abbiamo rispettato; ringrazio, inoltre, il Ministro per l'aiuto che lei, tutti i colleghi del suo staff ed il capo dell'ufficio legislativo avete voluto prestare. Sono orgogliosa di potervi comunicare che oggi il Comitato dei nove ha lavorato ed ha approvato all'unanimità due emendamenti che sappiamo essere a cuore anche a lei - a noi certamente -, perché ciò era emerso anche nella discussione in Commissione degli emendamenti (considerato che l'Italia dei Valori aveva presentato un emendamento specifico sul tema di cui parlerò tra un attimo).
Tutte le forze politiche, di opposizione e di maggioranza, ritengono che l'edilizia scolastica sia una priorità della scuola italiana. Partendo, quindi, da questa volontà comune abbiamo approvato all'unanimità due emendamenti che, pur estranei alla materia, la aiuteranno - ne siamo certi - a far partire un piano nazionale sull'edilizia scolastica, a prevedere la messa in sicurezza delle scuole e a costruire nuove scuole e impianti sportivi.
È con soddisfazione che le consegno questa volontà della Commissione cultura e del Comitato dei nove. Su altre proposte emendative, naturalmente, siamo tornati a dividerci, non abbiamo potuto votare all'unanimità, però, anche oggi, abbiamo saputo dare il nostro contributo per modificare poco, ma in modo sostanziale,Pag. 129quegli aspetti che non potevano rimanere senza interventi - come è stato detto dalle colleghe - come la non ammissione degli alunni delle scuole del primo ciclo per una sola disciplina o per un solo ambito di insufficienza.
Devo esprimere grande soddisfazione per l'emendamento - per questo la ringraziamo signor Ministro - che ci ha consentito di modificare l'accesso alle graduatorie permanenti dei docenti del IX corso, a pettine e non in coda. Siamo consapevoli del rischio che corriamo, soprattutto lei come amministrazione, rispetto ad eventuali ricorsi. Ma lei ha il sostegno del Parlamento, lei potrà dire che il Parlamento ha voluto la modifica perché il Parlamento crede in questi giovani, nei docenti che si formano, si specializzano, studiano, e che ci auguriamo possano entrare in ruolo o, comunque, cominciare a lavorare presto ora che sono giovani e preparati. Noi puntiamo a una scuola di qualità, le affidiamo queste nostre riflessioni e siamo sicuri che con la sua guida, la svolta che la maggioranza del Parlamento auspica si determinerà. Auguri (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

