XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 9 marzo 2010

TESTO AGGIORNATO AL 16 MARZO 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
la crisi economica ancora in corso è per l'economia italiana la più seria dal dopoguerra;
il 2009 si è appena concluso con una contrazione del 5 per cento del prodotto interno lordo, la peggiore dal 1971, e con un impressionante aumento della disoccupazione;
dopo due anni di politica economica del Governo Berlusconi l'unico obiettivo dichiarato appare il controllo della finanza pubblica, assunto come obiettivo della politica economica, mentre doveva essere considerato come vincolo in relazione all'obiettivo della crescita. Non solo e non tanto in termini anti-ciclici, quanto in termini strutturali, ossia per aggredire i nodi che da un quarto di secolo determinano la caduta della nostra produttività totale dei fattori;
a gennaio 2010 la disoccupazione è arrivata all'8,6 per cento, nuovo massimo dal 2004 (ad aprile 2008 la percentuale era pari al 7 per cento). Soffrono, in particolare, i giovani, per i quali il tasso di disoccupazione si è impennato di 6,2 punti percentuali (dal 20,6 per cento dell'aprile 2008 al 26,8 per cento del gennaio 2010), e le donne, in particolar modo nel Mezzogiorno, dove due su tre non hanno un lavoro. E tra le donne il tasso di inattività in Italia sfiora il 50 per cento, molto più elevato della media europea, con differenziali a sfavore che vanno dai 14 punti nel confronto con la Spagna ai 26 con la Svezia;
per molti «senza lavoro» non esistono sostegni al reddito (il sussidio a favore dei lavoratori a progetto pari al 30 per cento del precedente salario è stato goduto, nel 2009, da 1.800 persone su una platea di quasi 300.000 lavoratori). Il tasso di occupazione, già notevolmente basso in Italia, in particolare per le donne ed i giovani, è caduto di 2 punti negli ultimi 18 mesi (dal 59 per cento al 57 per cento): diventa sempre più intensa la rassegnazione di quanti, soprattutto giovani e donne, soprattutto al Sud, non trovano lavoro e smettono di cercarlo. Le previsioni per il 2010 indicano un ulteriore aumento della disoccupazione e un ulteriore calo del tasso di occupazione;
secondo i dati diffusi dall'Inps le ore di cassa integrazione autorizzate alle aziende a febbraio 2010 sono state 95 milioni, in aumento del 12,4 per cento rispetto a gennaio 2010 e del 123,5 per cento rispetto a febbraio 2009, con un aumento tendenziale nei primi due mesi del 2010 del 149,3 per cento, con 179,6 milioni di ore complessive a fronte di 72 dello stesso periodo del 2009, quando la crisi già manifestava i suoi effetti sul sistema produttivo;
secondo autorevoli centri studi, nonostante lo straordinario valore della fittissima rete produttiva costituita da oltre 200 territori al loro interno omogenei (per cultura industriale e per modelli d'impresa), ma differenti tra loro e proprio per questo capaci di formare una vera e propria spina dorsale dell'economia italiana, le politiche economiche programmate dal Governo non determinano alcuna ripartenza nel 2010 e la lieve crescita sarà dovuta più a effetti di rimbalzo dai minimi dopo il crollo del 2009, che all'effettivo inizio di una fase di recupero. La distanza dai livelli pre-crisi rimarrà amplissima, soprattutto per le piccole e medie imprese;
la situazione, pertanto, evidenzia un settore industriale con un eccesso di capacità produttiva rispetto alla domanda interna, una domanda di lavoro in ripiegamento e il valore aggiunto diminuito in molti settori: industria in senso stretto (-15,1 per cento), costruzioni (-6,7 per cento), servizi (-2,6 per cento), agricoltura (-3,1 per cento). In agricoltura nel 2009

migliaia di imprese sono state costrette a chiudere e altre 50 mila aziende agricole rischiano di cessare l'attività nel 2010. Alle difficoltà strutturali del comparto si è aggiunto il crollo dei prezzi all'origine e la caduta dei redditi degli agricoltori (-25,3 per cento nel 2009);
il Paese appare incapace di penetrare nuovi mercati mondiali, con un'evidente assenza internazionale in molti comparti produttivi. In favore del made in Italy, vero patrimonio della cultura d'impresa italiana, non c'è stata alcuna misura in due anni;
il trend del prodotto interno lordo italiano è tale che, prima di recuperare la caduta del biennio 2008-2009, ci vorrà un periodo molto lungo, probabilmente si arriverà al 2015, ma in termini di prodotto pro-capite occorrerà aspettare il 2018;
l'Italia si caratterizza nell'Unione europea per la minore crescita, la maggiore contrazione dei consumi privati e la maggiore inflazione. Questo è accaduto non perché la crisi abbia colpito l'Italia più di altri Paesi, ma perché essa si è sovrapposta ai precedenti problemi interni e probabilmente li ha aggravati. Nell'ultimo biennio:
a) il prodotto interno lordo cumulato è diminuito del 6 per cento in Italia, del 3,8 per cento in Germania, del 2 per cento in Francia;
b) l'inflazione è cresciuta del 4,2 per cento in Italia e del 3 per cento in Germania e Francia;
c) i consumi privati (in termini reali) sono diminuiti del 2,7 per cento in Italia e aumentati dell'1 per cento in Germania e dell'1,7 per cento in Francia;
per il 2010 le previsioni stimano una crescita del prodotto interno lordo per l'Italia intorno all'1 per cento, mentre si prevede che la Germania crescerà dell'1,8 per cento e la Francia dell'1,4 per cento. Nel 2010 l'inflazione italiana è stimata pari all'1,6 per cento, quella tedesca all'1 per cento, quella francese all'1,2 per cento;
se si registra in Italia un'anomala relazione tra prodotto interno lordo ed inflazione è perché tra le ragioni della minore crescita si ritrovano anche le cause di maggiore inflazione: la scarsa produttività e concorrenza nel settore dei servizi privati (esempio emblematico è quello delle polizze assicurative) e pubblici;
molto preoccupante è il dato di febbraio 2010 relativo all'andamento dei prezzi nei servizi regolamentati, aumentati del 3,7 per cento su base annua contro un'inflazione media dell'1,2 per cento. Alcuni tassi di variazione sono molto significativi: trasporto ferroviario +14,6 per cento, servizi postali +11,2 per cento, assicurazione auto +7 per cento, pedaggi autostradali +7 per cento, rifiuti urbani +6,4 per cento, servizio idrico +6,2 per cento. Il Governo ha consentito aumenti nei servizi regolamentati ben al di sopra della media generale, sia con provvedimenti esplicitamente protettivi dei concessionari privati e pubblici che gestiscono i servizi, sia con quella che ai firmatari del presente atto di indirizzo appare semplice inerzia;
le imprese segnalano, secondo la Banca d'Italia, difficoltà di accesso al credito, credito che rimane molto inferiore ai livelli storici, un problema estremamente grave per un Paese come l'Italia, fatto soprattutto di piccole e piccolissime imprese che utilizzano prevalentemente credito bancario, così che il credit crunch verificatosi a partire dagli ultimi mesi del 2008 ha colpito pesantemente anche quelle aziende che non avevano problemi di commesse;
l'Italia ha retto soltanto per l'impegno di imprenditori, professionisti e lavoratori e per il senso di responsabilità delle parti sociali. Il risparmio delle famiglie italiane è stato il vero ammortizzatore sociale operativo. La capacità di resistenza dei pilastri del tessuto economico e sociale italiano non è infinita. L'Italia ce la farà anche questa volta, come in altri passaggi critici della sua storia remota e recente. Ma le classi dirigenti, innanzitutto della

politica, devono assumersi responsabilità di guida;
la gravità della crisi ha creato un vasto consenso a livello internazionale sulla necessità di affiancare agli stabilizzatori automatici e alla politica monetaria interventi discrezionali di bilancio a fini anticiclici;
tuttavia, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, il Governo ha scelto una linea minimalista per intervenire sulla crisi: ossia il rifiuto di adottare, già negli ultimi mesi del 2008 e per tutto il 2009, una vera politica di bilancio anticiclica, secondo qualità e quantità della manovra coerenti con le condizioni della finanza pubblica italiana, lasciando andare il corso delle cose naturalmente senza correzioni rilevanti dal punto di vista delle tendenze che si stanno manifestando;
la politica è minimalista ma non prudenziale, perché altrimenti i fondamentali di finanza pubblica non sarebbero scesi ai livelli evidenziati dall'Istat nei giorni scorsi: nel 2009 l'indebitamento netto in rapporto al prodotto interno lordo è stato pari al 5,3 per cento (nel 2008 era stato il 2,7 per cento). In valore assoluto l'indebitamento netto è aumentato di circa 38.200 milioni di euro, attestandosi sul livello di 80.800 milioni di euro. Il saldo primario è risultato negativo e pari allo 0,6 per cento del prodotto interno lordo, inferiore di oltre 3 punti rispetto al livello positivo raggiunto nel 2008 (2,5 per cento);
il risultato, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, è che il Governo non ha realizzato una vera politica anticiclica, né è stato in grado di governare la spesa, che, nonostante i tagli introdotti dal decreto-legge n. 112 del 2008, sembra crescere più delle previsioni e senza controllo; le spese per consumi intermedi hanno registrato nel 2009 un aumento del 7,5 per cento, dopo il 6,4 per cento del 2008: circa 12 miliardi di euro in due anni. Quello dei tagli lineari è il secondo esempio in pochi anni, dopo il tetto alla spesa, che dimostra che la spesa pubblica non si governa con provvedimenti aggregati, né con misure uguali per tutti. Il Governo non ha neanche saputo approfittare dei margini offerti dalla diminuzione della spesa per interessi, che ha fatto registrare una flessione di quasi 10 miliardi di euro;
sul versante delle entrate, il gettito dell'iva è crollato del 10 per cento, a fronte di un aumento dei consumi nominali di oltre il 2 per cento, uno scarto che vale 20 miliardi di euro nel biennio. Soprattutto, aiutata dalla rimozione di importanti strumenti di contrasto e dall'avvio della stagione dei condoni, si è allargata a dismisura l'evasione fiscale. Lo scenario dell'evasione va a peggiorare a causa dello «scudo fiscale», un'anomalia assoluta in ambito Ocse, perché è garantito l'anonimato, è sospeso l'obbligo di segnalazione antiriciclaggio, il costo della regolarizzazione è pari ad 1/10 di quanto previsto negli altri Paesi. Sono anche state drasticamente abbattute le sanzioni, così creando un fortissimo incentivo a sotto-dichiarare, in quanto nell'improbabile caso di controlli si potrà pagare quanto richiesto dall'agenzia delle entrate con un modestissimo aggravio;
anche i risultati raggiunti dall'agenzia delle entrate attraverso i controlli non hanno alcunché di straordinario, sono in linea con gli anni precedenti, se depurati da partite improprie, e non possono comunque compensare gli effetti di crollo della «fedeltà fiscale»: l'incremento degli incassi dell'agenzia delle entrate copre appena il 10 per cento della perdita di gettito dovuta a maggior evasione;
pertanto, mentre il peggioramento delle condizioni di finanza pubblica nelle altri grandi economie europee, negli Stati Uniti ed in Giappone si spiega in larga misura con manovre anti-cicliche e salvataggi delle banche, in Italia è dovuto all'incapacità di controllare la spesa corrente per i consumi intermedi delle pubbliche amministrazioni e all'enorme aumento dell'evasione fiscale, solo in parte controbilanciato da entrate straordinarie;

a tutt'oggi manca un disegno organico di rilancio e sviluppo del sistema industriale e, per questa via, dell'economia italiana. In particolare, anche gli strumenti di incentivazione a sostegno della domanda appaiono frammentari ed estemporanei e alcuni di essi si sono esauriti, senza che sia stata effettuata una circostanziata valutazione della loro reale validità. Al contempo, nonostante la contrarietà degli imprenditori, il Governo ha sostanzialmente vanificato, a causa del meccanismo del click-day, strumenti di provata efficacia, quali il credito d'imposta automatico per la ricerca e lo sviluppo, e ha smantellato «Industria 2015». È stato azzerato il fondo competitività (circa 7 miliardi di euro) destinato a sostenere l'infrastrutturazione tecnologica dei sistemi e delle reti di imprese, lo sviluppo della banda larga, la bonifica dei siti industriali inquinati, il sostegno sul territorio alle azioni prioritarie di «Industria 2015»;
in materia di lavoro, con il pretesto di rafforzare la competitività internazionale, il Governo ha operato una sistematica destrutturazione dei più importanti istituti, scegliendo la via della competizione «bassa», attraverso: l'abrogazione delle norme per la protezione delle lavoratrici dalle dimissioni in bianco; la cancellazione della responsabilità solidale in capo al committente negli appalti; la riduzione della durata dell'obbligo scolastico, consentendone il completamento attraverso un anno di contratto di apprendistato e dando alle aziende "carta bianca" per l'attività formativa. I tagli alle risorse a sostegno del lavoro, nonostante il perdurare della crisi, nella legge finanziaria per il 2010 assommano, attraverso varie misure, a 2 miliardi e 89 milioni di euro, mentre le risorse per gli ammortizzatori sociali traggono origine prevalentemente dal fondo per le aree sottoutilizzate;
il Mezzogiorno è uno degli aspetti più drammatici, la grande questione nazionale irrisolta in cui si sta manifestando un aggravamento delle condizioni materiali, con enormi rischi, che già si stanno verificando, di una nuova fuga di giovani laureati e diplomati, tale da lasciare esposti i territori più deboli al reclutamento nella grande e nella microcriminalità;
il Governo ha sistematicamente smantellato l'efficacia di tutte le agevolazioni fiscali automatiche che costituivano un punto di avanzamento reale verso le politiche meridionali, perché uscivano dalla discrezionalità e premiavano chi veramente investiva, mentre continua la propaganda relativa al Ponte sullo Stretto e rimangono incompiute le grandi infrastrutture ferroviarie e stradali necessarie allo sviluppo del Mezzogiorno. Basti pensare al reiterato e distorto utilizzo delle risorse del fondo per le aree sottoutilizzate, con ciò distruggendo la programmazione 2007-2013;
in materia di opere pubbliche, i vincoli imposti dal patto di stabilità interno costringeranno gli enti locali nel triennio 2009-2011 a ridurre la spesa totale di circa il 10 per cento e, considerando che la spesa corrente è difficilmente contraibile, a risentirne sarà la spesa per investimenti che si potrebbe ridurre addirittura del 30 per cento, quando le analisi evidenziano che le opere medio-piccole producono sul sistema economico e sull'occupazione un effetto moltiplicatore e distribuito in modo diffuso sul territorio,

impegna il Governo:

a mettere sotto controllo e a riqualificare la spesa per acquisti di beni e servizi, a chiudere la stagione dei condoni e a riavviare la lotta all'evasione, così consentendo di finanziare una politica economica alternativa, un piano nazionale anti-crisi ad impatto di breve periodo, per spingere la domanda interna, sia i consumi delle famiglie che gli investimenti delle imprese, attraverso misure una tantum, senza effetti sul deficit strutturale e, in particolare, assumendo iniziative volte:
a) ad adottare un'indennità universale di disoccupazione, pari al 60 per

cento dell'ultima retribuzione, per coloro i quali attualmente non dispongono di ammortizzatori o che hanno una copertura troppo bassa; a costituire presso l'Inps un fondo per pagare quei lavoratori che a causa delle difficoltà aziendali non ricevono una regolare retribuzione; a introdurre un credito d'imposta per le aziende che assumono lavoratrici a tempo indeterminato, valido su tutto il territorio nazionale, di importo doppio per le nuove assunte nel Mezzogiorno;
b) ad allentare il patto di stabilità interno per la spesa in conto capitale;
c) a rafforzare il fondo di garanzia per i crediti alle piccole e medie imprese, a ripristinare l'automatismo degli incentivi fiscali temporanei per gli investimenti, l'innovazione e la ricerca, a prorogare la detrazione fiscale per il risparmio energetico, a sospendere temporaneamente il limite alla deducibilità degli interessi passivi;
d) ad accelerare i pagamenti dei debiti pregressi della pubblica amministrazione verso i fornitori, stabilendo un termine non superiore a 120 giorni dall'avvenuta prestazione entro il quale effettuare il pagamento e prevedendo strumenti di garanzia statale all'attività di sconto svolta dal sistema bancario nei confronti delle piccole e medie imprese per i debiti pregressi della pubblica amministrazione;
e) a rilanciare la competitività del settore agricolo, attraverso un piano straordinario di intervento per le imprese agricole;
contestualmente, a investire sul potenziale di crescita del Paese, aprendo una volta per tutte il capitolo delle riforme strutturali in un'ottica di armonizzazione europea (welfare, scuola, università, mercati, fisco, spesa pubblica, mercato del lavoro), in particolare assumendo iniziative, anche di carattere normativo, finalizzate:
a) ad affrontare la riforma del fisco, la sfida principale che condizionerà tutte le altre, considerato che si tratta di una riforma necessaria e non più procrastinabile per sostenere la domanda interna e la produttività, una riforma ad invarianza di gettito, con l'obiettivo di semplificare gli adempimenti, che dovrà riallocare il carico fiscale tra soggetti e fonti di entrata e, in particolare:
1) tra chi paga e chi non paga o paga molto meno del dovuto, ricostruendo un rapporto di fiducia tra l'amministrazione e i contribuenti attraverso la certezza della fine dei condoni, il contrasto all'evasione fiscale, il rafforzamento delle sanzioni penali e l'incremento della tax compliance, dando in questo quadro immediata attuazione a quanto richiesto nella nota congiunta della Banca d'Italia, dell'Isvap e della Consob in materia di trasparenza nei bilanci e relazioni finanziarie delle grandi aziende (società quotate, assicurazioni, banche e finanziarie);
2) tra i redditi da capitale, i patrimoni mobiliari ed immobiliari e le imposte indirette da un lato e i redditi da lavoro, impresa e attività professionali dall'altro;
3) tra investimenti, produzioni e consumi ad elevato impatto ambientale ed investimenti, produzioni e consumi verdi;
b) a dare rapida attuazione alla legge delega sul federalismo fiscale per la responsabilizzazione solidale e per l'efficienza di tutti i livelli di governo;
c) a rilanciare il programma "Industria 2015" in coerenza con "Europa 2020", strategia per la crescita intelligente, verde ed inclusiva, riqualificando il sistema produttivo e assicurando che i cardini della politica industriale per l'Italia poggino su filiere produttive che integrino manifattura, servizi avanzati e nuove tecnologie, utilizzando diverse leve dell'intervento pubblico (domanda pubblica, incentivi alla domanda privata, realizzazione di infrastrutture, incentivi alle imprese);

d) a rilanciare gli investimenti per le infrastrutture, in particolare nel Mezzogiorno attraverso la revisione dei meccanismi di governance (cabina di regia nazionale partecipata dalle regioni) e l'introduzione di più stringenti sistemi di valutazione in itinere e sanzioni per gli amministratori inadempienti;
e) a favorire il credito alle piccole e medie imprese, intervenendo sugli assetti del mercato creditizio, che, come sottolineato dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato in un'audizione presso la Commissione finanze della Camera dei deputati, presenta conflitti di ruolo dovuti sia alla contemporanea presenza delle stesse persone fisiche negli organi di amministrazione o di gestione di più imprese, che dovrebbero, invece, competere tra loro, sia a partecipazioni societarie incrociate e a imprese comuni, che deprimono gli incentivi a competere;
f) a promuovere, infine, nelle sedi europee l'avvio di una politica economica comune, almeno nell'euro-area, tenuto conto dell'esigenza che le classi dirigenti dell'Unione europea si sottraggano alla perdente deriva protezionistica e puntino sulla domanda «interna» europea, dotandosi degli strumenti per finanziare decisivi investimenti nelle infrastrutture materiali e immateriali nell'Unione europea, per sostenere la domanda aggregata e innalzare la crescita potenziale dell'area, e considerando che, a Trattati vigenti, vi sono spazi giuridici per un'iniziativa di politica economica comune, di cui vi sono spunti già in «Europa 2020», che contiene importanti innovazioni di governance, che vanno colte e potenziate per spingere i Paesi membri alle riforme strutturali.
(1-00340)
«Bersani, Franceschini, Ventura, Boccia, Bindi, Maran, Villecco Calipari, Amici, Lenzi, Quartiani, Giachetti, Rosato, Bressa, Ferranti, Tempestini, Rugghia, Baretta, Fluvi, Ghizzoni, Mariani, Meta, Lulli, Damiano, Livia Turco, Oliverio, Gozi».

La Camera,
premesso che:
il 2009 ha visto crescere negativamente tutti gli indicatori economici, confermando le preoccupazioni rispetto ad una crisi che non ha eguali negli ultimi settanta anni in Italia;
secondo il bollettino di gennaio 2010 della Banca centrale europea, nel 2010 l'espansione dell'economia europea avrà un «ritmo moderato» e il «processo di recupero risulterà probabilmente discontinuo», anche perché i fattori che sostengono la crescita hanno «carattere temporaneo» e «le prospettive restano soggette a incertezza»;
vi è anche il fondato timore che il «caso Grecia» possa contagiare gli altri Paesi europei ad alto debito (pubblico ed estero) e bassa competitività, come Irlanda, Portogallo, Spagna e Italia, mettendo in discussione anche la stabilità dell'euro e la coesione dell'Eurozona;
il conto 2009 dell'Istat delinea un contesto macroeconomico preoccupante: il prodotto interno lordo è crollato del 5 per cento, un calo registratosi solo nel 1971 e simile a quello rilevato in Germania, Gran Bretagna e Giappone. Il valore aggiunto è crollato in tutti i comparti, con un picco nell'industria in senso stretto (-15 per cento), mentre servizi e comparto agricolo hanno tenuto meglio (rispettivamente -2,6 per cento e -3,2 per cento);
la riduzione del prodotto interno lordo ha prodotto una contrazione dell'entrate e un aumento della spesa e, conseguentemente, un peggioramento dei conti pubblici: il rapporto deficit/prodotto interno lordo è salito dal 2,7 al 5,3 per cento;
il saldo primario per la prima volta dal 1991 è stato negativo ed è aumentato anche il rapporto debito/prodotto interno lordo, che ha raggiunto quota 115,8 per cento alla fine del 2009, pari a 10 punti in più rispetto al 2008;

le entrate fiscali complessive sono diminuite dell'1,9 per cento rispetto al 2008, mentre la pressione fiscale complessiva è salita al 43,2 per cento (+0,3 per cento);
unica nota positiva è la diminuzione del fabbisogno, che risulta inferiore di 8,8 miliardi rispetto allo stesso periodo del 2008;
sempre secondo gli ultimi dati Istat, a gennaio 2010 il tasso dei senza lavoro è salito all'8,6 per cento dall'8,5 di dicembre 2009. In un anno sono stati persi 307 mila posti di lavoro, mentre i disoccupati sono saliti a quota 2.144.000; inoltre, il tasso di disoccupazione giovanile è salito al 26,8 per cento, con una crescita del 2,6 rispetto a gennaio 2009;
le previsioni sulla disoccupazione, inoltre, non sono rosee, in quanto, tenuto conto dei dati sul prodotto interno lordo e applicando la legge di Okun (secondo cui tra prodotto interno lordo e disoccupazione c'è una relazione 2:1), ci si deve aspettare un ulteriore incremento nei prossimi mesi;
secondo Eurostat il dato italiano sulla disoccupazione è inferiore alla media dell'Unione europea, ma questo è in parte dovuto al massiccio impiego degli ammortizzatori sociali, che ha di fatto evitato che il numero degli occupati diminuisse sensibilmente, anche se, inevitabilmente, qualora l'economia non dovesse ripartire in maniera concreta: anche questi strumenti di tutela sono destinati ad esaurirsi;
nel 2009 sono state autorizzate 918 milioni di ore di cassa integrazione, con un aumento del 311,4 per cento rispetto ai 223 milioni del 2008. I dati riferiti alla cassa integrazione ordinaria, straordinaria e in deroga sono stati diffusi dall'Inps;
dall'analisi del consuntivo sui fallimenti e i concordati preventivi del 2009 diffuso da Cerved group emerge un quadro negativo della situazione in cui versano le aziende, tale da non far prevedere a breve un'inversione di tendenza. Negli ultimi tre mesi del 2009 l'aumento dei fallimenti è stato del 33 per cento, un'impennata che ha colpito un po' tutti i comparti, anche se quello delle costruzioni è risultato il più interessato. Dal punto di vista geografico l'aumento dei fallimenti ha toccato soprattutto il Nord, con un incremento delle procedure pari al 33 per cento nell'arco dei dodici mesi del 2009;
il fatturato e gli ordini dell'industria nel 2009 sono crollati rispettivamente del 18,7 per cento e del 22,4 per cento rispetto al 2008: sono entrambi record negativi dal 2000, secondo quanto comunicato dall'Istat;
nonostante il contributo dei Consorzi fidi, che hanno concorso ad attenuare l'impatto della crisi, per artigiani e piccole imprese permangono, sul fronte dell'accesso al credito, notevoli difficoltà;
a fronte di Stati virtuosi che liquidano le prestazioni entro 30-70 giorni, in Italia i ritardi sui pagamenti della pubblica amministrazione viaggiano oltre i 140-150 giorni, una situazione intollerabile che compromette il mercato interno italiano e dell'Unione europea;
nonostante nel 2009 siano stati messi in campo numerosi provvedimenti per il settore delle costruzioni, i ritardi e le lentezze delle procedure amministrative hanno impedito a tutto il sistema di funzionare e di essere efficiente (basti pensare alla delibera Cipe che ha stanziato già da mesi 1 miliardo di euro per le scuole e 825 milioni di euro per le opere piccole e medie, ma nulla è ancora stato fatto);
si stima che le regole del patto di stabilità interno blocchino nelle casse comunali almeno 12 miliardi di euro di residui passivi, immediatamente spendibili per investimenti, ed è opportuno ricordare che i comuni rappresentano la principale stazione appaltante del Paese, realizzando il 43 per cento degli investimenti pubblici, soprattutto nel campo dell'edilizia pubblica, dell'edilizia scolastica, della viabilità e delle infrastrutture ambientali;
nonostante un lieve recupero nel terzo trimestre del 2009, la dinamica dei

consumi e degli investimenti privati rimane debole; in particolare, sui consumi incide negativamente il calo del numero degli occupati, che si traduce in una caduta del reddito disponibile delle famiglie che tende a frenarne la propensione alla spesa;
secondo l'ultimo rapporto dell'Eurispes Italia 2010, lo stipendio medio netto dei cittadini italiani ammonta a poco più di 14.700 euro (21.374 dollari), cifra che vede il nostro Paese al ventitreesimo posto fra i 30 più industrializzati. Negli altri Stati europei le retribuzioni nette annue si aggirano in media intorno ai 25.000 dollari. La differenza tra costo del lavoro e retribuzione netta - il cosiddetto «cuneo fiscale» - arriva, invece, a pesare per il 46,5 per cento e piazza l'Italia al sesto posto in Europa;
un fisco più equo doveva essere uno dei temi centrali dell'agenda del Governo, ma ad oggi, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, si registrano solo annunci, a cui non sono seguiti i fatti; in particolare, risulta ormai abbandonato, in vista di un non meglio qualificato nuovo sistema di deduzioni e detrazioni, il quoziente familiare;
nel 2009 l'imponibile evaso è cresciuto dell'11,4 per cento rispetto al 2008 ed ha raggiunto l'ammontare di 366 miliardi di euro l'anno, che in termini d'imposte sottratte all'erario è nell'ordine di 143 miliardi di euro l'anno, secondo quanto è emerso da un'indagine effettuata da Krls network of business ethics e condotta su dati divulgati dalle polizie tributarie degli Stati europei,

impegna il Governo:

a promuovere, senza ulteriori rinvii, le riforme strutturali nel settore della previdenza, della pubblica amministrazione e delle liberalizzazioni in particolare, che consentirebbero al Paese di recuperare il livello di competitività all'interno del contesto, sia europeo che internazionale;
ad assumere iniziative, anche di carattere normativo, per introdurre in tempi rapidi un sistema di agevolazioni fiscali per i nuclei familiari con figli, riconsiderando l'opportunità di procedere all'avvio progressivo del quoziente familiare;
ad adottare misure di sostegno della domanda, soprattutto per quei settori maggiormente in difficoltà, e di rafforzamento del potere di acquisto delle famiglie;
a considerare l'opportunità di adottare iniziative volte ad alleviare il peso del cuneo fiscale che grava sulle imprese e sui lavoratori;
a valutare, altresì, l'opportunità di prevedere una moratoria per gli studi di settore, al fine di mitigare gli effetti negativi della crisi economica sugli operatori economici più esposti;
ad elaborare un piano effettivo di rilancio dell'impresa, del lavoro e dell'iniziativa dei cittadini meridionali nel Mezzogiorno, dopo gli innumerevoli e, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, vuoti annunci fatti nel corso della legislatura;
a prevedere interventi di rafforzamento patrimoniale dei Confidi, al fine di consentire ai piccoli imprenditori di ottenere i finanziamenti necessari ad effettuare investimenti e creare occupazione;
ad attivarsi in sede europea per una rapida approvazione della direttiva comunitaria che, attraverso una serie di strumenti, costringerà la pubblica amministrazione a pagare non oltre i 30 giorni i propri fornitori;
a favorire il rilancio del settore delle costruzioni attraverso uno snellimento delle procedure burocratiche, puntando in particolare sull'housing sociale;
a valutare l'opportunità di consentire ai comuni la possibilità di utilizzare con una maggiore elasticità le risorse che risultassero disponibili per il rilancio degli

investimenti pubblici negli enti locali, utili ai fini di una ripresa dell'economia del Paese;
a prevedere ogni strumento utile a rafforzare la lotta all'evasione fiscale, a cominciare dall'introduzione del conflitto di interessi.
(1-00341)
«Casini, Galletti, Vietti, Adornato, Binetti, Bosi, Buttiglione, Capitanio Santolini, Enzo Carra, Cera, Cesa, Ciccanti, Ciocchetti, Compagnon, De Poli, Delfino, Dionisi, Drago, Anna Teresa Formisano, Libè, Lusetti, Mannino, Mantini, Mereu, Mondello, Naro, Occhiuto, Pezzotta, Pisacane, Poli, Rao, Ria, Romano, Ruggeri, Ruvolo, Tassone, Nunzio Francesco Testa, Volontè, Zinzi».

NUOVA FORMULAZIONE

La Camera,
premesso che:
il 2009 ha visto crescere negativamente tutti gli indicatori economici, confermando le preoccupazioni rispetto ad una crisi che non ha eguali negli ultimi settanta anni in Italia;
il conto 2009 dell'Istat delinea un contesto macroeconomico preoccupante: il prodotto interno lordo è crollato del 5 per cento, un calo registratosi solo nel 1971 e simile a quello rilevato in Germania, Gran Bretagna e Giappone. Il valore aggiunto è crollato in tutti i comparti, con un picco nell'industria in senso stretto (-15 per cento), mentre servizi e comparto agricolo hanno tenuto meglio (rispettivamente -2,6 per cento e -3,2 per cento);
la riduzione del prodotto interno lordo ha prodotto una contrazione dell'entrate e un aumento della spesa e, conseguentemente, un peggioramento dei conti pubblici: il rapporto deficit/prodotto interno lordo è salito dal 2,7 al 5,3 per cento;
il saldo primario per la prima volta dal 1991 è stato negativo ed è aumentato anche il rapporto debito/prodotto interno lordo, che ha raggiunto quota 115,8 per cento alla fine del 2009, pari a 10 punti in più rispetto al 2008;
le entrate fiscali complessive sono diminuite dell'1,9 per cento rispetto al 2008, mentre la pressione fiscale complessiva è salita al 43,2 per cento (+0,3 per cento);
unica nota positiva è la diminuzione del fabbisogno, che risulta inferiore di 8,8 miliardi rispetto allo stesso periodo del 2008;
sempre secondo gli ultimi dati Istat, a gennaio 2010 il tasso dei senza lavoro è salito all'8,6 per cento dall'8,5 di dicembre 2009. In un anno sono stati persi 307 mila posti di lavoro, mentre i disoccupati sono saliti a quota 2.144.000; inoltre, il tasso di disoccupazione giovanile è salito al 26,8 per cento, con una crescita del 2,6 rispetto a gennaio 2009;
secondo Eurostat il dato italiano sulla disoccupazione è inferiore alla media dell'Unione europea, ma questo è in parte dovuto al massiccio impiego degli ammortizzatori sociali, che ha di fatto evitato che il numero degli occupati diminuisse sensibilmente anche se, inevitabilmente, qualora l'economia non dovesse ripartire in maniera concreta: anche questi strumenti di tutela sono destinati ad esaurirsi;
nel 2009 sono state autorizzate 918 milioni di ore di cassa integrazione, con un aumento del 311,4 per cento rispetto ai 223 milioni del 2008. I dati riferiti alla cassa integrazione ordinaria, straordinaria e in deroga sono stati diffusi dall'Inps;
il fatturato e gli ordini dell'industria nel 2009 sono crollati rispettivamente del 18,7 per cento e del 22,4 per cento rispetto al 2008: sono entrambi record negativi dal 2000, secondo quanto comunicato dall'Istat;
nonostante il contributo dei Consorzi fidi, che hanno concorso ad attenuare l'impatto della crisi, per artigiani e piccole imprese permangono, sul fronte dell'accesso al credito, notevoli difficoltà;
tutte le associazioni di categoria denunciano il grave stato in cui versa l'agricoltura, un settore in cui si registra, a fronte del calo dei prezzi all'origine, un aumento del costo dei mezzi di produzione ed il crollo della redditività delle imprese e dove nel solo 2008 il reddito reale per addetto è sceso del 18,9 per cento rispetto allo 0,2 per cento di quello rilevato nell'Europa a 15;
le risorse del fondo per le aree sottoutilizzate, che dovrebbero essere ripartite con finalità di riequilibrio economico e sociale e per realizzare interventi infrastrutturali aggiuntivi nel Mezzogiorno, sono state ridotte in misura considerevole (circa 18 miliardi di euro), destinate a impieghi diversi da quelli previsti dalla normativa e spesso senza rispettare neanche il criterio territoriale;
a fronte di Stati virtuosi che liquidano le prestazioni entro 30-70 giorni, in Italia i ritardi sui pagamenti della pubblica amministrazione viaggiano oltre i 140-150 giorni, una situazione intollerabile che compromette il mercato interno italiano e dell'Unione europea;
nonostante nel 2009 siano stati messi in campo numerosi provvedimenti per il settore delle costruzioni, i ritardi e le lentezze delle procedure amministrative hanno impedito a tutto il sistema di funzionare e di essere efficiente (basti pensare alla delibera Cipe che ha stanziato già da mesi 1 miliardo di euro per le scuole e 825 milioni di euro per le opere piccole e medie, ma nulla è ancora stato fatto);
si stima che le regole del patto di stabilità interno blocchino nelle casse comunali almeno 12 miliardi di euro di residui passivi, immediatamente spendibili per investimenti ed è opportuno ricordare che i comuni rappresentano la principale stazione appaltante del Paese, realizzando il 43 per cento degli investimenti pubblici, soprattutto nel campo dell'edilizia pubblica, dell'edilizia scolastica, della viabilità e delle infrastrutture ambientali;
nonostante un lieve recupero nel terzo trimestre del 2009, la dinamica dei consumi e degli investimenti privati rimane debole; in particolare, sui consumi incide negativamente il calo del numero degli occupati, che si traduce in una caduta del reddito disponibile delle famiglie che tende a frenarne la propensione alla spesa;
un fisco più equo doveva essere uno dei temi centrali dell'agenda del Governo, ma ad oggi, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, si registrano solo annunci, a cui non sono seguiti i fatti; in particolare, risulta ormai abbandonato, in vista di un non meglio qualificato nuovo sistema di deduzioni e detrazioni, il quoziente familiare,

impegna il Governo:

a promuovere senza ulteriori rinvii, le riforme strutturali nel settore della previdenza, della pubblica amministrazione e delle liberalizzazioni in particolare, che consentirebbero al Paese di recuperare il livello di competitività all'interno del contesto, sia europeo che internazionale;
ad assumere iniziative, anche di carattere normativo, per introdurre in tempi rapidi un sistema di agevolazioni fiscali per i nuclei familiari con figli, riconsiderando l'opportunità di procedere all'avvio progressivo del quoziente familiare;
ad adottare misure di sostegno della domanda, soprattutto per quei settori maggiormente in difficoltà, o di rafforzamento del potere di acquisto delle famiglie;
a considerare l'opportunità di adottare iniziative volte ad alleviare il peso del cuneo fiscale che grava sulle imprese e sui lavoratori;
a valutare, altresì, l'opportunità di prevedere una moratoria per gli studi di settore, al fine di mitigare gli effetti negativi della crisi economica sugli operatori economici più esposti;
ad elaborare un piano effettivo di rilancio dell'impresa del lavoro e dell'iniziativa dei cittadini meridionali nel Mezzogiorno, dopo gli innumerevoli e, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, vuoti annunci fatti nel corso della legislatura;
ad adottare iniziative volte a reintegrare le risorse prelevate dal fondo per le aree sottoutilizzate per destinarle al rilancio dell'impresa, del lavoro e dell'iniziativa imprenditoriale nel Mezzogiorno;
a prevedere interventi di rafforzamento patrimoniale dei Confidi, al fine di consentire ai piccoli imprenditori di ottenere i finanziamenti necessari ad effettuare investimenti e creare occupazione;
ad attivarsi in sede europea per una rapida approvazione della direttiva comunitaria che, attraverso una serie di strumenti, costringerà la pubblica amministrazione a pagare non oltre i 30 giorni i propri fornitori;
a favorire il rilancio del settore delle costruzioni attraverso uno snellimento delle procedure burocratiche, puntando in particolare sull'housing sociale;
ad adottare iniziative, anche di carattere normativo, volte ad introdurre un'imposta sostitutiva per i redditi derivanti dalla locazione di immobili ad uso abitativo;
a predisporre un piano di interventi urgenti a sostegno del settore agricolo, soprattutto nei comparti maggiormente esposti alla crisi attuale, per agevolare l'accesso al credito delle imprese agricole e per ripristinare integralmente il fondo di solidarietà;
a valutare l'opportunità di consentire ai comuni la possibilità di utilizzare con una maggiore elasticità le risorse che risultassero disponibili per il rilancio degli investimenti pubblici negli enti locali, utili ai fini di una ripresa dell'economia del Paese;
a prevedere ogni strumento utile a rafforzare la lotta all'evasione fiscale, a cominciare dall'introduzione di una disciplina del conflitto di interessi.
(1-00341)
(Nuova formulazione) «Casini, Galletti, Vietti, Adornato, Binetti, Bosi, Buttiglione, Capitanio Santolini, Enzo Carra, Cera, Cesa, Ciccanti, Ciocchetti, Compagnon, De Poli, Delfino, Dionisi, Drago, Anna Teresa Formisano, Libè, Lusetti, Mannino, Mantini, Mereu, Mondello, Naro, Occhiuto, Pezzotta, Pisacane, Poli, Rao, Ria, Romano, Ruggeri, Ruvolo, Tassone, Nunzio Francesco Testa, Volontè, Zinzi».

La Camera,
premesso che:
la crisi economica che ha investito insieme al resto del mondo anche il nostro Paese, nonostante i tiepidi segnali di ripresa che, però, lasciano presagire scenari analoghi a quelli dell'anno appena concluso, sta mettendo a dura prova da una parte l'intero sistema produttivo nazionale, ove si susseguono a ritmi incalzanti le richieste di cassa integrazione e l'avvio di procedure di mobilità per tutto il 2010, e dall'altra numerose famiglie, a cui ha contratto la capacità di spesa e che si ritrovano a dover sopportare il peso maggiore delle conseguenze sociali della recessione. Infatti, il combinato disposto tra la perdita di lavoro di uno o più membri del nucleo familiare, la stretta creditizia che riduce la sostenibilità dei mutui, i tagli alle politiche sociali e l'erosione, avvenuta per varie ragioni in questi anni, di quella naturale capacità di autosostegno fra membri e generazioni propria della famiglia hanno aumentato la fragilità di quella che è la cellula fondamentale della nostra struttura sociale;
l'attuale congiuntura economica, col suo forte impatto negativo sull'economia reale, sta determinando l'espulsione dal processo produttivo di numerosi soggetti, molti dei quali vengono a trovarsi privi di adeguate protezioni sociali;
in tale contesto occorre considerare la peculiarità del Mezzogiorno costituito da una miriade di piccole imprese produttive, artigiane e commerciali, che rappresentano il tessuto vitale e fragile di un territorio ove gli stessi fattori della produzione, come i costi energetici, i trasporti ed il sistema creditizio, costituiscono cause di diseconomia;
l'andamento fortemente negativo dell'occupazione nel Mezzogiorno testimonia come la grave crisi internazionale iniziata nel 2008, e dalla quale faticosamente si cerca di uscire, in quelle zone «morde» di più. Secondo i dati Istat del terzo trimestre del 2009 la caduta occupazionale, purtroppo pesante in tutto il Paese, è più forte nel Sud, dove arriva al -3 per cento rispetto al 2008, dato più elevato sia del Nord (-2,3 per cento) che del Centro (-0,8 per cento). Conseguentemente, si è ridotto ancora nel Sud il già basso tasso di occupazione, che precipita al 45 per cento, perdendo l'1,5 per cento rispetto al 2008 e raggiungendo per le donne il 31 per cento, livello tra i più bassi in Europa;
colpisce particolarmente la caduta dell'occupazione nel comparto industriale che nel Sud diminuisce di quasi l'8 per cento, fatto ancor più preoccupante se si considera che non comprende il dato delle grandi aziende in crisi (su tutte Fiat di Termini Imerese e Alcoa), per le quali agisce ancora la cassa integrazione guadagni, ma le cui prospettive sono, purtroppo, molto incerte;
sullo stesso versante dell'occupazione il Mezzogiorno, nella recente classifica dell'Unione europea a 27, si aggiudica il triste primato di sei regioni italiane, con punte negative in percentuale che si aggirano, come nel caso della Sicilia, attorno al 38 per cento e che sono alla base della riemersione del trend migratorio dal Sud

verso il Nord, che interessa, soprattutto, la popolazione giovanile in cerca di occupazione, con inevitabile ed irreversibile perdita a danno di quei territori di capitale umano, qualificato e professionalizzato;
nei suddetti territori i redditi da lavoro dipendente sono più bassi del 18 per cento rispetto alla media nazionale, con punte del 22 per cento rispetto al Nord Italia; il reddito medio mensile delle pensioni Inps è pari a 614,22 euro, a fronte della media nazionale pari a 781,89 euro, mentre quella del Centro è pari a 795,58 euro e quella del Nord a 845,48 euro;
segnali inequivocabili già prima ancora della crisi denunciavano il largo divario di sviluppo tra Sud e Centro-Nord del Paese. Dal 2001 al 2008, infatti, per sette anni consecutivi il prodotto interno lordo del Sud è cresciuto meno rispetto al resto del Paese, peraltro anch'esso cresciuto molto poco. La stessa dinamica negativa ha riguardato gli investimenti complessivi, sistematicamente inferiori nel Sud, con la particolarità molto grave di un vero e proprio crollo degli investimenti nell'industria, con una caduta tre volte più pesante rispetto al Paese;
a ciò si è aggiunta già dal 2008 la scelta del Governo di ricorrere ai fondi per le aree sottoutilizzate, utilizzandoli in sostanza come polmone economico e finanziario di fronte all'emergenza più acuta della crisi economica ed occupazionale, prelevando circa 18 miliardi di euro per altre destinazioni e per la stabilità del bilancio pubblico. Successivamente una quota nazionale dei fondi per le aree sottoutilizzate pari circa a 25 miliardi di euro è stata suddivisa in tre ambiti destinati, rispettivamente, alle infrastrutture (12,6 miliardi di euro), agli ammortizzatori sociali (4 miliardi di euro) e ad un fondo per l'economia reale presso la Presidenza del Consiglio dei ministri (9 miliardi di euro);
quanto fino ad ora esposto risulta ancora più grave se si considera il livello della stretta creditizia che il sistema bancario sta attuando, nonostante il forte sostegno assicurato dal Governo a favore delle banche, a discapito del sistema imprenditoriale italiano e, in particolare, di quello del Centro-Sud, circostanza che determina un aggravio della già precaria e sofferente condizione dell'imprenditoria meridionale, da sempre penalizzata dalle relazioni tra credito e impresa del Mezzogiorno, che vengono rese più inique da un'ulteriore riduzione (se non addirittura da una richiesta di rientro) del credito elargito e da un aggravio del già marcato differenziale del costo del denaro tra Sud e Nord del Paese;
il sistema finanziario italiano, marcatamente «bancocentrico», nel corso degli anni '90 ha visto il graduale processo di integrazione nazionale dei mercati bancari regionali (noto anche come «debancarizzazione del Mezzogiorno»), che ha avuto come conseguenza diretta da un lato che una parte rilevante dell'offerta finanziaria nelle diverse aree del Paese fa oggi capo agli stessi gruppi creditizi (per lo più del Nord) e dall'altro che gli stessi, nel corso di tale processo, hanno drenato ingenti flussi di denaro, con relativo trasferimento di risorse (incentivi e risparmio) dalle regioni meridionali a quelle del Centro-Nord. Da tale assorbimento è derivata anche una riduzione della capacità di offerta di credito nelle regioni meridionali;
l'azione di contrasto dei Governi dell'Unione europea si è risolta finora in una promessa di salvataggio del sistema bancario (nazionalizzazione di fatto) e in un modesto coordinamento dei piani nazionali di rilancio, che, pur nella loro modestia, stanno comunque comportando lo sfondamento dei parametri di Maastricht e, pertanto, rendono critica a lungo termine la tenuta dell'unione monetaria;
in tale contesto, a fronte di un maggiore bisogno di intervento pubblico e della necessità di protezione, attraverso politiche attive di sostegno del reddito e misure di riforma fiscale, gli enti locali,

