XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di lunedì 7 giugno 2010

TESTO AGGIORNATO AL 10 GIUGNO 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
l'evasione fiscale e contributiva in Italia è un fenomeno storicamente assai rilevante. Secondo stime dell'Istat, il valore aggiunto sommerso ammonta al 16 per cento del prodotto interno lordo;
l'Iva è uno dei tributi maggiormente interessati dal fenomeno. Nel 2009 (primi tre trimestri) i consumi interni si sono ridotti in valore del 2,3 per cento al confronto con il periodo corrispondente del 2008, ma il gettito Iva di competenza si è ridotto dell'8,4, molto più del valore dei consumi. Anche concentrandosi sull'Iva relativa agli scambi interni la riduzione è del 4,8 per cento. La conclusione è che il gettito Iva mancante è in parte attribuibile all'aumento del «sommerso», un fenomeno manifestatosi già nel corso del 2008, quando nel terzo trimestre dell'anno il gettito dell'Iva sugli scambi interni si è ridotto improvvisamente di circa 4 miliardi, non più recuperati nei mesi successivi;
anche il tema dell'evasione contributiva rappresenta tuttora un fattore di squilibrio e di alterazione della concorrenza, cui si è tentato di porre un argine mediante l'introduzione nel nostro ordinamento del documento di regolarità contributiva, operata dal decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494, per il solo settore dell'edilizia, in attuazione della direttiva 92/57/CEE. In ragione del favorevole impatto che ha determinato per il sostegno alla sana competitività delle imprese regolari e per il contrasto all'economia sommersa, nonché al dumping dalla stessa provocata, nel 2003 è stato esteso a tutti i settori economici, al solo fine di accedere alle sovvenzioni e ai benefici comunitari, mentre, a far data dal 1o luglio 2007, grazie all'articolo 1, comma 1175, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007), tale strumento diviene indispensabile per tutte le attività e tutti i settori, al fine di godere dei «benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale»;
il tentativo di estendere la portata del documento di regolarità contributiva e, in parte mutarne la natura, operata dall'articolo 11-bis del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, ha costituito, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, sin dal primo momento motivo di incertezza applicativa, oltre che indebita attribuzione normativa di competenze legislative regionali;
tale disposizione, successivamente smentita dal comma 12 dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, tendeva, infatti, a subordinare il rilascio dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività di commercio ambulante alla preliminare presentazione da parte del richiedente del documento di regolarità contributiva. Pertanto, per questo specifico settore commerciale, il documento di regolarità contributiva non avrebbe dovuto rappresentare solamente la certificazione della regolarità contributiva ai fini dell'accesso a determinate provvidenze, ma, addirittura, il requisito per l'autorizzazione all'esercizio stesso dell'attività;
per di più, la norma non sembrava tener conto che nella gran parte dei casi, le vigenti disposizioni in materia di commercio su aree pubbliche prevedono che il titolare debba iniziare l'attività entro sei mesi dalla data di rilascio dell'autorizzazione e che un soggetto possa iscriversi alla camera di commercio, al registro delle imprese e, quindi, di conseguenza all'Inps e all'Inail, solo dopo aver ottenuto l'autorizzazione amministrativa;
la giusta preoccupazione di ridurre il fenomeno dell'evasione fiscale e contributiva anche nel settore del commercio ambulante dovrà trovare nuove forme e

sedi di coordinamento tra lo Stato e le regioni, anche attraverso il recupero del concetto di regolarità contributiva;
il comparto del commercio su aree pubbliche rappresenta storicamente una forma di vendita che, soprattutto nei periodi di forte crisi economica, costituisce una difesa per il reddito delle fasce più deboli della popolazione ed è comunque una valida alternativa alle più moderne forme di consumo;
le imprese del commercio su aree pubbliche iscritte al registro delle imprese nel 2009 erano 167 mila, il 21,6 per cento del totale degli esercizi al dettaglio, percentuale che sale al 40 per cento nel comparto abbigliamento, tessuti e calzature;
la quota di mercato del commercio ambulante sui consumi commercializzati è dell'11-12 per cento, con un giro d'affari complessivo che supera i 25 miliardi di euro;
negli ultimi anni il commercio su aree pubbliche ha subito una modificazione morfologica che ha mutato profondamente il tessuto dei mercati, in quanto ai commercianti tradizionali si sono aggiunti nuovi commercianti regolari, provenienti da altri Paesi;
un'ulteriore modificazione è dovuta, inoltre, al fatto che in prossimità e all'interno dei mercati stazionano numerosi venditori abusivi che propongono per lo più imitazioni di prodotti di moda, con marchi contraffatti: tale forma di abusivismo commerciale genera un volume di affari di oltre 8 miliardi di euro all'anno;
questi fenomeni, nella stragrande maggioranza dei casi, hanno portato alla dequalificazione dei mercati, alla perdita di attrattività, ad un'offerta commerciale ripetitiva e, in definitiva, ad una perdita di valore e di avviamento commerciale;
per sfuggire a tale situazione si sono intensificate le libere iniziative che hanno portato e stanno portando ad una sovrapposizione fra mercati «regolari» e «mercati di qualità» promossi indistintamente da associazioni di categoria, consorzi, privati, amministrazioni comunali ed altri;
il problema della qualificazione e della qualità dei mercati esiste, ma deve essere affrontato rivedendo le attuali normative, che, da un lato, limitano gli interventi innovativi, dall'altro lasciano spazio ad un accavallarsi di iniziative estemporanee che non sempre vanno nel senso della qualità,

impegna il Governo:

a definire, in sede di conferenza Stato-regioni, l'applicazione di una disciplina omogenea su tutto il territorio nazionale in materia di contrasto all'evasione fiscale e contributiva nel settore del commercio ambulante, volta a valorizzare il documento di regolarità contributiva quale strumento di accertamento e prevenzione di pratiche distorsive nell'esercizio di tali attività;
a devolvere una quota delle risorse provenienti dalla lotta all'evasione fiscale nel settore al sostegno di iniziative degli enti locali, in accordo con le associazioni di categoria, finalizzate al rilancio del comparto, tramite l'ammodernamento e la riqualificazione degli attuali mercati, con l'istituzione di veri mercati di qualità caratterizzati da strutture di eccellenza e regole precise per gli operatori, prevedendo anche incentivi per gli operatori che acquistano moderne strutture e attrezzature di vendita.
(1-00377)
«Lulli, Scarpetti, Benamati, Colaninno, Fadda, Froner, Marchioni, Mastromauro, Peluffo, Portas, Quartiani, Sanga, Federico Testa, Vico, Zunino, Strizzolo».

La Camera,
premesso che:
il commercio ambulante in Italia rappresenta una delle prerogative più tipiche della realtà commerciale italiana, una sorta di tratto distintivo che si incontra dal piccolo paese alla grande città. Per tradizione, la piazza è sempre stata luogo di notizie, incontro e socializzazione, prima ancora che luogo di approvvigionamento. Un tempo il giorno di mercato era innanzitutto un evento e questo gli ha permesso di diffondersi in maniera capillare lungo tutta la nazione, diventando un marchio di fabbrica;
spesso il commercio ambulante viene scambiato con altre forme che, in realtà, non hanno nulla a che fare con esso. Se quello «legale» è svolto da operatori autorizzati, regolari e affidabili, il secondo viene generalmente condotto da soggetti sprovvisti di autorizzazione, sovente extracomunitari, che portano sui mercati firme contraffatte, specie nel settore delle borse, dell'abbigliamento e degli accessori;
ogni regione ha una propria legge che regolamenta il commercio ambulante e sono i singoli comuni a stabilire spazi, orari, giornate di lavoro, eventuali recuperi in caso di soppressioni straordinarie, fiere o manifestazioni in aggiunta alla normale programmazione;
l'articolo 11-bis del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009, ha esteso la disciplina del documento unico di regolarità contributiva agli imprenditori commerciali che vendono in mercati, fiere e piazze o come ambulanti;
il predetto articolo 11-bis, nel modificare l'articolo 28 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, disponeva che l'autorizzazione all'esercizio dell'attività di commercio sulle aree pubbliche era soggetta alla presentazione da parte del richiedente del documento unico di regolarità contributiva e che, entro il 31 gennaio di ciascun anno successivo a quello del rilascio dell'autorizzazione, il comune, avvalendosi anche della collaborazione gratuita delle associazioni di categoria riconosciute dal Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, verificasse la sussistenza del documento e prevedesse la revoca dell'autorizzazione per l'esercizio sulle aree pubbliche nel caso di mancata presentazione iniziale e annuale del documento unico di regolarità contributiva;
la potestà legislativa in materia (autorizzazioni all'esercizio di attività commerciali su aree pubbliche) spetta alle regioni; pertanto, quanto stabilito dal decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009, è da considerarsi norma di indirizzo nei confronti degli enti territoriali, non un adempimento immediatamente operativo. Il nuovo vincolo può essere imposto solo da una legge regionale;
l'allora ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, infatti, con nota del 12 ottobre 2009, aveva precisato che, poiché la normativa in tema di autorizzazioni commerciali è di competenza delle regioni, il nuovo obbligo del documento unico di regolarità contributiva necessita di essere disciplinato da una legge regionale;
la nuova disciplina prevista, invece, dall'articolo 2, comma 12, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria 2010), ha innovato radicalmente le recenti norme in materia di documento unico di regolarità contributiva in caso di esercizio dell'attività commerciale sulle aree pubbliche introdotte dall'articolo 11-bis del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009, e prevede che le regioni, nell'esercizio della potestà normativa in materia di disciplina delle attività economiche, possono stabilire che l'autorizzazione all'esercizio su aree pubbliche sia soggetta alla presentazione da parte del richiedente del documento unico di regolarità contributiva e che in tal caso possono essere stabilite le modalità attraverso le quali i comuni sono chiamati al compimento di attività di verifica

della sussistenza regolarità della predetta documentazione;
il citato articolo 11-bis del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009 rendeva la presentazione del documento unico di regolarità contributiva obbligatoria in ogni caso, mentre la nuova disciplina conferisce alle regioni la facoltà di assoggettare o meno il rilascio delle autorizzazioni per l'esercizio sulle aree pubbliche alla presentazione del documento unico di regolarità contributiva;
ma il problema dell'evasione trascende sia l'aspetto contributivo che lo specifico settore del commercio ambulante;
l'attuale Governo, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, ha di fatto reso più facile il compito agli evasori, riducendo l'azione di contrasto che era stata avviata dal Governo precedente;
questo Governo, a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo, ha rimosso in nome della semplificazione gli strumenti che potevano permettere di ottenere, per via telematica, informazioni utili ai fini del controllo,

impegna il Governo:

ad adottare ogni iniziativa di competenza, affinché sia dato seguito a quanto previsto dall'articolo 2, comma 12, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria 2010), in maniera tale che il documento unico di regolarità contributiva sia uno strumento obbligatorio per la concessione di tale attività;
a sollecitare le amministrazioni competenti ad intensificare i controlli sulla regolarità fiscale e contributiva del commercio ambulante;
a sostenere sia il diritto dei consumatori alla salute, sia quello dei produttori europei alla tutela dalle frodi commerciali, specialmente per i prodotti contraffatti o contenenti sostanze nocive per la salute, anche attraverso il rafforzamento dei controlli alle frontiere;
a prevedere che gli organi di controllo governativi (ispettorato, Guardia di finanza) verifichino il regolare adempimento degli obblighi contributivi e fiscali.
(1-00378)
«Borghesi, Evangelisti, Messina, Cimadoro, Barbato».

La Camera,
premesso che:
il 23 febbraio 2010 il detenuto Orlando Zapata Tamayo, un operaio dissidente di 44 anni, è morto all'ospedale dell'Avana, dove era stato ricoverato dopo 85 giorni di sciopero della fame: Orlando Zapata aveva iniziato lo sciopero della fame il 3 dicembre 2009 per protestare contro gli abusi che aveva subito nel carcere di Camaguey ed era stato condannato a 36 anni per diversi reati, fra cui «vilipendio della figura del Comandante» Fidel Castro;
la famiglia di Zapata e le associazioni per i diritti umani hanno accusato il Governo cubano della morte del dissidente, che è stato trasferito nel reparto di terapia intensiva quando la sua situazione clinica era ormai irrimediabilmente compromessa;
dopo la morte di Zapata, la situazione dei dissidenti politici a Cuba è diventata oltremodo difficile, se non tragica. Quattro detenuti del carcere di alta sicurezza di Kilo Cinco y Medio nella provincia di Pinar del Rio (Diosdado Gonzalez Marrero, Eduardo Diaz Freitas, Fidel Suarez Cruz e Nelson Molinet) hanno cominciato lo sciopero della fame per protestare contro le autorità ritenute responsabili della morte dell'operaio Zapata;
Amnesty international, nel rapporto annuale 2009 su Cuba, ha denunciato che le restrizioni alle libertà di espressione, di associazione e di riunione sono molto severe e sistematiche e che i dissidenti

politici sono di continuo oggetto di vessazioni e maltrattamenti da parte di agenti di sicurezza;
sempre secondo Amnesty international, a Cuba ci sono 58 prigionieri di coscienza, di cui 55 facenti parte del gruppo dei 75 che insieme a Zapata sono stati arrestati nel 2003: la maggior parte di loro è stata giudicata colpevole di reati come «aver agito contro l'indipendenza dello Stato», di aver ricevuto fondi e/o materiale dal Governo degli Usa, con l'obiettivo di svolgere attività valutate sovversive e dannose, di aver pubblicato articoli o interviste su mezzi d'informazione finanziati dagli Usa, oppure di aver avuto contatti con organizzazioni internazionali per i diritti umani, con gruppi e singole persone ritenute ostili al Governo dell'Avana;
sul caso di Orlando Zapata, il primo nel suo genere negli ultimi 38 anni a Cuba, gli Stati Uniti e l'Unione europea hanno lanciato un appello per la liberazione di tutti i detenuti politici cubani, senza ottenere alcun risultato;
le condizioni di prigionia sono disumane: le celle sono molto piccole (un metro per due), senza bagno né mobilio; sono prive di acqua potabile, spesso infestate da ratti, topi e blatte; i prigionieri non sono autorizzati a uscire, a ricevere visite, a fare esercizio fisico e in alcuni casi non possono coprirsi con indumenti, né avere coperte e lenzuola. Sono riportate, inoltre, notizie di consueti maltrattamenti per opera di guardie carcerarie;
Cuba ha, fino ad oggi, firmato, ma non ratificato, l'accordo internazionale sui diritti civili e politici, che garantisce la libertà di espressione, riunione e associazione, e non applica i principi delle Nazioni Unite per la tutela di tutte le persone soggette a qualsiasi forma di detenzione o carcerazione e gli standard internazionali;
a seguito delle conclusioni del Consiglio del giugno 2008, Cuba e l'Unione europea hanno ufficialmente ripreso il dialogo con l'obiettivo di discutere tutta una serie di potenziali settori di cooperazione, tra i quali anche i diritti umani;
le conclusioni del Consiglio del giugno 2009 hanno ribadito la scelta del dialogo con Cuba, decidendo di includere anche la questione dei prigionieri politici, e sarà nel giugno 2010 che il Consiglio valuterà il futuro di tale dialogo;
da 50 anni il Governo degli Stati Uniti ha imposto a Cuba e continua ad applicare con rigore il blocco economico, commerciale e finanziario, malgrado nel 2009 sia stata adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite una risoluzione che affermava la necessità di porre fine al blocco economico, commerciale e finanziario degli Stati Uniti contro Cuba, una risoluzione che ha raccolto 187 voti a favore e 3 contrari (Stati Uniti, Israele e Palau), nel senso della rimozione di questo pesante embargo;
l'embargo appare ormai una politica inefficace che sta provocando gravi conseguenze sulle condizioni di vita del popolo cubano e che non ha determinato né un cambiamento delle politiche del regime cubano, né una sua crisi;
una strada nuova potrebbe essere rappresentata da quanto riferito da Ricardo Alarcon, Presidente del Parlamento cubano, nel mese di aprile 2010, il quale ha reso noto di aver proposto al Segretario di Stato americano, Hillary Clinton, di revocare per un anno l'embargo commerciale;
non è da sottovalutare il ruolo della Chiesa cattolica: infatti, il cardinale cubano Jaime Ortega, arcivescovo dell'Avana, ha reso noto che, dopo il recente incontro tra il Presidente Raul Castro e i vertici della chiesa cattolica nazionale, si è dato il via al trasferimento dei prigionieri politici in luoghi di reclusione più prossimi alle loro famiglie, una svolta importante unitamente alla concessione alle madri e

ai parenti degli oppositori del permesso di manifestare,

impegna il Governo:

ad adoperarsi, sia nell'ambito dei rapporti bilaterali, sia nelle sedi internazionali, con particolare riferimento all'Onu ed all'Unione europea, anche tenuto conto delle decisioni del Consiglio dell'Unione europea del giugno 2010, affinché siano esercitate le più opportune ed efficaci pressioni possibili per ottenere la fine delle persecuzioni e dei maltrattamenti da parte del regime castrista cubano nei confronti dei dissidenti politici e dei detenuti, nonché la loro liberazione, per reati di opinione nel rispetto delle norme in materia di diritti umani;
a sostenere, in tutte le sedi internazionali, la fine dell'embargo e, comunque, supportando le iniziative della Chiesa, la moratoria temporanea dell'embargo, di almeno un anno con possibilità di rinnovo, nei confronti di Cuba, che fino ad oggi non ha prodotto alcun risultato, salvo il peggioramento delle condizioni di vita del popolo cubano, associandola alla richiesta del rispetto delle norme internazionali in materia di diritti umani e alla liberazione dei prigionieri.
(1-00379)
«Misiti, Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo, Brugger».

La Camera,
premesso che:
nel solo 2009 l'Inps ha recuperato crediti per oltre 4 miliardi di euro, con un incremento pari al 65,9 per cento rispetto al 2008; gran parte del recupero è avvenuto per via diretta amministrativa (2,8 miliardi di euro), mentre la restante quota di 1,8 miliardi di euro è frutto dell'attività dei concessionari;
sulla base dei risultati ottenuti nel 2009, per la prima volta Agenzia delle entrate, Equitalia e Inps hanno definito, nella primavera 2010, obiettivi comuni per la lotta all'evasione, soprattutto attraverso un più efficace coordinamento a livello territoriale, senza la rivalità che spesso in passato ha reso la loro azione meno incisiva del dovuto;
i dati del primo quadrimestre 2010 segnalano come la lotta all'evasione contributiva da parte dell'Inps prosegua con significativi risultati: i crediti recuperati vedono un incremento rispetto allo stesso periodo del 2009 del 20 per cento;
sul fronte del contrasto al lavoro nero, condotto attraverso l'efficace attività di vigilanza degli ispettori Inps sul territorio, in soli 4 mesi sono state individuate circa 23 mila posizioni irregolari, con l'accertamento di oltre 360 milioni di contributi evasi;
il fenomeno dell'evasione in Italia è quantificato dall'Istat in un valore aggiunto prodotto dall'area del sommerso economico nel 2006 pari al 16,9 per cento del prodotto interno lordo, che equivale a circa 250 miliardi di euro, mentre la percentuale di lavoratori irregolari è stimata al 12 per cento;
nell'ambito del contrasto all'evasione contributiva e fiscale il comparto del commercio, fisso o ambulante, è, in particolare, oggetto di controlli e perquisizioni da parte della Guardia di finanza, dell'Inps e dell'Agenzia delle entrate;
il Parlamento ha introdotto un ulteriore strumento per combattere il fenomeno: il documento unico di regolarità contributiva, già obbligatorio per tutti gli appalti e subappalti di lavori pubblici, per i lavori privati soggetti al rilascio di concessione edilizia o alla dichiarazione di inizio attività per le attestazioni Soa (società organismo di attestazione), che ora può essere richiesto dalle regioni, nell'esercizio della potestà legislativa in tema di commercio, ai soggetti che richiedono l'autorizzazione all'esercizio del commercio su aree pubbliche; tale documento ha dimostrato la sua efficacia nel settore dell'edilizia e degli appalti pubblici e può diventare un valido strumento per combattere

la crescente evasione contributiva nel settore del commercio ambulante,

impegna il Governo:

ad avviare efficaci campagne di sensibilizzazione e prevenzione dei fenomeni di evasione ed elusione, favorendo contestualmente il miglioramento dei rapporti tra il fisco e i contribuenti, in modo che l'amministrazione finanziaria si renda sempre più efficiente ed efficace al servizio del contribuente, proseguendo ed intensificando l'azione di prevenzione, controllo e repressione del fenomeno dell'evasione fiscale e contributiva;
a dare ulteriore sviluppo ai controlli delle aziende che producono merci per il commercio ambulante, alla prevenzione e al contrasto dei fenomeni di evasione contributiva nel commercio e, in tale ambito, tra gli ambulanti, attraverso l'introduzione della richiesta del documento unico di regolarità contributiva da parte degli organismi competenti (Inps, regioni e comuni), quale documento obbligatorio ai fini del permanere o per l'ottenimento della licenza di commercio;
ad aprire un confronto in sede di Conferenza unificata, con regioni, comuni e province, per l'introduzione del documento unico di regolarità contributiva e per favorire, creando le condizioni per l'abbandono o la riduzione da parte degli ambulanti abusivi di modalità di esercizio legate all'evasione contributiva e fiscale, il ritorno alla legalità attraverso l'adesione al documento unico di regolarità contributiva.
(1-00380)
«Misiti, Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo, Brugger».