MARIASTELLA GELMINI, Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vi prego di voler affrontare il tema in oggetto, quello della scuola, avendo nella mente due semplici domande e le risposte che ad ognuna di esse in coscienza vi sentite di dare. Le domande sono queste: possiamo dirci soddisfatti del nostro sistema di istruzione? Il nostro sistema di istruzione è all'altezza degli obiettivi che una politica lungimirante e responsabile dovrebbe porsi? Sono le domande che mi sono posta sin dalla mia accettazione dell'incarico ministeriale. Credo che possiamo convenire sul fatto che le risposte non possono essere positive e che è urgente approntare delle soluzioni. Non possiamo, infatti, rassegnarci ad un sistema di istruzione che relega i nostri giovani in fondo alle classifiche internazionali, che priva i nostri docenti del prestigio sociale ed economico che dovrebbe competere alla loro professione; è un sistema di istruzione che ha lasciato sulla carta l'autonomia scolastica. Insomma, il sistema pubblico di istruzione, preso nel suo complesso, non è all'altezza degli obiettivi che una politica lungimirante dovrebbe porsi. Vorrei sottolineare le parole «preso nel suo complesso» perché sia chiaro che esistono nella scuola italiana istituti eccellenti e insegnanti eccellenti, che mi viene da dire resistono nonostante mille difficoltà.
Il sistema attuale produce però una altissima dispersione scolastica, privilegia chi è in grado di acquisire il sapere in circuiti paralleli e spesso lascia al palo chi solo nella scuola statale può cercare gli strumenti per la propria elevazione sociale. Non possiamo, insomma, rassegnarci ad un sistema sperequato e socialmente ingiusto dove permangono fortissime differenze qualitative nel risultato della nostra istruzione. Differenze tanto più marcate in negativo, là dove invece maggiore sarebbe l'esigenza di un grado elevato di istruzione. Un sistema esclusivo, dunque, e non inclusivo dei giovani italiani e dei giovani stranieri.
Noi abbiamo il compito, in una società libera e democratica, di diffondere il sapere non compiendo però l'errore drammatico di abbassare l'asticella di questo sapere. Il nostro dovere non è consegnare ad ogni italiano un pezzo di carta ma un titolo di studio, vero, ottenuto con impegno. Il nostro dovere è far sì che gli anni di scuola vengano percepiti come indispensabili e non, come capita oggi e lo testimoniano le rilevazioni sui sentimenti dei giovani, come una sorta di parcheggio da abbandonare il prima possibile. Meno la scuola è qualificata, meno sarà ritenuta utile, e il nostro dovere è offrire a tutti una scuola di qualità che accompagni le predisposizioni personali, una scuola di serie A qualunque sia l'indirizzo che un giovane intende seguire, ed una scuola che prepari i suoi studenti anche alla vita civile.Pag. 130
Ma veniamo al decreto-legge in discussione. Il provvedimento è certamente una prima risposta alla innegabile esigenza di cambiamento che tutti sentiamo. I primi due articoli introducono l'insegnamento di «Cittadinanza e Costituzione» e il cosiddetto voto in condotta. Sono articoli collegati e non mirano solamente ad affrontare i fenomeni di bullismo. C'è - io credo - un compito più generale da assolvere. A cinquant'anni dalla decisione dell'allora Ministro della pubblica istruzione, Aldo Moro, di introdurre l'educazione civica nelle scuole, a sessant'anni dall'approvazione della nostra Carta costituzionale ancora manca agli italiani una religione civile in cui riconoscersi, ed è venuta scemando, drammaticamente scemando, quella base del vivere sociale che si chiama rispetto della legge e delle regole. Compito centrale della scuola è anche di formare dei cittadini informati, consapevoli e responsabili per la società di domani. La disciplina «Cittadinanza e Costituzione» che vogliamo introdurre mira all'acquisizione di conoscenze, all'interiorizzazione di principi e alla messa in pratica di comportamenti individuali e collettivi civilmente e socialmente responsabili, ispirati a quelle conoscenze e a quei principi. Non potremmo onorare meglio e più compiutamente il sessantesimo anniversario della nostra Carta costituzionale se non restituendo piena dignità a questo studio, e nel contempo mostrando le ricadute di quei principi fondamentali nelle regole del vivere associato, regole che troppo spesso vengono impunemente trasgredite a partire dalla scuola.
Attraverso l'articolo 2, appunto la valutazione del comportamento degli studenti, e il successivo decreto applicativo, abbiamo voluto dare certezza e mettere a sistema norme che, caduta la vecchia normativa e nelle more dell'applicazione del decreto legislativo n. 226 del 2005, risultano poco determinate e limitate a casi gravissimi. Ritorna dunque il voto in condotta in una valutazione autonoma, espressa in decimi, decisiva per il superamento dell'anno scolastico, e accanto al voto in condotta hanno ripreso vigore quei patti tra famiglie, istituzioni scolastiche e studenti che rappresentano una importante linea di difesa e di recupero nei confronti del bullismo.
La scuola, ogni singola classe, rappresenta infatti un microcosmo sociale, un luogo con proprie regole che contribuiscono in maniera decisiva all'educazione al vivere civile. La trasgressione di quelle regole non va più consentita perché diventa modello di future e ben peggiori trasgressioni, ma sono altresì convinta che il decisivo ruolo educativo della scuola non possa essere espletato se non in alleanza con le famiglie. È questo un punto che è stato oggetto della discussione in Commissione e sul quale trovo molta condivisione anche da parte dell'opposizione. Per esempio l'onorevole Capitanio Santolini in più di un'occasione ha ribadito e si è appellata ad un ritorno alla collaborazione tra la scuola, gli insegnanti e le famiglie, ed è un'alleanza che troppo spesso viene a mancare, come testimoniano quotidiani fatti di cronaca scolastica. Siamo in troppi casi passati da un'eccessiva severità ad un eccessivo lassismo. Ora la scuola farà la sua parte, ma anche le famiglie devono fare la loro. Il richiamo al senso di responsabilità non basta se non ricostruiamo un'alleanza educativa tra scuola e famiglie, tra scuola, studenti e genitori. Questa alleanza parte da un recupero certo di autorevolezza e importanza sociale degli insegnanti. Questa alleanza parte da un recupero di senso per la scuola, da un recupero di credibilità e da un progetto, ma non può non partire senza il recupero di un linguaggio comune all'insegna della semplicità e della concretezza.
