XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di lunedì 7 marzo 2011

TESTO AGGIORNATO AL 5 LUGLIO 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
il 30 agosto 2008 l'Italia e la Libia, rispettivamente rappresentati dal Presidente del Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi e Muhammar Gheddafi, hanno firmato il Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione;
il trattato è stato ratificato dal Parlamento italiano nel febbraio 2009, dopo una battaglia parlamentare che ha visto la presentazione di oltre 6000 emendamenti da parte della delegazione radicale;
le modalità e i contenuti della discussione parlamentare hanno segnalato fin da subito che alcuni aspetti del Trattato di amicizia con la Libia erano profondamente controversi, tanto che il voto favorevole finale, a differenza di quanto accade normalmente in sede di ratifica dei trattati internazionali, è stato solo dei gruppi del PdL, della Lega e del partito Democratico;
l'Italia è stata il primo ed unico Paese, che ha stipulato un trattato di «amicizia» con la Libia, dopo che questo Paese è stato tolto dalla lista di quelli sotto sanzioni del Consiglio di sicurezza dell'Onu, sanzioni che erano state imposte dopo l'accertamento delle responsabilità delle autorità di Tripoli in attività di terrorismo internazionale che hanno colpito interessi e tolto la vita a cittadini di Paesi alleati dell'Italia all'interno della Nato e dell'Unione europea;
in particolare alcuni aspetti del trattato vanno stigmatizzati:
a) il Trattato prevede, all'articolo 8 un impegno economico dell'Italia di 250 milioni di dollari per 20 anni, attraverso costruzione di opere pubbliche in Libia, a titolo di «risarcimento» per il colonialismo italiano degli inizi del '900; nessuna cifra è stata, invece, indicata nel trattato per risarcire né gli italiani espulsi dalla Libia dopo il colpo di Stato del Colonnello Gheddafi, né per le imprese italiane che hanno continuato a lavorare in Libia e che non si sono viste corrispondere i crediti che vantano legalmente;
b) l'articolo 4 del trattato impegna l'Italia tra l'altro a non permettere «l'uso dei propri territori in qualsiasi atto ostile contro la Libia»;
inoltre, a seguito della ratifica del trattato, e nonostante ciò non fosse previsto né nel testo del trattato né nel protocollo di cooperazione, firmato a Tripoli il 29 dicembre 2007 tra il Ministro dell'interno Amato e il Ministro degli esteri libico Abdurrahman Mohamed Shalgam riguardante il pattugliamento del tratto di Mediterraneo tra la Sicilia e la Libia con equipaggi misti italo-libici, con motovedette messe a disposizione dall'Italia, sono iniziate le operazioni di respingimento collettivo in mare dei migranti provenienti dalla Libia che, come confermato dal Ministro Maroni nell'informativa davanti alle Commissioni esteri ed affari istituzionali del 2 marzo 2011, hanno riguardato per lo più cittadini provenienti dall'Africa sub Sahariana e dunque persone potenzialmente suscettibili di protezione umanitaria o di poter ricevere l'asilo politico;
tali operazioni di respingimento collettivo in mare, senza identificazione dei migranti, è stata volte criticata molte volte dalle Agenzie delle Nazioni Unite che si occupano di difesa dei diritti umani e dei diritti dei rifugiati, in quanto la Libia non ha mai ratificato la convenzione ONU sui diritti dei rifugiati del 1953;
nel giugno del 2010, inoltre, il Governo libico ha deciso di chiudere l'ufficio di Tripoli dell'Agenzia ONU per i rifugiati, lasciando dunque gli immigrati respinti in Libia in collaborazione con il Governo italiano, senza alcun tipo di monitoraggio del rispetto dei loro diritti;

a seguito delle rivolte popolari del gennaio e febbraio 2011 in Tunisia e in Egitto che hanno determinato le dimissioni del presidente Ben Ali e del presidente Mubarak, il 17 febbraio 2011 sono iniziate manifestazioni anche in Libia, in particolare nella regione orientale di Bengasi, per chiedere la fine della dittatura che dura da oltre 40 anni;
tali manifestazioni secondo le notizie riportati sia dai media internazionali che da osservatori esterni, sono state represse violenza dal Governo libico, anche con attacchi militari e bombardamenti aerei di zone dove si trovavano civili;
il Governo italiano ha prima espresso indifferenza nei confronti della sorte dei cittadini civili in Libia (19 febbraio - Presidente Berlusconi: «la situazione è in evoluzione e quindi non mi permetto di disturbare nessuno») mentre, dopo le dure condanne politiche nei confronti del Governo libico provenienti dall'Unione Europea e dagli Stati Uniti per le violenze contro i civili in una nota del 21 febbraio si legge che il Presidente Berlusconi, è allarmato per l'aggravarsi degli scontri e per l'uso inaccettabile della violenza sulla popolazione civile»);
il 22 febbraio 2011 la Lega Araba, ha deciso, a seguito della repressione nei confronti della popolazione civile di sospendere la Libia come suo membro;
il 26 febbraio 2011 il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha firmato una serie di sanzioni contro la Libia, tra cui il congelamento dei beni di Gheddafi e dei suoi familiari depositati negli Stati Uniti;
il 27 febbraio 2011 il consiglio di sicurezza dell'ONU ha approvato all'unanimità una risoluzione ai sensi del capitolo 7 della Carta dell'ONU, e quindi obbligatoria per tutti gli Stati membri dell'ONU, che «deplora la grave e sistematica violazione dei diritti umani, tra cui fa repressione di manifestanti pacifici», prevede il blocco dei beni di Gheddafi, dei suoi familiari e di alcuni dignitari, l'embargo alle vendite di armi e deferisce al procuratore della Corte penale internazionale le indagini su quanto avvenuto in Libia a partire dal 15 febbraio 2011;
in questo quadro politico internazionale, l'Italia l'unico Paese membro dell'Unione europea e della Nato ad avere vincoli formali di collaborazione politica con la Libia;
un trattato non può essere inoperante di fatto, come erroneamente sostenuto, in quanto i vincoli politici ed economici che derivano dal momento della sua entrata in vigore, restano tali fino a quando il Trattato non venga denunciato per la sua violazione;
è chiaro che la Libia non è uno Stato che sta rispettando i diritti umani fondamentali, secondo quanto previsto dall'articolo 6 del trattato di «amicizia» e il Consiglio di sicurezza, l'Unione europea, il Consiglio sui diritti umani dell'ONU, hanno condannato le violenze in corso come, da ultimo, ha fatto anche il Governo italiano,


impegna il Governo:


ad attivare le procedure previste dalla convenzione di Vienna sul diritto dei trattati per la denuncia del Trattato di «amicizia» con la Libia e a chiederne l'immediata sospensione;
a gestire la crisi umanitaria e i flussi dei migranti verso l'Italia nel rispetto delle norme internazionali in materia di rispetto dei diritti umani non procedendo ai respingimenti collettivi in mare dei migranti provenienti dal nord Africa.
(1-00581)
«Mecacci, Bernardini, Beltrandi, Farina Coscioni, Maurizio Turco, Zamparutti, Colombo, Sarubbi, Touadi, Duilio, Corsini, Fiano, Ferrari, Capano, Gentiloni Silveri, Gozi, Pierdomenico Martino».

La Camera,
premesso che:
desta preoccupazione quanto sta accadendo nel Mediterraneo ed, in particolare, in Libia, soprattutto per l'esteso ricorso alla violenza da parte delle fazioni in lotta, che dischiude la prospettiva del caos in un Paese di importanza cruciale non solo ai fini degli approvvigionamenti energetici ma anche sotto il profilo del contenimento dei flussi migratori;
va stigmatizzato come ad oggi la mancanza di una politica migratoria e di asilo comune a livello comunitario fa si che, a fronte di un'ondata di migranti che si dirige verso l'Europa nel suo complesso, l'intero onere di accoglimento, identificazione, istruttoria e soggiorno dei singoli immigrati gravi esclusivamente in capo al Paese di primo arrivo;
è altresì urgente costituire pattuglie congiunte con altri Stati membri a ridosso delle acque tunisine, allo scopo di intercettare le imbarcazioni di migranti e garantirne, in sicurezza e con il consenso della Tunisia, il rientro nei porti di partenza;
il Governo italiano ha chiesto una gestione «europea» dell'attuale crisi, cogliendo immediatamente la dimensione e la gravità della stessa e la necessità di ingenti mezzi, materiali ed economici, ma anche una presa di posizione unitaria, ferma, chiara da parte di quell'Europa a cui anelano coloro che scappano dalla violenza, dalla dittatura e dalla fame dei Paesi in rivolta;
a fronte di una tragedia umanitaria di dimensioni definite «bibliche», molti partner europei, soprattutto del nord Europa, stanno frenando sull'opportunità di adottare iniziative europee unitarie, forti e immediate, offrendo un inaccettabile spettacolo di tentennamenti e di mancata solidarietà;
mentre gli Stati Uniti stanno intervenendo con gli strumenti diplomatici a loro disposizione, la Lega araba ha convocato il 23 febbraio 2011 una riunione di emergenza sulla questione libica e le Nazioni Unite hanno già deliberato una risoluzione sulla questione libica il 26 febbraio 2011, solo dopo ripetuti appelli da parte dei Paesi europei della sponda mediterranea, l'Unione europea ha convocato per l'11 marzo 2011 un consiglio straordinario per affrontare lo stato di crisi in Libia e le tensioni politiche nel mondo arabo;
nel frattempo il nostro Paese ha disposto nel più breve tempo possibile (48 ore) una missione umanitaria in Tunisia per portare viveri ed assistenza e realizzare un campo profughi sul posto per le persone in fuga dalla Tunisia e dalla Libia, anche al fine di scoraggiare le partenze. Una missione efficace e concreta che l'Italia sta sostenendo con 5 milioni di euro interamente a carico del proprio bilancio;
l'aiuto economico ventilato nelle cancellerie europee sembra attestarsi sui 20 milioni di euro, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo assolutamente insufficienti e del tutto ingiusti nei confronti del nostro Paese che contribuisce con più di 15 miliardi di euro annui al bilancio comunitario;
va riconosciuto come sia veramente difficile, in questa fase, verificare in modo approfondito e veritiero chi fra gli immigrati abbia davvero diritto all'asilo rispetto a chi non ne abbia o addirittura a chi, collegato al fondamentalismo o al terrorismo di matrice islamica, sfruttando la situazione di crisi, ne approfitti per introdursi in Italia sotto le false spoglie del rifugiato;
appare indispensabile che sia applicato subito il principio del burden sharing tra gli Stati membri con riferimento sia ai rifugiati che agli immigrati irregolari e che si proceda celermente alla realizzazione di un sistema unico di asilo a livello di Unione europea entro il 2012,


impegna il Governo


ad esigere, nelle sedi comunitarie, e in particolare nell'ambito del Consiglio dell'Unione

l'adozione di misure immediate di condivisione della gestione dei flussi migratori, delle operazioni di accoglienza e di identificazione e degli oneri conseguenti al prevedibile afflusso di immigrati provenienti dalle zone interessate dalle rivolte delle ultime settimane, con un contributo finanziario solidale straordinario di almeno 100 milioni di euro da parte degli altri partner europei e l'assunzione di precise responsabilità solidali e condivise in materia di attività umanitarie nelle zone di provenienza dei migranti e di pattugliamento congiunto delle coste della sponda sud del Mediterraneo.
(1-00582)
«Reguzzoni, Stefani, Lussana, Luciano Dussin, Fogliato, Montagnoli, Alessandri, Allasia, Bitonci, Bonino, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Guido Dussin, Fava, Fedriga, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Maggioni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Pirovano, Polledri, Rainieri, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi».

La Camera,
premesso che:
il Governo è intervenuto in più occasioni sulle pensioni degli italiani, in ultimo con il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, nonostante più volte i Ministri Tremonti e Sacconi avessero pubblicamente affermato che il sistema pensionistico era quello più vicino all'equilibrio grazie alle riforme del 1992 e del 1995, equilibrio confermato dal presidente dell'INPS Mastrapasqua nella relazione annuale presentata alle Camere sul bilancio dell'Istituto 2009;
tutti gli interventi legislativi del Governo sono avvenuti al di fuori di qualsiasi confronto o concertazione con le parti sociali rappresentanti dei lavoratori e datori di lavoro, di coloro che sono i contribuenti e i beneficiari del sistema. D'altronde le modifiche apportate con l'articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2010 erano in gran parte contenute nel maxiemendamento presentato in Aula in fase di conversione e questo ha impedito al Parlamento ogni possibilità di emendare;
alcune modifiche introdotte mirano a fare cassa più che a intervenire in modo organico per la costruzione di un sistema solido e che tenga conto delle mutate condizioni del mercato del lavoro nel quale si cambia professione e quindi ente previdenziale o categoria più volte nella vita lavorativa;
da un'analisi attenta dei commi da 12-sexies a 12-undecies dell'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante «Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica» si desume come esso contenga misure in materia pensionistica estremamente penalizzanti per i lavoratori. Infatti, forse per impedire alle lavoratrici pubbliche di andare in pensione a 60 anni scegliendo di dimettersi volontariamente e di trasferire la propria posizione assicurativa all'INPS, ai sensi dell'articolo 1, primo comma, della legge 7 febbraio 1979, n. 29, il Governo ha ritenuto, a decorrere dal 1o luglio 2010, di rendere onerose per tutti (lavoratrici e lavoratori), tali ricongiunzioni, fino ad ora completamente gratuite;
queste modifiche penalizzano gravemente le donne, non solo per l'età, ma ancor di più per il fatto che le ricongiunzioni di cui al citato articolo 1 della legge n. 29 del 1979 sono divenute onerose e vengono applicate le stesse modalità di calcolo di cui all'articolo 2 della medesima

legge n. 29 del 1979. Sono molte le donne che devono trasferire i contributi all'INPS, perché non possono sostenere le spese di una ricongiunzione verso l'Inpdap anche se conveniente per avere una pensione migliore. Ricordiamo che, in conseguenza del brusco innalzamento dell'età pensionabile da 60 a 65 anni per le donne del pubblico impiego, previsto sempre dal medesimo decreto citato, (ma ormai con la finestra unica si arriva quasi a 66 anni), il Governo aveva promesso di implementare le risorse a favore della maternità e del tempo dedicato alla cura. Promesse rimaste inattuate: anzi, la legge di stabilità 2011 taglia drasticamente le risorse per le politiche sociali;
il decreto-legge n. 78 del 2010 elimina di fatto un pilastro del sistema e colpisce una platea molto più vasta; in pratica limita fortemente la possibilità di passaggio lavorativa dal settore pubblico al settore privato nel momento in cui andrebbe semmai agevolata. In prospettiva questa scelta cade sulle spalle dei precari della pubblica amministrazione. Si pensi a un professore precario a cui fosse data una possibilità di lavorare nel privato, si troverebbe davanti all'alternativa della perdita dei contributi versati all'Inpdap o una ricongiunzione molto onerosa;
finora lavoratori e lavoratrici avevano l'alternativa dell'articolo 1, primo comma, della legge 7 febbraio 1979, n. 29, che prevedeva la gratuità. Inoltre, per chi non matura il diritto a pensione presso l'INPDAP (per la quale occorrono 20 anni di contribuzione), senza contribuzione INPS l'articolo 1 della legge n. 29 del 1979 non è applicabile, e la legge n. 322 del 1958 è stata abrogata dal decreto-legge n. 78 del 2010;
le disposizioni previste dai commi da 12-sexies a 12-undecies dell'articolo 12 del citato decreto-legge n. 78 del 2010, infatti, hanno abrogato tutte le norme che prevedevano il trasferimento della contribuzione all'INPS gratuitamente: legge 2 aprile 1958, n. 322 (ricongiunzione delle posizioni previdenziali ai fini dell'accertamento del diritto e della determinazione del trattamento di previdenza e di quiescenza); articolo 3, comma 14, del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 562 (Fondo di previdenza per gli elettrici), articolo 28 della legge 4 dicembre 1956, n. 1450 (fondo di previdenza per i telefonici), articolo 40 della legge 22 novembre 1962, n. 1646 (personale dipendente amministrazioni statali, anche con ordinamento autonomo, personale iscritto agli Istituti di previdenza ora INPDAP, personale iscritto all'istituto postelegrafonici (IPOST)), articolo 124 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092 (dipendenti civili statali, militari in servizio permanente e continuativo), articolo 21, comma 4, e l'articolo 40, comma 3 della legge 24 dicembre 1986, n, 958 (carabinieri, graduati e militari di truppa, sergenti di complemento);
per poter cumulare i contributi ai fini del diritto ad un'unica pensione, è necessario avere almeno tre anni di contribuzione versata in ogni singola gestione o fondo, altrimenti non è possibile effettuare la totalizzazione e comunque non esiste una reale reciprocità tra gli enti, tra i fondi sostitutivi, i fondi professionali e non;
in assenza di una reale riforma sulla totalizzazione è plausibile che ci troveremo quindi in presenza di lavoratrici e lavoratori che non potranno avvalersi della totalizzazione e che saranno costretti a pagare in maniera cospicua al fine di poter utilizzare i contributi che comunque hanno già versato; in caso contrario tali lavoratori e lavoratrici saranno costretti dai costi a rinunciare alla valorizzazione di parte della propria contribuzione ai fini pensionistici proprio quando si sta passando al sistema contributivo;
è necessario sottolineare che nelle gestioni pensionistiche diverse dall'assicurazione generale obbligatoria gestita dall'INPS non esiste neanche il diritto alla pensione supplementare. Coloro che percepiscono una pensione INPDAP possono

godere di una pensione supplementare derivante da contributi versati all'INPS, ma coloro che sono titolari di una pensione INPS non possono avere una pensione supplementare derivante da contributi versati all'INPDAP. Alcune di queste differenze erano motivate proprio dal fatto che la costituzione di posizione assicurativa presso l'INPS (prevista dalla citata legge n. 322 del 1958 ora abrogata) o il trasferimento dei contributi all'INPS (articolo 1 della citata legge n. 29 del 1979) era gratuito. Con le disposizioni contenute nel decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, sono state cancellate le norme citate senza alcuna sostituzione;
è del tutto evidente, quindi, come la nuova normativa sia pesantemente lesiva dei diritti dei lavoratori e risulti assolutamente scoordinata con le altre norme vigenti distruggendo una parte, fino ad ora ritenuta fondamentale, del nostro sistema previdenziale;
con lo stesso decreto si è creata la totale incertezza del diritto per quanto riguarda le deroghe relative ai lavoratori in mobilità: per la mobilità ordinaria si fa infatti riferimento solo ed esclusivamente alle aree del Mezzogiorno mentre, per la prima volta, si penalizzano i lavoratori in mobilità lunga inserendoli, con gli altri nel conteggio dei 10.000 beneficiari, previsto dall'articolo 12, comma 5 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. Ricordiamo che la mobilità lunga è sempre stata esclusa perfino dall'applicazione delle finestre di accesso alla pensione. È del tutto evidente che la norma si configura ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo come una vera e propria lotteria: il limite dei 10.000 beneficiari è infatti insufficiente rispetto all'attuale crisi economica, di conseguenza, ne abbiamo chiesto l'ampliamento, pur in presenza della modifica introdotta dalla legge di stabilità per il 2011 che prevede la possibilità per i lavoratori in mobilità, che hanno raggiunto i requisiti per il pensionamento di prolungare l'istituto fino al raggiungimento della finestra;
al contrario, si sarebbero dovute completare le norme per avere un sistema pensionistico adeguato alle nuove realtà, come previsto dal protocollo sul welfare del 2007. Per esempio, sarebbe stato utile intervenire per migliorare la normativa sulla totalizzazione dei contributi in modo da venir incontro ad un mercato del lavoro che impone frequenti cambiamenti di attività; si dovrebbe predisporre un intervento finalizzato al miglioramento delle prestazioni della gestione separata per i parasubordinati, gli iscritti con partita IVA e i professionisti senza cassa mentre si è scelto, al contrario di imporre ulteriori differenziazioni prive di motivazioni per cui a situazioni simili si impongono regole diverse;
gli interventi normativi previsti dal Governo in questi anni di legislatura, si caratterizzano, infine, per la loro contraddittorietà, per la penalizzazione dei lavoratori prossimi alla pensione nonché per la vaghezza e la continua modifica delle condizioni e presupposti per una vita previdenziale chiara e lineare. I ricorrenti cambiamenti messi in atto a livello legislativo rischiano, dunque, di creare una disaffezione dei lavoratori, delle lavoratrici, ma anche dei datori di lavoro, verso il sistema previdenziale, che rischia il collasso e la perdita progressiva di risorse se non si pone un limite alle continue modifiche in atto;


impegna il Governo:


ad adottare iniziative idonee affinché ogni gestione o cassa previdenziale eroghi, a domanda, una pensione supplementare calcolata con il sistema contributivo per coloro che sono già titolari di pensione;
a prevedere iniziative normative idonee per ripristinare la gratuità della costituzione di posizione assicurativa presso l'INPS;
ad assumere iniziative normative che permettano la reale totalizzazione dei contributi versati;

ad ampliare il tetto di 10.000 domande riferito ai casi di mobilità di cui all'articolo 12, commi 5 e 6, del citato decreto-legge n. 78 del 2010;
ad adottare iniziative normative che, tenendo conto dei mutamenti intervenuti nel mercato del lavoro, in conseguenza dei quali è sempre più frequente il cambiamento di più attività lavorative e di più datori di lavoro nel corso della vita, consentano di arrivare ad un sistema che permetta una completa e gratuita ricostruzione di carriera senza ingiustificate perdite di versamenti contributivi;
a prevedere le opportune iniziative affinché le risorse risparmiate con l'innalzamento dell'età pensionabile delle donne possano essere effettivamente finalizzate al finanziamento di servizi sociali e servizi volti al sostegno della maternità e della conciliazione dei tempi di cura e di lavoro;
a intervenire, anche con specifiche iniziative normative, al fine di consentire la prosecuzione volontaria dei contributi, nonché il trasferimento gratuito dei contributi provenienti da qualunque fondo all'INPS.
(1-00583)
«Gnecchi, Damiano, Lenzi, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, Villecco Calipari, Agostini, Baretta, Bocci, Braga, Brandolini, Carella, Marco Carra, Concia, Coscia, De Biasi, De Pasquale, Esposito, Farinone, Ferrari, Froner, Ghizzoni, Giovanelli, Laganà Fortugno, Lucà, Marchi, Marchignoli, Marchioni, Mariani, Miotto, Motta, Murer, Pedoto, Rugghia, Samperi, Scarpetti, Siragusa, Strizzolo, Tullo, Vannucci, Velo, Vico, Borghesi, Paladini, Aniello Formisano, Narducci».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:

CERONI, CICCIOLI, ABRIGNANI e BALDELLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
si aggrava di ora in ora la situazione delle Marche, flagellate da due giorni dal maltempo, con circa 150 millimetri di pioggia caduti su tutta la regione. Al momento si contano 3 morti, ma la situazione sarebbe stata molto più grave se la protezione civile non avesse per tempo diramato un avviso di criticità idrogeologica, con precipitazioni diffuse, forti mareggiate ed il limite delle nevicate ridotto a meno di 200 metri;
nella notte tra il 1o ed il 2 marzo, dopo che il fiume Chienti è fuoriuscito dagli argini a Sambucheto (Macerata), un gruppo di sfollati è stato raggiunto in gommone da una squadra di pompieri, e messo in sicurezza. Numerosissimi gli sgomberi nel Fermano, fra Casette d'Ete, Porto Sant'Elpidio, Sant'Elpidio a mare;
il ponte sul torrente Fiastra (uno dei più lunghi della regione) sulla provinciale Corridonia-Colbuccaro è parzialmente sprofondato nel corso d'acqua, bloccando, sino a data da destinarsi, la circolazione tra aree particolarmente produttive; peraltro, per frane, smottamenti ed altri pericoli sono state chiuse in tutto o in parte ben 14 provinciali; chiusi anche caselli autostradali, il raccordo autostradale 11 nei pressi di Ascoli, la strada statale 77 a Civitanova Marche; una frana ha interrotto la ferrovia regionale Civitanova-Albacina e ad Ancona è stato chiuso l'aeroporto;
anche i fiumi Menocchia e Tronto si trovano in imminente pericolo di esondazione che provocherebbe danni incalcolabili alle attività produttive poste ai margini dell'alveo dei suddetti fiumi; i fiumi Tenna,

Ete Vivo ed Ete Morto hanno già tracimato dal loro corso naturale in più punti con danni e disagi nelle campagne circostanti e alle attività produttive;
in tutte le Marche si segnalano campagne allagate, gravi danni alle colture con aziende finite sottacqua e campi di verdure devastati, con le semine appena effettuate di barbabietola da zucchero spazzate via dalle acque;
una prima stima dei danni alle colture è stata effettuata dalla Coldiretti, che li ha valutati in 100 milioni di euro; decine di migliaia di ettari di terreno agricolo sono sottacqua, gli allagamenti delle campagne hanno provocato perdite soprattutto a ortaggi, verdure, vivai e si temono danni per le piante da frutto, oppresse sotto il peso delle abbondanti nevicate e c'è grande preoccupazione per le semine primaverili; mentre per quanto riguarda i danni alle attività produttive non è ancora possibile prevederne l'entità;
il presidente della regione ha provveduto sollecitamente a richiedere lo stato di emergenza -:
se non ritenga opportuno dichiarare lo stato di emergenza nella prima riunione utile del Consiglio dei ministri.
(3-01494)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

PELUFFO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
presso il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo è stata istituita, all'interno del Comitato per le strategie e lo sviluppo dei prodotti turistici italiani volto alla destagionalizzazione, la Commissione per la promozione e il sostegno del turismo enogastronomico;
nella lettera di convocazione si chiede ai componenti di prendere parte alla prima riunione della Commissione sul turismo enogastronomico istituita presso il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo convocata lunedì 30 marzo 2009 a Milano presso l'Associazione Nazionale Circolo della Libertà -:
se corrisponda al vero la notizia riportata in premessa, quali iniziative intenda intraprendere affinché le riunioni istituzionali del Governo non vengano svolte in sedi di partito e se non intenda in tale senso richiamare l'allora Sottosegretario, oggi Ministro.
(5-04321)

CICCANTI, AGOSTINI, CAVALLARO, VANNUCCI, GIOVANELLI, GINOBLE e FAVIA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
la regione Marche e alcuni comuni della provincia di Teramo sono stati colpiti da una forte ondata di maltempo che non si registrava negli ultimi 40 anni (secondo la protezione civile regionale sono caduti 200 millimetri d'acqua);
sono esondati alcuni fiumi nel centro-sud della regione (Ete vivo ed Ete morto) mentre la parte nord è alle prese con forti nevicate con pericolo di valanghe;
allo stato della cronaca risultano disperse due persone a S. Elpidio a Mare, mentre altre famiglie sono state evacuate in alcune frazioni di Ascoli Piceno, Macerata, Ancona, Jesi e Senigallia;
sono state danneggiate alcune importanti infrastrutture di comunicazione ed, in particolare, si registrano: la chiusura temporanea dell'aeroporto «Raffaello Sanzio» di Ancona; la chiusura del casello dell'autostrada A14 di Porto S. Giorgio e dello svincolo autostradale di Ascoli Porto d'Ascoli; l'interruzione della linea ferroviaria Civitanova-Albacina (binario unico) per il cedimento di un binario;
la viabilità registra i danni più urgenti a causa di frane e crollo di ponti, ragione per cui sono stati interrotti i collegamenti tra molti centri abitati, con gravi ripercussioni sui soccorsi e sull'approvvigionamento dei viveri, che subiscono forti rallentamenti;

la protezione civile, i vigili del fuoco e le forze di polizia sono mobilitate a tempo pieno per far fronte all'emergenza, stante anche i rinforzi giunti dalla Campania e dalla Toscana;
alcuni comuni (Senigallia ed Osimo) hanno chiuso le scuole;
la regione Marche sta svolgendo la ricognizione degli ingenti danni per chiedere il riconoscimento dello stato di emergenza per il grave pregiudizio subito dalle infrastrutture civili e il riconoscimento della calamità naturale, stanti le devastazioni subite dall'agricoltura -:
se non ritenga di assumere iniziative normative per includere anche le Marche nella fruizione delle risorse previste dall'articolo 2, comma 12-quinquies, del decreto-legge n. 225 del 2010 «mille-proroghe», che prevede per Liguria, Veneto e Campania un fondo di 100 milioni per ciascuno degli anni 2011 e 2012 per far fronte agli eccezionali eventi metereologici che hanno colpito tali regioni, così come sono state colpite le Marche;
quali iniziative di solidarietà nazionale intenda promuovere a favore e sostegno dei territori marchigiani gravemente colpiti dagli eventi metereologici richiamati.
(5-04331)

MARGIOTTA e LUONGO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la Basilicata, cosi come gran parte del territorio nazionale, è stata investita ieri da eventi meteorici di intensità e durata eccezionali, che hanno determinato conseguenze disastrose;
in particolare, è stata interrotta la circolazione automobilistica lungo la strada statale Basentana, a causa del cedimento di un pilone del viadotto Calciano 2 presso lo scalo Tricarico-Grassano-Garaguso, lungo la strada statale Jonica e, per effetto di una frana, lungo la strada statale 92 in località Laurenzana;
è stato interrotto il traffico ferroviario per allagamento dei binari, a causa dello straripamento del Bradano e del Basento nelle tratte tra Ferrandina e Salandra e tra Ginosa e Metaponto;
ingenti danni si registrano sulle colture, sulla viabilità principale e secondaria, sul patrimonio immobiliare;
il presidente della provincia di Matera ha chiesto al Governo la dichiarazione dello stato di calamità naturale;
il prefetto di Matera ha chiesto al Governo l'intervento dell'Esercito;
il presidente della regione ha chiesto che lo Stato faccia la sua parte, perché è in queste situazioni che si misura la presenza delle istituzioni centrali sui territori;
nel decreto-legge n. 225 del 2010, cosiddetto milleproroghe, approvato nei giorni scorsi, sono stati stanziati 100 milioni di euro a favore di Veneto, Campania e Messina -:
quali iniziative intenda assumere il Governo per fronteggiare l'emergenza determinatasi in Basilicata;
quali azioni intenda compiere nella fase post-emergenziale;
quali finanziamenti intenda mettere a disposizione di un territorio da sempre fortemente soggetto a rilevanti fenomeni di dissesto idrogeologico.
(5-04332)

Interrogazioni a risposta scritta:

DIMA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
le forti ed abbondanti precipitazioni piovose di queste ultime ore in Calabria stanno provocando enormi disagi ed evidenti problemi alla circolazione stradale ed al fragile assetto idrogeologico della regione;

si è registrata, nella giornata del 1o marzo del 2011, una vittima a Reggio Calabria, nel rione Arghillà. Il pensionato mentre era alla guida della propria auto, è stato investito da fango e detriti che lo hanno trasportato a valle fino al torrente Pettogalicco;
il problema del precario equilibrio idrogeologico dei territori calabresi risulta di particolare importanza ed evidenza alla luce soprattutto di alcuni dati forniti dalla Protezione civile e da Legambiente nello studio «Ecosistema a rischio» che, inserendosi nell'«Operazione Fiumi» condotta a livello nazionale attraverso il monitoraggio di 1700 comuni classificati ad alto rischio dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dall'unione delle Province Italiane, evidenziano tutte le criticità esistenti nella regione che risulta avere la più alta percentuale di comuni a rischio per frane ed alluvioni;
risulta ormai chiaro che bisogna uscire dalla logica della provvisorietà e dell'emergenza attraverso l'adozione di un serio piano di prevenzione del rischio idrogeologico e di interventi strutturali per la salvaguardia del suolo che non può che passare attraverso un potenziamento ed un rafforzamento degli interventi finanziari che, allo stato, risultano insufficienti per garantire qualunque intervento di prevenzione;
la giunta regionale, in questi ultimi mesi, ha avviato procedure di razionalizzazione degli interventi nel settore e di programmazione mirata soprattutto sul versante della spesa finanziaria e delle azioni da attuare che lasciano ben sperare sull'affermazione di un nuovo metodo di lavoro per questi problemi -:
quali iniziative, il Governo, intenda porre in essere per la realizzazione di un complessivo monitoraggio dello stato di salute del territorio, per lo stanziamento delle risorse finanziarie idonee ad attuare questo piano di risanamento e di messa in sicurezza e per trasferire alla regione Calabria le risorse necessarie a garantire celerità a tale percorso.
(4-11113)

LAMORTE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
in data 1 e 2 marzo 2011 si è verificata un'alluvione di straordinaria portata che ha colpito il territorio della regione Basilicata, con esondazione dei fiumi, allagamenti di interi comprensori, smottamenti e rilevantissimi danni alla rete infrastrutturale e varia;
tale alluvione ha messo in ginocchio l'economia regionale ed, in particolar modo, il comparto agricolo, che ha subìto danni di proporzioni bibliche alle strutture aziendali, ai macchinari, agli impianti e alle produzioni; tale fenomeno si è registrato con particolare intensità e gravità in provincia di Matera nell'area metapontina -:
quali azioni intenda intraprendere il Governo a sostegno delle popolazioni colpite ed, in particolare, per gli operatori del comparto agricolo, già fortemente provato da crisi strutturale di settore;
se, considerata la straordinaria portata dell'evento calamitoso e gli ingenti e gravi danni prodotti alle aziende, si intenda procedere all'immediata attivazione delle procedure per il riconoscimento dello stato di calamità.
(4-11120)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro per i rapporti con il Parlamento. - Per sapere - premesso che:
il settimanale L'Espresso del 10 marzo 2011 ha pubblicato un articolo, siglato G.F., dal titolo: «Caso Ustica, non toccate i generali»;

nel citato articolo, si sostiene che «i familiari delle vittime sono avvertiti: rischierà una sonora querela chiunque sosterrà che il DC-9 dell'Itavia fu abbattuto sui cieli di Ustica il 27 giugno del 1980 durante un combattimento aereo tra velivoli militari o da un missile, tirando in ballo depistaggi della nostra Aeronautica militare. Per il governo, che mette in campo i risultati di tutti i processi e di tutte le commissioni di esperti che hanno lavorato attorno alla tragedia, c'è una sola verità: a far esplodere l'aereo fu una bomba. E 31 anni dopo ha incaricato il ministro per i Rapporti con il Parlamento di vigilare sul rispetto di questa versione, anche tramite l'Avvocatura dello Stato, onde tutelare l'onore dell'Aeronautica e dei suoi generali se qualche scettico dovesse tornare a ipotizzare loro responsabilità»;
quella relativa alla strage di Ustica è, secondo affermazioni del giudice Rosario Priore: «una verità indicibile, quella che non è stato possibile rivelare in occasione dell'inchiesta giudiziaria, come del resto è capitato in molte altre inchieste su episodi oscuri della storia italiana recente, a cominciare dalle stragi e dai legami internazionali del nostro terrorismo... la strage di Ustica è un caso coperto dall'omertà internazionale, che è ancora più impenetrabile di quella di una semplice cosca mafiosa siciliana o di una 'ndrina calabrese... l'ipotesi di un cedimento strutturale dell'aereo fu esclusa quasi subito dai periti. Quella di una bomba esplosa all'interno dell'aeromobile, nel vano della toilette, è stata sostenuta a lungo, e ancora oggi c'è ancora chi ne è convinto. Ma è poco credibile, perché le parti principali di questo vano sono state ripescate e su di esse non c'era alcuna traccia di esplosione. No, questa ipotesi non è sostenibile, anche se i periti non hanno mai raggiunto l'unanimità dei pareri... l'ipotesi dell'aereo colpito da un missile è la più probabile. Anche se ce n'è una quarta che ha un certo grado di attendibilità, quella della «near collision» una quasi collisione con un altro aereo... È evidente che il DC-9 fu abbattuto da uno o più aerei militari sicuramente indirizzati verso l'obiettivo di un'efficiente «guida caccia», un potente sistema radar in grado di «vedere» anche a centinaia di chilometri di distanza...», e per quanto riguarda i depistaggi, «È successo di tutto. Testimonianze false, distruzione di documenti, testimoni scomparsi. Nastri con tracciati radar tagliati nei minuti di maggior interesse o fatti addirittura sparire. Per non parlare dei registri, poiché i tracciati radar si conservano anche sul cartaceo: in alcune basi non abbiamo trovato nemmeno quelli. In altre è successo di peggio: abbiamo trovato i registri, ma con fogli mancanti, ed erano proprio quelli della sera del 27 giugno 1980. Tagli netti, fatti addirittura con la lametta...» (dal libro Intrigo internazionale realizzato con la collaborazione del giornalista Giovanni Fasanella, e pubblicato dalle edizioni Chiarelettere);
tale versione, autorevolmente sostenuta, non può, ad avviso degli interroganti, né essere censurata, né tantomeno, essere oggetto di «sonora querela» -:
se quanto riferito da L'espresso corrisponda a verità;
in particolare se sia vero che sia stato incaricato, e da chi, il Ministro per i rapporti con il Parlamento di «vigilare» sul rispetto della versione secondo la quale il DC-9 Itavia sia esploso a causa di una bomba collocata a bordo.
(4-11148)

FERRANTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
in data 2 marzo 2011, alle ore 13.12, l'agenzia di stampa Ansa ha battuto la seguente notizia: "L'Avvocatura dello Stato di Milano al momento non si costituirà per conto dell'Agenzia delle entrate all'udienza preliminare sul caso Mediatrade, che comincerà sabato prossimo davanti al GUP Maria Viciodomini. Tra gli imputati figurano Silvio Berlusconi, accusato di appropriazione indebita e frode fiscale e altre 11 persone tra cui il figlio Pier Silvio e Fedele Confalonieri. Da quanto si è saputo, l'Avvocatura

non avrebbe ottenuto l'autorizzazione a costituirsi nel procedimento dalla Presidenza del Consiglio dei ministri che, per ora, sembra preferire attendere gli sviluppi processuali -:
se tale notizia sia fondata e, nel caso, per quali ragioni la Presidenza del Consiglio dei ministri non abbia ancora dato l'autorizzazione all'Agenzia delle entrate di Milano di costituirsi parte civile, tramite l'Avvocatura dello Stato, all'udienza preliminare sul caso Mediatrade e su quali atti istruttori sia stata assunta tale decisione.
(4-11160)

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AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

III Commissione:

NARDUCCI e TEMPESTINI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
le relazioni diplomatiche tra la Repubblica italiana e quella di San Marino sono da tempo in una fase critica di stallo a causa delle vicende finanziarie della Repubblica del Titano, susseguenti le decisioni prese dal G20 del 2 aprile 2009 a Londra nel quadro della lotta ai cosiddetti «paradisi fiscali»;
la Repubblica di San Marino attraversa una fase economica molto difficile, non da ultimo a seguito della riorganizzazione del sistema finanziario che deve soddisfare i parametri della convenzione dell'OCSE contro la corruzione internazionale;
l'economia della Repubblica di San Marino riveste una particolare importanza per i territori delle regioni confinanti, Emilia Romagna e Marche, dalle quali provengono gli oltre 6.000 lavoratori frontalieri occupati nelle imprese sanmarinesi, con un effetto moltiplicatore sull'indotto che alimenta l'economia di confine con la Repubblica del Titano e conseguenzialmente sui bilanci di numerosissime famiglie;
il Governo di San Marino ha introdotto, con la legge finanziaria approvata nel mese di dicembre 2010, una tassazione supplementare che per i lavoratori italiani si traduce in una decurtazione salariale del 9 per cento, parzialmente recuperabile in sede di dichiarazione dei redditi; una norma - sulla quale pende un ricorso di costituzionalità - che abolisce la deduzione della quota spese produzione reddito per i soli lavoratori fiscalmente non residenti, creando di fatto una disparità retributiva tra sanmarinesi e italiani, nonostante il contratto di lavoro e le mansioni svolte siano a pari condizioni;
il Consiglio sindacale interregionale (CSIR) ha sollevato l'eccezione di incostituzionalità della norma, ricorrendo al collegio dei garanti;
la ripresa del dialogo tra i due Paesi pare indispensabile per risolvere i problemi di natura fiscale dei frontalieri italiani impiegati nella Repubblica di San Marino -:
quali canali politico-diplomatici il Governo abbia attivato oppure intenda attivare per tutelare i diritti degli oltre 6.000 frontalieri italiani che svolgono le loro attività nella Repubblica di San Marino, in modo da rimuovere il disagio in cui, questi cittadini, si sono venuti a trovare.
(5-04329)

EVANGELISTI e LEOLUCA ORLANDO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'Italia non solo è uno dei principali partner commerciali della Libia, ma è il maggiore esportatore europeo di armamenti al regime di Gheddafi;
i rapporti dell'Unione europea sulle esportazioni di materiali e sistemi militari certificano che nel biennio 2008-2009 l'Italia ha autorizzato alle proprie ditte l'invio

di armamenti alla Libia per oltre 205 milioni di euro che ricoprono più di un terzo (il 34,5 per cento) di tutte le autorizzazioni rilasciate dall'Unione europea (circa 595 milioni di euro);
tra gli altri Paesi europei che nel recente biennio hanno dato il via libera all'esportazione di armi agli apparati militari di Gheddafi, figurano la Francia (143 milioni di euro), il piccolo Stato di Malta (quasi 80 milioni di euro), la Germania (57 milioni), il Regno Unito (53 milioni) e il Portogallo (21 milioni);
a differenza dei colleghi europei, il Ministro interrogato, a quanto consta agli interroganti, non ha fatto alcun riferimento anche solo alla sospensione temporanea dei rifornimenti di armi a Gheddafi. Eppure da quando sono iniziate le manifestazioni di piazza in diversi Paesi del nord Africa non sono mancate le dichiarazioni in tal senso delle principali cancellerie europee;
la Francia è stata la prima nazione ad annunciare la sospensione dell'invio all'Egitto non solo di sistemi militari ma anche di ogni materiale esplosivo o destinato al controllo dell'ordine pubblico, tra cui i gas lacrimogeni;
le due organizzazioni Rete italiana per il disarmo e Tavola per la pace hanno denunciato che armi fornite dall'Italia al colonnello Gheddafi in questi ultimi anni (in particolare elicotteri e aeromobili, bombe, razzi e missili) potrebbero essere state usate nella sanguinosa repressione di questi giorni della popolazione civile libica, che sta protestando pacificamente contro il regime, e hanno chiesto il blocco immediato della vendita di armi e di ogni altra forma di collaborazione militare con la Libia;
anche il segretario generale di Amnesty International, Salil Shetty, in una lettera inviata al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno e al Ministro degli affari esteri, ha chiesto la sospensione della fornitura di armi, munizioni e veicoli blindati alla Libia fino a quando non sarà cessato completamente il rischio di violazione dei diritti umani;
da quando nel 2004 l'Unione europea ha revocato l'embargo totale alla Libia, le esportazioni di armamenti italiani al regime del colonnello Gheddafi hanno registrato un crescendo impressionante. Si è passati, cioè, dai poco meno di 15 milioni di euro del 2006 ai quasi 57 milioni del 2007. Ma è soprattutto nell'ultimo biennio - anche a seguito del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra Italia e Libia firmato a Bengasi nell'agosto del 2008 - che le esportazioni di armamenti italiani verso le coste libiche hanno ripreso slancio;
come ricorda il giornalista del mensile Popoli, Enrico Casale, nella sua approfondita inchiesta sulle esportazioni di armamenti italiani alla Libia dal titolo «Roma-Tripoli: compagni d'armi», «questi velivoli, in origine Siai Marchetti, che in Europa vengono utilizzati come addestratori, ma che in Africa e America Latina sono spesso impiegati come bombardieri, sono stati venduti all'Aeronautica libica negli anni Settanta»;
la legge n. 185 del 1990 e la posizione comune dell'Unione europea sulle esportazioni di armamenti chiedono di accertare il «rispetto dei diritti umani nel paese di destinazione finale e il rispetto del diritto internazionale umanitario da parte di detto paese» e di rifiutare le esportazione di armamenti «qualora esista un rischio evidente che la tecnologia o le attrezzature militari da esportare possano essere utilizzate a fini di repressione interna»;
proprio per evitare questo tipo di utilizzo, Francia, Germania e Regno Unito hanno deciso nei giorni scorsi di sospendere le esportazioni militari a diversi Paesi tra cui la Libia -:
per quali ragioni, rispetto alle decisioni assunte dai partner europei, il Governo non abbia deciso la sospensione delle esportazioni militari soprattutto in Libia, alla luce dei recenti, drammatici

accadimenti e quale sia la reale portata dei rifornimenti italiani di armamenti alla Libia, pari a più di un terzo di tutte le autorizzazioni rilasciate dall'Unione europea.
(5-04330)

Interrogazione a risposta scritta:

GIRLANDA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 2 marzo 2011 il quotidiano kuwaitiano Al-Qabas riferiva di una sorta di «piano Marshall» per i Paesi del Golfo, progetto a cui sta lavorando il Consiglio di Cooperazione del Golfo (Gcc), organismo che riunisce i sei Paesi della regione, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Kuwait, Qatar, oltre a Oman e Bahrein;
tale progetto è diretto ad incoraggiare lo sviluppo economico e migliorare le condizioni di vita in particolare in Bahrein e Oman, i più deboli della regione a livello economico, recentemente scossi da proteste interne;
tra gli obiettivi del progetto vi è il miglioramento delle condizioni sociali ed economiche dei cittadini, la distribuzione di case, la creazione di posti di lavoro ed il potenziamento dei servizi, nonché la concessione di una via preferenziale di assunzione per i cittadini di Bahrein ed Oman;
l'Italia intrattiene rapporti di carattere diplomatico ed economico con Oman e Bahrein, Paesi maggiormente sconvolti da proteste anti-governative e rivolte nell'area del golfo e della penisola arabica -:
se l'Italia contribuirà direttamente o indirettamente a tale progetto, anche attraverso la modifica degli accordi bilaterali con i Paesi coinvolti, al fine di collaborare al raggiungimento degli obiettivi del piano;
quali ripercussioni avranno i rapporti economici e diplomatici tra l'Italia, l'Oman ed il Bahrein alla luce delle recenti rivolte.
(4-11128)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere - premesso che:
all'interno del sito industriale ACNA ricadenti nei territori dei comuni di Cengio in provincia di Savona e di Saliceto in provincia di Cuneo e del fiume Bormida fu accertata un'ingente fonte inquinante; tale situazione nel corso dei decenni ha interessato il terreno dell'ex fabbrica e tutta la vallata del Fiume Bormida; i dati acquisiti nel corso degli anni hanno evidenziato che il sito risultava caratterizzato da grave inquinamento del suolo, delle falde, dei corpi idrici superficiali, e da ingenti quantitativi di rifiuti tossici depositati senza adeguate forme di protezione in prossimità del fiume Bormida;
nel 1987 le regioni Piemonte e Liguria richiesero al Ministero dell'ambiente la dichiarazione della Valle Bormida quale zona ad elevato rischio di crisi ambientale; con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 18 novembre 1987, furono individuati i 51 comuni interessati nelle province di Cuneo, Asti ed Alessandria; successivamente, con la legge n. 426 del 1998, il sito è stato inserito fra quelli da bonificare di interesse nazionale;
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 18 marzo 1999 è stato dichiarato lo stato di emergenza derivante dalla condizione di crisi socio-ambientale dell'area riguardante il territorio ove ricadeva il sito industriale dell'ACNA ed è stata affidata la gestione ad un commissario delegato;
in data 4 dicembre 2000 fu sottoscritto l'accordo di programma ai sensi dell'articolo 9, comma 4, del decreto ministeriale n. 471 del 1999 fra il Ministero

dell'ambiente, il Ministero della sanità, il Ministero dell'industria, commercio ed artigianato e la regione Liguria, la regione Piemonte, il commissario delegato, l'A.C.N.A. C.O. s.p.a in liquidazione ed Enichem s.p.a. - ora Syndial, in cui si definivano gli interventi necessari al risanamento ambientale e al riutilizzo delle aree per lo sviluppo di attività produttive eco-compatibili;
la Commissione europea in data 8 ottobre 2009 ha ritenuto che la Repubblica italiana, non avendo sottoposto il progetto denominato messa in sicurezza del sito industriale ex-Acna di Cengio a valutazione d'impatto ambientale ai sensi degli articoli da 5 a 10 della direttiva, sia venuta meno agli obblighi imposti dagli articoli 2, paragrafo 1, e 4, paragrafo 1, della direttiva 85/337/CEE del Consiglio del 27 giugno 1985 concernente la valutazione d'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, come modificata dalla direttiva 97/11/CE;
la Commissione ha inoltre ritenuto che la Repubblica italiana avendo omesso di qualificare come discarica le operazioni di deposito e interramento nell'area A1 del sito ex-Acna di Cengio di terreno contaminato non scavato, di terreno rimosso e di rifiuti pericolosi già in loco come pure ivi trasportati dalle aree del sito (A2, A3, A4) e avendo di conseguenza omesso di garantire la corretta applicazione nel caso di specie della direttiva 99/31/CE del Consiglio del 26 aprile 1999 relative alle discariche di rifiuti, sia venuta meno agli obblighi imposti dalla direttiva 99/31/CE del Consiglio del 26 aprile 1999 relative alle discariche di rifiuti;
nella «Relazione relativa alla caratterizzazione del sito da bonificare di interesse nazionale ex-ACNA di Cengio - Aree Pubbliche - Integrazione 2007-2008» realizzata da ARPA Piemonte-Polo bonifiche è testualmente scritto quanto segue: «Nel lavoro di caratterizzazione iniziale realizzato in corrispondenza delle aree pubbliche sono state realizzate alcune indagini geofisiche, al fine di evidenziare eventuali interramenti abusivi. In particolare, nel comune di Saliceto queste indagini hanno individuato un'area con rifiuti interrati in località PianSottano. In località Case Bazzaretti, a seguito delle indagini geofisiche sono stati effettuati 46 pozzetti esplorativi al fine di verificare visivamente la presenza di detti rifiuti e/o interramenti abusivi; in corrispondenza di alcuni di essi sono state prelevate alcune evidenze di contaminazione. Il sito di Case Bazzaretti risulta ancora essere quello con un maggiore livello di contaminazione, tanto che sono stati individuati 6 punti di prelievo caratterizzati da superamenti dei limiti di legge, fino ad una profondità di tre metri dal piano campagna»;
come rilevato dalla «Relazione tecnica descrittiva-Messa in Sicurezza d'emergenza» redatta dal Centro regionale bonifiche del Piemonte (CREB) l'area di Case Bazzaretti ricade nel campo di inondazione della piena del novembre 1994 e tale circostanza rende opportuno lo studio di un'operazione di messa in sicurezza e stabilizzazione atta ad impedire che un'ondata di piena del fiume Bormida possa provocare l'erosione del sito, trascinando porzioni di terreno contaminato;
il Ministro interrogato in data 13 ottobre 2010 a Cengio ad un incontro pubblico ha dichiarato «Qui a Cengio è stato fatto un lavoro eccellente, tanto migliore quanto più complessa che altrove era la situazione, con una condizione di inquinamento stratificato nei decenni, dalle fabbriche di esplosivi di fine ottocento fino all'Acna. Nelle 4 zone più inquinate, i lavori di bonifica sono sostanzialmente conclusi»;
secondo il presidente della regione Piemonte, Roberto Cota, il quale, durante l'incontro svoltosi il 13 ottobre a Cengio, in provincia di Savona, ha dichiarato, «certifichiamo una bonifica profonda e completa, che non lascia ombre e non lascia pericoli», sarebbe sancita la fine della bonifica in Val Bormida dopo l'inquinamento provocato dell'ex stabilimento dell'Acna;

in data 9 febbraio 2011 il presidente della regione Piemonte Roberto Cota e il presidente della regione Liguria Claudio Burlando hanno concordato con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un'accelerazione della definizione della transazione sul danno ambientale e hanno manifestato un'unità di intenti per il reimpiego del sito con attività pulite coinvolgendo Finpiemonte e Filse -:
quale sia la situazione reale di bonifica del sito ex-Acna, in particolare per quanto concerne le zone dove sono presenti 4 milioni di metri cubi di rifiuti pericolosi, nonché l'area Bazzaretti nel comune di Saliceto (Cuneo), per la quale il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nel 2008, con determina dirigenziale, prescrisse la messa in sicurezza, ma nella quale, ad oggi, non risulta avviato alcun lavoro di bonifica;
quali siano le garanzie certe per la tutela della salute della popolazione della Valle Bormida, in primis dei residenti nelle prossimità dell'ex fabbrica, ma anche di tutti i cittadini della Valle Bormida che, allo stato attuale della situazione, sembrano condannati a convivere, per i prossimi decenni, con milioni di metri cubi di rifiuti tossico-nocivi;
quale sia la quantificazione dell'importo economico preciso del danno ambientale dovuto alla Valle Bormida secondo quanto prescritto dalla normativa nazionale ed europea;
quali misure si intendano intraprendere per coinvolgere, attivamente, la popolazione e le associazioni ambientaliste, al fine di rendere trasparenti e condivise tutte le decisioni future in merito alla questione dell'ex-Acna.
(2-00990)
«Fiorio, Lovelli, Bobba, Fogliardi, Lucà, Mario Pepe (PD), Carella, Fiano, Agostini, Barbi, Ferrari, Tidei, Damiano, Trappolino, Servodio, Cenni, Vannucci, Zucchi, Bratti, Codurelli, Meta, Villecco Calipari, Capano, Minniti, Boccuzzi, Mariani, Braga, Marco Carra, Rossomando, Cambursano, Cuomo, Esposito, Giorgio Merlo, Portas, Misiani, Marrocu, Ceccuzzi».

Interrogazioni a risposta scritta:

MARIANI, REALACCI, BENAMATI, BOCCI, BRAGA, BRATTI, ESPOSITO, GINOBLE, IANNUZZI, MARANTELLI, MARGIOTTA, MORASSUT, MOTTA e VIOLA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
i commi 1110-1115 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006 (finanziaria 2007) hanno previsto l'istituzione del Fondo rotativo per il finanziamento delle misure finalizzate all'attuazione del protocollo di Kyoto;
come stabilito dalle norme sono stati emanati, pur se in notevole ritardo, due decreti attuativi, il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 25 novembre 2008, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 21 aprile 2009, n. 92, e il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 17 novembre 2009, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 22 gennaio 2010, n. 17 attraverso i quali sono state disciplinate le modalità di erogazione delle risorse stanziate con la finanziaria per il 2007 e il tasso di interesse;
il meccanismo del fondo consiste nella concessione di finanziamenti agevolati per interventi nel settore delle rinnovabili, dell'efficienza energetica, della ricerca e della gestione forestale;
l'ammontare complessivo del Fondo rotativo è di 600 milioni di euro, distribuiti in tre annualità di 200 milioni di euro l'una; il Fondo è «rotativo», dal momento che si alimenta attraverso le rate di rimborso dei finanziamenti concessi;
tra i potenziali beneficiari delle risorse del Fondo si registrano le imprese (tra cui le ESCo, Energy service companies), i soggetti pubblici e anche i privati cittadini;

al momento - ad oltre quattro anni dall'approvazione della legge istitutiva del fondo rotativo per Kyoto - i potenziali beneficiari, tra cui gli enti locali, non possono ancora accedere alle risorse del fondo a causa della mancata emanazione della circolare applicativa prevista dal decreto ministeriale del 25 novembre 2008;
il decreto ministeriale 25 novembre 2008 di attuazione della norme istitutive del fondo rotativo per l'attuazione del protocollo di Kyoto ha stabilito dei limiti massimi di potenza per le tipologie di impianto che penalizzano fortemente le comunità montane e i piccoli comuni;
gli interroganti avevano presentato un'interrogazione a risposta immediata in Commissione (5/03436) in cui si chiedeva, tra l'altro, quali fossero i tempi previsti per l'emanazione della circolare, ma nella risposta fornita il 22 settembre 2010 il Sottosegretario Menia non ha dato indicazioni in proposito -:
quando verrà emanata la circolare applicativa e in che tempi il Governo preveda che il fondo rotativo inizierà a funzionare a regime;
se non ritengano opportuno elevare, per gli enti locali, i limiti di potenza al di sotto dei quali vengono concesse le agevolazioni, in modo da consentire loro di realizzare impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, con positive ripercussioni sia sotto il profilo ambientale sia per il bilancio degli enti stessi.
(4-11125)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo una recente ricerca realizzata dall'Ipsos su richiesta di Ecodom, il 55 per cento degli elettrodomestici italiani è smaltito in modo scorretto, quasi il 60 per cento dei grandi elettrodomestici dismessi dai consumatori non viene ritirato dai rivenditori e questa percentuale sale all'88 per cento nel caso dei piccoli elettrodomestici;
secondo il sondaggio, inoltre, il 21 per cento dei cittadini italiani non sa cosa siano le isole ecologiche e il 24 per cento non ha mai utilizzato un'isola ecologica; sono carenti anche le informazioni dei cittadini italiani sul tema dei Raee (i rifiuti elettronici): solo il 14 per cento li definisce in modo preciso, il 15 per cento ne ha una conoscenza «discreta», mentre il 71 per cento non ne sa nulla. Anche per quanto riguarda l'obbligo del ritiro gratuito dei Raee da parte del rivenditore al momento dell'acquisto di una nuova apparecchiatura equivalente (il cosiddetto ritiro «uno contro uno»), il livello di conoscenza è molto basso: solo 17 per cento degli italiani, infatti, sa che esiste questo obbligo, il 53 per cento ne ignora l'esistenza, mentre il 30 per cento ne sa qualcosa, senza però conoscerne i dettagli;
ciascun cittadino italiano produce ogni anno oltre 15 chilogrammi di rifiuti elettronici, ma di questi oltre 10 si perdono lungo canali non ufficiali, spesso ignoti, sempre ambientalmente dannosi -:
se non ritenga il Ministro interrogato di avviare una campagna di informazione sul corretto smaltimento dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche;
quali altre misure di competenza intenda promuovere per migliorare il servizio di raccolta dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche.
(4-11132)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
i recenti fenomeni di maltempo hanno causato 3 vittime nelle Marche ed un morto in Romagna -:
cosa prevedesse l'intesa con le suddette regioni per la prevenzione del rischio idrogeologico e quali interventi si siano attuati.
(4-11136)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
come si evince da un articolo pubblicato dal quotidiano L'Informazione del 2 febbraio 2011, da circa 20 giorni Enel sta procedendo alla messa in sicurezza della diga a Riolunato in provincia di Modena, con lo svuotamento dell'acqua, per poi pulire il bacino di contenimento dell'acqua;
secondo Emilio Salemme presidente della consulta per la tutela dell'ambiente analoga procedura fu seguita nel 1983, ma poi venne interrotta per l'intervento dell'ARPA, che prescriveva la pulizia totale, anche del fondo pieno di rifiuti vari;
il gestore non eseguì la pulizia dati gli alti costi;
i corsi d'acqua a valle, i torrenti Dolo e Scoltenna, sarebbero pieni di limo e rifiuti che distruggono la fauna e microfauna ittica -:
se per l'attività di ENEL POWER sia stata prevista una valutazione di impatto ambientale e, in tal caso, se essa si sia svolta;
se risulti che il fondo della diga abbia rifiuti inquinanti e se e quali prescrizioni siano state date in proposito.
(4-11157)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta orale:

MONAI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
l'allora coordinatore nazionale di Forza Italia e attuale Ministro per i beni e le attività culturali, onorevole Sandro Bondi, durante la campagna elettorale per il rinnovo del consiglio comunale di Cividale del Friuli del 2005, annunciò di condividere e di voler sostenere la candidatura Unesco della città;
nel frattempo la candidatura «Italia Langobardorum, centri di poteri e di culto (568-774 d.C.)» è stata ufficialmente presentata dal Governo Prodi ed è stata ritenuta ammissibile dall'Ufficio Unesco di Parigi;
vi è, quindi, la necessità di un concreto sostegno del Governo in vista della decisione del Comitato per il patrimonio mondiale Unesco, che deciderà tra pochi mesi in Bahrain sulla candidatura seriale;
nel frattempo, va registrata l'inaugurazione del nuovo museo cristiano, occorsa il 21 giugno 2008 e sostenuta con forte impegno finanziario dalla Regione, che è un elemento centrale della proposta di inserimento del sito nella World Heritage List;
a Cividale del Friuli appaiono necessari, a rafforzamento della candidatura predetta, anche altri interventi su importanti edifici di culto, quali la chiesa di San Giovanni in Xenodochio (per la quale vi erano due importanti contributi ministeriali, poi revocati) e il restauro dell'interno della basilica di Santa Maria Assunta e della chiesa di San Biagio -:
se e in quali termini il Ministro interrogato e il Governo intendano sostenere la candidatura Unesco sopra richiamata e se e come intendano intervenire per garantire la riapertura del museo nel Palazzo De Nordis e il restauro dei suddetti storici edifici di culto.
(3-01497)

Interrogazioni a risposta scritta:

NANNICINI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il 13 gennaio 2011 è stato firmato fra il Ministero per i beni e le attività culturali ed il sindaco di Firenze un «Protocollo di intesa per la definizione e finalizzazione di

azioni condivise atte alla migliore valorizzazione dell'offerta culturale della città di Firenze»;
già il 21 maggio 2010 fu sottoscritto tra comune di Firenze, Ministero per i beni e le attività culturali e soprintendenza del polo museale, un memorandum di intesa per la definizione del progetto per la «card museale» che consentirebbe il libero accesso ai musei statali e comunali;
all'articolo 3 il Ministero si impegna a reperire le risorse per il finanziamento dei lavori del secondo lotto del cantiere «Grandi Uffizi» e per il finanziamento necessario al completamento dell'auditorium «Parco della musica e della cultura»;
agli articoli 4 e 5 del suddetto accordo si prevede che solo dal 2014 saranno destinate alla città di Firenze risorse dal 15 per cento al 20 per cento derivanti dagli introiti complessivi da bigliettazione del polo museale fiorentino;
all'articolo 6 il Ministero si impegna a verificare l'opportunità di introdurre vincoli di «tutela indiretta» di cui all'articolo 45 del codice dei beni culturali e del paesaggio, su aree prossime ai musei statali;
all'articolo 8 «il Ministero si impegna a farsi parte diligente presso il Governo al fine di favorire il reperimento di fondi per le iniziative nell'ambito delle celebrazioni per l'anniversario di Amerigo Vespucci, anche attraverso la predisposizione di un apposito provvedimento legislativo»;
all'articolo 9 il Ministero riconosce il ruolo fondamentale per la musica lirica italiana della Fondazione «Maggio musicale fiorentino» e si impegna a valorizzarne il ruolo anche attraverso il conferimento di parte degli immobili delle «ex scuderie» delle Cascine e di una quota dell'immobile sede del complesso «Parco della musica e della cultura»;
all'articolo 10 il Ministero, riconoscendo il ruolo strategico dei grandi istituti culturali storici che hanno sede nella città di Firenze, quali l'Accademia della Crusca, l'Accademia dei georgofili, l'Istituto studi storici del Rinascimento, il Gabinetto Viesseux, il Museo Galileo, la Biblioteca nazionale si impegna ad aprire un tavolo di confronto per verificare le singole situazioni ed elaborare piani di intervento condivisi -:
quali siano gli orientamenti del Ministero rispetto agli aspetti economici sia per quanto riguarda il prezzo della card museale che per la ripartizione delle entrate derivanti dalla vendita di queste speciali card chiamate «Firenze card» e quando le stesse saranno materialmente messe a disposizione;
quando saranno predisposte le iniziative normative per il reperimento di fondi nell'ambito delle celebrazioni per l'anniversario del grande navigatore ed esploratore fiorentino, Amerigo Vespucci, che cade il 22 febbraio 2012;
in che modo si provvederà a valorizzare il ruolo della Fondazione «Maggio musicale fiorentino» e quando si intenda conferire alla stessa parte degli immobili delle «ex scuderie» delle Cascine e di una quota dell'immobile sede del complesso «Parco della musica e della cultura»;
quali siano le date di apertura dei tavoli di confronto con i grandi istituti culturali storici sopra citati che hanno sede nella città di Firenze e gli altri che si intenderà valorizzare.
(4-11117)

