XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 21 dicembre 2010

TESTO AGGIORNATO AL 27 GENNAIO 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
il 18 novembre 2010 la Commissione europea ha presentato il documento d'indirizzo generale sulle future modifiche della politica agricola comune (PAC) - la Pac verso il 2020 - che, in linea con quanto espresso dal Parlamento europeo con la risoluzione approvata l'8 luglio 2010 (cosiddetto «rapporto Lyon»), punta a costruire una riforma robusta e moderna che sappia soddisfare le molteplici attese dei cittadini e valorizzare il contributo dell'agricoltura e delle aree rurali alle nuove emergenze della società;
il documento sulla Pac è il frutto di un lavoro che ha coinvolto le istituzioni ed i cittadini europei che hanno indicato la necessità che la futura Pac mantenga l'assetto odierno di politica comune «forte» e imperniata su due pilastri, al servizio dei seguenti obiettivi strategici: sicurezza dell'approvvigionamento alimentare; produzione sostenibile di derrate alimentari di pregio e di qualità; tutela dell'occupazione locale delle comunità rurali;
questi obiettivi, tuttavia, già centrali nella PAC del trattato di Roma e recentemente confermati dal Trattato di Lisbona, non sono stati tutti raggiunti. Infatti, il reddito degli agricoltori rimane ben al di sotto di quello medio complessivo; la bilancia commerciale dell'Unione europea è andata peggiorando, accumulando un pesante deficit commerciale; infine, i mercati sono tutt'altro che stabili ed espongono i redditi degli agricoltori a continue penalizzazioni;
la riforma della PAC verrà inserita nell'ambito del nuovo bilancio dell'Unione europea e il documento prefigura un primo pilastro più «verde» e più equamente ripartito e un secondo pilastro maggiormente incentrato sulla competitività e l'innovazione, il cambiamento climatico e l'ambiente, contando su risorse di bilancio limitate, che tuttavia tengano in debito conto del pesante impatto che la crisi esercita sull'agricoltura;
quindi, per il nostro settore primario, assumono un rilievo centrale le decisioni che verranno prese sulle dimensioni del futuro bilancio per la PAC, sulla riforma del «pagamento unico per azienda» e sulla remunerazione dei servizi collettivi che gli agricoltori forniscono alla società sia in materia di tutela ambientale sia in materia di sicurezza alimentare;
i due principali nodi, che il documento della Commissione non scioglie, si sostanziano nell'esigenza di salvaguardare il budget comunitario complessivo destinato al settore agricolo e nella necessità di imperniare i meccanismi di ripartizione di tali somme su criteri di tipo qualitativo, incentrati sul valore della produzione, piuttosto che sul mero criterio dell'estensione delle superfici, che risulterebbe fortemente penalizzante per il comparto agricolo italiano;
a livello generale, il documento della commissione, che non entra nello specifico delle questioni più spinose, rappresenta comunque una buona base di partenza su cui costruire una riforma ambiziosa che tuteli le specificità del nostro settore primario;
nel documento della Commissione si afferma che, per far fronte alle nuove sfide, la Pac deve essere modificata e, in particolare, è necessario fare in modo che il sostegno della PAC sia ripartito in modo equo e bilanciato tra i vari Stati membri e tra gli agricoltori e sia più efficacemente mirato agli agricoltori in attività, riducendo le disparità tra gli Stati membri e tenendo conto del fatto che un sostegno forfettario non costituisce una soluzione praticabile;
la certezza del quadro finanziario rappresenta per il Parlamento la condizione sine qua non per definire le nuove

regole di politica agricola comune; senza un quadro chiaro e definito delle risorse, a avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, non si riuscirà ad approvare alcuna disposizione legislativa;
per quanto attiene alle risorse:
a) il documento della Commissione prefigura una modalità flessibile nella gestione delle risorse in cui si superano i riferimenti storici della spesa; tale previsione necessita di un'attenta valutazione al fine di evitare eccessivi squilibri del quadro finanziario tra gli Stati membri che determinerebbero un effetto distorsivo molto ampio con drammatiche conseguente per l'agricoltura di molte aree dell'Europa; in particolare, la proposta non chiarisce se sia intenzione della Commissione istituire un sistema per riequilibrare eventuali impatti distorsivi su territori e settori derivanti dalla nuova distribuzione delle dotazioni nazionali;
b) fondamentale, in tal senso, è che il meccanismo per la definizione delle dotazioni nazionali tenga conto non solo della superficie ma anche di altre importanti variabili come il valore e l'occupazione;
c) come ha stabilito il rapporto Lyon, è necessario inoltre che gli Stati membri abbiano un adeguato margine di flessibilità per gestire al meglio le componenti previste dallo schema di pagamento unico e per ripartire le risorse finanziarie tra le stesse componenti; al riguardo, la componente del voluntary coupled support, sostitutiva dell'attuale articolo 68 del Regolamento (CE) n. 73/2009, dovrà essere infine meglio specificata e definita in termini di misure e modalità di assunzione;
per quanto attiene agli strumenti di gestione delle crisi la comunicazione non fornisce dettagli esaustivi sullo sviluppo degli strumenti di gestione del mercato all'interno dell'OCM unica; il Parlamento europeo con la relazione Lyon ha già stabilito l'importante principio di introdurre strumenti ad hoc per gestire le crisi di mercato così come specifiche riserve di bilancio per fronteggiare le emergenze;
per quanto attiene al riequilibrio dei rapporti di filiera, il documento non chiarisce gli strumenti che dovranno riequilibrare e stabilizzare le relazioni all'interno della filiera alimentare tra gli anelli più deboli e le fasi a valle; anche questo tema è stato affrontato dal Parlamento europeo che, sia con la relazione Lyon sia con la relazione Bovè - «Redditi equi per gli agricoltori: migliore funzionamento della filiera alimentare in Europa» - hanno individuato nel rafforzamento delle relazioni contrattuali tra i soggetti della filiera la strada da incentivare; anche le proposte legislative della Commissione sul settore lattiero sembrano andare nella stessa direzione,


impegna il Governo:


a convocare, con la massima sollecitudine gli stati generali del comparto agricolo-alimentare per formulare una proposta condivisa da portarea Bruxelles quale posizione negoziale dell'Italia, che è stata gravemente assente, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, nella fase antecedente la comunicazione della Commissione europea;
ad effettuare una valutazione di impatto per l'Italia, inerente al nuovo sistema di pagamenti diretti proposto dalla Commissione, in particolare in relazione alla ridistribuzione dei pagamenti diretti e al loro spacchettamento in quattro componenti: pagamenti diretti di base, pagamento per l'agricoltura verde, pagamenti per le zone con handicap naturali, pagamenti «accoppiati» per l'agricoltura ad alto valore strategico;
ad individuare soluzioni e proposte per tener conto della particolarità dell'agricoltura italiana, caratterizzata da produzione ad alto valore aggiunto, in modo da evitare un drastico ridimensionamento dei pagamenti diretti, che - in base alla proposta attuale della Commissione

- rischiano di essere distribuiti in base al solo parametro della superficie;
a predisporre un ventaglio di proposte per un sistema di pagamenti diretti più confacente con le caratteristiche socio-economico-strutturali dell'agricoltura italiana, in particolare per l'olivicoltura del Sud Italia e per la zootecnia del Nord Italia, che saranno fortemente penalizzate dalle ipotesi di ridistribuzione dei pagamenti diretti, proposti dalla Commissione europea;
a formulare proposte relativamente al «pagamento per l'agricoltura verde», in modo da renderlo confacente alle caratteristiche dell'agricoltura italiana, in quanto non si ritengono accettabili le proposte della Commissione che limitano questo pagamento ai pascoli permanenti, alle coperture vegetali, alla rotazione delle colture e al set-aside ecologico;
a formulare proposte relativamente all'«aiuto accoppiato facoltativo» per tipi di agricoltura che sono ritenuti di particolare importanza per ragioni economiche e/o sociali, aiuto che presenta finalità particolarmente importanti per le esigenze dell'agricoltura italiana;
ad individuare soluzioni e proposte che evitino cambiamenti radicali e destabilizzanti del sistema dei pagamenti diretti che potrebbero avere pesanti conseguenze economiche e sociali in alcune imprese agricole e/o in alcuni sistemi produttivi;
ad individuare ed inserire nella proposta negoziale dell'Italia gli strumenti per il miglioramento del funzionamento delle filiere, tema particolarmente importante per l'agricoltura italiana, in modo da migliorare il valore aggiunto dei produttori, rafforzarne il potere di mercato e valorizzare il ricco sistema di strutture associative presenti in Italia;
a promuovere la valorizzazione, nella nuova politica agricola comune, delle positive esperienze delle organizzazioni dei produttori ortofrutticoli, che hanno svolto in questi anni un positivo raccordo tra produttori italiani e il resto della filiera;
ad assumere iniziative per individuare nella nuova politica agricola comune gli strumenti per contrastare le situazioni di crisi di alcuni comparti produttivi importanti per l'Italia (barbabietola da zucchero, tabacco), particolarmente penalizzati dall'ultima riforma della politica agricola comune;
a promuovere l'introduzione nella nuova politica agricola comune di strumenti di mercato e politiche strutturali per contrastare la grave crisi del settore del vino e del latte ovino;
a chiarire il posizionamento dell'Italia sul tema degli «agricoltori attivi», attraverso l'individuazione di criteri di definizione del concetto di «agricoltori attivi», affinché la nuova politica agricola comune sia in grado di orientare il sostegno verso i soli agricoltori in attività;
a promuovere nella nuova politica agricola comune il potenziamento delle misure per il ricambio generazionale, in particolare per accrescere il sostegno all'insediamento di giovani agricoltori, con specifico riferimento alla dotazione di capitali fissi e all'introduzione di innovazioni;
a proporre un ampio spazio per gli strumenti volti alla gestione dei rischi che consenta di valorizzare il sistema di assicurazioni agevolate, particolarmente attivo in Italia, grazie al sistema dei consorzi di difesa, allargando tale strumento alle assicurazioni per contrastare le fluttuazioni del reddito e l'instabilità dei mercati;
ad assumere iniziative nelle competenti sedi per individuare criteri di ripartizione del sostegno allo sviluppo rurale tra i vari Stati membri, evitando la riduzione degli importi attualmente disponibili per il nostro Paese;
ad assumere iniziative volte ad introdurre nella nuova politica agricola comune gli elementi di semplificazione necessari al miglioramento dell'efficienza e dell'efficacia dell'azione delle amministrazioni coinvolte nell'erogazione del sostegno agricolo

(Agea, organismi pagatori regionali, e altre), nonché per ridurre gli oneri amministrativi a carico degli agricoltori.
(1-00513)
«Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino, Boccia».

NUOVA FORMULAZIONE La Camera,
premesso che:
il 18 novembre 2010 la Commissione europea ha presentato il documento d'indirizzo generale sulle future modifiche della politica agricola comune - la PAC verso il 2020 - che, in linea con quanto espresso dal Parlamento europeo con la risoluzione approvata l'8 luglio 2010 (cosiddetto «rapporto Lyon»), punta a costruire una riforma robusta e moderna che sappia soddisfare le molteplici attese dei cittadini e valorizzare il contributo dell'agricoltura e delle aree rurali alle nuove emergenze della società;
il documento sulla politica agricola comune (PAC) è il frutto di un lavoro che ha coinvolto le istituzioni ed i cittadini europei che hanno indicato la necessità che la futura politica agricola comune (PAC) mantenga l'assetto odierno di politica comune «forte» e imperniata su due pilastri, al servizio dei seguenti obiettivi strategici: sicurezza dell'approvvigionamento alimentare; produzione sostenibile di derrate alimentari di pregio e di qualità; tutela dell'occupazione locale delle comunità rurali;
questi obiettivi, tuttavia, già centrali nella politica agricola comune del trattato di Roma e recentemente confermati dal Trattato di Lisbona, non sono stati tutti raggiunti. Infatti, il reddito degli agricoltori rimane ben al di sotto di quello medio complessivo; la bilancia commerciale dell'Unione europea è andata peggiorando, accumulando un pesante deficit commerciale; infine, i mercati sono tutt'altro che stabili ed espongono i redditi degli agricoltori a continue penalizzazioni;
la riforma della politica agricola comune verrà inserita nell'ambito del nuovo bilancio dell'Unione europea e il documento prefigura un primo pilastro più «verde» e più equamente ripartito e un secondo pilastro maggiormente incentrato sulla competitività e l'innovazione, il cambiamento climatico e l'ambiente, contando su risorse di bilancio limitate che, tuttavia, tengano in debito conto del pesante impatto che la crisi esercita sull'agricoltura;
quindi, per il nostro settore primario assumono un rilievo centrale le decisioni che verranno prese sulle dimensioni del futuro bilancio per la politica agricola comune, sulla riforma del «pagamento unico per azienda» e sulla remunerazione dei servizi collettivi che gli agricoltori forniscono alla società sia in materia di tutela ambientale, sia in materia di sicurezza alimentare;
i due principali nodi, che il documento della Commissione non scioglie, si sostanziano nell'esigenza di salvaguardare il budget comunitario complessivo destinato al settore agricolo e nella necessità di imperniare i meccanismi di ripartizione di tali somme su criteri di tipo qualitativo, incentrati sul valore della produzione, piuttosto che sul mero criterio dell'estensione delle superfici, che risulterebbe fortemente penalizzante per il comparto agricolo italiano;
a livello generale, il documento della Commissione europea, che non entra nello specifico delle questioni più spinose, rappresenta comunque una buona base di partenza su cui costruire una riforma ambiziosa che tuteli le specificità del nostro settore primario;
nel documento della Commissione europea si afferma che, per far fronte alle nuove sfide, la politica agricola comune (PAC) deve essere modificata e, in particolare, è necessario fare in modo che il sostegno alla politica agricola comune (PAC) sia ripartito in modo equo e bilanciato tra i vari Stati membri e tra gli agricoltori e sia più efficacemente mirato agli agricoltori in attività, riducendo le disparità tra gli Stati membri e tenendo conto del fatto che un sostegno forfettario non costituisce una soluzione praticabile;
la certezza del quadro finanziario rappresenta per il Parlamento la condizione sine qua non per definire le nuove regole di politica agricola comune; senza un quadro chiaro e definito delle risorse, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, non si riuscirà ad approvare alcuna disposizione legislativa;
per quanto attiene alle risorse:
a) il documento della Commissione europea prefigura una modalità flessibile nella gestione delle risorse in cui si superano i riferimenti storici della spesa; tale previsione necessita di un'attenta valutazione al fine di evitare eccessivi squilibri del quadro finanziario tra gli Stati membri che determinerebbero un effetto distorsivo molto ampio con drammatiche conseguenze per l'agricoltura di molte aree dell'Europa; in particolare, la proposta non chiarisce se sia intenzione della Commissione europea istituire un sistema per riequilibrare eventuali impatti distorsivi su territori e settori derivanti dalla nuova distribuzione delle dotazioni nazionali;
b) fondamentale, in tal senso, è che il meccanismo per la definizione delle dotazioni nazionali tenga conto non solo della superficie, ma anche di altre importanti variabili come il valore e l'occupazione;
c) come ha stabilito il «rapporto Lyon», è necessario inoltre che gli Stati membri abbiano un adeguato margine di flessibilità per gestire al meglio le componenti previste dallo schema di pagamento unico e per ripartire le risorse finanziarie tra le stesse componenti; al riguardo, la componente del voluntary coupled support, sostitutiva dell'attuale articolo 68 del Regolamento (CE) n. 73/2009, dovrà essere infine meglio specificata e definita in termini di misure e modalità di assunzione;
per quanto attiene agli strumenti di gestione delle crisi, la comunicazione non fornisce dettagli esaustivi sullo sviluppo degli strumenti di gestione del mercato all'interno dell'organizzazione comune dei mercati (Ocm unica); il Parlamento europeo con la relazione Lyon ha già stabilito l'importante principio di introdurre strumenti ad hoc per gestire le crisi di mercato, così come specifiche riserve di bilancio per fronteggiare le emergenze;
per quanto attiene al riequilibrio dei rapporti di filiera, il documento non chiarisce gli strumenti che dovranno riequilibrare e stabilizzare le relazioni all'interno della filiera alimentare tra gli anelli più deboli e le fasi a valle; anche questo tema è stato affrontato dal Parlamento europeo che, sia con la relazione Lyon sia con la relazione Bovè - «Redditi equi per gli agricoltori: migliore funzionamento della filiera alimentare in Europa» - hanno individuato nel rafforzamento delle relazioni contrattuali tra i soggetti della filiera la strada da incentivare; anche le proposte legislative della Commissione europea sul settore lattiero sembrano andare nella stessa direzione,


impegna il Governo:


a convocare, con la massima sollecitudine, un incontro con tutti i soggetti della filiera agroalimentare interessati dalla riforma politica agricola comune (PAC) per formulare una proposta condivisa da portare a Bruxelles quale posizione negoziale dell'Italia, che è stata gravemente assente, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, nella fase antecedente la comunicazione della Commissione europea;
ad effettuare una valutazione di impatto per l'Italia, inerente al nuovo sistema di pagamenti diretti proposto dalla Commissione europea, in particolare in relazione alla ridistribuzione dei pagamenti diretti e al loro spacchettamento in quattro componenti: pagamenti diretti di base, pagamento per l'agricoltura verde, pagamenti per le zone con handicap naturali, pagamenti «accoppiati» per l'agricoltura ad alto valore strategico;
ad individuare soluzioni e proposte per tener conto della particolarità dell'agricoltura italiana, caratterizzata da produzione ad alto valore aggiunto, in modo da evitare un drastico ridimensionamento dei pagamenti diretti che - in base alla proposta attuale della Commissione europea - rischiano di essere distribuiti in base al solo parametro della superficie;
a predisporre un ventaglio di proposte per un sistema di pagamenti diretti più confacente con le caratteristiche socio-economico-strutturali dell'agricoltura italiana, in particolare per l'olivicoltura del Sud Italia e per la zootecnia del Nord Italia, che saranno fortemente penalizzate dalle ipotesi di ridistribuzione dei pagamenti diretti, proposti dalla Commissione europea;
a formulare proposte relativamente al «pagamento per l'agricoltura verde», in modo da renderlo confacente alle caratteristiche dell'agricoltura italiana, in quanto non si ritengono accettabili le proposte della Commissione europea che limitano questo pagamento ai pascoli permanenti, alle coperture vegetali, alla rotazione delle colture e al set aside ecologico;
a formulare proposte relativamente all'«aiuto accoppiato facoltativo» per tipi di agricoltura che sono ritenuti di particolare importanza per ragioni economiche e/o sociali, aiuto che presenta finalità particolarmente importanti per le esigenze dell'agricoltura italiana;
ad individuare soluzioni e proposte che evitino cambiamenti radicali e destabilizzanti del sistema dei pagamenti diretti che potrebbero avere pesanti conseguenze economiche e sociali in alcune imprese agricole e/o in alcuni sistemi produttivi;
ad individuare ed inserire nella proposta negoziale dell'Italia gli strumenti per il miglioramento del funzionamento delle filiere, tema particolarmente importante per l'agricoltura italiana, in modo da migliorare il valore aggiunto dei produttori, rafforzarne il potere di mercato e valorizzare il ricco sistema di strutture associative presenti in Italia;
a promuovere la valorizzazione, nella nuova politica agricola comune, delle positive esperienze delle organizzazioni dei produttori ortofrutticoli, che hanno svolto in questi anni un positivo raccordo tra produttori italiani e il resto della filiera;
ad assumere iniziative per individuare nella nuova politica agricola comune gli strumenti per contrastare le situazioni di crisi di alcuni comparti produttivi importanti per l'Italia (barbabietola da zucchero, tabacco), particolarmente penalizzati dall'ultima riforma della politica agricola comune;
a promuovere l'introduzione nella nuova politica agricola comune di strumenti di mercato e politiche strutturali per contrastare la grave crisi del settore del vino e del latte ovino;
a chiarire il posizionamento dell'Italia sul tema degli «agricoltori attivi», attraverso l'individuazione di criteri di definizione del concetto di «agricoltori attivi», affinché la nuova politica agricola comune sia in grado di orientare il sostegno verso i soli agricoltori in attività;
a promuovere nella nuova politica agricola comune il potenziamento delle misure per il ricambio generazionale, in particolare per accrescere il sostegno all'insediamento di giovani agricoltori, con specifico riferimento alla dotazione di capitali fissi e all'introduzione di innovazioni;
a proporre un ampio spazio per gli strumenti volti alla gestione dei rischi che consenta di valorizzare il sistema di assicurazioni agevolate, particolarmente attivo in Italia, grazie al sistema dei consorzi di difesa, allargando tale strumento alle assicurazioni per contrastare le fluttuazioni del reddito e l'instabilità dei mercati;
ad assumere iniziative nelle competenti sedi per individuare criteri di ripartizione del sostegno allo sviluppo rurale tra i vari Stati membri, evitando la riduzione degli importi attualmente disponibili per il nostro Paese;
ad assumere iniziative volte ad introdurre nella nuova politica agricola comune gli elementi di semplificazione necessari al miglioramento dell'efficienza e dell'efficacia dell'azione delle amministrazioni coinvolte nell'erogazione del sostegno agricolo (Agea, organismi pagatori regionali e altre), nonché per ridurre gli oneri amministrativi a carico degli agricoltori.
(1-00513)
(Nuova formulazione) «Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino, Boccia».

Risoluzioni in Commissione:

La I Commissione,
premesso che:
l'articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, successivamente modificato dall'articolo 15 del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni dalla legge 20 novembre 2009, n. 166, ha innovato la normativa nazionale in materia dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, disciplinandone i criteri di privatizzazione, definendo il periodo transitorio e garantendo la libera concorrenza nella gestione;
il regolamento di attuazione, in corso di emanazione, dispone le modalità di gestione secondo i criteri stabiliti dalle sopra citate norme;
tra i principi della normativa rientra la salvaguardia della proprietà pubblica delle reti e una particolare disciplina per il servizio idrico, che apre alle gestioni in house, considerata la piena ed esclusiva proprietà pubblica delle risorse idriche, come peraltro ribadito dal comma 1-ter dell'articolo 15 del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, che a sua volta ribadisce sia l'autonomia gestionale del soggetto gestore sia i principi della proprietà pubblica delle risorse idriche e del diritto alla universalità ed accessibilità del servizio, già contenuti nel codice dell'ambiente di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006;
le norme citate riconoscono quale modalità ordinaria di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, alla pari della gara pubblica, l'affidamento diretto a società «miste», partenariato pubblico privato istituzionalizzato (PPPI) a condizione che il socio privato venga selezionato attraverso procedure pubbliche e che con la stessa gara si attribuiscano anche i compiti operativi connessi alla gestione del servizio;
in particolare si prevede l'inserimento di un limite alla partecipazione privata nella società, non inferiore al 40 per cento, intendendo da una parte garantire il controllo pubblico del PPPI e dall'altra rendere «stimolante» la partecipazione da parte dei soggetti privati;
sulla base di tale vincolo, tutte le società in house cessano improrogabilmente entro il 31 dicembre 2011, salvo che le amministrazioni cedano almeno il 40 per cento del capitale pubblico a privati, attraverso gara pubblica, ai fini della costituzione di un PPPI;
infatti, l'affidamento in house si presenta come «residuale» rispetto alle procedure competitive ad evidenza pubblica (gara o PPPI), facendo riferimento a peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale;
la nuova disciplina, intende chiaramente sostenere gli affidamenti cosiddetti in house riferiti ai servizi idrici, agevolando la costituzione delle società in house qualora tali società garantiscano condizioni di efficienza e di virtuosità comparativamente non svantaggiose per i cittadini rispetto ad altre forme societarie come, ad esempio, la chiusura dei bilanci in utile e il reinvestimento nel servizio almeno dell'80 per cento degli utili per l'intera durata dell'affidamento, o l'applicazione di una tariffa media inferiore alle medie di settore;
la privatizzazione e la liberalizzazione dei servizi pubblici locali non sempre sono state accompagnate da una discesa dei costi per l'utenza e dall'effettivo soddisfacimento dei cittadini. Le tanto discusse

municipalizzate, ora trasformate in gestioni in house, spesso hanno dimostrato il raggiungimento di livelli di servizio, di efficienza e di economicità difficilmente raggiungibili con una gestione esternalizzata a privati;
l'applicazione di tale concetto si rende ancora più confacente con riferimento alla natura di bene pubblico della risorsa idrica;
con riferimento alla gestione dei servizi idrici, l'inserimento di un limite alla partecipazione privata nella società di PPPI, non inferiore al 40 per cento, non garantisce pienamente il controllo pubblico sulla gestione della risorsa idrica;
nell'ambito della normativa comunitaria non esiste una disciplina specifica sui servizi pubblici locali; agli affidamenti dei servizi pubblici locali si applicano le direttive comunitarie e i principi dei trattati dell'Unione europea in materia di appalti pubblici e concessioni;
si tratta di una problematica a lungo dibattuta nell'ambito giuridico comunitario, proprio per la difficoltà di arrivare ad armonizzare con regole comuni l'istituto della concessione di servizi, sviluppati con modalità molto diverse tra loro dai diversi Stati membri;
tuttavia le norme e la giurisprudenza comunitarie non vietano la costituzione delle società in house;
secondo la Corte di giustizia europea, la gestione in house è uno dei rari casi in ambito comunitario ove non si prevede l'obbligo di mettere a gara un servizio perché tale servizio viene svolto all'interno dell'amministrazione stessa. Ciò è suffragato da una nota sentenza della Corte di giustizia del 1999 riferita specificatamente ad un caso italiano, cosiddetta «sentenza TECAL» che introduce il concetto del «controllo analogo»;
di recente questo concetto è stato affermato anche dalla Corte di giustizia europea con la sentenza/2009, in causa C-573/07, e nel diritto interno dal Consiglio di Stato, sentenza n. 5082/2009;
la «Comunicazione interpretativa della Commissione sull'applicazione del diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni ai partenariati pubblico-privati istituzionalizzati (PPPI)», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea del 12 aprile 2008 n. 91, aiuta a capire anche il ruolo del privato nella cooperazione con l'amministrazione pubblica, anche in considerazione dello sviluppo che la forma di gestione mista, pubblico-privata, ha avuto negli ultimi anni nel settore dei servizi pubblici locali;
secondo la Commissione europea, le amministrazioni pubbliche sono libere di esercitare in proprio un'attività economica o di affidarla a terzi, anche ad entità a capitale misto, a condizione che rispettino le disposizioni del diritto comunitario in materia. Tali disposizioni hanno l'obiettivo di permettere a tutti gli operatori economici interessati di concorrere all'aggiudicazione dell'appalto o concessione del servizio a condizioni eque e trasparenti, in parità di trattamento;
tali norme non pongono limiti sulla quota di partecipazione del socio privato al capitale della società di gestione di PPPI;
ai fini di una valutazione della disciplina in vigore e delle problematiche emergenti, il 10 giugno 2010, la Commissione europea ha lanciato una consultazione pubblica delle parti interessate (in particolare, fornitori e utenti di servizi pubblici e loro associazioni, amministrazioni pubbliche, cittadini) in merito all'applicazione delle norme sugli aiuti di Stato ai servizi di interesse economico generale. La consultazione, avviata tramite la pubblicazione sul sito della direzione generale per la Concorrenza di un questionario on-line, si concluderà il 10 settembre 2010;
la normativa nazionale sulla liberalizzazione dei servizi pubblici locali, che

vede l'affidamento dei servizi sempre con gara e l'applicazione marginale degli affidamenti in house o in PPPI, con l'obbligo della partecipazione privata per un minimo del 40 per cento del capitale della società, rischia di diventare isolata nell'ambito comunitario e inoltre rischia di consegnare nelle mani dei privati, a tutti i costi e anche se antieconomici, la gestione dei beni e servizi di pubblico interesse e fa perdere alle nostre imprese miste, pubblico-private, tutta la competitività che hanno acquisito negli anni, anche nei confronti del mercato europeo e internazionale;
tale rischio è ancora più evidente con riferimento ai servizi idrici, in considerazione della natura di bene pubblico della risorsa idrica,


impegna il Governo


ad adottare quanto prima le opportune iniziative normative, al fine di prorogare il periodo transitorio per la cessazione delle società in house, permettendo nel contempo, limitatamente per la costituzione di società di PPPI per la gestione dei servizi idrici, la cessione a privati fino al 40 per cento del capitale delle società pubbliche.
(7-00456) «Vanalli».

La I Commissione,
premesso che:
l'articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 (successivamente novellato dall'articolo 15 del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni dalla legge 20 novembre 2009, n. 166) ha introdotto una nuova disciplina in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica, che mira a completare il processo di privatizzazione e liberalizzazione del settore al fine di garantire una maggiore diffusione dei princìpi di libera concorrenza;
in attuazione del citato articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 è stato adottato il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 168;
le nuove disposizioni (in particolare i commi 2 e 3 del predetto articolo 23-bis) riconoscono quali modalità ordinarie di conferimento della gestione dei servizi pubblici locali:
a) la gara, con procedure ad evidenza pubblica;
b) l'affidamento diretto a società «miste» (partenariato pubblico privato istituzionalizzato (PPPI), a condizione che il socio privato venga selezionato mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, aventi il duplice oggetto dell'attribuzione della qualità di socio e dei compiti operativi connessi alla gestione del servizio, e che ad esso spetti comunque una partecipazione non inferiore al 40 per cento del capitale sociale;
la previsione di detta soglia minima di partecipazione pari al 40 per cento del capitale sociale mira a rendere «stimolante» l'ingresso dei privati nella società, garantendo agli stessi un ruolo effettivo nella gestione imprenditoriale del servizio senza, tuttavia, eliminare il controllo pubblico del PPPI;
l'in house providing è destinato a fattispecie «residuale» cui può farsi ricorso soltanto in situazioni eccezionali, all'esito di una valutazione economica, sociale, ambientale e geomorfologica del contesto territoriale di riferimento dalla quale emerga l'impossibilità di un efficace ed utile ricorso al mercato;
per gli affidamenti in corso incompatibili con il nuovo quadro normativo, l'articolo 23-bis, comma 8, detta un regime transitorio che prevede, in particolare, per le gestioni conformi ai princìpi comunitari, la cessazione delle società in house alla data del 31 dicembre 2011, salvo che le amministrazioni cedano almeno il 40 per

cento del capitale pubblico a privati, attraverso gara pubblica, ai fini della costituzione di un PPPI;
con riguardo alla gestione del servizio idrico integrato, la nuova disciplina regolamentare detta un regime differenziato (articolo 1, comma 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 168 del 2010) fondato sull'esigenza di salvaguardare l'autonomia gestionale del gestore e la piena proprietà pubblica delle risorse idriche, in considerazione della spettanza esclusiva alle istituzioni pubbliche del governo delle stesse, in linea, del resto, con quanto già previsto dall'articolo 15 del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 13, comma 1-ter, che ribadisce sia i princìpi della proprietà pubblica delle risorse idriche che il diritto alla universalità ed accessibilità del servizio, già contenuti nel codice dell'ambiente di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006;
la previsione di tale regime differenziato si fonda sulla peculiare natura di bene pubblico della risorsa idrica;
la privatizzazione e la liberalizzazione dei servizi pubblici locali non sempre sono state accompagnate da una diminuzione dei costi per l'utenza e dall'effettivo soddisfacimento dei cittadini. Le tanto discusse municipalizzate, ora trasformate in gestioni in house, spesso hanno garantito il conseguimento di livelli di servizio, di efficienza e di economicità difficilmente raggiungibili con una gestione esternalizzata a privati;
con riferimento alla gestione dei servizi idrici, l'inserimento del limite minimo del 40 per cento in relazione alla partecipazione del privato nella società di PPPI non garantisce pienamente il controllo pubblico sulla gestione della risorsa idrica;
le peculiarità connesse alla gestione del servizio idrico sono state recepite nella nuova disciplina, che intende chiaramente sostenere, in tale specifico settore, gli affidamenti diretti a società in house, qualora ciò consenta di garantire condizioni di efficienza e di virtuosità - quali, ad esempio, la chiusura dei bilanci in utile e il reinvestimento nel servizio almeno dell'80 per cento degli utili per l'intera durata dell'affidamento o l'applicazione di una tariffa media inferiore alle medie di settore - che si rivelino comparativamente non svantaggiose per i cittadini rispetto ad altre forme societarie;
nell'ordinamento comunitario non esiste una normativa specifica che consenta di armonizzare con regole comuni la materia dei servizi pubblici locali, alla quale si applica, in via generale, la disciplina contenuta nelle direttive comunitarie nonché i princìpi dei trattati dell'Unione europea in materia di appalti pubblici e concessioni;
le norme e la giurisprudenza comunitarie non vietano la costituzione delle società in house, anzi consentono l'affidamento diretto nel rispetto di alcuni requisiti (partecipazione pubblica totalitaria, controllo analogo e svolgimento di attività prevalente nell'interesse dell'ente affidante), elaborati nell'ultimo decennio dalla giurisprudenza della Corte di giustizia europea, a partire dalla nota sentenza Teckal. Tale posizione è stata affermata anche di recente con la sentenza 10 settembre 2009 della Corte di Giustizia europea, in causa C-573/07, ed è stata recepita nel diritto interno, con sentenza n. 5082/2009 del Consiglio di Stato;
nell'ordinamento comunitario, quindi, le amministrazioni pubbliche sono libere di esercitare in proprio un'attività economica o di affidarla a terzi, anche ad entità a capitale misto, a condizione che siano rispettate le disposizioni comunitarie vigenti, che non prevedono alcun limite minimo per la quota di partecipazione del socio privato al capitale della società di gestione di PPPI. Tali disposizioni hanno l'obiettivo di garantire la parità di trattamento, consentendo a tutti gli operatori economici interessati di concorrere all'aggiudicazione dell'appalto o concessione del servizio a condizioni eque e trasparenti;
tale orientamento è stato ribadito dalla Commissione europea nella «Comunicazione

interpretativa della Commissione sull'applicazione del diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni ai partenariati pubblico-privati istituzionalizzati (PPPI)», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea del 12 aprile 2008, n. 91, nella quale viene affrontato anche il tema del ruolo del privato nella cooperazione con l'amministrazione pubblica, in considerazione dello sviluppo che la forma di gestione mista pubblico-privata ha avuto negli ultimi anni nel settore dei servizi pubblici locali;
alla luce del quadro comunitario sopra illustrato, la nuova disciplina nazionale in tema dei servizi pubblici locali che impone la soglia minima del 40 per cento di capitale privato per la costituzione di una società mista rischia di diventare un caso isolato, poiché consegna nelle mani dei privati, in ogni caso ed a prescindere dalla eventuale antieconomicità del risultato, la gestione dei beni e servizi di pubblico interesse e fa perdere alle nostre imprese miste, pubblico-private, tutta la competitività che hanno acquisito negli anni, anche nei confronti del mercato europeo e internazionale;
tale rischio è ancora più evidente con riferimento ai servizi idrici, in considerazione della natura di fondamentale bene pubblico della risorsa idrica,


impegna il Governo:


ad adottare le opportune iniziative normative al fine di:
a) prorogare il periodo transitorio per la cessazione delle società in house fino al 31 dicembre 2012;
b) prevedere, limitatamente al caso di costituzione di società mista per la gestione dei servizi idrici, che la quota di capitale sociale da cedere ai privati non superi la soglia massima del 40 per cento del capitale delle società pubbliche.
(7-00458)
«Vanalli, Montagnoli, Lanzarin, Guido Dussin, Alessandri, Bitonci, Crosio, Togni, D'Amico».

La V Commissione,
premesso che:
l'articolo 13, comma 3-quater, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, stabilisce che, a valere sulle risorse del Fondo per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio, istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze, sono concessi contributi statali per interventi realizzati dagli enti destinatari nei rispettivi territori per il risanamento e il recupero dell'ambiente e lo sviluppo economico dei territori stessi;
lo stesso articolo 13, comma 3-quater, del decreto-legge n. 112 del 2008 stabilisce che alla ripartizione delle risorse e all'individuazione degli enti beneficiari si provvede con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze in coerenza con apposito atto di indirizzo delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari;
la V Commissione della Camera dei deputati, con la risoluzione del 22 dicembre 2009 ha provveduto ad adottare l'atto di indirizzo di cui al richiamato articolo 13, comma 3-quater;
il Ministero dell'economia e delle finanze ha attuato il richiamato atto di indirizzo con il decreto ministeriale del 25 febbraio 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 53 del 5 marzo 2010;
con una nota del 17 dicembre 2010, la Ragioneria generale dello Stato ha comunicato i contributi, concessi per gli anni 2009 e 2010 che devono considerarsi revocati, ai fini di un'eventuale riassegnazione in favore di enti per le finalità di cui al richiamato articolo 13, comma 3-quater, del decreto-legge n. 112 del 2008;
le risorse in questione ammontano, secondo quanto comunicato dalla richiamata nota della Ragioneria generale dello Stato, a 3.341.500 euro per il 2009 e a 1.146.666 euro per il 2010;

l'articolo 1, comma 22, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito con modificazioni in legge 26 febbraio 2010, n. 25, dispone la conservazione in bilancio per l'anno 2010 delle somme ancora disponibili al 31 dicembre 2009 sul fondo di cui al richiamato articolo 13, comma 3-quater, del decreto-legge n. 112 del 2008;
il gruppo dell'Italia dei Valori ha proposto che una quota pari a euro 120.000 delle predette risorse sia destinata al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 2003, n. 398;
considerata l'opportunità di integrare il complesso di interventi finalizzati allo sviluppo socio-economico dei territori individuati con la richiamata risoluzione del 22 dicembre 2009;
risulta necessario provvedere in tempi brevi a ripartire la quota parte delle predette risorse nella disponibilità della Camera,


impegna il Governo


ad attenersi, ai fini della riassegnazione delle risorse derivanti dalla revoca dei contributi di cui alla premessa a valere sul Fondo di cui all'articolo 13, comma 3-quater, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni dalla legge n. 133 del 2008, come incrementato, da ultimo, dall'articolo 2, comma 48, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, alle priorità di cui all'elenco 1.


(7-00459)
«Gioacchino Alfano, Baretta, Bitonci, Lo Presti, Ciccanti».

La IX Commissione,
premesso che:
la legge 15 gennaio 1992, n. 21, recante disciplina in materia di autoservizi pubblici non di linea, è stata oggetto di significative modifiche introdotte dall'articolo 29, comma 1-quater, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, con riferimento al servizio di noleggio con conducente;
tali modifiche, oltre a risultare di problematica attuazione, presentano notevoli profili di criticità, sia sotto il profilo costituzionale che comunitario, tanto che la loro applicazione è stata più volte rinviata per effetto di successivi provvedimenti legislativi;
il decreto-legge n. 40 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, al comma 3 dell'articolo 2, ha previsto l'adozione, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di disposizioni attuative della disciplina dettata dalla legge n. 21 del 1992, finalizzate ad impedire pratiche di esercizio abusivo o illegale del servizio di taxi e del servizio di noleggio con conducente;
il medesimo decreto avrebbe altresì dovuto definire gli indirizzi generali per l'attività di programmazione e di pianificazione delle regioni, ai fini del rilascio, da parte dei comuni, dei titoli autorizzativi;
per l'adozione del decreto ministeriale era stabilito un termine di sessanta giorni a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto-legge;
in sede di conversione del predetto decreto-legge n. 40, l'Assemblea della Camera dei deputati, nella seduta del 6 maggio 2010, ha approvato l'ordine del giorno Valducci 9/3350-A/16, sottoscritto da deputati appartenenti a tutti i gruppi parlamentari, con il quale, tra l'altro, si impegnava il Governo ad adottare le ulteriori opportune iniziative normative volte a sospendere l'applicazione delle disposizioni introdotte dal comma 1-quater dell'articolo 29 del decreto-legge n. 207 del 2008 fino alla data di entrata in vigore del menzionato decreto ministeriale;
l'articolo 51, comma 7, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, come sostituito dalla legge di conversione 30 luglio 2010, n. 122, ha differito tale termine al 31 dicembre 2010;
il predetto decreto ministeriale non è stato ancora adottato;
la Commissione trasporti della Camera dei deputati ha avviato l'esame, in sede referente, delle proposte di legge C. 1971 Bosi e C. 3694 Garofalo, recanti modifiche alla disciplina in materia di servizio di noleggio con conducente, anche al fine di consentire l'adozione del citato decreto sulla base di una disciplina legislativa, rispettosa dei principi di tutela della concorrenza e della libertà di iniziativa economica, oltre che delle competenze di regioni ed enti locali;
in tale ambito, sono state svolte audizioni informali di rappresentanti delle varie istituzioni e delle categorie economiche e sociali interessate alla riforma della disciplina del servizio di noleggio di autoveicoli con conducente, che hanno fornito importanti spunti di riflessione ai fini della realizzazione di un assetto organico della disciplina in questione,


impegna il Governo


ad adottare urgenti iniziative, anche di carattere normativo, volte a prorogare il termine di cui al decreto-legge n. 78 del 2010 e a sospendere l'applicazione delle disposizioni introdotte dal comma 1-quater dell'articolo 29 del decreto-legge n. 207 del 2008 fino alla data di entrata in vigore del decreto ministeriale stesso, in coerenza con l'ordine del giorno Valducci 9/3350-A/16, anche al fine di consentire la prosecuzione dell'iter legislativo delle proposte di legge 1971 Bosi e C. 3694 Garofalo, avviato dalla Commissione trasporti della Camera dei deputati.
(7-00457)
«Monai, Valducci, Biasotti, Meta, Desiderati, Compagnon, Toto, Nicco, Garofalo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:

PROIETTI COSIMI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
a partire dal 1993, la Lottomatica svolge, per conto dello Stato, il servizio di automazione del «gioco del lotto»;
alla suddetta società concessionaria del servizio, aggiudicataria senza gara, sono state attribuite diverse competenze, tra le quali la conduzione delle estrazioni del «gioco del lotto» ed il pagamento delle vincite;
fino all'anno 2000, le spese pubblicitarie a sostegno del «gioco del lotto» erano sostenute dalla società Lottomatica e rimborsate dallo Stato ai sensi del decreto del Ministero delle finanze del 17 marzo 1993 e dell'articolo 21, comma 3, del decreto del Ministero delle finanze 8 novembre 1993;
con decreto del Ministero delle finanze del 15 novembre 2000, la struttura della convenzione originaria veniva modificata per quanto riguarda il meccanismo degli atti spettanti alla società, trasferendo contemporaneamente alla stessa gli oneri derivanti dagli investimenti pubblicitari;
per effetto di ciò, a partire dall'anno 2001, alla Lottomatica è stato concesso un considerevole incremento del compenso annuale (articoli 5 e 6 del succitato decreto), mentre l'articolo 8, comma 2, dello stesso decreto recita: «la società Lottomatica sostiene gli investimenti per la promozione e pubblicità del gioco del lotto, successivi all'entrata in vigore del presente decreto in misura non inferiore al 7 per cento del compenso percepito dal concessionario per l'anno precedente»;
dopo l'approvazione del decreto ministeriale 15 novembre 2000, il bilancio della Lottomatica ha evidenziato l'incremento, nel movimento complessivo, dello 0,14 per cento delle entrate per quanto concerne il gioco del lotto, mentre i ricavi di Lottomatica derivanti dalla gestione del lotto mostravano un ancor più importante incremento nella misura del +9,14 per cento (in cifra assoluta da 382,2 milioni di euro a 417,3 milioni di euro); la Lottomatica ha beneficiato di un incremento di compensi ampiamente superiore all'assunzione degli obblighi pubblicitari (maggiori ricavi per 35,1 milioni di euro meno maggiori costi per 26,7 milioni uguale maggior utile per 8,4 milioni di euro);
a partire dall'anno 2000, si è registrato un ricorso massiccio, da parte della società Lottomatica, all'utilizzo delle risorse pubblicitarie del «gioco del lotto» unitamente alla promozione del proprio marchio;
la Lottomatica sponsorizza la squadra di basket di Roma «Virtus Roma», ma, in realtà, il marchio che appare sulle maglie è quello del gioco del lotto e ciò nonostante la squadra è sempre citata come Lottomatica;
fin dai tempi delle squadre di basket degli anni '60/'70 l'abbinamento tra la squadra e lo sponsor di maglia ha consentito di denominare le formazioni stesse con il marchio commerciale; tanto per ricordare, sono esempi noti a tutti la «Ignis» di Varese o le cosiddette Scarpette rosse della «Simmenthal» di Milano;
il caso della squadra di Roma è perciò del tutto anomalo, tanto da non potersi comprendere quali benefici possa ricevere il «gioco del lotto» dal comparire sulle maglie della formazione romana, senza godere nemmeno della popolarità riservata dai media allo sport;
la società Lottomatica sponsorizza da anni il «palazzetto dello sport» di Roma, che ha, addirittura assunto la denominazione di «Pala Lottomatica» (curiosamente gli spalti e le tribune sono integralmente rivestite con il marchio del «gioco del lotto» che risulta, quindi, a tutti gli effetti il vero sponsor);

ad avviso dell'interrogante, è difficile comprendere quale sia il beneficio che ricava il gioco del lotto da questo tipo di iniziative/sponsorizzazioni, ma è, invece, evidente come Lottomatica abbia utilizzato tali risorse pubblicitarie «obbligatorie» per introdursi in tali settori; infatti, possono annoverarsi numerosi esempi di sponsorizzazioni con il marchio «gioco del lotto», come la casa del jazz di Roma, la casa del cinema di Roma, l'Accademia di S. Cecilia di Roma, le squadre di calcio S.S. Lazio e A.S. Roma;
ciò che accomuna queste iniziative è che sono tutte ubicate nella città di Roma e che la Lottomatica, attraverso le sue società partecipate ottiene lucrosi vantaggi sia in termini di immagine, che di attività complementare ma redditizia, quale la fornitura dei servizi di biglietteria;
parallelamente al descritto meccanismo degli investimenti pubblicitari, l'articolo 3, comma 83, della legge 23 dicembre 1996 n. 662, (finanziaria 1997) introduceva significative novità in materia di destinazione degli utili pubblici derivanti dal «gioco del lotto»;
in particolare, si prevedeva che le risorse erariali derivanti dalla seconda estrazione settimanale del «gioco del lotto» fossero riservate in favore dell'allora Ministero dei beni culturali ed ambientali per una quota degli utili non superiore a 300 miliardi di lire, per il recupero e la conservazione dei beni culturali, archeologici, storici, artistici, archivistici e librari, nonché per interventi di restauro paesaggistici e per attività culturali;
non è dato sapere quale commissione di esperti abbia valutato le priorità degli interventi né le modalità con le quali si è giunti a definire l'entità degli stanziamenti per singola iniziativa. Ciò che risulta, invece, di tutta evidenza è che la Lottomatica rappresenta, di fatto, il gestore di tali fondi pubblici -:
a quanto ammontino i finanziamenti destinati al Ministero per i beni e le attività culturali e quali siano stati negli anni 2008-2009 gli interventi effettuati;
quanto sia stato speso per la pubblicità del gioco del Lotto e quali e dove siano state effettuate sponsorizzazioni pagate con i soldi del gioco del Lotto.
(5-04001)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'11 novembre 2010, Guido Bertolaso ha lasciato il vertice della Protezione civile che ricopriva dal 2001 per andare in pensione;
dal 2001 la competenza della Protezione civile si è ampliata a ricomprendere i cosiddetti «grandi eventi» con 34 dichiarazioni adottate in tale senso e con 81 gestioni commissariali istituite in seguito alla dichiarazione di stato d'emergenza o di «grande evento»;
nella XVI legislatura in corso, da maggio 2008 ad agosto 2010, in 63 riunioni del Consiglio dei ministri, su 104 complessivamente tenute, sono stati adottati 154 provvedimenti d'emergenza che nel dettaglio hanno riguardato: 47 dichiarazioni dello stato di emergenza; 107 proroghe dello stato d'emergenza;
l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha presentato, il 22 giugno 2010, la sua relazione che, al capitolo VII sugli interventi emergenziali, rivolge particolare attenzione a quelli realizzati a seguito di ordinanze di protezione civile comprese quelle relative ai «grandi eventi» e dall'analisi delle ordinanze di protezione civile emanate dal 1o gennaio 2001 al 31 marzo 2010 fa emergere che quelle relative al settore appalti sono state 302 e hanno riguardato uno stanziamento complessivo

di risorse pubbliche pari a 12.894.770.574,38 euro così ripartite negli anni:


Anno
Importo spesa globale N. ordinanze
2001 1.956.118.571,91 28
2002 1.109.004.356,10 33
2003 283.763.347,26 24
2004 730.730.577,28 30
2005 253.074.138,76 24
2006 2.788.111.622,26 34
2007 1.057.819.764,68 39
2008 2.730.451.115,39 41
2009 3.939.859.534,08 49
totale 12.894.770.574,38 302

tra le disposizioni del codice dei contratti pubblici più di frequente derogate si rinvengono quelle relative alla figura del responsabile del procedimento, alla qualificazione necessaria per eseguire i lavori, alle procedure di scelta del contraente, alle modalità di pubblicazione dei bandi ed ai relativi termini, ai criteri di selezione delle offerte e verifica delle offerte anormalmente basse, alla progettazione, alle garanzie in fase di gara ed esecuzione, ai subappalti;
l'elaborazione dei dati che emergono dal numero delle ordinanze esaminate, dalla tipologia delle disposizioni derogate e dagli importi stanziati per gli interventi urgenti, permette di evidenziare che nell'arco dell'ultimo decennio una fetta rilevante di spesa pubblica è stata impiegata per investimenti relativi ad interventi sottratti in tutto o in parte non solo all'osservanza delle procedure previste dal codice degli appalti ma, in alcuni casi di non poca rilevanza e specialmente nell'ambito dei «grandi eventi», anche ad ogni attività di rilevazione e controllo da parte dell'Autorità di vigilanza;
si tratta inoltre di atti sottratti al controllo preventivo della Corte dei conti come si evince dalla norma di interpretazione autentica di cui all'articolo 14 del decreto-legge n. 90 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 123 del 2008;
la Corte dei conti nella recente deliberazione n. 5 del 2010 ha suggerito un contenimento dello strumento del «grande evento», suggerimento condiviso anche dall'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture che ha sottolineato non solo i profili di legittimità ma anche «la necessità di evitare turbative di mercato che si traducono in una sistematica alterazione della libera concorrenza»;
il 19 ottobre 2010, in occasione dell'insediamento del neo presidente dei magistrati contabili, Luigi Giampaolino, il sottosegretario alla Presidenza del consiglio dei ministri, Gianni Letta, nel suo intervento alla cerimonia ha dichiarato che: «Il governo, in un contesto di leale cooperazione istituzionale - ha detto Letta - vede nello svolgimento delle funzioni della Corte un supporto importante, cui ricorrere anche oltre i limiti strettamente imposti dalla legge, ad esempio avvalendosi della facoltà di avviare alcuni rilevanti provvedimenti al controllo preventivo di legittimità della Corte» lasciando intendere l'intenzione del Governo di sottoporre al controllo della Corte dei conti anche le ordinanze della Protezione civile per le quali la legge non impone tale passaggio;
nella risposta del 15 aprile 2010 all'interrogazione n. 2-00647, lo stesso Guido Bertolaso affermava che: «Per quanto attiene alla rendicontazione delle spese, l'articolo 5, comma 5-bis della legge 24 febbraio 1992, n. 225 prevede che i Commissari delegati rendicontino, entro il quarantesimo giorno dalla chiusura di ciascun esercizio e dal termine della gestione o del loro incarico, le entrate e le spese riguardanti l'intervento delegato. I rendiconti corredati dalla documentazione giustificativa debbono essere trasmessi, per i relativi controlli, al Ministero dell'economia e delle finanze» e che «al fine di assicurare la massima trasparenza a tutte le attività di competenza del Dipartimento di protezione civile... erano in corso di

predisposizione i relativi supporti informatici» -:
se si intenda pubblicare on line ed in che tempi, la rendicontazione analitica dell'operato del Commissario delegato nominato con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3738 del 5 febbraio 2009 per l'emergenza socio ambientale di Grado Laguna;
se, considerando il caso di durata pluriennale della gestione commissariale, il dipartimento abbia tenuto una contabilità aggiornata e dettagliata della stessa.
(4-10093)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'11 novembre 2010, Guido Bertolaso ha lasciato il vertice della Protezione civile che ricopriva dal 2001 per andare in pensione;
dal 2001 la competenza della Protezione civile si è ampliata a ricomprendere i cosiddetti «grandi eventi» con 34 dichiarazioni adottate in tale senso e con 81 gestioni commissariali istituite in seguito alla dichiarazione di stato d'emergenza o di «grande evento»;
nella XVI legislatura in corso, da maggio 2008 ad agosto 2010, in 63 riunioni del Consiglio dei ministri, su 104 complessivamente tenute, sono stati adottati 154 provvedimenti d'emergenza che nel dettaglio hanno riguardato: 47 dichiarazioni dello stato di emergenza; 107 proroghe dello stato d'emergenza;
l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha presentato, il 22 giugno 2010, la sua relazione che, al capitolo VII sugli interventi emergenziali, rivolge particolare attenzione a quelli realizzati a seguito di ordinanze di protezione civile comprese quelle relative ai «grandi eventi» e dall'analisi delle ordinanze di protezione civile emanate dal 1o gennaio 2001 al 31 marzo 2010 fa emergere che quelle relative al settore appalti sono state 302 e hanno riguardato uno stanziamento complessivo di risorse pubbliche pari a 12.894.770.574,38 euro così ripartite negli anni:


Anno
Importo spesa globale N. ordinanze
2001 1.956.118.571,91 28
2002 1.109.004.356,10 33
2003 283.763.347,26 24
2004 730.730.577,28 30
2005 253.074.138,76 24
2006 2.788.111.622,26 34
2007 1.057.819.764,68 39
2008 2.730.451.115,39 41
2009 3.939.859.534,08 49
totale 12.894.770.574,38 302

tra le disposizioni del codice dei contratti pubblici più di frequente derogate si rinvengono quelle relative alla figura del responsabile del procedimento, alla qualificazione necessaria per eseguire i lavori, alle procedure di scelta del contraente, alle modalità di pubblicazione dei bandi ed ai relativi termini, ai criteri di selezione delle offerte e verifica delle offerte anormalmente basse, alla progettazione, alle garanzie in fase di gara ed esecuzione, ai subappalti;
l'elaborazione dei dati che emergono dal numero delle ordinanze esaminate, dalla tipologia delle disposizioni derogate e dagli importi stanziati per gli interventi urgenti, permette di evidenziare che nell'arco dell'ultimo decennio una fetta rilevante di spesa pubblica è stata impiegata per investimenti relativi ad interventi sottratti in tutto o in parte non solo all'osservanza delle procedure previste dal codice degli appalti ma, in alcuni casi di non poca rilevanza e specialmente nell'ambito dei «grandi eventi», anche ad ogni attività di rilevazione e controllo da parte dell'Autorità di vigilanza;

si tratta inoltre di atti sottratti al controllo preventivo della Corte dei conti come si evince dalla norma di interpretazione autentica di cui all'articolo 14 del decreto-legge n. 90 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 123 del 2008;
la Corte dei conti nella recente deliberazione n. 5 del 2010 ha suggerito un contenimento dello strumento del «grande evento», suggerimento condiviso anche dall'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture che ha sottolineato non solo i profili di legittimità ma anche «la necessità di evitare turbative di mercato che si traducono in una sistematica alterazione della libera concorrenza»;
il 19 ottobre 2010, in occasione dell'insediamento del neo presidente dei magistrati contabili, Luigi Giampaolino, il sottosegretario alla Presidenza del consiglio dei ministri, Gianni Letta, nel suo intervento alla cerimonia ha dichiarato che: «Il governo, in un contesto di leale cooperazione istituzionale - ha detto Letta - vede nello svolgimento delle funzioni della Corte un supporto importante, cui ricorrere anche oltre i limiti strettamente imposti dalla legge, ad esempio avvalendosi della facoltà di avviare alcuni rilevanti provvedimenti al controllo preventivo di legittimità della Corte» lasciando intendere l'intenzione del Governo di sottoporre al controllo della Corte dei conti anche le ordinanze della Protezione civile per le quali la legge non impone tale passaggio;
nella risposta del 15 aprile 2010 all'interrogazione n. 2-00647, lo stesso Guido Bertolaso affermava che: «Per quanto attiene alla rendicontazione delle spese, l'articolo 5, comma 5-bis della legge 24 febbraio 1992, n. 225 prevede che i Commissari delegati rendicontino, entro il quarantesimo giorno dalla chiusura di ciascun esercizio e dal termine della gestione o del loro incarico, le entrate e le spese riguardanti l'intervento delegato. I rendiconti corredati dalla documentazione giustificativa debbono essere trasmessi, per i relativi controlli, al Ministero dell'economia e delle finanze» e che «al fine di assicurare la massima trasparenza a tutte le attività di competenza del Dipartimento di protezione civile... erano in corso di predisposizione i relativi supporti informatici» -:
se si intenda pubblicare on line ed in che tempi, la rendicontazione analitica dell'operato del Commissario delegato per l'emergenza Pantelleria isola - emergenza idrica;
se, considerando il caso di durata pluriennale della gestione commissariale, il dipartimento abbia tenuto una contabilità aggiornata e dettagliata della stessa.
(4-10094)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'11 novembre 2010, Guido Bertolaso ha lasciato il vertice della Protezione civile che ricopriva dal 2001 per andare in pensione;
dal 2001 la competenza della Protezione civile si è ampliata a ricomprendere i cosiddetti «grandi eventi» con 34 dichiarazioni adottate in tale senso e con 81 gestioni commissariali istituite in seguito alla dichiarazione di stato d'emergenza o di «grande evento»;
nella XVI legislatura in corso, da maggio 2008 ad agosto 2010, in 63 riunioni del Consiglio dei ministri, su 104 complessivamente tenute, sono stati adottati 154 provvedimenti d'emergenza che nel dettaglio hanno riguardato: 47 dichiarazioni dello stato di emergenza; 107 proroghe dello stato d'emergenza;
l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha presentato, il 22 giugno 2010, la sua relazione che, al capitolo VII sugli interventi emergenziali, rivolge particolare attenzione

a quelli realizzati a seguito di ordinanze di protezione civile comprese quelle relative ai «grandi eventi» e dall'analisi delle ordinanze di protezione civile emanate dal 1o gennaio 2001 al 31 marzo 2010 fa emergere che quelle relative al settore appalti sono state 302 e hanno riguardato uno stanziamento complessivo di risorse pubbliche pari a 12.894.770.574,38 euro così ripartite negli anni:


Anno
Importo spesa globale N. ordinanze
2001 1.956.118.571,91 28
2002 1.109.004.356,10 33
2003 283.763.347,26 24
2004 730.730.577,28 30
2005 253.074.138,76 24
2006 2.788.111.622,26 34
2007 1.057.819.764,68 39
2008 2.730.451.115,39 41
2009 3.939.859.534,08 49
totale 12.894.770.574,38 302

tra le disposizioni del codice dei contratti pubblici più di frequente derogate si rinvengono quelle relative alla figura del responsabile del procedimento, alla qualificazione necessaria per eseguire i lavori, alle procedure di scelta del contraente, alle modalità di pubblicazione dei bandi ed ai relativi termini, ai criteri di selezione delle offerte e verifica delle offerte anormalmente basse, alla progettazione, alle garanzie in fase di gara ed esecuzione, ai subappalti;
l'elaborazione dei dati che emergono dal numero delle ordinanze esaminate, dalla tipologia delle disposizioni derogate e dagli importi stanziati per gli interventi urgenti, permette di evidenziare che nell'arco dell'ultimo decennio una fetta rilevante di spesa pubblica è stata impiegata per investimenti relativi ad interventi sottratti in tutto o in parte non solo all'osservanza delle procedure previste dal codice degli appalti ma, in alcuni casi di non poca rilevanza e specialmente nell'ambito dei «grandi eventi», anche ad ogni attività di rilevazione e controllo da parte dell'Autorità di vigilanza;
si tratta inoltre di atti sottratti al controllo preventivo della Corte dei conti come si evince dalla norma di interpretazione autentica di cui all'articolo 14 del decreto-legge n. 90 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 123 del 2008;
la Corte dei conti nella recente deliberazione n. 5 del 2010 ha suggerito un contenimento dello strumento del «grande evento», suggerimento condiviso anche dall'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture che ha sottolineato non solo i profili di legittimità ma anche «la necessità di evitare turbative di mercato che si traducono in una sistematica alterazione della libera concorrenza»;
il 19 ottobre 2010, in occasione dell'insediamento del neo presidente dei magistrati contabili, Luigi Giampaolino, il sottosegretario alla Presidenza del consiglio dei ministri, Gianni Letta, nel suo intervento alla cerimonia ha dichiarato che: «Il governo, in un contesto di leale cooperazione istituzionale - ha detto Letta - vede nello svolgimento delle funzioni della Corte un supporto importante, cui ricorrere anche oltre i limiti strettamente imposti dalla legge, ad esempio avvalendosi della facoltà di avviare alcuni rilevanti provvedimenti al controllo preventivo di legittimità della Corte» lasciando intendere l'intenzione del Governo di sottoporre al controllo della Corte dei conti anche le ordinanze della Protezione civile per le quali la legge non impone tale passaggio;
nella risposta del 15 aprile 2010 all'interrogazione n. 2-00647, lo stesso Guido Bertolaso affermava che: «Per quanto attiene alla rendicontazione delle spese, l'articolo 5, comma 5-bis della legge 24 febbraio 1992, n. 225 prevede che i Commissari delegati rendicontino, entro il quarantesimo giorno dalla chiusura di ciascun esercizio e dal termine della gestione o del loro incarico, le entrate e le spese riguardanti l'intervento delegato. I rendi

conti corredati dalla documentazione giustificativa debbono essere trasmessi, per i relativi controlli, al Ministero dell'economia e delle finanze» e che «al fine di assicurare la massima trasparenza a tutte le attività di competenza del Dipartimento di protezione civile... erano in corso di predisposizione i relativi supporti informatici» -:
se si intenda pubblicare on line ed in che tempi, la rendicontazione analitica dell'operato del Commissario delegato nominato con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3077 del 4 agosto 2000 per l'emergenza socio-economico- ambientale in Puglia;
se, considerando il caso di durata pluriennale della gestione commissariale, il dipartimento abbia tenuto una contabilità aggiornata e dettagliata della stessa.
(4-10095)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'11 novembre 2010, Guido Bertolaso ha lasciato il vertice della Protezione civile che ricopriva dal 2001 per andare in pensione;
dal 2001 la competenza della Protezione civile si è ampliata a ricomprendere i cosiddetti «grandi eventi» con 34 dichiarazioni adottate in tale senso e con 81 gestioni commissariali istituite in seguito alla dichiarazione di stato d'emergenza o di «grande evento»;
nella XVI legislatura in corso, da maggio 2008 ad agosto 2010, in 63 riunioni del Consiglio dei ministri, su 104 complessivamente tenute, sono stati adottati 154 provvedimenti d'emergenza che nel dettaglio hanno riguardato: 47 dichiarazioni dello stato di emergenza; 107 proroghe dello stato d'emergenza;
l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha presentato, il 22 giugno 2010, la sua relazione che, al capitolo VII sugli interventi emergenziali, rivolge particolare attenzione a quelli realizzati a seguito di ordinanze di protezione civile comprese quelle relative ai «grandi eventi» e dall'analisi delle ordinanze di protezione civile emanate dal 1o gennaio 2001 al 31 marzo 2010 fa emergere che quelle relative al settore appalti sono state 302 e hanno riguardato uno stanziamento complessivo di risorse pubbliche pari a 12.894.770.574,38 euro così ripartite negli anni:


Anno
Importo spesa globale N. ordinanze
2001 1.956.118.571,91 28
2002 1.109.004.356,10 33
2003 283.763.347,26 24
2004 730.730.577,28 30
2005 253.074.138,76 24
2006 2.788.111.622,26 34
2007 1.057.819.764,68 39
2008 2.730.451.115,39 41
2009 3.939.859.534,08 49
totale 12.894.770.574,38 302

tra le disposizioni del codice dei contratti pubblici più di frequente derogate si rinvengono quelle relative alla figura del responsabile del procedimento, alla qualificazione necessaria per eseguire i lavori, alle procedure di scelta del contraente, alle modalità di pubblicazione dei bandi ed ai relativi termini, ai criteri di selezione delle offerte e verifica delle offerte anormalmente basse, alla progettazione, alle garanzie in fase di gara ed esecuzione, ai subappalti;
l'elaborazione dei dati che emergono dal numero delle ordinanze esaminate, dalla tipologia delle disposizioni derogate e dagli importi stanziati per gli interventi urgenti, permette di evidenziare che nell'arco dell'ultimo decennio una fetta rilevante di spesa pubblica è stata impiegata per investimenti relativi ad interventi sot

tratti in tutto o in parte non solo all'osservanza delle procedure previste dal codice degli appalti ma, in alcuni casi di non poca rilevanza e specialmente nell'ambito dei «grandi eventi», anche ad ogni attività di rilevazione e controllo da parte dell'Autorità di vigilanza;
si tratta inoltre di atti sottratti al controllo preventivo della Corte dei conti come si evince dalla norma di interpretazione autentica di cui all'articolo 14 del decreto-legge n. 90 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 123 del 2008;
la Corte dei conti nella recente deliberazione n. 5 del 2010 ha suggerito un contenimento dello strumento del «grande evento», suggerimento condiviso anche dall'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture che ha sottolineato non solo i profili di legittimità ma anche «la necessità di evitare turbative di mercato che si traducono in una sistematica alterazione della libera concorrenza»;
il 19 ottobre 2010, in occasione dell'insediamento del neo presidente dei magistrati contabili, Luigi Giampaolino, il sottosegretario alla Presidenza del consiglio dei ministri, Gianni Letta, nel suo intervento alla cerimonia ha dichiarato che: «Il governo, in un contesto di leale cooperazione istituzionale - ha detto Letta - vede nello svolgimento delle funzioni della Corte un supporto importante, cui ricorrere anche oltre i limiti strettamente imposti dalla legge, ad esempio avvalendosi della facoltà di avviare alcuni rilevanti provvedimenti al controllo preventivo di legittimità della Corte» lasciando intendere l'intenzione del Governo di sottoporre al controllo della Corte dei conti anche le ordinanze della Protezione civile per le quali la legge non impone tale passaggio;
nella risposta del 15 aprile 2010 all'interrogazione n. 2-00647, lo stesso Guido Bertolaso affermava che: «Per quanto attiene alla rendicontazione delle spese, l'articolo 5, comma 5-bis della legge 24 febbraio 1992, n. 225 prevede che i Commissari delegati rendicontino, entro il quarantesimo giorno dalla chiusura di ciascun esercizio e dal termine della gestione o del loro incarico, le entrate e le spese riguardanti l'intervento delegato. I rendiconti corredati dalla documentazione giustificativa debbono essere trasmessi, per i relativi controlli, al Ministero dell'economia e delle finanze» e che «al fine di assicurare la massima trasparenza a tutte le attività di competenza del Dipartimento di protezione civile... erano in corso di predisposizione i relativi supporti informatici» -:
se si intenda pubblicare on line ed in che tempi, la rendicontazione analitica dell'operato del Commissario delegato nominato con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3441 del 10 giugno 2005 per l'emergenza inquinamento fiume Sacco nelle province di Roma e Frosinone;
se, considerando il caso di durata pluriennale della gestione commissariale, il dipartimento abbia tenuto una contabilità aggiornata e dettagliata della stessa.
(4-10096)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'11 novembre 2010, Guido Bertolaso ha lasciato il vertice della Protezione civile che ricopriva dal 2001 per andare in pensione;
dal 2001 la competenza della Protezione civile si è ampliata a ricomprendere i cosiddetti «grandi eventi» con 34 dichiarazioni adottate in tale senso e con 81 gestioni commissariali istituite in seguito alla dichiarazione di stato d'emergenza o di «grande evento»;
nella XVI legislatura in corso, da maggio 2008 ad agosto 2010, in 63 riunioni del Consiglio dei ministri, su 104 complessivamente

tenute, sono stati adottati 154 provvedimenti d'emergenza che nel dettaglio hanno riguardato: 47 dichiarazioni dello stato di emergenza; 107 proroghe dello stato d'emergenza;
l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha presentato, il 22 giugno 2010, la sua relazione che, al capitolo VII sugli interventi emergenziali, rivolge particolare attenzione a quelli realizzati a seguito di ordinanze di protezione civile comprese quelle relative ai «grandi eventi» e dall'analisi delle ordinanze di protezione civile emanate dal 1o gennaio 2001 al 31 marzo 2010 fa emergere che quelle relative al settore appalti sono state 302 e hanno riguardato uno stanziamento complessivo di risorse pubbliche pari a 12.894.770.574,38 euro così ripartite negli anni:


Anno
Importo spesa globale N. ordinanze
2001 1.956.118.571,91 28
2002 1.109.004.356,10 33
2003 283.763.347,26 24
2004 730.730.577,28 30
2005 253.074.138,76 24
2006 2.788.111.622,26 34
2007 1.057.819.764,68 39
2008 2.730.451.115,39 41
2009 3.939.859.534,08 49
totale 12.894.770.574,38 302

tra le disposizioni del codice dei contratti pubblici più di frequente derogate si rinvengono quelle relative alla figura del responsabile del procedimento, alla qualificazione necessaria per eseguire i lavori, alle procedure di scelta del contraente, alle modalità di pubblicazione dei bandi ed ai relativi termini, ai criteri di selezione delle offerte e verifica delle offerte anormalmente basse, alla progettazione, alle garanzie in fase di gara ed esecuzione, ai subappalti;
l'elaborazione dei dati che emergono dal numero delle ordinanze esaminate, dalla tipologia delle disposizioni derogate e dagli importi stanziati per gli interventi urgenti, permette di evidenziare che nell'arco dell'ultimo decennio una fetta rilevante di spesa pubblica è stata impiegata per investimenti relativi ad interventi sottratti in tutto o in parte non solo all'osservanza delle procedure previste dal codice degli appalti ma, in alcuni casi di non poca rilevanza e specialmente nell'ambito dei «grandi eventi», anche ad ogni attività di rilevazione e controllo da parte dell'Autorità di vigilanza;
si tratta inoltre di atti sottratti al controllo preventivo della Corte dei conti come si evince dalla norma di interpretazione autentica di cui all'articolo 14 del decreto-legge n. 90 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 123 del 2008;
la Corte dei conti nella recente deliberazione n. 5 del 2010 ha suggerito un contenimento dello strumento del «grande evento», suggerimento condiviso anche dall'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture che ha sottolineato non solo i profili di legittimità ma anche «la necessità di evitare turbative di mercato che si traducono in una sistematica alterazione della libera concorrenza»;
il 19 ottobre 2010, in occasione dell'insediamento del neo presidente dei magistrati contabili, Luigi Giampaolino, il sottosegretario alla Presidenza del consiglio dei ministri, Gianni Letta, nel suo intervento alla cerimonia ha dichiarato che: «Il governo, in un contesto di leale cooperazione istituzionale - ha detto Letta - vede nello svolgimento delle funzioni della Corte un supporto importante, cui ricorrere anche oltre i limiti strettamente imposti dalla legge, ad esempio avvalendosi della facoltà di avviare alcuni rilevanti provvedimenti al controllo preventivo di legittimità della Corte» lasciando intendere l'intenzione del Governo di sottoporre al controllo della Corte dei conti anche le ordinanze della Protezione civile per le quali la legge non impone tale passaggio;

nella risposta del 15 aprile 2010 all'interrogazione n. 2-00647, lo stesso Guido Bertolaso affermava che: «Per quanto attiene alla rendicontazione delle spese, l'articolo 5, comma 5-bis della legge 24 febbraio 1992, n. 225 prevede che i Commissari delegati rendicontino, entro il quarantesimo giorno dalla chiusura di ciascun esercizio e dal termine della gestione o del loro incarico, le entrate e le spese riguardanti l'intervento delegato. I rendiconti corredati dalla documentazione giustificativa debbono essere trasmessi, per i relativi controlli, al Ministero dell'economia e delle finanze» e che «al fine di assicurare la massima trasparenza a tutte le attività di competenza del Dipartimento di protezione civile... erano in corso di predisposizione i relativi supporti informatici» -:
se si intenda pubblicare on line ed in che tempi, la rendicontazione analitica dell'operato del Commissario delegato nominato con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3270 del 12 marzo 2003 per l'emergenza socio-economico-ambientale del fiume Sarno;
se, considerando il caso di durata pluriennale della gestione commissariale, il dipartimento abbia tenuto una contabilità aggiornata e dettagliata della stessa.
(4-10097)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'11 novembre 2010, Guido Bertolaso ha lasciato il vertice della Protezione civile che ricopriva dal 2001 per andare in pensione;
dal 2001 la competenza della Protezione civile si è ampliata a ricomprendere i cosiddetti «grandi eventi» con 34 dichiarazioni adottate in tale senso e con 81 gestioni commissariali istituite in seguito alla dichiarazione di stato d'emergenza o di «grande evento»;
nella XVI legislatura in corso, da maggio 2008 ad agosto 2010, in 63 riunioni del Consiglio dei ministri, su 104 complessivamente tenute, sono stati adottati 154 provvedimenti d'emergenza che nel dettaglio hanno riguardato: 47 dichiarazioni dello stato di emergenza; 107 proroghe dello stato d'emergenza;
l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha presentato, il 22 giugno 2010, la sua relazione che, al capitolo VII sugli interventi emergenziali, rivolge particolare attenzione a quelli realizzati a seguito di ordinanze di protezione civile comprese quelle relative ai «grandi eventi» e dall'analisi delle ordinanze di protezione civile emanate dal 1o gennaio 2001 al 31 marzo 2010 fa emergere che quelle relative al settore appalti sono state 302 e hanno riguardato uno stanziamento complessivo di risorse pubbliche pari a 12.894.770.574,38 euro così ripartite negli anni:


Anno
Importo spesa globale N. ordinanze
2001 1.956.118.571,91 28
2002 1.109.004.356,10 33
2003 283.763.347,26 24
2004 730.730.577,28 30
2005 253.074.138,76 24
2006 2.788.111.622,26 34
2007 1.057.819.764,68 39
2008 2.730.451.115,39 41
2009 3.939.859.534,08 49
totale 12.894.770.574,38 302

tra le disposizioni del codice dei contratti pubblici più di frequente derogate si rinvengono quelle relative alla figura del responsabile del procedimento, alla qualificazione necessaria per eseguire i lavori, alle procedure di scelta del contraente, alle modalità di pubblicazione dei bandi ed ai relativi termini, ai criteri di

selezione delle offerte e verifica delle offerte anormalmente basse, alla progettazione, alle garanzie in fase di gara ed esecuzione, ai subappalti;
l'elaborazione dei dati che emergono dal numero delle ordinanze esaminate, dalla tipologia delle disposizioni derogate e dagli importi stanziati per gli interventi urgenti, permette di evidenziare che nell'arco dell'ultimo decennio una fetta rilevante di spesa pubblica è stata impiegata per investimenti relativi ad interventi sottratti in tutto o in parte non solo all'osservanza delle procedure previste dal codice degli appalti ma, in alcuni casi di non poca rilevanza e specialmente nell'ambito dei «grandi eventi», anche ad ogni attività di rilevazione e controllo da parte dell'Autorità di vigilanza;
si tratta inoltre di atti sottratti al controllo preventivo della Corte dei conti come si evince dalla norma di interpretazione autentica di cui all'articolo 14 del decreto-legge n. 90 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 123 del 2008;
la Corte dei conti nella recente deliberazione n. 5 del 2010 ha suggerito un contenimento dello strumento del «grande evento», suggerimento condiviso anche dall'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture che ha sottolineato non solo i profili di legittimità ma anche «la necessità di evitare turbative di mercato che si traducono in una sistematica alterazione della libera concorrenza»;
il 19 ottobre 2010, in occasione dell'insediamento del neo presidente dei magistrati contabili, Luigi Giampaolino, il sottosegretario alla Presidenza del consiglio dei ministri, Gianni Letta, nel suo intervento alla cerimonia ha dichiarato che: «Il governo, in un contesto di leale cooperazione istituzionale - ha detto Letta - vede nello svolgimento delle funzioni della Corte un supporto importante, cui ricorrere anche oltre i limiti strettamente imposti dalla legge, ad esempio avvalendosi della facoltà di avviare alcuni rilevanti provvedimenti al controllo preventivo di legittimità della Corte» lasciando intendere l'intenzione del Governo di sottoporre al controllo della Corte dei conti anche le ordinanze della Protezione civile per le quali la legge non impone tale passaggio;
nella risposta del 15 aprile 2010 all'interrogazione n. 2-00647, lo stesso Guido Bertolaso affermava che: «Per quanto attiene alla rendicontazione delle spese, l'articolo 5, comma 5-bis della legge 24 febbraio 1992, n. 225 prevede che i Commissari delegati rendicontino, entro il quarantesimo giorno dalla chiusura di ciascun esercizio e dal termine della gestione o del loro incarico, le entrate e le spese riguardanti l'intervento delegato. I rendiconti corredati dalla documentazione giustificativa debbono essere trasmessi, per i relativi controlli, al Ministero dell'economia e delle finanze» e che «al fine di assicurare la massima trasparenza a tutte le attività di competenza del Dipartimento di protezione civile... erano in corso di predisposizione i relativi supporti informatici» -:
se si intenda pubblicare on line ed in che tempi, la rendicontazione analitica dell'operato del Commissario delegato nominato con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 2983 del 31 maggio 1999 per l'emergenza relativa alla bonifica e al risanamento ambientale della Sicilia;
se, considerando il caso di durata pluriennale della gestione commissariale, il dipartimento abbia tenuto una contabilità aggiornata e dettagliata della stessa.
(4-10098)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'11 novembre 2010, Guido Bertolaso ha lasciato il vertice della Protezione civile che ricopriva dal 2001 per andare in pensione;

dal 2001 la competenza della Protezione civile si è ampliata a ricomprendere i cosiddetti «grandi eventi» con 34 dichiarazioni adottate in tale senso e con 81 gestioni commissariali istituite in seguito alla dichiarazione di stato d'emergenza o di «grande evento»;
nella XVI legislatura in corso, da maggio 2008 ad agosto 2010, in 63 riunioni del Consiglio dei ministri, su 104 complessivamente tenute, sono stati adottati 154 provvedimenti d'emergenza che nel dettaglio hanno riguardato: 47 dichiarazioni dello stato di emergenza; 107 proroghe dello stato d'emergenza;
l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha presentato, il 22 giugno 2010, la sua relazione che, al capitolo VII sugli interventi emergenziali, rivolge particolare attenzione a quelli realizzati a seguito di ordinanze di protezione civile comprese quelle relative ai «grandi eventi» e dall'analisi delle ordinanze di protezione civile emanate dal 1o gennaio 2001 al 31 marzo 2010 fa emergere che quelle relative al settore appalti sono state 302 e hanno riguardato uno stanziamento complessivo di risorse pubbliche pari a 12.894.770.574,38 euro così ripartite negli anni:


Anno
Importo spesa globale N. ordinanze
2001 1.956.118.571,91 28
2002 1.109.004.356,10 33
2003 283.763.347,26 24
2004 730.730.577,28 30
2005 253.074.138,76 24
2006 2.788.111.622,26 34
2007 1.057.819.764,68 39
2008 2.730.451.115,39 41
2009 3.939.859.534,08 49
totale 12.894.770.574,38 302

tra le disposizioni del codice dei contratti pubblici più di frequente derogate si rinvengono quelle relative alla figura del responsabile del procedimento, alla qualificazione necessaria per eseguire i lavori, alle procedure di scelta del contraente, alle modalità di pubblicazione dei bandi ed ai relativi termini, ai criteri di selezione delle offerte e verifica delle offerte anormalmente basse, alla progettazione, alle garanzie in fase di gara ed esecuzione, ai subappalti;
l'elaborazione dei dati che emergono dal numero delle ordinanze esaminate, dalla tipologia delle disposizioni derogate e dagli importi stanziati per gli interventi urgenti, permette di evidenziare che nell'arco dell'ultimo decennio una fetta rilevante di spesa pubblica è stata impiegata per investimenti relativi ad interventi sottratti in tutto o in parte non solo all'osservanza delle procedure previste dal codice degli appalti ma, in alcuni casi di non poca rilevanza e specialmente nell'ambito dei «grandi eventi», anche ad ogni attività di rilevazione e controllo da parte dell'Autorità di vigilanza;
si tratta inoltre di atti sottratti al controllo preventivo della Corte dei conti come si evince dalla norma di interpretazione autentica di cui all'articolo 14 del decreto-legge n. 90 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 123 del 2008;
la Corte dei conti nella recente deliberazione n. 5 del 2010 ha suggerito un contenimento dello strumento del «grande evento», suggerimento condiviso anche dall'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture che ha sottolineato non solo i profili di legittimità ma anche «la necessità di evitare turbative di mercato che si traducono in una sistematica alterazione della libera concorrenza»;
il 19 ottobre 2010, in occasione dell'insediamento del neo presidente dei magistrati contabili, Luigi Giampaolino, il sottosegretario alla Presidenza del consiglio dei ministri, Gianni Letta, nel suo intervento alla cerimonia ha dichiarato che: «Il governo, in un contesto di leale cooperazione istituzionale - ha detto Letta - vede nello svolgimento delle funzioni della Corte un supporto importante, cui ricorrere anche

oltre i limiti strettamente imposti dalla legge, ad esempio avvalendosi della facoltà di avviare alcuni rilevanti provvedimenti al controllo preventivo di legittimità della Corte» lasciando intendere l'intenzione del Governo di sottoporre al controllo della Corte dei conti anche le ordinanze della Protezione civile per le quali la legge non impone tale passaggio;
nella risposta del 15 aprile 2010 all'interrogazione n. 2-00647, lo stesso Guido Bertolaso affermava che: «Per quanto attiene alla rendicontazione delle spese, l'articolo 5, comma 5-bis della legge 24 febbraio 1992, n. 225 prevede che i Commissari delegati rendicontino, entro il quarantesimo giorno dalla chiusura di ciascun esercizio e dal termine della gestione o del loro incarico, le entrate e le spese riguardanti l'intervento delegato. I rendiconti corredati dalla documentazione giustificativa debbono essere trasmessi, per i relativi controlli, al Ministero dell'economia e delle finanze» e che «al fine di assicurare la massima trasparenza a tutte le attività di competenza del Dipartimento di protezione civile... erano in corso di predisposizione i relativi supporti informatici» -:
se si intenda pubblicare on line ed in che tempi, la rendicontazione analitica dell'operato del Commissario delegato nominato con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3263 del 14 febbraio 2003 per l'emergenza Simbrivio Roma acquedotto;
se, considerando il caso di durata pluriennale della gestione commissariale, il dipartimento abbia tenuto una contabilità aggiornata e dettagliata della stessa.
(4-10099)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'11 novembre 2010, Guido Bertolaso ha lasciato il vertice della Protezione civile che ricopriva dal 2001 per andare in pensione;
dal 2001 la competenza della Protezione civile si è ampliata a ricomprendere i cosiddetti «grandi eventi» con 34 dichiarazioni adottate in tale senso e con 81 gestioni commissariali istituite in seguito alla dichiarazione di stato d'emergenza o di «grande evento»;
nella XVI legislatura in corso, da maggio 2008 ad agosto 2010, in 63 riunioni del Consiglio dei ministri, su 104 complessivamente tenute, sono stati adottati 154 provvedimenti d'emergenza che nel dettaglio hanno riguardato: 47 dichiarazioni dello stato di emergenza; 107 proroghe dello stato d'emergenza;
l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha presentato, il 22 giugno 2010, la sua relazione che, al capitolo VII sugli interventi emergenziali, rivolge particolare attenzione a quelli realizzati a seguito di ordinanze di protezione civile comprese quelle relative ai «grandi eventi» e dall'analisi delle ordinanze di protezione civile emanate dal 1o gennaio 2001 al 31 marzo 2010 fa emergere che quelle relative al settore appalti sono state 302 e hanno riguardato uno stanziamento complessivo di risorse pubbliche pari a 12.894.770.574,38 euro così ripartite negli anni:


Anno
Importo spesa globale N. ordinanze
2001 1.956.118.571,91 28
2002 1.109.004.356,10 33
2003 283.763.347,26 24
2004 730.730.577,28 30
2005 253.074.138,76 24
2006 2.788.111.622,26 34
2007 1.057.819.764,68 39
2008 2.730.451.115,39 41
2009 3.939.859.534,08 49
totale 12.894.770.574,38 302

tra le disposizioni del codice dei contratti pubblici più di frequente derogate si rinvengono quelle relative alla figura del responsabile del procedimento, alla qualificazione necessaria per eseguire

i lavori, alle procedure di scelta del contraente, alle modalità di pubblicazione dei bandi ed ai relativi termini, ai criteri di selezione delle offerte e verifica delle offerte anormalmente basse, alla progettazione, alle garanzie in fase di gara ed esecuzione, ai subappalti;
l'elaborazione dei dati che emergono dal numero delle ordinanze esaminate, dalla tipologia delle disposizioni derogate e dagli importi stanziati per gli interventi urgenti, permette di evidenziare che nell'arco dell'ultimo decennio una fetta rilevante di spesa pubblica è stata impiegata per investimenti relativi ad interventi sottratti in tutto o in parte non solo all'osservanza delle procedure previste dal codice degli appalti ma, in alcuni casi di non poca rilevanza e specialmente nell'ambito dei «grandi eventi», anche ad ogni attività di rilevazione e controllo da parte dell'Autorità di vigilanza;
si tratta inoltre di atti sottratti al controllo preventivo della Corte dei conti come si evince dalla norma di interpretazione autentica di cui all'articolo 14 del decreto-legge n. 90 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 123 del 2008;
la Corte dei conti nella recente deliberazione n. 5 del 2010 ha suggerito un contenimento dello strumento del «grande evento», suggerimento condiviso anche dall'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture che ha sottolineato non solo i profili di legittimità ma anche «la necessità di evitare turbative di mercato che si traducono in una sistematica alterazione della libera concorrenza»;
il 19 ottobre 2010, in occasione dell'insediamento del neo presidente dei magistrati contabili, Luigi Giampaolino, il sottosegretario alla Presidenza del consiglio dei ministri, Gianni Letta, nel suo intervento alla cerimonia ha dichiarato che: «Il governo, in un contesto di leale cooperazione istituzionale - ha detto Letta - vede nello svolgimento delle funzioni della Corte un supporto importante, cui ricorrere anche oltre i limiti strettamente imposti dalla legge, ad esempio avvalendosi della facoltà di avviare alcuni rilevanti provvedimenti al controllo preventivo di legittimità della Corte» lasciando intendere l'intenzione del Governo di sottoporre al controllo della Corte dei conti anche le ordinanze della Protezione civile per le quali la legge non impone tale passaggio;
nella risposta del 15 aprile 2010 all'interrogazione n. 2-00647, lo stesso Guido Bertolaso affermava che: «Per quanto attiene alla rendicontazione delle spese, l'articolo 5, comma 5-bis della legge 24 febbraio 1992, n. 225 prevede che i Commissari delegati rendicontino, entro il quarantesimo giorno dalla chiusura di ciascun esercizio e dal termine della gestione o del loro incarico, le entrate e le spese riguardanti l'intervento delegato. I rendiconti corredati dalla documentazione giustificativa debbono essere trasmessi, per i relativi controlli, al Ministero dell'economia e delle finanze» e che «al fine di assicurare la massima trasparenza a tutte le attività di competenza del Dipartimento di protezione civile... erano in corso di predisposizione i relativi supporti informatici» -:
se si intenda pubblicare on line ed in che tempi, la rendicontazione analitica dell'operato del Commissario delegato nominato con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3640 del 15 gennaio 2008 per l'emergenza Iglesiente e Guspinese Regione Sardegna - Aree Minerarie dismesse;
se, considerando il caso di durata pluriennale della gestione commissariale, il dipartimento abbia tenuto una contabilità aggiornata e dettagliata della stessa.
(4-10100)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'11 novembre 2010, Guido Bertolaso ha lasciato il vertice della Protezione civile

che ricopriva dal 2001 per andare in pensione;
dal 2001 la competenza della Protezione civile si è ampliata a ricomprendere i cosiddetti «grandi eventi» con 34 dichiarazioni adottate in tale senso e con 81 gestioni commissariali istituite in seguito alla dichiarazione di stato d'emergenza o di «grande evento»;
nella XVI legislatura in corso, da maggio 2008 ad agosto 2010, in 63 riunioni del Consiglio dei ministri, su 104 complessivamente tenute, sono stati adottati 154 provvedimenti d'emergenza che nel dettaglio hanno riguardato: 47 dichiarazioni dello stato di emergenza; 107 proroghe dello stato d'emergenza;
l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha presentato, il 22 giugno 2010, la sua relazione che, al capitolo VII sugli interventi emergenziali, rivolge particolare attenzione a quelli realizzati a seguito di ordinanze di protezione civile comprese quelle relative ai «grandi eventi» e dall'analisi delle ordinanze di protezione civile emanate dal 1o gennaio 2001 al 31 marzo 2010 fa emergere che quelle relative al settore appalti sono state 302 e hanno riguardato uno stanziamento complessivo di risorse pubbliche pari a 12.894.770.574,38 euro così ripartite negli anni:


Anno
Importo spesa globale N. ordinanze
2001 1.956.118.571,91 28
2002 1.109.004.356,10 33
2003 283.763.347,26 24
2004 730.730.577,28 30
2005 253.074.138,76 24
2006 2.788.111.622,26 34
2007 1.057.819.764,68 39
2008 2.730.451.115,39 41
2009 3.939.859.534,08 49
totale 12.894.770.574,38 302

tra le disposizioni del codice dei contratti pubblici più di frequente derogate si rinvengono quelle relative alla figura del responsabile del procedimento, alla qualificazione necessaria per eseguire i lavori, alle procedure di scelta del contraente, alle modalità di pubblicazione dei bandi ed ai relativi termini, ai criteri di selezione delle offerte e verifica delle offerte anormalmente basse, alla progettazione, alle garanzie in fase di gara ed esecuzione, ai subappalti;
l'elaborazione dei dati che emergono dal numero delle ordinanze esaminate, dalla tipologia delle disposizioni derogate e dagli importi stanziati per gli interventi urgenti, permette di evidenziare che nell'arco dell'ultimo decennio una fetta rilevante di spesa pubblica è stata impiegata per investimenti relativi ad interventi sottratti in tutto o in parte non solo all'osservanza delle procedure previste dal codice degli appalti ma, in alcuni casi di non poca rilevanza e specialmente nell'ambito dei «grandi eventi», anche ad ogni attività di rilevazione e controllo da parte dell'Autorità di vigilanza;
si tratta inoltre di atti sottratti al controllo preventivo della Corte dei conti come si evince dalla norma di interpretazione autentica di cui all'articolo 14 del decreto-legge n. 90 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 123 del 2008;
la Corte dei conti nella recente deliberazione n. 5 del 2010 ha suggerito un contenimento dello strumento del «grande evento», suggerimento condiviso anche dall'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture che ha sottolineato non solo i profili di legittimità ma anche «la necessità di evitare turbative di mercato che si traducono in una sistematica alterazione della libera concorrenza»;
il 19 ottobre 2010, in occasione dell'insediamento del neo presidente dei magistrati contabili, Luigi Giampaolino, il sottosegretario alla Presidenza del consiglio dei ministri, Gianni Letta, nel suo intervento alla cerimonia ha dichiarato che: «Il governo, in un contesto di leale cooperazione istituzionale - ha detto Letta - vede nello svolgimento delle funzioni della Corte un supporto importante, cui ricorrere anche

oltre i limiti strettamente imposti dalla legge, ad esempio avvalendosi della facoltà di avviare alcuni rilevanti provvedimenti al controllo preventivo di legittimità della Corte» lasciando intendere l'intenzione del Governo di sottoporre al controllo della Corte dei conti anche le ordinanze della Protezione civile per le quali la legge non impone tale passaggio;
nella risposta del 15 aprile 2010 all'interrogazione n. 2-00647, lo stesso Guido Bertolaso affermava che: «Per quanto attiene alla rendicontazione delle spese, l'articolo 5, comma 5-bis della legge 24 febbraio 1992, n. 225 prevede che i Commissari delegati rendicontino, entro il quarantesimo giorno dalla chiusura di ciascun esercizio e dal termine della gestione o del loro incarico, le entrate e le spese riguardanti l'intervento delegato. I rendiconti corredati dalla documentazione giustificativa debbono essere trasmessi, per i relativi controlli, al Ministero dell'economia e delle finanze» e che «al fine di assicurare la massima trasparenza a tutte le attività di competenza del Dipartimento di protezione civile... erano in corso di predisposizione i relativi supporti informatici» -:
se si intenda pubblicare on line ed in che tempi, la rendicontazione analitica dell'operato del Commissario delegato nominato con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3383 del 3 dicembre 2004 per l'emergenza Venezia Laguna - rimozione sedimenti inquinanti;
se, considerando il caso di durata pluriennale della gestione commissariale, il dipartimento abbia tenuto una contabilità aggiornata e dettagliata della stessa.
(4-10101)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'11 novembre 2010, Guido Bertolaso ha lasciato il vertice della Protezione civile che ricopriva dal 2001 per andare in pensione;
dal 2001 la competenza della Protezione civile si è ampliata a ricomprendere i cosiddetti «grandi eventi» con 34 dichiarazioni adottate in tale senso e con 81 gestioni commissariali istituite in seguito alla dichiarazione di stato d'emergenza o di «grande evento»;
nella XVI legislatura in corso, da maggio 2008 ad agosto 2010, in 63 riunioni del Consiglio dei ministri, su 104 complessivamente tenute, sono stati adottati 154 provvedimenti d'emergenza che nel dettaglio hanno riguardato: 47 dichiarazioni dello stato di emergenza; 107 proroghe dello stato d'emergenza;
l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha presentato, il 22 giugno 2010, la sua relazione che, al capitolo VII sugli interventi emergenziali, rivolge particolare attenzione a quelli realizzati a seguito di ordinanze di protezione civile comprese quelle relative ai «grandi eventi» e dall'analisi delle ordinanze di protezione civile emanate dal 1o gennaio 2001 al 31 marzo 2010 fa emergere che quelle relative al settore appalti sono state 302 e hanno riguardato uno stanziamento complessivo di risorse pubbliche pari a 12.894.770.574,38 euro così ripartite negli anni:


Anno
Importo spesa globale N. ordinanze
2001 1.956.118.571,91 28
2002 1.109.004.356,10 33
2003 283.763.347,26 24
2004 730.730.577,28 30
2005 253.074.138,76 24
2006 2.788.111.622,26 34
2007 1.057.819.764,68 39
2008 2.730.451.115,39 41
2009 3.939.859.534,08 49
totale 12.894.770.574,38 302

tra le disposizioni del codice dei contratti pubblici più di frequente derogate

si rinvengono quelle relative alla figura del responsabile del procedimento, alla qualificazione necessaria per eseguire i lavori, alle procedure di scelta del contraente, alle modalità di pubblicazione dei bandi ed ai relativi termini, ai criteri di selezione delle offerte e verifica delle offerte anormalmente basse, alla progettazione, alle garanzie in fase di gara ed esecuzione, ai subappalti;
l'elaborazione dei dati che emergono dal numero delle ordinanze esaminate, dalla tipologia delle disposizioni derogate e dagli importi stanziati per gli interventi urgenti, permette di evidenziare che nell'arco dell'ultimo decennio una fetta rilevante di spesa pubblica è stata impiegata per investimenti relativi ad interventi sottratti in tutto o in parte non solo all'osservanza delle procedure previste dal codice degli appalti ma, in alcuni casi di non poca rilevanza e specialmente nell'ambito dei «grandi eventi», anche ad ogni attività di rilevazione e controllo da parte dell'Autorità di vigilanza;
si tratta inoltre di atti sottratti al controllo preventivo della Corte dei conti come si evince dalla norma di interpretazione autentica di cui all'articolo 14 del decreto-legge n. 90 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 123 del 2008;
la Corte dei conti nella recente deliberazione n. 5 del 2010 ha suggerito un contenimento dello strumento del «grande evento», suggerimento condiviso anche dall'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture che ha sottolineato non solo i profili di legittimità ma anche «la necessità di evitare turbative di mercato che si traducono in una sistematica alterazione della libera concorrenza»;
il 19 ottobre 2010, in occasione dell'insediamento del neo presidente dei magistrati contabili, Luigi Giampaolino, il sottosegretario alla Presidenza del consiglio dei ministri, Gianni Letta, nel suo intervento alla cerimonia ha dichiarato che: «Il governo, in un contesto di leale cooperazione istituzionale - ha detto Letta - vede nello svolgimento delle funzioni della Corte un supporto importante, cui ricorrere anche oltre i limiti strettamente imposti dalla legge, ad esempio avvalendosi della facoltà di avviare alcuni rilevanti provvedimenti al controllo preventivo di legittimità della Corte» lasciando intendere l'intenzione del Governo di sottoporre al controllo della Corte dei conti anche le ordinanze della Protezione civile per le quali la legge non impone tale passaggio;
nella risposta del 15 aprile 2010 all'interrogazione n. 2-00647, lo stesso Guido Bertolaso affermava che: «Per quanto attiene alla rendicontazione delle spese, l'articolo 5, comma 5-bis della legge 24 febbraio 1992, n. 225 prevede che i Commissari delegati rendicontino, entro il quarantesimo giorno dalla chiusura di ciascun esercizio e dal termine della gestione o del loro incarico, le entrate e le spese riguardanti l'intervento delegato. I rendiconti corredati dalla documentazione giustificativa debbono essere trasmessi, per i relativi controlli, al Ministero dell'economia e delle finanze» e che «al fine di assicurare la massima trasparenza a tutte le attività di competenza del Dipartimento di protezione civile... erano in corso di predisposizione i relativi supporti informatici» -:
se si intenda pubblicare on line ed in che tempi, la rendicontazione analitica dell'operato del Commissario delegato nominato con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3628 del 16 novembre 2007 per l'emergenza: A3 tratto autostradale Bagnara - Reggio Calabria;
se, considerando il caso di durata pluriennale della gestione commissariale, il dipartimento abbia tenuto una contabilità aggiornata e dettagliata della stessa.
(4-10102)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'11 novembre 2010, Guido Bertolaso ha lasciato il vertice della Protezione civile che ricopriva dal 2001 per andare in pensione;
dal 2001 la competenza della Protezione civile si è ampliata a ricomprendere i cosiddetti «grandi eventi» con 34 dichiarazioni adottate in tale senso e con 81 gestioni commissariali istituite in seguito alla dichiarazione di stato d'emergenza o di «grande evento»;
nella XVI legislatura in corso, da maggio 2008 ad agosto 2010, in 63 riunioni del Consiglio dei ministri, su 104 complessivamente tenute, sono stati adottati 154 provvedimenti d'emergenza che nel dettaglio hanno riguardato: 47 dichiarazioni dello stato di emergenza; 107 proroghe dello stato d'emergenza;
l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha presentato, il 22 giugno 2010, la sua relazione che, al capitolo VII sugli interventi emergenziali, rivolge particolare attenzione a quelli realizzati a seguito di ordinanze di protezione civile comprese quelle relative ai «grandi eventi» e dall'analisi delle ordinanze di protezione civile emanate dal 1o gennaio 2001 al 31 marzo 2010 fa emergere che quelle relative al settore appalti sono state 302 e hanno riguardato uno stanziamento complessivo di risorse pubbliche pari a 12.894.770.574,38 euro così ripartite negli anni:


Anno
Importo spesa globale N. ordinanze
2001 1.956.118.571,91 28
2002 1.109.004.356,10 33
2003 283.763.347,26 24
2004 730.730.577,28 30
2005 253.074.138,76 24
2006 2.788.111.622,26 34
2007 1.057.819.764,68 39
2008 2.730.451.115,39 41
2009 3.939.859.534,08 49
totale 12.894.770.574,38 302

tra le disposizioni del codice dei contratti pubblici più di frequente derogate si rinvengono quelle relative alla figura del responsabile del procedimento, alla qualificazione necessaria per eseguire i lavori, alle procedure di scelta del contraente, alle modalità di pubblicazione dei bandi ed ai relativi termini, ai criteri di selezione delle offerte e verifica delle offerte anormalmente basse, alla progettazione, alle garanzie in fase di gara ed esecuzione, ai subappalti;
l'elaborazione dei dati che emergono dal numero delle ordinanze esaminate, dalla tipologia delle disposizioni derogate e dagli importi stanziati per gli interventi urgenti, permette di evidenziare che nell'arco dell'ultimo decennio una fetta rilevante di spesa pubblica è stata impiegata per investimenti relativi ad interventi sottratti in tutto o in parte non solo all'osservanza delle procedure previste dal codice degli appalti ma, in alcuni casi di non poca rilevanza e specialmente nell'ambito dei «grandi eventi», anche ad ogni attività di rilevazione e controllo da parte dell'Autorità di vigilanza;
si tratta inoltre di atti sottratti al controllo preventivo della Corte dei conti come si evince dalla norma di interpretazione autentica di cui all'articolo 14 del decreto-legge n. 90 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 123 del 2008;
la Corte dei conti nella recente deliberazione n. 5 del 2010 ha suggerito un contenimento dello strumento del «grande evento», suggerimento condiviso anche dall'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture che ha sottolineato non solo i profili di legittimità ma anche «la necessità di evitare turbative

di mercato che si traducono in una sistematica alterazione della libera concorrenza»;
il 19 ottobre 2010, in occasione dell'insediamento del neo presidente dei magistrati contabili, Luigi Giampaolino, il sottosegretario alla Presidenza del consiglio dei ministri, Gianni Letta, nel suo intervento alla cerimonia ha dichiarato che: «Il governo, in un contesto di leale cooperazione istituzionale - ha detto Letta - vede nello svolgimento delle funzioni della Corte un supporto importante, cui ricorrere anche oltre i limiti strettamente imposti dalla legge, ad esempio avvalendosi della facoltà di avviare alcuni rilevanti provvedimenti al controllo preventivo di legittimità della Corte» lasciando intendere l'intenzione del Governo di sottoporre al controllo della Corte dei conti anche le ordinanze della Protezione civile per le quali la legge non impone tale passaggio;
nella risposta del 15 aprile 2010 all'interrogazione n. 2-00647, lo stesso Guido Bertolaso affermava che: «Per quanto attiene alla rendicontazione delle spese, l'articolo 5, comma 5-bis della legge 24 febbraio 1992, n. 225 prevede che i Commissari delegati rendicontino, entro il quarantesimo giorno dalla chiusura di ciascun esercizio e dal termine della gestione o del loro incarico, le entrate e le spese riguardanti l'intervento delegato. I rendiconti corredati dalla documentazione giustificativa debbono essere trasmessi, per i relativi controlli, al Ministero dell'economia e delle finanze» e che «al fine di assicurare la massima trasparenza a tutte le attività di competenza del Dipartimento di protezione civile... erano in corso di predisposizione i relativi supporti informatici» -:
se si intenda pubblicare on line ed in che tempi, la rendicontazione analitica dell'operato del Commissario delegato nominato con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3702 del 5 settembre 2008 per l'emergenza: A4 Quarto d'Altino - Gorizia;
se, considerando il caso di durata pluriennale della gestione commissariale, il dipartimento abbia tenuto una contabilità aggiornata e dettagliata della stessa.
(4-10103)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'11 novembre 2010, Guido Bertolaso ha lasciato il vertice della Protezione civile che ricopriva dal 2001 per andare in pensione;
dal 2001 la competenza della Protezione civile si è ampliata a ricomprendere i cosiddetti «grandi eventi» con 34 dichiarazioni adottate in tale senso e con 81 gestioni commissariali istituite in seguito alla dichiarazione di stato d'emergenza o di «grande evento»;
nella XVI legislatura in corso, da maggio 2008 ad agosto 2010, in 63 riunioni del Consiglio dei ministri, su 104 complessivamente tenute, sono stati adottati 154 provvedimenti d'emergenza che nel dettaglio hanno riguardato: 47 dichiarazioni dello stato di emergenza; 107 proroghe dello stato d'emergenza;
l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha presentato, il 22 giugno 2010, la sua relazione che, al capitolo VII sugli interventi emergenziali, rivolge particolare attenzione a quelli realizzati a seguito di ordinanze di protezione civile comprese quelle relative ai «grandi eventi» e dall'analisi delle ordinanze di protezione civile emanate dal 1o gennaio 2001 al 31 marzo 2010 fa emergere che quelle relative al settore appalti sono state 302 e hanno riguardato uno stanziamento complessivo di risorse pubbliche pari a

12.894.770.574,38 euro così ripartite negli anni:


Anno
Importo spesa globale N. ordinanze
2001 1.956.118.571,91 28
2002 1.109.004.356,10 33
2003 283.763.347,26 24
2004 730.730.577,28 30
2005 253.074.138,76 24
2006 2.788.111.622,26 34
2007 1.057.819.764,68 39
2008 2.730.451.115,39 41
2009 3.939.859.534,08 49
totale 12.894.770.574,38 302

tra le disposizioni del codice dei contratti pubblici più di frequente derogate si rinvengono quelle relative alla figura del responsabile del procedimento, alla qualificazione necessaria per eseguire i lavori, alle procedure di scelta del contraente, alle modalità di pubblicazione dei bandi ed ai relativi termini, ai criteri di selezione delle offerte e verifica delle offerte anormalmente basse, alla progettazione, alle garanzie in fase di gara ed esecuzione, ai subappalti;
l'elaborazione dei dati che emergono dal numero delle ordinanze esaminate, dalla tipologia delle disposizioni derogate e dagli importi stanziati per gli interventi urgenti, permette di evidenziare che nell'arco dell'ultimo decennio una fetta rilevante di spesa pubblica è stata impiegata per investimenti relativi ad interventi sottratti in tutto o in parte non solo all'osservanza delle procedure previste dal codice degli appalti ma, in alcuni casi di non poca rilevanza e specialmente nell'ambito dei «grandi eventi», anche ad ogni attività di rilevazione e controllo da parte dell'Autorità di vigilanza;
si tratta inoltre di atti sottratti al controllo preventivo della Corte dei conti come si evince dalla norma di interpretazione autentica di cui all'articolo 14 del decreto-legge n. 90 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 123 del 2008;
la Corte dei conti nella recente deliberazione n. 5 del 2010 ha suggerito un contenimento dello strumento del «grande evento», suggerimento condiviso anche dall'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture che ha sottolineato non solo i profili di legittimità ma anche «la necessità di evitare turbative di mercato che si traducono in una sistematica alterazione della libera concorrenza»;
il 19 ottobre 2010, in occasione dell'insediamento del neo presidente dei magistrati contabili, Luigi Giampaolino, il sottosegretario alla Presidenza del consiglio dei ministri, Gianni Letta, nel suo intervento alla cerimonia ha dichiarato che: «Il governo, in un contesto di leale cooperazione istituzionale - ha detto Letta - vede nello svolgimento delle funzioni della Corte un supporto importante, cui ricorrere anche oltre i limiti strettamente imposti dalla legge, ad esempio avvalendosi della facoltà di avviare alcuni rilevanti provvedimenti al controllo preventivo di legittimità della Corte» lasciando intendere l'intenzione del Governo di sottoporre al controllo della Corte dei conti anche le ordinanze della Protezione civile per le quali la legge non impone tale passaggio;
nella risposta del 15 aprile 2010 all'interrogazione n. 2-00647, lo stesso Guido Bertolaso affermava che: «Per quanto attiene alla rendicontazione delle spese, l'articolo 5, comma 5-bis della legge 24 febbraio 1992, n. 225 prevede che i Commissari delegati rendicontino, entro il quarantesimo giorno dalla chiusura di ciascun esercizio e dal termine della gestione o del loro incarico, le entrate e le spese riguardanti l'intervento delegato. I rendiconti corredati dalla documentazione giustificativa debbono essere trasmessi, per i relativi controlli, al Ministero dell'economia e delle finanze» e che «al fine di assicurare la massima trasparenza a tutte le attività di competenza del Dipartimento di protezione civile... erano in corso di

predisposizione i relativi supporti informatici» -:
se si intenda pubblicare on line ed in che tempi, la rendicontazione analitica dell'operato del Commissario delegato nominato con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3633 del 5 dicembre 2007 per l'emergenza traffico Messina;
se, considerando il caso di durata pluriennale della gestione commissariale, il dipartimento abbia tenuto una contabilità aggiornata e dettagliata della stessa.
(4-10104)

PROIETTI COSIMI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere:
se, dopo quanto riportato da giorni sui giornali e dopo l'intervento della magistratura, il Governo non ritenga di assumere ogni iniziativa di competenza, come azionista di riferimento della società Finmeccanica, affinché si giunga alla immediata sostituzione del presidente e amministratore delegato, ingegner Guarguaglini, e dell'amministratore delegato di Selex, ingegner Grossi.
(4-10130)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nella relazione «Alluvione nel reatino» del 15 dicembre 2010, a firma Aldo Benedetto Gregori del comitato difesa del Reatino, emerge che nei giorni 27 e 28 novembre scorsi sono apparsi sulla pagina locale del quotidiano Il Messaggero due articoli in cui si denunciava uno stato di pericolo «imminente, e concreto» dovuto all'eccessivo riempimento dei laghi del Salto e soprattutto del Turano (comunicanti tra loro). Tali serbatoi artificiali hanno rispettivamente una capacità di 250 e 150 milioni di metri cubi. Gli stessi invasi sono entrambi posti al di sopra della città di Rieti e a pochi chilometri di distanza (circa 20) percorrendo le strette valli che vi conducono. La denuncia riportata dalla stampa locale, sottoscritta da Aldo Benedetto Gregori, un tecnico del settore con trentennale esperienza, non veniva pienamente recepita dalle istituzioni, anche se lo stesso indicava precisamente ove sarebbe avvenuto l'allagamento;
la mattina del 2 dicembre 2010 si convogliava sulla città di Rieti una grande piena che oltre all'afflusso del consueto reticolo fluviale si incrementava di ulteriori 40 metri cubi al secondo che la multinazionale tedesca E.ON (proprietaria e gestore degli impianti idroelettrici) rilasciava dalle paratoie del lago del Turano, contribuendo così alla sommersione della valle del Turano e di gran parte della Piana Reatina. La superficie alluvionata, per complessivi 7-8000 ettari almeno, ha superato in alcuni casi livelli di allagamento a volte di vari metri e gli ingenti danni sono tuttora in corso di valutazione stante la dichiarazione del comune di Rieti dello stato di calamità naturale datata 13 dicembre 2010 (esistono documentazioni filmate aeree degli eventi alluvionali);
nonostante in quelle circostanze E.ON produzione Italia, dal giorno 30 novembre sino al giorno 2 dicembre, gestisse il sistema mantenendo aperte le paratoie e facendo defluire circa 40 metri cubi al secondo, non poteva impedire ai laghi di continuare a salire di livello con una media di 6 centimetri l'ora;
il franco per la tracimazione dell'invaso del Turano si era ridotto fino ad 86 centimetri: appare pertanto evidente che sarebbero bastate solo altre 14 ore di piogge, come quelle cadute, per provocare il superamento della diga mediante tracimazione, riversando così sulla città di Rieti tutta l'acqua del bacino imbrifero del Turano, compresa quella al di sopra dello sbarramento artificiale. Poiché si sono raggiunte portate invasate di 180 metri cubi al secondo è evidente il disastro in termini di persone, cose e ambiente, che

avrebbe prima investito Rieti, quindi Terni e infine Roma;
è del tutto evidente che con quegli incrementi di pioggia il gestore E.ON non aveva alcuna manovra tecnica e alcun margine che potesse evitare la devastante onda di piena sulla città di Rieti;
proprio sulla predetta eventualità si attende una chiara ed inequivocabile risposta da E.ON. Inoltre, il 5 dicembre 2010, molti tecnici volontari di grande esperienza ingegneristica, dopo un sopralluogo sulla diga, rilanciavano sui mass-media la necessità di un intervento dei massimi livelli istituzionali della Protezione civile nazionale magari coadiuvata da esperti di idraulica e idrologia. Questo appello produceva nell'opinione pubblica un allarme diffuso e la prefettura il giorno 7 dicembre 2010 emanava, dopo un vertice del Comitato provinciale ordine e sicurezza pubblica, una nota nella quale si legge: «L'incontro era finalizzato alla condivisione delle iniziative da adottare, anche in materia di informazione della popolazione, nelle situazioni di emergenza, come quella verificatasi nei giorni scorsi che è stata unanimemente valutata come conseguenza di precipitazioni atmosferiche eccezionali destinate mediamente a ripetersi ogni 20/30 anni». Secondo la prefettura il disastro sarebbe stato conseguenza della eccezionalità delle precipitazioni;
i dati ufficiali della stazione pluviometrica presente nel reatino presso l'Istituto C. Jucci dell'università di Perugia (peraltro invaso da 1,2 metri di acqua) certificano una piovosità di 305,4 millimetri nel mese di novembre, soglia superata per ben otto volte nel corso degli ultimi 55 anni, come ad esempio nel novembre 2006 con una piovosità di 330millimetri. Inoltre le medie annuali relative allo stesso periodo sono di 1200 millimetri, mentre l'annualità 2010 è attestata a 1116 millimetri, quindi ben al di sotto delle precedenti medie precipitazioni annuali;
ciò serve ad evidenziare l'approssimazione con la quale evidentemente si è fronteggiata l'emergenza. A conferma di ciò non si è ritenuto, di informare e di avvalersi, come previsto dalla legge 24 febbraio 1992, n. 225 e successive modificazioni e integrazioni (protezione civile), di istituzioni come l'università La Sapienza facoltà di ingegneria ambientale di Rieti, l'università di Perugia istituto sperimentale C. Jucci Rieti del genio civile di Rieti, il consorzio bonifica di Rieti, il Registro italiano dighe e il Centro ricerche agricoltura (ex Istituto difesa del suolo);
nell'area dei due bacini, e in particolare nella valle del Salto, ci si trova a circa venti chilometri dalla città dell'Aquila, vale a dire in un'area da sempre classificata a massimo rischio sismico nel Lazio (S9 ex legge 64/74 e successive modificazioni e integrazioni): erano pertanto necessarie una maggiore attenzione e cautela nella valutazione dei rischi;
in una relazione del 2005 a cura dell'avvocato Gianfranco Paris si mettevano in luce le conseguenze della «insensibilità dimostrata dalle autorità della provincia di Rieti negli ultimi anni di fronte ad alcuni fatti registrati dalla stampa e totalmente ignorati da chi di dovere. Questi fatti possono riassumersi nel verificarsi di varie esondazioni avvenute nel tempo che hanno provocato danno all'alveo del fiume Turano, generate dalla cattiva gestione del livello delle acque da parte dell'ente gestore dei bacini (al tempo ENDESA), l'inefficienza totale del sistema dall'allarme che non funziona più da decenni e che l'amministrazione comunale di Rieti ignora, e la obsolescenza dei materiale cementizio che forma gli sbarramenti delle due valli»;
dalla relazione emergevano alcune priorità: innanzitutto la verifica dello stato di conservazione degli sbarramenti in cemento armato posti a valle dei due bacini, verifica che «spetta al Registro italiano dighe» (RID);
in secondo luogo, il controllo della gestione dello sfruttamento delle due dighe mediante il monitoraggio dei flussi delle acque, compatibile con l'ambiente perché,

se gestiti solo a fini di produzione del maggior utile aziendale, creano come conseguenza un danno ambientale rilevante nella duplice forma di modifica della struttura naturale dei letto di fiumi e frane dei pendii a monte degli invasi. Sotto questo profilo di grande importanza è il rispetto dei normativa-ambientale con particolare riferimento al deflusso minimo vitale (DMV). Il decreto ministeriale 28 luglio 2004 contenente linee guida per la definizione del minimo deflusso definisce il DMV come «la portata istantanea da determinare in ogni tratto omogeneo del corso d'acqua, che deve garantire la salvaguardia delle caratteristiche fisiche del corpo idrico, chimico-fisiche delle acque nonché il mantenimento delle biocenosi tipiche delle condizioni naturali locali (del corpo idrico di riferimento) articolo 22, comma 4, del decreto legislativo n. 152 del 1999. In terzo luogo, il controllo della gestione dei livelli delle acque rispetto alle sponde dei laghi;
l'eccessivo abbassamento ed innalzamento dei livelli dei due laghi che si verificano rispettivamente in periodi di magra o di precipitazioni atmosferiche eccezionali, crea conseguenze ulteriori per due profili: a) sollecitazione eccessiva nei confronti degli sbarramenti in cemento armato con spinte non omogenee che ne accelerano l'usura; b) cedimento del suolo sottostante ai pendii, più probabile nei punti nei quali gli stessi sono più accentuati;
questa situazione genera la necessità di un monitoraggio costante dello stato di conservazione degli sbarramenti in cemento armato anche perché la loro costruzione risale agli anni trenta ed è noto che la vita media del cemento armato, se ben fatto, è di anni 80 e della geologia delle colline circostanti i due bacini perché eventuali frane potrebbero causare gravi danni alle persone ed alle abitazioni dei paesi rivieraschi per l'aumento del livello dei laghi, alcuni dei quali sorgono al limite delle acque;
la scorretta gestione del livello dei laghi inoltre reca grave danno all'attività turistico-sportiva che lentamente sta contribuendo a risollevare le sorti disagiate delle popolazioni che vivono nelle due valli -:
se i Ministri interrogati non ritengano opportuno offrire risposte tempestive alle questioni sollevate nella prima relazione di cui in premessa al fine di garantire la sicurezza pubblica;
se non ritengano opportuno riconoscere lo stato di calamità per i fatti di cui in premessa ed, inoltre, avviare l'intervento della protezione civile;
per quali ragioni gli enti statali preposti non abbiano predisposto tutti i mezzi necessari per evitare e/o contenere l'allagamento, già previsto e posto all'attenzione degli stessi;
se infine intendano sollecitare il Registro italiano dighe (RID) ad una verifica costante dell'efficienza del materiale cementizio che forma gli sbarramenti delle due valli, al monitoraggio della consistenza geologica delle alture circostanti i due bacini, ad esaminare in particolare l'operato dell'ente gestore dei bacini ed a verificare il funzionamento dei sistemi di allarme.
(4-10139)

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AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

III Commissione:

NARDUCCI, TEMPESTINI e PORTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nella contrattazione collettiva nazionale per i comparti ministeriali - articoli 24 e 25 del CCNL 2006-2009 - è sancito il carattere permanente assegnato alla formazione del personale, anche al fine di

favorire una nuova cultura gestionale ispirata ad una più qualificata efficienza e al miglioramento dei risultati;
in relazione all'articolazione degli uffici del Ministero degli affari esteri e del personale sia di ruolo che a contratto che vi opera, l'attuazione del programma di formazione avrebbe dovuto tener conto delle tipologie diversificate e di interventi differenziati, i quali, al contrario, hanno raramente trovato applicazione, tanto da poter affermare che le finalità poste a base della formazione risultano insufficienti rispetto alle attese dei destinatari;
i programmi del Ministero degli affari esteri non hanno affatto tenuto conto della formazione professionale del personale a contratto, ad avviso degli interroganti inopinatamente escluso da qualsiasi processo formativo, adducendo a motivo la distribuzione parcellizzata su scala mondiale del personale stesso;
i responsabili, a giudizio degli interroganti, non hanno né valutato né esaminato convintamente la possibilità di organizzare la formazione a distanza, obiettando, al contrario, che essa avrebbe comportato notevoli esborsi e omettendo che la frequenza dei corsi di formazione a Roma comportano l'assenza dei partecipanti dalle sedi di lavoro e spese considerevoli per soggiorno e viaggi da parte dei medesimi;
il Ministero degli affari esteri ha sottoscritto con le organizzazioni sindacali un accordo sulla formazione del personale dello stesso Ministero per l'anno 2010, al fine di promuovere interventi formativi per tutto il personale, sia esso in servizio presso la sede centrale sia esso in servizio presso le sedi all'estero;
il suddetto accordo è stato completamente disatteso sul versante del personale a contratto con le conseguenze, in termini di lacune formative che si possono facilmente intuire -:
quali provvedimenti intenda adottare il Ministro interrogato per porre rimedio alle omissioni sopra illustrate, nel rispetto delle pari opportunità che devono essere garantite al personale a contratto sinora escluso dai programmi di formazione e nel rispetto dei controlli occorrenti per l'applicazione delle disposizioni contrattuali in materia.
(5-03997)

LEOLUCA ORLANDO e EVANGELISTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
è scaduto il 5 giugno 2010 il termine fissato dal Consiglio dell'Unione europea per la ratifica del testo della Convenzione dell'Aja del 1996 sulla «competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori» da parte dell'Italia e di altri Paesi europei;
la Convenzione del 1996, sulla responsabilità genitoriale e la protezione dei minori, è considerata un importante strumento per il miglioramento della cooperazione tra Stati in materia di protezione per l'infanzia. La sua applicazione, infatti, a quasi tutti i provvedimenti inerenti i minori quali, ad esempio, l'affidamento internazionale ed altre forme di tutela genitoriale, ad esclusione dell'adozione internazionale, già regolamentata dalla Convenzione del 1993, consentirebbe di dare risposte e prendere provvedimenti sulle migliaia di bambini e adolescenti che si trovano in difficoltà: i cosiddetti minori non accompagnati, quelli che provengono da Paesi colpiti da catastrofi naturali o conflitti, in difficoltà familiare. Si tratta di una convenzione fondamentale perché in grado di consentire una maggiore protezione dei diritti dei minori sottoposti a provvedimenti di «custodia» e di «tutela» che devono essere eseguiti in un Paese diverso da quello in cui sono emessi e di cui il minore è originario;
la Convenzione si applica in tutte le situazioni con elementi di internazionalità e ha i seguenti obiettivi specifici:
a) determinare quale Stato è competente ad adottare le misure volte alla protezione della persona o dei beni del minore;

b) determinare la competenza delle autorità del Paese in cui il minore si trova fisicamente per l'adozione di tutti provvedimenti d'urgenza;
c) determinare la legge applicabile dalle autorità competenti;
d) determinare, in particolare, quale è la legge applicabile alla responsabilità genitoriale;
e) garantire il riconoscimento e l'esecuzione delle misure di protezione del minore in tutti gli Stati contraenti;
f) stabilire una cooperazione fra gli Stati coinvolti nell'emanazione e nel riconoscimento dei provvedimenti su minori;
la principale novità rispetto alla Convenzione del 1961 consiste nella creazione di un'autorità centrale e nell'istituzione di una procedura di consultazione fra le autorità dei due Paesi di residenza attuale e di residenza futura del minore (articolo 33): ciò garantirà alle decisioni in materia minorile un riconoscimento il più possibile uniforme nei vari Stati con il superamento del limite territoriale dello Stato in cui il provvedimento è stato emesso;
per il notevole ritardo e la mancata firma il nostro Paese è stato sollecitato e richiamato dal Consiglio dell'Unione europea, lunedì 5 luglio 2010, per fare il punto sullo stato di ratifica della Convenzione;
numerose associazioni, tra le quali Ai.Bi., associazione attiva per la difesa dei diritti dell'infanzia, manifestano rammarico e forte preoccupazione per il comportamento dell'Italia rispetto alla mancata ratifica della Convenzione de L'Aja;
la Convenzione permetterebbe all'Italia di sbrogliare una matassa che oggi impedisce a migliaia di minori abbandonati di essere figli. Si applica, infatti, anche ai provvedimenti che riguardano bambini e adolescenti, ostaggi di sistemi giuridici nazionali che non dialogano fra loro;
l'esempio che fa più clamore è quello del riconoscimento della kafala (istituto conforme all'ordinamento italiano laddove disposta con provvedimento giudiziale, ovvero il più alto strumento di protezione dell'infanzia negli stati nordafricani). L'Italia, a differenza di altri Paesi europei, non prevede il riconoscimento di questo istituto e quindi non permette ai minori abbandonati provenienti dal Nord Africa di essere accolti dalle aspiranti famiglie adottive residenti in Italia, anche se il 6 ottobre 2010 il Ministero degli affari esteri nella persona del Sottosegretario Vincenzo Scotti, rispondendo all'interrogazione a risposta immediata in Commissione dell'onorevole Aldo Di Biagio avente ad oggetto l'urgenza della ratifica, ha reso noto l'avvenuto superamento della riserva posta dal Ministero dell'interno rispetto all'istituto della kafala;
la situazione dell'infanzia abbandonata in questi Paesi è allarmante, al pari di molte altre realtà in cui le istituzioni italiane stringono accordi con i Governi locali pur di dare la possibilità ai minori abbandonati di essere accolti da una famiglia. Basti pensare che in Marocco sono più di 60mila i minori abbandonati costretti a vivere senza una famiglia. Nel Paese la condizione di abbandono in cui versano questi bambini è totale: la realtà marocchina infatti si distingue per il fatto che i minori non hanno più alcuna relazione con i familiari o i parenti. Gli ospiti dei centri sono infatti neonati abbandonati alla nascita o bambini di strada che non hanno più alcun legame con la famiglia di origine. Tuttavia, questi minori, seppur completamente abbandonati a loro stessi, non hanno la possibilità di essere accolti in Italia, perché il nostro Paese non ha riconosciuto la kafala come sistema di protezione dell'infanzia;
la Convenzione de L'Aja del 1996 è stata voluta e pensata anche per sbloccare queste situazioni di impasse giuridica. Prevede infatti una procedura di «consultazione» fra le autorità del Paese di origine del minore e quelle del Paese di residenza (articolo 33) per garantire la sua accoglienza familiare;

come la Convenzione de L'Aja del 1993 ha contribuito a regolamentare il sistema dell'adozione internazionale garantendo trasparenza e rigore alle politiche per l'accoglienza familiare di 81 Paesi del mondo, così la Convenzione del 1996 permetterebbe di dare una risposta a migliaia di casi di minori abbandonati e «prigionieri» delle logiche burocratiche e giuridiche;
nel trattato di Lisbona, in vigore dal 1o dicembre 2009, l'Unione europea ha inserito per la prima volta i diritti dei minori tra gli obiettivi comuni: nell'articolo 3 si legge che l'«Unione combatte l'esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociale, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore»;
negli scorsi mesi anche la Spagna, la Germania, la Polonia, il Lussemburgo e perfino la Romania (che non figura fra i Paesi storici dell'Unione) hanno provveduto alla ratifica della Convenzione, mentre l'Italia è l'unico Paese che ha sinora ignorato il richiamo delle istituzioni europee non avendo fornito alcuna risposta circa i tempi e la volontà stessa di provvedere alla ratifica;
così facendo il nostro Paese rischia una procedura di infrazione in relazione alla decisione del Consiglio dell'Unione europea n. 2008/431/CE, in quanto non solo fa parte del gruppo dei Paesi «ritardatari» nel processo di ratifica, ma è anche l'unico a non rispondere alle sollecitazioni delle istituzioni europee rispetto alla ratifica di una Convenzione definita dallo stesso Consiglio dell'Unione europea di «rilevanza comunitaria»;
l'Italia deve, dunque, ratificare al più presto la Convenzione e approvare altresì le norme necessarie all'attivazione delle procedure in essa previste, inclusa la nomina dell'autorità centrale, competente ai sensi della Convenzione stessa;
risultano inoltre superati gli ostacoli tecnici che erano stati ravvisati in una prima fase rispetto alla ratifica della Convenzione di cui si discute, anche alla luce della risposta del Governo all'interrogazione n. 5-03535 dell'onorevole Di Biagio resa in data 6 ottobre 2010;
se siano stati riavviati i lavori del tavolo interministeriale ed entro quali tempi si preveda di presentare alle Camere il disegno di legge di ratifica della Convenzione citata in premessa anche per evitare che dai competenti organi dell'Unione europea venga comminata una sanzione a carico del nostro Paese per il ritardo della ratifica.
(5-03998)

TESTO AGGIORNATO AL 25 GENNAIO 2011

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

CICCIOLI e CARLUCCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
secondo il piano di sviluppo della rete di trasmissione nazionale, nel 2005 veniva predisposto dalla giunta regionale delle Marche (delibera 800 del 27 giugno 2005) un percorso tecnico-amministrativo per evidenziare nel territorio un corridoio preferenziale per l'attraversamento dell'elettrodo da 380V «Fano-Teramo», così come previsto dal piano di sviluppo nazionale, che si attenesse all'applicazione della VAS (valutazione ambientale strategica) e nel quale prevedere poi la successiva individuazione delle «fasce di fattibilità» e collocare i tracciati da sottoporre a valutazione di impatto ambientale;
il «corridoio» evidenziato dai tavoli tecnici non comprendeva il comune di Belforte del Chienti (Macerata);
tuttavia, successivamente la società Terna (gestore della rete di trasmissione nazionale) ed altri interlocutori, hanno

addotto elementi critici relativi all'attraversamento del nuovo elettrodo in una parte del tratto evidenziato (nel tratto di pianura che collega il Castello della Rancia a Sforzacosta), determinati, in particolare, dalla «franosità dell'area e dall'elevata antropizzazione»;
in conseguenza di ciò, viene allargato l'iniziale corridoio preferenziale di circa 5 chilometri, ma tale allargamento non viene fatto in maniera omogenea su tutto il tratto interessato, bensì creando una sola «protuberanza», che include esclusivamente il comune di Belforte del Chienti (Macerata);
con delibera della giunta regionale delle marche 689 del 25 giugno 2007 viene approvato il tratto evidenziato e con atto di giunta del provincia di Macerata n. 373 del 4 settembre 2008 viene avviata la fase di concertazione con gli enti interessati e la Terna S.p.A.;
il 19 novembre 2008 viene effettuato il primo tavolo tecnico al quale partecipano, tra gli altri, il sindaco e il tecnico del comune di Belforte del Chienti, i quali, solo in quella costanza, apprendono che d'imperio era stato scelto il comune stesso per la localizzazione di una sottostazione di circa 5 ettari di estensione da cui dipende tutto l'elettrodotto;
il sindaco di Belforte del Chieti, sotto la cui gestione ricade un territorio di 15 chilometri quadrati, con la presenza già di parecchi vincoli per le infrastrutture elettriche, idrauliche e viarie, e poche possibilità di espansione urbanistica, chiede all'allora presidente della provincia di Macerata, Franco Capponi, di interessarsi affinché la società Terna trovi altri percorsi alternativi all'unico individuato che interessa il piccolo paese;
il 12 ottobre 2010 si riapre il tavolo tecnico di concertazione con la presenza del commissario prefettizio dottor Sante Copponi (essendo la provincia di Macerata commissariata), nel quale la società Terna S.p.A. ha individuato, all'interno del corridoio preferenziale largo circa 17 chilometri, un'unica fascia di fattibilità, e cioè quella che attraversa il comune di Belforte del Chienti, senza altra soluzione alternativa, dimostrando di non aver tenuto in alcun conto le richieste sia del comune stesso che del presidente della provincia di Macerata;
nello stesso tavolo tecnico i presenti e lo stesso sub commissario prefettizio convengono che per parlare di concertazione è necessario che le possibili scelte e localizzazioni da condividere debbano essere integrate dall'indicazione di numerose fasce di fattibilità sulle quali trattare, e non una sola (Belforte del Chienti), come è stato stabilito;
Belforte del Chienti è un comune dell'entroterra maceratese di circa 2000 abitanti ricco di bellezze paesaggistico-ambientali e storico-artistiche, caratterizzato da un notevole sviluppo residenziale che qualifica, ormai da anni, l'andamento demografico comunale. Il territorio è già penalizzato dalla presenza di una serie di vincoli, sia naturali (corsi di due fiumi Chienti e Fiastrone) che artificiali (condotta idrica per la centrale elettrica «Borgo Santa Maria» e bacino idrico artificiale, 5 linee elettriche da 150kV, presenza della superstrada Civitanova Marche-Foligno), che già di per sé limitano l'espansione demografica, agricola e residenziale. La costruzione di una nuova centrale S.E. in quel territorio comporterebbe non solo la limitazione dello sviluppo urbanistico, ma anche un aumento dell'inquinamento elettromagnetico, con pregiudizio della salute dei cittadini e la deturpazione e il degrado del territorio dal punto di vista paesaggistico, pregiudicandolo anche dal punto di vista agricolo, essendo la zona in vasta area di produzione vitivinicola DOCG (Vernaccia di Serrapetrona) -:
se, ammesso che l'opera strategica dell'elettrodo da 380V «Fano-Teramo» debba essere sicuramente costruita, non si ritenga opportuno assumere iniziative nei confronti società Terna affinché essa definisca, con uno studio approfondito, le

fasce di fattibilità possibili (e non una sola come invece è stato fatto) all'interno del corridoio già evidenziato, prospettando più soluzioni che tengano conto della reale situazione del territorio, nel rispetto degli agglomerati urbani esistenti, secondo scelte di minor impatto ambientale e sociale, condiviso da tutti i partecipanti al tavolo tecnico, senza danneggiare alcuna comunità o paese.
(4-10131)

REALACCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in occasione delle feste natalizie si assiste ad un particolare aumento dell'acquisto di gadget elettronici e di elettrodomestici;
in forza del decreto ministeriale sui rifiuti elettronici entrato in vigore nel mese di giugno 2010, n. 65 del 2010, vige il ritiro gratuito «uno contro uno» dei prodotti tecnologici usati a fronte dell'acquisto di un nuovo articolo. A sei mesi di distanza, il 51 per cento dei rivenditori hi-tech intervistati non adempie ancora all'obbligo;
una video inchiesta condotta da Greenpeace Italia conferma il dato sopraccitato. Essa è stata realizzata in 107 negozi di elettronica - in 31 città italiane - appartenenti alle catene di distribuzione Euronics, Eldo, Mediaworld, Trony e Unieuro, che detengono il 70 per cento circa della quota del mercato nazionale. A Firenze, Roma, Salerno, Palermo e Venezia, l'associazione ha effettuato la ricerca filmando alcuni negozi con l'uso di telecamere nascoste;
in 27 negozi, pari al 25 per cento del totale visitato, Greenpeace ha scoperto che il costo di consegna a casa del prodotto nuovo è aumentato per mascherare il ritiro non gratuito dell'usato. In questo caso non ci sono differenze particolari tra le varie aree geografiche del Paese e fra i cinque rivenditori hi-tech oggetto del monitoraggio. Nel 14 per cento dei casi il ritiro gratuito avviene solo se il vecchio prodotto è portato in negozio, mentre nel 12 per cento non viene proprio effettuato (in 13 negozi su 107) e al cliente viene suggerito di contattare l'azienda locale di gestione dei rifiuti o andare direttamente ai centri di raccolta;
proprio i centri di raccolta che dovrebbero infatti essere i gangli nevralgici del sistema di raccolta differenziata di questo nuovo tipo di rifiuto sono insufficienti e non sempre accessibili alla grande distribuzione. Su circa 3.000 centri di raccolta, denuncia Greenpeace, il 70 per cento circa è localizzato in sole quattro regioni d'Italia (Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Veneto). D'altra parte, sono i comuni, che ricevono appositi fondi, a dover intervenire per migliorare le condizioni infrastrutturali dei centri stessi -:
quali iniziative urgenti intenda assumere il Ministro interrogato, per quanto di sua competenza, al fine di ottenere una corretta e uniforme applicazione del decreto ministeriale n. 65 del 2010 e se non ritenga opportuno mettere in campo, anche con il contributo delle maggiori associazioni ambientaliste nazionali, una campagna informativa efficace per rendere edotto il cittadino sui possibili raggiri in relazione alla normativa sulla gratuità del servizio di ritiro a fronte di un nuovo acquisto.
(4-10133)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

GOZI e VERINI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il teatro lirico sperimentale di Spoleto «A. Belli» - teatro lirico dell'Umbria e l'AsLiCo - Associazione lirica e concertistica italiana rappresentano nel panorama nazionale europeo ed internazionale due punti di eccellenza per l'avviamento alla carriera dei giovani cantanti lirici e

loro tramite vengono organizzati concorsi a carattere europeo, corsi di avviamento al debutto, stagioni liriche «sperimentali»;
entrambe le istituzioni, sin dalla loro nascita, hanno goduto del sostegno e dell'apprezzamento dello Stato italiano e per decenni sono state convocate presso i Ministeri competenti al fine di essere consultate e ricevere suggerimenti in merito all'attività formativa e di perfezionamento dei cantanti diplomati;
l'attività delle due istituzioni ha compreso negli anni anche l'organizzazione di spettacoli di livello annoverati dalla stampa nazionale tra le produzioni di pregio del panorama lirico-italiano;
i tagli previsti al fondo unico dello spettacolo per il 2011 potrebbero seriamente compromettere la loro attività tanto da far rischiare non solo il ridimensionamento ma persino la chiusura;
sostenere i giovani artisti, anche tramite enti come quelli sopra citati, significa sostenere i futuri protagonisti del panorama artistico nazionale ed internazionale -:
se si intendano assumere iniziative al fine di evitare i tagli previsti al fondo unico dello spettacolo e mantenere almeno l'entità dei contributi assegnati nel 2010;
se si intenda studiare un protocollo d'intesa tra il Ministero e le due istituzioni - in linea con il sostegno assicurato dagli enti locali delle due regioni e province - e una lettera di patronage dello stesso ministero utile per il reperimento di fondi privati.
(5-04002)

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ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
la Sace è una società per azioni controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze, che assicura le operazioni all'estero delle imprese dai rischi politici e commerciali; sono oltre 200 mila le imprese esportatrici che si rivolgono alla Sace, per assicurare vendite a credito, investimenti in stabilimenti e commesse;
le operazioni di assicurazione della Sace, con particolare riferimento agli investimenti all'estero, sono però concesse ad una condizione stabilita dal decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalle legge 14 maggio 2005, n. 80: i progetti devono prevedere il mantenimento sul territorio nazionale delle attività di ricerca, sviluppo, direzione commerciale, nonché di una parte sostanziale delle attività produttive;
il controllo di tale presupposto si realizza però solo attraverso una semplice dichiarazione dell'interessato. L'istituto, infatti, secondo fonti giornalistiche sostiene: «Non è rilevante che la produzione rimanga in Italia. Noi valutiamo la polizza secondo un criterio di sostenibilità: cioè i rischi economici e commerciali della singola operazione»;
la situazione sopra descritta determina, nei fatti, che lo Stato, in molti casi, assiste al blocco della produzione in Italia, stanzia risorse per la cassa integrazione per i lavoratori colpiti dalla crisi delle aziende, ma, nello stesso tempo, garantisce la delocalizzazione delle stesse imprese attraverso la Sace;
è il caso della Fiat, che, mentre chiude lo stabilimento a Termini Imerese e negli stabilimenti di Pomigliano d'Arco e Mirafiori i lavoratori sono da tempo in cassa integrazione, ha previsto un ingente investimento in Serbia per circa un miliardo di euro per produrre circa 300 mila auto all'anno che verranno sottratte dalla produzione sul territorio nazionale;

non si conosce l'ammontare della cifra assicurata per tale operazione, ma sicuramente ammonterà a valori molto consistenti, considerando che la Sace ha già assicurato nel 2009 la joint venture in India della Fiat con la Tata per 130 milioni di euro, mentre nel 2004 per la linea di produzione in Brasile è stata offerta la garanzia di 60 milioni di euro;
la Fiat non è l'unica azienda che in questi anni ha scelto la delocalizzazione senza assicurare il mantenimento dei posti di lavoro sul territorio nazionale; il 7 aprile 2010 la Bialetti, produttrice del celebre marchio della Moka ha chiuso lo storico stabilimento di Omegna, mettendo in mobilità 120 lavoratori, mentre nel 2004 aveva ottenuto dalla Sace la garanzia di due milioni di euro per la costruzione di un impianto in India. Analoga situazione ha riguardato la Brembo;
negli altri Paesi industrializzati, ad esempio negli Stati Uniti, in Gran Bretagna o in Germania, le omologhe agenzie pubbliche devono rendere conto ai rispettivi Governi circa le ricadute occupazionali delle operazioni di garanzia effettuate con l'utilizzo di risorse pubbliche;
il caso italiano sembra rappresentare un'anomalia, visto che spesso lo Stato si trova a sostenere le aziende tramite gli ammortizzatori sociali e, magari poi, ad assicurare gli investimenti esteri delle medesime imprese, senza che queste siano obbligate a rispettare la condizione del vincolo del mantenimento della progettazione e di una parte sostanziale di occupazione sul territorio nazionale -:
quali siano gli intendimenti del Governo in relazione alla situazione sopra sommariamente esposta e se non si ritenga di dover intervenire affinché, pur riconoscendo l'importanza del potenziamento del processo di internazionalizzazione del nostro sistema industriale, sia comunque assicurata la permanenza di una presenza significativa di attività industriali nel nostro Paese, soprattutto per quelle produzioni che presentano alti contenuti tecnologici o che per le loro caratteristiche appartengono alla tradizione stilistica e qualitativa delle nostre produzioni più apprezzate sui mercati internazionali;
se non si ritenga di dover intervenire, anche con specifiche iniziative normative, al fine di scongiurare che risorse pubbliche, tramite l'intervento della Sace, possano favorire processi di delocalizzazione con conseguente perdita di opportunità di lavoro e sviluppo, magari anche per iniziativa di imprese che abbiano usufruito e che continuano a usufruire di incentivi o misure di sostegno indiretto, quali gli ammortizzatori sociali.
(2-00911)
«Damiano, Ventura, Lulli, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru».

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca per sapere - premesso che:
in data 16 febbraio 2010 è stata sancita un'intesa tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e le rappresentanze sindacali (ARAN) del personale del comparto di alta formazione e specializzazione artistica e musicale (AFAM) per il reperimento di risorse aggiuntive ai fini del rinnovo del contratto nazionale, fermo dal 2006, per il personale AFAM;
nel protocollo d'intesa, valido per il quadriennio normativo 2006/2009 (bienni economici 2006/2007 e 2008/2009), il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha messo a disposizione, per l'anno 2010, 8,5 milioni di euro reperiti sia in vari capitoli di pertinenza del Ministero stesso, sia, per una quota (pari a 6,67 milioni di euro) non superiore al 50 per cento, dal fondo per il miglioramento

dell'offerta formativa delle istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica;
ai fini di rendere operativo quanto prescritto nell'intesa, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca avrebbe dovuto predisporre un apposito provvedimento che permettesse l'utilizzo delle risorse aggiuntive di fatto già reperite nelle attuali disponibilità del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
in data 20 aprile 2010, l'ufficio legislativo del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, previa intesa sulla procedura e sui contenuti, ha inviato, con lettera, al Ministero dell'economia delle finanze ed alla ragioneria generale dello Stato una bozza di norma sulla copertura finanziaria da destinare al rinnovo dei contratti del personale AFAM, così come sancito dall'intesa sottoscritta in data 16 febbraio 2010;
in data 30 luglio 2010, la Corte dei conti, interpellata per certificare le implicazioni finanziarie dell'accordo collettivo nazionale sancito dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e dall'AFAM, ha deliberato con esito positivo, specificando che «le risorse complessivamente utilizzate per la contrattazione sono in linea con le percentuali di incremento contenute nei documenti di programmazione per il periodo di riferimento e che, in particolare per il secondo biennio economico, la dinamica retributiva non eccede il 3,2 per cento della massa salariale, come ribadito da ultimo dall'articolo 9, comma 4, del recente decreto-legge n. 78 del 2010, in quanto l'indennità una tantum viene finanziata riducendo risorse già destinate ad erogare comunque compensi al personale e non determina quindi un ulteriore incremento della retribuzione media degli interessati»;
il contratto collettivo nazionale 2006/2009, solo in seguito alla pronuncia della Corte dei conti, è stato firmato in data 4 agosto 2010;
nello specifico, contratto collettivo nazionale introdotto nell'articolo 18 (sequenza contrattuale) la previsione circa le risorse una tantum a copertura finanziaria degli oneri relativi alle tematiche specificate nello stesso articolo;
ad oggi non risulta ancora prevista, in alcun provvedimento legislativo, la norma che consente l'utilizzo delle risorse a beneficio dei lavoratori del comparto di alta formazione e specializzazione artistica e musicale, così come sancito nel contratto nazionale firmato in data 4 agosto 2010 -:
quali iniziative, anche di tipo normativo, intendano adottare al fine di consentire l'impiego dei fondi già stanziati per il rinnovo contrattuale del personale alta formazione artistica e musicale.
(2-00910) «Occhiuto».

Interrogazione a risposta in Commissione:

ZAZZERA e MESSINA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la Banca Popolare della Valle d'Itria e Magna Grecia S.C.P.A. con sede a Martina Franca (TA), è stata travolta da un grave dissesto finanziario causato dalla mala gestione degli amministratori;
nel 2006 la banca vantava 6 milioni e mezzo di capitale sociale, nel 2009 invece si è ritrovata con 3 milioni e 700 mila euro di crediti classificati come sofferenze ed un importo ancor più elevato di crediti classificati come incagli;
in seguito all'attività ispettiva della Banca d'Italia, con decreto del 1o ottobre 2009 il Ministro dell'economia e delle finanze ha disposto lo scioglimento degli organi con funzioni di amministrazione e di controllo dell'istituto di credito, ai sensi degli articoli 70 e seguenti del decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia;

il primo comma, lettera a), del succitato articolo 70, prevede che lo scioglimento può aversi qualora «risultino gravi irregolarità nell'amministrazione, ovvero gravi violazioni delle disposizioni legislative, amministrative o statutarie che regolano l'attività bancaria»;
conseguentemente, la Banca Popolare della Valle d'Itria e Magna Grecia è stata posta in amministrazione straordinaria e il suo fondatore, l'ex senatore Giuseppe Semeraro, è stato denunciato dai commissari Petrangelo e Tamarolo, che avrebbero «avanzato l'azione di responsabilità del consiglio di amministrazione»;
successivamente, lo stesso Ministro, su proposta della Banca d'Italia, con decreto del 26 ottobre 2009 ha disposto la liquidazione coatta amministrativa della banca, ai sensi degli articoli 80 e seguenti del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia;
tale ipotesi si verifica «qualora le irregolarità nell'amministrazione o le violazioni delle disposizioni legislative, amministrative o statutarie o le perdite previste dall'articolo 70 siano di eccezionale gravità»;
dopo circa un anno, con atto del 28 ottobre 2010 l'istituto di credito sottoposto a liquidazione coatta amministrativa è stato acquisito da BancApulia spa, istituto appartenente al gruppo «Veneto Banca», ad un prezzo simbolico di un euro;
la cessione è avvenuta previa autorizzazione della Banca d'Italia e con il supporto del Fondo interbancario di tutela dei depositi, al fine di consentire la continuità delle relazioni con i depositanti e la clientela. Tutti i rapporti attivi e passivi della Banca Popolare Valle D'Itria e Magna Grecia sono stati quindi ceduti a BancaApulia, ma tale banca non ha acquisito anche le quote societarie ciò ha implicato che la mala gestione culminata nel depauperamento del valore aziendale, ha penalizzato proprio gli azionisti, fino a privarli dell'unico ramo «buono» dell'attività bancaria al prezzo di un euro;
sarebbe stato auspicabile, secondo l'interrogante, che il Ministero dell'economia e delle finanze richiedesse alla Banca d'Italia di acquisire ulteriori elementi sulla situazione della Banca Popolare della Valle d'Itria e Magna Grecia;
ad avviso dell'interrogante, infatti, sarebbe stato opportuno prendere in considerazione soluzioni diverse dalla liquidazione coatta amministrativa della banca, che ha finito, in relazione a quanto sopra indicato, per recare un grave pregiudizio ai soci della banca medesima -:
per quali ragioni il Ministro interrogato non abbia ritenuto, nell'ambito della procedura che ha portato alla liquidazione coatta amministrativa dell'istituto di credito, e fatta salva l'autonomia della Banca d'Italia, di richiedere ulteriori chiarimenti in merito alla situazione della Banca Popolare della Valle d'Itria e Magna Grecia.
(5-04003)

Interrogazione a risposta scritta:

DI STANISLAO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il 3 dicembre l'Agenparl ha lanciato un take dal titolo «Finmeccanica: Guarguaglini, 2011 anno duro ma ci impegneremo»;
secondo il take il 2011 sarà per Finmeccanica un altro anno duro a causa della crisi economica internazionale e verrà affrontato con grande impegno;
l'attuale amministratore delegato e presidente di Finmeccanica, Pier Francesco Guarguaglini, è in carica dal 2002;
l'attuale situazione economica impone gravi sacrifici a tutte le aziende soprattutto a quelle a partecipazione statale per ridurre le spese e gli sprechi, evitando però di tagliare posti di lavoro;
secondo un comunicato stampa di Selex sistemi integrati del 28 settembre

2006 «è stato inaugurato oggi a Roma l'asilo nido aziendale »Nanna Bella« di Selex sistemi integrati, società di Finmeccanica. La nuova struttura, che sorge all'interno dell'insediamento dell'azienda, nel cuore del polo tecnologico Tiburtino, sarà operativa dal 2 ottobre prossimo e potrà ospitare 50 bambini, di età compresa fra tre mesi e tre anni»;
sempre secondo tale comunicato «il nuovo asilo nido, realizzato con il supporto della Regione Lazio e del Comune di Roma, sorge su un'area di 3.000 metri quadrati e, oltre ai figli dei dipendenti, ospita per una quota del venti per cento, anche bambini provenienti dalle liste del V Municipio di Roma» -:
se risulti che tra gli ingegneri che hanno progettato la struttura dell'asilo nido sopra citato vi sia il fratello dell'attuale amministratore delegato di Selex, nonché cognato dell'attuale amministratore delegato di Finmeccanica;
se risultino, e se sì quanti, progetti affidati direttamente sia da Finmeccanica che dalle società da essa controllate al fratello dell'attuale amministratore delegato di Selex sistemi integrati e sia indirettamente alla società Team Group, di cui fa parte, e, in caso affermativo, quali siano state le procedure per l'aggiudicazione dei lavori e a quanto ammontano;
quali siano gli orientamenti in merito alla situazione sopra esposta giacché tali incarichi sembrerebbero confermare una gestione discutibile di Finmeccanica ampiamente illustrata dalla puntata di Report del 21 novembre.
(4-10146)

...