In nome di questa semplicità e concretezza il decreto-legge propone, all'articolo 5, il ritorno ad una valutazione numerica. Mettiamo un punto finale alla ricerca da parte degli insegnanti di strane e ardite circolocuzioni e allo sforzo titanico da parte di troppe famiglie di comprenderle. Mi si potrà forse opporre che un arido numero è poco consono a corrispondere alla complessità del reale, alla complessità del mondo contemporaneo. Ebbene, proprio in nome di questa complessità abbiamoPag. 131purtroppo danneggiato il senso comune che ci deve sostenere nel ruolo, ognuno per la sua parte, di educatori. La semplificazione introdotta attraverso il ritorno ai voti in numeri si accompagnerà ad un'altra semplificazione: la semplificazione normativa perché abbiamo sinora costretto dirigenti scolastici e insegnanti a dedicare troppa parte del loro tempo a interpretare normative e circolari contraddittorie e fumose. Due misure di semplificazione sono contenute negli articoli 6 e 7 del presente decreto-legge.
L'articolo 6 si rende necessario e urgente in quanto il comma 416 della legge finanziaria 2007 ha disposto l'abrogazione in toto dell'articolo 5 della legge 28 marzo 2003, n. 53, che, al comma 3, aveva previsto che l'esame di laurea, conclusivo dei corsi universitari in scienze della formazione primaria avesse valore di esame di Stato e abilitasse all'insegnamento rispettivamente nella scuola dell'infanzia e nella scuola primaria. Eravamo arrivati al paradosso di avere un corso di laurea finalizzato ad un determinato percorso lasciando questo percorso senza lo sbocco per il quale era stato costituito. Non vogliamo che nessuno abbia a pagare gli errori del legislatore e speriamo che progressivamente si possa concludere una stagione fatta di aggiustamenti, di ope legis, di continui contenziosi.
L'articolo 7 pone rimedio ad un'altra situazione paradossale, per la quale si consentiva l'accesso alla scuola di specializzazione medica, sia pure con riserva, a laureandi non in possesso né della laurea né della abilitazione: un paradosso produttore di disservizi e contenziosi cui è nostra intenzione mettere la parola «fine». Direi che, con riferimento alla famiglia, l'attenzione concreta di questo Governo trova riscontro nell'articolo 5 sul cosiddetto caro-libro. Il disagio per il caro-libro e le riedizioni posticce saranno presto un caro ricordo. Siamo già intervenuti con il decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112, oggi legge 6 agosto 2008, n. 133, per l'individuazione fino all'anno scolastico 2011-2012, nei limiti in cui sia possibile, dei libri di testo disponibili, in tutto o in parte, nella rete Internet e dall'anno scolastico 2011-2012 con libri utilizzabili nelle versioni scaricabili da Internet o miste. Oggi l'articolo 5 mira a indurre l'adozione dei libri in relazione ai quali l'editore si sia impegnato a mantenere invariato il contenuto per un quinquennio, salvo l'eventualità che si rendano necessarie appendici di aggiornamento che comunque dovranno essere disponibili separatamente. Ma un secondo criterio è stato introdotto: non possiamo consentire che si continuino ad avere adozioni di libri di testo in contrasto con la disciplina legislativa vigente. Non possiamo consentire che non vengano rispettati, a discapito delle famiglie, i tetti fissati dal Ministero, entro i quali insegnanti avveduti possono peraltro comodamente restare. Per questo abbiamo ritenuto necessario imporre al dirigente scolastico di vigilare affinché gli organi scolastici assumano le deliberazioni di loro competenza nel rispetto rigoroso della normativa vigente.
Vengo infine all'articolo 4, sul maestro unico. Vorrei subito pronunciare una parola di chiarezza spero conclusiva delle molte polemiche che lo hanno accompagnato: il tempo pieno non sarà toccato. Certe campagne allarmistiche nei confronti delle famiglie cui viene detto che dovranno rinunciare al tempo pieno semplicemente non hanno ragion d'essere. In realtà la reintroduzione del maestro unico prevalente risponde anzitutto ad un'esigenza pedagogica, perché il maestro è prima di tutto una guida e un punto di riferimento. Alle elementari, prima che un insegnante specialistico, serve una guida. I moduli invece sono una anomalia tutta italiana in un'Europa che vede ovunque l'istituto del maestro unico prevalente.
Peraltro, attraverso il migliore impiego delle risorse, lasceremo alle famiglie la libera scelta tra le 24, le 27, le 30 ore settimanali e il tempo pieno.
Allo stesso modo ribadisco che sarà mantenuto l'insegnamento della lingua straniera e sarà indirizzato, così come prevede la riforma Moratti, verso una sempre maggiore qualità, come pure l'insegnamento della religione cattolica, entrambiPag. 132affidati ad insegnanti specialisti. Inoltre, desidero precisare che la scuola elementare ha costituito un punto di eccellenza, nel nostro sistema di istruzione, ben prima dell'introduzione dei moduli, i quali non hanno certo contribuito a migliorare la didattica: i livelli di eccellenza raggiunti si devono piuttosto alla dedizione di generazioni infaticabili di insegnanti.
In conclusione, auspico che in quest'Aula, rispetto a comode difese dello status quo e ad inutili contrapposizioni partitiche, prevalga lo sforzo comune per migliorare la scuola ed assicurare una preparazione di qualità per i giovani e il giusto riconoscimento per gli insegnanti, anche assumendosi la responsabilità di decisioni difficili. È precisa volontà mia e del Governo astenerci dall'alimentare contrapposizioni partitiche che possono nuocere all'interesse delle giovani generazioni e del nostro Paese, soprattutto nel delicato settore della scuola, e procedere invece, nei prossimi mesi, ad un serio confronto per il rinnovo della scuola, a partire dal Quaderno bianco sulla scuola del 2007, con la volontà ferma di compiere scelte coraggiose nell'interesse di tutti e non di pochi.
Ringrazio la presidente della VII Commissione, l'onorevole Aprea, e tutti i componenti della Commissione stessa, così come coloro che sono intervenuti in quest'aula, per l'analisi approfondita che hanno condotto.
Ho apprezzato molti interventi pur critici nella sostanza anche da parte dell'opposizione, che credo abbiano comunque contribuito ad arricchire il lungo e approfondito dibattito. Il confronto politico non può infatti permettersi di arenarsi sulla sola questione delle risorse.
Il Quaderno bianco sulla scuola evidenzia ben altre debolezze ed emergenze quali la carenza di un sistema di valutazione incisivo, un'autonomia scolastica rimasta inattuata, un modello di carriera per gli insegnanti completamente piatto ed assai poco incentivante. Sono questi i punti fondamentali che non possono essere lasciati alla sola iniziativa governativa ma che devono trovare l'apporto determinante di tutto il Parlamento.
Auspico in Parlamento l'impegno di tutte le forze politiche, nessuna esclusa, e fuori dal Parlamento l'impegno di tutte le parti sociali e di tutti i soggetti attivi coinvolti per dare all'Italia una scuola all'altezza della sua tradizione culturale e all'altezza di un grande Paese moderno come il nostro (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Calendario dei lavori dell'Assemblea per il mese di ottobre 2008, conseguente aggiornamento del programma e annunzio della convocazione del Parlamento in seduta comune.

