XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 153 di giovedì 26 marzo 2009

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

La seduta comincia alle 9,35.

GIUSEPPE FALLICA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Renato Farina, Jannone, Lamorte, Leo, Lusetti, Maran, Leoluca Orlando, Stucchi, Tenaglia e Vietti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1367 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 5 febbraio 2009, n. 4, recante misure urgenti in materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore lattiero-caseario (Approvato dal Senato) (2263-A) (ore 9,37).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 5 febbraio 2009, n. 4, recante misure urgenti in materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore lattiero-caseario.
Ricordo che nella seduta di ieri è iniziato lo svolgimento degli interventi sul complesso delle proposte emendative.

ANGELO COMPAGNON. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, quest'Aula è sempre stata un riferimento per la puntualità, oltre che sotto il profilo istituzionale. Come lei sa, stiamo discutendo un provvedimento molto delicato mentre fuori da quest'Aula si svolge una manifestazione molto imponente.
Tuttavia, all'inizio di questa discussione, con la quale dovrebbero esaurirsi gli interventi sul complesso degli emendamenti, manca il rappresentante del Governo. È già successo altre volte, ma non credo che sia giusto lasciar perdere; questa mancanza è molto grave, perciò chiedo alla Presidenza di intraprendere le azioni necessarie affinché il Governo sia presente, altrimenti non credo che la discussione possa proseguire.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Compagnon. La Presidenza provvederà a sollecitare il Governo.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, mi pare assolutamente sacrosanto Pag. 2sospendere la seduta finché non arriverà il Governo perché non si può fare diversamente.
Vorrei anche capire, signor Presidente, quale sarà il futuro della nostra giornata considerato che lo svolgimento della seduta di ieri è stato abbastanza incerto e legato a tanti fenomeni, non soltanto atmosferici. Mi risulta che la riunione della Commissione bilancio propedeutica al prosieguo dei lavori dell'odierna seduta dell'Aula sia iniziata da poco - con ritardo - e non so bene quando si concluderà. Ammesso che il Governo si presenti in Aula, sarebbe utile capire come si pensa di proseguire. Anche se non c'è il Governo, è presente il Presidente della Commissione di merito. Abbiamo alle spalle la giornata di ieri che è stata abbastanza faticosa e infruttuosa dal punto di vista della chiarezza su quale sarà l'iter di questo provvedimento.
Vorrei anche sottolineare che questa poca chiarezza non riguarda certamente il ruolo dell'opposizione che sta facendo l'opposizione in modo assolutamente sereno, ma mi sembra che sia legata più a qualche difficoltà interna alla maggioranza. Tuttavia, per quanto riguarda il senso di quanto dobbiamo attenderci per la giornata di oggi, credo che ciò riguardi trasversalmente sia la maggioranza sia l'opposizione; quindi, attenderemmo qualche elemento di chiarezza da chi ha possibilità di fornirlo in questo momento.
Il Governo è latitante, ma speriamo che sarà recuperato; ho visto il Ministro La Russa in Transatlantico: magari, attraverso i militari, riusciamo a recuperarlo! Vorrei sapere, invece, dal presidente della Commissione cosa si pensa di fare, come si pensa di andare avanti; inoltre mi riservo di intervenire successivamente su ciò che verrà comunicato.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Giachetti.
Chiedo al presidente della Commissione, che è presente in Aula, se intenda intervenire per ragguagliarci sullo stato della situazione.

PAOLO RUSSO, Relatore. Signor Presidente, come lei sa, attendiamo la valutazione della Commissione bilancio, per cui siamo in attesa di quella valutazione. Ritengo che, non appena i colleghi del Governo saranno in Aula, potremo anche proseguire con l'esame del complesso degli emendamenti.

PRESIDENTE. Mi informano in questo momento che la riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo è convocata alle 10. Pertanto sospendo la seduta, che riprenderà al termine della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo.

La seduta, sospesa alle 9,45, è ripresa alle 10,50.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, l'esame del disegno di legge n. 2263 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 5 febbraio 2009, n. 4, recante misure urgenti in materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore lattiero-caseario (Approvato dal Senato - scadenza: 6 aprile 2009) riprenderà al termine dei lavori della Commissione bilancio, convocata per l'espressione del parere sugli emendamenti della Commissione di merito, fino alle ore 14, e proseguirà nel pomeriggio di oggi, dalle ore 15 alle ore 19, nonché nella giornata di martedì 31 marzo (antimeridiana e pomeridiana). Nella mattina di domani avrà luogo lo svolgimento di interpellanze urgenti.
La discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 2187 - Conversione in legge del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, recante misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi (da inviare al Senato - scadenza: 12 aprile 2009), già prevista per oggi, al termine delle votazioni, Pag. 3avrà luogo lunedì 30 marzo. Il seguito dell'esame avrà luogo a partire da mercoledì 1o aprile.
Riepilogando, la seduta riprenderà alle ore 15 e terminerà alle ore 19 di oggi pomeriggio, per riprendere sullo stesso provvedimento martedì mattina.
Colleghi, come ho detto, la seduta riprenderà alle 15 con votazioni; tuttavia, se la Commissione bilancio terminerà i lavori prima, potremo proseguire con gli interventi sul complesso degli emendamenti.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, forse conviene ricapitolare. Lei ha detto che la seduta riprenderà alla fine dei lavori della Commissione bilancio, come risulta ovvio, perché non potremmo entrare in una fase di votazioni, quella del complesso degli emendamenti, che era già in corso e che prevede una ventina di interventi ancora. Non possiamo poi prevedere a che ora la Commissione bilancio termini i propri lavori: può darsi che siano le 15, ma può darsi che sia anche prima. Tuttavia, prevedere che la seduta riprenda alle 15 con votazioni si intende che prosegua la discussione, perché noi dobbiamo esaurire gli interventi sul complesso degli emendamenti, che sono una fase di votazione; non sappiamo però esattamente quando inizieranno le votazioni: certamente si concluderanno entro le 19, per poi riprendere martedì prossimo alle 11, così mi sembra che lei abbia detto.

PRESIDENTE. L'orario non è stato stabilito.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Le chiedo: dopo la Commissione bilancio, si riunirà il Comitato dei nove?

PRESIDENTE. Necessariamente.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Forse conviene prendere atto che riprenderemo dopo la riunione della Commissione bilancio, e dopo che il Comitato dei nove abbia appreso delle deliberazioni della Commissione bilancio e delle eventuali ingiunzioni...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Quartiani, della precisazione.
Riepilogando, le possibili votazioni potrebbero andare dalle 15 sino alle 19. Se la Commissione bilancio invece anticipasse l'esito dei pareri, dopo la convocazione del Comitato dei nove, potremmo riprendere i lavori dell'Aula solo e soltanto sulla parte che può interessare l'eventuale prosieguo degli interventi sul complesso degli emendamenti.

BRUNO TABACCI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, la Commissione bilancio non è convocata, che io sappia.

PRESIDENTE. Stanno partendo le convocazioni.

BRUNO TABACCI. Risulta che il Governo abbia chiesto tempo per valutare l'emendamento in relazione alla dubbia copertura, e quindi questo è lo stato degli atti. Se poi ci stanno convocando, bene: saremo molto felici di partecipare.

IVANO STRIZZOLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

IVANO STRIZZOLO. Signor Presidente, vorrei che ci fosse da parte della Presidenza un chiarimento circa la sconvocazione delle Commissioni, alcune anche bicamerali, che sono convocate per oggi.

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PRESIDENTE. Se la seduta è sospesa, le sconvocazioni non sono necessarie. Lo faremo presente comunque ai presidenti.
La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 10,55, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bocci, Lucà e Saglia sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori.

ANTONELLO SORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONELLO SORO. Signor Presidente, questo pomeriggio il Presidente del Consiglio è tornato su un tema a lui molto caro, ripetendo e confermando giudizi molto offensivi nei confronti del Parlamento, non di questo Parlamento, ma del Parlamento in generale, attribuendo ad esso una funzione sostanzialmente di ostacolo al corretto dispiegarsi del proprio potere personale, direi, non tanto del proprio disegno. La questione, che già era grave quando si è manifestata nelle settimane scorse, diventa ora ancor più grave.
Vorrei dire al Presidente della Camera - credo che ne convenga, così come ne convengono i colleghi - che offendere il Parlamento significa offendere gli italiani.
Quando un Presidente del Consiglio, che cambia opinione tutti i giorni e tutte le ore su tutto, e che anche in queste ore, in questi giorni, ha minacciato e revocato leggi e decreti-legge facendo confusione e sostanzialmente non producendo niente ai fini del governo di un Paese in crisi, anziché fare autocritica e riconoscere che ha qualche problema a governare l'Italia, al di là della propaganda in cui è abilissimo, torna invece a manifestare e a tradire quelle pulsioni autoritarie, mai del tutto mascherate, è evidente che contro di esse non l'opposizione, ma il Parlamento deve reagire.
È insopportabile che il Presidente del Consiglio tutte le settimane, di fronte alle proprie difficoltà - e oggi ne abbiamo una testimonianza considerato che siamo fermi su questo decreto-legge non perché contenga delle regole sbagliate, ma perché la maggioranza non ha saputo trovare la sintesi al proprio interno e il ritardo sulla conversione di questo decreto-legge non è legato all'opposizione - dica che non funzionano le regole democratiche del Parlamento italiano, perché non è così (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Allora, noi chiediamo al Presidente della Camera, ma anche a tutti colleghi, di assumere la responsabilità di respingere questa offesa perché essa non offende solo i rappresentanti del Parlamento, ma anche quelli che da noi sono rappresentati: questo appartiene ad una concezione delle istituzioni democratiche che non è nostra, è di tutto questo Parlamento.
Vorrei che il Presidente della Camera si facesse interprete di questo sentimento e denunciasse la spinta a considerare il Parlamento come un fastidio. Il Parlamento non è un fastidio, è il rappresentante legittimo del popolo italiano (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Unione di Centro).

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, intervengo sullo stesso argomento Pag. 5anche se, prima di tutto, voglio dare atto a lei di avere tempestivamente difeso il ruolo del Parlamento.
Tuttavia, ci tengo ad aggiungere il mio modesto contributo a questa discussione perché io non mi sento qui a fare numero e credo che nessuno degli altri 629 deputati sia qui a fare numero e nemmeno alcuno dei 315 senatori.
È probabile che ci sia da cambiare qualcosa, anzi è certo che occorre cambiare qualcosa, snellire, però non siamo qui a fare numero e non ci stiamo a farci offendere.
La concezione di democrazia del Presidente Berlusconi probabilmente può piacere a qualcun altro e mi viene in mente il Presidente Putin e il possibile nuovo Presidente Netanyahu, ma non piace certamente a noi, a Obama, alla Merkel, a Brown e a Sarkozy.
Siamo in attesa della smentita del Presidente Berlusconi perché sicuramente le sue parole saranno state male interpretate, come quelle che ieri ha rivolto ai licenziati quando ha detto: si trovino qualcosa da fare; come quando ieri ha detto agli imprenditori che si devono inventare qualcosa; o quando ha ribadito ai lavoratori che devono lavorare di più.
Ricordo anche la storia dei bronzi di Riace: siccome un suo amico architetto ha visto due statue non esposte da trent'anni, il Presidente Berlusconi ha pensato bene di utilizzarle nel luogo in cui verranno accolti i Capi di Stato e di Governo di tutto il mondo.
Si tratta di una concezione dello Stato e del governo del nostro Paese che a noi davvero non piace e lo vogliamo qui ribadire, ovviamente in attesa di smentite (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

ITALO BOCCHINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ITALO BOCCHINO. Signor Presidente, innanzitutto ritengo che all'interno di quest'Aula siamo tutti convinti che l'istituzione parlamentare non possa essere mai considerata un ostacolo alla formazione delle leggi e soprattutto al governo del Paese. Su questo siamo d'accordo. Non è proprio possibile mettere in discussione questo principio fondamentale, anche perché - e lo dico da convinto presidenzialista di vecchia data - siamo in una Repubblica parlamentare e, fintanto che saremo in una Repubblica parlamentare, tutti, a partire dal Governo, devono rispettare questa istituzione.
Tuttavia, in una situazione in cui il Presidente del Consiglio sicuramente utilizza degli eccessi verbali - che possono essere compresi solo ed esclusivamente nel contesto probabilmente in cui si trovava e che forse lui chiarirà spero nelle prossime ore con la capacità e la possibilità di ribadire la propria stima nei confronti del Parlamento e del suo ruolo - passare da una considerazione anche critica nei confronti di un eccesso verbale al termine di «pulsioni autoritarie» (come ha fatto il presidente Soro) mi sembra veramente troppo.
Penso che queste occasioni debbano spingerci tutti insieme (maggioranza, opposizione e tutti i gruppi parlamentari) a ribadire la centralità del Parlamento nell'ambito del nostro sistema istituzionale.
Inoltre, nel momento in cui discutiamo di riforme, di Regolamenti parlamentari e di legge elettorale dobbiamo ricercare quell'indispensabile equilibrio di cui il Paese oggi ha bisogno. Mi riferisco all'equilibrio tra un Esecutivo che deve vedersi riconoscere dei poteri più forti e uno strumento legislativo, nell'ambito del bicameralismo parlamentare in vigore oggi, che poi potrà essere riformato e superato con un altro sistema, che deve svolgere un'incisiva funzione di controllo, oltre che la funzione legislativa demandata dalla Costituzione.
Nei giorni scorsi il Presidente della Camera, al quale voi vi siete appellati, ha proprio posto questo problema nell'ambito del dibattito politico, ovvero il fatto che è legittimo che chi oggi governa in base ai voti ottenuti dai cittadini possa chiedere maggiori poteri per il Governo e per l'Esecutivo, ma, dall'altro lato, ci devono Pag. 6essere maggiori funzioni per il Parlamento. Noi siamo per questa strada, per questo equilibrio e per riforme che ci portino a questi obiettivi. Fino a quel momento, siamo contrari a chi esagera verbalmente nei confronti del Parlamento così come siamo contrari anche nei confronti di chi esagera parlando di pulsioni autoritarie che non fanno parte della nostra democrazia (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

ANGELO COMPAGNON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, mi fa molto piacere aver ascoltato le parole dell'onorevole Bocchino, che ha ribadito, come facciamo tutti noi da tempo, che questa è ancora una Repubblica parlamentare e, finché sarà tale, il Parlamento sarà al centro di tutto.
Allo stesso tempo, credo che questa convinzione passi anche attraverso la necessità di trovare eventualmente soluzioni migliorative rispetto al lavoro dell'Aula, ma certamente, fino ad adesso, il pensiero del partito di maggioranza relativa espresso qui poco fa non è certo il pensiero del capo della maggioranza e della coalizione della quale questo partito fa parte.
Lo abbiamo visto dall'inizio di questa legislatura: i decreti-legge che non sono più eccezioni, ma diventano regola; il voto di fiducia; l'insofferenza assoluta per il fatto che i parlamentari votino, con la proposta che bastino i capigruppo per esprimere la volontà del Parlamento.
Credo che tutte queste cose siano poi sfociate nella dichiarazione all'atto della votazione del disegno di legge sul federalismo, quando qui dentro è stato detto: questo è un primo passo che porterà al presidenzialismo. Tutte queste cose, stante la nostra Repubblica, che è ancora parlamentare, indubbiamente ci preoccupano.
Per quanto ci riguarda, per quanto riguarda il nostro comportamento in quest'Aula, ancorché oggi si continui a discutere sul complesso degli emendamenti, il nostro atteggiamento è stato sempre costruttivo, corretto e consapevole anche delle ragioni della maggioranza, perché questo Paese - ho già avuto modo di dirlo - ha bisogno di una maggioranza che governi (e il Paese ha dato un'ampia presenza in quest'Aula, anche numerica) e di un'opposizione che faccia l'opposizione.
Credo che sarà meglio che il partito della maggioranza relativa, per le convinzioni espresse in quest'Aula, si rivolga e suggerisca al Presidente del Consiglio di tenere un atteggiamento più rispettoso nei confronti di questo Parlamento e, di conseguenza, del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

ROBERTO COTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, noi della Lega abbiamo il massimo rispetto per l'istituzione parlamentare; lo hanno i nostri deputati e lo hanno anche i nostri Ministri (vedo qui il Ministro Calderoli).
Questo rispetto lo abbiamo dimostrato non tanto con le parole, perché se ne sentono tante (vi è stato l'intervento del presidente Soro, che, ovviamente, fa il suo lavoro di capogruppo di opposizione; l'abbiamo sentito, giustamente, anche dal presidente Bocchino e dagli altri colleghi), ma l'abbiamo dimostrato con i fatti. Infatti, quando in Parlamento vi è un provvedimento che, in qualche modo, è riconducibile alla Lega o sul quale la Lega ha investito molto, anche dal punto di vista culturale, questo provvedimento non viene imposto, ma viene discusso all'interno dell'Aula, cercando anche di recepire i contributi che arrivano dalla discussione parlamentare.
Questo lo abbiamo visto molto bene con il provvedimento sul federalismo fiscale, che è stato approvato martedì; quindi, rispetto del Parlamento non solo con le parole, ma anche con i fatti concreti.
Seconda considerazione: si fa polemica, per la seconda volta, su dichiarazioni che, Pag. 7per la verità, non sono state rese oggi, ma si tratta di una battuta che è già stata fatta, mi pare, quindici giorni fa. Si vuole, però, un'altra volta ridiscutere su questo: non abbiamo difficoltà a dire oggi quello che abbiamo detto, ovviamente, quindici giorni fa, e cioè che non è possibile che in Parlamento votino soltanto i capigruppo.
È ovvio che in Parlamento votano i deputati che sono stati eletti dal popolo e che rappresentano non solo i movimenti e i partiti politici, ma anche i territori (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Questo mi sembra che debba essere chiaro a tutti; e penso sia chiaro anche al Presidente del Consiglio, che ha parlato evidentemente di provocazione, se leggo bene tra le righe di quanto è stato detto.
Vorrei, però, svolgere una terza considerazione, e anche qui si tratta di riprendere purtroppo considerazioni già espresse a cui sarebbe ora di dare una risposta - lo dico a tutti in generale - con i fatti, non tanto con le parole.
Se il Parlamento teme di essere spogliato dei propri poteri e del proprio ruolo, il Parlamento deve fare qualcosa per recuperare la propria autorevolezza e il proprio ruolo. Che cosa deve fare? Deve fare in modo di essere efficiente (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), deve fare in modo di essere in grado di dare risposte in tempi certi ai bisogni della gente.
Discutiamo allora di questo, prevenendo anche le possibili critiche che arrivano dall'esterno, non soltanto dalla politica: lasciamo perdere la politica, ma pensiamo anche ai cittadini, che ci chiedono di fare le cose, che voglio delle risposte; le vogliono dal Governo, ma le vogliono anche dal Parlamento, e noi siamo qui per dare queste risposte!
Ci sono delle modifiche da apportare al nostro Regolamento. Quali? Non vogliamo tenere un dibattito al riguardo, perché adesso siamo sull'ordine dei lavori; il Presidente Fini lo sa, e sono certo - anzi, l'ha detto più volte - che condivide questa necessità. Per esempio, si potrebbe recuperare il ruolo del lavoro all'interno delle Commissioni parlamentari: nelle Commissioni si svolge tutto il lavoro di carattere tecnico, l'analisi degli emendamenti, la loro discussione, e in Aula si fa il lavoro più politico; perché già qui siamo tanti, e aggiungo: troppi (630 deputati e 315 senatori).

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ROBERTO COTA. In più, se poi i provvedimenti giungono in Aula con centinaia di emendamenti - e concludo -, rispetto a cui è impossibile che nel merito tutti conoscano quello che si discute e quello che si vota, è ovvio che dobbiamo fare in modo che il Parlamento abbia un Regolamento più moderno, più efficiente, che risponda a criteri di efficienza. Discutiamo di questo in sede di Giunta per il Regolamento; quindi, facciamo fatti, e non polemiche e parole (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Popolo della Libertà)!

NICOLÒ CRISTALDI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Su questa questione? Le ricordo che ha già parlato l'onorevole Bocchino per il suo gruppo.

NICOLÒ CRISTALDI. Trenta secondi, signor Presidente, se permette.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NICOLÒ CRISTALDI. Prendo la parola soltanto per far rilevare che si sta mettendo in discussione il ruolo del Parlamento, quasi ad aprire un dibattito su ciò che dovrà essere il Regolamento.
Personalmente, mi fermo alle dichiarazioni del Presidente della Camera dei deputati, che di fronte a quanto è stato dichiarato, ha fatto rilevare come ci siano dei principi e delle regole che devono essere rispettati; queste regole possono essere cambiate, ma fino a quando non lo saranno non possono essere irrise.
Credo che la dichiarazione del Presidente della Camera dei deputati avrebbe Pag. 8anche evitato questo dibattito, se soltanto si fosse interpretato ciò che contiene.
Credo nella centralità del Parlamento. I Regolamenti possono essere mutati, lo dico molto modestamente, ma fino a quando quei Regolamenti non verranno modificati questa è la procedura ed essa va rispettata (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Credo che sia doveroso da parte del Presidente rilevare, innanzitutto, come il rispetto per il Parlamento - che è un'istituzione essenziale, fondamentale in ogni democrazia, a prescindere dal fatto che una democrazia si possa configurare con una forma di Stato più o meno presidenzialista o, al contrario, con una forma di Stato più o meno parlamentarista - deve essere anche rispetto per le regole e le procedure che organizzano i lavori del Parlamento. Credo che sia certamente doveroso discutere sull'opportunità o meno di cambiare quelle regole quando, come accade in Italia da qualche tempo, si reputa da più parti che si tratti di regole datate o, in alcuni casi, di regole non in grado di garantire un'efficace azione della nostra istituzione.
È certamente sbagliato irridere quelle regole e lo dirò con chiarezza al Presidente del Consiglio, anche traendo spunto dal breve dibattito che si è svolto quest'oggi. È sbagliato perché non è vero che i deputati sono qui a fare numero (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Partito Democratico, Unione di Centro, Italia dei Valori, Misto, Misto-Movimento per l'Autonomia, Misto-Minoranze linguistiche e Misto-Liberal Democratici-Repubblicani) e non è vero che votano con due dita emendamenti che non conoscono; ma soprattutto credo che sia sbagliato affermarlo per chiunque, perché si rischia di alimentare un qualunquismo e un senso di sfiducia nei confronti delle istituzioni di cui credo che nessuno in Italia oggi ravvisi la necessità (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Partito Democratico, Unione di Centro, Italia dei Valori, Misto, Misto-Movimento per l'Autonomia, Misto-Minoranze linguistiche e Misto-Liberal Democratici-Repubblicani).
Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, intanto ringrazio la fermezza con la quale lei ha - ancora una volta - difeso questa istituzione, ma quello che sto per dire dimostra che considerare poco questo Parlamento non si fa solo con parole come quelle che ha pronunciato il Presidente del Consiglio, ma anche attraverso alcune azioni. Quella che sto per richiamare è, signor Presidente, un'azione gravissima: non solo questo Governo ha infatti utilizzato il decreto-legge come metodo e come norma (di fatto presentando testi blindati che hanno impedito a quest'Aula di discutere) ma, per effetto del decreto-legge n. 112 del 2008, ora si sta verificando il seguente fatto e, signor Presidente, le chiederei la cortesia di potermi ascoltare, perché credo che anche questo vada rappresentato al Governo.
Su tutti i provvedimenti che esamineremo d'ora in avanti i membri del Parlamento e i gruppi non potranno più presentare emendamenti che prevedano spese, perché tutto ciò che era possibile utilizzare, dopo il decreto-legge n. 112 del 2008, è stato esaurito: non è più possibile utilizzare la tabella C, che ormai è completamente priva di risorse, e una situazione simile si registra anche per le tabelle A e B. Ciò significa che d'ora in avanti il Parlamento - quello che qui è stato considerato uno strumento essenziale del nostro sistema democratico - si dovrà limitare a presentare emendamenti che non prevedono spesa, perché non ci sarà più la possibilità di dare copertura ad emendamenti di spesa e qualunque emendamento di spesa sarà dichiarato inammissibile.

COSIMO VENTUCCI. È meglio così!

ANTONIO BORGHESI. Credo quindi che un'operazione come questa sia ben peggio delle parole, perché riduce il nostro Parlamento ad un luogo nel quale si discuterà di tutto fuorché di quattrini e perché l'unico che avrà la possibilità, attraverso Pag. 9le rimodulazioni di bilancio, di rendere disponibili le somme è il Ministro Tremonti e quindi, ancora volta, il Governo.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 15,25)

ANTONIO BORGHESI. Chiedo alla Presidenza di fare presente al Governo tale situazione e di trovare una soluzione che metta il Parlamento nella possibilità e nella pienezza di agire secondo il mandato che ciascuno di noi ha ricevuto dagli elettori (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 2263-A)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 2263-A), approvato dal Senato (Vedi l'allegato A - A.C. 2263-A), nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (Vedi l'allegato A - A.C. 2263-A).
Avverto che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (Vedi l'allegato A - A.C. 2263-A).
Avverto che la Commissione ha ritirato l'emendamento 3.201. Conseguentemente, il subemendamento Ruvolo 0.3.201.1 deve intendersi decaduto.
Avverto, altresì, che sono stati ritirati gli emendamenti Nola 4.35, Contento 4.61, 4.63 e 4.66, De Camillis 6.61, Fogliato 1.81, 1.76, 1.48, 1.68 e 3.62, Negro 1.80, 1.67, 1.66, 1.78, 1.79, 1.060, 1-bis.60, 3.61, 4.24, 4.74, 4.19, 4.20, 4.80, 4.21, 4.76 e 6.63.
Avverto che la V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A - A.C. 2263-A), contenente una condizione volta a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione. Al fine di recepire tale condizione la Commissione ha presentato il subemendamento 0.6.200.201, che è in distribuzione, ed ha contestualmente ritirato il subemendamento 0.6.200.200.
Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Antonino Russo. Ne ha facoltà.