che negli ultimi anni hanno subito il drastico taglio dei trasferimenti a loro destinati, sono costretti a governare i propri territori con profonda preoccupazione ed amarezza, perché impotenti di fronte alla continua domanda di attenzione e di protezione sociale da parte dei cittadini più deboli;
gli stessi, per contenere gli effetti della crisi e rilanciare e sostenere la domanda di consumi nel pieno rispetto del patto di stabilità e di crescita, sono chiamati ad intervenire, adottando misure volte a contrastare gli effetti della crisi e a sostenere in modo particolare le fasce più deboli e meno tutelate della popolazione, non solo con contributi di tipo tradizionale in una logica assistenziale, ma sviluppando nuovi strumenti in grado di offrire un sostegno temporaneo a soggetti in temporanea difficoltà per la crisi economica;
alcuni di essi hanno stanziato ingenti somme per finanziare i fondi destinati alle politiche sociali, come fondi per l'affitto e per gli alloggi sociali, le misure di sostegno al reddito, l'assistenza agli indigenti, altri hanno applicato agevolazioni tariffarie (per le rette di frequenza ai nidi d'infanzia, per la ristorazione scolastica, il trasporto scolastico, le tariffe relative al servizio idrico integrato e la tariffa di igiene ambientale) temporanee ai residenti, concesse sulla base di mutate condizioni occupazionali e reddituali della famiglia e limitate al periodo di effettiva riduzione dell'attività lavorativa;
tali spese sostenute dagli enti locali per fronteggiare gli effetti della crisi vanno ad aggravare i loro bilanci già fortemente penalizzati dall'inadeguata copertura del mancato gettito derivante dalla soppressione dell'ici sulla prima casa, dal blocco dell'autonomia impositiva degli enti territoriali, dal taglio dei trasferimenti erariali e dei fondi destinati alle politiche sociali e dalle regole fortemente restrittive del patto di stabilità interno;
anche le scelte e gli interventi delle istituzioni locali possono rappresentare un volano importante per lo sviluppo e, conseguentemente, è necessario trovare nuove fonti di investimento che li vedano protagonisti;
molti comuni e numerose province hanno a disposizione risorse economiche libere ed utilizzabili per finanziare opere già progettate, cantierabili o già cantierate, ma ferme a causa dei vincoli posti dal patto di stabilità, vincoli che non consentono loro di poter legittimamente utilizzare le risorse proprie (avanzo di amministrazione, oneri di urbanizzazione riscossi, entrate da alienazioni patrimoniali dell'ente ed altre) per effettuare gli investimenti necessari economico/infrastrutturali sul territorio. Le ultime manovre del Governo hanno, infatti, sottoposto gli enti locali a tagli, vincoli e restrizioni senza le adeguate compensazioni, minandone, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, completamente l'autonomia finanziaria e dimostrando disinteresse per le già disagiate comunità locali;
la grave situazione economica e sociale che il Paese vive richiederebbe un'attenzione particolare nei confronti delle politiche sociali e un ulteriore sforzo che superi definitivamente quella visione puramente assistenzialistica e risarcitoria, che fino ad oggi ha caratterizzato le scelte delle politiche del welfare, utilizzando quegli interventi e quelle prestazioni che consentono di rilanciare e rafforzare lo sviluppo nazionale e del Mezzogiorno; in particolare, la crisi può rappresentare l'occasione per il nostro Paese per riconvertire il sistema di welfare, mettendo al centro dell'azione politica la famiglia, la non autosufficienza ed il terzo settore;
il documento di programmazione economico-finanziaria 2010-2013 risulta essere totalmente insufficiente rispetto alle necessità e alle aspettative del Mezzogiorno, non fornendo alcuna indicazione strutturale e non individuando alcuna forma aggiuntiva di finanziamento per sostenere l'attuazione di un non più prorogabile piano straordinario per il Mezzogiorno, che sostenga, tra l'altro: l'adeguamento

e lo sviluppo di una rete infrastrutturale, il sostegno alle piccole e medie imprese, il sostegno al reddito delle famiglie, la garanzia di una rete di servizi efficienti ed efficaci, la programmazione di azioni forti a sostegno dell'agricoltura e, nel campo dell'energia, la produzione di energia attraverso fonti rinnovabili;
il Mezzogiorno, fisicamente e storicamente proiettato nell'area mediterranea, potrebbe candidarsi a divenire zona-cerniera, ponte del partenariato e della zona di libero scambio euro mediterranei,

impegna il Governo:

al fine di fronteggiare gli effetti della crisi economica in atto, ad alleviare la vulnerabilità sociale indotta e a promuovere l'occupazione e l'inclusione sociale, in particolare nelle regioni meridionali, nell'ambito di una strategia che delinei un quadro completo di priorità e azioni chiave per sostenere l'occupazione e aiutare i cittadini in difficoltà, preparando allo stesso tempo il terreno alla ripresa;
a modificare profondamente le politiche nei confronti del Sud, avviando una profonda inversione di rotta sul piano degli investimenti economici e finanziari, restituendo al Mezzogiorno, in modo progressivo ma in tempi certi, le risorse sottratte negli ultimi anni, nonché a prendere atto della dimensione nazionale della questione meridionale e dell'impossibilità per una nazione di mantenere la propria unità se parti di essa procedono a diverse velocità, accentuando fra loro il disequilibrio;
ad assumere iniziative volte a reintegrare gradualmente nei prossimi anni le quote dei fondi per le aree sottoutilizzate distratte dalle loro finalità nel triennio 2008-2009, anche al fine di agevolare le regioni che, sulla base della garanzia della disponibilità dei fondi per le aree sottoutilizzate potranno mettere in campo, anche con anticipazioni, tutte le risorse disponibili per sostenere gli interventi anti-crisi condivisi, nonché a favorire una riprogrammazione dell'utilizzo dei fondi europei, finalizzandoli esplicitamente al contrasto della crisi e al sostegno allo sviluppo;
a prevedere la predisposizione in tempi brevi di un articolato ed efficace piano straordinario per il Mezzogiorno, sostenuto da adeguate e congrue risorse finanziarie, aggiuntive rispetto a quelle derivanti dai fondi europei;
a promuovere una maggiore coesione ed equità sociale, finalizzata a favorire un modello di sviluppo economico che coinvolga l'intero Paese e, in particolare, a sostenere le aree più svantaggiate;
a valutare attentamente le opere infrastrutturali da realizzare dal punto di vista della loro sostenibilità economica ed ambientale e della loro funzionalità, concentrando le risorse verso interventi infrastrutturali realmente utili al Paese, definendo uno specifico piano infrastrutturale per il Mezzogiorno, in particolare assumendo come fondamentale la definizione del corridoio 1 Palermo-Berlino, attraverso la costruzione del Ponte sullo Stretto, il completamento dell'autostrada Reggio Calabria-Salerno, la realizzazione e l'ammodernamento delle opere di viabilità primaria e secondaria, nonché l'alta velocità Napoli-Bari;
a prevedere, attraverso iniziative normative certe nei tempi e nelle modalità, la restituzione delle risorse sottratte al Meridione, con l'approvazione di una serie di provvedimenti a partire dalla legge n. 126 del 2008, per la copertura degli oneri derivanti dall'abolizione dell'ici sulla prima casa;
ad assumere iniziative, anche di carattere normativo, per introdurre nel sistema tributario, dopo averne valutato i profili di compatibilità con la disciplina dell'Unione europea, anche sulla scia delle ultime scelte operate da Governo e Parlamento in tema di zone franche urbane, meccanismi virtuosi come la fiscalità di vantaggio, al fine di favorire lo sviluppo del tessuto produttivo dei territori meridionali,

puntando soprattutto sul rafforzamento dei legami di rete e di cooperazione;
a favorire l'accesso al credito alle imprese del Mezzogiorno, rafforzando il sistema delle forme di garanzia collettiva dei fidi anche come azione di contrasto al ricorso a forme alternative ed illegali di finanziamento, come l'usura, con conseguente riduzione del peso della criminalità sul sistema imprenditoriale, studiando la possibilità, a tal fine, di uno specifico fondo rivolto agli enti territoriali, regioni ed enti locali, ricadenti nelle aree dell'obiettivo «convergenza» del regolamento (CE) n. 1083/2006;
ad assumere iniziative normative per l'istituzione di un fondo di garanzia per il microcredito, destinato a finanziare l'avvio di nuove imprese da parte di soggetti disoccupati residenti nelle regioni meridionali, gestito dalla Cassa depositi e prestiti, che copra il 50 per cento dei rischi di insolvenza a favore degli intermediari finanziari che erogano il prestito;
a prevedere un aumento delle soglie di accesso, da parte degli enti locali, ai finanziamenti del cosiddetto fondo rotativo per la progettualità ed un aumento della soglia di indebitamento dell'importo annuale degli interessi dei mutui precedentemente contratti dagli stessi, al fine di rimettere in moto la loro attività di investimento con chiaro beneficio per i singoli territori e, in particolare, per quelli del Mezzogiorno;
al fine di far fronte alla grave situazione di crisi che attanaglia il sistema produttivo nazionale, con particolare riferimento alle aree del Meridione, a consentire alle regioni di cui all'obiettivo «convergenza» del regolamento (CE) n. 1083/2006, di poter contrarre mutui presso la Cassa depositi e prestiti, per permettere il finanziamento di programmi straordinari di sostegno alle piccole e medie imprese e all'artigianato, da attuarsi attraverso il rafforzamento delle linee di intervento già previste dai singoli piani operativi regionali in attuazione della programmazione comunitaria 2007-2013;
ad adottare iniziative urgenti per l'immediata modifica delle norme attuali che regolano i vincoli del patto di stabilità per i comuni e le province, al fine di aprire una corsia preferenziale, in deroga ai suddetti vincoli, per l'utilizzo dei fondi residui passivi per la spesa in conto capitale, già disponibili per gli enti, da impegnare nella manutenzione di luoghi pubblici, quali scuole, reti idriche, edilizia residenziale pubblica;
a prevedere una serie di iniziative urgenti per consentire, in deroga al patto di stabilità interno, l'utilizzo immediato dei residui passivi per la spesa in conto capitale, degli avanzi di amministrazione per la spesa in conto capitale, di parte dei fondi strutturali, dei proventi derivanti dalla vendita del patrimonio per finanziare la spesa per investimenti e garantire la stabilità delle entrate comunali attraverso la compensazione dei tagli ai trasferimenti e la mancata integrale copertura degli interventi sull'ici;
a dare operatività ad un programma di opere pubbliche, in particolare nel Mezzogiorno, che consentano di incidere contestualmente sulla crescita della produttività del sistema e della qualità della vita, concentrando, in particolare, l'azione sugli interventi dell'edilizia sociale e scolastica, dell'edilizia pubblica e abitativa, di sicurezza sismica e difesa del suolo, per migliorare la qualità del territorio e dell'ambiente;
a favorire programmi di intervento a livello regionale e locale contro la vulnerabilità delle famiglie dovuta alla povertà inasprita dalla crisi economica in atto, con azioni diversificate di sostegno al reddito, di consumo responsabile e politiche abitative favorevoli, anche valutando l'opportunità di istituire un fondo per combattere la povertà e per sostenere i redditi da lavoro sotto la soglia di indigenza;
a dare centralità e riconoscimento alla famiglia, costretta, nel nostro Paese,

ad un sovraccarico funzionale, partendo dall'adozione di politiche fiscali che tengano conto dei carichi familiari e assumendo iniziative volte ad introdurre un sistema di prelievo calcolato non solo in base al reddito percepito, ma anche in base al numero dei componenti del nucleo;
a dare operatività immediata alla pluralità dei suddetti interventi in una visione organica condivisa per una fuoriuscita dalla crisi in termini anticiclici e strutturali.
(1-00342)
«Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo, Brugger».

Risoluzioni in Commissione:

Le Commissioni VIII e IX,
premesso che:
a seguito dei superamenti delle concentrazioni in atmosfera di materiale particolato sottile (PM10) registrati sul territorio nazionale tra il 2005 e il 2007, la Commissione europea ha aperto in data 29 gennaio 2009, una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia (2008/2194). La procedura riguarda 55 zone ricadenti sul territorio nazionale;
in data 26 gennaio 2009, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha presentato alla Commissione europea, ai sensi dell'articolo 22 della direttiva 2008/50/CE, una richiesta di deroga all'entrata in vigore dei valori limite del PM10 fino al 2011, impegnandosi a predisporre un documento nazionale di pianificazione contenente una serie di misure di riduzione dell'inquinamento atmosferico di competenza nazionale, utili al raggiungimento dei valori limite entro i termini previsti dalla stessa deroga;
i piani regionali finora elaborati non sono risultati sufficienti ad assicurare il rispetto dei valori limite entro i termini stabiliti per la deroga; l'Italia si è così impegnata con la Commissione europea ad integrare detti piani con misure di carattere nazionale in grado di intervenire in ambiti non ricadenti nelle competenze legislative e amministrative delle regioni;
il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con il coinvolgimento dei Ministeri delle infrastrutture e trasporti, dello sviluppo economico e dell'agricoltura e con il coordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri è attualmente impegnato alla stesura del piano nazionale per la qualità dell'aria, al fine di individuare le modalità per dare attuazione alle misure e agli interventi che tendono ad assicurare il rispetto dei valori limite di concentrazione nell'aria previsti per il PM10 entro il 2011;
sono fonti di emissione del particolato gli impianti industriali e gli impianti di riscaldamento; tuttavia la fonte di emissione con effetti diffusi è rappresentata essenzialmente dal traffico veicolare (che contribuisce per il 26 per cento alle emissioni totali di PM10 primario, 51 per cento di NOx sul totale). E da evidenziare peraltro che non tutti i veicoli sono fonti di PM10: i veicoli a benzina ad esempio emettono quantità trascurabili di questo fattore inquinante, mentre i maggiori responsabili delle emissioni sono i diesel, sia leggeri che pesanti, ed i ciclomotori con motore a due tempi. Per queste ragioni per le autovetture alimentate a benzina o a diesel non sono previsti limiti riguardanti le emissioni di PM10, perché il quantitativo emesso è tanto inferiore alle emissione dei diesel, da considerarsi trascurabile. Anche per i veicoli alimentati a gas, naturale (metano) o di petrolio liquefatto (GPL), la quantità emessa, in termini di PM10, è trascurabile;
le misure che affrontano il problema dell'inquinamento cittadino attraverso il blocco del traffico non sono pertanto adeguate ad affrontare il problema della concentrazione del particolato nell'aria e al tempo stesso hanno l'effetto di determinare reazioni di insofferenza nell'opinione pubblica, a cui sono richiesti sacrifici che, sotto il profilo tecnico, non sono motivati;

la causa principale di emissioni inquinanti deve invece essere individuata nel trasporto di natura commerciale, vale a dire nel trasporto che utilizza mezzi diesel sia leggeri sia pesanti in città e lungo le reti stradali del Paese;
anche in relazione alla definizione del piano nazionale di risanamento della qualità dell'aria, occorre individuare misure efficaci per il contenimento dei livelli di polveri sottili e specificamente delle emissioni inquinanti derivanti da traffico veicolare,

impegna il Governo:

a definire ed attuare tempestivamente un piano organico di interventi a sostegno del trasporto a basso impatto ambientale attraverso:
a) l'introduzione di meccanismi volti a disincentivare la circolazione dei mezzi inquinanti in transito su tutto il territorio nazionale;
b) l'adozione, anche attraverso opportune iniziative normative, di misure di finanziamento che permettano la sostituzione dei mezzi o l'applicazione di tecnologie filtranti per quanto concerne i mezzi inquinanti di proprietà delle amministrazioni dello Stato e delle altre amministrazioni pubbliche;
c) l'adozione, anche attraverso iniziative normative, di misure di finanziamento volte a sostenere la sostituzione di veicoli inquinanti o l'applicazione di tecnologie filtranti per i mezzi adoperati per il servizio di trasporto pubblico locale;
d) la realizzazione di un piano nazionale di sostegno per il trasporto commerciale che favorisca, anche attraverso incentivi, l'utilizzo di sistemi, tecnologie e dispositivi in grado di ridurre le capacità inquinanti dei mezzi pesanti in relazione alle emissioni di polveri sottili;
e) l'approvazione di apposite iniziative, anche normative, volte a prevedere appositi incentivi a fronte delle spese sostenute dalle imprese private operanti nel settore del trasporto di persone per la sostituzione di veicoli inquinanti o l'applicazione di tecnologie filtranti.
(7-00284)
«Garofalo, Bonciani, Bergamini, Antonino Foti, Iapicca, Nizzi, Proietti Cosimi, Terranova, Toto».

La XIII Commissione,
premesso che:
il settore del tabacco versa in una situazione di profonda crisi, con il rischio che migliaia di imprese possano chiudere la propria attività e conseguentemente provocare una contrazione dell'occupazione, specialmente femminile;
la crisi del settore coinvolge l'intera filiera del tabacco e si è accentuata anche a causa dell'entrata in vigore della riforma dell'organizzazione comune di mercato;
gli operatori del comparto stanno vivendo una situazione di forte disagio sull'impatto della riforma dell'organizzazione comune di mercato anche a causa della mancanza di alternative culturali vantaggiose, inducendo la maggior parte dei produttori ad abbandonare le coltivazioni;
occorre arginare l'attuale tracollo del settore del tabacco la cui filiera costituisce un importante e pregevole segmento dell'economia territoriale dell'agricoltura italiana, salvaguardando l'occupazione di migliaia di lavoratori,

impegna il Governo:

ad operare affinché si pervenga in sede comunitaria ad individuare una misura di ristrutturazione e sostegno con l'erogazione di un contributo triennale ai coltivatori di tabacco;
ad assumere, con il coinvolgimento delle regioni tabacchicole, le iniziative volte all'introduzione di misure agroambientali specifiche per il tabacco che consentano

di utilizzare parte dei fondi comunitari già destinati al settore del tabacco;
ad adoperarsi affinché le quattro maggiori aziende manifatturiere mondiali continuino ad impegnarsi, mediante accordi pluriennali, all'acquisto di adeguati volumi di tabacco nazionale, a livelli economici coerenti.
(7-00283)
«Beccalossi, Oliverio, Fogliato, Di Giuseppe, Agostini, Bianconi, Braga, Brandolini, Callegari, Marco Carra, Cenni, De Camillis, De Corato, De Girolamo, Di Caterina, Dima, Faenzi, Graziano, Laffranco, Nastri, Negro, Nola, Massimo Parisi, Petrenga, Rainieri, Rosso, Paolo Russo, Sani, Servodio, Trappolino, Zucchi».

TESTO AGGIORNATO AL 30 MARZO 2010

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere - premesso che:
il comma 1, lettera e), dell'articolo 10-sexies del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, ha soppresso le provvidenze all'editoria di cui all'articolo 11 della legge n. 67 del 1987, all'articolo 8 della legge n. 250 del 1990 e all'articolo 23 della leggo n. 223 del 1990, che venivano annualmente riconosciuto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri a favore delle imprese radiofoniche e televisive locali;
tali provvidenze hanno contribuito, nel corso degli anni, all'affermazione del ruolo dell'emittenza locale nell'informazione sul territorio e allo sviluppo dell'occupazione nel comparto;
questa occupazione ha permesso anche la stipula, nell'ottobre 2000, tra l'associazione di categoria delle emittenti locali Aeranti-Corallo e la FNSI, sindacato dei giornalisti, del contratto collettivo nazionale di lavoro, rinnovato da ultimo nel gennaio 2010, con il quale sono disciplinati i rapporti di lavoro giornalistico nelle imprese radiofoniche e televisive locali;
la soppressione dei contributi all'editoria interviene in un contesto di forte difficoltà economica per le emittenti locali, derivante dalla crisi del mercato pubblicitario e dall'esigenza di realizzare importanti investimenti per la transizione alle trasmissioni in tecnica digitale;
tale soppressione è intervenuta, peraltro, in modo retroattivo a decorrere dal 1o gennaio 2009, con la conseguenza che le emittenti locali avevano svolto l'attività informativa nel corso dell'anno 2009 confidando nel riconoscimento delle provvidenze;
il Senato della Repubblica nella seduta del 25 febbraio 2010, ha approvato l'ordine del giorno n. G10-sexies.100 che impegna il Governo, tra l'altro, «a prevedere, anche al fine di garantire il pluralismo dell'informazione, l'inclusione delle imprese di radiodiffusione sonora e televisiva di carattere locale tra i soggetti beneficiari dei contributi all'editoria per l'annualità 2009 e per le annualità successive»;
sussisto infine un ritardo nell'emanazione dei decreti di riconoscimento delle provvidenze all'editoria relative agli anni 2007 e 2008 -:
come il Governo intenda operare anche al fine di garantire il pluralismo dell'informazione, per l'inclusione delle imprese di radio diffusione sonora e televisiva di carattere locale tra i soggetti beneficiari dei contributi all'editoria per

l'annualità e per le annualità successive dando così attuazione al citato ordine del giorno;
quali iniziative intenda adottare la Presidenza del Consiglio dei ministri per recuperare il ritardo nell'emanazione dei decreti di riconoscimento delle provvidenze all'editoria per le imprese radiofoniche e televisive locali, relative agli anni 2007 e 2008.
(2-00646)
«Vietti, Rao, Ciccanti, Tassone, Lusetti, Naro, Nunzio Francesco Testa, Delfino, Capitanio Santolini, Drago, Occhiuto, Compagnon, Libè, Galletti, Ruggeri, Volontè, Anna Teresa Formisano, Mereu, Dionisi, Enzo Carra, Ria, Cera, Mondello, Ciocchetti».

Interrogazione a risposta orale:

CICCIOLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
dal 23 febbraio 2010 i fiumi Lambro e Po sono stati colpiti da un gravissimo inquinamento, a causa dello sversamento di migliaia di tonnellate di idrocarburi provenienti dalla raffineria «Lombarda Petroli» di Villasanta;
la «Lombarda Petroli» è stata esclusa dall'elenco delle industrie «a rischio di incidente rilevante» in base ad autocertificazione dell'azienda attestante che nell'impianto erano presenti quantità di idrocarburi inferiori a quelle previste per l'inserimento dell'impianto tra quelli «a rischio di incidente rilevante»;
gli idrocarburi sono stati in parte raccolti dagli sbarramenti artificiali, e sono state avviate le operazioni di recupero -:
quale sia il quantitativo totale degli idrocarburi recuperati;
quale sia il quantitativo degli idrocarburi recuperati dalle vasche del depuratore di San Maurizio al Lambro;
quale sia il quantitativo degli idrocarburi recuperati nel Po prima dello sbarramento di Isola Serafini;
quale sia il quantitativo degli idrocarburi recuperati ad Isola Serafini;
quali macchinari siano stati utilizzati per le operazioni di recupero;
verso quali depositi siano stati destinati gli idrocarburi recuperati;
quali imprese di trasporto e quante autocisterne siano state impiegate il trasporto del materiale;
quali siano i moduli di accompagnamento del materiale, o altro documento valido dall'amministrazione per scortare la merce durante il trasporto, debitamente firmati dall'esercente depositi e annotati nel registro di carico scarico;
quali siano le annotazioni sui registri di carico e scarico, previsti dal decreto legislativo n. 504 del 26 ottobre 1995, dei quantitativi di prodotti introdotti distintamente per qualità, con indicazione della data di introduzione e deposito, nonché degli estremi del certificato di provenienza.
(3-00955)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

LOVELLI, GENTILONI SILVERI, ESPOSITO, FIORIO, GIORGIO MERLO, ROSSOMANDO, MARCHIONI, FRONER, PIZZETTI, GIULIETTI, DE BIASI, BRANDOLINI, VICO, FOGLIARDI, FIANO, BOBBA, TRAPPOLINO, NACCARATO, DE MICHELI, TOUADI, RAMPI, GNECCHI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO, ZAMPARUTTI e AMICI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il comma 1, lettera e) dell'articolo 10-sexies del decreto-legge 30 dicembre 2009 n. 194, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2010 n. 25 pubblicato sul supplemento ordinario n. 39 alla Gazzetta Ufficiale n. 48 del 27 febbraio 2010 ha soppresso le provvidenze editoria di cui all'articolo 11 della legge n. 67 del 1987 all'articolo 8 della legge n. 250 del 1990 e all'articolo 23 della legge n. 223 del 1990, che venivano annualmente riconosciute

dalla Presidenza del Consiglio dei ministri a favore delle imprese radiofoniche e televisive locali;
tali provvidenze hanno contribuito, negli anni, all'affermazione del ruolo dell'emittenza locate nell'informazione sul territorio e allo sviluppo dell'occupazione nel comparto;
tale occupazione ha permesso anche la stipula, nell'ottobre 2000, tra l'associazione di categoria delle emittenti locali Aeranti-Corallo e la FNSI, sindacato dei giornalisti, del contratto collettivo nazionale di lavoro, rinnovato da ultimo nel gennaio 2010, con il quale vengono disciplinati i rapporti di lavoro giornalistico nelle imprese radiofoniche e televisive locali;
la soppressione delle provvidenze editoria interviene in un contesto di forte difficoltà economica per le emittenti locali, derivante dalla crisi del mercato pubblicitario e dall'esigenza di realizzare importanti investimenti per la transizione alle trasmissioni in tecnica digitale;
tale soppressione è intervenuta, peraltro, in modo retroattivo, a decorrere dal 1o gennaio 2009, con la conseguenza che le emittenti locali avevano svolto l'attività informativa nel corso dell'anno 2009, confidando nel riconoscimento delle provvidenze;
il Senato della Repubblica nella seduta in data 25 febbraio 2010 ha approvato l'ordine del giorno n. G10-sexies.100 che impegna il Governo, tra l'altro «a prevedere, anche al fine di garantire il pluralismo dell'informazione, l'inclusione delle imprese di radiodiffusione sonora e televisiva di carattere locale fra i soggetti beneficiari dei contributi all'editoria per l'annualità 2009 e per le annualità successive»;
sussiste infine anche un ritardo nell'emanazione dei decreti di riconoscimento delle provvidenze editoria relative agli anni 2007 e 2008 -:
come il Governo intenda operare anche al fine di garantire il pluralismo dell'informazione, per l'inclusione delle imprese di radio diffusione sonora e televisiva di carattere locale tra i soggetti beneficiari dei contributi all'editoria per l'annualità 2009 e per le annualità successive dando così attuazione al citato ordine del giorno;
come la Presidenza del Consiglio dei ministri intenda operare per recuperare il ritardo nell'emanazione dei decreti di riconoscimento delle provvidenze editoria per le imprese radiofoniche e televisive locali, relative agli anni 2007 e 2008.
(5-02617)

MARIANI, MARTELLA, REALACCI, BOCCI, BRAGA, BRATTI, ESPOSITO, GINOBLE, IANNUZZI, MARANTELLI, MARGIOTTA, MORASSUT, MOTTA e VIOLA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
le recenti vicende in materia di appalti e di protezione civile restituiscono un quadro allarmante in cui le procedure di emergenza hanno completamente sostituito le procedure ordinarie di affidamento dei lavori pubblici (oltre a protezione civile, opere pubbliche, energia, ambiente, servizi pubblici e altro);
i commissari straordinari istituiti dall'articolo 20 del decreto-legge n. 185 del 2008 hanno i medesimi poteri dell'emergenza, così che anche l'attuazione della legge obiettivo è diventata una emergenza nazionale dimostrando il fallimento delle procedure acceleratorie ivi contenute;
la perdita di trasparenza determinata dall'abuso di dette procedure ha favorito una ripresa del malcostume da parte di funzionari pubblici, in particolare nei settori di stretta attinenza con le procedure concorsuali autorizzative e di controllo sui lavori pubblici;
i responsabili degli organismi centrali e territoriali, nominati all'inizio del mandato dal ministro interrogato, quali il presidente del consiglio superiore dei lavori

pubblici e i provveditori regionali alle opere pubbliche, sono oggi chiamati in causa in numerose vicende su cui la magistratura sta facendo chiarezza;
il servizio di controllo interno del Ministero, operante alle dirette dipendenze del Ministro, non sembra sia stato in grado di individuare tali problematicità né le eventuali responsabilità ovvero i possibili rimedi; né tantomeno è stato possibile misurare i dirigenti sulla base di verifiche sostanziali che valutassero e comparassero i tempi di realizzazione delle opere, i costi unitari, la qualità; cioè quegli indicatori reali che fanno emergere anomalie o malversazioni;
occorre al riguardo garantire che tutte le funzioni pubbliche siano al di fuori di ogni coinvolgimento in tali vicende, prevedendo, in particolare, controlli sostanziali sulle amministrazioni per misurare i risultati dell'azione amministrativa e su questi chiamare i dirigenti a rispondere del loro operato;
occorre inoltre rendere maggiormente trasparente l'attività dei commissari delegati nominati ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 225 del 1992 ed ai sensi dell'articolo 5-bis del decreto-legge n. 343 del 2001, e più in generale dei commissari straordinari nominati a qualsiasi titolo, con particolare riguardo alla rendicontazione delle attività svolte;
in senso contrario, il decreto-legge n. 4 del 2010 reintroduce la norma espunta dal decreto-legge n. 195 del 2009 sui commissari straordinari per l'energia, che agli interroganti appare volta a ridurre la trasparenza e la pubblicità della nomina, facendo venire meno, tra l'altro, l'obbligo di immediata comunicazione al Parlamento e di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale;
occorre inoltre fare chiara luce su quanto è accaduto in occasione della ricostruzione avviata a seguito del terremoto dell'Aquila o verificare se la procedura messa in essere al fine di prevenire le infiltrazioni della criminalità organizzata, mediante la collaborazione del comitato per l'alta sorveglianza delle grandi opere con il prefetto di L'Aquila, attraverso una sezione specializzata istituita presso prefettura, ha realmente consentito di garantire il buon andamento di tali lavori;
le più recenti modifiche del codice degli appalti hanno contribuito a ridurre il sistema dei controlli sulle procedure delle pubbliche amministrazioni: il decreto-legge n. 162 del 2008 ha modificato l'articolo 122 del decreto legislativo n. 163 del 2006 al fine di prevedere che i lavori di importo complessivo pari o superiore a 100.000 euro e inferiore a 500.000 euro possono essere affidati dalle stazioni appaltanti, a cura del responsabile del procedimento secondo la procedura prevista dall'articolo 57, comma 6 (trattativa privata). Viene inoltre aumentato il tetto per la licitazione semplificata - da 750 mila a un milione di euro - ed eliminato il limite inferiore per i lavori di manutenzione rispetto agli altri appalti affidati in economia;
le procedure a trattativa privata che nel 2006 rappresentavano il 3,9 per cento del mercato nel 2008 sono salite al 9 per cento, con evidenti ripercussioni negative sulla tutela dei principi di trasparenza e concorrenza;
d'altra parte, come ha più volte rilevato l'autorità, non una concessione autostradale è stata affidata con lo svolgimento di una gara, mentre le convenzioni in essere con le concessionarie continuano ad essere approvate a colpi di decreti-legge, saltando tutta la procedura amministrativa di verifica e controllo;
al riguardo appare ancora più problematica la discussione sulle procedure arbitrali che dovrebbero risolvere il contenzioso amministrativo ma che in realtà aumentano i costi per la pubblica amministrazione senza ridurre né il numero né i tempi di soluzione delle controversie;
i dati dell'Osservatorio dei contratti pubblici mostrano che al crescere del valore dei contratti aumenta il contenzioso,

con un'incidenza sul numero dei contratti aggiudicati e conclusi entro il 2008 che è del 2 per cento negli appalti di importo compreso tra 150.000 euro e 500.000 euro fino ad arrivare al 46 per cento negli appalti di importo superiore a 15.000.000; l'amministrazione pubblica è soccombente in oltre l'80 per cento dei casi;
lo stesso commissario straordinario delegato per la strada statale 106 Jonica, nel corso dell'audizione alla Camera del 24 febbraio 2010 ha rilevato la difficoltà delle pubbliche amministrazioni a ricorrere al contenzioso, che per effetto della clausola arbitrale prevista in contratto potrebbe non rivelarsi favorevole all'amministrazione, soprattutto alla luce della casistica degli esiti degli arbitrati, generalmente non favorevoli alle amministrazioni;
analogamente, il presidente dell'Anas, nell'audizione del 3 marzo 2010, ha precisato che l'Anas esclude sistematicamente dai suoi bandi di gara le procedure arbitrali e devolve le controversie al giudice ordinario;
non vi è peraltro alcuna garanzia di trasparenza nell'affidamento degli incarichi per le procedure arbitrali, che sembrano venire attribuiti sempre agli stessi soggetti;
occorre a tal fine, introdurre un regime di incompatibilità per i magistrati amministrativi e contabili stabilendo una separazione tra funzioni ausiliarie e giurisdizionali: chi giudica gli atti della pubblica amministrazione non può svolgere il ruolo di consulenza; più in generale, va definito un severo regime di incompatibilità per chi riveste cariche pubbliche o ricopre incarichi amministrativi;
occorre inoltre, come ha recentemente ribadito l'autorità di vigilanza sui contratti pubblici, garantire regole semplici e basilari per la trasparenza e la concorrenza; una rigorosa disciplina amministrativa dei funzionari e degli amministratori pubblici; una più forte qualificazione delle imprese fondata su criteri reputazionali meno formalistici e legati ad esperienze risultanti anche dalla capacità di eseguire dei contratti e non solo dalla capacità di vincere una gara;
di un sistema così regolamentato subiscono gli effetti negativi le imprese ed i lavoratori che devono sottostare alla normativa ordinaria, il mercato dei contratti pubblici i cui costi e tempi subiscono alterazioni preoccupanti il sistema delle Istituzioni che vede la mancata realizzazione di opere infrastrutturali e servizi da dedicare alla comunità -:
quali informazioni possa fornire il Ministro interrogato in merito al coinvolgimento degli uffici del suo Ministero rispetto alle vicende citate;
quali misure intenda intraprendere il Ministro interrogato per garantire la trasparenza delle procedure e la terzietà dei controlli, anche interni al Ministero stesso;
quali iniziative intenda promuovere il Ministro interrogato per modificare la disciplina degli appalti nel senso di una semplificazione delle procedure in grado di garantire l'abituale utilizzo delle vie ordinarie anziché il ricorso ai poteri straordinari dei commissari, con particolare riferimento al sistema di qualificazione delle imprese e quello detta pubblicità dei bandi di gara e delle informazioni sui contratti e la loro gestione;
quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato rispetto alla trasparenza nell'affidamento delle procedure arbitrati;
quali iniziative intenda assumere per garantire la pubblicità delle modalità di utilizzo, dal 2001 ad oggi, degli stanziamenti destinati a lavori pubblici assegnati alla Protezione civile mediante la trasmissione dei relativi documenti al Parlamento e l'inserimento nel sito internet della Protezione civile stessa. In particolare, quali iniziative intenda assumere per rendere pubblici:
a) i nominativi degli appaltatori, dei subappaltatori e dei consulenti verso i quali sono state assunte obbligazioni;

b) le procedure e, ove sussistano, gli elenchi dei nominativi utilizzati nella selezione per e singole commesse, nonché il titolo giuridico dal quale deriva l'obbligazione, il relativo valore economico, e l'eventuale esistenza di contenziosi;
quali iniziative intenda assumere il Ministro per disporre che tali forme di pubblicità siano garantite in forma continua e stabile anche per tutte le attività dei commissari straordinari che intervengono su opere pubbliche, così da rendere pienamente trasparente l'utilizzo delle risorse pubbliche nei settori di propria competenza.
(5-02622)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta il settimanale L'Espresso di venerdì 5 marzo 2010, mercoledì 30 dicembre 2009 Berlusconi avrebbe firmato l'ordinanza 3838 con le disposizioni urgenti sull'organizzazione delle regate della Louis Vuitton Trophy;
l'articolo 1 dell'ordinanza nomina Bertolaso commissario delegato, il suo ennesimo incarico retribuito in aggiunta allo stipendio da dirigente dello Stato. Al comma 2 dello stesso articolo si legge: «Il commissario delegato provvede altresì alla realizzazione delle seguenti iniziative sull'isola di Caprera... realizzazione degli interventi di riqualificazione ambientale da eseguirsi sull'area Punta Rossa»;
si tratterebbe della ristrutturazione, fortemente voluta dall'imprenditore Diego Anemone, del fortino napoleonico di Punta Rossa sull'isola di Caprera, nell'arcipelago della Maddalena, un'area inquinata da resti di eternit e amianto che potrebbe essere ripulita con una procedura ordinaria;
invece, il progetto è diventato così provvedimento d'urgenza -:
per quale motivo e con quale criterio, nei piani del dipartimento di Bertolaso e delle spese del Governo, la situazione di Punta Rossa a Caprera sia ritenuta prioritaria rispetto ad altre opere di consolidamento antisismico come ad esempio le scuole e gli ospedali.
(4-06446)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta il settimanale L'Espresso di venerdì 5 marzo 2010, il 5 febbraio 2010 Berlusconi ha firmato un'ordinanza per le regate alla Maddalena (22 maggio-16 giugno), autorizzando il sottosegretario Guido Bertolaso, capo della Protezione civile, ad assumere «ogni iniziativa finalizzata ad assicurare il pieno utilizzo del compendio immobiliare del Forte Carlo Felice», il secondo albergo, quello ricavato dall'ex ospedale militare, costato 73 milioni sul totale di 327 milioni spesi per il G8 trasferito;
nessuno ha voluto prendere in gestione tale struttura, l'univa gara convocata un anno fa essendo andata deserta;
in base alla sopra citata ordinanza il capo della Protezione civile può disporre di poteri straordinari fino all'assegnazione diretta, «rimanendo insoddisfatta l'esigenza di assicurare l'immediata redditività degli investimenti effettuati»;
nel caso dell'altra struttura per il G8 mancato - l'Arsenale, complesso affittato alla società di Emma Marcegaglia - sono stati sprecati quasi 200 milioni di fondi per lo sviluppo della Sardegna. L'ex presidente della regione, Renato Soru, contava di recuperarli con il canone di concessione, trasferito il G8, Bertolaso ha anche rinegoziato il contratto con la Mita Resort srl, di cui è a capo del consiglio di amministrazione Emma Marcegaglia, che

deve quindi versare 31 milioni in tre rate entro 13 mesi, invece di 41 milioni. Soldi che vanno alla protezione civile, mentre la regione Sardegna si deve accontentare dei 60 mila euro che moltiplicati per i 40 anni di concessione fanno 2 milioni 400 mila euro. A questi prezzi, perché le casse regionali e statali possano pareggiare i 254 milioni spesi nell'Arsenale, dovrebbero trascorrere più di 7 concessioni quarantennali, cioè 304 anni;
se fossero confermate queste cifre risulterebbe che gli investimenti della pubblica amministrazione non sarebbero in grado di puntare alla redditività -:
se queste cifre siano confermate;
se e quali azioni il Governo intenda intraprendere al fine di scongiurare ulteriori dispersioni di fondi o investimenti da parte della pubblica amministrazione a danno di iniziative evidentemente più urgenti.
(4-06447)

ZAMPARUTTI, BERNARDINI, MECACCI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta il settimanale L'Espresso, in data 7 dicembre 2007, il generale di divisione Erasmo Lorenzetti avrebbe scritto, con grande anticipo, e sigillato la lettera con i nomi della società che avrebbe vinto l'appalto per l'organizzazione del G8 del 2009 e dei dirigenti dello Stato che avrebbero gestito e controllato le grandi opere, elencati sotto il titolo «pacchetto Bertolaso»;
tra i nomi compaiono la società Triumph di Maria Criscuolo, che ha effettivamente organizzato il vertice tra capi di stato la scorsa estate, e Angelo Balducci, presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici arrestato il 10 febbraio 2010;
il settimanale «L'Espresso» avrebbe appreso casualmente dell'esistenza della «busta profetica» nel dicembre 2009 durante la preparazione dell'inchiesta «Protezione civile super spa» pubblicata il 21 dicembre 2009, e dopo numerose insistenze avrebbe convinto il generale Lorenzetti ad aprire la busta ancora in suo possesso davanti a una telecamera;
la ripresa filmata fu fatta alle ore 18.50 di mercoledì 16 dicembre 2009, il generale Lorenzetti raccontò di avere consegnato la seconda busta il generale aveva sigillato due buste: quella aperta davanti alle telecamere de L'Espresso e quella consegnata al ministero - al capo ripartizione del ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione attraverso la sua capo segreteria, secondo il racconto, la busta sigillata (con la previsione dei nomi di cui sopra), che aveva consegnato al Ministero, gli è stata restituita integra dopo la pubblicazione dell'inchiesta de L'Espresso di dicembre 2009;
secondo l'intervistato, «a partire dal vertice di Genova molti grandi eventi, per la parte congressuale, sono stati appannaggio della ditta Triumph di Maria Criscuolo [...] I nomi di chi avrebbe diretto i lavori mi erano logici visto che sin dalla fine del Giubileo (2000) apparivano quasi sempre gli stessi»;
come riportato da «il Fatto Quotidiano» il 26 febbraio 2010, il gruppo Triumph fattura 20 milioni di euro ogni anno grazie anche all'organizzazione di tutti gli eventi governativi e la Triumph gira poi parte dei servizi di catering alla Rlj di Stefano Ottaviani. Triumph e Ottaviani, come scrive «L'Espresso», hanno ricevuto un milione di euro a testa per il G8 de L'Aquila. Anche nel precedente G8 di Genova, nel 2001, tutti sapevano che avrebbe vinto Maria Criscuolo e infatti Triumph ottenne l'appalto per l'ospitalità delle delegazioni senza l'espletamento di una gara d'appalto -:
se il Governo sia a conoscenza dei motivi per i quali il gruppo Triumph sia stato affidatario dell'organizzazione di ogni evento governativo, anche in qualità di general contractor;

se il Governo non ritenga che, al di là dell'eccezionalità di grandi eventi come il G8, lo svolgimento di regolari gare tra diversi soggetti garantirebbe una più ampia selezione delle offerte con conseguente possibile risparmio di spesa.
(4-06448)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta il settimanale L'Espresso di venerdì 5 marzo 2010, in vista delle prove e delle gare tra aprile e la prima settimana di giugno, un piccolo gruppo di agenzie immobiliari della Maddalena ha raggiunto un accordo con i rappresentanti mondiali della Louis Vuitton Trophy;
per i 200 appartamenti reputati necessari all'evento, sarebbe stato stabilito un prezzo da media stagione: 600 euro al mese i bilocali, 700 i trilocali;
secondo altri immobiliaristi però il prezzo avrebbe dovuto essere di almeno 700 euro a settimana;
di fronte a questa situazione nel pomeriggio di venerdì 26 febbraio 2010 le agenzie immobiliari che proponevano prezzi più bassi sarebbero state convocate negli uffici della struttura di missione. Al tavolo si sarebbero seduti un assessore del comune, alcuni promotori delle regate e della Vuitton Trophy. Presente anche Francesco Piermarini; ingegnere e imprenditore, cognato di Guido Bertolaso. Nell'incontro sarebbe stato ricordato ai presenti che l'organizzazione è affidata alla struttura di missione nominata da Palazzo Chigi. L'accordo con i canoni a buon mercato sarebbe stato sospeso con una situazione che favorirebbe quindi gli immobiliaristi che chiedevano canoni più alti -:
se sia vero quanto sopra riferito;
quali siano i motivi per i quali è stato convocato l'incontro presso la struttura di missione se si siano considerati gli effetti negativi sull'entità dei concorsi successivi derivati dalla sospensione dell'accordo citato in premessa.
(4-06449)

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere - premesso che:
la società Snam Rete Gas S.p.A., ai fini dell'ottenimento della pronuncia di compatibilità ambientale del progetto denominato «Iniziativa Sealine Tirrenica», relativo alla costruzione di un nuovo tratto di rete di trasporto del gas metano che interessa le regioni Sicilia, Calabria e Campania, ha presentato istanza corredata dallo studio d'impatto ambientale al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006 come modificato dal decreto legislativo n. 4 del 2008, depositando la stessa documentazione anche presso gli enti territoriali interessati a vario titolo dal procedimento;
le opere progettuali dell'iniziativa in argomento, interessano nella regione siciliana, la provincia di Messina, ed in particolare, esclusivamente i territori di due piccoli comuni, che sono: San Pier Niceto e Monforte San Giorgio;
nei predetti comuni, le previsioni progettuali per la costruzione del Metanodotto, funzionalmente sono costituiti dai seguenti sottosistemi:
a) tratto San Pier Niceto Monforte San Giorgio, con tubazione in pressione a 75 bar, di collegamento tra l'esistente rete di trasporto del gas dall'Algeria denominato GA.ME. e una centrale di compressione

del gas da sorgere nella frazione marina del comune di Monforte San Giorgio;
b) centrale di compressione e di spinta di Monforte Marina, atta a garantire il flusso del gas tra la Sicilia e la costa della Campania;
c) tratto Monforte San Giorgio-Policastro Bussentino, con tubazione in pressione a 215 bar, composta da due condotte affiancate, on-shore, di approdo in Sicilia e terminale di partenza;
nell'ambito del citato procedimento per l'ottenimento della pronuncia di compatibilità ambientale del progetto di che trattasi, e segnatamente, in ordine alla localizzazione del sito per la realizzazione della centrale di compressione di Monforte Marina, il comune di Monforte San Giorgio ed i comuni del comprensorio tirrenico, le associazioni di tutela ambientale ed i comitati spontanei delle comunità locali, hanno sempre espresso la propria ferma contrarietà all'iniziativa del proponente, anche mediante formali eccezioni ed osservazioni allo studio d'impatto ambientale;
il comune di Monforte San Giorgio, con deliberazione consiliare n. 33 del 2009, ai sensi dell'articolo 52-quinquies del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001 n. 327, come modificato ed integrato dal decreto legislativo 27 dicembre 2004, n. 330, ha reso «parere motivato sulla non conformità urbanistica dell'opera al Ministero dello sviluppo economico - dipartimento per l'energia - direzione generale per la sicurezza dell'approvvigionamento e le infrastrutture energetiche, nell'ambito del procedimento per il conseguimento dell'autorizzazione alla costruzione ed esercizio del metanodotto «Iniziativa Sealine Tirrenica» da parte della SNAM rete gas spa;
l'opera in argomento non può ritenersi coerente con il piano energetico ambientale della regione siciliana (P.E.A.R.S.), approvato con delibera di giunta regionale n. 1 del 3 febbraio 2009 ed emanato con decreto presidenziale 9 marzo 2009;
la centrale di compressione di Monforte Marina risulta incoerente ed in contrasto con gli strumenti di pianificazione locale vigenti, in particolar modo con le previsioni del P.R.G. consortile dell'A.S.I. di Messina;
l'insediamento della centrale di Monforte Marina sopprime una struttura sportiva polifunzionale esistente ed i correlati aspetti legati alla rilevanza sociale che il predetto impianto sportivo rappresenta;
l'insediamento di detta centrale di Monforte Marina comporterebbe un consumo del territorio per ben 250.000 mq (25 ettari) in contrasto con la programmazione degli strumenti urbanistici generali, territoriali e di settore degli enti interessati al governo del territorio in cui ricade l'area d'intervento, compromettendo lo sviluppo economico-sociale connesso a scelte attuabili e sostenibili, per implementare l'occupazione e spoglierebbe gli enti interessati dell'autonomia di programmazione volta al migliore conseguimento del pubblico interesse, considerato che le amministrazioni comunali hanno il diritto-dovere di programmare lo sviluppo del proprio territorio, coerentemente con le reali vocazioni e tenendo conto delle esigenze sociali, ambientali e territoriali attuali, che sono quelle di una società moderna, post-agricola e non industriale come quella fin oggi subita;
la localizzazione del sito di centrale, interessa un'area geografica particolarmente sensibile dal punto di vista ambientale, tant'è, che i piani d'assetto idrogeologico (PAI) vigenti sul territorio, evidenziano rischi correlati all'erosione, con classifica dell'area interessata dalle condotte a terra di partenza delle sealine a «pericolosità molto elevata» e «rischio molto elevato», con magnitudo M4, pericolosità P4, elemento a rischio E3 e rischio R4 e rischi correlati all'esondazione della Fiumara Niceto, considerato che le previsioni allocano la centrale proprio su area a rischio esondazione, su un rilevato ed in contiguità alla Fiumara, che potrebbe costituire ostacolo e/o deviazione delle acque

in caso di fuoruscita dall'alveo, con potenziale rischio d'inondazione dell'abitato della frazione Marina che è situato nelle immediate vicinanze;
risulta agli interpellanti che anche la commissione ministeriale VIA-VAS ha posto numerosi quesiti riguardanti la necessità di integrazioni e chiarimenti allo studio di impatto ambientale, su aspetti tecnici ed operativi di progettazione, costruzione, ed esercizio delle opere e degli impianti, nonché di analisi concernenti i pericoli di incidenti rilevanti in fase di esercizio;
il territorio della provincia di Messina, ed in particolare le zone dei Nebrodi e dei Peloritani, già particolarmente soggetto a rischi e dissesti idrogeologici, è stato colpito da eccezionali eventi che hanno provocato disastri, anche con numerose perdite di vite umane, proprio nelle immediate vicinanze delle fiumare, la cui portata torrenziale era stata fino ad oggi sottovalutata -:
alla luce di quanto esposto quali iniziative intenda adottare il Ministro interpellato per recepire le istanze delle comunità locali in relazione all'esigenza di una diversa e più sicura localizzazione della centrale.
(2-00644)«Lo Monte, Brugger».

