XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di martedì 15 febbraio 2011

TESTO AGGIORNATO AL 18 LUGLIO 2011

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 15 febbraio 2011.

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Donadi, Fava, Fitto, Franceschini, Frattini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Lamorte, Leone, Lo Monte, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Leoluca Orlando, Palumbo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Rotondi, Saglia, Sardelli, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tremonti, Vito.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Caparini, Carfagna, Casero, Castagnetti, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Donadi, Fava, Fitto, Gregorio Fontana, Franceschini, Frattini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Lamorte, Leone, Lo Monte, Lucà, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Mura, Leoluca Orlando, Palumbo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Rotondi, Saglia, Sardelli, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tremonti, Vito.

Annunzio di proposte di legge.

In data 10 febbraio 2011 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
GARAGNANI: «Modifiche alla legge 13 aprile 1988, n. 117, in materia di responsabilità civile dei magistrati, disposizioni in materia di ineleggibilità e di incompatibilità dei medesimi, nonché delega al Governo per la separazione delle carriere della magistratura ordinaria giudicante e requirente» (4069);
VACCARO: «Modifica all'articolo 18 del regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246, convertito dalla legge 4 giugno 1938, n. 880, in materia di esenzione dei sordi dal pagamento del canone di abbonamento alle radioaudizioni» (4070).

In data 11 febbraio 2011 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
BARBIERI ed altri: «Disposizioni per la conservazione, il restauro, il recupero e la valorizzazione di monumenti e per la celebrazione di eventi storici di rilevanza nazionale» (4071);
STRADELLA: «Interventi per la valorizzazione e la tutela dei comuni siti nelle zone montane degli Appennini» (4072);
STRADELLA: «Disposizioni in materia di disciplina delle attività di manutenzione di camini e impianti fumari e di riscaldamento» (4073).

In data 14 febbraio 2011 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
RENATO FARINA: «Disposizioni in materia di accertamenti e controlli sanitari per la tutela della salute di coloro che praticano attività sportive» (4074);
VANNUCCI: «Disposizioni per la valorizzazione e la promozione dell'arte contemporanea» (4075).
Saranno stampate e distribuite.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

I Commissione (Affari costituzionali):
MOLES ed altri: «Modifica all'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982, n. 337, in materia di accesso dei congiunti di appartenenti alle Forze di polizia vittime del dovere al ruolo degli operatori e collaboratori tecnici della Polizia di Stato» (4032) Parere della V Commissione.
III Commissione (Affari esteri):
«Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Albania, aggiuntivo alla Convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957 ed alla Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959, ed inteso a facilitarne l'applicazione, fatto a Tirana il 3 dicembre 2007, con Scambio di Note effettuato a Tirana il 18 e 19 settembre 2008» (4024) Parere delle Commissioni I, II, V, VI e XIV.
V Commissione (Bilancio):
MURGIA: «Legge per la tutela, la valorizzazione e lo sviluppo dei territori montani e delega al Governo per il riassetto e la codificazione delle disposizioni legislative in materia» (4067) Parere delle Commissioni I, II, IV, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, VIII, IX, X, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XII, XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
VI Commissione (Finanze):
MAGGIONI ed altri: «Legge quadro in materia di casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale ed enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale» (3830) Parere delle Commissioni I, II, V, X, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
POLI ed altri: «Agevolazione tributaria per favorire l'avvio di attività autoimprenditoriali da parte dei lavoratori in mobilità» (4025) Parere delle Commissioni I, V, X e XI.
VII Commissione (Cultura):
DE TORRE ed altri: «Interventi finanziari per il potenziamento e la qualificazione dell'integrazione scolastica degli alunni immigrati o figli di immigrati e per la promozione della dimensione interculturale dei saperi» (4018) Parere delle Commissioni I, IV, V, XI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
VIII Commissione (Ambiente):
LANZARIN ed altri: «Modifica all'articolo 14-bis del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, in materia di termini di operatività del sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti» (3989) Parere delle Commissioni I, V, VI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
XI Commissione (Lavoro):
SCHIRRU ed altri: «Modifica all'articolo 1, comma 41, della legge 8 agosto 1995, n. 335, concernente la misura del trattamento pensionistico di reversibilità in favore del coniuge superstite» (4010) Parere delle Commissioni I, V e VI;
GNECCHI ed altri: «Modifiche alla legge 8 agosto 1995, n. 335, e altre disposizioni concernenti la misura dei trattamenti pensionistici di reversibilità in favore dei superstiti» (4011) Parere delle Commissioni I, V e VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria);
NASTRI: «Modifica all'articolo 9 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 454, concernente l'assunzione di operai agricoli con contratto di lavoro a tempo determinato da parte del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura» (4022) Parere delle Commissioni I, V, VII e XIII;
POLI ed altri: «Modifica all'articolo 8 della legge 23 luglio 1991, n. 223, concernente l'applicazione, in caso di trasferimento d'azienda, dei benefici economici previsti per i datori di lavoro che assumono lavoratori in mobilità» (4026) Parere delle Commissioni I, II, V e X;
POLI ed altri: «Disposizioni concernenti la facoltà di rinunzia all'accredito contributivo presso l'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti o le forme sostitutive ed esclusive della medesima, da parte dei lavoratori dipendenti del settore privato e autonomi che abbiano maturato il diritto alla pensione di anzianità con il sistema retributivo» (4030) Parere delle Commissioni I, V e X.
Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e VIII (Ambiente):
MARTELLA ed altri: «Riforma della legislazione speciale per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna e istituzione della città metropolitana di Venezia» (3979) Parere delle Commissioni III, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, IX, X, XI, XII, XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione di relazione dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere.

Il presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, con lettera in data 11 febbraio 2011, ha inviato, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera o), della legge 4 agosto 2008, n. 132, la «Relazione sui costi economici della criminalità organizzata nelle regioni dell'Italia meridionale» (doc. XXIII, n. 5).

Tale documento sarà stampato e distribuito.

Trasmissione dal ministro dell'interno.

Il ministro dell'interno, con lettere del 1o e del 2 febbraio 2011, ha trasmesso due note relative all'attuazione data agli ordini del giorno NACCARATO n. 9/1713/110, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 13 novembre 2008, in materia di acquisizione della cittadinanza italiana, in particolare per i minori nati e cresciuti in Italia, e COMPAGNON ed altri n. 9/3638/336, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 28 luglio 2010, riguardante la proroga di ulteriori dodici mesi per i contratti di lavoro individuali a tempo determinato in scadenza il 31 dicembre 2010.
Le suddette note sono a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare e sono trasmesse alla I Commissione (Affari costituzionali) competente per materia.

Trasmissione dal ministro della difesa.

Il ministro della difesa, con lettera del 3 febbraio 2011, ha trasmesso due note relative all'attuazione data agli ordini del giorno VILLECCO CALIPARI n. 9/3638/133, riguardante i criteri di selezione dei giovani da avviare ai corsi di formazione a carattere teorico-pratico presso i reparti delle Forze armate e, per la parte di propria competenza, FIORONI n. 9/3638/129, concernente la previsione di risorse adeguate da destinare al riordino dei ruoli e delle carriere del personale del comparto sicurezza e difesa, accolti dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 28 luglio 2010, nonché due note relative all'attuazione data alle mozioni LO MONTE ed altri n. 1/00405 e MOSELLA ed altri n. 1/00406, accolte dal Governo ed approvate dall'Assemblea nella seduta del 7 luglio 2010, concernenti le risorse destinate al settore della difesa.

Le suddette note sono a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare e sono trasmesse alla IV Commissione (Difesa) competente per materia.

Trasmissioni dal ministro dell'economia e delle finanze.

Il ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 9 febbraio 2011, ha trasmesso la relazione, aggiornata al mese di dicembre 2009, sul monitoraggio degli incassi e dei pagamenti del bilancio dello Stato e delle spese aventi impatto diretto sul conto delle pubbliche amministrazioni per l'anno 2009.
Questa documentazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio).

Il ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 9 febbraio 2011, ha trasmesso, ai sensi dall'articolo 1, comma 5, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, la relazione riguardante i risultati derivanti dalla lotta all'evasione fiscale, aggiornata al 31 dicembre 2009 (doc. LXVIII, n. 2).
Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla VI Commissione (Finanze).

Il ministro dell'economia e delle finanze, con lettera, in data 9 febbraio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 18 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143, la relazione sull'attività svolta nell'anno 2009 dalla SIMEST Spa, quale gestore dei Fondi per il sostegno finanziario all'esportazione e all'internazionalizzazione del sistema produttivo italiano (doc. XXXV-bis, n. 3).
Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla X Commissione (Attività produttive).

Il ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 9 febbraio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 26 marzo 1990, n. 62, la relazione sullo svolgimento delle lotterie nazionali, relativa all'anno 2009 (doc. LXVI, n. 2).
Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla VI Commissione (Finanze).

Il ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 9 febbraio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6 della legge 25 luglio 2000, n. 209, recante «Misure per la riduzione del debito estero dei paesi a più basso reddito e maggiormente indebitati», la relazione sullo stato di attuazione della medesima legge, aggiornata al 30 giugno 2010 (doc. CLXXXIII, n. 3).

Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla III Commissione (Affari esteri).

Il ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 10 febbraio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 8, comma 1-bis, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, la relazione concernente l'attuazione della procedura di cessione dei crediti da parte delle amministrazioni pubbliche, riferita all'anno 2009 (doc. XLIV, n. 3).

Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla V Commissione (Bilancio).

Il ministro dell'economia e delle finanze, con lettere in data 10 e 11 febbraio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 5, comma 1-ter, del decreto-legge 9 ottobre 2008, n. 155, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n. 190, le relazioni sull'attuazione degli interventi volti a garantire la stabilità del sistema creditizio e la continuità nell'erogazione del credito alle imprese e ai consumatori, nell'attuale situazione di crisi dei mercati finanziari internazionali, aggiornate al 31 marzo 2010 (doc. CCXXXI, n. 2) e al 30 giugno 2010 (doc. CCXXXI, n. 3).

Questi documenti - che saranno stampati - sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VI Commissione (Finanze).

Il ministro dell'economia e delle finanze, con lettere in data 10 e 11 febbraio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 15-ter, comma 1, della legge 4 febbraio 2005, n. 11, le relazioni sui flussi finanziari con l'Unione europea, riferite rispettivamente al primo trimestre 2010 (doc. CCXVIII, n. 5), al secondo trimestre 2010 (doc. CCXVIII, n. 6) e al terzo trimestre 2010 (doc. CCXVIII, n. 7).

Questi documenti - che saranno stampati - sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissioni dal ministro degli affari esteri.

Il ministro degli affari esteri, con lettera in data 10 febbraio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 2, comma 11-bis, del decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 marzo 2008, n. 45, la relazione, relativa all'anno 2009, sulla situazione, i risultati raggiunti e le prospettive degli interventi a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione previsti dal medesimo articolo 2 (doc. CCXVII, n. 2).
Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla III Commissione (Affari esteri) e alla IV Commissione (Difesa).

Il ministro degli affari esteri, con lettera in data 10 febbraio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, quarto comma, della legge 28 dicembre 1982, n. 948, la relazione sull'attività svolta dagli enti a carattere internazionalistico sottoposti alla vigilanza del Ministero degli affari esteri, riferita all'anno 2009 (doc. CLXXII, n. 3).
Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla III Commissione (Affari esteri).

Trasmissione dal ministro dello sviluppo economico.

Il ministro dello sviluppo economico, con lettera in data 11 febbraio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 5-bis, comma 1, della legge 29 dicembre 1993, n. 580, la relazione sulle attività delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro unioni regionali, relativa all'anno 2009 (doc. CXX, n. 2).

Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla X Commissione (Attività produttive).

Annunzio di risoluzioni del Parlamento europeo.

Il Presidente del Parlamento europeo ha trasmesso il testo di venti risoluzioni approvate nella sessione dal 17 al 20 gennaio 2011, che sono assegnate, a norma dell'articolo 125, comma 1, del regolamento, alle sottoindicate Commissioni, nonché, per il parere, alla III Commissione (Affari esteri) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), se non già assegnate alle stesse in sede primaria:
risoluzione legislativa sulla proposta modificata di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle fusioni delle società per azioni (codificate) (doc. XII, n. 651) - alle Commissioni riunite II (Giustizia) e VI (Finanze);
risoluzione legislativa sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione di un protocollo dell'accordo euromediterraneo che istituisce un'associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e il Regno hascemita di Giordania, dall'altra, per tener conto dell'adesione della Repubblica di Bulgaria e della Romania all'Unione europea (doc. XII, n. 652) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione legislativa relativa al progetto di decisione del Consiglio concernente la conclusione dell'accordo tra la Comunità europea e l'Unione economica e monetaria dell'Africa occidentale su alcuni aspetti relativi ai servizi aerei (doc. XII, n. 653) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione legislativa relativa alla posizione del Consiglio in prima lettura in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che fissa condizioni armonizzate per la commercializzazione dei prodotti da costruzione e che abroga la direttiva del Consiglio 89/106/CEE (doc. XII, n. 654) - alla X Commissione (Attività produttive);
risoluzione legislativa sulla posizione del Consiglio in prima lettura in vista dell'adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera (doc. XII, n. 655) - alla XII Commissione (Affari sociali);
risoluzione sugli accordi volontari di partenariato (AVP) FLEGT (doc. XII, n. 656) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione legislativa sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione di un accordo volontario di partenariato tra l'Unione europea e la Repubblica del Camerun sull'applicazione delle normative nel settore forestale, sulla governance e sul commercio del legname e dei suoi derivati importati nell'Unione europea (FLEGT) (doc. XII, n. 657) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione legislativa sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione di un accordo volontario di partenariato tra l'Unione europea e la Repubblica del Congo sull'applicazione delle normative nel settore forestale, sulla governance e sul commercio del legname e dei suoi derivati importati nell'Unione europea (FLEGT) (doc. XII, n. 658) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione sull'accordo di partenariato interinale tra la Comunità europea e gli Stati del Pacifico (doc. XII, n. 659) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione legislativa relativa al progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo di partenariato interinale tra la Comunità europea, da una parte, e gli Stati del Pacifico, dall'altra (doc. XII, n. 660) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione sull'adozione internazionale nell'Unione europea (doc. XII, n. 661) - alla II Commissione (Giustizia);
risoluzione legislativa sul progetto di decisione del Consiglio e della Commissione relativa alla conclusione dell'accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Serbia, dall'altra (doc. XII, n. 662) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione relativa a un'iniziativa europea sulla malattia di Alzheimer e le altre forme di demenza (doc. XII, n. 663) - alla XII Commissione (Affari sociali);
risoluzione sulla violazione della libertà di espressione e sulle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale in Lituania (doc. XII, n. 664) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
risoluzione sulla situazione dei cristiani nel contesto della libertà religiosa (doc. XII, n. 665) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione su una politica europea sostenibile per il Grande nord (doc. XII, n. 666) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione su una strategia dell'Unione europea per il Mar Nero (doc. XII, n. 667) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione sul Pakistan, in particolare sull'assassinio del governatore Salmaan Taseer (doc. XII, n. 668) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione sul Brasile: estradizione di Cesare Battisti (doc. XII, n. 669) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione sull'Iran - il caso di Nasrin Sotoudeh (doc. XII, n. 670) - alla III Commissione (Affari esteri).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

La Commissione europea, in data 10, 11 e 14 febbraio 2011, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 98/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio al fine di iscrivere il creosoto come principio attivo nell'allegato I della direttiva (COM(2011)50 definitivo), che è assegnata in sede primaria alla XII Commissione (Affari sociali);
Libro Verde - Trasformare le sfide in opportunità: verso un quadro strategico comune per il finanziamento della ricerca e dell'innovazione dell'Unione europea (COM(2011)48 definitivo), che è assegnato in sede primaria alle Commissioni riunite VII (Cultura) e X (Attività produttive);
Proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione di un accordo in forma di scambio di lettere tra l'Unione europea e la Nuova Zelanda ai sensi dell'articolo XXIV:6 e dell'articolo XXVIII dell'accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT) del 1994 sulla modifica di concessioni negli elenchi della Repubblica di Bulgaria e della Romania nel quadro della loro adesione all'Unione europea (COM(2011)58 definitivo), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
Proposta di decisione del Consiglio concernente la conclusione e l'applicazione provvisoria dell'Accordo di cooperazione in materia di navigazione satellitare tra l'Unione europea e i suoi Stati membri e il Regno di Norvegia (COM(2011)51 definitivo), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
Proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione di un accordo in forma di scambio di lettere tra l'Unione europea e l'Australia ai sensi dell'articolo XXIV:6 e dell'articolo XXVIII dell'accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT) del 1994 sulla modifica di concessioni negli elenchi della Repubblica di Bulgaria e della Romania nel quadro della loro adesione all'Unione europea (COM(2011)54 definitivo), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
Proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione di un accordo in forma di scambio di lettere tra l'Unione europea e l'Argentina ai sensi dell'articolo XXIV:6 e dell'articolo XXVIII dell'accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT) del 1994 sulla modifica di concessioni negli elenchi della Repubblica di Bulgaria e della Romania nel quadro della loro adesione all'Unione europea (COM(2011)56 definitivo), che è assegnata, in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri).