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

FIANO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nella notte tra il 15 e 16 dicembre 2010 un detenuto di 35 anni di origine magrebina si è tolto la vita in una cella del carcere di Firenze Sollicciano;
il suicidio sarebbe avvenuto per inalazione di gas;
questo risulterebbe essere il 63esimo suicidio in cella dall'inizio del 2010;
il venerdì precedente un assistente capo della polizia penitenziaria di 42 anni, in servizio presso il provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria di Firenze si è suicidato mediante impiccagione -:
quale sia la ricostruzione dei fatti inerenti al suicidio del detenuto 35enne;
quale sia la situazione dell'organico del Corpo della polizia penitenziaria del carcere di Firenze Sollicciano rispetto al fabbisogno operativo.
(5-03988)

CAPANO e FERRANTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
pare oramai ufficiale la decisione del Ministero della giustizia di porre fine, con il nuovo anno, all'assistenza applicativa ai computer degli uffici giudiziari;
Telecom avrebbe, dunque, già avvisato il Ministero in merito agli eventuali malfunzionamenti declinando in anticipo ogni responsabilità;
dal primo gennaio 2011 si avrà, pertanto, l'interruzione dell'assistenza applicativa. Le società che fino ad ora svolgevano tale compito in subappalto da Telecom e da Datamat, stanno già provvedendo a trasferire i loro tecnici che lavorano ormai da anni in questo settore, disperdendo così un patrimonio di esperienza e competenze;
l'assistenza sistemistica ai computer degli uffici giudiziari, invece, proseguirà. Tuttavia non sempre è facile distinguerla dall'assistenza applicativa, e quel che è sicuro è che alcune funzioni cesseranno, e

probabilmente, di volta in volta, si porrà la questione in termini di qualificazione dell'intervento richiesto, e cioè una valutazione preliminare che decida se si tratti di un intervento di tipo applicativo o sistemistico, che ritarderà seriamente i tempi necessari ad ottenere l'intervento di volta in volta richiesto dal magistrato o dal cancelliere;
un primo, sicuro, effetto sarà, ad esempio, un progressivo deterioramento della preziosa base dati del SICID;
nella sola città di Milano si registrano milioni di eventi processuali, che vengono poi comunicati con i biglietti di cancelleria informatici, e che entrano poi a far parte delle statistiche: su milioni di registrazioni, di utenti anche poco assistiti, gli errori saranno inevitabili, e la correzione di tali errori rientra proprio nella cosiddetta «assistenza applicativa», quella che non verrà più effettuata a partire dal prossimo 2011;
la conseguenza logica sarà quella di avere disfunzioni che inciderebbero, alterandole, sulle statistiche e le comunicazioni, e che potrebbe compromettere la complessiva attendibilità del SICID, senza considerare tutti i malfunzionamenti dei programmi (che si chiamano, appunto, applicativi, da outlook express a word a consolle, mag office o sicid o siamm), necessari per il funzionamento giornaliero degli uffici, e che rimarranno del tutto senza assistenza;
va considerato, inoltre, che il faticoso lavoro di apprendimento da parte dei magistrati dei nuovi aspetti applicativi del processo telematico potrebbe risultare compromesso;
inoltre non è chiaro se i tagli sull'assistenza ai sistemi applicativi, che di fatto vanno seriamente ad ostacolare la piena attività a regime del processo telematico, possano portare effettivi benefici alle casse dello Stato: sicuramente saranno di grave ostacolo al corretto e veloce funzionamento del sistema giustizia -:
se il Ministro non ritenga di dovere urgentemente rivedere le sue scelte riguardo alla sospensione del servizio di assistenza applicativa ai computer degli uffici giudiziari e come ritenga di far fronte alle disfunzioni che potrebbero verificarsi.
(5-03991)

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia ANSA del 16 dicembre 2010, gli agenti di polizia penitenziaria in servizio presso il carcere di Messina hanno incrociato le braccia per una intera mattinata a causa delle proibitive condizioni di lavoro in cui sono costretti ad operare;
i baschi azzurri lamentano turni di lavoro massacranti e un organico ridotto all'osso. Al momento gli agenti in servizio nel carcere di Messina sono 295, ovvero 305 unità in meno rispetto a quanto previsto dalla pianta organica. E tutto questo avviene in una struttura sovraffollata con più di 400 detenuti, quasi il doppio della capienza consentita;
sulla vicenda Giuseppe Conte, segretario provinciale del Sappe, uno dei sindacati di polizia penitenziaria ha dichiarato: «Siamo stanchi di lavorare in queste condizioni; con un organico del genere il servizio offerto non può essere che scadente, nonostante il nostro impegno. Non dimentichiamo che siamo chiamati anche ad accompagnare i detenuti nelle udienze in tribunale e a fare i piantonamenti in ospedale. E tutto questo avviene nell'arco di tre turni lavorativi mentre la legge ne prevede quattro. Il risultato è semplice: oltre a mettere a repentaglio l'incolumità nostra e dei detenuti abbiamo anche una qualità della vita molto bassa» -:
quali dati aggiornati siano a disposizione del Governo in relazione alla situazione riscontrata presso il carcere di Messina,

con particolare riguardo al numero di detenuti effettivamente presenti nella struttura e al tasso di sovraffollamento in essa riscontrato;
quali urgenti iniziative intenda assumere per garantire normali condizioni di vita ai detenuti ed agli operatori della casa circondariale messinese; in particolare, entro quali tempi preveda che l'istituto possa rientrare nella dimensione regolamentare dei posti previsti;
se non ritenga opportuno procedere all'immediato aumento del personale di polizia penitenziaria attualmente dislocato presso il carcere di Messina;
quali provvedimenti intenda adottare, sollecitare e/o promuovere al fine di risolvere le criticità denunciate dai sindacati della polizia penitenziaria operanti all'interno della struttura siciliana.
(4-10121)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dal quotidiano Il Tirreno, il sindacato autonomo della polizia penitenziaria lamenta come, nonostante in passato sia stata più volte denunciata la presenza di topi nella casa circondariale di Pistoia, la direzione del carcere non abbia intrapreso alcuna iniziativa tesa a scongiurare i pericoli igienico-sanitari che la presenza dei roditori potrebbe causare al personale di polizia penitenziaria e a quello civile, nonché ai detenuti stessi;
sulla vicenda Pasquale Salemme, segretario nazionale del Sappe, riferisce quanto segue: «La presenza dei roditori comporta dei seri rischi igienico-sanitari: il topo è vettore di malattie ed infezioni (virus di rabbia, afta, eccetera o batteri di salmonellosi, colera ed altro) che risultano essere pericolose per l'uomo. Inoltre non è da escludere il pericolo di attacco all'uomo. È paradossale affermare che il personale di Pistoia debba svolgere una vera e propria «caccia al topo»;
il Sappe, nel denunciare lo stato di «disagio, paura e ribrezzo», sottolinea «la persistente inerzia dell'amministrazione penitenziaria» e invoca l'intervento dell'Asl, «affinché si scongiurino conseguenze ben più gravi» -:
alla luce di tali considerazioni, quali iniziative si intendano adottare, negli ambiti di competenza affinché nella casa circondariale di Pistoia venga finalmente debellata una volta per tutte la presenza dei roditori.
(4-10122)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa ANSA del 17 dicembre 2010 Calogero Gueli, 71enne, ex sindaco di Campobello di Licata, si è visto recapitare un ordine di carcerazione da parte della procura generale nonostante la Corte di cassazione avesse appena confermato la sentenza con la quale lo stesso era stato assolto dal reato di concorso esterno in associazione mafiosa;
solo dopo che l'avvocato dell'uomo si è opposto all'ordine di carcerazione, l'ufficio della procura generale si è reso conto del macroscopico errore in cui era incorso;
sulla vicenda l'avvocato dell'imputato, Lillo Fiorello, ha rilasciato il seguente commento: «Siamo in presenza di una superficialità assoluta. Prima di prendere un provvedimento del genere bisognerebbe controllare bene e invece non lo hanno fatto. Se avessero controllato si sarebbero accorti che ad essere rigettato è stato il ricorso del procuratore generale. Non sappiamo davvero in che mondo viviamo»;
Gueli nel 2006 era stato arrestato per mafia ed estorsione nell'ambito di un'inchiesta sulla gestione di appalti pubblici

nell'agrigentino. L'accusa era stata derubricata in concorso esterno e l'ex sindaco era stato condannato in primo grado a 3 anni e 4 mesi ma assolto dall'accusa di estorsione. In secondo grado era stato invece assolto dal concorso con la mafia. La Corte di cassazione oggi ha confermato al sentenza scagionando definitivamente il politico. Gli uffici della procura generale, sbagliando, credevano invece che l'ex imputato fosse stato condannato per estorsione, e per questo avevano ordinato l'arresto -:
di quali informazioni disponga circa i fatti riferiti in premessa;
se non ritenga di dover avviare una ispezione ministeriale presso la procura generale responsabile di aver notificato l'ordine di carcerazione all'imputato, e, se del caso, promuovere le iniziative di competenza.
(4-10123)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere:
quante ispezioni presso uffici giudiziari siano state disposte dal Ministero della giustizia nell'anno 2008, 2009 e nei primi sei mesi del 2010;
per quali ragioni queste ispezioni siano state disposte;
a quale esito le ispezioni siano pervenute e che tipo di provvedimenti siano stati adottati in seguito alle ispezioni disposte.
(4-10124)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere:
secondo quanto riportato da un lancio dell'agenzia ANSA del 17 dicembre 2010, il penitenziario di Foggia sarebbe al collasso in quanto al suo interno si troverebbero 750 reclusi a fronte di una capienza regolamentare di 371 detenuti;
gli agenti di polizia penitenziaria sarebbero 300 rispetto a una esigenza in organico di 420 unità;
il vice segretario generale nazionale dell'Osapp, dottor Domenico Mastrulli, ha annunciato per il mese di dicembre una ispezione nell'istituto foggiano per visitare tutti i luoghi di lavoro dei poliziotti. Al termine dell'ispezione l'Osapp terrà una assemblea sindacale e, subito dopo, una conferenza stampa;
secondo quanto riferito dal sindacato degli agenti penitenziari, la gestione del carcere foggiano rischia di farsi esplosiva, tanto che è stato chiesto ai vertici regionali e centrali di valutare l'assegnazione urgente di un direttore titolare di provata esperienza professionale nel campo penitenziario al fine di affrontare, con solerzia e costruttiva partecipazione, le situazioni di estremo disagio e tendenzialmente al limite della sicurezza -:
se non intenda disporre un'ispezione presso il carcere foggiano;
quanti detenuti dovrebbe ospitare e quanti in effetti ne ospita il carcere di Foggia;
quanti siano, nell'istituto di pena in questione, gli agenti di polizia penitenziaria e quanti, invece dovrebbero essercene secondo le leggi e le disposizioni vigenti, ciò anche in relazione alla possibilità di rendere disponibili, proprio perché sorvegliati, spazi di socializzazione e di lavoro, di formazione e di impegno del tempo in attività formative;
quante siano le unità dell'equipe psico-pedagogica e se e come possano coprire o coprano le esigenze dei detenuti del carcere pugliese;
se il Ministro non intenda intervenire, in questo come in altre carceri, perché siano garantite a chi sconta una pena tutte le condizioni previste dalla legge perché la pena sia tale e non un aggravamento derivato da condizioni strutturali e ambientali del carcere stesso.
(4-10125)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 14 dicembre 2010 sul quotidiano Il Manifesto è apparso un articolo di Diana Santini intitolato: «Colpevole di non avere il permesso di soggiorno, Saidiou muore da detenuto»;
l'articolo racconta l'incredibile morte di Saidiou Gadiaga Elhdj avvenuta all'interno di una camera di sicurezza di una caserma dei carabinieri ubicata a Brescia;
considerata l'importanza del contenuto e delle informazioni in esso riportate, la prima firmataria del presente atto ritiene di trascrivere integralmente il citato articolo: «La magistratura ha aperto un'inchiesta sulla morte, domenica mattina, di un immigrato senegalese nella camera di sicurezza della caserma dei carabinieri Masotti, a Brescia: stroncato da una crisi respiratoria, hanno detto i medici. Saidiou Gadiaga, Elhdj per gli amici, trentaquattro anni, soffriva di una grave forma d'asma ed è stata proprio questa la prima cosa che ha detto ai carabinieri quando venerdì pomeriggio l'hanno portato in caserma, dopo che durante un controllo dei documenti era risultato privo del permesso di soggiorno. Il giorno dopo in città si sarebbe svolto un corteo antirazzista contro la sanatoria-truffa e, come spesso accade ultimamente nella Brescia ostaggio delle politiche discriminatorie a marchio Lega, la vigilia si è trasformata in un'ottima occasione per un giro di controlli a tappeto tra gli immigrati. Dopo l'arresto Saidiou viene portato in camera di sicurezza, in attesa del processo per direttissima e della conseguente espulsione forzata. In tasca ha, come sempre, un flaconcino di spray antiasmatico e un certificato medico che ne attesta la malattia. Più di una volta, racconta uno dei tre ragazzi immigrati, fermati nelle stesse ore e poi trattenuti insieme a lui, forse a causa dell'aria viziata della cella, il fiato di Saidiou si fa corto, affannoso. Ma viene tenuto lì dentro lo stesso, per due notti, nonostante avesse spiegato che il suo stato di salute non era compatibile con la detenzione. Domenica mattina, verso le sette, le sue condizioni peggiorano drasticamente. Finalmente qualcuno si decide a chiedere l'intervento dei medici, ma è troppo tardi. Ancora una breve, disperata corsa verso l'ospedale, dove però non c'è altro da fare che constatare il decesso, poco prima delle nove. Ora si attendono i risultati dell'autopsia. La comunità senegalese di Brescia, riunita ieri per discutere di quanto accaduto, chiede sia fatta chiarezza. La sorella di Saidiou, da Padova, dove vive, è partita per Brescia, dove oggi nominerà un avvocato di fiducia. Che, con tutta probabilità, chiederà un nuovo esame autoptico. Per ora all'attenzione dei legali ci sono la testimonianza del ragazzo senegalese che ha diviso la cella con lui e la pacata ammissione dei carabinieri del fatto che erano perfettamente consapevoli delle precarie condizioni di salute di Saidiou Gadiaga. Tra gli amici e i conoscenti, invece, c'è soprattutto la consapevolezza, se davvero c'era bisogno di un'altra inutile prova, che di Bossi-Fini si muore: in fondo, l'unica colpa di Saidiou, l'unica ragione per cui si trovava in quella cella, è che non aveva il maledetto pezzetto di carta. Anche per lui i migranti «bresciani», dopo la mobilitazione dell'11, saranno oggi a Roma per manifestare con tutti gli altri che hanno risposto all'appello nazionale dei migranti e delle associazioni antirazziste, nel giorno in cui il Governo Berlusconi chiede la fiducia. Porteranno in dote il patrimonio delle lotte che li hanno visti protagonisti, sopra e sotto la gru, a Brescia» -:
di quali informazioni dispongano circa i fatti riferiti in premessa;
se non intendano avviare, negli ambiti di rispettiva competenza, una indagine amministrativa interna al fine di accertare l'esistenza di eventuali profili di responsabilità e/o illiceità disciplinare nella condotta dei carabinieri che hanno tenuto in custodia Saidiou Gadiaga Elhdj.
(4-10127)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia ANSA del 18 dicembre, Fabrizio Bruzzone, quarantenne, ex maresciallo dei carabinieri, attualmente detenuto nel carcere di Genova Pontedecimo perché accusato di aver ucciso la moglie, avrebbe tentato il suicidio nella sua cella nel pomeriggio del 17 dicembre;
Fabrizio Bruzzone è stato salvato grazie all'attenzione e alla professionalità della Polizia penitenziaria posto che la stessa, non appena accortasi che il detenuto stava inalando gas dalla bomboletta che tutti i reclusi detengono per cucinarsi il cibo, è immediatamente intervenuta scongiurando il decesso dell'uomo -:
di quali informazioni disponga circa i fatti riferiti in premessa;
se e quali misure di cautela e di controllo siano state disposte dalla direzione dell'istituto di pena nei confronti dell'uomo che ha tentato di togliersi la vita;
se lo stesso usufruisca di un adeguato supporto psicologico;
se non ritenga che l'alto tasso dei suicidi e dei tentati suicidi dipenda anche - se non soprattutto - dall'elevato tasso di sovraffollamento degli istituti di pena dove attualmente sono ristretti quasi 70.000 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 43.000 posti;
se ritenga necessario assumere iniziative normative volte a modificare il regolamento sull'ordinamento penitenziario al fine di assicurare, attraverso una maggiore personalizzazione del trattamento, una «detenzione giusta», rispettosa del diritto alla vita e degli altri diritti fondamentali degli individui, se del caso, istituendo in ogni carcere degli appositi presidi specializzati per prevenire il rischio-suicidi e le altre emergenze legate ai disagi psicologici.
(4-10128)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
giovedì 16 dicembre 2010 un cittadino magrebino di 35 anni condannato in primo grado per spaccio di sostanze stupefacenti con il fine pena nel 2011, si è suicidato nel carcere di Sollicciano aspirando il gas di una bomboletta nel gabinetto della cella;
nella cella in cui si è consumato il suicidio erano ubicate sei persone e secondo quanto dichiarato dalla direzione dell'istituto di pena, il soccorso dei compagni, della polizia penitenziaria e dei medici è stato immediato ma non c'è stato niente da fare;
questo suicidio è il 63o consumatosi all'interno di un istituto di pena dall'inizio dell'anno -:
se e come il 16 dicembre 2010 fosse garantita la sorveglianza nel carcere di Sollicciano;
quanti detenuti dovrebbe ospitare e quanti in effetti ne ospiti il carcere di Sollicciano;
quanti siano, nell'istituto di pena in questione, gli agenti di polizia penitenziaria e quanti, invece dovrebbero essercene secondo le leggi e le disposizioni vigenti, ciò anche in relazione alla possibilità di rendere disponibili, proprio perché sorvegliati, spazi di socializzazione e di lavoro, di formazione e di impegno del tempo in attività formative;
quante siano le unità dell'equipe psico-pedagogica e se e come possano coprire o coprano le esigenze dei detenuti del carcere di Sollicciano;
se il Ministro non intenda intervenire, in questo come in altre carceri, perché siano garantite a chi sconta una pena tutte le condizioni previste dalla legge perché la pena sia tale e non un aggravamento derivato da condizioni strutturali e ambientali del carcere stesso.
(4-10129)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il Ministro della giustizia ha pubblicato sul sito istituzionale del Ministero una propria dichiarazione ripresa dai maggiori mezzi di informazione - riguardante le scarcerazioni decise dal tribunale di Roma nei confronti delle persone arrestate in occasione della manifestazione degli studenti del 14 dicembre 2010;
in questa dichiarazione è scritto testualmente: «Il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, a seguito della scarcerazione dei soggetti responsabili, appena poche ore prima, di gravi atti di guerriglia urbana e di violenta contestazione delle istituzioni, ha incaricato l'Ispettorato Generale di effettuare l'accertamento urgente sulla conformità formale e sostanziale alle norme, del provvedimento disposto dall'Autorità Giudiziaria.»;
a parere della prima firmataria del presente atto appare sconcertante che il Guardasigilli anticipi - per di più senza conoscere gli atti processuali - un giudizio di colpevolezza definendo i soggetti scarcerati «responsabili di gravi atti di guerriglia urbana e di violenta contestazione delle istituzioni»;
sempre secondo il giudizio della prima firmataria del presente atto l'iniziativa del Guardasigilli è del tutto fuori luogo e inopportuna atteso che l'accertamento della responsabilità penale dei cittadini deve essere fatto dai magistrati in piena libertà e al di fuori da ogni condizionamento (politico o di altro tipo). L'invio degli ispettori - a procedimento ancora in corso e con una attività istruttoria ancora tutta da compiere - rischia di pregiudicare tale presupposto facendo perdere serenità ed equilibrio proprio a chi è chiamato ad esercitare la funzione giurisdizionale;
l'iniziativa del Ministro rischia dunque di sovrapporre un improbabile controllo formale con finalità disciplinari al controllo sostanziale dei provvedimenti che spetta unicamente alla giurisdizione -:
se non intenda rettificare la nota pubblicata sul sito del Ministero della giustizia nella parte in cui tutti i manifestanti arrestati nel corso della manifestazione del 14 dicembre vengono indistintamente definiti - prima dello svolgimento del relativo processo - «responsabili di gravi atti di guerriglia urbana e di violenta contestazione delle istituzioni»;
se il Governo non reputi opportuno rivedere la decisione di affidare agli ispettori di via Arenula il compito di verificare la conformità formale e sostanziale alle norme dei provvedimenti di scarcerazione disposti dal tribunale di Roma nei confronti dei manifestanti arrestati in occasione della giornata del 14 dicembre.
(4-10140)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
Salvatore Coci, nato a Sant'Agata di Militello (Messina) il 10 novembre 1950, è detenuto dal 27 novembre 2010 nel carcere di Messina Gazzi, in esecuzione di una pena di 1 anno, 1 mese e 25 giorni;
nel notificare la pena da scontare, per le gravi condizioni di salute del signor Coci, il tribunale di Patti sospendeva la sua esecuzione in carcere e chiedeva al tribunale di sorveglianza di Messina di applicare una misura alternativa;
a tal fine il tribunale di sorveglianza incaricava l'ufficio di esecuzione penale esterna (Uepe) di Messina di produrre la relazione utile a fornire i dati occorrenti per l'applicazione della misura alternativa, ma le assistenti sociali dell'Uepe non ottemperavano alla richiesta del tribunale perché il signor Coci era lontano da Messina, cioè a Manduria, in provincia di Taranto, dove veniva assistito da una famiglia che aveva deciso di ospitarlo;

il Coci attendeva quindi a Manduria, secondo accordi telefonici, di essere contattato dall'Uepe di Taranto ma il tribunale di sorveglianza di Messina non si sarebbe preoccupato, neanche dopo il sollecito dell'Uepe di Messina, di incaricare per la relazione gli assistenti sociali di Taranto;
sta di fatto che, infine, il caso del signor Coci è stato discusso davanti al tribunale di sorveglianza di Messina senza alcuna relazione da parte degli assistenti sociali e con tutti i certificati delle malattie del Coci esibiti dal suo avvocato difensore e comprovanti gli alti rischi di mortalità, per evitare i quali il paziente è completamente allettato;
in base ai certificati medici, il Coci risulta affetto da: angina instabile post infartuata trattata con intervento di rivascolarizzazione miocardica mediante stent; ipertensione arteriosa; broncopneumopatia cronica ostruttiva; artrosi generalizzata con netta diminuzione della funzionalità dell'apparato locomotore; lombosciatalgie; esiti di discectomia microchirurgica per ernia discale lombare; ernia discale con compressione sul sacco durale; sindromi comiziali post traumatiche in terapia farmacologica; immunodeficienza HCV correlata; microangiopatia generalizzata; sindrome depressiva maggiore in terapia con psicofarmaci; pregresso intervento di rivascolarizzazione arti inferiori con intervento di by-pass axillo-bifemorale per claudicatio intermittens di gamba bilaterale a stretto intervallo libero secondaria ad occlusione dell'aorta addominale e delle articolazioni iliache bilateralmente (da evidenziare che questo tubo di 8 mm che parte dal cuore fino alle gambe, se dovesse infettarsi, il rischio di morte del paziente è immediata, e il detenuto vive in condizioni precarie di pulizia); formazioni nodulari NDD polmonari;
nonostante le numerose certificazioni esibite, secondo le quali il paziente sarebbe incompatibile con qualsivoglia stato detentivo, il tribunale di sorveglianza di Messina ha disposto la sospensione della sospensione pena richiesta dal tribunale ordinario, ordinando la carcerazione del Coci;
il detenuto è stato prelevato dalla sua residenza nel messinese - dove era stato nel frattempo portato nella speranza che le assistenti sociali dell'Uepe di Messina lo andassero a trovare - e trasportato fino al carcere di Messina Gazzi, su un'autoambulanza e con la necessità dell'ossigeno che già aveva nel momento in cui è stato prelevato;
attualmente è ristretto insieme ad altre 5 persone in una cella del centro clinico, dove le condizioni igieniche e le cure non sarebbero adeguate al suo stato e dove recentemente si sarebbe sentito male con il cuore, sarebbe caduto a terra e il medico sarebbe arrivato solo dopo tre ore;
nell'interrogazione del 26 luglio 2010 n. 4-08158 la prima firmataria del presente atto faceva presente che il centro clinico era in condizioni di abbandono e degrado -:
se corrisponda al vero quanto su descritto; se intenda effettuare accertamenti preliminari presso il tribunale di sorveglianza e l'ufficio di esecuzione penale esterna di Messina in relazione a quanto riportato in premessa; cosa intenda fare perché siano garantiti al paziente detenuto suoi diritti fondamentali e sia, innanzitutto, scongiurato il rischio che il signor Coci muoia in carcere.
(4-10145)

TESTO AGGIORNATO AL 25 GENNAIO 2011

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata:

DI BIAGIO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in data 17 dicembre 2010 centinaia di automobilisti sono rimasti intrappolati su

alcuni tratti della rete autostradale italiana, in particolare sul tratto toscano dell'autostrada A1 e sull'autostrada A24 (Roma-L'Aquila-Teramo) a causa delle abbondanti nevicate, per l'inagibilità del manto stradale e per i molteplici incidenti causati dalle criticità in cui versava l'intera rete;
molti automobilisti sono rimasti letteralmente imprigionati nelle proprie automobili nella notte tra il 17 ed il 18 dicembre 2010 senza alcun tipo di assistenza o di sostegno per i bambini, gli anziani ed i malati;
sul versante ferroviario, molte sono state le criticità ed i disagi che hanno condotto alla paralisi di intere linee, soprattutto nell'area regionale toscana: l'intercity Salerno-Torino partito in data 17 dicembre 2010 dalla città campana e rimasto fermo per quasi 10 ore alla stazione di Livorno centrale a causa del maltempo è giunto a destinazione con oltre 13 ore di ritardo;
inoltre, il 50 per cento dei convogli ferroviari regionali sono stati oggetto di limitazioni e cancellazioni, molti dei quali bloccati presso la stazione di Firenze, senza che venissero messi a disposizione servizi sostitutivi con autobus;
in data 18 dicembre 2010 è stato convocato il comitato operativo della Protezione civile per monitorare la situazione e definire le modalità di intervento per far fronte all'emergenza; malgrado le direttive di emergenza, le operazioni di soccorso attivate a seguito di segnalazioni ed incidenti si sono rivelate lente e poco efficienti;
sotto il profilo informativo, stando alle accuse degli utenti e alle denunce effettuate dagli automobilisti, le autorità referenti sono state piuttosto carenti nell'evidenziare le criticità legate all'imminente ondata di maltempo: infatti, molti automobilisti si sono messi in viaggio senza alcuna precauzione o adeguata attrezzatura;
le accuse in particolare contro la società Autostrade per l'Italia sono state sollevate da centinaia di automobilisti, che hanno riferito di segnalazioni poco chiare ed incongrue rispetto a quanto realmente verificatosi sulla rete stradale;
più di un centinaio di automobilisti, che in data 17 dicembre 2010 sono rimasti bloccati sull'autostrada A24 hanno aderito ad un'azione di risarcimento collettivo contro la società Autostrade spa in relazione «alla grave omissione della società, obbligata a prestare la dovuta assistenza su tutti i tratti autostradali d'Italia»;
secondo quanto riporta la nota informativa degli avvocati patrocinanti, «la società non si sarebbe tempestivamente attivata per prevenire i disagi causati da un allarme maltempo previsto con largo anticipo dai meteorologi e diffuso dalla Protezione civile, ma non si è attrezzata adeguatamente, con mezzi e risorse commisurate alla gravità della situazione, per prestare soccorso ed assistenza agli automobilisti intrappolati nella morsa del freddo e della neve»;
la Protezione civile ha evidenziato la responsabilità delle istituzioni e degli utenti, poiché avrebbero ignorato le segnalazioni di allerta diffuse nei giorni precedenti all'emergenza;
l'ispettorato di vigilanza sulle concessioni autostradali dell'Anas ha aperto una verifica ispettiva atta a verificare l'operato delle società concessionarie nella gestione delle emergenze e individuare le eventuali responsabilità da parte delle società stessa circa il mancato rispetto della normativa vigente;
l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha manifestato l'intenzione di aprire un'istruttoria nei confronti delle società che potrebbero non aver fornito ai viaggiatori le informazioni necessarie a scegliere se partire o meno;
le criticità in merito a quanto accaduto tra il 17 ed il 19 dicembre 2010 sono da rintracciare in molteplici carenze legittimate anche dall'eccessiva frammentazione

delle competenze. Su tale fronte sussiste, infatti, una reale dispersione dei centri decisionali segnatamente a livello locale, che impedisce una centralizzazione decisionale ed operativa con evidenti conseguenze;
i disagi e gli incidenti citati in premessa rivelano ulteriormente una scarsa capacità di gestione dell'emergenza da parte delle società e degli enti deputati al controllo, monitoraggio e intervento sul fronte dei trasporti e dei flussi automobilistici, oltre che un'evidente quanto allarmante mancanza di coordinamento tra società operanti nei settori di cui sopra e le realtà deputate a gestire l'emergenza con il risultato di legittimare un rimpallo di attribuzioni ed il conseguente rischio di drammatico ed ingestibile disagio -:
se il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - sulla base delle proprie competenze - abbia provveduto ad individuare le cause dell'impasse ferroviaria ed autostradale citata in premessa e se intenda predisporre, con il concorso delle autorità competenti, un piano puntuale di prevenzione, che definisca precise attribuzioni e responsabilità, al fine di evitare in futuro ulteriori paralisi delle reti di trasporto nazionali (con i relativi costi economici, ambientali e d'immagine per il Paese).
(3-01376)

MARIANI, VENTURA, MARAN, LENZI, QUARTIANI, GIACHETTI, BINDI, CECCUZZI, CENNI, CUPERLO, DE PASQUALE, FLUVI, FONTANELLI, GATTI, GIACOMELLI, LULLI, MATTESINI, NANNICINI, REALACCI, RIGONI, SANI, SCARPETTI, VELO e META. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 17 dicembre 2010 un'ondata di maltempo su gran parte della penisola ha determinato abbondanti nevicate sul Centro-Nord, che hanno prodotto gli effetti di una vera e propria calamità naturale nella regione Toscana, dove si sono verificati gravissimi disagi per migliaia di cittadini su strade, autostrade e ferrovie, rimasti intrappolati per un'intera nottata al gelo, privi di assistenza, informazioni adeguate e soccorso;
tale situazione ha, di fatto, provocato l'interruzione delle principali vie di comunicazione e la divisione del Paese in due per circa 30 ore;
la situazione verificatasi nella regione Toscana denuncia il fallimento e la superficialità della gestione del sistema della mobilità, che, da un lato, si è rivelato inefficiente a fronteggiare con un minimo coordinamento una situazione metereologica frequente nei periodi invernali italiani e, dall'altro lato, ha sottovalutato la potenziale gravità di un evento preannunciato sia dagli allerta meteo della regione Toscana con il suo centro funzionale, sia dagli avvisi della Protezione civile, emessi attraverso bollettini il giorno prima, 16 dicembre 2010, alle ore 12.56; si è così evidenziata la gravissima insufficiente organizzazione del nostro Paese, soprattutto in riferimento all'informazione ed all'assistenza dei propri cittadini;
l'area intorno alla città di Firenze si è trasformata in un grande girone infernale con treni e auto bloccati nella neve;
gravi difficoltà, provocate, a detta dei responsabili di Rete ferroviaria italiana e Trenitalia, dal gelo sugli scambi sulla linea ferroviaria tirrenica, hanno provocato la deviazione sulla linea ad alta velocità Roma-Firenze e sulla stazione Santa Maria Novella di Firenze dei treni provenienti dal Centro-Sud, innescando con un effetto domino devastante ritardi di ore e soppressione di molte corse, soprattutto a danno delle migliaia di pendolari del sistema ferroviario regionale, i quali hanno atteso inutilmente informazioni, soccorso, generi di conforto. Tale gravissimo disagio a Firenze ha indotto le autorità locali a destinare la vicina Fortezza da Basso come ricovero per i viaggiatori;
i passeggeri di un convoglio Roma-Genova sono rimasti bloccati senza luce e riscaldamento nei pressi di Livorno;

alle difficoltà che hanno riguardato il traffico ferroviario regionale e che si sono aggiunte a quelle quotidiane che i nostri concittadini patiscono ordinariamente in quanto a ritardi, scarsi servizi di pulizia e riscaldamento, insufficiente capienza delle carrozze, non è stata data nessuna risposta adeguata, né in termini di soluzioni alternative per raggiungere le destinazioni, né per il ristoro, la protezione e l'informazione dovuti, tanto da indurre il presidente della regione Toscana ad annunciare una class action contro le Ferrovie dello Stato ed a depositare presso la procura della Repubblica un esposto denuncia «in relazione al grave disagio subito nell'ambito del territorio regionale dai cittadini in conseguenza del collasso della mobilità»;
si sono bloccate le autostrade; sull'autostrada A1, nel tratto tra Incisa e Firenze Sud e nel tratto Firenze-Bologna, molti mezzi «intraversati» hanno creato una vera e propria barriera di ferro, impedendo non solo al traffico di muoversi o di uscire per tentare altre strade, ma anche l'operatività dei mezzi di soccorso, costringendo gli automobilisti ad una nottata di gelo; la coda dei veicoli ha raggiunto i 38 chilometri; non migliore la situazione della A11 Firenze-Mare, dove gli automobilisti sono rimasti bloccati in migliaia, e sulla A12 nella tratta Rosignano-Colle Solvetti, chiusa ed impraticabile per ore;
inspiegabilmente i caselli autostradali sono rimasti aperti molte ore dopo l'annuncio dell'emergenza e dopo il blocco del traffico noto a tutti i responsabili della società Autostrade spa e delle istituzioni, impedendo soccorsi dalle corsie opposte e aumentando la dimensione già esagerata delle code; altrettanto inspiegabilmente i canali Isoradio ed i tabelloni elettronici non hanno dato informazioni corrette, né avvisi di allarme in riferimento alle tratte più a rischio di ingorgo; la principale autostrada di collegamento tra Roma e Centro-Nord è rimasta fuori dal controllo di ogni istituzione, finanche per quello che riguarda la sicurezza dei cittadini. Dalla regione Toscana si rileva, inoltre, che dalle ore 22 del 17 dicembre 2010 è stato impossibile mettersi in contatto telefonico con la società Autostrade spa e Anas e che tanti automobilisti bloccati per avere informazioni hanno chiamato la sala operativa regionale;
nessuna notizia di coordinamento, soltanto sottovalutazione, come hanno dimostrato gli scarsi mezzi messi a disposizione per la manutenzione e per il soccorso da parte della società Autostrade spa;
la superstrada Firenze-Siena, definita «auto Palio», oggetto del recente interessamento da parte di Anas e del Governo, che hanno stabilito con l'ultima manovra finanziaria il possibile pedaggiamento, ha subito pesanti effetti dalla nevicata del 17 dicembre 2010: code di circa 30 chilometri e blocchi di ore fino alla chiusura totale della tratta complessiva. Di fatto, l'assenza totale della prevenzione che doveva essere esercitata da parte di Anas, in vista delle previsioni metereologiche, a partire dallo spargimento del cloruro di sodio fino al presidio di personale presso le entrate, ha abbandonato i viaggiatori ad una pericolosissima sosta senza alcun genere di conforto e con nessuna viabilità alternativa proposta;
nella tratta Firenze-Pisa-Livorno, strada regionale di lunga percorrenza, la società di gestione della manutenzione Ati-Global service ha omesso la manutenzione invernale, rendendo.impossibile la percorribilità e costringendo le istituzioni responsabili alla chiusura assoluta per molte ore;
anche il trasporto aereo ha subito notevoli disagi: chiusi l'aeroporto Galilei di Pisa e quello di Firenze, soppressi decine di voli, migliaia di persone hanno affollato gli scali toscani;
anche la capitale ha subito l'inefficienza degli interventi dei gestori società Autostrade spa ed Anas, in particolare sulla Cassia bis e sull'autostrada Roma- L'Aquila,

con chilometri di code e disagi fortissimi per i viaggiatori;
la situazione determinatasi ha evidenziato una forte sottovalutazione da parte dei soggetti gestori dei servizi autostradali, ferroviari e stradali, sia degli avvisi emessi dalla Protezione civile e dalla stessa regione Toscana, che avrebbero imposto misure di prevenzione del danno e di controllo del traffico più rigorose, sia delle difficoltà successive che hanno determinato gravissimi disagi agli utenti dei servizi di mobilità;
già nel 2005, a seguito di un simile disastro verificatosi a causa di una nevicata sulla Salerno-Reggio Calabria, il Governo Berlusconi emanò un decreto intitolato «Istituzione presso il Ministero dell'interno di un Centro di coordinamento nazionale per fronteggiare le situazioni di crisi in materia di viabilità», con il compito specifico di «disporre gli interventi operativi, anche di carattere preventivo, per fronteggiare le situazioni di crisi derivanti da avversità atmosferiche o da altri eventi che interessino la viabilità stradale e autostradale e siano suscettibili di avere riflessi sul regolare andamento dei servizi e della mobilità generale del Paese»;
nella definizione delle concessioni autostradali e nei contratti di servizio di Ferrovie dello Stato ed Anas sono da considerarsi parte saliente i capitoli inerenti la manutenzione ordinaria del sistema complessivo di mobilità, di cui fondamentale risulta essere la manutenzione invernale ed i piani antineve, che comportano investimenti di uomini e mezzi, come si dimostra nelle tratte autostradali alpine, che, soggette a più frequenti condizioni meteorologiche avverse, mostrano ben inferiore fragilità e disorganizzazione e che, a fronte dell'impegno complessivo e, soprattutto, del beneficio sulla sicurezza e sulla fluidità del sistema, comportano un impegno di spesa quantificabile in percentuali molto basse sul fatturato -:
per quali motivi, nonostante il lanciato allarme sui rischi derivanti dalle previste nevicate, non sia stato convocato il centro di coordinamento nazionale per fronteggiare le situazioni di crisi in materia di viabilità e non sia stato effettuato il previsto coordinamento di strutture nazionali e territoriali, in particolare con Anas, società Autostrade spa e Ferrovie dello Stato, al fine di evitare e gestire l'emergenza, e se, quindi, il Governo non ritenga opportuno dar conto di quanto avvenuto, in particolare in ordine alle responsabilità della situazione verificatasi nel sistema della mobilità della regione Toscana, che ha causato pesantissimi disagi, danni economici e gravi rischi per la sicurezza a migliaia di cittadini.
(3-01377)

LO MONTE, COMMERCIO, LATTERI, LOMBARDO e MISITI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
dopo oltre un mese di blocco alle prenotazioni dei treni a lunga percorrenza che collegano la Sicilia con il continente e viceversa, il nuovo orario dei relativi convogli proposto da Trenitalia a ridosso delle vacanze natalizie ed in vigore dal 12 dicembre 2010 ha riservato ai siciliani un'amara sorpresa;
dei 9 treni a lunga percorrenza della precedente offerta commerciale (18 se si considerano i viaggi di ritorno) ne sono stati riconfermati solo 7, con una conseguente offerta di posti disponibili a sedere che continua a diminuire in termini di quantità e, soprattutto, di qualità e che complessivamente si riducono di 696 unità, passando dai 4.004 del mese di giugno 2010 ai 3.728 di ottobre 2010, fino ai 3.308 del 12 dicembre 2010, con un decremento di oltre il 25 per cento;
il suddetto taglio, oltre ad interessare la tipologia dei convogli che collegano il Mezzogiorno con il resto del Paese, attua un'ulteriore discriminazione tra utenti, dimezzando i posti sui vagoni letto, vetture

utili a sopportare comodamente viaggi più lunghi, che scendono da 428 a 288, ed aumentando le vetuste e scomode cuccette a sei posti, le più recenti delle quali hanno più di 30 anni di servizio;
tale disimpegno comporta, peraltro, ripercussioni anche sul fronte occupazionale, ove si perderanno 4 macchinisti e 4 capitreno per ogni viaggio, per un totale di 16 macchinisti e 16 capitreno;
le prenotazioni degli stessi treni a lunga percorrenza torneranno indisponibili dopo il 23 gennaio 2011, lasciando ipotizzare un nuovo tragico scenario ai danni degli utenti siciliani, in palese violazione dei principi di continuità territoriale e di universalità del servizio pubblico di trasporto ferroviario;
il 9 novembre 2010 il primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo, con l'interpellanza urgente n. 2-00884, aveva manifestato la politica di disimpegno, di ridimensionamento e di assoluta esclusione dai piani di investimento in Sicilia condotta da Ferrovie dello Stato spa, così come tutte le gravi conseguenze che ne derivavano, sia sotto il profilo occupazionale che sotto quello sociale e dello sviluppo;
l'11 novembre 2010 il Governo, nel rispondere al suddetto atto di sindacato ispettivo, aveva garantito al primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo che il paventato taglio dei convogli da e per la Sicilia non sarebbe avvenuto -:
come si concili tale risposta del Governo con lo scenario che rischia di prospettarsi ai siciliani al termine delle festività natalizie, dopo il 23 gennaio 2011, se il Governo sia in grado di garantire che verranno riconfermati offerta commerciale e livelli di servizio a regime nell'anno 2009 e a quanto ammontino le risorse finanziarie che il gruppo Ferrovie dello Stato spa ha investito negli ultimi tre anni per lo sviluppo della rete ed il mantenimento del servizio di trasporto ferroviario in Sicilia.
(3-01378)

Interrogazione a risposta in Commissione:

LANZARIN, BITONCI, DOZZO, MUNERATO, GUIDO DUSSIN, LUCIANO DUSSIN, CALLEGARI e FORCOLIN. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 16 dicembre 2010 il treno Frecciargento n. 9416 di Trenitalia, partito da Roma Termini alle 14.45 e diretto a Venezia Santa Lucia, è rimasto bloccato in una galleria, dopo appena 20 minuti dalla partenza, e precisamente nella tratta ferroviaria Capena-Sant'Oreste;
450 pendolari sono rimasti segregati a bordo del treno per ben 4 ore, al buio, nell'aria pesante, con i servizi igienici inagibili, abbandonati a se stessi;
il guasto, che in un primo momento sembrava un problema di linea e successivamente un problema di treno, si è rivelato dopo circa tre ore come un danno alla linea elettrica; in realtà la causa del disagio è stata la rottura dei cavi elettrici aerei che hanno disalimentato i motori del convoglio, impedendo la prosecuzione della corsa, ma i passeggeri per circa tre ore sono stati in balia degli eventi e disinformati;
il fatto più sconcertante è stato che la sala operativa di Roma comunicava ai cittadini allarmati - utenti e parenti in attesa nelle stazioni di arrivo - la soluzione celere del problema e la messa in movimento del convoglio, mentre in realtà il treno giaceva fermo sui binari a causa delle difficoltà operative di intervento, e ciò dimostra non solo la carenza di comunicazione verso i cittadini ma anche le difficoltà di comunicazione tra sala operativa e macchinisti del treno;
alla fine il treno è stato trainato fino ad Orte da una locomotrice diesel e successivamente reimmesso in binario;
il black out del treno Frecciargento Roma-Venezia ha creato una serie di inconvenienti anche agli altri treni della linea alta velocità Firenze-Roma;

per fare un esempio, i pendolari del treno Frecciarossa alta velocità 9632, partito da Milano alle ore 17 e previsto in arrivo a Roma alle ore 19.59, hanno sopportato disagi e inconvenienti di analoga gravità;
tale vettore, nei pressi di Orte, è stato fatto deviare sulla linea tradizionale, annunciando ai passeggeri un ritardo prima di mezz'ora, successivamente di un'ora e poi lasciando i cittadini in assenza totale di informazioni e in mancanza di servizi elementari;
in realtà il treno, una volta inserito sulla vecchia linea, si è trovato bloccato per cause sconosciute a pochi chilometri dalla stazione di Orte e, nonostante la centrale operativa chiariva che la situazione fosse sotto controllo, il treno accumulava un ritardo di tre ore e 10 minuti, abbandonato sulla linea tradizionale, mentre, paradossalmente, sulla linea circolavano treni alta velocità da Roma per Firenze e viceversa;
si tratta di disagi che sconvolgono la vita e gli impegni lavorativi dei pendolari che sono costretti a viaggiare sui treni e usufruire di un servizio pubblico - in questo caso ma spesso anche in molti altri - carente e inaffidabile;
gli impedimenti dovuti a cause incidentali non possono di centro essere previsti e controllati dal gestore del servizio pubblico dei trasporti, ma di certo non si può tollerare che in queste circostanze critiche gli utenti vengano lasciati nell'abbandono più totale e soprattutto privi di informazioni e dei minimi servizi indispensabili, come quelli igienici;
il piano di emergenza di Trenitalia deve garantire non solo il pronto intervento dei macchinisti, le complesse operazioni di soccorso, la celere risoluzione dei problemi e il ripristino delle condizioni di sicurezza, ma anche il rispetto delle elementari esigenze dei passeggeri in tema di servizi e di informazione -:
se il Ministro sia al corrente dei fatti esposti in premessa e come intenda intervenire per evitare il ripetersi di simili disagi per i cittadini, specialmente per quanto riguarda il tema dei servizi e dell'informazione.
(5-03992)

Interrogazioni a risposta scritta:

NASTRI e CARLUCCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto dichiarato dalla Federazione italiana vignaioli indipendenti, l'articolo 186 del decreto legislativo n. 85 del 1992 del codice della strada, che introduce lo strumento di misurazione utilizzato per determinare il valore dell'alcool, ovvero dell'etanolo contenuto nel sangue, detto anche etilometro, sembrerebbe non essere attendibile al fine del calcolo del tasso di alcool nel sangue;
la stessa Federazione, si avvale anche del parere scientifico di un medico americano, docente di fisiologia e medicina dell'università di Washington, secondo cui dalle analisi condotte, sono emerse una serie di imprecisioni riconducibili all'uso dello strumento in dotazione alle forze dell'ordine per i controlli sulle strade e conseguentemente all'inadeguatezza dell'etilometro per la rivelazione dello stato di ebbrezza;
a giudizio della Fivi, inoltre, la stessa inattendibilità riguarda il «precursore alcolemico» divenuto obbligatorio dal 13 novembre 2010, nei locali che somministrano le bevande alcoliche dopo la mezzanotte;
l'introduzione dell'etilometro, secondo quanto sostenuto dalla suddetta Federazione, ha comportato una consistente diminuzione nel consumo generale del vino, ed è considerato erroneamente più pericoloso delle droghe in generale e di altre cause di incidenti stradali, dovute all'alta velocità;

risulta conseguentemente necessario, secondo la Federazione italiana vignaioli indipendenti, fare chiarezza sui dati e sulle statistiche sugli incidenti della strada, nonché verificare affinché gli strumenti a disposizione delle forze dell'ordine che consentono l'utilizzo dell'etilometro, sia idoneo al fine di dimostrare l'esatta percentuale di alcool nel sangue -:
quali orientamenti intenda manifestare con riferimento a quanto esposto in premessa, con particolare riguardo al collegamento tra l'utilizzo del vino e della sicurezza stradale affinché la bevanda alcolica possa avere una giusta collocazione nell'incidenza delle sciagure stradali e non essere considerata ingiustamente come un «capro espiatorio».
(4-10092)

HOLZMANN e CARLUCCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
ha suscitato ampio scalpore la notizia riportata dalla stampa locale in Alto Adige in merito alla recente decisione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di non consentire le fermate intermedie ai treni che provengono da oltre confine, in particolare dalla Germania;
tale decisione, recentemente sospesa per un periodo di tre mesi, agevolerebbe Trenitalia a scapito di altri gestori del trasporto passeggeri, ma penalizzerebbe l'utenza locale che verrebbe privata di un'importante opportunità di trasporto, sia per gli orari che per la qualità dei treni e della loro pulizia -:
per quali motivi il Ministro abbia assunto la decisione d'impedire le soste intermedie, penalizzando l'utenza;
se si intenda ripristinare in modo definitivo la libertà di effettuare soste intermedie mettendo di fatto in regime di libera concorrenza i vari gestori del trasporto ferroviario-passeggeri.
(4-10119)

MIOTTO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il giorno 16 dicembre 2010 il treno «Frecciargento» 9416 partito da Roma alle 14.45 per Venezia, dopo circa 15 minuti di corsa subiva una grave avaria a seguito di un guasto alla linea aerea di alimentazione, percepita nettamente dai passeggeri che avvertivano il rumore di un corpo esterno che aveva colpito il tetto della carrozza;
dopo pochi secondi diminuiva la velocità ed il treno si fermava, all'interno di una galleria: dopo qualche minuto il capotreno annunciava l'avaria;
trascorreva mezzora ed una nuova comunicazione annunciava che il danno stava per essere riparato in una trentina di minuti, ma dopo circa quaranta minuti veniva annunciato che entro mezz'ora sarebbe arrivato un locomotore per spingere il treno alla stazione più vicina, dopodiché l'energia elettrica scompariva e l'unica minuscola luce di emergenza posta all'inizio della carrozza si spegneva dopo pochi minuti, trascorrevano altre interminabili ore senza alcuna comunicazione;
solo dopo oltre 280 minuti, come Trenitalia annuncia di ritardo, il treno veniva agganciato e trascinato alla stazione di Orte ove veniva effettuato il trasbordo su altro mezzo che proseguiva la corsa con quasi cinque ore di ritardo;
durante la sosta in galleria per oltre 4 ore, i circa 500 passeggeri a bordo sperimentavano una condizione intollerabile causata dalla assenza delle luci di emergenza, impraticabilità delle toilette, assenza di ricambio d'aria in carrozze che non presentano aperture con l'esterno, oltre al disagio che aumenta in presenza di bambini, di persone anziane o persone claustrofobiche;
unica condizione favorevole è risultata la copertura, in quella galleria, della rete di telefonia mobile che ha consentito,

finché hanno retto i cellulari, la comunicazione con l'esterno -:
se il Ministro sia a conoscenza che i moderni treni eurostar sono privi di strumenti di emergenza in caso di guasto all'impianto elettrico in particolare per alcune funzioni essenziali: le luci di emergenza, il funzionamento delle toilette, il ricambio d'aria e l'impianto di comunicazione ai passeggeri;
a quale distanza siano disponibili locomotori idonei a sostituire un treno in avaria e se sia previsto un piano di emergenza da rendere noto ai viaggiatori;
entro quale termine verrà assicurata la copertura della telefonia mobile all'intera rete ferroviaria;
quali siano le cause della avaria subita dal treno 9416 in premessa indicato e quali misure siano state poste in essere per limitare il verificarsi di tali gravi disservizi ai passeggeri.
(4-10135)

...

INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata:

COMPAGNON, GALLETTI, TASSONE, CICCANTI, VOLONTÈ, NARO, RAO, LIBÈ e OCCHIUTO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con decreto dell'11 settembre 2007, il Ministero dell'interno indiceva, per il personale precario della propria amministrazione, una procedura concorsuale per titoli ed esami, al fine di assorbirne 650 unità con contratto a tempo determinato della durata totale di trentasei mesi, contratto che costituiva requisito necessario per la loro stabilizzazione definitiva;
al predetto concorso erano ammessi i profili professionali di coadiutori amministrativi contabili, area funzionale B, posizione economica B1, da assegnare agli uffici delle questure e allo sportello unico per l'immigrazione presso le prefetture;
il 2 gennaio 2008, con propri successivi decreti ministeriali, il Ministero dell'interno procedeva all'assunzione a tempo determinato delle suddette 650 unità;
non sussistendo inizialmente la piena copertura finanziaria relativamente ai previsti trentasei mesi, i 650 coadiutori amministrativi contabili sottoscrivevano un primo contratto individuale di ventiquattro mesi (2008-2009), poi prorogato fino al 31 dicembre 2010, con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 27 novembre 2009, n. 3828;
i 650 coadiutori amministrativi vincitori del concorso rappresentano un indispensabile contributo per l'ordinaria e fluida attività degli uffici territoriali del Governo e degli uffici delle questure e la loro mancata stabilizzazione provocherebbe la dispersione di risorse umane altamente professionalizzate e titolari di specifiche esperienze maturate sul campo, risorse non sostituibili da supporti, presidi e/o nuove postazioni tecnologiche in grado semmai di velocizzarne il lavoro e lo smaltimento dell'arretrato;
a dispetto dei 650 vincitori del concorso, il Ministro interrogato immetteva sorprendentemente nella propria amministrazione ulteriori 650 lavoratori interinali, per un periodo massimo di sei mesi, nella posizione economica ex B1, reclutati attraverso un'agenzia di lavoro interinale individuata mediante appalto pubblico;
il 29 luglio 2010, nell'ambito dell'approvazione del disegno di legge di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 78 del 2010, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica (Atto Camera n. 3638), il Governo accoglieva l'ordine del giorno n. 9/03638/336, a firma del primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo, con il quale si impegnava a: «(...) in attesa della definitiva stabilizzazione, a prorogare di ulteriori dodici mesi i contratti di lavoro individuali a tempo determinato in scadenza il prossimo 31 dicembre 2010, di cui alla procedura concorsuale indetta con decreto del Ministero

dell'interno dell'11 settembre 2007 stipulati dall'Amministrazione dell'interno il 31 dicembre 2008»;
tale preciso impegno assunto dal Governo, ad oggi, non è stato rispettato, con evidente dimostrazione di scarso rispetto istituzionale verso il Parlamento e verso i cittadini che quest'ultimo rappresenta;
è ormai imminente la scadenza dei contratti in parola -:
se il Governo intenda o meno mantenere fede agli impegni assunti in Parlamento quattro mesi fa, prorogando di ulteriori dodici mesi i contratti in scadenza il prossimo 31 dicembre 2010, di cui alla procedura concorsuale indetta con decreto del Ministero dell'interno dell'11 settembre 2007, stipulati dal Ministero dell'interno.
(3-01379)

REGUZZONI, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, LUSSANA, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DAL LAGO, D'AMICO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la Corte costituzionale, con la sentenza n. 359 depositata il 17 dicembre 2010, ha dichiarato l'incostituzionalità dell'articolo 14, comma 5-quater, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), come modificato dall'articolo 1, comma 22, lettera m), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), nella parte in cui non dispone che l'inottemperanza all'ordine di allontanamento impartito dal questore all'immigrato clandestino sia punita nel solo caso che abbia luogo «senza giustificato motivo»;
in pratica, la Corte costituzionale ha ritenuto che nel giudicare il clandestino per il reato di inottemperanza all'ordine di espulsione il giudice debba tener conto, ai fini dell'effettiva punibilità, dell'eventuale ricorrenza di giustificati motivi, in presenza dei quali il clandestino non è punibile;
in particolare, tra i giustificati motivi la Corte costituzionale indica lo stato di indigenza, che sarebbe tale da rendere non punibile la condotta dell'immigrato che si trattiene nel territorio dello Stato, nonostante sia destinatario di un provvedimento di espulsione al quale reiteratamente non abbia ottemperato;
la norma che viene censurata dalla Corte costituzionale, già presente nella cosiddetta legge Bossi-Fini, era stata modificata dal cosiddetto pacchetto Maroni, approvato nel luglio del 2009, proprio al fine di assicurare la piena efficacia delle espulsioni effettuate mediante intimazione a lasciare il territorio dello Stato;
la sentenza della Corte costituzionale, appellandosi al criterio di ragionevolezza, si scontra, ad avviso degli interroganti, con il comune buonsenso, che aveva condotto il legislatore ad un equilibrato bilanciamento tra le esigenze punitive e la tutela di situazioni soggettive rilevanti;
la Corte costituzionale sembrerebbe non tenere in particolar modo in considerazione il fatto che l'introduzione di questa clausola del giustificato motivo, anche nel caso in cui il destinatario del provvedimento di espulsione sia già stato condannato per non aver obbedito ad un precedente provvedimento di espulsione, apre un varco potenzialmente assai ampio a quanti, in condizione di clandestinità, possano invocare all'infinito circostanze che impediscano di allontanarsi dal territorio italiano;

si evidenzia, perciò, il rischio che sentenze come quella in questione possano avere un impatto negativo sull'azione che il Governo e, soprattutto, il Ministro interrogato stanno meritoriamente perseguendo in materia di contrasto all'immigrazione clandestina, riportando risultati che sono sotto gli occhi di tutti: dalla riduzione rilevantissima degli sbarchi sulle nostre coste, all'equilibrata programmazione in materia di flussi migratori, al costante impegno nell'esecuzione coattiva di espulsioni (è di questi giorni la notizia dell'esecuzione nella scorsa settimana di ben 42 rimpatri di altrettanti clandestini marocchini, algerini e tunisini) -:
quali iniziative il Governo intenda assumere a fronte della citata sentenza della Corte costituzionale, per garantire l'effettività delle espulsioni non eseguite con accompagnamento coattivo.
(3-01380)

Interrogazione a risposta orale:

IANNACCONE, SARDELLI, RUVOLO, BELCASTRO, GAGLIONE, GIANNI, MANNINO, MILO, PISACANE, PORFIDIA e ROMANO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la campagna denigratoria nei confronti del deputato, Antonio Razzi, appartenente al nostro gruppo parlamentare, sta raggiungendo livelli inaccettabili;
l'ignobile campagna di stampa che ha visto come «bersaglio» l'onorevole Razzi per il solo fatto di avere deciso, in piena autonomia e coscienza, di votare la fiducia al Governo Berlusconi, sta producendo effetti preoccupanti e di estrema gravità;
il 19 dicembre scorso, nel centro di Pescara, sono apparsi manifesti che recitavano «Razzi venduto. Razzi Giuda, Razzi traditore» che sono stati tempestivamente rimossi dagli agenti della Digos;
altre scritte simili erano apparse, subito dopo il voto del 14 dicembre, sotto l'abitazione dell'onorevole Razzi sempre a Pescara;
il ripetersi di tali episodi non può, nella maniera più assoluta, a parere degli interroganti, essere archiviato come normale «routine» dello scontro politico ma deve essere inserito dentro una campagna di odio che si sta indirizzando nei confronti dell'onorevole Razzi;
al di là del giudizio politico sulla scelta che l'onorevole Razzi ha assunto e che rientra, oltretutto, nelle prerogative di qualsiasi deputato in base a quanto recita l'articolo 67 della Costituzione, quanto sta accadendo è il segnale preoccupante di un grave clima di intolleranza politica che sta crescendo nel nostro Paese a cui bisogna immediatamente porre rimedio -:
se siano state avviate indagini e cosa intenda fare, nell'ambito delle proprie competenze, per salvaguardare l'onorevole Razzi da ogni tipo di aggressione sia attuale che futura.
(3-01382)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

FIANO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
all'alba di domenica 19 dicembre 2010 un gruppo di ospiti del Centro di identificazione ed espulsione di Milano è riuscito ad uscire dai reparti del centro segando le sbarre di una finestra;
quattro degli ospiti del centro sono successivamente riusciti a fuggire, facendo perdere le loro tracce -:
come sia stato tecnicamente possibile che le undici persone inizialmente fuggite abbiano eluso i sistemi di sorveglianza e le telecamere a circuito chiuso;
se si ritenga che i sistemi di sorveglianza siano adeguati nella qualità e nella quantità;
se si ritenga che la struttura di via Gorelli a Milano sia adeguata allo scopo

previsto dalla legge e al recente allungamento del tempo massimo di ospitabilità previsto in 180 giorni;
che fine abbiano fatto i previsti nuovi centri di accoglienza annunciati dal Ministro interrogato più volte negli scorsi mesi.
(5-03990)

SCHIRRU. - Al Ministro per l'interno, al Ministro per i rapporti con le regioni e coesione territoriale. - Per sapere - premesso che:
il codice civile definisce sia il concetto di residenza sia quello di domicilio. Il domicilio è il luogo in cui la persona ha stabilito il centro principale dei suoi affari e interessi (articolo 43). La nozione di domicilio si distingue rispetto a quella della residenza, che è il luogo in cui la persona ha la sua abituale dimora (medesimo articolo 43);
la residenza risulta così determinata dall'abituale e volontaria dimora di una persona in un dato luogo, cioè dall'elemento oggettivo della permanenza in tale luogo e dall'elemento soggettivo dell'intenzione di avervi stabile dimora;
ne consegue che, a fornire la prova del cambiamento di residenza non basta la dimostrazione del compimento delle formalità anagrafiche, ma occorre dimostrare, sia pure a mezzo di presunzioni, l'effettiva attuazione del proposito di trasferire altrove la propria residenza e provare, quindi, l'effettiva permanenza della persona nella detta località;
un problema comune a molti enti locali parrebbe quello dei «residenti fittizi». Persone che, di fatto, non abitano nel paese o nella città, ma che figurano negli elenchi dell'anagrafe;
sono due le casistiche più diffuse. Da una parte le persone che, una volta iscritte nei registri di un comune, si spostano in quelli limitrofi senza cambiare residenza e continuano, in questo modo, ad usufruire dei servizi di un comune in cui non abitano più. Dall'altra i turisti che hanno deciso di acquistare una casa per i fine settimana o per il periodo estivo e che, per evitare di pagare l'ICI sulla seconda casa, intestano l'immobile ad un familiare che trasferisce la propria residenza, pur non abitandoci effettivamente;
inoltre risulta essere sempre più frequente la pratica della separazione fittizia tra coniugi che invece nei fatti, risultano essere ancora insieme. A questo proposito, occorre ricordare che l'articolo 143 del codice civile, diritti e doveri reciproci dei coniugi stabilisce che dal matrimonio deriva l'obbligo reciproco alla coabitazione;
si tratta di un fenomeno rilevante sul piano fiscale ma anche per gli effetti distorsivi che ingenera sulla finanza comunale;
in primo luogo, alcuni comuni, proprio «grazie» alle false residenze risulterebbero avere più di 5.000 abitanti, soglia stabilita per l'applicazione del patto di stabilità che impone vincoli molto restrittivi sul bilancio. Così, ad esempio, in virtù del limite a contrarre mutui questi comuni dovranno rinunciare a costruire strade o sistemare quelle esistenti, ad iniziare lavori nelle scuole o nei servizi pubblici;
è questo il motivo che ha indotto alcuni comuni a moltiplicare gli accertamenti sull'effettiva residenza delle famiglie tramite la polizia municipale che controlla le abitazioni chiuse, studia le bollette dell'acqua e del gas e chiede informazioni ai datori di lavoro dei residenti «sospetti»;
inoltre, in un sistema che aspira ad essere federale, cioè ad avere come elemento fondante la vicinanza tra cittadino, territorio e istituzioni è giusto stabilire il principio che la residenza rispecchi sempre il luogo dove si vive abitualmente e dove si svolge il rapporto con le istituzioni locali attraverso la scelta dei propri rappresentanti;
il fenomeno dei «falsi residenti» rende il voto in materia di enti territoriali meno consapevole, trasforma i flussi di mobilità in materia di prestazioni sanitarie

e socio-sanitarie, altera sia il quantum dei doveri fiscali sia il soggetto nei confronti del quale questo dovere va onorato;
non è un caso, a questo proposito, che lo schema di decreto legislativo in materia di federalismo fiscale municipale, modificando l'attuale disciplina dell'ICI stabilisca, ai fini dell'esenzione per la prima casa, il contestuale requisito della residenza e della dimora abituale -:
se i Ministri siano a conoscenza dei fatti evidenziati;
quali iniziative e provvedimenti intendano adottare per chiarire e porre rimedio alle problematiche esposte in premessa;
se non ritengano opportuno ai fini della tassazione, assumere iniziative normative per prediligere, anziché la residenza, il domicilio di una persona, a riprova del fatto che si tratta del luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi.
(5-03995)

Interrogazioni a risposta scritta:

MADIA, LIVIA TURCO e SBROLLINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
diversi atti di sindacato ispettivo (Sbrollini n. 2-00783) e ordini del giorno a progetti di legge (Compagnon n. 9/3638/336) hanno riguardato, nel corso della legislatura, la sorte dei circa 650 lavoratori del Ministero dell'interno con contratto a tempo determinato triennale assunti, nel 2007, a seguito di proceduta selettiva di natura concorsuale per le esigenze dello sportello unico per l'immigrazione;
istituito dalla legge Bossi-Fini; lo sportello unico per l'Immigrazione (SUI) ha negli anni raccolto un numero crescente di procedimenti di competenza. A partire dalla trattazione delle domande della sanatoria del 2003, al SUI sono stati trasferiti i ricongiungimenti familiari che precedentemente erano istruiti dalle Questure (2005), le domande ex articolo 27 della legge n. 286 del 1998 di competenza delle direzioni provinciali del lavoro (2005) e delle domande di nulla osta per i flussi per ingresso per lavoro subordinato e domestico ex articolo 22 e articolo 27 della medesima disposizione (2006) nonché le domande di nulla osta per i cittadini comunitari provenienti da paesi con regime transitorio (2006). Sin dalla loro creazione, gli uffici SUI hanno potuto contare sulla fondamentale presenza di un gran numero di lavoratori interinali che ha reso possibile la trattazione di un volume di istanze completamente fuori scala rispetto alla dotazione di organico delle prefetture e delle questure. Nel corso del 2003 vennero lavorate 703.000 istanze per la sanatoria e dal 2005 in poi, ogni anno, vennero rilasciati nulla osta per ricongiungimento familiare per circa 100.000 ingressi all'anno, oltre a centinaia di migliaia di nulla osta ex articolo 27, per lavoratori comunitari e per lavoratori stagionali, nonché i 520.000 nulla osta previsti dal decreto flussi 2006, e decreto flussi 2006-bis, e i 170.000 del decreto flussi 2007, 150.000 del decreto flussi 2008 lavoratori subordinati, 80.000 del decreto flussi 2008 stagnali, 80.000 del decreto flussi 2009 stagionali ed infine le 300.000 pratiche di emersione del decreto legislativo n. 102 del 2009 che hanno fatto incamerare alla pubblica amministrazione circa 150 milioni di euro: gli uffici immigrazione delle questure sostenevano l'onere del rilascio del permesso di soggiorno;
a seguito dell'ordinanza di protezione civile 3262 del 31 gennaio 2003, il Ministero dell'interno e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sono stati autorizzati ad utilizzare, nel limite massimo rispettivamente di 900 e 350 unità, prestatori di lavoro temporaneo per la conclusione delle operazioni «direttamente connesse alla predetta procedura», che in termini pratici è stato tradotto con l'assunzione di 650 impiegati di livello B3 per il Ministero dell'interno;
tale ordinanza è stata, di anno in anno, prorogata solo per le unità lavorative

del Ministero dell'interno, con periodi di occupazione discontinua fino al 2005, mediante l'ausilio di contratti di somministrazione con scadenza inferiore ai 12 mesi lavorativi, con conseguente sospensione dell'attività lavorativa;
il 30 luglio del 2007 il Presidente del Consiglio dei ministri, con l'ordinanza n. 3603, ha autorizzato il Ministro dell'interno a procedere all'espletamento di procedure selettive in cui fossero ammessi coloro che avevano già svolto le attività connesse all'attuazione delle disposizioni vigenti in materia di immigrazione. Tale procedura concorsuale prevedeva, quindi, la copertura di 650 posti con un contratto a tempo determinato, con qualifica di coadiutore amministrativo contabile, posizione economica B1, a partire dal 1o gennaio 2008 al 31 dicembre 2010, motivata dalla considerata necessità di rafforzare in maniera adeguata ed immediata l'organizzazione dello sportello unico per l'immigrazione presso la prefettura, nonché degli uffici immigrazione delle questure, al fine di garantire in modo più efficace la continuità delle attività relative all'espletamento delle procedure amministrative, connesse all'attuazione della normativa in materia di immigrazione e di seguito al rilascio del permesso di soggiorno;
il contratto di assunzione scaturito da tale procedura concorsuale arriva a conclusione, senza possibilità di rinnovo, il 31 dicembre 2010;
il Governo ha dato risposte, nel corso dell'anno 2010, contraddittorie al Parlamento sul tema della stabilizzazione dei 650 lavoratori. Nella suddetta interrogazione il sottosegretario Nitto Palma ha affermato che la stabilizzazione o la continuazione del rapporto non sono consentite dal quadro della finanza pubblica. Viceversa il sottosegretario Luigi Casero ha accolto, a nome del Governo, un ordine del giorno di tenore identico all'interrogazione (cioè favorevole alla stabilizzazione) in sede di discussione della legge di stabilità;
il recente decreto flussi migratori prevede una regolarizzazione, in seguito a procedura di prenotazione elettronica, per circa 100.000 immigrati in alcuni ambiti lavorativi (industria, servizi alla persona). Si prevede pertanto un incremento dell'attività degli sportelli unici dell'immigrazione, visto anche le nuove attribuzioni di funzioni date al SUI riguardanti il test d'italiano che gli stranieri dovranno sostenere per coloro i quali richiederanno la carta di soggiorno di lungo periodo, la cui funzionalità verrebbe messa a repentaglio dalla disattivazione dei suddetti contratti, nonché per gli uffici immigrazione delle questure -:
quale sia il reale orientamento del Governo in merito alla questione: se quello espresso in risposta all'interrogazione o nell'ordine del giorno richiamati, essendo di fatto opposti;
se non ritenga, fatte salve le procedure concorsuali per posti a tempo indeterminato già effettuate e non ancora perfezionate con assunzioni, trasformare previo concorso per titoli ed esami i 650 posti in altrettante figure a tempo indeterminato vista le necessità legate al nuovo decreto flussi.
(4-10117)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il settimanale Il Venerdì di Repubblica, nella sua edizione del 17 dicembre 2010, n. 1187, ha pubblicato (rubrica «Diritti & rovesci», a cura di Paolo Casacci), il seguente articolo: «La storia dei poliziotti senza soldi per la benzina può sembrare una leggenda mediatica, fino a quando non capita di dover entrare in un commissariato e di uscirne pagando la benzina di tasca propria. È quanto accaduto a un signore di Roma, che ha raccontato a Cittadinanzattiva di essere andato a denunciare il ritrovamento, in casa della madre morta da poco, di due vecchie pistole, che, per legge, vanno segnalate alla

Polizia. "Ma non ha un parente con un porto d'armi a cui darle?", gli hanno chiesto in commissariato, sperando di risparmiarsi il viaggio (a carico loro), per prelevare le armi. "Capito che il problema era il carburante", racconta il signore, "mi sono offerto di accompagnarli io, i poliziotti". "Nooooo: e che fa, poi ci riporta qui?". "Certo, tanto mi è di strada per rientrare a casa". Risultato: quattro ore e mezza di ordinaria follia sublimate in un atto di (interessata) generosità. E una pratica archiviata» -:
se quanto sopra riportato corrisponda al vero;
in particolare, se sia vero che un cittadino abbia offerto il «passaggio» automobilistico ad alcuni agenti di polizia perché potessero espletare un compito di legge, che altrimenti sarebbe stato pregiudicato per mancanza di fondi, e che questa mancanza di fondi giunga al punto di non potersi permettere un pieno di benzina;
quali siano gli orientamenti del Ministro alla luce dell'episodio citato.
(4-10126)

MESSINA, DI PIETRO e FAVIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 18 febbraio 2010 la Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, ha adottato all'unanimità il Codice di autoregolamentazione, che consiste in due articoli che impegnano i partiti a non candidare persone rinviate a giudizio o condannate, anche solo in primo grado, per una serie di reati relativi a mafia, terrorismo e traffico d'armi ma anche estorsione, usura, riciclaggio e traffico di rifiuti;
durante la campagna elettorale per le amministrative 2010 è emerso che il codice era stato più volte disatteso, pertanto il presidente della Commissione parlamentare antimafia ha sollecitato le 90 prefetture italiane a collaborare alla verifica delle singole posizioni di candidati ed eletti;
la verifica amministrativa che è consistita nell'accertamento della posizione giudiziaria dei vari candidati presso il comitato provinciale per la sicurezza, è proceduta con qualche difficoltà: il presidente della Commissione antimafia ha lamentato infatti che a distanza di mesi molte prefetture non avessero risposto o avessero inviato dati incompleti;
a loro volta, alcune prefetture hanno lamentato di non avere gli strumenti legislativi per fornire le informazioni richieste dall'Antimafia;
il 12 ottobre 2010 il presidente della commissione antimafia, tracciando un primo bilancio su dati ancora incompleti, aveva dichiarato che le liste erano «gremite di persone che non sono certo degne di rappresentare nessuno» (la Repubblica, 13 ottobre 2010) e che erano emerse pendenze per varie tipologie di reato e non solo per quelli individuati e codificati dall'antimafia;
a chiusura della ricognizione il dato emerso sarebbe risultato di più di ottocento candidati segnalati dalle prefetture perché coinvolti in contenziosi, in procedimenti penali e civili, di questi ben trentanove sarebbero candidati che hanno violato il codice di autoregolamentazione approvato dalla commissione antimafia, ossia persone colpite da una misura cautelare non revocata o annullata, processati, condannati anche in via non definitiva per i seguenti reati: associazione mafiosa, estorsione, usura, riciclaggio, impiego di denari di provenienza illecita, trasferimento fraudolento di valori, nonché persone perseguite per reati patrimoniali o per traffico illecito di rifiuti;
il lavoro della Commissione antimafia deve avere una sua utilità specifica che consiste non solo nella generica denunzia dei rischi di infiltrazioni criminali nelle istituzioni, cosa purtroppo ormai ben nota, ma soprattutto nel poter portare a termine

le indagini e nel renderne note le risultanze, tutto ciò al fine ultimo di adottare concretamente tutte le procedure necessarie per estromettere ed evitare infiltrazioni criminali e garantire la legalità delle istituzioni -:
quali difficoltà abbiano incontrato i prefetti a raccogliere ed inviare alla Commissione antimafia i dati richiesti e quali siano le prefetture che non hanno risposto all'appello del Presidente della Commissione antimafia e quali provvedimenti intenda assumere il Ministro interrogato al fine di consentire alla Commissione stessa di acquisire tutte le informazioni richieste.
(4-10138)

DI PIETRO e FAVIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi è stata recapitata una busta contenente un bossolo di fucile al dirigente del settore ambiente e demanio marittimo del comune di Sabaudia;
sul caso stanno indagando i Carabinieri, ma si tratta solo dell'ultimo di una serie di episodi gravissimi a scopo intimidatorio e di natura dolosa compiuti nel territorio della provincia di Latina, che nel solo 2010 ammontano a venti;
in particolare, nel comune di Sabaudia si sono consumati diversi attentati: auto di imprenditori in fiamme - una delle quali appartenente ad un consigliere comunale - bombe carta nei pressi di attività commerciali, un incendio doloso che ha distrutto un intero ristorante sul lungomare;
l'allarme è stato rilanciato anche dall'ultima relazione semestrale della direzione investigativa antimafia, nella quale non si parla più di infiltrazioni, ma di una situazione ormai consolidata: «La discovery di rilevanti investigazioni ha confermato come le organizzazioni macro-criminali, ormai radicate nel Lazio e soprattutto nella provincia di Latina», è scritto nella relazione, «siano protese a stringere alleanze finalizzate a imporre un vero e proprio monopolio in alcuni settori commerciali»;
tre consiglieri del comune di Sabaudia, componenti della commissione urbanistica, risultano indagati o condannati per abusivismo, altri quattro, facenti parte della Commissione vigilanza, risultano indagati;
nell'ambito di una vasta operazione della Dda di Napoli, avviata nel 2009, è stato indagato Salvatore Di Maio, padre della consigliera comunale Rosa Di Maio, con l'accusa, tra le altre, di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio di denaro sporco nel campo immobiliare e turbativa d'asta: due mesi fa la magistratura ha sequestrato alla famiglia Di Maio beni per trenta milioni di euro, in gran parte intestati alla consigliera;
l'escalation degli eventi occorsi nel comune di Sabaudia somiglia, ad avviso dell'interrogante in modo inquietante, a quanto recentemente accaduto nel comune di Fondi, il cui procrastinarsi della decisione in merito allo scioglimento del comune hanno sollevato più di un interrogativo, soprattutto in merito, ad avviso dell'interrogante, dell'indifferenza istituzionale e all'anomalo trattamento riservato al caso - primo caso nella storia d'Italia ed immotivato precedente;
il comune di Fondi, infatti, non fu sciolto, nonostante le indagini delle forze dell'ordine e due relazioni prefettizie che ne evidenziavano e provavano infiltrazioni criminali, in violazione, inoltre, delle nuove norme Tuel introdotte dalla legge n. 94 del 2009 (cosiddetto «pacchetto sicurezza») in materia di scioglimento dei consigli comunali;
i fatti esposti inerenti al comune di Sabaudia sono già, ad avviso dell'interrogante, gravi e tali da richiedere un intervento immediato e deciso delle istituzioni affinché venga fermato, prima di atti ancor più gravi, un sistema di intimidazione e violenza che denota, già da solo, la

presenza, se non il radicamento della criminalità organizzata nella città pontina;
è indispensabile che le istituzioni preposte si attivino al fine di evitare che possa ripetersi quanto accaduto al comune di Fondi per il quale, grazie alle dimissioni dei consiglieri comunali, si è proceduto al commissariamento ordinario, del tutto inefficace rispetto alle infiltrazioni criminali nel tessuto politico della città - e di ciò ne è prova il fatto che, dopo le recenti elezioni, il consiglio comunale di Fondi risulta composto, in gran parte, dai medesimi rappresentanti politici del precedente -:
se non ravvisi nei fatti esposti inerenti al Comune di Sabaudia elementi sufficienti e tali da avviare le procedure per lo scioglimento.
(4-10142)

TESTO AGGIORNATO AL 15 GIUGNO 2011

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:

SIRAGUSA e DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
è attivato presso la facoltà di giurisprudenza dell'Università degli studi di Milano, per l'anno accademico 2010/2011, il corso di formazione alla cultura costituzionale;
nel bando del corso, reperibile all'indirizzo http://www.dirppie.unimi.it/corsi_formazione/costituzionale/corso_di_formazione _alla_cultura_costituzionale.html si legge: «premesso quanto disposto: dalla nota del 19 ottobre 2010 dell'Ufficio scolastico regionale per la Lombardia in cui si manifesta l'interesse a promuovere e a supportare l'iniziativa; dal protocollo d'intesa tra l'Associazione italiana costituzionalisti e il Ministero dell'istruzione università e ricerca siglato il 18 novembre 2008»;
il corso si rivolge a docenti di scuola secondaria, di primo e di secondo grado, operanti presso istituti con sede in regione Lombardia nonché a studenti universitari iscritti ad un ateneo lombardo;
il numero massimo di posti è determinato in 200. Le domande di partecipazione saranno accolte secondo l'ordine cronologico di arrivo. In caso di domande in esubero, saranno riservati 100 posti a docenti di scuola secondaria, di primo e di secondo grado, operanti presso istituti con sede in regione Lombardia e 100 posti a studenti universitari iscritti ad un Ateneo lombardo, rispettivamente selezionati in base all'ordine cronologico di arrivo;
il corso prevede una quota di partecipazione di 50,00 euro;
l'ufficio scolastico regionale si impegna a coprire parzialmente la quota di iscrizione dei docenti di scuola secondaria, di primo e di secondo grado, operanti presso istituti con sede in regione Lombardia che intendano partecipare al corso. Tale quota sarà a carico dell'Ufficio scolastico regionale nella misura di 30,00 euro per ciascun docente, i restanti 20,00 euro saranno a carico del singolo docente;
nella circolare ministeriale n. 86 del 27 ottobre 2010 Cittadinanza e Costituzione: attuazione dell'articolo 1 della legge 30 ottobre 2008, n. 169 - Anno scolastico 2010-2011 si legge che:
«l'insegnamento/apprendimento di Cittadinanza e Costituzione diventa un obiettivo irrinunciabile che tutte le scuole, dalla scuola dell'infanzia alla primaria, alla scuola secondaria di primo e di secondo grado, devono assumere e contemplare nel piano dell'offerta formativa. Questo insegnamento si articola in una dimensione specifica integrata alle discipline dell'area storico-geografica e storico-sociale e in una dimensione educativa che attraversa e interconnette l'intero processo di insegnamento/apprendimento. L'insegnamento di Cittadinanza e Costituzione si colloca nel campo di esperienza «il sé e l'altro» della scuola dell'infanzia; nell'ambito dell'area «storico-geografica» della scuola primaria e della scuola secondaria

di primo grado; nell'ambito delle aree storico-geografica e storico-sociale della scuola secondaria di secondo grado. In particolare, «Cittadinanza e Costituzione è affidata agli insegnanti di diritto ed economia laddove queste discipline sono previste;
in questo scenario si colloca cittadinanza e costituzione che, pur se non è una disciplina autonoma e dunque non ha un voto distinto, non esime tuttavia dalla valutazione. La valutazione di cittadinanza e costituzione influisce inoltre nella definizione del voto di comportamento per le ricadute che determina sul piano delle condotte civico-sociali espresse all'interno della scuola così come durante esperienze formative fuori dell'ambiente scolastico»;
si rileva come sia fortemente contraddittorio formare insegnanti di storia per insegnare ciò che gli insegnanti di diritto fanno in maniera approfondita da anni e tutto ciò con un dispendio di risorse pubbliche -:
se sia a conoscenza di quanto sopra descritto e secondo quale norma e quali criteri l'Usr della Lombardia sostiene le spese di partecipazione dei docenti;
se non ritenga altresì necessario, piuttosto che sostenere spese di formazione del personale non specializzato, definire il profilo della nuova disciplina «cittadinanza» attribuendone l'insegnamento ai docenti di diritto.
(5-03987)

TESTO AGGIORNATO AL 25 FEBBRAIO 2011

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

VICO e LULLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
ai sensi e per gli effetti dell'articolo 56, comma 2, della legge 18 giugno 2009, n. 69, e ai sensi dell'articolo 11 della legge 12 giugno 1984, n. 222, si novella: «l'assicurato che abbia in corso o presenti domanda intesa ad ottenere il riconoscimento del diritto all'assegno di invalidità o alla pensione di inabilità.....non può presentare ulteriore domanda per la stessa prestazione fino a quando non sia esaurito l'iter di quella in corso in sede amministrativa o, nel caso di ricorso in sede giudiziaria, fino a quando non sia intervenuta sentenza passata in giudicato»;
per l'esito del ricorso in sede giudiziaria - in tanti territori del Mezzogiorno e comunque nella provincia di Taranto - decorrono mediamente 2-3 anni, ad essi bisogna aggiungere i «fatidici» 120 giorni affinché la sentenza sia passata in giudicato ed infine i tempi tecnici dell'INPS per la liquidazione della domanda. Per cui all'invalido, se nel frattempo sono insorte nuove patologie o si sono aggravate quelle per cui è in corso il giudizio, è vietato presentare nuova istanza -:
quali iniziative intenda assumere e quali misure intenda adottare per assicurare tempi adeguati per il riconoscimento diritto all'invalidità.
(5-03994)

BINETTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il piano di revisioni nei confronti dei titolari di pensione sociale avviato dall'INPS in base al decreto-legge n. 78 del maggio 2010 ha causato l'indignazione di quanti, sulla sedia a rotelle o direttamente in ambulanza si sono recati o sono stati chiamati a farlo, negli uffici dell'INPS per produrre la documentazione aggiuntiva a quella già in possesso e considerata insufficiente;
la signora Maria Elena è una dei 200 mila titolari di pensione di invalidità civile scelti a campione per le verifiche disposte dal Ministero nella campagna contro i falsi invalidi. All'improvviso, dopo undici anni, l'INPS chiede entro 15 giorni tutta la documentazione probante la sua invalidità, pena la sospensione del sussidio;

la donna barese di 46 anni affetta da sclerosi multipla, immobilizzata braccia e gambe dalla malattia, costretta alla sedia a rotelle da undici anni e perciò titolare di pensione sociale ha subito oltre il danno della malattia, la beffa della burocrazia. Un contributo pubblico di 250 euro più 470 di indennità di accompagnamento, praticamente solo un terzo di quanto spende per essere assistita da tre badanti che si alternano giorno e notte;
l'INPS dichiara che l'anno scorso la pensione non è stata confermata nel 15 per cento dei casi verificati perché si trattava di finti invalidi. Tutto ciò accade perché ci sono patologie suscettibili di miglioramento, ma anche situazioni certificate all'origine con superficialità, a fronte di situazioni diametralmente opposte in cui le lesioni degenerative sono progressive nel tempo;
tuttavia per ogni invalido che gode della pensione di invalidità esiste già sia presso l'ASL che presso l'INPS una documentazione molto chiara che permette di suddividere i pazienti almeno in tre classi:
a) pazienti la cui patologia è legata all'età e al naturale deterioramento delle condizioni fisiche, a cui si può aggiungere un ulteriore deterioramento delle capacità mentali (anziani disabili affetti da possibili forme di demenza);
b) pazienti la cui diagnosi è chiaramente riconducibile a patologie cronico-degenerative che non possono che peggiorare nel tempo, accentuando lo stato di disabilità e di non autosufficienza (SLA, SM, e altro);
c) altri pazienti;
almeno per quanto riguarda i pazienti delle due prime classi sopra citate, le indagini relative allo status della malattia dovrebbero essere affidate al medico generale (o medico di famiglia) con un esplicito invito a ricordare che dichiarazioni false sono passibili di condanna penale. In questi casi la visita di controllo dovrebbe essere di tipo domiciliare;
l'INPS nella sua azione di controllo dovrebbe contemplare anche l'azione positiva di sostegno a questi pazienti con un incremento reale delle indennità che ricevono, se le condizioni si dovessero aggravare, o comunque con una più ampia defiscalizzazione di tutti i costi relativi alla loro condizione di pazienti;
in sintesi: è possibile prevedere in anticipo quali sono i pazienti che non possono recarsi nella sede INPS e in questi casi effettuare una visita domiciliare; fare controlli non solo per punire, ma anche per sostenere più e meglio chi sta davvero male -:
quali iniziative urgenti intendano attuare per impedire che i «veri» malati debbano subire l'umiliazione di dimostrare il loro stato di reale ed evidente malattia e se non ritengano necessario adottare puntuali iniziative normative al fine di garantire che l'attività di verifica dell'invalidità civile, si svolga con ogni cautela possibile senza arrecare fastidi e disagi a persone affette da patologie gravi, contemplando la possibilità di effettuare visite domiciliari per i pazienti che non possono recarsi nelle sedi INPS.
(5-03996)

MIOTTO e FARINA COSCIONI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
al fine di avere un monitoraggio completo e costante sull'applicazione delle leggi che il Parlamento approva, molte di esse prevedono che il Governo entro termini stabiliti invii una relazione alle Camere affinché queste possano controllare l'impatto che esse hanno sulla società, sulla popolazione;
l'invio delle relazioni non è un atto puramente formale ma incide in maniera significativa su quella che è la conoscenza e quindi la possibilità di agire delle Camere nei singoli settori della società;
risulta che il Ministero in oggetto abbia omesso di inviare alle Camere una serie di relazioni tra cui:
legge n. 68 del 1999 articolo 21, comma 1 «Attuazione della legge recante

norme per il diritto al lavoro dei disabili», data prevista di trasmissione 30 giugno 2010;
legge n. 104 del 1992 articolo 41, comma 8 «Stato di attuazione delle politiche sulla disabilità» data prevista di trasmissione 15 aprile 2010;
decreto-legge n. 112 del 2008 articolo 81, comma 38-bis "Attuazione della normativa relativa all'istituzione della carta acquisti, di cui al comma 32 dell'articolo 81 del decreto-legge 112/2008, data prevista di trasmissione dicembre 2010;
per molte altre relazioni, il termine ultimo previsto per la presentazione è il 31 dicembre di ogni anno -:
quali siano i motivi ostativi che hanno impedito, finora, al Ministro di trasmettere al Parlamento le relazioni in oggetto nel rispetto dei termini di legge previsti e in quali tempi si preveda la loro trasmissione.
(5-04006)

Interrogazioni a risposta scritta:

BITONCI e STUCCHI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la Helios Technology, società per azioni con sede legale in via Postumia 9/b a Carmignano di Brenta (Padova) - soggetta alla direzione e al coordinamento della società Kerself Spa con sede in Prato di Correggio (Reggio Emilia), ed una delle più importanti realtà a livello nazionale nella produzione di celle e moduli fotovoltaici presente sul mercato mondiale da alcuni decenni, ha iniziato nei primi giorni di novembre 2010 la cassa integrazione per parte dei suoi 200 dipendenti;
l'azienda, nonostante negli ultimi anni abbia usufruito di numerose commesse, ha dovuto sospendere, in data 15 dicembre 2010, la produzione fino a nuova comunicazione, con ovvie conseguenze per i dipendenti che in essa operano e per le famiglie delle stesse, già provate sia dalle conseguenze della grave crisi economica e dalla cassa integrazione adottata nelle settimane precedenti;
secondo notizie di stampa, in ragione di situazione di difficoltà legata a motivazioni giudiziarie, una ditta fornitrice della Helios, la cinese Ldk, avrebbe chiesto il sequestro conservativo dei beni a tutela di un credito che quest'ultima vanta nei confronti dell'azienda emiliana -:
quali concrete misure i Ministri intendano adottare per evitare che la crisi della Helios Technology spa si riversi sui dipendenti della azienda e quali iniziative si intendano perseguire per salvaguardare i livelli occupazionali delle famiglie del territorio interessato.
(4-10120)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nelle more dell'adozione delle linee guida sulle fonti di energia rinnovabili, la regione Puglia ha autorizzato la costruzione nel territorio di Vernole di un mega impianto industriale di 11 torri eoliche, alte più di 100 metri, per una potenza di circa 22MW, con tutte le opere connesse di infrastrutturazione, cementificazione, messa in posa di cavidotti e sradicamento di ulivi centenari;
l'impianto industriale infatti è previsto nel mezzo dei boschi dell'antica plaga dell'olivo varietà ogliarola, riconosciuta dallo stesso Enrico Presutti nell'inchiesta parlamentare sulle condizioni dei contadini nelle province meridionali e nella Sicilia, del 1909;

l'associazione Save Salento, come già ribadito in una precedente nota congiunta con il Forum Ambiente e Salute, ha denunciato come in questo modo si pregiudicherebbe lo sviluppo del comparto ricettivo e della ristorazione tipica (specie nelle «perle» di Acaya e Pisignano), con una devastazione paesaggistica e la compromissione dell'ecosistema (si pensi soprattutto all'impatto sulle Cesine) di quei bellissimi luoghi;
i dati illustrati dal GSE sull'occupazione del comparto eolico nel corso di audizioni in Commissione ambiente non sono stati tali da esporre un elemento determinante per il Mezzogiorno: l'occupazione localizzata nonostante questo sia un parametro che sarebbe dovuto essere determinante per l'utilizzo dei fondi della legge n. 488 di sviluppo delle aree depresse: per gli impianti eolici l'occupazione localizzata è prossima allo zero;
vanno ricordate le dichiarazioni del presidente della commissione bicamerale antimafia, in trasferta eccezionale in Puglia, il 9 e il 10 dicembre 2010, che hanno lanciato l'allarme nazionale per gli inestricabili intrichi tra mafie d'ogni genere, politica locale pugliese, e impianti eolici e fotovoltaici industriali, le denunce della magistratura, e le numerose inchieste giornalistiche, che hanno finalmente squarciato la muraglia di omertà intorno alla mega-speculazione della «Green Economy Industriale» -:
di quali dati disponga il Governo in merito ai dati dell'occupazione localizzata nel Mezzogiorno nel comparto eolico e se non si ritenga di avviare un'ampia indagine su questo;
se non si ritenga di assumere iniziative normative dirette a rivedere il sistema degli incentivi che resta tra i più alti in Europa.
(4-10147)

TESTO AGGIORNATO AL 16 FEBBRAIO 2011

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PARI OPPORTUNITÀ

Interrogazione a risposta scritta:

MIOTTO, FARINA COSCIONI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
al fine di avere un monitoraggio completo e costante sull'applicazione delle leggi che il Parlamento approva, molte di esse prevedono che il Governo entro termini stabiliti invii una relazione alle Camere affinché queste possano controllare l'impatto che esse hanno sulla società, sulla popolazione;
l'invio delle relazioni non è un atto puramente formale ma incide in maniera significativa su quello che è la conoscenza e quindi la possibilità di agire delle Camere nei singoli settori della società;
risulta che il Ministro interrogato abbia omesso di inviare alle Camere una serie di relazioni tra cui:
legge n. 244 del 2007 articolo 2, comma 484 «Risultati della sperimentazione del bilancio di genere», data prevista di trasmissione 31 marzo 2009;
decreto legislativo n. 215 del 2003 articolo 7, comma 2, lettera f) "Effettiva applicazione del principio di parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica ed efficacia dei meccanismi di tutela, data prevista di trasmissione 21 dicembre 2009;
legge n. 269 del 1998 articolo 17, comma 1 "Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danna ai minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù, data prevista di trasmissione 31 dicembre 2009 -:
quali siano i motivi ostativi che hanno impedito, finora, al Ministro di trasmettere al Parlamento le relazioni in oggetto nel rispetto dei termini di legge previsti e in quali tempi si preveda la loro trasmissione.
(4-10148)

TESTO AGGIORNATO AL 25 GENNAIO 2011

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

NASTRI e CARLUCCI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
secondo i dati fomiti da Eurostat l'Italia ha chiuso il 2010 con una flessione del reddito pro-capite degli agricoltori del 3,3 per cento, rispetto al precedente anno;
tale risultato rappresenta tra i peggiori rendimenti dei 27 Paesi dell'Unione europea considerando che i redditi reali degli agricoltori europei è cresciuto del 12,3 per cento;
i dati suesposti costituiscono un divario che desta segnali di allarme fra le imprese agricole nazionali, nonostante i tempestivi ed adeguati interventi adottati dal Ministro interrogato e dal Governo Berlusconi, a sostegno del comparto agricolo nazionale;
a giudizio degli operatori di categoria, le motivazioni della scarsa crescita reddituale delle imprese agricole e agro-alimentari nazionali, sono riconducibili a una duplice causa, che quotidianamente penalizza le imprese del settore: da una parte il «furto» d'identità e di immagine che in maniera invadente, introduce in commercio il cibo proveniente da chissà quale parte del mondo e presentato come prodotto agro-alimentare italiano; dall'altra il «furto» di valore aggiunto che vede sottopagati i nostri prodotti agricoli senza alcun beneficio per i consumatori;
se non ritenga opportuno valutare l'opportunità di sostenere il comparto agro-alimentare in particolare il settore delle piccole e medie imprese, promuovendo un'iniziativa normativa ad hoc posto che, in molti casi, non risulta possibile coprire i costi di produzione.
(5-03993)

TESTO AGGIORNATO AL 12 GENNAIO 2011

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:

GIOVANELLI, MARGIOTTA, BRANDOLINI, FERRARI, LULLI, GARAVINI, CENNI, MIOTTO, SCHIRRU, GATTI, MARCHI, LUCÀ, TRAPPOLINO, MIGLIOLI, DE PASQUALE, BOCCUZZI, CAPODICASA, PEDOTO, BOCCI, GNECCHI e PIZZETTI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
gli ultimi rapporti Censis rilevano che gli italiani, oltre al già conosciuto senso di lontananza verso le istituzioni, sono certi che la lotta all'illegalità sia diventato purtroppo un problema nazionale che necessità urgentemente di essere affrontato e sconfitto. Si sente il bisogno di un cambiamento che favorisca la trasparenza per abbattere ogni forma di corruzione e alterazione nelle istituzioni e nelle pubbliche amministrazioni;
i dati di Transparency International confermano che la percezione della corruzione in Italia è aumentata considerevolmente tanto che su una stima di 178 Paesi europei l'Italia è classificata al 67o posto dopo il Ruanda;
attuare in questo momento azioni concrete non è solo fondamentale per la lotta alla corruzione, ma consentirebbe ai cittadini di riacquisire fiducia ed eviterebbe che 50 miliardi di euro l'anno vengano bruciati a causa della corruzione stessa;
l'associazione Cittadinanzattiva, a quattro anni dall'entrata in vigore della legge sulla confisca dei beni della mafia, è stata la prima associazione a sollecitare, dopo varie raccolte di firme come quelle di Libera e Avviso Pubblico, che la stessa legge possa venire estesa anche ai reati contro la pubblica amministrazione, ma

tuttora non è stato fatto nulla al riguardo -:
se non si intendano adottare iniziative o misure urgenti e necessarie al riguardo, come spiegato in premessa, affinché la lotta alla corruzione e alla mafia e quindi la difesa e la promozione della legalità come valori fondanti siano una volta per tutte dimostrate da azioni efficaci e reali.
(4-10132)

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RAPPORTI CON IL PARLAMENTO

Interrogazione a risposta immediata:

DI PIETRO e PALOMBA. - Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa si apprende che, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri (che avrebbe fatto questo ragionamento a pranzo al Duke Hotel con i parlamentari europei del Popolo della libertà), ci sarebbe un accordo tra il Presidente della Camera Gianfranco Fini e l'Associazione nazionale magistrati in base al quale l'Associazione nazionale magistrati ha assicurato non belligeranza a Fini e il Presidente della Camera avrebbe garantito la non approvazione di alcuna legge contro i magistrati fino alla durata del suo ruolo di Presidente della Camera;
a detta del Presidente del Consiglio dei ministri, «il Presidente della Camera ha dato assicurazioni che fin quando ci sarà lui nel ruolo di Presidente non verrà fatta alcuna legge contro i magistrati» e il Presidente del Consiglio dei ministri sostiene, inoltre, che, durante l'esame in Commissione giustizia della Camera dei deputati della riforma delle intercettazioni, il segretario dell'Associazione nazionale magistrati avrebbe suggerito alcuni emendamenti alla presidente, onorevole Giulia Bongiorno;
è di tutta evidenza che si tratta di parole di accusa molto gravi che delegittimano le istituzioni e che devono essere immediatamente chiarite o smentite -:
se rispondano al vero le informazioni riferite in premessa e se non reputi di riferire subito dei fatti a sua conoscenza nelle sedi istituzionali.
(3-01381)

TESTO AGGIORNATO AL 25 GENNAIO 2011

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SALUTE

Interrogazione a risposta immediata:

BALDELLI e BARANI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la malnutrizione negli ospedali è un problema concreto che rallenta il percorso di guarigione, rende ancora più spiacevole la degenza e grava sul servizio sanitario nazionale;
il rapporto con il cibo è sempre importante, tanto più in periodi delicati della vita come lo sono i ricoveri in ospedale, che espongono il fisico già vulnerabile ad un ulteriore indebolimento dovuto alle carenze nutrizionali;
la ristorazione ospedaliera è parte integrante della terapia clinica;
una corretta alimentazione durante il ricovero, in particolar modo con riguardo agli anziani e ai lungodegenti, diventa parte integrante del percorso di cura -:
quali siano gli interventi del Ministero della salute in materia di ristorazione ospedaliera.
(3-01375)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XII Commissione:

MIOTTO, BUCCHINO, D'INCECCO, MURER, SARUBBI, FARINA COSCIONI e PEDOTO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'Agenzia internazionale di ricerca sul cancro (I.A.R,C.) classifica l'arsenico come

elemento cancerogeno certo di classe 1 e lo pone in diretta correlazione con molte patologie oncologiche e, in particolare, con il tumore del polmone, della vescica, del rene, della cute, del fegato e del colon;
l'assunzione cronica di arsenico, soprattutto attraverso acque contaminate, è indicata da una consistente documentazione scientifica anche quale responsabile di patologie cardiovascolari, neurologiche, neurocomportamentali, di diabete di tipo 2, di lesioni cutanee, di disturbi respiratori, di disturbi della sfera riproduttiva e di malattie ematologiche;
il decreto legislativo n. 31 del 2 febbraio 2001, modificato e integrato dal successivo decreto legislativo n. 27 del 2002, che disciplina la qualità delle acque potabili destinate al consumo umano garantendone la salubrità e la pulizia, in recepimento della direttiva europea 98/83/CE, ha abbassato il limite previsto per l'arsenico nelle acque potabili da 50 a 10 µg/l (microgrammi/litro), proprio in considerazione della sua cancerogenicità e tossicità e dell'evidente rischio per la salute umana;
l'Italia fin dal 2003 ha continuamente fatto ricorso all'istituto della deroga, che ha innalzato il limite previsto dal decreto legislativo n. 31 del 2001 da 10 a 50 microgrammi/litro per l'arsenico (ma anche i limiti per altri elementi quali: il fluoro, il vanadio, il selenio) e di fatto ha reso potabili per deroga acque che in realtà non lo sono;
i periodi di deroga, come disposto dal succitato decreto legislativo, avrebbero dovuto avere la durata più breve possibile, comunque non superiore a tre anni, nei quali si sarebbero dovuti presentare ed attuare piani di rientro mediante idonee tecnologie di trattamento delle acque captate e/o attraverso l'individuazione di nuove risorse idriche sostitutive, in modo da assicurare acque salubri e pulite alle popolazioni;
la Commissione europea il 28 ottobre 2010 con il documento n. C(2010)7605 ha risposto negativamente alla richiesta di un'ulteriore deroga da parte dell'Italia;
la richiesta di deroga se venisse reiterata ed accolta determinerebbe il persistere di una condizione di grave e reale rischio per la salute delle persone e, in particolare, dei bambini -:
quali interventi siano stati realizzati e quali obiettivi siano stati raggiunti, a giustificazione dei ripetuti periodi di deroga concessi fin dal 2003, per riportare i valori dell'arsenico nei limiti indicati dal decreto legislativo n. 31 del 2001 e se, durante tutti i periodi di deroga le popolazioni delle aree interessate siano state informate in modo adeguato circa i rischi per la salute derivanti dall'assunzione di acque contenenti elevati valori di arsenico e di preparazioni alimentari realizzate con le stesse, nonché se il Ministro abbia i dati del fenomeno in oggetto.
(5-03999)

BARANI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
prosegue l'iter per l'applicazione e l'implementazione della legge n. 38 del 2010 sulla terapia del dolore e le cure palliative attraverso sette step annunciati dal Ministero della salute;
il 24 giugno 2010, la commissione ministeriale per le cure palliative e la terapia del dolore, guidata dal professor Fanelli, ha prodotto il primo dei sette passi: le linee guida sulle cure palliative;
secondo notizie di stampa, in sede di Conferenza Stato-regioni, alcune regioni avrebbero espresso rilievi sulle citate linee guida, il che potrebbe portare ad un rallentamento nell'applicazione della legge n. 38, una legge attesa da anni sia dagli operatori medici e sanitari che dai malati e dalle loro famiglie;
il Governo e la maggioranza sono sempre stati molto attenti ed interessati a far si che la terapia del dolore fosse applicata anche in Italia e la prova di tale

impegno è stata l'approvazione della legge n. 38, con il consenso unanime del Parlamento;
ora per la sua applicazione c'è bisogno di un'ampia collaborazione delle regioni, in particolare da parte di quelle in cui le liste d'attesa per la presa in carico dei pazienti terminali vanno oltre le 72 ore previste dal decreto ministeriale presentato alla Conferenza Stato-regioni il 16 dicembre 2010;
le regioni dovranno implementare i servizi e dovranno allinearsi ai progetti sperimentali avviati in alcune realtà locali;
l'Italia è l'unico Paese in Europa a fornire questi servizi nella sfera pubblica e nel 2009 i malati assistiti sono stati 11 mila, di cui un terzo oncologici -:
quali iniziative, il Ministro interrogato, intenda assumere per rafforzare e velocizzare gli step già individuati dalla commissione e quali azioni intenda predisporre per garantire l'applicazione uniforme su tutto il territorio nazionale delle linee guide sulla terapia del dolore e le cure palliative.
(5-04000)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

RUGGHIA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
le manovre economiche che si sono succedute in questi due ultimi anni hanno considerevolmente ridotto le risorse finanziarie che lo Stato mette annualmente a disposizione per il Servizio sanitario nazionale;
per effetto di tale manovra molte regioni, tra cui la regione Lazio, si sono viste costrette a ridurre a loro volta i fondi a disposizione per tutte le strutture accreditate, compresi i centri riabilitativi;
questo ha comportato la sospensione di molti progetti riabilitativi in atto e, dunque, la necessità di non poter più prendere in carico persone disabili che, fino a quel momento, erano assistite dal servizio sanitario;
tutto ciò ha pesanti ripercussioni, in primo luogo, sui pazienti/utenti che si vedono negare così un diritto fondamentale, sancito dall'articolo 32 della Costituzione come è successo al signor Giuseppe Gallinelli, inalato di atrofia multi sistemica che dal luglio 2010 non riesce più ad avere un'assistenza riabilitativa e logopedistica adeguata e continuativa -:
di quali dati disponga il Ministro in ordine agli effetti determinati dalla riduzione dei finanziamenti statali sul rispetto dei livelli essenziali di assistenza;
se non ritenga opportuno e doveroso individuare tutte le risorse economiche e finanziarie necessarie affinché i trasferimenti alle regioni siano sufficienti ed adeguati e affinché queste non si vedano costrette a ridurre i servizi e l'assistenza ai malati, con particolare riguardo alle forme di assistenza per quei cittadini che soffrono di patologie più gravi e che sono bisognosi di assistenza continuativa.
(5-04004)

MIOTTO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
al fine di avere un monitoraggio completo e costante sull'applicazione delle leggi che il Parlamento approva, molte di esse prevedono che il Governo entro termini stabiliti invii una relazione alle Camere affinché queste possano controllare l'impatto che esse hanno sulla società, sulla popolazione;
l'invio delle relazioni non è un atto puramente formale ma incide in maniera significativa su quello che è la conoscenza e quindi la possibilità di agire delle Camere nei singoli settori della società;
risulta che il Ministro interrogato abbia omesso di inviare alle Camere una serie di relazioni tra cui:
legge n. 70 del 1975, articolo 30, comma 5, tabella II; Attività svolta, bilancio

di previsione e consistenza dell'organico della Lega italiana per la lotta contro i tumori, data prevista di trasmissione 31 luglio 2009;
legge n. 70 del 1975, articolo 30, comma 5; Attività svolta, bilancio di previsione e consistenza dell'organico dell'istituto superiore di sanità - ISS, data prevista di trasmissione 31 luglio 2002;
decreto legislativo n. 267 del 1993, articolo 1, comma 3; Attività dell'Istituto superiore di sanità, data prevista trasmissione 31 dicembre 2002;
decreto-legge n. 393 del 2000, articolo 4-bis, comma 3, Stato di salute del personale militare e civile impiegato nei territori della ex Jugoslavia, data prevista di trasmissione 31 dicembre 2009;
decreto legislativo n. 502 del 1992, articolo 19-quinquies, comma 1 e decreto legislativo n. 229 del 1999, articolo 16, comma 1; Andamento della spesa sanitaria, data prevista di trasmissione 31 dicembre 2000;
legge n. 662 del 1996, articolo 1, comma 24; Iniziative nazionali e regionali per la dismissione dei residui manicomiali e per attuazione del progetto-obiettivo «Tutela della salute mentale 1994-1996»; data prevista di trasmissione 30 giugno 2006;
decreto-legge n. 390 del 1995, articolo 7, comma 1-ter; gestione finanziaria dell'associazione italiana della croce rossa; data prevista di trasmissione 31 marzo 2009;
legge n. 115 del 1987, articolo 12, comma 3; Stato delle conoscenze e delle nuove acquisizioni scientifiche in tema di diabete mellito ed insipido, con particolare riferimento ai problemi concernenti la prevenzione; data prevista di trasmissione 31 dicembre 2009;
legge n. 833 del 1978, articolo 8, comma terzo, Stato sanitario del Paese; data prevista di trasmissione 31 marzo 2010;
decreto-legge n. 3 del 2006, articolo 11, comma 1, Applicazione del decreto-legge n. 2 del 2006 recante attuazione della direttiva 98/44/CE in materia di protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche; data prevista di trasmissione 11 marzo 2007;
legge n. 488 del 1999, articolo 29, comma 14, identificazione dei motivi del superamento dei limiti della spesa farmaceutica nelle singole regioni e dati di vendita delle ditte farmaceutiche; data prevista di trasmissione 31 dicembre 2005;
per molte altre relazioni il termine ultimo previsto per la presentazione è il 31 dicembre di ogni anno -:
quali siano i motivi ostativi che hanno impedito, finora, al Ministro di trasmettere al Parlamento le relazioni in oggetto nel rispetto dei termini di legge previsti e in quali tempi si preveda la loro trasmissione.
(5-04005)

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo il sito dell'Osservatorio nazionale sulla sperimentazione clinica sui medicinali (OSSC) dell'Agenzia italiana del farmaco risulta «conclusa» la seguente sperimentazione: EudraCT number: 2006-002037-20; codice protocollo: GA/9016; titolo protocollo: studio multinazionale, multicentrico, randomizzato, a gruppi paralleli, in doppio cieco per valutare l'efficacia, la tollerabilità e la sicurezza di Glatiramer acetato 40 mg/ml, formulazione per iniezione, in confronto a Glatiramer acetato 20 mg/ml, formulazione per iniezione, somministrato una volta al giorno per via sottocutanea in pazienti affetti da sclerosi multipla (SM) con fasi d'esacerbazione e remissione (RR); data di registrazione: 22 maggio 2006; promotore: Teva Italia srl; area terapeutica: neurologia;

indicazione proposta: pazienti affetti da sclerosi multipla con esacerbazioni e remissioni -:
quali siano i criteri di reclutamento dei pazienti;
quale sia il costo della sopra citata sperimentazione;
se siano disponibili, e dove, i risultati parziali della sopra citata sperimentazione, e se saranno divulgati in congressi nazionali e internazionali e confrontati con i risultati di altri analoghi studi e sperimentazioni.
(4-10105)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo il sito dell'Osservatorio nazionale sulla sperimentazione clinica sui medicinali (OSSC) dell'Agenzia italiana del farmaco risulta «conclusa» la seguente sperimentazione: EudraCT number: 2004-005148-28; codice protocollo: 25643; titolo protocollo: Studio multicentrico di fase III, randomizzato, in doppio cieco, a tre bracci, controllato con placebo con lo scopo di valutare la sicurezza e l'efficacia della cladribina orale in pazienti affetti da sclerosi multipla a ricadute e remissioni (RRMS); data di registrazione: 15 giugno 2005; promotore: Merck Serono Sa; area terapeutica: neurologia; indicazione proposta: sclerosi multipla Remissiva-Remittente -:
quali siano stati i tempi di chiusura della sopra citata sperimentazione;
quali siano i criteri di reclutamento dei pazienti;
quale sia il costo della sopra citata sperimentazione;
se siano disponibili, e dove, i risultati parziali della sopra citata sperimentazione, e se saranno divulgati in congressi nazionali e internazionali e confrontati con i risultati di altri analoghi studi e sperimentazioni.
(4-10106)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo il sito dell'Osservatorio nazionale sulla sperimentazione clinica sui medicinali (OSSC) dell'Agenzia italiana del farmaco risulta conclusa la seguente sperimentazione: EudraCT number: 2007-000192-42; codice protocollo: 191622-516-00; titolo protocollo: Studio multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, verso placebo, su gruppi paralleli, finalizzato a valutare la sicurezza e l'efficacia di un singolo trattamento a due livelli di dose con BOTOX (tossina botulinica di tipo A) complesso di neurotossine purificato, seguito da un secondo trattamento con BOTOX in pazienti presentanti incontinenza urinaria da iperattività detrusoriale neurogena; data di registrazione: 19 aprile 2007; promotore: ALLERGAN; area terapeutica: neurologia/urologia; indicazione proposta: incontinenza urinaria causata da iperattività detrusoriale neurogena (lesione spinale o sclerosi multipla) -:
quali siano stati i tempi di chiusura della sopra citata sperimentazione;
quali siano i criteri di reclutamento dei pazienti;
quale sia il costo della sopra citata sperimentazione;
se siano disponibili, e dove, i risultati parziali della sopra citata sperimentazione, e se saranno divulgati in congressi nazionali e internazionali e confrontati con i risultati di altri analoghi studi e sperimentazioni.
(4-10107)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo il sito dell'Osservatorio nazionale sulla sperimentazione clinica sui medicinali (OSSC) dell'Agenzia italiana del farmaco risulta conclusa la seguente sperimentazione: EudraCT number: 2005-005985-35;

codice protocollo: 1206.15; titolo protocollo: studio di 24 settimane, basato sulla risonanza magnetica, doppio-cieco, randomizzato, controllato verso placebo, a dosi crescenti variabili, per valutare la sicurezza, l'efficacia e la farmacocinetica di BIRT 2584 XX compresse, alle dosi di 100, 300 e 500 mg, somministrato una volta al giorno in pazienti con forme recidivanti di sclerosi multipla; data di registrazione: 15 giugno 2006; promotore: BOEHRINGER ING.; area terapeutica: neurologia; indicazione proposta: forme recidivanti di sclerosi multipla -:
quali siano stati i tempi di chiusura della sopra citata sperimentazione;
quali siano i criteri di reclutamento dei pazienti;
quale sia il costo della sopra citata sperimentazione;
se siano disponibili, e dove, i risultati parziali della sopra citata sperimentazione, se saranno divulgati in congressi nazionali e internazionali e confrontati con i risultati di altri analoghi studi e sperimentazioni.
(4-10108)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo il sito dell'Osservatorio nazionale sulla sperimentazione clinica sui medicinali (OSSC) dell'Agenzia italiana del farmaco risulta «conclusa» la seguente sperimentazione: EudraCT number: 2009-010661-23; codice protocollo: 2009-010661-23; titolo protocollo: mitoxantrone/glatiramer acetate combined treatment in the therapy of secondary-progressive multiple sclerosis; data di registrazione: 26 maggio 2009; promotore: Azienda ospedaliera universitaria della seconda università degli studi di Napoli; area terapeutica: neurologia; indicazione proposta: pazienti affetti da sclerosi multipla secondaria-progressiva -:
quali siano stati i tempi di chiusura della sopra citata sperimentazione;
quali siano i criteri di reclutamento dei pazienti;
quale sia il costo della sopra citata sperimentazione;
se siano disponibili, e dove, i risultati parziali della sopra citata sperimentazione, e se saranno divulgati in congressi nazionali e internazionali e confrontati con i risultati di altri analoghi studi e sperimentazioni.
(4-10109)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo il sito dell'Osservatorio nazionale sulla sperimentazione clinica sui medicinali (OSSC) dell'Agenzia italiana del farmaco risulta «conclusa» la seguente sperimentazione: EudraCT number: 2005-002108-40; codice protocollo: ALP 01; titolo protocollo: Rebalip in sm: interferone associati ALLi: ACIDOfn alfa-Lipoico. Studio clinico pilota, doppio cieco, randomizzato e controllato verso placebo per la valutazione di un trattamento combinato con acidofnfn alfa-f{lipoico per os (400 mg/2die per i primi 12 mesi e 200 mg/2die per i successivi 12 mesi) e interferone-beta 1-a (IFN3] 1-a) s.c. sulla tollerabilità, sui parametri fisici (fatica e QoL)), clinici e di risonanza magnetica (RMN) in soggetti affetti da sclerosi multipla relapsing-remitting (SMRR); data di registrazione: 14 giugno 2005; promotore: azienda Policlinico Umberto I; area terapeutica: neurologia; indicazione proposta: Sclerosi multipla -:
quali siano i criteri di reclutamento dei pazienti;
quale sia il costo della sopra citata sperimentazione;
se siano disponibili, e dove, i risultati parziali della sopra citata sperimentazione,

e se saranno divulgati in congressi nazionali e internazionali e confrontati con i risultati di altri analoghi studi e sperimentazioni.
(4-10110)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo il sito dell'Osservatorio nazionale sulla sperimentazione clinica sui medicinali (OSSC) dell'Agenzia italiana del farmaco risulta «conclusa» la seguente sperimentazione: EudraCT number: 2007-001161-14; codice protocollo: CAMMS 323; titolo protocollo: Studio randomizzato di Fase 3 con valutatore in cieco di confronto tra due cicli annuali di Alemtuzumab somministrato per via endovenosa e tre iniezioni sottocutanee settimanali di Interferone beta-1a (Rebif) in pazienti non trattati con sclerosi multipla recidivante-remittente; data di registrazione: 27 novembre 2008; promotore: Genzyme; area terapeutica: neurologia; indicazione proposta: sclerosi multipla recidivante-remittente -:
quali siano i criteri di reclutamento dei pazienti;
quale sia il costo della sopra citata sperimentazione;
se siano disponibili, e dove, i risultati parziali della sopra citata sperimentazione, e se saranno divulgati in congressi nazionali e internazionali e confrontati con i risultati di altri analoghi studi e sperimentazioni.
(4-10111)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo il sito dell'Osservatorio nazionale sulla sperimentazione clinica sui medicinali (OSSC) dell'Agenzia italiana del farmaco risulta «conclusa» la seguente sperimentazione: EudraCT number: 2006-003037-32; codice protocollo: 27178; titolo protocollo: studio a due bracci randomizzato in doppio cieco, con gruppo di controllo, multicentrico, di fase IIIB con l'effettuazione di risonanze magnetiche mensili e la rilevazione di biomarkers, per valutare l'efficacia, la sicurezza e la tollerabilità di Rebif new formulation (IFN-BETA-1A) in pazienti sclerosi multipla a ricadute e remissioni; data di registrazione: 13 novembre 2006; promotore: Merck Serono SA; area terapeutica: neurologia; indicazione proposta: sclerosi multipla a ricadute e remissioni -:
quali siano stati i tempi di chiusura della sopra citata sperimentazione;
quali siano i criteri di reclutamento dei pazienti;
quale sia il costo della sopra citata sperimentazione;
se siano disponibili, e dove, i risultati parziali della sopra citata sperimentazione, e se saranno divulgati in congressi nazionali e internazionali e confrontati con i risultati di altri analoghi studi e sperimentazioni.
(4-10112)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo il sito dell'Osservatorio nazionale sulla sperimentazione clinica sui medicinali (OSSC) dell'Agenzia italiana del farmaco risulta «conclusa» la seguente sperimentazione: EudraCT number: 2006-002633-20; codice protocollo: A4M105038; titolo protocollo: «Studio randomizzato, in doppio cieco, controllato verso placebo, a gruppi paralleli, di definizione della dose, per valutare l'efficacia determinata mediante risonanza magnetica (RM) e la sicurezza di firategrast somministrato per sei mesi (150-1200 mg due volte al giorno) in soggetti con sclerosi multipla recidivante-remittente; data di registrazione: 07 settembre 2006; promotore: Glaxo Smithkine;

area terapeutica: neurologia; indicazione proposta: sclerosi multipla -:
quali siano stati i tempi di chiusura della sopra citata sperimentazione;
quali siano i criteri di reclutamento dei pazienti;
quale sia il costo della sopra citata sperimentazione;
se siano disponibili, e dove, i risultati parziali della sopra citata sperimentazione, e se saranno divulgati in congressi nazionali e internazionali e confrontati con i risultati di altri analoghi studi e sperimentazioni.
(4-10113)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo il sito dell'Osservatorio nazionale sulla sperimentazione clinica sui medicinali (OSSC) dell'Agenzia italiana del farmaco risulta la seguente sperimentazione «conclusa»: EudraCT number: 2006-005270-47; codice protocollo: 2006-005270-47/309363; titolo protocollo: Studio multicentrico, internazionale, di fase IIIb del trattamento per via sottocutanea a giorni alterni di pazienti affetti da sclerosi multipla remittente con: fase A) betaferon 250 µg or 500 µg in doppio cieco o betaferon 250 µg in aperto Fase B) betaferon 500 µg in aperto; data di registrazione: 17 luglio 2007; promotore: SCHERING; area terapeutica: neurologia; indicazione proposta: sclerosi multipla remittente -:
quali siano stati i tempi di chiusura della sopra citata sperimentazione;
quali siano i criteri di reclutamento dei pazienti;
quale sia il costo della sopra citata sperimentazione;
se siano disponibili, e dove, i risultati parziali della sopra citata sperimentazione, e se saranno divulgati in congressi nazionali e internazionali e confrontati con i risultati di altri analoghi studi e sperimentazioni.
(4-10114)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo il sito dell'Osservatorio nazionale sulla sperimentazione clinica sui medicinali (OSSC) dell'Agenzia italiana del farmaco risulta «conclusa» la seguente sperimentazione: EudraCT number 2004-000462-13; codice protocollo: GA/7025; titolo protocollo: studio pilota, multicentrico, in aperto, di valutazione, entro soggetti, dell'efficacia, tollerabilità e sicurezza di Glatiramer Acetato (GA) 300 mg, per via orale, in unica somministrazione giornaliera, in pazienti affetti da sclerosi multipla (SM) con fasi di esacerbazione e remissione (R-R); data di registrazione: 25 maggio 2004; promotore: Teva; area terapeutica: neurologia; indicazione proposta: riduzione della frequenza delle esacerbazioni in pazienti deambulanti affetti da sclerosi multipla recidivante, con fasi di remissione, caratterizzati da almeno un attacco di disfunzione neurologica nel precedente periodo di un anno -:
quali siano i criteri di reclutamento dei pazienti;
quale sia il costo della sopra citata sperimentazione;
se siano disponibili, e dove, i risultati parziali della sopra citata sperimentazione, e se saranno divulgati in congressi nazionali e internazionali e confrontati con i risultati di altri analoghi studi e sperimentazioni.
(4-10115)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo il sito dell'Osservatorio nazionale sulla sperimentazione clinica sui

medicinali (OSSC) dell'agenzia italiana del farmaco, risulta «aperta» la seguente sperimentazione: EudraCT number: 2008-006786-92; codice protocollo: AC-058B201; titolo protocollo: Studio multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, a gruppi paralleli, di individuazione della dose per valutare l'efficacia, la sicurezza e la tollerabilità di tre dosi di ACT-128800, un agonista orale del recettore S1P1, somministrato per ventiquattro settimane in pazienti con sclerosi multipla recidivante remittente; data di registrazione: 11 luglio 2009; promotore: Actelion Pharmaceuticals Italia; area terapeutica: immunologia e malattie infettive Indicazione proposta: sclerosi multipla recidivante remittente -:
quali siano i criteri di reclutamento dei pazienti;
quale sia il costo della sopra citata sperimentazione;
se siano disponibili, e dove, i risultati parziali della sopra citata sperimentazione, e se saranno divulgati in congressi nazionali e internazionali e confrontati con i risultati di altri analoghi studi e sperimentazioni.
(4-10116)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la dottoressa Antonella Litta, medico, referente dell'Associazione italiana medici per l'ambiente (Isde di Viterbo) ha pubblicato un allarmante articolo sul settimanale «Left» del 17 dicembre 2010;
nel citato articolo, tra l'altro si sostiene che «l'accesso e la disponibilità di acque, salubri, pulite e di qualità, sono le condizioni necessarie e indispensabili per vivere in modo sano e per proteggere lo stato di salute di tutte le persone e in particolare dei bambini che sono, dal punto di vista biologico, organismi in rapido accrescimento, con un sistema immunitario ancora in fase di maturazione, con un metabolismo molto accelerato e che consumano quantitativi di acqua, come di aria, molto più elevati rispetto ai soggetti adulti;
si rammenta che il decreto legislativo n. 31 del 2 febbraio 2001, modificato e integrato con successivo decreto legislativo 27/02, disciplina in Italia la qualità delle acque potabili destinate al consumo umano, garantendone salubrità e pulizia, in recepimento della Direttiva europea 98/83/CE, e all'articolo 4 afferma: «1. Le acque destinate al consumo umano devono essere salubri e pulite. 2. Al fine di cui al comma 1, le acque destinate al consumo umano: a) non devono contenere microrganismi e parassiti, né altre sostanze, in quantità o concentrazioni tali da rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana;...»;
la presenza di arsenico, vanadio, selenio, fluoro, mercurio, di metalli pesanti, radionuclidi, di pesticidi, di fitofarmaci, di diossine, di sottoprodotti della disinfezione dell'acqua per clorazione, batteri, virus, parassiti, alghe, microcistine, e altro, può invece fare dell'acqua una vera e propria minaccia alla salute delle persone, anche attraverso la contaminazione di alimenti che con essa vengono preparati e più in generale con la contaminazione di specie ittiche e vegetali;
questa minaccia contiene in sé alcuni aspetti ancora più subdoli e insidiosi: i bambini vittime della pandemia silenziosa. Le sostanze tossiche e cancerogene presenti nelle acque provocano tumori infantili e danni al sistema neurologico spesso trascurati e posti poco o marginalmente in correlazione con l'assunzione di acqua non salubre;
molti elementi tossici e cancerogeni, presenti anche a livelli ritenuti ammissibili per legge nelle acque consumate da soggetti adulti, possono nel periodo della gravidanza, attraverso l'esposizione materno-fetale ad acque contaminate assunte

cronicamente, superare la barriera placentare ed ematocerebrale fetale e quindi compromettere la salute del futuro nascituro aumentando il rischio di malattie in età infantile e adulta;
recenti indagini hanno rilevato che un bambino su sei negli Stati Uniti d'America è affetto da disturbi dell'apprendimento, disordini e/o deficit del livello di attenzione e problemi di tipo comportamentale. Per quanto riguarda i Paesi europei, i dati sono simili. Patologie del neurosviluppo (NDD) - autismo, disturbo da deficit dell'attenzione (ADD-attetion deficit disorder), disturbo dell'attenzione da iperattività (ADHD-attention deficit hyperactivity disorder) e ritardo mentale, come un aumentato rischio di morbo di Parkinson, morbo di Alzheimer e altre malattie neuro-degenerative e neoplastiche, sono infatti, con sempre maggiori evidenze scientifiche, correlate anche all'esposizione materna a inquinanti chimici-ambientali veicolati anche attraverso l'assunzione di acqua;
in una rassegna della letteratura scientifica, pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica «The Lancet» nel 2006 (volume 368, issue 9553, pages 2167-78) dai ricercatori P. Grandjean, della Harvard school of public health, e da P.J. Landrigan, del Mount Sinai school of medicine, sono stati presi in esame i dati pubblici disponibili sulla tossicità chimica per identificare le sostanze che con maggior probabilità interferiscono nello sviluppo delle strutture-cerebrali: 202 sostanze chimiche industriali sono state identificate come capaci di danneggiare il cervello umano;
i due ricercatori fanno presente che questo elenco non può essere considerato completo; infatti il numero di sostanze chimiche in grado di causare neurotossicità in test su animali di laboratorio supera il numero di mille. I due autori hanno quindi esaminato le pubblicazioni relative alle sole cinque sostanze dell'elenco - piombo, metilmercurio, arsenico, i PCB (bifenili policlorurati) e toluene - la cui tossicità per il cervello in via di sviluppo era stata già sufficientemente documentata; sostanze che spesso ritroviamo proprio nelle acque destinate a consumo umano. Il lavoro succitato rappresenta una pietra miliare in questo particolare campo d'indagine e si conclude con la forte e impegnativa affermazione che l'inquinamento chimico può aver danneggiato milioni di bambini in tutto il mondo, determinando quella che viene ora definita la «pandemia silenziosa» poiché gli effetti tossici delle sostanze chimiche industriali sui bambini sono stati e sono in genere trascurati;
il Registro tumori italiano (www.regi-stri-tumori.it) ci informa che ogni anno in Italia si stimano circa 250mila nuove diagnosi di tumore mentre dieci anni fa erano 225mila. I tumori infantili sono una patologia estremamente rara ma il numero di bambini e adolescenti colpiti ogni anno è in aumento;
nel «Rapporto 2008 - tumori infantili. Incidenza, sopravvivenza, andamenti temporali» (pubblicato su Epidemiologia Prevenzione 2008; 32(2) Supplemento 2: 1-112), il tasso di incidenza per tutti i tumori pediatrici in Italia nel periodo osservato risulta il più alto di quello rilevato negli anni Novanta negli Stati Uniti e in Europa. Si tratta di un fenomeno che riguarda tutti i Paesi occidentali e l'incidenza dei tumori infantili in Italia, nel primo anno di vita, ha un incremento annuale che è il doppio rispetto a quello degli altri Paesi europei. Questo dato e le conoscenze scientifiche che evidenziano un ruolo sempre più determinante dell'ambiente nella genesi delle patologie tumorali e cronico-degenerative, dovrebbero imporre subito una seria politica di riduzione dell'esposizione delle popolazioni e in particolare dei bambini e delle donne in gravidanza a sostanze tossiche e inquinanti, e il pieno rispetto di quanto stabilito dal già citato decreto legislativo n. 31/2001 in materia di potabilità delle acque. Quindi bene ha fatto la Commissione europea che il 28 ottobre 2010 con il documento n. C (2010)7605

ha risposto negativamente alla richiesta del governo italiano per un'ulteriore deroga al parametro arsenico (fino a 50 microgrammi/litro), ribadendo che il livello massimo per questa sostanza nelle acque destinate al consumo umano non deve superare i 10 microgrammi/litro. L'arsenico infatti è un elemento cancerogeno certo di classe 1, secondo l'Agenzia internazionale di ricerca, sul cancro (Iarc), e ha una correlazione diretta con molte patologie oncologiche e in particolare con il tumore del polmone, della, vescica, del rene e della cute. Inoltre l'esposizione cronica all'arsenico attraverso l'acqua assunta come bevanda è stata associata anche a cancro del fegato e del colon. Una corposa documentazione scientifica associa l'arsenico, sempre attraverso l'assunzione cronica di acque contaminate, anche a patologie cardiovascolari; neurologiche e neurocomportamentali; diabete di tipo 2; lesioni cutanee; disturbi respiratori; disturbi della sfera riproduttiva e malattie ematologiche;
la Commissione europea, già dal 20 dicembre 2001, con la direttiva 2001/928/Euratom, tuttora largamente disattesa, ha richiamato l'attenzione dell'Italia sulla necessità di tutelare le popolazioni contro l'esposizione al radon nell'acqua potabile; un gas radioattivo responsabile del cancro del polmone; un contaminante ambientale di cui si parla troppo poco quando si pensa alla potabilità delle acque -:
se il Ministro della salute confermi o smentisca quanto sopra esposto;
come spieghino che la direttiva 2001/928/Euratom, sia largamente disattesa e se siano note le ragioni di quanto accade e accaduto;
nel caso il contenuto della denuncia della dottoressa Litta risulti confermato, quali urgenti iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative, intenda promuovere ed adottare.
(4-10137)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il 14 dicembre 2010 presso la sala giunta della città di Melfi si è tenuta una conferenza di servizi dalla quale è emerso che l'inceneritore Fenice continua ad inquinare la falda acquifera con nichel, cromo e trielina;
come riportato da un articolo di Piero Dommanco pubblicato sul quotidiano Terra del 19 dicembre 2010, l'inceneritore EDF-Fenice spa, in provincia di Matera, è uno dei più grandi d'Europa per smaltimento di rifiuti industriali ed assorbe la quasi totalità di scorie prodotte dal settore automobilistico italiano;
l'articolo parla di 30.000 tonnellate annue trattate di rifiuti solidi assimilati agli urbani e 35.000 tonnellate annue dichiarate di rifiuti industriali;
come già evidenziato nelle interrogazioni 5-01842 e 5-02008, tuttora senza risposta, e come riferito anche dal radicale Maurizio Bolognetti, ascoltato il 23 settembre 2010 in Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, l'impianto ha continuato ad operare nonostante fossero emersi livelli preoccupanti di mercurio e, fatto ancor più grave, tali dati, noti all'Arpab per lo meno da gennaio 2008, venissero comunicati dall'allora direttore Vincenzo Sigillito, all'autorità sanitaria nella persona del sindaco di Melfi, e anche ad altri enti, solo nel marzo del 2009;
inoltre è emerso che, nonostante dal 2002 fosse stato affidato all'Arpab il compito di monitorare le matrici ambientali di quell'area, non ci sarebbero i monitoraggi del quinquennio 2002-2006, o se ci sono non valgono, perché non sono stati validati. Il sospetto che sorge a qualcuno è che forse l'inquinamento potrebbe essere iniziato ancora prima del gennaio del 2008;

è emerso inoltre che nella falda non vi sono sfioramenti solo dei livelli di mercurio ma anche di nichel, cromo, tricloroetilene, tetracloroetilene, fioruri, alifati clorurati cancerogeni. Una presenza allarmante di sostanze altamente nocive per la salute, con concentrazioni oltre i limiti consentiti da decreto legislativo n. 152 del 2006, che ha giustificato le due ordinanze del comune di Melfi (la n. 03/09 del 14 marzo 2009 e la n. 4/09 del 22 maggio 2009 14 marzo 2009, ndr), tuttora in vigore, con le quali si fa assoluto «divieto di utilizzo, a qualsiasi scopo, delle acque sotterranee emungibili dai pozzi presenti all'interno del perimetro del sito dell'impianto di termovalorizzazione Fenice nonché di quelli a valle del sito stesso»;
nel corso della conferenza di servizi del 14 dicembre 2010 funzionari della regione hanno evidenziato come non siano stati «finora sufficienti» gli sforzi messi in atto da Fenice per riportare la situazione alla normalità. Emungendo, infatti, acqua dalla falda inquinata e monitorando il sito mensilmente, se da una parte sono rientrati i preoccupanti valori del mercurio, dall'altra restano oltre la soglia consentita quelli del nichel, del cromo e del tricloroetilene;
inoltre dalla lettura dell'ultimo rapporto rifiuti dell'Ispra risulta che l'autorizzazione integrale ambientale (AIA) per l'inceneritore EDF-Fenice spa è scaduta il 19 ottobre 2010 e che gli uffici competenti della regione Basilicata tentano di validare, assecondando l'articolo 9, comma 4, del decreto legislativo 59 del 2005 che impone una rivalutazione dell'AIA in caso di accertato «inquinamento provocato dell'impianto» e, addirittura, lo stop all'incenerimento dei rifiuti;
EDF-Fenice spa non si è adoperata infatti nella risoluzione dell'accertata contaminazione - dovuta ad un malfunzionamento di uno dei due forni per l'incenerimento dei rifiuti speciali, come dimostrano le tabelle sull'attività di monitoraggio della matrice ambientale «acqua», riguardanti i metalli pesanti, aggiornate alla fine di settembre 2010 e divulgate nel mese di novembre. A destare preoccupazione è il nichel, in 5 dei 9 pozzi di emungimento, e il tricloroetilene (trielina);
tutto questo mentre l'inceneritore continua a bruciare rifiuti a ritmi serrati, anche in virtù di una recente ordinanza del presidente della giunta regionale, Vito De Filippo, che ha disposto il conferimento di 1.600 tonnellate di rifiuti tale e quale, provenienti dal centro di trasferenza di Tito a decorrere dal 1o dicembre 2010 al 31 dicembre 2010 e a fronte di un'anomalia contenuta nel piano di gestione dei rifiuti speciali della provincia di Potenza, secondo il quale le quantità smaltibili riportate nel piano variano da un minimo di 45.000 tonnellate all'anno ad un massimo di 65.000, a fronte di una capacità massima del forno rotante di 35.000;
nel 2008 a Melfi furono trasferiti i fusti contenenti vernici e solventi, interrati illecitamente in contrada Fosso Lavandaio di Pisticci e i percolati della discarica di contrada Frontoni di Santarcangelo. Un'operazione di conferimento, quest'ultima costata 600mila euro, con i fondi del programma operativo Val d'Agri, finanziato con le royalty del petrolio;
vi è il timore che oggi potrebbe toccare ai rifiuti campani, considerando anche una disponibilità palesata nel 2008, dal comune di Melfi;
nonostante l'assoluta gravità della situazione secondo quanto riporta il quotidiano La Nuova - Melfi Città - Vulture - Alto Bradano del 15 dicembre 2010, l'incontro stabilito per la firma del «documento di analisi del rischio» tra la regione Basilicata e i rappresentanti del termodistruttore Fenice di San Nicola di Melfi ha portato ad un rinvio perché al confronto mancavano l'azienda sanitaria del Potentino e la provincia di Potenza ed è stata aggiornata al prossimo 30 gennaio 2011 -:
di quali informazioni disponga il Governo in merito a quanto riferito in premessa;

quali iniziative si intendano adottare per acquisire una completa informazione sui dati ambientali relativi all'attività dell'inceneritore Fenice e per la massima trasparenza e conoscibilità degli stessi nell'interesse della salute dei cittadini;
se non si ritenga opportuno un accertamento condotto dal comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, considerato quanto riportato in premessa.
(4-10141)

MARINELLO e CARLUCCI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, come modificato ed integrato dal decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 277, che recepisce nell'ordinamento interno la direttiva 93/16/CE in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli e delle direttive 97/50/CE, 98/21/CE, 98/63/CE che modificano la direttiva 93/16/CE, ha istituito e disciplinato il corso triennale per il conseguimento del diploma di formazione specifica in medicina generale;
per i medici abilitati dopo il 31 dicembre 1994, il possesso di tale diploma costituisce il requisito necessario per l'iscrizione alla graduatoria unica regionale della medicina generale finalizzata all'accesso alle convenzioni con il Servizio sanitario nazionale in qualità di medico di medicina generale;
ai sensi dell'articolo 24 del citato decreto legislativo n. 368 del 1999, i corsi per il conseguimento del diploma di formazione specifica in medicina generale - che sono attivati dalle regioni, hanno durata triennale e sono a numero chiuso - prevedono la frequenza a tempo pieno, il che implica - ai sensi del comma 3 del citato articolo 24 - la partecipazione alla totalità delle attività mediche del servizio nel quale si effettua la formazione, comprese le guardie, in modo che il medico in formazione dedichi a tale formazione pratica e teorica tutta la sua attività professionale per l'intera durata della normale settimana lavorativa e per tutta la durata dell'anno;
il decreto del Ministro della salute 7 marzo 2006, all'articolo 11, specifica che, durante la frequenza del corso, è inibito al medico in formazione l'esercizio di attività libero-professionali ed ogni rapporto convenzionale, precario o di consulenza con il Servizio sanitario nazionale o enti e istituzioni pubbliche o private, anche di carattere saltuario o temporaneo, prevedendo come unica eccezione quella che il medico possa effettuare - unicamente nei casi di accertata carente disponibilità dei medici già iscritti nei relativi elenchi regionali per la medicina convenzionata e purché compatibili con lo svolgimento dei corsi stessi - le sostituzioni a tempo determinato dei medici di medicina generale convenzionati con il Servizio sanitario nazionale nonché le sostituzioni per le guardie mediche notturne, festive e turistiche;
durante la frequenza del corso, al medico in formazione è corrisposta ai sensi dell'articolo 17 del citato decreto ministeriale una borsa di studio annuale il cui importo è attualmente di 11.603 euro, dedotto il premio di assicurazione per i rischi professionali e gli infortuni connessi all'attività di formazione, il quale è soggetto alle trattenute IRPEF ed IRAP;
il citato comma 3 dell'articolo 24 del citato decreto legislativo n. 368 del 1999 prevede tuttavia la possibilità per le regioni e le province autonome di organizzare corsi di formazione specifica in medicina generale a tempo parziale, purché essi garantiscano qualitativamente e quantitativamente il livello di formazione dei corsi a tempo pieno;
l'articolo 12, comma 3, del decreto del Ministro della salute 7 marzo 2006, specifica, al riguardo, che la scelta della formazione a tempo parziale fa decadere ogni preclusione ed incompatibilità presente in caso di formazione a tempo pieno: ai medici che optano per tale tipologia di corso, infatti, è consentito lo svolgimento

di ogni altra attività lavorativa, purché compatibile con i periodi di formazione stabiliti dalla regione o provincia autonoma e fatta eccezione per i periodi in cui il corso è strutturato a tempo pieno. In questo caso, ai sensi del successivo comma 4, la borsa di studio viene corrisposta in misura proporzionalmente ridotta;
quanto previsto al comma 3 dell'articolo 12 viene incontro alle obiettive difficoltà alle quali vanno incontro i medici in formazione, in particolare di quelli che sono costretti per tre lunghi anni a dover contare per il sostentamento della loro famiglia esclusivamente sulla borsa di studio, non potendo svolgere in quel periodo nessun altro tipo di attività lavorativa ad eccezione di quelle alle quale si è accennato;
come è facile immaginare sono moltissimi i medici interessati a questa opportunità, ma purtroppo si deve registrare al riguardo un'inerzia da parte delle regioni e delle province autonome, in quanto sino ad oggi non risultano attivati corsi di formazione specifica in medicina, generale a tempo parziale;
tutto ciò arreca un danno gravissimo alla categoria, ma soprattutto ai cittadini, in quanto i medici di medicina generale, i cosiddetti «medici di famiglia» sono il nerbo del Servizio sanitario nazionale: un recente studio della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi ed odontoiatri relativo alla curva anagrafica dei medici di medicina generale, ha - infatti - rilevato che tra il 2015 e il 2025 (già domani per chi si occupa di programmazione sanitaria) circa 25 mila medici di famiglia andranno in pensione e non saranno rimpiazzati per mancanza di giovani medici formati in medicina generale, lasciando quasi 11 milioni di italiani senza il supporto di questo prezioso professionista -:
quali tempestive iniziative intenda predisporre, nell'ambito delle proprie competenze, per avviare un monitoraggio sull'attuazione della richiamata normativa e superare le criticità di cui in premessa, tutelando in tal modo i diritti e le legittime aspettative dei medici e soprattutto il diritto alla salute dei cittadini sancito dalla Costituzione.
(4-10144)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:

MARANTELLI e FRONER. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il settore della panificazione artigiana italiana è un settore produttivo che conta oltre 26.000 aziende per la gran parte di dimensioni familiari con un indotto occupazionale stimabile in circa 350.000 unità lavorative. Un comparto di estrema rilevanza per l'economia del Paese;
a questo forte sviluppo del settore ha contribuito il decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, che ha introdotto norme di liberalizzazione dell'attività di panificazione;
l'articolo 4, comma 2-ter, aveva previsto l'emanazione di un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali e con il Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, volto a garantire una corretta informazione sul prodotto e a permettere al consumatore una scelta consapevole;
il citato decreto ministeriale avrebbe, infatti, dovuto disciplinare:
a) la denominazione di «panificio» da riservare alle imprese che svolgono l'intero ciclo di produzione del pane, dalla lavorazione delle materie prime alla cottura finale;

b) la denominazione di «pane fresco» da riservare al pane prodotto secondo un processo di produzione continuo, privo di interruzioni finalizzate al congelamento, alla surgelazione o alla conservazione prolungata delle materie prime, dei prodotti intermedi della panificazione e degli impasti, fatto salvo l'impiego di tecniche di lavorazione finalizzate al solo rallentamento del processo di lievitazione, da porre in vendita entro un termine che tenga conto delle tipologie panarie esistenti a livello territoriale;
c) l'adozione della dicitura «pane conservato» con l'indicazione dello stato o del metodo di conservazione utilizzato, delle specifiche modalità di confezionamento e di vendita, nonché delle eventuali modalità di conservazione e di consumo;
tuttavia, tale decreto non è stato ancora emanato nonostante le attese degli operatori del settore;
inoltre, come evidenziato in altri atti di sindacato ispettivo, il decreto 5 agosto 2010 (Gazzetta Ufficiale del 10 settembre 2010 n. 212) del Ministero dell'economia e delle finanze ha inserito l'attività di produzione di prodotti di panetteria freschi (codice Ateco 10.71.1) nell'ambito delle attività agricole produttive di reddito agrario;
questa decisione ha provocato una legittima preoccupazione da parte delle aziende artigiane che esercitano questa attività in regime di tassazione ordinaria, poiché la medesima attività (produzione di prodotti di panetteria freschi) risulta effettivamente assoggettata ad un regime differenziato a seconda che sia esercitata da un imprenditore artigiano (tenuto all'applicazione delle ordinarie regole di tassazione), piuttosto che da un imprenditore agricolo (che beneficia della tassazione su criteri catastali);
interpellata sulla questione, l'Agenzia delle entrate ha evidenziato che dalle note esplicative alla tabella ATECO 2007 risulta che, alla voce 10.71.1 «Produzione di prodotti di panetteria freschi», è compresa anche la produzione di «cialde, rustici, pizzette ed altre specialità salate da forno», vale a dire di prodotti più sofisticati che potrebbero non essere direttamente riconducibili alle attività usualmente esercitate in agricoltura, in quanto frutto di lavorazioni complesse;
in tale ottica, in risposta all'interrogazione 5-03907, il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Sonia Viale ha riferito che l'Agenzia si è riservata di valutare se, in via interpretativa, sia possibile escludere tali prodotti più sofisticati dalla tassazione su base catastale -:
se si intenda emanare il regolamento attuativo previsto dal decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248;
quali iniziative il Governo intenda adottare in favore dei panificatori artigiani penalizzati dalla citata disparità di trattamento fiscale.
(5-03989)

Interrogazioni a risposta scritta:

CIMADORO e PIFFARI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
all'inizio del 2010 a Bergamo è stato disposto lo spostamento dell'ufficio postale adibito al ritiro delle raccomandate dalla centralissima via Pascoli alla periferica via Galimberti;
il luogo prescelto, oltre a essere di molto decentrato, non è servito dai mezzi di servizio pubblico, rendendo impossibile alle persone senza auto propria di raggiungerla con facilità -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza del fatto e delle motivazioni sottese a una tale decisione e se, in considerazione di tutte le fasce deboli della società, a partire dagli anziani, non ritenga opportuno provvedere ad ovviare a un tale disservizio reso alla popolazione di Bergamo così salvaguardando i princìpi del servizio postale universale.
(4-10118)

CONTENTO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
a seguito dell'attivazione del servizio del digitale terrestre, avvenuto nei primi giorni del corrente mese di dicembre, il segnale Rai è scomparso in varie zone della città di Pordenone;
da notizie di stampa, il servizio pubblico sarebbe venuto meno persino nell'area urbana nella quale trova sede lo studio di Rai Tre regionale;
non è ancora nota la causa tecnica per cui un capoluogo di provincia, situato in zona pianeggiante e senza particolari difficoltà di natura orografica, sia stato privato dell'importante canale di comunicazione -:
se sia a conoscenza dell'episodio indicato in premessa e quali iniziative intenda assumere al fine di rimediare al più presto all'inconveniente e quali siano le ragioni tecniche che hanno portato ad un oscuramento del segnale Rai in un sito così popoloso e nevralgico del territorio del Friuli Venezia Giulia.
(4-10134)

SCARPETTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
numerosi articoli di stampa, nazionale e locale, hanno dato conto del fatto che la società Sogin spa, società pubblica a cui il decreto legislativo 15 febbraio 2010 n. 31 ha affidato la responsabilità di realizzare e gestire il parco tecnologico, comprensivo del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi italiani, ha comunicato al Governo, nel settembre 2010, l'elenco di 52 siti adatti ad accogliere il futuro deposito dei residui nucleari;
tra i siti individuati, sempre secondo indiscrezioni di stampa, ve ne sarebbero due in Toscana: uno nella zona tra il Montalbano ed il Padule di Fucecchio in Valdinievole e l'altro nel grossetano;
la normativa (articolo 27 del decreto legislativo n. 31 del 2010) prevede un articolato procedimento per l'individuazione del sito che ospiterà il deposito nazionale delle scorie e, pur prevedendo varie procedure concertative con le regioni e gli enti locali, autorizza il Consiglio dei ministri, in caso di mancata intesa, ad individuare autonomamente e coattivamente il sito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sostitutivo dell'intesa con la regione interessata;
l'elenco in questione non è stato reso pubblico e a distanza di circa tre mesi dalla diffusione della notizia non esistono né conferme né smentite sull'effettiva comunicazione di Sogin spa al Governo a proposito dei 52 siti adatti ad accogliere il futuro deposito di residui nucleari e si stanno comprensibilmente creando preoccupazione ed allarme fra le popolazioni interessate -:
se corrispondano al vero le notizie e le indiscrezioni di stampa relative alla effettiva identificazione di alcune località toscane come possibili siti del deposito nazionale delle scorie nucleari e se, in caso affermativo, siano state espletate le procedure previste dalla normativa.
(4-10136)

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TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:

DI BIAGIO. - Al Ministro del turismo, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'Agenzia nazionale del turismo ha come mission prioritaria quella di promuovere l'immagine unitaria dell'offerta turistica nazionale e favorirne la commercializzazione segnatamente oltre confine;
stando agli studi condotti dall'Agenzia in merito ai principali mercati di provenienza del turismo verso l'Italia, la Germania rappresenta il primo Paese di provenienza del turismo con il 28 per

cento delle presenze; a ciò si aggiunge quanto tracciato dal report «Il turismo in Italia: primi saldi 2010» redatto dall'Osservatorio nazionale del turismo secondo il quale i cittadini tedeschi si confermano i primi clienti per incidenza delle spese sul totale con un incremento del 2,2 per cento nel 2010;
in data 30 novembre 2010 il Comitato straordinario del consiglio di amministrazione dell'Agenzia nazionale del turismo, ha decretato per il 31 dicembre 2010 la data entro la quale avviare la chiusura dell'ufficio Enit di Monaco di Baviera in Germania;
le competenze dell'Enit in chiusura, stando alla citata delibera, verrebbero trasferite alla struttura Enit di Francoforte sul Meno, a circa 400 chilometri di distanza e sul territorio di un altro Land;
la Baviera rappresenta il Bundesland più ricco di tutto lo Stato federale tedesco, una regione in cui si registra il maggiore volume di interscambi tra l'Italia e la Germania, oltre a configurarsi come l'area in cui si concentrano maggiormente interlocutori e referenti tedeschi attivi nel comparto turismo;
le ragioni che hanno condotto alla citata delibera, pur celandosi dietro esigenze di contenimento delle risorse da parte dello Stato, sembrano mal conciliarsi con gli importanti risultati che l'istituto e, di conseguenza, il turismo italiano avrebbero ottenuto attraverso la continua operatività sul territorio tedesco;
tale prospettata chiusura sembra inserirsi nella progettualità più vasta e complessa attinente anche alla razionalizzazione della rete estera del Ministero degli affari esteri, le cui dinamiche di chiusura si stanno strutturando in questi mesi segnatamente sul versante tedesco, con il rischio di sollevare non pochi malumori tra i nostri connazionali residenti in loco oltre che tra gli operatori turistici che ne trarrebbero immediato svantaggio;
la chiusura dell'Enit di Monaco, considerato il suo carattere strategico nella rete vantaggiosa di interscambio turistico tra i due Paesi, andrebbe ad incidere in maniera deleteria sull'immagine del nostro Paese sul territorio tedesco e rappresenterebbe un duro colpo alla cultura italiana nel mondo -:
quali siano le ragioni che hanno condotto alla delibera di chiusura così rapida dell'ufficio Enit di Monaco;
se non si ritenga opportuno riflettere su ipotesi alternative a quelle della chiusura, nel tentativo di salvaguardare un riferimento italiano sul versante turistico all'interno della regione.
(4-10143)

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Apposizione di firme a mozioni.

La mozione Galletti e altri n. 1-00500, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Melchiorre, Tanoni.

La mozione Zamparutti e altri n. 1-00508, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Lovelli.

Apposizioni di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni e Simonetti n. 4-09895, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Dal Lago.

L'interrogazione a risposta in commissione Fiano e Marantelli n. 5-03972, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Farinone.

L'interrogazione a risposta scritta Naccarato e altri n. 4-10060, pubblicata nel

l'allegato B ai resoconti della seduta del 16 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-10062, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Dal Lago, Simonetti, Bitonci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Barbieri n. 5-03984, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Mazzuca.

L'interrogazione a risposta in Commissione Fugatti n. 5-03985, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

Pubblicazione di un testo ulteriormente riformulato.

Si pubblica il testo riformulato della mozione Zamparutti n. 1-00508, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 402 del 25 novembre 2010.

La Camera,
premesso che:
il 16 novembre 2010 il sito web Repubblica.it ha pubblicato la notizia in possesso di Reprieve, un'organizzazione umanitaria britannica che si batte contro la pena capitale e la tortura in tutto il mondo, secondo la quale la Hospira spa, un'azienda farmaceutica con base a Liscate, in provincia di Milano, è stata incaricata di produrre sodio tiopentale (o Pentotal), un potente barbiturico utilizzato, tra l'altro, in tutti i protocolli di iniezione letale dei vari Stati della federazione americana (nei protocolli con tre farmaci costituisce il primo passaggio, mentre nei nuovi protocolli basati su un'unica, massiccia dose di anestetico, il Pentotal è proprio quello previsto);
secondo la notizia, a partire da gennaio 2011, la società milanese, sussidiaria di una multinazionale americana, dovrebbe esportare la sostanza negli Usa, dove la carenza di Pentotal ha già indotto una decina di Stati, tra cui il Kentucky, l'Ohio, il Missouri, l'Arizona e l'Oklahoma a rinviare le esecuzioni già programmate fino a che non riceveranno nuove dosi;
negli Stati Uniti, la casa madre, la Hospira che ha sede nei sobborghi di Chicago, ha assicurato che le scorte potrebbero essere ripristinate nei primi mesi del 2011 e, sebbene abbia ribadito che «la ditta produce questo farmaco per migliorare o salvare una vita umana e che il suo uso va limitato esclusivamente alle indicazioni scritte sull'etichetta del farmaco», è probabile che le iniezioni letali con l'uso di Pentotal continuino come in passato;
nel frattempo, lo Stato dell'Arizona si è procurato un quantitativo di Pentotal prodotto da un'altra azienda farmaceutica in Gran Bretagna, con il quale il 25 ottobre 2010 è stata eseguita l'iniezione letale nei confronti di Jeffrey Landrigan nella prigione di Florence a Phoenix;
dopo l'esecuzione in Arizona con il farmaco letale importato dal Regno Unito, Reprieve ha intrapreso un'azione legale volta a evitare che il Pentotal britannico sia nuovamente esportato per l'esecuzione di altri detenuti americani, tra cui Ralph Baze in Kentucky e Edmund Zagorski, la cui esecuzione è stata programmata in Tennessee per l'11 gennaio 2011;
il 28 novembre 2010 Vince Cable (Secretary of State for business, innovation and skills) ha stabilito un controllo sull'esportazione del sodio tiopentale e ha anche detto che avrebbe «esplorato con la Commissione europea, il Parlamento europeo e altri Stati membri la possibilità di porre un controllo sull'esportazione di sodio tiopentale a livello europeo»;
a seguito di un'ordinanza del tribunale emessa il 5 novembre 2010, lo Stato della California ha messo agli atti il 22 novembre 2010 un documento (Defendants' notice)

in cui si riporta che il California department of corrections and rehabilitation (Cdcr) ha ordinato 521 grammi di sodio tiopentale, la cui consegna secondo il dipartimento penitenziario dovrebbe avvenire durante la settimana che inizia il 29 novembre 2010. Questo quantitativo di droga, la cui scadenza è prevista nel 2014 (lo stesso anno di scadenza del farmaco importato dal Regno Unito che è servito a giustiziare Jeffrey Landrigan in Arizona nell'ottobre 2010), molto probabilmente proviene dall'Europa e, considerato che per un'iniezione letale ne bastano 5 grammi, può essere potenzialmente usato per uccidere oltre 100 condannati a morte;
dopo la decisione del Governo britannico, la Hospira spa di Liscate rischia di essere la fonte più importante, se non l'unica, del farmaco per i penitenziari americani;
in base a una norma europea (regolamento del Consiglio (CE) n. 1236/2005), «l'esportazione di merci che non hanno nessun utilizzo pratico se non quello per la pena capitale, la tortura o altri trattamenti crudeli e inumani (...) è proibita, indipendentemente dall'origine della merce»;
pur essendo originariamente un anestetico e in quanto tale incluso nella lista dei farmaci essenziali stilata dall'Organizzazione mondiale della sanità, il Pentotal è oggi un farmaco maturo, che è stato ampiamente sostituito in Occidente da altre droghe più moderne ed efficaci;
oltre ai vincoli imposti dalle norme europee, esiste nel nostro Paese un ancora più stringente vincolo costituzionale, stabilito dall'articolo 27 della Costituzione e ribadito in numerose sentenze della Corte costituzionale;
nel 1996, ad esempio, la Corte costituzionale ha stabilito essere in conflitto con i principi fondamentali della Costituzione la possibilità di estradare negli Stati Uniti (Florida) un cittadino italiano (Pietro Venezia) lì sottoposto a un processo per un reato punito con la pena capitale, nonostante le assicurazioni offerte dalle autorità americane - che potevano essere considerate «sufficienti» secondo la norma sull'estradizione allora in vigore in Italia - in ordine alla mancata irrogazione o esecuzione di essa. «Il divieto contenuto nell'articolo 27, quarto comma, della Costituzione, e i valori ad esso sottostanti - primo fra tutti il bene essenziale della vita - impongono una garanzia assoluta», ha stabilito la Corte costituzionale;
in precedenza, nella sentenza n. 54 del 1979, la Corte costituzionale aveva già affermato che «deve considerarsi lesivo della Costituzione che lo Stato italiano concorra all'esecuzione di pene che in nessuna ipotesi, e per nessun tipo di reati, potrebbero essere inflitte in Italia nel tempo di pace»;
sarebbe paradossale che proprio il nostro Paese, che ha abolito la pena di morte ed è impegnata in queste settimane all'Onu per l'approvazione di una nuova risoluzione per la moratoria universale delle esecuzioni capitali, si rendesse complice di una serie di esecuzioni negli Usa,


impegna il Governo


ad assumere ogni iniziativa di competenza volta a garantire che, nel pieno rispetto delle leggi interne e delle norme europee che vietano di cooperare in qualsiasi modo alla pratica della pena capitale, della tortura o di altri trattamenti crudeli e inumani, la produzione e la vendita all'estero di sodio tiopentale da parte dell'azienda farmaceutica Hospira con sede a Liscate siano autorizzate esclusivamente per scopi medici, a tal fine prevedendo che nell'autorizzazione all'immissione in commercio sia precisato che l'utilizzo del prodotto è consentito solo in strutture ospedaliere e nei contratti di compravendita sia chiara

mente specificato che Hospira non consente la distribuzione del prodotto per la pratica dell'iniezione letale.
(1-00508)
(Ulteriore nuova formulazione) «Zamparutti, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Calgaro, Castagnetti, Codurelli, Mariani, Siragusa, Giulietti, Nicco, Malgieri, Ciccioli, Touadi, Boccuzzi, Braga, Bucchino, Colombo, Di Stanislao, Favia, Laratta, Mancuso, Mannino, Mantini, Zazzera, Marco Carra, Rampi, Melis, Evangelisti, Albonetti, Stefani, Della Vedova, Buonfiglio, Melandri, Di Virgilio, Fontanelli, Froner, Servodio, Gozi, Di Giuseppe, Rugghia, Sarubbi, Mosella, Motta, Villecco Calipari, Tassone, Lovelli».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta orale Compagnon n. 3-01360 del 1o dicembre 2010.
interrogazione a risposta orale Binetti n. 3-01366 del 13 dicembre 2010.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Nastri n. 5-03867 del 23 novembre 2010 in interrogazione a risposta scritta n. 4-10092.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTARISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
durante un normale controllo della Guardia di finanza di Locri è emerso un ennesimo giallo finanziario internazionale, dopo quelli di Chiasso e di Malpensa;
nella notte del 29 settembre 2009, militi della Guardia di finanza hanno messo a segno un importante sequestro: un certificato di deposito emesso dal «Crédit Suisse», importante banca svizzera, per un importo pari a 870 milioni di dollari USA;
il certificato di deposito era pronto per essere incassato all'estero da due malavitosi della cosca di Taurianova, Fazzalari-Viola-Avignone, a bordo di un'auto di grossa cilindrata;
il certificato di deposito era stato aperto nel 1961 ed intestato a Mr. Soekarno, il primo presidente dell'Indonesia, che trasformò il regime in dittatura e rimase in carica dal 1945 al 1967, anno in cui fu sostituito da un altro dittatore, Sohearto;
Soekarno morì nel 1971, ma gli affari che si era assicurato all'estero durante i 30 anni di potere furono proseguiti dal figlio tanto che, a un certo punto, tentò prima di acquistare la casa automobilistica inglese Lotus e poi la storica Bugatti in Italia;
i due malavitosi stavano per portare a termine un'operazione che avrebbe consentito alla cosca di riferimento di investire i capitali «ripuliti»;
nell'auto, oltre al certificato, è stata trovata un'ampia documentazione. La conferma arriva dal comandante provinciale della Guardia di finanza di Reggio Calabria: «Le attività - spiega ad un noto quotidiano economico nazionale - sono in via di sviluppo e le indagini presenteranno a breve sviluppi finora difficilmente immaginabili» -:
se i fatti corrispondano al vero e, specificamente, se i due cittadini italiani siano stati effettivamente lasciati in libertà;
se sia stata accertata l'autenticità o la falsità dei titoli sequestrati;
nel caso negativo, se non ritenga utile richiedere un intervento dei Governo degli Stati Uniti d'America al fine di ottenere aiuto per un accertamento più rapido e sicuro grazie alla collaborazione di esperti provenienti dal Paese di emissione;
nel caso in cui l'accertamento facesse emergere l'autenticità dei titoli, se intenda avvalersi del diritto di beneficiare della

somma comminata come sanzione amministrativa prevista dalla legge in questi casi.
(4-04804)

Risposta. - Con l'interrogazione in esame gli interroganti chiedono di conoscere l'autenticità dei fatti avvenuti nella notte del 29 settembre 2009 allorquando i militari della Guardia di finanza hanno messo a segno un importante sequestro di un certificato di deposito, emesso dal Credit Suisse, per un importo pari a 870 milioni di dollari USA.
Al riguardo, il comando generale della Guardia di finanza nel confermare l'esito dell'operazione di servizio condotta dai militari della Compagnia di Locri, conclusasi con il sequestro del certificato di deposito di cui trattasi, ha indicato di essere nella impossibilità di fornire maggiori informazioni sull'accaduto in quanto l'autorità giudiziaria procedente ha imposto il vincolo del segreto investigativo.
Tale vincolo sussiste ancora, infatti il comando generale della Guardia di finanza ha fatto presente che l'indagine è ancora in corso.

Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Sonia Viale.