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo i dati di Legambiente 2008, in Sardegna vi sarebbero 397 cave attive e 860 cave dismesse, dato quest'ultimo tra i più elevati del panorama italiano;
per quanto riguarda il materiale complessivo cavato, la Sardegna è tra le regioni con la più elevata quantità estratta, dopo Sicilia e Lombardia, pari a 37.639.941 di metri cubi (Legambiente 2008);
in Sardegna la quantità estratta di soli materiali inerti (elaborazione Legambiente 2009 su dati Regione, Arpa e Agenda 21 locali) è di 7.300.000 m3, tuttavia l'attività estrattiva è totalmente gratuita non esistendo tariffe di concessione per le società di estrazione, né esiste una legge che preveda garanzie economiche per l'apertura di nuove cave (e per il successivo recupero) e le sanzioni sono irrisorie variando da un minimo di 2.500 euro ad un massimo di 10.000 euro dunque poche migliaia di euro per l'apertura di una cava abusiva, a fronte di profitti enormemente superiori, non si avrà alcun effetto deterrente nei confronti dell'illegalità;
molti sono i problemi connessi a cave non più attive, come quella di Furtei, oggi in liquidazione, dove sarebbero presenti bacini di cianuro, utilizzati un tempo per l'estrazione dei metalli preziosi, che straripano di liquido misto a sali essiccati che si propagano in tutto il territorio circostante avvelenando così i pascoli e le piantagioni e rappresentando nel contempo un rischio reale anche per le persone che li inspirano;
in Sardegna esistono testimonianze di archeologia mineraria che costituiscono il patrimonio più importante d'Europa, non adeguatamente valorizzato tenuto conto che esistono beni di archeologia mineraria restaurati e resi fruibili, ma tuttora troppo spesso chiusi o aperti solo sporadicamente: da Porto Flavia (Masua) alla Galleria Henry (Buggerru), dal Pozzo Gal (Ingurtosu) al Pozzo Amsicora -:
se e come si intenda evitare, ridurre, e possibilmente compensare i rilevanti effetti negativi, e l'eventuale pericolosità determinata da sostanze inquinanti presenti nelle cave dismesse;
se e di quali elementi disponga il Ministro dell'interno in relazione a possibili infiltrazioni della criminalità organizzata

nella gestione delle cave e dei materiali estratti con particolare riferimento agli appalti nel settore edilizio.
(4-06440)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo i dati di Legambiente, aggiornati al maggio 2009, in Basilicata vi sarebbero 81 cave attive (dato del 2006), mentre il numero di cave dismesse è un dato non pervenuto non esistendo una mappatura che consenta una stima precisa delle cave dismesse;
in Basilicata la quantità estratta di inerti è di 2.500.000 metri cubi, un prelievo non elevato se paragonato ai 25 milioni estratti in Puglia. Tuttavia, l'attività estrattiva è totalmente gratuita: non esistono tariffe di concessione per le società di estrazione, né esiste una legislazione che preveda garanzie economiche per l'apertura di nuove cave (e per il successivo recupero) e adeguate sanzioni per le coltivazioni illegali, potendo variare da un minimo di 1.000 euro ad un massimo di 20.000 euro;
i dati appena riportati risalgono al 2001: sono gli ultimi dati disponibili che Legambiente documenta. Tale lacuna deriva dalla difficoltà con cui gli uffici regionali preposti, le Arpa e le Agende 21 locali, riescono ad aggiornare i dati sulla quantità di materiale estratto. Sintomo della mancanza di una politica attenta al settore estrattivo e all'assenza del catasto cave;
in Basilicata la produzione di rifiuti da costruzione e demolizione è stata per il 2004 di 240.624 tonnellate, per il 2005 di 313.695 e non risulta alcun dato circa il recupero materiale da costruzione e demolizione in percentuale;
l'attività estrattiva è stata condotta, il più delle volte, secondo la mera logica del profitto e dello sfruttamento del territorio a scapito, naturalmente, di un contesto ambientale che talora ha subito dei danni appariscenti e irreversibili -:
se e di quali elementi disponga il Ministro dell'interno in relazione a possibili infiltrazioni della criminalità organizzata nella gestione delle cave e dei materiali estratti con particolare riferimento agli appalti nel settore edilizio;
se si intenda, anche per il tramite dell'Istituto superiore di sanità promuovere uno studio che sia diretto a valutare i principali effetti che le attività estrattive possono avere sulla salute dei cittadini e per evitare, ridurre, e possibilmente compensare rilevanti effetti negativi, e l'eventuale pericolosità determinata dalle polveri sottili, i carbonati di calcio misti a silicio.
(4-06441)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo i dati di Legambiente, in Molise vi sarebbero 60 cave attive e 541 cave dismesse (dati del 2006);
il dato relativo alla quantità complessiva di materiale estratto, fondamentale per capire il fenomeno, non viene costantemente monitorato nella Regione;
in Molise la quantità estratta di soli materiali inerti è di 1.800.000 m3 (elaborazione Legambiente 2009 su dati Regione, Arpa e Agenda 21 locali);
in Molise la produzione di rifiuti da costruzione e demolizione è stata per il 2004 di 139.743 tonnellate, nel 2005 di 179.042 e non risulta alcun dato circa il recupero materiale da costruzione e demolizione in percentuale;
si segnala la vertenza che riguarda l'apertura di una cava in piena ZPS (Valle Porcina-Torrente Mandra-Castrata, Cod. IT7282168) autorizzata dalla regione

senza la valutazione di incidenza. L'area è sottoposta anche a vincolo idrogeologico e a vincolo di rimboschimento oltre ad essere stata segnalata dalla Regione quale area di riconosciuto pregio naturalistico per la presenza di due habitat e di specie animali d'interesse prioritario e quella di animali protetti quali antropodi, pesci, rettili, uccelli e mammiferi -:
se quanto sopra riferito corrisponda al vero;
se si intenda, anche per il tramite dell'Istituto superiore di sanità promuovere uno studio che sia diretto a valutare i principali effetti che le attività estrattive possono avere sulla salute dei cittadini e per evitare, ridurre, e possibilmente compensare rilevanti effetti negativi, e l'eventuale pericolosità determinata dalle polveri sottili, i carbonati di calcio misti a silicio;
se e di quali elementi disponga il Ministro dell'interno in relazione a possibili infiltrazioni della criminalità organizzata nella gestione delle cave e dei materiali estratti con particolare riferimento agli appalti nel Settore edilizio;
se ed in quanti casi il Ministro dell'ambiente sia stato coinvolto nei procedimenti di rilascio di autorizzazioni alla coltivazione di cave in aree nelle quali l'attività estrattiva potesse confliggere con la tutela della fauna selvatica e se intenda acquisire, per il tramite dell'ISPRA, tutti gli elementi necessari a verificare gli effetti di un'eventuale autorizzazione sulla fauna selvatica.
(4-06442)

...

DIFESA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IV Commissione:

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in Italia esistono migliaia di lavoratori, dipendenti di società cooperative, che da diversi anni sono addetti a servizi di manovalanza e facchinaggio presso gli enti, le basi e i reparti dell'Amministrazione della difesa;
tali lavoratori sono di fatto dei precari nonostante alcuni di loro svolgano le stesse mansioni da numerosi anni, risultando di sicuro affidamento per l'Amministrazione della difesa;
in particolare questi lavoratori si trovano in una situazione economica particolarmente svantaggiata percependo retribuzioni che spesso non consentono neppure di mantenere una famiglia, dei figli e vivere in una relativa tranquillità. Lo stesso dicasi per la loro situazione assicurativa e previdenziale;
quanto pagato alle cooperative da parte dell'Amministrazione della difesa, secondo quanto risulta all'interrogante sarebbe di molto superiore a quanto percepito dagli addetti ai servizi i manovalanza e facchinaggio. Il rapporto sarebbe addirittura di 3 a 1;
l'amministrazione della difesa se assumesse tale personale precario direttamente nei suoi ruoli civili a tempo indeterminato, paradossalmente potrebbe realizzare un risparmio, generando un ciclo virtuoso a favore di molti lavoratori e non disperdendo risorse pubbliche. Tra l'altro, relativamente a quest'ultima questione sono già da tempo state presentate in Parlamento alcune proposte di legge con lo scopo di sanare tale situazione -:
quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda assumere al fine di pervenire ad una positiva soluzione della questione di cui in premessa e di sanare quello che all'interrogante appare uno sperpero di risorse pubbliche.
(5-02619)

GIDONI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
insieme all'Australia, al Canada, alla Danimarca, ai Paesi Bassi, alla Norvegia, al Regno Unito ed alla Turchia, sotto la guida degli Stati Uniti l'Italia è coinvolta a pieno

titolo nel programma multinazionale Joint Strike Fighter finalizzato alla produzione di un aereo da caccia, l'F-35, adatto tanto all'impiego da terra quanto da piattaforma navale;
la partecipazione al programma è già costata al nostro Paese non meno di un miliardo di dollari per la sola fase di sviluppo del progetto, cosa che fa dell'Italia il terzo Stato del raggruppamento quanto a risorse impegnate;
l'Italia si è impegnata ad acquistare 69 F-35A e quaranta F-35B per l'Aeronautica militare ed ulteriori 22 F-35B per l'Aeronavale della Marina;
a fronte dell'ordine italiano sono previste importanti contropartite in termini di partecipazione alla produzione del velivolo e di posti di lavoro, poiché dovrebbe esser realizzato da imprese aerospaziali italiane il cassone alare di tutti gli apparecchi acquisiti dal nostro Paese e della metà di quelli ordinati dagli Stati Uniti e dal Regno Unito;
la stampa specializzata ha dato notizia delle trattative in corso tra Ministero della difesa, Lockheed Martin ed Alenia per l'allestimento della linea di assemblaggio finale nel nostro Paese, a Cameri -:
quale sia lo stato di avanzamento del programma Joint Strike Fighter, quale sia l'esito delle trattative in corso sul sito di Cameri e quali siano le ricadute complessivamente attese sul versante industriale ed occupazionale dalla partecipazione del nostro Paese al progetto.
(5-02620)

RUGGHIA, GAROFANI, VILLECCO CALIPARI, DE MICHELI, MIGLIAVACCA, RECCHIA, LA FORGIA e VICO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in relazione al prolungarsi nel tempo di numerosi impegni fuori area si è determinato un accresciuto fabbisogno di interventi manutentivi sui sistemi d'arma e sugli equipaggiamenti in dotazione alle unità terrestri rischierate all'estero, al quale sono chiamati a corrispondere i poli di manutenzione principale dell'Esercito;
in questo quadro assumono una decisa priorità una serie di interventi per garantire la piena funzionalità degli stabilimenti e degli arsenali costituenti l'area industriale della difesa finalizzata alla manutenzione dei mezzi e dei sistemi d'arma indispensabili al nostro strumento militare;
tali realtà, da considerare a pieno titolo industriali, sono messe in crisi sia dal mancato aggiornamento delle dotazioni organiche che dal mancato ripianamento di personale civile che lascia il servizio per raggiunti limiti di età, a causa del persistere, oltre ogni ragionevole motivo, di un blocco del turn-over che in questo settore, ha prodotto negli organici del personale civile del Ministero della difesa una carenza di addirittura 8.384 unità rispetto alle dotazioni organiche a regime;
tali carenze stanno progressivamente determinando gravi e diffuse inefficienze nei più importanti enti dell'Amministrazione della difesa, e soprattutto in quelli dell'area industriale, con gravi ed evidenti ripercussioni sulla funzionalità degli stessi;
nei prossimi tre anni cesserà dal servizio, per raggiunti limiti di età, un numero di dipendenti civili impiegati nell'area industriale della difesa determinante per quantità e qualità professionali e nel garantire la continuità dei processi produttivi industriali;
vi è l'assoluta necessità di affiancare, da subito, nuove e qualificate risorse umane alle figure professionali già presenti negli enti dell'area industriale della difesa in tempo utile prima che parte del personale attualmente in servizio sia posto in pensione per raggiunti limiti di età;
senza un'immissione di nuove risorse umane qualunque progetto di razionalizzazione degli stabilimenti dell'area industriale della difesa diventa impraticabile -:
quali iniziative il Ministro intenda assumere per garantire ai poli principali

dell'Esercito e segnatamente al polo di mantenimento pesante nord di Piacenza le risorse umane e materiali necessarie a consentirne il pieno funzionamento.
(5-02621)

TESTO AGGIORNATO AL 10 MARZO 2010

...

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta immediata:

VIETTI, DELFINO, OCCHIUTO, CERA, ROMANO, COMPAGNON, CICCANTI, VOLONTÈ, NARO, GALLETTI, RAO, MEREU e LIBÈ. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
sono sempre più numerosi i contribuenti esasperati dal crescente, e mai del tutto giustificato, ricorso da parte della società di riscossione Equitalia alle procedure per il recupero di tributi, che vanno dal fermo amministrativo delle auto alle ipoteche sugli immobili, dal pignoramento dello stipendio a quello del conto corrente bancario per il recupero di crediti vantati dalle amministrazioni;
le case ipotecate da Equitalia Nomos dal 2006 al 2009, a seguito di mancata contribuzione Inps, per mancato pagamento del canone Rai, per il recupero delle tasse nazionali, dei contributi Inail, dell'imposta comunale sugli immobili ante 2006 e della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani ante 2006, ammontano ad oltre 50 mila unità, solo su Torino e provincia, mentre le ganasce fiscali sulle automobili ammontano a circa 70 mila;
se tutti gli immobili andassero all'incanto si produrrebbe una vera emergenza abitativa, con circa 120-140 mila persone che rimarrebbero senza un tetto dove dormire;
gli interessi pretesi da Equitalia risultano ben superiori a quelli che gli evasori hanno dovuto corrispondere per usufruire del cosiddetto «scudo fiscale» e tra interessi, sanzioni, aggi e compensi i debiti spesso raddoppiano nell'arco di un anno;
se le ipoteche si dovessero trasformare in sequestri e poi in vendite dei beni, il 2010 potrebbe registrare migliaia di fallimenti, rischiando di far saltare il tessuto produttivo e sociale dell'intera regione Piemonte -:
se non ritenga opportuno, in vista dell'annunciata emanazione di un provvedimento contenente disposizioni tributarie urgenti per il sostegno dell'economia e delle famiglie, prevedere una moratoria di un anno per il recupero dei crediti vantati da Equitalia nei confronti delle famiglie e delle imprese in Italia in generale e, in particolare, nel Piemonte.
(3-00958)

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:

FLUVI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il comma 343 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006), al fine di indennizzare i risparmiatori che, investendo sul mercato finanziario, sono rimasti vittime di frodi finanziarie e che hanno sofferto un danno ingiusto non altrimenti risarcito, ha stabilito l'istituzione di uno speciale fondo nello stato di previsione del Ministero dell'economia e finanze alimentato dai cosiddetti depositi «dormienti» derivanti dai seguenti rapporti contrattuali: a) deposito di somme di denaro, con l'obbligo di rimborso; b) deposito di strumenti finanziari in custodia ed amministrazione; c) contratto di assicurazione di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, in tutti i casi in cui l'assicuratore si impegna al pagamento di una rendita o di un capitale al beneficiano ad una data prefissata;
i rapporti si considerano «dormienti» se non è effettuata alcuna operazione o movimentazione ad iniziativa del titolare del rapporto o di terzi da questo

delegati, per un periodo di tempo di 10 anni decorrenti dalla data di libera disponibilità delle somme e degli strumenti finanziari;
il 5 dicembre 2008, il Ministero dell'economia e delle finanze ha reso noto il primo gettito finanziario dei cosiddetti «conti dormienti», costituito da oltre 1.070.000 conti correnti inattivi da più di un decennio alla data del 17 agosto 2007, che ammonta ad oltre 798 milioni di euro;
in tale occasione è stato comunicato, inoltre, che entro il 31 maggio di ciascun anno, a partire dal 2009, il Ministero avrebbe comunicato le ulteriori risorse provenienti dai conti correnti divenuti nel frattempo «dormienti»:
con nuovi interventi normativi, culminati con le modifiche apportate dalla legge 4 dicembre 2008, n. 190, alla disciplina di riferimento, si è previsto che nel Fondo di cui all'articolo 1, comma 343, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, confluiscano, oltre ai rapporti definiti come dormienti, anche gli importi degli assegni circolari non riscossi entro il termine di prescrizione, gli importi delle polizze assicurative prescritte e gli importi dovuti ai beneficiari di buoni postali fruttiferi, emessi dopo il 14 aprile 2001, e non reclamati entro il termine di prescrizione del relativo diritto;
ai sensi dell'articolo 2952 del codice civile, il termine di prescrizione dei diritti del contratto di assicurazione è di due anni e, come stabilito dal decreto-legge 28 agosto 2008, n. 134, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2008, n. 166, decorso tale termine i relativi indennizzi confluiscono automaticamente nello speciale fondo dei depositi «dormienti»;
tale situazione crea disparità di trattamento tra i titolari di conto corrente e i titolari di contratti di assicurazione, dato che questi ultimi avrebbero solamente due anni per attuare il proprio diritto di rivendica al fine di evitare l'estinzione del proprio contratto e la perdita delle relative somme di denaro, laddove per gli altri rapporti sono previsti dieci anni;
malgrado alla data del 31 maggio 2009, sia scaduto il termine fissato per il versamento al Ministero, da parte degli intermediari bancari, postali ed assicurativi, degli importi «dormienti» da oltre dieci anni per il periodo successivo al 17 agosto 2007, ad oggi non si hanno notizie certe dell'effettivo ammontare;
gli ultimi dati disponibili sono stati pubblicati, nel maggio 2009, sul sito internet del Ministero dell'economia e delle finanze, e recano, per il periodo dal 17 agosto 2007 al 31 dicembre 2008, il nuovo elenco dei rapporti non movimentati per almeno dieci anni, ancora recuperabili in caso di movimentazione entro il 31 maggio, per un totale di 35.426 rapporti (nominativi e al portatore) ed un valore economico di oltre 47 milioni di euro, a cui si aggiungono 231 milioni di euro derivanti dagli assegni circolari non reclamati entro tre anni dall'emissione e 7,8 milioni di euro derivanti dagli indennizzi delle polizze vita non riscossi dai beneficiari entro due anni e quindi prescritti;
la definizione delle modalità di utilizzo delle risorse derivanti dai conti correnti «dormienti» sono state demandate ad appositi decreti applicativi, ma allo stato attuale non risulta che gli stessi siano stati adottati;
la mancata adozione dei predetti decreti applicativi rischia di compromettere l'originaria finalità della norma, ovvero il ristoro dei risparmiatori vittime di frodi finanziarie, nonché la copertura finanziaria di successive iniziative, quali il finanziamento della ricerca applicata, la social card e taluni oneri conseguenti alla vicenda del fallimento dell'Alitalia -:
a quanto ammontino complessivamente le risorse provenienti dai conti «dormienti» versate dagli intermediari al Ministero dell'economia e delle finanze.
(5-02616)

TESTO AGGIORNATO AL 17 FEBBRAIO 2011

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

LO MORO. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 10 febbraio 2010, a seguito della notizia di gravi minacce ricevute dal procuratore della Repubblica di Lamezia Terme, dottor Salvatore Vitello, è stata presentata dall'interrogante l'interrogazione a risposta scritta 4-06100 alla quale non è stata ancora data risposta;
sul contenuto dell'interrogazione, divulgato sui quotidiani calabresi, è intervenuto il dottor Spadaro, presidente della sezione penale del tribunale di Lamezia Terme, il quale in una articolata lettera aperta ha sottolineato l'importanza che l'adeguamento dell'organico interessi sia la procura che il tribunale di Lamezia Terme;
il Ministro Alfano è stato nei giorni scorsi in città ed ha avuto occasione di acquisire sul luogo elementi di conoscenza diretta sulla carenza che si registra complessivamente negli uffici giudiziari del tribunale di Lamezia Terme;
nell'interrogazione sopra richiamata, che punta l'attenzione, in particolare, su minacce e intimidazioni dirette a soggetti istituzionali, veniva sollecitato il rafforzamento della presenza dello Stato, chiedendo la massima tempestività dell'intervento dei Ministeri competenti al fine di garantire il regolare svolgimento delle elezioni (regionali e comunali) nella città di Lamezia Terme, che ha subito per ben due volte (nel 1991 e nel 2002) lo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose;
nel mese trascorso dal deposito dell'interrogazione il clima non è cambiato ed è continuata la sequela di atti intimidatori nei confronti di privati, di atti vandalici a danno di strutture pubbliche e di minacce ad amministratori;
in particolare, nelle prime ore della mattina del 4 marzo 2010, a campagna elettorale appena avviata, è stato trovato un ordigno inesploso davanti all'abitazione del candidato a sindaco di Lamezia Terme ed ex assessore provinciale Salvatore Vescio. A trovarlo fuori dalla porta di casa è stato il diretto interessato che, inserito nella lista Scopelliti per la competizione regionale, a sorpresa si è candidato a sindaco con la lista civica «Calabria Domani»;
nella giornata dell'8 marzo 2010, inoltre, sono stati esplosi tredici colpi di pistola contro i manifesti elettorali di un candidato al consiglio comunale del Pdl, Raffaele Mazzei, consigliere comunale uscente. Poco prima, inoltre, secondo quanto si apprende dalla stampa locale, sette manifesti dello stesso Mazzei erano stati affissi accanto a manifesti funebri;
i due ultimi episodi, considerato il contesto in cui sono inseriti e le pressioni che si sono registrate in città in precedenti competizioni elettorali, non possono in alcun modo essere sottovalutati -:
se non ritengano necessario mettere a disposizione della magistratura lametina nel suo complesso risorse umane ed economiche che consentano un rafforzamento dell'attività di giustizia;
se non ritengano di dover potenziare l'organico delle forze investigative presenti nella città di Lamezia Terme, garantendo mezzi e risorse adeguate in una zona caratterizzata da un'attività criminale particolarmente pericolosa;
quali iniziative si intendano assumere per garantire il libero svolgimento a Lamezia Terme delle elezioni regionali e comunali.
(4-06433)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'istituto penitenziario di Capanne, in provincia di Perugia, ha registrato nell'ultimo

anno un aumento considerevole della popolazione detenuta, che ormai si aggira sulle 540 unità, una situazione complicata da gestire per le ridotte risorse organiche sia di polizia penitenziaria che degli operatori del trattamento, in un istituto che peraltro vede la presenza di detenuti con caratteristiche e problematiche varie, con una forte incidenza di tossicodipendenti e di malati psichiatrici;
una situazione da tempo e ripetutamente segnalata al Ministro interrogato e al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria cui sono stati chiesti interventi e risorse, segnalazioni e richieste peraltro rimaste inascoltate;
la Ausl n. 2, titolare della gestione del servizio sanitario dopo il passaggio della sanità penitenziaria alla sanità pubblica, in una situazione così difficile come quella del carcere di Capanne, ha ritenuto di ridurre la dotazione organica del personale infermieristico (contrattata e condivisa solo pochi mesi orsono con le rappresentanze sindacali unitarie aziendali) di ben tre unità a partire dal mese di marzo 2010;
si tratta di un personale impegnato in due reparti, quello femminile e quello maschile, che deve fronteggiare non solo gli aspetti sanitari ma problematiche che hanno a che fare con la disperazione, con la depressione, con l'umiliazione, con l'isolamento, con l'abbandono, con la difficoltà di comunicazione, con usi e culture diverse. Un personale quindi che dovrebbe essere messo in grado di lavorare con tempi che possano permettere l'ascolto, l'attenzione, la cura psico-fisica -:
se non ritengano nell'ambito delle rispettive competenze, di attivare tutte le possibili iniziative perché sia assicurato nel carcere di Capanne quel fondamentale e costituzionale diritto alla salute che spetta anche alla popolazione carceraria, e che i provvedimenti sopra segnalati pregiudicano gravemente.
(4-06435)

HOLZMANN e CARLUCCI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
a Bolzano era prevista la realizzazione del nuovo polo giudiziario che comprendeva l'edificio dove attualmente ha sede il tribunale ed il palazzo prospiciente che attualmente ospita gli uffici finanziari;
tale progetto, la cui realizzazione doveva essere imminente, è stato momentaneamente accantonato per mancanza dei relativi finanziamenti;
la realizzazione del progetto consentirebbe anche una migliore razionalizzazione degli uffici finanziari che potrebbero riunirsi a quelli già esistenti nel nuovo Centro direzionale Adriano di via Duca d'Aosta -:
quando si preveda che si possa avviare il piano di razionalizzazione con la realizzazione del nuovo polo giudiziario di Bolzano.
(4-06438)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta immediata:

BERGAMINI, GAROFALO e BALDELLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la programmazione e la realizzazione delle reti transeuropee di trasporto (ten-t) costituisce il riferimento per la definizione della politica di sviluppo dell'infrastrutturazione del Paese in materia di trasporti;
è in discussione a livello comunitario una revisione della politica europea per i trasporti, anche per quanto concerne l'individuazione dei progetti prioritari;
nell'ambito di questo dibattito, il Governo italiano ha assunto un ruolo di iniziativa e di stimolo, organizzando a Napoli il 21 e 22 ottobre 2009 una conferenza interministeriale sul futuro delle

reti transeuropee di trasporto, alla quale hanno partecipato le delegazioni degli Stati membri dell'Unione europea e di altri Stati, tra cui quelli del Mediterraneo occidentale, dell'Africa, la Turchia, la Federazione russa;
dalle conclusioni della conferenza, come anche, in precedenza, nei documenti adottati da organi parlamentari concernenti gli atti comunitari sulle reti di trasporto transeuropee, è emersa l'esigenza di individuare fonti aggiuntive di finanziamento, di sviluppare la cooperazione relativa alle reti di collegamento nell'ambito del bacino del Mediterraneo e dei Balcani, di privilegiare gli interventi relativi al superamento delle barriere naturali, di sostenere lo sviluppo del trasporto ferroviario e di favorire l'attivazione delle autostrade del mare;
a livello nazionale, è essenziale procedere alla realizzazione degli interventi relativi al corridoio 1 (Berlino-Palermo), al corridoio 5 (Lisbona-Kiev) e al corridoio 24 (Genova Rotterdam); per l'Italia assume, altresì, particolare rilevanza il corridoio 8 (Bari-Varna) -:
quali iniziative il Governo intenda assumere in relazione alla revisione della politica comunitaria in materia di reti transeuropee di trasporto e all'attuazione, a livello nazionale, degli interventi connessi alla realizzazione di tali reti.
(3-00956)

Interrogazione a risposta in Commissione:

CONTENTO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
con il decreto-legge 31 luglio 2007, n. 7, sono state introdotte nuove disposizioni in materia di attività di autoscuola in ordine all'idoneità tecnica degli insegnanti e degli istruttori e dei relativi corsi di formazione propedeudici al raggiungimento di tale idoneità, in relazione alle prescrizioni su locali e orari e, infine, circa le disposizioni di competenza delle province;
a distanza di diverso tempo, le disposizioni rimesse ai provvedimenti del Ministero non risultano emanate con il risultato che ad essere ammesse all'esame di idoneità possono essere esclusivamente coloro che hanno presentato domanda antecedentemente all'entrata in vigore del ricordato decreto;
tali inadempimenti rischiano di provocare grave danno all'attività di autoscuola e ai candidati interessati a sostenere l'esame di idoneità -:
quali strumenti abbia, a legislazione vigente, la persona interessata a sostenere l'esame di idoneità tecnica per vedere rispettato il diritto ad esercitare quale insegnante o istruttore;
quali iniziative siano allo studio o di pronta applicazione per assicurare la continuazione dell'attività alle autoscuole italiane.
(5-02618)

Interrogazioni a risposta scritta:

VERINI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da oltre due mesi la strada statale 73-bis di Bocca Trabaria, che collega Umbria e Marche attraverso l'omonimo valico appenninico tra le province di Perugia e Pesaro Urbino risulta chiusa causando una situazione di grave disagio per il traffico veicolare;
la situazione, creatasi a causa della frana che ha interessato la strada al chilometro 14,850 in seguito a smottamenti del terreno derivanti dalla copiosa quantità di pioggia caduta, sta diventando insostenibile;
il ripristino della normalità viaria per quella zona e per i collegamenti tra i comuni della fascia appenninica delle due province, così come in queste settimane

più volte ribadito dai sindaci e dagli amministratori degli enti locali è diventata ormai una priorità che non si può rimandare -:
quali iniziative urgenti Governo e ANAS intendano intraprendere per garantire nel più breve tempo possibile - con lo stanziamento delle necessarie e adeguate risorse finanziarie - interventi di messa in sicurezza del sito e ripristino della viabilità e della circolazione.
(4-06430)

HOLZMANN. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
con decreto tavolare dell'11 gennaio 2008 è stata intavolata dal giudice tavolare, la p.f.4379/5 e p.ed.115 del comune catastale di Cornedo che rappresentano il tratto della ex strada statale 241 (vecchia strada per la Val d'Ega), nel centro di Cardano e relativa casa cantoniera;
la strada è stata consegnata al comune alla fine degli anni sessanta quando venne realizzata la variante ed è stata classificata come comunale. La casa cantoniera è passata alla competenza del comune di Cornedo che ha anche modificato il piano urbanistico trasformando la p.ed. 115 in zona d'interesse pubblico;
con accordo intervenuto tra demanio, provincia autonoma di Bolzano, prefettura, Arma dei carabinieri, si decideva di destinare l'immobile alla nuova caserma dei carabinieri che attualmente occupano un fabbricato privato poco idoneo al servizio che debbono svolgere;
l'ANAS ha proposto gravame contro il decreto che assegnava la proprietà al comune, ma è stato respinto con sentenza della sezione civile del Tribunale di Bolzano in data 15 ottobre 2009 ed ai sensi della legge tavolare è definitiva e non più oppugnabile;
in varie occasioni il comune ha chiesto all'ANAS la consegna delle chiavi dell'immobile ed ha quindi inviato una diffida in data 14 luglio 2008;
a detta diffida rispondeva un geometra, dipendente dell'ANAS, sostenendo di essere in possesso dell'immobile, in forza di un non meglio specificato atto di concessione;
il comune rispondeva che l'atto di concessione era abbondantemente scaduto nel 2004 e trattandosi di bene demaniale il rinnovo poteva avvenire solo in forma scritta;
nel dicembre 2008 consta all'interrogante che un privato dipendente dell'ANAS si introduce con propria mobilia nell'immobile;
con successiva conciliazione, nell'udienza del tribunale, le parti hanno convenuto il rilascio dell'immobile entro il 30 settembre 2010;
pare che l'ANAS di Roma abbia deliberato di avviare un processo di cognizione per impugnare il titolo di proprietà a favore del comune di Cornedo in sede civile -:
se corrisponda al vero la notizia secondo cui l'ANAS intenderebbe opporsi al titolo di proprietà del comune di Cornedo;
in caso affermativo come si ritenga si possa risolvere il problema della nuova sede per la Stazione dei carabinieri.
(4-06437)

LO MORO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con decorrenza 1o marzo 2010, Trenitalia spa ha dato seguito alla soppressione di alcuni treni a lunga percorrenza gestiti dalla Divisione passeggeri N/I;
tali decurtazioni sarebbero propedeutiche alla preparazione del contratto di servizio che il Governo deve stipulare con Trenitalia, attraverso il quale sono individuati i treni del segmento della lunga percorrenza;

il territorio calabrese è interessato dalla soppressione dei seguenti treni:
ICN 752 Reggio C.-Milano;
ICN 750 Reggio C.-Lamezia Terme (sezione jonica);
ICN 751 Milano-Reggio C.;
ICN 753 Lamezia-Reggio C. (sezione jonica);
ICN 761 Torino P.N.-Reggio C.;
ICN 763 Lamezia Terme-Reggio Calabria (sezione jonica);
ICN 768 Reggio C.-Torino P.N.;
ICN 766 Reggio C.-Lamezia Terme (sezione jonica);
la soppressione delle cosiddette antenne (sezione jonica) dei treni notte diretti a Milano e Torino ha un grave impatto sociale in quanto limita in maniera significativa il diritto alla mobilità dei residenti della fascia jonica, ai quali non viene garantito nessun collegamento diretto con le relazioni di traffico ferroviario dirette al nord;
i provvedimenti di variazione dell'offerta ferroviaria, per quanto attiene alla Calabria, hanno interessato anche il servizio «auto al seguito». Sono stati, infatti, totalmente soppressi i treni che garantivano tale servizio nella stazione di Lamezia Terme, presso cui peraltro di recente, nell'anno 2009, sono state installate le rampe metalliche ed effettuati i lavori al piazzale della stazione per consentire il carico/scarico delle auto, con un adeguamento strutturale costato circa 60.000 euro;
anche i tagli a tale servizio, di cui peraltro non si capiscono le ragioni, tenuto conto che soltanto nell'anno 2007 sono state movimentate nello scalo lametino 10.000 (arrivi e partenze) auto, hanno una forte ripercussione sociale, considerato che a farne uso sono soprattutto persone (per lo più, calabresi residenti in altre regioni) che vengono in Calabria per brevi periodi ed hanno interesse a raggiungerla in treno ed ad avere in loco la disponibilità di una vettura;
in realtà, considerata la posizione strategica dello scalo lametino (rappresentava un riferimento per le provincie di Cosenza-Vibo Valentia e Crotone e il numero elevato di clienti (10.000), sarebbe stato conveniente per Trenitalia implementare il servizio «auto al seguito» e non smantellare un servizio in attivo;
non è da escludere che tale operazione, non giustificabile sul piano aziendale, possa agevolare l'iniziativa di privati che potrebbero attivare un servizio di trasporto delle vetture, senza garanzie di costo per gli utenti e con lo svantaggio per i viaggiatori di non avere la propria vettura «al seguito»;
gli scenari sopra descritti provocano delle forti ripercussioni sui livelli occupazionali (70 unità lavorative), in particolare sono interessati alcuni settori strategici del gruppo Ferrovie dello Stato:
personale di bordo (capitreno);
personale di macchina (macchinisti);
personale di manovra (stazione di Lamezia Terme);
personale RSI - manutenzione specializzata vagoni letto (ditte esterne a Ferrovie dello Stato);
personale pulizie convogli (ditte esterne a Ferrovie dello Stato);
essendo Trenitalia una Società a capitale pubblico prevalente, le ragioni di bilancio, peraltro non sussistenti per la soppressione del servizio «auto al seguito», non valgono a giustificare provvedimenti fortemente penalizzanti per i cittadini, ed in particolare per le fasce più deboli, che condannano alcune zone della Calabria e complessivamente l'intera regione alla marginalità ed all'isolamento ed hanno forti ripercussioni sul livello occupazionale;
il Governo, e in particolare i Ministri interrogati, ciascuno per le proprie competenze,

non possono ignorare lo stato di tensione che percorre in questo momento la Calabria, in cui giornalmente si registrano manifestazioni contro il taglio dei treni, né possono trascurare le richieste dei sindacati che chiedono un confronto con le istituzioni coinvolte e con Trenitalia per cercare una soluzione al problema. Parimenti non possono non tener conto dell'irragionevolezza della soppressione del servizio «auto al seguito» presso la stazione di Lamezia Terme -:
se siano a conoscenza della soppressione dei treni a lunga percorrenza operata da Trenitalia e dei danni che sta provocando sul territorio calabrese;
se siano a conoscenza delle manifestazioni di protesta che si sono svolte in Calabria e delle richieste formulate dai sindacati;
quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla vicenda;
se ritengano di dover intervenire sulla scelta di soppressione del servizio «auto al seguito» operata dalla stessa Trenitalia rispetto alla stazione di Lamezia Terme, nonostante gli investimenti recenti effettuati per migliorare il servizio, il rilevante numero di auto movimentate e i disagi provocati dalla dismissione di un servizio in attivo;
se non ritengano necessario attivare un tavolo di confronto, con la presenza dei rappresentanti dei Ministeri competenti, della regione Calabria e di Trenitalia, per discutere e rivedere le scelte che contraddicono finalità sociali che non possono essere estranee ad una azienda alle cui perdite partecipa lo Stato.
(4-06444)

TESTO AGGIORNATO AL 4 AGOSTO 2010

...

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, per sapere - premesso che:
il quadro finanziario del Ministero dell'interno evidenzia che sulla sicurezza si sta disinvestendo in maniera massiccia generando così una sofferenza finanziaria a fronte della vastità di compiti che gli vengono attribuiti al suddetto comparto;
i tagli disposti da questo Governo sono secondo gli interroganti veri e propri tagli alla cieca, che hanno colpito particolarmente i finanziamenti per l'ordine e la sicurezza pubblica;
nel solo 2010 sono previsti oltre 630 milioni di euro di tagli negli impegni di spesa per le voci «ordine pubblico e sicurezza» e «difesa e sicurezza del territorio» e nel 2011 gli ammanchi previsti sono pari ad oltre 1,1 miliardi di euro;
con la sottrazione di tali finanziamenti paiono evidenti le difficoltà di garantire il funzionamento dei servizi istituzionali assicurando nel contempo un costante ed efficace livello di operatività degli agenti;
non ci pare sia tenuto in nessun conto lo stato di invecchiamento delle forze di sicurezza - che porterà nei prossimi 5 anni al pensionamento di 15 mila agenti di polizia - a fronte del quale non risulta sia stato previsto alcun piano di assunzioni tesa a rafforzare gli organici delle forze dell'ordine;
è poi impensabile non considerare - visto il quadro prospettato - la condizione economica che subiscono le migliaia di famiglie di questi servitori dello Stato che in molti casi hanno difficoltà ad arrivare a fine mese;
così facendo si disarticola il sistema nazionale della sicurezza e si demotivano anche umanamente centinaia di migliaia di lavoratori dello Stato -:
se intendano creare le condizioni costruttive e positive per procedere ad una

seria revisione degli investimenti destinati al settore della sicurezza pubblica nei prossimi anni;
quali urgenti iniziative abbiano intenzione di adottare per far fronte al pensionamento di moltissimi lavoratori del settore della sicurezza pubblica;
per quale motivo non si potrà procedere al pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario rese nel 2010;
quali siano le cifre nette che riguardano gli aumenti destinati ai lavoratori pubblici del comparto sicurezza.
(2-00645)
«Fiano, Damiano, Froner, Sereni, Bocci, Minniti, Gentiloni Silveri, Pollastrini, Merloni, Ferranti, Samperi, Esposito, Rossa, Peluffo, Vassallo, Gozi, Sanga, Cardinale, Picierno, Livia Turco, Realacci, Zampa, Capano, Andrea Orlando, Carella, Bobba, Capodicasa, Laratta, Rugghia, Bellanova, Piccolo, Fadda, Zaccaria, Iannuzzi, Bossa, Cuperlo, D'Antoni, Zunino, Cesare Marini, Scarpetti».

