XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 5 aprile 2011

TESTO AGGIORNATO AL 22 GIUGNO 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:

La XIII Commissione,
premesso che:
il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha finanziato, nell'anno 2010, un progetto biennale per debellare la più terribile delle malattie dell'actinidia, il cancro batterico causato da Pseudomonas syringae pv. Actinidiae; nel progetto era prevista l'attività di esperti scientifici di consolidata esperienza del CRA-Centro di ricerca per la patologia vegetale, con il supporto del servizio fitosanitario centrale e dei servizi fitosanitari regionali;
i risultati delle indagini avrebbero dovuto consentire l'elaborazione di linee guida di monitoraggio e prevenzione della batteriosi, grazie anche al finanziamento stanziato dalla regione Lazio e dalla regione Emilia Romagna;
in considerazione del rischio fitosanitario associato a detto batterio e alla sua pericolosità per gli impianti di actinidia doveva essere predisposto uno studio del Comitato fitosanitario nazionale per formulare un provvedimento che prevedesse misure d'emergenza da applicare all'attività vivaistica e alla movimentazione del materiale di moltiplicazione delle piante di actinidia;
in realtà ci si di trova di fronte ad un disastro che ha colpito in modo irrecuperabile migliaia di ettari di coltivazione di actinidia presenti in tutta Italia;
i fondi stanziati sono serviti solo a finanziare studi e ricerche che in due anni non hanno prodotto alcun esito né sono stati in grado di trovare soluzioni per fronteggiare la gravissima situazione in cui versano moltissime aziende agricole;
è da rilevare che le prescrizioni previste sul tutto territorio nazionale dal Comitato fitosanitario nazionale e dalla conferenza Stato-regioni non hanno ottenuto alcun risultato di fronte all'emergenza creatasi;
la regione Piemonte e la regione Emilia Romagna hanno stanziato indennizzi a favore delle aziende colpite che ammonterebbero a venti euro a pianta o diecimila euro a ettaro, che pur essendo un piccolo aiuto, non potranno mai coprire il danno subito dalle aziende agricole interessate, che per gli investimenti già fatti e per l'aspettativa di un raccolto che non ci sarà, un danno economico di circa settantamila euro a ettaro;
la regione Lazio non ha attuato i controlli necessari nelle aziende produttrici di actinidia e risulta che non abbia ancora emesso nessun provvedimento di risarcimento per le aziende colpite;
fino ad ora gli interventi specifici sono stati richiesti solo a carico delle aziende agricole colpite dalla batteriosi, che non solo dovranno fronteggiare la perdita del prodotto per almeno sei anni, due di quarantena del terreno e quattro in attesa che le nuove piante possano di nuovo entrare in produzione, ma si dovrebbero fare anche carico della spesa della distruzione delle piante infette che dovranno essere estirpate e distrutte mediante incenerimento o interramento profondo in loco; tali prescrizioni richiedono un enorme lavoro e determinano un considerevole inquinamento atmosferico visto che le piante malate, ma ancora verdi, per essere bruciate devono essere cosparse di carburante;
tramite un provvedimento annunciato dal dirigente dell'area servizi tecnici e scientifici, servizio fitosanitario regionale del Lazio, sembra si voglia indicare come infetto il terreno dove vengono riscontrate anche solo due piante malate, senza tener conto che il frutto del kiwi non può essere prodotto qualora la pianta sia malata. In questo modo non si permetterebbe la vendita e commercializzazione del prodotto sano, penalizzando le aziende agricole in maniera ancora più incisiva;

la situazione è talmente grave che sicuramente, se non verrà affrontata nei modi e nei tempi necessari, nel giro di due anni non ci sarà più una coltivazione di kiwi su tutto il territorio nazionale. Già nel Lazio su dodicimila ettari di actinidia sono andati distrutti circa ottomila ettari; il cosiddetto kiwi giallo è sparito e anche il 30 per cento del kiwi verde è stato attaccato; la situazione sta peggiorando giorno per giorno con il procedere della stagione primaverile;
migliaia di agricoltori che fino ad oggi hanno potuto sopravvivere grazie a questa coltivazione si troveranno senza un reddito e senza la prospettiva di ottenere un'altra fonte di reddito in breve tempo per sopperire alle prevedibili gravissime perdite e si troveranno anche a non poter far fronte ai debiti con le banche, frutto degli investimenti fatti per impiantare le coltivazioni di actinidia,


impegna il Governo:


ad intervenire per verificare le ragioni del ritardo nell'individuazione di strumenti concreti atti a sconfiggere la batteriosi del kiwi e a verificare se e in quali tempi sia possibile avere risposte scientifiche concrete;
a sostenere le aziende colpite dalla situazione di crisi esposta in premessa mediante aiuti diretti, anche decretando lo stato di crisi del comparto agricolo di riferimento, per evitare la definitiva scomparsa di un numero considerevole di aziende agricole e il crollo economico dell'indotto che ruota intorno alla commercializzazione di questo prodotto che fino ad oggi ha visto l'Italia come primo produttore mondiale.
(7-00548)
«Oliverio, Albonetti, Amici, Zucchi, Brandolini, Marco Carra, Cuomo, Dal Moro, Mario Pepe (PD)».

NUOVA FORMULAZIONE

La XIII Commissione,
premesso che:
il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha finanziato, nell'anno 2010, un progetto biennale per debellare la più terribile delle malattie dell'actinidia, il cancro batterico causato da Pseudomonas syringae pv. Actinidiae; nel progetto era prevista l'attività di esperti scientifici di consolidata esperienza del CRA-Centro di ricerca per la patologia vegetale, con il supporto del servizio fitosanitario centrale e dei servizi fitosanitari regionali;
i risultati delle indagini avrebbero dovuto consentire l'elaborazione di linee guida di monitoraggio e prevenzione della batteriosi, grazie anche al finanziamento stanziato dalla regione Lazio e dalla regione Emilia Romagna;
in considerazione del rischio fitosanitario associato a detto batterio e alla sua pericolosità per gli impianti di actinidia doveva essere predisposto uno studio del Comitato fitosanitario nazionale per formulare un provvedimento che prevedesse misure d'emergenza da applicare all'attività vivaistica e alla movimentazione del materiale di moltiplicazione delle piante di actinidia;
in realtà ci si trova di fronte ad un disastro che ha colpito in modo irrecuperabile migliaia di ettari di coltivazione di actinidia presenti in tutta Italia;
i fondi stanziati sono serviti solo a finanziare studi e ricerche che in due anni non hanno prodotto alcun esito né sono stati in grado di trovare soluzioni per fronteggiare la gravissima situazione in cui versano moltissime aziende agricole;
è da rilevare che le prescrizioni previste su tutto il territorio nazionale dal Comitato fitosanitario nazionale e dalla conferenza Stato-regioni non hanno ottenuto alcun risultato di fronte all'emergenza creatasi;
la regione Piemonte e la regione Emilia Romagna hanno stanziato indennizzi a favore delle aziende colpite che ammonterebbero a venti euro a pianta o diecimila euro a ettaro, che pur essendo un piccolo aiuto, non potranno mai coprire il danno subito dalle aziende agricole interessate, che per gli investimenti già fatti e per l'aspettativa di un raccolto che non ci sarà, un danno economico di circa settantamila euro a ettaro;
la regione Lazio non ha attuato i controlli necessari nelle aziende produttrici di actinidia e risulta che non abbia ancora emesso nessun provvedimento di risarcimento per le aziende colpite;
fino ad ora gli interventi specifici sono stati richiesti solo a carico delle aziende agricole colpite dalla batteriosi, che non solo dovranno fronteggiare la perdita del prodotto per almeno sei anni, due di quarantena del terreno e quattro in attesa che le nuove piante possano di nuovo entrare in produzione, ma si do- vrebbero fare anche carico della spesa della distruzione delle piante infette che dovranno essere estirpate e distrutte mediante incenerimento o interramento profondo in loco; tali prescrizioni richiedono un enorme lavoro e determinano un considerevole inquinamento atmosferico visto che le piante malate, ma ancora verdi, per essere bruciate devono essere cosparse di carburante;
tramite un provvedimento annunciato dal dirigente dell'area servizi tecnici e scientifici, servizio fitosanitario regionale del Lazio, sembra si voglia indicare come infetto il terreno dove vengono riscontrate anche solo due piante malate, senza tener conto che il frutto del kiwi non può essere prodotto qualora la pianta sia malata. In questo modo non si permetterebbe la vendita e commercializzazione del prodotto sano, penalizzando le aziende agricole in maniera ancora più incisiva;
la situazione è talmente grave che sicuramente, se non verrà affrontata nei modi e nei tempi necessari, nel giro di due anni non ci sarà più una coltivazione di kiwi su tutto il territorio nazionale. Già nel Lazio su dodicimila ettari di actinidia sono andati distrutti circa ottomila ettari; il cosiddetto kiwi giallo è sparito e anche il 30 per cento del kiwi verde è stato attaccato; la situazione sta peggiorando giorno per giorno con il procedere della stagione primaverile;
migliaia di agricoltori che fino ad oggi hanno potuto sopravvivere grazie a questa coltivazione si troveranno senza un reddito e senza la prospettiva di ottenere un'altra fonte di reddito in breve tempo per sopperire alle prevedibili gravissime perdite e si troveranno anche a non poter far fronte ai debiti con le banche, frutto degli investimenti fatti per impiantare le coltivazioni di actinidia,


impegna il Governo:


ad intervenire per verificare le ragioni del ritardo nell'individuazione di strumenti concreti atti a sconfiggere la batteriosi del kiwi e a chiarire se e in quali tempi sia possibile avere risposte scientifiche concrete, a tal fine promuovendo:
a)la costituzione di una task force scientifica in grado di fornire tutte le informazioni sul patogeno, sulle modalità di propagazione e quant'altro sia utile per debellarlo;
b)la costituzione di una task force tecnica in grado di raccogliere tutte le informazioni utili alla creazione di una linea guida tecnica per la prevenzione del rischio di diffusione del patogeno;
c)la costituzione di un catasto degli impianti di kiwi dove iscrivere e schedare tutti gli impianti con l'indicazione dei dati relativi alla presenza della batteriosi (assumendo iniziative volte a condizionare gli indennizzi alla iscrizione al catasto e a prevedere una sanzione amministrativa per la mancata iscrizione);
d)il controllo sanitario delle piante dei vivai con l'eliminazione di quelle infette;
e)l'avvio di un adeguato progetto di ricerca finalizzato allo sviluppo di soluzioni tecniche innovative della coltivazione, a partire dal miglioramento genetico, per creare resistenze alle principali patologie e piante a minor fabbisogno di elementi nutritivi;
a sostenere le aziende colpite dalla situazione di crisi esposta in premessa mediante aiuti diretti, anche decretando lo stato di crisi del comparto agricolo di riferimento, per evitare la definitiva scomparsa di un numero considerevole di aziende agricole e il crollo economico dell'indotto che ruota intorno alla commercializzazione di questo prodotto che fino ad oggi ha visto l'Italia come primo produttore mondiale;
a portare il problema della batteriosi all'attenzione degli organismi dell'Unione europea al fine di ottenere la messa a disposizione delle risorse necessarie per contrastare la diffusione del patogeno in altre aree, ancora oggi con basso livello di infezione, per tutelare la produzione europea e per evitare massicce importazioni di kiwi da Paesi terzi;
a predisporre un'apposita campagna di informazione e di promozione del kiwi, al fine di evitare che comunicazioni ingannevoli possano ulteriormente penalizzare il comparto.
(7-00548)
(Nuova formulazione) «Oliverio, Albonetti, Amici, Zucchi, Brandolini, Marco Carra, Cuomo, Dal Moro, Mario Pepe (PD), Carella».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
con decreto di sequestro preventivo emesso dal pubblico ministero, dottor Galletta, su ordine della procura della Repubblica presso il tribunale di Lamezia Terme, dottor Vitello, è stato disposto il sequestro del campo ROM di località Scordovillo e lo sgombero del campo dove sono allocate circa 600 persone stanziali, da eseguirsi entro 30 giorni dalla convalida del decreto di sequestro;
per effetto del citato decreto si è determinata una grave emergenza abitativa che richiede soluzioni immediate e procedure straordinarie;
a monte di quel provvedimento, c'è un'emergenza igienico-sanitaria e sociale, frutto di antichi ritardi, aggravata da una crescente criminalità all'interno del sopra citato campo ROM, che ha reso necessario un provvedimento straordinario, per un verso, a tutela della salute dei cittadini ROM, per un altro, a garanzia dell'ordine pubblico e a difesa dell'intera comunità lametina dall'attività delinquenziale rilevata dalle forze dell'ordine e dall'autorità giudiziaria;
difficilmente l'attuale amministrazione potrebbe in tempi brevi fornire risposte adeguate e complete, soprattutto con riferimento all'emergenza abitativa;
in data 4 aprile 2011, il consiglio comunale di Lamezia Terme ha approvato un ordine del giorno con il quale si chiede al Governo che venga dichiarato lo stato d'emergenza ROM di località Scordovillo

con contestuale nomina di un commissario straordinario, preferibilmente nella persona del prefetto di Catanzaro -:
se il Ministro interpellato ritenga sussistenti le condizioni per riconoscere lo stato di emergenza in località Scordovillo di Lamezia Terme, al fine di favorire l'attivazione di strumenti straordinari e la nomina di un commissario ad hoc con poteri eccezionali e adeguati strumenti finanziari, per fronteggiare la gravissima emergenza abitativa conseguente al provvedimento di sequestro e sfratto emanato dall'autorità giudiziaria, che provoca dirompenti (seppur necessari) effetti, sia con riferimento alla popolazione ROM che all'intera cittadina.
(2-01040)«D'Ippolito Vitale, Cicchitto».

Interrogazioni a risposta scritta:

MANTINI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 20 luglio del 2010 la Guardia di finanza su decreto del Giudice per le indagini preliminari Fabrizio D'Arcangelo, in esito dell'indagine condotta dai Pubblici ministeri Laura Pedio e Gaetano Ruta, ha disposto il sequestro dell'area Santa Giulia per inquinamento della falda acquifera e discariche abusive. In particolare, l'Agenzia per l'ambiente ha trovato sostanze cancerogene oltre i limiti in due falde acquifere, una delle quali raggiunge gli acquedotti cittadini che servono gli abitanti di Santa Giulia;
il risultato della mancata bonifica è l'inquinamento della falda acquifera (la prima e non la terza che riguarda il sistema idrico delle case), con la presenza di sostanze cancerogene nocive per il terreno. Il rischio è di sterilità e tumori per chi ci vive. Il pericolo, tecnicamente, è nel livello di triclirometano il doppio più pericoloso rispetto ai limiti di legge. Come spiegano i tecnici, se si facesse una buca nel terreno di circa sette metri, l'acqua trovata si rivelerebbe mortale;
l'Arpa, Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente, che ha lavorato in tandem con la procura ha spiegato che «l'inquinamento al momento non costituisce un elemento di rischio sanitario per i residenti, ma tale inquinamento andrà comunque rimosso per assicurare che nel tempo la situazione non si estenda»;
i cittadini acquirenti delle case di Santa Giulia, già angosciati dalla condizione quasi fallimentare della società venditrice, vivono nella più totale incertezza ed assenza di informazioni circa il futuro dell'area -:
quali iniziative si intendano adottare, qualora si accerti l'attività delle istruzioni locali competenti, per garantire il risanamento ambientale e sanitario dell'area e i diritti proprietari acquisiti o promessi, anche attraverso la nomina di un commissario ad acta per la gestione dell'emergenza.
(4-11484)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
a Krsko in Slovenia, a 130 chilometri da Trieste e a circa 200 da Venezia è attiva una centrale nucleare il cui progetto risale agli anni '70 ed il cui reattore appartiene alla seconda generazione, più precisamente del tipo PWR (pressurized water reactor) della Westinghouse;
il 23 e poi di nuovo 24 marzo 2011, nella centrale di Krsko si sono verificati dei blocchi automatici dovuti, secondo le spiegazioni fomite dalle autorità slovene, al fatto che l'elettrodotto ad alta tensione Tumbri-Krsko è saltato causando così problemi tecnici al reattore;

non si tratta di fatti isolati poiché già nel 2008 (oltre ad altri due guasti nel 2005 e 2007) il reattore venne bloccato per problemi al sistema di contenimento di una ventola per il trattamento dei vapori;
subito dopo l'incidente alla centrale di Fukushima in Giappone, la Slovenia ha annunciato che a breve l'impianto sarà dotato di un altro motore diesel, mentre verranno innalzati gli argini che difendono la centrale dalle possibili inondazioni del fiume Sava;
oltre al rischio di esondazione, la centrale risulta ubicata anche in una zona sismica e, secondo quanto riferisce Greenaction Transnational, non sarebbe in grado di resistere ad un terremoto del 6o della scala Ritcher;
il Paese sarebbe già attrezzato per far fronte ad un incidente nucleare, tant'è che esistono sufficienti scorte di iodio da distribuire celermente alla popolazione;
l'impianto sloveno dovrebbe rimanere in funzione fino al 2023, ma si sta seriamente valutando di allungargli la vita di altri vent'anni, facendolo chiudere nel 2043, dopo sessant'anni di onorata carriera;
il Premier sloveno Borut Pahor ha parlato di un'ipotesi di raddoppio della centrale, ipotesi che vede contraria l'Austria ma che incontra il parere favorevole del presidente della regione Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo, che secondo notizie stampa si sta adoperando per una partecipazione italiana all'eventuale progetto -:
di quali informazioni disponga il Governo in merito alle problematiche riferite in premessa ed in particolare sul livello di sicurezza della centrale di Krsko;
se sia stato predisposto un piano di emergenza per le regioni, Friuli Venezia Giulia in primis e Veneto, che potrebbero essere interessate da un incidente della centrale slovena di Krsko, ed in particolare se sia stato definito un piano di distribuzione di pillole di iodio alle popolazioni potenzialmente a rischio;
quale sia la posizione del Governo italiano in merito alla proposta di raddoppio del reattore di Krsko e se ed in che termini risultino coinvolte, o si pensi di coinvolgere, aziende od enti italiani.
(4-11490)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
Francesco, nato il 28 luglio 2002, è stato adottato nel 2004 dai coniugi Clara L. e Giovanni L.;
nel 2009 la madre adottiva di Francesco ricorreva al tribunale di Milano, sezione IX civile, al fine di ottenere la separazione dal marito e la causa veniva iscritta al n. 84710/09 R.G.;
con provvedimento del 15 aprile 2010, il tribunale adìto, preso atto della gravissima conflittualità trai coniugi e della presumibile situazione di disagio del figlio Francesco, affidava il bambino al comune di Legnano collocando il minore temporaneamente presso la madre e riservandosi di decidere circa un'eventuale collocazione dello stesso presso una casa famiglia;
a scioglimento della menzionata riserva, e precisamente in data 14 febbraio 2011, il giudice - sentiti i coniugi, il consulente tecnico nominato d'ufficio e i consulenti tecnici di parte ed esaminata la relazione del comune di Legnano, ente affidatario del figlio minore - confermava l'affido di Francesco L. al comune di Legnano disponendo l'immediato allontanamento dello stesso dall'abitazione dei suoi genitori ed il suo contestuale collocamento presso una casa famiglia;
secondo il tribunale di Milano la signora Clara L. si sarebbe rivelata allo stato incapace di prendersi cura di Francesco e di metterlo al riparo dal fortissimo

risentimento che ella prova contro il marito, verso il quale ha un comportamento, soprattutto in presenza del figlio, di totale svalutazione, il che avrebbe contribuito ad ingenerare nel bambino una significativa distanza dalla figura del padre. Secondo la Relazione del consulente tecnico d'ufficio madre e figlio avrebbero «un legame di natura fusionale, con la prima che veicola sul secondo fantasie molto primitive, fonti di vissuti angosciosi destabilizzanti, sia sul piano pulsionale che su quello relazionale»;
la madre di Francesco ha presentato reclamo presso la corte d'appello di Milano avverso il predetto provvedimento eccependo, in primis, il difetto di competenza del tribunale di Milano atteso che le domande finalizzate a ottenere provvedimenti cautelari e temporanei idonei a porre rimedio a situazioni pregiudizievoli per il minore rientrano nella competenza del tribunale per i minorenni;
la signora Clara L. ha inoltre denunciato la carenza ed illogicità del provvedimento impugnato stante la mancanza del pericolo di grave pregiudizio per il minore in quanto: a) il fatto che il minore venga coinvolto nella crisi sentimentale dei genitori non è circostanza che di per sé possa giustificare l'allontanamento del bambino dalla madre ed il suo collocamento presso una casa famiglia; b) l'allontanamento dalla casa coniugale e dalla figura genitoriale di riferimento può essere disposto, sulla base di quanto stabilito dalla legge n. 184 del 1983, così come modificata dalla legge n. 149 del 2001, solo quando vi è grave pregiudizio per lo sviluppo psicofisico del minore (casi di alcoldipendenza o tossicodipendenza dei genitori, violenza, incuria, abbandono); c) l'esistenza della grave patologia di cui sarebbe affetta la signora Clara L., ovvero «il disturbo della personalità di tipo istrionico grave», sarebbe stata soltanto ipotizzata dal consulente tecnico d'ufficio; d) la madre del bambino non è affetta da alcuna «patologia», ma semmai versa in una condizione di turbamento psicologico transeunte dovuto alla crisi del rapporto coniugale; e) come emerso anche dai documenti prodotti nel corso del giudizio, la madre del minore si è sempre contraddistinta in tutti questi anni nel dare ampio sostegno, affetto e attenzioni al piccolo Francesco; f) la decisione di allontanare il bambino dalla madre rischia quindi di cagionare un pregiudizio serio per lo sviluppo psicofisico del minore il quale, prima della effettiva adozione, era stato collocato in un orfanotrofio in Ucraina;
le circostanze sopra indicate chiedono di definire i contorni di questa vicenda, tenendo presente che in vicende come queste le deliberazioni dell'autorità giudiziaria dovrebbero essere caratterizzate principalmente dalla regola del prevalente interesse del minore, in quanto elemento indifeso e svantaggiato di fronte alla realtà. L'interesse del minore è innanzitutto quello di avere garantita la continuità affettiva ed educativa con una famiglia. I cambiamenti in questa fase della crescita sono sempre e comunque traumatici e gettano le condizioni per lo sviluppo di eventuali patologie psichiche. Nel caso di Francesco, la famiglia che l'aveva accolto in adozione era stata giudicata idonea, dal punto di vista educativo e affettivo, per crescerlo. Di fronte alla crisi del rapporto coniugale, le capacità educative e affettive della signora Claudia L. non sono certo improvvisamente venute meno;
l'affidamento a terzi di un minore è un'ipotesi che dovrebbe essere perseguita per gravissimi ed eccezionali motivi, altrimenti si vanno a ledere i diritti del bambino, oltre a quelli dei genitori;
appare peraltro agli interroganti discutibile che casi come quello citato in premessa siano trattati dal tribunale ordinario piuttosto che dal tribunale dei minori, maggiormente specializzato -:
se il Governo non intenda assumere iniziative normative volte a modificare la disciplina dell'affido dei minori, prevedendo, in casi come quello descritto in premessa, che l'affidamento del minore a terzi sia disposto solo per gravissimi ed

eccezionali motivi e comunque come soluzione residuale e che siano salvaguardate le relazioni affettive tra il minore e la famiglia, anche mediante il potenziamento degli strumenti di sostegno economico, educativo e psicologico finalizzati al tempestivo superamento delle difficoltà del nucleo familiare di provenienza;
se non si ritenga opportuno assumere le necessarie iniziative normative per modificare il riparto di competenza tra tribunali ordinari e tribunali dei minori affinché casi quali quello descritto in premessa siano trattati dai tribunali dei minori.
(4-11500)

...