Annunzio di provvedimenti concernenti amministrazioni locali.

Il Ministero dell'interno, con lettere in data 8 e 9 febbraio 2011, ha dato comunicazione, ai sensi dell'articolo 141, comma 6, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, dei decreti del Presidente della Repubblica di scioglimento dei consigli comunali di Campochiaro (Campobasso), Caserta, Fiesso d'Artico (Venezia), Fontanetto Po (Vercelli), Fossò (Venezia), Nogara (Verona), Rho (Milano), San Giovanni Rotondo (Foggia), Sant'Agata d'Esaro (Cosenza), Santa Maria Capua Vetere (Caserta), Spotorno (Savona) e Vocca (Vercelli).
Questa documentazione è depositata presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.

Trasmissione dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

Il presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, con lettera in data 14 febbraio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, della legge 20 luglio 2004, n. 215, la relazione sullo stato delle attività di controllo e vigilanza in materia di conflitti di interessi svolte dalla medesima Autorità nel secondo semestre 2010 (doc. CLIII, n. 6).

Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla I Commissione (Affari costituzionali).

Trasmissione dal Garante del contribuente della Provincia autonoma di Trento.

Il Garante del contribuente della Provincia autonoma di Trento, con lettera in data 27 gennaio 2011, ha trasmesso la relazione sullo stato dei rapporti tra fisco e contribuenti nel campo della politica fiscale riferita all'anno 2010, predisposta ai sensi dell'articolo 13, comma 13-bis, della legge 27 luglio 2000, n. 212.
Questa documentazione è trasmessa alla VI Commissione (Finanze).

Trasmissione dal Garante del contribuente della regione Abruzzo.

Il Garante del contribuente della regione Abruzzo, con lettera in data 31 gennaio 2011, ha trasmesso la relazione sullo stato dei rapporti tra fisco e contribuenti nel campo della politica fiscale riferita all'anno 2010, predisposta ai sensi dell'articolo 13, comma 13-bis, della legge 27 luglio 2000, n. 212.
Questa documentazione è trasmessa alla VI Commissione (Finanze).

Comunicazione di nomine ministeriali.

Il ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con lettere in data 10 febbraio 2011, ha dato comunicazione, ai sensi dell'articolo 9 della legge 24 gennaio 1978, n. 14, della conferma della nomina:
del dottor Italo Cerise a commissario straordinario dell'Ente parco nazionale del Gran Paradiso;
dell'avvocato Stefano Sabino Francesco Pecorella a commissario straordinario dell'Ente parco nazionale del Gargano.

Tali comunicazioni sono trasmesse alla VIII Commissione (Ambiente).

Trasmissione di un atto del Governo.

Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 15 febbraio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 2, comma 4, della legge 5 maggio 2009, n. 42, il testo, con modificazioni, dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale, corredato dalle osservazioni del Governo (292-bis).

Richiesta di un parere parlamentare su atti del Governo.

Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 11 febbraio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, commi 2 e 4, della legge 23 luglio 2009, n. 99, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante riordino della disciplina della programmazione negoziata e degli incentivi per lo sviluppo del territorio, degli interventi di reindustrializzazione di aree di crisi e degli incentivi per la ricerca, lo sviluppo e l'innovazione di competenza del Ministero dello sviluppo economico (330).

Tale richiesta, in data 11 febbraio 2011, è stata assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla X Commissione (Attività produttive) nonché, per le conseguenze di carattere finanziario, alla V Commissione (Bilancio).

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B  al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di risposte scritte ad interrogazioni.

Sono pervenute alla Presidenza dai competenti Ministeri risposte scritte ad interrogazioni. Sono pubblicate nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

INTERPELLANZA ED INTERROGAZIONI

Problematiche riguardanti la realizzazione di un elettrodotto all'Isola d'Elba - 2-00675; 3-00926; 3-01458; 3-01459

A) Interpellanza ed interrogazioni

I sottoscritti chiedono di interpellare i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
nell'ambito dell'attuazione del piano energetico nazionale, la società Terna spa sta realizzando un nuovo elettrodotto per permettere la ristrutturazione e il potenziamento della rete di distribuzione elettrica tra l'isola d'Elba e la terraferma;
il progetto recentemente ridimensionato rispetto al tracciato originale prevede la realizzazione di una nuova linea di 15,3 chilometri da San Giuseppe Portoferraio con due tratti interrati ed uno intermedio di circa 7 chilometri su linea aerea sostenuta da tralicci;
la linea aerea prevista per il nuovo elettrodotto insiste all'interno di un importante corridoio faunistico tra due zone di protezione speciale (Monte Capanne-Promontorio dell'Enfola ed Elba Orientale) e rappresenta il collegamento tra le ultime due zone umide dell'isola;
l'intero arcipelago toscano costituisce, proprio per l'importanza dell'avifauna migratoria, stanziale e nidificante, una important bird area europea, compresa in Rete natura 2000;
sulla vicenda è forte la contrarietà delle amministrazioni locali interessate e della quasi totalità della cittadinanza che riunitisi in comitati denunciano perplessità in relazione alla realizzazione del progetto per come previsto, in quanto minaccerebbe gravemente l'impatto ambientale della zona con possibili ricadute negative anche dal punto di vista del turismo, considerando che l'isola d'Elba è fra le mete più ambite dal turismo nazionale e straniero;
la protesta civile si pone l'obiettivo di sensibilizzare tutti gli attori coinvolti nella vicenda nel tentativo di provvedere all'interramento anche dell'ultimo tratto aereo dell'elettrodotto in questione;
la società Terna recentemente ha diffuso alcuni dati sulla crescita del proprio utile con una crescita nel 2009 del +135,4 per cento rispetto al 2008 e un netto di plusvalenza di oltre 400 milioni di euro, continuando a rilanciare fortemente l'impegno sullo sviluppo della rete elettrica italiana per ridurre i costi di sistema in sicurezza e nel rispetto dell'ambiente -:
se i Ministri interpellati non ritengano opportuno intervenire, assumendo ogni possibile iniziativa in loro potere nei confronti di Terna spa, per promuovere un progetto di totale interramento dell'elettrodotto nel tratto che si sviluppa sull'isola d'Elba al fine di preservare le bellezze naturalistiche e paesaggistiche del territorio interessato.
(2-00675) «Libè, Bosi, Poli».

BOSI. - Ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dello sviluppo economico e per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni si sono svolte imponenti manifestazioni di protesta all'isola d'Elba, alle quali hanno partecipato tutti i sindaci, per protestare contro la realizzazione del nuovo elettrodotto, autorizzato con decreto ministeriale n. 239 del 2008 che consente alla società Terna di procedere all'apposizione di tralicci per l'alta tensione, che risultano avere un impatto grave sul paesaggio dell'isola, oltreché rischi per la salute e per gli edifici che sono interessati all'esposizione a campi elettromagnetici;
l'isola d'Elba è interamente tutelata da vincolo paesaggistico e una rilevante parte del proprio territorio è perimetrata come sede del Pnat - Parco nazionale arcipelago toscano - e con ciò particolarmente tutelata sotto il profilo ambientale -:
quali siano le motivazioni che hanno indotto i Ministeri interrogati ad autorizzare, in un territorio così protetto, la realizzazione di un elettrodotto, gravemente impattante sull'ambiente, anziché prevedere, come richiede la popolazione, l'interramento totale delle vie ad alta tensione;
se i Ministri interrogati non ritengano, alla luce quanto esposto, di riconsiderare la decisione assunta che, ad avviso dell'interrogante, confligge con le normative vincolistiche e le competenze urbanistiche ed ambientali degli enti territoriali e dello stesso ente nazionale Parco nazionale arcipelago toscano e con quelle della competente soprintendenza per i beni culturali;
se non ritengano di assumere le iniziative di competenza per l'immediata sospensione dei lavori o comunque per una più attenta verifica del progetto della società Terna, al fine di limitare al minimo le conseguenze di questa opera pubblica.(3-00926)

REALACCI. - Ai Ministri dello sviluppo economico e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
già dal 2001 è previsto il potenziamento della rete elettrica dell'isola d'Elba per fronteggiare la sua crescente richiesta di energia;
l'attuale progetto, nonostante il forte ridimensionamento, rispetto al tracciato originale previsto da Terna spa, avutosi grazie alle osservazioni dell'ente Parco nazionale dell'arcipelago toscano, comune di Portoferraio, associazioni ambientaliste e comitati di cittadini, prevede la realizzazione di una nuova linea di 15,3 chilometri da San Giuseppe a Portoferraio, maggiore centro dell'isola, il cui tratto intermedio di 6,9 chilometri è su linea aerea, sostenuta da 20 tralicci, ed i due tratti iniziale e finale interrati;
il 53 per cento del territorio dell'isola d'Elba è tutelato dal Parco dell'arcipelago toscano e l'intero arcipelago toscano costituisce per l'unicità della sua fauna e della sua flora un unicum paesaggistico in tutto il bacino del Mediterraneo;
i tralicci previsti dall'attuale progetto avrebbero un notevole impatto anche sul paesaggio, con possibili ricadute negative anche dal punto di vista del turismo, considerando che l'isola d'Elba è fra le mete più ambite dal turismo nazionale e straniero;
la linea aerea prevista per il nuovo elettrodotto insiste inoltre all'interno di un importante corridoio faunistico tra due zone di protezione speciale (Monte Capanne-Promontorio dell'Enfola ed Elba Orientale) e rappresenta il collegamento tra le ultime due zone umide dell'isola: sito di importanza regionale Schiopparello-Prade-San Giovanni e SIR-SIC-ZPS Mola;
l'intero arcipelago toscano costituisce, proprio per l'importanza dell'avifauna migratoria, stanziale e nidificante, una important bird area europea, compresa in Rete natura 2000;
all'isola d'Elba è in corso una civile protesta per chiedere l'interramento anche dell'ultimo tratto aereo che coinvolge tutte le categorie economiche, tutte le forze politiche e sociali, le amministrazioni comunali e le associazioni ambientaliste e il comitato per l'interramento di tutto l'elettrodotto -:
quali iniziative intendano assumere, i Ministri interrogati, per promuovere un progetto di totale interramento dell'elettrodotto nel tratto elbano al fine di preservare le bellezze naturalistiche e paesaggistiche del territorio dell'isola d'Elba e per scongiurare il deturpamento di una delle isole più belle d'Italia.(3-01458)

ALESSANDRI. - Ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dello sviluppo economico, per i beni e le attività culturali e dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
sono in corso i lavori per la realizzazione dell'elettrodotto Terna nell'isola d'Elba;
il progetto del 2004, che prevedeva la realizzazione di un elettrodotto interamente aereo è stato successivamente modificato nel 2008, prevedendo l'interramento di due tratti, per un totale di circa 8,7 chilometri, e la realizzazione di un tratto intermedio in linea aerea, per circa 6,9 chilometri;
tale ridimensionamento del progetto, che prevede la realizzazione di ben 21 tralicci sopra Portoferraio, alti mediamente 40 metri, non sembra tuttavia coerente con l'esigenza di salvaguardare l'ambiente naturale di particolare pregio dell'isola d'Elba;
Portoferraio è il maggior centro abitato dell'isola, che vanta un patrimonio naturale e culturale di risonanza internazionale, e rappresenta una delle mete più ambite del turismo nazionale;
nelle simulazioni apparse sui giornali sono evidenti gli impatti visivi e le deturpazioni che provocheranno i tralicci e le linee elettriche ad uno dei migliori paesaggi del Paese e ciò, senz'altro, potrebbe avere ripercussioni negative sulle attività turistiche dell'isola;
all'atto della revisione del progetto del 2008, ottenuta grazie alle osservazioni di una serie di associazioni ambientaliste e comitati di cittadini, dell'ente Parco nazionale dell'arcipelago toscano e del comune di Portoferraio, probabilmente, con disattenzione è stata autorizzata la linea a tralicci, sopra Portoferraio, poiché, sebbene tale linea risulti all'esterno della perimetrazione del parco dell'arcipelago Toscano, insiste all'interno di una important bird area europea, compresa in Rete natura 2000, e fa parte di un importante corridoio faunistico, tra due zone di protezione speciale, quelle di Monte Capanne-Promontorio dell'Enfola ed Elba Orientale;
risulta pertanto evidente l'impatto che tali tralicci potrebbero avere sull'avifauna, a scapito di tutto il sistema ecologico dell'isola;
il progetto è stato regolarmente autorizzato ed ha rispettato gli obblighi di legge in materia di pubblicità, tuttavia occorrerebbe appellarsi al senso ecologico e paesaggistico della società Terna per chiedere un ripensamento dell'elettrodotto già approvato che preveda l'interramento dell'intera linea;
attualmente Terna ha sospeso l'elevazione dei tralicci, mentre il consiglio regionale della Toscana ha approvato all'unanimità un ordine del giorno che impegna la giunta regionale all'interramento dell'intero elettrodotto;
nei giorni scorsi l'unione dei comuni, l'azienda di promozione turistica e le associazioni economiche dell'isola hanno inviato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un'apposita istanza sull'argomento;
il 9 febbraio 2010 ha avuto luogo a Portoferraio una imponente manifestazione organizzata dal comitato dei cittadini costituitosi per chiedere l'interramento di tutto l'elettrodotto, a salvaguardia del patrimonio naturale e delle attività economiche dell'isola che basa la gran parte della propria economia sul turismo;
la protesta civile coinvolge tutte le categorie economiche, tutte le forze politiche e sociali, le amministrazioni comunali dell'isola, le associazioni ambientaliste, l'azienda di promozione turistica, l'associazione degli albergatori, la confesercenti -:
se non si ritenga opportuno convocare urgentemente un tavolo di concertazione e di mediazione tra Terna e gli enti locali interessati, con la partecipazione dei Ministeri interessati, della soprintendenza locale per il paesaggio e della regione Toscana, che possa promuovere una revisione del progetto per l'interramento dell'intero elettrodotto, in modo da non compromettere le bellezze naturalistiche e paesaggistiche del territorio dell'isola d'Elba e scongiurare le negative ricadute sull'economia turistica locale e di tutto il Paese.(3-01459)

MOZIONI DI STANISLAO ED ALTRI N. 1-00530, CICU ED ALTRI N. 1-00561, TEMPESTINI ED ALTRI N. 1-00562, PORFIDIA ED ALTRI N. 1-00563, VERNETTI, ADORNATO, DELLA VEDOVA ED ALTRI N. 1-00564 RELATIVE ALLA DEFINIZIONE DI UN PIANO PER IL RITIRO DEL CONTINGENTE ITALIANO IN AFGHANISTAN