Interrogazione a risposta immediata:

MURER, MARAN, LENZI, AMICI, BRESSA, LIVIA TURCO, GIACHETTI e QUARTIANI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il comma 9 dell'articolo 5 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, prevede che per il rilascio, il rinnovo o la conversione del permesso di soggiorno è fissato in venti giorni dalla data della presentazione della domanda il tempo massimo per l'espletamento della procedura;
secondo una stima effettuata dalla Cgil il tempo medio di attesa necessario ad ottenere il rilascio, il rinnovo o la conversione del permesso di soggiorno è, invece, di ben 291 giorni, ma, nelle grandi città, i tempi si allungano infinitamente, fino ad arrivare a addirittura a superare i 15 mesi;
attualmente risultano depositate più di 500 mila domande di rilascio, rinnovo o conversione di permesso di soggiorno, in giacenza da mesi e in attesa di una risposta;
gli immigrati che fanno richiesta di rilascio o di rinnovo del permesso di soggiorno sostengono un costo che è di circa 72 euro, che, con l'attuazione della normativa del cosiddetto «pacchetto sicurezza», sarà elevato a duecento euro;
agli immigrati in attesa di rinnovo viene rilasciato un cedolino, che, ai sensi della circolare Amato del 5 agosto 2006, dovrebbe garantire loro tutti i diritti, ma che, nei fatti, li limita sia in rapporto ai datori di lavoro che a banche ed altri soggetti;
la Cgil denuncia di aver seguito centinaia di vertenze con datori di lavoro e associazioni datoriali che hanno licenziato o sospeso dal lavoro e dalla retribuzione immigrati che erano in attesa di rinnovo del permesso di soggiorno, non riconoscendo valore al cedolino di ricevuta della domanda;
l'iter di rinnovo parte dagli sportelli delle Poste, dove l'immigrato consegna il kit compilato con i documenti necessari; poi la richiesta passa al centro servizi amministrativi delle Poste e poi al centro elaborazione nazionale di Napoli, per la pubblicazione del fascicolo elettronico sui sistemi a disposizione delle questure. Una volta superati i controlli, il documento passa all'Istituto poligrafico zecca dello Stato per la stampa in formato elettronico del titolo di soggiorno;
il punto critico del processo di rinnovo pare essere proprio nel passaggio per le questure, che sono oberate dai procedimenti e non riescono a fare fronte agli adempimenti nei tempi previsti per legge;
il permesso di soggiorno per un immigrato è l'unico documento che prova la

condizione di regolarità e appare necessario, dunque, riportare i tempi di rilascio nei limiti di breve durata stabiliti dalla legge;
tale situazione crea non solo un grave disservizio ma anche un senso di smarrimento nelle comunità di stranieri, già messe a dura prova da una crisi economica che determina di frequente la perdita del posto di lavoro e la perdita conseguente anche del requisito base per il permesso di soggiorno, con il rischio di uno scivolamento nell'area della clandestinità;
per evidenziare il problema è in corso uno sciopero della fame che a rotazione vede mobilitati immigrati, esponenti politici e sindacali e che, fino ad oggi, ha coinvolto già quattrocento persone -:
cosa intenda fare il Governo per il rilascio-rinnovo del permesso di soggiorno ai lavoratori che da tempo vivono regolarmente nel nostro Paese e che per i ritardi di tutti gli enti preposti si trovano all'improvviso privi del documento, che, unico, attesta il loro stato, o che sono privi di permesso per la perdita del posto di lavoro.
(3-00957)

Interrogazioni a risposta scritta:

MARAN. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nell'agosto del 2009 con la legge n. 102 del 2009, articolo 1-ter si decise, a regolarizzazione, come colf e badanti, di clandestini e clandestine che già lavoravano, da almeno tre mesi, presso le famiglie italiane;
venivano escluse dalla regolarizzazione le persone pericolose per la sicurezza dello Stato, sospettate di terrorismo, segnalate da altri stati europei come indesiderabili o condannate per uno dei reati per cui è previsto l'arresto, in caso di flagranza, obbligatorio o facoltativo (articolo 380 e 381 del codice di procedura penale);
da un po' di tempo alcune questure (Trieste, Perugia, Parma per quel che si sa) stanno sostenendo che non sono regolarizzabili gli stranieri che sono stati condannati per il reato di cui all'articolo 14, comma 5-ter (espulsione e respingimento per ingresso illegale, omessa dichiarazione di presenza, omessa richiesta di permesso di soggiorno, permesso revocato o annullato) in quanto punito con la pena della reclusione da 1 a 4 anni, che lo farebbe rientrare nella previsione dell'articolo 381 del codice di procedura penale;
l'interrogante preliminarmente rileva come sarebbe opportuna un'interpretazione costituzionalmente orientata che escluda come motivo ostativo, in riferimento all'articolo 1-ter legge n. 102 del 2009 e ai richiami agli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, le condanne per reati collegati alla clandestinità e cioè le espulsioni all'articolo 14, comma 5-ter (articolo 14 testo unico immigrazione);
si evidenzia la contraddittorietà dell'applicazione di una legge che intende sanare la posizione di clandestini e lo nega perché queste persone sono state riconosciute, con una sentenza di condanna come «clandestine» ossia per quello che sono e per cui si era deciso di intervenire, «sanandole», e per null'altro;
il ragionamento richiama quello del famoso comma 22 per cui «Chi è pazzo può chiedere di essere esentato dalle missioni di volo, ma chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo non è pazzo»;
ciò che allarma è che lo stesso Ministero dell'interno in data 21 settembre 2009 avrebbe, in risposta a un quesito posto da una cittadina, aveva escluso che la condanna per i reati di cui all'articolo 14, comma c/ter del decreto legislativo n. 286 del 1998 fosse motivo ostativo alla regolarizzazione -:
se intenda riconfermare l'interpretazione già espressa con la citata risposta e se, nel caso, intenda diramare alle prefetture

e alle questure un'orientamento esplicito in tal senso.
(4-06432)

GRIMOLDI, VOLPI, ALLASIA e STUCCHI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il Corpo nazionale dei Vigili dei fuoco ha una carenza di organico, che si è protratta negli anni, di circa 3000 unità;
l'annosa carenza è stata sopperita, fino ad ora, attraverso il massiccio impiego di personale discontinuo, a cui è stato riconosciuto lo status di precarietà e che solo parzialmente si è proceduto a stabilizzare a tempo indeterminato;
attualmente, infatti, vi sono ancora circa 3.000 unità idonee nella graduatoria (decreto ministeriale n. 1996 del 2008) definita secondo le procedure concorsuali previste per la stabilizzazione del suddetto personale;
il comma 209 dell'articolo 2 della legge finanziaria per il 2010 sblocca il limite delle assunzioni imposto dal decreto-legge n. 112 del 2008 per quanto riguarda il Corpo nazionale dei vigili del fuoco e le Forze di polizia;
lo stesso comma prevede, però, che il 45 per cento delle assunzioni venga destinato al personale volontario in ferma breve proveniente dalle forze armate;
attualmente è vigente solo la graduatoria di stabilizzazione del personale discontinuo ed entro l'anno 2010 saranno ultimate le procedure del concorso pubblico nel ruolo di vigili del fuoco;
il bando di tale concorso pubblico prevede già la riserva del 45 per cento destinato al personale volontario in ferma breve proveniente dall'esercito;
non è chiaro, pertanto, il motivo di questa specifica inserita nel comma 209 dell'articolo 2 della legge finanziaria per il 2010;
difatti, ciò lede fortemente il diritto di tutto il personale precario idoneo dei vigili del fuoco ad essere stabilizzato e limita altresì il potere discrezionale dell'Amministrazione del Corpo dei vigili del fuoco che avrebbe potuto decidere la più opportuna destinazione di tale copertura così da poter attingere sia dalla graduatoria decreto ministeriale n. 1996 del 2008 sia dal concorso pubblico -:
se il Ministro non ritenga opportuno assumere iniziative, anche di carattere normativo, affinché venga sostituto il vincolo di riserva per il personale volontario in ferma breve (che è già prevista nel concorso pubblico) in favore del personale discontinuo inserito nella graduatoria di cui al decreto ministeriale n. 1996 del 2008.
(4-06436)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo i dati di Legambiente, in Sicilia vi sarebbero 580 cave attive (dato del 2006), mentre il numero di cave dismesse è un dato non pervenuto. Non si ha una mappatura che consenta una stima precisa delle cave dismesse;
per quanto riguarda il materiale cavato, al primo posto per quantità estratta è la Sicilia, con 113.501.350 di metri cubi nel 2006, all'interno della quale si evidenzia il dato della provincia di Palermo (più di 57 milioni) dove l'estrazione di calcare raggiunge livelli altissimi, superiori alla maggior parte delle regioni italiane;
in Sicilia la quantità estratta di soli materiali inerti (elaborazione Legambiente 2009 su dati Regione, Arpa e Agenda 21 locali) è di 1.900.000 m3, un prelievo non elevato se paragonato ai 25 milioni estratti in Puglia. Tuttavia, l'attività estrattiva è totalmente gratuita: non esistono tariffe di concessione per le società di estrazione;
se si considera il peso che le ecomafie hanno nella gestione del ciclo del cemento

e nel controllo della aree cava è particolarmente preoccupante una situazione in troppe aree del Paese praticamente priva di regole -:
se e di quali elementi disponga il Ministro dell'interno in relazione a possibili infiltrazioni della criminalità organizzata nella gestione delle cave e dei materiali estratti con particolare riferimento agli appalti nel settore edilizio;
se si intenda, anche per il tramite dell'Istituto superiore di sanità promuovere uno studio che sia diretto a valutare i principali effetti che le attività estrattive possono avere sulla salute dei cittadini e per evitare, ridurre, e possibilmente compensare rilevanti effetti negativi, e l'eventuale pericolosità determinata dalle polveri sottili, i carbonati di calcio misti a silicio.
(4-06443)

TESTO AGGIORNATO AL 17 FEBBRAIO 2011

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:

DELFINO, VIETTI, DE POLI, GALLETTI, PEZZOTTA, CAPITANIO SANTOLINI, CIOCCHETTI, COMPAGNON, CICCANTI, VOLONTÈ, MEREU e ANNA TERESA FORMISANO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
con la sentenza n. 80 del 22 febbraio 2010, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità dell'articolo 2 della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008) nella parte in cui:
a) fissa un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno (comma 413);
b) esclude - in presenza di studenti con disabilità grave - la possibilità di assumere insegnanti di sostegno in deroga (comma 414);
la norma che pone un tetto ai professori di sostegno violerebbe ben otto articoli della Costituzione, rendendo impossibile «per il disabile grave conseguire il livello di istruzione obbligatoria prevista, quello superiore e l'avviamento professionale propedeutico per l'inserimento nel mondo del lavoro», «in contrasto con i valori di solidarietà collettiva nei confronti dei disabili gravi» ed impedirebbe «il pieno sviluppo, la loro effettiva partecipazione alla vita politica, economica e sociale del Paese», introducendo «un regime discriminatorio illogico e irrazionale che non tiene conto del diverso grado di disabilità di tali persone, incidendo così sul nucleo minimo dei loro diritti»;
per le associazioni che riuniscono i genitori di portatori di handicap si tratta di una vittoria importante dopo mesi di proteste e manifestazioni contro una norma che condannava i diversamente abili a «non avere insegnanti di sostegno, alla mancanza di continuità didattica, ad avere dirigenti scolastici e insegnanti incompetenti e non aggiornati, alle barriere architettoniche che impediscono di frequentare la scuola, a non avere l'assistenza igienica necessaria all'assenza di strutture in cui crescere e vivere e ad essere dimenticato»;
il pronunciamento della Corte costituzionale riaprirebbe, di fatto, le porte delle aule scolastiche ad un numero considerevole di docenti di sostegno, variabile fra le 10 e le 20 mila unità;
si ricorda che quest'anno, a fronte di un aumento di oltre 5 mila alunni disabili, l'organico è calato di oltre 400 posti: passando da 90.882 a 90.469 posti, con il risultato che parecchi alunni disabili, anche in grave situazione, hanno visto calare le ore dedicate loro dall'insegnante di sostegno;
questa situazione è il corollario naturale dei tagli lineari prodotti dal Governo, che hanno determinato gravi difficoltà nella riorganizzazione del personale docente, soprattutto per i plessi scolastici situati in zone montane e disagiate;
l'accoglienza e la piena integrazione dei soggetti disabili contraddistingue il

livello di civiltà di una società e rappresenta per la scuola italiana un segnale di qualità -:
se non ritenga, in tempi rapidi, di adottare iniziative volte ad introdurre una revisione della normativa di cui in premessa e, nell'immediato, di procedere alla stabilizzazione degli insegnanti di sostegno precari attualmente in servizio.
(3-00954)

Interrogazioni a risposta scritta:

ROSSA e DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 632 della legge n. 296 del 2006 (Legge finanziaria per il 2007) stabilisce che i centri territoriali permanenti per l'educazione degli adulti e i corsi serali sono riorganizzati su basi provinciale e articolati in reti territoriali e ridenominati «Centri provinciali per l'istruzione degli adulti»;
il decreto ministeriale del 25 ottobre 2007 (Riorganizzazione dei centri territoriali per l'educazione degli adulti e dei corsi serali, in attuazione dell'articolo 1, comma 632, della legge 27 dicembre 2006 n. 296) conferisce autonomia ai centri provinciali per l'istruzione degli adulti nell'ambito dei piani provinciali;
il decreto legge n. 112 del 2008 («Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione Tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, a seguito di quanto previsto dal decreto ministeriale del 25 ottobre 2007 (Riorganizzazione dei centri territoriali per l'educazione degli adulti e dei corsi serali, in attuazione dell'articolo 1, comma 632, della legge 27 dicembre 2006, n. 296) ha, all'articolo 64 (Disposizioni in materia di organizzazione scolastica), comma f), ridefinito l'assetto organizzativo-didattico dei centri di istruzione per gli adulti, compresi i corsi serali;
il 12 giugno 2009 il Consiglio dei ministri ha approvato schema di regolamento recante «Norme generali per la ridefinizione dell'assetto organizzativo didattico dei Centri d'istruzione per gli adulti, ivi compresi i corsi serali, ai sensi dell'articolo 64, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge agosto 2008, n. 133»;
le scelte prospettate nel regolamento sopracitato appaiono fortemente condizionate - anche secondo il parere del Consiglio nazionale della pubblica istruzione del 16 dicembre 2009 (prot. 12685) - dagli obiettivi di contenimento della spesa di cui al decreto-legge 112 del 2008 e «dai criteri e dai parametri di dimensionamento (decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009) delle istituzioni scolastiche, compromessa nel funzionamento da risorse professionali ridotte, dalle dimensioni e dalle caratteristiche del territorio provinciale»;
nella provincia di Genova sono attualmente attivi corsi serali in dodici scuole;
in seguito dell'attuazione della normativa sopracitata i corsi attivi nelle dodici scuole saranno sostituiti da tre grandi centri, di nuova formazione, ognuno con circa 1.200 studenti (uno per il Ponente, uno per il Centro-Levante e uno per il Levante-Tigullio);
i tre centri permanenti per l'istruzione agli adulti (Cpia) assorbiranno i corsi serali e ingloberanno i sette centri territoriali permanenti (CTP) dell'area metropolitana (diciotto in Liguria); assorbiranno inoltre le scuole istituite dentro le carceri di Pontedecimo e Marassi;
la riforma interessa 4.600 studenti soltanto a Genova e 13.500 in tutta la Liguria;
le dodici scuole che attualmente ospitano i corsi serali sono di natura diversa: licei, alberghieri, tecnici, professionali, artistici, professionale per odontotecnici;

con l'accorpamento in tre centri spariranno le specificità dei percorsi di studio;
i dati dell'ufficio scolastico provinciale mostrano una crescita di iscrizioni pari al 6 per cento annuali, la fascia d'età più rappresentata (il 14 per cento) va dai 25 a 29 anni, mentre gli over 40 costituiscono il 34 per cento degli iscritti, il tre per cento supera i 60 anni;
in particolare il liceo artistico Barabino-Klee ha un numero di iscritti in continua crescita che solo nell'ultimo triennio ha superato i mille utenti, con un'alta percentuale di diplomati;
è stata garantita, grazie ai corsi serali attivi nelle dodici scuole della provincia, la formazione continua e ricorrente che gli obiettivi di Lisbona e il processo di Bologna impongono;
a tutt'oggi non ci sono notizie certe circa il futuro dei corsi;
come il Ministro interrogato intenda risolvere la complessa situazione in premessa e come intenda garantire -:
l'accesso all'istruzione qualificata della popolazione adulta;
il diritto agli studenti già iscritti di proseguire e concludere il proprio percorso di studi;
la compresenza all'interno di un unico plesso scolastico, di differenti laboratori: le cucine e i laboratori artistici, le aule di chimica e i laboratori odontotecnici;
il ricollocamento del personale docente e non docente attualmente impegnati nei corsi serali.
(4-06431)

SCANDROGLIO, CASSINELLI e CARLUCCI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'università degli studi di Genova ha invitato il senatore Ignazio Marino a partecipare ad un convegno sul tema «Il futuro è giovane?», che si è tenuto lunedì 8 marzo, introdotto dal preside della facoltà di medicina e chirurgia Giancarlo Torre e moderato dal rettore dell'Ateneo Giacomo Deferrari;
pur trattandosi di un convegno appare evidente agli interroganti che lo svolgimento di tale iniziativa, con la partecipazione di un rilevante esponente politico del maggiore partito di opposizione, in prossimità delle elezioni regionali assume un'inevitabile valenza politica;
la data dell'8 marzo infatti rientra appieno nel periodo di campagna elettorale per le elezioni regionali del 28 e 29 marzo: periodo nel quale vige il regime di cosiddetta par condicio, che ad avviso degli interroganti dovrebbe costituire comunque un criterio di riferimento per ogni manifestazione pubblica;
l'università degli studi di Genova ha in più occasioni ribadito di avere seri problemi di natura finanziaria, tanto che alcune Facoltà non hanno neppure aule adeguate e per l'anno accademico in corso il Rettore ha deciso di non organizzare la consueta e solenne cerimonia d'apertura, giustificando tale scelta con la assoluta necessità di risparmio -:
se il Governo non ritenga opportuno intervenire presso l'università degli studi di Genova per chiedere delucidazioni in merito alle ragioni che hanno portato un importante Ateneo pubblico ad organizzare, in piena campagna elettorale, un evento con la partecipazione di un esponente politico, supportato dal preside della facoltà di medicina e chirurgia e dal rettore, e se e in quale misura il costo economico dell'evento sia stato, come pare palese, a carico dell'Università, che, per sua stessa ammissione, vive in una situazione finanziaria a dir poco delicata.
(4-06434)

MIGLIOLI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il consiglio di istituto dell'istituto di istruzione superiore Cavazzi-Sorbelli di

Pavullo nel Frignano (Modena) il 9 febbraio 2010 ha espresso profonda preoccupazione per la situazione finanziaria in cui versa l'istituto, in particolare per la mancata assegnazione dei fondi per le spese di funzionamento anno 2009, l'esiguità delle risorse per l'esercizio 2010, l'insufficienza dei finanziamenti per le supplenze brevi, la collocazione di tutti i residui attivi riconducibili al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nell'aggregato «Z-disponibilità da programmare», che significa di fatto mettere l'istituto in gravissima difficoltà, in quanto ha già utilizzato la disponibilità di cassa per assicurare il pagamento degli stipendi ai supplenti;
il consiglio di istituto ha in particolare evidenziato le sofferenze finanziarie verificatesi a seguito del mancato accreditamento da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca pari a 32.772 per l'anno 2005, 53.422 per l'anno 2006, 59.093 per l'anno 2007, 105.291 per l'anno 2008, 79.770 per l'anno 2009 per un totale di euro 330.349;
si tratta di crediti già sostenuti e anticipati dall'istituto per garantire il diritto all'istruzione degli alunni;
il mancato accredito di queste somme comporta una gravissima difficoltà nella gestione dell'istituto tale da compromettere il regolare funzionamento -:
quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato al fine di provvedere all'assegnazione all'istituto di istruzione superiore Cavazzi-Sorbelli di Pavullo nel Frignano (Modena) dei fondi necessari a estinguere i sopraelencati residui attivi nonché della quota per il funzionamento didattico-amministrativo secondo i parametri del decreto ministeriale n. 21 del 2007.
(4-06445)

...

PARI OPPORTUNITÀ

Interrogazione a risposta scritta:

SAMPERI e BURTONE. - Al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
il codice 114 è stato istituito con decreto interministeriale (Ministero delle comunicazioni, Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Ministero delle pari opportunità) del 14 ottobre 2002 e costituisce un servizio di emergenza accessibile da parte di chiunque intenda segnalare situazioni di emergenza e di disagio (articolo 1, comma 1), gratuito, attivo 24 ore su 24;
il 26 febbraio 2003, a seguito di bando pubblico, il servizio 114 emergenza infanzia è stato affidato al Telefono Azzurro in via sperimentale, inizialmente per 3 mesi prorogati a 6, su tre aree Milano, Palermo e la provincia e il comune di Treviso;
conclusa e valutata positivamente la fase di sperimentazione, è stato predisposto l'avvio definitivo del servizio con decreto interministeriale del 6 agosto 2003 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 200 del 29 agosto 2003) affidato al Telefono Azzurro;
con questo mandato e in qualità di ente gestore, per un periodo di 3 anni con proroga di 2, Telefono Azzurro si è impegnato ad estendere progressivamente il servizio a tutto il territorio nazionale;
nel giugno del 2007, il telefono Azzurro, a seguito di una procedura di emersione, ha assunto tutti gli operatori del servizio 114 emergenza infanzia con un contratto di dipendenza a tempo determinato con scadenza 31 dicembre 2009, impegnando nelle due centrali operative di Milano e Palermo 35 operatori esperti;
alla base del servizio è necessaria una qualificata capacità di ascolto degli operatori che devono essere in grado di

discernere e verificare le emergenze e dare il supporto psicologico e sociale necessario;
il dipartimento per le pari opportunità, in data 7 dicembre 2009, ha concesso all'ente Telefono Azzurro una proroga al 30 aprile 2010 per il servizio 114 e la somma di euro 400.000 pari ad un terzo della somma stanziata annualmente per la gestione del servizio 114 emergenza infanzia;
Telefono Azzurro ha sostituito i 25 operatori esperti di Palermo con 24 volontari del servizio civile;
Telefono Azzurro ha aperto in data 16 dicembre 2009 in via Giudecca Vecchia 29 a Napoli il proprio «centro territoriale per l'intervento in rete a sostegno dei bambini e degli adolescenti» -:
se tali iniziative siano regolari o sia configurabile un abuso da parte dell'ente gestore;
quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, affinché i lavoratori di cui in premessa vengano reintegrati.
(4-06439)

...

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:

SBROLLINI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la sclerosi multipla è una malattia cronica, talvolta disabilitante che colpisce il sistema nervoso centrale (encefalo e midollo spinale), la cui causa esatta è sconosciuta e che si manifesta più frequentemente tra i 20 e i 40 anni con le donne che si ammalano il doppio rispetto agli uomini;
si stima che in Italia ci siano circa 52.000 casi di sclerosi multipla, anche se non esiste in realtà un registro delle persone colpite dalla malattia;
non esiste un unico esame specifico per diagnosticare la sclerosi multipla, ma è necessario utilizzare diversi strumenti diagnostici: storia clinica della persona, esame neurologico, risonanza magnetica (che visualizza le eventuali placche di demielinizzazione), potenziali evocati (che misurano la velocità di conduzione degli stimoli nervosi lungo le fibre nervose), esame del liquor cerebrospinale che controlla la composizione del liquido che circonda il sistema nervoso centrale);
non si conosce una cura definitiva per la sclerosi multipla, ma esistono trattamenti che diminuiscono la frequenza e la gravità delle ricadute e che rallentano la progressione della malattia;
la terapia dipende dalle esigenze del singolo soggetto, tenendo conto del rapporto rischio-beneficio e della tollerabilità che ogni malato presenta nei confronti dei diversi farmaci;
i risultati del progetto Betaplus, uno studio durato otto anni che ha coinvolto 5.500 malati di sclerosi multipla in Italia, dimostrano che i malati di sclerosi multipla seguiti da infermieri professionisti si attengono nel 25 per cento dei casi ad una terapia più corretta ed efficace e, ricevendo corretta assistenza informazione, migliorano sensibilmente la qualità della loro vita;
altri studi dimostrano che il 45 per cento dei pazienti affetti da sclerosi multipla tende, dopo qualche anno ad abbandonare le terapie percependole come inutili, faticose, senza prospettiva;
in Italia esistono diversi centri, in cui operano neurologi che si occupano in maniera specifica di sclerosi multipla. Ogni centro propone le terapie che, grazie a studi scientifici eseguiti in tutto il mondo, si sono dimostrate più efficaci nelle varie forme di sclerosi multipla. I medici consigliano fare riferimento al centro più vicino a casa, visto che la sclerosi multipla è una malattia che necessita di controlli frequenti e chi ne è affetto deve

potersi rivolgere agevolmente alla equipe neurologica curante ogni volta che lo ritenga necessario;
l'Associazione italiana sclerosi multipla (AISM), nata nel 1968, è, oggi, con oltre 130 tra centri, sezioni provinciali e gruppi operativi sul territorio, il punto di riferimento in Italia per tutte le persone colpite dalla sclerosi multipla, e lamenta una scarsa politica e una ridotta attenzione verso i problemi dei malati di sclerosi multipla;
i principali centri italiani che si occupano di sclerosi multipla lamentano difficoltà gestionali, carenze di personale, scarsi investimenti su ricerca, strumenti, attrezzature, luoghi della cura e dell'accoglienza;
presso l'ospedale San Bortolo di Vicenza, Ulss n. 6, opera il centro sclerosi multipla e continuità assistenziale neurologica, che offre i seguenti servizi: visite specialistiche; trattamento delle ricadute; terapie preventive; accertamenti strumentali; valutazioni neuropsicologiche e riabilitazione cognitiva; sostegno psicologico; educazione e guida all'autocateterismo vescicale; certificazioni per invalidità; attività informati a, con per visite con altri specialisti, contatti con i servizi territoriali; contatti con la sezione provinciale AISM di Rosà;
il Centro sclerosi multipla del San Bortolo presenta i seguenti dati: pazienti seguiti, 496 l'anno di cui 345 femmine e 151 maschi; numero visite annue, 1.500; dai dati emerge un impegno rilevante del Centro sclerosi multipla al San Bortolo, che si estende nel territorio con prestazioni di continuità assistenziale neurologica, seguendo anche pazienti provenienti da altre Ulss del Veneto;
risulta evidente, per poter garantire il trend di prestazioni del centro, l'esigenza di potenziare l'organico con altre unità mediche e che, in mancanza di un piano di potenziamento, sarebbe leso il diritto alla salute di centinaia di malati di una patologia seria come la sclerosi multipla su un vasto territorio;
la situazione del Centro sclerosi multipla di San Bortolo e simile a tante altre situazioni di disagio, carenza di personale, difficoltà strutturale della rete assistenziale del territorio nazionale -:
se il Ministro interrogato, al fine di risolvere la grave situazione di carenza di personale e di conseguente disfunzione nelle attività dei centri sclerosi multipla diffusi sul territorio nazionale che appare all'interrogante lesiva di quei livelli essenziali di assistenza a cui il Governo deve sovrintendere su scala nazionale a tutela del diritto costituzionale alla salute, non ritenga, di promuovere, anche con il coinvolgimento delle regioni un progetto complessivo di potenziamento di tale rete in grado di ripristinare l'assistenza necessaria per una patologia così seria come la sclerosi multipla.
(4-06450)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per lo sviluppo economico, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
l'industria di macellazione Ghinzelli Marino spa con sede a Viadana (Mantova) rappresenta una delle principali imprese del settore operanti nell'ambito dell'importantissima filiera agroalimentare padana;
tale azienda impiega direttamente oltre 230 persone delle quali 159 dipendenti direttamente dalla Società ed operanti nella sede di Viadana;
l'azienda da qualche anno sta affrontando un grave stato di crisi di mercato accentuato da una certa conflittualità nell'ambito della compagine azionaria;
proprio in seguito ad un'iniziativa giudiziaria interna alla compagine azionaria, in data 2 novembre 2009 a seguito

della sentenza del tribunale di Mantova del 28 ottobre 2009 si insedia il nuovo amministratore giudiziario dottor Enrico Voceri;
nelle giornate del 2 e 3 novembre 2009 la produzione rimane sospesa in attesa di una decisione del nuovo amministratore che ordina a ripresa produttiva il giorno mercoledì 4 novembre;
l'amministratore giudiziario entra incarica e mantiene a sé tutte le deleghe: lo staff dirigenziale viene confermato nei ruoli ma viene totalmente escluso da una trattativa sindacale già in corso da qualche mese;
l'amministratore giudiziario chiede al sindacato di nominare un consulente di propria fiducia per la verifica contabile e per verificare il costo del lavoro: viene nominato il dottor Crotti di PROGESA il quale prende visione dei bilanci, dei costi del personale e relaziona al sindacato provinciale;
all'inizio del mese di dicembre 2009 viene presentata una prima proposta al sindacato nella quale si chiede: la mobilità accompagnata per circa 20 persone e la richiesta di passaggio di cooperativa di 27 persone per esternalizzare il reparto di macellazione. L'ipotesi viene scartata dal sindacato;
già alla fine di dicembre 2009 presentata la seconda ipotesi che prevede: la mobilità accompagnata per 21 persone e la riduzione del salario su tutti i dipendenti (operai/impiegati/quadri) del 15 per cento e una riduzione del 30 per cento sui dirigenti. Su questa ipotesi inizia una trattativa tra il commissario giudiziario e il sindacato provinciale che coinvolge i livelli provinciali delle sigle sindacali confederali;
lunedì 15 febbraio 2010 viene convocata un'assemblea dei lavoratori nella quale viene spiegato il piano proposto dall'azienda, I lavoratori chiedono di far intervenire il commissario nell'ambito dell'assemblea;
nella giornata di mercoledì 17 febbraio l'amministratore giudiziario convoca i lavoratori ai quali spiega il piano, ma viene interrotto bruscamente da alcuni dei lavoratori presenti;
al termine dell'assemblea il sindacato provinciale propone un referendum fra i lavoratori per decidere se continuare la trattativa con azienda o interromperla;
il referendum con 90 voti favorevoli e 39 contrari autorizza il sindacato a continuare la trattativa con l'azienda;
alla fine del mese di febbraio il sindacato pareva avesse accettato l'accordo finale con alcune migliorie (come ad esempio i recupero del 2 per cento dello stipendio dal 2o anno e altro);
lunedì 1o marzo 2010 viene convocata un'assemblea dei lavoratori in cui si consuma la frattura dal sindacato provinciale e la Rappresentanza sindacale unitaria interna: ovvero la RSU per alzata di mano chiede di respingere l'accordo finale e di sottoporre all'amministratore giudiziario una nuova proposta stilata dalla RSU stessa che prevede fra l'altro l'azzeramento dello stipendio per dirigenti/quadri e responsabili;
l'assemblea dei lavoratori con 60 voti a favore, 4 contrari e 11 astenuti approva la proposta;
nello stesso giorno la proposta viene presentata all'amministratore giudiziario il quale ovviamente la respinge;
nel giorno 4 marzo 2010 l'amministratore, nell'ambito di un incontro col management aziendale presso la sede dell'Associazioni industriali di Mantova e alla presenza dei dirigenti di quest'ultima, prospetta, l'ipotesi di una possibile chiusura dell'opificio;
il giorno venerdì 5 marzo l'amministratore giudiziario conferma la propria volontà di arrivare a breve ad una chiusura dell'impianto e conseguentemente si limita a prender parte al consueto mercato settimanale per l'acquisto di suini da macellare solo per i giorni di lunedì e martedì

successivi, prevedendo la cessazione dell'attività da mercoledì 10 marzo 2010;
contestualmente risulta sia stata richiesta la convocazione dei fornitori di servizi interni (cooperative di lavoro/autotrasporti/pulizie) per comunicare agli stessi la cessazione delle attività;
a questo punto pare che nelle prossime ore si provvederà alla cessazione unilaterale delle attività di uno dei più importanti stabilimenti di macellazione suina presenti sull'intero territorio nazionale -:
se si intendano convocare immediatamente le parti e verificare se sussistano i presupposti per poter salvare le produzioni nello stabilimento viadanese, con ciò assicurando la tutela dei livelli occupazionali.
(2-00643)
«Fava, Reguzzoni, Grimoldi, Nicola Molteni, Desiderati, Negro, Bragantini, Brigandì, Volontè, D'amico, Gidoni, Torazzi, Guido Dussin, Forcolin, Simonetti, Fugatti, Callegari, Bonino, Rainieri, Bitonci, Vanalli, Polledri, Luciano Dussin, Pini, Rivolta, Pastore, Follegot, Buonanno, Consiglio, Caparini, Togni, Crosio, Paolini, Allasia, Volpi, Goisis».

...

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

L'interpellanza urgente De Micheli e altri n. 2-00642, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Farinone.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta in Commissione Albonetti n. 5-02292, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Brandolini.

L'interrogazione a risposta in Commissione Quartiani n. 5-02602, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Meta.

L'interrogazione a risposta in Commissione Farina Coscioni e altri n. 5-02611, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati Murer e Pedoto.

Cambio di presentatore di interrogazione a risposta immediata in Assemblea.

Interrogazione a risposta immediata In Assemblea n, 3-00945, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 marzo 2010, è da intendersi presentata dall'onorevole Cimadoro, già cofirmatario della stessa.

Pubblicazione di un atto riformulato.

Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta immediata in Assemblea Cimadoro n. 3-00945, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 292 del 2 marzo 2010.

CIMADORO, PIFFARI, SCILIPOTI, DONADI, BORGHESI e EVANGELISTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 99 del 2009, all'articolo 25, prevede che la costruzione di impianti per la produzione di energia elettrica nucleare e di impianti per la messa in sicurezza di rifiuti radioattivi e tutte le opere connesse siano soggette ad un'autorizzazione unica rilasciata dal Ministro interrogato, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il

Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa solo con la Conferenza unificata;
la medesima leggo non tiene conto del ruolo delle regioni e dei comuni, limitandosi a prevedere un semplice parere in sede di Conferenza unificata e non una precisa intesa con a regione interessata dalla realizzazione di impianti per la produzione di energia nucleare, scavalcando completamente non solo le regioni stesso, ma anche gli enti locali ai fini della localizzazione di impianti e di aree. Insomma si assiste ad un'evidente sostanziale centralizzazione delle procedure;
la legge prevede, di fatto, che i siti delle nuove centrali e i luoghi per la gestione delle scorie potranno essere localizzati anche contro il parere della regione che dovrà ospitarli, dal momento che gli impianti potranno essere equiparati ad opere d'interesse strategico nazionale (al pari delle installazioni militari) e che, quindi, il Governo può essere legittimato a mandare l'esercito a difendere la sua scelta. Una strada, questa, peraltro già intrapresa con il decreto-legge sui rifiuti in Campania del giugno 2008;
è per questa esclusione di fatto dall'iter decisionale relativo alla localizzazione degli impianti che diverse regioni hanno già provveduto a impugnare la norma di fronte alla Corte costituzionale ed altre sono in procinto di farlo;
quasi tutte le regioni, infatti, hanno detto «no» al piano nucleare, sull'onda dei ricorsi alla Corte costituzionale presentati da 11 amministrazioni (Basilicata, Calabria, Emilia Romagna, Umbria, Lazio, Puglia, Liguria, Marche, Piemonte, Molise e Toscana), che hanno rilevato profili di incostituzionalità nelle procedure previste per la definizione dei siti e per i processi autorizzativi delle centrali;
in Sicilia Assemblea regionale ha detto «no» al nucleare con un ordine del giorno, approvato all'unanimità, con l'appoggio anche del presidente Raffaele Lombardo;
sebbene il Governo smentisca l'esistenza ad oggi di una mappa già definita dove ubicare gli impianti nucleari e di smaltimento delle scorie, si susseguono le notizie di una lista stilata da incaricati del Governo di dieci siti ospitanti le centrali nucleari e lo smaltimento delle scorie;
come riportato dal quotidiano La Stampa del 15 febbraio 2010, il 19 novembre 2009 Enel e Edf hanno chiuso la lista delle proposte dei siti dove realizzare le centrali nucleari in Italia;
appare del tutto secondario il ruolo del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e dei mare nella scelta dei siti, scelta cui sembrano marginali i criteri di compatibilità ecologico, quali l'assetto idrogeologico, la sismicità dei territori e le caratteristiche geomorfologiche dei luoghi prescelti, nonché la valutazione dell'impatto ambientale degli impianti nucleari;
è evidente il grande imbarazzo del Governo nel comunicare all'opinione pubblica la definizione delle aree dove si è scelto di localizzare gli impianti nucleari, alla luce dell'estrema impopolarità di questa scelta energetica e della contestuale fase di vigilia delle prossime elezioni regionali;
gli stessi candidati a presidente del centrodestra, con malcelata difficoltà, non si assumono la responsabilità di fronte all'elettorato di sostenere l'eventuale indicazione della loro regione quale area prescelta per l'eventuale localizzazione del sito nucleare;
esemplare è il caso relativo alla possibilità di una riapertura del reattore di Caorso, in provincia di Piacenza. Il quotidiano Il Sole 24 ore del 25 febbraio 2010 riportava la proposta di un autorevole esponente del Popolo della libertà per la riattivazione della vecchia centrale di Caorso e il giorno seguente, il medesimo quotidiano, riportava la pronta dichiarazione dei sindaco piacentino del Popolo della libertà, Fabio Callori, evidentemente impegnato in campagna elettorale, che dichiarava: «siamo favorevoli al ritorno al

nucleare, ma non a Caorso, che sta ancora lottando per chiudere con il passato»;
è invece del tutto indispensabile per un corretto e democratico svolgimento delle stesse elezioni regionali che i candidati alla presidenza delle regioni si pronuncino con cognizione di causa su una scelta così importante quale l'installazione nel territorio della propria regione di una centrale nucleare o di un sito per a raccolta delle scorie nucleari, anche perché « tra l'altro» lo stesso Sottosegretario per lo sviluppo economico, Stefano Saglia, ha dichiarato (come riporta Il Corriere della Sera del 12 febbraio 2010) che: «è chiaro che nessuna centrale nucleare si farà contro la volontà della regione, è una cosa che non accadrà mai» -:
se il Governo non ritenga necessario e doveroso far conoscere ai cittadini italiani, prima della prossima scadenza elettorale, i siti individuati per l'installazione delle centrali nucleari, o comunque l'elenco completo delle aree potenzialmente interessate ad ospitare i medesimi siti. (Nuova formulazione)
(3-00945)
(2 marzo 2010)

Ritiro di un documento di indirizzo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore:
mozione Bersani n. 1-00333 del 25 febbraio 2010.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta immediata in Assemblea Delfino n. 3-00941 del 2 marzo 2010;
interrogazione a risposta immediata in Assemblea Bratti n. 3-00944 del 2 marzo 2010.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

ALLASIA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
con riferimento alla applicazione del decreto-legge n. 279 del 2000 nel testo modificato dalla legge di conversione n. 365 del 2000 concernente interventi urgenti per le aree a rischio idrogeologico molto elevato ed in materia di protezione civile, nonché a favore delle zone della regione Calabria danneggiate dalle calamità idrogeologiche di settembre ed ottobre 2000, a seguito interrogazione a risposta scritta a firma Allasia e Capanni, il Dipartimento per la protezione civile affermava che sempre, senza soluzione di continuità, il criterio per individuare il bialluvionato era quello di avere percepito i benefici previsti dalla legge nel 1994;
con successiva interpellanza urgente n. 2-00384, a prima firma Giancarlo Lehner mercoledì 13 maggio 2009 si chiarì che in 18 casi a Vercelli ed in un caso a Montalto Dora (dazione Fasti) furono pagati indennizzi e mai ne fu revocata la concessione, nonostante ormai il Consiglio di Stato abbia dichiarato l'illegittimità della concessione e la stessa regione Piemonte con atto prot. 34423/s.l/1.45 abbia ritenuto «necessario recuperare quanto indebitamente versato»;
è pertanto inequivocabile e ad ogni modo passato in giudicato che riguardo alla qualifica di bialluvionato ed alla relativa fruizione dei contributi prevista dall'articolo 4-bis del decreto-legge n. 279 del 2000 nel testo consolidato, l'unico criterio valido per riconoscere tale qualifica e per ottenere il predetto contributo è la già avvenuta fruizione dei contributi previsti per l'alluvione del 1994;
in particolare l'azienda Fasti non ha chiaramente percepito i contributi statali in riferimento all'alluvione del 1994, pertanto ove anche fosse stata risarcita in via assicurativa, il suo caso, per dirla con lo «Stampone» usato dalla Regione Piemonte «... rientra nei casi di coloro che pur avendo subito l'alluvione non hanno percepito i benefici dello Stato», e pertanto in stretta osservanza della pronuncia del Consiglio di Stato del 17 ottobre 2006, le provvidenze percepite dalla stessa Fasti devono essere recuperate, sottolineando che sarebbe oltretutto nullo ogni altro eventuale atto che ne avesse giustificato l'ottenimento -:
se, alla luce dei principi interpretativi forniti dall'allora Agenzia di protezione civile, e al fine di garantire l'equità di trattamento in relazione ai citati casi, non ritenga opportuno valutare la necessità di assumere le iniziative di competenza affinché, anche coinvolgendo la regione Piemonte, si proceda al recupero dei contributi erogati alla Fasti vista la pronuncia del Consiglio di Stato.
(4-04686)

Risposta. - In relazione all'atto di sindacato ispettivo in esame, relativo alla fruizione dei contributi per i bi-alluvionati del Piemonte, si fa presente quanto segue.
Com'è noto, ai sensi dell'articolo 4-
bis del decreto-legge n. 279 del 2000, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 365

del 2000, vengono disciplinati i contributi da erogare ai soggetti o alle attività produttive già danneggiati dagli eventi alluvionali del 1994.
Tale disposizione è stata oggetto di vicende normative e giurisprudenziali che si sono concluse con la pronuncia del Consiglio di Stato, in data 17 ottobre 2006, che ha condiviso le affermazioni rese, a suo tempo, dall'allora agenzia di protezione civile, fondate sul principio che, per l'assegnazione del contributo di cui trattasi, il criterio della già avvenuta fruizione del contributo previsto per l'alluvione del 1994, deve ritenersi l'unico valido ai fini della fruibilità del già citato contributo di cui al menzionato articolo 4-
bis del decreto legge 279 del 2000.
Si precisa che dette affermazioni, rese dall'organo di protezione civile, rivestivano natura strettamente interpretativa della norma statale, non recando alcuna regola innovativa in materia.
Relativamente all'azienda Fasti, si fa presente che, nel 1994, essa non ha ottenuto il contributo pubblico unicamente perché, avendo incassato un risarcimento assicurativo - pari al triplo rispetto al massimo contributo pubblico ottenibile - prima della scadenza dei termini per fare domanda, la normativa vigente in materia non consentiva la presentazione dell'istanza.
A conferma di ciò, benché la Fasti avesse prodotto documentazione comprovante i danni subiti dall'alluvione del 1994, l'erogazione di detto contributo non rientra nelle previsioni della predetta sentenza del Consiglio di Stato, atteso che l'azienda in parola non poteva ottenerlo a causa dell'anticipato risarcimento assicurativo.
Appare opportuno evidenziare che il dipartimento della protezione civile ha attivato, attraverso il servizio ispettivo del Ministero dell'economia e delle finanze, una verifica amministrativo-contabile presso la regione Piemonte sugli interventi diretti a fronteggiare i danni conseguenti agli eventi alluvionali accaduti nel mese di ottobre 2000.
Il dipartimento della protezione civile, a seguito della predetta verifica, ha dato assicurazione di ribadire alla regione Piemonte la necessità di provvedere a recuperare i contributi indebitamente erogati e che comunque ha provveduto a rimettere gli atti alla competente procura regionale presso la Corte dei Conti, per l'eventuale accertamento dei profili di danno erariale.

Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Elio Vito.

BELLOTTI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
i biocombustibili sono un'opportunità per il Paese: nonostante negli anni si siano alternati 3 Esecutivi, dopo l'introduzione delle prime disposizioni in materia volute dall'allora Ministro Alemanno, nessuno ha messo in discussione che uno sforzo mirato a promuovere l'utilizzo di queste risorse rinnovabili andasse fatto;
una delle misure a sostengo al settore è contenuta nel comma 376 dell'articolo 1 della legge finanziaria del 27 dicembre 2006, n. 296, con cui si destinava l'importo di 15 milioni di euro per il finanziamento di programmi di ricerca e sperimentazione del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali nel settore bioenergetico;
con i successivi atti il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali provvedeva all'emanazione di appositi bandi destinando 10 milioni di euro al finanziamento di progetti di ricerca miranti alla risoluzione di problematiche specifiche per il settore (decreto ministeriale n. 246 del 2007);
in data 22 dicembre 2008 il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali attraverso comunicazione via internet pubblicava l'elenco dei progetti ritenuti eleggibili a finanziamento sulla base delle valutazioni compiute da apposita Commissione presieduta dal professor Paolo Fantozzi dell'Università di Perugia, quale rappresentante del Comitato di cui al decreto ministeriale n. 5064 del 2007;

contro la suddetta valutazione si pronunciava però, attraverso ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, l'Università di Torino;
il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali senza attendere gli esiti del ricorso, nel luglio 2009 annullava quanto posto in essere in sede di attuazione del decreto ministeriale n. 246 del 2007 a partire dalla nomina della Commissione fino alla conclusione del procedimento di approvazione della graduatoria, precisando, nel darne comunicazione scritta con nota dell'Ufficio SVIRIS IV a firma del direttore generale dottor Giuseppe Blasi, che la procedura di valutazione sarebbe stata ripetuta con la nomina di una nuova Commissione;
la fattispecie esposta, ove non giustificata, costituirebbe un fatto che, tanto dal punto di vista giuridico quanto amministrativo, desta perplessità, rappresentando un precedente pericoloso che mina o la fiducia nella correttezza della valutazione delle Commissioni ministeriali o la certezza, per gli operatori precedentemente riconosciuti come beneficiari, di veder riconosciuto il contributo per essi stanziato;
a giudizio dell'interrogante la decisione di non attendere gli esiti del ricorso appare in contrasto con la normativa vigente a danno di progetti già valutati eleggibili a finanziamento;
la nomina di una nuova Commissione rappresenta, ad avviso dell'interrogante, un atto di immotivata delegittimazione nei confronti della precedente, segnatamente del suo Presidente professor Paolo Fantozzi, e mette conseguentemente in discussione l'operatività del Comitato di cui al decreto ministeriale n. 5064 del 2007, tuttora operante presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali di cui lo stesso professor Fantozzi risulta ancora essere componente;
la nuova Commissione una volta insediata rischia di non essere scevra da condizionamenti nella valutazione stanti gli atti pregressi;
l'annullamento della procedura rischia di compromettere l'utilizzabilità dei fondi stanziati, stante il sussistente pericolo di perenzione degli stessi con grave nocumento per lo sviluppo delle necessarie innovazioni in un settore quale quello delle bioenergie altamente strategico per la competitività dell'agricoltura italiana -:
quali siano i motivi di annullamento della procedura posta in essere e della decisione di non attendere gli esiti del ricorso straordinario al Capo dello Stato.
(4-04539)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
In attuazione dell'articolo 1, comma 376, legge n. 296 del 2006 (finanziaria 2007) che ha destinato 15 milioni di euro al finanziamento di programmi di ricerca e sperimentazione agraria nel campo bionergetico, questo Ministero ha emesso, con decreto ministeriale n. 246 del 23 ottobre 2007, un bando per l'erogazione di contributi per 10 milioni di euro a 10 progetti concernenti il settore delle biotecnologie con quattro specifiche tematiche.
Il procedimento per la designazione dei progetti meritevoli è iniziato con l'affidare ad una apposita commissione di valutazione le relative operazioni.
L'esito della procedura ha visto quasi tutti i progetti conseguire l'idoneità al finanziamento salvo alcuni esclusi.
La posizione degli esclusi, per quanto comprensibile sul piano emotivo, ma non su quello giuridico, ha portato uno dei concorrenti, l'università degli studi di Torino, a proporre ricorso straordinario al Presidente della Repubblica per l'annullamento del provvedimento finale e degli atti ad esso connessi e preordinati, previa sospensiva in via cautelare.
Le censure avanzate riguardavano tutte profili di illegittimità formale del procedimento, senza far alcun cenno al merito.
Questo Ministero - valutata la fondatezza del gravame e tenuto conto dei tempi tecnici che lo stesso avrebbe impiegato nel doppio esame da parte del Consiglio di

Stato della misura cautelare e del merito, per giungere alla decisione finale -, ha ritenuto, nell'interesse dei concorrenti, di procedere, in autotutela, all'annullamento degli atti e provvedimenti adottati, a partire dal decreto di nomina della nuova commissione di valutazione.
Ciò ha consentito di reiterare la procedura in tempi rapidi, in modo da pervenire alla soluzione definitiva entro il corrente anno, con l'assicurare l'impegno delle somme assegnate ed evitando così la perenzione amministrativa.
L'operato di questo Ministero ha avuto come finalità non solo quella di garantire la legittimità dell'azione amministrativa, ma anche di assicurare l'efficienza e l'efficacia del procedimento.
Non può, pertanto, ritenersi, nel caso di specie, sussistere una delegittimazione della commissione di valutazione, in quanto sul merito del suo operato non vi è stata alcuna critica da parte del ricorrente.
Per quanto attiene alla posizione dei concorrenti, i cui progetti erano stati dichiarati idonei e finanziabili, occorre precisare che l'esito non è stato il risultato «di una estrazione a sorte» ma di una valutazione scientifica e che, se i progetti saranno ritenuti validi dalla nuova commissione, gli stessi conseguiranno il medesimo esito.
I motivi dell'impugnativa riguardavano l'incompatibilità di alcuni componenti della commissione di valutazione e la violazione della disciplina sul funzionamento della stessa quale collegio perfetto.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Luca Zaia.

