XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 23 giugno 2009

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
la presidenza italiana del prossimo vertice del G8, che si svolgerà a L'Aquila a partire dall'8 luglio 2009, offre una straordinaria opportunità di portare all'attenzione della comunità internazionale il tema della violenza contro le donne e di combattere ogni discriminazione per il raggiungimento degli obiettivi di libertà, eguaglianza e difesa dei diritti umani e civili delle donne;
come afferma l'Organizzazione mondiale della sanità, «tutte le donne sono a rischio di subire violenza»; questa, a seconda della sua dislocazione geo-politica, può assumere molteplici manifestazioni:
a) la violenza sessuale, che comprende lo stupro, l'abuso sessuale e lo sfruttamento sessuale;
b) la «violenza domestica», nella quale rientrano tutte le forme di maltrattamento fisico e psicologico, gli abusi sessuali e tutta una serie di atti di coercizione della libertà personale. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, la violenza domestica rappresenta il caso più frequente di mancato rispetto dei fondamentali diritti umani, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. Per le donne tra i 15 e i 44 anni il rischio di subire violenze domestiche o stupri è maggiore del rischio di cancro, incidenti o malaria;
c) la violenza sulla salute, che vede le donne quali soggetti più esposti al contagio di malattie mortali, quali l'hiv e l'epatite. Così come, in molte parti del mondo, le donne sono a rischio di morte durante il parto a causa della mancanza di un'adeguata assistenza medico-sanitaria. Le donne sono, inoltre, vittime di pratiche, quali le mutilazioni genitali femminili e la sterilizzazione forzata;
d) la violenza contro le bambine, che si manifesta in molteplici modi, tra cui i matrimoni forzati e la prostituzione minorile;
e) la violenza nei conflitti armati. Essa provoca tra le donne un enorme numero di vittime, sempre crescente nei conflitti degli ultimi anni, tanto che il Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia dell'Aja nel 1993, per la prima volta nella storia, ha riconosciuto la violenza sessuale come un crimine contro l'umanità. Nel 1998 lo statuto di Roma, che istituì il Tribunale penale internazionale, stabilì che lo stupro, la schiavitù sessuale, la prostituzione forzata e la sterilizzazione forzata erano assimilabili a crimini contro l'umanità e, pertanto, potevano costituire elemento di genocidio. Infine, con la risoluzione n. 1820 del 19 giugno 2008, le Nazioni Unite hanno definito lo stupro, anche di massa, un'arma di guerra vera e propria, «adoperata come tattica di guerra per umiliare, dominare, impaurire, disperdere e/o rimuovere forzatamente gli appartenenti a comunità e gruppi etnici; osservando che la violenza sessuale perpetrata in questo modo può in alcuni casi perdurare oltre la fine dell'ostilità». La stessa risoluzione riafferma «l'importanza del ruolo delle donne nella prevenzione e nella risoluzione dei conflitti, nonché nei processi di pacificazione» e sottolinea «l'importanza della loro piena partecipazione in tutti gli sforzi per il mantenimento e la promozione della pace e della sicurezza», nonché la necessità di «aumentare la partecipazione femminile nei processi decisionali sulla prevenzione e la risoluzione dei conflitti»;
f) la violenza nel lavoro, che colpisce le donne con numerose discriminazioni nell'accesso al mercato del lavoro e nella disparità di trattamento nelle condizioni di occupazione. Violenza che diviene particolarmente discriminatoria quando si somma ad una maggiore vulnerabilità delle donne immigrate o disabili;
la crisi economica internazionale segna un aumento generale della disoccupazione

e, in particolare, della disoccupazione giovanile e femminile. Le donne sono il soggetto maggiormente vulnerabile nel mercato del lavoro globale, cosa che induce a temere non solo una generale diminuzione del loro reddito, ma anche un potenziale aumento della violenza domestica e sociale;
è necessario che gli Stati, sotto la presidenza italiana del G8, si pongano come obiettivo la promozione del rispetto e della dignità umana delle donne e la rimozione di ogni discriminazione di genere, nonché la liberazione della donna da ogni forma di violenza;
il 9 e 10 settembre 2009 è prevista a Roma una conferenza internazionale, nel quadro del G8, contro la violenza sulle donne, alla quale parteciperanno personalità internazionali ed una rappresentanza delle vittime, col fine di individuare un piano di azione per l'affermazione, in ogni parte del mondo, dei diritti civili ed umani delle donne,

impegna il Governo

a fare in modo che le conclusioni raggiunte nell'ambito del convegno internazionale sulla violenza contro le donne che si terrà a Roma il 9 e 10 settembre 2009, nel quadro degli impegni del G8, divengano parte integrante degli impegni della comunità internazionale.
(1-00193)
«Saltamartini, Lussana, Lorenzin, Iannaccone, Boniver, Aprea, Beccalossi, Bergamini, Bernini Bovicelli, Bertolini, Biancofiore, Biava, Bocciardo, Bongiorno, Calabria, Carlucci, Castellani, Castiello, Cazzola, Ceccacci Rubino, Centemero, Comaroli, Cosenza, Costa, Dal Lago, De Camillis, De Girolamo, De Nichilo Rizzoli, D'Ippolito Vitale, Faenzi, Frassinetti, Giammanco, Goisis, Golfo, Lanzarin, Maccanti, Milanato, Mistrello Destro, Laura Molteni, Mondello, Moroni, Munerato, Mussolini, Angela Napoli, Pastore, Pelino, Pianetta, Piso, Polidori, Rivolta, Mariarosaria Rossi, Santelli, Savino, Siliquini, Sisto, Stasi».

La Camera,
premesso che:
uno dei fronti principali su cui si sta sviluppando la genesi di un nuovo mondo globale è certamente quello dell'estensione dei confini dei valori di fondo che hanno caratterizzato l'evoluzione del mondo occidentale, il migliore dei mondi possibili;
tra questi valori di fondo vi è il riconoscimento della parità di diritti e condizioni tra uomini e donne. Le nuove generazioni non debbono pensare che tale principio, oramai accettato e condiviso, faccia parte del patrimonio genetico del nostro mondo. Al contrario, l'affermazione della piena parità tra uomini e donne in Occidente è figlia di un processo estremamente lungo e complesso, di tante battaglie combattute nell'arco di moltissimi anni, dell'ostinazione di pochi contro i pregiudizi dei tanti;
in Italia per moltissimi anni è sopravvissuto il cosiddetto delitto d'onore: codice penale, articolo 587: «Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell'atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d'ira determinato dall'offesa recata all'onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni. Alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona la morte della persona che sia in illegittima relazione carnale col coniuge, con la figlia o con la sorella.» Le disposizioni sul delitto d'onore sono state abrogate solo con la legge 5 agosto 1981, n. 442. Dopo il referendum sul divorzio, dopo la riforma del diritto di famiglia e dopo il referendum sull'aborto;
l'affermazione della pari dignità della donna nelle società occidentali è, dunque, una conquista figlia anche del

processo di secolarizzazione, da cui queste sono state coinvolte e caratterizzate. È una conquista decisiva, che non può, però, essere considerata come acquisita: va, invece, difesa e rilanciata con determinazione e convinzione, contro ogni tentativo di rimetterla in discussione;
va sottolineato, infatti, che se in Occidente il principio della parità tra uomo e donna appare come acquisito, nella pratica resta spesso lettera morta. Le donne continuano ad essere discriminate quotidianamente, in particolare sui luoghi di lavoro. Il lavoro femminile è, infatti, un'emergenza di civiltà quotidiana. In Europa, ed in Italia in particolare, molte donne sono costrette ad abbandonare la propria professione in caso di maternità: questa è una scelta che mostra impietosamente il grado di inciviltà di ogni singola comunità. In Europa ed in Italia le donne continuano ad essere vittime di violenze quotidiane e, purtroppo, troppo spesso la violenza sulle donne tende ad essere moralmente giustificata;
nel 2005 Rachel Mayanja, Sottosegretario generale e Consigliere speciale dell'Onu per la parità tra i sessi e la promozione della donna, presentando il suo rapporto sul miglioramento delle condizioni di vita delle donne, ha ricordato che gli obiettivi di Pechino sulla parità non sono ancora realtà. La piattaforma di Pechino chiedeva agli Stati membri di proporre candidature femminili negli organismi di direzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite e delle istituzioni specializzate. All'epoca del rapporto, presso il segretariato delle Nazioni Unite solo il 37,1 per cento del personale era rappresentato da donne, con un aumento soltanto dell'11 per cento rispetto al 1998. Il numero delle addette è aumentato del 7,8 per cento presso la direzione, del 9,4 per cento presso il sottosegretariato generale e del 6,9 per cento presso il segretariato generale aggiunto. Le donne sono il 25,7 per cento degli amministratori delle operazioni di peace-keeping e solo l'11,4 per cento dei direttori di settore. Solo due missioni sono dirette da donne, come rappresentanti speciali del segretariato generale. Solo dieci missioni dispongono di consiglieri e consigliere per la parità. Al 31 dicembre 2003, nelle istituzioni del sistema delle Nazioni Unite, soltanto tre missioni hanno realizzato l'obiettivo della parità tra i sessi;
è necessario, dunque, agire su due fronti: uno interno all'Occidente, nel quale vanno difese le conquiste ottenute, impegnando le risorse necessarie affinché si traducano in comportamenti quotidiani culturalmente e socialmente condivisi; uno esterno all'Occidente, affinché principi di emancipazione femminile e di piena parità tra uomo e donna, anche attraverso un processo di graduale secolarizzazione, si diffondano in società ed in culture rimaste chiuse ed arroccate su posizioni sessiste e razziste, spesso di origine religiosa, che relegano la donna al di fuori del contesto sociale, facendone, di fatto, un essere inferiore, senza dignità e senza diritti. Tali posizioni sono incompatibili con una politica di sviluppo sostenibile dell'umanità e sono assolutamente inaccettabili,

impegna il Governo:

ad intervenire con misure specifiche mirate all'affermazione dell'effettiva parità tra uomo e donna sui luoghi di lavoro, parità che non si risolve affatto nell'equiparazione tra uomini e donne dell'età pensionabile, che anzi in Italia risulterebbe al momento un fattore di ulteriore discriminazione ai danni delle donne;
a sostenere economicamente tutte quelle iniziative di cooperazione internazionale che hanno come obiettivo la difesa e la promozione dei diritti delle donne in Paesi esterni al mondo occidentale, in particolare in quelli attualmente teatro di missioni internazionali;
a sostenere concretamente i Governi laici e moderati dei Paesi arabi, in cui si

stanno sviluppando i presupposti per una progressiva secolarizzazione della società e delle sue istituzioni;
a promuovere nel prossimo G8 una specifica sessione di confronto che possa delineare linee guida di intervento, anche in relazione alle missioni internazionali, con lo scopo di promuovere l'affermazione della pari dignità tra uomini e donne;
ad intervenire presso le Nazioni Unite affinché nei confronti dei Paesi che continuano a discriminare le donne, anche per motivi religiosi, possano esser prese misure di intervento comune in sede internazionale.
(1-00194)
«Di Giuseppe, Mura, Evangelisti, Donadi, Borghesi, Palagiano».

La Camera,
premesso che:
la Commissione europea ha tracciato la roadmap per combattere la «disparità» tra gli uomini e le donne, a casa e sul lavoro, entro il 2010, prevedendo la revisione dell'intera legislazione comunitaria sull'eguaglianza dei sessi;
il conseguimento degli obiettivi fissati dalla tabella di marcia per la parità tra donne e uomini 2006-2010 (COM(2006)0092) in seno all'Unione europea costituisce una condizione essenziale per un'efficace integrazione della dimensione legata alle differenze basate sul sesso nella cooperazione allo sviluppo;
tra i settori prioritari di azione della roadmap si segnalano la pari rappresentanza nel processo decisionale, l'eliminazione degli stereotipi sessisti e la promozione della parità tra i sessi nelle politiche esterne e di sviluppo dell'Unione europea;
tra gli obiettivi principali indicati nella decisione n. 771/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, che ha indetto il 2007 «Anno europeo delle pari opportunità per tutti», si segnala quello della tutela del diritto alla parità e alla non discriminazione, indipendentemente dal sesso;
tuttavia, nonostante le istituzioni dell'Unione europea abbiano attribuito sempre più importanza all'integrazione della donna e all'emancipazione femminile, resta ancora molto da fare per mettere in pratica gli impegni politici e per garantire finanziamenti adeguati;
la particolare congiuntura che stiamo vivendo e le sfide che ci attendono sia in campo economico che sociale richiedono uno sforzo comune da parte di uomini e donne ed in tale ottica, come richiamato dalla Dichiarazione di Beijing, «un maggior potere alle donne e la loro piena partecipazione, su base paritaria, in tutti settori della società, inclusa la partecipazione nei processi decisionali e l'accesso al potere, sono fondamentali per conseguire eguaglianza, sviluppo e pace»;
la riunione del mese di luglio 2009 del G8 costituisce l'occasione per la riaffermazione dei principi della Dichiarazione di Beijing e degli obiettivi fissati alla Conferenza mondiale sui diritti umani del 2005 in tema di parità sessuale ed eliminazione di ogni forma di discriminazione e violenza nei confronti delle bambine;
nel mondo esiste ancora una disomogeneità di situazioni, spesso anche molto accentuate, riguardante lo stato delle misure per la promozione e la protezione delle donne, per cui è dovere delle nazioni più avanzate in tale campo sollecitare l'adozione di provvedimenti che assicurino l'empowerment delle donne, quale unica chiave di volta per sconfiggere ogni forma di violenza e discriminazione;
le condizioni socio-economiche sono il principale ostacolo che i Paesi in via di sviluppo incontrano nel garantire un processo di rivendicazione dei diritti delle donne, ed ecco perché l'inserimento di tale tema nell'agenda del prossimo vertice mondiale costituisce una rilevante opportunità;

l'empowerment delle donne accelera il conseguimento di tutti gli altri obiettivi di sviluppo del millennio per quanto riguarda la riduzione della povertà e il miglioramento degli indicatori demografici, sociali ed economici;
i programmi di cooperazione allo sviluppo dell'Unione europea e dei suoi Stati membri potrebbero essere integrati con misure volte ad eliminare ogni discriminazione basata sul sesso e l'empowerment delle donne, quale strumento principale per rafforzare i diritti umani e combattere la povertà;
è opportuno valutare la possibilità di condizionare l'erogazione degli aiuti allo sviluppo alla garanzia di standard minimi relativi alla condizione delle donne e all'attuazione di politiche anti-discriminatorie, soprattutto perché nella maggior parte dei Paesi in via di sviluppo tali politiche o non sono contemplate o non hanno una priorità,

impegna il Governo:

a considerare la parità tra donne e uomini un diritto fondamentale e una condizione necessaria per il conseguimento degli obiettivi di crescita, occupazione e coesione sociale;
ad intensificare gli sforzi per l'applicazione della risoluzione delle Nazioni Unite n. 1325 del 2000 su «Women peace and security»;
ad accelerare e rafforzare l'integrazione delle donne in tutte le politiche, in particolare negli ambiti identificati dalla tabella di marcia della Commissione europea;
a monitorare a livello nazionale e regionale l'effettiva implementazione delle politiche volte ad eliminare ogni discriminazione basata sul sesso;
ad adottare misure atte a consentire alle donne di poter raggiungere posizioni apicali nel mondo della politica, dell'economia e della finanza;
a prevedere maggiori risorse finanziarie per assicurare un'effettiva attivazione di tali politiche;
in occasione del prossimo vertice del G8:
a) a sensibilizzare gli Stati partecipanti a favorire l'attuazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nn. 1325 del 2000 e 1820 del 2008 sulle donne, la pace e la sicurezza, attraverso la conseguente adozione di piani d'azione nazionali;
b) a sollecitare gli Stati membri a fornire aiuti e assistenza tecnica ai Paesi terzi che intendano sviluppare strategie nazionali per l'attuazione delle risoluzioni sopra menzionate;
c) a considerare la parità tra donne e uomini elemento chiave di tutti i partenariati e tutte le strategie di sviluppo nazionali;
d) a sostenere, presso i partner del G8, l'importanza di programmi e politiche che agevolino nei Paesi in via di sviluppo l'istruzione delle donne, della loro salute, della loro emancipazione e della lotta contro la mutilazione genitale femminile;
e) a favorire la partecipazione delle donne alla vita economica e politica, al processo decisionale, alla prevenzione e alla soluzione dei conflitti, nonché ai processi di pace e di ricostruzione.
(1-00195)
«Capitanio Santolini, Anna Teresa Formisano, Buttiglione, Vietti, Volontè, Compagnon, Ciccanti, Naro, Occhiuto, Libè».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:

LOLLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
un quotidiano nazionale ha avviato una campagna di accuse e insinuazioni verso il sindaco dell'Aquila e la sua famiglia;
le informazioni raccolte presso la protezione civile divergono dalla versione dei fatti fatta dalla testata giornalistica;
dopo il sisma del 6 aprile 2009, infatti, la famiglia del sindaco dell'Aquila Massimo Cialente viene assegnata al villaggio Lido d'Abruzzo insieme a moltissime altre persone delle circa 30.000 sfollate sulla costa;
in queste settimane, come tutti sanno, in migliaia tra gli ospiti dei villaggi e degli alberghi vengono spostati a causa dell'avvio della stagione turistica;
per questo motivo progressivamente è stato chiesto a circa 350 ospiti del villaggio Lido d'Abruzzo attraverso una comunicazione pubblica della Protezione civile (nella persona del dottor Alessandrini) di liberare il posto a loro assegnato e di scegliere di spostarsi in un primo momento al Campeggio a 4 stelle «Salinello» al Lido di Alba Adriatica sul mare, ed in seguito al Villaggio «Borgo il Castello» nell'entroterra; entrambi disposti ad accogliere coloro che devono lasciare le sedi precedentemente assegnate;
alla famiglia Cialente, che come tutte le famiglie tende a spostarsi unita, cosa peraltro favorita dalla stessa protezione civile al fine di creare reti di sostegno solide, viene in un primo momento prospettato insieme ad altre famiglie il campeggio sul mare nel quale, però, non viene accolta per via del possesso di cani ed è quindi approdata, in un secondo momento e sempre dopo comunicazione pubblica della protezione civile, nel villaggio situato nell'entroterra insieme ad altre 200 persone;
tutti questi movimenti, quindi, sono avvenuti nella massima trasparenza ed hanno coinvolto centinaia di persone che sono costrette a spostarsi continuamente da un posto all'altro, lontani dalle loro case a con una situazione di disagio che qualcuno tende a non capire continuando a parlare di vacanze al mare;
di fronte alla tragedia che ha colpito la popolazione aquilana non ci può essere spazio per le speculazioni politiche di qualche giornale interessato ad avviso dell'interrogante a dividere una comunità che ha dimostrato in questi mesi solidarietà, forza e coesione -:
se il Ministro intenda verificare i passaggi, gli atti, le dichiarazioni relative alle assegnazioni e agli iter previsti.
(3-00567)

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la signora Maria Giuseppina Cordopatri è una testimone di giustizia, le cui denunce e testimonianze hanno consentito allo Stato di avviare e/o portare avanti inchieste ed indagini di particolare importanza;
a causa del grande valore della testimonianza da lei coraggiosamente resa nonché della estrema pericolosità dei mafiosi che ne sono stati colpiti, la signora Cordopatri è sottoposta da decenni a grave pericolo per la propria incolumità fisica, al punto che la Commissione centrale ex articolo 10 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, (di seguito per semplicità «Commissione»), su proposta della Procura

nazionale antimafia e della Procura presso il Tribunale di Palmi, con delibera del 27 gennaio 1998, ha deciso di includere la testimone nel programma speciale di protezione ai sensi del citato decreto-legge n. 8 del 1991;
in data 18 febbraio 2003, la Commissione ha revocato detto programma in quanto, a proprio dire, la signora Cordopatri avrebbe assunto atteggiamenti incompatibili con la sottoposizione allo speciale programma di protezione o comunque contrari alle prescrizioni in esso contenute; con lo Stesso provvedimento la Commissione ha inoltre disposto il non luogo a provvedere in ordine alle richieste di carattere economico avanzate dalla stessa testimone di giustizia;
avverso il predetto provvedimento di revoca la signora Cordopatri ha proposto ricorso al TAR, del Lazio; la predetta impugnazione veniva però rigettata dal tribunale amministrativo con la sentenza n. 2768 del 17 marzo 2009;
sebbene contro la citata sentenza del TAR sia stato proposto nuovamente ricorso presso il Consiglio di Stato: la Direzione centrale della polizia criminale, Servizio centrale di protezione, con nota 123/H2/SEZ2/4156/(M1694)09/NC del 16 aprile 2009, comunicava all'avvocato della signora Cordopatri che il programma di protezione speciale veniva immediatamente revocato come da delibera del 2 aprile 2009, e che pertanto la testimone di giustizia avrebbe dovuto liberare l'appartamento occupato entro il 30 aprile 2009, significando che da tale sarebbe stata sospesa ogni forma di misura assistenziale;
in sostanza la Commissione nella citata delibera del 2 aprile 2009 sostiene di aver preso atto della sentenza del TAR del Lazio, Sezione I-ter, n. 2768 del 29 gennaio 2009, e per l'effetto, di aver dato esecuzione alla delibera del 18 febbraio 2003 di revoca del programma speciale di protezione nei confronti di Cordopatri Maria Giuseppina;
il comma 2-septies dell'articolo 10 del decreto-legge n. 8 del 1991, così come modificato dalla legge n. 45 del 2001, dispone chiaramente che «nel termine entro il quale può essere proposto il ricorso giurisdizionale ed in pendenza del medesimo il provvedimento di cui al comma 2-sexies (ossia i provvedimenti della Commissione con i quali vengono appunto modificate o revocate le speciali misure di protezione anche se di tipo urgente o provvisorio) rimane sospeso sino a contraria determinazione del giudice in sede cautelare o di merito»; nonostante ciò la Commissione ha deciso di dare attuazione, in modo alquanto sospetto e solerte, al provvedimento di revoca del programma di protezione, il tutto pur essendo a conoscenza dell'intervenuta impugnazione proposta avverso la sentenza del TAR dalla testimone di giustizia;
non solo, ma in esito alla citata sentenza, senza comunicazione alcuna, alla testimone di giustizia è stato tolto anche il servizio di vigilanza e scorta, sebbene lo stesso sia un servizio autonomo, in alcun modo riconducibile nel programma speciale di protezione; sicché, considerato l'elevatissimo rischio per la propria incolumità fisica, la signora Cordopatri si vede costretta, da più di cinquanta giorni, a vivere come una vera e propria reclusa in casa, essendo impossibilitata a porre in essere anche le più essenziali azioni di vita quotidiana quali l'approvvigionarsi dei generi di prima necessità, ivi compresi i presidi sanitari;
va sottolineato inoltre che oggetto della revoca risulta essere esclusivamente il programma di protezione attivato nel 1999 - e mai sottoscritto dalla signora Cordopatri - mentre nel frattempo ne è stato predisposto un altro, precisamente nel 2007, questa volta sottoscritto dalla testimone di giustizia, che risulta essere pienamente valido ed efficace nonostante l'intervenuta revoca del precedente; nei prossimi giorni la testimone di giustizia Maria Giuseppina Cordopatri dovrà recarsi in Calabria per rendere testimonianza in ordine a importanti processi nei quali la stessa compare quale denunciante e/o testimone, di tal che la revoca delle

misure di protezione, in particolar modo del servizio di scorta e vigilanza, potrebbe esserle fatale e rappresentare per lei una vera e propria condanna a morte, come evidenziato anche da alcuni importanti magistrati della Direzione distrettuale antimafia calabrese;
giova ribadire infine che nel corso di tutti questi anni di sottoposizione al programma di protezione speciale la testimone di giustizia si è vista costretta a subire numerose e spesso totali restrizioni alla propria attività di vita sociale ed economica, il tutto senza che lo Stato abbia adempiuto all'obbligo di fornire alla stessa quelle misure assistenziali previste dall'articolo 16-ter del decreto-legge n. 8 del 1991, benefici senza i quali difficilmente oggi la signora Cordopatri potrà tornare a condurre una vita «normale»;
la tutela dei testimoni di giustizia, della loro incolumità e dei loro diritti non solo dovrebbe costituire per la Società e per lo Stato la giusta valorizzazione della testimonianza resa ed una dovuta gratitudine per il loro coraggio, tua dovrebbe anche essere praticata dalla società e dallo Stato come Strumento primario ed insostituibile della lotta contro una delle più importanti condizioni del potere mafioso e del controllo mafioso del territorio: l'omertà -:
se, a fronte di tutto quanto sopra esposto, il Ministro interrogato non ritenga opportuno disporre un'indagine interna per verificare la regolarità delle procedure seguite nel caso di specie dalla Commissione centrale con riferimento alla disposta revoca del programma di protezione e del servizio scorta e vigilanza di cui usufruiva la testimone di giustizia Maria Giuseppina Cordopatri;
quale sia stata l'azione del Governo da quando è intervenuto il provvedimento con cui è stata data esecuzione alla delibera del 18 febbraio 2003, di revoca del programma speciale di protezione nei confronti della testimone di giustizia e, in particolare, quali concreti provvedimenti siano stati adottati al fine di garantire effettivamente la tutela della incolumità e della testimonianza della signora Cordopatri dal pericolo di vita e dalla minaccia di rappresaglia mafiosa;
se non si convenga sull'urgenza di revocare - perlomeno ex articolo 10, comma 2-septies, del decreto-legge n. 8 del 1991, ossia fino alla completa e totale definizione del procedimento amministrativo tuttora pendente - la delibera della Commissione centrale del Ministero dell'interno ripristinando così il programma speciale di protezione per la signora Cordopatri e, nelle more della revoca, di chiedere al Capo della Polizia di disporre immediatamente le indispensabili misure di protezione dai pericoli per la incolumità della testimone medesima resi obiettivamente ancora più gravi dalla delibera della Commissione centrale;
su quali basi la Commissione centrale di protezione del Ministero dell'interno non stia dando seguito al programma speciale di protezione sottoscritto dalla signora Cordopatri nel 2007, atteso che lo stesso risulta essere ancora oggi pienamente valido ed efficace non essendo stato oggetto né della sentenza del TAR del Lazio citata in premessa né della delibera di revoca del 2003;
se non ritenga che debbano essere immediatamente disposte nei confronti della testimone di giustizia quelle misure di protezione e assistenziali di cui all'articolo 16-ter del decreto-legge n. 8 del 1991, la stessa non ha usufruito durante la vigenza del programma speciale di protezione, atteso che la signora Cordopatri nel corso di tutti questi anni, a causa della sua attività di testimone di giustizia resa nel superiore interesse dello Stato e della stessa amministrazione della giustizia, è stata costretta a subire numerose restrizioni alla propria attività di vita sociale ed economica.
(4-03322)

LABOCCETTA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
in un documentato articolo apparso nella edizione odierna del quotidiano Il Giornale, a firma di Gian Marco Chiocci, si riferisce della sistemazione alloggiativa, in vero ragguardevole, della quale beneficia il Sindaco PD dell'Aquila Massimo Cialente;
il primo cittadino del capoluogo abruzzese devastato dal recente sisma è stato collocato insieme ad altri nuclei familiari di suoi parenti in un resort nei pressi di Tortoleto;
il Cialente avrebbe a sua disposizione un villino su due livelli con doppi servizi, tre camere, salone, tv al plasma, aria condizionata, garage, giardino panoramico vista mare e angolo piscina con idro-massaggio;
dal testo dell'articolo non appare chiaro se la protezione civile abbia proceduto all'assegnazione dell'edificio -:
se risulti al Governo, per quanto di competenza, quanto riportato nell'articolo ricordato in premessa;
per iniziativa di chi e con l'utilizzo di quali fondi si sarebbe assicurata al Cialente tale invidiabile sistemazione alloggiativa, seppure temporanea.
(4-03326)

...

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:
III Commissione:

MECACCI e MARAN. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
a seguito dello svolgimento delle elezioni presidenziali iraniane lo scorso 13 giugno 2009, il maggiore candidato contrapposto al Presidente uscente della Repubblica islamica iraniana, Mir Hossein Moussavi, ha denunciato la commissione di brogli elettorali da parte delle autorità iraniane;
nelle ore e nei giorni successivi alla chiusura dei seggi elettorali, secondo quanto documentato dai media internazionali, si sono verificate a Teheran, e successivamente anche in altre zone del Paese, manifestazioni popolari che denunciavano i brogli elettorali che sono state represse con la violenza da parte delle autorità iraniane;
successivamente il governo iraniano ha dichiarato illegali tutte le manifestazioni, sospendendo così la libertà di manifestazione in Iran;
il governo iraniano ha imposto a tutti i giornalisti stranieri di uscire dal paese, limitando così fortemente la libertà di manifestazione;
a seguito dell'imposizione di tale divieto si sono verificati numerosi scontri tra manifestanti, forze di polizia, che hanno provocato la morte, il ferimento e l'arresto di un numero non precisato di manifestanti;
hanno destato sconcerto e preoccupazione le immagini fuoriuscite dall'Iran di violenze ripetute e gratuite su manifestanti inermi, messe in atto dalle forze di sicurezza iraniane;
l'associazione iraniana per la libertà di stampa, ha chiesto che: «L'occidente non riconosca la vittoria di Ahmadinejad fino allo sblocco dei media». Quest'ultimo si è reso artefice di una massiccia censura dei mezzi di informazione, da internet ai telefonini, dai giornali alle televisioni straniere. C'è stato il blocco dei cellulari poiché il numero di sms inviato quotidianamente è raddoppiato nei giorni precedenti alle elezioni, passando da una media di 55 milioni a 110 milioni, costituendo

una temibile fonte di controinformazione al potere costituito, seguito dalla censura per le televisioni e i siti web, soprattutto quelli di condivisione più popolari - da YouTube a Facebook - dove cominciavano ad apparire sempre più numerosi i video amatoriali ripresi con i cellulari a testimonianza degli scontri in atto. In seguito a ciò a Teheran si denuncia: «Non c'è democrazia senza libera circolazione delle informazioni»;
alcuni paesi europei, ad esempio la Germania e la Francia, hanno convocato l'Ambasciatore iraniano per esprimere la loro preoccupazione sulla repressione delle manifestazioni e per chiedere una verifica scrupolosa del rispetto delle norme che garantiscono la democraticità del voto per le presidenziali;
nei mesi scorsi il Governo italiano, e in particolare il Ministro degli esteri Frattini, ha dovuto cancellare per ben due volte un incontro in Iran con il Presidente della Repubblica islamica iraniana, Mahmoud Ahmadinejad, dopo che le date erano state già fissate;
lunedì 15 giugno 2009 l'Unione europea ha espresso la sua preoccupazione per le violenze in corso in Iran e ha chiesto la verifica scrupolosa del rispetto delle leggi elettorali;
lunedì 15 giugno 2009 la guida suprema della Repubblica islamica iraniana, Ali Khamenei, ha invitato Moussavi «ad agire con calma e seguendo le vie legali»;
all'Italia è attualmente attribuita la presidenza di turno del G8, e cioè del gruppo dei Paesi democratici più sviluppati e industrializzati -:
quali siano le valutazioni del Governo in ordine al prosieguo delle relazioni bilaterali, anche alla luce dell'invito a suo tempo rivolto per il Vertice G8 di Trieste, nonché dei mancati incontri degli scorsi mesi richiamati in premessa, e se non ritenga urgente convocare l'incaricato d'affari iraniano a Roma per chiedere l'avvio di un'inchiesta internazionale indipendente che verifichi la regolarità e la correttezza dello svolgimento delle elezioni presidenziali iraniane e per chiedere la fine della repressione violenta delle manifestazioni di dissenso politico e ripristinare la libertà di manifestazione.
(5-01536)

Interrogazione a risposta scritta:

PORTA, BUCCHINO, GIANNI FARINA, FEDI, GARAVINI e NARDUCCI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il Console Generale di Buenos Aires Giancarlo Curcio il 22 marzo 2009, secondo quanto riferito da diverse agenzie di stampa (vedi ad esempio l'agenzia AISE del 24 marzo 2009), ha organizzato presso il teatro Coliseo della città una manifestazione di carattere politico, nella quale il Sen. Esteban Caselli ha annunciato la sua candidatura alla Presidenza della Repubblica Argentina rifiutando esplicitamente di rassegnare le dimissioni da Senatore della Repubblica italiana;
le manifestazioni di parzialità e le continue forzature del Console Generale si sono ripetute in più occasioni, compreso la preparazione della Festa della Repubblica, svoltasi il 31 maggio 2009, al punto che i rappresentanti delle maggiori espressioni del movimento associativo italiano in Argentina, la FEDIBA e la FEDITALIA, si sono pubblicamente dissociati, dichiarando che «tenendo presente quanto avvenuto nelle ultime manifestazioni organizzate dal Consolato Generale d'Italia al Teatro Coliseo, FEDITALIA e FEDIBA non possono dare la propria adesione a eventi che potrebbero trasformarsi in manifestazioni di partito che non sono ammissibili in una celebrazione ufficiale che è festa di

tutti, o a eventi che rischiano di danneggiare i tradizionali rapporti di amicizia tra l'Italia e l'Argentina»;
a quel che consta all'interrogante non minore disagio, sotto il profilo dell'immagine e dell'interesse nazionale, aveva destato il divieto del Console Generale alle quattro scuole parificate di Buenos Aires di partecipare alla giornata delle Forze Armate del 4 novembre del 2008;
anche sul piano della deontologia professionale e della correttezza istituzionale il Console Generale Curcio non è stato da meno, affermando in più occasioni pubbliche e in interviste di avere «restituito dignità al Consolato, eliminando i vergognosi contingentamenti dei connazionali agli ingressi e le file all'esterno», trascurando di ricondurre tale esito alle innovazioni tecnologiche disposte prima del suo arrivo in Argentina; citando e riferendosi in maniera dispregiativa ai suoi predecessori -:
a fronte di comportamenti di questa natura che hanno evidenziato un comportamento poco consono alla sua delicata missione istituzionale, diviso profondamente l'importante comunità italiana di Buenos Aires e creato imbarazzo e riserve nei rapporti con le autorità di un Paese amico come l'Argentina, quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato con riguardo all'azione complessiva del Console Generale di Buenos Aires e quali iniziative il Ministro intenda adottare per affrontare e superare al più presto l'incresciosa situazione venutasi a determinare in una delle realtà emigratorie più importanti del mondo e per riportare equilibrio e serenità nella nostra comunità e nei rapporti con le autorità argentine.
(4-03315)

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:

ZAMPARUTTI, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
da diverse fonti emerge che la città di Terni vive diverse criticità ambientali;
nei primi due mesi dell'anno, l'allarme per il superamento della soglia massima di Pm10 è stato superato 22 volte, quando il massimo consentito per legge è di 35 volte l'anno;
dall'indagine europea Isaya condotta nella città sulla base di questionari somministrati a 1.600 ternani tra i 20 e i 44 anni, e resa pubblica nel marzo scorso, il 6 per cento della popolazione esaminata presenta bronchite cronica, il 14,53 per cento è asmatico e il 14,46 per cento presenta rinite;
secondo quanto riferito in un articolo del Corriere dell'Umbria del 4 marzo 2009, Terni sarebbe la terza città d'Italia per morti da tumori ai polmoni;
secondo quanto riferito in un articolo pubblicato sul settimanale «L'Espresso» e attribuito al Presidente umbro del WWF, Sauro Presenzini, a Terni si registrerebbe un quinto di tumori e leucemie in più rispetto alla media nazionale, dovuti all'altissima concentrazione di industrie inquinanti;
stando, invece, alle affermazioni, riportate dal quotidiano Corriere dell'Umbria in data 19 giugno 2009, del professor Francesco La Rosa, ordinario di igiene della Facoltà di medicina e chirurgia

presso l'Università degli studi di Perugina e direttore del Registro tumori umbro di popolazione, la frequenza annua di nuovi casi di tumore riferita al comune di Terni sarebbe inferiore a «quella media del pool dei Registri italiani, sia per tutte le sedi tumorali che per le leucemie»;
Giorgio Moretti, un capoturno dell'inceneritore ASM, sarebbe stato stroncato da un tumore al polmone e patologie tumorali avrebbero colpito altri dipendenti dello stesso impianto che usufruiva di contributi «CIP6»;
il suddetto inceneritore è stato chiuso, secondo il Sindaco di Terni Raffaelli, per l'eliminazione degli incentivi «CIP6», ma secondo il Ministro per lo sviluppo economico, Claudio Scajola, come riferito in risposta all'interrogazione 4-00077, esso sarebbe stato chiuso per sequestro disposto dalla magistratura;
nell'articolo de L'«Espresso» sopra citato è denunciata la presenza a Terni, legato all'impianto della Thyssen Krupp, di ingenti quantitativi di polveri nell'aria, di rifiuti liquidi che finiscono nel fiume Nera e una discarica, quella di Vocabolo Valle, dove sarebbero sepolti anche i veleni non autorizzati e dove il percolato sarebbe stato smaltito in impianti della Thyssen privi delle autorizzazioni. Inoltre, l'articolo parla della scoperta di un laghetto sotterraneo pieno di cromo esavalente, agente cancerogeno, in concentrazioni ben oltre ogni soglia di pericolo, che sarebbe stato scoperto durante i lavori della Terni-Rieti al momento di attraversare la montagna di rifiuti della discarica AST di Vocabolo Valle -:
se risponda al vero quanto sopra riferito;
se e quali dati i Ministri interrogati possiedano sulla diffusione di tumori al polmone e altre malattie polmonari e sulla presenza di polveri sottili a Terni ed in Umbria;
se non si ritenga, e come, di favorire l'adozione di misure di smaltimento dei rifiuti che superino il dualismo discarica-inceneritore, come ad esempio quelle basate sulla dissociazione molecolare;
se non si ritenga di disporre, tramite il Comando dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente, un' ispezione presso la Thyssen Krupp al fine di accertare eventuali condotte non conformi alla normativa vigente.
(5-01534)

Interrogazione a risposta scritta:

REALACCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il 7 giugno 2009 nel mare davanti alla Torre del Campese all'Isola del Giglio nell'arcipelago Toscano è stato avvistato un esemplare di foca monaca (Monachus monachus). Si tratta di un avvistamento casuale da parte di un turista, documentato con numerose fotografie;
se l'avvistamento sarà confermato, si tratta di un evento di eccezionale importanza scientifica, dal momento che la foca monaca è una specie considerata estinta dai mari italiani;
secondo l'Onu sono ormai rimaste meno di 350 foche monache in tutto il Mediterraneo. Come noto, la presenza è ridotta a pochi nuclei, in Turchia (Egeo e Mar Nero), in Grecia (Egeo e Ionio) e lungo la costa africana (Libia, Tunisia, Algeria e Marocco). In Italia viene sporadicamente avvistata a Montecristo (Silvio Bruno - Centro di Studi Ecologici Appenninici - osservazioni personali 18-23 Maggio 1974), in Sardegna nel golfo di Orosei e nella zona di Capo Caccia, a nord di Alghero;
la foca monaca viveva fino agli anni '60 anche in alcune isole dell'Arcipelago Toscano (sono molte le cale che si chiamano del bue o bove o vacca marini, come veniva chiamata la foca) e ne frequentava i mari, ma quasi certamente oggi non si riproduce più nelle isole toscane. Negli

anni, tuttavia, sporadicamente sono avvistati alcuni esemplari, probabilmente giovani erratici;
sebbene la foca monaca sia un animale ormai raro e protetto internazionalmente, rimane il più minacciato dei mammiferi marini. Nonostante la presenza di numerosi dati scientifici, le leggi di protezione dei singoli Stati, oltre alle norme internazionali, la perdita di esemplari non si arresta;
la recente conferenza internazionale sulla conservazione della foca monaca di Kemer, in Turchia, organizzata dal Centro comunicazione e informazione del Programma ambiente mediterraneo delle Nazioni Unite (Info/Rac) ha segnalato che per porre un freno all'estinzione della foca monaca servono almeno 6 milioni di euro l'anno da impiegare in progetti di sviluppo locale;
in Italia la foca monaca è protetta da molto tempo, ma questo non l'ha salvata dall'estinzione. Le cause sono state molte: i pescatori che hanno continuato a uccidere le foche italiane per i danni provocati alle reti da pesca e perché ritenute un pericoloso concorrente nella cattura dei pesci; l'antropizzazione delle coste è una potente causa di disturbo per la riproduzione delle foche monache che hanno visto fortemente ridursi il loro habitat costiero: porti, villaggi turistici, navigazione sotto costa hanno determinato la scomparsa di tratti di costa isolata, rendendoli praticamente inaccessibili ad un animale timido ed elusivo, molto sensibile al disturbo antropico. Ma esistono anche (per esempio per la foca monaca delle Hawaii Monachus schauinslandi) esempi di convivenza tra questi pinnipedi ed economia turistica fortemente sviluppata. Un altro dei pericoli per la sopravvivenza delle foche viene dall'accumulo di inquinanti nei tessuti; la concentrazione di sostanze nocive è particolarmente elevata a causa della dieta carnivora (pesci, molluschi e crostacei). Una delle minacce più recenti è il cambiamento climatico: i piccoli nascono più tardi invece che alla fine della primavera, e sono ancora poco sviluppati al momento delle mareggiate autunnali, così un terzo circa dei cuccioli soccombe alla furia del mare nei primi mesi di vita. Lo scarso numero espone ormai l'intera popolazione di foche mediterranee a rischi di un'epidemia che potrebbe ucciderne così tante da impedire il ricostituirsi di una popolazione vitale: 10 anni fa, nella colonia mauritana un'epidemia ha ucciso i due terzi delle foche presenti;
nel Mediterraneo esistono «isole felici» in cui la presenza della foca monaca, da «disturbo» per i pescatori si è trasformata in risorsa economica: ad Alonissos, in Grecia, la riserva marina di tutela per questi pinnipedi è vitale per il turismo e per la piccola pesca costiera e gli animali si stanno re-insediando in altre isole ed anche nei pressi di coste abitate;
un avvistamento eccezionale come quello del Giglio, così vicino ad una costa abitata è un segnale positivo che potrebbe confermare la bontà della protezione marina intorno alle isole minori dell'Arcipelago Toscano che funge evidentemente da «attrattore» per i giovani erranti e, si potrebbe sperare in un re insediamento della specie nel nostro Arcipelago;
non risulta all'interrogante che a seguito di questo evento di eccezionale importanza sia stata predisposta da parte del Ministro interrogato alcuna azione di indagine, per verificare la consistenza della segnalazione e predisporre le necessarie azioni di prevenzione e tutela -:
se il Ministro interrogato non intenda dare seguito ad indagini scientifiche conoscitive, predisponendo una task-force di ricerca, vista la straordinaria importanza dell'evento segnalato all'Isola del Giglio;
se non intenda, come richiedono ben tre leggi dello Stato (la prima risalente addirittura al 1982) e come l'Unione europea ci invita a fare al più tardi entro il 2012, avviare l'iter istitutivo dell'area marina protetta nell'arcipelago toscano anche in ottemperanza degli impegni internazionali presi dell'Italia per la protezione del

mare e della sua biodiversità e confermati al recente G8 di Siracusa con l'approvazione della «Carta di Siracusa» proposta dallo stesso Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare.
(4-03312)

...

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

MOTTA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere premesso che:
il Comune di Parma ha posto in essere con la A.T.I. Bonatti Spa (Capogruppo) - Buia Nereo Srl - Cooperativa Edile Artigiana un rapporto di concessione avente ad oggetto la progettazione definitiva ed esecutiva, la realizzazione e la gestione dell'intervento di riqualificazione di piazza Ghiaia in Parma compresa la ristrutturazione e la gestione del mercato coperto e dei negozi ad esso contigui situati sotto viale Mariotti, nonché la realizzazione di tre piani interrati, in parte da dedicarsi a parcheggio;
con deliberazione n. 4063 del 27 dicembre 2006 la Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'Emilia-Romagna ha emanato un provvedimento di tutela del «sistema urbano di piazza Ghiaia» per riconosciuto interesse storico-artistico della piazza stessa;
nella seduta del 18 luglio 2006 il Comitato tecnico-Scientifico per il patrimonio storico, Artistico ed etnoantropologico ha riconosciuto l'interesse demoetnoantropologico del sistema urbano di piazza della Ghiaia di Parma;
il sopracitato Comitato e il Comitato tecnico-scientifico per i beni architettonici e paesaggistici, riuniti in seduta congiunta in data 17 settembre 2007, valutando complessivamente tanto gli aspetti architettonici quanto quelli etnoantropologici relativi al sistema di Piazza Ghiaia, hanno formulato indicazioni circa la necessità di conformare l'integrità del plano della piazza e la sistemazione in superficie delle strutture funzionali al mercato;
a fine ottobre 2007, ai sensi dell'ex articolo 24 del cosiddetto codice Urbani è intercorso un accordo tra il Ministero per i beni e le attività culturali e il Comune di Parma con il quale si è preso atto dell'interesse storico, architettonico, urbanistico ed etnoantropologico della piazza ed è stata inserita la previsione di una rampa di accesso ai piani interrati della piazza che, per salvaguardarne la planarità secondo le prescrizioni dei Comitati tecnico-Scientifici, venisse ricavata in un'area demaniale, denominata «Cavallerizza», situata all'interno del complesso della Pilotta, stabilendo altresì che sulla piazza venissero collocate strutture leggere non permanenti per ospitare esercizi commerciali destinati al mercato fisso giornaliero.
tali strutture non sembrerebbero figurare nel progetto definitivo, presentato a seguito dell'Accordo, né tanto meno nel progetto esecutivo -:
se il Ministro interrogato abbia notizia dell'effettiva approvazione del progetto definitivo ed esecutivo dell'intervento di riqualificazione di Piazza Ghiaia a Parma;
se il progetto definitivo ed esecutivo corrisponda alle indicazioni formulate dai Comitati tecnico-Scientifici nella seduta del 18 settembre 2007 e alle tavole di progetto allegate all'accordo sottoscritto tra Comune di Parma e Ministero ai sensi dell'ex articolo 24 del cosiddetto codice Urbani.
(5-01539)

Interrogazione a risposta scritta:

ZAZZERA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
sebbene il sottosuolo della zona degli orti di Ostuni (Brindisi) nasconda molte testimonianze del passato, alcune anche

precedenti all'età medioevale, l'amministrazione comunale ha autorizzato la costruzione di una condotta della fogna bianca al fine di risolvere il problema dell'acqua piovana nelle zone alte della «Città bianca»;
risulta peraltro che il progetto per la realizzazione della rete di fogna bianca, costato un milione e cinquecento mila euro e finanziato con i fondi POR, segua un percorso non compatibile con i vincoli ambientali esistenti sulla zona di valore storico e culturale di Ostuni;
nel luglio 2008 per consentire le opere di scavo per la fogna bianca, tra le contestazioni dei residenti sono stati rasi al suolo numerosi alberi della pineta di Largo Tamburini, provocando un ingente danno al patrimonio ambientale dell'intera area;
nell'agosto 2008 durante gli scavi per la collocazione dei canali della fogna bianca è stata ritrovata una grande cisterna per la raccolta di acque piovane risalente all'età messapica;
consta all'interrogante che, dopo un breve fermo dei lavori, ordinato in via cautelare, la Sovrintendenza ai Beni Culturali abbia acconsentito al prosieguo dei lavori per la costruzione della condotta;
nel settembre 2008 su ordine della Procura della Repubblica di Brindisi è stato posto sotto sequestro il parcheggio del Comune, costruito su un'area soggetta a vincolo paesaggistico-archeologico;
a quel che risulta all'interrogante gli inquirenti del nucleo speciale dei Carabinieri infatti hanno accertato che i lavori per la realizzazione del parcheggio sono stati svolti nonostante l'assenza dell'autorizzazione della Sovrintendenza archeologica;
nel dicembre 2008 un'impresa specializzata in saggi di scavo ha rinvenuto tratti di una cinta muraria e frammenti di abitazioni di età messapica, ciononostante poco tempo dopo i lavori per la realizzazione della condotta delle acque bianche sono ripresi -:
se il Ministro interrogato non intenda accertare se quanto riportato corrisponda al vero e se non ritenga opportuno verificare con urgenza l'esistenza delle autorizzazioni previste dalla normativa vigente per la realizzazione delle opere descritte in premessa nella zona degli orti di Ostuni (Brindisi), prima che quest'area di grande valore storico-culturale subisca irreversibili danni;
se la zona degli orti di Ostuni (Brindisi) sia soggetta a vincoli ambientali e in caso negativo, se siano già state avviate le relative procedure al fine di sottoporvela.
(4-03316)

...

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:

GAROFANI e VILLECCO CALIPARI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la Commissione Difesa della Camera ha approvato, all'unanimità, il 26 maggio la risoluzione (8-00044) sull'eventuale utilizzo temporaneo della Caserma Pace di Sulmona e di parte della Caserma Pasquali di L'Aquila per lo svolgimento di attività delle pubbliche amministrazioni locali, accolta dal Governo;
è urgente dare corso a quanto richiesto con la risoluzione -:
quali siano i tempi e i modi di attuazione della citata risoluzione.
(5-01535)

Interrogazione a risposta scritta:

GHIZZONI. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'Unione italiana di tiro a segno (UITS) è un ente pubblico nazionale posto sotto la vigilanza del Ministero della difesa, ai sensi del regio decreto-legge 16 dicembre 1935, n. 2430, convertito dalla legge 4 giugno 1936, n. 1143, e successive modificazioni;
l'UITS è stata ricompresa, dall'allegato A della legge n. 244 del 2007 (finanziaria 2008), tra gli enti da trasformare, riordinare o sopprimere;
il Governo, sulla base dei criteri indicati dal comma 634 della legge n. 244 del 2007, ha manifestato la volontà di riordinare tale ente;
le attività di tiro a segno della UITS si svolgono presso le sezioni di tiro a segno nazionale (TSN) e sono soggette alla vigilanza degli organi del Ministero dell'interno, a norma della legge 18 aprile 1975, n. 110 e successive modificazioni;
il Ministro della difesa ha ratificato con proprio decreto, in data 15 aprile 2009, il nuovo organo direttivo dell'Unione italiana di tiro a segno (UITS), confermando alla presidenza, per il secondo mandato, l'Ing. Ernfried Obrist, nato a Stoccarda, in Germania, ma residente in Alto Adige, nella cittadina di Caldaro;
il 25 aprile 2009, giorno della celebrazione del 64o anniversario della liberazione d'Italia dall'occupazione nazi-fascista, il presidente della UITS, accompagnato dal consigliere nazionale Riccardo Finokki, si è recato in visita presso la sezione di tiro a segno nazionale di Sant'Arcangelo di Romagna, la quale ha organizzato una gara di tiro in concomitanza con l'anniversario della Liberazione;
nel corso di tale evento si sarebbe verificato, a detta di alcuni militanti dell'UITS, un increscioso episodio, legato alla persona del presidente dell'ente, il quale sarebbe stato più volte fotografato, apparentemente sorridente e divertito, circondato da uomini muniti di armi e vestiti con uniformi appartenenti alle «Waffen SS», le famigerate truppe d'occupazione tedesche, artefici nel corso del secondo conflitto mondiale di spaventosi ed inumani eccidi ai danni della popolazione italiana;
non si hanno maggiori informazioni sulla natura della manifestazione indetta dalla sezione di TSN di Sant'Arcangelo di Romagna né sulle modalità di svolgimento della stessa;
tale raduno potrebbe aver avuto carattere «folkloristico», con la presenza di iscritti in uniformi militari storiche, risulta però incomprensibile e offensivo che sia stato consentito di indossare uniformi di un corpo militare noto per la sua ferocia e che il presidente dell'UITS, nel caso i fatti descritti siano accertati, non abbia avvertito l'inopportunità della sua presenza, proprio in un giorno dall'enorme valore simbolico per il nostro Paese;
l'episodio suddetto avveniva nello stesso giorno in cui il Ministro della difesa, accompagnava il Presidente della Repubblica, alla presenza delle massime autorità dello Stato, a rendere il solenne e doveroso omaggio al sacello del milite ignoto, presso l'Altare della Patria, a Roma -:
se i fatti descritti rispondono al vero e se non intendano, altresì, effettuare tutte le verifiche del caso per accertare nell'ambito delle rispettive competenze la natura e le modalità di svolgimento della manifestazione organizzata il 25 aprile 2009 dalla sezione di tiro a segno di Sant'Arcangelo di Romagna e la correttezza del comportamento del presidente dell'Unione italiana di tiro a segno.
(4-03324)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:

CONTE e PAOLO RUSSO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in occasione dello svolgimento, presso la VI Commissione, dell'interrogazione a risposta immediata 5-00748, l'interrogante chiedeva chiarimenti circa il carattere demaniale del Lago di Paola;
il Sottosegretario Daniele Molgora, nella seduta del 10 dicembre 2008, rispondeva all'interrogazione riferendo quanto rappresentato dall'Agenzia del demanio;
nel testo della risposta si fa presente che il lago di cui trattasi venne alienato dallo Stato italiano in favore del Sig. Giacchetti Ottavio e successivamente a seguito di diversi atti dispositivi inter vivos e mortis causa, giunse in proprietà al Sig. Giulio Scalfati e sul punto, numerose sentenze, nel corso degli anni, confermano la titolarità del Lago di Paola in capo ai Sig.ri Scalfati;
la Corte di cassazione a Sezioni unite, con la più recente sentenza 16891/06 del 25 luglio 2006, precisava la natura privata del Lago di Paola e quindi la validità del titolo al quale la proprietà veniva fatta risalire;
la Corte di cassazione, sez. III penale, con sentenza n. 1339 del 15 dicembre 2006, in via incidentale, prospettava l'attitudine marittima ad uso pubblico di generale interesse del Lago di Paola; successivamente l'Agenzia del demanio interpellava l'Avvocatura Generale dello Stato, la quale, con nota del 6 novembre 2008, faceva presente quanto segue:
«...lo status delle acque del Lago di Paola è la diretta conseguenza di un contratto di alienazione di beni ricadenti nella categoria del demanio pubblico, disposta dallo Stato italiano nel lontano 1881; per imprimere un diverso status a quel lago occorre contrapporvi un contrarius actus di natura convenzionale, amministrativa (espropriazione per pubblica utilità) od ope legis; anche in tali casi l'atto ablatorio richiede la previsione di un giusto indennizzo. Pertanto la tesi della natura pubblica del lago non trovando riscontro nel caso di specie - da considerare come un unicum derivante dal richiamato contratto di alienazione - ad avviso di questo organo legale, non appare poter essere ulteriormente sostenuta»;
al riguardo l'Agenzia del demanio ha rilevato, del caso, l'opportunità di interessare della vicenda de qua il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, competente a porre in essere eventuali azioni acquisitive allo Stato per il bene in questione;
l'interrogante, soddisfatto della risposta fornita dal Governo, in particolare per i chiarimenti circa la natura giuridica privata del Lago di Paola, rileva, tuttavia, come non siano stati forniti elementi in merito alle problematiche sorte in conseguenza del sequestro ordinato dall'autorità giudiziaria nell'ambito del contenzioso sulla demanialità del Lago, che hanno comportato il fermo dell'attività di mitilicoltura svolta nello specchio acqueo della Società ittica Lago di Paola titolare del contratto di affitto;
la Società Ittica Lago di Paola, esibendo la risposta all'interrogazione, chiedeva al tribunale di Latina il dissequestro dello specchio acqueo del Lago di Paola;
il tribunale di Latina, con ordinanza del 27 febbraio 2009, rilevava che non era stata prodotta alcuna nota proveniente dall'Agenzia del demanio, né il parere dell'Avvocatura dello Stato utilizzati nella risposta alla interrogazione parlamentare, per cui, non ritenendo sufficiente ed esaustivo il parere del Governo, rigettava la richiesta di dissequestro, il tribunale insisteva, quindi, per la natura demaniale del

lago ed in particolare asseriva «che la natura pubblica, proprio perché trae la propria forza dalla legge, prevale su quella privata senza bisogno di formalità accertative e neppure lo Stato come entità soggettiva può liberamente disporne contro la sua conservazione per la utilizzabilità generale da parte di tutti, che proprio grazie al mutamento dello stato dei luoghi era mutato anche il regime giuridico del lago senza che per questo occorresse un atto amministrativo ad hoc, che le trasformazioni fisiche del bene possono determinare la classificabilità in una categoria, invece che in un altra, delle cose stesse, e di conseguenza il passaggio delle medesime dalla proprietà privata a quella pubblica, che pertanto in tale vicenda non sono ravvisabili fenomeni espropriativi, con conseguenti obblighi di indennizzo, ma si concreta un semplice ampliamento della demanialità per mutamento delle caratteristiche intrinseche dei beni, che i beni demaniali sono inalienabili imprescrittibili ed inespropriabili che la demanialità è caratteristica intrinseca dei beni che saranno sottoposti al peculiare regime giuridico che li caratterizza anche in mancanza di un esplicito atto di destinazione che al riconoscimento della inclusione nel demanio marittimo non osta che non sia stata effettuata la delimitazione delle aree avendo questa carattere meramente ricognitivo e non costitutivo della demanialità e che l'appartenenza al demanio neppure può essere affermata o esclusa sulla base delle risultanze catastali» -:
quali provvedimenti siano stati adottati o intenda adottare per dare certezze circa la natura giuridica del Lago di Paola, e quali siano i requisiti per chiedere le prescritte autorizzazioni, nonché gli organi competenti al rilascio della concessione demaniale sul predetto Lago, al fine di consentire alla Società ittica Lago di Paola, titolare del contratto di affitto dello specchio acqueo, di svolgervi la propria attività, ponendo fine al perdurante stato di incertezza in merito.
(5-01537)

Interrogazione a risposta in Commissione:

SIRAGUSA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 29 luglio 2008 il Parlamento ha convertito in legge, con modificazioni, il decreto-legge n. 97 del 2008 cosiddetto «mille proroghe»;
il comma 8 dell'articolo 4-bis recita testualmente: «Considerata l'impossibilità di concludere entro i termini attualmente previsti le procedure finanziarie ed evitare il sorgere di possibili situazioni emergenziali, ai comuni delle aree individuate dall'obiettivo "Convergenza" del regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, dell'11 luglio 2006, aventi popolazione superiore a 500.000 abitanti e che abbiano rilevanti passività nei confronti delle società a partecipazione totalitaria affidatarie del servizio di gestione rifiuti ed igiene ambientale nel territorio comunale, è erogato un contributo in conto capitale di 80 milioni di euro di cui 30 milioni nell'anno 2008, 30 milioni nell'anno 2009 e 20 milioni nell'anno 2010. I conseguenti interventi sono effettuati nei limiti delle risorse di cui al presente comma. Alla corresponsione del contributo provvede il Ministero dell'interno sulla base dei dati comunicati dai comuni interessati, a pena di decadenza, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Sono esclusi i comuni i cui territori abbiano già goduto di analoghi benefici a seguito di commissariamenti o dichiarazioni di stato di emergenza. Il contributo di cui al presente comma è escluso dal computo delle spese rilevanti ai fini del rispetto delle disposizioni del patto di stabilità. Le risorse finanziarie trasferite ai comuni ai sensi del presente comma sono insuscettibili di pignoramento o sequestro»;
tale contributo ha avuto quindi come finalità il risanamento del debito del Comune

di Palermo nei confronti della sua azienda partecipata di igiene ambientale (Amia);
l'unico beneficiario dell'articolo della legge citata è il comune di Palermo;
nella stessa data il Governo ha accolto l'ordine del giorno 9/1496/21 presentato dall'interrogante con il quale si è impegnato «a sollecitare gli opportuni controlli da parte dei comuni beneficiari del contributo relativamente all'attività delle società a partecipazione totalitaria affidatarie del servizio di gestione rifiuti ed igiene ambientale»;
nei giorni scorsi si è tenuto un incontro fra i capigruppo al Comune di Palermo e il neodirettore dell'Azienda Municipalizzata di Igiene Ambientale (Arnia), Gaetano Lo Cicero;
dall'incontro di cui sopra, emergerebbe che gli 80 milioni di euro concessi dallo Stato per il «ripianamento dei debiti del Comune» nei confronti di AMIA sono stati già tutti assegnati all'Azienda partecipata. Infatti, ai 35 milioni utilizzati per coprire il disavanzo del 2007 se ne sono aggiunti altri 10 per azzerare altri debiti nei confronti dell'Azienda e ulteriori 35 a copertura del debito da sempre rivendicato da AMIA e mai riconosciuto dal Comune, per la gestione post-mortem della discarica di Bellolampo;
emerge, inoltre, un debito che, a tutt'oggi, ammonterebbe ad altri 150 milioni di euro. A questi vanno aggiunti i 48 milioni di euro oggetto del falso in bilancio già oggetto delle indagini giudiziarie e altri 70 milioni per ripianare il deficit di bilancio per il 2008 e 2009;
si va delineando una situazione di ingovernabilità finanziaria e amministrativa; situazione che getta un'ombra gravissima sul futuro della Società e sullo stesso Comune di Palermo, socio unico dell'Azienda;
Amia ha bruciato negli anni, e speso in maniera impropria e improvvida, un'enorme quantità di risorse finanziarie pubbliche senza che l'amministrazione Comunale di Palermo abbia mai vigilato sull'uso di tali risorse dei cittadini, rendendosi in tal modo corresponsabile del dissesto finanziario dell'azienda e mettendo a rischio di dissesto lo stesso bilancio del Comune;
come riportato dagli organi di stampa gli sprechi della ex municipalizzata ormai non si contano più: operazioni finanziarie spericolate, viaggi a Dubai e scalate in Tunisia, affitti da 12.800 euro al mese pagati dagli ex amministratori per locali mai utilizzati;
come denunciato da la Repubblica il 13 giugno 2009, in un articolo dal titolo «Premi di risultato agli amministratori nell'Amia con i bilanci in perdita», «in base ai periti della Procura che sta indagando gli ex vertici dell'azienda per falso in bilancio, nel crac dell'Amia ci sono anche scambi di partecipazioni azionarie fatte tra l'Amia e la Emit di Giuseppe Pisante, ma soprattutto i premi incassati dai consiglieri di amministrazione guidati dal presidente Vincenzo Galioto»;
in sostanza, mentre l'azienda colava a picco, gli amministratori - sempre in base a quanto riportato dal quotidiano - premiavano i dirigenti (360 mila euro erogati e 28 capi struttura) ma si attribuivano loro stessi dei bonus per il buon andamento dei bilanci;
nel frattempo si allarga l'emergenza rifiuti in Sicilia, e anche l'Ato rifiuti della provincia di Palermo versa in una situazione disastrosa: a Bagheria nella giornata del 17 giugno 2009, il vicesindaco ha disposto la chiusura di tutti gli edifici pubblici comprese le scuole per l'emergenza rifiuti che ha fatto registrare nella notte 40 interventi dei vigili del fuoco a causa degli incendi;
la raccolta differenziata continua a rimanere al palo e la discarica di Bellolampo si trova in una situazione di emergenza;

il 17 giugno 2009 il quotidiano Giornale di Sicilia ha pubblicato dati allarmanti: «ogni cento chilogrammi di spazzatura prodotta dai palermitani solo quattro chili vengono riciclati attraverso un complesso percorso che parte dalle campane di raccolta ... quattro per cento. A fronte di una media nazionale del 26, del sud Italia del 10 e siciliana del 6,5» ;
nello stesso articolo si legge «il tutto perché, al di là di uno sperimentale, circoscritto e mai realmente decollato servizio di porta a porta, la raccolta differenziata, in città è oggi affidata pressoché esclusivamente all'utilizzo delle apposite campane. In teoria 1200 terne... Ma purtroppo circa il 30 per cento dei contenitori ha subito più o meno irreparabili danneggiamenti, a cominciare dagli incendi che vengono periodicamente appiccati da ignoti»;
di campane pertanto ce ne sono poche in giro per la città e, come riconosce il presidente di Amia, «con le campane non si potrà mai andare oltre il 5,6 per cento della raccolta differenziata. Serve una vera e propria inversione di tendenza, che speriamo di attuare con il progetto pilota del porta a porta finanziato dal ministero»;
sempre sul Giornale di Sicilia si legge - con riferimento a quanto sopra descritto - che «nell'attuale piano di riordino dei conti dell'Amia, il budget per lo svuotamento delle campane e il conferimento nelle piattaforme verrebbe ridotto dal milione 700 mila euro del 2008 ad appena 680 mila euro nel 2009. Con un calo progressivo fino ai 436 mila euro per il 2011»;
il 12 giugno 2009 le agenzie di stampa hanno battuto la notizia secondo cui «Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha assicurato al sindaco di Palermo, Diego Cammarata, "aiuto a 360 gradi per dare alla città risorse utili per programmare l'attività amministrativa e per le politiche infrastrutturali". Lo ha detto lo stesso Cammarata, intervistato dal notiziario di un tv locale. Il sindaco ha detto di aver chiesto 100 milioni di euro per reintegrare le risorse assorbite dalla stabilizzazione dei precari e di aver ricevuto rassicurazioni in tal senso da Berlusconi. Il presidente del Consiglio, secondo Cammarata, ha promesso anche i fondi necessari a ricapitalizzare l'Amia, l'azienda che gestisce la raccolta dei rifiuti e che ha un deficit di 150 milioni di euro»;
concedere risorse finanziarie pubbliche per il ripianamento dei debiti della società senza quantificare reale ammontare del buco di bilancio e senza discutere con le parti sociali un piano industriale non consentirà certamente di arrivare alla risoluzione del problema -:
se non ritenga opportuno, anche in relazione a quanto sopra descritto, dare seguito all'impegno assunto con l'accoglimento dell'Ordine del giorno 9/1496/21 e richiedere con urgenza al Comune di Palermo un'operazione verità sulla gestione passata e presente dell'Azienda, nonché l'applicazione rigorosa dei controlli previsti per le società in house;
se rispondano al vero le affermazioni del Sindaco di Palermo, pubblicate sulla stampa cittadina, sulle rassicurazioni che lo stesso avrebbe ricevuto dal Presidente del Consiglio circa un ulteriore stanziamento di oltre 100 milioni di euro per risanare l'Amia e, in caso positivo, a quali condizioni il Governo ritenga di stanziare tali somme, onde evitare che risorse pubbliche vengano impiegate in modo inappropriato anche alle luce di quanto sopra descritto.
(5-01546)

...

