XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 63 di mercoledì 8 ottobre 2008

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

La seduta comincia alle 10,35.

EMILIA GRAZIA DE BIASI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 3 ottobre 2008.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Angelino Alfano, Bindi, Bonaiuti, Brancher, Brugger, Buonfiglio, Caparini, Carfagna, Casero, Cirielli, Colucci, Conte, Cosentino, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, Fitto, Frattini, Gelmini, Gibelli, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Leone, Lo Monte, Lombardo, Lucà, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Meloni, Menia, Miccichè, Molgora, Mura, Pescante, Prestigiacomo, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Scajola, Soro, Stefani, Urso, Vegas e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantatrè, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 1o settembre 2008, n. 137, recante disposizioni urgenti in materia di istruzione e università (A.C. 1634-A).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 1o settembre 2008, n. 137, recante disposizioni urgenti in materia di istruzione e università.
Ricordo che nella seduta del 7 ottobre 2008 si è proceduto alla votazione della questione di fiducia sull'approvazione, senza subemendamenti e articoli aggiuntivi, dell'emendamento Dis. 1.1 (Ulteriore nuova formulazione) del Governo, interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del citato decreto-legge.

Sull'ordine dei lavori (ore 10,38).

CARMINE SANTO PATARINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARMINE SANTO PATARINO. Signor Presidente, quando un deputato, all'inizio o alla fine di una seduta, chiede la parola, lo fa solitamente per trattare argomenti che possono riferirsi a fatti ed episodi accaduti nel nostro Paese o in altre parti del mondo, che richiamano l'attenzione della Camera o ne sollecitano l'intervento per la loro gravità o per i possibili effetti negativi che si possono causare.Pag. 2
Accade anche, però, seppur con minore frequenza, che vi siano, come in questo caso, belle notizie che riguardano avvenimenti che meritano, oltre alla nostra attenzione, la considerazione, l'apprezzamento e il plauso da parte delle istituzioni per il grande lustro che danno alla nostra Italia.
Nei giorni scorsi, negli Stati Uniti, un grande e prestigiosissimo riconoscimento è stato conferito ad un giovane chirurgo italiano. Si tratta del quarantatreenne Cataldo Doria, nativo di Taranto, la mia provincia, che da anni dirige la divisione di chirurgia presso la Jefferson University di Philadelphia.
È stato proclamato, il 3 ottobre scorso, chirurgo dell'anno dall'American Liver Foundation. Il professor Doria è stato insignito di questo ambitissimo titolo, che viene assegnato da 15 anni, per avere effettuato, con risultati eccellenti, ben 430 trapianti di fegato e 200 sostituzioni di reni.
Mi permetto di chiederle, signor Presidente, se lo ritiene, di far pervenire al professor Doria, a nome dell'Assemblea della Camera dei deputati, un messaggio di felicitazioni.

MASSIMO DONADI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, intervengo per rinnovare una richiesta, che vivo veramente con crescente disagio, come penso la gran parte di questo Paese. Questa notte c'è stato un nuovo crollo delle borse in Asia; la borsa giapponese ha perso circa il 10 per cento delle quotazioni.
Le borse europee, oggi, aprono con un nuovo tracollo, l'ennesimo (la borsa di Milano perde circa il 7 per cento in questo momento) e tutti i più importanti titoli sono sospesi per eccesso di ribasso. Vi è, nuovamente, un pesante attacco, un pesante atto di sfiducia dei mercati nei confronti dei principali istituti di credito; Unicredit, nuovamente, è stata sospesa questa mattina per eccesso di ribasso.
Credo che, in questa situazione, la voce delle opposizioni, la voce dell'Italia dei Valori, che ormai da giorni chiede disperatamente al Governo di venire in quest'Aula a riferire, e non riceve in cambio altro che un inquietante silenzio, sia qualcosa di cui non solo il Parlamento, ma il Paese intero, valutino la pesantezza e la gravità con crescente apprensione.
La invito quindi, signor Presidente, a rinnovare ancora una volta un appello che spero anche da parte della Presidenza della Camera sia accorato, perché ritengo davvero incredibile che in questo contesto il Governo italiano sia l'unico che non solo non assume nessuna iniziativa, ma non ha nemmeno nulla da dire ai propri cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Onorevole Donadi, riferirò certamente il contenuto del suo intervento al Presidente della Camera, che se ne farà interprete presso il Governo.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, come già altri rappresentanti di gruppi nei giorni scorsi, anche il presidente del nostro gruppo, più di una settimana fa, aveva richiesto la presenza del Governo per riferire della crisi che sempre più si rivela assai pericolosa per i mercati, i consumatori e le economie del mondo.
Alla luce anche di nuovi avvenimenti, di impegni assunti da Stati, Governi sia europei che di altre realtà (è di ieri il fatto che al Parlamento tedesco il Cancelliere abbia riferito degli impegni assunti in sede europea, e degli impegni che lo stesso Governo tedesco ha inteso prendere nei confronti della situazione che si era creata in riferimento alla crisi di banche di quel Paese), è assolutamente incomprensibile come da parte del Governo non vi sia alcuna iniziativa, dopo sollecitazioni che sono state avanzate da parte della PresidenzaPag. 3(credo che il Presidente Lupi abbia contezza del fatto che il Presidente Fini ha più volte sollecitato il Governo a riferire in Parlamento).
A questo punto a me pare che la vicenda sia tale per cui non è più nemmeno sufficiente che il Governo venga a riferire delle proprie intenzioni, ma che sia necessario a questo punto dedicare una vera e propria discussione parlamentare con impegni che vengano assunti non solo dal Governo italiano ma dall'insieme del Parlamento, perché tutti i Parlamenti di tutte le democrazie occidentali sono stati interessati al fine di promuovere iniziative di carattere bipartisan per la difesa dei mercati e la difesa delle condizioni dei consumatori e delle economie. Questa è l'unica realtà nella quale apprendiamo dalla stampa e dalle conferenze stampa del Presidente del Consiglio di orientamenti che non sono stati né assunti né decisi comunemente da istituzioni del Paese.
La prego quindi, signor Presidente, di chiedere al Presidente Fini affinché, essendo oggi prevista una Conferenza dei presidenti di gruppo, all'interno di essa si decida relativamente all'iniziativa di cui ho parlato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Quartiani, lo farò sicuramente.

LUCA VOLONTÈ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, prendo la parola anch'io per ricordare la stessa cosa. So che lei è attento, e non formalmente ci sta dicendo che farà presente tutto ciò, perché si rende conto, come noi, della situazione del nostro Paese. Non voglio evidentemente offendere il Presidente del Consiglio, anzi sono contento che dica in televisione che ci pensa lui a garantire i fondi e i risparmi di tutti gli italiani: mi conforta, perché il capitale personale e aziendale del Presidente del Consiglio ci consente di stare tranquilli. Ciò nonostante, nel resto del mondo, occidentale e non, il Ministro dell'economia, al di là del capitale personale del Presidente del Consiglio, ha ritenuto opportuno presentarsi nei Parlamenti nazionali.
Le faccio solo presente, ad adiuvandum di quello che hanno detto i colleghi parlamentari degli altri gruppi di opposizione, che mi sembrerebbe naturale che anche dalla maggioranza venisse la stessa richiesta, perché tutti confidiamo non sono in un dialogo parlamentare, ma in quello spirito bipartisan che, dal Congresso degli Stati Uniti agli altri Parlamenti europei, c'è stato e, quindi, non c'è nessun timore che venga in Aula il Ministro dell'economia e delle finanze, Tremonti, non c'è nessun timore a prendere atto della speculazione che importanti fondi sovrani - si badi, lo dico qua per evitare che poi tra un mese ne prendiamo tutti atto in ritardo - stanno facendo su una delle più grandi e importanti banche italiane, la maggiore per capitalizzazione e patrimonializzazione, quindi quella che dovrebbe rischiare di meno, e che viceversa è sotto scacco di speculazioni finanziarie.
Facciamo finta di niente (e siamo l'unico Paese europeo che fa finta di niente). Qualche minuto fa il Governo inglese è entrato nel capitale degli otto maggiori istituti di credito inglesi - dopo averne discusso in Parlamento la settimana scorsa -, mentre noi facciamo finta che non stia succedendo niente (e non so che modo di procedere sia questo).
Le dico ciò perché, conoscendo la sua particolare attenzione e la sua sensibilità nei confronti del bene comune, non ci si trovi - tra una settimana o quindici giorni - con le banche che sono saltate, i piccoli risparmiatori che sono non solo alla ricerca dei propri soldi negli istituti di credito ma a portar via quel poco che è avanzato dalle speculazioni finanziarie e le buone intenzioni del Ministro dell'economia e delle finanze e del Governo vanificate, evidentemente non per colpa loro ma per interessi che vanno, purtroppo, al di là delle difese che può mettere in campo il nostro sistema Paese.Pag. 4
Tra l'altro, potrebbe essere interessante avere l'ulteriore conferma di questa intenzione da parte dell'intero Parlamento a sostegno di eventuali interventi che il Governo Berlusconi (e cioè il Governo del nostro Paese) vuole fare, anche perché è fallita - purtroppo aggiungo io, che in questo senso la penso esattamente come il Ministro dell'economia e delle finanze - l'ipotesi di un intervento globale dell'intera Unione europea a tutela del sistema economico e finanziario europeo.
Diversi Paesi stanno ormai intervenendo ognuno per sé, mettendo sul tavolo miliardi di euro in cash che probabilmente il nostro sistema economico ed il Governo non hanno (abbiamo infatti miliardi in cash di debito pubblico, e non di soldi freschi da mettere sul mercato).
Se, da questo punto di vista, non si ritiene di chiedere e di intervenire con più forza e più solerzia, come lei farà sicuramente nella giornata di oggi, nei confronti del Ministro dell'economia e delle finanze o di uno dei suoi sottosegretari delegati a questa vicenda, vorrà dire che dovremo aspettare che le «vacche magre» intervengano nelle famiglie italiane, ritrovandoci poi in maggiori difficoltà per non essere riusciti a governare un fenomeno che l'Europa e, in Europa, ogni Paese insieme al proprio Parlamento stanno cercando di affrontare in maniera più adeguata e ragionevole (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Onorevole Volontè, anche in relazione al suo intervento ci faremo certamente parte attiva nel riportare al Presidente della Camera quanto lei ha detto. Su questi temi la sensibilità è non solo della Presidenza ma, credo, di tutto il Parlamento.

ARTURO IANNACCONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, rinnovo anche a nome del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia la richiesta che il Governo venga a riferire in Aula sulla situazione finanziaria e sulla grave turbolenza dei mercati, per tranquillizzare i cittadini italiani rispetto al futuro della nostra economia, se mi permette, però, con una sostanziale differenza rispetto alla richiesta ripetitiva che viene dai banchi dell'opposizione: il Governo deve venire in Aula quando sarà chiaro fino in fondo il quadro della crisi e quando saranno individuate le eventuali terapie da offrire.

RENATO CAMBURSANO. Bravo, complimenti!

ARTURO IANNACCONE. Noi riteniamo che sarebbe inutile ora una discussione, se prima il Governo non avrà tutti gli elementi da poter riferire al Parlamento: è come un medico che dà al malato la terapia prima di aver fatto la diagnosi.
A nome del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia rinnovo quindi, signor Presidente, la richiesta che ho formulato all'inizio del mio intervento affinché il Governo venga in Aula, quando avrà però tutti gli elementi per poter discutere, e non per assistere al solito dibattito parlamentare che, al di là delle intenzioni bipartisan che ho ascoltato, vedrà sicuramente posizioni che, più che confrontarsi, si scontreranno senza produrre risultati concreti e positivi.

Si riprende la discussione (ore 10,50).

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 1634-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 1634-A).
L'onorevole Ghizzoni ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/55.

MANUELA GHIZZONI. Signor Presidente, prima di illustrare l'ordine del giorno n. 9/1634/55 che reca la mia firma, e che chiede un impegno a sostegno dellaPag. 5scuola a tempo pieno, sento il bisogno di fare una brevissima riflessione sulla scelta del Governo di porre la questione di fiducia sulla conversione in legge del decreto-legge al nostro esame. Non posso lasciar perdere; la posta in gioco rappresentata dal contenuto del provvedimento è troppo alta, così come alto è stato il livello della passione e della valutazione di merito che tutti i deputati del Partito Democratico hanno profuso nell'esame del decreto.
La relatrice Aprea - gliene do atto - ha parlato di strappo della prassi parlamentare; io ritengo che, con la richiesta della fiducia, il Governo si sia reso responsabile, invece, di un ulteriore «scippo» - per la verità, il quinto dall'inizio della legislatura - ai danni delle prerogative parlamentari e del potere costituzionale di decisione del Parlamento. Si tratta, purtroppo, di una scelta coerente con l'atteggiamento di chiusura con cui il Governo ha proceduto fin dalla presentazione del decreto, sottraendosi senza imbarazzo al confronto con chi nella scuola lavora, studia e fa ricerca, e scegliendo anche deliberatamente di negarsi al dibattito con le forze di opposizione.
Ciò nonostante, il Partito Democratico ha responsabilmente accompagnato al proprio dissenso nei confronti di questo provvedimento, proposte e idee confluite prima in emendamenti, ora decaduti, e ora dopo la fiducia, in ordini del giorno, nei quali si esprime il profilo della nostra proposta riformista, che ha come priorità il sistema scolastico pubblico, la qualità dell'offerta formativa e i traguardi degli apprendimenti degli alunni.
L'ordine del giorno che illustro impegna il Governo a dare certezza normativa alla scuola a tempo pieno, con le modalità che ho espresso nel dispositivo del mio ordine del giorno. Signor Presidente, io vengo da una regione, l'Emilia-Romagna, nella quale il tempo pieno ha un'ampia diffusione (40,9 per cento, solo di qualche punto percentuale inferiore di quella lombarda). Comprenderà, pertanto, la mia attenzione all'impegno, più volte ribadito dal Ministro Gelmini, di ampliare di ben il 50 per cento l'offerta di tempo pieno. Ora, è necessario che alle dichiarazioni seguano azioni normative coerenti. Perché estendere l'offerta del tempo pieno? Per alcuni buoni motivi che cercherò di richiamare sinteticamente, focalizzando l'attenzione su quelli di carattere pedagogico perché ritengo che siano noti, e facilmente intuibili, quelli di tenore sociale, ovvero che il tempo pieno sia un alleato affidabile dell'organizzazione familiare di nuclei in cui entrambi i genitori lavorano.
Innanzitutto, le scuole a tempo lungo si sono qualificate come scuole della comunità, basate sul modello organizzativo a comparto integrato, ricco di servizi accessori, attento alla qualità delle strutture, dei laboratori, delle biblioteche. Si tratta di scuole strettamente connesse alla cultura del territorio con una grande capacità di accoglienza e accettazione delle diversità, di rispetto e valorizzazione delle identità e delle radici, radici e identità che sono proiettate in un orizzonte più vasto, grazie alla forza della conoscenza e dell'istruzione che emancipano e liberano.
All'interno del gruppo degli insegnanti operanti nel tempo pieno, impegnati ad affrontare la gestione di tempi e di scuole differenziate, ha preso avvio concretamente il processo dell'autonomia, intesa come capacità di autogoverno, iniziativa progettuale, come assunzione di responsabilità. Sul piano pedagogico, va anche ricordato che i tempi distesi che caratterizzano questo modello, hanno spesso veicolato una didattica che potremmo definire narrativa, dove il progetto di un anno è imperniato su una storia, su un'idea forte, piuttosto che su una miriade di microprogetti.
Le indagini sulla scuola elementare, dopo la cosiddetta riforma Mattarella del 1990, premiano le classi a tempo pieno, perché si presentano come un ambiente didattico ricco di sollecitazioni operative (la scuola del fare e non solo del dire), di situazioni sociali con relazioni più distese, di un uso cognitivo dell'interazione sociale, di incontro variegato con linguaggi e saperi, di una graduale iniziazione all'organizzazione disciplinare della conoscenza.Pag. 6
Si tratta di valutazioni positive, signor Presidente, che depongono a favore di questo modello. Un modello che conferma la propria attualità soprattutto se letto in rapporto all'imperativo che l'OCSE rilancia nei confronti della scuola: ripensare e riprofessionalizzare i propri compiti mirando al raggiungimento di due obiettivi - e concludo, signor Presidente -: garantire accoglienza, tenuta sociale, confronto tra diverse culture, condivisione di regole, convivenza civile; soprattutto, assicurare competenze di base sotto forma di una solida formazione al pensare e al gusto dall'affrontare i problemi. Questa piattaforma educativa si allinea con i caratteri del tempo pieno che ho descritto, che stanno tra la vocazione all'accoglienza e il rigore nella proposta didattica. Pertanto mi auguro che il Governo voglia accettare l'ordine del giorno in esame (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Mariani ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/146.

RAFFAELLA MARIANI. Signor Presidente, anch'io approfitto dell'intervento su quest'ordine del giorno per fare una riflessione un po' più generale sui temi della scuola. In questi giorni abbiamo assistito ad un dibattito forzato, molto forzato, che ci ha impedito di sentire e soprattutto di interpretare le ragioni (in modo da dar loro voce) di moltissimi italiani (non solo degli addetti al mondo della scuola) che contestano anche la scelta procedurale di adottare misure di questa importanza attraverso la fonte decreto-legge.
Vorrei riprendere alcune righe di una lettera che ho letto sul Corriere della sera e che dal mio punto di vista sono molto significative. In questi giorni, la scuola è in primo piano: era tempo che ciò accadesse; ma come è iniziata la discussione? È iniziata sull'utilità di bocciare, sui negligenti, sui fannulloni, sugli insufficienti. Perché, invece, non riflettere sul fatto, più che naturale, che una pianta che non viene coltivata non dà buoni frutti? Guardate, dal mio punto di vista, questa riflessione, molto semplice ma anche molto significativa, richiederebbe considerazione da parte di un Parlamento serio e di un Governo che tenesse veramente a cuore i temi e i problemi della scuola, che riguardano una grandissima quantità di cittadini italiani. Si calcola che intorno alla scuola gravitino circa dieci milioni di persone tra studenti, insegnanti e addetti, e rispetto a tutto questo si sono spesi fiumi di inchiostro. Tuttavia, nella accelerazione della discussione, si sono voluti estromettere dal dibattito i temi che veramente interessavano i cittadini italiani. Mi riferisco alle questioni - questioni che si è tentato di risolvere, ma in maniera non completa - circa l'integrazione, l'aiuto delle categorie più deboli, le questioni relative alle classi sociali che non ce la facevano. Sempre in queste settimane, a Cernobbio, lo Studio Ambrosetti ha predisposto insieme ad una grossa società tedesca, la Siemens, uno studio che, condotto con il supporto del professor Vaciago, ha messo in evidenza che l'Italia, dopo l'America latina, è il paese dove il successo educativo è determinato dallo status della famiglia e dove la mobilità sociale è particolarmente scarsa. Ha aggiunto anche che l'Italia, tra i Paesi della sua categoria economica e culturale, è quello con il più elevato tasso di analfabetizzazione di ritorno.
Penso che anche queste osservazioni ci debbano far riflettere, e debbano far riflettere un Governo che, nell'impostare la cosiddetta riforma della scuola - la definirei piuttosto: pseudoriforma -, è partito soltanto da un'esigenza economica, dall'esigenza dei tagli. Questo aspetto che vede l'Italia proprio all'ultimo posto della classifica rispetto agli altri Paesi industrializzati, e che denota una valutazione scarsamente attenta alla crescita e all'integrazione delle categorie sociali più deboli, dal mio punto di vista è la cosa più grave che questo Governo sta compiendo in questo momento. Stiamo parlando tutti e siamo consapevoli di una crisi economica globale dagli effetti disastrosi, non ancora calcolabili fino in fondo. Partire dalla scuola, da uno dei pilastri fondamentali della nostra società, per ridurre la spesa, senzaPag. 7assolutamente entrare nelle questioni riguardanti la sua organizzazione, ma umiliando - sottolineo il termine: «umiliando» - gli addetti ai lavori, ovverosia quanti in questi anni, con scarse risorse e con scarso riconoscimento sociale, hanno cercato di fare evolvere una società che ha visto mutamenti veloci e difficili da interpretare, credo sia l'elemento che maggiormente stona nell'atteggiamento del Governo. Ritengo che la velocità con cui si tende ad approvare il decreto sia dovuta non tanto all'ostruzionismo o al timore dell'ostruzionismo - come ha detto il Ministro Vito - ma al fatto che nella società non ci si rende conto in tempo, fino in fondo, di quanto sia grave tale questione e di quanto sia difficile poter spiegare che c'è un senso in tutto questo e che c'è un disegno legato al futuro della scuola e a quello delle nuove generazioni.
Tuttavia, mi sembra ancor più da sottolineare il fatto che, quando stiamo iniziando la discussione sul federalismo e su un'autonomia scolastica che si concili con l'organizzazione federalista delle istituzioni, si debba invece assistere ad un sistema centrale che taglia, umilia e persino riduce l'organizzazione scolastica ad una mera questione economica. Ritengo che sia molto grave e spero relativamente a questo sistema, che ci si possa ravvedere e modificarlo finché siamo in tempo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Volontè ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/225.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, l'ordine del giorno n. 9/1634/225 da me presentato, trae spunto, come certamente avrà preso atto il Governo nella discussione svoltasi negli scorsi giorni, dalla stessa dichiarazione di voto di ieri dell'onorevole Capitanio Santolini in cui si sottolineavano le luci di questo provvedimento e anche, ahimé, purtroppo, le ombre dovute alla scure che è partita dal Ministero dell'economia e delle finanze e che ha certamente disimpegnato importanti risorse - per esprimermi in poche parole - che erano destinate all'aggiornamento, alla valutazione e alla formazione degli insegnanti.
Con l'ordine del giorno in oggetto vogliamo in qualche modo favorire la virtù dimostrata in una parte importante di questo provvedimento dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca: quale? Quella riferita al tema più complessivo del tetto del prezzo dei libri. Ci siamo resi conto, purtroppo per l'ennesima volta in questi anni, che la spesa che le famiglie devono affrontare per consentire realmente ai propri figli non solo di partecipare attivamente alle lezioni ma anche di avere il materiale indispensabile incide significativamente sui redditi delle famiglie. Di tutte le famiglie: infatti se qualcuno ha più di un figlio, arrivando al mese di settembre, come lei può immaginare caro sottosegretario, quel mese o stipula un mutuo oppure non mangia o non paga l'affitto, perché non riesce a far fronte a questa importante vicenda di dotare i propri figli dei libri scolastici.
Vogliamo impegnare il Governo, al di là delle parole, ad intervenire nella verifica del divieto di sforamento dei tetti massimi per la dotazione libraria degli studenti e, nello stesso tempo, affinché si arrivi ad un apparato sanzionatorio - decidano il Ministro e il Governo come fare - che intervenga, laddove si verificano violazioni di questi tetti massimi, con sanzioni non solo nei confronti delle scuole ma anche alle case editrici complessivamente, avuto riguardo alle riedizioni dei testi scolastici. Per quale motivo? Perché anche oggi è possibile in qualche modo con una certa difficoltà - lo abbiamo visto nel mese di agosto da parte del Ministro Gelmini - verificare quali siano gli istituti che hanno sforato complessivamente il tetto di spese librarie a carico dei genitori e delle famiglie degli alunni ma di fatto è pressoché impossibile arrivare ad una benché minima sanzione.
Non siamo favorevoli alla punizione in quanto tale: vorremmo soltanto che tutti rimanessero al di sotto del tetto, anche perché a noi interessa non tanto la punizionePag. 8inflitta al dirigente scolastico ma piuttosto il fatto che il tetto massimo non venga superato. Ci sta a cuore che le famiglie non sopportino un ammontare di spese che impediscano loro, in quel mese e nei mesi successivi, una vita serena.
Da questo punto di vista confidiamo - io stesso confido - che il sottosegretario e il Ministro Gelmini guardino con particolare attenzione a questo nostro ordine del giorno e possano esprimere una valutazione non solo obiettiva, ma anche favorevole per far sì che, già a partire dal prossimo anno scolastico, si possano realmente introdurre quegli accorgimenti che, da una parte, vanno incontro alle esigenze delle famiglie e, dall'altra, impediscono inutili speculazioni e disattenzioni costose per gran parte delle famiglie italiane.

PRESIDENTE. L'onorevole Granata ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/3.

BENEDETTO FABIO GRANATA. Onorevole Presidente e onorevole sottosegretario, nel corso della discussione parlamentare in Assemblea e, prima ancora, nel corso della discussione in Commissione dell'importante decreto-legge in corso di conversione, ovviamente su alcuni degli articoli si sono registrate posizioni dialettiche molto forti ed accentuate e differenze particolarmente importanti.
Tuttavia certamente, per quanto riguarda alcune parti del decreto-legge in esame, vi è stata una condivisione comune da parte della Commissione e da parte dell'intero Parlamento, almeno a giudicare dagli interventi che fin qui si sono registrati. Certamente una di queste parti fortemente condivise dal Parlamento italiano è quella legata alla necessità, attraverso l'articolo 1, caro sottosegretario, di reintrodurre per certi versi e comunque di potenziare nella scuola l'insegnamento della nostra Carta costituzionale e sostanzialmente di reintrodurre un percorso di educazione civica all'interno delle scuole.
La motivazione che sottintende tale tipo di scelta è ovvia e condivisa, è una precondizione per ricostruire un tessuto connettivo pedagogico ed educativo all'interno della scuola italiana, la condizione per ricreare una grande memoria condivisa, partendo dalla più grande centrale formativa della nazione, che è proprio la scuola. Ma tutto ciò deve fuoriuscire da una sorta di retorica generalista, perché parlare di educazione civica e di educazione alla Costituzione, se poi con tutto ciò non si riesce a declinare un'adeguata politica di approfondimento di alcuni temi che - quelli sì! - creano il nesso connettivo della nazione, rischia di diventare per certi versi un'operazione soltanto retorica e proclamata (una proclamazione, appunto) e per altri versi un'operazione non avvertita, soprattutto da parte dei giovani, come legata al processo formativo interno al mondo scolastico.
Per tale motivo, insieme ad altri colleghi abbiamo ritenuto di presentare l'ordine del giorno in esame, in cui si chiarisce che uno degli elementi fondamentali - una sorta di precondizione - dell'identità nazionale è far crescere, all'interno delle giovani generazioni italiane, la consapevolezza, la conoscenza e la memoria precisa di ciò che ha significato nella nostra nazione e di ciò che oggi significa l'azione, la politica, l'impegno civile di contrasto a tutte le mafie e contro tutte le organizzazioni criminali del Paese.
Credo che questo sia un tassello imprescindibile per formare una coscienza condivisa, perché la lotta alla mafia e la lotta a tutte le mafie sono un grande fatto nazionale: non lo si può circoscrivere geograficamente soltanto alle scuole del sud, alle scuole del meridione, alle scuole siciliane, calabresi o campane, perché la lotta alla mafia è una grande questione nazionale.
Per questo riteniamo che, proprio per dare corpo e sostanza a questo articolo 1 e alla spinta forte a reintrodurre tali elementi di memoria condivisa tra i giovani, si possa emanare una circolare per istituire, nel rispetto pieno delle autonomie scolastiche, una data simbolica, una giornata che unifichi questo ricordo, che deve essere anche approfondimento.Pag. 9
C'è un grande movimento nella nazione: conosciamo tutti e apprezziamo le nuove posizioni ufficiali delle associazioni degli industriali, non soltanto siciliani, che poi sono state per certi versi prese a spunto dall'associazione degli industriali italiana: una politica netta di contrasto al racket, alle estorsioni e alle mafie. Questa campagna legata all'associazionismo, al volontariato e alla coscienza civile, alla conoscenza di quello che sono costate, in termini di sacrifici e sangue, la lotta e la politica di contrasto alla mafia nel nostro Paese, per certi versi è necessario che faccia parte del bagaglio formativo di ogni giovane italiano.
Per fare ciò non serve soltanto - ed è giusto che così sia - una serie di commemorazioni legate a questa o a quella data: tutti siamo abituati, e lo faremo ancora, a ricordare il 23 maggio, il 19 luglio e la lunga catena di sangue che ha segnato con forza la storia recente del Paese; occorre proclamare un giorno che simbolicamente rappresenti la spinta e la voglia di rinascita della nazione, un giorno che si possa legare alla stagione, appunto, del risveglio, la primavera. Proponiamo che si emani una circolare, per invitare le scuole - perché, per proclamare tale giornata, ovviamente, occorrerebbe una legge - a considerare il 21 marzo una giornata dedicata interamente, all'interno di tutte le scuole, durante le ore di lezione, a dare corpo e sostanza all'articolo 1.
Concludo signor Presidente: tutto ciò significherebbe stabilire un principio molto forte di ricostruzione del tessuto connettivo e dare forza ad una famosa intuizione del Goethe nel Faust, quando afferma che l'eredità dei padri devi riconquistarla, se vuoi possederla. Si avverte questa grande necessità della memoria nella nazione italiana attraverso il ricordo dei caduti per la lotta alla mafia (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. L'onorevole Pes ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/52.

CATERINA PES. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, l'ordine del giorno n. 9/1634/52, che porta il mio nome come primo firmatario e che presentiamo come Partito Democratico, in realtà nasce da una preoccupazione importante relativa alle modalità con le quali si è proceduto, attraverso questo decreto-legge sull'istruzione, ad intervenire sul sistema dell'educazione e della formazione nella scuola primaria e secondaria di primo grado attraverso un percorso di assoluta semplificazione. Si tratta di una modalità di tipo semplificatorio che in maggior misura si intravede nell'ambito della valutazione ed è di questo che vorrei parlare perché la prima importante semplificazione avviene proprio in quest'ambito.
Come sappiamo, il decreto-legge riporta il sistema di valutazione ai decimali, tuttavia non affronta il tema della valutazione all'interno di un'ottica più complessiva. Il problema per noi non è il criterio di misura utilizzato. Il Ministro Tremonti, in questi giorni e anche al momento in cui è stato presentato questo decreto-legge, ha giustificato il ricorso ai decimali sostenendo che ormai tutto si misura in decimi. Permetteteci di dire che la valutazione non è misurazione, o che la misurazione è una cosa ben diversa dalla valutazione, soprattutto quando si ha a che fare con la valutazione del percorso di crescita cognitiva dei bambini. In questo caso, il problema non è a quale tipo di valutazione facciamo ricorso - vale a dire, se ai decimi, ai trentesimi, ai centesimi, al buono, al sufficiente o alle lettere A, B e C -, ma il problema riguarda la chiarezza dei criteri con cui viene applicata la valutazione.
Sappiamo molto bene che non esiste ancora un sistema di valutazione nazionale che abbia individuato obiettivi ben precisi e che dovremo lavorare su questo, e sappiamo anche bene che la valutazione dell'accrescimento delle competenze di un bambino non si può limitare esclusivamente al ricorso ai decimali. Dagli anni settanta in poi, in Italia, vi è stato un importante dibattito sulla valutazione formativa.Pag. 10Mi piacerebbe che ritornassimo su questo concetto. Non dimentichiamo anni di esperienza importante nell'ambito della valutazione formativa e la valutazione formativa significa che il percorso di accrescimento delle conoscenze del bambino e del ragazzo si valuta tenendo presente, naturalmente, il sistema di conoscenze che il bambino acquisisce nel corso dell'anno scolastico e del suo curriculum scolastico, ma anche contemperando contemporaneamente l'accrescimento delle competenze e delle abilità.
Noi che facciamo scuola, che siamo dentro la scuola e che viviamo la valutazione come un momento fondamentale del percorso scolastico e della educazione, da anni ricorriamo non solo alla valutazione sommativa, ma anche, in maniera molto importante, al percorso formativo dei bambini e alla valutazione di essi in itinere, interpretando in questo modo anche il loro percorso di crescita formativa. Perché, quindi, questo ordine del giorno?
Chiediamo innanzitutto che il Governo si impegni a svolgere un'importante riflessione e un monitoraggio costante relativamente al sistema di valutazione che sarà utilizzato nei prossimi tre anni e che si tenga in considerazione soprattutto la possibilità di modificarlo strada facendo, di sperimentarlo e di modificarlo nel caso si presentassero altre necessità di valutazione.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

CATERINA PES. L'ordine del giorno chiede infine al Governo di valutare nuove modalità di giudizio, che dovranno essere sottoposte anche alla riflessione di tutti noi, relative all'accrescimento delle competenze e delle conoscenze dei ragazzi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Braga ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/195.

CHIARA BRAGA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo per illustrare il mio ordine del giorno, approfittandone per esprimere alcune considerazioni sul provvedimento di conversione in legge del decreto-legge n. 137 del 2008. Tale decreto-legge viene in questi giorni portato all'esame e al voto della Camera dei deputati, dopo, purtroppo, l'ennesima forzatura imposta dal Governo con la posizione della questione di fiducia.
Non è bastato al Ministro Gelmini mettere mano, con leggerezza, al mondo della scuola italiana attraverso un decreto-legge costruito esclusivamente su esigenze di taglio e non di risanamento (che è altra cosa), imposte nella manovra di luglio, in assenza di un serio e costruttivo confronto con le forze politiche e sociali e con gli enti locali. Questi ultimi hanno importanti competenze nella costruzione di un'offerta scolastica qualificata nei territori e si troveranno a dover fronteggiare, ancora una volta, le ricadute più gravi di scelte sbagliate operate secondo una logica di centralismo che contraddice profondamente i proclami sull'autonomia e sul rispetto delle specificità delle nostre diversificate realtà locali. Non è bastato - dicevo - il decreto-legge, per garantire il rispetto dei tempi o forse, più realisticamente, per evitare qualche altro spiacevole scivolone nel percorso di conversione: è stata posta ancora una volta la questione di fiducia che ha azzerato la possibilità di condurre in Parlamento quella discussione ampia e rispettosa del ruolo di chi, su questi banchi, rappresenta il Paese e che una materia di tale rilievo avrebbe meritato.
Tutto ciò non ha niente a che vedere con il percorso lungo e articolato che portò alla riforma scolastica del 1990, alla quale lavorarono politici e parlamentari di grande valore: Sergio Mattarella, allora Ministro dell'istruzione, mi piace poi ricordare un mio prestigioso conterraneo, Francesco Casati, allora Presidente della Commissione istruzione ma anche pedagogisti e rappresentanti del mondo della scuola e del sindacato. Grazie a quella riforma la nostra scuola primaria - allora si chiamava ancora elementare - e che è proprio quella più colpita dai contenuti del decreto in esame, ha raggiunto, negliPag. 11anni, livelli di eccellenza riconosciuti da molti istituti di valutazione internazionale e ha visto progressivamente crescere la qualità dell'offerta educativa in rapporto ad un contesto sociale sempre più complesso che richiede padronanza di strumenti e conoscenze ben più articolate soltanto rispetto a qualche decennio fa.
Con questo decreto-legge rischiamo tutti di tornare drammaticamente indietro di vent'anni ed oltre. Dietro le immagini accattivanti del grembiulino, del voto in condotta, del ritorno al caro e vecchio maestro unico, si nasconde il drammatico destino di impoverimento che attende la scuola pubblica: 8 miliardi di euro in meno nel triennio 2009-2011, riduzione drastica del personale docente e non, rischio di chiusura per oltre 4 mila scuole concentrate soprattutto nei piccoli comuni e nei comuni montani, dove la presenza di presidi scolastici rappresenta un importante fattore di integrazione e di lotta all'emarginazione. Non si tratta solo di decisioni che peseranno sulla testa di persone che operano nella scuola e, nella stragrande maggioranza dei casi, con grande professionalità, impegno e passione. Le spinte alla razionalizzazione della spesa che sostengono questo provvedimento non corrispondono ad un reale innalzamento della qualità del servizio. Assisteremo, al contrario, a una radicale contrazione del tempo-scuola: si ritornerà alla scuola del mattino, tarata sulle ventiquattro ore, specie laddove le classi a tempo pieno non sono così diffuse - ed è la maggioranza del Paese - e dove tuttavia, in questi anni, l'organizzazione dei moduli ha consentito di raggiungere coperture di orario che arrivano anche a 30 ore settimanali. Ciò è avvenuto grazie al coordinamento tra istituti scolastici ed enti locali, con un risparmio di costi e con la possibilità di intercettare positivamente le necessità delle famiglie. Assisteremo ad una riduzione della qualità dell'offerta educativa e formativa per i ragazzi e in proposito non c'è lavagna telematica che tenga.
Una sola maestra non potrà garantire la necessaria specializzazione nei diversi settori di insegnamento. Si taglieranno contenuti ed opportunità di sperimentarsi con discipline importanti, ma anche la possibilità, per gli insegnanti, di crescere professionalmente attraverso il confronto, anche con figure nuove, portatrici di sapere e competenze stimolanti.
Fa sorridere la motivazione portata da alcuni secondo cui i bambini della scuola primaria hanno bisogno della maestra mamma, di una ed una sola figura di riferimento. I bambini oggi hanno una vita di interrelazioni molto intensa e sono abituati a relazionarsi con una molteplicità di soggetti; la presenza di più insegnanti non può che accrescere l'opportunità di relazione con il mondo degli adulti.
In queste settimane di acceso dibattito su quella che, impropriamente, si chiama riforma della scuola credo che, come me, molti deputati avranno accolto umori, pareri e preoccupazioni di chi con scuola ha a che fare.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

CHIARA BRAGA. Tra le tante voci ve ne voglio riportare una di una maestra che opera da anni nella scuola primaria e che mi ha ricordato che cos'era anche la scuola del maestro unico. Era la scuola delle classi differenziali che si chiamavano dispregiativamente «classi degli asini», molto simili a quelle a cui qualcuno pensa per i bambini immigrati. Era quella in cui i bambini diversamente abili non trovavano accoglienza e nella maggioranza dei casi dovevano accedere alle scuole speciali. Era la scuola in cui bambini che non imparavano venivano bocciati, abbandonati alle loro difficoltà, spesso a quell'età, riflesso di una condizione di fragilità familiare e sociale più ampia.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

CHIARA BRAGA. Concludo Presidente. È questo quello che ci preoccupa di più: che queste grandi conquiste, raggiunte con fatica in questi decenni, vengano sacrificate sull'altare del qualunquismo e della semplificazione...

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PRESIDENTE. Onorevole Braga, mi dispiace interromperla...

CHIARA BRAGA. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Braga, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È presente in aula una delegazione dell'associazione sportiva calcio veterani di Belluno. L'Assemblea li saluta (Applausi).
L'onorevole Sbrollini ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/84.

DANIELA SBROLLINI. Signor Presidente, prima di entrare nel merito del mio ordine del giorno, vorrei sottolineare, come hanno già fatto i miei colleghi, che siamo l'unico Paese in Europa in cui il Presidente del Consiglio non viene a riferire in Parlamento sulla crisi economica in atto. Ciò oltretutto a fronte di un decreto-legge, come quello in esame, che vede, ancora una volta, la scuola umiliata in tutto e per tutto come avviene in tutta la manovra finanziaria che voi vi apprestate a varare. Non si prevede nessuna proposta su come affrontare la crisi, anzi, addirittura dopo sei mesi dalla nascita di questo Governo, non avete ancora definito neanche i livelli essenziali.
Come si fa a tagliare, ancora una volta, le risorse allo Stato sociale? Come si fa a non investire in nessuna politica sui giovani, sulle future generazioni? Qui parliamo di scuola, ma parliamo anche di sanità, di politiche per la famiglia, di riduzione delle risorse agli enti locali che saranno costretti, ancora una volta, a tagliare proprio quei servizi alla persona.
Il mio ordine del giorno n. 9/1634/84 parte proprio da una richiesta (che so difficilmente accoglibile, ma ci spero ancora) al Governo. L'articolo 1 del decreto-legge in esame prevede dal prossimo anno scolastico, l'insegnamento della nostra Costituzione in tutti i cicli di istruzione. Chiediamo almeno che questo non vada a gravare sulle famiglie, non vada a gravare ulteriormente sulle famiglie visti i tagli ulteriori che andrete a fare.
Non solo, ritengo molto grave che abbiate deciso, con questo decreto-legge, di non affrontare il confronto in Aula con l'opposizione svuotando, ancora una volta, questa istituzione delle sue funzioni di indirizzo e di controllo. Parliamo di scuola, cioè di uno dei pilastri fondamentali su cui si basa la vita dei cittadini. Avete deciso, invece, di considerare questo settore come un qualsiasi capitolo di spesa su cui ridurre i costi. Si taglia, cioè sulla qualità, sulla formazione, sulle politiche di integrazione e di aggregazione fin dalla nascita del bambino, fin dalla crescita dell'individuo. Otto miliardi in meno alla scuola in tre anni, 87 mila insegnanti in meno, 43 mila unità in meno di personale amministrativo, nessuna assunzione per i precari.
Si vogliono invece creare scuole differenziate, ridurre il tempo pieno, chiudere le scuole nei piccoli centri, parlare di maestro unico e potremmo, purtroppo, continuare così. Allora vi chiedo: ma la Gelmini con chi si è confrontata in questi mesi? Basta andare fuori da questa Aula per comprendere la rabbia e la preoccupazione di genitori e di insegnanti e per rendersi conto di ciò che sta accadendo.
Abbiamo una buona scuola, abbiamo dei livelli di eccellenza e personale qualificato. Avete, invece, deciso di affossarla, umiliando il nostro Paese e i lavoratori di questo settore che sono il pilastro di una società civile e moderna. Con il decreto-legge in esame avete deciso di accentuare le disuguaglianze sociali. Vi chiedo di leggere bene i dati ISTAT per capire che vi è un aumento delle povertà e soprattutto di quelle minorili, che sono molto più alte rispetto al resto d'Europa, ma anche dell'impoverimento delle famiglie e soprattutto di quelle giovani coppie che hanno deciso di avere dei bambini. Allora, quali sono le politiche per le famiglie di questo Governo? Si colpiscono, oltretutto, anche i diritti di pari opportunità nell'ambito genitoriale. Basti pensare alle donne, perché è evidente che togliendo il tempoPag. 13pieno si costringono le donne a rivedere la loro carriera lavorativa o addirittura a scegliere se rimanere a casa o continuare a lavorare. Si tratta di un ritorno indietro, ad una realtà che non esiste più. Pertanto, come mai invece di lavorare sui miglioramenti per la scuola, valorizzare i meriti e così competere con il resto d'Europa si sceglie, invece, di smantellare tutto e soprattutto la qualità della scuola pubblica? Questo è ciò che vi chiedo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Tassone ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/227.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, signor sottosegretario, nell'illustrare il mio ordine del giorno inizio con una valutazione contenuta nella premessa. L'OCSE ha evidenziato una situazione di invecchiamento delle risorse umane nella scuola italiana. A partire da questa presa d'atto, costituita dallo studio dell'OCSE, rivolgo una serie di proposte, anzi ne rivolgo una al Governo.
Signor Presidente, so che gli ordini del giorno costituiscono un'occasione anche per discutere e confrontarsi su questi temi. Abbiamo discusso di questo disegno di legge di conversione del decreto-legge, abbiamo sostenuto alcune idee, abbiamo svolto alcune valutazioni e abbiamo anche compreso qualche riforma (ma altre meno). Tuttavia, ciò che manca è un disegno complessivo in ordine alla politica scolastica nel nostro Paese.
Posso capire una riforma, posso capirne due o tre ma tutto ciò deve essere inquadrato anche in una prospettiva e raccordato, soprattutto, con un ruolo sempre più forte e pregnante della scuola italiana nello sviluppo sociale e civile del nostro Paese. Non vi è dubbio che guardiamo alla scuola come ad un elemento fondamentale ed imprescindibile. Infatti, ad essa abbiamo chiesto tante cose: la formazione, l'educazione alla Costituzione, l'educazione civica, e anche alcune materie come l'educazione all'alimentazione, l'educazione all'ambiente e l'educazione alla legalità. Tutto ciò, ovviamente, deve essere riferito ad una qualificazione e ad una qualità del personale chiamato ad assolvere questo ruolo e soprattutto questo impegno all'interno della scuola italiana.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 11,30)

MARIO TASSONE. Rivolgo un saluto cordiale al Presidente Buttiglione che prende il posto dell'onorevole Lupi.
Chiediamo un blocco limitato del turnover e di procedere, per la parte restante, ad un reclutamento di giovani laureati attraverso il concorso e quindi anche attraverso una capacità formativa. Altrimenti, se non ci poniamo il problema degli insegnanti, possiamo dire, come dicevo poc'anzi, che dalla scuola pretendiamo tantissime cose e anche quando discutiamo del maestro unico, che è un tema importante, rischiamo di essere fuorviati. Non è questa la centralità dell'argomento.
Si tratta, piuttosto, di come vogliamo confezionare questa istituzione e quindi raccordarla sempre più alle esigenze più immediate e più vere della nostra società. È una proposta contenuta in un ordine del giorno di cui, non per usare scortesia nei confronti delle istituzioni parlamentari, sappiamo essere un'occasione per parlare e confrontarsi, ma dei quali poi se ne perdono le tracce. Tuttavia, facciamo una sollecitazione in aggiunta a quelle già evidenziate nella discussione sulle linee generali e in quello che verrà fuori al termine dell'esame del provvedimento. Si tratta di un suggerimento, anzi, più che di un suggerimento, è un contributo.
Ritengo che questa riforma manchi di un respiro complessivo, di una strategia complessiva, di un disegno complessivo. Ecco perché, signor Presidente, raccomando non l'accettazione o una valutazione di attenzione da parte del Governo, ma una compenetrazione delle esigenze che in questo momento avvertiamo e che si accompagnano certamente a tutti i temi legati al precariato, all'insegnante di sostegno, al tempo pieno e al tempo continuato.

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PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARIO TASSONE. Concludo, signor Presidente. Tutta la problematica deve essere affrontata in termini nuovi, in un rapporto diversificato, meno burocratico, meno gestionale e meno amministrativo fra docente, discente e famiglie. Ritengo che questo possa essere anche un percorso da seguire con la soddisfazione del Parlamento, del Governo, ma soprattutto del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. L'onorevole Frassinetti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/6.

PAOLA FRASSINETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'ordine del giorno da me presentato insieme ad altri colleghi riguarda l'articolo 2 e, specificatamente, la reintroduzione del voto in condotta come voto che, se inferiore a sei decimi, provoca la non ammissione alla classe successiva.
Si tratta di una misura, che ha fatto anche tanto clamore e suscitato diverse critiche nel Paese, resa necessaria in quanto gli episodi di bullismo e di teppismo negli ultimi anni sono diventati veramente non più un'eccezione, ma purtroppo un'ordinarietà. Gli atti di bullismo hanno provocato fatti eclatanti, alcuni sfociati in suicidi di ragazzi che si sono sentiti discriminati per le loro situazioni particolari ed hanno riguardato ragazzi disabili presi in giro e picchiati, il tutto supportato da nuovi strumenti di comunicazione come You Tube che danno a questi teppisti anche l'appagamento di poter vedere le loro malefatte in diretta per potersene vantare.
Questa situazione eccezionale ha reso necessaria l'introduzione del voto in condotta. Questo non può essere sicuramente né l'unico deterrente, né la risoluzione di tutti i problemi. Infatti, se le famiglie non intervengono, se la scuola non interagisce con le famiglie e non si trova una soluzione educativa che possa evitare che il bullismo trascenda dalla normale goliardia (che sempre ha contraddistinto la scuola) questo strumento è uno dei tanti e non può essere sicuramente l'unico.
Il nostro ordine del giorno sostanzialmente si incentra su una garanzia. Infatti, dopo aver fatto questa premessa a mio avviso necessaria per spiegare le motivazioni che hanno indotto il Governo ad inserire questa norma, va anche evitato l'utilizzo discrezionale di questo strumento da parte di alcuni docenti.
Peraltro, esiste fortunatamente una garanzia al comma 3, dell'articolo 2, laddove si prevede che la votazione sul comportamento degli studenti sia determinata dal consiglio di classe. Quindi, è sostanzialmente attribuita collegialmente dal consiglio di classe, non dal singolo insegnante e ciò rappresenta già una garanzia. Un'ulteriore garanzia è il riferimento allo statuto degli studenti e delle studentesse. Ci preme sottolineare e differenziare gli episodi di bullismo da quell'attività civica, sindacale e politica che, ormai, nelle scuole è divenuta da tanto tempo una prassi e che, se applicata in modo corretto, può portare ad attivare uno spirito sociale proprio sui banchi di scuola.
Pertanto, riteniamo che sia importante tutelare tale attività, affinché la scuola possa essere anche la formazione delle nuove classi dirigenti politiche e la politica, con la «p» maiuscola, entri nella scuola in modo sensato, differenziandosi dal vandalismo, che, invece, va ovviamente punito. Tuttavia, chiediamo al Governo, in sede di emanazione dei decreti attuativi - è l'oggetto della seconda parte dell'ordine del giorno in esame -, di specificare che, ove ricorra una valutazione negativa, questa debba essere adeguatamente motivata e non possa in alcun modo riferirsi all'impegno e alla partecipazione dello studente ad iniziative di carattere civico o sindacale.
Quindi, è importante sottolineare lo spirito di questo ordine del giorno: dal momento che si vogliono introdurre norme più severe, è giusto rafforzare le garanzie. È giusto che gli studenti sappiano che la loro libertà di azione sociale, sindacale, civica e politica nella scuola nonPag. 15è assolutamente messa in pericolo dall'introduzione di questa nuova norma e questa valutazione difficile talvolta sarà compito del consiglio di classe.

PRESIDENTE. Onorevole Frassinetti, dovrebbe concludere.

PAOLA FRASSINETTI. Quindi, spero che il Governo approvi questo ordine del giorno perché sicuramente contribuirà a rasserenare il clima nelle scuole (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. L'onorevole De Torre ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno 9/1634/26.

MARIA LETIZIA DE TORRE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole rappresentante del Governo, come si afferma nell'ordine del giorno presentato, l'integrazione degli alunni con disabilità venne sancita dalla legge n. 517 del 1977, che fu emanata dopo una lunga stagione di impegno di tutto il Paese e di forte condivisione in Parlamento. Essa trova i suoi fondamenti nel dettato costituzionale. «Tutti cittadini - si afferma all'articolo 3 della Costituzione - hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge ed è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana». Nell'articolo 38 si dice, inoltre, che «gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale», mentre l'articolo 34 afferma che «la scuola è aperta a tutti».
Dalla sua stesura nel 1948, sono tuttavia occorsi decenni affinché la cultura costituzionale riuscisse ad imporsi. Il passo fondamentale avvenne nel 1975 quando la Commissione presieduta da Franca Falcucci seppe cogliere e portare a maturazione un processo di civiltà che da anni stava crescendo nel Paese. Per quanto avvenne e per come avvenne è una particolare testimonianza dell'evoluzione del costume e della consapevolezza educativa di tutti gli italiani. Se educare significa aiutare ciascuno a realizzare la propria area potenziale di sviluppo, non si può accettare la classificazione dei bambini in educabili, semieducabili e ineducabili. A maggior ragione non si può accettare se essa li divide in categorie, in scuole o classi diverse. Sarebbe un assurdo pedagogico.
Fu proprio il lavoro di quella Commissione che segnò un giro di boa nella scuola italiana. Leggendo il documento finale, emerge il peso che il Parlamento aveva - la Falcucci era allora senatrice - e lo spessore del pensiero sulla scuola che i nostri colleghi dalle Camere e dal Governo avevano saputo mettere nero su bianco. Alcuni passaggi, se confrontati con i percorsi e il contenuto del decreto-legge su cui ieri si è votata la fiducia, fanno venire i brividi.
Il primo paragrafo titolava: «Un nuovo modo di essere della scuola (...)». E spiegava: «(...) Un nuovo modo di concepire e di attuare la scuola così da poter veramente accogliere ogni bambino ed ogni adolescente per favorirne lo sviluppo personale (...)».
Inoltre, si faceva carico di una visione completa di tutta la scuola, a partire dagli obiettivi e dalla valutazione. Si precisava che: « (...) la frequenza di scuole comuni da parte di bambini handicappati non implica il raggiungimento di mete culturali minime comuni. Lo stesso criterio di valutazione deve perciò fare riferimento al grado di maturazione raggiunto dall'alunno sia globalmente, come è già stato detto, sia a livello degli apprendimenti realizzati, superando il concetto rigido del voto o della pagella»; lo ripeto: «superando il concetto del voto o della pagella».
Se tutto fosse andato così bene in quei bei tempi antichi di cui è stata seminata nostalgia in queste ultime settimane non sarebbe stata scritta: Lettera ad una professoressa; non si sarebbe messo in moto un movimento che portò alle scelte del 1975. «No», Ministro Tremonti, non state demolendo le barricate del Sessantotto, che pure fecero riflettere il mondo; state demolendo il lavoro del Parlamento e l'iniziativa di una donna competente ePag. 16forte, profondamente umana e profondamente cristiana, una riforma di contenuti e metodi, probabilmente l'unica - ha detto poche settimane fa Tullio De Mauro - realizzata dal Ministro democristiano Franca Falcucci mediante un grande ciclo di riformazione degli insegnanti elementari. Nel documento si affermava, inoltre, che «si dovrebbe giungere ad allargare il concetto di apprendimento, affinché, accanto ai livelli di intelligenza logico-astrattiva venga considerata anche l'intelligenza sensorio-motrice e pratica e siano soprattutto tenuti presenti i processi di socializzazione»; traduco: non solo leggere, scrivere e far di conto. «Questa più articolata esperienza è possibile solo nell'attuazione del tempo pieno» - continua il documento - «da intendersi non come somma dei momenti antimeridiano e pomeridiano non coordinati fra di loro, ma come successione organica e unitaria di diversi momenti educativi programmati e condotti unitariamente dal gruppo degli operatori scolastici (...). In una scuola che offre agli alunni la possibilità di maturazione attraverso una pluralità di linguaggi e di esperienze è difficile ed artificioso distinguere tra attività didattiche, da intendersi come insegnamento delle materie principali, ed attività integrative, tra l'insegnamento «normale», lo si dice tra virgolette, e le attività di recupero e di sostegno (...).