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il 14 ed il 19 novembre, sul quotidiano gli Altri, sono state pubblicate due lettere nelle quali viene difesa la validità della scelta operata dall'amministrazione centrale sottoscrivendo, insieme al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il protocollo di intesa con Microsoft S.r.l. per la realizzazione di azioni a supporto dell'innovazione digitale nelle scuole;
il motivo della sottoscrizione dei Protocollo di Intesa con Microsoft S.r.l. risiederebbe nel fatto che quest'ultima si sarebbe impegnata a sostenere gratuitamente il piano del Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca ed il Piano «eGov2012» per la scuola del Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione;
nella seconda lettera si dà atto dell'importanza e del valore positivo del software libero ma si conferma la validità della scelta fatta, argomentando che Microsoft S.r.l. avrebbe promesso di donare alla Pubblica Amministrazione non solo licenze software ma anche computer;
dalla lettura del Protocollo non sembra si possano riscontrare gli impegni di donazioni da parte della multinazionale che, forte della propria posizione dominante sul mercato, è scrupolosamente attenta ai propri interessi economici tanto da fatturare dalla propria filiale irlandese - per ragioni di convenienza fiscale - tutte le vendite di licenze realizzate nel nostro Paese;
con il software libero si diffonde la condivisione della conoscenza, si rendono concreti valori quali la collaborazione e la libertà di espressione. Si contribuisce ad abbattere il divario digitale. Promuovendo nelle scuole il software libero si favorisce lo sviluppo di imprese nazionali che forniscono servizi ad esso connessi si riduce la spesa in acquisti di licenze di software a vantaggio delle imprese dominanti, con benefiche ripercussioni sia per la bilancia dei pagamenti che per il sistema fiscale del nostro Paese. Anche in questo modo si effettuano i principi e i valori della nostra costituzione nella società dell'informazione e della conoscenza -:
se è vero che l'accordo non prevede oneri finanziari espliciti per la Pubblica

Amministrazione, che pure si impegna a collaborare nella ricerca di client per i prodotti Microsoft - istituzioni scolastiche, personale docente e studenti -, è anche vero che i giovani - e con loro gli insegnanti e le famiglie - formati oggi dalla scuola, saranno in futuro cittadini e lavoratori capaci di utilizzare solo i software che ora ricevono «gratis» o «a prezzo di favore»: clienti e consumatori che, in futuro, troveranno più difficile scegliere soluzioni alternative;
se i fatti corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, se voglia considerare l'ipotesi alternativa, in grado di produrre ugualmente consistenti risparmi per la Pubblica Amministrazione, fatta dall'Associazione per il software libero, che aveva già presentato una domanda di intervento nel procedimento amministrativo che ha portato alla sottoscrizione del Protocollo di Intesa con Microsoft S.r.l., chiedendo altresì l'integrazione del Protocollo stesso per favorire la diffusione del software libero nel sistema scolastico e per il bene del Paese, poiché la diffusione della cultura digitale passa attraverso la promozione di strumenti e tecnologie libere.
(4-05437)

Risposta. - In relazione all'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha da tempo avviato un «Piano per l'innovazione digitale della scuola» volto ad elevare la qualità dell'offerta formativa delle istituzioni scolastiche sviluppando e potenziando il progetto didattico attraverso l'integrazione delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione nei processi di apprendimento.
Le attività connesse al suddetto progetto hanno sollevato l'interesse di molte realtà imprenditoriali e associative nei confronti dell'istituzione scolastica tanto da indurre il ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ad avviare una serie di azioni volte a tutelare le scuole ed indirizzare le iniziative di imprese ed associazioni.
In particolare, il 25 settembre 2009 il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e Microsoft Srl hanno sottoscritto un Protocollo d'intesa, di durata triennale, per sostenere la qualità dell'offerta formativa delle istituzioni scolastiche, da una parte operando per la formazione dei docenti e per l'utilizzo generalizzato della multimedialità nella didattica, dall'altra attuando specifiche iniziative sperimentali.
La collaborazione si pone tre obiettivi fondamentali: favorire l'accesso diffuso alle tecnologie da parte degli insegnanti e delle loro classi, promuovere la sperimentazione di nuove tecnologie specificatamente dedicate a docenti e studenti, sviluppare e diffondere competenze tecnologico/didattiche del corpo docente.
In virtù di questo Protocollo d'intesa
Microsoft si è resa disponibile a sviluppare servizi nell'ambito di attuazione delle iniziative ministeriali, a supportare progetti di particolare interesse didattico/organizzativo ed infine a promuovere iniziative di formazione sulle nuove tecnologie, con il preciso intento di favorirne l'accesso da parte delle istituzioni scolastiche italiane.
Nello specifico
Microsoft si è impegnata a:
fornire gratuitamente
software operativi e applicativi a supporto di particolari esigenze ed attività delle scuole e del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
sostenere iniziative per ridurre il
digital divide nelle scuole e per innovare la didattica e i processi di apprendimento attraverso l'uso della tecnologia e di contenuti didattici multimediali;
implementare i progetti del ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca tesi a realizzare ambienti di apprendimento adatti ad un utilizzo costante e diffuso delle tecnologie nella quotidianità scolastica;
promuovere iniziative mirate a valorizzare le buone pratiche delle scuole, allo scopo di offrire ulteriori motivazioni allo studio anche attraverso l'uso delle tecnologie;


garantire un uso sicuro e responsabile della rete internet da parte dei minori e promuovere la diffusione di una cultura di maggiore consapevolezza delle potenzialità della rete;
collaborare con le proprie consociate affinché vengano riconosciute agli studenti condizioni agevolate d'acquisto di soluzioni e prodotti, nell'intento di migliorare il loro percorso formativo e l'acquisizione di competenze al fine dell'inserimento nel mondo del lavoro;
supportare le attività formative previste dal «Piano per l'innovazione digitale nella scuola», anche attraverso l'adattamento e lo sviluppo di ambienti
Microsoft che prevedano la realizzazione di servizi di collaborazione e formazione, on line e in presenza del personale docente;
mettere a disposizione i propri contenuti multimediali, denominati «
digital literacy», per trasmettere adeguate conoscenze e abilità nell'uso delle nuove tecnologie a docenti e studenti di istituti scolastici di ogni ordine e grado.

In merito, poi, all'utilizzo di software liberi nella pubblica amministrazione, com'è noto, l'articolo 68 del decreto legislativo n. 82 del 2005, recante «Codice dell'amministrazione digitale», prevede che le pubbliche amministrazioni acquisiscano i programmi informatici «(...) a seguito di una valutazione comparativa di tipo tecnico ed economico» tra quelli disponibili sul mercato, indicando, tra questi, anche l'acquisizione di programmi informatici a codice sorgente aperto (open source).
L'utilizzo dei
software open source da parte delle pubbliche amministrazioni, quindi, è da valutare di volta in volta, attraverso una comparazione dei relativi requisiti tecnici ed economici. Tuttavia, sebbene i software open source sono connotati, in genere, da maggiore adattabilità, sicurezza ed economicità, essi devono essere, d'altra parte, idonei a soddisfare le specifiche esigenze delle amministrazioni.
Queste ultime sono chiamate, quindi ad una attenta valutazione degli oneri connessi all'utilizzo dei citati
software, in particolare sotto il profilo della manutenzione ed implementazione degli stessi, in ragione di particolari applicazioni strategiche.
Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

BITONCI, STUCCHI, LUCIANO DUSSIN e LANZARIN. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il terremoto che ha devastato Haiti rappresenta una tragedia di proporzioni enormi, che conta oltre 500 mila morti e un numero imprecisato di persone disperse;
interi quartieri sono stati completamente distrutti, a causa del crollo di edifici e costruzioni;
purtroppo c'è anche chi approfitta del dramma che sta vivendo Haiti: ci sono infatti notizie di assalti e saccheggi nella capitale e poiché il sisma ha danneggiato anche gli edifici della polizia, si rendono più difficoltose le operazioni di coordinamento dell'attività di controllo e repressione delle azioni criminali;
è crollato il carcere più importante del Paese e molti detenuti sono scappati;
Haiti è uno dei Paesi più poveri del mondo, il più povero in assoluto di tutto il continente americano e le condizioni di indigenza di gran parte della popolazione rischiano di rendere esplosiva la situazione;
avvertendo immediatamente la gravità della situazione ad Haiti, subito sono stati attivati aiuti da parte di numerose nazioni, seguiti da appelli alla solidarietà lanciati da organizzazioni umanitarie italiane e internazionali;
molte associazioni italiane, operanti nel campo delle adozioni internazionali, si sono attivate per chiedere le adeguate autorizzazioni, al fine di rispondere alle

numerose richieste di famiglie intenzionate ad adottare i bambini di Haiti rimasti orfani;
tali associazioni risultano ancora in attesa di ricevere i permessi, mentre si apprende dai media che ad Haiti alcuni bambini risultano misteriosamente scomparsi dagli ospedali, acuendo il timore di verosimili operazioni di traffico dei minori -:
se si intenda accelerare l'iter burocratico-amministrativo per il rilascio delle previste autorizzazioni necessarie per le adozioni, in modo tale che, quando saranno rese note le stime dei bambini effettivamente orfani, si possa provvedere in tempi ragionevoli a dar seguito alle richieste delle famiglie.
(4-05923)

Risposta. - Con l'atto parlamentare in esame gli interroganti chiedono di conoscere se il Governo, in considerazione della grave tragedia che ha colpito il popolo haitiano, con oltre 500 mila morti ed un numero imprecisato di minori in stato di abbandono, intenda accelerare l'iter burocratico-amministrativo per il rilascio delle autorizzazioni necessarie per le adozioni di minori.
Occorre preliminarmente considerare che i cataclismi, così come le emergenze belliche, sono situazioni in cui occorre particolare prudenza nell'avviare procedure adottive. In tali circostanze è sempre necessario attendere che, nelle zone colpite dalla calamità, la situazione rientri nella normalità, affinché siano ristabilite le condizioni per accertare l'effettivo stato di abbandono dei minori residenti nelle aree colpite (le cui famiglie potrebbero essere solo temporaneamente disperse) e le procedure di adozione degli orfani possano essere realizzate nel pieno rispetto delle norme nazionali e internazionali.
Qualsiasi attivazione meno prudente rischierebbe di rendere di fatto impossibile la verifica e il recupero dei legami familiari, ledendo il diritto dei minori e dei loro genitori e parenti. Per non dire del fondatissimo rischio di innescare fenomeni di approfittamento da parte di chi,
in loco, potrebbe per denaro falsificare fatti e documenti.
Al riguardo si rappresenta, come peraltro già accennato nelle premesse dagli interroganti, subito dopo il drammatico terremoto le istituzioni in generale, e quelle specificamente attive nel campo della protezione dell'infanzia, sono state subissate da contatti telefonici o via
e-mail da parte di migliaia di persone e famiglie desiderose di offrire la loro disponibilità per l'accoglienza degli «orfani» superstiti di questa tragedia.
In ogni modo la comunità internazionale delle autorità centrali previste dalla Convenzione de L'Aja del 1993 si è immediatamente mobilitata per la circolazione di ogni utile notizia. Sui siti
web delle autorità centrali e/o sui siti dei vari Ministeri degli esteri sono stati pubblicati comunicati che avvisano della necessità di fornire alle popolazioni terremotate gli aiuti necessari per affrontare l'emergenza, lasciando al prossimo futuro, quando saranno possibili interventi amministrativi e giudiziari adeguati, le decisioni in merito all'avvio eventuale di nuove adozioni internazionali.
Alcuni Paesi - quelli che normalmente realizzano adozioni internazionali ad Haiti, come Francia, Stati Uniti, Paesi Bassi - stanno altresì elaborando soluzioni per quelle procedure adottive definite con sentenza haitiana di adozione, ma nelle quali l'espatrio del minore non è ancora avvenuto a causa della mancanza di alcuni documenti finali (come l'attestazione di esecutorietà della sentenza di adozione o il passaporto). Vi sono poi quelle procedure in cui non è ancora intervenuta la sentenza da parte del giudice haitiano, ma l'abbinamento del minore haitiano con una famiglia straniera è certo e documentato.
Si tratta pertanto di situazioni tutte in cui lo stato di abbandono era stato regolarmente accertato in epoca antecedente al terremoto.
Rispetto a tali casi, i vari Paesi stanno adottando soluzioni diverse, tutte comunque improntate alla massima prudenza. Si segnala che la Francia, Paese che tradizionalmente ha relazioni privilegiate con Haiti anche nel campo delle adozioni internazionali, ha fatto sapere tramite il Ministero degli esteri di voler privilegiare allo stato attuale l'aiuto umanitario d'urgenza alle

vittime del terremoto: quando la situazione lo consentirà e quando le autorità haitiane lo decideranno, verranno individuate le soluzioni più appropriate per verificare i dossier dei bambini abbinati a coppie francesi.
Complessivamente, occorre sottolineare che la comunità internazionale delle adozioni internazionali è estremamente attenta a non compiere passi falsi e a non mettere a repentaglio la irrinunciabile correttezza delle procedure e la propria professionalità e credibilità.
Sempre in ambito internazionale, organizzazioni sovranazionali e/o indipendenti si sono espresse nei medesimi termini: dal sito di
United Nations Children's Fund UNICEF Italia: «...Affido familiare e adozione internazionale saranno probabilmente tra le misure che saranno intraprese per garantire un futuro ai bambini di Haiti le cui famiglie e comunità sono state distrutte dalla violenza del terremoto. Tuttavia, il dibattito su queste possibilità è prematura. È assai probabile che un numero elevato di bambini sia rimasto separato dai propri genitori o tutori per effetto del sisma... Dobbiamo trovare questi bambini, registrarli, assicurare loro beni per la sopravvivenza: cibo, cure mediche, un rifugio sicuro... Il prossimo passo sarà tentare di ricongiungere i bambini rimasti soli ai loro parenti, ogni volta che ciò sarà possibile... Siamo tutti concentrati sulla priorità assoluta: fornire rapidamente aiuti di emergenza e protezione a questi bambini nei luoghi in cui essi si trovano... Ora dobbiamo fare il massimo per identificarli e proteggerli fino a quando non sarà possibile prendere una decisione definitiva.».
Il Servizio sociale internazionale ha trasmesso un comunicato in cui si legge:
«A ce sujet, le SSI/CIR rappelle tout d'abord que, d'une manière générale, l'adoption internationale ne peut avoir lieu dans une situation de guerre ou de catastrophe naturelle, ces évènements rendant impossible la vérification de la situation personnelle et familiale des enfants. Toute opération visant à adopter, ou à évacuer vers un autre pays, des enfants victimes du tremblement de terre, doit absolument être évitéè, comme cela a été le cas lors du tsunami de 2004... Nous invitons toutefois les différents acteurs de l'adoption internationale à faire preuve de retenue et de réflexion dans la gestion de la crise en cours, et d'éviter de donner des réponses émotionnelle à une question aussi délicate que l'adoption internationale de ces enfants.».
Considerazioni analoghe sono state espresse dal
Permanent Bureau della Conferenza de L'Aja.
Così inquadrato il problema, dal punto di vista giuridico appare opportuno evidenziare che:
i principi fondamentali sanciti dalla Convenzione de L'Aja del 1993 e fatti propri dall'Italia con la ratifica del 1998 - e cioè: certezza dello stato di abbandono e sussidiarietà dell'adozione rispetto alle forme di tutela che consentono al minore di restare nel suo Paese - non ammettono deroghe;
qualsiasi spostamento di minori da un Paese ad un altro deve essere assistito dalla garanzia che si tratti effettivamente dell'unica e ultima tutela possibile;
le norme che disciplinano la tutela dei minori haitiani sono quelle del loro Paese di residenza;
spetta al governo haitiano decidere se, quando e come facilitare/accelerare le adozioni internazionali per trovare una famiglia sostitutiva ai propri figli restati orfani, ovvero se individuare forme di tutela diverse (quali soggiorni temporanei in altri Paesi);
se il governo haitiano deciderà in tal senso, occorrerà sostenerlo per garantire la massima trasparenza e completezza dei relativi procedimenti. Possiamo fin d'ora essere assolutamente certi che il Segretariato della Conferenza de L'Aja, Unicef Servizio sociale internazionale faranno - doverosamente - fronte comune per assistere al meglio - giuridicamente e operativamente - il Paese caraibico in quella dolorosa incombenza.

Si segnala, tuttavia, che l'Italia ha sempre avuto una limitatissima attività nell'ambito delle adozioni internazionali ad

Haiti. Tale assenza dal Paese è stata determinata da gravi difficoltà operative, relative a consistenti divergenze delle procedure locali rispetto ai principi della Convenzione de L'Aja cui si informa inderogabilmente la normativa italiana. L'unico ente italiano attivo ad Haiti nell'ambito delle adozioni internazionali fin dal 2007 ha deciso di non depositare nuovi fascicoli proprio a causa delle difficoltà incontrate. Pertanto, nessuna procedura adottiva di coniugi italiani è attualmente pendente in tale Paese.
Se dunque il governo haitiano dovesse decidere di ricorrere massicciamente allo strumento dell'adozione internazionale per la tutela dei propri orfani debitamente censiti, il sistema italiano, che vede una forte collaborazione tra autorità centrale ed enti autorizzati, è sicuramente in grado di convogliare rapidamente verso Haiti numerose coppie attualmente in attesa in altri Paesi. Ciò comunque nel quadro di un comune impegno internazionale per assicurare - pur nella verosimile celerità - assoluta regolarità e trasparenza delle procedure.

Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri: Carlo Giovanardi.

BORGHESI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel maggio 2008 il ceo di General Electric, Immelt viene in Italia e anche grazie all'appoggio di Alitalia (General Electric ne è un grande creditore, per i motori d'aereo forniti) negozia l'acquisizione di una banca;
nel Novembre 2008 arriva il via libera politico formale ed il 7/1/2009 General Electric, col benestare vincolante della Banca d'Italia, entra in una banca italiana - Interbanca - con la possibilità di utilizzare tutti i dati informatici trasferendoli alla parte industriale mondiale per utilizzarli per fare business;
la media impresa italiana inizia così ad essere oggetto di aggressione commerciale, interbanca è infatti ente concessionario di tutte le leggi agevolate e di tutti i progetti di ricerca, comunitari e nazionali (Min. ricerca e sviluppo e MIUR). Ovvero, raccoglie, approva e gestisce progetti e contributi. Interbanca ha il 30 per cento del mercato nazionale della legge 1329 (Sabatubu ed uk 9 per cento della legge 488 ex mezzogiorno, legge 46/82, contratto di programma Regione Puglia, legge 297/99). Una magnifica piattaforma d'osservazione;
diverse medie imprese italiane, in settori strategici vengono avvicinate e «passate» (in anglosassone si chiama crosselling) alle divisioni industriali di General Electric, per farne oggetto di acquisizione;
viene emanata una norma interna (con il placet di Banca d'Italia) per cui il CdA di Interbanca prima di approvare ogni affidamento ad imprese italiane nei settori energetico, aerospaziale ed immobiliare deve chiedere un parere vincolante a società del gruppo General Electric operanti in quel settore;
l'attività di credito ordinario da gennaio viene bloccata e nessun cliente riceve nuovi affidamenti. Tutto è fermo e congelato ed anche i clienti di leggi agevolate (esempio la legge 488 del Sud) rischiano di fallire in attesa dell'erogazione dei loro legittimi contributi, Interbanca senza che il controllore Banca d'Italia abbia nulla da obiettare, senza nessun consigliere indipendente e dove ogni decisione viene presa a Londra e dalla casa madre Usa, non può avere alcun interesse ad aiutare l'industria italiana ma anzi l'unico scopo è impossessarsi dei pezzi migliori (emblematico è il caso della Nuovo Pignone, ex Eni, autentico gioiello tecnologico venne venduta a General Electric nel 1993 ed è ora il loro centro mondiale dell'Oil&Gas);
recenti iniziative del Governo, sia normative che assunte in sede di CICR, hanno allentato i limiti alla partecipazione di imprese non esercenti attività di erogazione del credito nel capitale delle banche e viceversa con il rischio di rendere

sempre più frequenti in futuro situazioni quale quella descritta -:
se non intenda assumere le necessarie iniziative, eventualmente anche in sede di CICR, per rafforzare la separazione tra imprese esercenti attività creditizia ed imprese industriali beneficiarie del credito.
(4-02978)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, concernente l'acquisizione della società «Interbanca spa» da parte della «General Electric» e, in particolare, l'abbattimento della storica separazione banca-industria, sancita dall'articolo 19, commi 6 e 7, del decreto legislativo n. 385 del 1993 (testo unico bancario).
Al riguardo, si fa preliminarmente presente che, anticipando il recepimento della direttiva comunitaria 2007/44/CE, l'articolo 14 del decreto-legge n. 185 del 2008, convertito nella legge n. 2 del 2009, recante misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale, ha disposto l'abrogazione dei citati commi 6 e 7, dell'articolo 19 del testo unico bancario. Tale abrogazione consente ai soggetti che svolgono attività di impresa in settori non bancari, né finanziari (come la General Electric) di richiedere l'autorizzazione per l'assunzione di partecipazioni superiori al 15 per cento dei diritti di voto in banche e nella capogruppo di gruppi bancari.
L'autorizzazione all'acquisizione viene rilasciata dalla Banca d'Italia, al ricorrere delle condizioni previste dall'articolo 19 del testo unico bancario e delle relative disposizioni di attuazione.
Sulla questione la segreteria del comitato interministeriale per il credito ed il risparmio, sentita la Banca d'Italia, ha comunicato che in sede di autorizzazione all'acquisizione di Interbanca da parte della General Electric, sono state poste una serie di condizioni, atte a garantire la sana e prudente gestione della banca stessa, oltre ad assicurare l'imparzialità degli organi di supervisione, gestione e controllo della controllata Interbanca rispetto alla controllante.
L'azione di supervisione svolta dalla Banca d'Italia è proseguita anche successivamente all'acquisizione ed è culminata nell'adozione, da parte del consiglio di amministrazione dell'intermediario bancario, di una delibera con la quale è stato assunto formale impegno a non porre in essere comportamenti che possano recare pregiudizio alla sana e prudente gestione della banca stessa. Nella medesima delibera, è stato, altresì, deciso che tutte le operazioni con parti correlate o con società controllate direttamente o indirettamente dalla General Electric siano sottoposte all'approvazione del consiglio di amministrazione.

Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Nicola Cosentino.

CATANOSO. - Al Ministro della pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
quanto sta avvenendo nei coordinamenti regionali della Croce Rossa italiana di Piemonte e Lombardia, a giudizio degli odierni interroganti, ha raggiunto livelli di guardia che il ministro non può sottovalutare;
in base a quanto denuncia da svariati mesi la Ugl Fedep i direttori provinciale della CRI di Alessandria e Lodi stanno attuando una insopportabile operazione di mobbing nei confronti di alcuni iscritti alla Federazione enti pubblici della UGL;
il caso più grave riguarda il delegato sindacale UGL di Alessandria, M.D., che si trova dequalificato, demansionato e sottoutilizzato e contestualmente suoi colleghi con qualifiche ed inquadramenti inferiori sono utilizzati, pur consentendolo le norme, con incarichi a volte direttivi;
il lavoratore, una volta preso servizio presso il Comitato provinciale di Alessandria, non ha avuto assegnata alcuna mansione confacente all'area tecnica a cui appartiene non è stato ricevuto al suo arrivo dal Funzionario amministrativo;

ad oggi il lavoratore non ha ricevuto alcuna comunicazione ufficiale da parte del Comitato Provinciale CRI di Alessandria di assegnazione di mansioni confacenti al livello e all'area professionale rivestita dallo stesso;
invece la mansione che dovrebbe ricoprire il dipendente M.D. in quanto appartenente all'area tecnica ed al livello professionale B3 quale quello di responsabile autoparco e coordinatore dei servizi è svolta, su incarico del funzionario provinciale delegato da un dipendente a tempo determinato di area tecnica livello A2;
attualmente il lavoratore si presenta regolarmente in ufficio e rimane a disposizione presso la stesso in attesa che qualcuno dei responsabili incaricati si decida a riconoscergli e ad assegnargli la mansione confacente al livello professionale rivestito;
fino ad oggi gli sono state proposte tre mansioni di cui, la prima che deve essere ricoperta specificatamente da personale appartenente all'area A tecnica, mentre le altre due volte sono mansioni puramente amministrative che il dipendente non può svolgere perché appartenente all'area tecnica;
a causa di quanto esposto sopra il dipendente è stato sottoposto ad un continuo invio di corrispondenza da parte del Comitato Provinciale di Alessandria, dal Servizio gestione risorse umane e dal comitato centrale riguardante minacce di assunzioni di provvedimenti disciplinari, alcuni dei quali emessi, recuperi di denaro dalla busta paga senza specificarne il motivo, mancata erogazione del compenso incentivante e continui richiami di chiarimenti riguardanti il mancato rispetto dell'orario di lavoro e dei turni;
da pochi mesi sono iniziate le proposte di erogazione di giorni di sospensione dal servizio senza retribuzione con il chiaro l'intento di erogare al più presto il licenziamento a tal punto che il lavoratore si è rivolto ad un legale grazie al quale ha avviato nei confronti dell'Amministrazione della Croce Rossa italiana una causa per mobbing;
prima del dipendente M.D. anche un'altra lavoratrice, sempre iscritta all'UGL Fedep, sempre dipendente del comitato provinciale di Alessandria, era a sua volta sottoposta a pressioni per il solo fatto di aver segnalato e richiesto il rispetto delle norme contrattuali e legislative;
nel corso degli anni, la lavoratrice è stata costretta a produrre controdeduzioni per rispondere ad accuse non rispondenti alla realtà dei fatti ed ha subito due censure, benché una nutrita documentazione a sua discolpa; assolutamente non considerata, fosse stata da lei inviata al Direttore regionale;
alla stessa dipendente, dopo un infortunio subito a causa del sollevamento a cui è stata costretta per la sicurezza di un paziente, rimediando ad un inconveniente procurato da due barellieri che aveva insieme come equipaggio appartenenti al servizio civile, non addestrati e neanche qualificati per potere svolgere il servizio a cui erano stati ordinati dai responsabili del servizio ambulanza e pur avendo la stessa da parte del medico competente un esenzione al carico, al suo rientro in servizio si è vista richiedere chiarimenti per una giornata di recupero di festività lavorate nei primi giorni di gennaio 2009. Alla lavoratrice si contesta la continua mancanza di collaborazione, cosa assolutamente non vera;
un'altra problematica si verifica presso l'autoparco di Tortona dove vi sono forti frizioni derivanti da chi debba formulare i turni lavorativi e nonostante un incontro tra la Ugl ed il funzionario delegato, la stessa persona che svolge l'incarico per il comitato provinciale di Alessandria, in cui si era stabilito un accordo, lo stesso è stato completamento disatteso;
consta all'interrogante che, sempre nell'autoparco della Croce Rossa di Tortona i dipendenti non vengono mandati a

fare la visita medica obbligatoria prevista dalla normativa da almeno 5 anni;
nei comitati provinciali di Lodi e Codogno non sono stati rinnovati i contratti a due dipendenti a tempo determinato, su richiesta dei rispettivi presidenti dei due comitati ed avvisandoli solamente l'ultimo giorno dell'anno tramite raccomandata;
su questo mancato rinnovo contrattuale la Ugl Fedep ha chiesto un incontro urgente al Direttore regionale della Lombardia senza ottenere alcun riscontro;
i due lavoratori non rinnovati sono stati sostituiti con l'assunzione di dipendenti con contratto di lavoro interinale, nonostante i due, dipendenti rientrassero nel programma di stabilizzazione, come previsto dalla specifica normativa -:
quali iniziative intenda adottare il ministro interrogato per risolvere le gravi questioni sollevate in premessa.
(4-05111)

Risposta. - In riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
I profili di competenza del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione in ordine alla questione prospettata dall'interrogante attengono unicamente alla possibilità di attivare, per il tramite dell'ispettorato della funzione pubblica, verifiche sulla conformità dell'azione amministrativa ai principi di imparzialità e buon andamento, sull'efficacia della sua attività con particolare riferimento alle riforme volte alla semplificazione delle procedure, sul corretto conferimento degli incarichi, sull'esercizio dei poteri disciplinari, sull'osservanza delle disposizioni vigenti in materia di controllo dei costi, dei rendimenti, dei risultati, di verifica dei carichi di lavoro (articolo 60, comma 6 del decreto legislativo n. 165 del 2001 come modificato dal decreto legislativo n. 150 del 2009).
In relazione alla vicenda in esame si evidenzia, in particolare, che il 9 luglio 2009, a seguito di segnalazione a firma di due volontari del Comitato provinciale di Alessandria in ordine al comportamento del dipendente della Croce Rossa di Alessandria Massimo Doria, l'Ispettorato ha chiesto chiarimenti al Direttore Regionale CRI Lombardia e al Capo Dipartimento CRI Roma.
Quest'ultimo, in una prima nota del 20 luglio 2009 ha trasmesso un dettagliato elenco di procedimenti disciplinari riguardanti il dipendente Massimo Doria, sottolineando, inoltre, che sul conto di detto dipendente, è stata presentata formale denuncia, in data 24 luglio 2009, alla Corte dei conti.
In particolare, previa segnalazione del Comitato regionale CRI del Piemonte, sono state attivate, in applicazione delle norme disciplinari del comparto di riferimento, i seguenti procedimenti disciplinari a carico del dipendente sunnominato:
1. procedimento disciplinare attivato con contestazione di addebiti protocollo n. 0002935 del 16 gennaio 2009, concluso con l'irrogazione della sanzione disciplinare della censura scritta, comminata dal direttore del Comitato Regionale Piemonte con nota protocollo n. 1374 del 10 marzo 2009 in violazione degli obblighi del dipendente di cui all'articolo 26, comma 3, lettera
o) del CCNL del Comparto enti pubblici non economici del 6 luglio 1995;
2. procedimento disciplinare attivato con contestazione di addebiti protocollo n. 7096 del 4 febbraio 2009 concluso con l'irrogazione della sanzione disciplinare di due giorni di sospensione dal servizio con privazione della retribuzione con determinazione dipartimentale 125 del 25 maggio 2009, per violazione degli obblighi del dipendente di cui all'articolo 26, commi 1 e 3, lettere
a), e), h) ed o) del CCNL del Comparto enti pubblici non economici del 6 luglio 1995;
3. procedimento disciplinare attivato con contestazione di addebiti protocollo n. 13755 del 3 marzo 2009, concluso con l'irrogazione della sanzione disciplinare di due giorni di sospensione dal servizio con privazione della retribuzione con Determinazione dipartimentale 144 dell'11 giugno 2009, per violazione degli obblighi del dipendente

di cui all'articolo 26, commi 1 e 3, lettere a) h) ed o) del CCNL del Comparto enti pubblici non economici del 6 luglio 1995;
4. procedimento disciplinare attivato con contestazione di addebiti protocollo n. 0017949 del 18 marzo 2009, concluso con l'archiviazione con Determinazione dipartimentale 145 dell'11 giugno 2009;
5. procedimento disciplinare attivato con contestazione di addebiti protocollo n. 22571 del 3 aprile 2009 concluso con l'irrogazione della sanzione disciplinare di tre giorni di sospensione dal servizio con privazione della retribuzione con Determinazione dipartimentale 156 del 18 giugno 2009 per violazione degli obblighi del dipendente di cui all'articolo 26, commi 1 e 3, lettera
e), del CCNL del Comparto enti pubblici non economici del 6 luglio 1995;
6. procedimento disciplinare attivato con contestazione di addebiti protocollo n. 28601 del 28 aprile 2009 concluso con l'irrogazione della sanzione disciplinare di quattro giorni di sospensione dal servizio con privazione della retribuzione con Determinazione dipartimentale 171 del 25 giugno 2009 per violazione degli obblighi del dipendente di cui all'articolo 26, commi 1 e 3, lettere
e) ed o) del CCNL del Comparto enti pubblici non economici del 6 luglio 1995;
7. procedimento disciplinare avviato con contestazione di addebiti protocollo n. 0037445 del 4 giugno 2009 concluso con l'irrogazione della sanzione disciplinare di tre giorni di sospensione dal servizio con privazione della retribuzione con Determinazione dipartimentale 185 del 10 luglio 2009 per violazione degli obblighi del dipendente di cui all'articolo 26, commi 1 e 3, lettere
e) ed o) del CCNL del Comparto enti pubblici non economici del 6 luglio 1995.

Si rappresenta che il dipendente suindicato ha esperito tentativo obbligatorio di conciliazione al fine di impugnare i procedimenti disciplinari summenzionati di cui ai punti n. 1, 2, 3 e 5 ai sensi dell'articolo 66 del decreto legislativo n. 165 del 2001 e successive modificazioni ed integrazioni.
Inoltre, si evidenzia che, con nota protocollo n. CRICC/0022917/09 del 1o aprile 2009 il direttore generale della CRI ha inoltrato alla procura della Repubblica di Alessandria formale esposto nei confronti del dipendente sunnominato, integrato successivamente con nota protocollo n. CRICC/23814/09 dell'8 aprile 2009 della direzione generale, affinché la citata procura potesse valutare eventuali condotte penalmente rilevanti poste in essere dallo stesso.
Si informa, inoltre, che il servizio 6o trattamento economico previdenziale e giuridico ha proceduto, per la parte di competenza, ad una azione di recupero somme per le ore giornaliere non lavorate dal dipendente suindicato.
Ciò premesso, dalla relazione in esito alla verifica effettuata dall'ispettorato, a seguito della segnalazione del 9 luglio 2009, si evince quanto segue: «unica obiezione dell'interessato, è sembrata essere il mancato riconoscimento delle mansioni di Capo autoparco. Mansioni che, secondo disposizioni della regione Piemonte, sono subordinate a certificazioni che il signor Doria non possiede. Mansioni comunque sostituite dal funzionario amministrativo con altre equivalenti, ma, da quanto si segnala, non accettate».
Infine, si rappresenta che lo stesso Massimo Doria ha comunicato, in data 16 settembre 2009, di aver presentato ricorso al giudice del lavoro del tribunale di Alessandria.

Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

DEL TENNO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
risulta che alcuni uffici locali dell'agenzia delle entrate, nell'ambito dei controlli finalizzati al recupero dell'evasione nel campo immobiliare contestano nei verbali di verifica maggiori ricavi per effetto

della ricostruzione dei prezzi di cessione degli immobili costruiti e venduti;
nella prassi commerciale le compravendite degli immobili in costruzione vengono generalmente eseguite in corso d'opera mediante la sottoscrizione di contratto preliminare e successivo rogito notarile, che viene stipulato dopo l'ultimazione della costruzione, che può avvenire anche dopo alcuni anni;
il prezzo dell'immobile convenuto nel contratto preliminare risulta confermato nel rogito notarile in quanto già pattuito, mentre il valore di mercato dello stesso immobile risulta quasi sempre ben superiore per effetto del progressivo aumento dei prezzi nel settore;
i suddetti uffici dell'agenzia delle entrate nell'attività di verifica e di accertamento ricostruiscono i prezzi di vendita degli immobili assumendo il loro presunto valore venale alla data del rogito, anziché il prezzo concordato nel preliminare di vendita;
in particolare, la base imponibile viene recuperata mediante l'applicazione del valore normale dell'immobile calcolata con la banca dati dell'osservatorio immobiliare in forza del decreto-legge n. 223 del 2006 convertito con modificazioni nella legge n. 248 del 4 agosto 2006 del provvedimento del direttore dell'agenzia delle entrate del 27 luglio 2007, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 182 del 7 agosto 2007;
l'obbligo della registrazione in termine fisso del contratto preliminare di vendita immobiliare è stato introdotto con la legge n. 296 del 2006 (legge Finanziaria per il 2007), mentre in precedenza tale facoltà era lasciata alla libera pattuizione delle parti, ovvero in caso d'uso;
in assenza di registrazione, precedentemente non obbligatoria, il requisito della certezza della data viene definito in base alla comune disciplina civilistica in materia di prove documentali, in particolare in base agli articoli 2702-2704 del codice civile, come si desume anche dalla circolare 10/E dell'agenzia delle entrate del 16 febbraio 2007;
in base alla suddetta disciplina, la data certa può essere dimostrata con qualsiasi fatto che possa essere idoneo a stabilirne la veridicità, per cui prove valide possono essere rappresentate anche dalle scritture contabili e dalle fatture emesse al momento dei pagamenti in acconto;
sulla base di quanto esposto, non si comprende per quale motivo i suddetti uffici considerino invece quale unica prova ammissibile della data certa la registrazione del contratto preliminare di compravendita;
le maggiori somme recuperate a seguito degli accertamenti degli uffici dell'agenzia delle entrate, basate sui valori degli immobili al momento della stipula del rogito piuttosto che sui prezzi effettivamente pattuiti nei contratti preliminari di compravendita, anche se non registrati, sono spesso di rilevante entità (milioni di euro), ma di fatto sono infondate e non rispecchiano i reali prezzi di vendita;
tutto ciò comporta una situazione di difficoltà per le imprese che si trovano costrette a pagare le maggiori imposte, definite a seguito degli accertamenti, che scaturiscono dal recupero di maggiori redditi ma che di fatto non sussistono -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali opportune iniziative si intendano intraprendere al fine di chiarire che ai contratti preliminari di vendita, conclusi prima della legge n. 296 del 2006 (legge Finanziaria per il 2007) e non registrati, si applichi ai fini dell'accertamento del valore degli immobili la comune disciplina civilistica in materia di prove documentali contenuta negli articoli 2702-2704 relativi alle scritture private.
(4-02422)

Risposta. - Con l'interrogazione in esame l'interrogante chiede chiarimenti in merito all'attività di accertamento posta in essere da alcuni uffici locali dell'Agenzia

delle entrate nell'ambito di controlli finalizzati al recupero dell'evasione nel campo immobiliare.
In particolare l'interrogante si riferisce alla prassi da parte dei predetti uffici dell'Agenzia delle entrate di accertare il corrispettivo della compravendita basandosi sul valore normale dell' immobile alla data del rogito, senza attribuire alcuna valenza alla data in cui è stato stipulato il contratto preliminare di compravendita con la conseguenza che il valore così determinato può risultare superiore per effetto del progressivo aumento dei prezzi.
Al riguardo l'Agenzia delle entrate rappresenta che la prassi di assumere quale valore normale dell'immobile quello alla data del rogito, dipende dalla necessità di avere una data certa che stabilisca il momento dell'acquisto del bene; infatti l'obbligo di registrazione in termine fisso del contratto preliminare di vendita immobiliare è stato introdotto solo con la legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006), mentre - prima di quella data - tale facoltà era lasciata alla libera scelta delle parti.
Di conseguenza si osserva che in assenza di registrazione, non obbligatoria prima del 2007, il requisito della certezza della data viene definito in base alla comune disciplina civilistica in materia di prove documentali articoli 2702-2704 del codice civile e quindi l'effettivo momento di acquisto di un immobile, in caso di contratto preliminare di compravendita redatto sotto forma di scrittura privata non autenticata e non assoggettato a registrazione, può essere dimostrato nel corso della fase di confronto con il contribuente - che di prassi viene proposta dagli uffici - anche con altri elementi. Tra questi, ad esempio, si ricordano la data di versamento dell'eventuale acconto, la relativa fattura nonché assegni e movimentazioni bancarie riferite ai pagamenti.
Tanto premesso, si ritiene che gli organi ispettivi, in sede di controllo, nel determinare il valore normale degli immobili in costruzione, possano basarsi sulle predette valutazioni; a tal fine i contribuenti avranno cura di conservare ed esibire adeguata documentazione che comprova l'acquisto dell'immobile ad una data anteriore.
È opportuno, comunque, precisare che la materia dell'accertamento sulle compravendite immobiliari ha subito modifiche in virtù della legge 7 luglio 2009, n. 88 legge comunitaria 2008 - che all'articolo 24 (adeguamento comunitario di disposizioni tributarie), recependo la definizione di base imponibile dettata dalla direttiva comunitaria 2006/112/CE (articoli 72 e 80), ha modificato l'articolo 54, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 e l'articolo 39, comma 1, lettera
d) del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 eliminando, rispettivamente ai fini Iva e ai fini delle imposte sui redditi, il riferimento al criterio di valore normale.
Si è provveduto così a ridimensionare l'utilizzo del concetto di valore normale ai fini della determinazione della base imponibile fiscale, in favore dell'utilizzo del criterio del costo di acquisto o del costo sostenuto, eliminando quindi la presunzione legale secondo cui lo scostamento del prezzo di vendita dei beni immobili dal valore normale è sufficiente di per sé a far scattare l'accertamento automatico da parte degli uffici finanziari.
Più precisamente, con le modifiche sopra illustrate le autorità fiscali non possono rettificare automaticamente le dichiarazioni Iva annuali in forza della presunzione che la base imponibile per la cessione di immobili sia costituita dal valore normale di questi, ma dovranno basare l'accertamento, tranne per i casi espressamente previsti dall'articolo 80 della citata direttiva Iva sul valore del corrispettivo effettivamente determinato e versato dalle parti e non sul valore normale, stimato secondo criteri oggettivi.

Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Daniele Molgora.

DIMA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 1, comma 132, della legge n. 244 del 24 dicembre 2007 (legge finanziaria 2008) ha stabilito l'abolizione del

pagamento del canone di abbonamento RAI per i soggetti di età pari o superiore a settantacinque anni e con un reddito
proprio e del coniuge non superiore complessivamente a euro 516,46 per tredici mensilità;
nello stesso comma 132 dell'articolo 1 della legge n. 244 del 2007 è previsto un rinvio ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze che dovrebbe indicare le modalità applicative delle disposizioni contenute nello stesso comma;
nonostante l'approvazione della norma, il decreto attuativo non è stato ancora emanato dal Ministro competente, ingenerando aspettative e richieste di chiarimento da parte dei soggetti interessati -:
quali iniziative il Ministro dell'economia e delle finanze intenda intraprendere per dare concreta attuazione alla disposizione di legge in materia di esenzione dal pagamento del canone RAI per soggetti di età pari o superiore a settantacinque anni che presentano i requisiti richiesti dalla legge.
(4-02152)

Risposta. - Con l'interrogazione in esame l'interrogante chiede di sapere quali iniziative intenda intraprendere il Ministro dell'economia e delle finanze per dare concreta attuazione all'articolo 1, comma 132, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008).
Al riguardo si fa presente che detta norma prevedeva, nel limite massimo di 500.000 euro annui, per i soggetti di età pari o superiore a 75 anni e con un reddito proprio e del coniuge non superiore complessivamente a 516,46 euro per tredici mensilità, senza conviventi, l'esenzione dal pagamento del canone e rimandava ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze l'indicazione delle modalità applicative delle disposizioni agevolative in esame.
In via preliminare si osserva che la disposizione normativa oggetto dell'interrogazione in esame è stata modificata dal comma 2-
bis dell'articolo 42 del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, aggiunto, in sede di conversione, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31.
Attualmente, il comma 132 in esame è vigente nella seguente formulazione: «A decorrere dall'anno 2008, per i soggetti di età pari o superiore a settantacinque anni e con un reddito proprio e del coniuge non superiore complessivamente a euro 516,46 per tredici mensilità, senza conviventi, è abolito il pagamento del canone di abbonamento alle radioaudizioni esclusivamente per l'apparecchio televisivo ubicato nel luogo di residenza. Per l'abuso è irrogata una sanzione amministrativa, in aggiunta al canone dovuto e agli interessi di mora, d'importo compreso tra euro 500 ed euro 2.000 per ciascuna annualità evasa».
Atteso ciò, si evidenzia che, rispetto alla originaria versione è stato soppresso il limite massimo annuo di 500.000 euro ed è stato eliminato l'ultimo periodo del comma 132 che prevedeva l'emanazione di un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze recante l'indicazione delle modalità applicative delle disposizioni agevolative in esame.
Alla luce del nuovo quadro normativo si osserva che la norma in commento non necessita più dell'emanazione di un decreto attuativo.

Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Daniele Molgora.