ANTONINO RUSSO. Signor Presidente, la discussione intorno al provvedimento in esame, i tempi lunghi e le ampie pause che sono stati imposte ai lavori dell'Aula, anche questa mattina, in barba e in spregio della presunta urgenza per la quale il Governo ha fatto ricorso alla decretazione, evidenziano il malessere e l'imbarazzo che si vive rispetto ai temi dell'agricoltura e della zootecnia nel centrodestra.
Del resto, non potrebbe essere altrimenti. Ci rendiamo conto che non sia semplice spiegare che si faccia una legge per saldare un debito con un gruppo, peraltro esiguo di elettori, sia pur fedeli, che nel tempo è stato sostenuto e strumentalizzato per fini politici. Seppur distanti, sono ancora vive le immagini delle file di trattori in marcia e le montagne di letame scaricate qui e là da qualche fattore più agguerrito. Ed è ancora più difficile spiegare che si salda un debito elettorale, saldando i debiti materiali, le multe, qualcuna anche di un paio di milioni di euro - non certo per un divieto di sosta per aver parcheggiano male una macchina -, a chi si è distinto per aver violato la legge e le regole comunitarie. Ed è ancora più difficile se si pensa di farlo caricandone le spese sulle spalle di tutti i cittadini italiani, da Bolzano a Lampedusa. Ciò diviene ancora più complicato se si ha anche la presunzione e l'arroganza di farlo penalizzando gli allevatori onesti che hanno rispettato le regole ed i limiti che la legge ha prescritto ed impone.
Peraltro, la legge più volte richiamata, la legge n. 119 del 2003, è stata votata dal Parlamento italiano con una maggioranza non tanto dissimile da quella attuale ed ha avuto un largo consenso e, quindi, un giudizio positivo più ampio di quello della stessa maggioranza. Pag. 10
Perché, allora, non continuare ad applicarla? Si ha la sensazione di essere in presenza di una vicenda assurda, surreale, che si regge in piedi perché una forza politica ci ha messo lo faccia, ed in particolare il suo Ministro, di fatto, vi ha legato il suo personale destino dentro il Governo. È paradossale che tutto ciò accada ad opera di chi meno te lo aspetti, in spregio anche delle prerogative delle regioni, che per l'occasione vengono esautorate ed umiliate. Altro che spirito federalista!
Non è certamente un caso che nei giorni immediatamente dopo il varo decreto-legge vi sia stata una ferma opposizione e condanna della Conferenza Stato-regioni sintetizzata dal parere negativo al disegno di legge di conversione del decreto-legge. Attenzione: le regioni più agguerrite sono state quelle guidate dal centrodestra, basti pensare alla Sicilia, che con il suo assessore Giovanni La Via ha capitanato la protesta.
Il 20 febbraio l'ANSA batteva le seguenti parole, virgolettate, dell'assessore dell'agricoltura della Sicilia: «Avevo già scritto al Ministro Zaia manifestando la contrarietà della Sicilia all'ipotesi di suddivisione delle quote che avrebbe danneggiato la nostra isola e diverse altre regioni meridionali. A pagare le conseguenze di questo metodo di distribuzione sarebbero stati quei produttori che hanno sempre rispettato la legge senza sforare i limiti di produzione previsti». Queste parole sono simili a molte di quelle pronunciate dall'opposizione in questi due giorni, ma chi le pronuncia non è un esponente del PD, ma del centrodestra. Certo siamo convinti che tutto ciò non sarà rappresentativo per la delegazione del centrodestra siciliana in questa Camera, né pensiamo che le sue osservazioni faranno breccia. Le sue parole, come quelle del suo presidente Lombardo, conteranno quanto il due di briscola quando la briscola è di segno opposto.
Con quale faccia d'altronde gli esponenti catanesi e palermitani del MpA e del PdL tutto potrebbero dire «no» alla Lega che con loro ha concordato e barattato 140 milioni di euro per la città di Catania e 80 milioni per l'Amia di Palermo, con una richiesta in sospeso di altri 200 milioni?
Signor Presidente, mi scusi l'amarezza e lo sfogo ma non posso non notare che questo è il frutto dello spirito dei tempi, un periodo in cui le leggi oltre che ad personam possono farsi ad electorem. Il contesto è da fattoria ma tutt'altro che bucolico.
Questa legge, che il centrodestra si appresta a votare, si candida a sostituire il primato negativo di un'altra legge, definita quasi per ironia della sorte «porcata» da un Ministro, anche qui per ironia della sorte, della Lega. Ho il sospetto che vi sia una competizione interna fra i Ministri della Lega a chi fa peggio. Al Ministro Zaia, magari per il dopo, suggeriamo di definire la legge una «vaccata». Non sarà eufonico ma con la frequenza renderà bene l'idea.
Infine, consentitemi di dire che per noi, per rendere più decente questa legge, sarebbe sufficiente apportare alcuni elementi di novità. Basterebbe condizionare l'assegnazione delle nuove quote alla rinuncia ai contenziosi, assicurare l'effettivo pagamento delle multe prima dell'assegnazione delle quote, pretendere la rinuncia ai contenziosi all'ottenimento delle nuove quote ed assicurare l'effettivo pagamento delle multe, invertire l'ordine di priorità di assegnazione delle quote, portando gli affitti al secondo posto e gli splafonatori di pianure e zone svantaggiate al terzo, coprire le esigenze finanziarie con risorse altre rispetto ai FAS, e l'assegnazione di risorse sufficienti e l'immediata operatività del fondo dedicato ai produttori di latte che hanno acquistato le quote. Tutto ciò ha il fine di non aggiungere nella fattoria, tra mucche e maiali, tra «porcate» e «vaccate», anche una grande quantità di persone per bene che lavorano come muli e che non sono delle bestie, ma che diverrebbero dei polli se passasse questa legge solo per aver rispettato la legge precedente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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MASSIMO POLLEDRI. Sei onomatopeico! Potevi fare anche i versi, già che c'eri!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, sento che vi sono riferimenti da «Fattoria degli animali»: io vorrei farne per un attimo astrazione. Ho una convinzione: il decreto-legge in esame non risolverà la questione delle quote latte. Noi dell'Italia dei Valori ne siamo convinti.
Vi sono state contestazioni e proteste da parte degli operatori del settore: persino oggi, qui davanti, vi è stato un sit-in di allevatori appartenenti ad associazioni che non ritengono giusto ed equo il decreto-legge in esame. Tutte le questioni legate alla sovraproduzione lattiera rispetto a quella spettante al nostro Paese hanno visto interessati i Governi che si sono avvicendati. La maggiore difficoltà riscontrata è quella di stabilire un giusto equilibrio tra gli interessi dei produttori e i limiti di mercato imposti dalla Comunità europea, con la prescrizione di sanzioni rilevanti.
Il decreto-legge in esame dovrebbe regolamentare l'assegnazione di nuove quote che dovrebbero essere disponibili dalla prossima campagna di aprile, ma si rivela al contrario un vero regalo concesso a chi ha operato fuori dalle regole e viene riammesso, nonostante la legge n. 119 del 2003, al meccanismo della compensazione, beneficiando inoltre di una riduzione sulle eventuali multe, a danno di chi invece le regole le ha rispettate.
Il punto per noi irrinunciabile è quello dell'assegnazione delle quote: spettano secondo noi in primo luogo a chi ha pagato, a chi si è indebitato per mettersi in regola e ha fatto sforzi veri; successivamente, a chi ha affittato, cercando anche forme diverse ma comunque onerose per regolarizzarsi; infine, ma solo infine, agli irregolari, che hanno prodotto oltre la quota, con priorità alle produzioni nei limiti del 100 per cento del quantitativo di riferimento individuale.
Il testo al nostro esame tratta fondamentalmente due argomenti cruciali: la rateizzazione delle multe pregresse e la ripartizione, la suddivisione delle nuove quote assegnate al nostro Paese. Però nell'elaborare questo decreto-legge il Ministro Zaia non ha trattato allo stesso modo gli allevatori: leggendo il provvedimento, infatti, si nota che è stato elaborato solo per alcuni prescelti, cioè per quelli che hanno fatto il proprio comodo splafonando, quelli che hanno agito a proprio vantaggio e che hanno avuto anche l'ardire di aprire contenziosi giudiziari. Per questo riteniamo il decreto-legge inadatto a risolvere il problema e come la pensiamo noi, dell'Italia dei Valori, la pensano migliaia di allevatori nel nostro Paese e nella vostra Padania.
La legge n. 119 del 2003 del Ministro Alemanno aveva infatti offerto la possibilità di regolare la loro situazione, eppure non se ne sono curati ed hanno continuato ad agire nell'illegalità. Oggi vi sono multe per circa un miliardo e 700 milioni di euro, che coinvolgono oltre 1.500 allevatori.
Vogliamo parlare anche della cifra destinata al fondo di rotazione, che spetterebbe a chi ha acquistato le quote successivamente alla legge n. 119 del 2003? Bene: avete deciso la copertura di questo fondo con le risorse destinate al fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, vale a dire ad ognuno un po' di elemosina. Il bello è che il Ministro - che la situazione la conosce bene e sa cosa significhi essere irregolare - ha espresso un parere contrario sulla stragrande maggioranza degli emendamenti presentati in Commissione dall'opposizione.
Signor Presidente, non pretendo che tutta l'Assemblea mi segua, ma almeno il Ministro e il sottosegretario potrebbero prestare un minimo di attenzione.

PRESIDENTE. Ha ragione. Prego.

FABIO EVANGELISTI. Il decreto-legge in esame presenta una caratteristica: non è nient'altro che un condono in favore delle aziende che, incuranti delle regole Pag. 12imposte dall'Unione europea e dalla legge n. 119 del 2003, hanno agito all'insegna dell'arbitrarietà. In 40.000 hanno controllato la produzione, adeguandosi alle regole, hanno speso centinaia di migliaia di euro per acquistare le quote latte ed ora, invece, il Ministro premia coloro che si sono comportati in modo scorretto.
È inutile cercare giustificazioni: il decreto-legge, così come è stato impostato, non tranquillizza né i regolari né le regioni, perché non corrisponde alle aspettative del comparto interessato.
Questa indifferenza totale del Ministro a qualsiasi nostra proposta dimostra l'intenzione di proteggere qualcuno: non si spiega infatti altrimenti perché non si voglia ascoltare la voce del mondo produttivo, che non vuole questo decreto-legge, che è contrario e lo manifesta chiaramente.
Il decreto-legge concernente le cosiddette quote latte viene percepito dal mondo agricolo in questo modo: come una sanatoria che favorisce solo alcuni, cioè quelli che non rispettano le regole sulla materia e quelli che non hanno rispettato le quote latte. Persino i termini temporali ed oggettivi della rinuncia al contenzioso presentano scarsa chiarezza e marcano ancora spazi di equivocità. Riteniamo, comunque, che le priorità nell'assegnazione della riserva debbano essere tali da rispettare, innanzitutto, le aziende che hanno subito il taglio della cosiddetta quota «B», in seguito, le aziende che hanno coperto, con affitti di quota, la produzione realizzata e, infine, le aziende che hanno prodotto oltre la quota, con priorità alle produzioni nei limiti del 100 per cento del quantitativo di riferimento individuale.
Signor Ministro, per questo motivo, la invitiamo a rivolgere maggiore attenzione a quel mondo agricolo a cui lei fa sempre riferimento. Occorrono, infatti, interventi a sostegno dei nostri agricoltori, le cui aziende risentono della forte crisi in atto in tutti i settori dell'economia. Non si pensi, però, solo agli splafonatori. Il Governo si è chiesto il motivo di questa reazione dell'allevatore, che cerca di stare nelle regole comunitarie, investendo centinaia di migliaia di euro e, poi, si accorge che il Ministro dell'agricoltura è tutto affaccendato ad avvantaggiare chi, invece, con tracotanza, ha eluso le regole?
Signor Ministro, è difficile convincere gli allevatori che gli articoli del decreto-legge in discussione coincidono con gli interessi di tutti. Lei ci dovrà provare, ma sicuramente non riuscirà a convincere noi dell'Italia dei Valori (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Galletti. Ne ha facoltà.

GIAN LUCA GALLETTI. Signor Presidente, penso che abbiamo capito tutti che vi sia qualcosa che non va nel decreto-legge in discussione. Lo dimostrano non solo le riflessioni che abbiamo svolto in Aula in questi giorni, ma anche le iniziative di protesta che si sono tenute questa mattina davanti alla Camera. Se qualcuno ha avuto il tempo e la voglia di andare ad ascoltare il giudizio dei manifestanti e ha letto qualche cartello che hanno esposto, forse, oggi dovrebbe fare qualche riflessione in più. Il Governo è intervenuto con una decretazione d'urgenza, con un solo obiettivo: quello di sanare la posizione di una quota irrisoria di allevatori. Ve lo ricordo, colleghi: stiamo parlando dell'1,58 per cento degli allevatori che, da soli, rappresentano il 75 per cento dello splafonamento complessivo. Stiamo facendo una legge a beneficio dell'1,58 per cento degli allevatori, penalizzando gli altri. Tuttavia, vi è una condivisione sulla necessità di dare un quadro definitivo al settore lattiero-caseario, superando definitivamente le incongruenze esistenti.
Questo comparto sta effettivamente attraversando come gli altri, ma forse più degli altri, una fase di enorme difficoltà: per questo motivo, gli operatori del settore si attendono, a questo punto, un provvedimento che confermi una soluzione in coerenza con il percorso che il Parlamento ha fatto in questi anni. La maggior parte degli allevatori - ve lo ricordo - pur di rispettare la normativa sulle quote e restare nella legalità, ha fatto grandi sacrifici, Pag. 13soprattutto economici, per l'acquisto o l'affitto delle quote, mentre tanti altri non si sono adeguati alla normativa vigente e hanno iniziato a produrre al di là della legge, conducendo una concorrenza sleale. Colleghi, ci troviamo di fronte ad un'evidente discriminazione e ad una palese violazione dei principi di concorrenza tra chi è restato nella legalità e chi, invece, ha aggirato palesemente la legge.
Mi chiedo: quale messaggio stiamo trasmettendo al Paese? Che fine hanno fatto - lo chiedo alla maggioranza - quei valori di concorrenza, legalità e meritocrazia, che credevamo, ormai, condivisi da tutti, in quest'Aula e nel Paese? Stiamo facendo il contrario di quello che dovremmo fare: penalizziamo chi ha rispettato la legge e premiamo, invece, chi l'ha coscientemente trasgredita. Colleghi - mi rivolgo alla maggioranza - per fortuna, sareste il Governo che dovrebbe combattere l'evasione fiscale!
Com'è noto, l'applicazione del sistema delle quote era stata segnata, nel tempo, da continui splafonamenti della quota produttiva assegnata al nostro Paese e da un vasto contenzioso accumulato nelle sedi giudiziarie. Tale contenzioso era stato sostenuto dalla non coerenza della normativa statale con quella comunitaria. Aveva determinato, di fatto - ve lo ricordo -, la sospensione dell'applicazione del prelievo.
La legge n. 119 del 2003 che abbiamo ricordato più volte in quest'Aula, approvata dopo un ampio dibattito parlamentare, aveva assicurato, nel suo complesso, una piena coerenza con la normativa comunitaria e aveva razionalizzato e semplificato la normativa nazionale vigente. Aveva, insomma, favorito quel riequilibrio fra le quote assegnate e la quantità di latte commercializzato attraverso un semplice principio, quello della liberalizzazione territoriale delle vendite di quote produttive e la possibilità - lo ricordo - di affitto temporaneo in corso di campagna.
Sulla questione delle multe pregresse vi era stata la previsione di una rateizzazione pluriennale, con la volontà di garantire agli allevatori le certezze necessarie per favorire lo sviluppo del mercato delle quote, per salvaguardare le aziende del settore e per favorire il pieno rientro nella legalità comunitaria del nostro comparto lattiero-caseario. L'applicazione di tale normativa è stata fortemente contestata da una quota minoritaria, quell'1,58 per cento di produttori che, come ricordavo poco fa, con motivazioni certamente discutibili hanno comunque determinato un'ulteriore fase di disordine e di concorrenza sleale e una situazione di mercato molto più debole.
La prima applicazione della legge n. 119 del 2003 - pur con questi contrasti - è proceduta in modo forte e significativo, riuscendo a coinvolgere in questo processo più del 95 per cento dei produttori agricoli. Le situazioni di aperto contrasto della norma si sono avvalse di un sistema giudiziario complesso e, purtroppo, non sempre univoco nell'interpretazione della legge n. 119 del 2003, per cui i ricorsi e i controricorsi nelle diverse sedi giurisdizionali hanno ottenuto risposte molto, molto diverse, alimentando in questi strenui contestatori della legge la possibilità di sfuggire al rigore previsto dalla normativa stessa.
Voler ritornare sulla vicenda con la volontà di recuperare la nostra capacità produttiva e una definitiva e regolare stabilizzazione costituisce un intento rispetto al quale non abbiamo alcuna preclusione pregiudiziale, ma va ribadita immediatamente una volontà ferma di evitare sanatorie e benefici sperequati rispetto a tutti i produttori che hanno seguito il percorso della regolarizzazione prevista dalla legge n. 119 del 2003. Di fronte a questa legge, non tutti i produttori si sono comportati alla stessa maniera. Abbiamo per questo sospeso il nostro giudizio, nell'attesa di verificare la disponibilità e l'impegno del Governo e della maggioranza a voler porre fine a questa situazione e superare una produzione illegale che sicuramente in questi anni ha creato grandi problemi di credibilità nell'ambito europeo e che da sempre contesta la capacità del nostro Paese di gestire in maniera coerente e corretta la questione delle quote latte. Pag. 14
Avevamo accolto positivamente - lo ricordo - alcune modifiche intervenute nella prima lettura al Senato, con particolare riferimento alla previsione della rinuncia ai contenziosi, alle insufficienti ma positive modifiche circa l'assegnazione delle quote, nonché alla compensazione con i contributi PAC per la prima rata relativa alle multe pregresse. Nel testo oggi al nostro esame risultano evidenti rilevanti elementi negativi introdotti dall'esame in sede di Commissione che giudichiamo davvero incomprensibili e rendono l'atteggiamento della maggioranza e del Governo schizofrenico rispetto all'obiettivo di una posizione comune forte del Parlamento, che garantirebbe il superamento di ogni spazio di furbizia da parte di quanti non volessero adeguarsi definitivamente alla normativa.
Ci preoccupano, soprattutto, le modifiche intervenute sul tema della rinuncia ai contenziosi. Sosteniamo l'esigenza di recuperare gli splafonatori rispetto alla normativa italiana e comunitaria, ma vogliamo affermare con grande forza che è imprescindibile pervenire ad una soluzione che sia equa nei confronti di tutti gli altri produttori. Non è possibile che i produttori italiani, che hanno con grande sacrificio e fatica rispettato le leggi, possano subire dalla normativa oggi in esame una reale discriminazione, sia rispetto agli splafonatori nazionali, sia rispetto agli altri produttori europei che negli altri anni potranno ottenere quote dell'aumento di produzione annuale pari all'1 per cento concesso a tutti gli altri membri dell'Unione. Colleghi, sarebbe davvero una clamorosa ingiustizia se gli unici produttori a non ricevere nuove quote con le quali poter sviluppare le loro aziende e sostenere l'impatto del mercato nei prossimi anni fossero proprio quei produttori che hanno rispettato la legge, alla faccia della concorrenza e della legalità.
Le nostre proposte, che nascono da un confronto con organizzazioni professionali e cooperative rappresentative di migliaia di aziende mirano, in primo luogo, a rendere certa la rinuncia a tutti i contenziosi e il versamento della prima rata delle multe pregresse quali condizioni indispensabili per avere consegnate le nuove assegnazioni; a definire i tempi e le regole certe per l'istruttoria delle domande di assegnazione, il versamento della prima rata e la revoca dell'assegnazione; a dare una risposta vera ed equa ai produttori che, per coprire la maggior produzione, hanno affittato quote a titolo oneroso; a garantire che il Fondo di sostegno previsto da questa legge debba essere idoneo a soddisfare le esigenze di sviluppo e di carenza di liquidità dei produttori che hanno da sempre rispettato la legge o che si sono regolarizzati ai sensi della legge n. 119 del 2003.
Abbiamo presentato diversi emendamenti, come occasione di dialogo e di confronto, per superare i limiti inaccettabili oggi presenti nel provvedimento. La maggioranza, su questi emendamenti, ci ha chiuso la porta in faccia. C'è il rischio che a partire da questo provvedimento, se non si pone mano alle necessarie e ineludibili modifiche, si determini una situazione di ancor maggiore conflittualità, con un'ulteriore e profonda divisione della filiera.
L'agricoltura italiana, che sta attraversando mesi molto difficili, ha bisogno di essere governata da provvedimenti condivisi, che tutelino le aziende e assicurino il credito e un necessario sistema di norme condivise. Siamo pronti, come Parlamento, onorevoli colleghi, a fare come al solito la nostra parte, in modo costruttivo. Vogliamo solo che vengano affermati, con forza, quei valori di meritocrazia e legalità che per noi, colleghi, sono e restano irrinunciabili (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

LUDOVICO VICO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, desidero segnalare che, al termine dei lavori di questa sessione pomeridiana, sono convocate le Commissioni VI e X riunite, per designare il relatore in ordine Pag. 15al disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge n. 5 del 2009. A tal proposito, mi permetto di rivolgerle alcune richieste molto rapide, da indirizzare poi al Governo, in ordine al Fondo di garanzia. Per tale motivo, desidero ricordare all'Aula che, con il decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, per i Fondi di garanzia risultavano stanziati 450 milioni di euro, ovviamente a vantaggio dei piccoli e medi imprenditori. Con il decreto-legge n. 5 del 2009, tali risorse, come è noto ai colleghi delle Commissioni VI e X, si sono ridotti a 80,5 milioni di euro e a 95,9 milioni di euro rispettivamente per gli anni 2010 e 2012. Con l'emendamento 6.200 delle Commissioni sulle quote latte, ulteriori risorse, pari verosimilmente a 45 milioni di euro, previsti al comma 1-bis dell'articolo 6, saranno destinate a misure di accesso al credito in favore degli imprenditori agricoli. Pertanto, le risorse residue sarebbero sostanzialmente azzerate.
Quale questione intendo sottoporle, signor Presidente? L'impressione è che ci sia un movimento di risorse contemporaneamente su due decreti-legge, dei quali uno è già all'attenzione dell'Aula mentre l'altro lo sarà all'inizio della prossima settimana. Contestualmente, desidero segnalare al Presidente Leone che, con le proposte emendative presentate al decreto-legge n. 5 del 2009, il Fondo di garanzia viene rifinanziato per un miliardo nel triennio 2010-2012, con 200 milioni per l'anno 2010, con 300 milioni per il 2011 e con 500 milioni per il 2012, a valere sul FAS. In merito al FAS, in sede di V Commissione, l'onorevole Marinello, che è il relatore del provvedimento, ha posto tre quesiti al Governo, che non ha ancora risposto. Il primo, relativo alla disponibilità delle risorse nell'ambito del FAS, è se il loro utilizzo possa pregiudicare la realizzazione degli interventi già previsti, a legislazione vigente, a valere sulle medesime risorse.
Il secondo quesito è la riduzione del FAS di un importo pari all'onere stesso e il terzo è relativo alle ragioni per cui si è applicato il meccanismo cosiddetto di caratura.
Ciò detto - e avviandomi alla conclusione nel tempo che ella, signor Presidente, mi ha consentito - desidero inoltre segnalare, perché lei se ne faccia portavoce nei confronti del Governo, un problema in ordine ai cosiddetti conti dormienti. Segnalo semplicemente che in risposta all'interrogazione, presentata dall'onorevole Fluvi il 21 gennaio 2009 in Commissione finanze, il Ministro dell'economia e delle finanze ha affermato che il deposito fondi dormienti è scaduto il 15 dicembre, che solo al 31 maggio si potrà sapere l'entità del fondo e che la consistenza di quel fondo sembra ammontare a 800 milioni di euro e, infine, che con quel fondo fino ad ora si è provveduto alla copertura - e concludo - della quota da erogare ai risparmiatori di Alitalia, ai risparmiatori delle frodi finanziarie (Cirio e Parmalat), ai tango bond della Repubblica argentina, al finanziamento della ricerca scientifica e alla social card, la quale dovrebbe assorbire 450 milioni di euro, in base a quanto riportato sul sito web del Governo.
Mi permetto di segnalare ad ella, signor Presidente, se queste preoccupazioni, non essendo comuni, non vadano rivolte al Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Vico, la ringrazio del rilievo puntuale che lei ha fatto. Purtroppo devo ammettere che le cose sono nel senso da lei dichiarato. Il rilievo, allo stato dell'arte, è solo di natura politica perché nelle Commissioni, come lei stesso ha affermato, sono già in fase di conclusione i lavori, nella piena autonomia delle Commissioni, e l'intervento della Presidenza non può avvenire. Tra l'altro, proprio oggi la Conferenza dei presidenti di gruppo ha calendarizzato il provvedimento cui lei alludeva stabilendo che la discussione sulle linee generali si svolga lunedì prossimo.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

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PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, voglio continuare il ragionamento che lei ha giustamente fatto ricordandoci che è calendarizzata, per lunedì, la discussione sulle linee generali del provvedimento che il collega Vico ha rammentato nel suo intervento, cioè il decreto-legge cosiddetto anticrisi per la parte che riguarda, soprattutto, le piccole e medie imprese.
Il problema posto dall'onorevole Vico, secondo me, deve essere una questione di cui, in qualche modo, la Presidenza deve farsi carico per fare in modo che il Governo, per la parte propria, valuti la congruenza delle coperture finanziarie. Però, a lei non può sfuggire, dal punto di vista delle responsabilità parlamentari - cioè le nostre responsabilità - e della Presidenza, che a fronte dell'assenza di certezza su tre questioni fondamentali che sono i conti dormienti, le quote che vengono sottratte da quel decreto-legge eventualmente per stanziarle nel provvedimento relativo alle quote latte (a copertura del decreto-legge sulle quote latte), sottraendo così fondi alle piccole e medie imprese e l'altra questione, che ha sottoposto il collega Vico, che riguarda l'utilizzo del FAS, cioè dei soldi per le zone meridionali, è del tutto evidente che le Commissioni VI e X, convocate oggi al termine della seduta dell'Assemblea, sono difficilmente in grado di dare mandato al relatore di riferire in Aula - cioè, nella seduta di lunedì - in quanto non vi sono le condizioni per poter dare alcun mandato finché queste tre questioni non vengono risolte.
Non abbiamo concluso l'esame del provvedimento sulle quote latte per sostenere che si possono sottrarre fondi per coprire finanziariamente le spese che sono previste nel decreto-legge a seguire. Pertanto, è del tutto evidente che non si capisca il motivo per cui si devono sottrarre tali fondi. In realtà, si tratta di una questione che alla fine può anche essere chiarita ma o si verifica il chiarimento prima della riunione delle due Commissioni oppure è del tutto evidente che la riunione delle due Commissioni deve essere rinviata alla giornata di lunedì, prima dell'inizio della seduta dell'Assemblea - almeno questo - in modo tale che la Presidenza possa svolgere il suo lavoro di verifica e il Governo possa fornirci le risposte adeguate.

