XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di lunedì 25 gennaio 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
la difesa del territorio rappresenta un interesse prioritario della collettività da tutelare;
negli ultimi decenni l'intero patrimonio territoriale nazionale ha subito una progressiva e continua riduzione delle aree libere e naturali a vantaggio di un incremento degli insediamenti urbani e industriali, con incrementi vicini anche al 500 per cento rispetto ai primi anni del dopoguerra;
i riferimenti statistici più recenti dimostrano come tale tendenza abbia conosciuto un'ulteriore accelerazione negli ultimi anni, in particolare nelle aree metropolitane del Sud, e come la crescita della superficie urbanizzata in alcune aree abbia limitato fortemente il mantenimento delle attività agricole primarie e favorito una crescita esponenziale dei consumi energetici;
il dissesto idrogeologico rappresenta per il nostro Paese un problema di notevole rilevanza, le cui conseguenze, in termini di perdita di vite umane e di danni economici sono noti a tutti e di cui la tragedia di Messina rappresenta solo l'ultimo episodio;
il rischio idrogeologico è diffuso in modo capillare e si presenta in modo differente a seconda dell'assetto geomorfologico del territorio: frane, esondazioni e dissesti morfologici di carattere torrentizio, trasporto di massa lungo le conoidi nelle zone montane e collinari, esondazioni e sprofondamenti nelle zone collinari e di pianura;
tale situazione rappresenta l'esito dell'azione dell'uomo e delle continue modifiche apportate al territorio, che hanno, da un lato, incrementato la possibilità del verificarsi di fenomeni calamitosi e, dall'altro, aumentato la presenza di beni e persone nelle zone in cui tali eventi erano maggiormente possibili, manifestandosi in seguito con effetti talvolta catastrofici;
l'Italia, inoltre, è uno dei Paesi a maggior rischio sismico del Mediterraneo, per la frequenza dei terremoti che hanno storicamente interessato il suo territorio e per l'intensità che alcuni di essi hanno raggiunto, determinando un impatto sociale ed economico rilevante;
la sismicità della penisola italiana è legata alla sua particolare posizione geografica, in quanto situata nella zona di convergenza tra la zolla africana e quella eurasiatica ed è sottoposta a forti spinte compressive, che causano l'accavallamento dei blocchi di roccia;
i terremoti che hanno colpito la penisola hanno causato danni economici consistenti, valutati per gli ultimi quaranta anni in circa 135 miliardi di euro, impiegati per il ripristino e la ricostruzione post-evento. A ciò si devono aggiungere le conseguenze non traducibili in valore economico sul patrimonio storico, artistico, monumentale, per non tacere della perdita di vite umane;
la sismicità più elevata si concentra nella parte centro-meridionale della penisola - lungo la dorsale appenninica (Val di Magra, Mugello, Val Tiberina, Val Nerina, Aquilano, Fucino, Valle del Liri, Beneventano, Irpinia) - in Calabria e Sicilia ed in alcune aree settentrionali, tra le quali il Friuli, parte del Veneto e la Liguria occidentale;
una recente mappatura effettuata dal Cresme sullo stato degli edifici pubblici nel Paese evidenzia la condizione critica in cui versano più di 20 mila edifici, tra scuole e ospedali, sparsi in tutto il Paese, realizzati in aree dichiarate di estrema pericolosità per esposizione al rischio idrogeologico e sismico;

la riqualificazione energetica del nostro patrimonio abitativo stenta a decollare: a quanto risulta dalle indicazioni di studi effettuati sulla materia, circa il 70 per cento dell'intero patrimonio necessità di interventi di miglioramento ed efficientamento;
il programma nazionale delle bonifiche, varato nel 1998, ha beneficiato di finanziamenti passati da 27 miliardi di vecchie lire a 3 mila miliardi di vecchie lire nel 2000, fino agli attuali 500 milioni di euro, ma poco si conosce circa le modalità con cui vengono gestite queste risorse, ma, soprattutto, sono praticamente invisibili i miglioramenti al territorio che il programma nazionale avrebbe dovuto apportare;
il recente «piano casa» varato dal Governo per il rilancio del settore edilizio trova evidenti difficoltà a decollare e comunque non tiene conto di misure che prevedono un corretto e rispettoso utilizzo del territorio e un sistema di incentivazione per il recupero e la riqualificazione del patrimonio edilizio ed inoltre per la delocalizzazione dalle aeree a forte rischio e per garantire priorità di intervento in queste ultime;
le politiche di attenzione al governo del territorio sono fondamentali e imprescindibili, sia per il corretto ed equilibrato sviluppo ambientale del Paese, che per le conseguenze non trascurabili dovute a eventi ambientali calamitosi;
sono necessarie azioni in funzione del ripristino delle condizioni di sicurezza del territorio e del miglioramento dell'efficienza del patrimonio abitativo e industriale presente nel Paese, con particolare attenzione da rivolgere agli aspetti che riguardano l'esposizione al rischio idrogeologico e sismico;
le pur ingenti misure finanziarie erogate negli anni per fronteggiare le emergenze legate alla difesa del suolo, in assenza di piani di gestione ben strutturati e organizzati, hanno visto perdere efficacia, mentre, di riverso, risultano essere diminuite le somme da destinare ad interventi di riqualificazione del patrimonio edilizio e per la messa in sicurezza delle aree a rischio e di politiche di prevenzione;
per l'anno 2009 la protezione civile ha avuto a disposizione circa 1,608 miliardi di euro di risorse assegnate dalla legge finanziaria per il 2009 e dal decreto legge n. 208 del 2008 convertito con modificazioni dalla legge n. 13 del 2009, destinata a coprire i danni prodotti dalle avversità atmosferiche del 2008. Lo stanziamento risulta inferiore del 18,03 per cento rispetto a quello del 2008. Dell'intero importo finanziato nel 2009 circa il 91,16 per cento è destinato ad ovviare alle emergenze del 2008 e degli anni precedenti, mentre rimane ben poco, circa 142 milioni di euro, da destinare ad interventi di previsione e prevenzione delle emergenze future,

impegna il Governo:

ad adottare, nell'ambito delle proprie competenze e nel rispetto delle competenze attribuite alle regioni ed agli enti locali dalla legislazione vigente, iniziative - anche di natura economica - finalizzate a:
a) predisporre un piano pluriennale delle opere per la messa in sicurezza del territorio nazionale, che preveda una stima completa delle aree dove intervenire, un elenco delle opere e dei relativi costi, l'individuazione degli interventi sulla base di indici tecnici che ne determino le priorità e il coinvolgimento di tutti gli organismi preposti;
b) prevedere un congruo stanziamento per un impegno di spesa annuale per l'ottimizzazione del territorio nazionale;
c) inasprire i controlli sull'effettivo rispetto della normativa sull'edilizia pubblica e privata, al fine di garantire una reale certificazione anti-sismica delle costruzioni, sia a destinazione abitativa, sia a destinazione industriale;

d) valutare l'opportunità di vincolare una quota del gettito fiscale alla costituzione un fondo di garanzia per il lucro cessante delle attività economiche esistenti sul territorio oggetto di evento sismico e/o idrogeologico;
a rafforzare il sistema dei controlli in materia di edificazione in funzione di una maggiore attenzione al rispetto del suolo, garantendo l'applicazione di sanzioni certe per gli attori che non rispettino le normative in materia;
ad assumere iniziative volte a prevedere una progressiva delocalizzazione di tutti gli insediamenti, abitativi e produttivi, dalle aree a forte rischio idrogeologico;
a favorire la riqualificazione energetica del patrimonio abitativo e industriale esistente in funzione di un adeguamento tecnologico che permetta un maggiore risparmio energetico;
a sviluppare un sistema di contrasto efficiente all'abusivismo e all'edificazione selvaggia;
a favorire il recupero delle aree dismesse o sottoutilizzate e ad incrementare le politiche a sostegno del recupero dei siti altamente inquinati.
(1-00322)
«Libè, Vietti, Naro, Dionisi, Mondello, Mereu, Ciccanti, Compagnon, Volontè, Galletti, Occhiuto, Tassone».

La Camera,
premesso che:
il dissesto idrogeologico del territorio italiano è un evento naturale sempre più ricorrente, legato alla particolare conformazione geologica del Paese, alla fragile e mutevole natura dei suoli che lo compongono ed all'acuirsi delle variazioni climatiche estreme; fenomeni come i processi erosivi del suolo, le alluvioni, le esondazioni, gli arretramenti delle rive, le frane, le subsidenze, i terremoti comportano perdite di vite umane e ingenti danni materiali e ambientali; l'intervento umano e la pressione antropica sul territorio hanno accelerato o innescato tali processi naturali oppure hanno trasformato il territorio, rendendolo vulnerabile a processi destabilizzanti;
la commissione interministeriale per lo studio della sistemazione idraulica e della difesa del suolo, presieduta dal professor De Marchi, nella relazione conclusiva del 1970, individuava i gravi problemi idrogeologici dell'Italia, proponendo un piano d'intervento trentennale che prevedeva la spesa di 9.700 miliardi di lire di allora; alla commissione va riconosciuto il merito di aver sviluppato un approccio sistemico ai problemi connessi col governo del territorio, ma anche di aver rivolto l'attenzione all'interazione tra opere umane e ambiente complessivamente inteso; tuttavia, le proposte della commissione De Marchi sono state attuate con grave ritardo, tramite la legge quadro n. 183 del 1989 sulla difesa del suolo, circa 20 anni dopo la loro redazione;
limitandosi al solo rischio idrogeologico negli ultimi 80 anni si sono verificati 5.400 alluvioni e 11.000 frane; secondo il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono a «rischio elevato» l'89 per cento dei comuni umbri, l'87 per cento di quelli lucani, l'86 per cento di quelli molisani, il 71 per cento di quelli liguri e valdostani, il 68 per cento di quelli abruzzesi, il 44 per cento di quelli lombardi. In pratica, oltre la metà degli italiani vive in aree soggette ad alluvioni, frane, smottamenti, terremoti, fenomeni vulcanici e persino maremoti; secondo una dettagliata tabella elaborata dal Cineas, il consorzio universitario del Politecnico di Milano, che si occupa della cultura del rischio, nel solo decennio 1994-2004, per tamponare i danni di alluvioni, terremoti e frane più gravi, lo Stato ha dovuto tirar fuori complessivamente 20.946 milioni di euro. Vale a dire oltre due miliardi l'anno ai quali va aggiunto un altro miliardo e mezzo complessivo per gli interventi minori;
se si aggiungono i costi dei terremoti, secondo i dati diffusi alcuni anni fa

dal dipartimento della protezione civile nel periodo 1968-2000, l'intervento statale solo per l'emergenza e la ricostruzione post-terremoto ha superato i 120 miliardi di euro, con una media di 3,8 miliardi all'anno. In Italia il 40 per cento della popolazione vive in aree a rischio sismico, dove il 64 per cento degli edifici non è costruito secondo le norme antisismiche e dove sono morte 120.000 persone nell'ultimo secolo. Milioni di persone sono esposte al rischio vulcanico, che nell'area vesuviana è incerto non nel «se» ma in un «quando» che gli scienziati concordano nel definire prossimo;
complessivamente, a partire dal 1968 l'anno del terremoto del Belice, lo Stato ha speso una somma quantificabile tra i 140 ed i 150 miliardi di euro, una massa di risorse in grado di condizionare gli equilibri dei bilanci pubblici annuali e pluriennali;
si aggiunga che l'Italia è un Paese fortemente antropizzato, con una densità media pari a 189 abitanti per chilometro quadrato, assai superiore alla media dell'Europa a 15, pari a 118 abitanti per chilometro quadrato (la Francia conta 114 abitanti per chilometro quadrato, la Spagna 89), ma con fortissime sperequazioni nella distribuzione territoriale: ai 68 abitanti per chilometro quadrato della Sardegna si contrappongono i 379 abitanti per chilometro quadrato della Lombardia, che da sola registra una volta e mezzo gli abitanti della Finlandia; la Campania arriva a 420 abitanti per chilometro quadrato, ma proprio nella cosiddetta «zona rossa», soggetta a rischio di distruzione pressoché totale in caso di ripresa di attività del Vesuvio, spiccano i comuni con la più alta densità abitativa d'Italia (oltre 12.000 abitanti per chilometro quadrato), caratterizzati da un'espansione edilizia incontrollata, come Portici o S. Giorgio a Cremano;
tutto ciò comporta problemi di ogni genere: dai servizi pubblici costantemente prossimi al collasso al degrado dei suoli e delle falde acquifere, alle difficoltà di attuare politiche sociali, abitative, di sviluppo, migratorie e di integrazione adeguate a causa della mera mancanza di spazio;
per quel che riguarda gli ambiti del presente atto di indirizzo, insorgono problemi riguardanti l'insediamento di quote della popolazione in aree a maggior rischio, la competizione su aree disponibili sempre più ridotte tra le varie attività umane (edilizia abitativa, attività produttive, opere pubbliche), che si risolve regolarmente a danno delle aree agricole e delle aree protette, la difficoltà a realizzare le opere infrastrutturali in spazi già occupati; la sindrome di Nimby è figlia non solo dell'egoismo e dell'individualismo, ma anche del fatto che sui suoli nei quali si intende utilmente realizzare un'opera pubblica esiste già un coacervo di interessi economici privati, ampiamente tutelati dall'ordinamento;
è pertanto necessario adottare adeguati provvedimenti che consentano di perseguire il nostro modello di sviluppo economico e sociale, ottimizzando le risorse di spazio disponibili e tenendo conto del fatto che i costi delle emergenze possono essere ridotti solo se si impongono scelte specifiche di politica territoriale indirizzate alla prevenzione, alla costante manutenzione, all'uso delle migliori tecniche costruttive, all'apposizione di vincoli e limitazioni di uso;
il 12 novembre 2009 il Governo ha presentato alla Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati i dati sul rischio idrogeologico attuale, le stime per gli interventi di messa in sicurezza e le procedure, anche straordinarie, per attivare gli interventi, a cominciare da quelle pluriennali previste dal piano nazionale straordinario per il rischio idrogeologico; l'estensione delle aree a criticità idrogeologica è pari al 9,8 per cento del territorio nazionale, del quale il 6,8 per cento coinvolge direttamente zone con beni esposti, quindi centri urbani, infrastrutture e aree produttive, tutti strettamente connessi con lo sviluppo economico

