XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 29 luglio 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

      La Camera,
          premesso che:
              il giro d'affari dei giochi in Italia nel 2003 era pari a 15 miliardi di euro, mentre nel 2009 si è attestato intorno ai 55 miliardi di euro e le stime dicono che, nell'anno in corso, supererà i 60 miliardi, corrispondenti a quattro punti percentuali del nostro prodotto interno lordo, con un incremento del 300 per cento in sette anni; la metà del mercato è costituita dalle slot, con 400 mila apparecchi sparsi su tutto il territorio nazionale;
              il fenomeno dei giochi non riveste più esclusivamente un valore economico, ma, alla luce anche della straordinaria crisi economico-finanziaria che ha colpito tutte le economie occidentali, assume anche un forte rilievo sociale. Le associazioni a tutela dei consumatori e le associazioni di volontariato hanno rilevato quanto in Italia sia aumentata la dipendenza dal gioco, lecito o clandestino; i dati sul numero dei giocatori, in fortissima ascesa, devono imporre una riflessione sulle responsabilità dello Stato verso le categorie più deboli di popolazione: minorenni, anziani, disoccupati, che, attratti dalle possibili vincite, mettono a rischio con il gioco i loro redditi, arrivando, sempre più spesso, all'indebitamento; altro aspetto sociale di primaria importanza è la lotta al gioco clandestino e alle infiltrazioni della criminalità organizzata, sempre attenta alla gestione degli affari redditizi; il ruolo dello Stato non deve essere quello di censore, ma quello di regolatore, lasciando piena libertà ai cittadini di giocare, garantendo, però, piena legalità rispetto delle regole e tutela dei più deboli;
              lo Stato, tramite l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, si è già attivato con importanti azioni a tutela del gioco legale e del cittadino, tanto che l'aumento del volume di giocate è dovuto non solo all'aumento dell'offerta, ma, in larga parte al recupero del sommerso; due sono stati gli obiettivi primari fin qui perseguiti: rendere i giochi sempre più appetibili, in modo da incentivare il passaggio dal gioco clandestino a quello legale e aumentare la remuneratività per gli investitori e gli imprenditori del settore;
              altre possono essere le azioni per continuare l'opera già iniziata: innanzitutto il coinvolgimento di tutti gli attori interessati al fine di rafforzare la presenza sul territorio e, quindi, arginare l'invasione della criminalità. La prossima operatività del comitato di vigilanza sui giochi deve aprire la strada al reale coinvolgimento dei comuni, delle associazioni di volontariato e di tutte le forze di polizia;
              i comuni possono garantire conoscenza del territorio, vicinanza agli esercizi commerciali, competenze in materia autorizzativa e disponibilità di agenti di polizia locale che già oggi hanno compiti di vigilanza e controllo; ai comuni stessi deve essere garantita anche la compartecipazione alle entrate erariali relative ai giochi: un'adeguata compartecipazione alle maggiori entrate derivanti dalle attività di accertamento e di controllo costituisce un ottimo incentivo per gli enti locali, nell'ottica di una collaborazione stretta tra livelli di governo e, soprattutto, nell'ottica di un proficuo ed effettivo federalismo;
              le associazioni di volontariato, nell'ottica della sussidiarietà orizzontale e verticale, possono costituire un'importante risorsa per intervenire sul territorio con azioni di prevenzione e riduzione del danno conseguente alla dipendenza dal gioco; l'attenzione verso i soggetti più deboli deve essere ancora più alta in questa fase di straordinaria crisi economica, nella quale il gioco rischia di essere considerato come via di uscita rispetto alla mancanza di occupazione; polizia dello Stato, carabinieri e Guardia di finanza costituiscono l'ossatura dell'impianto di controllo del territorio e di repressione dei reati, con l'obiettivo primario di sconfiggere la criminalità organizzata;
              possono essere programmati nuovi interventi per perfezionare i sistemi di controllo, per garantire ancora maggiore tutela delle fasce più deboli e per arginare il fenomeno dell'evasione fiscale: fondamentale è migliorare il sistema telematico che fa capo all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato al fine di evitare che le slot machine possano sfuggire al controllo del fisco e delle Forze dell'ordine; già nel 2007 una commissione di inchiesta, presieduta durante la XV legislatura dall'allora Sottosegretario all'economia Grandi, aveva rilevato pesanti anomalie nella gestione delle concessioni delle slot machine e la procura della Corte dei conti del Lazio aveva contestato a dieci concessionarie delle slotmachine un danno erariale pari a 98 miliardi di euro, conseguente al mancato collegamento delle slot machine alla rete telematica di proprietà dello Stato, gestita da Sogei, e al mancato pagamento dei tributi. Diverse sono le operazioni delle Forze dell'ordine che testimoniano quanto si stiano diffondendo i circoli privati o bische clandestine dove sono presenti macchine da gioco illegali; nel corso di tali operazioni le Forze dell'ordine spesso rinvengono anche tavoli da gioco nelle quali si pratica il cosiddetto poker texano o meglio conosciuto come Texas Hol'dem con poste in denaro rilevanti; spesso tali poste sono fittiziamente mascherate da premi di altro genere; meritevoli di costante attenzione sono anche le sale bingo, dove risulta che parecchie slot machine siano prive dei collegamenti con il sistema telematico dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, creando un notevole danno sia per l'erario che nei confronti degli utenti, che si trovano ad utilizzare inconsciamente macchine prive dei requisiti di legge;
              per limitare il pericoloso aumento del numero dei giocatori minorenni potrebbe essere messo allo studio un sistema d'identificazione del giocatore, simile a quello che si sta sviluppando per evitare l'acquisto delle sigarette: l'utilizzo della carta d'identità elettronica, in modo da escludere automaticamente dal gioco le persone al di sotto dei 18 anni. Insieme a questo tipo d'identificazione, si potrebbe giungere alla fissazione di un numero di giocate massime per ogni giocatore; tale limitazione, assolutamente rispettosa della privacy del giocatore, potrebbe essere, in un secondo momento, differenziata in base al reddito del singolo giocatore, sfruttando l'implementazione della futura «banca dati unica», nella quale potrebbero confluire, per ogni singolo cittadino, tutti i dati reddituali e patrimoniali;
              i giocatori on line devono essere ulteriormente tutelati attraverso il rafforzamento dei blocchi verso i siti illegali, che costituiscono forte attrazione per gli scommettitori, ma anche fonte di rischio estremo sia in caso di perdite, sia in caso di vincite,

impegna il Governo:

          a continuare nell'opera di diffusione di una cultura del gioco responsabile, al fine di rendere consapevoli i cittadini dei rischi che il gioco può comportare e delle disastrose conseguenze che la dipendenza dal gioco può produrre tra le fasce più deboli della popolazione;
          a proseguire nell'obiettivo di rendere i giochi più attrattivi, in modo da incentivare il passaggio dal gioco clandestino a quello legale, incentivando la vincita sotto forma di rendita e ponendo un tetto massimo alle vincite immediate;
          a perseverare nell'azione di controllo capillare sul territorio, attraverso le Forze dell'ordine, al fine di limitare i fenomeni di truffa e di evasione fiscale che ancora si riscontrano;
          a coinvolgere i comuni nelle attività di accertamento e di controllo, sfruttando la conoscenza del territorio, le competenze in materia autorizzativa e la disponibilità degli agenti di polizia che già oggi hanno compiti di vigilanza e di controllo;
          ad assumere iniziative anche normative volte a garantire ai comuni stessi la compartecipazione alle entrate erariali relative ai giochi, nell'ottica di una collaborazione stretta tra livelli di governo e, soprattutto, nell'ottica di un proficuo ed effettivo federalismo;
          a perfezionare i sistemi di controllo sia delle slot machine, sia del gioco on line, al fine di tutelare soprattutto i minorenni, attraverso l'implementazione di sistemi di blocco e di identificazione del giocatore, nel rispetto assoluto della privacy personale.
(1-00419) «Montagnoli, Bragantini, Fugatti, Reguzzoni, Luciano Dussin, Fogliato, Lussana, Alessandri, Allasia, Bitonci, Bonino, Brigandì, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Guido Dussin, Fava, Fedriga, Follegot, Forcolin, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Lanzarin, Maggioni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Pirovano, Polledri, Rainieri, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi».


      La Camera,
          premesso che:
              il settore dei giochi ha subito, nel corso degli ultimi anni, una notevole evoluzione, sia sotto il profilo normativo, sia per quanto riguarda l'offerta di un numero sempre più ampio di possibilità di gioco, anche attraverso l'introduzione di giochi online;
              non può, inoltre, essere dimenticato che quello dei giochi costituisce un settore imprenditoriale importante, che, nonostante taluni elementi di criticità, muove un giro d'affari molto significativo, con l'impiego di migliaia di lavoratori ed imprenditori: per numero di persone coinvolte (35 milioni di italiani) e volume di affari (194 miliardi di euro) il mercato dei giochi ha raggiunto proporzioni tali da poter essere considerata una vera e propria industria;
              secondo i dati dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato la raccolta complessiva dei giochi nell'anno 2009 è stata di 54,4 miliardi di euro, con un incremento del 14,4 per cento rispetto al 2008. Questi dati confermano e rafforzano ulteriormente il trend in crescita registrato nel corso degli ultimi sei anni, che potrebbe proseguire anche nel 2010, con una raccolta stimata di 58 miliardi di euro (di cui 30 miliardi nel primo semestre);
              secondo i dati forniti dall'Eurispes, in base alle più recenti stime sull'andamento dell'economia italiana, che indicano per il 2010 un prodotto interno lordo nominale di 1.572 miliardi di euro, la raccolta complessiva dei giochi risulterebbe, quindi, essere pari al 3,7 per cento del prodotto interno lordo;
              oltre il 50 per cento della raccolta proviene dai cosiddetti apparecchi: tuttavia, un mercato in particolare espansione è rappresentato dai giochi on line, con un incremento superiore all'80 per cento rispetto alla raccolta complessiva del 2008. La rete internet, infatti, ha permesso al mercato del gioco di allargare notevolmente il suo bacino di utenza;
              il gioco è diffuso, soprattutto, tra le fasce più deboli della popolazione: tra i 35-44enni (23,8 per cento) e tra quelli con oltre 65 anni d'età (23,7 per cento) e tra quanti percepiscono un reddito non superiore a 10.000 euro (22 per cento) e tra i 10.001 e 20.000 euro (22 per cento). Giocano il 20 per cento degli studenti e il 15,8 per cento dei non occupati. In particolare, i giocatori con un reddito annuale piuttosto basso sperano più di altri che una grossa vincita possa risollevare le loro finanze, con l'opportunità di vivere una vita più agiata;
              preoccupante è la diffusione del gioco tra i minorenni: il 39 per cento ha, infatti, investito per la prima volta dei soldi per giocare tra i 18 e i 25 anni, mentre il 38,4 per cento tra i 13 e i 17 anni;
              in tale contesto suscita tuttavia notevoli preoccupazioni il fenomeno delle ludopatie, vale a dire dei comportamenti compulsivi legati al gioco, in particolare d'azzardo, che sono state riconosciute come forme morbose anche dall'Organizzazione mondiale della sanità. Si tratta di forme patologiche che hanno un consistente rilievo sociale, in particolare quando interessano i giovani, in quanto determinano forme di dipendenza particolarmente pericolose;
              in particolare, nell'attuale grave crisi economica, sussiste il rischio, drammatico, che il ricorso al gioco rappresenti l'ultima risorsa per quanti credono, illusoriamente, di potersi risollevare da una situazione di disagio economico, ovvero di poter realizzare facili guadagni;
              i rischi appena evidenziati sono evidentemente aggravati dal diffondersi di forme di gioco, come, ad esempio, il poker, caratterizzate da un più elevato tasso di azzardo, nonché da modalità di gioco, quali i giochi on line ed i cosiddetti gratta e vinci, che consentono l'accesso al gioco in maniera sempre più semplice e diffusa, anche da parte dei minori;
              occorre, pertanto, che lo Stato, in quanto unico soggetto legittimato a regolamentare il settore ed a rilasciare le concessioni per l'esercizio dell'attività di gioco, si faccia carico del problema, al fine di proteggere la salute dei cittadini e di evitare che le giovani generazioni rimangano vittime di comportamenti fortemente diseducativi;
              oltre all'aspetto soggettivo della dipendenza, non meno allarmante è lo sfruttamento del giro d'affari sui giochi ad opera della criminalità organizzata;
              essa, infatti, è particolarmente interessata al settore delle scommesse clandestine, ma anche al mercato legale delle stesse, in virtù del fatto che rappresenta un ottimo metodo, sicuro, veloce ed efficace per il riciclaggio del denaro derivante da affari illeciti;
              sempre secondo le stime Eurispes, il fatturato dell'economia criminale è, nel suo complesso, di 175 miliardi di euro circa; nel 2009 il contrasto ai giochi e alle scommesse illegali ha portato, secondo la Guardia di finanza, al sequestro di 3.777 videogiochi non autorizzati o non collegati alla rete dei Monopoli, nonché di 451 centri di raccolte di scommesse di bookmaker esteri e 6.420.000 falsi gratta e vinci (+ 138 per cento rispetto al 2008);
              occorre, invece, proseguire con forza nell'azione di contrasto ad ogni forma di gioco illegale e clandestino, in particolare reprimendo le infiltrazioni nel settore della criminalità organizzata, che, in alcuni casi, utilizza tali attività come strumento per riciclare ingentissimi capitali di provenienza illecita;
              in tale prospettiva è, dunque, fondamentale che i meccanismi di regolamentazione e vigilanza rispetto all'esercizio dell'attività di gioco non abbiano natura esclusivamente formale, ma consentano di garantire un efficace monitoraggio delle autorità pubbliche sul settore, non solo a tutela degli introiti erariali, ma a garanzia della legalità;
              appare del resto evidente come un quadro di regole chiare ed efficaci, il più possibile condivise a livello comunitario, costituisca elemento indispensabile per una crescita sana ed equilibrata del settore e per tutelare la concorrenza in tale mercato;
              tuttavia, i nove interventi normativi in materia varati o promossi nel corso della XVI legislatura dall'attuale Governo sono stati, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, prevalentemente volti a incentivare il gioco e le lotterie per finalità di copertura finanziaria – fragile e aleatoria – di altri provvedimenti;
              si pensi al decreto legge n.  39 del 2009 per il terremoto in Abruzzo, con cui il Governo, per reperire maggiori entrate complessivamente non inferiori a 500 milioni di euro all'anno, a decorrere dal 2009, per far fronte a questa gravissima emergenza, ha previsto: nuove lotterie ad estrazione istantanea (gratta e vinci); ulteriori modalità di gioco del lotto, nonché dei giochi numerici a totalizzazione nazionale, inclusa la possibilità di più estrazioni giornaliere; apertura delle tabaccherie anche nei giorni festivi; aumento della quota destinata al montepremi (dal 50 al 65 per cento); scommesse con un'aliquota d'imposta unica sulle giocate, pari al 20 per cento della raccolta o posta unitaria di gioco in 1 euro; nuovi giochi di sorte legati al consumo,

impegna il Governo:

          ad assumere iniziative normative per la predisposizione di un testo unico delle disposizioni legislative in materia di giochi;
          ad adottare iniziative per contrastare la dipendenza dal gioco, in particolare d'azzardo, tutelando soprattutto i minori;
          ad avviare incisive campagne di comunicazione, sia nelle scuole, sia sui mezzi di comunicazione di massa, al fine di incrementare la consapevolezza, in particolare dei giovani, sui rischi connessi al gioco d'azzardo;
          a prevedere più efficaci forme di controllo relativamente all'età di coloro che si avvicinano ai giochi d'azzardo ed all'ammontare delle puntate;
          ad assumere iniziative al fine di regolamentare la pubblicità sui giochi, in modo da garantire la massima informazione del pubblico circa i rischi connessi, nonché al fine di tutelare i minori;
          a effettuare un accurato monitoraggio dell'impatto e degli effetti delle pratiche di gioco sulla popolazione, assicurando adeguata conoscenza e pubblicità dei risultati;
          a rafforzare ulteriormente, nel quadro della normativa comunitaria in materia, le misure volte ad assicurare la piena legalità nel settore dei giochi, in particolare per contrastare le manipolazioni delle scommesse sportive ed ogni fenomeno fraudolento in materia, nonché al fine di assicurare l'affidabilità e l'onorabilità degli operatori, scongiurando ogni pericolo di infiltrazione criminale nella rete delle attività legate al settore dei giochi;
          a fornire in merito specifici indirizzi all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, allo scopo di rafforzarne i poteri di regolamentazione e vigilanza attribuiti in materia, a tal fine accelerando la trasformazione dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato in agenzia, e assicurando una costante informazione al Parlamento su tale problematica;
          a perseguire, in sede comunitaria, un approccio condiviso a tali tematiche tra gli Stati membri dell'Unione europea, per giungere ad un'armonizzazione delle diverse discipline nazionali in materia, in particolare per quanto riguarda i giochi online, nonché al fine di rafforzare la cooperazione tra le autorità nazionali competenti, ad esempio attraverso scambi di informazioni sugli operatori autorizzati.
(1-00420) «Fluvi, Carella, Causi, Ceccuzzi, D'Antoni, Fogliardi, Graziano, Marchignoli, Piccolo, Pizzetti, Sposetti, Strizzolo, Vaccaro, Verini».


      La Camera,
          premesso che:
              dal 2003 al 2009 il settore dei giochi e delle scommesse è cresciuto del 266 per cento, passando da 15 a 55 miliardi di euro di fatturato e si prevede che nel 2010 verrà raggiunta la soglia dei 60 miliardi, pari a circa 4 punti di prodotto interno lordo;
              con circa 150 mila addetti ed un indotto in crescita, il settore giochi si viene a configurare come una vera e propria industria, tanto che la stessa Confindustria ha deciso di aprire una sezione dedicata al comparto;
              secondo il direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, dottor Raffaele Ferrara, tale incremento è imputabile, più che ad aumento della passione degli italiani per il gioco, ai successi ottenuti nel campo della lotta al gioco clandestino;
              gli ottimi risultati ottenuti nel campo dei contrasto all'illegalità sono stati possibili grazie anche ad un'offerta dei prodotti che ha reso più appetibile e remunerativa la scelta per i giocatori di optare per il gioco legale;
              la crescita record di questi sei anni si è tradotta in un considerevole gettito per l'erario, passato dai 7,2 miliardi del 2004 ai 9 miliardi stimati per il 2010;
              si tratta di una raccolta che ha visto un calo delle giocate per le scommesse ippiche e per il lotto tradizionale e con il superenalotto a livelli stabili, mentre le scommesse sportive ed il bingo hanno registrato un aumento con una punta del 40 per cento per la raccolta a distanza, dominata dal pokeron line;
              una menzione a parte merita il mercato delle slot machine (soprattutto dopo la sostituzione delle macchinette con quelle dotate di microchip e smart card e quindi più difficili da manomettere) che raccoglie quasi la metà del fatturato totale;
              in Italia sono circa 30 milioni gli scommettitori nelle varie categorie di giochi. Si tratta di un fenomeno molto diffuso che coinvolge fino al 70-80 per cento della popolazione adulta. Questo fenomeno può, però, assumere un carattere «compulsivo» e distruttivo, con la conseguente rovina di molte persone, tant’è che le discipline psichiatriche hanno iniziato ad interessarsi al fenomeno e si sono impegnate nell'indagare la natura della perdita del controllo e delle compulsività distruttive di molti giocatori;
              il gioco d'azzardo patologico è stato riconosciuto ufficialmente dalla stessa Organizzazione mondiale della sanità come una vera e propria patologia, classificata dall'Associazione psichiatrica americana all'interno dei «disturbi del controllo degli impulsi»;
              secondo i dati più recenti in materia, in Italia per circa 80 mila persone il rapporto con i giochi a premi è a elevato rischio gioco patologico, 700 mila sono quelle che presentano un rischio moderato, 2 milioni invece sono a rischio minimo, mentre per l'80 per cento delle persone tra i 15 e i 64 anni non c'e’ alcun rischio, anche se vi è una tendenza in crescita del gioco fra i giovani;
              i giochi on line sono quelli che vedono una forte presenza di giocatori con maggiori problematicità. Secondo la Federserd, sono 5 mila le persone in trattamento per gambling, in quasi 200 realtà territoriali attive. Per il trattamento del gioco patologico sono messe a disposizione dalle regioni, e localmente dalle aziende sanitarie locali, tramite i dipartimenti delle dipendenze, 550 Sert e oltre mille strutture residenziali o diurne terapeutiche riabilitative;
              le difficoltà economiche incontrate dalle famiglie italiane in questi mesi stanno spingendo le stesse ad «investire» nei giochi e nelle scommesse nella speranza di migliorare la loro situazione finanziaria. Tale comportamento rischia di avere un effetto controproducente e causare ulteriori problemi all'interno dei nuclei familiari spesso preda degli usurai;
              per impedire l'emergere di malattie e situazioni sociali deleterie per l'equilibrio psicologico e le condizioni sociali degli individui, la Svizzera, sin dal 1988, ha regolamentato il gioco d'azzardo sul territorio, prevedendo un intervento diretto, anche economico, dei casinò nella prevenzione, nella ricerca e nella cura del gap. La prevenzione all'interno dei casinò è svolta tramite informazione sia sui rischi che può causare il gioco d'azzardo, sia sulle possibilità di cura dello stesso. Sono distribuiti volantini ricchi di informazioni con test autovalutativi e con indicato il numero del telefono amico a cui rivolgersi per questo tipo di attività. La stessa Svizzera destina, inoltre, il 5 per cento dei proventi del mercato dei gioco per campagne di sensibilizzazione e cura,

impegna il Governo:

          a rafforzare i controlli e la vigilanza, anche con una maggiore presenza sul territorio, al fine di contrastare i tentativi della criminalità organizzata di infiltrarsi nel mercato dei giochi, soprattutto per finalità di riciclaggio di denaro di provenienza illecita;
          a prestare una particolare attenzione ai rischi patologici connessi con il gioco, prevedendo la promozione di campagne di sensibilizzazione e di informazione a carico dei concessionari in ordine ai pericoli di dipendenza dal gioco;
          a valutare le soluzioni e i risultati ottenuti da altri Paesi e le esperienze già maturate in tema di prevenzione del rischio di emersione di patologie legate al gioco;
          a prevedere l'opportunità di destinare una quota ben definita del gettito a misure volte a sostenere il potere di acquisto delle famiglie italiane;
          a sostenere la ricerca di sistemi informatici che garantiscano un accesso sempre più sicuro degli utenti ai giochi on line per scongiurare il rischio di truffe e di furti di identità e ad adottare strumenti ancor più efficaci per combattere il fenomeno illegale del videopoker che, a causa della sua immediata raggiungibilità ed immediato utilizzo, sta mietendo vittime in percentuali sempre maggiori soprattutto tra le fasce sociali deboli e, quindi, meno tutelate sotto ogni profilo.
(1-00421) «Occhiuto, Cera, Romano, Compagnon, Ciccanti, Galletti, Libè, Volontè, Naro, Nunzio Francesco Testa».


      La Camera,
          premesso che:
              l'industria del gioco è l'unico settore che non conosce crisi. Infatti oggi, con lo sviluppo spaventoso di cui la tecnologia è stata capace, il gioco on line, invece di subire l'onda della crisi economica mondiale, sta vivendo uno sviluppo che nessun esperto di settore aveva saputo prevedere. Mentre ad agosto del 2009 dall'America arrivavano i primi segnali devastanti dello tsunami economico, intanto sul mercato italiano si lanciava la prima piattaforma on line dedicata agli skill game, in pratica il primo sito di poker a torneo. Era agosto e ci si incamminava per strade diverse: da una parte crisi, licenziamenti, cassa integrazione; dall'altra un microcosmo economico che parla di investimenti, assunzioni e mercato in grande espansione;
              dietro le quinte di questo successo c’è una struttura complessa, giovane ed estremamente dinamica che vuol dire nuove opportunità di lavoro, nuove prospettive di sviluppo e un indotto che vale già decine di milioni di euro;
              è possibile affermare che almeno il 78 per cento degli italiani insegue la fortuna tra lotto, superenalotto, scommesse e lotterie, mentre sono circa 30 milioni gli italiani che, quasi ogni giorno, rincorrono la sorte. Un atteggiamento che porta a dire che il giro d'affari legato al mercato del gioco, in Italia, è uno dei più fiorenti al mondo: per il 2009 gli introiti hanno raggiunto i 50 miliardi di euro;
              si è passati dal gioco come fenomeno sociale e sommerso all'istituzione di una vera e propria industria che ha anche frenato il gioco d'azzardo illegale;
              in Italia, infatti, la regolamentazione del gioco distingue in maniera univoca i giochi non consentiti da quelli consentiti; per i primi viene fatto divieto assoluto di offerta da parte di chiunque ed in qualsiasi forma, per i secondi l'offerta è subordinata ad apposita concessione, autorizzazione, licenza od altro titolo autorizzatorio. In particolare, al fine di contrastare i crescenti fenomeni di illegalità, quali ad esempio le truffe, connessi alla distribuzione on line dei giochi con vincite in denaro, l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato opera per una puntuale regolamentazione del settore, favorendo sia l'offerta di nuove tipologie di intrattenimento telematico che un'efficace contrasto al gioco illegale. L'azione dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato è, anzitutto, rivolta all'individuazione ed all'inibizione di quei siti web privi delle autorizzazioni previste: un'esperienza che ha posto l'Amministrazione stessa all'avanguardia in Europa;
              l'elemento che manca nella lotta al gioco illegale è che non ci sono norme comunitarie che disciplinano puntualmente il gioco on line e in ciascuno Stato dell'Unione europea si applicano le norme nazionali che, a volte, presentano elementi discordanti fra Stato e Stato;
              considerata l'incidenza del gioco on line sul mercato dei giochi, molti Paesi stanno valutando l'opportunità di regolarizzare lo stesso, anche ove questo è al momento espressamente vietato (come, ad esempio, in Germania e in Francia) e, in tale ottica, l'azione di contrasto ai siti illegali svolta attualmente dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, che per prima ha affrontato tale problematica, rappresenta un fondamentale punto di riferimento;
              a conferma di tale ruolo svolto dall'Italia, sono le molteplici richieste rivolte all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato nei tavoli di confronto sull'argomento da parte di delegazioni estere;
              va rilevato che l'Associazione degli operatori europei del gioco e delle scommesse (Egba) ha commissionato un apposito studio all’eCommerce and online gambling regulation and assurance (eCOGRA), autorità indipendente che si occupa della protezione del giocatore, sugli standard stabiliti per il gioco responsabile rivolti ai consumatori;
              non si nega che esiste il problema del gioco d'azzardo compulsivo che sta diventando una piaga sociale, e il fenomeno si sta diffondendo anche fra i giovani e numerose indagini dell'Eurispes confermano tale tendenza, ma è incontestabile che una politica di regolamentazione e di controllo che gli organi preposti stanno attuando non è indifferente a questa nuova malattia sociale,

impegna il Governo:

          ad attivarsi al fine di tutelare i giocatori, specialmente di giovane età e ad attuare misure di contrasto al gioco d'azzardo, in ossequio alle normative comunitarie;
          a promuovere iniziative di sensibilizzazione circa i rischi collegati al gioco d'azzardo;
          a rendere più efficace e incisiva l'azione di contrasto ai siti illegali.
(1-00422) «Bernardo, Berardi, Del Tenno, Dima, Vincenzo Antonio Fontana, Germanà, Pagano, Pugliese, Savino, Soglia, Ventucci».


      La Camera,
          premesso che:
              gli Stati parte hanno annunciato il 31 marzo del 2010 di denunciare il Trattato di Bruxelles modificato, istitutivo dell'Unione europea occidentale (UEO);
              questa decisione comporta la scomparsa, al termine di un periodo transitorio di 12 mesi, dell'Assemblea parlamentare dell'UEO, che gli Stati membri hanno riconosciuto «aver contribuito allo sviluppo di una cultura europea della sicurezza e della difesa»;
              l'Assemblea parlamentare della UEO è stata fino ad oggi l'unica sede interparlamentare a riunire i rappresentanti dei parlamenti dei Paesi dell'Unione europea e dei Paesi candidati, dei Paesi europei NATO non aderenti all'Unione europea, nonché come «osservatori», dei rappresentanti dei parlamenti della Russia, della regione caucasica e dei Balcani occidentali, aree di rilevanza cruciale per la sicurezza europea;
          l'articolo 12, paragrafo 1, lettera f) del Trattato sull'Unione europea come modificato dal Trattato di Lisbona, afferma che «i Parlamenti nazionali contribuiscono attivamente al buon funzionamento dell'Unione partecipando alla cooperazione interparlamentare tra parlamenti nazionali e con il Parlamento europeo in conformità del protocollo sul ruolo dei parlamenti nazionali nell'Unione europea»;
              coerentemente con la specifica natura della PSDC gli Stati parte al Trattato di Bruxelles modificato e gli Stati membri dell'Unione europea nella dichiarazione del Consiglio europeo del 31 marzo 2010 «incoraggiano il rafforzamento del dialogo interparlamentare in materia di PSDC, includendovi anche i paesi candidati all'ingresso nell'Unione e gli altri Stati interessati»;
              l'articolo 9 del primo protocollo allegato al Trattato di Lisbona dispone che «il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali definiscono insieme l'organizzazione e la promozione di una cooperazione interparlamentare efficace e regolare in seno all'unione»;
          si sono attivati nel tempo più fori parlamentari settoriali in materia di politica estera e di difesa e sicurezza:
                  l'articolo 10 del primo Protocollo prevede che la COSAC «può altresì organizzare conferenze interparlamentari su temi specifici, in particolare per discutere su argomenti che rientrino nella politica estera e di sicurezza comune, compresa la politica di sicurezza e di difesa comune»;
                  semestralmente i presidenti delle Commissioni esteri dei paesi dell'Unione, del Parlamento Europeo e dei Paesi candidati si riuniscono nell'ambito della cosiddetta COFACC, organizzata e presieduta dal parlamento nazionale del Paese che detiene la presidenza semestrale del consiglio affari generali e con la partecipazione dell'Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune;
                  il Parlamento che detiene la presidenza di turno dell'Unione europea già organizza analoghe riunioni semestrali dei presidenti delle commissioni difesa dei parlamenti dei Paesi membri, dei Paesi candidati, del Parlamento europeo;
                  anche la commissione esteri del Parlamento europeo ha organizzato nel recente passato, pur senza una cadenza regolare, incontri interparlamentari su temi concernenti la politica estera e di sicurezza comune e la politica europea di sicurezza e difesa aperti alla partecipazione dei rappresentanti dei parlamenti nazionali;
                  la stessa commissione esteri del Parlamento europeo ha istituito al suo interno una sottocommissione per i problemi di difesa e sicurezza;
              i formati soprarichiamati appaiono, per composizione e modalità di funzionamento, esposti ad un rischio di settorialità che riduce la possibilità di garantire un controllo interparlamentare PESC/PESD adeguato alle sfide di sicurezza e di difesa con cui l'Europa è chiamata a misurarsi;
              è opportuno perciò dare stabilità e continuità a quel «rafforzamento del dialogo interparlamentare» nelle materie della politica di sicurezza e di difesa comune, auspicato nella dichiarazione del Consiglio europeo del 31 marzo del 2010, razionalizzando e unificando i fori di confronto interparlamentare in materia, garantendo al contempo una sufficiente rappresentatività e continuità;
              il Senato francese ed altri parlamenti europei si sono pronunciati in direzione analoga;
              la Conferenza dei presidenti dei parlamenti dell'Unione europea (CPPU) ha incaricato la Presidenza belga di presentare una proposta entro la prossima sessione dell'aprile 2011;
              nel ritenere opportuno che:
                  a) sia istituita una «Conferenza interparlamentare per la politica estera, di difesa e sicurezza europea», composta da delegazioni del Parlamento europeo, dei Parlamenti dei Paesi – membri e candidati – dell'Unione europea dei Paesi europei NATO non membri dell'Unione europea ed eventualmente di altri Paesi interessati;
                  b) alla Conferenza partecipino delegazioni nazionali – contenute nella dimensione e rappresentative sia di maggioranza che di opposizione – costituite, tra gli altri, da parlamentari delle Commissioni per gli affari esteri, per la difesa e per gli affari europei e da una delegazione della Commissione affari esteri del Parlamento europeo;
                  c) la Conferenza si riunisca ordinariamente almeno 3 volte l'anno, co-presieduta da un rappresentante parlamentare del Paese che esercita la presidenza semestrale dell'Unione europea e dalla presidenza della Commissione esteri del Parlamento europeo;
                  d) la Conferenza possa adottare rapporti scritti, approvare risoluzioni e raccomandazioni di indirizzo e istituire gruppi di lavoro ad hoc;
                  e) alle riunioni della Conferenza possa prendere parte l'Alto Rappresentante che, almeno due volte all'anno, riferisce personalmente linee e strategie della politica estera e di difesa;
                  f) la Conferenza, con sede a Bruxelles, disponga di strutture operative leggere e organizzi la propria attività in cooperazione logistica e operativa con il Parlamento europeo,

impegna il Governo

a ricercare con gli altri Governi interessati la soluzione più idonea sulla base della proposta sopraindicata.
(1-00423) «Cicchitto, Franceschini, Reguzzoni, Casini, Donadi, Dozzo, Fassino, Vitali, Cicu, Tempestini, Pianetta, Antonione, Volontè, Pistelli, Vernetti, Rigoni, Renato Farina, Gianni Farina, Stefani, Malgieri, Zacchera, Stucchi, Rugghia, Villecco Calipari, Arturo Mario Luigi Parisi, Barbi, Cesa, Mogherini Rebesani, Evangelisti, Gozi, Mecacci, Nirenstein, Galati, Bergamini, Formichella».


Risoluzioni in Commissione:

      Le Commissioni riunite V e VII,
          premesso che:
              con la risoluzione n.  8-00025 del 23 dicembre 2008 le Commissioni riunite V e VII della Camera dei deputati hanno provveduto all'assegnazione di quota parte delle risorse stanziate, ai sensi dell'articolo 2, comma 1-bis, del decreto-legge 1o settembre 2008, n.  137, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2008, n.  169, per il finanziamento di interventi per l'edilizia scolastica e la messa in sicurezza degli istituti scolastici ovvero di impianti e strutture sportive dei medesimi;
          a seguito dell'approvazione del richiamato atto di indirizzo e con la successiva pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 5 maggio 2009, n.  102, del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del 29 aprile 2009, sono stati individuati i beneficiari degli interventi di cui al richiamato articolo 2, comma 1-bis, del decreto-legge n.  137 del 2008, concernente la destinazione di contributi statali al finanziamento degli interventi per l'edilizia scolastica e la messa in sicurezza degli istituti scolastici;
          le risorse ripartite ammontano a 12.539.000 euro per l'anno 2009;
          con nota del 25 novembre 2009 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha comunicato che, a fronte delle domande presentate, è stato possibile finanziare 130 interventi per complessivi euro 9.161.000 e che, pertanto, rispetto agli interventi finanziati dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del 29 aprile 2009, residuano somme pari a 3.378.000 euro;
          per l'esercizio 2010 tali somme sono state conservate, in conto residui, nel capitolo 7151 dello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
          il richiamato decreto-legge n.  137 del 2008, all'articolo 2, comma 1-bis, dispone che all'individuazione degli interventi e degli enti destinatari, si provvede con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in coerenza con apposito atto di indirizzo delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari;
          attese le preminenti finalità di salute e sicurezza dell'utenza scolastica, risulta necessario provvedere in tempi rapidi a ripartire la richiamata somma residua di 3.378.000 euro,

impegnano il Governo

ad attenersi, ai fini dell'assegnazione della somma residua indicata in premessa ed oggetto della presente risoluzione, alle priorità di cui all'elenco 1.

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(7-00386) «Gioacchino Alfano, Palmieri, Bitonci, Baretta».