La Camera,
premesso che:
Cuba è una Repubblica socialista retta da un Governo che impedisce la competizione politica democratica tra partiti e candidati plurali, che limita la libertà di espressione e che non garantisce un effettivo rispetto dei diritti umani;
nel rapporto annuale 2009 su Cuba, Amnesty international ha affermato che le restrizioni alle libertà di espressione, di associazione e di riunione sono molto severe e sistematiche. Sia i giornalisti, sia i dissidenti politici sono di continuo oggetto di vessazioni e maltrattamenti da parte di agenti di sicurezza;
in questo contesto di repressione, nei mesi scorsi sono emersi, tra gli altri, i casi dei dissidenti cubani Orlando Zapata Tamayo e Guillermo Farinas, riportati dai principali organi di stampa italiani;
Zapata, arrestato il 18 marzo 2003 insieme ad un gruppo di 75 attivisti democratici, intellettuali e sindacalisti e condannato a 36 anni di detenzione per diversi reati, fra cui «vilipendio di Fidel Castro», è morto all'età di 42 anni all'ospedale dell'Avana il 23 febbraio 2010, dove era stato ricoverato dopo 85 giorni di sciopero della fame. Zapata aveva deciso di intraprendere questa iniziativa non violenta allo scopo di denunciare le pessime condizioni detentive in cui si trovava da molti anni;
Zapata è il primo detenuto politico che muore per sciopero della fame a Cuba dal 1972;
il Presidente Raul Castro si è detto dispiaciuto della morte di Zapata, negando che a Cuba ci siano torture e maltrattamenti ai detenuti;
di opposto tenore sono state le dichiarazioni sia del Direttorio democratico cubano di Miami, sia del Movimento cristiano di liberazione, sia di Amnesty international, che hanno sottolineato la gravità di quanto accaduto a Zapata, hanno segnalato la presenza di altri casi di detenuti che starebbero subendo condizioni detentive analoghe a quelle di Zapata ed hanno ribadito l'esistenza di numerose violazioni dei diritti umani a Cuba;

dalle pagine de la Repubblica del 4 marzo 2010, si è appreso che Guillermo Farinas, 48 anni, giornalista e dissidente cubano, aveva iniziato uno sciopero della fame da circa una settimana al fine di chiedere la liberazione di 26 detenuti politici versanti in gravi condizioni di salute. Farinas è attualmente al quarto mese di sciopero della fame e le sue condizioni di salute sono critiche;
l'accordo internazionale sui diritti civili e politici, che garantisce le libertà di espressione, riunione e associazione, è stato solo firmato da Cuba, ma non ratificato; Cuba non applica i principi delle Nazioni Unite in materia di tutela di tutte le persone soggette a qualsiasi forma di detenzione o carcerazione e gli standard internazionali per il trattamento dei prigionieri, la cui applicazione avrebbe l'effetto di garantire a tutti i detenuti un giusto processo e il diritto ad avere un avvocato difensore;
Cuba e l'Unione europea, a seguito delle conclusioni del Consiglio dell'Unione europea del giugno 2008, hanno ufficialmente ripreso il dialogo con l'obiettivo di discutere tutta una serie di potenziali settori di cooperazione, tra i quali anche i diritti umani;
le conclusioni del Consiglio dell'Unione europea del giugno 2009 hanno confermato la scelta del dialogo con Cuba, decidendo di includere anche la questione dei prigionieri politici. Il Consiglio che si riunirà nel giugno 2010 valuterà il futuro di tale dialogo;
il nostro Paese ha sempre apertamente condannato la situazione di oppressione e di repressione in cui versano i dissidenti politici a Cuba. L'Italia si è sempre prodigata negli sforzi per favorire una maggiore e più convinta apertura del regime castrista sul versante dei diritti umani,

impegna il Governo:

affinché nelle sedi internazionali, a partire dall'Unione europea, in particolare in vista dell'ormai prossimo Consiglio dell'Unione europea del giugno 2010, assuma una posizione che chieda, insieme al dialogo per il rafforzamento delle relazioni economiche e politiche con Cuba, un maggiore rispetto delle norme di diritto internazionale in materia di diritti umani, a partire dalla liberazione dei dissenzienti attualmente detenuti a Cuba;
a porre in essere tutte le iniziative possibili di pressione e di persuasione delle autorità cubane, perché si adottino finalmente provvedimenti di libertà per i prigionieri politici e i dissidenti cubani oggi detenuti, perché vengano revocate la legge 88 e le normative simili che permettono l'arresto dei dissenzienti e restringono l'esercizio delle libertà fondamentali, e perché la Croce rossa internazionale venga autorizzata a fare visita ai detenuti a Cuba;
ad esercitare pressioni sul Governo cubano affinché esso decida l'immediata scarcerazione dei dissenzienti attualmente detenuti, l'immediata ratifica dell'accordo internazionale sui diritti civili e politici e l'immediata eliminazione della legislazione restrittiva delle libertà fondamentali, come quelle di espressione, associazione e riunione, anche considerato che il compimento di questi atti, dal contenuto pratico e simbolico molto rilevante, renderebbe non più giustificabile agli occhi della comunità internazionale il mantenimento dell'embargo commerciale, economico e finanziario attualmente in essere da parte degli Usa nei confronti di Cuba, dando così modo al Governo italiano ed all'Unione europea di attivarsi positivamente nelle sedi internazionali ai fini dell'eliminazione del suddetto embargo.
(1-00381)
«Tempestini, Ventura, Maran, Amici, Narducci, Touadi, Ferrari, Colombo, Sarubbi, Laratta, Baretta, Barbi, Fiano».

La Camera,
premesso che:
nel corso del biennio trascorso si è registrato un calo del gettito Iva, in parte

imputabile ad una diminuzione dei consumi indotto dalla crisi economica, in parte attribuibile ad un'impennata dell'evasione fiscale;
il valore raggiunto dall'evasione fiscale e contributiva, secondo alcune stime, avrebbe toccato il 16 per cento del prodotto interno lordo, una cifra non più tollerabile che rappresenta un freno allo sviluppo del Paese;
uno degli strumenti impiegati per contrastare il fenomeno del sommerso, sia fiscale che contributivo, è senza dubbio il documento unico di regolarità contributiva, il cui compito è quello di attestare la regolarità negli adempimenti dei contributi previdenziali, assistenziali e assicurativi, rispetto a Inps, Inail e Cassa edile, per tutti gli appalti pubblici e gli appalti privati soggetti a titolo edilizio espresso;
oltre a combattere l'evasione fiscale e contributiva, la tenuta del documento unico di regolarità contributiva contribuisce al rispetto delle norme sulla sicurezza nei cantieri, a garantire una concorrenza leale e, non ultimo aspetto, alla semplificazione amministrativa;
con una norma del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009, successivamente soppressa dalla legge finanziaria per il 2010, si era tentato di imporre anche a chi volesse vendere in mercati, fiere e piazze o come ambulante, l'obbligo del possesso del documento unico di regolarità contributiva per ottenere il necessario via libera all'attività dal comune;
sono oltre 162.000 le imprese attive nel commercio ambulante e su aree pubbliche, di cui il 16 per cento a conduzione femminile e il 33 per cento a titolarità extracomunitaria, per un totale di 350.000 addetti, fra titolari, collaboratori familiari e personale dipendente, con un ulteriore indotto di altre 100.000 unità;
secondo la stima più recente, sarebbe di 25-26 miliardi di euro la cifra d'affari di mercati fissi e itineranti, chioschi e fiere e 24 milioni i consumatori che vi si recano una volta a settimana e vi effettuano almeno un acquisto;
la regione Lombardia, con legge, ha introdotto alcuni nuovi obblighi per i comuni e per gli operatori commerciali su area pubblica, rendendo necessaria l'adozione di un apposito documento denominato «carta di esercizio» e corredato da «attestazione di verifica annuale», il tutto per contrastare il dilagante fenomeno dell'abusivismo e dell'irregolare esercizio dell'attività commerciale su area pubblica, tenuto conto dell'attuale impianto normativo generale e delle varie competenze amministrative;
la carta di esercizio è un documento identificativo dell'operatore, all'interno della quale sono segnalate tutte le autorizzazioni e le concessioni in possesso dello stesso, nonché, riportati tutti i dati riferiti all'impresa: partita Iva, sede, iscrizione al registro esercenti per il commercio (rec) ed altri;
allegata a tale documento è prevista l'attestazione annuale che certifica la regolarità dell'operatore con tutti gli adempimenti previsti dalle attuali normative amministrative, fiscali, previdenziali ed assistenziali. Tale documento deve essere annualmente rinnovato;
entrambi i documenti nascono dalla necessità di dare forza alla lotta all'abusivismo, senza facili slogan, mettendo nelle condizioni più favorevoli gli organi preposti alla vigilanza delle aree pubbliche, per identificare rapidamente gli operatori in regola rispetto a quelli che, per un motivo o per l'altro, non lo sono,

impegna il Governo:

a promuovere, in sede di Conferenza Stato-regioni, l'adozione di strumenti uguali o analoghi a quelli introdotti dalla regione Lombardia, finalizzati al contrasto del fenomeno dell'evasione fiscale e contributiva e dell'abusivismo nel settore del commercio ambulante;

a rafforzare i controlli, diretti ed incrociati, da parte degli organi preposti alla riscossione dei tributi, soprattutto mediante la verifica degli avvenuti pagamenti e l'applicazione delle sanzioni amministrative ed accessorie previste dalla normativa vigente.
(1-00382)
«Vietti, Anna Teresa Formisano, Pezzotta, Ruggeri, Volontè, Compagnon, Ciccanti, Libè, Galletti, Occhiuto, Mereu, Ciocchetti, Rao».

La Camera,
premesso che:
la morte del dissidente Orlando Zapata Tamayo, dopo 85 giorni di sciopero della fame, nel febbraio 2010, ha riacceso la polemica sulle responsabilità del Governo cubano nel caso in specie e sulla situazione dei dissidenti e dei prigionieri politici in generale;
per protestare contro il Governo di Cuba altri detenuti hanno iniziato lo sciopero della fame e a loro stanno unendosi altri attivisti e giornalisti locali;
le speranze di un cambiamento, suscitate dalla salita al potere di Raul Castro nel febbraio 2008, sono state deluse;
secondo il rapporto 2009 di Amnesty international, a Cuba permane ancora un regime repressivo in tema di libertà di espressione, di associazione e di riunione;
ai detenuti, inoltre, sarebbero riservate condizioni di prigionia disumane e degradanti: celle anguste, senza bagno né mobilio, prive di acqua potabile, spesso infestate da topi e scarafaggi. Oltre a subire i maltrattamenti delle guardie carcerarie, i prigionieri non sarebbero autorizzati a uscire, a ricevere visite, a fare esercizio fisico e in alcuni casi non potrebbero coprirsi con indumenti, né avere coperte e lenzuola,

impegna il Governo:

ad adottare ogni utile iniziativa, sia in sede europea che presso gli organismi internazionali, per ottenere il rispetto dei diritti civili ed umani a Cuba, la fine delle persecuzioni nei confronti dei dissidenti e la liberazione dei prigionieri attualmente detenuti per reati di opinione, a partire da quelli in gravi condizioni di salute e che rischiano la vita.
(1-00383)
«Vietti, Adornato, Volontè, Rao, Compagnon, Ciccanti, Naro, Galletti, Occhiuto, Lusetti, Enzo Carra, Libè».

La Camera,
premesso che:
nel nostro Paese le donne vivono più a lungo degli uomini (nel 2006 la loro speranza di vita alla nascita era di 84 anni, contro i 78,3 anni degli uomini), ma spesso vivono peggio; si recano dal medico molto più degli uomini (il 58 per cento delle visite ambulatoriali è per una donna) e lo fanno, nella maggior parte dei casi, per affrontare patologie non tipicamente femminili;
secondo i dati del Ministero della Salute il 6 per cento delle donne soffre di disabilità (vista, udito, movimento) contro il 3 per cento degli uomini, il 9 per cento soffre di osteoporosi contro Pl per cento degli uomini, il 7,4 per cento di depressione contro il 3 per cento degli uomini. Ci sono poi malattie autoimmuni che colpiscono prevalentemente il sesso femminile, come ad esempio l'artrite reumatoide e questo dimostra che ci sono differenze tra il sistema immunitario maschile e quello femminile. Le malattie per le quali le donne presentano una maggiore prevalenza rispetto agli uomini sono: osteoporosi (+ 736 per cento), malattie tiroidee (+ 500 per cento), depressione e ansietà (+ 138 per cento), cefalea ed emicrania (+ 123 per cento), alzheimer (+ 100 per cento), cataratta (+ 80 per cento), artrosi e artrite

(+ 49 per cento), calcolosi (+ 31 per cento), l'ipertensione arteriosa (+ 30 per cento), il diabete (+ 9 per cento), le allergie (+ 8 per cento) e alcune malattie cardiache (+ 5 per cento);
secondo l'ultima indagine ISTAT su «Condizione di salute e ricorso a servizi sanitari», un'indagine che viene svolta con cadenza quinquennale, le donne di età media hanno, rispetto agli uomini, una percezione negativa del proprio stato di salute. In effetti, esse sono affette con maggiore frequenza degli uomini da quasi tutte le patologie croniche e in particolar modo, come abbiamo visto, da patologie osteo-articolari, malattie neurodegenerative, diabete, disturbi della funzione tiroidea, ipertensione arteriosa, vene varicose, osteoporosi e cefalea;
la scoperta che uomini e donne differiscono tra loro non solo per quanto riguarda l'apparato riproduttivo sembra essere piuttosto recente in campo medico. Infatti, fino a «ieri» ciò che valeva per l'uomo si riteneva valido anche per la donna. Con i progressi della ricerca scientifica sono emerse però delle differenze sostanziali tra i generi e più gli studi vanno avanti, maggiori difformità tra uomini e donne emergono. Partendo dal DNA, molecola base della vita, che è espresso in modo diverso a seconda del sesso e passando per lo studio di molte malattie - in particolare approfondendo il dolore e le sue terapie - si è quindi individuata una branca della medicina ancora poco conosciuta nel nostro Paese: «la medicina di genere»;
quest'anno, a Padova, si svolgerà il secondo congresso nazionale sulla medicina di genere, organizzato dal Centro Studi Nazionale su salute e medicina di genere e dalla Fondazione Giovanni Lorenzini;
donne e uomini presentano nell'arco della loro esistenza, patologie differenti o differenti sintomi di una stessa patologia e, quindi, si ritiene necessario un approfondimento scientifico della medicina dedicata alla donna;
la «medicina di genere» rappresenta il tentativo di approfondire la diversità tra i sessi applicandola alla medicina, così da garantire ad entrambi il miglior trattamento possibile. Questo concetto si evidenzia, infatti, a livello anatomico, ma anche e soprattutto a livello biologico, funzionale, psicologico, sociale, ambientale e culturale;
sebbene numerose e consolidate siano le evidenze scientifiche e nonostante diversi siano gli specialisti che si dedicano al tema, l'approccio di genere non rientra ancora nelle scelte di programmazione per gli interventi a tutela della salute nel nostro Paese e nemmeno nei libri di testo o nei programmi universitari. Ancora esistono stereotipi e pregiudizi di genere, nella ricerca biomedica e nella medicina: dallo studio delle cause ai fattori di rischio per la salute, dai sintomi alla diagnosi;
il problema di individuare un approccio alla medicina basato sul genere nasce dal fatto che tutti gli studi sperimentali sui farmaci sono sempre stati condotti considerando come fruitori i maschi, perché sono fisiologicamente più stabilì e per la difficoltà scientifica a portare avanti una sperimentazione nel sesso femminile. Di conseguenza le cure mediche rivolte alle donne sono compromesse da un difetto alla base: i metodi utilizzati nelle sperimentazioni cliniche e nelle ricerche farmacologiche e la successiva analisi dei dati risentono di una prospettiva maschile, che sottovaluta le peculiarità femminili ed in particolare il ruolo degli ormoni;
la medicina di genere permette, dunque, di evidenziare anche nel campo della ricerca farmacologica, le diverse risposte all'assunzione dei farmaci tra gli individui di sesso maschile e quelli di sesso femminile, che, per esempio, sembrano essere più inclini a reazioni avverse. Sarebbe, pertanto, auspicabile uno studio mirato di questo tipo in tempi brevi, considerando che il consumo dei farmaci da parte delle donne è percentualmente più elevato rispetto a quello degli uomini.

La conoscenza delle differenze di genere favorisce, infatti, una maggiore appropriatezza della terapia ed una maggiore tutela della salute per entrambi i generi;
la prima sperimentazione farmacologica riservata alle donne risale solamente al 2002 quando, presso la Columbia University di New York fu istituito il primo corso di medicina di genere, A new approach to health care based on insights into biological diferences between women and meri, per lo studio di tutte quelle patologie che riguardano entrambi i sessi. Anche POMS ha inserito la medicina di genere nell'Equity Act a riprova che il principio di equità implica che la cura sia appropriata e sia la più consona al singolo genere;
nelle sperimentazioni dei medicinali, in effetti, vengono utilizzate quasi esclusivamente soggetti di sesso maschile, questo perché le donne, a causa del loro complesso sistema ormonale, prolungano i tempi necessari per una sperimentazione, necessitano di regole ben più precise, devono usare un anticoncezionale per evitare gravidanze durante lo studio e così creano troppi problemi alle lobby per cui più semplicemente non vengono inserite nelle sperimentazioni farmacologiche;
proprio per questo però è da non sottovalutare il fatto che gli ormoni femminili, possono interferire con l'efficacia di molti farmaci, come gli antistaminici, gli oppiacei, gli antibiotici e gli antipsicotici, di conseguenza gli effetti farmacologici, ne potranno risultare amplificati o ridotti. In sostanza, molto spesso, vengono prescritti farmaci di cui si conosce perfettamente il meccanismo d'azione sull'uomo ma non sulla donna, rischiando di non curare o curare in maniera sbagliata le patologie di cui è affetta la donna;
anche i medicinali più comuni, in base a recenti studi scientifici, possono avere degli effetti diversi su donne e uomini. Tra tutti, l'esempio che più ha fatto discutere negli ultimi anni è, senza dubbio, l'aspirina. Alcune ricerche, la più importante delle quali è quella condotta nell'ottobre 2007 da Tood Jerman della University of British Columbia hanno scoperto che la terapia a base di aspirina potrebbe essere inutile per le donne nella protezione dall'infarto del miocardio. In questo studio è stato dimostrato, infatti, attraverso 23 trials con oltre 100.000 pazienti in quarant'anni, che l'aspirina riduce il rischio di infarto del miocardio negli uomini, ma nelle donne questo effetto di prevenzione è fortemente ridotto;
il dolore cronico colpisce le donne in maniera maggiore e spesso del tutto differente rispetto agli uomini. In Italia, secondo uno studio epidemiologico svolto dalla IASP, il dolore cronico interessa il 26 per cento della popolazione, di cui il 56 per cento è rappresentato da donne. Tra uomini e donne cambia sia la frequenza sia l'intensità sia il tipo di dolore. Emicrania, fibromialgia, cefalea e artrite reumatoide - tutte patologie il cui sintomo prevalente è il dolore e che, per questo necessitano di una adeguata terapia - sono molto più frequenti nel sesso femminile;
uno studio del 2009, condotto dal Dipartimento di Anestesiologia della Seconda Università di Napoli in collaborazione anche con l'Università di Siena e quella di Chieti ha valutato l'importanza degli ormoni gonadici (testosterone, estradiolo) nella terapia del dolore. In particolare è stato dimostrato che l'uso di alcuni oppioidi può avere effetti diversi sulle donne a seconda dell'età riproduttiva e sugli uomini, mentre altri farmaci della stessa categoria possono non agire sull'asse ipotalamo-ipofisi-gonadico;
gli ormoni femminili influenzano anche altri tipi di malattie, ad esempio quelle dello stomaco. Dall'ulcera gastrica, che colpisce prevalentemente le donne rispetto agli uomini, si può guarire con più facilità grazie all'azione degli ormoni femminili, in particolare grazie al progesterone, che inibisce la formazione dei succhi gastrici, ed agli estrogeni, che nella fase pre-menopausale, o meglio ancora in quella della gravidanza, garantiscono la protezione della mucosa dello stomaco;

secondo gli ultimi studi condotti dai ricercatori della New York University School of Medicine, il rischio di morte per malattie cardiache è complessivamente molto più alto nelle donne che negli uomini. In Italia, circa 33mila donne ogni anno restano vittime di un attacco cardiaco. Anche in questo caso sono coinvolti gli ormoni femminili che, in età fertile proteggono l'apparato cardiocircolatorio, mentre, col sopraggiungere della menopausa, tale effetto protettivo viene a mancare;
in Italia, nel 2005, è nato l'osservatorio O.N.D.A. (Osservatorio nazionale sulla salute della donna) che si occupa della salute della donna e che collabora con tutti gli istituti preposti a livello nazionale, per studiare, informare, educare e stimolare ad una grande attenzione su queste tematiche;
senza un orientamento di genere, le misure politiche a tutela della salute risultano metodologicamente scorrette, oltre che discriminanti. Per questo motivo la medicina di genere è ormai una realtà dalla quale non si può prescindere,

impegna il Governo:

a prevedere il potenziamento, omogeneo sul territorio nazionale, della ricerca medica, scientifica e farmacologica nell'ambito della medicina di genere, al fine di tutelare realmente, come sancito dall'articolo 32 della Costituzione, la salute di tutti i cittadini, donne comprese; poiché estromettere la donna dalla sperimentazione farmacologica è un errore che non può più essere commesso;
a promuovere l'inserimento della «medicina di genere» nei programmi dei corsi di laurea in medicina e chirurgia e delle scuole di specializzazione; a incentivare e promuovere la realizzazione di master dedicati a chi, nel post laurea, voglia approfondire questa materia, facendo si che la medicina possa finalmente raggiungere obiettivi più precisi e per meglio incidere sulla cura e sulla prevenzione delle malattie;
ad individuare percorsi che garantiscano all'interno delle strutture sanitarie pubbliche l'esistenza o la realizzazione di un dipartimento dedicato alla medicina di genere al fine di avere un approccio migliore di fronte alle numerose richieste di assistenza della donne italiane.
(1-00384)
«Palagiano, Mura, Di Giuseppe, Donadi, Borghesi, Evangelisti».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
secondo un rapporto dell'Unep, il Programma ambientale dell'Onu, lanciato in occasione della Giornata mondiale dell'ambiente del 29 maggio 2010, per salvare il mondo dalla fame, dalla penuria di combustibili e dalle conseguenze più gravi del riscaldamento climatico serve un cambiamento della dieta globale. Il rapporto afferma che con una popolazione mondiale di 9,1 miliardi di persone attesa nel 2050, la predilezione occidentale per bistecche e formaggi diventerà insostenibile;
«gli impatti dell'agricoltura dovrebbero aumentare in misura sostanziale, perché la crescita della popolazione aumenterà i consumi di prodotti animali. A differenza dei combustibili fossili, è difficile trovare alternative: la gente deve mangiare. Una riduzione degli impatti sarà

possibile solo con un sostanziale cambiamento della dieta mondiale, che faccia a meno di prodotti animali» si legge nel rapporto;
il professor Edgar Hertwich, che ha coordinato il rapporto, dice al quotidiano britannico The Guardian: «I prodotti di origine animale causano più danni all'ambiente che la produzione di minerali per costruzione, come la sabbia o il cemento, la plastica o i metalli. Le biomasse e le colture per mangimi animali sono dannose come bruciare combustibili fossili»;
gli esperti dell'Unep hanno classificato vari prodotti, risorse, attività economiche e trasporti a seconda dei loro impatti ambientali. L'agricoltura si è classificata allo stesso posto del consumo di combustibili fossili perché entrambi aumentano in fretta con l'accelerazione della crescita economica. Il copresidente del gruppo, l'esperto ambientale Ernst von Weizsaecker, spiega che «il crescente benessere provoca un cambiamento della dieta in favore di carne e latticini. L'allevamento di animali consuma gran parte dei raccolti mondiali, e di conseguenza moltissima acqua, fertilizzanti e pesticidi». Sia l'energia che l'agricoltura vanno «staccate» dalla crescita economica perché gli impatti ambientali, secondo il rapporto, aumentano dell'80 per cento con un raddoppio del reddito disponibile;
Achim Steiner, vice segretario generale dell'Onu e direttore esecutivo dell'Unep afferma che «il decoupling della crescita dal degrado dell'ambiente è la sfida principale per i governi in un mondo con popolazione crescente, redditi crescenti, consumi crescenti e la sfida permanente della riduzione della povertà»;
la lista delle priorità ambientali per i governi di tutto il mondo individuate dal rapporto sono: cambiamento climatico, cambiamento dell'habitat, eccessivo utilizzo di azoto e fosforo nei fertilizzanti, sfruttamento eccessivo della pesca, delle foreste e di altre risorse, specie invasive, acqua potabile e fognature non sicure. Inoltre, esposizione al piombo, inquinamento atmosferico urbano ed esposizione lavorativa ai particolari;
l'agricoltura, in particolare per la produzione di carne e latticini, conta per il 70 per cento dei consumi idrici mondiali, per il 38 per cento dell'utilizzo del terreno e per il 19 per cento delle emissioni di gas serra. Lo scorso anno la Fao ha diffuso una stima secondo la quale la produzione di cibo dovrà aumentare del 70 per cento a livello globale entro il 2050 per alimentare la popolazione: secondo l'organizzazione alimentare dell'Onu i progressi tecnologici non basteranno a controbilanciare l'aumento demografico -:
se il Governo sia a conoscenza del rapporto Unep;
se intenda avviare approfondimenti in merito;
quali iniziative, ed in quali sedi, si intendano promuovere per ridurre l'impatto ambientale di agricoltura e allevamento;
quali iniziative, ed in quali sedi, si intendano promuovere in merito al sempre più grave problema della crescita demografica;
come il Governo intenda adattare il proprio programma alla lista delle priorità ambientali che il rapporto indica come necessarie in tutto il mondo.
(4-07463)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il giorno 2 giugno 2010 si sono svolte le celebrazione della ricorrenza della festa della Repubblica, oltre alla sfilata dei reparti delle Forze armate, di quelli della polizia di Stato, dei corpi armati e civili dello Stato;
per l'occasione sono stati impiegati un ingente numero di mezzi e di attrezzature di supporto e logistiche, oltre a un

rilevante numero di appartenenti alle Forze armate e ai corpi armati e civili dello Stato -:
quanti uomini e mezzi siano stati effettivamente impiegati nelle attività per le celebrazioni in premessa, per quanto tempo e quale sia la spesa complessivamente sostenuta.
(4-07474)

SCILIPOTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la pressione riscossiva esercitata sull'universo dei contribuenti italiani da parte di Equitalia SpA si è caratterizzata negli ultimi anni per una pesantezza sovente insostenibile, finendo per assumere connotazioni di terrorismo tributario;
l'aggravamento della crisi economica e finanziaria rende sempre più oneroso e difficoltoso adempiere al pagamento delle cartelle esattoriali, in particolar modo da parte dei contribuenti con redditi più bassi e delle piccole imprese;
l'interrogante ha già posto il problema sulla questione delle vessazioni dei contribuenti da parte delle società locali di Equitalia con altra specifica interrogazione dei primi di maggio, ad oggi ancora priva di risposte;
da ultimo l'interrogante con la predetta interrogazione riportava quanto emerso durante la trasmissione Rai, dell'11 aprile 2010, «Report» in cui si riferiva di una differenza di trattamento tra i contribuenti morosi in relazione alle misure esecutive in materia di cartelle esattoriali Equitalia da parte di Equitalia Gerit spa almeno per il 2007 e quanto scritto da Il Fatto quotidiano, del 13 aprile 2010, in cui si riferiva dettagliatamente dell'esistenza di una circolare, inviata a Gerit, di provenienza dei vertici dell'allora Riscossione spa, poi divenuta Equitalia spa, in data ottobre 2007, nella quale era riportato un dettagliato elenco di persone, imprese e partiti a cui non bisognava inoltrare procedure esecutive e comunque si davano disposizioni di non riscuotere il dovuto all'erario;
essendo però Equitalia spa è una società a totale partecipazione pubblica, con il 51 per cento delle azioni in capo all'Agenzia delle Entrate e il 49 per cento in capo all'INPS, incaricata della riscossione pubblica dei tributi, concretizza la tipica fattispecie del servizio di interesse generale, per il quale non può non sussistere il principio della diseguaglianza di trattamento;
fino a quando la Corte di Cassazione a sezioni unite con la sentenza n. 4077 del 2010 non ha stabilito che l'agente della riscossione non può sottoporre un contribuente ad ipoteca se la somma richiesta è inferiore alla cifra di 8000 euro, le società locali di Equitalia erano solite imporre in molti casi l'ipoteca anche per somme di denaro dovute all'erario molto basse;
la legge 22 maggio 2010 n. 73, di conversione del decreto-legge n. 40 del 2010, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 25 maggio 2010, stabilisce a sua volta che l'agente della riscossione non può iscrivere ipoteca se il debito complessivamente a ruolo è inferiore a 8 mila euro e comunque non dovrebbe sussistere un regime di sanatoria per la riscossione di Equitalia e dei precedenti riscossori privati bancari, antecedenti all'ottobre 2007, in relazione al pagamento delle spese dell'accensione e allo spegnimento delle ipoteche per gli importi sotto gli 8000 euro;
le società locali di Equitalia sembra comunque che non abbiano per il passato cancellato automaticamente le ipoteche in capo ai contribuenti debitori per cifre sotto gli 8000 euro e in particolare non abbiano pagato gli oneri di estinzione delle ipoteche stesse, dando luogo a dei bilanci delle società difficilmente verosimili e con presenza di voci di poste di crediti esigibili che piuttosto andavano computati come poste debitorie;
tutto ciò considerato, era piuttosto ragionevole l'aspettativa di una sorta di

attenuazione sui trattamenti riscossivi coattivi nei confronti dei contribuenti, anche nelle more di indagini della magistratura sulle sospensioni ad alcuni contribuenti «protetti», ed invece è stato emanato il decreto-legge n. 78 del 31 maggio 2010 che nell'articolo 29 prevede addirittura che a partire dal 2011 a seguito della notifica dell'accertamento da parte dell'ente impositore possano essere effettuati dagli agenti locali della riscossione di Equitalia le misure coattive quali pignoramenti ed ipoteche, venendo meno le attuali garanzie perlomeno delle notifiche dettagliate delle cartelle esattoriali oggi in capo all'agente della riscossione -:
se non sia il caso di sottoporre i bilanci delle società di Equitalia e lo stesso bilancio consolidato di Equitalia a una procedura di revisione contabile per conoscere esattamente lo stato reale dei conti in considerazione dell'analisi reale dell'esigenza, da parte di Equitalia stessa, di far fronte al pagamento degli oneri di estinzione, in luogo dei contribuenti, delle ipoteche ai contribuenti sotto gli 8000 euro.
(4-07482)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta il Sole 24 Ore di giovedì 3 giugno 2010, il contributo che l'Italia ha promesso insieme agli altri Paesi sviluppati nel dicembre 2009, durante il summit di Copenaghen, per finanziare nei Paesi meno ricchi il trasferimento di tecnologie a bassa emissione di anidride carbonica, sembra essere svanito;
a metà ottobre il Consiglio europeo aveva deciso di promuovere nei Paesi meno industrializzati lo sviluppo di tecnologie ad alta efficienza energetica e aveva concordato un impegno economico di nuovi fondi dal 2010 al 2012. Il Presidente del Consiglio dei ministri, aveva promesso un contributo di 200 milioni di euro, uno dei più rilevanti tra i Paesi Ue. In dicembre a Copenaghen il progetto europeo è stato integrato in un quadro internazionale: la Cina e gli altri Paesi in crescita hanno chiesto che tutte le economie sviluppate mettano a disposizione risorse nuove, e che si cambino le regole del commercio internazionale, in modo che i Paesi emergenti abbiano facile accesso alle tecnologie a basso contenuto di carbonio. Pertanto i Paesi ricchi hanno promesso dal 2010 al 2012 un finanziamento complessivo di 100 miliardi l'anno (il fast start), da far seguire dal 2013 al 2020 con un ben più poderoso finanziamento di 100 miliardi l'anno. A tale progetto avevano aderito, oltre alla Ue, anche Canada, Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda e Giappone;
i Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dell'economia e delle finanze, e degli esteri hanno accumulato non più di 80 milioni di vecchi progetti che potrebbero essere destinati all'obiettivo clima;
il problema si presenta ora: entro il 30 giugno 2010 Bruxelles deve dare agli altri Paesi i numeri esatti attraverso i quali i singoli Stati europei contribuiranno al fast start. L'Italia, tuttavia, non ha soldi e non arriverà a coprire neanche la metà di quanto promesso -:
in che modo si intenda dar seguito all'impegno di mettere a disposizione 200 milioni di euro quale contributo destinato dal nostro Paese al Progetto fast start e per quali regioni;
se e quali altre eventuali operazioni, nel dettaglio, abbiano visto utilizzare i fondi promessi inizialmente al progetto fast start.
(4-07487)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente

e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
dalla relazione annuale dell'anno 2009 della Direzione nazionale, antimafia, «l'analisi delle dinamiche criminali relative alla Basilicata conferma la linea di tendenza di registrata in occasione delle relazioni degli scorsi anni. Se, da un lato, questa regione rimane sostanzialmente un'area di transito rispetto ai più significativi flussi criminali che interessano le regioni limitrofe, caratterizzate da un elevato tasso di mafiosità del crimine, dall'altro presenta fenomeni di consolidamento strutturale delle organizzazioni locali». Lo si evince dal dossier Ecomafia 2010 di Legambiente presentato il 4 giugno 2010;
rispetto ai dati relativi al 2009, si conferma lo scenario dell'anno precedente, con numeri che a tratti si sovrappongono: 148 infrazioni accertate (erano 145 nel 2008), 21 sequestri (idem nel 2008); crescono invece le persone denunciate, che arrivano a 146 (erano 111 nel 2008), dato che rispecchia andamento generale;
tuttavia un ulteriore approfondimento sui numeri fa cambiare completamente lo scenario. Infatti, se i numeri in termini assoluti delle infrazioni accertate vedono la Basilicata in fondo alla classifica regionale (16o gradino), la situazione si inverte se si considerano il numero delle infrazioni in base alla popolazione: l'incidenza su 10 mila abitanti è, infatti, di 2,5 reati, un dato che spinge la regione alla terza posizione in classifica, subito dopo la Calabria e la Sardegna;
crescono, inoltre, nel 2009 le infrazioni relative alla normativa penale sui rifiuti: 155 (erano 108 nel 2008), il 3 per cento sul totale nazionale; aumento che spinge la Basilicata di qualche gradino più in alto nella classifica dell'illegalità nell'intero ciclo;
più che raddoppiate le persone denunciate, che passano dalle 50 del 2008 a ben 114; quasi raddoppiati pure i sequestri, che arrivano a 46 (erano 25 nel 2008);
passando dai dati assoluti a quelli in rapporto al numero della popolazione, dal dossier emerge che la provincia di Matera, con 87 reati accertati e un'incidenza di 4,3 ogni 10 mila abitanti, è seconda in classifica solo dopo Vibo Valentia (con un'incidenza di 5,6 reati ogni 10 mila abitanti);
la direzione qualità della vita del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, ha indicato la Basilicata terza a livello di siti potenzialmente inquinati da amianto; in Basilicata esistono siti d'interesse nazionale destinati a bonifica urgente, che destano allarme per un presunto stoccaggio illegale di rifiuti;
si tratta in particolare della Val Basento, una delle aree industriali più estese del Mezzogiorno, dove nonostante i gravi dati sullo smaltimento di rifiuti pericolosi riferiti nell'interrogazione 5-02049, il Ministero dell'Ambiente ha ritenuto compatibili, sollevando le criticità degli interroganti come espresse nell'atto ispettivo 4-04052, con la realizzazione di due nuove mega-centrali termoelettriche e la realizzazione di un progetto di megastoccaggio di gas naturale a cui ha fatto peraltro seguito un accrescimento dei poteri dell'Arpab e con la realizzazione di un'ulteriore discarica in località Venita del comune di Ferrandina (atto ispettivo 4-07312); esiste inoltre il sito d'interesse nazionale da bonificare di Tito Scalo dove con atti di sindacato ispettivo 4-04061 e 4-03572 si è evidenziata, in particolare a partire da una video inchiesta di Maurizio Bolognetti, la gravissima situazione: che riguarda l'interramento di fanghi industriali;
su questi temi sono state inoltre presentate le interrogazioni 5-02245, 5-02048, 5-01852, 5-01851, 5-01833, 5-01828 tutte rimaste senza risposta;
con atti di sindacato ispettivo 4-05585, 5-02332, 5-02181, 5-02008,

5-01852, 5-01842 si sono sollevate criticità circa l'operato dell'Arpab in vari ambiti -:
quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere con riferimento al grave problema dello stoccaggio illegale dei rifiuti in Basilicata;
se non ritenga il Governo di introdurre meccanismi di massima trasparenza e accessibilità ai dati ambientali e ai criteri usati per la loro elaborazione da parte delle Arpab.
(4-07489)

...

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:

ROSATO, MARAN, STRIZZOLO e COMPAGNON. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
cinque sindaci di comuni delle Valli del Natisone, in provincia di Udine (San Pietro al Natisone, San Leonardo, Stregna, Savogna, Drenchia) hanno indirizzato una lettera aperta al Ministro per gli affari esteri;
in tale lettera essi lamentano che l'istituto comprensivo bilingue di San Pietro al Natisone con le sue attività fa «concorrenza sleale» alle scuole italiane del territorio, attirando finanziamenti derivanti dalla legge n. 38 del 2001 di tutela della minoranza slovena;
detti sindaci sostengono che le associazioni slovene e la stessa scuola tendono a far passare per «sloveni» i semplici fruitori dei loro servizi, sovradimensionando la comunità slovena e contribuendo così a falsare il carattere nazionale delle Valli del Natisone e del Cividalese;
l'istituto comprensivo di San Pietro ospita 71 allievi nella scuola dell'infanzia impegnando sei insegnati, 113 allievi di scuola primaria con quattordici insegnanti e 36 alunni alla scuola secondaria di primo grado;
i suddetti sindaci richiedono una revisione degli articoli della legge n. 38 del 2001 riguardanti la tutela della lingua slovena nella provincia di Udine;
l'articolo 12 legge n. 38 del 2001 al comma 1, recita: «Nelle scuole materne site nei comuni della provincia di Udine di cui all'articolo 4, la programmazione educativa comprenderà anche argomenti relativi alle tradizioni, alla lingua ed alla cultura locali da svolgere anche in lingua slovena, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato»;
lo stesso articolo al comma 5, facendo riferimento al caso in oggetto, scrive «la scuola materna privata e la scuola elementare parificata con insegnamento bilingue sloveno-italiano, gestite dall'Istituto per l'istruzione slovena di San Pietro al Natisone in provincia di Udine, sono riconosciute come scuole statali. (...) Per le finalità di cui al presente comma è autorizzata la spesa massima di lire 1.436 milioni annue a decorrere dall'anno 2001», pari a euro 741.632,10;
l'istituto comprensivo bilingue italiano-sloveno rappresenta una esperienza educativo-formativa di grande significato umano, culturale, sociale ed economico che promuove - nei rispetto di lingue, culture e tradizioni - un peculiare percorso di integrazione e di collaborazione, in Friuli Venezia Giulia e nei paesi contermini, tra le comunità locali friulane e italiane e le comunità di lingua e cultura slovene, dando un prezioso contributo alla crescita della nuova Europa dei popoli e delle autonomie, apertasi ai paesi del centro-est Europa dopo la caduta del muro di Berlino -:
se i ministri ritengano di confermare l'interpretazione degli articoli della legge n. 38 del 2001 relativi alla tutela della minoranza nazionale e della lingua slovena nella provincia di Udine, secondo la quale essi non comportano oneri ulteriori

per le casse dello Stato e quindi non arrecano danni alla popolazione di lingua italiana;
se intendano assumere iniziative volte a promuovere l'applicazione di tale legge che costituisce fonte d'arricchimento culturale anche per la maggioranza italiana;
se intendano adoperarsi affinché si provveda con speditezza a dotare la scuola slovena di una sede idonea e definitiva, senza detrimento delle altre scuole pubbliche italiane viciniori, così garantendo nei fatti a tutti gli studenti, di lingua italiana e slovena, il diritto a frequentare le lezioni in edifici e ambienti decorosi.
(4-07492)

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

BELLOTTI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la legge nazionale n. 33 del 2009, «Misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi», all'articolo 5-bis, prevede la possibilità di riconvertire a carbone impianti termoelettrici funzionanti ad olio combustibile, derogando alle disposizioni nazionali e regionali che prevedono «limiti di localizzazione territoriale», purché la riconversione assicuri l'abbattimento delle emissioni di tali impianti di almeno il 50 per cento rispetto ai limiti previsti dall'attuale normativa, requisito che dimostra l'attenzione per l'impatto ambientale di tale previsione;
il progetto di trasformazione a carbone della centrale Enel sita in Porto Tolle (Rovigo) otterrebbe il raggiungimento delle suddette performance e pertanto rientrerebbe nell'applicabilità della norma n. 33 del 2009;
tuttavia la legge della regione Veneto n. 36 del 1997, «Norme per l'istituzione del Parco regionale del Delta del Po», impone che «gli impianti di produzione di energia elettrica situati nel territorio dei comuni interessati dal Parco del Delta del Po (siano) alimentati a gas metano o da altre fonti alternative di pari o minore impatto ambientale» [articolo 30, comma 1, lettera a)], imponendo una verifica di difficile effettuazione (ben evidenziato dall'abnorme durata del procedimento tuttora in corso) e che presenta amplissimi margini di discrezionalità;
l'evidente conflittualità tra lo due norme porta ad una situazione d'incertezza, specie a fronte di un investimento di tali proporzioni, che porta al blocco del procedimento di riconversione, fatto che sta causando danni incertissimi all'economica territoriale;
la norma nazionale (articolo 5-bis) è di per sé operativa anche a livello regionale e quindi supera, per sua espressa indicazione, ogni previsione regionale (e nazionale) che disponga in senso contrario;
rimarrebbero tuttavia alcuni dubbi, sia circa la possibilità di applicare tale norma anche al territorio del parco Delta del Po (interessato marginalmente dalla centrale), sia sulla possibilità di ritenere che la deroga prevista nella legge nazionale ad ogni «limite di localizzazione territoriale» riguardi anche l'impianto di Porto Tolle;
al fine di dissipare ogni dubbio interpretativo sarebbe necessario assicurare certezza al quadro normativo ed evitare un contenzioso legale con il rischio di compromettere da parte di Enel un investimento di svariati milioni di euro, con le inevitabili ricadute occupazionali;
la soluzione per sbloccare in modo definitivo la situazione apparirebbe essere completamente a carico della regione che, emendando la propria legge, potrebbe aprire la strada all'introduzione della deroga prevista dall'articolo 5-bis della legge

n. 33 del 2009, garantendo le conseguenti ricadute positive tanto sul piano ambientale quanto su quello economico;
nell'attesa di un intervento della regione del Veneto è tuttavia imperativo garantire il principio di affidamento, indispensabile a fronte di un investimento tanto consistente -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga indispensabile adottare iniziative di propria competenza che estendano, al di là di ogni dubbio interpretativo, la possibilità della riconversione a carbone anche alla centrale elettrica di Porto Tolle.
(4-07472)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
come riferisce il quotidiano Il Gazzettino nella sua edizione del 1o giugno 2010, un gruppo di cittadini residenti nella città di Mira, si è rivolto con una lettera aperta al sindaco della città Michele Carpinetti, al presidente della provincia di Venezia Francesca Zaccariotto, al presidente della regione Luca Zaia, con la quale chiedono lumi a proposito del sito di Dogaletto, dove si trovano i cumuli di ceneri di pirite, non più sotto sequestro;
il dissequestro è seguito alla decisione del tribunale di Venezia, sezione distaccata di Dolo, che in data 13 maggio ha dichiarato chiuso il processo relativo alla discarica delle ceneri di pirite e alla loro commercializzazione, in quanto il reato contestato è caduto in prescrizione;
nella citata lettera dei cittadini residenti, si sottolinea come siano «quasi dieci anni che il deposito è abbandonato a se stesso, ormai l'inquinamento ha raggiunto livelli drammatici, le campagne limitrofe ad ogni temporale vengono allagate dall'acqua rossa, degradando giorno dopo giorno terreni, fossati per l'irrigazione, gli stessi canali che portano l'acqua in Laguna»;
solo nell'anno passato il comune ha speso 4-500mila euro per bonificare l'acqua piovana, portandola al depuratore: un intervento tampone, che però non è risolutivo;
in questi anni di indagini non è mai stato identificato chi di fatto ha creato questo enorme deposito, ma soltanto a società che negli anni scorsi commercializzava le «terre rosse», ma si ignora chi abbia sottoscritto i contratti con la Montedison -:
di quali elementi disponga il Ministro in relazione alla bonifica di tale area, problema che si trascina da anni, con gravi conseguenze per la salute di cittadini residenti e dell'ambiente e quali siano i suoi intendimenti in proposito.
(4-07479)

PALAGIANO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nel 1964 il comune di Vico Equense ha rilasciato una concessione edilizia per la realizzazione di una struttura alberghiera - cinque piani, 2 mila metri quadrati e 18 mila metri cubi di cemento - sul tratto di costa di Seiano, tra i comuni di Vico Equense e Meta di Sorrento; nel 1971, i lavori hanno subito un'interruzione da parte della soprintendenza e nel 1976 la regione Campania ha annullato il permesso di costruire. In seguito, il Tar e il Consiglio di Stato hanno accolto i ricorsi presentati dai proprietari, ma i lavori sono Stati sospesi definitivamente nel 1986 per la pericolosità della zona;
il costone a ridosso del quale è stato costruito quello che ormai viene comunemente definito «ecomostro di Alimuri» è uno dei più instabili della zona, a continuo e pericoloso rischio di caduta massi;

nel 2004 è stata stilata una bozza di accordo, per l'abbattimento del manufatto, tra i proprietari della struttura, lo Stato e la regione Campania;
in seguito, nel luglio 2007, è stato siglato un patto tra l'allora Ministro dei beni culturali Francesco Rutelli, la regione Campania, il comune di Vico Equense e la società Sa.An. - che ha rilevato il rudere circa 10 anni fa -, patto che prevedeva l'abbattimento dello scheletro di cemento entro il 31 ottobre 2007;
tale accordo impegnava Stato e regione Campania a contribuire per oltre la metà dell'importo, alle spese previste per l'eliminazione dell'«ecomostro». I costi previsti si aggiravano intorno a 1,1 milioni di euro, ripartiti, in base all'accordo di cui sopra, in questo modo: 500.000 a carico della società proprietaria Sa.An. e 600.000 euro a carico del Ministero e della regione;
l'accordo prevedeva inoltre per la stessa società, la possibilità di costruire un albergo della stessa cubatura nel comune di Vico Equense e la gestione di uno stabilimento balneare localizzato nell'attuale posizione del rudere da abbattere;
da allora, però, è seguito solo silenzio e ad oggi l'ecomostro che deturpa la bellissima penisola Sorrentina - patrimonio dell'Unesco - è ancora lì, sopravvissuto a tre inchieste giudiziarie agli interventi della Goletta Verde di Legambiente, oltre a numerosi cambi di proprietà: nel 1988 viene rilevato, per 240 milioni di lire, da La Conca srl, che nel dicembre 1993 lo cede alla Sa.An. per un importo nel frattempo lievitato a 2 miliardi e 700 milioni di lire. Nell'ottobre 2006 subentra la Sica srl. Sia in Sa.An che in Sica srl figura una stretta parente di un noto politico ed amministratore campano, attualmente eurodeputato;
dal 2007 ad oggi, molti sono stati gli atti parlamentari presentati per risolvere questo problema che da oltre 40 anni affligge una delle località più belle del nostro Paese. Tra questi si ricorda l'interpellanza (2-00225) presentata dal presidente della Commissione ambiente del Senato Tommaso Sodano nella XV legislatura, che incentrava il quesito proprio sulla notevole cifra che lo Stato avrebbe dovuto erogare a seguito dell'abbattimento della struttura e dei rilevanti quanto sproporzionati vantaggi che ne avrebbe ricavato la società proprietaria dell'immobile;
nulla di concreto è mai stato fatto e l'ecomostro di Alimuri permane nella sua ingombrante e quanto fatiscente presenza;
oggi, questo scheletro di cemento, è meta di spacciatori, tossicodipendenti e - specie in estate - di ragazzi spericolati che si arrampicano sulla pericolante struttura per poi tuffarsi in mare;
negli ultimi due anni tre ragazzi sono finiti in ospedale in gravi condizioni. L'ultimo caso risale all'inizio nell'estate 2009: un giovane è precipitato sugli scogli e ha rischiato di rimanere paralizzato in seguito al cedimento di un solaio di un balcone del secondo piano del rudere;
purtroppo soltanto di fronte ad episodi gravi come questi si torna a parlare di Alimuri -:
quali iniziative i Ministri interrogati intendano intraprendere al fine di garantire l'effettivo abbattimento della pericolosa struttura, al fine di tutelare l'ambiente, le bellezze naturalistiche e paesaggistiche, il patrimonio del Paese e allo stesso tempo la sicurezza dei cittadini;
se non si ritenga necessario rivedere l'accordo siglato nel 2007, ad avviso dell'interrogante troppo palesemente sbilanciato a favore della società proprietaria dell'immobile - e, oltretutto, disatteso - assicurando, in ogni caso, che nel più breve tempo possibile sia raggiunto l'obiettivo principale ossia l'abbattimento dell'ecomostro.
(4-07481)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Per sapere - premesso che:
è stato segnalato nella Val Sarmento, nel cuore del parco del Pollino, l'esistenza