del Paese; il fabbisogno necessario per la realizzazione di interventi per la sistemazione complessiva della situazione di dissesto su tutto il territorio nazionale è stimato in 44 miliardi di euro, dei quali 27 miliardi per il Centro-Nord e 13 miliardi per il Mezzogiorno, oltre a 4 miliardi per il fabbisogno relativo al recupero e alla tutela del patrimonio costiero italiano,

impegna il Governo:

a presentare ed a dotare delle opportune risorse pluriennali il piano nazionale straordinario per il rischio idrogeologico, secondo le indicazioni già comunicate alle Camere;
ad attuare quanto previsto dalla risoluzione n. 8-00040 presentata alla Camera dei deputati, approvata dalla Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici il 21 aprile 2009, in particolare per quel che riguarda la sollecita attuazione della direttiva 2007/60/CE del 23 ottobre 2007, relativa alla valutazione e gestione dei rischi di alluvioni;
a promuovere iniziative normative di competenza che introducano norme a favore della difesa del suolo e della riduzione del rischio idrogeologico, tramite le quali, nell'assoluto rispetto delle competenze regionali, siano anche:
a) dettate norme quadro sull'utilizzo dei suoli e sulla tutela delle aree di maggior pregio, con particolare riguardo alle aree a vocazione agricola ed alle aree protette;
b) previste misure dissuasive per le costruzioni di scarsa qualità ed in aree a rischio;
c) introdotte disposizioni che obblighino al coordinamento dei diversi piani territoriali e consentano la rapida realizzazione delle opere pubbliche ed infrastrutturali;
a promuovere, nell'ambito della propria competenza, la celere adozione di norme sulla qualità architettonica e sul sistema «casa qualità», valutando anche la possibilità di estendere il concetto di qualità alle tipologie costruttive degli immobili e prevedendo eventualmente incentivazioni fiscali per le opere realizzate secondo i citati criteri.
(1-00323)
«Ghiglia, Guido Dussin, Commercio, Sardelli, Baldelli, Milo, Aracri, Bonciani, Cosenza, Di Cagno Abbrescia, Tommaso Foti, Germanà, Gibiino, Iannarilli, Lanzarin, Lisi, Lupi, Pili, Pizzolante, Scalera, Scalia, Stradella, Togni, Tortoli, Vella, Vessa, Alessandri».

TESTO AGGIORNATO AL 23 NOVEMBRE 2010

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro per l'attuazione del programma, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
legge finanziaria aveva previsto la riduzione del 20 cento nel numero dei consiglieri comunali e provinciali, con un risparmio di 213 milioni, di cui 13 nel 2010;
contro questa decisione ha manifestato forte avversione l'Associazione nazionale dei comuni d'Italia;
il Governo ha accettato di rinviare al 2011 l'entrata in vigore di questa norma, evitando così ai partiti di dover ridurre del 20 per cento il numero dei futuri consiglieri

nei 1.031 comuni (su circa 8.000) e nelle 11 province (su oltre cento) in cui si vota il 28 marzo, in coincidenza con le elezioni regionali;
il Governo ha precisato che non intende rinunciare al previsto risparmio di 13 milioni di euro nei trasferimenti agli enti locali, per cui questa somma dovrà essere reperita in altro modo da comuni e province;
già nel 2005 il senatore Cesare Salvi fotografo per primo, assieme ad un altro senatore del PDS, Massimo Villone, la composizione ed il costo del mezzo milione di persone che vivono di politica nel libro «Il costo della democrazia»;
sempre il senatore Salvi ha commentato sconfortato questa vicenda considerandola come una prova della invincibile capacità di resistenza della «casta», chiedendosi come sarà possibile attuare una vera ed incisiva riduzione delle tasse per la cui copertura finanziaria sarebbero necessari, anche secondo il ministro Tremonti, tagli alla spesa pubblica di 20 o 30 miliardi di euro - se un Governo, che nel proprio programma prevedeva tout court l'abolizione delle province, non riesce nemmeno a tagliare 13 milioni di euro per far dimagrire i pletorici consigli comunali e provinciali -:
per quali ragioni il Governo abbia accolto l'idea di rinviare al 2011 la riduzione del 20 per cento del numero dei futuri consiglieri in 1.031 comuni e 11 province in cui il prossimo 28 marzo 2010 si voterà;
come il Governo intenda reperire la somma di 13 milioni di euro.
(4-05844)

COMAROLI, FAVA, CROSIO, GRIMOLDI, MACCANTI e STUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 353 convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 46, recante «Disposizioni urgenti in materia di tariffe postali agevolate per i prodotti editoriali», all'articolo 1, dispone che le imprese editrici di quotidiani, periodici e libri possono usufruire di tariffe agevolate postali per la spedizione di prodotti editoriali;
attualmente, quindi, le sovvenzioni statali per la stampa sono previste sotto forma di contributi diretti erogati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, dipartimento dell'editoria e di agevolazioni tariffarie postali, attraverso un accordo che prevede un rimborso diretto alla società Poste italiane spa da parte dello Stato;
secondo gli ultimi dati disponibili pubblicati sul sito della Presidenza del Consiglio dei ministri, dipartimento per l'editoria, relativi all'anno 2004, hanno accesso alle agevolazioni tariffarie postali, oltre alle cooperative giornalistiche, anche alcuni grandi gruppi editoriali come RCS, Il Sole 24 Ore, Mondadori, De Agostini, L'Espresso;
tutti questi gruppi editoriali sono quotati in borsa o partecipano a società quotate in borsa ed arrivano a prendere, come agevolazioni tariffarie postali, anche 18 milioni di euro;
queste società, che ricevono indirettamente denaro pubblico e quindi denaro dei contribuenti, dividono i propri utili a fine anno, come prevede la loro stesa natura -:
se non reputi opportuno, in un'ottica di risparmio della spesa pubblica e di salvaguardia della piccola imprenditoria, intervenire con specifiche iniziative normative affinché, a decorrere dall'anno in corso, abbiano accesso ai rimborsi delle agevolazioni tariffarie di cui al decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 353 convertito con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 46, esclusivamente le imprese editrici che abbiano inserito nel proprio statuto il divieto di distribuzione degli utili della società.
(4-05846)

COMAROLI, FAVA, CROSIO, GRIMOLDI, MACCANTI e STUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
secondo la legge 7 agosto 1990, n. 250 e le successive modificazioni, lo Stato eroga contributi alle imprese editrici di quotidiani e periodici che rispondano a determinati requisiti, al fine di contribuire alla libertà di informare e di essere informati, prevista dall'articolo 21 della nostra Costituzione;
fra i requisiti previsti dalla suddetta legge, all'articolo 3, si fa riferimento al limite percentuale di entrate pubblicitarie rispetto ai costi complessivi dell'impresa risultanti dal bilancio dell'anno di riferimento dei contributi;
tale limite sembra doveroso visto che le provvidenze statali dovrebbero agevolare quei giornali che svolgono un importante ruolo di informazione e di rappresentanza e che non hanno grosse entrate pubblicitarie;
all'articolo 44, comma 1, del decreto-legge 5 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, si prevede l'emanazione di un regolamento per il riordino dei criteri di erogazione dei contributi diretti all'editoria per tutti gli aventi diritto secondo la legge n. 250 del 7 agosto 1990;
la bozza di questo nuovo regolamento non sembra contenere alcun limite alle entrate pubblicitarie e questo comporterebbe l'erogazione dei contributi statali anche a giornali soggetti a logiche di sponsor e di pubblicità e, per eccesso, addirittura ai giornali integralmente pubblicitari -:
se ritenga opportuno che le provvidenze per l'editoria vengano distribuite anche a giornali che abbiano acquisito, nell'anno di riferimento dei contributi, entrate pubblicitarie superiori al 40 per cento dei costi complessivi dell'impresa risultanti dal bilancio dell'anno medesimo e come intenda intervenire per far sì che i contributi statali vengano riservati alle imprese editrici che realmente svolgono un importante ruolo di informazione e di rappresentanza.
(4-05847)

COMAROLI, FAVA, CROSIO, GRIMOLDI, MACCANTI e STUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
all'articolo 44 comma 1, del decreto-legge 5 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, si prevede un riordino dei criteri di erogazione dei contributi diretti all'editoria per tutti gli aventi diritto secondo la legge n. 250 del 7 agosto 1990, tenendo conto delle somme complessivamente stanziate nel bilancio dello Stato per il settore, che costituiscono limite massimo di spesa;
la ripartizione percentuale di un contributo nettamente inferiore alle esigenze del settore metterebbe a rischio la sopravvivenza di un centinaio di giornali di diverso orientamento politico e culturale che rispondono al diritto inalienabile di informare ed essere informati, previsto dall'articolo 21 della nostra Costituzione;
tagli indiscriminati nel settore dell'editoria penalizzerebbero, contemporaneamente, sia i giornali che realmente svolgono un importante ruolo di informazione e di rappresentanza, come quelli di partito, sia i giornali che distribuiscono poche o nessuna copia nelle edicole;
un maggiore rigore dei requisiti necessari per l'accesso ai contributi, con l'esclusione quindi di tutti quei giornali che beneficiano delle sovvenzioni statali senza essere distribuiti in edicola, potrebbe portare al medesimo risparmio di spesa per lo Stato e contemporaneamente alla salvaguardia della vera informazione nazionale;
nel corso delle votazioni alla legge finanziaria per il 2010 presso l'Aula della Camera dei deputati, è stato approvato l'ordine del giorno 9/02936-A/237 in cui il Governo si impegna ad assumere iniziative

volte ad assicurare, fino all'entrata in vigore del succitato riordino dei criteri di erogazione dei contributi all'editoria, il mantenimento del diritto al pieno contributo, anche in presenza di riparto percentuale tra gli aventi diritto, per le testate che abbiano distribuito nelle edicole almeno l'80 per cento delle copie stampate nell'anno di riferimento dei contributi richiesti -:
quali siano le modalità e le tempistiche delle iniziative che intende intraprendere per mantenere fede all'impegno assunto dal Governo davanti all'Aula della Camera dei deputati il giorno 16 dicembre 2009 con l'approvazione dell'ordine del giorno 9/02936-A/237.
(4-05848)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il comune di Marsciano e la provincia hanno chiesto di poter intervenire a livello strutturale ed infrastrutturale, al fine di evitare un ulteriore degrado e distacco funzionale dalla città di Perugia, con speciale riguardo alla viabilità, in coordinamento fra provincia e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti -:
in quali tempi il Governo intenda predisporre le direttive attuative - attraverso apposite ordinanze - per lo stato d'emergenza in Umbria nelle zone interessate dalla recente ondata di danni che si è abbattuta in quella regione, dal momento che all'emanazione di detti provvedimenti con nomina di Commissario delegato, è legata tutta la fase della ricostruzione;
se non si ritenga inoltre necessario e urgente assicurare un adeguato supporto per le attività economiche e commerciali, assumendo, per un dilazionamento o sospensione di oneri fiscali e tasse stante il blocco totale dal 15 dicembre 2009, al fine di evitare contenziosi e inadempienze.
(4-05852)

TESTO AGGIORNATO AL 16 FEBBRAIO 2011

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GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:

GARAGNANI e CARLUCCI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nella seconda metà degli anni novanta, nel pieno delle sue funzioni di magistrato addetto al Tribunale di Bologna, Libero Mancuso lavorò ad un pacchetto di proposte in tema di immigrazione e criminalità che l'allora sindaco di Bologna Vitali voleva proporre al Governo (come risulta da un intervista rilasciata dallo stesso al Resto del Carlino il 19 maggio 2008);
dopo queste dichiarazioni si pone ancora una volta il problema dell'autonomia della magistratura e la commistione della medesima con la politica, cosa sempre denunciata dall'interpellante, per il livello bolognese oltreché nazionale, stante i legami che ad avviso dell'interpellante, durano da diversi decenni fra alcuni settori estremamente ideologizzati della magistratura, degli enti locali e partiti di sinistra;
la gravità delle suddette affermazioni confermano secondo l'interpellante che alcuni magistrati, nonostante la delicata posizione e gli incarichi ricoperti, che dovrebbero porli al di sopra delle parti, hanno assunto in questi anni sempre di più un ruolo politico che di fatto delegittima la funzione giurisdizionale facendo venir meno la fiducia dei cittadini nell'amministrazione della giustizia;
da sempre la legge impone al magistrato di astenersi da qualsiasi posizione politica mentre, in questo caso, Mancuso ha personalmente dichiarato il suo coinvolgimento in un progetto squisitamente politico;

in precedenza il sottoscritto interpellò il Governo in riferimento alla posizione del Procuratore della Repubblica di Bologna che, in un comunicato apparso sui quotidiani locali il 3 giugno 2006, aveva dichiarato di far parte di un comitato per il no al referendum confermativo del 2006 assumendo così un comportamento obiettivamente esorbitante dalle proprie competenze. Anche in quell'occasione l'interpellante chiese al Governo, nell'ambito delle sue competenze, se esistessero i presupposti per promuovere un'azione disciplinare al fine di dimostrare all'opinione pubblica che l'imparzialità e obiettività nell'amministrazione della giustizia è un principio fondamentale della nostra legislazione e che il magistrato è tenuto in ogni circostanza ad un particolare dovere di sobrietà e riservatezza proprio per tutelare la dignità della sua alta funzione;
i casi summenzionati, a parere dell'interpellante, sono emblematici di una situazione generalizzata e molto più diffusa di quanto non appaia -:
se sussistano i presupposti per adottare iniziative ispettive, organi dell'esercizio di tutti i poteri di sua competenza;
se non intenda adottare iniziative normative per rafforzare l'indipendenza della magistratura, ristabilendo a tutti gli effetti con sanzioni precise il principio della apoliticità del magistrato.
(4-05854)

