XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di lunedì 6 giugno 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
a partire dal 2008 il manifestarsi della crisi economica internazionale ha evidenziato i forti elementi di fragilità e ingovernabilità della dimensione finanziaria che ha portato a sforzi significativi, tuttora in atto, per rendere più trasparenti i mercati dei servizi bancari e finanziari a livello globale;
già nel vertice G20 di Londra del 2 aprile 2009 era stato deciso di porre fine sostanzialmente all'istituto del segreto bancario, autorizzando l'Ocse a pubblicare l'elenco dei cosiddetti paradisi fiscali e mettendo conseguentemente a punto una serie di sanzioni mirate;
la Svizzera è risultata inclusa nella cosiddetta «lista grigia», quale Paese che ha formalmente accettato di collaborare nel rispetto delle regole di trasparenza finanziaria dell'Ocse, ma che poi nella sostanza sembra non avere concretamente attuato le misure richieste;
nel medesimo contesto di crisi finanziaria il nostro Paese, per favorire al massimo il rientro di capitali italiani depositati all'estero, ha messo a punto nel 2009 la normativa comunemente nota come «scudo fiscale», che tuttavia all'atto della sua concreta applicazione ha presentato alcuni punti problematici, in particolare per quel che riguarda i lavoratori frontalieri;
a ciò si sono aggiunti alcuni provvedimenti amministrativi che sono stati interpretati come lesivi da parte della Confederazione elvetica, ed in particolare dai Cantoni confinanti con lo Stato italiano, quale lo Stato del Canton Ticino: il cosiddetto fisco velox e alcune ispezioni selettive alle filiali italiane di istituti bancari svizzeri, oltre a quelle che ai firmatari del presente atto di indirizzo appaiono improvvide dichiarazioni di esponenti di Governo che hanno paragonato la piazza finanziaria di Lugano a paradisi fiscali come le isole Cayman, passi che hanno causato tensioni nei rapporti diplomatici tra i due Paesi, culminati con la convocazione dell'ambasciatore italiano a Berna da parte del Ministro degli esteri svizzero per esprimere sorpresa per le azioni compiute;
successivamente tali provvedimenti sono stati mitigati e sia l'Agenzia delle entrate che esponenti di Governo hanno chiaramente affermato la volontà di non penalizzare in alcun modo i lavoratori frontalieri, adottando tutti i provvedimenti necessari ad un'applicazione corretta dello «scudo» a questa particolare categoria di lavoratori;
il dialogo Italia-Svizzera contempla oggi la necessità di una revisione della convenzione bilaterale contro le doppie imposizioni, sulla base dell'evoluzione dei modelli Ocse in materia. La Convenzione oggi in vigore, risalente al 1978, contiene l'esplicito divieto di scambiare tra le due amministrazioni fiscali informazioni suscettibili di rivelare segreti bancari, industriali o professionali. A livello bancario, ad oggi, questa clausola non potrebbe essere più rinnovata;
per la Confederazione elvetica la revisione del trattato sulle doppie imposizioni viene inserito in un più vasto quadro di rapporti bilaterali, che rimettono in discussione anche l'accordo tra l'Italia e la Svizzera relativo alla imposizione dei lavoratori frontalieri ed alla compensazione finanziaria a favore dei comuni italiani di confine, firmato a Roma il 3 ottobre 1974. L'accordo prevede che l'imposizione sui redditi dei lavoratori italiani frontalieri maturati in Svizzera sia in parte versata dalla stessa Confederazione elvetica ai comuni italiani di confine, quale compensazione delle spese sostenute dai comuni italiani in relazione alla residenza dei frontalieri sul loro territorio;
tale compensazione è oggi assestata al 38,8 per cento dell'ammontare lordo