Mozioni

La Camera,
premesso che:
l'Afghanistan è in una fase cruciale del conflitto e della sua lotta per uscire dalla povertà. C'è una necessità oggettiva che le comunità internazionali facciano di più per aiutare gli afghani a creare istituzioni efficaci e per promuovere una crescita economica equa;
in base al ruolo unico del suo sistema e all'ampiezza delle sue competenze, il quadro delle Nazioni Unite a sostegno dell'Afghanistan National Development Strategy (ANDS) si concentra su tre aree prioritarie: governance di pace e stabilità, vita sostenibile e servizi sociali di base, sostenute da interventi su questioni trasversali come i diritti umani, parità tra i sessi, la tutela dell'ambiente, lotta contro le mine e il narcotraffico. Questi tre settori prioritari sono inquadrati in un contesto in cui l'Onu è nella posizione migliore per sostenere la strategia nazionale di sviluppo, concentrandosi sul nesso tra la stabilità e l'alleviamento della povertà, in particolare per i più emarginati e vulnerabili;
malgrado si sia prossimi ai dieci anni di presenza della Nato (attraverso la missione Isaf i cui obiettivi restano la ricostruzione, la stabilizzazione e l'addestramento all'interno di un mandato teso al mantenimento della sicurezza nell'interesse della ricostruzione e degli sforzi umanitari), la situazione in Afghanistan è peggiorata;
le strade rimangono non edificate, una percentuale, seppur non altissima, di afghani rimane senza accesso a servizi di base, la disoccupazione è diffusa. Nel 2005, l'indice di sviluppo umano per l'Afghanistan era di 173 su 178 Paesi. Oggi è di 181 su 182. La produzione di oppio è aumentata di 40 volte. I proventi della droga rappresentano oltre il 60 per cento dell'economia. L'Afghanistan ha il peggior record delle morti infantili e ha un'aspettativa di vita di 44 anni;
tutto ciò nonostante le centinaia di miliardi di dollari spesi dalla Nato: una forza che sembra impotente a difendere la popolazione dalle attività di un gruppo di signori della guerra;
quello degli aiuti internazionali è stato il problema principale discusso nella conferenza dei donatori a Kabul del luglio 2010 che ha riunito circa 70 delegazioni di Paesi e rappresentanti delle istituzioni internazionali;
tra il 2002 e il 2009 l'Afghanistan ha ricevuto circa 40 miliardi di dollari di assistenza internazionale. Di questi, solo 6 miliardi di dollari sono passati dal Governo centrale del Paese. I rimanenti 34 miliardi sono stati veicolati dalle organizzazioni internazionali (Onu, organizzazioni non governative varie, banca mondiale, banche regionali per lo sviluppo e altre). Una percentuale compresa tra il 70 e l'80 per cento di queste somme non ha mai raggiunto la popolazione afghana. La maggior parte degli aiuti che i contribuenti e i donatori europei e americani intendono destinare a uno dei popoli più poveri del mondo si perde lungo la catena della distribuzione e ritorna sotto altre forme, lecite e illecite, ai centri da cui è partita;
il Governo Usa ha anche istituito un ispettorato generale sulla ricostruzione dell'Afghanistan (Sigar) che inizia a misurare l'impatto dei fondi stanziati per lo sviluppo del Paese, ricostruirne la mappa, prevenire e identificare gli abusi. Sulla scia di quanto stanno facendo gli Stati Uniti, necessitano forme di controllo più rigorose e un'indagine accurata sul miliardo di euro di aiuti civili che l'Unione europea e i Paesi membri destinano ogni anno all'Afghanistan. Nessuna pace duratura è possibile in Afghanistan senza una sostanziale riduzione della povertà e una lungimirante politica di sviluppo sostenibile;
il recente rapporto Onu sulla missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan, la relazione sulla protezione dei civili nei conflitti armati, rivela delle statistiche scioccanti: il numero dei civili uccisi in Afghanistan nei primi sei mesi del 2010 è salito del 31 per cento rispetto allo stesso periodo del 2009 a causa di un aumento del numero di azioni ostili intraprese da parte di elementi armati;
il Governo afghano ha affermato che il numero di poliziotti afghani uccisi nel corso del 2010 è diminuito di circa il sette per cento, nonostante la violenza diffusa in tutto il Paese all'inizio del decimo anno di guerra;
le vittime straniere, militari e civili, sono giunte, invece, a livelli record, nonostante la presenza di circa 150.000 truppe a guida Nato. Il 2010 è stato l'anno più sanguinoso da quando i talebani sono stati cacciati dalle forze afghane sostenute dagli Stati Uniti alla fine del 2001;
Bashary, il portavoce del Ministero degli interni, ha dichiarato che 2.447 poliziotti afghani sono stati feriti, mentre 5.225 ribelli sono stati uccisi e 949 feriti;
un totale di 6.716 sono gli incidenti di sicurezza nel 2010, come agguati, bombe su strada, attentati suicidi e lanci di razzi;
la rivolta si è spostata, nel corso degli ultimi due anni, dalle sue tradizionali roccaforti nel sud-est in zone un tempo pacifiche del nord-ovest del Paese. Il nord, in particolare, è diventato un nuovo fronte mortale nella guerra;
le Nazioni Unite hanno detto che 2.412 civili sono stati uccisi e 3.803 feriti tra gennaio e ottobre del 2010, il 20 per cento in più rispetto al 2009;
il Ministero della difesa afghano ha reso noto che 821 soldati afghani sono stati uccisi nel 2010. Il generale di brigata Josef Blotz, un portavoce della missione Isaf-Nato, ha dichiarato che l'alto numero di vittime tra le forze di sicurezza afghane, «è un testamento al loro sacrificio, ai loro sforzi, al loro impegno, stanno combattendo per il proprio Paese» e che l'aumento del numero di truppe straniere in guerra in Afghanistan avvenuto l'anno scorso aveva portato a una prevedibile ripresa della violenza. Le forze straniere hanno subito un numero di decessi record nel 2010;
Georgette Gagnon, direttore dei diritti dell'uomo per Unama, ha dichiarato nella sua relazione che «dopo nove anni le misure per proteggere i civili afghani in modo efficace e per ridurre al minimo l'impatto del conflitto sulla base dei diritti umani sono più urgenti che mai»;
invitando tutti gli interessati a fare di più per proteggere i civili, rispettando i loro obblighi di diritto internazionale, nella citata relazione si raccomanda che le forze militari internazionali rendano più trasparente la propria responsabilità nel caso di perdite umane e di essere più attenti durante le attività aeree, e che il Governo afghano si impegni a creare un organismo speciale per rispondere agli incidenti e, infine, che i talebani cessino l'esecuzione di civili;
secondo la convenzione di Ginevra relativa alla protezione delle persone civili in tempo di guerra, le clausole prevedono chiaramente che le forze d'invasione hanno la responsabilità di proteggere i civili. Se dopo nove anni le vittime sono in aumento, allora risulta evidente una incapacità della Nato di condurre la missione con successo;
nonostante le dichiarazioni di alto profilo a Washington e Kabul circa i progressi compiuti in Afghanistan, il popolo afghano ha solo assistito e sofferto un conflitto armato intensificatosi negli ultimi mesi. Contrariamente alla promessa del Presidente americano, Barack Obama, secondo cui il dispiegamento di altre 30.000 forze Usa nel Paese avrebbe dovuto «distruggere, smantellare e sconfiggere» i ribelli talebani e i loro alleati di Al-Qaeda nella regione, l'insurrezione è diventata più elastica, più strutturata e mortale;
in termini di insicurezza, il 2010 è stato l'anno peggiore dalla caduta del regime talebano nel 2001. Non solo il numero di incidenti è stato maggiore, ma lo spazio e la profondità della rivolta e le guerriglie connesse non aiutano a contrastare la violenza e hanno, altresì, ingrandito enormemente il pericolo di sicurezza. Fino a 1.200 incidenti per la sicurezza sono stati registrati nel mese di giugno, il più alto numero di incidenti dal 2002;
in mezzo a preoccupazioni diffuse circa la corruzione dilagante e l'abuso di potere da parte della polizia, la Nato non solo ha continuato ad assumere i mal qualificati agenti, come riferito dai rapporti, ma ha ridotto il periodo di formazione a solo quattro settimane;
la stragrande maggioranza delle forze di polizia è analfabeta e vi è una mancanza di conoscenze adeguate circa i fondamenti della polizia per i diritti civili e umani. Molti agenti di polizia sono tossicodipendenti o hanno considerevoli precedenti penali;
la corruzione dominante e l'abuso di autorità da parte della polizia hanno un impatto devastante sugli individui e sulla comunità civile che hanno un disperato bisogno di un senso di sicurezza, di protezione e di regole di diritto;
la corruzione e l'abuso delle forze di polizia hanno anche contribuito alla criminalità diffusa, all'impunità penale e al diniego di accesso al popolo alla giustizia e ad altri servizi essenziali;
l'ultima revisione della strategia Usa in Afghanistan osserva che le truppe della coalizione stanno avendo successo contro i talebani sul campo di battaglia. Ma questo non ha fermato l'afflusso di denaro nelle casse dei talebani;
le pubblicazioni del sito di Wikileaks rivelano una crescente frustrazione degli Stati Uniti con gli alleati arabi e la loro incapacità di trattare con enti di beneficenza e donatori privati che inviano denaro ai gruppi estremisti talebani. Gli analisti e i funzionari affermano che le donazioni per i talebani potrebbe diventare un punto controverso data la loro crescente capacità di generare cassa per conto proprio;
da un recentissimo rapporto pubblicato da Human Rights Watch emerge che il Governo afghano e i suoi sostenitori internazionali hanno ignorato la necessità di tutelare le donne nei programmi per reintegrare i combattenti ribelli e non hanno garantito che i diritti delle donne saranno inclusi nei colloqui potenziali con i talebani;
il report affronta, tra l'altro, le sfide potenziali per i diritti delle donne derivanti da accordi di governo futuro con le forze ribelli e descrive come nelle zone sotto controllo talebano le donne siano spesso vittime di minacce, intimidazioni e violenze, e donne leader politici e attiviste siano attaccate e uccise impunemente;
«le donne afghane non sono tenute a rinunciare ai propri diritti in modo che il Governo possa tracciare un accordo con i talebani», ha detto Tom Malinowski, Direttore a Washington di Human Rights Watch. Sarebbe, infatti, un grave tradimento ai progressi compiuti dalle donne e per le donne e ragazze nel corso degli ultimi nove anni;
nelle zone di controllo o di influenza talebana, hanno minacciato e aggredito le donne nella vita pubblica e donne normali che lavorano fuori casa;
ci sono pochi segni che finora il Governo del presidente Hamid Karzai abbia adeguatamente risposto alle preoccupazioni di questi attacchi nei suoi programmi per reintegrare i ribelli;
il Governo afghano ha offerto soltanto garanzie deboli per le donne che intendono salvaguardare la loro libertà, che hanno recuperato dopo la caduta del Governo talebano nel 2001. Nel marzo del 2009, per esempio, ha firmato la discriminatoria Shia personal status law (che nega alle donne sciite i diritti di custodia dei figli e la libertà di movimento, tra gli altri diritti), e nel 2008 ha perdonato due stupratori per motivi politici;
nonostante le promesse dei sostenitori internazionali dell'Afghanistan per promuovere i diritti delle donne, Human Rights Watch continua a essere preoccupata che anche loro possano sacrificare i diritti delle donne come parte di una strategia di uscita dall'Afghanistan;
il Governo afghano ha cercato di cooptare le fazioni dell'opposizione offrendo loro l'impunità per i crimini di guerra e altre gravi violazioni del diritto internazionale. Ma la giustizia e la responsabilità dei crimini gravi dovrebbero essere al centro di ogni processo di riconciliazione con i talebani e altri insorti;
la relazione descrive le condizioni che dovrebbero essere incluse in qualsiasi reintegrazione e negoziazione o di un processo di riconciliazione per garantire i diritti delle donne. Lavorare, ottenere un'istruzione e impegnarsi nella vita politica dovrebbero essere fattori esplicitamente salvaguardati. Gli individui con una storia di gravi abusi contro le donne e le ragazze dovrebbero essere esclusi dal potere. E i leader delle donne devono essere pienamente coinvolti nei processi decisionali per il reinserimento e la riconciliazione, in quanto essi stessi sono i migliori garanti dei loro diritti;
Human Rights Watch sostiene il documento redatto dalle donne afghane leader della società civile, emesso il 29 gennaio 2010. Esso comprende una serie di raccomandazioni tra cui quella secondo la quale le donne dovrebbero essere consultate e rappresentate in tutte le autorità nazionali di sviluppo della pace e del programma di reinserimento;
inoltre, i Governi impegnati in Afghanistan per continuare lo sviluppo di una strategia di sicurezza nazionale devono agire coerentemente con le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a favore delle donne e dei loro diritti nelle zone di conflitto (incluse la risoluzione 1325, che riconosce come fondamentale il ruolo delle donne per raggiungere pace e sicurezza, le risoluzioni 1820 e 1888 sulla prevenzione e l'accusa di violenza sessuale nei conflitti armati, e la risoluzione 1889 che mira a promuovere la partecipazione delle donne durante il post-conflitto e nei periodi di ricostruzione); e, ancora, devono elaborare un piano d'azione nazionale per la pace e la sicurezza in cui le donne devono essere integrate come elemento centrale della politica di sicurezza nazionale;
Human Rights Watch chiede, inoltre alle forze internazionali in Afghanistan di: riconoscere che le vittime civili, le incursioni notturne e le pratiche di detenzione hanno contribuito ad alimentare la rivolta; continuare gli sforzi per ridurre le morti inutili; avviare indagini approfondite e tenere conto del personale militare responsabile di atti illeciti; garantire che l'assistenza militare internazionale agli sforzi di reinserimento non aggravi l'impunità o la corruzione e che ogni impegno con le comunità o persone in cerca di reinserimento o di riconciliazione implichi adeguati controlli dei precedenti per gravi accuse di violazioni dei diritti umani compresi gli attacchi alle donne e all'istruzione delle ragazze; garantire una significativa partecipazione femminile nei pertinenti organi decisionali al fine di creare i presupposti per il finanziamento di programmi di reinserimento e assicurare che i fondi di reinserimento vadano a beneficio delle famiglie e delle comunità, comprese le donne, piuttosto che ai singoli ex combattenti; sollecitare il Governo afghano ad abrogare la legge di amnistia e ad astenersi dal sostenere finanziariamente o pubblicamente qualsiasi processo di riconciliazione che non esclude le persone nei cui confronti vi sono accuse di crimini di guerra, crimini contro l'umanità e altre gravi violazioni dei diritti umani;
un altro dato molto drammatico viene dalla condizione dei bambini in Afghanistan che pagano il prezzo più alto. Infatti, secondo il rapporto del Watchlist on children and armed conflict, un network di organizzazioni umanitarie che si batte contro le violazioni dei diritti dei minori nei Paesi colpiti da guerre e conflitti e di cui fa parte Save the children, «l'Afghanistan è di giorno in giorno sempre meno un paese per bambini»;
l'Afghanistan è tristemente noto per essere il Paese in cui si registra una delle percentuali più alte di bambini e bambine soldato. Casi documentati dimostrano che i bambini sono anche usati come attentatori suicidi da parte dei talebani. I bambini coinvolti vanno da 13-16 anni di età e, secondo le testimonianze degli attentatori falliti, vengono ingannati con promesse di denaro o altrimenti costretti a diventare kamikaze. Inoltre, molti bambini coinvolti in attacchi di tentato suicidio sono stati pesantemente indottrinati, molte volte in Paesi stranieri, e sono necessari ulteriori sforzi per combattere questa pratica. Alcuni rapporti indicano che bambini utilizzati negli ultimi episodi di attentati non erano a conoscenza di quello che portavano;
altresì c'è forte preoccupazione per la presenza di bambini nell'Afghan national army (Ana) e nella Polizia nazionale afghana (Anp);
dalla relazione 2010 del Segretario generale al Consiglio di sicurezza emergono casi di bambini in stato di detenzione da parte del Governo nazionale, presumibilmente per oneri relativi alla sicurezza, ed è confermato che un certo numero di questi bambini detenuti erano stati attirati con lo scopo di trasportare esplosivi o addestrati a condurre attacchi suicidi-tipo contro la sicurezza nazionale e forze internazionali o funzionari del Governo. Due bambini hanno rivelato che erano stati rapiti in Afghanistan e portati in Pakistan dove è avvenuto l'addestramento militare. Diversi casi sono stati confermati di bambini pakistani utilizzati per condurre operazioni militari in Afghanistan;
centinaia di bambini sono stati arrestati dalla direzione nazionale della sicurezza e delle forze militari internazionali con accuse relative alla sicurezza nazionale, compreso il loro presunto coinvolgimento o l'associazione con i gruppi talebani e altri gruppi armati.'accesso alle strutture di detenzione continua a essere difficile e le informazioni sui bambini detenuti dalle forze filo-governative restano limitate. L'uso di tecniche di interrogatorio duro e pratiche per costringere a dichiarare confessioni di colpevolezza da parte della polizia nazionale afghana e della direzione nazionale della sicurezza sono state ampiamente documentate, compreso l'uso di scosse elettriche e percosse;
nel febbraio 2010, il rappresentante speciale del Segretario generale Onu per i bambini coinvolti in conflitti armati, Radhika Coomaraswamy, a conclusione della sua visita di sette giorni in Afghanistan, ha affermato che la protezione dei bambini deve essere al centro dell'agenda di riconciliazione del governo afghano, come sostenuto dalla comunità internazionale;
il rappresentante speciale ha dichiarato che i bambini devono essere protetti e di essere pronto a lavorare con l'Isafe le forze armate governative per lo sviluppo di procedure operative standard che tutelino i bambini durante le operazioni militari, il che significa utilizzare un protocollo per risolvere le problematiche dei bambini associati a gruppi armati, e avviare iniziative atte a portare chiarezza nella delineazione di attività civili e militari, in modo che l'assistenza umanitaria e gli operatori umanitari non vengano a trovarsi in pericolo;
l'allora comandante generale Nato Stanley McChrystal aveva assicurato al rappresentante speciale che avrebbe lavorato con le Nazioni Unite per assicurare la migliore protezione dei bambini;
il clima generale di impunità, il vuoto normativo e la totale mancanza dei diritti hanno pregiudicato la denuncia della violenza e degli abusi sessuali contro i bambini alle autorità e il perseguimento dei colpevoli. Secondo la relazione del luglio 2009 intitolata «Il silenzio è la violenza», redatta da Unama, l'ufficio delle Nazioni Unite e l'Alto Commissario per i diritti umani, questi crimini sono collegati a rappresentanti del potere locale, come al Governo, a funzionari eletti, a comandanti, a membri dei gruppi armati illegali e a bande criminali;
sono aumentati attacchi alle scuole, le chiusure forzate, l'uso delle strutture scolastiche, i combattimenti o le esplosioni di ordigni nei pressi di edifici scolastici, gli attacchi militari mirati e le minacce nei confronti di allievi e personale docente;
la vendita e il trasferimento di minori sfruttati poi in attività spesso illegali con il Pakistan o l'Iran sono documentati ampiamente e molte sparizioni e rapimenti di bambini in Afghanistan sono collegati al traffico di esseri umani. Talora sono gli stessi familiari, ridotti in povertà, che vendono a reti criminali i propri figli. I minori vengono impiegati come corrieri e spacciatori di droga o di derrate alimentari. Talvolta vengono rapiti dagli stessi sfruttatori e trafficanti, magari nei campi di sfollati interni dove si stima vivano circa 80 mila minori. Nel 2009 sarebbero stati oltre mille i bambini impiegati nel trasporto e nel trasferimento di farina dall'Afghanistan al Pakistan;
l'Afghanistan è il secondo Paese al mondo per tasso di mortalità infantile, con 257 bambini con meno di 5 anni morti su ogni 1.000 nati vivi, e il Paese in cui mamme e bambini stanno peggio al mondo, secondo l'indice sullo stato delle madri di Save the Children. Ancora oggi oltre il 70 per cento dei parti avviene in casa senza alcuna assistenza specializzata. Un dottore segue in media 5.500 pazienti. Molto preoccupante è la diffusione e il consumo di droga, che a volte riguarda l'intera famiglia. Si calcolano in 60 mila i bambini sotto i 15 anni dipendenti da droga. Inadeguate sono l'assistenza e la cura dei bambini tossicodipendenti e anche di quelli colpiti da disturbi mentali e psicologici;
Save the Children, la più grande organizzazione internazionale indipendente per la difesa e la promozione dei diritti dei bambini, ha lanciato un chiaro allarme e ha chiesto «che venga approntato un piano quinquennale per la protezione dei bambini, con degli obiettivi misurabili, come per esempio la riduzione del numero di attacchi alle scuole. Chiede inoltre che sia messo in opera un meccanismo per le vittime che renda facile la denuncia delle violazioni e accessibile l'informazione sul procedimento in corso. Chiede infine la definizione di criteri chiari e validi ovunque per l'assegnazione di sussidi ai familiari delle vittime della guerra e delle violenze. Il successo degli sforzi di portare la pace in Afghanistan risiede nella nostra abilità di proteggere i bambini di questa nazione. È urgente stabilire le giuste priorità per riuscire in questa missione»;
è in pieno svolgimento una lotta determinante per le sorti dell'economia afghana e quindi per il destino di milioni di contadini e delle loro famiglie, ovvero per la stragrande maggioranza del popolo di quel Paese: la lotta tra l'oppio talebano e le colture alternative promosse dalla coalizione internazionale, tra le quali spicca per produttività lo zafferano;
il generale di brigata Josef Blotz, portavoce della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf), durante una conferenza stampa a Kabul, ha affermato che i talebani sono tornati a convincere gli agricoltori della provincia afghana di Herat a coltivare l'oppio e ad abbandonare, di conseguenza, le coltivazioni legali, prima tra tutte, appunto, quella dello zafferano;
gli insorti, ha confermato, sono stati visti distruggere campi di coltivazioni legali e minacciare gli agricoltori nella provincia occidentale di Herat, dove ha sede il Regional Command West a guida italiana e dove sono dispiegati i militari italiani;
due camion carichi di bulbi di zafferano sono stati attaccati dai talebani, in un agguato che è costato la vita agli autisti dei mezzi. L'attacco, ultimo di una serie, quindi, secondo la Nato, sembra confermare che i talebani non sono intenzionati a rinunciare agli introiti derivanti dal narcotraffico, che ogni anno porta nelle loro casse circa 500 milioni di dollari. Anche i militari italiani quest'anno sono rimasti coinvolti in uno scontro a fuoco con gli insorti durante un'attività per la consegna nell'ovest del Paese dei bulbi di zafferano;
la produzione e traffico di droga sono anche effetti della instabilità politica e trovano ampio spazio in uno Stato debole in cui «i signori della guerra» possono intimidire o corrompere i funzionari delle autorità incaricate o le forze di sicurezza;
nel breve e anche medio termine l'Afghanistan rischia di essere il luogo con il primato nella produzione di droga. Attualmente ha un enorme vantaggio di prezzo rispetto ai suoi rivali più vicini come produttore illecito di oppio, in quanto fornisce circa il 90 per cento del mercato mondiale e ha una quota maggiore anche nel mercato dell'emisfero orientale;
come il fattore «addestramento», anche quello delle colture alternative è un elemento essenziale nel faticoso cammino dell'Afghanistan verso la costruzione di uno Stato democratico e la lotta oppio versus altre coltivazioni va necessariamente vinta, da qui al 2014;
e ancora, i medicinali e i prodotti farmaceutici donati allo scopo di mantenere l'esercito e la polizia afghani spariscono prima di raggiungere ospedali e cliniche militari. È stato rimosso dal suo incarico l'alto ufficiale medico dell'esercito nell'ambito di un'inchiesta per presunta corruzione che dovrà chiarire anche la relazione tra la scomparsa di medicinali del valore di 42 milioni di dollari, che gli Stati Uniti hanno donato quest'anno, e la morte di molti soldati afghani;
la strategia europea in materia di sicurezza comune adottata dal Consiglio europeo ha rivendicato un ruolo più incisivo per l'Unione europea nel contesto internazionale. In particolare, si sottolinea la necessità, da parte dell'Unione europea, di assumersi le proprie responsabilità di fronte ad alcune minacce globali (terrorismo, criminalità organizzata, proliferazione delle armi di distruzione di massa, conflitti regionali);
i leader della Nato hanno convenuto al vertice di Lisbona nel mese di novembre 2010 di porre fine alle operazioni di combattimento e di sicurezza e di lasciare la responsabilità in mano a forze afghane entro la fine del 2014. Obama ha promesso di iniziare a ritirare le truppe Usa a partire dal luglio 2011;
la data del 2014 fissata dal presidente Hamid Karzai è stata da più parti criticata in quanto troppo ambiziosa poiché vi sono carenze in Afghanistan e nelle sue forze di sicurezza, e anche perché la fissazione di una data per il ritiro delle truppe rende più forti e temerari gli insorti;
nella relazione inviata nel mese di gennaio 2011 alle Nazioni Unite da parte di Staffan De Mistura, responsabile della missione Onu di assistenza all'Afghanistan, viene riportato che i «prossimi mesi saranno duri e ci sarà un peggioramento delle condizioni di sicurezza.» I talebani «sono ancora là e programmano spettacolari attentati» a macchia di leopardo in tutto il Paese;
una realtà drammatica, pertanto, in cui i talebani sono sempre più forti, il traffico di droga è aumentato, i signori della guerra si sono arricchiti, diventando sultanati indipendenti, la corruzione regna sovrana, le elezioni sono state inficiate da brogli elettorali di ogni genere, come è stato certificato da organismi internazionali, le donne e i bambini sono sempre in pericolo costante;
appare acclarato ormai che la missione di pace, sia essa di keeping o di enforcing, alla quale era stato destinato il nostro contingente ha prodotto un fallimento e ciò va ammesso, in ragione del fatto che tale missione ha in maniera evidente cambiato la propria natura nel corso del tempo trasformandosi in presenza militare, ad avviso dei sottoscrittori del presente atto di indirizzo, in violazione dell'articolo 11 della Costituzione; va segnalato, in tal senso, che, per le sole missioni Isaf e Eupol, il Governo italiano ha stanziato, dal 2002 a oggi, oltre 3 miliardi di euro dei quali circa il 90 per cento destinati per armamenti e equipaggiamento e solo il restante per interventi di carattere civile, per interventi di ricostruzione e aiuto alla popolazione;
non è più pensabile di restare in quel drammatico teatro di guerra solo per coprire errori di strategia altrui, che stanno producendo una perdita dolorosa in termini di vite umane, sacrificate per stare in un Paese martoriato da troppi conflitti interni, e un dispendio considerevole in termini finanziari; parimenti non è più pensabile solo rivedere il senso della missione in Afghanistan come già deliberato nel 2010 nel corso del dibattito sulle mozioni presentate in tale direzione;
il momento che si accinge a vivere l'Afghanistan è uno dei più difficili e soprattutto pericolosi in assoluto da quasi dieci anni a questa parte;
sebbene gli altri alleati, a cominciare da Barak Obama, hanno convenuto di voler attuare una revisione della strategia di guerra, l'Italia non ha affatto posto il problema; ciò, malgrado il 20 gennaio 2010 la Camera dei deputati abbia impegnato il Governo, con la mozione n. 1-00239 (Di Pietro e altri), a contribuire nelle sedi multilaterali all'aggiornamento e alla messa in opera della strategia di intervento per il ristabilimento della pace e della democrazia in Afghanistan, che, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, è stata invece completamente ignorata;
il principale obiettivo delle missioni internazionali che vedono impegnato in prima linea il nostro Paese è la cooperazione allo sviluppo e al sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione,