PRESIDENTE. Onorevole Quartiani, è chiaro il rilievo, che sarà rappresentato nelle forme dovute.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Farinone. Ne ha facoltà.

ENRICO FARINONE. Signor Presidente, colleghi, signor Ministro - che in questo momento non c'è, ma ha seguito abbastanza il dibattito di questi due giorni - vorrei dire che stiamo parlando di un paradosso: da un lato, si è ottenuto in sede comunitaria un risultato importante per il mondo agricolo nazionale e, quindi, per l'intera economia italiana.
All'Italia è stato, infatti, concesso un ampliamento delle quote latte, un tema del quale in Europa si parla da molti anni e che rimarrà in agenda sino al 2015, pari al 5 per cento così come, per la verità, per tutti gli altri Paesi dell'Unione europea. Però, a differenza degli altri partner comunitari l'Italia, anziché raggiungere il nuovo tetto di produzione gradualmente, crescendo dell'1 per cento ogni anno, potrà arrivarvi da subito. Si tratta di un buon risultato, si direbbe, del quale il Ministro mostra giustamente vanto. Potrei aggiungere che si tratta di un buon risultato come quando nel 1999 il Governo di centrosinistra riuscì ad ottenere per la sola Italia un aumento di 600 mila tonnellate di quote latte all'interno di «Agenda 2000» e, soprattutto, un buon risultato come forse dai tempi dell'indimenticabile, e nel mondo agricolo, indimenticato Ministro, senatore Giovanni Marcora, che voglio qui ricordare a ventisei anni dalla sua scomparsa e che ho avuto l'onore, giovanissimo, di conoscere e di stimare, riusciva ad ottenere in sede comunitaria. Era un democristiano - vorrei ricordarlo all'onorevole Dussin che ieri Pag. 17parlava male dei democristiani - che ha valorizzato la nostra agricoltura. Un po' di rispetto forse per la storia di questo Paese non guasterebbe. Però, al positivo esito di una trattativa naturalmente difficile e tradizionalmente ostica, ha fatto seguito un decreto-legge del Governo che ha scatenato l'ira e la vibrata protesta della gran parte del mondo agricolo italiano, sfociata anche in manifestazioni come quelle tenute qualche settimana fa in Lombardia e fuori dal Parlamento questa mattina; manifestazioni eclatanti, impegnate, assai partecipate e determinate.
Ecco l'altro lato del paradosso: un successo in sede di Unione europea è stato tradotto in un provvedimento nazionale piccino, oserei dire meschino, teso solo a favorire una quota minoritaria, ancorché rumorosa, del mondo agricolo legata elettoralmente al partito del Ministro ovvero, come spesso capita e come questo Governo spesso predilige sin dai suoi inizi (si ricordi il decreto «salva Retequattro»), una piccola vicenda elettorale, un favore agli amici, a discapito dell'interesse generale del Paese.
Ecco allora che i complimenti mutano in forte e direi sdegnata disapprovazione. Si è persa un'occasione, signor Ministro, signor rappresentante del Governo che siede in questo momento ai banchi del Governo. Si è persa un'occasione solo per accontentare pochi produttori. Poco fa i miei colleghi citavano la percentuale di produttori di cui stiamo parlando: è davvero infinitesimale, eppure si è persa un'occasione per accontentare questi pochi produttori che, per di più, non hanno ostentatamente voluto applicare la legge. Come al solito in Italia vincono i furbi.
Vogliamo ribellarci con determinazione - lo abbiamo fatto in questi due giorni di dibattito - a questa condanna dell'etica nel nostro Paese che pare quasi una maledizione e che, invece, è il frutto marcio dell'eterno prevalere degli interessi di parte su quelli dell'insieme della collettività, il prevalere delle lobby sulla politica e della prepotenza sulla mitezza degli onesti.
Signor Ministro e rappresentante del Governo (che in questo momento è impegnato in un altro argomentare): tutti sappiamo quanto l'agricoltura sia importante e rilevante nel dibattito a Bruxelles e anche nel dibattito a Strasburgo e quanta parte delle risorse comunitarie si prende e si è sempre presa. Potremmo anzi dire che, se non nata, la Comunità economica europea ai tempi si è sicuramente sviluppata intorno all'agricoltura, ma proprio per questo suo rilievo non possiamo immaginare che i partner comunitari abbiano concesso uno status speciale all'agricoltura italiana perché noi siamo speciali o per le sole capacità negoziali del Ministro.
Non è così. Lo hanno fatto con un preciso obiettivo, che è il loro interesse, ed è un interesse comunitario, ovvero stabilizzare un mercato importante, come quello italiano, sanando le irregolarità delle quali si sono resi protagonisti i pochi produttori di cui parlavo qualche istante fa. Ed è questo che mi preme rilevare in questa sede, per l'importanza direi anche «didattica» che assume questa vicenda agli occhi dei nostri partner europei. Vogliamo, colleghi della maggioranza, che come al solito l'Italia venga vissuta al di là delle Alpi come il Paese delle eterne furbizie, un Paese insomma inaffidabile? Certo, che no. Quindi, colleghi della maggioranza, se solo voleste, se solo aveste un minimo di orgoglio da questo punto di vista, modifichereste insieme a noi, qui in Assemblea, nel dibattito che si sta tenendo e che si terrà poi a partire dalla discussione degli emendamenti, questo provvedimento legislativo iniquo che il Governo ha adottato con il decreto-legge n. 4 del 2009. È possibile colleghi. Già nell'Assemblea del Senato qualche modesto miglioramento è stato apportato. Potremmo fare di meglio qui alla Camera, se solo lo si volesse.
Certo, l'inizio in Commissione agricoltura non è stato dei migliori, perché lì si è fatto addirittura qualche passo indietro rispetto al Senato e non uno degli emendamenti proposti dai colleghi del Partito Democratico è stato approvato. Possiamo però farlo qui oggi nell'Assemblea, che è Pag. 18sovrana rispetto al dibattito che si tiene nelle Commissioni. Lo possiamo fare nell'interesse generale del comparto agroalimentare italiano, di tutti gli agricoltori italiani. Infatti, vedete, colleghi della maggioranza, se fosse stata applicata la legge in vigore, è stato detto più e più volte in questi giorni di dibattito (mi riferisco alla legge n. 119 del 2003, varata con un vasto consenso, ma comunque da una maggioranza di centrodestra, in presenza di un Ministro, come l'attuale sindaco della capitale) non ci sarebbe stato affatto bisogno di alcun decreto-legge, tantomeno di questo. Quella legge imponeva e impone legalità ed equità tra i produttori sul mercato e, invece, produce blocchi a Linate, il bivacco dei Cobas ad Arcore. Lo conosco bene perché abito lì vicino e, nel prato tra casa mia e la villa del Presidente del Consiglio, i Cobas rimasero settimane a presidiare le loro buone ragioni. Lo so bene. Le loro buone ragioni erano contro la legalità e la legge n. 119 del 2003, contro la legge che questa stessa maggioranza, che oggi governa il Paese, fece approvare allora.
Invece, siamo qui a discutere, di fatto, della rateizzazione di un debito importante e dovuto alle multe per eccesso di produzione di latte che l'Italia paga all'Unione europea a causa del mancato rispetto della legge da parte dei pochi che si ostinano a non voler pagare. Anzi a non voler rimborsare a noi, a tutta la comunità nazionale. Infatti, come è noto, l'Italia le multe all'Europa le ha pagate, le ha dovute pagare. Come è stato ricordato, la legge n. 119 del 2003 definì una procedura attraverso una rateizzazione per pagare il debito prodotto verso l'Europa dalle multe sino a quel tempo - era il 2003 - non pagate.
Si trattava di una rateizzazione vantaggiosa - è stato detto e ricordato - ad interessi zero, che vide l'adesione della grande maggioranza dei produttori. Quei pochi che non aderirono avviarono al contrario vie giudiziarie con lo scopo di non pagare né allora, né mai. Questo decreto-legge incredibilmente aiuta, con una sanatoria di fatto, costoro. Inoltre, punisce quei produttori che aderirono magari faticosamente alla prima rateizzazione del 2003, magari indebitandosi con le banche, dovendo perciò pagare degli interessi per i mutui accesi, investendo per acquistare quote latte e mantenere così nella legalità il proprio standard di produzione oppure affittando quote per rispondere alle proprie esigenze produttive. Ora si vuole premiare, al contrario, chi non ha fatto sacrifici, non si è assunto rischi, continuando a produrre in eccesso e rifiutando di pagare le multe. Ma che Paese è mai questo?
Ecco perché noi ci siamo sforzati in queste settimane di ascoltare le giuste ragioni di quanti fra i produttori hanno protestato gridando la loro indignazione, di quanti hanno seguito le regole, ottemperato alla legge, proseguito a lavorare correttamente in un contesto anche economico, come è noto, sempre più duro e difficile.
Molte questioni sono state affrontate nel dibattito in Aula, oltre che naturalmente nella Commissione competente, dai colleghi del Partito Democratico; questioni che vengono ora riproposte dai nostri emendamenti. Non si può non citarne una, cioè che l'assegnazione di nuove quote non può che essere condizionata alla rinuncia al contenzioso, completando in questo modo la correzione, rispetto al decreto-legge originario apportata al Senato, per la quale chi aderisce alla rateizzazione del pagamento delle multe deve rinunciare al contenzioso, come peraltro è previsto dalla legge n. 119 del 2003. Perché, signor Ministro, lei è contrario? Perché il Governo è contrario? Perché la maggioranza è costretta ad essere contraria?
Non si può non citarne un'altra strettamente connessa: assicurare che l'effettivo pagamento delle multe sia effettuato prima dell'assegnazione delle quote, prima. Lo si può fare facendo confluire, come propone un nostro emendamento, in una riserva nazionale le assegnazioni previste. È un passaggio fondamentale per condizionare la rinuncia ai contenziosi all'ottenimento delle nuove quote e assicurare l'effettivo pagamento delle multe. Pag. 19Le quote devono quindi essere assegnate in una riserva nazionale prima dell'adesione alla rateizzazione e devono riguardare tutti i produttori con prelievo universale.
Così come occorrerebbe invertire l'ordine di priorità di assegnazione delle quote portando gli affitti al secondo posto, gli splafonatori di pianura e delle zone svantaggiate al terzo. Non è possibile, come invece il Ministro vuole fare, non differenziare le quote di produzione aggiuntive tra chi ha in questi anni affittato le quote e chi viceversa ha ecceduto nella produzione. È anche una questione di buonsenso, direi, non solo di correttezza. Invece in Commissione agricoltura la Lega Nord ha introdotto un emendamento peggiorativo per il quale solo il reiterato - testuale - mancato versamento dell'intera rata produce la decadenza dal beneficio della rateizzazione. Mancato versamento, mi piace sottolineare, dell'intera rata, cioè neanche di una parte e per di più reiterato. Traducendo: si può non versare per un bel po' tanto non succede nulla. Furbizie che i leghisti duri e puri definirebbero tipiche di altre zone del Paese rispetto a quella che loro sostengono di rappresentare. Furbizie che la dicono lunga sugli obiettivi veri perseguiti dal Ministro della Lega in questa vicenda. E colpisce davvero l'impotenza del Popolo della Libertà, troppo evidenti sono gli interessi elettorali in gioco, troppo clamorose sono le iniquità della vicenda. Ecco dunque il paradosso, e chiudiamo il cerchio tornando dovevamo cominciato: quello che avrebbe potuto essere un successo in sede europea si trasforma nel peggiore dei fallimenti, un favore fatto ad una parte, il contrario dell'interesse collettivo, dell'interesse nazionale.
Abbiamo detto in altre circostanze che uno dei punti di debolezza del nostro comparto agricolo è che è troppo frazionato. L'Italia non fa sistema e questo dato produce non pochi problemi non solo interni bensì soprattutto esterni nel rapporto con i nostri partner comunitari. Questo provvedimento così com'è - se, ripeto per l'ultima volta, colleghi della maggioranza non avrete il coraggio di modificarlo insieme a noi ora in Aula, commettendo così un grave errore - accrescerà anziché diminuire le fratture nel sistema, genererà rancori, sfiducia, forse rassegnazione, forse rabbia. In ogni caso produrrà effetti negativi di cui proprio non se ne avverte il bisogno in un momento già difficile di suo.
Nemmeno le regioni sono state coinvolte, altro paradosso. Da un Ministro della Lega, intanto che si faceva la legge sul federalismo fiscale, non venivano coinvolte le regioni su un tema così importante. Anzi si fa di più, si nomina un commissario di Governo per la gestione dell'intera vicenda: un clamoroso esempio di centralismo deciso dai campioni del federalismo. Pare incredibile ma tutto si tiene, perché per gestire un'ingiustizia di tal fatta è necessario un controllo centralizzato, verticistico. Coinvolgere le regioni nella fase attuativa del provvedimento comporterebbe effettivamente, dal punto di vista di chi questo provvedimento ha voluto, troppi rischi.
Allora, concludendo, signor Presidente, credo che abbiamo perso - anche se teoricamente, lo ripeto, avremmo ancora la possibilità di recuperare - un'ottima occasione per rispondere positivamente ad un'apertura di credito che l'Europa ci ha concesso, ad un trattamento di favore che, stando così le cose, dimostriamo di non meritare.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ENRICO FARINONE. A Bruxelles, lo dobbiamo ricordare, la valutazione che compieranno non potrà essere positiva e ciò rischierà di rappresentare un danno serio, ahimè, per qualsiasi negoziato futuro. Lo ricordi, signor Ministro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti della scuola media «Massimo Stanzione» di Orta di Atella, in provincia di Caserta, e quelli dell'istituto superiore Pag. 20«Russell» di Guastalla, in provincia di Reggio Emilia, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Gnecchi. Ne ha facoltà.

MARIALUISA GNECCHI. Signor Presidente, ho scelto di intervenire sul decreto-legge in esame dando importanza alle regioni e al parere che esse hanno espresso proprio perché, avendo discusso questa settimana e la scorsa di federalismo in quest'Aula, e continuando a ripetere che le regioni devono avere un ruolo più importante, che la centralità dello Stato deve ridursi e che, invece, si devono valorizzare le regioni sia a statuto ordinario sia a statuto speciale, nonché le province autonome, mi sembra importante considerare cosa le regioni pensano dei vari provvedimenti. Quindi, in questo modo, oltre a sottolineare l'importanza del ruolo del Parlamento, che mi sembra che il Presidente del Consiglio spesso dimentichi - quando siamo buoni lo dimentica, ma molto spesso è offensivo nei confronti di tutti i parlamentari e del ruolo che essi hanno e devono avere - ritengo importante ribadire sia il nostro ruolo sia il ruolo delle regioni.
Allora, consideriamo come si sono espresse le regioni rispetto a questo decreto-legge. Il comitato tecnico permanente di coordinamento in materia di agricoltura, nella seduta del 19 febbraio 2009, aveva all'ordine del giorno l'espressione del parere sul disegno di legge per la conversione in legge del decreto-legge 5 febbraio 2009, n. 4, quello di cui appunto stiamo discutendo, recante misure urgenti in materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore lattiero-caseario. Le regioni, dopo una lunga valutazione e un approfondito esame, hanno espresso un parere contrario, salvo l'accoglimento degli emendamenti contenuti in un documento, che ovviamente hanno allegato e consegnato al Ministro. Su tale documento il Ministro ha solo espresso la volontà di prenderne atto riconoscendo la serietà del lavoro svolto dalle regioni, senza, tuttavia, affermare l'accoglibilità di quanto le regioni hanno effettivamente richiesto. Inoltre, ha rinviato la risposta alla sede della Conferenza Stato-regioni. Questo, lo ripeto, accadeva nella seduta del 19 febbraio 2009.
Nella seduta del 26 febbraio 2009 il presidente Errani, in sede di Conferenza Stato-regioni, ha confermato il parere contrario. Nella riunione, alla quale era presente il Ministro Zaia, il presidente Errani ha sottolineato che le competenze e le prerogative delle regioni, sempre più sotto scacco del Ministero, non solo di quello dell'agricoltura, ovviamente, ma in generale dei vari Dicasteri, saranno tutelate al 100 per cento, se necessario anche ricorrendo alla Corte costituzionale.
Nel caso del provvedimento in oggetto, per le regioni trattasi di una vera e propria sanatoria. Le regioni, quindi, hanno all'unanimità ritenuto che questo decreto-legge sia solo ed esclusivamente una vera e propria sanatoria, che può solo nuocere alla credibilità di tutto il sistema Paese, anche nei confronti dell'Unione europea. Mi sembra che le dichiarazioni delle regioni siano molto forti e molto pesanti, quindi vale la pena che quest'Aula le prenda in considerazione, così come il Ministro competente.
In quella sede il Ministro ha ribadito che non si tratta di una sanatoria, ma di un'opportunità di regolazione della materia. Secondo il Ministro, le aziende interessate sarebbero 17 mila e non, come sostenuto dalle regioni e da molti dei presenti, 4 mila, fra le quali alcune di importanza fondamentale per tutto il sistema economico del Paese. Tuttavia, a mio avviso un Ministro e comunque in generale un Governo, se deve contestare una posizione o delle affermazioni delle regioni - che sono ovviamente l'asse portante del nostro sistema istituzionale - dovrebbe effettivamente spendersi in termini di dimostrazione di ciò che ritiene.
In ordine alle motivazioni che la Conferenza Stato-regioni nella seduta del 26 febbraio 2009 ha addotto per esprimere il parere negativo, voglio proprio sottolineare il parere negativo delle regioni. Si dice, infatti, che è normale che l'opposizione Pag. 21faccia opposizione al Governo e che noi (in particolare, i deputati e le deputate del PD) argomentiamo il nostro parere contrario rispetto al decreto-legge in esame. Tuttavia, mi sembra che le regioni (a noi può anche dispiacere ovviamente) non siano tutte governate unicamente dal Partito Democratico: ci piacerebbe molto, ma non è così. Quindi, le regioni democraticamente elette dal popolo ritengono che il decreto-legge sia sbagliato e hanno argomentato in modo molto dettagliato il proprio parere negativo.
Nell'espressione di questo parere negativo sullo schema del disegno di legge le regioni dicono esplicitamente che il decreto-legge - recante misure urgenti in materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore lattiero-caseario, approvato dal Consiglio dei ministri nella seduta del 30 gennaio 2009 su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per le politiche europee - fissa i criteri per la distribuzione delle quote latte in osservanza al regolamento comunitario n. 248 del 2008 del Consiglio. Tale regolamento, a decorrere dal 1o aprile 2008, aumenta del 2 per cento le quote destinate allo Stato membro, prevedendo possibili rateizzazioni per il pagamento delle multe dovute allo splafonamento della produzione.
Il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge (con nota protocollo n. 1262) è stato inviato nella medesima giornata. L'obiettivo del provvedimento è stabilire le priorità di assegnazione delle nuove quote latte destinate in parte ai produttori responsabili delle eccedenze e, in parte, agli altri produttori con la previsione di una rateizzazione dei debiti derivanti dal mancato pagamento del prelievo di latte conformemente ai criteri disposti dall'ordinamento comunitario. È prevista l'istituzione del Registro nazionale dei debiti secondo quanto disposto dal regolamento comunitario e il testo consta, come sappiamo, di sei articoli.
Le regioni sostengono, commentando l'istruttoria - questo ci tengo molto a sottolinearlo - che ragioni di urgenza proprie dell'istituto del decreto-legge non hanno consentito un previo confronto tra Ministero e regioni con disamina puntuale del testo, che è stato, pertanto, sottoposto all'esame nella fase di conversione in legge.
Anche questa dichiarazione, la più importante all'inizio della fase istruttoria, dimostra che quello che il Partito Democratico continua a dire in quest'Aula, cioè che ci ritroviamo sempre a dover convertire in legge dei decreti-legge e a rincorrere i provvedimenti del Governo sia all'interno delle Commissioni sia in quest'Aula, non lo diciamo solo noi, che siamo l'opposizione, ma lo dicono le regioni.
In modo molto autorevole, le regioni lamentano questa continua decretazione d'urgenza e contestano le ragioni d'urgenza. Nel loro affermare che queste ragioni di urgenza non hanno consentito un confronto tra Ministero e regioni, accusano, in sostanza, il Governo di non rispettare le istituzioni di questo Paese.
Come non viene rispettata l'opposizione in Parlamento (dico, comunque, che anche i colleghi della maggioranza spesso non vengono rispettati e si ritrovano a dover ubbidire ad ordini superiori), come non veniamo rispettati noi, non vengono rispettate neanche le regioni.
Nella riunione tecnica del 12 febbraio 2009 il capo di gabinetto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali ha illustrato la genesi del provvedimento, notiziando, altresì, che, in osservanza al principio di leale collaborazione (forse, vorremmo che su questo principio di leale collaborazione venissero tenuti dei corsi accelerati a questo nostro Governo, perché capisca cosa si intenda per leale collaborazione, anziché imposizione delle proprie visioni e dei propri progetti, che spesso non sono neanche visioni, ma urgenze che cedono ora ad una lobby e ora ad un'altra) si è trovato a doversi giustificare, sostenendo di aver promosso e tenuto incontri sulle finalità del provvedimento, sia collettivi Pag. 22sia individuali, con le regioni maggiormente interessate per il loro peso produttivo lattiero-caseario.
Ha, quindi, dichiarato ampia disponibilità, previa, però, ovviamente, verifica politica con il Ministro, ad accogliere eventuali richieste regionali ed emendamenti.
Nella medesima sede, i rappresentanti tecnici regionali hanno limitato i propri interventi a considerazioni di carattere generale, segnalando alcune criticità che, secondo noi, vanno assolutamente sottolineate in quest'Aula, come molti miei colleghi hanno già fatto.
Praticamente, hanno ritenuto di segnalare come criticità: la necessità di rinuncia al contenzioso quale condizione fondamentale per l'accesso ai benefici previsti; la necessità di risorse certe per quanto attiene alla norma finanziaria di cui all'articolo 6 del disegno di legge; la necessità di maggiore chiarezza sulle modalità procedurali da seguire in merito alla compensazione e alla sospensione; hanno espresso vivaci perplessità sulla prevista figura del commissario nei rapporti con le regioni; hanno manifestato gravi perplessità, evidenziate, in particolare, da parte delle regioni di piccoli produttori, in merito alla prevista percentuale del 5 per cento di sovrapproduzione quale soglia minima per la definizione dell'assegnazione delle quote.
Nella replica, durante il medesimo incontro, il capo di gabinetto del Ministro proponente ha espresso riserve relativamente alla rinuncia del contenzioso, in forza del diritto che la Costituzione attribuisce ad ogni cittadino di agire in giudizio, pur garantendo il proprio impegno a sottoporre al Ministro la richiesta unanime delle regioni.
Ci tengo quindi a sottolineare che la richiesta delle regioni era unanime: non solo una richiesta del PD alla Camera, non solo una richiesta delle regioni di centrosinistra, ma una richiesta unanime delle regioni. La determinazione del parere è stata negativa, ed è stata poi affrontata in un'altra situazione.
In data 16 febbraio 2009 era pervenuto per le vie brevi, da parte della regione Puglia, coordinatrice per materia, un documento contenente le motivazioni delle principali criticità già evidenziate nell'incontro tecnico. Gli assessori regionali competenti hanno quindi consegnato un documento dettagliato al Ministero, contenente puntuali emendamenti condivisi da tutte le regioni; ed è interessante anche vedere quali siano questi emendamenti, perché si rileva come effettivamente pongono in discussione la natura stessa del decreto-legge, continuando peraltro a ritenerlo un provvedimento che assume solo ed esclusivamente il carattere di sanatoria: anche in termini di buona amministrazione pensare di premiare chi abbia sbagliato non è sicuramente una cosa giusta.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MARIALUISA GNECCHI. Se andiamo quindi - e concludo - a vedere gli emendamenti, essi partono già dall'articolo 1 e rimettono fondamentalmente in crisi tutto il decreto-legge: propongono la soppressione e la modifica dei singoli articoli, tenendo conto effettivamente delle esigenze di trasparenza e di buona amministrazione alle quali evidentemente questo Governo non presta attenzione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Braga. Ne ha facoltà.