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

II Commissione:

RAO e VIETTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
i giudici onorari in servizio presso il Tribunale di Firenze stanno lavorando

gratuitamente, in quanto il pagamento dei compensi per l'attività corrente è stato sospeso, con ogni probabilità al fine di compensare retribuzione da liquidarsi e retribuzione già liquidata, come si è verificato in altre sedi;
inoltre, è stata fatta loro richiesta di restituzione dei compensi ricevuti per udienze tenute a partire dal 2003: si tratta di somme che circolari del Ministero sopravvenute hanno ritenuto non dovute in base a interpretazioni innovative della legge, o di udienze tenute fuori tabella;
analoghe richieste sono già state notificate ai giudici onorari di Empoli, i quali avevano tenuto udienza in periodo feriale;
i giudici onorari di Firenze (che emettono sentenze civili e penali per il 45 per cento del totale delle udienze monocratiche e compongono i collegi penali in misura del 40 per cento), hanno annunciato di autodenunciarsi davanti alla Procura, perché solo la commissione di un illecito giustificherebbe la richiesta a titolo di indebito della retribuzione già liquidata;
si tratta di misure infondate che, oltre ad offendere la dignità di giudici privati di garanzie previste in via inderogabile già dalla nostra Carta costituzionale (ma svuotate di contenuto dalla legislazione ordinaria), mettono in serio rischio la credibilità degli stessi quali soggetti preposti alla tutela dei diritti dei cittadini;
come i giudici di Firenze anche i magistrati onorari dell'Abruzzo stanno lavorando gratuitamente, essendo dipendenti dalla Corte di Appello dell'Aquila, dove le toghe onorarie sono rimaste senza lavoro;
l'attuale assetto della categoria non corrisponde più al modello teorico di magistratura onoraria, in quanto il servizio reso dalle toghe onorarie corrisponde invece a una prestazione di lavoro subordinato: questo è anche l'orientamento della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione;
la magistratura onoraria non ha, infatti, un ruolo complementare e occasionale, ma anzi svolge una funzione assolutamente fondamentale nel rispondere ad una domanda di giustizia che sempre più massicciamente viene dai cittadini;
appare oramai improcrastinabile avviare in modo concreto una riforma organica che assicuri la stabilizzazione della categoria in questione, in linea con le direttive comunitarie in materia di trattamenti riservati ai giudici onorari, la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e la Carta di Strasburgo -:
quali urgenti ed opportune iniziative intenda adottare, al fine di risolvere questa intollerabile situazione che colpisce operatori del diritto altamente qualificati, cui però non vengono assicurati eque e dignitose retribuzioni, prestazioni di sicurezza sociale, servizi sociali che garantiscano protezione in caso di maternità, malattia, vecchiaia, nonché ferie retribuite.
(5-01542)

FERRANTI e OLIVERIO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il sistema giudiziario italiano è costretto a fronteggiare una situazione di persistente difficoltà nella copertura di posti di magistrato inquirente, al punto che si può ormai parlare di un'oggettiva emergenza organizzativa in materia di funzionamento degli uffici giudiziari che sta conducendo ad una progressiva desertificazione delle procure italiane;
un caso emblematico del disagio vissuto dal sistema giudiziario italiano è rappresentato dalla Procura di Crotone, la quale dispone, oltre al Procuratore, di un organico composto da soli sei sostituti procuratori;
allo stato attuale la situazione della Procura di Crotone è resa ancor più drammatica dal fatto che sono operativi

solo 4 sostituti su sei, due dei quali, però, hanno ottenuto nell'ultima procedura concorsuale il trasferimento ad altra sede e di conseguenza lasceranno presto la procura per prendere possesso del nuovo ufficio;
i due posti che si sono resi vacanti sono stati inseriti nell'elenco delle sedi disagiate ai sensi della legge n. 133 del 1998, così come modificata dal decreto-legge n. 143 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 181 del 2008, ma la relativa procedura, in corso di espletamento, non ha trovato la disponibilità di alcun candidato a essere trasferito presso gli uffici della Procura di Crotone;
la Procura di Crotone si troverà a breve nella condizione di operare con soli tre uomini: il procuratore e i due sostituti, uno dei quali, inoltre, è impegnato anche in processi di competenza della Direzione distrettuale antimafia (DDA) di Catanzaro, altra sede con endemici problemi di carenza di organico;
la carenza di pubblici ministeri, il difficile contesto territoriale in cui questi devono operare e il cospicuo numero di processi penali pendenti presso il Tribunale di Crotone evidenziano la drammaticità della situazione in cui versa la procura del capoluogo calabrese;
il Ministero di Giustizia ha la possibilità di utilizzare i poteri di trattenimento dei magistrati trasferiti presso altri uffici, attraverso il cosiddetto «posticipato possesso»;
non si può che presupporre che il Ministro sia a conoscenza della grave situazione in cui versa la Procura di Crotone -:
quali misure intenda adottare al fine di provvedere in tempi brevi a colmare la carenza di organico che affligge la Procura di Crotone, così come molte altre procure italiane.
(5-01543)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
era stato portato a conoscenza dei ministri interrogati il caso di Gratian Gruia con gli atti di sindacato ispettivo n. 4-01499 e successivamente modificato, n. 3-00283 e n. 2-00283;
il bambino era stato rimpatriato dal Tribunale dei minori di Roma per dare corso, come si legge nelle motivazioni della sentenza riferite dal Governo in risposta all'interrogazione n. 2-00283, «al programma di tutela attivato dagli organi di assistenza all'infanzia della Repubblica rumena ed in attesa di esecuzione in Romania»;
tale programma, ritenuto dal tribunale dei minori di Roma adeguato al punto da indurlo - a differenza di altri casi di richiesta di rimpatrio di bambini rumeni non accompagnati - ad accogliere l'istanza, comprendeva il collocamento del bambino presso una «assistente materna professionista» individuata in via amministrativa dalla competente Commissione per la Protezione del fanciullo rumena sulla base della «...esperienza rilevante riguardante la cura e la crescita dei minorenni di età e bisognosi simili a quelli del minore Gruia Gratian»;
rientrato in Romania il bambino è stato però, dopo un brevissimo collocamento presso un'assistente maternale, riaffidato dai tribunali locali di primo e secondo grado, alla famiglia di origine nel cui ambito aveva subito maltrattamenti;
tuttavia esiste un'ultima istanza di giudizio, di mera legittimità, presso la Corte suprema rumena;
nel corso di un'audizione informale svoltasi alla Commissione esteri della Camera dei Deputati il 26 maggio 2009 in

occasione della visita di parlamentari rumeni in Italia, l'ambasciatore rumeno che li accompagnava, ad una domanda specifica sullo stato attuale di Gratian Gruia, avrebbe risposto che sta bene e che frequenta una scuola dell'Unicef;
da notizie che sono giunte agli interroganti negli stessi giorni dalla Romania, Gratian Gruia non stava frequentando più da settimane la scuola/asilo dove peraltro si recava soltanto due volte a settimana, il martedì e il giovedì e che nella zona di Caras Severin in cui vive il clan Gruia non vi è più alcuna scuola finanziata dall'Unicef -:
se quanto sopra riportato corrisponda al vero;
dove si trovi attualmente il bambino Gartian Gruia e se sia mai stato consentito, come peraltro promesso, al nostro ambasciatore in Romania di incontrare personalmente Gratian Gruia e verificare le sue condizioni;
se e quale, istituto stia effettivamente frequentando;
se sia noto con quali motivazioni la Corte d'Appello di Timisoara abbia confermato il riaffidamento del bambino al clan Gruia disposto in primo grado e se sia stato fatto ricorso dall'Autorità per la Protezione del fanciullo rumena;
se i Ministri interrogati abbiano certezza del fatto che le autorità rumene abbiano dato effettivamente corso «al programma di tutela attivato dagli organi di assistenza all'infanzia della Repubblica rumena ... con il collocamento del bambino presso una assistente maternale professionista», programma per dar corso al quale il Tribunale dei minori di Roma ha ritenuto necessario di rimpatriare Gratian Gruia;
quanti siano i bambini rumeni non accompagnati reimpatriati nel corso dell'ultimo anno, da quali tribunali, sulla base di quali presupposti e con quali esiti una volta rientrati in Romania;
quali misure intendano adottare per evitare che altri casi analoghi a quello di Gratian Gruia possano ripetersi.
(4-03314)

ZAZZERA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
da quanto emerge dalla stampa, da quasi quattro anni l'Ordine degli ingegneri di Roma riverserebbe in una condizione di grave stallo;
le elezioni dei vertici dell'Ordine avvenute nel 2005, presiedute dall'ingegner Sergio Senni, sarebbero state prima annullate dal Consiglio nazionale e poi dichiarate illegittime dalla Corte di Cassazione nel 2008;
in occasione delle ultime elezioni il Ministro della giustizia, Angelino Alfano avrebbe chiesto allo stesso Consiglio nazionale di indicare una rosa di tre nomi dalla quale attingere il nominativo del nuovo Commissario;
tuttavia per la prima volta nella storia sarebbe stato scelto un quarto nome, non indicato nella triade indicata dal Consiglio;
in particolare, sarebbe stato nominato Sergio Senni, l'ingegnere che avrebbe presieduto il seggio elettorale contestato;
da quanto risulta da alcuni articoli apparsi su internet, l'ingegner Senni sarebbe stato rinviato a giudizio a causa del crollo di un soffitto durante i lavori da lui presieduti presso il Palazzo delle esposizioni a Roma;
il cedimento avrebbe comportato anche alcuni feriti;
peraltro all'interrogante risulta che la nomina dell'ingegner Senni sia giudicata negativamente da diversi appartenenti alla categoria e considerata contraria alle regole democratiche per le seguenti ragioni:
i Consigli nazionali, al fine di garantire la terzietà della nomina, suggerirebbero l'elezione di persone iscritte in

albi di diverse province, mentre l'ingegner Senni sarebbe iscritto nello stesso albo di Roma;
il Commissario si rifiuterebbe di adottare doverose e consolidate misure di sicurezza del voto (presenza al seggio dei rappresentanti dei candidati, chiusura controllata del seggio, controllo delle schede elettorali);
le elezioni del nuovo Consiglio dell'Ordine degli ingegneri di Roma sarebbero state rinviate al 19 giugno per il mancato rispetto dei tempi previsti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 169 del 2005 (chiusura anticipata delle candidature);
il Presidente di Assoingegneri ingegner Giuseppe Croce, su un articolo de Il Sole 24 Ore ha dichiarato: «La chiusura anticipata comportava infatti una lesione, a causa dei tempi di chiusura anticipata, degli interessi di quegli ingegneri che avrebbero voluto iscriversi come candidati. Nonostante l'ultima delibera del Commissario Straordinario volta a sanare l'errore commesso ritengo indispensabile, in questa fase così delicata di riorganizzazione generale dell'Ordine degli Ingegneri di Roma, che si adottino comportamenti rigorosi nella salvaguardia della professione. Pertanto ho ritenuto di procedere con un nuovo atto di diffida del 4 giugno (2009) chiedendo al Ministero della Giustizia di revocare la nomina del Commissario Senni» -:
quali siano stati i criteri di nomina del Commissario dell'Ordine degli ingegneri di Roma, ingegner Sergio Senni, e perché non sia stato scelto uno dei nomi indicato dallo stesso Consiglio nazionale, così come inizialmente richiesto dal Ministro Alfano;
se quanto riportato nella presente interrogazione corrisponda al vero ed, in caso affermativo, se il Ministro interrogato ritenga opportuno ripristinare le regole democratiche di funzionamento dell'Ordine degli ingegneri di Roma, così come auspicato dalla stessa categoria.
(4-03320)

BENAMATI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la Casa circondariale di Bologna «Dozza» vive la condizione di maggior sovraffollamento mai conosciuta della sua storia;
la popolazione carceraria ha raggiunto il numero di oltre 1130 unità e pertanto questo dato supera di circa 3 volte la capienza di progetto dell'istituto;
risulterebbero insufficienti i fondi a disposizione della direzione del carcere per le spese di manutenzione che non permettono di provvedere con regolarità al pagamento delle utenze: acqua, gas ed elettricità;
lo stabile e le strutture interne appaiono usurate anche a causa del costante sovraffollamento;
il personale di polizia penitenziaria dei carcere di Bologna, con questi numeri di detenuti, è notevolmente sottodimensionato ed è chiamato a fronteggiare quotidianamente situazioni di gestione ordinaria e straordinaria in condizioni di forte disagio;
i problemi cronici di carenza di personale sono ulteriormente aggravati dai numerosi distacchi e dal fatto che, a personale invariato, spetta alla polizia penitenziaria accompagnare, sottraendola così alle normali attività di custodia, i detenuti alle visite mediche di, pronto soccorso, nei luoghi delle indagini e nei diversi tribunali;
alla Casa circondariale di Bologna «Dozza» sono carenti tutte quelle risorse umane che occorrono per fronteggiare la riabilitazione dei detenuti: psicologi, educatori e operatori sociali;
la Regione Emilia-Romagna non ha ancora ottenuto le risorse previste nella legge finanziaria 2009 per garantire la piena assistenza sanitaria ai detenuti e,

nonostante questo ritardo, ha già pienamente assunto pure in condizioni difficilissime tale competenza -:
quali iniziative e quali provvedimenti il Ministro interrogato intenda adottare per risolvere i gravi problemi che affliggono la Casa circondariale di Bologna «Dozza», e quindi per garantire, agli operatori del settore penitenziario in servizio presso l'Istituto nonché agli stessi detenuti, condizioni di lavoro e di vita quantomeno dignitose e, nello specifico, se intenda incrementare adeguatamente il personale di Polizia penitenziaria, almeno coprendo i posti vacanti;
quali misure intenda mettere in atto per fronteggiare la grave situazione del sovraffollamento del carcere.
(4-03323)

VERDINI e CARLUCCI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel corso della trasmissione «in ½ h», andata in onda il 14 giugno 2009 su Raitre, l'onorevole D'Alema ha affermato che «la vicenda italiana potrà conoscere delle scosse, (...) momenti di conflitto, di difficoltà»;
il 17 giugno 2009 sul Corriere della Sera sono apparsi un articolo dal titolo «I misteri e i sospetti dell'inchiesta di Bari» e una intervista intitolata «Incontri e candidatura. Ecco la mia verità» rilasciata dalla signora Patrizia D'Addario;
in una dichiarazione rilasciata il 18 giugno 2009 all'agenzia Ansa il presidente della provincia di Lecce, Giovanni Pellegrino (PD), ha definito «stranota» l'inchiesta in questione e ha formulato affermazioni dalle quali si evince una dettagliata conoscenza sul merito dell'inchiesta e sulla sua origine;
in una dichiarazione rilasciata il 18 giugno 2009 all'agenzia Apcom, il ministro Fitto si chiede se sia «vero o non vero che nei giorni successivi alla visita (di Berlusconi a Bari, ndr), la signora D'Addario ha contattato molte tv locali chiedendo copia delle immagini che la ritraevano a fianco al Presidente? Ed è vero o non è vero - continua il Ministro - che in particolare sia stata a Telenorba chiedendo quelle immagini in via amichevole e per uso personale? E, ancora, è vero o non è vero che sempre la signora D'Addario il giorno della visita del Presidente ha contattato il titolare dell'agenzia fotografica Ipiesse News chiedendogli copia di foto e immagini che la ritraessero accanto al Presidente? E, se è vero, perché lo ha fatto?»;
lo stesso Ministro Fitto, nel corso della dichiarazione, ha sottolineato, inoltre, alcune circostanze:
1. «lo stesso Pellegrino in passato, insieme con il senatore del Pd Alberto Maritati, aveva commentato dettagliatamente altre inchieste della procura di Bari appena nate e delle quali neanche gli interessati avevano ricevuto atti e notizie»;
2. Bari, città della Procura che ha aperto l'inchiesta, è la sede di uno dei ballottaggi più importanti per il centrosinistra;
3. «non è un caso che a Bari il candidato del Pd sia Michele Emiliano, ex magistrato, che si ritrova oggi Sindaco uscente e segretario regionale del Pd casualmente dopo aver indagato in passato in diverse inchieste, insieme all'attuale Sen. Maritati, su esponenti di rilievo di quello che poco dopo sarebbe diventato il loro partito»;
4. «Non è un caso neanche - afferma ancora il ministro per le Politiche regionali - che a buttare fango su Berlusconi e a "difendere" l'inchiesta barese si unisca oggi al coro il senatore pugliese del Pd Gianrico Carofiglio, anche lui ex magistrato, anche lui nella procura di Bari, anche lui componente di quella allegra comitiva di amici e vacanzieri composta tra l'altro dalla moglie di Carofiglio, anche lei pm della procura di Bari che indaga, non so quanto opportunamente, sulla pubblica, amministrazione nella stessa città in cui il marito è senatore del Pd e il sindaco è segretario regionale del partito del marito. Le strane coincidenze si sprecano se

è vero, come è vero, che l'inchiesta della Procura di Bari nell'ambito della quale ci si è imbattuti nella signora D'Addario riguarda presunti illeciti nella gestione sanitaria pugliese targata centrosinistra ma, stranamente, la fuga di notizie riguarda solo la signora D'Addario e dopo quella fuga l'inchiesta viene oggi secretata»;
le inquietanti rivelazioni del Ministro Fitto sull'inchiesta della Procura di Bari, sul ruolo di una certa parte della magistratura locale legata ad ex colleghi ora approdati al Pd, sulle fughe di notizie a senso unico, sullo strano comportamento della D'Addario nonché quelle che appaiono all'interrogante chiare connessioni con la «scossa» evocata da D'Alema rappresentano la quadratura del cerchio di una vicenda che solo osservatori faziosi e di parte, e quindi in malafede, possono non definire un complotto ai danni del presidente Berlusconi;
il Presidente del Consiglio e stato oggetto di accuse e dichiarazioni di dubbio gusto da parte di esponenti del PD -:
di quali elementi disponga il Governo su quanto segnalato in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare in relazione all'inchiesta in corso da parte della procura di Bari, con particolare riferimento alla fuga di notizie.
(4-03327)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:

REGUZZONI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il mezzo di trasporto ferroviario rappresenta una delle poche soluzioni disponibili per la risoluzione dell'enorme problema del trasporto nell'ambito delle principali direttrici di traffico da e per la Lombardia;
dopo decenni di stallo occorre proseguire con determinazione l'opera di potenziamento della tratta ferroviaria lombarda, costruendo nuove linee e prolungando quelle esistenti;
l'aeroporto di Malpensa - nonostante i precisi e decennali impegni del Governo in tal senso - non è tuttora collegato con la rete ferroviaria nazionale;
la realizzazione della connessione Varese-Lugano-Malpensa attraverso la realizzazione di un raccordo a «X» a Busto Arsizio risolverebbe almeno parzialmente i problemi suddetti, consentendo a treni delle Ferrovie dello Stato di raggiungere l'aerostazione;
detta opera inoltre garantirebbe collegamenti certi, rapidi ed ambientalmente sostenibili tra il nostro principale aeroporto e il capoluogo dello Stato del Canton Ticino;
la realizzazione della connessione Varese-Lugano-Malpensa attraverso la realizzazione di un raccordo a «X» a Busto Arsizio rappresenta una delle opere di maggiore urgenza di tutto il panorama nazionale;
detta infrastruttura rientra inoltre tra le opere più significative di una strategia di implementazione della rete ferroviaria lombarda, nazionale e internazionale;
la connessione Varese-Lugano-Malpensa attraverso la realizzazione di un raccordo a Busto Arsizio è stata inserita tra le opere prioritarie per la realizzazione dell'Expo 2015 a Milano;
la conclusione dei lavori di detta tratta era inizialmente prevista per il giugno 2008 -:
se condivida le valutazioni di cui alle premesse riguardo la realizzazione della connessione Varese-Lugano-Malpensa attraverso la realizzazione di un raccordo a «X» a Busto Arsizio (Varese);
quali siano i motivi dei ritardi accumulati;

quale sia lo stato dell'opera in termini di progetto, appalto e finanziamento;
se l'opera risulti completamente finanziata ovvero sia necessario un ulteriore finanziamento a carico del bilancio pubblico, e in tal caso di che importo e a quale bilancio dovrà essere posto in carico (dello Stato, della Regione Lombardia, delle FS o di altri soggetti).
(4-03307)

REGUZZONI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nell'aeroporto di Fiumicino continuano a verificarsi disagi ai passeggeri circa la gestione dei voli, come già segnalato in precedenti interrogazioni ed interventi in Commissione e in Assemblea;
l'imminente avvio della stagione turistica porterà un naturale e ciclico incremento delle presenze in termini di movimenti aerei, di passeggeri e di bagagli;
la scelta della Nuova Alitalia di concentrare sull'aeroporto di Fiumicino tutti i voli internazionali aumenterà la situazione di forte «stress» delle strutture organizzative di detto aeroporto, che prevedibilmente sosterranno nell'estate 2009 il più alto carico di lavoro della loro storia;
proprio alla luce della stagione turistica, tale situazione rischia di compromettere l'immagine del nostro Paese e la qualità dell'offerta di trasporto aereo, creando grave danno agli operatori delle varie località turistiche -:
se intenda intervenire finalmente e con decisione per risolvere tale situazione.
(4-03308)

REGUZZONI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nell'aeroporto di Fiumicino continuano a verificarsi disagi ai passeggeri circa la gestione dei voli, come già segnalato in precedenti interrogazioni ed interventi in Commissione e in Assemblea;
la Nuova Alitalia ha provveduto ad «accorpare» numerosi voli Roma-Milano e viceversa con conseguente tensione dei passeggeri che vengono invitati da esponenti di rilievo della Compagnia Aerea Italiana ad «avere pazienza» in quanto vengono addotte delle generiche necessità di «razionalizzazione»;
è notizia di questi giorni, apparsa su numerosi giornali, che la nuova compagnia non ha voluto farsi carico di decine di velivoli che stazionano fermi in vari aeroporti italiani;
attualmente i voli Roma-Milano e viceversa viaggiano ai limiti della saturazione;
anche in vista dei due più caldi mesi della stagione turistica tale situazione rischia di compromettere l'offerta di trasporto aereo da-e-per il nostro Paese e, all'interno del nostro Paese, tra le varie località turistiche;
preoccupa la logica condivisibile dell'interesse privato di una compagnia aerea in contrasto con l'interesse pubblico del sistema Paese -:
se intenda intervenire con decisione per risolvere tale situazione che si trascina ormai da tempo.
(4-03309)

REGUZZONI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la regione Lombardia - principale locomotiva economica del Paese - soffre da anni di una situazione difficile dal punto di vista delle infrastrutture stradali;
dopo decenni di stallo occorre proseguire con determinazione l'opera di potenziamento delle infrastrutture lombarde, costruendo nuove strade e migliorando quelle esistenti;
la Fiera di Milano si è dotata di un nuovo quartiere fieristico a Rho tra i più

grandi e moderni del mondo-motore esso stesso della macchina produttiva lombarda;
il sistema di collegamento del quartiere fieristico alle principali arterie stradali ha visto numerosi sforzi e significative realizzazioni ma, nonostante i precisi impegni di Governo, Enti locali, Società Autostrade per l'Italia e Anas assunti più volte in tal senso, non è tuttora completato;
la realizzazione completa di detti collegamenti risulta ormai non più posticipabile;
dette infrastrutture rientrano tra le opere prioritarie per la realizzazione dell'Expo 2015 a Milano -:
se condivida le valutazioni di cui alle premesse riguardo la realizzazione del sistema di connessione del nuovo polo fieristico di Rho alla rete stradale e autostradale;
quali siano i motivi dei ritardi accumulati;
quale sia lo stato delle varie opere in termini di progetto, appalto e finanziamento;
se le opere risultino completamente finanziate ovvero sia necessario un ulteriore finanziamento a carico del bilancio pubblico, e se sì di che importo e a quale bilancio dovrà essere posto in carico (dello Stato, della Regione Lombardia, dell'Anas o di altri soggetti pubblici).
(4-03310)

REGUZZONI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il mezzo di trasporto ferroviario sotterraneo rappresenta una delle poche soluzioni disponibili per la risoluzione dell'enorme problema del trasporto nell'ambito della città di Milano e della Lombardia in generale;
tale soluzione non trova alcuna opposizione in termini di «comitato dei no» o «Comune contrario» poiché trattasi di mezzo ambientalmente e socialmente sostenibile;
occorre proseguire con determinazione l'opera di potenziamento della tratta di metropolitane milanesi, costruendo nuove linee e prolungando quelle esistenti;
il prolungamento della linea di metropolitana da Sesto FS a Monza Bettola rientra tra le opere più significative di una strategia di implementazione della rete cittadina milanese;
il prolungamento della linea di metropolitana da Sesto FS a Monza è inserita tra le opere prioritarie per la realizzazione dell'Expo 2015 a Milano;
la conclusione dei lavori di detta tratta era inizialmente prevista per il 2013 -:
se il Ministro condivida le valutazioni di cui alle premesse e quale sia lo stato dell'opera in termini di progetto, appalto e finanziamento;
se l'opera risulti completamente finanziata ovvero sia necessario un ulteriore finanziamento a carico del bilancio pubblico, e in tal caso di che importo e a quale bilancio dovrà essere posta in carico (dello Stato, della Regione Lombardia, di enti locali o loro società).
(4-03313)

...

INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata:

COTA, LUCIANO DUSSIN, DAL LAGO, REGUZZONI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BRIGANDÌ, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOGLIATO, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIBELLI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, LANZARIN, LUSSANA, MACCANTI, LAURA

MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MONTAGNOLI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SALVINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il comma 5-bis dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 286 del 1998, recante il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, prevede che: «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque a titolo oneroso, al fine di trarre ingiusto profitto, dà alloggio ad uno straniero, privo di titolo di soggiorno, in un immobile di cui abbia disponibilità, ovvero lo cede allo stesso, anche in locazione, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La condanna con provvedimento irrevocabile ovvero l'applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, anche se è stata concessa la sospensione condizionale della pena, comporta la confisca dell'immobile, salvo che appartenga a persona estranea al reato. (...)»;
la citata disposizione è stata inserita nel testo unico sull'immigrazione dal decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, facente parte del cosiddetto «pacchetto Maroni» sulla sicurezza, con il preciso intento di colpire la condotta di quanti danno alloggio o cedono in locazione immobili a immigrati clandestini;
dai lavori preparatori del citato provvedimento si evince chiaramente che il legislatore intendeva punire tutte le fattispecie di cessione in uso, ivi compresa la locazione, di immobili a clandestini, lasciando fuori dall'operatività della norma incriminatrice le sole ipotesi, altrimenti rilevanti, di chi, usufruendo di servizi alla persona, ospitasse in casa propria lo straniero irregolare: si intendeva fare riferimento al caso tipico delle «badanti»;
nonostante la chiarezza della citata disposizione e l'altrettanto chiara volontà del legislatore, non sono mancate interpretazioni giurisprudenziali, ad avviso degli interroganti, «creative», che hanno limitato di molto l'operatività della norma, escludendo, in particolare, la ricorrenza del reato nei casi in cui il canone di locazione richiesto allo straniero clandestino fosse da giudicarsi equo o «di mercato»;
in questo senso si è espressa da ultimo la prima sezione penale della Corte di cassazione, con la sentenza 19171/2009, depositata il 7 maggio 2009 -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere iniziative, anche di carattere normativo, volte ad assicurare l'efficace applicazione delle norme citate, secondo la loro ratio ispiratrice, chiaramente desumibile dai lavori preparatori.
(3-00563)

VIETTI, TASSONE, MANNINO, MANTINI, RAO, COMPAGNON, CICCANTI, VOLONTÈ, NARO, OCCHIUTO e LIBÈ. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in una relazione dedicata alla «polizia di prossimità», la Corte dei conti ha rilevato che, a 6 anni dall'avvio, l'istituzione del poliziotto e carabiniere di quartiere non è ancora a regime;
alla fine del 2008 gli operatori della polizia di prossimità ammonterebbero a 3.900 unità contro le 5.900 previste (esattamente 1.620 carabinieri e 2.274 agenti di polizia), ben 2 mila in meno, dunque, rispetto alle previsioni iniziali e nonostante da più parti provengano richieste di ampliare il servizio, comprendendo nuove zone;
secondo la relazione, il progetto è stato finanziato con risorse idonee a reclutare fra il 2005 e il 2008 solo 2.700 unità, ossia la metà del fabbisogno. L'iniziativa inserita nel 2002 dal Ministro dell'interno fra le «priorità strategiche» della direttiva generale per l'attività amministrativa e per la gestione, scrive la Corte dei conti, ha «promosso il rilancio della prevenzione» e ha creato «forme di dialogo

con la realtà civile, utili a ridurre comportamenti criminosi». Ma non è riuscita a formare nel cittadino medio un'omogenea cultura della sicurezza fondata sul dialogo con il poliziotto e il carabiniere di quartiere;
per la Corte dei conti «la persistente insufficienza numerica del personale ha rappresentato un problema di difficile soluzione»;
il servizio è attivo in oltre 800 quartieri, oltre un terzo nelle 4 aree metropolitane di Torino, Milano, Napoli e Roma. Più della metà degli operatori in servizio al Nord (in tutto 1.459 operatori fra Arma dei carabinieri e Polizia di Stato) opera in Lombardia e in Piemonte, in prevalenza nelle province di Milano e Torino. Al Centro Italia il 60 per cento degli agenti di prossimità, che sono in tutto 1.431, è utilizzato nel Lazio e, in particolare, nella provincia di Roma. Al Sud, invece, un quarto delle forze a disposizione (che sono 1.004 operatori di prossimità) è impegnato in Campania, il 32 per cento in Sicilia;
secondo la magistratura contabile «i risultati conseguiti, mentre inducono a formulare un giudizio di efficienza dell'azione svolta, provano che l'iniziativa potrà esprimere le capacità ottimali di funzionamento quando il territorio sarà coperto nella misura, che si assume prudenziale, definita da anni. Non appare rinviabile l'integrazione del personale in misura adeguata a estendere la funzione alle ampie fasce di popolazione escluse dalle prestazioni di prossimità» -:
se e come intenda procedere all'integrazione del fabbisogno del personale, che, come rimarcato dalla Corte dei conti, non appare rinviabile se si vuole mettere l'istituto nelle condizioni di poter esprimere le proprie capacità ottimali.
(3-00564)

ROTA e EVANGELISTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 3 della Convenzione europea sui diritti umani vieta, senza eccezione alcuna, la tortura e ogni trattamento inumano o degradante: tale divieto comporta l'obbligo degli Stati aderenti, tra cui anche l'Italia, di non espellere o respingere le persone verso Stati dove rischiano di essere sottoposte a pratiche lesive dell'integrità psico-fisica;
il 7 maggio 2009 e nei giorni successivi il nostro Paese ha respinto verso la Libia centinaia di migranti intercettati al largo delle coste italiane su dei barconi di fortuna;
molti di questi migranti provenivano da aree particolarmente critiche, nelle quali sono in atto da anni guerre e persecuzioni. Tra queste, la Somalia, uno dei cinque Paesi meno sviluppati del mondo, nella cui capitale proprio in questi giorni si stanno intensificando i combattimenti tra estremisti islamici di al-Shabab e le forze del Gun, la coalizione di unità nazionale. A quanto si apprende solo nella regione di Mogadiscio si registrano dal 7 maggio 2009 a oggi più di 100 morti e 46.000 profughi;
altri Paesi di provenienza dei migranti che attraversano lo Stretto di Sicilia sono l'Eritrea, dove ragazzi e ragazze sono costretti a una leva forzata e illimitata, dalla quale raramente tornano alle loro famiglie, e altre aree endemiche di crisi, come l'Afghanistan e la Costa d'Avorio. Si tratta di Paesi dove, secondo dati diffusi dall'Onu, la violazione dei diritti umani rimane endemica e dai quali continuano a fuoriuscire migliaia di profughi;
agli uomini ed alle donne in fuga da zone di guerra il diritto internazionale garantisce la possibilità di richiedere asilo politico. Le statistiche dell'Onu indicano che circa il 70 per cento dei migranti che attraversa lo Stretto di Sicilia richiede asilo e almeno metà di loro lo ottengono;
inevitabilmente sui respingimenti attuati nelle scorse settimane la procura della Repubblica di Roma ha aperto un «fascicolo atti relativi» per stabilire se nella vicenda siano ipotizzabili reati;

numerose sono state le reazioni, anche in sede internazionale, avverso il comportamento del nostro Governo, che, di fatto, espone l'Italia alla possibilità di condanna da parte della Corte europea;
è da tenere presente che i respingimenti sono stati effettuati verso la Libia, un Paese in cui non è stata ancora ratificata la Convenzione di Ginevra del 1951 e rispetto al quale l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ha dichiarato che attualmente non è in grado di operare e che, nel migliore dei casi, ci vorrà ancora molto tempo per poterlo fare;
dalle poche notizie a disposizione pare che la situazione dei migranti in Libia sia particolarmente critica nei centri di raccolta, dove, a parte la totale mancanza delle fondamentali norme igieniche, sarebbero all'ordine del giorno sevizie di ogni genere, in particolare nei confronti delle donne;
inoltre, i respingimenti sono stati operati, secondo gli interroganti, anche in violazione del protocollo IV aggiuntivo alla Convenzione europea sui diritti umani, che impedisce l'espulsione e il respingimento collettivo di stranieri, senza provvedimenti individuali;
il problema della presenza sul nostro territorio di stranieri clandestini non è direttamente legato, come si vorrebbe far credere, all'arrivo sulle nostre coste di barconi pieni di disperati, trattandosi di un fenomeno quantitativamente minoritario, che incide marginalmente sulla popolazione clandestina, il cui arrivo in Italia è legato a percorsi differenti. Identificare la lotta alla clandestinità, pertanto, con la pratica e la necessità dei respingimenti è sbagliato, perché, oltre a violare i diritti umani, non risolve il problema, rivelando la sua natura strumentale e demagogica;
appare necessario chiarire l'origine dei flussi di clandestinità nel nostro Paese, evidenziando il legame strettissimo tra clandestinità e lavoro nero -:
se non ritenga necessario promuovere una politica comune a livello europeo di contrasto alla clandestinità e stipulare trattati bilaterali che permettano di operare respingimenti nel pieno rispetto della dignità umana e dei trattati internazionali, rinunciando ad azioni condotte in maniera sporadica e disorganica, in evidente contrasto secondo gli interroganti con il diritto internazionale e con finalità esclusivamente propagandistiche e demagogiche.
(3-00565)

BUCCHINO, PORTA, SERENI, BRESSA, QUARTIANI, GIACHETTI, GIANNI FARINA, FEDI, GARAVINI, NARDUCCI, GHIZZONI e COSCIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
alcuni dirigenti scolastici, come è stato riportato diffusamente dai mezzi di informazione nei giorni passati, hanno avviato in diverse classi di scuola media superiore, addirittura anticipando la conclusione dell'iter del disegno di legge recante «Disposizioni in materia di sicurezza pubblica», verifiche delle condizioni di soggiorno riguardanti studenti stranieri che frequentano regolarmente i rispettivi corsi di studio e, in molti casi, in procinto di sostenere gli esami finali;
questo comportamento non tiene conto di quanto disposto dall'articolo 34 della Costituzione sul fatto che la scuola è aperta a tutti, che la scuola inferiore è obbligatoria e gratuita e che i capaci e i meritevoli hanno il diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi e delle analoghe affermazioni contenute nell'articolo 28 della Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia;
lo stesso regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, modificato con le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 18 ottobre 2004, n. 334) dispone, all'articolo 45, che in alcun caso si può impedire il completamento

del corso di studio a studenti maggiorenni a carico dei genitori obbligati al loro mantenimento, a maggiorenni che abbiano richiesto il permesso di soggiorno per motivi di studio al compimento del diciottesimo anno di età, a studenti maggiorenni, già minori affidati, per la durata delle azioni di sostegno;
tali orientamenti sono stati ribaditi e precisati da una circolare del Ministro dell'interno del 28 marzo 2008, inviata ai prefetti della Repubblica -:
se il Ministro interrogato abbia dato o intenda dare disposizioni affinché non sia messo in discussione il diritto degli studenti stranieri al compimento del corso di studio, garantito dalla Carta costituzionale, da norme di legge e da numerose sentenze di organi giurisdizionali, e non sia, al tempo stesso, violato il loro diritto alla privacy in conseguenza dell'immancabile risonanza che incauti comportamenti hanno sugli organi di stampa.
(3-00566)

Interrogazione a risposta orale:

BOSI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nel corso delle operazioni di scrutinio e della compilazione di verbali relativi allo spoglio delle schede delle recenti elezioni comunali svoltesi a Firenze, in contemporanea con le elezioni europee e provinciali del 6 e 7 giugno 2009, sia i candidati che i partiti e gli organi stampa hanno segnalato evidenti e grossolani errori di scrutinio;
da un primo riscontro, effettuato dalla competente Commissione Elettorale presso il Comune di Firenze, risulterebbero errori di alcune migliaia di voti per i candidati sindaci delle maggiori liste. A titolo esemplificativo si rappresenta che nei verbali di alcuni seggi gli interi voti validi sarebbero stati attribuiti erroneamente ad una sola lista oppure che verbali siano pervenuti in bianco e quindi non compilati, come del resto non risulterebbero calcolati i voti disgiunti o conteggiate le preferenze personali dei singoli candidati;
alla vigilia dei ballottaggi non risultavano ancora disponibili i voti di lista per sezione né tantomeno i voti di preferenza per i singoli candidati -:
se non ritenga opportuno adottare iniziative per acquisire elementi circa questa grave situazione che non ha precedenti riscontri;
se non ritenga, per dare certezze agli elettori ed ai candidati, riconsiderare interamente le modalità di ammissione nelle apposite liste dei Presidenti e degli scrutatori dei seggi elettorali rimuovendo, in tal modo, le condizioni che hanno progressivamente disincentivato l'esercizio di tali funzioni e peggiorato qualitativamente le caratteristiche professionali e culturali dei soggetti incaricati di tale delicata funzione.
(3-00568)

Interrogazione a risposta scritta:

ALESSANDRI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
risulterebbe che nel corso delle operazioni di scrutinio per le elezioni comunali del 6 e 7 giugno 2009 del Comune di Modena i rappresentanti di lista nella commissione elettorale abbiano riscontrato e fatto verbalizzare 14 irregolarità (verbali mancanti, correzioni con il bianchetto, cancellazioni, dati errati, eccetera) durante l'esame dei registri sui quali vengono riportati i voti;
proprio in virtù di queste irregolarità in almeno 8 sezioni il voto non sarebbe dovuto essere assegnato e non sarebbe dovuto essere proclamato sindaco il candidato Giorgio Pighi, come al contrario l'ufficio elettorale centrale di Modena ha deciso;
nell'ipotesi di irregolarità sopra indicata, in almeno 2 casi, quello della sezione 71 (sul registro che riportava i voti è stato incollato un foglietto bianco senza alcuna

annotazione e timbro del Presidente della sezione sul quale sono stati riportati voti differenti rispetto a quelli del registro ed i voti attribuiti al candidato Sindaco Pighi sarebbero, su tale foglietto, 42 in più) e quello della sezione 165 (sono stati attribuiti 677 voti invece di 669 e per il dato riferito al candidato Pighi le cifre sono state invertite da 435 a 453), potrebbe addirittura configurarsi il reato di falso in atto pubblico;
secondo quando si apprende a livello territoriale, in particolare dal capogruppo della Lega Nord in Consiglio comunale a Modena, anche l'atteggiamento dell'ufficio elettorale centrale sarebbe stato molto discutibile, in quanto si sarebbe rifiutato di prendere in considerazione la possibilità di consultare le tabelle di scrutinio e verificare così l'esattezza dei voti (in base all'articolo 72 del decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1960);
il Presidente avrebbe giustificato questa decisione con l'impossibilità di aprire le buste contenenti le tabelle di scrutinio, procedimento che però aveva adottato in precedenza al fine di recuperare un registro mancante;
un'altra decisione che lascia sconcertati sarebbe la mancata convocazione del Presidente di seggio della sezione 165, dove le irregolarità riscontrate dalla stessa commissione elettorale erano più evidenti, in considerazione del fatto che il giorno 12 giugno 2009, erano invece stati chiamati due presidenti di seggio per giustificare le anomalie rilevate sui registri -:
se, il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e se nell'aggiornamento degli elenchi dei candidati a svolgere la carica di presidente di seggio si tenga conto anche della condotta che i presidenti di seggio medesimi abbiano tenuto nell'espletamento di precedenti incarichi.
(4-03328)

TESTO AGGIORNATO AL 13 OTTOBRE 2009

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

CIOCCHETTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la scuola statale italiana attraversa un momento di grave crisi finanziaria e gestionale;
a sei mesi dall'inizio del nuovo anno, le scuole statali del Lazio, infatti, non hanno ricevuto un euro per la gestione quotidiana e il buon funzionamento degli istituti;
i fondi per pagare le supplenze sono stati ridotti del 40 per cento con la conseguenza che gli alunni sono costretti a rimanere senza docente per molte ore creando in tal modo discontinuità didattica a causa anche dell'accorpamento delle classi e dello sparpagliamento dei docenti in più classi per fare più ore di lezione;
si registra un'importante riduzione del recupero scolastico e di quei progetti educativi che non vengono finanziati direttamente dalle famiglie;
inoltre, il 52 per cento circa degli edifici scolastici del Lazio non ha la certificazione relativa alla sicurezza delle aule;
a tutto ciò si devono aggiungere i pesanti tagli attuati recentemente dal Governo e che penalizzano il personale docente e il personale amministrativo (ATA), nonostante vi sia un aumento delle iscrizioni -:
quali provvedimenti urgenti il Ministro interrogato ritiene opportuno assumere al fine di sanare una situazione che mette a repentaglio non solo il diritto allo studio di molti ragazzi, ma sopratutto l'istruzione e la formazione, uniche garanzie per il futuro del nostro Paese.
(5-01540)

GHIZZONI e DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
con la precedente interrogazione n. 5/00895, depositata il 28 gennaio 2009, sono state sottoposte all'attenzione di codesto Ministero le difficoltà finanziarie che gravano sugli istituti scolastici della provincia di Modena, che vanta crediti nei confronti dello Stato per oltre 18 milioni di euro;
si ribadiscono le considerazioni formulate in quell'occasione sulle responsabilità passate e attuali del Governo Berlusconi circa la sofferenza finanziaria delle istituzioni scolastiche (per la forte contrazione dei finanziamenti nel corso della XIV legislatura e per il rallentamento delle erogazioni di cassa registrato nel corso del 2008 e nei primi mesi del 2009 e in merito alle iniziative intraprese dal governo Prodi per affrontare la situazione;
la risposta alla suddetta interrogazione, resa in Commissione in data 30 aprile 2009, è stata carente e generica, nonostante fosse trascorso un più che congruo lasso di tempo (tre mesi) per la redazione di una replica circostanziata: oltre a confermare la riduzione delle risorse finanziarie destinate alle scuole a livello nazionale, la risposta si è limitata a citare ipotetiche e non meglio precisate misure allo studio del Ministero «per la soluzione delle problematiche relative alle esigenze finanziarie connesse al pagamento delle supplenze brevi del personale della scuola degli anni pregressi, nonché alla integrazione degli attuali stanziamenti riguardanti le spese di funzionamento delle scuole statali che, anche per il corrente anno, risultano essere insufficienti rispetto alle esigenze manifestate dalle scuole»;
le istituzioni scolastiche dell'Unione Terre D'Argine (costituita dai comuni di Carpi, Novi, Campogalliano e Soliera, in provincia di Modena) patiscono la stessa situazione rappresentata nella precedente interrogazione, pertanto esse si trovano ad anticipare quando possibile - le risorse necessarie per il normale funzionamento scolastico, vale a dire per retribuire le supplenze e i commissari degli esami di Stato, per organizzare i corsi di recupero, per far fronte alle visite fiscali rese obbligatorie dal cosiddetto «decreto Brunetta», per acquistare materiale didattico, per garantire la pulizia dei locali, per pagare le utenze;
in particolare, le scuole primarie e quelle secondarie di primo grado dell'Unione terre d'Argine vantano crediti nei confronti del Ministero per ben 1.561.905 euro, accumulati nel periodo 2005-2008. Peraltro, la sofferenza finanziaria di detti istituti è evidente, poiché a fronte dei mancati trasferimenti dallo Stato essi possono contare su fondi cassa minimi. Tra le perniciose conseguenze dirette di tale situazione si è registrata, durante l'anno scolastico che si è appena concluso, la frequente impossibilità di garantire la supplenza dei docenti assenti, a cui si è fatto fronte distribuendo gli alunni della classe «scoperta» presso le altre classi, con gravi ripercussioni sull'ordinato svolgimento dell'attività didattica e dei processi di apprendimento;
per quanto riguarda i quattro istituti superiori dell'Unione Terre D'Argine, il credito accumulato nei confronti del Ministero è di ben 925.038 euro per il periodo 2005-2008;
i predetti crediti sono stati documentati da apposite delibere approvate dai consigli di istituto delle istituzioni scolastiche dell'Unione e successivamente inoltrate al Ministro e agli altri soggetti dell'amministrazione scolastica e degli enti locali che hanno competenza in materia;
la difficile situazione finanziaria rappresentata in premessa costringe molte scuole a prevedere l'incremento del contributo volontario da parte delle famiglie, che sempre più spesso è stornato dalle proprie finalità (prevalentemente di sostegno all'offerta formativa) per far fronte alle spese di funzionamento ordinario: tale misura, seppur inevitabile per molte istituzioni

e in assenza di un efficace sistema di diritto allo studio, colpisce gravemente gli studenti che provengono da famiglie a basso reddito o in condizioni disagiate e ne mette a rischio la prosecuzione degli studi -:
come intenda procedere il Ministro interrogato per onorare i crediti degli istituti scolastici sopraindicati al fine di garantirne un ordinato funzionamento e se siano state finalmente predisposte le misure evocate nella risposta all'interrogazione n. 5/00895, per consentire agli istituti scolastici di assolvere alla propria funzione di rilievo costituzionale e per restituire alle famiglie, agli studenti e agli insegnanti la fiducia nella scuola pubblica che oggi è stata compromessa da una continua sottrazione di risorse.
(5-01541)

GHIZZONI e SIRAGUSA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il regolamento, sulla valutazione degli studenti, approvato definitivamente dal Consiglio dei ministri il 28 maggio 2009, all'articolo 2, comma 4, e all'articolo 4, comma 3, stabilisce che la valutazione dell'insegnamento della religione cattolica resti disciplinata dall'articolo 309 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 «fatte salve eventuali modifiche all'intesa di cui al punto 5 del Protocollo addizionale alla legge 25 marzo 1985 n. 121»;
il citato articolo 309 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 stabilisce che: nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado l'insegnamento della religione cattolica è disciplinato dall'accordo tra la Repubblica Italiana e la Santa sede e relativo protocollo addizionale, ratificati con legge 25 marzo 1985 n. 121, e dalle intese previste dal predetto protocollo addizionale, punto 5, lettera b); i docenti incaricati dell'insegnamento della religione cattolica fanno parte della componente docente negli organi scolastici con gli stessi diritti e doveri degli altri docenti, ma partecipano alle valutazioni periodiche e finali solo per gli alunni che si sono avvalsi dell'insegnamento della religione cattolica; per l'insegnamento della religione cattolica, in luogo di voti e di esami, viene redatta a cura del docente e comunicata alla famiglia, per gli alunni che di esso si sono avvalsi, una speciale nota, da consegnare unitamente alla scheda o alla pagella scolastica, riguardante l'interesse con il quale l'alunno segue l'insegnamento e il profitto che ne ritrae;
il decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1985, n. 751 reca esecuzione dell'intesa tra l'autorità scolastica italiana e la Conferenza episcopale italiana per l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche, la quale stabilisce, al punto 2.7, che «gli insegnanti incaricati di religione cattolica fanno parte della componente docente negli organi scolastici con gli stessi diritti e doveri degli altri insegnanti, ma partecipano alle valutazioni periodiche e finali solo per gli alunni che si sono avvalsi dell'insegnamento della religione cattolica (...)». In data 13 giugno 1990 il decreto ha subito una revisione regolarmente concordata tra le parti contraenti, che apporta la seguente modifica aggiuntiva al punto 2.7: «Nello scrutinio finale, nel caso in cui la normativa statale richieda una deliberazione da adottarsi a maggioranza, il voto espresso dall'insegnante di religione cattolica, se determinante, diviene un giudizio motivato iscritto a verbale»;
tale aggiunta non risulta nell'articolo 309 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 - forse in quanto norma bilaterale e concordataria - non di meno è pienamente vigente nel nostro ordinamento;
non si comprende per quale motivazione nei citati articolo 2, comma 4, e articolo 4, comma 3, del regolamento sulla valutazione degli studenti si faccia riferimento a «eventuali modifiche all'Intesa» in presenza di cambiamenti effettivi apportati con adeguata revisione concordataria -:
se il ministro interrogato non ritenga opportuno, al fine di evitare ogni possibile

forma di disparità di trattamento nella valutazione tra gli studenti che si avvalgono e quelli che non si avvalgono dell'insegnamento della religione cattolica, di evidenziare nei citati articoli del regolamento il contenuto dell'intesa stipulata tra le autorità scolastiche italiane e la Conferenza episcopale italiana, così come modificato con la revisione del 13 giugno 1990.
(5-01544)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAZZERA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
all'interrogante risulta che lo schema di decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, recante regolamento concernente «Definizione della disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale del personale docente del sistema educativo di istruzione e formazione, ai sensi dell'articolo 2, comma 416, della legge 24 dicembre 2007, n. 244», sia giudicato negativamente dai docenti non abilitati;
per l'accesso al tirocinio infatti, lo schema di decreto prevede per la formazione iniziale degli insegnanti di primo e secondo grado l'accesso in sovrannumero alle attività di tirocinio, previo superamento di una prova solo orale, di coloro che hanno conseguito il dottorato di ricerca o hanno svolto per almeno 2 anni attività di ricerca scientifica inerente ai contenuti della relativa classe di concorso;
trattasi dell'articolo 7, comma 3, del suddetto schema di decreto, che testualmente recita: «Le università ammettono in soprannumero al tirocinio di cui al comma 1, lettera b), coloro che, in possesso degli specifici requisiti curriculari di accesso di cui alle tabelle allegate e previo superamento di apposita prova orale svolta secondo le modalità di cui all'articolo 16, comma 8, hanno conseguito il dottorato di ricerca ovvero hanno svolto per almeno due anni, anche non consecutivi, attività di ricerca scientifica sulla base di rapporti a tempo determinato costituiti ai sensi dell'articolo 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, della circolare ministeriale 17 marzo 1997, prot. n. AGG/4./(7-A)/678/97, ovvero dell'articolo 5, comma 14, della legge 4 novembre 2005, n. 230, in ambito inerente agli specifici contenuti disciplinari della relativa classe di abilitazione. Salvo che lo impedisca l'adempimento dei rispettivi obblighi contrattuali, i predetti soggetti possono frequentare il tirocinio formativo attivo senza interrompere o sospendere il rapporto con l'istituzione di appartenenza e anche in assenza di preventiva autorizzazione della stessa»;
ad avviso dei docenti non abilitati, ma con anni di onorato servizio, e ai quali per l'accesso al tirocinio formativo attivo (TFA) è richiesto il superamento di prove di selezione, tale dispositivo non sarebbe meritocratico e svilirebbe il valore dell'esperienza da loro acquisita «sul campo»;
in particolare, i precari non abilitati in virtù degli anni di servizio maturati, chiedono di poter essere inseriti con le stesse prerogative di coloro che ottengono l'accesso diretto al tirocinio -:
se quanto riportato nella presente interrogazione corrisponda al vero e, in tal caso, se il Ministro interrogato non ritenga opportuno modificare lo schema di decreto citato in premessa, valutando i giorni di servizio acquisiti dai docenti non abilitati ai fini dell'accesso al tirocinio.
(4-03318)

ZAZZERA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in riferimento al nuovo sistema scolastico introdotto dal Governo, nel mese di ottobre 2008 il Presidente del Consiglio dei ministri Berlusconi ha dichiarato che «Il tempo pieno nella scuola italiana verrà confermato dove c'era e incrementato di circa il 50 o 60 per cento perché ci

saranno più insegnanti a disposizione, dopo la decisione del governo di tornare al maestro unico: è importante reagire al sentimento di incertezza che hanno alcune madri e alcuni genitori sulla scuola»;
notizie di stampa riportano che in seguito al monitoraggio sulle iscrizioni per il prossimo anno scolastico, si è verificato un vero e proprio boom di richieste per il tempo pieno alla scuola elementare;
le domande delle famiglie per la frequenza di 40 ore settimanali, comprensive di mensa, non sarebbe stata mai così alta e proverebbero soprattutto dal Sud Italia;
in particolare, l'incremento delle istanze sarebbe del 10,6 per cento al Nord, del 7,8 per cento al Centro, e del 35,1 per cento al Sud;
per soddisfare le richieste dei genitori sarebbe necessario attivare oltre 10 mila classi con il modulo delle 40 ore, principalmente nel Meridione dove peraltro il servizio del tempo pieno sarebbe quasi assente;
nelle regioni meridionali inoltre vi sarebbero gravi carenze strutturali e allo stato attuale le classi in grado di offrire il tempo pieno sarebbero solo 8 su 100;
nonostante le rassicurazioni del Presidente del Consiglio dei ministri, il nuovo assetto scolastico sarebbe irrealizzabile proprio a causa dell'insufficienza del personale docente;
il Governo infatti, anziché aumentare gli organici, con l'ultima manovra finanziaria ha previsto il taglio di oltre 12 mila cattedre, rendendo di fatto inattuabile il sistema scolastico introdotto dal Ministro Gelmini -:
se corrisponda al vero che per il prossimo anno scolastico il monitoraggio sulle iscrizioni avrebbe registrato un forte aumento delle richieste di tempo pieno alla scuola elementare;
se corrisponda al vero che non vi sarebbero maestri sufficienti per rispondere alle istanze delle famiglie italiane e se i tagli del personale scolastico siano previsti soprattutto al Sud Italia.
(4-03319)

BOFFA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
con il decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008, il Governo ha operato un taglio sostanzioso ed indiscriminato di risorse (meno 8 miliardi di euro in 3 anni) e di personale (meno 132.000 posti tra docenti e personale ATA nel prossimo triennio) al settore della pubblica istruzione;
con la legge finanziaria per il 2009 si è poi ridotto di ben 50 milioni di euro il fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche;
la circolare interministeriale n. 38 del 2 aprile 2009 sulle dotazioni organiche del personale docente per l'anno scolastico 2009-2010 ha quantificato in 42.100 posti le riduzioni da operare a partire dal prossimo anno scolastico;
per raggiungere l'obiettivo della riduzione dei 42.100 posti si prevede di agire su due fronti; da un lato con la riduzione di 37.100 posti in organico di diritto, dall'altro con ulteriori 5.000 posti in organico di fatto nel mese di settembre;
ancora una volta a pagare il prezzo più alto sarà il Mezzogiorno del nostro Paese dato che il 40 per cento dei tagli si concretizzerà sostanzialmente in 4 regioni: Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. I tagli in Campania, ad esempio, dovrebbero riguardare 5.645 cattedre delle quali ben 400 nella sola provincia di Benevento. Tagli che andranno ad aggiungersi alla razionalizzazione dei piccoli plessi scolastici, con una manovra prevista per il prossimo anno;

la scuola pubblica italiana vive già da tempo una situazione di grandissima difficoltà finanziaria come evidenziato dall'impossibilità, concretizzatasi in molti istituti scolastici, di far fronte alle spese ordinarie. Nel corso di tutto l'anno scolastico 2008/09 molti istituti della provincia di Benevento hanno denunciato la mancanza di risorse per pagare le supplenze, le utenze, le visite fiscali e per organizzare i corsi di recupero pomeridiani nelle scuole medie superiori. I singoli istituti hanno dovuto provvedere da sé, facendo spesso ricorso a forme di «autotassazione» di docenti e famiglie per salvaguardare un livello dignitoso della qualità dell'offerta didattica;
più volte durante tutto l'ultimo anno scolastico, ormai giunto al termine, un movimento composto da studenti, genitori, docenti e lavoratori della scuola pubblica ha manifestato un sentimento di forte e netta contrarietà ad un piano di riorganizzazione della rete scolastica che di fatto sta mettendo in discussione il libero accesso ad un diritto costituzionalmente garantito ed il lavoro di centinaia di migliaia di persone -:
se il Ministro non ritenga opportuno, considerate anche la contingente crisi economica che sta attraversando il Paese e l'alto potenziale strategico del settore dell'istruzione e della conoscenza, ridiscutere e modificare il piano programmatico e i regolamenti attuativi della finanziaria estiva, con particolare riferimento alla situazione del Mezzogiorno e delle sue aree più deboli come il Sannio dove il taglio delle 400 cattedre e la ipotizzata chiusura di un certo numero di piccoli istituti va ad aggiungersi alla riduzione di altri servizi essenziali, quali il sistema locale dei trasporti e la rete dei presidi di continuità assistenziale, con inevitabili conseguenze negative in termini di desertificazione sociale e di sopravvivenza delle comunità locali.
(4-03321)

TESTO AGGIORNATO AL 24 GIUGNO 2009

...