EVANGELISTI. - Al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
l'intolleranza e la violenza omofobica e transfobica sembra non arrestarsi in Italia: l'8 settembre 2009 su un muro di via Cavour a Roma campeggiava un grosso manifesto con su scritto «I have a dream. Fr... al Colosseo con i leoni»; nella stessa città il 18 maggio 2009 accanto all'ingresso di un locale gay è comparsa la scritta «Fr... malati»; a Pisa il 5 agosto 2009 dinanzi alla sede di una impresa di servizi per la comunità omosessuale è stato scritto: «Gay.it morirete oggi», «I vostri uffici bruceranno», «Abbasso i gay» «Morirete fr...» «Gay Muftì»;

a Roma il primo settembre 2009 ignoti lanciano, poco prima della mezzanotte, due grossi petardi in via San Giovanni in Laterano, nella cosidetta «Gay street», scatenando il panico tra le moltissime persone presenti in quel momento; il 26 agosto 2009 sempre a Roma all'interno di una discoteca che ospita serate gay, ignoti hanno infranto i vetri dell'entrata e gettato del liquido infiammabile all'interno, tentando di dare fuoco allo stabile; il 21 maggio 2009 a Milano sono state lanciate tre pietre contro un bar frequentato da omosessuali, che hanno infranto un vetro colpendo, fortunatamente solo di striscio, uno dei clienti che in quel momento si trovava all'interno del locale;
il 4 luglio 2009 a Pavia un ragazzino di 13 anni delle scuole medie è stato preso di mira dai suoi compagni di scuola perché «sembrava» omosessuale e lo hanno aggredito fuori dalla scuola; il 22 maggio 2009 a Mestre vengono individuati gli aguzzini che hanno insultato e umiliato per due anni un ragazzo. Oltre alle offese e alle parolacce, gli davano del gay all'unico scopo di prendersi gioco di lui, troppo debole e spaventato per ribellarsi. E come se non bastasse, lo riprendevano mentre lo spingevano in un angolo e gli tiravano addosso qualsiasi cosa. Poi i video sono arrivati su un noto social network dove i bulli avevano creato un profilo apposito dove convogliare tutti i cimeli digitali delle loro riprovevoli azioni, con tanto di dati personali della vittima. Alla fine il ragazzo non ce l'ha fatta più ed ha raccontato tutto ai genitori che hanno denunciato tutto alla polizia. Il tutto si è verificato in una scuola del centro di Mestre in cui la vittima frequentava, ai tempi delle angherie, la quinta superiore. Gli autori delle persecuzioni erano dei compagni di classe e il tutto si svolgeva all'interno dell'istituto. Tutti sapevano ed erano in molti a pensare che fosse divertente;
i pochi episodi elencati rappresentano solo alcuni degli ultimi fatti accaduti in ordine di tempo e sono solo la punta dell'iceberg, perché ancora oggi le persone omosessuali e transessuali troppo spesso non denunciano le violenze e le discriminazione di cui sono vittime per paura o perché costrette all'invisibilità;
come rilevato dall'Agenzia per i diritti fondamentali dell'Unione europea (FRA) nel suo report pubblicato il 31 marzo 2009, in Italia mancano del tutto dati e statistiche relativi alla discriminazione e alla violenza omofobica e transfobica perché non rilevate dalle istituzioni;
in Italia sono fortemente radicate le manifestazioni di intolleranza, dileggio, disprezzo, discriminazione o colpevolizzazione fondata sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere nei confronti delle persone omosessuali e di quelle transessuali;
l'omofobia, definita come il timore, l'avversione o l'odio irrazionali nei confronti delle persone gay/lesbiche (omofobia esterna), nonché il sentimento di disprezzo o inferiorità che alcune persone gay/lesbiche provano nei confronti di se stesse (omofobia interiorizzata), non ha alcuna giustificazione, fondamento e ragion d'essere;
la transfobia, a sua volta priva di giustificazione, esprime l'avversione, prodotta da pregiudizi, nei confronti di persone transessuali o transgender;
omofobia e transfobia costituiscono la premessa e il substrato di tutte le azioni anche violente nei confronti delle persone lesbiche, gay e transessuali;
il bullismo omofobico, in particolare, è la forma meno accettabile di abuso e intimidazione nei confronti di ragazzi e ragazze omosessuali e transessuali in età scolare, considerato il particolare impatto traumatico che tali atti possono avere nella fase evolutiva di giovani e adolescenti e perché molti degli abusi e delle intimidazioni che subiscono i ragazzi omosessuali vengono trascurati, mentre se fosse un altro gruppo di persone a subire lo stesso tipo di trattamento semplicemente non sarebbe tollerato. Secondo una ricerca,

il 40 per cento degli adulti omosessuali vittime di episodi di persecuzioni negli anni dell'adolescenza a scuola ha tentato il suicidio almeno una volta nella sua vita e ha più volte pensato di farsi del male;
in Italia mancano iniziative da parte delle istituzioni che compiano azioni di sensibilizzazione sociale, di integrazione ed educazione, di formazione nelle scuole e di sviluppo di una cultura che rifiuta e previene l'omofobia e la transfobia;
l'ordinamento italiano, inoltre, da sempre è restio a garantire qualsiasi forma di prevenzione e protezione contro atti o comportamenti dettati dall'omofobia e dalla transfobia, nonostante le numerose raccomandazioni che in tal senso giungono dalle istituzioni europee. Il Parlamento europeo, per esempio, ha approvato il 18 gennaio 2006, a grande maggioranza e con voto favorevole di gran parte dei membri del partito popolare, una risoluzione sull'omofobia in Europa che paragona l'omofobia e la transfobia al razzismo, al sessismo e all'antisemitismo -:
quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo in ambito culturale, sociale, scolastico e della comunicazione che siano idonei, a porre fine al perpetuarsi di pratiche e di atteggiamenti discriminatori o intolleranti e per arginare e prevenire in maniera duratura ogni manifestazione di intolleranza, dileggio, disprezzo, discriminazione o colpevolizzazione fondata sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere.
(4-04378)

Risposta. - Si fa riferimento all'interrogazione in esame, concernente la violenza omofobica e transfobica.
L'omofobia, intesa come «una paura e un'avversione irrazionale nei confronti dell'omosessualità e di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali, basata sul pregiudizio e analoga al razzismo, alla xenofobia, all'antisemitismo e al sessismo» (testo definitivo di Risoluzione sull'omofobia del Parlamento Europeo del 18 gennaio 2006), rappresenta un fenomeno in costante aumento.
Come sottolineato dall'interrogante i sempre più frequenti episodi di violenza a matrice omofoba e transfobica verificatisi in diverse regioni italiane, pongono in luce la necessità di interventi urgenti sul piano culturale, educativo e della comunicazione che mettano fine a tali atti di violenza e intolleranza commessi nei confronti di gay, lesbiche e transgender.
Ancora una volta mi preme ribadire l'impegno del Ministero per le pari opportunità nel contrasto all'omofobia e alla transfobia, come peraltro sottolineato nell'incontro tenutosi l'8 ottobre 2009 presso il Ministero per le pari opportunità con le associazioni lesbiche, gay, bisex e transgender.
Come preannunciato nel corso dello stesso, il 9 novembre 2009 è stata lanciata la prima campagna nazionale di comunicazione contro l'omofobia. Tale campagna di comunicazione volta al contrasto di ogni forma di violenza e discriminazione basate sull'orientamento sessuale, consiste in uno spot televisivo ed in una serie di manifesti e opuscoli che saranno distribuiti anche nelle scuole, ed è la prima mai realizzata da un Governo italiano.
Per quanto attiene all'ambito scolastico, nel corso della settimana contro la violenza, tenutasi dal 12 al 18 ottobre 2009, istituita con il protocollo d'intesa stipulato tra il Ministero per le pari opportunità e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca il 3 luglio 2009, sono state poste in essere alcune iniziative specifiche di sensibilizzazione e informazione per la prevenzione e il contrasto del fenomeno dell'intolleranza e della violenza omofoba nelle scuole, come il dibattito svoltosi a Bologna dal titolo «Violenza e discriminazione sui banchi di scuola: bullismo o bullismi?». Tale iniziativa ha coinvolto l'assemblea degli studenti delle scuole superiori e le istituzioni affrontando il problema delle diverse declinazioni del fenomeno del bullismo, compreso quello omofobo, anche mediante la proiezione e la discussione del video «bullismo plurale».
Proprio al fine di combattere il fenomeno del bullismo omofobo, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca

intende potenziare quanto affermato nel Protocollo d'intesa con le associazioni nazionali dei genitori, tra le quali l'Agedo (Associazione genitori di omosessuali), che prevede la progettazione e la sperimentazione di iniziative volte a prevenire e contrastare ogni fenomeno di violenza, di intolleranza tra i giovani all'interno dell'istituzione scolastica.
Si ricorda, altresì, che presso ogni ufficio scolastico regionale sono stati istituiti degli osservatori regionali permanenti, cui spetta il compito di monitorare il fenomeno del bullismo, verificare le attività svolte dalle varie scuole e promuovere percorsi di educazione alla legalità all'interno delle stesse, tramite attività curriculari ed extra curriculari.
Al fine di responsabilizzare maggiormente gli studenti in ordine al comportamento tenuto nelle aule scolastiche, il decreto del Presidente della Repubblica n. 235 del 2007 ha modificato il cosiddetto «Statuto delle studentesse e degli studenti» (articoli 4 e 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 249 del 1998) consentendo così alle scuole di sanzionare con maggiore rigore e severità i casi più gravi di violenza e di bullismo posti in essere dagli studenti.
Inoltre, si segnala, in continuità con la cultura della prevenzione e con particolare riferimento agli episodi di bullismo verificatisi negli ultimi anni in varie realtà scolastiche, l'introduzione nel citato «statuto», del «patto educativo di corresponsabilità» tra scuola, famiglie e studenti. Con questo strumento le famiglie si assumono l'impegno di rispondere direttamente dell'operato dei propri figli quando violino i doveri sanciti dal regolamento d'istituto e dallo statuto degli studenti.
A tali iniziative si aggiungono quelle poste in essere dal Dipartimento per le pari opportunità attraverso l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (UNAR), costantemente impegnato nella programmazione e attuazione di interventi in materia antidiscriminatoria anche nell'ambito dell'orientamento sessuale e dell'identità di genere.
Tra i vari interventi segnalo che, nell'ambito del Programma comunitario per l'occupazione e la solidarietà sociale «Progress», attraverso un progetto denominato «Diversità come valore», l'Unar intende realizzare una campagna nazionale contro tutte le discriminazioni. La gestione di tale progetto è affidata ad un
national working group composto da 13 associazioni di rilevanza nazionale, tra cui, per le discriminazioni legate all'orientamento sessuale e all'identità di genere, Arcigay, Gaynet, Avvocatura Lgbt Rete Lenford, Libellula, coordinamento nazionale Trans Sylvia Rivera.
Sono altresì previsti interventi
ad hoc per il superamento degli stereotipi riferiti a tutte le forme di discriminazione, comprese quelle concernenti l'orientamento sessuale e l'identità di genere. A tale proposito si segnala il progetto volto alla costruzione di una banca dati sulle discriminazioni con l'obiettivo di costruire una cabina di regia e di coordinamento che metta in rete associazioni, centri, ONG esistenti a livello regionale al fine di consentire un efficace scambio di informazioni tra le regioni e il livello nazionale.
Sempre in tema di omofobia e transfobia è in fase di realizzazione uno studio finalizzato alla identificazione, analisi e trasferimento di buone prassi in materia di non discriminazione per orientamento sessuale e identità di genere. Tale indagine, affidata dall'Unar all'avvocatura per i diritti LGBT Rete Lenford, prevede una ricognizione di buone prassi a livello nazionale e la valutazione del grado di potenziale replicabilità in alcune regioni italiane.
L'Unar sta inoltre sviluppando una politica di progressiva messa in rete degli osservatori pubblici già esistenti in materia di prevenzione e contrasto delle discriminazioni al fine di costituire entro il 2012 una rete nazionale basata sulla sinergia tra Unar, regioni ed enti locali. In tal senso, oltre all'accordo operativo stipulato il 23 giugno 2009 con il centro regionale antidiscriminazioni della regione Emilia Romagna, che ha consentito la messa in rete di 49 centri territoriali antidiscriminazioni, sono in fase di avanzata stesura e verranno

resi operativi entro il 2009 i protocolli con la regione Lazio (ad oggi solo per la discriminazione razziale ai sensi della legge regionale 10 del 2008), con la regione Piemonte (su tutte le discriminazioni nell'ambito del Piano d'azione regionale contro le discriminazioni in corso di approvazione presso la giunta regionale), con la provincia di Pistoia (centro antidiscriminazioni).
Segnalo altresì che, in data 21 ottobre 2009, è stato siglato tra il Ministero per le pari opportunità e il sindaco di Roma, un protocollo d'intesa per combattere i fenomeni discriminatori che, oltre a dare vita ad iniziative educative e di sensibilizzazione, istituisce l'osservatorio cittadino contro tutte le discriminazioni attraverso il quale si intende contrastare in maniera concreta ogni forma di violenza con matrice discriminatoria.

Il Ministro per le pari opportunità: Maria Rosaria Carfagna.

FEDRIGA e SALVINI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il CNR (Consiglio nazionale delle ricerche) con prot. IDPA n. 90 del 27 febbraio 2009 ha bandito la selezione, per titoli e colloquio, di n. 1 unità con profilo professionale di operatore di amministrazione livello VIII presso la U.O. di Milano dell'Istituto per la dinamica processi ambientali;
l'articolo 2 del succitato bando, nel dettare i requisiti di ammissione, recita che «La partecipazione alla selezione è libera senza limitazioni in ordine alla cittadinanza»;
a parere dell'interrogante il predetto bando è a rischio di incostituzionalità, giacché concede il diritto a partecipare a concorsi/selezioni della pubblica amministrazione anche ai cittadini extracomunitari;
l'articolo 51 della Costituzione, infatti, dispone che «tutti i cittadini (...) possono accedere agli uffici pubblici (...)» con ciò intendendo il legislatore costituzionale, come precisato da interpretazioni giurisprudenziali, garantire e tutelare al meglio il pubblico interesse (cfr. sent. 43/1985-Cons. Stato, Sez. VI);
parimenti, l'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 3 del 1957, recante il testo unico degli impiegati civili dello Stato, colloca la cittadinanza italiana fra i requisiti generali per l'ammissione agli impieghi civili dello Stato; la successiva produzione normativa (articolo 37 del decreto legislativo n. 29 del 1993, come modificato dall'articolo 24 del decreto legislativo n. 80 del 1998 e da ultimo dal vigente articolo 38 del decreto legislativo n. 165 del 2001) ha poi esteso l'accesso ai cittadini degli Stati membri dell'Unione europea, ponendo, comunque, il vincolo di non possibilità per i posti che implicano esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri ovvero non attengano alla tutela dell'interesse nazionale e demandando ad un decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri l'individuazione dei posti e delle funzioni per le quali non può prescindersi dal possesso della cittadinanza italiana;
sulla questione relativa alla possibilità di accesso nella pubblica amministrazione per i cittadini extracomunitari regolarmente soggiornanti in Italia è intervenuta anche la Presidenza del Consiglio-Dipartimento della funzione pubblica-Ufficio per il personale delle pubbliche amministrazioni, che con parere n. 96 del 28 settembre 2004, dopo una dettagliata disamina della normativa vigente e del rapporto tra quella nazionale e quella di origine comunitaria, esprimeva un orientamento restrittivo, ribadendo la possibilità di accedere ai posti di lavoro «pubblici» per i soli cittadini italiani e per i cittadini dell'Unione nei limiti individuati dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 febbraio 1994, n. 174 (recante, appunto, regolamento dell'accesso dei cittadini degli stati membri dell'Unione europea ai posti di lavoro presso le pubbliche amministrazioni) -:
se il Ministro interrogato non concordi con l'interrogante circa i profili di

incostituzionalità e di contrarietà alle disposizioni di legge vigente del bando di cui in premessa e, in caso di risposta affermativa, se non ritenga opportuno intervenire con provvedimenti di propria competenza al fine di dichiarare nullo o comunque di rettificare il bando medesimo.
(4-06224)

Risposta. - Con l'atto di sindacato ispettivo in esame si chiede al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione di «intervenire con provvedimenti di propria competenza al fine di dichiarare nullo o comunque di rettificare» il bando volto a selezionare una unità di personale con profilo di operatore di amministrazione presso la unità operativa Milano dell'Istituto per la dinamica dei processi ambientali.
Al riguardo si precisa in via preliminare che il CNR è sottoposto alla vigilanza del Ministro dell'istruzione, università e ricerca e che non è pertanto riconducibile al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione la competenza a disporre la rettifica o a dichiarare la nullità del bando in esame, determinazioni queste ultime che richiedono, in ogni caso, un'accorta ponderazione di interessi in quanto idonee ad incidere su posizioni giuridiche soggettive, nonché su diritti fondamentali costituzionalmente garantiti.
Nondimeno lo scrivente è disponibile a fornire alcuni chiarimenti circa il vigente quadro normativo in tema di accesso di cittadini stranieri ai posti di lavoro presso pubbliche amministrazioni. La normativa vigente, accanto alle disposizioni correttamente richiamate dall'interrogante (articolo 38 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165), prevede anche una specifica disciplina relativa alla parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.
Si tratta, nello specifico, del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216 che, nel dare attuazione alla direttiva 2000/78/CE, prevede, all'articolo 3, che il principio di parità di trattamento «si applica a tutte le persone sia nel settore pubblico che privato ed è suscettibile di tutela giurisdizionale». Detta disposizione trova applicazione con riferimento alle seguenti aree:

a) accesso all'occupazione e al lavoro, sia autonomo che dipendente, compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione;
b) occupazione e condizioni di lavoro, compresi gli avanzamenti di carriera, la retribuzione e le condizioni del licenziamento;
c) accesso a tutti i tipi e livelli di orientamento e formazione professionale, perfezionamento e riqualificazione professionale, inclusi i tirocini professionali;
d) affiliazione e attività nell'ambito di organizzazioni di lavoratori, di datori di lavoro o di altre organizzazioni professionali e prestazioni erogate dalle medesime organizzazioni.

Occorre peraltro collocare correttamente, nell'ambito del suddetto quadro normativo, la fattispecie richiamata dall'interrogante, valutando, in particolare, se la selezione svolta dal CNR abbia riguardato la sottoscrizione di un contratto di collaborazione o, piuttosto, una vera e propria assunzione all'impiego presso una pubblica amministrazione. Solo in tale ultima ipotesi può ritenersi applicabile la disposizione di cui al richiamato articolo 38 che disciplina, infatti, l'accesso ai posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche e non anche il conferimento di incarichi di collaborazione o ricerca.
Si precisa, infine, che appare improprio, nel caso di specie, il richiamo operato dall'interrogante all'impossibilità che i cittadini stranieri accedano a posizioni lavorative implicanti esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri ovvero attinenti alla tutela dell'interesse nazionale, in quanto la tipologia di lavoro oggetto della selezione effettuata dal CNR non appare caratterizzata dalle predette connotazioni.

Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

TOMMASO FOTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da recenti notizie di stampa si apprende che una cittadina italiana sarebbe stata vittima di un odioso episodio di discriminazione religiosa e razziale nei pressi della moschea di Correggio, in provincia di Reggio nell'Emilia;
la giovane di religione cristiana, coniugata con un cittadino marocchino di fede musulmana e al settimo mese di gravidanza, sostiene infatti di essere stata oggetto di pesanti minacce da parte di un cittadino pachistano che, dopo avere reiteratamente inveito contro di Lei, l'avrebbe allontanata da una panchina, posta nelle vicinanze della detta moschea, sulla quale sedeva;
il consiglio comunale di Correggio, investito della questione, ha negato la richiesta (dai gruppi d'opposizione) solidarietà alla vittima di detto odioso episodio -:
se i fatti in questione siano stati accertati dal Ministero interrogato e, in ogni caso, se e quali iniziative intenda assumere per garantire che sia consentito a tutti, indipendentemente dalla fede religiosa professata, di potere sostare, senza per questo mettere a rischio la propria incolumità personale, nelle aree pubbliche poste nelle adiacenze della citata moschea.
(4-05045)

Risposta. - Sulla base degli accertamenti esperiti è emerso che una donna italiana, mentre era seduta su una panchina in attesa del marito, intento a pregare nella vicina moschea di Correggio, veniva avvicinata da un presunto cittadino pachistano. Costui iniziava ad inveire contro di lei, accusandola di essere vestita in maniera non consona all'ambiente. I toni accesi della discussione richiamavano l'attenzione del marito della donna, che usciva dalla moschea per prendere le sue difese.
La discussione terminava quando il marito minacciava di richiedere l'intervento delle forze di polizia; a questo punto il pakistano si allontanava, ponendo termine al diverbio. La cittadina italiana non ha voluto denunciare l'accaduto, né è stata in grado di fornire notizie utili all'identificazione del cittadino pakistano.
L'episodio deve essere considerato del tutto occasionale, mentre va precisato che la Giunta comunale di Correggio, nella seduta del 27 novembre 2009, ha espresso solidarietà alla giovane, condannando l'accaduto.
Tutti i fenomeni di intolleranza religiosa sono alla costante attenzione del Ministero dell'interno, che effettua un'attenta opera di prevenzione, specie quando da essi possa derivare una situazione di turbativa per l'ordine pubblico e di pericolo per l'incolumità dei cittadini.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.

JANNONE. - Al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
i dati dell'ultima indagine di Hay Group evidenziano come il 59 per cento degli uomini o donne al comando di un'azienda ammette la propria incapacità nello stabilire un ambiente sereno e motivante nel proprio ufficio. Oltre il 70 per cento dei manager parla delle proprie difficoltà nel motivare le persone, soprattutto in questo momento di grande disorientamento lavorativo. Il problema coinvolge sia i manager, sia le direzioni del personale ed anche le imprese nella loro complessità, che rischiano di non aver più quel rapporto di fiducia reciproca con i propri dipendenti. Le aziende, per reagire alla crisi, chiedono ai lavoratori di essere proattivi, di impegnarsi con entusiasmo nel ruolo assegnato, di creare un legame forte tra le proprie sorti e quelle dell'impresa e quindi di identificarsi con l'organizzazione di appartenenza e di esserne orgogliosi. Poi, però, non riescono a garantire ai lavoratori un futuro con un certo margine di certezza;
per raggiungere l'obiettivo di occupazione femminile, fissato al 60 per cento

dall'Europa è necessario che il nostro Paese si adegui ai requisiti essenziali richiesti: innanzitutto avere una rete di servizi, pubblici e privati, per sollevare le donne dal «lavoro di cura», che viene solitamente loro attribuito, sia per quanto riguarda i bambini, sia per l'assistenza agli anziani; flessibilità degli orari di lavoro e dei tempi di lavoro, ma soprattutto una capillare presenza di asili nido, nelle diverse forme di pubblici, privati, aziendali e condominiali. Per le piccole aziende si potrebbe giungere ad una soluzione avviando la creazione di «asili interaziendali», che hanno il duplice vantaggio di permettere la riduzione dei costi di gestione, rispetto ad un asilo aziendale, con inoltre la possibilità di estendere queste strutture al territorio circostante;
per quanto attiene alla copertura di asili nido sul territorio italiano, attualmente la percentuale si attesta al 13 per cento del totale, mentre la normativa europea prevede che il livello si aggiri intorno al 33 per cento del totale. Per questo l'auspicio dell'Europa è che l'Italia riesca ad incentivare la realizzazione di asili nido aziendali, che permetteranno alle dipendenti di lavorare con più tranquillità e di sfruttare al meglio l'orario lavorativo. Tale soluzione ha avuto una stagione d'oro soprattutto tra il 2002 e il 2004, ma attualmente manca di adeguati sostegni finanziari e sociali;
nella giornata di venerdì 22 maggio alcune aziende italiane apriranno le porte ai bambini delle loro dipendenti, proprio per sottolineare l'importanza dell'obiettivo di aumentare il livello occupazionale femminile, creando un clima aziendale più sereno e meno stressante, in cui la maternità non sia vista solo come un problema di costo e di mancanza di personale. Sono decine le aziende che stanno aderendo all'iniziativa, di piccole e grandi dimensioni, appartenenti a tutti i settori produttivi -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare per incentivare la creazione di asili nido aziendali e sociali, in modo da consentire alle dipendenti di qualsiasi azienda di poter godere dei vantaggi preposti ad un sereno sviluppo lavorativo.
(4-03191)

Risposta. - Si fa riferimento all'interrogazione in esame, concernente gli incentivi per la creazione di asili nido aziendali.
Come sottolineato dall'interrogante, l'incremento del tasso di occupazione femminile passa attraverso l'ampliamento dei servizi di cura per l'infanzia, dal momento che una maggiore disponibilità di tali servizi può favorire una più equa distribuzione dei carichi di cura in ambito familiare, consentendo l'accesso e la permanenza delle donne nel mondo del lavoro.
Le politiche di conciliazione, dunque, sono strettamente legate all'obiettivo di aumentare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e restringere in tal modo il
«gender gap» occupazionale.
Per quanto concerne gli interventi volti al raggiungimento di un tasso di occupazione femminile pari al 60 per cento, come richiesto a livello europeo, segnalo che il 1o dicembre 2009, il Ministero per le pari opportunità ed il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, hanno presentato il «Programma di azioni per l'inclusione delle donne nel mercato del lavoro».
Tale piano si articola in cinque linee di intervento riguardanti: i servizi di assistenza per la prima infanzia e la sperimentazione dei buoni lavoro; la revisione di criteri e delle modalità per la concessione di contributi ad aziende per progetti che favoriscano la conciliazione; nuove relazioni industriali per la promozione della flessibilità del lavoro; l'incentivazione dei lavori verdi al femminile e misure specifiche per il Mezzogiorno.
Fra queste, si porta all'attenzione dell'interrogante, la prima linea di intervento concernente i «Servizi di assistenza per la prima infanzia e la sperimentazione dei buoni lavoro».
L'offerta di servizi all'infanzia è infatti ancora insufficiente, specie nelle regioni meridionali. L'idea è quella di incoraggiare i lavori di cura dell'infanzia attraverso la diffusione dell'utilizzo dei buoni lavoro

previsti dalla legge Biagi, che offrono al datore di lavoro uno strumento duttile e poco costoso e che potranno essere adoperati anche per l'avvio dei nidi familiari, con non più di cinque o sei bambini assistiti da persone presso il proprio domicilio in un ambiente familiare.
In questa linea di azione si inserisce il sistema di interventi recante un piano per favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro predisposto dal Ministero per le pari opportunità che, attraverso lo stanziamento previsto dal decreto ministeriale di articolazione delle finalità e delle risorse del «Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità» del 12 maggio 2009, pari a 40 milioni di euro, intende proprio aumentare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro.
Il piano si articola in due ambiti di azione, ciascuno dei quali articolato in linee di intervento.
Tali linee di intervento si articolano in una serie di misure volte a: promuovere la creazione dei «nidi famiglia» attraverso l'utilizzo delle Tagesmutter (mamme di giorno), figure professionali, in collegamento con cooperative, con funzioni di assistenza domiciliare all'infanzia, che svolgono tale attività presso il proprio domicilio; realizzare albi o elenchi regionali di badanti e baby sitter italiane o straniere; erogare voucher di sostegno all'acquisto dei servizi di cura offerti da strutture specializzate (nidi, centri estivi, ludoteche) o in forma di «buono lavoro» da prestatori di servizio (assistenza domiciliare, pulizia, pasti a domicilio); sostenere il telelavoro attraverso l'erogazione di contributi per l'acquisto di attrezzature informatiche; erogare percorsi formativi di aggiornamento e adeguamento di competenze di lavoratrici che hanno usufruito di congedo parentale o per motivi legati ad esigenze di conciliazione.
Per quanto concerne, in particolare, l'incremento degli asili nido nei luoghi di lavoro, segnalo che nell'ambito del progetto pilota «Nido P.A.», il 17 dicembre 2009, è stato pubblicato d'intesa fra il dipartimento per le pari opportunità ed il dipartimento per le politiche della famiglia, un bando per il finanziamento di nuovi nidi d'infanzia presso i luoghi di lavoro delle pubbliche amministrazioni nazionali.

Il Ministro per le pari opportunità: Maria Rosaria Carfagna.

JANNONE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la Nigeria è il primo produttore africano di petrolio, e l'ottavo del mondo con una potenzialità stimata in 35 miliardi di barili. Da solo fornisce più del 20 per cento del fabbisogno totale degli Stati Uniti. I pozzi di estrazione si trovano lungo il Delta del Niger, ma nonostante il gran flusso economico riguardante il petrolio, la popolazione vive in condizioni alquanto precarie, soffrendo quotidianamente fame ed inquinamento ambientale. I profitti dell'attività petrolifera, molto elevati, sono divisi fra Stato e multinazionali, con le quali si siglano dei contratti di concessione. Teoricamente, i primi a beneficiare di tali profitti dovrebbero essere le popolazioni locali, che, al contrario, vivono in pessime condizioni sia economiche che ambientali, queste ultime dovute alla negligenza delle multinazionali, il cui operato ha inquinato acque e terreni rendendo impossibile la coltivazione e la pesca in aree sempre più vaste, tanto che tre quarti della popolazione non dispone di acqua potabile;
è soprattutto dalla metà degli anni '90 che iniziano gli sfruttamenti intensivi dei giacimenti off-shore ed è proprio in questo periodo che sorge l'intreccio fra profitti stranieri, corruzione del governo centrale e devastazione ambientale, che ha tagliato fuori la popolazione locale dai benefici derivanti dallo sviluppo industriale. Questa è la ragione principale per cui è nato il fronte per la difesa dei diritti del popolo del Delta (MEND), che, dopo anni di trattative con il governo, è passato all'azione militare;
la sigla MEND sta per Movimento per l'Emancipazione Delta del Niger. Fondato circa 5 anni fa, il MEND denuncia l'atteggiamento delle multinazionali che, complice la corruzione del governo nigeriano,

si arricchiscono dei proventi derivanti dall'estrazione del petrolio, senza concedere in cambio al popolo alcuna forma di sviluppo: né luce, né acqua, né scuole, né ospedali, né lavoro. Accanto al MEND anche l'associazione ambientalista ERA denuncia da tempo le conseguenze dell'estrazione di petrolio nell'area del delta. A causa del clima tropicale e dell'incuria, gran parte degli impianti sono aggrediti dalla corrosione e l'olio filtra alla superficie, uscendo dai tubi delle condutture, spargendosi come un velo sia sul terreno sia nell'acqua lungo migliaia di chilometri di tubi e derivazioni, si estende una ragnatela che è quasi impossibile controllare. Questa storia si replica da circa 15 anni, perché le condutture che utilizzano sul Delta del Niger sono obsolete. In alcune aree, i problemi creati dall'inquinamento e dalla guerriglia sono talmente gravi che la popolazione è di fatto scomparsa, come accade ad Akala Olu. In questo piccolo paese gli abitanti convivono con un paesaggio arido e sterile, causato dalla pratica del gas flaring, cioè l'uso di bruciare i gas che si trovano nello strato più alto del giacimento di petrolio, attraverso migliaia di fuochi alimentati da una fortissima pressione interna, che surriscaldano l'aria già di per sé torrida;
tramite il gas flaring una parte di gas non brucia, si spande nell'aria e viene respirato dalla popolazione. Nella zona del Delta del Niger ci sono più di 50 impianti di gas flaring, le cui emissioni di anidride carbonica rappresentano quasi il 3 per cento dell'emissioni di anidride carbonica di tutto il pianeta. Se invece di essere bruciato, il gas venisse utilizzato per la produzione di energia, si potrebbe garantire energia per l'intera popolazione del continente africano sotto il Sahara, escluso il Sud Africa. Pertanto la sicurezza energetica di un intero continente potrebbe esser garantita solamente dal gas che attualmente si brucia;
il comportamento delle multinazionali in Nigeria non sempre è volto ad una politica di sostenibilità ambientale. Questo perché il governo nigeriano non chiede le stesse garanzie necessarie affinché determinate aziende operino in territori stranieri. Lo stesso protocollo di Kyoto prevede che vengano dati contributi alle compagnie che si impegnano a recuperare il gas in eccesso per limitare i danni del gas serra. La Nigeria è formalmente obbligata a sottostare a questa pratica dal 1979, cioè dall'approvazione della legge sulla reignezione del gas, anche se alle compagnie petrolifere si diedero ulteriori cinque anni per assolvere a questo obbligo. Attualmente alcune di loro continuano a temporeggiare, chiedendo un anno in più per realizzare un intervento che di fatto è normale pratica in Europa e rientra in quelle che sono le migliori pratiche delle compagnie a livello internazionale -:
se il Ministro intende denunciare, in sede europea, l'increscioso comportamento delle multinazionali petrolifere in Nigeria.
(4-04224)

Risposta. - La tutela dei diritti umani e la gestione sostenibile delle risorse naturali rappresentano una delle priorità europee nell'ambito dei rapporti con l'Africa. Il Governo italiano ha sempre sostenuto tale approccio ed è fortemente impegnato nello sviluppo del dialogo con l'Africa in materia di governance e di diritti umani e nella realizzazione dei progetti specifici ad esso collegati. Lo stato di avanzamento di tali iniziative verrà discusso in occasione del prossimo vertice Unione Europea-Africa nel 2010.
In particolare, l'Italia è stata tra i principali sostenitori dell'adozione della nuova strategia europea, lanciata in occasione del vertice di Lisbona del 2007, che costituisce la cornice politico-strategica dei rapporti e della cooperazione tra l'Europa e i suoi Stati membri da una parte, e l'Unione Africana dall'altra. Tale strategia identifica, per il periodo 2008-2010, alcune priorità tra cui il partenariato «Governance e diritti umani», elemento chiave per lo sviluppo sostenibile del continente africano e da sempre al centro della politica estera dell'Italia e dell'Unione Europea. La partnership prevede una consultazione regolare tra

i due continenti, anche a livello di società civile, e iniziative di cooperazione in molteplici settori, tra i quali: la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, la gestione delle risorse naturali e la governance globale. In tale contesto, si intende tra l'altro promuovere una maggiore trasparenza nella gestione dei proventi derivanti dallo sfruttamento delle risorse naturali e stabilire un dialogo con l'Africa sulle principali iniziative internazionali in materia, tra le quali l'iniziativa per la Trasparenza nell'industria Estrattiva (ETI).
Nel corso della visita effettuata in Nigeria lo scorso febbraio, il Ministro degli affari esteri ha incontrato il Ministro del Delta del Niger con il quale ha affrontato le criticità conseguenti lo sfruttamento del greggio e del gas nella regione. In tale occasione, il nostro paese si è impegnato a rafforzare gli interventi di cooperazione soprattutto in ambito igienico-sanitario, di scolarizzazione, di pesca e di agricoltura attraverso la messa a disposizione di tecnologie in grado di sviluppare la produzione e la conservazione dei prodotti e di depurazione dell'acqua. È stato altresì affrontato il delicato tema dei sistemi di controllo degli oleodotti connesso a quello più generale della protezione dell'ambiente, con particolare riferimento alla bonifica ed alla depurazione delle emissioni inquinanti del petrolio e del gas, per tutelare le comunità locali vittime della devastazione ecologica. Al riguardo va ricordata la realizzazione da parte dell'Ente Nazionale Idrocarburi (ENI), nel 2005, della prima centrale elettrica a ciclo combinato, a beneficio delle popolazioni del Delta, che sfrutta la combustione a cielo aperto del gas che fuoriesce dai giacimenti di petrolio, fenomeno conosciuto come «gas flaring». La Nigerian Agip Oil Company (NAOC), consociata dell'ENI, effettua controlli sanitari periodici sui propri dipendenti che vivono anche negli impianti di trattamento del greggio e quindi nelle immediate vicinanze delle fiaccole. Tali controlli non rilevano tuttavia statisticamente un'incidenza particolare di malattie rispetto alle medie nazionali.
Riguardo alla riduzione del gas bruciato in fiaccola, la NAOC è stata la prima società petrolifera in Nigeria a costruire, operare e gestire una centrale elettrica, la Okpai, inaugurata nel 2005, di 480 MegaWatt, la quale utilizza il gas per produrre energia elettrica, rappresentante circa il 20 per cento della produzione totale del paese. La società fornisce inoltre gas ad una ulteriore centrale elettrica di proprietà del Rivers State ed all'impianto petrolchimico di Eleme. La stessa Società, inoltre, possiede una partecipazione nella società Nigeria LNG, che utilizza il gas per la produzione, l'esportazione e la commercializzazione del metano liquefatto. Va detto inoltre che negli ultimi 5 anni la compagnia ha investito circa 430 milioni di euro nella regione, consentendo di raddoppiare la produzione di gas (C1-C4) liquefatto e, nel contempo, di ridurre il
gas flaring. Attualmente, di tutto il gas prodotto in Nigeria, dalla società NAOC, solo il 25 per cento circa viene ancora bruciato in fiaccola mentre sono in corso progetti, di durata quadriennale, per l'ulteriore riduzione del flaring, la cui realizzazione, però, è negli ultimi anni fortemente ostacolata dai sabotaggi posti in atto dal Movimento per l'emancipazione del Delta del Niger (MEND), e da altri gruppi di «militanti». Lo stesso Governo nigeriano, che aveva stabilito il termine ultimo di produzione del flaring entro la fine del 2008, ha recentemente posticipato tale data al 31 dicembre 2010. I sabotaggi degli ultimi anni sono diventati, tra l'altro, un'ulteriore causa di inquinamento per le fuoriuscite di greggio dagli oleodotti che perdurano fino alla realizzazione delle necessarie riparazioni, pulizia e ripristino dei siti coinvolti, il cui accesso a questi ultimi risulta possibile ove le comunità locali garantiscono la sicurezza.
Per quanto riguarda altresì il diritto della popolazione al controllo delle proprie ricchezze, va detto che la compagnia NAOC è soggetta, come le altre compagnie petrolifere, al pagamento al Governo di:
royalties pari al 20 per cento della produzione, la Petroleum Profit Tax, pari all'85 per cento dell'imponibile, e la education tax. Inoltre,

il 3 per cento del budget annuale viene versato alla Commissione del Delta del Niger (NDDC), l'autorità preposta a far pervenire i benefici derivanti dalla produzione di idrocarburi alle popolazioni locali. Nel complesso si può stimare che, al netto dei costi, oltre il 90 per cento del valore prodotto annualmente rimane nel Paese, a cui si aggiunge che si garantisce l'occupazione ai 1400 impiegati, oltre ad altre decine di migliaia di lavoratori nei settori indotti.
Va rilevato inoltre che l'Eni è fortemente impegnata nella regione in attività di sviluppo sociale, di salvaguardia del territorio, di contrasto al cambiamento climatico, di prevenzione sanitaria e di tutela e promozione dei diritti umani. Di particolare rilievo, per l'articolazione dei contenuti e della efficacia, è il Green River Project. Tale progetto, che interessa l'area del Delta del Niger, è iniziato nel 1988 con gli obiettivi principali di migliorare i sistemi agricoli tradizionali introducendo nuove tecniche di coltivazione, nuove colture e varietà migliorate di colture tradizionali, tra cui cassava, igname e riso, di grande interesse economico e nutrizionale. Esso promuove inoltre cooperative ed associazioni sul territorio, con l'obiettivo di renderle autonome, soprattutto attraverso la formazione e l'addestramento di oltre 150 cooperative e associazioni di donne e di giovani. Esso, infine, consente a tali cooperative l'accesso ai micro-prestiti, già operativi per più di 80 di queste, per un importo totale di circa 170 milioni di euro.
Alla fine del 2008 il suddetto progetto ha interessato oltre trentamila famiglie di agricoltori, con ricadute positive su circa trecentomila persone.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

JANNONE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la Islamic Bank of Britain, fondata nel 2004, quotata sul segmento Aim della borsa inglese, ha un capitale di 197 milioni di sterline, pari a poco più di 200 milioni di euro, in asset, di cui 172 milioni sono i depositi. La Bank of London and the Middle East, creata nel 2006 dalla Boubyan Bank of Kuwait che ne è tuttora la proprietaria, opera invece nei servizi di tesoreria per le istituzioni finanziarie islamiche, nel wealth management, nel corporate e nel private banking, il tutto per 782 milioni di sterline di attività patrimoniali. Altre due banche islamiche, la Eiib e la Gatehouse, possiedono rispettivamente 278 e 54 milioni di sterline di asset;
la scorsa estate, la Francia ha approvato, dopo una serie di traversie che hanno comportato anche un difficile passaggio alla Corte costituzionale di Parigi, la sua legge di apertura alla finanza islamica, e in Germania, la tesoreria di Magdeburgo ha lanciato all'inizio di ottobre 2009 la prima emissione obbligazionaria islamica europea per 100 milioni di euro. L'Europa, quindi, dopo anni in cui ha assistito alla marcia trionfale sul suo territorio dei fondi sovrani dei Paesi arabi, sta cercando di entrare nel complesso meccanismo dell'intermediazioni islamica;
nell'«annus horribilis» della finanza, il periodo estate 2008-estate 2009, mentre il sistema globale si contraeva, il segmento islamico saliva di oltre il 20 per cento, fino a superare, stando alle indicazioni della rivista The Bunker, il livello di 900 miliardi di dollari, 100 in più delle precedenti stime su cui hanno lavorato i tecnici di Bankitalia. Una crescita esponenziale e irrefrenabile in tutti i segmenti: ad esempio, le obbligazioni sul modello sukuk, cioè emesse secondo i dettami dalla legge coranica Sharia e riservate ai cittadini musulmani, raggiungeranno a fine anno i 122,7 miliardi di dollari in circolazione, a quanto prevede Moody's;
decisive sono state le liberalizzazioni varate dall'Accounting ad Auditing Organization for Islamic Financial Institutions, l'organismo di vigilanza che ha sede nel Bahrein, nel 2006 e nel 2007. Secondo quanto stabilito, resta fermo il divieto di corrispondere interessi; per aggirare questo ostacolo, però, vengono create alcune

misure importanti. La più diffusa si chiama «murabaha sukuk», secondo cui l'ente che vuole finanziarsi vende ad una nuova entità appositamente costituita, una casa, un terreno, o qualcosa di valore. Questo «vehicle» crea i titoli, li piazza sul mercato e corrisponde la retribuzione agli investitori finali, in un'unica soluzione alla scadenza. Quando arriva questo momento, per restituire i soldi ai sottoscrittori, il «vehicle» rivende il bene all'originario debitore, scalando una parte che corrisponde grosso modo a quello che si può chiamare «interesse». Un meccanismo apparentemente complesso ma di sorprendente efficacia che ha una serie di varianti: il «sukukl al istisna» che è simile al «project-financing» infrastrutturale, il «sukuk al istithmar» che a sua volta somiglia al venture capital, il «sukuk al musharaka» che condivide i rischi di un affare;
l'importante è legare il finanziamento ad attività reali senza promettere tout court un certo rendimento, perché secondo la Sharia il divieto scatta quando è il mero denaro a produrre altro denaro, la cosiddetta «riba», che vuol dire anche «usura». Anche i mutui immobiliari prevedono che sia la banca a comprare la casa, che poi viene in un certo senso affittata al proprietario, il quale ne assume il pieno possesso solo all'estinzione del mutuo. Fermi restando questi criteri base le regole sono molto meno ferree rispetto a pochi anni fa, tanto che si sta anche sviluppando un mercato secondario per le obbligazioni e altri titoli: è ancora agli albori ma sembra promettere occasioni d'oro, ed è proprio per questo che la finanza islamica si sta ampliando ben oltre i due tradizionali poli, Jeddah in Arabia Saudita, Dubai e tutti gli Emirati da una parte, Giacarta, Singapore e Kuala Lampur dall'altra. La globalizzazione è nei fatti: in agosto, la Banca Mondiale, tramite la «International Finance Corporation», ha emesso i suoi primi sukuk-bonds per 100 milioni di dollari;
«l'anno prossimo sarà molto interessante, perché ci sarà un'ondata di nuove emissioni da parte di fonti non tradizionali», prevede Mohammed Dawood, capo del debt capital market della Hsbc Amanah, il braccio islamico della banca anglo-cinese. Mario Draghi, governatore della Banca d'Italia, afferma in un suo editoriale: «Benché non siano ancora disponibili statistiche ufficiali dalle quali desumere con precisione gli sviluppi globali della finanza islamica, alcune stime effettuate in via riservata quantificano la sua attuale portata sopra agli 800 miliardi di dollari, in termini di asset intermediati, con oltre 600 istituti coinvolti in una cinquantina di Paesi. La crescita della finanza islamica è un aspetto del ruolo sempre più importante rivestito nel sistema finanziario globale da numerose economie emergenti. Naturalmente si tratta di uno sviluppo molto gradito, in quanto spalanca nuove opportunità per convogliare produttivamente le risorse finanziarie sia a quei Paesi sia ad altri mercati». Inoltre «per la Banca d'Italia è importante approfondire le conoscenze in proposito, anche in considerazione delle rilevanza che la finanza islamica assume per i compiti istituzionali che le spettano, in qualità di membro dell'Eurosistema e di Autorità di vigilanza del settore finanziario e bancario in Italia -:
quali iniziative il Ministro intenda intraprendere al fine di inserire, anche nel settore economico-finanziario italiano, gli strumenti portanti della struttura economica islamica, nell'ottica di un sistema finanziario globale stabile e solido.
(4-05119)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione indicata in oggetto, concernente lo sviluppo della finanza islamica.
Al riguardo, si fa presente che lo sviluppo delle transazioni finanziarie nei paesi di religione islamica è basato su un fondamentale e antico principio (la cosiddetta
Riba) previsto dalla Sharia, secondo il quale, a differenza di quanto accade nella finanza occidentale, è proibita l'applicazione di interessi, mentre è particolarmente favorita la condivisione degli utili. Pertanto, nella finanza

islamica non sussiste il concetto di valore temporale della moneta e l'attività bancaria non si fonda sulla remunerazione dei capitali prestati, ma principalmente sulla partecipazione ai profitti e alle perdite di un progetto imprenditoriale. Il rendimento di un investimento, inoltre, è giustificato solo se esso viene utilizzato per l'acquisto di un bene reale.
La finanza islamica prevede, inoltre, il divieto di intraprendere qualsiasi operazione finanziaria che comporti un eccessivo livello di rischio e di incertezza
(Gharar), infatti, è proibito il gioco d'azzardo (Maisir).
Gli strumenti finanziari tipici della finanza islamica, attraverso i quali è possibile partecipare alla proprietà di attività tangibili, a un progetto o a uno specifico investimento, prendono il nome di
sukuk. A differenza delle obbligazioni caratteristiche della finanza occidentale, i sukuk non rappresentano la titolarità di un flusso monetario a condizioni prefissate, ma una quota di proprietà relativa a un'attività sottostante. Negli ultimi anni, le emissioni di sukuk hanno registrato un tasso di crescita significativo, che ha raggiunto un valore del 483 per cento (nell'anno 2003). L'emissione dei sukuk è in genere realizzata da uno Special Purpose Vehicle, che, raccogliendo un ammontare adeguato di risorse, opera in qualità di intermediario nelle diverse tipologie di contratti.
Un tipico schema contrattuale
(Muràbaha) della finanza islamica prevede che una banca, su richiesta del cliente, acquisti un bene da un fornitore, per poi conseguire un profitto, rivendendolo ad un prezzo superiore al cliente. Quest'ultimo - a fronte del trasferimento di un titolo da parte della banca ed al fine di assicurare la vendita - è chiamato a effettuare il versamento di una somma iniziale, mentre il pagamento dell'importo residuo può anche essere differito. Il periodo del finanziamento coincide in tal caso con quello di dilazione del pagamento.
Fra le altre tipologie di accordi vi sono:

a) il Mudhàraba: una banca finanzia un imprenditore al fine di realizzare un investimento commerciale, i cui profitti sono suddivisi secondo quote predeterminate di comune accordo, mentre le eventuali perdite gravano sul solo fornitore di capitali. All'imprenditore spetta un compenso (Mudarib fee), che può essere calcolato in base alle spese gestionali o come percentuale del profitto;
b) il Mushàrak: due o più finanziatori forniscono capitali per un progetto (da avviare o già esistente), al fine di ripartirne gli utili secondo le quote definite nel contratto, mentre le eventuali perdite sono ripartite in proporzione al capitale conferito. In base a tale contratto tutte le parti possono partecipare alla gestione del progetto. Inoltre, è previsto che la quota di partecipazione finanziaria della banca possa restare invariata o eventualmente ridursi, fino a lasciare al cliente l'intero controllo della partnership;
c) il Salaf un finanziatore effettua il pagamento anticipato per la consegna alla controparte di una prefissata quantità di beni (in genere commodity) ad una data determinata;
d) l'Istisna: è un accordo mediante il quale una banca acquista un manufatto per conto del cliente, al quale lo rivende ad un prezzo più elevato di quello pagato, stipulando con il fornitore un contratto autonomo;
e) l'Ijara: si configura come un leasing operativo tramite il quale la banca acquista attrezzature o altri beni e ne concede l'uso al cliente, a fronte del pagamento di un canone.

Lo sviluppo della moderna finanza islamica ha avuto luogo a partire dagli anni Sessanta dello scorso secolo, con la costituzione in Egitto della prima banca islamica, la Mit Ghamr Saving Bank, e, nel decennio successivo, la fondazione della Islamic Development Bank (istituzione di sviluppo multilaterale che partecipa finanziariamente a progetti produttivi nei 56 paesi membri, aderenti all'organizzazione della conferenza islamica) e della Dubai Islamic Bank, (la prima banca commerciale islamica, che ha recentemente esteso la propria offerta a prodotti finanziari più

moderni). Fra il 2005 e il 2006, l'ammontare dei prodotti bancari conformi ai principi islamici (Sharia-compliant) ha registrato un incremento del 29,7 per cento (raggiungendo 501 miliardi di dollari USA), a fronte del 16,3 per cento relativo ai prodotti tradizionali.
Le banche islamiche censite attualmente sono circa 300 e operano in 70 paesi. Diversi centri finanziari internazionali (fra cui Londra, Tokyo, Hong Kong e Singapore) hanno avviato attività di integrazione fra la finanza islamica e gli altri sistemi finanziari.
Negli ultimi anni, inoltre, numerosi paesi, nei quali la religione islamica non è maggioritaria, hanno introdotto strumenti finanziari compatibili con la
Sharia. Il paese europeo maggiormente coinvolto in questo processo è il Regno Unito, il quale è l'unico ad aver consentito, nel 2004, l'attività di banche islamiche nel proprio sistema finanziario. In particolare, sul mercato britannico sono operanti la banca commerciale Islamic Bank of Britain e l'European Islamic Investment Bank, quotate sull'AIM (Alternative Investment Market) ed alcuni hedge fund. Si tratta della sola banca d'investimento Sharia compliant in Europa ed è attiva negli ambiti dei mercati di capitale (operando sui tassi di cambio e tramite contratti muràbaha sulle commodity, stipulati con altre banche), dell'asset management e della corporate finance. I principali fondi di investimento islamici gestiti a Londra sono offerti da Deutsche Bank e Scottish Widows.
Gli strumenti negoziati sono principalmente
sukuk destinati agli investitori istituzionali e takaful (prodotti assicurativi).
L'organismo di regolamentazione dei servizi finanziari, la
Financial Services Authority (FSA) ha, inoltre, adottato dei principi volti a favorire l'accesso ai prodotti di finanza islamica, eliminando ogni barriera fondata sulla diversità culturale o religiosa.
In altri paesi (Germania, Francia, Svizzera e Stati Uniti) sono negoziati diversi prodotti della finanza islamica, ma in un numero di settori più limitato di quanto non accada nel Regno Unito.
Nel 2004, il land tedesco
Sassonia-Anhalt ha emesso un'obbligazione di tipo Ijara, per un importo di 100 milioni di euro, ma l'operazione non è stata ripetuta, in quanto il collocamento dello strumento non ha avuto successo e il governo tedesco non ha, tuttora, autorizzato le banche nazionali ad operare sui prodotti islamici. L'elevato taglio minimo ha fatto sì che il prodotto fosse adatto ai soli investitori istituzionali.
Anche in Francia lo sviluppo della finanza islamica è meno avanzato rispetto al contesto britannico. Il primo collocamento di un fondo di investimento
Sharia-compliant ha avuto luogo nel 2008 ad opera della Banque Française Commerciale Océan Indien (BFCOI), che ha quindi rimborsato i sottoscrittori a causa della scarsità dei rendimenti conseguiti. La BFCOI appartiene al gruppo Société Générale, che, insieme, a Calyon, è anche la banca di investimento maggiormente coinvolta nella finanza islamica.
In Italia la prima transazione
Sharia-compliant (di tipo muràbaha) è stata realizzata nel 2006. Tale transazione consisteva nell'acquisizione di un edificio industriale, operata da uno special purpose vehicle, e nella sua cessione ad un'associazione musulmana locale, che lo ha impiegato come centro culturale. Nello stesso anno, è stata autorizzata la vendita del primo fondo di investimento islamico (BNP Paribas Islamic Equisty Optimiser) nel nostro Paese, mentre nel 2007 l'Associazione bancaria italiana e l'Unione delle banche arabe hanno sottoscritto un memorandum in vista della futura costituzione di una banca islamica in Italia. I limiti allo sviluppo della finanza islamica nel nostro Paese derivano, al momento, dal contenuto reddito medio degli immigrati e dallo scarso interesse degli istituti di credito, oltre che dall'assenza di uno specifico quadro normativo.
Per ragioni culturali, la Turchia rappresenta, nell'ambito geografico europeo, il paese con maggiori prospettive di sviluppo per la finanza islamica. In tale Paese, le banche islamiche sono infatti attive sin dagli anni Ottanta dello scorso secolo. Negli

Stati Uniti, infine, il settore dei mutui rappresenta quello più interessato alla finanza islamica, e nel 2007 la società Freddie Mac ha acquistato attività Sharia-compliant per più di 250 milioni di dollari. HSBC è la sola grande banca commerciale attiva nell'offerta di prodotti della finanza islamica, che interessa anche il settore immobiliare.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Nicola Cosentino.