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

BARBI, TEMPESTINI, NARDUCCI, SARUBBI e CORSINI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
al vertice dei leader dei Paesi dell'Unione europea dello scorso 11 marzo, svoltosi a Bruxelles, Germania e Francia, è stata nuovamente chiesto l'introduzione di una Tassa sulle Transazioni Finanziarie - TTF in Europa, giudicando tale misura utile a frenare la speculazione finanziaria, senza impatti negativi su investimenti e risparmio, e a generare risorse per fronte al grave momento di difficoltà per i conti pubblici per molti Stati membri e le stesse istituzioni comunitarie;
sulla proposta avanzata da Germania e Francia, altri Paesi quali Austria, Belgio, Spagna, Slovacchia, Grecia, Portogallo si sono dichiarati a favore: si tratta di governi con orientamenti politici diversi tra di loro ma concordi sulla necessità di intervenire subito per frenare le operazioni finanziarie meramente speculative, aventi impatti devastanti per i cittadini, e per attivare meccanismi finanziari innovativi in grado di generare risorse aggiuntive, indispensabili al rilancio dell'economia europea;
da notizie stampa, si è appreso che la posizione del Governo italiano nell'ambito del suddetto vertice sia stata improntata a un atteggiamento di scetticismo e di distanza rispetto alle posizioni espresse concordemente dagli altri Governi europei;
lo scorso 8 marzo il Parlamento europeo ha approvato a larga maggioranza in seduta plenaria una risoluzione che chiede di approvare la TTF anche su scala europea, indicando come l'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie debba avvenire «senza ulteriori ritardi», segnalando espressamente la necessità per l'Unione europea di andare avanti da sola anche qualora non si riuscisse a trovare un consenso a livello globale su tale proposta;
nel giugno del 2010 la Commissione affari esteri della Camera ha approvato tre risoluzioni che impegnano il Governo a dare seguito alle TTF e a lavorare con gli altri Paesi in tale direzione, coerentemente con quanto richiesto sia dal Consiglio europeo che dalla Commissione europea in riferimento all'introduzione di tale misura;
al fine di rispondere alla richiesta formulata dal Parlamento europeo il 10 marzo 2010, in merito a uno studio di fattibilità per l'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie a livello globale e dell'Unione europea, è prevista la presentazione di un rapporto della Commissione europea entro l'estate 2011, così come annunciato nella comunicazione della Commissione sulla tassazione del settore finanziario, un rapporto che dovrebbe rappresentare la base su cui attuare la procedura per introdurre detta tassa;
nella direzione indicata nelle sedi europee, alla Camera è stata presentata, nel settembre 2010, una proposta di legge bipartisan, sottoscritta da un ampio schieramento politico e dalla gran parte dei gruppi parlamentari (con l'eccezione del

gruppo della Lega Nord), a favore dell'introduzione di una TTF in Italia, la cui istituzione è avviata a decorrere dall'anno successivo all'adesione da parte di tutti i Paesi dell'«area euro», ovvero dall'adozione di almeno sei Paesi membri dell'Unione europea;
il 17 marzo 2011, davanti a Palazzo Montecitorio, si è svolta una mobilitazione della società civile a sostegno della TTF, organizzata dalla Campagna Zerozerocinque, che ha avuto una vasta eco sulla stampa e sui mezzi di comunicazione -:
quale sia la posizione espressa dal Governo italiano nei recenti vertici intergovernativi europei circa la proposta di istituire a livello europeo una tassa sulle transazioni finanziarie, e quali siano le relative iniziative da assumere in futuro a sostegno di tale misura sia in ambito europeo che nelle sedi internazionali.
(5-04529)

RENATO FARINA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
come è riportato dal sito Il Sussidiario.net in data 30 marzo 2011, in una recente intervista televisiva il Ministro dell'economia e delle finanze, interpellato sull'emergenza emigrazione, ha dichiarato che la strada maestra è quella di «aiutare gli immigrati a casa loro». Parole assolutamente condivisibili e che tracciano, con sintetica efficacia, le linee guida della cooperazione allo sviluppo, che ha come elementi fondanti l'educazione, l'istruzione, il lavoro e quindi il reddito per condizioni di vita degne di un essere umano;
da tempo è risaputo che solo in Libia sono presenti un milione di emigranti provenienti da Paesi sub-sahariani - è una stima per difetto - che premono verso il nord. Una massa di diseredati di queste dimensioni non si ferma certo con i pattugliamenti né con le mitragliatrici, ma con educazione e lavoro. In questa direzione, a parere dell'interrogante, si deve muovere il «sistema Paese» fatto di imprese, imprese sociali e sistema universitario, che, nella specifica distinzione dei ruoli, possono dare un contributo importante, nella consapevolezza che l'educazione è il fondamento di ogni sviluppo;
sempre nella medesima intervista, il Ministro dell'economia e delle finanze ha affermato che non bisogna dare i soldi agli Stati perché «finiscono in armi» (come di certo avviene in alcuni Paesi). Questa affermazione mette giustamente in discussione uno dei paradigmi che regolano in questi ultimi anni la cooperazione allo sviluppo e cioè il budget support (un assegno dedicato una specifica attività e «intestato» al ministero competente). È un sistema che apparentemente semplifica la gestione delle risorse e ne riduce i costi amministrativi per il Paese donatore, nella realtà invece, ad avviso dell'interrogante istiga e perpetua uno statalismo asfissiante e soffocante per tutte quelle forme sussidiarie che erogano servizi alla persona e che sono presenti anche in Africa;
il cosiddetto «privato sociale» in Africa indica di fatto, nella maggior parte dei casi, la Chiesa con le sue opere e i suoi missionari, missionari che sono a contatto con i bisogni reali delle persone, con la gente, con il popolo e i bisogni reali (casa, lavoro, scuola). Basti pensare che il 50 per cento dei servizi sanitari di base sono garantiti dal privato sociale, e la stessa percentuale vale per l'accesso all'istruzione primaria -:
se corrisponda al vero che negli ultimi anni i fondi destinati alla cooperazione allo sviluppo siano passati da circa 600 milioni a circa 170 milioni di euro, meno di un settimo dell'obbiettivo dello 0,7 per cento del prodotto interno lordo sottoscritto solennemente anche dall'Italia durante gli ultimi G8, tenendo conto che una cooperazione così intesa, fatta di uno sguardo attento alla «innata dignità» dell'uomo - per usare un'espressione cara a

Benedetto XVI -, meriterebbe secondo l'interrogante uno sforzo maggiore -:
se il Governo non ritenga di attivarsi per verificare che i fondi per la cooperazione siano destinati e utilizzati nei Paesi secondo lo spirito dettato dal principio di sussidiarietà, e cioè destinati al privato-sociale piuttosto che con i metodi oggetto delle critiche riportate in premessa;
come si intendano implementare gli intendimenti espressi nelle citazioni sopra esposte.
(5-04532)

Interrogazione a risposta scritta:

MIGLIORI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il sindaco di Firenze, con una delibera approvata dalla giunta comunale l'8 marzo 2011, ha fatto revocare unilateralmente a tutti i consoli (e senza consultare il Corpo consolare) le autorizzazioni per l'accesso veicolare alla ZTL nonché gli spazi per sosta che lo stesso comune aveva stabilito con apposita convenzione, rinnovata nel 2000 ma risalente al 1994, in forza della quale consentiva a tutti i Consoli la libera circolazione e sosta nella zona a traffico limitato;
entrambe le convenzioni nacquero in applicazione dei princìpi sanciti dalla Convenzione di Vienna del 1963 (in particolare dell'articolo n. 34 «libera circolazione»), che, recepita dall'Italia è divenuta legge della Repubblica (legge n. 804 del 9 agosto 1967);
in particolare, con tale ordinanza, i consoli non potranno più muoversi in auto per la città né raggiungere la propria sede consolare né naturalmente spostarsi liberamente per tutte le necessità legate alle loro molteplici funzioni spesso gravose e talvolta urgenti;
tale provvedimento rappresenta altresì un preciso ostacolo allo svolgimento delle funzioni demandate al console dallo Stato inviante, in contrasto con le raccomandazioni del Ministero degli affari esteri che, con il rilascio dell'exequatur, «ammette il console onorario a godere le facilitazioni, i privilegi e le immunità previste dal capitolo terzo della Convenzione di Vienna... e Invita pertanto le Autorità amministrative e giudiziarie, a riconoscere il Console nella sua qualità e ad agevolargli l'esercizio delle Sue funzioni» -:
quali iniziative urgenti di competenza si intendano attuare affinché venga ripristinata la situazione quo ante in tutte le città italiane, sedi di consolato, in conformità alla convenzione di Vienna consentendo la libera circolazione all'automobile del console ed eliminando così questa situazione di disagio che vede messe in cattiva luce nei confronti di tutte le nazioni coinvolte non solo l'amministrazione di Firenze ma anche la Nazione tutta.
(4-11489)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta immediata:

ZELLER e BRUGGER. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il 14 gennaio 2010 è entrato in vigore il sistema Sistri per il controllo della tracciabilità dei rifiuti, ai sensi dell'articolo 188-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, dell'articolo 14-bis del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009, e del decreto ministeriale del 17 dicembre 2009, con l'obiettivo di informatizzare l'intera filiera dei rifiuti speciali e dei rifiuti urbani a livello nazionale;
nell'ottica di controllare in modo più puntuale e ottimale lo spostamento dei rifiuti speciali lungo tutta la filiera, viene ricondotto nel Sistri il trasporto intermodale e posta particolare attenzione alla fase finale di smaltimento dei rifiuti, con

l'utilizzo di sistemi elettronici in grado di dare visibilità al flusso in entrata ed in uscita degli autoveicoli nelle discariche;
tuttavia, l'avvio del Sistri, che doveva avvenire già nel 2010, è stato più volte prorogato: con il decreto ministeriale del 28 settembre 2010 si è arrivati al 31 dicembre 2010 e successivamente, con il decreto ministeriale del 22 dicembre 2010, il termine è stato ulteriormente prorogato al 31 maggio 2011;
ai sensi di quanto disposto sempre dal decreto ministeriale del 17 dicembre 2009 e modificato dal decreto ministeriale 15 febbraio 2010, gli operatori, al momento dell'iscrizione, sono tenuti al pagamento di un contributo annuo ai fini della copertura degli oneri derivanti dal funzionamento del Sistri e questa disposizione non è invece stata prorogata; pertanto, le imprese che si sono iscritte nel 2010 hanno regolarmente versato il predetto contributo, nonostante il sistema sia poi entrato in vigore nell'arco dello stesso anno;
considerato che, a legislazione vigente e salvo altre proroghe, solo dal 1o giugno 2011 il Sistri sarà operativo, che ad oggi non è stata completata né la distribuzione dei dispositivi indispensabili per adempiere agli obblighi di tenuta delle scritture contabili, né il montaggio delle cosiddette black box a bordo degli automezzi autorizzati al trasporto dei rifiuti pericolosi, molte imprese che hanno versato il contributo per il 2010 non potranno adeguarsi al Sistri per la mancanza dei dispositivi necessari e per le difficoltà di accesso al Sistri a causa del malfunzionamento del collegamento telematico -:
se il Ministro interrogato intenda intervenire al fine di evitare che gli operatori che già si sono iscritti inutilmente al Sistri nel 2010 debbano sostenere ulteriori oneri finanziari anche per l'anno 2011 per un sistema che ancora non è operativo.
(3-01567)

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:
VIII Commissione:

DIONISI e ANNA TERESA FORMISANO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
si apprende da organi di stampa che nel territorio di Cassino, in un'area adiacente ad un ospedale cittadino, è stata rinvenuta una vasta area adibita a discarica abusiva con la presenza di numerose sostanze tossiche e pericolose, quali solventi, amianto e probabilmente anche scarti medicinali;
il ritrovamento ne segue altri accertati nel recente passato e testimonia una vergognosa attività criminale di inquinamento di una grande area del territorio laziale, che da tempo viene deturpata e utilizzata come discarica abusiva per lo smaltimento di materiali e rifiuti provenienti da più parti;
è necessario un intervento urgente di bonifica e messa in sicurezza dell'intera zona interessata per ripristinare il recupero dell'ecosistema circostante e soprattutto scongiurare ripercussioni sulla salute dei cittadini, fortemente minacciata dalla presenza di materiali altamente tossici e inquinanti -:
di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione all'area interessata dai ritrovamenti inquinanti e soprattutto quanto sia stato fatto per scongiurare il pericolo per la salute dei cittadini che vivono nella zona e se non s'intenda richiedere un intervento del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente.
(5-04533)

Interrogazione a risposta in Commissione:

ZAZZERA e DONADI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
Il territorio di Galatina (LE) è indicato dal registro tumori 2010 della ASL/Le 1 al primo posto nella classifica sull'incidenza di neoplasie polmonari;

la provincia di Lecce sta attraversando una vera e propria emergenza sanitaria con l'insorgenza di malattie oncologiche collegate alle emissioni inquinanti di natura antropica, come quelle prodotte da imprese di incenerimento e cementifici;
il cementificio del gruppo Colacem di Galatina, classificato come industria insalubre di classe a1, ha presentato nel luglio 2010 una richiesta di valutazione di impatto ambientale per l'attività di co-incenerimento di combustibile derivato da rifiuto (CDR);
l'iniziativa della Colacem ha sollevato le critiche del comitato intercomunale «Non inceneriamo il nostro Futuro», di associazioni ambientaliste come «Cambiamo aria» e ha provocato cortei e manifestazioni di protesta;
qualsiasi processo di incenerimento produce migliaia di sostanze inquinanti come il particolato inalabile ed ultrafine, metalli pesanti, diossine, dibenzofurani, e altro estremamente dannose per la salute dell'uomo e per l'ambiente;
in particolare, le diossine prodotte dall'incenerimento inquinano fortemente il territorio e quindi i prodotti dell'agricoltura e della zootecnica. Conseguentemente, la legge (decreto legislativo 18 maggio del 2000, n. 228) prevede che le zone agricole non sono idonee ad ospitare tali impianti;
il comparto agricolo salentino è già in stato di grande crisi a causa del ribasso dei prezzi all'origine, e l'attività di incenerimento non farebbe altro che aggravare irreversibilmente la condizione dei produttori locali, costringendoli ad abbandonare le produzioni;
in tale contesto l'iniziativa del cementificio Colacem in un territorio già sofferente come Galatina, appare del tutto inopportuna, anche perché la combustione nei cementifici comunque produce moltissime quantità di nano polveri cariche di metalli pesanti in grado di disperdersi nell'aria. Peraltro il cemento che ne deriverebbe risulterebbe tossico e gli scarti dell'edilizia nuocerebbero ulteriormente l'ambiente;
il 13 dicembre 2010 la commissione ambiente della provincia di Lecce ha dato parere negativo alla richiesta avanzata dalla Colacem di coincenerire CDR insieme al Petcoke, ritenendo prioritario il diritto alla salute degli abitanti dell'area limitrofa all'impianto;
ciononostante all'interrogante risulta che il consiglio provinciale abbia deliberato la possibilità di procedere al coincenerimento di CDR negli impianti della Colacem -:
se i ministri interrogati siano a conoscenza di quanto riportato in premessa;
quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, i Ministri intendano adottare al fine di tutelare, il rispetto dell'ambiente e della salute dei cittadini di fronte ad attività di incenerimento dei rifiuti ad opera di cementifici, come nel caso di cui in premessa.
(5-04528)

TESTO AGGIORNATO AL 6 APRILE 2011

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DIFESA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
IV Commissione:

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il caporal maggiore scelto Nicola Massimo Bello, il 1o marzo 2011, dopo 21 anni di servizio militare è stato posto in congedo;
la vicenda ha avuto inizio nel 2004, al momento del transito in servizio permanente effettivo per non aver superato nelle prove fisiche di efficienza operativa le 29 flessioni addominali prescritte, nel tempo massimo di due minuti, avendone effettuate solo 27;
questa carenza fisica è stata dimostrata essere solo temporanea attraverso nuovi accertamenti (curati dalla facoltà di scienze motorie dell'università di Palermo per intervento dispositivo del TAR Sicilia) che hanno dato esito positivo. A questo

punto il caporal maggiore scelto, al fine di continuare nell'impiego militare, ha intrapreso un procedimento giudiziario, risultato vano dato che il bando di concorso nel regolare le prove di efficienza fisica prevedeva che esse dovessero effettuarsi all'interno della amministrazione militare;
pertanto, sono risultati irrilevanti gli esiti positivi delle prove di efficienza fisica espletate dall'università di Palermo prima e successivamente presso il reggimento lancieri di Aosta (PA). Per tutta la durata del contenzioso il caporal maggiore scelto - immesso con riserva nel ruolo dei volontari in servizio permanente effettivo nel 2006 in esito ad accolte istanze cautelari - ha offerto anche in missioni internazionali, prestazioni di servizio meritevoli di lusinghieri attestati (elogio) e apprezzamenti dalla sua linea di comando;
non essendo cessata la materia del contendere, l'immissione in servizio e il successivo trattenimento del caporal maggiore erano stati disposti in sede di giudizio di merito in via provvisoria e quindi senza riconoscimento esplicito della stabilità lavorativa cui aspirava il militare;
il caporal maggiore scelto Bello è sposato e padre di tre figli; oggi all'età di 38 anni è disoccupato, senza alcuna entrata economica per provvedere ai doveri di mantenimento della sua famiglia e nella pratica impossibilità di accedere in tempi brevi ad una occupazione alternativa;
vanno considerati i 21 anni di servizio svolti con dedizione e massima disponibilità ed efficienza -:
se si intenda rivedere, avvalendosi delle facoltà di autotutela operanti nella pubblica amministrazione, il provvedimento di congedo disposto dal Ministero della difesa nei confronti del militare in questione, considerando che la carenza fisica è stata dimostrata temporanea e date le particolari e gravi conseguenze che per effetto di esso si sono riversate sulla sua famiglia.
(5-04534)

RUGGHIA, VILLECCO CALIPARI, GAROFANI, RECCHIA, LAGANÀ FORTUGNO e MOGHERINI REBESANI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
come noto, in base all'articolo 98, terzo comma, della Costituzione, possono essere introdotte con legge limitazioni al diritto d'iscriversi ai partiti politici per i magistrati, i militari di carriera in servizio attivo, i funzionari e agenti di polizia, i rappresentanti diplomatici e consolari all'estero;
il Parlamento, dopo un'approfondita discussione in sede di lavori preparatori della legge n. 382 del 1978 (Norme di principio sulla disciplina militare), ritenne di non avvalersi della facoltà di stabilire limitazioni al diritto di iscrizione ai partiti politici per i militari in servizio attivo;
successivamente vennero emanate dal Governo con il decreto-legge 3 maggio 1991, n. 141, norme di segno opposto che però decaddero per la loro mancata conversione in legge;
la Corte costituzionale, nell'ambito della sentenza n. 449 del 1999, valutando il contemperamento tra beni costituzionalmente rilevanti, quali da un lato i diritti dei militari e l'interesse alla coesione interna, dall'altro la neutralità e il buon andamento delle amministrazioni militari, nel bilanciamento tra interessi dell'amministrazione e quelli personali, ha sancito che la garanzia dei diritti fondamentali di cui sono titolari i singoli «cittadini-militari» non recede di fronte alle esigenze dell'istituzione militare;
il quadro normativo di riferimento, pur ispirandosi al noto principio dell'assoluta imparzialità delle amministrazioni militari e della loro estraneità alle competizioni politiche, nonostante il carattere «assorbente» del servizio reso in un comparto speciale e particolare quale quello militare, non contempla alcun categorico ed espresso divieto all'iscrizione dei militari ai partiti politici, né alla conseguente assunzione di doveri «altri» stabiliti dagli statuti dei partiti politici, né alle opportunità di incarichi interni che i partiti garantiscono;

i diritti in questione, quindi, allo stato attuale, sono perfettamente esercitabili, fermi restando, a norma della citata legge n. 382 del 1978, il divieto di partecipare a riunioni o manifestazioni di partiti, associazioni e organizzazioni politiche, nonché di svolgere propaganda a favore o contro partiti, associazioni o organizzazioni politiche o candidati a elezioni politiche o amministrative ai militari durante l'attività di servizio, in luoghi militari o in uniforme, divieti, peraltro confermati dal decreto legislativo n. 66 del 2010 - nuovo codice dell'ordinamento militare;
quest'ultimo decreto legislativo è l'ulteriore e recentissima revisione normativa che il legislatore ha operato confermando la linea trentennale di tutela e di garanzia nei confronti dei diritti di iscriversi ai partiti, di assumere obblighi «altri» e di concorrere alle opportunità interne delle medesime organizzazioni politiche;
tale quadro non appare discutibile e su questa linea correttamente si sono espressi il Ministero dell'interno, interpellato dal sindacato di polizia e successivamente il comando generale della Guardia di finanza, pur nella manifestata consapevolezza che la mera iscrizione ad un partito politico - non vietata - potrebbe comportare, per statuto dei partiti stessi, l'assunzione dell'obbligo di esercitare una costante azione politica e di proselitismo e, per ovvia conseguenza, le altre possibilità previste;
a giudizio degli interroganti, appare del tutto incongrua, oltre ché contraria alla legge, una nota che sarebbe stata indirizzata al consiglio intermedio di rappresentanza dell'Arma dei carabinieri dal comandante interregionale carabinieri «Vittorio Veneto», concernente «la limitazione al diritto di iscrizione ai partiti politici applicabile ai militari di carriera in servizio attivo»;
in tale nota si affermerebbe che «l'iscrizione ai partiti politici, ancorché in sé - non vietata, è da intendersi assorbita dal divieto di esercizio di attività politica» e che «la sola presenza di un certo numero di militari tesserati di un partito potrebbe consentire di argomentare in ordine all'espressione di preferenza politica nella compagine militare»;
a giudizio degli interroganti, le affermazioni contenute nella nota sopracitata oltre al tentativo di interpretare in senso oltremodo restrittivo le norme con note e/o circolari interne, fatto che andrebbe verificato in ciascuna delle organizzazioni militari esistenti, sono imprecise e tendono a sostenere surrettiziamente la tesi del divieto di iscrizione al fine di generare tra il personale militare un giudizio negativo nei confronti di chi invece intendesse avvalersi di questo diritto costituzionalmente protetto -:
quali iniziative il Ministro intenda assumere per garantire al personale militare il diritto ad essere informato correttamente su questioni così delicate, verificando la corrispondenza tra le circolari e le decisioni interne delle forze di polizia a ordinamento militare e delle Forze armate, e le previsioni normative in vigore, al fine di tutelare i diritti del cittadino militare di fronte alle possibili interpretazioni fuorvianti delle facoltà che la legge stabilisce.
(5-04535)