impegna il Governo:

a farsi promotore con gli alleati di un maggiore controllo e monitoraggio sulle conseguenze che la missione in Afghanistan ha sulla popolazione civile;
a valutare l'opportunità di individuare iniziative al fine di agevolare l'azione delle organizzazioni non governative che operano per fini umanitari in Afghanistan e Pakistan;
ad avviare un monitoraggio e un controllo più diretto e mirato degli aiuti internazionali inviati a sostegno della popolazione civile afgana, al fine di dare un concreto aiuto al processo di ricostruzione del Paese, di legalità e di trasparenza;
ad adottare ogni utile di iniziativa per affrontare le molteplici problematiche che i bambini di questi territori sono costretti a subire con tragiche conseguenze;
a valutare la reale condizione drammatica delle donne e delle ragazze nei territori dell'Afghanistan e i dati emersi dal rapporto di Human Rights Watch, una delle maggiori organizzazioni non governative internazionali che si occupa della difesa dei diritti umani, e a recepire le richieste di Human Rights Watch e delle donne e delle ragazze che vivono nei territori martoriati dalla guerra in linea con un mandato teso al mantenimento della sicurezza nell'interesse della ricostruzione e degli sforzi umanitari;
a elaborare, a breve termine, un piano di rientro del nostro contingente militare dall'Afghanistan.
(1-00530)
(Nuova formulazione) «Di Stanislao, Di Pietro, Donadi, Evangelisti, Leoluca Orlando, Borghesi».