TESTO AGGIORNATO AL 16 FEBBRAIO 2011

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:

PILI e CARLUCCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il sistema dei trasporti in Sardegna è ancora caratterizzato da condizioni di grave disagio e deficit infrastrutturale, gestionale ed organizzativo che producono non solo una bassa qualità del servizio offerto ma costituiscono un ostacolo al decollo della crescita e dello sviluppo economico;
alle oggettive difficoltà derivanti dalla insularità, dalla conformazione prevalentemente montuosa del territorio regionale, dalla bassa densità insediativa, si somma uno storico deficit di infrastrutturazione complessiva, che incide negativamente sullo sviluppo «sistemico» dell'intera regione, costituendo un ostacolo al decollo della crescita e dello sviluppo economico;
al costo ed alle difficoltà proprie della condizione insulare, col conseguente basso livello di accessibilità alla rete nazionale ed europea, si unisce la debolezza delle connessioni interne all'isola, causate sia da forti carenze della rete stradale, sia dalla insufficiente dotazione infrastrutturale e dai mediocri livelli di servizio in particolare sulle linee ferroviarie;
nel futuro del sistema ferroviario in Sardegna permangono gravissimi motivi di preoccupazione, peraltro posti in maggiore evidenza dai recenti incidenti mortali:
in data 15 giugno 2007 lungo la tratta a scartamento ridotto Nuoro-Macomer, nel quale hanno perso la vita due passeggeri e un macchinista e in data 27 dicembre 2009 lungo la tratta a scartamento ordinario Chilivani-Sassari, nel quale ha perso la vita un macchinista. La tratta, interessata da fenomeni franosi, è a tutt'oggi chiusa all'esercizio;
nelle Ferrovie sarde persiste, da oltre un ventennio, una condizione di criticità grave, che rischia di condurre l'intera regione ad un assetto trasportistico monomodale (tutto strada) in totale controtendenza rispetto alle tendenze nazionali ed europee;
alcune carenze assimilabili ai contesti del Mezzogiorno e della Sardegna si riferiscono ai bassi livelli di accessibilità alla rete nazionale ed europea, nonché al proprio interno, causati da insufficienti dotazioni infrastrutturali ed ancora più da mediocri livelli di servizio sia delle linee che delle infrastrutture, ad una disomogenea

distribuzione territoriale delle residenze e delle attività che evidenziano aree a bassa densità di popolazione;
l'infrastruttura regionale risulta essere collegata solo teoricamente alla direttrice tirrenica, afferente l'asse Ferroviario n. 1 Berlino-Verona/Milano Bologna-Napoli-Messina-Palermo, attraverso i collegamenti marittimi e il tratto ferroviario di connessione con il porto di Civitavecchia;
la necessità di un effettivo ammodernamento del sistema ferroviario della Sardegna, risulta ad avviso dell'interrogante a tutt'oggi non condivisa ed estranea alla pratica operativa, di RFI, Trenitalia, Cargo, confermandosi una situazione di deficit d'esercizio sintetizzabile a partire dal dato, antistorico, di una velocità media (lungo la rete ferroviaria nazionale) nell'ordine dei 70 chilometri all'ora;
la condizione di criticità prefigura un futuro di abbandono per un patrimonio costituito da 436 chilometri di tracciato a scartamento ordinario, non elettrificata, per grandissima parte a semplice binario, sin qui gestita da FS spa, e da altri 626 chilometri da linee a scartamento ridotto, passati alla gestione regionale con l'assenso secondo l'interrogante non giustificabile della precedente giunta regionale, ma in assenza di qualsiasi risorsa sufficiente ad una seppur minima messa in sicurezza né tantomeno al suo adeguamento infrastrutturale;
la provincia di Cagliari, la più popolosa, per fare un esempio, risulta 98a fra le province italiane, terzultima nel Mezzogiorno, ha un indice relativo alla rete ferroviaria di 24,7, leggermente superiore alla media regionale (24,5) ma comunque, nettamente al di sotto della media delle regioni del Mezzogiorno (84,7);
la dotazione regionale di infrastrutture ferroviarie, la rete di livello nazionale, gestita da RFI, è costituita da 437 chilometri di linea (2,6 per cento del totale nazionale) a scartamento ordinario, semplice binario e non elettrificata. Solo 16,6 chilometri sono a doppio binario (Cagliari-Decimomannu), cui s'aggiungono circa 8 chilometri nella nuova tratta in galleria a Bonorva;
la densità ferroviaria, indice d'accessibilità del territorio, rapporto tra estesa delle linee e superficie regionale, è di 18 metri/chilometro quadrato, contro un valore medio nazionale di 55; il grado di diffusione ferroviario della Sardegna è quindi un terzo di quello nazionale;
la rete è suddivisa in linee fondamentali (Cagliari-Chilivani-Olbia), complementari (Chilivani-P. Torres) e secondarie (Decimomannu-Iglesias; Villamassargia-Carbonia) con riferimento alla relativa funzione e all'entità del traffico;
il Piano regionale dei trasporti, ed il Piano regionale delle merci, come da ultimo approvato dalla giunta regionale con deliberazione n. 12/26 in data 16 aprile hanno indicato tra i progetti prioritari l'ammodernamento e velocizzazione della rete ferroviaria sarda;
l'Intesa generale quadro stipulata l'11 ottobre 2002 tra il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed il presidente della regione autonoma della Sardegna, nella quale sono indicate quali opere «di preminente interesse nazionale» ha individuato gli interventi ricadenti nel territorio sardo tra quelli inseriti nel 1o programma delle infrastrutture strategiche;
in tale Intesa le parti hanno convenuto che le risorse finanziarie occorrenti per la realizzazione degli interventi ivi previsti «saranno comunque rese disponibili fino alla completa realizzazione delle opere secondo gli importi che risulteranno dai quadri economici dei progetti approvati» e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti «si impegna fin d'ora a sostenere, con risorse proprie e/o delle aziende vigilate, gli oneri economici per la progettazione di specifiche opere rientranti fra quelle per le quali le parti determineranno di collaborare»;

il documento n. 161 del 22 gennaio 2003, sottoscritta, tra il capo del dipartimento coordinamento e sviluppo del territorio del Ministero delle infrastrutture e trasporti e il capo del dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione del Ministero dell'economia e delle finanze, è finalizzato ad armonizzare i contenuti delle intese istituzionali di programma e degli accordi di programma quadro con quanto previsto nelle intese generali quadro in ordine al 1o Programma delle infrastrutture strategiche di cui alla citata delibera CIPE 21/2001 anche ai fini dell'appropriata gestione e rafforzamento delle attività di monitoraggio;
il programma attuativo, conseguente all'intesa del 2002 e all'accordo approvato dalla giunta regionale nel 2003, per quanto riguarda il trasporto ferroviario, prevedeva di:
a) ampliare, potenziare e velocizzare la rete ferroviaria, al fine di renderla idonea a garantire un adeguato livello di qualità nonché ad aumentare l'offerta del servizio esistente, anche attraverso una sostanziale riduzione dei tempi di percorrenza. A questo fine le parti concordano che gli interventi infrastrutturali previsti nel presente Accordo, con le risorse disponibili e quelle programmate, sono funzionali all'obiettivo di ridurre, entro il quadriennio 2004-2007, i tempi di percorrenza sulle due relazioni Cagliari-Sassari-Porto Torres e Cagliari-Chilivani-Olbia-Golfo Aranci, in misura tale da elevarne il livello di concorrenzialità con le altre modalità di trasporto;
b) potenziare le principali linee ferroviarie per realizzare un significativo spostamento modale di quote di traffico dal sistema su gomma a quello su ferro. Tale obiettivo, peraltro, dovrà essere realizzato anche attraverso un riordino dei sistemi su gomma diretto ad eliminare eventuali parallelismi nell'offerta e, viceversa, a favorire l'interscambio gomma/ferro in prossimità delle stazioni;
c) realizzare interventi di collegamento ai nodi urbani ed ai servizi portuali ed aeroportuali;
la definitiva attribuzione delle risorse del Programma operativo nazionale (PON) trasporti 2000-2006 registra una pesante penalizzazione subita dalla regione Sardegna, in particolare nel settore delle ferrovie, ove il responsabile nazionale delle misure 1.1 e 2.1 risulta non aver proceduto a sviluppare la progettualità necessaria all'attuazione di un complesso di intervento mirati alla velocizzazione della principale linea ferroviaria regionale (Cagliari/Porto Torres/Golfo Aranci);
il recente documento del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti «Selezione dei progetti per la realizzazione del PON Trasporti 2000/2006 - Lista Progetti CdS 25 maggio 2009» mostra, per il settore delle ferrovie una situazione che emerge in tutta la sua gravità;
il Programma operativo nazionale trasporti 2000-2006 in Sardegna alla misura 1.1 - Miglioramento della rete e del servizio ferroviario attraverso l'adeguamento della linea - con una dotazione di euro 1.518.420.228 (il 33,6 per cento dell'intero PON trasporti) ha totalmente escluso dall'intervento la Regione Sardegna;
la misura 3.3 - Sviluppo delle infrastrutture finalizzate all'intermodalità delle merci, che ha avuto grosse difficoltà anche alla scala nazionale, per incertezze connesse al rispetto delle regole della concorrenza, ed alla conseguente impossibilità di finanziare infrastrutture destinate ad operatori privati ha anche in questo caso escluso la Sardegna;
nei bilanci di RFI, responsabile delle misure 1.1 e 2.1 del PON Trasporti 2000-2006, è effettivamente presente una assegnazione complessiva di euro 2.086.936.887. L'ammontare di risorse teoricamente destinato alla Regione, stimabile sulla base della quota dell'11,95 per cento, in euro 249 milioni circa, in ragione dell'assenza di progettazione, è stato distribuito sui territori delle altre regioni del Mezzogiorno;
nella programmazione 2007-2013 si rende necessario recuperare con somma

urgenza tali risorse, opportunamente rivalutate anche per non perseverare nella seguente, ad avviso dell'interrogante inaccettabile programmazione 2007-2013 in quanto:
a) il Programma nazionale «reti e mobilità», inizialmente destinato a tutte le regioni del Mezzogiorno non ha infatti ricompreso Abruzzo, Molise, Basilicata e Sardegna, risultando a tutt'oggi operativo solamente nella sezione finanziata del FERS, per le sole regioni rimaste nell'Obiettivo 1 (giova al riguardo rilevare che lo sforamento statistico di taluni indici economici non equivale ad un recupero del deficit infrastrutturale pregresso);
b) il programma di interventi relativo all'alta velocità e all'adeguamento infrastrutturale delle dorsali ferroviarie nazionali non ricomprende, tra le regioni destinatarie, la Sardegna;
c) gli interventi del Fondo infrastrutture sin qui definiti interessano solo marginalmente la regione sarda, comunque esclusa dagli interventi di adeguamento della rete ferroviaria;
d) gli interventi previsti dal decreto-legge 29 novembre 2008 n. 185 convertito con modificazioni dalla legge n. 2 del 2009, recante misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anticrisi il quadro strategico nazionale, destinano una specifica sezione di intervento, per 2400 milioni di euro al sostegno delle ferrovie e del trasporto pubblico locale, utilizzando a tal fine le risorse del FAS 2007-2013;
e) l'articolo 25 della medesima disposizione, al comma due cita esplicitamente i soli contratti di servizio di Trenitalia con le sole regioni a statuto ordinario «Per assicurare i necessari servizi ferroviari di trasporto pubblico, al fine della stipula dei nuovi contratti di servizio dello Stato e delle Regioni a statuto ordinario con Trenitalia spa, è autorizzata la spesa di 480 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011»: una restrittiva applicazione di tale norma condurrebbe quindi ad una paradossale penalizzazione di tutte le regioni a statuto speciale, contraddicendo lo stesso principio ispiratore dell'omogeneità del sistema ferroviario italiano;
f) analoga perplessità riguarda la ripartizione delle risorse, al cui onere (1440 milioni di euro per l'anno 2009 e 480 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011), ai sensi dei commi 3 e 4 del citato articolo 25, «si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 61, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, relativa al Fondo per le aree sottoutilizzate, a valere sulla quota destinata alla realizzazione di infrastrutture ai sensi dell'articolo 6-quinquies del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133», (...) «Ferrovie dello Stato spa presenta annualmente al Ministro dell'economia e delle finanze una relazione sui risultati della attuazione del presente articolo, dando evidenza in particolare del rispetto del criterio di ripartizione, in misura pari rispettivamente al 15 per cento e all'85 per cento, delle quote di investimento riservate al nord e al sud del Paese.»;
risulta inaccettabile che tali risorse relative al fondo aree sottoutilizzate, all'interno del contesto nazionale, ed in particolare del Mezzogiorno contrastino con i criteri di ripartizione che non dovrebbero discostarsi per alcuna ragione da quelli assunti dal Quadro strategico nazionale 2007-2013, che hanno da tempo codificato, in favore della Sardegna, una quota di ripartizione pari al 12,61 per cento del totale delle risorse dedicate al Mezzogiorno (Delibera CIPE 166/2007, tabella 4);
un eventuale scostamento da tali criteri di ripartizione andrebbe adeguatamente motivato, ad esempio sulla base di una compensazione per il pregresso non assegnato, ovvero assumendo criteri specifici relativi al fabbisogno infrastrutturale,

