XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di mercoledì 14 ottobre 2009

TESTO AGGIORNATO AL 21 OTTOBRE 2009

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
secondo le stime della Banca mondiale, l'impatto dell'attuale crisi finanziaria potrebbe spingere sotto la soglia della povertà oltre 53 milioni di persone in più nel 2009 e oltre 90 milioni nel 2010, portando il numero di coloro che soffrono la fame a oltre un miliardo;
nell'attuale congiuntura, lo sviluppo dei Paesi a basso reddito, soprattutto nell'Africa sub-sahariana, può essere sostenuto principalmente da risorse pubbliche, che devono essere rese disponibili subito per mitigare le conseguenze sociali drammatiche della crisi, come ribadito dai vertici internazionali del G8 de l'Aquila e del G20 di Pittsburgh;
in questo quadro, il ruolo che la cooperazione internazionale allo sviluppo riveste diventa ancora più essenziale per spezzare il drammatico ciclo dell'impoverimento, gestire le sfide della globalizzazione, arrestare il contagio sociale della crisi e accelerare la ripresa economica su basi più sostenibili;
la lotta alla povertà e la cooperazione allo sviluppo internazionale sono state, invece, messe ai margini dell'agenda politica nonostante che i risultati di un recente sondaggio, effettuato da Oxfam International, indichino che il 72 per cento degli italiani crede che il Paese debba onorare gli impegni internazionali aumentando significativamente l'aiuto pubblico allo sviluppo e l'85 per cento degli italiani si è espresso contro una diminuzione dell'aiuto pubblico allo sviluppo italiano;
il disegno di legge finanziaria per il 2010 ha previsto un taglio degli stanziamenti pari al 56 per cento circa delle risorse destinate alla cooperazione allo sviluppo, scese ad un ammontare di circa 322 milioni di euro per l'anno 2009, secondo un disegno, delineato dai documenti di programmazione finanziaria per il prossimo triennio, di progressiva riduzione delle risorse pubbliche a favore dei Paesi in via di sviluppo;
tale cospicua decurtazione di risorse relega l'Italia agli ultimi posti nella classifica dei Paesi donatori quanto a percentuale di Pil riservato all'aiuto pubblico allo sviluppo - ridottasi già allo 0,19 per cento nel 2007, e pari, secondo i dati OCSE-Dac, ad appena lo 0,22 per cento del Pil italiano nel 2008 - e allontana definitivamente il nostro Paese dal rispetto degli impegni internazionali assunti, in particolare al G8 di Gleneagles, nonché in sede europea, che prevedrebbero di destinare almeno lo 0,51 per cento del proprio Pil entro il 2010 e lo 0,7 entro il 2015 all'aiuto pubblico allo sviluppo;
nella giornata conclusiva dell'ultimo G8 de L'Aquila, i leader mondiali, hanno rilevato che «l'effetto combinato di investimenti poco mirati in agricoltura e in sicurezza alimentare, l'aumento dei prezzi e la crisi economica» hanno fatto crescere la fame e la povertà nei Paesi in via di sviluppo, facendo peggiorare le già difficili condizioni di sussistenza di oltre 100 milioni di persone e allontanando il raggiungimento dei cosiddetti obiettivi del millennio, fissati dalle Nazioni Unite e volti a ridurre le morti per pandemie, la mortalità infantile e migliorare l'accesso all'istruzione, alle cure, alle risorse idriche;
gli obiettivi del millennio, definiti dalle Nazioni Unite devono rimanere il quadro di riferimento stabile entro cui inserire gli sforzi nazionali e internazionali di cooperazione, garantendo così maggiore coerenza generale e maggiore efficacia all'aiuto pubblico allo sviluppa attraverso l'indicazione di priorità condivise da parte di tutti i donatori;
a patire da queste considerazioni e nonostante le difficoltà conseguenti alla crisi economica e finanziaria mondiale, gli stessi leader del G8 hanno sottoscritto L'Aquila Joint Statement on Global Food

Security e preso l'impegno di promuovere la sicurezza alimentare e l'aiuto allo sviluppo rurale dei Paesi poveri, decidendo di incrementare gli aiuti all'agricoltura e alla sicurezza alimentare con l'obiettivo, sottoscritto anche dal Governo italiano, di «mobilitare 20 miliardi di dollari in tre anni» attraverso una strategia per lo sviluppo agricolo sostenibile coordinata e integrata;
tali risorse, ripartite tra gli Stati sottoscrittori del documento de L'Aquila, configurandosi come aggiuntive rispetto a quelle già richieste dagli impegni internazionali assunti e prima indicati, impongono, pertanto, all'Italia uno sforzo finanziario ulteriore e notevole in grado di recuperare, da una parte, il ritardo rispetto agli obiettivi dello 0,51 per cento del Pil per il 2010 e dello 0,7 per il 2015, e dall'altro di dare seguito ai nuovi impegni promossi dalla stessa Presidenza italiana del G8;
le risorse dell'aiuto pubblico allo sviluppo, nelle percentuali indicate a livello internazionale come obiettivi da rispettare, si aggiungono e non vengono in ogni caso sostituite dalle nuove forme di finanziamento allo sviluppo, fondate anche su eventuali partnership pubblico/privato secondo il cosiddetto whole country approach, che per quanto interessanti e utili mantengono limiti e profili da approfondire quanto al tema del coordinamento e della strategia di cooperazione nei singoli Paesi, nonché rispetto al tema del cosiddetto «aiuto legato», cioè condizionato all'acquisto di beni e merci italiane;

impegna il Governo:

a riportare stabilmente al centro della sua iniziativa politica e programmatica la questione della povertà globale facendo della solidarietà internazionale e della promozione dello sviluppo economico e sociale parte integrante ed elemento distintivo della politica estera italiana, anche cooperando con il Parlamento per aggiornare gli strumenti legislativi e operativi della nostra cooperazione, anche sulla scorta dei lavori parlamentari prodotti nelle precedenti legislature;
a prevedere - nell'ambito della manovra di finanza pubblica per il 2010 - quanto al finanziamento delle leggi n. 7 del 1981 e n. 49 del 1987 (legge sulla cooperazione allo sviluppo), risorse non inferiori a 500 milioni di euro, anche attraverso un riequilibrio dei fondi stanziati tra canale diretto e bilaterale e canale multilaterale, rivedendo altresì le previsioni di spesa per i due anni successivi in modo da invertire il trend di riduzione dell'aiuto pubblico allo sviluppo dell'Italia e riavviare il percorso di avvicinamento all'obiettivo di destinare all'APS entro il 2015 lo 0,7 per cento del Pil;
a riferire prima dell'approvazione del disegno di legge finanziaria per il 2010, in modo dettagliato in ordine agli stanziamenti previsti, i centri di spesa e le rispettive specifiche destinazioni delle risorse necessarie ad adempiere agli impegni assunti con la sottoscrizione de L'Aquila Joint Statement on Global Food Security nonché agli altri impegni internazionali assunti quanto alla partecipazione italiana a Fondi internazionali di cooperazione allo sviluppo, a partire da quelli relativi alla lotta alle pandemie, e ad altre iniziative internazionali di cooperazione, al fine di consentire in modo trasparente al Parlamento di verificare l'effettivo volume complessivo dell'APS italiano.
(1-00253)
«Quartiani, Volontè, Evangelisti, Maran, Pezzotta, Leoluca Orlando, Sereni, Tabacci, Borghesi, Bressa, Capitanio Santolini, Scilipoti, Giachetti, Binetti, Bobba, Palagiano, Calgaro, Causi, Fiano, Froner, Mogherini Rebesani, Rigoni, Sarubbi, Touadi, Vannucci, Zampa, Bossa, Realacci, Murer».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:

La sottoscritta chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
il Ministero della salute ha quantificato in un miliardo e settecento milioni di euro il debito accumulato dalla sanità calabrese nel periodo 2001-2007 e lo stesso Presidente della Regione, Agazio Loiero, durante un'audizione presso la Commissione parlamentare d'inchiesta sugli errori sanitari, ha quantificato per il 2007-2008 un ulteriore disavanzo di 417 milioni di euro, non interamente coperto da stanziamenti regionali;
il Governo, ai sensi dell'articolo 22 del decreto-legge n. 78 del 2009, ha diffidato la Regione Calabria ad adottare, entro 70 giorni, un piano di rientro contenente misure di riorganizzazione e riqualificazione del servizio sanitario regionale;
la Regione Calabria, con delibera di giunta n. 585 del 10 settembre 2009, ha approvato il piano di rientro da sottoporre all'attenzione del Governo;
il comparto sanitario pubblico regionale è composto da 5 aziende sanitarie provinciali e 4 aziende ospedaliere, per un totale di 39 ospedali pubblici;
nonostante la disastrosa situazione dei conti sanitari, il piano di rientro presentato dalla Regione, se da un lato prevede la chiusura di 12 ospedali pubblici, dall'altro conserva lo stanziamento di 270 milioni per l'apertura di quattro nuovi ospedali;
il sistema sanitario regionale della Calabria è composto anche da aziende sanitarie private accreditate, che erogano i servizi secondo standard di efficacia e di efficienza, e in alcuni reparti integrano le manchevolezze del sistema pubblico;
la Regione Calabria, con delibera n. 491 del 3 agosto 2009, ha rivisto al ribasso il tetto finanziario fissato a copertura delle prestazioni di ricovero ospedaliero presso gli erogatori privati accreditati, fissandolo in 188.312.395,28 euro;
le cliniche private calabresi sono circa quaranta, e occupano circa 4000 operatori, tra dipendenti e collaboratori;
l'ospedalità privata calabrese è al tracollo finanziario, e vanta pagamenti arretrati dalla Regione per diverse mensilità;
la Regione Calabria ha già innalzato l'addizionale irpef e l'aliquota irap ai massimi consentiti dalla legge;
nel frattempo, con delibera di giunta regionale n. 544 del 7 agosto 2009, la Regione ha autorizzato le aziende del sistema sanitario regionale ad assumere 100 nuove unità, tra cui nove cardiochirurghi per l'ospedale di Reggio Calabria, pur essendo tale ultima struttura ancora priva di un reparto di cardiochirurgia;
all'interpellante i fatti dedotti in premessa appaiono non concordanti con una reale e seria volontà di risanamento della sanità calabrese, intesa nel complesso di erogatori pubblici e privati -:
quali siano le intenzioni del Governo rispetto alla grave crisi del sistema di aziende ospedaliere private calabresi;
se non ritenga opportuna, a fronte della sproporzione tra costi sopportati e servizio reso in ambito pubblico, una ridefinizione degli equilibri di distribuzione delle risorse finanziarie pubbliche sulla base di criteri di efficienza ed efficacia, anche in previsione dell'entrata a regime del federalismo fiscale introdotto dalla legge n.42 del 5 maggio 2009.
(2-00512)
«Golfo».

Interrogazioni a risposta scritta:

SBAI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la cronaca scosse l'opinione pubblica per il barbaro assassinio l'11 agosto 2006, di Hina Saleem che aveva solo 21 anni, era pakistana e viveva da tempo in Italia. Il suo corpo, massacrato da diverse coltellate e avvolto in alcuni sacchetti di plastica, fu trovato sepolto nel giardino della casa dei suoi genitori a Sarezzo, in provincia di Brescia. Senza dubbio, nella sua morte potrebbe aver avuto un ruolo preponderante l'ala estrema dell'integralismo islamico. I vigili del fuoco dovettero lavorare per più di un'ora per riesumare il cadavere sepolto ad oltre un metro di profondità dalle mani omicide. Il 14 agosto 2006, - Mohammad Saleem, il padre di Hina, fu arrestato con l'accusa di omicidio volontario premeditato e di occultamento di cadavere. Ricercati anche due cognati e uno zio. Il fatto sconvolgente fu rafforzato dal ruolo di Bushra Bakum, la mamma di Hina, che rinnegò le precedenti sevizie della figlia da parte del marito e che affermò che la figlia barbaramente uccisa «faceva una vita non da ragazza perbene»... La mamma di Hina, certamente vittima di pressioni e intimidazioni tali da annullarne la personalità, disse di non poter perdonare il marito. La donna si trovava in Pakistan quando fu commesso l'omicidio e poi quasi giustificò l'operato del marito e si trovò costretta a difendere anche se stessa dal sospetto di essersi allontanata da casa per lasciare il campo libero a una esecuzione capitale decisa in famiglia: pietosamente disse «Non è vero. Non sarei partita se solo l'avessi sospettato. Sono andata in Pakistan come ogni estate. Sarei tornata più avanti e, invece, è successo quello che è successo...». Gli imputati, il padre e altri tre parenti di Hina Saleem, avevano chiesto di essere giudicati con il rito abbreviato, che consentì lo sconto di un terzo della pena;
l'Imam Abdellah Mechnoune, venuto da Torino per assistere all'udienza preliminare, tenne a sottolineare che Hina morì per colpa di fanatici integralisti. L'Islam, dunque, non c'entrava nulla. Per far sì che drammi come questo non si potessero ripetere, l'imam che lavora a Torino ed è anche ambasciatore di Pace UPM Onu, partecipa a numerosi incontri con i musulmani nelle scuole e nelle moschee dove possono avvenire dette devianze psicologiche e sobillazioni da parte di fanatici estremisti «Imam fai da te»;
in Marocco le ragazze portano pantaloni e minigonna. In Italia, all'interno di alcune comunità marocchine, ci si trova assurdamente indietro almeno di 10 anni. Acmid-Donna, l'associazione di donne marocchine in Italia chiese di costituirsi parte civile nel processo di Hina ma il giudice per l'udienza preliminare, Silvia Milesi, respinse la richiesta;
a parte il clamore suscitato nell'opinione pubblica questo crimine ebbe effetti collaterali: venne assegnata la scorta a Dounia Ettaib, vice presidente dell'Acmid, dopo essere stata aggredita alcuni giorni prima del processo da islamici a Milano nei pressi della moschea di viale Jenner per aver preso la difesa, assieme ad una larga parte della popolazione, della ragazza uccisa, che visse nel terrore, bersagliata da denunce di altre minacce;
il padre di Hina e i suoi due cognati furono condannati a 30 anni, lo zio Tariq Muhammad a due anni e otto mesi, al processo di appello la procura chiese la conferma delle condanne inflitte in primo grado e il 5 dicembre 2008 e il tribunale di Brescia, nella sentenza di appello confermò la condanna a 30 anni al padre di Hina. Ai due cognati fu ridotta la pena a 17 anni, mentre allo zio furono confermati i 2 anni e 8 mesi;
parte rilevante di questo processo che qui si vuole sottolineare fu che il difensore del padre di Hina invocò «le attenuanti per motivi di valore morale, etnico e culturale - cosiddetti attenuanti culturali», sostenendo che l'esasperazione assoluta

in questo omicidio terribile, era sorretta da una forte identità religiosa. Il GIP Milesi non le concesse;
è di questi giorni l'altro sconvolgente e simile crimine: è stata accoltellata un mese fa dal padre mentre si trovava in auto con il fidanzato, una ragazza appena diciottenne di origine marocchina, Sanaa Dafani, morta dissanguata in un boschetto di Montereale Valcellina, in provincia di Pordenone, dove cercava di sfuggire alla furia omicida del genitore che si è accanito barbaramente sul suo corpo. Un'altra esecuzione capitale per mano paterna, un'altra tragedia dietro alla quale potrebbero esserci motivi religiosi. La vittima ha pagato il suo amore per il fidanzato italiano e più grande di lei Massimo De Biasio, 31 anni. El Katawi Dafani, il padre omicida, un aiuto cuoco di 45 anni che lavora a Pordenone, di quella relazione non ne voleva neppure sentir parlare ed ha giustiziato la propria figlia. Anche in questo caso, la madre si vede accerchiata da un muro impenetrabile, che condiziona la sua volontà di espressione in pubblico;
il paragone con il caso di Hina Saleem è immediato. Un delitto d'onore maturato nell'incomprensione, nell'ignoranza e nell'islamismo radicale, che attecchisce facilmente nelle menti dei ceti umili come nel caso dei due padri assassini, sobillati nelle moschee dagli «Imam fai da te» che istigano all'odio al razzismo ed alla sharia intesa nell'accezione più estrema di fanatismo omicida per la difesa di ideali disumani, nutriti da frange estreme estremiste;
in alcuni Paesi islamici, la sharia prevede la pena di morte per adulterio e omosessualità, bestemmia contro Allah e prevede forti attuenuanti in caso di delitto d'onore, come ad esempio, eseguito quale giusta punizione per legami extraconiugali;
nel caso di Hina, la difesa del padre aveva chiesto l'applicazione della predetta «attenuante culturale» non codificata nel nostro ordinamento, ma ammessa in tanti paesi islamici, quale forte attenuante, legata al vissuto culturale etnico e religioso del reo, retaggio di usi e costumi del suo Paese d'origine. Il GIP non l'ha giustamente concessa, con la conseguente forte riduzione di pena e, come tale, non può e non deve mai essere riconosciuta nel nostro sistema giudiziario, non solo poiché, appunto, non codificata ed estranea al nostro ordinamento, ma poiché in totale contrasto con l'articolo 3 della Costituzione, secondo cui il processo si deve svolgere con il rito e l'ordinamento vigente nel nostro Paese, e non deve perciò essere rimessa esclusivamente alla discrezione del magistrato giudicante;
detta «attenuante culturale» per la riduzione di pena in caso di delitti d'onore non può coesistere con l'ordinamento occidentale, poiché legata al vissuto etnico, religioso e culturale del reo in relazione al Paese di origine, intessuto di mentalità e tradizioni ancestrali, di credi religiosi diversi, che magari ammettono e giustificano simili condotte criminose in nome di leggi, sia di dimensione metafisica che pragmatica, applicate in senso estremo per manipolazioni psicologiche barbare e disumane di matrice estremista e quindi deve essere bandita da ogni possibile approccio processuale e valutazione discrezionale del giudice, a difesa della nostra Costituzione e dei diritti delle donne. Come giustamente è accaduto nel processo per il terribile crimine del padre di Hina;
la cronaca quotidiana è ricca di allarmanti notizie: da Hina a Sanaa, che hanno pagato l'essere giovani e vivere in maniera occidentale e l'aver amato un italiano con la morte più atroce, altre, tante, troppe donne islamiche subiscono ogni giorno violenze e segregazioni di ogni genere, coro silenzioso e dolente della nostra Società che le accoglie, per questo occorre difendere la dignità di queste donne islamiche vittime di atroci violenze e di delitti efferati, per loro, per la nostra civiltà, per salvaguardare il futuro di tutte le donne;
è necessario, alla luce dei tanti crimini commessi contro le donne islamiche in Italia, contrapporre un modello etico,

culturale e comportamentale completamente opposto alle devianze in questione, affinché, come segno di civiltà e di dignità, nel pieno rispetto della Costituzione, si possa scongiurare che simili crimini, anche omicidi, commessi contro le donne possano ripetersi -:
quali iniziative il Governo intenda intraprendere, sul piano culturale, etico giuridico, per promuovere il superamento delle manifestazioni e fattispecie, anche criminali, contro le donne islamiche in Italia di cui alle premesse, frutto di concezioni estremiste e di credi religiosi del tutto estranei al nostro sistema ordinamentale sociale e costituzionale.
(4-04553)

MECACCI, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
Mohsenifar Mostafa, è un rifugiato politico iraniano che vive in Italia da 29 anni, sposato civilmente con un'italiana e padre di una ragazza di 14 anni nata nel 1995 a Milano, quindi in Italia, godendo nel nostro Paese dello status di rifugiato politico;
egli ha deciso, nel luglio 2008, di chiedere una semplice carta di soggiorno a tempo indeterminato per motivi di famiglia. Dopo mesi di continue attese e solleciti presso gli sportelli dell'ufficio stranieri della questura di Varese, gli è stata consegnata una carta di soggiorno per 5 anni come rifugiato politico;
il ministero dell'interno italiano non ha riconosciuto il suo stato di famiglia, pur essendo sposato presso un comune italiano con una cittadina italiana;
nel permesso di soggiorno precedente al 2007, il Ministero dell'interno italiano, pur avendo ricevuto il suo stato di famiglia e il certificato di matrimonio, lo dichiarava celibe;
ciò equivale alla negazione del riconoscimento del suo stato di famiglia;
la sua richiesta di trasformazione dello status, da rifugiato politico a straniero residente in Italia con permesso di soggiorno rilasciato per motivi familiari, non è stata in alcun modo considerata, concedendogli in automatico il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi politici, rilasciandogli però in questo modo un tipo di permesso di cui non aveva chiesto il rinnovo;
successivamente a questo primo tentativo, sempre nel 2008, ha poi chiesto, dopo 28 anni di residenza ininterrotta in Italia, la cittadinanza italiana per motivi di famiglia. Ebbene, gli è stata negata comunicandogli che può chiedere unicamente il rinnovo dello status di rifugiato politico;
ciò è in contrasto con i principi contenuti nella Convenzione di Ginevra in materia di asilo politico e della Convenzione dei diritti dell'uomo e della libertà fondamentale, ambedue sottoscritte dall'Italia;
è inoltre pacifica la facoltà di chiedere la cittadinanza italiana per lo straniero coniuge di una cittadina italiana. Si ricorda che la cittadinanza, ai sensi dell'articolo 5 della legge 5 febbraio 1992, n. 91 e successive modifiche e integrazioni, può essere concessa per matrimonio, in presenza del requisiti che il Mohsenifar Mostafa possiede, ovvero che il richiedente, straniero o apolide, sia coniugato con cittadino italiano e risieda legalmente in Italia da almeno 2 anni dalla celebrazione del matrimonio. Egli è sposato da sedici anni e risiede in Italia da 28 anni, è quindi in possesso dei requisiti richiesti;
a seguito del diniego ricevuto si è presentato presso la prefettura di Varese, per verificare la motivazione. Essa è risultata la seguente: la mancanza del certificato penale del paese d'origine. Si ricorda che Mohsenifar Mostafa è residente in Italia dal 1980 e che l'ultimo certificato penale rilasciato da autorità iraniane in suo possesso è datato 1983. Le autorità

competenti hanno considerato il documento non più valido e lo hanno informato che, in questi casi, l'autocertificazione non è prevista;
le seguenti affermazioni le ha rilasciate in una intervista a Radio radicale il 3 agosto 2009, riascoltabili al seguente link: http://www.radioradicale.it/scheda/284906/intervista-a-moesi-far-detto-bobachsui-suoi-problemi-con-la-burocrazia-italiana-e-sulla-situazione-in-ira;
appare contraddittorio il fatto che prima gli sia stato riconosciuto lo status di rifugiato politico per la sua condizione di necessità dovuta ad una persecuzione politica, e poi gli sia stato negato il diritto alla richiesta di cittadinanza per un motivo formale che dovrebbe essere superato dalla precedente concessione. È inoltre pacifico che, essendo un rifugiato politico, non è in alcun modo ipotizzabile una richiesta di tale certificato al Governo del suo paese, se non accettando il rischio di subire ritorsioni evitate proprio grazie alla cesura di ogni rapporto col proprio, paese;
è altresì evidente che la concessione dello status di rifugiato politico ha sanato ogni precedente posizione penale in Iran, rilevando eventualmente il solo comportamento tenuto in Italia dal momento del suo arrivo; è quindi superfluo chiedere qualcosa di sostanzialmente inutile ai fini delle procedure, ma in grado di procurargli un danno potenziale -:
se i fatti corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, quali iniziative intendano porre in essere con efficacia ed urgenza al fine di consentire a Mohsenifar Mostafa il godimento dei diritti derivanti dalla corretta applicazione della normativa nazionale ed internazionale.
(4-04559)