CHIARA BRAGA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, ormai da alcuni giorni l'Aula è seriamente impegnata in un dibattito relativo alla conversione in legge del decreto-legge n. 4 del 2009, recante misure urgenti in materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore lattiero-caseario. È un tema certamente non nuovo, che ciclicamente torna, su cui il Parlamento si è già confrontato in altri tempi ed in altre condizioni.
Nel 2003 - Governo Berlusconi, Alemanno titolare del Ministero dell'agricoltura - il Parlamento approvò a larghissima maggioranza la legge n. 119 sulle Pag. 23quote latte: una legge condivisa, perché allora l'intero arco parlamentare con la sola esclusione della Lega Nord, ancora oggi protagonista in maniera evidente del provvedimento in esame, sentì la necessità di dare soluzione ad una vicenda che da anni metteva il nostro Paese in una situazione di difficoltà nel contesto europeo. Ricordiamo cosa prevedeva quella legge: essa definì un percorso attraverso il quale portare al rispetto della produzione di latte assegnata dall'Unione europea all'Italia attraverso un meccanismo di rateizzazione: si consentiva ai produttori di latte, che nel tempo avevano sforato il tetto massimo concesso dall'Unione europea, di rateizzare il proprio debito attraverso un meccanismo, che arrivava come articolazione fino a 14 anni con delle multe ad interessi zero, a copertura del debito relativo alle sanzioni fino allora non pagate.
Quegli stessi allevatori, quegli stessi produttori - la maggior parte di essi, perlomeno - hanno allora provveduto anche ad adeguare la loro produzione attraverso l'acquisto o l'affitto di quote latte da altri produttori, regolarizzando in tal modo la loro situazione. Viene allora da chiedersi perché ancora oggi, dopo che sono passati sei anni da quella legge, torniamo a parlare in Parlamento di quote latte, perché vi è la necessità di un decreto-legge che intervenga ancora in maniera urgente su questa materia.
Lo hanno detto molti colleghi che mi hanno preceduto negli interventi dei giorni scorsi e per questo motivo non credo sia opportuno dilungarmi su tale aspetto, ma ritengo che sia fondamentale ricordare la ragione vera e reale per cui oggi la Camera sta ancora discutendo di quote latte.
La ragione è relativa al fatto che, dal 2003, la maggior parte dei produttori si adeguò, pur con grande fatica ed enormi sacrifici, alle regole introdotte dalla legge n. 119 (grandi sacrifici che si tradussero allora nel pagamento delle multe pregresse, ma anche nell'investimento notevole all'interno delle loro aziende per portarsi ai livelli di produzione riconosciuti, acquistando o affittando quote da altri produttori per mantenere poi i livelli di produzione utili e funzionali alle proprie attività). Mentre la maggior parte di essi seguì appunto questo iter e questo percorso anche faticoso (indebitandosi con le banche e mettendo in campo anche una serie di ristrutturazioni del ciclo produttivo delle proprie aziende), una parte minoritaria, poco meno di 1.500 produttori su un totale di quasi 40 mila, decise di comportarsi diversamente.
Credo che occorra segnalare che questa decisione - quella cioè di non rispettare la legge e di continuare a produrre in eccesso rispetto alle quote assegnate senza provvedere al pagamento delle multe - fin dall'inizio fu sostenuta e spalleggiata da uno schieramento politico che oggi esprime il Ministro.
Quegli allevatori e quei produttori che non si adeguarono alle normative introdotte dalla legge n. 119 del 2003 intrapresero la strada dei ricorsi giudiziari, e ciò dimostrò da parte loro un atteggiamento grave e sprezzante delle regole che ha portato nell'arco degli anni ad una situazione drammatica.
Oggi il nostro Paese si trova a dover sopportare un debito definito dalle multe inevase di oltre 1 miliardo e 700 milioni di euro, un debito che grava oggi sulle spalle dell'intero Paese (dei tanti produttori onesti, degli operatori e delle aziende del settore lattiero-caseario ma anche dei consumatori e dei cittadini, ciascuno dei quali contribuisce al pagamento delle sanzioni all'Europa mentre chi le ha generate continua a fare di tutto per non pagarle e, cosa ben più grave, rischia con questo decreto-legge di vedersi riconoscere un trattamento di favore che non ha nessuna ragione di essere).
Il decreto-legge in discussione avrebbe potuto essere evitato - lo abbiamo detto più volte e lo hanno ricordato anche i miei colleghi negli interventi precedenti - se si fosse scelta la strada corretta, quella della piena applicazione della legge n. 119 del 2003. Così non è stato perché, a fronte dell'incremento di produzione del 5 per cento ottenuto dal nostro Paese nell'ambito del negoziato europeo lo scorso novembre (un incremento che è stato concentrato Pag. 24tutto nel 2009 anticipando le quote dell'1 per cento all'anno riconosciute egualmente agli altri Paesi europei), si è scelto invece di intraprendere una via deviata che ha trovato forma in questo decreto-legge e che è chiaramente sbilanciata a favore di quanti in questi anni hanno tranquillamente infranto la legge e determinato di fatto il debito verso l'Europa che ora si cerca di sanare a posteriori a danno, appunto, dei tanti produttori onesti.
Non a caso, questo decreto-legge che ci arriva dal Senato - dove c'è stato un confronto serrato ed anche molto duro tra gli schieramenti - ha suscitato nell'arco di queste settimane e degli ultimi mesi molte voci di protesta anche accese, prima di tutto da parte delle associazioni di categoria e degli stessi produttori rispettosi della legge, che hanno manifestato in più forme e in più occasioni la loro contrarietà rispetto ad un provvedimento che non possiamo esimerci dal definire iniquo ed ingiusto.
Le forme di protesta hanno trovato varie espressioni ed hanno conosciuto anche atti dal forte carattere simbolico (la sfilata dei trattori e degli agricoltori ad Arcore e a Gemonio lo scorso 2 marzo ed una loro presenza, anche nella giornata odierna, proprio di fronte a piazza Montecitorio).
Sulla base delle loro ragioni, che sono state fatte proprie dai rappresentanti del PD al Senato ed anche dai miei colleghi che hanno operato in queste settimane nella Commissione agricoltura della Camera, il testo che oggi discutiamo è diverso da quello originariamente licenziato dal Consiglio dei Ministri. È un testo diverso - potremmo certo dire meno peggio di quello iniziale - ma ancora profondamente sbagliato, ed è proprio su queste storture che si è concentrata l'attività del nostro gruppo in Commissione e in Aula, attraverso una discussione serrata fatta sul merito e non su questioni pregiudiziali che ha portato ad una serie di emendamenti su cui oggi vorrei che si concentrasse l'attenzione dell'Aula.
Partiamo dalla questione veramente di fondo, centrale, del decreto-legge: il percorso e le condizioni di adesione alla rateizzazione del pagamento delle multe sono ancora inevasi; questa è la questione davvero centrale. Con un emendamento che è stato proposto al Senato dal nostro gruppo e accolto dal Governo - non tanto perché convinto della portata migliorativa della nostra proposta, ma perché obbligato dal parere vincolante della Commissione bilancio - è stata fortunatamente introdotta, rispetto al testo iniziale del decreto-legge, la condizione della rinuncia espressa ai contenziosi intrapresi per tutti coloro che vogliano aderire alla rateizzazione delle multe pregresse. È un passaggio fondamentale, importante, indispensabile, per spazzare il campo da un'inaccettabile situazione di iniquità rispetto alle condizioni imposte nel 2003. È un passaggio importante, che abbiamo accolto e che gli stessi produttori di latte hanno accolto come un segnale positivo, ma non ancora sufficiente.
Tanto più che proprio nella discussione nella Commissione agricoltura alla Camera, nonostante l'opposizione ferma del nostro gruppo, la Lega Nord ha proposto, e fatto approvare, una modifica peggiorativa del testo licenziato dal Senato, che segna un passo indietro rispetto alla procedura di adesione. Con l'introduzione nell'articolo 4, comma 7, del termine «reiterato» si indebolisce il meccanismo di riconoscimento legittimo delle quote aggiuntive, stabilendo che soltanto in caso di mancato reiterato versamento delle rate è prevista la revoca delle quote assegnate ai beneficiari. Si tratta di un'espressione che porta con sé un significato molto grave: credo che ciascuno di noi si possa interrogare rispetto a che cosa si intende per «reiterato»; fino a quando un produttore può non pagare per vedersi poi ritirate le quote? Purtroppo, con questa modifica, facciamo un passo indietro che segna veramente una sconfitta rispetto ad un lavoro importante fatto al Senato. Per questo, con un nostro emendamento, chiediamo di porre rimedio a questa forzatura immotivata e ingiustificabile, se non nell'ottica Pag. 25di riproporre purtroppo, ancora una volta, il rischio concreto di nuovi ricorsi, di nuove dispute legali, di irregolarità ancora più gravi, rese possibili da misure ad hoc che ci apprestiamo ad introdurre con questa legge.
Al contrario, l'impegno di quest'Aula dovrebbe essere quello di rafforzare il percorso di regolarizzazione, condizionando la stessa assegnazione delle nuove quote alla rinuncia ai contenziosi e assicurando l'effettivo pagamento delle multe prima dell'assegnazione delle quote (ad esempio facendo confluire in una riserva nazionale le assegnazioni previste per i produttori inadempienti fino alla completa definizione del procedimento di rateizzazione). In questa direzione, che è quella giusta, corretta, e attesa dagli stessi operatori del settore, vanno i nostri emendamenti all'articolo 4.
Proponiamo che sia introdotto anche il pagamento anticipato almeno della prima rata delle multe, e che sia estesa a tutte le rate la trattenuta preventiva dei premi PAC spettanti al debitore, a scalare sul versamento delle singole rate. Questo è davvero un passaggio centrale, perché fissa delle importanti garanzie di continuità dei pagamenti delle rate da parte degli splafonatori anche dopo il termine del regime delle quote previsto per il 2013.
Un altro fronte d'impegno primario della nostra azione emendativa riguarda l'ordine di assegnazione delle quote. L'hanno sottolineato in tanti, è una questione di giustizia ed equità. I principi inderogabili di equità e giustizia nei riguardi dei produttori onesti non possono che portarci ad operare una distinzione tra quanti hanno affittato le loro quote per rimanere nella legalità, e quanti invece hanno deliberatamente agito al di fuori delle regole, generando anche pericolosi effetti distorsivi sul mercato del latte e sull'indotto delle aziende che lavorano nel settore lattiero-caseario. Per questo chiediamo con un nostro emendamento che si inverta l'ordine di priorità nell'assegnazione delle quote, privilegiando in maniera significativa gli affittuari rispetto agli splafonatori di pianura e delle zone svantaggiate. Sarebbe un segnale decisivo e importante perché questo provvedimento possa assumere un carattere risolutivo rispetto a dei contenziosi che sono in corso da tempo, e per lanciare al Paese un messaggio di legalità e di rispetto delle regole di cui abbiamo sempre più bisogno.
Crediamo che questo decreto debba essere modificato anche in altre parti, parti altrettanto importanti per consentire ad un settore strategico nel nostro Paese, come quello agricolo, di superare la difficile crisi strutturale che lo investe insieme a molti altri settori. Occorre sostenere, attraverso una serie di misure, una politica agricola efficace, finalizzata alla difesa e alla valorizzazione delle produzioni e al sostegno delle aziende agricole, promuovendo e rafforzando i meccanismi di aggregazione per superare quella frammentazione che è elemento di debolezza del nostro sistema agricolo.
Chiediamo di rifinanziare con risorse adeguate il Fondo di solidarietà nazionale, di garantire piena operatività e risorse adeguate, che non siano rubate ad altri fronti ugualmente importanti per l'agricoltura, per rafforzare il Fondo di rotazione: è un fondo centrale attraverso il quale finanziare e sostenere economicamente quegli allevatori che negli anni passati hanno sostenuto importanti investimenti in quote latte ma anche in adeguamenti strutturali delle loro aziende. Diciamo al Governo, diciamo al Ministro che in questo momento per l'agricoltura non servono facilitazioni di accesso al credito, servono misure concrete e reali, e risorse utili per abbattere gli interessi sugli impegni già assunti.
Per concludere, Presidente, i nostri emendamenti, che sono puntuali e limitati, provano a correggere almeno in parte un provvedimento che allo stato attuale non ci convince. Non convince noi, non convince il mondo agricolo, il mondo dei produttori, e non risponde certo alle aspettative di certezza, di equilibrio, di efficacia che il mondo lattiero-caseario si attendeva. Lo hanno sottolineato in più occasioni i rappresentanti degli agricoltori, e l'hanno portato all'attenzione - credo - Pag. 26di tutti i rappresentanti presenti in questo Parlamento. Tanto meno ritroviamo nel testo del decreto-legge licenziato dalla Commissione quei principi di equità e di rispetto nei confronti dei produttori onesti, principi che soprattutto in questo grave periodo, particolare, di difficoltà del settore avrebbero dovuto ispirare l'azione legislativa.
Chiediamo a lei, Ministro, e alla maggioranza di valutare ed accogliere le nostre proposte, superando l'impasse che si sta creando anche all'interno della vostra maggioranza. Solo in questo modo si eviterà di fare di questo provvedimento l'ennesimo condono mascherato che avvantaggia e premia i furbi e colpisce ingiustamente gli onesti, e soprattutto legittima ancora una volta - come se ce ne fosse bisogno - l'idea che nel nostro Paese le regole si possano infrangere senza troppe remore, nell'agricoltura come nel fisco, come nell'edilizia, in attesa di un Governo connivente che appena può sistema le cose...

PRESIDENTE. Deve concludere.

CHIARA BRAGA. Con buona pace degli alleati del nord, che - come sempre più spesso accade - si convincono di poter essere insieme partito di lotta in terra padana e di Governo a Roma ladrona. Credo che con questo provvedimento, a meno di qualche auspicato ravvedimento dell'ultima ora, qualche difficoltà l'avranno soprattutto loro a ripresentarsi di fronte ai tanti allevatori onesti dei loro territori delusi e traditi proprio da quei politici che anche con i loro voti sono arrivati in Parlamento, e magari, Ministro Zaia, anche al Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Dionisi. Ne ha facoltà.

ARMANDO DIONISI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la protesta del mondo agricolo, che si è sviluppata nel Paese in questi giorni e in queste ore è la testimonianza che il Governo è intervenuto non per tutelare la zootecnia italiana, ma una parte minima di allevatori che hanno splafonato le quote assegnate, a danno di tanti e tanti allevatori onesti che hanno avuto rispetto della legalità (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà)... grazie, colleghi laziali...

PRESIDENTE. Onorevole Dionisi, se si è portato la claque ha fatto bene, però vada avanti...

ARMANDO DIONISI. Il provvedimento nel corso del suo iter ha subito un ulteriore peggioramento, diventando più permissivo. Occorre restituire a questo provvedimento equità e giustizia, soprattutto nei confronti di tutti i produttori che hanno rispettato la legge n. 119 del 2003. Una parte esigua di allevatori non può farla da padrone nei confronti delle persone perbene e rispettose delle regole.
Non possiamo ancora una volta far prevalere nel nostro Paese la sensazione che i furbi la fanno sempre franca. L'assegnazione di quote aggiuntive previste per tutti gli allevatori europei in Italia non può essere applicata solo per una piccola parte, che ha contribuito a superare la quota nazionale. La mancata riassegnazione delle quote viene giustificata per evitare la chiusura di quelle stalle che, fuori da ogni regola, hanno prodotto in surplus. Il Parlamento, quando si occupa di questa materia e legifera, deve avere a cuore l'interesse generale del Paese e la tutela dell'intero comparto lattiero-caseario, rispettando e non discriminando quei produttori che hanno investito, affittando e comparando le quote, per restare all'interno della legge.
Il contenzioso con Bruxelles sul pagamento delle multe non si risolve con la solita scorciatoia all'italiana, ma rispettando e facendo rispettare le direttive comunitarie. In questa materia il Governo dovrebbe limitarsi a dettare regole generali, qualora se ne ravvisi la necessità, lasciando alle regioni e alle organizzazioni dei produttori la facoltà di intervenire e regolare la gestione amministrativa, le sanzioni e la redistribuzione delle quote. Pag. 27
Del resto, la materia agricola è di esclusiva competenza delle regioni: da un lato si brinda al federalismo, dall'altro si continua a intervenire su materie di competenza regionale. Il Ministro Zaia si è battuto a Bruxelles come un leone, portando a casa un aumento della produzione del 5 per cento, anticipata al 2009 rispetto agli altri partner europei. Signor Ministro, le migliaia di allevatori che protestano non si sono accorti di questo grande risultato, visto che il 5 per cento ottenuto dal nostro Paese non serve a premiare l'intero comparto lattiero-caseario - che attraversa, come tutta l'agricoltura, un profondo stato di crisi - ma soltanto una piccola ed esigua parte di allevatori, che sono fuori dalle regole.
La redistribuzione del 5 per cento poteva e doveva servire per premiare i giovani imprenditori, l'imprenditoria femminile, le aree marginali e di montagna. La scelta del Governo è di premiare coloro che hanno maggiormente contribuito a questa paradossale situazione: più si è fuori dalla legalità e più si viene premiati. Il contentino agli allevatori non può essere rappresentato dal Fondo di solidarietà nazionale e dalla proroga delle agevolazioni previdenziali. Sono questioni sulle quali il Governo è in netto ritardo e senza affrontare le quali tutto il settore agricolo pagherebbe un prezzo altissimo in termini produttivi e occupazionali. Un riconoscimento dovuto non può e non deve essere visto come compensativo di un'ingiustizia, consumata a danno degli allevatori che si sono attenuti ad una legge dello Stato.
Le proposte avanzate dal gruppo dell'UdC sono condivise dalla stragrande maggioranza delle organizzazioni dei produttori, ma quello che più mi preme sottolineare è che sono condivise dalla maggior parte degli allevatori delle 40 mila stalle che hanno rispettato le regole. Noi siamo convinti di sostenere le ragioni di coloro che hanno contenuto la produzione e hanno investito nell'acquisto di quote latte. È una battaglia sacrosanta e doverosa, che dobbiamo continuare a sostenere anche in fase emendativa. È una questione di legalità, spesso invocata a sproposito, e di giustizia. Il Ministro ha assicurato che la Commissione europea non considera l'intervento come aiuto di Stato, ma sotto l'aspetto di uno dei principi fondatori della Comunità europea, cioè la libera concorrenza, ci sarebbe molto da discutere.
Con questo provvedimento di condono mascherato vi accingete a sancire il principio secondo cui si premia l'illegalità e la furbizia. Avete ancora il tempo per cambiare rotta e ripristinare il primato del rispetto della legge e degli interessi generali del settore e non di un'esigua minoranza (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Zunino. Ne ha facoltà.