STRIZZOLO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la città di Grado rappresenta un «unicum» storico, archeologico, culturale, linguistico ed ambientale collocato nell'alto Adriatico e parte importante della Laguna di Grado e Marano, ambito naturalistico e paesaggistico fra i più pregiati e

particolari della regione Friuli Venezia Giulia e che emerge dai sotto riportati cenni storici;
Grado, città di origine romana (gradus scalo), fu il primo scalo alle navi che risalivano il corso del Natissa verso Aquileia, allora la città più importante della X Regio Venetia et Istria;
dapprima castrum, con una cinta di mura di forma rettangolare che corrisponde all'area dell'odierno centro storico, divenne con le invasioni barbariche residenza stabile e centro abitativo per le popolazioni che dalla terraferma cercavano scampo alle orde di Attila (452);
nel 568 di fronte all'invasione longobarda, l'arcivescovo aquileiese Paolino vi trasferì la sede vescovile insediandosi come Venetiarum et Histriae Patriarca;
il patriarca Elia completò la costruzione del duomo e abbellì il piccolo borgo con edifici di culto rafforzando la cattedra patriarcale e l'importanza di Grado ma determinando insanabili dissidi con Aquileia appoggiata dai duchi longobardi (scisma dei tre capitoli - 553) che dovevano aver termine solo nel 1180;
nel Medioevo alla cinta muraria romana si aggiunse un'altra comprendente i monumenti paleocristiani rinnovati e riedificati dal vescovo Elia. Grado si trovò ad essere la capitale religiosa di una zona che andava dall'Istria a Chioggia, ebbe un grande sviluppo economico, commerciale ed artistico;
ma la soppressione del patriarcato nel quindicesimo secolo, e la sempre maggior potenza di Venezia fece perdere l'antico splendore alla città che mantenne l'unico privilegio di avere un conte assistito dal consiglio composto dalle sette famiglie patrizie gradesi;
dopo il trattato di Campoformido del 1797 passò all'Austria e, tranne una breve parentesi francese, solo nel 1918 tornò all'Italia;
oggi la città di Grado è conosciuta e apprezzata per le splendide spiagge, il suggestivo paesaggio lagunare-marittimo, i luoghi di culto, tra cui il santuario dell'isola di Barbana mèta di pellegrinaggi in tutto l'arco dell'anno, e per le liriche di Biagio Marin, uno dei poeti più rappresentativi della poesia in dialetto del Novecento;
recentemente sono stati presentati due importanti progetti di trasformazione di parti significative del territorio gradese, uno denominato «Zamparini City» che verrebbe ubicato in zona «Valle Goppion» con la costruzione, stando alle prime informazioni apparse su articoli di stampa locale, di circa 395.000 metri cubi di nuovi fabbricati, l'altro denominato «Grado 3» ubicato nella zona conosciuta come «Sacca dei Moreri» con nuove costruzioni per circa 270.000 metri cubi, sempre secondo quanto riportato dalla stampa locale;
forti sono state le preoccupazioni, rappresentate in diverse iniziative pubbliche da parte di forze politiche locali sia del centrodestra che del centrosinistra che dalla associazioni ambientaliste, per il forte impatto di queste due grandissime operazioni immobiliari sull'intero tessuto economico e sociale della comunità gradese, nonché sui delicati equilibri naturalistici e paesaggistici presenti nell'ambito della laguna di Grado e Marano;
da qualche mese il comune è retto da un commissario straordinario, nominato con decreto dell'assessore alle autonomie locali della regione Friuli Venezia Giulia, n. 314 del 3 giugno del 2010, in seguito alle dimissioni presentate da metà più uno dei componenti del consiglio comunale e, ciò, a seguito di forti contrasti legati anche alle decisioni relative a modifiche urbanistiche collegate - seppure in parte - ai prospettati interventi sopra descritti;
il notevole numero di nuovi alloggi che verrebbero realizzati sulla base dei due interventi, andrebbe ad aggiungersi all'altrettanto notevole numero di alloggi invenduti o sfitti presenti già oggi nel tessuto urbano gradese e, andrebbe ad incidere fortemente sul grado di fruibilità

e sulla qualità dell'ambiente dell'intera realtà locale che, negli anni, ha ricevuto importanti riconoscimenti in rapporto al livello di tutela dell'ambiente e delle sue particolari caratteristiche marittime e lagunari;
l'attuazione dei programmi previsti dai due interventi sopra indicati, andrebbe anche a incidere su significativi tratti di laguna e costa appartenenti al demanio marittimo, oltre che ad alterare la stessa conformazione orografica di parti significative di territorio -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei due programmati interventi e delle loro forti ricadute ambientali, paesaggistiche e finanziarie e se le competenti direzioni dei beni culturali, paesaggistici, naturalistici, dell'ambiente, del territorio e della tutela del mare, nonché l'Agenzia del demanio siano state richieste dei previsti pareri e/o autorizzazioni.
(4-11118)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato su La Stampa il 4 marzo risulta che a Santa Margherita Ligure, uno dei più antichi porticcioli d'Italia, un'ansa naturale fatta apposta per pescherecci, gozzi e yacht di medie dimensioni, esiste un nuovo progetto, proposto dalla società «Santa Benessere & Social» che prevede un investimento di 70 milioni di euro, per un notevole ampliamento del porto e la riqualificazione della zona a sud (sono state già rilevate le licenze di tre stabilimenti balneari) con la creazione di un centro di talassoterapia sul modello della francese Saint Malo. Per quanto riguarda il porto l'obiettivo è di allungare la diga foranea di 80 metri e il molo di sottofluttuo di un centinaio di metri, con la creazione di 150 nuovi posti barca in grado di garantire lo stazionamento per tutto l'anno anche di maxiyacht di oltre 50 metri. Il centro di talassoterapia sarebbe invece dotato di 250 parcheggi interrati, 25 suites, piscine, campi da tennis, negozi e ristoranti. Secondo i promotori verrebbero garantiti 195 posti di lavoro più altri 350 nell'indotto, con una ricaduta annuale sul territorio di 31 milioni di euro;
i soggetti coinvolti sono imprenditori e professionisti tra i quali la «Santa Benessere & Social» che fa capo a una società lussemburghese, la Rochester Holding, a sua volta controllata da società domiciliate nelle Isole Vergini e a Panama, ma comunque riconducibili a Gabriele Volpi. Nato a Recco, 68 anni, uomo d'affari nell'indotto del petrolio e del gas attraverso la holding Intels;
accanto a Volpi, come amministratore delegato della «Santa Benessere», troviamo il costruttore Gianantonio Bandera, uomo vicinissimo al Segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone dai tempi della sua permanenza a Genova. Proprio il cardinale lo ha voluto nel consiglio di amministrazione della fondazione Magistrato di Misericordia che amministra immobili della curia genovese e nel consiglio di amministrazione della fondazione Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo (Padre Pio), oltre a essere fra i realizzatori del nuovo centro dell'ospedale Bambin Gesù a Roma. Presidente della «Santa Benessere», infine, è l'avvocato Andrea Corradino, presidente di banca Carispezia (gruppo Credit Agricole), vicepresidente dello Spezia Calcio;
il soprintendente ai beni architettonici e paesaggistici per la Liguria ha espresso la propria contrarietà al progetto -:
se quanto riferito in premessa sia vero e di quali ulteriori informazioni disponga in merito il Governo;
quali iniziative si intendano promuovere per la conservazione di uno dei più antichi porticcioli d'Italia.
(4-11156)

DIFESA

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della difesa, per sapere - premesso che:
un articolo pubblicato l'11 febbraio 2011 su costruendo.lindro.it denuncia che in Europa c'è un alto numero di ordigni nucleari Usa: 150 in Germania, 110 in Gran Bretagna, 90 in Italia, 90 in Turchia, 20 in Belgio e 20 in Olanda;
la presenza di bombe nucleari in Italia è stata confermata nel 2005 dall'allora sottosegretario alla difesa, Giuseppe Drago;
in riferimento a tali ordigni, alcuni rapporti del Pentagono precisano che «La loro forza esplosiva distruggerebbe all'istante e completamente un'area equivalente alla metà della superficie geografica italiana, con un impatto distruttivo avvertibile in un'area equivalente a 10 volte le dimensioni della Penisola»;
«Le atomiche di proprietà degli Stati Uniti d'America schierate in Italia complessivamente hanno una potenza distruttiva pari a 900 volte l'effetto prodotto sulle bombe sganciate alla fine della seconda guerra mondiale dagli Usa sul Giappone (Hiroshima e Nagasaki)» - si legge ancora nell'articolo succitato - e il Presidente americano peraltro può decidere in ogni momento di utilizzarle anche senza il permesso dell'Italia, quindi «piloti statunitensi possono decollare con armamenti atomici dalle basi italiane senza che sia necessaria alcuna decisione del nostro governo»;
sempre su costruendo.lindro.it dell'11 febbraio 2011 è riportata la dichiarazione dell'ammiraglio in pensione Falco Accame, ex presidente della Commissione Difesa della Camera, in cui denuncia che «L'Italia è un Paese a sovranità limitata, in caso di incidente, non esiste alcun piano coordinato di emergenza tra autorità militari, protezione civile, prefettura ed enti locali. È del tutto evidente che ci si trova di fronte a una grave lesione delle prerogative democratiche del Parlamento, che rimane all'oscuro di ciò che accade nelle basi e della natura degli accordi tra Italia e Usa»;
secondo un sondaggio del 2006 commissionato da Greenpeace a StreatCom, la presenza delle bombe è «ignorata dal 60 per cento degli europei e da quasi il 70 per cento degli italiani», i quali - si precisa - con il referendum del 1987 hanno detto no al nucleare;
gli ordigni nucleari rappresentano un serio pericolo per il nostro Paese, sono difficilmente conservabili e se colpiti da un fulmine possono esplodere. Queste armi sono «potenziali obiettivi di attacchi terroristici» ed inoltre, come dichiarato da Romano Prodi, «c'è la possibilità che dall'Italia possa essere sferrato un attacco nucleare contro l'Iran»;
la presenza di tali ordigni comporta anche la violazione del trattato di non proliferazione delle armi nucleari, nella parte in cui prevede che «Ciascuno degli Stati militarmente non nucleari, si impegna a non ricevere da chicchessia armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi, direttamente o indirettamente» -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa e se corrisponda al vero che in Italia vi siano armi nucleari statunitensi.
(2-00987) «Zazzera, Di Stanislao».

Interrogazione a risposta in Commissione:

BORGHESI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
è in essere un procedimento disciplinare che prevede la consegna di rigore per il maresciallo Vincenzo Bonaccorso, reo di aver partecipato a due convegni dell'Euromil rispettivamente a Bruxelles ed a Berlino;

il Maresciallo Vincenzo Bonaccorso in servizio presso la stazione dei carabinieri di Sarmeola di Rubano in provincia di Padova, è il fondatore dell'Associazione Pastrengo che nel 2007 è stata oggetto di revoca del nulla osta da parte del Ministero della difesa (requisito «sine qua non» in Italia per la nascita di un'associazione fra militari) per «possibile deriva sindacale» e quindi «possibili conseguenze giuridiche negative per i militari iscritti»;
la formula appare ormai ambigua. Sarebbe infatti opportuno cosa significa «possibile deriva sindacale del sodalizio»;
si dice cioè che la Pastrengo non ha posto in essere condotte sindacali (il che solo avrebbe in teoria legittimato il procedimento), ma presenta sintomi di pericolosa deriva sindacale. Così stando testualmente la motivazione, è agevole replicare che qualora questa tendenza dovesse concretizzarsi in condotte realmente sindacali, l'amministrazione sarà ben legittimata ad avviare un procedimento per la revoca dell'assenso. A parere dell'interessato questo al momento della revoca non ne aveva ancora titolo;
a dispetto di ciò, Bonaccorso chiedeva ed otteneva che l'Associazione entrasse a far parte dell'Euromil, l'Organizzazione europea delle associazioni militari, al cui proposito la legione carabinieri Veneto - compagnia di Padova - scrive che «da ricerche effettuate Euromil si identificherebbe in un'associazione europea di organizzazioni militari che conta la partecipazione di circa 30 associazioni militari provenienti da 24 paesi con la finalità di rappresentare i diritti e gli interessi personali degli iscritti»;
a seguito di ciò il segretario generale dell'Euromil Mr. Emmanuel Jacob provvede ad indire una petizione con raccolta di firme che in pochi giorni tocca quota 500 aderenti ed a cui aggiunge una propria dichiarazione, spiegando gli scopi dell'organizzazione che presiede, nonché facendo presente che questo genere di procedimento disciplinare, questa volta sì lesivo di diritti ed interessi personali, va giusto a cozzare contro una selva di protocolli e documenti europei ed internazionali firmati, anche dal Governo italiano quali la Dichiarazione universale dei diritti umani (Onu, 1948), gli articoli 20 e 23 del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (1966), l'articolo 8 del Patto internazionale sui diritti politici e civili (1966), l'articolo 22 del Patto europeo sui diritti e la protezione degli esseri umani e delle loro libertà fondamentali (1950), l'articolo 11 del Trattato sociale europeo (1961 rivisto e aggiornato nel 1996), l'articolo 5 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (2000), l'articolo 12 del Trattato di Parigi per una nuova Europa (1990), ma soprattutto la libertà di associazione e assemblea pacifica sancita dall'OSCE per quel che concerne gli aspetti politico-militari di sicurezza (Budapest 1994, capitolo VII, paragrafo 32);
la questione attira l'attenzione dell'OSCE che si mobilita: nella figura di Mr. Robert-Jan Uhi, capo del dipartimento dei diritti umani, che ravvisa una lesione proprio di quei diritti umani che da sempre vengono negati agli appartenenti delle forze militari italiani;
non va poi ignorata la raccomandazione del Consiglio d'Europa n. 1742 del 2006 sui diritti umani dei membri delle Forze armate e gli articoli 2 e 3 della Costituzione Italiana;
sul tema dei diritti dei militari, l'Associazione degli ufficiali svedesi, indignati da quanto avvenuto, a sua volta ha provveduto ad inviare una lettera di protesta all'ambasciata italiana di Stoccolma in merito alla consegna di rigore inflitta a Bonaccorso e sembra che le associazioni militari di altre nazioni europee siano in procinto di fare altrettanto -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se non ritenga di dover intervenire in modo da concedere una reale difesa dei diritti ai lavoratori in divisa e da evitare che i procedimenti disciplinari a carico del Maresciallo Bonaccorso abbiano ulteriore corso.
(5-04318)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della difesa, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 26 febbraio 2011 gli esperti inviati dalla procura di Lanusei per un'ispezione nel poligono di Quirra (Cagliari) hanno scoperto valori di radioattività cinque volte superiori alla norma;
informazioni giornalistiche parlano di 14 persone uccise dalla leucemia in un paese di 150 abitanti e di 14 bambini nati con gravi malformazioni, mentre secondo i veterinari delle asl di Lanusei e Cagliari, nel deposito che si trova a Capo San Lorenzo, si sono ammalati di cancro nel sangue 10 pastori su 18;
secondo gli inquirenti in quei magazzini diversi soldati che lavoravano come magazzinieri si erano ammalati tutti della stessa patologia: linfoma di Hodgking;
nel 2007, il Centro italiano di ricerche aerospaziali (Cira) ha versato al Ministero della difesa per l'utilizzo del poligono sperimentale interforze del Salto di Quirra un milione e duecentomila euro per tre anni con la possibilità di rinnovare l'accordo per ulteriori dieci anni -:
quali urgenti misure si intendano adottare per evitare l'esposizione a radioattività di persone ed animali nella zona;
se e quali controlli permanenti e scientificamente qualificati siano in atto o si intendano effettuare;
se non si ritenga di avviare lo smantellamento del poligono di Quirra;
se l'accordo tra il Centro italiano di ricerche aerospaziali (Cira) e il poligono sperimentale interforze del Salto di Quirra sia stato rinnovato.
(4-11131)

DI BIAGIO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
all'articolo 2, comma 27, della legge 23 dicembre 2009 n. 191 (legge finanziaria per il 2010) è stata prevista la costituzione della società per azioni denominata «difesa servizi Spa»;
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, serie generale n. 39 del 17 febbraio 2011, è stato pubblicato il decreto ministeriale con il quale è promulgato lo statuto della società «Difesa servizi Spa»;
il suindicato decreto agli articoli 2 e 3 risulta silente in merito ai nominativi dei componenti del consiglio di amministrazione della suddetta società e alla nomina del collegio sindacale della società;
la citata legge finanziaria 2010 all'articolo 2, comma 34, dispone che «con lo stesso decreto (di approvazione dello statuto della società Difesa servizi Spa) siano nominati i componenti del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale per il primo periodo di durata in carica;
alcune indiscrezioni di stampa, circolate all'indomani della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del citato decreto, hanno rivelato il nominativo del presidente del consiglio di amministrazione nonché quello dei tre componenti dello stesso consiglio, tutti esponenti del mondo militare, imprenditoriale ed economico milanese;
la suindicata società si configurerebbe come soggetto giuridico di diritto privato avente come socio unico il Ministero della difesa, come strumento organizzativo dello stesso, avente per oggetto la gestione economica di beni, servizi e attività strettamente correlate al dicastero, nonché gestione, promozione e valorizzazione del brand delle forze armate a cui si aggiunge la molteplicità di finalità sancite dall'articolo 4 del suindicato statuto;
si configurerebbe dunque un meticoloso progetto di esternalizzazione della pubblica amministrazione, attraverso il conferimento di attività svolte da un'amministrazione

dello Stato (il Ministero della difesa) ad un soggetto giuridico terzo, al quale confluiscono anche attività ed operazioni estranee alla pubblica amministrazione e collocabili nella fattispecie di società a regime privatistico con tutte le conseguenze in termini di controllo e monitoraggio pubblico segnatamente sul fronte del controllo di contabilità;
ai sensi dell'articolo 2, comma 32, della citata legge finanziaria l'attività negoziale diretta all'acquisizione di beni mobili, servizi e connesse prestazioni da parte di Difesa Servizi Spa sarebbe svolta anche attraverso l'espletamento delle funzioni di «centrale di committenza» legittimando dunque l'ipotesi di affidamento di eventuali appalti e commissioni, fatta eccezione di quelli in materia di armamenti, anche in assenza di specifici bandi di gara pubblici;
ai sensi dell'articolo 15 dello statuto della Spa, la società è amministrata dal consiglio di amministrazione la cui nomina spetterebbe al Ministero della difesa. Ne emergerebbe dunque un margine di discrezionalità e di autonomia procedurale, scevro da valutazioni e controlli in sede parlamentare sulla compatibilità delle cariche;
le evidenze citate e legittimate dai provvedimenti attuativi lasciano emergere la trasmigrazione di competenze, operazioni e valutazioni da un regime pubblicistico a quello privatistico, con il margine di discrezionalità che ne consegue unito ad uno svincolamento dal controllo parlamentare su alcuni versanti, in contrasto - secondo gli interroganti - con quanto sancito dal dettato costituzionale che definisce l'amministrazione pubblica come apparato burocratico a sé stante, separato dal potere politico e caratterizzato dalla sua imparzialità, dal buon andamento dalla trasparenza e dall'efficienza -:
se sia a conoscenza di quanto indicato in premessa in materia di nomine e se non ritenga di dover giustificare questa discrepanza normativa e procedurale, dando immediata pubblicità dei nominativi dei componenti degli stessi organi societari, nonché delle modalità di selezione e di scelta di tali nominativi;
se le suindicate mutazioni in termini organizzativi e normative del comparto difesa della pubblica amministrazione possano alterare, in maniera vistosa e deleteria, la morfologia, costituzionale sancita, del Ministero della difesa e le sue responsabilità, competenze e risorse tali da comprometterne l'imparzialità, il buon andamento delle attività, la trasparenza e l'efficienza.
(4-11139)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della difesa, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
per quanto riguarda una valutazione della pericolosità delle microonde emesse dai Radar occorre specificare che la legge italiana prevede due soglie di campo che, in differenti circostanze e con diverse limitazioni, non devono essere superate. Viene fissato un «limite di esposizione» pari a 40 V/m, che non deve mai e in nessun caso essere superato; oltre questo limite infatti sono possibili effetti acuti e danni immediati e irreversibili. Vi è poi una seconda soglia più bassa, il cosiddetto «valore di attenzione», pari a 6 V/m, oltre il quale è possibile che si verifichi un danno biologico per esposizione prolungata o cronica e per un effetto di accumulo delle dosi assorbite. Campi compresi tra i 6 e i 40 V/m non devono mai verificarsi in prossimità di abitazioni e non deve mai verificarsi una esposizione di durata superiore alle 4 ore di seguito;
risulta agli interroganti che a Quirra (Cagliari) sono in funzione Radar RIS-3C, tre dei quali nella «zona a mare» del PISQ, che si trova di fronte alla frazione di Quirra, uno si trova nella «zona a monte» in prossimità del paese di Perdasdefogu, gli altri due si trovano lungo la costa più a nord. Di questi uno è alla marina di Tertenia, in prossimità del capo

Sferracavallo, mentre l'altro si trova a fianco della cittadina di Arbatax, al faro di capo Bellavista, a ben 40 chilometri dalla base di Capo S. Lorenzo, cuore della «zona a mare» del PISQ, in aree dunque anche esterne al demanio militare e intensamente frequentate dalla popolazione;
una prima analisi del campo generato dai Radar RIS-3C indica che il limite di esposizione (40 V/m) viene superato a distanze inferiori dei 300-500 metri (a seconda della modalità di funzionamento), mentre il valore di attenzione (6 V/m) viene superato quando ci si trova a meno di 1800-3200 metri dalla sorgente. Calcoli più precisi potrebbero essere effettuati a partire da conoscenze più dettagliate della forma dell'antenna. Per quel che è dato sapere sembra che le misure effettuate nel maggio 2007 siano compatibili con un evento di «illuminamento» di uno di questi radar (ma non si può naturalmente averne la certezza) -:
a che punto sia la campagna di indagine del Ministero della difesa sull'inquinamento ambientale prodotto dal PISQ;
dove siano ubicati e quali siano le caratteristiche tecniche degli apparati tra cui l'intensità e la frequenza, che generano i campi elettromagnetici.
(4-11140)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
sono numerose le testate giornalistiche che hanno dato risalto al caso di presunta violenza sessuale commessa da tre appartenenti all'Arma dei carabinieri e un appartenente al Corpo della polizia municipale del comune di Roma e pare che vi siano state delle parziali ammissioni del fatto da parte di alcuni militari;
in un articolo pubblicato dal Corriere della Sera del 6 marzo 2011, dal titolo «La Russa: il fatto è gravissimo anche se non si accertasse il reato» risulta che il Ministro interrogato avrebbe dichiarato la propria soddisfazione per aver appreso dal comandante generale dell'Arma dei carabinieri dell'avvenuta adozione del provvedimento di sospensione dei militari presumibilmente coinvolti nella vicenda;
nel medesimo articolo è riportata la seguente dichiarazione del Ministro interrogato: «Quei carabinieri saranno sospesi dal servizio. Il generale Gallitelli ha deciso autonomamente ciò che io stesso avevo non solo auspicato, ma verificato che fosse possibile fare in queste condizioni ovvero di non dover attendere l'esito delle indagini giudiziarie per prendere un provvedimento di sospensione»;
gli interroganti continuano a manifestare forti perplessità sull'uso discrezionale dei provvedimenti disciplinari precauzionali di sospensione dal servizio assunti dal vertice militare in quanto tali azioni sembrano seguire unicamente la regola non scritta di dover usare sempre una maggiore severità quando i fatti coinvolgono gli appartenenti ai ruoli della truppa o dei sottufficiali piuttosto che quello degli ufficiali o dei generali come ad esempio è avvenuto nei confronti del generale dell'Arma dei carabinieri Ganzer, condannato alla pena di 14 anni di reclusione e all'interdizione perpetua dai pubblici uffici, che non risulta essere stato allontanato dal servizio, nonostante la legge 27 marzo 2001, n. 97, ne preveda l'immediata sospensione -:
quanti siano i militari appartenenti all'Arma dei carabinieri che attualmente risultano essere stati sospesi dal servizio a titolo precauzionale, a seguito di sentenza penale di condanna o di proscioglimento perché il fatto non sussiste ovvero perché non costituisce reato, per fatti disciplinarmente rilevanti, per ogni ruolo di appartenenza, per ogni singola legione Carabinieri;
se il Ministro abbia verificato con il medesimo rigore la possibilità di poter sospendere dal servizio anche i diretti superiori dei militari coinvolti per aver evidentemente omesso di vigilare sul regolare

svolgimento del servizio e sul comportamento del personale dipendente;
se il Ministro intenda assumere le iniziative di competenza affinché si assolva al preciso obbligo di legge che impone di dover sospendere dal servizio il generale Ganzer e per quale motivo non si siano ancora impartite disposizioni dovute in tal senso.
(4-11151)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la Guardia di finanza ha installato potenti radar prodotti in Israele all'interno di parchi e riserve naturali del sud Italia per contrastare gli sbarchi dei migranti;
agli interroganti risulta che un traliccio radar è stato installato a capo Murro di Porco, zona sottoposta a vincolo paesaggistico ed archeologico e prospiciente l'oasi marina protetta del Plemmirio, istituita nel 2005, altri sono previsti a Gagliano del Capo (Lecce), in Salento, in un terreno di 300 metri quadrati ubicato tra le località «Sciuranti» e «Salanare», al confine del perimetro del parco naturale Otranto-Santa Maria di Leuca-Bosco di Tricase e nell'isola di Sant'Antioco in Sardegna, in località Capo Sperone-Su Monti de su Semaforu, una splendida area costiera ricadente nel parco di «Carbonia ed Isole Sulcitane», dove sono presenti pure fabbricati particolarmente significativi dal punto di vista storico-culturale ed architettonico;
questa nuova rete di sensori radar di profondità per la sorveglianza costiera sarà integrata al sistema di comando, controllo, comunicazioni, computer ed informazioni (C4I) della Guardia di finanza e realizzata grazie alle risorse del «Fondo europeo per le frontiere esterne», programma quadro 2007-08 sui flussi migratori, che ha consentito al Comando generale della forza armata di acquistare cinque sofisticati EL/M-2226 ACSR (Advanced coastal surveillance radar) realizzati da Elta Systems, società controllata dalla Israel Aerospace Industries Ltd. (IAI);
il bando relativo ai finanziati dalla Comunità europea con PON Asse 1.2 che attengono all'opera in questione impongono specificatamente il criterio della pubblicità dell'attività progettuale che si intende realizzare con informazione specifica alle popolazioni interessate oltre che l'esposizione del logo europeo in tutti i documenti presentati, sia in fase informativa sia in fase di esecuzione dei lavori;
i lavori sono stati appaltati il 22 ottobre 2010 alla «Almaviva SpA» di Roma, principale gruppo italiano di consulenza e servizi IT (information & communication technology) per la pubblica amministrazione, gli enti di previdenza, le banche, e altri. Per complessivi 5.461.700 euro, Almaviva assicurerà l'installazione e la manutenzione dei cinque impianti radar e la formazione «attraverso quattro corsi» del personale della Guardia di finanza. L'appalto è stato concesso dal Comando generale della Guardia di finanza senza l'indizione e la previa pubblicazione di un bando di gara nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea, con la motivazione che «i lavori e i servizi possono essere forniti unicamente da una determinata fornitrice, la Almaviva SpA, che possiede le prescrizioni di natura tecnica e i diritti esclusivi dei materiali anche se poi la stessa ha subappaltato le attività di montaggio alla MAPTEL srl CF 03959380589»;
inoltre, a giudizio degli interroganti l'asse del PON riguarda la sicurezza in termini di inclusione sociale, di lotta alla criminalità organizzata che sfrutta il lavoro nero a danno degli immigrati, di controllo, perché non vengano introdotti in Italia prodotti contraffatti, ed altro e non in termini di priorità di tipo militare e prevede anche indicazioni di sostenibilità ambientale;
parlare di difesa nazionale per il monitoraggio degli sbarchi clandestini ed

affidarla alla partecipazione ad un bando pubblico sembra agli interroganti incongruente;
le antenne radar sono montate in cima a tralicci alti 36 metri; sono state realizzate estese piattaforme in calcestruzzo, shelter e cabine destinate a contenere gli apparati di trasmissione;
la direttiva 92/43/CEE del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, cosiddetta direttiva «habitat», all'articolo 6, comma 3, recita testualmente: «Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di un'opportuna valutazione dell'incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell'incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l'integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell'opinione pubblica»;
per quanto riguarda il radar che interessa il Plemmirio, in data 13 ottobre 2010, l'Amministrazione militare Guardia di finanza ha inoltrato domanda di autorizzazione per la costruzione della struttura del radar presso l'ufficio del genio civile di Siracusa acquisito al protocollo 24265/10. In data 22 ottobre 2010 l'ufficio del genio civile di Siracusa (dopo pochissimi giorni) ha restituito il progetto approvato, dopo le prescritte e velocissime ed accurate indagini geologiche del caso e le competenze di legge con protocollo n. 24316;
gli interroganti sono stati colpiti da questa velocità, encomiabile sul piano operativo, che però cozza con l'assenza, alla data odierna, di risposta alla richiesta d'accesso ai documenti amministrativi protocollata presso l'ufficio del genio civile di Siracusa il 28 gennaio 2011 avanzata dall'associazione Plemmyrion ed ancora inevasa, come inevasa è ancora la richiesta di accesso agli atti del comando della Guardia di finanza del 17 febbraio 2010, da parte del WWF regionale;
secondo l'Associazione Plemmyrion la SAI 8, in qualità di consegnataria dell'area per la gestione del pubblico acquedotto, che non ha mai dato il suo parere favorevole, contrariamente a quanto riportato nella determinazione dirigenziale n. 156 dell'8 luglio 2010, avrebbe permesso all'amministrazione della Guardia di finanza di costruire il manufatto in questione in un luogo difforme alla convenzione del comune del 2 settembre 2010, che riguarda l'impianto di sollevamento fognario di capo Murro di Porco e non l'acquedotto pubblico di Contrada Casevacche e permesso altresì che lo stesso manufatto venisse costruito non rispettando né l'area concessa all'uopo di 88 metri quadrati né le distanze dai confini riscontrabili sulla pianta del progetto. Il tutto relativamente ad un'area che la Guardia di finanza riconduce in catasto al foglio 133 e particella 54 che appartiene ad altro soggetto privato e che non coincide con il comune di Siracusa che asserisce che la suddetta area le è pervenuta tramite esproprio per la realizzazione dell'acquedotto in derivazione del serbatoio alto di Siracusa per l'alimentazione idrica del settore Plemmirio, cosa diversa dalla stazione di sollevamento fognario di capo Murro di Porco indicata nella convenzione con la Guardia di finanza. Dunque non è dimostrato l'effettivo titolo ed uso dell'area tanto che nella convenzione viene indicato un luogo lontano 2 chilometri dalla cartina allegata che a prima vista non è un documento ufficiale e che è facilmente sostituibile con altri della stessa natura errata;
in data 24 gennaio 2011 la commissioni urbanistica, presieduta dal presidente Salvo Sorbello ha ascoltato in audizione il presidente dell'associazione Plemmyrion, Marcello Lo Iacono ed in questa sede si è appreso che la commissione urbanistica era all'oscuro di qualsiasi

notizia e di progetti relativi all'installazione del radar in questione;
vi è il fondato rischio che l'intero abitato del Plemmirio venga a trovarsi, di fatto, fra la sorgente del fascio elettromagnetico generato dal radar ed il mare da sorvegliare, di sotto ad una «cappa» elettromagnetica dove presumibilmente potrebbero essere superati i limiti d'esposizione ai campi elettromagnetici previsti dal decreto 10 settembre 1998, n. 381;
una parte considerevole della riserva dell'area marina protetta verrebbe investita da onde elettromagnetiche senza che sia stata effettuata alcuna valutazione dei potenziali effetti dell'inquinamento magnetico sugli organismi vegetali ed animali e sull'ecosistema della riserva oltre che sul personale addetto ed ai visitatori, dato il mancato coinvolgimento del consorzio Plemmirio;
nessun documento inerente al profilo delle radiazioni magnetiche è a conoscenza dell'Arpa, del comune, dell'area marina protetta, dell'associazione Plemmyrion e dei residenti -:
quali azioni si intendano promuovere per salvaguardare la salute degli abitanti, l'integrità dell'ecosistema e scongiurare in maniera assoluta condizioni di rischio e/o danno delle aree sottoposte a tutela;
quale sia stato l'iter autorizzativo per la realizzazione dei suddetti tre tralicci e se non si reputi necessaria la valutazione dell'incidenza del radar su siti di interesse comunitario, zone di protezione speciale e aree marine protette, tenendo conto degli obiettivi di conservazione di tali aree;
se e quali azioni si intendano intraprendere per trovare una collocazione alternativa ai suddetti radar, al fine di salvaguardare la salute degli abitanti, l'integrità dell'ecosistema e scongiurare in maniera assoluta condizioni di rischio e/o danno delle aree sottoposte a tutela;
se e quali verifiche siano state fatte per la valutazione dell'impatto elettromagnetico del radar prima della loro installazione e quali informazione sia stata fornita in merito alle popolazioni interessate ai manufatti;
se non si ritenga di bloccare i fondi per la realizzazione di un'opera il cui affidamento è avvenuto in contrasto con la normativa europea che prevede un bando pubblico di gara per l'assegnazione di fondi per affrontare i problemi legati all'immigrazione secondo una logica inclusiva e non di difesa militare;
se sia noto ai Ministri interrogati a chi sia intestata la particella catastale su cui insiste il progetto del radar del Plemmirio.
(4-11155)

TESTO AGGIORNATO AL 6 APRILE 2011

...

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:

RIA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
si deve purtroppo registrare in ogni settore della nostra società la presenza e l'abuso di posizioni dominanti e di conflitti di interesse;
a riguardo desta grande preoccupazione il fenomeno riscontrato presso alcune società - anche di primaria grandezza nel panorama europeo - di ricorrere a giovani legali, costretti a prestare la propria opera professionale per corrispettivi molto inferiori alle previsioni tariffarie;
questi giovani professionisti non vengono scelti secondo le «capacità» ma, molto più semplicemente, guardando alla disponibilità che offrono a prestare la propria opera professionale per corrispettivi pari ad un quarto di quanto sarebbe loro spettante;
la cosa più grave è che il «teorico» risparmio (fra il dovuto ed il corrisposto) non viene riversato alle società, che realizzerebbero

cosi un'economia e quindi un «utile» (anche se ingiusto), ma viene surrettiziamente diviso fra amministratori delegati senza scrupolo (che gestiscono gli incarichi) e fittizi faccendieri (che avvicinano i giovani professionisti ed impongono le «condizioni capestro»);
si è in pratica creato una sorta di «caporalato legale» che permette una distribuzione artificiosa di incarichi, sempre pilotati, per consentire ai «manovratori» di intascare sotto banco almeno il 70 per cento del corrispettivo che verrà liquidato, a discapito dei legali apparentemente incaricati che dovranno accontentarsi del 25/30 per cento del corrispettivo;
è superfluo che tutte queste operazioni avvengono attraverso giri di fatture o molto più spesso «in nero» -:
se sia al corrente di tale fenomeno;
se, d'intesa con la Guardia di finanza e gli ordini professionali o il Consiglio nazionale forense, investendo della problematica anche l'autorità garante per la concorrenza ed il mercato, non sia opportuno disporre un'indagine conoscitiva approfondita su tale mercimonio, che tocca direttamente, ad esempio, gruppi bancari di primaria importanza;
quali urgenti misure, all'esito degli accertamenti che verranno disposti, intenda adottare per sconfiggere questa forma di «caporalato legale».
(3-01496)

Interrogazioni a risposta scritta:

FUGATTI e BITONCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 2 del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, ha introdotto l'agevolazione fiscale consistente nell'applicazione dell'imposta sostitutiva del 10 per cento sulle componenti accessorie delle retribuzioni corrisposte ai lavoratori dipendenti in connessione ad incrementi di produttività;
tale agevolazione è stata successivamente prorogata con modificazioni per il 2009, per il 2010 e, da ultimo, per il 2011, dall'articolo 53, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2010;
tale ultima norma prevede l'applicazione del regime dell'imposta sostitutiva entro il limite complessivo di 6.000 euro lordi in favore dei lavoratori del settore privato titolari di reddito da lavoro dipendente non superiore all'importo di 40.000 euro; ha, inoltre, ristretto l'ambito oggettivo della disposizione limitandolo alle somme erogate in attuazione di quanto previsto da accordi o contratti collettivi territoriali o aziendali e correlate a incrementi di produttività, qualità, redditività, innovazione, efficienza organizzativa, in relazione a risultati riferibili all'andamento economico o agli utili dell'impresa o a ogni altro elemento rilevante ai fini del miglioramento della competitività aziendale;
la necessità di avere un accordo collettivo territoriale o aziendale, con l'esclusione dal beneficio fiscale degli emolumenti corrisposti sulla base di contratti collettivi nazionali o di accordi individuali, limita molto l'applicabilità dell'agevolazione alle imprese italiane, tenuto conto che il tessuto industriale è composto da imprese medio-piccole, in molti casi a gestione familiare, nelle quali i rapporti con le rappresentanze sindacali non sono strutturati, e, addirittura, non sono presenti nemmeno le rappresentanze sindacali; in queste aziende, spesso, i lavoratori stessi non reputano necessario farsi rappresentare da altri, avendo naturalmente rapporti diretti con l'imprenditore;
tale requisito, di fatto, crea, una disparità di trattamento tra le imprese e tra i lavoratori, penalizzando migliaia di imprese e milioni di lavoratori, in particolare quelli assunti nelle imprese più piccole, dove non ci sono rappresentanze sindacali;
sarebbe auspicabile una modifica normativa o, comunque, un'interpretazione diversa della norma, in modo da

estendere la possibilità di accedere all'importante beneficio fiscale, tenuto anche conto della difficile congiuntura economica -:
se il Governo, anche in considerazione della difficile situazione economica, intenda assumere iniziative volte a modificare i requisiti di accesso al beneficio fiscale di cui in premessa, consentendo, anche alle piccole e medie imprese nelle quali non esistono rapporti sindacali strutturati, di accedervi.
(4-11114)

FUGATTI e BITONCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
sono sempre più numerosi gli istituti di credito che applicano una pesante commissione sui prelevamenti di contanti allo sportello; l'ultima banca in ordine temporale ad applicare tale commissione è la BNL che addebiterà tre euro per i prelevamenti inferiori ai duemila euro; la stampa nazionale rileva che almeno sei sono gli istituti che applicano tale «balzello»: BNL appunto, Unicredit, BPM, UBI, Cariparma e MPS;
i costi per i prelievi sono rilevanti per il correntista, se rapportati alle somme prelevate e al rendimento dei conti correnti che sono vicini allo zero;
tali costi incidono soprattutto sui correntisti più anziani, i quali sono ancora poco avvezzi all'uso del bancomat e dei conti on line e, quindi, non hanno alternative al prelevamento allo sportello;
la politica degli istituti di credito è quella di spingere i clienti ad utilizzare gli strumenti ed i canali con costi più bassi, in modo da massimizzare i profitti, in un periodo di tassi molto bassi;
se è corretto, da un lato, puntare sulla limitazione dell'uso del contante e sulla diffusione degli strumenti di pagamento elettronici e telematici, non è corretto, dall'altro, penalizzare le fasce di clientela più deboli, che non hanno alternative rispetto al tradizionale rapporto con il cassiere della filiale;
la diffusione dell'applicazione di tale commissione tra gli istituti potrebbe costituire violazione delle norme sulla libera concorrenza, qualora fosse accertata un'azione concertata tra le aziende, tanto che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, secondo gli organi si stampa, sta indagando sul fenomeno -:
se il Governo intenda promuovere presso l'ABI un'azione di sensibilizzazione per la limitazione dell'applicazione da parte delle banche delle commissioni sui prelievi di denaro contante presso lo sportello.
(4-11121)

FORCOLIN, MAGGIONI e BITONCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nello scorso mese di dicembre molti commercianti ambulanti della provincia di Pavia hanno ricevuto da parte dell'Agenzia delle entrate avvisi di accertamento relativi all'anno 2006;
uno di questi avvisi contestava la non coerenza della produttività per addetto relativamente allo studio di settore TM03B, considerando il valore calcolato di 77,81 superiore a quello massimo previsto di 71,27;
il calcolo deriva dalla considerazione di una percentuale di ricarico media applicata sul costo del venduto pari per la provincia di Pavia al 99,11 per cento e ad una percentuale del commerciante in esame pari a al 46,99 per cento;
tale percentuale costituisce appunto una media tra tutte le aziende che svolgono l'attività di commercio al dettaglio ambulante in posti mobili di tessuti ed abbigliamento e, all'interno di questa categoria, le percentuali di ricarico possono essere di molto inferiori per particolari tipologie di articoli venduti; tale percentuale è condizionata, inoltre, dal territorio nel quale si svolge l'attività, fatto di comuni

piccolissimi, caratterizzato dalla presenza di grossi centri commerciali e da numerosi ambulanti non comunitari, che vendono a prezzi molto bassi;
analizzando l'elenco delle partite IVA preso in considerazione dall'Agenzia delle entrate di Pavia emerge il paradosso che chi dichiara un reddito di impresa di 25 mila euro con ricarica del 46,99 per cento subisce un accertamento che imputa un maggior ricavo di 58 mila euro, mentre chi dichiara un reddito di 1.200 euro con ricarica di oltre il 100 per cento è considerato un contribuente che rientra nella norma e, conseguentemente, coerente;
a parere dell'interrogante lo strumento degli studi di settore dovrebbe essere usato in maniera non automatica, valutando le caratteristiche socio-economiche del territorio in cui le imprese operano ed i singoli settori merceologici di appartenenza -:
quanti siano gli avvisi di accertamento emessi in provincia di Pavia, in provincia di Lodi ed in provincia di Milano relativi all'esercizio 2006 nei confronti dei commercianti ambulanti e se il Governo ritenga di intervenire con idoneo provvedimento per rendere lo strumento degli studi di settore più flessibile e capace di cogliere le peculiarità dei singoli settori merceologici e delle singole realtà territoriali, spesso così diverse una dall'altra da non essere correttamente rappresentate dagli studi attuali.
(4-11124)

NEGRO e STUCCHI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il tribunale per i minorenni di Venezia ha disposto l'affidamento familiare di due minori di origine marocchina, come intervento di protezione e tutela nei confronti dei minori temporaneamente privi di idoneo ambiente familiare, a carico dell'amministrazione comunale di Arcole, in provincia di Verona;
tale affidamento familiare costituisce un intervento di pertinenza del servizio sociale del comune di Arcole, titolare delle funzioni di tutela e protezione dei minori in quell'ambito territoriale;
nel caso di specie è stato disposto l'affido diurno, che si attua inserendo il minore presso il nucleo affidatario solo per alcune ore della giornata, o durante i fine settimana, o festività, realizzando, così nei suoi confronti un intervento di aiuto non residenziale, programmato dal servizio sociale territoriale in base alla particolare situazione o problematica;
l'amministrazione comunale competente, naturalmente tenuta ad erogare agli affidatari, come corrispettivo del servizio reso alla collettività attraverso l'affidamento familiare, un contributo mensile, si trova nella condizione di dover fronteggiare una spesa a suo carico che incide su un bilancio che ha già limitate risorse a disposizione. Preme far notare che nella medesima situazione si trovano molti altri comuni -:
se non intenda assumere un'apposita iniziativa normativa per istituire al più presto un apposito fondo volto a coprire gli oneri finanziari derivanti da provvedimenti del tribunale dei minorenni emanati nei confronti dei minori extracomunitari.
(4-11162)

...

GIUSTIZIA

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, il Ministro dell'interno, per sapere - permesso che:
la 'ndrangheta, malgrado una perdurante azione di contrasto messa in opera dalla magistratura e dalle forze di polizia, continua ad essere l'organizzazione mafiosa con il maggior potenziale di pericolosità come hanno dimostrato negli ultimi

anni l'uccisione di esponenti politici, gli attentati dinamitardi nella città di Reggio Calabria contro le strutture giudiziarie, l'utilizzo di armi di potenza devastante anche negli omicidi interni alle cosche, la costante azione di minaccia e intimidazione portata avanti contro magistrati, appartenenti alle forze di polizia, giornalisti, amministratori locali, imprenditori e semplici cittadini;
nella città di Reggio Calabria sono in corso, da parte della locale direzione distrettuale antimafia, importanti indagini che stanno svelando importanti e delicati rapporti tra capi della 'ndrangheta, esponenti politici di livello nazionale, regionale e locale, e appartenenti alle forze di polizia infedeli;
su molte di queste attività è impegnato da tempo il magistrato Giuseppe Lombardo che nel corso delle indagini ha già delineato il preoccupante quadro di rapporti illeciti che miravano a svelare agli appartenenti alla 'ndrangheta le attività di contrasto in corso contro di loro;
il magistrato Giuseppe Lombardo è già stato più volte oggetto di minacce di attentato, l'ultima delle quali nei giorni scorsi con l'invio di un proiettile;
attualmente detto magistrato risulta avere un livello di protezione personale che non sembra adeguato al livello ed all'attualità delle minacce che gli sono state rivolte -:
quali urgenti iniziative intendano assumere al fine di garantire la dovuta protezione al magistrato Giuseppe Lombardo e per evitare che venga in qualsiasi modo frenata l'attuale attività di contrasto alla criminalità organizzata calabrese.
(2-00988)
«Garavini, Viola, Strizzolo, Laratta, Bossa, Scarpetti, Siragusa, Schirru, Zucchi, Lo Moro, Marantelli, Vannucci, Marchi, Marchignoli, Causi, Boffa, Naccarato, Giorgio Merlo, Corsini, Gianni Farina, Rosato, Vico, Albonetti, Cesare Marini, Coscia, Rossa, Picierno, Madia, Motta, Capano, Lolli, Fadda, Laganà Fortugno, Santagata, Bucchino, Samperi».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
il processo d'informatizzazione della pubblica amministrazione - avviato al fine di rispondere alle esigenze di cittadini e imprese e allineare il Paese ai migliori standard europei - coinvolge, tra gli altri, l'ambito della giustizia civile;
la gestione dei procedimenti civili attraverso gli strumenti dell'Information Communication Technology (I.C.T.) è stata avviata con il decreto del Presidente della Repubblica n. 123 del 2001 («Regolamento recante disciplina sull'uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei Conti»), che ha introdotto, tra i vari servizi, il processo civile telematico (PCT);
il PCT consente ai vari attori del processo, esterni (avvocati, ausiliari del giudice) e interni (magistrati, cancellieri), la consultazione via internet dei dati e dei documenti relativi ai procedimenti, il deposito telematico degli atti di parte, la richiesta e il rilascio di copie semplici e autentiche, la redazione e il deposito telematico degli atti del giudice, le comunicazioni e le notificazioni, la registrazione telematica degli atti giudiziari, l'archiviazione e la conservazione di tutti i documenti, i pagamenti telematici;
dopo una prima fase di sperimentazione presso il tribunale di Milano - svolta nel 2006 e relativa solo ad alcuni servizi di registrazione e consultazione ed esclusivamente per i procedimenti di ingiunzione - il PCT è stato progressivamente esteso ad altri tribunali e tipologie di procedimento, ed ha visto ampliare il numero dei servizi offerti e degli attori coinvolti (notai, enti autarchici - INPS, INAIL - altre pubbliche

amministrazioni, Avvocatura generale dello Stato, soggetti privati erogatori di servizi - ad esempio ABIServizi s.p.a.);
la rilevanza sociale del PCT risulta innegabile alla luce dei vantaggi offerti: progressiva riduzione della durata dei processi, aumento dell'efficienza, della trasparenza e dell'accessibilità dei servizi, abbattimento dei costi di stampa e trasmissione, razionale impiego delle risorse umane e tecniche, supporto per gli attori coinvolti nelle varie attività processuali;
ciononostante, la diffusione del PCT non avviene in maniera completa ed uniforme in tutto il territorio nazionale, né tantomeno in tempi adeguati agli obiettivi posti nell'ambito del piano di e-government della giustizia civile;
nella relazione sullo stato dell'amministrazione della giustizia, presentata il 18 gennaio 2011, il Ministro ha riconosciuto che nell'ultimo triennio ha avuto luogo una decisa contrazione delle risorse finanziarie destinate al settore informatico, che, tra l'altro, ha comportato nei primi giorni del 2011 un blocco provvisorio dei servizi di assistenza informatica, cui è stata temporaneamente trovata soluzione attraverso uno storno di circa 5 milioni di euro da altri capitoli di spesa del Ministero;
assicurare un veloce svolgimento dei procedimenti assume particolare importanza per i cittadini e le imprese in considerazione del momento di crisi;
la scarsità di risorse rischia invece di rallentare il processo di informatizzazione della giustizia, nella cui amministrazione l'Italia soffre di una perdurante lentezza, come evidenziato dai dati sui processi pendenti nel settore civile, nonché dai richiami ricevuti da parte dell'Unione europea e della Corte di Strasburgo -:
quali siano i dati aggiornati relativi allo sviluppo del processo civile telematico - con particolare riferimento alla diffusione territoriale, al numero, all'omogeneità e alla completezza dei servizi offerti - e se il Governo intenda estendere, e in quali tempi, il processo civile telematico alle aree ancora escluse;
quali iniziative normative e programmatiche il Governo intenda porre in essere al fine di garantire uno stanziamento finanziario adeguato alla copertura nazionale del processo civile telematico e, in generale, allo sviluppo dell'e-government della giustizia civile italiana.
(2-00989)
«De Micheli, Boccia, Maran, Vaccaro, Lulli, Colaninno, Oliverio, Vassallo, Letta, Vico, Sbrollini, Benamati, Melandri, Rampi, Bossa, Zunino, Iannuzzi, Ferranti, Tenaglia, Pizzetti, Fluvi, Migliavacca, Mosca, Sposetti, Andrea Orlando, Baretta, Graziano, Marchioni, Vannucci, Zucchi».

Interrogazione a risposta orale:

LO MONTE. - Al Ministro della giustizia, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
nel novembre 2002 è stato bandito un concorso distrettuale per 443 posti di ufficiale giudiziario e nel novembre 2004 sono state approvate le graduatorie (sono risultati 443 vincitori e circa 750 idonei);
nel luglio 2005 sopraggiunge l'autorizzazione all'assunzione solo per 102, che a fine luglio diventano 154 ed a settembre 248 (questi primi vincitori vengono assunti solo in 4 regioni del nord: Lombardia, Piemonte, Liguria e Veneto);
successivamente, il comma 97 della legge finanziaria 2005 - Governo Berlusconi (legge n. 311 del 30 dicembre 2004 - pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 306 del 31 dicembre 2004) in deroga al blocco delle assunzioni è stato statuito che: «...Nell'ambito delle procedure e nei limiti di autorizzazione all'assunzione di cui al comma 96 è prioritariamente considerata

l'immissione in servizio: ... c) per la copertura delle vacanze organiche nei ruoli degli ufficiali giudiziari C1 e nei ruoli dei cancellieri C1 dell'amministrazione giudiziaria, dei vincitori e degli idonei al concorso pubblico per la copertura di 443 posti di ufficiale giudiziario C1, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 98 del 13 dicembre 2002; ...»;
il Ministro della funzione pubblica del tempo, onorevole Baccini, in un incontro con un gruppo di vincitori-idonei, in data 19 maggio 2005 manifestò la chiara intenzione del Governo ad assumere tutti i restanti vincitori delle regioni del centro-sud ed una parte degli idonei entro l'anno, mentre i rimanenti idonei sarebbero assunti entro il biennio successivo, rilevando che l'unico ostacolo all'assunzione immediata di tutti i concorrenti è di natura economica;
il Sottosegretario di Stato al Ministero della giustizia, onorevole Vitali, in un successivo incontro del 27 giugno 2005 assicurò l'assunzione dei vincitori ed una parte degli idonei entro il 2005 e dei restanti idonei entro il maggio 2006;
in data 27 luglio 2005 il Governo ha accolto un ordine del giorno (n. 9/6016/11 - con cui sostanzialmente - impegnava lo stesso Governo a reperire le risorse necessarie ad assumere i restanti vincitori e tutti gli idonei al Concorso a 443 posti di ufficiali giudiziari C1;
in data 15 dicembre 2005 il Governo accoglie con raccomandazione un altro ordine del giorno (su disegno di legge di bilancio, n. 9/06177/157) con il quale si impegnava il Governo ad assumere gli idonei;
in data 3 agosto 2005 il Consiglio dei ministri - Presidente Berlusconi, ha autorizzato l'assunzione di 350 Ufficiali Giudiziari C1;
successivamente il Governo Prodi, a seguito di una richiesta di assunzione formulata dal Ministero della giustizia ne ha autorizzato solo 230;
oggi restano da assumere 90 idonei -:
se non ritengano necessario ed urgente procedere alla assunzione dei restanti 90 idonei vincitori del concorso pubblico per la copertura di 443 posti di ufficiale giudiziario C1 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 98 del 13 dicembre 2002.
(3-01495)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

FERRANTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel corso del Consiglio dei ministri n. 119 del 17 dicembre 2010, su proposta del Ministro interrogato, veniva approvato il nuovo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante il «Regolamento di organizzazione del Ministero della giustizia»;
il testo avrebbe dovuto essere trasmesso al Consiglio di Stato ed alle commissioni parlamentari competenti di Camera e Senato per i prescritti pareri necessari affinché le norme in esso contenute potessero perfezionarsi ed entrare in vigore, ma, allo stato, non se ne ritrova traccia;
il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria in assenza delle norme suesposte non può procedere alle assunzioni dei vincitori e degli idonei dei concorsi relativi ai profili di educatore penitenziario, collaboratore amministrativo e contabile;
infatti proprio dall'entrata in vigore del decreto suddetto dipende l'immissione in ruolo degli ultimi 44 vincitori del concorso a 397 posti di educatore penitenziario, nonché di tutti i vincitori dei concorsi a collaboratore amministrativo e contabile;
inoltre, se il decreto di cui sopra non vedrà la luce, non sarà mai possibile neppure procedere all'assunzione di tutti gli altri idonei delle graduatorie dei relativi concorsi, assunzioni in merito alle quali l'attuale Governo si è più di una volta

impegnato con il Parlamento, sia rispondendo ad interrogazioni parlamentari sia accogliendo alcune mozioni «bipartisan» in merito;
è importante sottolineare che ci si riferisce a concorsi banditi ormai nel lontano 2003, e che, per quanto riguarda i 44 educatori in attesa di assunzione, appartenendo loro all'ultima tranche di 397 vincitori, le risorse finanziarie necessarie a copertura sono già state stanziate e il DAP ha già proceduto anche all'assegnazione delle sedi;
appare del tutto evidente, quindi, come ulteriori ritardi nella soluzione di tale problema lederebbero ancor più di quello che in questi anni è già stato fatto, i diritti di coloro che, come i 44 educatori in attesa di assunzione, vedono ritardarsi di giorno, per anni, un diritto acquisito e legittimo;
inoltre in questo modo non si fa altro che aggravare ulteriormente la già insostenibile situazione del sistema penitenziario, e che fino ad ora da parte di questo Governo ha goduto di un'attenzione fatta più di spot che di soluzioni reali -:
come il Ministro intenda intervenire per garantire la immediata conclusione del procedimento per l'emanazione del citato decreto del Presidente della Repubblica e consentire in tal modo l'assunzione dei vincitori del concorso per educatore penitenziario.
(5-04314)

PALOMBA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel corso di una intervista rilasciata il 23 febbraio 2011 al quotidiano La Nuova Sardegna, il presidente della sezione penale del tribunale di Nuoro, Antonio Luigi Demuro, ha manifestato tutta la difficoltà di far funzionare la giustizia per «i magistrati che mancano come l'aria, il personale di cancelleria carente, il continuo tourbillon di toghe, gli scarsi mezzi a disposizione, una marea di nuovi processi che rischiano di accumularsi: duemila stanno per arrivare in udienza, ma ad aprile arriverà solo un nuovo giudice che si occuperà, però, soprattutto di materie civile»;
secondo il magistrato, nell'ultimo anno, dei cinque giudici che servirebbero per far funzionare al meglio l'intero settore penale ne mancano ben tre. I restanti due, con l'aggiunta dello stesso presidente di sezione, devono con estrema difficoltà far fronte ai processi del tribunale monocratico, del collegio, della Corte d'assise. Un terzo giudice non può ricoprire il ruolo di giudice monocratico perché è stato nominato magistrato da meno di quattro anni;
a questa carenza si aggiunge il turn over di magistrati, che determina lunghe assenze per trasferimenti interni, per destinazione ad altre sedi, per pensionamenti, accompagna da tempo immemore le sorti del tribunale barbaricino. Esso produce la conseguenza che, quando cambia il giudice, gli atti già inseriti nel fascicolo possono essere utilizzati solo se le parti lo consentono, cosa rara pur nella legittimità della posizione negativa delle parti. La conseguenza immediata è l'azzeramento degli atti già compiuti: cosicché i tempi di definizione dei processi si dilatano, e la prescrizione corre;
a gennaio del 2010 venne pubblicata la vacanza di due posti di giudice penale presso il tribunale di Nuoro. Non venne presentata alcuna domanda e i due posti rimasero, e sono, vacanti. Il prossimo bando è scaduto il 28 febbraio, ma sembra essere andato deserto anche questo. «Nessuno, insomma, vuole arrivare a Nuoro», afferma il magistrato sopra indicato;
la situazione, che si protrae da tempo, determina rinvii di intere udienze e una lentezza «sfiancante» in molti procedimenti. E le tardive risposte della giustizia, secondo il magistrato, «minano la credibilità delle istituzioni e fanno venir meno la fiducia nella giustizia. Il che è

particolarmente grave nei tribunali che operano nelle zone interne dell'isola» -:
come il Ministro valuti la situazione di grave collasso della giustizia a Nuoro e se non ritenga che, invece che far morire i processi come vorrebbe la proposta sul cosiddetto «processo breve», non ritenga più giusto consentire che la giustizia funzioni assicurando personale e risorse in misura sufficiente ed adottando rimedi normativi ed ordinamentali, quali l'abrogazione della norma che dispone il divieto di svolgere funzioni monocratiche al termine della prima valutazione di idoneità.
(5-04316)

TENAGLIA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la situazione organizzativa e del funzionamento del tribunale di Pescara è drammatica;
l'avvocatura di Pescara, attraverso il consiglio dell'Ordine, negli ultimi giorni ha lanciato un grido di allarme per le lentezze croniche che stanno soffocando i processi sia civili che penali;
in particolare, il Presidente del Consiglio dell'ordine, avvocato De Benedictis, ha denunciato la situazione del settore civile: «a seguito della progressiva contrazione del numero dei magistrati addetti alla sezione civile si sta determinando una situazione tale da non potersi escludere, di qui ai prossimi mesi, il congelamento di fatto di un elevato numero di procedimenti, ovvero la paralisi delle attività del settore civile. Ciò, ovviamente, comporterà gravissime ripercussioni sul piano sociale ed economico a danno dell'intera collettività»;
anche il settore penale versa nella stessa situazione a causa di carichi di lavoro aumentati a dismisura, con il risultato di centinaia di inchieste bloccate e processi che non si celebrano in tempi ragionevoli;
nell'assemblea dell'avvocatura del 24 febbraio 2011 è stato deliberato di: «manifestare nelle sedi competenti la contrarietà della Classe Forense all'attribuzione ai GOT dei ruoli vacanti dei Giudici togati, sollecitando l'arrivo di nuovi Magistrati in sostituzione di quelli trasferiti ed auspicando medio tempore l'utilizzazione dei GOT solo per lo svolgimento delle udienze interlocutorie ed istruttorie, con esclusione dei poteri in ordine alla ammissione dei mezzi di prova e di ogni altro provvedimento decisorio»;
gli avvocati hanno chiesto anche «il trasferimento dei ruoli civili dalle sezioni distaccate di Penne e San Valentino alla sede centrale, assegnandoli agli stessi Magistrati attualmente in servizio presso le stesse sezioni», nonché di revocare l'applicazione di magistrati dal tribunale di Pescara alla corte di appello de L'Aquila;
occorre raccogliere il grido di allarme della classe forense e il suo contributo propositivo alla risoluzione del problema -:
quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere per risolvere la grave situazione organizzativa e di carenza di organico del tribunale di Pescara e se, in particolare, intenda dar corso nell'ambito delle proprie prerogative, alle richieste avanzate dal consiglio dell'Ordine degli avvocati di Pescara.
(5-04334)

CONTENTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
notizie di stampa hanno dato ampio risalto alla vicenda processuale che ha visto coinvolto il noto giornalista televisivo Marco Travaglio;
in particolare da tali notizie si evince che il procedimento penale promosso a suo carico in relazione al reato di diffamazione a mezzo stampa nei confronti dell'onorevole Cesare Previti si sarebbe concluso per l'intervenuta prescrizione del reato;
scalpore desta però la circostanza in forza della quale detta prescrizione sarebbe

attribuibile al forte ritardo con cui le motivazioni della decisione d'appello sarebbero state depositate;
si tratta, secondo l'interrogante, di una vicenda che merita attenzione da parte degli uffici ispettivi del Ministero anche al fine di chiarire se tale incredibile ritardo sia dovuto a negligenza o a comportamenti ascrivibili ad altro titolo -:
quali iniziative intenda adottare al fine di accertare quanto accaduto anche mediante il ricorso agli organismi ispettivi a ciò deputati.
(5-04336)