delle imposte sulle remunerazioni dei frontalieri italiani, tra le più alte riconosciute dalla Svizzera a fronte di ristorni molto inferiori previsti da analoghi accordi bilaterali con Austria e Germania;
ad oggi sono più di 50.000 i lavoratori italiani che ogni giorno si recano in Svizzera per svolgere la propria attività lavorativa, partendo dai comuni di frontiera della Lombardia e del Piemonte, apportando un contributo indispensabile all'economia elvetica, in particolare quella del Canton Ticino; si osserva, in particolare, che anche negli ultimi due anni di crisi internazionale questo trend è cresciuto di almeno 2000 unità, segno che l'apporto delle professionalità italiane, spesso di alto livello di specializzazione, è sostanziale per il dinamismo dell'economia Svizzera;
la lingua, la storia, i costumi, le radici culturali hanno accomunato nei secoli gli abitanti del Canton Ticino con quelli delle province del Verbano Cusio Ossola, di Como, di Varese e di Sondrio, generando un'area omogenea che travalica i confini amministrativi tra Svizzera ed Italia. Ciò implica che il deterioramento delle relazioni fra Italia e Svizzera si ripercuote direttamente ed in modo preponderante sulle comunità locali transfrontaliere lombarde, piemontesi e ticinesi, oltre che dei cantoni Vallese e Grigioni;
i rapporti economici tra i due Stati non si riducono esclusivamente al fenomeno del frontalierato, ma sono fatti di rapporti economici, sociali e commerciali fitti, quotidiani e di rapporti fiduciari ormai consolidati con il sistema bancario elvetico; in quest'ottica, inoltre, conformemente a quanto stabilito dalla convenzione di Madrid del 1980 sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività ed autorità territoriali, è stata costituita la comunità di lavoro Regio Insubrica, formata dagli enti locali e dalle autonomie delle province padane e del Canton Ticino;
dopo le recenti elezioni cantonali del Ticino, seppure i toni in campagna elettorale siano stati particolarmente accesi, come è pienamente legittimo in un sistema democratico in cui vigono libertà di espressione e di opinione, nessun atto concreto e nessuna dichiarazione di intenti lascia intendere la volontà di penalizzare concretamente i lavoratori frontalieri da parte di autorità elvetiche, e anzi all'indomani dei risultati elettorali l'ufficio presidenziale della comunità di lavoro Regio Insubrica ha adottato formalmente una dichiarazione contenente l'impegno ad un dialogo franco e costruttivo, in uno spirito di comprensione e collaborazione reciproca e alla ricerca di soluzioni condivise, a testimonianza di come il dialogo tra le comunità locali sia continuo, positivo e attento molto più di quanto non avvenga tra le rispettive capitali;
oggi la Svizzera, che ha un prodotto interno lordo pro capite tra i più alti d'Europa e un'economia fiorente e solida, è Paese membro degli accordi di Schengen sulla libera circolazione ed è allineata alla normativa comunitaria in base agli accordi bilaterali con l'Unione europea, non può subire un trattamento finanziario penalizzante da parte di uno dei suoi partner più stretti ed affini come l'Italia;
ad oggi permangono dubbi e sospetti fra le parti interessate a causa dell'assenza di congrue iniziative diplomatiche volte a ricondurre le relazioni tra Stato italiano e Confederazione elvetica nell'alveo degli storici ottimi e proficui rapporti bilaterali,


impegna il Governo:


ad assumere immediate e significative iniziative diplomatiche per riaprire un dialogo proficuo con la controparte elvetica su tutti i temi citati in premessa;
a considerare come elemento prioritario nel dialogo italo-svizzero la tutela dei lavoratori frontalieri, quale elemento portante dell'economia nella quale operano e pertanto meritevoli di tutela e di assoluta non discriminazione;

ad adoperarsi in ogni modo perché l'entità della compensazione ai comuni di confine a valere sui redditi dei frontalieri sia mantenuta nelle percentuali attualmente applicate;
a valorizzare e supportare i rapporti esistenti tra le collettività territoriali confinanti dei due Paesi come primo e più forte canale di dialogo tra le due realtà statuali;
ad adoperarsi, nelle opportune sedi internazionali, affinché la Confederazione elvetica possa essere esclusa dalla cosiddetta «lista grigia», in relazione al concreto rispetto delle regole sulla trasparenza finanziaria.
(1-00644)
«Reguzzoni, Crosio, Nicola Molteni, Giancarlo Giorgetti, Dozzo, Rivolta, D'Amico, Simonetti, Montagnoli».