misurabile attraverso fattori oggettivi quali l'estesa chilometrica, o l'insufficienza della velocità commerciale lungo linea: va detto sin d'ora che criteri di assegnazione delle risorse fondati sul riconoscimento dell'effettivo deficit infrastrutturale, condurrebbero a coefficienti di ripartizione delle risorse destinate al Mezzogiorno sensibilmente superiori al quantum sin qui solo teoricamente riconosciuto alla regione Sardegna. E di fatto comunque negato nell'ambito della richiamata programmazione;
i criteri di ripartizione di tali somme all'interno del contesto nazionale, ed in particolare del Mezzogiorno non devono discostarsi in alcun modo se non per incrementarli, ai fini di ulteriore compensazione del pregresso sottratto, da quelli che il quadro strategico nazionale utilizza per la distribuzione delle risorse alla scala regionale, com'è noto pari 12,61 per cento per ciò che attiene la regione Sardegna (delibera CIPE 166/2007, tabella 4);
i criteri di riparto dovrebbero essere sensibilmente superiori a tale quota, sopratutto se si prendesse in considerazione ad esempio il dato di fabbisogno infrastrutturale (rilevabile dalla estesa chilometrica, e dalla modesta velocità commerciale lungo linea);
la stima del quantum di risorse FAS, riparto nazionale, da assegnarsi alla regione Sardegna va comunque effettuata con la massima celerità al fine di recuperare i divari registrati e incrementati negli anni;
il citato comma due dell'articolo 25 del decreto-legge n. 185 del 2008, non ha esplicitamente inserito nel riparto le regioni a Statuto speciale, richiamando esclusivamente le sole regioni a statuto ordinario;
una restrittiva applicazione della norma costituirebbe una paradossale penalizzazione per tutte le regioni a statuto speciale, contraddicendo lo stesso principio ispiratore dell'omogeneità del sistema ferroviario italiano;
il sostanziale disimpegno di RFI ha condotto ad un progressivo abbattimento dei livelli di servizio sul sistema ferroviario della Sardegna:
come emerge dalla lettura degli orari riportati dal sito Trenitalia a velocità commerciale media sulla rete RFI s'aggira, in Sardegna, sui 65-70 chilometri orari;
soltanto uno dei 5 collegamenti Cagliari-Sassari (261 chilometri in ferrovia, 215 chilometri sulla strada statale 131) è infatti effettuato dal treno più veloce in 2 ore e 50 minuti (velocità commerciale 92 chilometri orari); gli altri quatto impiegano delle 3 ore e 30 minuti alle 4 ore, con una velocità commerciale media oscillante tra i 75 ed i 65 chilometri orari: tempo superiore del 50 per cento rispetto a quello «impiegabile» da un'autovettura di media cilindrata sulla strada statale 131;
il collegamento Sassari-Olbia (116 chilometri) è coperto in circa 1 ora e 50 minuti, alla velocità commerciale inferiore ai 65 chilometri orari;
la tratta «inter-city» a più alto traffico (Cagliari-Oristano, 94 chilometri), che si sviluppa su tracciato in piano, è percorsa da circa 18 treni giornalieri, ma solamente 2 corse/die effettuano la tratta in 56 minuti circa, alla velocità commerciale di oltre 100 chilometri orari: per le altre, i tempi di connessione giungono ai 70, 80, 110 minuti, segnate quindi da uno standard di esercizio che abbatte le velocità commerciali sino ai 60 e addirittura ai 47 chilometri orari;
a tale rete si aggiungono 620 chilometri di rete ferroviaria a scartamento ridotto, passata dalla gestione governativa alla gestione regionale in assenza di alcun progetto di ammodernamento, sulla quale la velocità di percorrenza oscilla tra i 60 chilometri orari della Sassari-Alghero e della Cagliari-Mandas, per ridursi ai 33 chilometri sulle tratte a valenza turistico e paesistica: Sorgono-Mandas-Arbatax, Palau-Arzachena-Tempio-Nulvi, Nuoro-Macomer-Bosa;

per tale sottosistema ferroviario regionale, sono necessari importanti momenti di riqualificazione:
sulle tratte a maggiore valenza urbana, per le quali si prospetta (con fondi regionali, nazionali e comunitari) il completamento delle azioni già avviate con le metropolitane leggere di Cagliari e Sassari, con la estensione delle tratte elettrificate, e la semplificazione degli attuali passaggi a livello, da ricondurre a normali intersezioni semaforiche;
per le tratte gravitanti sui centri urbani, per le quali occorre a ricondurre a standard, in particolare sulle tratte pianeggianti, le velocità di esercizio;
sulle tratte che attraversano i territori montani, segnandone paesaggio e storia, sulla quali la domanda di «turismo ambientale» ha mantenuto trend di crescita nell'ordine del 7-8 per cento all'anno, sino a lasciare inevase quote elevate di domanda, per l'insufficienza dei treni (dedicati alla domanda pendolare) e per la carenza di figure rare quali quelle dei macchinisti, in favore dei quali sono state peraltro applicate le norme relative al prepensionamento degli addetti;
ai sensi del comma 837 dell'articolo 1 della legge Finanziaria per il 2007 tali linee sono passate alla gestione regionale. Senza alcuna risorsa aggiuntiva, e senza registrare, e quantificare, i danni conseguenti ad oltre un cinquantennio di sostanziale assenza di investimenti, all'interno di un accordo a tutt'oggi privo delle risorse necessarie alla messa in sicurezza ed all'ammodernamento dell'infrastruttura;
il «Corridoio plurimodale Sardegna continente» è privo del servizio di traghettamento ferroviario delle merci, sospeso da Trenitalia a partire dal luglio 2008;
risultano disattesi anche gli impegni assunti da Trenitalia per garantire almeno il transito delle carrozze ferroviarie destinate alla Keller di Villacidro: che sono invece a tutt'oggi ferme a Civitavecchia, impossibilitate ad essere imbarcate, mentre per le maestranze dell'azienda, impossibilitata ad operare nonostante la presenza di specifiche commesse, si prospetta la cassa integrazione;
sulla tratta ferroviaria Nuoro-Macomer, dopo l'incidente del 15 giugno 2007 nel quale hanno perso la vita due passeggeri e un macchinista non è stato, a tutt'oggi, effettuato alcun intervento;
la tratta ferroviaria Chilivani-Sassari, sulla quale per un fenomeno franoso ha perso la vita, il 27 dicembre 2009, nel quale ha perso la vita un macchinista delle Ferrovie, non è a tutt'oggi riaperta all'esercizio, dimostrando in tutta la sua gravità lo stato di abbandono in cui versa la rete ferroviaria sarda, con particolare riferimento alle condizioni di sicurezza;
risulta evidente la penalizzazione subita dalla Sardegna sia in termini di mancata assegnazione di risorse pregresse, sia in termini di continuo decadimento del livello di servizio ferroviario;
appare impegno inderogabile la stima del quantum da assegnare alla Regione a valere sul riparto nazionale (e/o sul fondo infrastrutture) delle risorse FAS 2007-2013, risorse statali, riparto nazionale, da effettuarsi con la massima celerità, al fine di recuperare i divari registrati e incrementati negli anni, col concorso del Ministero dell'economia e delle finanze e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con la regione autonoma della Sardegna;
la legge 5 maggio 2009, n. 42 «Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione» pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 103 del 6 maggio 2009, all'articolo 22, prevede:
(Perequazione infrastrutturale)
1. In sede di prima applicazione, il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con il Ministro per le riforme per il federalismo, il Ministro per la semplificazione normativa, il Ministro per i rapporti

con le regioni e gli altri Ministri competenti per materia, predispone una ricognizione degli interventi infrastrutturali, sulla base delle norme vigenti, riguardanti le strutture sanitarie, assistenziali, scolastiche nonché la rete stradale, autostradale e ferroviaria, la rete fognaria, la rete idrica, elettrica e di trasporto e distribuzione del gas, le strutture portuali ed aeroportuali. La ricognizione è effettuata tenendo conto, in particolare, dei seguenti elementi:
a) estensione delle superfici territoriali;
b) valutazione della rete viaria con particolare riferimento a quella del Mezzogiorno;
c) deficit infrastrutturale e deficit di sviluppo;
d) densità della popolazione e densità delle unità produttive;
e) particolari requisiti delle zone di montagna;
f) carenze della dotazione infrastrutturale esistente in ciascun territorio;
g) specificità insulare con definizione di parametri oggettivi relativi alla misurazione degli effetti conseguenti al divario di sviluppo economico derivante dall'insularità, anche con riguardo all'entità delle risorse per gli interventi speciali di cui all'articolo 119, quinto comma, della Costituzione.

2. Nella fase transitoria di cui agli articoli 20 e 21, al fine del recupero del deficit infrastrutturale, ivi compreso quello riguardante il trasporto pubblico locale e i collegamenti con le isole, sono individuati, sulla base della ricognizione di cui al comma 1 del presente articolo, interventi finalizzati agli obiettivi di cui all'articolo 119, quinto comma, della Costituzione, che tengano conto anche della virtuosità degli enti nell'adeguamento al processo di convergenza ai costi o al fabbisogno standard. Gli interventi di cui al presente comma da effettuare nelle aree sottoutilizzate sono individuati nel programma da inserire nel Documento di programmazione economico-finanziaria ai sensi dell'articolo 1, commi 1 e 1-bis, della legge 21 dicembre 2001, n. 443 -:
se il Governo non ritenga urgente definire un piano di riequilibrio delle condizioni infrastrutturali e strutturali del sistema trasporti ferroviari della Sardegna a partire dalla definizione di progetti capaci di eliminare i consistenti divari su tutti i parametri di efficienza delle reti ferroviarie sarde;
se il Governo non ritenga di dover assumere decise iniziative nei confronti di Ferrovie dello Stato e RFI, prima di qualsiasi trasferimento di competenze alla regione, per un adeguamento strutturale dei tracciati delle principali dorsali ferroviarie, con il conseguente inserimento anche della Sardegna tra le regioni destinatarie degli interventi dedicati all'alta velocità ed all'effettivo ammodernamento della rete ferroviaria nazionale;
se il Governo non intenda, prima di qualsiasi attuazione di norme di trasferimento di competenze alla regione Sardegna, di attribuire apposite risorse tese al riequilibrio infrastrutturale e funzionale del sistema ferroviario sardo;
se il Governo non ritenga di dover ridefinire i mancati stanziamenti di risorse degli anni passati, per responsabilità diretta dei soggetti che non hanno definito adeguate progettazioni per l'ammodernamento e la velocizzazione della rete ferroviaria della Sardegna;
se il Governo non ritenga di dover imporre, prima di qualsiasi trasferimento di competenze alla regione, alle Ferrovie dello Stato e RTI un adeguamento strutturale dei tracciati delle principali dorsali ferroviarie della Sardegna con il conseguente inserimento anche della Sardegna tra le regioni destinatarie degli interventi dell'alta velocità considerato l'appartenenza della regione stessa allo Stato italiano;

se il Governo, alla luce della fallimentare esperienza del precedente governo regionale che aveva rinunciato al miglioramento della rete ferroviaria per affidare il miglioramento della rete ferroviaria a paventati «miracolistici» treni, non ritenga di dover valutare l'urgente necessità di definire una correzione dei rettifili dei tracciati ferroviari tali da poter favorire anche in Sardegna l'utilizzo di mezzi adeguati al parametro nazionale ed europeo;
se il Governo anche alla luce dei mancati stanziamenti di risorse degli anni passati, per responsabilità diretta di soggetti che non hanno definito adeguate progettazioni per l'ammodernamento e la velocizzazione della rete ferroviaria regionale, non ritenga di dover ridefinire, all'interno del contratto di programma RFI, gli stanziamenti in favore della Regione Sardegna;
se non ritenga di dover assumere le opportune iniziative, eventualmente normative, per applicare l'articolo 25, comma 2, del decreto-legge n. 185 del 2008 includendo anche le regioni a statuto speciale tra quelle destinatarie della ripartizione dei fondi destinati al miglioramento delle ferrovie;
se il Governo non ritenga necessario ed urgente coinvolgere la Sardegna nella procedura prevista al comma 1 dell'articolo 22 della legge 5 maggio 2009 n. 103, predisponendo quindi ai sensi del comma 2, dell'articolo 22 citato, d'intesa con la regione, un concreto piano attuativo per il recupero del deficit infrastrutturale pregresso.
(5-02381)

Interrogazione a risposta scritta:

RAISI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
sono apparsi, all'indomani dell'elezione dell'onorevole Pier Luigi Bersani a Segretario del Partito Democratico, negli spazi pubblicitari all'interno delle stazioni ferroviarie molti manifesti del Partito Democratico -:
quali siano state le condizioni economiche che la società Ferrovie dello Stato ha concordato con il Partito Democratico per l'affissione dei suddetti manifesti.
(4-05856)

...