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARIA LETIZIA DE TORRE. La programmazione e la conduzione unitaria della vita scolastica eviterebbero, inoltre, il crearsi nei genitori dell'equivoca distinzione tra l'insegnamento del mattino, al quale spetta di dare giudizi sulle capacità del figlio, e l'insegnamento del pomeriggio (educatori, animatori, ecc) che lo fanno giocare». (...) Un nuovo modo di essere della scuola postula il superamento del concetto dell'unicità del rapporto insegnante-classe con l'attribuzione ad un gruppo di insegnanti interagenti della responsabilità globale verso un gruppo di alunni (...).
Giorni fa, Franca Falcucci, intervistata sugli ostacoli incontrati rispose: «No, non ricordo nessuna battaglia campale, certo era cominciata che gli handicappati in classe nessuno li voleva, c'erano molte resistenze; il problema non era dentro il mondo della scuola, ma fuori: culturale, nelle famiglie. Però ci abbiamo lavorato molto, prima di fare la legge abbiamo preparato a lungo il terreno ...»

PRESIDENTE. Onorevole De Torre, ho il dovere di invitarla a concludere anche se quello che lei dice mi affascina.

MARIA LETIZIA DE TORRE. Va bene, signor Presidente. «... quindi alla fine siamo riusciti a farla passare. Ci fu un clima positivo, anche nella fase attuativa, che poi ho vissuto direttamente da Ministro».
Credo che non occorrano commenti per cogliere l'abisso di differenza tra il lavoro di allora e quello di questi giorni; è per questo, per difendere le mete raggiunte da questo Parlamento, che noi del Partito Democratico, insieme a fasce crescenti di genitori e insegnanti, chiediamo al Governo di non spostare indietro di quarant'anni l'orologio della scuola italiana. Nel corso di questi anni, tuttavia, si è lavorato troppo poco per la scuola per tutti, ora dobbiamo riguadagnare tempo, dobbiamo anche cessare di essere passivi davanti a sistemi di valutazione come fossimo un Paese disastrato che subisce valutazioni standard su cui non è degno di preferire verbo. Noi crediamo, al contrario, che il nostro INVALSI possa proporsi attivamente...

PRESIDENTE. Onorevole De Torre, non mi metta in difficoltà, il suo tempo è terminato.

MARIA LETIZIA DE TORRE. D'accordo, signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Unione di Centro).

PRESIDENTE. Onorevole De Torre, la Presidenza lo consente, sulla base deiPag. 17criteri costantemente seguiti. La ringrazio per le cose che ha detto e anche per la disciplina parlamentare che ha mostrato.
L'onorevole Zaccaria ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/60.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, penso che le persone che dall'esterno partecipano a queste sedute (le abbiamo salutate nelle tribune poco fa) abbiano una certa difficoltà a capire o a mettere insieme il tenore delle cose che noi stiamo dicendo, gli interventi che i colleghi stanno svolgendo, di alto livello, e questo clima d'Aula.
Sentono poi dire da alcuni colleghi della maggioranza, con enfasi, che stiamo varando una riforma importante della scuola. Penso che una persona dall'esterno non debba capire quasi nulla, perché si tratta di una riforma importante e, in Parlamento, 630 parlamentari non sono interessati.
Non sono interessati perché questa riforma viene discussa, ammesso che di riforma si tratti, attraverso uno strumento che si chiama decreto-legge, un atto del Governo, rispetto al quale ieri è stata chiesta la fiducia; ieri l'Aula era piena, ma era soltanto la dimostrazione del Governo che diceva di voler verificare se la propria maggioranza lo appoggiasse.
Sui contenuti, però, in quest'Aula non si parla (parlo di questo emiciclo). Questo è un elemento che credo determini uno smarrimento in chi, in questo momento, ci segue direttamente in quest'Aula e anche nel popolo italiano; non solo negli insegnanti, non solo nei genitori, ma in tutti coloro che ritengono che il processo democratico debba rispettare certe regole, e qui, in questo momento, quando si evocano pagine importanti della storia parlamentare, credo che qualcuno debba dire: ma la discussione, l'opposizione, qual è il principio che si sta discutendo?
Discutiamo del grembiulino! Certo, è importante. Qualcuno ha provato flebilmente a dire: discutiamo anche della necessità ed urgenza, perché vi sono i bulli nelle scuole e, quindi, li dobbiamo contrastare con un decreto-legge. Però, ciò che in questa sede non si dice, per pudore, credo debba essere enfatizzato in questi momenti rituali, in cui stiamo illustrando ordini del giorno, che sono poco più delle petizioni.
Una volta, quando c'era il sovrano, il monarca assoluto, ma ancora oggi, si rivolgevano petizioni e domande. L'ordine del giorno è qualcosa di simile ad una petizione. Una domanda del tipo: per favore, visto che non consentite di discutere i principi, almeno discutete di una richiesta; è una concessione che si inoltra.
Ecco perché non c'è gente; perché, naturalmente, questi ordini del giorno hanno un valore modestissimo. Non voglio, però, rinunciare anche a questa tenue possibilità che il Regolamento ci concede.
Il mio ordine del giorno è molto complesso; vorrei, però, ricordare che parliamo di alcuni fondamentali diritti sociali. Si chiamano diritto all'istruzione, diritto al lavoro.
Parlerò qui un momento del problema del tempo pieno, che è un diritto sociale. Lei, signor Presidente, che è un uomo di cultura, un filosofo, certamente sa che, nella filosofia, la nozione di diritto sociale è importante, perché il diritto sociale, all'inizio, si pensava che non fosse un diritto fondamentale come gli altri, come la libertà personale, la libertà di associazione.
Ma poi, con il tempo, si è capito che anche i diritti sociali, che si fondano sull'articolo 3 della Costituzione, sono fondamentali.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ROBERTO ZACCARIA. Il concetto che voglio esprimere, nei pochi secondi che mi restano, è il seguente: lo Stato non è tenuto a dare quello che i suoi mezzi non gli consentono di dare, ma se, in un certo momento storico, lo Stato ha previsto, ad esempio, le 40 ore, che sono una sintesi tra il diritto all'istruzione e il diritto al lavoro (perché consentono ai genitori di lavorare e ai ragazzi di apprendere), quando questo è dato, il ritorno indietro è, sostanzialmente, una violazione della Costituzione,Pag. 18perché significa revocare un diritto che è stato configurato in una certa fisionomia da questo Paese, dagli ordinamenti fatti in precedenza.
La Corte costituzionale lo ha affermato (l'ho citata nel mio ordine del giorno). Certo, in un ordine del giorno è quasi patetico ricordare queste cose: però vorrei che almeno chi ci ascolta, rappresentando simbolicamente il popolo italiano, capisse che noi di ciò non abbiamo il diritto di parlare (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Onorevole Zaccaria, grazie di aver ricordato che i diritti sociali sono un elemento fondamentale delle Costituzioni successive alla Seconda guerra mondiale, delle quali la nostra è una delle principali, ed è cara a tutti.
L'onorevole Mario Pepe (PdL) ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/242.

MARIO PEPE (PdL). Signor Presidente, signor sottosegretario, illustrerò il mio ordine del giorno n. 9/1634/242, non senza però aver fatto alcune considerazioni sulle polemiche di queste ultime ore, che sono affiorate anche in Aula e che hanno portato ieri all'intervento del Presidente della Repubblica sull'abuso della decretazione di urgenza e del voto di fiducia.
Signor Presidente, sono deputato da tre legislature e i Governi hanno sempre, per ragioni diverse, fatto ricorso a questo strumento: l'ha fatto Prodi per ingabbiare nel voto di fiducia la maggioranza sfilacciata, che non aveva unità di intenti; lo sta facendo Berlusconi per procedere a tappe forzate nella realizzazione del programma di Governo e per venire incontro alle esigenze dei cittadini. Esigenze che non sono più compatibili con i tempi del Parlamento! Il Parlamento si muove con i metodi di cent'anni fa, in cui il culto del rito prevale sull'efficienza legislativa; per cui è ineludibile la riforma, e sono contento della proposta di dare ai disegni di legge governativi una specie di canale preferenziale e tempi certi.
Ma torniamo al decreto-legge in esame. Il Ministro Gelmini sa bene che esso non risolverà i problemi della scuola, però le critiche sono state ingenerose: si è parlato di restaurazione, si è parlato di ritorno al passato, qualcuno ha detto che col voto di condotta si è tornati alla scuola di Franti e Garrone; ma, in quella scuola, quando il maestro entrava, ci si alzava in piedi! Questo decreto vuole restituire rispettabilità al maestro, perché il maestro deve diventare il punto di riferimento e con la sua cultura deve sapere incuriosire e attrarre l'attenzione degli alunni, se vogliamo salvare la scuola italiana.
Per quanto riguarda il mio ordine del giorno, si impegna il Governo, per quanto riguarda l'università, ad adottare con urgenza iniziative legislative finalizzate a modificare la legge n. 264 del 2 agosto 1999, prevedendo in particolare che l'accesso alla facoltà di medicina e chirurgia sia libero per il primo biennio.
La storia dei test di ammissione alle facoltà di medicina è una storia triste, è una storia che è stata scritta spesso dai pubblici ministeri, se non dai carabinieri e dalla Guardia di finanza. È la storia delle disillusioni di migliaia di giovani, delle loro famiglie, che hanno aperto nel Paese il dibattito sul problema più generale del diritto allo studio. I test non sono adatti a selezionare dei buoni medici! «Non so se i promossi saranno medici migliori dei bocciati»: sono le parole del mio maestro Franco Mandelli, il quale ha detto che un buon medico è colui che sa curare i malati ma sa stare anche vicino al dolore.
Signor sottosegretario, la invito a mettere mano a questa riforma, perché nei prossimi anni in Italia vi sarà una emergenza di medici nei settori strategici, come la medicina dell'immigrazione, i pronto soccorsi, le rianimazioni. E concludo con le parole di una ragazza, una delle tante che è stata bocciata, che è stata esclusa: «Signor deputato - mi ha scritto - da grande sognavo di fare il medico, ma non mi rendevo conto di vivere in un Paese dove i sogni sono a numero chiuso» (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

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PRESIDENTE. L'onorevole Siragusa ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/33.

ALESSANDRA SIRAGUSA. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, l'ordine del giorno che mi accingo ad illustrare parte dalla consapevolezza - che mi auguro diventi consapevolezza anche per quest'Aula - che l'Italia non è tutta uguale (non lo è in tanti settori diversi, in modo particolare per ciò che riguarda la scuola).
Il sud d'Italia presenta situazioni di difficoltà che non sono presenti nel resto del territorio, che pure conoscerà altre problematiche. La questione fondamentale per quanto concerne il decreto-legge di cui stiamo discutendo è che nel sud d'Italia il tempo pieno è residuale: nelle regioni a sud di Roma il tempo pieno si attesta, per la gran parte, al 4 per cento. Questa è una storia antica e rappresenta un problema legato a cause strutturali e ad una carenza storica dell'edilizia scolastica, che ha fatto - e fa - sì che nelle scuole del sud non esistessero gli spazi per mense e cucine.
Vi sono poi situazioni particolarmente gravi. Ricordo ad esempio, nella mia esperienza a Palermo, che nell'anno scolastico 1993-94 tra scuola dell'infanzia, elementare e media c'erano trecento classi in doppio turno (le quali non avevano, quindi, lo spazio fisico per frequentare di mattina la scuola) e si registrava il 75 per cento degli immobili in locali in affitto (non costruiti, quindi, con finalità di edilizia scolastica). Ciò ha fatto sì - mi riferisco a pochi anni dopo l'introduzione della riforma recata dalla legge n. 148 del 1990 - che il tempo pieno fosse di fatto inapplicabile.
Il Parlamento deve prendere atto di tali discrepanze sul territorio nazionale nel senso più profondo del termine: si tratta di differenze che sono soprattutto di contesto sociale. Ricordo che all'indomani dell'Unità d'Italia, già nel 1876, il Parlamento varò una Commissione d'inchiesta e trasse conseguenze molto interessanti nell'analisi dei problemi legati al Mezzogiorno d'Italia (l'inchiesta di Sonnino e di Franchetti costituì una pietra miliare proprio affinché il Parlamento potesse operare scelte differenziate rispetto ai vari territori nazionali).
Rispetto a quell'inchiesta, naturalmente, anche al sud molti passi in avanti sono stati compiuti, ma non tutti. Trovo allora singolare che si faccia riferimento alle differenze tra il nord, il sud e il centro del nostro Paese soltanto quando si parla delle competenze, per dire che OCSE piuttosto che PILS o altre indagini segnalano che al sud siamo molto indietro con riferimento alle competenze, più indietro rispetto al resto del nostro Paese.
Un'affermazione di questo tipo è, per le cose che ho detto, semplicistica. Al sud il contesto sociale è infatti molto più complesso, soprattutto nelle grandi periferie urbane delle sue città, e il livello di analfabetismo - e di analfabetismo adulto e di ritorno - è molto più alto che in altre zone del nostro Paese. È chiaro quindi che i ragazzini ed i bambini arrivano nelle scuole del sud con gap molto forti rispetto ai ragazzi di altre regioni o di altre situazioni sociali.
Ciò che è molto preoccupante nel testo del decreto-legge al nostro esame - è stato già detto in quest'Aula più di una volta - è il fatto che in situazioni come queste la riduzione a ventiquattro ore depriva i nostri ragazzi della possibilità di acquisire competenze che facciano superare i gap che pure esistono.
Su tale punto credo che già in Sicilia, per esempio (sono i dati che meglio conosco, essendo di Palermo), moltissimi passi in avanti sono stati fatti. Ho già ricordato nel mio intervento - sia in Commissione, sia in Aula in sede di discussione sulle linee generali - che nel 1988-89 la dispersione scolastica era pari, solo nella provincia di Palermo, al 7,6 per cento nella scuola elementare e al 25,6 per cento nella scuola media (tralascio i dati sulla scuola superiore perché naturalmente sono molto più drammatici). Oggi questo dato si è abbassato allo 0,94 per cento nella scuola elementare e al 9,15 per cento nella scuola media; quindi è statoPag. 20condotto un lavoro approfondito ed anche sulle competenze si è realizzato un grande innalzamento.
Bisogna però porre rimedio e cercare di dare di più a chi ha di meno. In quest'Aula Don Milani è stato citato anche a sproposito, citiamolo piuttosto per cose che servono: non c'è maggiore problematicità rispetto al tema di dare di più a chi ha di meno.
Ecco perché con il mio ordine del giorno n. 9/1634/33 chiediamo che nei territori dove il tempo pieno è residuale, come nelle regioni del sud, per cercare - come ci indicano con molta forza gli obiettivi di Lisbona - di recuperare rispetto agli obiettivi e ai benchmark da raggiungere entro il 2010, si possa tenere conto del fatto che per azioni di recupero dovrebbe essere consentito avere alcune ore di compresenza nella scuola elementare.

PRESIDENTE. L'onorevole Causi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/206.

MARCO CAUSI. Signor Presidente l'ordine del giorno n. 9/1634/206, a mia firma, solleva una questione molto piccola, specifica, micro: la questione dei ragazzi e delle ragazze specializzandi e specializzande che sono andati a studiare all'estero, usufruendo delle borse di studio comunitarie, che rischiano adesso di non poter essere riammessi alla frequenza del corso di specializzazione 2007-2008, che è l'ultimo previsto per l'ammissione nelle graduatorie. Chiediamo con questo ordine del giorno che il caso così specifico di queste ragazze e ragazzi possa essere risolto, permettendogli il conseguimento dell'abilitazione tramite un decreto ministeriale che preveda modalità diverse di disciplina dell'abilitazione, per non punire questi ragazzi che, mentre si specializzavano, hanno anche fatto un'esperienza all'estero.
Voglio, però, partendo da questo piccolo esempio, ricordare a tutti noi di cosa stiamo discutendo. Questo è un caso tipico di quello che succede quando si fanno tagli ai servizi pubblici pensando soltanto al risultato finanziario. Il provvedimento che stiamo discutendo pensa solo al risultato finanziario e, quindi, inevitabilmente a ricaduta, procura anche dei piccoli danni come questi. Dentro questo provvedimento, infatti, non vi è un progetto, vi è soltanto un desiderio di risparmio. L'ha detto bene il Ministro Tremonti in una recente trasmissione televisiva affermando che la scuola primaria italiana funziona, ma è una scuola che non possiamo permetterci perché troppo costosa. Questo è ciò che ha detto il Ministro, ed è chiaro, quindi, che il provvedimento al nostro esame non offre un progetto di scuola, ma punta soltanto a tagli finanziari.
Noi come Partito Democratico siamo assolutamente contrari a questa cultura, a questa politica, a questo pensiero, riteniamo che si possa risparmiare sulla spesa pubblica riorganizzando e progettando nuovi modelli organizzativi contrattuali e immettendo innovazione. Certo, questo è più complicato, e nel caso dell'università è molto più semplice ciò che ha compiuto il Governo, tagliare gli stipendi dei professori universitari, mentre si potrebbe risparmiare molto di più bloccando, ad esempio, la proliferazione dei corsi, l'inconsulto aumento delle sedi universitarie. Si può fare molto di più, ma certo è molto più faticoso. Bisogna avere un progetto di Stato e di servizio pubblico, ma questo Governo e questa maggioranza con questi provvedimenti dimostrano di non avere in testa alcun progetto per il nostro Paese.
In queste ore, in questi giorni, molti invocano un nuovo intervento dello Stato nell'economia. Tutti sono diventati interventisti, anche gli stessi che per anni erano stati per iperliberisti, ma tutti poi corrono a dire che l'intervento deve essere solo temporaneo e deve servire soltanto a risolvere i problemi di chi ha problemi, come ad esempio le banche. In sostanza sono tutti diventati socialisti, ma socialisti solo per i ricchi, come per i concessionari autostradali che con un provvedimento di questo Governo e di questa maggioranza hanno avuto un grosso regalo o come perPag. 21l'Alitalia di cui abbiamo socializzato le perdite, sperando che poi qualche privato si prenda i futuri profitti.
Voglio ricordare, invece, all'Assemblea che l'intervento dello Stato in economia è una cosa seria e non può esser deciso da una settimana all'altra a seconda delle crisi finanziarie in atto. Lo Stato deve fare bene le cose che il mercato non può fare, come l'istruzione pubblica e tante altre come l'assistenza, la sanità e i livelli essenziali delle prestazioni.
Di che cosa non può non occuparsi lo Stato? Della scuola, dell'istruzione pubblica di base, del tempo pieno, del sostegno agli alunni disabili, e tutto ciò fa parte della cifra civile di un Paese. Come possiamo pensare ad uno Stato che rinazionalizza, quando torniamo indietro dall'intervento permanente dello Stato in settori così fondamentali della nostra vita civile, sociale e non soltanto economica? È questo che non ci piace. Non ci piace un atteggiamento di mero taglio finanziario, un atteggiamento di arretramento dello Stato da settori come la scuola, da dove la Stato non deve e non può arretrare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Burtone ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/21.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, nell'illustrare il mio ordine del giorno, in premessa, voglio leggere una dichiarazione che ho sentito nei giorni scorsi. Ai Ministri Gelmini e Tremonti ricordo le parole di don Milani: usare misure eguali tra diseguali è un'ingiustizia. Non si possono prendere le stesse misure per il nord e il sud dell'Italia. Con questa riforma la Sicilia, a regime, perderà ventimila posti di lavoro. Il Presidente Berlusconi si è impegnato a far arrivare nelle scuole diecimila lavagne luminose, ma, se non ci sono insegnanti e strutture, che le manda a fare? Ci rifletta il Governo.
La riforma Gelmini è un colpo mortale alla scuola e al futuro dei giovani del sud. A fare queste dichiarazioni non è stato un esponente dell'opposizione ma un esponente della maggioranza, del Movimento per l'Autonomia, che governa in Sicilia e che è alleato nel Governo di centrodestra nel Paese. Ieri, però gli esponenti del Movimento per l'Autonomia hanno votato la fiducia e voteranno anche a favore del provvedimento, quindi queste dichiarazioni e le manifestazioni che hanno realizzato in Sicilia sono soltanto esibizionismo, esibizionismo di bassa lega. Per il Movimento per l'Autonomia è meglio rimanere nelle comode stanze della maggioranza, utilizzando il potere, e poi fare tanta ipocrisia, svolgere l'opposizione di facciata in Sicilia. Tra l'altro si aspetta l'ultimo atto di ipocrisia: sbandierare nell'isola un ordine del giorno che può essere utilizzato per fare ulteriori strumentalizzazioni.
Invece noi riteniamo che con questo provvedimento le condizioni della scuola nel sud, in particolare in Sicilia, peggioreranno una scuola già provata da difficoltà strutturali. Mi riferisco a scuole fatiscenti, insicure, senza i dovuti supporti tecnologici, senza palestre e senza laboratori, a scuole che vanno avanti grazie alla capacità e alla buona volontà degli insegnanti che operano al sud, checché ne pensi il Ministro Gelmini.
Questo provvedimento comporterà nella sola Sicilia, nel prossimo triennio, il taglio di oltre 15 mila posti di lavoro, che vanno sommati ai 2 mila 544 docenti che già quest'anno non opereranno nell'isola. La scure più pesante della legge si è abbattuta in Sicilia nella delicata frontiera dell'integrazione didattica dei disabili: 12 mila alunni disabili rimarranno senza insegnanti a seguito del taglio di ben mille unità per il sostegno. Questo provvedimento quindi produrrà conseguenze disastrose per gli insegnanti e per le famiglie, e negherà - lo vogliamo sottolineare con forza - l'accoglienza perché non assicurerà la qualità dei servizi e violerà il principio solidale dell'integrazione scolastica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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PRESIDENTE. L'onorevole Delfino ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/233.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, credo che sul tema in esame non sia più tempo di polemiche strumentali ed inutili. Tutti hanno, in questo Parlamento ma anche nel Paese, la convinzione che la scuola è la priorità della nazione. Se questo è condiviso, la scuola non può essere subordinata, nel suo esplicarsi, a mere esigenze di carattere economico finanziario.
Certamente la scuola deve contribuire ad un utilizzo più razionale, ad un'acquisizione di maggiore efficienza ed efficacia nell'utilizzo delle sue risorse, ma non può cominciare un cammino virtuoso con il taglio delle risorse a questo settore, a questa realtà fondamentale per l'Italia.
Siamo convinti, da sempre, che un processo di riforma della scuola sia indispensabile, ma abbiamo altrettanto detto in questi anni che non si può procedere per strappi. Abbiamo visto, per restare solo alle ultime quattro legislature, la riforma Berlinguer, la riforma Moratti, la riforma Fioroni e ora vediamo la riforma Gelmini. In questo processo di attenzione e di analisi tante volte il Parlamento è stato chiamato più a smontare o, come ha detto il Ministro Gelmini nelle sue audizioni, a sbullonare e sbullonare pezzi delle diverse riforme.
Ritengo che sia arrivato il tempo di lavorare con continuità ad una riforma vera che sappia garantire gli obiettivi di una crescita formativa, professionale ed educativa dei giovani e dei nostri ragazzi. Siamo, quindi, assolutamente d'accordo su questi obiettivi, non riteniamo che si possa fare questo senza un largo consenso di idee, con consenso generale e con una piena applicazione dei principi sanciti dagli articoli 33 e 34 della Costituzione, di cui tutti sappiamo: la scuola deve essere aperta a tutti e deve garantire una vera libertà scolastica, una vera scelta da parte della famiglia e, quindi, nel riconoscimento pieno di questa libertà, si possono avere anche scuole paritarie e sostegno alle famiglie per operare questa scelta senza vincoli economici.
Quindi in questo processo di riforma, non siamo certamente insensibili alle esigenze di razionalizzare e di recuperare efficienza ed efficacia nell'uso delle risorse, ma riteniamo che il diritto dei disabili - è l'oggetto dell'ordine del giorno di cui sono primo firmatario - sia un elemento che non possa essere assolutamente rimesso in discussione.
L'invito, l'appello che rivolgiamo al Governo - e mi auguro che la sua risposta, con l'espressione del parere, sia positiva - è che tutto quanto è stato promosso nel senso di crescita, di attenzione e di civiltà verso le persone in difficoltà, sancito proprio dagli articoli che riguardano l'inserimento dei diversamente abili nella nostra scuola, non solo sia confermato nei parametri ma semmai sia ulteriormente consolidato e migliorato.

PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole Delfino.

TERESIO DELFINO. Anche perché - concludo - signor Presidente, tale questione fa parte di un grande tema presente nelle scuole italiane a tutti i livelli: evitare una dispersione scolastica che soprattutto nelle scuole superiori e negli istituti universitari significa una diminuzione del patrimonio vero e reale per il nostro Paese, la risorsa umana.

PRESIDENTE. L'onorevole Levi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/35.

RICARDO FRANCO LEVI. Signor Presidente, questi che stiamo vivendo sono momenti di grave preoccupazione per tutti i cittadini e per le nostre famiglie. I venti di crisi che spirano ormai impetuosi e minacciosi, giorno dopo giorno, rendono l'orizzonte della vita quotidiana preoccupante e pieno di nubi.
Il testo dell'articolo 5 del decreto-legge che stiamo discutendo oggi, a cui si riferisce l'ordine del giorno di cui sono primoPag. 23firmatario, muove da una preoccupazione che si colloca nel quadro che ho appena disegnato.
Infatti si riferisce alla necessità di alleviare il costo che grava sulle famiglie italiane per l'acquisto dei libri, l'educazione e la formazione dei giovani. Si tratta di una motivazione e di un obiettivo che non possono che essere condivisi da tutti. Le modalità di intervento scelte dal decreto-legge in esame sono tuttavia o insufficienti o francamente sbagliate.
Nel corso della discussione presso la Commissione cultura è stato rilevato in più di un'occasione e da più intervenuti che il meccanismo scelto, che è quello di impedire o di procrastinare nel tempo il rinnovo dei libri di testo, è uno strumento sostanzialmente rozzo e non riesce a venire incontro alle necessità vere che si pongono per le nostre famiglie. Per di più, quello in esame è un provvedimento che lascia margini di ambiguità molto forti, in quanto, laddove parla di adozioni dei libri di testo, non chiarisce se si tratti delle nuove adozioni oppure di tutte le adozioni, adombrando la possibilità che, improvvisamente, nell'anno «x», tutti i libri di testo debbano essere adottati ex novo in un colpo solo, senza alcuna attenzione riguardo alle decisioni prese negli anni precedenti.
Nel corso delle audizioni di fronte alla Commissione parlamentare, il Ministro Gelmini disse con precisione che ci si riferiva solo alle nuove adozioni, però poi non venne accettato un emendamento che avrebbe chiarito e risolto questa ambiguità. In occasione della manifestazione degli Stati generali dell'editoria, di fronte ai rappresentanti del mondo della scuola e degli editori, il Ministro Gelmini ha di nuovo pubblicamente e formalmente ripetuto che si tratta solo delle nuove adozioni. Prendiamo dunque atto di tale chiarimento dato dal Ministro, però rimane questa ambiguità e rimane sostanzialmente il dubbio sull'efficacia delle misure introdotte, così come definite nell'articolo 5 del decreto-legge in esame, nel far fronte alle preoccupazioni delle nostre famiglie. L'ordine del giorno n. 9/1634/35 a mia firma, che illustro oggi, chiede di impegnare il Governo ad adottare le opportune iniziative normative, sin dalla prossima manovra di bilancio, volte ad agevolare e rendere meno oneroso l'impegno economico delle famiglie, attraverso misure economiche concrete come, ad esempio, la detraibilità fiscale delle spese in libri per l'istruzione e la formazione dei giovani.
Noi crediamo che sia questa, quella della detraibilità fiscale, la via maestra per consentire alle nostre famiglie di vedersi sollevate da un costo che in questo momento grava in modo ancora più insopportabile sulle loro spalle (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Naccarato ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno 9/1634/126.

ALESSANDRO NACCARATO. Signor Presidente e colleghi, l'illustrazione del mio ordine del giorno è l'occasione per svolgere le riflessioni che in quest'aula non si sono potute svolgere per le modalità con cui il Governo ha deciso di procedere nell'esame del provvedimento sottoposto alla nostra attenzione, e questo è il primo punto che credo abbia un aspetto di gravità davvero notevole: prima la scelta di procedere con lo strumento del decreto-legge, poi addirittura la posizione della questione di fiducia. Ciò costringe, quindi, ad approfittare (per così esprimermi) della fase di esame degli ordini del giorno per sollevare alcune questioni di merito, che non è stato possibile sollevare durante il normale e ordinario dibattito, peraltro utilizzando - e il mio ordine del giorno insiste sul punto - in modo strumentale il tema dell'educazione alla cittadinanza e alla Costituzione.
Credo, infatti, che non sfugga un aspetto di assoluta contraddittorietà relativo al fatto che, da una parte, si afferma di voler rafforzare l'insegnamento di queste materie ed introdurle in tutti gli ordini di insegnamento, dall'altra, invece, attraverso i tagli strutturali alla scuola, si riduce il servizio e, quindi, di fatto, si entra in contrasto con alcuni dei princìpiPag. 24previsti nella nostra Costituzione. Ne cito alcuni velocemente.
La prima questione riguarda la scuola elementare: partite dall'ordinamento e dal tipo di scuola che meglio funziona nel nostro Paese e che viene definita, non a caso, uno degli aspetti di eccellenza del livello di formazione e di istruzione del Paese, spesso portata ad esempio da altri Paesi che hanno deciso di uniformarsi al nostro modello di insegnamento. Parliamo di una struttura sociale diffusa, presente in tutto il territorio nazionale e spesso presidio delle istituzioni, soprattutto nelle zone più delicate e con maggiori rischi dal punto di vista di coesione sociale del Paese. Mettere in discussione questo con tagli robusti, come si fa con questo provvedimento, di fatto incrina il rispetto di alcuni princìpi costituzionali nelle zone più delicate del Paese e questo di sicuro è un aspetto di incoerenza con quanto si afferma nel decreto-legge.
In secondo luogo - e credo che sia l'aspetto su cui insistere maggiormente - la riforma che viene stravolta e smontata, e che risale al 1990 e agli aggiustamenti poi successivamente intervenuti, oltre ad essere stata il frutto ed il risultato di un lungo confronto durato almeno cinque anni in termini di dibattito parlamentare e molto di più in termini di dibattito tra esperti pedagogisti ed esperti della materia (altro quindi che un decreto-legge che in pochi giorni viene portato all'attenzione del Parlamento e poi con il voto di fiducia viene approvato), aveva consentito di introdurre alcune materie, alcuni aspetti di assoluto valore nella scuola elementare: penso all'insegnamento della lingua inglese, all'integrazione dei bambini diversamente abili, all'accoglienza e all'integrazione dei bambini stranieri. Guardate che questo è un punto delicatissimo perché non possiamo pensare di introdurre l'educazione alla cittadinanza e lo studio della Costituzione quando poi, di fatto, non saremo in grado di assicurare un tempo scuola e insegnamenti sufficienti per i bambini stranieri che vengono nel nostro Paese, per i bambini diversamente abili, per la necessità - come si dice nei documenti di cui spesso si parla - di avviarsi verso una società della conoscenza e della formazione. Quindi, si dicono delle cose e poi, di fatto, si fa l'esatto contrario.
Vi è, infine, un'ultimissima questione che vorrei toccare velocemente, Presidente, sempre a proposito di educazione alla cittadinanza e insegnamento della Costituzione. Con il decreto-legge n. 112 del 2008, esaminato all'inizio dell'estate dal Parlamento, di fatto è stato cancellato l'obbligo di istruzione a sedici anni. Ritengo che si debba riflettere su questo punto quando parliamo di educazione alla cittadinanza e alla Costituzione, perché anche in questo caso vediamo una contraddizione enorme tra quanto il Governo fa e quanto aveva annunciato nei propri programmi e nei propri propositi elettorali. Se noi, come è stato fatto, cancelliamo l'obbligo di istruzione a sedici anni, di fatto non consentiamo alle parti in maggiore difficoltà, più povere, alle famiglie con più problemi del nostro Paese, di poter usufruire di un servizio fondamentale per inserire i ragazzi nella società del domani. Quindi, ancora una volta, si dicono alcune cose e si fa l'esatto contrario.
Credo che, da questo punto di vista, anche se nei tempi «ridotti» - diciamo così - dedicati alla fase dell'esame degli ordini del giorno, non potevamo fare altro che rimarcare alcuni dei limiti del provvedimento e mi auguro - attraverso i pareri che poi il Governo esprimerà sugli ordini del giorno - di provare almeno a strappare qualche impegno che consenta di mantenere aperti alcuni spazi per modificare in futuro le misure peggiori che il provvedimento reca negli ambiti che abbiamo ricordato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole De Pasquale ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/49.

ROSA DE PASQUALE. Signor Presidente, signor Ministro, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, in questi giorni il nostro Parlamento è impegnato a discutere in merito al complesso normativo introdottoPag. 25dal decreto-legge n. 137 del 2008 - disposizioni urgenti in materia di istruzione e università - presentato dal Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Berlusconi, dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, onorevole Gelmini, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, onorevole Tremonti, e con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, onorevole Brunetta.
Leggendo l'elenco degli illustri onorevoli che hanno partecipato alla stesura e alla presentazione del decreto-legge n. 137 del 2008, ci appare subito evidente che grande responsabilità abbiamo noi, rappresentanti dei cittadini - i quali, come dice la Carta costituzionale, detengono la sovranità in questo Paese -, noi che traiamo la nostra potestà direttamente e solo dalla sovranità dei cittadini stessi.
Pertanto noi, onorevoli deputati, abbiamo la responsabilità di fare in modo che il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca - ribadisco: della ricerca - emani norme davvero lungimiranti e finalizzate davvero al bene comune della scuola italiana. Come voi ben sapete, occorre tempo, condivisione, confronto, studio e dialogo per ricercare e per dar corpo a ciò che vogliamo la scuola sia: un luogo di ricerca-azione.
Abbiamo anche la responsabilità di fare in modo che il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione emani norme davvero innovative, che sappiano leggere ed interpretare i segni dei tempi e di conseguenza costruire amministrazioni pubbliche davvero al servizio dello Stato e quindi dei cittadini. Abbiamo inoltre la responsabilità di accertare che il Ministro dell'economia e delle finanze riesca a coniugare la necessità di riduzione della spesa pubblica - andando a tagliare gli effettivi sprechi, non in modo indiscriminato - con lungimiranti investimenti sul futuro del Paese.
È per questo, perché la scuola non è né di destra né di sinistra, ma deve essere vissuta come responsabilità comune dell'intera compagine politico-sociale, che noi, deputati dell'opposizione abbiamo fin qui denunciato con forza il ricorso allo strumento del decreto-legge e abbiamo presentato numerosi emendamenti, scevri di qualsivoglia vis polemica e ideologica, esclusivamente alla ricerca del bene comune. Numerose contraddizioni vengono progressivamente in evidenza da parte del Governo in termini di spirito di collaborazione: una specie di stop and go. Gli atteggiamenti vanno dalla ricerca di adesione alla causa federalista, alle parole di ieri sera del Presidente del Consiglio nei confronti del leader dell'opposizione, alla impossibilità del Parlamento di svolgere un suo preciso ed imprescindibile ruolo costituzionale per la garanzia della democrazia nel Paese, alla mancanza di qualsiasi spirito dialogico con decretazioni «antidepressione». In tal modo, in maniera sprezzante e senza un minimo di decenza e di rispetto istituzionale, esse vengono giustificate, consapevolmente e quindi corresponsabilmente accettate da una maggioranza seduta, inerme, svuotata da un unico personalismo. Tali contraddizioni, mi domando, come si collegano in termini di consistenza valoriale alle parole, ormai normate, che riguardano il primo articolo della nuova legge Gelmini, dove si parla di «Cittadinanza e Costituzione»? Di quale formazione parliamo? Di quali contenuti parliamo? Di quale attualità di queste due realtà determinanti per la vita civile della nostra comunità parliamo? Sono molto preoccupata anche per questo motivo: quale educazione civica intendiamo dare?
Il nostro ordine del giorno cerca di ridare un minimo di consistenza concreta, oggettiva a questa idea di formazione, alla quale chiedo di porre attenzione, attivando oltre alle diverse azioni di sensibilizzazione e formazione dei docenti, anche corsi che formino i docenti a condurre un percorso didattico tramite il metodo educativo dell'apprendimento-servizio, il service-learning. Tale percorso didattico favorisce servizi solidali realizzati dagli studenti, destinati a soddisfare bisogni reali ed effettivamente percepiti da una comunità, pianificati istituzionalmente in formaPag. 26integrata con il programma scolastico o accademico, in funzione dell'apprendimento degli studenti.
Vi porto un brevissime esempio per farvi comprendere cosa intendo dire: raccogliere spazzatura sulla riva del fiume è un servizio. Studiare campioni d'acqua al microscopio è apprendimento. Quando gli studenti raccolgono ed analizzano un campione d'acqua di un fiume inquinato e usano i risultati per ripulire il fiume insieme alle autorità locali e alla comunità, questo è apprendimento-servizio. Ciò per riuscire a fare in modo che la cittadinanza non sia solo una nozione ma vera partecipazione ed altresì affinché il dettato costituzionale, nato dall'esperienza di sofferenza e di morte, di milioni di persone, proceda dalla vita e non da interessi contrapposti, allo scopo di perseguire ciò che è bene per tutti, per tutte le persone che formano il popolo italiano e, attraverso la vita, possa ricominciare a parlare innanzitutto ai ragazzi, veri depositari di quell'esperienza.

PRESIDENTE. Onorevole, devo invitarla a concludere.

ROSA DE PASQUALE. Questo metodo didattico è ampiamente diffuso in Europa. Chiedo - ho concluso, signor Presidente - che responsabilmente, con un atto di vera libertà, stimolando l'amor proprio istituzionale, ebbene, signor Ministro, miei onorevoli colleghi della maggioranza, chiedo che il Governo accolga quanto richiesto nel presente ordine del giorno, affinché si riesca a guardare veramente avanti, affinché le impresentabili logiche di potere possano fermarsi alle porte della formazione della nuova generazione dove gli indirizzi possano non assomigliare neppure lontanamente a quanto ci è dato di vedere e di vivere in questi tempi ma si possano basare sulla frase di un cibernetico padre gesuita: Teilhard de Chardin, che affermava che ogni futuro è migliore di qualsiasi passato.

PRESIDENTE. Onorevole, devo invitarla nuovamente a concludere.

ROSA DE PASQUALE. Signor Presidente, ho finito. Io dico: deve essere migliore di qualsiasi passato, solo così avrò e avremo, noi tutti qui presenti, adempiuto ai nostri obblighi istituzionali.

PRESIDENTE. L'onorevole De Biasi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/40.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Signor Presidente, signor sottosegretario Pizza, ci ritroviamo anche oggi e non demordiamo malgrado il voto di fiducia di ieri dimostri come sia davvero complicato continuare ad insistere sugli elementi di contenuto di questo decreto-legge e sui contenuti innovativi di cui avrebbe bisogno la scuola. Mi pare, però, che su questo non vi sia stata l'attenzione necessaria da parte del Governo.
Peraltro io sono felicissima di vederla qui: diciamo che, ancora una volta, non possiamo che rimarcare l'atteggiamento ormai ai limiti dell'arroganza del Ministro Gelmini. Comunque penso che ognuno, poi, risponda all'elettorato, ai cittadini italiani ed al mondo della scuola; la dinamica democratica richiederebbe ben altre attenzioni fatta salva, ovviamente la sua, sottosegretario, perché le do atto di essere stato sempre presente e attento ai nostri interventi.
Dicevo che non demordo perché penso che sia importante segnalare ancora una volta con questo mio ordine del giorno n. 9/1634/40 come l'articolo 5 del decreto-legge sia scritto davvero male e non sia in grado di rispondere alle esigenze vere che hanno gli studenti e le scuole.
Da molto tempo il nostro Parlamento è impegnato, in diverse forme e in diversi modi, a risolvere l'annoso problema dei libri di testo, del loro costo, del loro peso, del rapporto con le famiglie. Come diceva già il collega Levi, la situazione internazionale e nazionale dal punto di vista finanziario è davvero drammatica. Ieri il sottosegretario Bonaiuti al Senato ci ha parlato di 120 milioni di tagli all'editoria: 120 milioni significano la chiusura di numerosissime testate e quindi l'annullamentoPag. 27della narrazione di questo Paese. Contemporaneamente ci troviamo, però, con un articolo - l'articolo 5 del decreto-legge in questione - che affronta davvero in modo rozzo il rapporto col mondo dell'editoria e con i libri di testo. Lo fa (l'abbiamo già detto nella discussione sulle linee generali e quindi non intendo tornare sul punto) introducendo alcuni elementi che sono davvero molto, ma molto preoccupanti.
Mi riferisco anzitutto al rapporto tra libri di testo e messa in opera, secondo la legge 6 agosto 2008, n. 133, dei libri di testo scaricabili soltanto da Internet. Non si capisce per quale motivo a questo provvedimento non si accompagnino altri provvedimenti di contorno, quelli che appunto noi chiediamo con l'ordine del giorno. Tali misure sarebbero segnatamente (le enuncio in modo molto sintetico e veloce) volte a mettere le scuole in condizione di poter essere all'altezza della sfida tecnologica che la legge 6 agosto 2008, n. 133, propone.
Sappiamo che un libro on line è diverso da un libro di testo cartaceo scaricato dalla rete, sappiamo altresì che il libro ha un valore in sé (e quindi ci auguriamo che i libri non diventino solo fogli sparsi per gli studenti) ma chiediamo che le scuole possano avere la dotazione finanziaria e la strumentazione sufficiente e necessaria per poter attuare questa rivoluzione tecnologica.
Solo il 39 per cento delle famiglie nel nostro Paese possiede un computer; quindi occorre che si specifichi in qualche modo, attraverso i regolamenti attuativi di questo provvedimento, a chi compete la stampa dei libri di testo da Internet. Pagheranno le famiglie? Pagheranno le scuole? Dove andranno le famiglie a stampare i libri di testo? Le scuole, hanno la dotazione informatica necessaria? Allo stato attuale, no.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Dunque, per tutto questo chiediamo che, non soltanto questo ordine del giorno venga preso in considerazione ed approvato, ma che, soprattutto, in legge finanziaria si preveda la dotazione economica necessaria. Pena il fatto che, ancora una volta, ci sarà disuguaglianza tra chi può stamparsi i libri e chi no, tra i bambini poveri e quelli ricchi, tra chi frequenterà quella bella scuola (così tanto prefigurata da quello che oggi viene definito un aggiustamento anziché una riforma) e chi invece si dovrà accontentare, ancora una volta, di leggere i foglietti sparsi dai suoi compagni ricchi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Aprea ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/25.

VALENTINA APREA. Signor Presidente, l'ordine del giorno di cui sono prima firmataria in realtà è anche stato sottoscritto, idealmente e sostanzialmente, da tutti i capigruppo della Commissione cultura, perché nel corso del dibattito in ordine al provvedimento in esame, che si è svolto in maniera approfondita in Commissione, abbiamo più volte valutato la possibilità di affiancare alla reintroduzione dei voti anche la certificazione delle competenze.
Come è noto, il decreto-legge in esame reintroduce il sistema dei voti nella scuola primaria e nella scuola secondaria di primo grado, sostituendoli ai giudizi. Sicuramente si tratta di una scelta di chiarezza che è anche condivisa dai docenti, ma ciò che ci interessa non è solo fermarsi a questa modifica, che è di sostanza e perciò non solo di tipo formale, ma anche far sì che l'istituto scientifico che supporta la valutazione nel nostro Paese, l'Invalsi, possa studiare anche dei descrittori che corrispondano all'assegnazione dei voti, per fare in modo che non vi sia una differenza tra aree o scuole del Paese, che non si assegnino i voti senza tener conto di riferimenti oggettivi.
Pertanto, vi è una volontà in tal senso che esprimo con la parte dispositiva dell'ordine del giorno in esame, ma essa è sicuramente il frutto del dibattito che si è svolto in Commissione cultura. Pertanto, siPag. 28impegna il Governo ad accelerare, attraverso il contributo scientifico dell'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione, la definizione dei descrittori dei livelli di apprendimento disciplinare del primo e del secondo ciclo, nonché il profilo in uscita atteso per ogni studente al termine di ogni singolo percorso di studio, tenendo anche conto della disabilità e dei disturbi specifici di apprendimento, affinché l'assegnazione dei voti, l'attestazione dei risultati raggiunti e la certificazione delle competenze corrispondano a conoscenze, abilità e competenze comparabile e misurabili tra scuole e, più generalmente, a livello nazionale.
Oggi, invece, avviene esattamente il contrario. Ciò è stato anche confermato recentemente in uno studio dell'OCSE condotto sui dati rilevati nel nostro Paese. Infatti, un sette assegnato in una scuola di una determinata area del Paese non sempre corrisponde ad un giudizio addirittura sufficiente in un'altra scuola o in un'altra realtà del Paese. Tanto per essere chiari, vi può essere un sette che corrisponde, rispetto ai descrittori, anche ad un quattro attribuito, invece, secondo criteri più rigidi in un'altra zona o in un'altra scuola del Paese. Pertanto, intendiamo raggiungere l'omogeneità e l'uniformità del giudizio. È un obiettivo difficile, signor Presidente, però ci proviamo. Oggi vi sono degli strumenti che in passato non esistevano e la Commissione europea sta fornendo delle raccomandazioni e sta producendo questi descrittori e quindi desideriamo che le nostre scuole e i nostri docenti siano confortati, nell'assegnazione del voto, da questi descrittori. Pertanto, la Commissione cultura chiede al Governo di accelerare queste procedure (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Partito Democratico e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. L'onorevole Mazzarella ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/54.

EUGENIO MAZZARELLA. Signor Presidente, il rito che stiamo celebrando è quello degli ordini del giorno e sappiamo tutti che serve a poco. Il Governo e la maggioranza, cui sostanzialmente si rivolgono e che dovrebbero avere la cortesia istituzionale di ascoltarli, si concentrano nella persona del sottosegretario Pizza lasciato solo, a cose fatte, a fiducia portata a casa sul decreto Gelmini, a valutare, per il silenzio dei rendiconti parlamentari, le opinioni dell'opposizione su questo provvedimento, opinioni preventivamente silenziate dal ricorso al decreto e alla fiducia.
Nel ringraziare il sottosegretario per la solitaria difesa per il Governo della dignità dell'Assemblea non posso, però, da novizio di questa Assemblea, chiedermi, magari ingenuamente, perché una maggioranza ampia che non dovrebbe temere i numeri dell'Aula ricorra, in modo così spudorato, agli strumenti della decretazione d'urgenza e della fiducia, senza temere di sfidare anche i moniti giustissimi del Presidente della Repubblica.
Un perché forse c'è: evidentemente questa maggioranza e questo Governo hanno la forza dei numeri certamente, ma non hanno la forza degli argomenti a sostegno dei propri provvedimenti e temono la libera discussione parlamentare e il rischio che le Camere, nell'esercizio pieno del mandato parlamentare, possano far capire al Paese questo vuoto progettuale e di speranza che si cela nei provvedimenti del Governo.
Il senso generale degli ordini del giorno che stiamo illustrando è presto detto: lasciare almeno alle carte del Parlamento, perché all'attenzione del Governo non è stato possibile nonostante il lungo lavoro svolto in Commissione, la testimonianza che almeno parte di questo consesso aveva ed ha chiari gli effetti sociali del decreto Gelmini, del tutto distonici con il rilancio della scuola italiana cui vorrebbe provvedere.
L'ordine del giorno che illustro richiama l'attenzione su alcuni aspetti di questi effetti sociali del decreto Gelmini: l'articolo 4, come sappiamo, prevede un orario di ventiquattro ore settimanali per le classi di insegnamento affidate all'insegnante unico e rimanda ai regolamentiPag. 29una più ampia articolazione del tempo-scuola. Ora, si consideri che il tempo pieno ha rilevanza sociale soprattutto in importanti zone del Mezzogiorno perché strappa le più giovani generazioni, almeno per una frazione della giornata aggiuntiva a quella di un orario così ridotto, agli effetti del degrado sociale in cui sono immerse, impegnandole in attività tese a una funzione più ampia della cultura, anche come cultura della legalità.
Infatti, la scuola a tempo pieno si è diffusa gradualmente sino a raggiungere la quota del 25 per cento di tutte le classi, però questo dato sconta forti differenze territoriali: il sud è particolarmente penalizzato quanto alla realizzazione effettiva del tempo pieno. Assunto che i genitori gradiscono questo modello (potendolo), infatti la richiesta è superiore alla possibilità dell'accoglienza, noi chiediamo che il Governo si impegni, almeno in termini di regolamento, a mettere riparo a questi effetti sociali. Richiamo l'attenzione del Governo sul fatto che il prefetto Panza, il prefetto di Napoli, un funzionario dello Stato, ha monitorato gli effetti sociali del decreto Gelmini sulla forza lavoro nella scuola segnalando che a seguito di esso ci saranno 5 mila cattedre in meno (si prevede questo nella provincia di Napoli). Ciò significa che più che un provvedimento di pubblico impiego esso dispiegherà effetti che rappresenteranno un'emergenza sociale.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

EUGENIO MAZZARELLA. Mi avvio a concludere. Questo è il dato dal lato dell'impiego, ma dal lato degli utenti (cioè dei ragazzi, dei bambini e delle famiglie) il controvalore del disagio sociale è il fatto che in realtà vengono meno gli strumenti e i mezzi non solo per recuperare il 20 per cento di dispersione scolastica (che ad esempio vi è nella provincia di Napoli), ma anche per offrire con un tempo-scuola più lungo un'opportunità di migliore formazione civica e culturale per i nostri ragazzi.
Vedremo che cosa il Governo dirà su questo ordine del giorno. Serietà vorrebbe che indicasse, se lo accoglie, anche i mezzi finanziari per renderlo poi operativo e non semplicemente un gesto di cortesia verso chi l'ha proposto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Corsini ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno 9/1634/213.

PAOLO CORSINI. Signor Presidente, non ritornerò sui molteplici temi che i colleghi del Partito Democratico hanno già sottoposto alla nostra attenzione. Tuttavia, voglio partire dall'assunto per cui non è possibile procedere ad un disegno di riforma della scuola senza definire - prioritariamente e alla prova concreta dei riscontri obiettivi - quale sia il progetto di scuola che ispira le scelte del Ministero e del Governo.
Credo che sia opportuno concentrare la nostra attenzione su questo tema: non la questione, che è stata definita abbastanza folcloristica del «grembiulino» o quella altrettanto discussa del cosiddetto «cinque in condotta». A me stupisce che un Ministro utilizzi il linguaggio della pratica medica o dell'attività giudiziaria e non tematizzi invece il problema della valutazione del comportamento che è cosa distinta anche concettualmente dalla condotta. Inoltre, vi è l'ipotesi perseguita e che diventerà operativa della riproposizione populistica del voto.
Credo che il tema centrale sul quale dobbiamo concentrare la nostra attenzione è la proposta del maestro unico nella scuola elementare. Peraltro, ci troviamo in un tempo nel quale tutti ci saremmo attesi procedimenti legislativi atti a portare a compimento una riforma, che è infinita nella storia della scuola italiana, e, quindi, il completamento dei provvedimenti assunti dai Governi precedenti. Si pone invece come obiettivo fondamentale questo intervento su quel segmento di scuola universalmente apprezzato tanto alla luce del vaglio delle valutazioni internazionali, quanto sotto il profilo del consenso delle famiglie e dei genitori e, peraltro, con un procedimento tipico di questoPag. 30Governo, che mette in luce una delle cifre fondamentali e una delle sue caratteristiche più riconoscibili: ritenere di poter risolvere il dilemma del tutto legittimo del rapporto tra democrazia della discussione e democrazia della decisione attraverso la riduzione della complessità.
Tale logica di riduzione della complessità è tipica delle procedure parlamentari sulle quali il Governo Berlusconi da tempo insiste, peraltro, in questo caso su un provvedimento come quello della scuola che, invece, evoca il rispetto della specializzazione del sapere, dell'apprendimento e della didattica.
È il tempo della cultura mediatica, dell'informatica, delle lingue e si risponde con il maestro unico, sulla base di un presupposto pedagogico che il Ministro Gelmini esprime in modo del tutto ingenuo, allorquando dice: «Anch'io ho avuto una sola maestra». La memoria di sé e della propria esperienza personale viene utilizzata come paradigma universalizzante e generalizzato. Questa non può essere una giustificazione pedagogica. Credo che nessun pedagogista italiano accetterebbe questo assunto.
La vera ragione del provvedimento è la sua ratio economica al punto tale che, dal mio punto di vista, è legittimo sostenere che l'artefice vero di questo progetto di riforma non sia la signora Ministro Gelmini, che ha scarsa consuetudine e poca dimestichezza con i problemi scolastici, ma sia il Ministro Tremonti. Tutto ciò, peraltro, è stato fatto con una serie di mistificazioni, dal momento che tutti i colleghi che hanno avuto una qualche consuetudine con la scuola sanno che non è vero che più insegnanti siano eccessivi.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

PAOLO CORSINI. Infatti, non sono affatto impegnati su una classe, a maggior ragione in una scuola come la nostra che può vantare un primato civile e morale, laddove utilizza insegnanti specializzati nel sostegno e, con una scelta di civiltà che ci onora, nell'integrazione degli alunni che hanno disabilità o problemi rilevanti, e che dedicano la loro passione e la loro competenza all'integrazione scolastica di futuri cittadini di provenienza extracomunitaria.
Ribadisco quindi che si scombussola un ordinamento, lo si stravolge, laddove tocca punte di eccellenza, e quel che viene presentato come una sorta di panacea, cioè il ritorno al buon tempo antico, e insieme come premessa di un futuro luminoso, nel quale finalmente il merito sarà riconosciuto, gli insegnanti saranno adeguatamente retribuiti e le classifiche internazionali saranno scalate, in realtà prefigura un'operazione di mutazione genetica del fondamento educativo-pedagogico del principio culturale che è all'origine e che caratterizza l'esperienza scolastica italiana.
Sostanzialmente si hanno di fronte tre modelli: il modello funzionalista che era perseguito dalla signora Ministro Moratti, il modello personalista che lei, signor Presidente, conosce perfettamente, tenuto conto delle sue preferenze e della sua formazione culturale, e oggi...

PRESIDENTE. Onorevole Corsini, devo invitarla a concludere, è già un minuto oltre i suoi tempi.