BERTOLINI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
si è verificato recentemente un caso di donazione di un rene da padre a figlio (di quattro anni e mezzo), miracolosamente messa in atto dal primario di chirurgia generale e trapianti dell'Ospedale Cisanello di Pisa;
il donatore in questione, essendosi dovuto assentare dal lavoro per svolgere la trafila di esami clinici e ricoveri che precedono, accompagnano e seguono la donazione degli organi, si è dovuto licenziare dal posto di lavoro dal momento che in Italia non esiste una tutela effettiva per i donatori lavoratori autonomi o subordinati che siano;
la legge vigente n. 458 del 1967, che prevede all'articolo 5 che il donatore sia ammesso a godere dei benefici previsti dalle leggi vigenti per i lavoratori autonomi o subordinati in stato di infermità e che assicura contro i rischi immediati e futuri inerenti all'intervento operatorio e alla menomazione subita, non è ad oggi esecutiva per mancanza del regolamento attuativo -:
quali urgenti iniziative il Governo intenda adottare per dare attuazione ad una normativa da tempo esistente, ma non ancora esecutiva, che permette ai donatori di organi di godere dei benefici previsti dalle leggi vigenti per i lavoratori autonomi o subordinati in stato di infermità, garantendo la loro posizione lavorativa e prevedendone la possibilità di applicazione anche per il caso citato in premessa e per quelli analoghi.
(4-03980)

Risposta. - In merito alla problematica delineata nell'interrogazione in esame, si segnala che l'articolo 8 della legge 26 giugno 1967, n. 458, in particolare, rinvia ad un decreto del Ministro della sanità il regolamento di esecuzione per la materia di trapianti di rene.
Con decreto del 16 aprile 2010, n. 116, è stato emanato dal Ministro della sanità di concerto con il Ministro del lavoro e della politiche sociali, il «Regolamento per lo svolgimento delle attività di trapianto di organi da donatore vivente».
Tale decreto, nel dare attuazione sia alla legge n. 458 del 1967, relativa al trapianto di rene, che alla legge 16 dicembre 1999, n. 483, relativa al trapianto di parti di fegato, dopo aver trattato i principi generali e i criteri specifici per il rilascio delle autorizzazioni al trapianto da donatore vivente, affronta, al titolo III dedicato all'assistenza sanitaria, gli aspetti giuslavoristici, segnalati nell'interrogazione.
In particolare, l'articolo 12, al comma 1, prevede espressamente che: «il candidato al trapianto e il potenziale donatore hanno diritto ad assentarsi dal lavoro con permessi retribuiti dal proprio datore di lavoro per l'effettuazione degli accertamenti e/o

ricoveri certificati come necessari sia nella fase di pre-prelievo, sia del trapianto, sia nei casi di eventuali complicante post-operatorie anche a distanza di tempo dal trapianto», specificando, al comma 2, che: «per poter usufruire dei permessi di cui al comma 1, è necessario che gli accertamenti e/o ricoveri siano prescritti dal centro trapianti o dai servizi ad esso collegati ed eseguiti presso le strutture del Sistema sanitario nazionale o da esso accreditate».
Il comma 3 del medesimo articolo stabilisce, inoltre, che «la copertura assicurativa delle Agende sede di Centro trapianti autorizzati al trapianto da donatore vivente deve essere estesa all'attività di prelievo di organi da donatore vivente».
Pertanto, con il suddetto regolamento le giornate di assenza dal lavoro del candidato al trapianto e del potenziale donatore per i controlli clinici ed i ricoveri, che si rendono necessari nell'ambito delle, procedure di trapianto di organi da donatore vivente, non sono più considerate solamente come giornate di malattia, ma sono giustificate con permessi retribuiti, analogamente a quanto avviene per le assenze dovute per la donazione del sangue.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

BOCCHINO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
dallo scorso settembre 2009, il sindaco di Gricignano di Aversa, Andrea Lettieri, è indagato per concorso esterno in associazione mafiosa nell'ambito di un'inchiesta coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Napoli;
l'indagine è nata in seguito alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, tra cui Paolo Di Grazia, capozona del clan dei Casalesi a Carinaro, e Michele Orsi, l'imprenditore dei rifiuti ucciso il 1° giugno del 2008 a Casal di Principe;
Di Grazia avrebbe parlato di «favori» ricevuti da Lettieri in cambio di voti, in occasione di una campagna elettorale, mentre Orsi avrebbe riferito delle vicende legate alla costituzione della Gmc (Gricignano Multiservizi), società a prevalente capitale pubblico, che si occupava della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani;
le notizie emerse dall'inchiesta fanno riferimento ad assunzioni di favore, finanziamenti in denaro, accordi preelettorali con il capoclan di Carinaro Paolo Di Grazia, per cui - si legge nel decreto di perquisizione locale e personale disposto dalla Dda di Napoli - «a fronte dell'impegno del capoclan a favore del politico e della società Multiservizi - il clan avrebbe fruito di rilevanti futuri vantaggi patrimoniali»;
le dichiarazioni di Paolo Di Grazia sono state corroborate da quelle rese dal fratello Riccardo, anche lui collaboratore di giustizia, il quale ha riferito ai pm delle «assunzioni garantite dal sindaco ai familiari componenti del clan Di Grazia e ad altri capo clan» e «appaiono sostanzialmente sovrapponibili - si legge nel provvedimento - con quanto riferito anche da Michele Orsi, l'imprenditore dei rifiuti ucciso il 1° giugno del 2008 a Casal di Principe, e confermano relazioni «intessute con il sindaco Lettieri»;
nell'ambito della perquisizione domiciliare nei confronti del sindaco, i poliziotti del commissariato di Aversa hanno rinvenuto e sequestrato sette pistole, una baionetta, una carabina semiautomatica marca Adler, sei fucili e delle cartucce, sia pur tutte regolarmente denunciate;
la commissione d'indagine nominata dalla prefettura di Caserta è ad oggi, e per quanto risulta all'interrogante, in regime di proroga;
se il Ministro sia conoscenza dello stato dell'iter avviato dalla prefettura di Caserta per i fatti accaduti nel comune di Gricignano e se non ritenga opportuno, nel caso in cui la procedura non sia ancora conclusa, sollecitarne i tempi, restituendo così ai cittadini di Gricignano la possibilità di vedersi rappresentati da persone degne della propria fiducia e rispondendo così al

loro diritto di poter contare su un'azione efficace e penetrante dello Stato per bonificare un'amministrazione coinvolta nel malaffare della criminalità organizzata.
(4-06594)

Risposta. - La prefettura di Caserta ha riferito che il 22 settembre 2009 personale del commissariato di Polizia di Stato di Aversa dava esecuzione al decreto di perquisizione emesso dalla direzione distrettuale antimafia di Napoli nei confronti del sindaco del comune di Gricignano d'Aversa. La perquisizione era stata disposta al fine di riscontrare le dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia su presunti rapporti intercorsi tra il sindaco ed esponenti di locali organizzazioni camorristiche.
La situazione delineatasi veniva esaminata, il 1o ottobre 2009, anche in sede di comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica; in tale sede si esprimeva la necessità di approfonditi accertamenti sull'attività sia degli organi di amministrazione sia dell'apparato burocratico, al fine di valutare la sussistenza di elementi su collegamenti diretti e indiretti con la criminalità organizzata, ovvero forme di condizionamento degli amministratori tali da compromettere la libera determinazione degli organi e il buon andamento dell'amministrazione locale, mediante una commissione di accesso.
Per questo motivo veniva richiesto a questo ministero di valutare la possibilità di far esercitare alla prefettura di Caserta il potere di accesso presso il comune di Gricignano d'Aversa.
Su delega di questo ministero, la prefettura di Caserta, il 20 ottobre 2009, istituiva la commissione di accesso presso il comune di Gricignano d'Aversa, al fine di verificare l'eventuale sussistenza di forme di condizionamento diretto o indiretto della criminalità organizzata sugli organi elettivi e sull'apparato burocratico e gestionale dell'Ente, assegnando alla stessa un termine di tre mesi, dalla data di accesso, per lo svolgimento degli opportuni accertamenti.
La commissione di accesso, considerata la complessità della mole di documentazione da esaminare e in attesa degli atti da parte dell'autorità Giudiziaria, ha ritenuto opportuno chiedere una proroga del termine di scadenza degli accertamenti, già fissato al 28 gennaio 2010.
La prefettura di Caserta ha concesso una proroga di tre mesi, al termine della quale è stato riferito a questa amministrazione in merito alle risultanze della relazione rassegnata dalla «commissione d'accesso» con contestuale proposta dei provvedimenti conseguenti.
Il procedimento si è concluso con lo scioglimento dell'ente, disposto con decreto del Presidente della Repubblica del 2 agosto 2010 a seguito della deliberazione adottata dal Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell'interno nella seduta del 30 luglio 2010.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

BORGHESI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nella seduta del 18 dicembre 2008 il Consiglio dei Ministri ha approvato gli schemi di regolamento che contengono i nuovi curricula dei Licei e degli Istituti Tecnici che verranno attuati a partire dall'anno scolastico 2010-2011. Dalla lettura di tali curricula emerge la completa e totale sparizione del Diritto e dell'Economia dai licei e un loro forte ridimensionamento negli istituti tecnici;
l'articolo 1 della legge n. 169 del 30 ottobre 2008 ha introdotto nel piano di studi del primo e del secondo ciclo di istruzione la nuova disciplina denominata «Cittadinanza e Costituzione», ricomprendendola, tuttavia, nell'ambito delle ore di lezione già assegnate alla materia «Storia»;
il Parlamento europeo e il Consiglio, con raccomandazione del 18 dicembre 2006 (2006/962/CE), hanno individuato otto competenze chiave per l'apprendimento permanente, fra le quali: «competenze sociali e civiche» e «spirito di iniziativa e imprenditorialità»;

nell'allegato n. 1 al decreto del Ministero della pubblica istruzione 22 agosto 2007 n. 139, «Regolamento recante norme in materia di adempimento dell'obbligo di istruzione», emanato ai sensi dell'articolo 1, comma 622, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Gazzetta Ufficiale 31 agosto 2007 n. 202) si descrivono con precisione le competenze di base che gli alunni devono possedere a conclusione dell'obbligo di istruzione e le conoscenze relative a tali competenze, tra le quali: «Costituzione italiana, organi dello Stato e loro funzioni principali, conoscenze di base sul concetto di norma giuridica e di gerarchia delle fonti, principali problematiche relative all'integrazione e alla tutela dei diritti umani e alla promozione delle pari opportunità, organi e funzioni di Regione, Provincia e Comune, conoscenze essenziali dei servizi sociali, ruolo delle organizzazioni internazionali, principali tappe di sviluppo dell'Unione europea, regole che governano l'economia e concetti fondamentali del mercato del lavoro, strumenti essenziali per leggere il tessuto produttivo del proprio territorio, principali soggetti del sistema economico del proprio territorio»;
nella Conferenza UNESCO 2003 i Ministri dell'educazione si sono impegnati a fare in modo che le scuole diventino luoghi privilegiati di studio ed esercizio dei diritti umani;
già nei primi anni Novanta, il progetto Brocca, per coprire una lacuna della formazione di base del cittadino, introduceva il Diritto e l'Economia come materie obbligatorie in tutti gli indirizzi;
la relazione illustrativa allo schema regolamento sui licei, del 18 dicembre 2008, prevede che «La cultura liceale, obiettivo comune a tutti i percorsi, fornisce gli strumenti culturali e metodologici per una comprensione approfondita dei temi legati alla persona ed alla società nella realtà contemporanea, affinché lo studente si ponga, con atteggiamento razionale, creativo, progettuale e critico, di fronte alla realtà». In questo senso lo studio del Diritto e dell'Economia appare fondamentale e la decisone di rendere queste materie opzionali è invece fortemente in contrasto con gli obiettivi della formazione liceale;
la scelta di estromettere o quanto meno limitare fortemente la presenza del diritto e dell'economia dai curricula degli istituti di istruzione secondaria, prevista anche nella precedente proposta di riforma Moratti, era già stata a suo tempo fortemente criticata dalle più importanti associazioni di categoria del mondo produttivo. Infatti, nel documento comune del 1° agosto 2005, 16 Organizzazioni di rappresentanza delle imprese (Abi, Agci, Ania, Casartigiani, Cia, Coldiretti, Claai, Cna, Confagricoltura, Confapi, Confartigianato, Confcommercio, Confetra, Confindustria, Confservizi e Legacoop) precisavano che tra gli obiettivi del secondo ciclo si doveva garantire «oltre ai saperi dei diversi indirizzi, le conoscenze giuridiche e la conoscenza dell'assetto istituzionale-economico-giuridico dei sistemi occidentali»;
il Presidente della Corte Costituzionale Flick e il Presidente della Repubblica Napolitano hanno di recente lamentato e denunciato la profonda ignoranza dei giovani italiani in campo giuridico ed economico;
nelle scuole dei diversi Paesi dell'Unione europea il Diritto e l'Economia sono materie che figurano come fondamentali in tutti i piani di studio scolastici mentre, invece, la scuola italiana forma in campo scientifico, letterario e artistico, ma non forma in campo economico-giuridico, con la conseguenza che un ragazzo che dopo le superiori vorrà iscriversi in una facoltà scientifica o letteraria intraprenderà questi corsi di studio avendo dei saperi di base mentre un ragazzo che vorrà iscriversi in una facoltà economico-giuridica non avrà la benché minima idea delle materie che dovrà studiare;
i concorsi pubblici e le selezioni private richiedono conoscenze di Diritto e di Economia anche nei casi in cui non siano

diretti all'assunzione di personale specializzato nel settore economico-giuridico;
le Università italiane, attraverso le SSIS, hanno organizzato, dal 2001 ad oggi, impegnativi e costosi corsi per la formazione di personale docente specializzato in discipline economico-giuridiche; personale che, a seguito della prospettata riduzione delle ore di diritto ed economia, rimarrà inutilizzato con evidente inutile dispendio di risorse pubbliche;
attualmente l'Educazione Civica è materia compresa nei curricula dei percorsi formativi, ma la realtà scolastica che emerge è che tale materia, di fatto, non viene insegnata. Non solo perché è affidata a docenti non specializzati (i docenti di Lettere), ma anche perché, essendo ricompresa nel monte ore di Storia, gli insegnanti non hanno sufficiente tempo per trattare la materia;
la riduzione delle ore di Diritto e di Economia, infine, sembra in contrasto con il provvedimento di Fioroni relativo all'esaurimento delle graduatorie ex permanenti in quanto avrà come inevitabile effetto quello di sovraffollarle maggiormente -:
quali provvedimenti di propria competenza intenda disporre per garantire l'introduzione del Diritto e dell'Economia come discipline obbligatorie nelle scuole secondarie di I e II grado, allineando così la formazione scolastica italiana alle competenze richieste a livello europeo e l'affidamento della nuova materia «Cittadinanza e Costituzione» ai docenti specializzati ed abilitati all'insegnamento della medesima.
(4-02664)

Risposta. - Nell'interrogazione parlamentare in esame si asserisce che negli schemi di regolamento che contengono i nuovi curricula dei licei e degli istituti tecnici vi sarebbe «la completa e totale sparizione del diritto e dell'economia dai licei e un forte ridimensionamento negli istituti tecnici»; ne viene invece richiesta l'introduzione come disciplina obbligatoria e, inoltre, viene richiesto di «affidare la nuova materia «Cittadinanza e Costituzione» ai docenti specializzati ed abilitati all'insegnamento della medesima.
A tale riguardo, si comunica quanto segue.
Gli schemi di regolamento di riordino del secondo ciclo di istruzione, ai sensi dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, hanno percorso tutto l'
iter previsto dalla legge, ivi compresa l'acquisizione del parere delle competenti commissioni parlamentari, e si applicano gradualmente dall'anno scolastico 2010-2011 a partire dalle classi prime. Sono stati infatti pubblicati nella Gazzetta ufficiale n. 137 del 15 giugno 2010 i regolamenti - con le annesse tabelle e quadri orari - relativi, rispettivamente, al riordino dei licei (decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 89), degli istituti tecnici (decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 88) e degli istituti professionali (decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 87).
Sono state pure definite le indicazioni nazionali relative agli obiettivi specifici di apprendimento concernenti le attività e gli insegnamenti compresi nei piani degli studi previsti per i percorsi liceali, così pure sono state definite le linee guida per il passaggio al nuovo ordinamento degli istituti tecnici.
Inoltre, è in avanzata fase di definizione il regolamento relativo alla revisione delle classi di concorso.
Considerato che i regolamenti relativi alla revisione degli assetti ordinamentali del secondo ciclo di istruzione trovano graduale applicazione - come detto - dal 1o settembre 2010 a partire dalle classi prime, sono state fornite dal ministero puntuali indicazioni in relazione all'attuale fase transitoria. Si è contestualmente provveduto alla pubblicazione delle tabelle di confluenza delle attuali classi di concorso su cui confluiscono le discipline relative alle sole classi prime dei licei, degli istituti tecnici e degli istituti professionali interessate dal riordino dal 1o settembre 2010, precisando che tali tabelle hanno solo natura dichiarativa dell'esistente.


In particolare, con il regolamento sul riordino degli istituti tecnici si è puntato a limitare la frammentazione degli indirizzi rafforzando il riferimento ad ampie aree scientifiche e tecniche di rilevanza nazionale. Sono stati previsti due settori - economico e tecnologico - e undici indirizzi di cui due nel settore economico e nove nel settore tecnologico. Per ciascuno degli undici indirizzi, nei rispettivi quadri orario, si prevede l'insegnamento nel primo biennio delle discipline rientranti nella classe di concorso A019 - discipline giuridiche ed economiche; nel secondo biennio e nel quinto anno tale insegnamento è presente negli indirizzi nei quali esso risulta necessario per consentire l'acquisizione delle competenze specifiche proprie dell'indirizzo.
Per quanto riguarda poi il regolamento sulla revisione dell'assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei, gli aspetti generali che lo caratterizzano possono riassumersi nei seguenti quattro punti fondamentali: riconferma della identità e della peculiarità dei licei all'interno del secondo ciclo del sistema nazionale di istruzione e formazione; acquisizione da parte dei giovani di capacità critica e conoscenza approfondita degli specifici settori disciplinari; superamento della frammentazione dei percorsi di studio derivante dal sovrapporsi delle sperimentazioni, delimitando un quadro orario atto all'approfondimento delle discipline e mirato al possesso di una solida cultura che, pur in presenza di una forte area comune, mira al rafforzamento dello studio della matematica e della lingua straniera; infine, maggiori spazi di autonomia per le istituzioni scolastiche, attraverso il piano dell'offerta formativa, con la previsione dell'aumento delle quote di flessibilità riservate alle istituzioni stesse (sino al 30 per cento nel secondo biennio).
Per ciò che concerne in specie il «Diritto ed economia», il relativo insegnamento è obbligatorio nella opzione economico-sociale del liceo delle scienze umane. È comunque disciplina attivabile nei nuovi licei sulla base del piano dell'offerta formativa, deliberato in autonomia dalle istituzioni scolastiche, e a tal fine le scuole potranno avvalersi delle quote di flessibilità ad esse riservate.
Quanto, infine, all'affidamento dell'insegnamento di «Cittadinanza e Costituzione», va fatto presente che l'articolo 1 della legge n. 169 del 30 ottobre 2008 ha testualmente stabilito che «A decorrere dall'inizio dell'anno scolastico 2008/2009, oltre ad una sperimentazione nazionale, ai sensi dell'articolo 11 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, sono attivate azioni di sensibilizzazione e di formazione del personale finalizzate all'acquisizione nel primo e nel secondo ciclo di istruzione delle conoscenze e delle competenze relative a "Cittadinanza e Costituzione", nell'ambito delle aree storico-geografica e storico-sociale e del monte ore complessivo previsto per le stesse.».
Conseguentemente, nei licei in cui l'insegnamento di «Diritto ed economia» non è presente come disciplina obbligatoria, vanno trasmesse le conoscenze e le competenze di «Cittadinanza e Costituzione», affidate però all'insegnante di storia posto che la legge fa espresso riferimento all'area «storico-sociale». Tali competenze vengono invece affidate all'insegnante di diritto ed economia nei licei nei quali questo insegnamento è presente come obbligatorio per tutti gli studenti o viene autonomamente attivato dalle istituzioni scolastiche sulla base del piano dell'offerta formativa, avvalendosi delle quote di flessibilità ad esse riservate.
Si può quindi fondatamente prevedere che sia salvaguardata la complessiva tenuta degli organici della classe di concorso A019 - discipline giuridiche ed economiche - nel contesto della razionalizzazione degli indirizzi di studio secondo le direttrici del piano programmatico previsto dal sopra citato articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

BORGHESI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la disposizione di cui all'articolo 57, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, pone a carico delle parti in causa l'obbligo solidale di pagamento dell'imposta di registro;
in molti casi che interessano numerosi contribuenti la norma trova applicazione nelle cause per divisione delle comunioni ereditarie, nelle quali sovente si registrano quote di comunione assai differenziate tra eredi;
in caso di mancato pagamento dei coobbligati ciascuno per la propria quota, l'azione per la riscossione del tributo è rimessa dall'Agenzia delle entrate ad Equitalia, la quale ha piena discrezionalità nell'agire;
essa può pertanto rivolgersi a chiunque tra i coobbligati, anche a coloro che in ipotesi abbiano quote marginali della comunione (meno dell'1 per cento), aggredendo i beni personali;
in siffatta ipotesi l'azione, ancorché formalmente lecita sul piano giuridico, non può non portare ad un giudizio di sostanziale iniquità nei confronti del soggetto azionato, impotente a sottrarsi alla pretesa dell'ufficio, e la creazione di iniquità non può essere un risultato che uno Stato moderno intende favorire, soprattutto in materia fiscale;
la cosa appare ancor più grave a causa della mancata previsione, nell'articolo 58, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, della surrogazione, a favore delle parti in causa che hanno pagato l'imposta di registro, nelle «ragioni, azioni e privilegi spettanti all'amministrazione finanziaria»;
è bensì vero che sussiste la possibilità, per le parti in causa che abbiano pagato l'imposta di registro in luogo degli obbligati che non l'abbiano fatto, di avvalersi dei comuni rimedi civilistici e, principalmente, dell'azione di regresso di cui all'articolo 1299 del codice civile, ma è ben noto il grave stato in cui si dibatte la giustizia civile in Italia ed i tempi lunghissimi richiesti per l'emanazione dei provvedimenti di competenza;
in tale situazione apparirebbe atto di equità da parte di Equitalia agire nei confronti dei beni appartenenti alla massa ereditaria, in modo da rispettare così il principio di una imputazione di fatto delle somme dovute a ciascun obbligato -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa;
se non ritenga di assumere iniziative affinché Equitalia eserciti le azioni in via prioritaria sui beni oggetto del contendere nella causa di divisione ereditaria;
quali iniziative intenda assumere per impedire che un comportamento del tutto discrezionale dell'ente preposto alla riscossione possa generare situazioni di profonda iniquità nei riguardi dei contribuenti coobbligati.
(4-04206)

Risposta. - L'interrogante fa presente l'obbligo solidale di pagamento dell'imposta di registro, di cui all'articolo 57, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, trova applicazione anche nelle cause per la divisione delle comunioni ereditarie, nelle quali sovente vengono registrate quote di comunione assai differenziate tra gli eredi. In tali ipotesi, qualora si verifichi il mancato pagamento dei coobbligati, l'ente di riscossione (Equitalia Spa) ha il potere di agire rivolgendosi, separatamente, ad ognuno di loro, anche se titolari di quote marginali della comunione.
Viene, inoltre, stigmatizzata la mancata previsione, nell'articolo 58, comma 1, del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, della surrogazione in favore delle parti in causa che hanno pagato l'imposta di registro, nelle «ragioni, azioni e privilegi spettanti all'Amministrazione finanziaria».
Tanto premesso l'Interrogante chiede al Ministro dell'economia e delle finanze se intenda assumere iniziative affinché l'ente di riscossione - Equitalia - eserciti in via prioritaria

azioni sui beni oggetto del contendere nelle cause di divisione ereditaria, anche al fine di evitare, attraverso un comportamento discrezionale dell'ente preposto alla riscossione, situazioni di profonda iniquità nei riguardi dei contribuenti coobbligati.
Con riguardo alla iniquità fiscale lamentata dall'onorevole Interrogante (riconducibile alla circostanza che ciascuno dei coeredi possa essere costretto all'adempimento della intera imposta di registro dovuta per la divisione della comunione ereditata), si rileva che essa discende non da un comportamento discrezionale dell'ente preposto alla riscossione, bensì dalla natura solidale dell'obbligazione tributaria che trova fondamento normativo nell'articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, a norma del quale «... sono solidalmente obbligati al pagamento dell'imposta le parti contraenti, le parti in causa ...». La finalità della citata disposizione è infatti quella di garantire al massimo la soddisfazione del credito erariale.
A tutela di coloro che hanno adempiuto all'obbligazione tributaria l'articolo 1299 del codice civile prevede l'azione di regresso nei confronti degli altri coobbligati; l'esercizio di tale azione innesca il giudizio di accertamento della consistenza dei diritti dei coeredi, affidato all'autorità giudiziaria preposta a garantire la tutela giuridica dei coobbligati e a ristabilire l'equa distribuzione del carico tributario.
Alla luce delle disposizioni normative attualmente vigenti non risulta, dunque, possibile accogliere la richiesta di imputazione parziale.
Si osserva, infine, che con riguardo agli atti di divisione, per l'agente della riscossione non è agevole individuare la quota di imposta a carico di ciascun coobbligato; ciò in quanto i beni oggetto della comunione possono trovare origine in più titoli (masse plurime). Può, altresì, verificarsi che all'atto della divisione si debbano pagare dei conguagli per rendere uguali le assegnazioni ai diversi soggetti aventi titolo e che siano applicabili differenti aliquote di imposta.

Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Sonia Viale.

BRANDOLINI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
gli abitanti dell'alta valle del bidente delle zone di Monteguidi e di Crocedevoli - territori facenti parte dei comuni di Bagno di Romagna e di Santa Sofia in Provincia di Forlì-Cesena - hanno dato vita al Comitato «Ci siamo anche noi» al fine di sviluppare iniziative finalizzate alla risoluzione dei forti disservizi determinati dalle gravi disfunzioni dovute ai continui guasti ed ai ritardi nella riparazione della rete telefonica e dalla mancata ricezione dei segnali RAI e TV;
30 aziende, 24 famiglie e 68 abitanti singoli, tutti di zone agricole montane dei comuni di Bagno di Romagna e di Santa Sofia, hanno sottoscritto una petizione per sollecitare le istituzioni locali ad intervenire tempestivamente nei confronti di Telecom e Rai Way a sostegno della loro legittima richiesta di superamento dei disservizi telefonici e di copertura radiotelevisiva;
il degrado e lo spopolamento delle zone montane non potranno essere superate se non si garantiscono - agli abitanti ed alle attività agricole delle zone interne - i sevizi essenziali, a partire dai più elementari strumenti di comunicazione, quali il telefono, internet e la televisione che consentano di relazionarsi ed accedere alle informazioni pubbliche e private -:
quali iniziative intenda porre in essere nei confronti di Telecom e di Rai Way per dare tempestivamente soluzione al forte disagio degli abitanti della alta valle del bidente.
(4-01181)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, anche sulla base di elementi informativi forniti dalla Rai e dalla società TELECOM Italia, si rappresenta quanto segue.
In merito ai disservizi riscontrati nella provincia di Forlì-Cesena, la Rai fa presente che il servizio radiotelevisivo nella Valle del Bidente è assicurato da una serie di impianti trasmittenti che assicurano un

grado di copertura, in linea con gli obblighi derivanti dal vigente contratto di servizio.
In particolare, nell'alta valle del Bidente, il servizio è reso dagli impianti della stazione di Corniolo, operanti sui canali H1 (Raiuno), 28 (Raidue) e 21 (Raitre); inoltre, i comuni di Bagno di Romagna e Santa Sofia, nei cui territori risiedono le località di Monteguidi e Crocedevoli, sono serviti dagli impianti di Bagno di Romagna (canali G per Raiuno, 28 per Raidue e 24 per Raitre), M. Spinello (canali H per Raiuno, 46 per Raidue e 43 per Raitre) e Santa Sofìa (canali E per Raiuno, 21 per Raidue e 37 per Raitre).
I problemi di ricezione denunciati da una ristretta fascia di utenti potrebbero essere causati dalla conformazione orografica del territorio, oppure, da una non corretta installazione dei sistemi di antenna rispetto alla direzione di provenienza dei migliori segnali disponibili.
L'installazione di ulteriori impianti non rientrerebbe, a giudizio della Rai, tra gli obblighi di cui essa debba farsi carico ai sensi del contratto di servizio, in considerazione del grado di copertura della popolazione raggiunto dalle reti Rai, sia a livello nazionale che regionale, nel territorio menzionato.
Lo stesso contratto di servizio, all'articolo 16 comma 2, prevede, peraltro, l'estensione della rete analogica terrestre solo in particolari casi e a fronte di convenzioni o contratti stipulati con gli enti locali, secondo criteri di economicità degli investimenti.
La Rai conclude con l'affermare di essere operativamente coinvolta nella realizzazione, in società con altri
broadcaster, di una piattaforma satellitare gratuita di integrazione e complemento della diffusione del servizio televisivo nelle zone dove possono sussistere criticità di ricezione, anche ai fini dell'assolvimento degli obblighi di neutralità tecnologica e di accessibilità alla programmazione in simulcast previsti dal contratto di servizio.
La società Telecom, relativamente ai disservizi telefonici nelle zone di Monteguidi e di Crocedevoli, segnalati con la presente interrogazione, ha comunicato che sono stati effettuati significativi interventi tecnici di bonifica sulla rete che interessa tali aree.
In particolare, nel mese di ottobre 2009 è stata effettuata la bonifica di raccordi d'utente, nelle zone di Poggio la Lastra e Monteguidi; nel mese di novembre 2009 sono stati sostituiti 3,5 chilometri di cavi di distribuzione per l'area di San Piero in Bagno-Ridracoli, ed, infine, nel mese di aprile 2010, è stata completata la sostituzione degli apparati che servono le aree di S. Sofia e Biserno.

Il Ministro dello sviluppo economico: Paolo Romani.

MARCO CARRA. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
in un articolo del 7 luglio 2010, apparso sul quotidiano Libero, si evince che i «Ministri nascondono le loro auto blu» e che il censimento delle auto blu, voluto dal Ministro interrogato, rischia di essere falsato dalle mancate dichiarazioni in materia di diversi Ministeri;
l'articolo denuncia che «tutti i Ministeri, gli organi costituzionali, gli enti locali e gli enti pubblici economici erano stati chiamati a spiegare tutte le auto blu che hanno in pancia spiegandone l'utilizzo. Fino a ieri (cioè 6 luglio) però l'assoluta maggioranza di loro ha bellamente ignorato l'invito»;
risulta incomprensibile la reticenza d'istituzioni che hanno il dovere di essere trasparenti nei confronti dei cittadini;
gli elenchi delle auto blu in dotazione alle diverse istituzioni coinvolte andavano consegnati il 6 luglio 2010 -:
quali siano i Ministeri, gli enti locali e gli enti pubblici economici che non hanno prodotto gli elenchi delle auto blu in loro dotazione;
se intenda prorogare il termine di presentazione degli elenchi delle auto blu.
(4-08958)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, con la quale si chiedono chiarimenti circa le iniziative che il Governo intende assumere in ordine all'utilizzo delle cosiddette «auto-blu», si rappresenta che con direttiva n. 6 dell'11 maggio 2010 il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione ha disposto il censimento completo su numero, caratteristiche e modalità di utilizzo di tutte le autovetture attualmente in dotazione presso tutte le pubbliche amministrazioni.
L'iniziativa in questione contribuisce a dare attuazione all'irrinunciabile principio di trasparenza, valorizzato da tutti i recenti provvedimenti normativi in materia di pubblica amministrazione, tesi ad un generale miglioramento dell'efficienza dell'apparato burocratico nel suo complesso, e richiamato, da ultimo, dall'articolo 11 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, volto a chiarire che la trasparenza va intesa «come accessibilità totale, anche attraverso pubblicazione sui siti istituzionali delle amministrazioni pubbliche, delle informazioni concernenti ogni aspetto dell'organizzazione, degli indicatori relativi agli andamenti gestionali e all'utilizzo delle risorse per il perseguimento delle funzioni istituzionali, dei risultati dell'attività di misurazione e valutazione svolta dagli organi competenti, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità. Essa costituisce livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera
m), della Costituzione».
Il principio della trasparenza, propedeutico e funzionale alla realizzazione dei principi costituzionali del buon andamento e dell'imparzialità, deve, secondo la disposizione richiamata, essere applicato ad ogni aspetto dell'organizzazione e dell'attività delle pubbliche amministrazioni, sia di tipo istituzionale, sia relative ai compiti strumentali. Tra questi ultimi, risultano di particolare rilevanza, in considerazione della quantità di risorse impiegate, i compiti inerenti all'approvvigionamento ed alla gestione del parco autovetture in dotazione alle pubbliche amministrazioni, le cosiddette «auto blu».
Il tema delle autovetture in dotazione alle pubbliche amministrazioni è stato affrontato, in ripetute occasioni, da diverse disposizioni di legge e regolamento e da varie direttive ministeriali, che hanno avuto il costante intento di razionalizzare il regime giuridico e le modalità di utilizzazione dei veicoli, al fine precipuo di ridurre i costi sostenuti dalle amministrazioni per questo servizio. Anche il Ministro per la funzione pubblica è intervenuto sulla materia con la direttiva del 30 ottobre 2001 avente ad oggetto «Modi di utilizzo delle autovetture di servizio delle amministrazioni civili dello Stato e degli enti pubblici non economici» (pubblicata nella
Gazzetta ufficiale del 13 dicembre 2001, n. 289).
Nonostante i richiami operati dal legislatore, i provvedimenti sino ad ora adottati non hanno sortito, almeno a lungo termine, tutti gli effetti auspicati. Occorre, infatti, un più efficace impegno per la diminuzione del numero complessivo di autovetture in uso alle pubbliche amministrazioni e per rendere più omogenee e razionali le modalità prescelte per l'utilizzo e la gestione delle medesime.
Si è ritenuto, pertanto, opportuno fornire, mediante la citata circolare n. 6 del 2010, utili indicazioni atte a favorire la semplificazione delle procedure di acquisizione delle autovetture ed il loro migliore utilizzo, la riduzione dei costi ed il miglioramento complessivo del servizio, anche attraverso l'adozione di modalità innovative di gestione, che sono già state oggetto di sperimentazione, specie a livello di amministrazioni locali.
Quanto al monitoraggio avviato dalla predetta circolare, i cui risultati sono stati dettagliatamente illustrati nell'ambito della «Relazione al Parlamento sullo stato della pubblica amministrazione», presentata il 20 ottobre 2010, si sottolinea che esso si è rivelato particolarmente opportuno al fine di fare chiarezza su un tema così delicato anche perché oggetto di notevole attenzione da parte dell'opinione pubblica. Gli organi di stampa hanno, infatti, diffuso dati di dubbia attendibilità, rafforzando così nei

cittadini la convinzione che le misure di contenimento dei costi assunte al riguardo negli ultimi anni non abbiano ottenuto i risultati attesi e che, quindi, l'utilizzo delle «auto blu» continui ad essere un ingiusto privilegio a favore di politici ed amministratori.
Le rilevazioni, effettuate in via telematica, hanno consentito un monitoraggio generale dell'intero parco auto in uso alle pubbliche amministrazioni (con esclusione delle autovetture o dei mezzi adibiti a servizi specifici, come, ad esempio, le vetture in dotazione alla polizia municipale), tenendo conto dei dati relativi agli ultimi due anni. In particolare, ciascuna amministrazione ha provveduto a comunicare:
1. il numero di «auto blu» utilizzate, assegnate in uso esclusivo e non esclusivo;
2. il numero e la qualifica degli assegnatari delle «auto blu»;
3. il numero di auto di servizio a disposizione per le esigenze degli uffici;
4. il costo complessivo delle autovetture.

Dall'indagine è emerso che il parco auto delle pubbliche amministrazioni risulta composto da circa 86.000 autovetture (escluse quelle con targhe speciali e/o dedicate a finalità di sicurezza e vigilanza). Di queste, 5.000 rientrano nella categoria blu blu; 10.000 sono le blu e circa 71.000 le grigie.
Il monitoraggio ha consentito di acquisire dati aggiornati ed affidabili, utili a garantire massima trasparenza alla materia; si conosce, finalmente, l'effettiva natura e dimensione del fenomeno, presupposto per definire un piano di risparmi più efficace e mirato di quelli del passato.
Sulla base dei dati raccolti è dunque possibile ipotizzare un intervento normativo che, in linea con quanto richiesto dall'interrogante, sia in grado di migliorare il servizio nel suo complesso.
Infine, quanto ai dati di dettaglio rilevati mediante il censimento in esame è possibile, si sottolinea che sul sito del Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione (
www.innovazionepa.it) sono integralmente consultabili gli elenchi delle amministrazioni che hanno risposto e i dati emersi dai questionari compilati correttamente.
Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

DI STANISLAO. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel mese di maggio 2010 è stato presentato, presso l'Associazione della stampa estera di Roma, il rapporto annuale di Amnesty International che traccia un quadro sul rispetto dei diritti umani nel mondo nell'arco di tempo compreso tra gennaio e dicembre 2009. Il rapporto segnala violazioni in 159 Paesi e accusa i Governi di anteporre i propri interessi politici al rispetto della giustizia internazionale;
dal rapporto emerge che 111 Paesi sono colpevoli di aver perpetrato torture e maltrattamenti, in 55 Paesi si celebrano processi iniqui, in 96 Paesi sono in vigore restrizioni della libertà di stampa, in almeno 48 Paesi sono imprigionati dissidenti politici;
Amnesty International ha lanciato un appello particolarmente forte al Governo italiano per abolire il reato di «immigrazione clandestina». Nel Rapporto si legge che: «Le autorità italiane hanno messo a repentaglio i diritti di migranti e richiedenti asilo, lasciandoli in mare per giorni senza acqua e cibo». Bocciata anche l'assenza del reato di tortura nel codice penale italiano, che si sarebbe potuto applicare al caso di Stefano Cucchi, morto dopo una settimana di detenzione per sospetti maltrattamenti e abusi da parte delle forze dell'ordine. È inaccettabile, secondo l'organizzazione per i diritti umani, anche la condizione dei rom italiani, «vittime di sgomberi forzati illegali a Roma e Milano, e a cui è impedito un equo accesso

all'istruzione, all'alloggio, alle cure sanitarie e all'occupazione»;
il presidente della sezione italiana di Amnesty International, nel corso della presentazione del rapporto annuale ha affermato che: «I governi devono assicurare che nessuno si ponga al di sopra della legge e che ogni persona abbia accesso alla giustizia, per tutte le violazioni dei diritti umani subite. Fino a quando i governi non smetteranno di subordinare la giustizia agli interessi politici, la libertà dalla paura e dal bisogno rimarrà fuori dalla portata della maggior parte dell'umanità»;
l'organizzazione per i diritti umani ha pertanto rinnovato la richiesta ai Governi di garantire che renderanno conto del loro operato, dare piena adesione alla Corte penale internazionale e assicurare che i crimini di diritto internazionale saranno sottoposti a procedimenti giudiziari ovunque nel mondo. Agli Stati che rivendicano una leadership globale, tra cui quelli del G20, compete la responsabilità specifica di dare l'esempio -:
quale sia la posizione dell'Italia, in relazione a quanto denunciato da Amnesty International;
se il Governo intenda illustrare gli obiettivi raggiunti e le iniziative future per il rispetto dei diritti umani.
(4-08331)

Risposta. - Amnesty international, come noto, è un'organizzazione non governativa indipendente, che svolge attività di ricerca e di sensibilizzazione volte alla tutela dei diritti umani nel mondo. Tra le sue attività vi è l'elaborazione di un rapporto annuale sulla situazione dei diritti umani nei diversi paesi, compreso il nostro, il rapporto viene elaborato autonomamente da Amnesty international, che si avvale della propria rete di uffici presenti in moltissimi paesi.
Per quanto attiene le informazioni relative all'Italia contenute nell'ultimo rapporto, il nostro Paese ha ampiamente illustrato la propria posizione riguardo al rispetto dei diritti umani, sia sul piano interno che su quello di politica estera, specificamente in occasione dell'esame periodico universale (Upr) del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni unite, cui l'Italia è stata sottoposta tra febbraio e giugno 2010.
Nel corso di tale revisione la delegazione italiana, guidata da me, nella funzione di Sottosegretario per gli affari esteri, ha risposto, in modo articolato e costruttivo, ai rapporti scritti, alle domande e alle raccomandazioni formulate dalle altre delegazioni e da numerosi rappresentanti della società civile, compresa la stessa
Amnesty international ed hanno avuto per oggetto le stesse questioni sollevate dall'interrogante.
Per quanto attiene inoltre ai temi del razzismo e della xenofobia, è stato ricordato in tale occasione come il Governo sia consapevole della necessità di un maggiore impegno. Il principio di non discriminazione è uno dei principali pilastri della Costituzione italiana ed infatti il Governo ha recepito la direttiva 2004/43/CE in materia anti-discriminatoria, adottando ad esempio nel 2003 una normativa compiuta fondata sul principio di uguale trattamento di tutte le persone nel settore pubblico e privato. L'ordinamento giuridico italiano riserva una specifica tutela per contrastare le manifestazioni di razzismo e di xenofobia, tra le quali rientrano le azioni dirette alla diffusione di idee fondate sull'odio razziale o etnico e l'istigazione a commettere atti di discriminazione o di violenza per motivi razziali, etnici e religiosi.
Per quanto riguarda l'introduzione del reato di tortura nel nostro codice penale, si ricorda che in esso sono presenti vari istituti atti a punire comportamenti assimilabili alla tortura (come gli articoli 581, 582, 606 e seguenti dello stesso codice penale) anche se non viene menzionato esplicitamente il termine «tortura». Si può peraltro osservare che, stando a quanto risulta dalle osservazioni esposte dal comitato Onu preposto all'applicazione della Convenzione internazionale contro la tortura, solo 9 paesi europei avrebbero effettivamente inserito il reato di tortura, come definito nell'articolo 1 della Convenzione, nel proprio ordinamento giuridico.


L'Italia prosegue nella sua tradizionale politica di sostegno e di collaborazione alla Corte penale internazionale. Anche il Ministro della giustizia Alfano, che ha partecipato alla Conferenza di revisione dello statuto di Roma della Corte penale internazionale, tenutasi a Kampala a giugno 2010, ha ribadito l'appoggio dell'Italia all'attività della stessa Corte e allo Statuto di Roma e la volontà di piena collaborazione fondata sui principi di cooperazione e di complementarietà internazionale.
Sul piano internazionale, infine, riteniamo che il rispetto dei diritti umani rappresenti un aspetto fondamentale per la garanzia della pace e per la prevenzione dei conflitti condizioni necessari alla crescita di società stabili e democratiche ovunque nel mondo. Per tale motivo l'Italia continua a rivolgere forte attenzione alla promozione dei diritti umani a livello globale, a partire dai fori multilaterali ed in particolare nel sistema delle Nazioni unite. Basti citare in proposito la promozione di iniziative in materia di abolizione della pena di morte, di rispetto della libertà religiosa, dei diritti dell'infanzia, della lotta alla violenza contro le donne (compresa la piaga delle mutilazioni genitali femminili) e di educazione ai diritti umani.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano «Libero» ha pubblicato un articolo nel quale si racconta la straziante storia di Alex, «un bimbo che ha quattro anni e una malattia senza nome». Alex è figlio della signora Anna Palladino, una giovane donna «che vuole solo sapere qual è il male che tiene il suo piccolino attaccato a dieci macchinari, sospeso tra la vita e la morte»;
per scoprire il gene impazzito che sta condannando il piccolo Alex, sarebbe sufficiente un esame, «la mappa genomica completa», che però, a quanto risulta non viene effettuata perché «attivare una ricerca scientifica per un solo bimbo è troppo caro. E l'Asl non lo fa»;
il quotidiano riporta anche la toccante dichiarazione della mamma di Alex: «Mi hanno detto che è un costo per la società. Capite? Il mio bambino è un costo, con tutti i soldi che sprecano e che rubano! ... Ricordate Welby? Ecco, Alex è come lui. Vive con il respiratore artificiale, muove solo gli occhi. E io non so perché ... Se potessi farlo, staccherei con le mie mani la spina del respiratore. Alex morirebbe in cinque secondi. Ma non posso, allora lo Stato mi riconosca almeno il diritto di sapere il mio bimbo che cos'ha. Perché così so contro cosa lottare, magari scopro che in America o chissà dove ci sono ospedali specializzati, sperare che un giorno le sue braccine possano muoversi, o che possa alzare una gamba. E perché se dovessi avere un secondo bimbo, so che malattia cercare quando faccio gli esami prenatali»;
il piccolo Alex è nato il 9 gennaio del 2005 a Montebelluna, in provincia di Treviso. Racconta sempre la mamma: «Alex è rimasto dieci giorni in incubatrice. Nessuno mi aveva detto niente. Quando sono andata al nido, ho capito che era diverso dagli altri neonati. Era tutto storto. Avevo fatto l'amniocentesi e diverse ecografie ma nessuno si era accorto di nulla. Se avessi saputo che era tanto malato, avrei certamente abortito. La sua non è vita. Ma anche questo mi è stato negato. Ora quegli stessi camici bianchi che lo hanno condannato a vivere non diagnosticando la sua malattia quando era ancora in pancia, dicono che Alex è un costo per la società e, quindi, mi negano il diritto alla speranza»;
Alex è tornato a casa dopo due anni e mezzo, la culletta «normale» che Anna aveva scelto per lui è stata sostituita da una in ferro. La signora Palladino ha perso il lavoro e fino a pochi mesi fa non riusciva a trovarne un altro «perché nessuno

dà un posto a una ragazza madre con un figlio nelle condizioni di Alex. Ora finalmente ne ho trovato uno di tre ore al giorno a 25 chilometri di distanza da casa. Per fortuna, l'Asl mi manda un infermiere per cinque ore così, almeno, posso andare a lavoro tranquilla»;
in tutto questo tempo la signora Palladino ha assistito il suo bimbo come un'infermiera professionale, ha imparato ad aspirare il catarro ogni quarto d'ora, tutti i giorni, tutte le notti: «Prima puntavo la sveglia, ora ho una specie di orologio interno che mi fa svegliare quando serve». Alex non ha mai detto una parola, ma la signora Palladino ha imparato il codice del suo sguardo castano e della sua bocca muta. «Quando si arrabbia, strizza gli occhi. Succede tutte le volte che i figli delle mie amiche prendono i suoi giocattoli; quando invece vuole che gli lavi i denti, li gratta fino a quando non intervengo. Sorride spalancando la bocca quando ascolta le canzoni napoletane e "Sincerità" di Arisa»;
in questi quattro anni la signora Palladino ha combattuto da sola contro un nemico sconosciuto: «Lui capisce tutto, ha un'attività cognitiva ma, mi hanno spiegato, è come se avesse addosso un peso di 200 chili. Ad aiutarla contro questo mostro senza nome c'è stata solo sua madre. Assieme al Movimento Europeo Diversamente Abili la sua vicenda ha cominciato a essere conosciuta; secondo quanto dichiarato dalla coordinatrice per il Veneto del MEDA, signora Maria Riccelli, «abbiamo organizzato una serata e raccolto un po' di soldi. Il sindaco le ha promesso una casa a piano terra perché Alex, qualche volta, possa uscire di casa. Anna ha ottenuto una riduzione della tassa sui rifiuti»;
recentemente intervistata nell'ambito della trasmissione «Però basta!!!», in onda su Sky, la signora Palladino ha lanciato un semplice: «Devono dare un nome a quel mostro che ha rubato la vita al mio piccolo Alex» -:
all'interrogante appare incivile e inaccettabile per un paese civile che una struttura pubblica quale è la ASL rifiuti una cura «perché attivare una ricerca scientifica per un solo bimbo è troppo caro»;
quali iniziative urgenti intenda promuovere, nei limiti delle proprie competenze, perché il caso sia positivamente affrontato e risolto e comunque quali iniziative intenda adottare per promuovere attività di ricerca e cura delle malattie rare.
(4-03285)

Risposta. - Le maggiori criticità che presentano le malattie rare sul piano diagnostico assistenziale, derivano ancora oggi dalle limitate conoscenze scientifiche riguardo alla maggior parte di queste malattie e dalla scarsità di informazione sia degli operatori sanitari, sia dei pazienti; la prima conseguenza di ciò è il ritardo diagnostico che impedisce di instaurare una terapia precoce, quando possibile. Inoltre, si riscontrano sia difficoltà di accesso ai trattamenti farmacologici sia la carenza di supporto sociale.
La rarità delle singole malattie e la conseguente scarsità di conoscenze ne fanno un ambito unico, cui l'intervento internazionale e/o nazionale può apportare un elevatissimo valore aggiunto, facilitando lo scambio di informazioni, la collaborazione tra gli esperti ad un livello multidisciplinare ed il lavoro in rete delle strutture, allo scopo di superate le difficoltà che il sistema sanitario nazionale incontra nel rispondere ai bisogni dei pazienti e delle loro famiglie.
Per quanto di competenza di questo Ministero, si ritiene, innanzitutto, di segnalare che decreto ministeriale 18 maggio 2001, n. 279, ha stabilito il diritto all'esenzione per tutte le prestazioni incluse nei livelli essenziali di assistenza, efficaci ed appropriate per il trattamento della malattia e per la prevenzione degli ulteriori aggravamenti. A causa della varietà e della complessità delle manifestazioni cliniche di ciascuna malattia e di quelle eventualmente associate, l'esenzione riguarda tutte le prestazioni efficaci ed appropriate per il trattamento ed il monitoraggio della malattia rara accertata e per la prevenzione degli

ulteriori aggravamenti, incluse nei livelli essenziali di assistenza e previste dai protocolli, ove esistenti, definiti dai presidi di riferimento.
Inoltre, sono previste in esenzione le prestazioni volte all'accertamento della malattia rara, erogate presso i presidi della rete e a condizione che vi sia un sospetto diagnostico formulato da uno specialista del servizio sanitario nazionale.
Il decreto dispone, ancora, che siano erogate in esenzione le indagini genetiche dei familiari dell'assistito, eseguite dai presidi della rete, qualora si rendano necessarie per la diagnosi, allo stesso assistito, di malattia rara di origine ereditaria.
La selezione delle prestazioni erogabili in regime di esenzione per ciascuna delle specifiche malattie è affidata al medico di fiducia in collaborazione con il presidio competente della rete.
Lo stesso decreto affida all'istituto superiore di sanità (Iss) il compito di gestire il registro nazionale per le malattie rare, attraverso il quale conoscere meglio i bisogni delle singole malattie in termini di diagnosi e terapia, ed istituisce una rete di strutture, attraverso la quale realizzate adeguati interventi assistenziali. La rete nazionale per le malattie rare è costituita dai presidi che ogni regione ha appositamente individuato nel proprio territorio per le singole malattie o per gruppi di malattie rare.
Negli ultimi anni, l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha indetto numerosi bandi e ha finanziato diversi progetti, inserendo le malattie rare ed i farmaci orfani tra le aree prioritarie da finanziare con il fondo per la ricerca indipendente stanziato dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, che impone alle industrie farmaceutiche di versare all'Aifa il 5 per cento delle spese delle loro campagne promozionali.
Altri progetti per la ricerca sulle malattie rare sono stati finanziati da questo ministero. In particolare, alcuni progetti sono stati finanziati nell'ambito dell'accordo bilaterale Italia (Iss) - Usa
(national institutes of Health - office for rare diseases) su ricerca e sviluppo di azioni di sanità pubblica sulle malattie rare.
Inoltre, la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) ha stanziato, per il triennio 2007/2009, la somma di 3 milioni di euro/anno per il «finanziamento di progetti finalizzati al miglioramento degli interventi di diagnosi e cura delle malattie rare anche in riferimento alle facilitazioni della erogazione ai pazienti dei farmaci orfani».
Tra l'altro, nel bando della ricerca finalizzata 2009, è prevista una quota minima di 3 milioni di euro per le malattie rare, di cui 1 milione di euro è riservato al progetto
Eranet malattie rare, nell'ambito del 7o programma quadro; si parla di quota minima in quanto la cifra potrebbe aumentare nel caso di progetti che riescano a collocarsi in posizioni molto alte in graduatoria.
Inoltre, per ogni progetto vincente nell'area clinico-assistenziale, è previsto un co-finanziamento della regione in cui verrà svolto il progetto; pertanto, la cifra finale tende ad essere molto più alta.
Per quanto riguarda il caso segnalato nell'interrogazione in esame, la prefettura - ufficio territoriale del Governo di Treviso ha comunicato che il paziente viene seguito dai servizi sanitari e sociali dell'azienda Ulss n. 8 Asolo e dal comune di Montebelluna fin dalla sua nascita.
Il comune di Montebelluna ha provveduto a fornire un alloggio pubblico, esentandolo dal pagamento di alcuni tributi ed ha attivato una serie di azioni di segretariato sociale e di servizio sociale professionale (assistenza economica, aiuto alla madre nel disbrigo di numerose incombenze burocratiche e facilitazioni nell'accesso a risorse e opportunità, come il riconoscimento dell'invalidità civile, l'assegno di cura erogato dalla regione per le famiglie che si fanno carico di persone non autosufficienti, eccetera).
L'azienda Ulss n. 8 fornisce ogni supporto domiciliare ritenuto necessario, sia di tipo sanitario (infermieristico, fisioterapico, medico specialistico, nonché del pediatra di libera scelta, che effettua visite domiciliari settimanali) sia di tipo educativo e sociale; il paziente è preso in carico, in forma coordinata, dal servizio di assistenza domiciliare,

dal servizio di neuropsichiatria infantile e dal consultorio familiare.
L'azienda Ulss fornisce tutti gli ausili, protesi, interventi di ossigenoterapia domiciliare, eccetera indicati nel caso.
La situazione è stata anche discussa diverse volte in sede di unità di valutazione multidimensionale distrettuale; nel 2008 l'Uvmd ha approvato un apposito progetto individualizzato che, presentato alla regione, ai sensi della deliberazione della giunta regionale n. 1139 del 6 maggio 2008, ha consentito l'assegnazione al comune di Montebelluna di un contributo regionale straordinario di euro 26.000,00 per realizzare un progetto specifico della durata di un anno di assistenza domiciliare.
Con l'aggiunta di proprie risorse, il comune di Montebelluna ha dato corso ad un progetto che comporta un costo annuo di oltre euro 32.000,00 ed ha fornito al bambino, tramite apposita convenzione con una ditta specializzata nel servizio di ossigenoterapia domiciliare, un'assistenza domiciliare da parte di un infermiere specializzato della durata di 5 ore per 5 giorni alla settimana, senza soluzione di continuità.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da notizie diffuse dall'agenzia ANSA il 20 dicembre 2009 si apprende che la procura di Trani ha aperto un'indagine sulla morte di una neonata avvenuta nell'ospedale «Mons. Dimiccoli» di Barletta; la neonata è morta nella notte tra venerdì e sabato, la mamma era stata sottoposta a parto cesareo;
nello stesso ospedale qualche giorno fa, per una disattenzione, si è verificato uno scambio di neonate: le due bimbe furono partorite a due ore di distanza l'una dall'altra e allattate, e per ben due giorni dalle mamme sbagliate;
appare preoccupante che nell'ospedale di Trani nel giro di pochi giorni si siano verificati due gravi episodi come quelli appunto citati -:
se risulti a cosa sia dovuta la morte della piccola;
quali iniziative di competenza il Ministro abbia promosso o adottato per accertare le eventuali responsabilità per l'accaduto.
(4-05550)

Risposta. - In merito agli episodi delineati nell'interrogazione in esame, la prefettura - ufficio territoriale del Governo di Bari, in esito alle attività dell'ufficio ispettivo e controllo di gestione della regione Puglia e all'indagine ispettiva svolta dal nucleo ispettivo sanitario regionale, presso l'unità operativa di ostetricia e ginecologia dell'ospedale «Di Miccoli» di Barletta, ha comunicato che sono state rilevate anomalie di varia entità e tipologia.
In merito al primo episodio, relativo al temporaneo scambio di due neonate, l'indagine ha evidenziato che:
il protocollo delle procedure di applicazione del doppio braccialetto richiede un preciso percorso di formazione degli operatori addetti;
le proprietà del materiale usato per i braccialetti e per i cartoncini identificativi appaiono inadeguate e non garantiscono una buona aderenza;
nella gestione del personale che si alterna nei turni non si rispettano le procedure di scambio delle consegne.

Con riferimento al secondo episodio, relativo all'estrazione di un feto non vivente nella stessa unità operativa l'indagine ha evidenziato ulteriori criticità:
una inappropriata organizzazione delle attività mediche dell'unità operativa ha impedito al medico di guardia di seguire l'evoluzione della sofferenza fetale, rilevata in almeno un tracciato cardiotocografico;
sono probabili lacune formative del personale non medico, che non riesce a

supplire all'assenza del personale medico, in quanto «l'assenza del personale medico potrebbe non essere stata efficacemente colmata dalla capacità del personale non medico di reparto di rendersi tempestivamente conto dei segnali di sofferenza fetale, forse evidenti nei controlli eseguiti dal momento del ricovero alle 2,45 all'estrazione del feto non vivente alle 21,33 della stessa giornata».

La relazione redatta a seguito dell'indagine ispettiva conclude precisando che le criticità riscontrate «sono state correttamente individuate dalla direzione sanitaria di Asl» e «risulta che siano già stati adottati idonei provvedimenti correttivi, soprattutto intervenendo su alcune condotte omissive del personale medico dell'unità operativa e su una più corretta gestione organizzativa delle varie attività, dovendosi dare la giusta priorità alle problematiche urgenti delle degenti rispetto a quelle programmate ambulatoriali» e che emerge «una responsabilità professionale ed organizzativa che deve attribuirsi in primis al personale medico, che deve vigilare sulla corretta gestione di tutte le attività dell'unità operativa, soprattutto di quelle inerenti le problematiche delle patologie critiche».
La regione Puglia ha chiesto al direttore generale dell'Asl Bat di relazionare dettagliatamente in merito alle criticità evidenziate e di riferire circa le azioni e gli adempimenti intrapresi.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
agenzie di stampa e notiziari radiotelevisivi, sia pubblici che privati, il giorno 28 dicembre 2009 hanno riferito che i carabinieri del Nucleo tutela della salute del Comando di Genova, durante un controllo nel settore delle professioni sanitarie, hanno scoperto che nella Asl 5 di La Spezia erano presenti 49 infermieri che operavano senza il regolare titolo abilitante, e in particolare non risultavano iscritti all'albo del collegio professionali infermieri, requisito essenziale ed indispensabile per poter svolgere l'attività sanitaria, sia come liberi professionisti, sia come dipendenti -:
quali iniziative di competenza intenda assumere in relazione a quanto rappresentato in premessa e se non si ritenga di dover avviare una verifica a campione per accertare se l'episodio scoperto a La Spezia sia, come si auspica, isolato, o al contrario sia un fenomeno di più vaste e finora ignorate dimensioni.
(4-05611)

Risposta. - Come indicato nell'interrogazione in esame, nell'ambito di un controllo effettuato presso la Asl n. 5 di La Spezia dal competente nucleo anti sofisticazioni e sanità (Nas) dell'Arma dei Carabinieri, è emerso che 49 infermieri ivi operanti, pur in possesso del diploma di infermiere professionale, non fossero iscritti al relativo albo professionale.
Tale situazione, ad avviso dell'assessorato alla salute della regione Liguria, trae presumibilmente origine da una presa di posizione di alcune organizzazioni sindacali locali, le quali hanno indicato ai propri aderenti di non iscriversi all'albo, ritenendo che tale obbligo per i pubblici dipendenti non sussista, sia sulla base di alcune sentenze in materia sia per la mancata attuazione della legge istitutiva degli ordini professionali che ha impedito la trasformazione dell'attuale collegio in ordine professionale.
Poiché il decreto ministeriale che ha incluso il certificato di iscrizione al collegio fra i documenti da presentare per la partecipazione ai concorsi per infermiere professionale fu adottato nel 1982, presumibilmente, secondo l'assessorato, sfuggì agli uffici competenti il controllo del possesso di tale requisito, in quanto gli interessati erano già dipendenti. La questione, infatti, riguarda persone di età compresa fra i 51 e i 65 anni, assunte prima del 1982 con la

qualifica di paramedico generico, le quali, a seguito dell'espletamento dei prescritti corsi di riqualificazione, sono state inquadrate successivamente nel ruolo di infermiere professionale.
Pur risultando dai controlli appositamente effettuati un numero molto esiguo di soggetti in analoghe situazioni nelle rimanenti aziende sanitarie, l'assessorato alla salute della regione Liguria ha invitato anche le altre Aassll ad effettuare controlli sul proprio personale, al fine di scongiurare il ripetersi di tali situazioni.
L'Asl n. 5, a sua volta, ha intimato ai 49 dipendenti di ottemperare all'obbligo di iscrizione, procedendo nel contempo alle opportune verifiche. La stessa ha anche informato l'assessorato che, al termine dei controlli, verranno irrogate le eventuali sanzioni a coloro che si rifiutassero di adempiere a quanto richiesto.
Questo ministero ha chiesto al Collegio provinciale di rappresentanza di infermieri professionali, assistenti sanitari e vigilatrici di infanzia (Ipasvi) di La Spezia, di fornire gli opportuni elementi conoscitivi, sulla base dell'articolo 2, comma 3, della legge 1o febbraio 2006, n. 43.
Secondo quanto appreso dall'Ipasvi, dal mese di agosto 2009 era stata attivata una stretta collaborazione tra il collegio provinciale Ipasvi di La Spezia e i carabinieri Nas, che avevano verificato l'effettiva iscrizione all'albo professionale di un elenco di nominativi di infermieri dipendenti della Asl n. 5. Anche da questo controllo risultava che, su mille infermieri dipendenti, non erano iscritti 49 professionisti.
Il collegio ha ricevuto, nel dicembre 2009, la richiesta «da alcuni di questi 49 dipendenti» di iscrizione all'Albo, in quanto l'Asl spezzina aveva intimato loro di produrre, entro il 15 gennaio 2010, il certificato di iscrizione all'albo Ipasvi. In data 8 gennaio 2010 il collegio ha deliberato l'iscrizione di 30 infermieri compresi nel gruppo dei 49. La situazione, secondo quanto appreso dal presidente del collegio Ipasvi, può essere ricondotta ai livelli di una accettabile, fisiologica anomalia amministrativa. Infatti, va evidenziato che, seppure in carenza della necessaria iscrizione all'albo professionale Ipasvi, così come previsto dall'articolo 2, comma 3, della legge n. 43 del 2006, gli infermieri dipendenti della ASL n. 5 sono tutti in possesso del regolare titolo abilitante all'esercizio della professione sanitaria di infermiere, requisito essenziale ed indispensabile per poter svolgere l'attività sanitaria sia come libero professionista, sia nell'ambito di servizio in regime di lavoratore dipendente.
Per completezza, si segnala che nel corso del 2009, i Carabinieri Nas hanno provveduto a denunciare alla autorità giudiziaria 74 persone per aver svolto la professione di infermiere in assenza del titolo universitario e 147 infermieri professionali in quanto non iscritti a collegio Ipasvi.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro della gioventù, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il 6 gennaio 2010 sul sito Corriere.it veniva pubblicato un articolo della giornalista Simona Ravizza, che per la gravità di quanto esposto si ritiene di dover pubblicare nella sua integrità: «Ha 21 anni ed è sieropositiva. Come lei, coraggiosa studentessa della Bocconi che ha affidato al Corriere il racconto del suo dolore, a Milano ci sono altre 22 mila persone. Un numero in crescita. Eppure l'Aids è ancora vergogna, tabù, paura. In uno dei passaggi della lettera si leggeva: «Si dovrebbe parlare molto più spesso di questa malattia. Io non sono una drogata, una dai facili costumi. Io sono una ragazza normale». Mauro Moroni, storico primario del Sacco e presidente dell'Anlaids Lombardia: «C'è troppo silenzio intorno al problema». Cento e più le e-mail sull'argomento arrivate a Corriere.it;
a Milano si contano due nuovi casi di contagio da Hiv al giorno: eppure Giuliano

Rizzardini, a capo della 1° e 2° divisione di Malattie infettive del Sacco (che cura il 10 per cento dei malati di tutt'Italia), oggi viene chiamato dalle scuole per parlare di prevenzione anti-Aids (solo) due volte l'anno contro le quattro volte al mese di quindici anni fa. È in questi dati - dicono gli esperti - la contraddizione di una città che ha la stessa percentuale di nuove infezioni di New York, ma dove la prevenzione stenta a decollare (come confermano i quasi mille nuovi malati l'anno) e che troppo spesso viene scossa più dalle polemiche sulla distribuzione di preservativi pubblica come dimostrano le 100 e più e-mail arrivate al forum del Corriere.it. Ammette Mauro Moroni, storico primario del Sacco e presidente dell'Anlaids Lombardia: «Il trend dei nuovi contagi ritorna a essere in crescita, ma c'è troppo silenzio intorno al problema, in città come nel resto d'Italia. Nonostante i numeri l'Hiv non rientra più nell'agenda delle emergenze»;
a Milano c'è un terzo dei malati di tutt'Italia. Un nuovo contagiato su due è eterosessuale. Non solo: «Almeno il 25 per cento dei sieropositivi può riconoscersi nell'esperienza della giovane bocconiana - spiega Giuliano Rizzardini -. Tutti pazienti senza comportamenti sessuali promiscui». I più a rischio sono i giovani tra i 24 e i 29 anni e gli uomini sopra i 60 alla riscoperta del sesso con il Viagra. Ma l'Hiv è definita una malattia democratica che non colpisce solo uomini (e donne) dalla vita disordinata: «Può bastonare chiunque senza fare distinzioni - scrivono i lettori nel forum -. Il che non vuol dire che gli altri, e cioè gli omosessuali, gli infedeli e i drogati, se lo meritino»;
un invito alla clemenza (che è diversa dalla pietà), ma soprattutto alla prevenzione con l'uso del preservativo e l'abitudine a fare il test. È l'esortazione che arriva dalle e-mail ricevute dal Corriere e dai medici: «La percezione del rischio è crollata - ribadisce Moroni -. E non c'è nulla di più pericoloso». Per la giovane bocconiana, invece, piovono soprattutto i ringraziamenti per un atto di denuncia civile. E c'è chi l'invita a mangiare la pizza venerdì sera, chi le consiglia di confidarsi con i genitori ignari di tutto, chi - sulla scorta della propria esperienza personale - la spinge ad avere una vita serena senza precludersi né i figli né la carriera, chi la esorta a ritrovare il sorriso, chi si limita semplicemente ad augurarle buona fortuna» -:
quali iniziative i Ministri, tra loro coordinati e individualmente, intendano promuovere, sollecitare e adottare, in ordine all'inquietante situazione che emerge dall'articolo della giornalista Simona Ravizza;
se non si ritenga di dover raccogliere l'allarme lanciato dai professori Mauro Moroni e Giuliano Rizzardini, e di conseguenza promuovere, di concerto con le istituzioni locali una adeguata campagna di informazione di massa circa i rischi di contagio da Hiv e altre malattie, e in particolare se non si ritenga di dover promuovere una campagna di informazione circa l'uso dei preservativi e i test.
(4-05658)

Risposta. - Preliminarmente, si segnala che questo Ministero ha da tempo avviato le iniziative che vanno nella direzione di quanto sollevato con l'interrogazione in esame.
Infatti, la legge 5 giugno 1990, n. 135, recante «Programma di interventi urgenti in materia di prevenzione e lotta all'Aids» promuove la realizzazione, da parte del ministero della salute, di iniziative di informazione allo scopo di contrastare la diffusione del virus Hiv.
Come disposto dalla richiamata normativa, ogni anno vengono pianificate iniziative di comunicazione in base alle risultanze degli studi epidemiologici e alle indicazioni formulate dalla commissione nazionale per la lotta all'Aids.
In linea con quanto espresso dalla commissione nazionale per la lotta all'Aids (di cui fanno parte anche i rappresentanti delle principali Associazioni di volontariato del settore e il coordinatore della Consulta), nel 2009 è stata impostata l'attività di comunicazione individuando come obiettivo

principale quello di mantenere alta la soglia di attenzione della popolazione italiana nei confronti del problema Aids ed, in particolare, incentivare i giovani adulti (30-40 anni), di qualunque orientamento sessuale, italiani e stranieri, a sottoporsi al test Hiv.
Per l'esatta definizione del profilo del
target di campagna, le informazioni raccolte dai sistemi di sorveglianza evidenziano che le caratteristiche di coloro che oggi si infettano con Hiv sono completamente diverse da quelle di coloro che si infettavano dieci o venti anni fa: non si tratta più di persone giovani e prevalentemente tossicodipendenti, ma piuttosto di adulti maturi che si infettano attraverso i rapporti sessuali.
Infatti, secondo le stime dell'istituto superiore di sanità, in Italia più della metà dei soggetti con una nuova diagnosi di AIDS ignora la propria sieropositività.
L'obiettivo principale, quindi, è stato quello di raggiungere quella fascia di popolazione costituita dai cosiddetti «inconsapevoli», vale a dire da coloro i quali non essendosi sottoposti al test, ignorano la propria sieropositività, infettano gli altri attraverso i rapporti sessuali e ricevono una diagnosi tardiva della malattia.
La campagna informativa-educativa si è sviluppata, quindi, attraverso due azioni di comunicazione di contenuto diverso:
a) l'attività di vera e propria sensibilizzazione della popolazione, contenente l'invito a verificare il proprio stato di salute mediante la promozione del test HIV, nel caso in cui sia stata vissuta una situazione di rischio; b) un'attività a contenuto propriamente informativo, supportata dall'attivazione di un servizio telefonico personalizzato.
Il singolo cittadino ha la possibilità di richiedere, in modo assolutamente riservato, tutte le informazioni sulle strutture e i servizi offerti dal servizio sanitario nazionale per effettuare il
test Hiv.
Il ministero della salute, inoltre, anche in linea con le richieste espresse dalla commissione nazionale Aids, ha fortemente promosso una ricerca denominata «Progetto di ricerca per l'individuazione e la sperimentazione di modelli di intervento atti a migliorare l'adesione al
test di screening HIV attraverso il contributo delle Associazioni facenti parte della consulta di lotta all'AIDS», realizzata in collaborazione con l'istituto superiore di sanità, i cui risultati sono stati presentati il 17 febbraio 2010 nel corso di un apposito convegno. In questo ambito, sono state illustrate le azioni svolte dalle Associazioni in tre città, Genova, Firenze e Palermo, e sono state evidenziate le aree di criticità e i punti di forza relativi all'accesso al test HIV nelle varie regioni; sono state, altresì, proposte le buone prassi per facilitare l'accesso al test da parte della popolazione italiana.
Per l'anno in corso, nella predisposizione delle strategie di comunicazione e di intervento sul tema, si tiene conto dei dati e delle indicazioni emersi nel sopra citato evento scientifico.
Inoltre, al fine di promuovere nelle scuole un clima educativo attento al benessere dello studente, il 5 gennaio 2007 è stato sottoscritto il Protocollo di intesa tra questo ministero e il ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con il quale si è delineato un programma comune di collaborazione, mirato alla prevenzione di patologie croniche e al contrasto di fenomeni tipici dell'età giovanile, da realizzarsi attraverso progetti sperimentali, ricerche e programmi per diffondere la cultura della salute e migliorare la qualità della vita, all'interno del sistema dell'istruzione e nel quadro di valori e significati relazionali, etici e sociali.
Nell'ambito delle strategie delineate nel Protocollo, sono previste anche iniziative congiunte di informazione/educazione sulle tematiche della affettività, della sessualità e della prevenzione di patologie a trasmissione sessuale.
Tali interventi, oltre a prevedere una maggiore collaborazione ed interazione tra scuola, genitori e strutture sanitarie locali, consentiranno anche di individuare le maggiori criticità sul versante del disagio, della salute psichica e relazionale e delle malattie sessualmente trasmissibili.
Le attività previste mirano inoltre a favorire la creazione di un clima relazionale positivo, volto al rispetto e alla tutela della persona e delle diversità


In particolare, è in corso di avvio un programma di formazione congiunto di docenti e operatori sanitari sull'intero territorio nazionale, la cui gestione è affidata all'ufficio scolastico regionale (Usr) del Piemonte, mirato alla costruzione condivisa di competenze del sistema integrato scuola-salute, contestualizzando l'esperienza italiana nello scenario delle linee di azione internazionale (unione europea, organizzazione Mondiale della sanità, eccetera).

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'agenzia ANSA il 20 febbraio 2010 ha diffuso in rete la seguente notizia «Sanità: ospedale bambini senza posti, i piccoli su brandine, allarme medici nosocomio Palermo; azienda sollecita interventi»;
il particolare si riferisce che «nell'ospedale dei bambini non ci sono posti letto sufficienti nelle sale di degenza, così i piccoli pazienti vengono sistemati su brandine non omologate, in corridoi angusti e in locali adibiti alle medicazioni senza il rispetto delle misure di sicurezza e intralciando il lavoro ordinario del personale sanitario e parasanitario»;
alle 9 del mattino di sabato 20 febbraio 2010 risultava che i bambini messi «fuori posto» erano sedici, tra cui sei nell'unità operativa di malattie infettive, cinque in terza pediatria, tre in prima pediatria e due in osservazione breve al pronto soccorso;
l'allarme è stato lanciato dai medici delle unità di pediatria dell'ospedale, secondo cui il fenomeno «fuori posto» è diventato evento ordinario, e in questo periodo endemico raggiunge livelli definiti esplosivi. Per i medici, che hanno firmato una sorta di appello alla direzione sanitaria «tale situazione aumenta in maniera esponenziale il rischio clinico per il piccolo paziente»;
si tratta di uno stato di cose che in questo periodo si sta ulteriormente aggravando, in quanto l'ospedale dei bambini è in via di ristrutturazione, la pediatria di «Villa Sofia» e CTO è stata chiusa, l'aiuto materno è stato chiuso, come l'IMI, l'ospedale Casa del Sole è in via di trasferimento presso l'azienda «Cervello-villa Sofia» -:
se tale situazione dipenda, anche parzialmente dall'attuazione del piano di rientro dal deficit Sanitario in Sicilia e se non rappresenti una compromissione dei livelli essenziali di assistenza.
(4-06235)

Risposta. - In merito agli episodi delineati nell'interrogazione in esame, l'assessorato regionale della salute tramite la prefettura-ufficio territoriale del Governo di Palermo, ha precisato che l'ospedale «Di Cristina» - unitamente all'ospedale «Civico e Benfratelli» e all'ospedale «Maurizio Ascoli» di Palermo - fa parte dell'ARNAS (aziende di rilievo nazionale di alta specializzazione).
Nel settembre 2009, al fine di potenziare e ottimizzare l'assistenza pediatrica, sono stati avviati i lavori di ristrutturazione e adeguamento a norma della predetta struttura ospedaliera; per ridurre i disagi all'utenza, sono stati previsti l'attivazione del
Triage presso l'unità operativa di pronto soccorso ed il potenziamento dei locali di osservazione breve con un'ulteriore dotazione di n. 8 posti letto.
Con specifico riguardo alla carenza di posti letto, lo stesso assessorato ha evidenziato come questa risenta del maggior numero di richieste di assistenza in particolari periodi dell'anno, segnatamente nei fine settimana e nelle fasi stagionali in cui sono presenti le sindromi influenzali e le eventuali complicanze a loro connesse.
L'assessorato ha comunicato, inoltre, che la chiusura dell'istituto materno infantile e dell'aiuto materno non avrebbero in alcun modo inciso sull'assistenza sanitaria pediatrica dell'area metropolitana di Palermo, mentre il trasferimento dell'unità operativa di pediatria dal plesso di «Villa

Sofia» a quello della «Casa del Sole» avrebbe potenziato l'assistenza ospedaliera di quest'ultima struttura.
L'assessorato regionale della salute ha, inoltre, rappresentato che il trasferimento delle unità operative e del relativo personale dall'ospedale «Casa del Sole» all'Ospedale «Cervello» si inserisce in un quadro di interventi volti a garantire il potenziamento e la riqualificazione dell'assistenza pediatrica; il trasferimento è stato disposto con decreto assessoriale n. 1150 del 2009 che prevedeva la «disattivazione della funzione ospedaliera per acuti con relativo trasferimento delle unità operative presso altri nosocomi cittadini».
Da ultimo, secondo quanto riferito «la creazione di un polo pediatrico nella città di Palermo produrrà da un lato il decongestionamento dello stabilimento "Di Cristina" e dall'altro darà risposte valide e tempestive all'utenza pediatrica non solo della provincia di Palermo, in quanto diverrà un punto di riferimento pediatrico per tutta la regione».

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da un rapporto promosso dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in collaborazione con il regional environmental center di Budapest, che ha preso in esame tredici scuole italiane di sei regioni (e segnatamente: Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Lazio, Sicilia e Sardegna, circa un migliaio gli alunni tra gli 8 e gli 11 anni coinvolti), emerge che sostanze pericolose come Pm10 e formaldeide mettono a rischio la salute degli studenti durante gli orari di scuola;
risulta infatti che nelle aule il tasso di inquinamento è peggiore e superiore di quello in strada provocato dalle polveri sottili, e procura seri rischi di asma e allergie;
dall'indagine emerge una realtà costituita da edifici scolastici piuttosto anziani: circa il 50 per cento è stato costruito prima del 1960 (il più vecchio si trova ad Ispra in Lombardia, costruito ai primi del '900 e il più moderno a Roma e risale agli anni 90);
gli edifici più vetusti hanno subito ristrutturazioni in cui spesso sono stati usati materiali contenenti composti tossici;
secondo la citata ricerca un altro «nemico» presente in classe è il Pm10: i valori sono sempre superiori all'interno della scuola per il cumularsi delle polveri sottili esterne derivanti dal traffico a quelle generate all'interno, come il gesso delle lavagne; lo studio ha poi analizzato la salute dei bambini: la tosse frequente è stata riscontrata in percentuale maggiore tra i bambini delle scuole dell'Emilia Romagna e del Lazio. Per i bambini i dati più recenti mostrano un aumento delle malattie allergiche e dell'asma e la rilevazione compiuta nelle 13 scuole riflette questa tendenza: il 27,6 per cento degli alunni esaminati soffre infatti di rinite, il 21,9 per cento di tosse, il 19,9 per cento di allergie, il 10,4 per cento di asma -:
quali iniziative, nell'ambito delle rispettive competenze e prerogative, si intendono promuovere, adottare, sollecitare perché la salute degli studenti sia salvaguardata e tutelata.
(4-06504)

Risposta. - In merito alla problematica delineata nell'interrogazione in esame, si segnala che nel 2008, un gruppo di lavoro nazionale, istituito presso la direzione generale della prevenzione sanitaria di questo ministero, ha elaborato le linee di indirizzo per la realizzazione di un programma nazionale di prevenzione per la riduzione nelle scuole dei fattori di rischio indoor per asma e allergie.
Il documento di indirizzo, sul quale la commissione salute della conferenza delle regioni e delle province autonome ha espresso parere favorevole nella seduta del

12 novembre 2008, è tuttora all'esame della stessa conferenza, per l'acquisizione della veste giuridica di accordo Stato-regioni.
Il documento fornisce alle autorità regionali e locali una serie di misure tecniche da mettere in atto per realizzare ambienti scolastici sani e sicuri e per limitare il più possibile il contatto dei bambini, specialmente se atopici e asmatici, con i fattori di rischio
indoor maggiormente implicati nell'induzione e nell'aggravamento delle malattie allergiche e dell'asma bronchiale.
I principali interventi proposti sono:
1) definizione di linee guida per migliorare la qualità dell'aria interna degli edifici scolastici;
2) definizione di raccomandazioni e protocolli operativi per la corretta pulizia e manutenzione degli ambienti scolastici, compresi gli spazi esterni;
3) aggiornamento e revisione dell'attuale legislazione edilizia per il risanamento degli edifici scolastici esistenti e la progettazione/costruzione di edifici nuovi;
4) definizione di raccomandazioni per la progettazione e manutenzione del verde scolastico;
5) definizione di raccomandazioni e protocolli operativi per migliorare la qualità e la sicurezza dei pasti erogati nelle scuole;
6) definizione e promozione di campagne di informazione ed educazione sanitaria rivolte agli studenti, alle famiglie e a tutto il personale scolastico, per favorire l'adozione di comportamenti in grado di contrastare l'insorgenza di patologie croniche nell'infanzia, in particolare: malattie respiratorie, allergie, asma e obesità.

All'attuazione del programma di prevenzione per le scuole contribuisce un gruppo di lavoro «ad hoc» di questo ministero, operante nell'ambito della «Gard Italia», un'alleanza volontaria di organizzazioni, istituti e agenzie nazionali, nata nel giugno 2009 a Roma in occasione della IV assemblea generale della «International Global Alliance Against Cronic Respiratory Diseas» dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms).
La «Gard Italia» vede collaborare in maniera sinergica il Ministero della salute con le principali associazioni di pazienti e società medico scientifiche italiane, per definire strategie comuni volte a contrastare le malattie croniche respiratorie nel nostro Paese.
Tra gli obiettivi prioritari del gruppo di lavoro della «Gard Italia» vi è l'elaborazione, di concerto con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sulla base di indicazioni dell'Oms e della Commissione europea, di linee guida nazionali per migliorare la qualità dell'aria «
indoor» e gli aspetti igienico sanitari degli edifici scolastici.
Gli obiettivi della prevenzione dei rischi «
indoor» nelle scuole sono stati inseriti nel nuovo piano nazionale della prevenzione 2010-2012, approvato dalla Conferenza Stato-regioni il 29 aprile 2010.
Si segnala, inoltre, che è stata avviata la procedura per consentire lo svolgimento del progetto del centro per il controllo delle malattie «Esposizione ad inquinanti
indoor: linee guida per la valutazione dei fattori di rischio in ambiente scolastico e definizione delle misure per la tutela della salute respiratoria degli scolari e degli adolescenti (Indoor School)», oggetto di accordo con l'Istituto superiore di sanità, per la cui realizzazione è stato previsto un finanziamento di 476 mila euro.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i rapporti con le regioni, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 14 giugno 2010 l'agenzia «AdN-Kronos» ha diffuso un dispaccio relativo all'abbandono, sulle sponde del fiume Chiascio di amianto e altro materiale altamente pericoloso;

Legambiente, in un comunicato, denuncia come «la pratica dello smaltimento illecito dell'amianto sia ancora un evento consueto dopo 18 anni dalla messa al bando dell'amianto»;
attualmente esistono incentivi speciali introdotti dallo Stato (decreto ministeriale del 19 febbraio 2007) che agevolano le aziende nella sostituzione di tetti in eternit con impianti fotovoltaici, mentre i privati cittadini non possono beneficiare di misure analoghe -:
quali iniziative si intendano promuovere, sollecitare, adottare, di concerto con la regione Umbria e le altre istituzioni ed enti locali per una tempestiva bonifica del fiume Chiascio, dell'amianto che sconsideratamente è stato abbandonato sulle sue sponde;
se non si ritenga necessario, opportuno e urgente avviare, anche a livello locale, una campagna informativa capillare per informare i cittadini sui pericoli di un improprio trattamento e dei rischi dell'abbandono in ambienti naturali e contestualmente se non si ritenga di dover individuare e approntare, anche mediante apposite iniziative normative, forme incentivanti, anche per i privati, allo scopo di favorire un corretto smaltimento dell'amianto e di altri materiali inquinanti e pericolosi.
(4-07609)

Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, dove si segnala l'abbandono di lastre di cemento-amianto (eternit) lungo le sponde del fiume Chiascio, nell'agro del comune di Bettona (Perugia), si rappresenta quanto segue.
Il 21 giugno 2010, la ditta A.P. produzione ambiente Spa attivata nella competenza dal comune di Bettona, ha provveduto alla rimozione di 470 chilogrammi del predetto rifiuto pericoloso (CER 17 giugno 2005) provvedendo a trasportarlo presso il centro di stoccaggio autorizzato della ditta GE.SE.N.U. Spa, società incaricata della gestione dei rifiuti per quel comune.

Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro per i rapporti con le regioni. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Nuova Venezia nella sua edizione del 16 giugno 2010 ha pubblicato un articolo nel quale si riferisce di un impegno della regione Veneto per la realizzazione a Lavagno (Verona) di un centro di ricerca «Quo Vadis», il cui obiettivo, secondo il suo promotore don Luigi Verzè è riuscire, sulla base della genomica, a preconizzare le patologie alle quali una persona può andare incontro nel corso della sua vita, e portare l'età media dell'uomo a 120 anni -:
se il progettato centro di ricerca «Quo Vadis» sarà realizzato interamente con fondi privati, o se sia prevista una partecipazione pubblica di Stato;
in caso vi sia una partecipazione pubblica, a quanto ammonti lo stanziamento.
(4-07696)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame si comunica quanto segue.
Il centro di ricerca «
Quo Vadis» di Lavagno (Verona), non rientrando tra i soggetti, di cui all'articolo 12-bis, comma 6, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modifiche ed integrazioni, che possono svolgere attività di ricerca corrente e finalizzata, non risulta essere destinatario di contributi erogati da parte di questo ministero.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nel gennaio del 2008 la regione Campania ha promosso lo studio Sebiorec, che prevedeva il prelievo di campioni di sangue materno di 780 persone e del latte

materno di 50 donne, in tredici comuni delle province di Napoli e Caserta;
detta ricerca si proponeva come scopo analizzare la presenza di diossine e metalli pesanti;
il progetto in questione nasceva al culmine di mesi di preoccupazioni, allarmi e timori circa i danni alla salute dei cittadini campani, provocati dalle discariche abusive, dai roghi dell'immondizia, da decenni di sversamenti di sostanze pericolose e nocive da parte delle ecomafie;
la lista delle persone coinvolte nel monitoraggio, informava il Consiglio nazionale delle ricerche, scelto per realizzare l'indagine, insieme all'Istituto superiore di sanità, all'Osservatorio epidemiologico, Registro tumori delle ASL di Napoli e a cinque tra le aziende sanitarie locali della regione Campania, «è stata composta casualmente, in modo proporzionale alla popolazione locale, in una fascia di età che va dai 20 ai 64 anni, e in Comuni scelti per diverso livello di rischio ambientale»;
a distanza di due anni dalla ricerca, dichiara il sindaco di Acerra Tommaso Esposito, «ancora nulla si conosce riguardo ai risultati. Eppure ricordo bene che a dicembre dello scorso anno, nel corso di una riunione alla quale parteciparono anche rappresentanti dell'Istituto Superiore di Sanità, si disse che i dati di Sebiorec sarebbero stati resi noti entro poche settimane. Come sindaco e come medico chiedo che si sappia al più presto cosa c'è in quei documenti, o almeno ci si dica perché non sono ancora stati resi pubblici»;
risulta in corso una campagna di sensibilizzazione, che si concreta nell'invio di e-mail, messaggi e telefonate ai responsabili delle aziende sanitarie locali che si sono occupati dello studio, il cui scopo è chiedere che fine abbiano fatto i risultati del Sebiorec che dovevano essere pubblicati entro la fine del 2009;
il timore che circola tra la popolazione interessata è che le autorità sanitarie stiano cercando di nascondere qualcosa, e che in quei dati vi siano cifre e risposte particolarmente allarmanti -:
quali siano le ragioni del ritardo della diffusione dello studio Sebiorec;
a quali conclusioni sia giunto lo studio Sebiorec e cosa gli studiosi abbiano trovato nel sangue di chi si è sottoposto alle analisi;
se il rapporto sia stato o no trasmesso dall'Istituto superiore di sanità alla regione Campania;
in caso negativo, per quali ragioni il citato rapporto non sia ancora stato trasmesso.
(4-08082)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, si precisa che in data 14 maggio 2007 la giunta regionale della Campania comunicava all'Istituto superiore di sanità (Iss) la liquidazione di fondi per la realizzazione d'un progetto di studio epidemiologico e di biomonitoraggio sullo stato di salute e sui livelli d'accumulo di contaminanti organici persistenti nel sangue e nel latte materno in gruppi di popolazione a differente rischio d'esposizione nella regione Campania.
Tali fondi, devoluti primariamente per il finanziamento dello studio in questione, noto come Sebiorec, hanno sostenuto anche ricerche ancillari effettuate dall'Iss nel settore veterinario.
Lo studio Sebiorec è divenuto formalmente operativo nel luglio 2007, con la prima riunione delle parti interessate all'espletamento del medesimo (l'identificazione delle aziende sanitarie locali è quella all'inizio dello studio):
assessorato sanità della regione;
osservatorio epidemiologico della regione;
istituto superiore di sanità (dipartimento ambiente e connessa prevenzione primaria);
consiglio nazionale delle ricerche (istituto di fisiologia clinica);


registro tumori della regione (presso l'azienda sanitaria locale Napoli 4);
aziende sanitarie locali Napoli 1, 2, 3, e 4, e Asl Caserta 1 e 2.
Date la complessità e delicatezza dello studio e la programmata ampia estensione del campionamento, diversi mesi sono occorsi per la definizione dei relativi protocolli operativi.
Il campionamento ematico veniva realizzato nel periodo gennaio 2008-ottobre 2009, mentre la raccolta di reperti di latte materno era completata nel dicembre 2009, dopo circa 15 mesi d'attività. La durata delle attività di prelievo, visibilmente protrattesi per lungo tempo, è un riflesso della profonda articolazione dello studio, da coniugarsi con la ricerca di un'elevata rappresentatività dei campioni Pool, da sottoporre successivamente ad analisi, congiuntamente alla ricerca dei soggetti donatori, non sempre facilmente disponibili.
In particolare, sono state incontrate difficoltà nel reperire donatrici primipare di latte.
Nel complesso sono stati resi disponibili 876 reperti individuali di siero (84 campioni
pool) per la ricerca di microcontaminanti organici, 859 individuali reperti di sangue (84 campioni pool) per la ricerca di metalli, e 52 reperti di latte materno (6 campioni pool) per il rilevamento di entrambi.
L'Iss ha segnalato che, attualmente, tutte le analisi sono state completate e i dati ottenuti, dopo validazione di qualità, sono in corso di valutazione.
Pertanto, l'Istituto ritiene prevedibile che il rapporto conclusivo dello studio Sebiorec sia disponibile nel giro di circa due mesi.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il primo finanziamento per l'ospedale di Rosarno, in Calabria, risale a ormai 43 anni (346 milioni di lire elargiti dall'allora Cassa per il Mezzogiorno);
nel 1997 i cantieri vennero inaugurati, i lavori sono durati ben 24 anni; nei successivi 19 la struttura ospedaliera è stata ridotta a quello che non è improprio definire un letamaio, dal momento che dove si dovevano curare i malati, pascolano e trovano rifugio cavalli e pecore;
risulta razziata ed asportata abusivamente ogni infrastruttura possibile, persino gli ascensori, le ringhiere delle scale e le vasche incassate nella muratura;
il sindaco di Rosarno, Gianfranco Saccomanno, racconta di aver tentato in ogni modo di fare pressioni perché l'ospedale venisse utilizzato almeno in parte: «Nessuno mi ha mai dato ascolto» -:
se sia in grado di quantificare la cifra finora spesa - meglio sarebbe dire, ad avviso degli interroganti, sperperata - per l'ospedale di Rosarno;
quali iniziative di competenza il Governo intenda promuovere o adottare anche per il tramite del Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro del settore sanitario.
(4-08325)

Risposta. - L'interrogazione in esame si riferisce all'ospedale di Rosarno (Reggio Calabria) la cui struttura, prevista come centro traumatologico, è stata iniziata nel 1967 con fondi del Ministero dei lavori pubblici e della Cassa per il mezzogiorno.
Il fabbricato non è stato completato e risulta sia stato trascurato al punto di essere inagibile. In passato era stata ipotizzata la possibilità di realizzarvi una residenza sanitaria assistenziale (Rsa). Non sono stati mai previsti finanziamenti sul programma
ex articolo 20 di cui alla legge 11 marzo 1988, n. 67.
Dalla proposta di piano sanitario regionale 2007-2011 risultava l'intenzione di destinare la struttura a funzioni non sanitarie.
Il piano di rientro sottoscritto il 17 dicembre 2009 ha recepito l'accordo di programma per il settore degli investimenti

in edilizia e tecnologie sanitarie, siglato il 13 dicembre 2007, che è finalizzato alla realizzazione di quattro presidi ospedalieri, tra cui il nuovo ospedale di riferimento della piana di Gioia Tauro.
Tale nuovo ospedale sarà il presidio di riferimento di tutto il bacino di utenza in cui insiste anche Rosarno.
Peraltro, il numero di posti letto individuati fa ritenere che il piano di razionalizzazione della rete ospedaliera, in via di definizione come previsto nel piano di rientro, non prevederà l'utilizzo della struttura in oggetto.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FUCCI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
un articolo pubblicato dal Corriere del Mezzogiorno del 13 gennaio 2008 (Ambulanze senza benzina) afferma che «la Croce Rossa da Bari è praticamente sparita» e che a causa di difficoltà di bilancio, dopo aver perso la gestione di tre punti cittadini del 188, essa avrebbe difficoltà a garantire gli stipendi ai suoi dipendenti;
inoltre la Croce Rossa di Bari sarebbe in grave ritardo nei pagamenti dovuti ai suoi fornitori e, aggiunge l'articolo richiamato, vedrebbe molte sue ambulanze restare ferme per mancanza di manutenzione e di carburante -:
se le notizie di stampa richiamate in premessa rispondano al vero e, in caso affermativo, quali urgenti iniziative, per quanto di sua competenza, intenda assumere per garantire a tutti i cittadini baresi un servizio medico pienamente funzionante.
(4-02083)

Risposta. - Per quanto riguarda l'interrogazione in esame, espongo le informazioni che questo ministero ha acquisito dalla associazione italiana della Croce rossa.
«Le difficoltà di bilancio del comitato provinciale Cri di Bari persistono e derivano principalmente dalla gestione in perdita di due postazioni del servizio 118 in convenzione con la Asl di Bari, che a breve dovrebbe assumere direttamente la gestione del medesimo servizio.
Con riferimento, invece, alla perdita della gestione di tre punti cittadini del 118, si precisa che dei tre punti originari, «Palo del Colle», «Bari Japigia» e «Poggiorsini», il comitato provinciale Cri di Bari attualmente continua a gestire i primi due.
Per quanto riguarda le difficoltà a garantire la regolare corresponsione degli emolumenti ai dipendenti, si informa che queste hanno avuto carattere occasionale e sono derivate principalmente dal pagamento in ritardo delle fatture emesse nei confronti della Asl di Bari.
Infine, si rende noto che le problematicità relative al rifornimento di carburante sono state superate e che la manutenzione dei mezzi viene regolarmente effettuata compatibilmente con i vincoli di bilancio».

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FUGATTI, BRAGANTINI, MONTAGNOLI e NEGRO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
le cronache quotidiane riportano di disagi cui sono costretti i pendolari ed i viaggiatori sulla linea che da Verona va a Trento;
all'ordine del giorno ci sono ritardi, soppressioni, a cui vanno ad aggiungersi treni incompleti, quindi con un minor numero di posti;
oltretutto presso la stazione di Verona alcune obliteratrici presenti sui binari spesso sono fuori funzione, così i passeggeri sono costretti a salire sui treni senza avere obliterato il biglietto, col rischio di incappare nella sanzione irrogata dai controllori come avvenuto in alcuni recenti casi riportati dalla stampa locale;
i viaggiatori già costretti a subire condizioni di viaggio disagiate lamentano

anche l'assoluta inadeguatezza delle carrozze, sia in termini di pulizia che di disponibilità di posti, nonché dei bagni spesso fuori servizio;
a seguito della ridotta composizione dei convogli i passeggeri sono costretti a viaggiare in piedi in condizione di assoluto disagio soprattutto nelle ore di punta;
sino ad ora nessuna concreta iniziativa è stata assunta da Trenitalia per sopperire alle carenze strutturali in cui versa il trasporto locale sulla tratta in questione -:
se il Ministro sia a conoscenza della situazione e se intenda intervenire nei confronti di Trenitalia, al fine di porre fine ad una situazione insostenibile per i viaggiatori, soprattutto per quelli che tutti i giorni usano il treno per recarsi al lavoro o a scuola, tenuto conto che essi acquistano titoli di viaggio che meriterebbero di essere onorati con un servizio adeguato.
(4-06211)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, occorre premettere che le problematiche rappresentate riguardano servizi di trasporto di interesse regionale che ai sensi del decreto legislativo n. 422 del 1997, e successive modifiche ed integrazioni, non sono più di competenza dello Stato ma sono oggetto di diretta regolazione da parte delle regioni sin dal 1o gennaio 2000 tramite appositi contratti di servizio stipulati direttamente con Trenitalia Spa.
Nel caso di cui trattasi il servizio di trasporto regionale sulla linea Verona-Trento è di competenza della regione Veneto e della provincia autonoma di Trento.
Nel contratto di servizio vengono definiti il volume e le caratteristiche dei servizi da effettuare nonché i relativi standard qualitativi e i meccanismi di penalità da applicare nei casi di eventuali difformità dai parametri contrattualmente stabiliti.
Stante l'attuale quadro normativo non sono configurabili interventi dell'autorità statale in grado di incidere sugli aspetti relativi alla programmazione ed amministrazione dei servizi di trasporto pubblico regionale e locale riservati nel caso in esame alla regione Campania.
Si fa presente, tuttavia, che non appena sarà attivato l'osservatorio nazionale sulle politiche del trasporto pubblico locale, istituito ai sensi dell'articolo 1, comma 300, della legge n. 244 del 2007, le criticità analoghe a quella lamentata con l'interrogazione di cui trattassi saranno verificate a livello nazionale e comunicate agli enti territoriali competenti affinché adottino i necessari provvedimenti per ovviarle.
Al fine di fornire una risposta ai quesiti posti con l'interrogazione in esame è stata interessata la società Ferrovie dello Stato che ha riferito quanto segue.
Il servizio ferroviario regionale sulla linea del Brennero entro cui è compresa la tratta Verona-Trento e sulle linee afferenti al bacino (Valsugana, Merano, Venosta e Pusteria) è caratterizzato da un sistema ad orario cadenzato con frequenza oraria fra Verona e Bolzano e con intensificazione alla mezz'ora nel tratto Ala/Rovereto-Bolzano, attivato fin dal dicembre 2007.
Sulla medesima linea circolano inoltre treni ex interregionali che fermano solo nei centri principali e percorrono la tratta Brennero-Bologna, con cadenzamento bi-orario inserito nel cadenzamento dei treni regionali.
Ferrovie dello Stato fa presente che il sistema cadenzato ha determinato un notevole miglioramento del servizio, con un incremento del 50 per cento dei treni tra Bolzano, Trento e Verona, e con risultati particolarmente apprezzabili per quanto riguarda la puntualità. I dati hanno evidenziato nei primi 2 mesi del 2010 una percentuale del 93,8 per cento dei treni giunti a destinazione entro i 5 minuti dall'orario di arrivo previsto, attualmente la puntualità della linea si è attestata intorno al 94 per cento.
Nel medesimo periodo, primi due mesi del 2010, le soppressioni dei treni, peraltro in misura estremamente limitata, risultano riconducibili a scioperi del personale ferroviario ed alle condizioni meteorologiche particolarmente avverse, verificatesi tra dicembre 2009 e febbraio 2010, che hanno provocato guasti agli impianti ed ai sistemi di bordo delle vetture causati da infiltrazioni

di neve e/o di ghiaccio, con conseguenti urgenti ricorsi ad interventi di manutenzione straordinaria dei rotabili.
Inoltre per quanto concerne la qualità del servizio Ferrovie dello Stato fa presente che sulla linea Verona-Trento-Bolzano viene impiegato materiale rotabile composto da vetture media-distanza il cui allestimento offre un totale di 306 posti/treno per i convogli da 4 vetture, ovvero di 460 posti per i treni,
ex interregionali, allestiti con 6 vetture. Sulla base delle frequentazioni, costantemente monitorate, la percentuale media di occupazione dei posti non supera il 43 per cento e, pertanto, le composizioni programmate risultano adeguate alle esigenze di mobilità espresse dai viaggiatori. Ai fini del miglioramento del comfort di viaggio è già stato avviato un programma di restauro delle sedute delle vetture e, per il 2011, è previsto un piano di restyling completo del parco carrozze media-distanza impiegato nel servizio di cui trattasi.
Per quanto concerne la pulizia, Ferrovie dello Stato specifica che, nonostante il rallentamento subito per effetto di una lunga serie di ricorsi amministrativi presentati dalle ditte uscenti, sono stati aggiudicati tutti i lotti relativi alla prima gara interessanti gli impianti di varie regioni, mentre si sta completando l'espletamento delle procedure relative alla seconda gara riguardante gli impianti delle rimanenti regioni, tra cui quelli interessanti il bacino di traffico di cui trattasi.
Infine Ferrovie dello Stato informa che presso la stazione di Verona porta nuova sono installate 35 obliteratrici il cui funzionamento viene costantemente monitorato al fine di migliorare ulteriormente il servizio, inoltre è stata attivata una casella di posta elettronica (
obli.veneto2010@trenitalia.it) a disposizione della clientela per segnalazioni di eventuali avarie.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

JANNONE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
tra i paesi dell'Europa occidentale l'Italia è considerato un paese con incidenza di Hiv medio-alta. Questo perché, stando alle cifre fornite in occasione della campagna del 2009 «Aids: la sua forza finisce dove comincia la tua. Fai il test!», nel 2008 sono stati diagnosticati nel nostro paese 6,7 nuovi casi di sieropositività ogni 100.000 residenti. In tutto sono 170 mila le persone contagiate da Hiv, delle quali circa 22 mila hanno contratto Aids. Nel novembre 2009, secondo gli ultimi dati dell'Istituto superiore di sanità, risultano contagiate circa 1.200 persone. Gli ultimi dati sulla pandemia di Aids, quindi, fotografano una malattia tutt'altro che debellata, che necessita di nuove campagne informative e di ingenti investimenti per essere battuta. Infatti, il rischio, soprattutto nei Paesi più avanzati, è la sottovalutazione del virus: il test si fa sempre meno, e dei 170.000 sieropositivi nel nostro Paese, si stima che uno su quattro non sappia di esserlo;
nel 2009, il 60 per cento di coloro che hanno contratto l'Aids in Italia, lo ha scoperto molto tardi rispetto ai tempi del contagio. D'altro canto, aumenta l'età media della diagnosi di infezione Hiv, passata da 26 anni per gli uomini e 24 anni per le donne nel 1985 a, rispettivamente, 38 e 34 anni nel 2008. Nel periodo in cui si ignora di aver contratto il virus la malattia non viene curata e avanza verso la sua forma più grave. «Una situazione attribuibile probabilmente ad una mancata percezione di essere a rischio di contagio», rileva Nps (network persone sieropositive) Italia onlus;
dall'ultimo rapporto dell'Uniaids, il programma delle Nazioni Unite contro Hiv/Aids, risulta che nel 2008 erano quasi 33,4 milioni le persone che nel mondo convivevano con il virus (due terzi nell'Africa Subsahariana, 2,5 milioni di bambini), con 2,7 milioni di nuove infezioni e 2 milioni di morti collegate alla sindrome. Malgrado siano stati raggiunti importanti risultati nella lotta a questa sindrome (altri dati dell'Uniaids rivelano che negli ultimi 8 anni gli sforzi internazionali

hanno portato a una riduzione dei nuovi contagi di circa il 17 per cento), nei Paesi a basso e medio reddito sono meno della metà i malati che ricevono le terapie antiretrovirali di cui necessitano. Ad oggi, infatti, si calcola che per ogni 5 nuovi casi di infezione solo 2 persone hanno accesso ai trattamenti necessari;
a Milano si contano ufficialmente 9 mila malati di Aids, anche se le stime si attestano intorno ai 15 mila, perché molti di loro non si rivolgono ai centri di cura pubblici. In Lombardia, dove si viaggia al ritmo di 2 mila nuove infezioni l'anno, c'è un sommerso enorme. Si stima che ci siano 18 mila persone che non fanno ricorso a cure e sfuggono al censimento. Ogni giorno 11 italiani si infettano con il virus dell'Hiv e due di loro sono milanesi. L'allarme si riferisce soprattutto a giovani e giovanissimi: sono 1.016 i ragazzi tra i 15 ed i 25 anni che nel 2009 si sono rivolti alle strutture dedicate per ottenere informazioni e fare il test dell'Hiv, che in 12 casi ha dato esito positivo. Questo è dovuto al fatto che mentre prima il contagio era una caratteristica del genere omosessuale, ora sta diventando una piaga sociale anche nella realtà eterosessuale. La situazione è aggravata dal fenomeno della prostituzione. Il 50 per cento delle prostitute a Milano sono sieropositive e molte persone chiedono rapporti non protetti;
molto presto, a Firenze partirà una campagna informativa nelle scuole e in città per sensibilizzare la popolazione ad effettuare, assieme alle normali analisi del sangue, il test per l'Hiv. II capoluogo toscano, infatti, è slittato dal quinto al terzo posto tra le città italiane per l'incidenza stimata dell'Hiv: i casi di virus conclamati dall'inizio sono 1.159 e la stima dei contagiati dovrebbe attestarsi su circa 2.400. Il progetto, dal titolo «Hiv-AIDS. Una malattia dimenticata», è stato presentato da Stefania Saccardi, assessore alle politiche sociosanitarie e presidente della Società della Salute, e dal presidente della commissione servizi sociali e sanità, Maurizio Sguanci. Dopo una campagna di informazione a tappeto e da realizzare nelle prossime settimane, è prevista l'offerta del test Hiv alle persone che effettuano le normali analisi del sangue. L'obiettivo è infatti quello di non rivolgersi esclusivamente alle cosiddette «categorie a rischio», ma all'intera popolazione locale, stimando di eseguire oltre 10 mila esami;
lo studio partirà a febbraio dopo alcune settimane di campagna di informazione e sensibilizzazione. L'assessore Saccardi ha spiegato: «Come amministrazione, su sollecitazione del presidente Sguanci, abbiamo deciso di sostenere questo progetto perché purtroppo negli ultimi anni si è diffusa la convinzione che l'Aids sia scomparso. Invece la malattia c'è ancora anche se risulta meno letale del periodo iniziale grazie alle terapie individuate. Ma la cura è più efficace quanto prima viene scoperta la sieropositività ed invece negli ultimi anni, a causa di una caduta di interesse nell'opinione pubblica su Hiv e Aids, sono sempre di più le persone che si accorgono di aver contratto il virus quando ormai la malattia è conclamata. Questo si traduce in una minor efficacia del trattamento e in un aumento rilevante delle possibilità di contagio tra la popolazione» -:
se il Ministro intenda proporre a livello nazionale una campagna informativa simile a quella sviluppata dalla provincia di Firenze, attinente il problema dell'AIDS;
quali misure il Ministro intenda adottare per sensibilizzare la popolazione sul corretto atteggiamento richiesto per evitare il contagio da virus Hiv.
(4-05625)

Risposta. - La legge 5 giugno 1990, n. 135, recante «Programma di interventi urgenti in materia di prevenzione e lotta all'Aids», promuove la realizzazione, da parte del ministero della salute, di iniziative di informazione allo scopo di contrastare la diffusione del virus Hiv.
Infatti, ogni anno vengono pianificate iniziative di comunicazione in base alle risultanze degli studi epidemiologici e alle

indicazioni formulate dalla commissione nazionale per la lotta all'Aids.
Nel 2009 è stata impostata l'attività di comunicazione con il fine di mantenere alta la soglia di attenzione della popolazione italiana nei confronti del problema Aids ed, in particolare, di incentivare i giovani adulti (30-40 anni), di qualunque orientamento sessuale, italiani e stranieri, a sottoporsi al test Hiv.
Oggi le caratteristiche di coloro che si infettano con il
virus Hiv sono completamente diverse da quelle dei soggetti che si infettavano dieci o venti anni fa: infatti non si tratta più di persone giovani e prevalentemente tossicodipendenti, ma piuttosto di adulti maturi che si infettano attraverso rapporti sessuali.
Secondo le stime dell'istituto superiore di sanità, in Italia più della metà dei soggetti con una nuova diagnosi di Aids ignora la propria sieropositività.
L'obiettivo principale della campagna di comunicazione è stato quello di raggiungere quella fascia di popolazione costituita dai cosiddetti «inconsapevoli», cioè coloro che, non avendo effettuato alcun
test, ignorano la propria sieropositività, infettano gli altri attraverso rapporti sessuali e ricevono una diagnosi tardiva della malattia.
La campagna informativa-educativa si è sviluppata attraverso due azioni di comunicazione di contenuto diverso: l'attività di vera e propria sensibilizzazione della popolazione, contenente l'invito a verificare il proprio stato di salute attraverso la promozione del
test Hiv, nel caso in cui si sia vissuta una situazione di rischio, e un'attività a contenuto propriamente informativo, supportata dall'attivazione di un servizio telefonico personalizzato. Il singolo cittadino ha la possibilità di richiedere, in modo assolutamente riservato, tutte le informazioni sulle strutture e i servizi offerti dal servizio sanitario nazionale per effettuare il test Hiv.
Il Ministero della salute, anche in linea con le richieste espresse dalla commissione nazionale Aids, ha fortemente promosso una ricerca denominata «Progetto di ricerca per l'individuazione e la sperimentazione di modelli di intervento atti a migliorare l'adesione al
test di screening Hiv attraverso il contributo delle associazioni facenti parte della consulta di lotta all'Aids», realizzata in collaborazione con l'Istituto superiore di sanità, i cui risultati sono stati presentati il 17 febbraio 2010 nel corso di un apposito convegno. In questo ambito, sono state illustrate la azioni svolte dalle associazioni in tre città, quali Genova, Firenze e Palermo e sono state evidenziate le aree di criticità e i punti di forza relativi all'accesso al test Hiv nelle varie regioni; sono state, altresì, proposte le buone prassi per facilitare l'accesso al test da parte della popolazione italiana.
Per l'anno 2010, nella predisposizione delle strategie di comunicazione e di intervento sul tema, si terrà conto dei dati e delle indicazioni emersi nel citato evento scientifico.
Il Ministero della salute intende utilizzare i fondi stanziati per l'anno 2010 sul capitolo 4310 per la campagna Aids con l'obiettivo di veicolare uno «
spot» di sensibilizzazione in occasione della celebrazione della giornata mondiale Aids - 1o dicembre 2010.
Lo «
spot» verrà divulgato, per circa 15 giorni, facendo ricorso ai principali circuiti cinematografici, in concomitanza con trasmissioni attraverso la Rai, grazie agli spazi gratuiti destinati alle pubbliche amministrazioni.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
a fine 2009 la percentuale di elettricità prodotta con fonti rinnovabili in Italia è stata superiore del 19 per cento, contro il 16 per cento della Germania. La quota di energia verde calcolata sul totale dei consumi, non solo elettricità, ma anche trasporti e riscaldamento, era nel 2008 del 9,8 per cento in Germania e dell'8,9 per

cento in Italia. Non così distante, quindi. E da loro, detto per inciso, più di un quarto dell'energia viene ricavata dal carbone e dall'assai poco ecologica lignite dell'ex Germania Est, che emette il doppio di CO2 del gas naturale;
è ovvio, comunque, che di provocazioni si tratti. Sul fronte della «green economy» la Germania è ormai troppo avanti in termini di slancio, legislazione, tecnologie di proprietà e investimenti per poter essere riagganciata in tempi brevi. In pochi anni, tra il Reno e l'Oder, si è arrivati a produrre tanta energia dal vento quanta se ne è raggiunga in Italia in decenni di sviluppo dell'idroelettrico. E l'elettricità verde che si produce a casa nostra deve la sua quota di stragrande maggioranza proprio alle acque e ai bacini montani, non più ulteriormente sfruttabili;
ma il confronto con i nostri ingombranti sodali del nord Europa serve quanto meno a dimostrare che le distanze non sono così incolmabili. A patto, ovviamente, di decisioni che appaiono in qualche caso radicali, perché a frenare «l'economia verde» nazionale sono i vizi di sempre: l'interventismo e la miopia spesso senza freni di regioni ed enti locali, le norme che appaiono e scompaiono con una velocità disarmante, l'inadeguatezza della rete e delle infrastrutture;
eppure le prospettive di sviluppo ci sono tutte. Nell'arco del decennio al 2020, infatti, il pacchetto «clima-energia» approvato da Bruxelles (quello del 20-20-20) obbligherà l'Italia a portare al 25-30 per cento il contributo delle energie rinnovabili al consumo di elettricità. Dagli scenari disegnati sulla base di questa prospettiva si sono ricavati elementi incoraggianti. La Bocconi e il Gestore dei servizi elettrici hanno calcolato che sul piatto ci siano otto miliardi di euro di investimenti medi ogni anno e 250.000 posti di lavoro potenziali. Ma non sarà semplice, perché proprio qui si mette il dito nella piaga delle tecnologie. Che non ci sono, mentre la chiave del successo tedesco (come di quello danese, spagnolo, degli Usa o asiatico) sta proprio nel possesso del know-how e dell'organizzazione industriale capace di portarlo sui mercati;
nell'eolico, la prima delle fonti rinnovabili mondiali, il mercato di produttori di turbine non vede la presenza di nessun italiano. I primi quattro operatori sono la danese Vestas, la spagnola Gamesa, la tedesca Enercon e la statunitense GeWind. L'industria italiana, dopo un timido tentativo dell'Ansaldo finito nel 2001, è di fatto fuori dai giochi, se si fa eccezione per le prime turbine vendute dalla Leitwind di Vipiteno negli ultimi due anni. Non molto diversa la situazione nel solare fotovoltaico, dove l'Asia sta prendendo il sopravvenuto e anche qui, tra i primi cinque produttori di celle e moduli non si parla italiano: si trovano le giapponesi Sharp (che di recente si è accordata con l'Enel in Italia), Kyocera e Sanyo-Panasonic, la tedesca Q-cell e la cinese Suntech;
da noi ci si dedica soprattutto alla distribuzione e all'installazione, mentre tra le poche esperienze rivendibili ci sono quelle nell'idroelettrico e nel geotermico (Larderello e dintorni). Un po' poco. E anche un problema che è destinato a ripercuotersi sugli investimenti e sui posti di lavoro che il «sistema Italia» sarà in grado di trattenere per sé. Per dirla con Giancarlo Pireddu, professore di Economia dell'Energia a Pavia, il Paese rischia di dirottare i suoi generosi incentivi nelle tasche di aziende estere contribuendo al loro decollo, «all'incirca come fecero nei primi secoli dell'era moderna Spagna e Portogallo, che trasferirono le ricchezze del Nuovo Mondo ai Paesi che furono poi protagonisti della Rivoluzione industriale, e ne rimasero fuori». Secondo le stime Gse-Bocconi, importare il 70 per cento degli equipaggiamenti significherebbe ridurre dagli 8 miliardi di potenziali a 2,4 miliardi di euro le vendite annue «italiane» e a 100 mila (su 250 mila) i posti di lavoro che si potrebbero creare al fatidico 2020;
prospettive e dubbi che si inquadrano, comunque, su un 2009 ancora di

grande impeto per le rinnovabili di casa, come sottolinea anche l'Aper (l'associazione dei produttori di energia da fonti rinnovabili). Se la piovosità ha consegnato all'idroelettrico una delle sue stagioni migliori, nelle bioenergie si è arrivati a 700 impianti per 1.500 megawatt di potenza. L'energia del vento è cresciuta per un altro anno al tasso del 30 per cento, vede Puglia e Sicilia davanti a tutte le altre regioni, e si colloca al terzo posto in Europa, anche se assai distante dalla solita Germania (25.777 megawatt contro 4.845) e dalla Spagna (19.149), boom analogo anche sul fronte del fotovoltaico, dove la potenza installata è raddoppiata, arrivando a 850 megawatt e superando da poco quota mille. Vento e sole sono intermittenti, ma si può lo stesso stimare che da eolico e fotovoltaico italiano arrivi ormai nel corso di un anno la stessa elettricità prodotta da due centrali elettriche a gas di taglia standard;
certo, i costi rimangono più elevati, e la cosiddetta «grd parità», il momento in cui l'energia rinnovabile costerà come quella da altre fonti tradizionali, rimane lontana. Per questo uno dei punti più sensibili per tutto il comparto resta quello delle incentivazioni. Per il solare, per esempio, si attende la fine del negoziato per le nuove tariffe del conto energia, il sistema che per altri tre anni dal 2011 dovrà consentire la remunerazione (ventennale) degli investimenti. Un altro collo di bottiglia, soprattutto per l'eolico, è quello della rete elettrica ad alta tensione, che soffre di congestione e non ce la fa ad accogliere tutta l'elettricità verde;
in particolare dove insistono parecchi impianti tutti insieme, come è al Sud tra Andria e Foggia, Campobasso e Benevento, e Benevento e Montecorvino. E poi c'è l'infinito contenzioso con le regioni, che vogliono a tutti i costi dire la loro sulla localizzazione degli impianti, sulle compensazioni per il territorio e i danni al paesaggio. I ricorsi alla Consulta non si contano quasi più. Da sette anni si attendono le «Linee guida nazionali» che dovrebbero sciogliere ogni dubbio. Ora, a elezioni regionali concluse, il pacchetto dovrebbe finalmente andare alla Conferenza Stato-regioni. Ma con queste ultime divise 11 a 11 tra centrodestra e centrosinistra, e con la Lega trionfante che vorrà dire la sua, gli auspici non sembrano dei migliori. Mentre la verde Germania prende il largo -:
quali iniziative intenda assumere per favorire lo sviluppo della green economy in Italia.
(4-07055)

Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, si rappresenta che si sta definendo la circolare applicativa del fondo rotativo per il finanziamento delle misure relative all'attuazione del protocollo di Kyoto (cosiddetto fondo Kyoto) la cui dotazione complessiva è di 600 milioni di euro e la cui struttura è stata definita con il decreto attuativo del 25 novembre 2008, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 21 aprile 2009.
Attraverso questo fondo vengono concessi finanziamenti a tasso agevolato a sostegno della micro-cogenerazione ad alto rendimento di piccoli impianti termici ed elettrici alimentati con energie rinnovabili, della sostituzione dei motori elettrici industriali obsoleti con motori ad alta efficienza, di interventi di aumento dell'isolamento termico degli edifici, della riduzione delle emissioni di protossido di azoto, della ricerca nei settori delle tecnologie energetiche a basse emissioni di carbonio, della gestione forestale sostenibile.
Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è coinvolto, in qualità di organismo intermedio, nella programmazione, gestione e attuazione di specifiche linee di attività nell'ambito del programma operativo interregionale «Energie rinnovabili e risparmio energetico» 2007-2013.
Il programma interviene nelle regioni italiane dell'obiettivo convergenza (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) e delinea una strategia di sviluppo unitaria volta ad aumentare l'impiego di energia da fonti rinnovabili e migliorare l'efficienza energetica, potenziando e sostenendo i processi di crescita dei territori.


Il Poi energia si articola in linee di attività e, specificamente, la linea II «Efficienza energetica ed ottimizzazione del sistema energetico» è volta a favorire lo sviluppo e la diffusione dell'efficienza energetica e a ridurre gli ostacoli materiali e immateriali che limitano l'ottimizzazione del sistema energetico nel suo complesso. Ha una dotazione finanziaria pari a circa 1.607 milioni di euro per il periodo 2007-2013, tra quota comunitaria e nazionale, e le linee di attività a titolarità Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare volte a supportare la realizzazione di tali interventi ammontano a 534 milioni di euro.
Una prima manifestazione di interesse destinata ad interventi nelle strutture sanitarie si è da poco conclusa; hanno risposto al bando circa 50 strutture ospedaliere delle regioni «Convergenza».
I Ministeri dello sviluppo economico e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare hanno finalizzato il testo dei nuovi incentivi per il fotovoltaico. I ministeri hanno ritenuto di non procedere semplicemente al mero aggiornamento delle tariffe, bensì hanno lavorato sulla definizione di un nuovo contesto che, da un lato, tenga conto dei progressi della tecnologia fotovoltaica, dall'altro renda ancora più efficace l'intero sistema di incentivazione eliminando le incertezze-emerse durante l'attuazione del meccanismo incentivante vigente (ref. decreto 19 febbraio 2007).
La
green economy non necessita solo di incentivi economici, bensì anche di un contesto regolativo che sia favorevole agli investimenti di settore.
A tal riguardo, particolare attenzione è rivolta alla semplificazione delle procedure di autorizzazione degli impianti. Con il decreto legislativo n. 115 del 2008 sono state introdotte misure semplificative per gli impianti solari installati sugli edifici e per i piccoli impianti eolici. Con l'entrata in vigore della legge 23 luglio 2009, n. 99, recante «Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia (cosiddetta «legge sviluppo»), sono state introdotte misure semplificative per l'installazione e l'esercizio di impianti di micro-cogenerazione e piccola cogenerazione.
Inoltre, questo Ministero si è impegnato per l'emanazione delle linee guida di cui del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, concernenti l'autorizzazione unica degli impianti di energia alimentati con fonti rinnovabili. La mancanza di tale provvedimento ha sinora causato disomogeneità sul territorio nazionale per lo svolgimento della procedura di autorizzazione unica, contribuendo così a determinare un contesto poco chiaro.
Occorre, poi, potenziare ed adeguare le reti elettriche in modo da rendere fruibile tutta l'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili ed evitare il blocco degli impianti. Ciò, riguarda:
il collegamento degli impianti, in particolare eolici e fotovoltaici, situati nelle regioni meridionali e insulari, le quali non sono attualmente dotate d'infrastrutture di rete adeguate agli importanti sviluppi futuri delle rinnovabili;
il dispacciamento dell'energia, in particolare per parchi eolici di notevole dimensione collegati alla rete elettrica e che apportano carichi variabili alla rete;
la diffusione della generazione distribuita, ossia di impianti di piccola taglia;
la realizzazione di nuove interconnessioni elettriche con i Paesi terzi, ed in particolare con quelli del nord-Africa e dei Balcani.

Al fine di promuovere una filiera nazionale delle tecnologie energetiche pulite e a basso contenuto di carbonio, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha lanciato due bandi, per un valore complessivo di 26,9 milioni di euro, per cofinanziare nuove tecnologie sulle fonti rinnovabili e sull'efficienza energetica, con particolare riferimento al contesto urbano.
Infine, ricordiamo che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si è già impegnato attivamente, a livello internazionale, per lo sviluppo e la diffusione delle tecnologie a basso contenuto di carbonio. In particolare, durante l'anno

di presidenza italiana del G8, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha inserito il tema delle tecnologie verdi e il loro sviluppo quale una delle tematiche principali del dibattito sul clima. In tal senso, insieme all'agenzia internazionale dell'energia è stato prodotto un documento «Ensuring green growth» - assicurare una crescita verde, che affronta le problematiche finanziarie, tecniche e legali legate allo sviluppo e la diffusione delle tecnologie verdi. Il documento, prima discusso in un seminario di tre giorni a Trieste nell'aprile del 2009 che ha visto la partecipazione del settore privato, agenzie internazionali, Governi e mondo civile, ha poi prodotto, nella discussione ad alto livello al G8 di Siracusa, le raccomandazioni per la diffusione delle tecnologie verdi, riprese peraltro nel comunicato dell'Aquila e che individuano i passi necessari al loro sviluppo.
Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.

LENZI e VASSALLO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il giorno 7 aprile 2010 un treno freccia rossa è rimasto fermo in galleria tra Firenze e Bologna per 5 ore circa a causa di un guasto alla linea dell'alta tensione;
ai passeggeri sono state fornite scarse informazioni sui tempi di ripartenza;
dopo circa 5 ore un locomotore ha poi trainato il treno fino a Firenze Rifredi e da lì i passeggeri sono stati trasferiti su un altro convoglio che li ha portati a Bologna attraverso la vecchia linea ferroviaria;
a decorrere dal 13 dicembre 2010, con l'entrata in vigore delle nuove «condizioni generali di trasporto delle persone» Trenitalia prevede solo un'indennità del 50 per cento del prezzo del biglietto per ritardi pari o superiori a 120 minuti e tale indennità può essere chiesta solo dopo 20 giorni;
tale clausola, a parere dell'interrogante, recepisce in maniera unidirezionale la disposizione contenuta nell'articolo 17, del Regolamento 1371/07(CE), laddove questo prevede che siano riconosciuti risarcimenti «minimi» del 25 per cento e del 50 per cento del biglietto, qualora i ritardi risultino rispettivamente compresi tra i 60 e i 119 minuti o siano pari o superiori ai 120 minuti;
fino al 12 dicembre scorso, i passeggeri italiani avevano diritto a rimborsi ben più significativi, se solo si tiene conto che per ritardi superiori a 25 minuti sugli Eurostar si aveva diritto al rimborso del 50 per cento del biglietto, per ritardi superiori a 30 minuti sugli intercity si aveva diritto a un rimborso del 30 per cento e per ritardi superiori a 60 minuti sugli espressi si aveva diritto a un rimborso del 20 per cento -:
se sia a conoscenza della situazione sopra riportata e quali iniziative intenda promuovere nei confronti di Trenitalia al fine di garantire ai cittadini un servizio di qualità, puntuale ed efficiente, salvaguardando e tutelando il diritto alla mobilità e alla sicurezza;
se il nuovo regime risarcitorio in vigore dal dicembre scorso risulti pienamente conforme a quanto stabilito dal Regolamento (CE) se non si ritenga opportuno assumere iniziative affinché Trenitalia ne riveda l'impostazione, prevedendo forme di rimborso congrue e adeguate ai disagi subiti dai passeggeri per ritardi così significativi.
(4-06815)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Ferrovie dello Stato specifica che il giorno 7 aprile 2010, un inconveniente ai sistemi di alimentazione elettrica, ha provocato l'arresto in linea del treno
Eurostar 9534, nei pressi di Firenze Castello; si è, pertanto, reso necessario un complesso intervento

tecnico per ripristinare le condizioni di efficienza sia del treno sia dell'infrastruttura, linea aerea. Sul posto si è immediatamente recato anche il personale di protezione aziendale di Trenitalia. A seguito del perdurare dell'avaria, conseguente alle difficoltà insorte nelle operazioni di ripristino, è stato richiesto l'invio di un locomotore di soccorso mediante il quale il treno ha potuto raggiungere la stazione di Firenze Rifredi. Nel frattempo, in tale stazione sul binario adiacente a quello di arrivo del treno Eurostar 9534, era stato allestito un altro convoglio Eurostar sul quale, con l'ausilio del personale di assistenza alla clientela, è stato effettuato il trasbordo dei passeggeri del treno di cui trattasi. Contemporaneamente, è stato assicurato il proseguimento del viaggio, mediante mezzi sostitutivi, per alcuni passeggeri che da Bologna e da Milano avrebbero dovuto raggiungere le proprie destinazioni finali. Per i viaggiatori che hanno deciso di interrompere il viaggio, Ferrovie dello Stato ha disposto il rimborso integrale del biglietto.
Per quanto concerne invece le modalità e l'entità dei rimborsi stabiliti in caso di ritardo in vigore dal 13 dicembre 2009, Ferrovie dello Stato evidenzia che le stesse sono conformi a quanto previsto dalla normativa comunitaria in materia, regolamento (CE) n. 1371/2007. A maggiore tutela del viaggiatore le nuove condizioni generali di trasporto consentono che l'indennizzo per ritardo possa essere richiesto fino a 12 mesi dopo l'evento, in luogo del termine di 30 giorni previsto dalla normativa comunitaria, presso qualunque sportello di biglietteria senza compilare alcun modulo. L'indennità, a richiesta del viaggiatore, può essere corrisposta in contanti o tramite rilascio di un
bonus.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

LO MONTE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'Agenzia delle entrate, nel 2008, indiceva una selezione pubblica per l'assunzione a tempo indeterminato di 825 unità per il profilo professionale funzionario, per l'attività amministrativo-tributaria;
il suddetto bando prevedeva tre prove, l'ultima delle quali un «tirocinio teorico-pratico integrato da una prova finale orale»;
sempre in base al bando sarebbero stati ammessi alla seconda prova «i candidati che riportano il punteggio di almeno 24/30 e rientrano in graduatoria nel limite massimo dei posti, aumentati fino al 40 per cento»;
il 24 dicembre 2008, l'Amministrazione ha indetto una nuova procedura concorsuale, per l'assunzione di ulteriori 825 unità, di contenuto identico alla precedente, senza tenere conto della posizione di quanti avevano superato le prime due prove del primo concorso e che non erano stati ammessi alla terza prova nonostante avessero raggiunto un punteggio pari ad almeno 24/30 (non ammessi per ragione di mancanza di posti);
i partecipanti al primo bando hanno impugnato il secondo bando, chiedendone l'annullamento nella parte in cui non prevedeva la loro ammissione diretta mediante «scorrimento della graduatoria»;
la seconda procedura selettiva è intervenuta allorquando la prima non si era ancora definitivamente conclusa e di conseguenza il comportamento dell'Amministrazione, ad avviso dell'interrogante, si pone in contrasto con i principi di economicità, efficienza, efficacia dell'azione amministrative;
la seconda procedura concorsuale appare anche in contrasto con la ratio e con il principio di economicità posti dal decreto legislativo n. 165 del 2001 e dell'articolo 15, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica n. 487 del 1994, nonché dagli articoli 13 e 39 della legge n. 449 del 1997, dall'articolo 20, comma 3, della legge n. 488 del 1999 e dall'articolo 51 della legge n. 388 del 2000;

con riferimento alle disposizioni sopra richiamate la giurisprudenza del TAR del Lazio afferma che proprio in attuazione dei suddetti principi ed alle disposizioni di legge «lo scorrimento di una graduatoria di concorso ancora valida ... costituisce atto d'obbligo e non meramente discrezionale della PA» (TAR Lazio, III-ter, 30 gennaio 2003 n. 536) -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative intenda porre in essere al fine di vincolare l'Agenzia delle entrate ad attingere prioritariamente alla graduatoria degli idonei al tirocinio relativa al primo concorso del 2008.
(4-06997)

Risposta. - Con l'interrogazione in esame, l'interrogante ha chiesto chiarimenti in merito ad alcune presunte irregolarità relative a due concorsi indetti nel 2008 dall'Agenzia delle entrate per l'assunzione di funzionari a tempo indeterminato. In particolare, l'interrogante contesta la decisione dell'Agenzia di bandire, nel corso del 2008, un ulteriore concorso per l'assunzione di 825 funzionari, anziché tener conto, ai fini dell'assunzione, della posizione in graduatoria di coloro che avevano già superato le prime due prove della precedente procedura selettiva ma che, poi, non erano stati ammessi alla terza prova, nonostante il raggiungimento del punteggio minimo ivi previsto, per mancanza di posti.
Si fa presente, in via preliminare, che l'Agenzia delle entrate ha precisato che nel corso del 2008 sono stati banditi due concorsi: una selezione pubblica, già conclusa, per l'assunzione a tempo indeterminato di 1180 unità per la terza area funzionale, fascia retributiva F1, profilo professionale funzionario, per attività amministrativo-tributaria ed una selezione pubblica, ancora in corso di svolgimento, per l'assunzione a tempo indeterminato di 825 unità per la terza area funzionale, fascia retributiva F1, profilo professionale funzionario, per attività amministrativo-tributaria.
Riguardo alle criticità evidenziate nell'interrogazione in esame, l'Agenzia delle entrate ha rappresentato quanto segue.
I concorsi indetti dall'agenzia delle entrate per l'assunzione di funzionari a tempo indeterminato prevedono, in base al regolamento di amministrazione dell'agenzia, una prima prova scritta di conoscenze tecniche, superata la quale si viene ammessi a una seconda prova scritta su quesiti volti essenzialmente a saggiare le abilità di «
problem-solving» dei candidati. Coloro che superano questa seconda prova sono ammessi, nel numero dei posti disponibili aumentati del 40 per cento, a un tirocinio teorico-pratico di sei mesi, che ha lo scopo di valutare sul campo le capacità effettive dei candidati a svolgere le funzioni che saranno loro assegnate una volta assunti. Al termine del tirocinio c'è una prova finale, basata su un colloquio, che selezionerà i migliori tirocinanti per l'assunzione a tempo indeterminato.
Alcune persone hanno partecipato al concorso indetto all'inizio del 2008 per 1180 funzionari, ma non sono stati ammessi al tirocinio poiché il punteggio che hanno riportato al termine della seconda prova scritta, sebbene fosse superiore al minimo prescritto, non era però tale da consentire loro - comparativamente con gli altri candidati - l'ammissione al tirocinio. In sostanza, in base al punteggio conseguito non rientravano nel numero dei posti a concorso aumentato del 40 per cento. La tesi sostenuta dall'interrogante è che il conseguimento del punteggio minimo previsto dal bando nell'ambito di una prova intermedia sia sufficiente per vantare l'idoneità in una procedura concorsuale e lo scorrimento della graduatoria per l'ammissione a una fase successiva. In tal senso, sempre secondo tale tesi, andrebbe letta la normativa di settore che prevede la validità negli anni delle graduatorie concorsuali, privilegiando lo strumento dello scorrimento, al fine di evitare sprechi di danaro pubblico nel rispetto dei princìpi di efficienza ed economicità.
Dal punto di vista giuridico, secondo l'Agenzia, i candidati collocati in una graduatoria intermedia non possono avanzare alcuna pretesa ad uno scorrimento della stessa, in quanto questa graduatoria è un mero atto endoprocedimentale. La facoltà

di scorrimento delle graduatorie (di facoltà comunque si tratta, e non di un obbligo) può essere esercitata dalla pubblica amministrazione soltanto a fronte di concorsi già espletati e non per l'accesso a una fase della procedura concorsuale, quale è il tirocinio teorico-pratico, che si conclude con una prova orale. Solo al termine di questa fase, cui partecipa - come già detto - un numero di candidati pari ai posti a concorso, aumentati fino al 40 per cento, verrà redatta la graduatoria finale di merito dei candidati, sulla base della quale possono essere distinti i vincitori e gli idonei con riferimento al numero dei posti messi a concorso. Oltre che dal punto di vista giuridico, l'Agenzia ritiene che la tesi sostenuta nel documento di sindacato ispettivo non sia condivisibile neanche sotto il profilo dei merito. Ogni anno oltre 80.000 giovani acquisiscono nelle università italiane diplomi di laurea attinenti alle materie oggetto dei concorsi banditi dall'Agenzia. Basterebbe provare a mettersi dal loro punto di vista per comprendere che offrire anche a questi neolaureati la «chance» di concorrere risponde a evidenti motivi di equità: consentire a tutti i cittadini di ambire ai pubblici impieghi in posizione di parità e di uguaglianza nel rispetto dei princìpi costituzionali. L'indizione del nuovo concorso con il significativo ampliamento della platea dei potenziali candidati rappresenta sicuramente una più elevata garanzia di selezionare meglio le persone destinate a lavorare negli uffici dell'Agenzia. La scelta dei migliori per l'esercizio di pubbliche funzioni è, infatti, interesse della collettività e investire il denaro pubblico per perseguire tale interesse significa operare secondo princìpi di efficienza ed economicità. A riprova di ciò è opportuno considerare che, a fronte della spesa per l'espletamento del nuovo concorso, quantificabile nella misura di 1.500 euro circa per ognuno dei posti da coprire, vanno considerati i costi del periodo formativo d'ingresso, pari a circa 4.500 euro per ciascun candidato e il costo della retribuzione del funzionario assunto, che assommerà, per tutto il periodo della sua carriera (pari presumibilmente a 40 anni), a circa 1.900.000 euro al valore attuale, senza quindi tener conto degli aumenti retributivi legati a incrementi contrattuali ed a percorsi di carriera. A fronte di oneri così elevati, la spesa pro capite, relativamente piccola, per l'assunzione di un funzionario con un nuovo concorso può considerarsi senz'altro una scelta oculata, in quanto offre appunto una garanzia più elevata di selezionare meglio persone destinate presumibilmente a restare assai a lungo negli uffici dell'Agenzia. In altri termini, l'Agenzia precisa che risulta difficile immaginare un investimento «più strategico» di questo per un'amministrazione pubblica, come l'Agenzia stessa, per la quale la qualità dei servizi resi dipende in misura decisiva dalla qualità delle persone chiamate a rendere tali servizi. Secondo l'Agenzia appare utile ricordare l'esito dell'indagine condotta dalla Corte dei conti, relativamente alla vicenda degli idonei di un precedente concorso dell'Agenzia delle entrate in sede di relazione sul rendiconto generale dello Stato per l'esercizio finanziario 2007. Si tratta di osservazioni che la Corte dei conti, a sezioni riunite, ha fatto sulle norme di legge introdotte a fine dicembre 2007, con la legge finanziaria 2008, che hanno fatto obbligo all'Agenzia delle entrate di assumere 750 idonei di un precedente concorso. Sul punto la Corte ha rilevato che non appare rassicurante «la vicenda dell'assunzione da parte dell'Agenzia delle entrate di nuovo personale da destinare ai controlli, ma con il vincolo di utilizzare gli idonei di precedenti concorsi, quasi si trattasse del riconoscimento di diritti soggettivi di singoli e non già dell'attenta e severa ricerca di persone dotate di elevata professionalità ed attitudine ad operare nell'area dei controlli fiscali, non solo per moltiplicarli, ma anche e soprattutto per migliorarli».
Al riguardo, l'Agenzia sottolinea che, nel caso sottoposto all'attenzione della Corte, si trattava pur sempre di «idonei veri» cioè di persone che il concorso l'avevano comunque superato, pur non rientrando tra i vincitori mentre nel caso di specie i candidati non sono neppure idonei nell'accezione propria del termine. Più recenti sono le considerazioni effettuate dalla stessa

Corte con la deliberazione 9/2010/G, in data 25 febbraio 2010, all'esito dell'indagine condotta dalla sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato, sulle «Modalità di selezione e di acquisizione del personale da destinare all'attività di controllo dei contribuenti». In particolare, l'indagine aveva lo scopo di verificare la scelta dell'Agenzia delle entrate di bandire nel 2007 un nuovo concorso per l'assunzione di 500 funzionari con contratto di formazione e lavoro, anziché procedere all'assunzione degli idonei mediante lo scorrimento della graduatoria del precedente concorso di 1500 funzionari bandito il 25 ottobre 2005. In quella sede la Corte ha accertato la regolarità delle procedure adottate dall'Agenzia delle entrate anche con riferimento all'equità, alla convenienza, alla maggiore efficienza e selezione di personale altamente qualificato da destinare alla lotta alle frodi fiscali e ha ritenuto l'operato dell'amministrazione rispondente a criteri di buon andamento dell'azione amministrativa.
Nel ribadire l'orientamento giurisprudenziale prevalente in base al quale lo «scorrimento della graduatoria» è da ritenersi una facoltà eccezionale e non un obbligo dell'amministrazione e, perciò, espressione del suo ampio potere discrezionale, la Corte ha evidenziato come «la scelta operata dall'Agenzia delle entrate di bandire un nuovo concorso, nella sottesa necessità di potenziare la qualità e l'efficienza delle risorse umane impiegate nell'amministrazione, sia sostenuta anche dalle conclusioni cui è pervenuta una recente ricerca condotta dal Servizio Studi della Banca d'Italia secondo cui laddove la qualità della Pubblica Amministrazione è più elevata, la propensione ad evadere risulta più bassa: in altri termini maggiore è la preparazione e la capacità delle risorse umane impiegate dall'amministrazione finanziaria nell'attività di controllo e di lotta all'evasione, minore risulterà il valore dell'indice della propensione ad evadere dei contribuenti».
Infine, l'agenzia delle entrate ha precisato che il concorso per il reclutamento di 1180 funzionari si è concluso con l'assunzione di tutti i candidati che hanno superato la procedura selettiva (tra cui circa 120 candidati risultati idonei alle prove concorsuali) a decorrere dall'11 gennaio 2010, mentre il concorso riguardante il reclutamento di 825 funzionari è ancora in corso di svolgimento e, al termine della fase del tirocinio che si concluderà entro la fine del mese di settembre 2010, si svolgeranno le prove orali entro il mese di novembre del 2010.

Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Sonia Viale.

LO MONTE, COMMERCIO, LATTERI, LOMBARDO e MISITI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'ANAS S.p.A. è il gestore della rete stradale ed autostradale italiana di interesse nazionale, che è una società per azioni il cui socio unico è il Ministero dell'economia e delle finanze ed è sottoposta al controllo ed alla vigilanza tecnica ed operativa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
l'ANAS ha la manutenzione ordinaria e straordinaria di strade e autostrade, il loro adeguamento e il progressivo miglioramento, la costruzione di nuove strade ed autostrade, i servizi di informazione agli utenti, nonché l'adozione dei provvedimenti per la sicurezza del traffico sulle strade e sulle autostrade;
tale attività è svolta anche in Sicilia direttamente dall'Anas in alcune autostrade e strade di lunga percorrenza, con carico importante di traffico automezzi di ogni tipo, con risultati sconfortanti e che mettono costantemente a rischio la sicurezza degli utenti;
le strade e autostrade in gestione all'Anas in Sicilia, sono molto carenti anche sotto il profilo di erogazioni di servizi, al punto che intere tratte non sono provviste di autogrill (Palermo-Trapani,

Mazara del Vallo) o là dove esistono spesso ce ne sono pochissimi (nel caso dell'autostrada Catania Palermo, direzione Palermo, la distanza tra autogrill arriva anche a superare i 90 chilometri, rispetto ad una media nazionale che non supera i 40 chilometri di distanza);
le strade statali in carico all'Anas, in Sicilia, soffrono degli stessi problemi delle autostrade, per cui le manutenzioni scarseggiano o addirittura sono inesistenti, non hanno un'adeguata segnaletica stradale, peraltro spesso obsoleta ed illeggibile, il tutto con grave rischi per la sicurezza ed incolumità dei cittadini;
le manutenzioni ordinarie o straordinarie, per strade ed autostrade, quelle rare volte in cui sono disposte, sono realizzate negli orari di punta del traffico veicolare, con gravi disagi e rischi per gli automobilisti e per gli stessi addetti impegnati nei lavori di manutenzione, tanto da non essere infrequenti gli incidenti mortali che coinvolgono gli operai;
anche nelle strade di lunga percorrenza come la Palermo-Agrigento o la Agrigento-Caltanissetta, a causa della cattiva manutenzione, ma soprattutto per l'assenza di un'azione preventiva da parte dell'Anas, che non interviene drasticamente a ridurre gli innesti privati, a riparare i tratti di manto deformato, a collocare o a manutenzionare con immediatezza e perizia i sussidi per la guida notturna, quali rifrangenti e «occhi di gatto», o a predisporre l'adeguata recinzione per evitare l'accesso alla carreggiata di animali di dimensioni importanti (bovini soprattutto), si sono verificati e si verificano continui incidenti stradali mortali, tanto che le predette strade Palermo-Agrigento e Agrigento-Caltanissetta sono divenute «veri e propri cimiteri» con diverse decine di lapidi poste lungo i laterali della strada;
l'Anas, a quanto consti agli interroganti, spesso intervenga a contestare e revocare a società concessionarie la gestione del servizio, mantiene quella che agli interroganti appare una situazione del tutto inadeguata sull'autostrada Palermo-Catania, direzione Catania dove, dopo lo svincolo di Resuttano, da molto tempo (quasi dieci anni) vi è un restringimento ad una corsia per una lunghezza di oltre 2 chilometri, che, oltre a provocare disagi, è stato causa di gravissimi incidenti stradali;
l'Anas, benché molto attenta ad assicurare la regolarità, anche formale, dei protocolli e dei contratti di servizio, da sempre (quasi 50 anni) consente che, sull'autostrada Palermo-Trapani-Mazzara del Vallo, non vi sia un autogrill con annesso rifornimento di carburante o un posto di ristoro o servizi igienici, rendendola non adeguata ad un Paese fondatore dell'Unione europea;
la predetta autostrada Palermo-Trapani-Mazzara, realizzata quasi cinquanta anni fa, almeno nel primo tratto che consente di raggiungere l'aeroporto internazionale di Palermo «Falcone Borsellino», è rimasta della stessa larghezza, diventando un vero e proprio imbuto-strozzatura che, oltre a non dare certezza sui tempi di percorrenza per raggiungere l'aeroscalo, provoca quotidiani incidenti, anche mortali, con gravi disagi per la viabilità locale e per la qualità della vita di quelle comunità locali che vivono nelle adiacenze, ormai asfissiate da un traffico veicolare costretto a deviare per ingorghi ed incolonnamenti di ore -:
se il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, nonché il Ministro dell'economia nella qualità di azionista unico, intendano intervenire e come nei confronti di Anas, per accertare eventuali inadempienze o responsabilità in ordine alla programmazione, al miglioramento e alla manutenzione delle strade affidate alla gestione di Anas in Sicilia, il cui mancato adeguamento, nel tempo, oltre a provocare una lunga scia di morti, non ha consentito e non consente di determinare, come nel nord del Paese, le condizioni infrastrutturali necessarie per favorire lo sviluppo.
(4-08125)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Il Comitato interministeriale per la programmazione economica nella seduta del 22 luglio 2010 ha assegnato risorse per 268 milioni di euro a favore dell'Anas per la realizzazione di interventi di manutenzione straordinaria da realizzare sull'intera rete stradale nazionale.
Si evidenzia che la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), aveva previsto per ciascuno degli anni 2007-2009 risorse pari a 1.560 milioni di euro sia per nuovi interventi sia per la manutenzione straordinaria della rete viaria.
Per completezza d'informazione si comunica che in data 26 luglio 2010 si è proceduto alla sottoscrizione del contratto di programma tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e l'Anas per l'anno 2010. Il documento prevede, oltre alla realizzazione di opere di manutenzione straordinaria per la suddetta somma di 268 milioni di euro (questi ultimi comprendenti, anche, il rimborso delle rate di ammortamento dei mutui contratti dall'Anas di cui al contratto di programma 2003-2005, pari a circa 60 milioni di euro), anche la prestazione dei servizi che la concessionaria è tenuta ad erogare al fine di mantenere in efficienza la rete stradale di competenza.
Al fine di fornire ulteriori elementi di risposta in ordine agli interventi di ammodernamento e di manutenzione programmati sulle strade statali siciliane, sono state chieste informazioni all'Anas Spa che ha riferito quanto segue.
Sull'autostrada A/19 Palermo-Catania, lunga circa 192 chilometri, sono presenti sette aree di servizio di cui: quattro (area sud) dislocate nella carreggiata con senso di marcia Catania e tre (area nord) nel senso opposto.
In direzione Catania, le quattro aree di servizio sono a meno di 50 chilometri l'una dall'altra, in direzione Palermo, non essendo in attività l'area di servizio denominata «Scillato», oltre alle tre già esistenti se ne prevede l'apertura di una quarta per la quale si è conclusa la fase progettuale e a breve saranno attivate le procedure per l'affidamento della relativa concessione.
L'Anas Spa, peraltro, ha in corso un processo di implementazione e ristrutturazione delle aree di servizio cosiddette
oil e ristoro lungo tutta la rete autostradale in gestione diretta. In tale ottica, per quanto concerne l'autostrada Palermo-Catania sono state ultimate le procedure di aggiudicazione del servizio oil e ristoro mediante il rinnovo dei termini delle concessioni vigenti e l'avvio di lavori di ristrutturazione delle aree esistenti, delle quali quattro già ultimate.
Inoltre, in seguito al piano di localizzazione approvato nel 2008 dal Consiglio di amministrazione è stata prevista la realizzazione di n. 14 nuove aree di servizio sull'intera rete autostradale e precisamente:
lungo l'A/19 Palermo-Catania sono previste 5 aree di servizio: 1. Catenanuova Nord; 2. Catenanuova Sud; 3. Ficarazzi Nord; 4. Ficarazzi Sud; 5. Scillato Nord;
lungo l'A/29 Palermo-Mazara del Vallo a N29 dir «Alcamo Trapani» sono previste 9 aree di servizio: 1. Isola Sud; 2. Costa Gaia Nord; 3. Costa Gaia Sud; 4. Salemi Nord; 5. Salemi Sud; 6. Fontanelle Nord; 7. Fontanelle Sud; 8. Purgatore Nord; 9. Purgatore Sud;
Per 10 delle precedenti aree sono stati redatti i relativi progetti mentre per le restanti le progettazioni sono in fase di ultimazione.
Lungo la nuova autostrada Catania-Siracusa è prevista, altresì, la realizzazione di due aree di servizio: San Demetrio Est e San Demetrio Ovest, la cui fase progettuale è stata ultimata di recente.
Per ciò che attiene, poi, la strada statale 121-189 Palermo-Agrigento e la strada statale 640 Agrigento-Caltanissetta, Anas fa presente che entrambe le strade sono oggetto di rilevanti interventi di ammodernamento e precisamente:
strada statale 121-189 - itinerario Palermo-Agrigento: l'intero intervento Palermo-Lercara è inserito nel piano degli investimenti 2007/2011 per un importo complessivo di 1.218 milioni di euro. Il

primo lotto «ammodernamento del tratto Bolognetta-Bivio Manganaro» di chilometri 33,3 è stato affidato a contraente generale alla fine del 2008 per un importo di 248 milioni di euro e la progettazione definitiva è stata consegnata ad agosto 2010. Per quanto riguarda il tratto Palermo-rotatoria Bolognetta (strada statale 121), di sviluppo complessivo pari a circa 14,4 chilometri e dell'importo di circa 597 milioni di euro, è in corso l'aggiornamento della progettazione preliminare secondo le prescrizioni della regione Sicilia;
strada statale 640 - Itinerario Agrigento-Caltanissetta: l'ammodernamento del tratto dal chilometro 9+800 della strada statale 640 «di Porto Empedocle» fino allo svincolo con l'autostrada A19 «Palermo-Catania», è stato diviso in due lotti funzionali.
primo lotto - dal chilometro 9+800 al chilometro 44+400 della strada statale 640 «di Porto Empedocle» - è stato aggiudicato in data 14 dicembre 2007 al contraente generale A.T.I. C.M.C. (mandataria) - C.C.C. (Empedocle Scpa), per un importo complessivo dell'intervento di circa 500 milioni di euro; i lavori consegnati in data 25 febbraio 2009 sono in corso di esecuzione con una percentuale di avanzamento pari a circa il 15 per cento. L'ultimazione è prevista per il secondo semestre del 2012;
secondo lotto - dal chilometro 44+400 della strada statale 640 «di Porto Empedocle» allo svincolo con l'A/19 - è stato aggiudicato al contraente generale in data 13 aprile 2010 per un importo complessivo dell'intervento pari a circa 775 milioni di euro. Entro gennaio 2011 è prevista la conclusione delle attività di progettazione esecutiva di competenza del contraente generale ed inizio dei lavori stimato per il primo semestre del 2011.

Si evidenzia, infine, che per garantire la manutenzione straordinaria delle strade ed autostrade statali siciliane gli investimenti programmati dall'Anas ammontano complessivamente a 240 milioni di euro, in parte già impegnati.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

MAGGIONI, ALESSANDRI e STUCCHI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
con la Direttiva 86/278/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1986, concernente la protezione dell'ambiente, in particolare del suolo, nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura l'Unione europea ha disciplinato l'uso di tali fanghi negli usi agronomici in modo da evitare effetti nocivi sul suolo, sulla vegetazione, sugli animali e sull'uomo. In particolare, essa stabilisce i valori limite per la concentrazione di metalli pesanti e proibisce lo spandimento di fanghi di depurazione quando la concentrazione di determinate sostanze nel suolo supera questi valori;
ai sensi della citata direttiva n. 86/278/CEE, i fanghi di depurazione possono essere utilizzati in agricoltura, a condizione che lo Stato membro ne disciplini la loro utilizzazione. In particolare, compete agli Stati UE adottare le misure necessarie per garantire il rispetto di limiti di concentrazione di uno o più metalli pesanti dalla stessa direttiva;
la norma nazionale che definisce le condizioni che devono essere verificate per l'utilizzazione dei fanghi in agricoltura è il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, che recepisce la Direttiva 86/278/CEE. Il Decreto in particolare fissa: i valori limite di concentrazione per alcuni metalli pesanti che devono essere rispettati nei suoli e nei fanghi; le caratteristiche agronomiche e microbiologiche dei fanghi (i limiti inferiori di concentrazione di carbonio organico, fosforo e azoto totale, i valori massimi di salmonella); le quantità massime dei fanghi che possono essere applicati sui terreni;
in alcune regioni sono state emanate norme specifiche che disciplinano ulteriormente la materia;

purtroppo non sempre l'uso di tali fanghi produce effetti positivi sulle produzioni agricole coltivate sui suoli in cui vengono distribuiti. Sempre più spesso infatti si riscontrano colture agroalimentari contenenti residui o contaminanti che le rendono non commercializzabili o ad ogni modo con caratteristiche qualitative di scarso valore e ciò a danno degli agricoltori e dei consumatori;
al riguardo, l'istituto Mari Negri di Milano ha condotto una specifica relazione sui possibili rischi di contaminazione veicolati da fanghi. In tale documento si sottolinea come gli alimenti vegetali, segnatamente i cereali, siano particolarmente ricettivi ai metalli tossici come il cadmio ed il piombo;
tra i metalli pesanti, il cadmio in particolare ha effetti gravemente tossici per la salute dell'uomo, in quanto, assunto durante la dieta, incide negativamente sull'apparato scheletrico, genera osteoporosi e deformazioni della spina dorsale, oltre che avere effetti tumarli sul sistema riproduttivo e attività di distruzione endocrina;
l'istituto Mario Negri ha fatto perciò presente come proprio il riso sia un cereale che per la tecnica di coltivazione, l'elevato uso di acqua e la sua tendenza ad accumulare metalli ad alti livelli, sia una coltura a maggior rischio potenziale. In tali circostanze anche la Commissione Unione europea ha ritenuto necessario iniziare una valutazione per giungere ad una concentrazione ammessa in cadmio nei fertilizzanti, proponendo una riduzione dei limiti ammessi nei fanghi in relazione al pH del suolo;
altri inquinanti sono presenti nei fanghi di depurazione, tra cui numerosi composti ad attività endocrina di natura organica. La loro presenza sta diventando un serio problema nelle nostre società, sia per i danni provocati alle popolazioni, sia per quelli provocati all'ecosistema;
l'istituto Mario Negri, nelle proprie conclusioni anche basate sulle ultime scoperte scientifiche, suggerisce di valutare attentamente l'utilizzo dei fanghi di depurazione in agricoltura chiedendo di tenere sempre in attenta considerazione le interazioni che vi possono essere tra i fanghi, il territorio e le coltivazioni interessate. In particolare, nel territorio di Lomello, vi sarebbero importanti appezzamenti a riso e proprio in tale territorio andrebbero accuratamente svolte le predette valutazioni, anche ricordando che lo stesso istituto Mari Negri ha riscontrato su questi suoli livelli elevati di metalli tossici con concentrazioni prossimi ai limiti ammessi per scopi agricoli;
in provincia di Pavia vi sono numerose società autorizzate allo spandimento dei fanghi di depurazione ed esse attualmente soddisfano tutto il fabbisogno agricolo di ambito provinciale, il quale viene ad ogni modo garantito importando da altri luoghi il materiale eventualmente non realizzato dalle predette società;
anche in considerazione delle criticità che stanno sorgendo a causa dell'eccessivo utilizzo di fanghi di depurazione in agricoltura, originati anche da reflui speciali, la giunta regionale della Lombardia, in attuazione di specifici accordi definiti nell'aprile 2009 tra regione, province e comunità montane, ha approvato in data 29 luglio 2009, la delibera di giunta regionale (d.g.r.) n. 9953, con la quale sono state definite le modalità di blocco progressivo dello spandimento sui terreni agricoli dei fanghi provenienti dall'attività di depurazione delle acque reflue urbane e industriali;
tale disposizione dovrebbe consentire di raggiungere un maggiore livello di protezione di tutti i corpi idrici e di creare le condizioni affinché i terreni agricoli possano ricevere preferibilmente gli effluenti d'allevamento nei limiti stabiliti dalla Direttiva Nitrati, allo scopo di promuovere il loro utilizzo e distribuire il carico d'azoto zootecnico;
proprio in provincia di Lodi si starebbero verificando fatti problematici e

poco rassicuranti connessi alla gestione dei fanghi di depurazione usati in agricoltura;
come si può evincere anche dai comunicati stampa emessi dalla provincia di Lodi, durante mattinata di mercoledì 28 aprile 2010, personale del nucleo ambientale della polizia provinciale di Lodi, unitamente a personale del nucleo investigativo della procura della Repubblica di Lodi e a personale del comando carabinieri per la tutela dell'ambiente - nucleo operativo ecologico (NOE), hanno dato esecuzione al decreto di sequestro preventivo ex articolo 321 c.p.p., emesso dal Giudice per le indagini preliminari, in data 07 aprile 2010 dell'impianto di trattamento dei rifiuti costituiti da fanghi di depurazione di acque reflue urbane sito nel comune di Maccastorna (Cascina Risi), e di proprietà della società C.r.e. (Centro ricerche ecologiche). Il provvedimento è stato emesso nell'ambito di attività d'indagine posta in essere dai carabinieri del NOE, per i reati di cui agli articoli 110 codice penale e 256 del decreto legislativo n. 152/06 a carico dei rappresentanti dell'azienda per avere, in assenza delle prescritte autorizzazioni amministrative, gestito abusivamente, smaltendoli successivamente in terreni destinati alla coltivazione di prodotti agricoli, ingenti quantitativi di rifiuti speciali pericolosi, costituiti da fanghi prodotti dal trattamento delle acque reflue urbane contaminate da idrocarburi contenenti IPA (idrocarburi policiclici aromatici) cancerogeni in concentrazioni superiori al prescritto limite. Per i fatti in questione risultano quindi indagati in stato di libertà l'Amministratore unico ed il Procuratore della Società e il Direttore tecnico dell'impianto. I reati contestati sarebbero l'articoli 110 codice penale e 256 decreto legislativo n. 152/06 (per cui sono previste fino a 2 anni ed ammenda fino a 26.000 Euro) perché in concorso tra loro, nelle rispettive qualifiche, in assenza delle prescritte autorizzazioni amministrative: gestivano abusivamente, smaltendoli successivamente in terreni destinati alla coltivazione di prodotti agricoli, ingenti quantitativi di rifiuti speciali pericolosi costituiti fa fanghi prodotti dal trattamento delle acque reflue urbane contaminate da idrocarburi in concentrazioni superiori al limite e contenenti IPA cancerogeni in concentrazioni superiori al prescritto limite. Smaltivano a beneficio dell'agricoltura rifiuti speciali con tenore di carbonio organico inferiore al limite consentito dalla normativa DGR. Impiegavano autocarri per il trasporto di rifiuti speciali in assenza della prescritta iscrizione all'Albo gestori Ambientali;
i fatti contestati risalirebbero all'attività illecita posta in essere dalla società del biennio 2007-2008 e riguardano un ammontare di circa 70.000 tonnellate di rifiuti smaltiti illecitamente;
sulla vicenda sarebbero in corso ulteriori indagini finalizzate all'accertamento di eventuali ulteriori responsabilità;
il sequestro dell'impianto ha ad ogni modo un carattere preventivo, essendo il provvedimento finalizzato al controllo dei fanghi attualmente in lavorazione presso l'impianto, per capire se anche per il periodo successivo al biennio sopra-citato si possano ipotizzare fattispecie di reato;
al riguardo, il NOE di Milano, avrebbe fatto presente che la clientela della C.r.e. è costituita da agricoltori lodigiani, i quali allo stato attuale si configurerebbero quali vittime dell'illecito;
riguardo alla società, si segnala che da ultimo, in Comune di Lomello, la predetta CRE abbia presentato un progetto per la realizzazione e gestione di un impianto di messa in riserva, di trattamento per l'utilizzo in agricoltura di rifiuti speciali non pericolosi e deposito preliminare di rifiuti pericolosi;
il comune di Lomello, insieme al comune di Galliavola e a gran parte dei comuni della Lomellina hanno espresso una forte contrarietà alla localizzazione dell'impianto per il trattamento dei fanghi provenienti dalla depurazione delle acque reflue civile ed industriale;
le popolazioni dei comuni della Lomellina denunciano il rischio per la salute

e per l'integrità dell'ambiente che un tale impianto potrebbe arrecare al loro territorio. Stesse posizioni sono state espresse dal mondo agricolo che rivendica la peculiarità del territorio rispetto alla produzione di riso e la cui reputazione potrebbe essere compromessa irrimediabilmente se i mercati di sbocco venissero a conoscenza che parte delle loro coltivazioni di pregio sarebbero ottenute anche con l'uso di fanghi di depurazione di reflui speciali di natura industriale;
per l'economia risicola locale, viste le segnalazioni di precauzione che raccomanda l'istituto Mario Negri ed anche in considerazione delle ipotesi criminose rivolte alla CRE riguardo alle illecite operazioni condotte in materia di utilizzo di fanghi di depurazione in territorio lodigiano, la realizzazione e l'esercizio del predetto impianto di smaltimento di rifiuti speciali, sarebbe un colpo letale. Si ricorda infatti che il riso pavese gode di una speciale rinomanza basata sulla qualità delle varietà e sull'integrità dei suoli su cui il cereale si coltiva, i quali devono essere privi di ogni sorta di inquinanti esterni e messi al riparo da contaminazioni di metalli ed altre sostanze pericolose;
inoltre, ai fini ambientali, il territorio su cui andrebbe ad incidere l'impianto, è assai rinomato essendo confinante con la Zona di protezione speciale natura 2000, Z.P.S. IT2080501 «Risaie della Lomellina». Si tratta di una prerogativa notevolissima che verrebbe certamente lesa in caso si procedesse a realizzare l'impianto in questione ed altresì si utilizzassero i relativi fanghi in aree riferibili al sito -:
se non ritengano di promuovere la revisione delle norme di competenza che disciplinano l'uso dei fanghi di depurazione in agricoltura, in particolare svolgendo valutazioni mirate circa la loro sostenibilità ambientale ed agricola;
se per quanto riguarda gli aspetti agricoli, non s'intenda rendere maggiormente severo e circoscritto l'uso di tali fanghi negli usi agronomici come fertilizzanti;
quali iniziative di competenza si intendano assumere con riferimento a quanto riportato in premessa.
(4-07907)

Risposta. - In merito a quanto indicato nell'interrogazione in esame dove, sull'utilizzo agronomico dei fanghi di depurazione si esprime una forte preoccupazione in ordine alla possibile contaminazione dei prodotti agricoli con elementi chimici e composti in essi potenzialmente presenti; si rappresenta quanto segue.
La norma di riferimento per l'utilizzazione agronomica dei fanghi di depurazione è costituita dal decreto legislativo n. 99 del 1992, di recepimento della direttiva 1986/278/CEE, in base al quale lo spandimento su suoli agricoli può essere effettuato solo qualora siano rispettati i requisiti e le prescrizioni previsti dal decreto medesimo.
I fanghi ammessi all'utilizzazione agronomica sono, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettere
a), b) e c) del decreto legislativo n. 99 del 1992, esclusivamente quelli derivanti dalla depurazione di acque reflue da insediamenti civili, oppure da insediamenti civili e produttivi con caratteristiche «sostanzialmente non diverse» da quelle provenienti dai soli insediamenti civili, oppure esclusivamente da insediamenti produttivi purché tali fanghi siano assimilabili, per qualità, a quelli provenienti da insediamenti civili.
Ai sensi del successivo articolo 3 del decreto legislativo n. 99 del 1992 i fanghi, prima del loro avvio ad utilizzazione agronomica, devono essere sottoposti a trattamento; per fanghi trattati si intendono, in base all'articolo 2, comma 1, lettera
b) del medesimo decreto, i fanghi sottoposti «a trattamento biologico, chimico o termico, a deposito a lungo termine, ovvero ad altro opportuno procedimento, in modo da ridurre in maniera rilevante il loro potere fermentescibile e gli inconvenienti sanitari della loro utilizzazione».
Il trattamento del fango non implica l'esclusione dello stesso dalla disciplina dei rifiuti né, tanto meno, nel caso di utilizzazione in agricoltura, dalla disciplina specifica del decreto legislativo n. 99 del 1992; al contrario, il trattamento rappresenta un

requisito imprescindibile per il successivo avvio a spandimento, nei limiti e secondo le modalità fissati dal decreto, in quanto i fanghi non trattati non potrebbero in alcun modo essere utilizzati a fini agronomici. La possibilità di utilizzo di rifiuti nell'ambito della produzione di fertilizzanti ai sensi del decreto legislativo n. 217 del 2006, quando consentita, è espressamente riportata.
Questo Ministero ha attualmente avviato un processo di aggiornamento del decreto legislativo n. 99 del 1992, anche al fine di armonizzare i limiti in esso previsti con quelli indicati dalle normative regionali, ed ha istituito, presso la competente direzione generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche, un apposito tavolo tecnico, esteso alle altre amministrazioni competenti. Detto tavolo si avvale della consulenza dell'Istituto superiore di sanità, dell'Ispra e del Cnr al fine di valutare sia l'eventuale inclusione nel decreto di nuove sostanze ed i relativi limiti di accettabilità, sia la riduzione dei valori soglia per la presenza dei metalli pesanti.

Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.