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, è stato predisposto, ai sensi dell'articolo 24, comma 3, del Regolamento, il seguente calendario dei lavori per il mese di ottobre 2008:

Mercoledì 1o ottobre (dalle 9,30 alle 13,30 e dalle 16 alle 21, con eventuale prosecuzione notturna) (con votazioni):

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 1441-bis - Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria (testo risultante dallo stralcio degli articoli 3, da 5 a 13, da 15 a 18, 22, 31, 70 e dallo stralcio degli articoli 23, 24, 32, da 37 a 39 e da 65 a 67 del disegno di legge 1441, deliberato dall'Assemblea il 5 agosto 2008) (collegato) (La Conferenza dei presidenti di gruppo ha convenuto all'unanimità, ai sensi dell'articolo 123-bis, comma 3, del regolamento, di concluderne l'esame entro il termine del 1o ottobre).

Giovedì 2 ottobre (ore 8,30-12) (con votazioni):

Esposizione economico-finanziaria ed esposizione relativa al bilancio di previsione (prevista dall'articolo 1 della legge n. 62 del 1964).

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Informativa del Governo sulla crisi finanziaria nei mercati internazionali.

Esame della nota di aggiornamento al Documento di programmazione economico-finanziaria (doc. LVII, n. 1-bis) (ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 4, del Regolamento).

Giovedì 2 ottobre, alle ore 12,30, è convocato il Parlamento in seduta comune per l'elezione di un giudice costituzionale. La chiama inizierà dai deputati.

Giovedì 2 ottobre (al termine della seduta comune, con prosecuzione pomeridiana ed eventualmente notturna) (con votazioni):

Eventuale seguito dell'esame del disegno di legge n. 1441-bis - Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria (testo risultante dallo stralcio degli articoli 3, da 5 a 13, da 15 a 18, 22, 31, 70 e dallo stralcio degli articoli 23, 24, 32, da 37 a 39 e da 65 a 67 del disegno di legge 1441, deliberato dall'Assemblea il 5 agosto 2008) (collegato) (ove non concluso).

Esame delle mozioni Livia Turco ed altri n. 1-00041, Barani ed altri n. 1-00043, Pezzotta ed altri n. 1-00044 e Palagiano ed altri n. 1-00045 concernenti iniziative per il contrasto della povertà e della diseguaglianza sociale.

Venerdì 3 ottobre (antimeridiana e pomeridiana) (senza procedere a votazioni):

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 1634 - Conversione in legge del decreto-legge 1o settembre 2008, n. 137, recante disposizioni urgenti in materia di istruzione e università (da inviare al Senato - scadenza: 31 ottobre 2008).

Lunedì 6 (dalle ore 15, con eventuale prosecuzione notturna), martedì 7, mercoledì 8 e giovedì 9 ottobre (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna e nella giornata di venerdì 10 ottobre, antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna) (con votazioni):

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 1634 - Conversione in legge del decreto-legge 1o settembre 2008, n. 137, recante disposizioni urgenti in materia di istruzione e università (da inviare al Senato - scadenza: 31 ottobre 2008).

Esame del disegno di legge n. 1441-quater - Delega al Governo in materia di lavori usuranti e di riorganizzazione di enti, misure contro il lavoro sommerso e norme in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro (articoli 23, 24, 32, da 37 a 39, da 65 a 67 del disegno di legge 1441, stralciati con deliberazione dell'Assemblea il 5 agosto 2008) (collegato alla manovra di finanza pubblica) (La Conferenza dei presidenti di gruppo ha convenuto all'unanimità, ai sensi dell'articolo 123-bis, comma 3, del Regolamento, di concluderne l'esame entro il termine del 9 ottobre).

Esame della mozione Cota n. 1-00033 concernente iniziative in materia di accesso degli studenti stranieri alla scuola dell'obbligo.

Nel corso della settimana potrà avere luogo l'eventuale seguito dell'esame di argomenti previsti nella settimana precedente e non conclusi.

Lunedì 13 ottobre (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna):

Discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 1441-ter - Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia (già articoli 3, da 5 a 13, da 15 a 18, 22, 31 e 70 del disegno di legge 1441, stralciati con deliberazione dell'Assemblea il 5 agosto 2008) (collegato alla manovra di finanza pubblica) (La Conferenza dei presidenti di gruppo ha convenuto all'unanimità,Pag. 134ai sensi dell'articolo 123-bis, comma 3, del Regolamento, di concluderne l'esame entro il termine del 16 ottobre).