LAVORO, SALUTE E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

DAMIANO, SBROLLINI, VANNUCCI e MARCHIONI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la devastante crisi economica che ha colpito la comunità internazionale non cessa di far sentire i suoi drammatici effetti nel nostro Paese;
sempre più imprese e aziende, anche di solida struttura, costrette a misurarsi

con gli effetti di tale crisi, non esitano a far ricadere sulle spalle dei lavoratori una gran parte degli effetti della difficile situazione economica;
anche la SCM Group spa, azienda italiana di dimensioni internazionali specializzata nella produzione di macchine per la lavorazione del legno, sta attraversando un periodo critico manifestatosi attraverso una forte riduzione degli ordini;
l'azienda, la cui sede principale è a Rimini, dispone di distaccamenti produttivi in varie regioni italiane; la situazione di crisi si sta rivelando particolarmente grave presso due aziende facenti parte della SCM: la Stefani, con sede a Thiene, e la Busellato, con sede a Piovene Rocchette;
in queste due aziende, che contano tre stabilimenti e circa 550 dipendenti, è stata avviata una procedura di riorganizzazione aziendale di ingenti dimensioni, con la quale sono stati posti in cassa integrazione ordinaria a zero ore 69 lavoratori su 308 della ditta Stefani e 23 lavoratori su 103 della ditta Busellato, mentre tutti gli altri sono in cassa integrazione per 2 giorni su 5 alla settimana;
negli scorsi mesi vi sono stati più incontri tra la dirigenza delle aziende suddette e le organizzazioni sindacali al fine di trovare un punto d'intesa sul piano industriale e sugli ammortizzatori sociali da utilizzare;
tali incontri hanno evidenziato una profonda divergenza tra le due parti, soprattutto in tema di rotazione effettiva dei lavoratori, di maturazione dei ratei contrattuali indiretti (ferie, tredicesima eccetera) e di stabilizzazione dei lavoratori a termine;
le organizzazioni sindacali hanno inoltre posto l'accento sulla necessità di venire a conoscenza del piano industriale delle aziende, al fine di comprendere le conseguenze che questo potrebbe avere per il polo produttivo di Thiene e Piovene Rocchette; infatti la riduzione dei volumi di produzione si ripercuoterà certamente sull'indotto e sui fornitori delle aziende in oggetto, con il rischio di coinvolgere altri 500 lavoratori del territorio -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare allo scopo di ridurre al minimo le conseguenze negative, per i lavoratori e per le comunità di Thiene e di Piovene Rocchette, derivanti dal processo di riorganizzazione aziendale intrapreso dalla dirigenza della Stefani e della Busellato;
se non ritenga di dover istituire con urgenza un tavolo di lavoro che consenta di salvaguardare gli stipendi e le professionalità dei lavoratori di Thiene e di Piovene Rocchette.
(5-01545)

Interrogazione a risposta scritta:

LO MONTE. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
dal 2006 l'INPS, per riempire i vuoti di organico e sopperire alla mancanza di personale, ricorre per l'assunzione dello stesso ad agenzie interinali;
il ricorso da parte dell'INPS al lavoro interinale non sembra sottendere soltanto l'esigenza di lavoro straordinario, come dovrebbe essere, ma come risposta alla grave carenza di personale a tempo indeterminato che non consente di evadere la produzione di lavoro ordinaria;
gli interinali INPS, all'inizio inquadrati come addetti all'acquisizione dei dati ed ai sistemi di archiviazione di livello B1 (variazioni anagrafiche) e, di fatto, successivamente preposti a svolgere mansioni di livello superiore (come ad esempio gestire le sospensioni e revoche di pagamento sulle cartelle), si sono dimostrati più di una volta al di sopra delle aspettative, inserendosi subito in processi di lavoro delicati e garantendo un'altissima produzione;
nel prendere atto della contrarietà di tutte le sigle sindacali nei riguardi della forma di assunzione a mezzo di agenzie

interinali, gli stessi vertici dell'Inps avevano affermato non molto tempo fa, che l'Istituto non avrebbe più fatto ricorso al lavoro interinale, promettendo inoltre che si sarebbero impegnati a convocare, come contrattualmente previsto, un tavolo di confronto qualora ci fosse stato un eccezionale ed imprevedibile motivo per ricorrere ancora (per la terza volta) ad uno strumento che secondo i sindacati, ed a ragione, non risolve i problemi dell'Istituto, ma genera soltanto, tra i lavoratori, precariato ed illusioni;
lo stesso Istituto invece sembra voler confermare tale tipo di pratica di assunzione avendo emanato recentemente un bando di gara, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Vo serie speciale n. 43 del 10 aprile 2009, per l'affidamento del servizio di somministrazione di lavoro a tempo determinato ai sensi del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni e integrazioni, di 750 lavoratori per 4 ore giornaliere per tre mesi, da utilizzare, con mansioni di «addetto all'acquisizione dati su supporto informatico ed ai sistemi di archiviazione» (profilo equivalente B1), da assegnare presso le strutture territoriali dell'INPS. La modalità di scelta del contraente è individuata nella procedura aperta in ambito comunitario, disciplinata dagli articoli 54 e 55 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e successive modificazioni e integrazioni (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture);
nel rispetto di quanto stabilito dal bando di gara, il giorno 6 maggio 2009, la Commissione di gara ha iniziato le operazioni di apertura ed esame della documentazione pervenuta nel termine fissato dallo stesso bando di gara, la cui conclusione della procedura avrà luogo nei tempi previsti dalla normativa in materia, ed al termine della quale l'INPS pubblicherà le comunicazioni inerenti all'esito secondo le modalità stabilite dal Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture;
l'ormai cronico ricorso al lavoro interinale da parte dell'INPS evidenzierebbe, se mai ce ne fosse ancora bisogno, che non si tratta di provvedimenti tesi ad affrontare situazioni di emergenza specifica, ma a supplire alla carenza di personale;
un cospicuo gruppo di lavoratori interinali, al fine di uscire dall'anonimato e far emergere tale realtà, si è organizzato costituendo il «Comitato di lotta nazionale interinali INPS» che, presente in tutte le regioni d'Italia, annovera oramai numerose adesioni;
tra le prime azioni di lotta il suddetto Comitato ha intrapreso quella del tentativo di conciliazione, presso ogni Ufficio provinciale del lavoro, per ottenere un corretto riconoscimento del rapporto di lavoro, tentativo peraltro obbligatorio per avviare una vertenza legale. Tutto questo al fine di convocare una riunione nazionale degli interinali per definire una trattativa con l'INPS che preveda la stabilizzazione a tempo indeterminato dei rapporti di lavoro con lo stesso -:
se da una parte il Governo consegna all'INPS sempre nuovi e maggiori compiti, dall'altra taglia le risorse e blocca le assunzioni: il decreto-legge n. 112 del 2008 prevede infatti un turn over del personale al 10 per cento comportando nel 2009 solo 190 assunzioni a fronte di 1900 pensionamenti;
quali siano i veri motivi per i quali l'INPS è costretto, per le proprie assunzioni, a fare ancora ricorso all'istituto del lavoro interinale e se non ritenga necessario ricorrere alla deroga del blocco delle assunzioni per l'INPS e procedere alla graduale stabilizzazione a tempo indeterminato dei lavoratori interinali.
(4-03311)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

NEGRO, REGUZZONI e RAINIERI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
a causa della crisi di mercato in cui versa il settore dell'allevamento nazionale del coniglio da carne le associazioni nazionali rappresentative del settore hanno denunciato il drastico ridimensionamento delle imprese cunicole ed il pericoloso fenomeno della vendita ai consumatori di carni importate non aventi idonei requisiti di qualità e soprattutto prive dell'indicazione in etichetta dei paesi di allevamento di origine;
è da evidenziare anche che il radicale mutamento degli stili di vita e di consumo dei prodotti alimentari da parte delle famiglie italiane, insieme ad una minore propensione all'acquisto di alimenti freschi a favore di quelli congelati, nonché l'aumento costante delle importazioni agricole, che impongono ai produttori un progressivo adeguamento dell'organizzazione aziendale non facilmente realizzabile, hanno determinato grandi difficoltà a collocare sul mercato la produzione nazionale e regionale che spesso risulta invenduta. Pur tuttavia, si registra un forte aumento dei costi degli alimenti che determinano conseguenti incrementi dei costi di produzione, tenendo presente che con un costo di produzione di circa 1,80 euro al chilo ed un prezzo di vendita dei conigli da macello di 1,50 euro al chilo si produce una perdita per gli allevatori di 0,30 euro al chilo;
per superare tale criticità, che tra l'altro determina uno svantaggio insanabile per i consumatori ed una pericolosa incrinatura per le quote di mercato detenute dai produttori nazionali che vedono erose le loro posizioni in maniera definitiva, sarebbe auspicabile anticipare i principi di garanzia dell'evidenza dell'origine dei prodotti agricoli ed alimentari recati dal Libro Verde della Commissione europea sulla qualità dei prodotti. In tal senso, come anche sostenuto dal Parlamento europeo in una relazione del marzo 2009, sarebbe utile altresì prevedere l'introduzione a livello nazionale dell'indicazione obbligatoria del luogo di produzione delle materie prime attraverso un'apposita etichetta che soddisfi l'esigenza dei consumatori di ricevere maggiori informazioni sull'origine del prodotto che acquistano;
questo sistema dovrebbe inoltre essere esteso ai prodotti alimentari trasformati per quanto riguarda i principali ingredienti e il luogo in cui è avvenuta l'ultima trasformazione. Anche l'introduzione di un marchio italiano generale di qualità, che consenta ai prodotti interni di distinguersi sul mercato grazie alla severità delle norme che ne regolamentano la produzione, può quindi tradursi in un vantaggio competitivo agli occhi dei consumatori;
riguardo al tema specifico della crisi del settore della zootecnia cunicola, vista la particolare situazione di crollo della produzione, sarebbe necessaria l'attivazione del Fondo per le crisi di mercato di cui all'articolo 1, comma 1072, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, finalizzato a favorire la ripresa economica e produttiva delle imprese agricole colpite da gravi crisi di mercato e a limitarne le conseguenze economiche e sociali nei settori e nelle aree geografiche colpiti;
potrebbe apparire urgente istituire un tavolo di valutazione volto ad approfondire la situazione del settore, valutando la necessità di deliberare lo stato di crisi dell'allevamento del coniglio da carne;
su materie analoghe, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, dopo recenti incontri con il commissario europeo all'agricoltura, ha espresso la sua volontà di estendere l'etichettatura che identifica il luogo in cui è ottenuto il prodotto agricolo, obiettivo che è da sempre una battaglia di questo Governo e del

suo Ministero, perché consentire ai consumatori di riconoscere la qualità dei prodotti è innanzitutto una questione di civiltà -:
quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda assumere per fare fronte alla crisi che sta attraversando il settore dell'allevamento nazionale del coniglio da carne e se non intenda intraprendere misure volte a favorire la creazione di un sistema di etichettatura degli alimenti che specifichi l'origine dello Stato di produzione;
se non ritenga necessario adottare specifiche azioni affinché si attivi, in favore del settore dell'allevamento cunicolo in crisi, il Fondo per le crisi di mercato delle imprese agricole istituito con la finanziaria per il 2007.
(5-01538)

TESTO AGGIORNATO AL 24 GIUGNO 2009

...

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
il comma 3 dell'articolo 71 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sancisce che: «L'Amministrazione dispone il controllo in ordine alla sussistenza della malattia del dipendente anche nel caso di assenza di un solo giorno (...) e che le fasce orarie di reperibilità del lavoratore, entro le quali devono essere effettuate le visite mediche di controllo, sono dalle ore 8.00 alle ore 13.00 e dalle ore 14.00 alle ore 20.00 di tutti i giorni, compresi i non lavorativi e i festivi»;
tale norma si applica anche ai malati oncologici, a coloro che sono affetti da disturbi psichiatrici e psicologici come ansia e depressione e a coloro che soffrono di patologie renali e che quindi necessitano di trattamento in dialisi;
l'applicazione di tale norma costringe alla reperibilità per tante ore al giorno persone malate la cui patologia e le cui cure sono di fatto incompatibili con l'obbligo di stare a casa per l'intero arco della giornata;
i cicli di terapia dei pazienti oncologici (chemioterapia, radioterapia, ormonoterapia), oltre a essere particolarmente dolorosi e traumatici, costringono a obbligate uscite dal proprio domicilio e la malattia stessa, peraltro, appare di difficile combinazione con quella sorta di «confino» presso il proprio domicilio che la norma vuole imporre ai lavoratori in malattia;
lo stesso si può dire per quei pazienti con grave insufficienza renale che sono costretti, generalmente tre volte alla settimana e con cicli di almeno quattro ore a volta, a sottoporsi al trattamento della dialisi;
anche il paziente psichiatrico, soprattutto quello affetto da patologie relative a disturbi di ansia e di depressione, ha una necessità vitale di vivere la socialità e «l'aria aperta». È riconosciuto che il paziente depresso tende a recludersi in casa, mentre la sua cura consiste esattamente nel contrario;
la norma in esame, costringendo il paziente psichiatrico a una reperibilità così lunga, rischia, paradossalmente, di trasformarsi in un meccanismo aggravante della patologia, allontanando così i tempi di guarigione e provocando, oltretutto, un danno ulteriore non solo al paziente ma anche al suo datore di lavoro;
un discorso analogo, del resto, si può fare per il paziente oncologico. Anche, in questo caso, infatti, per unanime riconoscimento della medicina, si trae giovamento non solo dalle cure ma anche da uno stile di vita improntato all'attività, alla socialità, al «fare». Rinchiudere un paziente oncologico presso il proprio domicilio per tutto il giorno rischia di aggravare fortemente la sua eventuale condizione depressiva dal momento che egli trae un oggettivo vantaggio da uno stile di vita attivo;
il Dipartimento della funzione Pubblica più volte è intervenuto dopo l'approvazione del comma 3 dell'articolo 71 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, con circolari, di cui l'ultima, la circolare n. 1 del 30 aprile 2009, riprendendo le circolari n. 7 e 8 del 2008 ha cercato di meglio indirizzare le pubbliche amministrazioni nell'attività di controllo delle assenze e nell'applicazione della disciplina legale sulle fasce di reperibilità, cercando di chiarire la portata della norma in oggetto per quei malati, come i malati oncologici, per i quali la malattia mal si coniuga con l'obbligo dello stare a casa tutto il giorno, senza però riuscirci, in quanto si parte sempre e comunque dalla premessa che tale norma si applichi a tutti i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, a prescindere dalla patologia da cui sono affetti -:
quanti siano nella pubblica amministrazione i lavoratori affetti da malattie oncologiche, patologie renali disturbi psichiatrici e psicologici come ansia, depressione, e se per questi lavoratori il Ministro non ritenga opportuno emanare delle direttive affinché l'attuale normativa sulle fasce di reperibilità relative alla visita fiscale sia rimodulata per dare la possibilità ai lavoratori affetti da malattie oncologiche, patologie renali disturbi psichiatrici e psicologici di poter conciliare la loro malattia con l'esigenze di controllo da parte dell'amministrazione.
(2-00404)
«Livia Turco, Murer, Calgaro, Mosella, Binetti, Argentin, Lenzi, D'Incecco, Bossa, Sbrollini, Bucchino, Burtone, Grassi, Pedoto, Miotto, Viola, Laganà Fortugno, Siragusa, Cardinale, Trappolino, Lo Moro, Gnecchi, Servodio, Schirru, Madia, Miglioli, Zampa, Fioroni, Braga, Fedi, Graziano, De Biasi, Gatti, Giovanelli, Samperi, Froner, Vico, Ghizzoni, Velo, Tidei, Lucà, Ginoble, Enzo Carra, Concia, Federico Testa, Marco Carra».

Interrogazione a risposta immediata:

CICCHITTO, BOCCHINO, LAFFRANCO e BALDELLI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
in attesa delle cifre definitive della Ragioneria generale dello Stato sulle assenze nella pubblica amministrazione, secondo i dati esaminati dalla commissione incaricata dal ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione di monitorare il fenomeno dell'assenteismo e valutare l'impatto dei provvedimenti adottati per arginarne la diffusione, emerge che nel quarto trimestre 2008 è stata registrata una flessione dell'assenteismo nel settore pubblico che, anche nel confronto con quanto accaduto nel privato, segnala una svolta strutturale;
il cosiddetto «effetto Brunetta» viene calcolato pari ad una flessione delle ore di assenza per malattia del 22,3 per cento, effetto di una riduzione effettiva del 16,35 per cento in un trimestre nel quale si sarebbe dovuto invece verificare (per l'impatto dei fattori epidemiologici) un aumento del 6 per cento -:
se, e in quali settori, la riduzione delle assenze nel pubblico impiego comporti un risparmio per le casse dello Stato e come il Governo eventualmente intenda utilizzare tale risparmio.
(3-00562)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
l'articolo 7-octies del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, nella legge 9 aprile 2009, n. 33, ha previsto un indennizzo a favore dei titolari di obbligazioni del prestito obbligazionario «Alitalia 7,5 per cento 2002-2010 convertibile» emesso da Alitalia - Linee Aeree Italiane Spa, in termini di assegnazione in concambio di titoli di Stato nella misura del 50 per cento della quotazione media del mese di trattazione del titolo antecedente alla sua sospensione, avvenuta in data 3 giugno 2008, a fronte di specifiche dichiarazioni che dovranno essere rilasciate dai possessori delle obbligazioni relative, tra l'altro, all'impegno di «rinunciare, in favore del Ministero dell'Economia e delle Finanze e di Alitalia-Linee Aeree Italiane S.p.A., ora in amministrazione straordinaria, a qualsiasi pretesa ed iniziativa direttamente o indirettamente connessa alla proprietà dei titoli»;
il Governo ha stanziato per questa operazione 100 milioni di euro ed ha stabilito l'importo massimo di rimborso per ciascun obbligazionista pari a 100.000 euro;

in pratica, il rimborso sarà pari al 50 per cento del valore dei bond negli ultimi 30 giorni di scambio, vale a dire pari a circa il 32 per cento del valore nominale delle obbligazioni, un tasso inferiore a quello garantito dal Governo argentino ai sottoscrittori dei famigerati Tango bond; molto meno dell'85 per cento che garantiva la tanto vituperata Air France nella sua offerta iniziale per Alitalia;
i titolari di tali obbligazioni che intendano esercitare il relativo diritto devono presentare, a pena di decadenza, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, la relativa richiesta al Ministero dell'economia e delle finanze, per il tramite degli intermediari finanziari che curano la gestione del conto di deposito relativo ai titoli menzionati;
in un'intervista al settimanale Panorama, il presidente della Consob, Lamberto Cardia, ha sollecitato un intervento: «Bisogna prendersi carico degli obbligazionisti e degli azionisti dell'Alitalia che si sentono lasciati soli. Gli obbligazionisti di una società a controllo pubblico hanno fatto una sorta di prestito all'erario, che non può restare senza ritorno»;
il Presidente del Consiglio dei ministri aveva garantito, nel momento in cui fu dichiarato lo stato d'insolvenza di Alitalia ed aperta la procedura di amministrazione straordinaria della società, che gli obbligazionisti sarebbero stati integralmente risarciti delle somme portate dal titolo posseduto;
il 28 agosto 2008, il Presidente del Consiglio aveva dichiarato «che non saranno abbandonati i piccoli risparmiatori che in Alitalia hanno creduto investendo in titoli azionari ed obbligazionari»; lo stesso Ministro Tremonti, al Sole 24 ore del 27 agosto 2008, affermava che «il risparmio è un bene pubblico che deve essere tutelato ed i piccoli risparmiatori saranno tutelati. Ci hanno lasciato due disastri: Napoli e Alitalia. Il primo il presidente del Consiglio, Berlusconi, lo ha risolto a fine luglio. Domani risolverà Alitalia»;
il 27 maggio 2009, rispondendo ad una interrogazione sul tema presso la Commissione Trasporti della Camera, il Vice ministro per lo Sviluppo economico, Paolo Romani, sottolineava come «al fine di assicurare un più ampio indennizzo ai risparmiatori che hanno investito in titoli della società Alitalia, soprattutto piccoli risparmiatori, siano allo studio ipotesi per elevare le misure di intervento statale già disposte a favore degli obbligazionisti Alitalia»;
gli intermediari citati chiedono ai loro clienti di effettuare la richiesta di esercizio del suddetto diritto tramite un modulo di adesione da consegnare entro e non oltre il 3 luglio 2009, anche se gli obbligazionisti Alitalia avrebbero tempo teoricamente fino al 10 luglio per accettare il minirimborso offerto dal Governo;
malgrado i ripetuti impegni, il governo non ha finora predisposto nessuna misura al fine di elevare la percentuale e il tetto per il rimborso agli obbligazionisti Alitalia;
per quanto riguarda gli azionisti Alitalia, sarebbero in corso di valutazione i provvedimenti conseguenti al disposto dell'articolo 3, comma 2, del decreto-legge 28 agosto 2008 n, 134, convertito dalla legge 27 ottobre 2008, n. 166, il quale prevede che: «Al fine della tutela del risparmio i piccoli azionisti di Alitalia-Linee aeree italiane S.pA., che non abbiano esercitato eventuali diritti di opzione aventi oggetto la conversione dei titoli in azioni di nuove società, sono ammessi ai benefici di cui all'articolo 1, comma 343, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sono stabilite le condizioni e le altre modalità di attuazione del presente comma», facendo, cioè, ricorso al Fondo di tutela del risparmio alimentato dai conti bancari «dormienti»;
i «conti dormienti» sono fondi immobilizzati e «dimenticati» nei conti correnti delle banche da almeno 10 anni;
il Governo, per quanto concerne, invece, l'accesso ai benefici previsti dall'articolo 1,

comma 343, della legge 266 del 2005 che ha istituito il fondo depositi dormienti, ha precisato che ai sensi dell'articolo 1, comma 345-decies, della citata legge, il Ministro dell'economia e delle finanze, con decreto di natura non regolamentare, determina il riparto del Fondo tra i diversi beneficiari previsti dalla legge, precisando altresì che mentre per i depositi di somme di denaro il termine per il versamento al Fondo è scaduto il 15 dicembre 2008, per assegni circolari non riscossi, polizze vita prescritte e strumenti finanziari il termine scadrà il 31 maggio 2009. Pertanto, considerato che soltanto dopo tale data sarà possibile determinare l'ammontare esatto delle risorse che affluiranno al fondo, conseguentemente sarà possibile dar corso alle successive operazioni solo dopo il 31 maggio 2009;
ma, da una parte, i fondi rimasti non rivendicati per oltre dieci anni si sono rivelati di ammontare limitato (solo 800 milioni di euro contro i 2 miliardi stimati dal Governo), dall'altra, le risorse del fondo depositi dormienti sono state dirottate verso altri utilizzi: risparmiatori vittime di frodi finanziarie, possessori di obbligazioni della Repubblica argentina, ricerca scientifica, carta acquisti (social card); gli azionisti Alitalia hanno dunque una possibilità praticamente nulla di venire rimborsati tramite tale Fondo di tutela del risparmio alimentato dai conti bancari «dormienti» -:
se il governo intenda elevare le misure di intervento statale già disposte a favore degli obbligazionisti Alitalia, in quale misura e con quali tempi, e se non intenda in tal caso, posticipare la scadenza per l'esercizio del diritto all'assegnazione in concambio di titoli di Stato;
quali concrete misure intenda mettere in opera per assicurare un rimborso almeno parziale per gli azionisti Alitalia anche in considerazione dell'esiguità dei fondi disponibili tramite il cosiddetto «Fondo dei conti dormienti».
(2-00405)
«Borghesi, Donadi».

Interrogazioni a risposta scritta:

FUGATTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
per un'intera settimana più di quaranta famiglie residenti nel comune di Levico Terme (TN) hanno vissuto una situazione di grave disagio, rimanendo completamente isolate dai collegamenti telefonici di rete fissa, così come dai collegamenti internet;
le famiglie, vittime di questo grave disservizio, si sono rivolte agli sportelli telefonici della compagnia telefonica Telecom Italia per chiedere spiegazioni sulle cause del guasto e sui tempi di riparazione, ma non hanno ricevuto riposte chiare e certe;
la compagnia Telecom Italia prevede, per la denuncia di guasti e disservizi imputabili alla compagnia stessa, lo strumento dello sportello telefonico 187, che rende assolutamente impersonale il rapporto fra il gestore telefonico e l'utente in difficoltà, non consentendo all'operatore di conoscere la situazione di un determinato territorio, né tantomeno consentendo al consumatore di ricevere una risposta esaustiva;
l'isolamento telefonico e telematico nel Comune di Levico Terme ha creato disagi alle persone che lavorano e studiano utilizzando questi strumenti, arrecando veri e propri danni economici agli esercizi commerciali e alle attività imprenditoriali;
l'isolamento telefonico è stato oltretutto particolarmente grave e pericoloso per le persone anziane che vivono sole;
gli abitanti di Levico Terme corrispondono regolarmente un cospicuo canone all'azienda telefonica Telecom Italia e pretendono che la compagnia in questione invii i propri tecnici per la riparazione del danno in maniera tempestiva e non facendo trascorrere un'intera settimana;
quanto sopra riportato è l'ennesimo disservizio da parte della compagnia telefonica

Telecom Italia in Trentino, che non fornisce il servizio adeguato nell'erogazione del servizio universale e nella riparazione dei danni ad essa imputabili -:
con quali misure, per quanto di sua competenza, il Ministro intenda intervenire per tutelare i diritti dei consumatori che non vedono garantiti i propri diritti e subiscono disagi e danni nella propria vita personale e professionale per disservizi imputabili alla compagnia telefonica Telecom Italia;
quali strumenti, per quanto di sua competenza, il Ministro stia utilizzando per monitorare il rispetto degli impegni che Telecom ha assunto in termini di garanzia nell'erogazione del servizio pubblico.
(4-03317)

ARACRI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
è attualmente in discussione alla X Commissione Attività Produttive della Camera il disegno di legge n. 1441-ter-B («Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia»), sulla base del testo già approvato al Senato della Repubblica (disegno di legge);
il testo suddetto prevede, fra l'altro, all'articolo 37, il commissariamento dell'Ente per le Nuove tecnologie, l'Energia e l'Ambiente (ENEA), la soppressione del medesimo e la costituzione del nuovo Ente ENEA, attraverso la ridefinizione degli obiettivi e delle funzioni;
ad una precedente interrogazione a risposta scritta la n. 4-02050, il Ministro dello sviluppo economico rispondeva, in chiusura, che il Ministero dello sviluppo economico continuerà a vigilare affinché, nelle more del citato disegno di legge, che va a ridefinire la missione operativa dell'Ente, non vengano svolte, da parte dei vertici dello stesso, attività che esulano dall'ordinaria amministrazione e che vadano a modificare la struttura organizzativa;
nonostante ciò, la direzione dell'attuale ENEA, dopo aver effettuato sei importanti nomine di responsabili di progetto, provvedeva alla pubblicazione in data 18 giugno 2009 di un avviso di interesse per la copertura delle posizioni di Direttore di Dipartimento, Direttore di Direzione Centrale, Responsabile della segreteria del consiglio, Responsabile per il controllo interno;
il bando risulterebbe tra l'altro in contrasto con il regolamento ufficiale interno dell'ENEA, che prevede per tali posizioni dirigenti con almeno cinque anni di esperienza, e che questo dato è stato fatto rilevare anche in modo animato alla presidenza dal Collegio dei revisori dei conti nel Consiglio di amministrazione del 17 giugno 2009;
nel bando stesso, le posizioni dirigenziali si configurerebbero come incarichi a termine, da esaurirsi con il commissariamento dell'ENEA, o della durata di anni tre in caso di mancato commissariamento, caso peraltro che il disegno di legge 1441-ter-B non prevede;
non pare all'interrogante propriamente ordinaria amministrazione procedere alle nomine di tutte le posizioni apicali dell'Ente, in contrasto con la chiara e netta indicazione ministeriale di svolgere attività che esulano dall'ordinaria amministrazione e che vanno a modificare la struttura organizzativa;
si sarebbe potuto utilizzare, per un periodo breve quale quello precedente all'imminente commissariamento, i dirigenti già presenti in ENEA con un interim per la copertura temporanea delle posizioni resesi vacanti alla scadenza degli incarichi dirigenziali di primo livello alla data del 30 giugno 2009;
inoltre nell'Avviso di interesse in particolare, laddove non vengono richiesti i requisiti minimi previsti dal Regolamento interno dell'ENEA, come ribadito con forza dal Collegio dei Revisori dei Conti, si ravviserebbero delle irregolarità, che, unite all'aspettativa creata nei dipendenti che

rispondessero all'avviso di interesse per poi non poter fattualmente beneficiare della posizione vinta attraverso procedura concorsuale, rischiano di causare un'ulteriore esplosione di ricorsi contro l'ENEA, e che la precostituzione di una tale situazione non sia proprio dettata da una volontà dell'attuale vertice di raggiungimento di una situazione caotica anche nel nuovo ENEA;
il Ministero dello sviluppo economico dovrebbe intervenire nell'ambito delle proprie prerogative affinché tale operazione concorsuale possa svolgersi in un momento successivo all'emanazione della legge di riforma dell'ente, al commissariamento ed al nuovo regolamento di funzionamento;
ad avviso dell'interrogante appare sussistere uno scollamento pressoché totale tra vertice ENEA ed ente vigilante e questo, anche alla luce delle difficoltà gestionali e programmatiche dell'Ente ENEA che sono stati oggetto di numerosi atti parlamentari, richiederebbe un intervento drastico del Consiglio dei Ministri e del Ministero vigilante, anche, ante-legem 1441-ter-B, di immediato commissariamento -:
se, anche alla luce di quanto ricordato in premessa, non intenda valutare l'opportunità di un immediato commissariamento dell'ente.
(4-03325)

...

Apposizione di firme a mozioni.

La mozione Villecco Calipari e altri n. 1-00182, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 maggio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Marco Carra.

La mozione Benamati e altri n. 1-00189, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Marco Carra.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta in Commissione Calgaro n. 5-01312 del 21 aprile 2009;
interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01517 del 16 giugno 2009.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

ANTONIONE, DI CENTA, CONTENTO, MARAN, FOLLEGOT, FEDRIGA, STRIZZOLO, MONAI, ROSATO e COMPAGNON. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
per la regione Friuli Venezia Giulia i collegamenti aerei, in particolare con gli hub nazionali di riferimento, sono di vitale importanza;
il collegamento con Milano è stato recentemente soppresso;
è rimasto in essere soltanto il collegamento con Roma operato da Alitalia-Airone in situazione di monopolio;
è necessario a questo punto che almeno questo collegamento sia efficiente e puntuale il più possibile;
si sono verificati, dopo l'avvio della attività della nuova compagnia, innumerevoli gravi disagi per l'utenza, che a titolo esemplificativo si riassumono in: soppressione di alcuni voli nella programmazione giornaliera da Trieste per Roma e viceversa; irrazionale programmazione degli orari di volo tale da prevedere che, dei cinque previsti da e per Roma, due sono operati a meno di trenta minuti l'uno dall'altro, lasciando così scoperte larghe fasce orarie durante la giornata; ritardi, spesso molto consistenti, in particolare sui voli in partenza da Roma; mancanza assoluta, in caso di ritardo, di qualunque assistenza ed addirittura informazione ai passeggeri; episodi di scarsa professionalità oltre che di scortesia, da parte di alcuni caposcalo Alitalia di Fiumicino in occasione di ritardi clamorosi ed ingiustificati; la scelta di sbarcare i passeggeri provenienti da Trieste, sempre con l'ausilio degli autobus e mai attraverso i finger, esponendo l'utenza, in caso di maltempo, alle intemperie; l'utilizzo, ormai permanente, per l'imbarco dei passeggeri in partenza da Roma, del gate 25, che, oltre ad essere il più distante in assoluto dai check-in, espone di nuovo l'utenza alle eventuali avversità atmosferiche inoltre, presenta da mesi l'impianto microfonico mal funzionante -:
quali iniziative intenda assumere per sopperire a queste difficoltà;
se non valuti opportuno interessare le Autorità di controllo per verificare eventuali responsabilità sia in ordine ai ritardi, sia alla mancanza di assistenza ed informazioni che la compagnia monopolista attua nei casi denunciati;
se non intenda, anche attraverso il coinvolgimento delle Autorità di controllo sull'aviazione civile, verificare la coerenza tra la vicinanza di orario di alcuni voli ed i ritardi accumulati soprattutto nelle fasce orarie serali;
se non ritenga opportuno, comunque, verificare la qualità del servizio di trasporto aereo sulla tratta indicata.
(4-02780)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.


A seguito dell'entrata in vigore del nuovo orario estivo del 29 marzo 2009, la nuova Alitalia ha sensibilmente migliorato l'offerta per il collegamento Trieste/Roma e viceversa, posizionando 5 frequenze giornaliere per i voli diretti a Roma rispettivamente 06,55 - 07,20 - 11,20 - 15,20 e 19,15 nonché 6 frequenze giornaliere da Roma rispettivamente 09,20 - 13,20 - 17,15 - 18,40 - 20,50 e 21,25; ciò permette di rispondere in modo più puntuale alle richieste di mobilità del territorio del Friuli Venezia Giulia.
Alla luce di quanto esposto, i disagi lamentati dall'interrogante sembrano essere superati.
Tuttavia, si fa presente che l'Ente nazionale per l'aviazione civile, quale organismo responsabile per l'applicazione del regolamento (CE) n. 261/2004, attraverso accertamenti e verifiche tramite proprie strutture, può irrogare sanzioni previste dal decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 69 nel caso in cui vengano riscontrate violazioni riguardanti la tutela dei diritti dei passeggeri.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

ARACRI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
è attualmente in discussione alla X Commissione Industria del Senato il disegno di legge n. 1195 (Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia), sulla base del testo già approvato dalla Camera dei deputati (disegno di legge 1441-ter);
il testo suddetto prevede, fra l'altro, il commissariamento dell'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente (ENEA), la soppressione del medesimo e la costituzione del nuovo Ente ENEA, attraverso la ridefinizione degli obiettivi e delle funzioni;
nonostante ciò, la direzione dell'attuale ENEA continua a gestire l'ente sulla base di indirizzi programmatici in larga parte superati, perché non rispondenti alle esigenze del Paese nel settore energetico-ambientale ed alla politica del Governo, e senza limitarsi all'ordinaria amministrazione;
in particolare, dopo l'operazione contrattuale riguardante tutto il personale non dirigente effettuata nel 2007, relativamente al periodo contrattuale 1997-2001, che è stata da più parti giudicata di dubbia legittimità e che, comunque, ha portato ad un contenzioso di migliaia di ricorsi alla magistratura amministrativa, l'Ente ne ha appena varata una seconda, da concludersi in tempi rapidissimi;
la nuova operazione contrattuale è sostanzialmente analoga a quella precedente, in quanto la valutazione sulla professionalità del personale dipende, oltre che da elementi oggettivi (anzianità, risultati scientifici) e dal giudizio dei responsabili diretti, anche da quello di apposite commissioni, designate dalla direzione, che esamineranno detto personale, e questo ultimo giudizio riveste un peso tale da risultare determinante;
la nuova operazione contrattuale, oltretutto, si riferisce agli anni 2002-2005, durante i quali l'organizzazione dell'Ente era diversa e le unità nelle quali esso si articola (attualmente dipartimenti e sezioni ad essi afferenti) erano dirette in larga parte da persone diverse da quelle attuali;
ad avviso dell'interrogante il suddetto metodo di valutazione del personale si può prestare facilmente ad operazioni clientelari, che possono favorire persone vicine all'attuale direzione (e, quindi, che ne condividono i vecchi obiettivi del Governo Prodi), impedendo una chiara identificazione delle responsabilità delle valutazioni, e, pertanto, porterebbe inevitabilmente ad aumentare fortemente il contenzioso;
l'operazione presenta, nel suo complesso, modalità completamente differenti rispetto alle procedure previste dal comparto di contrattazione della ricerca pubblica (in cui l'attuale ENEA è collocato,

seppure in un'area separata), dove le progressioni di carriera avvengono attraverso concorsi nazionali aperti agli esterni;
inoltre, l'operazione presenta, nello specifico, anomalie che contrastano con qualsiasi norma tecnico-giuridica del comparto suddetto, quali la progressione di personale tecnico diplomato nel profilo di ricercatore-tecnologo (riservato a personale laureato), e l'esclusione, a mezzo di circolare ufficiale del direttore generale, di personale già oggetto di valutazione e progressione nella già citata precedente operazione relativa al periodo 1998-2001;
infine, l'Ente ha anticipato la valutazione economica dei dirigenti (relativa al contratto 2006-2009), sulla cui legittimità si è già espresso negativamente il collegio sindacale interno -:
se non si ritenga che:
1) il prevedibile aumento della situazione di conflittualità e di mancata valorizzazione delle risorse interne che conseguirebbe all'attuazione della nuova operazione contrattuale, anche a causa delle modalità della sua effettuazione, non creerebbe ulteriori gravi difficoltà al riassetto dell'Ente, ormai urgentissimo, per renderlo pienamente produttivo ed utile per il raggiungimento degli obiettivi programmatici del Governo;
2) la nuova operazione contrattuale rivesta, nella sostanza, il carattere di attività di non ordinaria amministrazione;
3) per i motivi suddetti, tale operazione contrattuale debba essere rinviata ad un momento successivo all'emanazione della legge di riforma dell'Ente e debba essere attuata secondo modalità effettivamente premianti la professionalità del personale e che identifichino chiaramente i responsabili delle relative valutazioni.
(4-02050)

Risposta. - In relazione all'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
In via preliminare, si fa presente che in merito all'operazione contrattuale relativa al quadriennio 1998-2001, il Contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) del personale non dirigente dell'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente (ENEA), è stato sottoscritto in sede ARAN il 21 gennaio 2002, in applicazione dell'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo n. 165/2001. Tale C.C.N.L. prevede un sistema di classificazione costruito su 9 livelli professionali, definiti da apposite declaratorie allegate al contratto stesso.
Nell'ambito di tale sistema di classificazione, è stata esplicitamente prevista, attraverso procedure di natura concorsuale, la possibilità di progressione verticale dal livello professionale di appartenenza a quello immediatamente superiore, nei limiti delle risorse finanziarie previste nell'apposito fondo per le politiche di sviluppo del personale e per la produttività, contrattualmente stabilito.
In applicazione delle citate disposizioni contrattuali sono state, quindi, avviate le procedure per le progressioni verticali, oggetto, peraltro, di interlocuzione preventiva con le organizzazioni sindacali, che si sono concluse nel mese di dicembre 2007. I relativi 20 bandi hanno riguardato un totale di 381 posizioni.
A seguito delle predette procedure, sono stati effettuati gli avanzamenti di inquadramento ed i miglioramenti retributivi dei dipendenti. Inoltre, a causa delle esigue risorse finanziarie, è stato possibile prevedere un limitato numero di miglioramenti retributivi a fronte del ben più vasto numero dei potenziali interessati ai benefici, con un conseguente contenzioso da parte del personale escluso.
Per quanto riguarda l'attuale operazione contrattuale, relativa al quadriennio 2002-2005, il Contratto collettivo nazionale di lavoro del personale non dirigente dell'Enea, sottoscritto il 20 dicembre 2006, ha profondamente mutato il precedente criterio di inquadramento del personale, introducendo un nuovo sistema di classificazione, in analogia a quanto previsto dal contratto del comparto delle istituzioni e degli enti di ricerca e sperimentazione.
Tale nuovo sistema di classificazione è articolato in «profili professionali», all'interno

dei quali sono previsti specifici livelli economici. Da ciò ne consegue che l'attuale Contratto collettivo nazionale di lavoro prevede la possibilità di effettuare le progressioni attraverso due distinte procedure:
progressione di livello economico (restando immutato il profilo professionale di appartenenza) all'esito di una procedura valutativa selettiva, basata su elementi oggettivi: titoli professionali, risultati conseguiti e anzianità;
progressione verticale (con mutamento del profilo professionale di appartenenza) all'esito di una procedura di natura concorsuale, limitata ad un esiguo numero di posizioni.
Si segnala, inoltre, che l'attuale fase di revisione della situazione retributiva dei dipendenti dell'Enea, di cui il 50 per cento collocato nei profili professionali di «ricercatore» o «tecnologo», è da considerarsi applicativa del Contratto collettivo nazionale di lavoro 2002-2005, anche se attuata in un lasso di tempo successivo.
Va precisato, inoltre, che le predette procedure di progressione, definite con accordo sindacale del 13 dicembre 2007, tendono a riconoscere le maggiori professionalità acquisite dal personale nell'espletamento delle attività assegnate, e possono contribuire a rispondere positivamente ad attese pregresse, facilitando il processo di riassetto dell'ente che si determinerà in seguito alle prossime scelte legislative.
Per quanto riguarda l'attività di carattere programmatico, si evidenzia che, ai sensi della normativa vigente, il consiglio di amministrazione ed i vertici dell'Enea esercitano le funzioni ad essi attribuite, tra cui la definizione degli indirizzi programmatici dell'ente e la deliberazione sul piano triennale e sul piano annuale, nel rispetto dei tempi e delle previsioni della normativa in materia.
La stessa normativa prevede, inoltre, che i piani vengano approvati dal Ministro vigilante e dai Ministri con competenza in materia, garantendo, in tal modo, la rispondenza delle attività dell'Ente con gli orientamenti di politica energetica ed ambientale del Governo.
Si segnala, infine, che il 23 gennaio 2009 il Consiglio di amministrazione dell'Enea ha approvato il piano annuale 2009, tenendo conto sia dei recenti indirizzi di Parlamento e Governo in tema di nucleare da fissione, efficienza energetica, fonti rinnovabili, trasferimento tecnologico e sviluppo delle risorse umane e delle competenze di cui dispone l'ente medesimo, sia degli indirizzi generali di azione forniti in data 4 agosto 2008.
Il Ministero dello sviluppo economico, nella consapevolezza di dover dare efficienza all'azione svolta dall'Enea, anche al fine di assicurare la correttezza amministrativa, darà piena esecuzione alle norme e agli indirizzi contenuti nel disegno di legge A.S. 1195, così da preservare un'effettiva valorizzazione del patrimonio culturale e professionale dell'ente stesso, attraverso adeguati strumenti contrattuali.
Si evidenzia, infine, che il Ministero dello sviluppo economico continuerà a vigilare affinché, nelle more della approvazione del citato disegno di legge, che va a ridefinire la missione operativa dell'ente, non vengano svolte, da parte dei vertici dello stesso, attività che esulano dall'ordinaria amministrazione e che vadano a modificare la sua struttura organizzativa.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

BENAMATI, ARTURO MARIO LUIGI PARISI, MELIS, MARROCU, FADDA, CALVISI, SCHIRRU e PES. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
i prezzi del gas di petrolio liquefatto (GPL) nella regione Sardegna risultano particolarmente elevati. I consumatori sardi si trovano, da questo punto di vista, fortemente penalizzati in particolare tenendo conto che GPL e gasolio rappresentano gli unici combustibili disponibili nell'isola a causa della assenza del metano;
il problema degli elevati costi di questi combustibili non è solo un «volano

negativo» dell'intera economia isolana, ma costituisce un eccessivo peso per le famiglie della regione costrette, in particolare nei mesi invernali, a spese suppletive maggiori rispetto a quelle di molte altre parti del resto d'Italia;
i consumatori sardi spendono di «energia familiare» (somma di gasolio, GPL, energia elettrica) più di una qualsiasi famiglia pugliese o siciliana, dove peraltro le temperature sono simili e confrontabili con quelle della Sardegna;
tale dato è da considerarsi estremamente flessibile e tendente all'aumento poiché i prezzi del gasolio per riscaldamento e del GPL per uso domestico non sono sottoposti, da parte dello Stato, a controllo. Nell'isola, infatti, i prezzi sono stabiliti dal cosiddetto libero mercato, e vengono praticati, ufficialmente in funzione del solo prezzo del petrolio, a discrezione delle compagnie presenti sul territorio;
da uno studio condotto a livello nazionale nel novembre 2008, utilizzando come fonte le Camere di commercio italiane e semplici telefonate, si è appreso che, per quanto riguarda i prezzi delle bombole da 10 Kg, a fronte di un costo medio nazionale di euro 20,00 si ha un costo medio per la regione Sardegna di euro 24,07;
ponendo l'attenzione sul panorama italiano in generale, i risultati relativi ai prezzi medi praticati nelle vari parti del territorio, mostrano un'Italia così divisa: Nord Italia euro 22,89; Centro Italia euro 22,99; Sud Italia euro 17,14; Sicilia euro 12,93;
in questo occorre, comunque, rilevare come i dati riguardanti la Sardegna tengano conto della detrazione di 0,159 euro a kg sull'accisa, come previsto dalla normativa in essere per quelle zone d'Italia senza metano ritenute «energeticamente disagiate», come ad esempio i paesi di montagna e l'intera Sardegna;
più in generale i dati mostrano come il livello dei prezzi sardi, rispetto alla media nazionale ed a quella delle macro aree in cui possiamo suddividere il nostro Paese, sia notevolmente elevato;
questa anomalia assume aspetti di vera e propria ingiustizia verso la popolazione isolana con bassi redditi, soprattutto pensionati al minimo, cassintegrati e lavoratori precari;
quali siano le ragioni di base di tale differenza è materia di doveroso approfondimento tecnico;
sicuramente una prima ragione potrebbe essere collegata ad oneri logistici e di deposito anche se riguardo a ciò si potrebbe osservare, ad esempio, che l'elevata differenza in termini di costi tra Nord e Sud Italia non è riferibile ai diversi oneri logistici e di deposito degli operatori nel territorio nazionale. Né, in questo caso, può essere addebitata alla presenza o meno di altri sistemi energetici, dal momento che il Nord, ad esempio, è maggiormente metanizzato del Sud;
una seconda ragione di difformità potrebbe risiedere nel costo della materia prima rilasciata dai diversi depositi;
nel Mezzogiorno esistono due grandi depositi di GPL proveniente da giacimenti, uno a Gela dell'Eni, dove arriva quasi quotidianamente GPL dai giacimenti libici e uno nel napoletano, di proprietà della Liquigas, azienda francese della multinazionale Gaz de France, dove arrivano grandi quantità di GPL dai giacimenti algerini;
in Sardegna, nello specifico, si registra la presenza della Saras (il cui GPL viene però utilizzato per la maggior parte in lavorazioni chimiche negli impianti a valle della raffineria di proprietà della Polimeri Europa) e una sola azienda d'infustaggio e commercializzazione nella regione, la Butan Gas spa, che possiede linee, infrastrutture, autorizzazioni e che ha nel proprio deposito la tubatura collegata col porto industriale di Porto Torres per poter scaricare le navi;

le altre compagnie, quindi, come la stessa Liquigas e la Medea, azienda del gruppo Hera che ha in gestione la distribuzione dell'aria propanata per Sassari, sono acquirenti all'ingrosso per il GPL dalla Butan Gas;
l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha, nell'aprile scorso, deciso di avviare un'istruttoria nei confronti delle società Eni, Butan Gas, Fiamma 2000, Liquigas, Sarda Gas Petroli di Antonio Pisano & C. e Ultragas Tirrena, al fine di accertare se i loro comportamenti possano costituire un'intesa restrittiva della concorrenza nei mercati della vendita di GPL con danno ai consumatori;
a darne notizia è stata la stessa Antitrust con un comunicato, spiegando che l'avvio dell'istruttoria (che dovrebbe concludersi entro aprile 2009) era legato anche alle numerose segnalazioni che denunciavano un prezzo di vendita al dettaglio nell'isola quasi doppio rispetto al resto del territorio italiano -:
se il Ministro competente sia a conoscenza di quanto sopra esposta, ed in caso affermativo, quali misure intenda porre in atto per verificare in specifico quanto in oggetto e per far sì che il livello dei prezzi del GPL nella regione Sardegna si allinei quanto meno a quello delle regioni del Sud Italia, caratterizzate da medesimi condizioni economico sociali, al fine di evitare che un tale stato di cose continui ad arrecare grave pregiudizio all'economia ed alla popolazione residente nella regione.
(4-01947)

Risposta. - In relazione all'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
Il GPL per uso combustione, sul mercato internazionale, ha una propria quotazione che, seppure influenzata dall'andamento del prezzo del petrolio, non è strettamente dipendente da esso.
Fino al 1993, il prezzo del GPL, così come quello di tutti gli altri prodotti petroliferi, era stabilito con provvedimento del Comitato interministeriale prezzi. Successivamente, tale prezzo, per il principio di libera concorrenza e con delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) del 30 settembre 1993, è stato liberamente determinato dagli operatori.
In attuazione dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 128 del 2006 e del successivo «accordo di programma» in materia, presso il Ministero dello sviluppo economico è in corso un'attività di monitoraggio del GPL uso combustione, ai fini dello svolgimento delle attività di indirizzo strategico e programmatico del settore. Tale monitoraggio, che non ha come finalità la rilevazione dei prezzi del prodotto, è rivolto alla realtà operativa del settore ed alla verifica del rispetto delle norme in materia. I dati del monitoraggio evidenziano che, nella regione Sardegna, risultano in esercizio n. 10 impianti di GPL, dislocati, principalmente, nell'area nord e sud della regione (nelle province di Sassari e di Cagliari), che svolgono la propria attività, sia attraverso la distribuzione in bombole, che in piccoli serbatoi.
Come è già noto agli interroganti, con provvedimento del 24 aprile 2008, l'Autorità garante per la concorrenza del mercato ha avviato un'istruttoria per valutare «la sussistenza di fenomeni di distorsione della concorrenza nei mercati della vendita di GPL nella Regione Sardegna». L'Autorità, peraltro, avendo ricevuto dal Garante per la sorveglianza dei prezzi numerose segnalazioni di consumatori che denunciavano incrementi nei prezzi di vendita del GPL, anche con specifico riferimento alla Sardegna, ha deciso, con delibera del 22 gennaio 2009, di allargare l'indagine dalla Sardegna all'intero territorio nazionale. L'indagine, inoltre, non riguarda più solo le bombole, ma anche il GPL sfuso. L'istruttoria dell'Antitrust riguarda, in particolare, anche un possibile pregiudizio al commercio tra Stati membri dell'Unione europea, secondo la Comunicazione della Commissione 2004/C 101/07.
Quanto alla richiesta di adottare misure idonee a verificare l'andamento dei prezzi del GPL, si fa presente, al riguardo, che l'attività di rilevazione dei prezzi, svolta

dalle camere di commercio, su base provinciale, nell'ambito delle attribuzioni derivanti dall'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 28 giugno 1955, n. 620, è stata intensificata. Infatti, in data 4 marzo 2008, la direzione generale per la concorrenza ed i consumatori del Ministero dello sviluppo economico ha emanato una circolare, con la quale le Camere di commercio sono state sollecitate ad effettuare rilevazioni quindicinali dei prezzi al consumo, al fine di monitorare, con maggiore attenzione, il prezzo del prodotto e rendere più agevole, per i consumatori, la verifica di eventuali scostamenti del prezzo di fatturazione, rispetto al prezzo medio praticato nella medesima area provinciale e per la medesima tipologia di vendita.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

BERNARDINI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro per i rapporti con le regioni, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il numero elevato e in costante crescita della popolazione detenuta, che oggi sfiora le 60.000 presenze, produce un sovraffollamento insostenibile delle strutture penitenziarie, capaci di ospitarne in condizioni critiche circa 43.000. Come è facile immaginare, questo dato ha effetti dirompenti, tra l'altro, proprio sulle condizioni di salute dei reclusi;
la domanda di salute in carcere è in costante crescita: si è passati da oltre 25.500 detenuti del 1990 ai 55.000 del giugno 2008 (tra cui 2.410 donne, ossia il 4,4 per cento); ma se si considera il turn over degli arrestati e dei dimessi è evidente come l'offerta dei servizi sanitari coinvolga numeri vicini al doppio di quelli citati;
da un recente rapporto sulla sanità penitenziaria predisposto dalla Commissione Giustizia del Senato risulta che appena il 20 per cento dei detenuti risulta sano, mentre il 38 per cento di essi si trova in condizioni di salute mediocri, il 37 per cento in condizioni scadenti ed il 4 per cento in condizioni gravi e con alto indice di co-morbosità, vale a dire più criticità ed handicap in uno stesso paziente;
solo per limitarsi alle cinque patologie maggiormente diffuse, ben il 21 per cento dei detenuti è tossicodipendente, il 15 per cento ha problemi di masticazione, altrettanti soffrono di depressione e di altri disturbi psichiatrici, il 13 per cento soffre di malattie osteo-articolari e il 10 per cento di malattie al fegato; oltre al fatto che la stessa tossicodipendenza è spesso associata a Aids, epatite C e disturbi mentali;
la situazione drammatica della medicina penitenziaria è testimoniata dal fatto che l'organico dei sanitari, a fronte di una morbosità così elevata, continua ad essere ridotto all'osso in quanto composto da appena 15 medici, 183 infermieri e 5 assistenti sociali, per la metà, part-time, senza considerare che solo 15 istituti di pena dispongono di propri centri per diagnosi e terapia e che gli ospedali con reparti speciali per il ricovero dei reclusi sono rarissimi;
l'attuale insufficienza di risorse, di strumenti e di mezzi svilisce pertanto i servizi e la professionalità degli operatori sanitari operanti all'interno degli istituti di pena, oltre ovviamente a pregiudicare le attività di trattamento, cura e assistenza degli stessi detenuti;
paradossalmente questo quadro sconfortante sembra essersi aggravato a seguito del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008 recante «modalità e criteri per il trasferimento al Servizio Sanitario Nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in materia di Sanità penitenziaria», posto che: a) non risulta ancora essere stato costituito il Comitato paritetico previsto all'articolo 5, comma 2, del predetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri nonché il Tavolo di

Consultazione previsto nelle linee di indirizzo dello stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri; la stessa Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome, presso la quale il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri prevede siano costituiti i medesimi organismi, è ancora in attesa di ricevere i nominativi dei referenti del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali per poterli convocare; b) non risultano ancora essere state trasferite alle Regioni le risorse finanziarie per l'anno 2008, trasferimento previsto dall'articolo 6 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008; la proposta di riparto, che dovrà essere esaminata nella Conferenza Stato-Regioni, è infatti attualmente ferma presso il Ministero dell'economia e delle finanze;
l'applicazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri citato, comportando il trasferimento, a partire dal 1° ottobre 2008, della competenza della sanità penitenziaria dal Ministero della giustizia al Servizio Sanitario Nazionale, richiede pertanto una seria e radicale riorganizzazione del servizio, riorganizzazione da attuare al più presto previo passaggio dei soldi stanziati per il servizio sanitario penitenziario (84 milioni nel 2008) presso il Fondo sanitario nazionale e, quindi, previa ripartizione degli stessi tra le Regioni e, da queste, alle Asl, che hanno competenza territoriale sugli istituti;
nonostante il passaggio delle competenze al Servizio Sanitario Nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in materia di Sanità penitenziaria, non risultano ancora essere stati definiti modelli operativi adeguati all'assistenza in carcere, ciò anche considerato il fatto che le stesse Regioni sono ben lungi dall'essere attrezzate in modo da poter essere in grado di fornire i servizi medici nei penitenziari, così come peraltro ancora ambigua risulta la gestione dei relativi contratti di lavoro e ruoli professionali;
peraltro è innegabile che, rispetto al passato, il potenziamento ed il miglioramento della medicina penitenziaria richieda medici ed infermieri qualificati professionalmente, motivati economicamente e rafforzati nella loro dignità professionale, obiettivi tutti raggiungibili attraverso il giusto e doveroso riconoscimento della legittima esistenza della Medicina Penitenziaria quale settore della medicina dotato di una sua specificità al pari dei Ser.T, della Psichiatria, della Cardiologia e della Medicina Legale;
da questo punto di vista occorre pertanto evitare il rischio che la medicina penitenziaria, inserita all'interno del S.S.N., possa perdere la sua specifica identità; al contrario, sarà indispensabile utilizzare questo passaggio di competenze dal Ministero della giustizia al S.S.N. per cercare di valorizzare il patrimonio di conoscenze, competenze ed esperienze specifiche dei medici e degli infermieri che operano da tanto tempo all'interno delle strutture penitenziarie;
in sede di approvazione della Legge Finanziaria, l'interrogante ha già presentato un ordine del giorno, poi accolto dal Governo previa riformulazione, nel quale si chiede all'Esecutivo di valutare l'opportunità di adottare provvedimenti volti a consentire l'assunzione di personale sanitario all'interno delle strutture penitenziarie nonché adeguati stanziamenti di bilancio per l'amministrazione penitenziaria, tali da garantire la funzionalità dei servizi relativi all'assistenza sanitaria ai detenuti -:
quali iniziative i Ministri in indirizzo intendano adottare al fine di dare completa ed immediata attuazione al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008 recante «modalità e criteri per il trasferimento al Servizio Sanitario Nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in materia di Sanità penitenziaria», a partire dalla immediata costituzione, presso la Conferenza permanente per i rapporti tra

lo Stato, le regioni e le Province autonome, sia del Comitato paritetico sia del Tavolo di Consultazione, organismi entrambi previsti nel predetto decreto e necessari per dare allo stesso omogeneità di applicazione operativa;
se il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, non intenda indicare senza ulteriori indugi i nominativi dei referenti del ministero così come previsto dal citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008, ciò al fine di consentire alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome, di poterli convocare al più presto;
se ed in che misura il Ministro dell'Economia e delle finanze intenda dare avvio alla proposta di riparto tra le Regioni dei soldi stanziati per il servizio sanitario penitenziario, proposta che deve essere poi esaminata nella Conferenza Stato-Regioni, con ciò sbloccando l'iter del trasferimento dei predetti stanziamenti alle Regioni medesime ex articolo 6 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008;
quali iniziative il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali intenda adottare, nel passaggio delle competenze della medicina penitenziaria al S.S.N., al fine di valorizzare le esperienze e le competenze specifiche dei medici e degli infermieri operanti all'interno delle strutture penitenziarie, ciò magari anche attraverso l'esplicito riconoscimento della Medicina penitenziaria quale branca medica autonoma al pari delle altre già esistenti.
(4-01659)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame entro l'ambito di competenza istituzionale di questo ministero.
Il protocollo di accordo, di cui all'articolo 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008, concernente la definizione delle forme di collaborazione relative alle funzioni di sicurezza, nonché i principi ed i criteri di collaborazione tra l'ordinamento sanitario e quello penitenziario e della giustizia minorile, è stato condiviso, in sede tecnica, dalla conferenza unificata nella seduta del 16 settembre 2008.
Il 20 novembre 2008 la Conferenza permanente fra lo Stato, le regioni e le province autonome ha approvato il protocollo.
Nel protocollo sono individuati gli strumenti di collaborazione interistituzionale ed il monitoraggio e la valutazione degli interventi attuativi (Osservatorio permanente sulla sanità penitenziaria con rappresentanti delle regioni, dell'amministrazione penitenziaria e della giustizia minorile).
Questo Ministero ha provveduto ad indicare i nominativi dei propri referenti nell'ambito del tavolo di consultazione e del Comitato paritetico, che si sono insediati in data 12 febbraio 2009.
Il primo organismo ha «l'obiettivo di garantire l'uniformità nell'intero territorio nazionale degli interventi e delle prestazioni sanitarie e trattamentali nei confronti dei detenuti, degli internati e dei minorenni sottoposti a provvedimento penale», come specificato nell'articolo 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008.
Il comitato paritetico dovrà provvedere all'attuazione delle linee guida per gli interventi negli ospedali psichiatrici giudiziari e nelle case di cura e custodia, di cui all'allegato C dello stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
Il compito del Comitato è quello di predisporre gli strumenti necessari per supportare il programma di superamento graduale degli ospedali psichiatrici giudiziari e per favorire forme di collaborazione tra il Ministero della giustizia ed il servizio sanitario a livello nazionale, regionale e locale.
Secondo quanto stabilito dai citato protocollo di accordo, questo Ministero parteciperà alla stesura degli accordi di programma previsti, con l'obiettivo di ottimizzare ed implementare gli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione a tutela della salute dei detenuti.


Inoltre, nell'ambito del comitato di monitoraggio sull'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, istituito presso questo Ministero, verranno condotti nel corso del 2009 specifici approfondimenti sulle modalità adottate in ogni regione per il trasferimento delle competenze in materia di assistenza sanitaria ai detenuti.
La particolare attenzione del Ministero per l'assistenza sanitaria in ambito penitenziario, sia dal punto di vista programmatico sia dal punto di vista delle risorse finanziarie dedicate, ha determinato l'inserimento di tale tematica tra gli obiettivi prioritari del piano sanitario nazionale per l'anno 2009, individuati con l'accordo approvato il 25 marzo 2009 dalla conferenza Stato-regioni.
Fatta salva l'autonomia delle regioni in merito al percorso da seguire per dare attuazione al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri già citato, il piano suggerisce in materia alcune priorità:
1) Tutela della salute delle donne detenute e della loro prole.
Il mondo femminile presente nelle carceri fa emergere aspetti di forte fragilità, soprattutto per le detenute con problemi di tossicodipendenza e per quelle affette da malattie virali e a trasmissione sessuale.
Sono necessari pertanto percorsi di tipo sanitario (controlli ginecologici e profilassi dei tumori femminili), d'informazione, di preparazione al parto, di sostegno allo sviluppo corretto del bambino, attraverso l'assistenza pediatrica e i servizi di puericultura, formulati in relazione alle specifiche caratteristiche degli istituti penitenziari presenti sui territori regionali.
2) Salute dei minori.
La salute fisica e psichica e il reinserimento sociale dei minori sottoposti a provvedimenti penali sono obiettivi prioritari di natura etica e giuridica.
Si auspica, pertanto, che le regioni adottino dei progetti mirati alla cura e prevenzione delle infermità fisiche e psichiche dei giovani detenuti, al loro recupero da tutte le forme di dipendenza e alla presa in carico del minore da parte di strutture idonee, dal momento della sua uscita dall'istituto fino al pieno recupero sociale.
3) Sistema informativo.
Lo strumento informatico è fondamentale per la rilevazione epidemiologica negli istituti, l'unico in grado di fornire e aggiornare i dati sulla prevalenza e incidenza degli stati patologici e sulle condizioni che ne favoriscono l'insorgenza o ne ostacolano la cura.
Appare essenziale inoltre anche per la gestione della cartella clinica, che segue il detenuto nei suoi eventuali trasferimenti fra istituti penitenziari e che perviene da ultimo alle strutture sanitarie territoriali dopo la sua scarcerazione.
I progetti regionali dovranno garantire il colloquio fra i sistemi informatici ai diversi livelli, (Aziende sanitarie locali, regioni, Stato), in modo da costituire una rete nazionale a disposizione dei ricercatori ed operatori.
4) Salute mentale.
Le patologie mentali manifestatesi nel corso della detenzione sono una realtà diffusa che richiede misure preventive per la rimozione dei fattori oggettivi e ambientali che ne sono concausa.
È necessaria anche, alla scadenza della pena, un'azione costante di cura e riabilitazione che prosegua sul territorio a carico delle strutture dedicate fino al recupero sociale del paziente.
Inoltre, la priorità della salute mentale ha reso opportuna la destinazione di risorse aggiuntive per la «promozione di attività di integrazione tra dipartimenti di salute mentale e ospedali psichiatrici giudiziari», che sono state previste dal decreto ministeriale 23 dicembre 2008.
Il decreto citato ha destinato 5 milioni di euro ai progetti presentati dalle regioni e province autonome incoerenza all'allegato C del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008, che definisce le «Linee di indirizzo per gli interventi negli ospedali psichiatrici giudiziari e nelle case di cura e custodia».