di una fogna a cielo aperto che va a finire al crocevia tra un alveo di fiume e un appezzamento di terra dove vengono coltivati vigneti;
la condotta sarebbe stata realizzata negli anni ottanta dall'ente irrigazione con il percorso dell'impianto fognario che seguì, in superficie, fin da subito il letto del fiume Sarmento e che, nel corso degli anni, l'acqua ha via via danneggiato irreparabilmente le condotte tanto da causare letteralmente la fuoriuscita di residui fognari che arrivano dal vicino comune di San Costantino Albanese -:
se la situazione sia stata risolta;
quali provvedimenti si intendano assumere per accertare le cause dell'accaduto, lo stato attuale della situazione e per porvi rimedio.
(4-07488)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta la Repubblica di giovedì 3 giugno 2010, le associazioni che da anni lottano in difesa del parco di Villa Borghese ora scendono in campo scrivendo una lettera al Sottosegretario ai beni culturali Francesco Giro nella quale chiedono un incontro per coordinare le azioni di tutela dell'area verde;
infatti, vi è «grande preoccupazione per le sorti della villa storica - ammettono i comitati - perché la struttura non sopravvive ai troppi e numerosi allestimenti commerciali»;
a firmare dunque l'appello, rivolto a tutte le istituzioni ed in particolare al comune di Roma, sono Italia Nostra, il comitato in difesa di Villa Borghese, l'associazione Villa Strolh-Fern, gli amici di Villa Borghese, l'associazione Eimi e il comitato di quartiere;
la denuncia del degrado in cui rischia di cadere la villa parte dalle manifestazioni estive, ma arriva a toccare anche altri problemi. «Non ci sono solo gli eventi ma anche tutta una serie di allestimenti, parcheggi e movimenti che questi progetti sviluppano. Le aiuole non possono e non devono diventare un parcheggio, la ztl già installata e pagata da tutti i romani non funziona e ne chiediamo l'attivazione». Aggiungono inoltre: «Appoggiamo con tutte le nostre forze la rivolta delle accademie e chiediamo al sindaco scelte più pertinenti, in merito a sicurezza, decoro, ambiente e rispetto delle leggi a protezione dei beni di tutta a città»;
Davide Bornigia, proprietario del Kura Kura, l'evento sulla scalinata Bruno Zevi, precisa che non gli è arrivata alcuna comunicazione di smantellamento delle strutture. Infine, aggiunge: «Ho fatto investimenti e 50 famiglie rischiano di non lavorare. Il progetto era autorizzato da tempo» -:
se il Ministro intenda dar seguito alla richiesta formulata dalle associazioni ricordate in premessa e quali iniziative intenda assumere al fine di tutelare un'area di grande interesse artistico e ambientale che costituisca peraltro un sito di importanza comunitaria e una zona di protezione speciale.
(4-07490)

...

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro per i beni e le attività culturali, per sapere - premesso che:
il Teatro Petruzzelli viene costruito nel 1896 da parte di privati su suolo pubblico;
il 27 ottobre 1991 il Teatro viene distrutto da un incendio doloso. Il processo si è concluso in cassazione con

l'assoluzione dell'ex gestore del teatro, Ferdinando Pinto, per insufficienza di prove;
in data 21 novembre 2002 è stato sottoscritto un protocollo d'intesa alla presenza del Ministro per i beni e le attività culturali urbani, tra la famiglia Messeni Nemagna, proprietaria del complesso immobiliare «Teatro Petruzzelli» da un lato e la regione Puglia, la provincia di Bari e il comune di Bari dall'altro;
con il protocollo le parti pubbliche si obbligavano a ricostruire il teatro Petruzzelli, tramite una costituenda fondazione, senza oneri per le parti private, le quali avrebbero consegnato l'area al fine dello svolgimento dei lavori e concesso l'uso del teatro alla fondazione per un periodo di 40 anni, ad un determinato canone;
al termine della concessione il teatro sarebbe tornato ai proprietari senza pretese e/o indennità a favore della fondazione;
la fondazione lirico sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari, ente di diritto privato soggetto alla legge n. 800 del 1967, è stata costituita con la legge dell'11 novembre del 2003, n. 310, che, all'articolo 1, comma 6, recita: «La Fondazione (...) acquisisce, previo accordo con gli enti pubblici territoriali interessati, i diritti d'uso esclusivo sul Teatro Petruzzelli di Bari, in conformità al Protocollo d'Intesa, sottoscritto a Roma il 21 novembre 2002, tra la regione Puglia, la provincia ed il comune di Bari e le parti private». L'ente è diventato dunque di prioritario interesse nazionale;
la legge istitutiva fu votata all'unanimità, in quanto la gestione del teatro, di proprietà privata come il suo marchio, non poteva essere affidata al pubblico senza un previo accordo con gli enti locali;
in adempimento del protocollo, la famiglia proprietaria consegnò l'immobile alla sovrintendenza perché si desse inizio alle opere di ricostruzione, da completare entro 4 anni;
ciononostante i lavori non vennero portati a compimento entro il termine previsto dal Protocollo;
nel 2006 il Governo Prodi emanò il decreto-legge n. 262 del 2006 per l'esproprio del teatro in favore del comune di Bari, finalizzato a «garantire la celere ripresa delle attività culturali di pubblico interesse presso il Teatro Petruzzelli di Bari», privando la famiglia proprietaria dei diritti derivanti dal contratto sottoscritto. Inoltre si stabiliva un ulteriore finanziamento di altri 8 milioni di euro per il completamento del restauro;
conseguentemente, il decreto-legge n. 262 del 2006, convertito dalla legge n. 286 del 2006, ha abrogato l'articolo 1 comma 6 della legge n. 310 del 2003;
la Corte Costituzionale, con sentenza del 30 aprile 2008 ha dichiarato l'incostituzionalità dell'esproprio, per l'assenza dei requisiti di necessità ed urgenza previsti dall'articolo 77 della Costituzione;
la Corte ha infatti osservato che «nessun collegamento sarebbe ravvisabile tra (...) la straordinaria necessità ed urgenza di interventi di carattere finanziario per il riequilibrio dei conti pubblici nonché delle misure per il riordino di settori della pubblica amministrazione e la previsione dell'esproprio del Teatro Petruzzelli»;
ciononostante la norma abrogativa del collegamento tra la fondazione, il protocollo, la proprietà privata e gli enti pubblici, non è stata cancellata, pertanto ora il suddetto collegamento si fonda solo sul contratto;
nel frattempo dall'ottobre 2006 all'aprile 2008 i lavori di ricostruzione proseguirono, ma in una modalità diversa rispetto a quella stabilita nel protocollo, e cioè non mediante gli enti locali, ma mediante il Commissario delegato alla ricostruzione, ingegner Angelo Balducci, nominato il 22 dicembre 2006 dall'ex premier Romano Prodi con un'ordinanza di protezione civile. Si sarebbero infatti verificate

delle infiltrazioni di acqua che avrebbero provocato delle corrosioni all'immobile;
il nome di Balducci appare nella lista delle persone alle quali l'imprenditore Diego Anemone avrebbe concesso «favori». Nella lista dei lavori eseguiti da Anemone c'è anche il nome di Francesca Nastasi, sorella di Salvo Nastasi, capo di gabinetto del ministero dei beni culturali e sub commissario alla ricostruzione del teatro Petruzzelli;
Balducci, nominato suo vice Salvo Nastasi, avrebbe bandito una nuova gara, vinta da un consorzio al cui vertice vi è la società Cobar di Vito Barozzi, con sede ad Altamura. La società risulta vincitrice anche dell'appalto per il San Carlo ma tale aggiudicazione è stata bocciata dal Tar Lazio per carenza dei requisiti, condannando la Cobar al risarcimento di 1,8 milioni di euro;
l'imprenditore Vito Barozzi, da quanto riportato dalla stampa, è stato socio di Diego Anemone per il G8 alla Maddalena, e nell'agosto 2009 avrebbe costituito una società per la ricostruzione di chiese e opere d'arte dopo il sisma a L'Aquila;
secondo quanto riportato dalla stampa, la ricostruzione del Petruzzelli sarebbe al vaglio degli inquirenti della Procura di Firenze, per chiarire le procedure d'urgenza decise per i lavori e la lievitazione dei costi. Infatti, dai 30 milioni previsti per il restauro del Teatro, si è saliti a 50 milioni;
risulterebbe che Balducci avrebbe preteso fogli d'oro, anziché d'oro sintetico, nell'apparato decorativo del teatro, con un incremento di un milione di euro, di fronte a un costo complessivo lievitato del 156 per cento;
allo stato attuale dunque non esiste alcun collegamento tra la fondazione e il teatro, il marchio, le prerogative di rilevanza pubblicistica e le attività del teatro stesso, perché rimangono di proprietà privata;
ad avviso dell'interrogante pertanto la Fondazione lirico-sinfonica Petruzzelli spenderebbe il marchio «Teatro Petruzzelli» ottenendo ingenti sovvenzioni pubbliche senza averne il titolo;
con parere del 1o luglio 2008, prot. n. 16079, l'avvocatura distrettuale dello Stato di Bari ha confermato che la procedura espropriativa è da considerarsi inesistente, pertanto i fondi pubblici vengono utilizzati per il restauro di un immobile privato, affidato alla gestione pubblica senza alcuna giustificazione;
il Consiglio di Stato, con sentenza n. 4935/2008 ha condannato il comune di Bari, a metà con la regione, anche al pagamento delle spese di giudizio, escludendo l'esercizio del potere autoritativo e in autotutela, del comune sul protocollo;
il 7 settembre 2009 il teatro è stato affidato dalla sopraintendenza al comune, che «si determinerà secondo diritto e comunque secondo le decisioni dell'autorità giudiziaria (...) tenendo indenne la direzione generale per i beni culturali e il Ministero da ogni eventuale responsabilità e onere connessi e conseguenti alla odierna consegna»;
il 25 maggio 2010 la giunta comunale di Bari ha approvato la proposta di revoca in autotutela della delibera con la quale il consiglio approvò il Protocollo del 21 novembre 2002, al fine di attivare la convenzione del 1896 che prevede che in caso di crollo del teatro, ai proprietari e a loro spese spetta la ricostruzione, entro 3 anni, oppure la restituzione dell'area priva di macerie entro un anno;
il comportamento del comune appare rischioso, perché qualora i proprietari dell'immobile dovessero ottenere ragione dagli organi di giustizia, dovrà versare un risarcimento enorme;
inoltre, alla luce della sentenza del Consiglio di Stato, la revoca non produce alcun effetto sul protocollo, che rimane un contratto di diritto privato in cui la parte

pubblica è soggetta ai doveri di qualunque privato, compreso quello di non potersi unilateralmente sciogliere -:
se il Ministro ritenga ancora valido il protocollo d'intesa sottoscritto il 21 novembre 2002 alla presenza dell'allora Ministro per i beni e le attività culturali;
quali iniziative intenda assumere per chiarire l'utilizzo dei fondi pubblici destinati alla ricostruzione del Teatro Petruzzelli, considerato l'incremento delle spese del 156 per cento.
(2-00743) «Zazzera».

Interrogazioni a risposta scritta:

MIGLIORI e BIANCONI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nella seduta straordinaria del 29 maggio 2010, il consiglio di amministrazione del teatro comunale di Firenze, su proposta del suo presidente (il sindaco di Firenze), ha votato l'aumento da euro 150.000 ad euro 200.000 del compenso annuale previsto per il sovrintendente;
trattasi del secondo aumento registratosi in pochi anni, essendo stato il precedente sovrintendente «beneficiato» di un aumento da euro 100.000 a euro 150.000;
il teatro fiorentino è in prima linea nella contestazione della riforma degli enti lirici sinfonici pur avendo uno dei maggiori deficit tra le fondazioni operanti nel nostro Paese;
il rappresentante del Governo all'interno del consiglio di amministrazione, unitamente ad un rappresentante dell' opposizione, espressione del consiglio regionale della Toscana, non ha approvato la suddetta deliberazione, che ha destato sconcerto in una fase di acuite difficoltà per le risorse pubbliche e conseguente esigenza di comportamenti generali di austerità -:
se il suddetto compenso al sovrintendente del teatro comunale fiorentino trovi paragoni o no presso le altre Fondazioni;
se altri aumenti siano stati in questi giorni attivati;
se il Governo intenda acquisire elementi in merito alla grave situazione finanziaria del Teatro Comunale di Firenze e quali iniziative di competenza intenda assumere in proposito stante anche gli straordinari risultati qualitativi della sua orchestra.
(4-07462)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nel 2003, il blocco dei fondi ministeriali destinati al sostegno del cinema italiano ha determinato una generale, profonda crisi del mercato;
conseguenza del blocco e della crisi è stato il cosiddetto «congelamento» di circa un centinaio di pellicole;
alcuni film di cui, le produzioni non hanno restituito il credito d'imposta, sono stati recentemente cartolarizzati, cioè sono tornati in proprietà del Ministero per i beni e le attività culturali;
i film cartolarizzati costituiscono un patrimonio culturale ed economico considerevole, ma paradossalmente non in disponibilità dello Stato, che pur essendone rientrato in proprietà non è in condizione di commercializzarli;
tra le pellicole «congelate» - le si citano a mero dato esemplificativo - risultano per esempio opere di autori quali Sergio Citti, film di Laurenti o di Apolloni che documenta l'ultima interpretazione della grande attrice Pupella Maggio; o film come Pontormo di Fago, Rua Alguem di Eronico, o La volpe a tre zampe di Sandro Dionisio;
come nel caso del film di Dionisio, realizzato e «congelato» sette anni fa, si

tratta di pellicole che hanno vinto prestigiosi riconoscimenti: al Giffoni Film Festival del 2003, alla decima edizione del Vieste Film Festival del 2004, al Festival di Berlino del 2004 e a quello di New York nell'ambito del festival 41o Parallelo; e continua a raccogliere consensi nazionali e internazionali come è avvenuto il 30 novembre 2010 in Australia dove il film ha aperto la seconda edizione di Giffoni-Australia;
il Ministero dispone di un nutrito numero di opere, attualmente sotto tutela del direttore della cineteca nazionale dottor Enrico Magrelli, opere che risultano essere libere da vincoli proprietari;
attraverso il loro corretto utilizzo si può contribuire da una parte a dare nuovo smalto all'industria cinematografica italiana, dall'altra far rientrare nelle casse dello Stato parte dei finanziamenti utilizzati per la realizzazione di dette opere;
a quanto sopra esposto, nulla osta tranne quello che appare un vero e proprio assurdo legislativo, per cui lo Stato pur essendo nuovamente in possesso di dette opere, non ha la possibilità di commercializzarle -:
se non si ritenga necessario e opportuno assumere le iniziative di competenza volte a superare detta assurda situazione, in particolare se non si ritenga di dover predisporre le opportune iniziative e soluzioni normative che consentano di poter commercializzare i film cartolarizzati che costituiscono, al momento un vero e proprio patrimonio «inerte», finanziato, giova ricordarlo, con denaro del contribuente.
(4-07466)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta il Corriere della Sera del 1o giugno 2010 (ultima modifica 3 giugno 2010), luoghi in cui Scipione l'Africano visse i suoi ultimi giorni sono stati dimenticati e abbandonati. Vi insiste un parco archeologico decisamente poco valorizzato e minacciato di tanto in tanto dagli abusi: la costa del giuglianese e quella di Castel Volturno, nel Casertano, sono tra le più disastrate d'Italia dal punto di vista del cemento selvaggio;
a Liternum, Amedeo Maiuri, direttore del museo archeologico di Napoli negli anni '30, celebre per aver portato alla luce buona parte delle città romane di Pompei e Ercolano, in precedenza già individuate dagli archeologi borbonici, affidò l'incarico a Giacomo Chianese, ispettore onorario della Soprintendenza alle antichità di Napoli, di condurre uno scavo sistematico nell'area dell'antico foro. Nel 1933 inizia l'operazione «Liternum» per individuare nella zona del Lago Patria (nel Giuglianese) il sito dell'antica cittadina romana. I saggi di scavo danno esito positivo e permettono di fissare il sito della dimenticata Liternum, dove, appunto, Scipione l'Africano si era ritirato con i legionari per dedicarsi alla bonifica e alla coltivazione della terra. Vennero alla luce gran parte delle rovine ancora visibili, il foro e l'antico teatro; individuando tra l'altro ben sei chilometri della via Consolare Campana, oggi irrimediabilmente perduta;
da allora, passati i clamori e gli sfarzi dell'illusione di un rinato impero romano fascista, il sito archeologico di Liternum è diventato il più degradato e dimenticato d'Italia. Nell'estate del 1960, il comitato promotore dei Giochi del Mediterraneo che si disputano quell'anno a Napoli sceglie proprio l'area a cavallo del foro dell'antica Liternum per impiantare un nuovo edificio. Sui terreni al di sotto dei quali insisteva l'antica colonia romana, e dove si presume si conservino ancora i resti di gran parte delle abitazioni civili - domus e botteghe - vennero realizzate le strutture di un moderno villaggio olimpico destinato ad ospitare gli atleti della nazionale jugoslava. Oggi quel villaggio è divenuto un parco privato; all'incirca 400

anime che vivono su una nuova probabile «Pompei». «Proprio in occasione di uno scavo per l'installazione del nuovo condotto fognario all'interno del parco privato» spiega la dottoressa Adriana d'Avella attuale direttrice dell'area degli scavi del parco archeologico di Liternum «abbiamo condotto un saggio che ha riportato alla luce i resti di un'antica fornace per la lavorazione dell'argilla e la fabbricazione dei laterizi, segno dell'elevato grado di sviluppo della colonia romana»;
mentre l'archeologa illustra le scoperte portate avanti con competenza e preparazione negli anni recenti, lo scempio operato in passato è purtroppo irrimediabilmente visibile sotto i nostri occhi. In particolare il muro di cinta che delimita la proprietà del parco privato è stato costruito in aderenza con le antiche murazioni romane che ancora affiorano dal terreno. Nell'area attuale degli scavi dove è venuto alla luce l'antico Criptoportico, ovvero un corridoio di passeggio a volta coperto che collegava all'antico foro, si notano i moderni mattoni adoperati per la costruzione del muro perimetrale e la relativa colata di cemento poggiata sui resti di un muro di sostegno d'epoca romana in «opus reticolarum». La volta del criptoportico però è orribilmente sventrata da un carotaggio in cemento armato. Ma è solo una parte dello scempio adoperato fino ad oggi. All'interno dell'area sotto tutela della Soprintendenza controversie legali con i discendenti degli antichi coloni proprietari negli anni trenta dei suoli confinanti, nonché fenomeni di speculazione edilizia selvaggia dei primi anni '80 hanno prodotto due casi «emblematici» di abusivismo proprio a ridosso dell'ara sacra. Una struttura conserva parte delle antiche mura di una domus romana, l'altra è stata edificata proprio lungo l'antico tracciato della via consolare domitiana che si immetteva nell'area del foro. «Un breve tratto è stato riportato alla luce l'anno scorso sottratto alle coltivazioni locali che lo avevano destinato a una bella vigna» commenta l'archeologa, che poi si dice orgogliosa del ritrovamento di un busto d'imperatore acefalo venuto alla luce durante una campagna di scavo. «Busto attualmente conservato nel museo archeologico dei campi Flegrei» -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della gravissima situazione descritta con riferimento al sito dell'antica cittadina romana di Liternum;
se e quali azioni intenda intraprendere per riportare alla luce un sito di così straordinario valore storico e artistico;
se intenda sottoporre tutta l'area descritta comprendente il Giuglianese e Castel Volturno a vincolo archeologico e se intenda adottare provvedimenti immediati per la tutela di questi luoghi che hanno subito il degrado e l'incuria.
(4-07473)

...