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
con la delibera n. 2, allegata al verbale n. 3 del 24 marzo del 2011, approvata all'unanimità, il consiglio di base della rappresentanza militare n. 178 della caserma «Salvatore Pisano» - Capo Teulada (Cagliari) - si è espresso sulla «esposizione nei locali della caserma di immagini e calendari» e, nella considerazione «che fermo restando il diritto di ogni militare di avere una propria idea politica e di poterla liberamente rappresentare secondo quanto previsto dalle norme appare improprio che in locali della caserma compaiano

immagini, rappresentazioni, eccetera a sfondo politico che possano in alcuni casi configurare reato», ha deliberato di chiedere al comandante dell'ente di mettere in atto «tutti i provvedimenti ritenuti necessari al fine di provvedere alla bonifica di tutto il materiale non valutato idoneo ad essere tenuto esposto nei locali in uso al 1o reggimento Corazzato [...]». Analoga richiesta è stata rivolta al comandante del 3o reggimento bersaglieri;
risulta agli interroganti che la delibera si sia resa necessaria a fronte del mancato intervento dal comandante dell'ente in relazione alle molteplici segnalazioni di alcuni militari della presenza in alcuni locali della caserma di calendari raffiguranti immagini di esponenti e simboli del disciolto partito fascista;
l'apologia del fascismo è un reato previsto dalla legge 20 giugno 1952, n. 645 (contenente «Norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione»), anche detta legge Scelba, che, all'articolo 4, sancisce il reato commesso da chiunque «fa propaganda per la costituzione di un'associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità» di riorganizzazione del disciolto partito fascista, oppure da chiunque «pubblicamente esalta esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche» -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa, quali siano stati gli immediati provvedimenti adottati, e se sia stata interessata l'autorità giudiziaria competente al fine di verificare la sussistenza del reato di apologia del fascismo e gli eventuali responsabili.
(4-11486)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la legge 23 marzo 1983, n. 78, disciplina le indennità delle Forze armate in relazione al peculiare tipo di rischio, disagio e responsabilità;
l'articolo n. 10, comma 4, della legge 23 marzo 1983, n. 78 prevede che: «Agli ufficiali e ai sottufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica imbarcati su navi in armamento e in allestimento è corrisposta nei giorni di navigazione, purché di durata non inferiore a 8 ore continuative, l'indennità supplementare di fuori sede nella misura mensile del 180 per cento dell'indennità di impiego operativo stabilita in relazione al grado e all'anzianità di servizio militare dall'annessa tabella I escluse le maggiorazioni indicate alle note a) e b) della predetta tabella. Tale indennità è corrisposta altresì nei giorni di sosta quando la nave si trova fuori dalla sede di assegnazione, per un massimo di 60 giorni consecutivi a decorrere dall'ultima navigazione effettuata»;
l'articolo 9, comma 14, del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2009, n. 52, a seguito delle procedure di concertazione, ha disposto che «a decorrere dall'entrata in vigore del presente decreto, il limite dei 60 giorni previsto dall'articolo n. 10, comma 4, ultimo capoverso della legge 23 marzo 1983, n. 78, non si applica»;
il Ministero della difesa - Direzione, generale del personale militare, con il foglio n. DGPM/IV/12/084196/20 in data 30 giugno 2003, ha precisato che «la navigazione di durata non inferiore alle 8 ore continuative costituisce requisito indispensabile per maturare il diritto a percepire l'indennità [...] l'eventuale successiva sosta, in un porto differente da quello di assegnazione, rappresenta la condizione necessaria per continuare a percepire l'indennità di fuori sede, il cui diritto è sorto durante la navigazione»;
la Marina militare - Ufficio generale centro responsabilità amministrativa con il foglio n. 1/1/1664 in data 1o marzo 2010 ha ripreso e precisato che «al personale che raggiunge, per temporaneo imbarco, una unità navale in sosta fuori dalla propria sede di assegnazione non possa essere corrisposto il beneficio economico in argomento»;

l'interpretazione data alla norma, dalle autorità militari preposte, appare agli interroganti evidentemente in contrasto con la ratio della legge che è quella di garantire l'indennità supplementare per la navigazione superiore alle 8 ore ovvero per la sosta fuori dalla sede di assegnazione dell'unità navale -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa, quali siano le ragioni poste a fondamento delle disposizioni emanate, e se non ritenga di dover intraprendere le opportune iniziative affinché agli equipaggi navali sia corrisposta l'indennità supplementare - connessa alle condizioni di rischio, disagio e responsabilità - come disposto dal legislatore.
(4-11488)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
tra le numerose delibere dei Consigli della rappresentanza militare con le quali è stata espressa una viva e convinta contrarietà del personale al provvedimento di proroga del mandato dei medesimi Consigli fino al 30 aprile 2012 è possibile citare tra le ultime in ordine di tempo:
a) la delibera n. 1, allegata al verbale n. 3 del 24 marzo 2011, approvata all'unanimità, con cui il Consiglio di Base della rappresentanza militare n. 178 della caserma «Salvatore Pisano» - Capo Teulada (Cagliari) - si è espresso sulla recente proroga del mandato della rappresentanza militare ed ha ritenuto «assolutamente non producente allungare i mandati del personale in carica», «si impedisce ad altro personale interessato alla carica di subentrare e apportare nuove idee e iniziative» e «non funzionale alle importanti attività che il COBAR deve/dovrebbe svolgere»;
b) la delibera n. 1 allegato «C» al verbale 204/2011/X del consiglio centrale di rappresentanza dell'Aeronautica militare, approvata all'unanimità il 24 marzo 2011, con cui il consiglio ha ritenuto «di chiedere un apposito ed urgente incontro tra il Co.Ce.R. ed i delegati tutti della R.M.», «considerata la necessità di procedere ad un incontro tra il Co.Ce.R., Co.I.R. ed i Co.Ba.R. confluenti della F.A., al fine di confrontarsi in tale circostanza con l'intero corpo elettivo della Rappresentanza Militare dell'A.M. sull'attività complessivamente svolta e per meglio raccogliere le istanze provenienti dalla Base nonché per definire l'opportunità o meno di procedere sino a termine del mandato così come da recente norma di proroga;»;
con particolare riferimento al contenuto della deliberazione dell'organismo rappresentativo dell'Aeronautica militare, dal sito web http://www.dirittierovesci.it/ si apprende che «Per la quarta volta nel corso del Decimo Mandato, il CoCeR AM ha intenzione di confrontarsi con tutti i Delegati CoBaR per rimettere agli elettori il Mandato della Rappresentanza in regime di proroga. L'unica Sezione ad aver deliberato, già l'anno scorso, contro il prolungamento del mandato e ad essersi confrontata con la base immediatamente dopo la proroga. [...] Purtroppo, in questi anni, non risulta che le altre Sezioni CoCeR abbiano fatto questo tipo di confronto diretto. Auspichiamo che tutti i COBAR ed i COIR, delle altre FF.AA., in supplenza dell'iniziativa dei CoCeR, si facciano promotori con delle delibere per un incontro chiarificatore sull'opportunità e sulle priorità da darsi tutti insieme COCER, COIR, COBAR. Teniamo conto che tutti i Delegati della Rappresentanza hanno ricevuto la delega dai colleghi solo per quattro anni [...].»;
gli interroganti già in occasione dell'emanazione del decreto-legge 4 novembre 2009, n. 152, hanno sempre espresso forte contrarietà al provvedimento con cui il Governo ha voluto prorogare fino al 30 luglio 2011 il mandato dei Consigli della rappresentanza militare, mediante numerose interrogazioni e, in particolare, con interventi orali del primo firmatario del presente atto, anche come cofondatore del Partito per la tutela dei diritti di militari

e forze di polizia (Pdm), nel corso delle sedute del 17 dicembre 2009 e del 25 febbraio 2011;
nell'intervento del 17 dicembre 2009 si rappresentava che l'obiettivo da raggiungere era quello di citare la proroga fino al 30 luglio del 2011 del mandato dei consigli della rappresentanza militare, privando circa 400 mila cittadini in divisa del loro diritto di eleggere democraticamente i propri rappresentanti alla scadenza naturale dell'attuale mandato che avverrà tra pochi mesi, nell'aprile del 2010;
si ricordava, come già segnalato in atti di sindacato ispettivo, che diversi delegati dell'esercito, pur essendo sottoposti ad indagini o essendo addirittura imputati in procedimenti penali presso il tribunale militare di Napoli, continuavano in proroga a svolgere questo delicato compito;
si ricordava altresì che vi erano membri dei consigli della rappresentanza militare dei carabinieri che non hanno esitato ad aggredire e picchiare selvaggiamente un loro collega rappresentante di un organismo di base colpevole, secondo i suoi aggressori, di aver denunciato l'esistenza di illeciti riguardanti fogli di viaggio di alcuni delegati dell'attuale rappresentanza militare che voi tutti volete prorogare;
su questa denuncia il pubblico ministero della procura militare presso il tribunale di Roma aveva chiesto di procedere per il reato continuato di minaccia e violenza ad inferiore nei confronti di un carabiniere membro della rappresentanza;
si dava infine conto del fatto che il maresciallo capo Ruggiero Piccinni, l'appuntato scelto Giuseppe La Fortuna, il vicebrigadiere Antonio Tarallo e tutti gli altri che nel 2002 fecero una meritoria lotta ed ottennero la sospensione della proroga che allora, nel 2002, il Governo aveva concesso;
nella seduta del 25 febbraio 2011 nell'illustrare l'ordine del giorno dei deputati radicali contro l'ulteriore proroga della rappresentanza militare - ovvero contro il diritto dei militari di potersela liberamente scegliere - si riportavano ampi stralci della delibera del Consiglio di Base di Rappresentanza (CoBaR) del Comando Legione Carabinieri «Veneto» n. 391 del 22 febbraio 2011;
detta delibera ha proprio ad oggetto la «Sfiducia al CoCeR (Consiglio Centrale di Rappresentanza) dei Carabinieri, e in essa si afferma: «che, solo a leggere l'elenco qui sotto riportato, delle restrizioni negative subite dal personale negli ultimi due anni, il sentimento di sfiducia nei confronti del CoCeR CC è il minimo della pena...: articolo 71 del decreto Brunetta 112/2008 (i giorni di malattia che decurtavano lo stipendio il periodo iniziale di attuazione della norma è stato sanato con i soldi del contratto);
contratto scaduto e rinnovato dopo trenta mesi per un importo medio di 50 euro per 6 anni (in pratica dal 1o gennaio 2008 al 31 dicembre 2013);
per il personale avente il calcolo della pensione con il sistema misto e contributivo, i 50 euro sopraccitati daranno un montante contributivo pensionistico da fame...;
il valore dell'ora di straordinario che è fermo al 2001 e che è stato aggiornato di 0,25 centesimi (per ogni ora) nell'ultimo contratto, in quanto si era creato il paradosso che l'ora in argomento era addirittura di valore inferiore a quella ordinaria;
il blocco del contratto per i prossimi tre anni;
il limite del tetto retributivo in possesso nel 2010 che non potrà essere superato per i prossimi tre anni (maggior lavoro senza essere remunerati);
blocco degli scatti, avanzamenti ed assegni funzionali per i prossimi tre anni, senza possibilità di recupero economico (anzianità e maggiori responsabilità non pagate);
aggiornamento in negativo del coefficiente di trasformazione della pensione (tra due anni sarà ribassato ulteriormente);

aumento dei requisiti per l'accesso alla pensione e riduzione della buonuscita (vedi primo premesso), in pratica più si rimane e meno si prende;
riordino delle carriere: le trattative sono state annullate, si riparte da zero con l'aggravante che le somme faticosamente ottenute per attuarlo (700 milioni di euro) sono ritornate nelle casse dello Stato;
il mancato avvio della previdenza complementare (16 anni di ritardo), «... mentre Roma discute, Sagunto viene espugnata...» cioè... il personale che andrà in pensione dopo 41 anni nell'Arma dei Carabinieri dovrà trovarsi un altro lavoro perché l'assegno pensionistico sarà insufficiente a garantirgli una tranquilla e serena vecchiaia, come invece oggi la Costituzione italiana prevede;
è stata approvata la norma sulla specificità, che sulla carta ci riconosce i meriti dei nostri sacrifici e della differenza dalle altre tipologie di lavoro, ma che in pratica proprio con il suo riconoscimento ha messo in evidenza che i danni nei confronti del personale delle Forze dell'ordine e delle Forze Armate sono maggiori ed esclusivi rispetto agli altri... (incredibile);
da otto mesi ad oggi ci sono state promesse, impegni, ordini del giorno, tesi a stemperare l'enorme danno sopraccitato, ma il tutto è stato puntualmente disatteso, compreso l'attuale «Milleproroghe» che, come ciliegina sulla torta, concede l'ulteriore proroga all'attuale mandato evidentemente considerato dalla controparte un ottimo interlocutore, non solo per quanto appena descritto, ma forse anche per ulteriori novità negative;
questo CoBaR negli incontri avuti in Padova nel mese di aprile e maggio 2010 con una delegazione del CoCeR, aveva lanciato l'allarme sul provvedimento governativo molto penalizzante nei confronti del Comparto Sicurezza e Difesa (Arma Carabinieri compresa), richiedendo a più riprese riunioni congiunte, ma puntualmente disattese, e ottenendo dal Consiglio Centrale solo un imbarazzante silenzio, fino all'inaspettato comunicato stampa dell'11 febbraio 2011;
il CoCeR, con la nota informativa datata 9 dicembre 2010, «... ritiene doveroso chiarire al personale rappresentato che gli 80 milioni di euro per il 2011 (più 80 milioni di euro per il 2012), per il pagamento degli emolumenti relativi alle promozioni, verranno regolarmente impiegati con un decreto della PCM in via di predisposizione», palesava certezze oggi però smentite dalla Ragioneria Generale dello Stato e dall'ultimo provvedimento ordinario (Milleproroghe), privo di ogni emendamento utile a sanare le problematiche citate precedentemente;
quanto appena citato evidenzia e conferma la poca incisività dell'Organismo Centrale nell'esercitare il ruolo negoziale riconosciuto con la specificità (articolo 19 comma 3 legge 183/2010);
la fotografia attuale della Rappresentanza Militare fa emergere la poca consistenza del CoCeR, nel rappresentare i problemi e difendere i diritti del personale tanto da indurre i Carabinieri a rivolgersi ad organismi esterni all'Arma, come per esempio i neo costituiti partiti (PSD e PDM);
come si evince dall'apposita sezione in area intranet, il CoCeR, risulterebbe da mesi non essere in grado di deliberare (altrimenti non si capisce perché non pubblicizzi il proprio lavoro a favore del personale rappresentato);
il sito del CoCeR, tanto richiesto per una informazione precisa e puntuale, risulta privo di efficacia, dato che lo stesso non viene aggiornato ed alimentato, nonostante i delegati siano ad incarico esclusivo;
è possibile che ci siano impegni più importanti che informare il personale rappresentato, ma sarebbe gradito che i delegati centrali, che scrivono relazioni esplicative in siti non istituzionali (non si capisce se a titolo personale o in nome del CoCeR CC) non creino poi incomprensioni

con gli altri Sindacati di Polizia, tanto da far chiedere a questi ultimi le dimissioni del CoCeR, difficili da spiegare in periferia sia ai colleghi dell'Arma che a quelli della Polizia di Stato;
si potrebbe continuare all'infinito con i «premesso» per parlare di questo CoCeR e della sua inefficienza a tutela del personale;
si prende atto: «che con comunicato stampa dell'11 febbraio 2011 il Co.Ce.R indica chiaramente di aver "... dato ampia dimostrazione di serietà, equilibrio e moderazione in tutte le circostanze in cui si è trattato di aiutare il Governo nella ricerca di quelle soluzioni che potessero permettere al paese di mitigare i negativi effetti della attuale sfavorevole congiuntura finanziaria che purtroppo dura ormai da diversi anni, ...", dimenticando forse che sono stati eletti per risolvere i problemi normoeconomici dei colleghi rappresentati e non del Governo»;
infine, tra l'altro, si delibera di «far conoscere al personale che questo Organismo esprime la più sentita sfiducia per l'operato posto in essere dal CoCeR CC, in particolare negli ultimi due anni per non aver tutelato in maniera incisiva il personale rappresentato, per la mancata capacità di analisi e lungimiranza nel prevenire la perdita dei diritti e ancora oggi per la poca reattività e mancanza di progettualità nel coinvolgimento del personale e nelle controproposte da mettere in atto per affrontare e risolvere in maniera professionale tale situazione. E si auspica che «per nessun motivo venga concessa ulteriore proroga al X Mandato della rappresentanza militare e se invece (come sembra) questa venisse data, ciò faccia nascere un problema di legittimità (verrebbe meno il fondamento che il Consiglio promani dal mandato elettorale) che dovrebbe essere posto come primo argomento da affrontare in Roma, in un'Assise Plenaria»;
con l'accoglimento dell'ordine del giorno n. 9/4086/5 il Governo si è impegnato «a valutare l'opportunità di non concedere ulteriori proroghe del mandato dell'attuale Consiglio centrale interforze della rappresentanza militare, nonché dei consigli centrali, intermedi e di base dell'Esercito italiano, della Marina militare, dell'Aeronautica militare, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della Guardia di finanza, eletti nelle categorie del personale militare in servizio permanente e volontario, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, a porre in essere ogni utile azione che consenta di procedere al rinnovo degli organismi della rappresentanza militare entro e non oltre il 30 luglio 2011.» -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto in premessa e quali siano le concrete motivazioni che hanno reso necessario il provvedimento di proroga voluto dal Governo;
se siano stati acquisiti preventivamente i pareri in merito alla proroga del mandato dei Consigli della rappresentanza militare espressi da ciascun Capo di stato maggiore di forza armata, dal comandante generale dell'Arma dei carabinieri e dal comandante generale del Corpo della guardia di finanza e nel caso quali siano stati;
quale sia stato il parere formulato dal Capo di stato maggiore della difesa in merito alla proroga del mandato dei consigli della rappresentanza militare;
alla luce delle numerose manifestazioni di contrarietà al provvedimento di proroga di cui in premessa se il Ministro non ritenga doveroso dare completa e immediata attuazione all'ordine del giorno n. 9/4086/5 per restituire ai cittadini militari il diritto di poter eleggere liberamente e democraticamente, entro il 31 luglio 2011, i nuovi membri in seno ai Consigli citati in premessa.
(4-11498)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
con il decreto n. 47 del 21 febbraio 2011, il vice direttore generale della Direzione

generale per il personale militare del Ministero della difesa ha decretato la decadenza dall'immissione nel ruolo dei volontari di truppa in servizio permanente dell'Esercito del primo caporal maggiore Nicola Massimo Bello, in esecuzione della sentenza n. 8362 emessa dal Consiglio di Stato il 30 novembre 2010;
il contenzioso conclusosi sfavorevolmente per il militare trae origine dall'impugnativa proposta dal militare medesimo avverso gli atti conclusivi della procedura concorsuale bandita con il decreto dirigenziale emanato dalla direzione generale per il personale militare il 28 gennaio 2004. Il militare era stato escluso dal citato concorso per il mancato superamento della prova di efficienza operativa, le pronunce giurisdizionali nelle fasi cautelari tuttavia hanno permesso che il militare continuasse a prestare servizio senza demerito fino alla data di notifica del citato decreto n. 47;
si ricorda tra l'altro che il signor Bello è sposato e padre di tre figli il maggiore dei quali ha inoltrato il 25 febbraio 2011 una accorata lettera ai vertici dello Stato;
a prescindere dal particolare caso che ha riguardato il signor Bello, per il quale gli interroganti auspicano una positiva soluzione, anche in considerazione degli eccellenti risultati conseguiti durante il servizio prestato, non può tacersi il fatto che le attuali procedure concorsuali per il reclutamento di volontari in ferma prefissata e quelle per l'immissione nei ruoli dei volontari in servizio permanente delle Forze armate si prestino soventemente, a causa della durata complessiva dell'intero procedimento, a far maturare nei candidati delle aspettative lavorative che, seppure legittime, poi non trovano alcuna corrispondenza nella politica degli arruolamenti concretamente attuata dalla Difesa -:
quale sia l'intendimento del Ministro interrogato per giungere ad una positiva soluzione del caso di cui in premessa e quali siano le eventuali disposizioni impartite affinché le procedure concorsuali citate si svolgano in tempi ragionevolmente brevi tali da non ingenerare nei candidati false aspettative di mantenimento del posto di lavoro anche in caso di esclusione dalla procedura concorsuale
(4-11499)

...