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:

SARUBBI, COLOMBO, BINETTI, BUCCHINO, D'INCECCO, FARINA COSCIONI e TOUADI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 31 luglio 2008 il comune di Roma ha presentato il cosiddetto «Piano nomadi» che, fra l'altro, prevedeva la costruzione di 6 campi autorizzati (7 sono già presenti) - ovvero dotati di prefabbricati, luce, fogne, acqua corrente, vigilanza e servizi - e lo smantellamento dei campi abusivi presenti sul territorio;
nel febbraio 2009 è stato adottato dal Commissario delegato per l'emergenza nomadi - nella persona del prefetto di Roma - un regolamento che prevede l'ammissione presso i campi nomadi soltanto di stranieri che hanno titolo a restare in Italia, ossia coloro che siano in possesso di regolare permesso di soggiorno, nelle varie tipologie previste dal testo unico sull'immigrazione. In applicazione di esso, negli ultimi due mesi, si è proceduto a sottoporre i nomadi presenti nei campi ad accertamenti individuali circa il possesso dei requisiti previsti dalla legge o, in mancanza del titolo, a verificare le condizioni che potessero consentire il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Coloro che sono risultati privi di documenti regolari hanno presentato richiesta di asilo;
lunedì 18 gennaio 2010 sono stati compiuti una serie di interventi finalizzati allo sgombero di un grande campo abusivo

denominato «Casilino 900» attraverso una ricollocazione nei campi attrezzati della capitale ma in assenza della realizzazione dei nuovi campi previsti dal piano nomadi, né tanto meno attivando l'ampliamento di quelli già esistenti. In particolare si è intervenuti presso il campo di via Salone, dove è in atto da tempo un difficile ma positivo lavoro di integrazione, soprattutto nei confronti dei minori;
a seguito di ciò il prefetto ha ritenuto sussistere le condizioni per uno spostamento di circa cento persone - di cui circa trenta ragazzi, la grande maggioranza dei quali nata in Italia e frequentante regolare corso scolastico - presso il CARA (centro di accoglienza per richiedenti asilo) di Castelnuovo di Porto;
sembrano all'interrogante essere carenti non solo valutazioni di opportunità ma anche le ragioni di diritto per un simile intervento. La legislazione riguardante il trattenimento dei richiedenti asilo (articolo 1-bis, legge n. 39 del 1990 e successive modificazioni articolo 3 decreto del Presidente della Repubblica n. 303 del 2004) non sembra poterlo giustificare. In particolare è prevista la detenzione amministrativa nei CIE (centri per l'identificazione e l'espulsione) quando, al momento della domanda, il richiedente è stato fermato per aver eluso o tentato di eludere il controllo alla frontiera o subito dopo, oppure laddove abbia presentato una domanda di asilo mentre era già destinatario di un provvedimento di espulsione o di respingimento. Entrambe queste condizioni non sussistono nel caso in questione;
per quanto riguarda i CARA - che sono centri concettualmente diversi dai CIE e per l'accesso ai quali sono usualmente proprio i richiedenti a fare domanda - è previsto l'obbligo di dimora per un tempo massimo di 20 giorni solo laddove si renda necessaria l'identificazione del soggetto (decreto legislativo n. 25 del 2008, articolo 20), condizione anch'essa manchevole nel caso in esame. Le persone interessate dall'intervento infatti, pur prive, in diversi casi, di documenti validi di identità, erano state tutte da tempo identificate e censite dall'autorità amministrativa, tanto da aver potuto accedere stabilmente ad un campo attrezzato. Tra l'altro, le condizioni di sicurezza e controllo presenti nei CARA non si differenziano in modo apprezzabile da quelle sussistenti nei campi autorizzati, anch'essi vigilati e non vincolanti quanto alla permanenza. Anche volendo giustificare una forzatura della norma, non si capisce la ragione di una simile accelerazione dello spostamento nel CARA per l'esame di una domanda di asilo avanzata più di un mese fa;
tale accelerazione risulta poi ancora più inopportuna vista la delicatezza e la complessità del contesto sociale nel quale si colloca. È opportuno ricordare nuovamente che lo smantellamento del «Casilino 900» avviene in assenza degli interventi per la costruzione dei nuovi campi e l'ampliamento dei campi autorizzati già esistenti come previsto dal piano. Ciò ha portato non solo ad aumentare vertiginosamente la «densità demografica» dei campi allo stato interessati - e ciò a detrimento della loro vivibilità interna e del rapporto con i quartieri circostanti - ma è anche intervenuta modificando pericolosamente e senza una ratio la composizione etnica dei campi. Infine, e soprattutto, l'allontanamento di nuclei familiari radicati ed inseriti da anni in percorsi di integrazione faticosamente avviati, soprattutto nei termini di inserimento nel percorso scolastico dei bambini, sembra una scelta dettata più da una fretta (peraltro che appare agli interroganti immotivata) che da considerazioni legate alla corretta applicazione del «piano nomadi»;
è di tutta evidenza che le modalità seguite nel dare applicazione al Piano, unite alle circostanze evidenziate sopra, lasciano perplessi in relazione agli obiettivi perseguiti e alla loro congruità con quanto delineato nel «piano», condizionando pesantemente l'azione delle istituzioni coinvolte -:
se il ministro interrogato non ravveda l'urgenza di ripristinare immediatamente

le condizioni di dimora delle famiglie rom trasferite contro la loro volontà al di fuori del campo attrezzato di via Salone, nel quale si trovano domiciliate da molti anni;
se il ministro interrogato non ravveda, riguardo alle famiglie del campo romano di via Salone, l'urgenza di ripristinare immediatamente la corretta applicazione delle norme sul trattenimento dei richiedenti asilo nei CARA di Roma.
(4-05841)

TESTO AGGIORNATO AL 25 FEBBRAIO 2010

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

VACCARO, MAZZARELLA, NICOLAIS e SIRAGUSA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il «Regolamento recante l'accorpamento delle classi di concorso a cattedre e a posti di insegnamento di istruzione secondaria», approvato dal Consiglio dei ministri in prima lettura il 12 giugno 2009, prevede le seguenti classi di concorso: A-36 (Scienze e tecnologie elettriche ed elettroniche) e A-37 (Scienze e tecnologie informatiche);
tale regolamento non permetterebbe ai docenti appartenenti alla classe A-37 già classe di concorso A042, l'insegnamento della materia «informatica e sistemi automatici» nei licei scientifici opzione scientifico-tecnologico e l'insegnamento della materia «tecnologie dell'informazione e della comunicazione» negli istituti professionali;
la possibilità di tale insegnamento, in base al regolamento approvato, è stata concessa in esclusiva agli appartenenti alla classe A-36;
in tal modo, verrebbe a crearsi una discrasia culturale e metodologica per la quale la materia informatica sarebbe insegnata in due differenti tipi di istituto da docenti appartenenti a due classi di concorso diverse;
come anche rilevato dall'ALSI - Associazione nazionale laureati in scienze dell'informazione ed informatica - non sussistono motivi né culturali, né scientifici, né didattici per escludere gli appartenenti alla classe A-37 dall'insegnamento suddetto; non sussistono inoltre motivi né culturali, né scientifici, per permettere agli appartenenti alla precedente classe di abilitazione 34/A elettronica e 35/A elettrotecnica ed applicazioni, accorpati nella nuova classe A-36, l'insegnamento delle materie informatiche in quanto già in precedenza esclusi da tali insegnamenti dal decreto ministeriale 30 gennaio 1998 ed in considerazione del fatto che le materie informatiche non sono state oggetto di studio nei percorsi universitari che hanno attribuito i titoli di ammissione alla classe 35/A quali ad esempio ingegneria civile, ingegneria elettrica, ingegneria meccanica, ingegneria dei materiali, ingegneria per l'ambiente e il territorio;
se il Ministro ritenga opportuno, e in che tempi, assumere iniziative volte ad evitare che gli appartenenti alla classe di concorso già A042 risultino esclusi dall'insegnamento dell'informatica in alcune scuole a vantaggio di insegnanti con lauree e/o percorsi di studio e classi di concorso che paiono non attinenti all'informatica.
(5-02378)

GHIZZONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'«Accordo tra la Santa Sede e la Repubblica italiana che apporta modificazioni al Concordato Lateranense», firmato il 18 febbraio 1984 dal cardinale Agostino Casaroli e dal Presidente del Consiglio dei ministri, Bettino Craxi, prevede che la Repubblica assicuri l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche di ogni ordine e grado, fermo restando che (articolo 9.2) «Nel rispetto della libertà di

coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, è garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento. All'atto dell'iscrizione gli studenti o i loro genitori eserciteranno tale diritto, su richiesta dell'autorità scolastica, senza che la loro scelta possa dar luogo ad alcuna forma di discriminazione»;
la facoltà di non avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica si è esplicitata - fino allo scorso anno (con la circolare n. 4, del 15 gennaio 2009) - su apposito modulo (Mod. E) allegato alla domanda di iscrizione, sul quale si indicava la scelta tra le seguenti opzioni alternative:
a) attività didattiche e formative;
b) attività di studio e/o di ricerca individuali con assistenza di personale docente;
c) libera attività di studio e/o di ricerca individuale senza assistenza di personale docente;
d) uscita dalla scuola;
la circolare n. 4 del 15 gennaio 2010, che regola le iscrizioni alle scuole dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione (scuola primaria e scuola secondaria di primo grado) per il prossimo anno scolastico 2010-2011, riferisce che: «la scelta relativa alle attività alternative all'insegnamento della religione cattolica trova concreta attuazione nelle diverse opzioni possibili:
a) attività didattiche e formative;
b) attività individuali o di gruppo con assistenza di personale docente;
c) non frequenza della scuola nelle ore di insegnamento della religione cattolica»;
nella suddetta circolare si riducono pertanto da quattro a tre le opzioni previste di attività alternativa per gli studenti che non si avvalgono dell'insegnamento della religione cattolica, data l'eliminazione dell'opzione relativa alla «libera attività di studio e/o di ricerca individuale senza assistenza di personale docente»;
rispetto alle indicazioni previste dalla circolare n. 4 del 15 gennaio 2010, il modulo per le scelte degli alunni che non si avvalgono dell'insegnamento della religione cattolica (Mod. E), allegato alla medesima circolare, indica però due sole opzioni poiché omette le «attività didattiche e formative» che, è opportuno sottolineare, necessitano della nomina o dell'impiego di un apposito docente per tutta la durata dell'anno scolastico; nel modulo sono chiaramente espresse le sole opzioni:
a) attività individuali o di gruppo con assistenza di personale docente;
b) non frequenza della scuola nelle ore di insegnamento della religione cattolica»;
attività alternative all'insegnamento della religione cattolica sono finanziate con appositi capitoli del bilancio dello Stato che, per ogni tipo di scuola (infanzia, primaria, secondaria di primo e secondo grado), prevedono per ciascun ufficio scolastico regionale un fondo («Spese per l'insegnamento della religione cattolica e per i docenti da nominare per le attività didattiche e formative alternative all'insegnamento della religione cattolica»), con il quale vengono retribuiti anche gli incaricati annuali dell'insegnamento di religione cattolica -:
per quali motivi la circolare n. 4 del 15 gennaio 2010, dopo circa 20 anni dalla prima adozione di disposizioni annualmente riconfermate e richiamate dalle sentenze della Corte costituzionale n. 203/89, 13/19 e 290/92, abbia eliminato l'opzione riguardante «la libera attività di studio e/o di ricerca individuale senza assistenza di personale docente», riducendo così da quattro a tre le opzioni previste per gli studenti che non intendono avvalersi dell'insegnamento di religione cattolica;
per quali ragioni poi, sul modulo E, allegato alla medesima circolare n. 4 del 2010, non compaia l'opzione relativa «alle

attività didattiche e formative» che necessitano della nomina o dell'impiego di un apposito docente per tutta la durata dell'anno scolastico, disattendendo quanto previsto dalla circolare medesima e dalle sentenze, sopra richiamate, della Corte costituzionale per la libera scelta dei genitori;
perché non si sia ancora inteso comunicare alle istituzioni scolastiche che per le attività didattiche e formative alternative alla religione cattolica, programmate nel Piano dell'offerta formativa per la durata di tutto l'anno scolastico, è possibile accedere ai fondi iscritti negli appositi capitoli di spesa degli uffici scolastici regionali, trattandosi di attività obbligatorie che derivano dai principi stabiliti dalla Corte Costituzionale per la costituzionalità del Concordato Lateranense.
(5-02379)