Discussione sulle linee generali della proposta di inchiesta parlamentare Doc. XXII, n. 1 ed abbinate - Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali.

Discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 1707 - Conversione in legge del decreto-legge 25 settembre 2008, n. 149, recante disposizioni urgenti per assicurare adempimenti comunitari in materia di giochi (da inviare al Senato - scadenza: 25 novembre 2008).

Martedì 14 (dalle 14 alle 21, con eventuale prosecuzione notturna), mercoledì 15 (dalle 9,30 alle 13,30 e dalle 16 alle 21, con eventuale prosecuzione notturna), giovedì 16 (dalle 14 alle 21, con eventuale prosecuzione notturna e nella giornata di venerdì 17 ottobre) (con votazioni):

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 1441-ter - Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia (già articoli 3, da 5 a 13, da 15 a 18, 22, 31 e 70 del disegno di legge 1441, stralciati con deliberazione dell'Assemblea il 5 agosto 2008) (collegato alla manovra di finanza pubblica) (La Conferenza dei presidenti di gruppo ha convenuto all'unanimità, ai sensi dell'articolo 123-bis, comma 3, del Regolamento, di concluderne l'esame entro il termine del 16 ottobre).

Seguito dell'esame della proposta di inchiesta parlamentare Doc. XXII, n. 1 ed abbinate - Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali.

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 1707 - Conversione in legge del decreto-legge 25 settembre 2008, n. 149, recante disposizioni urgenti per assicurare adempimenti comunitari in materia di giochi (da inviare al Senato - scadenza: 25 novembre 2008).

Nel corso della settimana potrà avere luogo l'eventuale seguito dell'esame di argomenti previsti nella settimana precedente e non conclusi.

Lunedì 20 ottobre (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna):

Discussione sulle linee generali dei progetti di legge:

disegno di legge S. 999 - Conversione in legge del decreto-legge 28 agosto 2008, n. 134, recante disposizioni urgenti in materia di ristrutturazione di grandi imprese in crisi (ove trasmesso dal Senato - scadenza: 27 ottobre 2008);

proposta di legge n. 1090 - Delega al Governo per la riforma della disciplina delle persone giuridiche e delle associazioni non riconosciute, di cui al titolo II del libro primo del codice civile (ove concluso dalla Commissione - salva verifica di eventuali oneri finanziari aggiuntivi).

Martedì 21 (dalle 14 alle 21, con eventuale prosecuzione notturna), mercoledì 22 (dalle 9,30 alle 13,30 e dalle 16 alle 21, con eventuale prosecuzione notturna), giovedì 23 (dalle 14 alle 21, con eventuale prosecuzione notturna e nella giornata di venerdì 24 ottobre) (con votazioni):

Seguito dell'esame dei progetti di legge:

disegno di legge S. 999 - Conversione in legge del decreto-legge 28 agosto 2008, n. 134, recante disposizioni urgenti in materia di ristrutturazione di grandi imprese in crisi (ove trasmesso dal Senato - scadenza: 27 ottobre 2008);

proposta di legge n. 1090 - Delega al Governo per la riforma della disciplina delle persone giuridiche e delle associazioni non riconosciute, di cui al titolo IIPag. 135del libro primo del codice civile (ove concluso dalla Commissione - salva verifica di eventuali oneri finanziari aggiuntivi).

Nel corso della settimana potrà avere luogo l'eventuale seguito dell'esame di argomenti previsti nella settimana precedente e non conclusi.

Lunedì 27 ottobre (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna):

Discussione sulle linee generali dei progetti di legge:

proposte di legge nn. 22, 1491 ed abbinate - Modifiche alla legge 24 gennaio 1979, n. 18, concernente l'elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia (ove concluso dalla Commissione - salva verifica di eventuali oneri finanziari aggiuntivi);

disegno di legge S. 1018 - Conversione in legge del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, recante interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario (ove trasmesso dal Senato - scadenza: 15 novembre 2008);

disegno di legge n. 1415 ed abbinate - Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (ove concluso dalla Commissione - salva verifica di eventuali oneri finanziari aggiuntivi).

Martedì 28 (dalle 14 alle 21, con eventuale prosecuzione notturna), mercoledì 29 (dalle 9,30 alle 13,30 e dalle 16 alle 21, con eventuale prosecuzione notturna), giovedì 30 (dalle 14 alle 21, con eventuale prosecuzione notturna e nella giornata di venerdì 31 ottobre) (con votazioni):

Seguito dell'esame dei progetti di legge:

disegno di legge S. 1018 - Conversione in legge del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, recante interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario (ove trasmesso dal Senato - scadenza: 15 novembre 2008);

proposte di legge nn. 22, 1491 ed abbinate - Modifiche alla legge 24 gennaio 1979, n. 18, concernente l'elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia (ove concluso dalla Commissione - salva verifica di eventuali oneri finanziari aggiuntivi);

disegno di legge n. 1415 ed abbinate - Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (ove concluso dalla Commissione - salva verifica di eventuali oneri finanziari aggiuntivi).

Nel corso della settimana potrà avere luogo l'eventuale seguito dell'esame di argomenti previsti nella settimana precedente e non conclusi.