MESSINA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il consorzio Metromare dello Stretto (Metromare), associazione temporanea di imprese costituita tra Ustica Lines e RFI-Bluvia (che ne detiene il 40 per cento), si è aggiudicata la gara d'appalto per la realizzazione del cosiddetto servizio di «Metropolitana del mare», presentando al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la migliore offerta tecnica e la migliore offerta economica, per il potenziamento dei collegamenti marittimi passeggeri nello Stretto di Messina attraverso la realizzazione di un nuovo collegamento veloce tra Messina, Reggio Calabria e Villa San Giovanni nonché tra l'aeroporto di Reggio Calabria e il porto di Messina;
a seguito dei risultati della predetta gara d'appalto il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in data 19 dicembre 2008, ha stipulato con Metromare un contratto di servizio di 30 milioni di euro della durata di tre anni;
i suddetti 30 milioni di euro sono stati assegnati dal decreto del Ministro dei trasporti decreto ministeriale 7/T del 15 gennaio 2008, sulla quota complessiva di 40 milioni di euro stanziata per l'anno 2007, di cui all'articolo 8, comma 4, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2007, n. 222, finalizzato ad affrontare la cosiddetta «emergenza Calabria», conseguente ai lavori di ristrutturazione radicale della tratta calabra dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria ed alla conseguente parziale chiusura al traffico della medesima;
il servizio di collegamento veloce avviato finalmente lunedì 28 giugno 2010 dopo trattative e una lunga e travagliata fase preparativa, ha generato un generale malcontento tra gli utenti che hanno complessivamente percepito uno scadimento del servizio, in termini di rapporto qualità-prezzo, rispetto a quanto offerto dai vettori che già gestivano le stesse tratte;
in particolare il piano di trasporto presentato da Metromare è stato fortemente criticato dal comitato pendolari e, come si evince dai numerosi articoli di stampa, anche dagli amministratori di Reggio e Messina che hanno partecipato alle riunioni tecniche, presiedute dal direttore generale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Enrico Maria Pujia;
Metromare riceve dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ben 10 milioni di euro l'anno, ossia oltre 830 mila euro at mese e oltre 27 mila euro al giorno per garantire il servizio in modo efficiente, più 5 milioni per agevolazioni tariffarie, così come previsto da decreto del Ministero dei Trasporti 7/T del 15 gennaio 2008, ma, a fronte di tali stanziamenti, i cittadini e le amministrazioni interessate

non hanno rilevato un miglioramento del servizio ma piuttosto lamentano numerosi disservizi quali: continui ritardi delle corse, con oltre 40 minuti per traversata, contro i 25 previsti; corse per l'aeroporto che non assicurano le coincidenze con i voli, rendendo di fatto il servizio inutile; numero esiguo di corse per il sabato, la domenica e i giorni festivi; non validità dell'abbonamento durante il fine settimana;
l'aspetto che ha però generato maggiori malcontenti è l'aumento considerevole e ingiustificato della tariffe rispetto a quelle dei vettori che gestivano precedentemente le stesse tratte: sulla tratta Reggio Calabria-Messina si è passati da 2,80 a 3,50 euro nella corsa singola e da 4,80 a 7,00 euro nella corsa di andata e ritorno. Di male in peggio sulla Villa San Giovanni-Messina. dove si è infatti passati da 1,50 sulle navi traghetto a 2,50 euro nella corsa singola e da 2,00 a 5,00 euro nella corsa di andata e ritorno;
le nuove tariffe di Metromare non hanno ovviamente tardato a provocare ripercussioni nel mercato del trasporto marittimo locale con adeguamenti al rialzo dei prezzi dei vettori che già assicuravano il servizio a prezzi più bassi e che hanno innalzato le loro tariffe pedonali al pari di quelle di Metromare;
in merito al dibattito sulle tariffe, il 14 luglio 2010 è intervenuta Metromare che ha dichiarato alla stampa che il consorzio si è sempre rigorosamente attenuto al bando emesso dal Ministero e che le tariffe del servizio, ancorché giudicate esose dagli utenti, sarebbero state addirittura dimezzate per volontà della stessa Metromare rispetto al costo del biglietto proposto per la partecipazione al bando, mentre il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti in sede di risposta all'interrogazione n. 4-01131, in data 5 luglio 2009, sostiene che, se anche le tariffe sono superiori a quelle precedentemente praticate, l'offerta complessiva del consorzio era la migliore e «non poteva essere vanificata», e che, in ogni caso le tariffe applicate dalla società hanno una loro logica in quanto sarebbero tariffe di «mercato» valutate su benchmark nazionali;
tali affermazioni rivelerebbero, a giudizio dello scrivente, se non un vizio di forma del bando stesso, quantomeno una poco attenta considerazione delle offerte pervenute perché se è vero il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti non può intervenire direttamente sulla regolazione delle tariffe, è pur vero che la funzione di un bando di concessione è quella di operare una scelta delle offerte in base ad una valutazione complessiva dell'offerta in cui ci sia garanzia che un eventuale taglio di costi non venga operato a scapito di espedienti illeciti, minore qualità, allungamento dei tempi o eccessivo innalzamento delle tariffe; tra l'altro, tariffe regolate su benchmark nazionali, risultano scarsamente applicabili in un'area di fatto conurbata come quella dello Stretto che registra un fenomeno di pendolarismo scolastico e lavorativo che raggiunge una media di quasi 10.000 viaggi di andata e ritorno al giorno e che dunque per le peculiarità geografiche e socioeconomiche è una realtà unica in Italia a cui deve essere garantito il diritto alla mobilità e la continuità territoriale;
secondo il sindacato Or.S.A. (organizzazione sindacati autonomi e di base) sull'appalto al consorzio Metromare graverebbero i costi e le obbligazioni della cosiddetta vertenza dello Stretto, aperta dai lavoratori precari di RFI, socio del consorzio Metromare. In una lettera del 25 luglio 2010, indirizzata alle aziende del consorzio Metromare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, alla procura generale della Repubblica e al prefetto di Messina, Or.S.A. afferma infatti che gli accordi di vertenza avrebbero dato corso non solo ad un abbassamento dei livelli di sicurezza, con la riduzione delle tabelle di armamento, ma soprattutto avrebbero legato l'erogazione del contributo pubblico per appaltare il servizio di collegamento

veloce nello Stretto di Messina con l'impegno alla stabilizzazione dei marittimi precari;
nella suddetta lettera si afferma inoltre che siamo in presenza di indizi per sospettare accordi di cartello ai danni degli utenti: «la Vertenza dello Stretto ha già prodotto un alto costo per i cittadini e per i lavoratori con la compressione dei livelli di sicurezza e del costo del lavoro, le aziende hanno ampiamente incassato la parte utile degli accordi senza effettuare assunzioni e potenziamento delle flotte, tutt'altro. Dopo la riduzione delle tabelle d'armamento, inspiegabilmente concesse dal Ministero dei Trasporti a danno dei livelli di sicurezza, si è assistito solo all'aumento esponenziale dei costi dell'attraversamento con un sistema che in città ha prodotto l'allarme di alcuni esponenti del Consiglio Comunale di Messina, relativo a possibili accordi di cartello a danno dell'utenza»;
in sede di audizione in Commissione trasporti alla Camera in data 11 dicembre 2009, Or.Sa ha anche affermato che RFI non sarebbe un partner affidabile in quanto «nel Meridione non è nuova a tattiche utilitaristiche mirate ad incassare solo la parte utile degli accordi» come dimostrerebbe anche la recente soppressione del servizio di metroferrovia, costato soldi pubblici, che doveva essere parte integrante del collegamento intermodale utile a realizzare un sistema integrato fra ferrovie, trasporto pubblico locale e collegamento marittimo veloce finalizzato anche al rilancio dell'aeroporto di Reggio Calabria, che nei programmi di integrazione delle due comunità dovrebbe tramutarsi in infrastruttura primaria facilmente fruibile anche dai messinesi;
con una risoluzione approvata il 16 dicembre 2009 presso la IX Commissione della Camera il Governo si è impegnato a verificare l'efficienza e a rivedere le modalità del servizio con riferimento al tragitto e alle tariffe per i pendolari, al fine di garantire l'erogazione di un servizio atto al soddisfacimento delle esigenze di mobilità dei cittadini -:
in base agli impegni che il Governo si è assunto con l'approvazione della risoluzione in IX Commissione della Camera, come il Governo stia valutando l'efficienza del servizio, chi è stato incaricato del suddetto compito e quali sono i primi risultati;
se risponda al vero quanto affermato dal sindacato Orsa che sull'appalto al consorzio Metromare graverebbero i costi e le obbligazioni della vertenza dello Stretto che avrebbe accordato a RFI, socio del consorzio Metromare, un abbassamento dei livelli di sicurezza con la riduzione delle tabelle di armamento, nonché avrebbe stabilito che l'erogazione del contributo statale per l'istituzione del servizio di collegamento veloce fosse legata alla stabilizzazioni di precari RFI da operare all'interno del consorzio Metromare;
da cosa dipendano i disservizi, come quello del mancato collegamento della tratta per l'aeroporto con i principali voli, derivanti da tale vicenda;
se il Ministro, in considerazione dell'unicità della situazione geografica e socioeconomica dell'area dello Stretto, ritenga sostenibile l'applicazione di tariffe di «mercato» valutate su benchmark nazionali che hanno comportato un innalzamento di tariffe in alcuni casi di più del 50 per cento;
per non dissipare le risorse fino ad oggi impegnate, quali provvedimenti si intendano assumere per rendere effettivamente efficiente il servizio, se necessario anche con una ricognizione della effettiva utilizzazione delle risorse di cui di cui all'articolo 8, comma 4, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2007, n. 222, definendo una nuova ripartizione delle risorse così come previsto dall'articolo 2 del decreto di ripartizione dei fondi del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti decreto ministeriale 7/T del 15 gennaio 2008;

se e quali provvedimenti il Ministro e il Governo intendano assumere per evitare, in particolare agli utenti pendolari, i disagi dovuti all'aggravio di spesa per l'acquisto dei titoli di viaggio.
(4-08376)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
In ordine alla questione inerente le tabelle di armamento stabilite per gli equipaggi dell'unità del consorzio Metromare, si fa presente che la riduzione delle tabelle di armamento, richiesta ed ottenuta a suo tempo da Rete ferroviaria italiana, è da mettere in relazione alla necessità della stessa società di poter avere su navi similari analoghe tabelle di armamento previste per gli armatori privati. In riferimento ai livelli di sicurezza, si fa presente che la definizione delle tabelle minime di armamento è effettuata su una precisa analisi tecnica organizzativa che prevede, oltre all'operatività corrente delle navi, anche e soprattutto la gestione delle situazioni di emergenza (abbandono nave, incendio grave, uomo a mare) e il rispetto dei parametri previsti dalle normative in materia.
Circa la sussistenza di un accordo preventivo per la stabilizzazione di lavoratori precari della società Rete ferroviaria italiana, si fa presente che le attività lavorative impiegate precedentemente da Rete ferroviaria italiana sui mezzi veloci continuano ad essere utilizzate sugli stessi mezzi anche all'interno delle attività espletate dal consorzio Metromare.
Si fa presente inoltre che, prima dell'istituzione del servizio veloce passeggeri nello stretto di Messina, la società Rete ferroviaria italiana ha evidenziato alle preposte istituzioni l'annuale perdita di circa tre milioni di euro per la gestione di due mezzi veloci, prospettando in più occasioni la chiusura del servizio. Il Governo ha pertanto valutato di supportare l'attività mediante l'erogazione di un contributo pubblico da destinare alla società aggiudicataria di gara pubblica europea.
Per quanto riguarda il quesito inerente il servizio marittimo veloce con l'aeroporto, occorre precisare che, rispetto all'offerta originaria che prevedeva quattro coppie di corse, su richiesta dei sindaci dei comuni interessati è stata aggiunta un'ulteriore coppia di corse; tuttavia le risorse economiche previste non ne consentono ad oggi un ulteriore incremento. Peraltro, il collegamento marittimo in questione, essendo assicurato con un aliscafo (mezzo più veloce ed adeguato) presenta delle criticità dovute al divieto di navigazione sulle ali dell'aliscafo nelle ore notturne. Inoltre, il servizio con l'aeroporto presenta ad un primo monitoraggio scarsa presenza di passeggeri avendo l'aliscafo viaggiato in alcuni casi vuoto.
Per quanto attiene al quesito conclusivo circa le tariffe adottate dal consorzio Metromare, si fa presente che il viaggio singolo ha un costo più basso rispetto al prezzo presentato in sede di gara dall'aggiudicataria; inoltre sono stati previsti anche abbonamenti ordinari ed agevolati che interessano tutti i viaggiatori pendolari, lavoratori e studenti, con tariffe inferiori a quelle presentate in sede di offerta di gara. Ciò è il frutto delle riunioni svolte con i sindaci dei comuni interessati e gli amministratori delle province di Reggio Calabria e Messina in cui sono stati condivisi ed adottati nuovi livelli tariffari che risultano essere congrui con le caratteristiche del mercato di riferimento con particolare attenzione ai viaggiatori pendolari.
Attualmente, il servizio, iniziato solo il 28 giugno 2010, è sotto monitoraggio da parte del ministero delle infrastrutture e dei trasporti al fine di verificare la soddisfazione dei passeggeri.
Si fa presente che dopo pochi giorni dall'avvio del servizio, il consorzio Metromare, aderendo alla richiesta da parte dell'utenza, ha esteso la validità degli abbonamenti anche ai sabati ed alle domeniche.
Infine, si fa notare come nel caso di eccessiva domanda nei giorni dell'esodo estivo sia stato utilizzato il mezzo di riserva al fine di consentire a tutti i passeggeri richiedenti il traghettamento dello stretto di Messina.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

MISIANI e SANGA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il treno «Freccia Orobica», in servizio da oltre trenta anni, è utilizzato da migliaia di viaggiatori bergamaschi per raggiungere le località turistiche della riviera romagnola;
gestito dalla società Ferrovie Emilia Romagna (Fer) utilizzando un convoglio elettrico del tipo Vivalto (con carrozze a due piani con aria condizionata), il treno collega Bergamo a Pesaro con 25 fermate intermedie. La corsa di andata parte da Bergamo alle 7,18 per arrivare a Pesaro alle 13,36 mentre quella di ritorno parte da Pesaro alle 15,58 per giungere a Bergamo alle 21,10. Nella stagione estiva 2010 il servizio viene effettuato nel periodo compreso tra il 13 giugno e il 29 agosto;
domenica 13 giugno, primo giorno di servizio, il sovraffollamento del treno - stipato all'inverosimile con persone in piedi (anziani e bambini compresi), bagagli lasciati ovunque, con disagi e potenziali pericoli per la sicurezza - ha costretto i macchinisti ad uno stop di tre ore a Rovato (BS), in attesa della predisposizione di pullman aggiuntivi su cui trasferire almeno una parte dei viaggiatori. Alla stagione di Rovato sono dovuti intervenire i carabinieri, la polizia ferroviaria, la Croce rossa e la protezione civile per dare supporto ai passeggeri. Tra le cause di questi forti disagi, la palese insufficienza del numero di vagoni del convoglio e l'impossibilità di prenotazione dei posti, con il conseguente overbooking (secondo notizie di stampa, oltre 1.100 biglietti venduti a fronte di 680 posti disponibili);
nonostante il potenziamento del servizio, con la previsione di carrozze aggiuntive, i passeggeri della «Freccia Orobica» hanno dovuto sopportare ulteriori disagi. In particolare, domenica 27 giugno 2010 a Ferrara, a causa di un guasto di natura elettrica al materiale, il treno ha dovuto staccare due carrozze ammassando i passeggeri sui due vagoni rimanenti e giungendo a Pesaro con circa un'ora di ritardo; venerdì 2 luglio 2010 il pantografo ha subito un guasto mentre il treno si trovava nelle campagne mantovane, con la conseguenza di una fermata obbligata nella stazione di Poggio Rusco (MN) e un'attesa forzata di quasi due ore per centinaia di passeggeri. Tra i problemi costantemente segnalati dai passeggeri vi sono il malfunzionamento dell'impianto di aria condizionata e le precarie condizioni dei servizi igienici -:
quali iniziative di competenza intenda promuovere per risolvere gli insostenibili disagi che ricadono regolarmente sui cittadini che utilizzano il treno Bergamo-Pesaro («Freccia Orobica»).
(4-08366)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si comunica che il collegamento ferroviario Bergamo-Pesaro è, come peraltro rilevato nell'atto medesimo, gestito direttamente dalla regione Emilia Romagna attraverso la società Ferrovie Emilia Romagna-Fer.
Su tale servizio il Governo e, nello specifico il ministero delle infrastrutture e dei trasporti, non dispone di elementi informativi né ha attribuite funzioni di vigilanza o controllo trattandosi di materia di gestita dell'amministrazione regionale alla quale si dovrà fare riferimento per eventuali chiarimenti sui disservizi in questione.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

NICOLA MOLTENI, RIVOLTA e STUCCHI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
a dispetto delle rassicurazioni fornite dal Governo al Parlamento il 18 febbraio 2009 il Presidente del Consiglio dei ministri ha offerto al Presidente degli Stati Uniti d'America la disponibilità del nostro Paese ad accogliere sul suo territorio un certo numero di persone attualmente detenute nella prigione militare di Guantanamo;

nella sua risposta scritta all'interrogazione n. 4-02651, risalente al 12 giugno 2009, il Sottosegretario agli affari esteri, Vincenzo Scotti, ha confermato la sussistenza di questa apertura manifestata dal Governo italiano, eludendo peraltro la richiesta specifica che concerneva la posizione particolare di Fathy Sherif El Meshad, cittadino egiziano già residente a Camerlata, nei pressi di Como, catturato in Afghanistan nel dicembre 2001 e tradotto nel febbraio seguente a Guantanamo, dove ha trascorso gli ultimi sette anni;
nulla quindi ancora si sa circa la possibilità che il predetto Fathy Sherif El Meshad rientri nel novero dei prigionieri di Guantanamo destinati ad un imminente trasferimento nel nostro Paese;
ciò malgrado, la stampa locale continua a raccogliere indiscrezioni circa il probabile ritorno di Fathy Sherif El Meshad a Camerlata, dove possiede una casa un suo zio, per quanto sembri che il suo nome non sia compreso nella lista dei primi che giungeranno in Italia -:
se il Governo sia a conoscenza dell'identità e della nazionalità dei prigionieri detenuti a Guantanamo di cui si profila il trasferimento in Italia a breve e medio termine, se ne faccia parte anche il citato Fathy Sherif El Meshad, e quali siano le circostanze che impediscono al Governo di predisporre la successiva estradizione di coloro che giungeranno verso i rispettivi Stati di origine.
(4-03639)

Risposta. - In merito a quanto richiesto dall'interrogante, si riportano gli elementi forniti dal Ministero dell'interno.
Il cittadino egiziano El Meshad Sherif Fathy Aly, nato il 14 dicembre 1976, è stato residente a Milano e, successivamente, a Como con un permesso di soggiorno scaduto il 17 dicembre 2001, per il quale non risulta aver mai presentato richiesta di rinnovo; durante la sua permanenza in Italia, è stato iscritto presso il registro delle imprese alla Camera di commercio di Como come titolare di impresa individuale avente per oggetto sociale l'imbiancatura in genere.
Egli è nipote di Elaraby Ezzat Adel Mahmoud, nato a Manoufia (Egitto) il 28 ottobre 1956, cittadino italiano residente a Como. Quest'ultimo ha frequentato l'associazione culturale islamica della città, nell'ambito della quale ricopre anche la carica di vice presidente dal 17 maggio 2007 ed è considerato uno dei principali esponenti della comunità egiziana comasca.
Il signor El Meshad Sherif Faty Aly, detenuto presso la struttura carceraria di Guantanamo, risulta essere stato in contatto con diversi estremisti islamici coinvolti in indagini di settore svolte a Milano, mentre non ha a suo carico provvedimenti di cattura, essendo privo di precedenti penali nel nostro Paese.
Non risultano al momento alla Farnesina elementi in merito ad una richiesta di trasferimento dal cittadino egiziano El Meshad Sherif Faty Aly in territorio italiano.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

NICOLA MOLTENI e STUCCHI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
stando ad indiscrezioni raccolte dalla stampa, Faty Sherif El Meshad, cittadino egiziano detenuto a Guantanamo, sarebbe stato recentemente dichiarato «liberabile» e «trasferibile» dall'Amministrazione statunitense;
prima di essere catturato nell'autunno del 2001, al confine tra Afghanistan e Pakistan, il predetto El Meshad ha vissuto a Como, dove tuttora risiede un suo parente e dove risulta aver frequentato il centro culturale islamico di Via Pino, in località Camerlata, successivamente chiuso ed attualmente in via di riapertura;
secondo le medesime fonti di stampa, Faty Sherif El Meshad cercherà di evitare il ritorno nel suo Paese d'origine, l'Egitto, in quanto esposto al rischio di subire un processo in ragione della propria vicinanza

al jihadismo e quindi di essere nuovamente incarcerato;
di contro, Meshad non avrebbe problemi con la giustizia italiana;
finora, l'Italia ha accettato sul proprio territorio soltanto i detenuti provenienti da Guantanamo aventi pendenze con la giustizia del nostro Paese e quindi immediatamente passibili di provvedimenti di custodia cautelare -:
se il Governo intenda confermare i suoi più recenti orientamenti in materia di accoglimento dei detenuti del campo di prigionia di Guantanamo, escludendo dal novero delle persone suscettibili di giungere nel nostro Paese coloro che non avendo pendenze con la giustizia italiana non potrebbero essere oggetto di provvedimenti limitativi della libertà;
se si intenda assumere nelle sedi opportune una posizione che faciliti l'estradizione verso l'Egitto di El Meshad da parte delle autorità statunitensi.
(4-05494)

Risposta. - In merito a quanto richiesto dall'interrogante, si riportano gli elementi forniti dal Ministero dell'interno.
Il cittadino egiziano El Meshad Sherif Fathy Aly, nato il 14 dicembre 1976, è stato residente a Milano e, successivamente, a Como con un permesso di soggiorno scaduto il 17 dicembre 2001, per il quale non risulta aver mai presentato richiesta di rinnovo; durante la sua permanenza in Italia, è stato iscritto presso il registro delle imprese alla Camera di commercio di Como come titolare di impresa individuale avente per oggetto sociale l'imbiancatura in genere.
Egli è nipote di Elaraby Ezzat Adel Mahmoud, nato a Manoufia (Egitto) il 28 ottobre 1956, cittadino italiano residente a Como. Quest'ultimo ha frequentato l'associazione culturale islamica della città, nell'ambito della quale ricopre anche la carica di vice presidente dal 17 maggio 2007 ed è considerato uno dei principali esponenti della comunità egiziana comasca.
Il signor El Meshad Sherif Faty Aly, detenuto presso la struttura carceraria di Guantanamo, risulta essere stato in contatto con diversi estremisti islamici coinvolti in indagini di settore svolte a Milano, mentre non ha a suo carico provvedimenti di cattura, essendo privo di precedenti penali nel nostro Paese.
Non risultano al momento alla Farnesina elementi in merito ad una richiesta di trasferimento dal cittadino egiziano El Meshad Sherif Faty Aly in territorio italiano.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

PALAGIANO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (del 1° aprile 2008) ha trasferito al Servizio sanitario nazionale tutte le funzioni sanitarie svolte dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e dal Dipartimento della giustizia minorile del Ministero della giustizia;
in base a tale decreto saranno quindi le regioni, attraverso le ASL competenti per territorio, a far fronte alle esigenze sanitarie degli istituti penitenziari del Paese, dall'assistenza sanitaria giornaliera alle emergenze, dall'assistenza sociale alla garanzia di continuità terapeutica;
secondo il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° aprile 2008, alle regioni e alle province autonome è assegnato il compito di organizzare i servizi sanitari in rapporto alla tipologia degli istituti di pena per far fronte ai bisogni della popolazione carceraria e dei minori detenuti;
il passaggio di queste competenze dal Ministero della giustizia alle regioni è costato 135 milioni di euro;
gli osservatori permanenti regionali per la sanità penitenziaria hanno il compito di monitorare l'effettivo funzionamento dell'assistenza sanitaria da parte delle ASL territoriali;
l'autonomia regionale in materia sanitaria garantisce una libertà di azione

pressoché totale e spesso i controlli da parte dello Stato sono pochi o poco capillari;
capita che ci sia una disomogeneità forte nell'offerta di servizi da regione a regione tanto che molto spesso i cittadini per accedere ad una determinata prestazione sanitaria ricorrono alla cosiddetta «migrazione»;
è evidente che la popolazione carceraria non può ricorrere alla «migrazione» per ottenere determinate prestazioni sanitarie, pertanto i controlli dello Stato centrale sul reale funzionamento delle ASL in ambito carcerario dovrebbero essere potenziati;
il servizio di medicina penitenziaria della casa circondariale di Poggioreale-Napoli, ad esempio, presenta, a questo proposito, non pochi punti di criticità, specie riguardo i farmaci per i malati di AIDS;
per i reclusi che sono malati di AIDS, la normativa vigente prevede l'erogazione nominativa dei farmaci retrovirali dopo effettuazione di un day hospital presso l'azienda ospedaliera Cotugno di Napoli;
i suddetti farmaci non sono disponibili per i nuovi reclusi fin quando questi non effettuano il day hospital (che viene subito richiesto ma che prevede un tempo di attesa mediamente di 15/30 giorni); inoltre la terapia retrovirale non può essere erogata ai soggetti che, per motivi tecnici (impossibilità del nucleo scorta al trasferimento presso l'ospedale) non effettuano il day hospital nella data stabilita per cui non è possibile la continuazione della terapia in quanto, correttamente, l'ospedale non consegna i farmaci senza il controllo propedeutico programmato -:
quali iniziative intenda assumere per garantire un maggiore controllo sull'assistenza sanitaria all'interno degli istituti penitenziari e minorili italiani e, in particolare, se non sia il caso di elaborare, in collaborazione con le regioni, linee di indirizzo in questo ambito finalizzate:
a) a definire l'obbligo di non promiscuità dei malati detenuti in quanto - specie a causa del sovraffollamento delle carceri - si trovano ricoverati nello stesso reparto malati di tubercolosi, di Aids e malati psichici;
b) ad istituire uno specialista che possa prescrivere farmaci all'interno dell'istituto e a prevedere la possibilità di avere una scorta di medicinali da utilizzare per i casi di maggiore necessità;
c) a prevedere una garanzia di continuità terapeutica per i malati detenuti sin dal loro ingresso nel carcere.
(4-06636)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, si forniscono le valutazioni di competenza in ordine ai problemi sollevati.
Il tavolo permanente di consultazione, istituito presso la Conferenza Stato-regioni, a cui compete il monitoraggio delle attività previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008, ha elaborato un programma completo di interventi, di seguito dettagliati:
1) documento programmatico per la ricognizione e la riorganizzazione delle strutture sanitarie nei vari istituti penitenziari;
2) istituzione di un gruppo di lavoro per le problematiche dei suicidi nelle carceri (per la stesura di linee di indirizzo per la prevenzione dei suicidi nelle carceri) e per la gestione delle tossicodipendenze;
3) monitoraggio sistematico relativo all'organizzazione nelle carceri dei servizi sanitari e del personale dedicato (con attenzione alle problematiche connesse alla continuità terapeutica, alla medicina specialistica ed ai ricoveri differenziati).

Con riferimento all'opportunità di elaborare linee guida finalizzate a:
a) definire l'obbligo di non promiscuità dei malati detenuti;
b) istituire uno specialista all'interno dell'istituto penitenziario e prevedere una scorta di medicinali;

c) prevedere una garanzia di continuità terapeutica per i detenuti sin dall'ingresso;

occorre osservare, relativamente alla citata lettera a), che la destinazione dei detenuti affetti da patologie è precipua competenza dell'amministrazione penitenziaria, sulla base delle relazioni fornite dai medici che hanno responsabilità di cura dei detenuti e che sono tenuti a certificare la compatibilità delle condizioni cliniche con il regime carcerario in generale e, più specificamente, a segnalare i rischi di contagiosità.
Relativamente alle lettere
b) e c), è necessario far presente che eventuali iniziative in tal senso appaiono dei tutto pleonastiche, in considerazione del fatto che l'organizzazione dell'assistenza, di base e specialistica, così come la scorta di medicinali, e la garanzia di continuità terapeutica, sono già ampiamente previste nell'allegato A del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri «Linee di indirizzo per di interventi del Servizio Sanitario Nazionale a tutela della salute dei detenuti e degli internati negli istituti penitenziari, e dei minorenni sottoposti a provvedimento penale», che si articola nei seguenti argomenti:
obiettivi di salute e livelli essenziali di assistenza;
le azioni programmatiche e gli interventi prioritari;
organizzare le conoscenze epidemiologiche;
promozione della salute;
garantire la salubrità degli ambienti di vita e l'igiene degli alimenti;
organizzare gli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione e recupero sociale.
La medicina generale e la valutazione dello stato di salute dei nuovi ingressi.
Le prestazioni specialistiche.
Le risposte alle urgenze.
Le patologie infettive.
Prevenzione, cura e riabilitazione per le dipendenze patologiche.
Prevenzione, cura e riabilitazione nel campo della salute mentale.
La tutela della salute delle detenute e delle minorenni sottoposte a provvedimenti penali e la loro prole.
La tutela della salute della popolazione immigrata;
indicazioni sui modelli organizzativi;
monitoraggio e valutazione.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

PILI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
i cittadini e gli amministratori del comune di Barisardo occupano il municipio del paese per protestare contro la ventilata chiusura della vecchia Orientale Sarda, strada statale 125;
l'iniziativa è di un gruppo di cittadini, riuniti in un comitato spontaneo in vista dell'apertura di un tratto della nuova strada statale 125, in Ogliastra, e della conseguente chiusura della vecchia strada, previsti per martedì 3 agosto 2010;
la chiusura di quel tratto di strada sostengono gli esponenti del comitato significa «far morire l'economia di un intero paese»;
l'amministrazione comunale di Barisardo sostiene l'iniziativa del comitato;
il sindaco di Barisardo, Paolo Casu, ha pubblicamente dichiarato che l'utilizzo della nuova 125 è atteso da tutto il territorio, compresa la cittadinanza di Barisardo;
l'apertura della nuova importantissima arteria secondo il comitato non può portare all'automatica chiusura della vecchia considerato che la stessa attraversa il centro abitato;

il sindaco ha affermato che la chiusura della vecchia strada determinerà un gravissimo disagio per il traffico nel centro abitato con il conseguente allontanamento di turisti, clienti dalle attività commerciali, alberghiere, e disagi nella movimentazione di persone e merci da Barisardo verso il nord Ogliastra e viceversa;
l'amministrazione comunale ritiene necessario scongiurare la chiusura della vecchia arteria stradale con la realizzazione di uno svincolo provvisorio che regoli il flusso di traffico tra la nuova e la vecchia strada;
il 3 agosto 2010 è prevista l'apertura al traffico del tratto della nuova arteria statale denominata Orientale sarda strada statale 125;
l'opera comprende, oltre alla realizzazione dell'asse principale, una serie di opere complementari volte alla risoluzione delle interferenze con la viabilità esistente ed alla sua interconnessione -:
se non ritenga di dover sottoporre all'Anas l'esigenza di valutare con maggiore attenzione le richieste dell'amministrazione comunale di Barisardo in relazione al mantenimento in esercizio della vecchia strada statale 125 anche a fini turistico-commerciali;
se non ritenga necessario assumere un'iniziativa nei confronti dell'Anas per la realizzazione di un raccordo tra la nuova e vecchia arteria al fine di mantenere quest'ultima funzionale alle esigenze urbane del comune di Barisardo;
se non ritenga di dover disporre un piano di maggior integrazione tra le opere strategiche e le esigenze di sviluppo e crescita dei singoli comuni beneficiari dell'arteria primaria, ricercando le giuste intese e le necessarie integrazioni in grado di soddisfare le legittime esigenze delle singole comunità.
(4-08297)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
L'Anas, aderendo alla richiesta avanzata dall'amministrazione comunale di Barisardo in provincia di Nuoro, ha provveduto ad installare un semaforo a tre vie all'intersezione tra il nuovo tratto e la strada statale 125. Il giorno 8 settembre 2010, è stato quindi possibile aprire al traffico il tratto in questione.
La nuova opera consente di bypassare l'attuale attraversamento dell'abitato di Barisardo riducendone sensibilmente l'inquinamento acustico e atmosferico.
L'arteria è stata progettata principalmente per innalzare i livelli di
comfort e sicurezza della strada ma anche per interrompere l'isolamento delle popolazioni dell'Ogliastra.
Per completezza d'informazione, si comunica che su un totale di 115 chilometri della strada statale n. 125 «Orientale sarda» sono stati ammodernati 90 chilometri, su 7 chilometri sono in corso lavori mentre per i restanti 18 chilometri si sta procedendo alla redazione dei progetti di ammodernamento.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

RAZZI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
continuano ad arrivare richieste di pagamento con iscrizione a ruolo ai cittadini italiani da parte del gruppo Equitalia;
tali comunicazioni hanno origine da parte di richieste di enti (enti locali, INPGI e altri) che potrebbero averle fatte o con superficialità o con leggerezza o senza i dovuti necessari approfondimenti e verifiche;
il cittadino in questa maniera è vessato perché contribuente, (pure non dovendo nessuna somma), che non può che ricorrere al giudice spendendo somme superiori al tributo, per spese legali, tempo e mancata produttività per sé e per il Paese e comunque molto di più di quello che non deve ricevendo un grande danno;

alto è il numero degli «sgravi per indebito» (cittadini che riescono a farsi riconoscere che quei soldi non erano dovuti) che il gruppo Equitalia deve continuamente e ripetutamente riscontrare con numero già alto e sempre più crescente;
ancor più alto è il numero delle persone che non avrebbero dovuto pagare se «agli sgravi indebiti» si aggiungono coloro che pagano per non dovere subire un danno maggiore per spese legali, del commercialista, del tempo, della mancata produttività, dello stato d'animo, e dell'angoscia;
le procedure di cancellazione e di sgravi da parte di Equitalia (per eccessiva burocratizzazione da parte di questa struttura) prevede lunghe e farraginose trafile procedurali con danni sproporzionati e con spostamenti chilometrici enormi per i cittadini;
al gruppo Equitalia in caso «di sgravi per indebito» vengono comunque riconosciuti gli oneri tabellari a carico dell'ente impositore;
a tutt'oggi questo rivela secondo l'interrogante una profonda ingiustizia perché le persone agenti in nome degli enti impositori e di Equitalia non sono chiamati a pagare personalmente per le loro responsabilità in quanto pagano gli enti mentre il cittadino singolo deve pagare lui stesso anche per il danno ricevuto;
Equitalia iscrive ipoteche senza i preavvisi dovuti;
Equitalia procede al fermo amministrativo delle vetture senza poi più annullarlo seppure in presenza dell'avvenuto pagamento delle somme -:
quali iniziative urgenti il Ministero intenda prendere per porre fine a questa situazione che privilegia i diritti delle persone (giovani, pensionati, redditi bassi, diversamente abili, disoccupati), che non possono neppure permettersi le spese di giustizia per opporsi ad atti di ingiustizia grave e di arroganza istituzionale.
(4-05960)

Risposta. - Con il documento in esame l'interrogante rileva, in particolare, che alcune amministrazioni pubbliche iscriverebbero a ruolo debiti d'imposta in carenza degli opportuni controlli di merito provocando gravi disagi a quei contribuenti che, scegliendo di non adire costose vie legali, subirebbero lunghe attese per ottenere l'annullamento delle cartelle illegittime; contesta, inoltre, il fatto che «anche in caso di sgravi per indebito, vengono riconosciuti ad Equitalia S.p.a. gli oneri tabellari a carico dell'ente impositore»; lamenta, infine, l'irregolarità delle procedure esecutive e, segnatamente, delle iscrizioni di ipoteca effettuate senza preventiva diffida, nonché i fermi di autovetture non annullati a seguito del pagamento del contribuente.
In relazione a quanto rappresentato dall'interrogante, si fa presente quanto segue.
Equitalia spa, precisando in primo luogo di essere ovviamente estranea ad ogni eventuale disfunzione degli enti impositori e perciò creditori, ha innanzitutto riferito non risultano esservi «lunghe e farraginose trafile procedurali» che i cittadini dovrebbero affrontare per ottenere l'annullamento di cartelle illegittime. Infatti lo sgravio concesso dall'ente impositore viene trasmesso con procedure informatiche, per cui il cittadino viene informato a spese di Equitalia e, qualora avesse già pagato, verrebbe rimborsato entro 30 giorni dalla comunicazione da parte dell'ente.
Quanto all'iscrizione di ipoteca, Equitalia ha evidenziato che, nonostante nessuna norma imponga una formale preventiva comunicazione di iscrizione ipotecaria, le regole interne del gruppo Equitalia impongono che, per debiti inferiori a 10 mila euro, l'iscrizione di ipoteca sia preceduta da una formale diffida. Sull'ultimo punto, la normativa che attualmente disciplina la procedura di fermo delle autovetture (le cosiddette «ganasce fiscali») non pone alcun obbligo all'agente della riscossione di provvedere alla cancellazione del fermo in caso di pagamento delle somme bensì, ai sensi dell'articolo 6, secondo comma, del decreto ministeriale n. 503 del 1998, la cancellazione deve essere effettuata a cura del contribuente.


L'Agenzia delle entrate ha rappresentato che la riscossione dei ruoli erariali avviene secondo quanto stabilito nei decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 per cui l'ufficio competente dell'Agenzia delle entrate, in caso di inadempimento del contribuente, procede a formare il ruolo che l'agente della riscossione porta a conoscenza del debitore con la notifica della cartella esattoriale; in caso di impugnazione della stessa, in linea generale l'amministrazione finanziaria risponde per motivi attinenti al merito (esistenza ed ammontare della pretesa tributaria); l'agente della riscossione, invece, per vizi formali propri della cartella (ad esempio: notifica) o del procedimento esecutivo.
Per quanto concerne la doglianza relativa alle «lunghe trafile procedurali» che i cittadini sosterrebbero per ottenere gli sgravi, l'Agenzia ha riferito che l'articolo 2-
quater del decreto-legge n. 564 del 1994, convertito, con modificazioni, nella legge n. 656 del 1994 (in attuazione della quale è stato emanato il regolamento n. 37 del 1997) ha riconosciuto il potere-dovere degli uffici finanziari di porre in essere provvedimenti di autotutela, mediante l'annullamento o la revoca di atti riconosciuti illegittimi, ancorché in pendenza di giudizio o in caso di atti non impugnabili. Pertanto, il contribuente che ritiene l'addebito infondato, può presentare le sue contestazioni all'ufficio titolare del credito. L'ufficio, se riscontra l'illegittimità dell'atto, è tenuto ad annullarlo in base alle norme sull'autotutela ed effettuare lo sgravio, togliendo efficacia alla cartella. La produzione dell'istanza di autotutela, peraltro, non impedisce al contribuente di proporre ricorso in sede giurisdizionale, essendo l'autotutela completamente indipendente dall'avvio della fase contenziosa.
A tal proposito, l'agenzia ha evidenziato che appare dunque soddisfatto l'intento del legislatore di creare un rapporto trasparente e collaborativo tra il fisco ed il cittadino, in quanto, grazie all'istituto dell'autotutela, il contribuente si giova di un interlocutore diretto, dislocato sul territorio, con il quale chiarire la sua posizione fiscale. Inoltre, l'agenzia ha riferito che gli sgravi, qualora spettanti, vengono concessi in tempi più che ragionevoli poiché, come dianzi precisato da Equitalia spa il provvedimento di sgravio viene trasmesso con procedure informatiche all'agente della riscossione che poi provvede ad informare il contribuente dell'estinzione del ruolo.
Infine, nel caso in cui il debitore abbia già provveduto al pagamento, è previsto il rimborso dell'indebito versamento, ai sensi dell'articolo 26 del decreto legislativo n. 112 del 1999.
Relativamente agli «oneri tabellari» di competenza dell'agente, l'agenzia ha precisato che, in base alla normativa vigente, l'attività dell'agente della riscossione viene remunerata con un «aggio» sulle somme iscritte a ruolo e riscosse. L'aggio, secondo l'articolo 17 del decreto legislativo n. 112 del 1999, è attualmente pari al nove per cento delle somme iscritte a ruolo riscosse e dei relativi interessi di mora.
Alla luce della norma in commento, per i ruoli coattivi, il suddetto aggio, per le cartelle pagate entro i prescritti sessanta giorni dalla notifica, grava nella misura del 4,65 per cento e del 4,35 per cento, rispettivamente, sul contribuente e sull'ente creditore; per i pagamenti effettuati oltre i sessanta giorni, invece, l'intero 9 per cento è a carico del solo debitore.
All'agente della riscossione spetta, altresì, il rimborso, da parte dei soggetti iscritti a ruolo, delle spese relative alle procedure esecutive. Esclusivamente nell'ipotesi di annullamento del ruolo per effetto di provvedimenti di sgravio, tale rimborso è invece sostenuto dall'ente creditore, ai sensi del comma 6 dell'articolo 17 del citato decreto legislativo n. 112 del 1999.
L'articolo 17 citato, inoltre, è stato integrato con due ulteriori commi: il 7-
bis, che, nel negare il diritto all'aggio nel caso di sgravio, riconosce comunque un compenso, da individuare con decreto ministeriale, per l'attività svolta dall'agente nell'ipotesi in cui l'ente creditore riconosca non dovute, in tutto o in parte, le somme iscritte a ruolo; il 7-ter, che fa gravare sul contribuente le spese di notifica della cartella; diversamente, in caso di sgravio, la spesa è a carico dell'ente creditore.


Tanto premesso, sembra evidente che il legislatore, al fine di assicurare un'attività di riscossione efficace ed efficiente, ha scelto di addebitarne il costo in massima parte ai contribuenti morosi e non alla collettività, prevedendo che l'ente impositore sopporti i costi della riscossione solo per casi specifici e normativamente previsti.
Per quanto riguarda, inoltre, l'obiezione inerente alla gestione delle procedure di ipoteca, si rileva che l'operato dell'agente è in linea con la disciplina prevista al primo comma dell'articolo 77 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, il quale prevede che decorsi inutilmente 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento «il ruolo costituisce titolo per iscrivere ipoteca sugli immobili del debitore e dei coobbligati».
Al riguardo, si fa presente, inoltre, che la Corte di cassazione, con sentenza n. 4077 del 22 febbraio 2010, ha affermato che è nulla l'iscrizione ipotecaria su debiti di importo inferiore ad 8.000 euro in quanto, essendo l'iscrizione di ipoteca un atto preordinato e strumentale all'espropriazione immobiliare, soggiace agli stessi limiti all'uopo previsti dall'articolo 76 del decreto del Presidente della Repubblica n. 603 del 1973.
Relativamente, invece, al fermo dei beni mobili registrati, l'agente, pur non costretto dalla legge, provvede, d'intesa con l'agenzia, a notificare un preavviso, che permette al contribuente, comunque già moroso nei confronti dell'erario, di evitare l'iscrizione del fermo e i conseguenti ulteriori oneri connessi, effettuando il pagamento nei termini previsti.
Al riguardo, va anche evidenziato, come già detto in precedenza, che la relativa disciplina normativa (cosiddette «ganasce fiscali»), non prescrive all'agente l'obbligo di provvedere alla cancellazione del fermo in caso di pagamento delle somme. Tale cancellazione, infatti, come precisato da Equitalia, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, del decreto ministeriale n. 503 del 1998, attualmente applicabile, ai sensi dell'articolo 3, comma 41, del decreto-legge n. 203 del 2005, convertito con modificazioni dalla legge n. 248 del 2005, va effettuata a cura del debitore.
Infine, nell'ottica di massimizzare i risultati in termini di adesione spontanea e di riscossione, si segnala che negli ultimi anni la legislazione e la prassi di riferimento sono state modificate in più occasioni, compatibilmente con le necessarie cautele erariali, con l'obiettivo di andare incontro alle esigenze dei contribuenti e delle imprese in difficoltà. L'agenzia fa riferimento, in particolare, all'eliminazione dell'obbligo di garanzia in sede di accesso alla rateazione e del vincolo ostativo alla concessione della stessa rappresentato dall'avvio delle procedure esecutive, nonché alla possibilità di rateizzare anche gli interessi di mora e i compensi di riscossione.

Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Sonia Viale.

REGUZZONI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
è di tutta evidenza che esistono notevoli difficoltà che è costretto ad affrontare un utente deciso a cambiare gestore di telefonia, fissa e mobile -:
quali siano i motivi del perdurare delle citate difficoltà;
se e quali iniziative, anche normative, il Governo abbia assunto o intenda assumere ai fini di favorire e velocizzare altre procedure.
(4-04981)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame sulla base di elementi informativi forniti dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
In via preliminare, si fa presente che la portabilità del numero mobile è stata introdotta dall'Agcom nel 2002, con le delibere n. 12/01/CIR e 19/01/CIR.
Successivamente nel 2008, la normativa è stata rivista, sulla base dell'esperienza acquisita, con la delibera n. 78/08/CIR, che ha introdotto alcune sostanziali variazioni volte a semplificare le procedure della portabilità e a ridurre al massimo i disagi della clientela, garantendo sempre una corretta

concorrenza tra gli operatori. In particolare, le principali disposizioni introdotte con la nuova regolamentazione sono le seguenti:
1) il processo di portabilità è guidato dall'operatore che acquisisce la numerazione (detto anche operatore
recipient); ciò consente di evitare che l'operatore cedente (detto anche operatore donating) possa in alcun modo ostacolare in modo indebito la portabilità. In tal modo il cliente può rivolgersi solo ed esclusivamente all'operatore recipient;
2) le causali di rigetto e, quindi, di cancellazione della portabilità sono definite esaustivamente dall'Agcom, riducendole al minimo essenziale; ciò al fine di evitare che accordi tra operatori possano introdurre causali e/o motivi di cancellazione che possono produrre, come si è verificato in passato, disagi alla clientela e ritardi nella portabilità;
3) sono stati introdotti meccanismi di protezione dell'utenza da deviazioni rispetto al processo come definito dall'Agcom, quali portabilità non desiderate dall'utenza e ritardi nelle portabilità, anche mediante l'introduzione di penali interoperatore;
4) è stato adottato un divieto espresso per il
donating di bloccare la portabilità anche a seguito di contatti con il cliente; tale previsione regolamentare è assolutamente necessaria per evitare comportamenti anticompetitivi che si sono verificati nel passato con i quali l'operatore donating proponeva offerte mirate ai singoli (e non generalizzate), anche non scritte, inducendo il cliente a richiedere l'annullamento della portabilità; tale comportamento discriminatorio e anti-concorrenziale è contrastato dalle nuove norme che prevedono il divieto espresso di annullare richieste valide. Le nuove norme favoriscono quindi comportamenti concorrenziali corretti e la fluidità del processo di portabilità;
5) è stato ridotto il numero massimo dei giorni necessari per rendere esecutiva la portabilità del numero, fissato ora in tre giorni lavorativi (due dei quali dedicati ad attività per le necessità dell'autorità giudiziaria).
La nuova regolamentazione che sarebbe dovuta entrare in vigore a giugno 2009, ha avuto piena applicazione solo verso la fine del 2009 a causa dei ricorsi presentati dalle due società con maggior numero di clienti mobili (Telecom Italia e Vodafone Omnitel).
La fase di transizione e la modifica delle procedure ha comportato, quindi, dei ritardi nell'applicazione della portabilità, tuttavia i disagi sono in via di esaurimento e d'ora in poi la clientela potrà fruire di una nuova «portabilità» che prevede non solo tempi più brevi e soprattutto, certi, ma anche regole atte a prevenire eventuali comportamenti discriminatori e anticoncorrenziali.
Con riferimento alle procedure di portabilità del numero su rete fissa ed alle procedure di migrazione (che oltre alla portabilità del numero includono il contestuale passaggio della linea di accesso, noleggiata da Telecom Italia agli operatori alternativi) si evidenzia che l'Agcom, a seguito di una analisi di mercato, ha stabilito la non replicabilità della rete di accesso di Telecom da parte degli operatori alternativi e ha imposto in capo a quest'ultima, con la delibera n. 4/06/CONS, una serie di obblighi regolamentari, tra i quali l'obbligo in materia di accesso e uso di determinate risorse di rete.
La delibera n. 4/06/CONS, come modificata dalia delibera 274/07/CONS, ha, inoltre, definito le procedure per il passaggio dei clienti tra operatori di rete fissa attestati su linee di accesso fornite da Telecom Italia, separando il caso in cui l'operatore che cede il cliente sia Telecom Italia stessa (procedure di attivazione) dagli altri casi di trasferimento delle utenze (procedure di migrazione) tra operatori concorrenti o di rientro in Telecom Italia.
Con tale delibera, per entrambe le procedure, un cliente che voglia passare ad altro operatore di rete fissa dispone di procedure con tempi certi, con costi ridotti (il contributo di cessazione è a carico dell'operatore che acquisisce il cliente e non più del cliente), senza interruzioni del servizio (le attività di configurazione della rete sono sincronizzate tra gli operatori coinvolti nei passaggio), e con la possibilità di

usufruire dei servizio di portabilità del numero, contestualmente alla migrazione del servizio di accesso.
Le attività successive all'adozione delle suddette delibere hanno visto l'Agcom impegnata nella definizione, con gli operatori, delle specifiche tecniche delle procedure di passaggio dei clienti tra operatori, che consentissero lo svolgimento del processo per via completamente telematica. In particolare, gli operatori hanno ritenuto necessario introdurre il «codice di migrazione», una stringa alfanumerica che il cliente deve comunicare all'operatore presso il quale vuole trasferire la propria utenza (operatore
recipient). Con circolare del 9 aprile 2008, l'Autorità ha stabilito che il codice di migrazione debba essere fornito dall'operatore cedente (operatore donating) al cliente, attraverso il web, attraverso il proprio call center o tramite un risponditore automatico (IVR).
Si segnala, inoltre, che in data 14 giugno 2008 è stato stipulato l'accordo quadro per il passaggio degli utenti finali tra operatori, sottoscritto da oltre 20 operatori di rete fissa (i maggiori presenti sul mercato), e dalle principali associazioni degli
internet service provider, che hanno sostituito i precedenti accordi bilaterali tra gli stessi operatori. Si è quindi giunti, attraverso le attività e le delibere dell'Autorità, alla realizzazione di procedure armonizzate e condivise, per il trasferimento (diretto) delle utenze tra operatori di rete fissa in un tempo, comunque, inferiore ad un mese, anche nei casi più complessi e senza disservizi per il cliente. Tali procedure sono state avviate dai firmatari dell'accordo quadro il 16 giugno 2008.
Al fine di semplificare ulteriormente il passaggio dei clienti tra operatori e rimuovere le barriere legate all'acquisizione del codice di migrazione (necessario all'avvio della procedura) da parte del cliente (quest'ultimo doveva richiederlo all'operatore
donating, riscontrando spesso ostacoli), l'autorità è intervenuta con la delibera n. 23/09/CIR, nella quale ha disposto l'obbligo di fornitura del codice di migrazione anche in bolletta, prevedendo, nel contempo, l'obbligo per il recipient di richiedere il codice di migrazione al cliente, al fine di disincentivare il fenomeno delle prestazioni non richieste.
L'obbligo suddetto è entrato in vigore per l'utenza residenziale dal 20 agosto 2009, e per l'utenza
business dal 18 novembre 2009, date a partire dalle quali non è consentito, per il recipient, auto-generare il codice di migrazione. Dopo oltre due anni dalla messa in esercizio delle procedure, l'autorità ha ritenuto maturi i tempi per procedere, in considerazione della maggiore esperienza acquisita dagli operatori alternativi, ad una riduzione dei tempi necessari all'espletamento della procedura di migrazione, disponendo, con delibera 41/09/CIR, a partire dal 1o novembre 2009, il passaggio da 20 a 10 giorni lavorativi dei tempi richiesti dal donating per le proprie verifiche, prima di poter avviare il passaggio.
La stessa delibera dell'Agcom sancisce la riduzione della suddetta tempistica a 5 giorni lavorativi, a partire dal 1o marzo 2010 e affronta diverse problematiche inerenti la tutela dell'utenza finale, quali i costi di recesso ed i passaggi tra operatori non richiesti, anche attraverso l'adozione e l'obbligo di rispetto per gli operatori delle linee guida comportamentali riportate nel «codice di condotta» allegato alla stessa delibera.
Con riferimento al tema dei passaggi non richiesti, la citata delibera n. 41/09/CIR ha disposto l'introduzione, entro il 1o marzo 2010, di un codice segreto nell'ambito delle procedure di trasferimento delle utenze di rete fissa. Tale codice è fornito dall'operatore
donating al cliente a seguito dell'adesione, da parte di quest'ultimo, ad una propria offerta commerciale. Nel caso in cui il cliente intendesse cambiare operatore, la fornitura del codice segreto all'operatore recipient è indispensabile al fine di avviare la procedura di trasferimento, prevenendo in tal modo i fenomeni di passaggi non richiesti.
Con le ultime delibere l'Agcom ha, infatti, ridotto i tempi di passaggio, portati ad una media complessiva di dieci giorni, e ha introdotto misure di sicurezza a tutela del cliente contro i passaggi tra operatori «mai richiesti», mediante l'introduzione di un

codice segreto del cliente che quest'ultimo deve fornire all'operatore ricevente, affinché possa aver luogo il trasferimento di utenza.
Da quanto sopra illustrato, si evidenzia come l'intensa attività normativa da parte dell'Agcom, sin dal 2006, tesa a definire le modalità di passaggio dei clienti tra operatori di rete fissa abbia automatizzato il processo. Questo anche, grazie alla realizzazione di una rete telematica tra tutti gli operatori che, mediante la definizione delle relative procedure, ha portato a tempi certi, per un passaggio di operatore, senza disservizi e ostacoli per il cliente.

Il Ministro dello sviluppo economico: Paolo Romani.

REGUZZONI, GRIMOLDI e DESIDERATI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che.
L'Istituto superiore della sanità ha avviato nel 2006 una indagine tesa a spiegare le cause che portano il comune di Cesano Maderno a registrare un quarto dei casi di legionella annualmente accertata nell'intera regione Lombardia -:
quali siano le risultanze, ancorché parziali, di detto studio;
se e quali azioni il Governo intenda porre in essere per rispondere fattivamente alle legittime preoccupazioni della popolazione di Cesano Maderno.
(4-05087)

Risposta. - In merito a quanto segnalato nell'interrogazione in esame, l'Istituto superiore di sanità (Iss) ha precisato che i casi di legionellosi notificati al registro nazionale della legionellosi, verificatisi in cittadini residenti nel comune di Cesano Maderno (Milano) nel periodo 2006/2010 e quelli notificati nello stesso periodo dalla regione Lombardia sono stati i seguenti:

Anno di notifica Casi notificati da Cesano Maderno Casi notificati dalla regione Lombardia
2006 21 326
2007 12 361
2008 9 447
2009 8 451
2010 3 195
Totale 53 1.780

I dati sopra riportati evidenziano che i casi verificatisi a Cesano Maderno rappresentano solo una piccola proporzione dei casi totali di legionellosi accertati nell'intera regione Lombardia e che dopo il 2006 si è registrato un progressivo e consistente decremento degli stessi.
Complessivamente, dal 2006 ad oggi, sono stati notificati 53 casi di legionellosi diagnosticati in cittadini residenti a Cesano Maderno e senza specifici fattori di rischio (esclusi casi di origine nosocomiale o associati ai viaggi).
A parte alcuni casi verificatisi nei primi mesi dell'anno 2006, che potevano rientrare nella normale incidenza di legionellosi della città, registrata negli anni precedenti (0-3 casi l'anno), il sistema di sorveglianza speciale della legionellosi coordinato dall'Iss (rif. decreto ministeriale 7 febbraio 1983) nel settembre 2006 aveva rilevato un anomalo incremento (5 casi in luglio e 3 in agosto) del numero di casi notificati nel comune di Cesano Maderno e aveva provveduto a contattare telefonicamente il servizio di igiene e sanità pubblica della Asl MI/3 per una valutazione congiunta della situazione epidemiologica. La valutazione ha portato ad identificare, come caso indice, quello verificatosi nel dicembre 2005 e la distribuzione spaziale e temporale (la maggior parte dei pazienti risiedeva nella stessa zona di Cesano, in un raggio di 500 metri) dei casi suggeriva l'ipotesi di una sorgente di contaminazione comunitaria.

Nella fig. 1 viene illustrata la curva epidemica con la distribuzione temporale dei casi:

Inoltre, l'Asl MI/3 aveva già iniziato ad effettuare indagini territoriali, inizialmente circoscritte all'area di maggior incidenza dei casi e successivamente estese alle zone limitrofe della città, al fine di individuare la possibile presenza di siti con impianti che potessero presentare rischi potenziali di contaminazione (torri di raffreddamento, unità di trattamento dell'aria, condensatori ad evaporazione, fontane pubbliche, eccetera) e, nel contempo, aveva iniziato ad effettuare campionamenti anche nelle abitazioni dei cittadini contagiati.
L'Iss si è reso subito disponibile per il supporto alle indagini epidemiologiche ed ambientali, che si sono concretizzate in:
analisi dei dati epidemiologici (età, sesso, professione, fattori di rischio, luogo di ricovero, eccetera) raccolti dalla Asl MI/3 mediante questionario somministrato in ogni singolo caso;
1o sopralluogo nel comune di Cesano Maderno in data 14 dicembre 2006 e conseguenti campionamenti ambientali;
2o sopralluogo nel febbraio 2007: approfondimento dell'indagine epidemiologica mediante intervista ai pazienti. Raccolta di informazioni su: tipo di abitazione, mobilità, relazione tra la residenza, il luogo di lavoro ed eventuali altri spostamenti, al fine di individuare la fonte dell'infezione;
3o sopralluogo in data 13 settembre 2007, con raccolta di matrici ambientali nel comune di Cesano Maderno e nei comuni limitrofi di Limbiate e Ciriano Laghetto;
in data 12 novembre 2007, presso la regione Lombardia, partecipazione ad una riunione di tutti gli esperti coinvolti nell'indagine epidemiologica ed ambientale;
febbraio 2008: studio comparativo sugli acquedotti di Cesano Maderno e dei comuni limitrofi di Desio e Seregno; supporto al servizio igiene e sanità pubblica della Asl «Città di Milano» nell'esecuzione delle relative analisi. Obiettivo dello studio: valutare eventuali differenze nella carica microbica e in alcuni parametri chimici quali durezza, Ph e temperatura nei diversi acquedotti;
invio di lettere alla Asl MI/3 e alla regione Lombardia, invitandole a sensibilizzare i medici ospedalieri (soprattutto dell'ospedale di Desio, dove è stata ricoverata la maggior parte dei casi) ad effettuare la diagnosi mediante l'esame colturale che permette l'isolamento del germe (al fine di risalire all'origine dell'infezione) e mediante il
test rapido per la ricerca dell'antigene urinario in tutti i casi di polmonite;
invito alle autorità sanitarie locali rivolto ad istituire un registro delle torri di raffreddamento presenti nel comune di Cesano Maderno e ad effettuare un monitoraggio delle stesse con campionamenti periodici;
richiesta al comune di Cesano Maderno di acquisire la mappa della rete idrica e contattare la società di gestione dell'acqua potabile, al fine di raccogliere informazioni su eventuali lavori effettuati

sulla rete negli ultimi 3 anni ed individuare eventuali anomalie nella distribuzione idrica; richiesta di acquisire i risultati delle analisi microbiologiche, effettuate negli anni precedenti ed in quello in corso sull'acquedotto, con le rilevazioni di non conformità;
studio sui venti prevalenti nell'area di Cesano Maderno.

Nonostante le accurate indagini epidemiologiche ed ambientali condotte e i numerosissimi campioni prelevati da possibili siti di infezione presenti nell'area interessata, nonché il confronto effettuato dal laboratorio nazionale di riferimento per le legionelle mediante metodi molecolari (Aflp e Sbt e tipizzazione monoclonale) tra i due ceppi umani disponibili e i ceppi isolati dall'ambiente, non è stato possibile identificare una fonte comune dell'infezione.
Le misure di controllo messe in atto al fine di ridurre il numero di casi sono le seguenti:
raccomandazioni per la disinfezione degli impianti idrici delle abitazioni risultate positive alla ricerca di legionella;
richiesta di bonifica di torri di raffreddamento e di altri siti industriali risultati positivi alla ricerca di legionella;
raccomandazione di effettuare un trattamento preventivo in continuo dell'acqua municipale con disinfettanti ad effetto residuo (ipoclorito di sodio, monocloramina, biossido di cloro, eccetera).

Da quando è stato attuato il trattamento preventivo di clorazione sulla rete idrica di Cesano Maderno, nell'aprile 2008, il numero dei casi di legionellosi notificati si è considerevolmente ridotto.
Viene assicurato da parte dell'Asl MI/3 e dell'Iss un monitoraggio costante della situazione epidemiologica e le misure di controllo adottate per ridurre il numero dei casi sono tuttora in atto.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

SANGA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il sindaco del comune di Solza, in provincia di Bergamo, nel corso degli ultimi anni ha più volte segnalato a poste italiane che il servizio, nell'ambito del proprio comune, non veniva regolarmente svolto;
il mancato recapito della corrispondenza determinava una situazione di grave difficoltà per i cittadini, le famiglie e le imprese;
con lettere, più volte inviate a poste italiane, il sindaco del comune di Solza faceva presente che l'ufficio postale è stato chiuso senza dare alcuna comunicazione;
nel corso del 2009 e del 2010, il sindaco comunicava a poste italiane che i livelli di disservizio raggiunti non erano più accettabili: mancato recapito della corrispondenza, cittadini costretti a prendersi la responsabilità di consegnare ai vicini la corrispondenza stessa, aziende assoggettate a procedure di morosità per il mancato avviso di scadenze, lettere perse per strada -:
quali iniziative intendano assumere per garantire l'immediata regolarità nello svolgimento del servizio postale nel comune di Solza;
quali iniziative intendano assumere per accertare le cause del disservizio.
(4-07103)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, riguardante i disservizi postali verificatisi nel comune di Solza (Bergamo), sulla base degli elementi forniti dalla direzione generale competente e dalla società concessionaria del servizio postale universale, si segnala quanto segue.
L'ufficio postale di Solza è rimasto chiuso nei giorni 29 e 30 marzo 2010 per consentire l'esecuzione dei lavori necessari ad adeguare l'immobile alla normativa vigente.
Di tale chiusura era stata preventivamente data comunicazione al sindaco del

comune. Durante il periodo suddetto gli uffici limitrofi di Medolago, Carlusco d'Adda e Suisio hanno provveduto ad espletare i servizi postali anche per la clientela di Solza.
La società Poste italiane ha precisato, inoltre, che per quanto riguarda il servizio di recapito, il comune di Solza si articola su di una unica zona, che tra il 2007 e il 2008, è rimasta priva del portalettere titolare ed è quindi stata necessaria servirla con operatori assunti con contratto a tempo determinato, la cui alternanza nello svolgimento del servizio può aver talvolta causato qualche disguido.
Per ovviare a tale situazione, già dal mese di novembre 2008, comunque, è stato applicato personale di ruolo che, tra l'altro, ha acquisito nel tempo una buona conoscenza del territorio da servire. Ciò ha favorito una progressiva normalizzazione del servizio.
I disservizi lamentati potrebbero, pertanto, riferirsi a periodi antecedenti al novembre 2008.
Sarà, comunque, cura del Ministero dello sviluppo economico far effettuare, nell'ambito delle proprie competenze e attraverso gli uffici preposti, monitoraggi e sopralluoghi, al fine di verificare che un servizio così essenziale come quello postale, sia erogato nel modo migliore, onde assicurare alla cittadinanza un servizio sempre efficiente e di qualità.

Il Ministro dello sviluppo economico: Paolo Romani.

SCILIPOTI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la Ionio Gas s.r.l., ha chiesto l'autorizzazione alla costruzione di un terminale di rigassificazione di GNL (gas naturale liquido), da ubicare nell'area ASI del comune di Melilli (Siracusa);
il progetto prevede tre serbatoi interrati della capacità di circa 150 mila metri cubi ciascuno;
al di là delle certificazioni di sorta, è noto a tutti l'alto potenziale di rischio di tali impianti;
l'impianto in questione, verrebbe realizzato in prossimità dei centri abitati di Melilli, Augusta, e Priolo (a circa 1.800 metri);
l'area individuata per la realizzazione dell'impianto, interessa il Parco archeologico Megara Iblea, il sito archeologico «Thapsos» e l'area protetta «Saline di Priolo»;
inoltre, l'impianto citato verrebbe realizzato in prossimità della strada statale 114, della ferrovia Catania-Siracusa, della costruenda autostrada Catania-Siracusa, del porto militare di Augusta;
parte dell'impianto, ovvero il pontile gasiere, si troverebbe a brevissima distanza (circa 200 metri) dal pontile sommergibili ove attraccano sommergibili nucleari NATO;
la localizzazione del sito, nel cuore del polo petrolchimico di Melilli-Priolo-Augusta, potrebbe, in caso di incidente, con o senza innesco di effetto domino, avere effetti catastrofici sugli abitanti e le strutture, non quantificabili allo stato odierno;
inoltre non è molto lontano dalla base militare di Sigonella, probabilmente ad alto rischio nucleare;
l'area nella quale si vorrebbe collocare l'impianto è zona sismica di primo grado, dichiarata «zona ad alto rischio sismico (S12)» ai sensi della legge 10 dicembre 1981, n. 741;
il territorio dell'area industriale di Melilli-Priolo-Augusta è stato dichiarato area ad elevato rischio di crisi ambientale con decreto ministeriale del 30 novembre 1990, ed assoggettato a piano di risanamento ex decreto del Presidente della Repubblica 23 aprile 1998;
nel dare parere positivo per la valutazione di impatto ambientale (VIA), il Ministero dell'ambiente della tutela del

territorio e del mare non ha considerato la vicinanza del rigassificatore ad industrie classificate a rischio secondo la direttiva Seveso (direttive 82/501/CE, 96/82/CE), oltre che la vicinanza a città, strade, ferrovia, porto nonché la quantità e tipo di sostanze che vi transitano, soprattutto in previsione di rischio da «effetto domino», di cui all'articolo 12 del decreto legislativo n. 334 del 1999 (la previsione è che il rigassificatore comporterebbe la movimentazione fino a 8 miliardi di metri cubi l'anno e la presenza annua di circa 110 navi da 130-140 tonnellate);
propedeuticamente al rilascio della VIA, non è stata consultata la popolazione interessata come, invece, prevede la Convenzione di Aarhus del 25 giugno 1998 e la legge di recepimento della stessa, n. 108 del 2001, nonché le normative Seveso (decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 - «Seveso bis» e decreto legislativo 21 settembre 2005, n. 238 in attuazione delle direttive 96/82/CE e 2003/105/CE);
esiste una sentenza del TAR Puglia n. 1628, nella quale l'autorizzazione ministeriale viene giudicata «titolo inidoneo per l'inizio dei lavori in quanto, contrariamente a quanto dettato dalla direttiva 96/82/CE e dal decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, articolo 23, la popolazione non è stata consultata»;
come già detto pare non sia stata considerata la vicinanza del progettato rigassificatore, ad industrie classificate a rischio di incidente rilevante, secondo le direttive «Seveso» (direttiva n. 82/501/CE, ora 96/82/CE «Seveso II», direttiva 2003/105/CE o Seveso 3 e relativi decreti legislativi di attuazione), oltre che la vicinanza alle città, alla strada, alla costruenda autostrada Siracusa-Catania, alla ferrovia che, di fatto, attraversa lo stabilimento ERG, al porto e la quantità e tipo di sostanze che vi transitano, anche al fine del rischio «effetto domino», di cui all'articolo 12 del decreto legislativo n. 334 del 1999;
secondo la normativa nazionale, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può rilasciare la VIA solo dopo aver acquisito il parere della regione interessata, così come prescritto dalla legge 8 luglio 1986, n. 349 articolo 6, comma 4, non risulta da alcun documento, che la Regione Sicilia abbia mai dato alcun parere in merito;
il decreto di VIA è stato emanato, preso atto che il CTR (Comitato tecnico regionale) con delibera n. 78 del 20 giugno 2006 ha rilasciato il nulla osta di fattibilità (NOF) ai sensi del decreto legislativo n. 34 del 1999;
lo stesso CTR, a seguito di sopralluogo, non effettuato propedeuticamente al rilascio del NOF, ma solo successivamente ad esso, con delibera n. 111 del 2008, peraltro firmata dagli stessi firmatari del precedente NOF;
ha constatato come la realtà dei luoghi non corrispondesse a quanto dichiarato dalla ERG, nel rapporto di sicurezza sul quale si basò il rilascio del NOF;
il CTR ha giudicato pericoloso il progettato impianto, per rischio di effetto domino, e dichiarato che non potranno essere prese in considerazione istanze relative a progetti di ampliamento degli impianti esistenti o che, comunque, comportino un incremento dell'attuale livello di rischio;
la ERG è stata, pertanto, invitata a sanare tempestivamente le gravissime inadempienze che hanno indotto il CTR ad esprimere parere negativo sulla sicurezza dello stabilimento;
a tutt'oggi non risultano sanate le inadempienze contestate dal CTR;
è evidente che il NOF concesso nel 2006 fu rilasciato sulla base di insussistenti presupposti, e il CTR, conseguentemente, fu tratto in errore da un rapporto di sicurezza presentato dalla ERG, nel quale la reale condizione di pericolosità dello stabilimento in relazione al rischio di effetto domino venne sottaciuta e solo nel 2008 portata alla luce a seguito di sopralluogo finalmente effettuato dal CTR;

poiché il rilascio della VIA, da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, è basato sul NOF prodotto in merito, è chiaro che anche la VIA risulta fondata su errati e falsi presupposti;
dalla delibera n. 111 del 2008 del CTR, risulta che il rischio di effetto domino è già incombente e verrebbe amplificato in misura improponibile dalla realizzazione del rigassificatore;
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 novembre 1990, l'area Priolo-Melilli-Augusta è stata dichiarata area ad elevato rischio di crisi ambientale (come risulta dal quadro comunitario di sostegno per le regioni italiane dell'obiettivo 1/2000-2006);
l'area all'interno della Raffineria ISAB Impianti Nord, che insiste nel territorio del comune di Melilli, rientra tra le aree che secondo l'articolo 74 del decreto legislativo n. 112 del 1998 sono «...caratterizzate da gravi alterazioni degli equilibri ecologici nei corpi idrici, nell'atmosfera e nel suolo che comportano rischio per l'ambiente e la popolazione...»;
per le suddette aree, lo stesso articolo 74, al quarto comma, prevede testualmente che «...le regioni definiscono, per le aree di cui al comma 2, un piano di risanamento teso ad individuare in via prioritaria le misure urgenti atte a rimuovere le situazioni di rischio e al ripristino ambientale...»;
ai sensi dell'articolo 74 del decreto legislativo n. 112 del 1998, l'area sulla quale si dovrebbe realizzare il cosiddetto rigassificatore è quindi un'area sulla quale si deve intervenire per rimuovere le situazioni di rischio e per procedere al ripristino ambientale;
la localizzazione delle aree suindicate, per la realizzazione del cosiddetto rigassificatore, contrasta con quanto previsto dall'articolo 74 del decreto legislativo n. 112 del 1998;
la prescrizione normativa dell'obbligo della rimozione delle situazioni di rischio, non è in alcun modo conciliabile con la realizzazione - nel medesimo sito che per obbligo di legge si dovrebbe bonificare - di una attività ad elevatissimo rischio, il contrasto tra quanto previsto dalla norma e quanto si intenderebbe realizzare è insanabile;
la procedura seguita non appare conforme al diritto comunitario vigente in tema di valutazione d'impatto ambientale (direttiva 85/337/CEE e seguenti) e di rischio di incidenti rilevanti (direttiva 96/82/CE recepita dall'Italia con il decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334);
in Italia esiste una delibera dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, la delibera n. 178/2005 che di fatto, «garantisce ai gestori degli impianti di rigassificazione, l'80 per cento dei ricavi di riferimento per 20 anni, anche in caso di inutilizzo dell'impianto» (evenienza resa assai probabile dal fatto che i Paesi liquefattori stentano, per carenza di gas liquido, a rifornire i 53 rigassificatori ad oggi esistenti sul pianeta ed è logico aspettarsi che i 15 rigassificatori progettati in Italia avranno gravissimi problemi di rifornimento);
l'area è zona sismica di primo grado, infatti con la legge 10 dicembre 1981, n. 741 la Sicilia sud-orientale (ed in particolare Augusta) fu dichiarata «zona ad alto rischio sismico (S 12)»;
in caso di sisma, qualunque precauzione tecnologica sarebbe inutile;
a seguito di un evento sismico di proporzioni pari a quello del 1990 o superiori, i gas troverebbero sicuro «innesco» nelle fiaccole sempre attive del petrolchimico;
un eventuale effetto domino determinerebbe eventi catastrofici con devastazione dei territori circostanti, perdita di un numero improponibile di vite umane e scarico, in atmosfera, di abnormi quantità di tossici e cancerogeni che graverebbero sulla salute e sulla vita delle popolazioni,

anche molto distanti dalla Sicilia, per decine di anni;
tale rischio di incidente rilevante, derivante da cause naturali, trova ulteriore motivo di allarme nel fattore di rischio provocato dalla base militare navale italiana e del deposito NATO, dove, tra l'altro, non si sa con precisione quale tipo di armi siano stoccate;
il pauroso incendio della ERG del 30 aprile 2006, e l'altro, non meno pericoloso, verificatosi presso la raffineria ESSO circa una settimana dopo il primo, sono avvenuti proprio nel sito in cui si vorrebbe realizzare l'impianto di rigassificazione -:
sulla base di quali presupposti siano state rilasciate le autorizzazioni concesse sin ora e se esse siano conformi alle disposizioni di diritto comunitario ambientale, recepite dalla Repubblica italiana in materia di VIA, di rischio industriale e di tutela dell'ambiente, con particolare riferimento alle direttive 96/82/CE e 2003/105/CE;
se le citate autorizzazioni siano state rilasciate in conformità al principio di partecipazione del pubblico interessato, di cui all'articolo 13, paragrafo 5, della direttiva 96/82/CE e della legislazione nazionale di recepimento (articolo 23, decreto legislativo n. 334 del 1999) e alle disposizioni della Convenzione di Aarhus ratificata dall'Italia con legge n. 10 del 2001;
se risultino essere stati rispettati, in tema di localizzazione di impianti a rischio di incidente rilevante, i dettami della direttiva 96/82/CE e del decreto legislativo n. 334 del 1999 di recepimento della stessa e della direttiva 2003/105/CE e del decreto legislativo 21 settembre 2005, n. 238 di attuazione della stessa;
se sia al corrente che la realizzazione dell'impianto di Melilli è in grado di generare un notevole impatto ambientale sia per la sua dimensione che per la localizzazione;
se l'area individuata per la realizzazione dell'impianto, non sia in contrasto con la natura delle aree del Parco archeologico Megara Iblea, del sito archeologico «Thapsos» e dell'area protetta «Saline di Priolo»;
quali siano le ragioni che giustifichino un progetto così rischioso, anche alla luce della delibera n. 111/2008.
(4-04415)

Risposta. - Per quanto indicato nell'interrogazione in esame, concernente il terminale di rigassificazione di Gnl Ionio gas s.r.l. localizzato nel comune di Melilli (SR), si rappresenta quanto segue.
Si ricorda, in premessa, che il decreto legislativo n. 334 del 1999 prevede che il gestore che vuole realizzare un nuovo stabilimento in cui siano presenti sostanze pericolose in quantità uguali o superiori a quelle indicate nell'allegato I, parti 1 e 2, colonna 3, del decreto, o realizzare modifiche con aggravio del preesistente livello di rischio come individuate ai sensi dell'articolo 10, comma 1, del medesimo decreto, deve presentare all'autorità preposta, ossia al comitato tecnico regionale (Ctr) territorialmente competente, un rapporto preliminare di sicurezza al fine di ottenere il nulla osta di fattibilità (Nof), che costituisce condizione necessaria per il rilascio della concessione edilizia.
Nelle more dell'applicazione dell'articolo 72 del decreto legislativo n. 112 del 1998, i Ctr hanno il compito di svolgere le istruttorie sui suddetti rapporti, esprimendo il proprio parere con eventuali prescrizioni per consentirne la realizzazione, o negando il Nof.
A seguito del rilascio del Nof e prima di dare inizio all'attività, il gestore deve ottenere il parere tecnico conclusivo (Ptc) presentando al Ctr un rapporto definitivo di sicurezza (Rdds) relativo al progetto particolareggiato ed ottenuto integrando eventualmente quello preliminare.
A conclusione dell'istruttoria il Ctr esprime il parere tecnico conclusivo, positivo con eventuali prescrizioni integrative, o nega l'inizio di attività.


Riguardo all'informazione della popolazione, la normativa Seveso in materia di controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose prevede la necessità di un coinvolgimento della popolazione non solo come termine ultimo delle informazioni sugli stabilimenti soggetti alla norma e sul comportamento da adottare in caso di accadimento di incidente ma anche ai fini di una sua diretta consultazione nei casi di elaborazione/aggiornamento dei piani di emergenza esterna e nei casi in particolare di costruzione di nuovi stabilimenti.
L'articolo 23 del decreto legislativo n. 334 del 1999, prevede infatti che la popolazione interessata deve essere messa in grado di esprimere il proprio parere nei suddetti casi e, in particolare, al comma 2, è previsto che il parere della popolazione deve essere «espresso nell'ambito della formazione dello strumento urbanistico o del procedimento di valutazione di impatto ambientale», ove previsti.
Ulteriori chiarimenti e modalità attuative in merito alla informazione della popolazione interessata dalla presenza di attività a rischio di incidente rilevante vengono indicate dallo stesso Ministero dell'interno con propria nota circolare del 15 maggio 2006, con cui si distingue l'attività «informativa», a carico dei sindaci dei comuni interessati dalla presenza degli stabilimenti in questione, dall'attività «consultiva» di cui all'articolo 23 in questione e all'articolo 20 relativo ai piani di emergenza esterni, facendo riferimento ai contenuti minimi della
scheda di informazione per i cittadini e i lavoratori di cui all'allegato V del decreto legislativo n. 334 del 1999.
Nella medesima circolare si rileva altresì «che il diritto della popolazione ad essere correttamente informata sugli aspetti riguardanti gli stabilimenti a rischio presenti nel territorio costituisca un aspetto fondamentale imprescindibile per il successo della gestione delle azioni da intraprendere nel caso in cui si verifichi un incidente».
Si ricorda, inoltre, che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 febbraio 2005 concernente le «Linee guida per i Piani di emergenza esterni» di cui al citato articolo 20, conferma, al Cap. VII «Informazione alla popolazione» la competenza dei sindaci in merito alle campagne informative preventive ed alle relative modalità di divulgazione, con riferimento anche a quanto stabilito nelle «Linee guida per l'informazione alla popolazione» pubblicate nel gennaio 1995 dal dipartimento della protezione civile, che articola l'informazione nelle tre fasi di informazione preventiva. Informazione in emergenza, ed informazione
post-emergenza.
Infine, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 febbraio 2007 «Linee guida per l'informazione alla popolazione sul rischio industriale» aggiorna le suddette ultime del 1995, dando concreta attuazione all'articolo 20, comma 4 del decreto legislativo n. 334 del 1999; per completezza si ricordano i decreti del Ministero ambiente 26 maggio 2009 n. 138 in materia di «consultazione del personale sui piani di emergenza interni» e del 24 luglio 2009 n. 139 recante «disciplina delle forme di consultazione della popolazione sui piani di emergenza esterni».
Riguardo al cosiddetto
effetto-domino in situazioni dove più probabili sono i rischi legati ad incidenti causati dall'interazione tra i diversi impianti, gli articoli 12 e 13 del citato decreto legislativo n. 334 del 1999 dettano una disciplina speciale che prevede, tra l'altro, il potenziamento dei flussi informativi concernenti i rischi d'area, la redazione di studi di sicurezza integrati e la predisposizione di piani di intervento per l'individuazione delle misure urgenti per la riduzione dei rischi.
In sostanza, la gestione a livello d'area dei poli industriali di cui sopra, richiede che siano preventivamente stabiliti, con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri dell'interno, della salute e dello sviluppo produttivo, i criteri per l'individuazione e la perimetrazione delle aree stesse.
In attuazione della suddetta normativa è stata predisposta una bozza di decreto che dispone l'attuazione di quanto previsto dall'articolo 13 del decreto legislativo n. 334

del 1999 (in attesa di quanto previsto dall'articolo 72 del decreto legislativo n. 112 del 1998 in materia di trasferimento di competenze alle regioni), e attribuisce al Ctr il ruolo di valutazione e proposta ai fini dell'elaborazione del piano, ferma restando la responsabilità dei gestori per l'elaborazione dello studio e per lo scambio di informazioni.
A seguito dell'esame congiunto con le amministrazioni concertanti e gli organi tecnici interessati, il testo condiviso in sede tecnica è stato trasmesso formalmente, in data 27 novembre 2009, a dette amministrazioni per l'espressione del previsto concerto. Poiché i pareri di cui trattasi sono stati tutti acquisiti, salvo una marginale richiesta di integrazione dal Ministero dello sviluppo economico, a breve sarà predisposta la richiesta di convocazione della Conferenza Stato-regioni per l'espressione dell'intesa.
Considerata la particolare criticità dell'area industriale di Siracusa, già dichiarata ad elevato rischio di crisi ambientale, e facendo seguito alle raccomandazioni e prescrizioni espresse fin dal 2001 da diverse iniziative istruttorie attivate per approfondire le cause di una serie di incidenti accaduti tra giugno e agosto del 2000, è stato attivato il percorso di redazione e valutazione dello studio di sicurezza integrato dell'area interessata dagli insediamenti industriali della provincia di Siracusa, che ha costituito tra l'altro un prototipo sperimentale nell'ambito della suddetta elaborazione normativa.
Nelle more dell'emanazione di detta normativa in materia di rischi d'area in corso di emanazione, la cooperazione tra gestori diretta a prevenire i possibili effetti-domino può essere attuata sono sulla base di accordi volontari tra i soggetti interessati.
Tale attività ha condotto alla costituzione nell'agosto 2005 di una commissione istruttoria al fine di valutare lo studio di sicurezza integrato d'area, nonché fornire gli elementi per la predisposizione del piano di intervento previsto dall'articolo 13, comma 1, lettera
c), ed individuare le misure urgenti atte a ridurre o eliminare i fattori di rischio, a cui hanno partecipato esperti delle diverse amministrazioni centrali e locali interessate e degli organi tecnici competenti.
Nel corso dei lavori, gli eventi incidentali, di varia gravità, che si sono verificati nei mesi di aprile e maggio 2006 nell'area e che hanno coinvolto alcune condotte - o loro immediate vicinanze - hanno peraltro posto con forza l'esigenza di una forte attenzione su alcune peculiari caratteristiche dell'area; particolare rilevanza è stata data pertanto alle raccomandazioni tecniche relative alla problematica del trasporto in condotta di sostanze pericolose.
La commissione ha concluso i lavori con la redazione, nel maggio 2008, del rapporto finale nei quale sono riportate anche le raccomandazioni ed osservazioni formulate in merito sia all'adeguamento e integrazione dello studio e dei suoi strumenti, che a specifici aspetti tecnico-gestionali relativi ad impianti ed infrastrutture dell'area.
Tale documentazione, resa poi disponibile anche sul sito dei Ministero, è stata trasmessa con nota del Ministro del luglio 2009 ai vertici delle amministrazioni centrali, territoriali e locali interessate, con l'invito a trarre dagli esiti delle attività sopra descritte utili elementi volti alla gestione dell'emergenza ed ai relativi aspetti connessi con la pianificazione urbanistica e la gestione del territorio.
Riguardo al caso specifico, si riportano di seguito gli elementi informativi relativi al procedimento di rilascio del nulla osta di fattibilità (Nof) di cui agli articoli 9 e 21 del decreto legislativo n. 334 del 1999 ed alla procedura di consultazione della popolazione di cui all'articolo 23 del decreto legislativo n. 334 del 1999, riguardanti il terminale Gnl di Melilli (SR).
In data 14 settembre 2005 il comitato tecnico regionale (Ctr) per la Sicilia ha avviato l'istruttoria per il rilascio del Nof per l'impianto in oggetto.
In data 20 giugno 2006 il Ctr per la Sicilia ha rilasciato il Nof, senza il preventivo coinvolgimento della popolazione previsto dall'articolo 23 del decreto legislativo n. 334 del 1999 e successive modifiche e integrazioni.