Ai fini dell'accesso al cofinanziamento, i progetti presentati devono essere finalizzati a:
definire programmi operativi, tra il Dipartimento di salute mentale (DSM) della Azienda sanitaria locale e l'ospedale psichiatrico giudiziario presente nel territorio di competenza, i quali prevedano la dimissione degli internati che hanno concluso la misura di sicurezza;
attivare una struttura organizzativa autonoma, nell'ambito del DSM della Azienda sanitaria locale dove è presente l'ospedale psichiatrico giudiziario, che svolga funzioni di raccordo con le ASL regionali ed extraregionali di provenienza dei singoli internati ospitati presso l'ospedale psichiatrico giudiziario. L'attività della struttura è finalizzata alla predisposizione di piani di trattamento concordati per il reinserimento degli internati nel territorio di provenienza;
definire, tra la regione titolare di ospedale psichiatrico giudiziario e le regioni limitrofe, programmi di cura, di riabilitazione e recupero sociale per ciascun internato, per realizzare unitamente ai servizi sociali e sanitari il programma di ulteriore decentramento nelle regioni di provenienza;
avviare, all'interno dell'osservatorio regionale, l'attività di monitoraggio della fase di passaggio di competenza dalla sanità penitenziaria al servizio sanitario nazionale.

Il Viceministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali: Ferruccio Fazio.

BERNARDO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
risulta essere prassi di talune procure regionali della Corte dei conti svolgere indagini volte ad appurare supposti profili di danno erariale aventi ad oggetto anche periodi risalenti nel tempo e finanche palesamente anteriori a termini di prescrizione già maturati, con la conseguenza di far permanere aperti pressoché indefinitivamente taluni procedimenti, a dispetto delle più elementari esigenze di certezza dei tempi, speditezza, efficienza ed efficacia dell'attività medesima;
in particolare la generalizzazione di quelle che all'interrogante appaiono malintese esigenze investigative ha portato alla proliferazione presso le procure in questione di un numero che appare anomalo di procedimenti aventi ad oggetto ogni contratto di collaborazione stipulato presso i ministeri (con esiti già in passato smentiti in sede processuale) ed in special modo, presso il Ministero dell'economia e della finanze, al punto di coinvolgere persino le condotte risalenti ad oltre sei anni or sono;
tale ultima situazione ha portato a reiterate richieste di acquisizione di atti ed informazioni formulate, a quanto risulta agli interroganti, in maniera indiscriminata, al punto di ricomprendere tutti i contratti di collaborazione professionale stipulati dal 2002 ad oggi, con evidente, ad avviso dell'interrogante, superamento dei limiti di legge di prescrizione, e con il risultato di far proliferare oltre misura il numero di tali accertamenti fino a coinvolgere centinaia di rapporti, talvolta riguardanti o soggetti ormai a riposo, ovvero che rappresentano il nostro paese nei più importanti organismi internazionali e persino, a quanto risulta all'interrogante, coinvolgendo persone ormai decedute;
tale attività di indagine, per quanto risulta all'interrogante, si traduce di fatto nella monopolizzazione dell'attività delle principali strutture amministrative chiamate a fronteggiare le emergenze dettate dalla recente crisi finanziaria globale, alle quali viene imposta la produzione di atti, documenti ed informazioni anche di non agevole reperimento così costringendo più di cento dirigenti, oltre ad un numero imprecisato di impiegati, a dedicarsi esclusivamente a tali compiti anziché alle mansioni di istituto, particolarmente preziose nell'attuale congiuntura;
tale situazione, sempre a quanto risulta all'interrogante, recentemente aggravata per la diffusione indiscriminata, per la persistenza nel tempo, per il suo carattere

sistematico e per le modalità con le quali viene gestita, finisce di fatto per ledere comunque l'onorabilità dei dirigenti coinvolti e rischia di compromettere l'attività istituzionale delle strutture amministrative interessate, tanto da determinare, come comprensibile reazione difensiva, l'astensione dal continuare ad avvalersi di collaborazioni professionali pur indispensabili per mantenere inalterato il livello di produttività finora assicurato, con pregiudizio quindi per la stessa capacità operativa richiesta -:
se non intenda adottare iniziative di propria competenza in relazione alla situazione descritta in premessa;
se non intenda farsi promotore di iniziative normative per evitare il ripetersi di situazioni analoghe.
(4-02266)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo parlamentare in esame, si fa presente che il Segretario generale della Corte dei conti, interpellato al riguardo, ha comunicato quanto segue.
Per quanto concerne la Procura regionale della Corte dei conti per il Lazio, non esiste alcuna prassi relativa allo svolgimento di indagini pregiudizialmente volte ad appurare supposti profili di danno erariale, né, tanto meno, a prendere in considerazione rapporti per i quali i termini di prescrizione dell'azione del pubblico ministero sarebbero da tempo maturati.
L'apertura delle istruttorie avviene sempre sulla base di denunce pervenute all'ufficio, di esposti di cittadini o di associazioni di categorie o sindacati ovvero da articoli di stampa su fatti riguardanti casi di danno erariale, sempre più frequenti se si tiene conto del fatto che le denunce da parte degli organi delle amministrazioni che vi sarebbero obbligate per legge sono sempre assai rare. Basti ricordare che la situazione è rimasta pressoché la stessa anche dopo una nuova circolare in materia del Procuratore generale della Corte dei conti nel 2007, diretta a tutte le amministrazioni pubbliche.
Per le fattispecie riguardanti il ministero dell'economia e delle finanze, di cui si fa cenno nell'interrogazione occorre, preliminarmente, rilevare che, anche con riguardo a notizie apparse di recente sulla stampa, intuibilmente ad iniziativa di soggetti coinvolti negli accertamenti, è del tutto inverosimile che si sia dato corso ad un numero di procedimenti anomalo avente, perfino, ad oggetto «ogni» contratto di collaborazione stipulato presso il ministero, come presso altri dicasteri, addirittura per insistere su casi analoghi a quelli che sarebbero stati asseritamente «smentiti» in passato in sede processuale.
La vicenda alla quale fa riferimento l'interrogante, per il suddetto ministero, riguarda una denuncia inoltrata nell'ottobre 2003 alla Procura regionale da una organizzazione sindacale, nella quale si lamentava un numero eccessivo di incarichi e consulenze, definito «una inarrestabile proliferazione di consulenti esterni sempre più presenti, adibiti ad attività già riservate ai dipendenti interni» progressivamente deprivati delle loro funzioni e dei loro ruoli lavorativi e spesso chiamati a svolgere compiti tali da sovrapporsi in modo superfluo a quelli del personale interno, con conseguente aggravio di spesa per la pubblica amministrazione.
L'istruttoria si è protratta effettivamente per anni, a causa di risposte non esaurienti alle richieste di informazioni e documentazioni avanzate dal magistrato istruttore nell'ambito dei suoi poteri quale pubblico ministero contabile, ed è pervenuta, solamente lo scorso anno, allo scorporo dall'unico procedimento iniziale in tanti singoli procedimenti quanti risultavano i casi ricavabili dai dati forniti dallo stesso Ministero attraverso gli elenchi trasmessi, essendo necessario verificare, per ognuna delle fattispecie, le reali risultanze in ordine alle eventuali responsabilità: in totale n. 199 istruttorie.
Di esse alla data odierna circa settanta sono state archiviate, in gran parte dopo l'esame delle deduzioni fornite dai soggetti destinatari degli inviti a dedurre e della documentazione trasmessa dall'amministrazione. Gli atti di citazione finora emersi ed in corso di notifica sono circa dieci.


Nulla, comunque, autorizza ad interpretare tale normale attività istruttoria, sicuramente doverosa in ordine alle ipotesi di danno emergente, come uno sconfinamento dell'attività della Procura nell'esercizio di funzioni proprie dell'attività di controllo, né, tanto meno, a far pensare ad una attività istruttoria cosiddetta «a tappeto», addirittura riferibile ad ipotesi preconfezionate o a programmi prestabiliti.
L'azione della Procura regionale, in ogni caso, si mantiene sempre nell'ambito delle proprie funzioni, che, comunque, come è evidente per la natura stessa degli accertamenti che competono al magistrato requirente, non può non riferirsi a tutti gli aspetti che la fattispecie venuta al suo esame comporta, tenendo sempre ben presenti i principi affermati al riguardo dalla Corte costituzionale con le note sentenze n. 100 del 1995 e n. 337 del 2005.
Anche nelle fattispecie sopra indicate l'istruttoria ha riguardato e riguarda fatti o notizie che hanno fatto presumere comportamenti di pubblici funzionari ipoteticamente configuranti illeciti produttivi di danno erariale ed è stata diretta ad acquisire atti e documenti precisamente individuabili, perché riguardanti uno specifico e limitato settore di attività del ministero ed in un tempo assolutamente circoscritto. Allorché l'istruttoria ha riguardato anni ormai decorsi - e non poteva non essere diversamente strutturata - e un periodo di tempo eccedente il singolo anno del conferimento dell'incarico o della consulenza, va considerato che in molti casi gli incarichi stessi sono stati via via reiterati di anno in anno, fino ad epoca recente, tanto da apparire, in alcuni casi, come assunzioni di fatto nonostante i divieti di legge, e senza risultati utili per l'amministrazione.
Quanto agli adempimenti richiesti all'amministrazione per l'invio di atti e documenti da esaminare, pur dando atto dell'impegno richiesto per un numero elevato di casi, si osserva che è comunque dovere dell'amministrazione stessa di corrispondere a richieste a fini di giustizia e che, laddove esse comportino operazioni difficoltose o che richiedano lungo tempo, è sempre possibile rappresentare tali impedimenti al magistrato inquirente per ottenere tutte le necessarie proroghe, sempre nei limiti dell'esigenza di impedire il decorso dei termini di prescrizione dell'azione.
È appena il caso di soggiungere che l'accenno a possibili pregiudizi per l'onorabilità dei dirigenti è assolutamente spropositato ed ingiustificato, rimanendo sempre inderogabile il dovere di riserbo degli interessati e di tutti i servizi dell'amministrazione interessati alla trattazione dei fascicoli.
Quanto all'estensibilità della ipotesi di responsabilità in taluni casi agli eredi di funzionari deceduti, va osservato che essa rappresenta una scelta tecnica obbligata al fine di verificare l'applicabilità della normativa in materia anche nella prospettiva della sua costituzionalità.
Dal magistrato inquirente, pertanto, è stata prospettata alla sezione giurisdizionale la questione di illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, riguardante «disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti». Dall'organo giurisdizionale la questione potrà essere sottoposta alla Corte costituzionale nel caso in cui essa venga ritenuta rilevante e non manifestamente infondata.
Da ultimo si pone in rilievo che l'attività inquirente finora svolta in relazione al conferimento ed alla esecuzione di incarichi di consulenza risulta in linea con la giurisprudenza in materia della Corte dei conti, da ultimo sinteticamente richiamata dal Presidente della sezione giurisdizionale per il Lazio nella relazione redatta in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario 2009.

Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Elio Vito.

BERTOLINI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la finanza islamica e un'insieme di strumenti basati sull'etica del Corano che, secondo alcuni, garantirebbe ai musulmani in Italia un sistema bancario adatto

alle loro esigenze e un canale preferenziale per gli investimenti arabi nel nostro Paese;
Hatem Abu Said, funzionario della Islamic International Bank of London, ha ricevuto l'incarico di avviare contatti con il Governo e con la Banca d'Italia per ottenere l'autorizzazione all'apertura di una filiale in Italia;
la possibilità dell'entrata delle banche islamiche nel sistema economico e finanziario italiano nasconde però molte difficoltà, prima fra tutte il fatto che questo sistema bancario straniero si ispira a regole totalmente diverse dalle nostre ed in particolare si basa su quattro principi dettati e interpretati dalla Sharia:
1. il divieto di pagamento di interessi e di profitto sul denaro, che viene definito impropriamente con il termine «usura», comporta anche l'inesistenza di prestiti come i mutui e di molti tipi di investimento;
2. il divieto di investire in attività che comportino irragionevole incertezza ed il cosiddetto rischio;
3. il divieto di speculazione;
4. il divieto di investire in attività economiche non autorizzate dal Corano come armi, pornografia e gioco d'azzardo;
queste norme, oltre a non rispettare il principio di non interferenza di laicità dello Stato e dell'economia, viola il principio fondamentale del liberismo, della libertà di rischio ed investimento del cliente su cui è basato il nostro sistema economico, finanziario e bancario;
un rapporto della Guardia di finanza italiana ha evidenziato come in alcuni Paesi del mondo esistano legami tra Banche islamiche e società produttive, Ong, organizzazioni caritatevoli, di mutua assistenza islamica, che spesso finanziano il fondamentalismo islamico;
i fondatori delle prime Banche islamiche, nate circa 50 anni fa, sono Abul Àla Mawdudi e Sayyed Qutb, note personalità fondamentaliste con importanti ruoli all'interno dei Fratelli Musulmani;
si delinea il pericoloso sospetto che i soldi investiti in queste banche si affianchino, all'imposta legale musulmana e ai doni privati per finanziare l'attività terroristica nel mondo contro l'Occidente;
il fenomeno della raccolta di denaro per finanziare iniziative terroristiche era già stato sottolineato in passato dal monitoraggio delle attività dei «money transfer», ovvero il trasferimento di denaro all'estero da parte di cittadini stranieri e clandestini residenti nel nostro paese;
la mancata chiarezza riguardo la provenienza e la destinazione dei fondi raccolti dalle comunità musulmane era già stata rimarcata più volte, riguardo gli ingenti finanziamenti fantasma per la costruzione di varie moschee nelle città del nord;
la finanza islamica potrebbe risultare uno strumento utilizzato anche dalle forze integraliste, che intendono sfruttare l'eccessiva disponibilità, l'ingenuità e la tolleranza dei Paesi occidentali -:
se i Ministri siano a conoscenza di quanto riportato e se ritengano opportuno fornire tutti gli elementi a loro disposizione;
come giudichino l'eventualità che nel nostro Paese possa essere autorizzata l'apertura di filiali di banche islamiche e, in conseguenza quali iniziative intendano adottare, in collaborazione con la Banca d'Italia, per prevenire i potenziali pericoli derivanti da questo fenomeno;
se non ritengano necessario controllare e raccogliere informazioni sui presunti legami tra la finanza islamica ed il finanziamento di organizzazioni terroristiche, per proteggere i cittadini ed i risparmiatori da inganni, truffe e facili investimenti.
(4-01371)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione indicata in oggetto, concernente l'eventuale apertura di una filiale italiana

di banche, la cui operatività è conformata ai principi islamici della Sharia. In particolare, si chiede quali iniziative si intendano adottare per prevenire potenziali pericoli derivanti dai legami tra banche «islamiche» e organizzazioni terroristiche.
Al riguardo, occorre premettere che la legislazione italiana, in linea con gli standard internazionali e le disposizioni comunitarie, contiene norme specifiche per il contrasto del finanziamento del terrorismo (decreto legislativo 22 giugno 2007, n 109, recante misure per prevenire, contrastare e reprimere il finanziamento del terrorismo e l'attività dei paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale, in attuazione della direttiva 2005/60/CE). In ottemperanza agli obblighi internazionali assunti, presso il Ministero dell'economia e delle finanze è stato istituito il comitato di sicurezza finanziaria (CSF), il quale ha il compito di coordinare le attività svolte nel settore dalle varie autorità che lo compongono.
La banca d'Italia è coinvolta nell'attività di analisi del fenomeno del finanziamento al terrorismo e di scambio di informazioni, tra le istituzioni rappresentate nel comitato di sicurezza finanziaria, in quanto fornisce il proprio contributo tecnico e svolge un ruolo di interlocutore con il sistema bancario e finanziario.
In proposito, la segreteria del comitato interministeriale per il credito ed il risparmio, sentita la Banca d'Italia, ha comunicato che in via generale, la procedura di autorizzazione all'attività bancaria è disciplinata dal decreto legislativo 10 settembre 1993, n. 385 (testo unico bancario) e dalle vigenti istruzioni di vigilanza, che disciplinano anche l'operatività in Italia di banche comunitarie ispirandosi, in osservanza della normativa comunitaria applicabile in materia, ai principi del «mutuo riconoscimento» e dell'
home country control.
Sulla base di tali principi, le banche comunitarie, che intendono esercitare in Italia attività ammesse al mutuo riconoscimento tramite l'istituzione di proprie succursali ovvero in regime di libera prestazione di servizi senza stabilimento, notificano tale intendimento all'Autorità competente del paese d'origine, che rimane responsabile della loro solidità patrimoniale, mentre è demandata alla banca d'Italia la valutazione della situazione di liquidità delle succursali.
L'inizio dell'operatività in Italia è subordinato al ricevimento da parte della banca d'Italia della comunicazione preventiva dell'autorità competente dello stato d'appartenenza. Le banche comunitarie operanti m Italia sono in ogni caso soggette all'osservanza delle norme nazionali in materia di contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo.
Con riferimento al primo insediamento in Italia di succursali di banche extracomunitarie, la vigente normativa prevede il rilascio dell'autorizzazione da parte della Banca d'Italia, sentito il Ministero degli affari esteri. Per le valutazioni di competenza, la Banca d'Italia tiene conto tra l'altro dell'adeguatezza del sistema dei controlli esercitati nel paese d'origine e delle condizioni di reciprocità. Tali succursali sono sottoposte alle medesime regole di vigilanza applicabili alle banche italiane, in quanto «banche autorizzate in Italia», ai sensi dell'articolo 1, comma 2, lettera
d) del testo unico bancario.
Allo stato, non risultano autorizzate in Italia banche cosiddette «islamiche», né risultano pervenute alla banca d'Italia notifiche di apertura di succursali, sul territorio nazionale, da parte di intermediari finanziari comunitari della specie.
In base alle notifiche pervenute alla Banca d'Italia, ai sensi dell'articolo 16 del citato testo unico bancario, risultano operanti in Italia, in regime di libera prestazione di servizi, tre intermediari inglesi, la cui operatività è conforme al diritto islamico («
Bank of London and the Middle east PLC», «European Islamic Investment Bank PLC» e «European Finance House Ltd»).
Per quanto riguarda, poi, la lotta al terrorismo, si fa presente che il Corpo della guardia di finanza riveste un ruolo specialistico per il contrasto del fenomeno sotto il profilo finanziario.
Le strategie di contrasto al finanziamento del terrorismo, a prescindere dalla

matrice ideologica, muovono dalla considerazione che il fenomeno strutturalmente si può presentare sotto una duplice veste, a seconda che i fondi utilizzati per sostenere il compimento di atti eversivi abbiano un'origine lecita o illecita.
Le linee di intervento passano attraverso la ricostruzione sistematica dei beni patrimoniali e dei flussi finanziari ricollegabili a tutte le persone e le società inserite nelle
black list e/o indiziate di far parte di organizzazioni di stampo terroristico oppure attraverso l'effettuazione d'ispezioni mirate nei confronti delle agenzie di money transfer, allo scopo di fare luce sui movimenti di capitali da e verso l'estero, veicolati tramite questi circuiti paralleli al mondo bancario, che sono ormai ramificati sul territorio e movimentano masse consistenti di denaro oltre frontiera, molte volte senza un adeguato filtro di prevenzione e di collaborazione attiva con la trasmissione delle segnalazioni di operazioni sospette.
Complessivamente, nel confronti delle agenzie di
money transfer, nel periodo gennaio 2005-settembre 2008 sono stati eseguiti 2.131 interventi, in esito ai quali sono stati segnalati all'autorità giudiziaria 1.647 casi di esercizio abusivo dell'attività di intermediazione finanziaria.
L'operazione
easy Money, avviata dalla Procura della Repubblica di Ancona, anche sulla base di specifici indirizzi della Direzione nazionale antimafia, e condotta dal locale Nucleo polizia tributaria di Ancona in stretto coordinamento con il Nucleo speciale polizia valutaria, ha consentito di pervenire alla scoperta di 410 sub agenzie abusive di servizi di pagamento ed alla denuncia di oltre 400 responsabili.
Giova precisare che sul sito internet della Guardia di finanza italiana è pubblicato uno studio concernente «il finanziamento al terrorismo internazionale di matrice islamica» che, sulla base di un rapporto di analisi d'intelligente elaborato nel 2002, svolge degli approfondimenti sull'analisi della presenza musulmana in Italia e del sistema bancario e finanziario utilizzato dal mondo islamico.
Lo studio in questione risponde all'esigenza di indirizzare lo sviluppo della ricerca informativa e dell'attività operativa nello specifico settore.
Sulla questione il Ministero dell'interno ha comunicato che le risultanze delle più recenti indagini investigative, in ambienti dell'estremismo islamico, dimostrano che le modalità di finanziamento variano a seconda dell'area di origine, della matrice ideologica e degli scopi perseguiti da ciascun sodalizio fondamentalista.
Il ricorso a reati comuni rimane, comunque, la forma di finanziamento illegale più diffusa.
Forma di finanziamento legale, anche se non sempre spontanea, è la cosiddetta
zakat (elemosina per i bisognosi), praticata da diverse organizzazioni musulmane culturali e/o assistenziali.
Al momento, le indagini in corso sulle cosiddette «banche islamiche», sulla possibilità di finanziamento attraverso circuiti internazionali di appartenenti ad ambienti dell'integralismo islamico presenti in Italia, non hanno portato ad alcun esito rilevante.
Il risparmio e le connesse attività finanziarie rappresentano un tema rilevante per il sistema bancario italiano con riflessi evidenti anche sulla sicurezza del paese, connessi all'esigenza di mantenere tale flusso di denaro nel quadro sistemico, per sottoporlo innanzi tutto al controllo delle competenti autorità monetarie.

Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Nicola Cosentino.

BOCCI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 26 del decreto-legge n. 112 del 2008 prevede la soppressione, entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione, di una lunga serie di enti pubblici non economici con meno di 50 addetti;
in questo lungo elenco figurano molti enti inutili e altri che rappresentano invece da molti anni l'eccellenza del Paese in campo culturale, scientifico e storico;

rischiano in questo modo di scomparire la Fondazione Festival dei Due Mondi di Spoleto, l'Accademia dei Lincei e il Museo storico della Liberazione di Via Tasso a Roma;
saranno esclusi da tale soppressione, ai sensi del citato articolo 26, gli enti indicati in appositi decreti ministeriali -:
quali provvedimenti il Ministro intenda adottare per evitare la soppressione degli enti sopra citati e porre rimedio a questo provvedimento assolutamente discutibile.
(4-03054)

Risposta. - In riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, concernente l'attuazione delle disposizioni recate dall'articolo 26 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, si illustrano di seguito i contenuti della citata norma nonché gli adempimenti osti in essere, per quanto di sua competenza, dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione.
In via preliminare si precisa che, ai fini della riduzione del numero degli enti pubblici non economici, la norma in esame prevede un meccanismo di soppressione
ex lege dei suddetti enti pubblici statali non economici destinato ad operare in via automatica in assenza dell'adozione di un provvedimento di conferma degli enti con meno di 50 unità di personale (prima fase: cfr. articolo 26, primo comma, primo periodo) e di regolamenti di riorganizzazione per gli altri enti (seconda fase: cfr. articolo 26, primo comma, secondo periodo).
La prima fase si è conclusa con l'emanazione del decreto dei Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa del 19 novembre 2008 con il quale, tenuto conto delle segnalazioni pervenute dai ministeri vigilanti, sono stati confermati nove enti.
Al riguardo si sottolinea che altri enti, fra i quali può annoverarsi anche il Museo storico della liberazione di via Tasso, sono stati confermati invita dallo stesso articolo 26, primo comma, primo periodo, che ha, infatti, escluso espressamente dal suo ambite di applicazione gli ordini professionali e loro federazioni, le federazioni sportive e gli enti non inclusi nell'elenco ISTAT pubblicato in attuazione del comma 5 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, gli enti la cui funzione consiste nella conservazione e nella trasmissione della memoria della resistenza e delle deportazioni, anche con riferimento alle leggi 20 luglio 2000, n. 211, istitutiva della Giornata della memoria, e 30 marzo 2004, n. 92, istitutiva del Giorno del ricordo, nonché le autorità portuali, gli enti parco e gli enti di ricerca.
In ordine alla seconda fase di attuazione della citata norma, si sottolinea, in via preliminare, che le altre amministrazioni coinvolte nell'attuazione della norma in commento sono i Ministri per la semplificazione normativa e per l'attuazione del programma di Governo (quali coproponenti, insieme al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, dei regolamenti di riordino da emanare ai sensi dell'articolo 2, comma 634, della legge finanziaria per il 2008) nonché il Ministero dell'economia, e delle finanze e il Ministero che, nel caso specifico, svolge funzioni di vigilanza sull'ente da riorganizzare (quali amministrazioni concertanti ai sensi della medesima norma).
Al fine di dare attuazione alla norma con la massima sollecitudine, il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione ha provveduto a:
predisporre una circolare (circolare n. 9 del 20 ottobre 2008) recante alcuni criteri interpretativi dell'articolo 26, comma 1, primo e secondo periodo;
coordinare i procedimenti volti alla emanazione dei regolamenti di riordino degli enti, invitando i Ministeri interessati ad approntare gli schemi regolamentari per gli enti da essi vigilati ed istruendo detti schemi congiuntamente ai competenti uffici delle amministrazioni coproponenti e concertanti.
Nell'ambito della seconda fase, fatte salve eventuali modifiche dell'articolo 26, sono, dunque, determinanti le iniziative dei

Ministeri vigilanti, i quali, infatti, devono provvedere a predisporre gli schemi regolamentari di riordino degli enti in questione. Al riguardo si segnala che la Fondazione Festival dei due mondi e l'Accademia dei Lincei sono vigilati dal Ministro per i beni e le attività culturali e il Museo storico della liberazione dal Ministro dell'istruzione, università e ricerca.
Da quanto chiarito, si evince, quindi, che il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione ha provveduto ad assumere, con tempestività e completezza, le iniziative rimesse alla sua competenza necessarie a dare attuazione alla norma.

Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

BORDO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il 29 settembre 2004, su richiesta del Ministro per le politiche agricole pro tempore, è stata inserita la realizzazione della diga di Piano dei Limiti, a servizio dei territorio pugliese, nella dotazione finanziaria assegnata alla Regione Puglia dal Cipe;
il progetto dell'opera pubblica, redatto nel 1983 dal Consorzio per la Bonifica della Capitanata, prevede la costruzione di un invaso sul fiume Fortore, a valle della diga di Occhito, per la raccolta dell'acqua di alcuni affluenti minori del citato fiume;
il Consorzio per la Bonifica della Capitanata, che dovrebbe realizzare e gestire l'impianto, stima una capacità d'accumulo di 42 milioni di metri cubi d'acqua che sommergerebbero 505 ettari: 285 in Puglia, nei Comuni di Casalnuovo Monterotaro (197), Carlantino (76) e Celenza Valfortore (12); 220 in Molise, nei territori di Collotorto (214) e San Giuliano di Puglia (6);
la costruzione della diga di Piano dei Limiti compenserà, seppure parzialmente, il prelievo dalla diga di Occhito di 64 milioni di metri cubi d'acqua effettuato dall'Acquedotto pugliese per garantire gli usi civili nella provincia di Foggia, e di 20 milioni di metri cubi d'acqua consumati dalle industrie locali: prelievi entrambi non previsti all'epoca della costruzione dell'invaso, progettato e realizzato ad esclusivo servizio dell'agricoltura;
l'invaso di Piano dei Limiti consentirebbe una migliore e più frequente manutenzione di quello di Occhito, a vantaggio della sicurezza delle popolazioni e del territorio;
il costo stimato dell'opera è di 118 milioni di euro: 95 rivenienti dal Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS); 23 garantiti dall'Accordo di Programma sottoscritto nel dicembre del 2002 tra Regione Puglia e Ministero delle politiche agricole;
dall'interregionalità dell'opera pubblica citata deriva la necessità della sottoscrizione di un'Intesa istituzionale tra Governo, Regione Puglia e Regione Molise, anche per la regolazione delle competenze amministrative e demaniali;
allo scopo di scongiurare il definanziamento dell'opera, nei primi giorni di gennaio, i presidenti delle Regioni Puglia e Molise hanno indirizzato una lettera al Presidente del Consiglio dei ministri per chiedere una proroga dello stanziamento e la sottoscrizione dell'Intesa istituzionale;
il 23 gennaio 2009, il Presidente del Consiglio dei ministri e i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, dell'ambiente e della tutela del territorio e per i rapporti con le regioni hanno sottoscritto, con il presidente della regione Molise, il 1° Atto Integrativo della Intesa Generale Quadro del giugno 2004, in cui si cita esplicitamente la realizzazione dell'invaso di Piano dei Limiti e di opere di compensazione per le popolazioni locali connesse alla realizzazione della diga di Piano dei Limiti, per una spesa prevista di 130 milioni di euro -:
se il Ministro per le politiche agricole, alimentari e forestali sia a conoscenza

della predetta intesa e quali siano i suoi orientamenti;
se e come il Governo intenda procedere alla sottoscrizione di analoga intesa istituzionale con la regione Puglia;
se e come il Governo intenda programmare opere di compensazione per le popolazioni locali della Puglia, anche considerando la maggiore quota di territorio sottratto alle ordinarie attività sociali ed economiche.
(4-02641)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Il progetto della diga di Piano dei Limiti, redatto nel 1983 dal Consorzio per la bonifica della Capitanata, prevede la costruzione di un invaso sul fiume Fortore, a valle della diga di Occhito, per la raccolta dell'acqua di alcuni affluenti minori del citato fiume.
Il consorzio per la bonifica della Capitanata, che dovrebbe realizzare e gestire l'intervento, stima una capacità di accumulo di circa 40 milioni di metri cubi d'acqua.
La costruzione della diga di Piano dei Limiti compenserà, seppure parzialmente, il prelievo dalla diga di Occhito di circa 60 milioni di metri cubi d'acqua annui, effettuato dall'Acquedotto pugliese, per garantire gli usi civili e industriali nella provincia foggiana; i prelievi non erano previsti all'epoca della costruzione dell'invaso, progettato e realizzato ad esclusivo servizio dell'agricoltura.
L'invaso di Piano dei Limiti, inoltre, potrebbe consentire una ottimizzazione delle procedure gestionali (sia in condizioni di normale operatività che di manutenzione) di quello di Occhito a vantaggio della sicurezza delle popolazioni e del territorio.
La realizzazione dell'intervento sommergerebbe un territorio pari a 505 ettari, di cui 285 in Puglia (nei comuni di Casalnuovo Monterotaro, Carlantino e Celenza Valfortore) e 220 in Molise (nei comuni di Collotorto e San Giuliano di Puglia), creando i presupposti per la programmazione di opere compensative.
A tale scopo, all'interno del 1o atto integrativo all'intesa generale quadro tra Governo e regione Molise del 3 giugno 2004, sottoscritto in data 23 gennaio 2009, il Governo, d'intesa con la regione Molise, ha proposto l'inserimento, tra gli interventi della legge n. 443 del 21 dicembre 2001, di opere compensative da realizzarsi nel territorio molisano, per un importo di 130,00 milioni di euro.
Per quanto riguarda l'atto integrativo all'intesa generale quadro tra Governo e regione Puglia, sono attualmente in corso le attività preparatorie per la sua sottoscrizione.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

BORGHESI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in data 31 agosto 2007 la S.p.A. Autostrada Brescia Verona Vicenza Padova, con sede in Verona, Via Flavio Gioia, 71 ha emesso una serie di decreti di esproprio riguardante alcuni fondi rustici di proprietà della ditta Tabarelli Mario Vivaio Piante;
in caso di conduzione da parte di soggetti aventi la qualifica di fittavolo è prevista l'indennità di cui al decreto del Presidente della Repubblica n.327 del 2001 con liquidazione immediata;
con raccomandata a.r. dell'8 febbraio 2008 la S.p.A. Autostrada Brescia Verona Vicenza Padova formulava una proposta di indennizzo pari ad euro 519.073,42;
la S.p.A. Autostrada Brescia Verona Vicenza Padova aveva l'obbligo di deposito della somma di indennizzo proposta presso la Banca d'Italia, Tesoreria Provinciale dello Stato, a favore della ditta Tabarelli Mario Vivaio Piante;
la S.p.A. Autostrada Brescia Verona Vicenza Padova dovrebbe, a richiesta, emettere provvedimento di svincolo della relativa somma anche in caso di espressa riserva di agire in sede giudiziale per gli

ulteriori importi spettanti a titolo di indennità ex articolo 26, comma 5, del decreto del Presidente della repubblica n. 327 del 2001;
con raccomandata a.r. del 16 giugno 2008 la ditta Tabarelli Vivaio Piante trasmetteva alla S.p.A. Autostrada Brescia Verona Vicenza Padova la certificazione attestante il possesso dei requisiti per ottenere l'emissione del provvedimento di svincolo;
nel caso in questione nonostante le ripetute diffide, la S.p.A. Autostrada Brescia Verona Vicenza Padova non provvedeva ad emettere alcun provvedimento di svincolo;
stante la mancanza di un provvedimento di svincolo, ad oggi la ditta Tabarelli Mario Vivaio Piante si trova nell'impossibilità dì riscuotere la somma che la S.p.A. Autostrada Brescia Verona Vicenza Padova gli ha riconosciuto come dovuta;
sulla base di quanto sopra esposto risulta del tutto pacifico ed incontroverso che la ditta Tabarelli Vivaio Piante risulta essere creditrice nei confronti della S.p.A. Autostrada Brescia Verona Vicenza Padova di una somma di denaro liquida ed esigibile, ammontante ad euro 519.073,42 a titolo di indennità ex articolo 42 del decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001;
tale credito risulta fondato su prova scritta come risulta inconfutabilmente confermato dalla raccomandata a.r. del 08 febbraio 2008 e dal fax del 18 aprile 2008 della S.p.A. Autostrada Brescia Verona Vicenza Padova e dai quali emerge un riconoscimento di debito della stessa nei confronti della ditta Tabarelli Mario Vivaio Piante;
risulta altresì confermato che la ditta Tabarelli Mario Vivaio Piante non abbia potuto provvedere al relativo incasso della somma di euro 519.073,42 a causa dell'ingiustificato comportamento della S.p.A. Autostrada Brescia Verona Vicenza Padova, la quale in maniera del tutto illegittima ed arbitraria non ha provveduto a svincolare la somma depositata presso la Banca d'Italia-Tesoreria Provinciale dello Stato a favore della ditta Tabarelli Mario Vivaio Piante così come previsto dall'articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001 -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se non ritenga illegittimo tale comportamento da parte di un soggetto esercente un pubblico servizio in concessione;
se non ritenga che la violazione di norme di legge, da parte del concessionario possa essere motivo di intervento del concedente fino anche alla revoca della concessione;
cosa intenda fare per ottenere dal suddetto concessionario un comportamento rispettoso delle leggi vigenti.
(4-02198)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione indicata in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Relativamente ai decreti di esproprio, emessi dalla Brescia Verona Vicenza Padova s.p.a., e riguardanti fondi rustici della ditta Tabarelli Mario Vivaio Piante, la società concessionaria ha fornito le seguenti notizie.
La ditta Tabarelli Mario Vivaio Piante non risulta proprietaria di alcun fondo rustico oggetto di esproprio ma è affittuaria di un appezzamento di terreno di mq 82.460, sito nel comune di Piacenza d'Adige, interessato dai lavori per la realizzazione dei lotti operativi 11 e 12 della A31 Valdastico Sud.
I proprietari di tale terreno, Ziglio Giorgio e Scarparo Elvira, hanno accettato l'offerta indennitaria formulata dalla Brescia Padova s.p.a. La liquidazione degli importi dovuti è avvenuta per il lotto 12 in data 7 settembre 2006 a seguito di provvedimento espropriativo del 31 gennaio 2006 mentre per il lotto 11 in data 12 marzo 2008, a seguito di provvedimento espropriativo del 31 agosto 2007.
In particolare, si rappresenta che le argomentazioni dell'atto ispettivo in questione fanno riferimento all'esproprio attuato

con il provvedimento della Brescia Padova s.p.a. del 31 agosto 2007 e riferito al lotto 11. In relazione all'offerta indennitaria formulata dalla Società Concessionaria per la qualifica di fittavolo riferibile a detto terreno, il signor Tabarelli, a fronte del deposito della somma alla Cassa depositi e prestiti conseguente alla sua non adesione, ha interposto ricorso per decreto ingiuntivo nei confronti della Brescia Padova s.p.a. la quale ha proposto opposizione al detto ricorso ed il relativo giudizio è tuttora pendente.
In via generale, si rileva che, in caso di conduzione da parte di soggetti aventi la qualifica di fittavolo, per i quali è prevista l'indennità di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 42, non è normativamente previsto alcun automatismo per il quale, ad un atto di esproprio, consegua l'obbligo di «liquidazione immediata».
La norma prevede che l'ente espropriante debba formulare una proposta di indennizzo economico, come ha effettuato la Brescia Padova con nota di data 8 febbraio 2008, offrendo l'importo di euro 519.073,42 precisando contestualmente che, nel caso di mancata comunicazione di adesione circa l'indennità offerta e di mancata trasmissione all'ente espropriante della certificazione attestante il possesso della qualifica di fittavolo coltivatore diretto e di dichiarazione circa l'assenza di diritti di terzi sul bene, l'indennità sarebbe stata depositata presso la Cassa depositi e prestiti competente.
La ditta Tabarelli Mario ha comunicato di non aderire all'offerta della Brescia Padova e, pertanto, la società concessionaria ha provveduto ad effettuare il deposito della somma offerta presso la Cassa depositi e prestiti in data 17 aprile 2008.
In riferimento all'osservazione dell'interrogante secondo la quale il soggetto espropriante «dovrebbe, a richiesta, emettere provvedimento di svincolo della relativa somma anche in caso di espressa riserva di agire in sede giudiziale per gli ulteriori importi spettanti a titolo di indennità
ex articolo 26, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001», si evidenzia che tale istituto è esclusivamente riferibile al proprietario e non all'affittuario.
Tale principio è stato, peraltro, confermato da una recente pronuncia giurisdizionale del tribunale di Verona nell'ambito del procedimento per decreto ingiuntivo instaurato dal Tabarelli nei confronti della stessa società Brescia Padova per ottenere in via monitoria la liquidazione diretta dell'indennità offerta relativamente ai terreni interessati dal lotto operativo 12 e fatti oggetto di espropriazione con il citato provvedimento del 31 gennaio 2006 e quantificata in euro 477.148,57; indennità che, non essendo stata accettata dal Tabarelli, è stata ritualmente depositata dalla società concessionaria presso la Cassa depositi e prestiti di Padova.
La pronuncia che ha definito detto giudizio ha stabilito la soccombenza totale del Tabarelli e ha disposto la sua condanna al pagamento delle spese di lite in favore della Concessionaria per circa euro 25.000,00, dichiarando erronea l'equiparazione della figura del fittavolo a quella del proprietario anche in relazione all'articolo 26, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001.
A fronte delle richieste di emissione del provvedimento di svincolo pervenute alla Brescia Padova, la stessa concessionaria ha comunicato, con note del 6 giugno e del 10 luglio 2008, che allo stato degli atti non poteva essere autorizzato lo svincolo della somma, adducendo le seguenti motivazioni:
la somma depositata di euro 519.073,42 rappresenta l'indennità che la società concessionaria ha riconosciuto al Tabarelli quale fittavolo dell'area ai sensi dell'articolo 42 del testo unico sulle espropriazioni, sempre che lo stesso dimostri di possedere i requisiti prescritti;
il Tabarelli ha dichiarato espressamente di non accettare la predetta indennità ed ha peraltro promosso due ricorsi per accertamento tecnico preventivo
ex articolo 696 c.p.c. propedeutici ad un giudizio volto alla quantificazione dell'indennità effettivamente dovutagli;

il Tabarelli, in ogni caso, non ha dimostrato di possedere i requisiti di cui all'articolo 42 del testo unico sulle espropriazioni né ha dichiarato - nelle forme di dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 - l'assenza di altri diritti di terzi sulla medesima area.

La società concessionaria, pertanto, ha segnalato, in mancanza d'un diverso ordine dell'Autorità giudiziaria, di non poter autorizzare lo svincolo della succitata somma depositata presso la Cassa depositi e prestiti in favore del Tabarelli.
In seguito, il Tabarelli ha inviato una documentazione, solo parziale, ritenuta dalla concessionaria insufficiente a sciogliere la riserva allo svincolo delle somme depositate, per le seguenti motivazioni:
la qualifica di coltivatore diretto, non può ritenersi provata con il certificato INPS da ultimo prodotto. Per giurisprudenza pacifica infatti «...la qualità di coltivatore diretto deve essere fornita in concreto, in relazione alle necessità colturali del fondo, senza che certificazioni anagrafiche o altre attestazioni amministrative possano assurgere al valore di prova...». Ciò peraltro, è confermato dallo stesso articolo 42 del decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001 nella parte in cui prevede che l'indennità aggiuntiva dovuta al fittavolo, al mezzadro, al compartecipante «è corrisposta a seguito di una dichiarazione dell'interessato e di un riscontro della effettiva sussistenza dei relativi presupposti ...»;
l'articolo 26, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, inserito nel capo V «il pagamento dell'indennità di esproprio» e rubricato «Pagamento o deposito dell'indennità provvisoria», disciplina il pagamento dell'indennità provvisoria dovuta al proprietario espropriato e non trova applicazione nel caso di cui trattasi di pagamento dell'indennità aggiuntiva dovuta al fittavolo coltivatore diretto, fattispecie quest'ultima regolata dall'articolo 42 sopra richiamato.

Nel caso, come quello di specie in cui sono pendenti controversie ed opposizioni, e la somma non è accettata, l'autorizzazione allo svincolo deve essere chiesta all'autorità giurisdizionale (rif. articolo 29, comma 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001).
Non risulta pertanto né pacifico né incontroverso che la ditta Tabarelli sia creditrice di una somma di denaro liquida ed esigibile. Il credito non è fondato su prova scritta che costituisca riconoscimento di debito né è attribuibile alla società concessionaria la circostanza che la ditta Tabarelli non abbia potuto svincolare la somma depositata.
Peraltro, a conferma della correttezza della procedura e dell'
iter valutativo economico posti in essere dalla società concessionaria, si evidenzia l'elevata percentuale di accordi bonari conclusi in occasione delle espropriazioni funzionali alla realizzazione dei lavori di prosecuzione a sud dell'autostrada A31 Valdastico, che solo al 31 dicembre 2008 (per l'anno trascorso) si attestano su una percentuale che si avvicina al 99 per cento.
La società concessionaria ha sottolineato che la ditta Tabarelli ha intrapreso, sin dall'anno 2006, cioè dall'epoca della prima fase espropriativa inerente al lotto operativo 12, una fitta attività volta a rallentare l'azione di pubblica utilità, rinunciando alla scelta di accordo bonario per preferire la via del mancato accordo.
Peraltro, la società concessionaria non ha compreso la scelta del Tabarelli di stipulare un nuovo contratto di fittanza agraria in data 1o giugno 2005, ancor prima della scadenza del precedente e concomitante contratto valevole fino al 28 febbraio 2006, che all'articolo 9 prevedeva espressamente l'ipotesi di espropriazione con l'obbligo di liberazione immediata dei terreni senza preavviso.
A rigore, questa circostanza, come già rilevato dalla società concessionaria, può di per sé costituire esplicazione del principio sancito dall'articolo 32 commi 2 e 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001: «2. Il valore del bene è determinato senza tenere conto delle costruzioni,

delle piantagioni e delle migliorie, qualora risulti, avuto riguardo al tempo in cui furono fatte e ad altre circostanze, che esse siano state realizzate allo scopo di conseguire una maggiore indennità. Si considerano realizzate allo scopo di conseguire una maggiore indennità, le costruzioni, le piantagioni e le migliorie che siano state intraprese sui fondi soggetti ad esproprio dopo la comunicazione dell'avvio del procedimento».
Il proprietario, a sue spese, può asportare dal bene i materiali e tutto ciò che può essere tolto senza pregiudizio dell'opera da realizzare e come tale essere fonte del conseguente non obbligo di indennizzo.
Ciò si afferma a prescindere da ogni ben più grave possibile addebito in ordine alla scelta del Tabarelli di dotarsi di ben due contratti di affitto in contemporanea (uno stipulato il 1o dicembre 2000 con scadenza 28 febbraio 2006; l'altro stipulato il 1o giugno 2005 con scadenza 28 febbraio 2011, nel quale è stata omessa la previsione dell'articolo 9 succitato onde sottrarsi all'obbligo contrattuale di liberazione immediata del fondo in caso di espropriazione).
La società concessionaria ha rappresentato che la ditta Tabarelli ha opposto un primo accertamento tecnico preventivo (nell'anno 2006), al quale ne sono seguiti altri due (uno nell'anno 2007 avanti il tribunale di Verona, e uno nell'anno 2008 avanti la Corte d'appello di Venezia), con le medesime finalità.
L'accertamento tecnico preventivo richiesto al tribunale di Verona dal Tabarelli nel 2007, in accoglimento dell'eccezione sollevata dalla società concessionaria è stato dichiarato nullo, con ordinanza dell'11 febbraio 2009 del Tribunale, per difetto di competenza dell'autorità giurisdizionale adita e, conseguentemente, il Tabarelli è stato condannato a rifondere alla società concessionaria le spese di costituzione.
La concessionaria ha, infine, rappresentato che il Tabarelli, in occasione dell'avvio delle lavorazioni inerenti al lotto 11 nel mese di maggio 2008, ha intrapreso un'azione di forza ai danni della proprietà già acquisita dalla Brescia Padova nonché nei confronti della forza pubblica chiamata ad assistere agli interventi cantieristici, tanto da essere stato tratto in arresto e risultando tuttora sotto giudizio penale.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

BORGHESI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 20 marzo 2007 fu presentata, a firma Donadi e Borghesi, una interrogazione parlamentare sui fatti seguenti:
da circa tre anni, ovvero dal momento del loro arresto avvenuto a Natal (Brasile) nel novembre 2005, cinque cittadini italiani sono detenuti nel carcere brasiliano di Raimundo Nonato in condizioni disumane; a quanto si apprende da fonti di stampa, avrebbero perso 20 chili ciascuno, vivrebbero in sei in una cella idonea ad ospitare un solo detenuto, non avrebbero letti e nemmeno una parte del tetto, non usufruirebbero delle ore d'aria e, a causa delle cattive condizioni igieniche, avrebbero contratto la tubercolosi e la scabbia; pare addirittura che per sopravvivere abbiano solo tre litri di acqua a settimana;
nell'agosto del 2006, sono stati condannati dal tribunale federale di Rio Grande del Nord per traffico internazionale di donne, riciclaggio di danaro e prostituzione. Della loro vicenda si occuperà la Corte interamericana dei diritti dell'uomo, dopo che il difensore di uno dei sei detenuti ha depositato un ricorso chiedendo che la Corte accerti la violazione della Convenzione americana (articoli 5 e 8) e condanni il Brasile per il mancato rispetto «delle più elementari condizioni di vita dei detenuti» e «dei principi dell'equo processo»;
tale ricorso è stato presentato in favore del detenuto Giuseppe Ammirabile, di 43 anni, di Mola di Bari (condannato a 56 anni, 9 mesi e 21 giorni), ma riguarda indirettamente anche altri cinque italiani:

Paolo Quaranta, di 56 (condannato a 22 anni, 2 mesi e 10 giorni), Vito Francesco Ferrante, di 43 (17 anni e 4 mesi); Paolo Balzano, di 47 (7 anni), tutti di Mola di Bari, Salvatore Borrelli, napoletano di 48 (56 anni, 9 mesi e 21 giorni), e Simone De Rossi, di 31 di Venezia (12 anni e 2 mesi);
consta all'interpellante che si legge nell'esposto presentato avverso lo Stato del Brasile alla Commissione interamericana dei diritti dell'uomo per violazione degli articoli 5 e 8 dell'omonima Convenzione, «la denuncia per violazione è stata realizzata attraverso la reiterata inosservanza da parte dell'Autorità giudiziaria brasiliana delle più elementari norme penali, sostanziali e processuali, poste a garanzia del fondamentale diritto di difesa, nonché delle disumane condizioni di vita cui è sottoposto il Signor Ammirabile nel penitenziario brasiliano di Raimundo Nonato»;
da fonti di stampa si apprende che l'ambasciatore italiano abbia già avuto contatti con il direttore del carcere brasiliano «Professor Raimundo Nonato Fernandes» e pare che sia in vista il trasferimento in un istituto detentivo in cui possano essere garantite condizioni di vita umane;
tuttavia, non è dato sapere se tra i detenuti in attesa di imminente trasferimento ci siano anche i nostri connazionali;
anche laddove questo fosse vero, sarebbe sicuramente importante ottenere un trasferimento che consenta di ottenere condizioni di vita carceraria umane, ma ciò comunque non risolverebbe un altro nodo fondamentale della vicenda e cioè quello di verificare se i nostri connazionali siano stati sottoposti, o meno, ad equo processo;
l'allora Vice Ministro Franco Danieli nel rispondere all'interrogazione sosteneva che:
il caso dei signori Salvatore Borrelli, Paolo Balzano, Simone De Rossi, Vito Francesco Ferrante, Paolo Quaranta e Giuseppe Ammirabile è da tempo seguito dal ministero degli affari esteri in stretto contatto con l'ambasciata d'Italia in Brasilia ed il consolato di Recife;
come ricorda l'interrogante, i sei connazionali sono stati tratti in arresto il 2 novembre 2005 nella città di Natal (Stato del Rio Grande del Nord) perché accusati, tra l'altro, di associazione a delinquere e reati connessi allo sfruttamento della prostituzione e sono stati condannati in primo grado l'11 dicembre 2006 a severe pene detentive. I legali difensori degli interessati hanno presentato ricorso in appello e il giudizio di secondo grado è attualmente pendente davanti al tribunale regionale federale di Recife;
le rappresentanze interessate, di concerto con il ministero degli affari esteri e in costante contatto con i familiari dei sei connazionali e con i loro difensori, sono intervenute nel corso del tempo a più riprese presso le competenti Autorità locali onde fornire la dovuta assistenza agli interessati. In occasione del processo di primo grado si è, in particolare, provveduto a sollecitare, nel pieno rispetto dell'ordinamento brasiliano, uno svolgimento del procedimento il più celere possibile, nel quale fossero garantiti i diritti di difesa degli imputati;
sotto il profilo dell'assistenza consolare, la sede a Recife si è adoperata affinché agli interessati fosse assicurato un regime carcerario rispondente a criteri di umanità, i problemi di salute degli stessi fossero adeguatamente affrontati e la loro incolumità personale fosse salvaguardata. Sono altresì state effettuate alcune visite consolari;
con provvedimento emesso dalle competenti Autorità brasiliane il 12 luglio scorso, i signori Salvatore Borrelli, Paolo Balzano, Vito Francesco Ferrante e Giuseppe Ammirabile sono stati trasferiti nel carcere di massima sicurezza di Campo Grande, nello Stato del Mato Grosso do Sul. Il signor Paolo Quaranta e il signor Simone De Rossi sono invece tuttora reclusi rispettivamente nei penitenziari di

Natal e di Mossorò, nello Stato del Rio Grande do Norte;
a seguito del citato trasferimento e alla luce delle pressanti richieste dei familiari, la direzione generale per gli italiani all'estero e le politiche migratorie ha inviato istruzioni al consolato generale a San Paolo, nella cui circoscrizione è ricompreso il penitenziario di Campo Grande, affinché provveda, durante il periodo di permanenza degli interessati in detta struttura, a monitorare il loro stato di salute e a sincerarsi che le condizioni di detenzione, pur nella durezza del regime cui i connazionali sono sottoposti, rispettino i diritti fondamentali e la dignità della persona:
il consolato generale ha ottenuto dalle Autorità penitenziarie una visita consolare nel carcere di Campo Grande, nel corso della quale i signori Salvatore Borrelli, Paolo Balzano, Vito Francesco Ferrante e Giuseppe Ammirabile sono tutti parsi in buona salute;
la rappresentanza è, altresì, intervenuta presso le competenti Autorità locali al fine di agevolare il rilascio di un permesso di visita alla signora Giuliana Giovene, moglie del signor Ammirabile, giunta appositamente dall'Italia lo scorso agosto per incontrare il marito e gli altri detenuti. Dopo la visita la signora Giovene è stata ricevuta dalla nostra ambasciata in Brasilia, dove ha confermato di aver trovato il consorte in buone condizioni fisiche, anche se provato dalle rigide regole di detenzione;
lo scorso 24 ottobre la signora Giovene è stata nuovamente ricevuta al ministero dall'ambasciatore Adriano Benedetti, direttore generale per gli italiani all'estero e le politiche migratorie. In quell'occasione, la signora Giovene ha ringraziato per l'assistenza fornita e non ha segnalato particolari problemi di salute del marito o degli altri detenuti;
nel caso particolare del signor Simone De Rossi, entro il mese di novembre il giudice competente dovrebbe pronunciarsi sulla concessione della semi-libertà.
l'auspicato trasferimento in Italia dei detenuti potrebbe essere realizzato, una volta esperite le vie di ricorso interne ed ottenuta una sentenza definitiva, sulla base dell'accordo tra Italia e Brasile sul trasferimento dei detenuti. La firma dell'accordo, parafato a Roma il 22 novembre 2006 e non ancora sottoscritto, è stato oggetto del colloquio del 19 settembre scorso tra l'ambasciatore d'Italia in Brasile, Michele Valensise, ed il Ministro della giustizia brasiliano, Tarso Genro. Il collega brasiliano ha concordato sull'urgenza della firma e della ratifica dell'accordo, nell'interesse di entrambi i Paesi;
a tutt'oggi nulla di quanto indicato sembra essersi realizzato;
si è in attesa del giudizio di appello, nella speranza che la giustizia vera sia fatta, ma si ha bisogno dell'interesse delle nostre istituzioni in modo tale che l'equo processo sia garantito. L'ambasciata italiana in Brasilia ben come il Consolato di Recife e il Consolato di San Paolo, sono tutti a conoscenza del caso e forniscono loro assistenza -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto appena esposto ed eventualmente quali ulteriori elementi possano aggiungere alle gravissime circostanze esposte in premessa;
se non ritengano opportuno riassumere la posizione diplomatica ufficiale e pressante nei confronti dello Stato del Brasile, in primo luogo al fine di garantire una dignitosa detenzione ai nostri connazionali e in secondo luogo al fine di celebrare un regolare processo in cui siano tutelati i diritti fondamentali degli imputati;
se non ritengono opportuno agire nel senso di accelerare la operatività dell'accordo citato sul trasferimento dei detenuti.
(4-02295)

Risposta. - Il caso dei signori Giuseppe Ammirabile, Salvatore Borrelli, Vito Francesco Ferrante, Paolo Balzano, Paolo Quaranta e Simone De Rossi è stato seguito sin

dal suo inizio con la massima attenzione sia dal Ministero degli affari esteri che dall'ambasciata d'Italia a Brasilia. Sin dal momento del loro arresto, la rappresentanza si è adoperata, in particolare, per fornire agli interessali ogni possibile assistenza, mantenendo un costante contatto con i familiari in Italia.
Come ricorda l'interrogante, i sei connazionali sono stati tratti in arresto il 2 novembre 2005 nella città di Natal, nello stato del Rio Grande del Nord, perché accusati, tra l'altro, di associazione a delinquere e reati connessi allo sfruttamento della prostituzione, al traffico di esseri umani e sfruttamento di denaro sporco e sono stati condannati in primo grado l'11 dicembre 2006 a severe pene detentive. I legali difensori degli interessati hanno presentato ricorso in appello e il giudizio di secondo grado è attualmente pendente davanti al tribunale regionale federale di Recife.
Sia l'ambasciata d'Italia a Brasilia che il consolato a Recife, di concerto con il Ministero degli esteri, in costante contatto con i familiari dei sei connazionali e con i loro difensori, sono intervenuti a più riprese presso le competenti autorità locali onde fornire loro la dovuta assistenza. In occasione del processo di primo grado si è, in particolare, provveduto a sollecitare, nel pieno rispetto dell'ordinamento brasiliano, un più celere svolgimento del procedimento, nel quale fossero garantiti i diritti di difesa degli imputati. Lo scorso 26 marzo il tribunale regionale di Recife ha emesso la sentenza di appello con la quale ha confermato in buona parte il giudizio di primo grado: sono cadute le imputazioni di associazione ad organizzazione di stampo mafioso e, in parte, quelle relative al traffico di esseri umani. Non appena saranno rese note le entità delle condanne e le motivazioni della sentenza, gli avvocati difensori dei connazionali avranno la possibilità di presentare ricorso davanti al superiore tribunale di giustizia di Brasilia.
Riguardo altresì all'assistenza consolare prestata, anche grazie agli interventi effettuati a più riprese dall'ambasciata a Brasilia, lo scorso 19 febbraio i quattro connazionali detenuti nel carcere di massima sicurezza di Campo Grande sono stati trasferiti nel penitenziario ordinario di Alcasuz, nel Rio Grande do Norte. Il loro stato psico-fisico, a quanto riferito dal legale difensore, provato dal duro regime carcerario, ha mostrato segni di netto miglioramento in ragione della nuova condizione detentiva. Il signor Paolo Quaranta invece permane recluso nel carcere di Natal insieme al signor De Rossi, al quale l'autorità giudiziaria brasiliana ha concesso nello scorso mese di dicembre il beneficio della libertà vigilata ed al riguardo il consolato a Recife è intervenuto presso le autorità per rendere il prima possibile esecutivo il provvedimento.
Per quel che concerne infine il quesito relativo alla possibilità per gli interessati di scontare in Italia la pena inflitta loro dalla giustizia brasiliana, l'auspicato trasferimento in Italia dei detenuti potrebbe essere realizzato una volta ottenuta una sentenza definitiva, come previsto dall'accordo firmato il 27 marzo 2008 tra Italia e Brasile, non ancora entrato in vigore, sul trasferimento dei detenuti.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

BORGHESI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il cittadino italiano Salvatore Gambardella si trova dal 18 giugno 2007, in stato di custodia cautelare in Germania;
lo stesso è accusato di gravissimi reati, tra i quali: violenza carnale, lesione personale aggravata, tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale, privazione della libertà personale, estorsione, truffa professionale, infrazione alla legge (tedesca) sugli stupefacenti, infrazione alla legge (tedesca) sulle armi;
l'accusa è basata essenzialmente su un'unica deposizione. Secondo l'accusa in un primo momento il signor Gambardella avrebbe conosciuto brevemente una donna, quindi l'avrebbe insidiata entrando

nella sua abitazione e violentata; costringendola poi alla prostituzione, rinchiusa in un bordello nell'abitazione, le avrebbe tolto l'incasso giornaliero da prostituta di circa 1.500 euro, dandole però quasi niente da mangiare. Per più di un mezz'anno sarebbe stata tenuta quasi come prigioniera e messa sotto pressione psichica. Inoltre il signor Gambardella apparterrebbe alla criminalità organizzata di Napoli ed in questo ambito avrebbe ricevuto ed eseguito incarichi di omicidio;
la gravità dei reati ascritti impone che la magistratura tedesca proceda con tutti i mezzi necessari al fine di accertare i fatti;
l'avvocato Marcus Bartscht di Hannover, uno dei difensori di Gambardella, ebbe ad inviare al Consolato generale d'Italia di Hannover una lunga lettera nella quale indicava una serie di elementi che documenterebbero una insufficiente attività investigativa da parte della procura tedesca;
in particolare il fatto che l'unico testimone ascoltato sia stata la parte lesa, della quale il Gambardella sostiene essersi almeno all'inizio innamorato;
l'avvocato difensore elenca una serie di incongruenze nella dichiarazione dell'unico testimone, senza tuttavia che la Procura tedesca abbia per ciò valutato l'attendibilità della stessa, nonostante ciò sia prescritto dal codice penale vigente in Germania;
sempre secondo l'avvocato difensore nell'ambito del dibattimento del 17 luglio 2008, il primo funzionario inquirente della polizia giudiziaria ha dovuto ammettere che una serie di circostanze e fatti che secondo il parere della difesa hanno oppure avrebbero potuto avere un effetto indiziario a discarico e che - indipendentemente dalle considerazioni precedenti - assolutamente avrebbero dovuto essere acquisiti agli atti non sono in realtà parte degli stessi e materiale di prova;
ancora il citato legale critica il modo di procedere della polizia giudiziaria di Hannover. Ci si chiede perché palesemente mezzi di prova eccetera che avrebbero potuto avere effetto indiziario a discarico, intenzionalmente non siano stati acquisiti agli atti, ciò nonostante la presentazione di precise istanze al riguardo;
in conclusione l'avvocato Bartscht ebbe a richiedere un colloquio al Consolato generale d'Italia allo scopo di interessare le autorità tedesche affinché al cittadino italiano Salvatore Gambardella in Germania sia fatto un processo nel pieno rispetto dello stato di diritto -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se ritengano di dover intervenire per garantire al cittadino italiano Salvatore Gambardella un processo che garantisca il pieno rispetto dei diritti degli imputati.
(4-02325)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nell'atto parlamentare in esame si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Il signor Salvatore Gambardella, nato il 30 dicembre 1976 a Napoli e residente in Germania, il 18 novembre 2008 è stato condannato in primo grado dal tribunale di Hannover a 7 anni di reclusione per sfruttamento della prostituzione, tratta aggravata di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale, truffa, lesioni personali aggravate, detenzione illegale di munizioni, detenzione illegale e spaccio di sostanze stupefacenti. Avverso la sentenza di condanna il legale del connazionale ha recentemente presentato ricorso direttamente presso la Corte di cassazione, così come previsto dall'ordinamento tedesco per le fattispecie di reato sopra elencate.
La vicenda del signor Gambardella è stata seguita sin dal suo inizio dal Ministero degli affari esteri. Il consolato generale d'Italia ad Hannover, in particolare, ha fornito al connazionale ogni possibile assistenza, provvedendo, tra l'altro, ad effettuare periodiche visite consolari in carcere - l'ultima delle quali lo scorso 3 marzo -

e ad erogare all'interessato un sussidio di 1.000 euro per il pagamento delle spese legali.
Lo stesso consolato generale non mancherà, pur nel pieno rispetto dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura tedesca, di seguire da vicino l'eventuale procedimento di revisione del giudizio di primo grado, mantenendosi in contatto con i congiunti del signor Gambardella e con il legale incaricato della sua difesa.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