PILI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in Sardegna, a circa 35 chilometri da Cagliari, in località Pranu Sanguni, nel comune di San Basilio, è stato realizzato un imponente impianto scientifico, chiamato SRT (Sardinia radio telescope);
si tratta di un radiotelescopio con specchio primario del diametro di 64 m, di concezione moderna, versatile, con diverse posizioni focali, e con una copertura di frequenza da 0,3 a 100 gigahertz;
l'impianto, disegnato per applicazioni di radioastronomia, geodinamica e scienze spaziali, è stato finanziato principalmente dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dall'Agenzia spaziale italiana e dalla regione autonoma della Sardegna;
il progetto SRT si inquadra in un ampio programma di sviluppo scientifico, tecnologico e di alta formazione in Sardegna;
il radiotelescopio sardo SRT è stato concepito come uno strumento versatile, moderno e con alta efficienza fino a lunghezze d'onda molto corte, di qualche millimetro;
Sardinia radio telescope una volta attivato sarà il radiotelescopio della rete italiana di interferometria (I-VLBI), ed entrerà a far parte della rete europea (EVN);
Sardinia radio telescope costituirà anche un potente strumento quando utilizzato come radiotelescopio a sé stante «single-dish»;
scienziati di tutto il mondo utilizzeranno Sardinia radio telescope per studiare una vasta gamma di fenomeni e processi fisici in atto nelle più disparate regioni dall'universo, dal vicino sistema solare, alla nostra galassia, fino alle più remote radio sorgenti;
la sua flessibilità di utilizzo scientifico consentirà inoltre di affrontare altre tematiche, quali gli studi di geodesia e astrometria (per esempio l'analisi dei moti crostali terrestri), e di radarastronomia (monitoraggio dei detriti spaziali);
attraverso l'Agenzia spaziale italiana, Sardinia radio telescope verrà inoltre inserito nella rete del Deep space network, per il controllo delle sonde interplanetarie;
la Stazione radioastronomica di Pranu Sanguni potrebbe rappresentare un polo scientifico di forte richiamo per i visitatori;
nell'area del radiotelescopio è previsto anche un centro visitatori, che accoglierà il pubblico e le scolaresche durante la fase di operatività;
l'Istituto nazionale di astrofisica e l'Osservatorio astronomico di Cagliari hanno predisposto un piano di coinvolgimento dei cittadini in tutte le fasi di realizzazione e di vita di un progetto scientifico di ampia portata quale SRT;
è stato perciò firmato un protocollo d'intesa fra enti territoriali sardi e l'Osservatorio astronomico di Cagliari, che ha consentito lo sviluppo di un'iniziativa chiamata

«Evento SRT», destinata alla promozione della cultura scientifica verso i cittadini e le scuole;
il coinvolgimento della cittadinanza si estende anche alla formazione universitaria (con la creazione dell'indirizzo astrofisico nella laurea specialistica in fisica) e alle attività di specializzazione post laurea (dottorato di ricerca in fisica e, dall'anno accademico 2008-2009, master in comunicazione della scienza);
il Sardinia radio telescope è costato 67 milioni di euro e cinque anni di lavoro;
questo straordinario strumento scientifico, tra i più sensibili in Europa, rischia anche di diventare il più inutilizzato considerato che secondo quanto affermato dal presidente dell'Istituto nazionale di astrofisica mancherebbero le risorse per mantenerlo e per gestirlo;
l'attivazione e la gestione di una struttura come il Sardinia radio telescope consentirebbe di lavorare ad una trentina di nostri ricercatori e tecnici;
il budget dell'istituto nazionale di astrofisica nel 2009 era di 92 milioni: nel 2010, secondo le indicazioni fornite dall'istituto scenderà a 89 milioni;
il problema delle risorse, che riguarda questo radioscopio ed anche altri, nasce nove anni fa, con la fondazione dell'Inaf, l'istituto nazionale di astrofisica che ha racchiuso al suo interno 12 diversi osservatori astronomici e astrofisici presenti in Italia;
il gruppo di azione salviamo Sardini radio telescope sul social forum facebook ha raccolto migliaia di adesioni a sostegno dell'avvio e funzionamento dell'importante struttura scientifica;
il blocco del progetto, oltre all'immane danno scientifico ed economico determinerebbe il definitivo tracollo economico di San Basilio e dei comuni limitrofi;
se il Ministro interrogato non ritenga dover con urgenza intervenire al fine di salvaguardare questo importante strumento scientifico a disposizione della comunità nazionale e mondiale;
se non ritenga di dover individuare apposite risorse finanziarie da destinare alla gestione del progetto Sardinia radio telescope -:
se non ritenga di dover promuovere le giuste intese con l'Istituto nazionale di astrofisica al fine di un rapido avvio del funzionamento della struttura di S. Basilio fornendo nel contempo le opportune e indispensabili garanzie per la gestione e il pieno utilizzo del Sardinia radio telescope.
(5-02380)

TESTO AGGIORNATO AL 16 FEBBRAIO 2011

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

MIGLIOLI, GIULIETTI, DAMIANO, BELLANOVA, BERRETTA, BOBBA, BOCCUZZI, CODURELLI, GATTI, GNECCHI, MADIA, MATTESINI, MOSCA, RAMPI, SANTAGATA e SCHIRRU. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
i lavoratori della società Mediaset, hanno scioperato per la seconda volta il 20 gennaio 2010, con uno sciopero nazionale che ha riguardato tutti i 3.800 lavoratori del gruppo per protestare contro la cessione del settore trucco, acconciatura e sartoria;
la cessione riguarda 56 dipendenti - in gran parte donne, alcune delle quali impiegate da 20/30 anni nell'azienda Mediaset - alla società Pragma Service srl, con 11.500 euro di capitale;
secondo le organizzazioni sindacali, la motivazione del gruppo Mediaset di «cessione di ramo d'azienda» non troverebbe riscontro nell'articolo 2112 del codice civile che la regola, in quanto questa è legittima solo se la struttura ceduta è dotata di pregressa autonomia organizzativa

ed è idonea, già all'atto della cessione, a costituire un'entità economica unitaria, finalizzata allo svolgimento di un'attività volta alla produzione di beni e servizi. Nel caso in oggetto, dunque, si tratterebbe unicamente di cessione di contratti di lavoro, per il perfezionamento dei quali è necessario il consenso dei lavoratori;
il timore è che i vertici del gruppo intendano «spezzettare» l'intera impresa, iniziando con la cessione dei settori in oggetto cedendo nel tempo anche gli scenografi, i macchinisti, i montatori ed i cameramen. L'azienda intenderebbe, così, snellire gli organici a fronte della possibilità di ricevere i servizi necessari «chiavi in mano» da società quali Endemol, Grundy, o Magnolia, sostituendo in tal modo i lavoratori interni;
forte è la preoccupazione dei 56 lavoratori dal 1o febbraio 2010 saranno trasferiti alla società Pragma service, di cui si teme il futuro instabile ed incerto -:
se non ritengano di dover convocare un tavolo di discussione con i vertici dell'azienda e le organizzazioni sindacali dei lavoratori al fine di definire le intenzioni del gruppo in ordine al futuro dei 3.800 lavoratori;
se non intendano, in questo quadro, intraprendere tutte le iniziative di competenza al fine di scongiurare il passaggio dei lavoratori in questione dalla società Mediaset alla società Pragma Service ed assicurare che la citata società non opererà ulteriori cessioni di personale.
(5-02377)

Interrogazioni a risposta scritta:

STUCCHI, PIROVANO, CONSIGLIO e VANALLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
i lavoratori della Phoenix di Verdello (Bergamo), l'azienda leader nella produzione di matrici e attrezzature per l'estrusione dell'alluminio, sono scesi nuovamente in strada per protestare contro il mancato accordo e per sottolineare che ancora manca una bozza certa su cui discutere;
i dipendenti si sono così ritrovati giovedì 21 gennaio 2010 davanti all'azienda di viale Lombardia, dove si è tenuto un comizio molto partecipato;
i problemi della Phoenix erano iniziati con la decisione, ormai realizzata, di trasferire i lavoratori dello stabilimento bresciano di Paderno Franciacorta, a quello bergamasco di Verdello, dove l'organico è salito, così, a quasi 300 unità;
la ricollocazione a Verdello di lavoratori in esubero nel bresciano aveva portato una certa preoccupazione tra i lavoratori dello stabilimento bergamasco;
infatti, la soluzione che sembra profilarsi oggi è la cassa integrazione a rotazione per 80 persone su 280 in organico;
l'azienda ha presentato numerose bozze d'accordo, ma ogni volta le ha successivamente stravolte -:
se non ritengano necessario convocare l'azienda Phoenix e i rappresentanti dei lavoratori, al fine di individuare ogni utile soluzione che possa permettere ai dipendenti interessati di ottenere garanzie circa il loro futuro occupazionale;
quali iniziative intendano promuovere, per fare fronte alla crisi industriale e produttiva che da diversi anni investe pesantemente il comparto manifatturiero e meccanico della bergamasca coinvolgendo migliaia di lavoratori.
(4-05837)

STUCCHI, PIROVANO, CONSIGLIO e VANALLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
i lavoratori dell'azienda Donora di Cortenuova (Bergamo) continuano le agitazioni con un presidio organizzato giovedì 21 gennaio 2010 davanti all'azienda metalmeccanica, produttrice di frigoriferi per il gruppo Candy, chiusa ormai dall'estate del 2006;

l'11 e il 17 gennaio 2010 si sono svolti due incontri con la regione in Arifi (Agenzia regionale per il lavoro), per la proroga della cassa integrazione in deroga per tutti i 160 lavoratori, terminata con la fine del 2009;
gli ormai ex lavoratori della Donora chiedono che i nuovi posti di lavoro che sembrano profilarsi (polo logistico o attività fotovoltaica) a breve nell'area possano essere da loro occupati;
per i lavoratori Donora, che nel 2001 erano 600, dopo una serie di riduzioni d'organico il «colpo di grazia» era arrivato il 22 novembre 2005 quando l'amministratore delegato aveva annunciato l'imminente chiusura dello stabilimento con gli allora 385 dipendenti;
oggi, nell'area è rimasto un magazzino che occupa 8 ex dipendenti Donora e altri 15 soci di una cooperativa -:
se non ritengano necessario convocare l'azienda Donora e i rappresentanti dei lavoratori, al fine di individuare ogni utile soluzione che possa permettere ai dipendenti interessati di ottenere garanzie circa il loro futuro occupazionale, valutando una eventuale ricollocazione degli stessi oppure una proroga straordinaria degli ammortizzatori sociali.
(4-05838)

STUCCHI, PIROVANO, CONSIGLIO e VANALLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
i sindacati e la Fiv E. Bianchi, azienda di biciclette di Treviglio (Bergamo) controllata da Cycleurope, si sono incontrati nei giorni scorsi per affrontare la vicenda dei tre addetti licenziati la scorsa settimana;
i lavoratori temono che dietro tali licenziamenti si nasconda l'intenzione della proprietà di una imminente riorganizzazione aziendale, nonché una valutazione in merito alla localizzazione dello stabilimento -:
se intendano assumere iniziative nei confronti dell'azienda Bianchi affinché quest'ultima valuti il ritiro dei licenziamenti e l'utilizzo degli ammortizzatori sociali, quali alternativa transitoria ad un eventuale presentazione di un piano di riorganizzazione aziendale che preveda garanzie per il futuro occupazionale dei lavoratori coinvolti.
(4-05839)

STUCCHI, PIROVANO, CONSIGLIO e VANALLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
giovedì 14 gennaio 2010 anche l'azienda GTS ha annunciato una riorganizzazione consistente in 55 esuberi su 120 dipendenti in organico alla società di cosmesi di Torre Boldone (Bergamo);
l'azienda ha motivato il suo annuncio illustrando le difficoltà finanziarie che sta attraversando e ha fatto presente che tale decisione è stata adottata anche in relazione all'acquisizione da parte di Alfaparf -:
se non intendano assumere iniziative nei confronti della GTS affinché quest'ultima fornisca al più presto un dettagliato piano industriale e finanziario, illustrando quali potranno essere le future strategie del gruppo, affinché la situazione si possa evolvere positivamente, senza danneggiare figure altamente professionali che avrebbero in questo momento di crisi una difficile ricollocazione sul mercato del lavoro.
(4-05840)

DIMA e CARLUCCI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
le leggi n. 296 del 2006 e n. 244 del 2007 prevedono la stabilizzazione del personale precario nella pubblica amministrazione che abbia maturato requisiti specifici, fra i quali avere svolto per un triennio (2002-2004) lavoro subordinato a tempo determinato;

il dottor Mario Campanella è stato capo ufficio stampa dell'azienda ospedaliera di Cosenza dal 13 novembre 2005, all'8 agosto 2008;
il suo contratto di lavoro era inizialmente di collaborazione coordinata e continuativa e successivamente di consulente;
al di là del nomen juris, evento che nella giurisprudenza del lavoro non ha alcuna importanza, il dottor Mario Campanella ha svolto lavoro subordinato di carattere giornalistico per l'azienda ospedaliera di Cosenza;
le deliberazioni, mai interrotte, infatti, presuppongono una continuità di lavoro suffragata dalle dichiarazioni del direttore sanitario, del coordinatore dell'area trapianti e di alcuni giornalisti che hanno affermato come il professionista fosse presente tutti i giorni presso l'azienda ospedaliera di Cosenza, con disponibilità anche ai notturni o ai festivi in caso di effettuazione di trapianti;
per il periodo 1o gennaio 2005 - 8 agosto 2008, l'incarico del dottor Campanella risulterebbe essere senza convenzione e, pur in presenza del lavoro svolto, non gli sarebbero state pagate le retribuzioni di diritto;
in data 18 maggio 2007, il Direttore generale pro tempore dell'azienda ospedaliera di Cosenza a quanto consta all'interrogante, si dichiarava disponibile ad una stabilizzazione parziale del dottor Campanella, ma si dichiarava dispiaciuto di non poter procedere alla stabilizzazione a tempo definitivo in assenza di «subordinazione»;
il dottor Campanella, nel 2008, inoltrava domanda di stabilizzazione a seguito della quale l'azienda ospedaliera chiedeva il relativo parere alla regione Calabria;
in data 30 ottobre 2008, il dipartimento competente della regione Calabria autorizzava la pratica che veniva, poi, incredibilmente congelata;
il dottor Campanella è, tra l'altro, portavoce regionale del Popolo delle libertà per cui, anche alla luce di tale circostanza, il suo trattamento induce un ulteriore elemento di dubbio e di preoccupazione -:
se i Ministri interrogati intendano promuovere, anche attraverso gli uffici territoriali del lavoro, un accertamento in merito al rapporto di lavoro tra il dottor Mario Campanella e l'azienda ospedaliera di Cosenza, con particolare riferimento alla sussistenza del vincolo di subordinazione.
(4-05855)