REGUZZONI, PIROVANO, VANALLI, CONSIGLIO e LUSSANA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il comune di Albano Sant'Alessandro (provincia di Bergamo) è un paese di circa 8.000 abitanti e può vantare numerose peculiarità storiche, culturali, artistiche architettoniche e della tradizione lombarda: dalla chiesa parrocchiale, dedicata ai Santi Cornelio e Cipriano, il cui nucleo originale risale al XII secolo, alla chiesa di San Giorgio, posta sulla collina che sovrasta il paese, al santuario della Madonna delle rose, importante meta di pellegrinaggi ed oggetto di devozione per l'apparizione della Madonna avvenuta nell'alto medioevo, ai resti delle fortificazioni medievali visibili nel centro storico;
in comune di Albano Sant'Alessandro si svolgono numerose manifestazioni aventi temi che coniugano la tradizione alimentare e la riscoperta delle tradizioni contadine, quali ad esempio la festa per l'anniversario dell'apparizione della Madonna delle rose, la festa di San Giorgio, la festività per l'anniversario di incoronazione della Madonna delle rose, la patronale dei Santi Cornelio e Cipriano, molte delle quali hanno luogo nel periodo aprile-ottobre, proprio in coincidenza delle date previste per l'Expo, ed hanno tutte carattere eno-gastronomico;
il comune di Albano Sant Alessandro è posto ai piedi della collina di San Giorgio e della Valle di Albano, in una fertile pianura, sulla ex strada statale n.42 del Tonale che da Bergamo va verso la Valcavallina e la Valcalepio, e dista solo 8 chilometri dal capoluogo Bergamo e solo 7 dall'aeroporto di Orio al Serio (Bergamo). Albano è inoltre servito dalla linea ferroviaria Bergamo-Brescia e dalle numerose linee extraurbane su gomma: dette caratteristiche lo rendono facilmente collegabile all'area dove si svolgerà l'Expo 2015;
l'Expo 2015 avrà quale tematica l'alimentazione: al riguardo il comune di Albano Sant'Alessandro, inserito in una posizione strategica nelle valli bergamasche, può ben rappresentare l'eccezionale e variegata tradizione orobica eno-gastronomica;
la posizione del comune di Albano Sant'Alessandro e la sua tradizione agricola e industriale al centro della pianura

padana, unitamente alle peculiarità sopra citate, lo rendono un luogo interessante ai fini del coinvolgimento dello stesso relativamente all'Expo 2015;
una stretta connessione del territorio limitrofo con i soggetti organizzatori dell'Expo 2015 rappresenta non solo un impegno preciso assunto dal Governo in sede di pianificazione della manifestazione, ma rappresenta soprattutto una straordinaria ed irripetibile opportunità di promozione del nostro territorio, della nostra economia, delle nostra tradizioni e della nostra cultura -:
quali iniziative il Governo, eventualmente anche per il tramite della società di gestione dell'evento - SOGE S.p.A. - intende attuare ai fini di coinvolgere i comuni e gli enti locali della provincia di Bergamo nello svolgimento della manifestazione dell'Expo 2015, con particolare riferimento al comune di Albano Sant'Alessandro (Bergamo) ed al patrimonio artistico, culturale, religioso e di manifestazioni citato in premessa.
(4-04564)

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MARCO CARRA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi il Tar di Brescia, con le sentenze nn. 1736, 1737 e 1738, ha bocciato la decisione di codesto Ministero, oggetto di ricorso da parte di soggetti privati (in particolare, alcune società del gruppo Eni), di realizzare una diga sotterranea quale elemento di contenimento delle sostanze inquinanti, nel polo chimico di Mantova;
resta urgentissimo affrontare alcune situazioni di forte rischio ambientale quali la presenza di surnatante, di solventi nella falda e di una sorta di discarica nell'area Syndial;
il sito di Mantova è stato incluso nell'elenco dei siti di interesse nazionale per i quali sono previsti interventi di bonifica -:
se e quante risorse finanziarie siano state destinate da questo Governo per garantire gli interventi di bonifica;
se, alla luce delle sentenze del Tar di Brescia, di cui sopra, siano previste nuove prescrizioni;
se codesto Ministero intenda delegare alle regioni competenze specifiche della materia in oggetto tali da rendere più agevole il confronto tra diversi livelli istituzionali;
se sia nelle intenzioni di codesto Ministero assumere iniziative, anche normative, per rendere più semplice la procedura per monetizzare il danno ambientale.
(5-01930)

MARIANI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
da alcuni anni, come evidenziato nell'interrogazione parlamentare n. 5-00262 del 4 ottobre 2006, la popolazione residente in località Farneta di Lucca ha manifestato la propria preoccupazione in merito all'elettrodotto di 380 Kv La Spezia-Acciaiolo;
i cittadini, che si sono riuniti nel «Comitato di Maggiano e Farneta per la tutela e la salute dell'ambiente» hanno espresso una particolare apprensione rispetto all'esigenza di rispettare la distanza di sicurezza dell'infrastruttura dalle civili abitazioni;
da tempo è stata prospettata l'ipotesi dell'interramento dell'elettrodotto, nel tratto in cui attraversa le zone abitate;

la scarsa disponibilità della società Terna a prendere in considerazione le legittime preoccupazioni dei cittadini e la sostanziale inerzia del comune di Lucca hanno costretto i cittadini ad avviare un contenzioso amministrativo finalizzato alla tutela della propria salute;
recentemente la società Terna ha avviato nuovi lavori, dei quali non è chiara la finalità e il comune di Lucca - che risulta aver concesso le autorizzazioni - non ha fornito alcuna delucidazione in merito -:
se i ministri interrogati siano informati su quanto sta avvenendo in località Farneta di Lucca e se intendano chiarire gli aspetti incerti della vicenda;
quali iniziative intendano in ogni caso assumere al fine di garantire la tutela della salute dei cittadini, anche in osservanza dei principio di cautela, eventualmente valutando l'ipotesi di interramento o di spostamento dell'elettrodotto.
(5-01932)

MOTTA, MARIANI e BRATTI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il 29 maggio 2005 l'Autorità di bacino del fiume Po ha sottoscritto con le province rivierasche della consulta delle province del Po un protocollo d'intesa per la tutela e la valorizzazione del territorio e la promozione della sicurezza delle popolazioni della valle del Po;
la delibera CIPE n. 166 del 21 dicembre 2007, di attuazione del Quadro strategico nazionale QSN 2007-2013, ha destinato all'Autorità di Bacino del Po uno stanziamento di 180 milioni a valere sulle risorse FAS al Progetto strategico, speciale (PSS) denominato «Valle del Fiume Po»;
il Pss persegue obiettivi di miglioramento delle condizioni di sicurezza delle popolazioni rivierasche attraverso il completamento della sistemazione ambientale e il riassetto idrogeomorfologico dell'asta del fiume Po, di tutela delle aree incluse nelle fasce fluviali, di potenziamento della rete ecologica, di conservazione qualitativa e quantitativa della risorsa idrica e di promozione della fruizione delle risorse ambientali e storico-culturali presenti nell'ambito territoriale di riferimento e del turismo fluviale;
la delibera CIPE n. 62 del 2 aprile 2008 ha approvato il documento di progetto del Pss con la prescrizione di procedere alla valutazione ambientale (VAS) e di predisporre il piano di valutazione;
la prescrizione relativa alla definizione del piano di valutazione è stata adempiuta ed approvata dal comitato di consultazione dell'autorità di bacino del fiume Po nella seduta del 17 dicembre 2008;
nella seduta del 29 febbraio 2009 la commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale ha espresso il parere n. 240 relativo alla Vas del Pss e che in data 29 luglio 2009 la direzione generale per la salvaguardia dell'ambiente del Matt ha espresso il proprio parere motivato previsto dall'articolo 15, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni;
il decreto-legge n. 112 del 2008 convertito con modificazioni in legge n. 133 del 2008 ha istituito presso la Presidenza del consiglio dei ministri un fondo per il finanziamento di interventi strategici in cui sono confluiti, con delibera CIPE n. 4 del 6 marzo 2009, parte degli stanziamenti nazionali assegnati per l'attuazione del quadro strategico nazionale 2007-2013 tra cui i fondi destinati all'attuazione del Pss «Valle del Fiume Po» -:
se il Ministro interrogato abbia svolto tutti gli adempimenti di sua competenza al fine di dar seguito al progetto e con che tempistica preveda di giungere alla sottoscrizione del protocollo d'intesa necessario al fine dell'erogazione dei fondi;
come il Ministro interrogato intenda operare affinché i 180 milioni di euro stanziati con delibera CIPE n. 166 del

2007 e non più disponibili in quanto trasferiti al fondo istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, come confermato anche da notizie riportate dalla stampa locale nel mese di agosto 2009 siano effettivamente destinati all'attuazione del Pss «Valle del Fiume Po».
(5-01954)

Interrogazioni a risposta scritta:

LEOLUCA ORLANDO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
l'area sulla quale sorgeva la S.A.I. (Società aeronautica italiana), industria di aeronautica militare, insediata a Passignano sul Trasimeno in provincia di Perugia fin dal primo dopoguerra, e chiusa nel 1992, è stata oggetto in questi anni di numerosi progetti di riqualificazione e di sviluppo. In realtà detto territorio è ancora segnato da questo insediamento industriale esteso per più di 10 ettari e senza possibilità di progettazione urbanistica alternativa;
il comune di Passignano sul Trasimeno e la società Michelangelo Costruzioni srl, proprietaria dell'area, hanno predisposto un progetto per la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria che interessa una superficie, denominata ex-Sai, di oltre circa 11,5 ettari;
dall'esame della «sintesi non tecnica» contenente lo studio di impatto ambientale (punto A1) conce ente il progetto delle opere di urbanizzazione primaria, emerge come la fisionomia finale dell'area presenterà una volumetria complessiva fuori terra pari a circa 172 mila metri cubi, di cui:
circa 90 mila metri cubi per destinazione residenziale;
circa 64 mila metri cubi per destinazione direzionale commerciale;
circa 18 mila metri cubi per destinazione turistico produttivo;
tale progetto è inoltre assoggettato a valutazione di impatto ambientale (VIA) in quanto intervento di nuova realizzazione, ricompreso nella categoria progettuale numero 7, lettera b), punto II e tipologia progettuale: «Progetti di riassetto o sviluppo di aree urbane all'interno di aree urbane esistenti che interessano superfici superiori a 10 ettari» riportata nell'Allegato IV alla parte seconda del decreto legislativo n. 152 del 2006 e ricadente all'interno di «Aree di particolare interesse naturalistico ambientale» di «aree naturali protette»;
tale progetto è inoltre assoggettato a valutazione di incidenza ambientale ai sensi e per gli effetti del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, in quanto ricadente all'interno della ZPS-IT5210070 «Lago Trasimeno» e del SIC-IT5210018 «Lago Trasimeno»;
è stata presentata istanza di VIA, coordinata con la valutazione di incidenza ambientale, in data 18 febbraio 2009;
in data 26 giugno 2009 si è tenuta la riunione della conferenza dei servizi di cui alla legge regionale n. 11 del 1998 ed alla delibera della giunta regionale 806 del 2008 relativa all'intervento in questione. Nell'ambito dei pareri acquisiti dalla conferenza dei servizi, il Ministero per i beni e le attività culturali - Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'Umbria, nel confermare il parere negativo espresso dalla Soprintendenza ai beni architettonici e paesaggistici, ha constatato l'assenza di una variante urbanistica al piano regolatore generale attuale «per l'esecuzione nella zona definita aree limitrofe», ha evidenziato l'incongruo interessamento di aree demaniali e, soprattutto, ha rilevato che «Appare particolarmente problematico valutare l'attuale progetto definitivo che, come detto, riguarda solo le opere di urbanizzazione, senza una sufficiente conoscenza dell'intervento finale»;
il Ministero ha inoltre denunciato la circostanza in base alla quale «con l'approvazione delle opere di urbanizzazione si potrebbe correre il rischio concreto di

rendere implicito l'assenso, per lo meno della distribuzione dei fabbricati sull'area e, quindi, dell'assetto generale»;
a sostegno del parere negativo, vengono inoltre evidenziate significative e rilevanti perplessità circa l'esame del progetto che si mostra carente rispetto a una valutazione paesaggistica coerente e completa. In particolare, si sottolinea la mancanza di una sufficiente conoscenza di quella che al completamento degli interventi, sarà la fisionomia che assumerà tutta l'area ex-Sai, anche in considerazione del fatto che le opere previste rischiano di alterare in maniera sostanziale il paesaggio e l'assetto urbanistico del comune di Passignano sul Trasimeno;
nel parere emesso nell'ambito della suddetta conferenza di servizi, la provincia di Perugia ha lamentato l'assenza di una esauriente argomentazione circa la compatibilità dell'intervento con le disposizioni di riferimento ai vari livelli istituzionali. Nel parere si evidenziano inoltre dubbi sul corretto dimensionamento degli ipotetici flussi di traffico delle sedi viarie, delle rotatorie e dei loro raccordi, giudicando poco chiaro l'assetto della viabilità esistente e di progetto, interna ed esterna al comparto;
gli studi geologici effettuati indicano come particolarmente scadenti i terreni di fondazione e segnalano la presenza di una falda che probabilmente andrà ad interferire con le strutture in progetto;
nella documentazione progettuale vengono menzionati: la realizzazione di «una centrale ecologica di produzione e distribuzione di energia termica e di acqua calda e fredda»; «l'adeguamento di un impianto tecnologico (ad esempio un termodistruttore per lo smaltimento dei rifiuti)» ed un «ipotizzato impianto di termovalorizzazione» non meglio specificati;
gli interventi previsti dal progetto insistono anche sull'area, adiacente all'attuale insediamento ex-Sai, che secondo quanto risulta dal piano regolatore generale vigente è considerata «ambito di tutela naturalistica della costa» e pertanto area inedificabile, nella quale invece si prevede la realizzazione di edifici ad uso residenziale, per attività ricettiva, ricreativa e ludica;
il parere del Servizio aree protette, valorizzazione dei sistemi naturalistici e paesaggistici della Regione, nell'ambito della conferenza dei servizi, evidenzia che la «relazione di incidenza prodotta risulta carente sia per ciò che concerne lo studio naturalistico dell'area oggetto degli interventi, sia per ciò che concerne la descrizione degli impatti esercitati dalle opere sia nella fase di cantiere che di esercizio». Tale servizio ritiene inoltre improponibile lo sviluppo edificatorio della sopra citata area libera posta in adiacenza all'attuale insediamento ex-Sai;
il servizio valorizzazione del territorio e tutela del paesaggio della Regione, nel ricordare che l'intervento in oggetto interessa un'area sottoposta a vincolo di tutela paesaggistica, sottolinea che nel progetto non si comprendono in modo esaustivo le trasformazioni e gli impatti paesaggistici prodotti dal nuovo assetto dell'area di intervento -:
se non ritengano di assumere iniziative nell'ambito delle proprie prerogative - al fine di una revisione del progetto indicato in premessa, anche alla luce delle suindicate criticità evidenziate dai medesimi Ministeri interrogati, che tenga conto degli aspetti ambientali, urbanistici, paesaggistici, storici, culturali ed economici dell'area interessata, e del pieno rispetto della normativa nazionale in materia ambientale e di VIA.
(4-04545)

PIONATI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il ritrovamento nei fondali del Tirreno, a largo di Cetraro (Cosenza), della nave fantasma descritta dal pentito della 'ndrangheta Francesco Fonti conterrebbe 120 fusti di sostanze tossiche di contenuto radioattivo;

in base a questo ritrovamento il commercio dei prodotti ittici, compresa la pesca ha subito gravi ripercussioni dal punto di vista economico sugli operatori del settore;
la popolazione è gravemente preoccupata per questo ritrovamento e per le conseguenze sanitarie che possono derivare da questo grave inquinamento;
la regione Calabria non possiede né soldi né risorse umane per poter fronteggiare questa grave emergenza -:
quali iniziative urgenti intenda porre in essere per far fronte a questa emergenza che ha investito la regione Calabria al fine di tranquillizzare la popolazione da un punto di vista sanitario e salvaguardare la pesca ed il turismo, attività economiche proprie di quella regione.
(4-04562)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta scritta:

NACCARATO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
lunedì 12 ottobre 2009 si è verificato il crollo di una parte del muro di contenimento del canale Battaglia che scorre lungo il centro storico del comune di Battaglia Terme, in provincia di Padova. La frana ha interessato un tratto lungo circa cinquanta metri e alto due metri e mezzo;
subito dopo il crollo, sul manto stradale della «Statale Adriatica» che costeggia il canale, si è aperta una crepa larga un centimetro e lunga circa sei metri. Il traffico è stato quindi bloccato per consentire gli interventi di emergenza per la messa in sicurezza della strada e del canale, causando notevoli disagi per la circolazione dei veicoli e suscitando grande preoccupazione nei cittadini residenti lungo la strada che costeggia il canale per il rischio di ulteriori crolli;
il crollo si è verificato lungo un canale artificiale risalente al 1189 e che, perciò, riveste una grande importanza storica per la città di Battaglia Terme. In particolare la caratteristica di questo canale, secondo in Europa dopo quello di Milano costruito nel 1137 per i lavori del Duomo, è di essere pensile. A Battaglia Terme, nell'incrocio con il Rio Alto che porta le acque da Montegrotto Terme e gli passa sotto, si determina un salto di 7 metri tra i due livelli. L'importanza del canale Battaglia sta nell'originalità del meccanismo idraulico con cui è stato costruito: nel murazzo di sinistra del canale di Battaglia Terme è inserita una chiusa, il cosiddetto Arco di Mezzo. Aprendo le paratie si dà luogo a tre cascate d'acqua. Le due laterali facevano girare le ruote di due mulini mentre l'Arco centrale alimentava il bacino sottostante, dove i «burci» facevano la fila per scaricare granaglie e caricare farina. Rapidamente l'acqua cresceva e l'onda spingeva senza sforzo i battelli carichi lungo il canale Vingenzone, fino in laguna, senza chiuse da superare. Questo ha fatto di Battaglia Terme, che non esisteva prima del canale, un città industriale con l'insediamento di una cartiera e perfino della prima centrale elettrica;
a partire dal mese di maggio 2009 sono iniziati i lavori di «restauro conservativo» e di «opere che si inseriscono nel contesto territoriale locale con naturalezza», come recita il progetto presentato dal Genio Civile di Padova;
tali lavori di «restauro conservativo», secondo il Genio Civile, hanno comportato la necessità di prosciugare il canale. La causa più probabile del collasso sembra sia proprio dovuta alla mancanza della pressione dell'acqua che contribuiva a sorreggere il muro di contenimento. Inoltre, il muro crollato era privo di puntellamenti, nonostante lo scavo;

il progetto di sistemazione del canale, dal costo di due milioni di euro finanziati con fondi CIPE, è stato fortemente contestato per le sue modalità di intervento. Il 4 luglio 2009 alcuni consiglieri comunali, rivolgendosi al Sindaco del Comune di Battaglia Terme, alla Guardia Forestale, al Genio Civile, all'ente parco Colli Euganei e alla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici, hanno denunciato alcune anomalie rispetto alle modalità di intervento che erano state previste nel progetto di «restauro conservativo». In particolare, secondo quanto rilevato dai consiglieri comunali, diversamente dai lavori che erano stati originariamente autorizzati, il rivestimento dei muri di sponda doveva essere in calcestruzzo con mattoni in vista, per dare continuità con i muri esistenti in caso di minima piena; si doveva tener conto della navigabilità e dell'approdo dei natanti alle sponde invece sono stati realizzati spuntoni in calcestruzzo che saranno sommersi, dunque spaccheranno gli scafi; la sommità del muro laterale non doveva essere orizzontale per evitare sedimenti, invece lo è; il muro laterale non doveva misurare in sommità più di 25 centimetri di larghezza (invece ne misura più di 50) e alla base di 40 centimetri; la rampa di accesso all'alveo per i mezzi di lavoro doveva essere collocata a nord, invece è situata a sud, a 500 metri di distanza, bloccando una pista ciclabile; circa 5.000 metri cubi di fanghi dovevano essere avviati in discarica, mentre si è scoperto che circa 10.000 metri cubi di inerti non pericolosi sono stati utilizzati per la sistemazione dell'argine ovest; l'impresa esecutrice dei lavori si apprestava a cementificare una delle arcate del salto d'acqua, il cosiddetto «Arco di Mezzo», senza alcuna previsione di questo genere nel progetto -:
se i Ministri siano a conoscenza dei fatti sopra esposti; quali misure intendano porre in essere per salvaguardare un manufatto che riveste grande importanza storica per la città di Battaglia Terme; cosa intendano fare i Ministri interrogati per garantire la messa in sicurezza del canale e prevenire il rischio di ulteriori crolli che destano grande preoccupazione tra i cittadini di Battaglia Terme; quali misure di competenza intendano porre in essere per verificare l'effettiva rispondenza dei lavori eseguiti con il progetto originario al fine di perseguire concretamente la finalità di un restauro conservativo del canale Battaglia; cosa intendono fare per accertare le cause del grave episodio di crollo di un tratto di muro di contenimento del canale che si è verificato.
(4-04558)

REGUZZONI, PIROVANO, VANALLI, CONSIGLIO e LUSSANA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
in comune di Alzano Lombardo (provincia di Bergamo), è presente la frazione Olera, costituita da un borgo medievale tuttora non raggiungibile da strade carrabili, la cui fondazione risale all'anno mille;
la posizione panoramica tra le valli Seriana e Brembana, le caratteristiche architettoniche del borgo medievale, la presenza della bella Chiesa di San Bartolomeo rendono Olera un elemento originale e significativo della storia e della tradizione orobica e lombarda;
nella chiesa parrocchiale di Olera è custodito un importante polittico di Giovan Battista Cima da Conegliano, contenente una statua lignea raffigurante San Bartolomeo, patrono della parrocchia;
trova altresì sede ad Olera il Centro studi «Fra Tommaso Acerbis», un'associazione culturale che ha come scopo principale la divulgazione della vita, delle opere e, in generale, della figura di Fra Tommaso Acerbis, frate cappuccino, guida spirituale dell'arciduca Leopoldo V d'Austria e della moglie Claudia de' Medici, predicatore che svolse la sua opera caritatevole nel Veneto e nelle valli del Tirolo;
il comune di Alzano Lombardo, guidato dal sindaco Roberto Anelli, è attento ed attivo nel senso della riscoperta del

patrimonio storico, architettonico ed artistico e delle proprie tradizioni -:
quali iniziative il Ministero, eventualmente anche per il tramite della competente soprintendenza, intenda attuare ai fini di agevolare e sostenere il recupero e la valorizzazione dello straordinario bene costituito dal borgo di Olera, in comune di Alzano Lombardo (Bergamo).
(4-04563)