      La V Commissione,
          premesso che:
              la legge 23 dicembre 2009, n.  191, all'articolo 2, comma 48, ha assegnato 100 milioni di euro, per l'anno 2010, al Fondo per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio, istituito, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, di cui all'articolo 13, comma, 3-quater, del decreto-legge 25 giugno 2008, n.  112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n.  133;
              il richiamato articolo 13, comma 3-quater, del decreto-legge n.  112 del 2008 stabilisce che, a valere sulle risorse del fondo, sono concessi contributi statali per interventi realizzati dagli enti destinatari nei rispettivi territori per il risanamento e il recupero dell'ambiente e lo sviluppo economico dei territori stessi;
              lo stesso articolo 13, comma 3-quater, del decreto-legge n.  112 del 2008 stabilisce che alla ripartizione delle risorse e all'individuazione degli enti beneficiari si provvede con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze in coerenza con apposito atto di indirizzo delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari;
          con la risoluzione del 21 aprile 2010, la V Commissione del Senato della Repubblica ha provveduto ad adottare l'atto di indirizzo di cui al richiamato articolo 13, comma 3-quater;
              risultano quindi nella disponibilità della Camera, per gli interventi di cui al richiamato articolo 13, comma 3-quater, del decreto-legge n.  112 del 2008, per l'anno 2010, risorse pari a 50 milioni di euro;
              i documenti predisposti dalle istituzioni europee sulla nuova Strategia «UE 2020», che modificherà ed integrerà la Strategia di Lisbona, sottolineano l'importanza di perseguire parallelamente gli obiettivi di carattere sociale, economico ed ambientale e l'opportunità di potenziare l'interconnessione infrastrutturale e la coesione territoriale, nel rispetto della compatibilità ambientale;
              nell'attuare il disposto della richiamata disposizione, si è ritenuto opportuno accogliere una definizione di sviluppo economico e di tutela ambientale dei territori analoga a quella fatta propria in sede europea nell'ambito della Strategia UE 2020 sopra richiamata ed alla quale devono ispirarsi le politiche di sviluppo adottate dagli Stati membri;
              l'importanza delle politiche di coesione, al fine di favorire lo sviluppo dei territori è stata peraltro sottolineata anche nel documento approvato dalle Commissioni riunite V e XIV l'11 marzo 2010, nell'ambito dell'esame del Documento di lavoro della Commissione europea: Consultazione sulla futura strategia UE 2020 (COM(2009)647 def.);
          risulta necessario provvedere in tempi brevi a ripartire la quota parte delle predette risorse nella disponibilità della Camera,

impegna il Governo

ad attenersi, ai fini dell'assegnazione di quota parte del Fondo di cui all'articolo 13, comma 3-quater, del decreto-legge n.  112 del 2008, convertito, con modificazioni dalla legge n.  133 del 2008, come incrementato, da ultimo, dall'articolo 2, comma 48, della legge 23 dicembre 2009, n.  191, alle priorità di cui all'elenco 1.

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(7-00385) «Gioacchino Alfano, Baretta, Bitonci, Ciccanti, Commercio, Cesario».


      La VI Commissione,
          premesso che:
              il decreto ministeriale 31 gennaio 2000, n.  29, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 22 febbraio 2000 n.  43, con il quale è stato adottato il regolamento recante norme per l'istituzione del gioco «Bingo» ai sensi dell'articolo 16 della legge 13 maggio 1999, n.  133, prevede espressamente, all'articolo 9, comma 1, che: «il concessionario presta all'amministrazione finanziaria cauzione, a mezzo di fideiussione bancaria a prima richiesta o polizza assicurativa equivalente, di lire 1 miliardo (pari a euro 516.456,89) per ciascuna sala al fine di garantire l'adempimento dei propri obblighi»;
              tale garanzia era originariamente finalizzata a garantire il pagamento del prelievo erariale sulle cartelle acquistate, nonché il rispetto degli obblighi organizzativi cui è tenuto il concessionario ai sensi della convenzione stipulata con l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, consistenti nell'installazione degli strumenti informatici e multimediali conformi alle specifiche tecniche definite dalla stessa Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, nel rispetto di una serie di caratteristiche strutturali della sala dove si svolge il gioco, nonché in una idonea presenza di personale;
              la predetta garanzia, a distanza di circa dieci anni dall'attribuzione delle concessioni, sembra tuttavia aver perso gran parte della sua ragion d'essere, atteso che i concessionari, per ottenere la concessione stessa, devono avere in gran parte già ottemperato ai predetti obblighi organizzativi, e tenuto conto che, ai sensi dell'articolo 5 del già citato decreto ministeriale 31 gennaio 2000, n.  29, essi sono tenuti a pagare in anticipo all'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato il prelievo erariale su ciascuna cartella di gioco, salva la possibilità, introdotta in via sperimentale, fino al 31 dicembre 2010, dal decreto direttoriale 8 ottobre 2009, di effettuare il versamento del prelievo entro sessanta giorni dal ritiro delle cartelle;
              pertanto, la fideiussione sembra, per lo più, destinata a garantire il pagamento, da parte dei concessionari, delle vincite in favore dei giocatori, che raggiungono tuttavia un ammontare molto più basso della garanzia richiesta, nonché, eventualmente, il pagamento differito delle cartelle;
              il richiamato obbligo di fideiussione costituisce comunque un onere finanziario non secondario per i concessionari del gioco, e si è rivelato inoltre fonte di ulteriori difficoltà, nell'ipotesi, riscontrata concretamente dall'interrogazione n.  5-03256 Soglia, recentemente svolta presso la Commissione finanze della Camera, in cui il soggetto fideiussore sia oggetto di un provvedimento di revoca dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività bancaria;
              in tale contesto, ed attese le difficoltà che alcuni concessionari incontrano nel reperire le predette garanzie fideiussorie, in considerazione della generale, scarsa propensione del sistema bancario ad erogare finanziamenti alle imprese nell'attuale scenario economico e finanziario, appare opportuno riconsiderare la materia, rimodulando il citato obbligo di garanzia, al fine di sollevare il più possibile i concessionari da un onere finanziario che rischia, in molti casi, di pregiudicarne la stessa sopravvivenza economica,

impegna il Governo

ad assumere iniziative di carattere normativo volte a rivedere la disciplina relativa all'obbligo, per i concessionari del gioco «Bingo», di prestare fideiussione, nel senso di modulare l'importo della garanzia richiesta a ciascun concessionario, sulla base del numero medio di cartelle da questo ritirate durante l'anno precedente.
(7-00383) «Soglia».


      L'VIII Commissione.
          premesso che:
              nell'attuale difficile congiuntura economica che colpisce il Paese, aumenta progressivamente la componente di popolazione costretta a misurarsi con problematiche connesse alla condizione abitativa, che sempre più frequentemente rischia di diventare elemento di sofferenza economica e di disagio sociale;
              la questione abitativa sta assumendo i caratteri di una vera e propria emergenza nazionale, anche in considerazione dell'aumento sproporzionato dei valori immobiliari del mercato residenziale privato registrato negli ultimi anni (si stimano in 430.000 le famiglie in difficoltà per il costo dei mutui);
              la situazione è resa particolarmente critica dal fatto che il mercato immobiliare italiano è caratterizzato da una generale scarsità di alloggi in affitto e l'edilizia sociale è particolarmente danneggiata da una fiscalità non rispondente all'esigenza di favorire l'accesso delle fasce più deboli della popolazione al mercato delle locazioni;
              il Piano Casa annunciato dal Governo nel luglio 2008 sconta ormai due anni di ritardo; il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di approvazione è arrivato solo nel luglio 2009 e il sistema dei fondi immobiliari, che dovrebbe coinvolgere investitori istituzionali e privati, oltre che i livelli amministrativi locali, di fatto non è a tutt'oggi ancora operativo. Peraltro questa forma di investimento andrebbe ad incrementare l'offerta di alloggi in affitto senza alcun vincolo di socialità, se non genericamente a canone sostenibile; si darebbe (forse) risposta ad una fascia sociale «adiacente» a quella del disagio abitativo grave, lasciando però irrisolti i problemi delle oltre 600.000 famiglie inserite utilmente nelle graduatorie dell'ERP e di quelle svantaggiate o a rischio di esclusione dal mercato libero dell'affitto a causa della congiuntura economica negativa;
              per contro gli interventi di edilizia residenziale pubblica non hanno visto in questi anni nessuna attivazione di nuove risorse; i 550 milioni di euro stanziati dal decreto-legge n.  159 del 2007 per l'attivazione del Programma straordinario di interventi di edilizia sociale del Governo Prodi, già assegnate alle regioni sulla base di un accordo unitario ed immediatamente attivabili per la realizzazione di oltre 12.000 alloggi in locazione a canone sociale, sono stati «requisiti» dall'esecutivo e dopo un lungo contenzioso solo parzialmente riassegnati alle regioni; 200 milioni sui 550 previsti mentre per la parte restante non ci sono garanzie di copertura. Anche i 377 milioni per i quali solo lo scorso maggio è stato pubblicato il decreto di ripartizione alle regioni sono risorse derivanti da precedenti linee di finanziamento non attivate;
              la finanziaria per il 2010 ha registrato un taglio di 207 milioni di euro rispetto alle previsioni assestate al programma delle politiche abitative. Di questi, 37 milioni hanno interessato il Fondo per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione, progressivamente impoverito in questi anni. L'ultima manovra di finanza pubblica imporrà una nuova restrizione per il 2011, riducendo il fondo nazionale a 98 milioni di euro, e i tagli ai trasferimenti verso le regioni comporteranno inevitabilmente una riduzione degli interventi nelle politiche per la casa. Tutto questo mentre le richieste di accesso al fondo sono cresciute enormemente, arrivando a quota 320.000, mentre gli sfratti hanno raggiunto ad oggi la cifra emergenziale di oltre 230.000, di cui oltre il 90 per cento per morosità;
              in questo difficile contesto si colloca la specifica condizione di disagio in cui versano gli affittuari degli immobili di proprietà degli enti previdenziali privatizzati ai sensi del decreto legislativo 30 maggio 1994, n.  509, legata all'aumento indiscriminato degli affitti, che colpisce pesantemente un ceto medio costituito soprattutto da lavoratori dipendenti e pensionati, con aumenti di affitto che arrivano in alcuni casi fino al 300 per cento, ed a politiche di dismissione a prezzi di mercato in larga misura inaccessibili agli inquilini attuali, pur interessati all'acquisto delle abitazioni poste in vendita;
              l'attuale politica di dismissione degli immobili di proprietà di enti previdenziali privatizzati, quali Enasarco, Enpaia, Enpam, Enpaf ed altri, trova origine nell'articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 16 febbraio 1996, n.  104, in materia di dismissioni del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici, nonché nell'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 23 febbraio 2004, n.  41, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2004, n.  104, che fissava le modalità di determinazione del prezzo di immobili pubblici oggetto di cartolarizzazione, prendendo a riferimento i valori di mercato del mese di ottobre 2001;
              successivamente con norma di interpretazione autentica dell'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 16 febbraio 1996, n.  104, approvata nel 2004, (comma 38 dell'articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n.  243) si è stabilito che la disciplina afferente alla gestione dei beni, alle forme del trasferimento della proprietà degli stessi e alle forme di realizzazione di nuovi investimenti immobiliari contenuta nel medesimo decreto legislativo, non si applica agli enti privatizzati ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 1994, n.  509, ancorché la trasformazione in persona giuridica di diritto privato sia intervenuta successivamente alla data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo n.  104 del 1996;
              a seguito di tale disposizione gli enti previdenziali privatizzati, interessati a procedere ad una operazione di dismissione del proprio patrimonio immobiliare, hanno assunto come riferimento valori di mercato (e non più riferiti al 2001), applicando ai rinnovi dei contratti di locazione aumenti dei canoni fino al 100 per cento, con conseguenti rischi di sfratto per tutti gli inquilini non disposti ad accettare le nuove locazioni a causa dei prezzi insostenibili;
              successivamente in base ad accordi sottoscritti tra diversi enti privatizzati ed alcuni sindacati di inquilini nel settembre 2008, è stato adottato un criterio secondo cui gli appartamenti potranno essere venduti agli inquilini ad un prezzo al metro quadrato che prende a riferimento il valore medio stabilito dall'Agenzia del territorio sulla base degli accordi territoriali; valore che in molti casi risulta paradossalmente più elevato rispetto a quello normalmente praticato sul mercato, in quanto l'Agenzia del territorio, ai fini della determinazione del citato importo medio, tiene conto unicamente dei dati relativi alle compravendite effettivamente conclusesi e perciò non considera la forte contrazione delle vendite, registratasi negli ultimi anni, che ha provocato la diminuzione in maniera consistente del prezzo degli immobili;
              se le previsioni contenute nei citati provvedimenti normativi del 1996 e del 2004 perseguivano lo scopo di promuovere una dismissione progressiva ed equa, sia per la proprietà sia per gli inquilini, degli immobili posti nella disponibilità degli enti previdenziali, anche successivamente allo loro privatizzazione, al fine di favorire l'accesso in proprietà agli occupanti in affitto e consentire un tendenziale risanamento finanziario dei relativi enti privatizzati, a seguito delle disposizioni interpretative recate dal comma 38 dell'articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n.  243 tali finalità risultano pesantemente compromesse;
              appare opportuno agire nella direzione di una più efficace tutela degli attuali inquilini che vorrebbero accedere all'acquisizione delle unità immobiliari già occupate, prevedendo il rinnovo dei contratti di locazioni in scadenza o già scaduti con maggiorazioni più contenute e regolamentate;
              parallelamente occorrerebbe accompagnare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare di proprietà degli enti privatizzati, stabilendo prezzi definiti di alienazione secondo le condizioni già applicate in passato dagli enti pubblici e, nel caso, riconoscendo un diritto di prelazione agli enti locali, esercitabile anche in collaborazione con le aziende ex I.A.C.P. competenti per territorio, ciò al fine di favorire un'azione calmieratrice dei prezzi e di rispondere a situazioni di disagio abitativo particolarmente pressanti;
              il 18 dicembre 2008 è stata approvata all'unanimità dalla Commissione la risoluzione n.  8-00024 che prevedeva, tra l'altro: l'assunzione di iniziative volte a sostenere il «Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione» e il «Fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa», come strumenti di base per il riequilibrio delle distorsioni esistenti nel settore abitativo; il rafforzamento del patrimonio di edilizia residenziale pubblica, attraverso adeguati programmi di investimento e di recupero degli alloggi inagibili, per assicurare l'accesso all'abitazione in affitto a canone sociale alle numerose famiglie in gravi condizioni di disagio sociale ed in attesa di assegnazione di un alloggio pubblico che, per motivi economici, vengono espulse dal mercato della locazione; l'incentivazione delle iniziative di recupero urbanistico ed edilizio, anche attraverso il sostegno alle operazioni di bonifica delle aree dismesse, al fine di limitare il consumo di suolo libero e di promuovere la qualità architettonica e i livelli di innovazione tecnologica, risparmio energetico e sostenibilità ambientale dell'edilizia; il rapido utilizzo – per l'edilizia pubblica a canone sociale o concordato – di quota parte del consistente patrimonio immobiliare demaniale, detenuto da enti statali o territoriali, in qualunque forma giuridica costituiti, mediante procedure e accordi specifici tra Agenzia del demanio, enti territoriali, IACP comunque denominati o riformati o altri soggetti interessati; l'adozione di misure finalizzate specificamente a risolvere in via definitiva – d'intesa con le regioni – la questione delle procedure esecutive di rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo per le categorie svantaggiate di cui al decreto-legge n.  158 del 2008,

impegna il Governo:

          a prevedere l'urgente ed immediata attivazione di un tavolo tecnico che coinvolga i prefetti, i sindacati e i comitati degli inquilini, le rappresentanze degli enti locali e gli stessi enti privatizzati, al fine di individuare soluzioni idonee a risolvere nell'immediato le situazioni di disagio degli inquilini illustrate in premessa e a proporre una ridefinizione della normativa vigente in materia di gestione e alienazione di alloggi degli enti privatizzati ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 1994, n.  509, con l'obiettivo di tutelare i diritti e degli interessi legittimi degli attuali conduttori degli immobili, pur nel rispetto dell'autonomia gestionale degli enti stessi;
          a prevedere nell'immediato ed in via straordinaria, nelle more di attivazione del suddetto tavolo tecnico, la sospensione delle procedure di alienazione degli immobili di proprietà degli enti previdenziali privatizzati, degli aumenti dei canoni connessi ai rinnovi contrattuali, nonché delle procedure di sfratto in corso, in ragione della particolare congiuntura economica che vede nel disagio abitativo un fattore di ulteriore aggravamento;
          a procedere celermente all'assunzione delle iniziative conseguenti agli impegni derivanti dall'approvazione all'unanimità da parte della Commissione ambiente della Camera il 18 dicembre 2008 della risoluzione 8-00024 per una politica organica della casa.
(7-00384) «Braga, Mariani, Benamati, Bratti, Bocci, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Realacci, Viola, Zamparutti».


      La Commissione XI,
          premesso che:
              molteplici sono le criticità di natura organizzativa, procedurale ed amministrativa relative alle strutture pubbliche sociali operanti nel settore della navigazione marittima: criticità amplificate dalla recente soppressione dell'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA) operata dal decreto-legge 78 del 2010 e la sua successiva confluenza nell'Inail;
          la specificità del settore marittimo è stata condizionata da una frammentazione delle competenze e dalla molteplicità delle strutture pubbliche chiamate ad intervenire nell'azione amministrativa, rendendo complessa una gestione unitaria dell'intero assetto organizzativo;
          segnatamente, per quanto riguarda il sistema degli adempimenti burocratici dei lavoratori marittimi nei confronti della pubblica amministrazione, finalizzati all'ottenimento delle forme di assistenza sanitaria e di sostegno al reddito in caso di inidoneità o di inabilità al lavoro anche temporanea, esistono molteplici criticità dovute proprio alla molteplicità degli attori chiamati ad espletare i medesimi servizi;
          attualmente sono diverse le realtà pubbliche che operano nel settore marittimo e che condividono le medesime procedure operative ed organizzative attinenti alle dinamiche lavorative della gente di mare. Queste sono l'IPSEMA (Istituto soppresso a seguito dell'entrata in vigore del decreto-legge 78 del 2010 e confluito nell'INAIL), i servizi di assistenza sanitaria al personale navigante (SASN) del Ministero della salute, e gli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera (USMAF), a cui si aggiungono realtà che forniscono servizi imprescindibile come il Centro internazionale radio medico (CIRM). Alle competenze di tali realtà si uniscono quelle condivise con l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL);
          tra le suindicate realtà operative nel settore marittimo, l'IPSEMA (oggi Inail), gli uffici SASN e gli uffici USMAF erogano in parte medesimi servizi in materia di prestazioni mediche, accertamenti idoneità, valutazione abilità/inabilità ed altri del personale navigante, con palesi quanto paradossali duplicazione, sovrapposizione funzionale e amministrativa oltre che conflitti di attribuzione tra enti;
          in virtù della frammentazione amministrativa in capo al comparto, l'utenza marittima è chiamata a svolgere molteplici e talvolta farraginosi adempimenti burocratici nei confronti della pubblica amministrazione soprattutto – appunto – per l'ottenimento delle forme di assistenza sanitaria e di sostegno al reddito in caso di inidoneità o di inabilità al lavoro anche temporanea;
          allo stato attuale – ad esempio – un lavoratore marittimo al fine di svolgere opportuni accertamenti medico-legali è tenuto a rivolgersi presso il competente ufficio di Assistenza Sanitaria al personale Navigante – SASN e poi ai controlli presso l'IPSEMA, per l'erogazione delle prestazioni, con conseguenti oneri, anche economici, a carico degli assistiti e dei datori di lavoro;
          questa Commissione aveva avviato, nel febbraio 2010, l'esame di un articolato progetto di legge (A.C. 2863) diretto ad istituire l'ente sociale italiano della navigazione, le cui finalità erano quelle di riunire in un unico ente previdenziale il settore della navigazione e dei soggetti operanti nel campo marittimo, compreso l'Ipsema;
          stando all'istruttoria preliminare, il progetto Esin avrebbe comportato un risparmio per l'erario di circa 14 milioni di euro a fronte dei circa 600 mila euro (ipotetici) derivanti dalla confluenza dell'Ipsema all'Inail tracciata dal testo del decreto-legge 78 del 2010;
          in particolare, in base ai dati a disposizione dell'interrogante, l'eliminazione delle duplicazioni di funzioni che deriverebbe dalla istituzione di un unico ente marittimo, ossia, l'eliminazione delle medesime prestazioni erogate in favore dei lavoratori marittimi da più Enti, comporterebbe un risparmio di circa 2 milioni di euro;

impegna il Governo

ad avviare un progetto di razionalizzazione delle funzioni in materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali inerente a tutti i soggetti che svolgono attività in mare ovvero in ambito lagunare, lacuale e fluviale, che preveda l'attribuzione ad un unico ente pubblico, di nuova costituzione, le funzioni nonché le competenze attribuite alla molteplicità delle strutture pubbliche attualmente operanti nell'ambito del suindicato settore marittimo.
(7-00382) «Di Biagio».


ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:

      DI BIAGIO. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          in data 23 luglio 2010 un treno Eurostar alta velocità proveniente da Milano e diretto a Napoli dopo qualche minuto dalla partenza – avvenuta da Roma alle ore 14 – è stato bloccato nelle campagne di Labico in provincia di Roma per circa 3 ore a causa di problemi al locomotore;
          i passeggeri bloccati sulla vettura non sono stati informati immediatamente di quanto stesse accadendo anche in considerazione del fatto che non erano attivi i sistemi di altoparlanti all'interno del convoglio;
          il veicolo, la cui centralina operativa veniva costantemente riavviata, non garantiva adeguata climatizzazione costringendo i pochi operatori che circolavano affannati e preoccupati nei corridoi ad aprire gli sportelli del treno da cui molti passeggeri cominciavano a scendere malgrado i divieti ripetuti a voce alta;
          dopo circa un'ora dal blocco della vettura alle porte di Roma le scorte di acqua e di bibite si erano esaurite, gettando nel panico soprattutto le madri, i bambini e le persone anziane che soffrivano particolarmente della condizione di stress psico-fisico a cui la persistenza del danno alla vettura li costringeva;
          la situazione di panico ha spinto alcuni abitanti della stradina di campagna che costeggiava i binari a gettare bottigliette e damigiane di acqua soprattutto per alleviare la richiesta degli anziani;
          malgrado la posizione del binario fosse particolarmente scomoda nonché pericolosa – poiché costeggiava un piccolo canale irriguo e dei rovi – molti giovani si sono offerti volontari al fine di recuperare l'acqua offerta dagli abitanti del posto. Alcuni giovani si sono procurati delle ferite cadendo nel canale o recuperando bottiglie cadute nei rovi;
          alle ore 17.40 il treno – dopo svariate vicissitudini legate alla scarsa capacità operativa degli operatori chiamati a gestire la crisi – è stato trainato da una motrice presso la stazione Tiburtina con lo scopo di ripartire da questa alle 18.30 con un secondo treno diretto a Napoli;
          malgrado fossero stati chiamati i mezzi della protezione civile per far fronte all'emergenza, questi sono arrivati in concomitanza della partenza del treno per la stazione Tiburtina dimostrando una scarsa tempestività, necessaria in momento tanto complesso e drammatico;
          dall'incidente di Labico emerge in maniera oggettiva che non esiste una procedura operativa chiara ed articolata finalizzata alla gestione dell'emergenza, considerando che gli attori coinvolti – i vari tecnici Trenitalia ed i referenti della protezione civile – hanno operato in maniera totalmente dissonante e di conseguenza inefficace;
          la società Trenitalia ha evidenziato ai media di aver fornito assistenza e supporto ai passeggeri del treno bloccato per guasto e di aver accumulato soltanto 3 ore di ritardo a fronte delle 6 ore materialmente accumulate;
          ai passeggeri coinvolti nel lungo contrattempo ferroviario non è stata evidenziata un'eventuale procedura di rimborso ma a chi ha avuto ancora la forza di chiedere è stato risposto che avrebbe potuto ottenere un rimborso parziale pari al 50 per cento del costo intero del biglietto, soltanto previa richiesta in agenzia o biglietteria trascorsi 20 giorni dall'avvenuto ritardo;
          è importante ricordare che il costo del biglietto del treno alta velocità è cresciuto in maniera esponenziale nell'arco di 4 anni, passando – per quanto riguarda la tratta Roma-Napoli – dai 33 ai 44 euro a fronte di un incremento della qualità e della efficienza delle vetture e della rete ferroviaria, ad avviso dell'interrogante, inconsistente;
          stando ai dati a disposizione dell'interrogante, quasi ogni settimana e segnatamente nei giorni di massima affluenza di passeggeri come il venerdì, si verificano molteplici inconvenienti in particolare sulla tratta Milano-Napoli che contribuiscono a maturare ritardi tra i 20 ed i 40 minuti;
          la mancanza di rispondenza delle strategie operative nonché delle dinamiche gestionali della citata società per azioni alle reale esigenze nonché alla tutela delle garanzie degli utenti lascia emergere delle criticità in merito alle scelte e alle programmazioni del corpo dirigenziale di Trenitalia  –:
          se siano a conoscenza delle criticità espresse in premessa;
          quali iniziative si intendano definire al fine di individuare un piano efficiente di gestione dell'emergenza in caso di incidenti o di inconvenienti come quello testé descritto al fine di evitare dinamiche operative disarmoniche tra protezione civile, tecnici e operatori di Trenitalia;
          se si intenda sollecitare con opportune iniziative l'ipotesi di forme di indennizzo e di risarcimento straordinarie in caso di incidenti la cui gravità si collochi entro parametri ben diversi dalle fattispecie rapportabili al semplice ritardo;
          se si ritenga possa essere auspicabile una rinnovata valutazione in itinere dell'efficienza nonché della capacità di gestione del patrimonio della società per azioni da parte del corpo dirigenziale di Trenitalia utilizzando come parametri di riferimento anche il livello di qualità dei servizi ed il grado di tutela riservato ai consumatori. (4-08230)


      LUCIANO ROSSI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

su specifica indicazione del dipartimento di pubblica sicurezza, ufficio per gli affari della polizia amministrativa, alcuni uffici territoriali del Governo, in presenza di istanza di esportazione di munizioni per il tiro a volo, richiedono all'azienda esportatrice di depositare copia della corrispondente licenza di importazione rilasciata dal Paese di destinazione legalizzata dalle autorità diplomatiche italiane e tradotta mediante traduzione asseverata. Tale prassi viene giustificata dalla presunta necessità di applicare la legge 16 marzo 2006, n.  146, di attuazione del «Protocollo contro la fabbricazione ed il traffico illecito di armi da fuoco e di loro parti, elementi e munizioni» dell'ONU. In realtà, la predetta legge non prevede alcun obbligo del genere, né tale obbligo esiste in alcuno dei Paesi che hanno firmato e ratificato il Protocollo. Tale prassi, che appare illegittima, ha generato praticamente il blocco delle esportazioni verso i Paesi extraeuropei, poiché i clienti stranieri trovano gravosa la legalizzazione presso le rappresentanze diplomatiche e preferiscono acquistare le merci altrove, con perdita di quote di mercato a favore degli altri Paesi produttori comunitari (Francia, Germania, Spagna), che non sono soliti applicare misure che limitino illegittimamente le loro esportazioni. Il blocco sta causando alle aziende danni per milioni di euro, aggravando la situazione negativa dovuta alla crisi internazionale e mettendo in pericolo il primato italiano di primo produttore europeo di cartucce sportive. Come è noto, la circolazione delle merci è di competenza normativa esclusiva dell'Unione europea, e risulta infatti in preparazione un regolamento europeo per l'attuazione dell'articolo 10 del Protocollo che disciplini in maniera uniforme l'esportazione delle armi e delle cartucce in tutta l'Unione. Regolare in maniera diversa la materia nelle more dell'emanazione del regolamento europeo viola, secondo l'interrogante, il principio di leale cooperazione, oltre a svantaggiare illegittimamente le sole aziende italiane  –:
          quali azioni il Ministro dell'interno intenda porre in essere al fine di mettere fine al blocco delle esportazioni e rimediare a tale esiziale situazione;
          quali azioni il Ministro dell'interno intenda porre in essere per tenere indenni le aziende dei rilevanti mancati introiti;
          quali azioni la Presidenza del Consiglio dei ministri intenda porre in essere al fine di promuovere le esportazioni di cartucce per il tiro sportivo, al pari con gli altri settori produttivi e in linea con le direttive generali di sviluppo del saldo attivo della bilancia dei pagamenti che il Governo sostiene. (4-08232)


      NACCARATO. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          venerdì 23 luglio 2010 una violenta tromba d'aria si è abbattuta su alcuni comuni del padovano. In particolare i territori di Abano Terme, Albignasego, Montegrotto Terme, Padova, Piove di Sacco e Ponte San Nicolò sono stati investiti da una tempesta di grandine alimentata da intense raffiche di vento, con grave danno per abitazioni, veicoli, infrastrutture pubbliche e coltivazioni agricole della zona;
          dalle numerose ricognizioni effettuate dal personale dei vigili del fuoco, dai tecnici delle squadre degli assessorati municipali alla manutenzione, dalla polizia locale e dai volontari della protezione civile emerge una prima stima dei danni nell'ordine di 5-10 milioni di euro;
          il 6 luglio 2008 i residenti dei comuni sopra citati sono stati colpiti da una calamità naturale del tutto analoga, riportando – anche in quel frangente – ingenti danni ai beni immobili e alle attività economiche. A distanza di due anni i risarcimenti promessi dal Governo non sono ancora giunti a destinazione, al punto che molti proprietari degli stabili danneggiati sono dovuti ricorrere alla sottoscrizione di prestiti bancari per poter effettuare le necessarie riparazioni;
          come si apprende da note ufficiali della giunta regionale del Veneto, il presidente Luca Zaia si appresta a chiedere lo stato di calamità per le aree del padovano colpite dalla tromba d'aria e a vigilare «affinché questa volta i danni subiti dai cittadini veneti siano veramente risarciti»;
          come si apprende dalla medesima fonte l'assessore regionale con delega alla protezione civile Daniele Stivai ha ammesso che «la Regione del Veneto è già da tempo in grave difficoltà per le numerose emergenze maltempo verificatesi in questi anni, che non sempre hanno trovato adeguata risposta a livello centrale»;
          secondo le dichiarazioni pubblicate dai principali quotidiani locali il 27 luglio 2010, il sottosegretario alla protezione civile Guido Bertolaso ha garantito che «il Consiglio dei Ministri prenderà provvedimenti dichiarando per questi comuni lo stato di emergenza e assicurando lo stanziamento dei fondi entro la fine dell'anno»  –:
          se il Governo sia al corrente dei fatti fin qui esposti;
          quali misure concrete il Governo intenda mettere in atto per garantire il tempestivo risarcimento dei danni ai cittadini colpiti dalla tromba d'aria che ha investito i comuni del padovano il 23 luglio 2010;
          in che modo intenda risolvere il grave ritardo negli indennizzi per l'analogo evento atmosferico che si è abbattuto sugli stessi territori il 6 luglio 2008. (4-08245)


      GIRLANDA. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          è stata pubblicata in data 22 luglio 2010 la norma UNI 11367, «Acustica in edilizia – Classificazione acustica delle unità immobiliari – Procedura di valutazione e verifica in opera», che si aggiunge a quella sulle prestazioni energetiche degli edifici (UNI TS 11300);
          la norma definisce la classificazione acustica degli edifici, basata su misure effettuate al termine dell'opera, che consentirà di informare i futuri proprietari/abitanti sulle caratteristiche acustiche dell'abitazione e di tutelare i vari soggetti che intervengono nel processo edilizio (progettisti, produttori di materiali da costruzione, costruttori, venditori) da possibili successive contestazioni;
          la UNI 11367 si applica a tutti i tipi di edifici, tranne a quelli ad uso agricolo, artigianale e industriale;
          la valutazione complessiva di efficienza sarà obbligatoriamente accompagnata da valutazioni per ogni singolo requisito considerato: sono infatti oggetto di classificazione l'isolamento di facciata, l'isolamento rispetto ai vicini (sia per i rumori aerei, sia per i rumori di calpestio) e il livello sonoro degli impianti;
          il Governo deve ancora emanare la nuova normativa in materia di isolamento acustico in edilizia, in attuazione della delega di cui all'articolo 11 della legge n.  88 del 7 luglio 2009  –:
          se la certificazione sarà obbligatoria anche per tutte le unità immobiliari esistenti o se la sua produzione diverrà tale solo al momento di eventuali atti di vendita o stipule di contratti d'affitto;
          quali saranno i soggetti abilitati al collaudo e quali iniziative si intendano attuare per garantire i cittadini in merito alla congruità della spesa per il collaudo. (4-08250)


      LEOLUCA ORLANDO e EVANGELISTI. —Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          Faith Aiworo è una ragazza nigeriana di 23 anni arrivata in Italia nel 2007. Dalla Nigeria, suo Paese di origine, a quanto si apprende dal suo avvocato, è stata costretta a scappare perché accusata di omicidio, in quanto avrebbe provocato la morte dell'uomo che aveva tentato di violentarla, probabilmente un ex datore di lavoro. Arrestata in Nigeria e uscita di prigione dietro cauzione lascia, quindi, il paese;
          giunta «irregolare» in Italia, per due anni non ha trovato modo di ottenere un permesso di soggiorno, ma neppure sarebbe stata informata del diritto a conseguire l'asilo proprio perché, nel suo Paese, avrebbe rischiato la pena di morte;
          nel corso di questi anni le vengono notificati ben due decreti di espulsione, ma lei continua a rimanere nel capoluogo emiliano dove riesce anche a costruirsi una vita. Ha un compagno, e nel 2009 aveva anche trovato un lavoro regolare che le aveva consentito di fare richiesta di permesso di soggiorno. Un permesso mai arrivato;
          qualche settimana fa un suo connazionale tenta di usarle violenza mentre sta in casa. I vicini allarmati dalle urla chiamano i carabinieri, che arrivati sul posto, dopo aver constatato che il tentativo di violenza c'era stato, non solo arrestano lui, ma portano via anche lei a causa di quei due decreti di espulsione non ottemperati. Faith finisce nel Centro di identificazione ed espulsione (CIE) di Bologna dove il decreto di espulsione diventa effettivo;
          il 20 luglio 2010 viene prelevata dal Cie e rimpatriata; questo nonostante la richiesta d'asilo presentata dallo stesso avvocato e la domanda di sospensiva presentata al giudice di pace per motivi di giustizia;
          ciò che stupisce e amareggia è la velocità con cui è stato eseguito il rimpatrio, avvenuto ancor prima della decisione da parte del giudice sulla sospensiva;
          la polizia, inoltre, sostiene che dalla banca dati Interpol non risultava nessun provvedimento di cattura nei confronti della ragazza e che quest'ultima, «serena e tranquilla» durante la permanenza al Cie non avrebbe «mai manifestato in alcun modo l'intenzione di chiedere la protezione internazionale», né avrebbe raccontato a nessuno la vicenda dell'uccisione avvenuta nel tentativo di stupro, mentre per l'avvocato di Faith: «Il punto è che non spetta a loro questa valutazione, lo deve fare una commissione ad hoc» e che «Faith non parla minimamente l'italiano, tanto che per l'udienza di convalida al Cie c’è stato bisogno dell'interprete»;
          il Consiglio italiano per i rifugiati (Cir) ha scritto all'ambasciatore italiano in Nigeria, e i sindacati Cgil, Cisl, e Uil di Bologna, in un comunicato unitario, denunciano che «La Costituzione Italiana è contro la pena di morte perché questa rappresenta la violazione più brutale del più basilare dei diritti umani. Ed è per questa ragione che Cgil Cisl e Uil – ancora increduli della rapidità con cui si è deciso e provveduto alla espulsione – condannano l'accaduto, denunciano una legge che non ha mai permesso a Faith di poter richiedere un regolare permesso di soggiorno, e chiedono al Governo e alle Istituzioni tutte di attivarsi nei tempi utili per salvare la vita a Faith»;
          l'articolo 19, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea testualmente recita: «Nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti»;
          questa Carta (2000/C - 364/01) proclamata solennemente a Nizza il 7 dicembre 2000, vincola irrevocabilmente lo Stato italiano, al pari degli altri Stati membri dell'Unione europea, al suo rispetto, tanto più che la Costituzione, all'articolo 2, impone alla Repubblica l'osservanza dei diritti inviolabili dell'uomo (tra cui quello alla vita) ed il successivo articolo 10 impegna l'ordinamento a conformarsi alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute;
          l'ordinamento italiano deve conformarsi ai principi e agli obblighi derivanti dai trattati internazionali e tra questi è previsto il divieto di espellere uno straniero verso un Paese in cui rischia la pena di morte;
          la ragazza africana è ora detenuta a Lagos ed è in attesa della pena di morte per impiccagione – che potrebbe accadere più velocemente di quanto si speri non accada , in un Paese la Nigeria, dove la Convenzione delle Nazioni Unite sulle donne non trova applicazione, e almeno 58 persone sono state giustiziate negli ultimi 12 mesi; Faith potrebbe essere uccisa da un momento all'altro  –:
          quali siano state le ragioni di un allontanamento di Faith Aiworo dal territorio nazionale, ad avviso degli interroganti, così disumano, irragionevole e contrario al buon senso, prima ancora che non conforme alla normativa vigente;
          quali urgenti iniziative intendano assumere nei confronti del Governo nigeriano per salvare la vita di Faith Aiworo, rimpatriata inumanamente e in modo che desta dubbi sul piano della legittimità;
          quali urgenti misure organizzative delle pratiche amministrative di espulsione intendano assumere, allo scopo di assicurare che, nel rispetto delle disposizioni di legge che disciplinano la materia, simili tragici errori non abbiano a ripetersi, ciò anzitutto per proteggere la vita delle persone che chiedono asilo nel nostro Paese, ma anche al fine di tutelare l'immagine ed il buon nome dell'Italia nella comunità internazionale e nei confronti delle organizzazioni internazionali, le cui norme e decisioni vengono in tal modo platealmente disattese. (4-08258)