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 28 gennaio 2011, l'interrogante ha visitato la casa circondariale di Genova-Pontedecimo assieme ad Irene Testa (segretaria dell'associazione Il Detenuto Ignoto), Alessandro Rosasco (membro del comitato nazionale di Radicali Italiani), Susanna Mazzucchelli (segretaria dell'associazione Radicali Genova), Stefano Petrella (segretario del gruppo radicale Adele Faccio) e Claudia Bornico (presidente dell'associazione Radicali Genova); la delegazione è stata accompagnata dalla direttrice, dottoressa Maria Milano;
dalla visita ispettiva è emerso il seguente quadro:
nel carcere di Genova-Pontedecimo sono presenti 172 detenuti, 81 donne e 91 uomini, a fronte di una capienza regolamentare di 100 posti;
gli agenti di polizia penitenziaria sono 104 di cui 34 distaccati, 5 al nucleo traduzioni e piantonamenti; nei 104 sono compresi amministrativi, malati, aspettative e altro; il numero è del tutto insufficiente per coprire tutte le esigenze dell'istituto, in primo luogo quelle trattamentali;
l'istituto presenta gravi carenze strutturali che ne pregiudicano la sicurezza e la salubrità dei luoghi e, in particolare, ci sono lavori urgentissimi che dovrebbero essere eseguiti al più presto come: lavori per infiltrazioni d'acqua nelle aule scolastiche e in altri locali; rifacimento zona colloqui (c'è ancora il vietatissimo muretto divisorio); sostituzione di una telecamera dell'impianto di videosorveglianza; collegamento delle telecamere della II sezione maschile con i monitor della porta carraia e della sezione detentiva maschile; lavori di varia natura nelle celle detentive della sezione maschile; diffusori d'acqua per lavandini e docce di tutte le sezioni detentive; interruttori a tempo nei corridoi e in diversi locali; zanzariere nella cucina per i detenuti; griglie per aerazione della porta carraia; sistemazione di caditoie site sulla strada d'accesso all'istituto; sostituzione plafoniere in diversi locali; bonifica della fossa dell'ascensore per cucina detenuti; asfalto della strada d'accesso all'istituto; sostituzione dei materassi perché scaduti; revisione degli impianti per acqua calda e riscaldamento sia nei reparti detentivi sia nelle stanze che ospitano il personale; nell'istituto manca l'area verde;

il passaggio della sanità penitenziaria alla ASL ha creato notevoli problemi in primo luogo perché è stato sostituito tutto il personale che precedentemente operava nell'istituto: non c'è più la guardia medica h24, c'è una copertura ridotta costituita da un medico o da un infermiere; se accade un evento critico di notte, è necessario chiamare il 118 anche per interventi che potrebbero essere risolti sul posto; attrezzature importanti che pure sono disponibili, come il defibrillatore, sono in realtà inutilizzabili perché nei turni scoperti dalla presenza di medici, il personale non è in grado di usarle;
inoltre il passaggio alla ASL ha diminuito la presenza degli specialisti e a causa della carenza degli agenti di polizia penitenziaria le visite in esterna sono molto difficili da gestire; alcuni specialisti, psichiatra e dentista, si recano in istituto

la domenica, creando difficoltà dovute all'ulteriore riduzione del già ridotto numero di agenti; la mancanza della guardia medica h24 implica un enorme carico di responsabilità per gli agenti che devono controllare e gestire situazioni talvolta drammatiche;
nonostante le indubbie capacità della direttrice, per le gravissime carenze di mezzi che hanno registrato tagli in tutti i settori, l'istituto versa in condizioni difficilissime: bastino gli esempi del monte ore degli psicologi che attualmente coprono il servizio per sole 13 ore mensili o delle possibilità di lavoro per i detenuti che si sono ulteriormente ridotte a causa del drastico taglio delle mercedi: 30 per cento nel 2010 e 40 per cento nell'anno corrente;
i detenuti lavorano per 50 euro mensili: infatti, a causa della scarsità di posti la direttrice prevede rotazioni frequenti, al fine di far lavorare il maggior numero di detenuti; in cifre, su 172 detenuti lavorano solo 14 uomini e 6 donne e chi non fa attività passa in cella ben 19 ore;
quanto alle attività scolastiche, queste impegnano: 13 uomini e 23 donne nei corsi di alfabetizzazione; 26 uomini e 15 donne nelle scuole medie e 20 uomini e 22 donne in quelle superiori;
l'impegno della direttrice riesce a coprire le molte carenze dell'istituto che - ad avviso degli interroganti - sono dovute alla disattenzione dell'amministrazione regionale e centrale; le capacità dirigenziali, d'altra parte, sono dimostrate dal fatto che bene o male il 50 per cento dei detenuti è impegnato in attività scolastiche o lavorative;
con la legge n. 199 del 2010 sono usciti alla detenzione domiciliare solo 3 detenuti;
il regolamento d'istituto ancora non c'è, anche se sono stati percorsi tutti i passaggi previsti: manca solo l'autorizzazione del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria -:
se siano a conoscenza di quanto scritto in premessa;
in che modo intenda attivarsi e in quali tempi per superare gli evidenti problemi di sovraffollamento del carcere di Genova Pontedecimo;
in che tempi verrà ripristinato l'organico degli agenti di polizia penitenziaria, degli educatori e degli psicologi;
in che tempi verranno superate le carenze strutturali dell'istituto, anche attraverso il finanziamento di progetti ad hoc;
cosa si intenda fare per vigilare affinché venga garantito il diritto alla salute dei detenuti;
in che modo intendano ripristinare il fondo per il lavoro in carcere dei detenuti, visto che nelle condizioni attuali, solo un'estrema minoranza di loro ha la possibilità di svolgere un attività, peraltro poco qualificante, all'interno dell'istituto;
in che tempi verrà sanata la violazione normativa riguardante l'inesistenza di un regolamento interno all'istituto.
(4-11115)

OCCHIUTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel novembre 2002 è stato bandito un concorso distrettuale per 443 posti di ufficiale giudiziario: nel settembre 2003 sono state espletate le due prove scritte e tra febbraio e giugno 2004 si sono ultimate le prove orali, al termine delle quali sono risultati 443 vincitori e circa 750 idonei;
successivamente, la legge n. 311 del 2004 (finanziaria 2005) ha previsto all'articolo 1, comma 97, che: «...nell'ambito delle procedure e nei limiti di autorizzazione all'assunzione di cui al comma 96 è prioritariamente considerata l'immissione in servizio...omissis...c) per la copertura delle vacanze organiche nei ruoli degli ufficiali giudiziari C1 e nei ruoli dei cancellieri C1 dell'amministrazione giudiziaria, dei vincitori e degli idonei al concorso pubblico per la copertura di 443 posti di

ufficiale giudiziario C1, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4 serie speciale, n.98 del 13 dicembre 2002...»;
ad oggi rimangono da assumere 43 vincitori idonei del suddetto concorso (di cui 38 giovani calabresi), per i quali, peraltro, la graduatoria scade irrimediabilmente il 31 dicembre 2010;
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 marzo 2010 è stata autorizzata l'assunzione a tempo indeterminato di 99 unità presso il Ministero della giustizia - dipartimento organizzazione giudiziaria - proprio in riferimento ai 43 vincitori/idonei del predetto concorso;
le gravi carenze dell'organico, la stasi della macchina giudiziaria e l'appesantimento delle procedure burocratiche, soprattutto negli uffici e nelle cancellerie del Sud ed in particolare della Calabria, sono tutti fattori che hanno determinato l'allarmante fase di crisi che attraversa l'amministrazione giudiziaria;
recentemente i presidenti e i procuratori delle corti d'appello e dei tribunali calabresi hanno lanciato un grido d'allarme circa le gravi carenze di personale amministrativo (cancellieri ed ufficiali giudiziari) negli uffici -:
se non si intenda procedere con urgenza all'assunzione dei rimanenti idonei del concorso.
(4-11122)

RUVOLO e MANNINO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
è allarme alla procura della Repubblica di Sciacca per la totale carenza di sostituti: insieme al procuratore capo, Vincenzo Pantaleo, è in servizio soltanto Salvatore Vella, applicato dalla procura di Palermo;
i magistrati di prima nomina potranno arrivare in procura soltanto a giugno del 2011 e non si ha la certezza che i posti messi a concorso riusciranno a coprire tutti e quattro quelli vacanti;
secondo l'associazione nazionale magistrati, le sedi giudiziarie minori andrebbero soppresse, unitamente alle sezioni distaccate di tribunali, al fine di recuperare risorse per lo Stato;
tra queste non può essere certamente inserita Sciacca che, per qualità e quantità di affari trattati, per il territorio nel quale opera e per la presenza della criminalità mafiosa, necessita, al contrario, di un potenziamento -:
quali incisive ed urgenti iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare per ristabilire, almeno la normalità, nella copertura degli organici.
(4-11123)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO, ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sul sito internet del Ministero della giustizia è presente una statistica relativa ai «Detenuti italiani e stranieri presenti e capienze per istituto - 31 dicembre 2010», in cui sono indicati, per ciascun istituto di pena, il tipo di istituto, la capienza regolamentare, il totale detenuti presenti, i detenuti stranieri presenti, le detenute donne presenti;
la fonte di tale statistica è il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria - ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato statistica ed automazione di supporto dipartimentale - sezione statistica;
secondo la suddetta statistica, la capienza regolamentare della casa circondariale di Catania piazza Lanza risulta essere di 361 posti;
tale dato, evidentemente, si ripercuote sulla somma totale della capienza regolamentare in tutti gli istituti di pena, indicata in 45.022 posti;

in occasione della visita ispettiva effettuata dalla prima firmataria del presente atto presso la casa circondariale di Catania piazza Lanza in data 13 novembre 2010, la direzione del carcere dichiarava una capienza regolamentare di 155 posti e una capienza «tollerata» di 221 posti; la capienza regolamentare indicata nella succitata statistica del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria risulta essere, pertanto, fortemente sovradimensionata - addirittura in misura superiore al doppio - rispetto alla capienza regolamentare dichiarata dalla direzione della casa circondariale di Catania piazza Lanza;
la capienza regolamentare di un istituto di pena è un dato essenziale per calcolare il numero dei detenuti in esubero, e la cui conoscenza è dunque necessaria per avere piena contezza della misura del sovraffollamento di un istituto di pena -:
se i dati presenti nella statistica citata in premessa risultano corretti;
se, in particolare, il dato presente nella statistica citata in premessa, relativo alla capienza regolamentare della casa circondariale di Catania piazza Lanza, risulti correttamente indicato nella misura di 361 posti;
quali provvedimenti eventualmente intenda assumere per assicurare che le statistiche del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria pubblicate sul sito del Ministero della giustizia presentino caratteri di precisione e attendibilità.
(4-11127)

DE CAMILLIS. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
a quanto si apprende da organi di stampa potrebbe essere decisa la chiusura del tribunale di Larino;
in effetti tale ipotesi si è evidenziata in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario in Molise, quando il presidente facente funzioni della corte d'appello di Campobasso Rossana Iesulauro ha posto l'accento sulla necessità connessa alla riorganizzazione degli uffici giudiziari presenti sul territorio regionale. «Occorre - ha affermato il magistrato - innanzitutto la divisione delle circoscrizioni giudiziarie; in tal senso il Consiglio Superiore della Magistratura ha individuato i criteri fondamentali per la divisione delle sedi prevedendo la necessità di accorpare 88 tribunali che presentano un organico inferiore alle 20 unità». Il tribunale di Larino ne ha 9 e rientra quindi tra i presidi a rischio chiusura;
sulla proposta relativa alla soppressione e accorpamento degli uffici giudiziari minori si è pronunciata a favore anche l'Associazione nazionale magistrati, che già nel 2009 attraverso il suo attuale presidente Luca Palamara propose al Governo e al guardasigilli Alfano di avviare un meccanismo di razionalizzazione degli uffici per arrivare a strutture composte da una soglia minima di venti magistrati, utile ad ottenere un sensibile risparmio dei costi ed una semplificazione dei procedimenti pendenti;
se l'ipotesi venisse confermata determinerebbe un accentramento dei presidi giudiziari esclusivamente nelle due province del Molise: Campobasso (capoluogo di regione ) e Isernia. Il centro frentano ne uscirebbe definitivamente ridimensionato con conseguente forte penalizzazione per l'intero territorio basso molisano;
il territorio dell'area frentana è oggetto, infatti, da anni di una deriva in termini di servizi e quindi di possibilità di crescita. Con la loro presenza, infatti, proprio determinati servizi sono in grado di offrire alla comunità un'importante valvola di impiego e di sviluppo, se vengono meno il depauperamento che ne deriva ha pericolose ripercussioni su tutti i settori. Intorno alle strutture che attraggono cosi tanti utenti, ruota la piccola economia di un territorio;
la chiusura del tribunale di Larino potrebbe provocare la conseguente riduzione di importanti presidi delle forze

dell'ordine (comando dei carabinieri, polizia di stato, tenenza della guardia di finanza);
non solo, va ricordato che paradossalmente se il tribunale di Larino dovesse essere chiuso a pagare le conseguenze della razionalizzazione dei costi della giustizia e della lentezza dei procedimenti sarebbe proprio il tribunale che tra i tre presidi collocati sul territorio regionale è quello che funziona meglio: negli ultimi due anni a Larino sono stati iscritti 2705 procedimenti penali, a Campobasso 2500, a Isernia 1700. Anche per ciò che concerne la percentuale di risoluzione dei procedimenti penali, così come nella definizione dei contenziosi civili, nell'arco di tempo considerato il presidio di Larino risulta più efficiente degli altri due -:
se il Governo non intenda intervenire valutando la possibilità di adottare soluzioni alternative alla chiusura del tribunale, nell'interesse generale della collettività, tenendo in debito conto l'elevata produttività del tribunale di Larino, la sua specificità sul territorio e la sua importanza per l'intera comunità.
(4-11129)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della Giustizia - Per sapere - premesso che:
gli esperti ex articolo 80, in servizio al presidio nuovi giunti della Casa circondariale Poggioreale Napoli hanno rappresentato in questi giorni alle massime autorità dello Stato, in primo luogo il Presidente della Repubblica, la difficile situazione lavorativa in cui da anni ormai si trovano;
con la loro presa di posizione pubblica gli esperti ex articolo 80 in servizio al presidio nuovi giunti della casa circondariale Poggioreale mettono in evidenza «l'incredibile rischio di vita in cui incorrono i detenuti, a causa, tra l'altro, dell'ultimo taglio di ore, che ha reso di fatto impossibile la valutazione del rischio suicidiario";
gli esperti ex articolo 80, in servizio al presidio nuovi giunti della casa circondariale Poggioreale, nel dettaglio rilevano che già da tempo si assiste ad una diminuzione, attraverso drastici tagli - del monte ore assegnato al servizio dei nuovi giunti;
la Casa circondariale di Poggioreale, in particolare, è un istituto che ha una capienza tollerabile di 1300 unità, attualmente vede rinchiusi oltre 2700 persone. Ogni giorno vede entrare in media dalle 30 alle 50 unità, da sottoporre, oltre all'immatricolazione e alla visita medica, anche alla valutazione del rischio suicidario e della etero aggressività del detenuto da parte degli esperti ex articolo 80;
da gennaio 2011 il già esiguo monte ore è stato ulteriormente decurtato per cui le ore assegnate nel carcere di Poggioreale sono di sole 160 ore mensili che consentono la presenza di un solo esperto criminologo o psicologo ex articolo 80, per solo cinque (5) ore giornaliere;
di fatto, denunciano gli esperti ex articolo 80, è a loro impossibile svolgere correttamente la professione, attraverso i previsti colloqui che, secondo la normativa, dovrebbero essere fatti per lo screening dei detenuti nuovi giunti, per le valutazioni dei casi segnalati, per motivi disciplinari, per il sostegno psicologico a seguito di atti di autolesionismo e anticonservativi, per la valutazione e il trattamento dei disagi legati alla riduzione di trattamento intramurario nei detenuti sottoposti al regime del 14-bis;
gli esperti ex articolo 80 denunciano che la ulteriore diminuzione di ore li costringe di fatto ad una vera inadempienza operativa obbligata, svalorizzando la normativa e il significato per cui fu creato il servizio presidio nuovi giunti e limitando il tutto ad uno spazio formale «che intende solo tenere le carte a posto, in caso di suicidio del detenuto»;
«da febbraio 2011 - accusano gli esperti ex articolo 80 - siamo costretti a fare i colloqui di primo ingresso non entro

le 24 ore, come da disposizione ministeriale, ma dopo e oltre le 48 ore. Inoltre, dal 2008 non sappiamo bene neanche se la funzione sia a carico del Ministero della giustizia o a quello della salute. Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1o aprile 2008 infatti assegna la funzione al Ministero della salute, ma a tutt'oggi, senza nessun accordo tra i ministeri, la funzione viene espletata dagli esperti ex articolo 80 in carico al Ministero della giustizia»;
infine gli esperti ex articolo 80, lamentano il vero e proprio muro di gomma che i responsabili istituzionali hanno opposto a richieste di incontri più volte reiterate -:
se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
se non ritenga di ripristinare e incrementare urgentemente il fondo destinato al presidio nuovi giunti;
se non ritenga di dover provvedere urgentemente alla sistemazione della figura dell'esperto criminologo e psicologo in ruolo al servizio nuovi giunti nelle carceri italiane, per addivenire ad una buona organizzazione delle attività di monitoraggio e di intervento sui rischi di vita della persona detenuta;
se non ritenga che gli psicologi che operano nelle carceri debbano passare alle ASL come previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008, in quanto operatori sanitari.
(4-11141)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa AGI del 5 marzo 2011, un detenuto straniero, ristretto nel carcere Bassone di Como, avrebbe aggredito un agente della polizia penitenziaria ferendolo non gravemente ad una spalla esentato e avrebbe tentato anche di colpirlo con una lametta;
secondo quanto raccontato agli organi inquirenti, il detenuto avrebbe compiuto il gesto di violenza colto da un improvviso scatto d'ira, atteso che lo stesso aveva fatto per mesi diverse richieste, sia orali che scritte, alla direzione dell'istituto penitenziario, per vedere i figli senza ottenere mai alcun tipo di risposta -:
se corrisponda al vero quanto esposto in premessa;
se il detenuto si trovi ristretto in carcere per aver commesso reati riconducibili alla fattispecie di violenza in famiglia;
per quali motivi il detenuto non riesca a vedere i figli nonostante le numerose istanze rivolte alla direzione dell'istituto penitenziario.
(4-11142)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'Osservatorio permanente sulle morti in carcere composto da Radicali italiani, Associazione «Il detenuto ignoto», associazione «Antigone», Associazione «A buon diritto», redazione «Radiocarcere» e redazione «Ristretti orizzonti», un detenuto di 39 anni si è tolto la vita nella casa circondariale di Ariano Irpino;
l'uomo, di origini francesi, si è impiccato nella sua cella il 1o marzo alle dieci di mattina;
salgono così a dieci i detenuti suicidatisi nelle degradate celle italiane in questo 2011. Sulla vicenda il segretario generale della Uilpa penitenziari, dottor Eugenio Sarno, ha rilasciato la seguente dichiarazione: «Si tratta, evidentemente, di una strage silenziosa che sembra toccare solo la sensibilità di pochi. È chiaro, infatti, che il silenzio istituzionale, sociale

e politico che avvolge i dieci suicidi, i 150 tentati suicidi, le 29 vite strappate in extremis alla morte per suicidio dagli agenti penitenziari, denota una insensibilità ed una disattenzione che offendono non solo il senso civico ma anche la professionalità e l'impegno degli operatori penitenziari diuturnamente impegnati, con scarsi mezzi e risorse, a contrastare l'inciviltà e la disumanità delle condizioni detentive. Alla luce di quanto successo oggi trovano ancor più ragioni le innumerevoli iniziative di protesta proclamate su tutto il territorio nazionale dai sindacati della polizia penitenziaria. Non ci stancheremo, pertanto, di chiedere al Ministro Alfano e al Governo Berlusconi un concreto impegno per risolvere le criticità che affogano l'universo penitenziario nel mare delle emergenze. Ancora una volta invito il Ministro Alfano e i Sottosegretari Caliendo e Casellati dall'astenersi da roboanti dichiarazioni in relazione allo stato degli istituti penitenziari, rispetto all'improbabile piano carceri e alle solo annunciate assunzioni in polizia penitenziaria. I responsabili politici di Via Arenula rinuncino a qualche passerella, a qualche taglio di nastro, e a qualche posa di prima pietra e si concentrino sulle soluzioni possibili. Non guasterebbe, infine, nemmeno un confronto con le rappresentanze sindacali che, attraverso la loro competenza, potrebbero fornire consulenze (gratuite) derivanti dalla diretta conoscenza di fatti, cose, persone e dinamiche» -:
da quanto tempo e a che titolo l'uomo morto suicida si trovasse ristretto in carcere;
se al momento del suo ingresso nell'istituto di pena in questione l'uomo sia stato preso in carico dal servizio nuovi giunti;
con quante persone il detenuto dividesse la cella al momento del suicidio;
quanti siano i detenuti ristretti presso il carcere di Ariano Irpino, quanti gli agenti di polizia penitenziaria e quanti gli psicologi;
se risulti all'amministrazione penitenziaria che l'uomo soffrisse di disturbi psicologici o di patologie di altro tipo;
se risulti che il detenuto avesse richiesto un colloquio con gli psicologi del carcere;
se non intenda avviare un'indagine amministrativa interna al fine di accertare l'esistenza di eventuali profili di responsabilità disciplinare nella condotta del personale penitenziario che aveva in cura e custodia il detenuto.
(4-11145)

FERRANTI e VILLECCO CALIPARI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel novembre 2002 è stato bandito un concorso distrettuale per 443 posti di ufficiale giudiziario;
nel settembre 2003 sono state espletate le due prove scritte, tra febbraio e giugno 2004 si sono ultimate le prove orali. Sono risultati 443 vincitori e circa 750 idonei;
alla data odierna rimangono da assumere 43 vincitori idonei del suddetto concorso, di cui 38 giovani laureati (oggi tutti avvocati) calabresi, che andrebbero a colmare l'atavica ed insostenibile carenza di personale di tutti gli uffici giudiziari calabresi;
diversi presidenti e procuratori delle corti d'appello e dei tribunali calabresi denunciano da tempo gravi carenze di personale amministrativo;
già nel 2009, con decreto del Presidente della Repubblica del 28 agosto 2009 registrato alla Corte dei conti il 24 settembre 2009 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 12 ottobre 2009, è stata autorizzata, tra le altre, l'assunzione a tempo indeterminato di 48 unità presso il Ministero della giustizia - dipartimento organizzazione giudiziaria - assunzioni che riguardano i 43 vincitori - idonei del

predetto concorso, cosi come espressamente dichiarato dal Ministero nella sua relazione annuale del 2009;
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 marzo 2010 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 148 del 28 giugno 2010, è stata autorizzata, tra le altre, l'assunzione a tempo indeterminato di 99 unità presso il Ministero della giustizia - dipartimento organizzazione giudiziaria - assunzioni che riguardano, così come riferisce l'ufficio assunzioni del Ministero della giustizia, ancora i 43 vincitori - idonei del predetto concorso;
il 29 luglio 2010 il Governo, rappresentato in Assemblea dal Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Casero, accoglieva l'ordine del giorno n. 9/3638/327 con il quale il Governo si impegnava ad assumere, in Calabria, i 38 vincitori idonei del concorso;
l'articolo 1 del decreto di autorizzazione richiama l'articolo 74 del decreto-legge n. 112 del 2008 convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, che impone al Ministero l'obbligo di ridimensionare, quale condizione per l'assunzione, le piante organiche del dipartimento dell'organizzazione giudiziaria. Tale ridimensionamento è stato effettuato ad eccezione del ruolo dirigenziale, che poi è proprio quello dell'area degli ufficiali giudiziari e cancellieri C1 del concorso di cui sopra;
dalla relazione del Ministero per l'anno 2009 risulta che con decreto del Presidente della repubblica 28 agosto 2009 l'amministrazione è stata autorizzata all'assunzione di 48 unità di personale appartenente all'ex area C, utilizzando i fondi di cui al comma 527 della legge n. 296 del 2007. Tale autorizzazione sarà utilizzata, compatibilmente con il divieto di assunzione di cui sopra, per l'assunzione come cancellieri di fascia C1 di tutti i restanti n. 43 idonei del concorso a 443 posti di ufficiali giudiziari e per la realizzazione, per i posti restanti, di alcune ricostituzioni del rapporto di lavoro -:
quali iniziative urgenti intenda assumere per completare l'assunzione di tutti gli idonei al concorso e se non ritenga necessario prorogare immediatamente per tutto il 2011, la graduatoria del concorso che scadrà il 31 dicembre 2010.
(4-11150)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'agenzia di stampa ANSA del 16 febbraio 2011 ha dato la notizia sulle indagini in corso relativamente alla morte di Vincenzo Fazio, detenuto nel carcere di Lecce e ivi deceduto nel 2007;
prima di morire Vincenzo Fazio, trasferito tre giorni prima a Lecce dal carcere di Catania su provvedimento del tribunale di sorveglianza, accusò forti dolori al petto. Fu quindi visitato nell'infermeria del carcere leccese, dove gli fu prescritto un comune antipiretico. Terminata la breve visita il detenuto fu rispedito in cella, dove, la mattina dopo, fu trovato privo di vita;
l'autopsia, disposta dal sostituto procuratore della Repubblica, Maria Cristina Rizzo, evidenziò un arresto cardiocircolatorio, oltre a una serie di patologie di cui il detenuto era già affetto;
nella successiva consulenza medica richiesta dal pubblico ministero, il consulente stabilì che la morte dell'uomo sarebbe sopraggiunta comunque in maniera repentina, anche se al termine della visita in infermeria fosse stato disposto il ricovero in ospedale. Per due volte l'accusa ha chiesto l'archiviazione del procedimento, in cui risultano iscritti come indagati due medici in servizio presso il carcere di Lecce. L'istanza è stata respinta in entrambi i casi, ad aprile 2008 e gennaio 2010, dal gip. Alla richiesta di archiviazione si sono sempre opposti anche i parenti del detenuto, assistiti dall'avvocato Tania Rizzo, che chiedono sia fatta giustizia sulla morte del 51enne catanese;

è stato proprio il gip Maritati a respingere, a gennaio 2011, l'ultima richiesta di archiviazione, chiedendo che fosse ricostruita rigorosamente la storia medica dell'uomo e le sue condizioni di salute all'arrivo nel carcere di Lecce, e di conoscere i nomi degli infermieri e del personale medico che lo visitarono. Da qui la necessità di affidare ai due consulenti l'analisi delle cartelle cliniche, dell'esame autoptico e di tutti gli altri accertamenti medici sostenuti da Fazio prima della morte -:
se sia stata aperta una indagine amministrativa interna volta a fare piena luce sulle cause che hanno provocato la morte del detenuto Vincenzo Fazio e quali ne siano stati gli esiti.
(4-11152)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa DIRE del 16 febbraio 2011, un giovane italiano di 30 anni, internato nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia, avrebbe tentato di togliersi la vita tagliandosi le vene;
la notizia è stata data dal Sindacato autonomo polizia penitenziaria (SAPPE) in una nota nella quale è scritto che il giovane «è stato salvato solo grazie all'intervento di un agente della Polizia penitenziaria che non vedendolo durante il consueto giro di controllo si è insospettito, è entrato nella stanza e lo ha trovato nel letto, coperto dalle lenzuola e in una pozza di sangue. L'uomo si era tagliato le vene ed era in fin di vita ma grazie all'intervento immediato prima dell'agente e poi del personale medico, è riuscito a salvarsi»;
sempre secondo quanto riferito dal SAPPE, non era la prima volta che il trentenne tentava il suicidio. Secondo il sindacato dei baschi azzurri, nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia vi è carenza di organico e sovraffollamento;
l'ospedale psichiatrico di Reggio Emilia, una delle sei strutture presenti in Italia, ospita circa 300 internati, a fronte di una capienza di circa 150 posti. Gli agenti in servizio sono circa 80, mentre ne sono previsti 120. All'interno della predetta struttura è in atto il progetto sperimentale che prevede la gestione totale del personale medico e paramedico, mentre la Polizia penitenziaria si dovrebbe occupare solo della sicurezza. Così non è, atteso che cinque reparti sono totalmente affidati al personale medico e paramedico, mentre uno è ancora gestito dalla Polizia penitenziaria, la quale spesso si trova di fronte a soggetti difficili, con problemi motori e non autosufficienti -:
se intendano fornire elementi sul tentato suicidio avvenuto a febbraio 2011 nell'ospedale psichiatrico di Reggio Emilia;
quali provvedimenti urgenti intendano adottare, negli ambiti di rispettiva competenza, al fine di aumentare l'organico dei medici, degli psicologi e della polizia penitenziaria assegnati presso l'ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia;
per quali motivi non risulti essere ancora operativo il progetto sperimentale in base al quale la gestione totale della struttura dovrebbe spettare al personale medico e paramedico, mentre la polizia penitenziaria dovrebbe occuparsi solo della sicurezza.
(4-11153)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

DESIDERATI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la legge 15 gennaio 1992, n. 21, all'articolo 1, comma 2, comprende fra gli

autoservizi pubblici non di linea le due categorie di servizio taxi e di servizio di noleggio con conducente (NCC), equiparandoli per funzione e utilità;
il trattamento che viene riservato ai taxi non è però equiparabile a quello rivolto alle vetture NCC presso l'aeroporto di Bergamo Orio al Serio, dove le vetture con conducente dispongono di soli 4 stalli nei pressi dell'uscita del terminal per il carico e lo scarico e dove la sosta lunga è stata approntata in cima ad un parcheggio multipiano senza alcuna certezza di potersi avvicinare all'uscita per prelevare i passeggeri da trasportare, mentre il servizio taxi è posizionato al coperto, vicino all'uscita passeggeri e quindi facilmente accessibile e riconoscibile;
anche presso l'aeroporto di Torino, gli autisti di vetture NCC vivono una situazione nettamente discriminatorie rispetto ai tassisti, in particolare riguardo al canone annuo di 900 euro per tessera, senza carte cumulative per le aziende con più automezzi, richiesto ai primi e non ai secondi, anche se entrambi i servizi pubblici non di linea fanno riferimento alla medesima legge statale n. 21 del 1992;
presso l'aeroporto di Fiumicino, le vetture NCC hanno a disposizione un parcheggio - polmone, decentrato rispetto alle tre aereostazioni, nel quale devono attendere i propri clienti fino all'atterraggio del volo e dal quale, per uscire, sono costretti a pagare 2 euro, mentre i taxi hanno una collocazione migliore e sono tenuti al pagamento di 1 euro;
le disparità di trattamento fra i due servizi e, soprattutto, la diversa collocazione riservata ai taxi e NCC nelle aree limitrofe agli aeroporti condizionano le scelte dell'utente e influiscono quindi sul principio di libera concorrenza fra i due autoservizi pubblici non di linea;
i disagi negli aeroporti italiani si protraggono ormai da tempo e i conducenti di vetture a noleggio, in seguito ai notevoli danni economici subiti, sono preoccupati dalla mancanza di risposte chiare e definite sulle modalità e sulle tempistiche per la soluzione dei problemi e perfino sugli interlocutori a cui rivolgersi, visto che le aree a loro destinate sono, in alcuni casi, di competenza dell'Enac e in altri, di competenza delle società private di gestione -:
considerata la vastità del problema esposto in premessa, che coinvolge molti aeroporti italiani, se il Ministro interrogato non ritenga opportuno intervenire, anche attraverso l'istituzione di un tavolo di concertazione fra le categorie rappresentative del settore NCC e taxi, l'Enac, le società di gestione degli aeroporti e gli enti locali coinvolti, per delineare delle linee guida che permettano ai responsabili delle aree di sosta limitrofe ai vari aeroporti italiani, di intraprendere azioni coerenti ed univoche nei confronti degli autoservizi pubblici non di linea, entro parametri validi a livello nazionale, con il duplice obiettivo di mettere fine ai gravi disagi professionali che i conducenti di vetture a noleggio (NCC) stanno attualmente vivendo presso alcuni aeroporti italiani e, contemporaneamente, di consentire agli utenti una reale possibilità di scelta fra le due tipologie di autotrasporti pubblici non di linea, così come definiti dall'articolo 1, comma 2, della legge 15 gennaio 1992, n.21.
(5-04311)

MATTESINI, CODURELLI, BELLANOVA, MADIA e MIGLIOLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
Ferrovie dello Stato è una Spa partecipata al 100 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze. Oltre ad essere la più grande azienda del paese è anche il più grande gruppo che in Italia gestisce il trasporto ferroviario. Ad esempio, fanno parte del gruppo Ferrovie dello Stato società quali Trenitalia, RFI, Italferr, e altre;
il 23 dicembre 2010 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e i vertici del gruppo di Ferrovie dello Stato hanno firmato

un contratto di programma 2007-2011 per la gestione degli investimenti nel settore. Il suddetto contratto, in attuazione dell'articolo 14 del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, nonché della concessione, ha per oggetto la disciplina dei rapporti tra lo Stato e Rfi con riguardo:
a) alla realizzazione degli investimenti per l'infrastruttura ferroviaria, alla manutenzione straordinaria ed al rinnovo dell'infrastruttura medesima, nonché all'adozione di tutte le misure, gli interventi, le attività e le opere ai fini del miglioramento della qualità dei servizi, dello sviluppo dell'infrastruttura ferroviaria e del rispetto dei livelli di sicurezza compatibili con l'evoluzione tecnologica;
b) alle modalità di finanziamento delle suddette attività allo scopo di individuare i mezzi disponibili per il raggiungimento degli obiettivi di cui alla lettera a). Tale contratto di programma implica l'affidamento della gestione di un servizio pubblico da parte dello Stato al gruppo Ferrovie dello Stato a fronte evidentemente di cospicui stanziamenti di risorse economiche;
il reclutamento di personale all'interno del gruppo Ferrovie dello Stato avviene attraverso un processo di raccolta e selezione di curriculum vitae pervenuti attraverso la compilazione dell'apposito form nella sezione web dei siti delle società del gruppo;
il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con modificazioni, nella legge n. 133 del 2008) all'articolo 18 così recita:
«1. A decorrere dal sessantesimo giorno successivo all'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, le società che gestiscono servizi pubblici locali a totale partecipazione pubblica adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3 dell'articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001.
2. Le altre società a partecipazione pubblica totale o di controllo adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi, anche di derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità e imparzialità.
3. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle società quotate su mercati regolamentati.»;
dal 21 ottobre 2008 quindi, le società interamente pubbliche devono sottostare alle norme pubblicistiche sul reclutamento del personale fissate dall'articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001 che reca: «Le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni si conformano ai seguenti principi:
a) adeguata pubblicità della selezione e modalità di svolgimento che garantiscano l'imparzialità e assicurino economicità e celerità di espletamento, ricorrendo, ove è opportuno, all'ausilio di sistemi automatizzati, diretti anche a realizzare forme di preselezione;
b) adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire;
c) rispetto delle pari opportunità tra lavoratrici e lavoratori;
d) decentramento delle procedure di reclutamento;
e) composizione delle commissioni esclusivamente con esperti di provata competenza nelle materie di concorso, scelti tra funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime, che non siano componenti dell'organo di direzione politica dell'amministrazione, che non ricoprano cariche politiche e che non siano rappresentanti sindacali o designati dalle confederazioni ed organizzazioni sindacali o dalle associazioni professionali;
in precedenza la Corte Costituzionale con sentenza n. 466 del 28 dicembre 1993

- successivamente alla trasformazione in società per azioni degli enti di gestione delle partecipazioni statali e degli enti pubblici economici per effetto dell'articolo 15 del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito dalla legge 8 agosto 1992, n. 359 -, ha affermato che persiste l'assoggettamento al controllo della Corte dei conti delle società in questione finché le stesse continuano ad essere detenute, in modo esclusivo o maggioritario, dallo Stato. Inoltre il Consiglio di Stato (sez. VI, 20 maggio 1995, n. 498), ha deliberato che, nonostante l'intervenuta privatizzazione formale, i contratti stipulati dalla s.p.a. Ferrovie dello Stato sono assoggettati alle procedure dell'evidenza pubblica e le relative controversie appartengono alla giurisdizione del giudice amministrativo;
secondo quando previsto dall'articolo 97, 3o comma, della Costituzione, «Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge» -:
quante assunzioni siano state fatte all'interno del gruppo Ferrovie dello Stato e con quali criteri, a far data dall'entrata in vigore del decreto-legge n. 112 del 2008 suddetto, posto che, ad avviso degli interroganti, le società del gruppo Ferrovie dello Stato, partecipate al 100 per cento dello Stato, devono procedere al reclutamento delle risorse umane attraverso selezioni pubbliche e trasparenti, come previsto per tutte le società pubbliche.
(5-04315)

META, VELO, LOVELLI, FIANO, BOFFA, BONAVITACOLA, CARDINALE, GASBARRA, GENTILONI SILVERI, GINEFRA, LARATTA, PIERDOMENICO MARTINO, GIORGIO MERLO e TULLO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 25 della legge 29 luglio 2010, n. 120 reca numerose modifiche all'articolo 142 del codice della strada, in materia di limiti di velocità;
in particolare sono stati inseriti tre commi aggiuntivi al fine di stabilire la destinazione dei proventi derivanti dall'accertamento delle violazioni ai limiti di velocità, eseguiti tramite apparecchi di rilevamento della velocità o dispositivi di controllo a distanza (autovelox);
il nuovo comma 12-bis prevede che tali proventi vengano attribuiti per il 50 per cento all'ente proprietario della strada su cui è stato effettuato l'accertamento, o agli enti che esercitano le relative funzioni ai sensi dell'articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica n. 381 del 1974 (presidenti delle province autonome di Trento e Bolzano), e per l'altro 50 per cento all'ente da cui dipende l'organo accertatore. Dall'applicazione di dette disposizioni sono escluse le strade in concessione. I proventi così acquisiti sono utilizzati, dagli enti diversi dallo Stato, nella regione nella quale sono stati eseguiti gli accertamenti;
il nuovo comma 12-ter stabilisce che i proventi di cui al comma 12-bis vengano destinati ad interventi di manutenzione e messa in sicurezza delle infrastrutture stradali, comprese la segnaletica e le barriere, e dei relativi impianti, nonché al potenziamento delle attività di controllo e di accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale, nonché alle spese relative al personale, nel rispetto delle disposizioni in materia di contenimento delle spese per il pubblico impiego e del patto di stabilità interno;
il nuovo comma 12-quater prevede che ciascun ente locale trasmetta in via informatica al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed al Ministero dell'interno, entro il 31 maggio di ogni anno, una relazione in cui sono indicati, con riferimento all'anno precedente, l'ammontare complessivo dei proventi di cui al precedente comma 12-bis e all'articolo 208, comma 1, del codice, di propria spettanza e gli interventi realizzati a valere su tali risorse, con la specificazione degli oneri sostenuti per ciascun intervento;
l'articolo 25 della legge n. 120 del 2010 al comma 2 prevede l'emanazione di

un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'interno, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, con il quale venga approvato il modello di relazione - introdotto dal comma 12-quater - e siano definite le modalità di trasmissione in via informatica della stessa, e le modalità di versamento dei proventi di cui al comma 12-bis agli enti ai quali sono attribuiti;
il medesimo articolo al comma 3 stabilisce che l'entrata in vigore delle disposizioni di cui ai nuovi commi 12-bis 12-ter e 12-quater dell'articolo 142 del codice, relative alla destinazione dei proventi delle sanzioni, si applicano a decorrere dal primo esercizio finanziario successivo all'approvazione del decreto ministeriale di cui al comma 2;
ad oggi ancora non è stato emanato il decreto attuativo che consentirebbe di destinare parte dei proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie per superamento dei limiti di velocità per interventi di manutenzione e messa in sicurezza delle infrastrutture stradali -:
se il Ministro non ritenga urgente emanare il decreto ministeriale di cui in premessa anche alla luce delle stringenti necessità di manutenzione e messa in sicurezza delle infrastrutture stradali nazionali;
se e quali siano i motivi per cui ad oggi non abbia ancora provveduto all'emanazione del suddetto decreto.
(5-04323)

Interrogazioni a risposta scritta:

GIRLANDA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la riforma del codice della strada, di cui alla legge n. 120 del 2010, ha apportato diversi cambiamenti sia nell'ambito della sicurezza che in quello amministrativo;
l'articolo 54 ha modificato l'articolo 6 del decreto-legge n. 117 del 2007, dando disposizioni affinché i locali aperti oltre la mezzanotte debbano disporre, almeno presso un'uscita, di un apparecchio per rilevare il tasso alcolemico a disposizione dei clienti, in vigore in tutti gli esercizi a partire dal 13 novembre 2010;
tali apparecchi prevedono un costo per l'utente, generalmente pari ad un euro;
non mancano tuttavia esercizi dove tale costo arriva a raggiungere i tre euro, rappresentando in tal modo un ostacolo al suo effettivo utilizzo a causa dell'esborso da parte dell'utente -:
se il Ministro ritenga opportuna l'introduzione di una normativa di carattere calmierante sul costo di utilizzo degli etilometri nei locali obbligati alla loro esposizione.
(4-11130)

VACCARO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la linea ferroviaria Torino-Aosta attualmente non è elettrificata nella tratta compresa tra Ivrea e Aosta, per la cui percorrenza vengono utilizzati locomotori diesel, alcuni dei quali - il modello D445 - non dotati di filtro anti-particolato (fap);
in seguito a controlli eseguiti dall'Arpa, nel corso del 2010, è stato ripetutamente rilevato un eccessivo livello di inquinamento atmosferico nella zona sotterranea della stazione di Porta Susa a Torino, provocato dalle emissioni dei locomotori diesel che quotidianamente vi transitano;
il comune di Torino ha pertanto vietato a partire dal 12 dicembre 2010 il transito di tali locomotori nella stazione di Porta Susa;
in adeguamento al divieto, Trenitalia ha disposto la sostituzione a Chivasso dei locomotori diesel con quelli elettrici, e l'utilizzo - secondo disponibilità - dei

locomotori «Minuetto», modello a diesel più recente e a minor impatto ambientale;
tuttavia, in considerazione dei notevoli ritardi derivanti dalla sostituzione dei locomotori a Chivasso - che si ripercuote a cascata su tutto il traffico ferroviario regionale e interregionale -, si è deciso di optare a partire dal prossimo marzo 2011 per il cambio dell'intero treno anziché del solo locomotore (la cosiddetta «rottura di carico»), alternativamente presso le stazioni di Chivasso e di Ivrea;
i locomotori utilizzati non sempre rispondono a requisiti di efficienza e completezza del servizio, come è stato verificato personalmente dall'interrogante nell'usufruire del servizio nella serata di domenica 20 febbraio 2011, viaggiando a bordo del treno partito da Chivasso alle 21 e 25 in cui l'unico bagno presente a bordo risultava chiuso per guasto;
fino ad oggi si sono svolti numerosi incontri tra i rappresentanti di Trenitalia e RFI e i rappresentanti della regione Piemonte, della regione autonoma Valle d'Aosta, dell'associazione Federconsumatori, del Comitato utenti della ferrovia e delle organizzazioni sindacali trasporti Valle d'Aosta; nel corso di tali incontri è emerso un quadro di generale insoddisfazione per il servizio ferroviario offerto all'utenza della linea Torino-Aosta - in massima parte costituita da lavoratori pendolari - la quale, oltre ai disagi relativi al cambio a Chivasso, lamenta l'inadeguatezza della linea in questione, quasi interamente a binario unico, del materiale rotabile, ormai del tutto obsoleto, e dei vettori utilizzati, spesso fatiscenti e privi di servizi igienici agibili;
Italferr s.p.a., per conto di RFI, ha presentato nel luglio del 2010 il progetto preliminare per una serie di interventi, tra cui l'ammodernamento della rete e l'elettrificazione della tratta Aosta-Ivrea;
tale progetto, insieme allo studio preliminare ambientale, è stato trasmesso alle autorità competenti per la verifica di assoggettabilità alla procedura di valutazione di impatto ambientale di competenza statale, come previsto dall'articolo 20 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modifiche ed integrazioni-:
se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, siano a conoscenza dell'esistenza, ed eventualmente dello stadio di avanzamento, del progetto di ammodernamento ed elettrificazione della tratta Aosta-Ivrea;
quali iniziative, e in quali tempi, il Governo intenda intraprendere, per quanto di competenza e in collaborazione con le regioni competenti, al fine di porre termine alla situazione di grave disagio per gli utenti di una tratta ferroviaria così importante per la realtà socio-economica locale, oltreché alle gravi ripercussioni ambientali derivanti dall'inadeguatezza della stessa;
se, a seguito di accertamenti ulteriori che si intenderà effettuare, non si ritenga di assumere ogni iniziativa di competenza nei confronti della società del gruppo Ferrovie dello Stato, concessionaria del servizio di collegamento Chivasso-Aosta, affinché non siano utilizzati treni privi di servizi igienici adeguatamente funzionanti.
(4-11149)

PORCU. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
a distanza esatta di un mese, nella notte di martedì 2 marzo 2011, si è verificata una nuova alluvione, che come l'altra di febbraio, ha provocato effetti devastanti nella golena della piana del Coghinas nel territorio di Viddalba, Santa Maria Coghinas, Valledoria della provincia di Sassari;
la causa, oggi come allora, è legata al rilascio di ingenti quantità d'acqua dalla diga di Casteldoria, della quale l'Enel è gestore;

la piena ha creato per l'ennesima volta notevoli perdite economiche, disagi e terrore tra gli allevatori e gli agricoltori;
come riportato nelle cronache locali, si è trattato di una inondazione ancora più imponente e violenta del mese precedente, con ettari ed ettari di terreni coltivati sommersi, e i danni per il comparto agricolo (vitale settore dell'economia dell'Angiona) sono molto ingenti;
sono periti decine di animali per annegamento (e per fortuna, grazie al pronto intervento del gruppo sommozzatori dei vigili del fuoco, sono state ridotte le perdite degli animali; i sub, infatti, hanno salvato diversi altri capi);
il ripetersi di questo fenomeno ha procurato un fortissimo allarme nella popolazione residente nella zona, perché appare evidente che solo per un caso non ci sono state perdite di vite umane -:
quali concrete iniziative si intendano porre in essere per scongiurare una volta per tutte il ripetersi dei drammatici eventi del 3 marzo 2011 e garantire maggiore sicurezza alle popolazioni di questo territorio;
come si intenda provvedere, magari affiancando le autorità locali, per definire l'ammontare dei danni.
(4-11158)

TESTO AGGIORNATO ALL'8 MARZO 2011

...

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:

FIANO e FONTANELLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
come illustrato da numerosi quotidiani in particolare della città di Pisa un sito internet Holywar «Movimento di resistenza popolare per l'alternativa cristiana» ha pubblicato un elenco di cognomi di famiglie ebraiche italiane e in particolare di 80 cognomi di famiglie ebraiche pisane;
tale sito appare collegato ad un altro denominato Holywarvszog che pubblicò la lista di oltre 10 mila famiglie ebree italiane in nome di una «guerra santa contro i nemici di Dio e della Chiesa cattolica»;
tale precedente vicenda si è conclusa con la condanna commutata in quattro mesi di volontariato per l'autore del sito;
quelle pagine però non sono mai state cancellate e anzi sono state aggiornate;
sul sito appare anche un'altra lista di presunti informatori volontari dei servizi segreti israeliani e appartenenti alle comunità ebraiche italiane;
sul sito si espongono tesi razziste riguardanti in generale la superiorità della razza bianca;
viene attaccato anche il sindaco di Pisa per la sua politica nei confronti dei rom e degli immigrati;
la magistratura avrebbe aperto un'inchiesta sul contenuto di tale sito -:
se il Governo non ritenga di dover verificare attraverso la polizia postale chi siano gli autori e i responsabili della pubblicazione di tale sito e del suo contenuto;
se non ritenga di dover agire ponendo in essere anche attraverso la polizia postale quanto necessario al fine di bloccare tale sito;
se non ritenga di dover presentare una denuncia con riferimento a quanto previsto dalla cosiddetta legge Mancino, legge n. 205 del 25 giugno del 1993 e successive modifiche;
se non ritenga, nel caso auspicabile dell'apertura di un processo, di doversi costituire parte civile.
(5-04326)

GINEFRA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il Presidente del Tribunale Civile di Bari, dottor Vito Savino, ha accolto il ricorso per accertamento tecnico preventivo proposto dagli attori popolari Luigi Paccione (Presidente dell'Associazione Class Action Procedimentale) e Alessio Carlucci, ha ordinato l'ingresso nel CIE di Bari dell'ing. Francesco Saverio Campanale, già Provveditore alle Opere Pubbliche per il Lazio, Abruzzo e Sardegna, al fine di verificare se «...lo stato, la condizione, l'organizzazione del Centro di Identificazione e di Espulsione di Bari, puntualizzando se in base ai parametri propri della funzione a cui è adibito sia in grado di assicurare ai trattenuti necessaria assistenza e pieno rispetto della loro dignità; in caso di constatazione di negatività, evidenzi gli interventi necessari per eliminarle»;

il perito presterà il giuramento all'Udienza del 28 marzo 2011;
come recita il suddetto ricorso: a norma della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, «tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza»;
«Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciati nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione»;
«Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona»;
«Nessun individuo potrà essere sottoposto a trattamento o punizioni crudeli, inumani o degradanti»;
«Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica»;
«Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad un'eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad un'eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione»;
a norma della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali: «Nessuno può essere sottoposto a tortura, né a pene o a trattamenti disumani o degradanti»;
a norma della Costituzione della Repubblica italiana: «L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute»;
«La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali»;
«La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge»;
«In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l'autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all'autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto»;
«È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà»;
«La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva»;
«Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato»;
«La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge»;
«Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale»;
a norma dello statuto della regione Puglia: «La Puglia, nell'unità e indivisibilità della Repubblica e nell'ambito dell'Unione europea, è Regione autonoma fondata sul rispetto della dignità, dei diritti, delle libertà della persona umana e sui valori che hanno informato quanti si sono battuti per la Liberazione e per la riconquista della democrazia nel nostro Paese»;
«La Puglia, per la storia plurisecolare di culture, religiosità, cristianità e laboriosità delle popolazioni che la abitano e per il carattere aperto e solare del suo territorio proteso sul mare, è ponte dell'Europa verso le genti del Levante e del Mediterraneo negli scambi culturali, economici e nelle azioni di pace»;
«La Regione Puglia favorisce l'autogoverno dei suoi abitanti e ne persegue il benessere e la sicurezza ispirandosi ai principi della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, della Carta dei

diritti fondamentali dell'Unione europea e della Costituzione italiana»;
«La Regione riconosce nella pace, nella solidarietà e nell'accoglienza, nello sviluppo umano e nella tutela delle differenze, anche di genere, altrettanti diritti fondamentali dei popoli e della persona, con particolare riferimento ai soggetti più deboli, agli immigrati e ai diversamente abili»;
a norma dello statuto della provincia di Bari: «La Provincia di Bari informa la propria azione amministrativa ai principi della Carta Europea delle autonomie locali, riconoscendo che il rafforzamento dell'autonomia locale rappresenta un contributo essenziale alla edificazione dell'Europa dei popoli fondata sui principi della democrazia e del decentramento e della sussidiarietà di funzioni proprie e di quelle conferite dalle leggi dello Stato e delle Regioni»;
a norma dello statuto della città di Bari: «La città di Bari, capoluogo della Regione Puglia, è una comunità aperta a uomini e donne, anche di diversa cittadinanza e apolidi. Bari, luogo tradizionale di incontri e di scambi ha la vocazione di legare civiltà, religioni e culture diverse, in particolare quelle del Levante e quelle Europee»;
«Considera la persona umana come l'unico parametro di valutazione del sistema sociale e politico»;
«Sostiene e promuove l'affermazione dei diritti umani, la cultura della pace, della cooperazione internazionale e dell'integrazione etnico-culturale, ispirandosi ai principi dell'unità e dell'integrazione dell'Unione Europea»;
«Tutela e valorizza le diverse realtà etniche, linguistiche, culturali, religiose e politiche presenti nella città, rifacendosi ai valori della solidarietà e dell'accoglienza, in conformità alle tradizioni storiche della città e alla sua vocazione di città aperta»;
«Tutela e promuove lo sviluppo delle persone, con riferimento a situazioni di particolare disagio o svantaggio, attivando un sistema di solidarietà sociale, anche attraverso l'apporto del volontariato laico e religioso, dell'associazionismo e del terzo settore con lo scopo di realizzare effettive condizioni di benessere e di sicurezza sociale, salvaguardando le locali tradizioni storiche e culturali»;
a seguito di alcuni sopralluoghi nel centro di identificazione ed espulsione (CIE) di Bari-Palese, da quanto constatato la condizione in cui versa la struttura all'indomani dei numerosi arrivi di imbarcazioni tunisine sulle coste siciliane e al conseguente smistamento degli immigrati anche nelle suddette strutture non risulta positiva;
la situazione nelle strutture baresi, grazie anche all'abnegazione degli operatori civili e militari in esse impegnati è sotto controllo, ma allo stesso tempo risulta essere al limite del collasso: si registra infatti una oggettiva condizione di sovraffollamento;
inoltre permangono i problemi già riscontrati in precedenti sopralluoghi relativi alle condizioni igienico-sanitarie in cui versano i bagni e gli alloggi, nonostante il Ministero abbia stanziato per la struttura barese un ulteriore milione di euro che si somma ai settecentomila già previsti per gli interventi di manutenzione straordinaria, ma ad oggi non è stato realizzato alcun intervento manutentivo;
c'è da sottolineare che dei 108 ospiti circa la metà (52) risultano essere di dichiarata cittadinanza tunisina: alcuni tra questi, giunti in Italia con i primi sbarchi all'indomani della rivolta nel paese nord africano e transitati dal centro brindisino di Restinco, per i quali sono state regolarmente avviate le procedure di richiesta di asilo politico, denunciano di essere ingiustamente detenuti nel centro di identificazione ed espulsione anziché affidati al Centro di accoglienza per i richiedenti asilo (CARA) come avvenuto per molti

altri loro compagni di viaggio; tale disfunzione potrebbe derivare da un disguido determinatosi a causa della promiscuità della sede brindisina;
il centro richiedenti asilo politico di Bari, come già ricordato, è ben oltre i limiti di capienza massima previsti e in vista di possibili nuovi arrivi si sta, tuttavia, predisponendo un piano di emergenza idoneo ad ospitare - attraverso l'utilizzo della tenda ad oggi impiegata per le attività socio ricreative e per il servizio mensa - almeno altre quattrocento unità. Tutto ciò, a detta degli stessi operatori, avverrebbe in totale assenza di direttive del Governo centrale;
secondo i già illustrati principi fondamentali in tema di diritti umani dettati dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, dalla Costituzione della Repubblica italiana, dallo statuto della regione Puglia, dalla legge regionale Puglia n. 32 del 2009, dallo statuto della provincia di Bari e dallo statuto della città di Bari, nonché richiamando il quadro giuridico in tema di trattamento dei migranti extra comunitari non muniti di valido titolo per il soggiorno nel territorio italiano, si deduce l'esistenza nel territorio della città di Bari di un centro di identificazione ed espulsione (CIE), erogante un trattamento penitenziario nei confronti di persone ritenute responsabili del reato contravvenzionale di ingresso senza titolo nel territorio nazionale;
si è a conoscenza di allarmanti segnalazioni sulle condizioni di vita delle persone ristrette nel centro di identificazione ed espulsione di Bari, in violazione al diritto alla dignità di essere delle regole di igiene e salute pubblica, e in difetto di garanzia degli standard minimi di vivibilità imposti dalla legge e dai regolamenti per il trattamento dei detenuti del circuito carcerario europeo -:
quali misure il Ministero intenda prendere affinché venga fatta chiarezza su questa allarmante situazione che ripropone in tutta la sua evidenza l'inadeguatezza della struttura che ospita il C.I.E. di Bari, sia in ordine alle norme che disciplinano il trattamento erogato verso gli «ospiti» sia in relazione alle norme che la disciplinano in linea tecnico-edilizio-costruttivo. (5-04327)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 17 febbraio 2011, a Genova il capo nucleo Gian Lorenzo Termanini, si è recato in prefettura per ritirare il decreto di una guardia zoofila ambientale che conteneva le prescrizioni da parte dell'autorità concedente, il vice prefetto vicario D'Attilio, in base alle quali il servizio deve essere svolto in affiancamento alle forze dell'ordine e senza armi;
tale restrizione risulta agli interroganti del tutto singolare nella storia del nostro Paese;
tenuto conto della condizione di sotto organico in cui versano le forze dell'ordine, non si capisce perché mai queste debbano affiancare le guardie zoofile nell'esercizio dei loro compiti, né perché mai si debba imporre una restrizione a chi svolge un servizio di polizia che può comportare anche azioni di contrasto dell'attività criminale di abbandono rifiuti, perquisizioni e sequestri;
le restrizioni imposte dal vice prefetto Vicario D'Attilio sono totalmente lesive della figura delle guardie zoofile ambientali e in difformità dal dettato normativo -:
quali iniziative urgenti si intendano promuovere per rimuovere le suddette restrizioni e ripristinare la dignità di una funzione, quella delle guardie zoofile, di grande importanza per il nostro Paese.
(4-11143)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano La Repubblica del 4 marzo 2011 è apparso un articolo di Carlo Bonini intitolato: «Stuprata dai carabinieri; la denuncia shock di una donna di 32 anni»; sottotitolo: «Indaga la Procura. I militari: c'è stato sesso ma lei era consenziente. La 32enne era stata fermata per un furto di vestiti. Agli abusi hanno partecipato tre uomini dell'Arma e un vigile urbano»;
stante la gravità della notizia in esso riportata, la prima firmataria del presente atto ritiene opportuno riprodurre integralmente il contenuto dell'articolo in questione: «Il buio e il silenzio di una caserma deserta. Una donna priva della libertà. Un uomo in divisa da carabiniere e un vigile urbano che godono del suo corpo di detenuta. Altri due militari che ascoltano, capiscono, e tacciono. È storia della notte tra mercoledì 23 e giovedì 24 febbraio. Stazione dei carabinieri del Quadraro, periferia a est della città. Una madre di 32 anni, detenuta in una camera di sicurezza della caserma dopo un arresto in flagranza per furto, ha rapporti sessuali completi e ripetuti con almeno uno dei tre carabinieri che l'hanno in custodia e con un agente della polizia municipale che è in quegli uffici. «Una violenza», denuncia lei. «Un abuso» vigliacco consumato su chi è privato della libertà e dunque è di per sé in una condizione di «minorità fisica e psicologica», ipotizza il procuratore aggiunto Maria Monteleone che procede nei confronti dei tre militari. E della loro stupefacente giustificazione: «È vero il rapporto sessuale c'è stato, ma quella donna era consenziente». I fatti, dunque. Almeno per come è possibile in questo momento ricostruirli incrociando il racconto della donna (che trovate in queste pagine) e quello consegnato dai militari alla loro catena gerarchica prima, alla procura della Repubblica, poi. Mercoledì 23. S., 32 anni, nata a Crema e a Roma da qualche tempo, viene sorpresa in un magazzino dell'Oviesse del quartiere Casilino mentre ruba dei capi di abbigliamento. La donna è giovane, bella, e ha una vita complicata. Dice di essere ragazza madre, non ha una casa, non ha un lavoro, si appoggia nell'appartamento del suo compagno, un agente immobiliare. Il pomeriggio del 23, il suo verbale di arresto viene redatto nella caserma dei carabinieri del Casilino. «Andrai a giudizio per direttissima domani», le spiegano. «Stanotte la passi dentro». Nelle camere di sicurezza del Casilino non c'è posto. S. viene quindi trasferita alla stazione del Quadraro. Arriva che è notte. E di lei si «occupano» tre militari di turno («un appuntato e due carabinieri - riferiscono fonti del Comando Generale - dal foglio disciplinare immacolato»). I tre arrivano in caserma quando S. è già nella sua cella. Hanno passato la serata fuori e si sono tirati dietro un amico, un vigile urbano. Hanno bevuto e fanno bere anche S. E qui - racconta lei - comincia il suo incubo. I quattro le aprono la porta della cella. Le dicono di seguirli in sala mensa. Il rapporto sessuale è ripetuto. E di almeno un carabiniere, S. memorizza i tatuaggi su una parte del corpo. La mattina dopo, giovedì 24 febbraio, S. è in tribunale per la convalida del suo arresto per furto. È stordita, umiliata. Ricorda il sesso, non ha memoria di violenza fisica. Al giudice monocratico e al pm di udienza non racconta nulla. Viene scarcerata e, convinta dal compagno, nel pomeriggio si presenta alla stazione dei carabinieri del Casilino per sporgere denuncia. I militari la accompagnano al Policlinico Casilino, dove viene sottoposta al tampone vaginale e, visitata, si certifica «l'assenza di segni visibili di violenza sul corpo». La Procura comincia a indagare a ritmo indiavolato. Gli atti vengono secretati. Il racconto dettagliato della ragazza (a cominciare dal dettaglio del tatuaggio sul corpo di uno dei militari) trova riscontro. Gli indagati afferrano quanto scivoloso sia per loro il terreno e scelgono una strada antica. Se non c'è violenza fisica argomentano - è la prova che non c'è stata violenza sessuale.