REGUZZONI e RIVOLTA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
in comune di Missaglia (provincia di Lecco) è presente il complesso architettonico denominato «Monastero di Santa Maria della Misericordia»;
il complesso architettonico originale risale al XV secolo e la tradizione attribuisce al frate beato Michele da Carcano di Lomazzo l'iniziativa della costruzione del convento, portato poi a termine da frate Francesco dei principi Trivulzio;
all'interno del complesso architettonico che anticamente ospitava il convento, si sviluppano il notevolissimo chiostro a pianta quadrangolare, locali e spazi utilizzati anche per l'organizzazione di eventi e concerti, i numerosi affreschi testimonianza eccezionale del quattro-cinquecento lombardo, la bellissima chiesa, notevoli opere pittoriche anche in fase di recupero;
il Monastero è oggi in fase di restauro ed è aperto al pubblico solo in determinate circostanze concomitanti con eventi, mostre o spettacoli appositamente organizzati;
esiste un'associazione «Amici del Monastero» presieduta dall'artista Aligi Sassu e cui aderiscono numerose personalità locali e nazionali;
il comune di Missaglia, guidato dal Sindaco Rosagnese Casiraghi, è attento ed attivo nel senso della riscoperta del patrimonio storico, architettonico ed artistico -:
quali iniziative il Ministro, eventualmente anche per il tramite della competente sovrintendenza, intenda attuare ai fini di agevolare e sostenere il completo recupero dello straordinario bene costituito dal Monastero di Santa Maria della Misericordia in Missaglia (Lecco).
(4-04565)

REGUZZONI e RIVOLTA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
in comune di Garlate (provincia di Lecco), è presente il Civico museo della seta Abegg, di proprietà dell'amministrazione comunale;
attualmente è in corso un importante intervento di restauro che riguarda l'intero complesso dell'ex setificio Abegg di Garlate, di cui il museo occupa l'ala ovest ed è posto in straordinaria posizione panoramica e strategica. L'intervento di restauro riguarda l'edificio a suo tempo donato dalla famiglia Abegg allo scopo di creare il primo museo della seta del Paese, edificio composto da quattro corpi di fabbrica disposti a quadrilatero per una superficie coperta di metri quadri 1200. L'edificio è caratterizzato da un ampio cortile interno un tempo utilizzato per il carico e lo scarico delle merci e l'intervento in progetto riguarda i corpi di fabbrica nord, sud e ovest. Il progetto prevede inoltre il risanamento delle parti edilizie in cattivo stato e dei manti di copertura, il tutto recuperando per quanto possibile i caratteri architettonici originali. A seguito dell'intervento in parola lo spazio espositivo museale sarà ampliato dagli attuali 400 metri quadri circa 900 metri quadri vi sarà un diverso percorso museale con un nuovo apparato didascalico concepito secondo i più moderni criteri della museologia e museografia, con un laboratorio didattico, una reception, una sala riunioni e video conferenze, una biblioteca specializzata dedicata alla lavorazione della seta e strettamente connessa con l'attività del museo, spazi ristoro e di deposito per la raccolta e conservazione del materiale non esposto;

il Civico museo della seta Abegg effettua un'importante attività di ricerca, coordinamento e studio dell'industria serica nel territorio lecchese durante l'Ottocento dal punto di vista storico, tecnico e storico-sociale. Nell'ambito di queste attività si sono create sinergie e momenti di cooperazione numerose istituzioni, tra le quali si citano: Civico museo setificio di Abbadia Lariana, Museo didattico della seta di Como, Museo del lino di Pescarolo ed Uniti, Museo del tessile di Busto Arsizio, Museo del tessuto di Prato, Museo nazionale della scienza e della tecnologia di Milano, Museo del patrimonio industriale di Bologna, Parco minerario e archeologico delle colline Metallifere Grossetane, Stazioni sperimentali della seta di Milano e di Padova, Fondazione Antonio Ratti di Como, Associazione Nema di Crespi d'Adda;
nella rimanente ala est dell'edificio in argomento, il parco Adda Nord successivamente all'acquisizione della stessa, realizzerà una struttura ricettiva per circa 25 posti letto destinata ad un turismo con attività didattiche strettamente connesse al museo, in particolare rivolto alla fascia studentesca e giovanile;
il «Civico museo della seta Abegg» rappresenta una importate peculiarità ed uno straordinario patrimonio documentale, fondamentale nel percorso del recupero della nostra storia e della tradizione industriale;
il comune di Garlate, guidato dal sindaco Maria Tammi, è attento ed attivo nel senso della riscoperta del patrimonio storico, architettonico ed artistico -:
se e quali iniziative il Ministero, eventualmente anche per il tramite della competente soprintendenza intenda attuare ai fini di agevolare e sostenere il completo recupero dello straordinario bene costituito dal Civico museo della seta Abegg in Garlate (Lecco).
(4-04568)

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DIFESA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

ZAZZERA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'Arsenale militare marittimo di Taranto è una struttura tecnico-logistica che ha l'importante compito di garantire la disponibilità e l'efficienza delle unità navali;
l'Arsenale rientra nell'area tecnica-industriale della Difesa e fornisce assistenza alle forze armate, alla marina mercantile, alla protezione civile ed interviene in caso di calamità naturali;
sul sito internet della marina si legge inoltre che «Affinché l'Arsenale possa conservare il proprio ruolo ed adeguarlo allo strumento navale previsto negli anni 2000, caratterizzato da una maggiore disponibilità delle Unità Navali e da una maggiore prontezza operativa, è necessario, quindi, un processo di aggiornamento/ammodernamento che consenta l'adeguamento dei mezzi e delle strutture alle tecnologie dei moderni apparati esistenti a bordo, e preveda la disponibilità delle necessarie professionalità per il personale dipendente, nel rispetto della legislazione sempre più precisa e vincolante atta a garantire la totale sicurezza sul lavoro alle maestranze impiegate»;
dalla stampa emerge che l'Arsenale sia al centro di una maxi inchiesta avviata i primi giorni di novembre 2005 e partita quasi per caso dalla denuncia di un operaio per mancato versamento dei contributi previdenziali;
le indagini riguardano ipotesi di reato quali truffa, ricettazione, turbativa d'asta relativi ad appalti e commesse concessi dalla direzione dell'Arsenale della marina militare di Taranto a imprese private per milioni di euro l'anno;
le ditte impegnate nelle commesse non avrebbero avuto strumenti e materiali

conformi ai requisiti richiesti né avrebbero rispettato le norme sulla sicurezza e l'igiene;
alcune imprese invece, pur avendo superato il controllo dell'ufficio qualità per le certificazioni cartacee, avrebbero sede legale in luoghi fatiscenti o dentro un bar, mentre altre ancora ne sarebbero addirittura prive;
la magistratura avrebbe indagato anche sull'occupazione abusiva di manufatti in zone demaniali e sull'alterazione arbitrale di manufatti demaniali dati in concessione. Da alcuni sopralluoghi sarebbero emersi fusti di amianto abbandonati e attività di sversamento di materiali utilizzati nelle lavorazioni direttamente nel mare;
dalle strutture miliari inoltre sarebbero stati fatti uscire materiali utilizzati poi da privati. Duemila chili di vernici ed altre sostanze sarebbero state rinvenute dentro una ditta a porta Napoli;
risulterebbero anche acquisizioni irregolari di certificazioni NATO da parte di imprese private accreditate presso l'Arsenale, le quali avrebbero così potuto aggiudicarsi le gare d'appalto in condizioni, di fatto, di monopolio. Addirittura imprese con sede in aperta campagna o con un solo dipendente avrebbero ottenuto la certificazione «Aqap 120» che consente l'accesso agli appalti NATO;
le imprese coinvolte nelle indagini risulterebbero inadempienti nei confronti della normativa sull'igiene e la sicurezza sul lavoro e avrebbero omesso retribuzioni e versamenti contribuivi;
dalla stampa emerge che diversi alti ufficiali e dirigenti civili siano stati messi sotto inchiesta per aver coperto responsabilità dei titolari di ditte dell'appalto dell'Arsenale, appropriatisi di materiali delle forze armate;
all'interrogante risulta che i vertici della Marina, avendo riscontrato gravi irregolarità amministrative da parte delle ditte, anziché sanare le inadempienze, abbiano eliminato il requisito del possesso delle certificazioni Aqap nelle gare per l'aggiudicazione di lavori sulle unità navali;
all'interrogante inoltre risulta che l'accordo di settore stipulato il 22 settembre 2009 e relativo agli appalti all'interno dell'Arsenale, non porti la firma del prefetto di Taranto, sebbene in un primo momento sia stato interessato alla vicenda;
inoltre sarebbero state pagate a caro prezzo ed utilizzate autogrù di imprese private anziché quelle militari, perfettamente funzionanti;
infine, si è registrato un sensibile calo di dipendenti statali nell'Arsenale: 2.780 nel 1999, 2.635 nel 2001, 2.328 nel 2003 e 2.067 nel 2005;
la stampa ha informato i cittadini sulla questione soltanto durante il periodo dello scoppio dell'inchiesta, ma da allora non è stato possibile acquisire elementi -:
se quanto riportato in premessa corrisponda al vero e in caso affermativo, se il Ministro non ritenga opportuno, per quanto di sua competenza, fornire all'opinione pubblica informazioni sulla corretta, efficiente e trasparente attività dell'Arsenale della marina militare di Taranto, struttura alla quale la nazione affida la sua sicurezza;
se siano state rispettate le disposizioni comunitarie e nazionali nell'accordo di settore stipulato il 22 settembre 2009 relativo agli appalti all'interno dell'Arsenale;
se il Ministro non ritenga opportuno adottare provvedimenti al fine di accertare le eventuali responsabilità di chi avrebbe dovuto garantire la sicurezza di un'area militare come l'Arsenale di Taranto.
(5-01955)

TESTO AGGIORNATO AL 16 MARZO 2011

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:

GARAGNANI e CARLUCCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la questione dei rischi e delle incongruenze relative all'utilizzo del tram denominato «Civis», che è già stata oggetto di precedenti atti di sindacato ispettivo presentati dall'interrogante, assume ulteriore rilievo anche alla luce degli approfondimenti recentemente disposti dalla procura della Repubblica di Bologna, che sulla vicenda ha incaricato due consulenti, i quali hanno tempo 90 giorni per studiare la situazione e riferire ai PM se l'appalto si sia svolto con tutte le carte in regola;
un'analisi è stata fatta insieme ad operatori e sindacati ATC che hanno provato e/o visto il mezzo, con il coinvolgimento di specialisti in salute nell'ambiente di lavoro. I rappresentanti dei lavoratori ATC hanno fortemente criticato il Civis perché altamente pericoloso in un utilizzo promiscuo come si vuole fare a Bologna, quindi si sono espressi contro il filobus che, così com'è, non garantisce in alcun modo la sicurezza dell'operatore, degli utenti e, in generale, di tutti i cittadini che circolano a vario titolo per la città;
grosse perplessità e preoccupazioni derivano dal posto di guida, senza alcun contatto con l'esterno (posto guida centrale), senza aria condizionata nel caso di funzionamento diesel (deviazione dovuta alla presenza di cantieri o incidenti lungo il percorso, guasti della linea d'alimentazione, eccetera), e con effetto serra dovuto all'ampia superficie finestrata del fronte;
nella situazione peggiore ci si potrebbe trovare con un lavoratore che guida a 35°C esterni (quindi internamente molto maggiore) entro l'abitacolo soggetto a effetto serra e senza la possibilità di prendere nemmeno aria dall'esterno, col rischio reale di collasso, svenimento e conseguente pericolo per i passeggeri e per gli utenti della strada;
se dopo qualche tentativo negli anni '50 '60, tutti i costruttori di mezzi che non transitano in sede propria e/o protetta hanno abbandonato la scelta della guida centrale, ciò sarà ben avvenuto per qualche motivo;
se dopo le rimostranze degli autisti ATC nel 2005 il costruttore del Civis ha abbandonato «la guida centrale» progettando e vendendo in Europa lo stesso mezzo, a parità di telaio e tecnologia, ma con guida a sinistra (e specchi retrovisori alti), ciò sarà ben avvenuto per qualche motivo. Non si comprende perché si voglia mantenere tale configurazione solo a Bologna. La risposta può essere solo che lo si vuole fare assomigliare ad un tram (il vecchio tram Vitali);
il posto guida completamente chiuso in mancanza di finestrini (non è così nemmeno per i locomotori dei treni) nella zona del conducente è fonte di stress di guida elevatissimo, in quanto ci si trova in presenza di un isolamento pressoché totale. Tale soluzione, inoltre, obbliga all'uso continuo, estate/inverno, dell'aria condizionata con possibili problemi di microclima e d'insorgere di allergie. Questo eccesso di chiusura risulta non agevole, se abbinato al mancato funzionamento della porta anteriore (sempre possibile per un banale guasto) in casi d'emergenza, come incendio e dispersione di corrente, diventando pericolosissimo in quanto non permette l'uscita del conducente che in servizio è l'unico che può operare sugli elementi della capistazione (aste) per la conseguente messa in sicurezza del filobus;
altre, ma non secondarie, perplessità sul posto guida derivano dal fatto della posizione di guida ribassata rispetto alla strumentazione che porta ad avere visibilità quasi nulla laterale e oltre i 2,5 metri nel senso di marcia. Tenendo conto del contesto dove questo mezzo s'intende far circolare (in sede promiscua e anche in centro storico, costruito per farci circolare

le carrozze coi cavalli al massimo) risulta evidente la pericolosità per la circolazione. Per aumentare la visibilità laterale, l'azienda costruttrice ha installato telecamere con monitor presso il posto di guida che, in realtà, non hanno portato i benefici pensati, anzi portano a distogliere l'attenzione da quanto si presenta davanti al veicolo. Tale problema sarà ancora maggiore in un utilizzo in sede promiscua come quello che s'intende fare in una città medioevale come Bologna;
la sicurezza per i passeggeri viene a mancare a partire dalle pensiline d'attesa, fino all'accostamento alle medesime del Civis. Le pensiline d'attesa sono rialzate di almeno 30 cm dal manto stradale, senza alcuna segnalazione tattile al calpestio dell'avvicinarsi del termine della stessa (come accade nelle metropolitane e in prossimità dei nuovi scivoli stradali), con grave pericolo di caduta per chi è distratto e per i non vedenti non accompagnati. Questo tipo di pensiline sono state realizzate in tutta la tratta via Genova, via Arno e via Firenze fino al capolinea dello stadio del baseball Gianni Falchi (un capolinea di una linea 27 Civis);
la pensilina d'attesa del progetto di Valencia (Spagna) è un po' più spaziosa, protettiva e accogliente di quelle bolognesi, dove fondamentalmente i passeggeri sono alla mercé delle intemperie e scarsamente protetti, come in via Marconi a causa di pensiline strette, lunghe e coperte per scarso tratto poste tra 2 corsie, quindi anche difficilmente raggiungibili da utenti in carrozzella. Per quello che concerne gli specchi retrovisori, si evidenzia che sono posti troppo in basso rendendoli estremamente pericolosi per chi attende il Civis alla fermata. Gli specchi retrovisori sono talmente bassi e sporgenti che rischiano di colpire gli utenti in attesa. È incredibile come anche sul manuale d'uso del conducente questo sia sottolineato, anche graficamente, implicando un'esaltazione del rischio professionale del conducente;
si riporta il capoverso del manuale: «Al fine di evitare che questi possano colpire i passeggeri, occorre accostarsi e ripartire dalla fermata con la massima attenzione moderando opportunamente la velocità senza esitare ad utilizzare le segnalazioni acustiche e luminose per avvisare gli astanti dell'arrivo e della partenza del veicolo.». Si immagini questa situazione per un non udente che volge le spalle al senso di marcia d'arrivo del Civis. E non solo: l'unico momento in cui la «guida vincolata» ha una sua funzionalità e spiegazione è proprio in fase di accostamento alle banchine, per permettere che il mezzo non disti più di 5 cm dalla stessa per consentire l'accesso a carrozzelle e a coloro che hanno problemi di ridotta capacità motoria. Nel baso, non improbabile e non così poco frequente, che ci sia qualsiasi tipo di ostacolo in prossimità della fermata, dovrà l'autista sostituirsi alla «guida vincolata» per scostarsi dalla pensilina, rendendo vano tutto il lavoro fatto, perché il mezzo non è dotato di pedana per diversamente abili. Difficoltà quindi per questi, ma anche per chi non ha alcun tipo di problema e si trova a dover «saltare» letteralmente sul filobus per non doversi trovare a fare un gradino di 30 cm (distanza tra l'asfalto e il piano di carico del Civis). Si sottolinea come alcuni incidenti, accaduti a Bologna, abbiano avuto gravi conseguenze, proprio per la presenza degli specchi in tale posizione. Anche la porta di salita anteriore del tipo rototraslante verso l'esterno tipicamente «extraurbana» crea problemi di apertura sporgendo esternamente (analogamente al problema dello specchio retrovisore destro), a maggior ragione in un servizio con accostamento automatico raso le fermate (problema emerso in tutta la sua gravità nella prova del 22 ottobre 2008 a San Lazzaro di Savena);
ma chi si chiede perché si debba usare il «Mostro Civis» a tutti i costi: una risposta su questo vero e proprio «accanimento» potrebbe essere che si sia succubi di qualche grossa lobby mondiale;
secondo il sito internet del gruppo Fiat: «Irisbus è uno dei principali costruttori europei nel settore del trasporto persone.

Oltre a detenere una posizione da leader in Europa, Irisbus sta progressivamente espandendo le proprie attività su scala mondiale. Un risultato ottenuto grazie ai continui investimenti in ricerca e sviluppo e alle tecnologie eccellenti applicate ai processi produttivi. La Società nasce nel gennaio 1999 dall'alleanza tra due grandi gruppi industriali e commerciali - Iveco e Renault V.I. - i quali decidono di riunire le loro attività nel campo del trasporto pubblico attraverso la fusione dei rispettivi settori autobus. Dall'inizio del 2003 l'Azienda è entrata a far parte al cento per cento del Gruppo Iveco. Irisbus offre una gamma completa di mezzi per il trasporto persone: veicoli da turismo, granturismo, di linea e scuolabus. Ogni anno commercializza circa diecimila unità in più di 40 Paesi. Il tratto distintivo che fa di Irisbus una Società di punta nel suo settore è la sperimentazione, condotta da anni in stretta collaborazione con gli operatori del trasporto pubblico, su nuovi combustibili e su nuove concezioni dei veicoli con particolare attenzione all'impatto ambientale, al comfort dei passeggeri e ai costi di esercizio.»;
un altro problema che si troveranno a gestire le future amministrazioni sarà la manutenzione e riparazione dei 49 filobus che non potrà essere frutto di gara d'appalto, in quanto solo un'azienda bolognese è concessionaria Irisbus e ha a disposizione il materiale e le conoscenze per la manutenzione e la riparazione. Ci si troverà in un sistema non di libero mercato, ma di monopolio -:
se non si intenda sospendere i finanziamenti governativi concessi in attesa della pronuncia della procura della Repubblica di Bologna e di valutazioni ulteriori sul progetto per i fatti nuovi sopravvenuti, che rendono difficili e aggravano le conseguenze per i cittadini.
(5-01943)

TESTO AGGIORNATO AL 16 MARZO 2011

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GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GARAGNANI e CARLUCCI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da varie notizie di stampa, e in particolare della stampa bolognese, del 23 settembre 2008, emerge la notizia del ruolo «anomalo e politico» del garante dei detenuti nominato dalla Giunta comunale di Bologna;
la politica tradizionalmente seguita da molti enti locali a maggioranza di Sinistra, come il Comune di Bologna, interferisce, secondo l'interpellante, con pregiudiziali ideologiche in settori della vita nazionale con la creazione di figure politicamente orientate a svuotare i contenuti della legislazione nazionale che non rientrano negli schemi della sinistra locale;
in questo contesto non può non destare preoccupazione il Coordinamento da poco Costituito tra i garanti di alcune città d'Italia, che potrebbe configurarsi come organismo parallelo agli organi di Stato di fatto destabilizzante rispetto all'attuale legislazione;
va poi considerato che il suddetto organismo, nel caso di Bologna, non osserva, secondo l'interpellante, un profilo rigorosamente istituzionale, posto che svolge l'attività, con personale e fondi del Comune, secondo l'interpellante, per scopi prevalentemente politici e propagandistici;
sembrerebbe, per quanto risulta all'interpellante, che l'attività del suddetto garante si sovrapponga in settori essenziali, quali la dimensione carceraria e la struttura dei CPT, ai compiti propri dei ministeri competenti -:
se non ritengano di dover svolgere un'attenta attività di monitoraggio sulla diffusione di organismi quali quelli indicati in premessa e circa l'effettiva possibilità per tali organismi di operare senza improprie sovrapposizioni e interferenze

con le competenze ministeriali riguardanti settori essenziali attinenti la dimensione carceraria e la struttura dei CPT;
se non ritengano, alla luce di tali verifiche, di promuovere iniziative normative volte a disciplinare la materia, salvaguardando le competenze ministeriali nei settori richiamati.
(5-01941)

GARAGNANI e CARLUCCI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 14 febbraio 2009 un cittadino tunisino si è reso responsabile di un episodio di violenza sessuale nei confronti di una giovane a Bologna;
al medesimo cittadino tunisino, dopo un periodo di carcere, era stata concessa la libertà, secondo l'interrogante, sulla base di motivazioni poco chiare e riguardo alle quali il Ministro ha già richiesto un'ispezione al Tribunale penale di Bologna;
tali avvenimenti lasciano assai perplesso l'interrogante in considerazione di un'eccessiva indulgenza dei magistrati bolognesi verso comportamenti lesivi del diritto dei cittadini al rispetto della legge e della propria identità;
tale clima di indulgenza e si affianca a quella che all'interrogante appare una contiguità politica di alcuni magistrati con le amministrazioni degli enti locali;
l'interrogante rammenta a questo proposito le esternazioni dell'ex Procuratore della Repubblica Di Nicola quando era in servizio e una serie di pronunciamenti di alcuni dei magistrati, che vanno dal sostegno al referendum sulla procreazione assistita (che l'interpellante aveva censurato nella XV legislatura con l'atto 2-00016), alla vicenda dell'offesa all'immagine della Madonna (di cui all'atto n. 2-00710 pubblicato nella XV legislatura);
ricorda altresì il mancato esercizio dell'azione penale (doverosa secondo l'interrogante) a fronte della condotta di molte scuole bolognesi nei primi tempi della Riforma Gelmini (episodi richiamati in atti a firma dell'interrogante pubblicati nella XVI legislatura tra i quali si ricordano gli atti n. 2-00213; 2-00184 e 4-01320);
rileva altresì come sia stata disposta l'incriminazione di un consigliere comunale della minoranza per avere, secondo quel che pare all'interrogante, fatto il suo dovere di fronte ad illegalità sulle quali è mancato il controllo della Giunta (atti pubblicati, a firma dell'interrogante, nella XV legislatura n. 2-00491 e n. 2-00498);
da ultimo, da notizie di stampa, si apprende che sia stato proprio un giudice del tribunale civile di Bologna a decidere, nel luglio scorso, di non rimpatriare il ventenne rumeno che ha recentemente confessato di aver violentato una giovanissima romana nel parco della Caffarella nonostante questi fosse stato arrestato due volte per rapina con lesioni e furto aggravato, denunciato per ricettazione e condannato a cinque mesi di carcere e nonostante il fatto che il prefetto di Roma ne avesse già disposto l'espulsione -:
se il Ministro intenda assumere, ove sussistano i presupposti di legge, iniziative ispettive con riferimento alle vicende sopra ricordate e se intenda comunicare le risultanze dell'ispezione concernente la vicenda della violenza sessuale richiamata in premessa.
(5-01946)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:

DELFINO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in data 8 ottobre 2009, espletata la procedura, dalla carta di imbarco, l'interrogante

ha avuto modo di verificare l'efficienza dei controlli per l'imbarco dell'Aeroporto di Roma/Fiumicino;
l'interrogante ha constatato che, davanti ad una significativa lunga fila di passeggeri in attesa di controllo, era operativa una sola linea di controllo, malgrado ci siano ben quattro linee;
l'interrogante ha iniziato la fila alle ore 14,20 e ha effettuato il controllo alle ore 15,05, perché finalmente alle ore 15,00 gli addetti aprivano una seconda linea di controllo;
diversi passeggeri esprimevano disagio e lamentele per la noncuranza dimostrata verso la lunga attesa patita;
l'interrogante ha ritenuto necessario, dopo aver espletato le operazioni di controllo, di qualificarsi al fine di poter ottenere alcuni chiarimenti dal personale in servizio;
alla precisa richiesta di poter conferire con il Capo Servizio responsabile, veniva accompagnato presso il vicino ufficio di Polizia aeroportuale dove segnalava il fatto e ribadiva la richiesta di colloquio con il responsabile del servizio di controllo;
la richiesta aveva esito negativo ed era impossibile ottenere ragguagli puntuali sulle responsabilità e sull'organizzazione;
ad avviso dell'interrogante è ingiustificata la situazione sopra richiamata tenuto conto della presenza di diversi operatori nel settore che avrebbero, ben più tempestivamente, potuto rispondere alla richiesta dei passeggeri -:
quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato in ordine alla vicenda rappresentata in premessa;
quali ragioni abbiano indotto gli operatori a non comunicare il nominativo del responsabile del servizio;
quali siano gli obblighi della società aeroportuale rispetto al servizio in questione e quale sia la normale organizzazione delle attività di controllo;
infine quali iniziative intenda adottare per garantire un servizio di controllo efficiente, rapido e rispettoso delle esigenze dei passeggeri.
(5-01928)

Interrogazione a risposta scritta:

CONTENTO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
all'interrogazione a risposta scritta n. 4-02502, presentata dall'odierno interrogante, è stata fornita risposta il 21 luglio 2009;
la predetta nota ministeriale evidenzia una discrasia tra quanto sostenuto da parte dell'amministrazione comunale di Erto e Casso (Pordenone) e quanto riferito dallo stesso dicastero interrogato;
quest'ultimo, infatti, invoca l'articolo 139 della legge n. 388 del 2000 ed elenca una serie di interventi pubblici eseguiti grazie alla citata disposizione;
il documento ispettivo riguardava, però, il mancato saldo degli oneri sostenuti da alcune famiglie della Cal Vajont per la ricostruzione delle case andate distrutte in occasione dell'omonimo disastro;
il Comune di Erto e Casso ha confermato che la vicenda è sottoposta alla normativa di cui alla legge n. 357 del 31 maggio 1964, così come successivamente modificata e integrata, e non già alle disposizioni della legge n.388 del 2000, concernente, invece, le provvidenze pubbliche;
la legge n. 357 del 1964 fa parte del più ampio pacchetto normativo emanato nell'immediatezza dalla tragedia e facente capo alla più nota legge n. 1457 del 4 novembre 1963;
la situazione sopra ricordata appare, infatti, particolarmente grave, se si pensa che gli edifici in parola risultano ultimati alla fine degli anni Ottanta e ribadendo che la questione riguarda le provvidenze

destinate ai privati in conseguenza degli interventi edilizi realizzati da questi ultimi-:
quante siano le famiglie della zona del Vajont interessate al mancato riconoscimento dei fondi di cui alla legge n. 351 del 1964 e a quanto ammontino complessivamente le provvidenze ancora da erogare;
se i contributi in questione vadano considerati ormai soggetti a perenzione amministrativa;
quali iniziative intenda assumere il ministro interrogato e secondo quale tempistica per addivenire ad una rapida soluzione del problema.
(4-04567)

TESTO AGGIORNATO AL 16 MARZO 2011

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INTERNO

Interrogazione a risposta orale:

MIGLIORI e CARLUCCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il giorno 11 ottobre 2009 a Pistoia si è verificata un'aggressione alla sede dell'Associazione di promozione sociale «Casapound»;
l'azione premeditata, con caschi, mazze e catene, ha provocato danni alla sede, con la distruzione della vetrata d'ingresso, dell'arredo e dei computer, nonché il ferimento di una persona;
a seguito delle indagini e dopo aver effettuato una perquisizione al locale centro sociale dei militanti di estrema sinistra, appartenenti al CARC (Comitato di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo), sono state portate in questura 12 persone per accertamenti, che hanno quindi determinato tre arresti ed otto denunce per lesioni, devastazione, saccheggio e violenza privata;
in serata un centinaio di persone, riconducibili ai centri sociali e al Carc si è radunato davanti alla Questura di Pistoia, in quello che l'interrogante considera una sorta di assedio, con slogan ed attivando un'azione intimidatoria verso le forze dell'ordine, che si sono trovate costrette a chiamare rinforzi dalle altre province, rimanendo bloccate fino alle prime ore del mattino;
ieri si sono registrati altri fatti gravi presso il comune di Livorno, con un corteo dei movimenti antagonisti per chiedere la scarcerazione delle persone arrestate dopo i gravi atti di Pistoia e con minacce ad un consigliere del PDL ed una breve rissa che ha costretto all'interruzione del consiglio comunale in corso -:
quali iniziative urgenti si intendano attuare per ripristinare in Toscana un clima di ordine, legalità e pacifica convivenza, visto l'aumento del verificarsi di azioni intimidatorie e di eventi che appaiano tesi a limitare la libertà di espressione politica, in chiaro contrasto con i principi e le norme del mostro ordinamento.
(3-00712)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GARAGNANI e CARLUCCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
si fa riferimento all'ennesimo atto di grave intolleranza avvenuto all'Hotel Europa a Bologna il 25 marzo dove un gruppo firmatosi «virus intestinale antifascista» ha imbrattato muri, lampadari e pavimenti dell'albergo con escrementi;
tale increscioso episodio segue l'attentato alla sede della Lega e dimostra quanto siano gravi i rischi «eversivi» a Bologna e la necessità di un controllo sistematico del territorio da parte delle Forze dell'ordine per arginare ogni forma di violenza ed intolleranza;
Bologna è, secondo l'interrogante, ridiventata il centro di un'eversione politica estremamente ramificata che spazia dall'appoggio all'estremismo islamico alla violenza

contro partiti e cose del centro-destra e comunque non accetta le regole di una convivenza democratica;
l'interrogante, pur senza fare processi alle intenzioni, di fronte al ripetersi di fatti di violenza, teme possa esservi una regia occulta di quanto sta accadendo a Bologna -:
se intenda prevedere il rafforzamento, pur in presenza di oggettive difficoltà, degli organici delle Forze dell'ordine, e di quali elementi disponga circa l'esistenza di legami fra qualche rappresentante dell'estrema sinistra presente nelle istituzioni e settori della eversione, problematica più che mai attuale.
(5-01944)

GARAGNANI e CARLUCCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la Procura della Repubblica di Bologna ha archiviato sulla base di un'informativa della Digos, stando a quanto riportato dai quotidiani locali (Carlino, Corriere, Repubblica), raccogliendo elementi anche presso la locale questura, il fascicolo concernente la manifestazione promossa sabato 3 gennaio 2008 da settori della sinistra e dell'estremismo mussulmano per le vittime di Gaza che è sfociata nella distruzione di bandiere dello Stato di Israele e nella preghiera rivolta verso la Mecca, in piazza Maggiore davanti la Basilica di San Petronio, fatto quest'ultimo avvenuto senza il preavviso di tre giorni previsto dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza;
l'interrogante rileva per l'ennesima volta l'anomalia di provvedimenti giudiziari che vanificano la certezza del diritto di fronte a comportamenti oggettivamente illeciti che ingenerano sfiducia nell'opinione pubblica verso l'operato della magistratura -:
se il Governo intenda, pur nella comprensione della difficile situazione in cui si trova ad operare l'autorità preposta alla sicurezza dei cittadini, sicurezza che deve essere però tutelata con la rigorosa applicazione della legge nei confronti di chi delinque, verificare il comportamento della questura di Bologna ad avviso dell'interrogante stranamente tollerante in questa vicenda;
se siano stati prodotti presso il Ministero elementi informativi da parte della competente autorità di pubblica sicurezza.
(5-01948)

ZAZZERA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 21 della nostra Costituzione al primo comma recita «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.»;
il 2 ottobre 2009 è stata approvata la legge di conversione del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103, recante disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009, al cui interno è contenuto il cosiddetto «scudo fiscale», finalizzato al rientro agevolato dei capitali esportati all'estero;
il dibattito e l'approvazione del suddetto provvedimento hanno suscitato forti e accese polemiche nelle istituzioni e nelle piazze del nostro Paese, come riportato dagli organi della stampa;
da un video diffuso in Internet risulta che il 1o ottobre 2009, un gruppo di giovani, in occasione della visita del Capo dello Stato ad Altamura (Bari), ha esposto uno striscione e distribuito volantini contro la misura dello scudo fiscale;
non appena esposto lo striscione i ragazzi sono stati avvicinati da un uomo in giacca e cravatta identificatosi come vice-questore di Bari, da una donna con il distintivo non identificatasi e da un poliziotto in borghese;
immediatamente i rappresentanti delle Forze dell'ordine hanno strappato lo

striscione dalle mani dei ragazzi e gli hanno tolto anche il megafono che ancora non avevano usato;
il vicequestore ha anche tentato di togliere la telecamera ad un ragazzo estraneo al gruppetto, che stava riprendendo la scena nella pubblica piazza;
risulta, inoltre, che i rappresentanti delle forze dell'ordine abbiano chiesto ai ragazzi i loro documenti senza registrarne le generalità, li abbiano apostrofati alzando i toni, rivolgendo loro parole ai limiti dell'intimidazione, senza però riuscire a suscitare reazioni violente in loro che, da quanto si evince, si sono difesi limitandosi a pretendere l'esercizio del diritto di opinione, nel rispetto del principio democratico;
i giovani sarebbero stati addirittura piantonati da tre uomini, mentre il vicequestore e la donna si sarebbero poi allontanati con lo striscione, i volantini e il megafono dichiarando di restituire il tutto in un secondo momento;
sembra, infine, che non sia stato redatto alcun verbale di sequestro;
ad avviso dell'interrogante, il fatto riportato dal citato filmato è lesivo dell'articolo 21 della Costituzione ed il comportamento delle forze dell'ordine non si giustifica neppure in caso di manifestazione non autorizzata -:
se corrispondano al vero i fatti riportati in premessa e, in caso affermativo, se il Ministro interrogato non ritenga di chiarire i motivi che hanno legittimato la persona qualificatasi vice questore di Bari e le Forze dell'ordine ad impedire a pacifici cittadini di fare riprese con una telecamera ed a sequestrare loro materiale dimostrativo non lesivo, né offensivo né politico, attinente ad un provvedimento di interesse nazionale;
se gli atteggiamenti dei rappresentanti delle Forze dell'ordine nei confronti di cittadini pacifici corrispondano a quanto consentito dalla legge e se siano state rispettate ed espletate tutte le formalità richieste in materia;
se non ritenga di far piena luce sui fatti, i quali, ove accertato che corrispondano al vero, appaiono, ad avviso dell'interrogante, un abuso perpetrato nei confronti di cittadini in violazione dei diritti di cui all'articolo 21 della Costituzione.
(5-01960)

Interrogazioni a risposta scritta:

SBAI e CARLUCCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009, recante provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali stabilisce all'articolo 1-ter: Dichiarazione di attività di assistenza e di sostegno alle famiglie. 1. Le disposizioni del presente articolo si applicano ai datori di lavoro italiani o cittadini di uno Stato membro dell'Unione europea, ovvero ai datori di lavoro extracomunitari in possesso del titolo di soggiorno previsto dall'articolo 9 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, che alla data del 30 giugno 2009 occupavano irregolarmente alle proprie dipendenze, da almeno tre mesi, lavoratori italiani o cittadini di uno Stato membro dell'Unione europea, ovvero lavoratori extracomunitari, comunque presenti nel territorio nazionale, e continuano ad occuparli alla data di presentazione della dichiarazione di cui al comma 2, adibendoli: a) ad attività di assistenza per se stesso o per componenti della propria famiglia, ancorché non conviventi, affetti da patologie o handicap che ne limitino l'autosufficienza; b) ovvero al lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare;
il secondo comma di detto articolo dispone che: «I datori di lavoro di cui al comma 1 possono dichiarare, dal 1o al 30 settembre 2009, la sussistenza del rapporto

di lavoro: a) all'istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) per il lavoratore italiano o per il cittadino di uno Stato membro dell'Unione europea, mediante apposito modulo; b) allo sportello unico per l'immigrazione, di cui all'articolo 22 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, per il lavoratore extracomunitario, mediante l'apposita dichiarazione di cui al comma 4». Il 3° comma dispone che: «La dichiarazione di emersione di cui al comma 2 è presentata previo pagamento di un contributo forfetario di 500 euro per ciascun lavoratore. Il contributo non è deducibile ai fini dell'imposta sul reddito» ed il 4o comma prevede che: «La dichiarazione di cui al comma 2, lettera b), è presentata, con modalità informatiche, nel termine di cui al medesimo comma e contiene, a pena di inammissibilità l'indicazione dei requisiti e la presentazione di documenti lì elencati»;
in pratica, detta disposizione dispone adempimenti ben precisi per i datori di lavoro con riferimento ai contratti scaduti recentemente: la domanda si invia dal 1o al 30 settembre 2009 all'Inps per il lavoratore italiano e per il cittadino Ue o allo sportello unico per l'immigrazione per il lavoratore extracomunitario, la dichiarazione di emersione si presenta previo pagamento di un contributo forfetario di 500 euro per ogni lavoratore. Contributo che non è deducibile ai fini dell'imposta sul reddito. La dichiarazione da presentare, con modalità informatiche, allo sportello unico per l'immigrazione per i lavoratori extra Ue deve contenere i dati identificativi del datore di lavoro, compresi i dati relativi al titolo di soggiorno, se il datore di lavoro è extracomunitario. Oltre a questo, si devono indicare le generalità e la nazionalità del lavoratore extracomunitario occupato al quale si riferisce la dichiarazione, gli estremi del passaporto o di un altro documento equipollente. valido per l'espatrio. Per l'assunzione delle colf (ma non per le badanti) è necessario, poi, indicare tipologia e modalità di impiego, oltre all'attestazione da parte del datore di lavoro del possesso di un reddito imponibile non inferiore a 20 mila euro annui, in caso di famiglia con un solo percettore di reddito, o di almeno 25 mila euro in caso il nucleo sia composto da più soggetti conviventi percettori di reddito. Per le badanti, è stata approvata una modifica: la regolarizzazione può essere fatta anche da un componente della famiglia non convivente con la persona non autosufficiente per la quale si rende necessaria l'assistenza di questa figura. È necessario allegare l'attestazione dell'occupazione del lavoratore per il periodo previsto dalla sanatoria, la dichiarazione della retribuzione convenuta (non inferiore a quella prevista dal contratto collettivo nazionale di lavoro) e, in caso di lavoro domestico, l'orario lavorativo a tempo pieno o a tempo parziale non inferiore a 20 ore settimanali. E, ancora, la proposta di contratto di soggiorno, gli estremi della ricevuta di pagamento del contributo forfetario;
si pone come limite che, nell'assunzione di lavoratori extra Ue: ogni nucleo familiare può regolarizzare una colf per il lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare e due badanti per le attività di assistenza a persone affette da patologie o handicap che ne limitano l'autosufficienza (in questi caso il datore deve produrre una certificazione della struttura sanitaria pubblica o del medico convenzionato con il SSN che attesti la limitazione dell'autosufficienza della persona per la quale viene chiesta l'assistenza, attestando eventualmente anche la necessità della presenza di due persone per l'assistenza);
come si è visto, la dichiarazione di emersione contiene requisiti ben specifici a pena di inammissibilità: è stata difatti firmata un'apposita intesa dal Governo e dal Presidente dell'ANCI, sull'attività di collaborazione ed assistenza che i comuni forniranno ai cittadini interessati alle procedure telematiche per l'emersione dal lavoro irregolare;
sono state, altresì, emanate, per le dichiarazioni di emersione, alcune direttive, comprese le sanzioni in caso di false

dichiarazioni o attestazioni ovvero di concorso nel fatto, ovvero attraverso la contraffazione o l'alterazione di documenti, in appositi atti: circolare interministeriale (Ministero dell'interno e Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali) n. 10/2009 del 7 agosto 2009; Circolare INPS del 10 agosto 2009 n. 101, che sancisce che il procedimento, oltre a regolarizzare la posizione del lavoratore domestico, realizza anche l'adempimento degli obblighi previdenziali, con riferimento al 2o trimestre 2009 e dispone per i periodi antecedenti il 1o aprile 2009 e successivi al 30 giugno 2009, dopo la definizione dell'emersione; Risoluzione dell'Agenzia delle entrate dell'11 agosto 2009;
in pratica, la procedura di sanatoria è stata disposta per regolarizzare la posizione di detti lavoratori extracomunitari che prestano assistenza a domicilio con utili funzioni di supporto alle famiglie ed alle donne lavoratrici, altrimenti gravate da obblighi di cura per gli anziani o per i familiari portatori di handicap, nonché con ricadute positive sul bilancio pubblico in quanto si evita il ricorso alle pubbliche strutture e detta materia è stata puntualmente definita con le predette procedure d'indirizzo del Governo ed Enti preposti ma tuttavia, alla scadenza fissata, i dati pervenuti al Ministero dell'interno rivelano che le adesioni sono state molto inferiori alle previsioni del welfare (circa 230 mila domande);
vari possono essere stati gli elementi deterrenti, nonostante l'alta affluenza agli sportelli per le richieste di informazioni, forse il divieto di cumulo di ore lavorate per le colf, il tetto minimo di impiego settimanale, le fasce di reddito del datore di lavoro interessato e cumulative del suo nucleo familiare, l'una tantum di 500 euro, la sanzionabilità legata al lavoro irregolare. Questi elementi, uniti al turn over che caratterizza queste categorie di lavoratori, spesso non continuativamente impiegate a lungo nella stessa famiglia, essendo per esse mestiere di «primo ingresso» per ottenere il sospirato permesso di soggiorno, non hanno con molta probabilità fatto funzionare appieno il meccanismo previsto dal legislatore e a termini scaduti, si presume che la situazione della irregolarità permanga in larga parte;
occorrerebbe perciò, effettuare un intervento normativo per prorogare il termine di ulteriori mesi (fino a 3 mesi) per consentire ai datori di lavoro interessati di regolarizzare i lavoratori impegnati in attività di assistenza o di lavoro domestico, presentando la dichiarazione di emersione, onde favorire la regolarizzazione di tali lavoratori con funzioni socialmente utili ed in linea con l'intervento del Governo in diversi campi per combattere l'irregolarità e la clandestinità -:
quali iniziative normative il Governo intenda intraprendere per prorogare il termine, oltre il 30 settembre 2009, di cui alla legge 3 agosto 2009, n. 102, articolo 1-ter «Dichiarazione di attività di assistenza e di sostegno alle famiglie» per la regolarizzazione di colf e badanti, vista la scarsità di domande pervenute, nei termini fissati, rispetto alle stime ipotizzabili, per consentire ai datori di lavoro interessati, che non l'abbiano ancora fatto per diversi motivi, di avere un'ulteriore opportunità per regolarizzare i lavoratori impegnati in attività di assistenza ad anziani o congiunti disabili o di lavoro domestico, presentando la dichiarazione di emersione, onde favorire la messa a regime di tali lavoratori con funzioni socialmente utili ed in linea con l'intervento del Governo in diversi campi per combattere l'irregolarità e la clandestinità e nella politica sociale a favore delle famiglie.
(4-04549)

LO MORO, GARAVINI, AMICI, GIOVANELLI, MINNITI e OLIVERIO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
Nardodipace è un piccolo Comune calabrese della provincia di Vibo Valentia che gli istituti di ricerca, per lungo tempo, hanno indicato come il comune più povero d'Italia;

detto comune si trova inserito nel contesto territoriale delle Serre vibonesi che è martoriato dalla presenza di cosche della 'ndrangheta che controllano appalti e attività economiche e praticano estorsioni, danneggiamenti, furti e omicidi;
nel settembre 2008 il prefetto di Vibo Valentia, dottor Ennio Mario Sodano, ha avviato, d'intesa con il Ministero dell'interno, la procedura d'accesso in tre Comuni del Vibonese: S. Onofrio, Fabrizia e Nardodipace, tutti sospettati di infiltrazioni mafiose;
le commissioni di accesso insediate nei tre comuni hanno ultimato i loro lavori e il prefetto di Vibo Valentia ha trasmesso le relative relazioni al Viminale;
in data 8 gennaio 2009 è stato sciolto il consiglio comunale di Sant'Onofrio e in data 27 luglio 2009 quello di Fabrizia, mentre, alla data odierna, a distanza di oltre un anno dall'insediamento della Commissione d'accesso, nessun provvedimento è stato assunto per il Comune di Nardodipace;
l'attività di accesso in detto comune era stata disposta a seguito di una attività di indagine della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro che aveva sollevato «sospetti di condizionamento mafioso» sull'amministrazione comunale eletta nella tornata elettorale del 27 e 28 maggio 2007;
la Commissione, insediatasi nel settembre 2008, ha avviato i suoi lavori scaduti i 90 giorni di tempo vi è stata una proroga di ulteriori 90 giorni. Alla scadenza dei termini la commissione, come riportato dalla stampa locale, ha rassegnato la relazione al prefetto di Vibo il quale, a sua volta, ha inviato al Ministero dell'interno una «inclemente relazione» con la richiesta di scioglimento del consiglio comunale dei Nardodipace per infiltrazioni mafiose;
le verifiche, secondo notizie giornalistiche, mai smentite, si sono concentrate su pratiche adottate dall'amministrazione in carica «ma anche sui profili di alcune figure gravitanti nel palazzo comunale». Al centro della verifica, la figura del Sindaco, Romano Loielo, ex finanziere, incappato in una serie di incidenti disciplinari a causa di «particolari» frequentazioni per «fini politici»;
più volte i giornali regionali hanno dato come imminente il decreto di scioglimento del Consiglio comunale di Nardodipace;
è evidente che tale situazione, in cui si registra un silenzio per gli interroganti, inspiegabile, del Ministero dell'interno, crea disagi notevoli nella comunità che avrebbe bisogno di capire e di avvertire la presenza dello Stato;
la vicenda del comune di Fondi che ha visto assumere al Ministro dell'interno posizioni non condivise dal Consiglio dei ministri aggiunge elementi di tensione ad una situazione precaria che dura da troppo tempo, considerato che, ove - come pare - fossero sussistenti i motivi che hanno determinato l'accesso, un'amministrazione infiltrata, in carica da oltre due anni, starebbe gestendo la cosa pubblica con una prefettura e un ministero consapevoli, ai danni di una comunità impotente ed inerme -:
quali siano i motivi per i quali, ad oggi, non è stato assunto alcun provvedimento conclusivo della procedura di accesso avviata nel settembre 2008 a carico del comune di Nardodipace;
quali siano i motivi per i quali, sussistendone i presupposti, non è stato emesso il provvedimento di scioglimento per infiltrazioni mafiose del consiglio comunale di Nardodipace.
(4-04557)