La Camera,
premesso che:
la missione Isaf-International security assistance force è stata costituita a seguito della risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'Onu n. 1386 del 20 dicembre 2001 che, come previsto dall'accordo di Bonn, ha autorizzato la predisposizione di una forza di intervento internazionale con il compito di garantire un ambiente sicuro a tutela dell'Autorità provvisoria afghana e del personale delle Nazioni Unite. Accanto alle attività militari, Isaf assicura la fornitura di beni di necessità alla popolazione e promuove la ricostruzione delle principali infrastrutture economiche; a tal fine, la missione collabora in modo stretto con l'Assistance Mission dell'Onu (Unama);
nel novembre del 2002 al vertice Nato di Praga si è deciso che, nell'ambito di un approccio globale per la difesa contro il terrorismo, le forze dell'alleanza Nato possono intervenire, per la tutela degli interessi dei paesi membri, anche al di fuori dell'area di difesa degli stessi;
il 16 aprile 2003 il Consiglio nord atlantico (Nac) ha deciso l'assunzione, da parte della Nato, della guida dell'operazione Isaf a decorrere dall'11 agosto 2003;
l'Isaf comprende, al 25 gennaio 2011, circa 131.000 militari appartenenti a contingenti di 48 paesi, dei quali i maggiori contributori sono gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Germania, la Francia, l'Italia e il Canada;
la missione è stata da ultimo prorogata al 13 ottobre 2011 con la risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'Onu n. 1943 (2010), approvata il 13 ottobre 2010;
la partecipazione italiana all'operazione Isaf, autorizzata dal Parlamento e riconfermata per tre legislature, avviene in attuazione di tali risoluzioni dell'Onu e nell'ambito della Nato, nel pieno rispetto dell'articolo 11 della Costituzione, che prevede si il ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà di altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, ma stabilisce l'impegno di partecipazione dell'Italia alle organizzazioni internazionali che perseguono gli obiettivi della pace e della giustizia fra le nazioni;
nell'ambito degli sforzi della comunità internazionale nella lotta al terrorismo e per il rispetto dei principi sacri della pace, della libertà e della legalità, l'Italia, grazie alla qualità e alla quantità del suo contributo alle missioni internazionali, tra cui in particolare Isaf, oltre a confermare il suo ruolo di prestigio sulla scena internazionale, si è guadagnata il convinto e unanime riconoscimento, fra tutti in particolare, del Presidente americano Obama, del Segretario generale della Nato Rasmussen, del comandante di Isaf il generale Petraeus, nonché delle autorità e popolazioni afghane, che, in più di una circostanza, hanno espresso giudizi di apprezzamento per il pregevole lavoro svolto dai nostri militari;
l'ultimo provvedimento di proroga del finanziamento delle missioni internazionali, il decreto-legge n. 102 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 126 del 2010, contempla un ulteriore aumento della presenza italiana, autorizzando un contingente complessivo di 3.900 unità, costituito da personale delle Forze armate, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza;
in seguito agli impegni assunti in sede Nato, e da ultimo al vertice di Lisbona, il decreto di proroga delle missioni internazionali, approvato alla Camera dei deputati ed attualmente all'esame del Senato, porterà il contingente italiano inquadrato in Isaf, nell'arco del 2011, ad una consistenza di 4.200 effettivi, inclusi gli addestratori;
in un quadro quindi di comune impegno internazionale, avallato e riconosciuto a più riprese in sede Onu, pur mantenendo le responsabilità assunte nell'area della capitale Kabul, l'Italia ha assunto, dal giugno 2005, il comando della regione occidentale (Regional command west) che comprende le province di Herat, Farah, Badghis e Ghor;
la maggior parte del contingente italiano è dislocato nell'ovest del paese: l'Italia è infatti a capo del Comando regionale ovest, ed è responsabile di un territorio grande all'incirca come il Nord Italia. Il quartier generale del Comando ovest si trova nella città di Herat. In questa regione l'Italia ha la responsabilità di un prt (provincial reconstruction team) per ricostruire il paese in termini di infrastrutture e istituzioni;
dall'inizio della partecipazione italiana alla missione Isaf, nel 2002, hanno perso la vita 36 militari italiani, che non sono morti invano. Hanno perso la vita compiendo il loro dovere in una missione internazionale voluta, riconosciuta ed avallata dall'Onu, una missione di pace, per la libertà e la sicurezza del popolo afghano. Una missione di importanza strategica fondamentale anche per garantire la stabilità internazionale. Un intervento necessario per l'affermazione della democrazia in un paese nel quale si giocano i destini di un'intera area che non può essere lasciata sotto la minaccia di forze fondamentaliste terroristiche ed antidemocratiche. Non a caso le Nazioni Unite esprimono il loro sostegno al processo di ricostruzione dell'Afghanistan con diverse risoluzioni: n. 1363 (sostegno all'accordo di Petersberg), n. 1373 (strategia contro il terrorismo internazionale), n. 1378 (istituzione di un'amministrazione transitoria in Afghanistan) ed appunto la risoluzione n. 1386 (istituzione della missione Isaf-International security assistance force);
la presenza ed il ruolo di Isaf sono, inoltre, riconosciuti ed apprezzati dalla stessa Assemblea generale delle Nazioni Unite, come testimonia, da ultimo, la risoluzione n. 65/8 del 2010 sulla situazione in Afghanistan;
la missione italiana in Afghanistan non è dunque solo una missione di pace, è anche una missione di libertà e di democrazia. Perché senza libertà e democrazia la pace non può avere lo stesso valore. Per questo motivo è una missione ancora più difficile, per certi versi estrema, un impegno che si sta dimostrando drammatico, ma dal quale non possiamo retrocedere;
i talebani si rendono conto che gli alleati hanno cambiato strategia perché prima, nelle zone «calde», la Nato colpiva e ripartiva: ora invece tenta di espandere l'area sotto il suo controllo e mantenerla;
in questi ultimi mesi si sono poste le basi per l'avvio del processo di transizione, si sta stabilizzando con la presenza italiana un'area sempre più vasta del paese, e chi non vuole la stabilizzazione dell'Afghanistan reagisce in maniera ancora più violenta. Per questo, gli irriducibili sono diventati «più aggressivi». Come è stato ricordato in zone come il Gulistan e Bala Murghab, fino a qualche mese fa, non vi erano contingenti militari, almeno non stabilmente e, dunque, non vi era motivo di attaccare;
l'Italia è determinata a mantenere l'impegno preso con la comunità internazionale per contribuire alla stabilizzazione, alla pacificazione e alla lotta contro il terrorismo in Afghanistan, con la presenza dei suoi contingenti a Kabul e a Herat e non per condurre una guerra;
gli atti ostili che sono stati condotti ultimamente nei confronti dei nostri militari si inquadrano in una recente recrudescenza registratasi nell'area di responsabilità e sono da mettere in relazione ad un maggior impegno delle forze nazionali nel controllo e nella stabilizzazione dell'area;
la base «Snow», recentemente oggetto di diversi attacchi da parte di insurgent, si trova nella valle del Gulistan, che insieme ai distretti di Bakwa e del Pur Chaman, situati nella fascia orientale dell'estesa provincia di Farah, rappresentano oggi aree ad alto rischio insurgent, in quanto confinano con l'Helmand, roccaforte dei talebani. Si tratta di una vasta area, questa, mai presidiata stabilmente in precedenza da italiani, passata dal 1o settembre 2010 sotto la responsabilità della task force South east, unità del Regional command west;
compiti principali della task force South east, analoghi a quelli delle altre forze della coalizione, consistono nel creare e garantire sicurezza, sviluppo e governabilità da parte delle autorità locali, a favore della popolazione, in un'area dove la presenza di strutture governative legalmente riconosciute è ridotta al minimo, nonché nel contribuire alla ricostruzione del paese e favorire il consenso della popolazione nei confronti delle autorità locali;
i nostri militari, con grande professionalità e spirito di sacrificio, stanno svolgendo numerose e variegate attività che hanno consentito di conseguire importanti risultati e ottenere significativi progressi rispetto all'inizio della missione;
dall'inizio della missione, sono state numerosissime le attività esterne condotte dai nostri militari che agiscono in un ambito operativo particolarmente impegnativo: dalle importanti visite nei villaggi circostanti, alle operazioni più complesse, quali le scorte ai convogli logistici o le attività di pattugliamento. Ma oltre agli interventi più strettamente legati alla sicurezza, sono moltissime le attività in favore della popolazione locale, avviate o già portate a termine dalla task force a guida italiana, come l'apertura di una scuola femminile, il restauro di una moschea, l'installazione di tre nuove pompe per pozzi e la costruzione di un ponte e di un acquedotto. Fra gli eventi più significativi nella prospettiva della ricostruzione e dello sviluppo, l'organizzazione, da parte dei nostri militari, della prima shura (riunione) alla quale hanno partecipato ben 82 capi villaggio, che si sono detti disposti a cooperare con le forze Isaf e con le forze di sicurezza afghane, nonostante le pressioni ricevute da parte degli insorti. Fra gli argomenti affrontati, infatti: la sicurezza dell'area in cui operano i militari italiani della South east, le principali necessità della popolazione e lo sviluppo di vari progetti;
ciò che i nostri militari hanno realizzato a Bala Murghab è rappresentativo del processo in corso in Afghanistan ed, in particolare, dell'efficacia dell'azione italiana per il recupero del controllo del territorio, sottraendolo agli insorti. L'incremento delle forze e dei mezzi italiani ha consentito, infatti, di estendere a 20 chilometri la «bolla di sicurezza» attorno alla base italiana di Bala Murghab, consentendo a circa 10.000 afghani di rientrare nei villaggi esistenti all'interno di tale bolla che precedentemente erano spopolati per la presenza degli insurgent;
l'obiettivo è quello di poter ottenere lo stesso risultato raggiunto nel distretto di Bala Murghab, naturalmente prima ad ovest e poi in tutto il territorio afghano;
ai fini del conseguimento di questo risultato è stata condivisa con gli alleati della Nato l'esigenza di incrementare il numero di militari e della polizia afghana, ma più in particolare il loro livello di addestramento e di possibilità di impiego;
la condizione indispensabile per la consegna dei territori agli afghani infatti non è solo la loro completa pacificazione, bensì un livello di sicurezza accettabile, o meglio compatibile con la capacità di risposta adeguata da parte delle forze di sicurezza afghane;
ciò è coerente con l'attuale strategia della Nato, delineata nel recente vertice di Lisbona, che prevede l'avvio, nei prossimi mesi dell'anno, di una nuova fase - la transizione - che lancia il processo attraverso il quale le autorità afghane assumeranno gradualmente piena responsabilità;
tale strategia si ricollega alle riflessioni già avviate a partire dal 2010, allorquando è maturata nella comunità internazionale la convinzione, a causa della perdurante instabilità dell'area, che la soluzione esclusivamente militare al problema afghano non fosse sufficiente, ma che fosse necessaria una soluzione politica globale per il rafforzamento delle istituzioni afghane;
la transizione, che prevede, pertanto, la messa in campo - in un'ottica di comprehensive approach - di tutto l'ampio spettro di strumenti politici, sociali, economici e militari a disposizione, dovrà essere graduale, non dettata da scadenze temporali prefissate, ma subordinata alle reali condizioni sul terreno, ovvero vincolata al conseguimento di adeguati livelli di sicurezza, di governance e di sviluppo socio-economico;
l'attività di tutoraggio e di formazione delle forze di sicurezza afghane costituisce, come anzidetto, il fattore catalizzante che può consentire concretamente di accelerare il progressivo passaggio delle piene responsabilità in materia di sicurezza all'esercito e alla polizia afghani;
per rendere materialmente possibile tale passaggio di responsabilità in tema di sicurezza, alle nazioni contributrici è stato richiesto di aumentare ulteriormente lo sforzo nel settore della formazione e dell'addestramento a favore delle forze afghane;
in questo ambito di forte impulso alla formazione delle forze di sicurezza afghane, sarà incrementato e consolidato il ruolo e il contributo nazionale grazie all'invio di ulteriori 200 istruttori la cui eccellenza è ampiamente riconosciuta e apprezzata;
la riorganizzazione del paese procede parallelamente anche grazie all'intenso impegno civile prodotto dall'Italia attraverso le attività finanziate dalla direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri. Essa si affianca all'azione militare per gettare le basi dello sviluppo: rafforza i servizi di base per la popolazione e, soprattutto, sostiene le istituzioni governative afghane, sviluppando e consolidando la loro capacità di gestire in proprio i processi di sviluppo e di controllare e governare il territorio. Tale azione si sta concentrando su Herat, provincia sede del prt (provincial reconstruction team) italiano, quale concreto impegno a sostegno dell'attuazione della strategia di transizione finalizzata al passaggio nelle mani del legittimo Governo afghano dei processi di sviluppo, governo del territorio e mantenimento della sicurezza. In stretto coordinamento con la comunità internazionale dei donatori, con il Governo afghano e la missione delle Nazioni Unite in Afghanistan, la cooperazione italiana ha identificato e finanziato una mole importante di iniziative inquadrate nella Strategia nazionale afghana di sviluppo (Ands) e finalizzate a sostenere il bilancio dello Stato (che dipende in gran parte dall'aiuto internazionale) e i principali programmi di investimento governativi in vari settori;
in una prima fase alcuni paesi hanno assunto, oltre agli impegni finanziari per la ricostruzione, il ruolo di «lead» per l'assistenza in specifici settori dell'amministrazione: giustizia (Italia), esercito (Usa), polizia (Germania), lotta al narcotraffico (Regno Unito) e - successivamente - disarmo e smobilitazione delle milizie irregolari (Giappone). In tale veste, di concerto con le autorità afghane e Unama (United Nations assistance mission to Afghanistan, l'ente delle Nazioni Unite preposto alla ricostruzione del paese), l'Italia ha ospitato a Roma una conferenza internazionale sullo stato di diritto in Afghanistan (luglio 2007), inaugurata dal Presidente Karzai e dal ministro degli affari esteri Frattini, in cui sono state delineate le strategie guida della riforma, ora integralmente guidata dalle istituzioni afghane; mentre in una seconda fase si è valorizzata la «ownership» e la responsabilità afghana per le scelte effettuate permanendo un ruolo di stretta assistenza da parte dei paesi chiave, fra cui l'Italia per la giustizia e lo stato di diritto;
l'impegno civile dell'Italia in Afghanistan non è circoscritto al settore giustizia, e rappresenta, nel suo complesso, una componente essenziale della partecipazione del nostro Paese allo sforzo della comunità internazionale per la ricostruzione dopo la caduta del regime talebano. Tale impegno è stato annunciato e confermato in occasione delle Conferenze internazionali per la ricostruzione e per lo sviluppo succedutesi a Tokyo (2002), Berlino (2004), Londra (2006 e 2010), Parigi (2008) e Kabul (2010), tutte occasioni nelle quali l'Italia ha dichiarato la disponibilità di risorse per il finanziamento di programmi di sviluppo socio-economico ed umanitari per una media di 50 milioni di euro l'anno. Sinora sono stati erogati 442 milioni di euro su 518 milioni stanziati per programmi approvati;
in particolare, nel periodo 2007-2010, tenuto conto dei tagli di bilancio sofferti negli ultimi anni, solo grazie alla disponibilità di fondi derivanti dai decreti-legge sulla proroga delle missioni internazionali è stato possibile adempiere compiutamente a tale impegno. I finanziamenti italiani - come detto - sono in gran parte destinati a programmi nazionali afghani previsti dalla Strategia nazionale di sviluppo (Ands) adottata a Parigi 2008, e sono in gran parte (oltre il 70 per cento attualmente) canalizzati attraverso il bilancio nazionale e le strutture operative afghane, in significativa coerenza con le raccomandazioni sull'efficacia dell'aiuto e agli impegni assunti in sede di conferenza di Londra e di Kabul;
i settori di maggior concentrazione della cooperazione civile italiana con l'Afghanistan sono attualmente:
a) governance, a livello nazionale e locale, incentrato sulla provincia di Herat;
b) sistema giudiziario e diritti fondamentali, particolarmente su Kabul ed Herat;
c) sviluppo rurale e agricoltura, incentrato nella regione ovest;
d) sanità, con focus particolare su Kabul e Herat;
e) infrastrutture stradali;
f) aiuto umanitario alle fasce vulnerabili, prevalentemente nella regione ovest;
la nostra cooperazione allo sviluppo per l'Afghanistan continuerà nel corso del 2011, in misura determinata delle risorse rese disponibili attraverso i decreti-legge di rifinanziamento delle missioni internazionali, la focalizzazione degli interventi sulla regione ovest ed Herat soprattutto, in particolare nei settori della sanità e della protezione delle fasce vulnerabili, dello sviluppo rurale e dell'agricoltura e micro finanza, attraverso programmi bilaterali realizzati e gestiti direttamente dai ministeri afghani della sanità e i ministeri della riabilitazione e sviluppo rurale e dell'agricoltura, risorse idriche e allevamento, nonché con finanziamenti per la realizzazione della rete stradale rurale e per favorire il processo di riconciliazione e reintegrazione nella società civile dell'insorgenza. Tale impostazione consentirà (in un contesto che comunque prevede le necessarie forme di controllo per il corretto utilizzo delle risorse finanziarie) di favorire la crescita delle strutture governative, la maturazione delle necessarie competenze e quindi «l'afghanizzazione» della ricostruzione;
in tale contesto, il Governo afghano ha richiesto all'Italia un impegno consistente e duraturo, con particolare riguardo alle dinamiche di sviluppo locali ed un più spinto livello di coordinamento della componente civile con la componente militare italiana, con i donatori e le istituzioni presenti sul territorio. Il team di esperti ad Herat sosterrà le istituzioni locali ai vari livelli e garantirà il coordinamento generale, nell'ambito dell'impegno italiano per la piena attuazione della transizione;
attualmente sono in corso 48 iniziative sostenute da fondi allocati negli anni precedenti, in larga parte destinati a progetti e programmi localizzati nella regione occidentale, in particolare nella provincia di Herat. Per il 2011 le risorse messe a disposizione dal decreto sulle missioni per il primo semestre sono pari a 16,5 milioni di euro, Le organizzazioni non governative italiane che continuano a operare sono cinque: Aispo, Cesvi, Emergency, Gvc e Intersos. Alcune con finanziamenti della cooperazione italiana; altre con fondi provenienti da altri donatori. La cooperazione italiana, peraltro, è affiancata da comuni, regioni, università, onlus e privati che danno un loro contributo allo sviluppo di questo paese;
i progetti in corso fanno capo a diversi settori di intervento:
a) rule of law e amministrazione della giustizia: con un contributo complessivo di 13 milioni di euro, la cooperazione italiana è intervenuta per la riabilitazione e il sostegno al sistema giudiziario e penitenziario afghano; il supporto alla strategia per la giustizia nazionale, con particolare attenzione ai diritti fondamentali ed all'accesso alla giustizia per popolazione; la formazione e la creazione di capacità per la sostenibilità delle iniziative, attraverso una scuola di magistratura (Inltc), concepita e realizzata dall'Italia e con programmi attuati con la collaborazione delle università italiane;
grazie al sostegno del Governo italiano, molti risultati sono stati già conseguiti e, in particolare, vanno segnalate le seguenti iniziative: redazione di un codice di procedura penale ad interim, tuttora vigente; redazione di un codice di procedura penale più avanzato, con il concorso di istituzioni afghane e altre componenti della comunità internazionale; organizzazione giudiziaria primaria sul territorio; redazione di un codice minorile in cooperazione con l'Unicef; revisione del diritto di famiglia e del codice civile, in collaborazione con Unifem; riforma della normativa penitenziaria, condotta dall'Unodc; corsi di formazione presso la scuola di magistratura afghana, presso istituzioni internazionali e università italiane di centinaia di magistrati, funzionari governativi e avvocati, fra cui molte donne; riabilitazione della corte di appello e delle strutture penitenziarie di Kabul (carcere di Pol-e-Charki e Detention Center di Kabul); realizzazione di un Women detention center a Kabul, in collaborazione con Unifem e Unodc; prestazione di assistenza legale e difesa in giudizio a migliaia di cittadini indigenti, donne e minori;
b) sanità: gli interventi si sono allineati ai programmi sanitari afghani e sono volti a migliorare l'accesso alle cure da parte della popolazione. Gli aiuti (10 milioni di euro) si sono concentrati nel settore materno-infantile e nell'emergenza dei grandi ustionati, nel sostegno all'ospedale pediatrico e a quello regionale di Herat, nonché all'ospedale Esteqlal di Kabul. Ad Herat è, inoltre, stata avviata la costruzione di una centrale delle ambulanze che servirà la popolazione della provincia e delle zone limitrofe, per rimediare al problema dell'accesso alle strutture sanitarie, uno dei fattori che più limitano il miglioramento delle condizioni di salute degli afghani, soprattutto nelle zone rurali;
c) agricoltura e sviluppo rurale: l'Italia sostiene il National solidarity programme, iniziativa in corso nell'intero paese il cui scopo è mettere a disposizione delle comunità rurali fondi per realizzare microprogetti, scelti dalle comunità stesse, attraverso il più ampio coinvolgimento possibile di tutti i membri del villaggio e la costituzione di comitati;
d) buon governo: ha un ruolo centrale nel processo di transizione del paese e la cooperazione italiana ha incrementato il suo impegno nel settore del buon governo, soprattutto nella provincia di Herat per il rafforzamento delle capacità dell'amministrazione locale, con l'intento di generare, a partire dal livello locale, un effetto di ricaduta positiva a livello nazionale;
e) infrastrutture stradali: iniziative per la costruzione dei 136 chilometri della strada tra Bamyan e Maidan Shar per un importo complessivo di 103 milioni di euro;
f) aiuti umanitari: nel 2010 sono stati realizzati interventi di sminamento umanitario nelle province di Herat e Kabul e iniziative di emergenza in favore delle popolazioni vulnerabili di Herat, province limitrofe e altre aree del paese in collaborazione con le Nazioni Unite, ma anche con le organizzazioni non governative italiane;
g) iniziative nel sociale: sul versante delle pari opportunità, la cooperazione italiana finanzia un programma di formazione imprenditoriale e professionale femminile a Kabul attraverso cui sono state costituite piccole imprese femminili nel taglio gemme, nel settore dell'elettronica e del fotovoltaico, nei servizi di catering e di ristorazione, unico esempio gestito da donne in tutta Kabul; l'impegno a sostegno delle donne afghane ha riguardato anche programmi per la riduzione della violenza contro le donne, un fenomeno purtroppo ancora molto diffuso in Afghanistan;
su un piano più generale, l'Italia ha ben presente la centralità della dimensione politica e sta portando avanti un'intensa attività diplomatica, in tutte le occasioni di incontro internazionale dedicate all'Afghanistan, per favorire un approccio regionale alla questione afghana e per incrementare il profilo civile dell'assistenza internazionale al paese. La sessione ministeriale G8 outreach svoltasi a Trieste nel giugno 2009 e la riunione dei rappresentanti speciali per Afghanistan e Pakistan svoltasi a Roma il 18 ottobre 2010, che ha visto la partecipazione dei principali attori della regione, incluso l'Iran, si inseriscono in questa prospettiva;
alla luce dei risultati ottenuti e di quelli che ancora si possono e si devono raggiungere nonché della maggiore aggressività dimostrata dalle forze talebane, in virtù anche della circostanza per la quale il nostro Paese è impegnato in Afghanistan nell'ambito di una missione internazionale e potrà disimpegnarsi solo nel quadro di decisioni comuni, appare necessario intervenire per focalizzare lo sviluppo migliore della missione, riflettendo sulle potenzialità e sugli obiettivi di breve e medio termine dell'impegno internazionale,