PAOLO CORSINI. ... invece l'imitazione di un presunto modello aziendalista che fa venir meno il fondamento personalista che caratterizza l'impronta civile, etica e culturale della nostra scuola e della formazione scolastica.
A me è già capitato di dire - così concludo con una battuta - che la finanziaria del Ministro Tremonti, il Ministro che ha scritto il libro La paura e la speranza, avrebbe moltiplicato le paure, nonché offeso e umiliato la speranza; in questo caso, come ha scritto Italo Fiorin, che è un valente pedagogista il quale peraltro...

PRESIDENTE. Onorevole Corsini, non mi metta in difficoltà, concluda.

PAOLO CORSINI. ... conosce la tradizione della scuola personalistica e comunitaria, la proposta di Tremonti, non dellaPag. 31Gelmini, produrrà e farà solo paura (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Rivolta ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/222.

ERICA RIVOLTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Costituzione valorizza il cittadino nella sua dimensione sociale; tale processo si completa con il riconoscimento dell'autonomia delle collettività territoriali, che insieme allo Stato costituiscono la Repubblica italiana. Promuovendo e tutelando le autonomie territoriali si offre all'individuo un ulteriore ambito, quello locale, per sviluppare la propria personalità e partecipare alla vita politica e sociale del Paese alleggerendo, nel contempo, i compiti dello Stato ed affidandoli ad enti più vicini alle necessità dei cittadini, in grado di adeguare più facilmente la loro azione alle più disparate esigenze economiche e sociali emergenti dalle specifiche realtà locali.
La necessità di ridurre la catena dell'organizzazione sociale, allocando le decisioni concernenti la vita delle persone al livello più basso, è persino avvertita a livello comunitario: l'articolo 3 del Trattato istitutivo della Comunità europea riconosce, infatti, la legittimità dell'intervento comunitario nelle materie non di competenza esclusiva della comunità, soltanto quando l'azione eventualmente spiegata a livello nazionale non sia in grado di realizzare altrettanto efficacemente l'obiettivo fissato.
Gli enti locali, le province e i comuni godono di autonomia politico-amministrativa, normativa, in quanto possono adottare regolamenti, quindi atti formalmente amministrativi ma sostanzialmente normativi, e infine di autonomia statutaria. L'autonomia statutaria degli enti locali, assoggettata ai soli principi fissati dalla Costituzione, è davvero rivoluzionaria se si considera che sotto il vigore delle previgenti disposizioni costituzionali l'autonomia statutaria degli enti locali trovava il suo fondamento implicito nell'articolo 128, ora abrogato, ma la sua effettiva disciplina era contenuta nel Testo unico degli enti locali. Va sottolineato che nel novellato testo costituzionale spetta al legislatore statale disciplinare le funzioni fondamentali, gli organi di governo e i sistemi elettorali degli enti locali, tuttavia, lo statuto dell'ente locale, pur soggetto ai soli principi costituzionali, dovrà comunque coordinarsi con la legislazione statale e regionale.
Riteniamo che sia importante studiare l'atto organizzativo fondamentale degli enti territoriali: il comune è il più antico ente locale originario che rappresenta la propria comunità, mentre la provincia è l'ente locale intermedio fra comune e regione; entrambi curano gli interessi, la promozione e lo sviluppo della propria comunità.
Quindi, la richiesta di accoglimento di questo ordine del giorno si fonda sulla convinzione che debba essere siglato un patto per la scuola, all'interno del quale ogni soggetto è chiamato a fare la propria parte in termini di qualità.
Insegnanti e famiglie devono tornare ad essere educatori e gli enti locali devono interagire con attenzione, secondo il proprio ruolo strategico. Si pensi che alle amministrazioni comunali e provinciali compete l'edilizia scolastica, così come i comuni devono già coordinare i servizi mensa, trasporti, corsi di educazione stradale, laboratori nelle biblioteche e nei musei, consigli comunali dei piccoli e dei ragazzi. Così come filtrano, i piani di diritto allo studio organizzano il pre e il post-scuola, laddove esiste, soprattutto da dove provengo, quindi dalla Lombardia, l'esigenza irrinunciabile del tempo pieno, che comunque resterà.
Non solo, gli enti locali devono anche coordinare il discorso sugli insegnanti di sostegno. I valori contenuti negli statuti degli enti locali devono essere trasmessi ai nostri studenti sin dalle classi più piccole, proprio perché sono parte fondamentale della formazione culturale e identitaria, sia per chi è nato in quel territorio, ma, soprattutto, per chi in quel territorio ciPag. 32vive, venendo da altre parti d'Italia o, addirittura, da altre parti del mondo.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ERICA RIVOLTA. Già in Commissione ho lanciato un appello ai colleghi del sud, soprattutto a quelli del centrosinistra, e concludo. Una grande proposta, nata culturalmente nel nord d'Italia, può diventare il nuovo modello di sviluppo dell'intero Paese. Questa proposta si fonda sulla responsabilità di tutti i soggetti e sul principio di equità.
Noi leghisti consideriamo che questo modello potrà avere dei risultati molto positivi anche nella scuola. Questo modello si chiama federalismo e questo cambiamento deve avvenire comunque, perché - i dati OCSE-PISA ce lo dicono - in questo Paese non c'è omogeneità ed equità, e, quindi, si avverte la necessità di una razionalizzazione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. L'onorevole Mario Pepe (PD) ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/1.

MARIO PEPE (PD). Signor Presidente, grazie per la parola che mi ha concesso. Saluto il sottosegretario e la presidente della Commissione, l'ottima Aprea. Devo anche dire che questa mattina ho avvertito una grande novità: la Commissione cultura, scienza ed istruzione della Camera ha rimesso all'attenzione del Governo un ordine del giorno, perché possa essere accolto da quest'ultimo.
Ritengo, signor Presidente, che in questa presentazione e nel commento che ha fatto l'onorevole Aprea, al di là delle valide considerazioni, vi sia il segno di debolezza della cultura e della pubblica istruzione in questo Governo e nel nostro Paese.
È mai possibile appellarsi, in «zona Cesarini», ad un eventuale accoglimento di un ordine del giorno, quando era possibile concludere e sintetizzare, nel provvedimento di cui stiamo parlando, gli aspetti e le istanze della Commissione cultura, scienza e istruzione?
Vi è una forte discrasia istituzionale - lei lo può ritenere, lo ritengo certamente io - tra il peso politico e istituzionale della Commissione e il Governo. Quali sono le mie considerazioni (e vado ad illustrare brevemente la parte finale del mio ordine del giorno)?
Signor Presidente, conveniamo tutti sul fatto che dopo un primo progetto scuola per l'Italia del Ministro Berlinguer e un secondo progetto scuola del Ministro Moratti, ci troviamo di fronte ad un non progetto, ad una progettualità inesistente, affidata sul piano dottrinario ad una pedagogia retriva, o meglio, ad un'economia pedagogica, realizzando un obiettivo che è stato comunque superato dalla storia, per il quale sono le strutture economiche a condizionare le scelte di ordine politico, ideale o educativo che interessano la scuola italiana.
Ma l'assurdo del provvedimento in esame è che esso si richiama totalmente, signor Presidente, alla legge n. 133 del 2008, la quale, all'articolo 64, prevede un aspetto preoccupante, cioè la delega piena al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca a redigere un piano programmatico che afferisce a tutti i settori della scuola; un piano programmatico che deve essere sottoposto soltanto al previo parere delle Commissioni competenti, perfino la Commissione bilancio, ed attuato con l'adozione di uno o più regolamenti e con riferimento al quale il Ministro può anche modificare le leggi vigenti. Qual è la conclusione politico-istituzionale? Il Parlamento non avrà l'opportunità di deliberare sul progetto scuola che interessa il nostro Paese.
La conclusione, come richiedo nell'ordine del giorno, è la seguente: noi chiediamo un progetto scuola, se vogliamo parlare effettivamente di un'educazione valida, chiara, precisa; un progetto scuola, signor Presidente, che coinvolga gli operatori scolastici, così rimossi e banalizzati da questo decreto-legge, e gli enti territoriali: si fa appello molte volte in maniera improvvisata, empirica al federalismo; qui si tratta di dare un segno forte alla scuola nel nostro Paese, quindi le regioni vannoPag. 33coinvolte per determinare le scelte future; e così le organizzazioni sindacali, e le forze imprenditoriali.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MARIO PEPE (PD). La scuola non è un'ancella, da cui si può prescindere per le scelte forti del nostro Paese: è un vettore essenziale della moderna pedagogia e di una didattica che vuole innovare in nome della libertà, alla quale mi appellavo, citando un grande pensatore, Benedetto Croce (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Pepe, grazie anche per la citazione di don Benedetto!
L'onorevole Codurelli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/36.

LUCIA CODURELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'articolo 34 della nostra Costituzione chiama in causa la pubblica amministrazione affinché il diritto all'istruzione possa essere soddisfatto. Il punto cruciale è proprio questo: cosa deve fare la pubblica amministrazione perché il diritto all'istruzione possa essere concretamente garantito? Il riconoscimento del diritto di raggiungere i gradi più alti dello studio rappresenta uno degli strumenti più importanti per rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana, fra cui quelli legati all'istruzione; e per dare attuazione, quindi, all'eguaglianza sostanziale fra i cittadini abbienti e meno abbienti che è alla base dell'articolo 3 della Costituzione: in sostanza, tra operai, imprenditori ed altro. C'è quindi una reciprocità tra diritto allo studio e principio di uguaglianza: se non si tutela il primo, non c'è l'uguaglianza fra i cittadini; se non si rimuovono gli ostacoli economici che creano differenziazioni, non si può consentire ai capaci e meritevoli, privi di mezzi, di raggiungere i gradi più elevati degli studi. Questo è il problema, caro Ministro Gelmini, che ha preferito scegliere altre sedi, senza contraddittorio, piuttosto che arrivare in Parlamento; Ministro Gelmini e tutti gli altri Ministri, avete giurato sulla Costituzione, ma poi nell'esercizio della vostra funzione state dimenticando, disattendendo il principio fondamentale di dare le stesse opportunità alle famiglie, distruggendo una scuola elementare fra le più apprezzate.
Con l'ordine del giorno n. 9/1634/36, di cui sono firmataria, chiedo al Governo un impegno ad improntare il decreto-legge ai principi educativi e alla finalità di recupero previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249. La riforma del 1990 firmata da un nostro illustrissimo collega, onorevole Mattarella, oggi non più in Parlamento, fu il risultato di un lungo e approfondito dibattito politico, parlamentare e culturale, che ha visto il coinvolgimento del mondo della scuola, di pedagogisti, associazioni di docenti, del sindacato, eccetera.
Con la riforma del 1990, al contrario di quanto afferma, in modo subdolo, la nostra Ministra Gelmini, non si è voluto aumentare il numero degli insegnanti (che non è aumentato) né, tanto meno, mantenerne il livello a fronte del calo demografico. Il vero colpo di mano sta invece nell'aver deciso una questione di questa portata con un decreto-legge. Con poche righe si stravolge l'ordinamento, il modo di essere di un intero settore scolastico fondamentale e, finora, il più efficiente: niente confronto, niente discussione vera in Parlamento!
È sorprendente che un Ministro dell'istruzione si esprima in maniera così grossolana su una riforma realizzata con serietà diciotto anni addietro; occorre più rispetto verso scelte compiute da altri Governi e dal Parlamento, se si vuole, a propria volta, essere rispettati. Dovrebbe sapere, Ministra Gelmini, che quella riforma partiva da una consapevolezza, quella relativa all'ampliamento dei saperi che la scuola elementare era chiamata ad impartire alle generazioni future. La scuola elementare non è più soltanto insegnare a leggere, scrivere e fare qualche conto; oggi alle elementari si insegna - e si deve insegnare - anche inglese, musica, tecnologia, arti, capacità per l'uso deiPag. 34materiali (e certo, signora Ministro, lo si deve insegnare anche ai figli degli operai!).
Vedo quello che viene insegnato a mia nipote tutti i giorni e che domani non sarà più così. Come sappiamo tutti, e come tanti colleghi hanno già ricordato, i bambini di oggi sono più stimolati. Ma come si può pensare allora che tutto ciò venga svolto da un solo insegnante, se non con una superficiale approssimazione? Che vi sia un insegnante prevalente - condizione prevista dalla riforma del 1990 e in questo rafforzata anche dalla Ministra Moratti - è un bene, ma l'introduzione del maestro unico non fa che riportarci al passato e il cinque in condotta servirà all'insegnante solo per tenere a bada la classe.
Si tratta, da parte del Governo, di una scelta brutale: l'orario si riduce a ventiquattro ore (dunque, trenta ore al mese in meno), le famiglie saranno in difficoltà e l'insegnamento ne perderà in contenuto e qualità. Inoltre, l'età degli insegnanti, senza ricambio per molti anni (e sapete cosa ciò significherà), salirà sempre di più ed anche questo è un danno. Assistiamo al ritorno ad un passato nel quale non c'era posto per un successo formativo. Occorre ricordare che, ai tempi della mitica esaltazione della maestra unica, almeno due ragazzi su dieci iscritti in prima elementare non arrivavano in tempo utile al traguardo della licenza: è la logica secondo cui i figli degli operai rimarranno operai!

PRESIDENTE. Onorevole Codurelli, la invito a concludere.

LUCIA CODURELLI. Concludo, dicendo: altro che aiuti alle famiglie, altro che aumento dell'occupazione femminile, altro che aiuti alla natalità! Questo Governo fa di tutto per rendere impossibile il vivere quotidiano. I dati sono inconfutabili e ci dicono che è sempre maggiore il divario tra ricchi (sempre più ricchi) e poveri (sempre più poveri). Con questa idea di scuola, cara Ministra Gelmini, il divario aumenterà ancora di più.

PRESIDENTE. Onorevole Codurelli, devo invitarla a concludere, poiché ha terminato il tempo a sua disposizione.

LUCIA CODURELLI. In conclusione, invito il Governo ad accogliere il mio ordine del giorno n. 9/1634/36 per i motivi che ho prima elencato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Vignali ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/234.

RAFFAELLO VIGNALI. Signor Presidente, in termini generali vorrei esprimere il mio apprezzamento per questo provvedimento del Governo per una ragione sostanziale: esso riporta al centro della scuola l'educazione e l'alleanza tra famiglia e scuola per l'educazione. Il maestro prevalente è fondamentale dal punto di vista pedagogico e non è un ritorno al passato; il tempo pieno non diminuirà, ma aumenterà; il voto in condotta (o «in comportamento») è - credo - la strada proprio per un'educazione dei nostri ragazzi. Non si può pensare che ai problemi del bullismo nelle scuole si possa dare una soluzione, semplicemente aumentando le regole, perché non sono le regole a rendere gli uomini migliori; ciò che rende l'uomo migliore è sicuramente solo una cosa: si chiama educazione. L'educazione è la prima emergenza di questo Paese e viene ancora prima dell'emergenza economica e finanziaria.
Non solo, l'educazione è il compito che la Costituzione assegna alle nostre famiglie. Per questo, una riforma che vada nel senso dell'educazione, di una scuola che, oltre ad istruire, educhi, è una riforma vera, sostanziale, che si occupa di ciò di cui vi è bisogno. Come diceva Péguy, autore caro a me e anche a lei, signor Presidente, la crisi dell'insegnamento non è una crisi di insegnamento, ma una crisi di vita. Il problema vero è se i nostri insegnanti hanno la libertà per poter trasmettere un senso del vivere - perché questa è l'educazione -, insegnando attraverso l'insegnamento delle materie. Noi abbiamo bisogno di una scuola che educhi e di una scuola di qualità che pensi, innanzitutto, non ai posti di lavoro, ma al bene dei nostri figli, al loro futuro. AbbiamoPag. 35bisogno di una scuola di qualità aperta a tutti; questo è il senso del mio ordine del giorno n. 9/1634/234, che ha un'illustre precedente in questo periodo in Europa: mi riferisco alla riforma realizzata in Gran Bretagna da Tony Blair (invito i colleghi della sinistra a studiarla attentamente), che non mi sembra sia un reazionario o un iperliberista. Tale riforma parte semplicemente dalla constatazione che una scuola di qualità la si ottiene soltanto se la scuola è veramente autonoma e se, soprattutto, le famiglie possono scegliere dove mandare i loro figli; questa - come ha affermato Blair in un celebre discorso - è la migliore garanzia perché i nostri figli abbiano un futuro e un futuro di giustizia per tutti.
Spero che la sinistra italiana ci rifletta: pubblico non è soltanto statale, ed un'effettiva parità serve innanzitutto a chi non ha i mezzi, perché i figli dei ricchi possono scegliere la scuola che vogliono, sono quelli dei poveri che oggi non possono. Per questo, il mio ordine del giorno n. 9/1634/234 chiede che il Governo proceda ad adottare provvedimenti che consentano un'effettiva libertà di scelta da parte delle famiglie. Noi vogliamo che i figli dei poveri possano studiare nelle scuole di qualità e in futuro non essere più poveri.
Non arrivo a pensare ciò che pensava un grande autore della sinistra, che su questo tema è sempre stato ignorato, come Antonio Gramsci, che sosteneva, addirittura, che la scuola dovesse essere fuori dal controllo dello Stato; Antonio Gramsci affermava ciò nel 1918 quando, quindi, non vi era ancora stato il fascismo. Non arrivo a questi estremi, ma anche lui era un sostenitore della libertà di scelta. Non finanziando le scuole, ma finanziando le famiglie, non finanziando l'offerta, ma la domanda; è con ciò, in un sistema di mercato regolato, che si può veramente garantire una crescita qualitativa di tutto il sistema.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

RAFFAELLO VIGNALI. Concludendo, nell'economia della conoscenza, nella società della conoscenza, che sono il nostro futuro, abbiamo bisogno - lo ripeto - di una scuola di qualità e una scuola di qualità è una scuola che educhi, affinché si possa difendere il nostro futuro.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Vignali, anche per le sue citazioni.
L'onorevole Rossa ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/47.

SABINA ROSSA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole rappresentante del Governo, i contenuti di questo ordine del giorno n. 9/1634/47 richiamano al riconoscimento del valore culturale e sociale della pratica sportiva, del valore dello sport quale importante agente di inclusione sociale e di partecipazione alla vita aggregativa, di accettazione delle differenze, quale elemento qualificante di un moderno sistema di welfare, nonché strumento di prevenzione sanitaria per la diffusione di stili di vita salutari, soprattutto, tra i più giovani. Sono temi questi ai quali in Commissione cultura abbiamo dedicato più sedute; abbiamo udito il sottosegretario con delega allo sport, onorevole Crimi e affrontato un'ampia ed esaustiva discussione.
Con i colleghi di maggioranza ci siamo trovati in sintonia sull'importanza della formazione e della capacità educativa del fare sport. Ciò che ci sconcerta è che questo decreto-legge, che si vuole presentare come progetto di riforma della scuola, non contenga, e non spenda neanche una parola sull'attività fisica e sportiva.
L'onorevole Crimi, nella sua relazione in Commissione cultura, ha affermato che sarà dedicata particolare attenzione dal Governo per favorire una proficua collaborazione tra gli istituti scolastici, il sistema sportivo e le associazioni radicate sul territorio, e che sarà agevolato concretamente l'accesso e l'utilizzo degli impianti pubblici da parte degli studenti, e che ogni sforzo sarà compiuto al fine di confermare l'impegno finanziario già previsto dalla legge n. 41 del 2007, con particolare riferimento alla pianificazione ed alla riorganizzazione dell'intero compartoPag. 36dell'impiantistica sportiva. Chiediamo, con questo ordine del giorno, proprio di investire in strutture sportive, di rendere gli impianti sportivi scolastici spazi fruibili, nell'idea di scuola aperta al territorio come tratto caratterizzante dell'autonomia scolastica.
L'apertura delle scuole in orario extracurricolare, già prevista peraltro da precedenti disposizioni, ha avuto un ulteriore impulso proprio con la finanziaria per il 2007, che ha destinato risorse pari a 64 milioni di euro al fine di favorire l'ampliamento dell'offerta formativa e il pieno utilizzo degli ambienti e delle attrezzature scolastiche anche in orario diverso da quello delle lezioni. Dei fondi stanziati 34 milioni sono stati rivolti alla sperimentazione di metodologie didattiche riguardanti anche le attività per la promozione della pratica motoria e sportiva, e hanno così preso avvio numerosissimi progetti su tutto il territorio nazionale. Esempi significativi sono quelli nati e promossi in quelle località cosiddette a rischio, accomunate da situazioni di disagio, ma nello stesso tempo ognuna caratterizzata da elementi di peculiarità. Grazie al finanziamento dei progetti, nella sola regione Campania ad esempio, 271 scuole sono rimaste aperte il pomeriggio con laboratori, corsi e spettacoli.
E nuove disposizioni in materia di sport sono state poi emanate dal precedente Governo nel novembre 2007. Esse hanno dato indicazioni e orientamenti per l'avvio di progetti di potenziamento dell'attività fisica e sportiva nella scuola primaria e secondaria, per promuovere quindi l'attività motoria a scuola, per promuovere i giochi sportivi studenteschi, con l'intento di coordinare le iniziative presenti sul territorio, per incrementare le proposte contro la violenza negli stadi, e per sostenere l'associazionismo sportivo durante l'apertura pomeridiana delle scuole. Per questi progetti sono stati stanziati ulteriori nove milioni di euro. Ci chiediamo che fine abbiano fatto, e ci chiediamo se e quali progetti voglia mettere in atto questo Governo che, a parole, ci rassicura circa la volontà di valorizzare la pratica sportiva nell'ambito dell'attività scolastica, anche valutando la possibilità di un incremento del numero delle ore settimanali, in linea peraltro con la tendenza europea.
E così anche le dichiarazioni di oggi, sul Corriere della sera, del sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali Martini (che afferma: lo sport è fondamentale, rilanceremo i giochi della gioventù nelle scuole) sono dichiarazioni che accogliamo con favore, ma nei fatti, ad oggi, non verifichiamo nulla di concreto.
Con questo ordine del giorno chiediamo al Governo un segnale e, soprattutto, l'impegno a sostenere l'autonomia scolastica nell'apertura pomeridiana delle scuole con progetti e risorse adeguate finalizzati alla fruibilità degli impianti sportivi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Nicolais ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/53.

LUIGI NICOLAIS. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, onorevoli colleghi, siamo convinti che sia necessario affrontare molti problemi che rendono scarsamente efficiente ed efficace il sistema scolastico italiano, ma la scuola è un sistema complesso e non possiamo pensare di risolvere tali problemi in maniera semplicistica e sbrigativa, prescindendo da un reale coinvolgimento di chi, poi, vivrà quotidianamente gli effetti dei cambiamenti introdotti. È necessario intervenire sui punti di debolezza del sistema formativo scolastico senza metterne però in discussione i punti di forza riconosciuti dagli osservatori internazionali.
Particolare preoccupazione suscita il ritorno alla valutazione in decimi, misura che cancella l'idea di valutazione delle competenze raggiunte. Don Milani affermava che non c'è maggiore ingiustizia che fare parti uguali tra diseguali. Qui si potrebbe parafrasare dicendo che rischiamo di usare un voto uguale tra diseguali.Pag. 37
La valutazione esclusivamente in decimi, infatti, finisce per non rispondere alle esigenze di articolazione di un giudizio complessivo delle reali capacità dello studente e dei suoi miglioramenti o delle sue criticità. È fondamentale distinguere il giudizio sulla competenza raggiunta da quello sulla conoscenza acquisita: un giudizio sulle conoscenze acquisite può, infatti, essere parametrato con un voto decimale, ma una valutazione delle competenze raggiunte richiede un giudizio più articolato come avviene in tutto il mondo.
Si torna, quindi, alla situazione antecedente alla legge 4 agosto 1977, n. 517, che aveva introdotto per la prima volta la scheda di valutazione (articolo 4) ma che ha rappresentato l'avvio verso politiche dell'inclusione che hanno costituito fino ad oggi il fiore all'occhiello del nostro sistema educativo pubblico. La procedura della verifica e della valutazione degli esiti dell'apprendimento è altra cosa rispetto a quella della validazione delle competenze. È errato concettualmente poter pensare ad una classificazione delle competenze in termini di punteggio decimale quando tutti gli esperti sono concordi nella individuazione di competenze con eventuali possibilità di graduazione, come previsto nelle raccomandazioni europee.
Avremo, in verità, bisogno di una valutazione che poggi su pochi livelli, non solo quantitativi ma anche qualitativi. In virtù di tale preoccupazione riteniamo, interpretando il sentimento di tanta parte del mondo scolastico, di voler impegnare il Governo affinché in sede di applicazione della norma vengano attuate le misure necessarie a garantire una valutazione articolata dei traguardi raggiunti, non limitando i docenti ad una pura tecnica di parametrizzazione con i soli voti decimali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Fogliardi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/128.

GIAMPAOLO FOGLIARDI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, con l'ordine del giorno da me presentato si chiede che l'insegnamento di «Cittadinanza e Costituzione», previsto all'articolo 1 del decreto-legge in esame per il prossimo anno, non gravi sulle famiglie e, quindi, il Governo si impegni a trovare di nuovo nel prossimo esercizio finanziario le risorse necessarie tali da non gravare ulteriormente le stesse famiglie.
Già sono notevoli i disagi e i costi concreti che graveranno su queste a seguito dei numerosi tagli del provvedimento in esame. Basti pensare ai genitori con bambini frequentanti il tempo pieno: se vorranno conservare il lavoro dovranno affidarsi a improbabili doposcuola a pagamento che rischieranno di trasformarsi, come un tempo, in ghetti sociali. Anche in questo caso le più colpite saranno ancora una volta le donne lavoratrici, spesso oggetto di strumentalizzazione da parte di questo Governo di destra che in campagna elettorale si è riempito la bocca di politica per le donne e politica per le famiglie: bella politica per le donne e per le famiglie!
Ma qual è il progetto di scuola che guida l'azione del Governo? Lasciamo perdere il segnale folkloristico del grembiulino che, per quanto mi è dato conoscere, tra l'altro, è sempre stato portato e tuttora viene indossato nelle scuole primarie senza alcun obbligo, o l'enfatico cinque in condotta. Il segnale più eloquente è il ritorno al maestro unico. Questo è il primo vero provvedimento strutturale capace di incidere in modo bruciante nel corpo della scuola.
Timide giustificazioni pedagogiche tentano di coprire come una foglia di fico quella che più appare la vera ragione del provvedimento: il risparmio economico. In un solo colpo, cari colleghi e caro Presidente, ritorniamo indietro di quarant'anni, al 1967, alla Lettera ad una professoressa scritta dai ragazzi di Barbiana, lettera che credo occorra andare a rileggere. Era una scuola che dava i voti e che bocciava, non certamente una scuola del merito. Era una scuola di ventiquattro ore, un tempo sufficiente per il figlio del dottore, non certamente per il figlio dell'operaio.Pag. 38
E la società - occorre chiedersi - è rimasta oggi quella di allora? La rivoluzione culturale del Ministro Tremonti ha principi chiari: la scuola ha valore se risponde alle richieste del mercato, non se è luogo di umanizzazione attraverso la cultura. Che spazio vi è per l'equipe pedagogica, quando si ritorna al maestro unico? Che fine fa il portfolio se si ripropone il voto? Che senso ha aprire l'offerta formativa della scuola alle proposte e alle scelte delle famiglie, se non c'è tempo che per una mera alfabetizzazione strumentale?
La conseguenza di tutto ciò sarà la restrizione dell'offerta formativa. I lavoratori a basso reddito saranno costretti a rinunciare al diritto allo studio e quindi la società sarà meno democratica.
Diceva Pietro Calamandrei: «Facciamo l'ipotesi che vi sia un partito dominante, il quale però formalmente ha voluto rispettare la Costituzione. Non vuole fare la marcia su Roma, ma vuole istituire una larvata dittatura. Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. Allora il partito dominante cosa fa? Comincia a trascurare la scuola pubblica, a screditarla, ad impoverirla e comincia a favorire le scuole private». Era il discorso pronunciato da Pietro Calamandrei al III congresso dell'associazione a difesa della scuola nazionale: era l'11 febbraio 1950, signor Presidente. Stiamo ritornando a quell'epoca (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Marantelli ha facoltà di illustrare suo ordine del giorno n. 9/1634/163.

DANIELE MARANTELLI. Signor Presidente, l'illustrazione del mio ordine del giorno non può ignorare il contesto di acuta preoccupazione per la crisi economica e finanziaria che sta scuotendo il mondo intero, a partire da quello occidentale. In Italia i nostri strumenti di tutela del risparmio, propensione antica dei nostri cittadini che dobbiamo tutelare, sono più fragili che altrove. Proprio ieri la comparazione fra gli andamenti della borsa di Milano con le principali borse europee ha scandito impietosamente la nostra maggiore debolezza. È chiaro che la speculazione aggredisce i più deboli.
Abbiamo un debito pubblico che pesa come un macigno. Purtroppo, anche i fondamentali dell'economia non ci aiutano: il PIL è fermo, l'inflazione aggredisce il potere d'acquisto di lavoratori dipendenti e pensionati, il tasso di disoccupazione è il più alto degli ultimi dieci anni. Non solo tra i lavoratori dipendenti, ma anche tra crescenti fasce del ceto medio (artigiani, piccoli commercianti, persino tra professionisti) pesa sempre di più l'aumento del costo della vita, delle bollette, del gas, della luce, della benzina, dei generi alimentari.
È tornata in molte famiglie la difficoltà ad acquistare il pane, il latte. Il mondo - è sotto i nostri occhi - appare impreparato ad affrontare la crisi finanziaria. La stessa Europa, la cui funzione viene tardivamente anche se positivamente sottolineata in questi giorni dal Governo, resta colpevolmente divisa. Siamo coscienti del fatto che in questo contesto i margini di manovra dei Governi nazionali siano ridotti. Una misura può però essere assunta per restituire un po' di respiro a molte famiglie: la detrazione fiscale per lavoratori dipendenti e pensionati. C'è da augurarsi che il Governo agisca concretamente.
L'ordine del giorno n. 9/1634/163 da me presentato propone di distribuire gratuitamente la Costituzione a tutti gli alunni di Viterbo. È chiaro che, per evidenti ragioni, non poteva essere l'ex Ministro Fioroni ad avanzare questa proposta. Abbiamo bisogno di insegnare ai ragazzi i valori, i principi e gli ideali contenuti nella nostra Carta fondamentale. Il diritto all'istruzione assicurato a tutti è un pilastro della nostra società e gli articoli 3 e 34 sono esemplari nella loro chiarezza. Nel mortificare il figlio di un povero che ha talento, non si compie solo una grave ingiustizia sociale, ma si produce un danno evidente per il nostro Paese.
Più rigore nella scuola? Sì. Intervenire sugli sprechi? Certamente sì, ma sulla scuola il Governo ci propone tagli per 8 miliardi, quasi centomila insegnanti inPag. 39meno, chiusura di quattromila scuole, ritorno al maestro unico, riduzione del tempo pieno. Tutto ciò corrisponde all'interesse della scuola, del Paese? L'Italia, da mille anni, ha fondato il suo progresso e la sua civiltà sul talento, la cultura, la fantasia dei suoi cittadini. Lì bisogna continuare ad investire. Noi non abbiamo materie prime, non abbiamo l'oro, eppure abbiamo gli orafi più bravi del mondo.
Nel provvedimento del Ministro vi sono palesi incoerenze tra principi e pratica.
Ogni giorno ci viene ricordato il valore della famiglia. È un valore che condivido, ma mandare i bambini a casa alle 12,30, ridurre il sostegno per i disabili, aumentare le tariffe delle scuole dell'infanzia, delle mense e del trasporto pubblico significa aiutare le famiglie? Io penso esattamente il contrario. Non abbiamo bisogno solo di garantire ai maestri e ai professori stipendi adeguati, ma è necessario restituire loro autorevolezza e prestigio nella società italiana. In molti piccoli comuni vi è il rischio che venga compromesso il diritto allo studio. Lo stesso Ministro per le riforme per il federalismo, Bossi, aveva espresso in più occasioni rilievi critici nei confronti del Ministro Gelmini.
Ma come si fa ad ignorare che nel nostro Paese vi sono tre milioni di analfabeti, otto milioni di semianalfabeti ed altri otto milioni a rischio di ripiombare in tale condizione? E si pensa di rimuovere questa drammatica condizione con questo provvedimento? Personalmente non ho pregiudizi nei confronti della scuola privata. Più volte sono stato invitato nella mia città - Varese - a parlare agli studenti di scuole private cattoliche e sono grato ai dirigenti di quelle scuole per avermi dato quelle opportunità. Sappiamo che quel mondo presenta realtà molto differenziate.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

DANIELE MARANTELLI. Mi avvio alla conclusione. Nella stessa regione Lombardia, sul tema della scuola e della formazione, si sono spesso addensate nubi pesanti, sino a gravi episodi di malcostume che hanno portato anche all'arresto di un assessore regionale, pur - ripeto - in una regione come la Lombardia, teatro di eccellenza nel campo della scuola, della ricerca e della sanità.
Quindi, in conclusione, signor Presidente, come può constatare, fortunatamente per il momento non sono vittima della depressione. Rassicuri, almeno da parte mia, il Presidente del Consiglio dei ministri, che spero si rilegga insieme agli studenti di Viterbo gli articoli 3 e 34 della nostra Costituzione. Il Partito Democratico non vuole solo difendere posti di lavoro tout court, ma accrescere la qualità della scuola italiana, da Ponte di Legno a Lampedusa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Marsilio ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/4.

MARCO MARSILIO. Signor Presidente, illustro l'ordine del giorno n. 9/1634/4, che ho presentato insieme ai colleghi Rampelli, Frassinetti, Granata e Murgia, e che riguarda la questione della distribuzione, nelle classi delle scuole italiane, degli alunni stranieri.
Signor sottosegretario, questo tema è stato posto personalmente anche al Ministro Gelmini. Noi abbiamo scuole - segnatamente nelle grandi metropoli: Roma, Torino, Milano - dove in alcuni quartieri la presenza di studenti stranieri è una preponderante maggioranza. In particolare, nell'ordine del giorno citiamo la scuola elementare Pisacane, nel quartiere Pigneto di Roma, dove 130 studenti su 170 sono stranieri; oppure la scuola Di Donato, nel rione Esquilino, nei pressi della stazione Termini, dove studenti di almeno quaranta nazionalità diverse raggiungono e superano il 50 per cento degli iscritti e, in alcune classi, costituiscono il 60-70 per cento degli iscritti; ma lo stesso si può dire, con ulteriori indagini fatte, delle scuole di San Salvario a Milano e di altre scuole sempre a Milano e a Torino.
Il problema - e non si tratta di un problema di diritto all'accesso degli studenti stranieri nelle scuole (ci mancherebbePag. 40altro, questa è una garanzia della nostra Costituzione, un dato acquisito che dobbiamo non solo accettare, ma difendere e valorizzare) - è quello di capire se questo tipo di concentrazione di studenti stranieri in alcune classi favorisca o meno l'integrazione di queste comunità. Noi crediamo di no, perché troppo spesso tali fenomeni conducono ad una ghettizzazione degli studenti stranieri, che viene peraltro accompagnata da difficoltà di apprendimento sia degli studenti stranieri che di quelli italiani.
I docenti, infatti, si trovano di fronte a problemi nuovi, che spesso non sanno neanche affrontare o per i quali non sono stati neanche formati, con bambini in prima, seconda, terza, quarta, a volte anche quinta elementare, quando non addirittura direttamente alle scuole medie, che non sanno parlare la nostra lingua, non la parlano in famiglia e, in alcuni casi, come quando parliamo di studenti che provengono dall'Asia e dall'Africa, hanno persino alfabeti diversi (arabo, cinese, bengalese e altro ancora). Pertanto, questa grande difficoltà di apprendimento provoca un rallentamento generale delle capacità cognitive dell'intera classe, con studenti italiani che devono attendere i loro compagni lungo il percorso e, quindi, una formazione che diventa di fatto e per forza carente.
Questo tema è stato affrontato, prima dell'Italia, da altri Paesi nel mondo che, hanno avuto, prima di noi, problemi simili. Dovremmo guardare queste esperienze all'estero, per capire come è meglio affrontare il problema. In realtà già esistono degli strumenti: nell'ordine del giorno citiamo infatti la circolare ministeriale del 23 dicembre 2005, n. 93, che già raccomandava ai dirigenti scolastici di evitare la costituzione di classi nelle quali risultasse predominante la presenza degli studenti stranieri e di realizzare una maggiore distribuzione. Tale circolare è stata poco applicata, visti gli esempi citati. Faccio l'esempio della vicina Svizzera, avendone avuto diretta e personale esperienza per ragioni di parentela e di amicizia. Il figlio di una coppia formata da padre italiano e da madre tedesca, nella Svizzera tedesca, cantone di Zugo, dove si sono trasferiti perché il padre lavora in un'importante multinazionale, tra gli otto e i dieci anni è stato ritenuto non sufficientemente madrelingua tedesca, nonostante avesse una madre tedesca, per poter essere subito inserito in una classe normale. È stato quindi inizialmente inserito in una classe speciale, una sorta di sezione o classe ponte, che favorisse un primo approccio, un primo momento di accesso e di integrazione, per poi potersi confrontare ed amalgamare con tutti gli altri di pari età.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARCO MARSILIO. Credo che tali esempi debbano essere studiati e utilizzati anche in Italia allo scopo di agevolare una diversa distribuzione degli studenti stranieri nelle classi e nelle scuole, di favorirne una reale integrazione e di garantire un apprendimento completo sia a loro che agli studenti italiani.

PRESIDENTE. L'onorevole Compagnon ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/230.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, solitamente si illustrano gli ordini del giorno alla fine di una discussione e di un confronto approfonditi sui provvedimenti. Solitamente gli ordini del giorno sono un numero limitato, a completamento di quello che ogni singolo parlamentare non è riuscito magari ad approfondire o a prospettare durante la discussione in Commissione e in Aula. Oggi siamo qui - io come tutti coloro che mi hanno preceduto e che mi seguiranno - in 242, se non vado errato, a rappresentare, in cinque minuti, quindi in un tempo veramente limitato, tutto quello che avremmo dovuto - singolarmente e anche complessivamente - approfondire durante l'iter del provvedimento in esame. Ritengo che nessuno al mondo - presunzione indubbiamente non ci sfiora - sia in grado, in cinque minuti, di fare la sintesiPag. 41di un provvedimento così importante ancorché su un elemento singolo e particolare. È un peccato, perché desidero ricordare a questa Assemblea - ovviamente perché resti agli atti, in quanto l'Aula è vuota - che nel corso della passata legislatura (non smetterò mai di sottolinearlo in tutti gli interventi che mi consentiranno di farlo) abbiamo contrastato soprattutto, al di là del contenuto, i metodi. Metodi che ci hanno costretto, nello scorcio di quella legislatura, a bloccare e a zittire quanto rappresentava, da parte nostra, come lo è da parte mia in questo momento, una forma di intervento costruttivo rispetto a provvedimenti che, legittimamente, la maggioranza - e il Governo, in questo caso - portano avanti. Vedo che, purtroppo, in questo momento, continuiamo con quel sistema in base al quale, con la giustificazione dell'ostruzionismo (che non c'è) e della necessità di far presto (che non c'è), si continua a legiferare con i decreti, le deleghe ed i voti di fiducia.
È ovvio che, come su questi metodi eravamo fortemente contrari al Governo precedente, il Governo di centrosinistra, continueremo ad esserlo anche in questa legislatura perché riteniamo diano luogo ad un percorso affrettato che non può portare a soluzioni nell'interesse del Paese o comunque non può portare a soluzioni approfondite a sufficienza affinché i problemi reali del Paese vengano veramente affrontati.
In questo caso, parliamo del decreto-legge sulla scuola, un provvedimento complesso che avrebbe, a maggior ragione, richiesto un approfondimento e soprattutto avrebbe dovuto recepire i consigli - come dicevo prima - costruttivi di tanti di noi. Infatti, non credo che la verità stia da una sola parte, ancorché legittimata da un voto elettorale, e che dalla parte opposta, chi sta all'opposizione non sia nelle condizioni di fare almeno una proposta costruttiva sui provvedimenti.
Quindi, l'ordine del giorno n. 9/1634/230 non fa altro che impegnare il Governo ad attuare, nei prossimi provvedimenti che riguarderanno il riordino del sistema scolastico, una maggiore valorizzazione della formazione dei docenti recuperando, soprattutto, il senso dell'articolo 5 della legge n. 53 del 2003.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANGELO COMPAGNON. Concludo, Presidente. Credo infatti che il futuro dei nostri giovani passi anche attraverso una buona preparazione del loro insegnanti.

PRESIDENTE. L'onorevole Rubinato ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/42.

SIMONETTA RUBINATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, l'ordine del giorno che ho presentato chiede l'impegno del Governo per inserire nei piani dell'offerta formativa iniziative volte alla prevenzione del fenomeno del consumo di sostanze stupefacenti e di bevande alcoliche da parte di preadolescenti ed adolescenti prevedendo, sin dalla prossima sessione di bilancio, adeguate risorse per la necessaria formazione dei docenti.
Vorrei partire ricordando all'Assemblea alcuni dati particolarmente significativi su quella che è una vera e propria emergenza che coinvolge molti dei nostri adolescenti e giovani.
Nell'aprile del 2008 l'Istituto superiore della sanità ha pubblicato un'indagine sul consumo di alcol da parte dei giovani e ne esce l'identikit di un ragazzo medio italiano che, in una serata, beve in media quattro bicchieri di cui uno e mezzo di aperitivo alcolico, uno e mezzo di birra e uno di superalcolico.
In una serata tipica in media il 35,7 per cento dei giovani dichiara di consumare uno o due bicchieri, il 27,8 per cento da tre a cinque bicchieri e il 20 per cento beve oltre sei bicchieri in un'unica occasione ubriacandosi.
Il fenomeno è particolarmente preoccupante perché viene identificata, nello studio, una quota particolarmente rilevante (il 67 per cento) di giovani al di sotto dell'età legale che riceve o consuma in una serata tipica quantità significative di tuttePag. 42le bevande alcoliche con le conseguenze che ben conosciamo e che coinvolgono la fascia compresa tra i tredici e i ventiquattro anni con gli esiti fatali e non fatali che ben conosciamo, relativi al fenomeno delle morti e degli incidenti del fine settimana.
Sempre a marzo del 2008 il Ministero della salute ha pubblicato un'altra indagine, che riguarda il biennio 2005-2006, da cui risulta che un quarto degli adolescenti tra i quindici e i diciannove anni fa uso di cannabis, mentre un significativo 5 per cento è ormai passato alla cocaina, con un trend che vede un aumento complessivo della quota di utilizzatori particolarmente significativo soprattutto nella fascia d'età tra i quindici e i diciannove anni.
Infine, visto che vengo da una regione, quella del Veneto, che è stata interessata da uno studio nell'ambito di un progetto dell'Organizzazione mondiale della sanità, in collaborazione con la regione Veneto e l'ufficio scolastico regionale per il Veneto e l'università di Padova, vorrei ricordare i dati pubblicati un anno fa sullo stato di salute dei giovani in Veneto.
Molto rapidamente l'identikit che ne esce dell'adolescente veneto è questo: a undici anni inizia a fumare e così a bere il primo bicchiere di vino, a quell'età - undici anni - arriva anche la prima sbornia e l'otto per cento dei quindicenni dichiara di bere alcolici tutti giorni.
Un quindicenne su tre usa poi droghe leggere e infine, per quanto riguarda il fumo, la sigaretta, l'8 per cento degli undicenni dichiara di fumare, mentre a tredici anni sono il 37 per cento dei nostri adolescenti quelli che dichiarano di fumare.
Questi dati pongono una vera e propria sfida globale al modo di essere della nostra società, una sfida che va raccolta aggiornando le conoscenze e i criteri di lettura dei nuovi fenomeni e, parallelamente, aggiornando le risposte, sia in termini di norme sia di organizzazione dei servizi, con l'obiettivo di contrastare il consumo di tutte le sostanze psico-attive, legali ed illegali. Tuttavia, poiché oggi il consumo è sentito «in» ed è inserito nell'attuale concetto di divertimento nonché promosso secondo le regole di mercato come un brand, è difficilissimo impostare un'azione efficace di contrasto. Allora bisogna puntare ad un lavoro culturale ed educativo di lungo periodo, che coinvolga chi amministra, chi programma, chi insegna e chi opera nei servizi.
Alcune ricerche dimostrano che la maggior parte dei ragazzi riferisce che la famiglia non ha detto loro nulla o quasi nulla circa le sostanze stupefacenti. La famiglia va dunque aiutata a divenire una fonte credibile dai ragazzi sul tema delle sostanze già a partire dall'età della scuola elementare, perché oltre è già troppo tardi. Diventa, pertanto fondamentale educare la famiglia ad educare e sostenerla nel sostenere. A ciò vanno diretti gli sforzi del Governo e dei servizi e in questo la scuola primaria ha una funzione essenziale. I ragazzi, che consumano abitualmente, segnalano di aver cercato, inizialmente, di resistere alle pressioni del gruppo per non sentirsi emarginati e diversi.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

SIMONETTA RUBINATO. Concludo, signor Presidente. Credo allora che oltre che interrogarci sul maestro unico «sì o no», sul voto in condotta «sì o no» e sul grembiulino «sì o no», forse dovremmo interrogarci su cosa la famiglia e la scuola non sono riuscite a fare nei confronti dei nostri ragazzi rispetto a questo flagello e a questa sfida distruttiva in atto.
La scuola deve condividere con le famiglie progetti che conducano i ragazzi all'autostima, rafforzandone la personalità ed educarli a scegliere, cioè ad essere capaci di dire «no» sulla base di valori di riferimento a proposte di consumo che vengono dal gruppo dei pari. Questo è esattamente il significato della «prevenzione» che, citando il presidente del Pontificio consiglio per la pastorale della salute, monsignore Javier Lozano Barragàn, è «educazione» - e la scuola è il luogo dell'educazione - «al significato dei valori che rendono la vita degna di essere vissuta che farà veramente sì che la domanda diPag. 43sostanze stupefacenti diminuisca e di conseguenza diminuisca anche la loro offerta».

PRESIDENTE. Onorevole Rubinato, devo invitarla a concludere.

SIMONETTA RUBINATO. Confido che il Governo concretamente faccia qualcosa in questa direzione, in vista anche della prossima conferenza nazionale sulle tossicodipendenze. Non posso però nascondere il mio timore che una scuola primaria con il maestro unico a 24 ore sarà maggiormente inadeguata ad affrontare questa sfida educativa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Sanga ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/174.

GIOVANNI SANGA. Signor Presidente, la discussione che abbiamo avuto in queste settimane sul tema della scuola è stata, purtroppo, una discussione condizionata da diversi elementi che fra loro si sovrappongono. In particolare, ve ne sono due: da un lato i termini di scadenza del decreto-legge in esame e dall'altro la necessità di far quadrare i conti di una manovra che taglia e riduce risorse al sistema scolastico e universitario italiano.
Non è stata una discussione libera, né si è trattato di un confronto basato su una verifica della situazione scolastica italiana, in particolare della scuola primaria. Non c'è stata una rinnovata elaborazione sulla base, appunto, delle esperienze di questi ultimi quindici anni e ciò la dice lunga su come questo Governo e questa maggioranza considerino questi aspetti educativi e formativi. Gli effetti del provvedimento in esame determineranno dei rischi gravosi sulle famiglie, sugli studenti, sulla scuola nel suo complesso, ma anche per le comunità locali.
In questi anni abbiamo visto crescere esperienze straordinarie di lavoro in comune, di progetti condivisi tra scuola, famiglia, comunità ed enti locali. Tutto ciò viene messo in discussione da un decreto-legge ispirato da pure ragioni contabili. Ma mi voglio soffermare, signor Presidente, su due aspetti che ho avuto, tra l'altro, l'onore di condividere anche con molti dirigenti scolastici del territorio della mia provincia. Il primo punto è quello in ordine alla valutazione espressa esclusivamente in decimi nell'ambito della scuola secondaria di primo grado. Penso che ciò sia un controsenso. Come si può valutare esclusivamente in decimi, senza cioè accompagnare il processo di valutazione all'attenzione forte al processo cognitivo e socio-relazionale, soprattutto in giovane età?
Che fine fa il progetto di una scuola funzionale al raggiungimento di una serie di macro-obiettivi che vanno nella direzione di educare persone in grado di relazionarsi in modo costruttivo con gli altri, di formare persone capaci di comprendere, prima che di apprendere, di rielaborare informazioni e conoscenze, di motivare scelte e di argomentare punti di vista anche personali?
Scomparendo dalla valutazione tutto questo è chiaro che scompare anche dalla progettazione. Ecco, allora, la necessità, signor Presidente, di accompagnare la valutazione sulle singole discipline con il giudizio sul livello globale di maturazione. Vi è poi un secondo aspetto: parto dalla consapevolezza che tutti noi dovremmo avere in quest'Aula circa la complessità del mondo in cui viviamo. Questo sollecita l'intera società della conoscenza a raccogliere la grande sfida dell'istruzione, ma soprattutto - direi - dell'educazione e quindi della formazione, sfida che si gioca sul piano della competenza cognitiva, delle competenze disciplinari e socio-relazionali.
Va assicurata a tutti la padronanza di conoscenze e competenze nel campo dei saperi linguistici, storici e matematico-scientifici. Per questo ritengo che l'azzeramento delle compresenze conseguenti all'introduzione del maestro unico sottragga alla scuola risorse essenziali perPag. 44costruire e per determinare anche una situazione che cerca di evitare il grado di impoverimento del processo di apprendimento dei bambini.
È essenziale, allora, mantenere almeno una quota di compresenze, soprattutto per le classi numerose, in modo da garantire, da una parte, l'esistenza di spazi in cui i bambini possano lavorare in gruppi ristretti...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GIOVANNI SANGA. .. e, dall'altra, ai docenti di continuare l'esperienza di co-progettazione che in questi anni ha funzionato benissimo, garantendo livelli di alta professionalità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Marchioni ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/169.

ELISA MARCHIONI. Signor Presidente, sottosegretario, onorevoli colleghi, la scuola per noi è una linea di partenza, quel nastro di partenza uguale per tutti che consente a tutti i bambini di avere l'occasione di diventare degli adulti significativi, degli adulti che possano essere protagonisti della propria vita e degli adulti che sanno dispiegare tutti i talenti e le opportunità che sono loro date. È il luogo della vera inclusione.
Nel rapporto antimafia sul territorio da cui vengo (Rimini) si diceva che la penetrazione della mafia è stata rallentata da un tessuto sociale davvero coeso: è la scuola il luogo in cui questo succede, in cui appunto un tessuto sociale diventa davvero coeso. Infatti, è il luogo in cui, se vi è un ambiente educativo che aiuta a crescere, ogni bambino riesce a diventare il meglio di quello che è.
Nessuno nega che la scuola italiana abbia una serie di problemi veri di cui discutere e saremmo stati disponibili a discutere (un'opposizione responsabile) sin dall'inizio e nessuno si è dato per forza a difendere uno status quo. Saremmo stati disponibili a discutere una serie di problemi di merito, da problemi strutturali, ad esempio problemi di edilizia scolastica che vanno ben oltre le lavagne, a problemi di merito, ad esempio, nei programmi e di sostegno a tutti i bimbi che non parlano italiano e che arrivano nelle nostre classi senza conoscere la lingua e quindi rimangono indietro con facilità.
Vi sono problemi di abbandono scolastico a livelli percentuali che non ci fanno onore nel mondo e in Europa, problemi di formazione e di accesso alla professione da parte degli insegnanti, per esempio ridiscutendo anche i percorsi dalla laurea all'insegnamento, ma ci troviamo invece a non potere discutere ulteriormente di questo provvedimento sul quale è stata posta la fiducia.
Addirittura, sui giornali nei giorni scorsi (la notizia non è stata smentita, quindi siamo in attesa di vedere cosa succederà) abbiamo letto che gli insegnanti in esubero diventeranno operatori del turismo e siamo curiosi di sapere in quale ruolo, se come animatori o come altro. C'era un'opportunità di formazione nel turismo, ma aspettiamo di capire cosa succederà.
L'ordine del giorno che ho firmato chiede che alle scuole venga fornita una dotazione per stampare i testi da Internet affinché l'occasione di utilizzare in modo intelligente uno strumento che è così presente ormai nella nostra vita non diventi un'occasione ulteriore invece di divisione e di distanza.
Anche in relazione a questo aspetto, infatti, ci sono i deboli e i forti; nemmeno il 40 per cento delle famiglie hanno il computer nelle case. Quindi, se è vero che il costo eccessivo dei libri di testo può essere una difficoltà per alcune famiglie, auspichiamo che non lo diventi in questo modo ulteriormente e che non sia un problema per le famiglie che non sono in grado di provvedere ai libri di testo per i loro figli. È un tema di digital divide, cioè di chi di questo strumento si sa avvalere e di chi, invece, proprio perché non se ne sa avvalere, rimane escluso da una tecnologia potenzialmente utile e positiva per la vita. Dunque, questa è la prima riflessione: Internet èPag. 45un'opportunità e una risorsa, facciamo che non diventi invece una linea di demarcazione ulteriore tra coloro che se ne fanno forti e chi invece ne è escluso.
La seconda riflessione è relativa all'importanza dei libri: scaricare i testi da Internet ha una valenza di immediatezza e forse di risparmio se ben fatto, però ci porta ad avere una somma di fogli; già gli italiani si segnalano per una scarsa propensione alla lettura dei quotidiani e dei libri, e questo ci fornisce meno strumenti; per i bambini, invece, avere tutti gli strumenti necessari ed opportuni per crescere è fondamentale.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ELISA MARCHIONI. Ritengo che insegnare ad apprezzare quello che i libri aggiungono alla vita - credo che il Presidente lo condivida con me - sia un elemento fondamentale di ricchezza, di passione e di amore che noi consegnamo a questi bimbi. Flaubert diceva che bisogna leggere per vivere davvero, allora dobbiamo consegnare anche il gusto e la passione per questa attività, che sia non solo un obbligo e un dovere scolastico, e, quindi, far sì che la scuola diventi davvero per ciascuno uno strumento per vivere pienamente la vita (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Baldelli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/223.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, illustro il mio ordine del giorno che prevede l'incentivazione di iniziative all'interno del panorama scolastico che promuovano e valorizzino le eccellenze. Abbiamo una meccanismo scolastico che per tanti profili va riformato: in questo provvedimento ci sono aspetti che condividiamo in ordine alla valutazione scolastica (ossia, sostanzialmente, al cambio del giudizio in una valutazione numerica), al voto in condotta e a tante altre questioni che non sono neanche inerenti strettamente all'attività didattica e pedagogica, ma che sono importanti perché riguardano i costi delle famiglie (come ad esempio il caro libri) o l'organizzazione del sistema scolastico. Tra l'altro, sottolineo con soddisfazione l'accordo che si è trovato all'interno della Commissione sulla questione dei docenti che hanno frequentato i corsi del IX ciclo presso le SSIS (le scuole di specializzazione all'insegnamento secondario superiore) e, quindi, la possibilità di dare a queste persone che sono state inserite nelle graduatorie, non in coda, ma a pettine, delle pari opportunità rispetto a tutti coloro che hanno frequentato queste scuole di formazione in passato.
Il provvedimento, quindi, coinvolge tanti aspetti, quello che sta a cuore e che viene sottolineato da chi ha presentato questo ordine del giorno, in particolare, è la promozione dell'eccellenza perché è vero - come spesso è stato sottolineato anche da opinionisti, non da ultimo il direttore de Il Messaggero nel suo libro - il fatto che nella scuola italiana si tende a massificare per una brutta abitudine che abbiamo in eredità dalla fine degli anni Sessanta, sostanzialmente dal Sessantotto. Ritengo invece che si debba riuscire a valorizzare e a promuovere le eccellenze, non soltanto attraverso l'eventuale creazione di istituti ad hoc, di percorsi specifici o di premialità di natura economica, ma proprio attraverso la promozione di eccellenze per impedire e prevenire una fuga di cervelli, che pure si verifica perché poi il sistema universitario da un lato, e quello del lavoro dall'altro, non si attrezzano a dare corso, spazio e percorsi alle nostre intelligenze.
Quindi, significa valorizzare, magari attraverso premi nazionali per gli studenti delle scuole, lo studio della matematica e delle facoltà scientifiche; significa cominciare a indirizzare i nostri studenti non solo verso le facoltà umanistiche e letterarie, che sono, sì, è vero, un patrimonio storico, ma che, in termini di domanda e di offerta occupazionale, non corrispondono agli standard di cui il Paese e il sistema Italia in questo momento hanno bisogno, ma indirizzare anche la domanda di studi e l'apprendimento verso uno studioPag. 46della matematica e delle scienze diverso da come è stato fatto fino adesso, da come abbiamo fatto noi, da come hanno fatto colleghi più grandi, che siedono in quest'Aula. Si tratta di uno studio della matematica finalizzato; una competitività, in questo senso, molto laica, ma anche concreta, che ci porti ad avere e a sviluppare le tendenze e le attitudini alla matematica, alla fisica e ad altre materie, che, spesso, vengono messe in secondo ordine nel sistema italiano, degli studenti.
Ciò al fine di avere una quantità maggiore di iscrizioni nelle facoltà universitarie scientifiche e tecniche e di avere una quantità di laureati, e quindi di «cervelli», in Italia su queste facoltà e su questi settori, così da non doverli importare dall'estero o, peggio ancora, da non doverli forzosamente esportare, perché in Italia si rischia di non riuscire a valorizzarli degnamente. Cominciamo dalla scuola!