CALVISI, SCHIRRU, FADDA, MARROCU, PES e MELIS. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro per i rapporti con il Parlamento. - Per sapere - premesso che:
a seguito della decisione assunta dal Governo degli Stati Uniti di ritirare dall'arcipelago della Maddalena il dispositivo navale nucleare, schierato in loco sulla base di accordi internazionali a partire dal 1966, per l'intera area sono venuti meno i vincoli a cui l'onerosa servitù la assoggettava;
nel momento in cui è stata superata in quell'area l'esigenza della presenza dei sommergibili statunitensi, la piena fruibilità della zona per usi civili, viene messa in discussione dall'intenzione della Marina Militare italiana di mantenere sul posto il deposito di munizioni sito in Caverna «Guardia del Moro», perpetuando così di fatto, per altri scopi, la situazione antecedente al ritiro da parte degli Stati Uniti del loro dispositivo navale;
i delegati del Comitato Misto Paritetico della Regione Autonoma della Sardegna nella riunione del 10 luglio 2006, riguardante la proroga della servitù militare del suddetto deposito, non hanno raggiunto un accordo unanime sulla presenza nell'arcipelago del deposito stesso;
il Ministro della Difesa con nota n. 2/7197/10.3.20.1/07 del 16 febbraio 2007, ha prorogato unilateralmente la presenza della servitù militare del deposito di munizioni in Caverna «Guardia del Moro» per ulteriori cinque anni;
il Comune della Maddalena con ricorso al Tribunale Regionale Amministrativo della Sardegna notificato il 5 maggio 2007 e depositato il successivo 29 maggio ha impugnato il provvedimento chiedendone l'annullamento;
nel frattempo il Presidente dalla Regione Autonoma della Sardegna attivava richiesta di riesame ai sensi e per gli effetti dell'articolo 3, comma 11, della legge 898 del 1976;
nella riunione del 5 giugno 2007, il Consiglio dei Ministri deliberava di non accogliere l'istanza di riesame e confermava il provvedimento del Ministro della Difesa sulla base di proprie ulteriori motivazioni;
il Tribunale Regionale Amministrativo della Sardegna con sentenza 1342/2008 ha ritenuto fondato nel merito il ricorso proposto dal Comune di La Maddalena accogliendolo, ritenendo tardive le decisioni confermative della servitù militare scaduta il 30 ottobre 2006, in quanto l'automatismo dell'estinzione è previsto espressamente dalla legge 898 del 1976, articolo 10 ultimo comma e rappresenta un elemento insuperabile che non consente un «raccordo» con successivo provvedimento di «proroga»;
con ordinanza n. 14 del 16 settembre 2008, il Sindaco di La Maddalena ha ordinato al Comando Militare Marittimo per la Sardegna la cessazione di ogni attività all'interno del deposito di «Guardia del Moro» e la liberazione immediata del predetto deposito;
con ordinanza n. 15, a seguito dell'appello del Ministero della Difesa al Consiglio di Stato, in vista della definizione nel merito dell'appello, il Sindaco di La Maddalena ha sospeso l'efficacia dell'ordinanza n. 14 del 16 settembre 2008 diffidando però il Ministero della Difesa dal porre in essere qualsiasi comportamento ed attività che valga a mutare lo stato di

fatto esistente presso il deposito munizioni di «Guardia del Moro» alla data del 23 settembre 2008 (data di adozione dell'ordinanza cautelare del Consiglio di Stato n. 4943/2008) ivi compreso l'approvvigionamento di nuovo materiale bellico, sino all'emissione del citato pronunciamento giudiziale;
con lettera del 10 ottobre 2008, d'ordine del Ministro, il Capo di Gabinetto del Ministro della Difesa chiede al Ministero dell'Interno di valutare la possibilità di interessare il Prefetto di Sassari, nelle vesti di superiore gerarchico rispetto al Sindaco, di annullare con ogni urgenza l'ordinanza nella parte in cui diffida l'Amministrazione Difesa;
il Governo ha assunto in Parlamento posizioni diverse, dichiarando in relazione alla presenza delle servitù militari in Sardegna, la disponibilità dell'Esecutivo a ridurre quanto più possibile l'impatto della presenza di strutture militari sulla collettività e a procedere rendendo partecipi nel processo decisionale la Regione e, particolarmente, gli Enti locali, nonché la piena disponibilità a riferire con la necessaria assiduità al Parlamento sugli sviluppi del processo delineato -:
se il Presidente del Consiglio non valuti inopportuna l'istanza rivolta dal Ministero della Difesa al Ministero dell'Interno, per richiedere un intervento del Prefetto di Sassari sul Sindaco di La Maddalena definendolo anacronisticamente «superiore gerarchico rispetto al Sindaco»;
quali iniziative il Ministro della Difesa intenda assumere affinché il problema delle servitù militari in Sardegna sia affrontato riaprendo il tavolo di confronto con le istituzioni locali, essendo evidente che la soluzione di questioni che riguardano la difesa nazionale non possono essere affidate al contenzioso in sede giurisdizionale;
quali siano le ragioni che ai fini della difesa nazionale fanno ritenere inamovibile il deposito della Marina Militare in località «Guardia del Moro».
(4-01506)

Risposta. - Occorre sottolineare, in premessa, che effettivamente, secondo quanto riportato dagli interroganti, il Ministero della difesa ha chiesto «al Ministro dell'interno di valutare la possibilità di interessare il Prefetto di Sassari» affinché, nella sua veste di superiore gerarchico rispetto al Sindaco che opera in qualità di ufficiale del Governo, procedesse all'annullamento dell'ordinanza n. 14 del 16 settembre 2008 del Sindaco di La Maddalena.
Al riguardo, tuttavia, va affermato con chiarezza che il Governo non ritiene «inopportuna l'istanza rivolta ...al Ministro dell'interno», posto che da parte dell'Avvocatura distrettuale dello Stato competente è stato già proposto ricorso giurisdizionale avverso l'ordinanza sindacale in argomento.
In particolare, nel caso in esame, l'Avvocatura generale dello Stato ha osservato che: «il Sindaco di La Maddalena ha chiaramente esercitato poteri inerenti ad interessi propri dell'Ente locale e non del Governo, anzi con questi apertamente confliggenti. La sua ordinanza, dunque, non trovando fondamento nell'invocato articolo 54, è stata emessa in carenza di potere».
Chiarito quanto sopra e con espresso riferimento alle ragioni che «fanno ritenere inamovibile il deposito della Marina Militare in località Guardia del Moro» si rappresenta quanto segue.
Il deposito munizioni di «Guardia del Moro» è, per la Forza armata, di rilevante valore strategico, operativo e logistico, in quanto è l'unico che risponde ai seguenti requisiti complessivi:
è in sede protetta e, quindi, rappresenta un obiettivo meno vulnerabile dei depositi all'aperto;
è sito in un comprensorio militare, con banchina di accesso al mare che consente l'ormeggio di unità navali per il rifornimento diretto, per cui evita sia il trasferimento per via ordinaria (con relative esigenze di scorta armata) ed i rischi connessi con l'attraversamento di centri urbani ed industriali, sia la visibilità delle attività

di rifornimento e la vulnerabilità a qualsiasi azione esterna;
è dotato di piazzola per operazioni di elicotteri per la movimentazione del munizionamento;
ha elevate capacità di stoccaggio;
è dotato di una moderna struttura di
check-out per la manutenzione/verifica delle mine navali ivi depositate, la cui quantità fa si che non vi sia la necessità di ridislocazione in altri siti in uso alla Forza armata;
costituisce il deposito dei missili di prossima immissione in linea per i quali i depositi di La Spezia, significativamente meno capienti e, comunque, non protetti, saranno utilizzati solamente per lo stoccaggio temporaneo di quelli da revisionare/manutenere.
Il predetto deposito, è attualmente utilizzato per lo stoccaggio di:
mine navali;
armi portatili e munizioni dei comandi/enti della giurisdizione del Comando militare marittimo autonomo della Sardegna;
materiale esplosivo, munizionamento di piccolo calibro e d'artiglieria;
materiale inerte, armamento e munizioni sottoposti a sequestro giudiziario.
Annesso al deposito (dello stesso comprensorio logistico) è ubicato un poligono chiuso «a cielo aperto», di recente costruzione, utilizzato per l'addestramento con armi portatili sia del personale della Marina Militare che delle altre Forze armate nonché dei Corpi armati dello Stato che operano nel nord della Sardegna.
Da evidenziare che il sedime su cui insiste il deposito è, dal 2008, sede anche della base addestrativa avanzata delle Forze speciali della marina militare, in relazione alla recente cessione alla Regione Sardegna dell'aerea addestrativa situata nel comprensorio di Punta Rossa (Caprera).
Si rappresenta, infine, che, in seguito alla riconsegna dell'area logistica precedentemente in uso alla
U.S. Navy, l'ampiezza della servitù militare è stata conseguentemente ridotta.
In conclusione, per l'insieme dei requisiti evidenziati, il deposito non ha rilocalizzazione alternativa sul territorio nazionale.
Con riferimento, infine alla necessità del confronto istituzionale tra Governo e Regione Sardegna per l'avvio del riequilibrio della presenza militare sull'Isola, si fa notare che tale confronto non è mai stato interrotto, ma, al contrario, prosegue, così come i casi di Pula e, soprattutto, del G8 alla Maddalena stanno a testimoniare.
Infatti, entrambi gli impegni già sottoscritti in sede politico/istituzionale stanno via via attuandosi, in un quadro di comune soddisfazione.
Questa è la volontà del dicastero, come ho avuto modo di sottolineare nel corso dell'audizione del 9 luglio 2008 presso le Commissioni Difesa riunite di Camera e Senato, dove ho affrontato la questione delle servitù militari, sostenendo di voler «...dar forza al parere del Ministro Parisi per assicurare una sorta di continuità...» e, contestualmente, informato le Commissioni di aver «...inviato al presidente Berlusconi un parere in cui sostengo che a mio avviso va proseguita l'impostazione del Ministro Parisi».
Un ultimo accenno va fatto, infine, alla richiamata sentenza n. 1342/2008 del TAR Sardegna che «ha ritenuto fondato nel merito il ricorso proposto dal Comune di La Maddalena».
Al riguardo, si rende noto che l'Avvocatura generale dello Stato si è pronunciata circa l'opportunità dell'abbandono dell'appello proposto al Consiglio di Stato avverso la citata sentenza del Tar Sardegna, in considerazione del fatto che con provvedimento n. 28 del 1o dicembre 2008, è stata decretata l'imposizione di una nuova servitù militare a tutela del deposito di munizioni in Caverna Guardia del Moro, nell'isola di La Maddalena.
In particolare, detta Avvocatura ha comunicato che depositerà innanzi al Consiglio di Stato copia del nuovo provvedimento impositivo della servitù e dichiarerà la

sopravvenuta carenza di interesse del Ministero della difesa alla decisione dell'appello, al fine di ottenere una pronuncia di improcedibilità dell'impugnazione.
Mi pare il caso di sottolineare, infine, che in data 13 marzo 2009, il Consiglio dei ministri ha esaminato la questione della servitù militare nella località denominata «Guardia del Moro», nell'isola di Santo Stefano (La Maddalena), ed ha condiviso la mia iniziativa di ricostituirla per un ulteriore quinquennio, in considerazione dei rilevanti interessi militari sottesi.

Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

CASTAGNETTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
lunedì 30 marzo 2009, nel pomeriggio attorno alle 16, monsignor Giulio Jia Zhiguo, vescovo della chiesa sotterranea cinese di Zhending nella provincia delle Hebei (zona con la più alta concentrazione di cattolici in Cina), non riconosciuta dal governo di Pechino, è stato sequestrato dalla polizia e trasferito in un luogo sconosciuto;
secondo quanto riferito dall'Agenzia Asia News, e riportato da «Avvenire» del 1° aprile, cinque poliziotti su due auto si sono presentati nella casa del vescovo prelevandolo per una località ignota;
Monsignor Jia soffre di vari disturbi a causa delle passate detenzioni e dell'età. Sono anni che lo stesso, secondo quanto informa l'agenzia missionaria del Pontificio Istituto Missioni Estere, subisce sequestri e isolamenti da parte delle autorità di polizia cinese, le quali cercano, durante questi periodi, di «educarlo» alla politica religiosa del partito e di spingerlo ad aderire all'Associazione patriottica che rappresenta la «chiesa ufficiale» che le autorità tentano di contrapporre alla «chiesa sotterranea». Adesione che monsignor Jia ha sempre negato. Questa resistenza gli ha attirato lo scherno delle autorità che hanno lo hanno irriso dicendo che il governo lo manderà in pensione dato che è malato -:
quali iniziative il Governo abbia già assunto o intenda assumere, visto anche il continuo ripetersi di questi episodi, nei rapporti bilaterali e in campo internazionale, al fine di salvaguardare e promuovere la libertà di religione e la libertà di azione e di pensiero della chiesa cattolica in Cina.
(4-02726)

Risposta. - Il ministero degli affari esteri e l'Ambasciata d'Italia a Pechino seguono con particolare attenzione la tutela dei diritti umani in Cina ed in particolare la vicenda del vescovo Giulio Jia Zhiguo, per il quale è stata confermata la notizia riportata dagli organi di stampa relativa al fermo del religioso da parte delle forze di polizia. In occasione della ventisettesima sessione del Dialogo bilaterale sui diritti umani UE-Cina (tenutasi a Praga, il 14 maggio scorso), l'Unione europea ha incluso il nominativo del prelato Jia Zhiguo nella lista di casi individuali di presunte violazioni di diritti umani consegnata alle autorità cinesi, chiedendo elementi di informazione sulle motivazioni delle misure restrittive adottate, sul luogo di detenzione e sullo stato di salute del vescovo.
In generale, la questione dell'esercizio della fede cattolica nel Paese rimane controversa. In occasione del 50o anniversario dall'avvio della politica nazionale delle nomine dei vescovi «patriottici», organizzata dalla Conferenza dei vescovi di Cina e dall'Associazione cattolica patriottica, il capo del Dipartimento del fronte unito del PC, Du Qinglin, ha richiamato i cattolici cinesi a proseguire nella politica di indipendenza ed ha reiterato l'invito al Vaticano a non interferire negli affari interni cinesi, riguardo alla nomina dei vescovi, come condizione per il ristabilimento dei rapporti diplomatici tra Santa Sede e Pechino.
Nella pratica tuttavia, dopo la lettera del Papa, del luglio 2007, tesa alla riconciliazione ed al superamento della divisione tra comunità cattoliche ufficiali e clandestine, ed accanto a fenomeni di repressione nei confronti di alcuni dei 40 vescovi scelti dal

Vaticano con l'accusa di servire la Chiesa non registrata, o cosiddetta sotterranea tra cui proprio il caso di Giulio Jia Zhiguo, vescovo non registrato di Zhending nella provincia dello Hebei, si possono scorgere nuovi segnali positivi di riavvicinamento tra la Chiesa non ufficiale e le autorità cinesi. Ne sono un esempio: i pellegrinaggi in comune, il riconoscimento dei vescovi non ufficiali da parte di preti della Chiesa patriottica, nonché la registrazione di preti e dei luoghi di culto della Chiesa non ufficiale senza necessariamente dover aderire alla Associazione patriottica.
Per quanto riguarda gli episodi incresciosi di fermi o arresti di sacerdoti o cariche ecclesiastiche va inoltre rilevata la natura spesso locale di queste iniziative, che contrasta con aperture a livello di Governo centrale.
La questione della libertà religiosa, per l'importanza che riveste come diritto fondamentale ed inalienabile, è uno dei temi su cui si concentra l'attenzione dell'Italia e dell'Unione europea nei confronti della Cina. Nell'ultimo rapporto sullo stato dei diritti umani predisposto dalle Ambasciate dell'Unione europea si ribadisce che permangono nel Paese difficoltà nell'esercizio della libertà religiosa nonostante essa sia garantita costituzionalmente. D'altra parte, nello stesso documento si conferma in generale l'interesse mostrato da tempo dalle autorità di Pechino verso un approfondimento delle tematiche religiose, intese anche come strumento di coesione sociale, confermato altresì da recenti missioni in Paesi europei dei vertici dello «
State Administration of Religious Affairs (SARA)».
L'Unione europea sottopone regolarmente alle autorità cinesi le liste di casi individuali di presunte violazioni di diritti umani chiedendo elementi di informazione e spingendo per la sospensione di alcune misure detentive, come è avvenuto per il vescovo Jia Zhiguo.
Anche in ambito Nazioni unite, l'Italia è impegnata a seguire attentamente la questione delle libertà religiose in Cina. Essa è stata infatti oggetto precipuo della proposta di raccomandazione formulata dall'Italia in occasione della recente «
Universal Periodic Review», dello scorso febbraio, di semplificare i requisiti per l'autorizzazione delle pratiche religiose al fine di permettere una maggiore libertà di credo e di culto e di rispettare i diritti religiosi delle minoranze.
È tuttavia doveroso ricordare come la questione della religiosità in Cina assuma un rilievo di estrema delicatezza sotto il profilo del principio della non ingerenza negli affari interni del Paese, principio a cui le autorità cinesi sono saldamente ancorate. Da parte italiana, e dei Paesi dell'Unione europea, l'azione nei confronti di Pechino in tale ambito, sebbene costante, tuttavia è improntata alla massima discrezione per favorire il processo di apertura timidamente avviato nel Paese.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

CIMADORO e PIFFARI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
lo spreco di energia elettrica nelle amministrazioni pubbliche rappresenta un annoso problema che contribuisce ad aggravare il bilancio dei conti pubblici;
all'articolo 1, comma 4, della legge n. 10 del 1991 il principio del risparmio energetico è di fatto equiparato alle opere di pubblico interesse e di pubblica utilità, al punto di dichiararlo indifferibile ed urgente;
il consumo inutile di energia elettrica è accentuato dalla scarsa percezione dell'obbligo morale del risparmio, di cui la sfera pubblica sembra particolarmente pervasa, nell'usufrutto delle risorse in dotazione per lo svolgimento della propria attività lavorativa;
tale malcostume non si esaurisce nella sistematica noncuranza verso lo spegnimento di luci e lampade ma è fortemente accentuato dall'uso poco oculato della funzione di stand-by degli apparecchi elettrici;
l'incidenza imputabile alla cattiva abitudine di lasciare in stand-by computer

e relativi componenti (quali modem, stampanti, casse ed altro), fax, fotocopiatrici, televisori, eccetera normalmente in uso nei palazzi della pubblica amministrazione, rappresenta una considerevole quota del computo totale dello spreco di energia elettrica;
a peggiorare la situazione spesso accade che le case produttrici degli apparecchi elettrici non riportino il loro consumo in stand-by, oppure i Kw consumati annualmente, e che, quindi, per l'utente sia difficile controllare questi consumi nascosti ed inutili che vanno ad accumularsi, con dispersioni varie, incidendo sulla bolletta annuale anche per centinaia di euro;
secondo alcune misurazioni non ufficiali, effettuate nel laboratorio «Smarcadabollo» dagli utenti registrati ed autorizzati dal Sito Energia 0 CO2, il led del desktop di un'Apple Imac 17" lasciato acceso in stand-by consuma 8 watt giornalieri, per un totale di consumo annuo di 70 kwh, che corrisponde ad un costo pari a circa 11,20 euro mentre il led del desktop di un PC pentium IV con monitor LG Flatron 17", lasciato acceso in stand-by, consuma 17 watt giornalieri, per un totale di consumo annuo di 149 kwh, con costi pari a 23,84 euro;
anche nel sito ufficiale dell'Enel al link: http://www.enel.it/sportello-online/elettricita/consumaintelligente/, si possono trovare consigli utili all'utente per un consumo intelligente, tra i quali leggiamo: «Quando spegni una tv o il dvd non lasciarlo in stand-by. Evita cioè di lasciare accesa la piccola luce che segnala il non completo spegnimento dell'apparecchio: sembra un consumo insignificante, ma moltiplicato per tante unità rappresenta un grande spreco a livello nazionale»;
moltiplicando questo apparente piccolo consumo per 24 ore su 24 e per milioni di apparecchi in uso in tutto l'apparato della pubblica amministrazione si ha un consumo energetico spaventoso;
gli Stati membri dell'Unione europea hanno recentemente approvato la proposta di regolamento del Comitato di regolamentazione per la progettazione ecocompatibile finalizzato alla riduzione del consumo di energia elettrica da parte delle apparecchiature domestiche e da ufficio in posizione stand-by. Il regolamento fissa prescrizioni di efficienza energetica per tutti i prodotti commercializzati in Europa, che si tradurranno in una riduzione del consumo di energia elettrica delle apparecchiature in posizione di stand-by a livello comunitario di quasi il 75 per cento entro il 2020 -:
se il Ministro non ritenga opportuno emanare circolari circa la necessità che l'intero personale dei pubblici uffici nonché il personale di servizio preposto si impegni obbligatoriamente a spegnere al termine del loro funzionamento gli apparecchi elettrici, tutte le fonti di illuminazione ed i condizionatori climatici, al fine di abbattere gli ingenti costi energetici ed il conseguente impatto ambientale;
se non sia il caso di assumere iniziative legislative volte a prevedere un miglior utilizzo delle risorse, investendole nella ricerca tecnologica, nella direzione indicata dal Comitato della Commissione europea, affinché i produttori di apparecchi elettrici utilizzino soluzioni a basso consumo ed a spegnimento totale automatico, anche da telecomando.
(4-00778)

Risposta. - In riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, concernente il risparmio energetico negli uffici della pubblica amministrazione, si rappresenta quanto segue.
In primo luogo, appaiono condivisibili le affermazioni dell'interrogante con riguardo alla necessità di realizzare, anche nella pubblica amministrazione, un considerevole risparmio di risorse energetiche. Come, infatti, correttamente rilevato nell'interrogazione, il risparmio energetico costituisce un importante obiettivo non solo per l'abbattimento dei costi nella Pubblica Amministrazione, ma anche per contribuire, in modo concreto, alla riduzione del relativo impatto ambientale.

Quanto all'opportunità di emanare una circolare ad hoc, occorre, però, evidenziare che il richiamo ai dipendenti pubblici finalizzato a favorire il regolare spegnimento degli strumenti elettronici in dotazione e delle fonti di illuminazione, costituisce un mero atto di organizzazione interna, rimesso all'adozione degli organi di vertice delle singole strutture amministrative. A titolo esemplificativo si richiama l'iniziativa del segretariato generale della Presidenza del Consiglio dei ministri, con la quale - anche al fine di realizzare un'efficiente gestione di tutte le risorse energetiche - tutti i dirigenti sono stati invitati a sensibilizzare il personale dipendente ad una rigorosa osservanza di una serie di disposizioni in materia, tra l'altro, di spegnimento delle apparecchiature elettriche, elettroniche ed informatiche (nota PCM-USG prot. n. 0004744 P-3.32.5 del 5 novembre 2007). Risulta, peraltro, di recente adozione all'esito dei sopralluoghi effettuati dal Servizio prevenzione e protezione della Presidenza del Consiglio dei ministri, un richiamo esplicito a tutti i dirigenti a garanzia della puntuale osservanza delle disposizioni di cui alla citata nota (www.dfp.it/internet/comunicazioni/1023.asp).
Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

CRISTALDI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il comma 725, dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007) stabilisce che «Nelle società a totale partecipazione di Comuni e Province, il compenso lordo annuale, onnicomprensivo, attribuito al Presidente ed ai componenti del consiglio d'amministrazione, non può essere superiore per il presidente all'80 per cento e per i componenti al 70 per cento delle indennità spettanti rispettivamente al Sindaco ed al Presidente della Provincia»;
nei Comuni con un numero di abitanti da 40.001 a 100.000, l'indennità di funzione dei Sindaci ammonta a 4.493,17 euro mensili, come previsto dalle norme della Regione Siciliana. A seguito del disposto del Decreto Assessoriale n. 463 del 29 febbraio 2008 (Regione Siciliana), detti compensi sono stati rivalutati dal 1° gennaio 2004 del 4,6 per cento e dal 1° gennaio 2007 del 3,7 per cento, per cui la misura spettante al Sindaco è pari a 4.817,45 euro mensili. Applicando la percentuale prevista, al Presidente dell'ATO BELICE AMBIENTE della Provincia di Trapani dovrebbe essere erogata una somma non superiore a 46.247,52 euro annui (pari all'80 per cento dell'indennità del Sindaco);
i Revisori dei Conti del Comune di Mazara del Vallo (Comune facente parte dell'ATO BELICE AMBIENTE), nella loro relazione sul rendiconto annuale, hanno fatto rilevare che le somme erogate per il Presidente dell'ATO BELICE AMBIENTE superano di gran lunga quelle previste dalle norme in vigore, sino ad oltre il doppio del consentito -:
di quali elementi disponga sulla vicenda e se non intenda adottare iniziative di monitoraggio circa il rispetto della normativa sopra indicata, adottando altresì ogni iniziativa, anche normativa, utile ad assicurare il rispetto di tale disciplina in casi quali quelli segnalati in premessa.
(4-02040)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, con la quale, premesso che l'articolo 1, comma 725, della legge finanziaria 2007 stabilisce che nelle società a totale partecipazione di comuni e province, il compenso annuale lordo, onnicomprensivo, attribuito al presidente ed ai componenti del consiglio di amministrazione, non può essere superiore per il presidente all'80 per cento e per i componenti al 70 per cento delle indennità spettanti al sindaco ed al presidente della provincia e che la regione Sicilia, con decreto assessoriale, ha provveduto a stabilire, per i comuni con popolazione tra 4.001 e 100.000 abitanti, i nuovi compensi agli amministratori rivalutandoli

dal 1o gennaio 2004 del 4,6 per cento e dal 1o gennaio 2007 del 3,7 per cento e che nella provincia di Trapani la somma che viene erogata al residente dell'Ato Belice Ambiente supera, come rilevato dai revisori dei conti, quelle previste dalla citata normativa, si chiede se non si intenda adottare ogni iniziativa, anche normativa, al fine di assicurare il rispetto delle disposizioni in questione.
Al riguardo, si fa presente che il Dipartimento della ragioneria generale dello Stato annovera fra i propri compiti istituzionali il monitoraggio annuale delle spese di personale per gli enti e gli organismi pubblici.
Inoltre, il citato dipartimento, tramite i servizi ispettivi di finanza pubblica, svolge, ai sensi dell'articolo 60, comma 5, del decreto legislativo n. 165, del 2001, un'attività di controllo sulle spese sostenute dalle amministrazioni pubbliche sulla base di un programma ispettivo annuale, i cui contenuti si ispirano agli obiettivi fissati dalla direttiva ministeriale sull'azione amministrativa.
Giova, comunque, precisare che l'attività di acquisizione di informazioni sul comportamento degli enti ed organismi pubblici, affidata ai servizi ispettivi di finanza pubblica, ha la finalità di verificare l'andamento delle spese e dei bilanci di tali organismi allo scopo di assicurare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica.
Tali accertamenti, tuttavia, sono strumenti di controllo privi di poteri coercitivi e sanzionatori che esauriscono di norma i loro effetti entro la sfera delle attività referenti, demandando alla competenza degli enti e delle amministrazioni interessate l'adozione dei provvedimenti correttivi sulla base dell'esito degli accertamenti eseguiti.

Il Viceministro dell'economia e delle finanze: Giuseppe Vegas.

DE POLI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
si riscontra tra la popolazione italiana una crescente presenza delle persone non autosufficienti, ma da parte delle politiche pubbliche non corrisponde un'adeguata risposta;
è infatti opinione comune che in questo campo esista un profondo divario tra la gamma dei bisogni e la dimensione dello sforzo pubblico. I soggetti deboli presentano bisogni che richiedono una forte capacità di integrazione sociosanitaria, radicata su soluzioni di natura istituzionale, gestionale, professionale e solidaristica;
buona parte degli oneri finanziari per le risposte sociali sono a carico delle persone e delle famiglie, nei casi di cronicità e di lungo-assistenza ciò comporta il progressivo deterioramento dei patrimoni personali con la conseguente necessità di intervento economico da parte degli enti locali. Peraltro gli interventi esistenti mostrano troppo spesso un'eccessiva eterogeneità a livello territoriale, chiamando in causa il ruolo dello Stato che dovrebbe definire regole chiare e principi di base cui ancorare i diritti delle persone non autosufficienti;
è quindi necessario pensare ad un sistema di protezione dai rischi della non autosufficienza, in grado di garantire una copertura che vada a beneficio delle persone e delle famiglie -:
quali saranno gli interventi e le direttive del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, a favore dei soggetti non autosufficienti;
se nell'ambito dell'attuazione del programma di Governo è prevista l'immediata istituzione del Fondo Nazionale per persone non autosufficienti.
(4-00095)

Risposta. - Con riferimento all'atto parlamentare in esame, inerente al Fondo per le non autosufficienze, si rappresenta quanto segue.
La legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) ha istituito il predetto Fondo con lo scopo di fornire una prima risposta ai bisogni delle persone in condizione di limitata autonomia e alle loro famiglie e di garantire l'attuazione dei livelli

essenziali delle prestazioni assistenziali, da estendere su tutto il territorio nazionale, in modo da assicurare la necessaria omogeneità - in termini quantitativi e qualitativi - rispetto ai molteplici ed eterogenei interventi previsti.
Al Fondo in argomento sono state assegnate risorse finanziarie, per il triennio 2007/2009, nella seguente misura:
100 milioni per il 2007;
300 milioni per il 2008;
400 milioni per il 2009.
In particolare, le risorse per il 2007, sono state ripartite, tra le regioni e le province autonome, con decreto ministeriale 12 ottobre 2007, individuando alcune aree prioritarie di intervento, quali:
punti unici di accesso alle prestazioni;
presa in carico individualizzata e accertamento multidimensionale;
rafforzamento dell'assistenza domiciliare.
Nell'ambito del riparto delle risorse, è stato previsto lo stanziamento di un milione di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 per realizzare il monitoraggio delle prestazioni e degli interventi attivati sul territorio attraverso le risorse del Fondo. Relativamente alle risorse per gli anni 2008 e 2009, è stato emanato il relativo provvedimento di riparto (pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale n. 261 del 7 novembre 2008).
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali: Eugenia Maria Roccella.

DIMA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 30 agosto 2000 l'ufficio del Genio civile per le opere marittime di Reggio Calabria, dipendente dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ha redatto il progetto esecutivo «Lavori occorrenti per la difesa dal mare dell'abitato di Montegiordano Marina», in provincia di Cosenza;
questi lavori riguardano la costruzione di 11 pannelli frangiflutti con la testa ad ali sommerse in scogli naturali, posti a difesa di un tratto di litorale di circa 1500 m. ricadente nel Comune di Montegiordano Marina, ed il versamento di circa 130.000 m.c. di materiale grossolano dentro le celle prodotte dai suddetti pannelli e dalle scogliere sommerse a quota - 1,50 m. dal medio mare, per favorire un maggiore grado di stabilità al ripascimento della spiaggia;
il 9 dicembre 2002 è stata esperita la relativa gara d'appalto con il conseguente avvio dei lavori ed il 7 maggio 2004 è stata approvata la perizia n. 2170 di variante e suppletiva ai suddetti lavori;
il termine per l'ultimazione dei lavori è stato fissato nel mese di febbraio 2005 in seguito alla sospensione degli stessi nel periodo estivo ed alla concessione di una proroga di 60 giorni a causa dei lavori di variante e suppletivi, anche se poi l'impresa appaltatrice ha chiesto la concessione di un ulteriore proroga dell'ultimazione delle opere di 121 giorni, a causa dei periodi di inattività dovuti alle cattive condizioni metereologiche e per le difficoltà causate dall'approvvigionamento del materiale per il ripascimento della spiaggia;
i lavori su elencati sono stati portati ad ultimazione e non sarebbero stati ancora collaudati perché la commissione incaricata avrebbe riscontrato delle difformità tra il progetto e le opere realizzate;
i pannelli in questione, facenti parte del progetto complessivo su indicato, sono stati per la maggior parte distrutti dalle violente mareggiate di queste ultime settimane -:
quali iniziative, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, intenda intraprendere per garantire la più che necessaria ed urgente salvaguardia dell'abitato del Comune di Montegiordano Marina

(Cosenza) e soprattutto per verificare la correttezza dei lavori eseguiti a fronte della distruzione di alcune opere in seguito ad avverse condizioni meteo.
(4-01939)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in oggetto, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
I lavori, realizzati in osservanza del contratto di appalto e degli atti aggiuntivi approvati, sono stati ultimati nel corso dell'anno 2006. Le opere realizzate, che hanno consentito di attuare in maniera efficace la difesa dall'erosione marina di un ampio tratto di litorale del comune di Montegiordano, sono stati positivamente collaudati con atto unico di collaudo del 29 giugno 2006. La relativa contabilità finale dei lavori è stata approvata, unitamente all'atto unico di collaudo, con decreto del provveditore alle opere pubbliche Sicilia-Calabria n. 13849/PA del 22 novembre 2007.
In merito poi a quanto asserito nell'interrogazione parlamentare in oggetto, si vuole evidenziare che, nonostante la mareggiata eccezionale dei giorni 12 e 13 dicembre 2008, sia le opere foranee sia il ripascimento di spiaggia realizzati non hanno subito danni significativi ed hanno entrambi assolto al compito per il quale essi sono stati progettati. In particolare, l'impianto difensivo ha consentito la salvaguardia delle infrastrutture retrostanti, quali il muro, la viabilità ed il caseggiato lungomare. I pennelli e le barriere soffolte hanno smorzato efficacemente l'energia ondosa incidente, e l'ampio ripascimento artificiale di spiaggia realizzato ha dissipato l'energia ondosa residua con onde di risalita sulla battigia ridotte a valori minimali. Inoltre, la realizzazione di tali lavori, ancorché costituire difesa dagli attacchi ondosi, ha permesso un'ampia fascia di spiaggia fruibile alla balneazione, prima del tutto inesistente.
La predetta mareggiata, se si fa eccezione per l'ultimo pennello lato nord che ha subito qualche danno, ha prodotto in qualche pennello un rimodellamento delle sezioni nelle parti terminali soffolte che non inficia l'efficacia complessiva dell'opera di difesa costiera realizzata. Le parti emergenti dei pennelli, le soglie sommerse delle celle ed il ripascimento di spiaggia non hanno subito danni.
Per ciò che concerne invece gli ulteriori lavori di rinforzo della difesa costiera auspicati dall'interrogante a salvaguardia e garanzia dell'abitato di Montegiordano, si evidenzia come siano già previsti interventi da attuarsi a cura degli enti locali e della Regione. Difatti, l'articolo 59 del decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977 ha provveduto al trasferimento, mediante delega, alle amministrazioni regionali della maggior parte delle competenze sul demanio marittimo; il decreto legislativo n. 112 del 1998 ha successivamente disciplinato il conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59.
Con l'effettiva attuazione delle disposizioni contenute nel sopraccitato decreto legislativo n. 112 del 1998 viene infatti realizzato il conferimento generale alle regioni ed agli enti locali di tutte le funzioni amministrative inerenti alla gestione dei beni demaniali marittimi.
Alla luce di quanto detto, si porta a conoscenza che per ciò che attiene al pennello di chiusura lato nord, sono stati previsti ulteriori lavori di rinforzo nell'ambito degli imminenti lavori di difesa costiera da attuarsi a cura del comune di Montegiordano con finanziamenti regionali.
Gli imminenti lavori, già appaltati dal comune di Montegiordano, nel prevedere un ulteriore tratto di ripascimento nella zona nord del litorale di Montegiordano integrato da pennelli semisoffolti aventi la medesima funzione di quelli già realizzati con fondi statali, prevedono di utilizzare l'anzidetto pennello per ridossarvi un'ampia quota del previsto materiale di rimbonimento dell'arenile.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

FEDI e BUCCHINO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la ristrutturazione della rete consolare ai sensi del comma 404 dell'articolo 1

della legge finanziaria del 2007, è stata appena conclusa con il conseguente accorpamento di alcune rappresentanze presso organizzazioni internazionali e con l'accorpamento di alcuni consolati;
non esistono altri obblighi normativi che prescrivano nuovi obiettivi di risparmio da raggiungere mediante la chiusura di sedi consolari;
i risparmi operati nel rispetto del comma 404 dell'articolo 1 della legge finanziaria del 2007, secondo quanto reso noto dalla Farnesina, sono stati utilizzati per aumentare l'ISE del personale in servizio all'estero;
la terza fase della rimodulazione della rete ha previsto, per garantire un'adeguata assistenza alla comunità italiana all'estero, nonché l'allocazione del personale a contratto assunto in loco, l'istituzione in città quali Bastia, Innsbruck, Edmonton e Bedford di «sportelli», ovvero agenzie consolari, in grado di erogare servizi ai cittadini residenti;
la comunità italiana residente in Germania è la più numerosa all'estero e presenta tuttora enormi difficoltà ad integrarsi nel contesto scolastico, sociale, lavorativo e linguistico (ad avvalorare questa affermazione possono essere consultate le statistiche predisposte dalle autorità tedesche sul numero impressionante di ragazzi che vengono espulsi dal sistema scolastico tedesco o sul tasso elevato di disoccupati che caratterizza la nostra comunità rispetto alle altre nazionalità);
le giovani generazioni non usufruiscono delle procedure di naturalizzazione offerte dalle norme locali e le statistiche dimostrano, di fatto, che i nostri cittadini si trovano all'ultimo posto della classifica dei cittadini stranieri che richiedono il passaporto tedesco e, a differenza delle altre nazionalità, i nostri connazionali continuano a far riferimento alle autorità consolari italiane;
la preannunciata chiusura di sedi consolari quali Norimberga, Hannover e Saarbrücken costituirebbe un grave danno ai rapporti politici, economici, culturali e commerciali esistenti con il nostro Paese;
il personale a contratto assunto in loco verrebbe sradicato, con i propri familiari, dalla realtà socio-lavorativa che ha caratterizzato finora il suo rapporto di lavoro col Ministero degli affari esteri, per essere probabilmente trasferito in sedi (Monaco di Baviera, Amburgo) non in grado di assorbire logisticamente gli stessi eventuali trasferimenti -:
quali siano le reali intenzioni della Farnesina rispetto al mantenimento in servizio delle sedi sopracitate e quali soluzioni concrete intenda adottare per continuare a garantire in loco sia l'erogazione dei servizi alla comunità italiana, sia la sicurezza del posto di lavoro per il personale a contratto;
se non intenda rispettare i rigorosi vincoli di bilancio imposti al Ministero degli affari esteri adottando una più oculata e attenta politica di contenimento delle spese ed una maggiore coerenza con i criteri di gestione economica del personale inviato all'estero, limitandone di conseguenza gli effetti sulla rete consolare che deve invece rispondere ai bisogni delle nostre comunità.
(4-02523)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nell'atto parlamentare in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Il Ministero degli affari esteri è pienamente cosciente dell'importanza delle nostre collettività all'estero, e nello specifico delle particolari esigenze di quella residente in Germania, e quindi della necessità di prestarle adeguate tutela e assistenza. Attualmente sono infatti presenti
in loco 12 uffici consolari, cui si aggiunge la cancelleria consolare dell'ambasciata: si tratta della rete consolare più estesa della nostra Amministrazione in un Paese estero.
L'interrogante segnala che, terminata la ristrutturazione della rete diplomatico consolare ai sensi del comma 404 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007, non esisterebbero altri obblighi normativi che

prescrivano nuovi obiettivi di risparmio da raggiungere mediante la chiusura di sedi consolari.
In proposito, va tuttavia osservato che se per un verso è vero che, a differenza di quanto previsto nella succitata legge finanziaria, il legislatore non ha dettato nuovi, specifici obiettivi di risparmio, non di meno l'Amministrazione si vede costretta ad operare entro più rigorosi vincoli di bilancio. È noto infatti che per i prossimi tre anni, nell'ottica generale del contenimento della spesa pubblica, sono previste consistenti riduzioni sui capitoli di pertinenza del Mae (compresi quelli relativi alle spese di funzionamento degli uffici all'estero), pur a fronte di crescenti esigenze di carattere internazionale, con un conseguente aumento dei carichi di lavoro per il personale in servizio all'estero.
È in corso pertanto una riflessione sul miglior utilizzo che potrà essere fatto di tali scarse risorse, di cui non si mancherà di comunicare gli esiti.
Quanto infine alla garanzia del mantenimento del posto di lavoro per il personale a contratto in sedi interessate dalla ristrutturazione della rete consolare, essa è già contenuta nell'articolo 160 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18.
La norma - in caso di chiusura o soppressione di una sede estera - prevede un impegno espresso per il Ministero degli affari esteri a ricollocare entro tre mesi gli impiegati a contratto presso un altro ufficio all'estero, facendo salva la loro anzianità di servizio ed il precedente regime contrattuale. Essa è stata recepita anche dall'articolo 13 dell'accordo successivo del 12 aprile 2001, concluso dal Mae e dalle organizzazioni sindacali.
La disciplina delle «ricollocazioni» è stata applicata a tutto il personale a contratto in servizio nelle sedi finora coinvolte nella riorganizzazione della rete diplomatico-consolare. In tutti i casi presentatisi, tali impiegati sono inoltre stati finora ricollocati in sedi - ove presenti - all'interno del Paese dove già prestavano servizio; non si è inoltre mai mancato di verificare preventivamente l'interesse e l'idoneità delle sedi di destinazione ad accogliere il personale da ricollocare e al tempo stesso la disponibilità di quest'ultimo a trasferirsi nelle sedi proposte.
Se infine è vero che l'articolo 166 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18 - nel disciplinare le ipotesi di risoluzione del contratto degli impiegati assunti localmente dalle rappresentanze diplomatiche e consolari - prevede espressamente, al comma 1, lettera
f), il caso di «riduzione di personale o chiusura della sede di servizio», è anche vero che la norma fa espressamente salva la possibilità di riallocazione del predetto personale presso altro ufficio ai sensi dell'articolo 160.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

GRANATA, FRASSINETTI, MIGLIORI e LAURA MOLTENI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'Istituto per il credito sportivo (ICS) è stato oggetto di verifiche ispettive da parte di Banca d'Italia dal 10 ottobre 2006 al 1° febbraio 2007;
il Governo Prodi ha sostituito in data 3 maggio 2007 il Consiglio di amministrazione dell'ICS nominato dal precedente Governo Berlusconi avvalendosi della finanziaria 2007, (articolo 1, comma 1297, legge 27 dicembre 2006, n. 296, modificato dall'articolo 11-sexies del decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8, convertito dalla legge 4 aprile 2007, n. 41) prevedendo una serie di interventi sull'assetto dell'ICS stesso;
in data 27 aprile 2007 la Banca d'Italia ha aperto un procedimento sanzionatorio per violazioni al testo unico bancario (disciplinato dall'ex articolo 145 del decreto legislativo 1° settembre 1983, n. 385) nei confronti dei precedenti amministratori e dell'Ente credito sportivo;
in data 8 novembre 2007 la Banca d'Italia ha ritenuto di non dare seguito

all'iter sanzionatorio nei confronti dei precedenti amministratori del Credito sportivo -:
come mai alla data odierna, novembre 2008, non risulti ancora che la Banca d'Italia abbia ritirato le limitazioni/sanzioni operative sull'ente disposte ai sensi dell'articolo 53, comma 3, lettera d), del decreto legislativo 385/93;
come mai l'ente stesso abbia continuato ad utilizzare il fondo pubblico (fondo contributi sugli interessi) come strumento di tesoreria aziendale a scapito delle esigenze di economicità di gestione del fondo stesso, malgrado la stessa Banca d'Italia avesse ammonito l'ente a non più utilizzare lo stesso a tali fini.
(4-01706)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo parlamentare in oggetto, la struttura di missione per lo sport, istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, fa presente quanto segue.
L'istituto per il credito sportivo ha confermato che, a seguito dell'accertamento ispettivo condotto dalla Banca d'Italia tra l'ottobre 2006 ed il febbraio 2007, è stato imposto il divieto di svolgere, fino alla completa attuazione del piano di ristrutturazione organizzativa, attività di raccolta sotto forma di depositi da parte della clientela privata o attraverso emissioni di certificati di deposito e titoli obbligazionari.
L'istituto medesimo ha, peraltro, rappresentato di essersi impegnato nel compito di rimuovere le criticità evidenziate dall'istituto di vigilanza, informando puntualmente quest'ultimo degli interventi effettuati, e di avere, al momento, in corso la procedura di selezione del fornitore del nuovo sistema informativo, il cui completamento è essenziale per poter considerare concluso il processo di riorganizzazione, che condiziona la ripresa della piena attività, sia sul fronte della raccolta che degli impieghi.
In ordine all'utilizzo del fondo contributi, l'istituto ha affermato che lo stesso è impiegato in conformità all'articolo 9 dello Statuto, alle delibere emanate in materia dal Consiglio di amministrazione e dal Comitato di gestione dei fondi, che, in data 18 gennaio 2006, ha autorizzato il ricorso al fondo anche per finalità di attività finanziaria di utilizzazione del fondo stesso (
funding), con obbligo di rendicontazione trimestrale da parte del direttore generale.
Lo stesso comitato, nel dicembre 2007, ha approvato il regolamento per gli investimenti del fondo, secondo il quale le disponibilità del fondo contributi, depositate in conti correnti accesi presso l'istituto, possono essere temporaneamente investite in titoli, emessi o garantiti dallo Stato o in quote di fondi comuni di investimento di tipo chiuso o in obbligazioni bancarie, quotate in mercati regolamentati.
L'istituto ha precisato che il verbale ispettivo della banca d'Italia non conteneva affatto ammonizioni a non utilizzare più il fondo contributi sugli interessi come strumento di tesoreria aziendale: nello stesso verbale era stata constatata l'assenza di regole e di una adeguata rendicontazione nell'utilizzo delle disponibilità liquide del fondo che, a giudizio degli ispettori, potrebbe ottenere, con diverse forme di investimento, una maggiore remunerazione.
Ciò posto, l'istituto ha chiarito le ragioni per le quali si è ritenuto di consentire, in quanto ve ne fosse la disponibilità, l'utilizzo del fondo per il
funding, che risiedono nella circostanza di poter raccogliere provvista a tassi vantaggiosi; mentre, se la raccolta avvenisse a tassi di mercato le operazioni attive dovrebbero essere più remunerative per l'istituto e richiederebbero tassi più elevati e dunque la necessità di intervenire con una maggiore contribuzione in conto interessi a carico del fondo stesso.
Nella riunione del 29 gennaio 2009 il comitato di gestione dei fondi risulta aver indicato per l'anno in corso, le linee di preferenza negli investimenti del fondo.
L'istituto ha assicurato che, in ogni caso, la tendenza è nel senso di un utilizzo sempre minore del fondo come fonte di provvista.

Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Elio Vito.

HOLZMANN. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
esiste un progetto, denominato «100 stazioni», anche se in realtà le stazioni dovrebbero essere 104, che prevede la ristrutturazione delle stazioni e l'inserimento di attività commerciali che consentirebbero di rivitalizzare luoghi che sono spesso sottoutilizzati, garantendone anche il controllo visivo e determinando nuovi introiti per le Ferrovie -:
per quali ragioni questo progetto non sia ancora decollato e molte stazioni risultino tuttora fatiscenti e prive di quei comfort che un moderno passeggero si attenderebbe di trovare in una stazione ferroviaria.
(4-02024)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Centostazioni è un'azienda costituita nel 2002 dalla
partnership tra Ferrovie dello Stato (60 per cento) e la società Archimede 1 (40 per cento), cordata privata con capofila SAVE (Società Aeroporti di Venezia e Manutencoop) con la funzione di riqualificare, valorizzare e gestire 103 stazioni italiane (104 se si considera oltre Messina centrale anche Messina marittima, normalmente assimilata alla precedente), localizzate quasi tutte nel cuore delle città, per restituirle al loro naturale ruolo urbano, sociale ed economico.
Per la riqualificazione di tali edifici, collocati sull'intero territorio nazionale, è stato stanziato un piano di investimenti di 200 milioni di euro cofinanziato da Rete ferroviaria italiana (RFI) orientato alla creazione di strutture più qualificate e idonee alle esigenze dei clienti.
In questo quadro, ad oggi sono stati raggiunti i seguenti obiettivi:
45 stazioni sono state riqualificate e consegnate alla cittadinanza:
Brescia
Caserta
Catania
Catanzaro
Livorno
Messina
Milano Lambrate
Milano P.G.
Modena Parma
Parma
Pavia
Piacenza
Prato
Roma Ostiense
Roma Trastevere
Rovereto
Salerno
Sanremo
Treviso
Udine
Aosta
Asti
Brindisi
Civitavecchia
La Spezia
Monza
Napoli C.F.
Napoli Mergellina
Novara
Orte
Reggio Calabria
Reggio Emilia
Trieste
Vicenza
Lecce
Alessandria
Cuneo
Ferrara

Formia
Gallarate
Barletta
Padova
Assisi
Cagliari
Taranto

in 14 edifici sono in corso lavori di restyling:
Benevento
Bolzano
Cesena
Chiavari
Como
Massa
Lecco
Pistoia
Ravenna
Rimini
Savona
Siena
Sondrio
Villa San Giovanni

39 nuove progettazioni sono terminate ed è in corso lo sviluppo delle relative gare d'appalto per l'assegnazione dei lavori a ditte esterne:
Arezzo
Ascoli Piceno
Campobasso
Domodossola
Faenza
Foggia
Foligno
Grosseto
L'Aquila
Monfalcone
Pordenone
Potenza
Voghera
Ancona
Bergamo
Biella
Cremona
Chieti
Desenzano
Forlì
Genova Samp.
Lodi
Macerata
Milano Rogoredo
Rapallo
Perugia
Pesaro
Termoli
Terni
Trento
Treviglio
Varese
Ventimiglia
Verbania
Vercelli
Belluno
Gorizia
Rovigo
Castelfranco

5 progettazioni sono in fase di studio per avviare nuovi cantieri:
Imperia Oneglia
Lucca

Mantova
Pescara
Pisa Centrale

L'obiettivo primario di tali interventi è rendere gli asset gestiti più sicuri, puliti e accessibili puntando anche all'offerta di servizi di ristorazione e shopping qualificati o di opportunità per il tempo libero, quali mostre ed eventi promossi in collaborazione con istituzioni e associazioni del territorio.
Nello specifico, la società Centostazioni realizza nuove architetture preservando, da un lato le aree di valore storico, numerosi edifici sono sottoposti a vincolo da parte del Ministero per i beni e le attività culturali, dall'altro ricercando soluzioni di qualità e sviluppando l'offerta di servizi secondari ai viaggiatori in grado di incrementare sia la funzionalità degli edifici sia la produzione di utili che la Società e il Gruppo ferrovie dello Stato possono reinvestire in termini di comfort per gli utenti.
I risultati raggiunti sono stati ottenuti grazie alla fattiva collaborazione tra l'azionista pubblico e gli azionisti privati.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

IANNARILLI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la società V.D.C. Technologies di Anagni ha attivato una procedura di CIGS per riconversione e ristrutturazione in data 9 maggio 2005 ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 218 del 2000 per un periodo di 24 mesi e per un numero massimo di 1.440 lavoratori;
in data 28 marzo 2007, presso il Ministero dello sviluppo economico, si è svolta una riunione nel corso della quale si sono verificati gli stati di avanzamento dei piani di riconversione e se ne è constatata la coerenza rispetto agli impegni assunti;
in data 11 aprile 2007 l'azienda ha richiesto la proroga del trattamento di CIGS per ulteriori 12 mesi, proroga autorizzata con scadenza 6 maggio 2008;
in data 26 luglio 2007, in sede di Ministero dello sviluppo economico, si è sottoscritto il Contratto di Programma finalizzato a sostenere il piano industriale di VDC Technologies;
in data 1° aprile 2008 il succitato Contratto di Programma è stato dichiarato esigibile dal Ministero dello Sviluppo Economico a seguito dell'ispezione istruttoria eseguita da esperto all'uopo designato;
in data 9 aprile 2008 l'azienda ha avanzato richiesta di proroga complessa del periodo di CIGS;
in data 20 giugno 2008, in sede di Ministero dello Sviluppo Economico, si è svolta una riunione in cui l'azienda ha informato le parti circa l'impossibilità di proseguire nell'attuazione del piano industriale a causa delle mutate condizioni di mercato e, soprattutto, a causa del venir meno di alcuni presupposti tecnico-produttivi alla base del piano industriale stesso;
in data 23 giugno 2008, presso la sede della Regione Lazio, è stato firmato un verbale di accordo in cui l'azienda, accogliendo l'invito del Governo a non mettere in atto iniziative unilaterali che possano compromettere i rapporti tra le parti e minacciare i livelli occupazionali, si impegna a richiedere la proroga per ulteriori 12 mesi del trattamento di CIGS;
in seguito alle gravissime dichiarazioni della Direzione aziendale della VDC Technologies i dipendenti, preoccupati per il proprio futuro lavorativo, stanno organizzando manifestazioni di piazza eclatanti;
prima che la situazione degeneri e prima che le dichiarazioni della proprietà indiana trasformino l'allarmismo in vero e proprio problema sociale ingovernabile, stante la già precaria situazione economica e occupazionale del territorio della provincia di Frosinone -:
se sia a conoscenza della gravità delle comunicazioni riportate, dalla Direzione

aziendale della VDC Technologies, in sede di incontro presso il Ministero dello Sviluppo Economico in data 20 giugno 2008;
se non intraveda l'opportunità di farsi garante, quale responsabile del Ministero dello sviluppo economico, presso i lavoratori di Anagni e non ritenga opportuno intraprendere ogni iniziativa volta a far recedere la Direzione aziendale della VDC Technologies dalle scelte comunicate nell'incontro del 20 giugno 2008;
se non ritenga opportuno, infine, intraprendere ogni possibile iniziativa nei confronti del Governo indiano, utile a segnalare il grave comportamento della Direzione aziendale della VDC Technologies, comportamento che svilisce l'immagine della stessa Nazione nel mondo (nella fattispecie, in Italia).
(4-00554)

Risposta. - In riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame si rappresenta quanto segue.
Lo scorso 5 maggio, si è tenuto, presso il Ministero dello sviluppo economico, un incontro a cui hanno partecipato i rappresentanti della «VDC Technologies S.p.A.», della regione Lazio e le organizzazioni sindacali.
Nell'ambito di tale sede, è emerso che, dal 27 aprile 2009, 300 lavoratori hanno ripreso la produzione di televisori sugli impianti ristrutturati, e che la società è attualmente impegnata nella ricerca di soluzioni imprenditoriali, in grado di garantire prospettive occupazionali per l'insieme dei propri dipendenti.
Al riguardo, si evidenzia che la società ha precisato che tali soluzioni prevedono l'attività di assemblaggio televisori, a cui saranno affiancate produzioni di significativo contenuto tecnologico, nonché attività di ricerca e sviluppo (nell'ambito delle energie rinnovabili e in particolare nel fotovoltaico), la cui implementazione richiederà l'attivazione di un piano di formazione e riqualificazione del personale.
Nell'ambito del nuovo progetto, la «VDC Technologies S.p.A.» potrebbe partecipare nella qualità di soggetto imprenditoriale, con esclusiva partecipazione al capitale.
In sede di riunione è stato ribadito l'impegno della società, una volta individuata la soluzione imprenditoriale più adeguata, a presentare le linee generali del progetto nel prossimo incontro previsto per il 19 giugno 2009. Tale soluzione sarà, poi, oggetto di confronto tra le parti imprenditoriali e le organizzazioni sindacali.
Su richiesta delle organizzazioni sindacali, è stato attivato presso la regione Lazio un tavolo per l'esame congiunto in materia di ammortizzatori sociali.
In tale sede è stato raggiunto un accordo che prevede l'attivazione della cassa integrazione in deroga, per un numero massimo di 910 lavoratori, a partire dal 7 maggio 2009 e fino al 31 dicembre 2009.
Il Ministero dello sviluppo economico, con il supporto della regione Lazio, continuerà a seguire attentamente questa delicata fase, al fine di favorire una positiva soluzione della vicenda, nel tentativo di salvaguardare l'importante patrimonio di competenze presente nel complesso di Anagni.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

LAZZARI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
lo scorso 31 gennaio a Castro, in provincia di Lecce, è crollato un costone roccioso provocando, in piazza Dante, ingenti danni e la distruzione di alcune abitazioni e di locali commerciali per un totale di 21 edifici, secondo i sopralluoghi effettuati dai Vigili del fuoco e dal Genio civile;
questo nuovo evento di carattere calamitoso si va ad aggiungere a quello del novembre 2008, quando forti mareggiate avevano causato gravi danni al porto, agli stabilimenti balneari, alle imbarcazioni e alle strade;
la città di Castro è universalmente conosciuta ed apprezzata per le sue bellezze

naturali ed architettoniche e la ricchezza della sua storia;
quest'ultimo evento calamitoso ha finito per causare danni così ingenti da mettere in forte rischio la prossima stagione estiva;
l'economia di Castro si basa soprattutto sul turismo e sulla pesca -:
se non ritengano necessario ed urgente intervenire dichiarando lo stato di calamità naturale affinché venga ripristinato lo stato dei luoghi entro l'estate e vengano accolte le richieste fatte dall'amministrazione comunale di Castro per la salvaguardia del territorio e delle attività economiche dei propri cittadini.
(4-02226)

Risposta. - In riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si fa presente quanto segue.
In data 31 gennaio 2009 è pervenuta alla Sala situazione Italia del dipartimento della protezione civile la notizia del crollo di alcuni edifici siti in piazza Dante nel comune di Castro, in provincia di Lecce.
Al momento dei crollo non erano in corso precipitazioni ma, nei tre giorni precedenti, l'area era stata interessata da precipitazioni dell'ordine massimo di dieci millimetri.
Peraltro, per tutto il mese di gennaio, le stazioni pluviometriche ubicate nel territorio dei vicini comuni di Corigliano e Presicce hanno registrato precipitazioni pari a centottanta millimetri, circa il doppio della media del periodo, e la situazione è stata, monitorata attentamente dalla Sala situazione Italia, in costante contatto con la prefettura e la regione Puglia.
In data 2 febbraio 2009, la prefettura di Lecce ha comunicato che il crollo di un fronte di trenta metri di una parte del fabbricato ubicato a Piazza Dante, nel centro urbano di Castro Marina, ha demolito cinque abitazioni al momento disabitate e tre locali commerciali sottostanti, senza causare alcuna vittima ma provocando danni agli immobili e agli autoveicoli parcheggiati nella piazza antistante. Gli immobili sono stati oggetto di immediato sequestro giudiziario da parte della magistratura e l'intera area è stata transennata.
A seguito della descritta situazione il consiglio comunale, in considerazione del pregiudizio arrecato all'economia basata prevalentemente sul turismo, ha manifestato la volontà di richiedere al magistrato, preposto all'indagine sulla natura dell'evento, di accelerare gli accertamenti per consentire il dissequestro dell'area, nonché di promuovere la costituzione di un tavolo tecnico con regione, provincia, prefettura e protezione civile al fine di definire gli interventi da porre in essere per il ripristino dei luoghi e la ripresa delle attività produttive.
Nel frattempo, sono stati nominati i consulenti tecnici d'ufficio (CTU) da parte della Procura e, in data 1o aprile 2009, è stato compiuto il primo sopralluogo per accertare le reali cause del crollo.
Attualmente in attesa delle risultanze da parte dei periti, che dovranno riferire anche sugli aspetti di natura geologica, idrogeologica e geotecnica che potrebbero avere influenzato il fenomeno, è stata disposta la messa in sicurezza dell'intera zona e sono in atto accertamenti sull'
iter amministrativo dei lavori in corso per ravvisare se eventuali irregolarità negli adempimenti abbiano avuto concreti effetti nella dinamica del crollo.
Da un primo sopralluogo effettuato dai vigili del fuoco è emerso che, sullo strato di calcarenite di sottofondazione del fabbricato crollato, lo strato di roccia è profondamente e diffusamente fessurato, ulteriormente compromesso dalla presenza di cavità antropiche.
Ad oggi, essendo l'area interessata ancora sotto sequestro, non è stato possibile effettuare i sopralluoghi tecnici e le indagini geologiche.
Inoltre, in data 11 febbraio 2009, la regione Puglia ha trasmesso, al dipartimento della protezione civile, la delibera della giunta regionale del 3 febbraio 2009 nella quale, nel rappresentare le conseguenze dannose provocate dal maltempo che nel mese di gennaio ha colpito i comuni già interessati dai fenomeni meteorologici

relativi ai mesi di novembre e dicembre 2008, si è chiesto che anche per l'ultimo evento calamitoso (il crollo, nel centro urbano di Castro, delle cinque unità abitative), siano attivati i mezzi ed i poteri straordinari di cui all'articolo 5 della legge n. 225 del 1992 al fine di porre in essere i necessari interventi per fronteggiare l'emergenza.
Sulla base della documentazione trasmessa il dipartimento della protezione civile ha, quindi, ritenuto di non dover procedere a una nuova dichiarazione dello stato di emergenza, trattandosi di eventi meteorologici in qualche misura legati agli eventi atmosferici che hanno interessato l'intero territorio nazionale nei mesi di novembre e dicembre 2008, già oggetto di un'apposita dichiarazione dello stato di emergenza.
Pertanto, con l'articolo 9, comma 2, dell'ordinanza di protezione civile n. 3746 del 12 marzo 2009, il Presidente della Regione Puglia è stato autorizzato ad applicare le disposizioni di cui alla precedente ordinanza n. 3734 del 16 gennaio 2009, emanata per gli eventi atmosferici dei mesi di novembre e dicembre 2008, al fine di porre rimedio anche all'emergenza del mese di gennaio 2009, laddove venga ravvisato un nesso di causalità tra tali eventi.
Con la citata ordinanza 3734 si è provveduto a nominare Commissari delegati, per gli ambiti territoriali di rispettiva competenza, i Presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, e a loro è stato demandato il compito, previa individuazione delle province e dei comuni danneggiati, di accertare i danni, di adottare tutte le necessarie ed urgenti iniziative volte a rimuovere le situazioni di rischio, ad assicurare l'assistenza alle popolazioni colpite, nonché a porre in essere ogni utile attività per l'avvio, in termini di somma urgenza, della messa in sicurezza delle aree colpite e degli interventi urgenti di prevenzione.
Inoltre il provvedimento ha previsto che ciascun Commissario delegato, sul proprio ambito regionale, sentiti i comuni e le province interessati, predisponga un piano generale degli interventi indifferibili e urgenti a tutela della pubblica incolumità, comprensivo della quantificazione degli oneri.
In tale piano sono previsti gli interventi finalizzati al ripristino della viabilità, delle infrastrutture, delle opere e dei servizi pubblici danneggiati, della pulizia, della bonifica, della manutenzione straordinaria degli alvei e delle opere di difesa idraulica dei corsi d'acqua interessati da eventi di piena. Sono anche comprese le attività di ripristino delle funzionalità delle opere marittime e di difesa della costa, di bonifica e di stabilizzazione dei versanti interessati da eventi franosi o valanghivi, nonché ulteriori ed adeguate azioni ed opere di prevenzione e di mitigazione dei rischi ancora presenti o determinatisi a seguito degli eventi avversi.
È stato, altresì, disposto che ciascun Commissario delegato agisca affinché i comuni esposti ad alto rischio idrogeologico e idraulico predispongano, entro il termine di cessazione dello stato di emergenza, la necessaria pianificazione d'emergenza coerentemente con quanto previsto dalle disposizioni vigenti in materia.
Per quanto riguarda le eventuali misure a sostegno dell'attività economica della cittadinanza interessata, si fa presente che la predetta ordinanza 3734 ha previsto l'erogazione di una serie di contributi per favorire l'immediata ripresa delle attività produttive ed economiche. In particolare un contributo rapportato al danno subito da impianti, strutture, macchinari e attrezzature, comunque non superiore al 50 per cento del danno medesimo e fino ad un massimo di 200.000,00 euro, un contributo fino al 30 per cento del prezzo di acquisto di scorte di materie prime, semilavorati e prodotti finiti, danneggiati o distrutti e non più utilizzabili, fino ad un massimo di 60.000,00 euro e un contributo correlato alla durata della sospensione dell'attività, che non può eccedere i 90 giorni, e quantificato in trecentosessantacinquesimi sulla base dei redditi prodotti, risultanti dall'ultima dichiarazione annuale dei redditi presentata.
Allo scopo, poi, di favorire il rapido rientro nelle unità immobiliari distrutte o

gravemente danneggiate o rese inagibili è stata disposta l'erogazione di contributi per ciascuna unità abitativa distrutta o danneggiata, nonché per la riparazione di immobili danneggiati la cui funzionalità sia agevolmente ripristinabile.
È stato, altresì, previsto un contributo per l'autonoma sistemazione in favore dei nuclei familiari la cui abitazione principale, abituale e continuativa, sia stata distrutta in tutto o in parte o sia stata sgomberata in esecuzione di provvedimenti delle competenti autorità.
Infine, si rappresenta che per far fronte ai danni sono state rese disponibili, per l'intero territorio nazionale, risorse pari a 85 milioni di euro che, con successiva ordinanza n. 3765 del 7 maggio 2009, sono stati ripartite attribuendo a ciascuna regione e provincia autonoma il 32 per cento delle spese sostenute per far fronte alla prima emergenza, previa acquisizione dell'idonea documentazione attestante le spese sostenute.
In base a tale disposizione normativa, alla regione Puglia sono stati assegnati 1.240.205,67 euro a fronte dei 3.932.295,29 euro dichiarati dal Commissario delegato per le spese di prima emergenza, disposte entro il 23 gennaio 2009 ai sensi dell'articolo 1, comma 3, lettera
a), della predetta ordinanza 3734.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Elio Vito.