MASSIMO ZUNINO. Signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, il decreto-legge in discussione ha avuto origine - come è stato ricordato - dal negoziato sulla verifica dello stato di salute della politica agricola comunitaria conclusosi a Bruxelles lo scorso 20 novembre. La conversione in legge di questo decreto-legge si colloca in una situazione che vede l'agricoltura italiana affrontare un periodo caratterizzato da numerose difficoltà.
Si tratta di difficoltà di carattere congiunturale, dovute alla drammaticità della crisi che attraversa il nostro Paese, alle quali si sommano difficoltà di carattere strutturale, amplificate dalle deficienze, appunto, strutturali ed organizzative in cui vive questo settore. Altrimenti, non si capirebbe il malessere di questo mondo, che non è causato solo dalla conversione in legge del decreto-legge in discussione, ma dall'insieme delle questioni che, brevemente, mi accingo a ricordare.
Tale malessere, tale disagio, in questi mesi, in queste settimane e in queste ore, si esprime anche attraverso manifestazioni di protesta, che vedono coinvolti, nel nostro Paese, migliaia di agricoltori. Su questo sarebbe stata necessaria un'attenzione diversa da parte del Governo. Occorreva una riflessione diversa, anche in sede di conversione in legge di questo decreto-legge, Pag. 28che partisse dal fatto che, in questa legislatura, né noi, né il mondo dell'agricoltura abbiamo visto interventi in grado di rilanciare il settore agroalimentare. Tale settore attraversa, oggi, una grave crisi economica e finanziaria, che vede diventare ogni giorno sempre più povera la platea dei lavoratori e delle imprese agricole, che sono pari, lo ricordo - ma è già stato ricordato da molti dei colleghi che mi hanno preceduto - a oltre un milione, ovvero al 16 per cento del totale delle imprese italiane, e che valgono oltre 220 miliardi di euro.
Pertanto, sarebbero stati necessari quella riflessione a cui facevo riferimento, quel senso di responsabilità da parte del Governo e quell'impegno a voler lavorare nell'esclusivo interesse dell'agricoltura e dei suoi operatori, anche in occasione della conversione in legge del decreto-legge concernente le quote latte, che interessa un segmento importante degli imprenditori agricoli, cioè gli allevatori. Così non è stato, in questi mesi di Governo, per il settore agroalimentare in generale, né vi è tale attenzione in questa occasione, cioè in sede di conversione in legge del decreto-legge in oggetto.
Quello che è mancato - faccio ancora questo riferimento di carattere generale, prima di entrare nel merito del decreto-legge - e quello che manca nella politica espressa dal Governo in questi mesi, è la volontà di definire un piano strategico di rilancio e di sviluppo del settore agricolo del nostro Paese. Siamo, infatti, convinti che occorra evitare che nella crisi vi sia un settore più sfortunato di altri: l'agricoltura - come ha ricordato il collega Nicodemo Oliverio nel suo intervento durante la discussione sulle linee generali - non è figlia di un Dio minore. Così, invece, non è e non è stato.
In questi mesi, si è parlato spesso - e se ne parla anche in questi giorni, in sede di conversione in legge di un altro decreto-legge, presso le Commissioni attività produttive e finanze - delle difficoltà delle aziende manifatturiere e delle piccole e medie imprese. Siamo stati tra i primi a sottolineare l'esigenza di fare riferimento a questo mondo. Si è parlato degli istituti di credito, delle fabbriche di auto, degli incentivi, degli aiuti per la rottamazione, delle società che offrono servizi; ma di agricoltura si continua a non parlare e, quando se ne parla, lo si fa in maniera residuale, in coda a tutti gli altri ragionamenti.
Non si tratta di aprire una guerra tra settori o una guerra tra poveri, come invece è stato fatto anche per questo decreto-legge - poi tornerò sull'argomento - nel modo in cui è stato rifinanziato il Fondo di solidarietà nazionale, prendendo ad altri settori che certamente non versano in una situazione migliore del settore agricolo. Sarebbe, però, davvero espressione di cecità dimenticare le difficoltà e i rischi che sta affrontando il comparto agricolo e le ricadute che questi hanno sull'industria alimentare e, quindi, sull'occupazione e sui consumi dei cittadini.
Il Governo, a fronte di questa sfavorevolissima congiuntura, si è mostrato sordo alle proposte, alle ricette, alle indicazioni e ai suggerimenti giunti dall'opposizione in Commissione e in Aula: ha fatto da solo e, come in altre occasioni, ha fatto male, come ben sanno anche le organizzazioni del mondo agricolo. Così è anche riguardo al decreto-legge sulle quote latte oggetto del nostro dibattito e in fase di conversione.
Il decreto-legge di cui stiamo discutendo si occupa sostanzialmente della rateizzazione del debito, un debito cospicuo che nel corso degli anni si è sempre più incrementato, e delle multe per eccesso di produzione di latte che l'Italia paga all'Europa e che chi ne è stato la causa fino ad ora si è ostinato a non pagare.
Come ricordano soprattutto coloro che di questo argomento si occupano da tempo, il tema delle quote latte per il nostro Paese è storia che si ripete. Di quote-latte si è già parlato qualche anno fa, per la precisione nel 2003, quando si votò una legge, la n. 119 (il Ministro, lo ricordo, era l'attuale sindaco di Roma, Gianni Alemanno), approvata a larghissima maggioranza dal Parlamento. Tale provvedimento avrebbe dovuto mettere la Pag. 29parola fine al trascinamento di una vicenda che ci copriva di ridicolo in tutta Europa. Ricordo ancora una volta l'anno: 2003, sei anni fa.
Fu proprio nella legge n. 119 del 2003 che si costruirono le condizioni per uscire da una vicenda non particolarmente gratificante. Si costruirono, cioè, procedure atte a fornire sufficienti garanzie di rispetto della produzione di latte; si definì in quell'occasione una procedura per favorire, attraverso un percorso di rateizzazione, il pagamento del debito generato dalle multe non pagate fino a quel momento, procedimento di rateizzazione al quale aderì la stragrande maggioranza dei produttori. Si trattava di una rateizzazione di 14 anni a interessi zero, che sembrava l'unico modo per far rientrare nella regolarità un settore così importante per il comparto agroalimentare.
Eppure, la vicenda che tutti pensavano fosse finita con l'approvazione della legge n. 119 del 2003, ebbe delle code e per questo ci troviamo di nuovo qui, a distanza di sei anni. Poche migliaia di produttori decisero di non aderire e intrapresero vie giudiziarie, attestandosi sostanzialmente su una posizione che certo non favoriva - come evidentemente non ha favorito - la soluzione dell'annoso problema. È stato ricordato che il debito è cospicuo: un miliardo e 700 milioni, tanto è l'ammontare complessivo.
Le ragioni del decreto-legge sono tutte qui. Noi per primi, è stato detto, comprendiamo bene la necessità che la vicenda trovi una definitiva soluzione. Per la verità, dal nostro punto di vista avremmo preferito che si applicasse la legge che ho già ricordato, la n. 119 del 2003. Si sarebbe potuta, cioè, cercare una soluzione anche attuando la legge vigente, o quanto meno ci si sarebbe potuti ispirare a quell'impostazione che noi riteniamo ancora oggi corretta e valida.
Infatti, la situazione è indubbiamente delicata e lo dimostrano le numerose manifestazioni e proteste di una parte del mondo agricolo e produttivo, la parte certamente maggioritaria, che teme che il decreto-legge possa assolvere una funzione di sanatoria - questo è quello che vogliamo evitare - anziché avere la dignità di un provvedimento che cerca di chiudere una vicenda, nel rispetto di tutte le parti coinvolte. Questo, credo, chiedano gli esponenti e i rappresentanti di quel mondo che erano qui questa mattina ma che sono stati, nelle settimane scorse, in altre parti d'Italia: che non ci si dimentichi di loro, dei loro sforzi, della loro crisi, che è certamente economica ma che è anche una richiesta di sostegno al settore e di rispetto per coloro che vogliono lavorare dentro le regole.
È in questo contesto che ho ricordato, sia per quanto riguarda gli aspetti generali sia per quanto riguarda il contenuto principale del decreto-legge, che il Partito Democratico si è confrontato nel merito del medesimo decreto-legge ed ha assunto, sin dall'esame in Senato, un atteggiamento costruttivo, avendo come ispirazione il tentativo di arrivare ad un provvedimento che tenesse conto delle cose che ho molto succintamente e schematicamente ricordato - altri, meglio di me, penso ai colleghi membri della Commissione agricoltura, le hanno ricordate in sede di discussione generale e intervenendo sul complesso degli emendamenti - e che consentisse di occuparsene davvero con equilibrio e con serietà.
Quali sono i temi - anche in questo caso desidero ricordarli molto rapidamente in quanto altri prima di me lo hanno già fatto - che riteniamo debbano essere ancora oggetto di un approfondimento, che tali sono stati ritenuti da parte dei colleghi in sede di Commissione agricoltura, che sono oggetto delle proposte emendative presentate e che, a tutt'oggi, non trovano riscontro nella proposta del Governo? Li ricordo molto velocemente: l'opportunità di condizionare l'assegnazione delle nuove quote alla rinuncia ai contenziosi, completando così il percorso avviato al Senato, che ha stabilito che chi aderisce alla rateizzazione deve rinunciare, ovviamente, ai contenziosi (mi sembra un fatto naturale); la necessità di assicurare l'effettivo pagamento delle multe prima dell'assegnazione delle quote; Pag. 30l'assegnazione di risorse sufficienti e l'immediata operatività del Fondo dedicato ai produttori di latte che hanno acquisito le quote; l'eliminazione del termine «reiterato» nell'articolo 4, comma 7, introdotto nel corso dell'esame in Commissione agricoltura, con il quale si stabilisce che soltanto in caso di mancato reiterato - «reiterato» quanto? Una, due o tre volte? Questo termine darà adito a ulteriori e numerosi contenziosi che non risolveranno il problema! - versamento delle rate, sarebbe prevista la revoca della quota assegnata ai beneficiari.
Sono queste le questioni che abbiamo cercato di sollevare, insieme ad un'altra, che voglio ricordare in ultimo, ovvero quella del ruolo scippato alle regioni. Abbiamo approvato il disegno di legge recante la delega in materia di federalismo fiscale e, subito dopo, approviamo un provvedimento che, di fatto, nega per questo settore un ruolo fondamentale delle regioni. Al riguardo, la legge n. 119 del 2003 prevedeva un ruolo di gestione amministrativa del sistema di prelievo, l'irrogazione di sanzioni e la riscossione coattiva, insomma, un ruolo attivo e un coinvolgimento del territorio, in sintonia e in coerenza con il fatto che la materia agricola è materia di competenza regionale. Nel decreto-legge in esame si opta per il ritorno al centralismo, al controllo nazionale ed a un nuovo commissario, l'ennesimo commissario italiano. Così come si presenta complessivamente e anche per questi argomenti, il decreto-legge ci lascia molto critici. Rischia perfino, per come è stato costruito, di non raggiungere il risultato che si propone, ovvero la rateizzazione trentennale mentre il costo elevato degli interessi, secondo alcune dichiarazioni, tra le quali desidero ricordare, come è già stato fatto, anche quella del Ministro, rischierebbe di disincentivare le adesioni.
Vi è il sospetto, dunque, che le condizioni proposte non siano favorevolmente accolte da coloro che dovrebbero aderirvi e, quindi, vi sarebbe il rischio che quelle tonnellate di quote assegnate all'Italia finiscano, anziché a compensare produzioni che, in qualche modo, già avvengono, a determinare nuove produzioni, con evidenti ricadute sul prezzo del latte che già, come avviene oggi, viene poco remunerato e copre, a malapena, i costi di produzione.
Sono queste le ragioni - insieme alle altre che altri colleghi hanno cercato di elencare - che ho cercato di ricordare - e che altri colleghi prima e meglio di me hanno ricordato - che ci convincono ad un voto fortemente contrario alla conversione in legge del decreto-legge in discussione.
Infine, voglio svolgere un'ultimissima considerazione in ordine al Fondo di solidarietà che è stato richiamato. Uno degli elementi che abbiamo posto al centro del dibattito era proprio il rifinanziamento del Fondo di solidarietà nazionale, un Fondo che ha un'importanza fondamentale per il mondo agricolo. Si tratta di cofinanziare un processo assicurativo contro le calamità naturali a cui accedono circa 200 mila aziende. Tutta la Commissione non ha mancato di lamentare il taglio di risorse che limitava il finanziamento. Tutte le organizzazioni di categoria lo rivendicano come essenziale per le sorti di tanti imprenditori agricoli. È stato detto da tutti che l'agricoltura non può farne a meno. Ebbene, come è stato ricordato, anche qui la risposta e la soluzione che è stata data è una guerra tra poveri. Questo Fondo di solidarietà viene effettivamente rifinanziato, ma in maniera limitata e togliendo soldi ad altri settori in crisi e ad altri settori strategici per il nostro Paese, tra cui le piccole e medie imprese, come l'onorevole Vico ha ricordato in maniera molto efficace nel suo intervento. Pertanto, siamo di fronte ad errori, a molta improvvisazione, a una conversione di un decreto-legge che potrebbe non raggiungere neppure gli obiettivi per cui viene approvato e siamo anche di fronte ad un mondo vasto, quello dell'agricoltura, che vive un periodo di profonda crisi a cui non viene data alcuna risposta in termini di rilancio e di intervento. Siamo di fronte alla conversione di un decreto-legge che presenta al suo interno gravi problemi e gravi lacune. Pag. 31
Sono queste, come ho ricordato, le motivazioni, oltre a quelle di ordine generale, riferite al settore agricolo, per cui ancora una volta, lo ricordo, il nostro voto sarà fortemente contrario alla conversione in legge del decreto-legge in discussione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Froner. Ne ha facoltà.

LAURA FRONER. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, il decreto-legge sulle quote latte la cui conversione in legge è in discussione in questi giorni e gli emendamenti introdotti in Commissione evidenziano la grande disattenzione che sussiste nei confronti delle imprese agricole, imprese che non hanno ricevuto alcun sostegno e sono costrette a fare i conti con una crisi che diventa sempre più profonda. In particolare, le modifiche apportate al decreto-legge penalizzano sia gli allevatori che hanno rispettato le regole e compiuto notevoli sacrifici per gli investimenti, sia l'agricoltura nel suo complesso. Ricordo che il decreto-legge ha avuto origine dal negoziato sulla verifica dello stato di salute della politica agricola comunitaria, conclusosi a Bruxelles lo scorso 20 novembre. Tale negoziato ha visto, per lo specifico tema delle quote latte, la conferma di quanto era stato previsto nell'impianto di proposta legislativa della Commissione europea.
Mi permetto di fare, a questo punto, tre osservazioni. In primo luogo, di questo decreto-legge non se ne sentiva il bisogno perché, anche se sono state ottenute delle quote aggiuntive, la legge n. 119 del 2003 era più che sufficiente per redistribuire le stesse quote. Si tratta, inoltre, di una legge che era stata approvata da un'amplissima maggioranza parlamentare. In secondo luogo, non si capisce la ragione per cui in quell'occasione il Governo abbia parlato di un risultato storico. All'Italia è stato riconosciuto un ampliamento delle quote del 5 per cento, come per tutti gli altri partner europei, ma anziché raggiungere il nuovo tetto di produzione gradualmente, al nostro Paese è stato concesso di farlo in maniera anticipata.
Una misura che, lo ricordo, è stata accordata in realtà con un preciso obiettivo: quello di stabilizzare il mercato sanando le irregolarità di cui sono stati protagonisti alcuni produttori italiani, che rappresentano l'1,58 per cento (per essere più precisi, si tratta di 667 allevatori). Di conseguenza, il risultato può essere definito storico non tanto per il comparto, quanto proprio per quei produttori che fino ad oggi hanno trasgredito le regole, a beffa di quelli che invece le hanno rispettate mettendo a rischio, in alcuni momenti, la sopravvivenza stessa delle proprie aziende.
Terza osservazione: questo decreto-legge parla di una percentuale minima di allevatori (come ho già detto, l'1,58 per cento); ci stiamo concentrando su un singolo argomento, mentre la situazione del sistema agricolo meriterebbe un dibattito ben più approfondito. Mi permetto di ricordare come, anche in questo caso, la politica degli annunci praticata da questo Governo non giovi sicuramente al Paese.
L'agricoltura italiana affronta oggi uno scenario fatto di mille difficoltà, amplificate dalle sue deficienze strutturali ed organizzative e su questo avremmo bisogno di provvedimenti veramente efficaci. Entrando nel merito, il decreto-legge oggetto della nostra discussione contiene una serie di disposizioni per disciplinare la produzione nazionale di latte in vista dell'imminente avvio della prossima campagna produttiva e assicurare la prioritaria assegnazione del quantitativo nazionale garantito di latte e la rateizzazione dei debiti relativi alle quote latte.
Le disposizioni dirette all'assegnazione della maggiore quota nazionale sono contenute nell'articolo 1, comma 2, che interviene sul decreto-legge n. 49 del 2003 recante una riforma organica della normativa sull'applicazione del prelievo supplementare nel settore lattiero caseario, introducendo un nuovo articolo 10-bis.
In deroga a quanto previsto dal decreto-legge n. 49 del 2003, sia sul piano Pag. 32procedurale, sia in relazione ai criteri dell'assegnazione, si prevede che gli aumenti della quota nazionale, anziché essere ripartiti tra le regioni e da queste riassegnati alle aziende, siano attribuiti alla riserva nazionale e quindi assegnati dal commissario prioritariamente alle aziende che nel periodo 2007-2008 abbiano realizzato consegne eccedenti rispetto alla propria quota e che risultino ancora in produzione nella campagna di assegnazione.
Il nuovo articolo 10-bis specifica condizioni, limiti e priorità per l'assegnazione che sono, peraltro, revocate qualora le imprese beneficiarie non siano o non si mantengano in regola con i pagamenti del prelievo supplementare dovuto sulle eccedenze.
A questo punto, concedetemi qualche considerazione di carattere generale sul provvedimento. In primo luogo, sarebbe stato preferibile applicare una legge già vigente: la legge n. 119 del 2003 che, come ho ricordato, è stata votata da larga parte della maggioranza e dell'opposizione in Parlamento, all'insegna del «partito dell'agricoltura», tenuto conto che, in un passato non lontano, ha prodotto buoni esiti. Si tratta di una legge che, tra l'altro, individua nelle regioni gli organi deputati all'amministrazione delle quote dei rispettivi territori. È strano che un Governo che spinge sul federalismo, e dunque sul protagonismo delle regioni e dei poteri locali, come è stato già più volte ricordato, finisca invece per accentrare nelle proprie mani incombenze squisitamente gestionali che già oggi, a legislazione vigente, non dovrebbe assumere. Più strano appare tutto ciò in relazione all'appartenenza politica del Ministro Zaia che su questo tema, a rigore di logica, dovrebbe dimostrarsi ancora più sensibile.
In secondo luogo, ricordo che il provvedimento in esame, nella sua prima lettura al Senato, era stato sottoposto ad alcune importanti modifiche. È stata prevista la rinuncia espressa ai contenziosi intrapresi per tutti coloro che aderiscono alla rateizzazione delle multe pregresse, modifica questa introdotta in seguito ad un parere vincolante della Commissione bilancio e non per volontà del Governo, che si era sempre dimostrato contrario. È stato stabilito che la figura del commissario straordinario che gestisce il sistema delle quote sia individuata all'interno dell'amministrazione del Ministero competente, mentre originariamente era prevista una nuova nomina. È stata abolita la franchigia del 5 per cento per gli splafonatori che si vedranno assegnate nuove quote.
In terzo luogo, restano irrisolte una serie di problematiche, alcune delle quali sono state introdotte proprio in Commissione alla Camera. Ecco, quindi, che in sede di dibattito parlamentare risulta necessario procedere, attraverso gli emendamenti proposti, ad una serie di modifiche che vorrei riassumere.
L'assegnazione delle nuove quote va condizionata alla rinuncia ai contenziosi, completando così il percorso avviato al Senato che ha stabilito che chi aderisce alla rateizzazione deve rinunciare ai contenziosi. L'effettivo pagamento delle multe va assicurato prima dell'assegnazione delle quote, facendo confluire in una riserva nazionale le assegnazioni previste per i produttori con prelievo supplementare non versato fino alla definizione del procedimento di rateizzazione. È un passaggio fondamentale per condizionare la rinuncia ai contenziosi all'ottenimento delle nuove quote ed assicurare l'effettivo pagamento delle multe.
Le quote debbono essere assegnate in una riserva nazionale prima delle adesioni alla rateizzazione e debbono riguardare tutti i produttori con prelievo non versato. L'ordine di priorità di assegnazione delle quote va stabilito portando gli affitti al secondo posto e gli «splafonatori» di pianura e zone svantaggiate al terzo. Questa modifica è secondo noi fondamentale per garantire la copertura piena delle quote degli affittuari, che sono una manifestazione del rispetto delle regole. Vanno assegnate risorse sufficienti e immediata operatività al Fondo dedicato ai produttori di latte che hanno acquistato le quote. Ricordo che, invece, il Governo ha previsto Pag. 3345 milioni di euro di accesso al credito, tagliando 20 milioni dai piani nazionali di settore stanziati per l'anno 2009 dalla legge finanziaria per il 2007 e 10 milioni dal Fondo sulla meccanizzazione agricola.
È necessario che le risorse vadano ad abbattere gli interessi. Non servono garanzie di accesso al credito, ma una riduzione dell'entità delle rate per gli allevatori onesti. Un'altra cosa che vorremmo assolutamente modificare è l'introduzione del termine «reiterato», che è stata voluta in Commissione proprio dai rappresentanti della Lega Nord in aggiunta al comma 7 dell'articolo 4. Con questa aggiunta si stabilisce che soltanto in caso di mancato reiterato versamento delle rate è prevista la revoca della quota assegnata ai beneficiari. Non ripeto quello che hanno già detto i miei colleghi, spiegando il significato e soprattutto il rischio di procedure contro chi si appella a questo comma, qualora venisse mantenuto.
Nella restituzione del prelievo pagato in eccesso - questo è un ulteriore punto in cui richiediamo di intervenire - di cui si parla all'articolo 1, comma 1, capoverso 4-ter, lettera b), la franchigia va portata dal 6 al 20 per cento e va soppresso conseguentemente il capoverso 4-ter dello stesso articolo. Anche questa è secondo noi una modifica importantissima sia per evitare che chi ha «splafonato» oltre il 6 per cento della propria quota produttiva, pur essendo in regola con il versamento delle multe si veda escluso dalla restituzione del prelievo pagato in eccesso (ricordo a questo proposito che la legge n. 119 del 2003 all'articolo 9 aveva disciplinato con risultati positivi questa fattispecie, prevedendo appunto una soglia del 20 per cento), sia per evitare, a danno dei produttori che, pur «splafonando», hanno pagato regolarmente le multe, e che si vada ad alimentare il Fondo per il settore lattiero-caseario con eventuali somme residue del prelievo in eccesso.
Inoltre, secondo noi vanno introdotti: il pagamento anticipato almeno della prima rata della multa e la trattenuta preventiva dei premi PAC di spettanza del debitore da utilizzare a scalare per il versamento delle singole rate, non solo sulla prima rata come è stato approvato al Senato. Si tratta di un passaggio importante per garantire continuità nei pagamenti degli «splafonatori» che aderiscono alla rateizzazione anche dopo il 2015, anno in cui le quote latte probabilmente non ci saranno più.
Infine, il Fondo di solidarietà nazionale, come già è stato ricordato più volte, va rifinanziato con coperture adeguate e non ricorrendo alle usuali tasse sul vino e birra o a nuovi tagli sempre nello stesso settore.
Oltre alle importanti modifiche, che sono state segnalate da me e da tutti colleghi che mi hanno preceduto, chiediamo quindi che si faccia molta attenzione agli emendamenti presentati in Aula. L'invito che mi sento di rivolgere all'Aula è proprio quello di respingere in particolare le proposte che tendono a favorire i pochi allevatori che nel corso degli anni non hanno pagato le multe a beffa dei tanti onesti che invece le regole le hanno sempre rispettate. Se così non si facesse, il messaggio che questo Governo si prenderebbe la responsabilità di inviare non risulterebbe negativo solamente per gli allevatori, ma più in generale per gli operatori economici e per tutti i cittadini.
Ora un cenno particolare alle zone svantaggiate. Ricordo che oltre alle pochissime risorse per la copertura del fondo per le calamità naturali - in pratica 80 milioni di euro per il pregresso e solo 30 milioni di euro per quest'anno - è stata ridotta anche la proroga delle agevolazioni contributive per le zone di montagna e svantaggiate, con una scadenza al 30 settembre prossimo che rischia di aggravare pesantemente la situazione di migliaia di imprese. È fondamentale affrontare la questione con una misura di carattere strutturale per dare respiro alle aziende agricole che operano in territori particolarmente difficili dove sono più evidenti i problemi in termini di minore meccanizzazione, difficoltà di commercializzazione, frammentazione e polverizzazione fondiaria. Pag. 34
Concludo rilevando che siamo in presenza di uno scenario allarmante per l'agricoltura, aggravato da risposte parziali e sbagliate da parte di questo Governo che sembra non comprendere la reale portata della crisi che sta attraversando il settore. Tutti i comparti dell'agricoltura sono in grande affanno: sono sempre più schiacciati dai costi e da una drastica riduzione delle risorse. Non a caso nei giorni scorsi al Presidente del Consiglio è stato chiesto un segnale nei confronti di migliaia di imprese agricole che, senza interventi concreti e mirati, rischiano di chiudere i battenti con le relative gravi conseguenze sotto il profilo economico, occupazionale e sociale. Ma dispiace vedere che il Governo, ancora una volta, tratta a pesci in faccia chi manifesta e risponde in modo assolutamente non adeguato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole De Micheli. Ne ha facoltà.

PAOLA DE MICHELI. Signor Presidente, il quadro economico nel quale si inserisce questo decreto-legge è una crisi generale che ricade sul settore in maniera molto pesante. L'agricoltura e l'agroalimentare contano oltre un milione di imprese, rappresentano il 16 per cento delle imprese italiane con oltre 220 miliardi di euro di fatturato. Le filiere sono in difficoltà, i costi di produzione sono aumentati senza per ora beneficiare delle riduzioni deflattive delle materie prime, ma soprattutto la compressione dei consumi, le maggiori difficoltà ad aggredire le esportazioni e il problema oggettivo del rapporto con le banche determinano profondi rischi di destrutturazione di un sistema che è invece il fiore all'occhiello del Paese.
In questo quadro questo Governo e questa maggioranza fanno una politica che ci propone sostanzialmente in un anno solo due decreti e tante piccole toppe che non bastano per dare all'agricoltura il ruolo che realmente ha nel nostro sistema economico e produttivo. Nel merito questo secondo vostro decreto-legge, che affronta la questione delle quote latte, ci pone di fronte ad un annoso problema che viene da lontano; un problema che ha rappresentato nei nostri rapporti con l'Europa, per molti, troppi anni, una vera e propria zavorra. Ero una bambina e già gli amici di mio padre e i nostri vicini di azienda agricola parlavano di questa questione, eppure abbiamo ora l'occasione di chiudere e, di chiudere bene. Questa dovrebbe essere la priorità di quest'Aula, questa dovrebbe essere la priorità di questo Governo.
Potremmo chiudere premiando la trasparenza, il rispetto delle regole e della legalità, di fronte alla situazione nella quale versa il settore lattiero-caseario potremmo tracciare una linea di giustizia. Rivolgersi esclusivamente all'1,58 per cento degli allevatori, ossia a 667 allevatori, non è sufficiente, non può bastare per chiudere questo annoso contenzioso.
Per il Partito Democratico, prima di tutto, ci sono gli altri produttori, quelli che hanno scelto di aderire alle precedenti iniziative normative, l'ultima delle quali è proprio stata assunta dal precedente Governo Berlusconi. Il Partito Democratico vi ha chiesto che fossero le regioni, così come previsto dalla legge n. 119 del 2003, a definire le modalità di chiusura di questo contenzioso e invece questo ci è stato negato. Dov'è il federalismo? È solo una parola vuota, nonostante tutto quello che, anche insieme, abbiamo realizzato e siamo riusciti a costruire nei giorni scorsi. Le condizioni del federalismo possibile non erano anche dentro questa opportunità? Perché quando si tratta di latte il federalismo non vale più? Abbiamo chiesto l'applicazione di una legge esistente, votata a grande maggioranza proprio dal precedente Governo Berlusconi.
C'è un dato che mi ha lasciato attonita: dieci anni fa il totale dei produttori di latte era di 53 mila unità, oggi ne sono rimasti un totale di 40 mila, una riduzione drammatica che, a differenza di altri settori, è soprattutto dovuta anche alla questione delle quote e al tentativo spasmodico di moltissimi produttori non solo di stare nel mercato, ma soprattutto di stare Pag. 35nella legalità. Il numero degli splafonatori, invece, è rimasto immutato, queste aziende hanno scelto di non aderire al precedente condono della legge n. 119 e sono sopravvissute, i loro colleghi e i cittadini hanno pagato una montagna di soldi che è stata sopportata da tutto il Paese per un ammontare di oltre quattro miliardi di euro, una cifra che se oggi fosse nelle nostre disponibilità potrebbe risolvere moltissimi dei problemi che attanagliano il settore e, più in generale, gli imprenditori.
Il Partito Democratico vi ha chiesto un confronto propositivo, la fatica, purtroppo poco mediatica, ma molto responsabile dell'opposizione costruttiva. Abbiamo riconosciuto il successo dell'incremento dell'assegnazione degli 8 milioni di quintali che è arrivato soprattutto per chiudere subito la questione e per tale ragione ci siamo assunti la responsabilità di gestire il processo che ci poteva portare fuori da questa condizione e che avrebbe potuto finalmente dare un risultato storico.
Vi abbiamo chiesto di riconoscere la priorità agli affittuari, ai titolari di quota «B», la rinuncia a tutti i contenziosi, la certezza della rateizzazione a vent'anni a tassi di mercato e poi ancora l'assegnazione delle quote di riserva nazionale fino all'adesione della rateizzazione del pagamento della prima rata sempre in coerenza con legge n. 119, quella di Alemanno, nonché un fondo per i produttori che acquistano quote e la trattenuta preventiva dei premi PAC. Queste richieste, che sono il frutto di un'esperienza di oltre 15 anni di confronto con la problematica in esame, demarcano non solo la capacità propositiva e sempre responsabile del Partito Democratico, ma soprattutto la linea invalicabile dell'equità.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 17,30)