L'articolazione analitica degli orari indicati nel calendario per le sedute con votazioni potrà subire modifiche, ove necessario in relazione all'andamento dei lavori parlamentari.

Lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata (question time) avrà luogo il mercoledì (dalle 15 alle 16 circa).

Lo svolgimento di interrogazioni e di interpellanze avrà luogo di norma (salvo diversa previsione) il martedì (antimeridiana); lo svolgimento di interpellanze urgenti il giovedì (antimeridiana).

Il Presidente si riserva di inserire nel calendario l'esame di progetti di legge di ratifica licenziati dalle Commissioni e di documenti licenziati dalla Giunta per le autorizzazioni.

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L'organizzazione dei tempia per la discussione degli argomenti iscritti nel calendario dei lavori sarà pubblicata in calce al Resoconto stenografico della seduta odierna.
Il Presidente si riserva di definire l'organizzazione dei tempi relativi all'esame della proposta di legge n. 1090 dopo la conclusione dell'esame in Commissione.

Il programma si intende conseguentemente aggiornato.

Il Parlamento in seduta comune potrà essere nuovamente convocato, ove necessario, giovedì 9 ottobre.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 1o ottobre 2008, alle 9,30.

(ore 9,30 e ore 16)

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria (Testo risultante dallo stralcio degli articoli 3, da 5 a 13, da 15 a 18, da 22 a 24, 31, 32, da 37 a 39, da 65 a 67 e 70 del disegno di legge n. 1441, deliberato dall'Assemblea il 5 agosto 2008) (1441-bis-A).
- Relatori: Bernini Bovicelli, per la I Commissione e Corsaro, per la V Commissione.

(ore 15)

2. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

La seduta termina alle 21,35.

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ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DEGLI ARGOMENTI IN CALENDARIO

Ddl n. 1441-bis - Disposizioni per lo sviluppo economico
(collegato)

Seguito dell'esame: 18 ore (*).

Relatori 40 minuti
Governo 40 minuti
Richiami al Regolamento 15 minuti
Tempi tecnici 2 ore e 30 minuti
Interventi a titolo personale 2 ore e 39 minuti (con il limite massimo di 19 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 11 ore e 16 minuti
Popolo della Libertà 3 ore 9 minuti
Partito Democratico 3 ore e 15 minuti
Lega Nord Padania 1 ora e 38 minuti
Unione di Centro 1 ora e 20 minuti
Italia dei Valori 1 ora e 16 minuti
Misto 38 minuti
Movimento per l'Autonomia 22 minuti
Minoranze linguistiche 8 minuti
Liberal Democratici-Repubblicani 8 minuti

(*) I tempi indicati sono stati in parte utilizzati nella seduta odierna.

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Nota di aggiornamento al documento di programmazione economico-finanziaria

Tempo complessivo: 1 ora e 52 minuti (*).

Gruppi
Popolo della Libertà 30 minuti
Partito Democratico 28 minuti
Lega Nord Padania 16 minuti
Unione di Centro 13 minuti
Italia dei Valori 13 minuti
Misto 12 minuti
Movimento per l'Autonomia 6 minuti
Minoranze linguistiche 3 minuti
Liberal Democratici-Repubblicani 3 minuti

(*) Il tempo complessivo è stato ripartito attribuendo a ciascun gruppo una quota fissa pari a 10 minuti ed una quota proporzionale alla consistenza degli stessi.

Mozione n. 1-00041 e abb. - Iniziative per il contrasto della povertà e della disuguaglianza sociale

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora (con il limite massimo di 10 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore 20 minuti
Popolo della Libertà 1 ora e 17 minuti
Partito Democratico 1 ora e 7 minuti
Lega Nord Padania 36 minuti
Unione di Centro 31 minuti
Italia dei Valori 29 minuti
Misto 20 minuti
Movimento per l'Autonomia 12 minuti
Minoranze linguistiche 4 minuti
Liberal Democratici-Repubblicani 4 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione di ciascuna mozione.

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Ddl n. 1441-quater - Disposizioni in materia di lavoro
(collegato)

Tempo complessivo: 17 ore di cui:

  • discussione generale: 6 ore;
  • seguito dell'esame: 11 ore.
Discussione generale Seguito esame
Relatore 20 minuti 30 minuti
Governo 20 minuti 30 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti 10 minuti
Tempi tecnici 1 ora
Interventi a titolo personale 55 minuti (con il limite massimo di 16 minuti per ciascun deputato) 1 ora e 37 minuti (con il limite massimo di 23 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 15 minuti 7 ore e 13 minuti
Popolo della Libertà 1 ora e 3 minuti 1 ora e 55 minuti
Partito Democratico 55 minuti 1 ora e 59 minuti
Lega Nord Padania 37 minuti 59 minuti
Unione di Centro 34 minuti 48 minuti
Italia dei Valori 33 minuti 46 minuti
Misto: 33 minuti 46 minuti
Movimento per l'Autonomia 19 minuti 26 minuti
Minoranze linguistiche 7 minuti 10 minuti
Liberal Democratici-Repubblicani 7 minuti 10 minuti

Mozione n. 1-00033 - Iniziative in materia di accesso degli studenti stranieri alla scuola dell'obbligo

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora (con il limite massimo di 10 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore 20 minuti
Popolo della Libertà 1 ora e 17 minuti
Partito Democratico 1 ora e 7 minuti
Lega Nord Padania 36 minuti
Unione di Centro 31 minuti
Italia dei Valori 29 minuti
Misto 20 minuti
Movimento per l'Autonomia 12 minuti
Minoranze linguistiche 4 minuti
Liberal Democratici-Repubblicani 4 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.