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI.- Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il giorno 4 giugno 2010 si sono svolte le celebrazione della ricorrenza del 196o
anniversario della fondazione dell'Arma dei carabinieri;
per l'occasione sono stati impiegati un ingente numero di mezzi e di attrezzature di supporto e logistiche, oltre a un rilevante numero di appartenenti alle all'Arma -:
quanti uomini e mezzi siano stati effettivamente impiegati nelle attività per le celebrazioni in premessa, per quanto tempo e quale si la spesa complessivamente sostenuta.
(4-07477)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in un articolo pubblicato sulla Gazzetta del Mezzogiorno, edizione della Puglia, del 4 giugno scorso, dal titolo «Militare salentino in G.B. dato per "morto" da Ministero dell'interno» si apprende che nella pubblicazione della graduatoria ufficiale delle vittime del dovere, pubblicata dal Ministero dell'interno e dedicata agli appartenenti alla forze armate e di polizia morti o feriti per motivi di servizio, il maggiore dell'Esercito Carlo Calcagni, originario di Guagnano (Lecce) e residente a Cellino San Marco (Brindisi) sarebbe stato, in un primo momento, iscritto alla posizione n. 1119 come «Deceduto»;
nel predetto articolo si legge che «Insieme alle sue generalità sarebbe stata specificata la sua condizione, ossia quella di "deceduto", con tanto di data: 30 ottobre 2007» e che «Quando un mio amico mi ha avvisato - ha detto il militare in una intervista all'emittente televisiva pugliese TeleRama - pensavo si trattasse di uno scherzo, poi ho visto che così non è, e che risulto veramente morto». «Probabilmente è per questo - ha commentato - che nessuno si preoccupa più di me e sono costretto a pagare di tasca mia le costose cure, anche all'estero, alle quali mi devo sottoporre dopo essere stato riconosciuto invalido al 100 per cento per gravi infermità contratte in missione internazionale di pace, Bosnia 1996, riconosciute dipendenti da causa di servizio»;
sempre nel medesimo articolo risulterebbe che lo stato maggiore dell'Esercito avrebbe affermato «Non sappiamo alcunché di questo errore nell'elenco del Ministero dell'Interno, di cui parla il nostro Calcagni. La cosa in ogni caso non è partita da noi. Ed è certo che noi non ci siamo dimenticati di Calcagni. Infatti Difesan (la direzione che si occupa della salute dei militari) ha autorizzato i rimborsi in suo favore, a copertura di quanto non è coperto dal servizio sanitario nazionale. E per noi continua a percepire gli emolumenti che gli competono in questa situazione».;
nei mesi di gennaio e febbraio 2010 il maggiore Carlo Calcagni si è recato presso il Centro di altissima specializzazione Breakspear Hospital Medical Group Hertfordshire House Hemel Hempstead Hertfordshire, in Inghilterra, dove è ritornato il 3 giugno 2010 per essere sottoposto ad un nuovo ciclo di cure;
all'interrogante risulta che il militare abbia dovuto provvedere personalmente al pagamento di tutte le spese mediche sostenute, senza che l'amministrazione militare vi abbia contribuito nei termini di legge -:
se i ministri siano a conoscenza di quanto narrato in premessa, quali siano le motivazioni che hanno permesso il verificarsi di un così deprecabile errore, quale sia la procedura seguita per la compilazione della graduatoria ufficiale delle vittime del dovere e quali siano le azioni, in concreto poste in essere per garantire al maggiore Carlo Calcagni l'assistenza medica ed economica per le cure di cui necessita e quelle che ha effettuato presso il Centro di altissima specializzazione Breakspear Hospital Medical Group Hertfordshire House Hemel Hempstead Hertfordshire.
(4-07484)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
sull'Espresso del 3 giugno 2010 in un articolo dal titolo «L'altolà del generale» a firma di Gianluca Di Feo vengono riportate alcune dichiarazioni del generale Maurizio Lodovisi, sottocapo di Stato maggiore dell'Aeronautica militare;
in particolare l'alto ufficiale in occasione dell'Air Power Congress di Firenze avrebbe affermato che «Il rapporto difesa-industria va cambiato. Ci sono costi e

appetiti che lo rendono non ottimale: non sempre le due realtà vanno a braccetto per realizzare interessi condivisi»;
la manovra finanziaria recentemente varata dal Governo ha imposto pesanti tagli al bilancio della difesa che imporrebbero di effettuare risparmi pari a circa il dieci per cento delle assegnazioni economiche complessive;
come risulta dall'articolo l'alto ufficiale, riferendosi ai programmi di acquisizione di armamenti, ha affermato «che hanno forzato determinate regole e prodotto costi inaccettabili»;
secondo l'autore dell'articolo «L'incubo per l'Aeronautica è il caccia europeo Eurofighter, che ha raggiunto cifre astronomiche mentre oggi si vorrebbe investire sul futuristico Jsf made in Usa, progettato per conflitti come quello afgano e ostacolato da Finmeccanica.»;
il programma pluriennale di A/R n. SMD 02/2009, relativo all'acquisizione del sistema d'arma Joint Strike Fighter e realizzazione dell'associata linea FACO/MRO&U (Final assembly and check out/Maintenance, repair, overhaul&upgrade) nazionale, riguarda l'acquisizione di 131 velivoli JSF e realizzazione in Italia, presso la base dell'Aeronautica militare di Cameri, di una linea di assemblaggio finale e verifica dei velivoli, trasformabile successivamente in un centro di manutenzione e riparazione dei velivoli. Tale impegno avrà una durata di 18 anni a partire dal 2009, con un costo stimato di 12,9 miliardi di euro;
dal resoconto sommario della IV Commissione (Difesa) della Camera dei deputati del 25 marzo 2009, risulta che l'onorevole Edmondo Cirielli, ha affermato, riferendosi all'argomento in esame che «il programma rappresenta un impegno assai rilevante che il Governo assume in un periodo di grave crisi economica per il Paese. Per tale ragione è necessario che si chiariscano i motivi che sono alla base della decisione di porre mano ad un gravoso programma di realizzazione di caccia di quinta generazione, non essendo ancora stato completato il programma relativo a quelli di quarta generazione, ovvero gli Eurofighter.»;
sempre secondo il giornalista de l'Espresso «L'Italia spenderà oltre 3 miliardi di euro solo tra il 2010 e il 2012 per degli aerei che alla fine potrebbero costare più di 120 milioni ad esemplare» mentre «L'Eurofighter è nato negli anni Novanta e sarà in servizio pieno alle soglie del 2020»;
il generale Maurizio Lodovisi avrebbe anche affermato «Il mercato ha svantaggi e vantaggi per il sistema paese. Ma i processi devono essere sani con regole chiare fatte sul tavolo, altrimenti non va bene. E perché i processi siano sani ci deve essere un'analisi dei costi estremamente oculata oppure è meglio lasciare parlare il mercato»;
se il ministro sia a conoscenza di quanto narrato in premessa, quale sia lo stato di avanzamento del programma Eurofighter e quali siano i costi fino ad oggi sostenuti;
quali le ragioni e quali siano le valutazioni tecnico-operative ed economiche che hanno indotto lo stato maggiore della difesa ad avviare il Programma pluriennale di A/R n. SMD 02/2009, quali siano i costi sostenuti e quali quelli previsti per il triennio 2010 -2012;
se il Ministro interrogato, a fronte della grave crisi economica che ha colpito l'intero Paese, sia intenzionato a fare proprie le dichiarazioni del generale Ludovisi e conseguentemente porre in essere ogni possibile azione volta a ridurre del cinquanta per cento tutti i programmi di acquisizione di armamenti destinati alle Forze armate e se sia intenzionato a impiegare i maggiori risparmi economici derivanti da tali auspicabili riduzioni al fine di sopperire alle maggiori necessità di bilancio che si sono rese indispensabili per giungere alla positiva conclusione delle trattative per i rinnovi contrattuali e per il riordino delle carriere del personale del

comparto difesa nonché per la stabilizzazione del personale precario delle forze armate.
(4-07485)

...

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

CICCANTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
con l'articolo 1, comma 11, della legge n. 266 del 2005 è stato stabilito un taglio drastico alle cosiddette «auto blu», con la riduzione dalla spesa del 50 per cento per l'anno 2006 rispetto al 2004, per l'acquisto, manutenzione e noleggio di autovetture da parte delle pubbliche amministrazioni di cui alla legge n. 165 del 2001;
già la «legge finanziaria» del 2005 (articolo 1, commi 9-12) aveva previsto per gli anni 2005-2006-2007 un limite di spesa analogo, ancorché meno rigoroso;
la relazione da parte del Ministro dell'economia e delle finanze, che doveva pervenire alle camere fin dal 30 giugno 2005 per evidenziare gli effetti di tali tagli, non è mai pervenuta, benché prevista dall'articolo 1, comma 14, della legge n. 311 del 2004;
non si conoscono, a tutt'oggi, i risparmi attesi, posto che la relazione tecnica dell'epoca (legge n. 266 del 2005) li stabiliva in 30 milioni di euro sia in termini finanziari che di indebitamento netto;
fin dal 1996 (articolo 2, commi 117-124, della legge n. 662 del 1996) è stato avviato un censimento degli autoveicoli dello Stato e degli enti pubblici non economici, affinché potessero essere indicati in modo analitico gli uffici che potevano beneficiare dell'auto di servizio;
il nuovo Primo ministro inglese Cameron - secondo articoli di stampa - ha tagliato le «auto blu» a tutti i Ministri (ad eccezione di tre per motivi di sicurezza);
ogni «auto blu» con le spese di manutenzione e di gestione, compresi i costi dell'autista, costa mediamente al pubblico erario 7.000 euro l'anno -:
quali motivi non abbiano consentito la presentazione della prevista relazione al Parlamento sullo stato di attuazione dei tagli previsti dalla «finanziaria 2006»;
se detti risparmi, previsti in 30 milioni di euro, si siano verificati;
quali iniziative siano state assunte al riguardo per attuare sia la ricognizione sia i tagli, posto che le auto di servizio non sono sempre indispensabili per l'esercizio delle funzioni pubbliche, ben potendosi ricorrere all'uso autorizzato dell'auto privata con rimborso delle spese, ovvero dell'auto di servizio senza autista;
a quanto ammontino, per l'anno 2009, i costi diretti (acquisto auto di servizio ad eccezione di quelle riservate alla sicurezza ed ordine pubblico) e indiretti, sia da parte dello Stato che degli enti pubblici non economici.
(5-03000)

NASTRI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la lotta contro il dirompente fenomeno della contraffazione del cosiddetto made in Italy, siano essi prodotti agro-alimentari, che di pelletteria o abbigliamento di marchi commerciali griffati, rappresenta uno degli obiettivi principali dell'azione di contrasto del Governo, che sin dall'inizio della legislatura, ha introdotto importanti e significativi provvedimenti per fronteggiare il grave problema, che rappresenta un abuso e una concorrenza evidentemente sleale con ripercussioni negative sul sistema economico nazionale;
il suddetto fenomeno certamente aggrava le già difficili condizioni del sistema

commerciale italiano in considerazione dell'attuale situazione di congiuntura economica nazionale ed europea certamente non favorevole;
in prossimità della stagione estiva, appare evidente intervenire con estrema incisività nei confronti della miriade di venditori ambulanti che invadono gli stabilimenti balneari di tutte le spiagge della penisola italiana, che vendono merce contraffatta acquistata e successivamente venduta: «in nero» utilizzando gratuitamente e abusivamente il suolo pubblico -:
quali iniziative intenda intraprendere per monitorare e fronteggiare il fenomeno negativo e penalizzante esposto in premessa al fine di controllare la condotta da parte di migliaia di venditori ambulanti che ogni estate invade le spiagge italiane, mortificando i tanti commercianti onesti che vendono regolarmente, rispettando le norme in vigore, i prodotti di pelletteria e di abbigliamento con gli originali marchi italiani;
se non ritenga opportuno potenziare maggiormente i controlli sulle spiagge in tutta Italia, compreso le aree urbane limitrofe, al fine di monitorare in maggior misura, il fenomeno della contraffazione dei prodotti made in Italy, le cui ripercussioni negative sia sul piano occupazionale che delle minori entrate fiscali, sfavoriscono la crescita e la competitività del sistema-Paese.
(5-03001)

Interrogazioni a risposta scritta:

LAMORTE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'Associazione nazionale comuni italiani (Anci) ha stipulato convenzioni con la Presidenza del Consiglio dei ministri e altri ministeri per la gestione di progetti nazionali e comunitari -:
quali siano i progetti affidati ad Anci;
a quanto ammonti la somma totale versata ad Anci per la gestione totale dei progetti;
se risulti al Governo che dette somme siano state affidate da Anci a sue società e da queste a società terze;
se l'eventuale affidamento delle somme a società terze sia espressamente previsto dalle convenzioni ed un tale affidamento non violi la direttiva comunitaria sui bandi di gara pubblica per l'esecuzione di servizi che superino la soglia di 137 mila euro;
se le rendicontazioni fornite dall'Anci siano state debitamente controllate oltre che dal punto di vista formale anche sostanziale;
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto e quali iniziative e controlli intenda porre in essere al fine di assicurare che l'utilizzo di fondi statali e comunitari siano improntati a criteri di trasparenza.
(4-07460)

TASSONE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da diversi anni è stato sollevato il problema relativo al servizio della pubblicità immobiliare e alla figura del «conservatore dei registri immobiliari»;
la problematica si ricollega sostanzialmente alla riforma organizzativa dell'amministrazione finanziaria introdotta dalla legge 29 ottobre 1991, n. 358, e al relativo regolamento di attuazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1992, n. 287, che ha istituito tra l'altro gli uffici provinciali del territorio;
in base alla citata normativa, le competenze già demandate alle conservatorie dei registri immobiliari sono state attribuite ai servizi di pubblicità immobiliare in seno agli uffici del territorio (oggi agenzie), ove permane la figura del conservatore, cui il libro VI del codice civile all'articolo 2673 attribuisce la esclusiva

titolarità della funzione ipotecaria, sancendone la imprescindibilità delle prerogative e del ruolo;
le funzioni di conservatore, così come attribuite dal codice civile, presuppongono la più ampia conoscenza in materia di amministrazione pubblica del diritto privato e dovrebbero essere esercitate da funzionari competenti in materia giuridica, tant'è che in tema di contenzioso (articoli 2674 e 2888 del codice civile) la difesa degli interessi erariali spetta al conservatore (come previsto dalla legge n. 22 del 1983) e non all'Avvocatura dello Stato;
la legge n. 358 del 1991 di riorganizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze ha invece classificato le Agenzie periferiche del territorio come «strutture prevalentemente tecniche» in seno alle quali anche il servizio della pubblicità immobiliare trova spazio marginale;
inoltre, il decreto direttoriale n. 8/834 del 5 aprile 1996 ha stabilito che «il dirigente dell'ufficio del territorio è di diritto il conservatore dei registri immobiliari»;
pertanto, il conservatore di diritto, incardinato nella figura del direttore dell'ufficio, eserciterebbe tali funzioni pur non avendone requisiti culturali e professionali, in quanto è un funzionario dei ruoli tecnici (cioè un ingegnere) e non dei ruoli amministrativi (cioè un giurista); di contro, il conservatore, spogliato ingiustamente delle sue funzioni, diventerebbe una figura secondaria;
l'amministrazione delle Agenzie del territorio è attualmente affidata a dirigenti tecnici (nella gran parte ingegneri), i quali sono divenuti «conservatori titolari» pur non essendo in possesso di requisiti e competenze giuridiche, così come stabilite dal citato libro VI del codice civile, ed essendo dunque costretti a delegare, in maniera permanente, le funzioni di pubblicità immobiliare a ex conservatori o a funzionari amministrativi con preparazione specificatamente giuridica, ma pur sempre esercitanti attività delegate sottordinate ad un dirigente tecnico non qualificato per i compiti di cui trattasi;
i conservatori dei pubblici registri immobiliari in diverse occasioni hanno esposto le proprie legittime ragioni su una questione di grande rilievo e delicatezza, interessando del problema anche lo stesso Ministro dell'economia e delle finanze e rivendicando il recupero della loro dignità professionale -:
quali provvedimenti intenda il Ministro adottare al fine di eliminare le distorsioni e le contraddizioni prodottesi nelle conservatorie dei registri immobiliari a seguito dei provvedimenti di riordino e riorganizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze;
se il Ministro ritenga di assumere iniziative anche normative volte a ripristinare le funzioni e prerogative attribuite dall'articolo 2673 del codice civile alla figura del conservatore, restituendogli la titolarità dell'esercizio di attività legate alla pubblicità immobiliare, affinché tali compiti siano nuovamente affidati a funzionari muniti di comprovata esperienza professionale e giuridica.
(4-07471)

...

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:

TASSONE e OCCHIUTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dagli organi di stampa, dopo la bomba alla procura generale e le minacce del gennaio scorso, i magistrati della direzione investigativa antimafia di Reggio Calabria tornano nuovamente nel mirino delle cosche;
una nuova lettera minatoria, infatti, è giunta allo stesso pm che l'aveva ricevuta cinque mesi fa, il sostituto procuratore

Giuseppe Lombardo, da tempo impegnato nella lotta alla criminalità organizzata;
profondo eco ha suscitato nell'opinione pubblica anche il gravissimo atto intimidatorio di cui è stato vittima nei giorni scorsi il procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone;
da diverso tempo la Dda calabrese sta coordinando numerose indagini contro le cosche; negli ultimi mesi, inoltre, è stata avviata un'intensa attività finalizzata all'arresto dei più importanti latitanti della 'ndrangheta;
l'Associazione nazionale magistrati ha rimarcato in una nota quanto sia «essenziale che oggi tutte le istituzioni e la società civile, non soltanto con le parole ma con i fatti, ai magistrati che, con il loro quotidiano e coraggioso lavoro, operano in queste difficili realtà»;
«la paura e il disorientamento dei clan» - ha sottolineato lo stesso guardasigilli - sono il termometro dell'impegno, del lavoro e dei successi di quanti, in prima linea, combattono per l'affermazione dei principi di legalità e di giustizia -:
quali ulteriori adeguate iniziative (rispetto a quelle annunciate più volte sia a Reggio Calabria, sia in sede parlamentare) intenda adottare, al fine di assicurare operatività e tutela agli uffici giudiziari, nonché contrastare un attivismo criminale sempre più preoccupante e minaccioso.
(3-01105)

Interrogazione a risposta in Commissione:

CAVALLARO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
per l'ufficio del giudice di pace di Camerino, che amministra circa trentacinquemila abitanti, è previsto un organico di quattro magistrati;
nel corso degli anni l'originaria completa copertura dell'organico è venuta progressivamente meno fino a ridursi ad un unico magistrato, costretto ad occuparsi contemporaneamente sia del settore civile sia di quello penale;
da mesi anche l'unico posto operante in tale ufficio risulta vacante, a causa delle dimissioni dell'unico magistrato in servizio per cui l'incarico risulta di fatto attualmente affidato in reggenza ad un magistrato in servizio presso l'ufficio del giudice di pace di San Severino Marche;
la misura adottata per supplire al vuoto totale di organico, pur corretta sul piano formale, non appare risolutiva della drammatica situazione, in quanto il magistrato reggente si trova già nell'impossibilità oggettiva di gestire il carico di lavoro presso l'ufficio di San Severino Marche, composto tra l'altro da soli due magistrati e sovente non può esercitare, per ordinarie ragioni di incompatibilità, la giurisdizione;
il consiglio dell'ordine di Camerino ha segnalato ripetutamente e costantemente la gravità della situazione, divenuta a tal punto insostenibile da provocare dilatazioni dei tempi delle cause a tutto danno delle parti;
lo stesso, non avendo fino ad ora ricevuto adeguate risposte in merito, medita di ricorrere all'astensione totale da ogni attività avanti al giudice di pace di Camerino, sia nel settore civile sia in quello penale, fino quando non sarà prospettata ed attuata una misura che risolva in modo adeguato e definitivo la situazione di stallo che si è determinata -:
se, alla luce dei fatti sopra esposti, il Ministro interrogato ritenga opportuno assumere iniziative di competenza per assicurare il funzionamento dell'ufficio del giudice di pace di Camerino posto che la carenza di personale presso il suddetto ufficio si protrae ormai da troppi anni e provoca notevoli disagi per le popolazioni amministrate.
(5-02996)

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nella drammatica situazione in cui versano le carceri italiane, capita di frequente che i detenuti rinuncino alla visita dei parenti, soprattutto i più deboli e fragili, per evitare loro la traumatica esperienza dell'ingresso in un istituto di pena;
un'altissima percentuale di detenuti, a causa dei sempre più frequenti sfollamenti operati dall'amministrazione penitenziaria per far fronte al sovraffollamento «oltre il tollerabile» che si registra in moltissimi istituti, si trova a scontare la pena a centinaia di chilometri - non raramente anche migliaia per i detenuti stranieri - dal luogo di residenza; ciò comporta per molti reclusi l'impossibilità di vedere i parenti sia per motivi economici per gli alti costi di viaggio e soggiorno, sia per motivi «fisici» nel caso di parenti gravemente malati o molto anziani, sia - nel caso bambini in età scolastica obbligatoria - per non far perdere loro troppi giorni di insegnamento;
a causa della loro indigenza, moltissimi detenuti non possono nemmeno permettersi la spesa per le telefonate, previste dai commi 5 e 7 dell'articolo 18 della legge n. 354 del 1975;
l'evoluzione delle tecnologie telematiche dà oggi possibilità - imprevedibili nel 1975, epoca dell'approvazione della legge sull'ordinamento penitenziario - di contatti attraverso la tecnologia VoIP che consente sia di effettuare videotelefonate, sia di effettuare telefonate a costi molto contenuti specialmente per lunghe distanze;
per le videochiamate le garanzie di sicurezza sono addirittura aumentate rispetto alla semplice telefonata dal momento che, al mero controllo dell'appartenenza dell'utenza, si aggiunge il controllo visivo sul reale destinatario della telecomunicazione -:
se non ritenga opportuno e urgente intraprendere un'iniziativa normativa volta ad introdurre un'interpretazione autentica della parola «telefonica» di cui ai commi 5 e 7 dell'articolo 18 della legge del 26 luglio 1975 così da permettere attraverso la tecnologia VoIP videotelefonate e telefonate tra il detenuto e i soggetti già previsti dalla legge in oggetto.
(4-07467)

PISICCHIO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'antica e prestigiosa sede del tribunale circondariale di Trani e sempre stata ubicata nel centro storico di Trani, per tradizione e probabilmente anche per opportunità strategica in un unico ed originale contesto architettonico, storico e culturale, dislocandosi nel tempo in diversi siti, quali palazzo Torres (tribunale - sezione penale e procura della Repubblica), palazzo Candido (tribunale - sezione civile), palazzo Gadaleta (tribunale - sezione fallimentare, tribunale - sezione fallimentare, tribunale - esecuzioni mobiliare ed immobiliare, ufficio notifiche ed esecuzioni);
da circa otto anni, a causa dell'aumento esponenziale dei procedimenti civili e del lavoro, si è reso necessario istituire provvisoriamente altra sede in diversa zona della città per l'allocazione degli uffici giudiziari del giudice di pace e della sezione lavoro del tribunale in altro sito (palazzo Nigretti), in attesa di una soluzione definitiva per l'intero settore civile;
il comune di Trani, negli ultimi anni, ha provveduto alla ristrutturazione sia dei siti del settore penale (palazzo Torres) che di quelli del settore civile (palazzo Candido e palazzo Gadaleta) con finanziamenti pubblici eseguendo anche opere di adeguamento degli impianti alle norme vigenti. Proprio per trovare soluzioni logistiche di carattere definitivo e spazi adeguati per l'edilizia giudiziaria nel settore

civile, il comune di Trani con delibera n. 34 del 7 febbraio 2000 approvava il progetto esecutivo per l'acquisto e la ristrutturazione di altro prestigioso edificio storico della città di Trani, Palazzo Carcano, per il quale veniva data disponibilità da parte del Ministero di grazia e giustizia del finanziamento della somma di lire 8.100.000.000 cui si aggiungeva l'ulteriore somma di lire 1.200.000.000 che l'ente locale assumeva a suo carico, così per complessive lire 9.300.000.000. Il progetto veniva approvato dal Ministero di grazia e giustizia con nota del 2 gennaio 2001, prot. n. 1619/2000;
il comune di Trani assumeva a suo carico anche l'importo di 361.519,83 euro mediante mutuo con la Cassa depositi e prestiti, per gli oneri di progettazione;
sono decorsi dieci anni e palazzo Carcano è pressoché un rudere del quale, a mala pena, potrà essere completato - non si sa ancora quando - soltanto un piano funzionale;
dopo anni di attività ed erogazione di ingenti contributi ministeriali, il governo locale ha adottato un indirizzo politico del tutto singolare ed avulso rispetto all'attività espletata pubblicando un «invito a manifestare interesse per l'affidamento in locazione, in favore del comune di Trani, di un edificio da destinare a nuova sede degli uffici giudiziari: settore civile - sezione lavoro - ufficio Giudice di Pace», con dettagliata individuazione delle caratteristiche dell'immobile;
a seguito di detta pubblicazione sono state presentate in busta chiusa delle proposte di cui non è ancora noto il contenuto;
sta di fatto che l'iniziativa ha suscitato clamore e protesta da parte degli organi istituzionali rappresentativi dell'avvocatura e delle categorie degli operatori della giustizia, con ampia eco sui mass media locali. La querelle, in commissione di manutenzione, è stata momentaneamente sospesa anche per la vibrata protesta dell'ordine forense ma rimane il fatto, quanto meno anomalo ed allarmante, che si è discusso di planimetrie e progetti di un immobile esattamente individuato in Trani alla Via Andria senza che fosse stato reso noto il contenuto delle buste. Tutta la vicenda merita un approfondimento da parte dell'organo ministeriale titolare dei cospicui finanziamenti erogati per opere non portate a termine considerato che palazzo Carcano è ancora un cantiere a cielo aperto, il governo locale ricerca altre, soluzioni ed i milioni di euro spesi non hanno apportato alcuna soluzione -:
quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere al fine di condurre a soluzione gli annosi problemi dell'edilizia giudiziaria del tribunale di Trani.
(4-07475)

TESTO AGGIORNATO AL 1° LUGLIO 2010

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:

TULLO e LENZI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
Trenitalia ha comunicato la variazione dell'orario estivo a partire dal 14 giugno 2010, sulla tratta Genova-Milano, con un aumento dei tempi di percorrenza di circa 23 minuti, passando dagli attuali 104' ai 127' stimati;
sulla tratta Genova-Milano viaggiano ogni giorno numerosi lavoratori pendolari che già ad oggi usufruiscono di un servizio non all'altezza degli standard europei in quanto a puntualità e decoro delle carrozze, e che si troverebbero a subire pesanti disagi se questa variazione di orario venisse confermata, considerato che le maggiori variazioni di orario colpiscono proprio le fasce orarie dei lavoratori pendolari;
le chiusure selettive, con deviazione del traffico sulla linea via Pontedecimo-Busalla,

con la conseguente chiusura del binario pari o del binario dispari, avranno ripercussioni anche sui convogli che si muovono da e verso la riviera a causa della cancellazione di numerose coincidenze, con gravi ripercussioni sulle prospettive economiche a ridosso dell'apertura della stagione estiva;
la direzione regionale Liguria, nella figura del dottor Cairoli e il customer care di Trenitalia nella persona del dottor Moroni, avevano assicurato che eventuali modifiche di orario sarebbero state concordate assieme al coordinamento dei pendolari e alla regione e che così non è avvenuto;
per ottenere attenzione a questa situazione di profondo disagio, sia sul piano lavorativo che sul piano personale, che si potrebbe verificare senza alcuna modifica, parte del coordinamento pendolari attuerà lo sciopero della fame e della sete con grave rischio per l'incolumità personale e con possibili ulteriori disagi sulla linea -:
quali iniziative intenda adottare al fine di far si che si giunga in tempi rapidi ad una soluzione concreta a questa situazione che va ad incidere sui lavoratori, sull'economia del turismo e sulla circolazione delle persone che, sulla tratta in oggetto, ed ha ancora standard di servizio non più accettabili.
(5-02998)

...