JANNONE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nel Rapporto supplementare alle Nazioni Unite sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza in Italia, pubblicato pochi giorni fa, si riporta la raccomandazione che il Comitato ONU volge all'Italia al fine di incrementare, nella massima misura possibile, le risorse stanziate per i bambini e le loro famiglie e ad effettuare un'analisi di tutti i bilanci totali e settoriali dello Stato e delle regioni, in modo da analizzare la quota spesa per l'infanzia, identificare le priorità ed allocare le risorse «al massimo livello consentito dalle risorse disponibili». Inoltre, il Comitato raccomanda che l'Italia applichi questo principio alle attività svolte dalla Cooperazione internazionale allo sviluppo del Ministero degli Affari Esteri;
nel 2003 il Comitato ONU esprimeva preoccupazione per il fatto che l'Italia non applicasse appieno l'articolo 4 della «Convenzione dei diritti del Fanciullo» e che quindi non vi fosse uno stanziamento per l'infanzia e l'adolescenza al massimo livello consentito dalle risorse disponibili. Tale preoccupazione era mossa anche dal rilievo che nel precedente rapporto governativo, si riconosceva che «in Italia è ancora poco sentita la necessità di poter disporre di dati analitici sui flussi di spesa, specialmente in campo assistenziale: questo comporta la presenza di poche informazioni». Nonostante una maggiore attenzione al tema, rilevabile anche dall'impostazione del nuovo rapporto, si evidenzia come non sia tuttavia ancora possibile identificare la quota di bilancio nazionale destinata alle politiche a favore dell'infanzia e dell'adolescenza e, di conseguenza, monitorare le risorse allocate per i minori in Italia continua ad essere particolarmente complesso;
il quadro che emerge da un'analisi comparativa e riassuntiva degli anni 2005-2008 relativamente all'impegno dell'Italia ad adeguare i propri standard quantitativi e qualitativi in materia di cooperazione internazionale, non permette una valutazione pienamente positiva rispetto all'attuazione della raccomandazione del Comitato ONU, nemmeno alla luce di quanto contenuto in merito nel recente rapporto governativo;
l'impegno finanziario dell'Italia, in tale ambito, infatti, continua ad essere tra i più bassi in Europa. La carenza di un dialogo costruttivo tra le diverse forze politiche ha marginalizzato il tema impedendo di riprendere il dibattito sulla riforma. Infatti, la spinta che nel 2007 ha portato alla presentazione di un disegno di legge delega per la riforma di questo settore non si è conclusa a causa della chiusura anticipata della Legislatura. La disciplina legislativa della cooperazione resta quindi quella del 1987, che oggi limita la portata degli interventi di cooperazione perché li fonda su principi e regole per molti versi anacronistici e limitanti. La raccomandazione di riprendere ed approvare il disegno di legge delega per la riforma del sistema della cooperazione, avanzata nei precedenti rapporti della «Convenzione dei diritti del Fanciullo», è stata pertanto completamente disattesa e con questa anche quella relativa all'istituzione di un "Fondo Unico" che contenga e renda trasparente tutto l'aiuto Pubblico allo sviluppo»;
nel corso degli ultimi quattro anni, si registra solo una parziale risposta del Ministero degli affari esteri (MAE) alle indicazioni evidenziate nel corso dei precedenti rapporti. Se, infatti, è vero che si

è avuta una riforma delle procedure per la presentazione dei progetti promossi dalle organizzazioni non governative che ha ridotto tempi e semplificato procedure, è pur vero, che non risulta ancora essere stato messo a regime dalla nostra cooperazione un approccio coerente per gli interventi di cooperazione che incida sulle scelte strategiche, sulla policy e sull'implementazione del programma della cooperazione italiana;
nel dicembre 2009 la direzione generale per la cooperazione dello sviluppo del Ministero degli affari esteri ha approvato il piano strategico triennale per il 2009-2011 dove sono indicate le priorità geografiche e tematiche della cooperazione, ma nel quale i minori rappresentano soltanto una delle quattro aree tematiche trasversali. Il piano strategico pone l'efficacia dell'aiuto sia come una priorità che come una risposta ai limiti quantitativi italiani dell'aiuto Pubblico allo sviluppo». Nel documento si evidenzia che è stato costituito un gruppo interno alla direzione generale per la cooperazione dello sviluppo con lo scopo di definire un piano programmatico nazionale per l'efficacia degli aiuti. Tale sforzo, che comprende anche l'avvio della revisione delle Linee guida per l'infanzia, rischia però di essere privo delle risorse necessarie per essere implementato -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare per far si che l'Italia rivesta un ruolo primario nell'azione di cooperazione internazionale volta al miglioramento delle condizioni di vita dei minori, come richiesto dal Comitato ONU.
(4-05644)

Risposta. - La tutela e la promozione dei diritti dei bambini e degli adolescenti costituiscono un fondamentale pilastro del sistema internazionale dei diritti umani e un asse strategico della cooperazione italiana allo sviluppo.
Ispirandosi ai principi contenuti nella convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia e nei due protocolli opzionali, l'obiettivo principale della cooperazione italiana è quello di contribuire al miglioramento delle condizioni dei minori su scala mondiale, in linea altresì con gli obiettivi del millennio.
L'attenzione più che decennale del Ministero degli affari esteri ai diritti dell'infanzia e dell'adolescenza è testimoniata dall'adozione, fin dal 1998, delle «linee guida sulla tematica minorile», aggiornate nel 2004. In linea con i principi e le direttive contenute nei principali strumenti giuridici, sia internazionali che nazionali, infatti sono state stabilite le priorità d'azione della cooperazione allo sviluppo e le strategie di intervento nei diversi ambiti: generale, emergenza e post-conflitto, rapporti multilaterali, bilaterali ed a livello nazionale.
Anche le linee-guida e gli indirizzi di programmazione per il triennio 2009-2011, approvate dal comitato direzionale del Ministero degli esteri, nel dicembre del 2008, confermano l'impegno della cooperazione a favore dei diritti fondamentali dei bambini, degli adolescenti e dei giovani. Particolare attenzione è data alle iniziative finalizzate a ridurre lo sfruttamento del lavoro minorile, quello sessuale anche a scopo commerciale, alle mutilazioni genitali delle bambine e delle adolescenti, nonché al sostegno dei sistemi di giustizia minorile in cui è previsto il reinserimento sociale, alla tutela di bambini e adolescenti soldato e vittime dei conflitti armati.
Seppur in un contesto di progressiva contrazione delle risorse destinate alla cooperazione allo sviluppo, si è tuttavia registrato un incremento percentuale delle risorse finanziarie dedicate alle iniziative in favore di bambini/e ed adolescenti. Si è prestata maggiore attenzione agli aspetti qualitativi degli interventi a favore dei minori, avendo particolare riguardo al migliore utilizzo delle risorse disponibili. In tale contesto e in linea con quanto previsto dal Piano italiano per l'efficacia degli aiuti, approvato dal comitato direzionale lo scorso 14 luglio, si inserisce l'ampio e partecipato esercizio, tuttora in corso, di revisione delle linee guida sulla tematica minorile. Essa vede il coinvolgimento di qualificati esperti ed esponenti di organizzazioni ed istituzioni che si distinguono per l'impegno a favore della tutela e della

promozione dei diritti fondamentali dei minori in diversi settori di intervento.
La cooperazione italiana si adopera inoltre per sensibilizzare le istituzioni nazionali, gli enti locali e l'opinione pubblica nazionale al fine di promuovere una maggiore coscienza e partecipazione a favore della tutela dell'infanzia nel mondo. Si è determinato pertanto un incremento dei cosiddetti progetti di «cooperazione decentrata», realizzati con le regioni, gli enti locali e le strutture territoriali facenti capo a istituzioni decentrate come le università, i centri di ricerca, le organizzazioni e gli organismi non governativi, eccetera, che assicurano ai progetti un valore aggiunto sia per le competenze tecniche specifiche, sia per le prospettiva di catalizzare ulteriori risorse.
In Italia, la direzione generale per la cooperazione allo sviluppo, in collaborazione con regioni, enti locali e organizzazioni non governative, promuove e sostiene iniziative di educazione allo sviluppo e di intercultura per accrescere la conoscenza della condizione dell'infanzia e dell'adolescenza nei paesi beneficiari di cooperazione e di quella immigrata in Italia, con iniziative a loro favore.
Tra le iniziative finanziate dalla stessa direzione generale meritano una particolare menzione:
i programmi di lotta allo sfruttamento sessuale dei minori, in collaborazione con l'Unicef, realizzati nella Repubblica dominicana e nella regione centro americana per un contributo complessivo di 3,5 milioni di euro;
i programmi volti a realizzare/rafforzare i sistemi di Giustizia minorile attuati in Angola, Mozambico, Bosnia Erzegovina e Afghanistan;
la seconda fase del progetto «StopFGM (Female genital mutilation)», finanziato dalla cooperazione italiana con un contributo volontario all'Unicef di 1,8 milioni di euro;
i programmi di lotta allo sfruttamento del lavoro minorile attuati in India e Senegal in collaborazione rispettivamente con International Labour Organization/International Programm on Elimination of Children Labour e UNICEF con un contributo complessivo pari a 6 milioni di euro.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

LATTERI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la crisi economica ha avuto un notevole impatto sulle attività agricole in Sicilia ed ha messo a rischio l'intero comparto pur mantenendo un forte impegno nella promozione e nella produzione di prodotti di ottima qualità;
da più parti è stato richiesto un concreto aiuto per consentire di affrontare gli alti costi derivanti dall'impegno nelle produzioni agricole;
lo scorso anno si è conclusa la campagna di ristrutturazione dei crediti agricoli finalizzata al riassetto delle posizioni debitorie delle aziende agricole nei confronti dell'Inps, ma a causa della strategia concordata tra l'Inps e il gruppo Unicredit, non si è raggiunto l'obiettivo del risanamento economico delle aziende agricole, anche per la presenza di restrizioni e limitazioni che hanno fatto desistere molte aziende del Sud;
avere indicato come limite ultimo per la ristrutturazione dei crediti il II trimestre del 2004 e avere escluso i crediti di anni pregressi tariffati dopo la citata data è apparsa una scelta impopolare ed iniqua, infatti è notorio che la maggioranza dei lavoratori a tempo indeterminato è presente nei trimestri successivi al secondo -:
se non ritenga necessario procedere ad una nuova campagna di ristrutturazione dei crediti agricoli che includa i trimestri successivi al secondo trimestre del 2004, nonché i crediti tariffati di anni pregressi evitando l'applicazione di restrizioni e limitazioni che hanno fatto desistere molte aziende agricole del sud dalla

ristrutturazione dei crediti limitati al II trimestre del 2004.
(4-04547)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione a risposta scritta in esame, si rappresenta quanto segue.
La crisi economica continua ad avere un notevole impatto sulle aziende agricole di tutto il territorio nazionale. Consapevole delle difficoltà dell'intero comparto, questo Ministero, in accordo con le regioni e province autonome, si sta adoperando per trovare le soluzioni più appropriate ai problemi citati.
In particolare, anche a seguito delle recenti modifiche intervenute a livello comunitario nella normativa sugli aiuti di Stato attivabili in situazione di crisi, si stanno studiando le misure più opportune, previa verifica di compatibilità con le norme comunitarie.
In relazione alla ristrutturazione dei crediti agricoli va considerato che, pur essendo una possibile misura di intervento, è un processo che coinvolge diverse istituzioni. Di conseguenza, una nuova campagna di ristrutturazione dei crediti andrebbe concertata e condivisa con tutti i soggetti coinvolti tra cui l'Inps e gli altri eventuali creditori quali le banche. Inoltre sarebbe necessario verificarne la compatibilità con le norme comunitarie in materia di aiuti di Stato.
In ogni caso, trattandosi di misure che necessitano di copertura finanziaria, è necessario individuare le relative risorse.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Luca Zaia.

MARAN e LENZI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
da una recente e approfondita indagine giornalistica del settimanale l'Espresso (n. 3 del 2010) emerge il quadro di una gestione finanziaria della Presidenza del Consiglio, a dir poco, non proprio attenta ai rigori della finanza pubblica, incoerente rispetto ai tagli imposti alle altre amministrazioni dello Stato e palesemente in contrasto con uno stile di rigore e sobrietà che ci si attenderebbe alla luce della crisi economica internazionale e agli effetti che sta producendo sulla società e l'economia italiana;
tra i dati più eclatanti emergono: la lievitazione dei costi complessivi, arrivati a 4 miliardi e 294 milioni a fine 2008 e aumentati ancora nel 2009; la crescita a dismisura delle consulenze e degli incarichi a figure estranee alle pubbliche amministrazioni e con curricula non sempre esemplari o, ancora i 1.600 lavoratori in distacco da altri ministeri e amministrazioni, con un numero complessivo di personale impiegato che arriva 4.500 unità, 1.440 in più rispetto a quanto previsto nella pianta organica; spese milionarie per l'organizzazione di eventi mediatici; carriere improvvisate e ingiustificate;
secondo tale ricostruzione, emergerebbe inoltre che, mentre vengono create strutture ad hoc per giustificare nuovi incarichi affidati ad esterni all'amministrazione, molti funzionari di ruolo risulterebbero inutilizzati;
anche con riferimento alla gestione delle strutture di missione, che ammontano a circa trenta, risulterebbero sprechi e disfunzioni -:
quali siano i dati ufficiali relativi alla gestione finanziaria e del personale della Presidenza del Consiglio dei ministri, analizzando nel dettaglio l'evoluzione di tali indicatori nel corso degli ultimi anni e gli effetti sulla finanza pubblica;
se non ritenga necessario, qualora confermato il quadro delineato dalla citata inchiesta giornalistica, un urgente intervento di verifica e ridimensionamento delle spese della Presidenza del Consiglio dei ministri, in linea con i tagli imposti a tutte le altre amministrazioni dello Stato e nel rispetto delle difficoltà

economiche che hanno investito complessivamente il Paese.
(4-05806)

Risposta. - In relazione all'atto di sindacato ispettivo in esame, concernente la gestione finanziaria e del personale della Presidenza del Consiglio dei ministri (P.C.M.), si fa presente quanto segue.
Il supposto aumento dei costi della Presidenza del Consiglio dei ministri, che l'interrogante giudica «ormai inarrestabile», come già chiarito nella nota di precisazione del segretario generale di questa P.C.M., pubblicata dal settimanale «L'Espresso» in data 4 gennaio 2010, non è altro che il mero riflesso finanziario del trasferimento alla Presidenza di nuove competenze, quali le politiche per lo sport, la famiglia, la gioventù, il cipe e l'antidroga, attuato dal precedente Governo con decreto legge n. 181 del 2006; ove non trasferite alla Presidenza, le stesse funzioni avrebbero continuato a gravare sui bilanci dei Ministeri di provenienza, e quindi in ogni caso sul bilancio dello Stato, rispetto al quale il trasferimento è «neutro».
Quanto alla seconda affermazione recata nella premessa dell'interrogazione, secondo la quale «più del 70 per cento viene impiegato per le cosiddette politiche attive dei dipartimenti», è da rilevare che trattasi di stanziamenti relativi ad interventi di settore assegnati per la loro realizzazione ai vari dipartimenti della Presidenza del Consiglio dei ministri, che derivano da specifiche autorizzazioni di spesa parlamentare, nell'ambito delle quali sono espressamente definite le finalità da perseguire. Le medesime considerazioni possono valere con riferimento alla protezione civile, tanto che, sull'argomento, anche il quotidiano «Il Sole 24 ore», nell'articolo pubblicato in data 24 gennaio 2010, ha evidenziato come le assegnazioni per la protezione civile nel 2009 sono derivate in gran parte da autorizzazioni legislative di spesa destinate a sostenere l'emergenza del terremoto in Abruzzo; va peraltro sottolineata la positività del dato percentuale, in quanto esso evidenzia come le risorse assegnate alla Presidenza del Consiglio siano impiegate per la massima parte per la realizzazione degli specifici obiettivi assegnati dai Governi, e solo in parte residuale per la gestione delle risorse umane e strumentali.
Per quanto riguarda le spese per l'organizzazione della Presidenza non può che rilevarsi, come indicato nella cennata nota di precisazione del segretario generale al periodico «L'Espresso», che nel 2009 le spese complessive sono diminuite di 195 milioni, rispetto al bilancio 2008. Anche nel corrente esercizio, come testimonia il bilancio di previsione trasmesso alle Camere e pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 19 del 25 gennaio 2010, la spesa complessiva preventivata ha subìto un ulteriore ridimensionamento, pari ad euro 532.571.701 (rispetto alla spesa sostenuta nel 2009).
Quanto ai punti recati nella premessa dell'interrogazione relativi al personale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, si sottolinea che il personale attualmente in servizio consta di 2.277 unità di personale, nettamente inferiore all'organico previsto dalla normativa, tenuto conto dell'articolata struttura della Presidenza a cui fanno capo ben 10 Ministri senza portafoglio e 8 Sottosegretari. Nei prossimi anni, inoltre, è prevista una consistente quota di pensionamenti; il che, stante il blocco del
turn-over, porterà ad una scopertura dell'organico pari - se non superiore - al 27 per cento della dotazione prevista.
In merito all'indagine svolta dalla Corte dei Conti sulle strutture di missione, si sottolinea che la Presidenza del Consiglio ha emanato un'apposita direttiva del Presidente, in data 1o agosto 2009, con la quale sono stati ribaditi con maggiore puntualità alcuni indirizzi concernenti la creazione e l'organizzazione di tali strutture, coerenti con le raccomandazioni dell'Organo di controllo.
Alla luce di tali elementi, risulta evidente che le spese sono allineate con gli stanziamenti attribuiti per legge alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Tali stanziamenti risultano debitamente autorizzati dal Parlamento per consentire lo svolgimento degli interventi nei molteplici settori di che fanno capo alla stessa Presidenza.

Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Elio Vito.

MONAI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
talune categorie di lavoratori quali i minorati della vista, accedono a posti di lavoro solo grazie a disposizioni speciali, contenute in leggi di settore inerenti a specifiche attività lavorative (centralinismo, massofisioterapia, e altro);
le norme di cui alle leggi n. 113 del 1985 e n. 68 del 1999 sono da ritenersi lex specialis rispetto alle norme generali di inserimento e regolamentazione del rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni ex decreto legislativo n. 165 del 2001;
l'attuale blocco delle assunzioni (articolo 17, comma 7, del decreto-legge n. 78 del 2009 convertito dalla legge 3 agosto 2009, n. 102) dovrebbe dirsi lex generalis, tale da non prevalere sulla lex specialis che riguarda la tutela lavorativa delle categorie di lavoratori protette;
ritenuta opportuna una precisazione ufficiale sul punto -:
se il Ministro intenda o meno chiarire con apposito provvedimento se le disposizioni speciali per l'accesso al lavoro delle categorie protette (disabili, non vedenti, eccetera) non debbano intendersi superate o derogate dal blocco delle assunzioni nella P.A. disposto in via generale dai recenti provvedimenti normativi.
(4-06209)

Risposta. - In riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta che la richiesta dell'interrogante, concernente l'adozione di un provvedimento in materia di accesso al lavoro delle categorie protette, risulta pienamente soddisfatta in ragione dell'emanazione della circolare del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione n. 6 del 2009.
Detta circolare dispone, in particolare, che le categorie protette, nel limite del completamento della quota d'obbligo, devono ritenersi escluse dal divieto di assumere previsto dall'articolo 17, comma 7 del decreto legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009. Trattasi, infatti, di una categoria meritevole di tutela in quanto rientrante tra le fasce deboli della popolazione, normalmente esclusa dai blocchi e dai vincoli assunzionali, attesa l'esigenza di assicurare in maniera permanente l'inclusione al lavoro dei soggetti beneficiari della normativa di riferimento.
La circolare ha altresì sottolineato che la mancata copertura della quota d'obbligo riservata alle categorie protette è espressamente sanzionata sul piano penale, amministrativo e disciplinare ai sensi dell'articolo 15, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68.

Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

NACCARATO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
«Veneto Sviluppo Spa» è una società finanziaria che esercita nei confronti del pubblico l'attività di intermediazione finanziaria e di raccolta di risparmio, e che la sua compagine sociale è composta dalla Regione Veneto (51 per cento), Unicredit Corporate banking Spa (15,3 per cento), Sinloc Spa (8,267 per cento), Intesa San Paolo Spa (8 per cento), Banca Nazionale del Lavoro Spa (6,5 per cento), Holding di partecipazioni finanziarie Banco Popolare Spa (2,718 per cento), Banco Popolare Società Cooperativa (2 per cento), Credito Bergamasco Spa (0,550 per cento), Banca Antonveneta Spa (4,223 per cento), Banca Popolare di Vicenza S.c.p.a. (1,201 per cento), Banca Popolare di Marostica, S.c.p.a.r.l. (0,131 per cento), Veneto Banca Holding S.c.p.a. (0,110 per cento);
«Veneto Sviluppo Spa», in base al decreto legislativo n. 385 del 1993 «Testo unico bancario», è soggetta alla vigilanza del Comitato interministeriale per il credito

e il risparmio (CICR), che è presieduto dal Ministro dell'economia e delle finanze;
«Veneto Sviluppo Spa» è soggetta anche alla vigilanza e al controllo della Banca d'Italia e della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (Consob);
il Consiglio di Amministrazione della «Veneto Sviluppo Spa» è scaduto il 7 maggio 2009;
è decorso il periodo di 45 giorni, previsto dall'articolo 3 del decreto-legge n. 293 del 1994 di proroga degli organi amministrativi;
il Consiglio di Amministrazione non è stato ricostituito e, pur essendo scaduto, continua a riunirsi ed operare;
l'articolo 6 del sopraccitato decreto-legge n. 293 del 1994 stabilisce che: «1. Decorso il termine massimo di proroga senza che si sia provveduto alla loro ricostruzione, gli Organi amministrativi decadono. 2. Tutti gli atti adottati dagli Organi scaduti sono nulli. 3. I titolari della competenza alla ricostituzione e nei casi di cui all'articolo 4, comma 2, i Presidenti degli Organi collegiali sono responsabili dei danni conseguenti alla decadenza determinata dalla loro condotta, fatta in ogni caso salva la responsabilità penale individuale nella condotta omissiva»;
la Banca d'Italia, in data 11 settembre 2009 ha comunicato al presidente del consiglio di amministrazione e al presidente del collegio sindacale della Veneto Sviluppo Spa che gli organi sociali non sono stati ricostituiti, e ha chiesto: «le valutazioni svolte dai consessi rispettivamente presieduti sui rischi strategici, operativi e legali derivanti dalla mancata ricostituzione degli stessi, anche alla luce del dettato dell'articolo 6 del citato decreto-legge n. 293 del 1994; le iniziative intraprese o programmate e finalizzate a ricondurre Veneto Sviluppo Spa nell'alveo del rispetto del dettato normativo»;
il decreto legislativo n. 58 del 1998, «Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria», stabilisce le norme per esercitare la vigilanza e il controllo sulle società di intermediazione finanziaria;
la situazione appena descritta ha paralizzato a lungo le iniziative che «Veneto Sviluppo Spa» avrebbe potuto intraprendere, in qualità di società finanziaria a maggioranza di capitale pubblico, a sostegno delle imprese colpite dalla grave crisi economica in corso;
la situazione appena descritta rischia di annullare tutte le iniziative assunte da «Veneto Sviluppo Spa» dopo la scadenza degli organi sociali -:
se il Governo sia conoscenza dei fatti sopra esposti ai sensi di quanto previsto dall'articolo 7 del decreto-legge n. 293 del 1994.
(4-04352)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, concernente le vicende della società Veneto Sviluppo spa, intermediario finanziario a partecipazione pubblica iscritto nell'elenco speciale ex articolo 107 del Testo Unico Bancario (TUB), che ha deciso di operare in regime di prorogatio.
Al riguardo, la segreteria del comitato interministeriale per il credito ed il risparmio, sentita anche la Banca d'Italia, ha comunicato che la società Veneto Sviluppo spa è un intermediario finanziario iscritto nell'elenco speciale ex articolo 107 del TUB, autorizzato a svolgere attività di concessione di finanziamenti e assunzione di partecipazioni. Il capitale della società è partecipato al 51 per cento dalla regione Veneto e al 49 per cento da undici soci privati di matrice bancaria e finanziaria. In base allo statuto, la regione Veneto esprime la maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale.
La segreteria del comitato interministeriale per il credito ed il risparmio ha precisato, inoltre, che la Banca d'Italia ha costantemente monitorato la situazione venutasi a creare a seguito della delibera dell'assemblea ordinaria dei soci dello scorso maggio, con la quale è stato prorogato il mandato del consiglio di amministrazione

e del collegio sindacale scaduti, anziché procedere al rinnovo degli organi. Tale decisione era stata assunta dal consesso, avendo rilevato la mancata nomina dei membri di competenza dell'azionista di maggioranza.
Dato lo spirare del termine di 45 giorni di proroga, concesso dall'articolo 3 del decreto legge n. 293 del 1994, convertito nella legge 15 luglio 1994, n. 444, la Banca d'Italia, in data 11 settembre 2009, ha chiesto al consiglio di amministrazione e al collegio sindacale di Veneto Sviluppo di valutare i rischi strategici, operativi e legali derivanti dal mancato rinnovo degli organi sociali.
Il collegio sindacale di Veneto Sviluppo, con nota del 5 ottobre 2009, ha precisato che, dalle valutazioni svolte, il regime di
prorogatio non ha costituito un ostacolo per l'operatività delle funzioni aziendali, né ha avuto impatti negativi sulle iniziative intraprese dalla società.
In seguito alle dimissioni di due amministratori, il consiglio regionale del Veneto, nel corso della seduta del 22 ottobre 2009, ha provveduto a designare i membri di propria competenza nel consiglio di amministrazione e nel collegio sindacale di Veneto Sviluppo. L'assemblea dei soci ha, poi, formalmente eletto gli organi sociali il 10 novembre 2009.

Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Nicola Cosentino.

OCCHIUTO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto pubblicato da alcuni quotidiani nazionali e locali, il Presidente di Equitalia Nomos, Matilde Carla Panzeri, già funzionario generale della Banca d'Italia, risulterebbe anche a capo della NPL Management, società che ha per oggetto esclusivo acquisto e la cessione dei crediti pro-soluto e pro-solvendo, la concessione dei finanziamenti sotto qualsiasi forma, acquisto sia diretto che indiretto di beni immobili di qualunque genere o destinazione, al fine della loro successiva alienazione anche mediante operazioni finanziaria e/o societarie di ogni tipo, se del caso con l'utilizzo di società veicolo;
le case ipotecate da Equitalia Nomos dal 2006 al 2009, a seguito di mancata contribuzione INPS, per mancato pagamento del canone RAI, per il recupero delle tasse nazionali, dei contributi INAIL, dell'imposta comunale sugli immobili ante 2006 e della Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani ante 2006, ammontano a circa 70 mila unità, solo su Torino e provincia -:
se, ove corrisponda al vero quanto esposto in premessa, non ritenga di verificare se e quanti siano gli immobili acquistati dalla NPL nel periodo in cui la Panzeri rivestiva a carica di presidente delle due società citate, se non rinvenga in tale situazione un conflitto di interessi e quali iniziative in tal caso intenda adottare.
(4-06247)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame si rappresenta quanto segue.
Sul piano normativo, civilistico e di settore, per la dottoressa Matilde Carla Panzeri non sussistono incompatibilità derivanti dalla contemporaneità della carica di presidente della società Equitalia Nomos, a far data dal 27 aprile 2009, e di presidente della società Non Performing Loans s.p.a. Va sottolineato al riguardo che quest'ultima società è soggetto diverso da quello citato nell'interrogazione parlamentare, riferita a «NPL Management», con oggetto sociale diverso da quello proprio della società di cui la dottoressa Panzeri è presidente.
Peraltro, per quanto riguarda Equitalia Nomos spa, il presidente non ha deleghe operative, né incarichi specifici che possano interessare le attività di qualunque altra società.
In particolare, la società Non Performing Loans spa, acquisisce crediti in sofferenza dal sistema bancario, prevalentemente con garanzie ipotecarie reali.
Solo in via anche indirettamente strumentale all'attività di recupero dei crediti e nei limiti consentiti dalle disposizioni di

legge e regolamentari, come recita l'articolo 3 dello statuto di questa società, la medesima può bensì procedere all'acquisto dei beni immobili, ma limitatamente a quelli posti a garanzia dei propri crediti e al solo fine della loro successiva alienazione, allo scopo di tutelare le proprie ragioni di credito.
In ogni caso, nel periodo sopra richiamato dal 27 aprile 2009 ad oggi, in nessun caso la società Non Performing Loans spa è stata acquirente di immobili siti nella regione Piemonte, o comunque potenzialmente oggetto di garanzia a favore di Equitalia Nomos.
Infine, si ritiene opportuno segnalare il fatto che le case ipotecate da Equitalia Nomos dal 2006 al 2009 non ammontano a circa 70.000 unità, come riportato dall'interrogante, ma a poco più di 39.000.

Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Daniele Molgora.

RAZZI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
i vertici del gruppo Finmeccanica sono stati rinnovati recentemente dall'assemblea degli azionisti (tra cui lo Stato italiano);
il triennio di mandato per gli attuali vertici terminerebbe alla fine del 2011;
con tale termine alcuni attuali amministratori non avrebbero più i requisiti per poter essere rinnovati;
occorrerebbe verificare l'esatta rispondenza tra annunci, commesse conseguite ed effettive commesse ottenute;
delle commesse ottenute andrebbero verificati i margini di contribuzione;
a quanto consta all'interrogante oltre il 70 per cento delle commesse conseguite sono captive clients soprattutto dello Stato italiano;
appaiono inoltre sorprendenti all'interrogante i modi e la scelta degli amministratori delle singole aziende del gruppo Finmeccanica;
va sottolineata la rilevanza degli aspetti elencati su cui incombono connotazioni di carattere economico e comuni profili di responsabilità -:
se il Ministro interrogato intenda vigilare affinché il rinnovo dei vertici di Finmeccanica avvenga secondo criteri di trasparenza e nel rispetto delle scadenze e dei limiti fissati dalla legge.
(4-05653)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, concernente il rinnovo dei vertici della società Finmeccanica.
Al riguardo, si fa presente che Finmeccanica spa è una società per azioni quotata in borsa, con il 30,18 per cento del capitale sociale posseduto dal Ministero dell'economia e delle finanze, il quale esercita nei confronti della società i diritti dell'azionista, ma non è titolare di poteri di regolamentazione e controllo. Inoltre, ai sensi dell'articolo 2497 del codice civile, questa amministrazione non svolge attività di indirizzo e coordinamento delle proprie società partecipate e non interferisce nell'attività operativa della società capogruppo, né delle società dalla stessa controllate.
Per quanto riguarda il rinnovo dei vertici aziendali della società in questione, si precisa che l'articolo 18 dello statuto sociale di Finmeccanica prevede che i membri del consiglio di amministrazione vengano nominati dall'assemblea secondo il meccanismo del voto di lista, sulla base di liste presentate dagli azionisti, che vengono pubblicate sui maggiori quotidiani nazionali.
L'attuale consiglio di amministrazione, nominato dall'assemblea del 6 giugno 2008, è composto da undici membri, sette dei quali espressi dal Ministero dell'economia e delle finanze in qualità di presentatore della lista di maggioranza, e scadrà nel 2011, alla data di convocazione dell'assemblea per l'approvazione del bilancio 2010.
La nomina dei consiglieri di amministrazione avverrà, come per il passato, in conformità alle disposizioni statutarie e di

legge e nel pieno rispetto della libera e autonoma volontà degli azionisti.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Nicola Cosentino.

REGUZZONI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in risposta all'interrogazione 4-03774 il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha affermato che - a fronte delle richieste del nostro Paese in tema di trasporto aereo - la Federazione Russa ha dapprima ribadito la ferma opposizione a modificare il regime di monodesignazione, e successivamente ha chiesto tempo per soppesare le nostre ragioni;
tale regime porta oggi una compagnia privata italiana, la CAI, già monopolista in molte altre tratte, ad operare in situazioni di duopolio nelle tratte Italia-Russia, creando, ad avviso dell'interrogante, ovvie distorsioni della concorrenza;
esistono richieste di vettori italiani che intendono operare collegamenti, in particolare tra Malpensa e gli aeroporti di Mosca e San Pietroburgo, ma anche da e per altre destinazioni;
il permanere delle limitazioni citate - influendo sul numero e sui costi dei collegamenti con un partner importante come la Federazione Russa - è dannoso all'economia e allo sviluppo del nostro Paese -:
se sia possibile, come e in che modi e tempi, derogare agli accordi bilaterali vigenti, consentendo anche ad altri operatori italiani di effettuare i collegamenti con le destinazioni russe, in particolare dalla città di Milano;
se il Governo intenda rappresentare per via diplomatica il profondo disagio del nostro Paese e la necessità di una risposta tecnica e/o politica tesa a risolvere il problema.
(4-05296)

Risposta. - Il Ministero degli affari esteri, d'intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in attuazione della legge n. 2 del 2009, ha avviato, nel febbraio scorso, una fase di ricognizione degli interessi aeronautici nazionali, dell'industria italiana del settore, dei Paesi/vettori esteri e degli aeroporti volta allo sviluppo di nuovi criteri di liberalizzazione, con l'obiettivo di accrescere i collegamenti del Paese ed in particolare dell'aeroporto di Malpensa.
È stato pertanto messo a punto un articolato percorso procedurale che ha avviato i negoziati per accrescere, in linea con quanto previsto dal disposto legislativo, il portafoglio dei diritti del traffico aereo a disposizione delle compagnie italiane e straniere. È stato previsto un sostanziale aumento di frequenze, di rotte, di vettori e scali con particolare attenzione al potenziamento degli hubs di Fiumicino e di Malpensa anche attraverso gli ingenti piani di investimento presentati nell'ottobre scorso dagli Aeroporti di Milano, SEA, e dagli Aeroporti di Roma, ADR.
Nel dicembre del 2008 in particolare si sono svolti a Roma i negoziati per un approfondito scambio di opinioni con la Federazione Russa, consapevoli della necessità di rinviare la fase decisionale per la ferma opposizione delle autorità russe a modificare il regime vigente di monodesignazione per coppie di città.
Tale modifica si sarebbe rivelata particolarmente utile alle compagnie designate dall'Italia, con particolare riferimento alle tratte storiche di collegamento tra le città di Roma e di Milano con Mosca e San Pietroburgo.
Successivamente, è stato comunicato alle autorità russe la piena disponibilità dell'ENAC a dare positivo riscontro alla richiesta della compagnia Rossiya di avviare, in deroga agli accordi vigenti, i collegamenti tra San Pietroburgo e le città di Rimini, Palermo e Catania.
In tale occasione, è stata inoltre presentata la richiesta alle autorità russe di consentire, in via temporanea, a più compagnie italiane di operare i collegamenti

Torino-Mosca, in deroga agli accordi bilaterali, che consentono tale facoltà ad un solo vettore.
Nel corso del vertice italo-russo, svoltosi a Roma, è stato firmato un
memorandum d'intesa tra il Ministero dei trasporti italiano e quello russo volto a migliorare e sviluppare i rapporti tra i due Paesi nel settore dei trasporti, includendo quelli aerei. A margine del vertice è stato altresì sottoscritto dall'Alitalia e da Aeroflot un accordo di collaborazione commerciale.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

REGUZZONI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in risposta all'interrogazione 4-03619 il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha affermato che - a fronte delle richieste del nostro Paese in tema di trasporto aereo - il Venezuela non ha fornito alcun riscontro;
nell'interrogazione citata il Ministro per rappresentare le richieste del Governo italiano fa riferimento alla formula «è stata inviata una nota verbale», frase si suppone «tecnica» poiché, in caso contrario, il suo significato apparirebbe oscuro -:
in che cosa consista nel concreto «inviare una nota verbale»;
quale siano i dettagli contenuti della «nota verbale inviata»;
se e come il Governo intenda rappresentare per via diplomatica il profondo disagio del nostro Paese e la necessità di risolvere il problema della riscrittura degli accordi bilaterali nel senso della liberalizzazione del trasporto aereo.
(4-05304)

Risposta. - Il Ministero degli Affari esteri, d'intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in attuazione della legge n. 2 del 2009, ha avviato, nel febbraio scorso, una fase di ricognizione degli interessi aeronautici nazionali, dell'industria italiana del settore, dei Paesi/vettori esteri e degli aeroporti volta allo sviluppo di nuovi criteri di liberalizzazione, con l'obiettivo di accrescere i collegamenti del Paese ed in particolare dell'aeroporto di Malpensa.
È stato pertanto messo a punto un articolato percorso procedurale che ha avviato i negoziati per accrescere, in linea con quanto previsto dal disposto legislativo, il portafoglio dei diritti del traffico aereo a disposizione delle compagnie italiane e straniere. È stato previsto un sostanziale aumento di frequenze, di rotte, di vettori e scali con particolare attenzione al potenziamento degli hubs di Fiumicino e di Malpensa anche attraverso gli ingenti piani di investimento presentati nell'ottobre scorso dagli Aeroporti di Milano, SEA, e dagli Aeroporti di Roma, ADR.
Il Venezuela è stato inserito nella lista dei Paesi extra-europei a cui proporre in via prioritaria la rinegoziazione dei vigenti accordi aerei alla luce di quanto disposto dal «decreto salva Malpensa».
È stata pertanto comunicata, per le vie diplomatiche, la richiesta di revisione degli accordi bilaterali e che sarebbero state rilasciate le autorizzazioni provvisorie, in deroga agli attuali accordi, alle compagnie interessate che ne avessero fatto richiesta.
Per rispondere al primo quesito posto dall'interrogante, si fa presente che la nota verbale è una comunicazione di carattere ufficiale tra le Ambasciate accreditate ed i locali Ministeri degli Affari esteri. Di seguito si riporta il testo della nota verbale con cui l'Ambasciata d'Italia a Caracas ha trasmesso al Ministero degli esteri venezuelano le proposte del Governo italiano:
«Nel quadro della politica aeronautica italiana, contraddistinta da criteri di liberalizzazione, nel rispetto dei principi della Convenzione di Chicago e della vigente normativa dell'Unione Europea, si auspica l'aggiornamento delle intese aeronautiche in vigore allo scopo di ampliare ed incrementare per ciascuna parte la massima accessibilità diretta, particolarmente riguardo al numero:
dei vettori designati, anche con riferimento a compagnie comunitarie;

delle frequenze,
dei punti di scalo sui rispettivi territori.