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Ddl n. 1441-ter - Disposizioni in materia di imprese
(collegato)

Tempo complessivo: 19 ore e 30 minuti di cui:

  • discussione generale: 6 ore e 30 minuti;
  • seguito dell'esame: 13 ore.
Discussione generale Seguito esame
Relatore 20 minuti 30 minuti
Governo 20 minuti 30 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti 10 minuti
Tempi tecnici 1 ora
Interventi a titolo personale 1 ora e 1 minuto (con il limite massimo di 17 minuti per ciascun deputato) 1 ora e 59 minuti (con il limite massimo di 28 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 39 minuti 8 ore e 51 minuti
Popolo della Libertà 1 ora e 11 minuti 2 ore e 21 minuti
Partito Democratico 1 ora e 5 minuti 2 ore e 24 minuti
Lega Nord Padania 39 minuti 1 ora e 12 minuti
Unione di Centro 36 minuti 1 ora
Italia dei Valori 34 minuti 57 minuti
Misto: 34 minuti 57 minuti
Movimento per l'Autonomia 20 minuti 33 minuti
Minoranze linguistiche 7 minuti 12 minuti
Liberal Democratici-Repubblicani 7 minuti 12 minuti
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Doc. XXII n. 1 e abb. - Commissione d'inchiesta sugli errori in campo sanitario

Discussione generale: 6 ore e 30 minuti.

Relatore 20 minuti
Governo 20 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 1 minuto (con il limite massimo di 17 minuti per ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 39 minuti
Popolo della Libertà 1 ora e 13 minuti
Partito Democratico 1 ora e 4 minuti
Lega Nord Padania 39 minuti
Unione di Centro 35 minuti
Italia dei Valori 34 minuti
Misto: 34 minuti
Movimento per l'Autonomia 20 minuti
Minoranze linguistiche 7 minuti
Liberal Democratici-Repubblicani 7 minuti

Pdl 22 e 1491 e abb. - Elezione dei membri del Parlamento europeo

Discussione generale: 7 ore.

Relatore 20 minuti
Governo 20 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 7 minuti (con il limite massimo di 17 minuti per ciascun deputato)
Gruppi 5 ore e 3 minuti
Popolo della Libertà 1 ora e 22 minuti
Partito Democratico 1 ora e 12 minuti
Lega Nord Padania 42 minuti
Unione di Centro 37 minuti
Italia dei Valori 35 minuti
Misto: 35 minuti
Movimento per l'Autonomia 19 minuti
Minoranze linguistiche 8 minuti
Liberal Democratici-Repubblicani 8 minuti
Pag. 142

Ddl 1415 e abb. - Intercettazioni telefoniche

Discussione generale: 7 ore

Relatore 20 minuti
Governo 20 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 7 minuti (con il limite massimo di 18 minuti per ciascun deputato)
Gruppi 5 ore e 3 minuti
Popolo della Libertà 1 ora e 19 minuti
Partito Democratico 1 ora e 14 minuti
Lega Nord Padania 41 minuti
Unione di Centro 37 minuti
Italia dei Valori 36 minuti
Misto: 36 minuti
Movimento per l'Autonomia 20 minuti
Minoranze linguistiche 8 minuti
Liberal Democratici-Repubblicani 8 minuti