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:

TULLO e ROSSA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il centro storico della città di Genova è uno dei più grandi d'Europa, da metà degli anni '80 è iniziata una grande opera di recupero che ha visto significativi investimenti pubblici e privati. In particolare cogliendo l'occasione di tre grandi appuntamenti (1992 Celebrazioni colombiane - 2001 svolgimento vertice G8 - 2004 Capitale europea della cultura) si è data alla città una rinnovata vocazione turistica, che ha nell'area del Porto antico, dismessa dalle funzioni portuali e che ospita l'Acquario, nel sistema museale, nella valorizzazione del sistema dei palazzi dei Rolli (inseriti nel luglio del 2006 nella lista del patrimonio dell'umanità dell'UNESCO) gli elementi centrali e trainanti;
a fianco ad importanti lavori di ristrutturazione, l'amministrazione cittadina ha rafforzato in questi anni l'attività di illuminazione, pulizia, manutenzione del centro storico che ha tra le sue caratteristiche una rete infinita di «caruggi» che collegano le vie e le piazze più grandi e frequentate;
in questi anni grazie al risanamento, molti hanno scelto di vivere nella città antica, e grazie all'investimento di molti, in particolare giovani, sono stati aperti laboratori artigiani e molti ristoranti e bar, capaci di rispondere alla domanda turistica e che sono diventati punti di ritrovo per migliaia di ragazze e di ragazzi, vista anche la presenza di varie facoltà universitarie, in particolare la sera;
dai dati sulla delittuosità del 2009 del Ministero dell'interno, elaborati dall'osservatorio sulla sicurezza urbana della regione Liguria emerge che complessivamente i reati nel capoluogo ligure diminuiscono complessivamente in maniera sensibile (mediamente -20 per cento tra il 2009 e il 2008) ad eccezione dei delitti informatici (che aumentano di circa il 40 per cento nello stesso periodo);
dentro un quadro complessivamente positivo, non mancano però motivi di preoccupazione per i numerosi casi di aggressione a fine di rapina, che si sono registrati delle ultime settimane nell'area del centro storico che hanno visto vittima diversi giovani;
da molto tempo le organizzazioni sindacali pongono il problema di una forte carenza di organici ai fini del controllo del

territorio, e nelle sedi di commissariato che penalizza anche fortemente l'attività investigativa;
recentemente anche i vertici della questura, a cui va riconosciuto lo sforzo quotidiano per garantire la sicurezza dei cittadini, hanno manifestato la necessità di rafforzare attraverso risorse umane e mezzi adeguati il presidio nel centro storico genovese -:
se sia a conoscenza della situazione determinatasi, e quali misure intenda assumere per rafforzare l'attività di presidio e prevenzione.
(5-02999)

Interrogazioni a risposta scritta:

MESSINA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il signor Alfio Elmiro Cariati, nato a Cosenza il 25 settembre del 1976 e residente nel comune di Torano Castello, nel luglio 2007 veniva sottoposto, in via provvisoria, ad uno speciale programma di protezione per testimoni di giustizia su richiesta della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro;
successivamente la direzione nazionale antimafia esprimeva parere favorevole all'adozione delle speciali misure di protezione, in via definitiva, in qualità di testimone di giustizia;
in data 8 ottobre 2008 la commissione centrale di protezione, determinava un cambiamento di status da testimone di giustizia a collaboratore, ritenendo inoltre inammissibile l'adozione di un programma di protezione definitivo per testimoni di giustizia, deliberando invece sull'ammissione ad uno speciale programma di protezione quale collaboratore;
l'attribuzione del nuovo status creava un disagio sempre maggiore nel Cariati che richiedeva la fuoriuscita volontaria dal programma di protezione per collaboratori e, il 12 luglio 2009, come forma di estrema protesta, dopo aver informato il nucleo operativo territoriale di protezione, abbandonava la località protetta ritornando al suo paese di origine dove, stante il perdurare della situazione di pericolo, si tratteneva solo pochi giorni prima di richiedere di essere nuovamente messo in sicurezza dal servizio centrale di protezione e di essere portato in una nuova località protetta;
il 30 luglio 2009 la commissione centrale accetta la richiesta di capitalizzazione, fatta dal Cariati in un momento di forte tensione e stress, con la conseguente fuoriuscita volontaria dal programma di protezione per collaboratori;
le misure di protezione ordinaria non sembrano idonee a garantire la sua incolumità e quella della sua famiglia stante che il signor Cariati continua ad essere oggetto di intimidazioni e il 20 maggio 2010 è stato minacciato di morte al telefono da sconosciuto, fatto regolarmente denunciato presso la stazione dei carabinieri di Torano Castello -:
quale siano state le motivazioni di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'organo deliberante di cambiamento di status da testimone a collaboratore;
quali siano stati i profili di incompatibilità sul piano giuridico della posizione del signor Cariati con la figura di testimone di giustizia;
quali siano stati gli elementi informativi e documentali, citati nella delibera della Commissione che sanciva il mutamento di status, ulteriori rispetto a quelli già contenuti nella proposta originaria e che hanno fatto propendere la commissione per una rivalutazione dello status richiesto;
quali provvedimenti si intenda prendere per garantire l'incolumità del signor Cariati e dei suoi familiari.
(4-07464)

BERTOLINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da articoli di stampa si apprende che un cittadino magrebino di 46 anni, residente

ad Andria, è stato arrestato la sera del 5 maggio 2010 con le accuse di maltrattamenti in famiglia e lesioni personali;
i militari del nucleo radiomobile sono intervenuti nell'abitazione in seguito ad una segnalazione al 12» e hanno bloccato l'uomo che stava malmenando con schiaffi e calci la figlia, tenendola ferma per i capelli;
la moglie del magrebino, che si era rifugiata in camera da letto, ha raccontato ai Carabinieri che le aggressioni ai figli, una ragazza di vent'anni e un ragazzo di sedici, residenti in Italia sin da piccoli, avvenivano quotidianamente, soprattutto a causa del «comportamento troppo occidentale» dei due ragazzi;
la ragazza si era fidanzata con un ragazzo italiano, ma era stata costretta ad interrompere la relazione, non gradita dal padre; il ragazzo invece subiva violenze continue perché portava un orecchino; per sfuggire alle ire del padre, quel giorno, poco prima che arrivassero i Carabinieri era scappato di casa; anche la madre, che aveva l'unica colpa di cercare di difendere i figli, era spesso vittima di maltrattamenti;
si tratta di una vicenda molto grave, dove il comportamento violento dell'uomo non può in alcun modo essere giustificato adducendo la sua diversa cultura, o i diversi valori alla base della sua formazione;
è solo l'ultimo di moltissimi casi di violenza che si verificano nel nostro Paese da parte di stranieri, soprattutto di religione islamica, nei confronti delle mogli e dei figli, che non sempre vengono denunciati, ma consumati fra le mura domestiche;
questi episodi di violenza ed intolleranza, oltre ad essere condannati con fermezza, devono far riflettere sul fatto che la maggior parte dei fenomeni di emarginazione e discriminazione nei confronti delle donne musulmane e dei loro figli sono compiuti proprio da componenti del loro nucleo familiare e da fedeli del loro stesso credo religioso -:
se il Ministro sia a conoscenza di tale fatto;
se sia in grado di fornire dati relativi a vicende gravi come questa, che vedono molte donne e molti bambini e ragazzi costretti a vivere in condizioni di degrado, privati dei loro diritti di libertà e sottoposti a gravi violenze;
se non ritenga necessario avviare, con la collaborazione degli enti locali, un'indagine accurata per verificare quante situazioni analoghe, non denunciate, ci siano nel nostro Paese;
quali iniziative intenda intraprendere, per impedire che si verifichino queste violenze, frutto di concezioni estremiste del tutto estranee alla nostra cultura e al nostro ordinamento.
(4-07476)

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:

VERINI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nel corso di una manifestazione svolta il 27 maggio all'interno del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, secondo ormai una decennale tradizione prevista dalle circolari del Ministero, si sono svolti cori e musiche orchestrali selezionate tra le migliori scuole secondo repertori di musica classica, di gospel e di musica popolare;
alla fine della loro esibizione, spontaneamente e fuori programma, gli alunni della scuola Gioacchino Belli di Roma hanno accennato anche all'esecuzione al canto partigiano «Bella Ciao»;

una lettera del dirigente scolastico della stessa scuola, inviata a docenti, alunni e famiglie, contiene giudizi incredibili sull'episodio;
nella lettera, per esempio, si sostiene che «esistono luoghi e tempi opportuni nei quali sostenere con la serietà del proprio lavoro, idee e convincimenti che, pur nella libertà di pensiero, non devono mai diventare mancanza di rispetto o offesa verso istituzioni o persone»;
e ancora: «Gli esempi devono provenire dagli adulti, ancor più se educatori come i docenti, cui compete arginare, eventualmente gestire, se possibile prevenire azioni poco o mal ponderate che non fanno onore a nessuno e che, anzi, gettano un'ombra di discredito difficile da dissipare»;
la lettera prosegue: «Un atto deplorevole e privo di senso, che non può essere semplicisticamente considerato come una ragazzata e che ha messo in posizione di difficoltà la scuola Belli nel suo complesso, con il suo nome, la sua immagine, la sua serietà e credibilità»;
infine, in un incredibile crescendo, la missiva del dirigente aggiunge: «Quanto accaduto deve far indignare... Sollecito gli adulti a scusarsi nei modi ritenuti più idonei per quanto accaduto, a riflettere con le classi in modo da far capire agli studenti che se è giusto e importante esprimere le proprie convinzioni anche se divergenti è altrettanto giusto e importante non assumere iniziative che travalicano i limiti dell'opportunità, del rispetto delle persone, della correttezza, del buon gusto» -:
quali iniziative si intendano assumere nei confronti di giudizi così offensivi e denigratori nei confronti di comportamenti spontanei e naturali di alunni che hanno interpretato il coro in una bella giornata festosa, e nei confronti dei valori che stanno alla base della nostra convivenza civile, della nostra Costituzione, della nostra Repubblica nata dalla Resistenza e dalla Guerra di liberazione, di cui «Bella ciao» rappresenta un simbolo di grande valore e intensità.
(3-01106)

Interrogazione a risposta in Commissione:

ZAZZERA e PIFFARI. - Al ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'insegnamento dell'informatica nel biennio degli istituti tecnici economici presuppone il trasferimento di competenze fondamentali che vanno ben oltre l'ambito disciplinare di «stenografia», «dattilografia» e «trattamento testi», come evidenziato nella raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 e nel decreto ministeriale n. 139 del 2007 relativo all'adempimento dell'obbligo di istruzione;
l'insegnamento dell'informatica non si riduce semplicisticamente a insegnare «l'uso del computer» non potendo in nessun caso prescindere dall'acquisizione di competenze logiche e digitali fondamentali per un apprendimento permanente;
tra i principali elementi qualificanti che il Governo ha, a più riprese, evidenziato nel sostenere la riforma scolastica vi è proprio l'inserimento dell'informatica in quasi tutti i tipi di scuola;
da alcune segnalazioni risulterebbe all'interrogante la volontà, da parte del Ministero, di voler creare una categoria di insegnamento o una classe di concorso "atipica", che porterebbe i docenti di stenografia, dattilografia e trattamento testi (A075 e A076) a poter insegnare informatica nei bienni degli istituti tecnici del settore economico al pari dei docenti della classe di concorso A042 (Informatica) -:
se corrisponda a vero quanto segnalato da numerosi docenti della classe di concorso A042 circa l'insegnamento dell'informatica e come il Ministro interrogato intenda intervenire in merito alla questione, evitando che, nel silenzio del legislatore, possano innescarsi meccanismi che produrrebbero inevitabilmente, nel

corso del tempo, contenziosi e rivendicazioni di varia natura determinando incertezza del diritto, aggravi amministrativi e spreco di risorse finanziarie.
(5-02997)

Interrogazione a risposta scritta:

BINETTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la presenza universitaria a Terni risale alla metà degli anni '70, con l'insediamento del triennio specialistico in medicina e chirurgia, ma si consolida a partire dai primi anni '90 con l'istituzione di nuovi corsi di laurea in ingegneria, economia e con il completamento di medicina fino a raggiungere l'attuale assetto con l'autonomia gestionale (2001) e la nuova denominazione di polo scientifico didattico di Terni;
l'attuale popolazione studentesca ammonta a circa 4.000 unità con un incremento del 4 per cento a fronte del calo nazionale delle iscrizioni e di quello perugino del 7 per cento nell'ultimo anno;
la crescita della presenza universitaria a Terni ha trovato sia legittimazione giuridica che spinta propulsiva in intese istituzionali tra i vari Governi nazionali, di diverso colore politico, quelli regionali e le stesse amministrazioni comunali, assicurando un impegno comune a garantirne le risorse necessarie al suo consolidamento (Protocollo di intesa tra università degli studi di Perugia e regione dell'Umbria 2001 - Accordo di programma tra università degli studi di Perugia e Miur per la realizzazione dell'università multicampus regionale, l'allargamento dell'offerta formativa e lo sviluppo di centri di ricerca di elevata qualificazione, 2001 - patto per lo sviluppo del territorio Ternano-Narnese, sottoscritto, a conclusione della lunga e difficile vertenza con la Thyssen-Krupp, a Palazzo Chigi, tra Governo, regione dell'Umbria, enti locali, imprese e parti sociali nel 2005, che guardava alla formazione universitaria come elemento fondamentale per lo sviluppo di un territorio oggetto di pesanti ristrutturazioni industriali, in un'ottica di riequilibrio e di rilancio - distretto tecnologico dell'Umbria, nato dall'accordo tra regione dell'Umbria, ministero dell'economia e Miur, finalizzato a supportare la capacità di innovazione del tessuto produttivo regionale nei settori dei materiali speciali metallurgici, delle micro e nanotecnologie, della meccanica avanzata e della meccatronica, 2006);
il polo universitario di Terni rappresenta uno strumento strategico di sviluppo culturale ed economico per tutta le regione Umbria;
nel corso dell'ultimo quindicennio sono stati ingenti gli investimento sia sulle infrastrutture che a favore della didattica e della ricerca da parte dei comuni di Terni e di Narni;
l'università degli Studi di Perugia, alla luce delle indicazioni della circolare 160, ha redatto un documento, da sottoporre al Miur quale proposta di razionalizzazione dell'ateneo multicampus dell'Umbria;
all'interno di detto documento è contenuta un'ipotesi di razionalizzazione del polo scientifico didattico di Terni estremamente penalizzante sia dal punto di vista dell'offerta formativa, sia sotto quello della riorganizzazione logistico-amministrativa (chiusura del corso di scienze della formazione, ridimensionamento della facoltà di ingegneria, della facoltà di economia e della facoltà di scienze politiche, dichiarazione di indisponibilità dell'università degli studi di Perugia a prendere in carico la nuova sede della facoltà di medicina di Terni, nel caso in cui i costi di gestione dovessero essere sostenuti dall'ateneo);
il polo scientifico didattico di Terni non costituisce una delle tante sedi decentrate nel panorama universitario italiano ma rappresenta, di fatto, una delle due gambe dell'ateneo perugino di cui oggi ben difficilmente lo stesso potrebbe fare a meno;

in un momento così drammatico per il futuro dell'università e della ricerca in Italia, occorre una collaborazione strategica tra tutti i soggetti interessati: enti locali, università, associazioni di categoria, fondazioni, camere di commercio, mondo dell'impresa e del credito;
le difficoltà finanziarie dell'ateneo multi campus umbro, dovute alla nuova normativa e ai rilevanti tagli che il Governo ha apportato al fondo ordinario di dotazione per le università, non possono e non devono ricadere in forma così pesante soprattutto sul polo scientifico Didattico di Terni, con un'ennesima penalizzazione, in ambito regionale, del territorio con maggiori difficoltà -:
quali iniziative intenda adottare per mantenere l'attuale consistenza del polo scientifico-didattico di Terni in ossequio agli impegni presi dal Governo nel 2005 con il patto per lo sviluppo del territorio ternano-narnese.
(4-07470)

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XI Commissione:

SCHIRRU, DAMIANO, CALVISI, FADDA, MARROCU, MELIS, ARTURO MARIO LUIGI PARISI e PES. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in tutto il territorio nazionale, si registrano ormai da mesi crescenti proteste dei lavoratori che rischiano di perdere il proprio posto di lavoro e sono in aumento il numero di vertenze nazionali che riguardano operatori di società nazionali e gruppi multinazionali nel settore informatico e delle comunicazioni. Sono, infatti note le proteste dei lavoratori dell'azienda Agile-Eutelia, vicende che hanno già coinvolto ottomila lavoratori del gruppo Omega (Agile, Phonemedia, Raf Spa, Soft4Web e Multimedia Placet) in tutta Italia;
l'azienda di call center, Video On Line 2.0 (Vol 2), in via Montecassino a Cagliari, con 470 lavoratori, gestisce l'assistenza tecnica per i clienti di Telecom Italia e rischia di essere travolta dal fallimento di Libeccio, la holding che controlla il gruppo Omega, con sede a Roma;
i lavoratori di Vol 2.0 svolgono l'attività da più di dieci anni, hanno maturato una professionalità elevatissima e garantiscono al committente standard di qualità superiori alla media;
da un anno e mezzo questa azienda è stata rilevata dal gruppo Omega, società controllata dalla Libeccio, la holding dichiarata fallita dal Tribunale fallimentare di Milano in riferimento alle noti vicende Eutelia. Da allora i lavoratori del call center cagliaritano Video On Line 2 vivono nella costante incertezza e preoccupazione che l'azienda fallisca, percependo gli stipendi con ampio ritardo e non riuscendo ad avere contatti con i vertici societari, che risultano spesso irrintracciabili;
una vicenda alquanto controversa che rischia di trascinare nel baratro l'azienda Video On Line 2 e con essa i 500 lavoratori che vedono all'orizzonte il rischio e lo spettro del fallimento;
risulta che l'amministratore unico della nuova società Emme & Partners che avrebbe rilevato Video on Line 2.0, abbia convocato i sindacati e annunciato che, con la nuova proprietà, a parte i problemi di bilancio (2 milioni di euro di perdite), l'azienda avrebbe potuto superare la crisi. La nuova proprietà, sconosciuta ai più, appartiene invece a un nome ben noto: l'amministratore unico del gruppo Omega. Nello stesso incontro le rappresentanze sindacali hanno comunicato che, a causa dei ritardati pagamenti di Telecom, l'azienda non avrebbe potuto pagare gli stipendi prima del 30 maggio 2010. Per poi

successivamente comunicare via email che l'accredito sarebbe avvenuto entro il 5 giugno 2010;
nelle scorse settimane diversi sono stati gli scioperi e le manifestazioni di protesta dei lavoratori, al fine di garantire la continuità dell'azienda cagliaritana, gli attuali livelli occupazionali, le questioni legate al rinnovo della commessa Telecom -:
se non ritenga di dover convocare con urgenza un tavolo di confronto con la proprietà, la rappresentanza dei lavoratori e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e trovare una soluzione alla difficile situazione di cui in premessa.
(5-03002)