PRESIDENTE. Il seguito degli interventi per l'illustrazione degli ordini del giorno presentati è rinviato al prosieguo della seduta.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15 con lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata e alle ore 16 con il seguito dell'esame di questo provvedimento.

La seduta, sospesa alle 14,05, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro dell'interno, il Ministro per l'attuazione del programma di Governo ed il Ministro per i rapporti con il Parlamento.

(Vicenda della donna somala trattenuta da agenti della polizia di frontiera presso l'aeroporto di Ciampino - n. 3-00161)

PRESIDENTE. L'onorevole Dal Lago ha facoltà di illustrare l'interrogazione Cota n. 3-00161, concernente la vicenda della donna somala trattenuta da agenti della polizia di frontiera presso l'aeroporto di Ciampino (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmataria.

MANUELA DAL LAGO. Signor Presidente, signor Ministro, da notizie di stampa rilasciate nei giorni scorsi si apprende della vicende di una donna somala di 51 anni che sarebbe stata maltrattata, oltraggiata, tenuta nuda per ore nell'aeroporto di Ciampino dagli agenti di polizia di frontiera. La donna sarebbe stata trattenuta per quattro ore, durante le quali il personale dell'aeroporto avrebbe cercato, ingiuriandola, chiamandola «negra» e minacciandola di «spedirla in carcere», di convincerla ad un'ispezione corporale, che risulta poi essere stata, a seguito delle resistenze della donna e previa autorizzazione dell'autorità giudiziaria, eseguita presso il Policlinico Casilino. Molto differente invece la versione dei fatti riferita dal dirigente dell'ufficio della polizia di frontiera aerea di Ciampino, secondo il quale la donna è stata sottoposta ad approfonditi accertamenti in aeroporto, nel rispetto delle normali procedure, in quanto aveva con sé quattro minori, per i quali è stato necessario accertare l'identità.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MANUELA DAL LAGO. Chiedo quali siano le informazioni acquisite dal Ministero sull'accaduto e quali iniziative intenda assumere per fare chiarezza sulla vicenda, anche in considerazione del procedimento giudiziario (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Il Ministro dell'interno, Roberto Maroni, ha facoltà di rispondere.

Pag. 47

ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Signor Presidente, la cittadina italiana di origine somala Amina Sheikh Said è stata sottoposta ai controlli rituali di frontiera lo scorso 21 luglio da parte del personale dell'ufficio di polizia di frontiera aerea di Ciampino, la Polaria. Dalla consultazione degli archivi elettronici della polizia, infatti, risultavano a carico dell'interessata una condanna definitiva per oltraggio, resistenza, violenza e lesioni a un pubblico ufficiale, nonché precedenti per traffico e detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio, per i quali era già stata arrestata due volte.
In quelle occasioni il personale della guardia di finanza aveva sequestrato notevoli quantità di sostanze stupefacenti (quella comunemente denominata khat), addirittura decine di chili. Ovviamente, con questi precedenti, la polizia ha ritenuto opportuno accompagnare la signora presso la locale sezione dell'agenzia delle dogane per la perquisizione di competenza doganale: sempre nel rispetto delle modalità e delle garanzie, tra cui l'esclusiva presenza di personale femminile. La signora ha mostrato subito segni di contrarietà, dando in escandescenze. Questa reazione incontrollata ha vanificato i tentativi di controllo effettuati dalle operatrici, dalle donne della polizia e della guardia di finanza, e contro queste la signora ha gettato i propri indumenti dopo essersi spogliata quasi completamente.
A questo punto la funzionaria doganale, per chiedere l'autorizzazione ad eseguire gli accertamenti sanitari per rintracciare eventuali sostanze stupefacenti, ha chiesto l'intervento del magistrato di turno, che ne ha disposto l'accompagnamento presso la struttura ospedaliera. Il forte stato di agitazione dell'interessata ha richiesto l'intervento del personale medico, per sedare e accompagnare l'interessata presso il Policlinico Casilino. Nella circostanza - lo voglio precisare - la signora è stata messa in contatto con il proprio difensore di fiducia (neanche l'avvocato d'ufficio), il quale ha tentato invano di convincerla a sottoporsi ai controlli di polizia ritenuti, com'erano, assolutamente legittimi. Anche dopo gli esami radiografici la signora si è sempre rifiutata di rivestirsi, pur disponendo dei vestiti raccolti in una busta. A seguito di questi fatti la signora Sheikh Said è stata denunciata all'autorità giudiziaria per il reato di calunnia e resistenza a pubblico ufficiale.
Concludo confermando che l'attività svolta dal personale incaricato a Ciampino è stata pienamente corretta, e il Governo sostiene fermamente l'operato delle forze dell'ordine e si costituirà, nell'eventuale processo, parte civile (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. L'onorevole Dal Lago ha facoltà di replicare.

MANUELA DAL LAGO. Signor Presidente, non ho da replicare ma devo ringraziare vivamente il Ministro per l'ampia ed esauriente spiegazione sia a nome mio, sia a nome del gruppo della Lega Nord. Vorrei, signor Ministro, che lei a nome del nostro gruppo riferisse alla polizia che non avevamo dubbi in partenza sulla loro correttezza e sul comportamento che avrebbero tenuto.
La preghiamo, inoltre, di tenere duro sulla strada che ha intrapreso, e le assicuriamo che noi, i cittadini italiani sanno qual è la differenza tra coloro che cercano di provocare, con queste false illazioni, demagogie e problemi nel Paese, e coloro che invece vogliono la sicurezza per i loro cittadini e il loro benessere nell'ambito di regole certe di correttezza e di grande rispetto delle forze di polizia che queste regole cercano di attuare. Grazie, signor Ministro (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Italia dei Valori).

(Episodi di intolleranza e violenza nei confronti di immigrati e misure per favorire l'integrazione e prevenire l'insorgenza del razzismo - n. 3-00162)

PRESIDENTE. L'onorevole Vietti ha facoltà di illustrare l'interrogazione Adornato n. 3-00162, concernente episodi diPag. 48intolleranza e violenza nei confronti di immigrati e misure per favorire l'integrazione e prevenire l'insorgenza del razzismo (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, signor Ministro, un articolo de l'Avvenire di oggi intitola: «L'Italia non è un Paese razzista, ma guai a sottovalutare gli allarmi». Peraltro, voci analoghe si sono levate nei giorni scorsi da parte di commentatori e di rappresentanti delle istituzioni (dal Sommo Pontefice fino al Presidente della Repubblica). Non vogliamo fare dell'allarmismo ovviamente, ma credo che questo fenomeno non vada neppure sottovalutato. Infatti, i fenomeni dell'immigrazione clandestina rimangono (nonostante le buone intenzioni del Governo), gli sbarchi di clandestini continuano ed anzi risultano incrementati (nonostante l'accordo con la Libia fosse stato indicato come la soluzione di tutti i problemi), scompaiono addirittura i bambini-fantasma. Ritengo allora che a questa vicenda non vada dato un approccio ideologico, ma credo ci si debba insieme chiedere se stiamo facendo tutto ciò che è possibile prima che sia troppo tardi.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'interno, Roberto Maroni, ha facoltà di rispondere.

ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Non posso che condividere l'invito a non sottovalutare: non sottovalutiamo questi episodi! Quotidianamente le forze dell'ordine con la magistratura contrastano episodi di criminalità di tutti i tipi. Alcuni di questi possono essere ricondotti ad una matrice di tipo razzista, ma non tutti quelli che sono stati denunciati - e lo dirò più ampiamente domani nella relazione che svolgerò proprio in quest'Aula - come episodi di stampo razzista tali da evocare un'emergenza sono ad esso riconducibili (lo dice anche la magistratura, non solo il Ministro dell'interno).
Certamente il contrasto ad ogni tipo di violenza è nella nostra azione quotidiana. Così come contrastiamo episodi di violenza comune o di violenza a sfondo razzista, dobbiamo però contrastare - è il caso che ho citato nel mio intervento precedente - anche le strumentalizzazioni contro la polizia, i carabinieri e le forze dell'ordine da parte di chi ritiene di aver subito un torto, peraltro aggravato dalla finalità razzista, ed è vero esattamente il contrario.
Queste strumentalizzazioni lanciano un allarme che fortunatamente non c'è. L'Italia deve anzi, al contrario, essere considerato un Paese tra i più impegnati a livello europeo, sia per l'accoglienza degli immigrati, sia per le politiche di integrazione che sono state adottate. Cito solo un dato: nel 1987 gli immigrati erano poco più di 500 mila, quest'anno sono oltre 3,5 milioni. Nonostante questo, le politiche di integrazione a livello locale, a livello territoriale e a livello più generale hanno garantito un impatto morbido, diciamo così, di questo afflusso enorme, tant'è vero che il livello di eccellenza delle politiche di integrazione dell'Italia è riconosciuto anche a livello europeo.
Recenti studi della Commissione europea, quindi ufficiali, dicono che l'Italia è al settimo posto tra i 25 paesi considerati nelle politiche d'integrazione, e addirittura, tra le cinque nazioni con il più alto tasso di popolazione immigrata, per queste politiche d'integrazione l'Italia risulta prima. Noi stiamo svolgendo e attuando politiche d'integrazione vere e reali. Questa è la realtà, il resto sono allarmi o allarmismi che non corrispondono alla realtà e che dovrebbero francamente essere evitati.

PRESIDENTE. L'onorevole Vietti ha facoltà di replicare.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Ministro, lei sa che non siamo tra quelli che cercano consensi sull'onda dell'emotività. Non lo abbiamo fatto sul tema della sicurezza, né in campagna elettorale né dopo, con la consapevolezza che quello della sicurezza è un problema serio, come tale è avvertito dai cittadini, e come tale va affrontato.Pag. 49
Non abbiamo fatto mancare il nostro contributo anche sulle iniziative che il Governo in questa materia ha adottato. C'è stata la nostra astensione sul provvedimento del Governo, per la verità più per contenuti eterogenei che non per le norme sulla sicurezza. Abbiamo chiesto più risorse per le forze di polizia perché siamo convinti che ad esse vada data non soltanto la nostra solidarietà a parole ma anche nei fatti.
Alla stesso modo sui temi del razzismo e della xenofobia certamente non intendiamo fare delle speculazioni di carattere politico. Anche questi sono temi seri e di preoccupazione, che non attengono solo all'ordine pubblico cioè alla competenza del Ministro dell'interno, ma riguardano il costume, la cultura, l'educazione e il concetto stesso di società. Ho apprezzato che lei abbia richiamato le politiche integrative che l'Italia sta attuando e anche gli apprezzamenti europei da questo punto di vista. Qui è in ballo davvero l'alternativa tra la nostra radice storica di società tollerante, di società che sa integrare, di società accogliente, inglobante e sicura rispetto ad un'alternativa di una società insicura, di una società che ha paura.
Credo che tutti vogliamo la prima e non vogliamo la seconda. Per far questo dobbiamo lavorare perché pensare a forme di ostilità nei confronti degli altri rischia di creare un clima di ostilità anche al nostro interno, e questo credo che nessuno lo voglia, certamente non il Ministro dell'interno e certamente non noi (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

(Iniziative per chiarire in via definitiva l'esclusione dei fabbricati rurali dall'applicazione dell'ICI - n. 3-00163)

PRESIDENTE. L'onorevole Brugger ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00163, concernente iniziative per chiarire in via definitiva l'esclusione dei fabbricati rurali dall'applicazione dell'ICI (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

SIEGFRIED BRUGGER. Signor Presidente, signor Ministro, le sottopongo un problema di grande attualità e di forte preoccupazione per il mondo agricolo. Con la circolare del 24 settembre del 2008 l'ANCI dell'Emilia Romagna prende posizione sulle numerose sentenze della Corte di cassazione (l'ultima del 15 settembre 2008) sull'imponibilità ICI dei fabbricati rurali, invitando i comuni a procedere alla notifica degli avvisi di accertamento indistintamente per tutti i fabbricati rurali, sia che siano iscritti nel catasto «fabbricati», sia che siano inseriti nel catasto «terreni» e dunque, in base alla legislazione attuale, per legge vigente esenti dall'ICI.
Questa posizione ha suscitato il giustificato allarme delle associazioni degli agricoltori, Confagricoltura e Coldiretti in modo particolare, perché appare antitetica alla lettera e allo spirito della legge vigente ed alla prassi dell'Agenzia delle entrate.
Chiedo se il Governo non ritenga urgente l'adozione di un provvedimento che chiarisca definitivamente l'esclusione dei fabbricati rurali dall'applicazione dell'ICI.

PRESIDENTE. Il Ministro per l'attuazione del programma di Governo, Gianfranco Rotondi, ha facoltà di rispondere.

GIANFRANCO ROTONDI, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Signor Presidente, la tematica oggetto dell'interrogazione rientra nella materia fiscale che deve essere affrontata, come è ovvio, in una visione complessiva. Il Governo e in particolare il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali non possono che auspicare un chiarimento in materia di non assoggettamento a ICI dei fabbricati rurali, tenuto conto anche di prese di posizione come quella dell'ANCI Emilia-Romagna, che pur non avendo rilevanza giuridica prefigurano un'interpretazione della normativa fiscale fortemente penalizzante per gli imprenditori agricoli; un'interpretazione che ribalterebbe un'applicazione pluriennale della norma sull'ICI.
Per quanto espresso dallo stesso Ministero, è da condividere quanto chiarito dall'Agenzia del territorio con circolarePag. 50n. 7 del 2007, secondo cui l'attribuzione di una rendita catastale ad un fabbricato rurale assume rilevanza fiscale solo se il fabbricato perde il carattere di ruralità. Va evidenziato che nell'estimo per il calcolo del reddito dominicale dei terreni è già compresa la rendita dei fabbricati rurali. Tassare autonomamente il fabbricato rurale implicherebbe una duplicazione della tassazione, pertanto il Governo si adopera per la soluzione della problematica.

PRESIDENTE. L'onorevole Brugger ha facoltà di replicare.

SIEGFRIED BRUGGER. Signor Ministro, mi dichiaro soddisfatto della sua risposta, che è puntuale, perché il problema c'è ed è anche grave e riguarda centinaia di migliaia di coltivatori diretti e tutte le cooperative agricole. Se già l'orientamento della Corte di cassazione pone grossi problemi di interpretazione, è giusto che il Governo e il legislatore intervengano, perché, come lei ha giustamente detto, non sarebbe assolutamente concepibile che tutti i fabbricati rurali, anche quelli che sono iscritti nel catasto terreni, fossero assoggettati all'ICI.
L'ANCI dell'Emilia Romagna mi pare che abbia posto problemi che vanno oltre ed ho un po' il sospetto che si voglia «fare cassa», poiché non c'è più l'introito dell'ICI complessiva, però serve chiarezza sui requisiti. Direi che, oltre a quello che lei ha detto - infatti lei ha detto che il Governo si adopererà - credo che serva proprio un'interpretazione anche dal punto di vista legislativo, che comunque garantisca che i beni strumentali di imprese agricole individuali e delle cooperative agricole siano comunque esenti da ICI.

(Assegnazione di 640 milioni di euro del fondo statale per le aree sottoutilizzate per disavanzi di bilancio dei comuni di Catania e di Roma - n. 3-00164)

PRESIDENTE. L'onorevole Laratta ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00164, concernente l'assegnazione di 640 milioni di euro del fondo statale per le aree sottoutilizzate per disavanzi di bilancio dei comuni di Catania e di Roma (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

FRANCESCO LARATTA. Signor Presidente, il CIPE ha di recente deliberato l'assegnazione di un contributo a fondo perduto di 140 milioni di euro per il comune di Catania e di 500 milioni di euro per il comune di Roma, attingendo le relative risorse dal fondo statale per le aree sottoutilizzate. Si tratta di una manovra che danneggia fortemente le aree deboli del Paese, un'operazione decisamente incomprensibile e assolutamente inaccettabile. Infatti, nonostante da anni si parli della necessità di programmare adeguatamente le risorse destinate allo sviluppo, il Governo, col decreto-legge n. 112 del 2008, ha deciso unilateralmente e senza alcun confronto con le regioni di tagliare le risorse già destinate ad opere pubbliche di rilevanza strategica nel Mezzogiorno. Il CIPE ha letteralmente scippato dal fondo statale per le aree sottoutilizzate 640 milioni di euro per coprire i buchi di bilancio di amministrazioni comunali, quali Roma e Catania.
Onorevole Ministro, le chiedo di voler chiarire secondo quale presupposto legislativo e regolamentare 640 milioni di euro sono stati sottratti alle opere pubbliche per lo sviluppo regionale e quindi al finanziamento di infrastrutture nel Mezzogiorno.

PRESIDENTE. Il Ministro per l'attuazione del programma di Governo, Gianfranco Rotondi, ha facoltà di rispondere.

GIANFRANCO ROTONDI, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Con l'interrogazione dell'onorevole Laratta ed altri si chiedono informazioni sull'utilizzo di risorse del fondo per le aree sottoutilizzate per contributi ai comuni di Roma e Catania, per coprire i disavanzi di bilancio delle amministrazioni, utilizzo che viene considerato improprio rispetto alle finalità stabilite dalla legge per il FAS.Pag. 51Per quanto attiene agli aspetti riguardanti la programmazione ancora in corso 2000-2006, il quadro strategico nazionale 2007-2013, gli accordi di programma quadro in corso di attuazione e la conseguente riprogrammazione degli interventi, si fa presente che l'articolo 6-quinquies del decreto-legge n. 112 del 2008 ha istituito presso il Ministero dello sviluppo economico, a partire dell'esercizio 2009, un fondo per il finanziamento, in via prioritaria, di interventi finalizzati al potenziamento della rete infrastrutturale di livello nazionale. Il riparto del fondo sarà effettuato con delibera del CIPE, su proposta del Ministero dello sviluppo economico, d'intesa col Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e sentita la Conferenza unificata.
Lo schema di delibera è trasmesso al Parlamento per il parere delle Commissioni. Allo stato, non è possibile utilizzare predetto fondo, dovendosi ancora completare le operazioni previste dalla disciplina surrichiamata.
La delibera CIPE 166/2007 di programmazione delle risorse del fondo, tra l'altro, ha accantonato, quale riserva di programmazione da attribuire nel corso del periodo 2007-2013, sulla base della verifica dello stato di attuazione della programmazione, risorse per un ammontare pari a 9.021 milioni di euro. Valutate l'urgenza e la rilevanza degli interventi proposti, è stato ritenuto opportuno dal Comitato interministeriale per la programmazione economica disporre il loro finanziamento a valere sulle risorse della riserva di cui prima.
Si segnala, tuttavia, che l'articolo 5 del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, prevede una riprogrammazione delle risorse, di cui alla delibera CIPE del 30 settembre 2008, ampliando i profili di utilizzabilità delle risorse anche per finalità ulteriori rispetto a quelle infrastrutturali.
Inoltre, circa la possibilità di modificare la finalità e la destinazione delle risorse del FAS, come previsto dalla delibera adottata dal CIPE nella seduta del 30 settembre 2008, si rappresenta che il Governo per ragioni di urgenza ha ritenuto di consentire un diverso utilizzo.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GIANFRANCO ROTONDI, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Per quanto di competenza, il Ministero dell'economia e delle finanze ha garantito che il diverso utilizzo non determina effetti negativi sui saldi di finanza pubblica. Per motivi di urgenza l'utilizzo del FAS non conforme alle finalità è stato in più occasioni previsto anche nella precedente legislatura.
Infine, si segnala che le richieste avanzate dal sindaco di Roma e dal sindaco di Catania erano volte a fronteggiare occorrenze di conto capitale relative ad interventi infrastrutturali.

PRESIDENTE. L'onorevole Laratta ha facoltà di replicare.

FRANCESCO LARATTA. Signor Presidente, intervengo giusto per dire che il Ministro non ha saputo darci alcuna risposta convincente: è stata piuttosto burocratica e scontata, ma assolutamente nemmeno lontanamente convincente, anche perché non esiste alcun presupposto normativo, amministrativo, politico, e aggiungo anche morale, che giustifichi l'utilizzo di oltre 600 milioni di euro destinati alla crescita delle infrastrutture del Mezzogiorno. Queste ultime, invece, sono state destinate verso amministrazioni che hanno operato contro le più elementari regole della programmazione di bilancio e che oggi vengono incredibilmente premiate.
È veramente immorale, signor Ministro, signor Presidente, che il Consiglio dei ministri abbia accettato di destinare queste risorse per coprire buchi di bilancio di questa amministrazione. In questo modo, avete penalizzato ancora una volta il Mezzogiorno, ancora una volta il Sud e ancora una volta la Calabria, così come avete fatto con l'ICI; per coprire il buco, avete sottratto risorse per la strada statale 106, per l'autostrada, per i porti e per le infrastrutture di Calabria e Sicilia.
In questo modo, state uccidendo ancora di più il Mezzogiorno, un Mezzogiorno che sta tentando di rinascere, di ricoprire unPag. 52ruolo diverso, più attivo e più dinamico, e di rompere con un passato a volte anche imbarazzante. Invece, questo Governo preferisce sostenere le amministrazioni degli amici, degli amici degli amici, e non premiare quelle amministrazioni che, invece, anche nel Mezzogiorno e anche nel resto d'Italia hanno amministrato bene. Ciò mortifica il sud d'Italia, quel sud d'Italia che sta tentando di uscire dalle secche in cui si trova da alcuni anni e sta tentando anche di adottare una cultura di Governo diversa. Voi, invece, con queste scelte immorali - come quella di cui oggi abbiamo parlato - date un calcio al Mezzogiorno d'Italia, alla Calabria, al Sud e ai suoi sforzi di crescita e di cambiamento (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

(Problematiche relative all'utilizzo da parte delle pubbliche amministrazioni delle apparecchiature di rilevazione elettronica delle infrazioni al codice della strada - n. 3-00165)

PRESIDENTE. L'onorevole Bellotti ha facoltà di illustrare l'interrogazione Cicchitto n. 3-00165, concernente problematiche relative all'utilizzo da parte delle pubbliche amministrazioni delle apparecchiature di rilevazione elettronica delle infrazioni al codice della strada (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

LUCA BELLOTTI. Signor Presidente, signor Ministro, l'utilizzo dei T-red e degli autovelox manomessi per rimpinguare le casse di amministrazioni locali e, peggio ancora, delle società cui è affidata la gestione delle stesse, è una pratica indegna.
Ringrazio quindi i colleghi del Popolo della Libertà per aver presentato questa interrogazione che va nella direzione dei cittadini automobilisti, per tentare di correggere alcune lacune normative e consentire ad ogni automobilista, di fronte ad un semaforo giallo, di transitare con serenità, senza retropensieri, senza pensare che qualcuno, alle sue spalle, può avere dei vantaggi.

PRESIDENTE. Il Ministro per l'attuazione del programma di Governo, Gianfranco Rotondi, ha facoltà di rispondere.

GIANFRANCO ROTONDI, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Con il permesso del Presidente, prima di rispondere, vorrei dire all'onorevole Laratta, sulla interrogazione precedente, che il Governo non favorisce gli amici degli amici (Commenti dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)....

PRESIDENTE. Onorevole Rotondi, la prego di rispondere all'interrogazione illustrata dall'onorevole Bellotti.

GIANFRANCO ROTONDI, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. In relazione all'interrogazione Cicchitto n. 3-00165, vorrei dire che l'utilizzo delle apparecchiature di controllo remoto per accertare l'illecito attraversamento delle intersezioni con il semaforo rosso è utile soprattutto nei centri urbani, nei quali detto comportamento è sistematico e causa di numerosi incidenti stradali mortali. Per quanto riguarda le modalità di impiego e di gestione, si fa presente che l'articolo 201 del codice della strada ne consente l'utilizzo solo se essi sono nella completa disponibilità e sotto il controllo degli organi di polizia stradale. La normativa non preclude la possibilità di acquisire tali apparecchi in locazione o in leasing, ma subordina la liceità dell'utilizzo alla circostanza che essi siano gestiti, in ogni fase, da soggetti dotati di qualifica e poteri di polizia. Le condizioni di impiego sono regolate in via amministrativa. Per l'apparecchiatura Photored F17A, con decreto dirigenziale del Ministero delle infrastrutture si prevede, fra l'altro, che il dispositivo possa essere utilizzato anche in modalità automatica.
Per quanto riguarda gli episodi lamentati dall'interrogante, essi discendono dall'inadempienza di alcune amministrazioni comunali che hanno disapplicato sia l'articolo 11 del codice della strada, appaltando illegittimamente a privati la gestione del servizio di polizia stradale, sia l'articoloPag. 53208 del codice della strada, devolvendo la prevista quota alla fornitura di tale servizio e non, come prescritto, alla semplice fornitura dei mezzi necessari per la polizia stradale.
Eventuali inadempienze in materia contabile devono essere portate a conoscenza delle locali procure della Corte dei conti. Il Governo ha espresso l'avviso della necessità di una rigorosa applicazione dell'articolo 208 del codice della strada, evidenziando che l'impiego dei proventi derivanti da accertate infrazioni può essere ritenuto legittimo purché non siano destinati ad aumenti retributivi del personale in servizio anche sotto forma di prestazione di lavoro straordinario. Posso assicurare che il Governo si sta attivando, perché sia ripristinata la corretta gestione degli strumenti utilizzati per la verifica delle infrazioni, tenendo presente che, nella maggior parte delle località dove questi sono posizionati, il loro utilizzo risulta corretto e singoli episodi non vanno ad inficiare l'opera meritoria di contrasto che si effettua per la tutela della corretta esecuzione del codice della strada.

PRESIDENTE. L'onorevole Bellotti ha facoltà di replicare.

LUCA BELLOTTI. Signor Ministro, la ringrazio per la sua risposta che conferma quanto di buono questo Governo sta facendo nella direzione della prevenzione e della sicurezza stradale. Questi fatti sono comunque gravi così come anche lei ha potuto accennare. Mi auguro che sia veramente prestata un'attenzione maggiore nei confronti degli automobilisti, di chi si trova di fronte ad un semaforo ed a certi tempi. Infatti, a volte, per una frazione di secondo si incorre in una sanzione ovvero in una multa che spesso, per molte famiglie, diventa un mutuo. Abbiamo pertanto bisogno, in queste circostanze, di avere, proprio da questo Governo, precisione; abbiamo bisogno di pretendere un'applicazione certa in relazione ad argomenti che riguardano, purtroppo, anche il carovita, le famiglie e gli utenti italiani (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

(Iniziative in materia di non candidabilità di cittadini condannati con sentenza passata in giudicato - n. 3-00166)

PRESIDENTE. L'onorevole Di Pietro ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00166, concernente iniziative in materia di non candidabilità di cittadini condannati con sentenza passata in giudicato (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

ANTONIO DI PIETRO. Signor Ministro, vogliamo riproporre un quesito che stiamo ponendo dal primo giorno che siamo in Parlamento. Possiamo applicare agli eletti, ai parlamentari, lo stesso principio che viene applicato ai consiglieri regionali, ma che dico, ai bidelli delle scuole, ai vigili urbani, ossia quello per cui i condannati non devono stare in Parlamento e, se condannati mentre sono in Parlamento, devono andare a casa?
Lo diciamo oggi perché sono state arrestate altre quattro persone a Palermo per reati ai danni di un nostro parlamentare che ha subito una truffa, proprio perché quattro persone hanno scambiato le schede.
Lo diciamo perché il Ministro della giustizia, l'altro giorno, ha affermato che si deve aprire un confronto su questo tema, perché effettivamente: «voi dell'Italia dei Valori avete ragione».
Ma noi non vogliamo «la ragione dei fessi», vogliamo la ragione vera. Pertanto, le chiedo, con tutta serenità: in Commissione giustizia ha avuto inizio l'esame di un progetto di legge, A.C. 891, in cui si dice che è urgente, urgente, urgente discutere in Parlamento sulla cosiddetta immunità dei Ministri.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANTONIO DI PIETRO. Può farmi il favore di presentare un emendamento governativo affinché si disponga che i condannati non possano essere candidati o, se non riesce...

Pag. 54

PRESIDENTE. Grazie...

ANTONIO DI PIETRO.... può esprimere parere favorevole...

PRESIDENTE. Grazie...

ANTONIO DI PIETRO.... alla proposta che abbiamo avanzato noi in quella Commissione (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)?

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Onorevole Di Pietro l'interrogazione da lei presentata ripropone all'attenzione del Parlamento e del Governo un tema di grande delicatezza e mi riferisco in particolare alle proposte in discussione per la modifica della legge elettorale per il Parlamento europeo.
In via generale, il Governo pone grande attenzione al tema della riforma della legge elettorale per il Parlamento europeo, la quale appare bisognosa di un aggiornamento che tenga conto della generale evoluzione del nostro sistema politico e della particolare configurazione del ruolo del Parlamento europeo nell'ambito delle istituzioni europee.
L'attenzione del Governo peraltro si incentra anche sui tempi di definizione della nuova cornice legislativa, ritenendo essenziale che la stessa venga perfezionata tempestivamente in vista della prossima consultazione elettorale prevista nella primavera del 2009. È chiaro che i rappresentanti italiani presso il Parlamento europeo dovranno apportare significativi contributi sui temi di rilevanza dell'Unione europea e rappresentare in quella sede le posizioni e gli interessi della collettività nazionale.
Lei è ben consapevole, tuttavia, che il Parlamento europeo attualmente non ha le medesime attribuzioni di un Parlamento nazionale. L'attività legislativa, infatti, viene sviluppata più da altri organi dell'Unione europea che non dalla stessa assemblea parlamentare.
Dico ciò perché la particolare configurazione dell'assemblea elettiva dovrà essere tenuta in opportuna considerazione qualora si decidesse di intervenire nella delicata materia delle cause di ineleggibilità e di incandidabilità per il Parlamento stesso.
Quanto alla specifica questione delle cause di ineleggibilità e incandidabilità sollevata dalla sua interrogazione, si ritiene opportuno segnalare che l'argomento si pone su un terreno assai delicato nel quale si confrontano, da un lato, il principio cardine della democrazia - la libertà di partecipare attivamente e passivamente alle consultazioni elettorali, sancito come sa dall'articolo 51 della Costituzione - e, dall'altro lato, un altro principio altrettanto importante: quello della legalità e della trasparenza delle istituzioni democratiche.
Tale difficile bilanciamento trova la prima fondamentale risposta nell'ambito del circuito della responsabilità politica nella misura in cui i partiti ed i movimenti politici si espongono alla sanzione da parte del corpo elettorale, qualora le candidature espresse non siano all'altezza dei compiti che le assemblee sono chiamate ad assolvere.
L'intervento legislativo, con la fissazione di specifiche cause di incandidabilità, ineleggibilità ed incompatibilità, deve essere, quindi, riservato a quelle situazioni nelle quali la candidatura, l'elezione o la permanenza nella carica determinano, in quanto tali, il rischio di gravi disfunzioni nel funzionamento delle istituzioni democratiche.
In questo senso, occorre ricordare come l'insegnamento costante della Corte costituzionale sia stato quello di prevedere nel nostro ordinamento che la candidabilità e l'eleggibilità siano la regola e la non candidabilità e l'ineleggibilità l'eccezione.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Comunque, concludendo, ilPag. 55Governo conferma il proprio auspicio che anche sul tema della definizione di ulteriori cause di ineleggibilità ed incandidabilità si sviluppi un proficuo confronto tra maggioranza ed opposizione e che tale tema sia sottratto alla polemica politica contingente e sia affrontato con l'obiettivo di giungere a soluzioni condivise.

PRESIDENTE. L'onorevole Di Pietro ha facoltà di replicare.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, signor Ministro, lei mi ha risposto in via generale con l'auspicio di un confronto e di quant'altro. Ma le avevo posto una questione in via particolare e glielo ripeterò in «dipietrese» - che si capisce - perché non ho compreso cosa mi ha risposto. La proposta che avanziamo è questa: coloro che sono stati condannati con sentenza penale passata in giudicato non devono essere candidati. Essi non possono fare né i vigili urbani né i bidelli e, invece, possono stare qui a fare le leggi.
Questa mattina hanno arrestato quattro persone perché hanno truffato e hanno fatto scambiare i voti. Pertanto, se lei mi dice che il principio cardine è la democrazia e di questa è la partecipazione, le rispondo che il principio cardine della democrazia è anche il rispetto delle leggi e se qualcuno viene eletto in violazione delle leggi ciò viola la democrazia. Perciò le dico che lei, anzi il Governo deve rispondere a questo quesito.
In via particolare, le dico che, poiché non ci è stata data alcuna risposta, presenteremo, come Italia dei Valori, un emendamento alla legge elettorale europea ed un altro emendamento, sempre a firma dell'Italia dei Valori, al cosiddetto «lodo Consolo». Entrambi i provvedimenti sono in discussione in Commissione e poi giungeranno all'esame dell'Assemblea nelle prossime settimane. Il nostro emendamento disporrà che coloro che sono stati condannati con sentenza penale passata in giudicato per reati dolosi non devono essere candidati. A quel punto vedremo se lei, signor Ministro, e il Governo fate parole o fatti, perché, a quel punto, non si può scappare o tradire. Si dovrà esprimere parere favorevole o contrario! Se sarà espresso parere contrario, vuol dire che è una lingua biforcuta (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo la seduta che riprenderà alle ore 16.

La seduta, sospesa alle 15,35 è ripresa alle 16,05.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Fallica, Palumbo e Stucchi sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame degli ordini del giorno - A.C. 1634-A)

PRESIDENTE. L'onorevole Giammanco ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/9.

GABRIELLA GIAMMANCO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'opportunità di concordare in piena intesa con la Conferenza unificata Stato-regioni nuove norme e nuove tempistiche per definire i calendari scolastici regionali è l'impegno che oggi chiedo al Governo. In particolare, ritengo utile che la data di inizio dell'anno scolastico possa essere resa nota alle famiglie entro la fine dell'anno scolastico precedente a quello di riferimento, permettendoPag. 56così una più agevole e soprattutto economica pianificazione delle ferie estive.
Questo ordine del giorno nasce dall'esigenza forte che ho sentito in molte famiglie di poter organizzare con maggiore serenità le proprie vacanze, che oggi rappresentano una delle voci di spesa più gravose del loro bilancio e a cui sempre più spesso sono costrette a rinunciare. A questa si aggiunge la possibilità di programmare in anticipo, quindi con costi ridotti, esperienze di crescita e approfondimento didattico per i propri figli, quali stage, vacanze studio, esperienze di lavoro all'estero.
Allo stato attuale la data effettiva del primo giorno di scuola viene resa nota alle famiglie generalmente solo durante il mese di settembre. Secondo quanto previsto dal Titolo V della Costituzione della Repubblica italiana, il calendario scolastico regionale viene fissato per decreto dalle singole regioni e si differenzia, quindi, da regione a regione e di anno in anno. In più, per effetto dell'autonomia delle istituzioni scolastiche, nell'ambito del calendario regionale i consigli di istituto, in relazione alle esigenze derivanti dal piano dell'offerta formativa, determinano con criteri di flessibilità gli adattamenti del calendario scolastico, che possono riguardare anche la data di inizio delle lezioni.
Si tratta, insomma, di una serie di passaggi eccessivamente lunghi e complessi, di cui in questo ordine del giorno si chiede una semplificazione. Credo sia giusto tutelare, ancora più in questa difficile congiuntura economica dominata dall'aumento del costo della vita, le famiglie con uno o più figli piccoli, in particolare quelle monoparentali che, secondo l'ultima rilevazione ISTAT, sono 1 milione 833 mila, e le famiglie in cui lavorano entrambi i genitori che, sempre secondo l'Istituto nazionale di statistica, rappresentano il 43 per cento delle coppie con figli.
La famiglia non è solo cellula vitale e asse portante della società, ma è anche, oggi più che in passato, una piccola azienda, che ha bisogno quindi di una gestione razionale e che necessita pertanto del pieno sostegno del legislatore. Sono consapevole che la pianificazione del tempo scuola può apparire in questa sede marginale rispetto alle emergenze della scuola italiana di cui abbiamo tanto discusso; tuttavia in questo ordine del giorno si vuole dare una certezza in più alle famiglie, contribuendo a migliorare la gestione del loro tempo e dei loro bilanci.
Dare sostegno alla famiglia può significare solo garantire maggiori opportunità ai più piccoli, obiettivo che sono sicura il Governo vorrà darsi, accettando l'ordine del giorno in esame (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. L'onorevole Fiorio ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n.9/1634/10.

MASSIMO FIORIO. Signor Presidente, ieri, dopo aver presentato l'ordine del giorno n.9/1634/10, sono stato contattato dagli uffici, che legittimamente mi hanno chiesto se ritenevo congruo questo ordine del giorno alla materia in questione, cioè alla discussione del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 137 del 2008 in materia di istruzione e di università.
Dico legittimamente, perché incentrare l'attenzione sulla ristorazione delle mense scolastiche sembra poco opportuno rispetto alla riforma scolastica ed educativa. Sono convinto, invece, che la riflessione circa il servizio mensa scolastico (ovvero circa ciò che mangiano i nostri bambini) sia quanto mai opportuna, e credo che tale riflessione possa essere affrontata in questa sede.
L'ordine del giorno riguarda il tema del consumo alimentare consapevole e pone l'accento sulla necessità che, già a partire dalle scuole elementari, si proceda affinché l'educazione alimentare (ovvero l'attenzione per ciò che mangiamo), ma anche la consapevolezza delle conseguenze per chi mangia (ma non solo) riguardo ai prodotti alimentari sia pratica concreta e non solo teorica. L'idea di fondo è che, a partire dalla scuola, si favorisca la crescita della consapevolezza verso ciò che consumiamo.Pag. 57In primo luogo, si tratta di favorire la ricezione del tema della sicurezza alimentare: già da bambini è importante conoscere e sapere che la nostra salute è strettamente legata ai consumi e ai comportamenti e alle condotte alimentari che abbiamo, ovvero che bisogna crescere sapendo che bisogna scegliere ciò che si mangia.
Da questo punto di vista credo che l'istituzione scolastica debba investire su un tema intorno al quale è cresciuta l'attenzione dell'opinione pubblica. Il sociologo Ulrich Beck sosteneva che i temi come questi, definiti di «subpolitica», avrebbero guadagnato maggiore attenzione da parte della coscienza collettiva e che il tema del rischio, cui sono collegati (sappiamo cosa mangiamo? Da dove proviene? È sicuro?), sarebbero saliti nella priorità delle agende politiche di ogni Paese, e così è stato. I nostri bambini sono soggetti altamente vulnerabili al rischio rispetto ad un'offerta alimentare che va conosciuta a partire da loro.
Vi è un'altra questione altrettanto importante che la scuola deve tenere in dovuta considerazione e che deve essere materia educativa: si tratta dell'importanza della consapevolezza etica di ciò che consumiamo. A partire dalla scuola, si tratta di insegnare che i nostri comportamenti da consumatori hanno ripercussioni profonde, ovvero che l'affermarsi di un costume di consumo ha conseguenze economiche, sociali ed anche etiche. Perché non sottolineare il rapporto stretto tra il valore della nostra agricoltura e l'importanza che essa può avere per un corretto stile alimentare? Perché non incentivare il legame tra le produzioni di qualità del nostro Paese e la salute che deriva dal consumo, a partire dei bambini?
Sono fermamente convinto che sostenere il consumo di prodotti locali attraverso forme di incentivazione amministrativa possa sia tutelare la salute dei nostri cittadini che costituire un elemento di sviluppo e di crescita per tante nostre produzioni. Non si tratta di contestare il consumo alimentare industriale, ma di conoscerne i limiti, perché così si difende il valore delle nostre produzioni alimentari locali e perché tali misure possono essere in qualche modo di aiuto ad un settore che rischia di scomparire, perché sottoposto ad una concorrenza spietata.
La scuola è dentro le dinamiche della società, non è un luogo ideale posto al di fuori di essa, ma non deve neanche essere un soggetto passivo. Proprio perché è il luogo per eccellenza dove si forma concretamente la coscienza civica e sociale dei cittadini, si deve insegnare a governare tali dinamiche.
Il tema dell'ordine del giorno parte proprio da queste nuove esigenze, o meglio dalla sensibilità verso queste nuove esigenze, e cerca di sottoporre al Governo la necessità di affrontarlo. Certo è che la riforma scolastica che in questi giorni stiamo discutendo dà tutt'altra impressione. La linea di fondo è che, di fronte tanti cambiamenti sociali, alla crescita di tematiche e sensibilità nuove la soluzione sia invece un salto indietro ad un'epoca che è passata. Lo hanno già detto tanti prima e più autorevolmente di me. Non si tratta del voto in condotta o del giudizio espresso in decimi. L'idea è che in ciò che è già stato sia la risoluzione per ciò che è e che sarà.
L'istituto del maestro unico è la lampante prova di questa politica, ovvero che il ritorno ad esperienze educative del passato sia la soluzione a tante difficoltà che la nostra scuola deve affrontare. Delegare ad un solo insegnante la funzione educativa di un bambino ed abbandonare il pluralismo formativo che ha contraddistinto l'evoluzione educativa significa non vedere che la nostra società necessita di conoscenze e strumenti nuovi per affrontare tali problemi.

PRESIDENTE. Onorevole Fiorio, deve concludere.

MASSIMO FIORIO. Proporre una riforma del sistema educativo elementare come avviene in questo decreto-legge significa mettere da parte e non considerare il processo evolutivo della riforma educativa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Pag. 58

PRESIDENTE. Saluto gli studenti della scuola media Luigi Antonelli di Pescara, della scuola media Sacro Cuore di Salerno e dell'istituto comprensivo San Pio da Pietrelcina di Pietrelcina (Benevento), che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
L'onorevole Gozi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/41.

SANDRO GOZI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il mio ordine del giorno mira a introdurre in Italia un'educazione civica che tenga conto dei cambiamenti della società italiana ed europea. Nell'ormai lontano 1999 la filosofa Martha Nussbaum nel suo libro Coltivare l'umanità scriveva: oggi stiamo cercando di costruire una scuola in cui membri di minoranze etniche e religiose e le persone che appartengono a culture non occidentali possano essere visti e ascoltati con rispetto e amore, una scuola in cui si consideri che il mondo è formato da molti tipi diversi di cittadini e nella quale si possa tutti imparare a comportarsi come cittadini del mondo.
Quando parliamo di scuola questo dovrebbe essere il nostro obiettivo: formare, attraverso la scuola, dei cittadini italiani, europei e del mondo. Il Governo, invece, sembra dimenticare che il cittadino non è un concetto astratto, ma è ben situato e apprende la convivenza civile a partire dai diversi ambienti in cui si trova: la famiglia, il quartiere, la generazione e, soprattutto, la scuola. Credo che troppo spesso il Governo sottovaluti uno dei veri compiti della scuola di oggi, ossia la formazione civica, ma prima di tutto umana, che dobbiamo dare ai nostri ragazzi.
La scuola di oggi deve preparare i giovani al rispetto dell'altro, alla diversità, alle nuove dimensioni della cittadinanza, in particolare quella europea; a questo deve mirare una vera educazione civica: all'integrazione sociale. Educare all'uguaglianza significa educare al riconoscimento delle diversità; non è semplice tolleranza, significa conoscenza e adesione al patrimonio dei diritti e dei doveri della Costituzione italiana e della Carta europea, e significa anche decisione di condividere il futuro.
Il Governo parla di riforma della scuola, quando in realtà attua un'operazione meramente economica, non rispondendo alle vere esigenze formative del sistema scolastico italiano, mentre la scuola ha bisogno di un vero investimento politico, di soluzioni inclusive totalmente diverse dalle classi-ponti o dai permessi a punti che la maggioranza propone e che preparano una società della divisione, della diffidenza e dello scontro. Si tratta di esigenze oggettive, tangibili, a dimensione europea, se non globale, e per questo facilmente individuabili.
Scuola e anche università in Europa sono al centro della crescita sociale, non sono considerate solo questioni economiche, e la formazione di docenti per una nuova educazione civica, a cui mira l'ordine del giorno, è essenziale. Invece, con riforme come quella che il Governo sta attuando non solo si creano nuove divisioni e disuguaglianze nella scuola italiana, ma gli stessi obiettivi europei per la scuola del 2010 non sono solo più lontani, sono assolutamente irraggiungibili.
Infine, cari colleghi, non sorprendiamoci per lo scarso senso civico del nostro Paese: la formazione non si fa solo sui banchi di scuola o con i libri, la formazione civica di cittadini responsabili e consapevoli viene anche dall'emulazione, dall'esempio che anche noi dobbiamo dare ai nostri ragazzi, e l'esempio di questi tempi, con scontri verbali, insulti, disprezzo delle prerogative democratiche del Parlamento e delle opposizioni non è certamente formativo. Con il suo atteggiamento la maggioranza e il Governo stanno insegnando ai nostri ragazzi la legge del più forte, stanno dicendo che chi è al potere può fare ciò che vuole, ignorando le regole del consenso democratico e del confronto con l'altro, con buona pace del senso civico democratico e istituzionale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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PRESIDENTE. L'onorevole Argentin ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/181.

ILEANA ARGENTIN. Signor Presidente, il mio ordine del giorno n. 9/1634/181 è stato presentato in un momento in cui, come sappiamo, a livello internazionale attraversiamo una serie di grandi problematiche economiche e finanziarie che ci allontanano dalle piccole questioni in esso contenute, che comunque sono fondamentali e importanti per la scuola e soprattutto per le famiglie, che in questo periodo arrivano al fine del mese con sempre maggiore difficoltà.
Nel mio ordine del giorno n. 9/1634/181 si chiede di prevedere che gli editori non cambino i contenuti dei testi per cinque anni, in modo tale che possano essere effettuate compravendite nel mercato dell'usato, ma, soprattutto, si parla dell'importanza di collocare on line questi testi. Si chiede di individuare, soprattutto nel meridione, partendo dalla Puglia (ma anche in tantissime altre situazioni regionali abbiamo grosse difficoltà, senza voler escludere né il settentrione, né tanto meno il centro del Paese), anche nell'ambito della prossima legge finanziaria - dico una cosa che può sembrare banale, ma che invece è fondamentale -, le risorse sufficienti per l'acquisto nelle scuole di cartucce e di strumenti utili per stampare i libri di testo e quindi garantire a tutti gli alunni, anche quelli più indigenti, un principio di uguaglianza (per evitare che alcuni abbiamo i testi nuovi ed altri usati - non ci sono figli e figliastri - o che comunque si creino diversità in base al reddito). Si chiede che all'interno delle scuole vi sia la possibilità di stampare questi testi e di dare a tutti l'opportunità di studiare, senza differenziazioni da un anno all'altro: questi cinque anni, quindi, diventano fondamentali.
Senza volere sottrarre troppo tempo all'Aula, mi permetto di ricordare al Governo, qui presente, oltre alla questione sui libri di testo (nella quale non mi sono addentrata, perché credo che più che altro vi sia la necessità di dare consigli), che all'interno delle scuole ci sono molte persone che hanno difficoltà sensoriali, i cosiddetti sordi o i non vedenti. Chiedo di cominciare ad immaginare la possibilità di introdurre nelle scuole strumenti tecnici ed ausili. A tal fine, basta un computer e bastano i programmi. Onestamente, questo tipo di programma, ormai, costa veramente una banalità (circa 100 euro), e quindi è veramente alla portata di ogni scuola. Forse, però, una circolare che ricordi a tutte le scuole la necessità di assicurare pari opportunità a tutti gli alunni mi sembrerebbe un passo di grossa civiltà.
La nuova riforma Gelmini, come sappiamo, si scontra non soltanto con il personale docente, ma anche con molte fasce deboli di studenti e di alunni. È chiaro che nessuno ha detto che sarà mai eliminato un insegnante di sostegno, ma è pur vero che, quando parliamo di insegnanti che verranno tagliati, non immaginiamo che vi sia una graduatoria per quelli di sostegno e un'altra per quelli non di sostegno. Gli insegnanti, comunque, entrano nella scuola nello stesso modo, e mi sembrerebbe assurdo privilegiarne uno rispetto a un altro. È chiaro che il fine è importante ed è fondamentale dare risposte, ma credo che ci voglia una grande onestà intellettuale nel dire che sono stati privilegiati alcuni rispetto ad altri, perché, purtroppo, ciò è avvenuto. Lo affermo con grande chiarezza, non per strumentalizzare questa riforma. Con una maggiore condivisione, forse, avremmo potuto effettuare i necessari interventi all'interno della scuola e non presentare centinaia di ordini del giorno, che probabilmente rimarranno carta straccia, pur essendo, invece, necessari strumenti per cambiare l'etica e la vita delle persone che frequentano la scuola (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Melis ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/108.

GUIDO MELIS. Signor Presidente, l'ordine del giorno che mi accenno ad illustrarePag. 60mira a diffondere nelle scuole italiane, in tutte le scuole italiane, la Costituzione della Repubblica. Rientra, dunque, in quella attività di educazione civica, che la scuola dovrebbe svolgere normalmente, direi quasi fisiologicamente, ma che, come sappiamo, per un complesso di cause, spesso è sacrificata o peggio consapevolmente ignorata.
La Costituzione, come lei sa meglio di me, signor Presidente, non è un pezzo di carta. Come ricordava ancora ieri, uno dei nostri migliori costituzionalisti, Gustavo Zagrebelsky, nel suo ricordo di un maestro come Leopoldo Elia, la Costituzione vive ed opera se è sostenuta da una politica costituzionale che si ispiri ai suoi valori di fondo, che li realizzi, e se non è contraddetta dai comportamenti quotidiani delle istituzioni e di chi le rappresenta. La scuola pubblica prevista e tutelata dalla Costituzione, anche rispetto alla scuola privata, rappresenta l'immenso circuito nel quale si formano le classi dirigenti del Paese per gli anni futuri. Reintrodurre la Costituzione nella scuola, non come libresca acquisizione erudita, ma in forza di una didattica che ne sappia tradurre il messaggio in relazione alla vita concreta dei giovani, è quanto di meglio possiamo immaginare per consolidare la democrazia e sviluppare lo spirito civico degli italiani.
Noi sappiamo quanto questo Paese, nei confusi anni che viviamo, abbia bisogno di spirito civico. Non è casuale che il Partito Democratico senta il bisogno di richiamare la Costituzione proprio in relazione a questo provvedimento voluto dal Ministro Gelmini, che ci accingiamo ad approvare con una prassi ancora una volta eccezionale, senza poterne discutere ed emendare i singoli contenuti, sotto il ricatto del voto di fiducia. Questa legge, infatti, presenta, sotto questo particolare profilo, una sua specifica contraddizione, sulla quale mi vorrei brevemente soffermare.
Si apre pomposamente con un articolo 1 che parla di favorire l'acquisizione dei saperi e delle competenze relative alla cittadinanza e alla Costituzione e insiste giustamente su questi concetti: cittadinanza e Costituzione. Poi, però, introduce un'idea di scuola contraddittoria con questa premessa e, francamente, molto deludente. Desinit in piscem, tanto per buttarla nel solito latinorum.
Ma davvero il Ministro pensa che sia sufficiente introdurre la valutazione degli alunni in termini numerici a partire dalle scuole elementari e risuscitare il voto in condotta, anche esso in termini rigorosamente numerici, per risolvere i gravi problemi della scuola italiana di oggi? Davvero pensa che un gioiello come la scuola elementare, l'unico che abbiamo, su cui sarebbe stato meglio non mettere mano, abbia bisogno di tornare dalla formula pluralistica dei tre maestri a quella monocratica del maestro unico, come ai tempi di De Amicis e del libro Cuore?
Signor Presidente, io ho una figlia che da bambina ha avuto la fortuna - sì dico proprio la fortuna - di frequentare - era allora forse la prima volta che si sperimentava tale formula - le elementari con le tre maestre, tre bravissime maestre. Ebbene, avendo avuto un altro figlio con il maestro unico, posso testimoniare qui, per esperienza diretta di padre, che il modulo dei tre maestri contiene in sé delle potenzialità educative che il maestro unico non ha. Non solo per la banale ragione che le eventuali carenze di uno si compensano con le virtù dell'altro maestro, ma anche e soprattutto per l'impronta pluralistica che la contemporanea presenza delle tre figure educative trasmette ai bambini.
Si resta, lasciatemelo dire, senza parola a leggere il magro e poverissimo testo di questo provvedimento. La scuola italiana vive sì una crisi profonda, ma questa crisi affonda le sue radici in problematiche ben più complesse, oggetto in questi anni di intere biblioteche e di saggi pedagogici. Negli ultimi dieci o vent'anni è cambiato il Paese, sono cambiate le classi sociali, è cambiato il ruolo monopolistico della scuola come unico soggetto del sistema educativo nazionale. C'è da fare i conti con la concorrenza dei grandi media, con l'invasione che quotidianamente producono nella vita dei ragazzi e con le suggestioni coinvolgenti che vi inducono.Pag. 61
C'è da ragionare sui contenuti della scuola, sulla validità delle politiche educative, sul precoce invecchiamento dei nostri linguaggi comunicativi. Davanti a tutto questo, davanti a questa che si può ben definire come una vera e propria rivoluzione copernicana, il Ministro ci viene a proporre il voto in condotta, maestri unici e grembiulini. Ministro Gelmini, lei potrà forse - non ne sono sicuro - risparmiare qualche euro e ne avrà la riconoscenza del suo collega Tremonti, ma non risolverà nemmeno uno dei problemi della scuola italiana, anzi certamente li aggraverà (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Meta ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/110.