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
in data 28 giugno 2010, con protocollo n. 0258258/2010, perveniva al comando provinciale della Guardia di finanza di Bologna - con sede in Ponticella, San Lazzaro di Savena - un documento a firma del sindaco di San Lazzaro di Savena, Marco Macciantelli;
lo stesso documento veniva indirizzato alla non meglio precisata società cooperativa edilizia CA.SA e alla compagnia carabinieri di San Lazzaro di Savena;
nel testo, il sindaco promuove un'offerta abitativa agli appartenenti alle Forze dell'ordine residenti nel comune di San Lazzaro di Savena, indirizzando tuttavia la stessa a soli due comandi Guardia di Finanza e carabinieri);
nello stesso documento, il sindaco preannuncia che è tra gli obiettivi del suo comune l'offerta di case a prezzi calmierati agli appartenenti alle Forze dell'ordine, scrivendo altresì che: «L'Amministrazione sta procedendo verso l'adozione del Piano Operativo Comunale e a partire dai primi mesi del prossimo anno sarò in grado di pubblicare bandi per l'assegnazione di aree che possano offrire risposta al bisogno di soluzioni abitative manifestato»;

a seguire, il comando regionale Guardia di Finanza Emilia Romagna, in data 11 agosto del 2010 con documento di cui al Protocollo n. 0318879/10, trasmetteva ai militari per conoscenza la suddetta missiva del sindaco Macciantelli precisando che: «Si è tenuto un incontro informale tra il Comando Provinciale di Bologna ed il Comune di San Lazzaro, dal quale è emersa la possibilità che nell'ambito del prossimo POC, il cui varo è considerato imminente, il Comune metta a disposizione di una Cooperativa edilizia, all'uopo costituita da militari del Corpo, un'area di 1500 mq per la realizzazione di una palazzina di 15-18 alloggi da destinare a personale residente nel territorio comunale;
in data 10 settembre 2010, con nota protocollo n. 0353082/10 del comando provinciale Guardia di Finanza di Bologna avente ad oggetto: «Alloggi di Edilizia Sovvenzionata Comune di San Lazzaro di Savena», si comunicava al personale che: «In data 23 settembre presso la Biblioteca di questo Comando, il Luogotenente Maurizio Dori in forza al Comando Provinciale di Modena e nella sua qualità di Presidente della Cooperativa edilizia tra appartenenti al corpo «San Matteo» illustrerà le attività che la citata Cooperativa potrebbe assumere con riferimento alle tematiche oggetto della nota cui si fa seguito»;
in data 18 novembre 2010 con nota avente oggetto: «Alloggi in Edilizia Convenzionata Comune di Castenaso (Bologna), di cui al protocollo n. 0438345/10 del 10 novembre 2010, il Comando regionale Guardia di Finanza Emilia Romagna comunicava: «In data 3 novembre 2010 si è tenuto presso la Biblioteca del Comando Provinciale di Bologna l'incontro con i rappresentanti della società «Immobiliare Castenaso SRL». Per informazioni e prenotazioni per le unità abitative i militari interessati potranno rivolgersi alla predetta società... o alla signora Rosa Capobianco, via Spinelli 24, San Lazzaro di Savena»;
a far data dall'anno 2009 erano in corso delicate attività d'indagine in carico del sostituto procuratore della Repubblica di Bologna Antonello Gustapane, delegate da questi al comando provinciale della Guardia di Finanza di Bologna - Nucleo di Polizia Tributaria, relative a molteplici attività urbanistiche riferibili al comune di San Lazzaro di Savena nell'ambito di interventi di edilizia convenzionata;
le indagini vertevano sulle condotte di soggetti pubblici e, in particolare, sull'operato del predetto sindaco Macciantelli circa presunte dirette implicazioni nella gestione di gravi vicende di abusivismo edilizio afferenti un intero azzonamento urbanistico (n. 9), nonché la presenza di contratti di appalto privi di riscontro fatturativo all'interno di convenzioni urbanistiche con cui si determinavano i costi di case popolari e, infine, il rilascio da parte del comune di San Lazzaro di Savena di concessioni in sanatoria illegittime;
le indagini venivano sviluppate a seguito di due distinti procedimenti (il primo procedimento penale 5661/08 dottor Gustapane, l'altro a carico del consorzio CIPEA di Bologna) che registravano entrambi il coinvolgimento di militari della Guardia di Finanza e, in particolare, di sottoufficiali del Corpo beneficiari di immobili in edilizia convenzionata privi dei requisiti di reddito e coinvolti in fatti omissivi e commissivi;
ancora nell'estate 2010 veniva inoltrato alla procura di Bologna un ulteriore esposto a carico del indaco di San Lazzaro di Savena per presunte attività omissive, che finiva ancora in carico al sostituto procuratore Gustapane, il quale delegava di nuovo le indagini al medesimo Reparto della Guardia di Finanza;
in tale esposto veniva illustrata la gravità di condotte dell'ente pubblico e segnatamente, del sindaco che avrebbe omesso di annullare in autotutela convenzioni urbanistiche e atti di concessione in Sanatoria laddove emergevano dai dati in suo possesso e da anni in possesso del

sostituto procuratore Gustapane, la falsità di contratti di appalto tesi a maggiorare dolosamente i costi di case popolari, forme di abusivismo edilizio o insanabili, ma ugualmente sanate da concessioni in sanatoria, nonché la presenza di edifici privi di collaudo statico;
dall'ottobre 2010 la conduzione delle indagini sul Cipea, vennero affidate al pubblico ministero Poggioli, e le nuove investigazioni affidate alla squadra mobile della questura di Bologna;
contestualmente il procedimento penale 5661/08 veniva archiviato dal GIP di Bologna per avvenuta prescrizione;
veniva presentato un ulteriore esposto alla procura della Repubblica di Ancona e Bologna e al Consiglio superiore della magistratura nel quale si rilevava che era il colonnello della Guardia di Finanza Ferretti a confezionare plurime bozze di archiviazione in luogo del pubblico ministero titolare delle indagini (agli atti del citato provvedimento figurano infatti plurime bozze su carta intestata della procura di Bologna trasmesse al pubblico ministero dal colonnello Ferretti identiche nei contenuti rispetto all'atto di archiviazione notificato alla parte offesa);
negli atti d'indagine relativi al procedimento penale 5661/08 si delineava inoltre la responsabilità di diversi sottufficiali della Guardia di Finanza del comando provinciale di Bologna;
le attività dei predetti militari non veniva neppure lambita dalle indagini condotte dal medesimo comando di appartenenza, ancorché sempre sulla base degli atti, alcuni risulterebbero privi dei requisiti di reddito per l'acquisto di case in edilizia convenzionata presso San Lazzaro di Savena e la cui condotta venisse reiteratamente denunciata nell'ambito del procedimento penale 5661/08;
allo stesso modo, in questo grave contesto, si evidenzia la figura centrale di un sottufficiale del medesimo reparto, Salvatore Cucinotta - ancora indagato per le vicende CIPEA e per fatti di corruzione - beneficiario di immobili convenzionati benché privo degli idonei requisiti;
parallelamente la stampa locale e nazionale ha dato notizia di condotte gravissime che, nell'ambito dell'inchiesta denominata Rimini Yacht, hanno portato all'arresto di ufficiali e marescialli sempre facenti capo al suddetto comando provinciale di Bologna, nonché al suicidio di un ex generale del medesimo comando, Angelo Cardile -:
se non ritenga di voler disporre un'immediata ispezione nel reparto comando provinciale della Guardia di Finanza di Bologna e nella sezione di PG della Guardia di Finanza presso la procura di Bologna per chiarire la posizione dei suddetti militari, nonché le modalità ed il contenuto dell'offerta pervenuta dal sindaco di San Lazzaro ai militari del reparto - che lo indagavano e che erano destinatari deleghe investigative sull'operato del comune di San Lazzaro e su militari del medesimo reparto - e se e quali cooperative di militari della Guardia di Finanza di Bologna siano attualmente coinvolte nelle attività urbanistiche del comune di San Lazzaro di Savena;
se risulti al Ministro della giustizia che a fronte dell'esposto citato in premessa siano state assunte iniziative di carattere disciplinare nei confronti del pubblico ministero Gustapane.
(2-01035) «Raisi, Della Vedova».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, per sapere - premesso che:
nell'ambito del nuovo sistema amministrativo delineatosi con il decreto legislativo n. 300 del 30 luglio 1999 finalizzato al riordino della organizzazione delle amministrazioni centrali dello Stato, attuativo della delega di cui all'articolo 11 della legge 15 marzo 1997 n. 59, il legislatore ha

operato un intervento di rilevante impatto sulla gestione delle funzioni amministrative, mediante l'istituzione di nuovi organismi denominati agenzie;
il capo II del titolo V del citato decreto legislativo, riferito specificamente alla riforma dell'amministrazione finanziaria, ha previsto l'istituzione di quattro agenzie fiscali (entrate, territorio, dogane e demanio) disciplinandone i relativi sistemi di gestione;
l'articolo 66, comma 3, del decreto legislativo n. 300 del 1999, ha fissato i criteri basilari cui deve uniformarsi l'articolazione degli uffici, quali l'organizzazione ed il funzionamento delle agenzie fiscali mediante regole certe, chiare ed inequivocabili;
i regolamenti di amministrazione hanno definito criteri e modalità di accesso alla dirigenza prevedendo, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 36 del decreto legislativo 29 del 1993, per i posti vacanti e disponibili, procedure selettive pubbliche per le assunzioni sia dall'esterno che dall'interno;
in virtù di tali norme, per particolari esigenze di servizio l'agenzia può stipulare, previa specifica valutazione comparativa dell'idoneità a ricoprire provvisoriamente l'incarico, contratti individuali di lavoro a termine con propri funzionari con l'obbligo di avviare rapidamente le procedure selettive;
l'opportunità di procedere alla stipula di contratti per il conferimento di incarichi che comportino avanzamenti di carriera, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale deve rispondere a principi e regole certe onde evitare qualsivoglia disparità di trattamento;
la Corte costituzionale con le sentenze n. 103 e n. 104 del 2007, n. 161 del 2008 e n. 69 del 2011, ha negato la costituzionalità di una dirigenza di fiducia e ribadito la necessità di selezionare i dirigenti sulla base di criteri selettivi imparziali e trasparenti;
in particolare, per quanto riguarda l'Agenzia delle entrate, a quanto consta agli interpellanti, si registrano oltre a gravi anomalie per carenze dei richiesti requisiti (a volte anche del titolo di studio e nello specifico, privi della prescritto diploma di laurea) anche un numero molto elevato di incarichi dirigenziali (circa 750) senza aver posto mai in essere le regolari procedure concorsuali previste da leggi e regolamenti e con l'autorizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze come si evince dalla delibera n. 55 del 2009;
non si è attinto alle graduatorie di precedenti concorsi per dirigenti, attraverso lo scorrimento delle graduatorie, nonostante la legislazione vigente ne avesse prorogata la validità (cosiddetto decreto «milleproroghe» 2010) e la recente sentenza del Tar del Lazio (sentenza registro generale n. 1686 del 15 settembre 2009) avesse dichiarato l'obbligatorietà per le amministrazioni pubbliche di far ricorso ad esse, ribadendo ulteriormente la consolidata giurisprudenza (Tar Lazio sentenza n. 536 del 30 gennaio 2003), che recita espressamente: «lo scorrimento di una graduatoria di concorso ancora valida, costituisce atto d'obbligo e non meramente discrezionale, della Pubblica Amministrazione» e poi ancora della sentenza n. 3055 del 9 febbraio 2009 - Sezioni unite della corte di cassazione, che in modo inequivocabile riafferma, quale atto dovuto, lo scorrimento delle graduatorie ancora valide con atti normativi;
si è invece ritenuto da parte del direttore dell'Agenzia dell'entrate di bandire, in data 29 ottobre 2010, un concorso per 175 posti di dirigente, con criteri ad avviso degli interpellanti poco chiari, in modo particolare per quanto attiene alla valutazione dei titoli di servizio per quanti abbiano beneficiato di funzioni dirigenziali conferire con criteri di dubbia legittimità;
in data 26 novembre 2010, è stato trasmesso da parte del sindacato DIRSTAT, atto di significazione e diffida nei confronti dei Ministero dell'economia e delle finanze, nonché dell'Agenzia delle

entrate - direzione centrale del personale, con invito e diffida a non dare corso alla procedura concorsuale bandita per il reclutamento di n. 175 dirigenti di seconda fascia, bandito con delibera del 29 ottobre 2010, del direttore dell'Agenzia delle entrate a mezzo del quale sono state evidenziate le gravi situazioni di contrasto con la normativa vigente -:
come intendano procedere i Ministri interrogati, per le parti di propria competenza, nei confronti dell'Agenzia delle entrate che ha ritenuto di non procedere allo scorrimento della graduatoria ancora valida e di bandire un nuovo concorso per dirigenti, ad avviso degli interpellanti in palese contrasto con la legislazione vigente e con la consolidata giurisprudenza.
(2-01041)
«Gnecchi, Giovanelli, Melis, Ciriello, Mazzarella, Mario Pepe (PD),La Forgia, Corsini, Fedi, Cavallaro, Laganà Fortugno, Farinone, Bucchino, Codurelli, Miglioli, Giorgio Merlo, Cuperlo, Cuomo, Graziano, Garavini, Porta, Grassi, Bocci, Boffa, Iannuzzi, Marchignoli, D'Incecco, Ghizzoni, Picierno, Losacco, Benamati, Bellanova, Piccolo, Vaccaro, Pes, Gianni Farina, Vassallo, La Malfa, D'Antoni, Ginoble, Giulietti, Cesare Marini, Miotto, Rampi, Rubinato, Antonino Russo, Servodio, Viola».

Interrogazione a risposta immediata:

REGUZZONI, LUSSANA, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DAL LAGO, D'AMICO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'attività dell'Agenzia delle entrate ha consentito all'erario di incassare, nel 2010, più di 10,6 miliardi di euro, contro i 9,1 miliardi del 2009, a cui si devono aggiungere le maggiori entrate per interessi di mora e maggiori rateazioni, ed i 6,6 miliardi di euro di minori compensazioni operate; la strategia dell'Agenzia delle entrate è sempre più diversificata e stratificata, con una migliore selezione dell'attività di accertamento, con la spinta dello strumento dell'accertamento sintetico per le persone fisiche, con l'ampliamento delle tipologie di imprese soggette a controlli e con il rafforzamento delle task force contro le frodi e l'evasione internazionale;
la stampa nazionale, nei giorni scorsi, ha riportato la notizia che l'Agenzia delle entrate sta mettendo a punto una nuova banca dati, con lo scopo di migliorare ulteriormente l'efficacia e l'efficienza dell'attività di prevenzione e repressione dei fenomeni di elusione ed evasione fiscale sul territorio nazionale;
tale banca dati, denominata DataBaseGeomarket (Dbgeo), prende in considerazione 50 indicatori statistici di tipo economico, sociale, finanziario e demografico, a partire dal 2001 ad oggi, li riclassifica per bacino di contribuenti, attitudine a pagare le tasse, caratteristiche demografiche del territorio e altre dimensioni;
dall'analisi dei dati emerge che, in media, il contribuente italiano evade 17 euro e 87 centesimi per ogni 100 euro di imposte versate al fisco; questo dato sale a 38 euro e 41 centesimi se si escludono i redditi da lavoro dipendente, da pensione e da altri redditi soggetti a ritenuta alla fonte sui quali è impossibile evadere;

i dati sull'evasione non sono affatto omogenei sul territorio nazionale: se, infatti, la media nazionale del rapporto tra imposta versata e imposta dovuta sulla base del reddito presunto è pari al 38,41 per cento, l'analisi a livello provinciale fa emergere che tale rapporto è minimo (10,93 per cento) nel gruppo di province composto da Milano, Torino, Genova, Roma, Lecco, Cremona e Brescia e massimo (65,67 per cento) nel gruppo composto dalle province di Caserta, Salerno, Cosenza, Reggio Calabria e Messina, mentre l'area che comprende tutte le altre province del Sud, con esclusione di Bari, Napoli, Catania e Palermo, si attesta su una percentuale del 64,47 per cento;
sintetizzando i dati, emerge chiaramente che nelle zone dove il tenore di vita è più basso e «meno forte» è la presenza dello Stato l'attitudine dei cittadini a pagare le tasse è inferiore;
l'Agenzia delle entrate sta perfezionando lo strumento, in modo da poter «fotografare» anche altri comportamenti dei contribuenti, che in modo indiretto possano portare a far emergere nuove sacche di evasione: è il caso, ad esempio, della quantità di rifiuti prodotti, solitamente proporzionale non solo al numero dei cittadini residenti, ma anche della capacità produttiva di un territorio;
l'analisi dei dati forniti da DataBaseGeomarket (Dbgeo) dovrà servire a meglio organizzare l'attività dell'Agenzia delle entrate sul territorio, attraverso la migliore distribuzione sul territorio dei servizi al pubblico e degli ispettori, rafforzando la presenza nelle zone dove la compliance fiscale è inferiore -:
quale siano le linee guida degli interventi che l'Agenzia delle entrate intende porre in essere per rafforzare ulteriormente l'azione di prevenzione e contrasto dei fenomeni di elusione ed evasione fiscale su tutto il territorio nazionale e se l'Agenzia delle entrate intenda rafforzare la propria presenza nelle zone dove, in base ai dati diffusi, l'attitudine a pagare le tasse è inferiore.
(3-01574)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:

LO MONTE, ZELLER e BRUGGER. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il Titolo IV, relativo alle agevolazioni per il settore del credito, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, prevede che, sui finanziamenti a medio-lungo termine erogati dalle banche e dagli istituti di credito alle imprese, venga applicata un'imposta sostitutiva, di norma dello 0,25 per cento dell'ammontare complessivo del finanziamento erogato, in luogo delle imposte di registro, di bollo, ipotecarie e catastali e delle tasse di concessione governativa;
il Governo è intervenuto con vari provvedimenti a sostegno delle imprese italiane e il sistema bancario è stato da più parti sollecitato a dare un contributo concreto a sostegno dell'economia, da realizzarsi attraverso l'allentamento della stretta creditizia proprio nei confronti delle imprese;
attualmente l'economia sta fornendo timidi segnali di ripresa, ma moltissime imprese hanno accumulato una situazione di tensione finanziaria che rischia seriamente di razionarne l'accesso al credito; è pertanto fondamentale che in questa fase il sistema bancario venga incontro alle esigenze delle imprese anche attraverso la concessione di forme di finanziamento che permettano alle stesse di far fronte all'urgente e crescente fabbisogno di liquidità;
in questo contesto è sempre più frequente che istituti di credito concedano finanziamenti a società holding per la riqualificazione di precedenti indebitamenti, propri o di società controllate, finanziamenti che corrispondono nella sostanza a mutui di scopo per l'estinzione di affidamenti accordati in precedenza dalle banche;
nel caso in cui la destinazione sia l'estinzione di finanziamenti delle società controllate, le stesse intervengono di

norma in atto come coobbligati in solido con la società holding, mentre è previsto che la disponibilità delle risorse finanziarie venga destinata, sulla base di un mandato delle società controllate, esclusivamente alla società holding;
la struttura negoziale di questi nuovi contratti di finanziamento, oltre ad evidenziare l'eventuale presenza di una pluralità di banche finanziatrici, una delle quali opera in qualità di agente mandatario, prevede anche una serie di specifiche clausole contrattuali in base alle quali le parti vanno a concordare, tra l'altro, oltre alla durata (superiore ai 18 mesi), le modalità di concreta erogazione del finanziamento, le speciali garanzie ipotecarie prestate, nonché le modalità di rimborso dello stesso; da tali pattuizioni contrattuali si evince chiaramente come il finanziamento presupponga un'effettiva disponibilità finanziaria da parte del soggetto beneficiario;
a fronte del vincolo di destinazione previsto dal contratto, le società holding provvedono di norma, nel caso in cui si tratti di debiti delle controllate, a trasferire il finanziamento pro quota alle società controllate sotto forma di finanziamento soci e/o aumento di capitale, al fine di consentire alle stesse di far fronte alle proprie obbligazioni di pagamento nei confronti dei vari istituti bancari, agendo così nel pieno rispetto del proprio oggetto sociale;
ultimamente si sta peraltro delineando la tendenza da parte di alcuni uffici territoriali dell'Agenzia delle entrate a negare l'applicazione dell'imposta sostitutiva per tali tipologie di finanziamento, con la motivazione che l'imposta sostitutiva può essere applicata solo ai finanziamenti a medio-lungo termine destinati a scopi produttivi e non anche a finanziamenti destinati alla riqualificazione di indebitamenti esistenti, citando le sentenze della Corte di Cassazione n. 4611/2002 e 9930/2008;
ad avviso degli interroganti, le operazioni di finanziamento sopra descritte non rappresentano forme di «dilazione» di pagamento di operazioni già esistenti, ma integrano la fattispecie della concessione di un nuovo finanziamento, formalizzato con un autonomo contratto, idoneo a costituire la provvista di nuove disponibilità da impiegare per l'estinzione di debiti pregressi -:
se ritenga che l'orientamento manifestato da alcuni uffici territoriali dell'Agenzia delle entrate, peraltro in contrasto con la risoluzione dell'Agenzia del territorio n. 2 del 2004, sia in linea con la politica economica e fiscale del Governo e con gli interventi di quest'ultimo a sostegno delle imprese in questo momento di difficile congiuntura economica, oppure se non sia più corretto continuare a ritenere le operazioni finanziarie descritte in premessa come nuovi finanziamenti, soggetti dunque alle agevolazioni previste dal Titolo IV del decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973.
(5-04536)

FUGATTI e FAVA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il comune di Gonzaga, in provincia di Mantova, ha approvato, con delibera del consiglio comunale n. 78 del 30 novembre 2009, il regolamento per l'applicazione del canone ricognitorio su passi carrabili, accessi e diramazioni, ai sensi degli articoli 22, 26 e 27 del codice della strada e dell'articolo 46 del relativo regolamento di esecuzione;
l'articolo 44 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, disciplina l'applicazione del canone di occupazione degli spazi e delle aree pubbliche al caso specifico dei passi carrabili, dando la definizione di passo, stabilendo le modalità di determinazione della superficie e le misure della tariffa, proporzionale alla classe di appartenenza dei comuni e alla superficie del passo carrabile stesso;
il citato regolamento approvato dal comune di Gonzaga, mentre da un lato riprende letteralmente le definizioni di

passo carrabile, accesso e diramazione dal decreto legislativo n. 507 del 1993 e dal codice della strada, dall'altro se ne discosta ampiamente quando definisce l'ammontare del canone dovuto al comune; l'articolo 7, infatti, rimanda ammontare e modalità di riscossione ad una delibera della giunta comunale, da aggiornarsi annualmente;
per l'anno 2010, il comune di Gonzaga ha fissato in euro 100 la misura base annua del canone ricognitorio, per ogni accesso o diramazione a carico dei soggetti titolari dell'autorizzazione; tale misura è fissa e non dipende né dalla superficie dell'accesso né dal tipo di autorizzazione;
dal sito del comune si legge che «l'introduzione del canone ricognitorio è strettamente correlata all'entrata a regime della rata di mutuo di 430.000 euro, per la costruzione del nuovo polo scolastico» -:
se non si intendano adottare iniziative normative volte a chiarire che la determinazione del canone di occupazione di spazi pubblici, nel caso dei passi carrabili, non può avvenire in misura fissa per ogni accesso, indipendentemente dalla superficie del passo e da qualsiasi altro parametro, nonché volte ad evitare che le relative entrate siano destinate al finanziamento di specifiche finalità.
(5-04537)