LOLLI, SCELLI, PELINO, ARACU e D'INCECCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il treno regionale n. 24000, sulla Linea Roma-Pescara, da orario ufficiale deve raggiungere Avezzano alle ore 8.03;
sullo stesso treno viaggiano soprattutto un migliaio di studenti che frequentano gli istituti scolastici superiori di Avezzano e provengono da Carsoli, Sante Marie e Tagliacozzo;
sullo stesso treno viaggiano decine di operai ed impiegati che lavorano ad Avezzano;
dalle notizie apparse in continuazione sui giornali risulta che lo stesso treno, composto da materiale ferroviario scadente, obsoleto e non funzionante arriva ad Avezzano con un ritardo che va dai 20 minuti alle due ore e mezza;
questo continuo disservizio provoca l'entrata in ritardo degli studenti che perdono puntualmente la prima ora di lezione, oltre a costringere gli operai e gli impiegati a recuperare il ritardo durante la giornata;
le Ferrovie italiane hanno sinora risposto ai numerosi esposti presentati con assicurazioni scritte che non hanno però mai avuto conseguenze concrete -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati e quali provvedimenti voglia e possa prendere per l'eliminazione di questo grave e continuo disservizio che, oltretutto, si configura come inadempienza contrattuale, dato che gli utenti forniti di abbonamento, hanno sottoscritto un contratto che, di norma, dovrebbe garantire loro il raggiungimento della sede di servizio o di utenza in orario utile per esercitare i loro obblighi scolastici o lavorativi.
(4-02601)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, riguardante il servizio ferroviario sulla linea Roma-Avezzano, con particolare riferimento all'andamento del treno regionale 24000 Roma Tiburtina-Avezzano, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Sulla linea Fr2 Roma-Tivoli-Avezzano circolano 77 collegamenti giornalieri, con un'offerta complessiva di 51.700 posti per circa 18.000 spostamenti al giorno che è stata implementata del 52 per cento rispetto a quella del 2007.
I servizi sono organizzati con una struttura di tipo cadenzato che prevede mediamente un treno ogni mezz'ora con rinforzi negli orari di maggiore afflusso pendolare.
La puntualità sulla direttrice Roma-Avezzano, anche a seguito della realizzazione del doppio binario fino a Lunghezza, evidenzia che la percentuale dei convogli

giunti a destinazione entro i 5 minuti dall'orario di arrivo previsto è progressivamente migliorata, passando dal 77 per cento del 2007 all'87 per cento del 2008 e ulteriori miglioramenti sono attesi con il completamento dei lavori di raddoppio fino alla stazione di Guidonia.
Con riferimento al treno Regionale 24000, si precisa che la composizione è costituita da 6 vetture «media distanza» climatizzate. La percentuale di puntualità ha subito una flessione nel mese di novembre e dicembre del 2008 soprattutto a causa delle avverse condizioni meteorologiche.
Inoltre, si fa presente che la regolarità del treno è influenzata nella tratta Lunghezza-Avezzano da alcuni specifici fattori come la linea a binario unico e la presenza, nella fascia oraria interessata, di intensi flussi di traffico pendolare che si sviluppano nel senso opposto di marcia in direzione Roma e impongono al treno regionale varie soste in attesa dei treni incrocianti nelle stazioni di Tivoli, Mandela e Carsoli.
Dal 2009 la puntualità del treno regionale in questione, anche a seguito dell'attento monitoraggio di cui è stato oggetto, sta mostrando una tendenza di progressivo miglioramento con una media di ritardo in arrivo nei primi due mesi che si aggira intorno ai 5,5 minuti, escluso qualche sporadico caso di ritardo più consistente derivante da guasti di rilievo agli apparati di linea.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

LUPI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
nel pubblico impiego il criterio di rappresentatività delle organizzazioni sindacali per la partecipazione ai tavoli di contrattazione nazionale e di seguito decentrata viene «pesato», sin dall'anno 1998, attraverso il duplice criterio del dato elettorale delle elezioni RSU che si svolgono ogni tre anni e del dato associativo con il conteggio delle deleghe ogni due anni;
requisito essenziale per il riconoscimento della rappresentatività e quindi per la fruizione delle prerogative sindacali e della partecipazione ai tavoli di trattativa è il raggiungimento della percentuale del 5 per cento mixando il complesso dei due dati soprarichiamati;
attualmente sono in corso le procedure inerenti al biennio economico 2008 - 2009 ed è stata siglata la relativa ipotesi di accordo quadro che deve essere verificato in Consiglio dei ministri e poi vistato dalla Corte dei conti, prima della sottoscrizione definitiva;
in tale contesto si lamenta che nel Comparto Regioni e Autonomie Locali si è proceduto, da parte del comitato paritetico costituito presso l'ARAN e composto dai rappresentanti delle confederazioni sindacali rappresentative oltre che dai funzionari dell'Agenzia, una vera e propria discriminazione a danno del Coordinamento sindacale autonomo (CSA);
gli atti tesi a far mancare al CSA il criterio di organizzazione sindacale maggiormente rappresentativa si sono palesati nel mancato riconoscimento dei passaggi statutari finalizzati come prevede il CCNQ del 24 settembre 2007, che ha integrato il CCNQ del 7 agosto 1998 che, all'articolo 6, ha stabilito che a decorrere dall'accertamento della rappresentatività del biennio 2008-2009, non possono essere tenuti in considerazione patti di affiliazione e altre forme aggregative tra sigle sindacali che non diano luogo alla creazione di un nuovo soggetto (o alla effettiva «incorporazione-fusione» parziale o totale di un soggetto sindacale in un altro);
il CSA, che è sempre stato riconosciuto rappresentativo in tutti i precedenti momenti accertativi a partire dal 1997, ha ottemperato al disposto dell'articolo 6, stabilendo la diretta titolarità delle deleghe in capo al soggetto misurato

per la rappresentatività, riunendo le organizzazioni sindacali finora aderenti e procedendo al conferimento delle rispettive deleghe sotto l'unica sigla del CSA, soggetto ormai divenuto unico anche a seguito dell'applicazione delle necessarie modifiche statutarie, peraltro riconosciute dalla stessa ARAN;
se non vi sono stati problemi nell'attribuzione di un dato elettorale alle elezioni di novembre 2007 a favore del CSA pari al 5,50 per cento (con ben oltre 23.000 voti), quindi abbondantemente superiore alla soglia prevista, d'altra parte il Comitato Paritetico ha proceduto ad una «disaggregazione» del dato associativo. In tal modo il CSA, che poteva vedersi certificate almeno 16.000 deleghe provenienti dal computo delle 14 associazioni sindacali definitivamente confluite, ha visto operato un taglio delle stesse valutabile attorno alle 12.000 unità che non ha quindi consentito il raggiungimento della soglia numerica del 5 per cento, requisito essenziale per il riconoscimento della rappresentatività. A parere dell'interrogante le motivazioni addotte dall'Aran appaiono pretestuose e prive di fondamento e tendenti unicamente ad escludere dalle trattative di comparto l'unica Organizzazione Sindacale Autonoma avente i numeri e capacità per la partecipazione alle trattative, lasciando il monopolio del settore unicamente alle tre organizzazioni sindacali «classiche» CGIL - CISL - UIL minando pertanto ogni criterio di pluralità sindacale e i principi di democrazia ai quali lo stesso CSA si è sempre attenuto -:
quali iniziative intenda adottare il Governo per verificare le procedure seguite in ordine al particolare «accanimento» che è stato messo in atto nei confronti del CSA;
come intenda assicurare il rispetto delle regole della democrazia nei confronti di una Organizzazione che ha adempiuto correttamente ai passaggi statutari previsti dal CCNQ del 24 settembre 2007.
(4-03053)

Risposta. - Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, si chiedono chiarimenti in merito all'accertamento della rappresentatività dell'organizzazione sindacale Coordinamento sindacale autonomo (CSA).
Al riguardo si rappresenta quanto segue:
spetta al comitato paritetico, di cui al decreto legislativo n. 165 del 2001, l'attività di verifica e di certificazione dei dati delle associazioni sindacali, nella procedura di individuazione delle organizzazioni che possono partecipare alle trattative sindacali di rilevanza nazionale;
precisamente, ai sensi dell'articolo 43, comma 7, del citato decreto legislativo vi è la seguente ripartizione di competenze. Da un lato, spetta all'Agenzia per le rappresentanze negoziali delle pubbliche amministrazioni (ARAN) la raccolta dei dati sui voti e sulle deleghe; tali dati vengono trasmessi da ciascuna amministrazione, e controfirmati da un rappresentante dell'organizzazione sindacale interessata, con modalità che garantiscano la riservatezza delle informazioni. In particolare, le pubbliche amministrazioni hanno l'obbligo di indicare il funzionario responsabile della rilevazione e della trasmissione dei dati. Per il controllo sulle procedure elettorali, e per la raccolta dei dati relativi alle deleghe, l'Aran si avvale, sulla base di apposite convenzioni, della collaborazione del dipartimento della funzione pubblica, del Ministero del lavoro, delle istanze rappresentative o associative delle pubbliche amministrazioni;
per quel che interessa l'interrogante, a garanzia di modalità di rilevazione certe ed obiettive, la legge
de qua prevede l'istituzione, presso l'Aran, del comitato paritetico, che può essere articolato per comparti, al quale partecipano le organizzazioni sindacali ammesse alla contrattazione collettiva nazionale. A tale organo viene assegnata la competenza in materia di certificazione dei dati e di risoluzione delle eventuali controversie;
inoltre, la normativa prevede che il comitato proceda alla verifica dei dati relativi ai voti ed alle deleghe. Del pari, spetta al comitato, in via eventuale, deliberare che

non siano prese in considerazione, ai fini della misurazione del dato associativo, le deleghe a favore di organizzazioni sindacali che richiedano ai lavoratori un contributo economico inferiore di più della metà rispetto a quello mediamente richiesto dalle organizzazioni sindacali del comparto o dell'area;
infine, spetta al comitato la decisione sulle contestazioni relative alla rilevazione dei voti e delle deleghe. In caso di dissenso, o di contestazione avanzata da un soggetto sindacale non rappresentato nel comitato, tale deliberazione è adottata su conforme parere del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL) che lo emana entro quindici giorni dalla richiesta. La richiesta di parere è trasmessa dal comitato al Ministro per la funzione pubblica, che provvede a presentarla al CNEL entro cinque giorni dalla ricezione;
nell'ambito di tali deliberazioni, l'Aran e le organizzazioni sindacali rappresentate nel comitato votano separatamente e il voto delle seconde è espresso dalla maggioranza dei rappresentanti presenti.
Delineato il quadro normativo, si specifica che all'Aran spetta solamente individuare le organizzazioni sindacali che, in base ad una mera operazione matematica da operare sui dati forniti dal comitato, risultino rappresentative per il biennio di riferimento. Ne consegue che all'Aran non compete alcun potere discrezionale in merito all'attribuzione del requisito della «rappresentatività», ritenuto che quest'ultimo elemento discende esclusivamente dal conteggio delle deleghe e dei voti, come certificati dal comitato. Si consideri, peraltro, che a tutte le organizzazioni sindacali vengono garantite adeguate forme di informazione e di accesso a dati, pur nel rispetto della legislazione sulla riservatezza delle informazioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e successive disposizioni correttive ed integrative.

Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

MARSILIO. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80 ha privatizzato il rapporto del pubblico impiego stabilendo che i rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, fatte salve alcune eccezioni;
tale previsione è stata successivamente confermata dall'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001;
in tal modo è stata estesa al pubblico impiego la disciplina relativa al trattamento di fine rapporto (TFR) già in vigore per i dipendenti privati;
la disciplina in questione, com'è noto, si rinviene nell'articolo 2120 del codice civile, dal titolo «disciplina del trattamento di fine rapporto»;
allo stato attuale, non risulta tuttavia che sia stata emanata la relativa normativa di attuazione per i pubblici dipendenti;
il Giudice del lavoro di Firenze, con sentenza del 15 marzo 2007, ha nel frattempo riconosciuto a due dipendenti pubblici il diritto ad ottenere dall'INPDAP l'anticipazione del trattamento di fine rapporto per poter acquistare la prima casa -:
se non ritengano opportuno intervenire da un punto di vista normativo al fine di evitare che i dipendenti pubblici subiscano sperequazioni rispetto ai dipendenti privati per l'anticipazione del trattamento di fine rapporto.
(4-02313)

Risposta. - Con l'atto di sindacato ispettivo in esame l'interrogante sottopone la questione di un eventuale intervento normativo teso a dare attuazione alla estensione

al pubblico impiego del trattamento di fine rapporto (tfr) già in vigore per il settore privato.
Al riguardo, si evidenzia che la disciplina del trattamento di fine rapporto del settore privato, regolato dall'articolo 2120 del codice civile, come sostituito dall'articolo 1 della legge 29 maggio 1982, n. 297, si configura come una sorta di retribuzione differita, costituita dall'accantonamento, da parte del datore di lavoro, di una quota dello stipendio del dipendente, pari al 7,41 per cento della retribuzione. L'accantonamento annuo si calcola dividendo l'importo della retribuzione percepita dal lavoratore, divisa per 13,5; la somma delle varie quote accantonate è rivalutata annualmente tenendo conto anche dell'aumento dell'indice dei prezzi al consumo calcolato dall'Istat rispetto all'anno precedente.
I commi da 5 a 8 dell'articolo 2 della legge di riforma del sistema pensionistico n. 335 del 1995, nell'ambito del processo di armonizzazione disposto dalla citata riforma, ha previsto una tendenziale equiparazione del trattamento di fine servizio dei dipendenti pubblici - la cosiddetta «indennità di buonuscita» ovvero «indennità premio di servizio» - con il trattamento di fine rapporto operante nel settore privato.
In proposito va sottolineato che l'indennità riconosciuta al personale delle amministrazioni pubbliche al momento del pensionamento, a differenza del settore privato, ha natura previdenziale giacché alla costituzione della prestazione - determinata sulla base contributiva annua costituita dall'80 per cento dello stipendio annuo lordo e da una quota dell'indennità di contingenza, nonché dal periodo di servizio computabile - concorrono tanto i dipendenti, con una aliquota contributiva del 2,5 per cento, quanto il datore di lavoro - ossia le amministrazioni pubbliche - con una aliquota che per le amministrazioni statali è pari al 7,10 per cento.
Il comma 5 dell'articolo 2 della legge n. 335 del 1995, ai fini del ravvicinamento del trattamento previdenziale tra pubblico e privato, ha disposto che ai soggetti assunti dalle amministrazioni pubbliche a decorrere dal 1o gennaio 1996 si applica la normativa del trattamento di fine rapporto relativo al settore privato.
I successivi commi 6 e 7 della predetta riforma pensionistica hanno tuttavia demandato alla contrattazione collettiva nazionale dei comparti pubblici la definizione delle norme attuative del nuovo regime del trattamento di fine rapporto, sia per quanto riguarda la struttura retributiva e contributiva anche in funzione dell'applicazione della nuova disciplina della previdenza complementare, sia per quanto riguarda l'applicazione della nuova disciplina anche ai lavoratori già occupati alla data del 31 dicembre 1995; l'attuazione di quanto definito in sede di contrattazione collettiva è demandato ad un intervento regolamentare del Governo.
Sul punto, la modifica sostanziale introdotta con la riforma segna in particolare il passaggio da un meccanismo di ripartizione delle risorse per l'erogazione dell'indennità di buonuscita ad un meccanismo di capitalizzazione degli effettivi accantonamenti annui del trattamento di fine rapporto, unitamente alla destinazione del trattamento di fine rapporto maturando ai fondi pensione per favorire il decollo del cosiddetto secondo pilastro previdenziale, ossia le forme pensionistiche complementari.
Le misure previste dai predetti commi 6 e 7 sono state successivamente recepite con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 dicembre 1999, come modificato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 2 marzo 2001.
Fermo restando quanto previsto dalla legge n. 335 del 1995, successivamente, il comma 56 dell'articolo 59 della legge n. 449 del 1997 ha previsto la facoltà, per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche già occupati alla data del 31 dicembre 1995 di optare per la trasformazione dell'indennità di fine servizio in trattamento di fine rapporto al fine di favorire l'adesione alla previdenza complementare; a tal fine una quota dell'aliquota contributiva relativa all'indennità di fine servizio prevista dalle rispettive gestioni previdenziali è destinata alla predetta previdenza integrativa

con le modalità da definirsi in sede di contrattazione collettiva.
La somma da destinare effettivamente ai fondi pensione ai sensi del citato articolo 59, comma 56 della legge n. 449 del 1997 è stata stabilita in 200 miliardi di lire annui dall'articolo 26, comma 18, della legge n. 448 del 1998; con il comma 19 del medesimo articolo si è previsto che con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dall'articolo 2, commi 6 e 7, della legge n. 335 del 1995 si doveva provvedere a disciplinare gli adeguamenti della struttura retributiva e contributiva del personale interessato conseguenti all'applicazione del trattamento di fine rapporto, nonché le modalità per rendere operativo il passaggio al nuovo sistema del personale delle amministrazioni pubbliche assunto successivamente al 1o gennaio 1996.
In seguito all'accordo quadro sottoscritto il 29 luglio 1999, il citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 dicembre 1999, all'articolo 1, ha regolamentato l'opzione della trasformazione di indennità di fine servizio in trattamento di fine rapporto, che è accantonato figurativamente e liquidato dall'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica (Inpdap) alla cessazione dal servizio secondo le regole della legge n. 297 del 1982.
Con l'articolo 2 del medesimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri si è inoltre previsto che, in fase di prima applicazione, la quota del trattamento di fine rapporto che i dipendenti già occupati alla data del 31 dicembre 1995, nonché quelli assunti tra il 1o gennaio 1996 - data indicata inizialmente dalla legge n. 335 del 1995 - e il 31 dicembre 2000 che hanno optato per la trasformazione dell'indennità di fine servizio in trattamento di fine rapporto, non può eccedere la percentuale del 2 per cento della retribuzione base utile per il calcolo del trattamento di fine rapporto; mentre per il personale assunto successivamente al 31 dicembre 2000 si applicano le regole di concessione e di computo della legge n. 297 del 1982 in materia di trattamento di fine rapporto, analogamente a quanto già previsto per il settore privato.
Stante il processo di omogeneizzazione disposto dalla legge n. 335 del 1995 e successive modificazioni e integrazioni, confermato dall'accordo quadro nazionale del 29 luglio 1999 che ha trovato attuazione con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 dicembre 1999 e successive modificazioni e integrazioni, nei confronti del personale assunto con contratto di lavoro a tempo indeterminato successivamente al 31 dicembre 2000 trova pertanto integrale applicazione la disciplina del trattamento di fine rapporto, di cui alla legge n. 297 del 1982.
Sebbene l'accordo quadro nazionale del luglio 1999, all'articolo 8, comma 3, abbia previsto che le condizioni di armonizzazione in materia di anticipazioni del trattamento di fine rapporto dovessero essere verificate successivamente, non sembra superfluo sottolineare che più recentemente - proprio al fine di promuovere e incentivare l'istituzione di forme di previdenza complementare alle quali possano aderire i dipendenti interessati delle amministrazioni pubbliche - il termine per l'opzione dei dipendenti già in servizio alla data del 31 dicembre 1995, ovvero assunti tra il 1o gennaio 1996 e il 31 dicembre 2000, che richiedono la trasformazione dell'indennità di fine servizio comunque denominata in trattamento di fine rapporto, è stato prorogato con successive intese presso l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (Aran) al 31 dicembre 2010.
Al riguardo, l'accordo per l'istituzione del Fondo nazionale di previdenza complementare per i lavoratori dei comparti ministeri, Enti pubblici non economici, Presidenza del Consiglio dei ministri e per i lavoratori dell'Ente nazionale per l'aviazione civile (Enac) e del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (Cnel), siglato presso l'Aran il 1o ottobre 2007, rappresenta un significativo impulso diretto a promuovere l'adesione su base volontaria dei lavoratori interessati ai fondi di previdenza complementare a contribuzione definita ed a capitalizzazione individuale, la cui dotazione finanziaria è alimentata in particolare

dagli accantonamenti, e il conseguente smobilizzo, del trattamento di fine rapporto maturato.
I lavoratori associati al predetto Fondo nel beneficiare delle prestazioni pensionistiche previste dallo Statuto del Fondo, coerentemente con le vigenti disposizioni legislative in materia di previdenza complementare, potranno chiedere - una volta maturati i requisiti di accesso alle predette prestazioni - la liquidazione in forma capitale della prestazione pensionistica complementare cui hanno diritto nella percentuale massima prevista dalla normativa vigente.
Nell'ambito di queste prestazioni, ai sensi dell'articolo 15, comma 10, del predetto accordo del 1o ottobre 2007, agli associati al Fondo potranno conseguire, analogamente a quanto già previsto per il settore privato, l'anticipazione dei contributi accumulati per l'acquisto della prima abitazione o per la realizzazione degli interventi di recupero edilizio di cui all'articolo 31, comma 1, della legge n. 457 del 1978, nonché per eventuali spese sanitarie, per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche.
Nell'ottica della progressiva omogeneizzazione dei trattamenti previdenziali operanti nel settore pubblico e privato - ciò anche al fine di ridefinire il sistema delle anticipazioni rispetto alla situazione esistente - rilevanti sono infine le misure adottate recentemente dal Governo con il decreto-legge n. 185 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009.
Con l'articolo 4 del citato decreto-legge, infatti, si è provveduto a riformulare l'articolo 7 della legge n. 53 del 2000 - le cui disposizioni sono ora contenute nell'articolo 5 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo n. 151 del 2001 - in forza del quale, con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, e del lavoro, della salute e delle politiche sociali, saranno definiti i criteri, i requisiti e le modalità applicative per l'anticipazione del trattamento di fine rapporto ai fini delle spese sostenute durante i periodi di fruizione dei congedi parentali, di cui all'articolo 32 del citato decreto legislativo n. 151 del 2001.

Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

MIGLIORI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'Antitrust ha aperto una formale istruttoria nei confronti di Toscana Energia per aver messo in atto pratiche ostruzionistiche per le infrastrutture realizzate da altri e comunque con maggiorazioni di prezzo per gli allacci a tubazioni non allestite direttamente, sfruttando la propria posizione dominante nel mercato locale della distribuzione del gas per escludere altre imprese dalla realizzazione dei lavori di posa di condutture;
però la conclusione dell'istruttoria dell'Antitrust è prevista per il 30 novembre 2008;
la Toscana Energia risulta partecipata al 54,4 per cento da 97 Comuni su tutto il territorio regionale -:
quali iniziative si intenda porre in essere, nell'immediato, al fine di ripristinare la libera concorrenza con sgravio dei costi per i cittadini.
(4-00583)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame e sulla base degli elementi forniti dalla direzione generale competente, si comunica quanto segue.
Il decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, concernente «Attuazione della direttiva n. 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell'articolo 41 della legge 17 maggio 1999, n. 144» (pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 142 del 20 giugno 2000), con l'articolo 14, specifica che l'attività di distribuzione

di gas naturale è un'attività di servizio pubblico, affidata, dai competenti comuni, unioni di comuni e comunità montane, esclusivamente tramite avviso di gara.
L'articolo 16 prevede, secondo il disposto del comma 2, che le imprese di distribuzione di gas naturale abbiano l'obbligo di allacciare i clienti che lo richiedano, residenti nell'ambito territoriale nel quale esse operano. Obbligo condizionato a che sussista la capacità del sistema e che le opere necessarie all'allacciamento del cliente siano tecnicamente ed economicamente realizzabili, in base a criteri stabiliti con delibera dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, nel rispetto degli obblighi di universalità del servizio pubblico.
L'Autorità garante della concorrenza e del mercato, ritenendo che i comportamenti appresso descritti fossero suscettibili di configurare un abuso di posizione dominante, in violazione dell'articolo 3 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, recante «Norme per la tutela della concorrenza e del mercato», con provvedimento n. 17676 del 5 dicembre 2007; ha deliberato l'avvio di una istruttoria, ai sensi dell'articolo 14 della citata legge n. 287 del 1990, nei confronti della società Toscana Energia Spa.
Tale istruttoria è nata in relazione alla segnalazione del rifiuto opposto dalla stessa società, in qualità di titolare esclusiva di concessioni di distribuzione di gas, ad alcuni soggetti in ordine all'allacciamento alla rete pubblica di distribuzione di alcune porzioni di metanodotto, essendo stato, l'allacciamento, subordinato all'esecuzione di tali opere di metanizzazione da parte della predetta Toscana Energia Spa, con imposizione, in un caso, di condizioni economiche, in apparenza, ingiustificatamente gravose.
La Toscana Energia Spa, con comunicazione dell'11 marzo 2008, integrata il 13 marzo ed il 21 aprile 2008, ha evidenziato l'assenza di esclusiva sull'attività di posa di metanodotti sui fondi privati e la sussistenza della separazione tra l'attività svolta in regime di concorrenza e l'attività di collegamento tra reti svolta in regime di esclusiva, rendendone trasparenti al pubblico le condizioni di fruizione.
L'Autorità, con provvedimento n. 18234, in data 30 aprile 2008, ha, quindi, deliberato la pubblicazione di tali impegni, al fine di consentire agli interessati la presentazione di osservazioni in merito, a conclusione del relativo procedimento di valutazione.
In data 30 ottobre 2008, considerati tali impegni, presentati dalla società Toscana Energia, ed a seguito dell'esito del
market test e dell'accesso alle osservazioni pervenute dall'Autorità per l'energia elettrica ed il gas, con provvedimento n. 19046, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha ritenuto che gli impegni suddetti fossero idonei a rispondere alle criticità ipotizzate dalla stessa, nell'atto di avvio del procedimento.
Era stata, infatti, chiarita la separazione tra le attività in monopolio svolte dal distributore di gas (opere di collegamento) e le attività economiche aperte alla concorrenza (opere di progettazione e realizzazione di gasdotti in terreni privati).
A tal proposito si segnala che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha, altresì, ritenuto congruo il livello dei prezzi proposti per tali opere di collegamento, rispetto all'obiettivo di consentire alle imprese private di operare in regime di concorrenza nella realizzazione delle reti, nell'ambito delle lottizzazioni private.
Con il predetto provvedimento n. 19046 la stessa Autorità ha deliberato di rendere obbligatori gli impegni succitati, nei confronti della società Toscana Energia, e di chiudere il procedimento nei confronti della stessa società, senza comminare sanzioni ai sensi dell'articolo 14-
ter, comma 1, della legge n. 287 del 1990.
Sarà, comunque, cura del Ministero dello sviluppo economico, tramite anche i propri uffici, vigilare affinché la società Toscana Energia mantenga gli impegni presi, così da stabilizzare la libera concorrenza nel mercato locale della distribuzione del gas, con un conseguente sgravio di costi per i cittadini residenti in quel territorio.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

MIGLIORI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano britannico Guardian del 16 gennaio 2009 riporta la notizia che il nuovo Segretario di Stato Americano Clinton ha sostenuto la necessità di «intervenire» nella crisi del Darfur, definita «una catastrofe umanitaria alimentare da un regime crudele e corrotto» -:
se tali analisi siano condivise dal Governo italiano e quali ulteriori iniziative, di concerto con la UE, si intendano assumere in merito.
(4-02202)

Risposta. - Il Ministero degli affari esteri segue con grande attenzione e preoccupazione la crisi nel Darfur, la cui popolazione è stata vittima per anni di vessazioni commesse da gruppi armati irregolari, i cosiddetti Janjaweed di prevalente etnia araba. I darfuriani tuttora subiscono le conseguenze degli scontri armati tra l'esercito sudanese e gruppi ribelli locali che reclamano una partecipazione della popolazione del Darfur al Governo centrale ed alle ricchezze del Paese, avvalendosi in tale conflitto anche del sostegno del confinante ed etnicamente affine Ciad.
Lo scorso 4 marzo, come noto, la corte penale internazionale (CPI) ha emesso un mandato di cattura contro il presidente sudanese El Bashir, accusato di crimini di guerra e contro l'umanità commessi nel Darfur. A seguito dell'incriminazione, la presidenza dell'Unione europea ha emesso una dichiarazione, alla cui stesura l'Italia ha contribuito ampiamente tenendo tra l'altro presente che a Khartoum esercita la presidenza di turno. In tale documento vengono messi in giusta evidenza il pieno sostegno dell'Unione alla Corte penale, al suo operato ed il pressante richiamo al Governo sudanese di cooperare con la stessa Corte. La necessità di tale collaborazione era stata fermamente ribadita anche dal ministro Frattini al consigliere personale del Presidente sudanese, nel corso del loro incontro a Roma lo scorso gennaio.
L'Italia è seriamente preoccupata per le conseguenze che potrebbero discendere sul piano umanitario dall'espulsione di tredici ONG internazionali dal Nord del Sudan e dal Darfur, disposta da Khartoum dopo l'incriminazione di El Bashir. Per verificare sul terreno la situazione umanitaria e, sentite le Autorità sudanesi, per valutare assieme alle Nazioni Unite ed alle ONG italiane come meglio orientare l'azione umanitaria italiana, si è recata nel paese, dal 5 al 7 maggio scorsi, l'onorevole Boniver, inviato speciale del ministro Frattini per le emergenze umanitarie e le situazioni di vulnerabilità. Dalla visita è emerso che sebbene la temuta catastrofe sia stata per il momento scongiurata, occorre tuttavia reiterare il sostegno del nostro paese all'ONU per colmare il vuoto causato dall'espulsione delle ONG e nello stesso tempo mantenere aperto il dialogo con Khartoum per facilitare e tutelare il lavoro delle organizzazioni non governative, anche italiane, rimaste in Sudan. Tuttavia rimane ferma la richiesta del nostro Paese ai sudanesi, sostenuta da tutti i
partners dell'Unione europea e ribadita dalla stessa onorevole Boniver nei suoi colloqui, di riconsiderare la decisione di espellere le ONG e di assicurare che il flusso di aiuti umanitari possa procedere senza soluzione di continuità.
Va segnalato inoltre che la recente visita in Sudan del sottosegretario generale per gli affari umanitari dell'ONU, Holmes, sembra aver fatto segnare qualche progresso verso una maggior cooperazione del Governo sudanese nel facilitare il lavoro degli operatori umanitari.
Condividendo l'opinione del segretario generale delle Nazioni Unite, dei paesi dell'Unione europea e di altri attori della comunità internazionale, l'Italia rimane convinta che l'unica soluzione della crisi in Darfur sia l'accordo fra tutte le parti in causa da raggiungere attraverso un negoziato politico. È proprio in tale ottica che in passato si è sostenuto il dispiegamento nella regione della forza di pace ibrida Nazioni Unite/Unione Africana (Unamid), con il compito di proteggere la popolazione civile, e si sostiene ora con forza, assieme ai
partners dell'Unione europea, la mediazione tra il Governo di Khartoum e le fazioni ribelli darfuriane condotta dalle Nazioni Unite e dall'Unione Africana, affidata al

mediatore congiunto Djibril Bassolè, ex-Ministro degli affari esteri del Burkina Faso.
Tale mediazione, grazie anche all'impegno profuso dal Qatar, ha condotto alla conclusione, a Doha, lo scorso 17 febbraio, di un
«good will agreement» tra il governo sudanese ed uno dei gruppi ribelli, il Justice and Equality Movement, il più forte militarmente. Il dialogo, interrotto da parta dello JEM a seguito dell'incriminazione di Bashir, è stato recentemente riavviato grazie all'azione americana. Consapevoli dell'estrema complessità e dei tempi che il negoziato richiederà, tuttavia esso rappresenta l'unica strada possibile per giungere ad una soluzione sostenibile e duratura a cui l'Italia ha contribuito concretamente con uno stanziamento di 1 milione di euro nel 2008. Si ritiene inoltre che una pacificazione della regione non possa prescindere da una definitiva stabilizzazione dei rapporti tra il Sudan ed il Ciad che, nonostante i numerosi accordi di non-aggressione, l'ultimo dello scorso 3 maggio, continuano a scambiarsi accuse di sostegno ai gruppi ribelli ostili ai rispettivi Governi.
L'impegno del nostro Paese in Darfur ha anche una forte connotazione umanitaria: la regione è infatti destinataria privilegiata degli interventi della cooperazione allo sviluppo, avendo ricevuto nel 2008 otto degli oltre venti milioni erogati al Sudan e rimanendo altresì prioritaria anche per il triennio 2009-2011. Ad essi si aggiungono ulteriori due milioni di euro, erogati a valere sulla legge 180 del 1992, a vantaggio del
Darfur Peace and Stability Found, fondo fiduciario delle Nazioni Unite creato per finanziare iniziative economiche e sociali nella regione.
Va inoltre ricordato il contributo italiano ad Unamid, consistente in oltre 30 milioni di euro per il 2009, stabilito sulla base della scala di contribuzioni per le missioni di pace dell'ONU, di cui oltre cinque stanziati nel «decreto missioni» 2009.
Tali iniziative si inquadrano nella generale attenzione che l'Italia dedica al Sudan, Paese rilevante per gli equilibri di una vasta area che dal Mediterraneo si estende all'Africa orientale. Il nostro Paese è co-firmatario, a titolo di osservatore, dell'accordo globale di pace tra nord e sud Sudan del 2005, che ha posto fine ad oltre venti anni di sanguinosa guerra civile e dalla cui piena attuazione dipende la stabilità del paese. Si è inoltre membri della commissione di verifica dell'attuazione dell'accordo, contribuendo nel 2007-208 con un milione di euro, e si coordina, al suo interno, il gruppo di lavoro sulla condivisione del potere, che si occupa, tra le altre cose, dei processi elettorali, elezioni politiche e presidenziali, che si terranno nel 2010.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

MOFFA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nella giornata del 30 maggio 2008 si è svolta una manifestazione dei lavoratori dello stabilimento VDC (Videocon) Technologies SpA di Anagni (Frosinone) tesa a richiamare l'attenzione sulla complessa e delicata situazione in cui versa questo importante sito produttivo, al centro di un piano di riconversione industriale, avviato nel maggio del 2005, anche sulla base di un Contratto di programma sottoscritto presso l'interrogato Ministero (luglio 2005) mentre il Cipe, nel marzo del 2006, approvava il relativo «piano di riconversione»;
a tutt'oggi, detto Piano, finalizzato a passare dalla precedente produzione di componenti (tubi catodici per televisori a colori) alla produzione di sistemi di aria condizionata, televisori (tradizionali, lcd, plasma) e pannelli al plasma, appare largamente inattuato;
tali ritardi, oltre ad una non trasparente e lineare conduzione dell'azienda da parte della proprietà facente capo al gruppo indiano della famiglia Dhoot, come testimonia il mancato versamento delle contribuzioni al Fondo pensione Fonchim, evidenziato dalle organizzazioni sindacali e segnatamente dalla Ugl che ha inoltrato apposita denuncia all'autorità giudiziaria a

tutela dei legittimi interessi dei lavoratori (circa 1.500 unità);
la direzione aziendale ha sostanzialmente disertato gli incontri fissati in sede regionale per una puntuale verifica dell'andamento del Piano di riconversione;
il 6 maggio 2008 è scaduto il terzo anno di Cassa integrazione a suo tempo concessa proprio a fronte di quel Piano teso a salvaguardare i livelli occupazionali ed a rilanciare una unità produttiva di grande importanza per la provincia di Frosinone e l'intera regione Lazio -:
quali iniziative il Ministro intenda assumere per garantire in tempi rapidi il pieno rispetto del Contratto di programma a suo tempo sottoscritto da parte di una azienda, la Videocon, i cui comportamenti e le cui azioni lasciano intravedere un radicale cambiamento di strategia industriale e commerciale.
(4-00395)

Risposta. - In riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame si rappresenta quanto segue.
Lo scorso 5 maggio, si è tenuto, presso il Ministero dello sviluppo economico, un incontro a cui hanno partecipato i rappresentanti della «VDC Technologies S.p.A.», della regione Lazio e le organizzazioni sindacali.
Nell'ambito di tale sede, è emerso che, dal 27 aprile 2009, 300 lavoratori hanno ripreso la produzione di televisori sugli impianti ristrutturati, e che la società è attualmente impegnata nella ricerca di soluzioni imprenditoriali, in grado di garantire prospettive occupazionali per l'insieme dei propri dipendenti.
Al riguardo, si evidenzia che la società ha precisato che tali soluzioni prevedono l'attività di assemblaggio televisori, a cui saranno affiancate produzioni di significativo contenuto tecnologico, nonché attività di ricerca e sviluppo (nell'ambito delle energie rinnovabili e in particolare nel fotovoltaico), la cui implementazione richiederà l'attivazione di un piano di formazione e riqualificazione del personale.
Nell'ambito del nuovo progetto, la «VDC Technologies S.p.A.» potrebbe partecipare nella qualità di soggetto imprenditoriale, con esclusiva partecipazione al capitale.
In sede di riunione è stato ribadito l'impegno della società, una volta individuata la soluzione imprenditoriale più adeguata, a presentare le linee generali del progetto nel prossimo incontro previsto per il 19 giugno 2009. Tale soluzione sarà, poi, oggetto di confronto tra le parti imprenditoriali e le organizzazioni sindacali.
Su richiesta delle organizzazioni sindacali, è stato attivato presso la regione Lazio un tavolo per l'esame congiunto in materia di ammortizzatori sociali.
In tale sede è stato raggiunto un accordo che prevede l'attivazione della cassa integrazione in deroga, per un numero massimo di 910 lavoratori, a partire dal 7 maggio 2009 e fino al 31 dicembre 2009.
Il Ministero dello sviluppo economico, con il supporto della regione Lazio, continuerà a seguire attentamente questa delicata fase, al fine di favorire una positiva soluzione della vicenda, nel tentativo di salvaguardare l'importante patrimonio di competenze presente nel complesso di Anagni.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

NICOLA MOLTENI e RIVOLTA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la linea ferroviaria Como-Cantù-Lecco pur rivestendo una importanza capitale per il territorio che attraversa, da oltre 15 anni si trascina in una situazione di immobilismo relativo non solo ad uno sviluppo o integrazione con altri sistemi di trasporto, ma addirittura di mantenimento in esercizio;
le amministrazioni locali, in primis l'amministrazione comunale di Cantù nel corso di questi 15 anni, ha investito ingenti risorse economiche (euro 1.084.559,00) per

l'implementazione e l'ammodernamento delle strutture inerenti al servizio ferroviario Como-Lecco (realizzazione della struttura interscambio ferro-gomma in via V. Veneto), risorse che però non hanno sortito nessun beneficio per i cittadini, visto il totale immobilismo di Rfi e Trenitalia;
l'assoluto immobilismo del gruppo Ferrovie dello Stato ha comportato un'evidente disaffezione al servizio ferroviario con il naturale conseguente aumento del traffico stradale con tutte le inevitabili conseguenze del caso;
in data 22 gennaio 2009 l'amministrazione comunale di Cantù inviava apposita comunicazione nella quale da un lato provvedeva a sollecitare un intervento immediato con riferimento alle questioni di cui sopra e dall'altro invitava Ferservizi al rispetto degli accordi stipulati in data 1 settembre 1994;
la linea ferroviaria Como-Lecco ha bisogno di interventi di ammodernamento e di riqualificazione al fine di renderla efficiente e competitiva, il tutto finalizzato ad avere corse frequenti e puntuali, nonché carrozze pulite ed adeguate e ciò anche alla luce delle ricadute positive per il territorio canturino e comasco derivanti dai prossimi appuntamenti legati alla manifestazione universale di Expo 2015;
non si è in presenza di un ramo ferroviario secco, bensi di una linea strategica per la mobilità in Brianza, poiché la Como-Lecco interseca a Molteno l'altra linea FS Milano-Monza-Lecco e a Merone la linea delle Nord Milano-Seveso-Asso. Tutte queste linee costituiscono delle vere arterie per il traffico passeggeri e merci, che collegano tra loro (e con Milano) i capoluoghi di Como, Lecco e Monza, anche a servizio del territorio erbese e del Triangolo lariano;
con un servizio ferroviario efficiente (tipo metropolitana di superficie) si potrebbe andare da Cantù a Como in poco più di 10 minuti (oggi ce ne vogliono mediamente 18), così come da Oggiono a Como in soli 30 minuti (oggi ce ne vogliono 40, ma con poche corse al giorno). Oppure da Molteno a Lecco in soli 15 minuti (oggi ce ne vogliono circa 21);
in auto i tempi di percorrenza richiedono, specialmente nelle ore di punta, il doppio del tempo. Tale situazione ha portato i cittadini ad un inevitabile scarso utilizzo del treno in quanto le corse risultano essere poche, i treni sporchi, e le stazioni abbandonate. Ad aggravare ulteriormente questa già drastica situazione vi è anche la modifica, ovviamente peggiorativa, degli orari di utilizzo del servizio: infatti, a quanto risulta, dal 14 dicembre sono state tagliate alcune corse e il servizio è stato sospeso durante le festività natalizie, lasciando i pendolari in una situazione di totale sconcerto;
il paradosso che sta spingendo i pendolari ad abbandonare il servizio ferroviario è dato anche dagli orari impossibili delle corse a loro destinate, infatti basti ricordare che il treno per Como parte dalla stazione di Cantù alle 7,04, il che comporta un arrivo nel capoluogo lariano con un notevole anticipo rispetto agli orari di apertura di scuole ed uffici -:
se il Governo sia a conoscenza dello stato di degrado, di abbandono ed inefficienza in cui versa la linea ferroviaria Como-Cantù-Lecco e quale intervento intenda predisporre nel merito;
che tipo di interventi intenda eventualmente sollecitare in merito alla lettera inviata a Ferservizi dall'amministrazione comunale di Cantù in data 22 gennaio 2009;
se il Governo, anche quale azionista di Ferrovie dello Stato SpA, non ritenga indifferibile ed urgente attivarsi immediatamente affinché un ramo importante del sistema ferroviario lombardo quale la linea Como-Lecco riprenda vigore ed efficienza individuando al contempo, al fine di rispondere alle legittime pretese e richieste della popolazione locale, azioni di riqualificazione ed ammodernamento della linea ferroviaria attraverso la predisposizione

di un numero congruo ed efficiente di corse in orari in linea con le esigenze dei pendolari.
(4-02197)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
La linea Como-Molteno-Lecco e la linea Monza-Molteno-Lecco rappresentano le due direttrici di traffico, est-ovest e nord-sud, del sistema della mobilità ferroviaria della Brianza. Gli studi di potenziamento di queste linee, avviati dalle Ferrovie dello Stato nel 2000 con il coinvolgimento della regione Lombardia e degli enti locali, hanno prodotto il «Protocollo d'intesa per la definizione degli interventi a completamento e adeguamento del sistema dei trasporti su ferro per l'area della Brianza», siglato nel 2001 dal ministero dei trasporti, la regione Lombardia, le province di Milano e Lecco, le ferrovie Nord Milano Esercizio, il comune di Milano, i comuni aderenti all'Assemblea dei sindaci della Brianza milanese, i comuni di Cassago Brianza, Civate, Costa Masnaga, Galbiate, Lecco, Molteno, Oggiono e Valmadrera e le ferrovie dello Stato.
Con questo coordinamento istituzionale, la società Rete ferroviaria italiana ha condotto studi e progettazioni di differente grado e approfondimento, che hanno individuato gli interventi di potenziamento infrastrutturale volti all'incremento della capacità della linea e della qualità del servizio offerto.
I principali interventi delineati di carattere infrastrutturale e tecnologico sono i seguenti:
adeguamento dell'assetto dei binari delle stazioni;
allungamento del modulo dei marciapiedi;
incremento dei punti di incrocio;
realizzazione di nuovi ACEI nelle stazioni;
telecomando della linea da apposito Sistema di Controllo Centralizzato;
sistema distanziamento dei treni «Conta Assi».

Alcuni di questi interventi sono stati già realizzati (rinnovo dell'armamento, nuovo sistema automatico di informazioni al pubblico, adeguamento dei marciapiedi di stazione, adeguamento opere d'arte per la circolabilità delle locomotive D.445 con l'aumento della composizione dei treni) mentre per gli altri risulta necessario acquisire il finanziamento delle opere che attualmente non rientrano nel quadro programmatico del Contratto di Programma 2007-2011 stipulato tra il ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Rete ferroviaria italiana.
Per quanto riguarda i collegamenti ferroviari in circolazione sulla linea Como-Lecco si rappresenta quanto segue.
Il nuovo orario ferroviario regionale in Lombardia, varato nel mese di dicembre 2008, programmato e condiviso con la regione è il risultato di una elaborazione particolarmente complessa per la quale è stato necessario intervenire ripetutamente sulla struttura dell'offerta anche a ridosso dell'entrata in vigore dell'orario.
Complessivamente, la rivisitazione dell'orario ferroviario in Lombardia ha interessato la programmazione di circa 700 treni, su un totale di 1.200, con l'introduzione di 55 treni in più al giorno ed ha comportato numerose e continue modifiche all'organizzazione del servizio, al fine di pervenire ad un'offerta rispondente alle richieste avanzate dalle varie realtà territoriali e in grado di consentire, tra l'altro, l'introduzione dei nuovi sistemi cadenzati pianificati dalla Regione.
Nell'ambito del progetto più ampio che ha interessato tutte le direttrici afferenti al nodo di Monza, anche la direttrice Como-Lecco via Molteno caratterizzata, peraltro, da un assetto infrastrutturale a binario unico è stata oggetto di una riorganizzazione, condivisa con la Regione Lombardia, che ha comportato modifiche di rilievo alla struttura d'offerta preesistente. Il nuovo modello di servizio ha introdotto il cadenzamento sulla direttrice Lecco-Milano, che ha reso necessaria la rivisitazione degli

orari sia di arrivo che di partenza nella stazione di Lecco.
Inoltre, è stato attuato un potenziamento del servizio tra Albate e Chiasso che ha in comune con la direttrice Lecco-Como la tratta Albate-Como; conseguentemente, è stato anticipato di circa 20 minuti (alle 7.04) l'orario di partenza da Cantù dell'ex treno regionale 5020, che era un Molteno-Como San Giovanni ed essendo diventato un Lecco-Como prolungato, quindi, da Molteno a Lecco, poteva inserirsi nella nuova maglia di servizi solo con questa traccia oraria.
La razionalizzazione attuata ha reso possibile ridurre il volume di servizi di 2 corse/giorno, mantenendo comunque invariato il numero dei servizi nelle fasce a maggior valenza pendolare ed inserendo una corsa bus tra Merone e Lecco (7.10-7.30).
Infine, dal 25 gennaio 2009 è stata raddoppiata la composizione del treno regionale 5011 Como-Lecco delle ore 6,18.
Da ultimo, si fa presente che la sospensione del servizio durante le festività natalizie è stata attuata soprattutto per consentire interventi manutentivi indifferibili sul materiale rotabile e la relativa determinazione è stata assunta, d'intesa con la regione Lombardia, dopo aver analizzato approfonditamente i flussi di traffico della direttrice e verificato il consistente ridimensionamento degli stessi in tale periodo.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

MONTAGNOLI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 72 del decreto-legge n.112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, ha introdotto nel nostro ordinamento il cosiddetto istituto dell'«esonero», ovvero la possibilità, nel triennio 2009-2011, per il pubblico dipendente di essere esonerato dal servizio nel quinquennio antecedente la maturazione dell'anzianità contributiva massima di 40 anni, a fronte di un trattamento economico pari al 50 per cento di quello complessivamente goduto (elevato al 70 per cento se nel medesimo periodo il soggetto svolga in modo continuativo ed esclusivo attività di volontariato, opportunamente documentata e certificata);
il citato articolo 72 recita testualmente che: «Per gli anni 2009, 2010 e 2011 il personale in servizio presso le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le Agenzie fiscali, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, gli Enti pubblici non economici, le Università, le Istituzioni ed Enti di ricerca nonché gli enti di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, può chiedere di essere esonerato dal servizio nel corso del quinquennio antecedente la data di maturazione della anzianità massima contributiva di 40 anni»;
ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del testo unico sul pubblico impiego (decreto legislativo n.165 del 2001) «Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300»;
in merito è intervenuta la circolare n. 10 del 20 ottobre 2008 della Presidenza del Consiglio - Dipartimento per la funzione pubblica, la quale, pur essendo indirizzata alle Amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, individua quali soggetti legittimati ad utilizzare la predetta

facoltà dell'esonero «il personale in servizio presso le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie fiscali, la presidenza del Consiglio dei ministri, gli enti pubblici non economici (Inps, Inail e così via), le università, le istituzioni ed enti di ricerca, nonché gli enti di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 30 marzo 2001»;
un'interpretazione letterale della norma induce a supporre che le amministrazioni interessate siano soltanto quelle indicate espressamente dalla legge relativamente al personale in servizio e che, dunque, sebbene non sia oggetto di esclusione espressa come il personale del comparto Scuola, il personale del comparto Enti locali non possa fruire di tale istituto in quanto tali amministrazioni pubbliche (gli Enti Locali) non sono tra le Amministrazioni espressamente previste dal citato articolo 72 del decreto n. 112 del 2008 convertito, con modificazioni della legge n. 133 del 2008 -:
se l'interpretazione di cui in premessa è corretta e, in caso di risposta affermativa, per quali motivi il personale degli enti locali sia escluso dalla facoltà di cui all'articolo 72 del decreto n. 112 del 2008 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, tenuto conto che la finalità della norma è quella di consentire alle amministrazioni pubbliche - e dunque anche agli enti locali - una progressiva riduzione del numero dei dipendenti pubblici.
(4-03056)

Risposta. - Con l'atto di sindacato ispettivo in esame si chiedono chiarimenti in merito alla sfera di applicabilità, sotto il profilo soggettivo, dell'articolo 72, del decreto-legge n. 112 del 2008 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finalità pubblica e la perequazione tributaria), in parte modificato dall'articolo 6, comma 3, della legge n. 15 del 2009, con particolare riferimento alla possibilità di chiedere il prepensionamento da parte dei dipendenti degli enti locali.
Al riguardo, si rappresenta guanto segue:
l'articolo 72 (Personale dipendente prossimo al compimento dei limiti di età per il collocamento a riposo) reca alcune disposizioni concernenti lo stato di servizio e il collocamento a riposo dei dipendenti pubblici. In particolare, si prevede l'introduzione dell'istituto dell'esonero dal servizio, consistente nella possibilità, per i dipendenti dello Stato prossimi al compimento dei limiti di età per il collocamento a riposo, di usufruire, su richiesta, dell'esonero dal servizio nel corso del quinquennio antecedente la data di maturazione dell'anzianità massima contributiva di 40 anni (commi 1-6): la facoltà, per le pubbliche amministrazioni, di accogliere la richiesta da parte del dipendente statale di permanere in servizio oltre i limiti di età per il collocamento a riposo (commi 7-10); la possibilità per le amministrazioni di risolvere, con un preavviso di almeno sei mesi, il rapporto di lavoro del personale dipendente che abbia conseguito l'anzianità massima contributiva di 40 anni (comma 11);
più specificamente, riguardo all'esonero dal servizio, ai sensi del comma 1, per gli anni 2009, 2010 e 2011, il personale in servizio presso le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie fiscali, la Presidenza del Consiglio dei ministri, gli enti pubblici non economici, le università, le istituzioni ed enti di ricerca nonché gli enti di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001, può richiedere l'esonero dal servizio nel corso del quinquennio antecedente alla data di maturazione dell'anzianità massima contributiva di 40 anni. La richiesta di esonero dal servizio, che è irrevocabile, deve essere presentata dai soggetti interessati, improrogabilmente, entro il 1o marzo di ciascun anno, a condizione che entro l'anno solare raggiungano il requisito minimo di età richiesto;
in sostanza, le figure previste sono tre: l'esodo volontario, il trattenimento in servizio, e la risoluzione anticipata del rapporto, per coloro che hanno raggiunto l'anzianità massima di servizio effettivo di 40

anni (il comma 11 è stato così modificato dall'articolo 6, comma 3, legge n. 15 del 2009);
inoltre, si consideri che la disciplina introdotta dall'articolo 72, comma 1, del citato decreto-legge n. 112 del 2008, deve essere interpretata anche alla luce di quanto disposto dalla circolare n. 10 del 2008, del dipartimento funzione pubblica, che fornisce indirizzi ermeneutici ai fini applicativi.

Alla luce di quanto appena esposto, emerge con evidenza che il testo normativo è molto articolato e la sua portata operativa - per l'aspetto soggettivo - varia a seconda dell'istituto in concreto richiamato nelle singole parti della disposizione. Tanto rilevato, in relazione al quesito posto, l'esodo volontario di cui al comma 1 è istituto applicabile esclusivamente alle amministrazioni espressamente indicate, con esclusione, pertanto, degli enti locali, poiché si tratta di personale non contemplato nel novero delle categorie destinatarie della normativa. È opportuno evidenziare che tale previsione risponde al rinnovato assetto di competenze e funzioni delineate dal legislatore costituzionale nel riparto di competenze tra Stato e regioni, province, comuni, di cui all'articolo 117 della Costituzione.
Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

PALADINI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
da uno studio condotto da Contribuenti.it - Associazione Contribuenti Italiani con lo «Sportello dei Contribuenti» che ha analizzato il parco auto esistente, sia proprie che in leasing, in noleggio lungo termine, presso lo Stato, Regioni, Province, Comuni, Municipalità, Asl, Comunità Montane, Enti pubblici, Enti pubblici non economici e società misto pubblico-private, Società per azioni a totale partecipazione pubblica, emerge che l'Italia ha conquistato un nuovo record mondiale per il proprio parco di «auto blu» raggiungendo le 607.918 unità;
in soli due anni in Italia, si è passati da 574.215 a 607.918 auto blu e nonostante si sono sempre proposte regolamentazioni e tagli;
nei fatti questi tagli non sono stati mai effettuati con l'aggravante che negli enti locali e nelle regioni l'utilizzo delle auto blu appare, di fatto, fuori controllo;
la classifica dei Paesi che utilizzano le «auto blu» vede al primo posto l'Italia con 607.918 seguita dagli U.S.A con 75.000, Francia con 64.000, Regno Unito con 55.000, Germania con 53.000, Grecia con 30.000 e Portogallo con 23.000 -:
se il Governo è a conoscenza dei dati diffusi dall'indagine condotta da Contribuenti.it;
che cosa intende fare per fermare l'utilizzo spropositato delle auto blu nello Stato, nelle Regioni, negli Enti locali ed altri enti;
se intende varare con urgenza una norma amministrativa per stabilire il limite di cilindrata delle auto blu, per ridurre drasticamente il parco auto.
(4-02471)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, concernente le auto di servizio.
Al riguardo, si fa presente che la legge finanziaria 2006, nell'ottica della riduzione della spesa, all'articolo 1, comma 11, ha già disposto che «per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, con esclusione di quelle operanti per l'ordine e la sicurezza pubblica, a decorrere dall'anno 2006, non possono effettuare spese di ammontare superiore al 50 per cento della spesa sostenuta nel 2004».


La medesima legge finanziaria 2006 (comma 12), ha tuttavia stabilito che la riduzione delle spese per autovetture non si applica alle regioni, alle province autonome, agli enti locali e agli enti del Servizio sanitario nazionale.
In base alla ricognizione delle autovetture, effettuata ai sensi dell'articolo 1, comma 12, della legge finanziaria 2005, è risultato che la consistenza dei mezzi di trasporto a disposizione delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, nello stesso anno 2005, ammontava a n. 43.481 veicoli, ivi compresi quelli a disposizione dei corpi speciali, quali polizia di Stato, Arma dei carabinieri, Corpo forestale dello Stato, Nuclei antisofisticazioni e sanità (NAS) del ministero della salute, Corpo della guardia di finanza.
I risultati della suddetta ricognizione sono stati riportati nella relazione trasmessa al Parlamento, a sensi del comma 14 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2005.
Si soggiunge, infine, che la legge finanziaria 2008, all'articolo 2, comma 588, ha già previsto che, a decorrere dallo stesso anno, la cilindrata media delle autovetture di servizio assegnate in uso esclusivo e non esclusivo nell'ambito delle magistrature e di ciascuna amministrazione civile dello Stato non può superare i 1.600 centimetri cubici, ad esclusione di quelle utilizzate dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco e per i servizi istituzionali di tutela dell'ordine, della sicurezza pubblica e della protezione civile.

Il Viceministro dell'economia e delle finanze: Giuseppe Vegas.

PEZZOTTA, MISIANI, SANGA, CIMADORO, PIFFARI e ROTA. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
secondo i dati dell'indagine congiunturale sull'industria e l'artigianato manifatturiero della Camera di Commercio Industria e Artigianato di Bergamo, dall'inizio dell'anno la produzione industriale in Provincia di Bergamo ha fatto registrare una netta e costante diminuzione, pari a -0,2 per cento tra gennaio e marzo, -2,6 per cento tra aprile e giugno e -2,6 per cento tra luglio e settembre. La caduta della produzione in Provincia di Bergamo si colloca oltre la media della Lombardia;
il quadro complessivo, secondo la Camera di Commercio, è «marcatamente negativo», tanto più se si considera che i dati si riferiscono ad un periodo di tempo antecedente l'esplosione della crisi finanziaria internazionale. Le aspettative sul quarto trimestre 2008 sono tutte negative, con segni di peggioramento per l'evoluzione attesa della domanda estera e dell'occupazione;
la congiuntura negativa riguarda tutte le dimensioni d'impresa e la maggior parte dei settori, con andamenti particolarmente negativi per il settore tessile (-11,3 per cento), pelli-calzature (-10,5 per cento), siderurgia (-6,2 per cento). Il sistema tessile-abbigliamento-moda continua ad accusare flessioni pesanti, anche per la riduzione o la sospensione dell'attività in alcune importanti aziende, e pesanti difficoltà si segnalano anche per il settore meccano-tessile. La gravità della situazione occupazione ha portato le organizzazioni sindacali a proclamare una giornata di sciopero per il settore tessile in Provincia di Bergamo per giovedì 13 novembre. Anche la meccanica si trova in area negativa, e sono ormai a quota 4.500 (secondo dati di fonte sindacale) su 30.000 addetti i lavoratori interessati dal ricorso ad ammortizzatori sociali, e altri 900 interessati dalla cassa integrazione straordinaria;
è necessario affrontare i problemi che la recente grave crisi finanziaria sta generando sull'economia reale prima che la situazione diventi insostenibile. Servono, in particolare, strumenti di sostegno finanziario alle piccole e medie imprese e un'estensione degli ammortizzatori sociali ai settori che ne sono sprovvisti, collegandoli con l'avvio di percorsi di riqualificazione e di reimpiego -:

quali interventi urgenti il Governo ritenga di adottare al fine di sostenere il settore manifatturiero bergamasco per evitare le pesanti ricadute occupazionali conseguenti a tale situazione, che rischiano di colpire in primo luogo l'occupazione femminile e quei lavoratori che ancora non sono in età pensionabile e che quindi rischierebbero di uscire irrimediabilmente dal circuito occupazionale.
(4-01544)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame e sulla base degli elementi forniti dalle direzioni generali competenti e dal ministero del lavoro, si comunica quanto segue.
La crisi economica finanziaria, intervenuta in tutti i mercati mondiali, sta investendo anche il comparto della moda e, in particolare, il settore del tessile, dell'abbigliamento, delle pelli, del cuoio, delle calzature e degli occhiali. Impatto aggravato dal fatto che le imprese del sistema «Moda» ricoprono un ruolo fondamentale per il sostegno produttivo (circa 70 miliardi di euro di fatturato di cui oltre il 50 per cento di
export) ed occupazionale (circa 800 mila addetti) che apportano a tutta l'economia italiana.
Per questi ed altri motivi, il Governo è intenzionato a sostenere e velocizzare, il più possibile, gli interventi a sostegno del comparto. Fermo restando i limiti di finanza pubblica, facendo particolare attenzione a non adottare misure indirizzate ad un solo settore ed evitando, pertanto, di entrare nella logica degli aiuti di Stato, il Ministero dello sviluppo economico ha istituito il tavolo di iniziativa per le piccole e medie imprese (PMI), in attuazione dello
Small Business Act, avendo promosso, inoltre, uno specifico «Tavolo sulla Moda».
L'obiettivo che si sta perseguendo è la salvaguardia di un settore fondamentale del «
made in Italy» e la creazione di condizioni che consentano, alle imprese del comparto, di presentarsi più competitive sui mercati internazionali.
In questi giorni si stanno, pertanto, individuando le possibili linee di intervento, condivise con tutte le categorie interessate, con gli enti territoriali e le Camere di commercio, che si incentrano su due direttrici fondamentali.
La prima, consiste in misure indirizzate a tutto il sistema delle imprese e riguarda, essenzialmente, l'accesso al credito, la seconda, invece, contempla misure orientate allo specifico settore.
Per il sistema delle imprese si menzionano:
l'accesso al credito: con la legge 9 aprile 2009, n. 33, è stato dato l'avvio concreto del Fondo di garanzia per le piccole medie imprese, che può disporre complessivamente di 1,6 miliardi come dotazione finanziaria, per favorire l'accesso al mercato dei capitali e del credito soprattutto per le PMI ed esteso anche alle imprese artigiane;
la rimodulazione dei crediti bancari: è stato siglato, presso il ministero dello sviluppo economico, l'accordo tra Federcasse e Associazioni delle PMI per la rimodulazione dei crediti bancari, fino alla loro sospensione, se necessaria, per il 2009;
la destinazione di parte del diritto annuale delle Camere di commercio: si destinerà parte del diritto annuale delle Camere di commercio al sostegno dei consorzi Fidi e del credito alle imprese;
il fondo per i distretti e norme per le reti di impresa: nella già citata legge è contenuta la norma per la fiscalità di distretto e la definizione delle reti di impresa.