S. ha fatto sesso perché è quello che voleva. E poi, S. è una «sbandata». È un toppa peggiore del buco. Che, se possibile, rende ancora più determinato il procuratore, Maria Monteleone. Nella difesa dei carabinieri e del vigile urbano c'è infatti qualcosa che rende ancora più odioso quel che è accaduto. I quattro non capiscono - o fingono di non capire - che la violenza è nel presupposto della condizione in cui S. è precipitata la notte in cui i suoi carcerieri hanno goduto del suo corpo. Che diventa oltraggioso persino parlare di una «seratina» di alcool e sesso con una detenuta. Che non esiste consenso in un rapporto tra un uomo libero e una donna dietro le sbarre. Ma tant'è. La difesa, ad oggi, resta questa. Nell'imbarazzo profondo, nella vergogna, che ora diventano dell'Arma intera e del suo Comando generale nella medesima giornata è pubblicato un ulteriore articolo a firma di Emilio Orlando, dal titolo: «Prima il whisky poi l'aggressione, così la notte è diventata un incubo» nel cui testo si afferma: «Ho ancora in mente un tatuaggio, quello dell'uomo che mi ha violentata. Sono sconvolta. Non riesco a pensarci. Come è accaduta una cosa del genere? Io stessa non ci volevo credere. E forse ho rimosso per un po'. Ora però sento tutto il dolore. In quella mensa ho avuto tanta paura...». Parla, parla senza fermarsi con i carabinieri di via In Selci ma sembra non riuscire a mettere a fuoco quello che le è capitato: racconta degli abusi che ha subito» S.D. T, 32 anni, dice di essere stata la «vittima» di tre carabinieri e di un vigile urbano la notte tra mercoledì e giovedì nella camera di sicurezza della stazione dei carabinieri di Roma Quadraro. La donna, una ragazza madre, originaria di Crema ma residente nella Capitale, arrestata per aver rubato dei vestiti in un supermercato, quella notte dormiva nella cella della piccola stazione sulla Tuscolana in attesa del giudizio per direttissima. Dice di ricordare con chiarezza «quello che è accaduto». E racconta: «Durante la notte sono stata svegliata quattro uomini che sono venuti da me con bottiglie di alcolici e mi hanno offerto da bere. Ho Accettato, non immaginavo di non potermi fidare. Abbiamo bevuto whisky, poi ho chiesto qualcosa da mangiare, avevo fame, e loro mi hanno fatto uscire dalla cella e mi hanno portato in sala mensa». La donna interrompe il racconto e comincia a piangere. Poi riprende: «È stato lì che è successo il peggio. Mi hanno circondata e a turno hanno avuto con me rapporti sessuali. Anche loro avevano bevuto e molto». Gli investigatori del Nucleo investigativo di via In Selci hanno dato il via alle indagini, hanno fatto i rilievi nella cella e nella mensa, che ora è sotto sequestro. Le indagini sono partite appena dopo la denuncia. Poche ore dopo che S.D.T. si è presentata nell'aula di tribunale per essere processata per il furto. «Dopo l'udienza ho avuto il coraggio di denunciare, di raccontare della folle notte passata in caserma - afferma - quello che ho detto è vero. Sono pronta a descrivere i tatuaggi che aveva uno degli agenti che ha fatto sesso con me. Sono una ragazza madre, faccio lavori saltuari, ma non sono una di facili costumi». Ad aiutare la donna è stato un amico, un agente immobiliare che l'ha accompagnata a sporgere denuncia e l'ha poi portata al Policlinico Casilino, per i test sanitari. «Era spaventata e sotto choc - ha sottolineato l'amico - le ho detto che non doveva avere paura, ma lei era intimorita perché doveva accusare dei carabinieri. Le ho detto che doveva dire la verità. Come avrebbe dovuto comportarsi altrimenti? Lasciar correre solo perché si tratta di uomini appartenenti alle forze dell'ordine?» -:
di quali informazioni dispongano circa i fatti riferiti in premessa;
se, negli ambiti di rispettiva competenza, sia stata aperta un'indagine amministrativa interna sull'episodio in questione e quali ne siano stati gli esiti;
quali provvedimenti intendano adottare nei confronti dei militari coinvolti in questa incresciosa vicenda, qualora dovesse emergere una loro responsabilità quanto meno sotto il profilo disciplinare.
(4-11144)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

SCHIRRU, MATTESINI e BELLANOVA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
è giunta agli interroganti la segnalazione di una docente inclusa nelle graduatorie ad esaurimento provinciali di Roma, avente una patologia oncologica, sopravvenuta dopo la chiusura delle procedure per l'aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento di cui al decreto ministeriale 42 dell'8 aprile 2009 - «Graduatorie ad esaurimento docenti a.s. 2009-2011», con il riconoscimento appunto di handicap grave rientrante tra i requisiti previsti dall'articolo 3, comma 3, legge n. 104 del 1992, nonché il certificato di invalidità civile al 100 per cento relativo a patologia oncologica. Risulta anche essere iscritta nello specifico elenco di cui all'articolo 8, comma 1, della legge 12 marzo 1999, n. 68 «Norme per il diritto al lavoro dei disabili»;
il decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4, recante «misure urgenti in materia di organizzazione e funzionamento della pubblica amministrazione», all'articolo 6, comma 3-bis, recita: «L'accertamento dell'invalidità civile ovvero dell'handicap, riguardante soggetti con patologie oncologiche, è effettuato dalle commissioni mediche di cui all'articolo 1 della legge 15 ottobre 1990, n. 295, ovvero all'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, entro quindici giorni dalla domanda dell'interessato. Gli esiti dell'accertamento hanno efficacia immediata per il godimento dei benefici da essi derivanti, fatta salva la facoltà della commissione medica periferica di cui all'articolo 1, comma 7, della legge 15 ottobre 1990, n. 295, di sospenderne gli effetti fino all'esito di ulteriori accertamenti»;
il decreto ministeriale 42 del 2009 per l'aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento, non prevedeva, fino a successivo provvedimento normativo, la possibilità di aggiornamento delle proprie posizioni e pertanto l'inserimento di una sopravvenuta riserva per disabilità, neanche per «soggetti con patologie oncologiche» come pur previsto dalla legge. Tale grave omissione elude la disposizione di legge citata che parla di «efficacia immediata» dei benefici derivanti dall'accertamento di una patologia oncologica;
vista la grave omissione del decreto ministeriale 42 del 2009 di quanto previsto all'articolo 6, comma 3-bis, della legge 9 marzo 2006, n. 80, non può essere altro che un provvedimento ad hoc a sanare con urgenza la situazione, poiché è proprio la celere esecutività che è imposta dalla legge richiamata. È proprio e solo nella immediata spendibilità di tutti i benefici derivanti dall'accertamento di patologia oncologica che si adempie allo spirito del legislatore -:
se il Ministro non ritenga opportuno predisporre con specifica e urgente disposizione, all'esecuzione di quanto previsto dall'articolo 6, comma 3-bis, della legge 9 marzo 2006, n. 80, emanando quindi un provvedimento ad hoc (poiché specifico e indifferibile è il riferimento della legge richiamata) che indichi agli uffici scolastici regionali e provinciali di attivare immediatamente le procedure necessarie per l'immediata spendibilità dei benefici derivanti dall'accertamento di patologia oncologica, ivi compreso il rientrare a pieno titolo ed immediatamente nella categoria dei docenti «in situazione di disabilità personale di cui all'articolo 21» di cui alla legge n. 104 del 1992 inseriti nella graduatoria ad esaurimento, ferma restando l'iscrizione all'elenco di cui all'articolo 8, comma 1, della legge 12 marzo 1999, n. 68 «Norme per il diritto al lavoro dei disabili».
(5-04309)

MARCO CARRA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il provveditore agli studi reggente di Mantova, dottor Giuseppe Petralia, è stato nominato responsabile dell'ufficio scolastico di Milano;

tale nomina si sovrapporrà all'incarico che il dottor Petralia ricopre a Mantova, determinando una situazione di reggenza «a scavalco» che penalizzerà fortemente il sistema scolastico mantovano;
resta, infatti, forte il dubbio che avendo assunto una responsabilità così impegnativa, com'è quella milanese, il dottor Petralia dedicherà pochissimo tempo a Mantova;
tutto ciò, è secondo l'interrogante intollerabile considerando l'importanza del ruolo di provveditore agli studi e della necessità, pertanto, di renderlo stabile -:
se il Ministro interrogato intenda dar corso alla nomina di un provveditore agli studi quale figura stabile del sistema scolastico della provincia di Mantova, evitando il perdurare di una situazione insostenibile per la esigenza del territorio mantovano.
(5-04310)

RIVOLTA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 6, comma 12, del decreto- legge n. 78 del 2010 convertito dalla legge n. 122 del 2010, dispone che a decorrere dall'anno 2011 la spesa per missioni, anche all'estero, sostenute dalle pubbliche amministrazioni non può essere superiore al 50 per cento di quella relativa all'anno 2009;
secondo quanto indicato all'articolo 29, comma 15, della legge 30 dicembre del 2010, n. 240, sono escluse da tale computo le spese effettuate dalle università e dagli enti di ricerca con risorse derivanti da finanziamenti dell'Unione europea, ovvero di «soggetti privati»;
l'articolo 18, comma 5, della legge 30 dicembre del 2010, n. 240, riserva «esclusivamente» la partecipazione ai gruppi e ai progetti di ricerca delle università, qualunque ne sia l'ente finanziatore, e lo svolgimento delle attività di ricerca presso le università alle seguenti figure:
a) ai professori e ai ricercatori universitari, anche a tempo determinato;
b) ai titolari degli assegni di ricerca (di cui all'articolo 22 della legge medesima);
c) agli studenti dei corsi di dottorato di ricerca, nonché a studenti di corsi di laurea magistrale nell'ambito di specifiche attività formative;
d) ai professori a contratto (di cui all'articolo 23 della legge medesima);
e) al personale tecnico-amministrativo in servizio a tempo indeterminato presso le università, purché in possesso di specifiche competenze nel campo della ricerca;
f) ai dipendenti di altre amministrazioni pubbliche, di enti pubblici o privati, di imprese, ovvero a titolari di borse di studio o di ricerca banditi da tali amministrazioni, enti o imprese, purché sulla base di specifiche convenzioni e senza oneri finanziari per l'università ad eccezione dei costi diretti relativi allo svolgimento dell'attività di ricerca e degli eventuali costi assicurativi;
dal predetto elenco risultano pertanto esclusi:
i collaboratori coordinati e continuativi;
i collaboratori occasionali e professionali;
il personale tecnico amministrativo a tempo determinato;
i titolari di borse di studio per il proseguimento della formazione dei giovani più promettenti;
il limite di spesa imposto alle pubbliche amministrazioni (regioni, province, e altri) relativamente alle «missioni» crea in molte facoltà come quella di «agraria» una serie di problemi legati sia alla restituzione delle somme residue, sia all'impossibilità di attuare una ricerca soddisfacente per l'ente finanziatore, che potrebbe non essere retribuita;

il dettato del citato articolo 18, comma 5 della legge n. 240 del 2010, determina per la facoltà di agraria l'impossibilità di avere dei collaboratori esterni per le attività sul campo, relativamente alla raccolta di piante, al conteggio di foglie infestate da parassiti, e altro, causando conseguentemente il blocco delle sperimentazioni -:
quali iniziative di competenza intenda intraprendere per evitare che si creino eventuali ostacoli all'operatività della ricerca, con particolare riguardo alle attività svolte dalla facoltà di agraria.
(5-04313)

BORGHESI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
viene segnalato che in Italia vengono attivati corsi di memoria, lettura veloce e crescita personale, dietro i quali si celerebbero vere e proprie psicosette;
l'Associazione «Telefono Antiplagio» è stata contattata in relazione a quattro casi di persone che hanno frequentato (in regioni diverse) la stessa società;
per convincere le vittime, si userebbero suggestioni di massa, ma ancor peggio la tecnica della PNL (programmazione neuro linguistica), che dovrebbe essere riservata agli psicologi. Il tutto avverrebbe attraverso una persuasione sottile, amichevole, che cambia il carattere e le abitudini dell'individuo (vestire rigorosamente con giacca e cravatta, dormire poco, avere sempre meno tempo per la privacy, perdere le amicizie, distaccarsi dalla famiglia e altro), facendogli credere che collaborando, ovvero reclutando nuove vittime (7 persone, poi 15 e oltre), tramite volantinaggio, può acquisire sicurezza. Si innescherebbe così una catena piramidale all'infinito, o meglio multilevel. Hanno constatato, inoltre, che sono nate tante imprese analoghe, collegate tra loro, che aprono e chiudono dopo un anno o due. In tal modo, riuscirebbero, con l'espediente di aver trovato lavoro agli adepti, a passarseli di mano, convincendoli che si tratta del loro futuro: in pratica, chi aderisce continuerebbe a produrre compensi per le società, dopo essere già stato sfruttato da altre;
Telefono Antiplagio ed European Consumers hanno già sensibilizzato tv, radio, giornali, e stampato i primi 300.000 volantini, per mettere in guardia i nostri studenti, i nostri ragazzi -:
se i Ministri siano a conoscenza dei fatti sopra riportati;
come ritengano di intervenire per porre fine a quelle che all'interrogante appaiono «truffe» incentrate solo sull'interesse economico e a danno di persone «fragili».
(5-04319)

SIRAGUSA, GHIZZONI, MARIANI e DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il 30 gennaio 2008 il Ministero della pubblica istruzione (MIUR) ha bandito un concorso nazionale per 145 dirigenti tecnici;
i 145 posti di dirigente tecnico sono stati ripartiti in due contingenti: quello della scuola dell'infanzia e primaria e quello della scuola secondaria di I e di II grado. Il primo contingente era a sua volta suddiviso in due settori, mentre il secondo in cinque settori a loro volta formati da quattordici sottosettori, ognuno con codice dallo 01 al 16 [articolo 1];
l'iscrizione al concorso andava inoltrata esclusivamente per via telematica e si doveva indicare un solo settore e un solo sottosettore, pena la non prosecuzione dell'iscrizione stessa [articolo 3];
il bando prevedeva tre prove scritte e una orale, il tutto preceduto da una prova preselettiva [articolo 6];
lo stesso stabiliva che sarebbe stato ammesso alle prove scritte un numero di candidati pari a dieci volte il numero dei

posti messi a concorso per ogni settore e sottosettore. Ad esempio per il «settore dell'infanzia e scuola primaria» sarebbero stati ammessi 440 candidati; mentre per il sottosettore matematica e fisica 130 candidati. Poiché i posti messi a concorso erano 145, sarebbero stati ammessi in tutto 1450 candidati, ai quali si sarebbero aggiunti quelli classificatisi con il medesimo punteggio dell'ultimo candidato ammissibile [articolo 6];
il 21 settembre 2009, dopo alcuni rinvii, è stata espletata, in ciascuna regione, la prova preselettiva e il 12 febbraio 2010 sono state pubblicate le sedici graduatorie, una per ogni settore e sottosettore, rispettando la suddivisione prevista dal bando;
sono risultati ammessi alle prove scritte rispettivamente 1477 candidati, cioè «un numero di candidati pari a dieci volte il numero dei posti messi a concorso per ogni settore e sottosettore. I candidati eventualmente classificatisi con il medesimo punteggio dell'ultimo candidato ammissibile vengono tutti ammessi a sostenere le prove scritte» [articolo 6];
tuttavia, emerge che circa 200 candidati si trovavano collocati in più settori e sottosettori: c'era chi appariva inserito in due, chi in tre, chi in dieci, chi in quattordici settori e sottosettori;
se ne è dedotto che il numero 1477 non rappresentava più 1477 persone fisiche che concorrevano ciascuna per un posto, bensì circa 930 persone che concorrevano per più posti. Ne è conseguito che il numero dei candidati, ammessi alle prove scritte, non era più dieci volte il numero dei posti messi a concorso per ogni settore e sottosettore, con un rapporto quindi di 10:1, bensì 6,65 volte il numero dei posti messi a concorso, con un rapporto di 6,65 a 1;
questo rapporto è stato calcolato dal Ministero e appare nel suo atto d'appello al Consiglio di Stato;
si deve ricordare che il bando di concorso prevedeva: una prova preselettiva comune a tutti i settori e sottosettori, una prima prova comune a tutti i settori e sottosettori, una seconda prova comune a tutti i settori e sottosettori e sedici distinte terze prove una per ogni settore e sottosettore;
a seguito di quanto sopra descritto sono cominciati i ricorsi al TAR del Lazio di coloro i quali non sono stati ammessi alle prove scritte perché nei rispettivi settori e sottosettori erano inseriti dei «pluricandidati», candidati appunto presenti in più settori e sottosettori;
il TAR Lazio ha accolto tali ricorsi motivando: «con riferimento alla mancata utilizzazione dei complessivi 1450 per l'ammissione alle prove di esame; nell'ambito dei quali l'Amministrazione doveva tener conto esclusivamente del numero dei soggetti nominativi, candidati alle prove preselettive con esclusione della reiterazione di quei soggetti, candidati per più settori; ritenuto pertanto di poter ammettere con riserva alle prove di esame i ricorrenti entro il limite numerico effettivo dei 1450 posti e subordinatamente alla loro utile collocazione in graduatoria nei limiti del numero dei medesimi posti»;
il Ministero era pertanto tenuto ad escludere i «pluricandidati» dalle graduatorie di ogni settore e sottosettore;
alcuni concorrenti hanno fatto ricorso al Capo dello Stato, che, in conformità con il parere obbligatorio reso dal Consiglio di Stato, accoglieva il ricorso;
il Ministero si è appellato al Consiglio di Stato, che però ha rigettato l'istanza, confermando la statuizione del TAR Lazio;
nel frattempo, sempre il Ministero, ha predisposto, «in stretta aderenza alle prescrizioni contenute nella statuizione del TAR Lazio», un «apposito elenco di tutti i partecipanti alle prove preselettive, prescindendo, in tale contesto, dai settori e sottosettori richiesti, stilato in ordine decrescente, secondo il punteggio conseguito da ciascuno»;

tale elenco è stato inviato dal MIUR solo ai rappresentanti legali dei ricorrenti;
questo elenco contiene i nominativi di 1469 candidati, elencati in ordine decrescente con punteggio da 90 (punteggio pieno) a 24,50. Sono stati inseriti nello stesso, i ricorrenti che avevano ottenuto un punteggio compreso tra 90 e 24,50;
va inoltre specificato che nel settore «scuola dell'infanzia e primaria», che prevede l'ammissione di 440 candidati, l'ultimo classificato (il 440esimo) avrà un punteggio inferiore dell'ultimo classificato nel sottosettore «matematica e fisica» dove occuperà la 130esima posizione;
all'interrogante risulta che questo elenco non sia mai stato reso pubblico: accade così che ci sono concorrenti che non appaiono nell'elenco di 1469 ma faranno il concorso, altri che vi appaiono ma a cui non è mai stato ufficialmente reso noto;
la gran parte dei ricorrenti ha proposto allora ricorso per motivi aggiunti avverso tale elenco, che stravolge completamente le prescrizioni del bando di concorso;
il TAR Lazio ha respinto i ricorsi presentati dai ricorrenti, non inclusi nell'elenco dei 1469, motivando il rigetto asserendo che il Ministero avrebbe dato corretta esecuzione al provvedimento cautelare (scrive il TAR Lazio in motivazione: «tenuto conto della corretta esecuzione da parte dell'Amministrazione della ordinanza cautelare»);
tale ordinanza viene, in seguito, confermata dal Consiglio di Stato;
tale motivazione non sembra tenere conto che il Ministero per suo espresso riconoscimento: «prescinde dai settori e sottosettori» nello stilare «l'apposito elenco», prescinde quindi dal nucleo centrale del bando, quella parte che dà significato allo stesso;
del resto, tale impostazione «settoriale» è stata di recente riconosciuta e ribadita altresì da fonti regolamentari. Si cita, a titolo di esempio, il decreto ministeriale 60/2010, che ribadisce in che cosa consista la funzione tecnica, esercitata dai dirigenti tecnici: essi «operano come esperti di settori scolastici e di specifici ambiti disciplinari, rappresentando l'espressione di un'ampia cultura con competenze ampie nello specifico campo del sapere». Inoltre, spetta a loro «predisporre le prove degli esami conclusivi dei cicli scolastici»;
il giorno 28 febbraio 2011 sono iniziate le prove scritte, il bando ha previsto che: «(...) Lo stesso avviso indicherà la data della successiva Gazzetta Ufficiale (...), contenente il diario delle prove scritte, nonché l'elenco dei candidati ammessi alle prove medesime, per i quali tale pubblicazione ha valore di notifica a tutti gli effetti» [articolo 6];
nella Gazzetta Ufficiale - 4a serie speciale «Concorsi ed esami» n. 12 del 12 febbraio 2011, ci sono sì le date delle prove scritte, ma non l'elenco dei candidati ammessi -:
per quale motivo non sia stato pubblicato l'elenco dei candidati ammessi;
se, alla luce di quanto esposto in premessa, non ritenga opportuno procedere alle prove supplettive per i circa 400 candidati che, pur rientrando tra i primi 1477 nella graduatoria, non sono stati ammessi a sostenere le prove.
(5-04328)

BOCCI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per le pari opportunità, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
la legge 4 novembre 2010, n. 183, recante «Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico

e di controversie di lavoro», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 262 del 9 novembre 2010, prevede, all'articolo 21, che le pubbliche amministrazioni, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge - ossia il 9 marzo 2011 -, costituiscano il «Comitato unico di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni»: un organismo che raccoglie le competenze precedentemente attribuite in forma distinta ai comitati per le pari opportunità ed ai comitati paritetici sul fenomeno del mobbing;
inoltre, il suddetto articolo 21 dispone, ai commi 4 e 5, rispettivamente che «le modalità di funzionamento dei Comitati unici di garanzia sono disciplinate da linee guida contenute in una direttiva emanata di concerto dal Dipartimento della funzione pubblica e dal Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione» e che «la mancata costituzione del Comitato unico di garanzia comporta responsabilità dei dirigenti incaricati della gestione del personale, da valutare anche al fine del raggiungimento degli obiettivi»;
probabilmente, anche a causa della mancata partecipazione del Ministro per le pari opportunità all'iter che ha portato alla proposta e all'approvazione della legge n. 183 del 2010, non è stata sufficientemente approfondita, a giudizio dell'interrogante, la portata dell'innovazione prevista dall'articolo 21, che peraltro ha subito forti critiche anche nel corso dell'esame parlamentare;
a tutt'oggi le citate linee guida non risultano ancora emanate, nonostante sia scaduto sin dal 9 febbraio 2011 il termine per la loro emanazione -:
se i Ministri interrogati non ritengano di promuovere una proroga del termine per l'istituzione dei Comitati unici di garanzia a trenta giorni dalla data in cui le linee guida risulteranno emanate;
se non ritengano di prendere in considerazione l'opportunità di assumere iniziative volte a escludere dalle norme in questione i Comitati di pari opportunità all'interno delle università che si presentano attualmente come organismi statutari in genere misti, cioè sia di natura elettiva che di nomina del rettore, e rappresentano tutte le componenti che studiano e lavorano nelle università, posto che molti atenei hanno adottato statuti che prevedono i Comitati unici di garanzia come organi, e regolamenti, che comportano per l'appunto una più ampia partecipazione, e che tale composizione, dunque, appare difficilmente compatibile con il nuovo modello disegnato dal legislatore per tutte le pubbliche amministrazioni.
(5-04335)

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
come si desume da un dossier elaborato da Legambiente che analizza la situazione degli istituti scolastici di Frosinone, Latina e Rieti (Roma e Viterbo sembra abbiano fornito dati talmente incompleti da non poter essere analizzati), una scuola su quattro (23 per cento), necessita di interventi di manutenzione urgenti; il 58 per cento ne ha avuti negli ultimi cinque anni, ma più della metà (52 per cento) sono stati realizzati tra il 1974 e il 1990, e solo il 15 per cento negli ultimi venti anni;
sembrerebbe che nessuno degli edifici in questione sia stato costruito secondo criteri di bioedilizia, e soltanto il 23 per cento secondo criteri antisismici;
nei sopra citati capoluoghi, solo un edificio su tre ha il certificato di prevenzione degli incendi;
nel 39 per cento sono stati verificati casi accertati di presenza di amianto;

il 38 per cento degli edifici sorge in aree a rischio sismico dichiarato;
solo l'83 per cento degli edifici ha il certificato di idoneità statica;
solo il 57 per cento degli edifici ha effettuato interventi per l'eliminazione delle barriere architettoniche -:
se quanto sopra riferito risulti corrispondente a verità;
in caso affermativo, quali iniziative di competenza ritenga di dover adottare, promuovere e sollecitare in relazione a una situazione di oggettiva pericolosità e disagio per gli studenti, il personale insegnante e amministrativo anche nell'ambito del monitoraggio del Piano per la sicurezza degli edifici scolastici.
(4-11134)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
come riferisce il rapporto annuale di Legambiente su «Ecosistema scuola 2011», il 36 per cento degli edifici scolastici in Italia necessita di interventi di manutenzione urgenti;
oltre il 50 per cento dei 42.000 edifici esistenti è in aree a rischio sismico e solo il 58 per cento ha il certificato di collaudo statico;
il 65 per cento degli edifici risulta costruito prima del 1974, prima delle norme per le costruzioni in aree sismiche;
il 9 per cento degli edifici è a rischio idrogeologico;
solo il 10,14 per cento degli edifici è costruito secondo criteri antisismici;
il 52 per cento degli edifici nel meridione d'Italia, circa il 53 per cento degli edifici nelle isole, il 26 per cento degli edifici del nord e del centro Italia, pur essendo relativamente giovani, dichiara la necessità di interventi di manutenzione urgenti -:
se quanto sopra riferito risulti corrispondente a verità;
in caso affermativo, quali iniziative di competenza ritenga di dover adottare, promuovere e sollecitare in relazione a una situazione di oggettiva pericolosità e disagio per gli studenti, il personale insegnante e amministrativo anche nell'ambito del monitoraggio del Piano per la sicurezza degli edifici scolastici.
(4-11135)

EVANGELISTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la regione Toscana, con la legge regionale n. 25 del 21 giugno 2006, (Istituzione della Fondazione Toscana Gabriele Monasterio per la ricerca medica e di sanità pubblica) ha istituito la Fondazione Monasterio quale fondazione di diritto privato, con finalità legate all'attività sanitaria specialistica e alla ricerca medico-scientifica;
la stessa ha operato, a partire dalla sua istituzione, con personale proveniente essenzialmente dall'azienda USL 1 di Massa Carrara, dall'azienda ospedaliera pisana e dall'università di Pisa e dall'Istituto di fisiologia clinica del C.N.R. di Pisa;
la sentenza della Corte costituzionale n. 52 depositata il 18 febbraio 2011, presuppone, cosa che ad avviso dell'interrogante non trova riscontro nei fatti, che il personale CNR abbia operato in regime di comando per la Fondazione Monasterio e che sia previsto il suo passaggio nei ruoli della medesima;
sia il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che le organizzazioni sindacali hanno subordinato la partecipazione del CNR alla Fondazione Monasterio alla salvaguardia delle specifiche competenze dell'Istituto di fisiologia clinica e del suo personale in quanto le

stesse sarebbero state danneggiate dal trasferimento di detto personale nei ruoli della Fondazione;
per l'espletamento delle proprie attività istituzionali, la Fondazione ha inoltre provveduto all'assunzione diretta di alcune unità di personale, secondo modalità proprie di un soggetto privato, cioè senza effettuare procedure in alcun modo riconducibili al concorso pubblico;
il personale assunto alle dipendenze della Fondazione Monasterio, attraverso procedure tipiche di una fondazione di diritto privato (e quindi non riconducibili al concorso pubblico) è di circa 140 unità, tra cui almeno 30 medici;
il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 6, comma 2, della legge n. 85 della regione Toscana del 29 dicembre 2009, (Riconoscimento della «Fondazione Toscana Gabriele Monasterio per la ricerca medica e di sanità pubblica» come ente di diritto pubblico), nella parte in cui prevede l'espletamento di un concorso riservato per l'accertamento della idoneità e per l'inquadramento nei ruoli del servizio sanitario regionale a favore del personale della Fondazione di diritto privato Gabriele Monasterio che non sia stato assunto con procedura selettiva pubblica;
la stessa regione Toscana, nella propria difesa nel giudizio di legittimità costituzionale di cui sopra, ha sottolineato che tutto il personale assunto dalla Fondazione che ha in corso un rapporto di diritto privato non potrà transitare con le medesime modalità (visto il disposto del primo comma del citato articolo 6) né potrà essere licenziato dalla Fondazione, essendo i relativi contratti di lavoro a tempo indeterminato;
secondo l'Avvocatura dello Stato, tale disposizione, nella quale peraltro non viene specificata la tipologia di personale interessata, si porrebbe in contrasto con i principi di uguaglianza, buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione, nonché con il principio del pubblico concorso, di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione, principio derogabile solo per ragioni di interesse pubblico, che nella specie non sarebbero individuabili;
nella sentenza sopra accennata, la Corte costituzionale ha ribadito che «le argomentazioni addotte dalla Regione Toscana non forniscono una valida ragione della deroga, disposta dal legislatore regionale, al principio del pubblico concorso quale regola generale per l'accesso all'impiego alle dipendenze di pubbliche amministrazioni. Esse appaiono, piuttosto, orientate all'interesse del singolo soggetto, già assunto a tempo indeterminato dalla Fondazione, all'epoca ente di diritto privato, con contratto privatistico, alla stabilizzazione alle dipendenze dell'ente trasformatosi in ente di diritto pubblico. Ma un siffatto interesse non appare idoneo ad assurgere, alla stregua della richiamata giurisprudenza costituzionale in materia, al rango di «peculiare e straordinaria ragione di interesse pubblico» tale da legittimare la deroga alla regola del pubblico concorso per l'accesso all'impiego pubblico»;
non esiste una convenzione tra l'Istituto di fisiologia clinica e la Fondazione in questione che vada a regolamentare i rapporti tra le due entità e per tentare di porre rimedio si sarebbe stabilito di convocare un tavolo tecnico tra regione, CNR e organizzazioni sindacali -:
se siano a conoscenza dei fatti citati in premessa e quali iniziative intendano adottare, nell'ambito delle rispettive competenze, per dare garanzie circa la sorte e il futuro di questi lavoratori e per evitare che l'intera attività di ricerca ne sia paralizzata.
(4-11161)

TESTO AGGIORNATO AL 9 MARZO 2011

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

VIOLA e MARTELLA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
a partire dal 2009 la Nuova Pansac, società con sede in Milano e stabilimenti nel Veneto (Portogruaro, Mira e Marghera) in Emilia Romagna (Ravenna) e in Lombardia (Zingonia), impegnata nella lavorazione di prodotti derivati dal ciclo della chimica, a seguito di cattiva gestione aziendale e una serie di investimenti con esito negativo, ha creato una voragine di debito tale da portare il gruppo sull'orlo del fallimento;
si è aperta quindi una lunga trattativa sul tavolo istituito dal Ministero dello sviluppo economico che ha portato ad una serie di accordi tra le parti sulla cassa integrazione e sulla mobilità: il primo accordo di cassa integrazione straordinaria per crisi firmata il 28 maggio del 2010 che prevede nella gestione che prevede l'apertura della procedura della mobilità con il criterio della non opposizione da parte del lavoratore, e in modo particolare all'accordo del 7 febbraio del 2011, dopo che la Nuova Pansac ha sottoscritto atto di conferimento di ramo d'azienda a Pansac International;
in tale accordo si prevede la possibilità per l'azienda di attivare la procedura di mobilità per 40 dipendenti del gruppo nell'ambito della quale l'individuazione dei lavoratori rispetterà il criterio della non opposizione alla mobilità e che i delegati sindacali territoriali di riferimento a ciascun sito sottoscriveranno l'accordo sindacale di cui sopra;
tale procedura rispondeva all'esigenza di circa cinque lavoratori del sito di Portogruaro di immediata ricollocazione presso nuova occupazione in Friuli e l'esodo di alcuni impiegati delle sedi amministrative in chiusura;
l'azienda, a seguito dell'acuirsi della tensione che si è creata nel sito di Portogruaro, del quale non si è discussa la chiusura definitiva, cosa che resta peraltro incombente, ha deciso di rifiutare la mobilità ai 5 dipendenti di cui sopra compromettendo la possibilità di ricollocazione tradendo gli accordi firmati in sede ministeriale;
la sede di Portogruaro è collocata in un'area geografica particolarmente colpita dalla crisi e che si rende necessaria una più completa e aggiornata valutazione della possibilità di mantenere in attività anche questo sito produttivo, oltre a quelli di Marghera e Mira in Provincia di Venezia; -:
se non intendano verificare e sollecitare con urgenza il rispetto degli accordi sottoscritti tra le parti con particolare riferimento a quello del febbraio del 2011 e di riferire ai sottoscritti interroganti sulla possibilità che si istituisca al più presto un tavolo ministeriale per definire in maniera compiuta la possibilità che il piano industriale, presentato dall'azienda alle banche e poi alle parti sociali senza la possibilità di discussione, preveda il mantenimento e rilancio del sito produttivo di Portogruaro e che comunque tale piano sia oggetto di discussione e di accordo con le parti sociali e gli enti locali territorialmente competenti.
(5-04308)

BORGHESI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo 16 febbraio 1996, n. 104, di attuazione della delega conferita dall'articolo 3, comma 27, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di dismissioni del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici e di investimenti degli stessi in campo immobiliare, all'articolo 15, comma 2, detta norme sui criteri di assegnazione in locazione delle unità immobiliari ad uso abitativo e di determinazione dei canoni da parte degli enti pubblici previdenziali;

in relazione all'evoluzione normativa risultavano interessati dalle disposizioni di cui sopra i seguenti enti: INPS, INAIL, INPDAP, IPSEMA, INPDAI, ENPALS, IPOST, ENPAF ed il fondo previdenziale ed assistenziale degli spedizionieri doganali;
il decreto prevedeva che entro 5 anni gli enti previdenziali di natura pubblica (di cui alla legge n. 70 del 1975) avrebbero dovuto completare un processo di dismissione dei loro patrimoni immobiliari, stabilendo il diritto di prelazione, che poteva essere esercitato dagli stessi inquilini, se in regola con il pagamento dei canoni e degli oneri accessori;
con il decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito con modificazioni dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, si è provveduto ad imprimere un'ulteriore accelerazione al procedimento di dismissione mediante lo strumento della cartolarizzazione del patrimonio immobiliare: si è, quindi, provveduto al trasferimento, con decreto ministeriale, della proprietà degli immobili degli enti previdenziali alla società SCIP S.r.l. (la cui costituzione è stata promossa direttamente dal Ministero dell'economia e delle finanze), per rendere possibile la contabilizzazione immediata dell'intero prezzo di vendita dello stock immobiliare e permettere l'emissione di obbligazioni immobiliari da collocare sul mercato;
successivamente il decreto-legge n. 41 del 2004, convertito dalla legge n. 104 del 2004, ai fini della fissazione delle modalità di determinazione del prezzo di immobili pubblici oggetto di cartolarizzazione, prendeva a riferimento i valori di mercato del mese di ottobre 2001. Per effetto di tale ultimo provvedimento, gli enti che avevano venduto, dopo il 2001 e fino al 2004, a prezzi maggiorati, venivano chiamati a risarcire i propri inquilini;
la normativa contenuta nei menzionati provvedimenti legislativi, legge n. 104 del 1996 e decreto-legge n. 41 del 2004, mirava quindi a realizzare una dismissione equa e corretta per la proprietà e per gli inquilini;
la legge n. 410 del 2001 all'articolo 3, comma 3, riconosceva in favore dei conduttori delle unità immobiliari ad uso residenziale il diritto di opzione;
con i successivi decreti ministeriali, attuativi delle operazioni di cartolarizzazione, furono altresì disciplinate minutamente le fasi di formazione del prezzo, di comunicazione del medesimo agli inquilini che avevano esercitato l'opzione nonché di esercizio del diritto di opzione;
le procedure di dismissione di immobili pubblici consentivano una serie di tutele per gli inquilini più deboli: sotto una certa soglia di reddito si aveva diritto ad usufruire di mutui agevolati;
dal 2001 al 2009, una buona parte del patrimonio degli enti pubblici è stata cartolarizzata. Questi enti, cioè, hanno ceduto in due diverse operazioni i loro immobili a una società contenitore creata dallo Stato, la Scip srl (società cartolarizzazione immobili pubblici). La Scip ha provveduto a venderli e a ripagare gli enti con titoli emessi su questi edifici. Un'operazione gigantesca, che si è interrotta all'incirca due fa, quando lo Stato, «in considerazione dell'eccezionale crisi economica internazionale e delle condizioni del mercato immobiliare e dei mercati finanziari», ha messo in liquidazione, con la legge n. 14 del 2009, il patrimonio della srl, gestito da un fondo separato. Ciò al fine di evitare la svendita degli ultimi palazzi rimasti alla società o, peggio, evitare che Scip continuasse a esistere senza riuscire a vendere i beni rimasti;
le aste, sia quelle di Scip, sia quelle organizzate dalle fondazioni, si sono trasformate a volte in una ottima occasione per gli speculatori immobiliari di professione. Nei casi in cui venivano venduti interi lotti, o quando la base d'asta era bassa e c'erano pochi aspiranti compratori, in tanti hanno acquistato a poco e rivenduto a molto;
in questo momento, Inps, Inail, Inpdap e altri enti pubblici stanno ricevendo indietro le unità immobiliari invendute.

Nel caso dell'Inail, tanto per fare un esempio, sono più di 1.800 e hanno un valore di mercato di 342,5 milioni di euro. Beni che saranno venduti all'asta, forse a partire già da questa estate;
l'Inail possiede immobili in affitto (esclusi quelli ricevuti indietro da Scip) per un valore di oltre 1,3 miliardi di euro. Solo nel 2009, la vendita di 90 unità immobiliari ha portato nelle casse dell'ente oltre 22 milioni di euro. Nel suo patrimonio, tra i palazzi usati a fini istituzionali, conta anche cliniche e diversi palazzi storici, come villa Tornabuoni Lemmi a Firenze, palazzo Foscari Contarini a Venezia, villa Giovio a Brescia;
l'Inpdap ha un patrimonio immobiliare che vale la metà, intorno ai 471 milioni di euro, ma in questa cifra è compreso anche il valore delle sedi. L'ente, che si occupa della previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica, è nato nel 1994 dall'accorpamento di Enpas, Inadel, Enpdep e delle Casse pensionistiche gestite dagli istituti di previdenza dell'ex Ministero del tesoro (Cpdel, Cps, Cpi, Cpug). Da tutti questi enti ha ereditato il suo vasto patrimonio. Più piccolo è il patrimonio dell'Inps, 173 milioni di euro. Immobili gestiti in modo poco efficiente, visto che l'utile netto fruttato dal patrimonio è -645 mila euro;
le nuove vendite hanno luogo ad un prezzo determinato dal valore di mercato dell'appartamento come se fosse libero e scontato del 30 per cento;
chi non intende acquistare ha diritto al rinnovo del contratto per altri nove anni dalla scadenza dello stesso, se il reddito familiare lordo complessivo è inferiore a 19 mila euro; in presenza di un ultrasessantacinquenne o un disabile il limite sale a 22 mila euro (articolo 3 della legge n. 410 del 2001); in tutti gli altri casi, il rinnovo può essere fatto solo per altri tre anni;
gli enti previdenziali rimasti pubblici (Inps, Inpdap, e altri) hanno ancora un consistente patrimonio rimasto invenduto, all'interno del quale abitano alcune migliaia di inquilini considerati senza titolo, e una parte di questo patrimonio è tenuto sfitto;
risulta all'interrogante che molti enti pubblici non paghino la tassa di registro relativa alle unità abitative affittate con la conseguenza che gli inquilini non possono produrre il Mod. F23 relativo a tale pagamento, ritenuto documento necessario per esercitare il diritto al rinnovo del contratto e dunque rischiano di essere esclusi da un loro diritto;
risulta altresì che in caso di morosità molti enti abbiano delegato le operazioni di riscossione agli agenti della riscossione, con l'aggravio di oneri aggiuntivi insostenibili da parte degli inquilini;
la scelta di dismissione degli alloggi degli enti pubblici prima e di quelli privatizzati poi, insieme alla politica degli affitti che vengono portati ai livelli di quelli di mercato, sta contribuendo inevitabilmente ad aggravare l'emergenza abitativa - cambiando la natura e il ruolo di calmierazione del mercato abitativo di questo importante patrimonio - che vede in Italia oltre 430.000 famiglie in difficoltà con il pagamento dei mutui e oltre 230.000 sfratti di cui - nelle grandi città - quasi il 90 per cento per morosità;
quanto suesposto ha portato in queste settimane a una forte mobilitazione da parte degli inquilini degli enti previdenziali, con manifestazioni e assemblee pubbliche, proprio per denunciare le inaccettabili condizioni «capestro» alle quali sono sottoposti da parte dei medesimi enti;
siamo in presenza di soggetti che non sono società immobiliari private ma enti pubblici direttamente controllati dallo Stato e che non possono rifiutarsi di eseguirne eventualmente le direttive;
rispondendo ad una precedente interpellanza urgente (2-00785) il Sottosegretario Viespoli ebbe ad affermare a nome del Governo quanto segue: «In conclusione, rispetto alle richieste dell'onorevole interpellante, allo stato ritengo sia

utile raccogliere l'indicazione di attivare un tavolo tecnico interistituzionale, allargato a tutti i soggetti pubblici competenti, al fine di approfondire le questioni ed i temi posti dall'interpellante, in particolare in relazione alla tutela dei diritti degli attuali conduttori degli immobili di proprietà degli enti in questione» -:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
se sia stato istituito il tavolo tecnico interistituzionale e quali risultati abbia raggiunto;
se non si ritenga di assumere iniziative, anche normative, allo scopo di garantire il rinnovo contrattuale delle locazioni per tutti gli inquilini delle unità abitative di proprietà degli enti previdenziali pubblici;
se non si ritenga di assumere ogni iniziativa di competenza per la regolarizzazione degli immobili occupati senza titolo da parte di chi paga regolarmente i canoni di locazione;
se non si ritenga di impartire le direttive necessarie affinché sia l'ente stesso a procedere al recupero delle morosità;
se non si ritenga di impartire le necessarie direttive affinché gli enti provvedano a pagare regolarmente la tassa di registro con il modello F23 ed, in ogni caso, per evitare che la sua mancata produzione ricada sugli inquilini che non hanno alcuna colpa;
se non si ritenga di dover assumere iniziative, anche di concerto con le regioni, al fine di garantire l'erogazione agli inquilini di mutui a tasso agevolato per l'acquisto dell'unità occupata;
se non si ritenga di favorire l'acquisto da parte di comuni e regioni delle unità immobiliari in vendita, andando incontro alle esigenze di inquilini non in grado di esercita l'opzione per l'acquisto;
se non si ritenga di dover intervenire presso gli enti previdenziali pubblici, affinché, in caso di dismissione, siano mantenute ferme da parte degli enti previdenziali pubblici le condizioni previste.
(5-04317)

BARANI, DI VIRGILIO e BOCCIARDO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
con l'articolo 20 del decreto-legge n, 48 del 2009 - «Contrasto alle frodi in materia di invalidità civile» - convertito dalla legge 3 agosto 2009 n. 201, si è ridefinito il percorso per gli accertamenti e il riconoscimento delle minoranze civili, handicap (legge n. 104 del 1992) e disabilità (legge n. 68 del 1999), e delle procedure di valutazione, concessione e ricorso giurisdizionale;
secondo gli auspici del legislatore, il provvedimento, attribuendo all'Inps nuove competenze, avrebbe dovuto consentire una maggiore rapidità e modalità più chiare per il riconoscimento dell'invalidità civile, dell'handicap e della disabilità;
il presidente dell'Inps Antonio Mastropasqua presentando in un'intervista i dati sulle verifiche di invalidità effettuate nel 2010 dall'Istituto ha dichiarato che «è stato revocato il 23 per cento delle pensioni di invalidità civile controllate, quasi una su quattro»;
un risultato in crescita rispetto al 2009 (quando erano state cancellate l'11 per cento delle pensioni controllate) che il presidente dell'Istituto addebita all'affidamento del campione che siamo andati a controllare;
in alcune regioni, in particolare al sud, la quantità di cancellazioni è molto alta (in Sardegna raggiunge il 53 per cento) e proprio qui si è concentrata l'azione di verifica;
per restituire lustro alla propria immagine, l'Istituto annuncia che il 23 per cento dei controlli (non si è ben compreso se i 100mila del 2009 o i 200mila del 2010) avrebbe prodotto la revoca delle provvidenze

economiche. Si arrivano a comunicare dati ad effetto: 76 per cento a Sassari, 53 per cento a Perugia e altro;
non è in discussione il contrasto alle frodi in materia di invalidità civile né le misure che tendono a ripristinare la legalità violata;
l'ANMI - FeMEPA apprendendo i dati di fonte Inps, che riportano revoche di prestazioni in tema di invalidità civile che arrivano persino al 76 per cento in alcune città d'Italia, si sono dissociate da tale lettura interpretativa che non reputano corrispondenti alla realtà, specie per i casi più eclatanti;
a quanto si apprende dalle associazioni dei disabili, l'Inps starebbe effettuando i controlli secondo standard propri, ispirati al controllo della spesa, non nel pieno rispetto delle norme approvate dal Parlamento;
secondo le associazioni stiamo assistendo, anche quotidianamente, alla revoca dell'indennità a persone con Alzheimer, con autismo e con tetra-paresi;
i familiari delle persone disabili si sono visti sottoporre in questi giorni la cosiddetta «Dichiarazione», che crea un pregiudizio generalizzato nei confronti delle persone disabili e dei loro familiari, titolari di diritti inalienabili e non destinatari di concessioni;
secondo le associazioni dei disabili tutte queste persone presenteranno ricorso al giudice e, se andrà come in altri casi, l'Inps perderà più della metà delle cause;
per l'allarme sociale che tale notizia sta generando tra i cittadini affetti da disabilità sarebbe opportuno effettuare ulteriori approfondimenti e verifiche numeriche -:
se il Ministro abbia notizie circostanziate sui fatti riportati dalle associazioni dei disabili e prodottasi a seguito dell'approvazione della nuova disciplina relativamente ai tempi di accertamento e riconoscimento dell'invalidità civile, dell'handicap e della disabilità.
(5-04324)

MURER e MIOTTO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 20 del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, «Contrasto alle frodi in materia di invalidità civile, attribuisce all'INPS nuove competenze per l'accertamento dell'invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità», con l'intento di ottenere tempi più rapidi e modalità più chiare per il riconoscimento dei relativi benefici, ha profondamente modificato la procedura di presentazione delle domande di accertamento, la valutazione sanitaria, la concessione delle prestazioni nonché il ricorsa in giudizio;
l'INPS, con determinazione n. 189 del 20 ottobre 2009, definisce il disegno organizzativo e procedurale per l'applicazione dell'articolo 20 del decreto-legge n. 78 del 2009 (msg. 24477 del 29 ottobre 2009);
le novità sostanziali sono sinteticamente le seguenti: a decorrere dal 1o gennaio 2010, le domande vanno presentate all'INPS esclusivamente in via telematica; l'istituto trasmette, in tempo reale e in via telematica, le domande alle ASL; le commissioni mediche ASL sono integrate da un medico dell'INPS quale componente effettivo; gli accertamenti sanitari conclusi con giudizio unanime dalla commissione sanitaria previa validazione da parte del responsabile della Commissione medica locale territorialmente competente, allorché comportino il riconoscimento di una prestazione economica, danno luogo all'immediata verifica dei requisiti socio economici, al fine di contenere al massimo i tempi di concessione; gli accertamenti sanitari conclusi con giudizio a maggioranza sono soggetti a successiva verifica con riesame degli atti o eventuale disposizione di una nuova visita; la commissione medica superiore effettua il monitoraggio complessivo dei verbali e ha, comunque, facoltà di estrarre posizioni da sottoporre a ulteriori accertamenti agli atti o con

disposizione di nuova visita; l'INPS diventa unica controparte nell'ambito del contenzioso; nel caso in cui il giudice nomini un consulente tecnico, alle operazioni peritali dovrà obbligatoriamente presenziare un medico INPS;
nella realtà dei fatti sembra che l'introduzione della nuova procedura invece di accelerare l'iter per il riconoscimento delle invalidità lo abbia ulteriormente dilatato, in quanto presso gli uffici territoriali dell'INPS vi sono innumerevoli pratiche inevase -:
quante siano fino ad oggi le pratiche evase rispetto a quelle depositate a norma dell'articolo 20 del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, e quale sia la loro distribuzione territoriale, nonché quante nuove pensioni siano state riconosciute dall'entrata in vigore della procedura prevista dall'articolo 20 del decreto-legge n. 78 del 2009, quale sia la loro distribuzione territoriale ed, infine, per quali motivi fino ad ora gli uffici territoriali dell'INPS non siano in grado di evadere nei tempi stabiliti dallo stesso decreto-legge le pratiche relative all'invalidità e se tale ritardo possa essere dovuto principalmente a ragioni di risparmio e alla necessità di mantenere in attivo il bilancio dell'ente rispetto alla salvaguardia dei diritti delle persone a ricevere, qualora ne abbiano titolo, la pensione di invalidità.
(5-04325)

Interrogazioni a risposta scritta:

EVANGELISTI, PALADINI e ANIELLO FORMISANO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
da decenni i lavoratori adibiti all'estrazione del marmo, del granito, del porfido e del travertino romano si battono affinché sia loro riconosciuti i benefici della legge del 3 gennaio del 1960, n. 3, già in vigore per i minatori;
la legge citata riduce il limite di età pensionabile al compimento del cinquantacinquesimo anno di età per i lavoratori delle miniere;
questa richiesta non trae origine dalla ricerca di privilegi, ma si pone unicamente come intervento necessario per la tutela della salute e dell'integrità dei lavoratori del settore;
quando nel 1960 il Parlamento approvò le norme contenute nella citata legge per i minatori addetti ai lavori in sotterraneo, si considerò «la gravosità, la pericolosità e l'importanza sociale dell'attività svolta dai minatori»;
con le profonde trasformazioni tecnologiche ed organizzative che hanno coinvolto l'estrazione del marmo negli ultimi anni tali condizioni di gravosità si sono estese ed accentuate in tutte le cave di marmo del nostro Paese;
grosso modo a partire dal periodo 1981-1982, nel quale vengono introdotte in maniera diffusa le nuove tecnologie, che aumentano gli incidenti gravi e quelli mortali in particolare;
le nuove tecnologie hanno modificato profondamente l'organizzazione del lavoro, il sistema di relazioni sociali e la professionalità del lavoratore di cava, basata sulla conoscenza della montagna nell'interpretazione di problemi e difetti e sulla conseguente regolazione del ciclo produttivo e dell'uso delle macchine: un'organizzazione del lavoro che aveva prodotto anche una relativa sicurezza compatibilmente con l'ambiente;
con le nuove macchine viene aumentando il ritmo della produzione per cui la produttività per addetto è raddoppiata rispetto ai decenni precedenti. Ma queste tecnologie hanno reso apparentemente meno importanti le conoscenze, le informazioni e soprattutto la loro trasmissione;
anche nel campo delle malattie professionali si è registrata una trasformazione. Alle silicosi ed alle malattie tradizionali si aggiungono ora quelle dovute al

nuovo microclima creatosi con l'introduzione delle nuove tecnologie. Si lavora nella melma e con un alto tasso di umidità;
le differenze tra lavoro alle cave e lavoro in miniera tendono ad annullarsi: ai disagi ed alla pericolosità di sempre si aggiunge anche il fatto che sono molte le cave in cui si lavora in galleria e sempre più tendono ad aumentare;
analoghe considerazioni si possono fare per i lavoratori adibiti all'estrazione del granito, del porfido e del travertino romano;
a causa di tutto questo la speranza di vita dei cavatori difficilmente supera i 70 anni -:
quale iniziative intenda assumere il Governo per estendere ai lavoratori adibiti all'estrazione del marmo, del granito, del porfido e del travertino romano i benefici di cui alla legge 3 gennaio del 1960, n. 3, già in vigore per i minatori.
(4-11126)

SBROLLINI e VIOLA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nel pieno della stagione estiva del 2009 si concludeva l'esperienza della compagnia aerea My air di Torri di Quartesolo (Vicenza) con basi operative a Bari, Bergamo e Venezia;
tutte le ipotesi di ripresa dell'attività si sono scontrate con la realtà. La prospettiva della ripresa è stata definitivamente accantonata sia per la crisi del trasporto aereo sia per il semplice fatto che il patrimonio non era sufficiente;
la procedura fallimentare sta ancora svolgendo le udienze per definire l'esatto ammontare delle passività;
nel frattempo la procura di Vicenza ha concluso le indagini preliminari e il tribunale della città ha iscritto nel registro degli indagati alcune decine di amministratori, revisori dei conti per vari reati bancarotta, truffa ai danni dello Stato, scritture contabili false, calunnia, e altri;
in data 15 dicembre 2010 sono stati arrestati gli amministratori Luca (agli arresti domiciliari) e Vincenzo Soddu;
dopo diciotto mesi, rimane sospesa la situazione del personale, situazione che si aggrava considerando che gli ammortizzatori sociali hanno una durata predefinita e limitata;
al 31 dicembre 2010 la situazione risultava essere la seguente:
a) 59 lavoratori sono sospesi dalla cassa integrazione per lavoro presso terzi;
b) 3 lavoratrici sono in maternità;
c) 21 lavoratori/lavoratrici hanno rassegnato le dimissioni;
d) 173 lavoratori usufruiscono della cassa integrazione -:
quali strumenti siano stati messi in atto sino ad ora per gestire la delicata situazione dei lavoratori della My air coinvolti e quali progetti e iniziative il Governo abbia intenzione di realizzare per evitare che questi lavoratori si trovino nella condizione di piena disoccupazione e in assenza di reddito.
(4-11147)

...

PARI OPPORTUNITÀ

Interrogazione a risposta scritta:

BIANCOFIORE. - Al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
in Italia, in Alto Adige, nella provincia di Bolzano, nel comune di Scena, domenica 27 febbraio 2011 si è svolta «presso la Casa delle associazioni» una festa giovanile;
tra i giovani partecipava anche un ragazzo minorenne di origine macedone e residente a Lanna;

il giovane macedone portava scarpe con i lacci bianco-rosso-verde ed è stato subito notato da un ragazzo del posto;
alla domanda perché portasse quei lacci il ragazzo risponde: «che non sapeva fosse vietato» - immaginando di aver violato in qualche modo la legislazione italiana;
tale risposta provoca una inconcepibile forte reazione di violenza e insulti nei confronti del minorenne che è stato colpito con un violento pugno al volto riportando un forte trauma;
non è la prima volta che in Alto Adige - Italia - Europa accadano atti di discriminazione etnico-linguistica;
il giovane aggressore è stato denunciato per violenza aggravata e pregiudiziale etnica;
sono in corso ulteriori indagini per verificare l'appartenenza dell'aggressore a gruppi di estrema destra tedesca;
in attesa dell'esito delle indagini è opportuno dare rilevanza al valore dell'amicizia e della fratellanza fra i popoli e del principio dell'«Unità nella diversità» e visto l'approssimarsi delle celebrazioni del 150o Anniversario dell'Unità d'Italia alle quali - fra l'altro - la Provincia Autonoma di Bolzano non presenzierà -:
quali iniziative intende assumere il Governo italiano:
a) affinché non si assista più a discriminazioni anti italiane in Alto Adige;
b) affinché sia garantito il rispetto della comunità italiana in Alto Adige allo stesso modo in cui lo statuto tutela le sensibilità delle altre comunità etnico-linguistiche sul territorio;
c) affinché sia promosso un effettivo clima di tolleranza e comprensione tra le diverse esigenze delle comunità che convivono in Alto Adige;
d) affinché la comunità sudtirolese possa sentirsi effettivamente «appartenente all'Italia»;

se intenda il Ministro interrogato attivare l'«UNAR», il dipartimento anti discriminazioni razziali per vigilare sugli avvenimenti e per fare opera di diffusione di un messaggio culturale di parità effettiva tra le componenti etniche locali.
(4-11112)

TESTO AGGIORNATO AL 6 APRILE 2011

...

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, per sapere - premesso che:
il decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie, ha previsto, all'articolo 2, comma 12-duodecies, l'ulteriore slittamento dei pagamenti delle rate delle multe sulle quote latte previste dalle leggi n. 119 del 2003 e n. 33 del 2009;
per far fronte agli oneri derivanti dall'applicazione della indicata disposizione si è fatto ricorso all'utilizzo del 10 per cento delle disponibilità di cui all'articolo 1, comma 40, quarto periodo, della legge 13 dicembre 2010, 220 (legge di stabilità 2011), con cui si provvede, tra l'altro, al finanziamento di interventi per l'assistenza e cura dei malati oncologici;
in riferimento alla analoga e precedente proroga dei pagamenti del prelievo, di cui all'articolo 40-bis del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 30 luglio 2010, la direzione legislazione agricola della direzione generale dell'agricoltura e dello sviluppo della Commissione europea ha evidenziato, con lettera 8 ferraio 2011 inoltrata al rappresentante permanente per l'Italia presso l'Unione europea, come

la misura non appaia giustificabile alla luce della regolamentazione applicabile agli aiuti di Stato;
con la medesima nota viene evidenziato che l'intervento di proroga va imputato per ogni singolo produttore interessato e nel rispetto del massimale stabilito per l'Italia a titolo d'importo d'aiuto de minimis;
la Commissione europea ha già dichiarato che se individuerà, nella disciplina recentemente approvata, infrazioni alle norme comunitarie non esiterà ad intraprendere le azioni necessarie contro l'Italia -:
quali siano le iniziative che il Governo abbia adottato in relazione a quanto previsto dall'articolo 40-bis del decreto-legge n. 78 del 2010 e quali iniziative intenda ora adottare in relazione a quanto previsto dall'articolo 2, comma 12-duodecies, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, per assicurare il rispetto della normativa europea ed evitare all'Italia l'applicazione di nuove ed ulteriori sanzioni.
(2-00991) «Delfino».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

TRAPPOLINO, OLIVERIO, BRANDOLINI, CENNI, SERVODIO e ZUCCHI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
con il regolamento (UE) n. 61/2011 della Commissione del 24 gennaio 2011 (relativo alle caratteristiche degli oli d'oliva e degli oli di sansa d'oliva nonché ai metodi di analisi ad essi attinenti) dal 1o aprile 2001 si autorizza la vendita di olio extra vergine di oliva con un quantitativo massimo di alchil esteri pari a 150 mg/kg;
secondo gli esperti del settore, un buon olio extra vergine di oliva al massimo contiene da 10 a 30 mg/kg di achil esteri. Misure superiori a questo limite sono indicative di un prodotto ottenuto da una materia prima di non buona qualità, che restituisce un olio difettoso e che viene «deodorato», attraverso processi fisici e chimici, per correggere odori e sapori sgradevoli;
sebbene il regolamento (UE) n. 61/2011 stabilisca un limite, prima inesistente, sul tenore degli esteri alchilici, risulta del tutto evidente che prodotti con qualità organolettiche e biologiche differenti potranno fregiarsi di un'identica denominazione - olio extra vergine di oliva - inducendo i consumatori a ritenere sostanzialmente identici prodotti di diversa qualità i cui prezzi risultano anch'essi differenti;
il limite imposto dal regolamento potrebbe indurre quindi alcuni produttori a miscelare olii con differenti tenori di achil esteri fino a raggiungere la soglia consentita, introducendo un olio di più bassa qualità e tuttavia con la denominazione «olio extra vergine di oliva»;
risulta quanto mai opportuno tutelare quei produttori di olio di qualità che lavorano strenuamente per difendere le specificità qualitative di uno dei prodotti più rappresentativi del «Made in Italy» agroalimentare -:
se il Ministro intenda promuovere, agendo sui diversi livelli istituzionali nazionali ed europei, l'introduzione di una nuova categoria - come quella di olio extravergine di oliva di alta qualità - con un valore di alchil esteri inferiore a 30 mg/kg al fine di tutelare i produttori di olio extra vergine di qualità e i consumatori italiani.
(5-04312)

SCHIRRU, CENNI e OLIVERIO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
risulta essere sopraggiunta in numerose aree della Sardegna e del sud Italia una nuova parassitosi della specie arborea Eucaliptus;
tale parassita di origine australiana Psylla Lerp, dopo aver infestato California

(1998), Messico (2003), Sud America (2005-2008), Portogallo, Spagna e Nord Africa (2008) è segnalato a marzo 2010 in Sardegna, a giugno 2010 in Campania;
tale parassita risulta essere in grado di uccidere le piante defogliandole (secondo la documentazione di California, Messico e Argentina già trasmessa ai Ministeri competenti dalle associazioni degli apicoltori);
in Sardegna, nelle zone più colpite, molte piante stanno già morendo;
in seguito a tale parassitosi i settori colpiti risulterebbero essere quello agricolo ed agrumicolo (distruzione delle fasce frangivento e conseguente danneggiamento delle colture protette) e quello apistico con la mancata produzione di miele di Eucalyptus;
tali settori prevedono una contrazione produttiva del 50-60 per cento;
gravi disagi sono già in essere nel settore turistico, ove l'Eucalyptus è utilizzato per le ombreggiature naturali in campeggi e villaggi turistici;
risulterebbe essere stato efficace per la sconfitta del parassita in questione, l'utilizzo di una tecnica di lotta biologica attraverso la diffusione dell'antagonista del parassita Psylla Lerp, ovvero dell'insetto in grado di tenerlo sotto controllo biologico (Bliteus Psyliaephagus);
tale tecnica sarebbe stata usata con successo in California nel 1999, in Messico, sotto il controllo della università California Berkeley-Riverside;
nel nostro Paese, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 120 del 12 marzo 2003, che ha modificato un precedente decreto del Presidente della Repubblica, il n. 357 del 1997, con l'articolo 12, si bloccherebbe di fatto ogni possibilità di controllo biologico di organismi nocivi introdotti accidentalmente da altre aree del mondo, a differenza di quanto accade negli altri Paesi europei, nei quali è previsto un percorso autorizzativo in deroga;
la produzione apistica nazionale è già stata duramente colpita negli anni passati dagli effetti degli insetticidi neonicotinoidi usati per la concia del mais;
il Governo intervenne sul problema, alla luce di numerosi studi ed approfondimenti (si cita Apenet, perché studio promosso dallo stesso Ministero), vietando provvisoriamente l'uso dei neonicotinoidi;
risulterebbe, a seguito del decreto del Ministro della salute del 15 ottobre 2010, preannunciato il ritorno in uso dei medesimi neonicotinoidi;
tale possibilità apporterebbe ulteriori difficoltà ad un settore già pesantemente colpito -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza della presenza della parassitosi di cui in premessa e della sua diffusione in Sardegna e nel sud Italia;
se i Ministri interrogati intendano promuovere studi o ricerche tese a combattere il parassita e supportare i settori interessati;
se risulti in essere un impegno delle regioni interessate teso ad approfondire il tema ed intervenire in merito;
se i Ministri ritengano attendibile l'uso di tecniche naturali e biologiche nell'eliminazione del parassita e se pertanto ritengano di valutare una possibile deroga al decreto del Presidente della Repubblica n. 120 del 12 marzo 2003, articolo 12;
se corrisponda al vero la notizia in base alla quale, in seguito al decreto del Ministro della salute del 15 ottobre 2010, tornerebbero in uso i neonicotinoidi per la concia del mais, già vietati a suo tempo per gli effetti «killer» sulle api;
se si intendano convocare le imprese e le istituzioni interessate, onde supportare gli utili interventi.
(5-04333)

Interrogazioni a risposta scritta:

SCANDROGLIO - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
come è noto l'Italia è il secondo Paese produttore di olio di oliva al mondo con 500 mila tonnellate di prodotto ed il principale Paese consumatore con 700 mila tonnellate;
assume quindi grande importanza per il nostro Paese la tutela delle imprese produttrici (oltre un milione con 50 milioni di giornate di lavoro all'anno e un valore della produzione di 2 miliardi di euro) e dei consumatori, attratti da un prodotto salutare e di grandi valori sensoriali e nutrizionali;
una prima risposta positiva è avvenuta con l'approvazione del regolamento n. 182 del 2009 sull'indicazione obbligatoria in etichetta dell'origine delle olive. Una sostanziale tutela per il made in Italy percepito dal consumatore mondiale come prodotto di eccellenza e già riscontrabile in un miglior andamento di mercato dell'extravergine italiano rispetto al prodotto spagnolo e greco, nostri principali competitori sul mercato;
con la pubblicazione del regolamento n. 61 del 2011 è stato introdotto un nuovo metodo di analisi per la determinazione della presenza di alchil-esteri nell'olio extravergine al fine di evitare le frodi dovute alla presenza di oli deodorati nell'extravergine. È stata inoltre stabilita una soglia massima tollerata di alchil-esteri pari a 150 milligrammi per chilogrammo di olio extravergine;
mentre appare positiva l'introduzione di un metodo di analisi ufficialmente riconosciuto per determinare la presenza di oli deodorati, si rileva come la soglia massima stabilita sia eccessiva rispetto alla realtà della produzione di olio extravergine conforme alle norme di qualità stabilite dalla Unione europea;
infatti i dati raccolti da istituzioni pubbliche, organismi di controllo, organizzazioni di categoria indicano in un valore pari a 30 milligrammi per chilogrammo il livello naturale di presenza degli alchil-esteri negli oli extravergini italiani;
la pratica di utilizzazione dell'olio deodorato, nonostante sia proibita dalla regolamentazione comunitaria e dagli accordi internazionali in sede COI (Consiglio oleicolo internazionale) e codex alimentarius (WTO) è largamente diffusa nelle aree iberiche a causa della scarsa qualità dei loro extravergini e presente negli oli confezionati in Italia da imprese che importano tale prodotto. Di qui discende la pericolosa presenza di oli non conformi venduti a prezzi stracciati con grave danno dei consumatori;
il rischio che il mercato continui ad essere inflazionato da bottiglie di oli extravergini contenenti olio deodorato con grave danno al reddito delle nostre imprese olivicole e dei consumatori è estremamente elevato -:
quali siano le iniziative che intende intraprendere a tutela delle imprese e dei consumatori, con particolare riferimento alle azioni di controllo per verificare i contenuti di alchil-esteri nelle bottiglie di extravergine venduti e di monitoraggio del mercato alla produzione per far modificare in senso più restrittivo il limite attualmente stabilito dal regolamento dell'Unione europea 61/2011, che non appare idoneo alla tutela del consumatore, a evitare frodi, a sostenere il reddito delle nostre imprese olivicole italiane.
(4-11116)

NEGRO, RAINIERI, ALESSANDRI e STUCCHI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
notizie di stampa del 23 febbraio 2011 hanno dato molto risalto ad una notizia riguardante l'importazione nell'Unione europea di mangimi contenenti organismi geneticamente modificati;

il Sole 24 Ore, al riguardo, aveva riferito che l'industria europea dei mangimi ha esultato per la fine della tolleranza zero sugli organismi geneticamente modificati;
il comitato competente dei 27 Stati membri ha approvato a maggioranza qualificata una nuova norma comune per facilitare e rendere tra loro coerenti i controlli in dogana sull'import di mangimi, soia, mais e altri vegetali, per verificarvi la presenza o meno di ogm;
nel merito, per le prossime importazioni di alimenti zootecnici provenienti dai Paesi che utilizzano gli ogm, in particolare Stati Uniti, Brasile o Argentina, ove si riscontrassero presenze di ogm nella misura dello «zero tecnico», cioè in quantità inferiori allo 0,1 per cento, seppure non ancora autorizzati dalla Unione europea ma in attesa da almeno tre mesi di un suo assenso, già commercializzati nei paesi terzi o infine con l'autorizzazione dell'Unione europea scaduta, tali carichi non verrebbero più respinti ma accettati;
nel 2008-2009 l'Unione ha importato 4 milioni di tonnellate di mais e 33 milioni di tonnellate di soia o prodotti equivalenti, destinati all'alimentazione animale. Stati Uniti, Brasile e Argentina coltivano l'80 per cento del totale delle sementi ogm nel mondo;
la notizia di cui si discute faceva notare che la decisione in questione sarebbe stata approvata con il consenso di tutti i maggiori Paesi dell'Unione, Italia compresa, ad esclusione di Grecia, Cipro, Malta, Lettonia, Polonia e Slovenia. Il Lussemburgo si sarebbe astenuto;
su tale documento ora dovrebbe esprimersi il Parlamento europeo, che avrà tre mesi per opporsi, ma in questo caso, per bloccare la decisione, dovrebbe raggiungere la maggioranza assoluta dei suoi membri. In caso di silenzio parlamentare, la nuova norma potrebbe entrare in vigore già dal giugno 2011;
è di questi giorni un'allarmante notizia sul possibile rischio degli ogm per gli animali che se ne nutrono. Sarebbero gli scienziati senior della USDA, che avrebbero mandato al segretario dell'agricoltura degli Stati Uniti Tom Vilsack, un messaggio di «emergenza» su un nuovo patogeno delle piante della soia e mais Roundup ready GM che potrebbe essere responsabile degli alti tassi di infertilità e aborti spontanei nel bestiame;
una lettera aperta sarebbe apparsa su Farm e Ranch Freedom Alliance fondata e gestita da Judith McGeary per salvare le aziende a conduzione familiare negli USA. La lettera scritta da Don Huber, professore emerito presso l'università di Purdue, al segretario dell'agricoltura, Tom Vilsack, metterebbe in guardia su un patogeno «nuovo per la scienza» scoperto da una squadra di scienziati di piante e animali. Huber dichiarerebbe che il fatto andrebbe trattato come un'emergenza, in quanto potrebbe comportare «un collasso dei mercati di esportazione di soia e mais e perturbazioni significative di prodotti alimentari e forniture di mangimi»;
il nuovo patogeno apparirebbe associato con una serie malattie nelle piante, la sindrome della morte improvvisa nella soia e «Goss wilt» nel mais, ma gli effetti sospettati nel bestiame sarebbero allarmanti; Huber riferirebbe di recenti notizie sui tassi di infertilità nelle manze da latte di oltre il 20 per cento e di aborti spontanei nei bovini più alto del 45 per cento;
questo potrebbe essere il peggior incubo dell'ingegneria genetica che qualche scienziato ha prospettato da anni (vedere «Sogni o incubi dell'ingegneria genetica», ISIS pubblicazioni): l'involontaria creazione di nuovi patogeni attraverso il trasferimento e la ricombinazione assistita del gene orizzontale;
Huber scriverebbe in chiusura: «io ho studiato i patogeni delle piante da più di 50 anni. Noi stiamo assistendo a un trend di crescita delle malattie e disturbi delle piante e animali, senza precedenti. Questo patogeno potrebbe essere uno strumento per capire e risolvere questo problema. Questo merita un'attenzione immediata

con ricerche significative per evitare un collasso generale delle nostre infrastrutture agricole» -:
se corrisponda al vero la notizia dell'approvazione da parte del competente Comitato dell'Unione europea con il consenso di molti Stati membri, tra cui l'Italia, di una norma che faciliterebbe l'importazione di mangimi contenenti organismi geneticamente modificati all'interno dell'Unione europea e se alla luce degli allarmi lanciati dagli scienziati americani circa l'insorgenza di nuovi, e fino ad oggi sconosciuti, patogeni correlati all'uso degli ogm, non ritengano di adottare misure di prevenzione e di salvaguardia volte a bandire la commercializzazione in Italia di prodotti zootecnici contenenti anche solo tracce di sostanze geneticamente modificate.
(4-11119)

DE ANGELIS. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
vige tuttora l'obbligo di versamento da parte delle regioni al Fondo assistenza previdenza e premi del personale del Corpo forestale dello Stato di un quarto dei proventi contravvenzionali relativi alle violazioni accertate dagli operatori del suddetto Corpo;
sull'argomento si sono espresse diverse sezioni regionali di controllo della Corte dei conti che testualmente affermano: «...la Sezione ritiene rispondente l'interpretazione per la quale deve ritenersi tuttora vigente l'obbligo di versamento al Fondo Assistenza Forestale di una prestabilita quota dei proventi contravvenzionali relativi a violazioni accertate da Agenti del predetto Corpo (Delibera 37/2009 Sezione Campania)»;
la stessa Avvocatura generale dello Stato, con parere dell'11 novembre 1999, precisa: «...attualmente per lo stato della legislazione e per la prassi applicativa il quarto dei proventi contravvenzionali non possa essere negato al personale del Corpo Forestale dello Stato.....Le regioni quindi dovrebbero ottemperare al relativo obbligo di versamento...»;
ad oggi parte degli appartenenti al Corpo forestale dello Stato accertatori sono in attesa di ricevere il beneficio di cui sopra da parte del Fondo assistenza previdenza e Premi del Corpo forestale dello Stato -:
quale sia la prassi di pagamento attuata dal Fondo assistenza previdenza e premi per il personale del Corpo forestale dello Stato, quale sia il quadro economico della questione posta e se le regioni abbiano ottemperato all'obbligo di versamento.
(4-11138)

...