impegna il Governo:

a confermare, coerentemente con la nuova strategia condivisa nell'ambito del recente vertice di Lisbona, il proprio contributo aggiuntivo con particolare riguardo al settore della formazione delle forze di sicurezza afghane, ai fini del definitivo trasferimento delle responsabilità in materia di sicurezza;
a proseguire nella collaborazione con le autorità afghane e gli alleati Isaf affinché le forze di sicurezza afghane siano messe quanto più possibile nelle condizioni di potere assumere la guida e la conduzione delle operazioni di sicurezza entro il 2014, fermo restando che l'impegno della Nato a sostegno dell'Afghanistan non verrà meno a quella scadenza, ma proseguirà anche attraverso lo strumento di cooperazione fra le parti, approvato in occasione del vertice di Lisbona;
ad accrescere l'impegno civile italiano per la stabilizzazione dell'Afghanistan, in termini di sviluppo, rafforzamento istituzionale e collaborazione economica, per contribuire in tal modo a creare le condizioni affinché il processo di transizione sia irreversibile e sostenibile;
a continuare a svolgere un ruolo attivo e propositivo, nei fori internazionali dedicati all'Afghanistan, per evidenziare l'importanza di un approccio regionale alla questione afghana e per facilitare il processo politico inter-afghano.
(1-00561)
«Cicu, Antonione, Baldelli, Stefani, Cirielli, Dozzo, Pini, Ascierto, Barba, De Angelis, Fallica, Gregorio Fontana, Holzmann, Giulio Marini, Antonio Martino, Mazzoni, Nola, Petrenga, Luciano Rossi, Sammarco, Speciale, Angeli, Biancofiore, Bonciani, Boniver, Renato Farina, Lunardi, Malgieri, Migliori, Moles, Osvaldo Napoli, Nicolucci, Nirenstein, Pianetta, Picchi, Scandroglio, Zacchera, Chiappori, Gidoni, Molgora, Pirovano».
(15 febbraio 2011)

La Camera,
premesso che:
la missione Isaf in Afghanistan, deliberata con voto unanime delle Nazioni Unite e gestita in un contesto multilaterale, fu una scelta difficile ma doverosa all'indomani dell'11 settembre 2001, per contrastare le reti del terrorismo jihadista e assicurare la pace e la stabilità di un paese che ha tuttora un ruolo cruciale in un contesto regionale ancora molto precario;
nel corso di questi anni, tuttavia, le difficoltà che si sono registrate rinviano ai molti interrogativi ancora non sciolti su come affrontare il tema della democratizzazione, che, per quel che riguarda l'Afghanistan, rimandano alle particolari caratteristiche etniche e sociali della società afghana, che hanno reso da sempre difficile la costruzione di un vero Governo centrale;
tali difficoltà, insieme alla presenza di una corruzione endemica - fortemente esasperata dall'essere l'Afghanistan il principale produttore di oppio - hanno posto la comunità internazionale di fronte alla necessità di un ripensamento dei modi e delle forme attraverso cui conseguire i suoi principali obiettivi, la sconfitta del terrorismo e la stabilizzazione del paese, non ignorando l'esistenza di un oggettivo fattore tempo, anche in relazione alle opinioni pubbliche occidentali;
nessun processo di stabilizzazione può essere raggiunto senza un netto miglioramento del contesto regionale e un deciso coinvolgimento di tutti gli attori, dal Pakistan, all'India, all'Iran, che debbono diventare convinti protagonisti di questo processo di pace, indispensabile anche ai fini della loro stabilizzazione. In assenza di questi processi sarebbe molto difficile dare concreto seguito alla nuova strategia annunciata dal Presidente Obama, condivisa dalla comunità internazionale e dall'Italia, che prevede un graduale e progressivo ridimensionamento della presenza militare internazionale, dando così ufficialmente avvio ad una lunga fase di transizione;
la riduzione graduale e concordata, che dovrebbe iniziare dal luglio 2011, dovrà progressivamente comportare la trasformazione della missione militare italiana in una sempre più specifica attività di addestramento che favorisca l'accelerazione del processo di afghanizzazione e non sarebbe, pertanto, compatibile con il mero dislocamento delle Forze militari italiane in altre province dell'Afghanistan;
la cosiddetta exit strategy non può, però, tradursi in una sorta di fuga con conseguenze incalcolabili, tanto sulla popolazione civile, quanto sulla stabilità dei Governi dei paesi dell'area; è, perciò, indispensabile in questa nuova fase che si dia avvio, da un lato, ad una accelerazione di quel processo di governo e gestione della sicurezza del paese da parte degli stessi afghani; dall'altro, ad un'elaborazione di una strategia che si potrebbe definire del «doppio pedale», nella quale contestualmente al progressivo e graduale ridimensionamento delle forze armate, si preveda un rafforzamento deciso e consistente dell'azione politica, civile e sociale delle forze internazionali, con l'obiettivo di responsabilizzare il Governo afghano e le variegate componenti etniche e territoriali che compongono il paese;
in questo nuovo quadro appare, dunque, indispensabile, accanto alla leadership esclusivamente militare che dovrà progressivamente ridursi, rafforzare la leadership civile dell'Onu, al fine di contribuire a governare la difficile fase di transizione, aiutare il consolidamento delle istituzioni afghane e, soprattutto, sostenere ed indirizzare la trattativa tra le varie componenti della società afghana, comprese quelle rimaste sinora estranee al processo di State building e tra gli insorgenti disponibili alla trattativa di pace. Tale trattativa è, infatti, cruciale: chiama in causa anche i Governi dell'area, primo tra tutti il Pakistan, e dovrà condurre ad un accordo molto ampio e, al tempo stesso, innovativo dal punto di vista istituzionale, prendendo atto delle particolarità del paese;
la comunità internazionale sarà chiamata, anche in vista del progressivo graduale ritiro di alcuni contingenti nazionali, ad assumere le necessarie determinazioni; a questo fine è necessario che la coalizione possa agire con una strategia realmente unitaria, rilanciando il ruolo della Nato quale luogo di elaborazione di decisioni effettivamente condivise tra gli alleati, nell'ambito del mandato delle Nazioni Unite; in tale contesto il nostro Paese dovrà concorrere affinché, contestualmente alla graduale riduzione delle truppe, si preveda un forte rafforzamento degli interventi civili, al fine di conseguire l'obiettivo della stabilizzazione del quadro politico, civile e istituzionale dell'Afghanistan;
in occasione del graduale e progressivo ridimensionamento della presenza militare, occorre, altresì, ripensare, in una strategia di lungo periodo, ad un riequilibrio complessivo della quantità e qualità della nostra presenza nelle missioni internazionali all'estero, che tenga conto, in particolare, di quanto sta avvenendo nel Mediterraneo, un'area strategicamente prioritaria per gli interessi geo-politici del nostro Paese;
va ribadito in questa fase il diritto del Parlamento ad una discussione sulle linee della nostra iniziativa diplomatica nella regione ed il diritto ad un'informazione preventiva in merito ad ogni eventuale decisione politica di modifica sostanziale della consistenza quantitativa e qualitativa della presenza italiana; a questo fine si auspica che il Parlamento possa giungere quanto prima all'approvazione della proposta di legge quadro sulle missioni internazionali, al fine di dotarsi di strumenti finanziari certi per il loro finanziamento e di procedure definite con legge per la loro autorizzazione,

impegna il Governo:

ad adottare ogni iniziativa utile, per quanto di sua competenza, affinché il graduale previsto ritiro delle Forze militari dia luogo ad una nuova strategia, che, contestualmente alla graduale riduzione delle truppe, preveda un forte rafforzamento dell'azione politica e civile delle forze internazionali, con l'obiettivo di dare al Governo afghano e alle componenti della società civile afghana la possibilità di pervenire alla necessaria stabilizzazione del paese;
a farsi promotore nelle opportune sedi internazionali di una nuova impostazione del processo di institution building in atto in Afghanistan, che, rispettando le peculiarità civili, sociali ed etniche del paese, permetta di giungere a forme efficaci di intesa e di coinvolgimento di grande parte del popolo afghano;
ad adottare ogni iniziativa utile nelle opportune sedi multilaterali volta a rafforzare la leadership civile dell'Onu, per consentire una più efficace gestione, coerenza ed efficacia degli interventi civili, compresi gli aiuti, nella fase di transizione che si aprirà con il previsto graduale ritiro delle truppe, per accompagnare e sostenere il Governo afghano nella riforma interna delle istituzioni e, in particolare, nella trattativa in atto con diversi segmenti degli insorgenti, che appare decisiva ai fini di allargare il consenso verso le istituzioni del paese;
a sostenere, specialmente in ambito dell'Onu, ogni iniziativa internazionale che favorisca la definizione di una complessiva strategia diplomatica regionale volta a promuovere forme di coordinamento e coinvolgimento di tutti i Paesi dell'area - a partire da Iran, Pakistan e India - per giungere alla convocazione in tempi brevi di una conferenza internazionale, in cui si possa valorizzare il ruolo di mediazione del nostro Paese e dell'Unione europea;
ad assicurare la preventiva consultazione del Parlamento, a prescindere dalla periodica discussione parlamentare sul rifinanziamento delle missioni all'estero, rispetto ad ogni eventuale decisione politica di modifica sostanziale della consistenza quantitativa e qualitativa della presenza italiana;
ad adottare ogni iniziativa utile volta a sostenere quel percorso di riconciliazione con tutte le componenti afghane, anche tra gli insorgenti, disponibili ad abbandonare l'uso della violenza e tale da permettere al popolo afghano di cercare le soluzioni politiche atte a garantire l'equilibrio tra le tradizioni religiose e culturali e la crescita democratica;
a promuovere con forza il processo di afghanizzazione della sicurezza dell'area, aumentando le risorse disponibili all'addestramento dell'esercito e della polizia locale e incrementando il numero degli addestratori italiani inviati in loco, al fine di accelerare il trasferimento dei compiti di controllo del territorio;
a verificare l'efficacia, dell'azione italiana nel riformare il sistema giudiziario afghano, quale condizione per una lotta efficace contro la diffusa corruzione, ma soprattutto quale condizione per ristabilire un clima di fiducia nei confronti delle istituzioni pubbliche del paese;
ad adottare ogni iniziativa utile, nelle opportune sedi internazionali, affinché, anche attraverso una maggior cooperazione con il Governo afghano, sia rafforzata una pianificazione e una conduzione delle missioni internazionali in Afghanistan che ponga la tutela dei civili e l'esclusione di cosiddetti danni collaterali come obiettivo prioritario e ineludibile, garantendo, altresì, nei casi di vittime civili, indagini trasparenti e chiare sul rispetto delle norme internazionali di diritto umanitario;
a stanziare più credibili risorse finanziarie dirette ad incentivare le attività di cooperazione civile presenti in loco, promuovendo - in accordo col Governo afghano - una rinnovata attenzione allo sviluppo locale, che garantisca la protezione dei civili attraverso la soddisfazione dei loro diritti primari, quali l'educazione, la salute, l'accesso all'acqua e al cibo, e ripensando radicalmente nuove strategie per affrontare il problema dell'oppio, alla luce del fallimento di quelle fin qui utilizzate, nella consapevolezza che occorre combattere anche il secondo e il terzo livello del traffico di droga, affrontando, quindi, in modo radicale il tema della corruzione e della collusione dei signori dell'oppio con gli apparati pubblici, politici e amministrativi, nonché le questioni dei loro collegamenti internazionali;
ad adottare ogni iniziativa utile, anche nelle opportune sedi internazionali, per la realizzazione di programmi in sostegno delle donne afghane e per la promozione dei loro diritti e, più in generale, a favorire progetti di cooperazione che stimolino i diversi settori della società civile afgana, per una ricostruzione del paese non solo materiale, ma anche morale e sociale.
(1-00562)
«Tempestini, Rugghia, Maran, Villecco Calipari, Barbi, Colombo, Corsini, Gianni Farina, Garofani, Giacomelli, La Forgia, Laganà Fortugno, Losacco, Migliavacca, Mogherini Rebesani, Narducci, Pistelli, Porta, Recchia, Rigoni, Rosato».
(15 febbraio 2011)