FLUVI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
ai sensi dell'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641, recante la «Disciplina delle tasse sulle concessioni governative», sono soggetti alle tasse sulle concessioni governative «i provvedimenti amministrativi e gli altri atti elencati nell'annessa tariffa»;
l'atto amministrativo, presupposto ed oggetto dell'imposta, viene individuato dall'articolo 21 della tariffa allegata al citato decreto del Presidente della Repubblica n. 641 del 1972 nella licenza (o documento sostitutivo) da parte dell'amministrazione delle poste e delle comunicazioni, per l'impiego di apparecchiature terminali per il servizio pubblico terrestre di telecomunicazioni ai sensi dell'articolo 318 del decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156 («Codice postale»), e dell'articolo 3 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 151, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 202;
il pagamento della tassa di concessione governativa viene richiesto mensilmente a decorrere dal rilascio della licenza;
la tassa di concessione sui telefoni cellulari trovava il suo presupposto nel citato articolo 318 del decreto del Presidente della Repubblica n. 156 del 1973, il quale stabiliva che «presso ogni singola stazione radioelettrica di cui sia stato concesso l'esercizio deve essere conservata l'apposita licenza rilasciata dall'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni» e che «per le stazioni riceventi del servizio di radiodiffusione titolo di abbonamento tiene luogo della licenza»;
l'articolo 218 del codice delle comunicazioni elettroniche di cui al decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259, in vigore dal 16 settembre 2003, nel quadro di un completo riassetto del sistema delle comunicazioni ispirato ai principi di garanzia dei diritti inderogabili di libertà delle persone nell'uso dei mezzi di comunicazione elettrica, ha abrogato l'articolo 318 del decreto del Presidente della Repubblica n. 156 del 1973 ed ha sostituito la figura del concessionario del servizio con quella di operatore telefonico autorizzato come pure ha sostituito la licenza d'esercizio con una autorizzazione generale;
il nuovo codice delle comunicazioni elettroniche del 2003 ha apportato al settore rilevanti innovazioni, nell'ambito di un processo di privatizzazione che ha avuto come principale conseguenza il passaggio dalla concessione - che come noto è un atto amministrativo emanato nell'ambito di un rapporto pubblicistico, con una posizione di preminenza della pubblica

amministrazione sui privati - al contratto, cioè ad uno strumento di diritto privato il quale presuppone una posizione di parità tra i contraenti;
il codice delle comunicazioni elettroniche sembrerebbe, pertanto, abrogare implicitamente tutta la normativa basata sul presupposto di un rapporto concessionario di tipo pubblicistico;
il riconoscimento del diritto inderogabile di libertà delle persone nell'uso dei mezzi di comunicazione elettronica, fra cui senz'altro rientrano i telefoni cellulari, risulterebbe incompatibile con un sistema di «concessione» della facoltà di utilizzo degli apparecchi o di «autorizzazione» al loro uso ed, infatti, il nuovo codice delle comunicazioni, in coerenza con i principi generali che si pone, non prevede in nessun caso licenze o autorizzazioni, in nessuna forma, per il possesso e l'utilizzo di attrezzature idonee ad accedere alle reti di comunicazione, sia da parte di privati che di imprese od enti;
sotto un profilo sostanziale e formale, il citato articolo 21 della tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 641 del 1972 risulta norma svuotata di contenuto, atteso che fa riferimento ad un atto amministrativo previsto da una norma abrogata, l'articolo 318 del decreto del Presidente della Repubblica n. 156 del 1973 e pertanto verrebbe a mancare il presupposto legislativo per l'imposizione tributaria;
la sentenza del 15 febbraio 2011, n. 37 emessa dalla sezione 1a della commissione tributaria regionale di Perugia, condividendo la precedente pronuncia della sezione 1a della commissione tributaria regionale di Venezia-Mestre n. 5 del 10 gennaio 2011, ha dichiarato non dovuta la tassa di concessione governativa in relazione all'impiego di apparecchiature terminali per il servizio pubblico terrestre di telecomunicazioni;
alla luce delle citate sentenze dei giudici tributari regionali, molte associazioni dei consumatori stanno procedendo alla richiesta di rimborso della tassa di concessione -:
quale siano gli orientamenti e le intenzioni del Governo relativamente alle conseguenze derivanti dalle citate sentenze delle commissioni tributarie del Veneto e dell'Umbria, anche al fine di evitare incertezze normative e possibili contenziosi.
(5-04538)

BARBATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
sulla stampa odierna sono emerse ulteriori preoccupanti notizie su un'ulteriore fase dello scontro in atto da molte settimane tra gli azionisti del gruppo Generali, all'interno degli organi di amministrazione della società;
in particolare, in questi giorni si è dimessa dalla carica di componente del consiglio di amministrazione Ana Patricia Botin, componente del consiglio dal 2004 in qualità di consigliere indipendente ed esponente dei soci spagnoli del gruppo Santander, azionisti di minoranza delle Generali;
tali dimissioni fanno seguito all'analoga decisione di lasciare il consiglio di amministrazione di Generali assunta alcune settimane fa da Leonardo Del Vecchio, affermato e rigoroso industriale veneto, in evidente polemica con le scelte strategiche e con i metodi di governance della compagnia;
inoltre, sempre in questi giorni, hanno destato scalpore le ulteriori dichiarazioni di un altro importante esponente della compagine azionaria di Generali, Diego Della Valle, altro socio industriale del gruppo, il quale ha espresso forti critiche nei confronti del vicepresidente del consiglio di amministrazione, Vincent Bollorè, invitandolo a «comportarsi da vero industriale, come fa nel suo gruppo in Francia», cogliendo l'occasione per stigmatizzare

ancora i comportamenti e le scelte del presidente del consiglio di amministrazione Cesare Geronzi;
anche in questo caso la polemica tra Della Valle e Bollorè fa seguito alle dichiarazioni di quest'ultimo, che aveva sollevato dubbi sulla trasparenza del bilancio di Generali, con particolare riferimento alla joint venture Generali Ppf Holding realizzata con l'imprenditore ceco Petr Kellner ed all'opzione di vendita riconosciuta a quest'ultimo su tale joint venture;
il continuo stillicidio di scontri che caratterizza ormai la dinamica interna agli azionisti del gruppo Generali conferma ancora una volta la necessità di vigilare con la massima attenzione sulla trasparenza e sulla stabilità di quello che costituisce, oltre che il primo gruppo assicurativo italiano, uno degli attori principali dell'intero sistema economico finanziario nazionale;
in tale quadro appaiono altresì sconcertanti le notizie contenute nella relazione sulla governance del gruppo, in merito all'ammontare degli emolumenti riconosciuti ad alcuni componenti del consiglio di amministrazione: in particolare sembra che il presidente del consiglio di amministrazione, Geronzi, si vedrebbe riconoscere, qualora non venisse confermato nella carica, un'indennità elevatissima, pari a due annualità del suo compenso lordo, senza alcuna fondata giustificazione economica;
tali problematiche sono già state oggetto di numerosi atti di sindacato ispettivo da parte dell'interrogante, ai quali il Governo ha tuttavia risposto sempre in termini che all'interrogante appaiono vaghi ed elusivi, di fatto trincerandosi per vari aspetti dietro le competenze delle autorità di vigilanza, senza assumere alcun preciso impegno politico su una questione che incide su alcuni fondamentali interessi del Paese -:
se ritenga di assumere iniziative di carattere normativo per assicurare ai piccoli azionisti delle società quotate sul mercato un miglior quadro informativo e di tutela, in particolare al fine di scongiurare che spregiudicate iniziative possano pregiudicare la sana e prudente gestione delle imprese stesse, in particolare nel cruciale settore della finanza ed onde evitare che la selezione dei manager di tali società sia legata più a logiche di appartenenza politica che a criteri di professionalità, e se non ritenga in tale contesto di promuovere, anche nelle sedi europee ed internazionali, una revisione della disciplina vigente relativamente ai meccanismi di remunerazione dei manager stessi, eliminando la possibilità che amministratori i quali hanno posto in essere comportamenti, spesso illeciti, che sono alla radice dell'attuale, grave crisi finanziaria ed economica, possano avvalersi di remunerazioni elevatissime e del tutto ingiustificate, sia sotto il profilo squisitamente morale sia sotto quello economico.
(5-04539)

Interrogazione a risposta in Commissione:

DELFINO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel mese di febbraio 2011, il Sottosegretario alle infrastrutture e ai trasporti, in risposta ad un'interrogazione sull'aeroporto di Levaldigi di Cuneo, ha confermato che sia l'ENAC che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti hanno da tempo concluso gli adempimenti di competenza per quanto concerne la formalizzazione della concessione ventennale;
in quella stessa occasione il Sottosegretario ha affermato di aver sollecitato personalmente il Ministero dell'economia e delle finanze affinché potesse essere formalizzata tale concessione;
ad oggi, però secondo quanto confermato dall'ENAC, la concessione ventennale risulta ancora bloccata presso tale Ministero, così come quelle di altri aeroporti;
è indubbio che il ritardo dovuto al blocco della concessione ventennale non fa altro che alimentare l'attuale elemento di

precarietà e non favorisce il pieno sviluppo dello scalo, condizionato negativamente dalla procedura di rinnovo annuale;
più volte, in questi anni, l'aeroporto di Levaldigi ha dimostrato di essere in continua crescita, anche grazie agli innumerevoli sacrifici sostenuti dagli enti locali coinvolti;
tali sforzi, che ne hanno decretato uno sviluppo costante nel tempo e, ad avviso dell'interrogante scongiurato il fallimento, non possono e non devono essere vanificati per le lungaggini immotivate, del suddetto Ministero -:
quale sia il motivo per cui non sono stati ancora espletati da parte del Ministero dell'economia e delle finanze gli adempimenti volti a formalizzare la concessione ventennale alla società di gestione dell'aeroporto di Levaldigi e quali iniziative intenda assumere per pervenire alla concreta operatività della concessione medesima.
(5-04530)

Interrogazioni a risposta scritta:

LANZILLOTTA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
è cronaca di questi giorni la scoperta da parte dell'autorità Polizia della «centrale dei permessi falsi». L'era della globalizzazione richiede un impegno costante verso la lotta alla contraffazione in particolare dei documenti di identificazione e il nostro Paese è visto da sempre come centro di eccellenza soprattutto per la produzione di documenti di identità cartacei ed elettronici. Si registrano, tuttavia, un significativo incremento di falsi in concomitanza della scelta di abolire con specifico decreto ministeriale dell'interno, la tecnologia di sicurezza «olografica a memoria ottica» in uso oggi in vari Stati particolarmente attenti alla sicurezza: USA, Canada, India, Romania, Arabia Saudita e in fase di valutazione anche nello stato di Israele;
è utile ricordare che il decreto legislativo n. 116 del 1999 ha confermato la privativa legale all'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato SpA da sempre presidio della produzione in sicurezza e della fornitura dei documenti di identità e delle carte valori;
inoltre, la legge 31 marzo 2005 n. 43 prevede, a decorrere dal 1o gennaio 2006:
a) il visto su supporto cartaceo è sostituito, all'atto della richiesta, dal visto elettronico, di cui al regolamento (CE) n. 334/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002;
b) il permesso di soggiorno su supporto cartaceo è sostituito, all'atto della richiesta del primo rilascio o del rinnovo dello stesso, dal permesso di soggiorno elettronico, di cui al regolamento (CE) n. 1030/2002 del Consiglio, del 13 giugno 2002;
c) il passaporto su supporto cartaceo è sostituito dal passaporto elettronico di cui al regolamento (CE) n. 2252/2004 del Consiglio, del 13 dicembre 2004;
dalla stessa data di cui al comma 1, la carta d'identità su supporto cartaceo è sostituita, all'atto della richiesta del primo rilascio o del rinnovo del documento, dalla carta d'identità elettronica, classificata carta valori, prevista dall'articolo 36 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 -:
se non si ritenga di verificare se le tecnologie di sicurezza applicate alle carte di identificazione elettroniche in esame risultino rispondenti ad adeguati livelli di anticontraffazione e in linea con le scelte effettuate da Paesi che già adottano detti supporti e le motivazioni che hanno spinto il Ministero dell'interno ad abbandonare la tecnologia prescelta, dopo la prima emissione effettuata dall'Istituto poligrafico e zecca dello Stato;
se il Governo possa confermare i tempi di messa a regime su tutto il territorio nazionale del rilascio della carta

d'identità elettronica, del permesso di soggiorno, del visto elettronico e del passaporto e se questi risultino in linea con i termini fissati dalla legge, ulteriormente prorogati al 1 o gennaio 2012 con la recente approvazione del decreto cosiddetto «milleproroghe».
(4-11483)

LANZILLOTTA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione normativa. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge n. 200 del 22 dicembre 2008, Misure urgenti in materia di semplificazione normativa, promosso dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, prevede, tra l'altro, la creazione di una banca dati, accessibile a tutti e consultabile gratuitamente, che contiene i testi delle leggi statali vigenti aggiornati in tempo reale;
il decreto-legge n. 112 del 2008 «taglia-carte» prevede il passaggio della distribuzione della Gazzetta Ufficiale da cartaceo a supporto informatico;
la gestione di tali progetti è stata affidata al Poligrafico e Zecca dello Stato SpA, in quanto società pubblica, controllata interamente dal Ministero dell'economia e delle finanze;
dalle segnalazioni di numerosi cittadini-utenti e delle organizzazioni sindacali di categoria sono state evidenziate numerose criticità: dal probabile ritardo sulla tabella di marcia del progetto «Normattiva» che potrebbe concludersi ben oltre il termine indicato dal Governo, entro l'anno 2014, all'aumento massiccio nel nuovo processo informatico di distribuzione della Gazzetta Ufficiale, delle errate corrige, più che raddoppiate, a fronte di errori che vanno dal «semplice» errore di ortografia al più preoccupante errore di omissione di ben 32 pagine come accaduto nella pubblicazione on-line del supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale del 3 gennaio 2011. Tutto ciò farebbe pensare ad una totale mancanza di correzione e supervisione dei processi di creazione dei testi elettronici;
ad oggi risulta all'interrogante che non una sola inserzione con procedura on-line sia stata effettuata dai Ministeri sulla Gazzetta ufficiale -:
se il Ministro dell'economia e delle finanze non ritenga di verificare con i vertici dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato se tali difficoltà siano dovute alla carenza di personale specializzato dopo l'esodo anticipato di oltre 400 unità, personale in gran parte operativo, non sostituito con il medesimo profilo;
se i Ministri interrogati, non intendano verificare con i responsabili IPZS se gli aspetti contenutistici di «normattiva» e il nuovo assetto per la realizzazione della Gazzetta Ufficiale siano effettivamente allineati e rispondenti agli obiettivi previsti dal decreto-legge n. 200 del 2008 e dal decreto-legge n. 112 del 2008 in quanto eventuali dissonanze andrebbero inevitabilmente a gravare direttamente sui cittadini.
(4-11502)

TESTO AGGIORNATO AL 6 APRILE 2011

...

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, il Ministro dell'interno, il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:
in un articolo del 24 gennaio 2011 de il Giornale di Luca Fazzo si riportava la notizia che tale Said Rashid, condannato in Italia nel 1986 all'ergastolo per omicidio, è attualmente presidente delle ferrovie di stato libiche;
nel luglio del 2009 Finmeccanica ha siglato un accordo di fornitura con le ferrovie libiche per un importo di 541 milioni di euro;
alla sigla di tale accordo erano presenti il presidente di Finmeccanica Guarguaglini,

il sottosegretario agli esteri Stefania Craxi, il Ministro per il trasporto libico Zidane e lo stesso Rashid;
lo stesso Rashid ha chiesto alla procura di Milano la revisione del suo processo;
la vittima dell'omicidio che ha portato alla condanna all'ergastolo di Rashid si chiama Lahderi e lo stesso venne presentato dal Capo del Sismi generale Santovito al manager di Stato Giancarlo Elia Valori -:
se risulti a che punto sia la richiesta di revisione del processo presso il tribunale di Milano;
se si ritenga corretto che il Governo italiano e un'azienda di Stato sviluppino un contratto di tale importanza con una controparte condannata all'ergastolo in Italia;
se Rashid rientri nell'elenco delle persone fisiche contro le quali il Consiglio di sicurezza dell'ONU e l'Unione europea abbiano previsto sanzioni economiche e/o limitazioni alla libertà di circolazione;
se si ritenga nell'ambito dei rapporti anche futuri con la Libia di chiedere l'estradizione del Rashid in Italia per scontare la pena cui è stato condannato.
(2-01038)
«Mecacci, Fiano, Maurizio Turco, Farina Coscioni, Zamparutti, Touadi, Beltrandi, Duilio, Villecco Calipari, Nannicini, Ferrari, Capano, Bobba, Picierno, Gozi, Bucchino, Grassi, Misiani, Porta, Gianni Farina, Bossa, Tidei, Lucà, Carella, Barbi, Lovelli, Minniti, Motta, Colombo, Sarubbi, Bernardini, Burtone, Melis, Dal Moro».

Interrogazione a risposta in Commissione:

CONTENTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
notizie di stampa hanno riportato l'esito delle indagini relative alla cosiddetta inchiesta «toghe lucane» che avrebbe visto il proscioglimento di tutte trenta le persone indagate e per tutti ventiquattro i capi di imputazione ipotizzati dall'allora pubblico ministero Luigi de Magistris;
in particolare, dalla lettura dei quotidiani si apprende la generale mancanza di elementi di reato o l'insussistenza degli addebiti per tutte le ipotesi avanzate dall'accusa, ipotesi riferite, tra l'altro, a fattispecie molto gravi che avevano coinvolto magistrati e alti dirigenti della pubblica amministrazione;
si sarebbe trattato di un'indagine protratta per anni con ricorso a numerosi atti investigativi e a diverse intercettazioni telefoniche;
dalle anticipazioni sul provvedimento di archiviazione, a parere dell'interrogante, sembra emergere l'esistenza di un teorema accusatorio perseguito con inspiegabile perseveranza, in contrasto con l'evidenza degli elementi probatori posti, successivamente, alla base del generale proscioglimento degli indagati nonché in danno di persone coinvolte, loro malgrado, nell'indagine anche alla luce delle notizie rimbalzate, all'epoca, sui mezzi di comunicazione;
quello che, però, non risulta essere stato reso noto è il costo dell'intera operazione che, visto l'esito dell'indagine, farà probabilmente carico alle casse dello Stato -:
a quanto ammontino le spese relative al procedimento in questione e, in particolare, quelle riferibili alle intercettazioni telefoniche, quanti «bersagli» abbiano interessato queste ultime, quale sia stata la durata complessiva delle indagini, quali reati risultino essere stati contestati e per quali tra essi risultino autorizzate le intercettazioni telefoniche e con quali motivazioni;
quali iniziative intenda assumere, anche attraverso gli organi ispettivi, al fine di valutare l'esistenza dei presupposti per

promuovere l'azione disciplinare, anche effettuando le segnalazioni del caso alla magistratura contabile.
(5-04527)

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
giovedì 31 marzo 2011, Carlo Saturno, 22 anni, di Manduria (Ta), detenuto nella casa circondariale di Bari, si è impiccato nella sua cella. A trovarlo penzoloni sono state le guardie che lo hanno tirato giù quando respirava appena ed era in fin di vita. In suo aiuto è intervenuto il personale dell'infermeria e del 118 di Bari. Trasportato in ospedale è ora ricoverato in condizioni disperate nella rianimazione del policlinico, dove è mantenuto invita dalle macchine. L'elettroencefalogramma risulta piatto, per cui da un momento all'altro i sanitari potrebbero decidere di staccare la spina del respiratore. Come fanno sapere i suoi familiari, Carlo soffriva da tempo di crisi depressive ed era in cura con tranquillanti. Il suo avvocato, Tania Rizzo, del foro di Lecce, lo aveva visto l'ultima volta una ventina di giorni fa nel corso di un'udienza che lo riguardava nel tribunale di Mandria, e afferma di averlo trovato visibilmente agitato, nervoso e scostante;
i familiari si sono già rivolti ad un proprio legale di fiducia per capire le cause del gesto e soprattutto per scoprire eventuali responsabilità. Il giovane - come si legge nella nota diffusa dall'osservatorio permanente sulle morti in carcere - era detenuto per furto, ma era anche parte civile nel processo in corso davanti al tribunale di Lecce contro nove poliziotti del carcere minorile, che sono accusati di aver compiuto violenze sui detenuti tra il 2003 e il 2005. Il nome di Carlo Saturno, che all'epoca aveva 16 anni, compare infatti nell'elenco delle presunte vittime dei nove agenti di polizia penitenziaria del carcere minorile di Lecce che il tribunale salentino sta processando perché accusati di maltrattamenti e vessazioni di ogni tipo nei confronti di alcuni ospiti dell'istituto di pena per minori. Saturno è uno dei tre ex detenuti di quel minorile che si è presentato come parte lesa nel processo iniziato il 19 febbraio 2011 davanti giudice del tribunale di Lecce Pietro Baffa, che vede alla sbarra, per i presunti abusi nei confronti anche di Saturno, il capo degli agenti Gianfranco Verri, il suo vice Giovanni Leuzzi, sette agenti di polizia penitenziaria, per rispondere tutte della presunta atmosfera di paura instaurata tra i giovani detenuti con minacce, privazioni e violenze non di natura sessuale;
dal 29 marzo 2011 si sono verificati in Puglia tre tentativi di suicidio, uno a Lecce e gli altri due a Bari;
dall'inizio dell'anno in Puglia sono stati otto gli episodi - tra suicidi e tentativi di suicidi - riguardanti detenuti rinchiusi negli affollatissimi istituti di pena della regione;
dal 1o gennaio 2010 nella stessa regione sono morti 10 detenuti, 6 dei quali per suicidio;
il penitenziario di Bari in cui il detenuto era rinchiuso ha una capienza di 296 posti letto, a fronte di 606 detenuti presenti;
in tutta la regione sono 4.621 i detenuti rinchiusi tra i 13 penitenziari, a fronte di 2.528 posti regolamentari. Un esubero di 88 detenuti ogni 100 posti, affollamento del 182 per cento. Solo 125 reclusi svolgono lavoro intramurario. Al 28 febbraio 2011 i detenuti agli arresti domiciliari in base alla legge 199/10, cosiddetta «Svuota-carceri» risultano essere 128 di cui 8 stranieri;
la legge regionale 19 del 10 luglio del 2006 all'articolo 31 istituiva l'ufficio del garante dei diritti dei detenuti e impegnava la sua giunta ad approvare il regolamento per la composizione e il funzionamento dello stesso entro 180 giorni. Tale regolamento emanato il 29 settembre 2009 (n. 21) stabiliva entro 90 giorni la nomina

di tale organo. A oggi la regione Puglia non ha ancora garante dei diritti dei detenuti;
il 25 giugno 2010 il Governo rendeva noto il parere dal titolo «Il suicidio in carcere Orientamenti bioetici» approvato dal comitato nazionale per la bioetica che, considerata la particolare vulnerabilità bio-psico-sociale della popolazione carceraria rispetto a quella generale sottolineava il preciso dovere morale a garantire un ambiente carcerario che rispetti le persone e lasci aperta una prospettiva di speranza e un orizzonte di sviluppo della soggettività in un percorso di reintegrazione sociale, ma, prima ancora, a riconsiderare criticamente le politiche penali che siano di per sé causa di sovraffollamento. E in cui il comitato nazionale di bioetica raccomandava alle autorità competenti di predisporre un piano d'azione nazionale per la prevenzione dei suicidi in carcere, secondo le linee indicate dagli organismi europei -:
di quali informazioni disponga il Ministro sui fatti riferiti in premessa e, in particolare, se non intenda avviare un'indagine amministrativa volta a verificare eventuali responsabilità dell'amministrazione penitenziaria;
se non ritenga che l'alto tasso dei suicidi e dei tentati suicidi dipenda dall'elevato tasso di sovraffollamento e delle condizioni degli istituti di pena pugliesi;
quali iniziative, il Governo intenda assumere per contenere e ridurre l'alto tasso dei decessi per suicidio in carcere; se intenda istituire in ogni carcere degli appositi presidi specializzati per una prevenzione specifica rivolta alla tempestiva individuazione e intervento sulle situazioni a rischio suicidio in grado di travalicare la «soglia di resistenza» dei detenuti;
quali provvedimenti urgenti il Governo intenda adottare per garantire i livelli essenziali di assistenza sanitario-psicologica previsti dalla legge;
se si ritenga necessario, assumere le opportune iniziative per la creazione di un «osservatorio» per il monitoraggio delle morti che avvengono in situazioni di privazione o limitazione della libertà personale anche al di fuori del sistema penitenziario, osservatorio in cui siano presenti anche le associazioni per i diritti dei detenuti e degli immigrati;
cosa intenda fare per dare attuazione a quanto previsto e approvato nella mozione promossa dalla delegazione radicale nel gruppo del PD n. 1/00288, mozione che impegna il Governo ad assumere iniziative, anche di carattere normativo, volte ad attuare, con il più ampio confronto con le forze politiche presenti in Parlamento, una riforma davvero radicale in materia di custodia cautelare preventiva, di tutela dei diritti dei detenuti, di esecuzione della pena e, più in generale, di trattamenti sanzionatori e rieducativi, che preveda:
1. la riduzione dei tempi di custodia cautelare, perlomeno per i reati meno gravi, nonché del potere della magistratura nell'applicazione delle misure cautelari personali a casi tassativamente previsti dal legislatore, previa modifica dell'articolo 280 del codice di procedura penale;
2. l'introduzione di meccanismi in grado di garantire una reale ed efficace protezione, del principio di umanizzazione della pena e del suo fine rieducativo, assicurando al detenuto un'adeguata tutela giurisdizionale nei confronti degli atti dell'amministrazione penitenziaria lesivi dei suoi diritti;
3. il rafforzamento sia degli strumenti alternativi al carcere previsti dalla cosiddetta legge «Gozzini», da applicare direttamente anche nella fase di cognizione, sia delle sanzioni penali alternative alla detenzione intramuraria, a partire dalla estensione dell'istituto della messa alla prova, previsto dall'ordinamento minorile, anche nel procedimento penale ordinario;
4. l'applicazione della detenzione domiciliare, quale strumento centrale nell'esecuzione penale relativa a condanne di minore gravità, anche attraverso l'attivazione di serie ed efficaci misure di controllo a distanza dei detenuti;