      LO MORO, CESARE MARINI, OLIVERIO, VANNUCCI, VICO, SERVODIO, MARGIOTTA, BOCCIA, NICOLAIS, SIRAGUSA, SAMPERI, MARIO PEPE (PD), CAPANO, VILLECCO CALIPARI, MINNITI, LARATTA e MASTROMAURO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:
          il Parlamento è più volte intervenuto per garantire il completamento di programmi di investimento e di iniziative beneficiarie di contributi pubblici in materia di patti territoriali e contratti d'area in corso di realizzazione;
          in particolare, l'articolo 18-bis del decreto-legge n.  185 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009 n.  2 (Gazzetta Ufficiale n.  22 del 28 gennaio 2009 – supplemento ordinario n.  14) reca nuove disposizioni finalizzate a favorire la definizione delle predette iniziative in corso;
          il comma 1 prevede che il saldo del contributo possa essere incassato dopo l'avvenuta consegna al soggetto responsabile di un'autocertificazione che attesti la percentuale di investimento realizzata, la funzionalità dello stesso, nonché il rispetto dei parametri occupazionali;
          il comma 2 delimita l'ambito di applicazione delle disposizioni di cui al comma 1 ai soli programmi di investimento agevolati che risultino avere uno stato di realizzazione pari ad almeno i due terzi del programma originario e per i quali il programma realizzato rappresenti in ogni caso uno o più lotti funzionali capaci di soddisfare almeno il 66 per cento dell'occupazione prevista;
          tale normativa non ha sortito gli effetti previsti. A tutt'oggi, infatti, dopo ben 18 mesi, nonostante le richieste presentate nel rispetto dalla richiamata norma, il Ministero dello sviluppo economico e la Cassa depositi e prestiti non hanno provveduto all'erogazione delle agevolazioni spettanti alle aziende interessate:
          permane, pertanto, una grave situazione di stallo che penalizza le iniziative imprenditoriali già realizzate o in avanzato stato di realizzazione, a cui non sono stati erogati i contribuiti approvati;
          tale stato di cose sta creando enormi difficoltà finanziarie alle imprese beneficiarie, soprattutto in questa fase di grave crisi economica, avendo queste ultime dovuto anticipare, anche attraverso esposizioni bancarie, l'atteso contributo previsto dalla legge;
          una tale situazione è destinata ad aumentare gli effetti della crisi economica anche sul piano occupazionale;
          a ciò si aggiunge che si impedisce l'erogazione di nuovi finanziamenti dal momento che le risorse rinvenienti da revoche e rinunce non si rendono disponibili per finanziare nuovi investimenti, nonostante vi siano impegni formali alla riassegnazione di tali risorse ai soggetti responsabili di patti territoriali e contratti d'area  –:
          se e come si intenda dare corso alle formali e ripetute sollecitazioni avanzate dall'ANPACA, Associazione nazionale che rappresenta 200 soggetti responsabili di patti territoriali e contratti d'area, in merito al differimento dei termini per il completamento dei programmi di investimento ed all'opportunità di non penalizzare iniziative la cui occupazione finale risulterà ridotta rispetto a quanto previsto, e per il superamento delle problematiche esistenti al fine di concludere in maniera positiva questa esperienza della programmazione negoziata e non disperdere il lavoro svolto in questi anni su tutto il territorio nazionale, che ha lasciato anche importanti risultati in termini di coinvolgimento del partenariato focale, crescita sociale, coesione istituzionale tra tutti i soggetti protagonisti dello sviluppo, enti locali, forze sociali, associazioni imprenditoriali e di categoria;
          se non si ritenga anche al fine di evitare un diffuso contenzioso con potenziali effetti dannosi sul bilancio dello Stato, di assumere tutte le iniziative volte a dare corretta esecuzione ai diversi interventi legislativi sinora inattuati, nonché di attivare un tavolo politico-tecnico volto alla ricerca di soluzioni rapide e condivise con tutti i soggetti responsabili dei patti territoriali e contratti d'area;
          se non si ritenga necessario mettere a disposizione risorse per venire incontro alle richieste ex articolo 18-bis, non soddisfatte perché l'erogazione dei fondi da attivare attraverso la tortuosa procedura di perenzione di fatto attiva risorse irrilevanti;
          se non si ritenga, in particolare, di utilizzare le risorse (fondi FAS) messi a disposizione del Ministro degli affari regionali dalla recente manovra finanziaria. (4-08260)


AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:

      GINEFRA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          lo scorso 11 luglio a Barcellona, durante i festeggiamenti per la vittoria della Spagna al mondiale di calcio, si sono verificati alcuni scontri tra cittadini spagnoli e stranieri che si trovavano nella città per assistere all'evento e i mossos d'esquadra, che avrebbero tentato di arginare con l'uso della forza i suddetti tafferugli;
          tra i vari convenuti nelle strade della città, vi erano alcuni cittadini italiani e, tra i circa settanta feriti stimati alla fine dello scontro, Nicola Tanno, studente universitario italiano ventiquattrenne trasferitosi a Barcellona per motivi di studio, è risultato essere uno di coloro che ha subito i danni fisici maggiori;
          il ragazzo, infatti, è stato colpito all'occhio sinistro da un proiettile di gomma esploso dai mossos d'esquadra: il loro intervento, a quanto sembrerebbe ancora non giustificato dalle autorità catalane, avrebbe procurato una serie di feriti. Le cronache rendicontano dell'uso di una violenza efferata e ingiustificata;
          per quanto riguarda il ferimento di Nicola Tanno, tra i proiettili di gomma sparati dai mossos ce n’è stato uno fatale che ha colpito il ragazzo al volto, procurandogli la perdita dell'occhio sinistro: il ragazzo ha subito due operazioni alle palpebre e ha definitivamente perso l'uso dell'occhio ferito;
          a quanto raccontato dai presenti, molte persone erano radunate davanti ad un bar del centro della città catalana dove sarebbe avvenuto il ferimento, per prendere parte ai festeggiamenti; erano presenti persone di tutte le età: anziani, bambini, giovani, gente «normale», accorsa per celebrare insieme un momento di festa;
          quando sono cominciati a partire gli spari da parte dei mossos, naturalmente si è creato il panico e la gente ha cominciato a fuggire spaventata. A quanto si è appreso i feritori, usciti dai furgoni d'ordinanza con i fucili già imbracciati, avevano già le armi caricate ed erano pronti a sparare  –:
          quali iniziative il Ministero intenda intraprendere per rappresentare in via diplomatica l'esigenza che sia prontamente accertata la verità e sia assicurata la giustizia dovuta ad un cittadino italiano che merita di essere sostenuto nella sua opera di denuncia nei confronti dei responsabili del suo ferimento e nella ricerca della verità rispetto ai fatti avvenuti. (5-03328)


Interrogazioni a risposta scritta:

      ZACCHERA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          è in corso di validità una convenzione tra Italia e Confederazione Elvetica circa la pesca nei laghi Maggiore e di Lugano – oltre che nel fiume Tresa, che congiunge i due bacini – ovvero nelle comuni acque internazionali;
          tale convenzione è stata oggetto di una proposta di modifica che, già approvata a livello svizzero, è stata trasmessa al Ministero degli affari esteri per la sua definitiva ratifica  –:
          se non si ritenga che debba essere sollecitamente concluso l’iter di cui in premessa;
          in quali tempi si ritenga possa essere definitivamente approvata anche da parte italiana. (4-08225)


      JANNONE. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          il 12 ed il 13 luglio 2010, si è tenuto a Milano il «Forum economico e finanziario per il Mediterraneo», un'occasione di incontro per riflettere sulle potenzialità di crescita dell'area euromediterranea, anche in vista di una zona comune di libero scambio;
          secondo le parole di Carlo Sangalli (presidente della Camera di Commercio di Milano), sul Mediterraneo «si affacciano, da una parte, un esperimento unico la mondo, l'Unione economica europea, e dall'altra, i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo che per risorse demografiche, minerarie, energetiche e naturali, hanno le potenzialità per diventare i nuovi Bric (Brasile, Russia, India e Cina). Una combinazione che è davvero la scommessa sul futuro»;
          i Paesi del Mediterraneo hanno dimostrato una notevole capacità di affrontare la crisi economica, collocandosi tra i protagonisti dei segnali di ripresa: dopo una crescita che nel 2009 ha registrato tassi medi intorno al 4 per cento, dalle sponde Sud ed Est nel 2010 ci si attendono tassi di circa il 5 per cento;
          l'interscambio commerciale dell'Italia verso i Paesi mediterranei è cresciuto, rispetto al primo trimestre del 2009, del 25 per cento. L'Italia si posiziona al quinto posto come partner importatore dell'area mediterranea ed al secondo come partner esportatore: tra il 2003 ed il 2008 il valore dell’import risulta più che raddoppiato (+107 per cento) ed anche l’export registra aumenti considerevoli (+83 per cento);
          nei rispettivi interventi al Forum, Carlo Sangalli ed il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, hanno evidenziato la necessità di sviluppare l'integrazione economica nella regione, creando legami durevoli e proficui anche con le imprese estere: «L'area del Mediterraneo – ha osservato Formigoni – deve oggi pensare a fare rete: il nuovo elemento determinante nel rafforzamento dei sistemi territoriali è la capacità di stringere alleanze internazionali, di mettersi in rete con altri sistemi, di attivare confronti e realizzare collaborazioni virtuose»;
          nel 1995, a Barcellona ha preso forma il Partenariato euromediterraneo, un'alleanza avente l'obiettivo di creare, tra l'Unione europea ed i partner delle sponde meridionale ed orientale del Mediterraneo, un'area si stabilità, sviluppo e di dialogo, avviando, a tal fine, processi di liberalizzazione negli scambi commerciali ed istituzionali;
          oggi, dall'analisi degli strumenti geopolitici internazionali, emerge come l'area mediterranea costituisca un'interessante prospettiva in termini di capacità di investimento e di creazione di nuove opportunità lavorative, nella quale la rete infrastrutturale diviene fattore rilevante e strategico per chiunque operi in tale contesto, consentendo possibilità di scambio tra il Nord ed il Sud della regione;
          al fine di soddisfare la sempre crescente domanda di servizi di trasporti, la maggior parte dei Paesi dell'area mediterranea ha da tempo promosso progetti connessi al settore delle infrastrutture. Nel periodo 1997-2005 la rete infrastrutturale dell'area è cresciuta in modo considerevole: gli aeroporti principali sono cresciuti del 25 per cento; i porti principali del 7 per cento e le autostrade del 7 per cento. Tuttavia, rispetto all'Unione europea, le infrastrutture nei Paesi mediterranei rimangono limitate, sottodimensionate, poco dense ed in taluni casi carenti rispetto agli standard internazionali;
          in particolare, il traffico marino rappresenta oggi l'alternativa dominante nello scambio di merci tra l'area mediterranea e l'Unione europea (74 per cento circa sul totale degli scambi nell'anno 2009). La Commissione europea già a partire dalla fine degli anni Ottanta ha promosso un ampio processo di revisione delle politiche di trasporto, mettendo a punto un piano di reti transeuropee di trasporti (Ten-T). Nel 2001 si è assistito ad un rilancio di tale progetto da parte della Commissione, che in un «libro bianco» ha presentato un piano sul trasporto delle merci, delineando un ambizioso programma di azioni comuni da realizzare entro il 2010, tra cui la creazione delle autostrade del mare (Adm), finalizzate al miglioramento dei collegamenti esistenti ed alla realizzazione di nuovi, affinché venga ridotta la congestione stradale e sia migliorata l'accessibilità delle regioni e degli Stati insulari e periferici. L'idea delle Autostrade del mare non si limita solo alla considerazione della via marittima dei trasporti, ma, al contrario, consiste in una strategia che coinvolge l'intera rete transeuropea dei trasporti (Ten-T): in tal senso uno dei fattori determinanti per il successo delle Autostrade del mare sarà la reale integrazione tra le diverse tipologie di trasporti, siano essi stradali, ferroviari o marittimi;
          tuttavia finora, nonostante la rete transeuropea dei trasporti abbia destinato un budget di circa 300 milioni di euro a favore delle Autostrade del mare per il periodo 2007-2013, le azioni messe in atto non sono state molte, benché i diversi stakeholder confermino il loro interesse e richiedano una maggiore precisione nel raggiungimento degli obiettivi  –:
          nella consapevolezza del ruolo centrale che i Paesi del Mediterraneo rivestiranno per il futuro, rappresentando una grande opportunità di sviluppo e possibilità di crescita, nonché dell'importanza di un buon funzionamento dei trasporti quale condizione necessaria per la crescita economica e l'integrazione dell'area del Mediterraneo, quali iniziative i Ministri intendano intraprendere a sostegno dello sviluppo e della realizzazione delle infrastrutture di trasporto, fondamentali per l'interscambio commerciale fra l'Italia e l'Area Med, e, più in generale, quali interventi si intendano predisporre al fine di favorire nuove forme di cooperazione nell'area euromediterranea. (4-08239)


      BIANCOFIORE. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          il Governo italiano nel corso del Consiglio dei ministri di giovedì 22 luglio 2010 ha diffidato la provincia autonoma di Bolzano a sostituire tutta la segnaletica monolingue installata dall'associazione Alpenverein – sovvenzionata anche con contributi della provincia, contro la lettera dello statuto d'autonomia del Trentino Alto Adige che prevede che la toponomastica sia rigorosamente bilingue;
          il Governo italiano decorso il termine dei 60 giorni concessi alla provincia, attiverà come previsto dall'articolo 120 della Costituzione, il potere sostitutivo al fine di ripristinare la segnaletica bilingue;
          l'esponente dei popolari austriaci Hermann Gahr, portavoce dell'OVP, si è permesso di intervenire in una questione interna dello Stato italiano bollando come una «provocazione» la procedura avviata dal Governo italiano, aggiungendo testualmente che «Roma provoca con pretese assurde e che non è possibile mantenere denominazioni fasciste e forzare l'italianizzazione»;
          lo stesso Ghar si è permesso di giudicare l'operato del Governo italiano, asserendo che bisognerebbe «fare pulizia di questo vecchiume, di non provocare ulteriormente i sudtirolesi e di mettere al centro la convivenza fra gruppi linguistici»;
          lo stesso si è reso promotore di un inopportuno incontro tra politici del mondo sudtirolese e tirolese, non suffragato da alcuna competenza in merito;
          né l'Austria né tanto meno esponenti di partiti austriaci possono ancora vantare funzioni di tutela nei confronti dell'Alto Adige dopo la chiusura della vertenza altoatesina avvenuta nel lontano 1992  –:
          se il Ministro intenda manifestare sorpresa all'ambasciatore austriaco in Italia per la intromissione dell'esponente dell'OVP austriaco in decisioni interne – assunte – secondo legge, dallo Stato e dal Governo italiano. (4-08262)


AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
          rispondendo a una recente interpellanza urgente presentata dai firmatari del presente atto per richiedere un intervento risolutore per sanare le forti criticità ambientali presenti da anni nei Comuni compresi nel «sito di interesse nazionale di Crotone, Cassano Ionio e Cerchiara di Calabria», dovuti alla presenza di spiccate quantità di ferriti inquinanti per il suolo e la salute dei cittadini, provenienti in larga parte dalla produzione del ciclo dei rifiuti dell'azienda «Pertusola sud» di Crotone, il Sottosegretario all'ambiente Roberto Menia ha giustificato il ritardo nelle operazioni di bonifica adducendo un'ipotetica responsabilità dei comuni interessati, accusati di non aver prodotto al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nei tempi e secondo le norme di legge prescritte, la necessaria progettazione, ed annunciando anzi l'avvenuto deferimento alla Corte dei conti, per presunta responsabilità contabile, del Comune di Cassano Ionio, quale ente capofila delle attività di risanamento;
          tale ultimo assunto appare agli interpellanti infondato e non rispondente alla verità storica dei fatti, dal momento che:
              a) nessun obbligo di tal fatta incombeva in capo ai Comuni predetti, dato che in ossequio al decreto ministeriale 468/2001 soggetto attuatore degli interventi in materia di bonifica dei siti di interesse nazionale calabresi era l'ufficio del commissario delegato per l'emergenza ambientale e dunque nessun rapporto, sul versante amministrativo, intercorreva tra i comuni di Cassano Ionio e Cerchiara ed il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in ordine alla bonifica;
              b) con accordo di programma quadro in materia di tutela e risanamento per il territorio della regione Calabria, sottoscritto in data 28 giugno 2006, l'ufficio del Commissario veniva individuato quale soggetto attuatore degli interventi di bonifica. A seguito di rinuncia dell'ufficio del commissario, gli interventi venivano demandati al comune di Cassano All'Ionio, quale ente capofila del comune di Cerchiara di Calabria;
              c) in data 26 settembre 2008 tra la Regione Calabria ed il Comune di Cassano Ionio si stipulava la convenzione regolante il finanziamento per la realizzazione degli interventi previsti nell'accordo di programma quadro, con la necessità, pena la perdita del finanziamento in questione, di consegnare i lavori di bonifica entro il 31 dicembre 2008;
              d) in data 16 ottobre 2008 il comune di Cassano Ionio presentava il progetto esecutivo che, approvato dalla regione Calabria con determina dirigenziale n.  1297/2008, veniva in seguito posto a base di regolare gara d'appalto ad evidenza pubblica, con pubblicazione del bando sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea e su quella della Repubblica italiana  –:
              e) in data 15 dicembre 2008 veniva esperita la gara d'appalto, risultando aggiudicataria l'associazione temporanea di imprese «Eco.Ge srl», con sede a Genova, e «Geosmar srl», con sede a Trento; con ribasso del 12,903 per cento sull'importo a base d'asta di euro 3.875.500,00;
              f) solo nelle more dell'espletamento della già indetta gara d'appalto, in data 5 dicembre 2008, la «Syndial spa» presentava al Ministero, e non alla regione Calabria o all'ufficio del commissario delegato per l'emergenza ambientale, progetto di bonifica in via autonoma dei siti contaminati da ferriti di zinco nell'area Cassano-Cerchiara-Crotone;
              g) nel corso di conferenza di servizi convocata dal ministero dell'ambiente in data 8 gennaio 2009 si deliberava di approvare il progetto della «Syndial spa» e di limitare gli interventi pubblici posti in essere dal Comune di Cassano Ionio alla rimozione e smaltimento dei soli rifiuti diversi dalle ferriti di zinco;
              h) il successivo 8 marzo 2009 la Syndial spa proponeva ricorso al Tar della Calabria per l'annullamento del decreto del direttore generale per la qualità della vita del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, datato 23 gennaio 2009, prot. n.  8035/QdV/DI/B e delle determinazioni assunte dalla conferenza dei servizi decisoria dell'8 gennaio 2009;
              i) il 29 aprile 2009, con nota n.  9224, il dipartimento politiche dell'ambiente della regione Calabria diffidava il comune di Cassano Ionio a porre in essere ogni necessaria attività prodromica all'avvio immediato dei lavori di bonifica;
              l) alla luce di ciò, in data 14 maggio 2009, il comune di Cassano Ionio stipulava il contratto d'appalto rep. N. 2656 con la ditta appaltatrice dei lavori;
              m) la conferenza dei servizi tenutasi in data 23 luglio 2009 si concludeva con richiesta al Comune di Cassano Ionio di revisione dei piani di caratterizzazione;
              n) con proprie note n.  21290 del 2 ottobre 2009 e n.  22121 del 13 ottobre 2009, il Comune di Cassano Ionio comunicava al Ministero all'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'avvenuto recepimento delle integrazioni richieste;
              o) il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, direzione generale per la qualità della vita, con nota prot. n.  23997/QdV/Dl/VII VII del 20 novembre 2009 comunicava l'avvenuta approvazione dei piani di caratterizzazione, invitando il Comune attuatore a voler procedere con le correlate indagini mentre analogo invito giungeva, contestualmente, dalla Regione Calabria;
              p) la ditta appaltatrice fissava la data per l'avvio dello studio di caratterizzazione al 29 gennaio 2010, consegnandone l'esito finale al comune di Cassano Ionio il successivo 4 maggio 2010;
              q) solo nelle more, con proprio decreto del 19 aprile 2010, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare autorizzava in via provvisoria l'avvio dei lavori del progetto di bonifica definitivo presentato dalla «Syndial spa»  –:
          se non ritengano di dover rivedere le proprie conclusioni, dal momento che nessuna responsabilità, ex lege, il comune di Cassano Ionio e quello di Cerchiara di Calabria avevano nei riguardi del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in ordine alla definizione della procedura di bonifica delle ferriti di zinco presenti nei loro territori;
          se non ritengano di dover disporre un'indagine amministrativa, per far luce su eventuali profili di responsabilità dei propri dirigenti e funzionari in ordine alla tardiva bonifica dei siti di interesse nazionale, la cui problematica era comunque nota almeno a far data dall'approvazione del decreto ministeriale 468/2001;
          quali urgenti iniziative di competenza intendano adottare per sbloccare le forti criticità che si registrano nei comuni compresi nel sito di interesse nazionale di Crotone, Cassano Ionio e Cerchiara di Calabria, onde evitare che i continui rinvii di una doverosa attività di bonifica si ripercuotano sulla salute dei cittadini che abitano quei territori;
          quali iniziative di competenza intendano intraprendere per dare luogo ad una complessiva opera di recupero delle aree che presentano criticità nell'intero territorio della regione Calabria;
          se non intendano avviare una necessaria, doverosa e ripetutamente sollecitata indagine epidemiologica nelle aree dei Comuni di Cassano, Cerchiara e Crotone interessate dalla presenza delle ferriti di zinco.
(2-00803) «Tassone, Occhiuto».


Interrogazioni a risposta scritta:

      ZACCHERA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          con la recente manovra finanziaria sono previsti tagli molto forti ai trasferimenti ai parchi nazionali con punte preannunciate addirittura del 50 per cento, tagli che ne potrebbero completamente impedire ogni attività  –:
          se tali dati siano effettivi o solo illazioni giornalistiche;
          cosa intenda fare il Ministro per salvaguardare un minimo di attività e vita dei parchi nazionali, considerando la loro importanza nell'ecosistema complessivo e sottolineandone la rilevante risorsa dal punto di vista ambientale, economico e turistico. (4-08226)


      JANNONE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          lo sviluppo dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo è l'asse portante dello sviluppo dell'intera Unione europea. In quest'area negli ultimi anni vi sono stati segnali molto interessanti: i Paesi della sponda sud hanno avuto uno sviluppo economico molto più sostenuto rispetto ai Paesi della sponda nord, con una crescita media del prodotto interno lordo, stimata da World Bank, al 3,7 per cento in area MENA per il 2010, dopo il + 2,9 per cento segnato nel 2009 con un – 1 per cento di crescita previsto in area euro per il 2010, dopo il – 3,9 per cento del 2009. Questo sviluppo economico verrà sostenuto dal cosiddetto «piano solare», che può costituire un forte contributo a supportare la crescita nei Paesi della sponda sud del Mediterraneo. Crescita che avrà benefici rilevanti anche per i Paesi della sponda nord;
          le energie rinnovabili sono viste in tutti i Paesi come una leva per stimolare la ripresa economica e la sponda sud del Mediterraneo è il luogo ideale per sviluppare questa forma di produzione di energia elettrica. La costa sud del Mediterraneo possiede, infatti, alcuni tra i più promettenti siti al mondo per lo sviluppo della tecnologia solare ed eolica. Ad esempio, le ore di sole oscillano entro un limite compreso tra 2.650 e 3.400 ore all'anno, con una radiazione media che parte dai 1.300 chilowattora per metro quadrato all'anno nelle aree costiere per raggiungere i 3.200 chilowattora per metro quadrato all'anno nelle aree interne. Si tratta di valori nettamente più elevati rispetto alle medie europee. Grazie a queste condizioni, gli impianti rinnovabili daranno un contributo importantissimo per soddisfare la crescente domanda di energia di questi Paesi e potranno altresì costituire una rilevante fonte di esportazioni. Tali progetti per essere realizzati necessitano di una forte collaborazione fra le aziende della sponda sud e quelle della sponda nord, che dovranno offrire il necessario supporto tecnologico nonché progetti di capacity building mirati alla produzione in loco di componenti. In questo quadro, l'iniziativa del piano solare mediterraneo (Psm) per lo sviluppo delle rinnovabili, lanciata nell'ambito dell'Unione per il Mediterraneo sotto la presidenza franco-egiziana, costituisce certamente un punto di riferimento importante per gli operatori del settore e i Governi. L'obiettivo del Psm è l'installazione di 20 gigawatt di nuova capacità da fonti rinnovabili (prevalentemente solare ed eolico) entro il 2020 e lo sviluppo delle interconnessioni;
          attualmente sono stati proposti da vari Governi più di centocinquanta progetti di impianti rinnovabili per una capacità teorica di circa 12 gigawatt. Ogni progetto è localizzato in un Paese a sud o a est del Mediterraneo, con una densità particolarmente elevata in Giordania, Tunisia, Marocco ed Egitto. Tra questi il Psm ha in fase di individuazione venticinque progetti pilota «prioritari» per oltre 4 mila megawatt da sottoporre all'attenzione degli investitori internazionali. Attraverso lo sviluppo di questi primi progetti, i partecipanti al Psm dovrebbero poter definire e testare il contesto regolativo e i meccanismi di finanziamento. Il Piano sarà sviluppato su larga scala e dovrebbe raggiungere il target di 20 gigawatt. Per la fase realizzativa sarà sviluppata una road map in grado di definire il potenziale delle risorse, la selezione dei siti, le capacità locali industriali e lo sviluppo del mercato nella regione;
          dopo diversi mesi di stallo il Psm sta riprendendo vigore e potrebbe trovare concreta realizzazione nella forma di un accordo quadro transregionale all'interno del quale valorizzare i singoli piani rinnovabili nazionali. La Commissione europea ha, infatti, lanciato nella primavera del 2010 un'iniziativa per facilitare l'attuazione del «piano solare» chiamata Paving the way to the Msp, con l'obiettivo di contribuire ad affrontare in modo concreto le problematiche emerse nella prima fase del piano. Peraltro, nel corso del 2009, in Europa sono stati avviati altri interessanti progetti che sostengono l'idea del Psm, come il consorzio Desertec, inizialmente di patrocinio tedesco, ma oggi arricchito da diverse società delle due sponde del Mediterraneo, tra le quali Enel Green Power. Tali iniziative valorizzeranno la posizione geografica di Spagna e Italia come hub naturali per il collegamento elettrico tra le due sponde, in grado di agire da catalizzatore per futuri ingenti investimenti. Il piano solare mediterraneo, infatti, a seconda degli scenari di mix energetico (eolico, solare termodinamico e solare fotovoltaico), potrà richiedere un investimento complessivo compreso tra i 38 e i 46 miliardi di euro per le nuove centrali, due miliardi per il loro collegamento alle reti, e quattro per i sistemi di interconnessione intraregionali (sud-sud) e interregionali (sud-nord) necessari al trasferimento di una parte dell'energia in Europa. Il sostegno delle istituzioni finanziarie internazionali sarà determinante per poter garantire le adeguate coperture finanziarie e mobilitare gli investitori privati. In questo senso molto importante è stato il 26 maggio 2010, a Parigi, l'annuncio della partenza dell’InfraMed Infrastructure Fund, che, con un capitale iniziale di 385 milioni di euro e l'obiettivo di una dotazione prossima al miliardo di euro, è il primo strumento di finanziamento dell'Unione per il Mediterraneo;
          tuttavia, al fine di assicurare la piena sostenibilità dei progetti occorrerà ripensare il meccanismo dei sussidi alle fonti possibili, che oggi costituisce un ostacolo alla diffusione delle fonti rinnovabili in tutto il mondo, non ultimo in numerosi Paesi del Mediterraneo. Un importante passo avanti in questa direzione è stato compiuto con la direttiva 28 del Parlamento europeo sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili al di fuori della Comunità, a condizione che vi sia il trasferimento fisico dell'energia, ai fini del conseguimento degli obiettivi degli Stati membri entrati in vigore con il pacchetto europeo clima ed energia per la lotta ai cambiamenti climatici. Questa norma, una volta definite le modalità di attuazione, potrebbe rivelarsi uno degli strumenti più efficaci per la bancabilità dei progetti previsti dal «piano solare» –:
          quali iniziative i Ministri intenda attuare al fine di far ricoprire all'Italia un ruolo di primaria importanza all'interno del «piano solare» riguardante tutti i Paesi del Mediterraneo. (4-08234)


      JANNONE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          la produzione di petrolio e gas è destinata ad aumentare nella regione mediterranea entro il 2030, quando si stima che Algeria, Egitto e Libia produrranno oltre il 98 per cento del petrolio e del gas totale. La regione dispone di quasi il 5 per cento delle riserve accertate di petrolio e gas a livello mondiale. Sebbene la maggior parte dei giacimenti dei Paesi della regione siano stati esplorati a fondo per gli idrocarburi, i giacimenti del Mediterraneo del sud e orientale sono ancora largamente inesplorati. L'Algeria è il principale produttore della regione. La produzione di petrolio nella regione del Mediterraneo, incluso il gas naturale e condensato, nel 2009 si attestava a oltre 5,2 milioni di barili al giorno, pari a quasi al 6,5 per cento della produzione mondiale. Nonostante il ritmo di crescita rallenterà presto, entro il 2030 la produzione totale della regione sarà superiore ai sei milioni di barili al giorno;
          nel corso degli ultimi decenni, la produzione totale della regione sarà superiore di sei milioni di barili al giorno. Nel corso degli ultimi decenni, la produzione di gas naturale commercializzata nella regione mediterranea è aumentata enormemente: dal 4 per cento al 6 per cento e il suo tasso di crescita sarà ancora più rapido tra il 2010 e il 2020. Attualmente, i Paesi del Mediterraneo del nord sono esclusivamente importatori netti di combustibili fossili, mentre i Paesi del sud del Mediterraneo si dividono tra esportatori e importatori di energia. La dipendenza della regione del Mediterraneo in termini di importazioni di combustibili fossili dovrebbe ridursi di poco fino a raggiungere il 40 per cento entro il 2030, mentre i Paesi del Mediterraneo del nord hanno un livello di dipendenza dalle importazioni superiore al 90 per cento. Tuttavia, si stima che nel 2030 la regione mediterranea per soddisfare il proprio fabbisogno energetico importerà il 40 per cento del suo petrolio, circa il 30 per cento del gas e più del 70 per cento del carbone;
          la regione mediterranea è dotata di importanti fonti energetiche rinnovabili, in particolare, possiede alcuni dei siti più promettenti al mondo per quanto riguarda l'energia solare ed eolica. La capacità installata di fonti energetiche rinnovabili (compresi i grandi impianti idroelettrici) nella regione del Mediterraneo è aumentata notevolmente negli ultimi tre decenni. Ciò corrisponde a circa il 10 per cento della capacità totale installata da fonti energetiche rinnovabili a livello mondiale. Entro il 2030 la capacità di produzione di energia da fonti energetiche rinnovabili dovrebbe superare i 330 gigawatt o addirittura i 470 gigawatt. Tra le fonti energetiche rinnovabili non idroelettriche, l'energia eolica è la più utilizzata. La sua quota di capacità attualmente installata è del 75 per cento e si prevede che raggiungerà l'83 per cento entro il 2030. Le biomasse e i rifiuti rappresentano attualmente il 21 per cento della capacità installata, ma si prevede una diminuzione della loro percentuale all'11 per cento entro il 2030. Il più alto tasso di crescita nel periodo 2007-2030 (24 per cento l'anno) è invece stimato per il fotovoltaico. Tra i Paesi del nord, Francia, Italia e Spagna rappresentavano da soli nel 2007 quasi il 90 per cento della capacità totale installata di fonti rinnovabili nella regione europea del Mediterraneo;
          nei Paesi non aderenti all'Unione europea del Nord, le fonti energetiche rinnovabili sono rappresentate quasi esclusivamente da centrali idroelettriche. L'eolico è una fonte di energia relativamente nuova ma in crescita nella regione, mentre l'energia fotovoltaica solare è utilizzata principalmente per l'elettrificazione rurale decentrata. Le fonti idroelettriche primeggiano tra le energie rinnovabili nella produzione di energia (75 per cento). Per quanto riguarda le fonti rinnovabili (escluso l'idroelettrico), l'eolico è la fonte di energia rinnovabile più importante. La produzione totale di energia elettrica da fonti rinnovabili nel Mediterraneo dovrebbe raggiungere nel 2030 un terzo della produzione totale di energia elettrica nei Paesi della sponda sud e il 36 per cento della regione mediterranea. Il tasso di crescita annuale nella regione sarà molto alto, soprattutto per le fonti di energia rinnovabile non idroelettriche per le quali si prevede tra il 2007 e il 2030 una crescita media annua del 18 per cento;
          per quanto riguarda l'efficienza energetica, la regione mediterranea è caratterizzata da profonde differenze tra nord e sud e i Paesi del sud del Mediterraneo devono compiere grandi sforzi per migliorare il proprio tasso di efficienza energetica. Si prevede che saranno intrapresi dei comportamenti più virtuosi a seguito dell'implementazione delle politiche riguardanti l'efficienza energetica e il cambiamento climatico. Si stima che tra il 2007 e il 2030, il consumo pro capite di energia diminuirà dell'8 per cento al nord e aumenterà di oltre il 30 per cento al Sud. Vi è una chiara opportunità di ridurre il consumo pro capite di risorse energetiche e di produrre allo stesso tempo effetti benefici sull'ambiente attraverso il miglioramento dell'efficienza energetica, riducendo le perdite nelle fasi di produzione e di distribuzione e favorendo una migliore gestione dal lato della domanda. Consistenti risparmi energetici possono essere ottenuti nei Paesi del sud del Mediterraneo riducendo le perdite di trasmissione;
          inoltre, è necessaria una normativa per garantire il miglioramento dei meccanismi d'applicazione delle regole sull'efficienza energetica degli edifici, dove si prevede che il risparmio energetico possa raggiungere il 20-25 per cento del consumo. Anche una crescita più moderata dei consumi sarebbe auspicabile nel caso si adottassero misure specifiche per migliorare l'efficienza energetica. Nonostante questo contesto favorevole, diversi ostacoli tecnici, istituzionali, finanziari e di mercato impediscono alla regione uno sfruttamento intensivo di questo potenziale. Una crescita sostenuta nell'utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili nel Mediterraneo dipenderà in modo significativo dall'effettiva implementazione di misure di sostegno politico nonché dalla loro certezza e continuità. Nonostante l'abbondanza di risorse energetiche rinnovabili nelle regione mediterranea il loro contributo alla fornitura totale di energia primaria (Tpes) è ancora piuttosto modesto. Le fonti rinnovabili hanno per lo più utilizzo in ambito residenziale e industriale, ma sono ancora poco sfruttate nel settore dei trasporti, dove (inclusi gli impianti idroelettrici) hanno rappresentato il 7 per cento del Tpes nel 2007. Tuttavia, in tutti i Paesi si registra una tendenza alla crescita nell'utilizzo delle fonti rinnovabili e si stima che nel 2030 la percentuale di energia rinnovabile aumenterà dal 12 per cento al 21 per cento, del Ftep. La produzione totale di energia elettrica da fonti rinnovabili è aumentata notevolmente negli ultimi anni. I Paesi dell'Unione europea con l'80 per cento del totale dell'energia prodotta da fonti rinnovabili sono i principali produttori di energia primaria da fonti rinnovata della regione del Mediterraneo  –:
          quali iniziative i Ministri intendano adottare al fine di utilizzare le energia rinnovabili anche per la rete italiana di trasporto pubblico. (4-08235)


      REALACCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          la legge finanziaria per il 2007, all'articolo 1, commi 1110-1115 dell'articolo 1, ha istituito presso la Cassa depositi e prestiti S.p.A. un fondo rotativo per il finanziamento delle misure di riduzione delle immissioni dei gas a effetto serra e finalizzate all'attuazione del protocollo di Kyoto;
          il fondo rotativo per Kyoto è stato infatti concepito come uno strumento finanziario, gestito di concerto dalla Cassa depositi e prestiti Spa e dal Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, che prevede l'erogazione di 200 milioni di euro l'anno – per tre anni – a favore di cittadini, imprese e soggetti pubblici, sotto forma di prestiti a tasso agevolato, per un'ampia serie di interventi in tecnologie pulite;
          il decreto 25 novembre 2008 del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, pubblicato nel supplemento ordinario n.  58 alla Gazzetta Ufficiale n.  92 del 21 aprile 2009, disciplina le modalità per l'erogazione di finanziamenti a tasso agevolato ai sensi dell'articolo 1, comma 1110-1115, della legge 27 dicembre 2007, n.  296, destinati prioritariamente: «[...] all'installazione:
              a) di impianti di micro-generazione;
              b) di impianti di piccola taglia per l'utilizzazione delle fonti rinnovabili per la produzione di elettricità e calore;
              c) alla sostituzione di motori elettrici industriali di potenza superiore a 45kW con motori ad alta efficienza;
              d) all'incremento dell'efficienza negli usi finali dell'energia nei settori civile e terziario;
              e) all'eliminazione delle emissioni di protossido di azoto dai processi industriali;
              f) a progetti pilota per lo sviluppo di nuove tecnologie e di nuove fonti di energia a basse emissioni;
              g) a progetti regionali di gestione forestale sostenibile diretti a ridurre il depauperamento dello stock di carbonio nei suoli forestali e nelle foreste»;
          il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, pubblicato in Gazzetta ufficiale il 22 gennaio 2010, fissa «il saggio di interesse [...] nella misura dello 0,50 per cento annuo» e prevede inoltre che «l'importo massimo della misura d'aiuto [...] non potrà essere superiore all'importo di aiuto di Stato definito de minimis ai sensi dell'articolo 2 del regolamento (CE) n.  1998/2006»;
          in data 9 luglio 2010, in un'intervista al quotidiano on line «Libero-News», il Ministro Prestigiacomo ha dichiarato: «abbiamo attivato il ”Fondo di rotazione per Kyoto”, allo scopo di contribuire al superamento di parte delle difficoltà finanziarie che ancora ostacolano la diffusione di progetti e tecnologie per le rinnovabili e l'efficienza energetica, [...]». E soltanto pochi giorni dopo, da agenzie di stampa del 14 luglio 2010, si apprende che in occasione dell'inaugurazione dell'impianto Archimede a Priolo (SR), «ha annunciato l'accordo con il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini per utilizzare una quota del fondo rotativo per Kyoto per finanziare progetti nel campo della ricerca energetica»;
          per attivare definitivamente il meccanismo di incentivazione previsto dalla legge, è necessaria una circolare applicativa, attesa da oltre un anno e ad oggi mai emanata. Pur nel suo iter travagliato il Fondo rotativo, come già, premesso, è stato in effetti interamente definito nel suo funzionamento e nella sua impalcatura legislativa  –:
          quali iniziative urgenti voglia mettere in campo il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per l'emanazione della circolare attuativa e dare così immediato avvio al sistema di incentivazione all'efficienza energetica previsto dal «Fondo rotativo per Kyoto» entro e non oltre il 31 dicembre 2012 , termine imposto dal Protocollo di Kyoto e sottoscritto dall'Italia;
          quale percentuale di quota del fondo intenda il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, come dichiarato dal Ministro, condividere con il Ministero dell'Istruzione per la ricerca in efficienza energetica e se questo depauperamento del fondo non renda insufficiente l'intervento di sostegno alla diffusione di tecnologie meno inquinati e più efficienti in termini di consumi energetici.
(4-08248)


      ZACCHERA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          numerose associazioni ambientaliste – ad esempio Legambiente – assegnano annualmente riconoscimenti e premi a quelle amministrazioni comunali che appaiono più delle altre attente alle politiche ambientali, al riciclo dei rifiuti, alla qualità dell'ambiente;
          in questo periodo – ed anche con la nuova manovra finanziaria – sono annunciati pesanti tagli ai trasferimenti agli enti locali spesso, compromettendone lo stesso equilibrio finanziario;
          nulla viene considerato a vantaggio di quei comuni che tengono in particolare considerazione le politiche ambientali e che a volte sopportano anche costi maggiori pur di migliorare il livello qualitativo dell'ambiente, con vantaggi non solo per i loro cittadini ma più in generale per tutta la comunità  –:
          se non ritenga doveroso attivare politiche tese a riconoscere ai comuni che più di altri si distinguano per adeguate politiche ambientali trasferimenti aggiuntivi da parte dello Stato per favorirne e premiarne le relative iniziative ambientali. (4-08252)


BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta scritta:

      DONADI e ZAZZERA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          in data 14 luglio 2008 veniva bandito un concorso pubblico per esami su base regionale a 500 posti terza area fascia F1 e seconda area fascia F3 per il Ministero per i beni e le attività culturali, al fine di incrementare la fruizione degli istituti e dei luoghi di cultura e per rafforzare le strutture tecnico amministrative preposte alla tutela del paesaggio e dei beni architettonici, archeologici, storico-artistici, archivistici e librari in tutta Italia;
          le assunzioni dei vincitori del predetto concorso erano state bloccate dalla legge n.  102 del 3 agosto 2009;
          con l'approvazione della legge n.  25 del 26 febbraio 2010, il Ministero per i beni e la attività culturali ha potuto dare seguito all'assunzione dei vincitori del concorso stesso;
          risulterebbe all'interrogante che siano più di cento i posti ancora vacanti all'interno del Ministero stesso a causa di pensionamenti e di assenza da anni di concorsi pubblici e che da tempo viene denunciato il problema di mancanza di personale per tutelare il nostro patrimonio culturale e archeologico;
          dal concorso in oggetto sarebbero risultati idonei, oltre ai vincitori, 258 unità di terza area fascia F1 e 350 unità di seconda area fascia F3;
          con l'articolo 2 del decreto-legge n.  78 del 2010, si prevede che dal 2011 si effettuerà un taglio lineare del 10 per cento delle dotazioni finanziarie di ogni Ministero, tra cui quello per i beni e le attività culturali  –:
          se il Ministro non ravvisi la necessità, visti i tagli imposti al Ministero, di valutare uno scorrimento delle graduatorie degli idonei al predetto concorso per coprire le vacanze di personale specializzato presso le direzioni centrali, regionali e le soprintendenze, senza dover bandire altri concorsi. (4-08231)


      JANNONE. – Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          a Ercolano il museo «antiquarium» è una struttura fantasma: nonostante sia stato costruito 35 anni fa e inaugurato due volte, nel ’78 e nel ’93, non è mai stato aperto. I quattromila reperti archeologici che dovrebbe ospitare, giacciono da anni blindati nel caveau di una banca o depositati in magazzini, alcuni dei quali infiltrati dalle piogge. La «culla di legno carbonizzata», la «statua di bronzo di Bacco», le sculture della «casa dei cervi», gli «ori» riemersi fra gli scheletri, e poi la mobilia annerita dai 500 gradi della nube ardente vulcanica sono solo alcune delle perle del «museo che non c’è», negate alla curiosità dei trecentomila visitatori che si recano ogni anno a Ercolano. Anche le «terme», la parte più suggestiva degli scavi, sono chiuse al pubblico. I visitatori si trovano la porta di ingresso chiusa a chiave e nessun cartello a spiegare il perché. Stessa sorte per il «teatro antico», il più famoso essendo il primo scavo fatto nel ’700: è inaccessibile al pubblico. I trecento calchi dei corpi carbonizzati dall'eruzione del 79 dopo Cristo, rinvenuti al livello della spiaggia sotto una coltre di 19 metri di fango vulcanico, ancora non sono stati esposti nel luogo di ritrovamento, nonostante i lavori per il loro allestimento siano iniziati 12 anni fa;
          situazione analoga a Pompei, dove il sito dei fuggiaschi, un gioiello degli ultimi scavi della metà degli anni Novanta finanziati dai fondi Fio, è incredibilmente sbarrato da una fune sgualcita. Anche qui nessun cartello offre una qualsiasi spiegazione. Si trovano «nella regione prima, insula 22esima» del sito archeologico, a pochi metri dall'orto dei fuggiaschi. Ma i visitatori non possono accedere a questa area rialzata, di interesse eccezionale (si possono vedere i corpi di persone sopravvissute alla prima eruzione, ma uccise dai fanghi vulcanici mentre tentavano di fuggire sopra un metro di pomici), perché l'ingresso è loro impedito da una corda. Difficile tentare di dare una spiegazione al «male oscuro» che affligge da sempre gli scavi di Ercolano e Pompei, ma che s’è acuito in questi ultimi anni che hanno visto, di recente, il commissariamento da parte di un funzionario della Protezione civile. Tutta la macchina amministrativa delle Soprintendenze campane, sembra da tempo immersa in una coltre di confusione. La Soprintendenza di Salerno, da cui dipendono i siti archeologici di Avellino, Caserta e Benevento, è affidata alla dottoressa Maria Luisa Nava la cui nomina ha ottenuto il record degli annullamenti: l'hanno bocciata il Tar (con conferma del Consiglio di Stato), e un decreto della Presidenza della Repubblica  –:
          quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di recuperare le aree archeologiche italiane, in particolar modo quelle di Ercolano e Pompei, e di garantire a breve una loro apertura al pubblico. (4-08233)


DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

      JANNONE. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          il Mediterraneo è una delle regioni marittime maggiormente sfruttate e più densamente popolate, sulla quale si affacciano ventidue nazioni diverse tra loro per economia, ordinamento e cultura. Questo bacino continua a essere un crocevia di commerci anche nel XXI secolo: i traffici marittimi sono in netto incremento, con una stima di crescita del 18 nel prossimo decennio e con un ulteriore armento dei transiti di navi mercantili, stimato attorno al 23 per cento totale. Il Mediterraneo, nonostante rappresenti solo l'1 per cento della superficie marina globale, è una rotta di vitale importanza per l'energia globale, in particolar modo per l'Europa e l'Italia: vi transitano circa 420 milioni di tonnellate di greggio all'anno, pari a circa il 20 per cento del traffico globale, e 30 milioni di tonnellate di gas liquido. Anche l'interconnessione tra le sue due sponde va progressivamente aumentando, con il 25 per cento circa del fabbisogno energetico europeo che proviene dai Paesi della sponda sud del Mediterraneo. A ciò si aggiunge un'ampia varietà di traffici illeciti, dagli esseri umani, alla droga, alle armi, anche di distruzione di massa, senza dimenticare le navi dei veleni e i loro pericolosissimi carichi di rifiuti tossici. L'insieme di questi fattori evidenzia come il «Mare Nostrum» continuerà a essere il denominatore dei cambiamenti negli anni a venire, in tutti i settori, dal sociale all'industriale, al politico, al commerciale, senza dimenticare gli scambi interculturali e l'approccio alle problematiche ambientali. Logica conseguenza sarà una crescente competizione per lo sfruttamento delle risorse del suolo e sottosuolo marino. Tutto ciò renderà sempre più complesso il dominio marittimo e richiederà sempre maggiori interazioni tra gli aventi causa, i cosiddetti stakeholder. Le croniche instabilità che mettono a repentaglio la convivenza e lo sviluppo pacifico di alcune delle sue popolazioni, il terrorismo marittimo, la proliferazione delle armi di distruzione di massa, il traffico di esseri umani, senza dimenticare il fenomeno del terrorismo jihadista, che si pone l'obiettivo di abbattere i governi islamici moderati, tutto ciò dimostra come la sicurezza delle nostre nazioni sia strettamente legata alla stabilità del Mediterraneo e delle sue regioni limitrofe, dal Mar Rosso al Golfo Arabico (cosiddetto Mediterraneo allargato);
          in questo senso, nell'ultimo decennio innumerevoli iniziative si sono poste l'obiettivo di incrementare la sicurezza, promuovere la stabilità e sostenere lo sviluppo economico della regione. L'Italia, per la sua posizione baricentrica e per la marcata attitudine al dialogo e alla coesistenza pacifica, ha saputo svolgere un ruolo importante per la creazione di un'area di dialogo, scambio e cooperazione, capace di garantire la pace e la prosperità nel Mediterraneo. La Marina militare, in linea con l'approccio del Paese, è da sempre particolarmente attiva, sia nello sviluppo nella dimensione marittima di iniziative di più ampio respiro, sia attraverso il lancio di forme innovative di cooperazione. Il dialogo e la cooperazione rappresentano, infatti, l'elemento catalizzante di tutte le attività della Marina militare, nello sviluppo di un efficace contributo al concetto strategico della difesa, che vede le forze armate assolvere a funzioni di «homeland defence and security» e garantire «capacità expeditionary». In ambito marittimo ciò si sostanzia nello sviluppo di una sorveglianza marittima integrata e della proiezione di capacità del mare e sul mare: la combinazione di tali funzioni, tipiche delle Marine, potrà costituire una solida base per il miglioramento delle condizioni di sicurezza nel Mediterraneo allargato, area strategica di interesse nazionale ma non solo. La capacità di relazionarsi in modo franco e disponibile con i Paesi costieri del bacino ha premiato, sul piano bilaterale, lo sforzo fatto dalla forza armata, che può vantare una costruttiva cooperazione, concreta nei risultati e caratterizzata da un approccio comune alle problematiche di maggior interesse nel campo marittimo;
          è nel contesto multilaterale che si individuano le forme più adeguate per il conseguimento di quella che i militari definiscono «interoperabilità»: le iniziative multilaterali, infatti, si basano sempre su esigenze comuni a più attori e sulla condivisione di approccio e obiettivi. Tale condivisione consente, alle nazioni e alle Marine, di confrontarsi efficacemente con la complessità degli scenari moderni e di massimizzare la sicurezza marittima negli spazi di interesse comune, in un ambito che per pluralità di attori, sistemi e modalità di lavoro, richiede a tutti di operare con flessibilità per il raggiungimento sinergico degli obiettivi. La Marina militare partecipa come partner di riferimento alle più svariate iniziative di cooperazione originate dagli altri, ma, al contempo, ha saputo sviluppare numerose ed autonome progettualità di successo. La prima, in ordine di tempo, è l’«Adrion, Iniziativa Adriatico-Ionica», avviata nel 2004, che rappresenta un valido modello funzionale alla stabilità di una regione, attraverso l'acquisizione di un livello di reciproca confidenza che, insieme alla condivisione di esperienze e addestramento, rappresenta il valore aggiunto della cooperazione internazionale, anche in un'area caratterizzata nel recente passato da profonde instabilità, e nella quale certe forme di collaborazione militare, non più tardi di 7-8 anni fa, potevano apparire irrealizzabili. L'Adrion è stata capace di trasformare rapidamente le idee in azioni: a meno di diciotto mesi dall'avvio dell'iniziativa, le Marine di Albania, Croazia, Grecia, Italia, Montenegro e Slovenia sono state capaci di organizzare una prima esercitazione congiunta, con impiego effettivo di forze navali, momento fondamentale anche per il consolidamento delle allora aspirazioni di alcuni di questi Paesi a entrare nella Nato, Albania e Croazia. Le esercitazioni, elemento di spicco di un variegato piano di lavoro congiunto, si tengono annualmente dal 2006 e sono organizzate e sviluppate a rotazione tra le Marine partecipanti;
          un ulteriore proficuo esempio è rappresentato dall'iniziativa 5 + 5 – con la partecipazione di Algeria, Libia, Marocco e Tunisia, insieme a Francia, Italia, Malta, Portogallo e Spagna – un'iniziativa a tutto tondo nell'ambito delle Difese, ma la cui dimensione marittima risulta elemento trainante: la condotta di esercitazioni comuni, il periodico incontro tra i rispettivi capi delle Marine e la disponibilità di un comune strumento di condivisione delle informazioni danno sostanza e solidità alla dimensione marittima dell'iniziativa, considerata strategica dalla Marina militare. Un'altra iniziativa regionale supportata attivamente è la cosiddetta iniziativa 8 + 6, che unisce i sei Paesi del GCC (Consiglio di cooperazione del golfo), con otto Paesi europei (Belgio, Francia, Germania, Grecia, Italia, Olanda, Portogallo, Spagna e Regno Unito), nell'ambito della quale la Marina Alitare ha il privilegio di esercitare la leadership della relativa dimensione marittima, il cui sviluppo passa attraverso la condotta di attività addestrative congiunte e la disponibilità di sistemi comuni di scambio di informazioni;
          le iniziative multilaterali consentono alle Marine di sviluppare procedure operative comuni, attraverso la condotta di esercitazioni congiunte, e creano un background adeguato per un'interazione sempre più ampia, che va dalle attività di mentoring e di addestramento, alla formazione del personale, al mutuo supporto in campi specifici. La capacità di condividere informazioni gioca un ruolo cruciale in tale processo e in quest'area di cooperazione la Marina Militare investe in modo significativo. Dal 2004 infatti con il lancio del progetto V-RMTC (Virtual regional marittime Traffic centre), un sistema basato su tecnologie internet, è stato avviato un processo di scambio di informazioni relative al traffico mercantile, che ha riscontrato il crescente interesse di molte Marine che hanno dato vita a tre comunità, cui al momento accedono ventinove Marine. Il V-RMTC rappresenta una valida sintesi tra l'utilizzo equilibrato della information technology e lo spirito di cooperazione tra le Marine partecipanti. Il suo continuo miglioramento, grazie al contributo complessivo in termini di condivisione dei dati e al crescente numero di Marine aderenti, ne testimonia chiaramente la validità, quale strumento di cooperazione, ma anche come elemento importante per l'acquisizione di una piena conoscenza del dominio marittimo essenziale per garantire la sicurezza dei nostri traffici commerciali, la cosiddetta marittime situational awareness (Msa);
          tutte le Marine europee condividono l'idea che la «maritime/security» sia una combinazione di Maritime Situational awareness, ovvero della piena consapevolezza di ciò che avviene nel dominio marittimo, e di maritime security operations, cioè quelle attività operative svolte attraverso l'impiego di mezzi aeronavali, per rispondere concretamente alle minacce e alla sicurezza. La Marina militare si è spinta oltre, nella consapevolezza che nessuna stabilità e sicurezza è possibile senza la convinta partecipazione di tutti gli attori e in particolare degli stati costieri nelle aree di crisi, a tutela della sicurezza della nazione e dei Paesi alleati, proponendo di considerare la maritime capacity building, abbinata al binomio «dialogo e cooperazione», come elemento integrante, se non chiave, per il perseguimento dell'obiettivo finale  –:
          quali iniziative il Ministro intenda promuovere al fine di realizzare una più stretta collaborazione delle forze armate italiane, con le corrispettive estere, per rendere l'area del Mediterraneo luogo fertile di scambi commerciali ed energetici, volti allo sviluppo e al sostentamento di tutti i Paesi coinvolti. (4-08228)


      LO MONTE, COMMERCIO, LATTERI, LOMBARDO e MISITI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          nel decreto attuativo del federalismo demaniale tra i beni da trasferire a comuni, provincie e regioni sono stati esclusi i beni militari, ottenendo che il Ministero della difesa abbia un anno di tempo, il doppio di quello degli altri Ministeri, per formulare l'elenco delle caserme e degli stabilimenti militari soggetti a trasferimento;
          questa disposizione consente di perfezionare l'assegnazione dei beni più rilevanti e di maggiore pregio e valore patrimoniale alla gestione della Difesa SPA, la struttura privatistica voluta dal Governo per reperire risorse per le spese militari attraverso le dismissioni di un patrimonio importante che, spesso, si trova in aree cittadine ad alto valore commerciale;
          si è in presenza di una molteplicità di strutture, molte volte ubicate nei centri storici, già non utilizzate da molto tempo per effetto del decreto legislativo 28 novembre 1997, n.  464, attuativo della riforma strutturale delle Forze armate, che ha realizzato un deciso accorpamento delle competenze e attività militari;
          l'esclusione di un siffatto e corposo patrimonio immobiliare dall'elenco dei beni da trasferire agli enti locali indebolisce fortemente la portata del federalismo fiscale, visto che sottrae beni il più delle volte in buono stato di conservazione che, per effetto della loro posizione centrale nelle aree urbane, con facilità potrebbero essere valorizzati o al più dismessi, secondo le finalità della legge, per il risanamento dei bilanci comunali;
          il danno subito dalle comunità locali con il mancato trasferimento di quei beni, in modo che agli interroganti appare non conforme ai princìpi del federalismo, si aggiunge ai precedenti danni subiti per la spoliazione delle attività militari, effetto della riorganizzazione delle Forze armate, che hanno prodotto un impoverimento del sistema economico e sociale di quelle città;
          il Sud subirà un doppio danno, visto che alla predetta attività di ristrutturazione delle Forze armate, con la spoliazione delle attività militari e il conseguente impoverimento socio-economico, avvenuti soprattutto nel Meridione, si sommerà il mancato trasferimento di caserme e beni militari già dismessi, che andranno nella gestione della Difesa spa;
          una siffatta impostazione nella gestione dei beni militari demaniali, che assegna la gestione stessa alla struttura privatistica di Difesa spa, di per sé immediata e diretta, oltre ad essere, ad avviso degli interroganti, fortemente centralista e antifederalista, può fortemente indurre altri soggetti interessati ad acquisire quegli immobili di pregio e valore economico, cosa molto più complessa nel caso vi fosse una gestione pubblica attraverso gli enti locali  –:
          se il Ministro abbia predisposto, anche informalmente, un elenco dei beni da dismettere, se effettivamente intenda trasferire i beni demaniali militari a Difesa Spa per finanziare le spese di gestione militare attraverso la loro alienazione o se non ritenga sia opportuno trasmettere immediatamente l'elenco dei beni demaniali militari dismessi all'Agenzia del demanio, affinché possano essere inseriti tra quelli da trasferire subito agli enti locali, così da restituire a quelle comunità i beni che loro appartengono nel rispetto princìpi e valori federalistici. (4-08253)      


      RUVOLO e BOSI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          la famiglia del signor Francesco Scirè proveniente da Montevago, un paesino del Belice, durante il secondo conflitto mondiale ha patito il sacrificio alla patria di tre fratelli;
          uno era il sergente Giacomo Scirè, morto prigioniero in Russia durante la drammatica ritirata dell'esercito italiano, il secondo era il sergente Giuseppe Scirè, disperso nel mare Egeo, il terzo era Antonino Scirè, componente della 222o squadriglia dell'Aeronautica militare, morto nell'isola greca di Rodi, a seguito di un operazione militare;
          in seguito alla morte del padre, il signor Francesco Scirè ha espresso il desiderio di riportare in patria la salma dello zio, Antonino Scirè, per farlo riposare accanto ai suoi congiunti;
          tuttavia, la legge n 365 del 14 ottobre 1999, recante «Norme per la restituzione ai congiunti delle salme dei caduti in guerra» prevede tuttora, ingiustamente, che tutte le spese di riesumazione e rimpatrio siano a carico dei richiedenti;
          il costo complessivo per il trasporto da Rodi a Palermo della salma di Antonino Scirè, caduto in guerra, ammonta a 1620,00 euro  –:
          quali iniziative intenda intraprendere al fine di modificare una norma vetusta che palesa un atteggiamento di poco rispetto nei confronti di chi ha dato tanto per la Patria fino all'estremo sacrificio della propria vita. (4-08266)


      DI STANISLAO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          il comma 14 dell’ articolo 6 del decreto-legge 31 maggio 2010, n.  78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica dispone una riduzione pari al 20 per cento delle spese sostenute nel 2009 dalle amministrazioni pubbliche per «l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi»;
          l'Italia detiene l'assurdo primato del maggior numero di auto di rappresentanza: sarebbero, secondo le stime del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, oltre 90 mila; al secondo posto, ma piuttosto distanziati, gli Stati Uniti d'America, con 72 mila, seguiti dalla Francia, con 63 mila, al quarto posto il Regno Unito con 56.000, la Germania con 55.000, la Turchia con 51.000, la Spagna con 42.000, il Giappone, con 30.000 la Grecia con 30.000;
          nel primo trimestre del 2010, l'aumento del numero delle auto blu è proseguito con un trend positivo pari a +0,6 punti percentuali, nonostante una disposizione che fin dal 1991 ne limita l'uso ai soli Ministri, Sottosegretari e ad alcuni direttori generali;
          il costo complessivo di queste autovetture – sempre secondo lo stesso Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione – è di oltre 4 miliardi di euro l'anno, di cui un miliardo per consumi, assicurazione, manutenzione e noleggi, gli altri tre miliardi sono spesi per gli addetti al parco auto;
          il 16 luglio 2010 è scaduto il termine per la consegna dell'accurato questionario sulle auto blu che il 15 maggio 2010 Formez PA, (il Centro servizi, assistenza, studi e formazione per l'ammodernamento delle pubblica amministrazione) su mandato del Ministro Renato Brunetta, ha trasmesso online a 9.199 amministrazioni centrali e locali;
          il monitoraggio intende rilevare per gli anni 2008, 2009 e 2010 (fino ad aprile) il numero di auto assegnate in uso esclusivo e non esclusivo, il numero e la qualifica degli assegnatari delle auto, il numero di auto utilizzate per specifiche esigenze degli uffici, il numero di autisti ed addetti al parco auto, il costo comprensivo di carburante per singola autovettura e il chilometraggio percorso;
          ad oggi hanno risposto correttamente al questionario 3.625 amministrazioni, rappresentanti il 65 per cento dei dipendenti pubblici delle amministrazioni coinvolte nel monitoraggio. Altre 90 amministrazioni hanno anticipato le risposte via telefono;
          molti enti hanno segnalato che la loro mancata risposta è stata dovuta a dei disguidi tecnici nell'invio del questionario e che quindi si ripromettono di rispondere in modo completo entro il 30 luglio 2010, dando così anche ai cittadini da loro amministrati la possibilità di conoscere tutte le informazioni su numero, modalità di utilizzo e costi del loro parco auto;
          nella loro autonomia, ma con spirito di grande collaborazione, gli organi costituzionali (Presidenza della Repubblica, Senato e Camera dei deputati, Corte Costituzionale e Consiglio superiore della magistratura) hanno dato disponibilità a fornire i propri dati;
          nell'elenco delle amministrazioni pubbliche che non hanno ancora risposto e alle quali, perdurando il loro silenzio, sono state inviate le lettere di richiamo dell'Ispettorato della funzione pubblica, compare il Ministero della difesa  –:
          se il Ministro abbia intenzione di dare spiegazioni in merito al mancato invio delle informazioni richieste dal Dipartimento della funzione pubblica e se e quando abbia intenzione di rendere noti tali dati. (4-08269)


ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza:

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro della difesa, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
          l'aeroporto di Comiso (Ragusa), aeroporto per l'aviazione generale civile e cargo, ha iniziato il suo lungo iter procedurale nel 1999, con l'inserimento negli accordi e nelle intese fra Governo e regione siciliana;
          il 16 luglio 2010 la direzione dei lavori ha concluso la verifica della chiusura dei lavori dell'aerostazione;
          l'infrastruttura è costata quasi 60 milioni di euro, nata dalla fruttuosa collaborazione fra l'Enac, la regione siciliana e il comune di Comiso, utilizzando finanziamenti regionali e contributi dell'Unione europea;
          la proprietà della struttura è del comune di Comiso;
          nei mesi scorsi, in diverse occasioni, non si è proceduto alla firma del protocollo di intesa Stato-regione riguardo alla proprietà dell'area in cui sorge lo scalo;
          sarebbero sorti dubbi sulla procedura sin qui seguita in merito alla sdemanializzazione; si tratta di una pista aerea in precedenza di proprietà del Ministero della difesa, successivamente smilitarizzata;
          tali difficoltà burocratiche hanno causato il rinvio dell'apertura al traffico aereo dello scalo;
          ogni ulteriore ritardo potrebbe mettere a rischio il contributo dell'Unione europea, oltre che compromettere la programmazione della struttura e penalizzare i numerosi imprenditori turistici, e non solo, che facendo affidamento sulla realizzazione dell'opera, hanno localizzato in quella zona numerosi ed ingenti investimenti;
          l'aeroporto di Comiso rappresenta un imprescindibile tassello per la piena funzionalità del trasporto aereo in Sicilia ed una infrastruttura di grande rilievo in una zona con il più basso tasso di infrastrutturazione di tutto il Paese  –:
          quali ostacoli impediscano l'apertura al traffico aereo dello scalo aeroportuale di Comiso (Ragusa);
          se intendano intervenire, ed in quali tempi, al fine di risolvere ogni e qualsiasi ostacolo riguardo alla proprietà dell'area in cui sorge lo scalo di Comiso;
          se vi siano, oltre a quelli su esposte, altre difficoltà che impediscano l'apertura al traffico aereo dello scalo aeroportuale di Comiso e, in particolare, quali disposizioni sulla certificazione aeroportuale e sulla certificazione del gestore aeroportuale siano state individuate ovvero quali siano già state attivate;
          se le amministrazioni dello Stato interessate, polizia di Stato, carabinieri, Guardia di finanza, Agenzia delle dogane, vigili del fuoco, ENAV ed ENAC, abbiano attivato le procedure e siano pronte ad assicurare i servizi di istituto, al fine di garantire la sicurezza e la piena operatività dell'aeroporto di Comiso.
(2-00802) «Berretta, D'Alema, Migliavacca, Siragusa, Samperi, Letta, Antonino Russo, Capodicasa, D'Antoni, Burtone».


Interrogazioni a risposta scritta:

      DI PIETRO, DI GIUSEPPE e ZAZZERA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          in data 14 luglio 2010 è stata presentata l'interpellanza 2-00248 nella seduta n.  405 del Senato della Repubblica, nella quale si faceva riferimento al fatto che, con i decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n.  1406 e n.  2108 del 2008, erano stati assegnati, alle regioni Molise e Puglia, fondi pari a 285.000.000 di euro per garantire la prosecuzione degli interventi e delle opere di ricostruzione nelle zone colpite dal sisma del 31 ottobre 2002;
          come si evince dalla suddetta interpellanza, il presidente della regione Molise, commissario delegato per le attività post sisma, ha stanziato ed impegnato sul bilancio della struttura commissariale i fondi assegnati, formalizzando gli impegni finanziari assunti e anticipando risorse a favore dei comuni coinvolti;
          attualmente restano da riscuotere i fondi riferiti all'articolo 24-bis del decreto-legge n.  159 del 2007 convertito, con modificazioni, dalla legge n.  222 del 2007, per un totale di 60 milioni di euro, il cui titolare di spesa è il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che ha, autonomamente e in assenza di alcun provvedimento di rettifica o annullamento dei suddetti decreti, cancellato i benefici economici già concessi e utilizzati, dirottando i fondi ad altri interventi;
          a causa del mancato finanziamento di cui sopra, con deliberazione n.  68, del 31 luglio 2009, vistata dalla Corte dei conti il 22 dicembre 2009 e pubblicata in Gazzetta Ufficiale n.  16 del 21 gennaio 2010, il Comitato interministeriale per la programmazione economici (CIPE) ha concesso un nuovo finanziamento alle regioni Molise e Puglia di 60 milioni di euro, posto a carico del Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, ed ha stabilito che l'erogazione di tali risorse sarebbe stata disposta secondo modalità temporali compatibili con i vincoli di finanza pubblica correlati all'utilizzo delle risorse del fondo aree sottoutilizzate (FAS);
          i predetti fondi di spettanza delle regioni Molise e Puglia ad oggi non risultano all'interrogante pervenuti alla riscossioni;
          si tratta di un finanziamento importante per l'avanzamento dell'attività di ricostruzione post sisma e che potrebbe avere una ricaduta significativa a beneficio delle imprese di costruzione che stanno attraversando un periodo di forte crisi così come evidenziato anche dalle numerose sollecitazioni pervenute da associazioni di categoria, quali l'Acem, Associazione costruttori edili del Molise  –:
          quali iniziative il Ministro intenda intraprendere al fine di garantire il completamento del programma di ricostruzione, rendendo disponibili le risorse stanziate. (4-08241)


      JANNONE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          a partire dagli ultimi mesi del 2008, e per tutto il 2009, la crisi finanziaria ha prodotto importanti ripercussioni sull'economia mondiale e l'impatto è stato estremamente significativo poiché ha contribuito a modificare anche i rapporti tra Paesi sviluppati ed emergenti dell'area del Mediterraneo. A livello mondiale la crisi ha causato una costante decrescita del prodotto interno lordo, che ha coinvolto in maniera trasversale tutti i Paesi, anche se con tendenze estremamente diversificate. Nonostante le distinzioni tra le varie economie monetarie, la recessione economica le ha attraversate tutte, producendo significative conseguenze tra cui: una forte riduzione del commercio internazionale, il crollo della domanda da parte delle economie avanzate, le forti restrizioni creditizie (che limitano di conseguenza la possibilità di acquisto) e l'elevato grado di integrazione tra le economie mondiali, che rende strettamente interdipendenti i diversi sistemi economici internazionali;
          tuttavia, secondo le previsioni delle principali istituzioni economiche e finanziarie, il 2010 e gli anni successivi saranno caratterizzati da una fase di recupero, contrassegnata da una consistente ripresa economica e, di conseguenza, da una progressiva uscita dalla situazione attuale. Nonostante i Paesi emergenti abbiano reagito alla recessione in modo positivo, contenendone le conseguenze e avviando un processo di ripresa economica maggiormente sostenuto, rimangono sostanzialmente legati alle aree economiche mondiali più sviluppate. La recente crisi economica ha influenzato, però, in maniera massiccia anche le economie dei Paesi del Mediterraneo, riflettendosi sulle performance dell'interscambio commerciale;      
          la contrazione della domanda estera ha, infatti, prodotto un calo delle esportazioni di beni, contribuendo a una riduzione sostanziale del turismo, delle rimesse e dei flussi di investimenti diretti esteri. Tuttavia, le stime del Fondo monetario internazionale appaiono incoraggianti, in quanto si prevede un'uscita dalla crisi in tempi abbastanza rapidi. I rapporti commerciali tra le due sponde del Mediterraneo, nello specifico, appaiono in costante crescita, con le esportazioni dell'Unione europea che passano dai 44,6 miliardi di euro nel 1990 ai 191 miliardi di euro nel 2008. Tuttavia, la contrazione della domanda europea ha soprattutto condizionato le esportazioni dei Paesi del Mediterraneo, che nel 2009 hanno registrato importanti e preoccupanti diminuzioni nell'interscambio commerciale;
          i principali protagonisti, a livello europeo, dei rapporti commerciali con il Mediterraneo sono invece Francia, Germania e Italia che, congiuntamente, rappresentano il 51 per cento del totale delle esportazioni. Anche per quanto riguarda le esportazioni dei Paesi del Mediterraneo si assiste a un trend decisamente positivo: a partire dal 2003 si sono registrati, infatti, tassi di crescita molto elevati che, nel 2008, hanno portato le esportazioni a un valore pari a 197 miliardi di euro. Oltre allo scambio commerciale, l'Europa costituisce un'importante fonte di flussi di investimenti, di turismo e di rimesse che giungono nella sponda meridionale del Mediterraneo e che contribuiscono ad accrescere la ricchezza della regione. La crisi, da questo punto di vista, ha prodotto ripercussioni sul mercato del lavoro europeo, causando una contrazione dei flussi delle rimesse da parte dei migranti. Anche il turismo, che costituisce circa il 14 per cento del delle economie dell'area, rappresenta un'importante risorsa che caratterizza i rapporti tra l'Unione europea e sponda sud del Mediterraneo;
          l'aumento dei tassi di disoccupazione, l'indebitamento delle famiglie europee e la perdite del valore d'acquisto degli stipendi riducono notevolmente il mercato del turismo. Un crollo significativo si è registrato anche rispetto agli investimenti diretti esteri, che fanno registrare una contrazione del 17 per cento rispetto al 2008. Nel corso del 2009 i Paesi del Mediterraneo hanno sviluppato e accresciuto le proprie relazioni commerciali anche con la Cina, che si configura come un partner strategico all'interno dell'area, e con i Paesi del Consiglio di cooperazione del golfo (CCG): sembrerebbe, infatti, che la particolare situazione economica possa essere interpretata come un'opportunità di instaurare e rafforzare nuovi rapporti commerciali tra Cina e Mediterraneo, soprattutto a scapito dell'Unione europea;
          i Paesi del Mediterraneo nel 2009 non hanno fatto registrare valori negativi – come invece è avvenuto per le principali economie avanzate – ma piuttosto una crescita al ribasso, che tuttavia ha evidenziato una buona tenuta. Complessivamente le economie del Mediterraneo hanno avuto nel 2009 una crescita positiva pari al 2,4 per cento, sebbene in controtendenza rispetto al 5,1 per cento del 2008 e, secondo le stime delle principali istituzioni economiche internazionali, i Paesi del Mediterraneo subiranno una crescita elevata nei prossimi anni grazie alla loro forte capacità di attirare investimenti diretti esteri;
          capacità che appare strettamente connessa al significativo miglioramento delle condizioni di impresa che ha incoraggiato lo stabilimento di piccole e medie imprese estere sul proprio territorio. L'area del Mediterraneo racchiude quindi un enorme potenziale economico, che nei prossimi anni potrebbe prendere forma. Un ulteriore indicatore del ruolo strategico che questa regione riveste è rappresentato dalla velocità con la quale al suo interno si sta creando una nuova classe di consumatori in grado di accedere al mercato. Appare chiaro, quindi, come le strategie future debbano necessariamente essere indirizzate a un adeguamento delle strutture produttive e distributive, che consentano di cogliere e poter soddisfare questo potenziale di crescita  –:
          quali iniziative i Ministri intendano adottare al fine di potenziare i canali di esportazione dei manufatti italiani all'estero, soprattutto in Europa e nell'area del Mediterraneo, al fine di contrastare ciò che resta della crisi economica globale attualmente in atto, rimarcando il ruolo leader dell'Italia fra i Paesi esportatori. (4-08242)


      MANTINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il decreto-legge n.  78 del 2010 all'articolo 32 di modifica del regime fiscale dei fondi immobiliari propone una nuova definizione civilistica di fondo comune di investimento rivedendo la definizione del concetto di pluralità degli investitori e di autonomia delle società di gestione del risparmio (SGR) rispetto alle politiche di gestione del fondo di investimento;
          è certo necessario che l'impegno a migliorare la regolamentazione di settore, al fine di evitare usi impropri ed elusivi dei fondi immobiliari, debba comunque preservare l'operatività della parte sana dell'industria, potenziandone le capacità tecniche come collettori di risparmio e investitori verso impieghi in immobili destinati allo svolgimento di attività economiche (uffici, alberghi, logistica, centri commerciali, industria, e altri) ed anche in vista dei nuovi compiti che, in prospettiva, potrebbero svolgere in campi come l’housing sociale, il federalismo demaniale, lo sviluppo infrastrutturale o l'attuazione di grandi programmi di riqualificazione urbana e recupero del territorio;
          l'articolo 32, chiarendo solo alcuni aspetti fiscali e l'ambito di applicazione della norma verso gli investitori stranieri, lascia aperta la questione della mancata definizione della «pluralità» che consentirebbe ai «fondi immobiliari» di continuare a esistere e svilupparsi, evitandone l'uso improprio (veicoli con scopi elusivi);
          è pertanto necessario, anche ai fini dei previsti decreti attuativi da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, chiarire in via interpretativa che il requisito della pluralità dei partecipanti al fondo risulta soddisfatto anche in via indiretta, allorquando il patrimoni del fondo sia detenuto, integralmente o in misura rilevante, da una persona giuridica o altro ente di diritto italiano o estero, preposto a rappresentare gli interessi di un pluralità indistinta di soggetti, indipendentemente dal numero degli altri partecipanti al fondo  –:
          quali iniziative intenda assumere per precisare, nel senso sopra indicato, la corretta interpretazione dell'articolo 32 del decreto-legge n.  78 del 2010 sulla disciplina dei fondi immobiliari. (4-08244)


      FRONER. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          negli ultimi mesi molti contribuenti trentini hanno ricevuto da Equitalia solleciti di pagamento per cartelle già inviate;
          i contribuenti sono stati invitati a saldare il debito entro venti giorni, pena il fermo amministrativo dei veicoli di proprietà dei contribuenti stessi;
          parte delle comunicazioni ricevute si rivelavano prive di fondamento non esistendo il debito tributario a monte dei solleciti stessi;
          per parte di esse, invece, il mancato pagamento derivava da disguidi nella notificazione da parte del servizio delle Poste;
          risulta all'interrogante che dalla fine del 2009 la direzione generale di Equitalia ha affidato in via sperimentale alle Poste di Trento il servizio di notifica degli atti inerenti agli ordini esattoriali di natura tributaria, fiscale e amministrativa, alla legislazione sociale (sanzioni Inps) e all'amministrazione della giustizia. Si prevede che l'affidamento diventi definitivo dal 1o settembre 2010;
          va rilevata quella che all'interrogante appare un'assoluta inefficienza da parte delle Poste nello svolgimento di questo servizio, attuato fino ad ora in via sperimentale, probabilmente anche a causa della inadeguata preparazione del personale in rapporto alla delicatezza del compito  –:
          se i Ministri siano a conoscenza della situazione suesposta;
          quali iniziative intendano adottare per ovviare alle attuali inefficienze da addebitarsi sia a Equitalia, sia alle Poste di Trento, che penalizzano pesantemente e ingiustamente i cittadini. (4-08257)


GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

      ZAZZERA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          la stampa riporta la notizia della grave insufficienza di organico presso il palazzo di giustizia di Monopoli;
          la struttura giudiziaria serve oltre settantamila utenti e le enormi difficoltà organizzative impediscono ai dipendenti di svolgere il lavoro in serenità;
          magistrati, avvocati, cancellieri e operatori sono costretti a sottoporsi a turni lavorativi durissimi per garantire l'attività della struttura, nonché a straordinari, peraltro non pagati, per il corretto espletamento delle pratiche burocratiche;
          in particolare da quanto risulta all'interrogante, due cancellieri sono andati in pensione, mentre un terzo ha chiesto domanda di pensionamento anticipato considerata la sua invalidità al 100 per cento. Secondo quanto dichiarato dall'avvocato Pierfelice Annese, presidente associazione avvocati di Monopoli e Polignano a queste carenze «suppliscono i dipendenti tuttora in servizio, che non sarebbe esagerato definire eroi», «Tutta la struttura si regge sulla buona volontà di questi dipendenti – che non può essere eterna – e sul lavoro del Magistrato, che sta per trasferirsi»;
          presso il Tribunale di Monopoli penderebbero 2.000 cause civili di cui circa 1.800 assegnate al giudice unico Valentino Lenoci, oltre il pesante carico dei procedimenti cautelari, monitori e della volontaria giurisdizione il cui numero resta imprecisato. Ma la questione non riguarderebbe solo la sede distaccata monopolitana. Anche le sedi centrali del territorio sarebbero prossime al collasso a causa della grave carenza di organico. Il presidente del tribunale di Bari, il dottor Savino, avrebbe emesso una circolare chiedendo «ad ogni Tribunale di condurre le udienze senza cancellieri per portare avanti le cause» (Eco del sud-est del 9 luglio 2010);
          secondo quanto denunciato dal dottor Lenoci, tutto l'apparato giudiziario risentirebbe fortemente della mancanza di fondi. Con l'ultima finanziaria poi, il Governo avrebbe «penalizzato i giovani magistrati mandati nelle sedi distaccate dei Tribunali con il blocco degli scatti stipendiali e degli aumenti dopo le valutazioni quadriennali di professionalità degli stessi». [...] Se i magistrati si rifiutassero di continuare a supplire alle mancanze delle strutture giudiziarie come i Tribunali – prosegue Lenoci – sarebbe la paralisi del sistema”;
          senza investimenti, sulle strutture ma anche «sul personale di cancelleria e di magistratura, su elementi utili come i computer, le stampanti, i codici e l'aggiornammo librario, non ci sarà alcun cambiamento della Giustizia» conclude il dottor Lenoci  –:
          se quanto riportato nella presente interrogazione corrisponda al vero e in caso affermativo, come intenda il Ministro supplire alla mancanza dei tre collaboratori di cancelleria collocati in pensione, nonché quali provvedimenti urgenti intenda assumere per aumentare l'organico della struttura giudiziaria monopolitana, al fine di garantire il corretto svolgimento della giustizia. (4-08237)


      PALADINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          le pressanti esigenze dell'amministrazione penitenziaria rendono necessaria la piena assunzione al lavoro nei posti delle aree previste;
          ciò nonostante, talora, i decreti di assunzione, già firmati dal Ministro, risultano bloccati in quanto subordinati al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sulle piante organiche che alla Funzione Pubblica presso l'ufficio competente;
          nella graduatoria del concorso pubblico per esami ad 1 posto nell'area «B» posizione economica «B3», profilo professionale di collaboratore riservato alla casa circondariale di Aosta Brissogne indetto con PDG 12 marzo 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – quarta serie speciale – «Concorsi ed esami», n.  46 del 12 giugno 2007, approvata con PDG del 3 luglio 2008, pubblicato nel Bollettino Ufficiale n.  24 del 31 dicembre 2008 figura utilmente collocata la signora Cristina Mazzeo con relativo decreto di assunzione datato 14 aprile 2010;
          altri decreti da emanare per l'assunzione di educatori, contabili, collaboratori risulterebbero in una posizione di stallo;
           le pressanti esigenze dell'amministrazione penitenziaria, rendono necessaria la piena assunzione al lavoro nei posti delle aree previste  –:
          se, il Ministro, in un momento di grave crisi dell'apparato penitenziario, non intenda assumere fattivamente, come è nel loro pieno diritto in quanto vincitori di un concorso pubblico, la signora Mazzeo e le altre figure, quali educatori, contabili, collaboratori, interessate al problema. (4-08240)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          sul Corriere della Sera del 27 luglio 2010 è apparso un articolo intitolato: «Pisa, due albanesi evadono usando le lenzuola annodate. Insorgono gli agenti: siamo troppo pochi»;
          l'articolo dà conto dell'evasione dal carcere di Pisa compiuta dai detenuti Bledar Shehu, 27 anni, e Roland Dedja, 26 anni, entrambi di nazionalità albanese ed in attesa di giudizio (uno di loro era in carcere per rapina e l'altro per omicidio);
          dopo aver attraversato alcuni cortili interni, i 2 detenuti hanno fermato una donna a bordo di una Jeep Cherokee, l'hanno fatta scendere, e poi hanno proseguito la fuga sull'auto;
          consta agli interroganti che sulla vicenda il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP) abbia aperto un'inchiesta interna e abbia inviato a Pisa Francesco Cascini, il capo dell'ispettorato dello stesso dipartimento;
          secondo il Sindacato Autonomo degli agenti di polizia penitenziaria si tratta «di una evasione annunciata atteso che nel carcere di Pisa ci sono 458 detenuti contro una capienza di circa 250 posti, mentre gli agenti penitenziari sono carenti di 80 unità (pari al 31 per cento dell'organico regolamentare)»; mentre per il segretario della Uil Pa Penitenziari, Eugenio Sarno, questa è «l'ennesima evasione beffa perché chiunque decida, quando e se vuole, può tranquillamente evadere dalle nostre prigioni. E non certo per imperizia della polizia penitenziaria. È oggettivamente impossibile tenere sotto controllo circa 150 detenuti. Laddove avrebbero dovuto operare 3 agenti ne era presente 1 solo. Questa l'ordinarietà straordinaria che si registra in tutte le carceri»;
          qualche giorno fa dal carcere di Lecco sono evasi altri due pericolosi malviventi che sono riusciti a calarsi all'esterno dal muro di cinta durante l'ora d'aria;
          secondo il provveditore regionale del DAP della Toscana, «il sistema di allarme anti-scavalcamento era regolarmente funzionante. Purtroppo la situazione generale in Toscana è molto difficile. Dobbiamo fare i conti con pochi soldi a disposizione, poco personale e pochi dirigenti a fronte di un sovraffollamento degli istituti che è sotto gli occhi di tutti. Voglio comunque elogiare la polizia penitenziaria di Pisa per il lavoro che svolge quotidianamente anche in condizioni difficili». «La risposta – ha concluso Giuffrida – ci è stata immediatamente anche ieri, perché un agente si è accorto di ciò che stava accadendo e si è messo all'inseguimento dei due detenuti. Purtroppo senza riuscire a raggiungerli»  –:
          quale sia l'esatta dinamica di questo episodio di evasione e se intenda aprire una rigorosa inchiesta amministrativa sulla fuga dei due detenuti dal carcere di Pisa;
          se non si reputi opportuno intervenire urgentemente al fine di potenziare il sistema di sicurezza dell'istituto penitenziario in questione;
          se non si reputi opportuno intervenire in modo deciso per sopperire alla carenza dell'organico del personale di polizia penitenziaria assegnato al carcere Don Bosco di Pisa;
          quante evasioni dal carcere si siano verificate negli ultimi cinque anni.
(4-08249)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          Il signor Alessandro Fossi è deceduto il 9 luglio 2010 nel carcere «Mario Gozzini» (cosiddetto «Soliccianino») di Firenze;
          il detenuto è stato trovato morto all'interno della sua cella con una siringa vicino al corpo ed il decesso è stato causato da avvelenamento da oppiacei (overdose di eroina);
          il totale dei detenuti morti nelle carceri italiane nel 2010, tra suicidi, malattie e cause «da accertare» arriva a 107 (negli ultimi 10 anni i «morti di carcere» sono stati 1.703, di cui 594 per suicidio);
          il 27 per cento degli oltre 65 mila detenuti attualmente presenti negli istituti di pena è tossicodipendente e i servizi di assistenza ai tossicodipendenti presenti nelle carceri italiane sono troppo spesso mal funzionanti per carenza di personale e di fondi, e nel medesimo stato versa più in generale tutta la sanità penitenziaria  –:
          se ed in che misura il signor Fossi sia stato sottoposto nel carcere di Firenze ad un adeguato trattamento di carattere sia farmacologico che psicologico;
          come sia possibile che l'eroina ed una siringa siano riuscite ad entrare e circolare con tale facilità all'interno del carcere nonostante i controlli;
          se, con riferimento all'episodio descritto in premessa, intenda avviare un'indagine amministrativa interna al fine di verificare l'esistenza di eventuali omissioni o responsabilità dell'amministrazione penitenziaria;
          quanti siano i detenuti morti per overdose in carcere negli ultimi cinque anni;
          se, a fronte del numero crescente di morti dovute o comunque collegate all'uso di droghe da parte dei detenuti, il Ministro interrogato intenda intervenire e con quali iniziative. (4-08255)


      BERNARDINI, GIULIETTI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          in un comunicato stampa diramato il 26 luglio 2010, il gruppo EveryOne, organizzazione per i diritti umani con sede in Italia, ha denunciato la vicenda di Faith Aiworo, 23 anni, nigeriana, la quale è stata arrestata e rimpatriata dall'Italia nel suo Paese di origine, la Nigeria, il tutto in spregio alla Convenzione di Ginevra e alle normative internazionali sulla protezione umanitaria e sussidiaria, atteso che nel suo Paese d'origine la donna rischia il patibolo;
          Faith Aiworo è arrivata in Italia nel 2007, dopo aver subito una condanna penale per l'omicidio del suo datore di lavoro, che aveva tentato di violentarla. Uscita su cauzione, si è rifugiata a Bologna. Secondo le leggi nigeriane e considerato il potere economico e politico della famiglia dell'uomo che aveva provato a stuprarla, Faith potrebbe essere condannata a morte;
          in Italia la donna non ha ricevuto asilo né permesso di soggiorno umanitario, quindi è divenuta clandestina sulla base di quanto disposto dalla legge n.  94 del 2009, dopodiché ha ricevuto due decreti di espulsione;
          alcune settimane fa, a Bologna, Faith Aiworo ha subito un nuovo tentativo di stupro. Il presunto violentatore è finito in carcere, mentre lei è stata rinchiusa nel Centro di identificazione ed espulsione bolognese di via Mattei e il 20 luglio è stata prelevata e trasferita in Nigeria, dove è stata immediatamente arrestata e imprigionata;
          il gruppo EveryOne, insieme alla Rete Antirazzista, ha chiesto al Ministro degli affari esteri Frattini, di avviare nell'immediato attraverso i propri consiglieri diplomatici le procedure di trasferimento sicuro della giovane donna, attualmente a rischio di vita, nel territorio italiano, ciò al fine di scongiurare trattamenti inumani e degradanti o addirittura la sua messa a morte;
          il gruppo EveryOne ha inoltre sollecitato un intervento del Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa Thomas Hammarberg, e dell'Alto Commissario ONU per i rifugiati Antonio Guterres affinché intraprendano «con la massima urgenza presso le autorità nigeriane azioni per scongiurare la messa al patibolo di Faith Aiworo e favorire quindi il suo ritorno a Bologna, dove si è costruita una nuova vita e dove è innegabile il suo diritto all'asilo politico»;
          anche la segretaria e portavoce dell'associazione Migrare, Shukri Said, ha lanciato un appello affinché Faith Aiworo venga immediatamente trasferita in un luogo sicuro e, quindi, sottratta al controllo delle autorità nigeriane;
          l'Italia è promotrice della moratoria sulla pena di morte, eppure ha permesso che una cittadina straniera fosse estradata in un Paese dove le garanzie dei diritti non ci sono e dove vige la pena di morte  –:
          quali siano state le circostanze di diritto e di fatto che hanno determinato l'espulsione di Faith Aiworo, ponendo potenzialmente in pericolo la sua vita, anche in considerazione del dettato costituzionale e dell'interpretazione che ne ha dato la giurisprudenza della Corte costituzionale stessa;
          se, e nell'eventualità positiva, quali siano state le richieste di garanzie formulate dal Governo italiano a quello nigeriano ed eventualmente quali garanzie siano state fornite dal Governo nigeriano a quello italiano, al fine di scongiurare la comminazione della pena capitale a Faith Aiworo;
          se non ritengano di dover intraprendere le azioni diplomatiche necessarie per conoscere la sua sorte. (4-08256)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          in una lettera riservata del 5 luglio 2010 inviata ai suoi superiori a Roma, ossia al direttore generale delle risorse materiali dei beni e servizi, Enrico Ragosa, e al direttore generale del bilancio e della contabilità, Alessandro Giuliani, il provveditore dell'amministrazione penitenziaria di Piemonte e Valle d'Aosta, Aldo Fabozzi, sostiene che: «I fondi assegnati sono in pratica del tutto esauriti e non è possibile garantire nemmeno la manutenzione ordinaria degli impianti di sicurezza con tutte le implicazioni che ciò comporta»;
          nell'estratto della lettera, riportato da un lancio dell'agenzia di stampa APCOM del 27 luglio 2010, si legge quanto segue: «Pur prendendo atto delle scarse disponibilità di bilancio assegnate a codesta direzione, corre l'obbligo di segnalare che la gravissima carenza di fondi destinati agli istituti dei distretti si sta protraendo da troppo tempo». Con diverse note nel corso degli anni la prima firmataria del presente atto ha evidenziato che la progressiva e costante mancanza di fondi ha come effetto di impedire la programmazione e soprattutto l'esecuzione degli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria con tutte le conseguenze che ciò comporta;      
          secondo Gerardo Romano, segretario regionale dell'Osapp, sindacato autonomo di polizia penitenziaria «la situazione è drammatica. Prendiamo atto che il Provveditore ci dà ragione. Perché noi da tempo denunciamo lo sfascio totale delle carceri. Bastano pochi esempi per capire come possano poi avvenire episodi di evasione come quelli di Pisa. Abbiamo muri di cinta non funzionanti, ci sono mezzi fermi, e sarebbero necessari per gli spostamenti delle traduzioni, solo perché mancano i soldi per pagare i pneumatici sgonfi. Il personale è sotto organico, molti sono assenti perché accusano patologie da stress. Alle Vallette di Torino si può fare la doccia calda solo a certe ore e a turni. A farne le spese è sempre il personale penitenziario»  –:
          se il Governo abbia acquisito informazioni in merito alle gravi disfunzioni segnalate dal provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria presso gli istituti di pena dei distretti di Piemonte e Valle d'Aosta;
          se non ritenga necessario adottare misure urgenti volte a rimuovere le disfunzioni segnalate e le carenze presenti nelle strutture penitenziarie indicate nella missiva del provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria, nonché ad assicurare agli agenti di polizia penitenziaria le condizioni minime di vivibilità della struttura e il rispetto pieno degli standard di sicurezza e funzionalità, al fine di garantire l'adeguatezza della struttura alle proprie finalità costituzionali. (4-08261)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto riportato dall'Osservatorio sulle morti in carcere composto da Radicali Italiani, Associazione «Il Detenuto Ignoto», Associazione «Antigone», Associazione «A Buon Diritto», Redazione «Radiocarcere», Redazione «Ristretti Orizzonti», la notte tra il 26 e il 27 luglio 2010 Corrado Liotta, 44 anni, detenuto nel carcere «Cavadonna» di Siracusa, si è ucciso impiccandosi alle sbarre della sua cella;
          l'uomo è morto all'istante, poiché nell'appendersi al rudimentale cappio che aveva fabbricato si è spezzato le vertebre cervicali. I compagni di cella non si sono accorti di nulla ed il corpo senza vita del detenuto è stato scoperto dall'agente di turno, che stava effettuando la conta alle 3 di notte;
          Liotta era detenuto, in attesa di giudizio, nel reparto «isolati» del carcere di Siracusa e già la settimana scorsa aveva commesso atti di autolesionismo, ingoiando lamette da barba. Era stato arrestato il 9 maggio 2010 dagli agenti della questura di Siracusa, intervenuti per sedare un litigio scoppiato in un condominio: nella circostanza Liotta, armato di un coltello e di un cacciavite, minacciava pesantemente delle persone chiuse all'interno di una stanza, chiedendo loro dei soldi. Da qui l'arresto, con l'accusa di lesioni e minacce, tentata estorsione e danneggiamento;
          nel 2010 nelle carceri siciliane si sono già uccisi 7 detenuti, di cui 2 nel penitenziario di Siracusa;
          da inizio anno salgono così a 39 i detenuti suicidi nelle carceri italiane (33 impiccati, 5 asfissiati col gas e 1 sgozzato), mentre il totale dei detenuti morti nel 2010, tra suicidi, malattie e cause «da accertare» arriva a 106 (negli ultimi 10 anni i «morti di carcere» sono stati 1.703, di cui 594 per suicidio);
          nei primi sette mesi del 2009 (anno che ha fatto registrare il «record storico» di suicidi in carcere, con 72 casi), il numero dei detenuti suicidi era attestato a 31, quindi 8 in meno rispetto a quest'anno. Un trend negativo che, a meno di clamorose inversioni, a fine anno produrrà un numero di decessi in carcere mai visto, né immaginabile fino a pochi anni fa: a titolo di esempio nel 2007 i suicidi furono 45, l'anno successivo 46, ma oggi i numeri sono quasi raddoppiati;
          il 12 gennaio 2010 la Camera dei deputati ha parzialmente approvato, su espresso parere favorevole del Governo, la mozione sulle carceri presentata dalla interrogante e sottoscritta da 93 deputati appartenenti a quasi tutte le forze politiche presenti in Parlamento; la mozione approvata prevede, tra l'altro, alla lettera n), l'adeguamento degli organici del personale penitenziario ed amministrativo, nonché dei medici, degli infermieri, degli assistenti sociali, degli educatori e degli psicologi, non solo per ciò che concerne la loro consistenza numerica, ma anche per ciò che riguarda la promozione di qualificazioni professionali atte a facilitare il reinserimento sociale dei detenuti  –:
          se intenda avviare una indagine amministrativa interna al fine di appurare se nei confronti del detenuto morto suicida nel carcere «Cavadonna» di Siracusa siano state messe in atto tutte le misure di sorveglianza previste e necessarie e quindi se non vi siano responsabilità di omessa vigilanza e cura da parte dell'amministrazione dell'istituto;
          per quali motivi Carlo Liotta si trovava del reparto «isolati» della struttura penitenziaria in questione;
          se presso il carcere «Cavadonna» di Siracusa sia presente, attivo e funzionante il servizio «nuovi giunti» e se pertanto il detenuto Carlo Liotta abbia potuto usufruire di un colloquio con lo psicologo all'atto del suo ingresso in carcere e prima dell'assegnazione alla sezione al fine di accertare un suo eventuale rischio autolesionistico o suicidiario;
          se corrisponda al vero il fatto che già nei giorni precedenti il suicidio il detenuto abbia commesso atti di autolesionismo ingoiando lamette da barba e, in caso di risposta affermativa, quali misure precauzionali e di vigilanza siano state adottate dall'amministrazione penitenziaria;
          se e quali urgenti iniziative il Governo intenda adottare, sollecitare e promuovere al fine di aumentare gli organici del personale penitenziario ed amministrativo, nonché per quanto di competenza dei medici, degli infermieri, degli assistenti sociali, degli educatori e degli psicologi in servizio presso gli istituti di pena, in modo da rendere lo stesso adeguato al numero delle persone recluse, così come previsto dalla mozione n.  1-00288 approvata dalla Camera dei deputati il 12 gennaio 2010;
          se non si intendano adottare o implementare le opportune misure di supporto psicologico ai detenuti al fine di ridurre sensibilmente gli episodi di suicidio;
          se non ritenga che l'alto tasso di suicidi in carcere dipenda dalle condizioni di sovraffollamento degli istituti di pena e dalle aspettative frustrate di migliori condizioni di vita al loro interno;
          quali iniziative, più in generale, il Governo intenda assumere per contenere e ridurre l'alto tasso dei decessi per suicidio in carcere. (4-08264)


INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:

      LARATTA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          le stazioni Trenitalia di Cosenza e Paola fanno sempre più spesso registrare situazioni di gravi disservizi. Perfino le biglietterie, nell'importante stazione di Paola, sono risultate chiuse in pieno mese di luglio. Le coincidenze da Cosenza a Paola (e viceversa) per i treni «Frecciargento» – Alta velocità – diretti a Roma, sono al quanto inattendibili, spesso in ritardo o addirittura soppresse senza preavviso. Numerose sono le proteste tra i passeggeri a riguardo;
          un fatto in particolare merita di essere segnalato: martedì 20 luglio 2010, il treno regionale delle 6,25 da Cosenza per Paola, era pronto al binario 4 della stazione di Cosenza. Quel treno è utile e indispensabile per raggiungere Paola da dove parte l'alta velocità delle 7.01 per Roma, la «Frecciargento» che è vanto di Trenitalia insieme alla Freccia Rossa. Ma quel treno da Cosenza, per una serie di motivi che nessuno ha spiegato ai passeggeri, né alcun annuncio è stato mai fatto dagli altoparlanti della stazione, quel treno effettuava strane manovre con i passeggeri a bordo;
          al termine di queste manovre, il treno si è fermato alcuni minuti al binario 1. Intanto il tempo passava, e si perdevano altri minuti preziosi. Alcuni passeggeri hanno segnalato al capotreno la necessità di dover prendere la Frecciargento delle 7.01 a Paola;
          finalmente il regionale si avviava, con diversi minuti di ritardo, arrivando a Paola poco dopo le 7.00, ma il Treno Alta Velocità per Roma non attendeva la coincidenza da Cosenza. I passeggeri si sono lamentati ad alta voce per avere perso il treno per Roma, ma nessuno ha saputo dire niente, salvo un cortese capostazione che ha cercato di ascoltare i passeggeri. La biglietteria di Paola era chiusa – come capita sempre più spesso in quell'importantissima stazione. Idem gli uffici informazione. I passeggeri hanno fatto notare i danni subiti: una studentessa disperata perché avrebbe dovuto sostenere un esame all'università di Napoli, una famiglia su tutte le furie perché aveva una coincidenza a Roma, e altri con analoghi problemi. Decine le persone danneggiate dai disservizi della stazione di Cosenza;
          fra le altre cose, c’è da segnalare che da Paola, dopo la freccia delle 7,01, il primo treno disponibile per Roma è alle 9.01 (anzi – e la cosa appare al quanto strana – ben due sono i treni per Roma, entrambi nello stesso momento: alle 9.01 e alle 9.04). Ma da e per Cosenza i problemi sono molto frequenti: treni eternamente in ritardo, coincidenze saltate, convogli soppressi, poco personale, uffici e servizi inadeguati. Trenitalia non garantisce più certezza nei collegamenti, abbandona sempre di più i servizi «più umili» destinati ai pendolari e lo dimostrano i treni locali ridotti al lumicino, insufficienti, spesso vecchi e sporchi  –:
          se il Governo sia a conoscenza delle sempre più numerose condizioni di disservizio che si verificano alla stazione Trenitalia di Cosenza e a quella di Paola (Cosenza);
          se al Governo risulti che le coincidenze da Cosenza per Paola sono spesso in ritardo, se non addirittura soppresse senza preavviso;
          se sia a conoscenza di quanto accaduto nella mattina di martedì 20 luglio 2010 alla stazione di Cosenza e in quella di Paola, e dei gravi disagi provocati ai passeggeri, alcuni dei quali hanno anche subito gravi danni;
          se sia a conoscenza di ciò che Trenitalia intenda fare per migliore il servizio passeggeri da Cosenza verso Paola e viceversa e per migliorare la qualità dello stesso servizio. (5-03321)


Interrogazioni a risposta scritta:

      DI BIAGIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          presso ciascuna delle grandi stazioni ferroviarie italiane dal 2008 non è più presente l'ufficio oggetti smarriti e la società Trenitalia ha giustificato la decisione in ragione dell'esigenza di razionalizzare i servizi accessori, priorità di una società per azioni;
          gli oggetti smarriti sui treni della società Trenitalia – non essendo più prelevati e conservati dal personale di Trenitalia al capolinea – sono oggetto di depredazione da parte di saltuari avventori a conoscenza della ignobile prassi;
          l'assenza di un ufficio competente non è resa pubblica né spiegata agli utenti del servizio ferroviario che, in caso di smarrimento, – a partire dal giugno 2009 – sono costretti a fare riferimento ad un call center a pagamento, dove un operatore prende in carico la richiesta nel tentativo di ritrovare l'oggetto smarrito dall'utente denunciante;
          dal 2009 la competenza in materia di conservazione di quel poco che viene recuperato sui treni al capolinea è passata agli uffici comunali competenti;
          per un utente, contattare gli uffici comunali diventa un'impresa quasi impossibile, e molto spesso presso gli stessi uffici gli impiegati ammettono che da circa 2 anni Trenitalia non provvede a collocare gli oggetti smarriti nei treni anche in considerazione delle procedure farraginose e complesse che accompagnano la notifica di ciascuno degli oggetti smarriti;
          attualmente soltanto i cosiddetti oggetti identificabili – partendo dai quali è possibile identificare il proprietario – sono custoditi presso gli uffici della polizia ferroviario all'interno delle stazioni con ovvie criticità sotto il profilo logistico ed organizzativo, considerando le complessità di stoccaggio e di mantenimento degli oggetti, talvolta ingombranti, rinvenuti nelle vetture da Trenitalia;
          l'assenza di un riferimento preciso per l'utente che malauguratamente perde un oggetto durante il suo viaggio in treno, rappresenta un vero e proprio incubo senza dimenticare che nella maggior parte dei casi gli oggetti smarriti hanno anche un significativo valore;
          le difficoltà sono amplificate nel caso di utenti stranieri che nella maggiori parte dei casi sono completamente abbandonati. Questo stato di cose non contribuisce al mantenimento ed al rafforzamento della nostra immagine di Paese moderno ed efficiente;
          la sussistenza di un ufficio oggetti smarriti all'interno di una delle stazioni ferroviarie più grandi e frequentate in Italia – come ad esempio la Stazione Termini di Roma – rappresenta un requisito indispensabile per poter parlare di efficienza e soprattutto di rispetto verso il consumatore di una azienda di servizio pubblico;
          la mancanza di rispondenza delle strategie operative nonché delle dinamiche gestionali della citata società per azioni alle reale esigenze nonché alla tutela delle garanzie degli utenti lascia emergere delle criticità in merito alle scelte e alle programmazioni del corpo dirigenziale di Trenitalia  –:
          se sia a conoscenza di quanto evidenziato in premessa;
          se si ritenga di sollecitare attraverso gli opportuni mezzi ed iniziative la riapertura degli uffici oggetti smarriti nelle principali stazioni ferroviarie italiane, in quanto espressione della piena tutela dei diritti del consumatore;
          se si ritenga auspicabile una rinnovata valutazione in itinere dell'efficienza nonché della capacità di gestione del patrimonio della società per azioni da parte del corpo dirigenziale di Trenitalia utilizzando come parametri di riferimento anche il livello di qualità dei servizi ed il grado di tutela riservato ai consumatori. (4-08229)


      MONTAGNOLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          lo stabilimento di Verona della business unit locomotive di Trenitalia (ex officina grandi riparazioni) è sorto tra il 1847 e il 1852, in concomitanza con l'apertura della linea Milano-Venezia, su progetto dell'ingegner Negrelli, il cui nome è legato soprattutto al canale di Suez. Questa è pertanto coeva delle Officine di Pietrarsa (1844) e delle Officine Ansaldo di Genova (1853);
          inizialmente nell'officina di Verona si riparavano carri e carrozze, ma già nel 1854 si costruirono due locomotive, poi divenute Gruppo 208 S.F.A.I. (strade ferrate alta Italia), iniziando così una lunga tradizione nel campo delle locomotive a vapore;
          tra il 1877 e il 1881 si trasformarono le locomotive Stephenson 1857 in 301 S.F.A.I. L'officina, con la locomotiva «Verona», di sua costruzione, destinata a treni passeggeri, partecipò alle esposizioni italiane di Milano (1881) e Torino (1884). Dopo il 1918 cessò la riparazione di carri e carrozze e tutta l'attività fu concentrata sulle locomotive;
          dal 1924 al 1934 fu notevolmente potenziata con un ammodernamento delle costruzioni esistenti, l'acquisizione di un vicino deposito locomotive, la costruzione di nuovi capannoni e la dotazione di macchine utensili automatiche. A questo intervento risale l'attuale capannone di «Montaggio», durante la seconda guerra mondiale, l'Officina fu rasa al suolo da cinque bombardamenti aerei. La ricostruzione vide direttamente coinvolte le maestranze e già nel 1950 la ripresa produttiva fu totale;
          tra il 1958 e il 1976 si attuò il lungo trapasso dalla riparazione delle locomotive a vapore a quella delle locomotive elettriche. In tale periodo, l'attività fu integrata da molteplici attività di costruzione che andarono dalla produzione ex novo di carri e carrelli, alla trasformazione di mezzi di manovra. Nel 1968 si riparò la prima locomotiva elettrica e nel 1976 l'ultima a vapore, salvo altri sporadici interventi;
          un profondo rifacimento, allineato alle nuove esigenze e attuato negli anni ’80, le ha dato l'attuale assetto;
          lo stabilimento di Verona, che occupa un'area di 136.844 metri quadrati di cui 72.660 metri quadrati coperti, rappresenta una consolidata realtà produttiva integrata di Trenitalia S.p.A, in grado di soddisfare le molteplici esigenze relative alla riparazione di rotabili ferroviari e metropolitani in genere, nonché alla revisione fuori opera di singoli componenti legati all'esercizio dei rotabili stessi;
          l'impianto che è stato ristrutturato negli anni ’80, adeguando le vecchie strutture alle esigenze manutentive dei nuovi tipi di rotabili assegnati e ai più recenti standard normativi per quanto riguarda impianti e fabbricati, ripara circa 100 rotabili all'anno;
          già dall'anno 2009, è aumentata l'inquietudine sulla situazione produttiva e occupazionale della officina grandi riparazioni di Verona, il tutto giustificato da una mancanza di lavoro, trasferta per alcune decine di lavoratori alla sorella di Vicenza, blocco del turn-over, personale trasferito alla manutenzione corrente di Verona facevano da conferma delle preoccupazioni  –:
          sei il ministro interrogato intenda acquisire elementi presso Trenitalia al fine di conoscere i piani e i tempi della società FS aprendo un reale confronto per salvaguardare il futuro della officina, dei suoi lavoratori, dell'economia della città di Verona. (4-08243)