La Camera,
premesso che:
la missione Isaf in Afghanistan, deliberata con voto unanime delle Nazioni Unite e gestita in un contesto multilaterale, fu una scelta difficile ma doverosa all'indomani dell'11 settembre 2001, per contrastare le reti del terrorismo jihadista e assicurare la pace e la stabilità di un paese che ha tuttora un ruolo cruciale in un contesto regionale ancora molto precario;
nel corso di questi anni, tuttavia, le difficoltà che si sono registrate rinviano ai molti interrogativi ancora non sciolti su come affrontare il tema della democratizzazione, che, per quel che riguarda l'Afghanistan, rimandano alle particolari caratteristiche etniche e sociali della società afghana, che hanno reso da sempre difficile la costruzione di un vero Governo centrale;
tali difficoltà, insieme alla presenza di una corruzione endemica - fortemente esasperata dall'essere l'Afghanistan il principale produttore di oppio - hanno posto la comunità internazionale di fronte alla necessità di un ripensamento dei modi e delle forme attraverso cui conseguire i suoi principali obiettivi, la sconfitta del terrorismo e la stabilizzazione del paese, non ignorando l'esistenza di un oggettivo fattore tempo, anche in relazione alle opinioni pubbliche occidentali;
nessun processo di stabilizzazione può essere raggiunto senza un netto miglioramento del contesto regionale e un deciso coinvolgimento di tutti gli attori, dal Pakistan, all'India, all'Iran, che debbono diventare convinti protagonisti di questo processo di pace, indispensabile anche ai fini della loro stabilizzazione. In assenza di questi processi sarebbe molto difficile dare concreto seguito alla nuova strategia annunciata dal Presidente Obama, condivisa dalla comunità internazionale e dall'Italia, che prevede un graduale e progressivo ridimensionamento della presenza militare internazionale, dando così ufficialmente avvio ad una lunga fase di transizione;
la riduzione graduale e concordata, che dovrebbe iniziare dal luglio 2011, dovrà progressivamente comportare la trasformazione della missione militare italiana in una sempre più specifica attività di addestramento che favorisca l'accelerazione del processo di afghanizzazione e non sarebbe, pertanto, compatibile con il mero dislocamento delle Forze militari italiane in altre province dell'Afghanistan;
la cosiddetta exit strategy non può, però, tradursi in una sorta di fuga con conseguenze incalcolabili, tanto sulla popolazione civile, quanto sulla stabilità dei Governi dei paesi dell'area; è, perciò, indispensabile in questa nuova fase che si dia avvio, da un lato, ad una accelerazione di quel processo di governo e gestione della sicurezza del paese da parte degli stessi afghani; dall'altro, ad un'elaborazione di una strategia che si potrebbe definire del «doppio pedale», nella quale contestualmente al progressivo e graduale ridimensionamento delle forze armate, si preveda un rafforzamento deciso e consistente dell'azione politica, civile e sociale delle forze internazionali, con l'obiettivo di responsabilizzare il Governo afghano e le variegate componenti etniche e territoriali che compongono il paese;
in questo nuovo quadro appare, dunque, indispensabile, accanto alla leadership esclusivamente militare che dovrà progressivamente ridursi, rafforzare la leadership civile dell'Onu, al fine di contribuire a governare la difficile fase di transizione, aiutare il consolidamento delle istituzioni afghane e, soprattutto, sostenere ed indirizzare la trattativa tra le varie componenti della società afghana, comprese quelle rimaste sinora estranee al processo di State building e tra gli insorgenti disponibili alla trattativa di pace. Tale trattativa è, infatti, cruciale: chiama in causa anche i Governi dell'area, primo tra tutti il Pakistan, e dovrà condurre ad un accordo molto ampio e, al tempo stesso, innovativo dal punto di vista istituzionale, prendendo atto delle particolarità del paese;
la comunità internazionale sarà chiamata, anche in vista del progressivo graduale ritiro di alcuni contingenti nazionali, ad assumere le necessarie determinazioni; a questo fine è necessario che la coalizione possa agire con una strategia realmente unitaria, rilanciando il ruolo della Nato quale luogo di elaborazione di decisioni effettivamente condivise tra gli alleati, nell'ambito del mandato delle Nazioni Unite; in tale contesto il nostro Paese dovrà concorrere affinché, contestualmente alla graduale riduzione delle truppe, si preveda un forte rafforzamento degli interventi civili, al fine di conseguire l'obiettivo della stabilizzazione del quadro politico, civile e istituzionale dell'Afghanistan;
in occasione del graduale e progressivo ridimensionamento della presenza militare, occorre, altresì, ripensare, in una strategia di lungo periodo, ad un riequilibrio complessivo della quantità e qualità della nostra presenza nelle missioni internazionali all'estero, che tenga conto, in particolare, di quanto sta avvenendo nel Mediterraneo, un'area strategicamente prioritaria per gli interessi geo-politici del nostro Paese;
va ribadito in questa fase il diritto del Parlamento ad una discussione sulle linee della nostra iniziativa diplomatica nella regione ed il diritto ad un'informazione preventiva in merito ad ogni eventuale decisione politica di modifica sostanziale della consistenza quantitativa e qualitativa della presenza italiana; a questo fine si auspica che il Parlamento possa giungere quanto prima all'approvazione della proposta di legge quadro sulle missioni internazionali, al fine di dotarsi di strumenti finanziari certi per il loro finanziamento e di procedure definite con legge per la loro autorizzazione,

impegna il Governo:

ad adottare ogni iniziativa utile, per dare attuazione contestualmente al ritiro delle truppe e alla strategia che preveda un forte rafforzamento dell'azione politica e civile delle forze internazionali, con l'obiettivo di dare al Governo afghano e alle componenti della società civile afghana la possibilità di pervenire alla necessaria stabilizzazione del paese;
a farsi promotore nelle opportune sedi internazionali di una nuova impostazione del processo di institution building in atto in Afghanistan, che, rispettando le peculiarità civili, sociali ed etniche del paese, permetta di giungere a forme efficaci di intesa e di coinvolgimento di grande parte del popolo afghano;
ad adottare ogni iniziativa utile nelle opportune sedi multilaterali volta a rafforzare la leadership civile dell'Onu, per consentire una più efficace gestione, coerenza ed efficacia degli interventi civili, compresi gli aiuti, nella fase di transizione che si aprirà con il previsto graduale ritiro delle truppe, per accompagnare e sostenere il Governo afghano nella riforma interna delle istituzioni e, in particolare, nella trattativa in atto con diversi segmenti degli insorgenti, che appare decisiva ai fini di allargare il consenso verso le istituzioni del paese;
a sostenere, specialmente in ambito dell'Onu, ogni iniziativa internazionale che favorisca la definizione di una complessiva strategia diplomatica regionale volta a promuovere forme di coordinamento e coinvolgimento di tutti i Paesi dell'area - a partire da Iran, Pakistan e India - per giungere alla convocazione in tempi brevi di una conferenza internazionale, in cui si possa valorizzare il ruolo di mediazione del nostro Paese e dell'Unione europea;
a continuare a coinvolgere il Parlamento su modifiche sostanziali dell'impegno italiano in Afghanistan;
ad adottare ogni iniziativa utile volta a sostenere quel percorso di riconciliazione con tutte le componenti afghane, anche tra gli insorgenti, disponibili ad abbandonare l'uso della violenza e tale da permettere al popolo afghano di cercare le soluzioni politiche atte a garantire l'equilibrio tra le tradizioni religiose e culturali e la crescita democratica;
a promuovere con forza il processo di afghanizzazione della sicurezza dell'area, aumentando le risorse disponibili all'addestramento dell'esercito e della polizia locale e incrementando il numero degli addestratori italiani inviati in loco, al fine di accelerare il trasferimento dei compiti di controllo del territorio;
a verificare l'efficacia, dell'azione italiana nel riformare il sistema giudiziario afghano, quale condizione per una lotta efficace contro la diffusa corruzione, ma soprattutto quale condizione per ristabilire un clima di fiducia nei confronti delle istituzioni pubbliche del paese;
ad adottare ogni iniziativa utile, nelle opportune sedi internazionali, affinché, anche attraverso una maggior cooperazione con il Governo afghano, sia rafforzata una pianificazione e una conduzione delle missioni internazionali in Afghanistan che ponga la tutela dei civili e l'esclusione di cosiddetti danni collaterali come obiettivo prioritario e ineludibile, garantendo, altresì, nei casi di vittime civili, indagini trasparenti e chiare sul rispetto delle norme internazionali di diritto umanitario;
a stanziare più credibili risorse finanziarie dirette ad incentivare le attività di cooperazione civile presenti in loco, promuovendo - in accordo col Governo afghano - una rinnovata attenzione allo sviluppo locale, che garantisca la protezione dei civili attraverso la soddisfazione dei loro diritti primari, quali l'educazione, la salute, l'accesso all'acqua e al cibo, e ripensando radicalmente nuove strategie per affrontare il problema dell'oppio, alla luce del fallimento di quelle fin qui utilizzate, nella consapevolezza che occorre combattere anche il secondo e il terzo livello del traffico di droga, affrontando, quindi, in modo radicale il tema della corruzione e della collusione dei signori dell'oppio con gli apparati pubblici, politici e amministrativi, nonché le questioni dei loro collegamenti internazionali;
ad adottare ogni iniziativa utile, anche nelle opportune sedi internazionali, per la realizzazione di programmi in sostegno delle donne afghane e per la promozione dei loro diritti e, più in generale, a favorire progetti di cooperazione che stimolino i diversi settori della società civile afgana, per una ricostruzione del paese non solo materiale, ma anche morale e sociale.
(1-00562)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Tempestini, Rugghia, Maran, Villecco Calipari, Barbi, Colombo, Corsini, Gianni Farina, Garofani, Giacomelli, La Forgia, Laganà Fortugno, Losacco, Migliavacca, Mogherini Rebesani, Narducci, Pistelli, Porta, Recchia, Rigoni, Rosato».
(15 febbraio 2011)

La Camera,
premesso che:
dopo l'attentato terroristico dell'11 settembre 2001 gli Stati Uniti appoggiati dall'Onu decidono di invadere l'Afghanistan, dando il via all'operazione Enduring freedom (libertà duratura), che si poneva come obiettivo la fine del regime dei talebani e la distruzione dei campi di addestramento e della rete di Al Qaeda, l'insieme di entità politico-militari di ispirazione islamica che con mezzi terroristici intende destabilizzare l'Occidente e che ha a capo Osama Bin Laden;
dopo durissimi bombardamenti ed azioni di guerra, il regime talebano viene rovesciato in poco più di un mese, nel novembre del 2001. Al potere si insedierà Hamid Karzai, tuttora Capo di Stato dell'Afghanistan;
nel paese, a causa dell'instabilità politica e dei numerosi attentati terroristici dei talebani, radicati ancora nel sud-est del paese al confine con il Pakistan, sono costrette a permanere le truppe della Nato per contribuire a ristabilire la democrazia;
le forze dell'Isaf sono lì per garantire sicurezza e stabilità al nuovo Governo Karzai;
attualmente l'addestramento della polizia afghana (Afghan national police) è gestito dall'Afghanistan police program;
nonostante sia la polizia a mantenere ufficialmente l'ordine, qualche volta sono i comandi militari regionali ad occuparsi di ciò, soprattutto nelle campagne. Nel 2003, su decisione della NATO, il mandato dell'Isaf fu esteso oltre l'area di Kabul. Nonostante ciò le aree in cui mancano truppe internazionali sono spesso sotto il controllo delle milizie islamiche; per riprendere il controllo di queste zone, sprovviste della copertura di forze di polizia, è stato inviato l'esercito afghano (Afghan national army);
l'attuale Presidente, il primo dalla caduta dei talebani nel 2001, Hamid Karzai, già Capo di Stato ad interim fra il 2001 e il 2004, è stato eletto nel 2004 e riconfermato, nonostante i brogli a lui contestati, nel 2009, in seguito al ritiro del suo sfidante al ballottaggio, Abdullah Abdullah;
la missione Isaf (International security assistance force) è una forza di intervento internazionale che ha il compito di garantire un ambiente sicuro a tutela dell'autorità afghana che si è insediata a Kabul il 22 dicembre 2001, a seguito della risoluzione n. 1386 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite il 20 dicembre 2001;
dall'agosto del 2003 il contingente è passato alle dipendenze della Nato;
il 2010 è stato sicuramente il più difficile per le truppe alleate e, in generale, per il conflitto afghano; la perdita di vite umane, per i contingenti militari stranieri, è stata superiore agli anni precedenti: 711 da gennaio 2010, tra i quali 498 statunitensi e 103 britannici. Cifre che portano il totale dei caduti in nove anni di guerra a oltre 2.000, inclusi i morti per incidenti e malattie;
in Afghanistan il primo contingente italiano risale al 2003, con l'invio di un piccolo contingente a Khost, nella zona sul confine pachistano, e potenziato dal 2005 con lo schieramento di una forza sempre più grande nella regione sud-occidentale e a Kabul. Mentre fino al 2007 le truppe impegnate in combattimento erano pochissime - circa 150 uomini più un nucleo di commandos della Task force 45 - dal 2008 c'e stata un'escalation con una sempre maggiore presenza militare nelle zone di guerra. Da qui il crescente numero di morti italiane. Nessun dato certo lascia intendere che questa tendenza possa declinare, tutt'altro;
più truppe disponibili significa poter dislocare i reparti in più settori e aumentare le operazioni contro gli insorti. Alla proporzione tra aumento di organici e di perdite non è sfuggito neppure il contingente italiano, che nel 2010 ha avuto 12 dei suoi 35 caduti in Afghanistan, due in più dei 33 soldati uccisi in Iraq tra il 2003 e il 2006. Di questi, dieci militari e un agente dell'intelligence sono stati uccisi dal fuoco talebano, mentre un militare è rimasto ucciso in un incidente e un altro si è suicidato;
le perdite subite dal contingente italiano sono proporzionali all'incremento delle forze in campo, salite da 3.200 a 4.000 rispetto al 2009, quando i caduti italiani furono nove, sette dei quali uccisi dai talebani;
l'incremento dei caduti coincide con quanto registrato anche da altri contingente europei, come quello francese (16 morti da gennaio 2010, 52 dal 2002) e tedesco (12 caduti da gennaio 2010 e 46 nell'intero conflitto), mentre le truppe danesi schierate nell'infuocata provincia di Helmand continuano a subire le perdite più elevate in proporzione agli appena 750 militari dislocati in Afghanistan;
il portavoce del Ministero dell'interno afghano, Zemari Bashary, ha specificato che i civili uccisi sono stati il 20 per cento in più rispetto al 2009: 2.042 i morti e 3.750 feriti, colpiti per quasi l'80 per cento dagli insorti. Sul fronte opposto i talebani uccisi sono stati 5.225 e 949 feriti;
le ultime elezioni afghane si sono tenute in un clima di alta tensione nel settembre 2010, con un afflusso alle urne del 40 per cento degli aventi diritto: alle presidenziali del 2009 aveva votato il 30 per cento. I razzi dei talebani hanno provocato, in questa occasione, 14 morti;
non va dimenticato il preziosissimo lavoro svolto dalle nostre Forze militari, che, dall'inizio della missione, hanno portato a termine numerose iniziative di sostegno alla popolazione civile, contribuendo, in vaste zone, a ripristinare condizioni di vita «normale»;
oltre agli interventi più strettamente legati alla sicurezza, sono moltissime le attività svolte a sostegno delle popolazioni locali, avviate e già portate a termine dalla Task force: apertura di scuole, restauri di edifici e moschee, installazione di pompe per pozzi, costruzione di importanti infrastrutture, come ponti, strade e acquedotti. Il tutto per sostenere la vita della popolazione locale;
fra gli eventi più importanti si vuole ricordare la riunione da parte delle Forze italiane; con ben 82 capivillaggio, che hanno assicurato la loro cooperazione con le forze Isaf e le forze afghane;
tutto questo lavoro ha meritato l'encomio del Presidente Usa Obama;
nonostante gli sforzi profusi, la situazione odierna dell'Afghanistan non è affatto come si sperava divenisse. Gli enormi sacrifici, anche di vite umane, hanno di molto migliorato la situazione, ma non hanno prodotto quelle condizioni che si ritenevano indispensabili per riportare la democrazia in Afghanistan, in particolare lo scenario di guerra è sempre più duro e il nostro contingente è immerso in quella realtà;
è necessario chiarire al Paese che le nostre truppe sono impegnate in zone di guerra per interessi nazionali e sovranazionali e, allo stesso tempo, è altresì giusto che ci si interroghi, insieme ai nostri alleati, sui tempi della nostra permanenza in quelle terre;
in tal senso, appare fondamentale appoggiare e sostenere il lavoro svolto dai nostri soldati in Afghanistan, affinché si determinino in quell'area condizioni di stabilità che possano permettere al popolo afghano, nella certezza di una raggiunta democrazia, di camminare da solo nella propria storia,

impegna il Governo:

a confermare, coerentemente con la nuova strategia condivisa nell'ambito del recente vertice di Lisbona, il proprio contributo aggiuntivo, con particolare riguardo al settore della formazione delle forze di sicurezza afghane, ai fini del definitivo trasferimento delle responsabilità in materia di sicurezza;
a presentare al Parlamento un piano, predisposto in accordo con gli alleati e le autorità afghane, che possa assicurare certamente entro il 2014, ma se possibile anche prima, un rientro delle nostre truppe dall'Afghanistan, fermo restando che l'impegno della Nato a sostegno dell'Afghanistan non verrà meno a quella scadenza, ma proseguirà anche attraverso lo strumento di cooperazione fra le parti, approvato in occasione del vertice di Lisbona;
ad accrescere l'impegno civile italiano per la stabilizzazione dell'Afghanistan, in termini di sviluppo, rafforzamento istituzionale e collaborazione economica, per contribuire in tal modo a creare le condizioni affinché il processo di transizione sia irreversibile e sostenibile;
a continuare a svolgere un ruolo attivo e propositivo, nei fori internazionali dedicati all'Afghanistan, per evidenziare l'importanza di un approccio regionale alla questione afghana e per facilitare il processo politico inter-afghano.
(1-00563)
«Porfidia, Sardelli, Belcastro, Calearo Ciman, Catone, Cesario, D'Anna, Grassano, Gianni, Iannaccone, Milo, Moffa, Mario Pepe (IR), Pionati, Pisacane, Polidori, Razzi, Romano, Ruvolo, Scilipoti, Siliquini».
(15 febbraio 2011)