Le linee di intervento che il Governo, su proposta del Ministero dello sviluppo economico, sta approntando a difesa dello specifico settore tessile, anche al fine di essere più aderenti al cambiamento di scenario in atto, sono relative a:
progetti di innovazione industriale: si ipotizza una misura a valere sui residui del Fondo competitività e sviluppo, rivolta ad investimenti per lo sviluppo e l'industrializzazione di prodotti certificati in termini di ecocompatibilità, bio-compatibilità e sicurezza in linea con i più recenti indirizzi della Commissione europea;

fondo per l'innovazione tecnologica (FIT): per venire incontro alle esigenze delle imprese, soggette agli effetti del Regolamento Reach sulle sostanze chimiche pericolose, particolarmente sentite nel settore tessile, si firmerà, presumibilmente a breve, un decreto di attuazione per un apposito bando per progetti innovativi volti alla sostituzione di tali sostanze;
credito d'imposta per la ricerca e lo sviluppo: si sta studiando una circolare che possa consentire la detrazione dei costi relativi alla realizzazione di campionari e collezioni già in corso dell'anno.

Infine, si segnala che il Ministero dello sviluppo economico considera priorità politica, per la difesa del settore tessile, la lotta alla contraffazione. Tale fenomeno, caratterizzato da trasversalità, aggredisce non solo il citato comparto, ma gran parte del mondo produttivo, con ricadute negative sul piano economico, sociale, sulla salute e sulla sicurezza.
Con il provvedimento di riorganizzazione del Ministero dello sviluppo economico è stata, pertanto, istituita una specifica direzione generale per la lotta alla contraffazione diretta a rafforzare l'azione del ministero contro il citato fenomeno.
Grande attenzione sarà dedicata, anche, al tema del mantenimento dell'occupazione e, in particolare, di quella femminile. In tal senso, previo confronto con le altre amministrazioni interessate, si avvieranno gruppi di lavoro per verificare la possibilità di adattare misure alternative o integrative alle ordinarie procedure di mobilità collettiva già esistenti.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

PIANETTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il signor Pier Albino Previdi di Marradi (Firenze) da più di 15 giorni si trova bloccato a Juba, nel sud del Sudan ed è stato costretto a trascorrere più notti consecutive in carcere perché denunciato da un'azienda locale a causa di debiti non pagati dalla Gitto International;
con la suddetta azienda Previdi è legato da un contratto di consulenza in qualità di tecnico, senza avere dunque alcun potere di firma o delega sui pagamenti, quindi si dichiara estraneo ai fatti;
egli è trattenuto come «ostaggio» in quanto è l'ultima persona italiana dell'azienda rimasta in Sudan;
lo stesso presenta uno stato di salute problematico, soffrendo di gravi disturbi cardiaci -:
quale sia la situazione attuale, in particolare riguardo al trattamento e all'assistenza sanitaria di cui il signor Previdi necessita a causa delle sue condizioni di salute, e quali siano le azioni messe in atto al fine di assicurarne la liberazione.
(4-02481)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nell'atto parlamentare in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
L'ingegner Pier Albino Previdi,
project manager della società CEC del gruppo Gitto International, da anni operante in Africa (Nigeria in particolare), è detenuto dallo scorso mese di febbraio - con una breve parentesi di regime di semi-detenzione - presso il carcere di Juba, capitale del Governo semi-autonomo del Sudan meridionale.
La causa della detenzione del connazionale consiste nell'emissione da parte della CEC di due assegni scoperti a favore di un
contractor sudanese. A differenza dall'ordinamento italiano, l'emissione di assegni scoperti costituisce reato passibile di detenzione per la legge sudanese; può essere colpito da questa misura chi sottoscrive gli assegni od il responsabile dell'azienda emittente. Il signor Previdi rientra in questa seconda tipologia in qualità di unico rappresentante della CEC in Sudan, benché non firmatario degli assegni in questione. Solo il pagamento della somma dovuta al creditore sudanese (pari a circa 800.000

dollari Usa) può condurre alla soluzione positiva del caso.
Le condizioni carcerarie cui il signor Previdi è sottoposto sono dure: il carcere è sovraffollato, sprovvisto di adeguati servizi igienici, al suo interno sono detenuti anche infermi di mente.
L'impegno della nostra ambasciata al fine di alleviare tali condizioni è stato sempre costante. Inizialmente era anche riuscita ad ottenere - seppur per un breve periodo - un regime di semi-detenzione per il signor Previdi (notte trascorsa fuori dalle carceri), successivamente revocato su espressa richiesta del creditore sudanese. L'assistenza al connazionale è quindi proseguita con appositi viaggi di servizio (tre in meno di un mese) del funzionario vicario a Juba (non essendovi una presenza istituzionale italiana stabile nella capitale del Sudan meridionale, che dista 2.000 chilometri da Khartoum) ed una del capo missione; con la fornitura di un
kit di pronto soccorso e di generi di conforto; con la richiesta al consolato di Francia a Juba di visite frequenti al nostro connazionale; con la richiesta ad un paramedico in servizio presso una nostra organizzazione non governativa a Juba di periodici controlli medici (sinora ne sono stati effettuati tre). Le notizie riportate riferiscono di uno stato di salute stabile ed al momento non preoccupante, sebbene il signor Previdi sia malato di cuore.
Il connazionale è stato da ultimo assistito da due funzionari della nostra ambasciata in Khartoum in occasione dell'udienza, di carattere ancora interlocutorio, che ha avuto luogo il 2 aprile 2009 presso il tribunale di Juba.
Da parte del Ministero degli affari esteri sono stati attivati tutti i possibili contatti per favorire la composizione del contenzioso privato. In Sudan la nostra ambasciata ha ripetutamente incontrato le autorità del Governo del Sud e quelle del Governo centrale, per sensibilizzarle sulla necessità di concludere in tempi rapidi la vicenda e per assicurare al connazionale le migliori condizioni carcerarie possibili. A livello centrale, ripetuti sono stati gli incontri con l'ambasciatore sudanese in Italia per rappresentargli l'attenzione con cui il Governo italiano segue le sorti del signor Previdi ed auspicare un impegno anche delle autorità sudanesi per la composizione della vicenda.
Sono stati inoltre stabiliti contatti quasi quotidiani con la CEC per invitarla ad onorare gli impegni presi con il creditore sudanese, passaggio obbligato per ottenere la scarcerazione del proprio dipendente.
Con la famiglia, infine, vi è un filo diretto con conversazioni giornaliere.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

PICCHI e DI BIAGIO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 26, comma 1, del decreto- legge 25 giugno 2008, convertito in legge n. 133 del 6 agosto 2008, in materia di taglio degli enti prevedeva la soppressione ipso iure dell'Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (Is.I.A.O.) e dell'Istituto Agronomico per l'Oltremare (IAO);
il sottosegretario per gli affari esteri Scotti ha ribadito di fronte alla Commissione Esteri della Camera dei Deputati l'autonoma rilevanza dell'Istituto Agronomico per l'Oltremare di cui il Ministero si avvale per la propria azione e la necessità di una sua ristrutturazione;
il mandato del direttore dell'Istituto Agronomico per l'Oltremare di Firenze già scaduto è stato prorogato «tecnicamente» fino al prossimo dicembre;
un cambio alla direzione sarebbe auspicabile per favorire la ristrutturazione dell'Istituto e rilanciare l'azione istituzionale dello stesso nonché una migliore valorizzazione delle risorse umane, che cominciano a risentire di una mancanza di ricambio gestionale -:
se e come si ritenga di intervenire per ristrutturare l'Istituto Agronomico per l'Oltremare;

quali criteri intenda adottare per selezionare il nuovo direttore.
(4-01312)

Risposta. - È attualmente in corso un'approfondita riflessione finalizzata all'elaborazione di uno schema di regolamento (decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro della pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro degli affari esteri e con il Ministro dell'economia e delle finanze) per il riordino dell'istituto agronomico per l'oltremare (I.A.O.), ai sensi dell'articolo 26, comma 1, della legge 133 del 2008.
Tale schema di regolamento formerà peraltro, come previsto, oggetto di informativa alle organizzazioni sindacali non appena sarà definito nelle sue linee principali, e comunque in tempi ravvicinati, anche alla luce dell'approssimarsi del termine fissato dalla legge n. 14 del 2009, di conversione del decreto-legge n. 207 del 2008, cosiddetto decreto Milleproroghe.
L'obiettivo dell'azione di riordino consiste nello snellimento dei costi di gestione e nell'assicurare le modalità per il miglior raccordo con il ministero degli affari esteri, alla cui vigilanza è sottoposto, nelle attività di studio, consulenza, assistenza tecnica, formazione per esigenze connesse ad interventi di cooperazione allo sviluppo nei settori attinenti il profilo di specializzazione dell'istituto. Tra i settori di attività dello I.A.O. si possono annoverare: l'agricoltura tropicale e subtropicale, lo sviluppo rurale, la sicurezza alimentare, la salvaguardia dell'ambiente e della biodiversità, la gestione delle risorse naturali e degli aiuti allo sviluppo sostenibile.
Il Governo ha proceduto, nel frattempo, alla nomina del nuovo direttore generale nella persona del dottor Giovanni Totino, estraneo alla pubblica amministrazione, accogliendo la motivata proposta formulata dal Ministro degli affari esteri in relazione alla natura e alle caratteristiche degli obiettivi da perseguire, alle attitudini e alle capacità professionali in possesso dell'interessato. Nelle more della riorganizzazione, il Ministero degli affari esteri sta comunque concludendo le procedure per la costituzione del comitato di amministrazione.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

PILI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
la regione Sardegna attraverso l'utilizzo di fondi comunitari ha finanziato una campagna di pubblicità istituzionale;
si richiamano, a fini di maggior chiarezza e completezza, le norme europee in materia di fondi comunitari, e in particolare:
il regolamento (CE) n. 438/2001 della Commissione del 2 marzo 2001 recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio per quanto riguarda i sistemi di gestione e di controllo dei contributi concessi nell'ambito dei fondi strutturali;
il regolamento (CE) n. 2355/2002 della Commissione del 27 dicembre 2002 che modifica il regolamento (CE) n. 438/2001 recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio per quanto riguarda i sistemi di gestione e di controllo dei contributi concessi nell'ambito dei fondi strutturali;
il regolamento (CE) n. 1105/2003 del Consiglio del 26 maggio 2003 che modifica il regolamento (CE) n. 1260/1999 recante disposizioni generali sui fondi strutturali;
il regolamento (CE) n. 1145/2003 della Commissione del 27 giugno 2003 che modifica il regolamento (CE) n. 1685/2000 per quanto riguarda le norme di ammissibilità al cofinanziamento da parte dei fondi strutturali;
il regolamento (CE) n. 448/2004 della Commissione del 10 marzo 2004 che modifica il regolamento (CE) n. 1685/2000 recante disposizioni di applicazione del regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio

per quanto riguarda l'ammissibilità delle spese concernenti le operazioni cofinanziate dai fondi strutturali e che revoca il regolamento (CE) n. 1145/2003;
il regolamento (CE) n. 2035/2005 della Commissione del 12 dicembre 2005 che modifica il regolamento (CE) n. 1681/1994 relativo alle irregolarità e al recupero delle somme indebitamente pagate nell'ambito del finanziamento delle politiche strutturali nonché all'organizzazione di un sistema d'informazione in questo settore, il cui articolo 1-bis dispone: «ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni: 1) "irregolarità": qualsiasi violazione di una disposizione del diritto comunitario, derivante dall'azione o dall'omissione di un operatore economico, che ha o avrebbe l'effetto di arrecare un pregiudizio al bilancio generale delle comunità europee attraverso l'imputazione al bilancio comunitario di una spesa indebita»;
si richiamano altresì:
le disposizioni relative alla gestione dei fondi europei;
il regolamento (CE) n. 1260/1999 del 21 giugno 1999, recante disposizioni generali sui fondi strutturali, in particolare l'articolo 34, paragrafo 3; l'approvazione del por Sardegna intervenuta con decisione C (2004) 5191 e successive modifiche;
le norme nazionali ed europee relative alla concorrenza e le disposizioni del Trattato CE;
il regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio del 16 dicembre 2002 concernente l'applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del Trattato;
il potere di monitoraggio e controllo del Ministero dell'economia relativamente ai fondi comunitari;
la campagna di pubblicità istituzionale è cofinanziata dal Fesr nell'ambito del por Sardegna 2000-2006, misura 4.5 - «potenziare e qualificare l'industria turistica della Sardegna», linea d'azione 4.5.d «promozione del prodotto turistico Sardegna» - Assessorato del turismo, artigianato e commercio: upb (unità previsionale di base) S07.027 capitolo 07055, euro 5.460.000 (conto residui), euro 4.677.000 (conto competenze), fondi por; capitolo 07056 euro 825.000 (conto competenze), euro 964.000 (conto residui), fondi regionali por; upb S07.020 capitolo 07047 euro 2.000.000;
la regione Sardegna ha bandito apposita gara per l'affidamento di un servizio di pubblicità istituzionale che prevede: appalto del servizio di progettazione e realizzazione di una campagna promozionale della Sardegna e della realizzazione di iniziative di comunicazione istituzionale a carattere pubblicitario e in particolare:
a) creazione dello slogan identificativo della campagna;
b) realizzazione di una campagna pubblicitaria televisiva e radiofonica, con ideazione e produzione dei relativi spot televisivi e radiofonici;
c) ideazione, realizzazione ed inserzione sulla stampa più quotata in ambito locale di uno o più messaggi aventi ad oggetto l'immagine della Sardegna e le differenti tipologie di prodotto della sua offerta turistica;
d) progettazione di una strategia sul web;
e) ideazione, realizzazione e affissione di cartelli pubblicitari, opuscoli, brochure, guide, eccetera;
per la gara si prevede un importo a base d'asta e importo contrattuale di euro 18.700.000, Iva esclusa, per 1 anno, con facoltà di rinnovo della Regione alle medesime condizioni o a condizioni migliorative, per ulteriori 2 anni, per ulteriori euro 18.700.000,00 Iva esclusa per ciascun anno - complessivi euro 56.100.000,00 Iva esclusa;
nell'ambito della stessa gara un concorrente, la società Saatchi&Saatchi, indicava

due giorni prima della presentazione delle offerte il nome della società subappaltatrice del 30 per cento dello stesso servizio;
nel capitolato d'appalto era previsto: «dichiarazione di subappalto: nel caso di ricorso al subappalto - come meglio regolamentato al successivo articolo 19 - deve essere anche fornita l'indicazione delle parti dell'offerta che, in caso di aggiudicazione, si intende subappaltare a terzi fino ad un massimo del 30 per cento dell'importo contrattuale; nel caso di r.t.i. non formalmente costituito, tale dichiarazione dovrà essere sottoscritta da tutte le imprese raggruppande»;
la società subappaltatrice preindicata risultava essere il consorzio media factory composto da soggetti quasi tutti già in rapporti con la società Tiscali e allo stesso consorzio veniva affidata l'esecuzione delle seguenti attività per un importo non superiore al 30 per cento dell'appalto stesso: ideazione, management editoriale, produzione e distribuzione del canale tematico multipiattaforma denominato Sardegna multichannel, come da dettagliato progetto allegato contenuto nell'offerta tecnica da pagina 119 a pagina 148;
in modo, secondo l'interrogante, del tutto anomalo nella gara era stato indicato da parte della società Saatchi il nome del consorzio subappaltante (Sardegna media factory) quando invece la norma prevedeva la sola indicazione della volontà subappaltatrice e l'entità stessa del subappalto e le relative prestazioni così enunciate: Sardegna multichannel; un canale televisivo; un canale satellitare; un canale digitale; un iptv internet provider tv; tv mobile ovvero i videotelefoni; una multipiattaforma di contenuti on demand;
la commissione di gara, nella seduta del 21 novembre 2006, ha aggiudicato in via provvisoria l'appalto al rti Saatchi&Saatchi srl - Equinox srl, e conseguentemente al subappaltante consorzio media factory;
in data 28 dicembre 2006 è stata istituita presso il Consiglio regionale della Sardegna la «Commissione d'inchiesta sull'affidamento della campagna pubblicitaria e istituzionale della regione» incaricata di accertare lo svolgimento dell'iter valutativo della gara d'appalto di cui all'oggetto;
la procura della Repubblica di Cagliari ha aperto apposita inchiesta sulla stessa gara e la stessa risulta essere ancora in corso e per la quale si è giunto ad un patteggiamento da parte del segretario della commissione di gara condannato a 5 mesi e 20 giorni;
il responsabile del procedimento in data 7 agosto 2007 ha formalizzato l'annullamento della gara per palesi vizi nell'espletamento della stessa; considerate le argomentazioni e il dispositivo contenuto nel provvedimento di annullamento della stessa gara appare utile ai fini dell'interrogazione riportarne integralmente degli stralci rilevanti:
«... ritenuto che il responsabile del procedimento non può non tenere conto delle affermazioni liberamente rese dai Commissari innanzi alla Commissione Consiliare d'inchiesta attestanti circostanze non presenti nei verbali di gara che hanno costituito i presupposti per l'aggiudicazione definitiva. Né si può pretendere che il responsabile del procedimento, dopo siffatte dichiarazioni, agisca come se non fossero state rese sino a quando il giudice ordinario non si sia definitivamente pronunciato in merito. I principi di buon andamento (articolo 97 Costituzione), quelli di economicità e trasparenza (articolo 1 legge n. 241 del 1990), nonché quello di riconduzione della responsabilità del provvedimento finale in capo al responsabile del procedimento (articoli 4-6 legge n. 241 del 1990), implicano necessariamente il riconoscimento in capo a quest'ultimo di un autonomo margine di valutazione rispetto a concomitanti procedimenti (anche giurisdizionali) inerenti alla medesima vicenda. Questi, dunque, può non procedere all'aggiudicazione definitiva o disporne l'annullamento in via di autotutela quando, come nella specie, non sia stato ancora stipulato il contratto, allorché

la regolarità del procedimento di gara sia gravemente messa in dubbio dalle affermazioni rese dagli stessi commissari, pur se ancora sub iudice la relativa vicenda. Tanto più quando si prospetta il concreto pericolo di un grave pregiudizio economico per l'Ente amministrato derivante da una spesa che risulterebbe indebitamente erogata ove le illegittimità ammesse da alcuni commissari venissero confermate dal giudice ordinario. Una conferma di tale potere è data dall'articolo 6 lettera e) legge n. 241 del 1990 ai sensi del quale il responsabile del procedimento può discostarsi dalle risultanze dell'istruttoria indicandone la motivazione nel provvedimento finale;
ritenuto di dover procedere all'annullamento in via di autotutela in considerazione delle anomalie riscontrate, della gravità delle stesse, della loro incidenza sul procedimento di gara, della sussistenza di gravi vizi di illegittimità che inficiano la procedura, nonché delle ragioni di interesse pubblico prevalenti rispetto all'aspettativa della ditta aggiudicataria e delle altre imprese concorrenti;
ritenuto che sussistono diversi profili di illegittimità ciascuno dei quali da solo idoneo a determinare l'annullamento in via di autotutela dell'intera procedura di gara:
1. Violazione dei principi e delle norme in tema di verbalizzazione delle operazioni di gara:
1.1. Risulta dal verbale di gara n. 3 che al termine della seduta dell'8 novembre 2006, «il presidente riconvoca la Commissione per il giorno 9 novembre 2006 ore 10.00 al fine di procedere alla discussione ed all'attribuzione dei punteggi delle offerte presentate». Il verbale n. 4 del 9 novembre 2006 dà atto del fatto che nella mattinata «da Commissione procede ad una analisi sintetica delle offerte, per poi procedere alla discussione» e, nel pomeriggio, «alla conclusione della discussione la Commissione, non riuscendo a raggiungere una decisione condivisa, aggiorna i propri lavori al giorno 10 novembre 2006», senza però specificare se una votazione vi sia stata o meno e, in caso affermativo, l'esito della votazione, se siano state formulate delle proposte, dei giudizi. Tutto ciò costituisce violazione dell'obbligo di verbalizzazione analitica, in specie di fasi determinanti per il procedimento quali una votazione, ciò costituisce un principio generale dell'ordinamento, non solo quindi nei limiti minimi previsti dal codice dei contratti (TAR Parma, 28 maggio 2007, n. 385); in forza di tale principio la verbalizzazione delle operazioni di gara deve essere completa e descrivere con sufficiente precisione ed analiticità tutte le attività compiute (TAR Parma, 28 maggio 2007, n. 385; Cons. Stato, Sez. V, 2 settembre 2005, n. 4463), condizione questa indispensabile per poter garantire il principio di trasparenza e di par condicio; onde è illegittimo il verbale che «non consente il sindacato sulla coerenza logica della determinazione al fine di eliminare in radice ogni sospetto di parzialità e di non correttezza» (TAR Lazio, Sez. II, 14 maggio 2003, n. 4215); le irregolarità concernenti l'attività di verbalizzazione comportano l'invalidità degli atti qualora tali carenze producano, come nella specie, «un'incertezza assoluta sulle operazioni svoltesi durante la seduta» (TAR Pescara 7 marzo 2007, n. 221). Infatti, «la laconicità della verbalizzazione amputa sensibilmente le possibilità di controllo e sindacato giurisdizionale, oltre a delineare un metodo contrastante con l'esigenza di rispetto del canone di piena partecipazione che comunque connota il collegio perfetto ed illumina il modus operandi della commissione anche quando essa decide di procedere a maggioranza» (Cons. Stato, Sez. VI, 22 marzo 2004, n. 1458). Risultano, altresì, violati l'articolo 107 decreto legislativo n. 163 del 2006 ai sensi del quale «da commissione redige un verbale, sottoscritto da tutti i suoi componenti che espone le ragioni delle scelte effettuate in ordine ai meriti di ciascun progetto, le osservazioni pertinenti e tutti i chiarimenti necessari al fine di dare conto delle valutazioni finali», e l'articolo 16 del capitolato per il quale

«tutte le fasi di gara e le operazioni eseguite dalla Commissione verranno registrate in appositi verbali». Tale lacunosità nella verbalizzazione costituisce di per sé motivo di illegittimità dell'operato della Commissione di gara che risulta del tutto inidoneo ed insufficiente a rappresentare gli elementi minimi necessari ad illustrare le operazioni effettuate in quella seduta dall'organo tecnico di gara, onde non è necessario proporre la querela di falso (TAR Piemonte, Sez. II, 14 aprile 2003, n. 598);
1.2. Il fatto poi che nella seduta appositamente convocata per l'attribuzione dei punteggi, dopo la discussione sulle offerte non sia stata raggiunta una «decisione condivisa» fa intendere che effettivamente una votazione in quella sede ci sia stata, ma che l'esito non sia stato accettato da tutti i commissari. Peraltro, l'esito di detta votazione avrebbe dovuto essere immediatamente registrato, essendo del tutto irrilevante il mancato raggiungimento di un consenso unanime. Al riguardo, giova il richiamo alla sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, 22 marzo 2004, n. 1458 che ha considerato illegittimo il verbale di gara quando da esso «non è dato sapere se siano state formulate una o più proposte di attribuzione del punteggio da parte del presidente della commissione, se non ne sia stata formulata alcuna (ogni commissario potrebbe aver provveduto ad indicare un proprio punteggio) ovvero rispetto a punteggi formulati da ciascuno si sia provveduto all'eliminazione del punteggio più alto e del più basso, ovvero se si sia proceduto a voto palese o segreto sulle proposte, se le proposte alternative o ulteriori fossero per attribuzione di punteggi più alti o più bassi di quelli definitivamente approvati, se uno o più commissari si siano astenuti»;
1.3. Che nella seduta del 9 novembre si sia votato è confermato, seppure con qualche contraddizione, dalla trascrizione delle audizioni rese innanzi alla Commissione di inchiesta dai commissari... omissis... (pagina 40 «... la votazione è avvenuta qualche giorno prima ... credo il giorno 8 o il giorno 9»; e pagina 1 della successiva verbalizzazione, riferendosi, poi, ad una seconda votazione: «in quella seconda votazione... credo che la Saatchi&Saatchi risultava seconda o terza»; pagina 7: «...poi la Commissione... ha ritenuto giusto tenere la votazione del 9 novembre... Quello del 9 novembre è stato veramente un vero confronto, ognuno di noi diceva le motivazioni... Ecco perché poi la commissione ha ritenuto giusto tenere conto di quella votazione»; pagina 30: «noi il 9, in virtù della votazione che avevamo fatto, avevamo già una società, avevamo già dato... un punteggio dove da quel punteggio chiaramente si evinceva che la prima classificata... era la Saatchi&Saatchi»); ...omissis... (pagina 30: «...abbiamo fatto una prima votazione in cui ha vinto Saatchi & Saatchi, una seconda votazione in cui non ha vinto Saatchi & Saatchi, e una richiesta di non tenere conto di questa seconda votazione e di tornare alla prima»; pagine 43, 44: «...il 9 novembre abbiamo votato... il giorno 15, alle ore 13 abbiamo votato e... la votazione ha dato «un esito diverso da quella del 9 novembre...». Alle 15 e 30 siamo tornati in Commissione ed è stato proposto di annullare la votazione... e di ritenere valida quella del 9 novembre...»); ...omissis... (pagina 3: «da questa prima votazione è risultata vincitrice la ditta Saatchi&Saatchi. ...Quindi questa seduta è stata sospesa e praticamente si è iniziati nuovamente dall'inizio. ...la mattina hanno deciso di provare a fare un'altra votazione, quindi una seconda votazione c'è stata... e alla fine è risultata vincitrice... questa ditta Meccan. Questo è avvenuto di mattina. Il pomeriggio tutti insieme consensualmente hanno ritenuto che questa votazione fosse appunto da non prendere neanche in considerazione poiché viziata...»); ...omissis... (pagina 10: «anche se non sono stati registrati credo che abbiamo anche espresso dei voti, un'ipotesi di voti»); ...omissis... (pagina 6 «dopo una settimana ci siamo rivisti sostanzialmente e ognuno ha confermato i propri voti di fatto»);

1.4. L'illegittimità derivante dalla mancata verbalizzazione delle operazioni di voto nella seduta del 9 novembre 2006 non viene meno (né può ritenersi sanata) anche laddove si tenesse conto di quanto riferito da alcuni commissari innanzi alla Commissione di inchiesta secondo i quali nella riunione del 15 novembre 2006 (verbale n. 6) - dopo una seconda votazione nella quale la Saatchi & Saatchi non sarebbe risultata prima - si sarebbe deciso di riportare l'esito della votazione avvenuta il 9 novembre. Il verbale del 9 novembre, infatti, non esplicita le ragioni per le quali il voto allora dato sarebbe stato ritenuto non valido. Il verbale del 15 novembre, d'altronde, non chiarisce se i voti ivi indicati siano stati espressi in quella riunione per la prima volta o se siano stati riportati i punteggi assegnati in una seduta precedente, né indica i motivi per i quali sarebbe stata considerata non valida la seconda votazione del 15 mattina e si sarebbe deciso di ritornare su una votazione precedente (del 9 novembre) già ritenuta non valida dalla stessa Commissione. In ogni caso, la Commissione non avrebbe potuto dichiarare come avvenuta il 15 una votazione effettuata invece il 9 novembre: infatti, «se è vero che, in linea di principio, è possibile che la verbalizzazione delle operazioni poste in essere da un organo collegiale non sia contestuale alle operazioni che dovrebbe documentare, tuttavia... è indispensabile che la verbalizzazione stessa trovi riferimento in ciascuna delle riunioni tenute» (TAR Lazio, Sez. II, 14 maggio 2003, n. 4215);
1.5. Inoltre, l'operato della Commissione nella seduta del 15 novembre - sia che abbia proceduto ad un ulteriore votazione rispetto a quella del 9 novembre, sia che si sia limitata a riportare il risultato del voto effettuato il 9 novembre - comporta una violazione dei princìpi di trasparenza e di continuità al quale deve essere informato l'operato della Commissione di gara. Il principio di continuità «ha lo scopo di evitare pericoli di deviazioni nella valutazione delle offerte» (Cons. Stato, Sez. IV, 23 febbraio 1990, n. 129) ed impedisce alla Commissione di disporre «rinnovazioni di alcun tipo» delle operazioni svolte (TAR Napoli, Sez. 1, 23 febbraio 1995, n. 44); «Il principio di continuità della gara, dettato dall'articolo 71 del regolamento di contabilità di Stato per gli incanti... è espressione dei più generali princìpi di buon andamento, imparzialità, trasparenza e correttezza dell'operato dell'amministrazione, mira a garantire che le operazioni di gara si svolgano con imparzialità, nel rispetto della par condicio dei concorrenti, e senza il sospetto di favoritismi» (Cons. Stato, Sez. VI, 16 novembre 2000, n. 6128). «La violazione del principio della continuità del procedimento di gara di appalto di opere pubbliche comporta l'invalidità della gara a prescindere dalla verifica delle conseguenze pratiche» (Cons. Stato, Sez. IV, 15 luglio 1992, n. 689). Il principio di continuità può essere anche derogato ma, in tal caso, è necessario che la commissione di gara ne indichi le ragioni (ciò che nella specie non è avvenuto), onde consentire il controllo del suo operato, fugando ogni sospetto di parzialità;
2. Violazione dei principi e delle norme in tema di verbalizzazione delle operazioni di gara, sotto altro profilo. Anche a prescindere dall'illegittimità derivante dalla mancata verbalizzazione delle operazioni di valutazione e di voto del 9 novembre 2006, costituisce autonomo motivo di illegittimità, da solo idoneo a determinare l'annullamento in via di autotutela delle operazioni di gara e delle aggiudicazioni provvisoria e definitiva, la totale incertezza delle modalità di ricostruzione dei punteggi dei singoli commissari. Nel verbale n. 9 del 17 gennaio 2007, ad integrazione del precedente verbale del 15 novembre 2006, che riportava soltanto il punteggio complessivo della Commissione, vengono riportati anche i punteggi assegnati per ogni singola voce e per ogni concorrente da ciascun commissario. Il verbale, si limita ad affermare che «i singoli voti espressi, a suo tempo, da ciascun commissario sono quelli indicati nel documento allegato, per far parte integrante e sostanziale del presente verbale».

Il responsabile del procedimento ha aggiudicato definitivamente dopo tale integrazione, ritenendo che i Commissari avessero fedelmente trascritto i voti assegnati nella votazione del 9 novembre 2006.
Successivamente è invece emerso il fondato dubbio sulla effettiva corrispondenza tra i voti che si assumono trascritti e quelli effettivamente dati dai commissari in quella seduta. Infatti, dinanzi alla Commissione di inchiesta è stato prodotto solo il prospetto di una seconda votazione (dove la Saatchi & Saatchi era arrivata terza) e non anche il brogliaccio originale della votazione che vedeva la Saatchi&Saatchi come vincitrice. È emersa inoltre una generalizzata incertezza sulle modalità di ricostruzione della suddetta votazione. Infatti, ...omissis... alla domanda se nella seduta del 17 gennaio 2007 vi fosse una minuta di come ciascun commissario si era espresso o se ognuno si fosse portato da casa la propria, ha risposto «che io ricordi non era uno degli allegati della Commissione, non ricordo che il segretario avesse annotato in maniera formale i voti di ciascuno» (pagine 8, 9); «avevamo già espresso una votazione che era stata sommata e immediata, e aveva, dato quel risultato, dopo lo stesso risultato è emerso evidentemente dalla annotazione che singoli commissari avevano, se non esisteva negli atti del segretario» (pagina 9); con riguardo alla seduta del 15 novembre, «...il commissario alla fine esprimeva il voto corrispondente alla valutazione ma non ricordo che sia stato annotato di volta in volta di nuovo a che cosa corrispondeva» (pagina 5 della seconda parte del verbale) e con riguardo alla seduta del 17 gennaio 2007: «...io perlomeno non sarei stata in grado con precisione estrema di ripetere la votazione» (pagina 7); «...abbiamo ricostruito sulla base dei punteggi attribuiti che evidentemente ognuno di noi aveva» (pagina 6 della seconda parte del verbale); ...omissis... ha affermato: «...chi ha fatto lo specchietto di tutte quelle votazioni credo sia stato ...omissis... Ora io non ricordo se poi... quello specchietto con tutti i numeri sia stato trasmesso al Segretario della Commissione per riportarlo agli atti» (pagina 19). ...omissis..., però ha contraddetto questa circostanza affermando che «all'inizio i voti di ciascun Commissario non sono stati verbalizzati, alla fine è stato verbalizzato solo il totale» (pagina 9). Ed... il segretario della Commissione «...semplicemente al computer io raccoglievo i voti e poi con una tabella excel si sono fatti i calcoli e si è avuto il risultato definitivo... Io ho tutti i file in formato elettronico. La seconda votazione ho degli elementi cartacei» (pagina 1 della cassetta n. 11/2). Poi, però, innanzi alla Commissione di inchiesta ha depositato (con nota 20 marzo 2007, prot. n. 3802 a sua firma) solo il prospetto relativo ad una seconda votazione (non verbalizzata) nella quale la Saatchi & Saatchi non era risultata prima in graduatoria). Non ha mai depositato invece il prospetto o la tabella della votazione poi ritenuta valida dalla Commissione. ...omissis... alla domanda su come fossero stati originariamente registrati i voti dei singoli commissari (poi riportati nel verbale del 17 gennaio 2007), ha risposto: «i commissari li hanno espressi oralmente e sono stati trascritti dal segretario» (pagina 25); «credo che lo stesso ha trascritto i voti di ciascuno e poi ha fatto la somma» (pagina 26); la minuta del verbale recante i voti di ciascun commissario «è esistita, non so se esista, perché erano atti, come dire, appunti che il segretario della Commissione prendeva, sommava e poi trasferiva a noi dicendo su questo aspetto la votazione ha dato questo risultato» (pagina 26); «...mi farò carico di dire al... segretario della Commissione... che, se queste minute esistono, ne produca copia in Commissione» (pagina 27). Tale copia, come si è detto, non è mai stata prodotta. Nella seduta del 17 gennaio 2007, «abbiamo ricostruito, utilizzando anche degli appunti, le votazioni che ciascuno di noi aveva dato. Quindi siamo arrivati all'unanimità... ad esplicitare in maniera più analitica le valutazioni e le decisioni... le ricostruzioni delle nostre decisioni precedenti, le ricordavamo... Io non avevo preso appunti, qualche altro li aveva presi evidentemente...» (pagina 39).

Dunque, ...omissis... afferma che il 17 gennaio 2007 ciascun commissario ha ricostruito il voto in base a suoi appunti personali, ...omissis... dichiara di non avere preso appunti, ...omissis... assume che i suoi voti sarebbero risultati da un prospetto redatto dal ...omissis... e trasmesso al segretario della Commissione. ...omissis... però afferma che era stato verbalizzato solo il voto finale e non quello dei singoli commissari. Il segretario della Commissione a sua volta non ha mai prodotto il brogliaccio di quella votazione. Mancando la prova della sicura corrispondenza tra i voti dati nella seduta del 9 novembre 2006 e quelli riportati nella seduta del 17 gennaio 2007, si può dire che la Commissione in quest'ultima seduta abbia operato una ripetizione del procedimento di verbalizzazione, in contrasto con il principio, più volte sottolineato dalla giurisprudenza, secondo cui è impossibile integrare il verbale con dichiarazioni successive dei medesimi verbalizzanti, stante «l'irripetibilità del procedimento di verbalizzazione» (TAR Catania, 12 febbraio 2001, n. 304); infatti, l'idoneità del verbale ad assolvere la sua funzione viene meno allorché «da sua redazione non accompagni lo svolgimento delle singole operazioni compiute dall'organo collegiale o quantomeno non intervenga in un momento immediatamente successivo tale da escludere errori od omissioni, quanto alla ricostruzione dell'iter valutativo» (TAR Lazio, sezione II, 14 maggio 2003, n. 4215). Un altro orientamento giurisprudenziale più restrittivo esclude in ogni caso «da sanatoria ex post delle operazioni di una gara d'appalto pubblico, anche nel caso in cui si accerti che il seggio di gara abbia informalmente espletato alcuni adempimenti senza debita verbalizzazione, in quanto un siffatto accertamento, oltre ad essere del tutto inattendibile, soprattutto quando non trovi un oggettivo riscontro nei verbali delle operazioni, implica un'inammissibile giustificazione postuma di tutte le determinazioni assunte» (TAR Palermo, 22 febbraio 2000, n. 370)»;
ritenuto che sussistono ragioni di pubblico interesse che impongono l'annullamento dell'aggiudicazione e delle operazioni di gara in via di autotutela, in quanto le circostanze sopra esposte incidono sul procedimento di gara rendendo impossibile verificare se l'offerta prescelta dalla Commissione sia effettivamente quella migliore ed economicamente più vantaggiosa per l'Amministrazione. Tali ragioni di interesse pubblico si concretizzano altresì nella tutela della parità di trattamento dei partecipanti alla gara, e nell'interesse pubblico alla trasparenza ed imparzialità dell'azione amministrativa. Un ulteriore motivo di interesse pubblico è dato dalla tutela dell'immagine dell'Amministrazione regionale;
ritenuto che l'interesse pubblico all'annullamento in via di autotutela sia certamente prevalente rispetto all'interesse della ditta aggiudicataria alla esecuzione del servizio, in considerazione, tra l'altro, del fatto che il servizio non è ancora iniziato, che il contratto non è stato stipulato, onde non si è radicata e consolidata in capo ad essa una situazione definitiva di vantaggio;
ritenuto inoltre che l'interesse pubblico all'annullamento in via di autotutela sia prevalente anche rispetto all'interesse delle altre imprese in graduatoria a conseguire l'aggiudicazione del servizio, sia per le ragioni innanzi indicate, sia perché queste non possono vantare una posizione consolidata;
considerato che, trattandosi di aggiudicazione basata su apprezzamenti discrezionali (metodo dell'offerta economicamente più vantaggiosa) a seguito dell'annullamento in via di autotutela è necessario rinnovare l'intero procedimento di gara a partire dalla stessa fase della presentazione delle offerte (TAR Napoli, sezione I, 13 dicembre 2004, n. 18898), essendo ciò imposto dall'esigenza di tutelare la segretezza delle offerte ed il principio della par condicio (Cons. Stato, sezione IV, 10 giugno 2004, n. 3731; idem, 7 giugno 2004, n. 3617; TAR Aosta, 16 febbraio 2005, n. 25; TAR Parma, 13 dicembre 2004, n. 788);

considerato che le gravi illegittimità nella verbalizzazione, la violazione dei principi di trasparenza, la avvenuta sottoscrizione da parte dei commissari dissenzienti dei verbali di gara, nonostante da questi non risultassero le circostanze successivamente addotte innanzi alla Commissione di inchiesta, la invocata (davanti alla Commissione di inchiesta) situazione di incompatibilità di uno dei commissari, rendono opportuno e necessario procedere alla sostituzione dei commissari di gara anche ai sensi dell'articolo 21-quinquies 1. 7 agosto 1990, n. 241;
ritenute non condivisibili ed infondate le osservazioni formulate dalla ditta aggiudicataria con memoria protocollata il 20 luglio 2007 con il n. 9736 e con successiva memoria protocollata il 31 luglio 2007 con il n. 0010094. In particolare:
1. Il presente provvedimento non può considerarsi adottato oltre un «termine ragionevole» rispetto all'aggiudicazione. Tale non può considerarsi il periodo di 6 mesi; tanto più, in considerazione del fatto che non è ancora intervenuta la stipula del contratto, dell'importo dell'appalto, del fatto che alcune delle illegittimità inficianti le operazioni di gara sono emerse con tutta la loro evidenza dopo l'acquisizione dei verbali della Commissione regionale di inchiesta;
2. Il presente provvedimento non è «dettato esclusivamente dalla necessità di dare seguito alle conclusioni raggiunte dalla Commissione consiliare al termine della propria attività» (come si sostiene a pagina 5 della prima memoria della Saatchi&Saatchi). Tiene piuttosto anche conto delle dichiarazioni rese dai commissari di gara e dal segretario innanzi alla Commissione di inchiesta costituita con ordine del giorno 28 dicembre 2006, n. 34. Tali dichiarazioni hanno fatto emergere con tutta la loro evidenza la gravità dei sopra indicati vizi di violazione dei principi e delle norme in tema di verbalizzazione, già presenti nei verbali di gara;
3. Quanto alla mancata verbalizzazione della votazione del 9 novembre 2006, non è condivisibile la tesi formulata da Saatchi&Saatchi nella seconda memoria (pagine 2-8) secondo cui si tratterebbe di atti riconducibili agli interna corporis qualificabile come «tentativo di esprimere una fase di evoluzione della discussione (ma sempre interna alla discussione stessa e non espressione di volontà definitiva)» nella «auspicata volontà di conseguire una decisione unanimemente condivisa all'interno della Commissione sulla valutazione dei progetti presentati dalle ditte concorrenti». Invero, il fatto che il verbale del 9 novembre 2006 parli di mancato raggiungimento di una «decisione condivisa» nella seduta appositamente fissata per la discussione e l'attribuzione dei punteggi delle offerte presentate fa intendere in modo inequivocabile che:
a) in quella sede si era giunti effettivamente all'attribuzione dei punteggi (ed alla formazione di una graduatoria);
b) il risultato finale di tale votazione non è stato accettato da alcuni commissari;
c) non è stato applicato il principio per il quale la valutazione complessiva di ciascuna offerta doveva necessariamente essere la risultante della media dei punteggi (o valutazioni) di ciascun commissario. Evidentemente la Commissione ha ritenuto che fosse necessario raggiungere una valutazione unanime o comunque sganciata dalla media dei punteggi assegnati dai singoli commissari. Di qui l'illegittimità della mancata verbalizzazione la quale non poteva non dare conto dell'esito di tale votazione. Non potrebbe infatti considerarsi legittimo l'operato della Commissione che ripeta più volte la medesima votazione finché questa non dia il risultato più gradito ad uno o più commissari, dando atto a verbale solo dell'ultima votazione. Tale metodo, infatti, sarebbe contrario ai principi di trasparenza, buona amministrazione e continuità e non sarebbe idoneo a garantire la par condicio;
neppure è condivisibile il tentativo (seconda memoria della Saatchi&Saatchi)

di riportare la ravvisata esigenza di completezza della verbalizzazione ad un inesistente principio di resocontazione stenografica. Pur senza richiedersi una resocontazione stenografica, i verbali di gara devono consentire di ricostruire con sufficiente precisione ed analiticità l'operato della Commissione nelle singole sedute di gara, potendosi solo in tal modo garantire il rispetto del principio di trasparenza dell'operato della P.A. Tali regole sulla verbalizzazione trovano fondamento non solo nel codice degli appalti (al quale la memoria fa esclusivamente riferimento), ma anche nei principi generali dell'ordinamento (TAR Parma, 28 maggio 2007, n. 385) e nell'articolo 16 del capitolato che impone di registrare in appositi verbali tutte le fasi di gara e le operazioni eseguite dalla Commissione. Né le carenze della verbalizzazione possono considerarsi sanate dalla sottoscrizione del verbale da pare dei commissari. Infatti, «è irrilevante la sottoscrizione del verbale da parte di tutti i commissari, in quanto tale doveroso adempimento riguarda unicamente la sua riconducibilità ad essi, ma non vale ad integrare elementi che nel documento sono del tutto mancanti» (TAR Piemonte Sez. II, 14 aprile 2003, n. 598) fondamento non solo nel codice degli appalti (al quale la memoria fa esclusivamente riferimento), ma anche nei principi generali dell'ordinamento (TAR Parma, 28 maggio 2007, n. 385) e nell'articolo 16 del capitolato che impone di registrare in appositi verbali tutte le fasi di gara e le operazioni eseguite dalla Commissione;
4. Quanto alla integrazione successiva delle risultanze delle votazioni con l'indicazione del voto fornito da ciascun componente la Commissione, questa non doveva portare, come ritenuto a pagina 9 della prima memoria della Saatchi&Saatchi ad una «riapertura dell'istruttoria che si sarebbe svolta in condizioni completamente diverse da quelle originarie e tali da non garantire l'imparzialità di tutti i componenti della Commissione» e neppure può considerarsi come una deliberazione avente valore non «meramente certificativo ma formalmente costitutivo», onde sarebbe «irrilevante la modalità della percezione ricordo delle tessere del mosaico» come asserito a pagina 11 della seconda memoria. In realtà, essendo già state aperte le buste contenenti l'offerta economica, la Commissione non poteva in alcun modo procedere ad una rinnovata valutazione dell'offerta tecnica, né ad una modifica dei punteggi individuali a suo tempo formulati. Ed è proprio la mancata verbalizzazione delle modalità attraverso le quali è stato recuperato il voto dei singoli commissari che determina una incertezza assoluta, non consentendo di verificare se quello contenuto nella tabella allegata al verbale del 17 gennaio 2007 sia una fedele riproduzione di quanto avvenuto in passato o non piuttosto una inammissibile rinnovata espressione di punteggi o comunque una non fedele ripetizione. Né questa lacuna ed incompletezza può essere sostituita dal fatto che il verbale del 17 gennaio 2007 sia stato sottoscritto da tutti i componenti la Commissione (come si afferma a pagina 9 della seconda memoria). Tale sottoscrizione, infatti, vale soltanto a ricondurre ai commissari quanto da essi dichiarato in quella seduta, ma nulla assicura in ordine alla corrispondenza con il voto espresso da ciascun commissario nella seduta di più di due mesi prima (novembre 2006): «il verbale di gara, pur essendo atto pubblico che fa fede fino a querela di falso, non per ciò solo preclude qualunque altro accertamento sui fatti in esso descritti, giacché ... non fa fede pure delle valutazioni compiute né esclude la possibilità di errori in tale operazione» (C.si, 13 giugno 2005, n. 353; idem, 20 gennaio 2003, n. 21);
6. Quanto all'interesse della Saatchi&Saatchi ad eseguire il servizio oggetto di gara, questo, per quanto comprensibile, deve considerarsi recessivo rispetto all'interesse pubblico sopra indicato. In tale prospettiva non può configurarsi in capo ad essa un ingiusto danno all'immagine. Un danno all'immagine lo subirebbe invece la Regione se la gara non venisse annullata in conseguenza di quanto sopra rappresentato. L'annullamento in via di autotutela non comporta

la perdita del finanziamento, atteso che la somma di euro 11.926.000 provenienti dai Fondi strutturali potrà essere recuperata come può evincersi dalla nota dell'Assessorato del Turismo, Artigianato e Commercio, prot. n. 15111/XI.2.5 del 3 agosto 2007;
determina per le motivazioni sopra meglio esposte: Articolo 1 di annullare la determinazione n. 23 del 23 gennaio 2007 di aggiudicazione definitiva, gli atti della Commissione di gara e tutti gli atti presupposti;
in data 26 aprile 2006 la Regione Sardegna, attraverso un avviso pubblico, invitava i soggetti privati alla presentazione di progetti relativi alla stessa tipologia di intervento riscontrati successivamente nel subappalto della società Saatchi & Saatchi;
la Regione Sardegna nello stesso avviso indicava con precisione un obiettivo da perseguire nella predisposizione di un progetto analogo o simile a quello che successivamente sarebbe stato indicato dalla società vincitrice della gara suddetta per la realizzazione di una multipiattaforma multidigitale;
tale obiettivo veniva cosi di seguito esplicitato: 2.2.6.2 laboratorio «produzione collaborativa di programmi televisivi multipiattaforma» - la produzione e distribuzione di programmi televisivi richiede notevoli investimenti e viene tradizionalmente svolta in modo centralizzato, al contrario del web dove la pubblicazione di contenuti si basa su un modello altamente distribuito. Adattare un siffatto modello al contesto televisivo aprirebbe la strada ad una produzione dei programmi decentralizzata e aperta al contributo di molti. Sarebbe possibile realizzare a costi contenuti canali televisivi tematici su cui troverebbero spazio, ad esempio, artisti emergenti (concerti, cortometraggi, piece teatrali, eccetera), comunità scientifiche (seminari, lezioni, esperimenti, eccetera), associazioni culturali, organizzazioni turistiche, eccetera;
ulteriori fattori giustificano l'interesse verso tale modello:
l'ampliamento del numero di canali televisivi reso possibile dalla tecnologia digitale (a cui ancora non corrisponde un'altrettanto ricco ampliamento dell'offerta di contenuti), la produzione video ormai da tempo alla portata del mercato consumer, la facilità di condivisione dei contenuti grazie alle reti a larga banda;
l'idea alla base del laboratorio è creare una piattaforma che contribuisca a decentralizzare la produzione dei programmi televisivi attraverso un processo collaborativo e distribuito. Tale processo si avvarrebbe di:
(1) un sistema di content management distribuito, che farebbe da collettore verso una comunità di fornitori di contenuti (sia creati ex-novo che già disponibili in rete);
(2) un servizio di media-on demand che renderebbe accessibile l'insieme dei contenuti attraverso una molteplicità di piattaforme (pc, mobile, iptv);
(3) un sistema di aggregazione intelligente in grado di generare dei programmi televisivi per vari tipi di piattaforme (terrestre, satellitare, mobile);
(4) un sistema di valutazione selettiva dei contenuti basato sul feedback degli utenti stessi;
(5) un sistema di validazione preventiva dei contenuti, atto a garantire il gestore del servizio sia sul piano legale che della proprietà intellettuale.»;
nel mese di agosto 2006 l'autorità di gestione ammetteva il progetto del consorzio media factory, lo stesso del subappalto, e sostanzialmente con lo stesso progetto per la realizzazione di una multipiattaforma multimediale digitale, satellitare, web, ipty e mobile;
a novembre 2006, stesso periodo di aggiudicazione della gara sulla pubblicità istituzionale, il consorzio media factory veniva inserito come primo gruppo di

partenariato nella selezione dei progetti suscettibili di punteggio premiale per partecipare ai bandi por misura 3.5 industria con la seguente formulazione: «al primo gruppo Sardinia media factory, potrebbero essere aggregate le imprese che intendono realizzare un centro di produzioni multimediali e un'integrazione degli operatori della comunicazione, dei contenuti digitali e delle rispettive tecnologie in modo da condividere strutture di produzione, laboratori ma anche contatti e opportunità di business, anche in collaborazione con soggetti istituzionali (università, CRS4, eccetera) del distretto ict regionale.»;
in data 2 agosto 2007 la giunta regionale approvava un non meglio precisato elenco di iniziative e che dallo stesso si evince un titolo riconducibile alla sottomisura relativa al progetto di Multipiattaforma multimediale con l'indicazione di un punteggio premiale per la partecipazione al successivo bando;
in data 14 agosto veniva pubblicato il bando per 70.000.000 di euro incrementabili a discrezione della giunta con i fondi 2007-2013 con il quale si fissano anche le premialità relative al partenariato;
il progetto di multipiattaforma risulta essere desueto, ormai superato e riconducibile alla sfera privatistica dell'economia;
tale multipiattaforma non avrebbe nessuna attinenza con le finalità istituzionali della Regione Sardegna ed esula dalle competenze della Regione stessa;
i fondi europei e pubblici in generale non possono contemplare la realizzazione e gestione di siffatta piattaforma tecnologica;
l'eventuale know-how non sarebbe sostanzialmente nella disponibilità dei soggetti pubblici che avrebbero concorso al finanziamento ma finirebbe per essere patrimonio intellettuale scientifico soggettivo della società consorzio delegata alla sua realizzazione e quindi commercializzabile solo tra privati;
per lo stesso progetto multimediale multipiattaforma risulterebbero essere stati attivati due possibili canali finanziari che l'interrogante giudica anomali, senza che nessuno ne dichiarasse anticipatamente il perseguimento e quindi perseguendo di fatto un sostanziale doppio finanziamento per un unico progetto;
nessuno dei soggetti pubblici preposti ha rilevato l'esistenza e l'illegittimità di tale «anomalo» comportamento; va considerato che tale «anomalo comportamento» potrebbe ancora provocare un danno economico rilevante alla gestione dei fondi comunitari della Regione Sardegna e dello Stato italiano;
se quanto riportato fosse riscontrato dagli organismi competenti si configurerebbe, ad avviso dell'interrogante, come un potenziale aggiramento ai danni della Regione stessa e dell'Unione europea -:
se non ritengano necessario aprire un'urgente verifica sui fatti richiamati;
se non ritengano indispensabile attivarsi perché sia bloccato con somma urgenza ogni possibile utilizzo anomalo di fondi comunitari relativamente a piattaforme multimediali di possibile utilità privatista e non pubblica;
se - fatti salvi gli accertamenti di competenza della magistratura o degli organi dell'Unione europea - gli uffici ministeriali coinvolti non abbiano ravvisato nelle procedure in esame gli estremi di elementi in grado di alterare il mercato della libera concorrenza e in particolar modo quello dell'informazione;
se in tali episodi si sia configurato un eventuale omesso controllo da parte di uffici statali deputati alla verifica di procedure;
se non ritengano i Ministri - ferma restando l'autonomia regionale - di dover in venire con somma urgenza per evitare che, ove ne sussistano i presupposti, lo Stato italiano sia destinatario di una procedura d'infrazione comunitaria, o di altre eventuali responsabilità.
(4-00539)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo parlamentare in oggetto, riguardante presunte irregolarità relative allo svolgimento delle procedure di gara per l'affidamento di servizi concernenti campagne pubblicitarie, destinate a migliorare l'industria turistica della regione Sardegna, nell'ambito del programma operativo regionale (POR) 2000/2006, cofinanziato dai fondi strutturali europei, si fa presente quanto segue.
In via preliminare, si evidenzia che l'interrogazione pone problematiche attinenti alla sfera gestionale del predetto programma, di competenza esclusiva della regione Sardegna. Infatti, in base all'articolo 34, del regolamento della comunità europea n. 1260/1999, la predetta regione, in qualità di autorità di gestione, è responsabile dell'efficacia e della regolarità delle operazioni finanziate e, segnatamente, dell'attuazione di misure di controllo interno compatibili con i principi di sana gestione finanziaria.
Viceversa, a livello di amministrazioni centrali, sussiste una mera competenza di indirizzo e coordinamento nei confronti delle autorità di gestione, per l'attivazione di sistemi di gestione e controllo compatibili con la normativa dell'Unione europea. In tale ottica, la ragioneria generale dello Stato ha, a suo tempo, diramato un apposito documento recante linee guida per le amministrazioni sull'organizzazione dei sistemi di gestione e controllo dei programmi cofinanziati dalla Comunità europea.
Pertanto, eventuali ulteriori accertamenti in merito alle procedure seguite per l'attivazione di interventi nell'ambito del succitato programma non possono che essere rimesse alle autorità di controllo interno della regione Sardegna o, nel caso di ipotesi di reato, direttamente all'autorità giudiziaria competente.
Infine, l'eventuale soppressione dei contributi finanziari a suo tempo accordati al programma operativo regionale Sardegna, potrà avvenire, sulla base delle procedure previste dai regolamenti comunitari, a seguito del definitivo accertamento di irregolarità, la cui gravità sia tale da inficiare la sana gestione finanziaria del programma.

Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Elio Vito.

REALACCI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008 dispone «Modalità e criteri per il trasferimento al Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in materia di Sanità Penitenziaria»;
a quasi un anno dalla sua entrata in vigore, eccetto che in alcune Regioni virtuose come ad esempio la Toscana e nelle strutture di competenza in particolare l'Asl 5 di Pisa, il suddetto decreto ancora non ha trovato applicazione;
in alcune Regioni come ad esempio Lombardia, Veneto, Calabria, Lazio non si è dato luogo alla puntuale applicazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ed anzi si è assistito a comportamenti in apparenza del tutto contraddittori rispetto al citato decreto, come testimoniano i casi di imposizione delle scadenze delle convenzioni con cui era operativo il servizio di assistenza sanitaria penitenziaria e minacciando la «incompatibilità» del personale che dovrebbe essere integrato nel Servizio sanitario nazionale;
tali comportamenti da parte degli enti chiamati ad applicare la nuova normativa fa prefigurare sia una situazione di conflittualità sindacale che può portare fino alla paralisi dei servizi stessi, sia una lesione inaccettabile del diritto alla salute ed alle cure da parte delle persone detenute;
parrebbe naturale e logico, oltre che stabilito dalla legge, continuare ad impiegare, per il servizio di assistenza sanitaria all'interno degli istituti di pena, il personale medico e paramedico già attualmente

impiegato, per la particolarità della situazione e le caratteristiche del servizio, rispetto al quale è ovvio presupporre almeno la rilevanza della esperienza già maturata oltre che stabilire le indispensabili e specifiche attività formative;
il principio della continuità assistenziale, cioè di dover assicurare uno schema organizzativo di operatività medica ed infermieristica adeguata alle esigenze del paziente, è uno dei principi su cui si è incardinata la riforma realizzata dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008 -:
se il Ministero non intenda avviare misure volte a rendere più omogeneo sul territorio nazionale il servizio di assistenza sanitaria presso i penitenziari, affinché si giunga ad una uniforme applicazione della normativa richiamata su tutto il territorio nazionale come positivamente avvenuto nel caso di Pisa.
(4-02542)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame entro l'ambito di competenza istituzionale di questo Ministero.
Il Protocollo di accordo, di cui all'articolo 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008, concernente la definizione delle forme di collaborazione relative alle funzioni di sicurezza, nonché i principi ed i criteri di collaborazione tra l'ordinamento sanitario e quello penitenziario e della giustizia minorile, è stato condiviso, in sede tecnica, dalla Conferenza unificata nella seduta del 16 settembre 2008.
Il 20 novembre 2008 la Conferenza permanente fra lo Stato, le regioni e le Province autonome ha approvato il protocollo.
Nel protocollo sono individuati gli strumenti di collaborazione interistituzionale ed il monitoraggio e la valutazione degli interventi attuativi (Osservatorio permanente sulla sanità penitenziaria con rappresentanti delle regioni, dell'amministrazione penitenziaria e della giustizia minorile).
Questo Ministero ha provveduto ad indicare i nominativi dei propri referenti nell'ambito del tavolo di consultazione e del comitato paritetico, che si sono insediati in data 12 febbraio 2009.
Il primo organismo ha «l'obiettivo di garantire l'uniformità nell'intero territorio nazionale degli interventi e delle prestazioni sanitarie e trattamentali nei confronti dei detenuti, degli internati e dei minorenni sottoposti a provvedimento penale», come specificato nell'articolo 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008.
Il comitato paritetico dovrà provvedere all'attuazione delle Linee guida per gli interventi negli ospedali psichiatrici giudiziari e nelle case di cura e custodia, di cui all'allegato C dello stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
Il compito del Comitato è quello di predisporre gli strumenti necessari per supportare il programma di superamento graduale degli ospedali psichiatrici giudiziari e per favorire forme di collaborazione tra il Ministero della giustizia ed il servizio sanitario a livello nazionale, regionale e locale.
Secondo quanto stabilito dal citato protocollo di accordo, questo ministero parteciperà alla stesura degli accordi di programma previsti, con l'obiettivo di ottimizzare ed implementare gli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione a tutela della salute dei detenuti.
Inoltre, nell'ambito del comitato di monitoraggio sull'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, istituito presso questo Ministero, verranno condotti nel corso del 2009 specifici approfondimenti sulle modalità adottate in ogni regione per il trasferimento delle competenze in materia di assistenza sanitaria ai detenuti.
La particolare attenzione del Ministero per l'assistenza sanitaria in ambito penitenziario, sia dal punto di vista programmatico sia dal punto di vista delle risorse finanziarie dedicate, ha determinato l'inserimento di tale tematica tra gli obiettivi prioritari del piano sanitario nazionale per l'anno 2009, individuati con l'accordo approvato il 25 marzo 2009 dalla conferenza Stato-regioni.


Fatta salva l'autonomia delle regioni in merito al percorso da seguire per dare attuazione al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri già citato, il piano suggerisce in materia alcune priorità:

1) Tutela della salute delle donne detenute e della loro prole.

Il mondo femminile presente nelle carceri fa emergere aspetti di forte fragilità, soprattutto per le detenute con problemi di tossicodipendenza e per quelle affette da malattie virali e a trasmissione sessuale.
Sono necessari pertanto percorsi di tipo sanitario (controlli ginecologici e profilassi dei tumori femminili), d'informazione, di preparazione al parto, di sostegno allo sviluppo corretto del bambino, attraverso l'assistenza pediatrica e i servizi di puericultura, formulati in relazione alle specifiche caratteristiche degli Istituti penitenziari presenti sui territori regionali.

2) Salute dei minori.

La salute fisica e psichica e il reinserimento sociale dei minori sottoposti a provvedimenti penali sono obiettivi prioritari di natura etica e giuridica.
Si auspica, pertanto, che le regioni adottino dei progetti mirati alla cura e prevenzione delle infermità fisiche e psichiche dei giovani detenuti, al loro recupero da tutte le forme di dipendenza e alla presa in carico del minore da parte di strutture idonee, dal momento della sua uscita dall'Istituto fino al pieno recupero sociale.

3) Sistema informativo.

Lo strumento informatico è fondamentale per la rilevazione epidemiologica negli istituti, l'unico in grado di fornire e aggiornare i dati sulla prevalenza e incidenza degli stati patologici e sulle condizioni che ne favoriscono l'insorgenza o ne ostacolano la cura.
Appare essenziale inoltre anche per la gestione della cartella clinica, che segue il detenuto nei suoi eventuali trasferimenti fra Istituti penitenziari e che perviene da ultimo alle strutture sanitarie territoriali dopo la sua scarcerazione.
I progetti regionali dovranno garantire il colloquio fra i sistemi informatici ai diversi livelli, (aziende sanitarie locali, Regioni, Stato), in modo da costituire una rete nazionale a disposizione dei ricercatori ed operatori.