      BELLANOVA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          le infrastrutture costituiscono uno dei possibili motori dello sviluppo locale ed una maggiore qualità dei servizi di trasporto consente di avere ricadute eccellenti sia nell'ambito dello sviluppo economico, sia per ciò che concerne l'abbattimento delle distanze territoriali che, se adeguatamente implementate, potrebbero intensificare i rapporti economico/sociali tra il nostro Paese e l'intera Europa;
          nel piano generale dei trasporti e della logistica (PGTL) approvato dal Cipe nel 2001 si legge «il nostro Paese è al centro del crescente sviluppo dei flussi di traffico merci e passeggeri che gravitano attorno al bacino del Mediterraneo, ed è potenzialmente in grado di offrire adeguati servizi logistici e di trasporto per il traffico di attraversamento»;
          lo stesso piano, al paragrafo inerente gli indirizzi strategici, in riferimento al Sud Italia, reca testualmente «per contribuire a ridurre gli squilibri territoriali, si punta su interventi non di tipo assistenziale, ma miranti a ridurre la perifericità del Mezzogiorno e consentire un aumento della competitività delle aree deboli attraverso un sistema integrato di trasporto. Ciò a partire dall'individuazione delle aree carenti di dotazione infrastrutturale, in riferimento alle reali funzionalità dell'offerta e della domanda, migliorando nel contempo il valore del servizio offerto dalle infrastrutture esistenti in termini di frequenza, qualità e costi»;
          da diversi studi nazionali ed internazionali emerge l'importante ruolo che riveste il Sud Italia, proprio per la sua posizione geografica che ne fa il crocevia di flussi commerciali con il Mediterraneo, con le enormi potenzialità che il Mezzogiorno può, se adeguatamente supportato anche dal punto di vista infrastrutturale, mettere in campo a vantaggio di tutto il Paese;
          in questi giorni si stanno ultimando le audizioni in merito al progetto inerente alla riqualificazione ed al potenziamento della linea ad alta capacità ferroviaria Napoli-Bari, atte anche ad imprimere un'accelerazione all'erogazione dei finanziamenti previsti;
          va sottolineato che, secondo il sopraccitato progetto, ancora una volta ad essere maggiormente penalizzato è il lembo più a sud del Mezzogiorno: l'area del grande Salento che sembrerebbe essere esclusa da ogni volontà di riqualificazione, innovazione ed ogni ipotesi di sviluppo territoriale;
          se si tiene in considerazione che si tratta di un'area ad elevata densità turistica e che i cittadini residenti sono circa 1 milione e 800 mila, si capisce bene quanto sia necessario che il progetto di alta capacità giunga ad interessare anche questa parte territoriale di estremo Sud Italia;
          va aggiunto che la maggior parte delle merci trasportate da e verso il grande Salento avviene quasi esclusivamente su gomma e si intuisce quale danno economico ed ambientale, considerando che il trasporto ferroviario abbatterebbe il livello di agenti inquinanti e non dimenticando che il rafforzamento ferroviario è una delle direttive auspicate dall'Unione europea, quest'area sarebbe costretta a subire se rimanesse al di fuori dal grande progetto delle Ferrovie dello Stato  –:
          se il Ministro interrogato, vagliate le istanze sopracitate, non ritenga opportuno riesaminare il progetto di alta capacità in questione, inserendo in esso anche l'area del grande Salento affinché non si perpetui, ancora una volta, una grave penalizzazione economica a danno di questo territorio che altro non farebbe se non accentuare la sua emarginazione dal resto dell'Italia e dell'Europa con ricadute pesantissime sul traffico delle persone e delle merci. (4-08254)


      DONADI, PALADINI, MONAI e PORCINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che  –:
          Tirrenia di Navigazione s.p.a. era una storica compagnia di navigazione italiana controllata da Fintecna, con sede e direzione generale a Napoli e che, nel settembre 2004, aveva assorbito con una fusione per incorporazione la storica Soc. Adriatica di navigazione spa (sorta nel 1936), mantenendo in loco una sede distaccata denominata divisione adriatica e un gruppo di personale amministrativo pari a 20 unità e l'iscrizione al comparto marittimo di Venezia di circa 300 marittimi;
          queste società dell'allora gruppo Finmare e successivamente la sola Tirrenia con le società regionali marittime Caremar, Toremar, Saremar e Siremar (e la divisione adriatica) operavano nel mare Tirreno e nel mar Adriatico con navi merci e passeggeri, collegando diversi porti italiani e del mar Mediterraneo;
          il rapporto di queste società con lo Stato tramite la Fintecna era regolato attraverso dei contratti di servizio/convenzioni ventennali, scadute il 31 dicembre 2009;
          a fine 2009 è stata attivata una procedura per la privatizzazione della compagnia di navigazione Tirrenia e delle società regionali, provvedendo a far passare a titolo gratuito le società regionali che ne avevano fatto richiesta, sotto il controllo delle relative regioni, mentre per la capogruppo Tirrenia si è provveduto all'avvio di una procedura di privatizzazione con emissione di bando di gara; le regioni che hanno manifestato l'intenzione di prendersi carico delle relative società marittime sono state la Sardegna, la Campania e la Toscana, mentre la regione Sicilia ha preferito partecipare alla acquisto di Tirrenia e della Siremar, attraverso la gara pubblica che si è completata il 28 giugno 2010, con un'unica offerta vincolante per l'acquisto che vede all'interno della holding costituita, anche la regione Sicilia, con un 37 per cento del capitale sociale investito nella stessa;
          sindacati del settore sono venuti a conoscenza, senza che vi fosse una trattativa tra le parti, che la Tirrenia, in fase di privatizzazione, aveva dichiarato ben 350 esuberi da distribuirsi tra lavoratori marittimi ed amministrativi e un'ulteriore richiesta di sovvenzioni di servizio per 12,5 milioni di euro per il 2010;
          in questo contesto e con il numero di esuberi dichiarati da Tirrenia, una realtà come quella di Venezia rischia di essere tra quelle più esposte nell'ambito di una non omogenea privatizzazione della stessa società, che ha progressivamente abbandonato le attività commerciali previste per il mare Adriatico, nonostante le ottime performance e le buone prospettive che sembrano esserci nel comparto della navigazione adriatica da e per Venezia, questo anche a fronte delle ottime performance del porto di Venezia;
          al momento della fusione per incorporazione di Adriatica in Tirrenia la società disponeva di 14 navi e 41 amministrativi e successivamente a tale data tutte le navi della flotta Adriatica sono state vendute per incassare liquidità ad eccezione di tre navi ora impiegate e di venti amministrativi che sono stati trasferiti o incentivati alla fuoriuscita;
          l'allora contratto di servizio/convenzione per Adriatica necessitava di un esborso da parte dello Stato di circa 40 milioni di euro a fronte di un fatturato di circa 100 milioni di euro in un contesto commerciale concorrenziale nel versante Adriatico tra i porti italiani di Trieste, Venezia, Ancona e Bari con quelli della Croazia, Albania e Grecia e nel servizio di autostrade del mare, tra i porti di Venezia e Ravenna con Catania in Adriatico e di Genova con Termini Imprese nel Tirreno;
          tali investimenti sono serviti nel periodo storico che è trascorso tra i primi anni ’90 e il 2000 per intessere i rapporti commerciali dello Stato italiano con la Croazia e l'Albania, quando questo Paese era in uno stato di grave crisi a seguito delle note vicende belliche che avevano interessato anche la regione del Montenegro;
          in quella fase l'Adriatica di navigazione, con l'operazione Pellicano, è stato quel ponte di collegamento che è servito per portare aiuti legati alla ricostruzione di infrastrutture e per la rinascita dell'economia di quel Paese;
          il 21 giugno 2010 anche il comune di Venezia, con l'approvazione di un ordine del giorno condiviso tra tutte le forze politiche, ha indicato quale priorità la tutela di questa storia e di questo patrimonio per la città di Venezia;
          forte preoccupazione regna tra i dipendenti sulla continuità occupazionale e sul futuro del gruppo a causa dello scenario che si presenta quanto mai incerto e nebuloso anche a dispetto del fatto che, risulta agli interroganti, che chi rileverà il gruppo ne acquisirà anche la «dote» di contributi statali previsti per l'effettuazione del servizio universale, pari a circa 1300 milioni di euro per i prossimi 12 anni;
          in data 28 luglio 2010 la Fintecna ha ceduto Tirrenia e Siremar a Mediterranea Holding, l'unica cordata che era rimasta in gara per acquisire le due società, guidata dalla regione Sicilia e da Ttt Lines sulla base di un'offerta di 25 milioni in equity oltre all'assunzione di debiti per 520 milioni di euro  –:
          quali iniziative si intendano intraprendere per salvaguardare i livelli occupazionali della Tirrenia spa nel delicato passaggio di privatizzazione e, in particolare per quanto concerne le sedi periferiche come quella di Venezia;
          se siano già stati attivati gli uffici preposti per prevedere clausole sociali di garanzia della protezione dei posti di lavoro e della condizioni contrattuali in essere;
          se sia nelle intenzioni del Ministro varare un piano complessivo economico, finanziario e industriale per il rilancio dell'attività di cabotaggio marittimo da e per Venezia in una strategia di rilancio delle attività marittime su Venezia ricercando privati che siano interessati a rilanciare il marchio della Società Adriatica di Navigazione di Venezia, visto lo sviluppo portuale del porto di Venezia in seno al traffico merci e passeggeri.
(4-08263)


      TOCCAFONDI, TORTOLI, BONCIANI, MASSIMO PARISI, PICCHI e MIGLIORI. —Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          da alcuni mesi negli organi di stampa nazionali e locali siamo in presenza di una discussione in merito alla questione del cosiddetto «Nodo fiorentino» riguardo il sottoattraversamento dell'alta velocità ferroviaria e la seguente fermata e nuova stazione ferroviaria nella città di Firenze;
          il dibattito politico sembra prevedere, almeno dalle parole del sindaco di Firenze, la possibilità di modificare i progetti approvati sia del percorso del sottoattraversamento sia dell'ubicazione della stazione;
          tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, comune di Firenze ed altri enti al momento su tale questione risultano in vigore e sottoscritti i seguenti documenti:
              accordo quadro per il potenziamento del sistema dei trasporti toscano e per l'integrazione tra linea alta velocità e servizi ferroviari regionali e metropolitani – 27 aprile 1995;
              accordo preliminare per l'attraversamento Firenze (allegato all'Accordo quadro) – 26 luglio 1995;
              protocollo di intesa – 24 aprile 1997;
              accordo Procedimentale con il Ministero dell'Ambiente – 3 marzo 1999;
              accordo Procedimentale per interventi di tutela e viabilità nell'area fiorentina – 3 marzo;
              atto Aggiuntivo al Protocollo di Intesa del 24 aprile – 29 gennaio 1998;
              protocollo d'Intesa per gli indennizzi – 3 marzo 1999;
              accordo integrativo all'Accordo Quadro del ’95 e al Protocollo d'intesa del ’97 – 3 marzo 1999;
              integrazione all'Accordo Procedimentale – 23 luglio 2003;
              accordo Procedimentale per lo «scavalco» ferroviario – 20 luglio 2005;
          con nota del 1o dicembre 1998, è stato formalmente trasmesso agli enti interessati, il progetto definitivo del nodo ferroviario di Firenze, relativo ai seguenti interventi: a) penetrazione alta velocità del «nodo» ferroviario di Firenze, nonché l'adeguamento degli impianti ferroviari di superficie (Castello, Belfiore, Campo Marte, Bivio Rovezzano) e realizzazione nuova fermata Circondaria-Macelli; b) nuova stazione alta velocità con i connessi interventi sotterranei e di superficie; c) viabilità connessa alla nuova stazione alta velocità (Redi-Milton e Redi-Panciatichi); d) nuove Fermate sulla rete FS per il S.F.M. (servizio ferroviario metropolitano), denominate Piagge, San Donnino, Perfetti Ricasoli e Cure;
          in data 3 dicembre 1998 il Ministro dei Trasporti, ai sensi della legge n.  30 del 1998, con decreto n.  1450(52) TAV n.  7 ha indetto la Conferenza di Servizi per la valutazione e l'approvazione dei progetti definitivi del Nodo ferroviario di Firenze relativi al passante ferroviario alta velocità e connessi interventi di stazione sotterranea e di superficie, alla viabilità connessa e alla nuove fermate metropolitane, come sopra specificato;
          in data 3 dicembre 1998 il Ministero dei trasporti con nota n.  1461(52) TAV n.  7 ha convocato per il giorno 22 dicembre 1998 la prima seduta della sopracitata conferenza di servizi per il nodo ferroviario di Firenze;
          in data 22 dicembre 1998 si è tenuta la prima sessione di seduta conferenza di servizi e che gli enti partecipanti alla conferenza hanno esaminato i progetti definitivi relativi al Nodo ferroviario di Firenze ed opere connesse, eseguendo successivi approfondimenti;
          con delibera n.  221 del 1o marzo 1999 la regione Toscana ha approvato con condizioni e prescrizioni i progetti definitivi del nodo ferroviario di Firenze, conferendo mandato al dottor Vannino Chiti a sottoscrivere il presente accordo procedimentale;
          con delibera n.  66 del 25 febbraio 1999 la provincia di Firenze ha approvato con condizioni e prescrizioni i progetti definitivi del nodo ferroviario di Firenze, conferendo mandato al dottor Michele Gesualdi a sottoscrivere il presente accordo procedimentale;
          con delibera n.  197/46 del 1o marzo 1999 il comune di Firenze ha conferito mandato al dottor Mario Primicerio ad esprimere in conferenza di servizi parere positivo con condizioni e prescrizioni sui progetti definitivi del nodo ferroviario di Firenze, nonché a sottoscrivere accordo procedimentale;
          tra le opere fiorentine finanziate da TAV contenute nell'accordo procedimentale del 3 marzo 1999 sono contenute: «Viabilità (Milton) Strozzi – (Redi) – Panciatichi con le modalità seguenti: Tratto Strozzi-Circondaria, con sottopasso di via Circondaria. Saranno a cura e spese di TAV la progettazione esecutiva e la realizzazione dell'opera suddetta; TAV provvederà altresì agli adeguamenti e spostamenti di tutti i sottoservizi esistenti nell'area di intervento, nonché allo svolgimento delle procedure espropriative. Tratto Circondarla-Panciatichi: TAV S.p.A. a propria cura e spese provvederà, tramite Italferr, al progetto esecutivo dell'opera suddetta, comprensivo del progetto degli adeguamenti e spostamenti di tutti i sottoservizi esistenti nell'area di intervento e individuazione definitiva delle aree da espropriare. Interventi complementari alla viabilità nell'area fiorentina. TAV S.p.A. si impegna a svolgere le seguenti attività: Progettazione definitiva, sulla base delle indicazioni progettuali fornite dal Comune di Firenze, ed esecutiva, nonché realizzazione delle opere di viabilità sotto riportate. Raddoppio del sottopasso di Viale Belfiore. Sottopasso stradale alla ferrovia tra Viale Don Minzoni e Via dei Mille (Piazza delle Cure). Sottopasso stradale alle ferrovie tra Via Generale Dalla Chiesa e Via Spadaro (Varlungo). Completamento del sottovia Giuliani-Panciatichi. Sottopasso pedonale Faentina. Allargamento sottopassi di Via Lanzi. Progettazione preliminare e definitiva del sottopasso Strozzi-Gordigiani in affiancamento al Torrente Mugnone. Adeguamento cavalcaferrovia da via Cattani (IDP Osmannoro). Il Programma di realizzazione della viabilità, sarà redatto da Italferr, con la collaborazione del comune di Firenze, sulla base di uno studio che comprenderà il piano di cantierizzazione, le modifiche dei flussi di traffico viario cittadino e le interferenze con il servizio ferroviario, a partire dalle priorità sopraindicate; tale programma di realizzazione sarà emesso entro la fine del 1999, considerando come prioritaria la realizzazione del raddoppio del sottopasso di Viale Belfiore e del sottovia Della Chiesa-Spadaro. Interventi a carico di FS S.p.A. Nell'ambito di quanto previsto all'articolo 4.1.3 del Protocollo d'Intesa del 24 aprile 1997, FS S.p.A. si impegna ad eseguire la progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva e la realizzazione, includendo espropriazioni ed adeguamento dei sottoservizi, del parcheggio scambiatore in corrispondenza della fermata di Via Salviati della linea ferroviaria Faentina. Nel quadro della realizzazione del quadruplicamento ferroviario Castello Rifredi FS S.p.A. è impegnata a realizzare il sistema di parcheggio di superficie connesso con la Stazione ferroviaria di Rifredi secondo il progetto presentato dal comune. Tramvia Firenze-Scandicci. TAV S.p.A. si impegna a fornire, tramite la Società Italferr S.p.A., le seguenti progettazioni e/o servizi di assistenza progettuale: progettazione per approvazione da parte di M.C.T.C, progettazione per la predisposizione degli elaborati di gara per appalto integrato, comprensivi della progettazione della sicurezza e della cantierizzazione, – assistenza tecnica in fase di gara, – assistenza tecnica per l'acquisizione di tutti i pareri, – assistenza tecnica per gli espropri, – revisione della progettazione esecutiva redatta dall'appaltatore, nonché progettazione della sicurezza, – progettazione delle varianti e delle opere complementari richieste dal comune di Firenze o suo ente strumentale. TAV S.p.A si impegna a partecipare alla realizzazione dell'opera erogando il contributo di Lit. 64 miliardi, previsto al punto 4.3 del Protocollo di Intesa del 24 aprile 1997, incrementato degli eventuali residui non spesi del valore massimo di Lit. 8 miliardi per le progettazioni, in rate successive sulla base dell'avanzamento dei lavori. Tramvia (Peretola) Novoli – Firenze S.M.N. – Piazza Piave (Piazza Beccaria). TAV S.p.A. e FS S.p.A. si impegnano a fornire, tramite la Società Italferr S.p.A., le seguenti progettazioni e/o servizi di assistenza progettuale: – progettazione per approvazione da parte di M.C.T.C, – progettazione per la predisposizione degli elaborati di gara per appalto integrato, comprensivi della progettazione della sicurezza e della cantierizzazione, – assistenza tecnica in fase di gara, – assistenza tecnica per l'acquisizione di tutti i pareri, – assistenza tecnica per gli espropri, – revisione della progettazione esecutiva redatta dall'appaltatore, nonché progettazione della sicurezza, – progettazione delle varianti e delle opere complementari richieste dal comune di Firenze o suo ente strumentale. TAV S.p.A. e FS S.p.A. si impegnano a partecipare alla realizzazione dell'opera erogando il contributo di Lit. 70 miliardi, previsto al punto 4.4 del Protocollo di Intesa del 24 aprile 1997, incrementato degli eventuali residui non spesi del valore massimo di Lit. 7 miliardi per le progettazioni, in rate successive sulla base dell'avanzamento dei lavori. Progettazioni trasportistiche. Con riferimento e a parziale modifica di quanto previsto nel Protocollo d'Intesa del 24 aprile 1997, TAV S.p.A. si impegna a svolgere la progettazione preliminare delle opere viarie di seguito indicate, e/o altre opere viarie richieste dal comune, destinando a tale attività di progettazione quota parte – pari a Lit. 600 milioni – del complessivo impegno finanziario definito ai punti 4.7 e 4.8 del Protocollo di Intesa, avendo dedotto l'importo destinato alla progettazione preliminare delle tramvie/ferrotramvie e delle fermate del SFM come da articolo 4 dell'Atto Integrativo all'Accordo Quadro del 27 luglio 1995 e al Protocollo di Intesa del 24 aprile 1997, datato 3 marzo 1999: 1. Prolungamento sottopasso ferroviario di Via del Gignoro su Via della Casaccia. 2. Sottopasso Viale Mazzini – Viale Malta (tramvia) 3. Sottopasso Viale XI Agosto – Via S. Allende»;
          con l'integrazione dell'accordo di procedimentale firmato il 23 luglio 2003 all'articolo 2 si apprende che RFI si impegna a mettere a disposizione un ulteriore importo pari a 10 milioni di euro per i seguenti interventi: contributo per la realizzazione dell'interramento dell'elettrodotto di alimentazione della SSE di Rifredi e contributo per i lavori di adeguamento idraulico del torrente Mugnone;
          si citano i seguenti ulteriori sviluppi:
              a) 24 aprile 1997 protocollo di intesa tra regione, provincia, comuni di Firenze Sesto Vaglia e Ministero dei trasporti, FS e TAV, per la definizione del tracciato della linea alta velocità del nodo di Firenze e per la localizzazione della stazione alta velocità, progettazione e realizzazione di un sistema di tramvie ed altri interventi inerenti all'assetto dei trasporti pubblici nell'area metropolitana. Al punto 4.3 del protocollo TAV si impegnava a fornire la progettazione della linea tranviaria Firenze-Scandicci tramite Italferr ed a contribuire alla sua realizzazione;
              b) 3 marzo 1999 accordo procedimentale tra FS, TAV, regione, provincia, comune di Firenze con il quale in attuazione e a parziale modifica di quanto previsto con protocollo del 24 aprile 1997: si conferma la partecipazione di TAV alla realizzazione dell'opera;
              c) 3 marzo 1999 conferenza dei servizi convocata dal Ministero dei trasporti con Ministeri competenti, comune di Firenze, regione, provincia e FS per procedere all'approvazione del progetto della nuova stazione alta velocità Belfiore-Macelli e del passante alta velocità nel comune di Firenze, al punto 7 del verbale si da atto dell'acquisizione sui progetti relativi alla tratta, dei pareri favorevoli di tutti i soggetti interessati e per quel che riguarda la soluzione relativa alla stazione di superficie Belfiore-Macelli con le indicazioni e le prescrizioni di cui all'accordo sottoscritto il 3 marzo 1999 tra Ministero dei trasporti, Ministero per i beni culturali, soprintendenza, regione, comune, FS e TAV;
              d) 18 gennaio 2000 la commissione di esperti, costituita a tale scopo nel corso della conferenza dei servizi del 3 marzo 1999, prendeva atto dell'adeguamento dei progetti di cui sopra alle prescrizioni e indicazioni rese nell'accordo come sopra sottoiscritto e correlato alla conferenza stessa;
              e) delibera 00193 del 25 novembre 1999 con l'autorizzazione al sindaco a partecipare alla riunione per la verifica del progetto definitivo della stazione alta velocità Belfiore-Macelli;
              f) 15 febbraio 2001 protocollo di intesa tra Ministero dei trasporti, regione, comune di Firenze, provincia, TF e TAV per «opere complementari alla stazione alta velocità di Firenze», nella quale si evidenzia che TAV e Italferr hanno elaborato varie ipotesi di perfezionamento del progetto afferente la nuova stazione alta velocità la cui nuova configurazione (nuovo lay out) è stata approvata dalla giunta comunale con decisone resa nella seduta del 16 ottobre 2001;
              g) 21 dicembre 2001 riunione al Ministero dei trasporti, con la partecipazione di RFI, TAV Italferr e comune di Firenze per verificare lo stato di avanzamento delle attività e la programmazione dei lavori del nodo alta velocità del comune di Firenze, si conferma la volontà di procedere ad un concorso internazionale di progettazione per nuova stazione alta velocità;
              h) delibera comunale 03765 del 27 settembre 1996 schema convenzione per attribuzione incarico consulenza al sindaco sugli effetti e le ricadute urbanistiche inerenti l'alta velocità nel nodo fiorentino;
              i) delibera comunale 00336 del 24 febbraio 1998 per incarico professionale per una consulenza per le analisi e verifica in merito alle problematiche connesse all'attraversamento del nodo fiorentino dell'alta velocità;
              l) delibera comunale 00068 del 15 gennaio 1999 che prevede l'assunzione di 2 unità di personale a tempo determinato, profilo istruttore direttivo edile, per l'attivazione del nodo ferroviario fiorentino per l'alta velocità presso la direzione urbanistica comunale;
              m) delibera comunale 00267 del 13 febbraio 1889 protocollo di intesa sul nodo alta velocità, presa d'atto della costituzione del comitato di coordinamento e approvazione relativo regolamento;
              n) delibera comunale 00017 del 18 marzo 2002 «opere complementari alla stazione Alta Velocità di Firenze, approvazione accordi con TAV e Centrale del Latte» con relativo protocollo di intesa «per opere complementari alla stazione alta velocità» sottoscritto in data 15 febbraio 2001, l'amministrazione comunale si è impegnata tra l'altro a garantire a TAV la piena disponibilità di un'area del complesso degli ex macelli di via Circondaria attualmente occupata per la quasi totalità dallo stabilimento della centrale del Latte, che all'articolo 2 del protocollo prevede l'impegno a procedere entro il 28 febbraio 2004 alla demolizione dei manufatti edilizi presenti nell'area, nonché alla rimozione degli impianti produttivi ed ei servizi industriali della Centrale del latte determinando in 18 milioni di euro il corrispettivo per l'acquisizione dell'area interessata;
              o) delibera comunale 00106 del 20 ottobre 2010 Nuova stazione alta velocità e passante alta velocità Conferenza dei servizi per l'approvazione dei progetti, autorizzazione al sindaco a parteciparvi  –:
          se gli accordi sottoscritti riguardo il sottoattraversamento, il percorso del sottoattraversamento, l'ubicazione della nuova stazione, il progetto della stazione siano al momento modificabili, rispetto agli accordi intercorsi e riportati, solo in parte, in premessa;
          se la modifica anche parziale degli accordi intercorsi possa allungare i tempi di realizzazione dell'opera, se questo comporti penali economiche e se eventuali modifiche richiedano una nuova valutazione di impatto ambientale e quali siano i tempi previsti per tale nuovo strumento di valutazione;
          quante siano le opere, e relativo importo, già realizzate o da realizzare accordate in conferenza dei servizi o contenute in altri atti, a beneficio della città di Firenze. (4-08265)


INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:

      ZAZZERA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          «La mafia garganica è un'emergenza nazionale, è un fenomeno di criminalità che non è secondo a nessun altro in Italia» ha dichiarato il procuratore della Repubblica di Bari Antonio Laudati su La gazzetta del Mezzogiorno. «Su 141 omicidi in 10 anni [...] sono 70 quelli irrisolti. [...] questa vera e propria guerra di mafia che è stata scatenata sul Gargano è riconducibile a una grandissima ricchezza, quella che viene dal controllo degli stupefacenti, dalle estorsioni, dal controllo dei flussi finanziari»;
          l'incidenza della criminalità nel Gargano sta assumendo profili estremamente preoccupanti, tanto che lo stesso Ministro dell'interno Roberto Maroni nel prendere atto della drammatica situazione del territorio pugliese, ha recentemente disposto due gruppi investigativi al fine i contrastare «la guerra di mafia» nel Foggiano;
          allo stato attuale vi sarebbero almeno cinque criminali liberi di circolare sul territorio per decorrenza dei termini di carcerazione, e due superlatitanti: Franco Li Bergolis e Giuseppe Pacilli;
          solo nella prima settimana di luglio a Manfredonia ci sono stati due agguati con due morti e un ferito, triste epilogo di una faida tra famiglie mafiose rivali. Sono ancora sconosciute le identità dei killer;
          secondo quanto dichiarato dal Procuratore Laudati, «gli ultimi agguati a Manfredonia sono state esecuzioni di tipo militare con armi da guerra», pertanto sarebbe un grave errore ricondurre la criminalità garganica a semplici faide locali  –:
          se il Ministro sia a conoscenza dei fatti riportati e quali provvedimenti intenda assumere per assicurare l'ordine pubblico;
          alla luce dei gravi fatti descritti in premessa, se il Ministro interrogato sia a conoscenza di eventuali infiltrazioni della criminalità organizzata garganica all'interno della pubblica amministrazione o di possibili rapporti con la politica locale. (5-03319)


Interrogazioni a risposta scritta:

      ZACCHERA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          i recenti tagli imposti dalla manovra finanziaria fissano limiti precisi all'assunzione di dipendenti negli enti locali e ne limitano il turnover anche in caso di pensionamento;
          conseguentemente si riducono anche il numero dei vigili urbani /agenti della polizia municipale che tra i vari compiti hanno anche quello di regolare la sosta, i posteggi, i parcometri;
          la situazione si fa particolarmente grave nei numerosissimi piccoli comuni dove non vi è o non vi sarà più alcun addetto disponibile ad effettuare queste mansioni  –:
          se non si ritenga opportuno assumere iniziative, anche normative, volte a consentire ai comuni la possibilità di poter utilizzare gli stessi amministratori (sindaci ed assessori) su base volontaria per queste incombenze, previo un atto di accettazione ed impegno al corretto esercizio delle relative funzioni. (4-08223)


      ZACCHERA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          a Verbania è stato ristrutturato negli anni ’90 il complesso dell'ex istituto penitenziario, costruito intorno al 1830, già adibito nel secondo dopoguerra a casa di correzione minorile;
          con la spesa di ingenti fondi l'ex istituto è stato dedicato a sede di una scuola per la polizia penitenziaria, facendo di Verbania una delle sette località in Italia dove esistono tali strutture;
          da tempo, purtroppo, la scuola è sottoutilizzata per i suoi fini istituzionali tanto che in parte viene adibita durante l'estate a casa di accoglienza per vacanze per le famiglie del personale del Corpo;
          sempre a Verbania una parte del personale della polizia di Stato viene accasermato in locali poco adatti e sicuramente non consoni ad ospitare alcune decine di giovani lontani dalla famiglia e ciò nonostante i tentativi da parte dei diversi questori che si sono succeduti di trovare loro una sistemazione più adeguata  –:
          se i due Ministri, di concerto tra loro, non ritengano possibile ospitare nei locali della scuola della polizia penitenziaria anche gli agente di pubblica sicurezza attualmente allocati a Verbania Intra, tenuto conto che le strutture – in parte inutilizzate – sarebbero ottimali a questo scopo, con un conseguente risparmio di costi per l'amministrazione statale nel suo complesso e soprattutto con il risultato di offrire condizioni abitative molto migliori. (4-08224)


      LEOLUCA ORLANDO e EVANGELISTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          gli interrogati si sono recati, l'11 luglio 2010, in visita presso il Centro di identificazione e espulsione (Cie) di Ponte Galeria che ospita oggi 90 uomini e 93 donne, più o meno la metà della capienza massima del Centro. Circa 42 euro al giorno è il costo per ogni immigrato pari a un costo annuo di circa 3 milioni di euro, senza calcolare quello principale dovuto all'impiego delle forze dell'ordine quotidianamente impiegate;
          da una prima ricognizione effettuata durante la visita al Cie, agli interroganti è apparso chiaro quanto già denunciato in varie cronache giornalistiche, cioè di essere in presenza di un luogo di detenzione dove transitano gli immigrati che finiscono dietro mura, come argini di cemento, all'interno delle quali scompaiono alla vista e in un certo senso anche alla vita, un posto che appare solo come una grande simulazione di sicurezza;
          la parte antistante è riservata alle forze dell'ordine, mentre la gestione interna del centro è affidata a una cooperativa privata (la Auxilium, che cura l'appalto per la gestione delle mense, dell'infermeria, dell'assistenza psicologica, una volta di competenza della Croce Rossa); all'ingresso tutto è sembrato in perfetto ordine. Le stanze per gli incontri con i magistrati e avvocati sono linde, ripulite e apparentemente verniciate di fresco, così come l'infermeria e il refettorio;
          non va dimenticato che, invece, negli ultimi tre mesi ci sono state almeno quattro rivolte, l'ultima delle quali il 4 giugno 2010 nel corso della quale si sono verificati incendi, pestaggi e arresti con più di 200.000 euro di danni e una delle prime dichiarazioni raccolte da agenzie stampa recitava testuale: «... per la disperazione abbiamo dato fuoco ai materassi, abbiamo sfondato i cancelli e da stamattina abbiamo smesso di mangiare e di bere. Perché qui ci trattano come bestie. Siamo 300 persone in 20 stanze da 8. Ci fanno dormire per terra come i cani»;
          secondo notizie, confermate successivamente dal Garante dei detenuti che si è subito attivato, quattro persone sono riuscite a fuggire, mentre altre nove sono state riprese; si è trattato dell'ennesima dimostrazione che la situazione all'interno del Cie è ormai esplosiva e che le condizioni di vita dei migranti reclusi, disposti a tutto pur di lasciare il Centro, sono disumane; lo stesso Garante dei detenuti, Marroni, ha affermato: ”La mancata ristrutturazione del Centro, l'affollamento reso ancor più grave dal gran caldo, i ritardi nell'effettuazione delle visite mediche all'esterno e i lunghi tempi di permanenza per l'identificazione degli stranieri, sono fra le cause di una situazione che già ora è difficilmente governabile e che rischia di esplodere irrimediabilmente;
          come è noto, prima del recente «pacchetto sicurezza», gli immigrati potevano essere trattenuti per 60 giorni. Un periodo difficile, visto che il regime detentivo risulta essere più duro di quello di un carcere; con il pacchetto sicurezza, invece, i Cie si sono trasformati in un calvario lungo 6 mesi, un lasso di tempo inutilmente lungo, doloroso e inutile (le identificazioni o si realizzano subito ovvero non si realizzano, nonostante il sollecito alle ambasciate per una fattiva collaborazione in tal senso);
          c’è anche il caso paradossale di un uomo che ha scontato 26 anni di carcere e quando è stato rilasciato, lo hanno portato al CIE per l'identificazione, mentre è alquanto ovvio che quelli che escono dal carcere devono essere identificati (una procedura che non risulta adottata uniformemente mentre con i mezzi moderni potrebbe richiedere qualche settimana, un mese al massimo); tra l'altro, risulta agli interroganti che all'atto dell'uscita dal carcere ai detenuti non vengono rilasciate le proprie cartelle cliniche né effettuato il pagamento immediato delle somme, pur modeste ma rilevanti, loro spettanti per lavori effettuati durante lo stato di detenzione  –:
          quali urgenti provvedimenti si intendano adottare per evitare che esplodano altre drammatiche rivolte e soprattutto per cercare di rendere la situazione più vivibile;

se non si ritenga indispensabile prevedere che questa struttura sia soppressa definitivamente;

se non si ritenga di poter autorizzare l'ingresso nel Cie, come accade in qualsiasi carcere, anche a soggetti esterni alla struttura;

quali provvedimenti si intendano adottare per assicurare che ai detenuti che transitano nelle strutture dei Cie siano consegnate le cartelle cliniche che li riguardano e garantito il pagamento delle somme spettanti per il lavoro prestato in carcere;      
          in che modo si ritenga di favorire che venga fatta, una volta per tutte, immediatamente chiarezza sulle condizioni di vita dei reclusi, anche alla luce delle numerose denunce, anche molto gravi, presentate;
          se non ritengano di attivarsi presso le ambasciate e i consolati al fine di ottenere nel più breve tempo possibile tutta la documentazione occorrente per l'identificazione dei reclusi, così da evitare pesanti prolungamenti dei tempi di trattenimento nei Cie. (4-08259)