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 6 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 1441-bis-A - articolo agg. 014.01 471 469 2 235 218 251 64 Resp.
2 Nom. articolo agg. 014.02 482 478 4 240 9 469 60 Resp.
3 Nom. em. 14.1 481 479 2 240 221 258 60 Resp.
4 Nom. em. 14.2 481 478 3 240 223 255 59 Resp.
5 Nom. em. 14.200 479 461 18 231 459 2 59 Appr.
6 Nom. em. 14.3 482 479 3 240 222 257 59 Resp.
7 Nom. em. 14.4 488 484 4 243 219 265 59 Resp.
8 Nom. subem. 0.14.201.1 486 483 3 242 219 264 59 Resp.
9 Nom. em. 14.201 485 271 214 136 268 3 59 Appr.
10 Nom. articolo 14 486 272 214 137 270 2 59 Appr.
11 Nom. em. 19.1 486 454 32 228 190 264 55 Resp.
12 Nom. em. 19.2 485 481 4 241 9 472 55 Resp.
13 Nom. em. 19.300 465 461 4 231 453 8 55 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 6 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nom. em. 19.3 rif. 488 322 166 162 316 6 55 Appr.
15 Nom. em. 19.4 479 474 5 238 218 256 55 Resp.
16 Nom. em. 19.5, 19.6, 19.7 475 471 4 236 218 253 55 Resp.
17 Nom. articolo 19 482 451 31 226 269 182 55 Appr.
18 Nom. articolo agg. 19.01 482 469 13 235 136 333 55 Resp.
19 Nom. articolo agg. 19.02 477 474 3 238 208 266 55 Resp.
20 Nom. em. 25.1 445 443 2 222 80 363 64 Resp.
21 Nom. em. 25.2 468 465 3 233 208 257 62 Resp.
22 Nom. em. 25.3 469 466 3 234 206 260 61 Resp.
23 Nom. articolo 25 457 451 6 226 270 181 61 Appr.
24 Nom. articolo 25-bis 452 273 179 137 273 60 Appr.
25 Nom. em. 26.300 471 263 208 132 262 1 60 Appr.
26 Nom. em. 26.201 481 287 194 144 256 31 60 Appr.
INDICE ELENCO N. 3 DI 6 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 39
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
27 Nom. em. 26.200 479 475 4 238 256 219 60 Appr.
28 Nom. em. 26.202 477 285 192 143 259 26 60 Appr.
29 Nom. em. 26.203 486 458 28 230 269 189 59 Appr.
30 Nom. em. 26.204 474 447 27 224 253 194 59 Appr.
31 Nom. articolo 26 472 275 197 138 255 20 59 Appr.
32 Nom. em. 27.300 474 266 208 134 255 11 59 Appr.
33 Nom. em. 27.200 475 471 4 236 251 220 59 Appr.
34 Nom. articolo 27 472 425 47 213 247 178 59 Appr.
35 Nom. em. 28.200 474 440 34 221 438 2 59 Appr.
36 Nom. articolo 28 467 434 33 218 418 16 59 Appr.
37 Nom. em. 29.300 457 248 209 125 246 2 59 Appr.
38 Nom. articolo 29 470 269 201 135 269 59 Appr.
39 Nom. em. 30.1 473 446 27 224 194 252 59 Resp.
INDICE ELENCO N. 4 DI 6 (VOTAZIONI DAL N. 40 AL N. 52
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
40 Nom. em. 30.2 476 474 2 238 219 255 59 Resp.
41 Nom. em. 30.3 479 475 4 238 470 5 58 Appr.
42 Nom. em. 30.4 480 473 7 237 472 1 58 Appr.
43 Nom. em. 30.5 474 468 6 235 467 1 58 Appr.
44 Nom. em. 30.6 480 475 5 238 475 58 Appr.
45 Nom. em. 30.8, 30.9 479 472 7 237 221 251 58 Resp.
46 Nom. em. 30.12 473 436 37 219 185 251 59 Resp.
47 Nom. em. 30.13 478 472 6 237 20 452 59 Resp.
48 Nom. em. 30.15, 30.16, 30.17 490 486 4 244 222 264 58 Resp.
49 Nom. em. 30.300 490 487 3 244 469 18 58 Appr.
50 Nom. em. 30.18 479 476 3 239 28 448 58 Resp.
51 Nom. em. 30.19, 30.20 475 472 3 237 220 252 57 Resp.
52 Nom. em. 30.301 441 437 4 219 421 16 57 Appr.
INDICE ELENCO N. 5 DI 6 (VOTAZIONI DAL N. 53 AL N. 65
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
53 Nom. em. 30.22 475 470 5 236 216 254 57 Resp.
54 Nom. em. 30.23, 30.24 244 241 3 121 1 240 56 Resp.
55 Nom. em. 30.302 408 406 2 204 404 2 56 Appr.
56 Nom. articolo 30 473 260 213 131 255 5 56 Appr.
57 Nom. em. 33.1 483 479 4 240 225 254 55 Resp.
58 Nom. em. 33.3 489 486 3 244 226 260 55 Resp.
59 Nom. em. 33.4 485 482 3 242 222 260 55 Resp.
60 Nom. em. 33.5 481 476 5 239 223 253 55 Resp.
61 Nom. em. 33.7 491 489 2 245 226 263 55 Resp.
62 Nom. em. 33.6 480 476 4 239 471 5 55 Appr.
63 Nom. articolo 33 488 460 28 231 260 200 55 Appr.
64 Nom. em. 34.1 488 462 26 232 19 443 55 Resp.
65 Nom. articolo 34 480 449 31 225 256 193 55 Appr.
INDICE ELENCO N. 6 DI 6 (VOTAZIONI DAL N. 66 AL N. 76
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
66 Nom. articolo 35 476 271 205 136 265 6 55 Appr.
67 Nom. articolo 36 472 443 29 222 256 187 55 Appr.
68 Nom. articolo 40 468 272 196 137 252 20 55 Appr.
69 Nom. em. 41.1 474 446 28 224 191 255 55 Resp.
70 Nom. em. 41.2 469 466 3 234 211 255 55 Resp.
71 Nom. articolo 41 464 437 27 219 253 184 55 Appr.
72 Nom. em. 42.1 466 460 6 231 209 251 55 Resp.
73 Nom. em. 42.2 473 469 4 235 214 255 55 Resp.
74 Nom. em. 42.4, 42.5 467 464 3 233 213 251 55 Resp.
75 Nom. em. 42.6 463 460 3 231 35 425 55 Resp.
76 Nom. articolo 42 460 435 25 218 250 185 55 Appr.