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PARI OPPORTUNITÀ

Interrogazione a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro per le pari opportunità, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
per i disabili piemontesi esiste un'agevolazione («Carta gialla»), che permette al titolare della convenzione e a un accompagnatore di viaggiare gratuitamente su tutti i treni regionali;
detta agevolazione ha una ben scarsa applicazione pratica, perché nei fatti sulla stragrande maggioranza di quei convogli le carrozzine non possono salire;
in alcuni casi il disservizio ha il sapore di una vera e propria beffa; guardando l'orario della linea Torino-Milano, per esempio, si scopre che per tutta la giornata non c'è un solo treno regionale con una carrozza attrezzata per i disabili. Il primo e unico parte alle 21,50 e arriva alle 23,45. Al ritorno va ancora peggio: si parte a mezzanotte e un quarto da Milano Centrale e si arriva a Porta Susa alle due passate. Va un po' meglio su altre linee piemontesi: ci sono 8 treni regionali accessibili sulla Torino-Cuneo, 3 sulla Torino-Pinerolo, due per la Valsusa, ma un solo treno per il mare;

la situazione non è migliore nelle altre regioni italiane: la Lombardia e l'Emilia Romagna, hanno convenzioni per i disabili simili a quella piemontese, ma anche lì i treni regionali accessibili sono pochi;
il problema riguarda solo i disabili motori e non gli altri tipi di handicap; tuttavia nel solo Piemonte sono circa 20 mila i possessori della «Carta Gialla». «Fino a qualche anno fa potevamo stare negli spazi riservati alle biciclette, che si trovano su quasi tutti i treni - racconta Gabriele Piovano, 25 anni, affetto da spina bifida e attivo nella Consulta per le persone in difficoltà - ma adesso per ragioni di sicurezza è vietato. Il risultato è che praticamente non riusciamo più a viaggiare»;
un'alternativa al treno regionale potrebbe esserci, ed è rappresentata dai quattro Frecciarossa al giorno, che però fermano solo a Torino e Milano, senza scali intermedi, Inoltre sono a pagamento. A livello nazionale c'è solo uno sconto (non la gratuità) per i portatori di handicap che hanno la «Carta Blu», ma sono molti meno rispetto ai possessori della «Carta Gialla», che da quest'anno viene consegnata anche ad anziani, invalidi e disabili oltre il 67 per cento, mentre fino all'anno scorso la soglia era del 71 per cento;
la regione Piemonte per la convenzione di cui sopra paga a Trenitalia 2,4 milioni all'anno, 600 mila euro in più per l'estensione della «Carta Gialla», Questo, tuttavia, «senza però che ci possa essere un controllo da parte nostra sui convogli che vengono utilizzati», osserva l'assessore ai Trasporti, Daniele Borioli. «Il problema è che i vagoni sono vecchi, per questo abbiamo messo come condizione che chi si aggiudicherà il prossimo appalto delle ferrovie regionali debba far circolare solo treni accessibili a tutti» -:
se tutto ciò corrisponda al vero;
in particolare se sia vero che la regione Piemonte paga 2,4 milioni l'anno a Trenitalia per una convenzione che, parrebbe, Trenitalia non rispetta;
se analoghe convenzioni siano state stipulate tra le altre regioni e Trenitalia, e per quali importi;
quali iniziative si intendano promuovere, sollecitare e adottare nei confronti di Trenitalia per superare una situazione gravemente discriminatoria nei confronti di cittadini disabili, anziani e invalidi.
(4-05851)

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SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in merito al decreto n. 95 del 29 dicembre 2009 che impone il pagamento di un ticket a carico degli adulti disabili assunto dal commissario per la sanità per la Regione Lazio, si registrano numerose prese di posizione e valutazioni critiche e negative come quella dell'assessore alle politiche sociali e delle sicurezze della Regione Lazio Luigina Di Liegro;
in particolare viene definito assurdo che siano ulteriormente penalizzate le persone già provate dalla malattia e le loro famiglie sulle quali ricade l'onere dell'assistenza, prevedendo a loro carico il pagamento del 30 per cento della tariffa giornaliera per le attività riabilitative di mantenimento, scaricando di fatto sul paziente i costi dell'assistenza sanitaria con l'unico obiettivo di far quadrare i conti della sanità;
l'entità dei contributo non è esigua, dai momento che si chiede ai pazienti di «pagarsi» una quota della prestazione che oscilla mediamente da circa 470 euro ai circa 980 euro mensili a seconda della tipologia di assistenza prevista;
il provvedimento appare agli interroganti iniquo e discutibile oltre che nel merito, anche nel metodo. Nel decreto,

infatti, è previsto che nel gruppo tecnico che ha diversi compiti di programmazione relativi all'assistenza dei disabili, sia presente la direzione regionale dei servizi sociali, che non è stata né convocata né coinvolta;
si tratti sempre ad avviso degli interroganti di una nuova forma di vessazione nei confronti di cittadini in difficoltà, come già avvenuto con il decreto sui cibi aproteici, il decreto appare sbagliato, perché appare vessatorio, e perché procede a tagliare fondi caricando i costi sui più deboli;
in questo caso si parla di circa 4.500 persone disabili da sempre, a carico delle loro famiglie, su cui ora si abbatte un prelievo di notevole entità -:
se quanto sopra esposto corrisponda a verità;
in caso affermativo, quali iniziative nel quadro dell'attuazione dei piano di rientro dal deficit sanitario, per quanto di competenza dei ministero, si intendano promuovere, adottare e sollecitare, soprattutto per evitare che i pazienti e le loro famiglie siano ulteriormente penalizzate.
(4-05842)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
premesso che secondo quanto emerge dalla ricerca «Comunicare la disabilità», condotta dall'«Osservatorio nazionale permanente sulla comunicazione e la disabilità» della fondazione Università IULM, per conto dell'assessorato alla salute del comune di Milano, emerge che i disabili sono «pesantemente snobbati dalla pubblicità, costretti ad affidarsi al passaparola per scambiarsi informazioni sui servizi, in guerra costante con il digital divide»;
da detta indagine appare che i disabili e la loro quotidiana realtà restano ancora troppo distanti dalle loro esigenze e vengono rappresentati in maniera distorta;
si legge in una nota dell'Osservatorio che accompagna i risultati dell'inchiesta, «in primo luogo i disabili hanno troppo spesso difficoltà ad accedere a notizie e servizi di pubblica utilità e alle opportunità esistenti, perché non adeguatamente comunicati», e che «è ancora il passaparola lo strumento più efficace per ricevere informazioni su servizi e prestazioni, anche se si fa sempre più largo Internet»;
per quanto riguarda la pubblicità ancora non riesce a rappresentare realisticamente la disabilità e la sua realtà; dall'analisi su un database di 26 mila messaggi pubblicitari risulta, infatti, che solo nel 3 per cento degli spot commerciali italiani è presente un disabile, contro il 26 per cento degli spot stranieri. Quanto agli spot sociali, quelli che hanno per protagonisti solo persone con disabilità all'estero raggiungono quota 47 per cento contro il 27 per cento dell'Italia dove quasi nella metà dei casi compaiono affiancati da persone normodotate. Il messaggio, conclude il rapporto, «oscilla da un uso eccessivo dell'immagine pietistica fino all'estremo opposto, quello del disabile «eroe», alla costante ricerca di una spettacolarizzazione eccessiva -:
quali siano gli intendimenti dei ministri in relazione a quanto emerso dal rapporto curato dall'Osservatorio nazionale permanente sulla comunicazione e la disabilità;
quali iniziative, si intendano promuovere, sollecitare e adottare per superare la situazione sopra evidenziata.
(4-05843)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
quante siano effettivamente le dosi di vaccino H1N1 commissionate alla ditta Novartis;

quante di queste dosi siano state effettivamente consegnate dalla ditta Novartis;
come siano state ripartite queste dosi;
quante ne siano state effettivamente utilizzate;
quanto siano costate -:
se sia in corso una rinegoziazione con la ditta Novartis per quel che riguarda le dosi eccedenti;
se sia vero che si intenda rinunciare a circa dieci milioni di dosi del detto vaccino;
se confermi o meno che si sta studiando l'ipotesi di cedere circa dieci milioni di dosi eccedenti all'Organizzazione mondiale della sanità.
(4-05845)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
a Milano si registrano circa duecento nuovi casi di leucemia l'anno, in media più di uno ogni due giorni;
i tassi di morbosità e di mortalità appaiono ugualmente distribuiti tra uomini e donne, sostanzialmente stabili nel tempo o in leggera diminuzione, ma i livelli di rischio sono superiori con un maggiore addensamento di patologie nei quartieri sud;
secondo studi internazionali esisterebbe un'associazione «positiva» tra leucemie infantili e biossido d'azoto (smog);
meritevole di ulteriore approfondimento è anche il rapporto di causa-effetto tra l'inquinamento da benzene e l'insorgenza di tumori del sangue;
il dossier «inquinamento ambientale e insorgenza di tumori nella popolazione urbana», realizzato dalla Fondazione Veronesi con il comune di Milano, evidenzia come nel capoluogo lombardo si invecchi meglio rispetto al trend regionale e nazionale, ma i ricoveri restano «stabili», a conferma che il «salto» l'han fatto più che la qualità della vita e dell'aria, la «specializzazione» e il «progressivo miglioramento» di interventi diagnostici e terapeutici, programmi i diagnosi precoce e livelli di assistenza;
per quanto riguarda Milano, la cosiddetta «carta del rischio» appare circoscritta nei quartieri a sud della città (Corvetto, Barona, Stadera, fino al Giambellino); medici, esperti e ricercatori hanno individuata gli epicentri del dolore dopo aver incrociato i dati sulle concentrazioni di benzene nell'aria con gli indici di diffusione delle leucemie, e le mappe del reddito delle famiglie. Per la fascia meridionale della città è stata riscontrata «la tendenza ad una maggiore mortalità»;
prudentemente, gli esperti e i ricercatori avvertono che non mancano comunque argomenti di segno contrario per quanto riguarda la teoria della leucemia da smog: il benzene respirato in un giorno, nel peggiore dei giorni possibili, per esempio, risulta essere circa la metà rispetto a quello conseguente al fumo di una sigaretta: 46 microgrammi contro 110; in altre parole, la correlazione tra l'inalazione di benzene e l'insorgenza delle malattie è un'ipotesi interessante, ma al momento, insufficiente, e la metodologia di studio dovrebbe essere ulteriormente affinata -:
se non si, ritenga di doversi attivare per la promozione e la realizzazione di studi e indagini allo scopo di raccogliere documentazione scientifica in un campo che appare, a detta degli stessi esperti, «orfano di certezze»;
quanti nuovi casi di leucemia si siano registrati negli ultimi dieci anni in altre grandi città italiane come Bari, Bologna, Firenze, Genova, Napoli, Palermo, Roma, Torino;
se esitano per le Città di Bari, Bologna, Firenze, Genova, Napoli, Palermo, Roma, Torino analoghi studi come quello

condotto dalla fondazione Veronesi per la città di Milano, e a quali risultati siano pervenuti;
in caso negativo, se non si ritenga, di assumere iniziative perché analoghe indagini siano effettuate.
(4-05849)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
ogni anno in Italia si registrano centinaia di migliaia di decessi provocati da tumori, una percentuale che oscilla intorno al 30 per cento di tutti i decessi;
il tumore è la seconda causa di morte, e la prima nel caso di adulti;
sempre per tumori, ogni anno vengono ricoverati in ospedali, cliniche e centri specializzati centinaia di migliaia di persone, pari a quasi il 10 per cento del totale dei ricoveri;
di tumore ci si ammala soprattutto nelle regioni settentrionali del paese (circa il 48 per cento dei casi registrati contro il 26 per cento delle regioni centrali e il 15 per cento delle isole);
il Ministero della salute ha annunciato un piano di rottamazione dei macchinari per la diagnosi e la terapia contro i tumori; un impegno a ridurre le liste di attesa, con la modifica del sistema delle prenotazioni attraverso la realizzazione di un Cup nazionale, per razionalizzare e coordinare le prenotazioni su base regionale; e uno sforzo per ridurre le differenze tra le varie, regioni, ma non viene precisato alcun impegno finanziario per raggiungere questi obiettivi -:
a quanto ammonti la dotazione finanziaria che accompagnerà il provvedimento annunciato dal Ministro della salute, e dove e chi garantirà le necessarie, adeguate risorse finanziarie.
(4-05850)