DI BIAGIO. - Al ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il disegno di legge 2228, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica - cosiddetta manovra finanziaria, al momento in discussione al Senato, prevede all'articolo 7, comma 1, la soppressione dell'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA) ed il conseguente assorbimento di questo nell'INAIL, avente specificità nonché ruoli diversi in termini di prevenzione ed erogazione delle prestazioni dovute ai lavoratori;
all'articolo 9, comma 7, del decreto legislativo 30 aprile 2008, n. 81, recante il testo unico sulla «salute e sicurezza del lavoro», è stata riconosciuta la specifica missione dell'IPSEMA e a questo sono state attribuite ulteriori missioni a tutela della gente di mare, «rapporto di lavoro speciale»;
il suindicato provvedimento ha anche stabilito che IPSEMA, INAIL e ISPESL nel loro ruolo di enti pubblici nazionali, esercitano le proprie attività, anche di consulenza, in una logica di sistema insieme al ministero del lavoro e delle politiche sociali e a quello della salute;
in più occasioni la confederazione degli armatori nonché i sindacati dei lavoratori del mare hanno avuto modo di evidenziare - segnatamente a seguito di quanto tracciato nel testo della manovra - la volontà di garantire indifferibilmente la sussistenza e l'autonomia del ruolo dell'Ipsema, considerata l'efficienza organizzativa dell'ente assicurativo, la specificità da questo rappresentata, nonché la qualità delle prestazioni erogate;
stando ai dati già tracciati nella relazione tecnica del provvedimento finanziario, la soppressione dell'IPSEMA e la sua conseguente confluenza nell'Inail non si configura come una manovra orientata al risparmio sul bilancio dello Stato, anche in considerazione degli effetti positivi sullo stesso derivanti dalla corretta gestione dell'istituto;
dalla suddetta relazione tecnica si evince un risparmio di spesa, relativo al costo degli organi e alle strutture afferenti all'IPSEMA, pari a 636.433, un dato che non rispecchia le attuale disposizioni budgetarie dell'ente ma che si fonda su quanto in dotazione all'ente prima dell'entrata in vigore della legge finanziaria per il 2006, provvedimento che ha apportato dei ridimensionamenti di risorse: stando ai dati attuali i cosiddetti risparmi sarebbero notevolmente più contenuti ed irrisori;
la soppressione dell'IPSEMA coincide con il venir meno di un riferimento indifferibile ed indispensabile per l'intero comparto marittimo italiano, con tutte le conseguenze che questa riorganizzazione comporterebbe, tenendo conto che il comparto mare contribuisce al 3 per cento del prodotto interno lordo del nostro Paese;
nei mesi scorsi è stata avanzata la proposta di istituire l'Ente sociale italiano della navigazione (ESIN), il cui obiettivo è proprio quello di avviare un percorso di razionalizzazione nel settore, ben inserendosi nella logica dell'attuazione del protocollo

tra Governo e parti sociali nell'ambito del riordino degli enti previdenziali pubblici;
il suindicato progetto di intervento - che è divenuto anche una specifica proposta normativa il cui esame è stato avviato dalla XI Commissione - è stato condiviso dai referenti istituzionali e politici, dalle realtà imprenditoriali del settore, dalle organizzazioni sindacali nonché dagli altri enti previdenziali ed assicurativi italiani;
il nuovo ente costituisce un unicum per la specialità dell'ordinamento in cui si inserisce; accorpando tutte le competenze in materia di welfare, offrirebbe un valore aggiunto in termini di governo efficace delle politiche di settore;
una simile iniziativa comporterebbe significativi risparmi in termini di governance, di eliminazione di duplicazioni, di gestione, di controllo delle attività medico-legali e di riorganizzazione del patrimonio immobiliare, che ammonterebbero a circa 15 milioni di euro;
la nuova struttura consentirebbe, ad avviso dell'interrogante, un miglioramento dei servizi all'utenza, una razionalizzazione delle competenze assicurative, un potenziamento delle attività in materia di prevenzione e di salute nonché una valorizzazione della specificità del settore marittimo;
le attività attribuite alla nuova configurazione amministrativa - derivante dalla confluenza delle competenze e delle attività attualmente assegnate proprio all'istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA), al servizio assistenza sanitaria per il personale navigante (SASN), agli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera (USMAF), al centro internazionale radio medico (CIRM) - andrebbe a superare quella settoriale oggi affidata alle singole realtà, per assumere quella generale della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori addetti alla navigazione, ovviando alla frammentazione delle competenze delle molteplici strutture pubbliche -:
quali siano state le ragioni che hanno portato alla soluzione adottata dal Governo circa l'IPSEMA e se siano state prese in considerazione eventuali ipotesi alternative, quale quella descritta in premessa, che segnala - tenendo conto delle criticità organizzative e procedurali che l'assorbimento dell'IPSEMA nell'INAIL potrebbe comportare - l'opportunità di prevedere l'istituzione di un autonomo ente previdenziale come espressione di razionalizzazione dell'intero comparto, nonché di salvaguardia della specificità del lavoro marittimo.
(5-03003)

Interrogazione a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano La Repubblica ha pubblicato nelle sue edizioni del 7 e dell'8 giugno 2010 due documentate inchieste dei giornalisti Davide Carlucci e Sandro De Riccardis, relative a un sospetto, grave caso di inquinamento ambientale all'aeroporto Orio al Serio di Bergamo;
nelle citate inchieste si legge che a personale e dipendenti di origine senegalese, albanese, marocchino o nigeriano spetterebbe il compito di «manovrare i colli dei cargo che, fino alle sette del mattino, trasportano materiale delicato»;
si tratta di decine di container al mese, carichi di imballaggi che i rapporti della lata classificano come «dangerous», merce pericolosa, o «RRY», Radioattivo;
da Orio al Serio passa la più grande quantità di materiale radioattivo per via aerea in Italia: uno studio dell'istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ha calcolato che lo scalo «è interessato da un notevole traffico di colli radioattivi in arrivo, circa 35 mila all'anno», mentre in tutti gli altri, complessivamente, ne transitano «circa 5 mila»;

spiega lo studio, in gran parte il materiale in questione è «utilizzato in campo industriale, nella ricerca e soprattutto in medicina»;
in origine era solo un carico al giorno; poi con il tempo, il business è esploso: oggi si arriva a dieci container al giorno da Lipsia e Bucarest, Bruxelles e Castle Donington (Regno Unito) che finiscono negli ospedali di tutto il nord Italia; ogni container ha un carico che varia dai 300 chili fino a quattro tonnellate;
all'inizio a sganciare i bancali dalla pancia degli aerei e spingerli sulla pista erano i dipendenti italiani della ditta «Dhl Aviation»: «Giravano con i dosimetri per rilevare le radiazioni, e si sottoponevano a esami medici e del sangue». Poi la svolta: nonostante il monitoraggio dell'Asl sull'esposizione dei lavoratori abbia dato risultati negativi, quel lavoro gli italiani non lo fanno più. Per abbattere i costi, la Dhl affida ora il servizio a cooperative, tutte di stranieri, che non dispongono di dosimetri né sarebbero sottoposti a visite mediche;
riferisce La Repubblica «un anno fa la loro società, la Coop service, è andata in liquidazione. Al suo posto c'è la Fly Service, dove i lavoratori soci - a loro insaputa - vengono convogliati: nata a giugno 2009, un mese dopo ha già l'appalto Dhl. La Dhl è responsabile in solido delle irregolarità delle cooperative che vanno in liquidazione e impediscono ai lavoratori di ottenere risarcimenti», dice Monica Pellegrino, legale di alcuni lavoratori. I facchini vanno nella sede della Fly, a Milano, e non trovano nessuno. In effetti, nel palazzo non esiste nessuna targhetta che rimandi alla società. Solo dopo insistenti richieste, la segretaria di uno studio di consulenza spiega che la Fly ha sede legale presso i propri uffici, ai quali fanno capo altre dieci cooperative dello stesso settore. La Fly è presieduta da un imprenditore casertano della logistica. Formalmente fa capo al consorzio Segema, che ha sede nello stesso stabile. Ma l'appalto per Orio al Serio lo ha ottenuto dal potentissimo consorzio romano Gesconet, del quale fanno parte diverse società di facchinaggio che lavorano in subappalto in tutta Italia per multinazionali come la Dhl e la Tnt, più volte contestati dalla Cgil e dai sindacati di base»;
nel frattempo i lavoratori continuano a scaricare i colli radioattivi: «Attaccano alle 19, finiscono a mezzanotte, riprendono alle 3 fino alle 7 del mattino», «senza che venga loro riconosciuto il notturno», accusa l'avvocato Pellegrino;
se non fosse stato per la protesta dei facchini, dell'imponente transito di merce pericolosa da Orio al Serio non si sarebbe saputo niente;
a dichiarare che gli operatori erano classificati come «non esposti» è la Mit Nucleare, divisione di una società privata di Carugate, in provincia di Milano, la Mitsafetrans, che ha trasferito in Gran Bretagna le scorie nucleari delle centrali italiane;
riferisce l'avvocato Pellegrino, «anche se i carichi non sono pericolosi, negli anni passati, Dhl ha sempre imposto ai lavoratori di rimanere lontani dai container per parecchi metri, di non venirne a contatto e, addirittura, di non toccare e scaricare nemmeno il container vicino a quello radioattivo. Da un anno, le direttive sono cambiate. Gli operai scaricano senza protezioni e controlli medici» -:
se quanto sopra riferito corrisponda al vero e se tramite gli uffici provinciali del lavoro si intenda accertare:
a) che tipo di provvedimenti e di cautele siano state adottate nei confronti del personale addetto allo scarico delle citate merci per garantire la loro incolumità;
b) come stiano effettivamente le cose e se sia soprattutto vero che personale e addetti non italiano sia impiegato in attività almeno potenzialmente pericolose, senza le necessarie e opportune cautele;
c) se sia vero che il citato personale non sia la dotato di dosimetri né sia sottoposto a visite mediche.
(4-07483)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazione a risposta orale:

BUTTIGLIONE. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il Ministro interrogato ha annunciato da tempo di voler procedere ad un censimento del numero di vetture di servizio attualmente impiegate dalla pubblica amministrazione;
di fatto non si ha contezza della consistenza di tale flotta anche se, secondo quanto riportato da un articolo apparso sul settimanale Espresso del 28 maggio 2010, l'associazione contribuenti italiani avrebbe stimato in 624.330 gli autoveicoli di proprietà o in leasing dello Stato, regioni, province, ASL e comuni, con un incremento del 2,7 per cento) proprio negli ultimi mesi;
tale numero appare spropositato se confrontato con quello di alcuni paesi industrializzati: circa 73 mila auto di servizio negli Stati Uniti, 63 mila in Francia e appena 56 mila in Gran Bretagna -:
se il numero delle vetture di servizio riportato nel citato articolo corrisponda al vero;
quale sia allo stato la distribuzione delle vetture tra le diverse amministrazioni;
come intenda procedere rispetto ad una situazione che appare insostenibile anche alla luce dei sacrifici imposti alla collettività dalla manovra economica appena varata.
(3-01104)

Interrogazioni a risposta scritta:

LAMORTE. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro per il turismo. - Per sapere - premesso che:
in data 21 febbraio 2002 per iniziativa dell'Anci (Associazione nazionale comuni italiani), di Anci servizi e di alcuni piccoli comuni, è stato costituito il club denominato «I Borghi più belli d'Italia» con sede in via degli Scipioni 175 - Roma;
la costituzione è avvenuta secondo quanto previsto dallo statuto dell'Anci;
i comuni riconosciuti tra i borghi più belli devono essere soci dell'Anci;
i predetti comuni devono versare una quota associativa fino a 2.750,00 euro, oltre la quota associativa dovuta all'Anci;
lo statuto del club all'articolo 2, comma 4, prevede «di diffondere presso l'opinione pubblica nazionale ed internazionale la conoscenza delle bellezze della provincia italiana»;
il Ministro per i beni e le attività culturali ha scritto la prefazione per la guida dei borghi più belli -:
se il Governo abbia partecipato finanziariamente all'organizzazione dei viaggi all'estero a Tokio nell'anno 2009 e a Mosca al fine di promuovere l'iniziativa;
se risulti al Governo se le spese dei viaggi dei comuni siano state affrontate nel rispetto delle normative in materia di contabilità pubblica e di patto di stabilità con gli enti locali;
se il Ministro per i beni e le attività culturali abbia avuto modo di verificare, prima di scrivere la prefazione, il rigore delle scelte compiute con riferimento al rilascio della qualifica di borgo più bello;
se non intenda adottare iniziative affinché anche il ministero per i beni e le attività culturali possa essere coinvolto nel garantire l'oggettività, l'economicità e la trasparenza delle procedure di selezione.
(4-07461)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
con atto di sindacato ispettivo 4-05813 si poneva all'attenzione del Ministro per i beni e le attività culturali, per quanto di competenza, la vicenda del recupero del teatro romano di Teramo;
nel frattempo agli interroganti sono sopravvenute ulteriori informazioni in merito all'iter del recupero della cavea del teatro che necessitano di spiegazioni;
sul teatro romano di Teramo insistono edifici privi di valore, quali casa Adamoli e casa Salvoni, che si sarebbero dovuti abbattere per procedere al recupero della cavea;
in proposito si segnala che nel 1998, in seguito a sollecitazioni di cittadini dell'intellettualità teramana che auspicavano il recupero del teatro romano secondo un progetto di massima elaborato nel 1938. Il Ministero dei beni culturali ed ambientali con provvedimento del giugno 1998 impose su casa Adamoli il vincolo archeologico, in quanto insistente sul reperto romano e nel 2000 allo scopo di recuperare la cavea assicurò 910 milioni di lire per l'acquisto e la demolizione dell'edificio inviando altresì alla Sovrintendenza e al comune l'informazione affinché potessero esercitare il diritto di prelazione;
nel frattempo allo stabile si interessava anche l'immobiliare Costa Verde srl che stipulò con il proprietario l'atto di compravendita concordando il prezzo in 905 milioni di lire tenuto conto delle limitazioni derivanti dal vincolo archeologico e sapendo che per perfezionare l'acquisto si sarebbe dovuto attendere la scadenza dei termini per l'esercizio del diritto di prelazione da parte del Ministero (tramite la Sovrintendenza);
la sovrintendenza ed il comune, come anche confermato dal Ministero dei beni culturali nella risposta all'interrogazione 4-05813, lasciavano scadere il termine senza far valere il diritto di prelazione. In questo modo il contributo ministeriale andò perduto e l'immobiliare perfezionò l'acquisto;
nel 2002 l'immobiliare Costa Verde decise di rivendere l'edificio per 2 miliardi e mezzo di lire e trovando, per un rudere gravato da vincolo archeologico e pagato solo due anni prima meno della metà del prezzo richiesto, nell'immobiliare 11, una società con sede a Milano, un acquirente di casa Adamoli che acquistò un edificio in odore di esproprio e demolizione ben 1.239.496,56 euro;
nel 2004 si insedia a Teramo la Giunta Chiodi che nel mese di ottobre tiene un incontro tra il sindaco Chiodi, l'assessore alla cultura della regione Bruno Sabatini, l'assessore alla cultura del comune Mauro di Dalmazio, il dirigente al servizio dei beni culturali della regione Abruzzo, la sovrintendenza dei beni archeologici d'Abruzzo, nonché l'amministratore della società proprietaria dell'immobile (Immobiliare 11), incontro che si conclude con l'affermazione della volontà della regione, su sollecitazione dell'amministrazione comunale, di acquistare palazzo Adamoli;
nel dicembre 2004 effettivamente la regione acquista dall'immobiliare 11 palazzo Adamoli per demolirlo e riportare alla luce il teatro Romano al fine di utilizzarlo per manifestazioni e spettacoli e nell'aprile 2006 un protocollo di intenti tra comune di Teramo regione Abruzzo ribadisce la volontà delle due amministrazioni al recupero funzionale del teatro previo abbattimento di casa Adamoli per il quale l'assessore Elisabetta Mura stanzia 800.000 euro;
nel febbraio 2007 il Direttore Generale della Sovrintendenza d'Abruzzo Filippo di Paola dichiara che «sotto gli edifici insistenti sul Teatro Romano di Teramo esistono cave e fronte scenico»;
nel maggio del 2007 iniziano i lavori di demolizione ma ben si fermano;

il 4 gennaio 2008, nonostante il milione 300 mila euro di spesa pubblica in vista del recupero dell'importante sito archeologico, l'architetto Martella della sovrintendenza ai beni artistici e architettonici dell'Aquila afferma invece che «non è mai stato previsto l'abbattimento completo di casa Adamoli, né tanto meno il recupero del teatro romano»;
come già ricordato nell'interrogazione 4-05813, successivamente il sindaco di Teramo e l'assessore alla cultura si dichiaravano sorpresi dalle dichiarazioni di Martella e confermavano, al contrario, il complessivo progetto di recupero del teatro, quale «possibilità straordinaria» e in occasione di una conferenza cittadina del 30 gennaio 2008 organizzata da Teramo Nostra, anche la direttrice della sovrintendenza ai beni culturali Anna Maria Reggiani dichiarò che il progetto di recupero del Teatro avrebbe previsto l'abbattimento di casa Adamoli e degli altri edifici non ancora espropriati, pur motivando la lentezza dei lavori con la difficoltà del procedimento stesso precisando che per non minare la stabilità dei palazzi confinanti veniva provvisoriamente lasciato in piedi il primo piano dell'edificio nell'attesa che anche il palazzo Salvoni venisse espropriato e abbattuto aggiungendo che la conclusione dell'abbattimento di palazzo Adamoli era fissato per la fine di aprile;
il 14 gennaio 2008, una delegazione di Teramo Nostra si è recata presso la soprintendenza dell'Aquila per esaminare il progetto e ha avuto modo di constatare, alla presenza di tecnici architetti ed ingegneri, che tale progetto prevedeva l'abbattimento di casa Adamoli e degli altri palazzi insistenti sulla cavea del teatro romano;
tuttavia, la demolizione non proseguiva ed anzi, ad un paio di giorni di distanza dalla conferenza del 30 gennaio, venivano richieste per Adamoli putrelle da 12, quelle che in pratica si usano per fare il soffitto di una grande sala, richiesta a cui seguivano un'inverosimile sequenza di opere finalizzate al restauro, con impattanti contrafforti, costruzione di solai interni e restauro filologico delle finestre dei tre piani nonostante un cartello recasse la scritta «Teatro Romano-Lavori di valorizzazione mediante lo smontaggio di palazzo Adamoli»;
secondo notizie fornite da Teramo Nostra nell'ottobre 2008 la sovrintendenza faceva sapere che non si è potuto effettuare lo smontaggio di Palazzo Adamoli perché non era stato raggiunto un accordo bonario col proprietario delle due, stanze al primo piano, stanze di cui solo in quel momento si apprende che la regione non aveva mai acquistato pur avendo speso oltre un milione di euro per acquistare il manufatto da abbattere;
successivamente, alla richiesta di chiarimenti avanzata da Teramo Nostra, la soprintendenza, nelle persone del direttore generale, dottoressa Anna Maria Reggiani, del sovrintendente ai beni architettonici e monumentali, dottor Galletti e del geometra Rossi, teneva un comportamento sostanzialmente elusivo motivando tale comportamento con l'attesa di conoscere «la nuova situazione amministrativa regionale» e con la dottoressa Reggiani che, a fronte delle richieste di spiegazione da parte Ministro interrogato, dichiarava che vi erano due posizioni diverse a Teramo in merito al recupero del teatro romano in totale difformità rispetto agli impegni assunti, nella conferenza del 30 gennaio, di fronte alla collettività teramana, al sindaco e all'assessore alla cultura in merito al recupero dell'area attraverso l'abbattimento di casa Adamoli;
tale comportamento viene riflesso nella risposta all'interrogazione 4-05813 che afferma che «per riportare alla luce gli eventuali resti sepolti della cavea e della fronte scenica del teatro Romano fino a giungere ad un totale e pieno recupero dei monumento, non sarebbe sufficiente, come richiesto nell'interrogazione parlamentare e caldeggiato dall'associazione Teramo Nostra, la sola demolizione del caseggiato Adamoli e di palazzo

Salvoni, ma andrebbero previste ben più ampie demolizioni, fino probabilmente ad interessare la vicina chiesa di San Bartolomeo, insistente parzialmente sulla frons scenica del teatro. Quest'ipotesi non appare al momento percorribile: non solo per la limitatezza dei fondi attualmente disponibili, ma anche, e soprattutto, perché non sono mai state condotte indagini archeologiche che confermino con certezza la presenza dei presunti resti del teatro Romano al di sotto degli edifici esistenti» -:
per quali ragioni per anni le amministrazioni pubbliche abbiano sostenuto il progetto di demolizione di casa Adamoli ai fini del recupero del Teatro;
se sia vero che nel dicembre 2004 la regione ha acquistato dall'immobiliare 11 palazzo Adamoli per demolirlo e riportare alla luce il teatro romano al fine di utilizzarlo per manifestazioni e spettacoli;
se sia vero, come ebbe a dire nell'ottobre 2008 la soprintendenza che la regione non aveva mai acquistato le due stanze al primo piano di casa Adamoli e per quale motivo si è accettata la conclusione di un simile atto;
quali iniziative il Ministro intenda assumere in relazione a quanto riportato in premessa.
(4-07491)

...

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato dal Corriere della Sera del 12 maggio 2010 dal titolo «Acqua contaminata da un rubinetto su quattro» a firma Mario Pappagallo si apprende che secondo uno studio della seconda università di Napoli, realizzato su 50 città in 17 regioni, emergerebbe la presenza, nell'acqua che esce dai rubinetti, di inquinanti chimici derivati dalla clorazione e colibatteridi che non dovrebbero esserci;
l'obiettivo dello studio era quello di esaminare la qualità delle acque che si bevono: quelle dei rubinetti di abitazioni e quelle minerali imbottigliate in Pet (le classiche bottiglie di plastica) di 24 differenti marchi, corrispondenti al 73 per cento del mercato. In totale oltre 35.000 analisi. Nelle città principali (Milano, Torino, Napoli, Roma, Venezia, Bari, Grosseto, Firenze, Pavia, Vercelli, Novara, Bologna, Genova) i campioni prelevati dai rubinetti sono stati almeno una ventina in case di zone diverse;
Massimiliano Imperato, docente di idrologia e idrogeologia dell'università Federico II di Napoli e direttore del Ceram (Centro europeo di ricerca acque minerali), che è stato il coordinatore dello studio ha spiegato che: «I risultati ottenuti indicano elementi di criticità igienico-sanitaria nelle abitazioni, dovuti soprattutto alla presenza di contaminanti di natura chimica (composti organo alogenati e trialometani) e microbiologica»;
sempre secondo Imperato: «La presenza in un caso su 4 (circa 25 per cento dei campioni di acqua potabile analizzata al rubinetto di casa) di contaminazione fecale probabilmente per una scarsa manutenzione delle tubature o dei serbatoi privati. In questi casi il "carico" di cloro si rivela insufficiente per una completa disinfezione delle acque». Il secondo elemento di criticità è la presenza quasi sistematica di trialometani (per esempio cloroformio) e di composti organoalogenati (trielina, percloroetilene, dicloroetano). Sottoprodotti chimici della pur fondamentale clorazione: i residui della reazione tra le sostanze presenti nell'acqua (sostanza organica, carica batterica e organismi patogeni) e additivi disinfettanti. Più cloro, più sottoprodotti «inquinanti»;
l'eccesso di cloro dipende secondo Imperato dal fatto che: «In reti di distribuzione

molto lunghe e articolate, vi sono difficoltà nell'individuare il minimo dosaggio utile capace di assicurare la necessaria disinfezione delle acque evitando, allo stesso tempo, la formazione di sottoprodotti». I trialometani, in particolare, che mostrano forti variazioni di concentrazione nelle acque potabili in base alle stagioni. Quando è caldo occorre più cloro per disinfettare le acque. «Per questo andrebbero effettuati - insiste Imperato - almeno 4 controlli annui, e non uno solo come prevede la normativa». La distribuzione geografica dei contaminanti mostra una netta prevalenza dei composti organo alogenati (tetracloroetilene e tricloroetilene) nel nord-Italia. Nelle regioni del sud (Puglia e Calabria) prevalgono i trialometani, in particolare il cloroformio. Il bromoformio è più presente nelle zone costiere della Toscana, bassa Liguria e Puglia ionica. I numeri: il 32,82 per cento dei campioni da rubinetto presenta limiti oltre la norma di composti organoalogenati; il 72,82 per cento di trialometani; il 77,44 per cento di entrambi;
l'articolo evidenzia l'assenza di giudizi uniformi sulle dosi minime tollerabili;
quanto ai batteri fecali, secondo Imperato sono stati riscontrati nel 24 per cento dei campioni da rubinetto analizzati. In particolare nel 5,56 per cento è stata rilevata la presenza di esterichia coli, nel 18,52 per cento di coliformi totali, nell'11,11 per cento di enterococcus faecalis. Inoltre nel 2 per cento è stata rilevata la presenza di pseudo-monas aeruginosa, nel 15 per cento di Aeromo-nas hydrophila. Questo mentre «In nessun caso è stata rilevata la presenza di indicatori di contaminazione fecale o ambientale nelle acque minerali imbottigliate»;
secondo Marco Guida, igienista e tossicologo, da un punto di vista sanitario recenti studi hanno mostrato una correlazione tra l'assunzione prolungata di acque clorate e l'aumentato rischio di cancro a prostata, vescica e retto. C'è poi la tossicità per fegato e reni;
quanto a tracce di medicinali, Matteo Vitali, chimico igienista de La Sapienza di Roma parla di quantitativi minimi ma che superano i depuratori del sistema fognario. E alla fine finiscono nei fiumi, nei laghi, in mare, nel suolo. Si parla poi di antibiotici, ansiolitici, antinfiammatori -:
se quanto documentato nello studio corrisponda al vero, quali verifiche si intendano promuovere e quali misure si intendano adottare in merito ai problemi segnalati.
(4-07465)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
attualmente, i circa duemila ettari di Porto Marghera varrebbero oro se solo qualcuno si decidesse a bonificarli, mentre attualmente il loro valore è irrilevante, e anzi, almeno potenzialmente costituiscono un problema colossale per le casse pubbliche;
Porto Marghera, attualmente, viene definito non senza motivo «un cimitero industriale senza futuro»;
da almeno tre anni giacciono ben 14 progetti già approvati definitivamente dal Ministero dell'Ambiente per la bonifica di circa 520 ettari;
tali progetti, se si escludono i canali industriali, le infrastrutture come la rete ferroviaria, altre aree di servizio, potrebbero portare alla bonifica di circa metà dell'ex area industriale più importante d'Europa e del sito di interesse nazionale (SIN) più pericoloso d'Italia;
che altri 57 progetti per aree più piccole, anche fuori di Porto Marghera, giacciono in attesa di approvazione;
per i progetti già approvati, le aziende proprietarie hanno acceso polizze fideiussorie al fine di garantire un centinaio di milioni di euro, ossia il 50 per cento del costo stimato dal Ministero per le opere di bonifica; queste polizze, per le