PIONATI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
piazza Mancini in Roma è divenuto uno snodo importante per le comunicazioni urbane della Capitale;

alla piazza è annesso un parco pubblico, ove dalla mattina alla sera bivaccano sbandati senza fissa dimora ed in preda ai fumi dell'alcol;
al giovedì, al sabato ed alla domenica vi è proprio un ristorante all'aperto dove vengono cucinate e somministrate bevande, senza alcuna prevenzione sanitaria;
questo commercio di genere alimentari e di sostanze alcoliche avviene senza alcuna autorizzazione e senza la regolare emissione degli scontrini fiscali;
la popolazione del luogo ed in particolare i pensionati e gli anziani si sono da anni inutilmente lamentati di non poter più usufruire del parco in abbandono, con panchine divelte, cocci di bottiglie di birra e siringhe usate -:
quali iniziative urgenti intendano porre in essere per far fronte a questa emergenza che ha investito la piazza Mancini in Roma ed assicurare alla popolazione residente adeguata protezione ed una riappropriazione dell'uso del parco.
(4-04561)

TESTO AGGIORNATO AL 23 MARZO 2011

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

CENTEMERO e APREA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa è emerso che studenti provenienti da Paesi dell'Unione europea ed iscritti presso tali Paesi al primo anno delle facoltà di medicina e chirurgia non hanno avuto la possibilità di iscriversi in Italia agli anni successivi delle facoltà medesime -:
quali siano gli elementi a disposizione del Ministro interrogato in ordine alla questione rappresentata in premessa e, ove essa sia fondata, se e quali iniziative, nel rispetto dell'autonomia universitaria, intenda assumere, anche al fine di assicurare uniformità di trattamento agli studenti - italiani o di altri Paesi dell'Unione europea - che si trovino nelle condizioni sopra ricordate.
(5-01929)

GARAGNANI e CARLUCCI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
per le insegnanti della scuola Longhena di Bologna che hanno pesantemente criticato la riforma Gelmini assegnando un dieci in pagella a tutti gli alunni nel primo quadrimestre il dirigente scolastico provinciale, che ha chiuso il caso, ha deciso le seguenti sanzioni: censura per le tre insegnanti che hanno anche organizzato un incontro sul ritorno al voto e richiamo scritto per altri 24 insegnanti;
l'ispettore inviato aveva ipotizzato per le medesime un trasferimento per incompatibilità ambientale e comunque ipotesi sanzionatorie più gravi mentre il dirigente scolastico provinciale ha ritenuto di non applicare sanzioni bensì solo provvedimenti disciplinari;
l'interpellante ritiene, a suo modo di vedere, i provvedimenti disciplinari comminati assolutamente deboli e improntati ad un «buonismo» d'altri tempi e alla volontà quieta non movere, che caratterizza da troppo tempo l'establishment della scuola italiana preoccupata, ad avviso dell'interpellante, di non alterare gli equilibri politici consolidati nel tempo e comunque di cattivo esempio per gli alunni che devono imparare fin da piccoli il rispetto delle leggi e per quegli insegnanti, e ce ne sono, che si sono dimostrati sempre rispettosi della legge -:
se non sia il caso di promuovere una riforma dell'attuale normativa che lascia una certa libertà di azione ai dirigenti scolastici provinciali nell'irrogare sanzioni precise e determinate per singole violazioni della legislazione scolastica, prevedendo pure, nel caso di inottemperanza o di applicazione ostruzionistica da parte di chi la deve applicare, pene accessorie;

quali interventi intenda porre in essere anche in considerazione delle dichiarazioni fatte recentemente in proposito dal Ministro Gelmini e dal sottosegretario di Stato onorevole Pizza, facendosi interprete dello sconcerto dell'opinione pubblica di fronte al caso specifico e alle lievi sanzioni.
(5-01934)

GARAGNANI e APREA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
si richiama un precedente atto di sindacato ispettivo concernente l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole di ogni ordine e grado situate nel territorio nazionale (n. 5-00207) e si prende spunto dalle polemiche scoppiate a Bologna per effetto della collocazione dell'ora di religione negli orari più scomodi del quadro orario (la sistematica collocazione all'inizio o alla fine delle lezioni, caso che riguarda in particolare il liceo scientifico Fermi), quasi che questa materia fosse la «cenerentola» delle discipline;
a tale riguardo, non possono essere considerate valide le argomentazioni di quei presidi che non avendo fondi per attività alternative assegnano alla religione la prima o l'ultima ora;
inoltre, in un momento di crisi culturale determinata dall'afflusso indiscriminato di immigrati di etnie e religioni diverse da quella tradizionale dal popolo italiano, appare necessario tenere ben presente, nell'ovvio rispetto della Costituzione e dei principi di uguaglianza di tutti i cittadini, che la tradizione culturale giudaico-cristiana è parte essenziale della nostra identità e che in questo contesto si situa l'insegnamento della religione cattolica che a maggior ragione deve essere considerato essenziale non solo dal punto di vista spirituale ma anche da quello culturale per la formazione delle giovani generazioni -:
se non ritenga necessario assumere iniziative normative ed amministrative volte a chiarire senz'ombra di dubbio che:
a) l'insegnamento della religione deve essere considerato in modo inequivocabile come quello della religione cattolica, apostolica, romana, non già come generico insegnamento di storia delle religioni o cultura generale, e deve essere equiparato a tutti gli effetti alle altre discipline che fanno parte del curriculum scolastico;
b) i dirigenti scolastici sono tenuti ad applicare questa normativa evitando interferenze nelle scelte delle famiglie o degli studenti e soprattutto evitando la penalizzazione di coloro che hanno scelto il suddetto insegnamento per favorire chi ha optato per insegnamenti alternativi.
(5-01935)

GARAGNANI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
all'Università di Bologna, come risulta da un articolo apparso sul giornale on line «Universitas» si è venuta a creare una situazione grave per quanto concerne la procedura di nomina del nuovo direttore amministrativo, la cui attività è fondamentale per il governo dell'Ateneo;
dopo la decisione assunta dal Consiglio di amministrazione il 24 luglio 2009, su proposta del rettore Calzolari, di sospendere la procedura di nomina del direttore amministrativo (che dovrebbe prendere servizio dal 1o ottobre 2009), ad avviso dell'interrogante, si è configurata una irregolarità dal punto di vista procedurale e un danno dal punto di vista sia organizzativo-gestionale dell'Ateneo che economico. Infatti, il 30 settembre 2008, il Consiglio di amministrazione autorizzò il rettore ad emanare il bando per l'incarico di direttore amministrativo e il 17 marzo 2009, il Consiglio di amministrazione deliberò a maggioranza la composizione della commissione, proposta dal rettore e da lui stesso presieduta, che avrebbe dovuto valutare i candidati;
inoltre, veniva stabilito che al termine dell'iter istruttorio ad opera della commissione,

il nominativo da sottoporre all'approvazione del Consiglio di amministrazione sarebbe stato proposto dal rettore in carica dopo aver «consultato» il rettore neo eletto al fine di garantire il necessario rapporto fiduciario tra rettore e direttore amministrativo;
al bando risposero 47 candidati e la commissione concluse i lavori ai primi di luglio 2009 individuando quattro candidati idonei a ricoprire l'incarico di direttore amministrativo. Ciò nonostante il rettore nella seduta del Consiglio di amministrazione del 24 luglio 2009, in cui riferì al Consiglio di amministrazione quanto dichiarato dal rettore neo eletto, professor Ivano Dionigi, (cioè di «non avere elementi sufficienti per discutere della rosa dei quattro candidati selezionati dalla commissione»), comunicò di non essere in grado di proporre un candidato da sottoporre all'approvazione del Consiglio di amministrazione interrompendo così la procedura di nomina iniziata nel 2008 con l'emanazione del bando di selezione;
pertanto, la nomina del nuovo direttore amministrativo è stata rinviata a dopo l'insediamento del nuovo rettore (che avrà luogo il 1o novembre 2009), il quale potrebbe non condividere la procedura messa in atto per la selezione e quindi le conclusioni della commissione;
ad avviso dell'interrogante potrebbe configurarsi un danno erariale poiché la procedura di selezione ha comportato un impegno economico per l'Ateneo;
a tutto ciò si aggiunge un fatto grave, cioè la delegittimazione del Consiglio di amministrazione che in tutta la procedura ha avuto un ruolo marginale, quando invece è il solo organo competente a deliberare l'attribuzione di incarichi dirigenziali;
sostanzialmente, il rettore in carica ha subordinato l'azione del Consiglio di amministrazione alla non decisione del rettore neo eletto (non ancora peraltro subentrato nella carica) bloccando così la procedura di nomina del nuovo direttore amministrativo, carica che dovrà pertanto essere affidata pro tempore ad un dirigente dell'Ateneo poiché l'attuale direttore cesserà dall'incarico il 30 settembre 2009;
secondo l'interrogante il rettore, sentito quanto dichiarato dal professor Dionigi (come previsto dalla delibera del Consiglio di amministrazione del 30 settembre 2008), avrebbe dovuto proporre lui stesso al Consiglio di amministrazione il nome di un candidato per l'incarico di direttore amministrativo, essendo l'organo deputato a deliberare la nomina;
quindi, non avendolo fatto, ritengo che il rettore sia venuto meno ad un suo dovere;
nella seduta del Consiglio di amministrazione del 15 settembre 2009, su proposta del rettore che ha consultato il neo eletto Rettore, è stato affidato l'incarico di direttore amministrativo per il bimestre ottobre-novembre alla dottoressa Falsetti che già ricopriva il ruolo di vice direttore. Resta inspiegabile perché il nuovo rettore non abbia ritenuto opportuno estendere l'incarico fino al 31 dicembre 2009, cioè a bilancio preventivo approvato -:
se il Ministro abbia acquisito o intenda acquisire elementi informativi sulla vicenda rappresentata in premessa ed, in particolare, se, vista a parere dell'interrogante la natura sostanzialmente regolamentare delle deliberazioni ricordate in premessa, queste ultime siano state trasmesse al Ministro interrogato ai sensi dell'articolo 6, commi 9 e 10, della legge n. 168 del 1989;
di quali ulteriori elementi disponga il Ministro in relazione a quanto rappresentato in premessa e se, per il futuro, non ritenga opportuno avvalersi dei poteri di cui all'articolo 6, commi 9 e 10, della legge n. 168 del 1989, per assicurare che le procedure previste dagli statuti e dai regolamenti dell'Università per la nomina dei direttori amministrativi siano improntate a princìpi di efficienza ed economicità.
(5-01936)

GARAGNANI e MAZZUCA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in merito alla situazione della scuola in provincia di Bologna e in Emilia Romagna, va segnalato il «ruolo anomalo» della regione e degli enti locali che, in coincidenza con l'inizio dell'anno scolastico, stanno attuando, ad avviso dell'interrogante, una politica di «vera e propria aggressione» al Governo, coinvolgendo le istituzioni scolastiche, invadendone in parte la sfera di competenza e condizionandone pesantemente l'attività per finalità estranee alla gestione ordinaria della scuola, con conseguenze particolarmente negative su famiglie e studenti, che si vedono esposti a dispute «politiche» non strettamente attinenti all'attività di insegnamento;
nel richiamare i precedenti atti di sindacato ispettivo, l'interrogante ritiene opportuno evidenziare le segnalazioni giunte attraverso il «telefono verità» messo a disposizione di famiglie e docenti, i quali, temendo ritorsioni sul proprio percorso scolastico, evitano di rivolgersi alle autorità scolastiche competenti, a testimonianza di un clima di esasperata tensione, che ovviamente non riguarda tutti i docenti e dirigenti ma la parte più politicizzata e legata ai partiti di sinistra, clima che non può essere tollerato in quanto mette a repentaglio la libertà di educazione ed i principi fondamentali garantiti dalla Carta costituzionale;
il Ministro interrogato ha recentemente sottolineato che la scuola non è il luogo deputato a svolgere attività politica da parte del personale dirigente e docente -:
quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato in ordine a quanto rappresentato in premessa e quali iniziative il Governo intenda assumere per garantire il sereno svolgimento dell'attività scolastica a Bologna e in Emilia-Romagna e per evitare fenomeni di impropria politicizzazione della scuola.
(5-01937)

GARAGNANI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
negli istituti scolastici locali di Bologna e dell'Emilia-Romagna, da sempre ed in particolare in questo momento in cui si dà attuazione ai provvedimenti del Governo e del Ministro Gelmini, la pressione congiunta di esponenti del PD, degli enti locali e di una frangia particolarmente ideologizzata di docenti e dirigenti, sta rendendo invivibile il clima all'interno della scuola, determinando, ad avviso dell'interrogante, tensioni e un'atmosfera di «terrorismo culturale» che non arretra nemmeno di fronte alla reazione di quei docenti e genitori che non si riconoscono nel «verbo» della sinistra;
di recente il caso Turci, già segnalato dall'interrogante in precedenti atti di sindacati ispettivo, e le reazioni che appaiono all'interrogante scomposte e aggressive del sindaco e degli assessori di Bologna nonché del locale responsabile del PD nei confronti dell'atteggiamento corretto ed istituzionale del direttore scolastico regionale sono la spia di un disagio generale che evidenzia la volontà egemonica della sinistra e la sua intenzione di mantenere un controllo ferreo sulla scuola bolognese, ponendosi, secondo l'interrogante, in contrasto con gli elementari diritti garantiti dalla Costituzione e dalle leggi dello Stato -:
quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di assicurare la certezza del diritto nelle scuole bolognesi, attraverso la presenza di ispettori che abbiano il compito di ricondurre a normalità situazioni non più sostenibili;
se il Governo non ritenga opportuno promuovere al più presto uno statuto dei dirigenti scolastici e degli insegnanti che, fatta salva la libertà di espressione e di libera manifestazione delle proprie idee politiche, eviti alla scuola interferenze politiche che di fatto la espongono a strategie e progetti che le sono completamente estranei.
(5-01938)

GARAGNANI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in un comunicato stampa (agenzia Dire delle ore 18.01 dell'11 giugno 2009) diramato dai Comitati «Scuola Costituzione» di Bologna, gli stessi che si erano mobilitati contro la riforma della scuola del Ministro Gelmini, i predetti Comitati esprimono soddisfazione per l'ingresso di loro esponenti, anche con incarichi dirigenziali nella scuola, nel Consiglio comunale auspicando che «diano un contributo per far partire l'inversione di tendenza sulle politiche scolastiche...»;
non sono in discussione i diritti di ciascuno di manifestare il proprio pensiero, bensì la lealtà e la correttezza di un funzionario nei confronti del suo datore di lavoro, in questo caso lo Stato, affinché nell'esercizio della funzione professionale non faccia prevalere le sue idee politiche sul dovere istituzionale nei confronti dello Stato, della famiglia e degli studenti;
si sottolinea l'esigenza del massimo rispetto della netta distinzione, durante l'attività curriculare, tra funzione educativa e ruolo politico -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere specifiche iniziative, anche mediante la predisposizione di un'apposita circolare, al fine di garantire che l'attività politica di docenti e soprattutto dirigenti scolastici, tenuti ad un particolare rapporto di collaborazione e dipendenza con lo Stato, non possa essere esercitata, in forma né diretta né indiretta, sul posto di lavoro durante l'orario scolastico.
(5-01939)

GARAGNANI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da recenti notizie di stampa si apprende che, nel consiglio d'istituto del 27 aprile 2009, la dirigente scolastica della scuola elementare romana «Carlo Pisacane» ha inserito nell'ordine del giorno, approvato all'unanimità dal consiglio di istituto, la proposta di cambiare il nome alla scuola, intitolandola al pedagogo giapponese Makiguchi Tsunesaburo, fondatore della «Soga Gakkai»;
la scuola «Carlo Pisacane», situata nel periferico quartiere popolare di Tor Pignattara, frequentata per il 90 per cento da alunni immigrati, di diverse provenienze, già si è resa protagonista di episodi che hanno evidenziato il tentativo di sminuire le radici della cultura italiana, a favore di quelle straniere, causando una graduale emarginazione degli alunni italiani;
tali situazioni hanno portato moltissime famiglie italiane a non iscrivere i figli alla scuola «Carlo Pisacane»;
l'intitolazione della scuola elementare a Carlo Pisacane, eroe risorgimentale e patriota italiano, costituisce un elemento basilare di appartenenza all'identità nazionale e la scelta di cambiare il nome alla scuola costituisce ad avviso dell'interrogante un evidente atto di ostilità nei confronti della cultura italiana in un'istituzione importante come quella scolastica con una scelta arbitraria in nome di un'integrazione multietnica, in danno degli alunni italiani;
il processo di integrazione dei cittadini stranieri nel nostro Paese deve avvenire attraverso un adeguamento ai valori culturali e sociali del Paese ospitante, affinché si realizzi in maniera adeguata il progetto di una società armonica basata sull'incontro e sul dialogo e non invece sullo scontro e la contrapposizione netta tra culture diverse -:
se i Ministri interrogati non considerino assolutamente inaccettabile la proposta di cambiare la denominazione della scuola elementare romana «Carlo Pisacane» intitolandola al pedagogo giapponese «Makiguchi Tsunesaburo»;
se non ritengano che la vicenda di cui in premessa costituisca un segnale preoccupante per la scuola italiana che costituisce

uno dei luoghi più importanti deputati alla formazione dei futuri cittadini;
quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano adottare per scongiurare il cambiamento di nome della scuola «Carlo Pisacane» e per evitare che si ripetano comportamenti di tal genere che denotano la preferenza per la valorizzazione e diffusione delle culture straniere rispetto a quella italiana.
(5-01940)

GARAGNANI e FRASSINETTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
un gruppo di genitori della scuola Longhena di Bologna avrebbe manifestato opinioni in appoggio all'atteggiamento di quegli insegnanti che, in difformità dai provvedimenti del Ministro Gelmini, hanno uniformato in modo indiscriminato la valutazione scolastica dei bambini;
questi genitori avrebbero altresì sostenuto di aver trovato una particolare comprensione nel dirigente scolastico provinciale di Bologna;
a prescindere da ovvie considerazioni sulle frasi di cortesia che il suddetto dirigente potrebbe aver rivolto ai genitori, secondo l'interrogante rimane il fatto che comportamenti come quelli degli insegnanti della scuola Longhena, anche se suffragati dall'appoggio di alcuni genitori, non possono essere tollerati e che la solidarietà spontanea o meno ricevuta dalle componenti scolastiche non può costituire un alibi per assoluzioni o attenuazioni delle giuste sanzioni che dovranno essere irrogate -:
quali iniziative intenda il Ministro assumere al riguardo.
(5-01942)

GARAGNANI e CARLUCCI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il decreto del Presidente della Repubblica n. 382 dell'11 luglio 1980, sulla riforma universitaria sui professori associati all'articolo 23, recita:
«Dopo un triennio dall'ammissione in ruolo, i professori associati sono sottoposti ad un giudizio di conferma, anche sulla base di una relazione delle Facoltà, sull'attività didattica e scientifica dell'interessato. Il giudizio è espresso da una commissione nominata dal Ministro della pubblica istruzione, composta, per ogni raggruppamento di discipline, da tre professori di ruolo, di cui due ordinari o straordinari e uno associato confermato, in mancanza da tre ordinari o straordinari. I commissari sono designati mediante sorteggio dal Consiglio universitario nazionale, tra i professori del raggruppamento di discipline o, in mancanza, di raggruppamenti affini. Della commissione non possono far parte professori che abbiano già fatto parte di commissioni di concorso nei raggruppamenti in cui erano candidati professori associati sottoposti a giudizio di conferma.
In caso di giudizio sfavorevole i professori associati, su parere conforme del Consiglio universitario nazionale, possono essere mantenuti in servizio per un altro biennio, al termine del quale saranno sottoposti al giudizio di una nuova commissione. Ove non sia concessa la proroga ovvero qualora anche il giudizio della nuova commissione sia sfavorevole i professori associati sono dispensati dal servizio a datare dal mese successivo a quello in cui il giudizio sfavorevole nei loro riguardi è divenuto definitivo»;
la procedura di conferma in ruolo dei professori associati non è stata ulteriormente normata;
il numero di giudizi negativi espressi dalle facoltà sulla attività didattica e scientifica degli interessati è residuale;
la nomina dei membri della commissione giudicatrice viene effettuata dal Ministero della pubblica istruzione, mentre il procedimento viene seguito direttamente ed esclusivamente da competenti uffici amministrativi locali dell'università del docente sottoposto a giudizio;
la nomina della commissione viene solitamente effettuata al momento dell'assunzione

in ruolo del professore associato che dovrà poi essere sottoposto al giudizio;
la Commissione è quindi tenuta a formulare il suo giudizio di necessità dopo un periodo superiore ai tre anni dalla nomina in ruolo del docente;
il procedimento non tiene neppure conto della possibilità che qualcuno dei membri possa nel frattempo essere cessato dal servizio, richiedendogli comunque di fare parte della commissione anche successivamente è tale cessazione, con evidenti problemi logistici;
non vi è un limite temporale alla chiusura del procedimento;
il procedimento non è stato in alcun modo regolamentato e viene solitamente svolto in base a non ben note procedure consuetudinarie;
il mancato giudizio di «conferma in ruolo» può provocare un oggettivo danno ai docenti che non lo ricevono o lo ricevono in ritardo;
non sono presenti sistemi di controllo per il corretto svolgimento della procedura né ne viene identificato il responsabile -:
se il sistema della conferma in ruolo per i professori di seconda fascia sia uno strumento che ancora oggi, dopo 29 anni, garantisce concretamente il corretto funzionamento del sistema universitario e ne consolida l'efficienza;
quali siano i criteri oggettivi che possono portare alla conferma in ruolo o alla non conferma in ruolo dei professori associati;
se sia effettivamente necessario che il giudizio di conferma in ruolo sia espresso prima dalla facoltà di appartenenza e successivamente anche da una commissione esterna;
se non sia necessario assumere iniziative normative volte a regolare il sistema della conferma in ruolo dei professori associati perché questo stesso strumento non causi danno ai professori che ne sono in attesa;
se non sia opportuno, da parte del Ministero, acquisire dati sulla conferma o sulla non conferma in ruolo dei professori associati per verificare l'efficacia del provvedimento stesso;
se il Ministro non ritenga di poter comunque assumere iniziative normative per tale procedimento a favore di altri e più efficienti sistemi di valutazione del personale docente neo-assunto delle Università italiane.
(5-01945)