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:

BINETTI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
le malattie rare sono patologie potenzialmente letali e cronicamente debilitanti, caratterizzate da bassa prevalenza ed elevato grado di complessità. Sono, in gran parte, di origine genetica e comprendono anche rare forme tumorali, malattie autoimmuni, malformazioni congenite, patologie di origine infettiva o tossica;
l'Unione europea ha indicato le malattie rare tra i temi prioritari delle politiche sanitarie, al fine di stabilire l'uguaglianza del trattamento dei cittadini rispetto ai livelli essenziali di assistenza stabiliti dagli Stati membri;
ai sensi del regolamento (CE) n. 141/2000 e delle precedenti normative, sono considerate rare quelle patologie «la cui incidenza non è superiore a 5 su 10.000 abitanti». In Italia ci sarebbero circa 2 milioni di malati, moltissimi dei quali in età pediatrica. L'80 per cento di queste

patologie è di origine genetica. Per il restante 20 per cento si tratta si malattie acquisite;
l'arbitraria definizione di «rara» non ha favorito il processo di ricerca e di attenzione sulle cause di tali patologie e, pertanto, il soggetto colpito non beneficia di cure adeguate e di una diagnosi tempestiva;
l'associazione culturale «Giuseppe Dossetti: i Valori. Sviluppo e Tutela dei Diritti» da dieci anni si batte per ottenere una legislazione adeguata che dia a tutti i pazienti le stesse possibilità di diagnosi, cura ed assistenza e che incentivi la ricerca e la produzione di farmaci. L'associazione, che esplica la sua attività anche attraverso l'Osservatorio di tutela civica dei diritti, chiede da tempo che vengano adottate le iniziative normative necessarie per incentivare e promuovere la ricerca, lo sviluppo e l'immissione in commercio dei medicinali cosiddetti «orfani»;
ad oggi, in Italia, non è stata ancora approvata una legge idonea ad affrontare e risolvere le tante problematiche dei pazienti e delle loro famiglie, che incontrano enormi difficoltà di tipo economico ed assistenziale, specie per ciò che concerne la terapia domiciliare, ma soprattutto a causa della grave carenza di strutture e farmaci adeguati alla cura di tali patologie, nonostante dalla XII legislatura ad oggi siano stati depositati n. 33 proposte di legge al riguardo;
risulta non più differibile la necessità che il nostro Paese si allinei alle procedure che negli altri Paesi garantiscono ai cittadini affetti da malattie rare di accedere tempestivamente alle terapie innovative;
in Francia, in particolare, è stato adottato da tempo un piano nazionale per le malattie rare e già dal 1994 è in vigore l'autorizzazione temporanea di utilizzo dei farmaci (ATU), che ha finalità di garantire l'accesso alle cure ai pazienti in tutti i casi in cui, di fronte ad una malattia rara, ma anche solo «seria», non vi sia una valida alternativa terapeutica con un farmaco registrato;
l'autorizzazione temporanea di utilizzo dei farmaci ha come finalità quella di consentire l'utilizzo di un farmaco orfano e/o destinato alla cura di malattie rare o gravi, prima ancora che lo stesso abbia ottenuto l'autorizzazione all'immissione in commercio, purché il farmaco sia in fase di sviluppo e non vi sia una valida alternativa terapeutica con un farmaco regolarmente autorizzato;
lo schema dell'autorizzazione temporanea di utilizzo dei farmaci applicato ai farmaci destinati alla cura di malattie rare o orfane o gravi, consentirebbe ai pazienti di avere disponibili tali farmaci con largo anticipo rispetto ai tempi necessari alla conclusione degli studi clinici ed all'ottenimento dell'autorizzazione alla commercializzazione;
il citato regolamento (CE) n. 141/2000 stabilisce i criteri per l'assegnazione della qualifica di medicinali orfani nell'Unione europea e prevede incentivi per stimolare la ricerca, lo sviluppo e la commercializzazione di farmaci per la profilassi, la diagnosi o la terapia delle malattie rare;
in Italia l'inserimento nei prontuari terapeutici ospedalieri e prontuari terapeutici ospedalieri regionali spesso ritarda ulteriormente l'accesso alla terapia da parte dei pazienti affetti da malattie rare. Le amministrazioni regionali non differenziano i farmaci orfani all'interno delle loro delibere attuative e d'indirizzo, creando così ulteriori difficoltà (ad esempio, limitazione della dispensazione del medicinale - non solo della prescrizione - ai centri di riferimento che sono spesso unici o comunque pochissimi per ogni regione);
diventa sempre più necessario dare una definizione delle malattie rare da includere nell'elenco di quelle da sottoporre a screening neonatale obbligatorio. La diagnosi neonatale consentirebbe, infatti, di salvare la vita dei bambini affetti dalle forme più gravi di tali patologie ed otterrebbe il beneficio di iniziare precocemente la terapia prima che i danni causati siano irrimediabili;

nel convegno sugli «Stati generali delle malattie rare», tenutosi a Roma il 4 marzo 2011, organizzato dall'associazione culturale «Giuseppe Dossetti: I valori. Tutela e sviluppo dei diritti» e presieduto dall'interrogante è stata evidenziata, all'unanimità dall'assemblea, la necessità di prendere urgenti iniziative in merito a quanto sopra esposto;
in un momento in cui c'è un grande dibattito sulla libertà di cura e alcuni si spingono fino a reclamare il diritto al rifiuto totale delle cure, i malati con malattia rara chiedono con insistenza che venga riconosciuto il loro diritto alle cure, diritto sancito dalla Costituzione, all'articolo 32, comma 1;
sono state presentate in Parlamento in più legislature numerose proposte di legge volte a tutelare i diritti dei pazienti con malattie rare impegnati a sostenere un ricerca scientifica in grado di rispondere alle loro necessità;
alla sofferenza dei pazienti con malattie rare spesso progressive si unisce lo scarso interesse delle case farmaceutiche ad investire mezzi e risorse che possano offrire soluzioni adeguate per questi pazienti; anche le case farmaceutiche devono mettere in gioco un'etica della ricerca che non sia solo volta al profitto, ma che comprenda l'urgente drammaticità di dare risposta a 2 milioni di persone perché tante sono le persone che soffrono di malattie rare in Italia -:
se i Ministri interrogati ritengano necessario adottare iniziative urgenti volte a:
a) fare chiarezza sul numero reale degli ammalati presenti in Italia, al fine di creare una corretta proporzione tra pazienti e fondi da stanziare a loro favore, posto che la chiarezza delle cifre e soprattutto la veridicità delle stesse permettono l'uso di risorse pubbliche di cui oggi c'è veramente bisogno;
b) dare immediato seguito alla richiesta di inserire nei livelli essenziali di assistenza le 109 patologie rare che, dal 2008, dovrebbero essere inserite nell'elenco delle 500 malattie rare già riconosciute dal Servizio sanitario nazionale;
c) assicurare la defiscalizzazione degli oneri per la ricerca e la produzione di farmaci orfani, considerato che il nostro Paese e la nostra industria devono essere messi in condizione di reinvestire in ricerca e in sviluppo, in particolare nel Mezzogiorno, quando possibile;
d) semplificare le procedure di incentivazione delle aziende, affinché possano accrescere il loro livello di competitività, favorendole attraverso detrazioni fiscali o incentivi economici, che garantiscano lo sviluppo di un settore fondamentale per il nostro Paese;
e) promuovere modifiche normative che consentano di adottare uno specifico sistema legale che assicuri ai farmaci orfani, sul modello vigente negli USA, l'esenzione dei diritti da versare per l'immissione in commercio, una procedura di registrazione accelerata, un credito di imposta pari al 50 per cento delle spese sostenute per la sperimentazione clinica, un periodo di esclusività di mercato di sette anni, in modo che i farmaci orfani possano essere disponibili per i pazienti prima che sia stata data l'approvazione per l'immissione in commercio, mentre oggi (secondo i dati CeRM - Centro ricerche competitività, regolazione, mercati, riferiti al 2009) trascorrerebbero circa 233 giorni, cioè quasi 8 mesi, tra la disponibilità di un farmaco orfano e l'effettivo accesso a questo da parte dei malati.
(3-01498)

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'agenzia ANSA il 1o marzo 2011 ha riferito che una donna di 61 anni di Cerisano è deceduta nell'ospedale «Annunziata» di Cosenza;

la donna una decina di giorni prima era stata operata ad un ginocchio in una clinica privata convenzionata di Cosenza; successivamente era stata trasferita in una struttura per la riabilitazione a Laurignano;
il decorso sembrava soddisfacente che la donna stava per essere dimessa;
improvvisamente si è sentita male ed è stata ricoverata nell'ospedale di Cosenza, dove è morta -:
di quali elementi disponga in merito alla dinamica che ha portato alla morte della signora;
quali iniziative di competenza ritenga di dover adottare per accertare le cause di quanto sopra descritto.
(4-11133)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
come riferisce l'agenzia ANSA il 1o marzo 2011, circa trecentomila cittadini affetti da degenerazione maculare senile (DMS) hanno inviato altrettanti fax o e-mail alle autorità sanitarie su indicazione dell'associazione «Per vedere fatti vedere», per protestare contro quella che definiscono una «inaccettabile» limitazione alla erogazione di due farmaci necessari per tenere sotto controllo la malattia, farmaci a base di Pegatptanib e Ranibizumab;
la spesa per i due farmaci biologici, molto costosi, viene coperta dal servizio sanitario solo se il visus del paziente è superiore ai due decimi, pertanto i 300 mila pazienti che sono al limite dei due decimi sono di fatto senza copertura e quindi destinati alla cecità, a meno che non siano ricchi;
la degenerazione maculare di cui soffrono oltre due milioni di italiani colpisce la zona centrale della retina detta macula, ha andamento progressivo e può portare alla perdita completa della vista; si presenta in due forme, secca - attualmente senza possibilità di cura - e umida, tenuta sotto controllo con iniezioni intravitreali dei due farmaci anti-vegf (fattore di crescita vascolare) in questione;
l'Italia, spiega il presidente della società oftalmologia italiana professor Matteo Iovella, è l'unico Paese nel mondo occidentale a rimborsare le iniezioni intravitreali con delle limitazioni, ma il limite dei due decimi è inaccettabile perché così si esclude quella fascia di pazienti che non sono ancora del tutto privi di vista, mantengono l'autosufficienza e una vita dignitosa;
i 300 mila cittadini affetti da degenerazione maculare senile chiedono alle istituzioni di eliminare il limite dei due decimi e domandano al Ministero della salute di individuare e rendere disponibili i 130 milioni di euro all'anno necessari per garantire a tutti i malati italiani con degenerazione maculare senile il diritto ad essere curati senza discriminazioni -:
che risposta intenda dare o abbia dato il Ministro alle richieste avanzate dai malati italiani con degenerazione maculare senile;
quali iniziative si intendano promuovere, sollecitare, adottare in relazione a quanto sopra esposto.
(4-11137)

OLIVERIO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'unità operativa di dermatologia ed allergologia presso il presidio ospedaliero «San Giovanni di Dio» all'interno dell'ASP di Crotone è in attività dal 1990, ma esisteva già in pianta organica con 20 posti letto da quando è stato costruito l'Ospedale negli anni «70»;
i 20 posti letti preesistenti all'attivazione sono stati tolti e dati ad altre unità operative;
più volte negli anni è stata richiesta la possibilità, visto che all'interno dell'unità svolgono delle attività che necessitano

di qualche ora di ricovero e piccoli interventi chirurgici, che venissero concessi due posti di day hospital e day surgery, senza che fino ad oggi sia stata data risposta;
le prestazioni erogate dalla unità operativa di dermatologia ed allergologia di Crotone nel 2010 sono state 10063, con incremento di oltre 300 prestazioni rispetto all'anno 2009 e la tendenza per i prossimi anni è quella di un ulteriore incremento;
tra le molteplici prestazioni che l'unità di dermatologia e allergologia fornisce vi sono quelle relative a: visite e controlli dermatologici, epiluminescenza; crioterapia; asportazioni chirurgiche e biopsie; fotodinamica terapia; ambulatorio di allergologia; patch-test e prick-test, terapia infusionale;
inoltre, l'unità operativa dermatologia ed allergologia fa parte del progetto Psocare, un programma di ricerca sulla psoriasi che è stato promosso dall'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) e condotto in collaborazione con le società scientifiche dermatologiche SIDeMAST e ADOI, con le associazioni dei pazienti (A.DI.PSO.) e coordinato per la parte tecnica dal Centro studi GISED;
in Italia sono stati individuati 146 centri Psocare, di cui 7 attivati nella regione Calabria di cui uno solo nella provincia di Crotone, che comprende anche un'utenza extra provinciale, estendendosi sia nei paesi dell'entroterra che a Corigliano Calabro e a Sellia Marina sulla fascia ionica;
tra le altre cose, la collocazione del centro di prima accoglienza nelle immediate vicinanze dell'ospedale di Crotone con la presenza nello stesso di una popolazione stabile di circa mille ospiti che, in alcuni momenti, è arrivata anche a duemila presenze, ha portato ad un aumento dell'osservazione presso l'unità operativa di dermatologia ed allergologia delle malattie dermatologiche tropicali e sessualmente trasmissibili -:
se il Governo sia a conoscenza della situazione sopra esposta e se non ritenga opportuno intervenire, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, per garantire i livelli essenziali di assistenza nonché il diritto alla salute, così com'è sancito dall'articolo 32 della Costituzione, vista la grave carenza di personale, di posti letto nonché la mancanza di posti in day hospital e in day surgery in cui versa l'unità operativa di dermatologia ed allergologia dell'ospedale «San Giovanni di Dio».
(4-11146)

LO MORO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la morte di Sara Michienzi, una bambina di nove anni deceduta per cause in corso di accertamento qualche giorno dopo l'asportazione delle tonsille presso l'ospedale di Lamezia Terme, riaccende i riflettori sui troppi casi di sospetta e accertata malasanità denunciati in Calabria, con vittime spesso giovanissime;
la piccola, residente a Filadelfia in provincia di Vibo Valentia, è stata operata presso l'ospedale di Lamezia Terme per scelta dei familiari, alla quale non può essere rimasta estranea la circostanza che il giovane padre della bambina, come riportato dalla stampa, è deceduto nel 2003 dopo «essere stato visitato e dimesso dall'ospedale» di Vibo Valentia «con parole tranquillizzanti»;
a sancire il fallimento della gestione della sanità calabrese è da qualche mese intervenuto il decreto di commissariamento che affida al presidente della regione, in qualità di commissario, ogni scelta e proposta, a partire dal piano di rientro, attualmente al vaglio del cosiddetto tavolo Massicci;
il rischio che si avverte è che, a fronte di un sistema sanitario al collasso, che avrebbe bisogno di recuperare la fiducia dei cittadini con interventi migliorativi strutturali ed organizzativi e una seria politica del personale, prevalgano i

tagli generalizzati con ricadute ulteriormente negative sulla qualità dei servizi;
intanto, anche in presenza di fondi dedicati, si accumulano i ritardi. Nel dicembre 2007 è stato stipulato tra la regione Calabria e il Ministero della salute un accordo di programma per la realizzazione con fondi ex articolo 20 della legge n. 67 del 1988 di quattro nuovi ospedali, tra cui quello di Vibo Valentia, che dovrebbe sostituire la struttura attuale, in pessime condizioni, dove sono morte alcune delle giovani vittime di malasanità. Contestualmente è stato dichiarato lo stato di emergenza e nominato un commissario per la costruzione dei nuovi ospedali. Ma allo stato, a distanza di oltre tre anni, nonostante gli impegni assunti, per nessuna delle strutture finanziate sono stati avviati i lavori;
la stipula dell'accordo sopra richiamato è stata preceduta dalla delibera di giunta regionale n. 669 del 5 ottobre 2006, assentita dal consiglio regionale calabrese e trasmessa al Ministero della salute, che programmava la spesa per l'intera somma disponibile ex articolo 20 citato, pari a 368.065.950 euro, di cui 349.662.653 euro a carico dello Stato e 18.403.29, euro a carico della regione;
in tale delibera era previsto, in particolare, uno stanziamento di 31.089.141 per l'azienda sanitaria di Vibo Valentia, di cui 26.589.141 euro per il completamento del nuovo ospedale (per la cui realizzazione erano stati già acquisiti gli altri fondi necessari) e 16.350.000 euro per Lamezia Terme, di cui 13.850.000 euro destinati alla realizzazione presso l'ospedale di un trauma center di rilevanza regionale;
mentre si attende di capire quali siano gli ostacoli per l'esecuzione dell'accordo di programma del dicembre 2007 e per la stipula, con i fondi a ciò destinati, di un accordo di programma per le altre strutture sanitarie, compreso l'ospedale di Lamezia Terme, in tale struttura ospedaliera sono venuti a mancare contestualmente ben otto dirigenti di struttura complessa, con una ricaduta assai negativa, in termini di fiducia, sulla popolazione del comprensorio lametino (pari a circa 150.000 abitanti); inoltre, si registrano gravi carenze di organico in alcuni servizi, come, ad esempio, il servizio di radiologia, dove a seguito dell'impianto di moderne attrezzature per la risonanza magnetica, è sorta la necessità di ampliare il numero degli operatori;
il focalizzare l'attenzione sulla mancata costruzione dell'ospedale di Vibo Valentia e sulle difficoltà dell'ospedale di Lamezia deriva dalla necessità di dare risposte che diventano più pressanti davanti a morti premature ed ingiuste come quella della piccola Sara, che alimentano l'insicurezza dei cittadini, oltre a richiedere accertamenti e verifiche puntuali nelle sedi competenti, comprese quelle amministrative. Ma la situazione della sanità non è certo migliore negli altri territori;
minori sono le entrate maggiori sono i tagli: è per questo che assume rilevanza la discussione in corso tra le regioni sul piano di riparto del fondo sanitario, in cui si registra una difficoltà della Calabria e delle altre regioni meridionali a far valere il criterio della deprivazione, che era stato invece accettato, accanto a quello della popolazione ponderata, a partire dal 2006;
una ripartizione dei fondi a svantaggio delle regioni meridionali non può che aggravare il divario tra il Nord e il Sud del Paese che andrebbe invece ridotto. Non correggere il tiro su questo punto, inoltre, sarebbe un pessimo segnale alla vigilia della discussione sul federalismo regionale -:
se, a parte la verifica doverosa nelle sedi competenti sui singoli casi di sospetta malasanità, non ritenga necessario attivare, d'intesa con la regione, un percorso che assicuri effetti concreti all'accertamento delle responsabilità e restituisca fiducia nel sistema sanitario calabrese, incidendo sulle possibilità di errore e, contestualmente, sull'emigrazione sanitaria;

se, in particolare, non ritenga necessario garantire, attraverso una partecipazione attiva al tavolo interministeriale, che i tagli necessari per l'operazione di rientro non mettano a rischio la salute dei cittadini, intervenendo in maniera lineare anche su servizi che andrebbero potenziati e non ridotti e impedendo l'istituzione di servizi di cui la regione è carente, soprattutto nel settore della prevenzione e della riabilitazione;
se, nella stessa ottica, non ritenga doveroso assicurare adeguata vigilanza sull'esecuzione dell'accordo di programma stralcio stipulato nel dicembre 2007 per la costruzione dell'ospedale di Vibo Valentia e degli altri tre nuovi ospedali finanziati (localizzati rispettivamente a Catanzaro, nella Sibaritide e nella piana di Gioia Tauro), per i quali a distanza di oltre tre anni e nonostante la dichiarazione dello stato di emergenza, si è lontani dall'avvio dei lavori;
se, inoltre, per evitare che il commissariamento della sanità produca ulteriori penalizzazioni e svantaggi per la regione, non ritenga necessario favorire la stipula di un secondo accordo di programma che impegni la somma residua ex articolo 20 della legge n. 67 del 1988 destinata alla Calabria, e consenta, in particolare, di procedere a Lamezia Terme alla realizzazione del trauma center, localizzato in tale territorio per la sua centralità;
se non ritenga necessario che dal blocco del turnover siano esclusi i dirigenti di strutture complesse e gli operatori di servizi di nuova istituzione o di servizi che non sono in grado di dare risposte adeguate senza la disponibilità di nuove unità;
se non ritenga di assecondare la richiesta delle regioni meridionali di procedere al riparto del fondo sanitario, tenendo conto dell'indice della «deprivazione sociale» e come intenda garantire che siano assicurate alle regioni e ai cittadini del nord e del sud le stesse opportunità.
(4-11154)

TESTO AGGIORNATO AL 6 APRILE 2011

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:

VICO, LULLI e FEDERICO TESTA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
gli alti prezzi del gas sostenuti dalle famiglie e dalle imprese italiane, danneggiano particolarmente queste ultime nella competizione internazionale;
i prezzi del gas possono essere ridotti solo attraverso un mercato del gas realmente concorrenziale, sono pertanto necessarie misure strutturali, tra le quali un ruolo di primaria importanza assume la separazione proprietaria delle attività di stoccaggio, di trasporto e di dispacciamento, come dimostra l'esperienza nel settore dell'energia elettrica con la separazione dell'operatore di rete dall'incumbent:
la separazione della rete di trasporto e delle connesse attività di dispacciamento, è infatti un elemento imprescindibile per poter realizzare una borsa del gas, il cui avvio è stato peraltro previsto dall'articolo 30 della legge 99 del 2009, che sia reale e non solo virtuale;
in particolare la predetta separazione deve prevedere la presenza di diversi soggetti operanti sul lato dell'offerta del gas, posti in concorrenza tra loro anche sul prezzo, come avviene nell'ambito della borsa elettrica;
sono altresì necessarie, nell'ambito del servizio di dispacciamento, negoziazioni con esito assicurato da un soggetto che sia terzo ed indipendente da tutti gli operatori presenti sia «a monte» - soggetti che offrono gas - sia «a valle» - soggetti che acquistano il gas;
grazie alla creazione di Terna e di un gestore di mercato indipendente si è assistito

ad una vera e propria rivoluzione quanto a sviluppo della concorrenza ed investimenti effettuati;
gli operatori, infatti, certi che la loro produzione sarebbe stata regolarmente dispacciata e remunerata secondo criteri di merito economico, in dieci anni hanno effettuato investimenti per 15 miliardi di euro, realizzando così anche uno straordinario incremento dell'efficienza media, passata dal 40 per cento di dieci anni fa a più del 50 per cento attuale;
tale valore è, ad oggi, il più elevato al mondo e ha consentito, oltre ad un drastico contenimento delle emissioni di anidride carbonica, anche di compensare gli effetti negativi determinati dai continui rialzi dei prezzi dei combustibili - in particolare del petrolio - sul prezzo del chilowattora finale, pagato da famiglie e dalle imprese italiane;
notevoli sono state anche le ricadute sul piano industriale, occupazionale e di crescita del PIL nazionale e ricadute di portata analoga è lecito attendersi dalla separazione proprietaria dello stoccaggio, della rete di trasporto del gas e delle connesse attività di dispacciamento;
la società proprietaria e gestrice della rete di trasporto, infatti, venuto meno il legame con l'operatore dominante potrebbe dedicarsi ad investire non tanto e non solo nella rete di trasporto nazionale, quanto nello sviluppo dei gasdotti e delle interconnessioni internazionali, che rappresentano il cuore delle carenze del sistema gas del nostro Paese;
gli investimenti dovrebbero essere diretti ai rigassificatori, ai nuovi metanodotti di importazione e agli stoccaggi, le cui prospettive appaiono incerte e la cui effettiva realizzazione apporterebbe, invece, enormi benefici in termini di sicurezza e competitività del sistema;
tali misure consentirebbero di ridurre la dipendenza energetica del nostro Paese dai tradizionali partner commerciali, favorendo anche la concorrenza tra gli stessi Paesi produttori di idrocarburi, in un nuovo quadro di concorrenza internazionale in cui l'offerta è abbondante;
un rinnovato intervento sulle infrastrutture energetiche più importanti per il Paese può dare luogo a un riallineamento dei prezzi del gas in Italia con quelli medi europei, con un risparmio annuo a regime stimabile in circa 4 miliardi di euro;
lo sviluppo di una reale concorrenza nel settore, con conseguente riduzione del prezzo finale del gas, è impossibile anche perché queste attività essenziali (trasporto, stoccaggio e dispacciamento) sono svolte da società di diretta espressione dell'operatore dominante ENI, che controlla di fatto la quasi totalità delle infrastrutture di importazione di gas nel Paese ed è dunque sempre in grado di influenzare il prezzo;
gli operatori diversi da ENI sono costretti, per realizzare il proprio business, a servirsi di una rete posta nelle mani del loro principale rivale commerciale, non potendo dunque contare su un gestore indipendente ed equidistante da tutti gli interessi economici e commerciali coinvolti;
ciò costituisce anche, per tutti i possibili investitori, un pesante disincentivo alla realizzazione delle infrastrutture di cui invece il sistema-Paese ha assoluto bisogno;
il gestore di rete, divenuta indipendente, sarebbe un interlocutore affidabile e credibile a livello europeo consentendo al Paese di assumere un ruolo di leadership nello sviluppo delle infrastrutture anche a livello internazionale;
l'esigenza di separare proprietariamente le attività di trasporto e dispacciamento dall'operatore dominante ENI è peraltro oggi rafforzata da quanto disposto dalla direttiva 2009/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009, direttiva quadro recante la nuova disciplina comunitaria in tema di mercato interno del gas naturale, cui gli Stati membri hanno l'obbligo di conformarsi entro il 3 marzo 2011;

tale direttiva individua nella separazione proprietaria, la soluzione migliore per garantire la terzietà delle reti, l'equidistanza e la neutralità dei gestori dei sistemi di trasporto da tutti gli operatori presenti nelle fasi a monte ed a valle della filiera, al fine di assicurare la parità delle armi tra gli operatori e la creazione di un mercato europeo del gas aperto e competitivo, che apporti efficienza e benefici per il sistema;
la separazione deve avvenire nel quadro di un rafforzamento del controllo pubblico sulla rete attraverso, per esempio, la cessione a Cassa depositi e prestiti, prevedendo anche apposite clausole di neutralità rispetto al restante capitale, da cui dovrebbero essere esclusi operatori di rete di altri Paesi, specie se a loro volta non societariamente separati;
deve essere, infine, considerato l'effetto positivo che la misura di separazione proprietaria avrebbe sulla stessa ENI, che vedrebbe liberate ingenti risorse finanziarie che il Gruppo potrebbe utilizzare per potenziare le attività di core business e segnatamente quelle di ricerca e sviluppo, oggi tanto necessarie a livello internazionale -:
quali indirizzi, quali orientamenti e decisioni intenda assumere, riguardo alla separazione proprietaria delle attività di stoccaggio, di trasporto e di dispacciamento del gas, anche in attuazione della direttiva 2009/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009.
(5-04320)

LANZARIN e MONTAGNOLI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
risulterebbe che sia in via di pubblicazione il decreto ministeriale in materia di gare d'ambito per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas;
risulterebbe altresì che il relativo articolo 3, titolato «Affidamento e durata della concessione nel primo periodo», al comma 3, disciplini il periodo transitorio e stabilisca tra l'altro:
«a decorrere dall'entrata in vigore del presente provvedimento le gare per l'affidamento del servizio di distribuzione gas, previsto dall'articolo 14, comma 1, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, per le quali non è stato pubblicato il bando o non è decorso il termine per la presentazione delle offerte di gara sono aggiudicate unicamente relativamente agli ambiti determinati nell'allegato 1 facente parte integrante del presente provvedimento»;

tale previsione, ove confermata, confliggerebbe con il quadro normativo di rango primario vigente in materia (decreto legislativo n. 164 del 2000 nel testo consolidato), con le direttive europee concernenti le norme comuni per il mercato interno del gas naturale, con i principi di rango costituzionale (articolo 97 e articolo 117 della costituzione che annovera la «tutela della concorrenza» tra le materie di competenza legislativa dello Stato) e comunitari in materia di tutela della concorrenza (Trattato CE, articoli 43, 49, 81), nonché con la ratio dell'articolo 23-bis del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come allo scopo modificato dall'articolo 15, comma 1, del decreto legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166;
in effetti, la formulazione del predetto articolo 3 del decreto ministeriale, ove, segnatamente si prevederebbe che «dall'entrata in vigore del provvedimento le gare per l'affidamento del servizio di distribuzione gas, per le quali non è stato pubblicato il bando o non è decorso il termine per la presentazione delle offerte di gara sono aggiudicate unicamente relativamente agli ambiti determinati nell'allegato 1 facente parte integrante del presente provvedimento» produrrebbe, nella pratica, un vero e proprio «blocco» delle gare in essere con la conseguenza che,

dall'azzeramento delle procedure in corso, e nelle more delle nuove gare d'ambito, le attuali gestioni in regime di concessione - comprensive sia delle concessioni arrivate a scadenza naturale sia di quelle che sarebbero comunque scadute il 31 dicembre 2009 (ai sensi dell'articolo 15, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, come allo scopo prorogato ai sensi dell'articolo 23 del decreto legge 30 dicembre 2005 n. 273, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51), si vedranno sostanzialmente riconosciuta, a parere dell'interrogante, al di fuori del quadro normativo di rango primario relativo al previsto «periodo di proroga», una ulteriore proroga di almeno un anno;
il riferito «effetto proroga» prodotto dalla previsione di cui trattasi, può, peraltro, stimarsi in un anno nelle ipotesi più ottimistiche considerati i tempi medi per preparare e concludere una procedura di gara, ma è, al contrario, assai prevedibile che tali tempi, in sede di prima applicazione della disciplina delle gare bandite per ambito e, comunque, considerati tutti i connessi e ben più complessi aspetti di una simile procedura, possano bloccare le gare anche ben oltre l'anno;
in questa prospettiva, il risultato dell'articolo 3, del decreto in questione, è quello, di fatto, di riproporre una proroga generalizzata di due anni degli affidamenti in essere, ristabilendo di fatto la decorrenza originaria di cui all'articolo 46-bis del decreto legge n. 159 del 2007, convertito con modificazioni dalla legge n. 222 del 2007, di seguito ulteriormente modificato dal comma 175 dell'articolo 2, della legge 24 dicembre 2007, n. 244;
ma addirittura, sebbene in modo più surrettizio, il decreto ministeriale emanando, nelle more delle sua approvazione definitiva, è suscettibile, per effetto del medesimo articolo 3, di bloccare anche le gare a venire, essendo più che verosimile che gli enti locali non si appresteranno ad iniziare procedure di affidamento ad evidenza pubblica che, se non concluse entro la pubblicazione del decreto ministeriale medesimo, verranno con certezza poste nel nulla;
oltre agli effetti diretti ed indotti a danno della concorrenza e della liberalizzazione del servizio (concorrenza vulnerata e liberalizzazione ritardata ancora una volta a vantaggio di pochi grandi operatori del settore, e non del benessere collettivo, della comunità e della «cosa pubblica»), si deve sottolineare anche il profondo conflitto della previsione in questione con i principi di buon andamento (articolo 97 Cost.) economicità, efficacia, pubblicità e trasparenza (articolo 1, comma 1, della legge n. 241 del 1990) che devono preordinare l'azione dell'amministrazione e dunque, degli enti locali coinvolti, che, dopo aver avviato e avendo in corso una procedura di gara, magari anche in stato molto avanzato, con dispendio di risorse economiche, tempo e risorse professionali, per effetto della supposta previsione di cui all'articolo 3, del decreto ministeriale di cui trattasi, si troverebbero a veder del tutto vanificata l'attività posta in essere;
la predetta ratio dell'articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come allo scopo modificato dall'articolo 15, comma 1, del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166, che fissa il termine per la «definizione degli ambiti territoriali minimi» per cui procedere all'affidamento del servizio di distribuzione del gas mediante gara, ai sensi dell'articolo 46-bis della legge n. 222 del 2007, nel testo consolidato, al 31 dicembre 2012, era appunto quella non solo di fornire, ai soggetti interessati dalle contemplate modifiche legislative, un quadro «revisionale» di attuazione certo, ma anche di consentire una certa «fisiologica» gradualità nella loro implementazione, escludendo nel modo più assoluto il blocco delle gare, medio tempore, nell'attesa della definizione degli «ambiti territoriali minimi» ovvero (e addirittura ancor peggio)

il blocco delle gare già in corso al momento in cui gli ambiti fossero stati individuati;
andrebbe apertamente contro tale ratio l'attuale indirizzo assunto nell'emanando decreto ministeriale -:
se corrisponda al vero che l'articolo 3 del previsto decreto ministeriale in materia di gare d'ambito per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas, in procinto di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale, contenga una disposizione secondo cui, in pratica, verrebbero bloccate le gare in essere per l'affidamento concorrenziale, indette dagli enti locali per la distribuzione del gas naturale, con la conseguenza che le attuali gestioni in regime di concessione si vedranno sostanzialmente riconosciuta una ulteriore proroga di almeno un anno;
in caso di conferma di tale ipotesi, se non intenda adottare ogni iniziativa di competenza affinché la stessa disposizione sia eliminata.
(5-04322)

Interrogazione a risposta scritta:

EVANGELISTI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
come rilevato da numerosissimi organi di stampa nazionale e locale, la situazione dei lavoratori della grande catena di distribuzione di mobili «Aiazzone ed Emmelunga» è diventata, giorno dopo giorno, sempre più drammatica;
tali lavoratori, infatti, per quanto risulta all'interrogante, non percepiscono più alcun tipo di retribuzione ormai da mesi e, soprattutto, risultano sempre più esposti alle aggressioni da parte della clientela che, in molti casi, ha lamentato la mancata consegna di merce già ordinata e pagata;
come denunciato a livello locale dallo stesso gruppo dell'Italia dei Valori e da alcune sigle sindacali, l'azienda Aiazzone ed Emmelunga sarebbe stata interessata da talune operazioni poco chiare di cessione aziendale, i cui effetti si sono prodotti in modo oltremodo pregiudizievole nei confronti dei lavoratori;
a tali lavoratori, peraltro, l'azienda sarebbe arrivata addirittura ad addossare i motivi del crollo progressivo delle vendite;
nonostante tale situazione sia stata portata all'attenzione del Ministero dello sviluppo economico e siano stati formalizzati specifici accordi, i lavoratori di Aiazzone ed Emmelunga risultano, ad oggi, ancora in attesa del pagamento di più di sei mesi di stipendi, senza contare le tredicesime e le quattordicesime;
inoltre, per quanto risulta all'interrogante, tali lavoratori non potrebbero nemmeno fruire degli ammortizzatori sociali concessi sotto forma di cassa integrazione ordinaria, perché l'azienda, venendo meno agli accordi che prevedevano il suo avvio già dalla fine del 2010, non avrebbe depositato la richiesta di cassa integrazione ordinaria;
tale incresciosa situazione riguarda centinaia di persone, molte delle quali impiegate in Toscana negli stabilimenti di Sesto Fiorentino, Arezzo, Capannori, Figline, Vico Pisano e Barberino;
nei giorni scorsi, presso il Ministero dello sviluppo economico, è stato raggiunto un accordo per avviare l'amministrazione controllata dell'azienda -:
quali iniziative urgenti si intendano assumere per colmare, quanto prima, il saldo degli arretrati nei confronti dei dipendenti di «Aiazzone ed Emmelunga»;
quali provvedimenti si intendano adottare al fine di consentire un rilancio industriale dell'azienda tale da garantire nel tempo la tutela della posizione occupazionale dei lavoratori impiegati;
quali iniziative e meccanismi di verifica si intendano adottare, per quanto di competenza, al fine di far luce sui fatti riportati in premessa e quali elementi

siano stati acquisiti o si intendano acquisire in merito alle motivazioni che si trovano alla base di quello che appare, con tutta evidenza, un comportamento aziendale di eccezionale gravità che ha prodotto e continua a produrre effetti negativi non solo nei confronti dei lavoratori, ma anche nei confronti dei cittadini consumatori che hanno lamentato la mancata consegna di merce già ordinata e pagata.
(4-11159)

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Apposizione di una firma ad una interpellanza.

L'interpellanza Barbieri n. 2-00398, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-03158, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-03160, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-03161, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-03186, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-03188, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-03200, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Holzmann n. 4-03216, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-03217, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-03218, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Catanoso n. 4-03235, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Sbai n. 4-03241, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Tommaso Foti n. 4-03242, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Catanoso n. 4-03246, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Bergamini n. 4-03254, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Gioacchino Alfano n. 4-03255, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Contento n. 5-01516, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Cazzola n. 4-03279, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Contento e Landolfi n. 5-01528, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Tullo e Rossa n. 5-02893, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 maggio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Vico.

L'interrogazione a risposta in Commissione Ghizzoni e altri n. 5-04300, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 marzo 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Biasi.

L'interrogazione a risposta in Commissione Fugatti e altri n. 5-04302, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 marzo 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Chiappori.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta in Commissione Forcolin n. 5-04132 del 1o febbraio 2011;
interrogazione a risposta in Commissione Murer n. 5-04184 del 9 febbraio 2011;
interrogazione a risposta immediata in Commissione Barani n. 5-04268 del 23 febbraio 2011;
interrogazione a risposta immediata in Commissione Murer n. 5-04269 del 23 febbraio 2011.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2o, del Regolamento).

I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta scritta Borghesi n. 4-08791 del 28 settembre 2010 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04318;
interrogazione a risposta scritta Borghesi n. 4-08908 del 5 ottobre 2010 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04319;
interrogazione a risposta scritta Borghesi n. 4-10033 del 15 dicembre 2010 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04317.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta scritta Monai n. 4-00477 del 25 giugno 2008 in interrogazione a risposta orale n. 3-01497;

interrogazione a risposta scritta Lo Monte n. 4-00656 del 15 luglio 2008 in interrogazione a risposta orale n. 3-01495;
interrogazione a risposta scritta Peluffo n. 4-03082 del 20 maggio 2009 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04321;
interrogazione a risposta orale Ruvolo e Mannino n. 3-01167 del 7 luglio 2010 in interrogazione a risposta scritta n. 4-11123;
interrogazione a risposta orale Occhiuto n. 3-01303 del 16 ottobre 2010 in interrogazione a risposta scritta n. 4-11122;
interrogazione a risposta in Commissione Ferranti e Villecco Calipari n. 5-03707 dell'8 novembre 2010 in interrogazione a risposta scritta n. 4-11150;
interrogazione a risposta orale Vico e altri n. 3-01440 del 3 febbraio 2011 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04320.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTARISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

BELLOTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il diritto alla salute è tutelato dalla Costituzione e ogni cittadino non solo italiano ma anche comunitario ha diritto ad accedere alle prestazioni sanitarie;
l'interrogante intende porre in evidenza un caso che ha messo in luce un evidente vulnus nella normativa italiana che contrasta palesemente con quella europea;
come risulta da una mail ricevuta dall'interrogante una cittadina polacca, la signora Wrona Grazyna ha ricevuto la tessera sanitaria cartacea e magnetica per un anno, con scadenza 16 ottobre 2010;
in tale data l'ASL 18 di Rovigo ha rifiutato il rinnovo, sostenendo che, anche se comunitaria, aveva diritto della suddetta tessera solo per un anno, secondo quanto sancito dalla direttiva 2004/38/CE del Parlamento e del Consiglio;
la suddetta cittadina comunitaria risulta essere infatti convivente con un cittadino italiano, nel cui stato di famigli risulta assieme alla figlia, e regolarmente iscritta all'ufficio di collocamento con il cosiddetto «patto di servizio» poiché è disoccupata;
questo particolare caso la porrebbe fuori, secondo quanto sostiene la ASL di Rovigo, dalla casistica prevista dal decreto legislativo n. 30 del 3 febbraio 2007;
la stessa ASL sostiene che dovrebbe farsi rilasciare tessera sanitaria polacca, pur essendo questo impossibile dato che la signora risulta iscritta alle liste di collocamento italiane, richiedendo alternativamente il matrimonio come requisito sine qua non per il rilascio;
la cittadina comunitaria sarebbe quindi da ora costretta a pagare per intero ogni prestazione, oltre a non avere più diritto al medico di famiglia -:
se tale interpretazione sia rispondente a quanto previsto dalla normativa comunitaria e se non ritenga di assumere le iniziative, anche normative, di competenza affinché la tessera sanitaria sia rilasciata anche ai cittadini comunitari iscritti alle liste di collocamento italiane e rientranti, seppur non sposati, nello stato di famiglia di un cittadino italiano.
(4-09688)

Risposta. - In via preliminare, va rilevato che, in base alla normativa comunitaria, l'esercizio del diritto di libera circolazione del cittadino dell'Unione europea, ai sensi della direttiva 2004/38/CE, ha, quale prerequisito, il diritto alla copertura sanitaria della persona in altro stato membro, posto che sarebbe paradossale che uno Stato concedesse ad un proprio cittadino la libertà di muoversi all'interno della Unione Europea senza, nel contempo, garantirgli in tale situazione una copertura sanitaria.
La direttiva, infatti, stabilisce che una delle condizioni del soggiorno superiore a 3

mesi è di disporre di un'assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante (articolo 7, comma 1, lettera b)). La normativa comunitaria riguardante il diritto alla salute è quella data dai regolamenti CE 883/2004 e regolamenti CE 987/2009. Tale disciplina prevede un'attività di coordinamento, una sorta di collaborazione tra schemi di sicurezza sociale dei vari stati membri: lo stato ospitante eroga le prestazioni e lo stato di provenienza rimborsa lo stato ospitante dei costi di dette prestazioni.
Questa normativa prevede, tuttavia, regole e condizioni particolari affinché un assistito di uno stato possa ricevere prestazioni in un altro stato membro, con oneri a carico dello stato di provenienza. Una di tali condizioni di copertura sanitaria è che l'assistito sia «assicurato» nello stato di provenienza, vale a dire che sia iscritto ai sistemi di sicurezza sociale ai sensi della legislazione nazionale e nel rispetto dei requisiti da essa posti.
Ne discende che se il cittadino non integra i requisiti di copertura imposti dalla sua legislazione nazionale (ad esempio, perché disoccupato) lo stato di provenienza negherà, come avviene nel caso particolare citato nell'interrogazione parlamentare, finanche il rilascio della tessera; in tal modo, il cittadino (nel caso esaminato, la cittadina polacca) risulterà privo di assistenza sanitaria.
In altre parole, chi provenga da uno, stato membro che non fornisce ai propri cittadini all'estero la copertura sanitaria (perché «non assicurato») si trova al di fuori del campo di applicazione della normativa europea sul coordinamento tra schemi di sicurezza sociale.
Pertanto, non si evidenzia un contrasto con la normativa comunitaria proprio perché la disciplina europea sul diritto alla salute concepisce solo gli «assicurati», mentre si disinteressa completamente dei «non assicurati».
Pertanto, più che un contrasto della normativa italiana con quella comunitaria, vi è un problema di coerenza giuridica a livello della stessa legislazione comunitaria, perché il diritto di libera circolazione è riferito al «cittadino dell'Unione Europea», mentre il diritto alla salute in Europa ha come beneficiario l'«assicurato».
In base al contesto giuridico fin qui delineato, qualora le Aziende Sanitarie Locali erogassero le prestazioni in via diretta, cioè senza oneri per l'assistito straniero (salvo il pagamento del
ticket), le istituzioni polacche potrebbero, come costantemente accade in questi casi, rifiutare il rimborso allo stato ospitante (l'Italia nel caso in esame) delle spese relative alle suddette prestazioni, motivando tale decisione con il fatto che l'addebito riguarda un «non assicurato» del sistema polacco.
Conseguentemente, se il cittadino comunitario non è un «assicurato» dello Stato di provenienza, da un lato non si attiva la cooperazione tra schemi di sicurezza sociale, perché lo stato della cittadinanza disconosce legittimamente il proprio assistito. Dall'altro, lo stato ospitante si trova in difficoltà con riguardo a volumi crescenti di crediti inesigibili ammontanti a decine di milioni di euro.
Ciò determina una criticità di ordine finanziario per lo stato ospitante, specie per i paesi come l'Italia, aventi un sistema sanitario improntato a criteri di universalità, solidarietà ed equità.
Per avere la dimensione di tale problematica dal punto di vista economico, basti pensare che da un'indagine condotta tramite gli assessorati regionali si è potuto accertare che, solo per l'anno 2007, sono state erogate in Italia a «non assicurati» di altri stati membri prestazioni sanitarie per un controvalore di oltre 70 milioni di euro.
Pertanto, la simultanea applicazione della direttiva sulla libera circolazione e dei suddetti regolamenti comunitari (regolamento CE 883/2004 e regolamento CE 987/2009) genera, laddove si ritenga per spirito di solidarietà di tenere indenne lo straniero «non assicurato» dai costi delle prestazioni sanitarie, un inevitabile contrasto con l'articolo 7, par. 1, lettera
b), della direttiva 2004/38/CE la quale esige che il cittadino dell'Unione non divenga un onere a carico dell'assistenza sociale dello stato membro ospitante.


Nel caso in esame, l'interessata non sembra rispecchiare le condizioni previste dal suddetto quadro giuridico comunitario: non è "assicurata" dal sistema polacco, né ha i requisiti imposti dalla citata direttiva per poter soggiornare per più di tre mesi in Italia perché, essendo disoccupata, non dispone, salvo prova del contrario, neppure di risorse economiche sufficienti per sé e per i propri familiari; inoltre, non appare rilevante la stessa condizione di convivenza con il cittadino italiano.
Sulla base di quanto esposto, si ribadisce che, in ogni caso, deve essere comunque garantito l'accesso alle cure urgenti ai soggetti «non assicurati» e, qualora indigenti, anche in forma gratuita.
Non può, tuttavia, essere rilasciata la tessera sanitaria nazionale (TS), né attribuito il medico di libera scelta, perché altrimenti i cittadini «non assicurati» diverrebbero, per le considerazioni esposte, un onere a carico dello Stato ospitante, cosa che contrasterebbe con la
ratio della direttiva 2004/38/CE che, in modo assolutamente intelligibile, vuole evitare simili eventualità.
Infine, si assicura che vi è, da tempo, l'intenzione di assumere iniziative per il rilascio della tessera sanitaria anche ai cittadini che si trovino nelle condizioni della cittadina polacca. Infatti, questo Ministero, consapevole dell'esigenza di rimuovere tale criticità, per altro generata all'interno della stessa legislazione europea, ha intrapreso, insieme al Ministero dell'economia e delle finanze, l'
iter volto all'adozione del decreto interministeriale per l'introduzione della «iscrizione volontaria» dei cittadini comunitari al servizio sanitario nazionale al fine di garantire il diritto alla salute anche ai «non assicurati», nel quadro della sostenibilità finanziaria di tale provvedimento per il nostro Paese.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
a pochi giorni dall'avvio del nuovo anno scolastico, molte organizzazioni sindacali hanno rappresentato il drammatico taglio che ha colpito gli insegnanti di sostegno per alunni disabili;
in molte province (Salerno, Cosenza, Potenza, Treviso) si registrano tagli assolutamente incompatibili con la necessità di adeguare le «cattedre di sostegno» al nuovo parametro (1,43 invece che 1,35) previsto nelle ultime leggi finanziarie;
tale situazione appare ancor più incomprensibile ove si accertasse che effettivamente c'è stato un incremento di oltre il 5 per cento delle iscrizioni degli alunni diversamente abili, cosa questa che annullerebbe ogni effetto negativo riconducibile all'aumento del coefficiente di rapporto docente/alunni;
sul Corriere della Sera del 30 settembre 2010 è stata pubblicata la seguente lettera scritta dalla signora Anna De Castiglione: «Caro direttore, sono la mamma di un ragazzo disabile che frequenta la seconda superiore all'Itsos "Albe Steiner" di Milano. Ecco come inizia l'anno scolastico 2010 per mio figlio affetto da tetraparesi: le ore di sostegno settimanali passano da 18 a 9; nessuno è disponibile a portarlo in bagno (perché tutto il personale è occupato in altre mansioni), così spesso mi fermo io a scuola nell'orario scolastico per aiutare la scuola ad affrontare una situazione che sembra ingestibile. Come si è arrivati a questo punto? Queste le risposte che ho ricevuto: il preside ha fatto domanda al Comune e al provveditorato, documentando tutte le spese sostenute l'anno scorso, ma il rimborso che ha ricevuto è stato poco più che simbolico. In provveditorato mi hanno detto che "i ragazzi crescendo devono diventare sempre più autonomi" e che in ogni caso "mancano le risorse". Non mi resta, così mi hanno detto, che fare ricorso al Tar... Ringrazio per il consiglio, ma... intanto? Ultima considerazione: ho iscritto mio figlio a questa scuola, dopo che in numerose altre mi era stato risposto: "Gentile

Signora, la nostra scuola, purtroppo, non è in grado di accogliere suo figlio... si rivolga altrove, perché davvero non possiamo seguirlo come meriterebbe...". Devo concludere che anche l'Albe Steiner avrebbe dovuto rispondermi così?»;
non è, ad avviso degli interroganti, assolutamente possibile operare drastici ed incomprensibili tagli che colpiscono proprio i soggetti più deboli ed esposti -:
quale sia allo stato l'effettiva previsione di riduzione degli organici della scuola;
in che misura colpisca il sostegno agli studenti diversamente abili;
quali immediate iniziative si intendano assumere per ovviare alle situazioni più drammatiche.
(4-08869)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare indicata in oggetto con la quale l'interrogante richiama una lettera apparsa su un quotidiano nazionale e pone in rilievo la situazione degli alunni disabili.
Al riguardo si fa presente che l'integrazione degli alunni con disabilità rappresenta un obiettivo prioritario del sistema scolastico, che consente a tutti gli alunni, a prescindere dalle loro diversità funzionali, di realizzare esperienze di crescita individuale e sociale.
Per questi motivi nel corrente anno scolastico è stata riservata una particolare attenzione alla presenza di alunni disabili con la previsione di una serie di interventi finalizzati, quali lo «sdoppiamento» delle classi e l'assegnazione di risorse finanziarie specifiche per le iniziative di potenziamento e di qualificazione dell'integrazione scolastica.
A favore dell'attività di sostegno è inoltre destinata una quota rilevante dell'incremento dei posti, rispetto a quanto preventivato, di circa 5.000 unità, effettuato nella fase di adeguamento dell'organico di diritto alla situazione di fatto.
L'impegno ad assicurare il funzionamento del sistema scolastico e la tutela degli alunni disabili è stato perseguito anche nella fase delle immissioni in ruolo.
In tal senso, circa la metà delle assunzioni a tempo indeterminato autorizzate per il personale docente nel corrente anno scolastico sono su posti di sostegno. Si è così voluto favorire la stabilità e la continuità didattica per quegli alunni che, com'è noto, subiscono in maniera più avvertita il disagio legato al cambio annuale dei docenti di sostegno.
Relativamente al caso richiamato dall'interrogante, si fa presente che l'ufficio scolastico regionale per la Lombardia ha preso atto dei problemi educativi che caratterizzano il caso in questione. Le esigenze di intervento, pur rilevando prevalentemente sul piano dell'assistenza di base, si riflettono anche sul piano didattico.
Per questi motivi il competente l'ufficio territoriale ha provveduto, con decreto prot. n. 17193/38 del 10 settembre 2010, all'integrazione della dotazione organica dell'Istituto scolastico interessato di n. 1 unità di collaboratore scolastico.
In data 13 settembre 2010, con decreto prot. n. 16398/366, ha inoltre provveduto ad un riesame della dotazione di sostegno del personale docente del medesimo Istituto, procedendo all'integrazione di una intera cattedra dell'organico.
Si ritiene che le iniziative indicate possano costituire un effettivo e sostanziale contributo per il miglioramento del processo di integrazione degli alunni con disabilità, fermo restando l'impegno dell'amministrazione a risolvere eventuali criticità che dovessero emergere nel processo in questione.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

BUONANNO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
a seguito del passaggio dalla televisione di tipo analogico al metodo digitale terrestre, molti cittadini delle zone della Valsesia e dell'alto novarese lamentano numerosi problemi riferiti alla ricezione del segnale televisivo;

si ha notizia che in alcuni comuni la popolazione ha la possibilità di ricevere tutti i canali, godendo di ampia e diversificata scelta, mentre in altri comuni limitrofi il carnet di canali si riduce drasticamente, tanto da arrivare all'eccesso nel comune di Quarona, in cui si riceve parzialmente sia il segnale Rai, sia quello Mediaset;
il piano di transizione alla televisione digitale terrestre, promosso dal Ministero dello sviluppo economico porta avanti l'obiettivo dell'abbattimento del cosiddetto «divario digitale» e per farlo deve garantire il segnale anche alle zone con basso numero di utenti, a prescindere dalle valutazioni economiche degli operatori;
nei fatti, sono i piccoli comuni a vivere questi disagi e il perdurare dei disservizi sembra ricadere proprio sulle fasce deboli dell'utenza;
gli abitanti dei comuni delle zone della Valsesia e dell'alto novarese ritengono che non siano state attivate azioni mirate al fine di garantire una reale situazione di accesso al nuovo sistema che doveva offrire, nelle dichiarazioni iniziali, maggiori servizi, portando ad un miglioramento della situazione preesistente -:
quali misure il Ministro intenda porre in essere per salvaguardare il diritto dei cittadini delle zone della Valsesia e dell'alto novarese di accesso alle reti di trasmissione del segnale televisivo attraverso la trasmissione in digitale terrestre almeno nella misura in cui lo stesso accesso era prima assicurato dalla televisione analogica.
(4-09867)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo indicato in oggetto, si rappresenta quanto segue.
Come noto in Italia ai sensi dell'articolo 2-
bis, comma 5 della legge 29 novembre 2007, n. 222 le trasmissioni televisive su frequenze terrestri dovranno, entro l'anno 2012, essere irradiate esclusivamente in tecnica digitale su tutto il territorio nazionale. A tal fine, anche sulla base del lavoro propedeutico svolto dal Comitato Nazionale Italia Digitale, costituito con decreto dell'ex Ministero delle comunicazioni del 4 agosto 2006, con decreto ministeriale 10 settembre 2008, il territorio nazionale è stato suddiviso in 16 aree tecniche per stilare un calendario di transizione al digitale, con una sequenza degli switch off tale da ottimizzare la compatibilizzazione degli impianti e assicurare altresì la continuità con aree limitrofe. Ciò nonostante è evidente che anche con tutte le opportune attenzioni, il passaggio dalla tecnica analogica a quella digitale può provocare situazioni di disagio, ai teleutenti, come quelle lamentate in Valsesia.
Laddove dovessero verificarsi a seguito dello
switch off problematiche relative alla ricezione del segnale digitale terrestre, gli utenti, i gestori televisivi o chiunque altro interessato al fenomeno potrà far presente detta situazione, agli Ispettorati Territoriali competenti o all'apposito dipartimento del Ministero dello sviluppo economico, che provvederà ad attivare i suddetti organi periferici. Gli Ispettorati Territoriali interpellati verificheranno quanto denunciato, individuando le eventuali cause del disservizio, cercando possibilmente, eventuali soluzioni, se l'origine del problema fosse tecnico.
Qualora il problema non fosse tecnico e non fosse possibile trovare alcuna soluzione di più facile attuazione, è possibile ai sensi dell'articolo 30 comma 1 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 (testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici), previa preventiva autorizzazione da parte del dipartimento per le comunicazioni, l'installazione e l'esercizio di impianti e ripetitori privati, destinati esclusivamente alla ricezione e trasmissione via etere simultanea ed integrale dei programmi radiofonici e televisivi diffusi in ambito nazionale e locale. Detta autorizzazione potrà essere rilasciata ai comuni, comunità montane, o ad altri enti locali o consorzi di enti locali, su un'estensione territoriale limitata alla circoscrizione dell'ente richiedente, tenendo conto della particolarità delle zone di montagna.
Per il problema rappresentato nel presente atto di sindacato ispettivo, il Ministero dello

sviluppo economico ha già attivato l'ispettorato territoriale del Piemonte.
Si segnala, comunque, che per ovviare agli inconvenienti derivanti all'utenza dallo
switch off, avvenuto negli ultimi mesi nel nord Italia, è stato convocato, lo scorso 13 gennaio 2011, un tavolo di confronto tra il Ministero dello sviluppo economico, la RAI ed i principali broadcasters, nel corso del quale il Ministero ha chiesto un impegno della RAI medesima per addivenire ad una soluzione celere e definitiva delle problematiche in questione.
Il Ministero dello sviluppo economico valuterà con attenzione l'evoluzione della questione e verificherà l'efficacia degli interventi adottati per risolverla.