5. l'istituzione di centri di accoglienza per le pene alternative degli extra-comunitari, quale strumento per favorirne l'integrazione ed il reinserimento sociale e quindi ridurre il rischio di recidiva;
6. la creazione di istituti «a custodia attenuata» per tossicodipendenti, realizzabili in tempi relativamente brevi anche ricorrendo a forme di convenzioni e intese con il settore privato e del volontariato che già si occupa dei soggetti in trattamento;
7. la piena attuazione del principio della territorialità della pena previsto dall'ordinamento penitenziario, in modo da poter esercitare al meglio tutte quelle attività di sostegno e trattamento del detenuto che richiedono relazioni stabili e assidue tra quest'ultimo, i propri familiari e i servizi territoriali della regione di residenza;
8. l'adeguamento degli organici del personale penitenziario ed amministrativo, nonché dei medici, degli infermieri, degli assistenti sociali, degli educatori e degli psicologi, non solo per ciò che concerne la loro consistenza numerica, ma anche per ciò che riguarda la promozione di qualificazioni professionali atte a facilitare il reinserimento sociale dei detenuti;
9. il miglioramento del servizio sanitario penitenziario, dando seguito alla riforma della medicina penitenziaria già avviata con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008, in modo che la stessa possa trovare, finalmente, effettiva e concreta applicazione;
10. l'applicazione concreta della legge 22 giugno 2000 n. 193 (cosiddetta legge «Smuraglia»), anche incentivando la trasformazione degli istituti penitenziari, da meri contenitori di persone senza alcun impegno ed in condizioni di permanente inerzia, in soggetti economici capaci di stare sul mercato, e, come tali, anche capaci di ritrovare sul mercato stesso le risorse necessarie per operare, riducendo gli oneri a carico dello Stato e, quindi, della collettività;
11. l'esclusione dal circuito carcerario delle donne con i loro bambini;
12. una forte spinta all'attività di valutazione e finanziamento dei progetti di reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti, nonché di aiuti alle loro famiglie, prevista dalla legge istitutiva della Cassa delle ammende;
se intenda inviare un commissario straordinario dirigente generale per l'organizzazione dei servizi e delle relazioni sindacali dal dipartimento amministrazione penitenziaria presso il provveditorato regionale Pugliese;
se sia in grado di fornire un quadro di quanti garanti per i diritti privati della libertà personale siano stati istituiti a livello regionale, provinciale e comunale, e, per quel che riguarda le regioni, quali, pur avendo istituito la figura del garante non abbiano proceduto alla nomina;
se, considerate le difficoltà nell'istituzione dell'organo da parte delle amministrazioni regionali, provinciali e comunali, non intenda riconsiderare la posizione negativa del Governo in merito all'istituzione del garante nazionale per le persone private della libertà.
(4-11492)

OLIVERIO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
Federica Mesoraca è una giovane ragazza di una famiglia originaria di Cutro in provincia di Crotone. Nata nei pressi di Bologna, in seguito al trasferimento della famiglia, conosce un ragazzo, Raffaele, con il quale avvia una relazione sentimentale;
dall'unione dei due nasce un bambino A.L.T, ma i problemi all'interno della coppia dei ragazzi, già evidenziati nel periodo precedente, si fanno più acuti e sia il bambino che la mamma vengono presi in carico dai servizi sociali;
nonostante Federica sia accolta in una casa famiglia insieme al figlio, il tribunale per i minorenni di Bologna apre un procedimento per accertare lo stato di

abbandono del minore che, dopo un periodo di osservazione, termina con un decreto provvisorio di affido del piccolo, di 17 mesi, presso una famiglia affidataria, «in attesa che si creino condizioni diverse nella propria famiglia di origine, condizioni che gli consentano una crescita sana ed equilibrata»;
nel frattempo la famiglia materna aveva già fatto istanza di affido del minore, dichiarandosi disponibile ad accoglierlo in attesa che la mamma fosse in grado di acquisire le competenze genitoriali richieste, istanza respinta dal tribunale;
la famiglia di Federica è particolarmente unita ed in grado di assolvere i doveri parentali, tanto è vero che i nonni materni sono accorsi in aiuto della sorella maggiore, in occasione della separazione coniugale;
Federica Mesoraca, che ha visto il bambino solo una volta, lamenta l'impossibilità di vederlo in maniera adeguata e soprattutto a cadenze regolari;
senza entrare nel merito delle decisioni assunte dall'autorità giudiziaria, la vicenda in questione, ad avviso dell'interrogante, evidenzia la necessità di una revisione della normativa di cui alla legge n. 184 del 1983 in materia di affidamento temporaneo dei minori; in particolare, in casi come quello esposto, è necessario assicurare che sia preferita, tra le diverse opzioni possibili, la soluzione dell'affidamento del minore ai più stretti congiunti e che sia compiuto altresì ogni sforzo atto a preservare quantomeno le relazioni affettive del minore con i genitori e con la famiglia di origine -:
se il Governo non intenda assumere iniziative normative volte a modificare la disciplina dell'affido temporaneo dei minori di cui alla legge n. 184 del 1983, prevedendo, in casi come quello descritto in premessa, che sia privilegiata la scelta di affidamento del minore ai più stretti congiunti rispetto alle altre possibili soluzioni contemplate dalla legge o almeno che sia predisposta ogni cautela necessaria a salvaguardare le relazioni affettive tra il minore e la famiglia di origine, anche mediante il potenziamento degli strumenti di sostegno economico, educativo e psicologico finalizzati al tempestivo superamento delle difficoltà del nucleo familiare di provenienza.
(4-11496)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta immediata:

LOLLI, FRANCESCHINI, VENTURA, MARAN, VILLECCO CALIPARI, AMICI, BOCCIA, LENZI, QUARTIANI, GIACHETTI, ROSATO, D'INCECCO, GINOBLE, TENAGLIA, LIVIA TURCO e CONCIA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
a due anni dal terremoto del 6 aprile 2009, nonostante l'impegno dei diversi protagonisti e alcuni importanti risultati raggiunti, in tutti gli osservatori, compresa la stampa che si è recata a l'Aquila in questi giorni, prevale il senso di un ritardo nell'affrontare e nel risolvere alcuni dei problemi reali e concreti che interessano la cittadinanza delle zone colpite dal sisma;
a tutt'oggi non si è ancora proceduto alla ricostruzione pesante nelle periferie e nei centri storici, in particolare nel centro storico dell'Aquila, a causa dei problemi normativi che ostacolano, rendendole confuse e troppo complicate, le procedure attraverso le quali i cittadini possono accedere all'iter previsto dalla legge, nonostante le richieste di intervento di ricostruzione avanzate dai cittadini siano decisamente inferiori ai numeri attesi;
a differenza degli altri terremoti, non è prevista una linea di finanziamento e un impegno diretto dello Stato e del Ministero per i beni e le attività culturali per affrontare la difficile situazione del patrimonio artistico e monumentale delle zone

colpite e, in particolare, della città dell'Aquila, registrandosi un ritardo nella ricostruzione di edifici pubblici per la quale sono stati stanziati i fondi già dal 2009, individuando come soggetto attuatore il provveditorato alle opere pubbliche -:
per quali motivi, in considerazione della drammatica situazione del lavoro e delle attività degli operatori economici e in considerazione del fatto che i cittadini aquilani hanno ripreso a pagare le tasse e i mutui gravati dagli interessi già dal mese di luglio 2010 e che dovranno restituire il cento per cento delle tasse a partire dal novembre 2011, non si sia previsto alcun intervento specifico per il rilancio della ripresa economica e l'unica misura normativa prevista, cioè la zona franca urbana, ancora non abbia avuto alcun seguito a due anni dalla sua approvazione.
(3-01573)

...

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:

DELFINO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il Fondo nazionale della montagna, previsto dalla legge n. 97 del 1994, viene ripartito ai comuni inseriti nell'elenco dei comuni montani;
con il decreto del Ministero dell'interno del 29 dicembre 2010, previo parere della Conferenza Stato-autonomie locali, tale Fondo viene ripartito ai comuni montani in base al solo criterio della popolazione residente;
tale ripartizione comprende anche i comuni parzialmente montani, per i quali viene considerata l'intera popolazione comunale e non solo quella residente nel territorio montano;
il criterio di ripartizione del Fondo, basato sul parametro della popolazione, risulta estremamente iniquo, in quanto le poche risorse a disposizione finiscono con l'agevolare i comuni parzialmente montani (di fondovalle) densamente popolati e di fatto posti in condizioni geografiche, sociali ed economiche più favorevoli;
ad oggi, con la progressiva riduzione delle risorse destinate al Fondo della montagna e con una ripartizione inversamente proporzionale ai veri bisogni e alle reali marginalità, i comuni montani sono preoccupati per lo sviluppo del proprio territorio;
in particolare l'ANCI e l'UNCEM si dicono profondamente amareggiati dall'incuranza del Governo nei confronti delle problematiche delle amministrazioni locali dei territori montani, che stanno assistendo alla progressiva e costante diminuzione delle risorse ad essi destinate, sintomo di un già accennato intento di abolizione dei piccoli comuni montani, tradotto, ad avviso dell'interrogante, non in provvedimenti normativi ma in una preoccupante pianificazione di misure che, di fatto, mirano alla loro soppressione;
diversamente, i territori di montagna, date le sfavorevoli condizioni geografiche, hanno bisogno più di altre realtà di politiche legislative organiche ed efficaci che ne valorizzino le potenzialità e ne consentano lo sviluppo economico e sociale -:
quali urgenti iniziative intenda attivare al fine di garantire risorse finanziarie adeguate ai territori di montagna, che tengano conto principalmente del grado di marginalità e di bisogno del territorio e della popolazione, sulla base di criteri e parametri rispondenti alle reali necessità territoriali.
(5-04531)

Interrogazioni a risposta scritta:

PICIERNO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in Italia sono 700.000 gli immigrati costretti a lavorare in nero, di questi

almeno 500.000, privi del permesso di soggiorno, sono esposti al ricatto e privi di ogni diritto;
il Patto europeo per l'immigrazione, sottoscritto anche dal Governo italiano nel giugno 2008, invita gli Stati membri a porre in essere una politica d'integrazione armoniosa, favorendo la partecipazione dell'immigrato nella sfera civica, al mondo del lavoro, all'istruzione, al dialogo interculturale cercando di eliminare ogni diversità di trattamento che risulti discriminatorio per il cittadino terzo;
l'articolo 18 del Testo unico sull'immigrazione, decreto-legislativo n. 286 del 1998, prevede il rilascio del permesso di soggiorno provvisorio per motivi umanitari e di protezione sociale, ovvero per quegli stranieri che si trovino in «una situazione di violenza o di grave sfruttamento». Una procedura che può essere azionata non solo nei casi di contrasto dello sfruttamento della prostituzione, bensì anche - come ha chiarito la circolare del Ministero dell'interno del 4 agosto 2007 - in ambito lavorativi;
l'articolo 18, a quel che consta all'interrogante è disapplicato se non addirittura violato dalle questure, poiché il permesso di soggiorno provvisorio non viene quasi mai concesso per situazioni di sfruttamento in ambito lavorativo. Nel 2009 sono stati solamente 810 i permessi rilasciati per motivi umanitari, e hanno riguardato pressoché in maniera esclusiva vicende collegate a reati di sfruttamento della prostituzione, riduzione in schiavitù e tratta di essere umani. Questa applicazione della disposizione, oltre a delegittimare l'autorevolezza dello Stato, impedisce a migliaia di persone sfruttate e spinte verso la clandestinità di emanciparsi da una criminalità senza scrupoli e appare contraria allo spirito della legge;
la direttiva 2009/52/CE introduce sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi soggiornanti illegalmente nell'Unione europea. Il Testo è stato approvato in via definitiva e dunque dovrà essere recepito anche dall'ordinamento italiano entro il luglio del 2011 e prevede, in particolare nello spirito di contrastare l'impiego irregolare di manodopera straniera, all'articolo 13 paragrafo 4 che «gli Stati membri definiscono ai sensi della legislazione nazionale le condizioni alle quali possono essere concessi, caso per caso, permessi di soggiorno». Il Parlamento italiano ha accorpato la direttiva nella comunitaria dell'anno 2010 e dunque le legge delega è già stata approvata, mentre spetta al Ministero dell'interno provvedere a stendere il decreto legislativo nel merito;
il Patto europeo citato, inoltre, compie dei passi nella direzione di una possibilità di regolarizzazioni ad personam e straordinarie, prevedendo testualmente: «A tal fine, il Consiglio europeo conviene: a) di limitarsi a regolarizzazioni caso per caso e non generali, nel quadro delle legislazioni nazionali, per motivi umanitari o economici»;
la norma 2008/115/CE, approvata dall'Unione europea il 16 dicembre 2008, la cosiddetta «direttiva rimpatri», di fatto obbliga i Paesi membri a provvedere a risolvere il problema delle «figure grigie», delle presenze di migranti irregolari che spesso però si trattengono nei territori dell'Unione europea. Tale risoluzione avverrebbe innanzitutto con un tentativo concreto di rimpatrio volontario assistito. Solo in casi in cui ciò non sia possibile si dovrebbe ricorrere ad un'espulsione forzata. Inoltre, per quegli stranieri che per una qualsiasi ragione non abbiano potuto regolarizzare la propria posizione, ma al tempo stesso siano in condizione di inespellibilità per una serie di ragioni di carattere soggettivo, umanitario o oggettivo, come nei casi in cui l'ambasciata di competenza non collabora con la autorità governativa italiana per l'identificazione dell'espellendo, sarebbe possibile, vista la assoluta impossibilità al rimpatrio, riconoscere un permesso di soggiorno (articolo 6, comma 4, della direttiva);
la direttiva 2008/115/CE avrebbe dovuto essere recepita dall'ordinamento italiano

entro il 24 dicembre 2010. Non avendo proceduto in tal senso, e avendo comunque la direttiva in questione un effetto diretto sul nostro ordinamento, si devono considerare le disposizioni in essa contenute già recepite; questa è la ragione per cui la magistratura sta procedendo, in diverse città italiane, a disapplicare le norme dell'ordinamento italiano che sono in palese contrasto con quelle contenute nella citata direttiva;
il 5 gennaio 2011 - in base all'entrata in vigore della direttiva 2008/115/CE in materia di rimpatri - in una sentenza del tribunale di Torino viene assolto uno straniero dal reato di cui all'articolo 14, comma 5-quater del decreto legislativo n. 286 del 1998. La questione riguarda un cittadino peruviano tratto in arresto il 3 gennaio 2011, imputato del reato di cui all'articolo 14, comma 5-quater del testo unico n. 286 del 1998, per essersi trattenuto senza giustificato motivo nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartito dal questore di Torino ai sensi del comma 5-ter, essendosi già reso inottemperante a precedente ordine di allontanamento nel luglio 2010;
il giudice osserva che è d'obbligo verificare l'impatto sulla fattispecie contestata all'imputato della cosiddetta «direttiva rimpatri» con impegno degli Stati membri di adeguare i rispettivi ordinamenti interni entro il 24 dicembre 2010. Poiché il termine è decorso e la normativa in materia è invariata ci si domanda se la disciplina italiana in materia di espulsioni sia conforme alla normativa stessa; in caso contrario, se la direttiva - per la parte che interessa - sia self-executing ed in caso positivo quale sia la sorte dell'incriminazione in oggetto dal 25 dicembre 2010. La direttiva, secondo il giudice, privilegia (salvo ragioni di ordine contrario) il rimpatrio volontario dello straniero da attuare mediante notifica all'interessato di una decisione di rimpatrio con termini prestabiliti, salvo eccezioni. Se l'interessato non si è allontanato volontariamente, lo Stato ha facoltà di procedere coattivamente al rimpatrio. Se l'allontanamento coattivo non si riesce ad eseguire immediatamente o non si possano mettere in atto altre misure sufficienti e meno coercitive, si può disporre il trattenimento dello straniero (durata più breve possibile e mantenuto solo per il tempo necessario all'espletamento diligente delle modalità di rimpatrio);
a questa sentenza hanno fatto seguito le circolari delle procure di Firenze, Brescia, Venezia e Roma, con le quali si rende nota l'applicazione della normativa che non considera più legittimo l'arresto degli immigrati per il reato di clandestinità, e, di conseguenza, l'inapplicabilità della norma italiana contrastante con la direttiva europea sui rimpatri. La procura di Milano ha preferito invece inviare alla Corte europea la legge Bossi-Fini prima di prendere una decisione sul caso di un rimpatrio di un cittadino senegalese;
dal confronto fra il testo unico sull'immigrazione e la direttiva europea sui rimpatri emergono i seguenti contrasti:
a) il testo unico contempla l'espulsione coattiva immediata e il trattenimento dello straniero come unica misura coercitiva. La direttiva privilegia ed incentiva la partenza volontaria dello straniero irregolare, imponendo alle autorità dei termini per poterlo fare e concependo il trattenimento come ultima «ratio»;
b) l'ordinamento italiano sanziona penalmente la fattispecie dell'inosservanza del primo ordine di allontanamento e di quello reiterato, mentre la direttiva prevede il ricorso alle misure coercitive ed in extrema ratio come trattenimento nel CIE per un massimo di 18 mesi e con le garanzie previste. Quindi, applicando le norme penali in oggetto, si violano le garanzie imposte dalla direttiva a tutela della libertà personale del destinatario di un provvedimento di rimpatrio che non lo abbia osservato, ricorrendo ad una misura coercitiva qualitativamente diversa e temporalmente più estesa di quella prevista dalla direttiva;
poiché alla luce della giurisprudenza, il diritto dell'Unione europea ha uno «status»

di primazia rispetto al diritto nazionale, il compito del giudice è di dare applicazione alle fonti europee dotate di effetto diretto, nonché applicare il diritto nazionale in modo conforme alla lettera ed agli scopi del diritto dell'Unione europea, all'occorrenza non applicando le norme interne con esso incompatibili;
la circolare del 17 dicembre 2010, prot. 400/B/2010 del Ministero dell'interno, accoglie la precedente interpretazione sulla preminenza della direttiva europea rispetto all'ordinamento interno e sulla conseguente possibilità, nel caso in cui uno straniero interessato da un provvedimento di rimpatrio possa impugnarlo e chiedere di eccepirne la difformità rispetto ai contenuti della normativa comunitaria, con probabilità che il ricorso venga accolto «poiché il giudice, in applicazione dei principi di diritto comunitario, è obbligato ad interpretare il diritto interno alla luce della lettera e dello scopo della Direttiva»;
la suddetta circolare, quindi, indica alcuni accorgimenti che gli uffici di polizia dovranno assumere, con particolare riferimento alla stesura delle motivazioni su cui si fonderanno i provvedimenti propedeutici al rimpatrio; in particolare, si segnala la necessità di assicurare la conformità dei provvedimenti alla direttiva europea rispetto all'analisi svolta caso per caso, in modo da escludere un rimpatrio automatico dello straniero, e da garantire ai rimpatri il principio comunitario di «intensità graduale crescente»;
lo sportello informativo per migranti e rifugiati attivo all'ex canapificio di Caserta, attivo dal 1995, è un punto di riferimento fondamentale per la comunità di migranti e rifugiati dell'area di Castel Volturno e per l'intera regione Campania. Il servizio di front-office realizzato due volte a settimana da operatori, mediatori, volontari è parte integrante del progetto SPRAR finanziato, già dal 2007, dal Ministero dell'interno per l'accoglienza e la tutela dei richiedenti e titolari di protezione internazionale, sussidiaria ed umanitaria. Le attività si svolgono in collaborazione con la Caritas ed il C.I.R.;
ogni mercoledì si svolgono presso l'ex canapificio delle sessioni informative plenarie, in occasione delle quali vi è un notevole afflusso di immigrati. Essi arrivano allo sportello per essere assistiti, orientati, richiedere interventi di mediazione con il datore di lavoro, con il proprietario di casa, con medici oltre che con le istituzioni preposte. La riservatezza, la trasparenza e la condivisione delle procedure sono gli elementi fondanti di un rapporto di fiducia instaurato con l'utenza;
le associazioni e gli operatori del centro hanno denunciato la ricorrente presenza, negli ultimi mesi, di un presidio delle forze di polizia a pochi metri dal centro di assistenza. In particolare, il 15 marzo 2011 i carabinieri hanno fermato 15 utenti nei pressi del centro, per poi trattenerli, verificare le loro posizioni e procedere al rilascio di alcuni di loro e all'arresto di altri, con processo per direttissima;
le associazioni del centro hanno lamentato il danno causato da questo modus operandi alle attività che svolgono e al rapporto di fiducia con l'utenza, che ha iniziato a disertare gli appuntamenti e i servizi offerti per timore dei controlli delle forze dell'ordine proprio quando si reca alla ricerca di una tutela anche di carattere legale;
gli operatori dell'ex canapificio sottolineano come molti dei loro utenti siano soggetti particolarmente esposti a situazioni di sfruttamento e disagio, che hanno spesso problemi nel rinnovo del permesso di soggiorno o nel riconoscimento della protezione, come accade attualmente ai 30 richiedenti protezione internazionale coinvolti nei gravi fatti di Rosarno, culminati con gli scontri del 7 gennaio 2010, nonostante gli accordi con il Ministero dell'interno presi oltre un anno fa;
situazioni come quelle dei casi segnalati, soprattutto qualora sfocino nell'applicazione

del reato di immigrazione clandestina e nel relativo decreto di espulsione, rischiano, vista l'attuale incongruenza fra la normativa italiana e quella comunitaria, di dare luce a una serie di iniziative legali, con possibilità di revoca degli stessi provvedimenti di espulsione -:
alla luce di quanto riportato, quali iniziative urgenti anche normative il Ministro interrogato ritenga opportuno intraprendere al fine di:
a) dare corretta attuazione dell'articolo 18 del testo unico sull'immigrazione, affinché le questure concedano il permesso di soggiorno temporaneo alle vittime di sfruttamento lavorativo, disponendo - se necessario - un'indagine amministrativa per comprendere i motivi di quanto accaduto sino ad oggi;
b) recepire con urgenza nell'ordinamento italiano la direttiva europea 2009/52/CE, la quale prevede un intervento del Governo italiano affinché venga rilasciato un permesso di soggiorno temporaneo ai lavoratori extracomunitari che denuncino la loro posizione irregolare alle autorità competenti, oltre alla non applicazione di sanzioni ai datori di lavoro che, autodenunciandosi, provvedano alla regolarizzazione dei dipendenti extracomunitari clandestini;
c) recepire la direttiva europea 115 del 2008 sui rimpatri, che ha creato un vuoto normativo in relazione al quale alcune procure hanno ordinato il non arresto degli immigrati irregolari, provvedendo, tramite un intervento normativo ad hoc, all'opportuna armonizzazione dell'ordinamento italiano con quello dell'Unione europea.
(4-11487)