GARAGNANI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
da notizie apparse in questi giorni sulla stampa (Repubblica-Bologna del 18 settembre 2008) l'interpellante apprenderebbe l'ennesimo episodio di presunto nepotismo presso l'Ateneo Bolognese e concernente l'aggiudicazione (quattro candidati, due ritirati) da parte del figlio del preside della Facoltà di Medicina e chirurgia, di uno dei due posti a disposizione come ricercatore di Ematologia;
per tale fatto il Rettore dell'università bolognese avrebbe annunciato che la questione finirà sul tavolo del Comitato etico che dovrà fare chiarezza sulle presunte situazioni di nepotismo;
fatto salvo che il grado di parentela con cattedratici non può essere penalizzante per la selezione dei docenti e la conseguente assegnazione di cattedre, a parere dell'interpellante, è doveroso esercitare la massima severità nel premiare chi ha effettivi meriti scientifici;
l'università di Bologna non sarebbe nuova ad episodi di questo genere che l'interpellante ha fatto oggetto di precedenti interpellanze in cui chiedeva una precisa verifica da parte del Governo;
alla luce di questo fatto, ma anche con riferimento alle situazioni di grave sofferenza in cui verserebbero, non solo la Facoltà di Medicina e chirurgia ma anche altre Facoltà del medesimo Ateneo, si confermerebbe la necessità, da tempo auspicata

dall'interpellante, di avviare non solo un'indagine conoscitiva sul sistema universitario ma soprattutto un'ispezione ministeriale per accertare la realtà dei fatti per procedere ad una modifica del sistema di selezione del personale docente universitario -:
se il Ministro interpellato non intenda adottare, senza inutili tergiversazioni, iniziative normative volte a modificare dalle fondamenta il sistema di selezione del personale docente.
(5-01947)

GARAGNANI e CARLUCCI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il disegno di legge di conversione del decreto-legge di riforma della scuola è stato approvato in via definitiva ma a Bologna ed in genere in Emilia Romagna vi è un clima irriducibile di ideologizzazione e di contestazione radicale delle riforme da parte della sinistra in genere e di settori del corpo docente;
è conseguenza di un clima generalizzato di pressione ideologica «diretta ed indiretta» nei confronti di famiglie e docenti non schierati contro la riforma anche una comunicazione diramata dal dirigente scolastico di un istituto comprensivo di Bologna in cui si ravvisano, a parere dell'interrogante, forme di pressione indiretta nei confronti di chi non aderisce alla manifestazione di sciopero indetta per il 30 ottobre dichiarando la chiusura dei plessi scolastici per «adesione massima del personale» -:
quali iniziative intenda intraprendere per garantire, nel corso dei prossimi mesi, l'ordinato svolgimento delle lezioni ed una corretta attuazione della riforma che entrerà in vigore il prossimo anno scolastico responsabilizzando maggiormente il ruolo delle direzioni scolastiche regionale e provinciali dell'Emilia Romagna ed utilizzando lo strumento delle ispezioni.
(5-01949)

GARAGNANI e CARLUCCI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
si fa riferimento all'esposto/denuncia presentato presso la Procura della Repubblica di Bologna concernente l'occupazione della scuola XXI Aprile ed altre irregolarità quali l'affissione di locandine e manifesti contro la «riforma Gelmini» per il quale il procuratore aggiunto ha richiesto l'archiviazione;
il procuratore nel contenuto della richiesta, pur contenendo giudizi particolarmente duri e significativi sui fatti accaduti, chiede l'archiviazione affermando testualmente:
«alla luce di tali constatazioni sembra ragionevole ritenere che i promotori della iniziativa abbiano completamente ignorato i profili regolamentari e la indubbia ed incontestabile illiceità della loro condotta, determinandosi a violare il regolamento di circolo, con evidente errore (errore di diritto su norma extra-penale) sulle norme amministrative dettate per gli organi collegiali della scuola, attribuendo ad un'assemblea dei poteri non spettanti;
tale potere amministrativo non comporta che l'assemblea dei genitori possa decidere comportamenti che contrastano chiaramente con le leggi e i regolamenti;
il dirigente scolastico non ha omesso dolosamente provvedimenti di sua spettanza, ma è stato costretto a tollerare uno stato di illiceità, per la apprezzabile intenzione di evitare pericolosi e sgradevoli coinvolgimenti di quei bambini, che debbono essere non gli attori delle proteste ma i destinatari di tutte le premure ed attenzioni di chi opera e vive nella scuola -:
se intenda verificare, con i mezzi suoi propri la sussistenza di comportamenti illeciti sotto il profilo disciplinare da parte dei dirigenti e docenti della scuola medesima assumendo i provvedimenti necessari.
(5-01950)

GARAGNANI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
si fa riferimento a dichiarazioni rese dai dirigenti scolastici della scuola XXI Aprile e Cremonini di Bologna apparse sui quotidiani bolognesi il 25 ed il 26 settembre 2008 e riferite a proteste, occupazioni e distribuzioni di volantini contro la riforma Gelmini;
nel caso della scuola XXI Aprile poi, oltre le dichiarazioni «ambigue» del dirigente («non sono né favorevole né contrario. Più che di occupazione parlerei di forme di autogestione, questa è gente responsabile») vi sarebbero affermazioni degli insegnanti che avrebbero dichiarato di avere concordato il tutto con il dirigente medesimo, mentre, per quanto concerne la scuola Cremonini, la dirigente scolastica stessa affermerebbe di avere autorizzato o favorito la distribuzione degli stessi volantini -:
quali provvedimenti intenda adottare nei confronti di funzionari che, in «posizione di responsabilità dirigenziale», tenuti quindi ad un rapporto di correttezza particolare con lo Stato del quale dovrebbero poi rispettare le disposizioni legittimamente poste in essere in seguito alle decisioni di Governo e Parlamento, in realtà hanno dimostrato, con il loro comportamento, di ostacolare quei provvedimenti che per primi dovrebbero applicare avallando implicitamente ed esplicitamente comportamenti comunque lesivi della dignità delle istituzioni scolastiche (occupazione degli ambienti scolastici e distribuzione di volantini durante l'orario curricolare) venendo così meno, secondo l'interrogante, alla lealtà istituzionale che compete a tutti i dirigenti;
se intenda applicare, qualora ne sussistano i presupposti, le sanzioni previste senza remora alcuna, dal momento che occorre tenere ben presente, da parte dei dirigenti, la distinzione fra sfera politica e sfera istituzionale nelle scuole di ogni ordine e grado, a parte ovvie considerazioni sul fatto morale che chi ha responsabilità di insegnare o sovrintendere dovrebbe prestare particolare attenzione nel leggere accuratamente i provvedimenti che lo riguardano evitando di diffonderne deformazioni o caricature.
(5-01951)

GARAGNANI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
vi sono state affermazioni di esponenti del centrosinistra, dell'assessore provinciale alla scuola, di sindacalisti e di docenti, apparse sui quotidiani locali di Bologna il 3 settembre 2008 che invitano apertamente gli operatori della scuola a disapplicare i recenti provvedimenti concernenti l'introduzione del maestro unico;
a parere dell'interrogante, frasi come «la nostra scuola non resterà ferma» o «docenti e genitori si preparano a dare battaglia» sono altamente pericolose se non rimangono confinate nel legittimo dibattito politico e vengono invece tradotte in azioni precise all'interno della scuola;
nel rilevare che non è in questione il diritto al dissenso politico esercitabile da chiunque, soprattutto nei confronti dei provvedimenti di un Governo di cui non si condivide l'orientamento, si rileva però che nella scuola gli insegnanti sono tenuti ad adempiere rigorosamente quanto prescritto dalla legge e dai regolamenti, esercitando il ruolo di educatore e non di agitatore politico, in adempimento di un preciso dovere di lealtà istituzionale nei confronti dello Stato e della collettività;
da tempo a Bologna ed in Emilia Romagna ed in altre parti di Italia continuano atteggiamenti di aperto boicottaggio negli istituti scolastici delle principali disposizioni adottate dal Governo e votate dal Parlamento (basti pensare alle dure ed immotivate proteste nell'ambito della scuola contro i decreti Moratti che coinvolsero

anche bambini delle elementari) e che tra l'altro strumentalizzano i bambini in modo vergognoso -:
se non intenda adottare iniziative di vigilanza e monitoraggio circa il regolare andamento dell'attività scolastica nell'ambito di una piena e corretta applicazione della nuova disciplina, valutando anche l'eventuale adozione di provvedimenti sanzionatori nel caso in cui abbiano luogo comportamenti summenzionati.
(5-01952)

STRADELLA e APREA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
dal 1995 è proseguita la mini sperimentazione che prevede il potenziamento delle ore di scienze presso il liceo scientifico Pascal di Ovada per un totale di ore 18 settimanali per corso;
l'innovazione precorre i tempi rispetto alla riforma Gelmini che prevede a partire dal 2010/2011 un analogo potenziamento delle ore di scienze;
la sperimentazione è stata autorizzata con decreto ministeriale ai sensi della circolare ministeriale n. 640 del 3 maggio 1994;
il bacino di utenza del liceo Pascal comprende oltre al territorio ovadese la vicina Valle Stura;
il rapporto Iris elaborato dall'università di Genova sul rendimento dei propri iscritti per istituto di provenienza (Liguria e Basso Piemonte) indica gli studenti provenienti dal Pascal al 1o posto sia per la facoltà di scienze che per la facoltà di medicina;
la nota dell'ufficio scolastico regionale per il Piemonte n. 7900 del 23 luglio 2009 ha comunicato il mancato accoglimento delle 18 ore di scienze del liceo Pascal -:
se il Ministro intenda assumere una iniziativa che garantisca, in attesa della riforma, una continuità del progetto, anche promuovendo un accordo ponte tra la direzione regionale e i responsabili dell'istituto che contemperi le esigenze dell'amministrazione e dell'utenza.
(5-01953)

MOTTA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
i recenti provvedimenti del Governo in materia di scuola, a partire dal decreto-legge n. 112 del 2008, hanno disposto significativi tagli agli organici del personale docente e ausiliario colpendo pesantemente il sistema scolastico pubblico e compromettendo, in molti casi, la qualità dei servizi scolastici offerti;
il piano programmatico approvato dal Governo prevede ulteriori tagli agli organici per il triennio 2009-2011;
a provincia di Parma ha subito una riduzione di 132 docenti rispetto all'organico di diritto dello scorso anno, oltre alla riduzione dl 73 unità di personale ATA;
la Conferenza Provinciale di Coordinamento ex articolo 46 L.R.E.R. n. 12 del 2003 - ha redatto un documento inviato anche al Ministro interrogato in cui vengono elencate le criticità emerse in provincia di Parma a seguito della riduzione del personale docente e ausiliario in servizio;
in particolare dal documento emerge che attualmente risultano scoperti 19 posti nella scuola dell'infanzia (relativi a 4 richieste di nuove sezioni e a 11 richieste di completamenti di orario), 33 posti nella scuola primaria (di cui 15 per richieste di classi di tempo pieno, 13 per posti di lingua inglese che non si sono potuti istituire e 5 per assicurare la prosecuzione di modelli orari diversi dal tempo pieno), 14 posti nella scuola secondaria di II grado (per l'istituzione di nuove classi in diversi istituti della provincia, tra cui due prime dell'istituto Tecnico per Geometri «Rondani» presso il carcere) e che, inoltre, non potranno essere proseguite importanti sperimentazioni

già attivate negli anni precedenti e diverse scuole di montagna rischiano la chiusura anche a seguito della riduzione anche delle pluriclassi già attive lo scorso anno scolastico;
si è determinato inoltre un serio disagio per confronti dei fruitori del servizio mensa in quanto in diverse scuole, in particolare del comune di Parma, a causa della stretta ministeriale sul numero di bidelli e insegnanti, il servizio è stato attivato con diversi giorni di ritardo rispetto al normale avvio dell'anno scolastico e solamente richiedendo un contributo economico ai genitori, che varia dai cento ai duecento euro l'anno oltre la normale retta per l'accesso al servizio, per garantire la sorveglianza durante i pasti;
nonostante il Ministero interrogato avesse assicurato, rispondendo a diverse altre interrogazioni, l'incremento del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche e che con disponibilità 30 aprile si era provveduto all'assegnazione di una seconda tranche dei finanziamenti relativi all'anno 2009, diversi istituti lamentano ancora di non disporre delle risorse sufficienti nemmeno per l'acquisto dei beni di primaria necessità, quali ad esempio gli ausili per i servizi igienici -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei gravi disagi che la riduzione del personale docente e non docente, secondo l'interrogante indiscriminata, sta causando al funzionamento del sistema scolastico pubblico, come testimoniato dai dati relativi alla provincia di Parma;
come il Ministro interrogato intenda operare per ovviare alle problematiche evidenziate anche al fine di evitare che tali criticità ricadano oltre che sulle famiglie anche sugli enti locali, chiamati ad assumere una funzione di supplenza nei confronti dello Stato in particolare nella scuola dell'infanzia, i cui equilibri di bilancio sono già ora messi a dura prova dal continuo taglio del trasferimenti statali e dall'incertezza con cui questi vengono erogati.
(5-01956)

GIACHETTI, GATTI e MADIA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in data 12 ottobre 2009 è apparso sul quotidiano Corriere della Sera un articolo a firma di Sergio Rizzo dal titolo «L'università che regala un anno agli iscritti Uil»;
secondo l'autore dell'articolo l'università Parthenope di Napoli avrebbe stipulato una convenzione con la segreteria regionale della Uil della Campania a favore degli iscritti di questo sindacato, per il riconoscimento - ai fini della carriera universitaria - di 60 crediti formativi universitari (CFU) nel corso di laurea triennale in giurisprudenza. 60 crediti formativi universitari sono pari all'incirca, secondo la normativa, a 1.500 ore di studio ovvero a un anno del corso di laurea. I 60 crediti formativi universitari sarebbero assegnati agli studenti iscritti provenienti da qualifiche dirigenziali, mentre 50 crediti alle altre qualifiche purché iscritti al sindacato. La Uil concorrerebbe al riconoscimento anche delle altre attività didattiche (come esami fatti in altra facoltà) per i propri iscritti avvalentisi della convenzione;
il decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270 dispone, all'articolo 5, comma 7, che: «Le università possono riconoscere come crediti formativi universitari, secondo criteri predeterminati, le conoscenze e abilità professionali certificate ai sensi della normativa vigente in materia, nonché altre conoscenze e abilità maturate in attività formative di livello post secondario alla cui progettazione e realizzazione l'università abbia concorso;
pur nel rispetto dell'autonomia universitaria appare infatti, agli interroganti, incongruo equiparare la semplice tessera sindacale, come la tessera di qualsiasi altra associazione, ad una «abilità professionale certificata» o una «attività formativa di livello post secondario», tale da

poter essere certificata ai fini della progressione di una carriera didattiche -:
se tale notizia corrisponda al vero e se il Ministro non intenda attivare un'indagine conoscitiva mirata a rilevare l'esistenza di convenzioni simili a quella del caso descritto in premessa, con particolare riguardo ai criteri utilizzati dagli atenei per il riconoscimento dei crediti.
(5-01958)

Interrogazione a risposta scritta:

AGOSTINI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
l'ufficio scolastico provinciale di Ascoli Piceno da molti anni è alla ribalta della cronaca locale e regionale per ripetute anomalie, disguidi, ritardi e conseguenti polemiche concernenti nella maggior parte dei casi gli organici del personale docente e ATA;
lo stesso ufficio scolastico provinciale di Ascoli Piceno ha dovuto rispondere a più ricorsi innanzi al TAR regionale ed al giudice del lavoro, che in molti casi hanno dato ragione ai ricorrenti, con ciò determinando anche l'interessamento della Corte dei conti di Ancona;
anche quest'anno si sono registrate decisioni da paradossali e forti ritardi nella definizione e pubblicazione di graduatorie, assegnazioni, supplenze, in una situazione che ha visto la perdita del posto di lavoro da parte di oltre 300 docenti e 120 amministrativi, al netto dei pensionamenti;
nel caso del taglio del corso di lingua russa, presente sia ad Ascoli Piceno che a Fermo (da 20 anni), è dovuto intervenire l'ufficio scolastico regionale per le Marche per sanare un'ingiustificata decisione assunta dall'ufficio scolastico provinciale di Ascoli Piceno che sottraeva al territorio un'importante risorsa culturale ed economica -:
se i Ministeri siano già in possesso di elementi riguardanti la gestione dell'ufficio scolastico provinciale di Ascoli Piceno, raccolti da eventuali precedenti indagini o ispezioni e quali interventi intendano porre in essere in un momento così delicato per la scuola, al fine di riportare il necessario livello di efficienza ed efficacia nella gestione dell'ufficio scolastico provinciale di Ascoli Piceno, da cui dipende il presente ed il futuro di migliaia di docenti, personale amministrativo, famiglie ed allievi.
(4-04548)

TESTO AGGIORNATO AL 23 MARZO 2011

...

LAVORO, SALUTE E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

LENZI e BRANDOLINI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il BIF, Bollettino d'informazione dei farmaci, è una rivista bimestrale che l'AIFA invia ai medici e ai farmacisti italiani con l'obiettivo di promuovere l'informazione scientifica e la crescita professionale in campo sanitario e di aggiornare gli operatori sanitari sugli aspetti di sicurezza ed efficacia dei farmaci;
rivista viene distribuita gratuitamente per posta ai 360.000 medici e farmacisti italiani iscritti ai rispettivi ordini professionali e nella sua versione elettronica è interamente scaricabile dal sito;
essendo un bollettino istituzionale, il BIF si differenzia per scopi e per contenuti dalle altre riviste d'informazione sui farmaci, facendosi portavoce delle tematiche più importanti affrontate nell'ambito delle attività dell'AlFA e in particolare della sua commissione tecnico scientifica;

una ricerca del Censis, ancora in fase di pubblicazione, effettuata su un campione di 1000 medici, riferisce che un dottore su quattro lo ritiene più affidabile delle altre riviste scientifiche;
a detta di numerosi medici, il BIF è un vero formulario tratto dal miglior riferimento disponibile a livello internazionale, garantisce servizi informatici interattivi per gli operatori e per il pubblico, eroga attività di formazione a distanza e soprattutto è svincolato da sponsorizzazioni di case farmaceutiche;
il nuovo direttore dell'ALFA, Guido Rasi, ha dichiarato di voler concentrare il lavoro dell'agenzia sulle autorizzazioni al commercio e sulle ispezioni, tralasciando e sospendendo ogni attività di informazione e di formazione a distanza indirizzate agli operatori sanitari -:
se non reputi indispensabile il mantenimento, da parte dell'AlFA, di ogni attività di informazione e formazione, destinata a medici ed operatori sanitari, al fine di permettere loro di esercitare l'attività clinica sulla base delle migliori evidenze disponibili, così come richiesto dal codice etico medico e dal servizio sanitario nazionale.
(5-01933)

BOBBA. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
Rieter Automotive Fimit Spa, multinazionale svizzera nel settore automotive, leader mondiale nei sistemi integrati per la riduzione del rumore all'interno dell'abitacolo vettura e produttore di autoveicoli industriali, a Santhià ha uno degli stabilimenti italiani più importanti dall'azienda, che impiega i migliori operai del settore chimico e che proprio nel 2009 compie 50 anni di attività, che hanno visto generazioni di famiglie avvicendarsi nel lavoro aziendale;
ad oggi la Rieter Spa conta, nel sito di Santhià, 230 dipendenti, 10 reparti produttivi e 3 linee, due poroso e una per laminati, che presentano strutture automatizzate in grado di produrre diversi tipi di materiale;
il sito di Santhià, a differenza di altri stabilimenti risulta di proprietà del gruppo Rieter;
contrariamente alla situazione di altre aziende colpite, in Piemonte e nel territorio nazionale, dalla crisi economica, la Rieter di Santhià risulta avere impianti produttivi ben strutturati e ordinativi tali da permettere il normale funzionamento;
il gruppo Rieter ha annunciato 130 esuberi e 30 trasferimenti, su un totale già citato di 230 dipendenti, solo per la sede di Santhià, non intaccando quindi gli altri siti, e decretando la inevitabile chiusura dello stabilimento piemontese, che non potrebbe fronteggiare la produzione con un personale di 70 unità;
il sindaco di Santhià, preoccupato per la situazione creatasi, ha convocato per il 12 ottobre 2009, un tavolo di concertazione, invitando i vertici aziendali, i sindacati, i lavoratori e la cittadinanza;
con missiva del 12 ottobre 2009, la Rieter Spa faceva presente di non intervenire al tavolo convocato, in quanto l'incontro deputato «a questo tipo di trattativa - che trova fondamento nell'ambito di reciproche concessioni tra i siti, e non nell'ambito di una stretta territorialità, nella ricerca della migliore soluzione in grado di garantire una sostenibile continuità futura della società - è stato convocato presso il ministero dello sviluppo economico IN Roma per il giorno 21 ottobre 2009»;
nella stessa lettera, la Direzione della Rieter ammetteva la ridefinizione delle mission produttive e sosteneva che «La comunicazione dello stato di crisi della società è avvenuto solo in parte dei siti e la trattativa sindacale non ha ancora trovato - ad oggi - un accordo sul metodo di concertazione (tavolo comune o di sito)»;

a seguito dell'incontro convocato dal sindaco di Santhià e preso atto dell'assenza e delle motivazioni addotte dalla direzione della Rieter, le diverse parti presenti hanno chiesto al Prefetto, anche in ragione dei possibili problemi di ordine pubblico, di convocare urgentemente un tavolo al fine di ridefinire le richieste dell'azienda e di trovare soluzioni per i lavoratori e le loro famiglie -:
se i ministri interrogati non intendano convocare un tavolo di concertazione che coinvolga, oltre ai vertici aziendali della Rieter, le parti istituzionali, le rappresentanze sindacali provinciali, regionali, nazionali e sociali aziendali di Santhià, al fine di garantire alla Rieter Spa la sostenibilità futura, ma soprattutto ai dipendenti il loro posto di lavoro.
(5-01959)

Interrogazioni a risposta scritta:

CARLUCCI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la notte tra il 12 ed il 13 ottobre 2009, un uomo senegalese di 44 anni è stato trasportato dall'Aeronautica militare da Torino all'Istituto nazionale Spallanzani di Roma con il sospetto di una febbre emorragica di origine sconosciuta. Le analisi effettuate dai laboratori dell'Istituto hanno intanto confermato che non si tratta del virus Ebola, una tra le forme più gravi di febbri emorragiche;
il paziente senegalese, in Italia da vent'anni, era rientrato il 3 ottobre 2009 dopo un soggiorno nel paese di origine. Sentitosi male, dopo un primo ricovero nell'ospedale Amedeo di Savoia di Torino in isolamento è stato poi trasferito via aerea allo Spallanzani di Roma, con tutte le procedure e misure di alto isolamento;
le analisi molecolari effettuate nei laboratori di virologia dell'ospedale capitolino confermano un quadro clinico compatibile con una febbre di tipo emorragico virale, ma escludono che si tratti di virus africani di classe 4 come il micidiale Ebola, Marburg e Lassa, o virus della febbre della valle del Rift;
nei laboratori di massima sicurezza sono in corso ulteriori analisi su altri tipi di virus. Nel frattempo, le condizioni dell'uomo sembrano soddisfacenti e secondo i sanitari non è in pericolo di vita. Tuttavia proseguono tutte le procedure e le misure di alto isolamento a cui è stato sottoposto dall'ospedale Amedeo di Savoia di Torino e nel ricovero allo Spallanzani;
intanto, a Torino i due coinquilini dell'uomo, senegalese sono stati messi sotto sorveglianza e lo stesso trattamento è stato adottato anche per i medici e gli infermieri dell'ospedale Amedeo di Savoia, dove l'uomo è stato ricoverato mercoledì 7 ottobre 2009. Tutti, al momento precisano le autorità sanitarie - godono di buona salute. L'uomo non avrebbe avuto contatti con altre persone. Quanto alla paura del contagio, si esprime in termini rassicuranti Giovanni Rezza, direttore del Dipartimento malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità (ISS): il rischio di diffusione delle febbri emorragiche, infezioni virali di solito trasmesse da insetti, è in genere «limitato e improbabile», dice, e la trasmissione può talvolta verificarsi solo a seguito di contatti stretti e soprattutto di tipo intraospedaliero, ovvero per il personale sanitario eventualmente entrato in contatto con materiali e liquidi organici del paziente -:
quali siano le reali condizioni del paziente senegalese ricoverato allo Spallanzani di Roma e se vi siano pericoli immediati per la salute pubblica dei cittadini;
se non sia necessario un monitoraggio capillare delle condizioni in cui vivono gli immigrati nelle città e del caso, quali misure intenda stabilire al fine di impedire il diffondersi di pericolose malattie infettive.
(4-04544)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 28 settembre 2009 il quotidiano «La Repubblica» ha pubblicato un articolo che raccoglie la denuncia di Ex pazienti dell'Aurelia Hospital di Roma, uno dei più importanti ospedali privati accreditati dalla Regione Lazio, dal quale emergerebbe che la situazione della struttura è estremamente critica a causa del degrado degli ambienti e del mancato rispetto delle più elementari condizioni igieniche e di sicurezza, a danno sia dei pazienti che degli operatori, persino in reparti di grande delicatezza come quello di ostetricia e ginecologia;
come si legge nell'articolo citato, la clinica in questione, che risulta di proprietà di un'omonima spa al cento per cento della famiglia Garofalo (titolare di un gruppo di cliniche) con un fatturato nel 2008 di 52.811.597 euro e un utile di 265 mila euro, è sede del Dipartimento di emergenza e pronto soccorso (DEA) e vanta numerose alte specialità;
la vicenda dell'Aurelia Hospital, come altri casi analoghi riguardanti strutture accreditate dal Servizio sanitario nazionale, evidenzia la necessità di una più attenta verifica dei requisiti strutturali e organizzativi nonché di qualità e appropriatezza delle cure necessari per il conseguimento dell'accreditamento -:
se il Ministro interrogato disponga di ulteriori elementi in ordine alla grave vicenda rappresentata in premessa e se intenda assumere, nell'ambito delle proprie competenze, iniziative al riguardo, anche valutando la possibilità di definire, d'intesa con le regioni, una revisione dei criteri di accreditamento e delle modalità di monitoraggio della qualità ed appropriatezza dei servizi resi dalle strutture accreditate.
(4-04546)

MANCUSO e CARLUCCI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
giungono dagli organi di informazione locali e nazionali informazioni relative a segnalazioni di casi di rabbia silvestre in Friuli Venezia Giulia;
in particolare sarebbero almeno 27 i casi accertati dai laboratori dell'Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie, di animali infetti dalla malattia rabida;
si tratterebbe soprattutto di volpi, ma sono stati segnalati anche: un tasso, un capriolo, un cane bassotto;
è evidente che l'infezione arriva nel nostro Paese attraverso gli animali selvatici dalla ex Jugoslavia e altri Paesi dell'Europa orientale, i cui Governi non hanno attivato e non attivano politiche miranti alla eliminazione dell'infezione negli animali selvatici, né utili per evitare che l'infezione colpisca gli animali domestici e, conseguentemente, gli esseri umani, perché si tratta di una zooantroponosi -:
quali urgenti misure abbia adottato o intenda adottare il Governo nell'ambito delle proprie competenze per fermare l'infezione di rabbia nei pressi del confine orientale per evitare che possa estendersi verso le altre regioni di Italia.
(4-04550)

TAGLIALATELA e CARLUCCI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 223 del 1991 «Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro» ha riformato la disciplina della gestione straordinaria della cassa integrazione guadagni, prevedendo, tra l'altro, una rigorosa limitazione nel tempo dei suoi interventi, nonché la loro esclusione nei casi in cui non sussistano serie prospettive di superamento della crisi;

è necessario verificare le eventuali applicazioni di questa normativa per quanto riguarda i licenziamenti collettivi. Infatti, la legge n. 223 del 1991, prevede che in presenza di una crisi aziendale o della volontà dell'imprenditore di ridurre o trasformare la sua azienda occorre piuttosto valutare se la situazione finanziaria, amministrativa e produttiva dell'impresa e la stessa situazione del mercato, da un lato la riduzione o la trasformazione di attività, dall'altro lato, siano tali da rendere necessario il licenziamento collettivo. Occorre, inoltre, valutare la congruità, rispetto a quelle situazioni, del numero dei lavoratori che devono essere licenziati ed individuare quali siano i criteri più adeguati rispetto alla necessaria ristrutturazione, in base ai quali saranno individuati i lavoratori da licenziare;
all'interrogante risultano prese di posizioni del sindacato non sempre coerenti con la ratio della normativa in questione. La legge, infatti, richiama il sindacato non solo a controllare se sussistano i presupposti per una riduzione del personale, ma anche a gestire la crisi aziendale. Infatti il sindacato dovrebbe intervenire sulla possibilità di evitare la riduzione del personale, proponendo un'utilizzazione diversa del personale eccedente, anche a costo di determinare dequalificazioni o adottando forme flessibili di lavoro;
è opportuno, quindi, che il ministero valuti con attenzione anche attraverso la creazione di un'eventuale commissione tecnica che accerti la regolarità dell'applicazione della citata normativa, soprattutto con riferimento alla tutela dei lavoratori e per evitare eventuali ingiustizie o applicazioni della legge difformi dalla sua ratio -:
quali iniziative intenda adottare per verificare l'applicazione della legge 223 del 1991 ovvero quali siano i risultati raggiunti e le eventuali disfunzioni registrate;
se non sia necessario creare una commissione ministeriale che valuti i risultati raggiunti con l'applicazione della legge 223 del 1991 e se dalla stessa non siano derivati eventuali abusi.
(4-04551)

BORGHESI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il signor Luciano Di Natale, padre di Sara, una ragazza di Ragusa in stato vegetativo persistente dal 7 febbraio del 2006 ritiene di avere il corpo della figlia in custodia e di accudirla con grandi sacrifici affrontando mille difficoltà;
la moglie oltre ad accudire la figlia, svolge un lavoro usurante sia dal punto di vista fisico che morale, non è in grado di tornare al lavoro;
l'interessato nel consultare in internet i siti dei lavori parlamentari è rimasto molto male nell'accorgersi che le categorie interessate al prepensionamento devono avere come requisito ben 18 anni di assistenza ai propri figli gravi oltre a 54 anni di età (la moglie invece, pur avendo 36 anni di contribuzioni assiste la figlia solo da tre anni e mezzo);
forse il Governo non considera tutte le realtà italiane. Infatti nel Nord d'Italia esistono strutture attrezzate in grado di ospitare persone in stato vegetativo mentre al Sud le famiglie si sostituiscono quasi completamente allo Stato. Per i casi di figli in stato vegetativo o immobilizzati a letto senza possibilità di guarigione, bisognerebbe considerarli a parte, con procedura d'urgenza perché si tratta di casi limite. Altro che 18 anni! Coerenza imporrebbe un intervento adeguato per le situazioni come quella qui considerata;
si potrebbe pensare ad esempio di aumentare il numero di anni di congedo retribuiti previsti dalla legge 104 per gli anni di assistenza a casa ai figli in stato vegetativo oppure attuare subito quella parte del programma elettorale del Presidente del Consiglio Berlusconi nel quale si promettevano cinque anni di prepensionamento ai genitori che assistono figli gravissimi. Lo Stato risparmierebbe ingenti quattrini perché le famiglie che si trovano in condizioni simili (specialmente nel Sud dei paese) si troverebbero, nel caso di cedimento fisico (molto probabile, anzi

quasi certo per gli acciacchi dovuti all'usura fisica e morale dei genitori) a dovere affidare il proprio figlio alle cure dei Servizio Sanitario;
la Regione siciliana, a causa dell'assenza di centri di riabilitazione o SUAP (speciali unità per postcomatosi con 10/15 posti per ogni 100.000 abitanti), ha tenuto una ragazza, in stato vegetativo, ricoverata nella Rianimazione dell'ospedale di Caltanissetta per ben 15 anni. Un posto in Rianimazione costa circa 1.500 euro al giorno e se si tiene occupato per ricoveri impropri, oltre al danno all'erario si crea un disservizio pericoloso perché, nel caso di ricoveri urgenti si deve provvedere a rifiutarli per mancanza di posti. Nel 2007 in una relazione, l'assessore Lagalla comunicava che ben 60 persone in coma, non trovando posto in centri di riabilitazione, si trattenevano nelle rianimazioni siciliane con una spesa incredibile di circa 33 milioni di euro;
il signor di Natale e la moglie, sostituiscono quasi interamente il servizio sanitario e nello stesso tempo lo Stato non introduce delle norme per consentire alla moglie di avere il prepensionamento per assistere la figlia in quella «clinica privata con un posto letto» quale è diventata la loro casa -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati e se non ritenga opportuno adottare iniziative, anche normative, allo scopo di introdurre specifiche disposizioni in favore di lavoratori con familiari gravemente disabili.
(4-04552)

CIRIELLI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nel 2007 l'INPS (Istituto nazionale per la previdenza sociale) ha bandito un concorso pubblico per esami a 293 posti nel profilo di ispettore di vigilanza, area funzionale C, posizione economica C1 (bando pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, IV serie speciale concorsi ed esami, del 26 giugno 2007);
nel luglio 2009, al termine del concorso, programmaticamente strutturato su discipline particolarmente complesse e orientato a una forte selezione per premiare merito, competenza e professionalità, oltre ai vincitori, sono risultati idonei circa 500 partecipanti, a disposizione dell'Inps per ricoprire il forte vuoto in organico;
consta all'interrogante che l'INPS lamenta una forte carenza di personale ispettivo specializzato (il cui numero è quantificabile in circa 1.000 unità);
la grave carenza di organico dell'ente lasciava presagire l'imminente assunzione, oltre che dei vincitori, anche di un numero cospicuo di idonei;
il decreto-legge n. 78 del 2009 (cosiddetto «decreto anti crisi»), all'articolo 17, comma 7, ha tuttavia sancito il blocco delle assunzioni in gran parte delle pubbliche amministrazioni;
la sicurezza sul lavoro continua ad essere un tema importante, considerato l'elevato numero degli infortuni, e il blocco delle assunzioni degli ispettori costituisce grave menomazione del diritto costituzionale dei lavoratori ad un lavoro salubre, sicuro e regolare, e un beneficio indubbio per chi utilizza lavoro nero e opera senza rispettare le norme di sicurezza e di igiene del lavoro e in materia di regolarità contributiva e retributiva;
gli ispettori di vigilanza costituiscono in ogni caso un'entrata per le casse erariali, non un costo, posto che l'attività ispettiva potrebbe garantire allo Stato entrate per miliardi di euro, derivanti dal recupero dei contributi omessi: l'aumento del gettito contributivo, come si può osservare esaminando i bilanci preventivi dell'INPS per il 2009, è dovuto, tra l'altro, agli effetti della lotta all'evasione e al contrasto all'elusione contributiva, grazie all'attività di vigilanza degli ispettori -:
se i vincitori e gli idonei del concorso bandito dall'Inps nel 2007 rientrino nelle disposizioni normative di cui all'articolo 17, comma 7, del decreto-legge n. 78 del

2009 (cosiddetto «decreto anti crisi»), relativo al blocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione;
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere iniziative al fine di dar corso alle assunzioni dei vincitori e di un congruo numero di idonei, necessarie a ricoprire la grave e pregiudizievole carenza di organico, in considerazione del fatto che il corpo ispettivo a disposizione dell'Inps non è sufficiente a dare continuità alle attività ispettive.
(4-04555)

BORGHESI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
i signori Pasquale D'Auria e Maria Angela Minervini, genitori di Graziella, una ragazza di 22 anni, disabile motoria grave, non riescono a conciliare gli impegni di lavoratori con quello di genitori;
la loro situazione economica impedisce l'assunzione di una badante, e ce ne vorrebbero almeno due: una di giorno e una di notte, infatti la notte deve cambiare posizione ogni ora-ora e mezza;
Graziella ha diritto di studiare e quindi i genitori devono leggere per lei, scrivere per lei, ripetere per lei. Deve andare all'università (è al III anno di psicologia) e perciò devono accompagnarla con tutti i disagi e fatiche che ne conseguono. Ha diritto a svagarsi, ma non hanno nessun aiuto, devono fare tutto da soli;
è vero che l'attuale situazione economica nazionale non è delle migliori, ma un intervento a favore di queste famiglie appare indilazionabile per motivi umani ancor prima che giuridici -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati e se non ritenga opportuno adottare iniziative, anche normative, allo scopo di introdurre una specifica normativa in favore di lavoratori con familiari gravemente disabili.
(4-04556)

REGUZZONI e FAVA. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
alla storica fabbrica bustese Tintoria Luigi Tosi Srl, con sede a Busto Arsizio in Via Adua 26, dal 7 ottobre 2009 è scattato lo sciopero ad oltranza e l'occupazione dello stabile: i 50 operai dipendenti si sono organizzati in turni di 6 ore per protestare sine fine, in attesa che l'azienda venga dichiarata fallita e i libri della società portati in tribunale;
a chiedere il fallimento della società sono gli stessi operai, stanchi di assistere da anni allo stillicidio di tentativi di salvataggio ed oramai diffidenti rispetto alle dichiarazioni e reali intenzioni della proprietà;
la società naviga in cattive acque oramai da anni ed adesso pare si ritrovi con i conti bloccati da un'indagine della Guardia di finanza ed Equitalia, che hanno riscontrato debiti verso l'erario e verso l'Inps per oltre dieci milioni di euro;
nonostante, infatti, gli stipendi arrivassero più o meno regolarmente, a parte l'ultima mensilità non ancora ricevuta, stando a quanto pubblicato l'8 ottobre 2009 su organi di informazione locali l'azienda da anni non versa più i contributi Inps, pur facendoli figurare sulle buste paga, risultando oggi inadempiente per tutta una serie di aspetti, da quello previdenziale a quello fiscale;
risulta invero agli interroganti che dal punto di vista produttivo l'azienda non versa in cattive condizioni, anzi ha molte commesse e nel 2008 ha registrato un consuntivo di 22 milioni di euro -:
se non sia possibile - e in che modo - sostenere l'azienda in modo da consentirle di superare la difficile situazione finanziaria;
se le notizie di cui in premessa corrispondano al vero e quale sia la reale situazione dell'azienda e degli operai, considerato che l'articolo di stampa parla di

50 operai da un anno in cassa integrazione straordinaria e senza stipendio da un mese;
se i Ministri interrogati non ritengano urgente e opportuno attivarsi per addivenire ad una soluzione della crisi a salvaguardia dei livelli occupazionali.
(4-04566)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta orale:

CARDINALE e BURTONE. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
sono in corso in Sicilia numerose manifestazioni di protesta dei rappresentanti del mondo agro-zootecnico, particolarmente colpito da una gravissima crisi economica;
alle preoccupanti conseguenze sociali, derivanti dalla perdita di posti di lavoro nel mondo agricolo si assocerebbe un aggravamento del degrado ambientale per l'abbandono delle campagne;
la mobilitazione in corso del comparto agricolo vede il sostegno non solo di settori legati all'indotto, ma anche delle istituzioni locali, tutti preoccupati delle conseguenze economiche-sociali della crisi;
l'attuale prezzo di mercato del grano duro è notevolmente inadeguato a coprire le spese di produzione non solo per gli alti costi di produzione ma anche per la presenza di fenomeni speculativi legati all'importazione di grano da Paesi terzi -:
se non ritenga necessario dichiarare lo stato di crisi del mondo agro-zootecnico siciliano in modo da assumere, di concerto con l'Unione europea, provvedimenti finanziari straordinari per il rilancio dei mercati e per il sostegno del reddito di tutti i componenti della filiera agricola;
quali iniziative intenda promuovere per introdurre organismi di controllo per seguire tutti i passaggi della filiera del grano duro e per evitare fenomeni di importazione speculativa;
se non intenda promuovere un'urgente accelerazione del pagamento degli arretrati relativi agli aiuti comunitarie la dichiarazione di una moratoria di tutte le procedure esecutive in danno alle aziende agricole siciliane;
se non ritenga opportuno riaprire i termini di ristrutturazione e le modalità di soluzione per i contenziosi e per i pregressi INPS in modo da consentire la fuoriuscita graduale delle pendenze delle aziende agro-zootecniche, senza incorrere in speculazioni bancarie.
(3-00711)

Interrogazione a risposta scritta:

LATTERI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la crisi economica ha avuto un notevole impatto sulle attività agricole in Sicilia ed ha messo a rischio l'intero comparto pur mantenendo un forte impegno nella promozione e nella produzione di prodotti di ottima qualità;
da più parti è stato richiesto un concreto aiuto per consentire di affrontare gli alti costi derivanti dall'impegno nelle produzioni agricole;
lo scorso anno si è conclusa la campagna di ristrutturazione dei crediti agricoli finalizzata al riassetto delle posizioni debitorie delle aziende agricole nei confronti dell'Inps, ma a causa della strategia concordata tra l'Inps e il gruppo Unicredit, non si è raggiunto l'obiettivo del risanamento economico delle aziende agricole, anche per la presenza di restrizioni e limitazioni che hanno fatto desistere molte aziende del Sud;
avere indicato come limite ultimo per la ristrutturazione dei crediti il II trimestre del 2004 e avere escluso i crediti di

anni pregressi tariffati dopo la citata data è apparsa una scelta impopolare ed iniqua, infatti è notorio che la maggioranza dei lavoratori a tempo indeterminato è presente nei trimestri successivi al secondo -:
se non ritenga necessario procedere ad una nuova campagna di ristrutturazione dei crediti agricoli che includa i trimestri successivi al secondo trimestre del 2004, nonché i crediti tariffati di anni pregressi evitando l'applicazione di restrizioni e limitazioni che hanno fatto desistere molte aziende agricole del sud dalla ristrutturazione dei crediti limitati al II trimestre del 2004.
(4-04547)

TESTO AGGIORNATO AL 21 GIUGNO 2010

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:

FLUVI, CECCUZZI e CENNI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la legge 24 dicembre 2007, n. 244, disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge finanziaria 2008), prevede, all'articolo 1, comma 168, interventi di deduzione forfetaria dal reddito d'impresa in favore degli esercenti gli impianti di distribuzione carburanti (e, in particolare, l'applicazione per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2008 delle disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 21 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, in materia di deduzione forfetaria in favore degli esercenti impianti di distribuzione di carburante;
l'articolo 2, comma 554, lettera f), della stessa legge n. 244 stabilisce che «le economie derivanti dai provvedimenti di revoca totale o parziale delle agevolazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 22 ottobre 1992, n. 415, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1992, n. 488, nel limite dell'85 per cento delle economie accertate annualmente con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro il 30 ottobre, sono destinate alla realizzazione di interventi destinati a finanziare: (...)
f) la proroga per gli anni 2008, 2009 e 2010 della deduzione forfetaria dal reddito d'impresa in favore degli esercenti impianti di distribuzione di carburanti di cui all'articolo 21, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448»;
in sede di prima applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 554 a 557, il decreto del Ministro dello sviluppo economico di cui al comma 554 è stato adottato il 28 febbraio 2008 ed ha stabilito che «le economie derivanti da rinunce e revoche di iniziative imprenditoriali agevolate dalla legge n. 488/1992 sono accertate nella misura complessiva di 785.000.000,00 di euro»;
l'articolo 11 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, recante «Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale», convertito dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, ha poi stabilito che «(...) le risorse derivanti dall'attuazione dell'articolo 2, comma 554, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, sono destinate al rifinanziamento del Fondo di garanzia di cui all'articolo 15 della legge 7 agosto 1997, n. 266, fino al limite massimo di 450 milioni di euro, subordinatamente alla verifica, da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, della provenienza delle stesse risorse, fermo restando il limite degli effetti stimati per ciascun anno in termini di indebitamento netto, ai sensi del comma 556 del citato articolo 2»;
sull'argomento è intervenuto uno specifico protocollo d'intesa tra Ministro dello sviluppo economico ed associazioni di categoria, siglato il 20 giugno 2008 che espressamente prevede: (...) punto 3: "Trasformazione in intervento normativo strutturale del provvedimento di deduzione forfetaria del reddito d'impresa in favore degli esercenti impianti di distribuzione carburanti,

previsto, da ultimo, nella legge 24 dicembre 2007, n. 244 commi 168 e 554 lettera f) (Legge finanziaria 2008)" (...)»;
il provvedimento atteso è di vitale importanza per la categoria dei gestori e, difatti, è stato oggetto di proroghe concesse senza soluzione di continuità, nel corso dell'ultimo decennio, da tutti i Governi. La mancata attuazione del provvedimento spingerebbe alla chiusura migliaia di esercizi della distribuzione carburanti già messi a dura prova dalla crisi dei consumi, dalla contrazione dei margini, dall'inasprimento delle spese di gestioni;
non si ha notizia, finora, se vi siano (e quante) somme rimanenti da destinare all'obiettivo della copertura (anche parziale) dei costi relativi all'ulteriore proroga del «bonus fiscale» previsto dalla norma in oggetto -:
quali siano i tempi previsti per dare attuazione all'impegno legislativo in favore dei gestori della rete carburanti, considerato che il quadro normativo impone una soluzione entro il prossimo 30 ottobre, previsto dalla legge n. 488 del 1992.
(5-01931)