MICHELE POMPEO META. Signor Presidente, purtroppo in queste settimane stiamo assistendo ai primi vagiti di una drammatica crisi economica, che, come era stato anticipato da molti analisti, sta precipitando i tradizionali modelli economici occidentali in una profonda recessione.
Eppure, cari colleghi, le prime avvisaglie della fragilità del sistema finanziario e bancario mondiale risalgono a qualche mese fa, ma sembra che non ve ne siate accorti. La nostra responsabilità e il nostro senso dello Stato ci portarono, ve lo ricorderete, già in sede di approvazione della manovra economica, prima dell'estate, a criticare sia il merito delle priorità economiche proposte dal Governo sia il metodo, che sviliva le prerogative del Parlamento.
Una maggioranza di Governo, in momenti delicati e di disorientamento come questo, dovrebbe avere maggiore senso dello Stato. È pericoloso e non giova a nessuno minare e mettere in discussione le certezze costituzionali del bilanciamento dei poteri, del controllo degli atti di Governo e delle garanzie dell'opposizione; opposizione che, in questi giorni, sta facendo emergere il clamoroso vulnus che si sta creando sulla scuola pubblica con la controriforma targata Gelmini, ma con telaio Tremonti.
Qui, per l'ennesima volta, attraverso lo strumento del decreto-legge e con la fiducia, si ledono numerosi diritti, tra cui quello del Parlamento a discutere un provvedimento che stanzia 8 miliardi di euro in meno fino al 2011 (questo per la scuola pubblica).
Si tratta di un provvedimento che taglia 87 mila docenti e 43 mila addetti al personale; un provvedimento che vede la soppressione delle scuole nei piccoli centri, la revisione dei criteri per la formazione delle classi, la riduzione del numero di insegnanti per bambini disabili e l'aumento delle tariffe per asili, mense, trasporti scolastici ed ancora altro. Tale provvedimento lede anche il diritto della scuola pubblica a svolgere, da protagonista, l'importantissimo ruolo di socializzazione primaria, formazione del cittadino e anche di integrazione sociale.
Non basta, quindi, semplificare il problema ed introdurre, ad esempio, l'insegnamento nelle scuole di «Cittadinanza e Costituzione», credendo così di poter dare all'alunno le competenze utili a formarsi come cittadino consapevole, senza, peraltro, considerare l'aggravio di spesa che, per queste ed altre scelte sulla scuola, dovrà essere sopportato dalle famiglie, cui il Governo sembra non avere intenzione di venire incontro.
State demolendo la scuola pubblica, ganglio vitale del Paese; state portando avanti una linea di conflitto e di annientamento di tutte le certezze e le garanzie che i cittadini di uno Stato democratico devono avere assicurate.
E tutto questo, mi spiace constatarlo, è dettato da un puro avventurismo, da necessità di cassa decise da Tremonti. Non vorrei, cari colleghi, che, tra qualche mese, dopo avere proceduto in totale autosufficienza legislativa, ci fosse, da parte vostra, una chiamata alle armi dell'opposizione. Sarebbe, infatti, davvero spiacevole se, nel pieno di una crisi economica internazionale, la prima del ventunesimo secolo, ci chiedeste di assumerci collettivamente le responsabilità di scelte economiche dure ePag. 62impopolari, che saranno, purtroppo, l'inevitabile conseguenza delle vostre iniziative sballate e scellerate, quelle che state facendo oggi.
Ebbene sì, la strada che state seguendo, dalla scuola pubblica al federalismo fiscale, minerà le radici proprio della rete di protezione sociale che, in momenti delicati come questo, garantisce il cittadino e lo sostiene nell'impoverimento cui andiamo incontro.
Colpite la scuola pubblica, aumentate la pressione fiscale, distogliete risorse dalla sicurezza e dalla spesa sociale, definanziate le infrastrutture strategiche per il Paese. Tagliate, persino, i fondi all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che oggi ha lanciato un inquietante allarme sulla drastica riduzione di risorse per la tutela dei consumatori, che, in un momento di crisi come questo, dovrebbe essere invece ancora più utile.
Queste sono le principali misure che state prendendo. Il destinatario di tali provvedimenti è proprio quel ceto medio che oggi già soffre per l'aumento dei prezzi e il livello dei salari troppo basso.
Non è bello, ed è anche irresponsabile, non curarsi...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MICHELE POMPEO META....del futuro del Paese; ho concluso. Credo che la mera gestione del potere, che è quello che state facendo, non risolva i nostri problemi.
Vi consiglio, a questo punto, di uscire da quella falsa riproduzione della realtà messa in scena quotidianamente dalle televisioni del vostro Premier, e di guardare, invece, in faccia la realtà, fatta di persone comuni che, nonostante tutto, devono lavorare e garantire un futuro alle loro famiglie (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Rampelli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/5.

FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, ovviamente il giudizio relativamente al decreto-legge in esame, per quello che riguarda il Popolo della Libertà, è di tutt'altro segno rispetto alle considerazioni che abbiamo ascoltato; pur tuttavia, abbiamo potuto qualificare la nostra presenza in Aula non solo partecipando in maniera assidua al dibattito, dopo averlo fatto in Commissione, ma anche stilando degli ordini del giorno di orientamento, che potessero in qualche maniera offrire degli spunti al Ministero per la fase attuativa del decreto, per le circolari o per delle riflessioni inerenti ad alcuni punti critici del nostro sistema scolastico. Già oggi, nel corso della mattinata, sono stati illustrati importanti ordini del giorno sul voto in condotta dalla collega Frassinetti, sulla giornata di lotta alla mafia dal collega Benedetto Fabio Granata, sul rapporto tra studenti immigrati, stranieri in genere e studenti italiani, la necessità comunque di garantire dei livelli qualitativi minimi agli uni e agli altri contemporaneamente alla garanzia di un rapporto di integrazione che sia vero, autentico, concreto e che non sia solo vagheggiato, cioè iscritto alla solita demagogia che accompagna il filone culturale della sinistra.
È il turno ora della libertà di apprendimento. Noi, chi parla, veniamo da una tradizione di movimentismo studentesco, all'interno del quale abbiamo fatto di tutto e di più per garantire l'abolizione del cosiddetto libro di testo obbligatorio. Abbiamo ritenuto che gli studenti e le rispettive famiglie dovessero conquistarsi questo diritto: a maggior ragione (e non è un mistero, se ne è accorta ormai tutta l'Europa) giacché da un certo momento in poi, che possiamo datare intorno all'anno di grazia 1968, la cultura si è indirizzata verso un tunnel, si è persa l'ambizione a rappresentare, in modo particolare all'interno delle scuole e dell'università, la cultura come confronto, come pluralismo, come capacità di fare sintesi tra filoni e sensibilità differenti. Era quindi indispensabile andare all'abolizione del libro di testo obbligatorio, anche per garantire questo diritto: visto che lo Stato non è nelle condizioni di contrastare questaPag. 63sorta di monopolio culturale tardo-marxista, era indispensabile fornire agli studenti e alle famiglie gli strumenti per poter effettuare una libera scelta.
Oggi si contrappone - ed è sempre odioso vedere delle libertà che entrano tra loro in conflitto - alla libertà di apprendimento che fin qui ho manifestato, e che è presente come costante richiamo in questo ordine del giorno, la libertà di insegnamento, che è ovviamente garantita. Ritengo, Signor Presidente, sottosegretario, colleghi, che sia indispensabile sovrapporre, sommare queste libertà, libertà di apprendere, libertà di insegnare: non è possibile che una delle due vada in buona sostanza a mortificare e ad eliminare l'altra. La libertà di insegnare, e quindi la libertà di dare dei testi di riferimento, deve comunque corrispondere, deve trovare una simmetria con il diritto da parte dello studente e della famiglia di scegliere, anche e soprattutto nella scuola pubblica, senza dover per questo scappare dalla scuola pubblica e trovarsi dei testi di riferimento più consoni alla sensibilità e alle convinzioni proprie e della propria famiglia. Si deve trovare la soluzione per questa sintesi tra libertà di apprendimento e libertà di insegnamento.
La soluzione che viene suggerita con l'ordine del giorno in esame, e siamo in attesa della risposta del Governo...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

FABIO RAMPELLI. Concludo, signor Presidente. La soluzione suggerita, dicevo, è che l'insegnante stili una lista di testi all'interno dei quali la famiglia, lo studente possano compiere la propria scelta. In questa maniera, le due libertà potrebbero marciare di pari passo, con pieno ed assoluto diritto della persona e pieno ed assoluto diritto da parte dell'insegnante (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. L'onorevole Capitanio Santolini ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/232.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, mi rifaccio proprio all'intervento ultimo del collega che ho ascoltato con attenzione, come molti degli interventi che si sono succeduti in quest'Aula. Egli parlava della libertà di insegnamento e della libertà di apprendimento - e non posso che concordare -, ma ha dimenticato una somma libertà che precede, a mio giudizio, la libertà di insegnamento e di apprendimento perché è sancita dalla Costituzione (anche queste sono sancite dalla Costituzione) ed è espressamente richiamata, anche se - aggiungo - è una libertà negata e dimenticata, per quanto andrebbe invece riscoperta per il bene di tutti: parlo della libertà di scelta educativa delle famiglie. So che il Popolo della Libertà è su tale punto sensibile, tant'è vero che il Presidente del Consiglio l'ha a volte richiamata e lei stesso, signor Vicepresidente, certamente è attento e sensibile a questo tema. Tuttavia, non posso non rilevare come in questo decreto-legge, cui è seguita la fiducia, non si parla di libertà di scelta educativa e neanche di famiglie: ritengo quindi che vi sia un vulnus notevole nell'approccio culturale e, in qualche modo, pragmatico alla vita della scuola.
Garantire a tutti il livello di istruzione non è una preoccupazione secondaria, ma garantire a tutti la scelta della scuola che preferiscono e considerano migliore dovrebbe essere una battaglia di destra e di sinistra, mentre ho paura che sia ancora una battaglia nelle retrovie dell'ideologia. Non riesco a rendermi conto per quale ragione non diventi un tema trasversale e condiviso, dal momento che tale limitazione della libertà di scelta delle famiglie in qualche modo si riflette negativamente sulle famiglie meno abbienti. Se queste ultime hanno infatti una scuola che non le soddisfa, è deprivata di molte cose o, comunque, per qualsiasi ragione non va bene sono costrette a mantenere il bambino lì dov'è, mentre le persone più abbienti e più benestanti possono permettersi il lusso di cambiare semplicemente scuola e mandare il bambino in unaPag. 64scuola non statale (che per molti è un lusso, mentre dovrebbe costituire un diritto garantito).
Spero che il mio ordine del giorno venga accolto, perché si tratta di una cifra di civiltà e della opportunità di adeguarsi all'Europa (non si può sbandierare l'Europa quando fa comodo e dimenticare, quando non fa comodo, che nel resto dell'Europa avviene esattamente ciò che sto dicendo).
Infine, una vera riforma della scuola - l'ho detto ieri in quest'Aula - non può limitarsi al voto in condotta o al fatto di misurare il voto in decimi (sebbene è un passo che posso anche condividere e sul quale non faremo barricate, avendo in qualche modo approvato e condiviso alcune decisioni anche se ci sembrano molto limitate). La vera riforma della scuola che questo Ministero e questo Governo dovrebbero affrontare con coraggio è una rivoluzione che riguarda appunto la libertà di scelta educativa delle famiglie, una valutazione seria degli istituti, in modo che le famiglie siano messe in condizione di scegliere a ragion veduta le scuole migliori, una carriera degli insegnanti (i quali devono essere pagati meglio di come accade oggi) che deve essere garantita, infine una vera autonomia delle scuole, che dovrebbero essere in grado non solo di svolgere compiti amministrativi di basso livello, ma di reclutare i loro docenti ed essere responsabili della scuola dal punto di vista finanziario, didattico ed organizzativo.
Credo che, se non affrontiamo tali questioni - e le affrontiamo in pieno, seriamente e con un ampio dibattito nel Paese -, questo provvedimento sia del tutto limitato e non affronti alla radice i mali della scuola.

PRESIDENTE. L'onorevole Lolli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/43.

GIOVANNI LOLLI. Signor Presidente, questo ordine del giorno tratta del problema dell'educazione motoria nella scuola primaria. Sulla scuola primaria il dissenso tra noi e questo Governo è stato massimo e rimane tale - sia chiaro -, però qui si parla di un problema specifico sul quale - lo spero o almeno me lo auguro - forse potremmo intenderci e lavorare insieme.
Credo siamo tutti d'accordo nel ritenere che, piuttosto che decrementare la scuola primaria italiana, che già è una scuola di eccellenza, dovremmo avere l'obiettivo di incrementarla e di arricchirla, partendo soprattutto da quegli aspetti nei quali essa si mostra carente. Sicuramente il tema dell'educazione motoria rappresenta una delle carenze storiche della nostra scuola, come il problema dell'educazione fisica complessiva. Nella scuola italiana il numero di ore di educazione fisica è il più basso d'Europa, ma qui parliamo di un problema specifico che riguarda il comparto della scuola primaria.
Ho sentito il Ministro occuparsi - devo dire un po' saltuariamente - del problema, ma vorrei che ci capissimo bene, perché quando se ne è occupato ha detto delle cose che non condivido. Egli ha parlato dello sport e della funzione del CONI; intendiamoci bene, il CONI svolge egregiamente una funzione, un ruolo e una missione: allargare il più possibile la base di reclutamento per trovare tanti giovani di talento e farli diventare campioni. Questa attività è importante e dobbiamo aiutare il CONI a svolgerla, ma l'educazione motoria è un'altra cosa e non riguarda il CONI, non è lo sport, ma riguarda l'attività della scuola pubblica e tutti i bambini e le bambine, non solo quelli talentuosi, ma quei bambini che devono scoprire quanto è bello e quanto è importante muoversi e mantenere questa passione e questo gusto per il resto della propria vita.
Se ciò non succede, se rimane solo la funzione del CONI, si verifica purtroppo il fenomeno (in Italia già sta succedendo) per il quale molti bambini abbandonano la pratica sportiva nell'età adolescenziale e rimangono solo quelli che tendono a diventare campioncini: tutti gli altri abbandonano. Invece, è interesse dello Stato e della società, almeno per due ragioni, chePag. 65vi sia una corretta educazione motoria. La prima ragione è relativa al modello pedagogico, perché attraverso l'educazione motoria il bambino non costruisce solo, in maniera più sana e più coerente, il proprio corpo, bensì apprende, scopre il mondo ed entra in relazione con gli altri. Ho già ricordato al Ministro in un'altra occasione di andarsi a leggere gli studi fatti all'università di Urbino, nei quali, parametrando in Italia scuole primarie dove si fa educazione motoria rispetto a quelle dove la stessa è assente, il livello di apprendimento - per esempio, dell'inglese - è molto superiore nelle prime.
Quindi, innanzitutto vi è un motivo pedagogico, ma vi è anche un motivo più generale che - con parole che condivido - ha ricordato il sottosegretario alla salute Martini in un articolo che compare oggi sul Corriere della sera: in Italia abbiamo una specie di grande pandemia che si chiama «obesità infantile». È una pandemia perché l'obesità infantile è l'origine primaria di tante malattie che riguardano tantissime anzi milioni di persone in Italia. Per riuscire a contrastare l'obesità infantile bisogna cambiare gli stili di vita e gli stili di vita diversi sono costruiti su due funzioni: una corretta alimentazione ed il movimento. Il movimento deve essere scoperto e praticato proprio nella scuola primaria. Conviene, oltre ad essere giusto, che lo Stato si occupi di queste cose. Naturalmente stiamo parlando - credo si sia capito - di funzioni delicate e complesse che non possono essere svolte da chiunque, ma da laureati in scienze motorie.
Siccome il Governo precedente ha investito rispettivamente nelle due annualità del 2006 e del 2007 un milione e mezzo di euro e 9 milioni di euro per condurre una sperimentazione (nel primo caso in tre scuole di tutte le province italiane; nel secondo caso in venticinque scuole di tutte le province italiane), mettendo sotto contratto laureati in scienze motorie per farli collaborare con i maestri e con le maestre proprio per fare educazione motoria, e siccome questa iniziativa del Governo precedente è stata messa in rete con il tanto che fanno, sulla base delle proprie risorse, enti locali e regioni, la richiesta contenuta in questo ordine del giorno è la seguente: intende il Governo proseguire lungo questa strada e gradualmente arrivare nei prossimi anni a completare questa sperimentazione in tutte le scuole italiane? Io spero di sì (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Bachelet ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/57.

GIOVANNI BATTISTA BACHELET. Veramente, signor Presidente, dovrei illustrare l'ordine del giorno n. 9/1634/56.

PRESIDENTE. Mi avevano segnalato il n. 9/1634/57. Chiedo scusa. Prego, onorevole Bachelet.

GIOVANNI BATTISTA BACHELET. Signor Presidente, l'ordine del giorno in esame impegna il Governo a rendere esplicite, nei regolamenti attuativi della legge n. 133 del 2008, le condizioni organizzative, strutturali, pedagogiche e didattiche che consentono di configurare il prolungamento dell'orario settimanale fino a 27, 30 o 40 ore settimanali e a garantire le risorse di personale docente e ausiliario necessarie per assicurare la piena risposta all'eventuale domanda espressa dai genitori di una più ampia articolazione del tempo-scuola.
Questo ordine del giorno introduce una garanzia minima, assente sia nel testo della legge sia nella bozza di piano ministeriale, ossia che venga mantenuto l'orario delle 27, 30 e 40 ore almeno alle famiglie che già ne godono; mette cioè al riparo dal pericolo di una riduzione dell'orario scolastico le numerosissime famiglie, tre italiani su quattro stando ai sondaggi pubblicati sui principali quotidiani e settimanali, che non hanno alcuna intenzione di vedere ridotto l'orario scolastico e desiderano proseguire con quello che hanno adesso.
Finché i giornali parlavano del ritorno al maestro unico, esso ha suscitato superficialiPag. 66simpatie. Lo confesso: quando alle elementari, molto tempo fa, fu introdotto il modulo con i tre maestri, avevo dubbi anch'io. Non vedevo vantaggi. Mi pareva allora, come dice ancora Panebianco, che la motivazione fosse più sindacale che educativa. Nel frattempo, però, sono passati più di quindici anni. A me, quattro figli alle elementari tra il 1991 e il 2005 hanno insegnato che la pluralità di figure educative rappresenta non solo un arricchimento (così come una famiglia con mamma e papà, quando è possibile, è preferibile ad una single parent family) ma anche, grazie alla collegialità, un elemento di controllo reciproco tra docenti, una garanzia e una tutela dei bambini, un'assicurazione contro il rischio di imbroccare la persona sbagliata per cinque anni consecutivi e, last but not least, un vantaggio che definirei di equità statistica: l'esperienza di quattro figli mi suggerisce che su tre maestre è quasi certo che almeno una preparata e molto motivata vi sia. Questo mio motivato apprezzamento del modulo ha trovato riscontro anche nelle nostre audizioni: in Commissione, circa due terzi dei pareri di associazioni di genitori, studenti e docenti erano negativi sul ritorno al maestro unico e molto negativi sulla riduzione dell'orario scolastico. Molti hanno infatti notato che il vero effetto dell'articolo 4 non è il tanto strombazzato maestro unico, che in pratica c'è già oggi, per chi lo vuole, come maestro prevalente: è invece la riduzione di circa il 30 per cento del totale di ore di lezione fornite dalla scuola italiana per le elementari.
Ciò potrà tradursi in un ritorno a casa anticipato dei bambini, in una riduzione del tempo pieno, nella chiusura di qualche migliaio di scuole o qualche combinazione lineare di queste tre scelte. Qualche giorno fa, nessuno poteva dire in quali proporzioni. Ora la bozza di piano presentata dal Ministro ai sindacati sembra confermare il taglio di un maestro ogni tre sul modulo normale, con riduzione dell'orario scolastico per tutti.
In assenza di un preciso impegno del Governo, che chiediamo con l'ordine del giorno in esame, le 27, 30 o 40 ore rappresenteranno d'ora in poi un lusso che ci si potrà permettere solo nell'ambito delle risorse date. Non sarà quindi più garantito nemmeno a chi finora lo aveva.
Su questo punto i sondaggi del Corriere della sera parlano chiaro: tre italiani su quattro non vogliono la riduzione dell'orario scolastico (supplemento Magazine del 25 settembre) e, nella pagella al Ministro (Magazine della settimana dopo, 2 ottobre), l'insufficienza più grave della Gelmini, ironia del voto numerico, è un brutto 4 proprio sul maestro unico.
L'autorevole parere dei professori Panebianco e Ricolfi si rivela dunque un parere di minoranza: oltre a loro due, solo un italiano su quattro crede alla favola secondo la quale la scuola fornisce un miglior servizio riducendo le ore di insegnamento; la favola secondo la quale a mezzogiorno le famiglie, se da scuola telefonano per dire di venire a prendere il figlio o la figlia un'ora prima, saltano di gioia e sfoderano a sorpresa una panoplia di attività integrative (pallavolo, inglese, musica) che, come noi genitori sappiamo, si tengono di solito fra mezzogiorno e l'una.
Almeno l'ordine del giorno in esame la maggioranza potrebbe passarcelo. È una garanzia che il Ministro ha confermato a voce in molte occasioni, accusando anzi noi dell'opposizione di diffondere un panico ingiustificato. Vogliamo evitare il panico? Mettiamolo per iscritto in questo ordine del giorno, perché nel decreto-legge questa garanzia che noi del PD avevamo chiesto con un emendamento non c'è.
Altri emendamenti da noi suggeriti in Commissione, dopo la fiducia, sono stati inseriti dal Governo nel maxiemendamento (ad esempio, l'abolizione della bocciatura con una sola insufficienza, la collegialità, l'inserimento a pettine dell'ultima nidiata SISS nelle graduatorie, un po' di risorse per l'edilizia scolastica). Purtroppo, la garanzia delle 27, 30 e 40 ore non appare finora da nessuna parte. Mettere per iscritto l'impegno del Governo, almeno nella forma di un ordine del giorno, è meglio di niente.Pag. 67
Dalla discussione in Commissione ci risulta che almeno qualche settore della maggioranza, sensibile al problema del possibile ritorno anticipato dei figli a scuola, apprezzerebbe molto questa garanzia. Per questo proponiamo con convinzione e speranza l'ordine del giorno in esame a tutta l'Assemblea.

PRESIDENTE. Onorevole Bachelet, confermo che lei ha illustrato l'ordine del giorno n. 9/1634/57.
L'onorevole Strizzolo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/87.
In ogni caso, poi li giocheremo tutti al lotto: 56, 57, 87!

IVANO STRIZZOLO. Signor Presidente, accettiamo anche questa battuta un po' oltre le righe, visto anche il tema che stiamo affrontando...
Desidero ringraziare il Presidente e anche il sottosegretario Pizza che, con grande pazienza, sta ascoltando tutti gli interventi, ma, nel cogliere il senso di fondo di questo ordine del giorno n. 9/1634/87, volevo svolgere qualche rapidissima considerazione.
A mio parere, questo provvedimento - che alla fine comporta tagli indiscriminati - va ad incidere ancora una volta su un settore strategico per la crescita e la formazione di un Paese, non solo per quanto riguarda l'investimento sul futuro, ma anche come strumento, come indirizzo strategico di promozione e di coesione sociale di un Paese: la scuola.
Come ha ricordato, tra gli altri, il collega Burtone nel suo intervento di questa mattina, quando ha citato l'esperienza di don Milani (la scuola di Barbiana), noi intendiamo la scuola come momento di formazione, di crescita e di riscatto sociale per le future generazioni. Pertanto, incidere in maniera così indiscriminata nell'elemento fondante - ossia, la scuola elementare - è una scelta completamente sbagliata: qui si va, infatti, ad incidere non solo sull'organizzazione del modello scolastico, ma anche sul rapporto profondo che vi è tra la scuola e la famiglia.
Parlando di scuola e famiglia, non si può non parlare di scuola e di società: ricordo (e forse se lo ricorda anche il sottosegretario Pizza, che proviene dalla mia stessa formazione politica di tanti anni fa) che a metà degli anni Settanta la Democrazia Cristiana organizzò un grandissimo convegno nazionale a Firenze con il titolo «La scuola è la società». Qui sta il messaggio profondo. Oggi, infatti, stiamo penalizzando la scuola con drastici tagli che, come hanno ricordato altri colleghi, rispondono solo ad un'esigenza di bilancio, ma con questi tagli mettiamo in discussione la possibilità per questo Paese e per le future generazioni di formarsi e di essere la risorsa vera per il futuro e per le sfide future.
Tantissime altre cose si potrebbero dire: proprio ieri, in quest'Aula, è stato commemorato il Presidente emerito della Corte costituzionale, professor Leopoldo Elia, e si è parlato di Costituzione e del rispetto dei princìpi della Costituzione. Sappiamo che garantire il diritto alla formazione e alla scuola - sia essa nella organizzazione pubblica, sia essa nella organizzazione privata - è un elemento fondamentale per la crescita equilibrata di un Paese, ma con questo tipo di intervento il Governo sicuramente va in un'altra direzione.
Quando si parla di tagli, sappiamo che è facile: basta applicare una riduzione lineare e si risolvono i problemi di bilancio, ma la vera capacità di un Governo - qualsiasi Governo esso sia - è quella di intervenire laddove vi sono sprechi. Non credo che nella scuola italiana, soprattutto nelle scuole elementari, vi siano sacche di sperpero, anzi, servono nuovi e più forti investimenti, anche per consentire al personale docente di essere trattato meglio dal punto di vista economico e consentire, con investimenti, anche una formazione continua per quanto riguarda, appunto, il corpo docente. Se non si investe nella scuola, non c'è futuro per un Paese, perché scuola e sanità sono i due indicatori di base per valutare la crescita equilibrata, forte e giusta di un Paese.
Rischiamo, con questi tagli e con altri che si prefigurano da quello che abbiamo sentito, di imboccare una strada che nonPag. 68condividiamo assolutamente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Motta ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/37.

CARMEN MOTTA. Signor Presidente, l'ordine del giorno n. 9/1634/37 si riferisce alla problematica relativa ad una fascia di personale della scuola che, a differenza di coloro che hanno frequentato il IX corso delle SISS, non ha trovato soluzione nel disegno di legge al nostro esame. Con l'ordine del giorno si chiede al Governo di non discriminare quei lavoratori che avevano maturato un'anzianità di servizio di 360 giorni alla data di entrata in vigore del decreto ministeriale 18 novembre 2005, n. 85, in esecuzione della legge n. 143 del 2004, e di inserirli nelle graduatorie ad esaurimento.
Questi lavoratori, infatti, a seguito di ricorso al TAR, sono stati ammessi con riserva ai corsi abilitanti istituiti dalle università. Sulla base di ciò, gli uffici scolastici regionali hanno inserito questo personale nelle graduatorie provinciali, sempre con riserva. Si tratta, dunque, di docenti precari che, al pari di altri, dopo aver prestato servizio e garantito la funzionalità delle nostre istituzioni scolastiche, credo abbiano il diritto di vedersi riconosciuto il lavoro, che è invece messo in discussione da un'interpretazione normativa alquanto dubbia e discriminatoria.
Con l'accoglimento di questo ordine del giorno il Governo darebbe una dimostrazione di voler sanare la situazione che ho qui brevemente rappresentato. Vedremo se il Governo dimostrerà sensibilità alla nostra proposta, perché finora l'atteggiamento è stato esattamente il contrario. Una materia strategica come quella dell'istruzione e del sistema scolastico è stata affrontata da questo Governo con un decreto-legge sul quale ha deciso di porre la questione di fiducia. Fine del confronto.
La maggioranza e il Governo hanno giustificato questa scelta sostenendo che la nostra posizione è strumentale e ideologica, ma la realtà è invece un'altra: non interessa il confronto di merito perché si ritiene, da parte del Governo e della maggioranza, di poter fare a meno di tale confronto. Lo dimostra la realtà dei fatti: due soli emendamenti sono stati approvati in Commissione su cinquanta presentati (non cinquecento, signor Presidente!). Non si trattava di emendamenti ostruzionistici, ma di merito, su cui sarebbe stato normale fare esprimere l'Assemblea, tenuto conto che si parla del futuro formativo delle giovani generazioni del nostro Paese e del lavoro di centinaia di migliaia di persone che hanno dedicato e dedicano la loro vita alla formazione e alla crescita di bambini, bambine e giovani e che garantiscono, in mezzo a mille difficoltà di ordine economico e burocratico, il funzionamento di uno dei settori più vitali ed importanti del nostro Paese. È un Paese dove le eccellenze scarseggiano o non sono adeguatamente riconosciute, ma ce n'è una: la scuola primaria. La si stravolge e i programmi didattici che hanno portato alla sua riforma, considerati tra i migliori nella storia della nostra scuola di base, diventano carta straccia, una zavorra da cui liberarsi.
Bisognerebbe rivolgere una domanda al Ministro Brunetta, così preso nella campagna contro i fannulloni nella pubblica amministrazione: il maestro unico lavorerà di più o di meno rispetto ai docenti attuali previsti dall'ordinamento vigente? Abbiamo avuto nelle orecchie per anni - e continuiamo ad avere - una specie di mantra recitato dal centrodestra: flessibilità, flessibilità, flessibilità, di tutto, su tutto e con tutto. Il modello del modulo della scuola primaria è o non è molto flessibile e si adatta o no alle diverse situazioni locali? Ecco il miracolo che si è compiuto: con questa riforma si rende rigida una struttura flessibile. Il merito sarebbe ed è appunto questo. Invece si è assistito a un bombardamento mediatico al Paese da parte del Governo. Si cambia, si è detto, perché si deve cambiare.
Il modello pedagogico-educativo non è stato esplicitato nei suoi contenuti: lo si enuncia, parlando di ordine, disciplina ed autorità. Si è distrutto un modello costruitoPag. 69in anni - migliorabile certo, come tutte le cose di questo mondo - e nel farlo non ci si è preoccupati di umiliare il lavoro quotidiano, paziente e competente di tante persone che hanno svolto e svolgono il loro lavoro al servizio della nazione con autorevolezza, dedizione e competenza.
In quest'Aula, noi dell'opposizione, noi del Partito Democratico, possiamo solo dire al Governo e alla maggioranza le nostre ragioni, ancora una volta con degli ordini del giorno.
Speriamo di trovare un po' di ascolto, sottosegretario, non per interesse di parte, ma nell'interesse di un bene preziosissimo....

PRESIDENTE. La prego di concludere.

CARMEN MOTTA. ...concludo, Presidente, quale la scuola pubblica che è di tutti e per tutti. Almeno, fino ad oggi, era così (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Ciccanti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/226.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, con l'ordine del giorno testè citato dal Presidente il gruppo dell'Unione di Centro ripropone la centralità della famiglia come soggetto educativo dei figli secondo il dettato costituzionale.
La scuola istruisce e forma professionalmente, dando elementi critici per la conoscenza del mondo esterno. L'insegnamento di materie a contenuto storico e umanistico concorre al processo formativo della personalità dello studente. In tale ambito i genitori sono, però, i depositari della coerenza di tale formazione con i canoni educativi che intendono imprimere ai loro figli. I testi scolastici, quindi, rientrano in tale contenuto educativo.
La proposta di testo è, come noto, dell'insegnante (di cui si parla nell'articolo 4 in ordine al prolungamento), mentre la decisione è del collegio dei docenti. La presenza dei genitori e degli studenti, oltre agli insegnanti, è prevista, però, nei soli consigli di classe.
Tra le competenze dei consigli di classe c'è anche quella della programmazione e della spesa, quindi normalmente, come accade nella scuola italiana anche in ragione di alcune circolari emanate dal Ministero, ci si esprime, sui testi, da parte dei genitori e degli studenti, per prassi, nei consigli di classe allargati.
Sia la scelta sia l'adozione dei testi, quindi, rimangono in capo alle competenze del collegio dei docenti. Pertanto, i consigli di classe, signor sottosegretario, non decidono: ne parlano.
Con questo ordine del giorno si propone che il consiglio di classe allargato a genitori e studenti codecida con il collegio dei docenti, sia la spesa sia il contenuto dei libri di testo; basta stabilire, sul punto, che su queste questioni vi sia l'intesa.
Vi è oggi una situazione indeterminata in ordine a tale ruolo dei genitori sull'adozione dei testi, posto che la scelta spetti, come dicevo, al docente.
C'è una circolare che disciplina la materia, ma si limita a delineare una presa d'atto da parte dei genitori. Si tratta di fare un passo avanti per dare sostanza alle competenze del consiglio di classe.
Lei, signor sottosegretario, viene da una scuola di pensiero che sulla centralità dei genitori nel processo educativo dei figli ha costruito, come dire, anche il suo corso politico, la sua testimonianza politica fino ad oggi.
Con questo ordine del giorno noi del gruppo dell'UdC vogliamo darle un sostegno, uno strumento affinché lei, con circolare, definisca meglio queste competenze. Lei potrebbe, in sede di espressione del parere, con l'accoglimento del mio ordine del giorno, trasferire in sede burocratica una migliore definizione di questa disciplina.
Mi consenta, signor Presidente, di registrare agli atti la correzione di due errori presenti nell'ordine del giorno, affinché se ne possa prendere nota ai fini del verbale.

PRESIDENTE. Prego, faccia pure.

Pag. 70

AMEDEO CICCANTI. Il primo errore è che, in ordine all'adozione dei libri di testo, si parla di una cadenza di cinque anni per la scuola primaria e poi di sei per la scuola superiore. In realtà, c'è un errore di battitura: anche nel secondo caso si tratta di cinque anni; la cadenza è, quindi, quinquennale sia per la scuola primaria che per la scuola secondaria.
Il secondo termine errato è la dizione «consiglio di istituto» nell'ultima riga: questa è da cambiare in «consiglio di classe».
È notorio che il consiglio d'istituto può intervenire in deroga al limite di spesa dei testi scolastici. Il mio intento, signor Presidente, come sottoscrittore dell'ordine del giorno in esame, è invece quello di valorizzare l'organismo collegiale intermedio della scuola, ossia il consiglio di classe.

PRESIDENTE. Onorevole Ciccanti, la Presidenza prende nota delle correzioni che ha suggerito di apportare al testo dell'ordine del giorno da lei illustrato.
L'onorevole Ginefra ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/59.

DARIO GINEFRA. Signor Presidente, signor sottosegretario Pizza, onorevole colleghi, il Presidente Fini ha auspicato un lavoro sempre più produttivo della Camera dei deputati che possa cominciare da una revisione del calendario dei lavori della nostra istituzione. Come non condividere queste parole.
Il Parlamento deve offrire al Paese, anche nella forma, un'idea di maggiore efficienza. Esso deve riprendere vigore e slancio, ma tutto ciò - mi rivolgo a lei, signor Vicepresidente, augurandomi che il Presidente Fini possa poi leggere la trascrizione del mio intervento - è anche questione di sostanza e non solo di forma ed implica una difesa, strenua e senza alcuna esitazione, delle prerogative del nostro Parlamento e del suo ruolo, che non può essere solo quello di ratifica della volontà del primo inquilino di via XX Settembre.
Se così fosse, le parole del Presidente Fini, non per responsabilità di questa opposizione, rimarrebbero puro esercizio verbale e qualcuno potrebbe definirle manifestazione di un ottimismo della volontà.
A tal proposito giova richiamare le puntuali osservazioni del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ieri ancora una volta ha richiamato tutti ad una più attenta e puntuale osservanza delle regole e ad evitare un'applicazione meccanica dello strumento della decretazione d'urgenza.
Il Paese, lo scorso 14 aprile, ha consegnato al Presidente Berlusconi non una delega in bianco ma un'inedita maggioranza parlamentare che potrebbe consentire di affrontare l'Assemblea senza troppi timori e con una maggiore predisposizione al confronto. L'invito è a farne un buon uso.
Presidente Fini - mi rivolgo a lei, Vicepresidente Lupi - come vede il lavoro non ci fa paura. Come si può vedere, anche oggi siamo presenti come delegazione del Partito Democratico, con gli ordini del giorno da noi proposti, che sono il frutto di un lavoro che avremmo potuto offrire all'attenzione dell'Assemblea sotto forma di emendamenti. Tuttavia, tale possibilità ci è stata negata dall'odiosa pratica della posizione della questione di fiducia, e ciononostante non rinunciamo al nostro ruolo propositivo.
Nello specifico, in ordine al provvedimento in esame, il cui contenuto non abbiamo condiviso - come ribadito nella discussione sulle linee generali della scorsa settimana - offriamo una serie di rilievi che giungono sotto forma di ordini del giorno.
Nell'ordine del giorno in esame, che mi trovo ora ad illustrare, richiamiamo il principio dell'autonomia scolastica, che dovrebbe rendere il disposto dell'articolo 4 del provvedimento in esame mitigato nei suoi effetti che riteniamo dannosi.
Siamo ugualmente qui, nonostante il Presidente del Consiglio ci abbia definiti depressi e abbia perfino rifiutato il nostro contributo in materia economico-finanziaria con un «me ne frego» che ci auguriamo sia semplicemente l'ennesima caduta di stile e non già una nuova edizione della «operazione nostalgia».Pag. 71
Riteniamo che avremmo potuto fare davvero a meno di questa oziosa pratica (contenuta anche nel decreto-legge in esame, il cosiddetto decreto Gelmini) del ritorno alla simbologia del secolo scorso in particolar modo legata ad una fase che la nostra storia ha voluto rimuovere, attribuendo torti e ragioni, che ormai sono noti a tutto il Paese.
Nel merito l'ordine del giorno in esame, del quale sono primo firmatario, verte sull'applicazione dell'articolo 4, quello per intenderci che prevede, a partire dal prossimo anno scolastico, la reintroduzione del cosiddetto maestro unico. Ebbene sì: a partire dal prossimo anno scolastico, nonostante la prescrizione venga introdotta oggi con un decreto d'urgenza. Avremmo stralciato quell'articolo e lo avremmo ridiscusso con le componenti dei docenti, degli studenti, dei pedagogisti, dei dirigenti scolastici e dei lavoratori e delle lavoratrici.
Tuttavia, proseguiremo la nostra battaglia di merito in Senato e poi nel Paese.
Oggi siamo qui a chiedervi una sorta di terapia di contenimento del danno, come già ho affermato. Infatti, l'ordine del giorno in esame impegna il Governo, nell'applicazione del già richiamato articolo 4, ad emanare i previsti regolamenti di attuazione tenendo conto di alcuni principi.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

DARIO GINEFRA. Sto concludendo, signor Presidente.
Noi, sottosegretario Pizza, chiediamo al Governo di rispettare il principio costituzionale dell'autonomia scolastica, valorizzando gli ambiti di pertinenza dell'autonomia di ricerca, della sperimentazione organizzativa e didattica riconosciuta alle istituzioni scolastiche, di favorire dunque le condizioni organizzative, istituzionali, pedagogiche e didattiche che consentono di garantire l'efficacia dell'insegnamento ed il raggiungimento di adeguati livelli di apprendimento al termine della scuola primaria.
Chiediamo, infine, un impegno ad adottare, anche con modalità sperimentali e graduali, un organico funzionale dei docenti della scuola primaria che consenta di valorizzare competenze e specializzazioni disponibili ed una ulteriore loro diffusione.
Con questo ordine del giorno siamo certi di interpretare anche il pensiero di altri colleghi, quelli di maggioranza (ricordo la collega Goisis ed in particolar modo il Movimento per le Autonomie).

PRESIDENTE. Deve concludere.

DARIO GINEFRA. Sono certo che darete seguito a quello che, per quanto testé detto, non è solo il pensiero del Partito Democratico, ma anche della gran parte della nostra comunità; il tutto da realizzarsi in ossequio all'articolo 4, laddove rinvia ai regolamenti attuativi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Antonino Russo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/38.

ANTONINO RUSSO. Signor Presidente, l'ordine del giorno che vado ad illustrare è la naturale, logica prosecuzione dell'impegno del Partito Democratico per trovare soluzione ad una serie di problemi del personale docente di recente abilitazione o prossimo ad abilitarsi.
Il primo e più utile intervento, senz'altro, sarebbe stata l'immissione in ruolo di 100 mila unità, divise tra quest'anno ed il prossimo. C'era anche la copertura finanziaria, ma avete voluto cancellare 75 mila posti di lavoro, frustrando ovviamente le legittime aspettative di quanti in questi anni hanno sperato in quello sbocco professionale.
Ma il Governo, rispetto ai docenti precari, si è spinto anche oltre: prima, in occasione della conversione del decreto-legge n. 112 del 2008, non ha trovato modo di scrivere una sola riga sull'inserimento di circa 15 mila insegnanti nelle graduatorie ad esaurimento. Si è limitato ad accogliere un nostro ordine del giorno, a mia prima firma, il n. 9/1386/257, presentato in questa Camera, salvo però poiPag. 72dimenticare ancora una volta gli impegni assunti in occasione della redazione del decreto-legge n. 137 del 2008.
Invero, c'è stata poi un'interrogazione a risposta immediata dal sapore surreale presentata (si sono scomodati i capigruppo del Popolo della Libertà) alla Ministra circa il destino dei precari del nono corso SSIS. La Ministra, tutta contenta, ha risposto che li avrebbe inseriti in coda, ma ovviamente non si rendeva conto della gravità delle dichiarazioni che andava a sostenere e della condanna per quei docenti. Allora, ci siamo dovuti nuovamente rimboccare le maniche con argomentazioni inoppugnabili, come può e deve essere il rispetto in quest'Aula di una sentenza della Corte costituzionale - la ricordo ancora una volta per chi fosse o fosse stato distratto in precedenza: la n. 168 del 2004 - ed il Partito Democratico ha preteso e ottenuto l'inserimento «a pettine», piuttosto che in coda, di quei docenti.
Ringrazio, ancora una volta, la presidente della VII Commissione Aprea, che forse è una delle poche che mostra sensibilità su questi temi. Infatti, si tratta di un problema di sensibilità, anche quando si tratta del destino delle persone in carne ed ossa. L'ho detto e lo ripeto: non si tratta di numeri, si tratta di persone che hanno il diritto a programmare il proprio futuro e forse non è nella vostra logica, forse sono un peso.
Quando pensavamo che un buon risultato, almeno su questo punto, la Commissione ed il Comitato dei nove lo avessero raggiunto, ci siamo parzialmente dovuti ricredere. Inspiegabilmente, dopo un'accesa seduta della Commissione bilancio (non della Commissione cultura, come si poteva immaginare), la Lega, in ragione del suo antimeridionalismo che non ha in nessun modo nascosto, ha puntato i piedi. Quell'antimeridionalismo penso che si trasformerà in anti-settentrionalismo in questa occasione; e grazie o per colpa di quell'atteggiamento è scomparso un comma che prevedeva di non penalizzare, mettendoli in coda nelle graduatorie, coloro i quali chiedevano o chiederanno la mobilità tra sedi provinciali differenti.
Ovviamente non ci si rende conto della gravità delle conseguenze. Nei giorni scorsi mi ha scritto un carabiniere che era contento a metà. Era contento perché dopo vent'anni poteva tornare nella propria città perché era stato trasferito.
Tuttavia, al contempo, era amareggiato, dal momento che la moglie verosimilmente con questo provvedimento perderà il posto di lavoro, in quanto finirà in fondo alle graduatorie e, quindi, non potrà contribuire al bilancio familiare, a meno che non voglia preferire il lavoro alla famiglia.
Ma potremo continuare: anche un docente che ha l'esigenza di avvalersi della legge n. 104 del 1992 per accudire un familiare non ne potrà più beneficiare.
Quindi, chiediamo di rivedere urgentemente il punto per eliminare queste ingiustizie, che non sono argomenti di parte.
Viceversa, saremo costretti come amministrazione a soccombere sotto i ricorsi. Il primo presentato dall'ANIEF e, in particolare, dall'avvocato Miceli, che vedrà l'udienza di merito il prossimo 6 novembre al TAR del Lazio.
Altro punto fondamentale che pensiamo necessario che il Governo accolga e affronti tempestivamente, anche per via amministrativa, è la soluzione del problema dei cosiddetti «congelati», ossia coloro i quali, nel pieno rispetto della legge, avevano sospeso il corso abilitante per poi proseguirlo al termine di un dottorato, di una gravidanza, di una malattia, di un corso all'estero, come oggi citava l'onorevole Marco Causi.

PRESIDENTE. Onorevole Antonino Russo, la prego di concludere.

ANTONINO RUSSO. Voglio concludere dicendo che un Governo può anche non sforzarsi (non è suo obbligo) di trovare una soluzione e di essere sensibile; ma il Governo - mi avvio a concludere - ha il dovere di rispettare una legge approvata da questo Parlamento e, tanto più, una sentenza della Corte costituzionale.
Chiediamo, quindi, per queste ragioni che il Governo accolga il nostro ordine delPag. 73giorno senza riformulazioni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Ciccanti, in relazione al suo ordine del giorno n. 9/1634/226 ed alla sua richiesta di modifiche, abbiamo compiuto una verifica. Il testo da lei depositato è corrispondente a quello pubblicato, nel fascicolo quindi, non si tratta di errore materiale. Ovviamente vi è la possibilità di modificare il testo nel senso che lei ha illustrato, qualora il Governo ritenesse, nella fase di espressione dei pareri, di accettare o di accogliere come raccomandazione il suo ordine del giorno nella riformulazione da lei indicata. Viceversa, il termine per la presentazione degli ordini del giorno è scaduto e, quindi, non è possibile modificare il testo da parte del proponente.

AMEDEO CICCANTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, mi consenta di fare appello alla squisitezza del Governo, qui rappresentato dal sottosegretario, perché faccia proprie queste mie osservazioni sugli errori e condizioni il parere alla correzione, risolvendo così un problema procedurale.
Signor sottosegretario, la ringrazio se mi farà questa cortesia.

PRESIDENTE. L'onorevole Duilio ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/65.

LINO DUILIO. Signor Presidente, signor sottosegretario, desidero illustrare il mio ordine del giorno che riprende il contenuto dell'articolo 1 del decreto-legge in esame (o meglio che non stiamo esaminando, nel senso che non lo abbiamo esaminato).
Nell'articolo 1 si afferma che, a decorrere dal prossimo anno scolastico, si deve prevedere l'insegnamento in tutti i cicli di istruzione di «Cittadinanza e Costituzione». Prendo spunto da questo riferimento, cioè dalla conoscenza del testo della Costituzione per sottoporre al sottosegretario, che non mi ascolta, una considerazione attinente a ciò che è scritto nella Carta costituzionale per quanto riguarda...

PRESIDENTE. Signor sottosegretario, la pregherei di ascoltare. Onorevole Ciccanti, dovrebbe possibilmente lasciare la possibilità al sottosegretario di ascoltare l'intervento del collega Duilio. Credo che le sue correzioni siano state bene comprese dall'onorevole sottosegretario. Prego, onorevole Duilio, prosegua.

LINO DUILIO. Proseguo, ma il sottosegretario e l'onorevole Ciccanti continuano a non ascoltarmi...

PRESIDENTE. Onorevole Ciccanti, non si può fare adesso la correzione. Il sottosegretario ascolti cortesemente l'intervento dell'onorevole Duilio, e poi vi metterete d'accordo.

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Ascolto con grande attenzione l'intervento dell'onorevole Duilio.

LINO DUILIO. Signor sottosegretario, capisco che - poiché avete posto la questione di fiducia - avete surrettiziamente affermato che non vi importa molto di quello che si dice in Parlamento.

PRESIDENTE. La prego, onorevole Duilio...

LINO DUILIO. Ci tengo almeno a sottoporre all'Aula il contenuto di questo mio ordine del giorno che, come dicevo prima, si richiama all'articolo 1 del decreto-legge, dove si prevede che si debba fare in modo che i cittadini conoscano il contenuto della Costituzione.
Considerato che nella Costituzione, tra le altre cose, si prevede anche che vi sia un Parlamento in cui si approvano le leggi, allora non posso non fare riferimento, sia pure telegraficamente, nell'ambito delPag. 74tempo che mi è dato, alla condizione di umiliazione in cui si trova il Parlamento a seguito di questa innovazione istituzionale (chiamiamola così) che è stata introdotta, per cui noi non siamo in grado di poter entrare nel merito dei provvedimenti che si sottopongono al Parlamento poiché si pone la questione di fiducia e, come è accaduto in questo caso, la si pone prima ancora che si esamini l'articolato del provvedimento, alla fine della cosiddetta discussione generale.
È una condizione umiliante, che sottopongo all'attenzione dei pochi colleghi che sono qui presenti, dell'opposizione peraltro, perché della maggioranza non ce n'è nemmeno uno (lo dico a beneficio di quelli che ascoltano alla radio questi nostri interventi), affinché ci si possa rendere conto che il Parlamento sostanzialmente è ridotto ad una succursale del Governo, il quale adotta decreti-legge, cioè non sottopone disegni di legge, e chiede al Parlamento di approvarli, peraltro con voto di fiducia, senza che nemmeno si entri nel merito del contenuto degli articoli del provvedimento sottoposto all'esame dell'Aula. In questo caso si tratta peraltro di un provvedimento che introduce una riforma molto importante sul tema della scuola elementare che a livello di indagini, sia interne che internazionali, da circa vent'anni è considerata una delle eccellenze del nostro Paese.
Ebbene, pur essendo considerata una delle eccellenze del nostro Paese, qui, attraverso un decreto-legge, quindi senza consentire di discutere niente, se ne modificano alcuni capisaldi, come ad esempio la presenza del maestro unico o il sistema di valutazione dell'apprendimento degli alunni, e noi siamo ridotti in questa condizione per cui, approfittando della bontà del rappresentante del Governo «precettato» per ascoltarci, attraverso gli ordini del giorno dobbiamo sottoporre possibili riflessioni in relazione a quelli che sarebbero stati gli emendamenti e che, magari, a seguito di una valutazione degli stessi, avrebbero potuto portare a modificare, migliorandolo, il testo del provvedimento che viene sottoposto all'Aula. Detto questo, siccome il tempo scorre...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

LINO DUILIO. ... concludo dicendo che se vogliamo che i cittadini apprendano il contenuto della Costituzione, considerato che siamo in tempo di crisi e le famiglie italiane non hanno molti soldi, facciamo in modo - questo è il contenuto del dispositivo del mio ordine del giorno - che si metta a disposizione delle famiglie italiane e dei ragazzi un testo della Costituzione gratuitamente, così che le famiglie non siano costrette ad acquistarlo e a sopportare un'ulteriore spesa. Confido nell'accettazione di questo ordine del giorno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Ceccuzzi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/208.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 17,30)

FRANCO CECCUZZI. Signor Presidente, c'è un filo, nemmeno troppo sottile, che lega la discussione che si tiene oggi in quest'Aula sulla scuola e sull'università e la gravissima fase di instabilità dei mercati finanziari che stiamo vivendo e che si riversa, purtroppo con conseguenze pesanti, sull'economia reale e, dunque, sulla vita delle persone e delle imprese.
Lo sviluppo sostenibile, la distribuzione dei redditi e delle opportunità di vita, l'estensione del sistema di copertura sociale e sanitaria e, per l'appunto, la qualità del sistema pubblico di istruzione sono i pilastri della coesione e della crescita di ogni società. Per questo i crolli di borsa e i tagli alla scuola non sono solo compagni di cronaca sui quotidiani, quanto e piuttosto figli entrambi del fallimento delle politiche passate, e purtroppo presenti, della destra. A questo punto, non soltanto forse i progressisti e i democratici di tuttoPag. 75il mondo si augurano che il prossimo 4 novembre si apra una nuova pagina di storia, ma non voglio dire altro per scaramanzia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Il detonatore che ha fatto esplodere la tempesta finanziaria è certamente rappresentato dai mutui subprime, ma essi possono considerarsi soltanto l'effetto, mentre le cause sono da individuare, come dimostrano molte ricerche condotte negli Stati Uniti, nell'aumento vertiginoso delle disuguaglianze sociali di questa epoca, favorite anche dai tagli al sistema pubblico della scuola, della sanità e del sociale.
Importa poco - ha scritto Paul Krugman, il più letto in Europa tra gli economisti americani, nel suo ultimo libro La coscienza di un liberal - che la grande maggioranza degli americani non possa permettersi di soggiornare in suites da 11 mila dollari a notte. Importa molto, invece, che moltissime famiglie della classe media acquistino case che non possono permettersi e contraggano debiti superiori a quelli che sono in grado di gestire, perché vogliono a tutti i costi una buona scuola per i figli.
Nel 2005, prima che entrasse in vigore la nuova legge che negli Stati Uniti ha reso più difficile per i singoli individui dichiarare fallimento, il numero di famiglie che presentavano richiesta di fallimento era cinque volte superiore rispetto agli anni Ottanta. A fronte di immediati pronunciamenti moralistici su chi spende troppo per lussi che non si può permettere, due ricercatrici statunitensi hanno scoperto che le famiglie della classe media, in realtà, spendevano molto di meno in beni di lusso rispetto a quanto spendessero negli anni Settanta. In sostanza, gli americani della classe media sono rimasti invischiati in una sfrenata corsa al successo, non perché avidi o scriteriati, ma perché cercavano, per l'appunto, di offrire una chance ai loro figli in una società sempre più disuguale.
Anche in Italia sono aumentate le disuguaglianze sociali: un fenomeno visibile, testimoniato dalle difficoltà quotidiane delle famiglie e certificato da tutti gli istituti di ricerca. La mobilità intergenerazionale è ormai ferma da oltre vent'anni e la condizione familiare di nascita è tornata a condizionare le prospettive future di crescita culturale, di istruzione, di aspettative di reddito e di ambizione professionale di ogni individuo. Si tratta di una situazione sociale di estrema difficoltà, che chiederebbe alle istituzioni una forte assunzione di responsabilità e scelte chiare.
Il Governo Berlusconi, anziché prendere atto del fallimento delle politiche ultraconservatrici della destra e delle conseguenze devastanti che ha fatto ricadere sul proprio Paese e sul mondo, si ostina a perseguire strade che non producono alcuna seria misura di contrasto alla crisi economica e sociale.
L'indebolimento del sistema sociale e formativo va, infatti, nella direzione assolutamente opposta alle esigenze di questo Paese: è questa la responsabilità storica che si sta assumendo questo Governo, con arroganza istituzionale e con il ricorso al decreto-legge (che è uno strumento con il quale non si fanno le riforme, ma si assumono provvedimenti urgenti). In verità, un'urgenza c'è ed è quella di dare esecuzione ai tagli che il Ministro Tremonti ha voluto per il mondo della scuola.
Il futuro e la formazione dei bambini e degli studenti e la vocazione professionale di tanti insegnanti che amano il proprio lavoro verranno, così, sacrificati dalle conseguenze di una politica economica condizionata dalle promesse elettorali e che ha portato, tra i diversi disastri, all'abolizione dell'ICI: una soppressione - senza progressività - di un'imposta che gratifica anche chi non aveva alcun bisogno di abbuoni e sottrae risorse preziosissime alla finanza pubblica.
Oggi abbiamo tagli alla scuola e all'università, nel prossimo futuro saranno tutti gli altri settori della vita pubblica del Paese a entrare in sofferenza, quando i tagli operati dal decreto-legge n. 112 cominceranno ad affiorare e quando l'opinione pubblica si pentirà amaramente di aver scambiato un tanto atteso decisionismoPag. 76del Governo con una delega in bianco che peggiorerà ancora di più la vita di milioni di persone.
L'OCSE, nel mese scorso, ha promosso la qualità degli investimenti della scuola dell'obbligo italiana, lanciando però un grido d'allarme sui livelli qualitativi dell'istruzione secondaria e, in particolare, delle università, dove troppi studenti, ogni anno (come sappiamo bene, purtroppo), non arrivano alla laurea.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FRANCO CECCUZZI. Il Governo Berlusconi, invece, con questo provvedimento condanna la scuola italiana all'impoverimento e al ridimensionamento. La scuola di domani sarà più povera e più inadeguata. Noi del Partito Democratico ci batteremo per un nuovo piano strategico della scuola italiana, perché è proprio dalla scuola che bisogna partire per elevare ogni individuo e combattere, appunto, le diseguaglianze sociali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Cera ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/231.