La Camera,
premesso che:
Equitalia spa è la società a totale capitale pubblico che, in conseguenza dell'articolo 3 del decreto-legge n. 203 del 30 settembre 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2 dicembre 2005, che ha ricondotto l'attività di riscossione sotto l'ombrello pubblico, è incaricata dell'esercizio dell'attività di riscossione nazionale dei tributi;
compito principale di Equitalia è quello di contribuire a realizzare una maggiore equità fiscale, dando impulso all'efficacia della riscossione attraverso la riduzione dei costi affrontati a tal fine dallo Stato e attraverso l'ottimizzazione del rapporto con il contribuente, favorendo le condizioni per il miglioramento del tasso di assolvimento spontaneo degli adempimenti tributari;
con la manovra finanziaria da 25 miliardi di euro (decreto-legge n. 78 del 2010, convertito con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010) il legislatore ha rafforzato in modo significativo le procedure di riscossione di Equitalia, prevedendo espressamente che gli accertamenti notificati a partire dal 1o luglio 2011 contengano l'intimazione ad adempiere entro i termini di presentazione del ricorso (articolo 29 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010);
a tale misura, tuttavia, non ha corrisposto un intervento normativo da parte del legislatore che fosse in grado di controbilanciare le possibilità di difesa del contribuente, che oggi è costretto a contrastare le attività esecutive di Equitalia con mezzi processuali che, oltre ad essere particolarmente costosi, si rivelano poi nei fatti sempre molto limitati nella loro effettiva efficacia;
a ciò si aggiunge che in molti casi la sanzione tributaria irrogata da Equitalia per il ritardo nel pagamento, sommata agli interessi ed agli aggi di riscossione, determina sovente un incremento insostenibile e spropositato del debito tributario originario. Non a caso nell'ipotesi di mancato pagamento delle cartelle esattoriali scattano anche ulteriori addebiti calcolati sul dovuto, ovvero compensi di riscossione aggiuntivi, interessi di mora calcolati giorno per giorno dalla data di notifica della cartella e ovviamente le spese inerenti alle procedure di riscossione coattiva;
inoltre, se non si paga la cartella entro sessanta giorni dalla sua notifica, l'agente della riscossione può mettere in atto le procedure esecutive che ritiene più opportune al fine di riscuotere il dovuto. Si va dal fermo amministrativo dell'auto all'iscrizione di ipoteca sulla casa, fino ad arrivare all'espropriazione forzata (pignoramento e vendita coatta) dei ben immobili e mobili del debitore e dei suoi coobbligati. Possono essere pignorati anche i crediti presso terzi e le somme dovute da terzi in ambito lavorativo (nella misura massima di un quinto). L'ipoteca sugli immobili può essere iscritta senza che vi siano particolari obblighi di preavviso, nemmeno se viene iscritta dopo un anno dalla notifica della cartella. Se il debitore

ancora non paga si procede con l'espropriazione forzata. L'espropriazione forzata degli immobili (pignoramento e vendita coatta) può essere messa in atto solo per debiti complessivi superiori agli 8.000 euro. La preventiva iscrizione di ipoteca non è obbligatoria a meno che le somme iscritte a ruolo siano inferiori al 5 per cento del valore dell'immobile. In questi casi l'agente della riscossione deve prima iscrivere ipoteca e poi - decorsi sei mesi senza che sia avvenuto il pagamento - procedere all'espropriazione. Nel caso in cui si proceda dopo un anno dalla notifica della cartella occorre la notifica di un preavviso contenente l'intimazione a pagare entro 5 giorni. L'agente della riscossione può inoltre, quando lo ritenga opportuno, presentare istanza di fallimento nei confronti del debitore e dei suoi coobbligati o chiedere l'ammissione al passivo in una procedura fallimentare già avviata;
generalmente i lavoratori assunti con contratto di lavoro dipendente non si trovano in conflitto con Equitalia spa, in quanto le tasse da essi dovute sono pagate interamente alla fonte. Da ciò discende che, qualora ne ricorrano le oggettive cause e circostanze, non può che considerarsi assolutamente legittimo e condivisibile combattere l'evasione e l'elusione fiscale attraverso il potenziamento dell'efficacia delle attività di riscossione;
su tutto il territorio nazionale proliferano le proteste e le manifestazioni dei contribuenti e delle imprese nei confronti di Equitalia spa, poiché all'onere di pagare le imposte e le tasse si vedono aggiungere la beffa di dover pagare somme eccessive, soprattutto in questo periodo di grave e duratura crisi economica, che investe molti comparti del settore economico primario e secondario e che risulta particolarmente preoccupante in determinate aree del Paese, come quelle delle regioni meridionali e, segnatamente, della Sardegna, notoriamente costituite da micro-aziende, per lo più sottocapitalizzate ed esposte ad una cronica carenza di liquidità;
a ciò si aggiunge, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, l'inerzia del Governo ad adottare provvedimenti concreti per combattere il ritardo dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, incluso il Servizio sanitario nazionale, nei confronti delle imprese, ritardo che pone molte imprese, specie le micro, piccole e medie imprese, in una condizione di pesante crisi finanziaria e di conseguente carenza di liquidità economica;
occorre avviare un profonda riflessione finalizzata all'individuazione di interventi sistematici in grado, da un lato, di dare risposte alle esigenze di pronto recupero nei confronti di contribuenti comunque non in regola con gli adempimenti prescritti dalla legge e, dall'altro, di evitare un'ingiustificata ed eccessiva penalizzazione di tutti quei contribuenti e di quelle imprese che, oltre a pagare il dovuto, sono tenuti a corrispondere interessi moratori troppo elevati (oltre il 35 per cento annuo, più aggi, compensi, interessi e sanzioni),