SCHIRRU, FADDA, MARROCU, CODURELLI, BOCCUZZI e GATTI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Premesso che:
la notizia della mobilitazione da parte dei sindacati, con l'occupazione della sala riunioni della Giunta Regionale sarda, dopo l'ennesimo silenzio del Governo sulla vertenza dell'energia per Portovesme, rappresenta l'emblema della disperazione vissuta nell'isola. È da sei anni che si combatte per le tariffe energetiche speciali, la Glencore ha legato a doppio filo gli investimenti (150 milioni di euro) alla concessione delle tariffe competitive;
futuro incerto anche per gli impianti del Pvc di Porto Torres, in cui l'Eni è pronta a vendere a Vinyls il dicloretano (la materia prima per fare il Pvc), ma al 10 per cento in più del costo di mercato. Considerando anche la spesa per il trasporto, si superano abbondantemente i 300 euro a tonnellata. L'offerta affonderebbe non solo Vinyls, denunciano i sindacati, ma comprometterebbe anche il futuro del petrolchimico isolano. Il cracking di Porto Torres - che attraverso l'etilene serve tutta la filiera dei cloro derivati e - quindi anche il Pvc - non avrebbe più un cliente di riferimento (Vinyls). E sarebbero drammatiche le conseguenze occupazionali: in bilico ci sono più di tremila buste paga fra Porto Torres (Polimeri Europa e Vinyls) e Assemini (dove la controllata di Eni, Syndial, produce e vende cloro e dicloretano). Da maggio scorso - mese in cui Vinyls è entrata in amministrazione controllata dopo l'addio di Sartor - il giudice di Venezia ha indicato i nomi dei tre commissari giudiziali col compito di consentire il mantenimento dell'attività degli stabilimenti e individuare rapidamente una soluzione industriale per la continuità aziendale. A questo hanno lavorato nei mesi scorsi i tre manager. Oggi, però, si è presentato uno scoglio insuperabile: il prezzo delle forniture appare eccessivo. La tariffa applicata a Vinyls sarebbe troppo alta per riavviare la produzione di Pvc. E il prezzo del mancato accordo potrebbe ricadere sui 137 lavoratori di Vinyls, ormai a un passo dalla cassa integrazione;
l'ennesima crisi del petrolchimico di Porto Torres, con due terzi della produzione fermi, mette in ginocchio 3.500 lavoratori sardi e le rispettive famiglie oltre ad arrivare in un momento gravissimo per la regione, in cui la gravità della crisi economica internazionale coinvolge tutti i settori produttivi: dalla chimica, appunto, alla metallurgia, dall'edilizia all'agricoltura, comprese le aziende di allevamento e trasformazione, dall'artigianato alla piccola impresa, ai servizi;
ormai da nove mesi non si registra che un aumento drammatico dei dati della cassa integrazione, ordinaria e speciale; le aree industriali del Sulcis, di Ottana e Portotorres sono allo stremo. La povertà

della regione è un dramma che coinvolge oltre 400 mila persone e lo stesso tasso di disoccupazione cresce al 12,9 per cento;
la vastità e profondità della crisi richieda una reazione straordinaria per metodi e contenuti e proprio in questo senso sarebbe di fondamentale importanza costruire un ampio fronte unitario che, partendo dai luoghi di lavoro, coinvolga le istituzioni locali, nazionali e la Regione; per mesi lavoratori e sindacati sono stati illusi dalle promesse del Presidente Regionale e del Governo nazionale sulla possibilità di salvataggio del polo industriale turritano. Il Sulcis è stato un triste esempio di come quelle promesse non siano state mantenute;
la Sardegna sta pagando un prezzo troppo alto, rispetto agli spot troppo ottimistici della campagna elettorale regionale, puntualmente smentiti dai fatti: basti pensare al G8 scippato, alla Sassari Olbia, al futuro incerto della Keller e della tratta Olbia-Civitavecchia, alla chiusura dell'Eurallumina, alla crisi del tessile nel centro Sardegna, alla serrata del Petrolchimico di Porto Torres e nelle ultime settimane si aggiungono nuove mobilitazioni alla Rockwood;
i dati Istat parlano chiaro: nel III trimestre 2008 rilevava che il numero di disoccupati in Sardegna era pari a 74.955, il tasso di disoccupazione si attestava intorno all'11 per cento. Oggi, solo nel primo trimestre 2009 c'è stato un calo di tutti gli indicatori dell'occupazione: la forza lavoro è pari a 669.000 unità, in diminuzione di 3.000 rispetto all'ultimo trimestre del 2008. Un valore così basso, non si rilevava dal 2004. Gli occupati sono 583.000, anche in questo caso fra i valori più bassi degli ultimi cinque anni. La perdita di occupati rispetto al terzo trimestre 2008 è pari a 8.000 posti;
l'agenzia regionale del lavoro rileva nella sua pubblicazione di luglio («Congiuntura lavoro in Sardegna»), che solo nell'ultimo anno sono stati persi 33.000 posti, per la maggior parte lavori subordinati (-24.000), contro i 7.000 autonomi. Nei primi tre mesi di quest'anno sono 95.000 i sardi in cerca di occupazione, in aumento di 6.000 unità rispetto agli ultimi tre del 2008. Il tasso di disoccupazione si attesterebbe ora al 14,1 per cento;
nel confronto con le altre regioni, la Sardegna si posiziona al penultimo posto per l'indicatore più rappresentativo del mercato del lavoro, cioè il tasso di disoccupazione: l'isola precede soltanto la Sicilia, che però presenta indicatori migliori rispetto a un anno fa. La Sardegna, invece, come sottolinea l'elaborazione dell'agenzia regionale del lavoro, ha compiuto «un balzo all'indietro che non trova riscontro in nessun'altra regione italiana». In poco meno di due anni il tasso di disoccupazione è aumentato di 5,5 punti percentuali, dall'8,6 per cento all'attuale 14,1 per cento;
a queste cifre allarmanti, si aggiungono quelle della cassa integrazione, che per molti di questi lavoratori risulta essere in scadenza, preannunciando così vere e proprie catastrofi familiari. Ad agosto sono state autorizzate 24,8 milioni di ore di cassa integrazione ordinaria (Cigo) nell'industria (-48,52 per cento rispetto a luglio) e 1,5 milioni di Cigo nell'edilizia (-75 per cento). Cala il ricorso alla cassa integrazione straordinaria (Cigs): 27,3 milioni di ore autorizzate (compresi i 13,2 milioni di ore di Cigs in deroga), che significa -24,4 per cento rispetto a luglio. In totale ad agosto sono state autorizzate 53,7 milioni di ore di cassa integrazione, che sono il 526,5 per cento in più rispetto all'agosto 2008. Nonostante un decremento registrato ad agosto, mese in cui da sempre si registra il minimo ricorso alla cassa integrazione, nei primi otto mesi dell'anno le ore autorizzate di Cig sono ormai 517,1 milioni, contro i 124,7 milioni dello stesso periodo del 2008 (+314,58 per cento);
i comunicati trionfali, le promesse non mantenute, i titoli ottimisti in prima pagina sulle testate locali suscitano sentimenti di rabbia in quelle persone che oggi, dopo essere illuse, si ritrova a fare i conti con lo spettro del licenziamento, del rischio

reale di non poter provvedere più ai bisogni familiari -:
quali iniziative immediate il Ministro intenda adottare per predisporre strumenti anticrisi che servano a prevenire casi analoghi a quelli ricordati in premessa in un momento molto difficile per l'economia a livello globale;
come intenda tutelare il diritto al lavoro dei cittadini sardi tutti che va costituzionalmente garantito al pari di quello dei cittadini del resto d'Italia e, in questo senso se non ritenga opportuno riaprire un tavolo nazionale, sui temi dell'attuazione dell'accordo sulla chimica, dell'approvazione delle norme e delle leggi riguardanti l'energia, la continuità territoriale per le persone e per le merci.
(5-01957)

Interrogazioni a risposta scritta:

MURER e NACCARATO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
Ceramica Dolomite nel 1999 produceva 1,8 milioni di pezzi con un fatturato di 82 milioni di euro (il 20 per cento del mercato italiano) e fu venduta in quell'anno all'American standard formando il gruppo Ideal Standard Italia, con più di 2.000 addetti e 4 sedi produttive;
il gruppo in Italia, dal 2000 al 2005, ha realizzato un fatturato annuo di circa 330 milioni di euro ma nel 2006 ha venduto alla «Bain Capital» (un fondo di investimento american di Boston) il ramo d'azienda dei sanitari per 1,76 miliardi di dollari;
dopo la vendita a Bain Capital, dal 2006 al 2008, il fatturato annuo è sceso a 100 milioni con una politica commerciale del marchio Ceramica Dolomite di drastico ridimensionamento;
nel novembre del 2007 Bain Capital ha venduto tutte le aziende americane ad un altro fondo, il Sun capital partners, che è una società di investimento la cui attività si concentra sui leveraged buyout e sui titoli di debito ovvero prestiti senza garanzie;
a fine 2008 inizia la crisi finanziaria in cui siamo immersi e Bain Capital scarica il debito di 1 miliardo e 200 milioni di euro sulle spalle delle imprese italiane (tra le quali c'è Ceramica Dolomite);
il debito rischiano di pagarlo interamente i 1.536 lavoratori del gruppo con la perdita del loro posto di lavoro e i contribuenti italiani pagando con la cassa integrazione straordinaria per uno e due anni e la mobilità fino a tre anni;
l'azienda ha presentato un piano industriale che prevede tagli, chiusure di linee produttive e ridimensionamento degli organici; in modo particolare prevede lo smantellamento di impianti di produzione (quelli del materiale Vitreus China) e lo spegnimento del relativo forno con una ricaduta in termini occupazionali intorno alle 280 unità, questo in nome di un modello di specializzazione dei siti produttivi che gli stessi tecnici dell'azienda definiscono un omicidio industriale;
se questa operazione va in porto lo stabilimento di Ideal Standard-Ceramica Dolomite di Trichiana (Belluno) è destinato a scomparire nel giro di pochissimi anni;
detto stabilimento occupa ad oggi 668 dipendenti di cui 625 uomini e 43 donne e che con due precedenti procedure di mobilità chiuse nel 2007 e 2008, finalizzate a recuperi di produttività e diminuzione del numero degli addetti indiretti, sono già usciti dal ciclo produttivo circa 90 dipendenti;
ad oggi il numero dei lavoratori che raggiungerebbero i requisiti pensionistici nell'arco dei 3 anni di un'eventuale mobilità sono stimabili probabilmente in eccesso intorno alle 30 unità;
fin dalla sua fondazione nel 1965, la Ceramica Dolomite è stata per il comune

di Trichiana e la comunità trichianese un vero e proprio punto di riferimento occupazionale, economico e sociale;
la costruzione della fabbrica della Ceramica Dolomite, edificata in quel periodo con i benefici della legge Vajont, ha permesso in un relativamente breve periodo, un'epocale trasformazione del tessuto economico e sociale del territorio trichianese;
la nascita della Ceramica Dolomite, infatti, unitamente alla fondazione di alcune altre importanti realtà industriali che si sono rapidamente sviluppate nel comune di Trichiana e nell'intera Val Belluna, oltre alle innumerevoli piccole aziende satelliti che sono sorte sulla spinta di quella espansione economica, ha favorito lo sviluppo socio economico dell'area garantendo, negli anni, occupazione e lavoro per migliaia di famiglie;
lo stabilimento di Trichiana dell'Ideal Standard-Ceramica Dolomite, in oltre quarant'anni di attività, oltre che essere fonte occupazionale per numerose famiglie della zona, è divenuto anche un riconosciuto simbolo intorno al quale si sono catalizzate, sin dalla sua nascita, molte delle energie produttive positive della popolazione, rendendolo quindi parte integrante della comunità e soprattutto motivo di orgoglio per i lavoratori che vi hanno lavorato e che ancora vi lavorano -:
se e come il Governo intenda intervenire sulla vicenda, intraprendendo una iniziativa decisa per la gestione di una unità di crisi con la partecipazione della Presidenza del Consiglio dei ministri, delle organizzazioni sindacali, dei rappresentanti dei territori interessati, dell'azienda e del Ministero dello sviluppo economico al fine di valutare tutte le possibili soluzioni alla vicenda dentro l'obiettivo della tutela dei posti di lavoro e del ciclo produttivo;
se e come il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali intenda intervenire a tutela dei lavoratori che, pur in possesso di una forte qualificazione professionale e pur inseriti in un sistema fortemente competitivo sul mercato internazionale, rischiano di perdere l'occupazione.
(4-04554)

TORAZZI e STUCCHI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nel corso dell'esame della proposta di legge A.C. 1441-ter, «Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia», poi divenuta la legge 23 luglio 2009, n. 99 in data 1o luglio 2009 sono stati accolti dal Governo gli ordini del giorno 9/1441-ter C/14 e 9/1441-ter-C/16, riguardanti la modifica (mediante l'articolo 27, comma 20, del disegno di legge citato delle disposizioni in materia di maggioranze assembleari per la realizzazione di interventi condominiali di risparmio energetico, di cui alla legge 9 gennaio 1991, n. 10;
la norma, entrata in vigore nell'agosto 2009, interviene sulle quote richieste per effettuare imponenti e costosi interventi sugli immobili, e consente a pochi condomini la possibilità di imporre le proprie decisioni alla maggioranza della collettività condominiale, in contrasto con il principio della massima democraticità delle decisioni, a cui il condominio è uniformato nel sistema del codice civile;
fino ad oggi nessuna normativa è intervenuta a recepire l'impegno preso dal Governo con i predetti ordini del giorno -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di ottemperare all'indicazione contenuta negli ordini del giorno accolti dal Governo e segnalati in premessa.
(4-04560)

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Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta in Commissione Codurelli e Lulli n. 5-01901, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Vignali.

L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Baldelli n. 3-00706, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Moffa.

L'interrogazione a risposta in Commissione Tullo n. 5-01916, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Lovelli, Zunino.

Pubblicazione di un testo riformulato.

Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta in Commissione Siragusa n. 5-01627, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 202 del 14 luglio 2009.

SIRAGUSA e GHIZZONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nell'anno accademico 1991/92 veniva istituita, con decreto rettorale dell'Università di Palermo, la Scuola diretta a fini speciali per operatori tecnico scientifici per i beni culturali ed ambientali-settore archeologico, la cui durata triennale riconosceva competenze specifiche in tre aree di formazione: a) area delle metodologie e delle tecniche di scavo; b) area dell'archeologia classica, post-classica e medievale; c) area del restauro;
si trattava di corsi universitari ufficiali, come recitava l'articolo 7 del bando di concorso a numero limitato (articolo 5), istituiti dalla facoltà di lettere e filosofia dell'Università di Palermo (articolo 1), a cui si accedeva per il tramite di un pubblico concorso (articolo 8);
l'entità delle tasse era equivalente a quella pagata da tutti gli studenti universitari;
la frequenza ai corsi era obbligatoria e la durata degli studi era fissata in anni tre;
all'epoca, questi corsi di studio venivano ufficiosamente intesi quali «lauree brevi», inseriti al I livello della classe degli studi universitari (6° livello EQF), riconoscendo loro una valenza tecnica specializzante alla stregua dei «baccalaureati» di tipo anglosassone;
a seguito della riforma degli ordinamenti didattici universitari (legge 19 novembre 1990, n. 341), codeste scuole furono soppresse e commutate in corsi di diploma universitario che, a loro volta, il decreto ministeriale n. 509 del 3 novembre 1999 sostituiva con le «lauree triennali», il cui fine risultava essere identico a quello che il legislatore delle «scuole a fini speciali», in seguito «diplomi universitari», si era prefisso ab origine;
quest'ultima riforma (di cui al decreto ministeriale n. 509), nel tentativo di europeizzare i nuovi titoli accademici italiani, ha messo in discussione il valore degli studi di I livello del cosiddetto «vecchio ordinamento» aprendo la strada ad ingiuste distinzioni;
la nuova legge, infatti, non ha previsto l'equiparazione/equipollenza dei vecchi titoli anzidetti con la corrispondente laurea di I livello, ma si è comunque preoccupata, giustamente, di dichiarare equipollenti e lauree quadriennali a quella nuova di durata quinquennale;
la riforma di cui al decreto ministeriale n. 509 prevede per gli studenti già diplomati alle scuole universitarie, o per i «diplomati universitari» (si fa presente, tra l'altro, che neanche queste due categorie di diplomi furono dichiarati, a loro volta, equipollenti, eccetto che per quella riportata alla legge 14 gennaio 1999, n. 4, articolo 1, comma 20), semplicemente l'iscrizione ai corsi di laurea triennale, delegando ai Consigli di facoltà la valutazione del percorso di studio che, nella maggior parte dei casi, si fa appena corrispondere all'iscrizione al II anno della facoltà omologa;
in base a quanto sopra descritto lo studente dovrebbe sottostare ad altri due

anni di studio (comprensivi della redazione di una nuova dissertazione finale) che, sommati ai tre già frequentati, porterebbero a 5 anni il suo curriculum di studi, oggi sufficienti ad acquisire addirittura la «laurea specialistica»;
ciò non sembra equo, soprattutto perché mette in discussione la titolarità e la competenza accademica già conseguita da quanti hanno seguito un percorso (scuole a fini speciali, DU) che, nell'intendimento del legislatore, era lo stesso di quello che oggi si riconosce alle lauree triennali;
la mancanza di provvedimenti espressamente dichiarativi di equipollenza-equivalenza non impedisce che essa possa desumersi, anche implicitamente, da fonti normative indirette, sia ai fini didattici sia ai fini dell'ammissione a pubblici concorsi per l'accesso a livelli funzionali del pubblico impiego per le quali è prevista la laurea di primo livello;
si pone a tal fine all'attenzione la norma di cui al comma 10, dell'articolo 1 del decreto-legge 12 novembre 2001, n. 402 «Disposizioni urgenti in materia di personale sanitario», convertito, con modificazioni, dalla legge 8 gennaio 2002, n. 1, che così dispone: 10. I diplomi conseguiti in base alla normativa precedente, dagli appartenenti alle professioni sanitarie di cui alla legge 26 febbraio 1999, n. 42, e alla legge 10 agosto 2000, n. 251 e i diplomi di assistente sociale sono validi ai fini dell'accesso ai corsi di laurea specialistica, ai master ed agli altri corsi di formazione post-base di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509 attivati dalle università»;
l'articolo 22 della successiva legge 16 gennaio 2003, n. 3 recante una «Disposizione interpretativa» ha voluto precisare che: «Il comma 10 dell'articolo 1 del decreto-legge 12 novembre 2001, n. 402, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 gennaio 2002, n. 1, si interpreta nel senso che i diplomi di assistente sociale validi ai fini dell'accesso ai corsi di laurea specialistica, ai master ed agli altri corsi di formazione post-base di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, sono i diplomi universitari di assistente sociale»;
con la nota del 3 febbraio 2003, prot. 245, ai Rettori delle università il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca-Dipartimento per la programmazione economica, il coordinamento e gli affari economici-SAUS Ufficio VI, ha precisato che l'espressione «diplomi universitari di assistente sociale» contenuta nel richiamato articolo 22 deve intendersi riferita esclusivamente:
ai diplomi universitari in servizio sociale (D.U-S.S.) istituiti ai sensi della legge 19 novembre 1990, n. 341;
ai diplomi di assistente sociale conseguiti presso le Scuole dirette a fini speciali universitarie di assistente sociale di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 162 del 1982;
ai diplomi di assistente sociale e di servizio sociale già rilasciati dalle Scuole universitarie di cui all'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 14 del 1987 e dell'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 280 del 1989 (Università di Siena, Parma, Firenze, perugina, Pisa, Roma La Sapienza e Istituto pareggiato «Maria SS. Assunta» di Roma e Cagliari);
ai diplomi di assistente sociale «convalidati» dalle università sedi di scuole dirette a fini speciali universitarie di assistente sociale e di corsi di diploma universitario in servizio sociale ai sensi dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 14 del 1987;
la precisazione del Ministero per l'istruzione, l'università e la ricerca di cui alla nota 3 febbraio 2003 protocollo 245, è stata indirettamente confermata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 409/05 con la quale - pronunciando sul dubbio di costituzionalità della «norma interpretativa» dell'articolo 22 della legge

16 gennaio 2003, n. 3 sollevato dal TAR Calabria relativamente alla parte che escludeva ai fini dell'accesso ai corsi di laurea specialistica e agli altri corsi di formazione post-laurea i diplomi di assistente sociale rilasciati da scuole dichiarate idonee con decreto ministeriale ai sensi dell'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 14 del 1987 e i diplomi di assistente sociale regolamentati dall'articolo 4 dello stesso decreto del Presidente della Repubblica n. 14 del 1987 integrato dal decreto ministeriale n. 340 del 1998 - la Corte ha dichiarato che la norma dell'articolo 22 «non può essere considerata irragionevole nel contesto della normativa esistente», confermando implicitamente la valenza, ai fini dell'iscrizione al corso di laurea specialistica del diploma universitario in servizio sociale (D.U.S.S.) e dei diplomi di assistente sociale «universitari» indicati nella nota ministeriale;
considerata quindi la disposizione di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto ministeriale 3 novembre 1999, n. 509 «Regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei», secondo la quale «per essere ammessi ad un corso di laurea specialistica occorre essere in possesso della laurea...», non può non concludersi che la norma di cui all'articolo 1, comma 10, del decreto-legge 12 novembre 2001, n. 402 abbia comportato l'equiparazione-equivalenza del diploma universitario in servizio sociale e dei diplomi di assistente sociale «universitari» in essa considerati alla laurea di primo livello, classe 6, scienze del servizio sociale;
l'equiparazione-equivalenza qui evidenziata non appare modificata ma, anzi, rafforzata dal decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270, «Modifiche al regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei approvato con decreto ministeriale 3 novembre 1999, n. 509», che ha sostituito la denominazione «laurea specialistica» con «laurea magistrale»;
l'articolo 6, comma 2, del decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270 stabilisce infatti: «Per essere ammessi ad un corso di laurea magistrale occorre essere in possesso della laurea o del diploma universitario di durata triennale»;
deve pertanto concludersi che la norma di cui all'articolo 1, comma 10, del decreto-legge n. 402 del 2001 abbia determinato la sostanziale equiparazione-equipollenza del diploma universitario in servizio sociale e degli altri diplomi di assistente sociale «universitari» sopra richiamati alla laurea di primo livello (classe 6-scienze del servizio sociale e, quindi, laurea classe L 39 in servizio sociale introdotta con decreto ministeriale 16 marzo 2007 «Determinazioni delle classi delle lauree universitarie») sia sotto il profilo didattico sia, come automatico effetto consequenziale, sotto il profilo dell'ammissione ai pubblici concorsi per l'accesso alle qualifiche funzionali del pubblico impiego per le quali è richiesto il possesso della laurea di primo livello -:
se non ritenga opportuno, anche alla luce di quanto illustrato in premessa, adottare iniziative volte a sancire l'equipollenza-equivalenza del diploma delle scuole dirette a fini speciali e del diploma universitario, ambedue aventi avuto durata triennale, alla laurea di primo livello. (5-01627)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta in Commissione Ceccuzzi n. 5-01857 del 1° ottobre 2009;
interpellanza Ciocchetti n. 2-00507 dell'8 ottobre 2009.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta scritta Garagnani n. 4-01032 del 16 settembre 2008 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01952;
interrogazione a risposta scritta Garagnani n. 4-01187 del 30 settembre 2008 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01951;
interrogazione a risposta scritta Garagnani n. 4-01320 del 14 ottobre 2008 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01950;
interrogazione a risposta scritta Garagnani n. 4-01497 del 30 ottobre 2008 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01949;
interrogazione a risposta scritta Garagnani n. 4-01986 dell'8 gennaio 2009 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01948;
interrogazione a risposta scritta Garagnani n. 4-02251 del 9 febbraio 2009 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01947;
interrogazione a risposta scritta Garagnani n. 4-02323 del 17 febbraio 2009 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01946;
interrogazione a risposta scritta Garagnani n. 4-02385 del 24 febbraio 2009 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01945;
interrogazione a risposta scritta Garagnani n. 4-02685 del 27 marzo 2009 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01943;
interrogazione a risposta scritta Garagnani n. 4-02684 del 27 marzo 2009 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01944;
interrogazione a risposta scritta Garagnani n. 4-02797 dell'8 aprile 2009 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01942;
interrogazione a risposta scritta Garagnani n. 4-03045 del 19 maggio 2009 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01941;
interrogazione a risposta scritta Garagnani n. 4-03079 del 20 maggio 2009 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01940;
interrogazione a risposta scritta Garagnani n. 4-03274 del 15 giugno 2009 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01939;
interrogazione a risposta scritta Garagnani n. 4-04095 del 14 settembre 2009 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01938;
interrogazione a risposta scritta Garagnani n. 4-04124 del 15 settembre 2009 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01937;
interrogazione a risposta scritta Garagnani n. 4-04326 del 24 settembre 2009 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01936;
interrogazione a risposta scritta Garagnani n. 4-04379 del 30 settembre 2009 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01935;
interrogazione a risposta scritta Garagnani n. 4-04534 del 13 ottobre 2009 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01934.