      LO MONTE, COMMERCIO, LATTERI, LOMBARDO e MISITI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          venerdì 9 luglio 2010, nelle isole Eolie, al largo di Stromboli, con un'operazione congiunta di carabinieri, Guardia di finanza e polizia, è stato fermato lo yacht «Axioma» di una società charter, un'imbarcazione lunga circa 15 metri, con a bordo una quindicina di persone tra equipaggio e passeggeri;
          successivamente il natante, con un grande spiegamento di mezzi, è stato scortato al porto di Lipari, dove i passeggeri, nella locale caserma dei carabinieri, sono stati sottoposti ad accertamenti ed è probabile che le forze dell'ordine, allertate dall'Interpol, ricercassero due criminali internazionali;
          dopo attente verifiche durate oltre 5 ore, presenti alcuni legali messi a disposizione dalla società proprietaria dello yacht, è stato accertato che a bordo non c'erano i due ricercati ma soltanto turisti tra cui alcuni politici russi e una donna in evidente stato di gravidanza;
          per procedere alle verifiche, sebbene i ricercati fossero soltanto due, tutte le persone imbarcate, compresi i non sospettati, i membri dell'equipaggio e le donne, in contrasto con quanto stabilito dall'articolo 11 del decreto-legge n.  59 del 1978, sono stati costretti a spostarsi in caserma ed attendere per molto tempo l'esito degli accertamenti sui passaporti, mentre sarebbe stato più semplice prendere i passaporti e lasciare i passeggeri nell'imbarcazione;
          lo stesso trattamento è stato riservato a due degli ospiti, a quanto pare un deputato russo e l'altro un governatore, ambedue muniti di passaporto diplomatico, ed alla moglie di uno di essi, facendo sapere loro che era stato interpellato il consolato russo di Palermo, ma senza fornire loro un adeguato riscontro;
          i due politici, per il trattamento subito, hanno espresso forti lamentele, preannunciando che avrebbero inoltrato formali proteste ad alti livelli ed evidenziando che non avevano ricevuto neanche le formali scuse da parte delle autorità che avevano proceduto al loro per così dire irrituale fermo;
          in molti siti internet, che hanno dato la notizia, è possibile prendere visione dei video pubblicati dai quali si vede lo spiegamento di forze messo in campo e il grande clamore e le preoccupazioni che hanno suscitato a Lipari, anche per l'importanza che il turismo russo ha nell'isola  –:
          se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto accaduto, assumendo in ogni caso notizie e informazioni utili su quanto accaduto nell'arcipelago delle Eolie, anche per sanzionare eventuali comportamenti di operatori della sicurezza che, per come sono andati i fatti, parrebbe che abbiano agito quantomeno con eccesso di zelo, visto che hanno trasferito tutti gli occupanti il natante, compreso la donna incinta e l'equipaggio presso la locale caserma dei carabinieri, potendo determinare un incidente diplomatico con i russi, la cui eco potrebbe provocare gravi ripercussioni per il turismo eoliano, che li vede ormai presenti in massa. (4-08267)


      BITONCI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          in data 18 maggio 2010 il signor Cinel Dino, nato a Rossano Veneto il 17 novembre 1941 ha richiesto l'iscrizione anagrafica nel comune di Cittadella, dichiarando di essere cittadino italiano, e di essere rientrato in Italia dopo diversi decenni di residenza negli USA;
          il signor Cinel, al momento della presentazione della domanda di iscrizione anagrafica, era in possesso, quale unico documento di riconoscimento in corso di validità, di un passaporto rilasciato dagli Stati Uniti d'America riportante le seguenti generalità: Cognome: ORSINI Nome: DINO CARLO Cittadinanza: Stati Uniti d'America;
          constatata l'incongruità delle generalità dichiarate dalla persona in argomento e la conseguente impossibilità di identificazione certa, l'amministrazione comunale di Cittadella ha richiesto al signor Cinel di chiarire la propria identità; lo stesso Cinel ha prodotto quindi un secondo passaporto, indicante generalità differenti dal primo documento presentato al comune di Cittadella;
          nel frattempo l'amministrazione comunale ha richiesto a prefettura, questura e carabinieri accertamenti sull'esatta identità del signor Cinel/Orsini, anche in conseguenza del rinvenimento nella rete internet, nel tentativo di acquisire informazioni certe sull'identità del soggetto, di una serie di articoli riguardanti eventi estremamente gravi (pornografia infantile), compiuti da un certo ex sacerdote «Dino Cinel»;
          in data 16 luglio 2010 è stata data comunicazione all'interessato circa la possibilità di rigetto dell'istanza per impossibilità di identificazione certa delle sue generalità, in quanto in possesso di due passaporti, entrambi rilasciati dagli Stati Uniti d'America, l'uno riportante le generalità di Orsini Dino Carlo, rilasciato il 05 maggio 2008 con scadenza 04 maggio 2018, l'altro riportante le generalità di Cinel Dino rilasciato il 28 giugno 2010 con scadenza il 27 giugno 2020;
          le controdeduzioni trasmesse dall'interessato entro i termini assegnati, non hanno chiarito quanto contestato, ovvero l'impossibilità di accertare le esatte generalità nonché il presunto possesso della cittadinanza italiana;
          l'amministrazione comunale di Cittadella ha quindi provveduto a notificare al richiedente il provvedimento di rigetto della domanda di iscrizione anagrafica;
          appare singolare che nell'arco di un tempo relativamente breve l'amministrazione statale statunitense abbia rilasciato due documenti validi per l'espatrio riferiti al medesimo soggetto e riportanti generalità diverse  –:
          quali orientamenti intenda esprimere il Governo sui fatti generalizzati nella premessa e quali misure ritenga di dover assumere in merito alla vicenda esposta, anche per il tramite del competente Consolato. (4-08268)


ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

      GHIZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          la scuola dell'infanzia di Anzola dell'Emilia fa parte dell'istituto comprensivo «E. De Amicis»;
          ad Anzola risiedono 11.801 abitanti e per l'anno scolastico passato, 2009/2010, i bambini in lista di attesa erano stati 25 (un'intera sezione), mentre per l'anno scolastico entrante 2010/2011 si prevede che ci saranno 35 bambini che non saranno ammessi alla scuola dell'infanzia pur avendone fatto richiesta;
          l'amministrazione comunale ha provveduto a reperire due aule necessarie in un plesso distaccato e ad effettuarvi gli opportuni lavori di ripristino per accogliere una nuova sezione di scuola dell'infanzia;
          secondo i dati dell'anagrafe comunale, per l'anno scolastico 2011/2012 i bambini in lista di attesa potrebbero essere 60, cui si sommano i 35 bimbi già in lista di attesa che il prossimo avranno un diritto di precedenza;
          in assenza di interventi per incrementare l'organico da parte dello Stato, se ne evince che nel giro di tre anni saranno 110 i bambini a cui sarà stato negato l'accesso al primo anno di scuola dell'infanzia e, quindi, limitata l'esigibilità del diritto all'istruzione;
          tali attese inevase porteranno la percentuale di bambini frequentanti al 70 per cento, nonostante a livello europeo sia raccomandato il 90 per cento  –:
          come intenda il Ministro interrogato dare soluzione alla situazione descritta nel comune di Anzola dell'Emilia. (5-03317)


      GHIZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          la gestione delle supplenze brevi da parte delle istituzioni scolastiche, nel corso dell'anno scolastico 2009-2010, è stata caratterizzata da gravissime difficoltà a causa della consistenze riduzione dei fondi assegnati alle scuole per tale funzione dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
          con il recente disegno di legge di assestamento del bilancio 2010 il previsto incremento di 150 milioni di euro riporta tale voce di bilancio al livello, già inadeguato, che essa aveva raggiunto con l'assestamento del 2009;
          le conseguenze di questa situazione di carenza finanziaria sono state gravissime per le scuole: risulta infatti che in quasi tutte le realtà del Paese le supplenze brevi, anche nella scuola dell'obbligo, sono state oggetto dei trattamenti più disparati, spesso omissivi del rispetto del diritto dei giovani ad un servizio educativo qualificato. In particolare, ovunque vi sono state classi che hanno ritardato l'inizio o anticipato la fine delle lezioni, scolaresche distribuite o accorpate in altre classi, insegnanti di sostegno che, invece di svolgere la delicata attività per cui avevano ricevuto la nomina, sono stati utilizzati per coprire le assenze brevi dei colleghi;
          quest'ultima modalità di copertura dei vuoti creati nell'organico settimanale delle scuole a causa delle assenze dei docenti, è, ad avviso dell'interrogante, molto grave e deprecabile e richiede un intervento responsabile dell'amministrazione scolastica a tutti i livelli, dalle singole scuole al livello territoriale  –:
          se il Ministro interrogato non intenda verificare l'entità e la diffusione delle situazioni sopra descritte e, in particolare, quella che coinvolge i docenti di sostegno, e se non ritenga indispensabile integrare le risorse messe a disposizione delle scuole per le nomine di supplenze brevi che si rendano necessarie. (5-03318)


      ZAZZERA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          il tribunale amministrativo della regione Lazio il 25 giugno 2010 ha emesso una ordinanza che blocca di fatto la riforma scolastica voluta dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
          i giudici del Tar hanno infatti accolto il ricorso presentato ad aprile 2010 da 755 fra docenti, genitori, alunni e ATA (amministrativi, tecnici ed ausiliari), sospendendo l'efficacia della circolare ministeriale relativa alle iscrizioni scolastiche;
          in particolare, secondo quanto affermato dal segretario generale della Flc, Domenico Pantaleo «Il Tar del Lazio, pur non avendo concesso la sospensiva, afferma con nettezza che le circolari sulle iscrizioni e sugli organici del personale docente e Ata sono tutte illegittime accogliendo i motivi dei ricorsi presentati dalla Flc, da diverse associazioni e movimenti»;
          conseguentemente, in assenza di un programma che definisca gli organici e l'assegnazione delle cattedre, non sarà possibile avviare l'anno scolastico né effettuare i tagli previsti nella legge finanziaria per il 2008, ovvero circa 17 mila cattedre soltanto alle scuole superiori;      
          dalla stampa emerge che il caos che detta riforma sta procurando tra famiglie, studenti e docenti è elevato, basti pensare che i genitori sono stati costretti ad iscrivere i figli ai nuovi licei senza neppure conoscere il programma di studio. Ancora non sono state rese note le materie soggette alla riduzione d'orario negli istituti tecnici e professionali e «gli iscritti alle prime classi dei professionali non hanno alcuna garanzia che gli istituti statali siano in grado di offrire la qualifica professionale triennale finora prevista, visto che la competenza al riguardo è soggetta alle decisioni delle singole regioni» (La Repubblica del 27 giugno 2010)  –:
          alla luce di quanto riportato in premessa, come intenda il Ministro interrogato garantire l'inizio del prossimo anno scolastico considerata l'assenza dei programmi che definiscano l'organico e l'assegnazione delle cattedre. (5-03320)


      ZAZZERA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          l'endocrinologo dell'università statale di Milano, Paolo Beck-Pecox, ha recentemente dichiarato che i fondi assegnati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per i progetti di ricerca biomedica di interesse nazionale (Prin), circa 20 milioni di euro, non sarebbero stati attribuiti in modo meritocratico;
          in particolare, le università la «Sapienza di Roma» e «Federico II» di Napoli, nonostante si trovino rispettivamente al 7o e all'8o posto della graduatoria del Censis sui migliori atenei italiani, avrebbero ricevuto più fondi di altri istituti che hanno conseguito maggiori risultati;
          anche i criteri di assegnazione dei fondi alla ricerca sanitaria non sono esenti da forte critiche da parte degli scienziati. Sulla questione il primario della clinica medica di Pisa, Ferruccio Bonino, ha denunciato che l'attribuzione finanziamenti non considera l'incremento di impact factor, ovvero l'indice di misura della capacità di produrre ricerca scientifica ad alto livello. Pertanto non solo il settore soffre dei consistenti tagli ai fondi stabiliti dal Governo, ma lamenta anche il metodo con cui i finanziamenti residui vengono assegnati;
          lo stesso dottor Bonino, come riportato dal quotidiano il Corriere della Sera di sabato 24 aprile 2010, ha dichiarato che l'unico istituto tra i più importanti Irccs nazionali ad aver beneficiato di un aumento di finanziamenti è stato il San Raffaele. Altri invece, nonostante evidenti risultanti, non avrebbero goduto di alcun aumento di risorse;
          l'esigenza è dunque quella di migliorare i criteri di assegnazione dei finanziamenti, già gravemente insufficienti. Non appare peraltro neppure adeguata la soluzione adottata per l'attribuzione da parte del Ministero della salute di circa 28 milioni di euro a progetti di ricerca di ricercatori italiani al di sotto dei 40 anni;
          in questa occasione, al fine di tutelare la trasparenza e l'indipendenza nella valutazione dei suddetti progetti, il bando ministeriale si è rimesso alla decisione degli Istituti nazionali della salute degli Stati Uniti (NIH). La valutazione NIH tuttavia è stata sottoposta al controllo del comitato di valutazione previsto dalla legge, costituito da 10 membri di nazionalità italiana o straniera e di età inferiore ai 40. Detto Comitato avrebbe apportato delle correzioni ai precedenti giudizi e punteggi attribuiti dal NIH, finendo per escludere o includere dall'area finanziata alcuni progetti, difformemente al parere dei valutatori americani;
          dai risultati del bando inoltre si evince che le regioni del Nord hanno ricevuto la maggioranza dei finanziamenti. Circa il 12 per cento dei progetti presentati dalla Lombardia sono stati finanziati, mentre nessuno di quelli provenienti dalle Marche, dal Friuli-Venezia Giulia, dalla Sardegna e dalla Basilicata è stato approvato. L'ente maggiormente premiato è stato il San Raffaele (11 progetti approvati su 51). L'Istituto superiore di sanità, nonostante abbia presentato ben 75 progetti, ha ricevuto solo una approvazione  –:
          se alla luce di quanto riportato in premessa, i Ministri interrogati intendano chiarire quali siano i criteri di assegnazione dei finanziamenti ed, in particolare, in riferimento all'istituto San Raffaele, quali siano le ragioni dell'aumento percentuale di fondi assegnati nonostante il mancato incremento di impact factor.
(5-03326)


Interrogazioni a risposta scritta:

      GHIZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          secondo il «Regolamento recante norme concernenti il riordino degli istituti professionali ai sensi dell'articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n.  112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n.  133», emanato con decreto del Presidente della Repubblica il 15 marzo 2010, gli istituti «tecnici chimico-biologici» rientrano nell'indirizzo C1 «produzioni industriali ed artigianali», articolazione «industria», settore produttivo «industria chimico-biologica»;
          il percorso formativo degli istituti tecnici chimico-biologici non prevede la «produzione di un prodotto» né deve «selezionare e gestire i processi di produzioni in rapporto ai materiali ed alle tecnologie specifiche» (come invece accade per il tecnico ceramico, edile, del legno, e altri);
          nel nuovo quadro-orario assegnato agli istituti citati, compaiono materie legate alle tecnologie grafiche e della comunicazione, ai processi produttivi, alle tecniche di gestione macchine, di produzione ed organizzazione , mentre non sono più previsti lo studio della biologia e della microbiologia applicate, seppure i diplomati di laboratorio debbano saper analizzare e controllare i parametri biologici, microbiologici e chimici in ambito ospedaliero, farmaceutico, alimentare, della chimica e della microbiologia di aria, suolo, acque, reflui, della diagnostica strumentale ed immunologica;
          il citato regolamento non prevede la figura professionale del tecnico di laboratorio, sostituito da quella del tecnico dei processi industriali: si tratta di categorie diverse perché impegnate in campi differenti e con specificità difformi rispetto alla formazione professionale assunta negli anni di studio;
          per il settore produttivo assegnato all'industria «chimico-biologica», inoltre, si prevede una incongrua riduzione delle ore di biologia a 4 nel solo primo biennio: ovvero a sole 132 ore in 5 anni. Peraltro, nel precedente ordinamento lo studio della chimica e della biologia avveniva fino alla classe quinta, in un rapporto indivisibile e complementare, anche attraverso un percorso teorico e pratico fortemente integrato svolto nei laboratori delle analisi chimiche, biologiche, microbiologiche;
          rispetto al nuovo quadro-orario, sarebbe necessario riorganizzare le ore di indirizzo a favore di biologia, microbiologia e chimica, con i rispettivi laboratori, per poter: apprendere come amplificare e sequenziare il DNA; trasferire le informazioni genetiche tra microrganismi; studiare a quali processi degenerativi vanno incontro gli alimenti; esaminare come avviene la depurazione delle acque reflue; definire quali sono i microrganismi utili e quali quelli patogeni, come isolarli e identificarli;
          a fronte della genericità del titolo di studio previsto dal nuovo ordinamento e in considerazione del fortissimo ridimensionamento orario della terza area – che assume paradossalmente una connotazione residuale nell'impianto del percorso professionalizzante – pare a rischio l'effettivo inserimento nel mondo del lavoro del diplomato di istruzione professionale dell'indirizzo produzioni industriali e artigianali, articolazione industria, settore produttivo «industria chimico-biologica», mentre fino ad ora il tecnico chimico-biologico ha adeguatamente risposto alle attese degli studenti e del mondo del lavoro  –:
          se il Ministro interrogato, alla luce di quanto illustrato in premessa, non ritenga opportuno confermare il profilo dei «tecnici di laboratorio chimico-biologico» anche modificando il quadro orario in favore dell'apprendimento e delle attività laboratoriali di biologia, microbiologia e chimica. (4-08247)


      RAZZI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          i progetti scientifici sono notamente con sempre maggiore frequenza oggetto di cooperazione internazionale;
          anche l'Italia, una delle Nazioni più industrializzate, partecipa ad una molteplicità di progetti, ricevendone un ritorno economico diretto e indiretto, non ultima - ed il più importante all'avviso dello scrivente - l'opportunità di ottenere commesse per ditte italiane di alta tecnologia. Per tacere del fatto che, con tali iniziative, si favorisce e sostiene la formazione di personale altamente qualificato, il prestigio della ricerca italiana: fattori tutti che permettono ai ricercatori italiani di ricoprire posizioni dirigenziali nelle varie realtà, di ricerca e non, a livello internazionale;
          l'Italia partecipa, con consistente apporto finanziario (340 milioni di euro), all'Agenzia spaziale europea, all'Osservatorio astronomico europeo, al Centro europeo per la fisica delle particelle (92 milioni di euro). Il nostro Paese partecipa ancora, anche se indirettamente, ad altri progetti internazionali di ricerca finanziati dall'Unione europea: solo a titolo esemplificativo si cita il progetto Iter sugli studi per la fusione nucleare;
          la recente annunciata politica di tagli alla ricerca scientifica va anche rapportata all'assenza del nostro Paese da alcuni progetti importanti: basti pensare, ad esempio, al fatto che nessun ente di ricerca italiano è presente nel «Consorzio Internazionale per la Sequenza del Genoma Umano», completato nel 2006, e considerato un momento importante nella conoscenza scientifica;
          la partecipazione italiana, a questi progetti, è data, oltre che da un aspetto finanziario, soprattutto da capitale umano;
          ricercatori e tecnici delle università e degli enti di ricerca italiani hanno la possibilità di utilizzare le infrastrutture in tema di cooperazione internazionale;
          con un taglio drastico delle spese per le missioni all'estero, impedisce di fatto – ai ricercatori italiani tutti – l'utilizzo delle apparecchiature per le quali il contribuente italiano ha già esborsato notevoli risorse finanziarie;
          le spese – economicamente irrisorie se confrontate con l'investimento iniziale – possono essere quantificate solo in misura dell'1 - 2 per cento, percentuale però importante in quanto consente quel ritorno economico in precedenza citato;
          nell'ambito della ricerca scientifica, la preventivata corposa riduzione delle spese per le missioni all'estero non appare una misura tale in quanto negativa per l'economia italiana e per il nostro prestigio – sul tema della ricerca scientifica - all'estero.
          dall'entrata in vigore del decreto le diarie per le missioni all'estero non vengono più onorate e sarà possibile solo una missione con rimborso delle spese sostenute: l'eccezione, a tale regola, è quella riguardante le missioni dei militari italiani all'estero;
          ad avviso dell'interrogante invece sarebbe bene, anche sotto il profilo economico, equiparare alla seconda situazione la prima, includendovi anche il personale universitario, degli enti di ricerca e simili;
          la maggior parte dei ricercatori che frequentano laboratori esteri od a carattere internazionale fanno un tanto per periodi lunghi. Per ridurre le spese di alloggio a carico degli enti, gli interessati spesso si organizzano locando collegialmente gli alloggi, al fine di abbattere il più possibile tale costo. Con l'eliminazione delle diarie e dell'obbligo del rimborso spese ciò non sarà più possibile: con il risultato di rendere più onerose le missioni all'estero, provocando in questo modo maggiori disagi ai Ricercatori (il costo dell'albergo ed il rimborso del vitto sarà addirittura maggiore rispetto alla diaria attualmente percepita);
          la permanenza di un ricercatore italiano al CERN per un mese porta oggi con sé un costo medio di 4.000 euro (incluso il costo del viaggio e dell'assicurazione). Il costo medio per la permanenza in albergo e per il vitto, mensilmente, può essere quantificato in euro 5.600: cifra che, approssimativamente, si avvicina agli esborsi dei ricercatori italiani che si rechino in Europa per brevi periodi e/o conferenze;
          la conseguenza sarà quindi un ulteriore taglio del 35 per cento in termini di mesi/uomo che gli enti di ricerca potranno permettersi a parità di fondi;
          queste spese aggiuntive, inoltre, andranno esclusivamente a vantaggio delle infrastrutture turistiche e alberghiere di altre Nazioni  –:
          quali iniziative si intendano assumere per risolvere la criticità di cui in premessa e per tutelare e sostenere l'attività dei ricercatori italiani all'estero con particolare riferimento ai ricercatori italiani. (4-08251)


LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

      GATTI, MADIA, MIGLIOLI, CODURELLI, SANTAGATA, GNECCHI, BOCCUZZI e BERRETTA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          la gravissima crisi economica che ha colpito il nostro Paese e l'intera comunità internazionale nel corso degli ultimi 2 anni non ha risparmiato il mercato del lavoro in somministrazione, che nel periodo intercorso tra la seconda metà del 2008 e il 2009 ha visto diminuire drasticamente, anche se in misura non omogenea, il numero di occupati;
          alcuni dati riguardanti il 2010 evidenziano segnali di crescita dell'occupazione del lavoro in somministrazione, ma essi sembrano ancora troppo flebili per indurre all'ottimismo e ritenere che sia in corso una vera e propria ripresa del settore;
          si avverte l'esigenza di avere a disposizione una serie di dati riguardanti gli andamenti del mercato del lavoro in somministrazione, al fine di comprendere l'effettiva portata della crisi di occupazione subita da tale tipologia di prestazione lavorativa nel corso degli ultimi anni e per meglio valutare i dati e le previsioni che riguardano il prossimo futuro  –:
          quale sia stato l'andamento dei dati occupazionali, in termini percentuali e assoluti, dei lavoratori in somministrazione dal 2007 a oggi;
          quanti lavoratori in somministrazione abbiano ricevuto forme di sostegno al reddito, quali siano stati i soggetti erogatori e quale sia la media in cifre del sostegno al reddito ricevuto;
          quanti siano i lavoratori in somministrazione a tempo indeterminato e quanti di questi abbiano perso il lavoro dal 2008 a oggi;
          quale sia, in media, la durata della missione di un lavoratore in somministrazione. (5-03323)


      BELLANOVA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          in data 12 luglio 2010 con decreto ministeriale n.  53243 all'azienda Labor Srl, operante nel settore delle calzature e riconducibile alla filiera della Filanto spa è stata concesso per la prima volta, per il periodo dal 2 gennaio 2010 al 1 gennaio 2011, il trattamento di cassa integrazione in deroga;
          come previsto dall'articolo 7-ter, comma 3, del decreto-legge n.  5 del 10 febbraio 2009, convertito con modificazioni dalla legge n.  33 del 2009, «l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) è autorizzato ad anticipare i relativi trattamenti sulla base della domanda corredata dagli accordi conclusi dalle parti sociali e dell'elenco dei beneficiari, conformi agli accordi quadro regionali»;
          ai lavoratori della Labor è stato corrisposto per i mesi di gennaio e febbraio 2010 l'indennizzo per intero, dal terzo mese l'INPS ha applicato, sembrerebbe erroneamente, una decurtazione del 10 per cento;
          in base alla normativa vigente, l'indennizzo di cassa integrazione guadagni straordinari in deroga viene ridotto del 10 per cento nel caso di prima proroga, del 30 per cento per la seconda proroga e del 40 per cento per le proroghe successive. Il caso della Labor srl, però, non rientra in queste fattispecie e la decurtazione applicata in questo contesto appare non conforme alla legge e lesivi dei diritti dei lavoratori;
          difatti, come si evince dall'accordo stilato presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, alla direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro – DIV III in data 16 febbraio 2010, la Labor Srl ha richiesto la concessione e non la proroga dello strumento di sostegno al reddito in deroga, avendo peraltro usufruito dal 21 gennaio 2008 per 24 mesi del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria per crisi aziendale per cessazione di attività;
          la decurtazione sull'indennizzo spettante ai lavoratori, sembrerebbe dunque impropria ed aggraverebbe, peraltro, la già precaria situazione di tutte queste persone e delle relative famiglie, considerando che la decurtazione andrebbe a ricoprire i mesi che vanno da marzo 2010 a gennaio 2011  –:
          se il Ministro interrogato, vista la gravità della situazione determinatasi, non ritenga opportuno intervenire con urgenza per chiarire, eventualmente, l'equivoco che si è determinato e che ha portato l'INPS a decurtare l'indennizzo spettante ai lavoratori, i quali hanno diritto a percepire per i primi dodici mesi l'indennizzo per intero. (5-03327)


      FIORIO e LOVELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          le imprese colpite dagli eventi alluvionali del 1994 hanno in corso verso vari enti statali istanze di rimborso di contributi versati in eccesso rispetto a quanto previsto da alcune leggi in vigore e confermate da recenti sentenze della Corte di Cassazione;
          l'articolo 1, comma 2, del disegno di legge di conversione del decreto-legge n.  78 del 2010 può dar adito ad interpretazioni contraddittorie in riferimento alla rivendicazione dei diritti da parte dei cittadini interessati dalla materia in oggetto, per quanto concerne l'applicazione della normativa vigente tra la situazione antecedente e quella successiva all'emanazione del citato decreto-legge 31 maggio 2010, n.  78;
          il citato articolo 1, comma 2, fa salvi gli effetti prodotti dall'articolo 12, comma 12, del decreto-legge 31 maggio 2010, n.  78, che è risultato poi soppresso  –:
          se il Governo intenda emanare una circolare interpretativa finalizzata a chiarire che gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dell'articolo 12, comma 12, del decreto-legge n.  78 del 2010 sono relativi esclusivamente al periodo di vigenza dello stesso decreto-legge e sino all'entrata in vigore della legge di conversione. (5-03329)


Interrogazione a risposta scritta:

      DI BIAGIO. —Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          molteplici sono le criticità di natura organizzativa, procedurale ed amministrativa relative alle strutture pubbliche sociali operanti nel settore della navigazione marittima: criticità amplificate dalla recente soppressione dell'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA) operata dal decreto-legge n.  78 del 2010 e la sua successiva confluenza nell'Inail;
          la specificità del settore marittimo è stata condizionata da una frammentazione delle competenze e dalla molteplicità delle strutture pubbliche chiamate ad intervenire nell'azione amministrativa, rendendo complessa una gestione unitaria dell'intero assetto organizzativo;
          segnatamente, per quanto riguarda il sistema degli adempimenti burocratici dei lavoratori marittimi nei confronti della pubblica amministrazione, finalizzati all'ottenimento delle forme di assistenza sanitaria e di sostegno al reddito in caso di inidoneità o di inabilità al lavoro anche temporanea, esistono molteplici criticità dovute proprio alla molteplicità degli attori chiamati ad espletare i medesimi servizi;
          attualmente sono diverse le realtà pubbliche che operano nel settore marittimo e che condividono le medesime procedure operative ed organizzative attinenti alle dinamiche lavorative della gente di mare. Queste sono l'IPSEMA (istituto soppresso a seguito dell'entrata in vigore del decreto-legge n.  78 del 2010 e confluito nell'INAIL), i servizi di assistenza sanitaria al personale navigante (SASN) del Ministero della salute, e gli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera (USMAF), a cui si aggiungono realtà che forniscono servizi imprescindibile come il Centro internazionale radio medico (CIRM). Alle competenze di tali realtà si uniscono quelle condivise con l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL);
          tra le suindicate realtà operative nel settore marittimo, l'IPSEMA (oggi Inail), gli uffici SASN e gli uffici USMAF erogano in parte i medesimi servizi in materia di prestazioni mediche, accertamenti idoneità, valutazione abilità/inabilità eccetera del personale navigante, con palesi quanto paradossali duplicazione, sovrapposizione funzionale e amministrativa oltre che conflitti di attribuzione tra enti;
          in virtù della frammentazione amministrativa in capo al comparto, l'utenza marittima è chiamata a svolgere molteplici e talvolta farraginosi adempimenti burocratici nei confronti della pubblica amministrazione soprattutto – appunto – per l'ottenimento delle forme di assistenza sanitaria e di sostegno al reddito in caso di inidoneità o di inabilità al lavoro anche temporanea;
          allo stato attuale – ad esempio – un lavoratore marittimo al fine di svolgere opportuni accertamenti medico-legali è tenuto a rivolgersi presso il competente ufficio di assistenza sanitaria al personale Navigante – SASN e poi ai controlli presso l'IPSEMA, per l'erogazione delle prestazioni, con conseguenti oneri, anche economici, a carico degli assistiti e dei datori di lavoro;
          l'XI Commissione aveva avviato, nel febbraio 2010, l'esame di un articolato progetto di legge (A.C. 2863) diretto ad istituire l'Ente sociale italiano della navigazione, le cui finalità erano quelle di riunire in un unico ente previdenziale il settore della navigazione e dei soggetti operanti nel campo marittimo, compreso l'Ipsema;
          stando all'istruttoria preliminare, il progetto Esin avrebbe comportato un risparmio per l'erario di circa 14 milioni di euro a fronte dei circa 600 mila euro (ipotetici) derivanti dalla confluenza dell'Ipsema all'Inail tracciata dal testo del decreto-legge n.  78 del 2010;
          in particolare, in base ai dati a disposizione dell'interrogante, l'eliminazione delle duplicazioni di funzioni che deriverebbe dalla istituzione di un unico ente marittimo, ossia, l'eliminazione delle medesime prestazioni erogate in favore dei lavoratori marittimi da più enti, comporterebbe un risparmio di circa 2 milioni di euro;
          la presenza di più attori pubblici, deputati a gestire le medesime prestazioni rende anche complesse le dinamiche di controllo delle attività medico-legali, segnatamente sul versante dell'erogazione delle indennità di malattia e indennità di sostegno del reddito. Questa ridondanza amministrativa legittimerebbe la facilità con la quale alcuni medici del SASN erogherebbero certificazioni attestanti lo stato di malattia dei lavoratori marittimi, alimentando una prassi ben consolidata in alcune aree nazionali  –:
          se sia a conoscenza degli aspetti delineati in premessa;
          se ritenga – alla luce delle evidenze tracciate in premessa – di avviare la razionalizzazione delle funzioni in materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali inerente à tutti i soggetti che svolgono attività in mare ovvero in ambito lagunare, lacuale e fluviale, attribuendo ad un unico ente pubblico, di nuova costituzione, le funzioni nonché le competenze attribuite alla molteplicità delle strutture pubbliche attualmente operanti nell'ambito del suindicato settore marittimo.
(4-08236)


PARI OPPORTUNITÀ

Interrogazione a risposta in Commissione:

      TULLO, ROSSA, TOUADI e MELANDRI. — Al Ministro per le pari opportunità. — Per sapere – premesso che:
          il 21 luglio 2010 – a soli dieci giorni dalla scadenza della convenzione (31 luglio 2010) – il Dipartimento per le pari opportunità ha informato gli enti titolari e gli enti gestori del dispositivo del numero verde nazionale in aiuto alle vittime di tratta della decisione di non finanziare in prospettiva le 14 postazioni locali del numero verde, assicurando solo il funzionamento della postazione centrale ma fino al 31 dicembre 2010;
          tale scelta non riguarda la struttura o l'esistenza o meno del numero verde, ma tocca l'intero sistema degli interventi sulla tratta. Infatti, la decisione di sopprimere le postazioni locali va collegata alla prospettiva di azzeramento del fondo per l'attuazione dell'articolo 13 della legge 28 del 2003 (prossimo bando in scadenza);
          la principale funzione delle postazioni locali sta nella valutazione della segnalazione, nella presa in carico della segnalazione qualificata (proveniente dalle forze dell'ordine, dai servizi sociali e dalle altre agenzie del territorio) e nell'attivazione sull'urgenza ed emergenza dei punti di fuga e delle strutture territoriali preposte alla pronta e prima assistenza (progetti di assistenza di cui all'articolo 13 della legge sulla tratta n.  228 del 2003);
          a livello locale si sono strutturate reti tra enti pubblici e del privato sociale significative, capaci ed efficaci non solo nei progetti di assistenza e integrazione ma anche nella stretta collaborazione con le forze dell'ordine che operano per l'emersione della tratta degli esseri umani e il contrasto alle organizzazioni criminali. E quindi privare territori delle postazioni locali senza creare le condizioni operative e finanziarie affinché le loro funzioni vengano eventualmente svolte e incardinate nei progetti ex articolo 13, significa togliere alle forze dell'ordine il principale strumento per l'attivazione dell'assistenza alle vittime ma soprattutto, laddove è stato creato, distruggere il lavoro di rete multi-agenzia tra sociale e forze di polizia fin dall'emersione della potenziale vittima, che tanti risultati sta dando in materia di contrasto della criminalità e di accertamento dei reati;
          appare inoltre chiaro che la chiusura delle postazioni locali comporti anche un grave impatto sulla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti che dall'oggi al domani si trovano senza lavoro. Ciò comporterà una conseguente dispersione del patrimonio di competenze e professionalità specifiche accresciute in questi anni  –:
          con quali criteri siano state compiute le scelte di drastica riduzione delle risorse a disposizione del complesso sistema nazionale anti-tratta;
          per quali motivi le comunicazioni di tali scelte siano avvenute in tempi così ristretti;
          in che tempi verrà avviato un lavoro di confronto con gli enti locali e gli enti del non-profit del sistema nazionale anti-tratta per delineare gli assetti futuri in grado di garantire efficienza ed efficacia dell'intervento complessivo di tutela delle vittime di tratta e di contrasto alla criminalità. (5-03325)


POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta orale:

      RAINIERI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          risulterebbe all'interrogante che la giunta della regione Emilia-Romagna, con voto favorevole della maggioranza di sinistra in consiglio, abbia approvato il piano triennale per la tutela dell'apicoltura (relativo al periodo 2010-2013), impegnando 2.133.666,96 euro (di cui la metà messa a disposizione dal Governo e la restante metà erogata dall'Unione Europea) stanziati allo scopo di fronteggiare l'emergenza causata dalla mortalità delle api, che purtroppo da alcuni anni registrano una drastica diminuzione, per cause non ancora completamente accertate;
          risulterebbe altresì che la quasi totalità delle risorse finanziarie stanziate dalla predetta delibera saranno destinate a pagare consulenze, studi e ricerche, mentre per il ripopolamento delle api resterebbero appena 7.000 euro all'anno (21 mila nel triennio), pari allo 0,9 per cento della spesa totale. In tali circostanze verrebbero utilizzati gran parte degli oltre 2 milioni di euro stanziati dallo Stato e dall'Unione europea per le api, in favore dell’«Osservatorio del miele» con sede in Castel San Pietro (Bologna), presieduto dal signor Giancarlo Naldi, esponente politico dell'attuale partito democratico e attualmente consigliere provinciale di Bologna (del PD), nonché direttore della rivista della regione Emilia-Romagna ARPA;
          va evidenziato che il Governo ed il Parlamento stanno affrontando da molti anni la vicenda della scomparsa delle api. In Parlamento, già dalla fine del 2008, si è posta attenzione alla moria di questi preziosi insetti, segnalando il problema con numerose interrogazioni al competente Ministro per le politiche agricole alimentari e forestali, il quale ha conseguentemente risposto, anche per conto degli altri Ministri competenti, segnatamente il Ministro della salute ed il Ministro dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare;
          va ricordato al riguardo che nel luglio 2003, le associazioni nazionali degli apicoltori Associazioni Agricoltori professionisti italiani (AAPI), Consorzio Nazionale Apicoltori (CONAPI) ed Unione Nazionale Associazioni Apicoltori Italiani (UNAAPI) avevano segnalato al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, la problematica relativa al fenomeno degli spopolamenti degli alveari e della moria delle api ed all'impiego in agricoltura di prodotti fitosanitari a base di neonicotinoidi;
          in particolare, era stata posta in evidenza la problematica relativa al fenomeno delle sementi conciate;
          il problema di cui trattasi, come allo scopo aveva anche sottolineato lo stesso Ministero, si presenta alquanto complesso, in quanto è influenzato non solo dall'uso dei suddetti prodotti fitosanitari, ma anche dall'andamento climatico, dall'inquinamento ambientale, dalle tecniche agronomiche e dalle patologie apistiche. Ciò impone che nelle attività di studio e di ricerca, si debbano considerare tutti i fattori interni ed esterni all'alveare attraverso la costituzione di una rete capillare di monitoraggio, che definisca esattamente la consistenza del problema al fine di individuarne le reali cause e le relative strategie di contenimento;
          in tal senso, l'amministrazione competente del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, già dall'inizio del verificarsi del fenomeno, aveva provveduto ad informare della questione il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e, per conoscenza, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e, successivamente, ha indetto un'apposita riunione, cui hanno partecipato i rappresentanti delle associazioni e delle pubbliche amministrazioni coinvolte, compresi quelli del consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (CRA) e delle facoltà di agraria delle università di Bologna, di Campobasso e di Portici. Nel corso della citata riunione era emersa l'opportunità di:
              a) programmare una sperimentazione mirata causa-effetto, volta a confermare con certezza la dannosità di talune molecole nei confronti delle api, mediante la messa a punto di affinate metodiche analitiche idonee a rilevarne i residui;
              b) studiare le sostanze attive in modo più approfondito attraverso la valutazione delle dosi subletali e dei metaboliti, nonché dei meccanismi d'azione e degli effetti fisiologici riscontrabili sulle api;
              c) tracciare una mappatura territoriale con l'individuazione delle zone più colpite dal fenomeno; adottare tecniche agricole più consone mediante l'utilizzo, da parte dei coltivatori, di macchine seminatrici rispondenti a precisi requisiti ecologici;
          nel luglio 2007, anche il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali ha ritenuto utile costituire un gruppo ad hoc nell'ambito della Commissione consultiva per i prodotti fitosanitari e ha promosso un incontro tecnico per esaminare i diversi elementi della vasta questione;
          al termine del suddetto incontro, il gruppo ha rilevato la difficoltà a definire le effettive cause del fenomeno legato ai numerosi fattori già menzionati e ha individuato alcuni specifici provvedimenti da adottare, tra i quali:
              a) l'aggiornamento e la razionalizzazione delle frasi cautelative riportate nelle etichette attualmente autorizzate dei prodotti fitosanitari interessati;
              b) l'obbligo, da parte delle industrie sementiere, di proporre nuove tecniche di confettatura delle sementi capaci di evitare l'eccessiva dispersione delle sostanze attive nell'ambiente;
          va ancora ricordato che presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali si sono tenute ulteriori due riunioni rivolte ad attivare un piano di interventi risolutivi;
          la prima ha riguardato l'uso in agricoltura di semi conciati con neonicotinoidi e gli eventuali effetti tossici sulle api, nonché l'adozione di idonee macchine (seminatrici); in tal senso si è tenuta presso l'unità di ricerca per l'ingegneria agraria del CRA (CRA-ING) una prova pratica a «punto fisso» sul modello più usato di seminatrice pneumatica, per l'avvio di appositi studi che consentano una drastica riduzione della dispersione delle polveri durante la loro semina. La seconda riunione si è svolta attraverso un tavolo tecnico, cui hanno partecipato tra l'altro i rappresentanti delle regioni, delle industrie chimiche, delle associazioni agricole, di apicoltori e di ambientalisti. A conclusione dell'incontro, si è stabilito di attivare un idoneo piano di monitoraggio nazionale coordinato dall'unità di ricerca di apicoltura e bachicoltura del CRA (CRA-API). Detta unità di ricerca ha, infine, stilato un rapporto tecnico-scientifico sulle diverse patologie apistiche, sulle eventuali incidenze dei prodotti fitosanitari sugli alveari e sul possibile uso di sementi non conciate, al fine di individuare con esattezza le vere cause del fenomeno e le relative misure da proporre alle autorità politiche, tra le quali:
              1) l'istituzione sull'intero territorio nazionale di una rete di stazioni permanenti di monitoraggio (almeno una per ogni regione), per definire la consistenza dei fenomeni, allo scopo potendosi avvalere anche di appositi standard di schede di notifica e di comunicazioni in tempo reale, come quelle realizzate per posta elettronica (e-mail);
              2) l'avvio di una attività di ricerca sui fattori interni ed esterni all'alveare, condivisa e finanziata da tutte le amministrazioni coinvolte, diretta a chiarire, nell'ecosistema nazionale, l'oggettiva relazione tra la moria delle api e l'impiego dei geodisinfestanti, dei concianti, dei trattamenti fitosanitari e degli effetti sinergici;
              3) la realizzazione di una attività di formazione ed assistenza tecnica agli apicoltori sulle corrette pratiche apistiche specie in relazione con i fattori ambientali. L'assistenza tecnica potrà essere estesa anche agli agricoltori relativamente alla gestione fitosanitaria;
              4) la predisposizione di una ricerca sperimentale sull'utilizzo di appropriate macchine seminatrici per il controllo delle polveri e della loro deriva;
              5) l'individuazione di un centro di consulenza nazionale che fornisca indicazioni tecniche agli apicoltori sulla moria delle api e sia di riferimento per le specifiche indagini analitiche chimico- patologiche;
          nel corso di un altro incontro tenutosi presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, il sopracitato gruppo ad hoc ha analizzato in particolare, sia i dati del monitoraggio su episodi di spopolamento degli alveari svolto a seguito di segnalazioni degli apicoltori lombardi e veneti dal CRA-API, dal dipartimento di prevenzione veterinario della azienda sanitaria locale della regione Lombardia, dall'istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell'Emilia Romagna e da quello delle Venezie, sia la possibilità di adottare idonee misure preventive, quali la valutazione dell'epoca di semina del mais, l'utilizzo di seminatrici opportunamente modificate ed il trattamento dei semi conciati con adesivanti più efficaci;
          infine, sempre il predetto gruppo ad hoc, ha approvato la proposta di progetto recante «Rete per il monitoraggio dei fenomeni di spopolamento e mortalità degli alveari in Italia (APENET)», redatta dal CRA-API; essa coinvolge importanti centri di ricerca nazionali e prevede due sottoprogetti riguardanti rispettivamente le variabili ambientali e quelle apistiche;
          per quanto concerne le azioni di ricerca volte ad accertare scientificamente le cause di tale fenomeno, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, nell'ambito delle azioni di ricerca per l'attuazione del regolamento comunitario 797/2004, per il triennio 2007-2009 ha inserito l'attività di «razionalizzazione della transumanza» (Mappatura aree nettarifere; cartografia, raccolta dati sulle fioriture o flussi di melata; spese per la diffusione con vari mezzi dei dati raccolti Ina, Isza) con l'obiettivo di:
              a) valutare la tossicità per le api allevate in aree coltivate con mais conciati mediante insetticidi neonicotinoidi;
              b) studiare l'impiego delle api come indicatore biologico dei principali contaminanti ambientali (pesticidi, radionuclidi, metalli pesanti, benzo(a)pirene, e altri) per la definizione dello stato di salubrità delle aree nettarifere e, più in generale, dell'ambiente;
          da quanto sopra descritto, si evince che molte misure di ricerca e di indagine sul fenomeno della anomala moria delle api sono già state attivate dal Governo anche con il coinvolgimento delle associazioni professionali rappresentative del settore apistico, degli enti di ricerca nazionali e regionali, nonché con le regioni sul cui territorio si sono verificati casi più preoccupanti del problema;
          dal momento che il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali sta svolgendo specifici programmi di studio sulla delicata problematica e che pertanto sarebbe utile che ove fossero attivati altre iniziative di analoga finalità da parte di altri soggetti come le regioni, si procedesse ad una condivisione degli obiettivi e ad una specializzazione delle competenze in maniera da evitare inutili duplicazioni e sprechi di risorse. In tal senso sarebbe doveroso da parte delle regioni interessate, prima di attivare eventuali progetti volti a comprendere e contrastare il fenomeno in questione, interagire con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali per coordinare attività comuni e per indagare su cause ancora sconosciute e momentaneamente non seguite dallo stesso Ministero;
          in queste circostanze, a parere dell'interrogante, l'eventuale operazione attivata dalla regione Emilia Romagna, tesa ipoteticamente a finanziare azioni riconducibili a studi e consulenze gestiti da organismi regionali appare sicuramente censurabile ed inopportuna o ad ogni modo estemporanea dal momento che le materie allo scopo trattate sono già largamente affrontate in ambito governativo  –:
          se il Ministro nell'ambito delle proprie competenze, in particolare quelle riguardanti l'elaborazione ed il coordinamento delle linee della politica agricola, forestale, agroalimentare e per la pesca, di livello nazionale, europeo ed internazionale, abbia notizia che la regione Emilia Romagna abbia approvato un piano per la tutela dell'apicoltura con un impegno finanziario di oltre 2 milioni di euro provenienti dallo Stato e dall'Unione europea ed in caso affermativo, se non intenda accertare se tale piano sia coordinato con le azioni che nelle stesse materie sono state attivate dal Governo anche al fine di evitare che l'iniziativa della regione Emilia Romagna non rischi di produrre ingiustificate duplicazioni di attività e sprechi di risorse. (3-01202)


Interrogazione a risposta in Commissione:

      MARCO CARRA. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere - premesso che:
          il 22 ed il 23 luglio 2010, alcuni comuni della provincia di Mantova, in particolare dell'alto Mantovano, sono stati gravemente colpiti da un nubifragio che ha pesantemente danneggiato le colture e le strutture delle imprese agricole;
          in molti casi, le colture colpite dal nubifragio hanno subito danni irreversibili, mettendo in ginocchio le imprese coinvolte  –:
          se il Governo intenda riconoscere lo Stato di calamità naturale, garantendo il sostegno pubblico a quelle imprese agricole colpite dal nubifragio. (5-03322)


POLITICHE EUROPEE

Interrogazione a risposta scritta:

      CONTENTO. — Al Ministro per le politiche europee, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          il comparto dell'autotrasporto sta vivendo un clima di forte tensione dovuto all'obbligo comunitario di rottamare i veicoli «Euro 3», ritenuti una grave fonte di inquinamento atmosferico;
          da una prima stima degli operatori risulterebbe che più della metà del parco macchine nazionale sia composto da questa tipologia di mezzi, del resto neppure eccessivamente datati nel tempo se si pensa che l'anzianità media di tali autocarri si attesta attorno ai sette anni;
          il timore degli autotrasportatori è che la rottamazione imposta dall'Unione europea possa comportare un duro colpo all'economia del settore, già messa a dura prova dalla crisi in atto  –:

          se intendano attivarsi in sede comunitaria al fine di individuare una soluzione al problema segnalato in premessa, stabilendo, ad esempio, un periodo transitorio nel quale sia ancora possibile utilizzare i camion «Euro 3» e consentire cosi ai vettori nazionali di adeguarsi gradualmente alle nuove normative. (4-08227)


PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:

      DAMIANO, BERRETTA, MOSCA, BOBBA, RAMPI, CODURELLI, SCHIRRU, BELLANOVA, SANTAGATA, SERVODIO, MADIA, MIGLIOLI, BOCCUZZI, GNECCHI, MATTESINI, GATTI, AMICI e SAMPERI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. — Per sapere – premesso che:
          come emerge dall'ampio risalto dato dalla stampa italiana e straniera il dottor Antonio Mattone, risulterebbe coinvolto nella rete di «interferenze» sulle istituzioni svelata dall'inchiesta della magistratura sulla cosiddetta «loggia P3»;
          il dottor Antonio Martone il 15 dicembre 2009, è stato nominato componente della commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e integrità delle amministrazioni pubbliche (Civit) ed il 22 dicembre ne è stato eletto presidente;
          la Civit è chiamata ad operare in posizione di indipendenza di giudizio e di valutazione e in piena autonomia, al fine di indirizzare, coordinare e sovrintendere all'esercizio delle funzioni di valutazione, garantendo la trasparenza dei sistemi adottati e la visibilità degli indici di andamento gestionale delle amministrazioni pubbliche;
          il compito affidato alla Civit è volto essenzialmente a favorire l'efficienza dell'attività pubblica e la qualità dei servizi resi ai cittadini, assieme a quello di garantire la trasparenza totale delle amministrazioni;
          il ruolo di presidente della Civit, richiede non soltanto assoluta integrità personale, e indipendenza totale nei confronti di qualsiasi altro potere pubblico o privato, ma anche assenza di qualsiasi ombra su tali qualità e pertanto appare inopportuno che continui ad essere ricoperto dal dottor Martone, fronte delle notizie di comportamenti incompatibili con questi requisiti, che stanno emergendo dall'inchiesta sulla cosiddetta «loggia P3»  –:
          se non ritenga che in considerazione dell'alta funzione affidata alla commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche, non risulti incompatibile con tale funzione la permanenza all'interno della commissione del dottor Antonio Martone, dato che, comportamenti, da questo tenuti così come emersi sulla stampa, appaiono agli interroganti gravemente incompatibili con il codice etico della Civit ispirato ai «valori di lealtà, imparzialità, integrità, indipendenza e trasparenza». (5-03330)


Interrogazione a risposta scritta:

      DI BIAGIO. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. — Per sapere – premesso che:
          ai sensi dell'articolo 40 del decreto legislativo 165 del 2001, come modificato dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n.  150, in attuazione della legge 4 marzo 2009, n.  15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, vengono escluse dalla contrattazione collettiva «le materie attinenti all'organizzazione degli uffici»;
          in occasione della sottoscrizione del contratto integrativo per il personale di alcune amministrazioni dello Stato tra i referenti sindacali sono emersi dei dubbi interpretativi circa la ratio del citato articolo 40 che hanno condotto al rifiuto da parte di taluni referenti della medesima sottoscrizione;
          i dubbi interpretativi afferiscono alla collocazione o meno della materia attinente all'orario di lavoro e della sua articolazione nell'ambito dell'organizzazione degli uffici o se sia da considerarsi materia di contrattazione fra le parti;
          malgrado la richiesta di delucidazioni a riguardo formulata all'Aran dalle parti sociali, dall'Agenzia non è stato formalmente espresso chiarimento in merito alle difficoltà interpretative sorte in sede di contrattazione;
          l'agenzia interpellata più volte ha risposto – in maniera informale – affermando di non avere avuto ancora dal Dicastero competente gli elementi per poter determinare la reale interpretazione del citato articolo  –:
          se intenda formulare un parere in merito alla ratio dell'articolo 40 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n.  150, al fine di fornire chiarimenti in merito alla collocazione o meno della materia afferente agli orari di lavoro nell'ambito dell'organizzazione degli uffici di cui al medesimo articolo. (4-08238)


SALUTE

Interrogazione a risposta orale:

      BINETTI. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          l'infermiere generico, la puericultrice e l'infermiere psichiatrico, appositamente preparati dal Servizio sanitario con brevi corsi regionali e conseguente rilascio di un attestato abilitante a svolgere mansioni di assistenza sanitaria di base, svolgono ancora la loro attività negli ospedali e sul territorio anche in assenza della figura dell'infermiere professionale;
          la legge n.  243 del 3 giugno 1980 concernente la «Straordinaria riqualificazione professionale degli infermieri generici e degli infermieri psichiatrici» ha previsto, al comma 2 dell'articolo 1, che: «...in via straordinaria e per non oltre cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge le regioni provvedono alla riqualificazione professionale di coloro che siano in possesso dell'abilitazione di infermiere generico e di infermiere psichiatrico che abbiano prestato servizio continuativo per un periodo non inferiore a due anni e siano in servizio all'entrata in vigore della presente legge, ammettendoli ai corsi per infermieri professionali»;
          tuttavia, la frequenza dei sopraddetti corsi di riqualificazione, sia per i criteri di anzianità, sia per le limitazioni numeriche poste ai fini dell'accesso ai corsi, hanno di fatto impedito, dato il limite temporale di cui sopra, a migliaia di unità di infermieri generici, puericultrici e infermieri psichiatrici di fruire della riqualificazione straordinaria;
          il Governo si è ripetutamente impegnato anche nelle passate legislature, a trovare una soluzione, ciononostante non è stato risolto il problema;
          queste figure non hanno ancora nessuna collocazione nel sistema Sanitario nazionale. Inoltre, a riprova di ciò, con la legge n.  42 del 26 febbraio 1999 è stata abolita la legge sul mansionario, ma si sono dovute mantenere in piedi le disposizioni previste dal titolo V del decreto del Presidente della Repubblica 14 marzo 1974, n.  225. Si tratta più propriamente dell'articolo 6 del citato decreto del Presidente della Repubblica concernente le mansioni dell'infermiere generico;
          la stessa legge n.  42 del 1999, ha previsto all'articolo 4, comma 2, che «...con decreto del Ministro della sanità, d'intesa con il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, sono stabiliti, con riferimento all'iscrizione nei ruoli nominativi regionali di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979. n.  761, allo stato giuridico dei dipendenti degli altri comparti del settore pubblico e privato e alla qualità e durata dei corsi e, se del caso, al possesso di una pluriennale esperienza professionale, i criteri e le modalità per riconoscere come equivalenti ai diplomi universitari, di cui all'articolo 6. comma 3. del decreto legislativo n.  502 del 1992, e successive modificazioni e integrazioni, ai fini dell'esercizio professionale e dell'accesso alla formazione post-base, ulteriori titoli conseguiti conformemente all'ordinamento in vigore anteriormente all'emanazione dei decreti di individuazione dei profili professionali. I criteri e le modalità definiti dal decreto di cui al presente comma possono prevedere anche la partecipazione ad appositi corsi di riqualificazione professionale, con lo svolgimento di un esame finale»;
          la legge n.  42 del 1999 non stabilisce specificamente quali figure abbiano diritto alla cosiddetta equivalenza dei titoli, ma prevede che possano essere riconosciuti equivalenti ai diplomi universitari di cui all'articolo 6, comma 3 del decreto legislativo n.  502 del 1992 anche i titoli conseguiti conformemente all'ordinamento in vigore anteriormente all'emanazione dei decreti di individuazione dei profili professionali. Sarebbero inclusi, quindi, anche l'infermiere generico, la puericultrice e l'infermiere psichiatrico che, nel sistema del decreto del Presidente della Repubblica n.  761 del 1979, erano collocati nell'area sanitaria come «arte ausiliaria»  –:
          quali urgenti iniziative, anche normative, intendano intraprendere al fine di ripristinare un quadro di legittimità che regoli le professioni sanitarie dai livelli di base fino a quelli più avanzati, per garantire e tutelare i cittadini nel momento di ricevere prestazioni adeguate da professionisti appositamente formati;
          in che modo intenda articolare i diversi livelli di collaborazione e di integrazione tra le diverse figure del Servizio sanitario nazionale, senza permettere equivalenze di ruoli o equipollenze di titoli, ma consentendo a tutti di vedere riconosciuti ruoli e competenze;
          se non ritenga necessario dare tempestiva attuazione alla cosiddetta equivalenza sancita dalla sopra citata legge n.  42 del 1999 consentendo, in tal modo, l'attribuzione di una dignità professionale ai 35.000 operatori (infermieri generici, psichiatrici e puericultrici) che da tempo chiedono il rispetto e l'applicazione della normativa vigente. (3-01201)


SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:

      AGOSTINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          nel novembre del 2007 la Cartiera Alhstrom di Ascoli Piceno ha chiuso la propria attività e le maestranze sono state collocate prima in cassa integrazione e poi in mobilità. Il tutto è avvenuto attraverso un accordo sindacale con verbale redatto presso il Ministero dello sviluppo economico. Il verbale conteneva anche una valutazione della cartiera per eventuali acquirenti;
          il ministero ha seguito la crisi aziendale e l'evolversi di eventuali trattative di vendita come riportato da organi di stampa, che ad oggi non hanno prodotto risultati significativi;
          negli ultimi giorni la stampa locale ha riportato notizia di una riunione tenutasi presso il Ministero dello sviluppo economico tra i rappresentanti della ditta Alhstrom, rappresentanti delle istituzioni locali, e rappresentanti del Ministero;
          a detta riunione si sarebbe preso atto della inesistenza di trattative per la vendita della cartiera, e ciò sarebbe avvenuto solo pochi mesi dopo le dichiarazioni dell'ex Ministro Scajola che invece rispondendo a precedente interrogazione dell'onorevole Ciccanti, riportate anche da organi di stampa locale, dichiarava dell'esistenza di una trattativa in corso e dell'interessamento di almeno due acquirenti sempre per la produzione di carta;
          nella riunione in questione sempre come dedotto da notizie riportate dalla stampa locale, ci sarebbe stata una disponibilità delle istituzioni locali a frazionare l'area dove insiste la cartiera per poi essere messa in vendita anche per fini che non siano produttivi;
          nel febbraio 2008 il Ministero dello sviluppo economico aveva istituito un tavolo sulla crisi del piceno al quale partecipavano istituzioni locali e parti sociali, che non si è più riunito dalla fine dell'anno 2008  –:
          se risulti vera la notizia dello svolgimento dell'incontro presso il Ministero dello sviluppo economico tra i rappresentanti dell'azienda Alhstrom, quelli delle istituzioni locali e quelli del Ministero;
          se risulti vero che al momento non esistono trattative per la vendita dell'azienda e che queste, come dichiarato dall'attuale presidente della provincia di Ascoli Piceno non sono mai esistite;
          se come riportato dalla stampa locale, in questa riunione ci sia stata una disponibilità delle istituzioni locali a frazionare l'area di proprietà della cartiera Alhstrom per essere utilizzata anche a fini non produttivi;
          se in questo confronto sia stata presa in considerazione la eventuale ricollocazione di circa 250 operai che attualmente si trovano in mobilità, e che vivono con ansia notizie che investono direttamente il loro destino, senza essere minimamente coinvolti;
          se il Ministro intenda riconvocare il tavolo istituito presso il Ministero nel febbraio del 2008, anche con le parti sociali, per affrontare nelle vie ufficiali la crisi aziendale dell'Alhstrom, e le numerose altre crisi aziendali esistenti nel Piceno. (5-03324)


Interrogazione a risposta scritta:

      LARATTA, LAGANÀ FORTUGNO, LO MORO, CESARE MARINI, OLIVERIO, VILLECCO CALIPARI e MINNITI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          a margine della riunione del comitato di sorveglianza del POR Calabria FESR 2007/2013 il presidente Scopelliti ha dichiarato «Su Gioia Tauro ci sono grandi ritardi e grandi lacune. Se diciamo queste cose, quelli che c'erano prima di noi non si arrabbino, ma purtroppo queste sono cose messe in risalto dalla Commissione e non da noi. Noi prendiamo atto di questa grave colpa rispetto a Gioia Tauro. Chi doveva fare non ha fatto;
          in data 15 dicembre 2009 è stato tenuto un incontro a Gioia Tauro tra i rappresentanti della Commissione europea, la regione Calabria, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, l'Autorità portuale, il Consorzio per lo sviluppo industriale di Gioia Tauro, i rappresentanti delle parti economiche e sociali, MCT, BLG, RFI, per individuare e risolvere le criticità presenti allo sviluppo del polo logistico intermodale di Gioia Tauro attraverso i programmi operativi regionali e nazionali cofinanziati dal FESR;
          a seguito dell'incontro la Commissione europea, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la regione Calabria, ha inviato in data 22 dicembre 2009 una nota con il calendario delle attività da realizzare per pervenire alla stipula dell'accordo di programma quadro «Polo logistico intermodale di Gioia Tauro» entro il 10 febbraio 2010;
          la regione Calabria ha predisposto, a seguito di un intenso lavoro partenariale e tecnico ed in collaborazione con il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero delle infrastrutture dei trasporti e l'Autorità portuale, la proposta di accordo di programma quadro;
          la giunta regionale, con delibera n.  168 del 27 febbraio 2010, ha approvato l'accordo di programma quadro «Polo Logistico Intermodale di Gioia Tauro» per l'ammontare di 163,5 milioni di euro coperto con risorse del PON Reti per la mobilità 2007/2013, del PON Ricerca e Competitività 2007/2013 e del POR Calabria FESR 2007/2013/;
          successivamente la proposta di accordo di programma quadro è stata inviata al Ministero dello sviluppo economico che ha la competenza specifica per organizzare la stipula degli accordi di programma quadro;
          il Ministero dello sviluppo economico ha comunicato per vie brevi alla legione Calabria che tutti i soggetti interessati alla stipula dell'accordo di programma quadro avevano dato l'assenso alla stipula, ad eccezione della direzione incentivi dello stesso Ministero;
          i servizi della Commissione europea sono stati tempestivamente informati della indisponibilità della direzione incentivi del Ministero dello sviluppo economico a finanziare nell'ambito del PON Ricerca e competitività 2007/2013 gli interventi previsti dall'accordo di programma quadro  –:
          quali siano le motivazioni per le quali la direzione incentivi del Ministero dello sviluppo economico non ha inteso sottoscrivere ricordo di programma quadro per il finanziamento delle azioni di propria competenza del Polo logistico intermodale di Gioia Tauro, così come concordato con gli altri Ministeri e con la Commissione europea;
          quali siano le eventuali iniziative che la direzione incentivi del Ministero dello sviluppo economico intende proporre nell'ambito dell'accordo di programma quadro. (4-08246)


Apposizione di firme ad una risoluzione.

      La risoluzione in Commissione Montagnoli e altri n.  7-00329, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 maggio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Fogliardi, Ferrari.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

      L'interrogazione a risposta scritta Bitonci e altri n.  4-01258, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 ottobre 2008, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

      L'interrogazione a risposta scritta Polledri n.  4-02835, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 aprile 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

      L'interrogazione a risposta scritta Polledri n.  4-02965, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 maggio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

      L'interrogazione a risposta scritta Rainieri n.  4-03219, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

      L'interrogazione a risposta scritta Polledri n.  4-03247, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del'11 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

      L'interrogazione a risposta scritta Polledri n.  4-04392, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

      L'interrogazione a risposta scritta Polledri e altri n.  4-05184, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

      L'interrogazione a risposta scritta Polledri e altri n.  4-05900, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 gennaio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

      L'interrogazione a risposta scritta Torazzi n.  4-06369, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

      L'interrogazione a risposta scritta Maurizio Turco e altri n.  4-08183, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rubinato.

      L'interrogazione a risposta scritta Bitonci n.  4-08194, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
          interrogazione a risposta scritta Franzoso n.  4-08112 del 21 luglio 2010.
          interrogazione a risposta scritta Fugatti n.  4-08216 del 28 luglio 2010.

ERRATA CORRIGE

      Alla pagina 14909, prima colonna, dalla riga ventiquattresima, alla riga diciassettesima, seconda colonna, della pagina 14911, deve leggersi: «Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

      NARDUCCI e TEMPESTINI. – Al Ministro degli affari esteri. – Per sapere – premesso che:
          la promozione e la diffusione della lingua italiana nel mondo ha subito, già a partire dai primi provvedimenti di natura finanziaria adottati dal Governo nel 2008 e successivamente con la manovra finanziaria triennale 2009-2011, pesanti tagli e un drastico ridimensionamento che palesa, ad avviso degli interroganti, una carenza di progettualità e una mancanza di strategie, tali da suscitare in generale forti preoccupazioni sia nelle comunità italiane all'estero sia per la proiezione internazionale dell'Italia. È innegabile, infatti, il ruolo prezioso ricoperto dalle comunità italiane nel mondo sino ad oggi, e quello che esse potranno avere in un contesto globalizzato e competitivo, ed è ovvio che la promozione della lingua italiana e del nostro patrimonio culturale dovrebbe accompagnare lo sviluppo del sistema economico italiano all'estero rivestendo essa un'importanza strategica per il successo del sistema Italia;
          molti Paesi che competono con l'Italia nello scenario dei mercati mondiali hanno riesaminato e stanno riesaminando le proprie strategie culturali, e lo stanno facendo investendo più risorse per dare vita ad una vera e propria diplomazia culturale, un soft power sotto il vessillo degli istituti da cui sono rappresentati. La Germania paga milioni di euro di contributo (non volontario) alle attività del Goethe Institut e così fanno gli spagnoli con il Cervantes, gli inglesi con il British Council, i portoghesi con il Camoes ed ora anche la Cina con il Confucius. La Francia, in particolare, è pronta a investire notevoli risorse su detta diplomazia culturale, sotto l'egida dell'Institut Victor Hugo, che sarà il nuovo simbolo della Francia in giro per il mondo, in più di 150 Paesi;
          il nostro Paese, da oltre un secolo, può contare sul lavoro inestimabile e instancabile della Società Dante Alighieri, nata per difendere prima e promuovere poi la nostra lingua nel mondo. La Dante è divenuta, in particolare, in questi ultimi anni, uno dei capisaldi fondamentali per la promozione della lingua italiana, grazie anche ad un sapiente «ampliamento» del proprio raggio d'azione che l'ha portata a stipulare accordi di cooperazione con università italiane e straniere, a collaborare con gli istituti italiani di cultura e istituti culturali stranieri presenti nel nostro Paese, a seguire la vita dei nostri connazionali emigrati all'estero, dando conforto a comunità regionali presenti ovunque nel mondo, offrendo borse di studio e corsi di formazione. Si è inoltre battuta e si batte inflessibilmente affinché la nostra lingua abbia il posto che le spetta nel consesso delle lingue d'Europa. Offre, oltre a ciò, sostegno e stimoli alla nostra rappresentanza a Bruxelles puntellando l'opera dei deputati e della stessa Commissione, con la quale non manca di dialogare costruttivamente quando sono in gioco i doveri comunitari. Ultimamente ha avviato una dura campagna contro l'esclusione della traduzione in lingua italiana del brevetto europeo e contro chi tenta di imporre il trilinguismo anglo-franco-tedesco, aspetti di cui si è occupato perfino il TG1;
          nonostante il marcato squilibrio di risorse finanziarie rispetto agli istituti dei Paesi citati poc'anzi, la SDA ha ricevuto nel 2005 il premio Principe delle Asturie per la comunicazione, direttamente dalle mani del Principe Filippo di Spagna, e la medaglia d'oro per i benemeriti della cultura dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Riconoscimenti di questo livello sono frutto di serietà e duro lavoro;
          è cosa a tutti nota che la Dante opera, inoltre, su diversi versanti istituzionali, senza tralasciare la collaborazione con vari Ministeri e in primis con quello degli affari esteri, la cui politica è seguita sia a livello locale, con i consolati, che più in generale, con le ambasciate, le direzioni generali e infine lavorando nella stessa Commissione nazionale per la promozione della cultura italiana e collaborando per il buon successo della settimana della lingua in collaborazione con l'Accademia della Crusca;
          l'enorme mole di lavoro svolto, di cui beneficia l'intero sistema Paese italiano, non ha risparmiato alla Dante Alighieri un durissimo colpo al suo bilancio: il decreto ministeriale (affari esteri) riguardante la ripartizione dei contributi da erogare ad enti, istituti, associazioni ed altri organismi, ha attribuito alla Dante un contributo pari ad euro 600.000 (seicentomila), per cui il bilancio della Società Dante Alighieri subisce un taglio, per l'anno in corso, del 53,5 per cento. In un solo colpo il contributo ministeriale passa da 1.248.000,00 euro a 600.000,00. Una riduzione che sommata ai 400.000,00 euro tagliati nel 2009 sullo stesso capitolo (che era di 1.700.000 euro circa), costituisce, ad avviso degli interroganti, una manifestazione di scarso apprezzamento che non trova nessuna giustificazione nella manovra di contenimento della spesa, basata su tagli lineari ben lontani dalla dimensione percentuale del 53,5 per cento applicata alla Dante e discriminante rispetto a qualsiasi ente culturale italiano che opera per gli stessi obiettivi perseguiti dalla Dante;
          ci si chiede quindi perché la Dante debba pagare un così duro prezzo; non certo per demeriti. Anzi, l'opera svolta in tutto il mondo dai 423 comitati costituisce un bene prezioso per il nostro Paese, non solo per l'insegnamento e la diffusione della nostra lingua e cultura ma anche per l'immagine di un sistema imprenditoriale dove moda, design, arte e architettura rappresentano un modello unico e irripetibile;
          270 dei comitati della Società Dante Alighieri sono stati considerati dal consiglio scientifico, diretto dal professor Luca Serianni, dei veri e propri centri di eccellenza per il reclutamento e la formazione di insegnanti (attualmente circa 1500); il consiglio scientifico ha attestato che il rilascio del certificato di competenza linguistica PLIDA (progetto lingua italiana Dante Alighieri) risponde rigorosamente ai parametri fissati dal quadro comune di riferimento delle lingue d'Europa approvato dallo stesso Consiglio d'Europa e riconosciuto dallo Stato italiano con la Convenzione del 1993 stipulata con il Ministero degli affari esteri. La certificazione PLIDA, posta sotto l'egida scientifica dell'università La Sapienza di Roma, interessa oltre 200.000 studenti che frequentano i 3300 corsi della Dante organizzati ogni giorno in tutto il globo, dalla lontana Patagonia alla fredda Vladivostok;
          la Dante sta lavorando a Firenze con notevoli sforzi alla costruzione del Museo della lingua italiana, mentre a Torino è impegnata nei lavori di preparazione, già avviati, delle celebrazioni del 150o dell'Unità d'Italia in collaborazione con il «Comitato 150», per l'organizzazione dell'80o Congresso internazionale e dell'assise mondiale della lingua italiana;
          di sacrifici sono piene le pagine della illustre storia della Dante, ma quando a pagare è il futuro, non di pochi, ma di tanti giovani che guardano con speranza al loro avvenire, allora chi ha responsabilità di Governo deve auspicabilmente guardare le cose a fondo per evitare danni irreparabili  –:
          se il Ministro interrogato, in considerazione dello stato di grave crisi in cui finirebbe la Dante Alighieri a causa di una così drastica riduzione del contributo ministeriale e del danno gravissimo che ciò comporterebbe per un sistema di promozione della nostra lingua e della nostra cultura costruito attraverso generazioni con encomiabile impegno, passione e lavoro di volontariato, non intenda intervenire rapidamente per rivedere la decisione assunta all'interno del Ministero degli affari esteri relativamente al contributo da versare alla Società Dante Alighieri nel corrente esercizio 2010. (5-03301)

      Interrogazione a risposta in Commissione:

      RENATO FARINA. — Al Ministro degli affari esteri. – Per sapere – premesso che:
          Juan Juan Almeida è il figlio di Juan Almeida membro di primissimo piano della Revolución castrista, nonché vicepresidente del Governo cubano fino alla morte, avvenuta un anno fa;
          Juan Juan Almeida in questo momento viene tenuto prigioniero dal dipartimento di operazioni della direzione di controintelligence di Cuba, nella famigerata prigione de Villa Marista;
          lo stesso è sottoposto ad un regime di isolamento totale, non gli è consentito ricevere visite o mettersi in contatto con i suoi congiunti che risiedono da anni negli Stati Uniti;
          il quadro clinico Juan Juan Almeida, che soffre di una grave malattia degenerativa per curare la quale necessita di terapie specialistiche reperibili solo fuori dall'isola, è ulteriormente aggravato dallo sciopero della fame che egli persegue dal 15 giugno 2010 per protestare contro la sistematica violazione dei suoi più elementari diritti civili  –:
          se il Governo ritenga veritieri i sopraccitati fatti e quale sia la sua posizione in relazione a quanto accaduto;
          se non ritenga doveroso accertarsi che il Governo cubano vigili sul rispetto dei diritti umani;
          se non intenda sollecitare nelle opportune sedi diplomatiche la scarcerazione di Juan Juan Almeida e il suo trasferimento in strutture adeguate alla cura dei suoi problemi di salute, tenuto conto della recente offerta di disponibilità da parte della regione Toscana. (5-03298)

      e non come stampato.