PAOLA DE MICHELI. Prendere atto che tutti i tentativi di avvicinamento su questi temi sono stati stroncati dalla totale chiusura del Ministro e della maggioranza tutta ha esasperato gli animi e ci vede particolarmente critici in opposizione a questo testo. Oltretutto, leggiamo nelle vicende di questi giorni che il testo in esame vi toglie dalla tradizionale sintonia che vi ha caratterizzato fino a poco tempo fa con il mondo agricolo. Ci sono 40 mila allevatori mobilitati che chiedono la cosa più normale del mondo: il rispetto della loro straordinaria capacità di fare impresa, cioè il minimo sindacale del rispetto della fatica di un imprenditore.
E voi, sordi ad ogni appello che vi arriva da chi produce ogni giorno preziosa ricchezza per il Paese, decidete di difendere solo gli splafonatori, anche loro lavoratori e imprenditori ma che hanno compiuto una scelta fuori dalla legge. Sono coloro che non si sono mai voluti mettere nelle condizioni di recuperare la loro posizione anche a condizioni di grande favore. Cari colleghi, vi parlo avendo nelle orecchie e negli occhi le parole e il volto dei miei amici allevatori, dei miei vicini d'azienda che sono rimasti sbigottiti dalle umilianti vicende di questi giorni.
Mi avvio alla conclusione con una questione che riguarda anche l'attualità del ruolo del Parlamento, a fronte anche di certe affermazioni del Presidente del Consiglio che ci devono vedere particolarmente critici. Ora più che mai dobbiamo avere la forte consapevolezza che qui in realtà possiamo fare le leggi bene e in fretta. L'opposizione stessa ne ha data ampia dimostrazione nei giorni recenti sulla crisi, sul federalismo e su tanto altro. Io parlamentare di prima nomina tocco con mano questa grande opportunità di legiferare e di risolvere i problemi in tanti momenti di complessi lavori delle Commissioni. Tuttavia, per fare questo, cari colleghi, ci vogliono due premesse che non dipendono dai Regolamenti parlamentari. La prima è che bisogna scegliere di ascoltarsi reciprocamente e per davvero. La seconda è quella di avere il coraggio di riconoscere la qualità e l'autenticità delle richieste dell'altro. Questo decreto-legge sarebbe un'occasione per lavorare così e noi abbiamo ascoltato i produttori e gli Pag. 36imprenditori, e ora attraverso le nostre parole e i nostri emendamenti, dovreste farlo anche voi.
Il condono per gli splafonatori non ci sta e non è coerente con le vostre roboanti dichiarazioni a favore di chi fa impresa e si pone fuori dalle questione di legalità che spesso, in tanti consessi pubblici, sostenete di difendere, soprattutto quando si tratta di altri settori. Ciò umilia chi si è impegnato e toglie da guai solo poche persone. Non condividiamo le obiezioni di coloro, anche alcuni amici e colleghi parlamentari della maggioranza, che paventano il rischio di un eccessivo e ulteriore incremento di produzione. Se costruiamo bene la legge, la facciamo rispettare fino in fondo e ci mettiamo in sintonia con le associazioni di categoria e le regioni, riusciremo nell'intento di risolvere il pregresso e di agevolare le condizioni di una vera, corretta e soprattutto necessaria stabilizzazione del mercato.
Non si può condividere nemmeno l'obiezione di alcuni amici della Lega i quali, dato che in passato sono stati compiuti tanti errori ed è stato fatto di tutto e di più, non riconoscono, per questa ragione, gli interlocutori come credibili. Non è con un nuovo errore che commettiamo oggi (o nei prossimi giorni) che risolveremo gli errori commessi nel passato. Se accettate le nostre proposte emendative questo decreto-legge si trasformerà in un'occasione di credibilità e di forza per le istituzioni. Se per primi date il cattivo esempio, non vi confrontate e non aprite la disponibilità di migliorare il decreto-legge, disponibilità che anche oggi riconfermiamo, con quale autorevolezza su altri tavoli tornerete a parlare di legalità, di impresa e di programmazione e stabilizzazione del mercato?
Fuori dalla maggioranza e dal Governo non vi è nessuno, né regioni, né categorie disposte a dare un'apertura di credito a questo testo. Per il bene di questo settore già così pesantemente sotto pressione, per il bene stesso di quegli allevatori che definiamo genericamente splafonatori (ma che sono anche loro dei lavoratori indefessi che potrebbero rientrare in un percorso nuovo e più condiviso di governo del settore) e soprattutto per il rispetto dovuto a chi ha già scelto di sostenere grandi sacrifici rientrando nell'alveo della legge ve lo chiediamo di nuovo: accogliete le responsabili e serie proposte del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOCCIA. Signor Presidente, Ministro Zaia, che non mi pare sia presente, membri del Governo, il provvedimento del Governo, palesemente a sostegno degli allevatori già multati per le numerose illegalità compiute negli anni scorsi sulle quote latte - è indubbio, mi auguro che i colleghi della Lega prendano atto dell'oggetto di cui stiamo discutendo in Aula - rappresenta l'ennesima grave dimostrazione di una totale assenza di politica economica, quella che spesso il Ministro Tremonti ci ricorda essere il punto di riferimento delle sue azioni politiche quotidiane, e di una politica industriale per il Paese che a noi sembra, ogni giorno di più, una politica a tentoni, che risponde a sollecitazioni, a volte comprensibili, del sistema di rappresentanza del Paese, ma questa volta «no».
Queste sollecitazioni non sono comprensibili, perché queste sono vere e proprie pressioni esterne al Parlamento; queste sono, probabilmente, le pressioni esterne al Parlamento alle quali il Presidente del Consiglio, forse, faceva riferimento questa mattina a Napoli, in totale libertà, quando parlava del ruolo di alcuni parlamentari, perché sicuramente non faceva riferimento a noi.
Probabilmente, stava facendo riferimento ad alcuni suoi parlamentari che, in queste ore, stanno costringendo le Commissioni e l'Aula a mettere la firma su un provvedimento che è solo nominalmente normativo, ma è oggettivamente un furto alle spalle degli italiani onesti, del nord e del sud (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Dopo la rottamazione delle auto e gli inutili aiuti che avete dato alle banche, che Pag. 37non mi pare siano stati dirottati né alle imprese né alle famiglie, oggi ci chiedete la rottamazione delle multe, perché di questo ci state parlando. La rottamazione delle multe viene spacciata per una misura sul settore del latte, sul settore agricolo del nostro Paese.
Fu proprio il Governo Berlusconi, nel 2003 - è bene ricordarlo qui in Aula -, Governo che millanta attenzione verso l'abbassamento delle tasse (lo dico ai colleghi che, probabilmente, hanno la memoria corta o non erano in quest'Aula nel 2003) a svendere a Bruxelles la posizione italiana per l'armonizzazione dei sistemi fiscali per ottenere il primo vero condono del latte.
Siccome spesso, nel nostro Paese, la memoria non ha un valore centrale nel dibattito politico, è bene che oggi lo ricordiamo. Vi è una parte del rapporto ECOFIN del 2003 che vorrei riportare, che vorrei lasciare agli atti del Parlamento italiano.
Quel rapporto ECOFIN dice testualmente (lo leggo, signor Presidente): la delegazione italiana ha richiesto, durante l'incontro, di affrontare la questione delle quote latte, esprimendo, poi, una riserva generale sulla direttiva chiave del pacchetto di armonizzazione fiscale.
È bene ricordare che, fino a quel momento, il nostro Paese apparteneva a quel gruppo in Europa che si batteva per armonizzare i sistemi fiscali, che avrebbe significato l'abbassamento strutturale e graduale delle nostre tasse, l'adeguamento del nostro sistema fiscale a quello europeo.
Il Governo Berlusconi si fermò in quel processo di fronte alle quote latte: portò a casa il condono per gli allevatori, ma per quali allevatori? Certamente non per gli allevatori onesti, che per produrre latte si servivano degli animali che consentono la produzione del latte; perché molti degli allevatori che state condonando non hanno neanche più la materia prima, signor Presidente, neanche più le mucche: erano riusciti a vender latte, a coprire quote senza avere la materia prima dalla quale il latte viene prodotto! Questo è uno dei tanti misteri italiani. Non mi risulta che una parte di questi allevatori siano stati sanzionati, e noi oggi stiamo bloccando il Parlamento della Repubblica, senza distinguere in alcun modo gli allevatori sani, quelli che avevano prodotto il latte e che poi in qualche modo lo avevano venduto, ed erano stati costretti a subire multe perché qualcun altro nelle stesse zone del Paese aveva approfittato della mancanza di controlli.
Tornando a quella direttiva, sempre il rapporto Ecofin ci dice che i nostri rappresentanti allora al Governo, del Governo Berlusconi, non hanno più proposto le modifiche sulla direttiva legata all'armonizzazione dei sistemi fiscali, ma hanno condizionato - dice proprio così il testo - il proprio assenso alla direttiva sulla tassazione del risparmio dei non residenti, alla sanatoria delle multe agli allevatori italiani rei di avere superato le quote latte stabilite dalla politica agricola comune. Questo scambio, che io definisco vergognoso sul piano della politica economica, avvenne nel 2003 alle spalle degli italiani.
Oggi altro foraggio arriva agli amici - posso dirlo senza timore di essere smentito - dei leghisti del nord, con l'imbarazzante sanatoria sulle multe. Probabilmente tutto questo potrebbe essere oggetto del peccato di simonia, signor Presidente, con la compravendita delle indulgenze; più laicamente si potrebbe dire che stanno compiendo l'ennesimo scippo ai contribuenti per pagare le multe che l'Europa ha comminato agli allevatori del nord. È oggettivo, è evidente che il Governo tende a favorire macroscopicamente coloro che non hanno rispettato le regole a scapito dei produttori corretti, i quali inizieranno sempre di più a chiedersi quanto paghi essere onesti; inizieranno a dire che, probabilmente, basta acquistare sul mercato ristretto, su quello parallelo, l'indulgenza (che normalmente mi pare venga direttamente venduta da un partito politico o da un altro, da chi fa sponda ai gruppi di pressione esterni al Parlamento), e poi la multa, prima o poi, verrà condonata.
Al pari di quanto avvenuto in materia fiscale, anche nel decreto-legge in esame il Pag. 38Governo sta favorendo chi non rispetta le regole vigenti a scapito di chi le rispetta: buona parte delle nuove quote latte (è questa la cosa più preoccupante per il futuro che abbiamo di fronte, e questa decisione dobbiamo prenderla entro il 1o aprile) rischia di essere assegnata ai produttori responsabili delle eccedenze. Ci stiamo mettendo nella condizione di non far pagare una parte delle multe che giustamente erano state comminate, e poi il capolavoro del decreto-legge in esame è che chi non è stato onesto fino in fondo avrà il regalo finale, e cioè una parte delle nuove quote latte. Vi rendete conto di che provvedimento stato sottoponendo al Parlamento, o no? Lo dico alle singole coscienze dei parlamentari, che poi sono chiamati a votare! Vi rendete conto che il rischio è che vengano condonate azioni oggettivamente illegittime e illegali, attribuendo poi ai responsabili anche un premio: lo sconto sulla multa, o la cancellazione in alcuni casi, e poi un regalo per il futuro! Il premio per aver violato le regole, sarà quello di avere vita natural durante un aumento della quota disponibile.
Questo rischio viene infatti sostenuto da una valutazione oggettiva: hanno beneficiato della possibilità di vendere maggiori quantitativi di latte tutti coloro che hanno violato le regole, a prezzi superiori a quelli del mercato (questo è un dato oggettivo). Gli stessi che hanno violato le regole hanno usufruito di una vantaggiosissima sanatoria sulle multe per aver sforato la propria quota e - questo è il terzo punto, che fa di questo provvedimento oggettivamente un capolavoro al contrario - ottengono un maggiore beneficio strutturale in termini di maggiori quote perché, se il provvedimento verrà approvato così com'è, come dicevo prima chi ha violato le regole otterrà maggiori quote.
Sempre per dare un forte segnale sul fatto che chi non rispetta le regole comunque non ha nulla da temere, nello stesso decreto-legge il Governo prevede che, per i debiti che derivano dal mancato pagamento del prelievo del latte, nei casi in cui il pagamento in un'unica soluzione potrebbe determinare la cessazione dell'attività delle imprese, è prevista la rateizzazione.
Non so se ognuno di noi si rende conto fino in fondo di qual è l'oggetto di questo provvedimento, ma è evidente che si tratta di un ulteriore beneficio generalizzato a favore di pochi. Adesso che sanno che l'unico deterrente a non essere corretti - il pagamento della multa in un'unica soluzione - viene meno, a mio avviso nell'intero settore essi saranno ancora più incentivati a praticare comportamenti opportunistici e probabilmente saranno seguiti anche da quei pochi che credono ancora che, in qualche modo, nel nostro Paese le regole devono essere rispettate e che il mancato rispetto delle regole determina inevitabilmente una sanzione.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 17,50)

FRANCESCO BOCCIA. Più che simonia questa è mancanza di serietà, sulla quale tutti i colleghi di maggioranza e di opposizione e in particolar modo, Vicepresidente Leone, quelli del Mezzogiorno (le ricordo infatti che l'80 per cento delle risorse è destinato agli allevatori multati del nord) dovrebbero dire da che parte stanno: se da quella del Paese onesto che lavora e paga le tasse e che ancora una volta viene scippato dei soldi necessari per le sue opere primarie, o da quella dei furbi e, in alcuni casi, dei pregiudicati. Nell'ultima lista consegnata dal Ministero a Palazzo Chigi compariva infatti anche un elenco di allevatori pregiudicati, il che non è di per sé un male perché può anche essere successo qualcosa nella vita che porta un allevatore ad essere stato pregiudicato; ma, oggettivamente, chiedo soprattutto ai parlamentari del Mezzogiorno della maggioranza di compiere una valutazione riguardo al fatto che poi costoro debbano essere anche tra i principali contribuenti di quei territori, o gli si debba condonare la multa e poi dare in premio l'aumento della quota. E la chiedo anche Pag. 39ai tantissimi elettori seri, rigorosi ed onesti che votano la Lega al nord: non vogliono Roma padrona, ma non disdegnano - mi pare di capire - i soldi di Roma e di buona parte dei contribuenti onesti che quelle multe, per altri temi, le avrebbero pagate.
Infine, mi si permetta una valutazione tutta legata alle riflessioni più volte svolte nella nostra Aula. Non riusciamo davvero a comprendere la differenza fra le clientele in Campania o in Sicilia e queste dell'intera pianura padana (perché di clientele si tratta): la differenza sta nel dialetto, ma il tema è esattamente lo stesso. A questo punto, mi auguro che il Governo prenda seriamente in considerazione gli emendamenti che in Commissione non sono stati oggetto di una discussione franca e di una valutazione oggettiva (buona parte di quegli emendamenti, che consentono di trasformare il provvedimento in esame in un intervento che si occupa dell'intero comparto e non di un gruppo di persone facenti capo ad alcuni movimenti politici, è stata infatti rinviata all'Aula).
Mi auguro che vi sia questa grande disponibilità da parte della maggioranza e del Governo e che il ministro Zaia, dopo questa discussione ampia, abbia un sussulto di dignità in linea con l'attività che quotidianamente svolge il suo gruppo in Parlamento e ritiri questo provvedimento che offende tutti gli italiani onesti. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, devo dire che per una volta sono lieto del fatto che le tribune del pubblico siano vuote, e che non vi siano degli studenti ad ascoltare la storia miserabile, o forse è meglio dire miserevole, che, purtroppo, sono costretto oggi a presentare davanti a quest'Aula, perché non è una bella pagina della nostra storia parlamentare quella che stiamo vivendo. Stiamo parlando delle quote latte e delle multe ricevute sulle quote latte. Vorrei ricordare agli onorevoli colleghi della Lega che cosa sono le quote latte, perché nella discussione, a volte, si perde il senso di ciò di cui propriamente stiamo parlando. In Europa, il latte è una merce pesantemente sovvenzionata con il denaro dei contribuenti. Per ogni litro di latte che consumiamo vi è una quota importante del prezzo che deriva dal fatto che l'Unione europea compra latte in polvere, burro, e prodotti lattiero-caseari vari nelle quantità necessarie per tenere alti i prezzi del mercato. Questo è il motivo per cui esistono le quote; prima le quote non esistevano.
Prima di Mac Sherry (famoso commissario per l'agricoltura) le quote latte non esistevano e, siccome le quote non c'erano, l'Unione europea rischiava di affogare in un mare di latte e di essere travolta dalle valanghe di una montagna di burro che si veniva accumulando nei depositi. Latte e burro qualche volta venivano venduti sui mercati internazionali e qualche volta regalati ai Paesi in via di sviluppo, distruggendo le loro economie, perché è ovvio che quando si va a regalare il latte, il produttore locale di latte del Paese che riceve questo dono verrà rovinato.
Uno dei motivi della crisi dell'agricoltura dei Paesi del terzo mondo (oggi meno, dopo la riforma Mac Sherry, e le altre successive fino a quella di medio termine di Fischler) era che le merci agricole provenienti dall'Europa venivano vendute a prezzi bassissimi o semplicemente regalate. Ma che cos'è la quota? Che cosa sono le multe sulle quote? Se tu vendi più della tua quota, di fatto, ti fai dare dal contribuente più denaro di quello che il contribuente ha deciso di darti, e quindi lo truffi. La multa sulla quota è la restituzione di quello che hai frodato al contribuente. Non è neanche una punizione, dal punto di vista quantitativo, siamo nei termini di una restituzione di un vantaggio indebito ed illecito; frodare sulle quote è una truffa. Mi direte; non è l'unica truffa che avviene nell'Unione europea. Sono d'accordo con voi: non è l'unica truffa, però la truffa di cui stiamo parlando oggi Pag. 40non è una truffa semplice, è una truffa aggravata. E perché è aggravata? Il Governo Berlusconi, di cui ho avuto l'onore di fare parte, decise di risolvere il problema delle quote latte. Il problema delle quote latte è stato causa di discredito e di debolezza della politica europea dell'Italia. Dovunque andavi, non potevi battere i pugni sul tavolo, quando dovevi difendere un interesse italiano importante. Come avresti potuto, tutti ci dicevano: e le quote latte? E ti riducevano al silenzio. Quante volte avremmo dovuto battere i pugni sul tavolo, onorevoli colleghi. Prescindiamo, onorevole Ruvolo, dal fatto che l'intera politica agricola europea è sbilanciata contro la Sicilia e il Mezzogiorno. Prescindiamo dal fatto che non c'è un sostegno per l'ortofrutta e che sulle arance siciliane le truffe non ve ne sono, perché non vi è neanche il sostegno alle arance siciliane. Prescindiamo dal fatto che le barriere doganali si sono aperte per le arance marocchine. Prescindendo da tutte queste cose, rimane il fatto che non abbiamo potuto fare tutto quello che dovevamo fare tante volte, non solo nell'ambito della politica agricola, ma anche in altri ambiti.
È stata ricordata la vicenda di Ecofin. Per la verità non si trattava tanto di armonizzare le politiche fiscali, quanto di fare la lotta ai paradisi fiscali, di cui l'Italia soffriva più di altri (vi ricordate l'esportazione di capitali italiani in Svizzera?). Avremmo dovuto e potuto porre un alt, ma abbiamo rinunciato per avere la possibilità di fare l'amnistia alle quote latte, e non abbiamo rinunciato solo su questo, abbiamo rinunciato anche su tante altre cose: avremmo potuto e dovuto difendere meglio gli interessi italiani, ma non l'abbiamo fatto (io c'ero).
Ed essendo questa la priorità che il Governo si era data andava bene, anche perché allora era una truffa, ma non era una truffa aggravata. Era una truffa, ma era una truffa che coinvolgeva tanti poveracci. Era una truffa, ma era una truffa che aveva anche delle ragioni comprensibili (una certa sottovalutazione delle quote latte spettanti all'Italia, a causa di problemi precedenti e pregressi). Allora, con un grande sforzo, noi abbiamo fatto la trattativa e abbiamo approvato la legge n. 119 del 2003, più volte citata, che è una vera e propria amnistia, è stato detto da qualcuno, o un indulto. È vero: abbiamo votato un indulto, anzi io non solo l'ho votato, l'ho preparato con il mio lavoro di Ministro. Proprio perché abbiamo fatto un indulto non possiamo farne un secondo: non è possibile (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico). È come se quelli che sono usciti dalla galera con l'indulto il giorno dopo ricominciano a commettere reati, e noi che facciamo? Invece di rimandarli in galera gli facciamo il secondo indulto! Questo è il secondo indulto, ed è un indulto dato a gente che le quote latte se le è vendute. Infatti, le quote latte si possono vendere. Tu vuoi ampliare la tua produzione? Compri quote latte da chi te le vende. C'è gente che si è vendute le quote latte. Il giorno dopo cosa ha fatto? Ha chiuso la stalla? No, ha continuato a produrre. Ma non è il peggio. Ci sono quelli che si sono venduti le quote latte, hanno chiuso la stalla, o forse non l'hanno chiusa neanche perché non l'avevano, e hanno continuato a vendere latte di origine misteriosa. Varrebbe la pena di fare un'indagine per capire come quel latte affluiva e come veniva venduto (questo è un altro capitolo, che per carità di patria forse è meglio non aprire).
Questi sono recidivi. Hanno violato la legge non una volta, ma due volte. Ed è un piccolo gruppo, perché la grande maggioranza degli allevatori si è messa in regola. Con la legge n. 119 del 2003 il maggior numero di quelli che avevano splafonato si è rimesso in regola, e hanno avuto condizioni molto favorevoli: una rateizzazione lunghissima, a tassi di interesse simbolici, ma anche - vogliamo dirlo? - delle condizioni di identificazione di quelli che dovevano pagare fatte in modo così lasco che bastava chiudere un'azienda, una srl, ed aprirne una nuova per risultare irreperibili all'Agenzia delle entrate che doveva cercare di farsi restituire i soldi a suo tempo indebitamente ricevuti. Pag. 41
Quindi, questi hanno continuato a produrre, si sono venduti le quote latte, hanno lucrato vantaggi straordinari, e oggi noi cosa facciamo? Gli regaliamo le quote latte! Avendo avuto un di più, un 5 per cento di più di quote latte, invece di darle ai produttori più efficienti, quelli che sono in grado di reggere meglio la concorrenza del mercato, noi le regaliamo a chi ha truffato. Una volta guadagna perché le vende; una seconda volta guadagna perché dopo averle vendute continua a vendere latte (o suo o non suo, non lo sappiamo); una terza volta guadagna perché noi gli regaliamo altre quote latte. Vi sembra giusto questo? Vi rendete conto di quanto è motivata la protesta di produttori onesti che qui fuori sono venuti stamattina a lamentarsi e a gridare? Ma se una cosa così fosse stata fatta a Napoli la Lega avrebbe chiesto di buttare la bomba atomica su Napoli (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico)! Vogliamo dire le cose come stanno? E invece io ascolto delle difese che sono veramente incomprensibili. Qui non c'è niente da difendere. In queste aule è molto raro che la verità e la falsità si dividano con un taglio netto (in genere abbiamo tutti un po' ragione), ma questo è uno dei casi rarissimi in cui è difficile, signor presidente della Commissione, dire che questi signori si meritano il regalo delle quote latte. È veramente difficile!
Io credo che gran parte dei deputati della maggioranza, nel loro cuore, sappia che questo è un atto che non ha alcuna spiegazione ragionevole, se non una tutta politica, interna a equilibri, alchimie e talvolta ricatti interni alla maggioranza. Comprendo la loro posizione, ma li invito a riflettere: stiamo premiando chi non merita di essere premiato.
Invece, in questa discussione non ho sentito ricordare un fatto che dovrebbe essere al centro delle nostre preoccupazioni. Infatti, signori miei, nel 2015 le quote latte finiranno. Anche gli altri Paesi hanno un ampliamento di produzione del 5 per cento (noi l'abbiamo tutto in un anno, gli altri lo hanno scaglionato nel tempo) e nel 2015 abbiamo finito. Ho ascoltato qualche collega della Lega dire: finalmente finiscono le quote latte, questo regime oppressivo. Quale regime oppressivo? Questo è il sistema che consente di vivere ai produttori di latte in Italia, perché dopo sapete cosa succede? Il miglior produttore di latte della Padania (anche della Sicilia, peraltro) non riesce a produrre un litro di latte per meno di 35 centesimi. Il peggior produttore di latte della Polonia, della Lituania o dell'Estonia non riesce a produrre per più di 18 centesimi al litro: perché la manodopera costa meno, perché è tutta pianura, perché è una terra che sembra fatta per le vacche, però è così. Quando finiranno le quote latte, che facciamo? Ci siamo posti il problema? Altro che l'idea di invadere l'Europa con il latte padano: chiuderemo le stalle, e bisognerebbe pensare adesso non a premiare chi non lo merita, ma a fare una politica per migliorare la qualità del latte. Infatti - a parte il latte fresco, che ovviamente è difficile da importare in tempi adeguati - continuerà a produrre chi fa latte di qualità per prodotti di qualità.
È su questo che bisognerebbe riflettere, è su questo che bisognerebbe investire, e bisognerebbe premiare quelli che il latte l'hanno prodotto rispettando le regole e pagando le tasse e che hanno bisogno delle quote per allargare la loro attività e raggiungere dimensioni aziendali che consentano loro di reggere la concorrenza di domani, che sarà molto più dura della concorrenza di ieri. Noi invece a questi non diamo nulla e a chi ha frodato il fisco, a chi ha truffato il contribuente europeo, a chi si è venduto le quote, a chi non merita di essere aiutato, a un piccolo gruppo di imprenditori agricoli - chiamiamoli così - noi regaliamo le quote latte faticosamente ottenute. Mi sembra una cosa francamente inaccettabile.
Vorrei fare appello al buon senso dei colleghi della maggioranza: difendiamo il futuro dell'agricoltura italiana, ma anche il senso dello Stato, della legalità, un elementare principio di moralità politica. Non lasciatevi ricattare più del possibile. E agli amici della Lega dico: voi in Padania Pag. 42ci siete, sapete che queste cose sono vere. Anche voi, ma perché dovete mettere in gioco il vostro buon nome, le vostre battaglie (spesso giuste, anche se un po' gridate) per difendere una massa di lazzaroni (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico)?