ANGELO CERA. Signor Presidente, l'articolo 1 del decreto-legge n. 137 del 2008 contiene disposizioni a favore dell'acquisizione di competenze in tema di cittadinanza e Costituzione. Riteniamo che tale norma sia un buon punto di partenza per rispondere all'attuale emergenza sociale ed educativa - che si manifesta ultimamente in episodi di bullismo - e per sensibilizzare i giovani al rispetto delle regole.
La Costituzione è il giacimento dei principi e dei valori su cui si basa una cittadinanza che sia proponibile alle nuove generazioni.
Sia sul piano locale sia su quello internazionale, l'educazione civica serve a formare persone più consapevoli, cittadini che conoscono la Costituzione e che vogliano partecipare a quel processo di integrazione, che è uno dei compiti principali della scuola stessa. La scuola deve, infatti, mettere al centro la persona e, quindi, aiutare i ragazzi ad essere cittadini consapevoli dei propri diritti e dei propri doveri. Educazione civica significa anche educazione ambientale, educazione stradale, conoscenza delle organizzazioni internazionali, enti locali ed altro. In proposito, riteniamo che un maggiore interesse e, soprattutto, una maggiore presa educativa sugli studenti in queste materie possa essere conseguita grazie a testimonianze dirette fornite da rappresentanti delle pubbliche amministrazioni di volta in volta correlate ai temi da trattare. In questo modo, lo studente verrebbe sensibilizzato in maniera maggiore e sarebbe più coinvolto nello studio di tali materie.

PRESIDENTE. L'onorevole Nannicini ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/127.

ROLANDO NANNICINI. Signor Presidente, membri del Governo, colleghi, vorrei iniziare con un complimento al Governo e all'attuale maggioranza: siete veramente bravi nella vostra tecnica di presentare le vostre proposte e i vostri cambiamenti legislativi al Paese. Vi era la possibilità di una discussione approfondita sull'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, in cui poteva stare benissimo la vostra proposta di alcuni tagli relativamente al maestro unico e alla modifica dei moduli. Mi soffermo sulla parola moduli, perché nel 1990, quando abbiamo presentato e approvato la legge n. 148, abbiamo detto: «secondo moduli organizzativi costituiti da tre insegnanti su due classi».
Quindi, avevamo più insegnanti per i nostri ragazzi e, alla fine, questo modulo: accidenti alle parole del centrosinistra, perché la detassazione delle imprese si chiama cuneo fiscale, e nessuno ci ha compreso. Ascoltando, però, gli osservatori europei, questi ci hanno fatto i complimenti per la scuola primaria elementare, con i moduli e con i tempi di tre insegnanti per due classi, attenta anche all'inserimento dei diversamente abili e a tutti i problemi di inserimento che abbiamo.Pag. 77
Perché non si è intervenuti con il decreto-legge n. 112 del 2008 del giugno scorso, poi convertito nella legge 6 agosto 2008, n. 133? Con la Gazzetta ufficiale fresca di stampa, il 1o settembre 2008, arriva il Ministro e ci dà, con il decreto-legge n. 137, il voto in condotta (discutiamone), i numeri al posto dei giudizi, e, all'articolo 4, modifica una struttura essenziale sul tempo scuola per i cittadini e i bambini italiani.
Questo è il punto: bravissimi, sapete fare, perché riuscite a trasformare! Infatti, se si fosse intervenuti con il citato articolo 64, tutti avrebbero detto che era un taglio, perché era legato a quei famosi 2,2 punti di prodotto interno lordo, per cui entro il 2011 si devono trovare 35 miliardi di euro, e tocca anche alla scuola. Quindi, bravi, sapete comunicare! Però, siccome noi veniamo anche da un'esperienza di carattere politico-amministrativo e abbiamo visto persone che si sono battute per l'attuazione dei moduli (io ero sindaco e mi arrabbiai, perché dovevo trovare i soldi per ammodernare le mense, i servizi e tutto quanto), sappiamo che il tessuto italiano ha reagito e ha organizzato i tempi scuola in modo degno e corrispondente ai bisogni dei bambini e dell'educazione dei bambini. Questa è la verità!
Mentre c'è crisi internazionale, vedo che alla trasmissione di Bruno Vespa si parla solo della legge sulla prostituzione. Sapete studiare bene i tempi della comunicazione. Noi staremo con i cittadini italiani fino in fondo su questi temi, perché per vent'anni abbiamo creduto in queste riforme. Quindi, il 1o settembre (la Gazzetta ufficiale è ancora fresca) non può venire qualcuno a dirci che per decreto-legge, senza discuterne nell'ambito del decreto-legge n. 112 del 2008 (perché - ve lo ripeto - questo era in discussione ad agosto e la Gazzetta ufficiale ha pubblicato il 21 agosto la relativa legge di conversione n. 133, recante l'articolo 64), si modifica l'organizzazione del tempo scuola.
Quindi, i cittadini debbono comprendere. Non parlerò più di moduli, ma di tre insegnanti per due classi e di tutti gli insegnanti collegati per l'inserimento dei diversamente abili. Quindi, la legge n. 148 del 1990 non si taglia con un metodo propagandistico e di comunicazione.
È chiaro che la cultura, in generale, dei nostri cittadini si richiama ai suoi tempi; quando si sente parlare di maestro unico, si dice: ce l'ho avuto anch'io, si stava bene; quando si sente parlare del voto in condotta, di quello che succede, si dice: benissimo, e si trova consenso.
Però, il 18 settembre o comunque a settembre del 2009, quando non vi saranno più i tempi scuola introdotti con la legge n. 148 del 1990, credo che i cittadini italiani capiranno qual è stata questa furbizia, e di nuovo vi rinnovo i complimenti: bravi, sapete comunicare, ma gli interessi reali del Paese e della scuola italiana non sono al centro della vostra azione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Gnecchi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/137.

MARIALUISA GNECCHI. Signor Presidente, cari colleghi, vorrei partire, per l'illustrazione di questo ordine del giorno, da quanto ha letto Tremonti in quest'Aula rispetto al rendiconto generale dell'amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2007.
Mi sembra importante segnalare che, per quanto riguarda l'anno 2007, Tremonti ha detto: il 2007 si è chiuso con conti pubblici sensibilmente più favorevoli del previsto. È il risultato di una politica economica che ha perseguito l'obiettivo della crescita e del risanamento. Ai risultati ottenuti hanno concorso sia le entrate sia le spese, e per le entrate il grosso contributo è venuto dai frutti della lotta all'evasione fiscale, mentre l'espansione della spesa primaria è stata rallentata. Il miglioramento, perciò, è scaturito da un andamento molto favorevole delle entrate.
Mi sembra importante richiamare quanto detto da Tremonti, perché questo potrebbe voler dire che, se nel 2008 il Governo pensasse di andare avanti con la stessa politica adottata dal Governo Prodi,Pag. 78probabilmente non ci sarebbe bisogno di tendere a ridurre il numero delle ore di scuola, come il passaggio, per quanto riguarda le elementari, dalle 30 ore alle 24 ore, e potrebbe esistere una scuola elementare che continui l'attività che sta svolgendo per dare, ovviamente, basi e strumenti agli alunni e alle alunne, e poi agli studenti e alle studentesse, fino alla fine del loro percorso scolastico, che, come sappiamo, può durare, in termini di apprendimento, tutto l'arco della vita.
Se anche guardiamo la Germania, vediamo come Angela Merkel, che non è sicuramente una persona che abbia delle visioni politiche vicine alle nostre o anche più a sinistra delle nostre, sta comunque dichiarando che tutte le risorse che si possono tirare fuori, spostare e distogliere da qualunque iniziativa, devono essere riversate sul sistema di istruzione e formazione professionale, ritenendo che solo questo possa garantire occupazione e competitività, aumentando le competenze dei futuri lavoratori e delle future lavoratrici.
Se anche, poi, leggiamo la lettera con la quale Andrea Canevaro e Dario Ianes hanno dato le dimissioni dall'Osservatorio sull'integrazione scolastica del Ministero dell'istruzione, leggiamo che essi dichiarano: questa nuova politica scolastica, fatta di tagli, economie presunte, annunci e smentite, rigore, disciplina, ordine, divise, autorità, voto in condotta, bocciature, selezione, produce in tutti ulteriore insicurezza, diffidenza e conflitti.
Queste politiche scolastiche sono evidentemente gestite da finalità economicistiche, per risparmiare: ma questo avverrà sulle spalle delle famiglie, sulla pelle degli alunni e sulla credibilità della scuola pubblica, come la vuole la nostra Costituzione. Quindi lo spirito dell'ordine del giorno, che propone e chiede che venga distribuita la Costituzione a tutte e a tutti, è lo spirito con il quale noi vogliamo che la carta d'identità della Repubblica, del nostro Paese sia veramente distribuita a tutti perché tutti ne possano prendere consapevolezza, perché è ancora la dimostrazione del voler garantire un reale diritto di cittadinanza; è ancora, la nostra Carta costituzionale, sicuramente l'atto maggiore che dimostra come si vogliano dare e garantire pari opportunità a tutti e tutte.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MARIALUISA GNECCHI. Se poi guardiamo la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni del 3 luglio 2008, vediamo come sia importante e quanto spazio venga dato ad approcci personalizzati ed individualizzati dell'apprendimento, perché ogni allievo ha esigenze diverse, ogni aula scolastica è un luogo di diversità, di genere, di gruppi socioeconomici, di abilità o disabilità, di lingua materna e di stili di apprendimento. Migliorare le competenze significa insegnare agli studenti in modo migliore e adatto ad ognuno ed ognuna; quindi noi pensiamo che riuscire a mantenere la scuola elementare, la scuola primaria come reale scuola pubblica e di qualità sia veramente riuscire a garantire ad ognuno e ognuna pari opportunità per un futuro migliore, e per diventare cittadini e cittadine di questo Paese con pari dignità e un uguale diritto di cittadinanza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Sani ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/107.

LUCA SANI. Signor Presidente, anche con il mio ordine del giorno n. 9/1634/107 si impegna il Governo alla distribuzione di una copia della Costituzione a tutti gli alunni nell'ambito del ciclo «Cittadinanza e Costituzione»: per far conoscere la Carta fondamentale e con la finalità di formare i futuri cittadini, informati, consapevoli e responsabili per la società di domani, e quindi per conoscere i diritti inviolabili e l'adempimento dei doveri inderogabili a cui la Carta fa richiamo. Ma anche per apprezzare e condividere l'articolo 3, là dove si dice che la Repubblica rimuove gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana.Pag. 79
Ebbene, col decreto-legge in esame si va nella direzione diametralmente opposta, perché si nega l'accesso a diritti inviolabili e si creano maggiori ostacoli; e voglio fare qui semplicemente due esempi. Con esso si determina la scomparsa della scuola in molti piccoli comuni del nostro Paese. Con un decreto-legge su cui si è posta la fiducia, si liquida in ventiquattr'ore un dibattito che la politica spesso affronta, e si fa nascere una preoccupazione su come mantenere i servizi fondamentali in località piccole, in realtà disagiate o di montagna, dove la domanda dei servizi, come sappiamo, è piuttosto debole. Togliere la scuola da queste realtà significa decretarne la morte precoce, perché a questo è legata l'educazione dei figli, e molto spesso le famiglie decidono la loro residenza anche in virtù del futuro di essi; e le famiglie che non potranno o non avranno i mezzi per scegliere diversamente la loro residenza, il loro luogo di lavoro, è chiaro che verranno messe nella condizione di dare loro meno opportunità.
Con riferimento, quindi, a tale aspetto già non si garantisce quello che è appunto un diritto inviolabile al sapere e si scaricano, ancora una volta, i costi di queste scelte sulle amministrazioni locali nell'organizzazione dei servizi tesi comunque a garantire il diritto allo studio.
Il secondo esempio che faccio riguarda il fatto che, come è già stato richiamato, con questo decreto-legge si nega la pari opportunità e il pari accesso alla formazione ai bambini diversamente abili. È vero che non si fa un richiamo diretto alle attività di sostegno - si dice anzi che non si procede a tagli -, ma i tagli nella pratica sono già avvenuti.
In tante scuole del nostro Paese le attività di sostegno all'educazione per i bambini diversamente abili sono già state drasticamente tagliate, e sappiamo quanto sia forte, nella nostra società che cambia, simile richiesta di un'attività di sostegno. Questi tagli rendono impossibile garantire l'insegnamento ai bambini bisognosi di sostegno, soprattutto nelle classi in cui sono sempre più numerosi. Viene da chiedersi quale servizio verrà offerto a questi alunni e, soprattutto, a quei casi più gravi per i quali senza un'attività di sostegno sarà talvolta impossibile la stessa permanenza all'interno della classe durante le attività di insegnamento, col rischio conseguente di umiliazione verso gli alunni e verso le loro famiglie.

PRESIDENTE. Onorevole Sani, la invito a concludere.

LUCA SANI. Ci saranno attività sostitutive, ci saranno altri servizi, a chi verranno affidati questi casi? Tutto ciò - e concludo - denota appunto, assieme a quanto già denunciato da altri colleghi, l'assenza di un progetto complessivo di insegnamento e per la formazione dei nostri ragazzi, e questo ci sconcerta, proprio perché rispetto a ciò si dà prevalenza ad esigenze di cassa e per far cassa si mettono in discussione quei diritti fondamentali che stanno alla base di quel patto di cittadinanza contenuto nella nostra Costituzione, che per essere apprezzata e condivisa deve essere soprattutto applicata. Con questo decreto-legge, ancora una volta, si va verso la negazione dell'applicazione della nostra Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Misiani ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/114.

ANTONIO MISIANI. Signor Presidente, colleghi, mi permetto di spendere qualche parola, nella illustrazione del mio ordine del giorno, sulla parte più contestata di questo decreto-legge, che è senza dubbio la reintroduzione del maestro unico: è una scelta che colpisce il settore della scuola italiana che funziona meglio e che riporta il Paese nel suo insieme indietro di decenni.
Con le riforme degli ultimi venti anni - dal 1985 in avanti - avevamo introdotto nella scuola primaria logiche di collegialità e corresponsabilità che avevano permesso di superare una figura, quella del maestro unico, autoreferenzialePag. 80per come decideva, programmava e valutava gli alunni. Avevamo suddiviso l'insegnamento tra più docenti e in questo modo avevamo favorito l'introduzione di nuove materie di insegnamento, ed eravamo riusciti ad accrescere le competenze disciplinari dei docenti. Il potenziamento del tempo scuola, introdotto anch'esso con queste riforme, aveva risposto, da una parte, a queste nuove esigenze didattiche e, dall'altra parte, ai bisogni di moltissime famiglie nelle quali tutti e due i genitori lavorano e la scuola con il tempo pieno prolungato rappresenta un servizio ormai indispensabile.
Mi riferisco, in particolare, alle famiglie del nord del Paese, in cui maggiore è la presenza di padri e madri lavoratori e lavoratrici. Certo si ravvisavano limiti e problemi in questo percorso di riforma, si poteva e si doveva lavorare per correggerli e per superarli, ma il Governo ha seguito un'altra strada: ha preso una decisione drastica e lo ha fatto senza chiarire minimamente gli obiettivi formativi della scelta, che ha assunto con questo decreto-legge, di ritornare al maestro unico. Se lo ha fatto il motivo è evidente.
Alla base di questa decisione non c'è e non ci può essere un progetto educativo, un dibattito vero nel Paese su che cosa debba essere la scuola primaria e su che tipo di educazione dobbiamo offrire ai nostri bambini. Alla base di questa scelta ci sono solo ragioni di bilancio. Vi è una manovra finanziaria d'estate che ha tagliato otto miliardi di euro alla scuola pubblica. I conti vanno fatti in qualche modo tornare e per risparmiare le risorse servivano due decisioni: tornare al maestro unico e porre fine al tempo pieno. Questo è quanto è stato deciso con il decreto-legge in esame, alla faccia anche della politica che il centrodestra e la Ministra Moratti avevano seguito nel corso della XIV legislatura. Questa è la realtà, al di là della propaganda e della disinformazione, a cui abbiamo assistito anche in queste settimane. Perché anche in questo provvedimento vi è una facciata, che è fatta degli spot del grembiulino, del voto in condotta e dell'educazione civica, e poi vi è una realtà, che è quella di un taglio secco alle risorse umane e finanziarie per la scuola pubblica: 8 miliardi in meno, 87 mila insegnanti in meno, 45 mila amministrativi in meno, quindi uno smantellamento della scuola primaria italiana che era tra le migliori tra i Paesi avanzati.
Si è detto a più riprese, nel dibattito di queste settimane, che l'Italia spende troppo per la scuola. Andiamo a guardare che cosa dicono realmente i dati OCSE. Noi spendiamo il 4,7 per cento del PIL per la scuola pubblica contro una media OCSE del 5,8 per cento. Noi, per l'istruzione primaria, spendiamo il 2 per cento del prodotto interno lordo, e la media dei Paesi avanzati è il 2,5 per cento. L'Italia è ultima tra i Paesi avanzati per la percentuale di spesa pubblica dedicata all'istruzione. Questa è la realtà dal punto di vista strettamente finanziario di quello che è la scuola pubblica italiana oggi. Questo non vuol dire naturalmente che non vi siano problemi e che non vi siano interventi riformatori che devono essere messi in campo, ma qui siamo in presenza non di una riforma, nemmeno di una razionalizzazione, ma di uno smantellamento della scuola pubblica. I motivi ispiratori li abbiamo letti sul Corriere della sera, nelle lettere dei Ministri Tremonti e Gelmini: quarant'anni da smantellare, è stato detto. Questa è una posizione ideologica che la dice lunga sull'ispirazione di questo decreto-legge e di questi interventi. Quando io facevo le scuole elementari - tanti di noi negli anni Settanta - era sufficiente imparare a leggere, scrivere e a far di conto. Non c'era Internet, l'inglese serviva fino a certo punto e non c'erano bambini stranieri. La scuola e il mondo sono cambiati in questi anni. L'Italia è multietnica e multiculturale. Siamo nella società della conoscenza. L'informatica e l'inglese sono elementi fondamentali per la crescita dei nostri bambini. Mia figlia Maria Chiara ha iniziato a fare la seconda elementare in questi giorni. A scuola studia inglese, informatica, immagine e tante altre materiePag. 81che ai miei tempi non esistevano nel curriculum formativo della scuola elementare.

VALENTINA APREA, Relatore. Grazie alla riforma Moratti!

ANTONIO MISIANI. Allora, se l'idea è quella di tornare alla maestrina dalla penna rossa, qui non siamo in presenza di una suggestione romantica su cui discutere. Questa è una scelta anacronistica, che riporta indietro un Paese che dovrebbe invece andare avanti. Voglio concludere - signor Presidente - citando quanto hanno scritto i docenti della scuola primaria di Clusone in provincia di Bergamo, un paese delle valli bergamasche. I docenti scrivono: è stato detto in più interviste che la scuola è malata, che è affetta da un grave virus che la porterà alla morte; se torneremo alla scuola di cinquant'anni fa la morte sarà certa, veloce e dolorosa; per cortesia, onorevole Gelmini, ascolti che cosa abbiamo da dire noi insegnanti, dia retta a chi la scuola la ama e la vive davvero, e ci lasci lavorare in modo serio e intelligente con tutta la passione e la buona volontà che abbiamo sempre dimostrato.

PRESIDENTE. Deve concludere.

ANTONIO MISIANI. Nelle parole che ho citato noi ci riconosciamo ed è per questo che noi voteremo contro la conversione in legge di questo decreto-legge (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Lovelli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/156.

MARIO LOVELLI. Signor Presidente, il gruppo del Partito Democratico ha evidenziato con nettezza il profilo della nostra opposizione a questo provvedimento, che non intende certamente porsi come una difesa dell'esistente né sottrarsi ad un confronto sul tema del contenimento e della qualificazione della spesa anche nel settore scuola. Ma appunto per questo avremmo voluto un confronto vero e non trovarci di fronte ad un decreto-legge sul cui testo la posizione della questione di fiducia impedisce di apportare le modifiche migliorative e di merito necessarie. È il caso dell'articolo 1 del decreto-legge su cui i nostri ordini del giorno si soffermano, facendo una panoramica territoriale di esigenze e sollecitazioni che nel caso dell'insegnamento di «Cittadinanza e Costituzione» non possono non vedere nella distribuzione del testo costituzionale a tutti gli alunni una scelta opportuna e utile.
Lo dico provenendo da una provincia, come quella di Alessandria, medaglia d'oro della Resistenza, che in questa direzione ha già fatto molto per iniziativa degli enti locali. Ma voglio anche sottolineare come proprio l'amministrazione della mia provincia, con una deliberazione che ha fatto pervenire ai parlamentari del territorio, ha espresso le sue preoccupazioni per le conseguenze negative che il decreto-legge potrebbe avere in un'area caratterizzata, come del resto tutto il territorio piemontese, da una forte presenza di piccoli comuni, per molti dei quali potrebbe essere messa in discussione la sopravvivenza dei plessi scolastici, oltre a ridimensionare il numero degli insegnanti e del personale ATA (nella provincia di Alessandria si calcolano 411 insegnanti e 264 unità di personale tecnico-amministrativo), in un contesto regionale piemontese che avrebbe, a sua volta, una riduzione di circa 6 mila docenti e 3 mila unità di personale ATA. Voglio sottolineare insomma il fatto che nelle nostre realtà locali, se prevalesse l'intenzione di operare con criteri puramente ragionieristici, sganciati dalle esigenze di formazione dei giovani e di crescita culturale ed economica del territorio, si causerebbero danni davvero rilevanti anche sul piano sociale.
Voglio inoltre qui esprimere la mia sorpresa per il fatto che l'emendamento da me presentato per l'attivazione di corsi di educazione stradale nelle scuole, nel contesto della sperimentazione nazionale su «Cittadinanza e Costituzione» di cui all'articoloPag. 821, sia stato dichiarato inammissibile, anche se poi naturalmente tutto ciò è superato dalla posizione della questione di fiducia. Intanto perché di ciò - e cioè di educazione stradale nelle scuole - si era parlato addirittura nella conferenza stampa di presentazione del decreto-legge da parte del Ministro, e poi perché, trattandosi di materia già prevista dal codice della strada ed oggetto di intese fra i Ministeri competenti, compreso quindi il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, anche dal punto di vista della copertura finanziaria, oggi questa sarebbe una materia attivabile e da considerare ancor più importante e prioritaria di fronte a quella vera e propria decimazione della popolazione giovanile, che avviene a causa dell'incidentalità stradale.
L'emendamento si proponeva infatti di inserire lo svolgimento di questa materia in quella che, nella relazione al provvedimento, viene chiamata «la rinnovata presa di coscienza del compito centrale della scuola di formare cittadini informati, anche mediante l'acquisizione di conoscenze, l'interiorizzazione di principi e la messa in pratica di comportamenti individuali e collettivi civilmente e socialmente responsabili».
Ora, la materia dell'educazione stradale è fondamentale, a mio parere, a questo scopo, dato che l'incidentalità stradale, come ho detto, è una delle cause principali di mortalità fra i giovani ed era possibile attivare concretamente l'iniziativa.
Concludo e osservo che, evidentemente, non si ritiene che la scuola possa dare un contributo determinante, se si pensa invece di restringere l'orario scolastico e il personale insegnante impegnato a questo scopo, ma soprattutto se, nel caso che ho citato, si risparmia non solo sull'educazione, ma sulla salvaguardia della vita e della salute dei nostri ragazzi, fatto molto grave (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Coscia ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/24.

MARIA COSCIA. Signor Presidente, colleghi, ieri il Governo ha imposto a quest'Aula di interrompere la discussione che era in atto sugli emendamenti, perché ha imposto il maxiemendamento con il voto di fiducia, impedendo a noi e a tutta l'Aula di poterci confrontare su quegli emendamenti che avevamo presentato per cercare di migliorare molti degli articoli del decreto-legge che, per la verità, hanno un sapore semplificatorio, se non addirittura propagandistico.
Come sappiamo, il cuore del decreto-legge era costituito dell'articolo 4, con il quale si voleva introdurre forzatamente la riduzione dell'orario scolastico a 24 ore settimanali (quattro ore al giorno) con i bambini che escono dalle scuole alle 12,30 e con tutto ciò che questo comporta per le famiglie in termini di ulteriore difficoltà nel conciliare la loro vita quotidiana con gli orari di lavoro, ad esempio, e con quelli della scuola dei figli. Oltre a questo, vi è anche e soprattutto il rischio che si verifichi una seria dequalificazione e un impoverimento della scuola pubblica e conseguentemente che si affermi un modello di scuola pubblica riduttiva e minimale. D'altra parte, questo è l'impianto del decreto-legge, imposto e voluto dal Governo pensando alla scuola semplicemente come ad una spesa da tagliare, piuttosto che alla leva fondamentale di cui il Paese dispone per poter pensare al futuro in una situazione resa ancora più difficile dalla crisi economica internazionale, che rischia di travolgere anche il nostro Paese. Non investire sui bambini, sulla propria risorsa fondamentale e sui propri giovani pone in serio rischio il futuro del Paese. Noi pensiamo che la scuola, invece, costituisca una leva fondamentale per promuovere una nuova crescita del nostro Paese.
In questi giorni abbiamo assistito ad un crescendo di promesse e di dichiarazioni alla stampa, nei talk show e in tante altre occasioni - raramente in Parlamento - da parte del Ministro Gelmini e da parte dello stesso Presidente del Consiglio nel tentativo di fugare le preoccupazioni crescenti che stanno emergendo nel Paese soprattutto da parte delle famiglie e del mondoPag. 83della scuola. In tali dichiarazioni si afferma che, per quanto riguarda il tempo scuola e la qualità della scuola, nulla cambia, anzi, può addirittura migliorare. Ci si è spinti fino a dire che il tempo pieno sarà addirittura aumentato del 50 per cento.
Bene, sono promesse e noi ne vogliamo la verifica, la prova del nove: ecco perché abbiamo presentato questo ordine del giorno, con il quale chiediamo che almeno siano rispettate le scelte delle famiglie. Se è vero quanto avete affermato nel tentativo di rassicurare le famiglie (nonostante che il testo del decreto-legge non sia scritto così, perché sembra più un'imposizione che una scelta delle famiglie), cioè che saranno le famiglie stesse a scegliere i moduli orari, chiediamo che, dopo avere acquisito l'iscrizione dei bambini alle prime classi, veniate a riferire in Parlamento quante sono le richieste delle famiglie rispetto alla scelta dei vari moduli orari, cioè le 24 ore che voi volete introdurre, gli attuali orari dei moduli (le 27 e le 30 ore) e il tempo pieno. Per tale motivo proponiamo questo ordine del giorno e sfidiamo il Governo chiedendogli di accoglierlo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Servodio ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/29.

GIUSEPPINA SERVODIO. Signor Presidente, mi rivolgo al sottosegretario: credo che la maggioranza abbia il diritto, anzi il dovere, di governare. Ma per governare in una società complessa come quella italiana, essa ha bisogno di legarsi alla responsabilità e alla capacità di intuire le risposte migliori che si devono dare ai temi e ai problemi del Paese.
In quest'Aula - io, a quel tempo, non ero in quest'Aula - quando una forza politica di maggioranza affrontava temi importanti come quello della scuola ed aveva i numeri e la maggioranza assoluta nel Paese, non si è mai permessa, proprio sui temi della scuola, di fare colpi di mano. Credo che in questi giorni stiamo abbassando il profilo del ruolo di quest'Aula.
Le riforme importanti della scuola - come ricordavano alcuni colleghi - sono state fatte con il consenso del mondo della scuola, che è complesso, spesso anche litigioso - non lo nascondo -, però carico di passioni, di idee, come diceva la collega precedentemente, carico di pluralità, di culture plurali, di ricerca di libertà. Tali riforme importanti, sulla scuola e per la scuola, sono state fatte attraverso il consenso e il confronto con l'opposizione in quest'Aula.
Siete voi, maggioranza e Governo, che avete attribuito a questo provvedimento un profilo ideologico, perché forse avete un'idea del Governo: Governo per voi significa comandare, anzi, qualcuno aggiunge «con efficienza ed efficacia». Certo, sono parole - l'efficienza, l'efficacia, la rapidità - che condividiamo, però si fanno spesso «i figli ciechi», se non si fanno le cose per bene. Alcuni temi hanno bisogno di saggezza e di capacità di capire l'opinione degli altri.
Tuttavia, voi, su questo provvedimento, siete stati presi dall'idea di ricercare il consenso del sondaggio, il consenso emotivo - come diceva qualche collega -, ma chi può dire di no al grembiulino? Ma le scuole, nell'autonomia scolastica, potevano anche adottare il grembiulino! E poi, il voto in condotta... Si tratta di aspetti sui quali il Partito Democratico non si è soffermato, però voi avete introdotto un profilo ideologico sulla scuola, eppure siete una maggioranza nella quale sono presenti il filone cattolico, il filone liberale, il filone delle autonomie, cioè siete una maggioranza plurale, nella quale esistono opinioni diverse; venite da esperienze diverse, però sulla scuola avete seguito un profilo ideologico ed economicistico, smontando di fatto forse una delle cose migliori che aveva la scuola italiana: la scuola primaria.
Ho voluto fare questa premessa, signor sottosegretario, perché poi vedremo tra qualche anno chi avrà ragione. Vedremo. Però, purtroppo, il Partito Democratico èPag. 84una forza politica responsabile e a me, personalmente, non piace dire «tra qualche anno ci vedremo». Non è questo. La politica non è ripicca. Il ruolo delle istituzioni non è un «vi aspetto al varco, vi aspettiamo sul fronte del fiume». Questo è il vero tema politico.
Gli ordini del giorno sono un'occasione per dire a questo Governo...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GIUSEPPINA SERVODIO. Concludo, Presidente.
Nel mio ordine del giorno - che vorrei che lei, signor sottosegretario, rileggesse e approfondisse - parlo della ricaduta di questo provvedimento sul sistema scolastico nel Mezzogiorno: il venir meno del tempo pieno e la riduzione dell'organico porterà il fenomeno della dispersione scolastica a livelli insopportabili.
In conclusione, non ho condiviso l'intervento sul Corriere della sera di Ernesto Galli della Loggia, il quale, nel difendere il Ministro, ha detto che il sud è in silenzio. Il sud non è in silenzio: nel sistema scolastico vi sono esperienze positive nel sud, però questo provvedimento, per le conseguenze che avrà non solo sul piano degli organici, ma anche del tempo pieno, porterà indietro la scuola meridionale, la scuola nel sud, che, invece, ha fatto grandi passi avanti.
Quindi l'invito che le rivolgo, caro sottosegretario, è quello di ripensare la materia e di portare, almeno nell'attuazione di questo provvedimento, delle risposte che siano più adeguate, meditate e sagge (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Oliverio ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/28.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, l'onda di riforma e di mutamenti che ha coinvolto e, per certi versi, sconvolto la scuola e il suo mondo evidenzia bene lo stato di crisi che investe questa istituzione, peraltro fondamentale e difficilmente sostituibile nell'ambito del nostro assetto sociale.
Dopo un periodo morattiano, caratterizzato da una esacerbata e contraddittoria spinta di cambiamento, è subentrata, nella passata legislatura, una fase riformista, che ha saputo coniugare severità e disponibilità al dialogo e alla comprensione della complessità scolastica. La «politica del cacciavite» ha riportato serenità nel mondo della scuola e ha favorito nel Paese un dibattito costruttivo e proficuo.
Il Governo Prodi non ha smantellato la riforma morattiana: essa è stata resa più digeribile e più accettabile, eliminando storture e ambiguità che tanta preoccupazione avevano destato nelle famiglie italiane e negli operatori scolastici, giacché prima ancora che legislativo, il problema della scuola è di natura sociale. Essa deve trovare una nuova legittimazione a fronte non solo del diritto, ma anche delle domande degli attori, che sono principalmente gli studenti, i docenti e le famiglie.
La scuola è in bilico, non diversamente da molte altre istituzioni. L'imperativo del cambiamento «tutto e subito» contraddice le pratiche scolastiche, che richiedono periodi lunghi di maturazione e preparazione, nonché modelli organizzativi stabili nel tempo. Gli scossoni estemporanei e propagandistici del decreto Gelmini hanno tutta l'aria di inseguire consensi su aspetti mediatici e sensazionalistici. Molti esperti nutrono, tra l'altro, seri dubbi sulla proficuità formativa dell'introduzione del voto tout-court al posto del giudizio, più analitico ed esplicativo nei processi di apprendimento. Che urgenza c'era di questo lifting, che glissa sui problemi e non affronta le questioni più spinose del pianeta scuola?
Le economie più deboli sono più esposte al depauperamento culturale. Le carenze strutturali del meridione condizionano pesantemente gli esiti formativi degli studenti. Se a ciò aggiungiamo il forte tasso di dispersione scolastica che condiziona vaste aree del Mezzogiorno, il quadro si colora di tinte più fosche.Pag. 85
Qual è la ricetta del Ministro Gelmini? Prima colpevolizza i docenti meridionali, ritenuti inadeguati e da sottoporre a cure drastiche di formazione e di aggiornamento. Poi, con un'equazione alquanto discutibile, ci propina un'altra ricetta: dal momento che a scuola si produce poco, operiamo tagli e riduciamo gli investimenti. Bella trovata! Sì dà meno a chi ha più bisogno e si pretende successo negli studi e qualità di prestazione, che deve esserci. Con la pseudo-riforma Gelmini trasformiamo la scuola da settore strategico a semplice capitolo di spesa. L'introduzione del maestro unico è, inoltre, un tuffo all'indietro, dettato da ragioni di bilancio per nulla pedagogiche.
Tutti questi interventi restauratori sono stati concepiti non per migliorare il nostro sistema scolastico, bensì per ridurre il personale della scuola in modo da poter effettuare il maggior risparmio possibile. L'imperativo categorico è quello di risparmiare sui bambini e sulla loro formazione. Solo in questa scelta si inquadrano l'introduzione del maestro unico, l'elevazione del numero di alunni per classe e l'accorpamento indiscriminato negli istituti con parametri di popolazione scolastica carente.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Che fine faranno le scuole dei piccoli comuni montani e pedemontani, tanto numerose nel meridione? Risulta evidente che il risparmio di oggi, ottenuto comprimendo i diritti e le aspettative legittime dei giovani, delle famiglie, delle madri lavoratrici e del personale sarà il nuovo debito di domani, che limiterà la crescita e la competitività del Paese.
Gelmini e Tremonti - e concludo - avranno ottenuto così un bel risultato: per risparmiare qualcosa oggi privano il Paese della possibilità di essere più ricco e forte domani. Si comportano come quei tizi che, per non consumare le scarpe, non escono di casa e quindi non lavorano e non guadagnano: alla fine si troveranno con delle belle scarpe nuove e la pancia vuota.
Non mi sembra una scelta propria saggia e per questo chiedo che venga accolto l'ordine del giorno da me sottoscritto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Froner ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/58.

LAURA FRONER. Signor Presidente, illustrando l'ordine del giorno n. 9/1634/58 mi sembra giusto premettere che, come emerso dai numerosi interventi di oggi, tutti noi siamo consapevoli che l'Italia sta attraversando un periodo molto difficile e che, rispetto a quelli che vengono considerati sprechi, dobbiamo assumere un atteggiamento di grande responsabilità e di rispetto nei confronti di una corretta gestione delle risorse pubbliche.
Tuttavia, non possiamo accettare che il taglio di 8 miliardi di euro in quattro anni previsto per la scuola passi come una mannaia sulla qualità dell'offerta formativa, in contrasto pesante con le indicazioni di Lisbona, e, in particolar modo, sulla scuola primaria italiana che, come è già stato ripetuto e come noto ormai a tutti, è ai primi posti in Europa.
D'altra parte, è caratteristica di questo Governo andare a colpire, in tutti i settori, le realtà più deboli (solo per citarne alcune: i precari, i lavoratori che assistono parenti disabili, i piccoli comuni e i loro servizi, dagli uffici postali alle scuole primarie), mentre sappiamo che una rete scolastica efficiente e di qualità è indispensabile per contrastare la dispersione scolastica e l'insuccesso formativo così proprio come previsto dagli obiettivi di Lisbona, a partire dalle zone più svantaggiate territorialmente.
Entrando nel merito dell'ordine del giorno, vorrei precisare le nostre richieste di impegno al Governo.
In primo luogo, chiediamo che nei regolamenti attuativi del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, correlati a questo provvedimento, sia salvaguardata la presenza della scuola primaria nei territori montani e nelle piccole isole. Ciò puòPag. 86essere reso possibile, sicuramente, attraverso un'organizzazione didattica flessibile, che garantisca pari qualità e dignità formativa rispetto alle altre istituzioni scolastiche presenti nel nostro Paese.
In secondo luogo, chiediamo che siano sperimentate nuove modalità nell'assegnazione delle risorse di personale e delle risorse finanziarie ai piccoli plessi, in modo da evitare la loro chiusura, considerando anche il valore sociale che hanno per le piccole comunità. Ciò si può fare favorendo, da un lato, una maggiore integrazione anche con il territorio e gli enti locali ed utilizzando, dall'altro lato, le nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione.
Infine, come terzo punto, all'interno del nostro ordine del giorno, chiediamo che sia promossa un'indagine nazionale sullo stato della rete scolastica, con particolare riguardo ai territori più disagiati al fine di verificare, con la rilevazione di dati oggettivi, le condizioni di funzionamento e per individuare nuovi parametri relativi alla dimensione e all'organizzazione, che possano garantire una uguale fruizione del diritto allo studio su tutto il territorio nazionale. Il tutto, naturalmente, nel rispetto di una corretta gestione delle risorse pubbliche, ma soprattutto nel rispetto di quanto sancito nella nostra Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Rao ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/229.

ROBERTO RAO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, anche a me tocca ribadire che il decreto-legge in esame non ci piace. Soprattutto non ci piace un decreto-legge che riguarda la scuola perché questa, a nostro giudizio, è una questione troppo seria per essere blindata da un'intesa tra il Ministro dell'economia e quello dell'istruzione.
Signor sottosegretario, la ringrazio per l'attenzione con cui sta seguendo i nostri lavori e per la cortesia con cui ascolta tutti noi, ma purtroppo dovrò ripetere alcuni concetti che sia lei, sia alcuni colleghi hanno già detto, aspetti che sono stati già ascoltati e indicati. Noi crediamo che la scuola meriti un rispetto e un'attenzione infinitamente maggiori rispetto a quelli che ad essa sono stati dedicati in questo inizio di legislatura.
Non ci nascondiamo che anche alcuni aspetti di questa riforma sono da noi condivisi. Mi riferisco all'introduzione del grembiule, al voto in condotta (che, peraltro, era una proposta dell'UdC) teso anche a limitare, tra le altre cose, gli atti di bullismo, al voto al posto del giudizio per semplificare. Ma l'insegnante unico alle elementari, a nostro giudizio, può creare disagio e preoccupazioni per le famiglie, i docenti e anche per gli studenti, sia sotto il profilo psicologico sia sotto quello organizzativo e sociale.
Sappiamo tutti che i tre maestri, a suo tempo, furono introdotti non perché ciò corrispondeva ad esigenze pedagogiche e formative, ma perché era una precisa esigenza dei sindacati, in quanto gli studenti diminuivano e perciò in qualche modo bisognava coprire gli organici. Ma è altrettanto vero che anche questa controriforma sul maestro prevalente, o maestro unico che dir si voglia, non è dettata da esigenze pedagogico-formative, ma da mere esigenze di bilancio. Si tratta di due facce della stessa medaglia, e a distanza di vent'anni ci troviamo esattamente nella stessa condizione, al punto di partenza. È stato forse tempo perso? Noi speriamo di no.
Si tratta di una questione delicata ma l'importante, glielo riconosciamo, è che venga impartita un'istruzione adeguata, a prescindere dal numero di insegnanti che sono chiamati a svolgere tale compito per ciascuna classe. Il maestro unico in sé non è un istituto da disprezzare, ma non è neanche giusto reintrodurre questa figura solo per una questione di contenimento delle risorse economiche, senza averne discusso in Parlamento né con gli studenti, né soprattutto con i genitori (visto che si parla di scuole elementari), né con gli insegnanti.Pag. 87
Sarebbe auspicabile, questo è il senso del nostro ordine del giorno, procedere con gradualità all'applicazione della norma in questione, valutando la possibilità di limitare la sua applicazione inizialmente ai primi due anni della scuola primaria (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. L'onorevole Peluffo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/122.

VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Signor Presidente, colleghi deputati, signor rappresentante del Governo, come altri colleghi che sono finora intervenuti avrei preferito svolgere una discussione nella normalità della prassi parlamentare, con la possibilità di presentare emendamenti, di esprimere la propria opinione e di avanzare proposte anche in positivo.
Così non è stato, come del resto è già accaduto e come rischia di accadere sempre più spesso, viste anche le recenti dichiarazioni del Presidente del Consiglio che fanno pensare, purtroppo, ad un Parlamento ridotto ad esaminare solo decreti-legge e a doverli convertire a colpi di questioni di fiducia. Così non va affatto bene, sia in generale, sia per il decreto-legge sulla scuola in particolare.
Intanto, occorre dire che il cosiddetto decreto-legge Gelmini, a differenza di quanto hanno detto alcuni mezzi di informazione, non rappresenta una riforma della scuola perché non ne ha il respiro, né la volontà, né l'intensità. I contenuti del decreto-legge in esame mi paiono, piuttosto, una somma di provvedimenti spot, dietro cui si nasconde un'esigenza prettamente di cassa, a partire dalla reintroduzione del grembiule. Mi sta bene, ma non mi sembra che vi fosse bisogno di parlarne con tanta enfasi, né che sia una gran cosa.
Inoltre, si prosegue con questi provvedimenti spot mediante la reintroduzione del voto in condotta presentato, peraltro, come lo strumento di lotta al bullismo. Ci lasci, signor Ministro, dubitare fortemente sull'efficacia di questo ritorno al passato.
Il voto di condotta era stato eliminato proprio per responsabilizzare gli studenti, con il coinvolgimento degli stessi a partire, per esempio, dalle scuole superiori, al fine di coinvolgerli più direttamente nel processo didattico. Inoltre, il voto di condotta, inteso essenzialmente come strumento di lotta contro il bullismo, non può farci dimenticare che ad un adolescente con atteggiamenti da bullo corrisponde di solito una situazione retrostante difficile, spesso è una richiesta di aiuto.
Pertanto, basta con lo spettro del voto di condotta! Rimettiamolo pure o, almeno, discutiamone pure, ma non diciamoci che questo è uno strumento sufficiente per arginare il bullismo. È un modo per lavarsi la coscienza rispetto a tante situazioni di difficoltà.
Si arriva, poi, all'interno di questi provvedimenti spot, alla reintroduzione del maestro unico che qualcuno inopinatamente ha definito una rivoluzione. Magari lo fosse! Si tratta, piuttosto, di una involuzione con un ritorno ad un tempo ormai distante che appare antico. Infatti, nel frattempo, la società è cambiata, a partire dalle elementari. Ci sono classi con bambini che provengono e che hanno genitori di Paesi diversi, con lingue diverse, con il tema dell'integrazione da affrontare in maniera nuova. Vi sono classi dove l'inclusione dei bambini diversamente abili deve essere attiva, non un mero adempimento burocratico, e vi sono classi dove si punta all'insegnamento delle nuove tecnologie, delle lingue straniere, dell'inglese.
Basta, per tutto questo, il maestro unico? No, purtroppo la risposta è semplice e univoca. Soprattutto, il fatto che il maestro unico faccia le sue ore obbligatorie e quelle aggiuntive siano a carico delle scuole significa soltanto una cosa: la fine del tempo pieno. È questo un modo di aiutare le famiglie di cui si parla tanto? Anche in questo caso la risposta è uno sconsolante «no».
Allora, come dicevo all'inizio, il significato profondo della proposta di reintrodurre il maestro unico ha più che altro questo senso: circa 100 mila insegnanti in meno nel 2009, il rischio di 225 milaPag. 88insegnanti in meno nei prossimi tre anni, il rischio di chiusura di 4 mila scuole nei comuni più piccoli.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Ecco, questo mi sembra essere l'obiettivo profondo di questo decreto-legge, con i paradossi, come quello sottolineato da più interventi finora svolti, dell'articolo 1 del provvedimento in esame che prevede l'introduzione di insegnamenti come la cittadinanza e la Costituzione.
Ebbene, è previsto che debbano essere acquisiti materiali aggiuntivi e al riguardo forse il Ministro pensa agli sponsor, come ha dichiarato oggi ad un giornale. Cosa facciamo, mettiamo lo sponsor sul grembiulino, anziché sulle magliette delle squadre? Forse potremmo partire, come proposto in questo e in altri ordini del giorno, dalla distribuzione gratuita a tutti gli alunni della Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Rampi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/102.

ELISABETTA RAMPI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, questo Parlamento sta diventando la sede di ratifica burocratica di decisioni prese dall'Esecutivo. La funzione del Parlamento viene continuamente lesa nelle sue prerogative ed il continuo ricorso alla decretazione d'urgenza da parte del Governo e al conseguente voto di fiducia impedisce di fatto ai parlamentari di svolgere il compito affidato loro dai cittadini: concorrere alla formazione delle leggi.
Questo è ancora più grave se si nega una vera discussione sui temi che interessano non solo la vita delle persone, ma soprattutto il futuro di un'intera società. È questo il caso della scuola, interessata in questi anni da riforme e controriforme.
Questa ennesima controriforma ci riporta indietro e, dietro un'apparente «operazione nostalgia», alla «libro Cuore», studiata ad arte per una società che non guarda più al futuro, ma solo al passato per ottenere il facile consenso in un'Italia che non cresce, non si modernizza ed è sempre più anziana, nasconde la gretta volontà di operare pesanti tagli all'occupazione, soprattutto quella femminile, con il risultato di colpire la scuola pubblica, stravolgendone gli ordinamenti, i modelli organizzativi, i contenuti e, in particolare, sminuendone il ruolo formativo proprio nel ciclo di istruzione più importante: la scuola primaria.
Non è solo il ridurre l'offerta del tempo di formazione, fatto in sé gravissimo, che ci preoccupa, ma anche la qualità dell'insegnamento. In un mondo sempre più specializzato pensare ad un maestro unico capace di insegnare ogni branca dello scibile umano è, francamente, improponibile.
Parimenti, è improponibile smantellare il tempo pieno. Non ci convincono le rassicurazioni del Ministro e del Governo per una semplice questione matematica: ventiquattro ore la settimana saranno gestite dal maestro unico, le restanti saranno completamente e solo parcheggio.
L'unico settore della scuola italiana riconosciuto come eccellenza in tutto il mondo è proprio quello su cui il Governo ha deciso di colpire e di procedere a colpi di scure. Con questo non diciamo che tutto debba rimanere immobile. Tendere al miglioramento deve essere sempre l'obiettivo del legislatore e di tutti gli attori coinvolti, ma questa controriforma è propedeutica solo al raggiungimento degli obiettivi ciechi del Ministero dell'economia e delle finanze. Ben altro dovrebbe essere l'approccio di una società che pensa e vuole investire sul proprio futuro. Se neghiamo alle nuove generazioni il diritto alla conoscenza, è francamente impossibile pensare di avere cittadini preparati, consapevoli, responsabili, pienamente formati, e noi questa responsabilità non dobbiamo assumercela. Ce lo chiedono il buonsenso e il nostro senso civico, che ci deve spingere sempre, comunque e solo ad operarePag. 89per il bene comune. Ce lo chiedono le famiglie, che in questi giorni hanno manifestato il loro dissenso.
Questo ordine del giorno, nel riconoscere l'importanza dell'insegnamento di cittadinanza e Costituzione fra le discipline di studio sia pure in via sperimentale, pone l'accento sui costi aggiuntivi per l'acquisto di materiale didattico, che non possono gravare ulteriormente sulle famiglie già pesantemente colpite da una crisi che ne riduce sempre più il potere d'acquisto e da politiche economiche inadeguate e recessive.
Il caposaldo di una vera democrazia non è solo il diritto di voto, ma anche e soprattutto la scuola pubblica che ha permesso e permette a tutti gli individui, per lo meno fino ad oggi, di avere pari opportunità nell'accesso all'istruzione.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ELISABETTA RAMPI. Concludo, signor Presidente. Per questo è fondamentale mantenere i costi per le famiglie al livello più basso possibile.
Inserendo la nuova disciplina «Cittadinanza e Costituzione», rappresenta quindi un segnale importante prevedere la distribuzione gratuita a tutti gli alunni di una copia della Costituzione. Quindi, il prossimo esercizio finanziario dovrà individuare le risorse necessarie a coprire i costi per la stampa e la distribuzione gratuita della Carta costituzionale.
Questo ordine del giorno, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, vuole essere un richiamo al Governo, al Ministro e a tutti i parlamentari, affinché si avvii un percorso virtuoso che assuma come priorità la trasmissione della conoscenza come bene primario del Paese, a partire dalla Carta fondamentale della nostra storia repubblicana (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Concia ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/45.