La Camera,
premesso che:
dopo l'attentato terroristico dell'11 settembre 2001 gli Stati Uniti appoggiati dall'Onu decidono di invadere l'Afghanistan, dando il via all'operazione Enduring freedom (libertà duratura), che si poneva come obiettivo la fine del regime dei talebani e la distruzione dei campi di addestramento e della rete di Al Qaeda, l'insieme di entità politico-militari di ispirazione islamica che con mezzi terroristici intende destabilizzare l'Occidente e che ha a capo Osama Bin Laden;
dopo durissimi bombardamenti ed azioni di guerra, il regime talebano viene rovesciato in poco più di un mese, nel novembre del 2001. Al potere si insedierà Hamid Karzai, tuttora Capo di Stato dell'Afghanistan;
nel paese, a causa dell'instabilità politica e dei numerosi attentati terroristici dei talebani, radicati ancora nel sud-est del paese al confine con il Pakistan, sono costrette a permanere le truppe della Nato per contribuire a ristabilire la democrazia;
le forze dell'Isaf sono lì per garantire sicurezza e stabilità al nuovo Governo Karzai;
attualmente l'addestramento della polizia afghana (Afghan national police) è gestito dall'Afghanistan police program;
nonostante sia la polizia a mantenere ufficialmente l'ordine, qualche volta sono i comandi militari regionali ad occuparsi di ciò, soprattutto nelle campagne. Nel 2003, su decisione della NATO, il mandato dell'Isaf fu esteso oltre l'area di Kabul. Nonostante ciò le aree in cui mancano truppe internazionali sono spesso sotto il controllo delle milizie islamiche; per riprendere il controllo di queste zone, sprovviste della copertura di forze di polizia, è stato inviato l'esercito afghano (Afghan national army);
l'attuale Presidente, il primo dalla caduta dei talebani nel 2001, Hamid Karzai, già Capo di Stato ad interim fra il 2001 e il 2004, è stato eletto nel 2004 e riconfermato, nonostante i brogli a lui contestati, nel 2009, in seguito al ritiro del suo sfidante al ballottaggio, Abdullah Abdullah;
la missione Isaf (International security assistance force) è una forza di intervento internazionale che ha il compito di garantire un ambiente sicuro a tutela dell'autorità afghana che si è insediata a Kabul il 22 dicembre 2001, a seguito della risoluzione n. 1386 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite il 20 dicembre 2001;
dall'agosto del 2003 il contingente è passato alle dipendenze della Nato;
il 2010 è stato sicuramente il più difficile per le truppe alleate e, in generale, per il conflitto afghano; la perdita di vite umane, per i contingenti militari stranieri, è stata superiore agli anni precedenti: 711 da gennaio 2010, tra i quali 498 statunitensi e 103 britannici. Cifre che portano il totale dei caduti in nove anni di guerra a oltre 2.000, inclusi i morti per incidenti e malattie;
in Afghanistan il primo contingente italiano risale al 2003, con l'invio di un piccolo contingente a Khost, nella zona sul confine pachistano, e potenziato dal 2005 con lo schieramento di una forza sempre più grande nella regione sud-occidentale e a Kabul. Mentre fino al 2007 le truppe impegnate in combattimento erano pochissime - circa 150 uomini più un nucleo di commandos della Task force 45 - dal 2008 c'e stata un'escalation con una sempre maggiore presenza militare nelle zone di guerra. Da qui il crescente numero di morti italiane. Nessun dato certo lascia intendere che questa tendenza possa declinare, tutt'altro;
più truppe disponibili significa poter dislocare i reparti in più settori e aumentare le operazioni contro gli insorti. Alla proporzione tra aumento di organici e di perdite non è sfuggito neppure il contingente italiano, che nel 2010 ha avuto 12 dei suoi 35 caduti in Afghanistan, due in più dei 33 soldati uccisi in Iraq tra il 2003 e il 2006. Di questi, dieci militari e un agente dell'intelligence sono stati uccisi dal fuoco talebano, mentre un militare è rimasto ucciso in un incidente e un altro si è suicidato;
le perdite subite dal contingente italiano sono proporzionali all'incremento delle forze in campo, salite da 3.200 a 4.000 rispetto al 2009, quando i caduti italiani furono nove, sette dei quali uccisi dai talebani;
l'incremento dei caduti coincide con quanto registrato anche da altri contingente europei, come quello francese (16 morti da gennaio 2010, 52 dal 2002) e tedesco (12 caduti da gennaio 2010 e 46 nell'intero conflitto), mentre le truppe danesi schierate nell'infuocata provincia di Helmand continuano a subire le perdite più elevate in proporzione agli appena 750 militari dislocati in Afghanistan;
il portavoce del Ministero dell'interno afghano, Zemari Bashary, ha specificato che i civili uccisi sono stati il 20 per cento in più rispetto al 2009: 2.042 i morti e 3.750 feriti, colpiti per quasi l'80 per cento dagli insorti. Sul fronte opposto i talebani uccisi sono stati 5.225 e 949 feriti;
le ultime elezioni afghane si sono tenute in un clima di alta tensione nel settembre 2010, con un afflusso alle urne del 40 per cento degli aventi diritto: alle presidenziali del 2009 aveva votato il 30 per cento. I razzi dei talebani hanno provocato, in questa occasione, 14 morti;
non va dimenticato il preziosissimo lavoro svolto dalle nostre Forze militari, che, dall'inizio della missione, hanno portato a termine numerose iniziative di sostegno alla popolazione civile, contribuendo, in vaste zone, a ripristinare condizioni di vita «normale»;
oltre agli interventi più strettamente legati alla sicurezza, sono moltissime le attività svolte a sostegno delle popolazioni locali, avviate e già portate a termine dalla Task force: apertura di scuole, restauri di edifici e moschee, installazione di pompe per pozzi, costruzione di importanti infrastrutture, come ponti, strade e acquedotti. Il tutto per sostenere la vita della popolazione locale;
fra gli eventi più importanti si vuole ricordare la riunione da parte delle Forze italiane; con ben 82 capivillaggio, che hanno assicurato la loro cooperazione con le forze Isaf e le forze afghane;
tutto questo lavoro ha meritato l'encomio del Presidente Usa Obama;
nonostante gli sforzi profusi, la situazione odierna dell'Afghanistan non è affatto come si sperava divenisse. Gli enormi sacrifici, anche di vite umane, hanno di molto migliorato la situazione, ma non hanno prodotto quelle condizioni che si ritenevano indispensabili per riportare la democrazia in Afghanistan, in particolare lo scenario di guerra è sempre più duro e il nostro contingente è immerso in quella realtà;
è necessario chiarire al Paese che le nostre truppe sono impegnate in zone di guerra per interessi nazionali e sovranazionali e, allo stesso tempo, è altresì giusto che ci si interroghi, insieme ai nostri alleati, sui tempi della nostra permanenza in quelle terre;
in tal senso, appare fondamentale appoggiare e sostenere il lavoro svolto dai nostri soldati in Afghanistan, affinché si determinino in quell'area condizioni di stabilità che possano permettere al popolo afghano, nella certezza di una raggiunta democrazia, di camminare da solo nella propria storia,

impegna il Governo:

a confermare, coerentemente con la nuova strategia condivisa nell'ambito del recente vertice di Lisbona, il proprio contributo aggiuntivo, con particolare riguardo al settore della formazione delle forze di sicurezza afghane, ai fini del definitivo trasferimento delle responsabilità in materia di sicurezza;
ad informare il Parlamento del piano definito con gli alleati e le autorità afghane approvato dal vertice Nato di Lisbona con le indicazioni temporali in esso contenute;
ad accrescere l'impegno civile italiano per la stabilizzazione dell'Afghanistan, in termini di sviluppo, rafforzamento istituzionale e collaborazione economica, per contribuire in tal modo a creare le condizioni affinché il processo di transizione sia irreversibile e sostenibile;
a continuare a svolgere un ruolo attivo e propositivo, nei fori internazionali dedicati all'Afghanistan, per evidenziare l'importanza di un approccio regionale alla questione afghana e per facilitare il processo politico inter-afghano.
(1-00563)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Porfidia, Sardelli, Belcastro, Calearo Ciman, Catone, Cesario, D'Anna, Grassano, Gianni, Iannaccone, Milo, Moffa, Mario Pepe (IR), Pionati, Pisacane, Polidori, Razzi, Romano, Ruvolo, Scilipoti, Siliquini».
(15 febbraio 2011)

La Camera,
premesso che:
il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, con la risoluzione n. 1386 del 20 dicembre 2001, ha autorizzato la costituzione di una forza multinazionale, International security assistance force (Isaf), con il compito di condurre operazioni militari secondo il mandato ricevuto, in cooperazione e coordinazione con le forze di sicurezza afghane ed in coordinazione con le forze della coalizione, al fine di assistere il Governo afghano nel mantenimento della sicurezza, favorire lo sviluppo delle strutture di Governo, di estendere il controllo del Governo su tutto il paese e di assistere gli sforzi umanitari e di ricostruzione, nel quadro degli accordi di Bonn del 5 dicembre 2001;
la missione Isaf in Afghanistan è stata decisa pochi giorni dopo il tragico attentato alle Torri gemelle di New York l'11 settembre 2001, con un voto unanime del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che ha considerato di interesse comune della comunità internazionale il contrasto al terrorismo jihadista e l'avvio di una serie di interventi militari e civili per assicurare la pace e la stabilità in quell'area così strategica;
l'Afghanistan, in seguito alla caduta del regime talebano ed al contrasto alle cellule di Al Qaeda insediate nel paese, è sicuramente cambiato: è iniziata una faticosa ricostruzione delle infrastrutture materiali, sono state riaperte migliaia di scuole ed a milioni di bambine e ragazze è stato nuovamente possibile frequentare corsi scolastici; è iniziato il rientro di numerosi profughi dal Pakistan; è iniziata una complessa fase di nation building con numerose elezioni a tutti i livelli (locali, parlamentari, presidenziali), con l'avvio di importanti riforme nel settore della giustizia e dello stato di diritto;
il nostro Paese è uno dei principali contributori alla missione Isaf in termini di personale militare, il cui operato è ampiamente e pienamente apprezzato non soltanto da tutti i partner presenti in quel teatro operativo, ma anche dalle autorità e dalle popolazioni locali;
l'Italia ha svolto sin dal 2002 un significativo ruolo nella costruzione istituzionale dell'Afghanistan, a cominciare dall'iniziale assunzione della posizione di «nazione guida» nel settore della giustizia, che ha permesso di creare le condizioni per la realizzazione di un piano nazionale per la giustizia. In questo contesto l'Italia continua a dare un importante contributo all'affermazione dei principi dello stato di diritto ed alla tutela e promozione dei diritti fondamentali di tutti i cittadini;
l'Italia ha fornito in questi quasi 10 anni di impegno militare e civile in Afghanistan un contributo qualitativo e quantitativo di estrema importanza, sia nelle attività di contrasto al terrorismo ed all'insorgenza talebana, sia nelle azioni per avviare un concreto progresso economico, sociale ed istituzionale dell'Afghanistan;
l'operazione Isaf non va, però, considerata una missione a tempo indeterminato, in quanto il suo obiettivo è quello di creare le condizioni minime di sicurezza nel paese, formare le forze di sicurezza locali, consolidare le istituzioni democratiche, permettere le condizioni sul terreno per avviare concrete azioni per lo sviluppo economico;
la fondamentale azione della componente militare, nel garantire le condizioni di sicurezza e di controllo del territorio, ed il ruolo della componente civile, nella ricostruzione istituzionale ed economica, costituiscono i due aspetti inscindibili dell'approccio onnicomprensivo adottato dalla comunità internazionale per la stabilizzazione e la ricostruzione dell'Afghanistan;
è importante proseguire la riflessione strategica iniziata con la Conferenza di Londra del 2010, finalizzata a migliorare l'azione sul terreno, con l'obiettivo di migliorare l'efficacia e l'autorità delle istituzioni afghane, di combattere la corruzione, di ridurre le perdite fra i civili, di contrastare il fenomeno della produzione dell'oppio, di consolidare la stabilità e la sicurezza in aree sempre maggiori per permettere l'avvio di concrete iniziative per lo sviluppo. Tali azioni permetteranno di avvicinare il momento in cui gli afghani saranno in grado di governare e gestire autonomamente la sicurezza nel loro paese;
con tale obiettivo in mente sarà decisivo dare un più consistente impulso all'azione politica e sociale, in modo da rendere efficace quella militare, destinare maggiori risorse alla popolazione e più attenzione allo sviluppo locale, sostenere vigorosamente la nuova concezione della sicurezza che consideri la protezione dei civili una priorità;
si esprime un grande apprezzamento per il lavoro svolto dalle donne e dagli uomini del contingente militare italiano in Afghanistan, che hanno operato in questi anni in un teatro difficile con grande professionalità, apprezzata da tutte le componenti civili e militari della missione. In particolare, si esprime grande apprezzamento per il lavoro svolto in questi anni nella regione di Herat, dove l'Italia ha guidato il Regional command west delle forze della coalizione e dove grazie all'impegno del contingente italiano sono aumentate in modo significativo le condizioni di sicurezza e di sviluppo dell'intera area ed è stata realizzata una fondamentale attività di formazione della polizia afghana, dell'esercito afghano e della polizia di frontiera;
si rinnova il sentimento di vicinanza e di profondo cordoglio alle famiglie dei caduti in Afghanistan durante lo svolgimento del loro dovere, assolvendo al compito loro affidato di contribuire a garantire la pace e la sicurezza per il nostro Paese attraverso il contrasto del terrorismo internazionale,

impegna il Governo:

a rafforzare la capacità di risposta e di protezione dei nostri soldati in termini di mezzi e di equipaggiamenti, nonché ad assumere iniziative per adeguare la tutela normativa connessa all'alto rischio che la missione comporta;
a confermare, coerentemente con la nuova strategia discussa e condivisa nell'ambito dell'Alleanza atlantica, il proprio contributo di risorse militari agli sforzi internazionali, ai fini dell'avvio della fase di transizione, destinata ad accelerare e completare il processo di trasferimento delle responsabilità in materia di sicurezza alle forze afghane;
a valutare l'opportunità di potenziare la capacità addestrativa del contingente italiano, che già si è conquistata alta considerazione, riconosciuta a livello internazionale, mediante l'incremento del numero delle unità addestrative;
a promuovere, nelle sedi competenti, le iniziative per sviluppare maggiormente gli interventi di ricostruzione e di assistenza umanitaria alla popolazione afghana, nonché i progetti necessari a favorire la ricostruzione civile ed economica del paese;
a promuovere con forza il processo di afghanizzazione della sicurezza dell'area, aumentando le risorse disponibili all'addestramento dell'esercito e della polizia locale, al fine di accelerare il trasferimento dei compiti di controllo del territorio;
a verificare l'efficacia dell'azione della comunità internazionale e italiana nel riformare il sistema giudiziario afghano, adottando ogni ulteriore iniziativa utile a combattere con decisione la diffusa corruzione;
ad assumere iniziative volte a stanziare adeguate risorse finanziarie, sia destinate direttamente alla popolazione, sia dirette ad incentivare le attività di cooperazione civile presenti in loco, rilanciando nuove strategie atte ad affrontare con efficacia il problema dell'oppio e a garantire la protezione dei civili, anche attraverso la soddisfazione dei loro diritti primari, quali l'educazione, la salute, l'accesso all'acqua e al cibo;
ad adottare ogni iniziativa utile volta a sostenere un processo di dialogo tra tutte le componenti politiche della società afghana che accettino di partecipare al processo democratico, di abbandonare la violenza e di avviare così un serio percorso di riconciliazione con tutte le componenti;
ad adottare ogni iniziativa utile per la realizzazione di programmi in sostegno delle donne afghane e per la promozione dei loro diritti;
a riferire costantemente sull'evoluzione della situazione in Afghanistan, sia sugli aspetti relativi all'impegno militare che sullo stato di attuazione delle attività di sostegno alla ricostruzione ed allo sviluppo dell'Afghanistan.
(1-00564)
«Vernetti, Adornato, Della Vedova, Moroni, Bosi».
(15 febbraio 2011)

DISEGNO DI LEGGE: S. 2402 - RATIFICA ED ESECUZIONE DELL'ACCORDO TRA IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA ED IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA FEDERATIVA DEL BRASILE IN MATERIA DI COOPERAZIONE NEL SETTORE DELLA DIFESA, FATTO A ROMA L'11 NOVEMBRE 2008 (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 3882)

A.C. 3882 - Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).

1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica federativa del Brasile in materia di cooperazione nel settore della difesa, fatto a Roma l'11 novembre 2008.

A.C. 3882 - Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 2.
(Ordine di esecuzione).

1. Piena ed intera esecuzione è data all'Accordo di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 15 dell'Accordo stesso.

A.C. 3882 - Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 3.
(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.