quali la aziende pagano importi che si ritiene si aggirino intorno al 2-3 per cento della cifra, hanno delle scadenze. Una è già scaduta una seconda scadrà a novembre, le altre si avviano ad esaurimento ad esclusione di una che dura fino al 2037;
ognuno dei progetti in questione approvato con un decreto del Ministero dell'ambiente, che però non contiene una data obbligatoria di inizio dei lavori, non specifica se, una volta scaduta, la polizza debba essere rinnovata, e infine omette dal dire chi è l'istituzione che deve agire in «sostituzione», cioè chi, in pratica, deve utilizzare il denaro per la bonifica dei terreno al posto dell'azienda eventualmente inadempiente;
non risulta neppure chiaro chi debba pagare il 50 per cento mancante, o il 100 per cento, nei caso in cui l'azienda dovesse risultare del tutto inadempiente;
di bonificare Porto Marghera per garantirle un nuovo futuro, si parla dalla fine degli anni novanta del secolo scorso, allorché il ministro Ronchi varò il decreto sui siti industriali contaminati da veleni di ogni genere;
l'ex assessore all'Ambiente della provincia di Venezia Ezio Da Villa, si è amaramente sfogato commentando così la vicenda: «All'epoca fui tra i sostenitori della necessità che il coordinamento dell'operazione fosse romano, perché ero convinto che solo così si potessero controllare le multinazionali che allora avevano in mano Porto Marghera. Ora sono amaramente pentito, perché il Ministero, anche con la sua lentezza esasperante, ha fornito alle aziende un alibi per non affrontare il problema»;
ad ogni modo, fino ad oggi gli unici progetti avviati sono cinque: tre per 37 ettari, e uno del magistrato alle acque per «la grande muraglia», vale a dire la contaminazione e il banchinamento di tutti i canali industriali per impedire che i veleni sepolti finiscano in laguna, quest'ultimo progetto, del costo di un miliardo di euro è ormai completato; ora si tratta di partire con le bonifiche dei terreni, con la sistemazione idraulica del territorio per impedire che le falde acquifere arrivino a Marghera e vengano inquinate dai veleni -:
se, quanto sopra esposto sia di conoscenza dei Ministri interrogati e corrisponda a verità; in caso affermativo, cosa si debbano e come si giustifichino i gravi ritardi che vengono da più parte segnalati e denunciati, da ultimo da un documentato articolo del giornalista Elisio Trevian, pubblicato su Il Gazzettino nella sua edizione del 1o giugno 2010;
se siano ravvisabili, in questi gravi ritardi, delle responsabilità e se non si ritenga opportuno promuovere un'inchiesta amministrativa per accertarle, ed eventualmente segnalarle alle autorità competenti perché i responsabili siano puniti.
(4-07468)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Il Mattino nella sua edizione del 1o giugno 2010 ha riferito come sia a rischio chiusura l'unico pronto soccorso otorino di Napoli e provincia;
si tratta di un presidio del «Vecchio Pellegrini», aperto 24 ore su 24, con un team di specialisti, di turno anche la notte e durante i giorni festivi, per dare risposta alle emergenze di otorinolaringoiatria;
come si legge nei volantini affissi in ospedale, l'unità operativa è sospesa dal 1o giugno 2010 e non si sa fino a quando perdurerà tale situazione;
dunque non si potranno più fornire prestazioni d'urgenza e verrà convertita in un ambulatorio con fasce orarie mattutine e pomeridiane;
il presidio in questione, come si legge nel citato articolo, è «un reparto che vive con circa 15mila accessi annui e un pronto soccorso molto attivo, specie nel periodo

estivo, per emergenze come otiti, epistassi, occlusione e perforazione dell'esofago, come viene con l'ingestione delle spine di pesce»;
un servizio simile viene assicurato dagli ospedali Cardarelli e Santobono, che tuttavia garantiscono prestazioni d'emergenza solo fino alle ore 20;
la chiusura del presidio presso il «Vecchio Pellegrini» sarebbe da imputare all'insufficienza del personale: nove unità, di cui solo tre disponibili ai turni di notte, che di conseguenza l'ospedale ha assicurato, fino a oggi, attraverso il reperimento di altre 36 unità dal resto dei presidi ASL NA1 Centro;
per sopperire alla grave lacuna che si è venuta a creare, durante la notte, in casi urgenti, «si procederà col criterio della reperibilità: sette otorini di cui almeno tre abitano fuori Napoli, e specificatamente a Ischia, Acerra e Torre del Greco;
appare grave e inaccettabile che una città come Napoli sia priva dell'unico pronto soccorso otorino aperto 24 su 24 -:
se la paventata chiusura del presidio di cui in premessa sia connessa alle esigenze di razionalizzazione della spesa sanitaria imposte dal piano di rientro, fino a quando l'unità operativa resterà sospesa e fino a quando perdurerà tale situazione;
quali urgenti specifiche iniziative si intendano adottare perché la situazione sopra evidenziata venga celermente risolta.
(4-07478)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
come hanno ampiamente riportato organi di stampa e informazione - è stato reso noto il piano elaborato dal presidente della regione Lazio, Renata Polverini, per evitare che la regione affondi sotto il peso di un disavanzo - nell'ambito delle spese relative alla sanità di 1,6 miliardi di euro;
detto piano prevede un taglio del 4 per cento sul budget 2010 per tutte le strutture private accreditate, e di ben il 10 per cento per quelle che trattano la riabilitazione;
secondo il «piano» Polverini ben 2.492 posti letto ospedalieri saranno riconvertiti in servizi sul territorio, e in particolare nel «mirino» dei tagli e delle strutture da ridimensionare, vi sarebbero in particolare dieci ospedali: Ceccano, Rocca Priora, Zagarolo, Cpo di Ostia, Ariccia, Sezze, Gaeta, Montefiascone, Ronciglione e Amatrice, che saranno «disattivati» per diventare presidi di assistenza distrettuale -:
che tipo di garanzie siano state approntate o si intendano approntare per evitare il concreto rischio che i tagli annunciati colpiscano indiscriminatamente, e finiscano così con l'essere oggettivamente punitivi nei confronti delle fasce più deboli ed indifese;
in particolare, in base a quale criterio si sia stabilito di ridurre di ben il 10 per cento le spese relative alla riabilitazione;
quali specifiche voci relative alla riabilitazione si intendano ridurre e «tagliare»;
con quale criterio si sia deciso di «disattivare» i dieci sopra citati ospedali;
che tipo di garanzie si intendano assumere nei riguardi nelle popolazioni che finora beneficiavano dei dieci ospedali che si intendono «disattivare» essendo di tutta evidenza che non sono certo gli annunciati presidi di assistenza distrettuale a sopperire alla richiesta di tutela della salute e assistenza;
che tipo di garanzie si siano assunte o si intendano assumere per quel che riguarda l'occupazione del personale delle dieci strutture ospedaliere che si intendono «disattivare».
(4-07480)

FRASSINETTI. - Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
da notizie apprese da numerosi articoli di stampa è noto che, domenica 23 maggio 2010, durante il palio di Savigno, in provincia di Bologna, nella tradizionale corsa di primavera, un cavallo è deceduto nel pieno della gara e il suo fantino è rimasto ferito;
durante il secondo giro il cavallo, un maschio castrone purosangue inglese di 12 anni, si è improvvisamente accasciato a terra, finendo sul lato esterno della pista in preda a terribili spasmi;
per il cavallo, riverso a terra con un'ampia chiazza di sangue all'altezza del muso, tutti i tentativi di rianimazione messi in atto dai veterinari si sono subito rivelati inutili e dopo mezz'ora di agonia i sanitari del servizio veterinario hanno deciso la soppressione dell'animale;
diverse sono state le ipotesi sulle cause del decesso, ma, in considerazione delle condizioni ottimali della pista, risulta alquanto improbabile che si sia trattato di una caduta accidentale e di una morte post traumatica e, allo stato dei fatti, non si esclude l'ipotesi di doping;
la carcassa del cavallo, inizialmente destinata all'inceneritore, è stata prelevata dal magazzino comunale e condotta all'Istituto zooprofilattico di Bologna per la perizia necroscopica e per gli esami tossicologici, dai quali si confida possa emergere la causa della morte;
durante i numerosissimi palii e manifestazioni che si disputano sull'intero territorio nazionale, molto spesso i cavalli vengono sottoposti ad allenamenti e trattamenti particolarmente stressanti e spesso fisicamente invalidanti -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dell'accaduto ed, effettuate le più scrupolose verifiche del caso, quali misure intendano adottare per assicurare la massima tutela per la salute dei cavalli, che partecipano a palii e manifestazioni equestri vietando, quando opportuno, l'organizzazione di dette esibizioni.
(4-07486)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza:

I sottoscritti chiedo di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
l'articolo 45, comma 3, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo), prevede lo stanziamento per l'erogazione di contributi per le emittenti televisive locali;
con decreto del 31 gennaio 2008 il Ministero delle comunicazioni ha indetto il concorso per l'attribuzione dei contributi per l'anno 2008 alle emittenti televisive locali. Secondo il bando, il beneficio è erogato per un quinto in parti uguali alle emittenti aventi titolo all'erogazione e per i restanti quattro quinti, alle emittenti che risultano ai primi posti della graduatoria;
il Comitato regionale per le comunicazioni (Co.Re.Com) della Puglia ha stilato la graduatoria, pubblicata sul Bollettino ufficiale della regione Puglia n. 22 del 5 febbraio 2009, relativa alle emittenti che hanno presentato domanda per la concessione del beneficio;
l'articolo 2, comma 1, del decreto ministeriale 5 novembre 2004, n. 292, recante nuove norme per la concessione alle emittenti televisive locali dei benefici previsti dalla summenzionata legge, prevede l'esclusione dall'erogazione del contributo le emittenti che non risultino in regola con il versamento dei contributi previdenziali;
la sesta sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza n. 4317/2009 del 25 agosto 2009, ha rilevato l'illegittimità della suddetta graduatoria, accogliendo pienamente

le ragioni dell'appello cautelare n. 6505/2009 RG proposto dall'emittente Canale 7 s.r.l.;
in particolare, Canale 7 è stata collocata al 18o posto su 44 ammessi, risultando ammessa alla ripartizione del contributo nella misura di 1/5 ma esclusa al contributo dei 4/5, assegnato solo alle prime 17 della graduatoria;
il giudice amministrativo ha infatti rilevato l'illegittima ammissione delle domande presentate da altre emittenti che avrebbero dovuto essere escluse dalla graduatoria per mancanza del prescritto requisito della regolarità contributiva;
in particolare, l'ordinanza del Consiglio di Stato dispone che «in presenza di evidente e perdurante omissione dell'adempimento degli obblighi di contribuzione previdenziale fino alla data di presentazione della domanda per l'ammissione al beneficio contributivo, non appare ipotizzabile il recupero ex post del requisito di correttezza contributiva, in data incerta e fino al momento di erogazione del contributo»;
in conseguenza al provvedimento giudiziario, l'emittente televisiva Canale 7 ha pieno titolo ad essere collocata al 16o posto della graduatoria e, quindi, ha diritto all'attribuzione dei contributi previsti dalla legge;
con delibera n. 9 del 27 aprile 2009 il Co.RE.Com ha approvato una nuova graduatoria sempre per la concessione dei contributi 2008, collocando Canale 7 al 18o posto e quindi escludendola al contributo dei 4/5 riservati alle prime 17 emittenti ammesse;
Canale 7 ha impugnato anche questo provvedimento a causa dell'ammissione di emittenti prive del requisito della regolarità contributiva;
il Tar Puglia, con sentenza n. 01388/2010 ha annullato tutti gli atti impugnati da Canale 7, rilevando che «deve ritenersi che la correttezza contributiva costituisca presupposto per la valida partecipazione dell'impresa alla competizione e non solo condizione per l'effettiva erogazione del contributo dopo la redazione della graduatoria (...)». La norma sulla regolarità dei pagamenti, infatti, «individua le condizioni generali di partecipazione all'erogazione del contributo in esame; di conseguenza, la dizione - sono escluse dall'erogazione del contributo - va intesa, in tale contesto e alla luce di una interpretazione sistematica della disciplina, come individuazione di uno dei presupposti affinché l'emittente possa richiedere tale erogazione» (...). Ciò anche per assicurare l'effettività della concorrenza, che sarebbe frustrata qualora talune delle partecipanti potessero giovarsi della propria posizione d'irregolarità contributiva conseguendo economie di spese generali e gestionali proprio attraverso al violazione degli obblighi contributivi e assistenziali (...);
sulla correttezza contributiva il Ministero ha manifestato un proprio orientamento, nel senso che l'irregolarità nel versamento dei contributi previdenziali non rientra tra i requisiti di ammissione alla graduatoria, ma è causa di esclusione dall'erogazione del contributo;
secondo l'interpretazione ministeriale dunque, si deve dimostrare di essere in regola con il versamento dei contributi al momento dell'erogazione e non al momento della presentazione della domanda, per la quale dunque sarebbe sufficiente la dichiarazione di essere in regola;
la sentenza del Tar succitata, in merito alla diversa interpretazione data con circolare ministeriale 7 ottobre 2008, ha precisato di non ravvisare «alcuna logica ragione a sostegno della distinzione ivi operata tra requisiti che devono sussistere per l'inserimento in graduatoria e requisiti che devono essere posseduti al momento dell'erogazione, posto che la redazione della graduatoria è, evidentemente, strumentale e propedeutica rispetto alla distribuzione delle somme»;
ciò ha creato una situazione di stallo ed il congelamento del versamento dei contributi anche nei confronti dell'emittente

pugliese che ha ottenuto dall'organo amministrativo il riconoscimento del diritto all'ammissione in graduatoria;
peraltro non è chiaro se il Co.Re.Com continuerà ad ammettere le emittenti in posizione di irregolarità contributiva anche nelle future graduatorie o se invece si
uniformerà a quanto previsto dalle pronunce giurisdizionali, così evitando il rischio di ulteriori ricorsi da parte delle emittenti lese -:
quali provvedimenti intenda, adottare il Ministro interrogato al fine di chiarire quali emittenti abbiano diritto ai contributi per l'anno 2008, come precisato in premessa, e quale criterio dovrà conseguentemente adottare il Co.Re.Com nelle future graduatorie.
(2-00742) «Zazzera, Cimadoro».

Interrogazione a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta il Fatto Quotidiano di giovedì 3 giugno 2010, in Sicilia sarebbe cominciata la corsa alle trivellazioni con permessi concessi in gran segreto alle società petrolifere;
i siciliani stanno lottando contro i permessi di ricerca del petrolio nel loro mare. Si tratta di licenze per oltre mille chilometri quadrati nel tratto di mare compreso tra Marsala, Sciacca e le Egadi (ma altre richieste sono state presentate per Pantelleria e Lampedusa);
spiega il giornalista d'inchiesta Vincenzo Figlioli: «Le licenze sono state date tanto dal centrosinistra che dal centrodestra, ma oggi qui i due schieramenti si ritrovano uniti a lanciare l'allarme»;
si tratta di una vicenda che da una parte vede protagonisti i giganti del petrolio (ma anche società con capitali di poche migliaia di euro), dall'altra comitati e associazioni ambientaliste. Una lotta impari che ha come protagonisti l'oro nero e la Sicilia: una storia lunga decenni. Sull'isola si raffina il 30 per cento del petrolio consumato in Italia, tanto che le aree di Priolo, Milazzo e Gela sono qualificate ad elevato rischio ambientale (con tanto di inchieste giudiziarie, a Gela si procede per disastro ambientale). Con dubbio vantaggio perché, come ricorda il giornale L'isola, le royalties che le compagnie pagano alla Sicilia sono tra le più basse d'Italia, che nel complesso vanta royalties tra le più basse del mondo. Lo dicono i produttori di petrolio nei loro siti: «La struttura delle royalties in Italia è una delle migliori del mondo. Per i permessi offshore le tasse sono solo del 4 per cento, ma nulla è dovuto fino a 300.000 barili l'anno». Ciò ha permesso la corsa alle trivellazioni nel mare siciliano;
secondo l'associazione l'AltraSciacca sono una trentina i permessi già concessi in gran segreto, «senza la pubblicità prescritta». I primi cinque arrivano nel novembre 2006. «Ad aggiudicarseli sono stati la Shell e la Northern Petroleum (tra Marettimo e Favignana). Poi è arrivata la Audax Energy e nel 2009 è toccato a tre autorizzazioni alla San Leon Energy», ricostruisce Ignazio Passalacqua, consigliere provinciale di Trapani, in prima fila contro le trivellazioni;
a questo punto si inserisce la denuncia dei trapanesi, considerato che quel mare vale oro per il turismo e la pesca. Pertanto i comitati di Sciacca cominciano a indagare sui permessi e le società petrolifere. Innanzitutto: «Lo Studio Ambientale presentato dalla società a noi sembra inadeguato e zeppo di imprecisioni, inoltre la popolazione è stata male informata». Secondo: «la San Leon Energy è una srl con un capitale di diecimila euro. La sede è in un paesino della Puglia. Abbiamo cercato di contattarli, ma ai recapiti forniti rispondono altre società. Non solo: la ditta risulta inattiva ed è stata ceduta ad una società

madre con sede in Irlanda». Nessuna irregolarità, tuttavia si tratta di elementi che, secondo le associazioni, suscitano allarme: «Come si fa a concedere a un soggetto di queste dimensioni il permesso di realizzare sondaggi tanto delicati?», si chiedono l'ingegnere Mario Di Giovanna e l'associazione AltraSciacca;
la questione più delicata: «Il ministero dello sviluppo economico nel 2009 (Ministro Scajola) ha autorizzato le ricerche nel mare antistante la Zona Archeologica di Selinunte e le spiagge di Menfi (da 14 anni Bandiera Blu), per non dire della città turistica di Sciacca con uno dei più grandi porti del Mediterraneo per il pesce azzurro. Le ricerche arriveranno a meno di due chilometri dalla costa e si estenderanno per 482 chilometri quadrati». Inoltre: «Siamo a due passi da due vulcani sottomarini attivi: una zona sismica». (Secondo L'Espresso di venerdì 4 giugno 2010, il vulcano Empedocle si trova a poche miglia dalla costa e il suo fermento è certificato dagli studi dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e dalle ricerche di Minimo Macaluso, partite all'analisi dell'isola Ferdinandea, un piccolo cono di terra che affiora periodicamente per poi scomparire. L'isolotto è una delle bocche del gigante sommerso). Infine, incalzano i comitati di Sciacca: «Il piano prevedrebbe indagini condotte con l'airgun (pistola ad aria che crea un'onda sonora ad alta intensità) e la trivellazione di due pozzi di esplorazione. Nessuno si è ricordato le riserve naturali e i banchi di coralli»;
il documento che ha consentito alla San Leon Energy la concessione del ministero dello sviluppo economico - si legge in un articolo de L'Espresso di venerdì 4 giugno 2010 - è, d'altra parte, ricco di incongruità e stranezze. La descrizione delle marinerie costiere del versante sud della Sicilia e delle loro attività è davvero bizzarra. Nelle tabelle tecniche è descritto che a Sciacca, una delle principali sedi della pesca siciliana, esisterebbero solo tre pescherecci attivi nella pesca a circuizione, per poi sostenere che «il traffico marittimo per le motonavi di appoggio e rifornimento sarà limitato a un passaggio giornaliero da e verso il porto d'approdo più vicino (presumibilmente Ancona)». Citare Ancona nella relazione dedicata alle ricerche del canale di Sicilia potrebbe significare che la San Leon Energy abbia interessi anche in Adriatico;
nell'articolo del Fatto Quotidiano si sottolinea infine che il sottosegretario all'ambiente Roberto Menia, rispondendo ad un'interrogazione del senatore Antonio D'Alì, scriveva: «La Northern Petroleum non può procedere alla perforazione di un pozzo, né all'allestimento di un qualunque impianto di estrazione, finché non abbia ottenuto l'ulteriore verifica di compatibilità ambientale e le autorizzazioni specifiche» -:
se i Ministri interrogati siano al corrente dei dati sopra riferiti e se li confermino;
se il Governo intenda accertare la situazione sul piano ambientale e paesaggistico per quanto di propria competenza, in particolare verificando se le autorizzazioni concesse siano state sottoposte alla prevista verifica di compatibilità ambientale e alle autorizzazioni specifiche;
se non intenda promuovere, per quanto di competenza, un'indagine, sulle perforazioni in Sicilia;
se e quali misure si intendano assumere per verificare l'affidabilità e riconoscibilità dei soggetti operanti nel settore;
per quali ragioni il Ministero dello sviluppo economico abbia autorizzato le ricerche petrolifere nel mare antistante la zona archeologica di Selinunte, considerato il rischio sismico, l'importanza dei Siti balneari per il turismo e la pesca, la presenza di riserve naturali e di banchi di coralli;
se il Ministro sia a conoscenza di interessi della società irlandese San Leon Energy anche nell'Adriatico (Ancona in particolare) e se intenda sostenerli, considerato l'impatto ambientale che le trivellazioni

stanno causando sul territorio e considerato l'enorme giro di business legato alle ricerche petrolifere.
(4-07469)

...

Apposizione di firme ad una mozione ed indicazione dell'ordine dei firmatari.

La mozione Reguzzoni ed altri n. 1-00375, pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 3 giugno 2010, è stata successivamente sottoscritta anche dai deputati: Ventucci, Pagano, Del Tenno, Germanà e Bernardo il quale ultimo, con il consenso del primo firmatario e degli altri sottoscrittori, ne diventa secondo firmatario.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Fedriga n. 4-00910, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 agosto 2008, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Dozzo n. 4-01471, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 ottobre 2008, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Fava ed altri n. 4-04989, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Grimoldi e Volpi n. 4-07062, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 maggio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Grimoldi e Goisis n. 4-07275, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 maggio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta scritta Gregorio Fontana n. 4-06800 del 14 aprile 2010;
interrogazione a risposta orale Schirru n. 3-01086 del 26 maggio 2010.

...

ERRATA CORRIGE

Interrogazione a risposta scritta Lamorte n. 4-07449 pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 331 del 3 giugno 2010. Alla pagina n. 13445, prima colonna, alla riga trentacinquesima, deve leggersi: «somme per circa 38 milioni di euro di ICI» e non «somme per circa 387 milioni di euro di ICI», come stampato.