ANNA PAOLA CONCIA. Signor Presidente, cara Ministro, caro sottosegretario e cari coraggiosi colleghi, nel nostro Paese non è facile parlare di educazione motoria e sportiva nella scuola, perché non siamo un Paese in cui esiste una vera cultura dello sport e del movimento.
Sembra banale dirlo, ma lo sport e il movimento sono strumenti fondamentali per lo sviluppo psicofisico dei bambini e degli adolescenti. Un progetto educativo che si rispetti, che voglia veramente mettere al centro i bambini e i giovani non può non dare grande valore e peso all'educazione motoria e sportiva.
La scuola italiana da questo punto di vista è una vera Cenerentola, rispetto al resto dell'Europa. Negli altri Paesi dell'Unione europea questa materia ha un grandissimo peso per almeno tre ragioni.
In primo luogo, rappresenta uno strumento di promozione della salute. È di oggi la notizia sui giornali che dal recente studio realizzato dal Ministero della salute e dall'Istituto superiore di sanità, in collaborazione con il Ministero dell'istruzione risulta che in Italia il numero dei bambini obesi è arrivato ad un milione e sta crescendo in modo preoccupante soprattutto al Sud e nelle zone più depresse del nostro Paese. L'obesità è una malattia e le cause sono da ricercarsi nella mancata attività motoria e in una scorretta alimentazione tra i giovani.
Un'altra ragione è che è un grande, grandissimo, strumento educativo, nonché uno strumento di inclusione sociale, di socializzazione e di lotta all'emarginazione. Lo sport, come è facilmente intuibile, rappresenta un grandissimo strumento delle politiche pubbliche, delle politiche educative, di promozione della salute e delle politiche sociali. Su queste ultime e sullo sport come strumento delle politiche sociali si sofferma il mio ordine del giorno, nonché sul grandissimo valore dello sport nell'ambito della lotta alla dispersione scolastica e come strumento di inclusione sociale tra i giovani svantaggiati e a rischio di devianza.
Nell'ordine del giorno chiediamo di continuare nella strada avviata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca negli anni scolastici 2006-2007 ePag. 902007-2008 attraverso un finanziamento specifico di progetti di educazione motoria e sportiva nelle aree più depresse del Paese e a rischio di devianza giovanile.
Caro Ministro, non posso credere che non le stia a cuore il futuro dei nostri ragazzi, la loro salute psicofisica; allora diamo loro la possibilità di fare sport, che casomai li aiuta ad essere meno aggressivi, che casomai il sette in condotta non serve più e lo sport può diventare anche in Italia un grande, anzi grandissimo, strumento di lotta al bullismo.
Caro Ministro, ci considerate brutti, sporchi e cattivi perché non votiamo i vostri provvedimenti, perché siamo così insolenti da fare delle proposte nostre, non ci facciamo trattare da sudditi, come vorreste voi. A noi non va bene tutto quello che fate, no, e siccome per fortuna un'idea di società e di come dovrebbe andare il mondo ce l'abbiamo, stiamo provando a farvi delle proposte. Noi non siamo mica venuti dalla luna; io, ad esempio, sono un'insegnante di educazione fisica, faccio la manager sportiva nella vita e potrei spiegarle, come sto cercando di fare, che quel progetto di cui parlavo prima è importante proprio per i giovani ai quali lei dice di tenere tanto. Lo vogliamo continuare questo progetto, Ministro? Ci dia retta per una volta, continuiamolo, anche se l'abbiamo fatto noi.
Ministro, se mi volesse ascoltare che ne direbbe: lo accogliamo questo progetto e continuiamo la sperimentazione per il bene e la salute dei nostri ragazzi che poi, in fondo, sono il nostro futuro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)?

PRESIDENTE. L'onorevole Morassut ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/115.

ROBERTO MORASSUT. Signor Presidente, colleghi, anche se non c'è stato tempo (e da un po' di tempo accade molto spesso) per svolgere un dibattito serio e approfondito su questo provvedimento, come sarebbe stato doveroso fare nell'Aula del Parlamento della Camera dei deputati, nonostante lo spazio sia stato ridotto al minimo dalla volontà di porre la questione di fiducia e di procedere per decreto-legge, ormai i temi, gli elementi e i termini della ricadute gravi che il provvedimento in esame avrà sul Paese sono emersi e sono chiari.
Sarà nostro impegno, come Partito Democratico, farli emergere ancor più chiaramente operando su quel fermento e su quel disagio che si sono determinati in queste settimane nel Paese, nelle scuole, tra gli insegnanti e nelle famiglie, per trovare alla prossima occasione in cui il Parlamento tornerà ad occuparsi di questi argomenti, in particolare nel corso dell'esame della finanziaria, quando si entrerà nel merito dei tagli e degli interventi sulle risorse economiche, il modo di discutere nuovamente tali questioni.
Con questo provvedimento si dà un colpo non solo alla scuola italiana ma, attraverso di essa, anche al Paese; è un pezzo della politica antinazionale che questo Governo sta conducendo, nonché un pezzo di una politica economica depressiva - proprio in questo periodo stiamo discutendo nelle Commissioni il bilancio della prossima finanziaria - che taglia risorse nei settori strategici, in questo caso nella formazione che avrà ben 8 miliardi di euro in meno, e che porta indietro il Paese.
Si fa un gran parlare di keynesismo. Il Ministro dell'economia Tremonti, recentemente si è avventurato in un'intervista a riesumare le parole d'ordine del keynesismo classico, ma quest'ultimo non ha nulla a che fare con il fatto che si finanzino le banche con i soldi pubblici per frenare una pur grave crisi finanziaria che sicuramente merita il massimo dell'attenzione degli interventi. Comunque, domani sentiremo l'intervento del Ministro qui in Parlamento.
Il keynesismo è una politica di sostegno della domanda e degli investimenti, di rafforzamento del sistema infrastrutturale del Paese, di modernizzazione, di intervento sul sistema formativo. Con questo decreto-legge, invece, si dà un colpo gravissimo alla scuola italiana e la si portaPag. 91indietro, con misure da libro Cuore. Bisogna dirlo chiaramente: sono misure da libro Cuore il grembiule (che comunque costituirà un costo per le famiglie italiane) e il voto in condotta, introdotto per combattere il bullismo. Ma ha più peso, sul comportamento dei nostri adolescenti e dei nostri ragazzi, ciò che accade nel microcosmo della scuola o ciò che viene trasmesso alle giovani generazioni attraverso i modelli culturali di certe televisioni che puntano ad affermare l'idea di un individuo sempre vincente, sempre bello, sempre forte e sempre fortunato, che può sottomettere anche chi vincente, bello e fortunato non è?
Attraverso il decreto-legge in esame, comunque, considerato che siamo in argomento, si tolgono insegnanti di sostegno proprio ai bambini diversamente abili. Quella che voi volete proporre in questo decreto-legge non è una scuola moderna ed europea, ma è un ritorno indietro al passato, che forse era anche migliore di questo. Nel settore della scuola elementare, infatti, pur nel disastro del sistema formativo italiano, l'Italia è sempre stata all'avanguardia: la scuola elementare italiana è sempre stata - ed è ancora oggi - uno dei modelli all'avanguardia in tutto il mondo occidentale sviluppato. Con questo provvedimento, però, la si porta indietro, si colpiscono le famiglie e i ceti medi (che sono la parte più sofferente del nostro Paese) e si colpiscono le donne. Si costringono le donne, infatti, ad utilizzare una parte della giornata o per ridurre lo spazio di lavoro o per pagare una baby sitter (e quindi si entra anche nel bilancio delle famiglie, gravemente) e si colpiscono la scuola, il sistema formativo e i comuni. Si parla del federalismo: vedremo i conti quando arriveremo a discutere del federalismo fiscale, perché si sta facendo una grande ideologia...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ROBERTO MORASSUT. ...anche sul tema del federalismo: si sta facendo un gran parlare del federalismo, ma intanto le misure concrete che il Governo porta avanti attraverso i suoi provvedimenti colpiscono i comuni (attraverso il taglio delle scuole e degli istituti scolastici) e sono punitive verso i piccoli comuni, anche per altri provvedimenti che, spero, saranno presto oggetto di discussione in Parlamento (in prossimità dell'esame della legge finanziaria), riguardanti, ad esempio, il tema dell'emergenza abitativa.
Su questa strada non si faranno grossi passi avanti. Ad un certo punto il gran polverone dell'azione di questo Governo si poserà e il disagio delle famiglie e degli italiani creerà un fermento: su questo fermento noi, da forza nazionale e popolare, lavoreremo per cambiare l'idea del consenso intorno a questo Governo, che sta facendo danni gravi alla nostra nazione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Morassut, Keynes, in fondo, è stato esaltato, al di là dei suoi meriti, ma poi è stato anche condannato a una specie di damnatio memoriae altrettanto immeritata.
L'onorevole Picierno ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/27.

PINA PICIERNO. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, qualcuno ha detto che la nostra è ed è stata un'opposizione ideologica. È stato detto che la nostra è stata un'opposizione - cito testualmente - «sfascista»: mi consentirete, quindi, prima di entrare nel merito del mio ordine del giorno n. 9/1634/27, di sottolineare il senso di responsabilità che, al contrario, ci tiene qui e ci spinge a chiedere una serie di impegni al Governo per migliorare il testo del provvedimento in esame.
Onorevole sottosegretario, siamo qui a chiedere questi impegni perché sappiamo che la qualità di un Paese, come ho già avuto modo di dire altre volte, si misura dalla qualità del suo sistema formativo, perché ci sta a cuore il futuro di questo Paese. Certamente, ci sarebbe piaciuto un confronto di merito e ci sarebbe piaciuto che il Parlamento fosse stato utilizzatoPag. 92come luogo di discussione, di proposta e di condivisione. Così, purtroppo, non è stato: avete scelto la strada della prova muscolare e dell'arroganza, che è tanto più difficile da accettare e da sopportare perché stiamo discutendo della formazione e dell'educazione dei nostri bambini e dei nostri ragazzi.
Stiamo discutendo dell'educazione e della formazione dei nostri ragazzi oggi, quando viviamo un tempo così difficile, che è stato definito un tempo bulimico, con la storia che sbiadisce, con il presente che non garantisce più quel senso di appartenenza senza il quale una comunità, ma vorrei dire una nazione, non è davvero tale. Ed è vero, verissimo, che ci sono stati episodi di egoismo, di violenza e di bullismo anche a scuola, ed è altrettanto evidente che la politica e le istituzioni hanno il dovere di trovare delle risposte, ma indicare come soluzione il voto in condotta, come voi proponete nell'articolo 2 del decreto-legge, è senza dubbio voler banalizzare tutta questa enorme difficoltà e complessità.
Noi abbiamo il dovere di ricreare un sistema di valori, avvicinando i cittadini alle istituzioni, i docenti ai genitori e agli studenti. Ci rendiamo conto perfettamente che questa è una risposta più complessa, che richiede tempo e che non produce l'effetto «spot pubblicitario». Evidentemente, infatti, parlare di patto educativo, come facciamo nel nostro ordine del giorno n. 9/1634/26, è oggettivamente più complicato, rispetto allo spot del cinque in condotta. Rilanciare nelle scuole la scrittura condivisa dei regolamenti di istituto, per avere regole chiare e sanzioni accertate, così come prevede lo statuto degli studenti, è cosa certamente più difficile, ne siamo assolutamente consapevoli. Credo, però, che proprio nella diversità dei nostri approcci ci siano tutti gli anni luce che ci separano, perché tra la ricerca del consenso immediato e la preoccupazione per l'educazione e la formazione dei nostri bambini e dei nostri ragazzi sta tutta, ma proprio tutta, la nostra differenza.
La scuola deve tornare ad essere il luogo in cui, prima di imparare l'italiano o la matematica, si impara ad essere delle persone. Deve essere il luogo in cui la società, con le sue problematiche, entra in classe, per permettere di crescere con spirito critico e valori di convivenza democratica, dove i ragazzi vengono coinvolti, stimolati e aiutati ad essere cittadini attivi e responsabili. In questo senso, nel nostro ordine del giorno, proponiamo spazi di confronto e di coordinamento nelle scuole e la condivisione di buone pratiche, invitiamo le istituzioni scolastiche a inserire nel regolamento di istituto, in ottemperanza all'articolo 4, comma 5, dello statuto degli studenti, opportune indicazioni in merito alla dimensione riparativa delle sanzioni.
Insomma, signor Presidente, colleghi, anche con questo ordine del giorno, chiediamo un impegno concreto al Governo per una scuola più qualificata, più efficiente e più moderna, con al centro gli studenti e il loro futuro. Noi ci auguriamo davvero che il Governo non vorrà, con un parere contrario, confermare il sospetto che abbiamo tutti.

PRESIDENTE. Onorevole Picierno, la prego di concludere.

PINA PICIERNO. Signor Presidente, ho concluso. Vale a dire il sospetto che dietro il voto in condotta non ci sia la preoccupazione per l'educazione e la formazione, ma solo l'esigenza del consenso, che deriva da uno spot pubblicitario (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Pompili ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/99.

MASSIMO POMPILI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, i deputati del Partito Democratico hanno già con molta chiarezza, alcuni nel corso della discussione sulle linee generali su questo decreto-legge, altri nel corso del dibattito sul complesso degli emendamenti, espresso il giudizio sul testo Gelmini.
Anche io ho detto la mia e, come molti avevano fatto, ho previsto che sarebbePag. 93stata posta scontatamente la questione di fiducia. Il Governo ha voluto mantenere un atteggiamento di sorda e miope contrapposizione su questo provvedimento.
Dunque, non voglio tornare sulle questioni generali. Penso che sia importante concentrarsi sui contenuti dell'ordine del giorno che ho presentato, per verificare se vi fosse un barlume, un lumicino di volontà di apertura da parte del Governo, almeno in questa fase del dibattito.
In questo ordine del giorno l'impegno che si chiede al Governo, pur nella sua asciuttezza, è molto chiaro. Tuttavia, penso che valga la pena di svolgere qualche breve considerazione per illustrarlo, perché, nonostante l'enfasi propagandistica che il Ministro ha usato sul tema dell'insegnamento di «Cittadinanza e Costituzione», nonostante la sottolineatura di questa inutile enfasi, non possiamo che convenire sulle motivazioni e sulle finalità di fondo dell'articolo 1.
Non è, d'altra parte, che siamo in presenza di una novità assoluta. Infatti, non è che l'insegnamento dell'educazione civica non ci fosse prima del decreto-legge n. 137 del 2008: anzi, per fortuna, già da molti anni, essa si è imposta come tematica trasversale ai diversi saperi, permeando un po' tutte le aree di insegnamento e sicuramente, in particolare, le materie storiche, letterarie ed artistiche, che, più di altre, riportano al vissuto del nostro Paese, diventando, dunque, un valore aggiunto della scuola e contribuendo significativamente alla formazione sociale degli studenti, come viene detto nell'ordine del giorno, per quanto riguarda l'informazione, la consapevolezza e la responsabilità.
Questo sforzo è stato sostenuto sulla base di progetti sperimentali, ideati e sviluppati prevalentemente per un protagonismo consapevole e per iniziativa delle scuole stesse o degli enti locali, devo dire tanto meritori quanto, però, lasciati soli. In questo senso, voglio ricordare, perché nel nostro territorio - parlo di Roma - hanno invece lasciato un segno, i progetti sulla memoria portati avanti dall'assessorato alla scuola del comune di Roma nel precedente mandato del consiglio comunale, che si sono articolati in varie iniziative, tutte importanti, ma fra le quali è bello ricordare quella dell'invio in tutte le scuole del testo della Costituzione tradotto in nove lingue, per sottolineare verso tutti, corpo docente e non docente, le famiglie, gli studenti italiani e stranieri, che le politiche di inclusione e di integrazione cominciano proprio dall'apprendimento da parte di tutti coloro che convivono nella nostra società dei valori fondamentali e costituzionali del nostro Paese.
Il senso dell'ordine del giorno - mi avvio a concludere, signor Presidente - è chiaro; abbiamo presentato emendamenti per tradurre concretamente i nostri convincimenti. Se il Governo oggi arriva a istituire l'insegnamento in tutti i cicli di istruzione di «Cittadinanza e Costituzione»...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MASSIMO POMPILI. ...c'è bisogno, per questo, di certezza di finanziamenti, che favoriscano il decollo, la programmazione e la qualificazione delle iniziative, e non di un generico e rinunciatario richiamo alle risorse disponibili, come si fa reiteratamente all'articolo 1; altrimenti, il giudizio che abbiamo dato a livello generale si confermerebbe, vale a dire che questa manovra altro non è che la conseguenza e l'attuazione delle compatibilità illustrate nel Documento di programmazione economico-finanziaria, imposte anch'esse con il voto di fiducia sul decreto-legge n. 112 del 2008 (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Marchi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/164.

MAINO MARCHI. Signor Presidente, con l'ordine del giorno n. 9/1634/164 si chiede di dare un seguito concreto all'articolo 1 del decreto-legge in esame, adottando le iniziative utili ad individuare, già nel prossimo esercizio finanziario, le risorse che permettano di distribuire gratuitamentePag. 94una copia della Costituzione a tutti gli alunni di tutte le città, a partire ovviamente dagli alunni della capitale. Si richiama quindi l'esigenza che agli obiettivi culturali e didattici seguano le risorse finanziarie necessarie, mentre sulla scuola il Governo è intervenuto esattamente in modo contrario: prima ha stabilito un livello pesantissimo di tagli, e poi ha cercato di dare dignità a questa manovra con il voto di condotta, il grembiulino, il maestro unico, l'insegnamento di «Cittadinanza e Costituzione».
Nell'affrontare questi temi non posso non richiamare l'attenzione del Governo e dell'Aula proprio su un aspetto relativo alle risorse finanziarie e all'articolo 81 della Costituzione: mi riferisco a quanto è successo in Commissione bilancio sul parere al decreto, in particolare sull'articolo 4, relativo all'insegnante unico nella scuola primaria. Quanto è successo in questa occasione segna un precedente gravissimo, tale da inficiare nelle fondamenta il ruolo della Commissione bilancio, che deve garantire il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione. E invece è successo, per la prima volta, che la Commissione bilancio ha dato un parere favorevole al buio; e in Commissione abbiamo parlato come opposizione dell'incredibile introduzione della «nasometria» come modalità di valutazione delle coperture finanziarie. Sul maestro unico il Governo, pur avendone tutto il tempo, non ha fornito un dato, un numero sui costi e sugli effetti finanziari del provvedimento: a naso, si è detto, la copertura c'è. Il Partito Democratico ha ritenuto inammissibile procedere in questo modo, e per due volte, giovedì nella scorsa settimana e poi lunedì, non ha partecipato alla votazione.
Si è violata una delle regole fondamentali su cui si basa il lavoro di questa Camera. La vicenda è quasi una farsa: si comincia dal Governo, che nella relazione di accompagnamento al decreto afferma che le istituzioni scolastiche potranno costituire classi da affidare ad un unico insegnante, che l'insegnante unico sarà chiamato a svolgere un numero di ore di insegnamento superiore a quanto previsto dalla contrattazione collettiva, e quindi va adeguato il trattamento economico dei docenti, per cui si rinvia alla sede contrattuale.
Per fronteggiare i maggiori oneri che potranno derivare dall'attuazione della norma (prego di soffermarsi su questo concetto: ci saranno nuovi oneri, forse, non si sa quanto), si continua, saranno utilizzate le risorse finanziarie, (rectius parte di esse), di cui il Ministero disporrà in base all'articolo 64, comma 9, del decreto legge n. 112 del 2008, risorse che quell'articolo riserva invece alla valorizzazione della professione dell'insegnante. Poi nell'articolo 4 del decreto-legge al posto di «potranno costituire classi» è scritto «è (...) previsto che le istituzioni scolastiche (...) costituiscano classi». Nella relazione tecnica non si fornisce nessuna previsione di spesa, ma si parla di risorse finanziarie cui attingere per fronteggiare gli oneri: si dà quindi per certo che gli oneri ci saranno.
Puntualmente gli uffici della Camera evidenziano che l'introduzione del maestro unico, se parte dal 2009 (il «se» è relativo al fatto che il decreto non precisa l'avvio), non ha copertura finanziaria, in quanto le risorse di cui all'articolo 64, comma 9, del decreto-legge n. 112 sono disponibili solo dal 2010, e solo se si saranno realizzati i risparmi previsti.
La Commissione bilancio chiede alla Commissione di merito di riformulare l'articolo 4, di quantificare gli oneri; la Commissione di merito riformula, prevedendo che si provveda per l'anno 2009, ove occorra, a valere sulle risorse del Fondo delle istituzioni scolastiche da reintegrare con quota parte delle risorse disponibili ai sensi del comma 9 già citato. Non c'è nessuna quantificazione, e si mette a carico delle scuole l'anticipazione della spesa.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MAINO MARCHI. La Commissione bilancio, con lo strappo alle regole che ho richiamato, dà un parere favorevole, ponendo una condizione, in base all'articoloPag. 9581 della Costituzione, che dopo alcuni giorni, nel maxiemendamento del Governo, dopo quattro ore di stop and go in Commissione bilancio, viene eliminata su precisa richiesta della Ragioneria: tutto questo senza che il Governo abbia fornito una relazione tecnica con una previsione di effetti finanziari, nemmeno di larga massima, e senza sapere se le risorse disponibili, nel caso che si verifichino effettivamente (cosa non certa) i risparmi previsti dal decreto-legge n. 112, saranno risorse sufficienti a far fronte ai maggiori costi.
E intanto nel 2009 le singole scuole dovranno anticipare i maggiori oneri. Signor Presidente, colleghi, rappresentante del Governo, non si rispetta la Costituzione, non vi è alcuna previsione sui costi e per di più sono le singole scuole che devono farsene carico anticipatamente! In questo decreto-legge si parla tanto di voti: ebbene, credo che il Ministro Gelmini, il Governo e la stessa maggioranza si meritino un bel cinque, sia in finanza pubblica che in diritto costituzionale. Confido pertanto nell'accoglimento del mio ordine del giorno n. 9/1634/164 (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Grazie onorevole Marchi, vedo che è stato clemente e non ha dato al Governo il cinque in condotta che porta alla bocciatura.
L'onorevole Paladini ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/17.

GIOVANNI PALADINI. Signor Presidente, nell'illustrare il mio ordine del giorno n. 9/1634/17 volevo dare un piccolo consiglio. L'articolo 1 del decreto-legge n. 137 del 2008 prevede azioni di sperimentazione volte a favorire l'acquisizione, nel primo e nel secondo ciclo di istruzione, di conoscenze e competenze relative a «Cittadinanza e Costituzione». Questa è finalizzata ad una presa di coscienza sui comportamenti collettivi civilmente e socialmente responsabili. Il richiamo all'insegnamento della Costituzione nella scuola è importante per formare cittadini informati e responsabili per una società, quella del domani. Tale idea deve però essere accompagnata dalla sua definizione in quanto disciplina. I valori che animano la nostra Carta costituzionale devono essere al centro dell'azione educativa, specialmente nella scuola, sia negli intendimenti che ispirano l'azione riformatrice, sia nell'azione didattica degli insegnanti. Essi devono essere trasmessi agli studenti nel modo più congruo al fine di giungere al miglior risultato formativo dello studente. La Costituzione come fonte di legittimazione dell'ordinamento e come «mappa del tesoro» dell'educazione nella scuola non è certo, detta oggi in questa sede da noi, una novità.
Attualmente le indicazioni nazionali in vigore, in virtù del decreto legislativo n. 59 del 2004, per l'elaborazione dei curricula sono contenute nel decreto ministeriale 3 luglio 2007 per la scuola dell'infanzia e per il primo ciclo di istruzione. Le singole discipline sono considerate all'interno di tre grandi aree disciplinari: l'area linguistico-artistico-espressiva, l'area storico-geografica e l'area matematico-scientifico-tecnologica. La normativa vigente già prevede insegnamenti attinenti l'educazione e la cittadinanza, anche al fine di insegnare agli allievi a riconoscere e a rispettare i valori sanciti nella Costituzione e l'educazione civica rispettivamente nel primo e nel secondo ciclo di istruzione.
Per questo chiediamo da parte del Governo un impegno molto forte affinché si faccia promotore dell'effettivo rilancio di progetti di carattere culturale e formativo che concorrono alla diffusione della cultura basata su principi per noi fondamentali, quali quelli della solidarietà, dell'uguaglianza, della giustizia e della legalità al fine di contribuire ad una formazione responsabilizzante per ogni individuo dalla società civile (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. L'onorevole La Forgia ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/140.

ANTONIO LA FORGIA. Signor Presidente, signor sottosegretario, credo vi siaPag. 96un punto sul quale siamo tutti d'accordo in quest'Aula. Credo si tratti del riconoscimento che il nostro sistema formativo ha bisogno di interventi, probabilmente radicali, che ne aumentino l'efficacia, sia sotto il profilo dei risultati, sia sotto il profilo dell'equità sociale, ovvero dell'offerta di opportunità effettivamente eguali che possano davvero essere afferrate ed usate come risorsa di mobilità sociale.
Purtroppo, pur convergendo nella definizione del problema, le nostre strade si sono immediatamente divise.
Il Governo ha agito sotto la pressione prevalente del contenimento e del taglio delle risorse ed ha commesso due errori. Il primo è che ha rivolto la propria scure, o il proprio bisturi se preferite, sulla scuola elementare, scelta davvero incomprensibile per le ragioni che abbiamo ripetuto quasi ossessivamente in queste ore. Il secondo è più generale e di metodo. Voglio dire che è persino possibile che per una molteplicità di ragioni di fatto, che non è qui il luogo e il momento per provare ad esaminare, in linea di principio gli incrementi necessari di efficacia del nostro sistema formativo debbano essere perseguiti con risorse costanti o anche con risorse decrescenti. È certo però che non possono essere puramente e semplicemente generati, come sembra attendersi l'azione del Governo, dal taglio delle risorse, attraverso tagli determinati in viale Trastevere, immaginando che misure macro e indifferenziate possano da sé stesse indurre ricomposizione ed assetti più efficaci. Altra cosa sarebbe stata la decisione di investire fino in fondo sull'autonomia degli istituti scolastici, sulla responsabilità degli insegnanti e dei dirigenti scolastici e sulla partecipazione delle famiglie per affidare loro la definizione, forse in questo momento indispensabile, di azioni mirate ad elevare l'efficacia ed a contenere la spesa, ma rinunciando - questo sì - fino in fondo all'illusione di un comando centralizzato e concentrando l'attività del Ministero su poche funzioni essenziali di regolazione e soprattutto sull'implementazione di un sistema di valutazione effettivamente affidabile ed effettivamente indipendente. Senza di ciò il Governo può procedere per decreto-legge e non per disegni di legge, può chiudere ogni discussione ponendo la Camera di fronte alla richiesta del voto di fiducia e può riuscire ad apparire decisionista, ma non riuscirà a produrre decisioni efficaci, e purtroppo - temo - riuscirà ad essere dannoso.
In questo ordine del giorno, il n. 9/1634/140, io, come altri colleghi, chiedo che si garantisca la distribuzione di copie della Costituzione a tutti i giovani studenti e alunni delle nostre scuole. Mi permetto di aggiungere un auspicio: che, nel procedere alla distribuzione, questi testi vengano per un attimo trattenuti nelle mani di tutti noi, perché - non voglio apparire in alcun modo offensivo - non si tratta soltanto di non violare la Costituzione, anche se qualche volta ci avviciniamo pericolosamente a quella soglia, ma si tratta per il Governo e per noi di servirla (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Monai ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/8.

CARLO MONAI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario Pizza, intervengo per fare una riflessione sull'opportunità che almeno in sede applicativa - considerato che non abbiamo potuto emendare il testo del decreto-legge, vista la fiducia che è piombata a sedare qualunque discussione in merito - sia possibile allargare l'orizzonte circoscritto alla Costituzione italiana piuttosto che agli statuti regionali (che peraltro dovrebbero essere ormai decaduti rispetto alla previsione della fiducia) in un contesto europeo ed internazionale in cui il nostro Paese con rispettabilità ha avuto nel passato, e ha ancora attualmente, dignità di ruolo.
In particolare, l'ordine del giorno in esame chiede che, parlando di cittadinanza e di Costituzione, siano sensibilizzate le scuole e quindi anche gli insegnanti a riflettere sulla dimensione giusnaturalistica che attraversa un po' il tempo e lo spazio e si salda con valori legati allaPag. 97dignità dell'uomo e alle sue prerogative insopprimibili che, in qualche modo, attraversano la cultura dell'uomo, dai tempi del codice di Hammurabi ad Aristotele, piuttosto che alla scolastica o al giusnaturalismo moderno.
Penso sia opportuno, da questo punto di vista, riflettere sull'universalità dei diritti dell'uomo, che poi l'Organizzazione delle Nazioni Unite ha saputo promuovere anche dopo l'Olocausto della seconda guerra mondiale. Penso sia opportuno sottolineare, per rendere più consapevole il nostro cittadino del domani e i nostri studenti di oggi, che effettivamente questo non è legato solo alla pur importantissima Carta costituzionale o agli altrettanto significativi statuti regionali ma, in qualche modo, ha una valenza ben più pregnante e ben più universale, su cui è opportuno che le nostre generazioni più giovani riflettano e maturino una consapevolezza.
Lo stesso direi del concetto di cittadinanza europea, legato a quella sorta di complementarietà che viene dal Trattato di Amsterdam piuttosto che, ancora prima, dal Trattato di Roma: è opportuno venga focalizzata questa dimensione di un cittadino che non è più solo della regione Friuli-Venezia Giulia, tanto per rimanere nel tema della mia piccola patria, piuttosto che dell'Italia, ma abbracci appunto questa dimensione europea, nella quale vi sono i diritti di libertà, di elettorato attivo e passivo, di partecipazione alla possibilità di spostamento, di libera circolazione e ancora di possibilità di invocare una tutela sovranazionale dei propri diritti; è opportuno che ciò venga percepito e condiviso nella creazione di una consapevolezza europea che ancora oggi si impone.
Un'ultima notazione: auspico anche che il Governo sappia rendersi garante e attore principale di questa educazione civica, innanzitutto attuando un maggior rispetto dei ruoli istituzionali. Da questo punto di vista, il richiamo alla legalità, alla sobrietà e al rispetto dei ruoli dei poteri dello Stato nelle prerogative di ciascuno penso debba essere una lezione che parte e deve partire dalle più alte cariche dello Stato, che - ahimè - in questi ultimi tempi non hanno dato grande dimostrazione di essere avvedute sotto il profilo dell'educazione civica.
Con questo auspicio, confido che il Governo saprà accogliere il mio ordine del giorno in esame, così come gli altri di cui sono cofirmatario (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Tidei ha facoltà di illustrare suo ordine del giorno 9/1634/90.

PIETRO TIDEI. Signor Presidente e signori colleghi, prendiamo atto con rammarico che le manifestazioni e il dissenso crescente in questi giorni, in cui l'intero mondo scolastico ha avviato la mobilitazione di tutte le sue categorie contro le novità introdotte dal decreto-legge Gelmini, non hanno per nulla suggerito l'opportunità di un'apertura, di un confronto, di una ridiscussione del decreto-legge all'interno della maggioranza.
Al contrario, la democratica risposta del Governo di fronte ad una protesta che sta investendo, forse come mai accaduto in passato - lo dobbiamo dire - tutti i settori della scuola, dagli insegnanti ai presidi, dai genitori agli alunni, è stata quella di porre la questione di fiducia sul decreto-legge Gelmini, strozzando sul nascere qualunque residua possibilità di dialogo.
Ciò tanto per far capire agli italiani e all'intero Parlamento chi è che si sciacqua la bocca di belle intenzioni, invitando appunto al dialogo, ma poi stronca, in modo autoritario e antidemocratico, ogni possibilità di confronto. Chi nel centrodestra si scandalizzava tanto e gridava alla vergogna durante il Governo Prodi, perché si ricorreva al voto di fiducia (peraltro in contesti ovviamente assai diversi da questo) mi chiedo oggi dove abbia nascosto la propria voce, ma so già in partenza di pretendere forse troppo nel porre questo quesito. Ho tuttavia la speranza, signor Presidente e onorevoli colleghi, soprattutto colleghi del centrodestra, che in cuor vostro non siate rimasti totalmente indifferenti al grido di protesta che si sta levando dal mondo della scuola.Pag. 98
Si tratta di una protesta che davanti agli organi di informazione potete anche definire demagogicamente infondata, ma che in realtà sapete bene essere reale, spontanea e profondamente motivata. Non abbiamo la pretesa di chiedervi un passo indietro in queste ore che ci separano ormai dal voto finale, perché è chiara a tutti noi la vostra indifferenza al dialogo, ma almeno vorremmo - questo sì, consentitecelo - sensibilizzare la vostra coscienza politica su un punto di partenza che, pur con punti di vista e soluzioni profondamente diverse, sicuramente ci accomuna: l'importanza dell'istruzione per il Paese e la necessità di investire risorse in progetti e nell'educazione dei nostri ragazzi proprio in questi difficili tempi in cui la maleducazione, l'ignoranza e il razzismo ogni giorno di più ci propongono avvenimenti drammatici, delittuosi e criminali.
La violenza e la criminalità nascono dove regna l'ignoranza, non dovremmo mai dimenticarlo; per questo motivo ritengo che, al di là delle diverse opinioni su come la scuola italiana dovrebbe essere riformata, sottrarre nei prossimi tre anni 8 miliardi di euro alla pubblica istruzione nel nostro Paese rappresenti un vero e proprio crimine sociale di cui il Parlamento non può assolutamente macchiarsi.
È bene ricordare nel dettaglio, perché spesso i numeri nudi e crudi aiutano a capire meglio come si compirà questo crimine: 456 milioni di euro in meno per l'anno 2009, 1.650 milioni di euro per l'anno 2010, 2.538 milioni di euro per l'anno 2011 e addirittura 3.188 milioni di euro a decorrere dall'anno 2012, a cui vanno affiancati 87 mila docenti e 40 mila collaboratori scolastici in meno nei prossimi tre anni. La mia domanda è la seguente: siamo davvero un Paese che si può permettere questi numeri, direi questo lusso?
Il mio invito caloroso e appassionato - e mi avvio alla conclusione - è rivedere questi tagli senza precedenti al settore della scuola, perché le conseguenze che l'intero Paese rischia di pagare nei prossimi anni possono essere drammatiche. C'è ancora tempo; sì, signor Presidente, c'è ancora tempo per correggere un errore madornale di cui i parlamentari del centrodestra che oggi siedono su questi banchi dovranno assumersi la responsabilità. Vi chiediamo di rivedere gli inaccettabili tagli all'istruzione sanciti nel decreto-legge del Ministro Gelmini e, al contrario, impegnarvi con il nostro contributo a stanziare nuovi e maggiori fondi per la scuola italiana, soprattutto ora che si introduce l'insegnamento di una nuova e fondamentale materia come l'educazione civica senza che almeno si prevedano per tale insegnamento fondi straordinari, come a dire a insegnanti e ad alunni: studiare è importante, ma arrangiatevi come potete.
Ritengo, quindi, un comportamento inaccettabile e inqualificabile quello che parte dall'istituzione, uno svilimento del nostro ruolo istituzionale, una offesa dei nostri doveri costituzionali ai quali desidero richiamarvi con forza se l'interesse a cui miriamo è veramente quello del nostro Paese e il futuro dei nostri ragazzi (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. L'onorevole Rossomando ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/106.

ANNA ROSSOMANDO. Signor Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, ci siamo confrontati durante la battaglia elettorale su due modelli per rilanciare lo sviluppo e l'economia del Paese e tali due modelli sono alla prova. Se avessimo vinto le elezioni noi certamente avremmo dato più risorse alla scuola e alla formazione; voi, tra i primi provvedimenti, avete introdotto tagli alla formazione e all'istruzione, tagli e «più disciplina». Perché riteniamo molto grave tutto questo? Cosa significa un'ottica che guarda all'indietro, un'ottica che ferma il nostro Paese? La modernità oggi esige che la formazione e la conoscenza vengano individuate come fattori di ricchezza. Investire nella conoscenza e nell'istruzione, quindi, non significa soltanto essere più consapevoli, più istruiti e più intellettualmentePag. 99formati; oggi una visione moderna dello sviluppo ci sta a dire che investire nella conoscenza significa individuare nella conoscenza un fattore di produzione: oggi la conoscenza è il moderno fattore di produzione e infatti, si parla di lavoratori della conoscenza.
Se questo è il quadro, l'atteggiamento della maggioranza e del Governo va assolutamente in senso opposto.
Che dire, poi, della cosiddetta sottolineatura della disciplina? Essa ci rimanda ad una visione autoritaria, non autorevole, dell'istituto della formazione scolastica. Veniamo da una stagione che, sia pure con manchevolezze e difetti, ha visto la scuola come il luogo principale di formazione delle persone e di mobilità sociale. Ciò ha molto a che vedere con la tutela del principio di uguaglianza, che ci tocca ricordare molto spesso in quest'Aula, anche se siamo solo all'inizio della legislatura. Tagliare sulla conoscenza e sulla scuola, considerare come «provvedimento» un puro provvedimento disciplinare, certamente significa toccare il principio di uguaglianza e non individuare la scuola come luogo principale di formazione. Non sarà forse anche questo aspetto collegato alla questione della disciplina e del bullismo? Come poter dare disciplina se la scuola non è autorevole, se non è il luogo principale di formazione? Come può essere luogo principale di formazione se non vi è un investimento serio sulla scuola e sui luoghi di formazione?
La terza questione, che attiene di più all'ordine del giorno da me sottoscritto, è quella della distribuzione gratuita della Costituzione nell'ambito dell'insegnamento «cittadinanza e Costituzione». Essa coinvolge un'altra questione molto importante, che ci impegna anche in lavori parlamentari attinenti ad altre materie, cioè quella dell'identità e della modernità, soprattutto. Il nostro Paese si interroga molto sull'identità, in una stagione in cui le identità nazionali sono perdute. Abbiamo discusso - anche i colleghi che mi hanno preceduto lo hanno fatto - di scuola come momento di integrazione, che può e deve essere costruita in una ritrovata identità, che non può che essere quella dei valori costituzionali. Quindi, deve trattarsi di una Costituzione non soltanto finalizzata ad educare ai diritti e ai doveri, ma anche come momento fondante di unità nazionale e di identità che, sola, può aiutarci nella realizzazione di quella società del pluralismo e dell'integrazione che è una delle sfide del terzo millennio.

PRESIDENTE. L'onorevole Centemero ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/2.

ELENA CENTEMERO. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, nell'illustrare l'ordine del giorno da me presentato, intendo fare una premessa importante. Essa intende chiarire l'utilizzo improprio del termine «riforma» in relazione alle misure contenute nel decreto-legge n. 137 del 2008.
Ci si serve continuamente in Parlamento, sui giornali e sui mezzi di comunicazione del termine «riforma» per definire o forse - direi - per sminuire gli interventi del decreto-legge in materia di istruzione. Vorrei sottolineare che il frontespizio del disegno di legge reca il titolo: «Conversione in legge del decreto-legge 1o settembre 2008, n. 137, recante disposizioni urgenti in materia di istruzione e università». Si tratta, appunto, di disposizioni urgenti e non di riforma, come ci si ostina ad affermare.
L'intento del Ministro e del Governo nelle misure previste nel decreto-legge n. 137 del 2008 non è quello di attuare una riforma. Una riforma è il risultato di un'azione che vuole rivedere e modificare l'ordinamento o la condizione esistenziale di una struttura o di un'istituzione. La riforma della scuola - pensiamo alla riforma Moratti - ha lo scopo e l'intento di modificare l'ossatura e i cardini strutturali della scuola, gli ordinamenti, i curricula, i profili in uscita, i programmi, insomma, l'assetto organizzativo a livello di istituzione scolastica.
Una riforma introduce un forte elemento di innovazione strutturale e di contenuti, elementi che non possiamo, néPag. 100tanto meno dobbiamo, ricercare in un testo che reca nel titolo «disposizioni urgenti». Lo ripeto: «disposizioni urgenti».
Si tratta di interventi mirati, dall'effetto immediato, con lo scopo di dare risposte fattive; disposizioni - ci tengo a sottolinearlo - che non contengono affatto l'introduzione del grembiule, o grembiulino, come viene sbandierato da chi legge i giornali e non il provvedimento.
In quest'ottica rientra l'articolo 5, relativo all'adozione dei libri di testo, che è stata, è e continua ad essere oggetto dell'annosa lamentela da parte di docenti, dirigenti scolastici e famiglie, ossia delle componenti essenziali della scuola.
Il costo dei libri di testo costituisce davvero una spesa ingente per le famiglie che ha un peso incisivo sul loro bilancio. Le continue riedizioni, di anno in anno, che non apportano modifiche sostanziali, hanno aggravato la situazione delle famiglie, ma soprattutto hanno aumentato le difficoltà didattiche dei docenti.
Il libro di testo è uno strumento fondamentale per l'attività didattica, perché serve ad insegnare, sì, i contenuti, ma soprattutto un metodo di studio. Cosa succede quando un testo continua a cambiare e in una classe si hanno a disposizione edizioni diverse?
L'urgenza di questo provvedimento contenuto nell'articolo 5 è sottolineata anche dal fatto che il precedente Governo ha ritenuto necessario porre un limite, un tetto di spesa, e già in passato si è cercato di dare una risposta fattiva e concreta al problema. Ora, l'articolo 5 del decreto-legge ha lo scopo di contenere detti costi e, se parliamo di impegno, impegna docenti ed editori al rispetto delle famiglie.
Gli organi collegiali competenti devono infatti...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ELENA CENTEMERO. ...tenere in considerazione l'impegno che gli editori si assumono a mantenere invariate le edizioni dei testi per cinque anni e gli editori si devono impegnare, rispetto ai docenti e alle famiglie, a mettere in atto nuove edizioni solo se sono veramente necessarie.
Ricordo, infine, che l'adozione dei libri di testo avviene a livello collegiale, dunque nel rispetto di un elemento importante e di garanzia della scuola italiana: la collegialità, appunto. Ciò significa che il collegio stesso può indicare criteri di adozione nel rispetto dell'autonomia e della libertà di insegnamento, che devono garantire però che le specifiche e motivate esigenze siano davvero tali e che la normativa in merito, troppo spesso trascurata o dimenticata, venga rispettata.
Mi consenta un'ultima parola sulla scrittura di statuti condivisi, di cui ho tanto sentito parlare in quest'Aula. Sta all'adulto porre regole, non agli studenti, ma sta altrettanto all'adulto porre regole che abbiano un vero valore ed una vera valenza per i giovani, regole...

PRESIDENTE. Onorevole Centemero, devo invitarla a concludere.

ELENA CENTEMERO. Concludo, Presidente ... regole che l'adulto deve saper spiegare, trasmettere e rendere condivise. In questo sta il saper educare, in questo sta l'autorevolezza (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. L'onorevole Iannaccone ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/238.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, signor sottosegretario, il gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia, quando in quest'Aula si è discussa l'eccezione di incostituzionalità sollevata dall'opposizione, avanzò delle obiezioni e manifestò delle perplessità sui rischi che questa riforma poteva determinare a danno dell'occupazione degli operatori della scuola, in modo particolare del Mezzogiorno. Ci siamo fatti carico di una preoccupazione che era stata espressa dal capogruppo del Movimento per l'Autonomia nell'Assemblea regionale siciliana,Pag. 101l'onorevole Leanza, il quale paventava la possibilità che solo in Sicilia fossero a rischio quindicimila posti di lavoro.
È di queste ore una polemica che è stata sollevata nei nostri confronti in ordine alla nostra partecipazione a manifestazioni promosse da operatori della scuola e al voto di fiducia che abbiamo concesso ieri al Governo.
Chiedo in modo particolare all'onorevole Cracolici, capogruppo del Partito Democratico nell'Assemblea regionale siciliana, se sia più coerente votare a favore della questione di fiducia posta da un Governo che si è impegnato a realizzare il ponte sullo Stretto di Messina, la banca del sud e numerosi interventi infrastrutturali o se sia stato più coerente sostenere un Governo, nella passata legislatura, che aveva eliminato dalle opere pubbliche da realizzare il ponte sullo Stretto e che aveva proposto una legge finanziaria, quella dell'anno scorso, che prevedeva la riduzione di ben 30 mila posti di lavoro nella scuola.
Abbiamo presentato quattro ordini del giorno e sinteticamente, signor sottosegretario, vorrei illustrarli, perché riteniamo che essi possano correggere, evitare ed impedire l'insorgenza di rischi sia sui livelli occupazionali, sia soprattutto su alcune misure che riteniamo fondamentali per la nostra scuola.
Pertanto, proponiamo che si favorisca l'integrazione degli alunni disabili e degli alunni immigrati, che sono in continuo aumento; che si predisponga un raccordo preventivo con gli organi della regione siciliana, così come previsto dalla normativa vigente per le azioni e gli interventi sulla materia scolastica che interagiscono e interferiscono con le competenze che sono assegnate alla regione Sicilia; che si preveda, con la necessaria urgenza, una normativa atta a stabilire un'ulteriore riassegnazione di insegnanti di sostegno alla regione Sicilia, perché la necessità di rispettare i tetti imposti ha comportato riallineamenti dei rapporti provinciali posti-alunni molto drastici; che si favoriscano gli investimenti nell'edilizia scolastica, prevedendo che venga inviata una relazione alle competenti Commissioni parlamentari e alle regioni e province autonome di Trento e Bolzano proprio in ordine agli interventi di edilizia scolastica, in modo da realizzare il tempo pieno, soprattutto nelle regioni del sud dove vi è carenza di infrastrutture nella scuola.
Siamo convinti che questi ordini del giorno costituiscano un contributo importante per fornire quelle risposte che le regioni meridionali si attendono.

PRESIDENTE. L'onorevole Misiti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/18.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, molti si sono intrattenuti a descrivere l'importanza del tempo pieno nella scuola di base. Non riprenderò gli argomenti che sono stati usati a difesa di questo istituto che ha portato grandi benefici alla nostra scuola. Certo, il decreto-legge 1o settembre 2008, n. 137, e la relativa conversione in legge sembra - molti lo hanno affermato - che sia intervenuto soprattutto per fare cassa. Ritengo che non sia solo così.
Credo che non si tratti di una riforma - ha ragione la collega Centemero - e già nel mio precedente intervento sul complesso degli emendamenti ho chiarito questo aspetto. Si tratta di un intervento anomalo. Ad esempio, sulla questione del tempo pieno, su cui ho presentato l'ordine del giorno n. 9/1634/18, credo che il Governo possa essere più chiaro. Infatti, nell'articolo 4 del decreto-legge non viene chiarita l'organizzazione del tempo pieno, in quanto si prevede che nei regolamenti per l'articolazione dell'orario scolastico si deve tener conto sia delle esigenze di organizzazione didattica, sia delle domande delle famiglie, creando così un'evidente incertezza sul futuro del tempo pieno.
Il modello di tempo pieno, lo sappiamo, risponde ad un'esigenza didattica, ma anche a un'esigenza sociale: l'81,5 per cento dei bambini iscritti alla scuola statale frequenta sezioni di 40 ore e oltre, evidenziando la netta preferenza dei genitoriPag. 102per un orario più lungo di quello normale. Naturalmente questa scelta varia tra le diverse aree geografiche.
Non c'è dubbio che, sul piano delle politiche scolastiche, in passato il tempo pieno ha contribuito allo spostamento di prospettiva dell'assistenza scolastica verso il diritto allo studio e, quindi, a far vivere il diritto all'istruzione come uno dei diritti fondamentali della cittadinanza. Nello stesso tempo, la scuola a tempo pieno si è qualificata come scuola della comunità, come un ambiente pedagogico totale e si è presentata non solo come un modello organizzativo più compatto e integrato, ma anche come un'istituzione educativa aperta verso la città, come la scuola con le luci accese (come si dice) sull'educazione permanente della comunità, come una necessaria attenzione alla qualità delle strutture e dei servizi.
Ecco perché ritengo che debba essere chiarito questo aspetto e che il Governo debba adottare le misure necessarie al fine di rendere il nuovo sistema scolastico, che viene introdotto con le disposizioni di cui parlava la collega, pienamente coerente con le esigenze delle famiglie che richiedono di usufruire del tempo pieno, garantendo, in primo luogo, il numero adeguato di insegnanti di ruolo per la realizzazione di tutte le richieste di tempo pieno nel nostro Paese e favorendo questo istituto soprattutto in quelle aree geografiche dove si soffre di più, dove la scuola è rimasta più indietro, dove è necessario che le donne vadano a lavorare di più perché c'è una disoccupazione femminile di gran lunga più elevata della disoccupazione maschile.
È necessaria, quindi, una formazione che sia finalizzata fortemente allo sviluppo sociale, oltre che produttivo, del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. L'onorevole Scilipoti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/15.

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, gentilissimo onorevole sottosegretario, quando in modo particolare noi parlamentari interveniamo cerchiamo di farlo con lo spirito costruttivo di dare, per quello che possiamo, un suggerimento e di esprimere la nostra opinione su determinati argomenti che qualche volta condividiamo ed altre volte non condividiamo.
Prima di svolgere le mie considerazioni sull'argomento relativo all'ordine del giorno che ho presentato, una riflessione mi viene spontanea, e cioè che si tratta di una questione politica. In quest'Aula, nel Parlamento nazionale, c'è qualcuno che sostiene la bontà della riforma Gelmini e, invece, a livello regionale si esprime al contrario, dicendo che questa riforma non va bene e che è sbagliata.
Questo, a mio giudizio, crea un po' di perplessità e lascia pensare a noi parlamentari o che non vi è la piena consapevolezza di quello che si dice o, francamente, che vi sono due pesi e due misure; come dire: in Sicilia non va bene e, invece, in Italia sì.
Tuttavia, vorrei svolgere un'altra riflessione spontanea, dal momento che oggi ho assistito al question time ed ho sentito il Governo rispondere ad una interrogazione su problemi riguardanti...

PRESIDENTE. Onorevole Scilipoti, scusi se la interrompo, lei lo ha detto sicuramente con le migliori intenzioni, però ricordiamo a tutti che la Sicilia è Italia.

DOMENICO SCILIPOTI. Certamente la Sicilia è Italia, ma sto dicendo che ci sono due posizioni diverse: il segretario di un partito politico in Sicilia dice una cosa e, invece, il parlamentare dello stesso partito qui in Parlamento ne sostiene un'altra.
Ritornando all'argomento, oggi ho assistito al question time e ho sentito il rappresentante del Governo affermare di aver dato un contributo per risanare i debiti di Catania e di un'altra città importante, Roma, togliendo i fondi alle infrastrutture.
Non è un problema di sinistra o di destra, di essere bravi o meno bravi, nonPag. 103è questione di creare ostruzionismo all'interno di quest'Aula, ma è un problema di buon senso: come si possono togliere soldi per le infrastrutture in Sicilia e usarli per risanare i debiti che qualcuno sciaguratamente ha creato? Queste non sono domande e riflessioni che vogliono portare, come qualcuno vuol dire, allo «sfascismo» o di coloro i quali non vogliono collaborare con la maggioranza o non essere costruttivi con un Governo.
Noi vogliamo essere costruttivi e vogliamo dialogare, ma vorremmo anche capire che significato abbiano determinati tipi di atteggiamento. Che senso ha togliere i soldi dalle infrastrutture per sanare buchi creati da politici o incompetenti o sciagurati? Questa è la riflessione che facciamo, ma con amore, non con il criterio di chi vuole creare grande confusione.
Passando all'argomento scuola, il comma 3 dell'articolo 3 del provvedimento in esame reintroduce i voti espressi in decimi per gli studenti delle scuole primarie e secondarie di primo grado, a partire dall'anno scolastico già in corso.
In base alla nuova disciplina, per accedere all'esame di Stato è necessario avere conseguito la sufficienza in tutte le materie. Prima della riforma Gelmini, la valutazione degli studenti avveniva su base periodica ogni trimestre o quadrimestre e anche annualmente, e veniva redatta dagli insegnanti sulla base di diversi elementi quali la partecipazione scolastica degli alunni, il loro processo di apprendimento, il livello di maturità raggiunto nelle singole discipline, ma anche a livello globale. In tali contesti capitava spesso che alcuni alunni non riuscissero a raggiungere la sufficienza in tutte le materie, ma ugualmente venivano ammessi a sostenere gli esami di Stato.

PRESIDENTE. Onorevole Scilipoti, la prego di concludere.

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, trenta secondi e concludo. La scuola, a nostro giudizio, ha il compito di educare i ragazzi non solo per apprendere le singole materie, ma anche per conoscersi meglio e riuscire a rapportarsi con gli altri e con la società tutta. Molte volte, però, questa situazione sfocia in atti di bullismo, che debbono essere curati e prevenuti. Quando si arriva alla repressione è già tardi. Bisogna migliorare il progetto educativo rivolto ai ragazzi, ma andrebbe anche arricchita la ricerca didattica in campo valutativo per stare al passo con gli altri Paesi europei.
Per questo motivo, chiediamo al Governo di adottare iniziative di verifica affinché la valutazione, anche se espressa in numeri, resti inserita nell'ambito del processo formativo e non perda la sua funzione prevalentemente costruttiva, in modo tale da interferire positivamente con l'apprendimento degli studenti.
Chiediamo, inoltre, che il Governo si impegni ad intervenire al fine di evitare che il semplice misurare il grado di apprendimento secondo una scala numerica cancelli tutto il dibattito pedagogico intorno al tema ben più complesso dell'intera valutazione.
Questa è una nostra raccomandazione che vogliamo dare al Governo con grande serenità, in uno spirito di collaborazione e nel rispetto dei ruoli fra minoranza e maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. L'onorevole Vannucci ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/23.