RAISI. - Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nelle aziende sanitarie locali i concorsi a «direttore di struttura complessa» sono banditi in riferimento al decreto del Presidente della Repubblica n. 484 del 1997, che inquadra le discipline in tre aree: area medica, area chirurgica e area della medicina diagnostica e dei servizi. Queste aree sono, dal suddetto decreto del Presidente della Repubblica, intese quali del tutto indipendenti tra loro e tali da non ammettere sovrapposizioni o passaggi dall'una all'altra;
la valutazione dei titoli per l'ammissione ai suddetti concorsi è disciplinata, oltre che dal decreto del Presidente della Repubblica n. 484 del 1997, anche dal decreto ministeriale 30 gennaio 1998, dal decreto ministeriale 5 agosto 1999, dal decreto ministeriale 31 luglio 2002 e dal decreto ministeriale 26 maggio 2004;
la nomina e la composizione della commissione per la selezione dei candidati sono regolamentate dal decreto legislativo n. 502 del 1992, modificato dal decreto legislativo n. 229 del 1999;
l'attribuzione dell'incarico di direttore di struttura complessa è effettuata dal direttore generale secondo quanto disposto dal decreto legislativo n. 502 del 1992, come modificato dal decreto legislativo n. 229 del 1999;
nel dicembre 2008, per la nomina a direttore della chirurgia generale 3 (area chirurgica e disciplina di chirurgia generale) dell'Istituto nazionale dei tumori di Milano, sarebbero stati ammessi al relativo concorso alcuni sanitari che, a termini delle leggi succitate, non risultavano in possesso dei titoli richiesti per l'ammissione al concorso e l'incarico sarebbe stato conferito proprio a uno di questi sanitari, in contrasto con quanto previsto dalla legge e a palese danno dei sanitari che, invece, i titoli li possedevano, come riportato nel ricorso al Tribunale Amministrativo regionale per la Lombardia presentato dal dottor Gianfranco Di Felice;

in occasione della «selezione di incarico quinquennale di direzione di struttura complessa gastroenterologia ed endoscopia digestiva, disciplina gastroenterologia» che si è svolta il 21 dicembre 2004 presso l'Azienda ospedaliera «San Salvatore di Pesaro», uno dei commissari preposti alla selezione non sarebbe stato in possesso dei requisiti di legge richiesti in quanto non competente per area e per disciplina, come contestato dal dottor Giovanni Gentili in un esposto alla procura della Repubblica presso il tribunale di Pesaro;
nei verbali del concorso svoltosi il 17 aprile 2008, presso la AUSL di Cesena per il conferimento di «incarico di direzione di struttura complessa di U.O. gastroenterologia e endoscopia digestiva», la valutazione del dottor Giovanni Gentili risulterebbe formulata su un argomento diverso da quello figurante nella domanda rivoltagli, come contestato nell'esposto da lui presentato alla procura della Repubblica presso il tribunale di Forlì-Cesena;
se effettivamente sussistano le irregolarità concernenti la nomina a direttore della chirurgia generale 3 dell'Istituto nazionale dei Tumori di Milano di cui in premessa e, in tal caso, quali iniziative di competenza si intendano assumere -:
se risultino avviate indagini con riferimento a quanto riportato in premessa.
(4-05858)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:

STUCCHI, PIROVANO, CONSIGLIO e VANALLI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
secondo la stima dell'ufficio studi della Camera di commercio di Monza e Brianza sulla base dell'indagine «Oltre il Made in Italy», presentata il 20 gennaio 2009 in un convegno a Monza, ammonta a quasi 200 milioni di euro l'investimento delle imprese bergamasche in innovazione, attraverso la registrazione di invenzioni, marchi e brevetti;
tale rapporto attribuisce un valore di oltre 1,5 miliardi di euro all'intera Lombardia e di oltre 7,5 miliardi di euro all'intero Paese;
questo patrimonio di investimenti è a rischio di imitazioni illecite, che, secondo le stime dell'indagine, costano alle imprese italiane quasi 50 miliardi di euro all'anno: in Lombardia in particolare le perdite economiche causate dalla contraffazione sono stimate in quasi 10 miliardi di euro, distribuiti per lo più tra le imprese milanesi (oltre 3 miliardi di euro), bresciane (oltre 1,5 miliardi di euro), bergamasche (quasi 900 milioni di euro) e varesotte (oltre 800 milioni);
dal 99,1 per cento del campione di studio emerge che la difesa del «made in Italy» sia considerata una priorità dalla quasi totalità degli imprenditori bergamaschi;
tra gli strumenti di difesa indicati sono chieste azioni mirate quali la tracciabilità (76,9 per cento), maggiori controlli (46,3 per cento) e, in misura inferiore, l'etichetta obbligatoria (30,6 per cento);
riguardo alla tracciabilità dei prodotti, in particolare, prevale chi ritiene che dovrebbe essere obbligatoria e non solo volontaria;
il 96,3 per cento dei bergamaschi sentiti nell'indagine è convinto che il «made in Italy» deve essere rigoroso, prevedendo sia l'ideazione, sia il confezionamento del prodotto in Italia -:
se non ritengano necessario, anche alla luce dei dati allarmanti dell'indagine riportata in premessa dalla quale risultano ingenti perdite per le imprese del nostro Paese, ed in particolare della provincia di Bergamo, a causa delle imitazioni illecite di prodotti, promuovere a livello europeo l'adozione di misure più stringenti per la

tutela dei prodotti nazionali dalla concorrenza sleale in modo da favorire la ripresa economica e produttiva nel nostro Paese.
(4-05836)

SIRAGUSA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nel richiamare l'atto di sindacato ispettivo n. 4-04965 già presentato dall'interrogante, si rileva che il Governo attualmente in carica assegna, nelle strategie energetiche dell'Italia, un ruolo centrale al rilancio della fonte nucleare sulla base delle tecnologie attualmente disponibili. Tale scelta viene presentata come in grado di fornire significative quantità di energia elettrica a prezzi molto più bassi degli attuali;
il Partito Democratico ritiene che la soluzione non sia un ritorno al nucleare che, a questo stato di tecnologia, comporta costi elevati, tempi molto lunghi, problemi legati allo smaltimento delle scorie radioattive;
è invece necessario puntare in via prioritaria su efficienza, risparmio energetico, innovazione tecnologica, fonti rinnovabili per affrontare le sfide che il Paese ha davanti a cominciare dalla necessità, ribadita nel summit mondiale sul clima di Copenaghen, di ridurre drasticamente le emissioni di CO2. A tal fine è necessario accompagnare, aiutare, sostenere le scelte di imprese, istituzioni, cittadini che consentono di migliorare la qualità della vita e la competitività della nostra economia, cogliendo opportunità offerte dalla green economy;
la scelta nucleare fu a suo tempo bocciata dai cittadini italiani con il referendum del 1987, quindi una sua riproporzione richiede grande cautela anche dal punto di vista democratico. Il Governo ha invece varato una norma che, caso unico nei Paesi occidentali, prevede la possibilità di avviare la costruzione di una centrale nucleare o di un impianto di trattamento di scorie anche in presenza di un parere contrario delle istituzioni locali e delle regioni interessate, militarizzando inoltre i siti scelti. Undici regioni (Lazio, Marche, Umbria, Basilicata, Puglia, Calabria, Toscana, Liguria, Emilia-Romagna e Piemonte, Campania) hanno avanzato ricorso alla Corte costituzionale nei confronti di questa norma;
il 19 gennaio 2010, l'Assemblea regionale siciliana ha approvato all'unanimità un ordine del giorno presentato da alcuni deputati del Partito Democratico, che impegna il governo regionale a impedire la «costruzione di centrali nucleari in Sicilia»;
l'Agenzia per la sicurezza nucleare (peraltro neanche prevista inizialmente e inserita solo successivamente dopo un'increscioso «balletto» tra Ministeri sul attribuzione dei posti o le cui delicate funzioni meglio sarebbero state svolte da un'autorità indipendente) risulta finanziata nei prossimi tre anni un importo, ad avviso dell'interrogante, ridicolo, cosa che ne compromette la reale operatività;
durante il question time del 13 gennaio 2009, il Governo, rispondendo all'interrogazione a risposta immediata 3-00833 a prima firma dell'onorevole Ermete Realacci, non ha, a giudizio dell'interrogante, fornito una risposta chiara circa l'elenco dei siti individuati per la produzione di energia nucleare, e non ha smentito che la lista in via di predisposizione ricalchi quella definita dal Comitato nazionale per l'energia nucleare nel 1979;
i tempi per l'individuazione dei siti da parte dei soggetti interessati alla costruzione di impianti sono tali da non rendere possibile un confronto trasparente e democratico su tale tema in occasione delle prossime elezioni regionali. Pur, ovviamente, in presenza di orientamenti già consolidati da parte dei soggetti proponenti: l'amministratore delegato dell'Enel, Fulvio Conti, che ad esempio recentemente dichiarato in una trasmissione televisiva (Effetto Domino del 6 dicembre 2009) in onda su La7): «ho idea di quali siano i possibili siti ma non li rivelerò nemmeno sotto tortura»;

non sono cambiati nel corso degli ultimi anni i criteri fondamentali per rendere un sito idoneo alla realizzazione di un impianto nucleare a cominciare dalla bassa sismicità, da una relativamente bassa densità abitativa, dalla disponibilità di grandi quantitativi di acqua. Né sono cambiate le caratteristiche geofisiche del nostro Paese;
tra i siti potenzialmente idonei per la costruzione di impianti nucleari in Italia la «mappa siti Comitato nazionale per l'energia nucleare del 1979», per la Sicilia individua: la zona costiera intorno al comune di Licata (Agrigento); la zona costiera tra Marina di Ragusa e Torre di Mezzo (Ragusa); la zona costiera intorno a Gela (Caltanissetta); la zona costiera a sud di Mazara del Vallo (Trapani) -:
se il Governo ritenga che la mappa dei siti per la realizzazione degli impianti per la produzione di energia nucleare che l'istituenda Agenzia per la sicurezza nucleare dovrà realizzare possa essere diversa da quella redatta dal Comitato nazionale per l'energia nucleare ai sensi della legge n. 23 del 1975;
se tra quelli individuati possano esserci siti siciliani, come quelli indicati dal Comitato nazionale per l'energia nucleare o altri, come Termini Imerese, come si è letto sulla stampa;
se il Governo terrà conto della volontà espressa dalla Regione Siciliana di rimanere territorio «denuclearizzato».
(4-05853)

CIMADORO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 20 del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni dalla legge 102 del 2009 prevede:
a) a decorrere dal 1o gennaio 2010 le istanze di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap ai sensi della legge n. 204 del 1992, disabilità ai sensi della legge n. 68 del 1999 devono essere presentate all'INPS, complete di certificazione medica da cui scaturiscono le invalidità e trasferite alla ASL in via telematica;
b) le commissioni medico collegiali delle ASL verranno integrate con un medico INPS per ognuna, per garantire uniformità di trattamento su tutto il territorio in ogni fase del procedimento;
c) le tabelle che indicano le percentuali dell'invalidità civile saranno aggiornate secondo lo spirito anticrisi, teso alla razionalizzazione della spesa e alla lotta all'opportunismo;
il risparmio auspicato è stimato intorno ai 100 milioni di euro;
trattandosi di un risparmio derivante da un tema sociale, a sfondo sanitario, lo stesso dovrebbe, come auspica la legge, avvenire tramite un aumento dei controlli da parte del nuovo ente preposto all'accettazione e a una verifica clinica più approfondita, tesa a ridurre il numero dei casi senza i reali requisiti;
l'intensificazione dei controlli, quindi, dovrebbe garantire che il risparmio non derivi da una politica di semplici tagli, tantomeno attraverso l'abolizione dell'80 per cento dei controlli stessi, come invece propone l'INPS nel suo documento di applicazione;
risulta all'interrogante che l'INPS non farà, come indicato dalla legge, i controlli in prima persona, come ente delegato dal Governo ma che, nel programma organizzativo dell'applicazione del decreto-legge n. 78 del 2009, l'INPS abbia, invece, previsto, predisponendo l'accettazione dell'istanza di invalidità civile per via telematica, di delegare ai patronati tale compito. Tanto più che al momento gli unici con disponibilità certa di postazioni informatiche sono i medici dei patronati oltre a quelli delle ASL esonerati;
nel documento organizzativo di applicazione del decreto-legge n. 78 del 2009 dell'INPS, il medico di base diviene semplicemente

un prescrittore, che dovrà inviare il certificato per via telematica;
pur essendo stato varato il decreto-legge n. 78 del 2009, con previsione di applicazione improrogabile entro la data del 2 gennaio 2010, l'INPS potrebbe, nella regione Lazio, aver chiamato le ASL di Roma e provincia, assieme all'ufficio regionale della direzione del dipartimento sociale di programmazione sanitaria per una riunione conoscitiva solo in data 27 novembre 2009, fissando una prima riunione programmatica solo in data 10 dicembre 2009 -:
se sia vero quanto riportato in premessa;
quali siano le ragioni per le quali l'INPS si rivolge ai patronati privati per essere sostenuta laddove non sia in grado di assolvere la legge, invece che rivolgersi alle ASL, uniche vere compartecipi pubbliche nel processo di razionalizzazione dell'organizzazione dell'iter procedurale dell'invalidità civile.
(4-05857)

...

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

L'interrogazione a risposta orale Grimoldi n. 3-00231, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 novembre 2008, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rondini.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore:
interpellanza Garagnani n. 2-00017 del 27 maggio 2008.