In occasione dell'istruttoria tecnica per il rilascio del provvedimento di Via sul medesimo impianto, l'avviso sui quotidiani previsto, ai fini della consultazione del pubblico, dall'articolo 6 della legge n. 349 del 1986, ed avvenuto in data 16 aprile 2007, è stato effettuato anche ai sensi dell'articolo 23 del decreto legislativo n. 334 del 1999. A seguito della pubblicazione sono pervenute diverse osservazioni da parte del pubblico.
Con nota del 29 aprile 2008, protocollo DSA-2008-0011774, la direzione per le valutazioni ambientali ha provveduto a richiedere al Ctr per la Sicilia di esprimersi sulle osservazioni presentate dal pubblico, confermando od integrando, se del caso, il Nof già approvato.
Con nota del 30 aprile 2008, protocollo 3470, il Ctr per la Sicilia, fornendo gli elementi informativi sul procedimento svolto, ha comunicato che le osservazioni presentate dal pubblico non apportano nulla di rilevante che non sia già stato esaminato e valutato nell'ambito dell'istruttoria prevista ai fini del rilascio del Nof ed ha confermato la validità ed efficacia del Nof rilasciato.
In data 19 settembre 2008 risulta emanato il decreto n. 912 di valutazione di impatto ambientale positivo con prescrizioni, con cui tra l'altro si dà atto dei suddetti adempimenti e delle modalità attuate per il rispetto della normativa e delle direttive comunitarie in materia di Seveso e di Via ed alla relativa consultazione del pubblico, come richiesto dall'interrogante.

Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.

SCILIPOTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la fibromialgia è una sindrome caratterizzata da dolore muscolo-scheletrico cronico diffuso associata ad un ampio corteo di sintomi quali astenia di severa entità, rigidità mattutina, disturbi del sonno, parestesie e disestesie, cefalea tensiva, secchezza oculare e orale, sindrome ansioso-depressiva, fenomeno di Raynaud, dismenorrea, sindrome dell'intestino irritabile, cistite interstiziale come evidenziato dai criteri classificativi attualmente in uso (1990, American College of Rheumatology);
l'Organizzazione mondiale della sanità (O.M.S.) ha incluso tale patologia all'interno del codice ICD-10 (classificazione statistica internazionale della malattie e dei correlati problemi di salute) sotto la rubrica M.790 con la denominazione «reumatismo non specificato» entrata in vigore il 1° gennaio 1993;
la fibromialgia è una patologia cronica ed invalidante che impedisce lo svolgimento delle normali attività quotidiane al paziente che ne è affetto;
i pazienti che soffrono di fibromialgia effettuano più visite generiche e specialistiche, ottengono un maggior numero di certificati di malattia e ricorrono più spesso ai servizi di degenza, rappresentando così un notevole onere economico per l'Italia;
circa 14 milioni di persone nell'Unione europea e l'1-3 per cento della popolazione mondiale soffrono di fibromialgia;
la fibromialgia, pur essendo stata riconosciuta come malattia dall'Organizzazione mondiale di sanità già nel 1992, non risulta ancora inserita nel registro ufficiale delle malattie nell'Unione europea, il che esclude i pazienti da una diagnosi formale;
la fibromialgia è riconosciuta come patologia invalidante negli USA e l'FDA ha approvato farmaci per il trattamento di tale patologia. In Italia il non riconoscimento della fibromialgia come malattia cronica invalidante comporta l'assenza di esenzioni e tutto l'onere economico a carico dei pazienti -:
se il Ministro sia a conoscenza di questa situazione;
se siano state assunte iniziative, e quali, per far sì che pazienti affetti da tale

patologia siano tutelati da un punto di vista socio-economico;
quali misure il Ministro intenda porre in essere al fine di promuovere il riconoscimento della fibromialgia come malattia invalidante.
(4-06489)

Risposta. - Con riferimento alla interrogazione in esame, si osserva quanto segue. In via preliminare, occorre precisare che il riconoscimento delle malattie, intese come singole entità nosologiche, non è compito delle istituzioni sanitarie di un Paese, ma della comunità scientifica internazionale: peraltro l'erogazione delle prestazioni sanitarie incluse nei livelli essenziali di assistenza, da parte delle strutture del servizio sanitario nazionale, è garantita per tutte le patologie e condizioni.
I pazienti affetti da fibromialgia, compresa nelle varie classificazioni internazionali (ICD-9CM, ICD-10, eccetera), hanno quindi lo stesso livello di tutela sanitaria assicurato per le altre condizioni cliniche, e un eventuale inserimento della patologia in questione nell'elenco delle malattie croniche ed invalidanti, di cui al decreto ministeriale n. 329 del 1999 e successive modifiche, comporterebbe in più la sola esenzione dalla quota di partecipazione per alcune ben identificate prestazioni.
Tale questione è già da tempo all'attenzione del Ministero della salute e per questo sono stati, coinvolti società scientifiche ed esperti della materia, che hanno preso in esame tutte le informazioni disponibili circa la diffusione della malattia e la individuazione di precisi criteri diagnostici.
A tale riguardo, un primo problema è quello relativo ai dati di prevalenza riportati in letteratura scientifica, alti ed estremamente variabili (dal 2 per cento all'8 per cento della popolazione generale), con conseguente impossibilità ad effettuare una corretta valutazione dell'impatto economico ed organizzativo di un eventuale riconoscimento della fibromialgia tra le patologie oggetto di tutela.
Una seconda criticità è rappresentata dalla individuazione delle prestazioni specialistiche effettivamente utili, efficaci ed appropriate per la cura, il monitoraggio e la prevenzione di eventuali aggravamenti. Questo perché un gran numero di pazienti manifesta quadri clinici di diversa severità, non consentendo di declinare agevolmente i differenti bisogni assistenziali secondo quei criteri di gravità, invalidità ed onerosità della quota di partecipazione previsti dal decreto legislativo n. 124 del 1998.
Ad oggi esiste una oggettiva difficoltà ad identificare correttamente, in termini epidemiologici e di definizione clinica, le forme di fibromialgia da prendere in considerazione per un possibile inserimento tra le patologie croniche esenti.
Anche per questo, al fine di ottenere ulteriori strumenti che favoriscano la diffusione di conoscenze e competenze, scientificamente validate, il Ministero della salute ha suggerito di inserire tra le proposte di attività per il programma nazionale di linee guida dell'Istituto superiore di sanità, la definizione di «percorsi diagnostici e terapeutici nella fibromialgia», evidenziando altresì che tale patologia presenta numerosi punti di contatto, ancora non ben indagati, con la sindrome da fatica cronica (Cfs).
La proposta è all'attenzione del comitato per la redazione delle linee guida.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

SCILIPOTI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la tecnologia fotovoltaica tra le diverse tecnologie utilizzanti le fonti rinnovabili è in assoluto la più cara e di ciò il programma «Nuovo Conto Energia», introdotto dal decreto-legge del 19 febbraio 2007, ha tenuto debito conto prevedendo un modello di incentivazione che si è dimostrato valido come dimostrano i risultati raggiunti dalla sua entrata in vigore (febbraio 2007), ad oggi. Risultati che possono sintetizzarsi nell'imminente raggiungimento dell'obiettivo di 1,2 gigawatt di potenza sul territorio nazionale e nella

riduzione di oltre il 20 per cento del costo della tecnologia fotovoltaica;
risultati analoghi invece non si sono avuti riguardo lo snellimento degli iter autorizzativi contrariamente a quanto previsto nel decreto legislativo n. 387 del 29 dicembre 2003;
infatti il decreto legislativo n. 387 del 29 dicembre 2003 all'articolo 12, stabilisce che la costruzione e l'esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili sono soggetti ad una autorizzazione unica da rilasciarsi a seguito di un procedimento della durata massima di 180 giorni, nel rispetto delle norme in materia ambientale, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico. Il suddetto decreto legislativo prevedeva anche che in una Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle attività produttive (ora dello sviluppo economico) di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro per i beni e le attività culturali, fossero approvate le linee guida per lo svolgimento del procedimento relativo all'autorizzazione unica. Ciò causa disomogeneità territoriale generatrice di processi entropici che soprattutto per le imprese si traducono in lievitazione dei costi;
è in corso di emanazione il nuovo decreto del Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e di intesa con la conferenza unificata Stato-regioni, ai sensi dell'articolo 7 comma 1, del decreto legislativo 29 dicembre 2003 n. 387;
l'emanando decreto prevede una significativa riduzione degli incentivi, circa il 30 per cento, riduzione dettata dalla corrispondente riduzione della tecnologia ma non dallo snellimento dell'iter autorizzativo secondo quanto prevede il decreto legislativo n. 387 del 29 dicembre 2003;
inoltre l'emanando decreto rispetto l'attuale decreto non assicura soluzione di continuità per gli enti locali in quanto vengono eliminate una serie di agevolazioni dell'attuale decreto;
i Comuni italiani, a causa dei tagli nei trasferimenti di risorse agli enti locali, si trovano sempre alla ricerca di nuove risorse di bilancio, in assenza delle quali si troverebbero costretti a dover scegliere tra il taglio dei servizi offerti ai cittadini, ovvero l'aumento delle aliquote tributarie di propria competenza;
per evitare di dover optare per una delle soluzioni sopra prospettate, che causerebbero un grave pregiudizio alla cittadinanza, molti comuni si sono ingegnati per reperire nuove fonti di entrata;
una soluzione particolarmente importante era stata individuata nella possibilità di usufruire delle tariffe incentivanti e dei premi incentivo previsti dagli articoli 6 e 7 del decreto ministeriale 19 febbraio 2007;
infatti con l'articolo 2 comma 173, della legge 244 del 2007 è stato previsto che «nell'ambito delle disponibilità di cui all'articolo 12 del decreto del Ministero dello sviluppo economico 19 febbraio 2007......, e ai fini dell'applicazione dell'articolo 6 del medesimo decreto, gli impianti fotovoltaici i cui soggetti responsabili sono enti locali o Regioni sono considerati rientranti nella tipologia dell'impianto, di cui all'articolo 2 comma 1, lettera b) 3, del medesimo decreto»;
ora, sulla base dell'articolo 6 del decreto ministeriale 19 febbraio 2007 l'incentivo previsto per gli impianti (potenza maggiore di 20 chilowatt) realizzati dagli enti locali è pari ad € 0,423 chilowatt di potenza;
quello che più rileva e che l'articolo 13 del decreto ministeriale prevedeva che l'incentivo e il premio di cui all'articolo 6 e 7 erano riconosciuti a tutti quegli impianti che entravano in funzione sino al raggiungimento della potenza cumulativa di 1.200 megawatt, e in aggiunta a tale potenza tutti quegli impianti i cui soggetti responsabili sono soggetti pubblici e che

entravano in esercizio entro i 24 mesi successivi al raggiungimento dei 1.200 megawatt;
confidando proprio su questo termine lungo e considerando il fatto che ad oggi sono stati installati poco più che 1 gigawatt di potenza cumulativa, molte amministrazioni hanno indetto o sono in procinto di indire una gara ad evidenza pubblica per la realizzazione di impianti di potenza oltre i 200 chilowatt di potenza, tali da consentire all'amministrazione di percepire somme pari a diverse decine di migliaia di euro per 20 anni;
sempre nella bozza dell'emanando decreto, la tariffa prevista per gli impianti dei comuni è pari ad una media per i tre quadrimestri del 2011 di euro per chilowattore di 0,30, mentre nella tariffa attuale l'incentivo è pari ad euro 0,42 per chilowattore ciò equivale ad una decurtazione quindi di oltre il 30 per cento dell'attuale incentivo;
inoltre l'attuale decreto prevede un aumento dell'incentivo del 5 per cento per i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, agevolazione non più presente nell'emanando decreto;
se il decreto fosse emanato in conformità alla bozza rinvenuta in rete tutto ciò lederebbe il legittimo affidamento riposto sulla normativa vigente da parte dei comuni che vi hanno fatto affidamento;
ma, cosa ancora più grave, si eliminerebbe una importante fonte di risorse, con una perdita economica non sopportabile dagli enti che vi hanno fatto affidamento;
alla luce di quanto sopra esposto, sarebbe opportuno prevedere che in deroga al decreto possa rimanere valida la vigente normativa per gli enti locali fino al raggiungimento dei 3000 megawatt installati previsti dall'articolo 6, 7 e 12 del decreto ministeriale 19 febbraio 2007 così come stabilito dall'articolo 2, comma 173, della legge 244 del 2007 e che in deroga all'emanando decreto possano essere mantenute le tariffe incentivanti nella misura prevista dall'articolo 2 comma 173, della legge 244 del 2007 e i premi previsti dagli articoli 6 e 7 del decreto ministeriale 19 febbraio 2007, per tutti gli impianti facenti capo a soggetti pubblici che abbiano approvato e pubblicato il bando di gara alla data di pubblicazione da parte del GSE del raggiungimento del limite di 1.200 megawatt di potenza complessiva, installati nel territorio nazionale -:
se il Governo ritenga di dover intervenire con estrema urgenza, nell'ambito delle sue prerogative, competenze e doveri istituzionali, per ripristinare le incentivazioni precedentemente previste;
se il Governo ritenga urgente e opportuno integrare l'emanando decreto introducendo le deroghe di cui in premessa.
(4-07085)

Risposta. - Per quanto indicato nell'interrogazione in esame, si rappresenta che i Ministeri dello sviluppo economico e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare hanno finalizzato il testo dei nuovi incentivi per il fotovoltaico da applicare agli impianti che entrano in esercizio successivamente al 31 dicembre 2010. Il nuovo provvedimento è stato emanato come decreto ministeriale 6 agosto 2010.
I Ministeri hanno ritenuto di non procedere semplicemente al mero aggiornamento delle tariffe, bensì hanno lavorato sulla definizione di un nuovo contesto che, da un lato, tenga conto dei progressi della tecnologia fotovoltaica, caratterizzata dall'introduzione di nuovi prodotti, tra cui il fotovoltaico a concentrazione, dall'altro renda ancora più efficace l'intero sistema di incentivazione eliminando le incertezze emerse durante l'attuazione del meccanismo incentivante vigente (ref. decreto 19 febbraio 2007).
Il nuovo provvedimento prevede una riduzione delle nuove tariffe di incentivazione per la produzione di energia elettrica da tecnologia fotovoltaica. A tal proposito si fa osservare che la diminuzione delle tariffe

incentivanti per il fotovoltaico viene effettuata secondo la logica basata sulle seguenti considerazioni:
1. un sistema di incentivazione ha lo scopo di rendere competitiva una tecnologia che allo stato attuale non lo è. Ne consegue che il successo di ogni sistema di incentivazione è quello di portare alla competitività di mercato una data tecnologia in un determinato lasso di tempo. È a questo fine che viene adottata la logica per cui il valore dell'incentivo viene progressivamente ridotto nel tempo;
2. negli ultimi anni è stata registrata una sensibile diminuzione dei prezzi dei sistemi fotovoltaici per cui si ritiene necessario bilanciare il valore delle tariffe incentivanti al fine di non creare una sovra-incentivazione;
3. incentivi più alti del necessario creano distorsioni nel mercato tecnologico, a svantaggio di altre tecnologie altrettanto valide, e non favoriscono l'auspicata diminuzione dei prezzi delle componenti tecnologiche.

Per quanto gli impianti i cui soggetti responsabili siano regioni o enti locali, il nuovo decreto prevede il raccordo con quanto stabilito all'articolo 2, comma 173, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, ossia per tali impianti verranno applicate le tariffe più alte riservate agli «impianti realizzati su edifici», con alcune limitazioni necessarie per garantire il rispetto delle disposizioni generali in materia di libera concorrenza e parità di condizione nell'accesso al mercato dell'energia.
Il provvedimento prevede, altresì, un incremento del 5 per cento delle tariffe incentivanti per gli impianti su edifici, operanti in regime di scambio sul posto, realizzati da comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti.

Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.

STRIZZOLO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
a seguito degli ultimi provvedimenti in materia di pubblica istruzione vi è stato un pesante taglio di risorse e di organici in tutti i livelli dell'istruzione pubblica del nostro Paese;
in conseguenza di tali interventi normativi e finanziari, è in corso una forte riduzione di personale insegnante e di personale tecnico-amministrativo che rende ancora più difficile il mantenimento di un accettabile livello qualitativo nell'offerta scolastica italiana;
con le ultime assegnazioni di organici di diritto del Ministero nella regione Friuli Venezia Giulia, basate sui parametri previsti dal decreto ministeriale n. 81 del 2009 per la formazione delle classi, si è determinato un notevole decremento delle stesse e le conseguenze derivanti da tali disposizioni riguardano, in particolare, le aree più marginali della montagna;
la contrazione del servizio scolastico nelle zone di montagna, come la Carnia, la Val Canale e Canal del Ferro e le Valli del Natisone in provincia di Udine, la Val d'Arzino, in provincia di Pordenone e il Carso in provincia di Trieste, segna un ulteriore motivo di abbandono di quei territori da parte, soprattutto, dei nuclei famigliari giovani e dei ceti sociali più deboli;
in particolare, dalla comunità di Zuglio (provincia di Udine) si segnala - con specifico ordine del giorno approvato unanimemente in data 23 luglio 2010 dal consiglio comunale - che gli ulteriori tagli al locale plesso scolastico vanno a penalizzare una realtà che presenta una positiva inversione di tendenza nella popolazione scolastica con un aumento delle iscrizioni di alunni pari al 20 per cento per l'anno scolastico 2010-2011 -:
quali iniziative intenda assumere per tutelare il diritto delle comunità di montagna ad avere strutture e organici adeguati per una istruzione diffusa e di qualità.
(4-08372)

Risposta. - In merito alla interrogazione in esame, con la quale l'interrogante chiede iniziative per tutelare il diritto delle comunità montane della regione Friuli Venezia Giulia ad avere in servizio scolastico adeguato, si fa presente che in applicazione delle norme contenute nell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito con modificazioni nella legge n. 133 del 2008, con decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 20 marzo 2009 sono state dettate norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola, e con decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 20 marzo 2009 sono state dettate norme per la revisione dell'assetto ordinamentale, organizzativo e didattico della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione.
L'attuazione dei suddetti decreti nella regione Friuli Venezia Giulia ha comportato una contrazione dei posti, anche per la formazione di pluriclassi (fino a 18 alunni) delle scuole di montagna, senza comunque pregiudicare il servizio.
Poiché il numero dei plessi con un ridotto numero di alunni è particolarmente rilevante nella realtà di montagna del Friuli Venezia Giulia, che comprende i territori della Carnia, Val Canale e Canal del Ferro, Valli del Torre e del Natisone il direttore generale dell'ufficio scolastico regionale per il Friuli Venezia Giulia, in data 7 giugno 2010, ha promosso un incontro con i sindaci dei comuni dell'Alto Friuli, al quale erano presenti anche l'assessore regionale all'istruzione e l'assessore provinciale di Udine allo sviluppo della montagna.
Nel corso dell'incontro è stata ipotizzata la stesura di un protocollo d'intesa tra l'ufficio scolastico regionale, la regione autonoma Friuli Venezia Giulia e i rappresentanti degli enti locali presenti all'incontro, finalizzato alla predisposizione di un piano di riorganizzazione dei punti di erogazione del servizio con l'obiettivo di aumentare la consistenza degli alunni dei plessi accorpati e ridurre, quindi, il numero delle pluriclassi.
Contestualmente è stato chiesto l'impegno dell'ufficio scolastico regionale ad assegnare un adeguato numero di ore di compresenza al fine di consentire che, pur in presenza di pluriclassi, l'insegnamento possa essere impartito agli alunni nelle materie prevalenti attraverso la costituzione di più gruppi di lavoro omogenei.
Il direttore generale dell'ufficio scolastico regionale, valutata l'opportunità della soluzione proposta, ha assicurato 6 ore di compresenza per ciascuna pluriclasse, con l'obiettivo di conseguire, a partire dall'anno scolastico 2011/2012, grazie alla riduzione del numero dei plessi, un contenimento della spesa e nel contempo un miglioramento della qualità del servizio.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

STUCCHI, CONSIGLIO, VANALLI e PIROVANO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
si legge l'ennesimo disservizio dell'azienda Poste Italiane spa dalle pagine dei media locali della provincia di Bergamo, dalle quali si apprende che dalla fine di marzo 2010 nella città di «Bergamo il ritiro delle raccomandate, assicurate e atti giudiziari non consegnati per assenza del destinatario è possibile presso l'ufficio postale di via Galimberti 5»;
l'ufficio comunicazione di Poste Italiane fa presente che il ritiro delle raccomandate in via Galimberti, nel quartiere di Redona, riguarda tutti i residenti della città;
tra i cittadini ci sono anche anziani senza auto che, se prima riuscivano a risolvere il problema prendendo i bus verso il centro, ora si trovano ad affrontare un'impresa piuttosto ardua per ritirare una raccomandata in via Galimberti, vedendosi costretti a raggiungere la periferia cittadina per eseguire l'operazione;
inoltre, ci sono i cittadini che lavorano, alcuni pendolari, che non riuscirebbero ad arrivare con i mezzi pubblici (treno e bus) prima dell'orario di chiusura

degli uffici in via Galimberti, essendo una zona periferica della città -:
se il Ministro ritenga opportuno assumere iniziative nei confronti dell'azienda Poste Italiane affinché non sia peggiorato ulteriormente il già carente servizio offerto ai cittadini della provincia di Bergamo, che patiscono da lungo tempo i gravi disagi riguardanti problematiche puntualmente segnalate dagli interroganti, prevedendo un'adeguata prestazione in tutta la bergamasca.
(4-07289)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, riguardante i disservizi postali verificatisi nel comune di Bergamo, sulla base degli elementi forniti dalla direzione generale competente e dalla società concessionaria del servizio postale universale, si segnala quanto segue.
Nella città di Bergamo, fino a febbraio 2010, la consegna della corrispondenza inesitata (non consegnata) avveniva presso gli uffici postali «Bergamo 1», «Bergamo 2» e «Bergamo 15».
A seguito della riorganizzazione del recapito, attualmente tale servizio si svolge presso gli uffici «Bergamo 1», «Bergamo 2», e dall'interno del centro di recapito di via Galimberti, in sostituzione della precedente sede, ubicata presso l'ufficio «Bergamo 15», dalla quale il suddetto centro, è agevolmente raggiungibile dal centro della città anche con i mezzi pubblici. Dista, infatti, circa 2,5 chilometri.
La nuova struttura, dedicata alla consegna delle inesitate, è di recente costruzione ed è realizzata nel rispetto della vigente normativa in materia. La stessa è dotata dell'apposita strumentazione per la gestione delle code, che permette una sensibile riduzione dei tempi di attesa.
La suddetta sede è adiacente ai locali ove stazionano i portalettere e dove si svolgono le altre attività connesse al recapito; ciò permette di velocizzare e regolarizzare i tempi di consegna delle inesitate, non facendo registrare giacenze o criticità, come dimostra anche l'assenza di reclami da parte della clientela. Essa risulta, inoltre, agevole anche per fornire, in tempo reale, eventuali informazioni aggiuntive alla clientela, riguardanti il tentativo di recapito effettuato.

Il Ministro dello sviluppo economico: Paolo Romani.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
da informazioni di stampa si è appreso che il giorno 25 luglio 2010 un militare del contingente italiano impiegato in Afghanistan si sarebbe tolto la vita utilizzando l'arma in dotazione -:
a quante missioni avesse partecipato il militare di cui in premessa e con quale incarico;
se avesse presentato domanda per prendere parte alle missioni internazionali oppure fosse stato precettato dall'autorità militare;
quali immediate iniziative intenda intraprendere il Ministro per prevenire altri casi simili e quali siano le procedure mediche utilizzate per verificare l'idoneità psico-fisica del personale destinato a prestare servizio presso il contingente italiano in Afghanistan;
quali siano le forme di assistenza che il Ministero della difesa intenderà erogare ai familiari del militare deceduto.
(4-08181)

Risposta. - Il tragico evento che ha portato ai decesso di un ufficiale del contingente nazionale in Afghanistan - su cui sta indagando la polizia militare - è stato il primo caso di suicidio rilevato dall'inizio della missione in Afghanistan.
Premessa la difficoltà a individuarne le cause specifiche, preciso che l'ufficiale in questione non era direttamente impegnato nelle attività operative sul terreno, in quanto destinato a compiti di carattere amministrativo-logistico.

Nello specifico, il militare ha partecipato, in due distinti periodi all'operazione «ISAF» (Afghanistan) con l'incarico di:
capo gestione patrimoniale presso il centro amministrativo d'intendenza (Cai) di Kabul nel periodo 12 aprile - 22 settembre 2007;
capo cellula J8 del comando «Italfor Kabul» nel periodo 30 marzo - 25 luglio 2010.

La sua partecipazione ad entrambe le operazioni è scaturita dalla disponibilità - fornita dallo stesso ufficiale e convalidata dal vertice d'Area di Appartenenza - ad essere impiegato presso i CAI e, al momento della notifica dell'impiego in teatro operativo, l'interessato non ha prodotto alcuna memoria per sopraggiunti motivi ostativi all'invio in missione.
Per quanto riguarda le iniziative messe in atto per prevenire possibili fenomeni di suicidio, posso assicurare che la Difesa ha da tempo attuato, in tal senso, una attività specificamente mirata non solo ad individuare eventuali soggetti a rischio già nelle prime fasi dell'incorporazione, ma anche ad analizzare e contrastare situazioni ambientali e personali che possano costituire potenziali concause o fattori di rischio.
Dal 1984, tutti i dati clinico-biografici relativi al fenomeno dei suicidi sono raccolti dall'Osservatorio permanente (in seguito confluito nell'osservatorio epidemiologico della difesa, attivo dal 1996), che analizza ed esamina i singoli eventi di suicidio o tentato suicidio sotto tutti gli aspetti, allo scopo di individuarne le cause che contribuiscono a determinarli e le linee di azione più appropriate per prevenirli.
Ogni singola Forza Armata ha attivato, per le attività di supporto psicologico/psichiatrico, consultori psicologici - inseriti nelle proprie strutture sanitarie - con accesso facilitato per il personale militare, mentre nei teatri operativi sono sempre presenti, al seguito dei contingenti militari, ufficiali medici specialisti in psichiatria/psicologia clinica, con il compito di valutare ogni possibile disagio o sindrome da stress post-traumatico che si manifesti nel corso di attività operative.
Inoltre, il numero degli psicologi e degli psichiatri militari impegnati nella selezione del personale all'atto dell'arruolamento, è stato incrementato proprio per soddisfare l'esigenza di approfondire le valutazioni cliniche sugli stati latenti o pre-morbosi per ogni candidato.
Anche le procedure per l'immissione in teatro afghano, prevedono che il personale militare venga sottoposto a specifici accertamenti prima dell'invio in teatro operativo, nell'ambito di una visita medica al termine della quale viene rilasciata o meno l'idoneità psicofisica all'impiego; successivamente, al rientro dalla missione, il personale viene monitorizzato e, qualora ritenuto opportuno, sottoposto a ulteriori approfondimenti di merito.
Quanto, in ultimo, agli aspetti risarcitori e assistenziali previsti per i «familiari del militare deceduto», dopo aver acquisito il parere favorevole sulla dipendenza da causa di servizio dell'evento letale, potranno essere concessi a favore dei superstiti i seguenti benefici:
trattamento speciale di prima categoria, pari al 100 per cento della base pensionabile per i primi tre anni e, successivamente, pensione privilegiata di riversibilità, pari sempre al 100 per cento per la coesistenza di due figli minori, per limitarsi poi all'80 per cento con un figlio compartecipe e al 60 per cento nell'ipotesi della sola vedova;
equo indennizzo di 1a categoria, pari al doppio dello stipendio annuo lordo tabellare riferito al grado posseduto dal dante causa. In proposito, devo ricordare che il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio è demandato, ai sensi dell'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 461 del 2001, al «Comitato di verifica per le cause di servizio» - il cui parere assume carattere vincolante, oltre che obbligatorio - istituito ed operante alle dipendenze del Ministero dell'economia e delle finanze.
Faccio presente, inoltre, che l'opera nazionale di assistenza per gli orfani ed i militari di carriera dell'esercito (Onaomce) ha erogato alla vedova un contributo di

5.300 euro e che le spese per la cerimonia funebre sono state sostenute dall'amministrazione.
Prima di concludere, vorrei evidenziare che con l'abolizione, del servizio di leva obbligatorio, il fenomeno dei suicidi nelle Forze armate e nell'Arma dei carabinieri, si è sostanzialmente ridotto a valori non statisticamente significativi, questo anche con riferimento all'ultimo quindicennio, nel quale è aumentato considerevolmente l'impiego di personale nelle operazioni al di fuori dei confini nazionali: tale dato positivo è emerso dal progetto «studio relativo all'analisi osservazionale dei casi di suicidio nei militari dell'Arma» e dall'analogo «studio per la conoscenza e prevenzione del fenomeno suicidario in ambito militare».
È evidente, dunque, che le misure messe in atto per prevenire tragiche situazioni costituiscono un efficace strumento, fermo restando che nulla verrà trascurato in futuro per attivare ulteriori iniziative, qualora l'evoluzione delle conoscenze scientifiche e metodologiche lo consentissero.

Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

VIGNALI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il decreto ministeriale 10 settembre 2010 (Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili - Gazzetta Ufficiale n. 219 del 18 settembre 2010) in vigore dal 3 ottobre 2010, dopo tanta attesa, ha il chiaro scopo di regolamentare, uniformare e semplificare la normativa relativa alle procedure autorizzative con le quali gli operatori del settore si confrontano quotidianamente;
in base alle linee guida del predetto decreto, viene chiarificata la competenza dei comuni, e, quindi, delle province e degli altri enti riguardo le predette procedure autorizzative;
allo scopo di salvaguardare le pratiche-istanze in corso, già presentate ai comuni prima dell'entrata in vigore del presente decreto, viene prevista una «finestra» che consente di tutelare gli investimenti con iter autorizzativo in corso; infatti, nella «parte V, DISPOSIZIONI TRANSITORIE FINALI», il decreto prevede che «(18.5) i procedimenti in corso al novantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore delle presenti linee guida sono conclusi ai sensi della previgente normativa qualora riferiti a progetti completi della soluzione di connessione di cui al punto 13.1, lettera f) della Parte III e per i quali siano intervenuti i pareri ambientali prescritti.»;
secondo il legislatore, dunque, l'iter autorizzativo va senza alcun dubbio concluso dal comune, ai sensi della previgente normativa, per quei progetti completi della soluzione di connessione e per i quali siano intervenuti i pareri ambientali prescritti;
il decreto 6 agosto 2010, «Incentivazione della produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare», all'articolo 21, comma 2, abroga l'articolo 5, comma 7, del decreto ministeriale del 19 febbraio 2007, cioè abroga la possibilità di effettuare la Dia per gli impianti fotovoltaici per i quali non è necessaria nessuna autorizzazione, e abroga la possibilità del rilascio del permesso comunale a costruire per gli impianti sui quali esista solo un vincolo;
il decreto 6 agosto 2010, Gazzetta Ufficiale 24 agosto 2010, n. 197, entrando in vigore il 25 agosto 2010, ha creato un evidente conflitto normativo: infatti all'articolo 1, comma 3, lo stesso decreto prevede: «3. Il decreto 19 febbraio 2007 continua ad applicarsi, tenendo conto di quanto previsto all'articolo 19 e delle modificazioni di cui all'articolo 20, agli impianti fotovoltaici che entrano in esercizio entro il 31 dicembre 2010.»;
l'«accavallamento» di queste norme, ha indotto molte province della regione Emilia-Romagna, ad una interpretazione restrittiva delle norme in oggetto, scrivendo ai comuni interessati che, per effetto dell'articolo 21, comma 2, che abroga l'articolo 5, comma 7, del decreto ministeriale

del 19 febbraio 2007, tutte le pratiche che i comuni hanno in corso e per le quali non sono stati rilasciati i permessi a costruire entro il 25 agosto, devono essere trasmesse per competenza alla provincia, prevedendo, altresì, che ogni istruttoria debba ripartire da zero;
il trasferimento alle province dei procedimenti autorizzativi già pendenti ed ampiamente istruiti presso i comuni, implicherebbe un irragionevole aggravio procedurale, contrario ad ogni regola di economia procedimentale, oltre che creare serissimi problemi alle imprese; così come sta già accadendo nei comprensori di Cesena e Forlì, dove si rischia di mettere a repentaglio investimenti di decine di milioni di euro, con la probabile conseguenza di contenziosi milionari con le imprese che, ovviamente, chiederanno i danni per il mancato investimento -:
quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato al fine di chiarire la normativa in oggetto, onde evitare ogni possibile equivoco sull'interpretazione - ed applicazione - delle norme sopra citate, anche indirizzando una nota esplicativa a regioni ed enti locali, che chiarisca nei termini sopra accennati, la portata degli effetti abrogativi del predetto articolo 21, comma 2.
(4-08986)

Risposta. - Nell'interrogazione in esame si prospetta un possibile contrasto tra le disposizioni contenute nelle «Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili» (approvate con decreto ministeriale 10 settembre 2010) e le disposizioni di cui al decreto ministeriale 6 agosto 2010 (cosiddetto «nuovo conto energia»).
In particolare, il contrasto deriverebbe dalla circostanza che le linee guida recano una disciplina transitoria che in taluni casi fa salva l'applicazione del regime previgente, mentre l'articolo 21, comma 2, del decreto ministeriale 6 agosto 2010 abroga l'articolo 5, comma 7, del conto energia, di cui al decreto ministeriale 19 febbraio 2007, che, in luogo del procedimento unico, prevedeva la possibilità di effettuare la Direzione investigativa antimafia per gli impianti fotovoltaici per cui non era necessaria alcuna autorizzazione, ovvero di richiedere il rilascio del permesso di costruire nei casi in cui c'era solo un vincolo.
Nell'atto in argomento si esprime, quindi, preoccupazione per l'iniziativa assunta da talune province della regione Emilia Romagna, in particolare, quella di Forlì-Cesena, intesa ad avocare i procedimenti pendenti presso i comuni, con conseguente rischio per gli investimenti.
Riguardo al conflitto normativo prospettato, si ricorda, innanzitutto, che, nell'ambito del nostro ordinamento giuridico, vige, quale principio generale, quello dell'irretroattività della legge, consacrato nell'articolo 11 delle disposizioni sulle legge in generale (cosiddetto «preleggi»), per il quale «la legge non dispone che per l'avvenire: essa non ha effetto retroattivo»;
in virtù del principio sopra richiamato, l'abrogazione disposta dall'articolo 21, comma 2, del decreto ministeriale 6 agosto 2010, non può trovare applicazione che per il futuro, ovvero per i procedimenti avviati in data successiva a quella di entrata in vigore del decreto ministeriale stesso (25 agosto 2010).
Di converso, tutti i procedimenti in corso alla data del 25 agosto 2010, a prescindere dalla fase in cui si trovano, proseguono sulla base della normativa in vigore al momento del loro avvio, vale a dire sulla base dell'articolo 5, comma 7, del decreto ministeriale 19 febbraio 2007. Del resto, anche in relazione alla sopravvenuta disciplina dell'articolo 19 della legge 241 del 1990, come modificato dalla legge n. 122 del 2010, che ha introdotto la segnalazione certificata di inizio attività, cosiddetta Scia, sostituendo, tra l'altro, la Dia edilizia, è stato chiarito, con nota esplicativa del Ministero per la semplificazione normativa, in data 16 settembre 2010, che la disciplina applicabile è quella vigente al momento della presentazione dell'istanza.
Peraltro, si ritiene di poter condividere quanto rilevato nell'interrogazione in oggetto, con riguardo all'irragionevole aggravio procedurale derivante dal paventato

trasferimento alle province dei procedimenti autorizzativi già pendenti ed ampiamente istruiti presso i comuni.
Ad ogni buon conto, al fine di evitare ogni possibile equivoco sull'interpretazione ed applicazione delle norme sopra citate, il Ministero dello sviluppo economico intende formulare, nei tempi più brevi, i necessari chiarimenti esplicativi in proposito, come richiesto anche nell'atto di cui trattasi.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il firmatario del presenta atto ha già presentato una interrogazione parlamentare in merito al caso del padre missionario italiano in Perù Mario Bartolini che è oggetto di un importante e complesso procedimento penale legato alla sua attività pastorale in difesa delle popolazioni del nord del Perù che protestano contro la distruzione della locale foresta amazzonica;
il Governo ha già risposto nei giorni scorsi in Commissione esteri;
si apprende solo ora che padre Bartolini - notizia che è stata ripresa da numerose fonti di stampa delle Marche, regione di provenienza del missionario - mentre resta in attesa di giudizio è stato raggiunto da un'altra inchiesta relativa al suicidio di un suo conoscente;
nel 2009 le autorità locali avevano già archiviato questo secondo caso che viene ora riaperto nell'imminenza della sentenza del primo processo il che appare un esempio di come la autorità peruviane vogliano comunque mantenere una forte pressione sul missionario italiano forse in vista di una sua prossima espulsione dal Paese essendo un testimone «scomodo» di una situazione che in passato ha già portato a violenti scontri tra residenti e polizia;
in difesa di padre Bartolini si sono levate proteste da molte fonti sia religiose che laiche, in Italia ed in Perù -:
quali siano le notizie in possesso del Governo sul caso sopra richiamato;
se il Ministro degli affari esteri non ritenga doveroso intervenire (salvo che nel frattempo sia già intervenuto) con maggiore energia sulle autorità peruviane non solo con una comunicazione all'ambasciata peruviana in Italia (come ribadito dal sottosegretario Scotti in occasione della risposta in commissione), ma anche direttamente sul Governo peruviano tramite un passo ufficiale del nostro ambasciatore a Lima a tutela del nostro connazionale;
quali altre iniziative si ritenga di dover compiere per garantire non solo un equo processo a padre Bartolini ma anche sottolineare come l'Italia non possa rimanere insensibile nel conflitto in atto in Perù sulla gestione della foresta amazzonica che è un patrimonio naturale dell'intera umanità e non può essere utilizzato (e distrutto) solo da potenti multinazionali che non ne garantiscono la tutela essendo tese solo allo sfruttamento delle relative risorse naturali.
(4-08272)

Risposta. - Il Governo italiano continua a monitorare con la massima attenzione la difficile situazione vissuta da Padre Mario Bartolini che in Perù, nell'esercizio della sua vocazione di missionario, si sta attivamente impegnando per promuovere la tutela dell'ambiente ed il rispetto dei diritti delle popolazioni indigene della regione amazzonica di quel Paese.
Padre Bertolini è sottoposto a processo penale a Yurimaguas per attività sovversive, iniziato nel giugno del 2009, a seguito di gravi e sanguinosi scontri fra manifestanti indigeni e polizia a Bagua, nella regione amazzonica. La richiesta da parte dell'accusa è di 11 anni di carcere per ribellione contro lo Stato. Nell'ultima udienza dibattimentale, tenutasi ad inizio giugno 2010, era presente anche il Vescovo di Yurimaguas che si è detto fiducioso in un esito positivo del processo. La pronuncia della sentenza, inizialmente prevista per la metà di giugno 2010 è stata però rinviata.


Nel frattempo, il 4 agosto 2010, si è aperto a Lamas, nel distretto nord-orientale amazzonico di Yurimaguas, un nuovo processo a carico di padre Bartolini. Si tratta della riapertura di un caso risalente al 2008 in cui il missionario era stato accusato di istigazione al suicidio di una persona della sua parrocchia ma da cui era già stato completamente scagionato. La comparizione davanti al giudice è stata tuttavia rimandata poiché l'avvocato del missionario ha chiesto di vedere le carte processuali in modo da poter formulare la difesa.
La nostra Ambasciata a Lima ha seguito fin dall'inizio con la massima attenzione la vicenda giudiziaria di Padre Bartolini, offrendo ogni possibile assistenza consolare e rimanendo in continuo contatto telefonico con lo stesso, il quale si è mostrato riconoscente, affermando di non averne bisogno in quanto già ben assistito legalmente e fiducioso in una conclusione favorevole del processo.
La nostra sede ci ha peraltro informato che Padre Bartolini non è solo nella sua opera, ma è accompagnato da alcuni altri missionari di varie nazionalità che condividono il suo intento di giustizia. Tra questi vi è il britannico Mc Auley, cui è stato notificato un provvedimento di espulsione, in seguito però annullato, in quanto illegittimo. Si tratta di sviluppi positivi, sia pure parziali, che confermano l'efficacia dei passi diplomatici discreti e puntuali in casi delicati come questo, che vedono coinvolti poteri indipendenti, nella fattispecie la magistratura, di Stati terzi.
Il Ministero degli affari esteri continuerà a seguire con ogni opportuna attenzione, in stretto raccordo con la nostra Rappresentanza in Perù, l'evolversi del procedimento giudiziario e la situazione di Padre Bartolini.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

ZACCHERA. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
reiteratamente sulle fonti di stampa si accenna alla presenza in Italia di oltre 600.000 (seicentomila) «auto blu» rispetto a numeri molto minori in uso negli altri Paesi europei o americani;
recentemente è invece apparsa una nuova statistica in cui le «auto blu» effettive sarebbero «solo» 9.000;
entrambe queste indicazioni appaiono francamente poco credibili e giustificate forse dal fatto se si inserisca nel computo veicoli che obbiettivamente nulla hanno a che vedere con il concetto di «auto blu» (ovvero vetture messe a disposizione di eletti e/o cariche pubbliche) quanto forse comprendere ambulanze, mezzi militari, e/o veicoli destinati per compiti di istituto delle forze dell'ordine e altro -:
se non si ritenga necessario fornire alla pubblica opinione obbiettivi termini di valutazione, ovvero pubblicare al più presto un elenco sommario ma più preciso circa il numero delle auto utilizzate dalle istituzioni rispetto a quelle di servizio disponibili e riservate per usi istituzionali o di scorta per specifiche personalità nei Ministeri, enti, principali amministrazioni locali, e altri;
quali iniziative il Ministro intenda porre in essere per ridurre comunque i costi di questo servizio, spesso non indispensabile.
(4-08359)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, con la quale si chiedono chiarimenti circa le iniziative che il Governo intende assumere in ordine all'utilizzo delle cosiddette «auto-blu», si rappresenta che con direttiva n. 6 dell'11 maggio 2010 il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione ha disposto il censimento completo su numero, caratteristiche e modalità di utilizzo di tutte le autovetture attualmente in dotazione presso tutte le pubbliche amministrazioni.
L'iniziativa in questione contribuisce a dare attuazione all'irrinunciabile principio di trasparenza, valorizzato da tutti i recenti provvedimenti normativi in materia di pubblica

amministrazione, tesi ad un generale miglioramento dell'efficienza dell'apparato burocratico nel suo complesso, e richiamato, da ultimo, dall'articolo 11 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, volto a chiarire che la trasparenza va intesa «come accessibilità totale, anche attraverso lo strumento della pubblicazione sui siti istituzionali delle amministrazioni pubbliche, delle informazioni concernenti ogni aspetto dell'organizzazione, degli indicatori relativi agli andamenti gestionali e all'utilizzo delle risorse per il perseguimento delle funzioni istituzionali, dei risultati dell'attività di misurazione e valutazione svolta dagli organi competenti, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità. Essa costituisce livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione».
Il principio della trasparenza, propedeutico e funzionale alla realizzazione dei principi costituzionali del buon andamento e dell'imparzialità, deve, secondo la disposizione richiamata, essere applicato ad ogni aspetto dell'organizzazione e dell'attività delle pubbliche amministrazioni, sia di tipo istituzionale, sia relative ai compiti strumentali. Tra questi ultimi, risultano di particolare rilevanza, in considerazione della quantità di risorse impiegate, i compiti inerenti all'approvvigionamento ed alla gestione del parco autovetture in dotazione alle pubbliche amministrazioni, le cosiddette «auto blu».
Il tema delle autovetture in dotazione alle pubbliche amministrazioni è stato affrontato, in ripetute occasioni, da diverse disposizioni di legge e regolamento e da varie direttive ministeriali, che hanno avuto il costante intento di razionalizzare il regime giuridico e le modalità di utilizzazione dei veicoli, al fine precipuo di ridurre i costi sostenuti dalle amministrazioni per questo servizio. Anche il Ministro per la funzione pubblica è intervenuto sulla materia con la direttiva del 30 ottobre 2001 avente ad oggetto «Modi di utilizzo delle autovetture di servizio delle amministrazioni civili dello Stato e degli enti pubblici non economici» (pubblicata nella
Gazzetta ufficiale del 13 dicembre 2001, n. 289).
Nonostante i richiami operati dal legislatore, i provvedimenti sino ad ora adottati non hanno sortito, almeno a lungo termine, tutti gli effetti auspicati. Occorre, infatti, un più efficace impegno per la diminuzione del numero complessivo di autovetture in uso alle pubbliche amministrazioni e per rendere più omogenee e razionali le modalità prescelte per l'utilizzo e la gestione delle medesime.
Si è ritenuto, pertanto, opportuno fornire, mediante la citata circolare n. 6 del 2010, utili indicazioni atte a favorire la semplificazione delle procedure di acquisizione delle autovetture ed il loro migliore utilizzo, la riduzione dei costi ed il miglioramento complessivo del servizio, anche attraverso l'adozione di modalità innovative di gestione, che sono già state oggetto di sperimentazione, specie a livello di amministrazioni locali.
Quanto al monitoraggio avviato dalla predetta circolare, i cui risultati sono stati dettagliatamente illustrati nell'ambito della «Relazione al Parlamento sullo stato della pubblica amministrazione», presentata il 20 ottobre 2010, si sottolinea che esso si è rivelato particolarmente opportuno al fine di fare chiarezza su un tema così delicato anche perché oggetto di notevole attenzione da parte dell'opinione pubblica. Gli organi di stampa hanno, infatti, diffuso dati di dubbia attendibilità, rafforzando così nei cittadini la convinzione che le misure di contenimento dei costi assunte al riguardo negli ultimi anni non abbiano ottenuto i risultati attesi e che, quindi, l'utilizzo delle «auto blu» continui ad essere un ingiusto privilegio a favore di politici ed amministratori.
Le rilevazioni, effettuate in via telematica, hanno consentito un monitoraggio generale dell'intero parco auto in uso alle pubbliche amministrazioni (con esclusione delle autovetture o dei mezzi adibiti a servizi specifici, come, ad esempio, le vetture in dotazione alla polizia municipale), tenendo conto dei dati relativi agli ultimi

due anni. In particolare, ciascuna amministrazione ha provveduto a comunicare:
1. il numero di «auto blu» utilizzate, assegnate in uso esclusivo e non esclusivo;
2. il numero e la qualifica degli assegnatari delle «auto blu»;
3. il numero di auto di servizio a disposizione per le esigenze degli uffici;
4. il costo complessivo delle autovetture.

Dall'indagine è emerso che il parco auto delle pubbliche amministrazioni risulta composto da circa 86.000 autovetture (escluse quelle con targhe speciali e/o dedicate a finalità di sicurezza e vigilanza). Di queste, 5.000 rientrano nella categoria blu blu; 10.000 sono le blu e circa 71.000 le grigie.
Gli elenchi delle amministrazioni che hanno risposto e i dati emersi dai questionari compilati correttamente sono consultabili sul sito del Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione (
www.innovazionepa.it).
Il monitoraggio ha consentito di acquisire dati aggiornati ed affidabili, utili a garantire massima trasparenza alla materia; si conosce, finalmente, l'effettiva natura e dimensione del fenomeno, presupposto per definire un piano di risparmi più efficace e mirato di quelli del passato.
Sulla base dei dati raccolti è dunque possibile ipotizzare un intervento normativo che, in linea con quanto richiesto dall'interrogante, sia in grado di migliorare il servizio nel suo complesso.
Si intende promuovere l'adozione di modalità innovative di gestione, quali, ad esempio, l'utilizzo di forme di
car sharing, di noleggio con o senza conducente, l'istituzione di un registro inventariale telematico delle auto in proprietà delle pubbliche amministrazioni. Si tratta di strumenti necessari a conservare nel tempo gli effetti delle misure di contenimento dei costi che hanno finora ottenuto risultati parziali proprio in quanto non completate da una disciplina organica delle attività di gestione delle autovetture di servizio.
Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il lago di Lucrino, situato sulla costa dei Campi Flegrei, provincia di Napoli, è un Sito di raro fascino naturalistico ed ambientale che, già da qualche anno, subisce danni a causa dell'incuria e dell'inciviltà delle persone;
il lago Lucrino, bene privato, è da anni oggetto di una battaglia giudiziaria e protagonista di un lento insabbiamento, dovuto all'ostruzione del canale di collegamento con il mare, da cui lo dividono poche decine di metri, una circostanza, questa, che impedisce il corretto riciclo dell'acqua all'interno del bacino, con ovvie ripercussioni sull'intero ecosistema che ruota attorno a esso;
secondo quanto riporta il quotidiano Terra del 5 febbraio 2010, il lago di Lucrino necessita innanzitutto di un rapido intervento alla foce, che attualmente risulta ostruita dalla sabbia e da una quantità vergognosa di rifiuti di ogni tipo, dispersi illegalmente nel corso degli anni;
è inoltre sicuramente necessaria una più estesa e generalizzata opera di risanamento delle acque dello specchio d'acqua, avvelenate, tra l'altro, dallo scarico di una condotta fognaria;
ciò di cui necessita maggiormente è un piano di rilancio turistico che lo metta definitivamente al sicuro da altri vandalismi e che renda appetibili, anche dal punto di vista economico, i prossimi interventi di ordinaria manutenzione -:
quali iniziative di competenza il Ministro intenda adottare affinché all'area venga restituita l'originaria funzione di cornice naturale nonché per valutare, anche per il tramite del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, iniziative per contrastare le attività illecite che compromettono le aree indicate in premessa.
(4-06117)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla scorta di quanto comunicato dalla prefettura di Napoli, si rappresenta quanto segue.
In ordine all'annosa problematica relativa alla proprietà del lago di Lucrino, il tribunale regionale delle acque pubbliche presso la corte di appello di Napoli, con sentenza 17/10 ha ribadito la demanialità del lago, in contrasto con le ragioni del privato presunto possessore.
Per quanto concerne l'inquinamento e l'ostruzione della foce, come riferito dal dirigente provinciale, effettivamente dal punto di vista tecnico il ricircolo delle acque del lago è senza dubbio compromesso dall'ostruzione venutasi a creare all'interno del lago stesso nel punto di immissione del canale verso il mare. Attraverso questo corpo idrico il mare trasporta anche materiali solidi in sospensione; questi ultimi, raggiunte le acque più calme del lago, tendono a depositarsi formando accumuli.
Tale materiale va preliminarmente caratterizzato al fine di stabilire se debba essere conferito o recuperato. L'Agenzia regionale protezione ambientale Campania, interessata al riguardo, ha certificato che «il materiale sabbioso accumulatosi alla foce del lago di Lucrino è risultato sabbia marina di classe A1 non costituita da elementi inquinanti».
Con delibera di giunta provinciale n. 256 del 9 aprile 2010 è stato approvato il progetto preliminare dei lavori di riqualificazione del tratto terminale della foce del lago di Lucrino e ripristino banchina demaniale per un importo di euro 450.000,00. I citati lavori saranno inseriti nel programma triennale dei lavori pubblici della provincia di Napoli per i quali saranno, richiesti i relativi finanziamenti.

Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la strada per il monte Faito, una delle cime della catena dei Monti Lattari, in Campania, è interrotta dalle frane e il rischio idrogeologico è ben visibile e tangibile in ogni sua parte;
la zona è franata ormai da anni e, «ufficialmente», l'unica via per Faito è quella che parte da Vico Equense ed è stata oggetto di numerose denunce;
il cemento, i detriti o la mancata manutenzione che bloccano i rivoli aumentano costantemente il rischio idrogeologico;
la situazione è resa ancora più drammatica dall'utilizzo dell'area quale discarica abusiva dove, tra l'altro, si segnala la presenza di amianto e di ethernit -:
se i Ministri intendano verificare quanto sopra esposto;
se non ritengano opportuno acquisire elementi, anche per il tramite del comando carabinieri per la tutela dell'ambiente per la tutela della salute pubblica e ambientale, vista la presenza nell'area di materiali contenenti sostanze tossiche e affinché la zona non rimanga oggetto di sversamenti indiscriminati di rifiuti.
(4-06118)

Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, sulla scorta di quanto comunicato dalla prefettura di Napoli, si rappresenta quanto segue.
La problematica oggetto dell'interrogazione in esame è stata oggetto di varie riunioni presso la prefettura, al fine di individuare, con gli organi preposti, gli interventi da effettuare per eliminare la grave situazione di rischio idrogeologico esistente sui versanti stabiesi del Monte Faito, nonché sulla strada di collegamento con il comune.
Il dirigente del settore ambiente e territorio del comune di Castellammare di Stabia ha fatto presente che negli anni sono stati effettuati interventi tampone a fronte

di una situazione di grave dissesto idrogeologico. La regione Campania, nel 2008 ha finanziato opere per l'importo di 200.000,00 euro, nel 2009 l'amministrazione provinciale ha provveduto alla rimozione di materiali litoidi che ostruivano il naturale deflusso delle acque meteoriche e nel corso della riunione del 18 dicembre 2009 tenutasi presso la prefettura, il rappresentante del comune di Castellammare di Stabia ha comunicato che la regione Campania ha autorizzato lavori di somma urgenza, per l'importo di 160.000,00 euro, finalizzati alla messa in sicurezza dell'asse viario della strada Quisisana-Monte Faito.
L'amministrazione provinciale di Napoli, area ambiente, ha comunicato che quella direzione ha predisposto un progetto preliminare di sistemazione della vecchia strada del Monte Faito e più in generale del versante che insiste sull'area stabiese, che risulta interessato da significativi processi di dissesti idrogeologici.
Per il reperimento delle necessarie fonti finanziarie, sono state avviate le procedure per l'inserimento del progetto nei piani integrati rurali aree protette regionali, progetti integrati rurali per le aree protette.
Il suddetto progetto è stato trasmesso all'ente parco Monti Lattari, che gestisce i fondi Pirap per conto della regione Campania.
Inoltre, il citato dirigente comunale ha evidenziato che la strada in argomento è lunga circa 12 chilometri, in zona montana e l'impervietà dei valloni rendono difficile la sorveglianza e la rimozione di quanto illecitamente depositato. Comunque quell'amministrazione ha effettuato diversi interventi di rimozione di materiali.
L'Agenzia regionale protezione ambientale Campania interessata in merito, ha disposto il 16 marzo 2010 un sopralluogo con propri tecnici del servizio territoriale del dipartimento provinciale al fine di verificare quanto lamentato nell'atto parlamentare in argomento.
I citati funzionari hanno percorso tutta la strada che collega il comune di Vico Equense fino al Monte Faito, rilevando la sola presenza di un piccolo quantitativo di rifiuti urbani in una piazzola tra la parete della montagna e il tracciato stradale.

Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta il quotidiano Terra di venerdì 26 marzo 2010, il territorio di Sant'Antonio Abate, provincia di Napoli, si trova abbandonato a se stesso: presso il canale Casarielli, in territorio agricolo abatese, l'amianto viene sversato in quantità massicce a pochi passi dalle coltivazioni;
all'interno del canale vi è traccia evidente di oli esausti e percolato che sicuramente filtrano sino alla falda acquifera contaminandola. La stessa falda viene utilizzata dai coltivatori per irrigare i loro campi;
secondo alcune testimonianze, vi sono mezzi che di notte sversano materiali di ogni genere, dai calcinacci agli pneumatici, materiale di scarto industriale e molto altro, per lo più rifiuti speciali che andrebbero trattati appositamente presso aziende specializzate;
esiste la possibilità che vi sia un allaccio abusivo alle tubazioni adibite alla raccolta di acque pluviali -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e se tali fatti corrispondano al vero;
quali urgenti iniziative di competenza intendano adottare al fine di tutelare la salute pubblica e l'ambiente gravemente compromessi.
(4-06638)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, concernente il degrado

ambientale del canale Casarielli, sito nel comune di Sant'Antonio Abate (Napoli), sulla scorta di quanto comunicato dalla prefettura di Napoli, si rappresenta quanto segue.
Tecnici del servizio territoriale dell'Agenzia regionale protezione ambientale Campania di Napoli, il 19 maggio 2010, hanno effettuato un sopralluogo presso il sito citato per la verifica dello stato dei luoghi. Il canale si presentava abbandonato, completamente colmo di terreno e rifiuti di vario genere misti a terriccio, per cui si è proceduto, ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006 alla identificazione e classificazione degli stessi. Oltre ai rifiuti ingombranti, urbani ed assimilabili, materiale di risulta, pneumatici, vetro, carta e cartoni, si è riscontrata la presenza di pezzi e frammenti di lastre ondulate di
eternit, presenti in vari punti di una stradina sterrata, ubicata nelle immediate vicinanze del canale Casarielli, classificabili quali rifiuti speciali pericolosi.
All'esito del sopralluogo, l'Arpac, considerati i rischi derivanti dalla presenza e l'eventuale rilascio per aerodispersione di fibre di amianto negli ambienti di vita circostanti, ha prescritto
ad horas la messa io sicurezza dei rifiuti contenenti amianto, la delimitazione dell'area per mezzo di recinzione provvisoria e la copertura della superficie interessata con teli in polietilene.
L'area tecnica-urbanistica ed ecologia del comune di Sant'Antonio Abate ha incaricato la ditta «L'Igiene Urbana srl» di eseguire i lavori per la messa in sicurezza nei modi e termini di legge dei materiali contenenti presumibilmente amianto. In data 13 luglio 2010 le opere di bonifica sono state affidate provvisoriamente e sotto riserva di legge alla ditta Progest spa.
Dopo la rimozione, avvio a recupero e/o smaltimento dei rifiuti rinvenuti, dovrà essere effettuata una indagine ambientale per l'accertamento dei valori di attenzione, ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006, parte quarta, titolo V, articolo 239, comma 2, e articolo 242.
È stato, inoltre, evidenziato che in via Casarielli, come in via Lenze, il commissario straordinario per l'emergenza Sarno, ha appaltato i lavori di realizzazione del sistema fognario composto da un condotto per le «acque nere» e da un canale per le acque piovane; al momento è stato realizzato, con una tubazione interrata, solo il condotto fognario per le acque nere.

Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dal settimanale L'Espresso del 17 giugno 2010, risulta che il Corpo forestale teme non si sia risolto lo scandalo emerso due anni fa e denunciato dalla stessa testata su una colossale centrale del vino adulterato, che da oscure cantine della Puglia finiva in bottiglie dai marchi insospettabili;
dopo quanto emerso a Massafra (Taranto), alla fine di febbraio 2010, gli ispettori del Corpo hanno fatto una nuova scoperta in due aziende di Casoli e Perano (Chieti) dove sono state trovate vasche con quasi un milione e mezzo di litri destinati ad essere venduti come vino da tavola. Dalle prime analisi è risultata l'adulterazione e ora sono in corso le controverifiche di laboratorio;
gli inquirenti presumono che agisca sempre la stessa banda di sofisticatori;
un video mostra come veniva «confezionato» quel cosiddetto vino: un brodame verdastro esce dai silos che dovrebbero contenere vino. Dentro si trovano fertilizzanti, prodotti ogm, acido cloridrico, solforico e fosforico, glicerina, lieviti, solfati di vario genere. Questo è il prodotto della Enoagri export e della VMC: la base di quel liquido è acqua, concimi e acidi. Il video si conclude con un agente che rovescia a terra gli acidi che al contatto

con l'aria vanno in ebollizione. Dentro quelle vasche ci sono «prodotti vinosi del tutto differenti dal prodotto alimentare vino», ottenuti «mediante pratiche enologiche illecite», scrive il procuratore: di uve, infatti, non c'è traccia, «in realtà mai o solo in infima parte utilizzate». Ma dei 70 milioni di litri partiti da lì, ne sono stati «certamente individuati» solo 16. Gli altri è probabile che siano finiti sulle nostre tavole;
secondo l'atto d'accusa, la banda avrebbe goduto di protezioni nel municipio di Massafra dove sono inspiegabilmente spariti i documenti di trasporto dal registro delle convalide della Tirrena vini, la terza azienda sotto accusa che aveva sede sempre nello stesso stabilimento delle altre due. Gli ispettori scrivono che «il fascicolo è stato intenzionalmente sottratto o occultato presso il comando della Polizia municipale». Ma proprio la documentazione sparita e gli accertamenti fanno temere che siano ben più di 70 milioni i litri partiti dalla centrale di adulterazione -:
se e quali accertamenti siano stati disposti dopo lo scandalo emerso due anni fa;
quali misure si intendano adottare per accertare dove siano finite le decine di milioni di litri adulteri;
quali azioni si intendano promuovere per accertare la dimensione del fenomeno.
(4-07591)

Risposta. - L'interrogazione in esame riguarda il rinvenimento in Puglia di un centro di produzione di vino adulterato destinato ad essere venduto come vino da tavola.
Al riguardo, mi preme evidenziare che, per quanto di competenza, i relativi controlli sono stati espletati congiuntamente dagli organi di controllo del Ministero che rappresento e, cioè, dall'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (con il compito di prevenire e reprimere gli illeciti nei vari settori nel campo agroalimentare, ivi compresi i mezzi tecnici di produzione) e dal Corpo forestale dello Stato che, tra l'altro, opera in materia di sicurezza agroalimentare, prevenendo e reprimendo i reati connessi.
Le verifiche, eseguite nei differenti punti della filiera, sono state condotte non solo mediante attività di carattere ordinario, ma anche attraverso la realizzazione di specifici programmi diretti al perseguimento degli obiettivi istituzionali di salvaguardia delle produzioni nazionali da fenomeni di sleale concorrenza e di tutela dei consumatori.
In merito a quanto evidenziato dall'interrogante, faccio presente che le notizie apparse di recente sugli organi di stampa sono relative ad una operazione denominata «Vendemmia sicura» iniziata nell'autunno 2007 e conclusasi nei primi mesi del 2008. Gli accertamenti effettuati hanno evidenziato la messa in atto di pratiche di adulterazione dei vini esaminati non solo mediante zuccheraggio, ma anche attraverso l'impiego di numerose sostanze enologiche e/o chimiche (alcune anche ad azione fertilizzante), la cui detenzione è vietata o sottoposta a particolari restrizioni dalla normativa vigente.
Il fenomeno fraudolento cui si riferisce l'interrogante riguarda, in particolare, un procedimento penale iscritto presso la procura della Repubblica di Taranto, in relazione al quale sono stati effettuati numerosi sequestri in tutta Italia, per un ammontare di 91.268 ettolitri di prodotto vinoso spacciato per vino.
Complessivamente, sono stati prelevati ed analizzati 101 campioni, di cui 3 sono risultati irregolari all'analisi chimico-quantitativa mentre 66 campioni, sottoposti all'analisi isotopica effettuata presso l'Istituto agrario di San Michele all'Adige, hanno evidenziato l'aggiunta di acqua esogena.
In particolare è emerso che tali prodotti vinosi e/o mosti, resi infermentiscibili con l'aggiunta di anidride solforosa (mosti muti), vengono preparati con sottoprodotti della vinificazione (vinacce in particolare) a cui si aggiungono sostanze amidacee idrolizzate in modo da fornire quel quantitativo di glucosio e fruttosio tale da far ripartire la fermentazione, previa desolforazione o eliminazione della anidride solforosa, con

l'aggiunta di lieviti e di attivatori degli stessi (sali di ammonio), normalmente in commercio in quanto utilizzati come fertilizzanti.
Al riguardo, ritengo doveroso evidenziare che la legge vieta qualsiasi fermentazione o rifermentazione, fatta eccezione per quelle effettuate in bottiglia o in autoclave per la preparazione dei vini spumanti, dei vini frizzanti e dei mosti parzialmente frizzanti nonché per quelle che si verificano spontaneamente nei vini imbottigliati.
Non c'è dubbio che, nel caso di specie, si tratta di pratiche illecite che danno luogo ad un prodotto (principalmente destinato ad essere confezionato come vino da tavola o come vino di partenza per vermouth o altri vini liquorosi) che non contiene più quegli acidi o quei sali di ammonio inizialmente presenti in quanto trasformati, dalla fermentazione, in sostanze normalmente presenti nel vino da tavola.
Per quanto riguarda, invece, gli aspetti di natura sanitaria connessi all'inchiesta sui vini non conformi al disciplinare di produzione faccio presente che, nel 2008, il competente Ministero della salute, al fine di escludere totalmente eventuali rischi per la salute pubblica, e su richiesta di informazioni da parte della Commissione europea, ha predisposto un piano di controllo sui vini in commercio su tutto il territorio nazionale, per la ricerca di eventuali sostanze estranee, quali metalli pesanti, pesticidi e contaminanti in genere, che possono costituire un rischio per la salute pubblica.
L'attività di controllo ha portato al prelevamento, da parte del nucleo anti sofisticazioni (Nas) dei carabinieri, di oltre 100 campioni di vino, differenti sia per marchio che per confezionamento. Dai risultati analitici rilevati dai laboratori dell'Agenzia regionale protezione ambientale incaricati, solo 2 campioni sono risultati «non conformi» per il quantitativo di rame rilevato, superiore al valore stabilito dalla normativa di riferimento. Dopo i controlli del 2009, invece, uno solo dei campioni esaminati è risultato «non conforme» per un eccesso di rame ivi contenuto.
Ritengo utile sottolineare che, pur risultando tuttora in corso ulteriori accertamenti analitici su alcuni prodotti prelevati in aziende oggetto di indagine (fra cui quelle in provincia di Chieti), i controlli eseguiti hanno consentito di accertare la dimensione del fenomeno e di perseguire i responsabili degli illeciti commessi. Colgo l'occasione, i infine, per segnalare l'avvenuta chiusura dello stabilimento ove ha avuto origine l'indagine in parola.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Giancarlo Galan.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta il quotidiano Terra di giovedì 17 giugno 2010, un terzo del nostro Paese è a rischio desertificazione: 10 milioni di ettari di suoli in via di progressivo e veloce inaridimento;
clima che cambia, cementificazione e agricoltura industriale stanno esasperando la caratteristica principale della penisola, quella di essere un vero e proprio ponte tra la sponda africana e quella europea del Mediterraneo;
l'Italia è, dunque, terra di confine climatico, tradizionalmente sottoposta a ondate di caldo e siccità, ma oggi soprattutto assediata da usi esasperati del territorio e da condizioni meteorologiche sempre più estreme;
secondo le ultime ricerche, la graduatoria di vulnerabilità del nostro territorio all'inaridimento dei suoli vede in prima e poco felice posizione la Sicilia, con il 50 per cento del territorio a rischio. All'altro estremo della scala, il Trentino Alto Adige, con porzioni minime di suoli degradati. Sono nella parte alta della classifica della desertificazione italiana per

ampiezza di aree coinvolte anche il Molise, la Puglia, la Basilicata e la Sardegna, mentre vanno sotto la denominazione di «media vulnerabilità» territori ben più settentrionali, come la Maremma tosco-laziale e la parte orientale della Pianura padana;
in tutta la penisola, secondo gli studi nazionali, il fenomeno è in continuo peggioramento. Il picco si registra nelle aree costiere, a causa della «diminuzione delle precipitazioni e dell'aumento generalizzato delle temperature, responsabile dell'espansione delle aree aride e semi-aride», ma anche grazie «all'aumento della pressione antropica, nonché al landscape change (sigillamento dei suoli) accompagnato da processi di intensificazione agricola e salinizzazione», come si legge nel documento «La desertificazione in Italia. Processi, indicatori e vulnerabilità del territorio», elaborato per il Comitato nazionale per la lotta alla siccità e alla desertificazione;
ciò non significa che il nostro Paese si stia muovendo per fare fronte al fenomeno di degrado generalizzato. Ad oggi Sardegna, Sicilia, Calabria e Puglia si sono attrezzate con progetti pilota per il contenimento e la lotta alla desertificazione, mentre esistono solo due piani di azione locale elaborati su scala regionale, quelli di Emilia Romagna e Puglia. L'Abruzzo, la Sardegna, la Calabria e la Basilicata hanno invece avviato degli studi di area. Qualcuna, tra le regioni più colpite, ha anche avviato dei progetti di collaborazione e gemellaggio con regioni del continente africano, affrontando tra l'altro il primo e più evidente dei risultati dell'avanzare della infertilità dei suoli, ossia l'abbandono di grandi aree tradizionalmente coltivate, con conseguenti spostamenti di enormi masse di migranti verso le aree urbane e verso i paesi del nord del mondo. Un esodo di massa è in corso, mentre alle nostre latitudini avviene spesso un rovesciamento del rapporto causa ed effetto ed è l'abbandono dei suoli agricoli marginali a produrre un più alto rischio di desertificazione -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza del fenomeno progressivo di desertificazione del suolo italiano e come intendano occuparsene;
se i Ministri interrogati non ritengano opportuno affrontare il problema predisponendo un piano di contenimento del fenomeno valido per l'intero territorio nazionale;
se il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali intenda sostenere e promuovere lo studio e l'utilizzo di tecniche e conoscenze agricole a ridotto impatto ambientale.
(4-07693)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, relativa al problema della desertificazione nel territorio nazionale, si rappresenta quanto segue.
L'Italia è caratterizzata da una struttura geografica e morfologica complessa, contraddistinta da una notevole vulnerabilità dei sistemi naturali e climatici. L'insorgere di possibili situazioni di rischio riguarda, tra l'altro, la disponibilità delle risorse idriche, l'insorgere di fenomeni di desertificazione, il rischio idrogeologico, l'erosione e la gestione delle aree costiere.
Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è a piena conoscenza del fenomeno progressivo di desertificazione del suolo italiano ed è in contatto con i principali istituti ed organismi di ricerca, dove sta monitorando lo stato e l'evoluzione delle caratteristiche di vulnerabilità sia dal punto di vista scientifico che socio economico.
A questo proposito, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha attuato numerose iniziative per l'analisi delle opzioni di adattamento e la realizzazione di misure per la lotta ai processi di desertificazione, di concerto con i Ministeri competenti, le regioni e le autorità locali.
Nonostante il numero limitato di regioni che hanno messo in atto misure specifiche, sono da considerare le interdipendenze del

cambiamento climatico con altre misure di protezione ambientale. Molteplici misure, infatti, sono state messe in atto nell'ambito delle politiche settoriali e di altre politiche di protezione ambientale.
Nel 1994, nell'ambito della Convenzione delle Nazioni unite per la lotta alla desertificazione, l'Italia si è dichiarata «Paese affetto da desertificazione». In questo contesto, è stato sviluppato un piano d'azione nazionale per la lotta alla desertificazione.
Il piano ha dato mandato alle singole regioni e autorità locali di promuovere misure di carattere agronomico, forestale, civile e sociale e di adottare programmi di informazione, formazione e ricerca dando priorità alla protezione dei suoli, alla gestione sostenibile delle risorse idriche e al recupero dei suoli. Il piano nazionale comprende misure ed azioni di carattere specifico che hanno portato alla definizione di piani d'Azione locali.
In linea con gli obiettivi europei, l'obiettivo del cambiamento climatico è stato integrato anche nei piani di sviluppo rurale. In questo contesto, l'Italia ha attuato un piano nazionale per l'irrigazione e ha destinato fondi specifici alla lotta dei fenomeni di siccità.
Per quanto riguarda la difesa delle coste, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha avviato una collaborazione istituzionale sulla gestione integrata delle zone costiere, che coinvolge le autorità regionali e locali, con l'obiettivo di giungere allo sviluppo di una strategia nazionale sulla gestione integrata delle coste.
Tra le iniziative nazionali connesse agli obiettivi di adattamento al cambiamento climatico e lotta alla desertificazione sono anche da registrare l'avvio del processo di definizione di una strategia nazionale per la biodiversità e le misure legislative attuate per far fronte alle emergenze idriche.
Inoltre, l'Italia è parte di numerosi progetti europei internazionali sull'uso del suolo e il monitoraggio dei fenomeni di desertificazione e ha messo in atto numerose iniziative di cooperazione bilaterale e multilaterale su tematiche relative all'adattamento al cambiamento climatico.
Le iniziative includono collaborazioni tecnico-scientifiche con Paesi industrializzati, progetti di trasferimento di tecnologie ai Paesi in via di sviluppo e iniziative multilaterali, tra cui le seguenti:
1) il programma Water programme for environmental sustainability-towards adaptation measures to Human and climate chang impacts» (2007-2010), in collaborazione con Unesco;
2) Il progetto communication for sustainable development initiative - Csdi (2008), in collaborazione con la Fao;
3) II finanziamento, attraverso l'«Italia trust fund» istituito nell'ambito del regional environmental center for central and eastern europe - REC CEE», di numerosi progetti per l'adattamento al cambiamento climatico;
4) I programmi di cooperazione ambientale con la Cina, i Paesi del Mediterraneo e dei Balcani, le piccole isole del Pacifico e di altri Paesi in via di sviluppo;
5) I progetti di ricerca coordinati dal centro euro-mediterraneo sul cambiamento climatico (Cmcc).

Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da notizie stampa (Venerdì di Repubblica del 24 settembre 2010) risulta che non sono ancora stati diffusi i dati del monitoraggio dell'Istituto superiore di sanità avviato nel 2008 sul sangue di 780 persone e sul latte materno di 50 donne di tredici comuni della Campania; l'indagine fu promossa per accertare l'eventuale presenza di metalli pesanti e diossine in un'area a rischio tra le province di Napoli e Caserta, dove discariche abusive, roghi di

immondizia e sversamenti di sostanze pericolose hanno compromesso il territorio -:
quali siano le ragioni di questo ritardo, ad avviso degli interroganti, gravissimo nella diffusione dei dati;
quale sia stata la metodologia del prelievo.
(4-08773)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, si precisa che in data 14 maggio 2007 la giunta regionale della Campania comunicava all'Istituto superiore di sanità (Iss) la liquidazione di fondi per la realizzazione d'un progetto di studio epidemiologico e di biomonitoraggio sullo stato di salute e sui livelli d'accumulo di contaminanti organici persistenti nel sangue e nel latte materno in gruppi di popolazione a differente rischio d'esposizione nella regione Campania.
Tali fondi, devoluti primariamente per il finanziamento dello studio in questione, noto come Sebiorec, hanno sostenuto anche ricerche ancillari effettuate dall'Iss nel settore veterinario.
Lo studio Sebiorec è divenuto formalmente operativo nel luglio 2007, con la prima riunione delle parti interessate all'espletamento del medesimo (l'identificazione delle aziende sanitarie locali è quella all'inizio dello studio):
assessorato sanità della regione;
osservatorio epidemiologico della regione;
istituto superiore di sanità (dipartimento ambiente e connessa prevenzione primaria);
consiglio nazionale delle ricerche (istituto di fisiologia clinica);
registro tumori della regione (presso l'azienda sanitaria locale Napoli 4);
aziende sanitarie locali Napoli 1, 2, 3, e 4, e Asl Caserta 1 e 2.
Date la complessità e delicatezza dello studio e la programmata ampia estensione del campionamento, diversi mesi sono occorsi per la definizione dei relativi protocolli operativi.
Il campionamento ematico veniva realizzato nel periodo gennaio 2008-ottobre 2009, mentre la raccolta di reperti di latte materno era completata nel dicembre 2009, dopo circa 15 mesi d'attività. La durata delle attività di prelievo, visibilmente protrattesi per lungo tempo, è un riflesso della profonda articolazione dello studio, da coniugarsi con la ricerca di un'elevata rappresentatività dei campioni Pool, da sottoporre successivamente ad analisi, congiuntamente alla ricerca dei soggetti donatori, non sempre facilmente disponibili.
In particolare, sono state incontrate difficoltà nel reperire donatrici primipare di latte.
Nel complesso sono stati resi disponibili 876 reperti individuali di siero (84 campioni
pool) per la ricerca di microcontaminanti organici, 859 individuali reperti di sangue (84 campioni pool) per la ricerca di metalli, e 52 reperti di latte materno (6 campioni pool) per il rilevamento di entrambi.
L'Iss ha segnalato che, attualmente, tutte le analisi sono state completate e i dati ottenuti, dopo validazione di qualità, sono in corso di valutazione.
Pertanto, l'Istituto ritiene prevedibile che il rapporto conclusivo dello studio Sebiorec sia disponibile nel giro di circa due mesi.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.