4) Salute mentale.

Le patologie mentali manifestatesi nel corso della detenzione sono una realtà diffusa che richiede misure preventive per la rimozione dei fattori oggettivi e ambientali che ne sono concausa.
È necessaria anche, alla scadenza della pena, un'azione costante di cura e riabilitazione che prosegua sul territorio a carico delle strutture dedicate fino al recupero sociale del paziente.
Inoltre, la priorità della salute mentale ha reso opportuno la destinazione di risorse aggiuntive per la «promozione di attività di integrazione tra dipartimenti di salute mentale e ospedali psichiatrici giudiziari», che sono state previste dal decreto ministeriale 23 dicembre 2008.
Il decreto citato ha destinato 5 milioni di euro ai progetti presentati dalle regioni e province autonome in coerenza all'allegato C del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008, che definisce le «Linee di indirizzo per gli interventi negli ospedali psichiatrici giudiziari e nelle case di cura e custodia».
Ai fini dell'accesso al cofinanziamento, i progetti presentati devono essere finalizzati a:
definire programmi operativi, tra il Dipartimento di salute mentale della azienda sanitaria locale e l'ospedale psichiatrico giudiziario presente nel territorio di competenza, i quali prevedano la dimissione degli internati che hanno concluso la misura di sicurezza;
attivare una struttura organizzativa autonoma, nell'ambito del dipartimento

salute mentale della azienda sanitaria locale dove è presente l'ospedale psichiatrico giudiziario, che svolga funzioni di raccordo con le ASL regionali ed extraregionali di provenienza dei singoli internati ospitati presso gli ospedali psichiatrici giudiziari. L'attività della struttura è finalizzata alla predisposizione di piani di trattamento concordati per il reinserimento degli internati nel territorio di provenienza;
definire, tra la regione titolare di ospedali psichiatrici giudiziari e le regioni limitrofe, programmi di cura, di riabilitazione e recupero sociale per ciascun internato, per realizzare unitamente ai servizi sociali e sanitari il programma di ulteriore decentramento nelle regioni di provenienza;
avviare, all'interno dell'osservatorio regionale, l'attività di monitoraggio della fase di passaggio di competenza dalla sanità penitenziaria al Servizio sanitario nazionale.

Il Viceministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali: Ferruccio Fazio.

REGUZZONI, LUSSANA e MUNERATO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la Repubblica del Guatemala è governata dal gennaio 2008 dal Presidente Alvaro Colom, eletto a suffragio diretto per 4 anni non rinnovabili, e dal governo di diretta emanazione presidenziale;
nella capitale guatemalteca sono avvenuti alcuni fatti tragici la cui responsabilità, stando a quanto trapelato, potrebbe essere riconducibile all'entourage presidenziale;
domenica 10 maggio 2009 è stato ucciso da un sicario l'avvocato Rodrigo Rosenberg, il quale, pochi giorni prima aveva registrato un video affidato ad un giornalista e reso noto dopo la sua morte;
nel video la vittima annunciava la propria morte violenta e ne attribuiva la responsabilità esplicitamente al presidente Colom, individuandone le cause nella denuncia da parte di Rosenberg di riciclaggio ed uso improprio di fondi pubblici da parte di Colom e della moglie, Sandra Torres, desiderosa di fondi con cui finanziare la propria candidatura alla successione del marito;
Rosenberg sarebbe venuto a conoscenza di tali fatti nella sua veste di avvocato di Khalil Musa, membro di una banca mista, la Banrural, usata secondo il video accusatore per i brogli, a sua volta assassinato insieme alla figlia il 14 marzo scorso;
in base al video i mandanti dei tre omicidi sarebbero il Presidente Colom, la moglie Sandra ed il segretario privato del Presidente Alejos, mentre ora teme per la propria vita il giornalista che lo ha divulgato, Mario David Garcia -:
se il Ministro non ritenga opportuno, manifestando la propria preoccupazione per il ripetersi di crimini di tale gravità, chiedere al Governo guatemalteco elementi informativi puntuali e completi sulla questione;
se il Ministro non intenda chiedere al Governo guatemalteco il massimo impegno affinché siano svolte indagini indipendenti e approfondite sulla questione;
se il Ministro, ove gli elementi acquisiti risultino insufficienti o insoddisfacenti, non intenda porre la questione agli organismi internazionali che si occupano di diritti umani, valutando congiuntamente ad altri Stati l'adozione di apposite misure diplomatiche.
(4-03024)

Risposta. - La situazione della sicurezza in Guatemala ha raggiunto, ormai da tempo, livelli di criticità allarmanti, come ammettono le stesse Autorità di Governo compreso il Presidente Colom. Allo strapotere del crimine organizzato e alla violenza, che si afferma quotidianamente, lo Stato non riesce a contrapporre un'azione di polizia efficace tanto meno esercitare un'adeguata potestà punitiva.

Con il recentissimo omicidio dell'avvocato Rosenberg, al clima di impunità e di impotenza dello Stato, si aggiunge per la prima volta un'accusa di responsabilità diretta, tanto grave e pur sempre da accertare, nei confronti dello stesso Presidente della Repubblica.
L'Italia, attraverso la nostra Ambasciata a Città del Guatemala, segue da vicino e con grande attenzione l'evolversi della situazione interna del Paese. Proprio la consapevolezza della priorità dei temi della sicurezza e dell'affermazione dello stato di diritto ci hanno portato ad essere, sin dalla sua istituzione, dei convinti e fattivi sostenitori della Commissione Internazionale contro l'Impunità in Guatemala, la CICIG. Un inedito organismo internazionale sotto l'egida delle Nazioni Unite che opera dal 2007, con il mandato di assistere e di rafforzare le capacità del carente sistema giudiziario del Paese, di investigare sull'esistenza di corpi illegali ed apparati clandestini di sicurezza, sulle loro strutture, sul loro
modus operandi e le loro fonti di finanziamento, collaborando con le Autorità statali al fine del loro sradicamento e della punizione penale di delitti da essi commessi.
La Commissione, il cui scopo principale e la lotta contro la prevalente e quasi totale impunità dell'ordinamento giuridico, è un organo indipendente dal punto di vista politico, organizzativo ed anche economico considerato che il costo della propria attività è a carico della Comunità Internazionale, che vi contribuisce volontariamente. Per quanto riguarda il nostro Paese, oltre ad un significativo contributo finanziario alla Commissione, è presente anche con qualificate ed apprezzate professionalità.
Sia per seguire la consuetudine che per rendere maggiormente efficaci le iniziative da assumere nei casi di particolare gravità, come quello oggetto dell'interrogazione, il nostro Paese agisce nell'ambito degli opportuni meccanismi di coordinamento comunitario previsti a livello locale.
Lo scorso 18 maggio l'Unione europea, in una dichiarazione pubblica congiunta presente anche il Canada, ha fatto sentire la propria voce esprimendo profonda preoccupazione per l'aggravarsi della situazione di violenza e di impunità nel Paese, ed in particolare per la crescente conflittualità politica e sociale. L'Unione ha fatto appello ai vari settori della società guatemalteca affinché affrontino la crisi ispirati dal buon senso, dalla prudenza e dalla maturità sollecitando di effettuare indagini imparziali, indipendenti e all'altezza dei recenti atti di violenza. In particolare, l'Unione ha voluto appoggiare la richiesta governativa affinché la Commissione internazionale offra la propria assistenza nelle indagini, ribadendo con l'occasione il pieno sostegno all'organismo internazionale. L'affermarsi di un sistema di giustizia indipendente, è stato sottolineato nella dichiarazione comunitaria, è fondamentale per combattere gli alti livelli di impunità nel Paese e sono state altresì sollecitate tutte le istituzioni competenti a promuovere i provvedimenti necessari a garantire l'indipendenza e l'efficacia del sistema. La forte e chiara presa di posizione dell'unione non ha trascurato i rischi politici che possono derivare dalla gravità della situazione, manifestando appoggio a tutti coloro che si sforzano per conservare e rafforzare le istituzioni democratiche e la costruzione dello stato di diritto.
Il Governo italiano continuerà a monitorare l'evolversi della situazione, rendendosi pronto ad adottare ogni opportuna iniziativa in stretto coordinamento con i partner europei.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

RUVOLO. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge n. 112/2008 avente per oggetto: «Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria», convertito dalla legge n. 133/2008, prevede all'articolo 26 lo scioglimento degli enti pubblici con una dotazione organica inferiore alle 50 unità;

con una circolare successiva il Ministero per l'amministrazione pubblica e l'innovazione ha individuato nel 20 novembre la data entro la quale i Ministeri dovevano provvedere al censimento degli enti con meno di 50 dipendenti;
alla data del 20 novembre 2008 sarebbero nove gli enti censiti e per i quali non si è proceduto alla soppressione e tra questi risulterebbe anche la Fondazione Valore Italia -:
quali siano le finalità della suddetta Fondazione, quali attività essa abbia svolto, con quali risorse e con quale dotazione di organico;
se le stesse finalità possano essere svolte dalla pubblica amministrazione o da altri enti pubblici operanti nel settore e se la Fondazione Valore Italia non debba essere ricompresa tra gli enti da sopprimere come previsto dal decreto-legge 112/2008.
(4-03055)

Risposta. - In riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, concernente la richiesta di chiarimenti circa le funzioni ed attività della Fondazione Valore Italia, occorre chiarire, in via preliminare, che diversamente da quanto affermato dall'interrogante, l'ente in questione non figura tra i nove enti confermati con il decreto dei Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa del 19 novembre 2008.
Più in particolare, si precisa al riguardo che in relazione al suddetto ente non è, a suo tempo, pervenuta da parte del ministero vigilante alcuna richiesta di inserimento nell'elenco degli enti oggetto del predetto decreto di conferma.
In merito poi al quesito relativo alle finalità, alle attività, alle risorse ed alle dotazioni organiche della Fondazione Valore Italia, si rappresenta che la materia in questione non è riconducibile alla competenza primaria del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, in quanto detta Fondazione è sottoposta alla vigilanza del Ministro dello sviluppo economico, competente, quindi, ad assumere ogni necessaria iniziativa in ordine all'ente
de quo.
Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

SALVINI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
i pendolari della linea ferroviaria Milano-Como-Chiasso sono sul piede di guerra, e dopo l'ennesimo disservizio ai danni dei viaggiatori - che ha lasciato a terra o ferme sui treni per circa un'ora e mezza quasi 5 mila persone, di cui 2 mila in attesa al freddo nelle stazioni di Lissone, Desio e Seregno - il Comitato che li rappresenta ha scritto una dura lettera a Trenitalia, Rfi e al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Altero Matteoli;
nella lettera viene segnalato l'accaduto e si chiedono spiegazioni sullo stato della linea e del servizio, ritenuto non più tollerabile;
disagi e problemi si susseguono in continuazione ormai da anni, e stavolta all'origine delle proteste c'è la paralisi della linea avvenuta, in uno degli orari di massimo afflusso, 4 giorni fa, a causa del guasto ad un treno che, verificatosi poco dopo le 7, ha di fatto stoppato la linea fin quasi alle 9;
i pendolari non sono contenti del nuovo orario ferroviario e a protestare sono soprattutto gli utenti della fascia oraria che va dalle 20 alle 24. Sono per lo più studenti che frequentano istituti serali, o lavoratori che sono impegnati in quei settori che richiedono il doppio turno;
proteste giungono anche da altre parti, soprattutto dal comasco, dove i 15 mila pendolari che ogni giorno fanno spola tra il capoluogo lariano e la metropoli devono pagare il supplemento su intercity. Infatti la scelta è tra un intercity, che impiega poco più di 30 minuti a percorrere i 45 chilometri che separano Como da

Milano, oppure treni locali, con tempo di percorrenza attorno all'ora e 20 minuti -:
se i Ministri, essendo a conoscenza della situazione, non ritengano opportuno adoperarsi affinché Trenitalia si impegni a rivedere sia gli orari che la composizione dei convogli al fine di limitare i disagi dei propri clienti, che quotidianamente percorrono una delle tratte più trafficate e redditizie della Lombardia.
(4-02084)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Va preliminarmente posto in rilievo che nella fase di avvio del nuovo orario ferroviario regionale in Lombardia, varato nel mese di dicembre 2008, periodo cui si fa riferimento nell'atto in parola, si sono registrate alcune difficoltà che sono conseguenza di una serie di fattori.
Tra questi fattori Ferrovie dello Stato evidenzia: le rilevanti variazioni d'offerta attuate per realizzare il progetto dei nuovi sistemi cadenzati pianificati dalla Regione; la modifica della programmazione di circa 700 treni su 1200 e l'introduzione di 55 treni in più al giorno; il notevole ritardo con cui la Società stessa è pervenuta all'elaborazione definitiva dell'orario dovuto soprattutto alle modifiche sull'organizzazione del servizio al fine di corrispondere alle diverse istanze avanzate, anche a ridosso dell'entrata in vigore dell'orario, dalle varie realtà territoriali; le avverse condizioni meteorologiche che hanno caratterizzato l'ultima parte del 2008 e l'inizio del nuovo anno.
La traslazione della chiusura della programmazione troppo a ridosso dell'entrata in vigore dell'orario, ha causato criticità nella preparazione dei materiali rotabili, nella gestione dei turni del personale di macchina e di scorta nonché nei piazzamenti dei treni presso le stazioni di origine corsa, con l'effetto di una irregolarità nel servizio.
In tale contesto, Ferrovie dello Stato ha avviato rilevanti azioni correttive che hanno consentito un progressivo miglioramento della situazione a partire dalla seconda metà di gennaio. L'andamento del dato di puntualità nei primi quindici giorni del mese di marzo, che si riferisce ai treni regionali giunti a destinazione entro 5 minuti dall'orario previsto, si è attestato mediamente al di sopra all'87 per cento sull'intera Regione contro l'andamento oscillante tra il 59 per cento ed il 76 per cento registrato nei giorni successivi all'avvio del nuovo orario.
Per quanto concerne il disservizio verificatosi sulla relazione Como-Milano in data 14 gennaio, si informa che esso è stato provocato dalla soppressione del treno Regionale 10839, Como 6.35 - Milano Lambrate 7.20 per improvvisa avaria al materiale rotabile. Ferrovie dello Stato fa sapere che tale soppressione pur rendendo difficoltosa, per l'effetto a catena e i problemi di sovraffollamento e rallentamento dei tempi di salita, la regolarità di marcia degli altri convogli in circolazione sulla tratta interessata, non ha comunque determinato la paralisi della linea.
Relativamente all'insoddisfazione dei pendolari per il nuovo orario, con particolare riferimento alla fascia oraria 20-24, Ferrovie dello Stato informa che ha realizzato, d'intesa con la Regione Lombardia, un modello di servizio cadenzato sulla direttrice Milano-Como-Chiasso. In specifico, sulla relazione Milano-Seregno-Como-Chiasso sono programmati quattro collegamenti regionali, uno in più rispetto al precedente orario, in partenza alle 20.08 fino a Como, 20.38, 21.38 e 22.38; sulla direzione inversa, da Chiasso verso Milano, sono fruibili lo stesso numero di collegamenti in partenza alle 20.17, 21.17, 22.17 e 23.17.
I convogli prevalentemente utilizzati sulla relazione di cui trattasi sono costituiti da otto vetture (climatizzate) a Piano Ribassato (trainate da una locomotiva E464) in composizione cosiddetta «bloccata» (che ne garantisce l'omogeneità); tali composizioni, in condizione di regolarità della circolazione, risultano adeguate ai volumi di traffico viaggiatori della linea.
Per quanto riguarda infine le problematiche tariffarie, si evidenzia che il quadro regolatorio vigente prevede una netta distinzione tra il trasporto di media/lunga

percorrenza, i cui ricavi derivano dal mercato o, per una parte, da contributo statale, ed il trasporto regionale le cui tariffe sono invece fissate dalle Regioni ed integrate, ai fini della copertura dei costi, dai corrispettivi stabiliti nell'ambito dei contratti di servizio.
Tale separazione risulterà ancora più evidente nei prossimi anni con l'entrata sul mercato libero di nuove imprese o con l'eventuale subentro a Trenitalia di altre aziende di trasporto a seguito di gare regionali.
Sulla base di tale distinzione operata dalla normativa vigente, Ferrovie dello Stato ha introdotto la separazione tra i due tipi di abbonamenti, media/lunga percorrenza e regionale, con la conseguentemente abolizione delle tessere «IC Pass», lasciando alle Regioni la possibilità di intervenire direttamente a sostegno di eventuali specifiche esigenze di uso promiscuo.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

SALVINI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la legge 20 maggio 1985, n. 222, «Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi», stabilisce al secondo comma dell'articolo 47, che, a decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica, mentre il terzo comma stabilisce che le destinazioni di cui al comma precedente vengono stabilite sulla base delle scelte espresse dai contribuenti in sede di dichiarazione annuale dei redditi. In caso di scelte non espresse da parte dei contribuenti, la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse;
l'articolo 48 della medesima legge n. 222 del 1985 precisa che le quote sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di Paesi del terzo mondo;
l'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1998, n. 76, precisa che sono ammessi alla ripartizione della quota dell'otto per mille a diretta gestione statale gli interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione dei beni culturali;
il medesimo decreto del Presidente della Repubblica 76/1998 prevede inoltre che possano accedere alla ripartizione le pubbliche amministrazioni, le persone giuridiche e gli enti pubblici e privati, escludendo ogni fine di lucro e dettando i requisiti soggettivi e oggettivi per poter usufruire del finanziamento;
per quanto concerne l'ammontare delle risorse, con la legge finanziaria 2004 si è disposta, a decorrere dal 2004, la riduzione di 80 milioni di euro dell'autorizzazione di spesa relativa alla quota destinata allo Stato a valere sull'otto per mille del gettito IRPEF (legge n. 350 del 2003, articolo 2, comma 69), prevedendo che tale importo fosse destinato al miglioramento dei saldi di finanza pubblica;
l'articolo 1, comma 1233, della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006) ha modificato il sopra menzionato comma 69, introducendo una norma finalizzata al ripristino delle risorse dell'otto per mille dell'IRPEF destinate allo Stato dal 2010 e fissando in 35 milioni la riduzione per il 2007 e in 80 milioni quella per il 2008 e per il 2009;
il decreto-legge n. 249 del 2004 ha previsto, inoltre, a decorrere dal 2006, un'ulteriore riduzione di 5 milioni di euro della quota dell'otto per mille di pertinenza

statale a copertura di disposizioni previdenziali concernenti gli iscritti al Fondo speciale di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea;
la legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007, articolo 3, comma 3) ha rifinanziato per 60 milioni di euro per il 2008 l'autorizzazione di spesa relativa alla quota destinata allo Stato dell'otto per mille del gettito IRPEF; tale rifinanziamento è stato successivamente abrogato dal decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 (articolo 5, comma 1 ed elenco 1), a parziale copertura degli oneri recati dall'abolizione dell'ICI sulla prima casa;
l'articolo 1, comma 507, della legge finanziaria per il 2007 ha disposto l'accantonamento e la conseguente indisponibilità, in maniera lineare, di una quota pari a 4.572 milioni di euro per il 2007, a 5.031 milioni di euro per il 2008 e a 4.922 milioni di euro per il 2009, delle dotazioni delle unità previsionali di base iscritte nel bilancio dello Stato, anche con riferimento ad autorizzazioni di spesa predeterminate legislativamente -:
a quanto ammontino i fondi dell'otto per mille a diretta gestione statale per gli anni 2006, 2007 e 2008 e quali interventi, per gli stessi anni, abbiano finanziato.
(4-02426)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo parlamentare in oggetto, concernente l'ammontare e l'erogazione dei fondi dell'otto per mille a diretta gestione statale, in particolare per gli anni 2006, 2007 e 2008 si fa presente quanto segue.
Per l'anno 2006, lo stanziamento del fondo destinato alla quota dell'otto per mille è stato di euro 4.719.586,80. Rilevata l'esiguità dei predetti fondi, questi sono stati interamente destinati alla tipologia di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1998, n. 76, come modificato dal decreto del Presidente della Repubblica 23 settembre 2002, n. 250, riguardante la realizzazione di interventi che perseguono significativamente l'interesse dell'autosufficienza alimentare dei paesi in via di sviluppo, nonché della qualificazione del personale endogeno da destinare a compiti di contrasto delle situazioni di sviluppo e denutrizione che minacciano la sopravvivenza delle popolazioni ivi residenti.
Il Presidente del consiglio dei ministri, con decreto 10 novembre 2006, ha disposto il finanziamento di n. 23 progetti destinati agli interventi di fame nel mondo (Allegato 1).
Per l'anno 2007, l'articolo 1, comma 1233, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) ha sostituito il comma 69 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, (legge finanziaria 2004) ed ha ridotto di 35 milioni di euro la riduzione - operata dalla Finanziaria 2004 - della quota dell'otto per mille. La quota, in parte ripristinata, è stata di euro 46.503.979,20.
Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 novembre 2007 (Allegato 2), la predetta quota è stata destinata a:
n. 4 interventi finalizzati alla realizzazione di progetti, di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, rivolti a contrastare la «fame nel mondo» per un totale di euro 515.030,00;
n. 11 interventi finalizzati alla realizzazione di progetti di cui all'articolo 2, comma 3, relativi ad opere concernenti le «calamità naturali per un totale di euro 4.869.970,20;
n. 3 interventi finalizzati alla realizzazione di progetti di cui all'articolo 2, comma 4, rivolti assicurare «assistenza ai rifugiati» per un totale di euro 9.471.000,00;
n. 92 interventi finalizzati alla realizzazione di progetti, di cui all'articolo 2, comma 5, rivolti al restauro, alla valorizzazione, alla fruibilità da parte del pubblico di beni culturali per un totale di euro 31.647.970,00.

Per l'anno 2008, la disponibilità delle risorse è stata di euro 3.542.043,21. Anche in questo caso, rilevata l'esiguità dei fondi a disposizione, il Presidente del Consiglio dei ministri, con decreto 19 novembre 2008

(Allegato 3), ha disposto il finanziamento di n. 7 interventi destinati alla riduzione del rischio idrogeologico incombente sui centri abitati e che perseguono l'interesse concernente la pubblica incolumità ovvero il ripristino dei beni danneggiati o distrutti a seguito di avversità della natura, incendi o di movimenti del suolo.
Si fa, infine presente, che i decreti sopra menzionati sono stati regolarmente pubblicati sulla
Gazzetta Ufficiale.
Allegati n. 3

Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Elio Vito.

SAMPERI, CARDINALE, BURTONE, VILLECCO CALIPARI, BERRETTA e SIRAGUSA. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
risulta agli interroganti che sarebbe stata decisa l'installazione di un sistema di telecomunicazione satellitare - MUOS da parte della Marina Usa in contrada Ulmo a Niscemi, in provincia di Caltanissetta, che avrebbe dovuto invece essere realizzata presso la base militare di Sigonella -:
quali siano le ragioni in base alle quali è stata scelta una sede diversa da quella originariamente prevista;
quale sia, al momento, il livello di realizzazione dell'eventuale progetto di installazione;
se siano state previste o attuate analisi di impatto ambientale, considerato che l'area che viene indicata come luogo di possibile insediamento del sistema satellitare ricade all'interno della Riserva naturale orientata «Sughereta»;
se, e con quali modalità, sino state valutate le possibili conseguenze sulla salute delle popolazioni;
in che misura e con quali modalità si intenda confrontarsi con le istituzioni locali fornendo loro tutte le informazioni necessarie.
(4-02431)

Risposta. - Tengo a precisare, in premessa, che le questioni affrontate con l'atto di sindacato ispettivo in esame hanno già costituito oggetto di specifica interrogazione a risposta immediata, svolta innanzi la IV Commissione difesa della Camera dei deputati in data 19 marzo 2009, cui il Governo ha fornito puntuale riscontro.
Dato il breve lasso di tempo intercorso da quella risposta ed in mancanza di elementi di novità sulle dibattute questioni, devo confermare integralmente quanto già dichiarato dal Governo nella richiamata circostanza.
Il Mobile user objective system (Muos) è il nuovo sistema satellitare di comunicazioni per utenti mobili che la US-Navy sta implementando su scala planetaria per il comando e controllo di tutti gli assetti operativi in qualsiasi teatro.
Ciò premesso e con riferimento alle «ragioni in base alle quali è stata scelta una sede diversa da quella originariamente prevista», si rappresenta che la stazione ricetrasmittente del sistema MUOS è stata localizzata, fin dalla richiesta degli Usa, presso il sito telecomunicazioni di Niscemi.
Ciò in quanto, studi preliminari effettuati avevano sconsigliato l'ipotesi di un'ubicazione presso la base di Sigonella, per le possibili interferenze tra il sistema Muos ed i sistemi operativi di comunicazione della base stessa e dei velivoli ivi operanti.
Il sito predetto, a diretto e funzionale servizio della US Naval Station di Sigonella, venne individuato nel territorio comunale di Niscemi, in prossimità di un'area boschiva, ora protetta, fin dalla costituzione della stessa US Naval Station di Sigonella, avvenuta alla fine degli anni '50.
Avuto riguardo, invece, alle «analisi di impatto ambientale» e, più in generale, alle «possibili conseguenze sulla salute delle popolazioni», si rappresenta che in applicazione delle procedure bilaterali vigenti in materia di progetti finanziati con fondi statunitensi in Italia - nel 2006, gli USA avevano presentato il progetto in parola per l'approvazione della Difesa, corredato di una relazione illustrativa e di uno specifico studio di impatto ambientale elettromagnetico, sul quale si erano espressi favorevolmente

tutti i competenti organi dell'amministrazione della difesa e dal quale, testualmente, si evince «...il rischio dell'esposizione del personale ... è minimo ed improbabile; ... la distanza di sicurezza dall'emissione elettromagnetica ... sarà imposta mediante l'installazione di una recinzione di sicurezza; ... ai sensi del DM 381/98 ... la misurazione dell'inquinamento da radiofrequenze ... sarà eseguita appena i sistemi saranno installati e pronti ad operare».
In merito, poi, al «livello di realizzazione dell'eventuale progetto di installazione» si sottolinea che i lavori di realizzazione del citato progetto non sono ancora iniziati.
Tuttavia, al momento, in ragione della particolare importanza ed urgenza del progetto in parola, risulta che alcuni tecnici statunitensi siano già in contatto con la locale Azienda regionale protezione ambientale (Arpa), per consentire alla stessa di rilasciare tempestivamente all'amministrazione comunale competente il parere sul progetto in parola, a premessa dell'emissione della delibera regionale di definitiva approvazione, che consentirà la realizzazione dell'impianto.
Assicuro, inoltre, che successivamente all'ultimazione dei lavori, in linea con le citate procedure bilaterali e, comunque, prima dell'avvio operativo del sistema, saranno effettuate le opportune verifiche da parte di un'apposita commissione di collaudo che provvederà anche a comparare le effettive emissioni elettromagnetiche con quelle previste dallo studio di progetto, verificando la compatibilità del sistema con le leggi nazionali ed, eventualmente, con le apparecchiature già operanti in sito.
Con riferimento al confronto con «le istituzioni locali», rendo noto che alla legittima richiesta di informazioni da parte del sindaco di Niscemi è stato dato, da parte della difesa, esaustivo riscontro con lettera datata 14 novembre 2008.
Inoltre, su espressa sollecitazione del Presidente della Regione Siciliana, è stato confermato l'impegno della difesa a garantire che l'operatività degli apparati militari non provochi danni alla salute e/o all'ambiente circostante, vigilando costantemente sull'applicazione delle norme e delle procedure previste dalle leggi e dai regolamenti vigenti.
Infine, in occasione di un recente incontro con il Vice Ambasciatore Usa in Italia, ho voluto sottolineare l'assoluta priorità della tutela della salute della popolazione locale e del personale su ogni altra esigenza di natura tecnica.

Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

SBAI e DI BIAGIO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
si valuta con grande preoccupazione che nella Repubblica islamica dell'Afghanistan, dopo che è stato arrestato nella provincia di Balkh, Sayed Perwiz Kambakhsh, accusato di aver scritto e distribuito un articolo in un blog in cui difendeva i diritti delle donne, è trattenuto in carcere pur se si è appurato che il pezzo, in realtà, proveniva da un sito web iraniano;
la colpa di Kambakhsh sarebbe quella di averlo scaricato e commentato;
condannato alla pena capitale dalla Prima Corte di Balkh, dopo un processo fittizio durato qualche minuto, la sentenza di secondo grado ha convertito la pena in 20 anni di reclusione, da scontare nelle prigioni di Mazar-i-Sharif o di Pul-i-Charki. Entrambe le carceri, trattengono in detenzione prigionieri jihadisti, che rappresentano una minaccia per la vita di Kambakhsh;
la pena inflitta equivarrebbe, perciò, ad una condanna a morte. La condanna di Sayed Perwiz Kambakhsh, non ha alcun fondamento legale che giustifichi una simile detenzione;
è stato inoltrato un appello di ACMID DONNA onlus (Associazione comunità marocchina delle donne in Italia, presieduta dall'interrogante) al Presidente della Repubblica islamica dell'Afghanistan, Hamid Karzai, al Presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano e al Ministro degli esteri, Franco Frattini, per l'immediato

intervento per la liberazione di Sayed Perwiz Kambakhsh, coinvolgendo l'opinione pubblica e organizzando per la data di oggi, 1° aprile 2009, una fiaccolata che si svolgerà a Piazza Montecitorio dalle ore 18, con raccolta di firme;
il prigioniero non è reo di alcun delitto né complotto, l'unica lotta, che sta pagando a caro prezzo, è l'aver difeso i diritti delle donne e per questo sta rischiando la sua stessa vita -:
quali iniziative il Governo intenda porre in essere, anche in sede diplomatica, nei confronti del Governo afgano e nelle sedi internazionali, a favore della liberazione di Sayed Perwiz Kambakhsh affinché non paghi, ingiustamente detenuto, reati che non ha commesso o, addirittura paghi con la sua vita il pesante tributo di aver difeso i diritti delle donne.
(4-02705)

Risposta. - L'Italia ha seguito sin dall'inizio con grande attenzione e continua a seguire, in stretto raccordo con i partner dell'Unione europea, il caso Kambakhsh e più in generale la questione della libertà di espressione in Afghanistan.
La Presidenza dell'Unione europea ha emesso il 15 aprile 2009, a nome di tutti i partner e della Norvegia, una dichiarazione pubblica che esprime preoccupazione per lo stato della libertà di espressione nel Paese, in particolare per le crescenti intimidazioni e violenze nei confronti dei giornalisti e dei media afghani e le minacce all'indipendenza dei mezzi di informazione.
L'Unione europea e la Norvegia hanno ricordato che la libertà e l'indipendenza dei media costituiscono un prerequisito per una società democratica e per lo svolgimento di elezioni libere e imparziali, ed hanno invitato le Autorità a garantirne il rispetto soprattutto in vista delle prossime elezioni di agosto.
La Dichiarazione invita altresì il Governo a promulgare la legge sui media, approvata lo scorso anno dalla Wolesi Jirga, che contribuirebbe a garantire il rispetto della libertà di espressione, un principio che l'Afghanistan si è impegnato a rispettare ratificando vari strumenti internazionali, tra cui il Patto Internazionale sui Diritti civili e politici.
Il testo esorta infine le Autorità afghane ad investigare pienamente ogni caso di intimidazione o di crimine contro i giornalisti che venga segnalato.
Un'eventuale azione politica bilaterale nei confronti del governo afghano affinché venga concessa la grazia al signor Kambakhsh va condotta con la dovuta discrezione per evitare possibili strumentalizzazioni contro Karzai, con il non auspicabile risultato di rivelarsi, alla fine, controproducente.
Occorre considerare con attenzione la coincidenza del periodo elettorale, la ritrosia del presidente Karzai a rischiare di deludere l'elettorato conservatore e il clero, e il clima di generale ostilità della gente nei confronti di Kambakhsh, che si esprime nelle durissime affermazioni contro di lui nelle preghiere del venerdì e nelle minacce che i familiari e i difensori del giovane hanno subito in questi mesi.
Abbiamo comunque effettuato cauti passi presso il Presidente della Corte Suprema afghana Azimi, mentre era pendente il processo presso la Corte. A questi abbiamo segnalato che crediamo e rispettiamo pienamente l'indipendenza della Corte e della magistratura; che riteniamo inappropriate e particolarmente gravi le pressioni fondamentaliste che ci risultavano essere state esercitate sui tribunali di merito e sulla corte; che le soluzioni adite dai tribunali di primo e secondo grado ci apparivano fortemente sospette di violare la Costituzione; che l'Italia si aspettava che in tutti i processi, particolarmente nel più alto grado di giudizio e quando sussista una valenza politica, siano rispettate le regole processuali e sostanziali sempre alla luce della carta costituzionale; e che la stampa italiana ed occidentale hanno trattato questa notizia come segno del fallimento del processo di riforma e un grave
vulnus per un paese democratico, equazioni che noi riteniamo infondate e frettolose, perché trascurano la complessità dell'interazione fra diritto islamico e cultura locale e i principi dello stato di diritto, ma di cui dobbiamo,

nelle nostre società democratiche, dare conto alla pubblica opinione.
Il Presidente, pur affermando di condividere questo approccio e promettendo di vigilare sul rigoroso rispetto delle norme, ha però ricordato che il Paese è in guerra e ci ha fatto capire che forti pressioni politiche venivano esercitate contro l'imputato a beneficio dei gruppi più conservatori.
Tuttavia, nel quadro del sostegno europeo all'Afghanistan anche in ambito istituzionale e particolarmente nella delicata fase elettorale, potranno essere sfruttati spazi per altre forme di intervento a Kabul nei confronti di autorità di governo afghane, volte ad evidenziare le conseguenze dell'immagine negativa del caso.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Stefania Gabriella Anastasia Craxi.

TOCCAFONDI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 17, comma 132, della legge n. 127 del 1997 prevede che i «Comuni possono con provvedimento del Sindaco, conferire funzioni di prevenzione ed accertamento delle violazioni [...]»;
il comma 133 della stessa legge prevede che le funzioni di cui al comma 132 sono conferite anche a personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone nelle forme previste dagli articoli 22 e 25 della legge n. 142 del 1990 e successive modificazioni. A tale personale sono inoltre conferite, con le stesse modalità le funzioni di prevenzione e di accertamento in materia di circolazione e sosta sulle corsie riservate al trasporto pubblico;
se non esiste un'interpretazione che specifica quale delle funzioni debba essere prioritaria, gli ausiliari rischiano di accertare e non dissuadere -:
come possa essere utilizzato e quali siano le funzioni che possono essere attribuite al personale ispettivo delle aziende esercenti trasporto pubblico;
se non si ritenga auspicabile, anche da parte del Governo, la possibilità di definire una normativa al fine di chiarire quale debba essere l'utilizzo degli ausiliari, che non permetta più contrastanti interpretazioni da parte dei Comuni, delle Società di trasporto pubblico e degli operatori stessi.
(4-02146)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
La figura dell'ausiliario del traffico è stata per la prima volta introdotta dall'articolo 12 del Codice della strada (decreto legislativo n. 285 del 30 aprile 1992) che, tra l'altro, al comma 3, accanto ai soggetti contemplati per l'espletamento dei servizi di polizia stradale, prevede ulteriori soggetti che possono effettuare le funzioni di prevenzione ed accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale e di tutela e controllo sull'uso delle strade, «previo superamento di un esame di qualificazione».
L'elencazione è stata ampliata dall'articolo 17 della legge n. 127 del 1997, con il quale, nel comma 132, è stata prevista la possibilità da parte dei comuni di conferire con provvedimento del sindaco le funzioni di prevenzione ed accertamento delle violazioni in materia di sosta ai dipendenti delle società di gestione dei parcheggi, limitatamente alle aree oggetto di concessione (ai sensi dell'articolo 7, comma 8 Codice della strada).
Al riguardo, la circolare del ministero dell'interno del 17 agosto 1997 n. 330/A/26467/110/26 ha tra l'altro specificato che le funzioni di prevenzione e di accertamento in merito alla sosta ed «alla fermata» dei veicoli sono essenzialmente riconducibili alle violazioni di cui agli articoli 7, comma 15 e 157, commi 5, 6 ed 8 Codice della strada e si estendono anche «alle aree immediatamente limitrofe a quelle concesse, entro lo spazio minimo indispensabile per compiere le manovre necessarie a garantire la concreta funzione del parcheggio in concessione» (come peraltro è stato anche ribadito dalla circolare 1997 del ministero dell'interno n. 300/A/55042/110/26 del 25 settembre).


Le funzioni di accertamento e prevenzione sono state richiamate nel decreto legge 2 novembre 1999, n. 391, nel quale è stata confermata espressamente la competenza, anch'essa propria degli ausiliari del traffico - peraltro già indubbiamente loro attribuita in forza della Legge 127/97 - ad applicare la sanzione accessoria della rimozione (
ex articolo 158 Codice della strada) nei casi di impedimento all'accesso presso aree di sosta o di ostacoli frapposti allo spostamento di veicoli regolarmente parcheggiati, od anche nell'ipotesi di sosta in seconda fila.
Le stesse funzioni sono state conferite anche ai dipendenti comunali, diversi dagli organi di polizia municipale e da quelli muniti dell'abilitazione di cui all'articolo 12, comma 3, Codice della strada, relativamente «a tutte le strade del territorio comunale in cui le manovre sono vietate da apposita segnaletica o dal codice della strada o esistono parcheggi o aree di sosta a pagamento» (secondo quanto precisato dalla circolare del ministero).
Ai sensi dell'articolo 17, comma 133, i medesimi poteri previsti per i dipendenti di società di gestione dei parcheggi sono stati attribuiti al personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone; ad esso sono altresì conferite le funzioni di prevenzione ed accertamento in materia di circolazione e sosta sulle corsie riservate al servizio.
Con riferimento all'esame richiesto dal summenzionato articolo 12 Codice della strada, il ministero dell'interno nella citata circolare ha ritenuto necessaria un'adeguata formazione professionale ed una successiva valutazione di idoneità anche per i soggetti indicati nell'articolo 17, comma 132 della legge n. 127 del 1997 al riguardo infatti si legge che: «la garanzia della professionalità degli operatori e la funzione che svolgono, richiedono di prevedere l'assenza di situazioni soggettive, che inciderebbero negativamente sulla pubblica affidabilità, corrispondenti a quelle di cui all'articolo 15 della legge n. 55 del 1990, nonché una specifica idoneità psicofisica»; la medesima circolare fornisce ulteriori indicazioni riguardo alla competenza ed alle funzioni esercitate dai dipendenti delle società di gestione e dagli uffici e comandi preposti alla procedura sanzionatoria (in tema di accertamento e contestazione, gestione dei verbali di contestazione, tessere di riconoscimento e segnali distintivi).
Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni volte a ribadire la portata normativa dei commi 132 e 133 dell'articolo 17, anche al fine di deflazionare il contenzioso in essere, il legislatore ha compiuto un'operazione di interpretazione autentica diretta a fugare ogni eventuale dubbio sull'ambito operativo degli ausiliari.
L'articolo 1 del decreto-legge n. 391 del 2 novembre 1999 ha, infatti, espressamente disposto che «I commi 132 e 133 dell'articolo 17 della legge 15 maggio 1997, n. 127 si interpretano nel senso che il conferimento delle funzioni di prevenzione ed accertamento delle violazioni ivi previste, comprende, ai sensi del comma 1 lettera e), dell'articolo 12 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, i poteri di contestazione immediata nonché di redazione e sottoscrizione del verbale di accertamento con l'efficacia di cui agli articoli 2699 e 2700 del Codice Civile». Il rinvio alle disposizioni civilistiche in tema di atto pubblico ha dunque inequivocabilmente chiarito il valore probatorio privilegiato dei verbali di accertamento.
È stato poi previsto che le funzioni di che trattasi fossero «svolte solo da personale nominativamente designato dal sindaco previo accertamento dell'assenza di precedenti o pendenze penali, nell'ambito delle categorie indicate dai medesimi commi 132 e 133 dell'articolo 17 della citata legge n. 127 del 1997» e che allo stesso personale fosse «conferita anche la competenza a disporre la rimozione dei veicoli, nei casi previsti, rispettivamente, dalle lettere b) e c) e dalla lettera d) del comma 2 dell'articolo 158 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285».
La ricca produzione normativa sull'argomento, lascia indubbiamente trasparire difficoltà interpretative sul ruolo e sui poteri riconosciuti agli ausiliari del traffico: causa di ricco contenzioso portato all'attenzione della Corte di cassazione.

Anche in tale sede, peraltro, si è registrata nel tempo una diversità di posizioni, che ha reso necessaria nel marzo 2009 una pronuncia a sezioni unite.
In particolare, la prima Sezione civile della Corte di cassazione, con sentenza n. 7336/05, aveva così precisato i poteri attribuiti dalla legge agli ausiliari del traffico: i poteri di accertamento attribuiti dalla legge agli ausiliari del traffico sono limitati alle violazioni relative alla sosta o alla fermata commesse nelle aree comunali, urbane o extraurbane, destinate al parcheggio o alla sosta a pagamento, nonché nelle aree immediatamente limitrofe costituenti lo spazio minimo indispensabile e necessario per compiere le manovre che consentano in concreto l'utilizzo del parcheggio da parte degli utenti della strada.
In epoca successiva, una diversa evoluzione giurisprudenziale della stessa Corte di cassazione (sentenze della II sezione n. 9287 del 20 aprile 2006, n. 9287, n. 20558 del 28 settembre 2007 e della I sezione n. 4173 del 22 febbraio 2007) aveva tuttavia ritenuto che il potere dell'ausiliario dipendente della società concessionaria del parcheggio a pagamento, concesso dai comuni ai sensi dell'articolo 17, 132o comma del 15 maggio 1997, della legge n. 127, non fosse limitato a rilevare le infrazioni strettamente collegate al parcheggio stesso, ma è esteso anche alla prevenzione ed al rilievo di tutte le infrazioni ricollegabili alla sosta nella zona oggetto della concessione, in relazione al fatto che nella suddetta zona la sosta deve ritenersi consentita esclusivamente negli spazi concessi e previo pagamento della tariffa stabilita, essendo la concessionaria direttamente interessata, nell'ambito territoriale suddetto, al rispetto dei limiti e dei divieti per il solo fatto che qualsiasi violazione incide sul suo diritto alla riscossione della tariffa stabilita.
Pertanto, in epoca recente, la sezione II della Cassazione, di nuovo chiamata a pronunciarsi in tema di limiti al potere di accertamento delle infrazioni da parte degli ausiliari del traffico, e precisamente se questi possano accertare tutte le violazioni sulla circolazione stradale entro la zona di concessione, con ordinanza n. 166 dell'8 gennaio 2008, richiamati gli orientamenti giurisprudenziali secondo cui:
a) per un prima interpretazione la competenza è limita solo al parcheggio, alla sosta a pagamento sulla carreggiata ed a quelle aree serventi il parcheggio (Cassazione 7336/2005, 7979/2005, 8593/2005 e 18186/2006);
b) mentre per una seconda lettura il potere dell'ausiliario è esteso anche alla prevenzione ed al rilievo di tutte le infrazioni ricollegabili alla sosta nella zona oggetto della concessione (Cassazione 9287/2006, 20558/2007 e 4173/2007) e ritenendo sussistente il contrasto, ha trasmesso gli atti al Primo Presidente affinché valutasse l'opportunità di una pronuncia a Sezioni Unite.

Con sentenza n. 5621 del 9 marzo 2009, dunque, le Sezioni unite hanno affermato il principio che i dipendenti delle società private che gestiscono i posteggi a pagamento su concessione del comune non possono rilevare tutte le infrazioni collegate alla sosta nella zona oggetto della concessione, ma solo quelle che si verificano all'interno degli spazi delimitati, risolvendo così in senso più favorevole agli automobilisti una questione che aveva diviso la stessa Cassazione.
È stata respinta così la tesi del comune per cui agli ausiliari del traffico era stato conferito il potere di accertare ogni violazione in materia di sosta nell'area soggetta a concessione perché «qualsiasi violazione andrebbe a incidere sul suo diritto alla riscossione delle tariffe stabilite».
La Cassazione, richiamando il riferimento normativo ha spiegato innanzitutto che la legge n. 127 del 1977 (articolo 17) ha stabilito che i comuni possono, con provvedimento del sindaco, attribuire funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di sosta a dipendenti comunali o delle società di gestione dei parcheggi, ma limitatamente alle aree oggetto di concessione. In altre parole, ha sottolineato come il legislatore abbia stabilito che determinate funzioni, oggettivamente pubbliche, possono essere eccezionalmente svolte anche da soggetti privati,

ma come tale «delega» non sia «in bianco», ma rigorosamente delimitata alle violazioni che compromettono la funzionalità dei parcheggi. Tanto che la competenza attribuita agli ausiliari di poter disporre anche l'intervento di rimozione dei veicoli è circoscritto ai casi di ostacolo al parcheggio nelle strisce blu.
La normativa, nella lettura delle Sezioni unite, è cioè caratterizzata dalla consapevolezza dell'eccezionalità delle attribuzioni agli ausiliari e perciò limitata «alle violazioni in materia di sosta dei veicoli commesse nelle aree comunali oggetto di concessione e specificamente destinate al parcheggio, previo pagamento di
ticket, potendosi estendere anche alle aree poste a servizio di quelle a pagamento, immediatamente limitrofe, se ed in quanto precludano la funzionalità del parcheggio stesso».
La tesi contraria, invece - che valorizzava eccessivamente un profilo come quello della convenienza economica per il concessionario - è stata ritenuta da sola non idonea a giustificare l'estensione nell'applicazione di una norma che ha evidenti caratteri di eccezionalità.
Si è convinti che, a fronte di tale autorevole precisazione, possa ritenersi superato ogni dubbio interpretativo in materia e sia possibile ricondurre le attività svolte dagli ausiliari del traffico alle precipue finalità di accertamento e prevenzione, senza ulteriori connotazioni di «ordine economico».

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con l'istituzione della BCE (Banca centrale eropea) e l'adozione della moneta unica i poteri e le funzioni delle Banche centrali nazionali (BCN) si sono parzialmente ridotti e modificati;
in particolare la funzione di intervento diretto a protezione della propria moneta è venuta meno;
le riserve gestite direttamente dalle BCN hanno perso una delle principali motivazioni;
il livello delle riserve non pare tenere conto attualmente di questa nuova realtà in atto da un decennio;
il livello delle riserve della Banca d'Italia è stimato (fine novembre 2008) di poco inferiore agli 80 miliardi di euro;
il peso del servizio del debito pubblico che il bilancio dello Stato prevede è di circa 70 miliardi di euro l'anno;
da anni si dibatte sulla funzione, la destinazione e il ruolo delle riserve della Banca d'Italia, la loro evoluzione, le possibili destinazioni;
anche problemi di forma hanno sinora reso non fattibile un loro diretto impiego al fine di ridurre il livello di debito pubblico;
pur tuttavia molti a livello politico, istituzionale, accademico ed economico ritengono tale problema comunque attuale;
qualora la Banca d'Italia accettasse di sottoscrivere titoli di Stato della Repubblica italiana ad interesse zero o inferiore a quello corrente, magari a valere sulle proprie riserve, queste manterrebbero il proprio valore nominale, non essendone intaccato l'ammontare ma solo la composizione, mentre sul fronte del bilancio dello Stato il beneficio sarebbe significativo in termini di riduzione dell'ammontare del servizio del debito pubblico, liberando risorse che possono essere stimate superiori quantomeno al miliardo di euro l'anno -:
se il Governo nell'ambito della propria politica economica, ferma restando l'autonomia della Banca d'Italia, non intenda collocare titoli di Stato con un'emissione riservata alla Banca d'Italia.
(4-02247)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione indicata in oggetto, intesa a conoscere se il governo, nell'ambito della propria politica economica, ferma restando l'autonomia

della banca d'Italia, non intenda collocare titoli di Stato con un'emissione riservata alla banca d'Italia.
Al riguardo, si fa presente che l'articolo 104, comma 1, del trattato di Maastricht (ora articolo 101 del trattato sulla comunità europea), dispone che «è vietata la concessione di scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia, da parte della Banca centrale europea o da parte delle banche centrali degli Stati membri (...) a istituzioni o organi della comunità, alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti pubblici, ad altri organismi di diritto pubblico o a imprese pubbliche degli stati membri, così come l'acquisto diretto presso di essi di titoli di debito da parte della Banca centrale europea o delle banche centrali nazionali».
Le disposizioni comunitarie prevedono espressamente il divieto di finanziamento dello stato da parte della Banca centrale in tutte le sue forme, ovvero tramite anticipazioni di cassa o acquisto diretto di titoli. Pertanto, si deve escludere ogni ipotesi di emissioni di titoli a interessi zero, ovvero inferiori a quelli di mercato, riservate alla Banca d'Italia.
In linea con tali disposizioni, la legge 26 novembre 1993, n. 483, confluita nel testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di debito pubblico, decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 2003, n. 398 ha previsto la soppressione del conto corrente di tesoreria presso la banca d'Italia e l'istituzione del nuovo «conto disponibilità del tesoro per il servizio di tesoreria», che non può presentare saldi a debito del tesoro, eliminando così l'eventuale possibilità di finanziamento tramite anticipazioni di cassa.
Sulla questione la banca d'Italia, tramite la segreteria del comitato interministeriale per il credito ed il risparmio, ha precisato che i citati vincoli normativi rendono impossibile l'acquisto di titoli di Stato italiani sul mercato primario e limitano fortemente la possibilità di vendere consistenti ammontari di riserve in valuta o in oro contro euro.
In particolare, il trattato di Maastricht vieta la sottoscrizione da parte della banca d'Italia di titoli di Stato sul mercato primario, mentre l'acquisto di titoli sul mercato secondario deve essere effettuato con modalità tali da non aggirare il divieto di finanziamento.
Peraltro, le massicce vendite di valuta contro euro sottostanti all'operazione in questione sarebbero soggette all'obbligo di approvazione preventiva da parte della Banca centrale europea (prior approval ex articolo 31.3 dello statuto del Sistema europeo di banche centrali.
Per quanto riguarda, poi, l'ulteriore ipotesi di finanziare gli acquisti di titoli di stato per il tramite della vendita di riserve auree, le vendite in questione sarebbero limitate dagli obblighi derivanti dal Central Bank Gold Agreement. Tale accordo tra banche centrali (Banca centrale europea, Spagna, Portogallo, Grecia, Lussemburgo, Francia, Belgio, Irlanda, Olanda, Germania, Austria, Finlandia, Svezia) prevede che le stesse non possano vendere più di 500 tonnellate complessive di oro l'anno; inoltre, la vendita d'oro da parte della singola banca centrale deve essere preventivamente concordata tra i firmatari, in occasione della revisione annua dell'accordo.
La sostituzione di attività in valuta estera (ad esempio titoli) acquistate al prezzo di mercato con titoli in euro a tasso zero o, comunque, acquistati a prezzo nettamente superiore a quello di mercato avrebbe significative conseguenze sul bilancio della Banca d'Italia. Infatti, oltre ai profitti o alle perdite potenzialmente derivanti dalla liquidazione del titolo in valuta e dalla vendita della valuta contro euro, la Banca registrerebbe una perdita certa, derivante dalla differenza tra il prezzo d'acquisto di favore e il prezzo di mercato con il quale i titoli verrebbero valutati in bilancio a fine anno. L'acquisto a prezzo «di favore», anche nel caso in cui venisse effettuato sul mercato secondario, configurerebbe comunque una violazione del citato divieto di finanziamento.
Con riferimento, infine, alle riserve ufficiali della banca d'Italia, quest'ultima ha precisato che al 30 novembre 2008, le riserve espresse ai valori di mercato ammontavano a 78.767 milioni di euro, composte per 28.318 milioni da attività in

valuta estera e per 50.449 milioni da oro (la pubblicazione del 30 dicembre 2008 sulle riserve ufficiali e la liquidità in valuta estera dell'Italia è disponibile sul sito internet della Banca d'Italia).
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Nicola Cosentino.

VILLECCO CALIPARI, FONTANELLI, RUGGHIA e RECCHIA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la 46° aerobrigata di Pisa, unità qualificata dell'Aeronautica militare con capacità di trasporto a medio e lungo raggio si è da anni distinta sia per l'attività svolta nei più impegnativi teatri operativi, sia per i tanti interventi a fini umanitari;
a seguito della manovra finanziaria approvata, nella Difesa per il settore dell'Esercizio dal prossimo anno saranno disponibili minori risorse con la conseguenza per l'Aeronautica militare di poter effettuare solo circa 30.000 ore di volo a fronte delle 90.000 previsionali del 2008;
in mancanza di ore di volo prevarrà l'uso del simulatore, sistema che permette un livello di preparazione alto, ma non soddisfa alla necessità per ogni pilota di volare e un certo numero di ore al mese per esercitarsi ad atterrare su piste solo parzialmente preparate o decollare in situazioni d'emergenza;
conseguenze negative si avranno anche nella manutenzione con un ricorso più frequente all'uso di pezzi di ricambio, talvolta prelevati da altri aerei fermi a terra e minore disponibilità di carburante;
la 46° Aerobrigata di Pisa opera con C27J in Afghanistan, HERAT; con i C130J ha raggiunto luoghi investiti da cataclismi, portando aiuto alle popolazioni colpite, ultima nell'ordine di tempo è la missione compiuta a New Orleans devastata dall'uragano Kathrina; ha trasportato otto bambini afgani affetti da labiopalatoschisi a Pisa dove sono stati sottoposti ai interventi chirurgici; è da anni presente nella zona dei Saharawi, in Sudan, Ciad e Mali impegnata in una missione sanitaria per consentire di assistere e curare quelle popolazioni africane affette da patologia della cateratta;
anche attraverso questi impieghi la 46° Aerobrigata è portatrice di un immagine del nostro paese, positiva e attenta alle emergenze delle diverse parti del mondo e questa attività è ora a rischio di non poter più continuare -:
quali misure intenda adottare il Ministro per garantire comunque la piena attività operativa complessiva della 46° Aerobrigata.
(4-01648)

Risposta. - L'atto in esame è sostanzialmente identico ad una precedente interrogazione a risposta immediata (n. 5-01014) alla quale, in data 18 febbraio 2009, è stato fornito adeguato riscontro presso la IV Commissione Difesa della Camera dei deputati.
Nel merito, pertanto, non posso che richiamare integralmente i medesimi elementi di informazione forniti nella predetta circostanza.
La manovra di bilancio per il 2009, predisposta con il decreto legge n. 112/2008, convertito dalla legge n. 133/2008, ha modificato il processo di formazione del bilancio ed ha attribuito ampia flessibilità alle amministrazioni, in modo che ad ognuna di esse sia consentito di articolare le previsioni e di riallocare le risorse a disposizione, nell'ambito dello stanziamento assegnato per ogni missione perseguita, tra i relativi programmi.
Stante l'esigenza di assicurare nel tempo stabilità e coerenza all'assegnazione delle risorse per le forze armate e per il comparto difesa nel suo complesso, la citata norma ha, altresì, apportato l'ulteriore significativa novità di determinare le previsioni di bilancio per un triennio, assicurando una più attenta programmazione delle risorse ed una maggior certezza delle disponibilità finanziarie di cui le amministrazioni dispongono in bilancio nel triennio medesimo.
In tale ambito, è stato compiuto un particolare sforzo per garantire l'operatività complessiva della 46a Brigata Aerea, soprattutto

in considerazione dei gravosi incarichi ad essa affidati.
Confermo che l'Aeronautica militare, in sede di programmazione, pianificazione operativa, ha assegnato al reparto, per il 2009, le ore di volo perfettamente in linea con quelle degli anni precedenti. Sulla base di tale previsione sono state predisposte le conseguenti assegnazioni di risorse.
Quanto sopra a testimonianza dell'impegno che la difesa profonde nel mantenimento in efficienza dello strumento militare, anche in linea con le recenti determinazioni di cui al richiamato decreto-legge n. 112/08, che ha indicato un percorso virtuoso ancorché impegnativo di razionalizzazione delle spese.

Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 9 marzo 2007, il cittadino italiano Angelo Falcone è stato arrestato insieme a un suo amico in India, dove si era recato in vacanza, ed il 22 agosto 2008 è stato condannato in primo grado per il possesso di 18 chili di hashish a 10 anni di carcere duro e 100.000 rupie multa che, se non pagate saranno ulteriori 2 anni di carcere, a conclusione di un processo iniziato il 26 dicembre 2007 e durato nove mesi;
quando è stato arrestato, Angelo Falcone, che ha respinto ogni accusa, sarebbe stato trattenuto in una caserma per circa 24 ore e interrogato dalla polizia senza la presenza di un avvocato né di un interprete benché l'avesse più volte richiesto e non gli è stato concesso di telefonare all'Ambasciata Italiana a Delhi per avvisarli di quando succedeva; neanche le Autorità Indiane lo avrebbero fatto come sarebbe invece previsto dalla Convenzione di Vienna sulle Relazioni Consolari;
alla richiesta di Falcone di telefonare, la polizia avrebbe risposto che non gli sarebbe stato consentito fino a che lui e il suo amico non avessero firmato una dichiarazione in lingua Hindi a loro sconosciuta preventivamente compilata dalla sola polizia; alla fine, esausti, avrebbero deciso di firmare non prima di aver chiesto agli agenti cosa vi era scritto nella dichiarazione che successivamente si sarebbe rivelata decisiva per il processo e la loro condanna;
inoltre, a seguito della condanna, Angelo Falcone è stato trasferito in altro penitenziario nello Stato dell'Himachal Pradesch senza che le Autorità indiane abbiano avvisato l'Ambasciata italiana del trasferimento;
allo stato attuale, dopo la condanna e il trasferimento, il Direttore del penitenziario non autorizza contatti telefonici tra Angelo Falcone e i suoi familiari in Italia asserendo che le Leggi dello Stato dell'Himachal Pradesch non lo consentirebbero; neanche all'Ambasciata italiana sarebbe stato consentito avere contatti telefonici, in palese violazione della succitata Convenzione di Vienna; gli ultimi contatti con la famiglia sarebbero avvenuti nel settembre scorso, quando «a titolo di cortesia» sono state consentite solo 3 telefonate brevi -:
cosa stia facendo il governo italiano, tramite la proprie rappresentanze diplomatiche, per tutelare e assistere il cittadino italiano Angelo Falcone, verificare le attuali condizioni di detenzione e il rispetto in esse delle regole minime internazionali sul trattamento dei detenuti e perché siano, in particolare, immediatamente assicurati regolari contatti, anche telefonici, del detenuto coi suoi familiari;
cosa intenda fare il Governo sul tema del gratuito patrocinio, allo stato non previsto e quindi discriminatorio nei confronti degli italiani processati all'estero, considerate anche le enormi pretese degli avvocati del posto per spese legali che finiscono per pesare su famiglie in Italia anche povere che non sono in grado assolutamente di sostenere;
cosa intenda fare nei confronti delle autorità indiane per eventuali violazioni di

norme basilari di diritto internazionale, come quelle contenute nella Convenzione di Vienna sulle Relazioni Consolari e nel Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, che si siano da parte indiana verificate al momento dell'arresto, del processo e della detenzione di Angelo Falcone, considerato anche che tali norme non solo tutelano i diritti del signor Falcone ma sanciscono anche precise prerogative, diritti e doveri del nostro Paese come Stato parte della suddetta convenzione.
(4-02045)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Il signor Angelo Falcone è stato arrestato insieme al signor Simone Nobili il 10 marzo 2007 a Mandi (India), con l'accusa di detenzione di 18 chilogrammi di hashish finalizzata allo spaccio. Il 21 agosto 2008 entrambi i connazionali sono stati condannati in primo grado a dieci anni di reclusione e sono attualmente detenuti nel carcere di Nahan (Stato dell'Himachal), che dista 600 km dalla capitale. Gli avvocati degli interessati hanno presentato richiesta di appello.
Il Ministero degli affari esteri ha seguito fin dall'inizio con la massima attenzione il caso dei connazionali Falcone e Nobili. La nostra ambasciata a New Delhi, in particolare, si è adoperata per fornire agli interessati ogni possibile assistenza, stabilendo e mantenendo un costante contatto con i loro familiari in Italia. Durante il periodo di custodia cautelare degli interessati, la stessa rappresentanza è altresì intervenuta presso le competenti istanze indiane al fine di ottenere una conclusione, la più rapida possibile, delle indagini relative alle accuse contestate.
Oltre a periodici contatti telefonici, fino ad oggi sono state effettuate cinque visite consolari, l'ultima delle quali il 23 settembre 2008, allo scopo di monitorare le condizioni di salute e di detenzione dei due connazionali e prestare loro sostegno psicologico.
Quanto al richiamo effettuato dall'interrogante alla violazione da parte dell'India della Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari del 1963 - la quale, all'articolo 6, comma 1, prevede che i funzionari consolari debbano poter comunicare liberamente con i cittadini dello Stato d'invio - si fa presente che l'Ambasciata d'Italia a New Delhi sta continuando ad esercitare pressioni sulle autorità locali, proprio avvalendosi della citata disposizione, al fine di ottenere più frequenti contatti - per via telefonica - con i due detenuti italiani, non essendo possibile organizzare frequenti visite consolari, data la lontananza del carcere di Nahan dalla capitale indiana.
L'Ambasciata si sta altresì adoperando al fine di consentire contatti telefonici anche tra i familiari in Italia e i due connazionali, già possibili nel precedente carcere di Mandi e ora preclusi dal rigido regolamento penitenziario del carcere di Nahan. Del resto, occorre ricordare che il comma 2 del citato articolo della Convenzione di Vienna prevede che il diritto di cui al comma 1 debba essere esercitato nell'ambito delle leggi e dei regolamenti dello Stato di residenza del connazionale (in questo caso l'India).
Per quel che concerne il quesito posto dall'interrogante sul patrocinio gratuito, il codice di procedura penale indiano prevede che anche i cittadini stranieri che siano sottoposti a procedimento penale in India e che non dispongano di mezzi economici necessari al pagamento di un avvocato difensore di fiducia, possano beneficiare di tale istituto.
Si fa infine presente che l'Ambasciata d'Italia a New Delhi ha erogato, su autorizzazione ministeriale - in considerazione della situazione straordinaria in cui si trovano i nostri due connazionali - un sussidio di 10.000 euro ciascuno, al fine di consentire loro di far fronte alle spese legali per la difesa.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.