Il Ministro dello sviluppo economico: Paolo Romani.

DE ANGELIS. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in data 14 luglio 2009 sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 53 - IV serie speciale - Concorsi ed Esami - è stato bandito un concorso per la nomina di novanta allievi agenti del Corpo forestale dello Stato, riservato ai volontari in ferma breve delle forze armate;
in data 24 giugno 2010, a seguito delle relative prove concorsuali, con decreto del capo del Corpo forestale dello Stato è stata pubblicata e approvata la graduatoria finale comprensiva di 125 idonei;
il 21 luglio 2010 i 90 vincitori cominceranno il corso di formazione presso la Scuola forestale di Sabaudia (Latina);
rimangono fuori, in qualità di idonei non vincitori, solamente 35 persone, per lo più giovani professionisti che da anni sono al servizio del Paese come militari -:
se non si ritenga necessario intervenire tempestivamente affinché questi 35 idonei possano al più presto essere avviati al corso per agenti del Corpo forestale dello Stato considerata anche l'esiguità dell'organico del Corpo.
(4-07933)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in oggetto, mi preme anzitutto evidenziare che la decisione in merito all'assunzione dei 35 «idonei non vincitori» dell'ultimo concorso riservato a volontari in ferma breve, potrà essere assunta allorché verranno definite alcune situazioni relative agli organici di altri ruoli.
In particolare, attendo l'esito della richiesta di autorizzazione all'assunzione avanzata, ai sensi dell'articolo 66, comma 9-
bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, presentata il 1o ottobre scorso alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Ministero dell'economia e delle finanze (così detto turn-over).
Al riguardo faccio presente che qualora tale richiesta fosse accolta, permetterebbe di soddisfare,
in primis, l'aspettativa relativa al primo concorso «pubblico» per vice ispettori e l'assunzione di idonei non vincitori del concorso per commissari bandito nel 2004 (ruoli in forte carenza di organico) consentendo, quindi, di prendere in considerazione l'ipotesi di destinare le distinte residue risorse di cui all'articolo 1, comma 346, lettera c), della legge 24 dicembre 2007, n. 244 in favore, tra l'altro, dell'assunzione dei predetti volontari in ferma breve.
Faccio altresì presente che, in questi ultimi giorni, è finalmente intervenuta una sentenza del TAR che ha respinto il ricorso che aveva determinato la sospensione del corso cui avrebbero dovuto partecipare i vincitori del concorso «interno» per 182 vice ispettori, il cui ruolo è gravemente carente rispetto a quello degli che è in esubero.
Al riguardo, faccio presente che in tale contesto, non può che essere quantomeno valutata anche l'ipotesi di ampliamento della relativa graduatoria.
Mi preme ricordare, inoltre, che ulteriore obiettivo della mia amministrazione, finanziabile sempre con le risorse di cui al citato comma 346, resta l'ampliamento dell'organico del ruolo direttivo dei funzionari.
In

conclusione, ferme restando le fattispecie sopra rappresentate, confermo che la mia Amministrazione sta tenendo conto, nell'ambito delle possibili ipotesi di utilizzo delle somme disponibili e comparando le diverse esigenze, anche l'eventuale assunzione degli idonei non vincitori del concorso per 90 VFB.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Giancarlo Galan.

DI PIETRO, DI GIUSEPPE, MURA e PALAGIANO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 15 settembre 2010, come riportato dall'Agenzia Ansa e da un articolo di altromolise.it, un caso di malasanità è accaduto a Pozzilli, piccolo centro della provincia di Isernia. Vittima un sessantacinquenne, Antonio Del Corpo, che intorno alle 4 aveva avvertito forti dolori al torace. I familiari chiamano ripetutamente il 118 di Venafro, ma il telefono squilla a vuoto. Il signor Del Corpo muore dopo un'ora e mezzo, poco prima dell'arrivo di un'ambulanza chiamata dalla Polizia;
più volte gli operatori di Venafro hanno denunciato, anche alla stampa, che a causa della chiusura di diversi servizi all'ospedale SS. Rosario di Venafro e per la trasformazione del pronto soccorso in punto di primo soccorso, si sono moltiplicati i trasferimenti della zona verso altri nosocomi, con conseguente impossibilità di fare fronte tempestivamente alle numerose richieste di intervento;
per chiarire, se mai ce ne fosse bisogno, lo stato in cui versa la sanità in Molise, e prendendo proprio spunto dalla morte di alcuni giorni prima del suddetto signor Antonio Del Corpo, le pagine locali del quotidiano Il Tempo del 21 settembre 2010, riportano la Lettera che l'ex primario di chirurgia del Veneziale di Isernia, Cristiano Huscher, ha inviato all'assessore alla sanità Nicola Passarelli. Partendo dalle mancanze del 118 (sulle quali sono aperte le indagini della Procura) il professor Huscher ricorda di aver costantemente riferito all'assessore circa l'inutilità di alcuni reparti; le spese proibitive per le creazioni di reparti; la pericolosità dei medesimi reparti in quanto non poteva essere garantita la continuità assistenziale da parte dei primari che, esaurita l'attività operatoria, tornavano a Roma; che nell'ospedale di Isernia si facevano interventi che non andavano fatti e per i quali qualcuno «ci aveva rimesso la pelle»; e infine che alcune strutture del Veneziale non erano a norma;
in questi mesi è peraltro montata la protesta contro chi gestisce la sanità molisana; cortei a difesa degli ospedali, raccolta di firme per sindaci «poco attivi» nella difesa dei reparti ospedalieri della propria città, lungaggini nella fornitura di esami diagnostici;
la realtà è che il Molise è una delle regioni italiane con il deficit sanitario più alto. Nel solo 2009, con una popolazione di appena 330.000 abitanti, il deficit accertato è stato pari a circa 60 milioni di euro. Per il 2010 si viaggia verso gli 80 milioni di euro;
principale causa di questo enorme disavanzo sanitario, ad avviso degli interroganti è rappresentata dagli sperperi accumulati in anni di gestione clientelare nella sanità pubblica;
come primi interventi per il rientro dal deficit sanitario, la regione ha deciso di tagliare sui più deboli, quelli che non hanno la possibilità, o a prezzo di grandi sacrifici, di spostarsi da una città all'altra e che hanno l'esigenza di una assistenza sanitaria ordinaria e continuativa sul territorio. Una delle scelte del governo regionale, è infatti quella di chiudere qualche struttura sanitaria, e tra queste vi è l'Ospedale «SS. Rosario» di Venafro. Si tratta di una struttura sanitaria pubblica molisana, con il più alto indice di mobilità attiva, crocevia e punto di riferimento per i cittadini del basso Lazio, dell'alto casertano e del basso Abruzzo;
ciò ha consentito negli anni, al SS. Rosario di maturare una elevata specializzazione

in alcuni importanti servizi sanitari;
si ricorda peraltro che l'11 settembre 2010, si era svolta una grande manifestazione, organizzata anche dal comitato «Ospedale SS. Rosario», e in difesa dello stesso ospedale, proprio per difendere il proprio diritto alla salute e per rivendicare il mantenimento di una struttura, il SS. Rosario, da sempre efficiente, anche economicamente. In realtà, il SS. Rosario continua a ricevere duri colpi, che lo stanno trascinando lentamente e inesorabilmente verso la chiusura;
oltretutto è stato accertato dai tecnici specializzati che l'edificio in cui è ubicato il SS. Rosario è antisismico, diversamente da altri, tra cui il fabbricato del Veneziale di Isernia. Una soluzione tecnica idonea a garantire l'incolumità pubblica senza ulteriori costi per il sistema, sarebbe quello di trasferire reparti del Veneziale nell'edificio del SS. Rosario;
viceversa sembra che la regione Molise abbia programmato di realizzare un nuovo edificio, con quello che comporta in termini di milioni di euro spesi. In pratica si dovrebbe decidere di chiudere un ospedale - quello di Venafro - pienamente antisismico, per realizzarne uno nuovo. E ciò in evidente contrasto con i vincoli posti dal Piano di rientro;
non per tutti gli ospedali sono però previsti tagli, anzi in alcuni sono stati apportati ulteriori interventi di potenziamento;
emblematica in questo senso è la vicenda del «Veneziale» di Isernia e della sua unità operativa di coordinamento, l'unità di neurofisiopatologia. La struttura ha praticamente più personale sanitario che malati, e non avrebbe motivo di esistere data la specificità del reparto. Peraltro nel 2005, una Commissione di inchiesta del Senato ha evidenziato che si tratta di una UOC (unità operativa di coordinamento) che non attrae utenza numerosa. Come riportato anche dal quotidiano Nuovo Molise oggi del 24 febbraio 2009, il primario di detta UOC unità di neurofisiopatologia, è Nicola Iorio, fratello del presidente Michele Iorio;
il medesimo quotidiano Nuovo Molise oggi del 24 febbraio 2009, riporta peraltro come altri familiari del presidente Iorio, già commissario ad acta, sono inseriti nelle strutture del servizio sanitario regionale -:
quali iniziative urgenti si intendano adottare - nell'ambito delle proprie prerogative - per verificare quanto esposto in premessa, rispetto alle scelte del commissario ad acta riguardanti il ridimensionamento e/o la chiusura di importanti presidi sanitari regionali posto che ad avviso degli interroganti sussiste un problema di incompatibilità dell'attuale commissario ad acta a svolgere le sue funzioni per conflitto di interessi, qualora venisse confermata la presenza in posti chiave della sanità regionale di familiari del presidente medesimo.
(4-08910)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame sulla base degli elementi pervenuti dalla Prefettura - ufficio territoriale del governo di Isernia.
In merito ai fatti, illustrati nell'interrogazione, avvenuti all'ospedale di Venafro il 15 settembre 2010, l'assessore regionale alla sanità del Molise ha fornito alla prefettura citata gli elementi di risposta che, di seguito, si riportano.
Le osservazioni mosse dal professor Cristiano Huscher riguardanti presunte disfunzioni del presidio ospedaliero di Isernia sono state oggetto di un incontro tra lo stesso sanitario ed il procuratore della Repubblica di Campobasso, come ampiamente riportato dalla stampa locale e, pertanto, nessuna indagine interna è stata disposta, al fine di evitare sovrapposizioni con competenze di altri organi.
Per quanto concerne le accuse di interventi chirurgici effettuati impropriamente e dall'esito infausto, l'assessore citato rileva che proprio il professor Huscher è stato oggetto di numerose denunce a mezzo stampa in tal senso, da parte del rappresentante dell'associazione «Altiero Spinelli»,

tanto che in merito è stata interessata la citata procura della Repubblica.
In merito alla questione riguardante la conformità ai criteri previsti dalla normativa antisismica dei complessi ospedalieri di Isernia e Venafro, lo stesso Assessore osserva che entrambe le strutture sono state edificate conformemente ai parametri previsti all'epoca della loro costruzione, ma certamente non a quelli attuali, che sono stati modificati in tempi recenti a seguito del terremoto dell'ottobre 2002.
Il CNR è stato incaricato di eseguire i dovuti accertamenti sui due ospedali con verifiche strutturali, al fine di consentire un adeguato intervento o, qualora i costi risultino eccessivi, valutare l'opportunità di realizzare una nuova struttura, previa specifica analisi costi-benefici; peraltro, la relazione conclusiva non è stata al momento ancora depositata.
Infine, l'assessore rileva l'assenza di connessione tra la presenza di familiari del presidente della regione Molise presso le strutture del servizio sanitario regionale, peraltro in servizio da molti anni, e il disavanzo economico che ha determinato il commissariamento governativo e la decisione di riorganizzare il sistema sanitario regionale, ricorrendo tra le altre cose anche alla trasformazione dei presidi ospedalieri esistenti. A questo proposito, l'assessore alla sanità ribadisce che la richiamata trasformazione non è da intendersi come soppressione. L'eccessiva onerosità del sistema sanitario molisano, in generale, sarebbe stata causata dalla particolare morfologia del territorio della regione, caratterizzato dalla presenza di piccoli nuclei abitativi localizzati su un territorio impervio e montuoso, con l'aggravante di un indice di vecchiaia superiore alla media nazionale.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

DIMA. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la Calabria è recentemente balzata agli onori della cronaca nazionale per una serie di vicende di malasanità che hanno causato il decesso di pazienti in alcune strutture ospedaliere della Regione;
ben otto potrebbero essere i decessi delle ultime settimane direttamente riconducibili a disorganizzazione nelle strutture di primo soccorso o addirittura a diagnosi sbagliate;
questo stato di fatto potrebbe trovare origine non solo in un problema prettamente organizzativo ma anche in un problema di reclutamento del personale medico e di conseguente valutazione delle relative professionalità e competenze, tanto che per alcuni decessi si parlerebbe addirittura di imperizia e superficialità;
la Regione è in grave ritardo sia sul fronte della mancata approvazione del piano sanitario regionale, che dovrebbe disciplinare al meglio l'offerta dei servizi sanitari per il cittadino, sia su quello dell'attuazione del piano di ripianamento dei debiti -:
se il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali intenda avviare, nell'ambito delle prerogative ministeriali, ulteriori iniziative di carattere ispettivo al fine di accertare eventuali inefficienze organizzative in un sistema che mostra, giorno dopo giorno, evidenti limiti, proseguendo nell'azione già intrapresa a seguito dei gravi episodi verificatisi questa estate.
(4-04173)

Risposta. - In merito alla situazione dell'assistenza sanitaria nella regione Calabria, si precisa che numerose sono state le visite ispettive svolte da questo Ministero e che è stata altresì effettuata un'indagine conoscitiva finalizzata a verificare la qualità dell'assistenza prestata dal servizio sanitario della stessa regione, nonché l'effettiva erogazione, secondo criteri di efficienza ed appropriatezza, dei livelli essenziali di assistenza (LEA) ad opera di una commissione di ciò incaricata.
All'uopo, si ricorda che è stato dichiarato già lo stato di emergenza socio-economico-sanitaria del territorio della regione Calabria, sancito con decreto del Presidente del Consiglio

dei ministri (DPCM) dell'11 dicembre 2007. In particolare, la dichiarazione dello stato di emergenza, stabilito fino al 31 dicembre 2009, è stata adottata in relazione alla richiesta del presidente della regione Calabria, in cui si evidenziavano le condizioni di debolezza del sistema sanitario regionale, con conseguente autorizzazione - ai sensi del combinato disposto di cui agli articoli 2, comma 1, lettera c) e 5, comma 1, della legge n. 225 del 1992 - all'utilizzo dimezzi e poteri straordinari per il superamento della situazione di criticità, al fine di assicurare la realizzazione degli interventi necessari al potenziamento delle strutture ospedaliere del territorio.
Ad oggi si segnala che, con delibera della giunta regionale (DGR) n. 845 del 6 dicembre 2009, è stato adottato il Piano di rientro dal disavanzo sanitario.
In tema di gestione del rischio clinico, data l'importanza dello stesso al fine di misurare la capacità di un sistema sanitario nel dare risposte pronte ed efficaci alle esigenze o emergenze che si presentano, è emersa una capacità di fornire direttive da parte della regione Calabria, non del tutto appropriata. Si è, pertanto, fornita l'indicazione di provvedere all'istituzione di un gruppo rischio clinico regionale, finalizzato alla creazione di una rete aziendale, con precise indicazioni organizzative. È stato, infatti, nominato il centro regionale di riferimento per il rischio clinico che, con la delibera della giunta regionale n. 391 del 24 maggio 2010 ha avviato il recepimento e l'attuazione delle seguenti Raccomandazioni promulgate dal Ministero della salute:
prevenzione della morte materna correlata al travaglio e/o al parto;
prevenzione del suicidio in ospedale;
gestione del rischio clinico legato alle terapie farmacologiche;
prevenzione dell'osteonecrosi della mascella/mandibola da bifosfonati.

La delibera della giunta regionale n. 391/2010 sopra citata prevede che le aziende provvedano a realizzare le iniziative per la formazione degli operatori, per favorire la diffusione e l'utilizzo delle procedure per l'implementazione delle raccomandazioni, e fa obbligo ai direttori generali delle aziende regionali di provvedere all'attuazione, entro 30 giorni dalla sua approvazione, dei contenuti del provvedimento e di vigilare sulla successiva applicazione attraverso l'utilizzo degli indicatori, avvalendosi dei referenti aziendali del rischio clinico, dei servizi di ingegneria clinica ove presenti e delle direzioni sanitarie.
Stabilisce, inoltre, che il mancato rispetto di quanto definito nell'atto comporta la decadenza del direttore generale dalle proprie funzioni.
La regione Calabria, nell'ambito delle iniziative adottate con il Piano di rientro, sta procedendo alla riorganizzazione della propria rete assistenziale, partendo dalla riorganizzazione delle aziende sanitarie degli ospedali e della rete dei servizi.
Nelle more dell'attuazione di tali interventi, questo Ministero ha già attivato ed attiverà, se del caso o all'occorrenza, visite ispettive e sopralluoghi aventi natura di carattere tecnico e collaborativo, e ove necessario fornisce e fornirà indicazioni concrete sulla prevenzione del ripetersi di eventi sentinella, cioè di eventi avversi di particolare gravità, potenzialmente indicativi di un serio malfunzionamento del sistema.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, MECACCI, ZAMPARUTTI, BERNARDINI e BELTRANDI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
secondo dichiarazioni attribuite al sottosegretario alla Salute Ferruccio Fazio, ampiamente riprese dalle agenzie di stampa, la modifica del Bando che esclude i progetti che prevedono l'utilizzo di staminali embrionali di origine umana sarebbe stata introdotta in seguito «alla espressa richiesta fatta al Governo dai presidenti delle Regioni nella riunione del 26 febbraio 2009 in sede della Conferenza Stato-regioni,

alla quale il Bando stesso, come è previsto, è stato sottoposto»;
l'assessore al diritto alla salute della Regione Toscana Enrico Rossi, coordinatore della Commissione salute della Conferenza delle Regioni, ha smentito in modo netto e reciso quanto affermato dal sottosegretario Fazio, sostenendo in particolare che «non è stata richiesta alcuna modifica al testo concordato in sede tecnica tra le Regioni e il Ministero del lavoro, salute e politiche», per quel che riguarda il bando di ricerca sulle cellule staminali; in particolare, «nella riunione della Conferenza Stato-Regioni del 26 febbraio è stato ratificato in modo unanime l'Accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sulla proposta del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali di bando di ricerca sanitaria per l'anno 2008 finalizzata per progetti di ricerca sulle cellule staminali e in quella sede non è stata richiesta alcuna modifica al testo concordato in sede tecnica tra le Regioni e il Ministero» -:
se sia vero quanto riferito dal sottosegretario Fazio o quanto affermato dal coordinatore della Commissione salute della Conferenza delle Regioni Enrico Rossi, essendo di tutta evidenza che si tratta di affermazioni tra loro clamorosamente contraddittorie;
se dovesse risultare che il coordinatore della Commissione salute della Conferenza delle Regioni Enrico Rossi corrispondano al vero, che cosa ha indotto il sottosegretario Fazio ad affermare cosa così clamorosamente non vera, e se non si ritenga di dover rettificare quanto da lui affermato.
(4-02511)

Risposta. - In merito alle successive frasi aggiunte al bando della ricerca sanitaria 2008, ho già avuto modo di precisare che le stesse sono state inserite su richiesta delle regioni, e non per volontà autonoma del Governo.
Confermo, pertanto, che tale esclusione deriva da una richiesta fatta in sede di conferenza stato-regioni.
Infatti, nel corso della seduta del 26 febbraio 2009, la stessa conferenza ha sancito l'accordo sul bando di ricerca sanitaria per l'anno 2008 finalizzata per progetti in materia di cellule staminali, dopo aver considerato che, durante la riunione tecnica svoltasi il 17 dicembre 2008, le regioni e la pubblica amministrazione avevano fatto riserva di condurre ulteriori approfondimenti in merito alla possibilità di addivenire ad una riformulazione del punto 7 dello schema del bando, e che nel corso della seduta del 18 dicembre 2008 il punto in oggetto era stato rinviato, per ulteriori approfondimenti, su richiesta delle stesse regioni e della pubblica amministrazione, e dopo aver esaminate sia la nota del 22 gennaio 2009 della regione Toscana, coordinatrice della commissione salute, concernente una nuova versione dello schema del bando, sia la nota del 26 gennaio 2009, con cui il Ministero comunicava il proprio assenso a tale nuova versione.
Relativamente alla smentita pubblica fatta dall'assessore alla sanità della regione Toscana, solo quest'ultimo ne può rispondere in via esclusiva.
Per quanto sopra comunicato, il bando è stato effettivamente modificato, come si è detto, su richiesta delle regioni.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
come riferiscono le agenzie di stampa nella giornata del 21 dicembre 2009 centinaia di lettere contemporaneamente sono state inviate al Ministero della salute per sollecitare il provvedimento di inserimento di 109 malattie rare nell'allegato A del decreto ministeriale 279 del 2001;
solo le malattie rare presenti nel citato allegato A acquisiscono il diritto a che tutte le spese relative alle patologie siano a carico del Sistema sanitario nazionale;

sono 109 le malattie rare che attendono da anni di essere inserite nel citato allegato A, e questo mancato inserimento comporta che una quantità di malati attendono di essere «riconosciuti» e di poter usufruire dei diritti necessari a superare quotidianamente la «criticità» che l'esser paziente raro comporta;
quasi trecento associazioni di malati rari hanno quindi deciso di farsi rispettare, per ora, con un'azione «persuasiva», e - sostiene il segretario generale della Consulta nazionale delle malattie rare, dottor Flavio Bertoglio - si intende «risvegliare le coscienze dormienti del mondo politico» -:
quali siano le ragioni che hanno impedito l'inserimento delle 109 malattie rare nell'Allegato A del decreto ministeriale n. 279 del 2001;
se si sia in grado di quantificare il numero delle malattie rare;
se non si ritenga di dover operare con urgenza perché queste 109 malattie rare siano finalmente inserite nell'allegato A;
in che modo si intenda corrispondere alle legittime, accorate istanze avanzate dai firmatari delle lettere che in queste ore sono recapitate al Ministero della salute.
(4-05565)

Risposta. - L'aggiornamento dell'elenco delle malattie rare che danno diritto all'esenzione è parte integrante dello schema del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di revisione dei livelli essenziali di assistenza (LEA).
L'
iter procedurale riguardante tale schema predisposto da questo Ministero non si è ancora concluso; è prevista l'acquisizione dell'assenso tecnico espresso dal Ministero dell'economia e delle finanze e l'intesa da parte della conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome.
Tuttavia, si segnala che dall'entrata in vigore dei nuovi livelli essenziali di assistenza per le persone affette da una malattia rara, non inclusa nell'elenco attualmente in vigore a livello nazionale (decreto ministeriale 18 maggio 2001, n. 279), consegue il diritto all'esenzione dalla partecipazione al costo («
ticket») delle prestazioni sanitarie correlate.
Si segnala, infatti, che le disposizioni vigenti garantiscono già che il cittadino, indipendentemente dalla propria condizione, possa rivolgersi alle strutture del servizio sanitario nazionale e ricevere tutte le tutele assistenziali e le prestazioni garantite dai livelli essenziali di assistenza, prescritte secondo criteri di appropriatezza ed efficacia.
Non rientra nell'ambito di applicazione dell'aggiornamento dell'elenco in esame, il «riconoscimento» delle singole entità nosologiche, il quale non è compito delle istituzioni sanitarie, ma discende esclusivamente dal consenso che la comunità scientifica esprime attraverso il progressivo consolidarsi delle conoscenze.
Per molte malattie rare, purtroppo, vi sono ancora difficoltà che non possono essere risolte esclusivamente mediante interventi amministrativi e legislativi, ma richiedono ulteriori studi e ricerche che possano colmare le lacune, in taluni casi ancora imponenti, nella comprensione della eziologia e della patogenesi, nella produzione di stime epidemiologiche affidabili e di validati schemi di diagnosi e trattamento.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il papilloma virus umano (HPV), la causa del tumore dell'utero, a quanto riferisce Il Giornale di Sicilia nella sua edizione del 27 aprile 2010 circola largamente in Sicilia e uno studio attuato su circa mille siciliane tra i 18 e i 24 anni ha riscontrato la presenza di infezioni da papilloma virus umano nel 24,1 per cento delle donne esaminate;
la presenza del virus potrebbe essere fortemente ridotta con la vaccinazione e,

di conseguenza, potrebbe essere frenato il tasso di infezione e potrebbero essere abbattuti i casi di carcinoma alla cervice uterina: 400-500 casi ogni anno nell'isola, il 40 per cento mortali;
per combattere l'infezione la Regione siciliana offre gratuitamente un vaccino quadrivalente alle adolescenti nel 12 annodi vita, e le ASP, per salvaguardare anche le giovani dai 13 ai 26 anni, dovrebbero garantire il pagamento del vaccino al prezzo di costo: meno di 50 euro a dose (ne occorrono tre, a distanza l'una dall'altra), che, se acquistate in farmacia costerebbero alle famiglie più del triplo del prezzo delle strutture pubbliche;
da un'ampia inchiesta condotta dalla rivista AZ Salute su tutte le nove ASP siciliane, che fa il punto sulla situazione vaccinate anti-HPV, emerge una situazione non certo brillante: la vaccinazione è partita in ritardo per ragioni legate all'espletamento della gara d'appalto del vaccino, e a oggi la media della copertura vaccinate è estremamente bassa, circa il 40 per cento, quando l'obiettivo di copertura dell'accordo Stato-regioni parla del 95 per cento;
a detta degli esperti, con il 40 per cento la circolazione del virus non si ferma;
manca un coordinamento tra le ASP: su nove, sette hanno già offerto il prezzo sociale alle giovani tra i 13 e 126 anni; le ASP di Palermo e Ragusa risultano essere ancora inadempienti;
ogni ASP procede autonomamente: c'è chi ha cominciato a vaccinare le ragazze nate nel 1996, chi quelle nate nel 1998, o a partire da un altro anno ancora;
appare inaccettabile che le lentezze burocratiche e organizzative di alcune province siciliane ricadano sulla giovane popolazione femminile, che, nell'attesa di essere vaccinata, può essere contagiata col virus HPV -:
se quanto sopra esposto corrisponda al vero e quali iniziative di competenza si intendano adottare al riguardo, al fine di assicurare il pieno raggiungimento degli obiettivi di cui all'intesa conclusa in sede di conferenza Stato-Regioni il dicembre 2007.
(4-07025)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame, sulla base degli elementi trasmessi, per il tramite della prefettura - ufficio territoriale del governo di Palermo, dall'assessorato regionale alla salute della regione Sicilia.
Nell'anno 2008 è stata avviata in tutta Italia la prima vaccinazione pubblica contro il papilloma virus.
La regione siciliana, con decreto assessoriale del 29 febbraio 2008, ha avviato la campagna vaccinale anti HPV disponendo per tutte le aziende sanitarie provinciali del proprio territorio l'obbligo di offrire gratuitamente la vaccinazione ai nati nel 1997, dal giorno successivo al compimento dell'11o anno di età, ed alla popolazione femminile nata nel 1996, nonché, per i nati nel 1996 e nel 1997, il diritto ad accedere gratuitamente alla vaccinazione anti-HPV anche al superamento dell'età di 12 anni. È stato previsto, inoltre, che nel resto della popolazione femminile nata prima del 1996 e fino al limite di età previsto dalle indicazioni terapeutiche del vaccino utilizzato, lo stesso venga offerto mediante partecipazione alla spesa dei soggetti richiedenti.
Dai dati ufficiali in possesso della regione siciliana circa la copertura vaccinale della popolazione interessata, al 31 dicembre 2009 emerge che tutte le aziende sanitarie provinciali della regione (pur trattandosi di una vaccinazione raccomandata con offerta attiva ma non obbligatoria), hanno attivato l'offerta vaccinale in questione ma, ciò nonostante, non è stata raggiunta la copertura ottimale del 95 per cento della popolazione, come previsto in sede di conferenza Stato-regioni.
Tuttavia, al fine di assicurare il pieno raggiungimento degli obiettivi finalizzati all'ottenimento di una ottimale ed efficace copertura vaccinale nella popolazione siciliana, l'assessorato alla salute il 13 luglio 2010 ha emanato il decreto n. 1819 recante «nuovo calendario vaccinale della regione Sicilia»

che, con riguardo alla vaccinazione anti-HPV, conferma sia l'offerta gratuita per il target di riferimento (ossia per tutte le ragazze durante il 12o anno di vita) sia l'offerta con prezzo agevolato (co-payment) di cui al tariffario unico regionale, per tutti gli altri soggetti interessati, in base alle indicazioni ministeriali; la tabella 2 allegata al decreto prevede, inoltre, il raggiungimento, per la vaccinazione anti-HPV nei soggetti tra i 12 ed i 15 anni, di un valore «soglia» del 70 per cento e di un valore atteso superiore all'80 per cento. L'assessorato alla salute della regione siciliana ha, infine, precisato che il raggiungimento delle predette percentuali di copertura vaccinale costituirà anche uno degli obiettivi da assegnare ai direttori generali delle aziende sanitarie provinciali della regione.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
come riferiscono agenzie di stampa - un architetto di 42 anni è entrato in coma, nel nuovo ospedale Garibaldi di Nesima a Catania, dopo un intervento per togliere i punti di sutura in seguito all'asportazione della radice di un dente;
l'ipotesi avanzata dai legali della famiglia è che «non siano state eseguite le prove ipoallergiche sulla tollerabilità alle sostanze contenute nell'anestesia» -:
di quali elementi disponga in relazione alla vicenda di cui in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo.
(4-08065)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione parlamentare indicata in oggetto, si forniscono i seguenti elementi di risposta, acquisiti per il tramite della prefettura - ufficio territoriale del governo di Catania.
Il direttore generale dell'azienda ospedaliera interessata ha segnalato che, dopo il verificarsi degli eventi cui fa riferimento l'atto parlamentare, è stato disposto un
test di farmacogenetica per la ricerca di poliformismi responsabili di eventuali risposte patologiche agli anestetici utilizzati, eseguito presso il laboratorio di genetica molecolare «Genoma s.r.l.» di Roma su campione ematico del paziente.
Gli esiti dell'analisi indicata hanno evidenziato che il paziente non presenta poliformismi genetici tali da poterlo definire patologico, pur essendo stato rilevato un poliformismo a livello di esotone/introne «6».
Tale mutazione non sarebbe stata individuata, in letteratura scientifica, ad oggi, come determinante effetto sull'attività enzimatica.
Alla luce degli elementi informativi sopra forniti, questo Ministero ritiene di non dover avviare specifiche iniziative al riguardo.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
come riferisce l'agenzia adnkronos in un suo flash del 20 settembre 2010, sabato 18 settembre 2010 la signora Maria Sganga è morta dopo essersi sentita male al matrimonio della figlia, nel cosentino. Secondo quanto denunciato dai familiari al ristorante dove si stava svolgendo la festa, ad Altomonte, è arrivata un'ambulanza senza l'attrezzatura necessaria per curarla adeguatamente; a quel punto è stata chiamata un'altra ambulanza che ha portato la signora Sganga all'ospedale di Castrovillari dopo due ore e mezza, troppo tardi per salvarle la vita -:
di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione alla vicenda di cui in premessa e quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, intenda promuovere o adottare per far piena luce sull'accaduto.
(4-08658)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame, sulla base degli elementi della azienda sanitaria provinciale di Cosenza, trasmessi dalla prefettura - ufficio territoriale del governo di Cosenza.
Dalla lettura della documentazione acquisita, si evince che alla centrale operativa del 118 di Cosenza è giunta alle ore 19,56 del 18 settembre 2010 una telefonata di soccorso per una signora colta da malore presso il castello Serragiumenta di Altomonte.
Detta telefonata è stata raccolta dall'operatrice, che, dopo aver formulato le domande previste dal protocollo, ha attivato in codice rosso (emergenza massima) alle ore 19,58 un mezzo di soccorso medicalizzato della postazione di emergenza territoriale di Castrovillari.
Dalla prima richiesta di soccorso alla centrale operativa all'arrivo del mezzo medicalizzato, sono trascorsi 28 minuti.
Alle ore 20,31, il medico che aveva prestato soccorso alla paziente comunicava alla centrale operativa che la donna, dopo essere stata sottoposta a rianimazione cardio-polmonare, aveva ripreso il ritmo cardiaco, richiedendo il supporto di un altro mezzo per la mancanza nel suo borsone dei tubi oro-tracheali.
Si è provveduto alle ore 20,33 all'attivazione del mezzo di soccorso e dell'
equipe in turnazione pomeridiana della postazione di emergenza territoriale di Lungro, la quale, concluso un intervento di soccorso a Castrovillari, che l'aveva temporaneamente resa indisponibile, è ritornata operativa.
Detto mezzo di soccorso è arrivato ad Altomonte alle ore 20,58 per poi ripartire alle ore 21,07 con la paziente verso l'ospedale di Castrovillari, giungendovi alle ore 21,25.
Pertanto, riguardo all'accaduto, questo Ministero non ritiene di dover avviare specifiche iniziative.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il direttore della divisione malattie respiratorie dell'ospedale Cardarelli di Napoli, professor Gennaro D'Amato, membro della società europea di allergologia e chairman della commissione sull'inquinamento atmosferico ha rilasciato al quotidiano Il Mattino un'intervista pubblicata il 9 novembre 2010;
nella citata intervista il professor D'Amato mette in guardia da un grave pericolo per le vie respiratorie dei cittadini, «...rappresentato dai roghi d'immondizia più che dai rifiuti accatastati in sé»;
tale pericolo in più occasioni è stato segnalato a partire dal 2008;
in particolare «...in quel periodo furono deleteri i roghi di rifiuti: sostanze composite, nocive per l'uomo e che spesso producono diossina. In quel periodo, al culmine della crisi rifiuti, ero nella commissione inquinamento. E anche lì sottolineai come gli effetti diretti e certi sulla salute si hanno con i roghi. Per questo chiedemmo i dati relativamente all'aumento patologie ma non ci sono mai arrivati...»;
secondo il professor D'Amato nella sola città di Napoli il 20 per cento della popolazione soffre di patologie allergiche: «Persone che dovrebbero evitare di inalare profumi, figuriamoci quando si ha a che fare con odori sgradevoli dell'immondizia. Comunque parliamo, dal punto di vista endemico, di sostanze inquinanti lasciate per strada che potrebbero sviluppare agenti patogeni. Quella commissione...minimizzò anche perché occorre del tempo per legare a una certa causa un peggioramento della salute» -:
di quali elementi il Ministro disponga in relazione a quanto riportato in premessa.
(4-09386)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame, sulla base degli elementi di conoscenza acquisiti presso l'Istituto Superiore di Sanità (ISS).


Per quanto concerne la problematica in questione, l'Istituto Superiore di Sanità fa presente che ovvie considerazioni ispirate a elementari princìpi di igiene pubblica portano a ritenere assolutamente insalubre la combustione dei cumuli di rifiuti urbani, considerando anche che la combustione incontrollata di rifiuti può essere associata alla produzione di inquinanti tossici e persistenti (tra cui diossine e composti diossinasimili).
L'istituto fa inoltre presente che nell'anno 2008, su incarico della procura della Repubblica presso il tribunale di Napoli e il tribunale di Torre Annunziata, è stata svolta dallo stesso istituto una mappatura completa dei cumuli di rifiuti per l'acquisizione dei dati relativi alla presenza di batteri patogeni, muffe, lieviti, attraverso il prelievo attivo di bioaerosol campionato presso aree specifiche della città e della provincia interessate dalla presenza massiccia di rifiuti.
Dai risultati analitici ottenuti è emerso che il grado di contaminazione microbica dell'aria poteva essere considerato non preoccupante dal punto di vista infettivo, data la totale assenza dei microrganismi patogeni, previsti nell'indagine, e la modesta concentrazione della flora microbica e fungina aerodispersa, rilevata in cellule vitali contabili.
L'indice microbico che è emerso era sovrapponibile a quello rilevato in una postazione di campionamento priva di cumuli di rifiuti, scelta come riferimento negativo.
Il rischio per la salute non dipende, tuttavia, esclusivamente dalle condizioni ambientali, ma anche e soprattutto dalla predisposizione e suscettibilità del singolo individuo ed è dovuta sia al grado di immunocompetenza soggettivo, sia all'intensità e durata dell'esposizione agli agenti biologici aerodispersi.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 21 settembre 2010 è stata celebrata, a livello mondiale, la XVII giornata mondiale dell'Alzheimer, istituita nel 1994 dall'Organizzazione mondiale della sanità e dall'Alzheimer's disease international (ADI);
l'obiettivo è quello di sensibilizzare le istituzioni con una campagna che ha come slogan «Alzheimer. È tempo di agire insieme!» -:
quali iniziative si siano adottate o si intendano adottare e promuovere al fine appunto di sensibilizzare le istituzioni e l'opinione pubblica in ordine a tale grave problema che riguarda direttamente o indirettamente milioni di persone.
(4-09744)

Risposta. - Nel corso dell'anno 2010 non sono state realizzate campagne di informazione sul tema specifico dell'atto parlamentare; tuttavia occorre segnalare che l'educazione e la responsabilizzazione della popolazione alla cura della propria salute, nelle varie fasi della vita, costituiscono tematiche oggetto di sensibilizzazione da parte del Ministero della salute.
Per quanto riguarda, in modo particolare, la salute degli anziani, nel corso del 2010 sono stati distribuiti, in occasione degli eventi a cui il Ministero ha partecipato con uno specifico «
stand» informativo, opuscoli contenenti alcuni semplici ma importanti consigli per mantenersi in forma, adottando stili di vita corretti, con particolare riguardo all'alimentazione e all'attività fisica in età avanzata.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

GIANNI FARINA, GARAVINI, BUCCHINO, FEDI e PORTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 10 giugno 2009 il Governo ha annunciato l'avvio di una nuova fase di riduzione della presenza all'estero dell'amministrazione dello Stato italiano che prevede,

tra gli ultimi mesi del 2009 e i primi mesi del 2011, la chiusura di diciotto sedi consolari (tredici in Europa, due negli Stati Uniti, due in Australia, uno in Sudafrica);
la prospettata razionalizzazione della rete consolare sta provocando le prevedibili conseguenze negative per l'accesso ai servizi da parte delle comunità italiane e per il personale già assunto in loco e spostato in sedi spesso distanti;
il presidente del Comites (sezione Vaud - Friburgo), professoressa Grazia Tredanari, in data 27 ottobre 2010 ha inviato al Ministro degli affari esteri una lettera in cui comunicava d'avere appreso informalmente che, già qualche mese prima, il contratto d'affitto della sede del consolato generale di Losanna sarebbe stato disdetto e che il personale sarebbe in procinto di trasferimento;
non risulta che il consiglio di amministrazione del Ministero degli affari esteri abbia formalmente deliberato la chiusura del consolato di Losanna, anche se questa struttura è compresa nel piano di cosiddetta «razionalizzazione» della rete consolare presentato nel 2009;
né il consolato generale di Losanna, né l'ambasciata d'Italia in Svizzera, né tantomeno il Ministero degli affari esteri hanno consultato o anche soltanto informato il competente Comites circa l'imminente chiusura del consolato generale di Losanna;
al di là dei dovere di responsabilizzazione degli istituti di rappresentanza delle nostre comunità, soprattutto dopo la grave decisione della chiusura del consolato di Coira, sorgono e si consolidano forti dubbi sull'opportunità della chiusura del consolato generale di Losanna, la quale serve un consistente bacino di circa 57.000 connazionali e costituisce un punto di riferimento e di erogazione di servizi essenziali e irrinunciabili per molti imprenditori e liberi professionisti italiani;
la chiusura della sede consolare Losanna è stata finora giustificata unicamente facendo riferimento al risparmio dei costi d'affitto e alla sua vicinanza alla sede consolare di Ginevra;
finora nessuno è riuscito a quantificare i risparmi derivanti dalla chiusura dei consolati in generale e di quello di Losanna in particolare e il consolato di Ginevra serve anch'esso un numero d'utenze assai importante e difficilmente si può pensare che sia in misura d'integrare efficacemente 57.000 utenze;
a seguito della chiusura del consolato generale di Losanna per una comunità di connazionali molto rilevante l'accesso ai servizi consolati che costituiscono un loro diritto sarà gravemente ostacolato -:
quali criteri siano stati in concreto applicati per la scelta dei consolati da chiudere in Svizzera e come mai l'obbiettiva esigenza di salvaguardare gli interessi delle comunità più consistenti non sia stata soddisfatta;
come si giustifichi che sarebbero in preparazione azioni volte alla chiusura della sede senza una formale decisione da parte del consiglio di amministrazione e perché non si sia deciso di consultare la sede del Comites competente e non sia stato ritenuto opportuno quantomeno informarla della decisione di procedere alla chiusura del consolato generale di Losanna;
se il Ministro interrogato non intenda nell'immediato sospendere le azioni in corso relativamente al consolato di Losanna e se non intenda per l'immediato futuro favorire una riconsiderazione della stessa decisione di chiusura del consolato.
(4-09275)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare si forniscono i seguenti elementi di informazione.
L'accorpamento del consolato generale in Losanna con la limitrofa sede consolare di Ginevra non è stato ancora oggetto di delibera da parte del consiglio di amministrazione di questo Ministero, come rilevato dagli

stessi interroganti. Tuttavia, si coglie l'occasione per confermare che tale provvedimento è contemplato nel piano di razionalizzazione della rete consolare, a suo tempo presentato sia in sede parlamentare, sia dinanzi al consiglio generale degli italiani all'estero. Come infatti da me ricordato durante l'audizione presso le commissioni affari esteri di Camera e Senato del 23 febbraio 2010, la calendarizzazione del procedimento relativo al citato ufficio permane oggetto di approfondimento, con, prioritario riguardo agli aspetti di natura logistica.
Proprio per questa ragione, la soppressione del consolato generale di Losanna non è stata ancora oggetto di formali comunicazioni da parte del Ministero relative alla chiusura.
Con riferimento ai costi/benefici connessi alla razionalizzazione della rete all'estero, occorre in primo luogo precisare che questo processo non è dettato esclusivamente da pur importanti esigenze di contenimento dei relativi oneri, ma risponde anzitutto alla necessità di rendere più adeguata ai tempi la nostra rete consolare, una delle più estese al mondo, mantenendo al contempo adeguati livelli di assistenza alle collettività grazie anche ad innovativi sistemi informatici. Tale razionalizzazione consentirà in prospettiva una migliore allocazione sulla rete delle risorse disponibili, purtroppo sempre più esigue a causa di stringenti motivazioni di bilancio: in particolare, le risorse recuperate verranno utilizzate anche per rafforzare le sedi riceventi le competenze degli uffici in chiusura.
Una preliminare quantificazione dei minori oneri derivanti dalla razionalizzazione era già stata fornita, nel giugno 2009, in occasione degli incontri tenuti da questo Ministero, sia in Parlamento che con le organizzazioni sindacali. I minori oneri erano stati allora indicativamente preventivati nella misura di oltre 6 milioni di euro sul capitolo 1503 (relativo al trattamento economico del personale in servizio all'estero) e di oltre un milione e mezzo di euro a valere sul capitolo 1613 (riguardante le spese di funzionamento delle sedi).
Per quanto concerne la scelta dei criteri preordinati all'attuazione della razionalizzazione della rete consolare in Svizzera, sono state considerate con attenzione, fra l'altro, le distanze percorribili all'interno del Paese, la presenza di sedi in locazione, nonché la forte densità di connazionali in aree specifiche, attorno alle quali risulta possibile concentrare agevolmente l'afflusso dell'utenza. Alla luce di tali fattori, il Ministero degli affari esteri ha operato scelte che, nel cercare di salvaguardare il più possibile le esigenze dei connazionali, prevedessero comunque apprezzabili minori oneri. In questa prospettiva si è optato per il declassamento del consolato generale di Basilea (1 dicembre 2009) e per la chiusura di due sedi (agenzia consolare di Coira, 1o luglio 2010, consolato di Berna, 1o dicembre 2008). In tale articolato quadro di elementi da ponderare, il criterio relativo al numero dei connazionali residenti nelle circoscrizioni interessate dalla razionalizzazione, citato dagli interroganti, pur tenuto in opportuna considerazione, non può essere assunto quale parametro esclusivo.
Infine l'ambasciata in Berna e il Consolato Generale in Losanna - interpellati da questo Ministero circa i rapporti con il Comites Vaud-Friburgo - hanno confermato che questi ultimi sono da ritenersi istituzionalmente corretti e basati su un regolare scambio di informazioni e consolidate procedure di consultazione.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

GARAVINI, BUCCHINO, FEDI e PORTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la richiesta da parte di un cittadino italiano d'iscrizione all'AIRE, cui è tenuto in base alla legge 27 ottobre 1988, n. 470, chiunque risieda continuativamente all'estero per un periodo superiore a un anno, comporta l'automatica cancellazione, nel comune d'origine in Italia, dal registro della popolazione residente e, di conseguenza, la perdita delle prerogative di cui un cittadino gode con diretto riferimento alla residenza;

la normativa in materia vigente nello Stato di San Marino, nel quale migliaia di italiani si spostano per ragioni di lavoro e di interesse, prevede la concessione del permesso di soggiorno indipendentemente dalla residenza, configurando una situazione nella quale un cittadino italiano possa essere regolarmente soggiornante nello Stato senza che questo lo consideri giuridicamente residente;
questa situazione produce conseguenze pratiche di seria difficoltà per i cittadini italiani che a causa del loro lavoro e della loro attività professionale si debbano muovere tra i due Stati, per il fatto - ad esempio - di non potere richiamare il luogo di residenza in tutte le attestazioni per le quali tale riferimento è richiesto;
è di reciproco interesse dei due Stati fare in modo che le persone che abbiano necessità di avere rapporti tra diverse aree territoriali non incontrino difficoltà nel soddisfare questa esigenza di lavoro -:
se le problematiche legate al possesso della residenza non siano già state affrontate, e con quale esito, tra i due Paesi e, in caso negativo, se non ritenga di proporre l'apertura di un tavolo di discussione con le autorità sammarinesi che consenta di superare questo tipo di difficoltà lamentate da un sempre maggior numero di nostri cittadini.
(4-10214)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare si forniscono i seguenti elementi di informazione.
Ai sensi della normativa vigente (legge 27 ottobre 1988, n. 470) sono tenuti all'iscrizione all'AIRE tutti i cittadini italiani residenti all'estero, sia che siano nati o abbiano acquisito la cittadinanza italiana all'estero, sia che trasferiscano la propria residenza da un comune italiano all'estero.
Per il concetto di residenza occorre fare riferimento all'articolo 43 del codice civile, che la identifica con il luogo in cui la persona ha la dimora abituale.
Non devono iscriversi all'AIRE cittadini che si recano all'estero per un periodo di tempo non superiore a dodici mesi, i lavoratori stagionali e i dipendenti di ruolo dello stato in servizio all'estero (e loro familiari conviventi) notificati alle autorità locali ai sensi delle convenzioni di Vienna del 1961 e del 1963 sulle relazioni diplomatiche e consolari.
L'iscrizione all'AIRE viene effettuata a seguito della dichiarazione di trasferimento della residenza all'estero che l'interessato deve rendere all'ufficio consolare della circoscrizione di immigrazione entro 90 giorni dall'espatrio, oppure d'ufficio in caso di cittadini che non abbiano presentato la dovuta dichiarazione, ma dei quali l'ufficio consolare abbia conoscenza in base ai dati in suo possesso e agli accertamenti disposti.
Nel caso specifico, le problematiche relative ai cittadini italiani che svolgono attività lavorativa continuativa con contratto nel territorio di San Marino, ma vivono stabilmente in Italia (circa 6.000 persone), sono oggetto sin dal marzo 2002 di un negoziato con le autorità sammarinesi che si riferisce ad aspetti fiscali (evitare la doppia corresponsione delle imposte sul reddito), contrattuali (affitto o acquisto d'immobili in territorio sanmarinese) ed assistenziali.
Tale negoziato è in attesa di un chiarimento nel più ampio quadro delle intese bilaterali tra Italia e San Marino in materia fiscale, in cui tale negoziato di dettaglio deve andare a iscriversi.
Non è infatti ancora entrata in vigore la convenzione bilaterale per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito, firmata il 21 marzo 2002, in quanto è prima necessario firmare (e ratificare) un protocollo di modifica indispensabile ad adeguare il testo della convenzione ai nuovi
standard internazionali vincolanti per l'Italia.
L'entrata in vigore di queste intese di carattere generale renderà possibile rilanciare il negoziato per uno specifico accordo concernente i lavoratori frontalieri.
Nel contesto, l'ambasciata d'Italia a San Marino - in stretto raccordo con il rappresentante dei cittadini italiani che lavorano

nel Paese - garantisce naturalmente la protezione e l'assistenza ai lavoratori «frontalieri», anche attraverso gli opportuni contatti con le autorità sammarinesi.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

GIRLANDA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'11 gennaio 2010 l'allora Ministro Luca Zaia si pronunciò a favore della possibilità di supportare l'avvio dell'iter volto ad attribuire il marchio DOP al tartufo bianco di Gubbio;
il 16 gennaio 2010 il consiglio comunale di Gubbio approvava all'unanimità una mozione nella quale la giunta comunale si impegnava a mettersi immediatamente in contatto con gli uffici competenti del Ministero per le politiche agricole, alimentari e forestali al fine di avviare nel più breve tempo possibile l'iter per il riconoscimento del marchio DOP per il tartufo bianco di Gubbio, a cui fece seguito il 25 gennaio 2010 la delibera n. 10 del consiglio comunale;
i produttori di tartufo bianco di Gubbio hanno spesso richiesto tutele legislative per il loro prodotto, soggetto a concorrenza sleale a livello internazionale, nonché manifestato l'esigenza di una maggiore attenzione per i prodotti tipici e di qualità del territorio, vere e proprie eccellenze agro-alimentari italiane nel mondo -:
se risulti che siano stati avviati contatti con gli uffici competenti del Ministero, in attuazione degli indirizzi deliberati dal consiglio comunale di Gubbio.
(4-09214)

Risposta. - L'interrogazione in oggetto riguarda il riconoscimento della DOP al Tartufo bianco di Gubbio.
Al riguardo faccio presente che, ad oggi, non risulta pervenuta alcuna richiesta in tal senso. Garantisco, comunque, una rapida istruttoria al riguardo non appena perverrà la relativa istanza.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Giancarlo Galan.

JANNONE. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la crisi globale ha investito anche il mercato dei farmaci, che si deve guardare sia dalle contraffazioni che dall'aumento di truffe. Nell'ultimo periodo sono stati sequestrati carichi provenienti dall'Est, dal Medio Oriente e sono in aumento i controlli relativi agli acquisti on line di medicinali;
la contraffazione farmaceutica è un fenomeno in aumento in tutto il mondo e, mentre sino a qualche anno fa era considerato limitato ai Paesi in via di sviluppo, oggi risulta in crescita anche in Europa. Complici di ciò sono anche le emergenze sanitarie, che, sfruttando il diffuso senso di pericolo, possono divenire occasione per immettere sul mercato, attraverso canali non controllati come internet, prodotti contraffatti simili ai farmaci maggiormente richiesti che nella migliore delle ipotesi non hanno effetti ma, più spesso, sono tossici;
i Nas di Livorno e Cagliari, impegnati nell'inchiesta «Ubidex», hanno portato alla luce una truffa al servizio sanitario nazionale, riguardante la fornitura, all'Asl 8 di Cagliari, di un farmaco privo di principi attivi, ma venduto come salvavita per la cura di gravi patologie cardiache. Per questo traffico, sono finiti agli arresti domiciliari quattro dirigenti di un'industria farmaceutica toscana, la «Off» (Officina farmaceutica fiorentina) di Viareggio, mentre la responsabile del Servizio farmaceutico dell'Asl di Cagliari è indagata in stato di libertà, per omessa denuncia delle irregolarità. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, fra il 2007 e il 2008, all'azienda sanitaria locale sarda sono state vendute confezioni del farmaco «Ubidex» con gravi imperfezioni: blister completamente

vuoti, capsule vuote oppure contenenti sostanze solidificate;
alcuni giorni fa, il Servizio antifrode delle Dogane di Roma 2 e la Guardia di finanza, con la consulenza dell'istituto Superiore della Sanità, ha scoperto e sequestrato 100 mila blister contenenti compresse di pramil contraffatto, un farmaco con lo stesso principio attivo del Viagra. La merce è stata rinvenuta all'interno di alcuni colli provenienti dalla Siria che, secondo quanto riportato nei documenti di trasporto aereo, dovevano contenere comuni integratori dietetici. Posto in commercio anche via internet, questo medicinale avrebbe fatto ricavare oltre 5 milioni di euro;
la nuova Aifa, l'Agenzia Italiana del Farmaco, assicura che le farmacie e i negozi autorizzati, del nostro Paese sono sicuri poiché vendono solo farmaci protetti da un sistema di tracciatura all'avanguardia, che prevede costanti controlli sulla filiera produttiva, da parte degli ispettorati sanitari pubblici, volti a minare le attività dei contraffattori: con acquisti compiuti fuori da questi canali, il rischio per i pazienti è quello di perdere ingenti somme di denaro, o, ancor peggio, la vita stessa. L'Aifa si è fatta promotrice del progetto «tracciabilità del farmaco», che prevede una Banca dati centrale, finalizzata a monitorare le confezioni dei medicinali all'interno del sistema distributivo. Un sistema che, nelle intenzioni, consentirà la prevenzione e la repressione di eventuali attività illegali, nonché il monitoraggio degli approvvigionamenti di farmaci, sia negli ospedali, sia nelle farmacie territoriali, sia per la distribuzione diretta -:
quali misure urgenti il Ministro, di concerto con l'Istituto Superiore di Sanità e l'Aifa, voglia adottare per impedire l'immissione nel mercato italiano di farmaci contraffatti.
(4-03199)

Risposta. - Il tema oggetto della interrogazione in esame è seguito da tempo con grande attenzione dalle amministrazioni coinvolte nella task force Impact Italia, che riunisce Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa), Ministero della salute, Carabinieri Nas, Istituto superiore di sanità (Iss), Agenzia delle dogane e le altre amministrazioni interessate al fenomeno: i punti citati coprono un ampio ventaglio di fatti di diversa matrice, riconducibili comunque tutti in qualche modo all'ambito della contraffazione farmaceutica, sul quale sono state intraprese da tempo diverse iniziative mirate.
La Commissione igiene e sanità del Senato della Repubblica ha svolto un'indagine conoscitiva sul fenomeno della contraffazione e dell'
e-commerce farmaceutico, nel cui ambito sono state chiamate in audizione anche le amministrazioni coinvolte nella task-force Impact Italia, ciascuna delle quali ha presentato una relazione sulle attività di competenza.
Tutte le iniziative in corso sono nate dalla forte cooperazione nazionale, realizzata in Impact Italia, secondo il modello di
single points of contact (spoc) recepito anche dall'Organizzazione mondiale della sanità (Osm): la connessione tra il nostro spoc e quelli esteri, attraverso i tavoli internazionali cui partecipano i nostri rappresentanti, consente di portare a termine iniziative e indagini di livello intersettoriale e globale, adeguate allo scenario in cui viene realizzata la distribuzione illegale citata nell'interrogazione.
La contraffazione in Italia. Va preliminarmente ricordato che in Italia il pericolo di acquistare farmaci contraffatti attraverso canali legali è praticamente inesistente grazie al sistema di tracciabilità del farmaco, che da anni consente di monitorare tutto il percorso del farmaco in ogni sua fase, dalla produzione alla distribuzione finale: questa protezione è un punto di riferimento mondiale, tanto che al momento è in discussione una direttiva dell'Unione Europea che potrebbe estendere un sistema come il nostro anche al resto d'Europa, dove non è garantita la stessa sicurezza.
I canali da cui i farmaci contraffatti arrivano in Italia sono fondamentalmente
internet e i «negozi non autorizzati» nascosti dietro attività legali (per esempio palestre, beauty center, sexy shop, afro shop).