MASSIMO VANNUCCI. Signor Presidente, signor sottosegretario Pizza, onorevoli colleghi, l'ordine del giorno che ho presentato muove da due articoli della nostra Costituzione: ovviamente l'articolo 34, che sancisce il diritto all'istruzione, ma anche l'articolo 3, che obbliga la Repubblica a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitano libertà e uguaglianza.
La scuola è uno di questi diritti, teso a dare libertà ed eguaglianza ai cittadini.
Signor Presidente, non le appaia paradossale se nel mio ordine del giorno affermo che questi principi hanno diversaPag. 104applicazione a seconda della zona di residenza dei cittadini; è infatti noto che i servizi offerti nei piccoli comuni sono spesso inferiori a quelli dei grandi centri e con il mio ordine del giorno intendo impegnare il Governo a tenere bene in evidenza tale questione.
Colleghi, l'Italia, come tanti altri Paesi europei, è cresciuta molto e velocemente, prima lungo gli assi ferroviari, poi lungo quelli autostradali; ciò ha fatto sì che vi fosse uno spostamento della popolazione nel territorio, con una grande antropizzazione delle città, con nuclei urbani molto grandi e spesso con uno spopolamento delle campagne e delle zone interne.
Il fatto che legiferiamo dandoci parametri uguali in tutto il territorio nazionale fa sì che spesso in queste aree non riusciamo a garantire i servizi essenziali e che si inneschi un circolo vizioso per cui non ci sono servizi e la popolazione non ci può vivere, la popolazione non c'è e non possiamo fornire i servizi. Questo è un circolo vizioso che noi dobbiamo assolutamente interrompere facendo dell'equilibrio una vera questione nazionale.
È ormai tempo che tale questione venga affrontata, lo stanno facendo altri Paesi in Europa, come la Danimarca, la Spagna, con politiche volte ad assicurare una corretta distribuzione della popolazione nel territorio. Il circolo vizioso lo rompiamo solo se riusciamo a portare gente nel territorio in grado di frenare il dissesto che poi si crea, il degrado, l'abbandono e di potenziare, invece, le grandi potenzialità di crescita e di competitività che da questi centri derivano. Per questo il servizio scolastico è fondamentale e, se non viene reso con i principi che ho indicato, rischia di aggravare ulteriormente la situazione di disequilibrio che abbiamo nel Paese.
Credo che avremo modo di affrontare la questione a trecentosessanta gradi, ma questo è un punto fondamentale sul quale richiamo l'attenzione del Governo. Da questo punto di vista, non siamo tanto preoccupati da questo primo provvedimento che, come dice la collega Centemero, non è una riforma; del resto, siamo convinti che questa maggioranza non sia in grado di produrre alcuna riforma, può fare esclusivamente pezzi di propaganda, farci parlare di grembiulini, di maestro unico, di voto in condotta, di disciplina, per nascondere invece l'operazione che viene fatta, ossia quella dei tagli di 87 mila insegnanti e di 40 mila posti per il personale non docente. Come si può applicare un principio puramente ragionieristico alla scuola? Come si può pensare che questo Paese possa tornare ad essere competitivo se non investe nella scuola?
Il problema, signor Presidente, sta tutto nella manovra che abbiamo prodotto quest'estate e che noi qui abbiamo denunciato; pensare di governare con tagli lineari, quindi con un'operazione puramente ragionieristica, è assolutamente sbagliato. Non che non ci sia necessità di riformare, di risparmiare - noi, infatti, avevamo iniziato una politica di rivisitazione della spesa, perché ci sono sprechi e c'è la possibilità di ottimizzare -, ma tre settori vanno assolutamente tutelati, perché sono i cardini della coesione sociale di un Paese: la sicurezza, la sanità e la scuola. Del resto, per la scuola spendiamo mediamente meno rispetto al prodotto interno lordo di quel che spendono gli altri Paesi europei; come è possibile, quindi, decidere di tagliare in questa misura? Io sono fondamentalmente ottimista...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MASSIMO VANNUCCI. ... e credo, Presidente, che anche su questo terreno questa maggioranza non riuscirà ad applicare quel che ha fatto. Non è una riforma perché c'è un cane da guardia, l'abbiamo visto in azione anche sul provvedimento in esame e il sottosegretario Pizza se lo ricorderà, su un tema semplice, quello delle graduatorie che davano...

PRESIDENTE. Onorevole Vannucci, deve concludere.

MASSIMO VANNUCCI. Concludo, Presidente. Questo cane da guardia è la Lega,Pag. 105che non permette di fare riforme vere: si è visto in azione anche su questo, come in molti altri provvedimenti, dove ha avuto il merito di introdurre sempre norme xenofobe, che il mondo rigetta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Schirru ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/31.

AMALIA SCHIRRU. Signor Presidente, ho chiesto di illustrare il mio ordine del giorno n. 9/1634/31 perché voglio richiamare all'attenzione del sottosegretario presente ai nostri lavori la necessità di salvaguardare l'integrazione scolastica dei bambini disabili, in questo decreto-legge recante disposizioni urgenti in materia di istruzione e università.
Il ritorno al maestro unico, la ridefinizione - secondo l'articolo 4 - dei criteri per la formazione delle classi (funzionanti con orario di ventiquattro ore settimanali) e il rimando alla disponibilità di risorse del fondo dell'istituto per quanto concerne la programmazione degli interventi aggiuntivi (come l'insegnante di sostegno e tutte le attività di laboratorio) non solo mi preoccupano, ma, come è stato denunciato anche da altri interventi, annunciano la fine dell'integrazione scolastica e, soprattutto, la possibilità di favorire le migliori forme di socializzazione, l'acquisizione di tutte quelle abilità capaci e indispensabili per creare quelle opportunità di autonomia e libertà anche dei bambini disabili.
Il maestro unico priverebbe i bambini, inoltre, della possibilità di formarsi, confrontandosi anche con le diversità e con le difficoltà che vivono i bambini disabili, ma soprattutto con la loro creatività: difficoltà che hanno bisogno, per essere affrontate, della compresenza di una pluralità di insegnanti. Si tratta di difficoltà e complessità che, se non governate con coscienza e scienza, rischiano, a mio parere, di far passare vecchie concezioni, come il ritorno alle classi speciali, richiamate a volte da parti sociali più conservatrici.
I tagli apportati hanno già colpito il diritto allo studio dei disabili. Il Ministro Gelmini, ad esempio, conosce la situazione della Sardegna, che ho avuto modo di rappresentare con più note inviate prima dell'apertura dell'anno scolastico. Ancora una volta, si è registrata una forte diminuzione degli insegnanti di sostegno e delle ore a disposizione, non perché siano diminuiti improvvisamente o siano stati riabilitati i bambini disabili (non vedenti, sordi, down, cerebrolesi), ma solo perché dal Ministero sono già partite circolari per richiamare i dirigenti scolastici e indirizzarli a tagliare, risparmiare e rispettare il budget assegnato, pena la decadenza dalla direzione.
Si è già lavorato in questi mesi, quindi, per ridurre il numero di insegnanti di sostegno, considerando l'integrazione come uno dei tanti sprechi, al di là dei tanti risultati ottenuti negli ultimi anni, costringendo le famiglie a rivolgersi alla stampa locale o al giudice per far valere un diritto previsto dalla legge n. 104 del 1992 (l'integrazione dei soggetti portatori di handicap).
Da qui nasce il mio ordine del giorno n. 9/1634/31, che vive tutta la preoccupazione che il diritto al sostegno scolastico e l'integrazione vengano meno o vengano considerati - peggio - una mera pratica amministrativa, contabile, come ci fa pensare, appunto, la dicitura contenuta nella norma.
La spesa per le ore aggiuntive di insegnamento viene posta a carico del fondo dell'istituto. I criteri indicati per i regolamenti sono la revisione dei parametri vigenti in materia di formazione delle classi e per la determinazione della consistenza complessiva degli organici. Quindi, si tratta di norme che non considerano la complessità dell'intervento didattico per il bambino con difficoltà e non danno più valore al lavoro collegiale dell'insegnante e al loro raccordo con i servizi territoriali di riabilitazione: non conta più il tempo scuola, adeguato ai bisogni diversi degli alunni e delle famiglie.
Per questi motivi, chiediamo, insieme a una scuola per tutti e per ciascuno, una scuola capace davvero di salvaguardare l'integrazione scolastica dei bambini disabili,Pag. 106assicurando certamente insegnanti di sostegno, ma dotando soprattutto le classi di quella strumentazione e di quegli ausili indispensabili per lo svolgimento delle attività didattiche, l'organizzazione dei lavoratori...

PRESIDENTE. Onorevole Schirru, la prego di concludere.

AMALIA SCHIRRU....specie nelle classi dove c'è la presenza di bambini portatori di handicap (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Mantini ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/50.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, sottosegretario Pizza, onorevoli colleghi, è stato ormai ricordato da molti in quest'Aula che la riforma Gelmini non è una riforma della scuola, ma direi piuttosto che è un diktat e, al contempo, un talk show.
È stato calcolato che i decreti-legge del Governo Berlusconi sono già un terzo in più di quelli del Governo Prodi nello stesso periodo comparabile. L'abuso della decretazione d'urgenza è noto già da tempo, ma ora esso è accompagnato dall'uso frequente della questione di fiducia associata al decreto-legge e anche dall'invito esplicito, come apprendiamo stupefatti, rivolto dal Premier ai propri gruppi parlamentari, a non confrontarsi con l'opposizione, nelle interviste e neppure, forse, nelle aule parlamentari. Questa notizia è incredibile, ma non è stata smentita. Efficienza presunta contro democrazia, Governo contro il Parlamento: se non è putinismo, parola che uso con qualche prudenza, è tuttavia una forma di strisciante mutazione del regime costituzionale parlamentare. Si abbia allora il coraggio di proporre esplicitamente il presidenzialismo come modello istituzionale, con i relativi contrappesi nella divisione delle funzioni.
L'altra parte della riforma Gelmini, come dicevo, è invece talk show, argomenti o armi di distrazione di massa: il grembiulino, il voto in condotta, il paternalismo del maestro unico. Insomma, finalmente l'uscita dal Sessantotto. Sono tutti temi fuorvianti, perché l'essenza della riforma Gelmini è stata spiegata dal Ministro Tremonti, che in un momento di sincerità ha affermato ciò che è assolutamente chiaro, cioè che la nostra scuola primaria è buona, ma, a suo avviso, è costosa e non possiamo permettercela.
Eppure, sappiamo che la spesa pubblica per l'istruzione in Italia è nella media europea, che il 75 per cento - non il 97 per cento, come è stato affermato dal Governo - è destinato al personale. Naturalmente, siamo convinti che la scuola può e deve migliorare anche nella gestione dei costi, ma non certo sotto il ricatto della scure per far cassa: si risparmi su Alitalia, sulle funzioni delle province, sulle troppe società pubbliche inutili e anche sul nostro federalismo caotico. Il cuore della riforma, della cosiddetta riforma, è in quei tagli, in quei numeri: meno 8 miliardi; meno 87 mila insegnanti, il che penalizzerà in particolare le prospettive di chi si laurea in materie scientifiche, che avrà minori chance di lavoro nella scuola; meno 45 mila unità nel personale amministrativo; riduzione dell'orario scolastico, che inciderà, ovviamente, moltissimo sui bilanci delle famiglie e sulle speranze delle donne di un migliore inserimento nei mercati del lavoro.
Un Paese che taglia pesantemente sulla scuola e l'università - i rettori della CRUI sono, purtroppo, pronti alle dimissioni - non investe sul futuro e mortifica i diritti fondamentali e le forme di integrazione sociale.
La scuola elementare riformata, nel tempo, senza rivoluzioni, oggi risponde alle nuove sfide educative e formative che conosciamo, all'inserimento dei bambini disabili, all'integrazione, alle forme di povertà e di marginalità, all'irrompere della società dell'immagine e della conoscenza.
Il nostro ordine del giorno parla di Costituzione. Bene, distribuiamola pure gratuitamente, facciamo anche la maratona della Costituzione, dopo quella affascinantePag. 107fatta sulla Bibbia con la partecipazione del Sommo Pontefice, di Benigni e di tante personalità della cultura.
È tutto molto utile, ma ricordiamoci anche che la Costituzione non basta distribuirla o venderla. La Costituzione si vive, come ci è stato ricordato da Piero Calamandrei e anche da Leopoldo Elia...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

PIERLUIGI MANTINI....un maestro di noi tutti, che oggi abbiamo accompagnato nelle esequie.
La Costituzione si vive, e invece questo è un passo indietro. L'Italia dovrà ritrovare, ovviamente, il modo di andare avanti. Spes ultima dea, signor Presidente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Porfidia ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/14.

AMERICO PORFIDIA. Signor Presidente, c'è da dire, in premessa, che anche questa sera stiamo discutendo di un argomento che rappresenta il cuore di un Paese per il rilancio della vita economica e della vita sociale.
Eppure, ne stiamo discutendo dopo che il Governo, per l'ennesima volta, anche in questo settore e su questo argomento, ha posto la fiducia. Per questo, tutti noi qui stiamo a dover chiedere al Governo di potersi impegnare su qualcosa su cui, spero, possa perlomeno riflettere un attimo.
Venendo al merito, il provvedimento in esame prevede, all'articolo 4, che si ricostituiscano le classi con il maestro unico, secondo un modello organizzativo vigente già nel 1990.
Cosa comporterà il ritorno del maestro unico? Prima di tutto un ridimensionamento del personale docente, già previsto, tra l'altro - questo lo dobbiamo dire - attraverso l'ennesimo decreto-legge approvato con la fiducia, il n. 112 del 2008, all'articolo 64, nel quale, fra le altre cose, si prevede anche il ridimensionamento della dotazione organica dei docenti. C'è da dire, però, un'altra cosa importantissima e fondamentale per quello che sto per dire. Attualmente, la nostra scuola, a livello internazionale, è ritenuta dall'OCSE ai primi posti per i risulti di approfondimento dei suoi alunni; ciò sta a dimostrare, quindi, che il metodo attuale è quello che funziona.
Per questo, devo dire che stanno arrivando grida di allarme da parte di moltissimi esperti, che indicano che il metodo attuale è tale che può determinare un lavoro collegiale e progettuale degli insegnanti; quindi, riqualifica moltissimo la scuola, attraverso anche un maggior approfondimento per ogni materia da parte degli alunni, perché ogni maestro ci si può dedicare di più e la didattica si sviluppa attraverso un lavoro più collegiale, attraverso lavori di gruppo, attraverso gite di gruppo, attraverso degli specifici progetti che siano di gruppo.
Il metodo attuale prevede anche un'altra cosa fondamentale: che il tempo scuola sia adeguato anche alle esigenze delle famiglie, perché anche le famiglie stanno chiedendo che questo progetto di legge non passi in questo modo. In effetti, il metodo attuale prevede che l'offerta formativa sia capace di fornire ai bambini un'educazione più ampia e, soprattutto, personalizzata, aumentando per essi la possibilità di conoscere, di apprendere, di relazionarsi con gli adulti, ma anche con i propri coetanei.
Ecco perché noi dell'Italia dei Valori chiediamo al Governo di impegnarsi, perlomeno, affinché nella nostra scuola si continui a garantire, nell'ambito dell'autonomia scolastica, un'offerta diversificata e di qualità, capace di offrire ai nostri giovani un'istruzione pubblica ed una formazione più rispondente alle propensioni di ognuno, alle esigenze didattiche e territoriali, nonché e soprattutto ai bisogni delle famiglie (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. L'onorevole Zazzera ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/13.

Pag. 108

PIERFELICE ZAZZERA. Signor Presidente, mi tocca ripetere in premessa quanto hanno già detto il collega che mi ha preceduto e altri colleghi in Aula, vale a dire che stiamo discutendo di un provvedimento importante, che riguarda un interesse cruciale del Paese, perché riguarda il futuro del Paese, e ne stiamo discutendo con un voto di fiducia che evidentemente strozza e riduce la capacità di confronto all'interno dell'Aula. Condivido quanto ha detto la collega Centemero: non stiamo discutendo di una riforma, fosse una riforma avremmo dovuto discutere di tutto il sistema scolastico nella sua complessità, nella sua vastità; quindi, il mio auspicio è che si possa davvero da oggi in poi discutere invece insieme, confrontandosi nelle differenze, provando, e riuscendo, a cercare sintesi possibili per l'interesse supremo del Paese.
Il mio ordine del giorno è in parte anche una piccola vittoria istituzionale della VII Commissione, nasce da lì. E però nasce da un episodio duro per il nostro Paese: il 31 ottobre di sei anni fa 27 bambini tra i sei e i dieci anni morivano schiacciati sotto le macerie della scuola Francesco Jovine di San Giuliano di Puglia, nel basso Molise; altri 39 bambini rimasero feriti, due di loro sono rimasti sulla sedia a rotelle. Solo in quel momento drammatico ci si è accorti, e si è preso coscienza, del problema sicurezza della scuola; ad esso è persino seguita - voglio ricordare - una raccolta di firme per una proposta di legge di iniziativa popolare. Quella scuola, ha dimostrato il processo che il 31 luglio 2007 di fatto ha assolto tutti, costruita nel 1954 e più volte ammodernata, più volte ampliata, non è mai stata resa idonea alle norme antisismiche di questo Paese, e il Presidente Berlusconi, nell'inaugurazione oggi di una scuola certamente moderna, ha giustamente detto: ci auguriamo che il sacrificio di quei bambini non sia vano, annunciando un piano nazionale.
Sperando che quelle non siano parole ma seguano i fatti, l'ordine del giorno in esame vuole proprio questo: chiedere al Governo da subito di impegnarsi seriamente sulla sicurezza degli edifici scolastici, partendo da quella che dicevo essere una vittoria della VII Commissione e dell'impegno della presidente Aprea nel recepire la volontà e un emendamento dell'Italia dei Valori, inserito poi successivamente nel maxiemendamento, trovando risorse nella legge n. 97 del 2008 per finanziare gli edifici scolastici e la sicurezza. Così come è importante sicuramente che il Governo si appresti a varare l'anagrafe dell'edilizia scolastica, che ci permetterà di avere una mappatura di tutte le difficoltà che il sistema scuola vive in termini di infrastrutture, perché lì nasce poi la certezza del diritto allo studio.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

PIERFELICE ZAZZERA. Infatti, dobbiamo superare, cercare di superare quella situazione difficile e negativa descritta nel rapporto di Cittadinanza attiva: in molti casi, per oltre il 50 per cento, le scuole non sono dotate ad oggi di sistemi di sicurezza adeguati a salvaguardare la salute dei bambini, dei nostri bambini.
Dunque, chiedo di impegnare il Governo ad adottare iniziative di verifica affinché le risorse stanziate siano principalmente finalizzate agli interventi di promozione, valorizzazione e sviluppo delle strutture scolastiche, nonché di adeguamento alla normativa vigente in materia di sicurezza, igiene ed eliminazione delle barriere architettoniche (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. L'onorevole Farinone ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/70.

ENRICO FARINONE. Signor Presidente, siamo ormai giunti alla fine di questa maratona di ordini del giorno avente a tema la scuola, mi corre quindi l'obbligo, credo, di riprendere alcuni fatti essenziali di questa che l'onorevole Centemero ha detto non essere una riforma, ma che è in realtà un'azione scardinante la nostra scuola, dettata al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca dal Ministro dell'economia.Pag. 109
Vedo con piacere la presenza in Aula della presidente della Commissione, onorevole Aprea, e sono convinto che se lei fosse stata il Ministro non avrebbe accettato questo massacro senza combattere e senza difendere un po' la scuola (dal momento che di scuola se ne intende perché sa di cosa si parla, forse molto più di quanto non sappia la signora Ministro).
La signora Ministro ha accettato i numeri del Ministro Tremonti, tagli consistenti che abbiamo già indicato ma che vale la pena, ormai in conclusione, ripetere per l'ultima volta: 7,8 miliardi di euro per i prossimi tre anni. Si tratta di una scelta che verrà attuata riducendo il personale insegnante (87 mila docenti in meno) e il personale insegnante delle scuole primarie, riducendo il personale amministrativo e di bidelleria (quarantadue persone in meno), accorpando le scuole con meno di cinquecento alunni e le classi con pochi alunni.
Come è stato detto, queste decisioni sono state poi accompagnate da provvedimenti di facciata che servono per poter andare, come diceva prima il collega Mantini, in quello strano posto dove ormai si fa politica in Italia, ossia i talk-show. Tra i provvedimenti di facciata ricordo il recupero della divisa (il grembiulino), il voto in decimi e il voto in condotta, in modo da distrarre i cittadini con tali questioni secondarie. In realtà, l'articolo 4 pone il tema - il problema - vero di quello che definirei un massacro (giacché non vogliamo chiamarla riforma): tornerà la maestra unica al posto delle attuali tre maestre ogni due classi (i cosiddetti moduli). Ciò vuol dire - mi rivolgo a chi segue questi temi con molta attenzione e con molta professionalità, essendo presenti nei banchi della maggioranza in questo momento solo due persone, due colleghe che però seguono con attenzione, come ho già detto, questi temi - attuare quella che ritengo sia una vera ed assurda regressione pedagogica, se si considera la limitata risposta educativa che tale decisione esprime rispetto alla pluralità degli stimoli formativi che i nostri bambini ricevono quotidianamente.
È stato già ricordato oggi, anche in questa sede, come la scuola elementare che ho frequentato negli anni Sessanta o quella che le mie colleghe hanno frequentato negli anni Settanta debba essere assolutamente diversa da quella di oggi, perché gli stimoli sono assolutamente diversi e i tempi sono cambiati. La riduzione del tempo scuola a ventiquattro ore mette poi in pericolo anche il tempo pieno, importante conquista pedagogica e sociale, costringendo i comuni ad addossarsi altri oneri per l'assistenza mensa e dirottando sulle famiglie altri costi assistenziali.
A tale proposito, credo che solo chi è molto ricco o non è genitore non si renda conto di cosa significhi, se non si ha a disposizione i genitori o i nonni, poter gestire un bambino delle elementari che esce dalla scuola alle dodici e trenta: devi avere molti quattrini in tasca oppure la fortuna di avere i nonni, ma se non li si ha è un bel problema per i padri e per le madri (e come sappiamo prevalentemente per le madri, a dimostrazione del fatto che questo è un ulteriore attacco all'occupazione femminile).
Tutto ciò rappresenta quindi un attacco pesantissimo alla scuola primaria, considerata dall'OCSE uno dei comparti più positivi del nostro sistema educativo: è una vittoria del Ministro Tremonti sul Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca che non ha detto nulla ma ci ha presentato il grembiulino, i voti in decimi e il voto in condotta.

PRESIDENTE. Onorevole Farinone, la invito a concludere.

ENRICO FARINONE. Il mio ordine del giorno - e concludo, signor Presidente - riprende il tema dell'insegnamento in tutti i cicli della materia «Cittadinanza e Costituzione». Chiediamo che questa bella nostra Costituzione sia distribuita gratuitamente ai nostri alunni, affinché possano prenderla in mano e leggerla fin da subito. È una buona idea, ma non graviamo anche in questo sull'economia delle famiglie: regaliamola dunque ai nostri alunni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Pag. 110

PRESIDENTE. L'onorevole Boffa ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1634/241.

COSTANTINO BOFFA. Signor Presidente, signor sottosegretario, già in diverse occasioni, come parlamentari del Partito Democratico, abbiamo avuto modo di esprimere giudizi fortemente critici dinanzi alle scelte compiute in questi primi mesi di attività dell'Esecutivo, in particolare sui temi dell'istruzione e della formazione scolastica. Mentre il Governo pensava a tagliare e a ridurre energie e risorse, noi eravamo qui a sottolineare quanto il potenziale strategico proprio di settori quali scuola, università, ricerca e formazione richiederebbe, piuttosto, politiche mirate all'investimento. Abbiamo auspicato un'inversione di tendenza da parte del Governo e invece i timori e le perplessità in relazione al futuro del nostro sistema pubblico dell'istruzione purtroppo aumentano. Questo perché quello che doveva essere un disegno di riorganizzazione della rete scolastica, che in origine doveva esclusivamente rispondere ad una esigenza di contenimento della spesa pubblica, si sta configurando in realtà sempre più come una vera e propria controriforma della scuola. Si vuole pure comprendere l'intento di razionalizzare la spesa pubblica, ma qui si sta mettendo in discussione il libero accesso all'esercizio di un diritto costituzionalmente garantito e il livello qualitativo del servizio scolastico.
Ancora una volta, a pagare dazio di fronte alle scelte del Governo sarà innanzitutto il Mezzogiorno del nostro Paese, come dimostrano le forti preoccupazioni e le crescenti mobilitazioni determinate dall'ipotesi che dall'anno scolastico 2009-2010 i piccoli comuni delle province italiane possano dire addio alla presenza di istituti scolastici nei loro territori. Uno scenario che, qualora dovesse realmente avverarsi come purtroppo sembra, mortificherebbe ulteriormente le attese di crescita e di sviluppo del nostro Mezzogiorno, dove la presenza dei plessi scolastici assume un significato sociale particolare, del quale non si può non tener conto.
In queste realtà, la scuola resta il principale centro di aggregazione e socializzazione che i ragazzi del luogo possono permettersi. In un contesto in cui ci si interroga su come frenare quella tendenza che vede le piccole comunità sempre più a rischio spopolamento, le scuole (e dunque l'investire nell'istruzione e nella formazione) rappresentano una delle poche ancore di salvezza sulle quali fare affidamento.
Lo dico anche in considerazione di quei dati incontrovertibili che ci parlano del Mezzogiorno d'Italia come dell'area più giovane del nostro Paese, e che indicano di conseguenza nelle nuove generazioni la risorsa principale intorno alla quale pensare ed elaborare un piano di rilancio di cui il Mezzogiorno resta ad oggi una terra di potenzialità ancora per molti aspetti inespressa. In questa ottica appare illuminante il ritardo che il Mezzogiorno sconta di fronte agli obiettivi che adottò, nel marzo del 2000 a Lisbona, il Consiglio europeo, quando si riconobbe il ruolo fondamentale d'istruzione e formazione per la crescita e lo sviluppo economico e si avviò una riflessione completa sugli obiettivi futuri del sistema d'istruzione, fissando dei traguardi rispetto ai quali purtroppo siamo ancora indietro.
Pensiamo soltanto al dato della dispersione scolastica: oggi nel Mezzogiorno d'Italia uno studente su quattro abbandona gli studi dopo la scuola media, contro la media nazionale del 20 per cento, percentuale che si abbassa ulteriormente nelle aree del nord del nostro Paese. Se ovunque siamo in ritardo rispetto all'obiettivo del 10 per cento definito a Lisbona, appare evidente che la situazione acquista una gravità diversa esaminando i dati delle diverse realtà territoriali. Tale constatazione dovrebbe spingere il Governo ad incamminarsi lungo la strada degli investimenti per un rilancio del settore, proprio partendo dal Mezzogiorno e dalle aree più deboli, dove invece questa politica di tagli e di riduzioni va a sommarsi ai problemi connessi all'edilizia scolastica e non certo agli elevati standard qualitativi di istituti dove molto spessoPag. 111mancano laboratori e attrezzature indispensabili all'offerta didattica che si va a presentare.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

COSTANTINO BOFFA. Ho presentato - concludo Presidente - un ordine del giorno con il quale si chiede al Governo di prestare particolare attenzione alle aree deboli del Paese e al Mezzogiorno e di predisporre tutti gli interventi perché la distanza dagli obiettivi di Lisbona sia colmata (il divario sia colmato) sia in riferimento alle aree geografiche, sia in termini di singole realtà scolastiche (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi per l'illustrazione degli ordini del giorno.
Chiedo al rappresentante del Governo se intenda esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati.

PIERLUIGI MANTINI. Adesso! Abbiamo fatto un accordo per cui il parere sarebbe stato dato adesso!

PRESIDENTE. Alla Presidenza non risulta; devo attenermi alle indicazioni del Governo.
Sottosegretario Pizza, il Governo intende esprimere il parere questa sera?

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Sarebbe preferibile rinviare a domani l'espressione dei pareri.

PRESIDENTE. Sta bene.

In ricordo della giornalista Anna Politkovskaja (ore 20,27).

PIERLUIGI MANTINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, intervengo assai brevemente per ricordare in quest'Aula del Parlamento italiano che ricorre, in questi giorni, il secondo anniversario dell'omicidio della giornalista Anna Politkovskaja, tuttora in sostanza impunito.
Nel messaggio che la Federazione nazionale della stampa italiana ha inviato al Presidente della Russia Medvedev e al Primo Ministro Vladimir Putin, a mani dell'ambasciatore russo a Roma, è stato giustamente sottolineato che non solo non si è fatta luce sul delitto della coraggiosa giornalista che aveva già denunciato i crimini in Cecenia, lasciando in libertà i mandanti e gli autori dell'assassinio, ma che inoltre episodi di intolleranza contro l'informazione si moltiplicano con preoccupante frequenza.
Non è valso nemmeno il cambio al vertice del potere in Russia: continuano, infatti, gli attacchi ai liberi giornalisti, così com'è stato denunciato dalla Federazione internazionale dei giornalisti nella recente visita della delegazione a Mosca.
In questi giorni vi sono iniziative in molte città d'Italia promosse dall'associazione «Anna viva».
Sappiamo, signor Presidente, che l'impegno per la democrazia e la giustizia è faticoso, ma esso non può avere confini, né può piegarsi a convenienze diplomatiche.
Credo, con queste poche parole, signor Presidente, di esprimere convinzioni e sentimenti largamente condivisi nel Parlamento italiano (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. (Si leva in piedi). Onorevole Mantini e cari colleghi, mi spiace che di questo tema siamo venuti a parlare a quest'ora e in un'Aula semideserta, però desidero unire i miei sentimenti personali, e credo quelli di tutta questa Camera, alla commemorazione, al dolore, al rimpianto e alla memoria di Anna Politkovskaja.
Ogni volta che nel mondo una voce libera viene spenta, questo riguarda tutti gli uomini che amano la libertà e il suo assassinio è stato sicuramente un momento inquietante, forse di svolta, all'internoPag. 112di un processo di democratizzazione che, dopo il crollo del totalitarismo comunista, ha fatto grande fatica a trovare il cammino della libertà e delle istituzioni libere.
È un processo sicuramente ancora non completato, un processo che abbiamo il dovere di sostenere con tutte le nostre energie, con un atteggiamento amichevole verso la Russia, ma anche fermo nella difesa dei diritti umani e nella condanna di ogni prevaricazione contro i diritti umani, ricordando che in un Paese democratico la difesa dei diritti umani è elemento fondamentale della politica estera.
Quando vengono assassinati cristiani, quando vengono spente le voci libere in un regime totalitario, ovunque la libertà dell'uomo venga minacciata, un Paese democratico non può essere indifferente e ritirarsi in un'ipocrita neutralità: deve saper trovare i modi e le forme necessarie per accompagnare la lotta per la libertà, in qualunque parte del mondo essa venga svolta e chiunque ne sia il protagonista (Applausi).

Si riprende la discussione (ore 20,28).

(Ripresa esame degli ordini del giorno - A.C. 1634-A)

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, il Governo intende esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati.

PRESIDENTE. Ne prendo atto. Prego, sottosegretario Pizza, ha facoltà di parlare.

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, devo esprimere il parere su ogni ordine del giorno?

PRESIDENTE. Signor sottosegretario, se lei crede, ove fosse possibile, potrebbe esprimere i pareri anche in modo riassuntivo.

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Sarò il più veloce possibile, signor Presidente.
Il Governo esprime parere favorevole sugli ordini del giorno Mario Pepe (PD) n. 9/1634/1 e Centemero n. 9/1634/2. Sull'ordine del giorno Granata n. 9/1634/3 il parere è favorevole, purché venga riformulato utilizzando alla sesta riga dopo le parole «impegna il Governo» il verbo «sensibilizzi» invece di «proclami». Il parere è favorevole sull'ordine del giorno Marsilio n. 9/1634/4, mentre accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Rampelli n. 9/1634/5. Il parere è favorevole sugli ordini del giorno Frassinetti n. 9/1634/6, De Angelis n. 9/1634/7, Monai n. 9/1634/8 e Giammanco n. 9/1634/9. Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Fiorio n. 9/1634/10 ed esprime, invece, parere favorevole sugli ordini del giorno Piffari n. 9/1634/11, Messina n. 9/1634/12, Zazzera n. 9/1634/13, Porfidia n. 9/1634/14, Scilipoti n. 9/1634/15, Palagiano n. 9/1634/16, Paladini n. 9/1634/17 e Misiti n. 9/1634/18. Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Cuomo n. 9/1634/19 ed esprime parere favorevole sugli ordini del giorno Gaglione n. 9/1634/20, Burtone n. 9/1634/21, Cardinale n. 9/1634/22, Vannucci n. 9/1634/23, Coscia n. 9/1634/24 e Aprea n. 9/1634/25. Per quanto riguarda l'ordine del giorno De Torre n. 9/1634/26, il parere è favorevole a condizione che venga riformulato aggiungendo dopo le parole «secondo le loro competenze» e prima di «a relazionare periodicamente» la frase «senza oneri aggiuntivi per i bilanci dello Stato». Il parere del Governo è favorevole sugli ordini del giorno Picierno n. 9/1634/27 e Oliverio n. 9/1634/28. Il Governo non accetta, invece, gli ordini del giorno Servodio n. 9/1634/29 e Vico n. 9/1634/30. Accetta l'ordine del giorno Schirru n. 9/1634/31 ePag. 113Iannuzzi n. 9/1634/32. Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Siragusa n. 9/1634/33.
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Rugghia n. 9/1634/34, nonché sull'ordine del giorno Levi n. 9/1634/35, purché il dispositivo venga riformulato nel senso di sostituire le parole «ad adottare» con le parole «a valutare».
Il Governo esprime parere favorevole sugli ordini del giorno Codurelli n. 9/1634/36 e Motta n. 9/1634/37.
Il Governo non accetta, invece, gli ordini del giorno Antonino Russo n. 9/1634/38 e Mosca n. 9/1634/39.
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno De Biasi n. 9/1634/40, purché il dispositivo venga riformulato nel senso di sostituire, all'inizio dell'ultimo capoverso, la parola «stanziare» con le seguenti: «a valutare l'opportunità di stanziare».
Il Governo esprime, inoltre, parere favorevole sugli ordini del giorno Gozi n. 9/1634/41, Rubinato n. 9/1634/42, Lolli n. 9/1634/43, Merloni n. 9/1634/44, Concia n. 9/1634/45, Melandri n. 9/1634/46, Rossa n. 9/1634/47 e Ginoble n. 9/1634/48.
Il Governo esprime, altresì, parere favorevole sull'ordine del giorno De Pasquale n. 9/1634/49, purché riformulato nel senso di aggiungere, nel primo capoverso del dispositivo, dopo le parole «impegna il Governo», le parole «a valutare l'opportunità di attivare», nonché di sostituire il testo, dopo le parole «service-learning», con il seguente: «metodo educativo ampiamente diffuso in Europa e negli USA con ottimi risultati» ed infine, di sopprimere, nel secondo capoverso, le parole «ad adottare le opportune iniziative volte ad avviare, già dall'anno scolastico 2009-2010».
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Mantini n. 9/1634/50, purché vengano eliminate le parole «provvedendo anche mediante l'utilizzazione di insegnanti inseriti in idonee classi di concorso».
Il Governo esprime parere favorevole sugli ordini del giorno Enzo Carra n. 9/1634/51, Pes n. 9/1634/52, Nicolais n. 9/1634/53, Mazzarella n. 9/1634/54, Ghizzoni n. 9/1634/55, Tocci n. 9/1634/56, Bachelet n. 9/1634/57, Froner n. 9/1634/58, Ginefra n. 9/1634/59 e Zaccaria n. 9/1634/60.
Il Governo esprime, inoltre, parere favorevole sull'ordine del giorno Realacci n. 9/1634/61, purché riformulato nel senso di sostituire, nel primo capoverso del dispositivo, le parole «suggerendo di concordare i criteri di razionalizzazione» con «attraverso apposito confronto».
Il Governo accoglie come raccomandazione gli ordini del giorno da Ferrari n. 9/1634/62 a Livia Turco n. 9/1634/94: si tratta, infatti, dello stesso testo.
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Maurizio Turco n. 9/1634/95, ed accoglie altresì come raccomandazione gli ordini del giorno da Vassallo n. 9/1634/96 a Mattesini n. 9/1634/152 in quanto sostanzialmente identici. Il Governo non accetta l'ordine del giorno Mecacci n. 9/1634/153 ed accoglie come raccomandazione gli ordini del giorno da Lo Moro n. 9/1634/154 a Margiotta n. 9/1634/166. Il Governo accoglie altresì come raccomandazione gli ordini del giorno da Bellanova n. 9/1634/167 a Berretta n. 9/1634/186 e da Binetti n. 9/1634/187 a De Micheli n. 9/1634/219.
Il parere del Governo sull'ordine del giorno Quartiani n. 9/1634/220 è favorevole, a condizione che venga riformulato introducendo dopo le parole: «impegna il Governo a» le seguenti: «valutare l'opportunità di».
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Giachetti n. 9/1634/221 mentre il parere del Governo è favorevole sugli ordini del giorno Rivolta n. 9/1634/222 e Baldelli n. 9/1634/223, mentre accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Zeller n. 9/1634/224. Il parere è favorevole sugli ordini del giorno Volontè n. 9/1634/225 e Ciccanti n. 9/1634/226. In quest'ultimo ordine del giorno ci sono due errori materiali. Il primo è al secondo capoverso della premessa,Pag. 114dove si deve sostituire la parola «sei» con la parola «cinque». Il secondo errore è nell'ultima parola del dispositivo, che non è «istituto» ma «classe». Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Tassone n. 9/1634/227, mentre il parere è favorevole sull'ordine del giorno Ciocchetti n. 9/1634/228 . Il parere è contrario sull'ordine del giorno Rao n. 9/1634/229, mentre è favorevole sugli ordini del giorno Compagnon n. 9/1634/230, Cera n. 9/1634/231, Capitanio Santolini n. 9/1634/232, Delfino n. 9/1634/233, Vignali n. 9/1634/234 e Latteri n. 9/1634/235.
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Lombardo n. 9/1634/236, a condizione che venga riformulato sopprimendo le parole: «una riassegnazione di almeno 320 posti» dal primo capoverso del dispositivo.
Il parere del Governo è favorevole sugli ordini del giorno Belcastro n. 9/1634/237 e Iannaccone n. 9/1634/238, mentre il Governo non accetta l'ordine del giorno Rosato n. 9/1634/239.
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Cesario n. 9/1634/240. Il parere del Governo è favorevole sull'ordine del giorno Boffa n. 9/1634/241, mentre formula un invito al ritiro dell'ordine del giorno Mario Pepe (PdL) n. 9/1634/242.
Chiedo scusa: con riferimento all'ordine del giorno Rosato n. 9/1634/239, il Governo non esprime parere contrario, ma lo accoglie come raccomandazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Monai. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Grazie, signor Presidente, il sottosegretario ha già provveduto a rettificare il parere sull'ordine del giorno Rosato n. 9/1634/239, che sarebbe stato eccentrico rispetto a quanto prima affermato su altri ordini del giorno analoghi.

PRESIDENTE. Il seguito dell'esame degli ordini del giorno è rinviato alla seduta di domani.
Ricordo che domani alle 12,30 è convocato il Parlamento in seduta comune per l'elezione di un giudice della Corte costituzionale. La chiama avrà inizio dai deputati.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Giovedì 9 ottobre 2008, alle 8,30:

(ore 8,30 e dopo lo svolgimento del punto 6).

1. - Informativa urgente del Governo sugli sviluppi della crisi finanziaria in atto.

2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 1o settembre 2008, n. 137, recante disposizioni urgenti in materia di istruzione e università (1634-A).
Relatore: Aprea.

3. - Seguito della discussione delle mozioni Livia Turco ed altri n. 1-00041, Barani ed altri n. 1-00043, Pezzotta ed altri n. 1-00044 e Palagiano ed altri n. 1-00045 concernenti iniziative per il contrasto della povertà e della diseguaglianza sociale.

4. - Discussione del disegno di legge (per l'esame e la votazione della questione pregiudiziale presentata):
S. 999 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 agosto 2008, n. 134, recante disposizioni urgenti in materia di ristrutturazione di grandi imprese in crisi (approvato dal Senato) (1742).

Pag. 115

5. - Discussione della mozione Cota n. 1-00033 concernente iniziative in materia di accesso degli studenti stranieri alla scuola dell'obbligo (per la discussione sulle linee generali).

(ore 16).

6. - Informativa urgente del Governo sui recenti episodi di intolleranza e di violenza di matrice xenofoba o razzista.

La seduta termina alle 20,45.

TESTO INTEGRALE DEGLI INTERVENTI DEI DEPUTATI CHIARA BRAGA E MARIA LETIZIA DE TORRE IN SEDE DI ILLUSTRAZIONE DEGLI ORDINI DEL GIORNO DEL DISEGNO DI LEGGE N. 1634-A

CHIARA BRAGA. Signor Presidente, Onorevoli Colleghi, intervengo ad illustrazione dell'ordine del giorno n. 195 approfittandone per esprimere alcune considerazioni sul provvedimento di conversione in legge del decreto-legge n. 137 del 1o settembre scorso, che viene in questi giorni portato all'esame e al voto della Camera dei Deputati, dopo purtroppo l'ennesima forzatura imposta dal Governo con l'apposizione del voto fiducia. Non è bastato al Ministro Gelmini mettere mano con tanta leggerezza al mondo della scuola italiana attraverso un decreto legge, costruito esclusivamente sulle esigenze di taglio - non risanamento che è altra cosa - imposte dal Ministro Tremonti nella manovra di luglio e in assenza di un serio e costruttivo confronto con le organizzazioni sociali - come hanno più volte denunciato in questi giorni le maggiori rappresentanze sindacali - né con gli enti locali che pure hanno importanti competenze nella costruzione di un'offerta scolastica qualificata nei territori, e che si troveranno a dover fronteggiare ancora una volta le ricadute più gravi di scelte sbagliate e operate secondo una logica di centralismo che contraddice profondamente i proclami sull'autonomia e sul rispetto delle specificità delle nostre diversificate realtà territoriali. Non è bastato dicevo il decreto-legge; per garantire il rispetto dei tempi, o forse più realisticamente per evitare qualche altro imbarazzante scivolone nel percorso di conversione, è stata posta ancora una volta la fiducia, azzerando la possibilità di condurre in Parlamento quella discussione ampia e rispettosa del ruolo di chi su questi banchi rappresenta il Paese, che una materia di tale rilievo avrebbe meritato.
Niente a che vedere, per esempio, con il percorso lungo e articolato che portò alla riforma scolastica del 1990, alla quale lavorarono politici e parlamentari di grande valore: Sergio Mattarella, allora Ministro dell'Istruzione e, mi piace ricordare, un mio prestigioso conterraneo, Francesco Casati, allora Presidente della Commissione istruzione, ma anche pedagogisti, rappresentanti del mondo della scuola e del sindacato. Grazie a quella riforma la nostra scuola primaria - allora si chiamava ancora «elementare» - proprio quella più colpita dai contenuti di questo decreto, ha raggiunto negli anni livelli di eccellenza riconosciuti da molti istituti di valutazione internazionali, e ha visto progressivamente crescere la qualità dell'offerta educativa, in rapporto ad un contesto sociale sempre più complesso che richiede la padronanza di strumenti e conoscenze ben più articolati di quanto non fosse solo qualche decennio fa.
Con questo decreto rischiamo tutti di tornare drammaticamente indietro di 20 anni ed oltre. Dietro alle immagini accattivanti del grembiulino, del voto in condotta e del ritorno al caro e vecchio maestro unico, si nasconde drammaticamente il destino di impoverimento che attende la scuola pubblica: meno risorse - 8 miliardi di euro in meno nel triennio 2009-2011 - riduzione drastica di personale docente e non - rischio di chiusura per 4.000 scuole concentrate soprattutto nei piccoli comuni e nei territori montani, dove la presenza di presidi scolastici rappresenta un importante fattore di integrazione e di lotta all'emarginazione. Ma nonPag. 116si tratta solo di decisioni che peseranno sulla testa di 100.000 persone che operano nella scuola, nella stragrande maggioranza dei casi con grande professionalità, impegno e passione. Le spinte alla «razionalizzazione della spesa» che sostengono questo provvedimento non corrispondono ad un reale innalzamento della qualità del servizio; tutt'altro. Assisteremo ad una radicale contrazione del tempo scuola - si ritornerà alla «scuola del mattino» - tarata sulle 24 ore, specie laddove le classi a tempo pieno non sono così diffuse - ed è la maggioranza del paese - e dove tuttavia, in questi anni, l'organizzazione dei moduli ha consentito di raggiungere coperture di orario che raggiungono anche le 30 ore settimanali, grazie al coordinamento tra istituti scolastici ed enti locali, con un risparmio di costi e con la possibilità di intercettare positivamente le necessità delle famiglie, sempre più caratterizzate dall'attività lavorativa di entrambi i genitori.
Assisteremo a una riduzione della qualità dell'offerta educativa e formativa per i ragazzi, e non c'è lavagna telematica che tenga: una sola maestra non potrà garantire la necessaria specializzazione sui diversi settori di insegnamento che l'organizzazione a modulo ha reso possibile in questi anni, si taglieranno contenuti ed opportunità di sperimentarsi con discipline importanti - inglese, musica, arte, immagine - ma anche la possibilità per gli insegnanti di crescere professionalmente attraverso il confronto, anche con figure nuove, portatrici di saperi e competenze stimolanti, in un lavoro di verifica e programmazione di attività finalizzate a consentire una percorso di crescita complessiva ed il più possibile unitaria della classe. Fa sorridere la motivazione portata da alcuni secondo cui i bambini della scuola primaria hanno bisogno della maestra-mamma, di una ed una sola figura di riferimento: i bambini oggi hanno una vita di interralazioni molto intensa, sono abituati a relazionarsi con una molteplicità di soggetti, e la presenza di più insegnanti non può che accrescere le opportunità di relazione con il mondo degli adulti.
In queste settimane di acceso dibattito su quella che impropriamente si chiama «riforma» della scuola credo che come me, molti deputati qui presenti, avranno raccolto umori, pareri, preoccupazioni, denunce di chi con la scuola ha a che fare: genitori, insegnanti, dirigenti scolastici, amministratori locali. Tra le tante voci che ci sono arrivate voglio riportarne una, quella di una maestra che opera da anni con orgoglio e passione nella scuola primaria e che sapientemente mi ha ricordato che cosa era, anche, la scuola del maestro unico: era la scuola delle classi differenziali, le si chiamava dispregiativamente «le classi degli asini», molto simili a quelle a cui forse qualcuno pensa per i bambini immigrati che arrivano nel nostro paese e che invece proprio nella scuola primaria incontrano la prima e più importante occasione di integrazione; era la scuola nella quale i bambini diversamente abili non trovavano accoglienza nella maggioranza dei casi e dovevano, per necessità, accedere alle «scuole speciali», mentre oggi nella maggioranza dei casi sono positivamente inseriti in una classe, con l'accompagnamento purtroppo solo parziale di un insegnante di sostegno - perché, alla faccia degli sprechi, non ci sono abbastanza soldi per garantire la copertura di quanto di diritto sarebbe dovuto; era la scuola in cui i bambini che non imparavano venivano semplicemente bocciati, vale a dire abbandonati alle loro difficoltà, spesso, a quest'età, riflesso di una condizione di fragilità familiare e sociale più ampia; oggi per sostenere questi bambini si attuano nelle ore di contemporaneità che il modulo consente, progetti di recupero e di accompagnamento essenziali per consentire percorsi di crescita adeguati, ancora più necessari in un quadro di grande instabilità e di trasformazioni profonde che caratterizza la nostra società.
È questo quello che ci preoccupa di più, che queste grandi conquiste raggiunte anche con fatica in questi decenni e che caratterizzano positivamente la nostra scuola, vengano sacrificate sull'altare del qualunquismo e della semplificazione,Pag. 117della nostalgia del bel tempo andato, della necessità di tagliare risorse ad un ambito, quello della scuola, che invece ha bisogno di una seria azione di razionalizzazione, che interessi tutti i livelli e che ponga fine, per esempio, a condizioni di deficit strutturale per molte istituzioni scolastiche, paralizzate nella loro attività didattica dal mancato trasferimento di risorse dovute (si veda anche il caso della mia provincia - Como - portato all'attenzione dei Ministeri competenti proprio in questi giorni con la presentazione di un'interrogazione).
È per questo che ci siamo battuti in questo difficile percorso parlamentare di conversione del decreto-legge n. 137 e continueremo a farlo nel Paese. Perché crediamo fermamente che la scuola pubblica debba continuare ad essere il principale motore di sviluppo del nostro Paese e che per poter far questo debba essere sorretta sempre più da una logica inclusiva, che non lasci indietro nessuno e che offra a tutti le stesse opportunità di istruzione, rispettando uno dei principali dettati della Costituzione. Una scuola che persegua l'obiettivo di una crescita collettiva e qualificata, che consenta ai giovani italiani di essere all'altezza delle sfide che il mondo globalizzato ci pone dinnanzi; una scuola per il futuro.

MARIA LETIZIA DE TORRE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, come dice l'ordine del giorno presentato, l'integrazione degli alunni con disabilità venne sancita dalla legge n. 517 del 1977, che fu emanata dopo una lunga stagione di impegno di tutto il Paese e di forte condivisione in Parlamento. Essa trova i suoi fondamenti nel dettato costituzionale: «tutti i cittadini», si afferma all'articolo 3, «hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge», ed il compito della Repubblica è «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana» e nell'articolo 38: «gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale»; mentre l'articolo 34 afferma «la scuola è aperta a tutti». Dalla sua stesura nel 1948, tuttavia, sono occorsi decenni affinché la «cultura costituzionale» riuscisse ad imporsi. Il passo fondamentale avvenne nel 1975 quando la Commissione presieduta da Franca Falcucci seppe cogliere e portare a maturazione un processo di civiltà che da anni stava crescendo nel Paese. Per quanto avvenne e per come avvenne è una particolare testimonianza dell'evoluzione nel costume e nella consapevolezza educativa di tutti gli italiani.
Se educare significa aiutare ciascuno a realizzare la propria «area potenziale di sviluppo» non si può accettare la classificazione dei bambini in educabili, semieducabili e ineducabili. E a maggior ragione non la si può accettare se essa li divide in categorie in scuole o classi diverse. Sarebbe un «assurdo pedagogico» (Ernesto Bisogni, 1981). E fu proprio il lavoro di quella Commissione che segnò un giro di boa nella scuola italiana. Leggendo il documento finale emerge il peso che il Parlamento (la Falcucci era allora senatrice) aveva e lo spessore del pensiero sulla scuola che i nostri colleghi, delle Camere e del Governo, avevano saputo mettere nero su bianco.
Alcuni passaggi, nel confronto con il percorso e il contenuto del decreto votato ieri, fanno venire i brividi. Il primo paragrafo titolava «Un nuovo modo di essere della scuola (...)» e spiegava: «un nuovo modo di concepire e di attuare la scuola, così da poter veramente accogliere ogni bambino ed ogni adolescente per favorirne lo sviluppo personale».
E si faceva carico di una visione completa di tutta la scuola, a partire dagli obiettivi e dalla valutazione (cito) «la frequenza di scuole comuni da parte di bambini handicappati non implica il raggiungimento di mete culturali minime comuni. Lo stesso criterio di valutazione (...) deve perciò fare riferimento al grado di maturazione raggiunto dall'alunno sia globalmente sia a livello degli apprendimenti realizzati, superando il concetto rigido del voto o della pagella»: superando il concetto di voto o della pagella. Se tutto fosse andato così bene in quei bei tempi antichiPag. 118di cui è stata seminata nostalgia in queste ultime settimane, non sarebbe stata scritta «Lettera ad una professoressa» non si sarebbe messo in moto un movimento che portò alle scelte del 1975. E no, Ministro Tremonti, non state demolendo le barricate del 1968 (che pure fecero riflettere il mondo); state demolendo il lavoro del Parlamento, state demolendo l'iniziativa di una donna, compente e forte, profondamente umana e profondamente cristiana. «Una riforma di contenuti e metodi, probabilmente l'unica - ha detto poche settimane fa Tullio De Mauro - realizzata dal ministro democristiano Franca Falcucci mediante un grande ciclo di ri-formazione degli insegnanti elementari».
Cito ancora il documento: «allargare il concetto di apprendimento affinché, accanto ai livelli di intelligenza logica-astrattiva, venga considerata anche l'intelligenza sensorio-motrice e pratica e siano soprattutto tenuti presenti i processi di socializzazione». Traduco: non solo leggere, scrivere e far di conto.
«Questa più articolata esperienza scolastica è possibile solo nella attuazione del "tempo pieno"; da intendersi non come somma dei momenti antimeridiano e pomeridiano non coordinati fra di loro, ma come successione organica ed unitaria di diversi momenti educativi programmati e condotti unitariamente dal gruppo degli operatori scolastici (...) In una scuola che (...) offre agli alunni una possibilità di maturazione attraverso una pluralità di linguaggi e di esperienze, è difficile ed artificioso distinguere tra attività "didattiche", da intendersi come insegnamento delle "materie principali"; ed attività "integrative", tra l'insegnamento "normale" ed attività di recupero e di sostegno. (...) La programmazione e la conduzione unitaria della vita scolastica eviterebbe, inoltre, il crearsi nei genitori, dell'equivoca distinzione tra "l'insegnamento del mattino", al quale spetta di dare giudizi sulle capacità del figlio, e "l'insegnamento del pomeriggio" (educatori, animatori, eccetera) che lo fa giocare»: «un nuovo modo di essere della scuola postula il superamento del concetto dell'unicità del rapporto insegnante-classe con l'attribuzione, ad un gruppo di insegnanti interagenti, della responsabilità globale verso un gruppo di alunni,».
Giorni fa Franca Falcucci fu intervistata sugli ostacoli incontrati, rispose: No. Non ricordo nessuna battaglia campale. Certo era cominciata che gli handicappati in classe nessuno li voleva, c'erano molte resistenze. Il problema non era dentro il mondo della scuola, ma fuori: culturale, nelle famiglie. Però ci abbiamo lavorato molto, prima di fare la legge abbiamo preparato a lungo il terreno, quindi alla fine siamo riusciti a farla passare. Ci fu un clima positivo, anche nella fase attuativa, che poi ho vissuto direttamente, da ministro.
Credo che non occorrono commenti per cogliere l'abisso di differenza tra il lavoro di allora e quello di questi giorni. È per questo, Ministro Gelmini, per difendere le mete raggiunte da questo Parlamento che il Partito Democratico e fasce sempre crescenti di genitori e insegnanti le chiedono di non spostare indietro di 40 anni l'orologio della scuola italiana.
Nel corso di questi anni si è, tuttavia, lavorato ahimè troppo poco per tenere aggiornata e competente la scuola 'per tutti', come la Costituzione la vuole. Ora dobbiamo riguadagnare tempo. Dobbiamo anche cessare di essere passivi davanti ai sistemi di valutazione, come fossimo un Paese disastrato che subisce valutazioni standard su cui non è degno di proferire verbo. Noi crediamo, al contrario, che il nostro INVALSI possa proporsi attivamente, possa anche proporre ai valutatori internazionali dei descrittori che gli altri Paesi non possono formulare perché l'integrazione così come avviene nella scuola italiana è unica, è una dimensione elevata di scuola verso cui gli altri Paesi si stanno lentamente muovendo ed invece di smontarla piano piano, dovremmo proporci di diffonderla, essendo presenti, ad esempio, nelle sedi europee dove in questi mesi brilliamo per assenza.
Questo decreto è particolarmente delicato per l'integrazione degli alunni con disabilità o DSA e quindi chiediamo chePag. 119ne venga accompagnata l'applicazione con la consulenza di un comitato scientifico composto da riconosciuti esperti in materia di integrazione scolastica degli alunni con disabilità ed in materia di disturbi specifici di apprendimento; chiediamo di investire del tema l'INVALSI e l'Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica, secondo le loro competenze e di relazionare periodicamente riguardo la dimensione dell'integrazione nella scuola italiana alla VII Commissione (Cultura) della Camera almeno una volta all'anno. Credo che tutti non possiamo che essere concordi.