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bobba. Ne ha facoltà.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 18,10)

LUIGI BOBBA. Signor Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, durante la non lontanissima campagna elettorale, poco meno di un anno fa, avendo partecipato ad uno dei tanti appuntamenti, a Cuneo, organizzato dalla Coldiretti (un appuntamento tra l'altro organizzato in una forma particolarmente originale, con un collegamento a distanza con le sette diverse zone della provincia Granda), ricordo che il rappresentante della Lega, proprio in quella occasione - eravamo diversi rappresentanti politici, che presentavano le loro ragioni e le loro proposte in funzione delle allora prossime elezioni politiche - ebbe modo di annunciare sostanzialmente, seppur non nel dettaglio come oggi avviene puntualmente nel provvedimento in esame, che cosa avrebbero fatto rispetto a questo tema, che era stato sollevato (infatti, il meccanismo del confronto e del dibattito era questo: dalle diverse zone venivano annunciate domande agli interlocutori politici che si trovavano nella sede della Coldiretti di Cuneo).
Egli aveva annunciato qualcosa di simile a quello che oggi troviamo scritto nel provvedimento in discussione. Ricordo altrettanto bene che, pur essendo la Lega Nord una forza di una certa entità e di una certa dimensione nel territorio cuneese, la risposta data dal rappresentante di quella forza politica ricevette sonore «pernacchie» da parte degli ascoltatori, cioè di coloro che avevano posto un problema. Tale problema, che è stato sollevato da questa Assemblea in modo chiaro ed evidente, riguarda la necessità di premiare i produttori onesti e di punire coloro che hanno frodato, coloro che, avendo già ricevuto uno sconto rispetto alle regole non rispettate, adesso ne ricevono uno ulteriore, una sorta di sconto al quadrato.
Il Presidente Buttiglione ha appena affermato di essere contento che non vi siano giovani studenti ad ascoltare le riflessioni su questo miserando, miserevole provvedimento. Tuttavia, credo che, se un rappresentante del Governo o della Lega Nord (che è la principale sostenitrice di tale provvedimento) si presentasse in un'aula scolastica, cercando di difendere le ragioni per le quali mettono in campo un provvedimento di questo genere, con queste caratteristiche, gli studenti risponderebbero dicendo che si tratta di un'evidente scelta di bullismo politico, di non rispetto delle regole; che, anzi, si tratta di infischiarsi delle regole e di pensare che, proprio perché si mettono in atto dei comportamenti di tipo bullistico, di fatto, si è migliori, si è più avanti e si è capaci di affermare la propria forza.
Credo che questo elemento debba farci riflettere, perché siamo in un Paese in cui gli italiani hanno poca fiducia nella giustizia e, spesso, nelle leggi, che non vengono rispettate, e i delinquenti non vengono colpiti, se è vero che l'80 per cento dei reati rimane impunito. Pertanto, già vi è questa larga sfiducia nella giustizia e il Parlamento va a premiare, anziché a punire, coloro che non hanno rispettato in alcun modo delle regole che erano state definite. Con riferimento a quell'indulto di cui ha parlato, poco fa, il Presidente Buttiglione, coloro che hanno già usufruito di un indulto, e che adesso continuano a delinquere, anziché essere puniti, vengono premiati con un'ulteriore incentivazione. Mi riferisco a quel 5 per cento che l'Italia ha ottenuto come ampliamento delle quote e che il Governo si è affrettato ad indicare e a magnificare come un risultato storico di proporzioni e di entità incomparabili. Un risultato storico, invece, fu quello del Pag. 431999, quando la nostra quantità venne aumentata di 600 mila tonnellate, proprio all'interno dell'Agenda 2000.
Pertanto, vi è, innanzitutto, un elemento di vera e propria cancellazione e corruzione delle regole che questo provvedimento ingenera in relazione a coloro che, nel momento cui l'Italia ha deciso un percorso di regolarizzazione, hanno accettato tale percorso, pagando, seppure in forma rateizzata, le multe che dovevano pagare, reinserendosi in un percorso ordinario, fino ad arrivare ad una situazione che veda cancellato questo triste passato del nostro Paese. Il danno di tutto ciò non riguarda solo - come giustamente ha osservato l'onorevole Boccia - i produttori del sud.
Esso riguarda anche quella larga fetta di produttori delle regioni del nord Italia - regioni in cui anch'io esercito il mio mandato elettorale - che, proprio perché produttori onesti che hanno rispettato un percorso di regolarità (o comunque vi si sono reinseriti), vedono coloro che invece non hanno accettato quel percorso premiati dalla possibilità di beneficiare di un aumento delle stesse quote. Se molti di quegli allevatori, di quei coltivatori e di quegli agricoltori hanno messo in campo forme di protesta straordinaria e in qualche modo fuori dal costume tipico del mondo agricolo, qualcosa dovrà pur significare.
La Lega, che si è presentata sempre come un partito a favore del rispetto delle regole, un partito contro l'assistenza e per la legalità, come un partito che mirava ad evitare che il mercato fosse distorto da provvedimenti di natura legislativa e favorevole all'intervento del legislatore a sostegno, invece, dei produttori capaci di esprimere una nuova capacità competitiva, oggi si trova a difendere - non solo in forma assistenziale, ma addirittura in forma di cancellazione di regole di rispetto della legalità - un elemento corrosivo del nostro costume nazionale, con la rabbia che cresce nel mondo agricolo che non vuole assistere allo scempio perpetrato a danno della possibilità di produrre in modo positivo, onesto e competitivo nel campo agricolo.
Voglio anche dire che questa scelta politica è accompagnata da un singolare paradosso: mentre pochi giorni fa i rappresentanti parlamentari della Lega Nord hanno esultato di fronte all'approvazione del federalismo fiscale, mentre hanno inneggiato all'essere padroni a casa propria, mentre hanno chiesto di poter utilizzare le proprie risorse, lo stesso Ministro (che appartiene allo stesso partito) ha invece proposto - diversamente da quanto era disposto nella precedente legislazione - che la gestione di questa ripartizione, di questo 5 per cento di quote latte aggiuntive, non avvenga più attraverso le regioni, come finora è avvenuto, ma attraverso un commissario straordinario, un commissario prefettizio, un commissario del Ministero, un commissario, cioè, dello Stato centrale, sottraendo così alle regioni una materia in cui esse hanno direttamente impegnato la loro credibilità, le loro risorse e il loro intervento legislativo.
Siamo al paradosso: il federalismo annunciato nei provvedimenti legislativi diventa poi centralismo nella pratica, diventa un ritorno dei poteri direttamente allo Stato, una sottrazione di poteri proprio a quelle regioni che si erano dimostrate capaci di gestire in modo intelligente, proficuo ed equo un passaggio certamente complicato e difficile come questo che riguarda l'adeguamento delle quote latte.
Per arrivare alla seconda parte del mio intervento, voglio anche enucleare gli elementi essenziali che le proposte emendative del Partito Democratico avevano già presentato in sede di Commissione di merito, che le ha sostanzialmente respinte, e che credo debbano, invece, trovare un nuovo ascolto e una nuova possibilità di confronto, di dibattito e anche di voto proprio nell'Aula parlamentare; in ciò mi rivolgo a tutti i parlamentari, a quelli dell'opposizione, ma anche a quelli della maggioranza che non sono convinti che la scelta fatta con questo provvedimento risponda agli interessi dei produttori, agli Pag. 44interessi del Paese e agli interessi di coloro che sanno esprimere quella agricoltura competitiva di qualità che il nostro Paese presenta come uno degli elementi di forza e di qualità della nostra nazione. Non caso, i settori in cui siamo più forti nella competizione, anche in ambito europeo, oltre al settore manifatturiero e a quello della moda, sono il settore alimentare e il settore agricolo. Si tratta, quindi, di un settore traente e importante, che proprio in questi anni ha dato risultati particolarmente significativi e rilevanti per il PIL del Paese.
Anzi, quando il PIL tendeva ad essere un po' «stitico», sono stati propri il settore agricolo e alimentare a rappresentare un elemento propulsivo che ha reso capace il nostro Paese di essere particolarmente competitivo e innovativo in questo campo. Ancor più grave, dunque, diventa lo scempio che viene fatto con questo provvedimento, proprio perché andiamo ad incidere in un settore dove la nostra possibilità di competere nella dimensione europea si è grandemente riqualificata proprio negli anni che abbiamo alle spalle.
Le proposte emendative che presenteremo e che saranno sottoposte alla votazione di quest'Aula, contengono alcuni punti particolarmente qualificanti per rimettere sul giusto binario un provvedimento che, altrimenti, rischia di causare solo dei danni all'agricoltura e anche all'intero Paese. Il primo è rappresentato dalla necessità di condizionare inevitabilmente l'assegnazione delle nuove quote alla rinuncia ai contenziosi, completando peraltro un iter già avviato al Senato che ha stabilito che chi aderisce alla rateizzazione deve rinunciare in primo luogo proprio ai contenziosi. Tale iter era stato avviato proprio per iniziativa dell'opposizione. Il secondo punto è quello di assicurare l'effettivo pagamento delle multe prima dell'assegnazione delle quote, facendo confluire in una riserva nazionale le assegnazioni previste per i produttori attraverso un prelievo supplementare non versato fino alla definizione del procedimento di rateizzazione. Si tratta di un passaggio fondamentale per condizionare la rinuncia ai contenziosi all'ottenimento delle nuove quote ed assicurare l'effettivo pagamento delle multe.
Il terzo punto coincide con la necessità di invertire l'ordine di priorità dell'assegnazione delle quote, portando gli affittuari al secondo posto e gli splafonatori, sia di pianura che di montagna, al terzo posto. Non si comprenderebbe, altrimenti, la ratio di questo provvedimento, che tende a svantaggiare coloro che già si erano inseriti in un percorso di regolarità e a premiare coloro che invece l'avevano ignorato.
Il quarto punto consiste nel garantire risorse sufficienti e immediata operatività al Fondo dedicato ai produttori di latte che hanno acquistato le quote.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

LUIGI BOBBA. L'ultimo punto è rappresentato dal pagamento anticipato almeno della prima rata della multa e dalla trattenuta preventiva dei premi PAC di spettanza del debitore, da utilizzare a scalare per il versamento delle singole rate e non solo sulla prima rata, come è stato stabilito al Senato. Spero che quest'Aula voglia riparare alla modalità con la quale questo provvedimento ha percorso il suo iter parlamentare e soprattutto evitare che una legge dello Stato favorisca pochi allevatori a danno dei tanti che, invece, producono in modo onesto e competitivo.

DOMENICO SCILIPOTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, capisco e sono stato informato che in seno alla Conferenza dei presidenti di gruppo è stata disposta una modifica dell'ordine dei lavori. Tuttavia, in base a quanto a me risultava, anche perché ci sono stati ampi dibattiti e discussioni sull'argomento in Aula, che alle ore 18 doveva esserci una pausa e non ho capito come mai questa pausa non è stata rispettata. Molte volte è stata richiamata Pag. 45questa statuizione e ieri abbiamo ascoltato il rappresentante del PdL che reclamava e interveniva, richiamando il rappresentante dell'UdC e affermando che per ostruzionismo o per un comportamento a suo dire non molto corretto, non aveva condiviso la possibilità di non sospendere l'attività lavorativa, come invece stabilito dalla Conferenza dei presidenti di gruppo.
Precedentemente, invece, si era svolta in quest'Aula una discussione riguardante sempre lo stesso argomento, ossia la sospensione dei lavori. Mi ricordo benissimo che era intervenuto l'amico presidente di gruppo della Lega facendo una grande riflessione, a suo dire sotto il profilo politico, e richiamando i colleghi presenti in Aula perché era giusto rispettare gli impegni che si erano assunti precedentemente.
Pertanto, oggi sorge in me una riflessione spontanea. È vero che i presidenti di gruppo si sono riuniti, così come è altrettanto vero che hanno modificato l'ordine del giorno. Tuttavia, l'impegno era quello di sospendere la seduta, come già stabilito, anche per verificare se questa nuova attività lavorativa sia valida e concreta. Pertanto, le chiedo, signor Presidente, come mai non si è rispettato quanto assunto nei precedenti impegni (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, vorrei premettere, con molta franchezza, che ovviamente non metto minimamente in dubbio il fatto che sia lecito che la Conferenza dei presidenti di gruppo prenda una decisione che deroga a una regola che avevamo già assunto. Tuttavia, facendo seguito anche a quanto mi sono permesso di sottoporre all'Assemblea, nella giornata di ieri, vorrei interrogare lei, signor Presidente, e i colleghi dell'opposizione e della maggioranza. Ci troviamo in una condizione abbastanza strana in cui è stata stabilita una regola. Tale regola non era riferita a qualcosa di astratto, ma ad un'esigenza volta a dare ordine ai nostri lavori all'interno di un nuovo sistema di votazione che, in qualche modo, implica e obbliga tutti noi a rimanere in Aula per le votazioni e, quindi, con un periodo di tempo bloccato.
Dunque, si viene quasi incontro, se non erro, proprio a una richiesta della Lega che, infatti, giustamente in origine si era tenuta rigida su questa norma, cercando di consentire a tutti noi una pausa. Ritengo che da questo punto di vista si tratti di una richiesta non solo lecita, ma addirittura saggia. Quando vi sono giornate in cui vi è un'esigenza di essere presenti in Aula così forte, tale regola tende a organizzare degli spazi per fare tutte quelle altre cose - e non mi riferisco, lo ripeto, solo alle necessità fisiologiche - e a tutelare quelle esigenze di organizzazione che pure sono presenti nel nostro lavoro sapendo, dunque, che vi è un minimo di organizzazione.
Lo ripeto, la Conferenza dei presidenti di gruppo, come è noto, è in grado di modificare e cambiare tutto, salvo il Regolamento e questo argomento non rientra nel Regolamento. Però, dobbiamo tenere conto che ciò rientra tra le esigenze dei deputati, per quello che sono e prescindendo dall'appartenenza politica. Se sappiamo che vi è una regola che ci permette, in qualche modo, di organizzare anche la nostra attività quotidiana quando stiamo qui giornate intere, dalle 9 della mattina alle 9 della sera, così come è avvenuto ieri, o dalle 9 della mattina fino alle 7 della sera, come oggi, di avere dei piccoli spazi di agibilità per poter fare anche altre cose che rientrano nel nostro mandato e nel nostro lavoro. Tuttavia, se poi puntualmente, per un motivo o per un altro, la Conferenza dei presidenti di gruppo fa diventare eccezione la regola, allora forse sarebbe molto utile - ed è la richiesta che ho fatto già ieri e che rinnovo ora alla Presidenza - che capissimo qual è il sistema migliore. Forse non è l'ora piena, forse è qualcosa di meno, ma basta che sia un sistema che consenta effettivamente, a Pag. 46tutti noi, di individuare, in giornate così piene e chiusi qua dentro, degli spazi nei quali poter fare qualcosa.
Un'ora è troppo? Sta bene, però non condizioniamo questo alla decisione da prendere. Sappiamo da due giorni che oggi vi sarebbe dovuta essere questa pausa. Si è riunita la Conferenza dei presidenti di gruppo, cinque ore fa, e ha stabilito che questa pausa di un'ora non era più necessaria e che si doveva andare avanti sino alla fine. Tuttavia, ciò va ad incidere anche sull'organizzazione di attività che, probabilmente, sono già programmate.
Pertanto, ripeto che poiché vi possono essere una serie di impegni da rispettare - e lo dico anche ai colleghi della Lega che di questo hanno fatto un punto di principio - il mio auspicio è che si riunisca di nuovo l'Ufficio di Presidenza o un altro organo e stabilisca una regola funzionale all'organizzazione dei nostri lavori che, però, rimanga quella e non sia, come dire, l'eccezione che diventa la regola e che riporta confusione alla confusione, in una giornata che non è confusa solo per questo ma anche per tante altre ragioni che abbiamo sotto gli occhi e che abbiamo visto nella giornata di oggi.

PRESIDENTE. Onorevoli Giachetti e Scilipoti, il mio cuore condivide la ragionevolezza delle vostre argomentazioni. Tanto le condivido che vorrei invitarvi a esporle ai vostri capigruppo.
Voi siete rappresentati nella Conferenza dei presidenti di gruppo, la quale ha unanimemente deciso l'ordine dei lavori che sto facendo osservare. Dicevano gli antichi quicquid principi placuit legis habet vigorem: tutto ciò che è piaciuto al principe ha valore di legge. Il nostro principe è la Conferenza dei presidenti di gruppo, che è la fonte normativa anche di quel diritto alla pausa che state rivendicando.
Come la Conferenza dei presidenti di gruppo ha riconosciuto con valore ordinamentale questo diritto alla pausa, così è in grado, avendo la disponibilità normativa di questo tema, di togliere questo diritto ogni qual volta lo ritenga opportuno, perché esso non ha il suo fondamento in una fonte normativa superiore. Non perderò occasione di esprimere le vostre ragioni nella sede opportuna, però i vostri interventi forse dovreste rivolgerli anche ai vostri presidenti di gruppo.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Rubinato. Ne ha facoltà. Siamo tutti ansiosi di ascoltarla.

SIMONETTA RUBINATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, Ministro qui presente tra noi, intervengo in materia, ricordando innanzitutto il quadro di riferimento. Quello sulle quote latte è un decreto-legge che ha avuto origine dal negoziato sulla verifica dello stato di salute della politica agricola comunitaria conclusosi a Bruxelles lo scorso 20 novembre e che, per lo specifico tema delle quote latte, ha visto la conferma di quanto era stato previsto nell'impianto di proposta legislativa della Commissione europea.
Il Governo ha parlato di un risultato storico perché all'Italia è stato concesso un ampliamento delle quote del 5 per cento, come peraltro per tutti gli altri partner europei, e si è esultato perché, anziché raggiungere il nuovo tetto di produzione gradualmente, al nostro Paese è stato concesso di farlo in maniera anticipata. Si tratta di una misura che però, dobbiamo dirlo, gli altri Paesi hanno concesso all'Italia con un preciso obiettivo: stabilizzare il mercato sanando le irregolarità di cui sono stati protagonisti alcuni produttori italiani che rappresentano, peraltro, una modesta minoranza degli allevatori.
Il rischio vero è che il risultato storico sia non tanto per il comparto, visto il decreto-legge che è sottoposto all'esame e al voto dell'Aula, quanto piuttosto per i produttori che fino ad oggi hanno trasgredito alle regole, a beffa di quelli che invece le hanno rispettate mettendo a rischio in alcuni momenti la stessa sopravvivenza delle proprie aziende.
Al di là di questo è importante evidenziare che, comunque, questa politica degli annunci, che peraltro si ripete nei vari settori in cui il Governo viene ad operare, dal Patto di stabilità, alla crisi delle imprese Pag. 47negli altri comparti della nostra economia, non giova al Paese. L'agricoltura italiana, in particolare, affronta oggi uno scenario fatto di mille difficoltà amplificate dalle sue deficienze strutturali ed organizzative.
Secondo i dati della Confederazione italiana degli agricoltori un'impresa agricola su tre sarebbe a rischio: i bilanci sono sempre più in rosso e nel 2009, senza immediati e straordinari interventi a sostegno degli agricoltori, si prevede che oltre 50 mila aziende potrebbero chiudere i battenti e più di due milioni di ettari di terreni coltivati potrebbero essere in grave pericolo con danno sia ovviamente per i titolari delle aziende e soprattutto per quello che è il presidio del territorio che queste aziende costituiscono in tutto il nostro Paese.
Credo che su questo occorrerebbe riflettere, altrimenti non si capirebbe perché migliaia di agricoltori, di fronte ad un provvedimento che dovrebbe sostenere il comparto stanno invece manifestando e protestando. Il decreto-legge, in particolare, reca una serie di disposizioni urgenti volte a disciplinare la produzione nazionale di latte in vista dell'imminente avvio della prossima campagna produttiva per assicurare la prioritaria assegnazione del quantitativo nazionale garantito di latte e la rateizzazione dei debiti relativi alle quote latte.
In via generale, va detto che sarebbe stato forse preferibile - lo ha detto anche qualche collega della maggioranza che pure ha difeso il decreto-legge - applicare una legge già vigente: la legge n. 119 del 2003 che, ricordiamo, all'epoca fu votata da larga parte della maggioranza e dell'opposizione in Parlamento all'insegna del partito bipartisan dell'agricoltura.
Tale legge ha dato in un passato non lontano buoni esiti e sicuramente è dettata e ispirata a principi molto migliori di quelli che ispirano l'attuale decreto-legge.
In particolare, quella legge individua nelle regioni gli organi deputati all'amministrazione delle quote dei rispettivi territori ed è facile evidenziare come sia strano che un Governo che spinge sul federalismo e, dunque, sul ruolo centrale delle regioni e dei poteri locali accentri poi nelle proprie mani incombenze squisitamente gestionali che già oggi, a legislazione vigente, non dovrebbe assumere. Ciò appare strano anche in relazione all'appartenenza politica ed anche alle competenze che riconosciamo all'attuale titolare del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, che forse dovrebbe chiedersi il perché della bocciatura totale, unanime che è pervenuta attraverso il parere negativo della Conferenza Stato-regioni, come pure la maggioranza - e il Governo in particolare - dovrebbe chiedersi perché migliaia di agricoltori e gran parte delle associazioni di categoria siano sul piede di guerra.
Vorrei qui citare quello che ha dichiarato oggi il presidente della Confagricoltura lombarda, il quale ha bocciato senza appello il provvedimento, spiegando che assegna gratuitamente quote latte a 1.500 splafonatori, senza che prima rinuncino al contenzioso con lo Stato. Francesco Bettoni fornisce poi questi numeri: 4.500 aziende su 45 mila debbono 3 miliardi di euro di multe, ma l'80 per cento è a carico di soli 780 allevamenti. Quindi, attacca sempre il presidente della Confagricoltura lombarda, questo decreto-legge sta per essere approvato solo per questa sparuta minoranza, mentre la maggioranza le quote le ha pagate indebitandosi per stare dentro le regole e adesso verrebbe vergognosamente penalizzata.
La prima lettura al Senato ha introdotto alcune modifiche, tra cui la rinunzia espressa ai contenziosi intrapresi per tutti coloro che aderiscono alla rateizzazione delle multe pregresse, peraltro a seguito di un parere vincolante della Commissione bilancio e non per volontà del Governo, che si è sempre dimostrato contrario ed ha abolito la franchigia del 5 per cento per gli splafonatori che si vedranno assegnate nuove quote.
Era però necessario intervenire qui alla Camera e in Commissione il Partito Democratico e le altre forze dell'opposizione hanno lavorato per sciogliere alcuni nodi particolarmente importanti: quello di condizionare Pag. 48l'assegnazione delle nuove quote alla rinuncia ai contenziosi, completando il percorso migliorativo avviato dal Senato; assicurare l'effettivo pagamento delle multe prima dell'assegnazione delle quote, facendo confluire in riserva nazionale le assegnazioni previste per i produttori con prelievo supplementare non versato fino alla definizione del procedimento di rateizzazione; soprattutto invertire l'ordine di priorità di assegnazione delle quote, portando gli affitti al secondo posto e gli splafonatori al terzo; l'assegnazione di risorse sufficienti e l'immediata operatività del Fondo dedicato ai produttori di latte che hanno acquistato le quote con risorse che vadano ad abbattere gli interessi non tanto a sostenere garanzie di accesso al credito, ma piuttosto la riduzione dell'entità delle rate per gli allevatori onesti. Ancora, era da migliorare sotto il profilo della franchigia per la restituzione del prelievo pagato in eccesso, portandola dal 6 al 20 per cento per evitare che chi ha splafonato oltre il 6 per cento della propria quota produttiva, ma che è in regola con i versamenti delle multe, si veda poi escluso dalla restituzione del prelievo pagato in eccesso.
Così pure era necessario rifinanziare il Fondo di solidarietà nazionale con coperture adeguate. Invece, anziché andare in questa direzione, il lavoro che è stato fatto qui in Commissione alla Camera e che ci porta il provvedimento in Assemblea, è andato purtroppo in direzione contraria. In particolare, il testo del decreto-legge presenta elementi di criticità rilevanti ed è peggiorativo rispetto a quello licenziato dal Senato per quanto riguarda la modifica dell'articolo 4, comma 7, che, nella rinnovata formulazione, introduce per gli allevatori che accettano la rateizzazione del debito la possibilità di eludere l'obbligo di pagamento delle rate, mantenendo al contempo la titolarità delle quote assegnate.
Aver previsto, infatti, che la decadenza dalla rateizzazione dall'assegnazione delle quote sia conseguente al mancato reiterato versamento dell'intera rata riapre di fatto il capitolo dei sospetti dei possibili contenziosi giudiziari che il decreto-legge avrebbe dovuto, invece, chiudere definitivamente ed è la conferma della volontà - neanche tanto nascosta - di consentire di proseguire impunemente a chi per anni ha eluso e infranto regole.
La rinuncia al contenzioso da parte dei produttori che intendono beneficiare delle assegnazioni delle nuove quote rappresentava anch'essa la condizione minima per ristabilire un quadro di legalità da tempo smarrito. Ma la norma che è all'attenzione dell'Aula, ancorché emendata su richiesta della Commissione bilancio del Senato, mantiene ancora spazi di impunità per coloro che usufruiscono di provvedimenti dell'autorità giudiziaria di sospensione del pagamento dei debiti. Mantenere aperta questa possibilità consentirà ai titolari di debiti attualmente inesigibili di vedersi assegnata la nuova quota senza rinunciare al contenzioso e senza pagare il loro debito.
Va inoltre ricordato che inizialmente era stata salutata con favore la previsione di disponibilità finanziaria destinata ai produttori che negli anni hanno acquistato quote con l'obiettivo di migliorare le rispettive economie di scala e rispettare allo stesso tempo le regole comunitarie. Però, contrariamente alle aspettative e alle promesse, la fisionomia dell'intervento strada facendo è mutata sostanzialmente e le risorse di pronto utilizzo previste dall'articolo 6, comma 1-bis (45 milioni di euro) sono state destinate esclusivamente ad interventi di garanzia su finanziamenti bancari rilasciati da ISMEA e non alle attese ed annunciate agevolazioni in conto interessi. Un modello di intervento questo che limita fortemente gli effetti positivi che avrebbero potuto essere generati da risorse finanziarie rivolte direttamente alle imprese.
Sempre sul fronte delle risorse finanziarie come non sottolineare che dei 330 milioni di euro approvati in Commissione per rimpinguare il Fondo di solidarietà per le calamità, in realtà ci ritroviamo in Aula con una copertura di 110 milioni di euro soltanto, di cui 90 sembrerebbero coperti con fondi FAS e 20 milioni dai piani di settore. Anche su questo punto - Pag. 49il Fondo di solidarietà è un tema fondamentale per il comparto - l'incertezza regna ancora sovrana.
Le regole certe, equilibrate ed efficaci che il settore lattiero-caseario e i produttori si aspettavano non trovano spazio dunque nel provvedimento in esame, mentre la stessa difficile congiuntura che il settore sta attraversando avrebbe dovuto ispirare norme di maggiore equilibrio e rispettose dei produttori che sono stati alle regole. Quindi, avviandomi alla conclusione, questo è un provvedimento che, come hanno già dichiarato in molti, avvantaggia pochi allevatori, 600-800 allevatori disonesti, nel senso che non hanno rispettato le regole e che hanno splafonato, magari dopo aver venduto le proprie quote latte: questi sono avvantaggiati rispetto ai tanti agricoltori onesti che hanno acquistato le quote spesso anche indebitandosi.
Non va neppure dimenticato poi il danno che hanno avuto tutti i contribuenti italiani dal momento che il nostro Paese ha pagato 2,8 miliardi di euro di multe all'Unione europea per il mancato rispetto delle quote assegnate: 2,8 miliardi di euro di multa che sarebbero potuti essere usati, questi sì, per rilanciare e rafforzare il settore.
Avviandomi alla conclusione, nessuno di noi è mosso dal desiderio di vendetta nei confronti di chi ha splafonato, perché anche questi allevatori devono avere prospettive per il futuro; ma il tema è che la distribuzione delle nuove quote deve avvenire per merito e non premiando chi in tutti questi anni non le ha pagate. In questo vedo una analogia, e lo dico con tristezza, con le regole che per esempio vengono date ai nostri enti locali, ai comuni e alle province: essere virtuosi o non esserlo in questo Paese non serve assolutamente a nulla. C'è un patto di stabilità, bene. È ingiusto? È vessatorio? Benissimo, ma per qualcuno è più ingiusto e vessatorio che per altri; qualcuno può esserne liberato, e guarda caso sono sempre quelli che non si sono comportati meglio, e qualcun altro invece deve esservi assoggettato.
Così pure se il sistema delle quote è stato iniquo e ingiusto per il nostro Paese e per i nostri produttori, quelle regole erano ingiuste e vessatorie per tutti, non solo per alcuni, quelli che vengono premiati oggi. Per cui non è in quell'ingiustizia la fonte e la legittimazione di un'ulteriore ingiustizia che viene perpetrata oggi a danno di quelli che invece hanno cercato di mettersi in regola e lo hanno fatto a proprie spese.
Su questo aspetto vorrei veramente concludere facendo un appello: che sia migliorato questo provvedimento, seppure in «zona Cesarini», riportandolo ad essere utile per tutti, ma più utile per quelli che si sono comportati meglio.
Allora, concludo citando le parole di un giovane allevatore della provincia di Cremona, capitale del latte italiano, Stefano Pasquali, al quale è stato chiesto se pensava che il nuovo decreto-legge potesse incidere positivamente sul dato del ricambio generazionale nelle aziende agricole che in Italia fa registrare uno degli indici più bassi in Europa e se ritenesse che lo stesso potesse dare fiducia nel futuro ai giovani allevatori. La risposta di questo produttore è stata la seguente: «Credo che la vicenda delle quote latte vada chiusa alla svelta perché si trascina da vent'anni, però il modo in cui si sta chiudendo conferma che la politica è inaffidabile. Un giovane vuole vedere chiusa questa vicenda, ma è anche scoraggiato dal fatto che, come al solito nel nostro Paese, chi rispetta le regole non è tutelato, l'onesto viene sempre penalizzato e questo non è un incentivo per i giovani, non è stimolante, anzi è demoralizzante» (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gottardo. Ne ha facoltà.