Recenti casi di cronaca hanno rivelato però altre tipologie di rischio emergente, come le produzioni di farmaci con ingredienti illegali o contraffatti, e gli acquisti fuori dai canali controllati effettuati indipendentemente da alcune strutture sanitarie.
Negozi illegali. L'attività sul territorio è curata dai Nas: tra i risultati più significativi si può citare lo smantellamento, nel 2008 a Brescia, di una organizzazione che curava la distribuzione di anabolizzanti illegali nella rete delle palestre.
Le attività in questo settore sono di competenza delle Forze di Polizia, che comunque hanno un forte legame di collaborazione con Impact Italia.
Anche per i farmaci contraffatti semplicemente in transito in Italia, la cooperazione tra amministrazioni sta portando a risultati fino a poco tempo fa inimmaginabili: il citato caso del Pramil contraffatto è stato scoperto e analizzato attraverso Impact Italia e i prodotti (non destinati al nostro mercato, dove non sarebbe stato possibile metterli in vendita) sono stati riconosciuti e bloccati anche grazie alla connessione diretta tra l'Agenzia delle Dogane e le altre amministrazioni coinvolte in Impact Italia.
Farmacie
on line illegali. Anche se le notizie giornalistiche riguardo questo mercato sono fuorvianti e basate su voci, piuttosto che su dati, è riconosciuto il fatto che un certo numero di pazienti italiani inizia oggi a fare uso di risorse come le farmacie on line, per acquisti che spesso si rivelano pericolosi: anche in Italia c'è oggi un certo numero di utenti, ancorché limitato, che si rivolge alla rete per acquistare prodotti life style come quelli per le disfunzioni erettili, o gli anoressizzanti usati per dimagrire.
Impact Italia sta da tempo provvedendo a studiare il fenomeno per poter realizzare iniziative di caratterizzazione dell'offerta, di formazione degli investigatori e di informazione al pubblico, e potere in futuro proporre iniziative normative di contrasto del fenomeno.
Caratterizzazione dell'offerta. Dagli studi fatti indipendentemente da diverse agenzie europee e da Impact Italia, emerge un quadro qualitativamente interessante dell'offerta della rete, dove sono presenti, e difficilmente distinguibili per il paziente inesperto, farmacie legali, illegali e del tutto false, come molte «farmacie
on line» reclamizzate attraverso lo spam (i messaggi indesiderati sulla posta elettronica), i cui link rimandano spesso a siti dediti a truffe informatiche (furto di identità digitale, clonazione della carta di credito).
È stato portato a termine un progetto di
intelligence informatica, finalizzato ad indagare il fenomeno delle «farmacie on line»; i risultati di tale progetto verranno resi pubblici nel breve termine, con l'ausilio di diversi strumenti di comunicazione, al fine di fornire al pubblico una serie di utili informazioni per poter evitare di diventare vittime dei numerosissimi siti dediti alle truffe informatiche, mascherati da «farmacie on line».
Formazione degli addetti. Impact Italia sta anche lavorando da tempo sulla formazione degli addetti di Forze di Polizia e Dogane: nella settimana 15-19 giugno 2009 l'Italia ha ospitato un corso intersettoriale sulla contraffazione farmaceutica, con una sezione internazionale e una nazionale, mirato a informare e a rafforzare la cooperazione tra le varie istituzioni (Dogane, polizie, agenzia regolatoria farmaceutica), nell'ambito del quale si sono affrontati anche temi come l'
intelligence informatica e le materie prime farmaceutiche illegali.
Nel bilancio delle attività realizzate tra il 2009 e il 2010 figurano altri due eventi internazionali in cooperazione con il Consiglio d'Europa/
European Directorate for the Quality of Medicines & Health Care (coe/edqm), e oltre dieci eventi nazionali di formazione intersettoriale, con la partecipazione di polizie, dogane ed enti sanitari; la formazione web, tradottasi in quattro eventi sulla piattaforma Impact Italia, tra cui un evento internazionale per lo scambio di esperienze tra Spagna, Italia, Portogallo e tre eventi internazionali.
Informazione al pubblico. Nell'ambito dell'operazione di monitoraggio sopra citata, realizzata in cooperazione con investigatori dei NAS, è stata lanciata alla fine del 2009 una

massiccia iniziativa di informazione al pubblico sui rischi derivanti dall'acquisto di medicinali dalle fonti non controllate (come Internet), sviluppata su testi dell'Oms, in stretta collaborazione tra le amministrazioni coinvolte in Impact Italia, col finanziamento del Ministero della salute e Aifa (Agenzia italiana del farmaco).
La campagna è stata realizzata attraverso la distribuzione a tutti i farmacisti italiani di un
poster e di un pieghevole, resi pertanto disponibili presso le 18.370 farmacie italiane e i 3.057 esercizi commerciali ai quali è consentita la vendita di farmaci da banco e di automedicazione.
Nell'ambito della campagna di comunicazione, è stato inoltre realizzato il sito governativo di Impact Italia. Il sito rappresenta un importante strumento di collegamento tra autorità e cittadino. I principali obiettivi sono, infatti, quelli di informare il cittadino sulla reale entità e diffusione della contraffazione farmaceutica e sui rischi derivanti dall'assunzione di farmaci contraffatti, di scoraggiarlo dall'acquistare farmaci tramite le «farmacie
on line» o da altri canali non autorizzati e, allo stesso tempo, di renderlo compartecipe alle azioni di contrasto all'ingresso e alla circolazione di farmaci contraffatti in Italia. Per questo scopo sono stati appositamente ideati due sportelli on line aperti al pubblico: uno per segnalare a Impact Italia eventuali casi, anche solo sospetti, di farmaci contraffatti, con i quali il cittadino possa essere entrato in contatto (sportello «Segnalazioni»), l'altro per porre quesiti specifici sul problema della contraffazione farmaceutica (sportello «L'esperto risponde»).
Le segnalazioni relative al rinvenimento di un farmaco contraffatto e le domande dei cittadini sul tema della contraffazione farmaceutica sono gestite attraverso un
network collaborativo, che consente l'interconnessione delle istituzioni governative partecipanti alle attività di Impact Italia e la loro cooperazione online, attraverso lo scambio in tempo reale di comunicazioni, informazioni e documenti.
Produzione di farmaci con ingredienti illegali o contraffatti. Le importazioni illegali di materie prime farmaceutiche sono un fenomeno emergente in tutto il territorio dell'Unione europea: l'Aifa sta sviluppando, attraverso Impact Italia, uno schema di investigazione congiunta tra le varie forze di polizia interessate, che permetterebbe di individuare i casi più rischiosi.
Per le importazioni illegali, l'Italia ha probabilmente il sistema ispettivo per le materie prime farmaceutiche più solido nel territorio europeo, tanto da essersi fatta carico anche di ispezioni ai produttori nei paesi terzi (India, Cina) e la rigidità delle norme per l'importazione è stata considerata addirittura troppo marcata dalla Commissione UE.
Acquisti fuori dai canali controllati. I farmaci acquistati dagli ospedali sono da tempo coperti dal sistema di tracciatura che protegge le farmacie italiane: può però avvenire che Asl poco scrupolose ammettano alle proprie gare ditte per le quali l'Aifa ha disposto la chiusura, e che prodotti ufficialmente ritirati dal mercato vengano immessi in questi canali, sfruttando complicità sulle quali le autorità giudiziarie vigilano correntemente.
In casi come quello recentemente emerso, di una azienda che vendeva prodotti illegali a una Asl, la cooperazione tra amministrazioni è fondamentale: fatta salva l'autonomia di Asl e regioni, gli enti centrali (Ministero della salute e Aifa) supportano l'azione delle forze di pubblica sicurezza come i Nas e provvedono, in parallelo alle indagini giudiziarie, a tutti gli adempimenti amministrativi (ritiro dei prodotti, analisi, verifica di eventuali carenze) necessari a limitare l'impatto delle eventuali malversazioni sulla sanità pubblica.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

JANNONE. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
i prodotti tipici nazionali italiani stanno per essere soppiantati dai nostri mercati e supermercati. Quasi la metà dei nostri prodotti da tavola, anche se ufficialmente

«dichiara» di essere italiano - sul marchio, sull'etichetta - proviene dall'estero, o è lavorata con materie prime che arrivano da oltre confine, dai Paesi del Nord e dell'America latina, dal cuore del vecchio continente e dall'Est europeo. Tale merce si unisce a quella «ufficiale», quella effettivamente proposta come non autoctona. Alla fine del suo viaggio, dopo lunghe tratte per mare o per terra, può finire nel grande insieme dei 129 prodotti dop (denominazione origine protetta) e dei 77 igp (indicazione geografica protetta) che vanta oggi l'Italia, costituendo un giro d'affari che, tra inganni e sotterfugi, vale ogni anno 60 miliardi di euro, che alleggerisce del 40 per cento le spese di produzione delle nostre imprese alimentari. Questo circuito alimentare diventa un paradosso per le nostre tavole: marchia le confezioni, promuove la filiera agricola certificata, e intanto tollera che da porti e valichi di frontiera entri di tutto. Con il risultato che due prosciutti su tre, venduti come italiani, sono ottenuti da maiali allevati all'estero, tre cartoni di latte su quattro sono stranieri; un terzo della pasta è fatta di grano importato; il 50 per cento delle mozzarelle derivano da cagliate o latte straniero, come ha confermato il recente allarme per la mozzarella blu (il 68 per cento del latte importato viene da Germania, Francia e Austria; ogni giorno dalle frontiere italiane passano, in entrata, 3,5 milioni di litri di latte sterile); e poi l'italianissimo pomodoro, ormai diventato cinese, dato che la Cina nel 2010 ci ha inondato di 100 milioni di chili di pomodoro;
«È un furto del quale stiamo vivendo gli effetti drammatici - afferma Sergio Marini, presidente di Coldiretti. Il taroccamento dei prodotti alimentari è un fenomeno doppio. Da una parte c'è l'utilizzo a livello nazionale di materie prime importate da vendere come italiane. E questo avviene a causa della mancanza dell'obbligo di indicare l'origine in etichetta. Penso per esempio ai pecorini, a eccezione di quello romano, e al pomodoro. Dall'altra c'è la pirateria internazionale che utilizza impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni, ricette che si richiamano all'Italia per prodotti che non hanno nulla a che vedere con la penisola». In entrambi i casi, è evidente, il guadagno è enorme. «Che sia un pirata del cibo o una multinazionale famosa, il principio di base è lo stesso: lucrarci sopra il più possibile. Prendendo in giro i consumatori alla faccia del made in Italy»;
nella catena distruttiva dell'italian food, vengono immesse ogni giorno tonnellate di cibi di cui nessuno sospetterebbe. Troppo tradizionali. Troppo «italiani» per destare dubbi. Arrivano in Italia seguendo le classiche rotte delle importazioni riconosciute. Quelle che seguono i canali dell'approvvigionamento delle imprese che comprano all'estero e vendono come «estero». Ma dietro la facciata dell'ufficialità esiste un binario parallelo: imprenditori, che si rivolgono a produzioni non italiane acquistando a prezzi inferiori anche del 65-70 per cento, e rivendendo alla grande dopo il «lavaggio» dell'etichettatura. Non è una pratica illegale, ma è un grave danno ad allevatori, produttori e all'immagine del made in Italy. Lontano dalla penisola sono falsi tre prodotti alimentari italiani su quattro. «È un problema grave, ma va affrontato con calma e se possibile con un po' di leggerezza - afferma Oscar Farinetti, l'inventore di Eataly, il supermercato del gusto diventato tappa fissa per tutti i buongustai, ultimo sbarco New York. Per fermarlo serve un ampio e serrato lavoro di comunicazione. Senza esagerare nell'orgoglio dobbiamo affermare la nostra identità forte, l'originalità del prodotto. Sulle importazioni dico invece: mai fermare le merci quando sono di qualità. Scambio della merce uguale scambio di culture. Non voglio tornare al medioevo e al tempo dei comuni». Tuttavia l'insidia c'è. Nella maggior parte dei casi la pasta arriva dalla Grecia, il grano dal Québec e dalle isole Barbados, il prosciutto dai Paesi scandinavi, il latte per formaggi e mozzarelle da Germania, Francia, Lituania, Polonia, le cagliate persino dalla Bolivia. Alcuni tipi di mele, che vengono vendute come nostrane arrivano dall'Argentina, i kiwi dal Cile;

è soprattutto nei passaggi per entrare nel nostro Paese che si verificano le illegalità utili a far passare merci non autorizzate. Quest'estate Coldiretti ha messo in campo una squadra di persone il cui lavoro era dedicato proprio ad evitare tali meccanismi. Hanno lavorato nei pressi dei valichi del Brennero e del Fréjus, dei porti di Ancona, Messina, Gioia Tauro, Bari. Con auto, furgoni, barche, hanno presidiato gli avamposti e hanno registrato le «strane» importazioni, alcune addirittura attivate da noti marchi, colossi del food italiano. Al Brennero e al Fréjus sono stati scoperte quasi 15 mila cosce di suino provenienti da Olanda, Danimarca e Germania, e destinate a diventare prosciutti italiani. Alcuni carichi - seguiti fino a destinazione - erano diretti a Langhirano, nella patria del prosciutto; altri a Modena, nel celebre distretto dei salumi; altri ancora in un salumificio in provincia di Como. In direzione Vicenza e Novara viaggiavano copiose derrate di formaggio. Marchi italiani, ma provenienti dalla Germania. Lo stesso Paese da cui sono arrivati decine di migliaia di litri di latte da nazionalizzare, confezionare e trasformare in formaggi;
il 7 luglio 2010 un camion carico di 20 tonnellate di pasta «italiana» è sbarcato al porto di Ancona proveniente dalla Grecia. Ha impiegato oltre 24 ore per coprire i 300 chilometri che separano la città del Conero da Parma. Il carico era destinato a un noto marchio. Come le migliaia di tonnellate di grano sbarcate a Bari: la nave Federal Danube, battente bandiera cipriota, era partita dal Québec; la Pyrgos da Antigua-Barbados. Tra mele argentine e kiwi cileni, paste filate partite dal cuore dell'Europa e dirette in Puglia, le sentinelle di Coldiretti hanno fotografato in presa diretta il lato oscuro del nostro import. Lo stesso scenario che ha fatto da sfondo allo scandalo delle mozzarelle blu. Il 50 per cento di quelle in vendita sono realizzate con latte o addirittura cagliate provenienti dall'estero. Ma nessuno lo sa perché non è obbligatorio indicarlo in etichetta. Nel 2009 si stima che siano entrati in Italia 8,8 miliardi di chili in equivalente latte (latte liquido, panna, cagliate, polveri, formaggi, yogurt e altro) utilizzati in latticini e formaggi all'insaputa dei consumatori e a danno degli allevatori. Rilevanti sono le provenienze da Paesi dell'Est come Polonia, Slovenia, Ungheria e Lituania. Quest'ultima, nel 2009 ha aumentato le importazioni verso il nostro Paese del 20 per cento in più rispetto all'anno precedente. Tra i grandi beneficiari si registrano gli stabilimenti della Lombardia, dove si produce il 40 per cento del latte italiano;
per arginare l'invasione dei prodotti che vengono poi nazionalizzati «va sostenuta in Parlamento l'approvazione del disegno di legge sull'etichettatura obbligatoria di origine degli alimenti (già ampiamente condivisa in Senato sia in Commissione agricoltura che in Aula) - ragiona ancora Sergio Marini - un segnale incoraggiante è appena arrivato dal Parlamento europeo che ha votato finalmente a favore dell'obbligo di indicare il luogo di origine/provenienza per carne, ortofrutticoli freschi e prodotti lattiero caseari». Lo status della situazione è ancora confusionario. Alcuni cibi si portano addosso l'etichettatura con l'indicazione di provenienza; altri ne sono privi. Del primo elenco fanno parte, o dovrebbero farne, la carne di pollo e derivati e la carne bovina, la frutta e le verdure fresche, le uova, il miele, la passata di pomodoro, il latte fresco, il pesce e l'extravergine d'oliva. Nel secondo la pasta, la carne di suino e i salumi, la carne di coniglio, di pecora e di agnello, la frutta e la verdura trasformata, i derivati del pomodoro diversi della passata, i formaggi, i derivati dei cereali (pane, pasta). Un paniere sul quale nessuno può garantire e dunque nessuno, in teoria, è garantito, dove agiscono indisturbati i truffatori della tavola -:
se il Governo intenda assumere iniziative normative in materia di etichettatura obbligatoria riguardante l'origine degli alimenti, in analogia al provvedimento già approvato, anche se parzialmente dal Parlamento europeo;
quali interventi il Governo intenda adottare al fine di contrastare efficacemente l'importazione illegale di materie

prime e cibi dall'estero, non sottoposti al controllo di filiera come accade in Italia.
(4-08786)

Risposta. - Come noto, il 6 dicembre 2010 è stato approvato, in terza lettura, dal Senato della Repubblica il disegno di legge recante «Disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari» che prevede, tra l'altro, l'obbligo di riportare in etichetta l'indicazione del luogo di origine o di provenienza.
Al riguardo, evidenzio che l'articolato lavoro di negoziazione perseguito a livello comunitario comporterà presumibilmente l'inserimento di una norma comunitaria sull'etichettatura di origine nel cosiddetto «pacchetto qualità» che sarà presentato a breve dal Commissario Ciolos.
Per quanto di mia competenza, mi preme sottolineare l'attività svolta dall'ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari, organo tecnico di controllo del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali che, al fine di tutelare l'immagine delle produzioni di qualità più rappresentative del
Made in Italy (formaggi, vini, pasta, frutta, salumi, conserve vegetali eccetera) sui mercati nazionali e internazionali, pone particolare attenzione anche nei controlli su prodotti provenienti da Paesi europei ed extra-europei.
Tale attività permette di contrastare più efficacemente la commercializzazione di prodotti «esteri» fraudolentemente etichettati come
Made in Italy in modo da evitare situazioni di concorrenza sleale nei confronti degli operatori italiani e contemporaneamente garantire la corretta informazione al consumatore finale circa l'origine dichiarata in etichetta.
Colgo l'occasione per ribadire che il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali è particolarmente attento affinché sia garantita una corretta e completa informazione ai consumatori anche attraverso un'ottimale prevenzione e repressione delle frodi alimentari.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Giancarlo Galan.

LO MONTE. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
oltre 22 milioni di tonnellate di pomodori provenienti dalla Tunisia e spacciati per pomodorini siciliani sono stati venduti in Italia nel 2009 a ditte anche della grande distribuzione;
tale stato di cose è stato accertato dalla Guardia di finanza di Ragusa nell'ambito di un'attività di indagine più complessa scaturita in prima battuta da controlli della polizia valutaria tesi ad approfondire un flusso sospetto di denaro contante tra persone residenti nel comune di Vittoria e persone residenti in Tunisia;
la Guardia di finanza ha accertato che le persone coinvolte non avevano titolo per operazioni economiche e risultavano dipendenti di una ditta agroalimentare operante a Vittoria;
tre persone, due residenti a Vittoria, e una residente a Scicli, tutte rappresentanti di imprese del settore della produzione e commercializzazione di prodotti ortofrutticoli sono state denunciate per frode nell'esercizio del commercio e contraffazione dei prodotti agroalimentari;
l'agropirateria è ormai un pericoloso business che agisce nei confronti delle produzioni tipiche e di qualità in Italia e, in particolare, di quelle meridionali, valutabile in circa 60 miliardi di euro;
la commercializzazione di prodotti agroalimentari è un pesante fardello per il Sud che si somma alla gravissima crisi del settore agroalimentare che rischia di dare il colpo mortale definitivo all'economia del Mezzogiorno e ai livelli occupazionali del settore agroalimentare;
è necessario incentivare le azioni di contrasto nell'importazione di produzioni dall'estero che puntano al commercio e contraffazione di prodotti made in Italy -:
quali azioni intenda intraprendere al fine tutelare le produzioni tipiche e di qualità italiane, e in particolare del Mezzogiorno,

allo scopo di evitare la contraffazione e commercializzazione di prodotti tipici italiani e di garantire ai consumatori la qualità dei prodotti in vendita.
(4-08723)

Risposta. - Con riferimento alla interrogazione in oggetto, non posso che concordare con l'interrogante nel considerare la commercializzazione di prodotti fraudolentemente venduti per italiani un grave danno, economico e d'immagine, per il Made in Italy alimentare.
Come noto, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali è attivamente impegnato per tutelare le produzioni tipiche e di qualità italiane, ritenendo l'indicazione obbligatoria dell'origine nell'etichetta un valido strumento al riguardo.
Mi preme evidenziare, in proposito, che l'Amministrazione che rappresento ha promosso iniziative legislative nazionali per rendere obbligatoria l'indicazione di origine nelle etichette di alcuni prodotti alimentari.
Al riguardo, faccio altresì presente che il Senato della Repubblica ha recentemente approvato, in terza lettura, il disegno di legge «Disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari» che reca, tra l'altro, una specifica norma per «l'etichettatura di origine dei prodotti alimentari». Si attende ora l'approvazione definitiva della Camera dei deputati.
Naturalmente la mia Amministrazione è favorevole ad introdurre tale obbligo anche per i derivati del pomodoro, quale strumento fondamentale per sostenere il vero prodotto
Made in Italy e contribuire al rilancio dell'intera filiera.
Al riguardo, desidero evidenziare che, a livello comunitario, a seguito di un articolato lavoro di negoziazione, nel cosiddetto «pacchetto qualità» (che sarà presentato a breve dal Commissario Ciolos) verrà inserita una norma comunitaria per l'etichettatura di origine.
Ritengo utile far presente che nell'ambito del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali opera, in qualità di organo ufficiale di controllo, l'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari che ha il compito di prevenire e reprimere gli illeciti nei vari settori del comparto agroalimentare, anche al fine di tutelare l'immagine dei prodotti sui mercati nazionali ed internazionali.
In particolare, l'attività istituzionale dell'Ispettorato è diretta, oltre che al controllo della qualità dei prodotti agroalimentari, anche alla verifica dei processi produttivi, della documentazione, dei sistemi di tracciabilità e delle informazioni riportate nei dispositivi di etichettatura dei prodotti agroalimentari.
Ritengo utile rilevare, inoltre che negli ultimi anni l'Ispettorato ha anche incrementato la collaborazione con l'Agenzia delle dogane e le Capitanerie di porto al fine di monitorare i flussi d'introduzione dei prodotti agroalimentari provenienti da Paesi terzi e contrastare più efficacemente il commercio fraudolento di falsi alimenti
Made in Italy sul territorio nazionale.
In particolare, sono stati intensificati gli accertamenti nel comparto ortofrutticolo, proprio verso quei prodotti provenienti da talune zone geografiche del bacino del Mediterraneo, la cui produzione agricola è simile, come offerta, a quella presente nel territorio nazionale.
Tali controlli hanno riguardato, inoltre, il rispetto della normativa (specifica e di carattere generale) in tema di etichettatura dei prodotti alimentari, la corrispondenza dell'origine dichiarata sui documenti doganali all'atto dell'importazione con quella riportata sulle confezioni di prodotti alimentari preconfezionati all'origine nonché, per i prodotti acquistati «sfusi», le indicazioni riportate sui documenti commerciali e sulla successiva etichettatura.
Assicuro, infine, che il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali continuerà ad operare con la dovuta attenzione anche nel settore di cui trattasi per contrastare, sempre più efficacemente, la commercializzazione di prodotti «esteri» che riportano fraudolentemente l'indicazione di origine italiana e la concorrenza sleale nei confronti degli operatori nazionali.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Giancarlo Galan.

LO MONTE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
per richiedere il visto all'ambasciata d'Italia al Cairo bisogna preventivamente concordare un appuntamento attraverso il call center Vodafone, numero 090070678, al costo di circa 30 centesimi di euro al minuto;
il call center, oltre ai cittadini egiziani che vogliono entrare in Italia (come turista o lavoratore), è utilizzato anche da quei cittadini italiani che hanno bisogno di supporto dall'ambasciata e pertanto anch'essi vengono obbligati a chiamare tale numero a pagamento;
inoltre chi chiama, spesso viene lasciato per alcuni minuti in attesa oppure ottiene risposte che invitano a richiamare questo numero, mantenendo sempre il costo di 30 centesimi al minuto;
il call center, come appare sul sito dell'ambasciata d'Italia in Egitto è gestito dall'operatore telefonico Vodafone e attraverso i lunghi tempi d'attesa a cui si è soggetti o l'invito a richiamare, gode di un ulteriore beneficio economico;
tutto ciò avviene contrariamente alle dichiarazioni del Ministero degli affari esteri, che ritiene il call center delle ambasciate solo uno strumento a supporto e non obbligatorio, ma soprattutto avviene dimenticando che l'uso del telefono è il primo contatto che, nel caso, si ha con l'Italia all'estero, per cui richiedere il pagamento dei costi telefonici non depone favorevolmente per il nostro Paese -:
se il servizio di call center dell'ambasciata d'Italia in Egitto sia stato affidato con bando di gara pubblica o trattativa privata;
se sia intenzione del Ministero degli esteri di intervenire per eliminare una tassa, che ha il sapore di un vero e proprio balzello, rivolta agli egiziani che vogliono venire in Italia come turisti o lavoratori o a quegli italiani, che trovandosi in terra straniera, possono avere la necessità di avere un contatto con l'ambasciata.
(4-08865)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nell'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di informazione.
Tra le innovazioni che hanno consentito di abbattere, in molte sedi, i tempi di attesa per il rilascio dei visti e di conseguire un netto miglioramento del servizio vi è il ricorso ad agenzie esterne, tra cui i
call center, che coadiuvano gli uffici nella gestione di alcune procedure, propedeutiche o connesse al rilascio dei visti. Nella maggioranza dei casi, il ricorso ai call center riguarda solo la prenotazione dell'appuntamento dei richiedenti presso gli uffici dell'Ambasciata o del Consolato. Il costo dell'utilizzo dei call center è a carico dei richiedenti.
Testi normativi comunitari, ed il particolare il nuovo Codice comunitario sui visti, definitivamente approvato nel luglio 2009, prevedono esplicitamente la possibilità di far ricorso ad agenzie esterne per la gestione di parte delle procedure connesse al rilascio di visti.
Resta comunque assicurata la possibilità per i richiedenti di rivolgersi direttamente agli uffici per fissare un appuntamento o per avere informazioni.
Nel caso dell'Ambasciata al Cairo per rendere più chiare al pubblico le modalità secondo cui è possibile richiedere un appuntamento presso l'ufficio visti (che esamina direttamente le richieste, ricevendo al contempo gli interessati), è stato inserito nel sito
internet dell'Ambasciata un avviso che specifica il carattere non esclusivo né obbligatorio del ricorso al call center. Gli appuntamenti possono, infatti, essere fissati direttamente dall'ufficio visti dell'Ambasciata agli utenti che vi si rivolgono per fax, posta elettronica o telefono.
Per quanto concerne il costo ed i tempi d'attesa delle chiamate al
call center Vodafone (che viene utilizzato attualmente da 11 Ambasciate di paesi Schengen a Il Cairo), verifiche dirette periodiche vengono condotte sia con la stessa società Vodafone che

con le altre rappresentanze dei Paesi Schengen.
Quanto al costo dei servizio, è comunque stabilito un tetto massimo di spesa, dichiarato dalla Vodafone, di 20 Lire egiziane (circa 2,1 euro), indipendentemente dalla durata della conversazione.
I tempi medi di attesa, da verifiche effettuate
in loco, risultano variare tra i 30 ed i 90 secondi, dal momento della richiesta di colloquio all'effettiva risposta dell'operatore. Tale durata è garantita dalla Vodafone e viene periodicamente testata dalla Cancelleria consolare.
Quanto alle procedure seguite per l'affidamento, da parte dell'Ambasciata al Cairo, del servizio di
call center alla società Vodafone, questo Ministero degli affari esteri ha approfondito il tema delle modalità di selezione delle società cui esternalizzare servizi connessi alla ricezione di domande di visto. In merito, è stato chiesto un parere all'Avvocatura Generale dello Stato, con particolare riferimento all'applicabilità della normativa sui contratti pubblici (in particolare, del cosiddetto Codice dei contratti pubblici, decreto legislativo n. 163 del 2006).
L'Avvocatura, nel fornire il parere richiesto, ha chiarito che le rappresentanze diplomatico-consolari, nella selezione di prestatori esterni di servizi, sono tenute a fare generale riferimento ai princìpi in tema di disciplina della concessione dei servizi
ex articolo 30 decreto legislativo n. 163 del 2006, la quale dispone una procedura decisamente semplificata ed esclude espressamente la necessità di applicare l'intera normativa in materia di contratti pubblici, imponendo esclusivamente il rispetto dei princìpi generali di tale disciplina ovvero dei princìpi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità e di quelli desumibili dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (ex - Trattato CE). L'Avvocatura ha però chiarito che non esiste un vero e proprio obbligo in tal senso: «le rappresentanze diplomatico-consolari possono considerarsi esonerate dall'obbligo di applicazione della procedura di cui all'articolo 30 del codice dei contratti in materia di concessione di servizi pubblici, in quanto le attività che esse hanno esternalizzato costituiscono procedure propedeutiche, connesse o successive all'attività di rilascio dei visti, funzione pubblica loro espressamente attribuita dall'ordinamento, la cui titolarità tuttavia non viene in alcun modo trasferita ai soggetti terzi, restando innegabilmente in capo alle amministrazioni legislativamente individuate».
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

LOLLI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'ispettorato generale del Corpo forestale dello Stato ha disposto che venissero attivati degli appositi tavoli per la revisione delle piante organiche e la revisione delle giurisdizioni dei comandi di stazione;
l'ispettorato generale con comunicazioni esclusivamente inviate ai comandi regionali del Veneto, Umbria, Abruzzo, Campania, Basilicata e Calabria, avrebbe disposto l'immediata chiusura dei coordinamenti distrettuali, e la loro trasformazione in NOS (nuclei operativi speciali) già impiegabili per la campagna A.I.B.;
tale riorganizzazione prevede che in caso di chiusura del coordinamento distrettuale, si dovrà valutare la possibilità di reimpiegare il personale attualmente addetto ad altra articolazione presente nella medesima sede, in via transitoria anche in sovrannumero, tenendo conto delle professionalità presenti; ed in caso di impiego del personale in N.O.S. già istituiti nella medesima sede o da istituire contestualmente alla chiusura del distretto, si dovrà tener conto dei compiti stabiliti nel decreto del capo del Corpo di istituzione dei N.O.S.;
questa riorganizzazione del personale del Corpo forestale dello Stato determina difficoltà e penalizzazioni in molte regioni ed, in particolare, per la regione Abruzzo. In questo quadro la provincia di L'Aquila,

già fortemente penalizzata per i tragici eventi del sisma del 6 aprile 2009, subisce, ad avviso dell'interrogante, un vero e proprio smembramento;
l'Abruzzo, al contrario di quanto previsto, necessita di un potenziamento dei coordinamenti distrettuali integrando al proprio interno gruppi NOS (nuclei operativi speciali) e nuclei NIPAF (nuclei investigativi polizia forestale), poiché detti coordinamenti sono stati da sempre punti di riferimento dei cittadini in territori rurali/montani. Già dalla loro istituzione, avvenuta negli anni '50, infatti, avevano la funzione di un decentramento amministrativo e di un presidio permanente di una forza di polizia in un territorio per conformità disagiato, rappresentando una vera e propria polizia di prossimità;
nella riorganizzazione è prevista una nuova distribuzione del personale sul territorio individuando in maniera rigida 543 unità di personale per la regione Abruzzo. Tali unità vengono definite «non negoziabili in nessun modo». Tenendo conto che il personale attualmente presente in regione è quantificato in 628 unità si avrebbe una soppressione di ben 28 comandi stazioni forestali e 3 coordinamenti distrettuali tutti ricadenti nella provincia di L'Aquila con compiti istituzionali fuori delle aree protette dove molti comandi risultano essere l'unica forza di polizia presente nel territorio;
le attuali 628 unità, per le conformità del territorio e per la sua importanza naturalistica, risultano comunque inadeguate ed il passaggio a 543 non può che peggiorare in maniera esponenziale la situazione;
per rappresentare meglio la situazione organizzativa, oltre quella riferita al numero totale di unità previste, si espone di seguito la modalità di calcolo prevista in relazione al personale e alle sue conseguenze sul territorio aquilano. Il numero di 543 unità operative attribuito alla regione Abruzzo viene tratto da un calcolo della superficie totale espressa in ettari e del personale a loro assegnata. Tale calcolo è falsato dal fatto che la distribuzione del personale non risulta equa tra il territorio delle aree parco e fuori parco. Visti i dettami delle vigente normativa dei C.T.A. (coordinamento territoriale dell'ambiente), 1 forestale ogni 1000 ettari di territorio controllato nelle aree parco, il risultato, infatti, è il seguente: 286 elementi nelle zone parco e, conseguentemente, 257 elementi nelle zone fuori parco. All'interno di questi 257 elementi dovrà, inoltre, essere individuato il personale da impiegare: nel comando regionale, nei 4 comandi provinciali, nei 3 U.T.B, nel N.O.S. fisso di Popoli, nel S.C.T. CITES senza dimenticarsi degli eventuali N.O.S. creatisi a seguito della soppressione dei 3 coordinamenti distretti di Avezzano, Sulmona e Pescasseroli, tutti operanti nell'intero territorio regionale fuori dalle zone parco;
con i 257 elementi, previsti per la regione Abruzzo si potranno creare solo 41 comandi stazione, di cui 12 in provincia di Chieti, 5 in provincia di Pescara, 7 in provincia di Teramo e 17 in provincia di L'Aquila;
nelle provincie di Chieti, Pescara e Teramo la situazione resterebbe pressoché invariata rispetto a quella attuale che è possibile, comunque, definire come di eterna carenza di organico, mentre nella provincia de L'Aquila si passerebbe da 35 comandi stazione a 17, con conseguenze fortemente negative;
tali soppressioni, evidentemente, riguardano tutto il territorio controllato fuori delle aree parco, dove il Corpo forestale svolge la propria attività di sorveglianza e controlli del territorio in zone aspre e accidentate, un territorio vasto, costituito prevalentemente da boschi, cave, siti di interesse comunitario, discariche piccole e grandi, dissesti idrogeologici, fenomeni di bracconaggio. Senza affrontare il fenomeno degli incendi boschivi, dove il Corpo forestale svolge attività di coordinamento e direzione sia degli uomini a terra che dei mezzi aerei;
nell'ultimo rapporto Ecomafia 2010, nell'analizzare i fenomeni criminosi contro

l'ambiente si è evidenziato il ruolo sempre più importante, efficace e decisivo posto in essere dal Corpo forestale dello Stato nel contrasto dei reati ambientali;
affrontando il tema della funzione della Guardia forestale dal punto di vista del risparmio delle risorse pubbliche chiudendo alcuni uffici e sopprimendo dei comandi di stazione forestale ci si chiede, invece, quanto verrebbe a costare in termini di sicurezza la perdita di quelle strutture già esistenti per il territorio abruzzese ed in particolare per il territorio aquilano;
le poco più di 8500 unità che rappresentano tutto il personale del Corpo forestale a livello nazionale evidentemente sono un numero nettamente insufficiente per le funzioni assegnate a tale Corpo;
all'articolo 1, comma 346, lettera c), della legge finanziaria per il 2008, veniva autorizzata la spesa per assunzioni di personale nel Corpo forestale dello Stato, per 1 milione di euro per l'anno 2008, 8 milioni di euro per l'anno 2009 e 16 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2010, con possibilità di utilizzare le graduatorie di idonei dei concorsi già banditi o conclusi. Tali risorse non sono state impegnate ed, in particolare, i 16 milioni di euro disponibili dall'anno 2010 sono in larga parte ancora inutilizzati, nonostante vi siano concorsi già espletati e graduatorie ancora aperte da cui attingere il personale idoneo -:
se il Ministro sia a conoscenza di decisioni del comando del Corpo forestale che prevedano una riorganizzazione del personale dello stesso, quali siano i suoi intendimenti al riguardo e come intenda affrontare le enormi problematiche che questa eventuale riorganizzazione creerebbe a livello nazionale ed, in particolare, in Abruzzo e nella provincia di L'Aquila.
(4-08808)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame faccio anzitutto presente che, al fine di razionalizzare l'assetto organizzativo del Corpo forestale dello Stato, è intento della mia Amministrazione procedere alla disattivazione di tutti i coordinamenti distrettuali forestali, tra cui quelli di Avezzano, Pescasseroli e Sulmona in provincia di L'Aquila. Tali misure, già attuate con successo nella regione Calabria, mirano non solo a recuperare personale dagli uffici per impiegarlo più utilmente in attività sul territorio, ma anche a conseguire significativi risparmi di spesa.
Al riguardo, faccio presente che il personale attualmente in forza agli anzidetti coordinamenti distrettuali potrà essere destinato, in misura significativa, alle stazioni forestali presenti nei rispettivi comuni, nonché ad eventuali nuclei operativi speciali di protezione civile di nuova istituzione. In tal modo, la funzione di controllo del territorio risulterà potenziata, posto che il personale non sarà allontanato dalla zona dove attualmente presta servizio.
Colgo l'occasione per far presente che il riassetto organizzativo in parola trae origine dalla legge 6 febbraio 2004, n. 36, recante il nuovo ordinamento del Corpo che prevede, tra l'altro, «un'equilibrata distribuzione territoriale del personale».
Alla luce della predetta disposizione sono state determinate, per il biennio 2009-2010, le piante organiche degli uffici centrali e periferici e delle relative strutture dipendenti, sulla scorta di proposte definite in sede locale attraverso il confronto con le rappresentanze del personale aventi titolo. Al riguardo, evidenzio che è in corso una revisione delle circoscrizioni delle stazioni forestali, avviata con la costituzione in sede locale di specifici gruppi di lavoro, a composizione paritetica, che stanno facendo pervenire le proposte elaborate.
In linea generale, ritengo opportuno rappresentare l'esiguità del personale in servizio nel Corpo forestale dello Stato a livello nazionale (pari a circa 7030 unità, a fronte di una dotazione organica di legge di 7841 elementi, cui si sommano poche centinaia di funzionari e dipendenti tecnico-amministrativi). Tale situazione, assieme ai numerosi collocamenti a riposo volontari genera, naturalmente, una diffusa carenza di

personale sul territorio, con conseguenti problemi per lo svolgimento ottimale del servizio.
Tale situazione si ripercuote, naturalmente, anche sul contingente complessivo in servizio della regione Abruzzo (compresi quelli ricadenti nei parchi nazionali) che, all'inizio del mese di novembre, ammontava a 620.
Al riguardo, faccio presente che il totale previsto in pianta organica per la regione Abruzzo (individuato a seguito della ripartizione delle dotazioni di legge tra le varie Regioni e in base all'estensione territoriale) ammonta a 543 unità, di cui 243 attribuiti ai parchi nazionali dell'Abruzzo. Pertanto, le unità dislocabili in strutture del Corpo forestale dello Stato abruzzesi, esterne ai tre parchi nazionali, risultano pari a 300 e non a 257, come indicato dall'interrogante.
Con tale disponibilità di forze, che fondamentalmente deriva dall'esiguità delle dotazioni organiche stabilite per legge, è necessario ottimizzare l'apparato organizzativo tramite accorpamento e soppressione di alcuni presidi non strategici per l'azione del Corpo sul territorio. In ogni caso, è pacifico che il riassorbimento dell'attuale soprannumero nella regione Abruzzo avverrà gradualmente per mezzo delle cessazioni dal servizio e dell'eventuale mobilità interregionale su base volontaria.
Alla luce di quanto sopra, ritengo il contingente complessivo di personale attribuito nella pianta organica all'Abruzzo (considerato in termini assoluti e in rapporto alla superficie boscata) in linea con i valori riscontrabili in media nelle altre Regioni italiane.
Per quanto concerne, infine, le assunzioni di personale autorizzate dalla legge finanziaria per l'anno 2008, faccio presente che nel luglio 2010 sono stati nominati ed avviati al corso d'istruzione 90 allievi agenti e 114 commissari forestali. Nell'anno 2009, invece, sono stati assunti ed avviati al corso 62 nuovi allievi agenti, poi assegnati in servizio nel 2010, ed ulteriori 185 agenti sono stati immessi in servizio al termine del periodo annuale di formazione.
Con l'occasione, mi preme ricordare che le assunzioni sono contingentate e subordinate alla preventiva autorizzazione del Dipartimento per la pubblica amministrazione e l'innovazione. Peraltro, le procedure di reclutamento del personale, oggettivamente complesse anche per i numerosi adempimenti prescritti dalla vigente legislazione, risultano particolarmente inclini ad incontrare ostacoli che ne ritardano la definizione.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Giancarlo Galan.

MARINELLO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nel marzo 2003, la titolare del centro estetico «Stefy», signora Stefania Naso, sito nel comune di Este, (PD), ha acquistato dalla ditta Kosmo un macchinario per la foto epilazione, denominato MINI-IPL-HR-Spectron, e un macchinario per il foto ringiovanimento denominato MINI IPL-SR;
solo successivamente all'acquisto veniva scoperto che i prodotti acquistati erano da considerarsi ai sensi della normativa vigente, dispositivi medici;
i dispositivi medici sono beni la cui produzione e commercializzazione sono disciplinate in Italia dal decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 46, e successive modificazioni il quale ha recepito nell'ordinamento interno la direttiva del Consiglio del 14 giugno 1993 n. 93/42/CEE, concernente i dispositivi medici;
al fine di favorire la libera circolazione delle merci, salvaguardando nello stesso tempo la sicurezza del prodotto, il legislatore ha posto in essere un meccanismo di controllo particolare, il quale prevede che i dispositivi medici possano essere messi in commercio solo ove rechino una marcatura di conformità CE la quale viene apposta solo se essi rispondono ai, requisiti essenziali di sicurezza (RES);
per quanto attiene alla verifica del rispetto dei RES, il decreto legislativo n. 46 del 1997, prevede l'applicazione da parte

del fabbricante di procedure standardizzate atte a verificare la conformità dei dispositivi medici rispetto ai RES, le quali variano a seconda del livello di rischio dei dispositivi medici stessi;
per i dispositivi medici a più alto rischio è previsto il coinvolgimento, ai fini del controllo, di soggetti definiti «organismi notificati» (O.N.);
nel caso in cui il fabbricante superi il controllo, l'organismo notificato emette un documento - denominato certificato CE - e sulla base di tale certificato il fabbricante è tenuto ad emettere una autodichiarazione denominata dichiarazione di conformità, con la quale garantisce che il dispositivo medico è conforme alla normativa vigente;
a quel punto il dispositivo medico, corredato del citata dichiarazione di conformità e dalla certificazione CE rilasciata dall'organismo notificato, può essere messo in commercio con la sua etichettatura e le relative istruzioni per l'uso;
va da sé che il certificato Ce, rilasciato dall'organismo notificato la dichiarazione di conformità del fabbricante, l'etichettatura e le istruzioni per l'uso devono essere tra loro uniformi e coerenti, mentre nel caso dei dispositivi medici venduti al centro estetico di Este tale coerenza mancava totalmente;
per quanto riguarda le apparecchiature acquistate dalla signora Naso, infatti, è stato chiaro fin dall'inizio che esse non erano in regola con la normativa vigente: infatti la documentazione sopra descritta non risultava né corretta né conforme tanto che una società di leasing ha rifiutato alla titolare del centro estetico il finanziamento per l'acquisto, i macchinari, presentavano notevoli problemi di funzionamento e le istruzioni per l'uso consegnate alla signora Naso erano solo in lingua inglese;
tali elementi sono stati esaminati e riscontrati anche nel corso della causa civile - instaurata tra la signora Naso e la ditta Kosmo, presso il Tribunale di Verona - dal consulente tecnico d'ufficio (CTU) - nominato dal giudice - il quale dopo aver verificato di persona le apparecchiature, nella relazione tecnica finale ha affermato chiaramente che i dispositivi medici venduti alla signora Naso dalla ditta Kosmo non erano coperti da Marcatura CE ovvero che la marcatura CE presente sulle apparecchiature risultava apposta indebitamente sotto il profilo giuridico in quanto dai documenti prodotti in causa non risultava esserci alcuna coincidenza tra le denominazioni dei dispositivi, le etichette apposte sui dispositivi stessi, le istruzioni per l'uso, le certificazioni dell'organismo notificato nonché le società a favore delle quali tali certificazioni sono state rilasciate -:
quali tempestive iniziative intenda porre in essere ai sensi delle disposizioni di legge per accertare le citate violazioni del decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 46, e successive modificazioni, tutelando in tal modo il diritto alla salute dei cittadini costituzionalmente garantito.
(4-09421)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono gli elementi di valutazione che afferiscono alla sfera di competenza istituzionale di questo Ministero.
La questione sollevata dalla signora Naso è iniziata nell'anno 2004, con la comunicazione di presunte irregolarità relative ad un'apparecchiatura (Mini Ipl) per foto-depilazione e foto-ringiovanimento a luce pulsata acquistata nel 2003, marcata CE come dispositivo medico ai sensi della direttiva 93/42/CE, da utilizzare presso il centro estetico della stessa signora Naso.
Si faceva rilevare la complessa situazione riguardante le varie società che si erano succedute con il ruolo di fabbricante ed, in particolare, venivano segnalate delle discrepanze tra la ditta fabbricante indicata sulle etichette -
Spectron Lasers Gran Bretagna - e quella indicata nel certificato CE rilasciato dall'organismo notificato - Spectron Lasers Systems (Gran Bretagna).
Inoltre veniva chiesto se tali apparecchiature potessero essere utilizzate in ambito di trattamenti estetici.


Su questo ultimo punto, questo Ministero, attraverso il competente ufficio, fece presente alla signora Naso che la legge n. 1 del 1990, che ha istituito la figura professionale dell'estetista, riporta un allegato con l'elenco delle apparecchiature elettromeccaniche ad uso estetico che possono essere utilizzate dall'estetista e che l'apparecchiatura in questione non è presente in tale elenco (anche perché a quell'epoca ancora non disponibile sul mercato).
Come verrà precisato successivamente, la legge prevedeva, tramite un apposito decreto, anche un regolamento d'uso di tali apparecchiature ed un aggiornamento dell'elenco delle stesse. Inoltre, bisogna rilevare che, essendo l'apparecchiatura marcata CE come dispositivo medico, non poteva essere considerata un'apparecchiatura ad uso estetico utilizzabile direttamente dall'estetista.
Inoltre, questo Ministero aveva avviato un'azione di sorveglianza che vedeva coinvolti sia il distributore esclusivo in Italia dell'apparecchiatura (Kosmo srl) sia la Società
Lumenis (Israele) che, nel frattempo, aveva assunto la qualifica di fabbricante, nel corso della quale venivano rilevate anche altre irregolarità (mancata iscrizione nella banca dati, manuale d'uso ed etichette redatti solo in lingua inglese).
Il Ministero della salute provvedeva anche a richiedere notizie all'organismo notificato che aveva certificato il prodotto (Amtac - Gran Bretagna) e, come previsto dalle procedure comunitarie, all'autorità competente inglese, in quanto sia la società fabbricante che l'organismo notificato avevano sede legale in Gran Bretagna.
L'azione di sorveglianza si è prolungata nel tempo ed ha comportato sia l'iscrizione del prodotto nella banca dati, sia la sostituzione, presso gli utilizzatori, dei manuali in lingua inglese con quelli redatti in lingua italiana, sia l'aggiornamento delle etichette sempre presso gli utilizzatori (dati espressi in lingua italiana, indicazione corretta dei dati relativi al fabbricante).
L'organismo notificato Amtac, in risposta alla nota del Ministero della salute, ha sostanzialmente confermato la validità della certificazione rilasciata nel 2002 alla
Spectron Lasers Systems ed ha dichiarato di essere al corrente delle discrepanze presenti sulle etichette (Spectron Lasers) dovute ad un cambio di denominazione della società, la quale non aveva, comunque, seguito le raccomandazioni riguardanti il cambio del nome sugli stampati delle apparecchiature. L'Amtac informava anche che alla fine del 2003 era subentrata un'altra ditta (Spectron Cosmetic Gran Bretagna) alla quale era stata rilasciata una nuova certificazione.
L'autorità competente inglese, alla quale, si ricorda, spetta la sorveglianza sia delle società fabbricanti stabilite nel proprio territorio sia il controllo dell'operato degli organismi notificati dalla stessa autorizzati ed, eventualmente, l'adozione di provvedimenti, ha di fatto confermato quanto specificato da Amtac e che, a seguito del cambio di nome, Amtac stesso aveva stipulato un nuovo contratto con la società subentrata ed era stato effettuato un nuovo
audit presso la società stessa.
Tenuto conto che, nel frattempo, una nuova società (
Lumenis Israele) era subentrata a Spectron Cosmetic e che tale nuova società aveva proceduto a regolamentare e a commercializzare l'apparecchiatura non più come dispositivo medico ma come apparecchiatura ad uso estetico, eliminando la relativa marcatura CE, la medesima autorità competente aveva ritenuto di non intraprendere alcun provvedimento.
In merito a tale declassamento dell'apparecchiatura ad uso meramente estetico, si fa rilevare che al momento gran parte delle apparecchiature a luce pulsata, usate nella depilazione, vengono commercializzate come apparecchi elettromeccanici e non come dispositivi medici.
Come sopra accennato, la legge n. 1 del 1990 ha previsto, tramite un decreto interministeriale di concerto tra il Ministero dell'industria ed il Ministero della sanità (ora Ministero dello sviluppo economico e Ministero della salute) un regolamento per l'uso delle apparecchiature estetiche ed un aggiornamento dell'elenco delle apparecchiature stesse.
A tale proposito, si informa che su tale regolamento è già stato espresso un parere dal Consiglio superiore di sanità, alla luce del

quale è stato elaborato, da parte del Ministero dello sviluppo economico, un testo di decreto interministeriale, attualmente presente nel sito europeo, alla luce della pubblica consultazione degli atti normativi che hanno una ripercussione sul mercato europeo.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

NACCARATO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il 24 febbraio 2010 l'ex ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Luca Zaia con atto di protocollo n. 001731 ha assegnato al Comando carabinieri politiche agricole e alimentari con sede in via Torino a Roma il mandato di effettuare accertamenti sullo splafonamento delle quote latte affidate all'Italia dall'Unione europea;
il 15 aprile 2010 il sopra citato Comando carabinieri ha trasmesso al Mipaaf la relazione conclusiva sulle quote latte (numero di protocollo 73/7). Secondo tale rapporto i dati sulla produzione di latte italiano utilizzati dall'Agenzia per le erogazioni in agricoltura e dalle regioni per il calcolo delle sanzioni comminate dall'Unione europea risulterebbero superiori alla realtà. In particolare, la relazione dei carabinieri giunge alla conclusione secondo cui «raffrontando il numero di capi nelle diverse banche dati con la media produttiva provinciale dell'Associazione italiana allevatori, pur aumentata del 10 per cento in via prudenziale, risulta una differenza produttiva media rispetto alla produzione totale italiana dichiarata talmente significativa da mettere in discussione lo stesso splafonamento dello stato italiano e quindi il prelievo supplementare imputato ai produttori a partire dal 1995-96 fino al 2008-09»;
a giugno 2010, la Direzione generale delle politiche comunitarie e internazionali del Ministero ha trasmesso all'attuale Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Giancarlo Galan il «Documento di approfondimento sui dati utilizzati per il calcolo del prelievo supplementare», ovvero i risultati dell'indagine sullo sforamento delle quote latte ordinata dallo stesso ministro Galan. Secondo gli accertamenti svolti dal Dipartimento delle politiche europee del Mipaaf non sussisterebbe alcuna sovrastima della produzione di latte;
nel dettaglio, la relazione del Mipaaf giunge alle seguenti conclusioni: «Per quanto concerne l'ipotesi di sovradimensionamento della produzione dichiarata rispetto a quella reale allo stato si ritiene di poter concludere che gli elementi esaminati non confortano tale ipotesi. L'assunto di considerare insussistente o quanto meno sospetta tutta la produzione dichiarata in esubero rispetto alla resa media dell'Aia aumentata del 10 per cento non appare fondato. Anche per tale aspetto, pertanto, nessun elemento oggettivo contenuto nella relazione può supportare l'ipotesi che negli anni scorsi si sia verificata, nel quadro di applicazione del regime delle quote latte, un errata quantificazione della produzione nazionale». Di conseguenza, secondo la relazione ministeriale, «Applicando la normativa comunitaria (Reg. CE N.3950/92) risulta che per tutte le campagne dal 1995-96 al 2003- 04 e per la campagna 2006-07, l'Italia ha pagato il prelievo sulla base del quantitativo consegnato, in quanto il quantitativo rettificato risulta essere inferiore al consegnato. Ciò, secondo la relazione dei carabinieri, avrebbe comportato «un aumento del prelievo dovuto". Quest'ultima affermazione non risulta fondata»;
il 30 ottobre 2009 l'ex ministro delle Politiche agricole Zaia ha inviato una lettera ufficiale al commissario europeo per l'agricoltura Mariann Fischer Boel, lamentando la crisi del settore lattiero e che «in aggiunta alle difficoltà generali talune aziende italiane devono fare fronte agli impegni connessi all'applicazione della decisione del Consiglio sulla compatibilità con il mercato comune di un aiuto della Repubblica italiana ai produttori di latte».

Nella sopra citata missiva il ministro Zaia sosteneva che «sarebbe giusto concedere ai produttori la sospensione del pagamento della sesta rata», indicando due possibili alternative: «il relativo importo verrebbe ripartito in parti uguali sulle restanti annualità applicando gli interessi dovuti per il rinvio del pagamento. In via subordinata potrebbe essere previsto uno slittamento del versamento della sesta rata che potrebbe essere rinviato al secondo semestre 2010»;
il 20 novembre 2009 il commissario europeo all'agricoltura Fischer-Boel ha risposto ufficialmente alla richiesta del Ministro Zaia dichiarando, a nome dell'UE, di comprendere le difficoltà degli allevatori italiani, ma rammentando, tuttavia, come sia «incontestabile che il debito deve essere interamente rimborsato», prima di concludere la risposta al Ministro Zaia precisando «di non poter accedere alla Sua richiesta» -:
se il Ministro sia al corrente dei fatti sopra esposti e quale delle due relazioni conoscitive sulla produzione lattiera italiana risulti attendibile al fine di verificare la misura dello splafonamento delle quote latte assegnate dall'Unione europea all'Italia.
(4-08694)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, relativa all'accertamento sullo splafonamento delle cosiddette quote latte, faccio anzitutto presente che sono perfettamente a conoscenza dei fatti esposti dall'interrogante e delle relative vicende che si sono susseguite nel tempo.
Al riguardo, mi preme evidenziare che, allo stato, non risulta nessun elemento oggettivo che possa supportare l'ipotesi che negli anni scorsi si sia verificato, nel quadro dell'applicazione del regime delle quote latte, un'errata quantificazione della produzione nazionale.
In ogni caso, ritengo utile ripercorrere brevemente l'
iter della questione.
Lo scorso mese di gennaio 2011 la Commissione di indagine amministrativa, istituita con 25 giugno 2009, n. 650, per accertare il contenuto di materia grassa ai fini del calcolo del quantitativo di latte consegnato, ha concluso i suoi lavori consegnando al Ministro
pro tempore il resoconto finale.
Tale relazione ha evidenziato ancora una volta (come già fatto da diverse Commissioni governative, gestite dalla Guardia di finanza) che i quantitativi di latte consegnato in Italia, così come risulta dal sistema informatico preposto alla gestione del regime quote, pur risentendo di talune anomalie, possono essere ritenuti attendibili.
Peraltro, a seguito di una relazione redatta successivamente dal Comando Carabinieri politiche agricole e alimentari che, secondo alcune interpretazioni, avrebbe messo in dubbio che l'Italia abbia superato il quantitativo globale garantito negli anni dal 1995/1996 ad oggi, il Ministro
pro tempore ha chiesto ai competenti uffici del Ministero e ad Agea di effettuare un ulteriore approfondimento.
L'analisi dei dati utilizzati dal predetto Comando ha confermato le conclusioni cui erano già pervenute tutte le commissioni di indagine: non sussiste alcun elemento oggettivo che possa indurre a mettere in discussione la validità delle procedure svolte negli scorsi anni per l'accertamento del prelievo supplementare imputato agli allevatori con esuberi produttivi dal 1995/1996 ad oggi.
Colgo l'occasione per far presente che la definizione della reale produzione di latte bovino sul territorio nazionale è stata più volte affrontata in modo esaustivo con l'istituzione di altre quattro Commissioni governative che, dal 1997 al 1999, hanno condotto un «controllo straordinario della produzione e delle quote» in capo ad ogni produttore. La verifica, effettuata dalla Guardia di finanza in contraddittorio con gli allevatori di ogni singola stalla, ha determinato la certezza dei dati verificati.
Lo stato di crisi che il settore lattiero caseario sta attraversando è stato formalmente riconosciuto dalla Commissione dell'Unione europea che, fin da maggio 2009, si è impegnata a riferire al Consiglio, ogni tre mesi, sulla situazione del mercato dei prodotti lattiero caseari istituendo, al contempo,

un gruppo di lavoro ad alto livello incaricato di discutere gli accordi a medio e lungo termine, nonché di presentare tempestivamente le conclusioni preliminari.
Nonostante tale consapevolezza, la Commissione ha deciso di non consentire il rinvio dei pagamenti del 2009 con cui i produttori italiani, che avevano aderito al piano di rateizzazione di cui alla legge n. 119 del 2003, avrebbero dovuto corrispondere la sesta annualità del relativo piano.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Giancarlo Galan.

PICCHI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
dal Corriere della Sera del 30 novembre 2010 si apprende che un'impiegata dell'istituto italiano di cultura di Amsterdam, già candidata alle elezioni politiche con l'Italia dei Valori, si sarebbe dedicata ad attività di propaganda politica durante l'orario lavorativo con il pubblico utente dell'istituto stesso;
il compito degli istituti italiani di cultura nel mondo è quello di promuovere e diffondere la cultura e la lingua italiana e non certo la propaganda politica a favore di questa o quella parte politica;
gli impiegati degli istituti italiani di cultura sono pagati con soldi pubblici;
quello riportato dal Corriere della Sera non è il primo episodio di questo tipo che coinvolge dipendenti di pubbliche amministrazioni italiane all'estero -:
quali siano le norme di comportamento cui devono attenersi i dipendenti degli istituti italiani di cultura, delle rappresentanze diplomatiche e consolari, nonché degli altri enti di pubbliche amministrazioni riguardo l'attività di propaganda politica sul luogo di lavoro e durante l'orario lavorativo e quali eventuali sanzioni siano previste;
se sia stata aperta una inchiesta interna e quali saranno eventualmente le sanzioni nei confronti della dipendente in premessa se fosse accertato quanto riportato dal Corriere della Sera.
(4-09801)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nell'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di informazione.
Come ricordato dall'interrogante, «Il Corriere della Sera» e «Il Giornale» hanno recentemente pubblicato articoli in cui vengono riportati giudizi offensivi sul Presidente del Consiglio dei ministri che la signora Silvia Terribili - impiegata a contratto presso l'Istituto italiano di cultura ad Amsterdam - avrebbe espresso in comunicazioni
e-mail dirette a giornalisti olandesi.
La Farnesina si è subito attivata interessando della vicenda il nostro Ambasciatore all'Aja, che ha acquisito e trasmesso a questo Ministero una relazione sull'accaduto predisposta dal Direttore dell'Istituto di cultura ad Amsterdam.
Dalla relazione emerge che - a fronte dei rilievi mossi all'impiegata - quest'ultima ha affermato il suo diritto a svolgere in privato attività politica e ha sottolineato di aver utilizzato nei suoi contatti con i giornalisti olandesi la propria posta elettronica privata, senza peraltro volersi esprimere sul contenuto della corrispondenza via
email pubblicata dagli articoli stampa.
Sulla base di quanto previsto dalla normativa in tema di doveri dell'impiegato e ritenendo la condotta della signora Terribili lesiva a tale riguardo, il responsabile dell'Istituto di cultura ad Amsterdam le ha inviato una lettera ufficiale di deplorazione. La signora Terribili è stata, in particolare, richiamata alle sue responsabilità di dipendente pubblico e all'obbligo di mantenere un comportamento professionale e privato consono al prestigio ed alla dignità della sede di servizio all'estero, uniformandosi con particolare scrupolo a tale principio nei contatti con interlocutori esterni. L'utilizzo di un mezzo privato non esimeva in alcun modo, infatti, la dipendente in questione dai doveri di riservatezza e rispetto delle Istituzioni, essendo il suo messaggio destinato ad

un interlocutore esterno che si era rivolto a lei non a titolo personale, ma in quanto funzionaria dell'Istituto italiano di cultura.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

REALACCI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
per effetto del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, recante «norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale utilizzo delle risorse umane della scuola» e dei decreti attuativi ad esso correlati, nell'anno scolastico 2009-2010 la riduzione di cattedre ammonta a 42.100 unità, come riportato nella circolare del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 38 del 2 aprile 2009;
nell'anno scolastico 2010-2011 il taglio di cattedre riguarderà circa 25.600 unità, come descritto dalla circolare n. 37 del 13 aprile 2010 del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
nell'anno scolastico 2009-2010 le assunzioni del personale docente risultano di 8.000 unità, nell'anno scolastico 2010-2011 si prevede l'assunzione di un contingente pari a 8.000 unità, come risulta dal decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 74 del 30 marzo 2010;
facendo il bilancio delle cattedre eliminate e delle assunzioni realizzate e programmate negli anni scolastici 2009-2010 e 2010-2011, emerge un quadro estremamente preoccupante perché a regime risulteranno cancellati circa 51.700 posti di lavoro precedentemente esistenti non assorbiti dai pensionamenti;
la descritta riduzione negli organici metterà seriamente a rischio l'erogazione del servizio scolastico nel suo complesso. Dovrà essere ulteriormente ridotto il tempo lungo, sarà penalizzata la frequenza scolastica degli alunni disabili che vedranno ulteriormente ridurre il prezioso lavoro di assistenza dei collaboratori scolastici, più faticoso e rallentato diverrà il lavoro che grava sugli uffici di segreteria. Ancor più grave sarà, secondo quanto affermato dalle organizzazioni sindacali, il fatto che in molte scuole non si avrà più neppure il personale sufficiente a garantire la regolare apertura delle scuole per l'orario scolastico previsto, se non trascurando la sicurezza, la vigilanza, la pulizia dei locali, il supporto per le attività didattiche;
a fronte del taglio di trasferimenti da parte del Governo centrale gli enti locali, comuni e province in primis, investono notevoli risorse per far quadrare i conti pur nella estrema difficoltà in cui versano i loro bilanci e in un quadro di progressivo disimpegno da parte del Ministero su docenti e cattedre tagliate, personale ATA, già notevolmente ridotto e stanziamenti sempre più esigui alle strutture;
nell'ufficio scolastico regionale per la Toscana, ambito territoriale della provincia di Pisa, nonostante l'attuale momento di drastica riduzione degli stanziamenti, il comune di Pisa investe 860 mila euro per le scuole materne, di competenza statale, coprendo l'11 per cento della domanda e cifre ingenti: circa 4 milioni di euro per i servizi di supporto alla scuola dell'obbligo, per il trasporto degli alunni, 515 mila euro, la refezione per 2,4 milioni di euro, il sostegno allo studente, quasi 600 mila euro, di cui 90 per le materne, ed anche i fondi per il diritto allo studio, pari a euro 730 mila, di cui circa la metà finanziato anche da voci di bilancio della regione Toscana. Senza contare gli investimenti nell'edilizia scolastica, che ammontano a quasi 3 milioni di euro, e i circa 6 milioni di euro per gli asili nido in cui anche quest'anno a Pisa, come già da qualche anno, non si registrano liste di attesa, pur con i comprensibili sacrifici richiesti al personale, il ricorso ai servizi in convenzione, senza però sacrificare posti di lavoro -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno attuare interventi urgenti intesi

ad assicurare il diritto alla formazione e all'istruzione dei ragazzi, così come previsto dalla Costituzione italiana e, per tramite dell'ufficio territoriale competente, quanto e quale personale docente e ausiliario-tecnico sarà destinato quest'anno agli istituti scolastici di ogni ordine e grado della provincia di Pisa e quali risorse umane e finanziarie saranno inoltre per l'anno successivo;
se non sia necessario, tramite una migliore razionalizzazione delle risorse, verificare l'opportunità di aumentare le risorse destinate al comparto scuola nella provincia di Pisa e se non sia utile risolvere la questione dell'orario part-time relativo al doppio incarico per i dirigenti scolastici dell'area.
(4-08566)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame con il quale l'interrogante pone in rilievo le conseguenze che deriverebbero dall'applicazione del decreto-legge n. 112 del 25 giugno 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008.
Al riguardo si fa presente che l'articolo 64 della legge citata ha previsto la predisposizione di un piano per la realizzazione di una serie di interventi volti a migliorare l'organizzazione del servizio scolastico mediante una più efficace utilizzazione delle risorse umane con conseguente riduzione del fabbisogno di personale e della relativa spesa.
L'opera di razionalizzazione e riqualificazione della spesa è sostenuta dagli inviti di tutte le organizzazioni internazionali ed è confermata dai rapporti Ocse che hanno approvato le iniziative del Governo.
Si ricorda che l'opera di razionalizzazione era già stata avviata dalla legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006), che aveva previsto l'emanazione di uno o più decreti per la revisione, a decorrere dall'anno scolastico 2007/2008, dei criteri e dei parametri per la formazione delle classi ed aveva contestualmente previsto l'applicazione della clausola di salvaguardia nell'ipotesi di mancato raggiungimento degli obiettivi di contenimento della spesa.
Poiché gli obiettivi fissati dalla legge finanziaria del 2007 sono stati conseguiti soltanto in parte, l'applicazione della clausola di salvaguardia ha comportato un taglio lineare degli stanziamenti del Ministero in misura corrispondente al risparmio non realizzato. Questo Governo ha dovuto provvedere, appena insediato, al parziale reintegro delle risorse.
Le modalità di attuazione degli interventi del citato decreto-legge n. 112 del 2008 sono state definite nel Piano programmatico, piano che ha completato positivamente l'
iter previsto per la sua adozione.
Nell'anno scolastico 2010/2011 le previste riduzioni di personale docente ed amministrativo tecnico e ausiliario sono state attenuate nella fase dell'adeguamento dell'organico di diritto alle situazioni di fatto, essendosi verificata la necessità di assicurare la qualità dell'offerta formativa.
Lo sdoppiamento di alcune classi in presenza di alunni disabili, la formazione di classi in deroga ai parametri programmati nelle zone disagiate e di montagna, l'autorizzazione di corsi serali per studenti lavoratori, le esigenze legate alla garanzia della continuità del tempo pieno e comunque all'ampliamento del tempo scuola prospettate da alcuni assessori regionali e rappresentate dai direttori regionali, la necessità di assicurare la funzionalità amministrativa delle scuole sono alcuni dei motivi che hanno indotto questo Ministero ad autorizzare un incremento dei posti, rispetto a quanto preventivato, di circa 5.000 unità, pur nella consapevolezza di non aver ancora raggiunto il rapporto di alunni per classe previsto dalla normativa vigente.
In questo contesto è stata riservata una particolare attenzione alla presenza di alunni disabili, alla cui tutela è rivolto il maggior numero delle autorizzazioni di posti in deroga e la metà delle immissioni in ruolo previste per il personale docente nel corrente anno scolastico. Si è in sostanza favorita la stabilità e la continuità didattica per quegli alunni che, com'è noto, subiscono in maniera più avvertita il disagio legato al cambio annuale dei docenti di sostegno.