Quanto sopra per favorire una mutua dinamica di reciproco interesse, in particolare in relazione all'effettivo svolgimento dei servizi ed al mantenimento dei livelli occupazionali.
Qualora tale manifestazione di intenti sia condivisa, si sarà grati per ogni cortese indicazione di carattere normativo, programmatico ed operativo, allo scopo di facilitare la migliore e più sollecita preparazione congiunta per una rapida conclusione.
In tale contesto si informa, altresì, che autorizzazioni provvisorie verranno rilasciate alle compagnie interessate e che il relativo processo di formalizzazione delle pertinenti intese avrà carattere prioritario ed automatico in caso di piena reciprocità».
Il Ministero degli affari esteri è ancora in attesa di conoscere le valutazioni venezuelane al riguardo.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

REGUZZONI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il Libanese Ali Sibatt è detenuto nelle carceri dell'Arabia Saudita in attesa di esecuzione di sentenza capitale per il reato di stregoneria -:
se e quali azioni diplomatiche il Governo abbia attuato o intenda attuare per protestare e se possibile impedire l'esecuzione di una condanna a morte per motivi che, sulla base della nostra cultura, appaiono superstizioni di epoca medievale.
(4-05411)

Risposta. - L'Italia è particolarmente sensibile alle tematiche relative al rispetto dei diritti umani e svolge un'azione incisiva per promuoverli nel mondo, nella convinzione che essi costituiscano una componente essenziale per garantire la pace e la sicurezza internazionale.
L'Italia si è soprattutto impegnata nel promuovere la moratoria universale della pena di morte e ha sostenuto in seno alle Nazioni Unite ed agli altri consessi multilaterali una politica di contrasto alle esecuzioni capitali.
Nei casi in cui la pena di morte venga mantenuta, l'Italia ha sostenuto la politica dell'Unione Europea volta a sollecitare l'introduzione di una moratoria delle esecuzioni o comunque a vigilare sulle modalità di esecuzione inumane e degradanti, che violano gli standard internazionali stabiliti dall'ECOSOC (Economic and Social Council) nel 1984.
Tuttavia, consapevoli della necessità di un approccio graduale e rispettoso della cultura locale, crediamo che il cambiamento di mentalità non possa avvenire se non attraverso un processo che coinvolga la stessa società civile, in direzione di un maggiore rispetto dei diritti umani in quanto tutele individuali.
Come Paese fondatore e membro dell'Unione Europea, l'Italia si è attivata per promuovere un ruolo sempre più attivo dell'Europa nella difesa dei diritti fondamentali.
Per queste ragioni abbiamo pienamente sostenuto la dichiarazione della presidenza svedese del Consiglio Europeo che, l'11 dicembre 2009, richiamando le risoluzioni 62/149 e 63/168 dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha esortato l'Arabia Saudita a stabilire la moratoria sulla pena di morte.
La presidenza svedese ha inoltre condannato l'Arabia Saudita per le sentenze capitali comminate per attività qualificate come «stregoneria». L'Unione Europea, oltre a ribadire la ferma opposizione all'adozione della pena di morte in generale, ha affermato con forza la non punibilità ai sensi di legge delle attività qualificate come stregoneria, in quanto esse corrispondono semplicemente all'esercizio della libertà individuale di opinione ed espressione. La presidenza UE, da noi sostenuta, ha quindi chiesto all'Arabia Saudita di annullare tali sentenze.
Nel caso del signor Ali Sibatt, la Corte di ultima istanza de La Mecca ha ribaltato la

sentenza di primo grado (che prevedeva la pena capitale), ordinando la sospensione della condanna. La Corte ha altresì stabilito che in caso di pentimento l'accusato verrà nuovamente sottoposto a giudizio in vista di una sentenza meno severa.
La sospensione della condanna probabilmente evidenzia il timore saudita di apparire, agli occhi dell'opinione pubblica internazionale, quale il regno dell'oscurantismo e del fanatismo religioso.
In Arabia Saudita è peraltro in corso un'importante riforma del sistema giudiziario fortemente voluta da Re Abdullah. La riorganizzazione della rete giudiziaria ha portato tra l'altro nel 2009 alla creazione di nuove corti primarie e d'appello, nell'ottica di migliorare la competenza dei giudici impegnati nelle diverse materie, ma anche di esercitare maggiore controllo sulla correttezza dell'operato dei magistrati.
Il percorso in atto in Arabia Saudita è probabilmente ancora lungo, tenuto conto delle difficoltà e degli ostacoli che il processo di riforme incontra nel regno. Si tratta però dell'unica strada percorribile perché penetri nella società civile, apportando un significativo e radicale cambiamento sociale che metta in primo piano il rispetto dei diritti umani.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

REGUZZONI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere se vi è stato riscontro - ed in che termini - alla proposta di «memorandum of understanding» inviato alle autorità del Kazakhstan in tema di trasporto aereo, di cui alla risposta all'interrogazione dello scrivente n. 4-03717.
(4-05523)

Risposta. - Le autorità aeronautiche del Kazakhstan non hanno ancora riscontrato la proposta di Memorandum of Understanding formulata dalle competenti autorità italiane.
Come noto, il 4 febbraio 2009 le autorità aeronautiche del Kazakhstan avevano infatti avanzato una proposta di accordo aeronautico senza riferimenti alle clausole comunitarie. Il 2 marzo 2009 le nostre autorità aeronautiche hanno quindi avanzato la controproposta con riferimento alle clausole comunitarie ed all'accordo orizzontale parafato nel 2007 ed in fase di discussione.
Gli accordi orizzontali sono finalizzati a uniformare il quadro giuridico per i servizi aerei tra i Paesi extra-UE e l'Unione Europea e a stabilire un rapporto giuridico diretto nel settore dell'aviazione civile. Non sostituiscono gli accordi bilaterali in vigore tra gli Stati membri dell'Unione Europea ed i Paesi extra-UE, ma li portano in linea con il diritto comunitario, eliminando le restrizioni di nazionalità contenute negli accordi bilaterali riconoscendo il principio della designazione della Comunità.
Su indicazione della Commissione europea la proposta che prevede la pluridesignazione con una frequenza settimanale, potrà essere conclusa solo dopo la firma a livello comunitario dell'accordo orizzontale.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

REGUZZONI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in risposta a interrogazione dello scrivente 4-03860 il Ministro dei trasporti dichiara che il nostro Paese è in attesa di riscontro da parte delle autorità Bielorusse riguardo la volontà di accertazione delle clausole comunitarie in tema di trasporto aereo -:
se e quali riscontri si siano avuti da parte delle autorità Bielorusse;
se e quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di addivenire alla revisione in senso liberista e democratico dei vigenti accordi bilaterali in tema di trasporto aereo;
se e come si intenda coinvolgere gli altri paesi dell'Unione europea al fine di esercitare uno sforzo diplomatico congiunto.
(4-05530)

Risposta. - Da diversi anni l'Unione Europea è impegnata nella realizzazione di uno spazio aereo europeo comune, «cielo unico europeo» con l'obiettivo di rafforzare le norme di sicurezza e l'efficienza globale del traffico aereo in Europa, per rispondere meglio alle esigenze degli utenti e di ridurre al minimo i ritardi. Il pacchetto «cielo unico europeo», approvato nel 2004, stabilisce la competenza dell'Unione europea in materia di gestione del traffico aereo. Esso comprende un regolamento quadro e diversi regolamenti tecnici relativi alla fornitura di servizi di navigazione aerea, all'organizzazione e all'uso dello spazio aereo nonché all'interoperabilità della rete europea di gestione del traffico aereo. Tali misure sono volte, in particolare, al rafforzamento della sicurezza ed alla ristrutturazione dello spazio aereo avendo riguardo al traffico e non alle frontiere nazionali.
Nell'ambito dello stesso pacchetto, il regolamento CE n. 847 del 2004 ha stabilito una serie di misure intese ad istituire un preciso quadro normativo per tutte le relazioni bilaterali tra l'Unione Europea e i Paesi terzi. Sono state altresì individuate una serie di norme di principio idonee a garantire uno scambio di informazioni adeguato all'interno della Comunità in modo da impedire che gli Stati membri, nelle loro relazioni bilaterali con paesi terzi, violino il diritto comunitario. Sempre ai sensi di tale regolamento, agli Stati membri è consentito condurre negoziati con paesi terzi per concludere nuovi accordi o modificare accordi vigenti, purché in tali negoziati siano incluse tutte le clausole tipo pertinenti nelle materie di competenza della Comunità. Il regolamento istituisce peraltro un sistema di notifica e di autorizzazione tramite la Commissione al fine di assicurare la conformità degli accordi al diritto comunitario. È inoltre imposto l'obbligo agli Stati membri di garantire l'istituzione di sistemi non discriminatori in materia di consultazione del settore industriale e di ripartizione dei diritti di traffico ottenuti nel corso dei negoziati.
Nel 2009 è stata varata una seconda fase di tale riforma con l'obiettivo di migliorare l'efficienza globale della rete aerea europea attraverso il miglioramento delle prestazioni, l'applicazione di normative armonizzate per la sicurezza, per favorire l'ingresso di nuove tecnologie e per ridurre l'impatto di questo tipo di trasporti sull'ambiente.
Nello stesso periodo, la Commissione europea è stata impegnata nella realizzazione di uno spazio aereo comune (CAA) nell'ambito del quale fosse liberalizzato il mercato del trasporto aereo. A tal fine sono stati già conclusi accordi «orizzontali» con l'Albania, l'Armenia, l'Azerbaijan, il Bangladesh, la Bosnia-Erzegovina, il Canada, la Croazia, il Cile, la Corea, gli Emirati Arabi Uniti, l'ex Repubblica Jugoslava di Macedonia, l'Islanda, l'India, L'Indonesia, Israele, la Giordania, il Kazakhstan, il Kirgizistan, il Kossovo, il Libano, la Malesia, le Maldive, il Marocco, il Messico, la Moldova, la Mongolia, il Montenegro, il Nepal, la Norvegia, il Pakistan, il Panama, il Paraguay, il Perù, la Serbia, Singapore, gli Stati Uniti, la Svizzera, l'Ucraina, l'Uruguay ed i Paesi UEMOA (Unione Economica e Monetaria dell'Africa occidentale, composta da: Benin, Burkina Faso, Guinea-Bissau, Costa d'Avorio, Mali, Niger, Senegal e Togo). Sono altresì in corso trattative con Algeria, Australia, Nuova Zelanda, Georgia, Giappone, Federazione Russa e Tunisia.
Le relazioni dell'Unione Europea con la Bielorussia, caratterizzate dal marcato interesse di quest'ultima al rafforzamento dei legami economici e commerciali a fronte di progressi significativi in materia di democratizzazione, di attuazione dello stato di diritto e di rispetto dei diritti dell'uomo espressa dai Paesi UE, non prevede l'avvio in tempi brevi di negoziati in materia di trasporto aereo. Il Paese è infatti tuttora oggetto di un parziale regime sanzionatorio da parte dell'Europa, che comprende la sospensione dell'
iter di ratifica dell'Accordo di Partenariato e Cooperazione - APC risalente al 1996.
Tuttavia l'accordo aereo bilaterale che l'Italia intende concludere con la Bielorussia dovrà necessariamente seguire l'
iter previsto dal Regolamento CE 847/2004 e includere le clausole tipo previste dal vigente ordinamento comunitario in materia. Nonostante

tali clausole siano di tipo economico e non attengano a principi democratici, la Bielorussia non le ritiene accettabili perché esporrebbero eccessivamente il proprio mercato dell'aerotrasporto alla concorrenza dei vettori comunitari. Trattandosi di un negoziato squisitamente bilaterale, non risulterebbe utile, né opportuno, esercitare delle pressioni di concerto con gli altri Stati membri.
Con riferimenti più generali, alle relazioni tra l'UE e la Bielorussia, l'Italia è, come noto, fautrice di una politica di graduale riavvicinamento, con un approccio pragmatico e senza rigidi benchmark, nell'interesse della stessa UE, oltre che di Minsk, in una visione complessiva aperta alla collaborazione nell'intero continente europeo. Il coinvolgimento della Bielorussia nell'iniziativa comunitaria del partenariato orientale va infatti in questa direzione, quello di un graduale rafforzamento dei legami economici e commerciali con l'Unione europea, attraverso l'avvio di collaborazioni tecniche e l'armonizzazione con gli standard europei.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

REGUZZONI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
sono centinaia le denunce di violazione dei diritti umani da parte delle autorità politiche e militari messicane;
l'esercito federale messicano viene utilizzato per presidiare - con metodi che paiono discutibili - intere regioni del Paese -:
se e come il Governo italiano abbia preso posizione negli ultimi anni nei confronti delle autorità messicane in merito a delle violazioni dei diritti umani;
di quali notizie il Governo disponga in relazione alle citate violazioni dei diritti umani, soprattutto nei confronti di particolari territori e, di etnie considerate minoritarie.
(4-05532)

Risposta. - L'Italia segue con grande attenzione, anche per il tramite dell'ambasciata d'Italia a Città del Messico e d'intesa con i partner europei, la situazione interna messicana con particolare riguardo al tema del rispetto dei diritti umani.
Tale argomento viene infatti costantemente sollevato da parte europea in occasione degli incontri istituzionali con le autorità messicane come nell'ultimo comitato congiunto UE-Messico che si è riunito alla fine dello scorso novembre.
Per la sensibilità riconosciuta all'argomento da entrambe le parti, la tutela dei diritti umani forma oggetto sia di uno specifico dialogo tra l'Unione Europea ed il Messico che di progetti finanziati dall'Unione europea per promuoverne il rispetto nel Paese americano. In tale ottica, l'argomento è parte rilevante anche del piano di azione congiunto in corso di elaborazione nell'ambito dell'associazione strategica tra l'UE ed il Messico lanciata alla fine del 2008.
Il Messico è stato inoltre sottoposto nel febbraio del 2009 alla Revisione Periodica Universale (UPR) del consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, meccanismo al quale tutti gli Stati membri dell'ONU vengono ciclicamente sottoposti per verificare eventuali violazioni. In tale occasione, l'Italia ha rivolto al Messico una serie di domande e di raccomandazioni, che sono state accettate dal Governo messicano. In particolare, il nostro Paese ha incoraggiato tali autorità a riformare il sistema giudiziario, a rafforzare le forze di polizia onde rendere più efficace la risposta al crimine organizzato e la lotta contro l'impunità nel Paese. L'Italia ha chiesto che tali riforme siano prese nel rispetto delle norme internazionali in materia, coinvolgendo anche la società civile, e che vengano in particolare rafforzate le misure volte a contrastare la corruzione e gli abusi da parte delle forze di polizia.
In particolare, a seguito della strage di donne registrata a Ciudad Juàrez, per la quale si è tra l'altro coniato il termine di «femminicidio» per identificare lo specifico reato ed il crimine contro l'umanità, l'Italia ha posto quesiti in merito ai risultati delle

indagini condotte e ha formulato raccomandazioni affinché sia fatta piena luce nel merito.
In occasione della prossima revisione periodica del Messico, il Paese dovrà riferire riguardo le misure adottate per dare seguito alle raccomandazioni formulate dall'Italia e dagli altri Paesi durante l'esame del 2009.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

RIVOLTA, NICOLA MOLTENI, POLLEDRI, REGUZZONI e CROSIO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
AMESCI è ente accreditato di servizio civile, iscritto all'albo nazionale in quanto presente in meno cinque regioni italiane. Pertanto i progetti di servizio civile presentati da tale ente vengono valutati da Ufficio nazionale per il servizio civile;
sul sito di tale ente, nei primi giorni di ottobre 2009 viene pubblicata la notizia di un corso dal titolo «i giovani progettano lo sviluppo del territorio». Tale corso risulta destinato ad un massimo di 25 partecipanti che risultino essere «laureati, laureandi o studenti universitari interessati alla progettazione sociale»;
nella presentazione del corso vengono presentati gli obiettivi dello stesso che risultano essere «sviluppare le fasi di analisi degli stakeholder, analisi dei problemi, definizione degli obiettivi e dei possibili campi di intervento... durante lo stage... le conoscenze e le competenze acquisite saranno applicate on the job alla redazione - in gruppi di lavoro - di progetti di servizio civile nazionali calati su diverse realtà sociali e territoriali»;
viene inoltre specificato che «tutti i partecipanti che completeranno il corso di formazione e lo stage concorreranno, con il materiale prodotto durante lo stage, ad aggiudicarsi tre premi da 1000 euro ciascuno per il miglior progetto di servizio civile nazionale realizzato»;
nella scheda di iscrizione al corso si ricava che il corso prevede un monte ore complessivo di 220 ore, per un minimo di 25 ore settimanali, e che si svolgerà tra i mesi di novembre 2009 e gennaio 2010;
sempre nella presentazione del corso sopra descritto, vengono specificati i nomi dei docenti del corso, che risultano essere alcuni responsabili di AMESCI, nonché Alessandro Pepino, dell'università Federico II di Napoli, e Raffaele De Cicco, che all'interrogante risulta essere dirigente di Ufficio nazionale per il servizio civile, ed in particolare del «servizio progetti e convenzioni», tra i cui compiti vi è la «attività connessa alla valutazione dei progetti di impiego dei volontari»;
alla fine di ottobre, sempre sul sito internet di AMESCI, viene pubblicata la lista degli ammessi al corso, nonché il programma di due giornate di formazione teorica, svoltesi nei giorni 9 e 11 novembre, della durata complessiva di 14 ore. Se ne ricava che le restanti oltre 200 ore del corso saranno dedicate all'elaborazione pratica di progetti di servizio civile;
sul sito di Ufficio nazionale per il servizio civile viene pubblicato, in data 20 ottobre 2009, il nuovo prontuario per la redazione, esame e valutazione dei progetti di servizio civile nazionale. Tale pubblicazione, come poi confermato da dichiarazioni rese dal sottosegretario Carlo Giovanardi, fa presupporre che la data ultima di presentazione dei progetti di servizio civile per l'anno 2010 cadrà nella seconda metà di gennaio 2010;
se ne ricava la singolare coincidenza per cui lo svolgimento del corso di formazione di «progettazione sociale» verrà a cadere esattamente nel pieno della fase di elaborazione dei progetti di servizio civile per l'anno 2010;
altra singolare coincidenza è quella per cui gran parte delle attività on the job svolte dai corsisti consisterà proprio nell'elaborazione di progetti di servizio civile;

il tutto avverrà con la presenza, tra i docenti del corso, del dirigente del servizio di Ufficio Nazionale per il Servizio Civile che sarà preposto nel 2010 alla valutazione dei progetti di servizio civile presentati dagli enti iscritti all'Albo Nazionale degli enti di servizio civile, albo cui appartiene l'ente AMESCI;
è pertanto razionale attendersi che numerosi dei progetti di servizio civile presentati per l'anno 2010 dall'ente AMESCI saranno frutto, anche solo parziale, dell'elaborato dei corsisti del corso «i giovani progettano lo sviluppo del territorio», e che tali progetti saranno valutati dalla struttura di cui è responsabile uno dei cinque docenti del corso medesimo:
appaiono agli interroganti estremamente preoccupati le circostanze illustrate in premessa, soprattutto per ciò che riguarda la necessaria trasparenza nella valutazione dei progetti di servizio civile nazionale da parte dell'amministrazione pubblica preposta -:
quali provvedimenti intendano mettere in atto per garantire adeguatamente le decine e decine di enti iscritti all'Albo nazionale degli enti di servizio civile, al pari di AMESCI.
(4-05318)

Risposta. - Con l'atto di sindacato ispettivo indicato in esame gli interroganti nell'esprimere perplessità in ordine alla circostanza che parte del corso di formazione di progettazione sociale finanziato dall'AMESCI (Associazione mediterranea per la promozione e lo sviluppo del servizio civile) sia stato tenuto da uno dei dirigenti del servizio progetti dell'ufficio nazionale del Servizio civile, il dottore Raffaele De Cicco, tra le cui competenze rientrerebbe l'attività di valutazione dei progetti di impiego dei volontari - chiedono al Governo quali iniziative intenda assumere per assicurare la necessaria trasparenza nella valutazione dei progetti di servizio civile presentati.
Preliminarmente appare necessario formulare alcune precisazioni in ordine alle affermazioni contenute nell'atto di sindacato in argomento.
L'ente AMESCI è un ente di 1a classe, iscritto all'albo nazionale degli enti di servizio civile in quanto ha sedi di attuazione di progetto in almeno 5 regioni e non, come asserito dagli interroganti «in meno di cinque regioni».
In secondo luogo, occorre precisare che il dottor Raffaele De Cicco non è più, nell'ambito dell'ufficio nazionale per il servizio civile, il dirigente responsabile del «servizio progetti e convenzioni», essendo stato nominato, il 18 settembre 2008, dirigente generale della struttura di 1a fascia denominata «ufficio del servizio civile», articolata in cinque servizi, tra i quali anche «progetti e convenzioni».
È necessario, inoltre, evidenziare che i progetti di servizio civile nazionale non sono valutati dal servizio progetti e convenzioni, né la valutazione dei progetti rappresenta una specifica competenza del servizio in parola. Il decreto del Ministro dei rapporti con il Parlamento del 12 dicembre 2003 recante «Individuazione delle strutture dirigenziali dell'Ufficio nazionale per il servizio civile e ripartizione di competenze» dispone, infatti, che il predetto servizio «cura l'attività connessa alla valutazione dei progetti per l'impiego dei volontari» Al riguardo, è opportuno evidenziare che la valutazione dei progetti è affidata ad una commissione appositamente nominata ogni anno con decreto del capo dell'ufficio e la sua composizione varia di anno in anno. Tale commissione - tenuto conto che la valutazione dei progetti di servizio civile nazionale ha natura concorsuale, come rilevato dal Consiglio di Stato nell'ordinanza n. 3956/2006 e dall'Avvocatura generale con parere reso su diversa questione - pur essendo tenuta al rispetto dei criteri stabiliti dalla normativa di settore, ha comunque un'ampia discrezionalità nel valutare i progetti nel merito e nell'attribuire i punteggi ed opera in modo del tutto autonomo rispetto all'ufficio.
Peraltro si segnala che, a garanzia della trasparenza della valutazione dei progetti, l'ufficio nazionale per il servizio civile, già dallo scorso anno, ha introdotto una nuova procedura che consente agli enti di far pervenire osservazioni in merito ai punteggi

attribuiti ai propri progetti, inseriti nelle graduatorie pubblicate sul sito dell'ufficio medesimo, con la finalità di creare un contatto diretto con gli enti stessi, consentendo loro l'immediato accesso agli atti nonché l'acquisizione, in piena trasparenza, delle valutazioni della commissione esaminatrice. Detto procedimento è stato avviato con l'ulteriore scopo, da un lato, di consentire all'ufficio di rilevare eventuali errori di valutazione e, dall'altro, con l'obiettivo di sanare gli stessi ed evitare disparità di trattamento, assicurando imparzialità e unicità dei criteri di valutazione. Tale procedura è stata recepita nel nuovo «prontuario» concernente la redazione, l'esame e la valutazione dei progetti di servizio civile nazionale, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 4 novembre 2009.
Tutto ciò premesso, giova segnalare che la partecipazione agli eventi promossi ed organizzati dagli enti rappresenta, da anni, una precisa e trasparente politica dell'ufficio. Infatti, l'ufficio, con i suoi funzionari e dirigenti, ha aderito e partecipato a centinaia di iniziative promosse dagli enti, mostrando sempre la massima disponibilità ad esaminare ed affrontare insieme agli stessi le questioni legate al servizio civile. Ciò, nella considerazione che la garanzia del funzionamento del sistema del servizio civile presuppone necessariamente una collaborazione sinergica dell'Ufficio e degli enti. Negli anni, lo stesso dottor De Cicco, per la sua specifica professionalità, ha partecipato ad oltre 50 corsi di formazione e a circa 40 convegni in materia di servizio civile in qualità di docente e relatore. L'ultimo in ordine di tempo - avente ad oggetto la progettazione nel servizio civile - è stato tenuto dallo stesso dirigente nel febbraio 2009 presso la facoltà di Scienze Politiche dell'università di Bari, alla presenza dei rappresentanti di 18 enti iscritti nell'Albo della regione Puglia.
L'ufficio ha ritenuto di aderire all'iniziativa di AMESCI sia perché si poneva nel solco degli indirizzi innanzi esplicitati e consolidati da anni, sia perché risultava interessante in quanto innovativa, consistendo in un corso e in uno stage finanziato da AMESCI, organizzato con il patrocinio dell'università Federico II di Napoli, con lezioni tenute da docenti universitari e con la previsione di premi finali. Un corso, in altri termini, altamente formativo per i giovani a cui era rivolto, per lo più studenti universitari o laureati privi di esperienza di progettazione sociale.
Appare evidente che l'iniziativa di per sé investe molteplici ambiti e diverse tipologie di interventi ai quali corrispondono progettazioni obbligatoriamente differenti, tra le quali anche quelle del servizio civile.
In questo risiede il senso dell'intervento del dottor De Cicco, spiegare le diversità sotto il profilo progettuale tra interventi di
welfare ed interventi di servizio civile ed il loro diverso impatto sul territorio. Sul punto occorre precisare che la mancata comprensione, da parte degli enti, di tale diversità costituisce uno dei principali motivi di gravame nei ricorsi proposti dagli enti stessi avverso il punteggio attribuito dalla Commissione di valutazione ai progetti. È, pertanto, intenzione dell'ufficio chiarire la specificità dei progetti di servizio civile, anche al fine di prevenire la formazione di un inutile contenzioso, nell'ottica del buon andamento dell'amministrazione e della trasparenza dell'azione amministrativa.
Con riferimento al quesito posto dagli interroganti riguardante i provvedimenti che il Presidente del Consiglio dei ministri, nonché il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione intendano adottare per garantire adeguatamente i molteplici enti iscritti all'Albo nazionale di servizio civile, al pari di AMESCI, si fa presente che in vista dell'applicazione del nuovo «prontuario» progetti, sono stati organizzati nel mese di novembre 2009 appositi corsi della durata di quattro giorni, per i rappresentanti delle regioni e delle province autonome, volti ad illustrare le innovazioni contenute nel citato «prontuario», in modo che tali novità potessero essere chiarite agli enti iscritti presso gli albi delle singole regioni e province autonome.
Inoltre il 17 novembre 2009 l'ufficio ha organizzato a Roma un incontro con gli

enti di servizio civile iscritti all'albo nazionale, proprio per soddisfare le numerose richieste pervenute in relazione alle novità riportate nel nuovo prontuario. Durante il predetto incontro tenuto dal dottor de Cicco, al quale hanno partecipato 88 enti con 144 rappresentanti, i medesimi enti hanno potuto rivolgere domande puntuali e chiedere chiarimenti in merito alle novità contenute nel prontuario.
Al predetto incontro hanno partecipato anche due progettisti dell'ente AMESCI e tale circostanza, all'evidenza, destituisce di fondamento le preoccupazioni dell'interrogante. Ed invero, qualora, come ipotizza l'interrogante, tutte le delucidazioni in merito al nuovo prontuario fossero state già fornite ai progettisti dell'ente AMESCI dal dottor De Cicco, non si comprenderebbe l'utilità della loro presenza e dei loro interventi in occasione dell'incontro tenutosi a Roma e rivolto a tutti gli enti di servizio civile.
Appare di tutta evidenza che l'ufficio, organizzando l'incontro del 17 novembre 2009, ha posto tutti gli enti iscritti all'albo nazionale sullo stesso piano, dotando ciascun ente degli strumenti necessari a conoscere ed applicare le novità in materia di progettazione del servizio civile nazionale, nell'ottica del principio di trasparenza e di quello del buon andamento della pubblica amministrazione.
Con riferimento sempre alle perplessità sollevate dagli onorevoli interroganti con l'atto in oggetto, giova altresì segnalare che la progettazione in materia di servizio civile è una tra le più difficili a livello europeo, frutto di un lavoro complesso, e che tale competenza non può essere acquisita con la partecipazione da parte di giovani neofiti - alle prime armi con la progettazione - all'intervento di una mattinata e ad uno stage di 200 ore. Non sembra pertanto ipotizzabile che tale categoria di giovani, cui è stata rivolta l'iniziativa formativa contestata dagli interroganti, possa essere in grado di approntare progetti idonei a concorrere con altri progetti, redatti da personale con anni di esperienza in materia. Appare infatti inimmaginabile che giovani senza precedente esperienza in materia di progettazione possano predisporre progetti di una qualità tale da vincere la concorrenza di progettisti esperti, che lavorano sulla progettazione del servizio civile e di altri settori da anni, nell'ambito della procedura concorsuale della valutazione del servizio civile nazionale.

Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri: Carlo Giovanardi.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato dal quotidiano Italia Oggi il 16 dicembre 2009 risulta che nei siti internet di molti Ministeri e società pubbliche non c'è traccia delle consulenze;
secondo quanto riferito dalla Consap, concessionaria dei servizi assicurativi pubblici interamente controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze, la pubblica amministrazione non è tenuta a pubblicare le consulenze di importo inferiore ai 290 mila euro;
questo è l'effetto di una circolare del Dipartimento della funzione pubblica del 24 gennaio 2008 che, nel quantificare il tetto al trattamento economico dei consulenti, previsto dall'articolo 3, comma 44 della legge finanziaria per il 2008 in riferimento a quello del primo presidente della Corte di Cassazione, in 289.984 euro, ha stabilito che il regime di pubblicità si riferisca solo agli importi superiori al tetto individuato nella medesima legge finanziaria per il 2008;
la manovra finanziaria di cui al decreto-legge n. 112 del 2008 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008 si è occupata dell'argomento ma non ha detto nulla in merito agli obblighi di comunicazione e trasparenza;

così, il sito delle Poste italiane è fermo al 2008, così come risultano vuote le griglie di consulenze previste nei siti del Poligrafico dello Stato, delle Ferrovie dello Stato e di Trenitalia; Alitalia servizi segnala consulenze solo fino a metà giugno 2009; Fintecna, holding di partecipazione del Ministero dell'economia e delle finanze risulta ferma febbraio 2008; Eur spa è ferma al gennaio del 2009, Invitalia (ex Sviluppo Italia) non mette sul sito nessun riferimento;
gli ispettori della Ragioneria generale dello Stato nel corso dei controlli effettuati nel 2008 hanno redatto un lungo elenco di sprechi della spesa pubblica che fa emergere un quadro critico nonostante la crisi economica richieda alle pubbliche amministrazioni una sempre maggior oculatezza della spesa -:
se non ritengano i Ministri interrogati di assumere le iniziative di competenza affinché siano pubblicate tutte le consulenze relative a ministeri e società pubbliche, e non solo quelle che superano i 290 mila euro, e come ed in che tempi intendano provvedervi.
(4-05587)

Risposta. - Si fa riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale si chiede al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione ed al Ministro dell'economia e delle finanze di assumere iniziative volte a prescrivere la pubblicazione di tutte le consulenze relative a Ministeri e società pubbliche.
Al fine di corrispondere alle richieste dell'interrogante, è necessario in primo luogo ripercorrere il quadro normativo in materia di obblighi di pubblicità a carico delle amministrazioni pubbliche e delle «società non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica nonché le loro controllate.
L'articolo 53 del decreto legislativo n. 165 del 2001 sancisce, al comma 14, l'obbligo per le amministrazioni pubbliche di rendere noti, «mediante inserimento nelle proprie banche dati accessibili al pubblico per via telematica, gli elenchi dei propri consulenti indicando l'oggetto, la durata e il compenso dell'incarico».
L'articolo 1, comma 127 della legge n. 662/96 (legge finanziaria 1997), come modificato dalla legge n. 244/2007 (legge finanziaria 2008), prevede che «le pubbliche amministrazioni che si avvalgono di collaboratori esterni o che affidano incarichi di consulenza per i quali è previsto un compenso sono tenute a pubblicare sul proprio sito web i relativi provvedimenti completi di indicazione dei soggetti percettori, della ragione dell'incarico e dell'ammontare erogato. In caso di omessa pubblicazione, la liquidazione del corrispettivo per gli incarichi di collaborazione o consulenza di cui al presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale del dirigente preposto. Copia degli elenchi è trasmessa semestralmente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica». Quest'ultimo periodo si riferisce all'adempimento relativo alla comunicazione alla cosiddetta «anagrafe delle prestazioni» di cui al citato articolo 53, comma 14, dei dati su consulenti e collaboratori esterni.
Successivamente, l'articolo 3 della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008) ha prescritto, al comma 18, che i contratti relativi a collaborazioni esterne «sono efficaci a decorrere dalla data di pubblicazione del nominativo del consulente, dell'oggetto dell'incarico e del relativo compenso sul sito istituzionale dell'amministrazione stipulante».
Il comma 44 dell'articolo da ultimo citato, oltre a stabilire un tetto (corrispondente al trattamento economico del primo Presidente della Corte di cassazione, pari a 290.000,00 euro circa) per il trattamento onnicomprensivo di «chiunque riceva a carico delle pubbliche finanze emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, agenzie, enti pubblici anche economici, enti di ricerca, università, società non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica nonché le loro controllate»,

ha reso obbligatoria la pubblicazione sul sito web dell'amministrazione o del soggetto interessato, con l'indicazione nominativa dei destinatari e dell'ammontare del compenso, nonché la comunicazione al Governo e al Parlamento, pena la non attuabilità dell'atto e le sanzioni a carico dei responsabili stessi.
La disciplina introdotta dalla legge n. 244 del 2007, in particolare all'articolo 3, commi da 43 a 53, è stata oggetto di puntuali chiarimenti ad opera della circolare n. 1 del 2008 del Dipartimento della funzione pubblica, soprattutto in ordine agli obblighi di pubblicità e comunicazione previsti dalle disposizioni citate.
Le precisazioni in questione hanno riguardato:
i soggetti interessati dalla pubblicazione: il soggetto conferente/pagatore da ravvisarsi tra le categorie di soggetti pubblici o privati con cui è instaurato il rapporto che dà luogo al corrispettivo, sono: le amministrazioni statali, le agenzie, gli enti pubblici economici e non economici, gli enti di ricerca, le università, le società non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica e le loro controllate. Il soggetto destinatario dell'emolumento è la persona fisica che riceve emolumenti o retribuzioni a carico delle pubbliche finanze nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali;
l'oggetto della pubblicazione: tutti gli atti comportanti spesa mediante indicazione degli emolumenti, rapporti e destinatari percettori solo per le situazioni che comportano il superamento dei tetti fissati legislativamente, perseguendo in tal modo il fine della trasparenza e del contenimento della spesa pubblica;
l'efficacia della normativa: il regime di pubblicità è immediatamente efficace a partire dalla data di entrata in vigore della stessa finanziaria e si riferisce sia ai rapporti allora in corso sia riguardo ai nuovi contratti, impieghi o incarichi;
la responsabilità in caso di inosservanza degli obblighi (periodo 5 comma 44, articolo 3 della finanziaria): risponde l'amministratore che ha disposto il pagamento e il destinatario del medesimo che sono tenuti al rimborso a titolo di danno erariale di una somma pari a 10 volte l'ammontare eccedente la cifra consentita;
la comunicazione dei dati: gli stessi soggetti interessati dalla pubblicazione sono tenuti anche a comunicare le informazioni al Parlamento e al Governo, dove per Governo si intende, a partire dalla suddetta circolare, il Dipartimento della funzione pubblica - Presidenza del Consiglio dei Ministri. Le amministrazioni, gli enti e le società per i quali il limite trova applicazione sono tenuti comunque alla preventiva comunicazione dei relativi atti alla Corte dei conti;
forme di vigilanza, controllo e monitoraggio: queste attività sono desumibili dai commi 52, 52-
bis e 53 dell'articolo 3 della stessa finanziaria e vedono impegnati il Presidente del Consiglio dei Ministri, il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione di concerto, il Ministro dell'economia e delle finanze, la Corte dei conti e l'ispettorato della funzione pubblica.

La disciplina vigente, della quale si è offerta una breve illustrazione, va infine integrata con le disposizioni che saranno introdotte dal decreto del Presidente della Repubblica, recante disciplina il limite massimo delle retribuzioni e degli emolumenti direttamente o indirettamente a carico delle pubbliche finanze nel territorio metropolitano, in corso di emanazione.
Il provvedimento in questione costituisce attuazione dell'articolo 3, commi da 44 a 52-
bis della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008), come modificato, dapprima, dal decreto legge n. 97 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2008 n. 129 e, successivamente, dall'articolo 21 della legge n. 69 del 2009.
In particolare, sotto il profilo del regime pubblicitario, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 3, comma 44, quarto periodo della legge n. 244 del 2007, il regolamento citato dispone che il soggetto conferente è tenuto a rendere noto, attraverso la pubblicazione

sul proprio sito istituzionale, ciascun atto di conferimento soggetto alla disciplina di cui al medesimo regolamento, con specifica indicazione del tipo, della durata, del compenso previsto, del destinatario, nonché tutti gli altri eventuali incarichi, rapporti o simili, con l'indicazione dei compensi spettanti, comunicati dal destinatario ai sensi del comma 2, ove non già resi noti ai sensi dell'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. In caso di incarico il cui compenso va riversato, integralmente o parzialmente, in fondi, l'obbligo di pubblicità riguarda solo la parte di compenso effettivamente percepita dal soggetto destinatario. Il soggetto destinatario è tenuto a comunicare al soggetto conferente tutti gli altri incarichi in corso rilevanti ai fini del limite, sulla base del modello di comunicazione allegato al presente regolamento.
Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nella risposta all'interrogazione 4-03997 sul caso del nostro connazionale Fernando Nardini, si afferma che è stato arrestato il 29 giugno 2007 a Chonburi (Thailandia) con l'accusa di omicidio volontario in concorso con altre persone e possesso illegale di arma da fuoco, mentre risulterebbe che Nardini si sia presentato spontaneamente alla polizia dietro richiesta della moglie, tanto che vi sarebbe stato accompagnato dal figlio;
Nardini si sarebbe trovato, a seguito della visita alla moglie, nella posizione di inquisito senza mai poter avere comunicazioni con l'esterno e con un verbale che sarebbe stato redatto 4 giorni dopo;
nessun interprete si sarebbe mai presentato come tale, poiché Nardini ricorda solo la presenza di una persona che riteneva fosse un agente che gli ha semplicemente chiesto in inglese «Tu c'entri in qualche modo in questo episodio?» a cui Nardini ha risposto con un categorico «No!» a cui ha fatto seguito un diniego della possibilità di telefonare;
quanto all'affermazione che Nardini non si sarebbe mai presentato in ambasciata nel periodo di libertà provvisorio, risulterebbe invece che vi si è recato per la registrazione del certificato di morte del piccolo Lorenzo, e che in quell'occasione avrebbe anche affrontato il suo caso giudiziario;
quanto alle visite mediche, risulterebbe che un cittadino inglese detenuto nello stesso carcere di Nardini riceva regolarmente a cadenza mensile visite mediche, mentre il nostro connazionale ha ricevuto tali visite grazie al fatto che qualcuno ha pagato il medico e grazie all'intervento del console onorario che ne ha fatto richiesta;
inoltre mentre la nostra ambasciata utilizza un metodo per cui chiede l'autorizzazione alla visita, la Gran Bretagna ricorre ad un diverso metodo per cui si limita a comunicare il giorno;
nella risposta all'interrogazione si riconosce che, di fatto, la Thailandia non rispetta i termini delle Convenzioni sulle relazioni consolari -:
se e quali iniziative il Governo intenda adottare sul piano bilaterale per il rispetto da parte della Thailandia della Convenzione sulle relazioni consolari, a partire dal caso Nardini;
per quali motivi la prima visita a Nardini sia stata effettuata a circa 6 mesi di distanza dall'arresto;
quali iniziative si stiano attuando per consentire a Nardini di effettuare o ricevere telefonate dal carcere.
(4-05596)

Risposta. - Come indicato nella risposta all'interrogazione parlamentare n. 4-03397, il signor Nardini è stato arrestato in data 29 giugno 2007 a Chonburi con l'accusa di omicidio volontario in concorso con altre persone, nonché per il reato di possesso di

arma da fuoco, in concorso con gli altri imputati (un cittadino francese e una thailandese). Tale informazione si evince dalle comunicazioni ufficiali della polizia thailandese (verbale di arresto redatto il 29 giugno 2007 e richiesta di custodia cautelare inoltrata dalla polizia all'Autorità giudiziaria il 30 giugno 2007), agli atti dell'Ambasciata d'Italia a Bangkok. La sentenza di condanna emessa il 19 febbraio 2009 conferma che l'accusa includeva anche la fattispecie del possesso illegale di arma da fuoco, mentre la sentenza infligge la condanna per questo reato al solo cittadino francese, quale esecutore materiale dell'omicidio, mentre il signor Nardini è stato riconosciuto colpevole unicamente per l'accusa di omicidio. L'addebito a carico del connazionale del capo di imputazione relativo al possesso illegale di arma da fuoco, pur omesso nel dispositivo di condanna, risulta quindi presente in maniera costante sia negli atti processuali sia in quelli di polizia.
Circa le attività di assistenza al connazionale messe in atto dall'ambasciata a Bangkok, si ritiene necessario elencare i diversi passi svolti. Innanzitutto, sin dall'arresto e per tutto il periodo in cui si trovava in libertà su cauzione, il signor Nardini non ha mai sollecitato dall'ambasciata alcun intervento o richiesta di assistenza né fornito aggiornamenti sulla propria situazione. Al contrario, essendosi recato una volta presso l'ufficio consolare per una pratica notarile, alla richiesta di informazioni sulla sua situazione giudiziaria ha risposto dimostrandosi particolarmente fiducioso circa gli esiti della vicenda processuale. Si precisa inoltre che, secondo quanto risulta agli atti della sede, l'ambasciata ha ricevuto la documentazione relativa alla registrazione della morte del figlio per il tramite del corrispondente consolare a Pattaya e non direttamente dal connazionale.
Stante quanto premesso, tuttavia, dal giorno dell'arresto il connazionale ha ricevuto 7 visite (5 da parte del corrispondente consolare dell'Ambasciata operante a Pattaya, Avv. Paolo Battaglino, e 2 da parte dei funzionari dell'ambasciata) in un carcere, che, come noto, non si trova presso la capitale.
Inoltre, a seguito della richiesta recentemente formulata dalla famiglia Nardini al Ministero degli esteri, la nostra ambasciata sta valutando la possibilità di concedere un contributo per il pagamento delle spese legali, in particolare con riguardo alla parcella del legale (contattato dalla stessa Ambasciata) che si sta occupando della richiesta di libertà provvisoria dietro pagamento di cauzione (vista soprattutto la circostanza che per l'udienza al ricorso in appello occorrono 2-3 anni).
In secondo luogo, in merito a quanto rappresentato dagli interroganti circa l'assistenza medica, l'ambasciata inglese, appositamente contattata, ha escluso che i propri connazionali detenuti presso il penitenziario di Rayong siano regolamenti visitati con cadenza mensile ed ha specificato di provvedere a comunicare con congruo anticipo al carcere data e ora delle visite. La nostra ambasciata ha seguito e segue una procedura analoga: il corrispondente consolare e l'Ambasciata informano le autorità penitenziarie dell'effettuazione della visita medica. Ancorché la comunicazione sia formulata, per motivi di cortesia istituzionale, come una richiesta di autorizzazione, si tratta in buona sostanza di una notifica, in quanto nella prassi tali richieste non sono mai riscontrate espressamente, ma sempre accolte tacitamente. A riguardo, si segnala altresì che le spese dell'ultima visita medica per il monitoraggio delle condizioni di salute del signor Nardini sono state sostenute dall'erario. È stato inoltre concordato con i colleghi inglesi di coordinare in future occasioni l'effettuazione di visite mediche per il signor Nardini e i detenuti inglesi.
In terzo luogo, l'ambasciata ha richiesto più volte ed a più istituzioni che, in deroga ai regolamenti carcerari, fosse consentito al signor Nardini di poter mantenere regolari contatti telefonici con i familiari in Italia. La questione è stata sollevata con il Ministero degli affari esteri, con le autorità carcerarie e con il
department of corrections, struttura del Ministero della giustizia che sovrintende all'amministrazione di tutti

i penitenziari del Paese. Dopo una serie di risposte negative, in riscontro alle ripetute sollecitazioni scritte e verbali, nei giorni scorsi il department of corrections ha accordato al signor Nardini un permesso straordinario per effettuare una chiamata alla famiglia in Italia dal telefono fisso del penitenziario.
Relativamente alle azioni intraprese dalla nostra ambasciata presso le Autorità thailandesi, si segnala che la vicenda del signor Nardini è stata sollevata in occasione di un incontro con il reggente della competente direzione europa meridionale e settentrionale del Ministero degli affari esteri thailandese, in cui si è evidenziato il grande interesse per il caso suscitato dai media presso l'opinione pubblica italiana, soprattutto in considerazione delle peculiarità della vicenda giudiziaria, nonché per le preoccupanti condizioni di salute del connazionale e per i ripetuti rifiuti delle richieste di libertà provvisoria in pendenza dell'appello.
In quella sede, dopo aver rinnovato il dovuto rispetto e la piena fiducia per il sistema giudiziario thailandese, la parte italiana ha espresso il vivo auspicio che venga assicurato un processo equo e rapido e concessa la libertà su cauzione al signor Nardini in pendenza dell'appello, nonché la garanzia di un costante regime di assistenza medica. Gli interlocutori locali hanno ribadito la trasparenza e l'indipendenza del sistema giudiziario thailandese e assicurato che quello del connazionale sarà un processo equo e rapido. In tale ambito, nel pieno rispetto dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura locale, gli uffici della Farnesina e l'ambasciata a Bangkok continueranno a seguire da vicino il procedimento di revisione del giudizio di primo grado, mantenendosi in contatto con i congiunti del signor Nardini e con l'avvocato incaricato della sua difesa.
Con riferimento al tema del rispetto della Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari, questo Ministero e la nostra ambasciata a Bangkok hanno più volte sollevato la questione sia di fronte alle autorità locali sia in ambito UE.
In primo luogo, la nostra Ambasciata è intervenuta in occasione delle locali riunioni di coordinamento consolare dei Paesi membri dell'UE, riscontrando come diverse rappresentanze di altri Paesi europei sono in genere informate con ritardo dell'arresto e addirittura della morte di propri cittadini (articoli 36 e 37 della menzionata convenzione). Questo Ministero è invece intervenuto lo scorso novembre all'interno del gruppo affari consolari del Consiglio dell'Unione europea, sottolineando la situazione particolarmente preoccupante in Thailandia che, grazie all'intervento da parte italiana, è stata identificata quale oggetto di interventi specifici da parte dell'UE. A seguito di quanto concordato in quella sede, ha dunque avuto luogo un incontro con il Direttore della divisione relazioni internazionali della polizia thailandese, in occasione del quale i paesi membri dell'UE hanno chiesto alla Thailandia di voler facilitare l'esercizio delle proprie funzioni consolari rispettando gli impegni assunti in qualità di Stato parte della suddetta Convenzione di Vienna.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Stefania Gabriella Anastasia Craxi.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nel maggio 2008 il cittadino musulmano libanese Alì Sibat si è recato in pellegrinaggio religioso alla Mecca e in altre città sante in terra saudita;
a causa della sua attività di mago, che svolge presso la tv libanese, visibile anche in alcuni Paesi arabi, Alì Sibat mentre si trovava in visita a Medina, è stato arrestato dalla polizia e incarcerato con l'accusa di essere uno stregone;
in Arabia Saudita sono molte le persone vittime degli spietati precetti del fondamentalismo wahabita; tali precetti prevedono la pena di morte per chiunque

professi il politeismo o il paganesimo; queste regole impongono la continua mobilitazione delle speciali unità della polizia religiosa saudita perennemente a caccia di sospetti indovini, amanti del sovrannaturale e adepti della magia nera; i giudici delle corti religiose somministrano la pena capitale per decapitazione;
il 2 novembre 2007 è stato decapitato Mustaf Ibrahim, un farmacista condannato a morte per aver tentato un esorcismo capace, riferivano le denunce anonime su cui si è basata la sentenza della corte, di spingere al divorzio una coppia;
diverse organizzazioni umanitarie internazionali hanno chiesto la liberazione di Alì Sibat -:
quali iniziative il Governo intenda promuovere affinché venga salvata la vita di Alì Sibat;
quali iniziative, anche in ambito europeo, siano state promosse dal Governo nei confronti dell'Arabia Saudita riguardo alla gravissima violazione dei diritti umani e contro la pena di morte così diffusamente praticata;
se il Ministro interrogato non ritenga urgente intervenire presso il suo omologo saudita per esprimere le preoccupazioni del Governo italiano riguardo a quanto segnalato in premessa.
(4-05819)

Risposta. - Il Governo italiano, anche su sollecitazione della società civile, è particolarmente sensibile alle tematiche relative al rispetto dei diritti umani e svolge un'azione incisiva per promuoverli nel mondo, nella convinzione che essi costituiscano una componente essenziale per garantire la pace e la sicurezza internazionale.
Per questo, l'Italia si è soprattutto impegnata nel promuovere la moratoria universale della pena di morte e ha sostenuto in seno alle Nazioni Unite ed agli altri consessi multilaterali una politica di contrasto alle esecuzioni capitali. Come noto, infatti, proprio l'Italia ha contribuito ad avviare il confronto internazionale su un tema etico di grande importanza, come quello dell'abolizione della pena di morte.
Come Paese fondatore e membro dell'Unione Europea, l'Italia ha infatti agito per promuovere un ruolo sempre più attivo dell'Europa nella difesa dei diritti fondamentali. Tale impegno ha portato, nel 2007 e nel 2008, alla storica approvazione della risoluzione sulla moratoria per la pena di morte, ottenendo, nel solo arco temporale di un anno, un aumento dei voti favorevoli e una diminuzione di quelli contrari, a conferma dell'esistenza di un trend internazionale verso l'abolizione della pena capitale.
Nei casi in cui la pena di morte venga mantenuta, l'Italia ha sostenuto la politica dell'Unione volta a sollecitare l'introduzione di una moratoria delle esecuzioni o comunque a vigilare sulle modalità di esecuzione inumane e degradanti, che violano gli standard internazionali stabiliti dall'Economic and Social Council (ECOSOC) nel 1984.
Per queste ragioni abbiamo pienamente sostenuto la dichiarazione della presidenza svedese del Consiglio Europeo che, l'11 dicembre 2009, richiamando le risoluzioni 62/149 e 63/168 dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha esortato l'Arabia Saudita a stabilire la moratoria sulla pena di morte.
Con riferimento al caso del signor Ali Sibatt, si è appreso che il cittadino libanese è stato arrestato con l'accusa di praticare la stregoneria il 7 maggio 2008 in un albergo di Medina, dove si era recato per visitare la città santa dell'Islam. Il Tribunale di Medina lo ha condannato a morte per la propria attività di chiaroveggente sul canale televisivo satellitare. libanese «Sheherazade».
Nell'ordinamento giudiziario saudita non esiste peraltro una chiara definizione del reato di stregoneria. In generale la Sharia vieta la stregoneria, la magia e le varie arti divinatorie sulla base del principio secondo cui colui che le pratica sarebbe colpevole di politeismo, essendo sortilegi e divinazioni possibili soltanto con l'invocazione e l'adorazione di entità sovrannaturali quali demoni e geni.
L'Unione Europea, oltre a ribadire la ferma opposizione all'adozione della pena di

morte in generale, ha affermato con forza la non punibilità ai sensi di legge di tali attività, in quanto esse corrispondono semplicemente all'esercizio della libertà individuale di credo, opinione ed espressione. La presidenza UE, da noi sostenuta, ha quindi chiesto all'Arabia Saudita di annullare questo genere di sentenze.
Nel caso in esame, la corte di ultima istanza de La Mecca ha ribaltato la sentenza di primo grado (che condannava a morte il signor Ali Hussein Sibatt), ordinando la sospensione della condanna. La corte ha altresì stabilito che in caso di pentimento l'accusato verrà nuovamente sottoposto a giudizio in vista di una sentenza meno severa.
La sospensione della condanna probabilmente evidenzia il timore saudita di apparire, agli occhi dell'opinione pubblica internazionale, quale il regno dell'oscurantismo e del fanatismo religioso.
In Arabia Saudita è peraltro in corso un importante riforma del sistema giudiziario fortemente voluta da Re Abdullah. La riorganizzazione della rete giudiziaria ha portato tra l'altro nel 2009 alla creazione di nuove corti primarie e d'appello, nell'ottica di migliorare la competenza dei giudici impegnati nelle diverse materie, ma anche di esercitare maggiore controllo sulla correttezza dell'operato dei magistrati.
L'Italia, consapevole della necessità di un approccio graduale e rispettoso della cultura locale, crede che il cambiamento di mentalità non possa avvenire se non attraverso un processo culturale e sociale, in direzione dell'interiorizzazione di un maggiore rispetto dei diritti umani in quanto tutele individuali.
Il percorso in atto in Arabia Saudita è probabilmente ancora lungo, tenuto conto delle difficoltà e degli ostacoli che il processo di riforma incontra nel Regno. Si tratta però dell'unica strada percorribile perché penetri nella società civile, apportando un significativo e radicale cambiamento sociale che metta in primo piano il rispetto dei diritti umani.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Stefania Gabriella Anastasia Craxi.