MIGLIORI e MASSIMO PARISI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
al termine dei lavori del consiglio comunale di Cetona (SI), impegnato sui temi del bilancio di previsione 2011, il capogruppo dell'opposizione PdL Massimo Ceccobao veniva invitato nella stanza del sindaco, dove veniva prima offeso e quindi colpito dall'assessore al personale e ai lavori pubblici riportando un referto ospedaliero di sette giorni per trauma cranico e cicatrice sulla pupilla dell'occhio sinistro;
trattasi di eventi che in Toscana non hanno precedenti e che, ad avviso degli interroganti, testimoniano la gravità e l'arroganza nel rapporto maggioranza-opposizione operante in molte amministrazioni di sinistra -:
se siano state avviate indagini in relazione a quanto riportato in premessa e quali eventuali iniziative di competenza intenda adottare.
(4-11493)

GIRLANDA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il metodo delle primarie per individuare un candidato per una competizione elettorale o per un incarico di partito è stato usato ripetutamente nel nostro Paese dal Partito democratico ed è stato riproposto più volte anche in contesti esterni a tale partito come, ad esempio, la definizione del candidato di una coalizione di partiti;
tale dinamica ha avuto luogo anche a Gubbio lo scorso 3 aprile, all'interno della coalizione di centrosinistra, evento preceduto da un'intensa campagna elettorale tra i tre contendenti;
nell'ambito della suddetta campagna è stato stampato ed inviato a tutte le famiglie del comprensorio un fac simile della scheda elettorale, priva di committente responsabile, in luogo di un vago riferimento ad un «comitato organizzatore» e nella quale è stato usato anche lo stemma municipale e la dicitura «Comune di Gubbio»;
tale metodologia ha generato confusione nella popolazione che, ricevendo tale materiale al proprio domicilio, si è interrogata circa la natura dell'invio, supponendo un'anticipazione della tornata elettorale

amministrativa, prevista per il 22 e 23 maggio, nonché stupendosi della mancanza del candidato sindaco della coalizione di centrodestra, ormai noto a tutta la cittadinanza;
è necessario non indurre nell'errore la popolazione, nonché usare per finalità di partito lo stemma comunale -:
se intenda assumere apposite iniziative normative che regolino questo genere di procedure interne ai partiti, che finiscono tuttavia per coinvolgere l'intero corpo elettorale attraverso modalità quali quelle a cui l'interrogante fa riferimento.
(4-11501)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
il decreto del Presidente della Repubblica del 15 marzo 2010, n. 87, «Regolamento recante norme per il riordino degli istituti professionali, a norma dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133», ha sancito di fatto la crisi dell'istruzione e formazione professionale regionale;
istituzioni scolastiche statali, come, per esempio, gli istituti professionali di Stato (IPS) vengono accreditati dalle regioni sia per conferire la qualifica professionale regionale che per attivare i percorsi triennali e quadriennali di istruzione e formazione professionale regionale, con un'offerta sussidiaria e complementare, sgravando le regioni stesse dell'obbligo di spesa;
arrivati al quinto anno, per il conseguimento del diploma di maturità ai fini dell'inserimento nell'università, le regioni dovranno ricorrere al finanziamento;
tutto questo comporta che i centri di formazione professionale accreditati presso le regioni non ricevano più da queste contributi per attivare percorsi di istruzione e formazione professionale, poiché le Regioni stanno ricorrendo sempre più agli istituti professionali di Stato;
gli operatori e gli addetti della formazione professionale non hanno i titoli e la conoscenza necessaria per insegnare negli istituti professionali di Stato, e la dispersione scolastica riemergerà in tutta la sua forza -:
quali iniziative normative si ritenga necessario assumere al fine di modificare la normativa sopra citata per permettere agli istituti professionali di continuare a svolgere la propria funzione che nel nostro Paese è un valido ed efficace legame con il mondo del lavoro.
(2-01037) «Capitanio Santolini, Galletti».

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in Salento, tra le provincie di Lecce e Brindisi, si registrano da mesi denunce da parte di immigrati che si ritrovano vittime di sfruttamento nei campi del fotovoltaico del nuovo business delle energie alternative;
notizie di stampa hanno riferito di denunce da parte di nove extracomunitari, tunisini e senegalesi - tutti muniti di regolare permesso di soggiorno - per il

tramite dell'avvocato Ivana Maria Quarta, contro una società che ha la sede legale a Brindisi con un ufficio anche a Lecce;
queste persone hanno denunciato, con indicazioni dettagliate, precise e puntuali, una retribuzione decisamente inferiore a quella promessa; un orario di lavoro assolutamente superiore a quello indicato; condizioni di lavoro disumane nei campi; incidenti accaduti anche per queste ragioni, con la minaccia di licenziamento in caso di denuncia di quanto accaduto;
in particolare hanno riferito di lavorare dalle ore 7 alle 19 con due pause per una retribuzione di 400-500 euro, non sempre corrisposta;
alla questura di Lecce hanno sporto denuncia anche circa 500 lavoratori contro la Tecnova, la società spagnola che ha avuto in subappalto dall'Ute, la costruzione di numerosi impianti fotovoltaici;
la procura di Lecce ha aperto un'inchiesta per la quale l'ipotesi di reato è riduzione in schiavitù; intanto la protesta si è estesa a Brindisi, dove giorni fa gli immigrati sono scesi in piazza. E così aumenta la tensione in una vasta fetta di Puglia che è diventata la terra delle opportunità per chi vuole lanciarsi nell'affare dei pannelli solari. Basti pensare che solo nella provincia di Lecce sono stati installati 2.597 impianti;
tra le presunte irregolarità fonte attorno al grande business del fotovoltaico, non vi sono solo gli aspetti legati alle condizioni di lavoro, ma già da qualche tempo anche richieste di autorizzazione per piccoli impianti che in realtà nasconderebbero strutture gigantesche spezzettate per non dare nell'occhio -:
di quali informazioni disponga il Governo in merito allo sfruttamento di lavoratori nel settore del fotovoltaico;
se non si ritenga, per quanto di competenza, di promuovere un'ampia indagine per accertare dimensioni e cause di un simile fenomeno;
di quali informazioni disponga il Governo in merito ad altre irregolarità nello stesso settore;
quali iniziative di competenza si intendano promuovere per contenere quello che a tutti gli effetti sembra essere una specie di caporalato dal volto ecologico e alimentato con criteri manageriali.
(4-11495)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta immediata:

CERA, RIA, RUGGERI e DELFINO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
le piogge torrenziali che hanno investito il litorale garganico nei primi giorni di marzo 2011, in particolare le zone tra Vieste e Peschici e la riviera sud tra Manfredonia e Zapponeta, hanno causato danni ingentissimi a carico del comparto agricolo;
l'alluvione ha seriamente danneggiato diverse strutture agricole, in particolare serre orticole e florovivaistiche, ma sono andati distrutti anche diversi oliveti, vigneti, frutteti, orti e campi seminati sommersi dalle acque;
oltre ai danni immediati, stimati in milioni di euro, la produttività dei terreni invasi dall'acqua marina sarebbe compromessa definitivamente e con essa quella delle aziende agricole;
la stessa area era stata già colpita da eventi alluvionali di altrettanto grave portata nel novembre 2010, i cui effetti non erano stati ancora del tutto assorbiti dal mondo agricolo -:
quali urgenti interventi intenda attivare al fine di sostenere il comparto agricolo pugliese, già duramente provato

dalle precedenti alluvioni e dalla congiuntura economica.
(3-01572)

Interrogazione a risposta scritta:

BERTOLINI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la Grecia, dopo la registrazione dell'aceto balsamico di Modena come IGP avvenuta nel 2009, ha provveduto a varare una propria legge interna, che consente l'uso della denominazione «aceto balsamico greco»;
successivamente ha notificato a livello europeo tale variazione, attraverso una procedura anomala ed un iter improprio, che nulla ha a che fare con i marchi alimentari protetti;
tale iniziativa da parte della Grecia sembrerebbe avere come obiettivo quello di appropriarsi con modalità censurabili del marchio dell'aceto balsamico di Modena;
se la Commissione europea non interverrà tempestivamente, l'iniziativa greca renderà, a giudizio dell'interrogante, di fatto vano l'intero sistema delle denominazioni protette, perché qualunque Paese potrebbe variare le proprie norme alimentari per servirsi di una denominazione imitativa di prodotti che hanno ottenuto l'indicazione geografica protetta o la denominazione di origine protetta;
il Consorzio dell'aceto balsamico di Modena ha già espresso le proprie preoccupazioni in merito, sottolineando il danno che tale iniziativa può causare all'intero settore;
l'aceto balsamico di Modena è un prodotto simbolo dell'italian food all'estero, con il 75 per cento dei 90 milioni di litri prodotti esportati, ma è purtroppo anche uno dei prodotti a maggior rischio di contraffazione;
il comparto dell'aceto balsamico di Modena fattura ogni anno circa 8 miliardi di euro e dà lavoro a più di 300 mila persone -:
se sia a conoscenza di tale situazione e quali siano i suoi intendimenti al riguardo;
quali iniziative urgenti intenda adottare per evitare che la procedura avviata dalla Grecia, ad avviso dell'interrogante per aggirare le regole europee riguardanti le l'indicazione geografica protetta e la denominazione di origine protetta, vada a buon fine, danneggiando in modo significativo un prodotto pregiato come l'aceto balsamico di Modena;
se intenda adoperarsi per difendere tutte le denominazioni IGP e DOP italiane, che sono molto importanti per l'economia nazionale, ma messe a rischio da iniziative come quella della Grecia;
non ritenga necessario assumere ogni utile iniziativa in sede di Unione Europea affinché la Commissione europea si attivi per evitare di vanificare l'intero sistema delle denominazioni protette e dell'indicazione geografica protetta.
(4-11485)

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SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere - premesso che:
le lesioni che coinvolgono il midollo spinale o il plesso pelvico possono compromettere la funzione erettile e una particolare forma di disfunzione erettile da neuro lesione di importante impatto sociale e clinico è quella da chirurgia pelvica o da terapia radiante;
la disfunzione erettile legata all'asportazione radicale della prostata per

carcinoma è la più importante e la sua prevalenza dipende dal tipo di intervento eseguito;
i farmaci in grado di indurre un'erezione sono di due tipi: per soluzione iniettabile (aprostadil, contenuto nel Caverjet) e per via orale (sildenafil, vardenafil, tadalafil);
ai sensi della nota 75, emanata dall'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) il 4 gennaio 2007, soltanto il Caverjet rientra tra i farmaci di fascia A (rimborsabili) a carico del sistema sanitario nazionale (SSN) e soltanto per disfunzione erettile da lesioni permanenti e complete del midollo spinale o del plesso pelvico iatrogene, traumatiche o infiammatorie/degenerative (tra le quali rientra senza alcun dubbio l'asportazione della prostata per carcinoma);
per i farmaci da assumere per via orale invece è necessario un piano terapeutico del medico specialista e la loro rimborsabilità deve essere concordata insieme all'azienda titolare del medicinale -:
come il Governo intenda intervenire per permettere anche ai farmaci per via orale diretti alla riduzione della disfunzione erettile di rientrare nella fascia A limitatamente alle gravi patologie citate in premessa.
(2-01039)
«Gava, Lazzari, Golfo, Vignali, Pelino, Vincenzo Antonio Fontana, Mario Pepe (IR), Grassano, Mistrello Destro, Milanato, Scandroglio, Catanoso Genoese, Torrisi, Bocciardo, Cassinelli, Dell'Elce, Lehner, Ventucci, Scapagnini, Aracu, Garagnani, Antonio Martino, Abrignani, Nicolucci, Cazzola, Minardo, Sammarco, Gottardo, Barbaro, Barani, Ascierto, Simeoni, Abelli, Bellotti, Di Virgilio, Galati, Giorgio Conte».

Interrogazioni a risposta immediata:

SCILIPOTI e SARDELLI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
i consumatori chiedono, ormai da anni, chiarezza e informazione, in particolare nella materia alimentare, assai delicata e strettamente correlata alla salute umana;
le cattive pratiche produttive e commerciali di alcune aziende, nonché le notizie preoccupanti che arrivano, in alcune circostanze, sui rischi connessi ai cibi, con una legislazione e controlli non sufficienti, non mettono il cittadino nella condizione di potere esercitare liberamente le proprie scelte;
particolare allarme desta, poi, l'utilizzo, ormai massiccio, di sostanze chimiche, quali additivi per cibi e bevande destinati all'alimentazione umana, nonostante la loro inutilità per l'alimentazione umana, nonché, per alcuni di essi, la certa o presunta cancerogenicità, l'impiego di tali additivi è ammesso e regolato dalla normativa comunitaria (direttiva 89/107/CEE del 21 dicembre 1988 del Consiglio);
tale utilizzo è giustificato per lo più per meri calcoli commerciali ed economici, nonostante molte ricerche scientifiche abbiano evidenziato i pericoli per la salute umana per via di tali additivi;
non si può dimenticare, in tal senso, la ricerca dell'Università di Southampton (Inghilterra), che evidenziò come certi coloranti, in combinazione con il conservante benzoato di sodio, possano provocare, anche nella fascia tra i 3 e i 10 anni, alterazioni di comportamento e perdita di concentrazione;
ciò che appare incomprensibile è che molti Paesi, tra i quali gli Stati Uniti, la Norvegia, l'Australia, l'Austria e altri ancora, abbiano proibito l'uso di moltissimi coloranti e additivi in quanto pericolosi e che, al contrario, l'uso degli stessi sia consentito dalle norme comunitarie;
appare del tutto evidente, di conseguenza, che, stante la particolare attenzione che si è sempre posta nel nostro

Paese in materia di controlli alimentari, non si può più ritardare un intervento risolutivo su questa materia -:
se non si ritenga opportuno adottare con urgenza le iniziative di competenza, con gli strumenti normativi atti allo scopo, al fine di individuare gli additivi dannosi o presunti tali per la salute umana, in maniera tale da proibirne l'utilizzo da parte dei produttori e la vendita da parte dei commercianti in tutti i prodotti alimentari, facendo quindi cadere, ove esistesse, la limitazione ai soli prodotti destinati ai bambini.
(3-01568)

PATARINO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 23 dicembre 2010, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 7, comma 25, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, si è stabilito che dal 1o marzo 2011 cessassero le attività delle commissioni mediche di verifica, di cui all'articolo 2-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 157, come modificato dall'articolo 5 del decreto legislativo 29 giugno 1998, n. 278, diverse da quelle presenti nei capoluoghi di regione;
questa disposizione rende più complesso l'esercizio delle competenze delle predette commissioni, in ordine all'attuazione del decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2001, n. 461, e della legge 8 agosto 1995, n. 335, con particolare riferimento all'accertamento dell'inabilità al servizio, della dipendenza dell'infermità o lesione da una causa di servizio e dell'idoneità all'attività lavorativa per i dipendenti della pubblica amministrazione e degli enti pubblici economici, nonché alle verifiche relative alle pensioni di guerra erogate a quanti hanno subito menomazioni derivanti da eventi bellici o ai loro parenti aventi diritto;
la riorganizzazione della rete territoriale delle predette commissioni comporta come conseguenza che, in quasi tutte le regioni, gli utenti - per sottoporsi alla visita collegiale presso la commissione medica di verifica regionale - siano costretti a spostamenti di centinaia di chilometri;
gli accertamenti di tipo medico-legale di aziende sanitarie locali, Inail e Inps - quali, ad esempio, quelli relativi all'invalidità civile, all'infortunistica sul lavoro e all'idoneità al lavoro dei dipendenti di imprese private e degli stessi dipendenti degli enti pubblici non economici - si appoggiano ad una rete territorialmente capillare, mentre nel caso dei dipendenti pubblici la «centralizzazione» su base regionale rischia di comportare un costo in termini di efficienza, accrescendo l'arretrato, i tempi d'attesa, la richiesta di visite domiciliari e il contenzioso -:
se non ritenga opportuno adottare iniziative, nell'ambito delle sue competenze, volte ad istituire sottocommissioni provinciali, quali articolazioni territoriali delle commissioni mediche di verifica, o quali soluzioni alternative ritenga si possano dare ai problemi connessi alla loro «centralizzazione» regionale.
(3-01569)

BALDELLI e FUCCI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
le cure omeopatiche sono sempre più diffuse tra la popolazione italiana;
secondo gli ultimi dati relativi al 2010, sono 11 milioni le persone che vi si affidano, il 18,5 per cento della popolazione;
in circa 15 anni l'incremento dei pazienti che utilizzano l'omeopatia come metodo di cura è stato di circa il 65 per cento -:
quali siano le iniziative per verificare la sicurezza dei prodotti delle cure omeopatiche e per tutelare i pazienti che ne fanno uso.
(3-01570)

Interrogazione a risposta scritta:

GIRLANDA. - Al Ministro della salute, al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
la direttiva 2003/15/CE, recepita nel nostro ordinamento con il decreto legislativo n. 50 del 2005, che modifica la legge n. 713 del 1986, ha introdotto un quadro normativo volto alla graduale soppressione della sperimentazione dei prodotti cosmetici sugli animali;
le nuove disposizioni in materia vietano di sperimentare i prodotti cosmetici finiti e gli ingredienti cosmetici sugli animali e di immettere sul mercato comunitario prodotti cosmetici finiti e ingredienti, presenti nei prodotti cosmetici, che sono stati sperimentati su animali;
l'entrata in vigore del divieto non è ancorata ad una data prestabilita, poiché si tratta di un divieto che troverà attuazione in via graduale, dal momento che ai sensi dell'articolo 2-bis della legge 11 ottobre 1986, n. 713, l'immissione sul mercato europeo non sarà più consentita allorché siano stati convalidati ed adottati a livello comunitario dei metodi alternativi alla sperimentazione animale;
i metodi di sperimentazione alternativi devono essere applicati non appena inclusi nell'allegato V della direttiva 67/548/CEE o nell'allegato VIII della legge n. 713 del 1986; quest'ultimo elenca i metodi alternativi convalidati dal centro europeo per la convalida di metodi del centro comune di ricerca, che rispondano ai requisiti di legge e che non riguardino esperimenti per la determinazione della tossicità e dell'ecotossicità;
la commissione europea, in base allo sviluppo della convalida di tali metodi alternativi, adotterà dei calendari per la graduale soppressione dei vari esperimenti animali, come stabilito nel comma 2 dell'articolo 4-bis della direttiva 76/768/CEE, direttiva nella quale è anche fissato un periodo massimo per l'attuazione del divieto di sperimentazione su ingredienti o combinazioni di ingredienti, ovvero sei anni dalla data di entrata in vigore della direttiva 2003/15/CE, quindi 11 marzo 2009, mentre per gli esperimenti concernenti la tossicità da uso ripetuto, la tossicità riproduttiva e la tossicocinetica il limite per l'attuazione è stabilito in dieci anni, quindi 11 marzo 2013;
associazioni ed enti animaliste, quali la Lav o la Humane society international, sostengono che la Commissione europea abbia previsto la possibilità di posticipare il termine di attuazione delle direttive suindicate, con riferimento particolare al divieto di immettere sul mercato prodotti contenenti ingredienti o combinazioni di ingredienti testati su animali, previsto per il mese di marzo 2013, organizzando a tal proposito petizioni e raccolte di firme per scongiurare tale eventualità -:
quale sia attualmente lo stato di tale iter e se sussistono i presupposti per un rinvio del termine previsto per il divieto di introdurre sul mercato prodotti contenenti ingredienti o combinazioni di ingredienti testati su animali.
(4-11497)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
a più di dieci anni dall'entrata in vigore del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, di attuazione della direttiva 98/30/CE, il processo di liberalizzazione del mercato del gas naturale in Italia non è ancora stato ultimato; più specificamente, non è stata completata la separazione della Snam Rete Gas s.p.a. dall'ENI;
con le direttive comunitarie 2003/55/CE e 2009/73/CE, l'Unione europea ha previsto nuove regole finalizzate alla trasparenza nella gestione delle infrastrutture del gas, così come per l'energia elettrica; in particolare, la normativa comunitaria ha

introdotto alcune disposizioni riguardanti la separazione dei gestori delle attività infrastrutturali del gas da quelli dei sistemi di produzione e vendita, lasciando agli Stati membri la possibilità di scegliere tra tre modelli: separazione proprietaria (ownership unbundling), gestore di sistema indipendente (indipendent system operator), gestore di trasporto indipendente (indipendent transmission operator);
mentre nel settore del mercato dell'energia elettrica si è optato per la separazione societaria, nel mercato del gas il Governo ha scelto la separazione esclusivamente funzionale della rete del gas: nel senso del modello del gestore di trasporto indipendente, che lascia la rete del gas sotto il controllo azionario dell'ENI;
la separazione societaria della Snam Rete Gas s.p.a., invece, presenterebbe maggiori vantaggi rispetto alla separazione funzionale in termini strategici oltreché di concorrenzialità e trasparenza, senza creare alcun pregiudizio alla solidità dell'ENI e alla sua capacità di operare con successo nel mercato internazionale;
con la separazione societaria del gestore della rete, ivi comprendendo anche i tratti di rete estera, si consentirebbe di effettuare investimenti più rapidi ed efficaci per garantire la sicurezza energetica del nostro Paese, potenziando le infrastrutture esistenti e diversificando le aree geografiche di approvvigionamento del gas;
la scelta della separazione proprietaria - con la sua caratteristica di garantire maggiore rapidità dei processi decisionali, incisività sul mercato internazionale ed efficacia commerciale - diventa, quindi, quanto mai opportuna e urgente di fronte alla scelta del Governo di sospendere l'adozione dell'energia nucleare, con la conseguenza che il gas naturale resterà anche a medio e a lungo termine la fonte primaria per soddisfare il fabbisogno energetico di famiglie, artigiani e imprese -:
se il Governo intenda riconsiderare la scelta del gestore di trasporto indipendente, optando per il modello di separazione proprietaria;
se il Governo intenda favorire, attraverso la convergenza tra la Terna e l'eventualmente scorporata società dei gasdotti, la nascita di un grande campione nazionale delle reti in grado di diventare il principale operatore europeo del settore;
quali ulteriori iniziative il Governo intenda intraprendere al fine di completare il processo di liberalizzazione del mercato del gas, in linea con quanto richiesto dalle direttive comunitarie relative al settore energetico.
(2-01042)
«Letta, Ventura, Boccia, Lulli, Baretta, Fluvi, Gozi, Vico, Quartiani, De Micheli, Dal Moro, Ginefra, Boffa, Recchia, Mosca, Mazzarella, Strizzolo, Mastromauro, Genovese, Martella, Garavini, Misiani, Graziano, Colaninno, Fadda, Froner, Marchioni, Peluffo, Portas, Sanga, Scarpetti, Federico Testa, Zunino».