Alle misure descritte si aggiungono le convenzioni con le singole Regioni, già concluse o in via di definizione, che consentono l'attivazione di progetti per il rafforzamento dell'offerta formativa.
L'opera di razionalizzazione e di riorganizzazione del sistema scolastico sopra descritta si è verificata anche nella provincia di Pisa, per la quale comunque il direttore generale dell'ufficio scolastico regionale per la Toscana ha comunicato che l'organico del personale docente assegnato appare correttamente proporzionato in relazione al peso percentuale della popolazione studentesca ed alle specificità dei diversi territori. Infatti, rispetto ad una popolazione scolastica di 49.968 alunni, sono stati assegnati 4.036 posti comuni di insegnamento, a cui devono essere aggiunti 519,5 posti di sostegno comprensivi degli spezzoni orari e dei posti in deroga concessi. Relativamente al personale ata i complessivi attribuiti, in base al decreto interministeriale trasmesso con la Circolare ministeriale n. 5706 del 9 giugno 2010, sono stati 1.369. Le esigenze organizzative hanno portato alla suddivisione di detto organico in: 311 assistenti amministrativi, 80 assistenti tecnici, 925 collaboratori scolastici e 53 direttori dei servizi generali ed amministrativi.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

SCILIPOTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il numero degli internati presenti negli ospedali psichiatrici giudiziari è progressivamente aumentato negli ultimi anni, con un esponenziale accrescimento di carica di violenza addizionale, a causa della gestione prevalentemente carceraria dell'istituto. Secondo i dati aggiornati al 31 marzo 2010 i presenti negli ospedali psichiatrici giudiziari del Paese sono 1.565 internati;
ed ancor più drammatico è che confluiscano nello stesso istituto situazioni variegate, tanto sul piano psichiatrico che giuridico: sono infatti destinati a convivere, sotto il primo profilo, sia persone con infermità mentale, piena o scemata, sia tossicodipendenti o alcolisti, sia persone con deficienza psichica e, sotto il profilo della posizione giuridica sono presenti negli ospedali psichiatrici giudiziari, oltre ai prosciolti per vizio totale o parziale di mente e dichiarati socialmente pericolosi, i soggetti in osservazione psichiatrica con condanne definitive o con processi in corso, coloro cui sono applicate le misure di sicurezza ai sensi dell'articolo 206 codice penale e chi si trova, ai sensi degli articoli 148 codice penale o 212 codice penale, in esecuzione della pena o di misura di sicurezza detentiva (contro soggetti imputabili) cui sia sopravvenuta una infermità mentale;
le denunce degli operatori di settore sulla realtà degli ospedali psichiatrici giudiziari non si limitano al sovraffollamento, ma riguardano anche la mancanza di adeguato personale (sia numericamente che qualitativamente), il che impedisce di fatto il possibile svolgimento di attività ricreative-socializzanti-riabilitative per gli internati; la mancanza di risorse economiche, che rende difficoltoso non solo il reperimento di materiale logistico (sedie, tavoli, abbigliamento, ed altro), ma anche dei farmaci specifici necessari per la continuità della terapia;
sempre maggiori perplessità suscita il presupposto di applicazione degli ospedali psichiatrici giudiziari, la pericolosità sociale dell'autore di reato infermo, per la sua ascientificità, tanto che se ne auspica una ridefinizione ovvero l'abbandono per l'applicazione delle misure di sicurezza a favore di altri presupposti, come, ad esempio, quello del «bisogno di trattamento o di cura» sul quale convergono molti consensi;
da tempo la Corte costituzionale ha manifestato il proprio dissenso circa il trattamento penale riservato agli autori di reato infermi di mente arrivando a segnalare l'esigenza di una «attenta revisione»

dell'intera disciplina dell'applicazione delle misure di sicurezza e, ancor più drasticamente, dichiarando con la sentenza n. 253 del 2003 l'illegittimità dell'articolo 222 codice penale (ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario) e con la n. 367 del 2004 dell'articolo 206 codice penale (applicazione provvisoria delle misure di sicurezza) nella parte in cui non consentivano al giudice di adottare, nei riguardi del soggetto prosciolto per infermità psichica e giudicato socialmente pericoloso, in luogo del ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario, una diversa misura di sicurezza, tra quelle previste dalla legge, «idonea a soddisfare contemporaneamente le esigenze di cura dell'infermo di mente con quelle di controllo della sua pericolosità sociale»;
le suddette indicazioni della Corte costituzionale possono essere attuate pienamente solo con la predisposizione di un quadro variegato di risposte sanzionatorie a secondo degli effetti prodotti dalle diverse tipologie di disturbi poiché la soluzione attualmente possibile del ricorso alla libertà vigilata in alternativa all'ospedale psichiatrico giudiziario (che la Corte ha indicato per necessità esemplificativa, non avendo la competenza di provvedere direttamente alla individuazione di una misura apposita) è ancora modesta e foriera di difficoltà applicative;
da un analisi delle soluzioni sanzionatorie adottate negli altri Paesi i migliori risultati in termini di efficienza ed efficacia (anche sotto il profilo dell'attenuazione del recidivismo) si riscontrano laddove l'abrogazione degli ospedali psichiatrici giudiziari è avvenuta tramite l'avvio di una politica psichiatrica territoriale basata sulla presenza diffusa delle strutture assistenziali, senza rinunciare al controllo giurisdizionale;
le linee di una riforma del settore sono state ben delineate, da ultimo, negli articoli 21 e 22 del progetto per un nuovo codice penale elaborato dalla Commissione parlamentare presieduta dall'onorevole Pisapia. Si tratta di una proposta che risponde adeguatamente al problema delle misure di sicurezza applicate ai cosiddetti «folli rei» rinviando a percorsi trattamentali e riabilitativi che partono dalla considerazione dei bisogni dell'uomo malato la cui presa in carico intelligente e la cui gestione in ambiti idonei alla cura ed al recupero sociale possono effettivamente promuovere il riscatto a fronte del reato commesso e, all'un tempo, garantire la sicurezza sociale;
una seria spinta in questa direzione è costituita dal già vigente decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° aprile 2008: (Gazzetta Ufficiale n. 126 del 30 maggio 2008), entrato in vigore il 14 giugno 2008, che sancisce il passaggio della funzione sanitaria in tutti gli Istituti penitenziari (adulti e minori e OPG) dal Ministero della giustizia a quello della salute, ma che ha come obiettivo finale il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari;
l'attuazione concreta delle disposizioni contenute nel suddetto decreto, che avrebbero dovuto quantomeno migliorare le condizioni degli ospedali psichiatrici giudiziari in attesa del loro definitivo superamento è lungi dall'essere realizzata. Ancora più grave è la situazione dell'ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto per il mancato recepimento del menzionato decreto del 1° aprile 2008 da parte della regione Sicilia;
la realizzazione del modello di trattamento sanzionatorio auspicato per gli infermi di mente autori di reato necessita di una dotazione finanziaria adeguata affinché l'eventuale nuova legislazione non rimanga solo simbolica -:
quali misure di carattere generale e quali iniziative di carattere normativo intenda assumere al fine di ottenere un migliore contemperamento tra istanze di difesa sociale e l'insopprimibile garanzia del diritto alla salute e del rispetto della dignità dell'uomo.
(4-07117)

Risposta. - In merito alla richiesta di misure generali e di iniziative di carattere normativo

che il Ministero intende assumere, si fa presente che nel piano sanitario nazionale vi sono le proposte in applicazione dell'allegato C del già vigente decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm) del 1o aprile 2008, entrato in vigore il 14 giugno 2008.
Questo decreto, che sancisce il passaggio, in tutti gli istituti penitenziari, delle funzioni sanitarie dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e dal dipartimento della giustizia minorile del Ministero della giustizia, al servizio sanitario nazionale (Ssn), rappresenta una precisa e continua integrazione, mediazione ed equilibrio, pur nella distinzione delle responsabilità, tra le istanze terapeutico-riabilitative proprie del Ssn e le istanze di sicurezza proprie delle istituzioni penitenziarie, rispondendo così adeguatamente al problema delle misure di sicurezza e rinviando a percorsi trattamentali e riabilitativi in considerazione dei singoli bisogni.
Ciò permetterà di fare un passo in avanti nella direzione di maggiore qualificazione degli interventi che indirizzino all'inclusione sociale, realizzando modelli che davvero possano costituire una sintesi avanzata che renda efficace l'intervento psichiatrico sul territorio nazionale.
Al fine di attuare e perfezionare il trasferimento delle funzioni suddette, il decreto in questione è stato integrato dalle «Linee di indirizzo per gli interventi del Servizio sanitario nazionale a tutela della salute dei detenuti e degli internati negli istituti penitenziari, e dei minorenni sottoposti a provvedimento penale» (allegato C, parte integrante del Dpcm).
Scopo di tali linee di indirizzo è quello di fornire alle regioni un quadro di riferimento omogeneo per programmare e organizzare le risposte sanitarie e socio-sanitarie ai bisogni di salute delle persone negli istituti di pena.
Un ulteriore allegato che si ritiene fondamentale per l'attuazione del decreto è costituito dalle «Linee di indirizzo per gli interventi negli ospedali psichiatrici e giudiziari e nelle case di cura e custodia». Le azioni principali che devono essere considerate in tale programma riguardano da un lato l'organizzazione degli interventi terapeutico riabilitativi, dall'altro la previsione di specifiche indicazioni, affinché il passaggio di competenza delle funzioni sanitarie al Ssn si modelli su un assetto organizzativo in grado di garantire una corretta armonizzazione fra le misure sanitarie e le esigenze di sicurezza.
Sono specificamente previsti organi di coordinamento, sia all'interno di ciascuna regione, sia nazionali in seno alla conferenza Stato regioni, con lo scopo di monitorare l'attuazione delle linee di indirizzo e l'efficacia delle misure poste in essere.
Allo stato attuale, la commissione salute del coordinamento interregionale si è assunta il compito di coordinare le azioni attuative del Dpcm; per tale scopo sono stati attivati appositi gruppi di lavoro a cui partecipano rappresentanti di tutte le regioni e rappresentanti del Ministero della salute e del Ministero della giustizia.
I gruppi attivati stanno operando per definire i protocolli per il passaggio del personale e delle risorse strumentali, per definire proposte dei modelli organizzativi più efficaci, anche in relazione alla tipologia degli istituti di pena.
È imminente una rilevazione complessiva su:
attività programmatica delle regioni;
personale dedicato all'assistenza sanitaria nei singoli istituti e servizi;
organizzazione sanitaria attuale.

In una seconda fase, la rilevazione riguarderà, insieme ai dati sull'organizzazione dei servizi, anche dati riferiti alle attività e alle prestazioni, onde consentire sia una valutazione della qualità organizzativa, sia una valutazione della qualità dei processi assistenziali e degli esiti, tramite l'utilizzo di un appropriato set di indicatori.
Con riferimento alla situazione dell'ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto, si risponde sulla base degli elementi trasmessi, per il tramite della prefettura - ufficio territoriale del governo di Messina, dall'assessorato alla salute della regione Siciliana.


Con nota del 1o settembre 2010, l'assessore regionale alla salute ha comunicato che, non essendo ancora stato recepito nella regione siciliana il Dpcm 1o aprile 2008, a norma dell'articolo 8, comma II dello stesso decreto («il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ed il dipartimento della giustizia minorile continuano a svolgere le relative funzioni e le corrispondenti risorse umane, finanziarie e strumentali restano temporaneamente al bilancio del Ministero della giustizia fino all'avvenuto trasferimento»).
Il predetto amministratore ha quindi precisato che l'assistenza sanitaria nelle carceri siciliane e nell'ospedale psichiatrico suddetto è attualmente garantita, a norma di legge, dallo Stato.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

SCILIPOTI. - Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
gli annunci dell'industria farmaceutica di possibili ulteriori licenziamenti di oltre 7000 dipendenti porterebbero ad oltre 15000 i licenziamenti di informatori scientifici del farmaco (ISF) da essa effettuati;
alcune aziende farmaceutiche multinazionali tra cui Astrazeneca, che hanno tagliato drasticamente le spese facendo un uso ad avviso dell'interrogante spregiudicato della cessione di ramo d'azienda di ISF e degli ammortizzatori sociali, starebbero di fatto favorendo le dimissioni di altri ISF;
tali consistenti tagli di informatori scientifici del farmaco, che non sono stati accompagnati da alcuna flessione di fatturato, hanno prodotto enormi utili che, secondo l'interrogante, hanno stravolto le condizioni alle quali è stato contrattato il prezzo dei farmaci con il Ministro della salute;
molte di queste aziende, che hanno patteggiato la pena nel giudizio tenutosi presso il tribunale di Bari e riguardante la clamorosa truffa effettuata a danno del Sistema sanitario nazionale, partecipano a quanto consta all'interrogante regolarmente alle gare per le forniture di farmaci alle aziende sanitarie e alle aziende ospedaliere;
il Ministero della salute ed il Ministero del lavoro e delle politiche sociali hanno fino ad oggi accettato questi dannosi comportamenti che hanno prodotto un enorme aumento della spesa farmaceutica, favorito il licenziamento dei lavoratori senza reali motivi produttivi e permesso che aziende che realizzano utili consistenti e non sono toccate in alcun modo dalla crisi scarichino di fatto oneri propri sugli ammortizzatori sociali riservati ai lavoratori di aziende realmente in crisi;
le industrie farmaceutiche, pur ricorrendo a dismissioni di personale in nessun modo giustificabili, godono di vantaggi secondo l'interrogante inaccettabili a differenza delle aziende che producono o commercializzano farmaci generici e che invece assumono nuovi lavoratori;
l'attività del Ministero del lavoro e delle politiche sociali dell'Associazione delle industrie farmaceutiche non pare tutelare adeguatamente gli informatori scientifici del farmaco e pone dubbi oggettivi sulla reale volontà del Governo di tutelare il lavoro e di contenere la spesa farmaceutica -:
se il Ministero della salute intenda assumere iniziative volte a rivedere i prezzi dei farmaci delle aziende che hanno notevolmente ridotto il personale e abbattuto i costi di produzione;
se si intendano assumere iniziative volte a impedire che le aziende farmaceutiche coinvolte in truffe ai danni del Servizio sanitario nazionale partecipino alle gare per la fornitura dei farmaci alle aziende sanitarie locali e alle aziende ospedaliere;
se si intendano assumere iniziative per quanto di competenza, a tutela degli informatori scientifici del farmaco che si trovino nelle condizioni di cui in premessa.
(4-08311)

Risposta. - In merito ai quesiti posti nell'interrogazione in esame, il Ministero della salute, pur condividendo la rilevanza e la delicatezza dell'argomento, ritiene opportuno evidenziare che le operazioni societarie effettuate dalle aziende farmaceutiche, consistenti nella riduzione del personale impiegato nell'informazione medico-scientifica, non si sostanziano in effetti riconducibili alle competenze istituzionali attribuite a questo Ministero, ma sono ispirate invece da ragioni di natura imprenditoriale.
Né potrebbe sostenersi che alla riduzione del personale possano correlarsi direttamente variazioni (in diminuzione) del prezzo delle specialità medicinali: il prezzo di un farmaco rimborsabile dal servizio sanitario nazionale (Ssn), in ambito di contrattazione negoziale, non comprende infatti il costo che consegue dall'impiego del numero di dipendenti con qualifica di informatore farmaceutico.
In particolare, facendo riferimento ai quesiti posti nell'interrogazione parlamentare, occorre chiarire che il prezzo di un farmaco non è determinato dal solo costo di produzione del medesimo, bensì dal risultato della contrattazione tra parte pubblica e parte privata, in applicazione dei seguenti parametri:
1) rapporto costo/efficacia, qualora il medicinale si dimostri utile per la prevenzione o il trattamento di patologie o di sintomi rilevanti nei confronti dei quali non esista alcuna terapia efficace;
2) rapporto rischio/beneficio rispetto a medicinali già disponibili per la medesima indicazione;
3) costo terapia/die in confronto con prodotti con uguale efficacia;
4) valutazione dell'impatto economico sul sistema sanitario nazionale;
5) quote di mercato/pazienti stimate per il nuovo farmaco;
6) pezzi e consumi nei paesi europei.
Per accedere alla contrattazione, l'azienda interessata deve presentare apposita istanza all'agenzia italiana del farmaco (Aifa), corredata da un dossier nel quale sono indicati gli elementi riassuntivi della specialità medicinale, numerose informazioni tecnico-scientifiche, nonché il prezzo che l'azienda propone al Ssn, ma da nessuno dei dati forniti emerge il costo di produzione del farmaco.
In merito alle iniziative volte ad impedire che le aziende farmaceutiche coinvolte in truffe ai danni del Ssn partecipino alle gare per la fornitura dei farmaci alle aziende sanitarie locali e alle aziende ospedaliere, si segnala che, pur condividendo la rilevanza del delicato argomento sollevato nell'interrogazione, le competenze del Ministero della salute esulano da ogni auspicata iniziativa in tal senso.
Peraltro, eventuali iniziative potrebbero essere introdotte solo nei confronti di imprese che siano state condannate con sentenza passata in giudicato.
Per quanto attiene alle iniziative da assumere a tutela degli informatori scientifici del farmaco, licenziati o a rischio licenziamento, nel ribadire l'estraneità del Ministero della salute rispetto a tali problematiche, occorre ricordare che, in attuazione della legge finanziaria 2006 (articolo 1, commi 313-316 della legge 23 dicembre 2005, n. 266), recante la previsione di interventi finalizzati a favorire nel territorio nazionale investimenti in produzione ricerca e sviluppo, l'Aifa, in qualità di ente regolatorio nazionale operativo nel settore farmaceutico, ha stipulato per il triennio 2007/2009 accordi di programma con numerose industrie farmaceutiche, secondo quanto previsto dal programma decennale di rinnovamento e di stimolo dell'ambiente economico e sociale dell'Unione europea, definito dal Consiglio europeo di Lisbona, utilizzando il valore di stimolo che può essere esercitato dal finanziamento pubblico sulle attività di ricerca e innovazione.
In particolare, i progetti relativi ai citati accordi sono finalizzati alla realizzazione di investimenti che garantiscano incrementi occupazionali, a tempo indeterminato, relativamente al personale addetto alla produzione e ad attività di ricerca e sviluppo.
L'erogazione degli incentivi è soggetta al controllo e alla verifica da parte dell'Aifa

che si è riservata, altresì, la facoltà di revocare il finanziamento nelle ipotesi di gravi inadempienze nella realizzazione dei progetti approvati.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il giorno 5 maggio 2010, l'Agenzia Giornalistica Italia (AGI) diffondeva un comunicato nel quale si dava la notizia della condanna alla pena di un anno di reclusione dell'avvocato Romolo Reboa e condanna al risarcimento delle spese e dei danni nei confronti delle altre parti costituite nel giudizio denominato «Laziogate»;
con l'ordinanza commissariale n. 0362-10 del 14 luglio 2010 il commissario straordinario della Croce rossa italiana, avvocato Francesco Rocca, ha determinato «di affidare all'Avv. Romolo Reboa l'incarico di Revisore dei Conti della Croce Rossa Italiana in rappresentanza dell'Assemblea Nazionale dell'Associazione ai sensi dell'articolo 25 dello Statuto CRI» -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto in premessa e se non ritengano opportuno intervenire con l'urgenza necessaria, affinché l'incarico di revisore dei conti della Croce rossa italiana sia affidato a persona di cristallina moralità e che non abbia riportato condanne in sede penale;
quali siano state le ragioni che hanno condotto il commissario straordinario avvocato Rocca ad affidare l'incarico in premessa all'avvocato Romolo Reboa, già condannato in primo grado alla pena di un anno di reclusione e quale sia il compenso stabilito per detto incarico.
(4-08293)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame sulla base degli elementi pervenuti dalla Croce rossa italiana (Cri).
L'articolo 25 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 maggio 2005, n 97 /statuto Cri) prevede che il collegio dei revisori dei conti della Cri abbia la seguente composizione: «[...] sette membri effettivi, dei quali uno in rappresentanza del Ministero dell'economia e delle finanze con funzioni di presidente, uno in rappresentanza, rispettivamente, del Ministero degli affari esteri, del Ministero della difesa e del Ministero dell'interno, due in rappresentanza del Ministero della salute e uno in
rappresentanza dell'assemblea, tutti scelti tra gli iscritti al registro dei revisori contabili o in possesso dei requisiti previsti dal codice civile per lo svolgimento di tali funzioni, nonché da due membri supplenti, uno scelto dal Ministero della salute e uno dal Ministero dell'economia e delle finanze tra esperti in possesso di specifica competenza [...]».
Essendo scaduto il mandato del precedente collegio dei revisori, si è proceduto con l'insediamento del nuovo collegio e la Cri, come è evidenziato nell'interrogazione in esame, ha nominato quale proprio rappresentante l'avvocato Romolo Reboa, con ordinanza commissariale n. 362/10 del 14 luglio 2010. Egli è stato, dal 2006 al 2010, membro del collegio dei revisori della Cri in rappresentanza del Ministero della salute ed ha sempre svolto il proprio mandato con assoluta indipendenza e professionalità. L'avere già esercitato l'incarico di revisore, ad avviso della Cri fa sì che l'avvocato Reboa abbia una esaustiva conoscenza dell'ente, delle sue peculiarità, della sua specifica articolazione territoriale ed organizzativa, tale da consentirgli di svolgere in maniera più consapevole il proprio mandato. Per questi motivi e al fine di assicurare una continuità rispetto al collegio uscente, il commissario straordinario della Cri ha ritenuto di poter individuare l'avvocato Reboa quale proprio rappresentante nel nuovo collegio.
Con riferimento a quanto ricordato dagli interroganti, la Cri precisa che la sentenza di condanna dell'avvocato Reboa è, allo

stato attuale, non definitiva essendo pendente in appello.
La Cri fa inoltre presente che è in corso di approvazione un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di modifica dell'articolo 25 dello statuto Cri per ridurre da sette a tre i componenti del collegio dei revisori dei conti dell'ente, in ossequio alle disposizioni di contenimento della spesa pubblica introdotte dal decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122.
A seguito della modifica dello statuto, la composizione del collegio sarà limitata a soli tre componenti, di cui uno in rappresentanza del Ministero dell'economia e delle finanze (con funzioni di presidente) e uno, rispettivamente, in rappresentanza del Ministero della salute e di quello della difesa.
Così come previsto dall'articolo 25, ultimo comma, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 maggio 2005, n. 97, il Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, ha proceduto a fissare con decreto interministeriale del 22 novembre 2007) il compenso dovuto ai componenti del collegio dei revisori dei conti nella seguente misura (annuale/lordo):
Presidente del collegio euro 46.000,00;
membro effettivo euro 38.000,00;
membro supplente euro 8.000,00.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il cittadino italiano Carlo Parlanti è stato accusato nel 2002 di reati da parte della magistratura americana e, in occasione di un suo viaggio in Germania, arrestato poiché - senza che lui lo sapesse - era oggetto di mandato di cattura internazionale;
venne pertanto detenuto in Germania per 11 mesi e quindi estradato negli Stati Uniti;
in occasione del processo negli USA, rinunciando a un patteggiamento che lo avrebbe probabilmente fatto liberare in pochissimo tempo e ribadendo la sua estraneità ai fatti contestatigli, veniva però condannato a ben nove anni di reclusione durante un dibattimento che ha lasciato molti dubbi di legittimità ed imparzialità, così come riportato da numerose fonti di stampa italiana e negli ultimi anni da esperti medici e criminologi che hanno stilato relazioni dettagliate anche su illegalità commesse nei confronti del nostro concittadino;
alcune fonti di stampa italiane riportate sul sito dell'associazione prigionieri del silenzio e su altri siti web provano, sulla base di documentazione rilasciata dal tribunale di Ventura, California, luogo in cui il nostro concittadino ha subito il processo, accrediterebbero il fatto che per tentare di produrre documentazione medica a favore dell'accusa sono stati presentati documenti medici che contrastano tra loro e che sembrano prodotti per ingannare i servizi federali americani e far usufruire all'accusatrice del signor Parlanti delle agevolazioni federali destinate alle vittime di violenza e persone inabili al lavoro. Da quanto viene denunciato dall'associazione Prigionieri del silenzio e nel libro pubblicato da Armando Editore e scritto dal professore Vincenzo Mastronardi, sul caso le investigazioni sono state lacunose, se non del tutto assenti, e la dove sono state approfondite sono state omesse rilevazioni che avrebbero impedito la celebrazione del processo con il conseguente rilascio, già nel 2005 del nostro connazionale;
nel libro citato vengono sottolineate illegalità da parte degli enti coinvolti nei confronti del nostro concittadino; l'ostacolo che sovente si è incontrato è stata la mancanza di un avvocato che avesse potere negli Stati Uniti di denunciare queste illegalità e richiedere la convocazione di un grand jury che sembra l'unica soluzione per far ottenere giustizia al nostro connazionale;

Prigionieri del silenzio informa che allo stato attuale il professor Vincenzo Mastronardi e la sua equipe sono ben disposti a poter usare le ormai conoscenze approfondite del caso indicando ad un legale con cui sia scorrevole la comunicazione quali i passi da fare per fare chiarezza nella vicenda Parlanti -:
se si intenda chiedere al Governo americano di fare chiarezza sui fatti su esposti;
se intendano assumere ogni utile iniziativa sul piano diplomatico per verificare le condizioni di salute del nostro connazionale che in maniera poco chiara è stato estradato dall'Europa e per far luce sugli eventuali soprusi perpetrati, come, da quanto si legge sui siti che riguardano il caso, l'omissione e l'affossamento di prove al momento della richiesta di estradizione;
se si abbia intenzione di assumere ogni iniziativa affinché l'innocenza gli esperti autori del libro sul caso abbiano il massimo appoggio per far riconoscere l'innocenza di Carlo Parlanti e richiedere di indagare sui legittimi dubbi che il libro solleva;
se si vorrà favorire a livello consolare la visita della signora Katia Anedda, che da anni è animatrice in Italia dell'opinione pubblica sul caso in esame, al penitenziario dove è detenuto Carlo Parlanti in programma per il 21 ottobre 2010.
(4-09040)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante, nel presente atto parlamentare, si forniscono i seguenti elementi di informazione.
Il signor Carlo Parlanti è stato arrestato in Germania il 6 luglio 2004 sulla base di un mandato di cattura internazionale emesso dalle autorità statunitensi per violenza sessuale nei confronti della cittadina americana Rebecca White ed è stato estradato negli Stati Uniti il 3 giugno 2005. Nell'aprile 2006 è stato condannato a nove anni di reclusione dalla corte di Ventura (California-Los Angeles) e dall'ottobre dello stesso anno è detenuto presso il penitenziario di Avenal (California-San Francisco). Dopo la sentenza di primo grado, il connazionale non ha presentato ricorso in appello (il termine per farlo era di 60 giorni dalla sentenza), ma un ricorso per
resentencing, tendente ad ottenere una revisione dell'entità della pena, che è stato respinto a fine 2007.
La vicenda del signor Parlanti è seguita con la massima attenzione da questo Ministero, in raccordo con l'ambasciata a Washington e i consolati (generali a Los Angeles e a San Francisco.
Nel marzo 2008 l'ambasciata a Washington ha presentato al Dipartimento di Stato americano specifica richiesta affinché il connazionale ricevesse in carcere un trattamento compatibile con le patologie da cui risulta affetto.
Il consolato generale a San Francisco ha effettuato periodiche visite consolari presso il carcere di Avenal al fine di verificare le condizioni di salute del connazionale; è più volte intervenuto presso l'amministrazione carceraria per risolvere specifici problemi, quali il trattamento sanitario o la frequenza delle telefonate, ottenendo riscontri comunque positivi nonostante la rigida regolamentazione penitenziaria americana; ha inoltre erogato sussidi di carattere economico per il pagamento delle spese legali.
Il consolato generale a Los Angeles, competente per gli aspetti giudiziari della vicenda, ha facilitato i contatti con i legali americani.
Grande attenzione viene prestata anche all'azione svolta dalla signora Katia Anedda, da anni impegnata in Italia per mobilitare l'opinione pubblica sul caso in questione.
Il 17 settembre 2010 la signora Anedda è stata ricevuta presso la Farnesina dai funzionari incaricati del caso, cui ha consegnato copia del volume redatto da Vincenzo Mastronardi, Walter Mastroeni e Ascanio Trojani dal titolo «Stupro? Processi perversi. Il caso Parlanti».
Al riguardo si fa presente che questo Ministero mantiene dal febbraio 2010 mese in cui la signora Anedda ha conferito al professor Mastronardi il mandato di «coordinatore

unico dell'intera vicenda processuale», costanti e regolari contatti con quest'ultimo.
Il professor Mastronardi si è ora attivato al fine di individuare un legale americano che, sulla base delle risultanze dell'indagine già svolta ed esposta nel citato volume, identifichi la via giudiziaria percorribile ad ulteriore difesa del connazionale.
La signora Anedda è stata inoltre ricevuta, il 3 novembre 2010, dal console generale d'Italia a Los Angeles che le ha fornito la consulenza necessaria, in particolare circa l'individuazione di avvocati penalisti locali italo-americani cui sottoporre il caso in questione.
La Farnesina continuerà a seguire con la massima attenzione gli sviluppi della vicenda.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

ZACCHERA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
sono note le difficoltà economiche attraversate dal Paese e dalla necessità di contenimento dei costi pubblici
è peraltro doveroso sottolineare che in numerose parti del mondo le nostre sedi diplomatiche necessiterebbero di lavori di ristrutturazione, ammodernamento od anche solo di straordinaria manutenzione, lavori che non si possono effettuare - o vengono svolti in maniera ridotta - stante le note difficoltà economiche e di bilancio;
in passato, però alcuni complessi immobiliari di proprietà demaniale e siti all'estero, già a suo tempo utilizzati come sedi diplomatiche ed oggi inutilizzate non risultano essere state vendute e/o cedute a terzi per timore da parte del Ministero degli affari esteri che le somme così introitate non verrebbero automaticamente trasferite al predetto Ministero, facendo venir meno quindi un introito straordinario che molto opportunamente potrebbe invece essere destinato al miglioramento del patrimonio immobiliare effettivamente utilizzato all'estero -:
se non si ritenga necessario operare, di concerto con il Ministero degli affari esteri, per un esame delle proprietà italiane all'estero, avviando un concordato piano di dismissioni ma privilegiando l'utilizzo delle somme così introitate per il mantenimento delle sedi diplomatiche all'estero.
(4-09572)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nella presente interrogazione si forniscono i seguenti elementi di informazione.
Il patrimonio immobiliare in uso al Ministero degli affari esteri e ubicato all'estero è una preziosa risorsa per lo Stato, in quanto consente di garantire la presenza dell'Italia nel consesso internazionale, accresce l'economia del Paese e contribuisce indirettamente alla produzione di entrate per il bilancio nazionale.
Una così importante risorsa necessita di continua cura e manutenzione, e tuttavia i competenti capitoli di spesa (7245 e 7246), non sono stati più rifinanziati dal 2004, da quando cioè ha cessato i suoi effetti la legge n. 477 del 1998 che, con uno stanziamento settennale di 150 miliardi delle vecchie lire, ha consentito all'amministrazione di realizzare importanti interventi sul patrimonio.
Inoltre, dall'entrata in vigore della legge finanziaria 2006 (che all'articolo 1 comma 5 stabilisce che dal «2006 i proventi derivanti da dismissioni o alienazioni del patrimonio sono destinati a riduzione a debito»), non è stato più possibile reintroitare sui capitoli in conto capitale i fondi derivanti da eventuali vendite di immobili non più utilizzati, come invece previsto in precedenza da altra norma di legge (legge 3 febbraio 1979 n. 34 «Vendita o permuta di immobili demaniali all'estero, acquisto e costruzione di immobili per le rappresentanze diplomatiche ed uffici consolari» articolo 3: possibilità di reintroito da vendita e da conguagli attivi da permuta su apposito capitolo bilancio dello Stato-MAE).
Una possibilità di recuperare fondi da finalizzare ad interventi sul patrimonio è

stata individuata mediante l'applicazione di quanto disposto dalla legge finanziaria 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296 - articolo 1 commi 1311 e seguenti), che ha previsto la possibilità di destinare al patrimonio una quota non inferiore al 30 per cento degli introiti derivanti da un piano di dismissioni di immobili non più utilizzati a fini istituzionali.
Tale piano è stato tempestivamente portato a termine congiuntamente con l'agenzia del demanio nel primo semestre del 2007 ed è in corso di attuazione.
Sono stati infatti emessi tre successivi decreti del Ministro degli affari esteri con i quali sono stati individuati i primi 22 immobili da dismettere.
Nel corso del 2010, 4 immobili sono già stati alienati e si sta procedendo con gli altri, avendo prima definito le procedure sia all'interno della Amministrazione stessa, con l'acquisizione del dovuto parere in proposito della commissione immobili del Ministero degli affari esteri di cui all'articolo 80 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1997, sia con le amministrazioni esterne coinvolte nel procedimento, in particolare l'agenzia del demanio stesso e da ultimo la direzione generale che si occupa della valorizzazione del patrimonio del dipartimento del tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze.
È altresì in procinto di essere varato un quarto decreto di dismissione immobili con il quale si continua l'attività di alienazione del patrimonio immobiliare all'estero non più utilizzato.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
le recenti decisioni di politica economica e la conseguente riduzione degli stanziamenti a favore del Ministero degli affari esteri per il 2011 compromettono anche le iniziative a favore delle nostre comunità all'estero;
negli anni scorsi in alcuni Paesi dell'America del Sud erano state avviate opportune iniziative tese a dare una copertura assicurativa medica a quegli italiani in cattive condizioni economiche e residenti in aree e Paesi spesso senza un'organizzazione sanitaria pubblica adeguata -:
alla luce delle predette riduzioni, quali saranno le attività che potranno essere svolte nel 2011 a favore delle nostre comunità sudamericane in particolare difficoltà economica.
(4-09669)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nella presente interrogazione si forniscono i seguenti elementi di informazione.
Con l'entrata in vigore della riforma sull'autonomia gestionale e finanziaria delle sedi, i fondi del bilancio del Ministero degli esteri per l'assistenza diretta a favore dei connazionali indigenti all'estero, sono confluiti nel capitolo 1613 «Dotazioni finanziarie per le rappresentanze diplomatiche ed uffici consolari di prima categoria».
Lo stanziamento disposto per il 2011 quale quota del capitolo 1613 per attività di assistenza ai connazionali ha subìto una decurtazione del 23,46 per cento rispetto a quanto assegnato nel 2010 per la medesima finalità.
Ciò premesso, questo Ministero ha provveduto all'assegnazione dei fondi alle singole rappresentanze diplomatico-consolari nei limiti delle risorse disponibili, e a seguito di un'attenta valutazione delle esigenze da queste rappresentate. Nel contempo gli uffici all'estero sono stati invitati a porre in essere ogni iniziativa utile ad ottimizzare l'impiego dei fondi assegnati, con particolare riguardo alla ricerca di soluzioni in grado di soddisfare le esigenze della collettività residente interagendo prioritariamente - ove possibile - con i sistemi locali di sicurezza e previdenza sociale.
Al fine di assicurare ai connazionali indigenti residenti in America Latina forme di assistenza sanitaria alternative alle convenzioni sanitarie, sono state intraprese le seguenti iniziative: attività di assistenza e consulenza affinché i connazionali possano accedere - ove possibile - al sistema

sanitario pubblico locale (con l'eventuale supporto di assistenti sociali mediante stipula di appositi atti di cottimo) e coinvolgimento di comites, enti ed associazioni di connazionali per il disbrigo delle pratiche necessarie; stipula di atti di cottimo con strutture ospedaliere locali; erogazione di sussidi straordinari per gli indigenti che vivono in luoghi remoti in circoscrizioni consolari particolarmente estese; stipula di apposite convenzioni per fornitura agevolata dei farmaci agli indigenti con catene di farmacie presenti su tutto il territorio; rinnovo degli atti di cottimo già in essere con le case di cura geriatriche; e altri interventi mirati laddove le iniziative di cui sopra non fossero in grado di garantire uno standard di assistenza adeguato.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
due giornalisti olandesi molto noti e che conoscono bene la situazione italiana, Ann Brandergen e Martin Simek, hanno recentemente pubblicato un libro sull'Italia ed in particolare sulla sua situazione politica dal titolo «Berlusconi, una leadership moderna»;
il libro ha ottenuto un buon successo editoriale ed ampio spazio di recensione sui media olandesi e in diverse TV;
gli autori hanno richiesto di poter predisporre un comunicato-stampa per comunicare del proprio libro anche in Italia e si sono quindi rivolti al nostro Istituto italiano di cultura di Amsterdam;
la persona contattata è stata la signora Silvia Terribili che si occupa di corsi di lingua e manifestazioni culturali;
come la stessa autrice Ann Brandergen ha poi dato notizia a livello nazionale olandese - sollevando un vivace caso politico - successivamente la nostra addetta si è rivolta a lei tramite mail esprimendo pesantissimi giudizi sul Presidente del Consiglio italiano, onorevole Berlusconi, cori frasi del tipo «sinceramente mi vengono i nervi per il tono frivolo con cui si parla di questo uomo-disastro» «un personaggio creato dalla TV, senza la Tv sarebbe un venditore di padelle qualsiasi» «Silvio Berlusconi è l'uomo parafulmine che fa comodo ai poteri forti, alle mafie, alle congreghe, alle massonerie, che lo tengono costantemente sotto scacco e si fanno tranquilli i propri affari...» Tutte frasi poi pubblicate sui media olandesi, con grave discredito sia del premier italiano ma soprattutto perché erano state espresse da un dipendente dello Stato -:
se quanto sopra risponda al vero e se al Ministero degli affari esteri si sia stati informati del clamore suscitato in Olanda dalla successiva pubblicazione da parte dell'autrice del libro della corrispondenza avuta con la dipendente dell'Istituto di cultura, signora Silvia Terribili;
quali iniziative abbia assunto il Ministro nei confronti della dipendente pubblica, signora Silvia Terribili, che ad avviso dell'interrogante confonde le proprie opinioni politiche personali con il suo ruolo pubblico di pubblico funzionario.
(4-10013)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nella presente interrogazione, si forniscono i seguenti elementi di informazione.
Come ricordato dall'interrogante,
Il Corriere della Sera e Il Giornale hanno recentemente pubblicato articoli in cui vengono riportati giudizi offensivi sul Presidente del Consiglio dei ministri che la signora Silvia Terribili - impiegata a contratto presso l'istituto italiano di cultura ad Amsterdam - avrebbe espresso in comunicazioni email dirette a giornalisti olandesi.
La Farnesina si è subito attivata interessando della vicenda il nostro ambasciatore all'Aja, che ha acquisito e trasmesso a questo Ministero una relazione sull'accaduto predisposta dal direttore dell'istituto di cultura ad Amsterdam.
Dalla relazione emerge che - a fronte dei rilievi mossi all'impiegata - quest'ultima ha affermato il suo diritto a svolgere

in privato attività politica e ha sottolineato di aver utilizzato nei suoi contatti con i giornalisti olandesi la propria posta elettronica privata, senza peraltro volersi esprimere sul contenuto della corrispondenza via email pubblicata dagli articoli stampa.
Sulla base di quanto previsto dalla normativa in tema di doveri dell'impiegato e ritenendo la condotta della signora Terribili lesiva a tale riguardo, il responsabile dell'istituto di cultura di Amsterdam le ha inviato una lettera ufficiale di deplorazione. La signora Terribili è stata, in particolare, richiamata alle sue responsabilità di dipendente pubblico e all'obbligo di mantenere un comportamento professionale e privato consono al prestigio ed alla dignità della sede di servizio all'estero, uniformandosi con particolare scrupolo a tale principio nei contatti con interlocutori esterni. L'utilizzo di un mezzo privato non esimeva in alcun modo, infatti, la dipendente in questione dai doveri di riservatezza e rispetto delle istituzioni, essendo il suo messaggio destinato ad un interlocutore esterno che si era rivolto a lei non a titolo personale, ma in quanto funzionaria dell'istituto italiano di cultura.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
più volte l'interrogante - già dalla precedente legislatura - ha avuto modo di occuparsi del detenuto italiano negli USA signor Carlo Parlanti, che ha avuto modo di personalmente visitare anche nell'istituto penitenziario californiano dove è detenuto;
è noto che le autorità consolari di San Francisco e Los Angeles (aree rispettivamente di detenzione e condanna) si sono innumerevoli volte interessate del caso Parlanti;
si apprende che il detenuto è stato recentemente trasferito in una nuova struttura pur sempre nello stesso carcere di detenzione;
si sono moltiplicati sul «caso Parlanti» libri, appelli, interventi di associazioni, e altro tutti tesi a dimostrare l'iniquità di come si sia giunti alla condanna del nostro connazionale -:
se - anche alla luce di questi fatti più recenti - siano stati avviati o proseguiti contatti con le autorità USA al fine di meglio valutare la posizione processuale del detenuto;
se prosegua l'interessamento consolare a Carlo Parlanti e quali siano le attuali condizioni del condannato.
(4-10355)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare, si forniscono i seguenti elementi di informazione.
Il signor Parlanti è stato condannato a nove anni di reclusione nell'aprile 2006 dalla corte di Ventura (Los Angeles - California) e dall'ottobre dello stesso anno è detenuto presso il penitenziario di Avenal (San Francisco - California).
Il Ministero degli Affari esteri ha sempre seguito con attenzione la vicenda in raccordo con l'ambasciata a Washington e con i consolati generali a Los Angeles e a San Francisco.
In particolare, il consolato generale a San Francisco ha effettuato periodiche visite consolari presso il carcere di Avenal (l'ultima è avvenuta il 15 settembre del 2010) al fine di verificare le condizioni di salute del connazionale; è più volte intervenuto presso l'amministrazione carceraria al fine di risolvere specifici problemi quali il trattamento sanitario o la frequenza delle telefonate, ha erogato sussidi per il pagamento delle spese legali e per l'acquisto di generi di conforto per un totale di oltre 20.000 dollari (da ultimo, a dicembre 2010 il connazionale ha ricevuto un sussidio di 200 dollari).
Le condizioni di salute del Signor Parlanti sono tendenzialmente stabili. Come noto, egli soffre di epatite C e asma, e in misura minore di sciatica e piorrea. Il consolato generale a San Francisco ha richiamato più volte l'attenzione del capo

dei servizi medici del carcere di Avenal sullo stato di salute del connazionale, ricevendo l'assicurazione che, pur in un quadro di riduzione delle prestazioni sanitarie specialistiche per i detenuti, la situazione clinica del signor Parlanti continuerà ad essere monitorata e l'assistenza ambulatoria sarà sempre assicurata.
Il consolato generale a Los Angeles, competente per gli aspetti giudiziari della vicenda, si è adoperato per facilitare i contatti con i legali americani. Infatti, il Signor Parlanti ha da qualche tempo revocato il mandato al proprio avvocato; attualmente, non ha alcun rappresentante legale negli Stati Uniti e non ha avviato alcun, procedimento teso alla revisione della sentenza di condanna inflittagli.
Inoltre si fa presente che questo Ministero mantiene dal febbraio 2010, costanti e regolari contatti con il Professor Mastronardi il quale, negli scorsi mesi, ha ricostruito l'intensa vicenda giudiziaria del signor Parlanti e si è attivato al fine di individuare un legale americano che, sulla base delle risultanze dell'indagine già svolta identifichi la via giudiziaria percorribile ad ulteriore difesa del connazionale.
Il Ministero degli esteri continuerà a seguire con la necessaria attenzione gli sviluppi della vicenda in raccordo con le rappresentanze diplomatico-consolari competenti.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

ZAMPARUTTI, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il WWF informa che per quanto riguarda la centrale nucleare del Garigliano, i cui lavori iniziarono nel 1959 e finirono nel 1964, già nel 1963 si registrò il primo di una lunga serie di incidenti e/o malfunzionamenti più o meno gravi;
per l'esattezza gli incidenti di rilievo furono 18 fino al 1982, ma solo nel novembre del 1980 ci fu la prima segnalazione ufficiale ai comuni limitrofi delle province di Caserta e Latina di un incidente dovuto alle infiltrazioni di acqua di falda nei sotterranei della centrale dove c'erano i contenitori di stoccaggio delle resine provenienti dal sistema di purificazione delle acque del reattore della centrale;
l'incidente provocò la fuoriuscita di ingenti quantità di materiale radioattivo (in particolare cesio 137, cesio 134 e cobalto 60). Qualche giorno dopo l'incidente si registrò la morte di 25 bufale che avevano pascolato in aree sommerse dal fiume e la moria di grossi pesci lungo il tratto di mare ove sfocia il fiume Garigliano;
casi simili a questo, oggetto di studi scientifici, sono innumerevoli come i casi di malformazioni fetali di piante, animali ed esseri umani e di tumori ed altre patologie direttamente riconducibili all'inquinamento radioattivo, nella zona di Sessa Aurunca, Castelforte, Minturno e negli altri comuni vicini -:
se quanto sopra riferito sia vero;
se e come i Ministri interrogati intendano operare affinché la Sogin - l'ente proprietario dell'impianto e che dovrebbe occuparsi della sua dismissione - renda pubblici i dati attuali sulla presenza delle scorie radioattive stoccate presso la centrale;
in che modo intendano coinvolgere la popolazione locale e assicurare che tale impresa sia esente da qualsiasi rischio per la salute dell'essere umano, di tutte le altre forme di vita presenti e dell'ambiente.
(4-05721)

Risposta. - In merito alla disattivazione dell'impianto nucleare del Garigliano si osserva preliminarmente che, a fronte di una diffusa preoccupazione da parte dei cittadini, che talvolta ha raggiunto accenti di vera e propria tensione sociale, non sussistono evidenze epidemiologiche di alcun tipo che portino a ipotizzare l'esistenza

di rischi per la popolazione. Tali risultati, espressi dai vari studi condotti nel corso negli anni dall'agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile, dall'osservatorio epidemiologico della regione Lazio e, più recentemente dall'università Federico II di Napoli, sono regolarmente sostenuti dai risultati delle reti di sorveglianza ambientale, che in nessun caso hanno evidenziato contaminazioni o fughe di radioattività.
È pertanto possibile concludere che l'impianto del Garigliano non ha mai prodotto danni sanitari o ambientali di alcun tipo. Ciò è anche dovuto all'impegno e alla competenza dei tecnici dei numerosi enti e istituzioni che, come prevede la legge, contribuiscono al mantenimento di un sistema nazionale di protezione dai rischi delle radiazioni ionizzanti fra i più rigorosi al mondo.
Ai fini della radioprotezione dei lavoratori e del pubblico, tutte le operazioni all'interno dei siti nucleari devono infatti rispettare le disposizioni del decreto legislativo 17 marzo del 1995, n. 230 e successive modifiche. Ciò implica un complesso e particolareggiato
iter di autorizzazioni, che vede coinvolti vari Ministeri, amministrazioni locali e strutture di controllo (agenzia regionale per la protezione dell'ambiente ed azienda sanitaria locale, organi tecnici nazionali come istituto superiore di sanità, istituto superiore prevenzione e sicurezza sul lavoro ed istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, e tali provvedimenti sono volti a porre in atto anche importanti funzioni di controllo e ai vigilanza.
Per le operazioni all'interno degli impianti nucleari ci si deve, inoltre, avvalere dei pareri della commissione tecnica per la sicurezza nucleare e la protezione sanitaria dalle radiazioni ionizzanti di cui all'articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 230 del 1995, alla quale il Ministero della salute partecipa attivamente.
Sulla base della normativa citata, tutte le operazioni devono essere preventivamente analizzate e autorizzate dal «sistema nazionale» suddetto e devono soddisfare a priori i criteri di sicurezza estremamente stringenti previsti dalla normativa vigente.
Nello specifico, si riportano di seguito gli elementi pervenuti dalla prefettura - ufficio territoriale del Governo di Latina.
L'agenzia regionale per la protezione dell'ambiente di Latina, interessata al riguardo dalla citata prefettura, ha comunicato di non possedere informazioni circa gli incidenti avvenuti presso la centrale nucleare del Garigliano, in quanto il proprio laboratorio di igiene e profilassi non risulta eseguisse, all'epoca dei fatti (1980-1982), rilievi ambientali riguardanti le matrici e la tipologia di eventi di tale specie.
Parimenti, la medesima agenzia regionale ha comunicato di non conoscere l'esistenza di studi scientifici prodotti - per le zone di Sessa Aurunca, Castelforte e Minturno - su anomalie genetiche riguardanti piante ed animali o l'incidenza di tumori ed altre patologie direttamente riconducibili all'inquinamento radioattivo.
L'agenzia regionale per la protezione dell'ambiente Lazio ha comunque predisposto, su disposizione della regione Lazio, programmi di monitoraggio intorno alle due centrali nucleari presenti nel territorio provinciale o confinanti con esso, già avviati per quella di borgo Sabotino ed in via di inizio per quella del Garigliano, essendo in attesa della realizzazione dei nuovi laboratori che, entro sei mesi, saranno completati e consentiranno in tal modo di aumentare significativamente il numero dei campionamenti ambientali effettuabili.
La prefettura citata fa infine presente che l'azienda sanitaria locale di Latina ha comunicato di non avere rinvenuto, né agli atti della sede centrale né di quelle periferiche, documentazione riguardante gli elementi segnalati nell'interrogazione parlamentare in oggetto.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al

Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in un articolo apparso sul quotidiano Il Secolo XIX del 14 aprile 2007 veniva riportata, tra le novità relative ai nuovi lavori annunciati dall'amministratore delegato di Costa Edutainment Giuseppe Costa, la costruzione di «una nuova vasca collocata prima della nave Italia in grado di dare una casa a 15 nuovi ospiti», ossia delfini, nell'Acquario di Genova;
la detenzione dei delfini è stata più volte criticata sia dalle associazioni di protezione degli animali che da esponenti del mondo accademico;
l'ENPA, Ente Nazionale Protezione Animali, ha recentemente denunciato sia l'arrivo di altri 15 delfini da detenere in una vasca-corridoio di 70x20 metri, che la probabile provenienza da un noto delfinario belga facente parte di una altrettanto nota multinazionale del divertimento spagnola al centro di diffuse critiche a livello europeo;
l'Acquario di Genova solo dopo la denuncia di ENPA ha deciso di rettificare la notizia ridimensionando il numero dei delfini e dichiarando, in un articolo apparso sul Secolo XIX del 21 ottobre 2008, che i cetacei verranno prelevati in non meglio specificate «buone strutture dove gli animali vivono in ambienti controllati»;
la detenzione degli animali, ancorché se per fini spettacolari ed i delfinari in particolare, suscita numerose critiche anche a causa dei risvolti educativi così come evidenziato finanche in un recente appello firmato da oltre 600 psicologi, tra cui eminenti esponenti del mondo accademico italiano; per quanto sopra esposto deve ritenersi essenziale che le strutture della cattività forniscano, nella maniera più dettagliata possibile, le informazioni sugli animali ad iniziare sui luoghi di provenienza -:
se sia stata comunicato al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, tramite le diramazioni competenti dei Servizi Cites, ogni informazione fornita sui delfini che saranno reclusi nella nuova vasca che l'Acquario di Genova ha intenzione di inaugurare nel 2010;
se sia stata comunicata al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, tramite l'autorità scientifica competente ogni informazione sui nuovi delfini relativi alla futura vasca genovese sia per gli obblighi derivanti nel caso di importazione di cetacei di cattura appartenenti a specie considerate in appendice II della Convenzione di Washington e Regolamenti comunità europea, che per gli obblighi di legge conseguenti all'applicazione dell'articolo 2 del decreto ministeriale n. 468 del 6 dicembre 2001.
(4-08741)

Risposta. - L'interrogazione concerne l'allocazione di alcuni delfini in vasche di nuova costruzione presso l'acquario di Genova nel corso del corrente anno.
Al riguardo, mi preme anzitutto evidenziare che la gara per la
«Progettazione esecutiva ed esecuzione di lavori di realizzazione vasca delfini» aggiudicata il 14 settembre del 2010 con determinazione dirigenziale del comune di Genova - direzione nuove e grandi opere - settore interventi complessi ed edifici di pregio, prevede, quale data di completamento, il 15 marzo del 2012.
Allo stato attuale, i lavori di realizzazione della vasca non sono ancora iniziati e, pertanto, appare poco probabile che il suo completamento avvenga entro il corrente anno. In ogni caso, non vi è stato alcun trasferimento di esemplari provenienti da altre strutture.
Ciò premesso, ritengo opportuno sottolineare che il progetto che si è aggiudicato la gara è in linea con la vigente normativa.
In particolare la vasca, progettata «a cielo aperto» con l'utilizzo di acqua di mare adeguatamente filtrata, è predisposta per l'eventuale clorazione in caso di emergenza veterinaria. Essa può contenere fino a 4.840 metri cubi, per una superficie di 911 metri quadri, ed ha una profondità variabile da 2,5 metri (nella vasca così detta «medica»)

fino a 7 metri nel settore principale. In base a tali parametri, tenendo conto dei criteri stabiliti dal decreto ministeriale n. 478 del 2005 relativamente alla superficie minima disponibile, il numero degli esemplari ospitabili è pari a 9.
Colgo l'occasione per rappresentare che nel corso di ispezioni già condotte presso l'acquario di Genova, ai sensi del decreto legislativo n. 73 del 2005, non sono state rilevate criticità gestionali in relazione alla vasca già esistente.
Assicuro fin d'ora che la mia Amministrazione, d'intesa con il Ministero dell'ambiente, svolgerà la dovuta vigilanza sul rispetto delle prescrizioni di cui al citato decreto ministeriale n. 468 del 2001 e in ordine al puntuale rispetto dei regolamenti comunitari attuativi della
convention on international trade in endangered species.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Giancarlo Galan.

ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nella notte tra il 7 e l'8 ottobre 2010, nel comune di Barano d'Ischia, nell'isola di Ischia, in provincia di Napoli, due guardie venatorie volontarie della LIPU - BirdLife Italia, associazione che da oltre quarant'anni è impegnata in attività di volontariato per la tutela della natura, sono state violentemente aggredite da un gruppo di sei bracconieri;
l'aggressione, da parte dei bracconieri, è avvenuta in seguito al sequestro, da parte delle due guardie LIPU, di un richiamo elettromagnetico per uccelli, vietato dalla legge, ed è stata particolarmente cruenta, provocando varie ferite alle vittime. Alle guardie veniva inoltre strappata una borsa contenente il richiamo sequestrato e alcuni effetti personali;
le guardie volontarie, dopo essere riuscite a liberarsi e rifugiarsi in un locale pubblico, da cui avvertivano la polizia di Stato e richiedevano l'intervento di un'ambulanza, venivano trasportate all'ospedale Rizzoli, dove i medici riscontravano ferite guaribili in 7 giorni;
la situazione del bracconaggio nell'isola di Ischia sta raggiungendo livelli di vero allarme, sia per il danno alla fauna selvatica protetta che continua a perpetrarsi intensamente sia per i rischi corsi da chi cerca di far rispettare la legge e contrastare questo esecrabile fenomeno;
più in generale, il fenomeno del bracconaggio, attenuato in alcune parti del Paese proprio grazie alla decennale azione antibracconaggio della LIPU e di altre organizzazioni di volontariato, oltre che naturalmente all'azione delle forze dell'ordine, rappresenta ancora una grave piaga ambientale, con danni ingenti inferti al patrimonio dello Stato rappresentato dalla fauna selvatica e alla stessa immagine dell'Italia;
un nuovo ennesimo grave episodio si è verificato nei giorni scorsi presso il lago d'Iseo, in Lombardia, dove un ispettore del Corpo forestale dello Stato, anche egli nell'atto di sequestrare mezzi di caccia vietati, è stato aggredito da un bracconiere;
le risorse e l'impegno dello Stato verso la lotta al bracconaggio sono ormai palesemente inadeguati e insufficienti, laddove servirebbe un incremento dei medesimi e, ad esempio, una più massiccia e strutturata presenza di forze dell'ordine specializzate nelle aree maggiormente soggette al fenomeno;
sempre maggiori sono i rischi per chi si adopera, spesso con lo spirito di chi pratica volontariato, nelle azioni di antibracconaggio e dunque per la tutela della natura e il rispetto della legalità, come dimostrano gli episodi che in varie parti d'Italia si susseguono -:
quali iniziative, in base alle rispettive competenze, intendano adottare per contrastare il fenomeno del bracconaggio nell'isola d'Ischia, anche alla luce del grave episodio esposto;

quali iniziative, anche immediate, intendano assumere per affrontare con maggior vigore e sistematicità, al fine di ridurlo e debellarlo, il fenomeno del bracconaggio, anche considerando che il 2010 è l'anno internazionale della biodiversità e che inoltre dalla stessa Unione europea giungono forti richieste, tra cui la direttiva sul diritto penale applicato alla tutela dell'ambiente;
quali iniziative, anche di carattere normativo, intendano adottare per garantire una maggiore sicurezza alle guardie volontarie delle associazioni ambientaliste impegnate nella lotta al bracconaggio e nella tutela del patrimonio indisponibile dello Stato.
(4-09018)

Risposta. - L'interrogazione in esame riguarda il fenomeno del bracconaggio nell'isola d'Ischia e le relative iniziative per ridurlo o debellarlo.
Al riguardo, mi preme anzitutto evidenziare che il
corpo forestale dello Stato è particolarmente impegnato a difendere la fauna selvatica e gli habitat naturali, nonché ad attuare le più efficaci iniziative di contrasto e repressione di tutte le forme di bracconaggio, in conformità alla normativa nazionale e comunitaria di riferimento.
L'attività di controllo si estrinseca sia attraverso l'azione quotidiana delle strutture operative dislocate sull'intero territorio nazionale (comandi stazione, coordinamenti territoriali per l'ambiente, uffici territoriali per la biodiversità, eccetera), sia attraverso la realizzazione, da parte del personale forestale altamente qualificato appartenente al
nucleo operativo antibracconaggio (Noa), di specifiche operazioni antibracconaggio a carattere nazionale, effettuate nei luoghi di maggiore concentrazione dell'avifauna e di elevata presenza di bracconieri.
A titolo esemplificativo, per meglio evidenziare il costante impegno profuso dal
corpo forestale dello Stato (attraverso le sue articolazioni territoriali) nel contrasto agli illeciti nei settore venatorio (caccia, antibracconaggio, tassidermia, controllo armi), vorrei evidenziare che solo nel 2009 sono stati eseguiti quasi 70.000 controlli che hanno portato, tra l'altro, al sequestro di oltre 3.500 attrezzi da caccia vietati.
Dall'esame dei dati emerge, quindi, che l'illecito penale più ricorrente è proprio l'esercizio venatorio con mezzi non consentiti. Violazione, questa, accertata, dalle guardie venatorie della lega italiana protezione uccelli oggetto della violenta aggressione rappresentata nell'interrogazione in parola.
Per quanto attiene più specificatamente all'attività di controllo posta in essere sull'isola d'Ischia, evidenzio che il Cfs è presente con il comando stazione di Casamicciola Terme che, pur competente su una giurisdizione territoriale assai vasta costituita da ben 7 comuni (Casamicciola Terme, Barano, Forio, Ischia, Lacco Ameno, Serrara Fontana e Procida) conta, al momento, di 4 elementi.
Nonostante l'esiguità di personale, il predetto comando effettua ogni anno opportuni controlli mirati al contrasto delle violazioni in materia venatoria. Faccio inoltre presente che, in ausilio alla struttura territoriale del corpo forestale dello Stato presente sull'isola (anche a seguito di alcune segnalazioni di attività illecita praticata in periodo di divieto dell'attività venatoria), nel mese di aprile degli anni 2007, 2008 e 2009, il
nucleo operativo antibracconaggio messo in atto una serie di controlli ulteriori che hanno portato alla denuncia di alcuni soggetti all'autorità giudiziaria per violazione alla specifica normativa venatoria e ai sequestro delle armi utilizzate.
Per quanto concerne le ulteriori iniziative per contrastare il fenomeno del bracconaggio evidenzio che, compatibilmente con le esigue risorse finanziare, il
corpo forestale dello Stato provvederà a rafforzare i servizi sull'isola mediante l'eventuale aggregazione di personale proveniente dal comando provinciale di Napoli e predisponendo nuovi servizi anche da parte del nucleo operativo antibracconaggio.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Giancarlo Galan.

ZAZZERA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
con la riforma dell'istruzione secondaria di II grado, il Governo ha istituito i nuovi licei musicali, eliminato la disciplina di educazione musicale da tutti gli istituti superiori;
i nuovi licei tuttavia, essendo poco numerosi, non sono sufficienti a garantire stabilità lavorativa per i docenti di educazione musicale inseriti nella classe di concorso 31/A;
pertanto, tali docenti non hanno più prospettiva di incarico né di passaggio in ruolo e neppure possono utilizzare i punteggi accumulati durante il lungo periodo di precariato;
le note ministeriali di riordino non sembra abbiano né risolto né chiarito il problema. Vi sarebbero inoltre alcune contraddizioni, considerato che si consente ad alcuni docenti, senza essere in esubero, né perdenti posto o soprannumerari, ma che occupano una cattedra di 18 ore, di tenere una cattedra alla secondaria di I grado e una nel liceo musicale di nuova istituzione;
se così fosse, si autorizzerebbero docenti in possesso della sola licenza media e del diploma di strumento musicale, ad insegnare nei licei di II grado, minando così la qualità stessa dell'insegnamento;
mentre dunque i docenti della classe di concorso 31/A si trovano in grave condizione di incertezza lavorativa, altri insegnanti, pur occupando già cattedre, ricoprirebbero doppi incarichi, creando disagi a livello organizzativo-didattico e amministrativo-contabile -:
se quanto riportato in premessa corrisponda al vero;
in caso affermativo, quali iniziative il Ministro intenda assumere per sanare la condizione di precarietà dei docenti di educazione musicale inseriti nella classe di concorso 31/A.
(4-09227)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, con la quale l'interrogante rileva l'opportunità di intervenire sulla situazione dei docenti di educazione musicale inseriti nella classe di concorso 31/A a seguito della riforma degli istituti di istruzione secondaria di II grado.
Al riguardo si fa presente che l'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, nel recare disposizioni in materia di organizzazione scolastica, ha tra l'altro previsto la razionalizzazione e l'accorpamento delle classi di concorso per consentire una maggiore flessibilità nell'utilizzo dei docenti.
Il regolamento applicativo sta seguendo l'
iter relativo alla sua adozione. Pertanto per l'anno scolastico 2010-2011 la costituzione degli organici e le conseguenti operazioni di mobilità sono state effettuate sulle attuali classi di concorso, opportunamente integrate e modificate con le discipline e gli ambiti disciplinari relativi al primo anno di corso degli istituti di secondo grado interessati al riordino.
In questa fase di riforma gli insegnamenti che trovano confluenza in più classi di concorso devono essere trattati come insegnamenti «atipici», la cui assegnazione alle classi di concorso mira prioritariamente a salvaguardare la titolarità dei docenti presenti nell'istituzione scolastica, l'ottimale determinazione delle classi e la continuità didattica.
L'Amministrazione ha gestito l'attuale fase transitoria predisponendo tabelle comparative che, pur avendo esclusivamente natura dichiarativa, consentono ai dirigenti scolastici e al personale interessato di avere certezze sulle modalità di confluenza.
Questa attività è stata affiancata dall'emanazione di molteplici atti e circolari esplicative, con i quali sono state fornite puntuali indicazioni in relazione alle singole operazioni propedeutiche all'avvio dell'anno scolastico.
Tra i più rilevanti si richiama la nota protocollo n. 5358 del 25 maggio 2010, ed i relativi allegati, con cui si stabiliscono i requisiti di accesso alle discipline, ivi compresi quelli provenienti dall'insegnamento

della classe di concorso 31/A e dagli insegnamenti ad essa correlati.
La circolare protocollo n. 6747 del 15 luglio 2010 ha fornito indicazioni in merito al contratto collettivo nazionale integrativo concernente le utilizzazioni e le assegnazioni provvisorie per il personale docente, educativo ed ausiliari tecnici amministrativi per l'anno scolastico 2010/2011, specificando che per i docenti in questione il servizio valutabile ai sensi della tabella relativa al piano di studi del liceo musicale è esclusivamente quello prestato per l'insegnamento dello strumento musicale negli istituti magistrali fino al termine del loro funzionamento o quello prestato nei corsi di qualunque tipologia nella scuola secondaria di II grado, sia su posto orario che su progetto ai sensi della legge n. 440 del 1997.
Con nota protocollo n. 7521 del 08 agosto 2010 sono state puntualizzate le modalità di conferimento delle supplenze al personale scolastico nei licei musicali e coreutici per l'anno scolastico 2010/2011 con contratti a tempo determinato su eventuali posti e/o spezzoni orari disponibili e, con nota protocollo n. 7669 del 23 agosto 2010, le modalità di conferma, con priorità assoluta in attesa di costituzione delle classi di concorso specifiche, del personale impiegato nell'anno scolastico 2009/2010 esclusivamente negli istituti dove erano già attivate le sperimentazioni di ordinamento di liceo musicale.
Gli atti richiamati, per quanto relativi ad una disciplina transitoria, consentono di salvaguardare e contemperare le esigenze del singolo docente e dell'amministrazione. Per questi motivi è possibile sostituire alcune ore di insegnamento di scuola secondaria di I grado con alcune del liceo musicale.
L'articolato quadro normativo e la necessità di definire le procedure di reclutamento e di valutazione dei titoli utili per l'accesso all'insegnamento delle discipline caratterizzanti il liceo musicale hanno portato alla costituzione di un gruppo di lavoro presso la direzione generale per il personale scolastico con il compito di accompagnare adeguatamente la fase di transizione tra il vecchio ed il nuovo ordinamento.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.