ISIDORO GOTTARDO. Signor Presidente, prestando molta attenzione ai colleghi ho avuto modo di ascoltare dai banchi il dibattito sul provvedimento in esame e, in particolare, l'intervento di ieri dell'onorevole Pezzotta e quello che lei, Presidente, ha svolto in qualità di deputato. Pag. 50
Le vorrei raccontare un aneddoto di quando, in prima elementare, figlio di contadini, e le assicuro che era tradizione alzarsi presto la mattina ed andare nella stalla per aiutare a mungere perché questo era il ruolo di tutta la famiglia, non solo dei grandi, avevo un compagno di banco che mi chiedeva se mio padre era ricco o era povero. Francamente io non sapevo rispondere perché a me sembrava di essere un bambino felice, non mi mancava nulla e, avendo difficoltà ad interloquire con mio padre perché era molto severo, girai la domanda a mio nonno, che era contadino da sempre, figlio di contadini, che mi rispose così: «Caro Isidoro, devi rispondere che noi viviamo sul nostro, siamo liberi e quindi siamo ricchi».
Questa, in sintesi, era la risposta al successo della grande riforma agraria che la Democrazia Cristiana seppe produrre nel dopoguerra, vale a dire dare certezza alle famiglie e assicurare loro la libertà di poter guardare al futuro producendo. Noi apparteniamo a quelle generazioni che sono cresciute all'insegna della qualità di quella riforma, che prima che una riforma agricola, era una riforma di principi, di valori, che testimoniava l'importanza, ad esempio, della proprietà privata, del fatto che un soggetto potesse investire e lavorare su beni di sua proprietà e ciò porta anche a riflettere sul fallimento di chi, in tutti questi decenni, ha contrastato, invece, la libera iniziativa e la proprietà privata. Però veniamo all'oggi.
Io ho svolto il ruolo di assessore all'agricoltura e, di fronte a tante certezze che avevo, una volta rimasi in silenzio quando un agricoltore, mio amico, venne da me e disse: «Io ho l'azienda agricola, ho tutto, ho fatto investimenti, mio figlio ha vent'anni ed è lì, non sa se rimanere in azienda e fare il mio lavoro o cambiare lavoro, tu cosa mi consigli di fare? In gioco non è un investimento, in gioco è la vita di mio figlio». Io l'ho ascoltata molto attentamente, Presidente, e vorrei rivolgere a lei tale domanda: se lei oggi fosse al mio posto, a questo genitore che le rivolge questa domanda consiglierebbe di mantenere il figlio in agricoltura o di mandarlo a cercare un altro lavoro? Questa è la domanda che va rivolta a questo Parlamento che oggi, ovviamente per ragioni che sono a tutti note, dedica molta attenzione all'argomento, abbiamo sentito parlare tutti non di questo decreto-legge, ma di un'altra cosa perché le questioni che ho ascoltato non appartengono al contenuto del provvedimento in esame.
Chissà se quando avremo - e se l'avremo - la fortuna di portare in quest'Aula qualcosa di serio sull'agricoltura, noi potremo avere la vera attenzione dei leader della politica che abbiamo ascoltato su questo decreto-legge. Credo che ciò interroghi la coscienza di tutti i parlamentari di questo Parlamento rispetto alle responsabilità che abbiamo di fronte al Paese. Capisco la responsabilità dei singoli e che i singoli devono pagare per i loro errori, ma per far pagare i singoli non possiamo distruggere aziende agricole che hanno investimenti e di cui il Paese ha bisogno per salvaguardare l'agricoltura (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Vi è un secondo aspetto che questo dibattito ha dimenticato. Si parla degli agricoltori in regola che hanno rispettato le regole e di agricoltori che non lo hanno fatto. A questi colleghi vorrei ricordare che stiamo parlando di un'intera categoria che non aveva rispettato le regole. Non esistono onesti e furbi o onesti e disonesti. Stiamo parlando di una stessa categoria per cui quando ero assessore all'agricoltura della mia regione a fine anni Novanta dovevo viaggiare con la polizia, perché erano tutte persone che non avevano rispettato le regole. La legge n. 119 del 2003 divise queste persone in due categorie: coloro che accettarono di mettersi in regola - e aggiungo coloro che furono in grado di mettersi in regola - e coloro che non accettarono o non furono in grado di mettersi in regola.
Signor Presidente, colleghi, l'azienda agricola, come tutte le aziende, deve fare i conti con le banche e con il credito. Se delle aziende avevano investito con dei mutui e avevano fatto degli investimenti, probabilmente non hanno più avuto i soldi Pag. 51o il credito per andare ad acquistare quote latte. Anche questa è una triste vicenda, per evidenziare che certamente ci sono i furbi e i disonesti, ma ci sono anche coloro che non sono stati in grado di mettersi in regola perché non avevano risorse economiche per farlo.
Mi rivolgo al presidente Casini, per dimostrare la strumentalità che abbiamo notato fin dall'inizio su questa vicenda. Ieri il presidente Casini (che ho ascoltato attentamente) ha detto che il Fondo, istituito per premiare coloro che hanno investito per acquistare le quote, deve essere aperto a coloro che hanno sempre rispettato le regole e a coloro che si sono messi in regola con la legge n. 119. Tuttavia, vorrei ricordare al presidente Casini che ciò era previsto nel testo uscito dal Senato, in cui si stabiliva che il Fondo fosse prioritariamente destinato a coloro che si erano messi in regola con la legge n. 119. Il termine «prioritariamente», nonostante la mia dura opposizione per l'intera notte - e credo che i colleghi della Commissione agricoltura ne siano testimoni - è stato soppresso con un emendamento del Partito Democratico e dell'UdC (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

TERESIO DELFINO. Siamo orgogliosi di averlo soppresso, ognuno racconta la verità come vuole!

ISIDORO GOTTARDO. Il termine è stato soppresso anche con il voto poco responsabile, collega Delfino, a mio avviso, di colleghi che hanno sottovalutato la portata di quell'emendamento. Riconosco, ad esempio, al collega Zucchi della Commissione (come ad altri colleghi) di essermi venuto a dire, dopo aver votato quell'emendamento: è vero, abbiamo fatto una sciocchezza.
Dico ciò solo per ripristinare in quest'Aula la verità attorno all'argomento in esame, e non è stato presentato nessun subemendamento per ripristinare il termine «prioritariamente». Dico ciò, inoltre, affinché rimanga agli atti ciò che ha detto l'onorevole Casini in quest'Aula. Vi è un emendamento dell'UdC che ha contribuito a sopprimere il termine «prioritariamente», per cui soppresso tale termine il Fondo è rimasto esclusivamente per coloro che si sono messi in regola con la legge n. 119.
In conclusione, credo che alcune cose devono essere dette. Innanzitutto che l'Italia ha bisogno di guardare seriamente al problema dell'agricoltura perché è drammatico, e non solo quello del latte.
Tutta l'agricoltura oggi non è redditizia per nessun investimento, questo è il primo punto; per farlo e per poter affrontarlo seriamente con l'Unione europea - consentitemi di poterlo dire, perché per molti anni mi sono occupato di queste cose - dobbiamo chiudere questa triste vicenda. La dobbiamo chiudere perché non abbiamo nessuna credibilità.
Credo che vada riconosciuto al Governo il fatto di aver saputo fare una trattativa positiva per chiudere questa vicenda: 840 mila tonnellate di latte, di quote, consentono all'Italia di chiudere questa vicenda e di chiuderla, potendo affrontare a viso aperto e a testa alta con l'Unione europea tutte le altre questioni aperte.
Non potevamo chiudere questa vicenda, assegnando quote, senza ricordarci che coloro che avevano investito per acquistare quote dovevano essere aiutati; ecco perché è stato istituito il fondo. Questo aspetto nessuno lo ricorda: vi sono persone che avranno quote, ma è anche vero che chi vuole avere quote deve rateizzare e pagare un tasso di interesse voluto dall'Unione europea che è fuori da ogni grazia di Dio, perché chiunque capisce che l'8-9 per cento è un tasso di interesse elevatissimo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Non stiamo facendo assolutamente regali a nessuno, ma stiamo semplicemente applicando quello che l'Unione europea ha chiesto di applicare. Coloro che avranno quote - anche questo aspetto è presente nel decreto-legge - dovranno rinunciare ai contenziosi aperti. Stiamo chiudendo, chiedendo e ponendo delle condizioni che non mi paiono premianti, come si dice in questa sede, nei confronti di coloro che Pag. 52non hanno rispettato le regole. Chi si è adeguato alla legge n. 119 del 2003 e ha acquistato quote ha un fondo a disposizione per poter essere sostenuto nelle proprie attività.
A chi conduce queste battaglie devo dire una cosa: auspico che coloro che non hanno un comportamento civile e non hanno una mentalità per condurre un'attività economica in un Paese che ha delle regole cambino mestiere e paghino per le responsabilità che hanno, ma attenzione, perché ogni azienda agricola sottratta all'agricoltura o alla produzione in questo Paese e alla gestione del territorio è un danno per il Paese.
Un conto sono le persone, un conto è pensare, con delle regole, di far chiudere le aziende, perché chiudere le aziende significa un impoverimento in un momento di crisi pesante per il Paese.
Signor Presidente, spero che presto potremo discutere. La Commissione agricoltura ha condotto un'indagine sul caro prezzi in Italia: è stata un'indagine molto laboriosa e vi sono state audizioni.
Ho la responsabilità per la Commissione di aver redatto il rapporto finale. Devo dire che la conclusione a cui sono giunto e le proposte che mi sono sentito di formulare e che formulerò alla Commissione sono semplicemente queste: in questo Paese, in questi ultimi 20-30 anni, cosa è successo? Si è creata una realtà che non ha più garantito reddito alle imprese, perché oggi vi sono imprese agricole che producono sottocosto, sono pagate sottocosto e vi sono, dall'altro, consumatori che pagano carissimo e non hanno trasparenza rispetto a ciò che acquistano.
Dobbiamo ripartire da due dati e questa è l'agricoltura che dobbiamo reimpostare in questo Paese: da un lato, come garantire all'impresa agricola e a chi fa investimenti un minimo di redditività certa, perché gli investimenti in agricoltura richiedono decenni per il recupero dell'investimento; dall'altro, come garantire al consumatore prezzi più equi e, soprattutto, la trasparenza e la tracciabilità del prodotto.
Ciò che sta in mezzo a questi due fattori è tutto da riorganizzare. Questo Parlamento avrà la forza, rimuovendo sacche di rendita parassitaria e di organizzazione che lo condizionano pesantemente, di riorganizzare tutto ciò che sta in mezzo, avendo il coraggio di ripartire dalla certezza di chi produce e dal diritto del consumatore?
È questa la sfida e, dal dibattito in questo Parlamento, pare proprio che questa coscienza e questa convinzione non vi siano. Vi è solo la volontà di fare demagogia, di fare campagna elettorale e di pensare di far diventare o far apparire questo decreto-legge semplicemente come un cedimento ad una parte politica.
Non è così, perché di mezzo c'è la vita di tante aziende agricole e, soprattutto, c'è la credibilità del Paese rispetto all'Unione europea (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania-Congratulazioni).

PRESIDENTE. Onorevole Gottardo, alle domande che lei mi ha rivolto in quanto deputato risponderò in via privata, credo che le stia già arrivando un biglietto. Credo però che tutti noi saremo d'accordo nel dire che a un padre che chiede consigli su cosa dire a suo figlio, noi consiglieremmo di crescerlo come un uomo libero e di crescerlo come un uomo onesto. Questo credo debba essere un punto sul quale tutti quanti dovremmo convenire (Applausi del deputato Delfino).
A questo punto, sulla base dell'organizzazione dei lavori convenuta in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, sospendiamo l'esame del provvedimento. Il seguito è rinviato alla seduta di martedì 31 marzo, a partire dalle ore 10.

Sull'ordine dei lavori (ore 18,59).

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

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PIERLUIGI CASTAGNETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sabato 28 marzo ricorre il ventesimo anniversario della scomparsa di un nostro ex collega, Vittorino Carra. Fu deputato nelle file della Democrazia Cristiana nella III, IV e V legislatura. Successivamente tornò alla professione di dirigente dell'INAM, di cui divenne condirettore generale. Fu membro di vari comitati ministeriali, insignito nel 1976 della medaglia d'oro al merito della sanità pubblica; nel 1987 commissario straordinario ENPAS e membro del Consiglio superiore di sanità, e sempre nello stesso anno venne nominato commissario straordinario della Croce Rossa Italiana. Durante un viaggio conoscitivo delle missioni camilliane nelle Filippine, insieme alla moglie Wanda, ebbe l'idea e assunse poi l'iniziativa di dar vita a un centro nutrizionale rivolto soprattutto alla popolazione infantile, particolarmente colpita dalla fame, e successivamente ad una struttura sanitaria tuttora in corso di allargamento, essendo stata istituita nel frattempo la Vittorino Carra Foundation.
Ho voluto ricordare questo nostro ex collega non solo per la sua straordinaria personalità, la vitalità, la forza morale, l'intelligenza politica, ma perché ha impersonato una modalità di intendere la funzione parlamentare che andrebbe valorizzata, particolarmente oggi, in questo tempo di crescente distanziamento fra le istituzioni e i cittadini. Per Carra e per tanti altri colleghi della sua generazione non era pensabile, infatti, gestire la funzione della rappresentanza se non in un rapporto stretto, quotidiano, vitale, dialettico e di servizio con i cittadini rappresentati. Mi è parso giusto ricordarlo, ricordarcelo in questa sede, che lui servì per tre legislature (Applausi).

PRESIDENTE. Onorevole Castagnetti, la Presidenza, anche a nome di tutta l'Assemblea, si associa al ricordo di questo nostro parlamentare.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, intervengo per porre un problema relativamente al calendario dei nostri lavori della settimana prossima.
Voglio premettere anzitutto che stiamo lavorando con un nuovo calendario, che è quello che è stato introdotto a seguito anche delle nuove modalità di votazione. Benché sperimentale, anzi, a maggior ragione proprio perché sperimentale, per poter avere l'esito di una sperimentazione occorre la costanza dell'osservanza del calendario, perché ove non si addivenga ad una modalità di lavoro che costantemente, settimana per settimana, giorno per giorno, provi a verificare la bontà delle modalità stesse di lavoro dell'Aula, è del tutto evidente che alla fine della fase di sperimentazione non si potrà dire se essa è riuscita o meno.
Detto questo, non era previsto che l'Aula lavorasse il giovedì pomeriggio, perché con le nuove modalità, con il nuovo calendario il giovedì pomeriggio è dedicato alle Commissioni; ma di fronte ad una serie di esigenze sottoposte alla Conferenza dei presidenti di gruppo, anche i gruppi dell'opposizione hanno acconsentito, anche in relazione ad impegni politici di una certa rilevanza che inizieranno domani e che impegneranno la maggioranza, o almeno una parte di essa, a che si potesse lavorare in via del tutto straordinaria il giovedì pomeriggio, e lo si è deciso in zona Cesarini.
I deputati non erano stati avvertiti per tempo che oggi pomeriggio si sarebbe andati avanti a lavorare e quindi avevano programmato lavori sia di carattere istituzionale, sia di carattere politico, che li avrebbero impegnati nel pomeriggio di oggi per poter eventualmente domani provvedere ad una presenza con votazioni, come previsto dal calendario. Pag. 54
Tuttavia, si è addivenuti ad un accordo per cui, in luogo dei lavori con votazioni previsti per domani, si procedesse nel pomeriggio di oggi ad una seduta con votazioni. Bisogna aprire una parentesi: seduta con votazioni è anche la seduta nella quale si svolge la discussione sul complesso degli emendamenti, perché il complesso degli emendamenti ricade nella fase di una seduta prevista con votazioni.
In secondo luogo, non è previsto nel calendario sperimentale che si lavori il martedì mattina. È già successo che, nel corso della sperimentazione, nelle scorse settimane, sia stato previsto il voto nella giornata del martedì (già questa settimana, per poter licenziare il provvedimento sul federalismo fiscale anche l'opposizione ha acconsentito a che si lavorasse anche il martedì mattina). Per la prossima settimana nel calendario si prevede di lavorare il martedì mattina e quindi, anche da questo punto di vista, pure i capigruppo di opposizione hanno acconsentito alla richiesta, che proveniva dal Governo e dalla maggioranza, di poter lavorare il martedì mattina, con ciò evitando che il martedì mattina, come previsto dal calendario, potessero lavorare le Commissioni. Quindi, martedì mattina l'Aula lavora ed avranno luogo votazioni, e questa è la seconda modalità difforme dalla costanza dell'adozione di un calendario sperimentale.
È evidente, signor Presidente, che se poi viene stabilito che il martedì mattina l'orario di inizio dei lavori dell'Aula con votazioni sia quello delle ore 10, bisogna sapere che vi sarà una serie di parlamentari della maggioranza e dell'opposizione che non potrà adeguatamente raggiungere l'Aula per adempiere al proprio dovere e al proprio diritto di votare.
Molti parlamentari che hanno assunto impegni anche di carattere istituzionale non potranno infatti raggiungere l'Aula prima delle ore 11 (anzi, avevano previsto di raggiungerla per il pomeriggio). Signor Presidente, le chiedo che, ove lei si disponga ad indicare l'orario di apertura dei nostri lavori per martedì già oggi, lo faccia con inizio alle ore 11, visto che non è stato raggiunto sull'orario di inizio un accordo fra i gruppi e in presenza di un mancato accordo tra i gruppi è la Presidenza a decidere. Quindi, lei in questo momento, se spetta a lei la decisione; diversamente, le chiedo che lei si faccia tramite presso il Presidente, affinché egli, tenendo conto di queste osservazioni, possa fare in modo, spero, che la seduta prevista per martedì possa avere inizio alle ore 11. Grazie, signor Presidente.

PRESIDENTE. Se la decisione fosse urgente non mi sottrarrei alla responsabilità di decidere. Posto che abbiamo la possibilità di riflettere sul problema e di annunciare una decisione nella seduta di domani, venerdì, o nella seduta di lunedì, riporterò il problema al Presidente, che poi assumerà la decisione opportuna previa consultazione, immagino, anche dei capigruppo.

Modifica nella costituzione del Comitato per la legislazione.

PRESIDENTE. Comunico che il 25 marzo è venuto a scadenza il turno di presidenza del Comitato per la legislazione del deputato Franco Stradella. Ai sensi dell'articolo 16-bis, comma 2, del Regolamento e sulla base dei criteri stabiliti dalla Giunta per il Regolamento nella seduta del 16 ottobre 2001, le funzioni di presidente del Comitato per il secondo turno di presidenza - a decorrere da oggi 26 marzo - sono assunte dal deputato Lino Duilio e quelle di vicepresidente dal deputato Antonino Lo Presti, cui spetterà il successivo turno di presidenza. Le funzioni di segretario restano affidate al deputato Roberto Occhiuto. Rivolgo ringraziamenti sentiti al deputato Franco Stradella e gli auguri per la sua funzione nuova all'onorevole Lino Duilio, oltre che all'onorevole Antonino Lo Presti.

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Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Secondo quanto preannunziato questa mattina in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo avverto che la discussione sulle linee generali delle proposte di legge nn. 63 e 177 recanti disposizioni in materia di distacco dei comuni di Casteldelci, Maiolo, Novafeltria, Pennabilli, San Leo, Sant'Agata Feltria e Talamello dalla regione Marche e loro aggregazione all'Emilia Romagna, nonché del progetto di legge n. 2042, recante l'adesione della Repubblica italiana al Trattato di Prüm, prevista per la seduta di lunedì 30 marzo 2009, avrà luogo in altra data.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Venerdì 27 marzo 2009 alle 9:

Svolgimento di interpellanze urgenti

La seduta termina alle 19,10.