Interrogazione a risposta immediata:

ROTA, PIFFARI e CAMBURSANO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
malgrado la moratoria il Governo italiano è intenzionato ad andare avanti sul nucleare e si permette anche di invitare gli italiani, che saranno chiamati il 12 ed 13 giugno 2011 a decidere con il referendum, a non fare delle «scelte di pancia», come se le notizie che continuano a giungere dal Giappone potrebbero consentire di accettare tranquillamente l'installazione di centrali nucleari vicino casa;
per fortuna cresce la protesta dei cittadini, delle associazioni, dei sindacati e persino dei presidenti di quasi tutte le regioni;
la scelta del nucleare è spesso frutto, oltretutto, di decisioni poco trasparenti che muovono somme mastodontiche (il programma italiano prevede una spesa di

almeno 25 miliardi di euro) e crea il terreno propizio anche per estesi fenomeni di corruzione;
i cable dell'ambasciata americana di Roma resi noti poche settimane fa da Wikileaks parlano di pressioni internazionali, colpi bassi, faide interne e di un giro di tangenti per condizionare le scelte relative alle tecnologie nucleari;
la diplomazia Usa si è, dunque, mossa negli ultimi anni in seguito all'opzione nuclearista del Governo per garantire e sponsorizzare le aziende americane: Westinghouse e General electric;
i francesi non sono stati da meno e fanno pesanti pressioni sul Governo italiano. Come riportato da fonti di stampa, secondo dichiarazioni dell'ambasciata Usa: «l'intensa pressione francese, che potrebbe comportare anche pagamenti per corrompere funzionari del Governo italiano, ha portato all'accordo di febbraio per costruire in Italia quattro reattori Areva per il 2020» -:
se risulti al Ministro interrogato l'assoluta assenza di fenomeni corruttivi al riguardo nei confronti dei dirigenti del Ministero che dirige e se non intenda rivolgersi alla magistratura per fugare ogni dubbio che le scelte sulle tecnologie nucleari - che gli interroganti ritengono comunque pericolose e da rifiutare - siano state fatte non basandosi unicamente su dati tecnici ed economici.
(3-01571)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
a seguito dell'adozione del decreto legislativo 3 marzo 2011 n. 28, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili sono comparse allarmati notizie sugli effetti occupazionali che il blocco degli incentivi poteva avere nel settore del fotovoltaico;
sulla stampa si sono lette dichiarazioni di Gianni Chianetta di Assosolare che parla di un settore con i suoi 120 mila dipendenti (Sole24ore 1o marzo 2011) e, di Nomisma Energia che per il 2010 conta 18.000 occupati nel fotovoltaico, mentre il Solar Energy Report del 2010 del Politecnico di Milano prevede 20.000 addetti diretti ma al 2013; infine, per citare i dati forniti da Assoenergie Future, frutto di un lavoro sostenuto da ricerche condotte a livello internazionale da Credit Swiss, Morgan Stanley e Jefferis & Company, che sono stati presentati in una conferenza stampa al Senato con Legambiente, i posti di lavoro creati dal fotovoltaico sono 15.000, come il numero di addetti di una grande industria;
per quanto riguarda le prospettive di nuova occupazione, secondo uno studio della Fondazione Sviluppo Sostenibile presentato al CNEL nel luglio 2010, nello scenario di sviluppo ottimale, vale a dire nel caso in cui il nostro Paese rispetti l'impegno assunto in sede europea per il raggiungimento del 20 per cento di produzione di energia da fonti rinnovabili, nel 2020 si genererebbe nel fotovoltaico un totale di 24.389 nuovi occupati (17.021 occupati diretti e indiretti e 7.000 dell'indotto), dei quali però solo 3.785 occupati in attività permanenti; mentre nell'eolico la proiezione è di 41.711 nuovi occupati complessivi (29.000 diretti ed indiretti e 12.687 dell'indotto) di cui solo 10.806 occupati in attività permanenti;
l'istituto Bruno Leoni, ha documentato come per ogni green job, prevalentemente nel fotovoltaico e nell'eolico, non si creano 7 posti di lavoro nel settore industriale che avrebbe richiesto un investimento equivalente. Secondo l'istituto Bruno Leoni, il sistema italiano, come si presenta effettivamente negli impianti realizzati, favorisce investimenti solo speculativi, legati al livello eccessivo di incentivazione, che, oltre a sostenere le filiere

produttive estere e non quelle italiane, risultano inefficienti dal punto di vista del raggiungimento degli obiettivi della strategia Europa 2020, poiché sono concentrati nella sola generazione elettrica;
a giudizio degli interroganti, si continua ad evitare accuratamente di mettere a confronto quanto costano alle tasche dei cittadini i nuovi posti di lavoro così creati, in relazione all'investimento medio necessario nel settore privato per creare un nuovo posto -:
di quali informazioni disponga il Governo in merito ai dati occupazionali (occupati diretti ed indiretti) nei settori delle fonti rinnovabili;
quali siano i settori delle fonti rinnovabili che presentano maggiori potenzialità in termini di posti di lavoro;
se si sia provveduto a mettere a confronto il costo dei posti di lavoro, legato al sistema degli incentivi, nei settori del fotovoltaico e dell'eolico industriale, e l'investimento medio necessario nel settore privato per creare un nuovo posto e con quali esiti;
se si stia tenendo conto, nella revisione in corso del sistema di incentivazione, dei dati occupazionali in modo da riequilibrarli a favore di filiere produttive italiane e maggiormente promettenti ai fini del raggiungimento degli obiettivi della strategia Europa 2020.
(4-11491)

STRIZZOLO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'impresa Fadalti Spa di Sacile (Pordenone) - gruppo che opera nel settore della commercializzazione di materiali per l'edilizia, 24 filiali nelle province di Pordenone, Udine, Gorizia, Trieste, Treviso, Venezia, Belluno e 303 dipendenti (oggi 270) - il 4 ottobre scorso è stata messa in liquidazione volontaria con delibera dell'Assemblea dei soci e nell'amministrazione della società sono subentrati due liquidatori: Giorgio Ghezzi e Renzo Di Natale;
dopo i tentativi naufragati di trovare un compratore che salvaguardasse impresa e occupazione, è stata avviata la procedura per scongiurare il fallimento e ottenere l'amministrazione straordinaria (cosiddetta Prodi-bis) ovvero una procedura commissariale che viene concessa a imprese dotate di almeno 200 dipendenti e afflitte da un rilevante indebitamento, con l'obiettivo non di liquidare l'azienda ma di recuperarne l'equilibrio economico e finanziario mediante un programma di prosecuzione dell'attività che preveda la cessione o la ristrutturazione economico-finanziaria dell'impresa;
per Fadalti spa, avendo entrambi i requisiti: 270 (nel frattempo) dipendenti e un passivo di 89 milioni di euro, il competente tribunale ha dato avvio al periodo di valutazione preliminare alla scelta di attivare la procedura o dichiarare il fallimento e il Ministero dello sviluppo economico - come previsto dalla legge - ha nominato un commissario giudiziale, con il compito di indicare al tribunale stesso la strategia del rilancio e convincere i giudici a concedere l'amministrazione straordinaria;
dal Ministero è arrivata - come riportato dalla stampa locale - al tribunale di Pordenone l'indicazione di Alfredo Paparo, revisore dei conti triestino, con diploma di maturità scientifica, non conosciuto nell'ambiente dei grandi fallimenti, ma sicuramente conosciuto dalla regione (che, in quanto socia di maggioranza di Friulia Spa, è diventata, nel frattempo, anche socio di riferimento di Fadalti Spa): Paparo è, tra l'altro, Presidente del collegio sindacale di gestione immobili Friuli Venezia Giulia spa, società partecipata all'80 per cento dalla regione;
il piano presentato dal commissario giudiziale Paparo a fine gennaio è stato accolto e il 15 febbraio il tribunale fallimentare di Pordenone ha avviato la procedura di amministrazione straordinaria

mentre il Ministero dello sviluppo economico ha proceduto alla nomina di tre commissari straordinari nelle persone dello stesso Alfredo Paparo (normalmente il commissario giudiziale viene «promosso» a commissario straordinario) a cui sono stati aggiunti i commercialisti Renato Cinelli di Pordenone e Luca Savino di Trieste, costituendo così un collegio di ben tre commissari quando, in linea di massima e in considerazione della dimensione dell'azienda sottoposta al particolare iter, ne viene nominato uno solo (al riguardo basti ricordare che per il crac Parmalat - azienda di gran lunga con una situazione più rilevante e più complessa di quella della Fadalti Spa);
sempre sulla vicenda del «crac» Fadalti Spa di Sacile e sulla gestione dell'iter sopra ricordato, la stampa locale (Messaggero Veneto del 13 marzo 2011, pagina 9, edizione di Pordenone) testualmente riporta:
«uno dei due commissari "aggiuntivi" (rispetto ad Alfredo Paparo) è Renato Cinelli, presidente dell'ordine dei commercialisti di Pordenone, nomina dal sapore istituzionale. Il secondo, invece, è Luca Savino, commercialista e revisore contabile, di Trieste come Paparo e fratello dell'assessore regionale alle Finanze e alle partecipate Sandra Savino. Il commissario, poi, è compagno di studio e di vita di Anna Grava, professionista e nello specifico sindaco del collegio di Fadalti Spa dal 30 giugno 2009 al 4 ottobre scorso. Dal 4 ottobre al 15 novembre nel collegio è subentrato, tra i sindaci, Federico Grava, fratello di Anna;
il futuro. I legami pubblici e privati tra commissari e politica e tra commissari e Fadalti Spa, rischiano di creare un pregiudizio sul loro operato. Oltre ad approvare il piano straordinario di cessione del gruppo (la strada per Fadalti sembra segnata in questa direzione), sono, infatti, chiamati a valutare eventuali azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori della società: rappresentanti dei cda che si sono succeduti, ma anche sindaci. Saranno liberi di farlo? A valutarlo sarà comunque il Ministero: per legge spetta infatti, ancora una volta, al potere politico la vigilanza sulla procedura»; -:
quali sono le ragioni che hanno indotto il Ministro interrogato a nominare tre commissari straordinari anziché uno come appare sufficiente in considerazione della dimensione e della relativa complessità dell'azienda sottoposta alla cosiddetta «Prodi-bis»;
se il Ministro interrogato fosse a conoscenza della particolare condizione dei rapporti e delle contiguità personali e professionali tra alcuni dei soggetti, direttamente o indirettamente, interessati o coinvolti nelle varie fasi gestionali e di controllo dell'operato della Fadalti Spa, in particolare negli ultimi anni di attività e con riferimento anche alle azioni svolte dalla regione Friuli Venezia Giulia.
(4-11494)

...

TURISMO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del turismo, per sapere - premesso che:
il primo trimestre del 2011 ha fatto registrare un grande fermento politico e sociale che ha attraversato tutto il Medio Oriente e il Maghreb. Contro i regimi autoritari dei Paesi arabi, si sono verificati significativi moti popolari che, accesisi in Algeria, si sono tumultuosamente estesi in Tunisia, con conseguente caduta e fuga del Presidente Ben Ali, in Egitto, con le inevitabili e sofferte dimissioni del Presidente Mubarak, in Bahrain, nello Yemen;
contestualmente si sono verificate rivolte anche in Libia, dove purtroppo la crisi in questo momento risulta essere molto più grave ed è in corso l'operazione

«Odissey Dawn» (odissea all'alba) contro il colonnello Gheddafi, cui anche il nostro Paese sta dando sostegno. La crisi, in questa parte del Mediterraneo, sta già provocando e continuerà a provocare problemi e disagi per il nostro Paese e le prime ripercussioni sono già evidenti in Sicilia;
l'emergenza profughi e l'insicurezza generata dalla crisi libica stanno infatti generando sofferenze in tutto il settore turistico siciliano e il problema rischia di estendersi a tutto il Mezzogiorno. Gli operatori del settore, con la stagione estiva alle porte, rilevano infatti i primi cali di flussi turistici e disdette. Inoltre, considerato il carattere per lo più stagionale che il turismo ha ancora al Sud, perdere la stagione estiva significherebbe mettere in ginocchio un settore che rappresenta il 12,5 per cento del prodotto interno lordo regionale. Il turismo è una risorsa importante a cui la Sicilia e il Mezzogiorno non possono rinunciare;
la Sicilia infatti sta puntando molto sullo sviluppo di questo settore e nel 2010, secondo quanto affermato dall'assessore regionale al turismo, si erano finalmente visti i primi segnali di ripresa dopo il forte calo registrato dal settore negli ultimi quattro anni;
si erano evidenziati infatti buoni risultati nella provincia di Agrigento e Trapani, un incremento in realtà come Taormina e la tenuta di Cefalù, con un complessivo aumento delle presenze di visitatori stranieri. Gli scali aerei siciliani hanno fatto segnare nel periodo gennaio-settembre 2010 un aumento dell'8,1 per cento del volume dei passeggeri, rispetto allo stesso periodo del 2009, superiore al dato nazionale, che è stato del 5,6. Palermo si è inoltre posizionata al decimo posto nella classifica 2010 dei comuni capoluogo italiani più turisticamente sostenibili, condotta dall'Osservatorio nazionale per la spesa pubblica e il turismo sostenibile che ha valutato in particolare qualità, quantità ed efficacia dei flussi di spesa pubblica destinata al turismo, con l'evoluzione dell'economia turistica e della qualità sociale e territoriale locale;
negli ultimi anni, inoltre, la Sicilia ha avuto a disposizione ingenti stanziamenti europei, che hanno portato alla creazione di nuovi posti letto, passati dai 164.085 del 2005 ai 190.618 del 2009 con un incremento del 16 per cento;
con i fondi della programmazione 2000-2006 sono stati inoltre realizzati importanti interventi come il recupero dell'area costiera di Acqua dei Corsari a Palermo o il restauro del castello Chiaramonte di Naro, in provincia di Agrigento;
con l'attuazione del piano strategico della portualità turistica e grazie ai fondi comunitari, negli ultimi anni la Sicilia ha aumentato il numero di approdi e di posti barca, creando una rete di hub a vocazione extraregionale e di porti turistici più piccoli, con una distanza massima tra loro di 30 miglia, valorizzando cosi il turismo marino che costituisce una fetta importante dell'intero comparto turistico, che, nel 2009, si è attestato sui 3,5 milioni di turisti (per lo più italiani, con un 30-35 per cento di stranieri) all'anno per un totale di 11 milioni e 397 mila notti vendute. In particolare, con i fondi della programmazione 2000/2006 sono stati realizzati diversi interventi a Palermo Sant'Erasmo (270 posti). Balestrate (700 posti), Porto Palo di Menfi (245 posti), Pantelleria (200 posti), Marina di Ragusa (1000 posti), Riposto (650 posti), S. Marina di Salma (300 posti), per un totale di 2.800 posti barca, oltre a interventi sul porto di Lampedusa e a San Nicola L'Arena, nel palermitano;
ci sono stati anche, in questi ultimi anni, ingenti investimenti privati, quali ad esempio quelli dei resort di Sciacca e Ribera che possono essere un elemento di traino per lo sviluppo del segmento turistico di lusso;
la crisi libica sta dunque vanificando tutti gli investimenti e gli sforzi che la Sicilia e il suo settore turistico hanno fatto negli ultimi anni. Due nodi di problematicità

risultano in particolare l'isola di Lampedusa e la provincia di Trapani. L'economia di Lampedusa è infatti principalmente basata sul turismo. L'assessore al turismo di Lampedusa ha calcolato danni per più di 4 milioni di euro al settore turistico dell'isola relativi al solo periodo di Pasqua;
si è stimato infatti che, con la cancellazione dei voli turistici programmati per le feste da parte del vettore Astreus e del tour operator Holding Turismo, si è avuta la perdita di circa 7.000 posti che, calcolando soggiorni di sei notti, sarebbero corrispondenti a 42.000 presenze. Aggiungendo inoltre gli arrivi della tratta sociale da Palermo e Catania e i passeggeri Siremar, si stima che le presenze del periodo pasquale sarebbero arrivate a circa 84.000. Considerando una spesa media di cinquanta euro al giorno per turista, si arriva a calcolare una perdita netta per l'economia isolana di quattro milioni e duecentomila euro. Probabilmente tali importi potranno essere solo parzialmente recuperati dai risarcimenti annunciati dal Governo;
la preoccupazione rimane forte anche per la stagione estiva perché secondo i dati diffusi dalla Federalberghi delle Pelagie le prenotazioni per la stagione estiva, che in questo periodo raggiungono quasi un terzo della disponibilità totale sono scese del 25 per cento, raggiungendo appena un 5-6 per cento;
altro punto caldo risulta Trapani dove, a causa delle operazioni militari, dal 20 marzo 2011 è chiuso l'aeroporto cittadino. Lo scalo è stato infatti scelto, in luogo del vicino e ugualmente sicuro scalo di Sigonella, come principale pista per il decollo dei velivoli militari verso la Libia. Conseguentemente tutti i voli civili sono stati dirottati su Palermo, con grandi disagi per i passeggeri ed un'eccessiva congestione dello scalo palermitano che comporta ritardi e overbooking;
l'Airgest, società di gestione dell'aeroporto civile di Trapani, ha dichiarato che ogni giorno di chiusura significa una perdita di 50 mila euro e ciò potrebbe comportare tagli al personale che andranno a toccare sicuramente i lavoratori più deboli, ossia i circa 70 interinali, già in fase di protesta. Ma la chiusura dell'aeroporto non è solo la crisi dell'Airgest, significa soprattutto bloccare quella crescita e quell'incremento di turismo che si era riscontrato con l'apertura dello scalo civile e grazie alle presenza dei voli low cost della compagnia Ryanair. Nel 2010 infatti, grazie al traino della Ryanair, sono transitati nello scalo di Trapani 1,6 milioni di passeggeri, con tendenze ancora in crescita fino al mese scorso. Tali cifre hanno ovviamente avuto una ricaduta positiva sul turismo locale, con un incremento di presenze turistiche del 13,44 per cento nel quadriennio 2006-2009, dato che sale addirittura a +53 per cento rispetto alle sole presenze straniere. La tendenza positiva è confermata anche confrontando la presenza di turisti italiani e stranieri nella provincia di Trapani nel 2009 rispetto al 2008, con una percentuale, rispettivamente, di +3,85 per cento e +24,53 per cento. Al momento, però lo scenario è cambiato: il sindaco di Trapani è allarmato ed ha già scritto al Governo, gli operatori del settore turistico della provincia lamentano il blocco del canale di prenotazione telematico booking.com, legato alla compagnia Ryanair e che rappresenta per le strutture ricettive una grande fetta di mercato; le strutture ricettive hanno avuto le prime disdette di prenotazioni; i tour operator, con la chiusura dell'aeroporto, taglieranno probabilmente Trapani dai circuiti turistici; i commercianti temono un ridimensionamento degli affari e uno stop, anche degli arrivi turistici con navi da crociera;
a sostegno di questi investimenti e contro la crisi del settore appare innanzitutto necessaria una straordinaria promozione dei territori che punti sulle bellezze del Mezzogiorno e della Sicilia in particolare e che rassicuri il segmento di turismo estero dai pericoli del conflitto libico. È facile infatti che un turista straniero associ Lampedusa con la Sicilia tutta, mentre è necessario mostrare la

ricchezza e la bellezza dei nostri territori e spiegare che, in Sicilia, si può fare vacanza. Tra le attrazioni turistiche che meritano di essere valorizzate a livello di promozione internazionale, solo ad esempio, si può citare, oltre alle numerose bellezze del mare con i quasi 1500 chilometri di coste, i meravigliosi paesaggi naturali dell'Etna e di Stromboli, le aree archeologiche di Siracusa e Agrigento, le città barocche della Val di Noto o la cattedrale di Monreale a Palermo;
in questo scenario di crisi, poi, il nuovo spot di promozione turistica nazionale «Magic Italy», appare alquanto inefficace e ad avviso degli interpellanti addirittura provocatorio nella scelta del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi quale testimonial -:
per quanto sopra esposto, quali provvedimenti si stiano prendendo per sostenere ed evitare le difficoltà e i danni del settore dovuti alla crisi libica e quali azioni siano invece in atto o programmate, in termini di promozione, investimenti e interventi infrastrutturali, per lo sviluppo complessivo del settore nel Mezzogiorno che ha ancora molte potenzialità non sfruttate e rappresenta un'opportunità per tutto il turismo italiano.
(2-01036) «Messina, Donadi, Cimadoro».

...

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta in Commissione Vannucci e Giovanelli n. 5-04105, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 gennaio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ghizzoni.

L'interrogazione a risposta in Commissione Ghizzoni e altri n. 5-04507, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 marzo 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Pasquale.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta orale Anna Teresa Formisano n. 3-01437 del 2 febbraio 2011;
interrogazione a risposta scritta Messina n. 4-11417 del 28 marzo 2011.