impegna il Governo:


ad adottare ogni iniziativa, anche normativa, tesa ad evitare che la sanzione tributaria irrogata da Equitalia per il ritardo nel pagamento da parte del contribuente, sommata agli interessi ed agli aggi di riscossione, si trasformi in un aggravio di costi ingiustificato rispetto all'entità del debito tributario originario;
ad adottare le opportune iniziative normative volte a rendere strutturale la possibilità di concedere al debitore un nuovo e diverso piano di rateazione, in caso di mancato pagamento di una o più rate determinato da un comprovato peggioramento della situazione di difficoltà economica del debitore stesso;
a dare definitiva attuazione nel nostro ordinamento ai principi sanciti a livello comunitario in materia di lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, con particolare riguardo alle pubbliche amministrazioni, valutando altresì la possibilità di assumere

iniziative volte a istituire presso la Cassa depositi e prestiti un fondo rotativo che anticipi i pagamenti ai fornitori delle pubbliche amministrazioni stesse;
ad adottare ogni iniziativa, anche normativa, volta a rafforzare gli strumenti di autotutela del contribuente;
ad adottare le opportune iniziative normative volte a far sì che, qualora il debitore risulti proprietario di un solo immobile nel quale abbia la propria residenza, l'iscrizione ipotecaria sia necessariamente preceduta dalla notifica di una comunicazione preventiva che assegni al debitore stesso un termine di trenta giorni per effettuare il pagamento, prima che si proceda all'iscrizione del gravame;
ad adottare ogni iniziativa, anche normativa, volta a rivedere la disciplina della riscossione degli importi inferiori o pari a 2000 euro, prevedendo che per tali importi l'agente della riscossione sia tenuto semplicemente ad inviare al debitore dei solleciti di pagamento;
ad adottare ogni iniziativa, anche normativa, volta a rivedere il meccanismo di espropriazione sugli immobili, elevando a 20.000 euro l'importo al di sotto del quale non è possibile iscrivere ipoteca o procedere a espropriazione;
ad adottare ogni iniziativa, anche normativa, volta a rivedere il calcolo delle sanzioni tributarie, valutando altresì la possibilità di ridurre l'aggio per le società di riscossione ed escludere l'applicazione di ulteriori interessi sulle sanzioni e sugli interessi di mora maturati per il mancato pagamento dei debiti tributari;
ad adottare ogni iniziativa normativa volta a prevedere che Equitalia spa debba rivalersi, in prima istanza, sui beni che hanno generato la solidarietà passiva dei debitori.
(1-00645)
«Borghesi, Donadi, Evangelisti, Barbato, Messina, Cambursano, Piffari, Cimadoro, Monai».

La Camera,
premesso che:
i rapporti tra la Svizzera e l'Italia sono caratterizzati da intense relazioni economiche, culturali, politiche e sociali, oltre che da una lingua comune;
già agli inizi del secolo scorso un terzo degli stranieri residenti in Svizzera era di origine italiana, mentre tra il 1950 e il 1970 gli italiani rappresentavano addirittura la metà degli immigrati ed, ancora oggi, la comunità italiana è quella più numerosa ed opera in tutti i settori;
in Svizzera vivono circa 500 mila cittadini di origine italiana, una comunità molto ben integrata, che rafforza oltretutto la componente italofona della cultura quadrilingue elvetica;
sono circa 55 mila i cittadini italiani che prestano la loro opera a vario titolo in Svizzera e di questi, 48 mila, provenienti principalmente dalle province di Varese e Como, sono impiegati nel Cantone Ticino;
la presenza di un così ragguardevole numero di frontalieri impiegati in Svizzera ha indotto l'Italia e la Confederazione a negoziare numerosi accordi bilaterali per regolare soprattutto questioni afferenti alla previdenza sociale, all'imposizione fiscale e all'indennità di disoccupazione;
l'Italia è il secondo partner commerciale della Repubblica federale elvetica, mentre per le esportazioni italiane rappresenta il sesto mercato di sbocco a livello mondiale: solo nel primo trimestre 2010, infatti, l'Italia ha esportato in Svizzera (7,7 milioni di abitanti) merci per un valore di 1,33 miliardi di euro, un valore quasi pari alla somma delle esportazioni italiane in Cina e Russia (1,37 miliardi di euro), che insieme hanno una popolazione di 1,6 miliardi di abitanti. A livello pro capite, la Svizzera si conferma di gran lunga il maggiore importatore e consumatore mondiale di prodotti italiani;

negli ultimi tempi, tuttavia, le relazioni tra i due Paesi hanno subito un costante deterioramento, mettendo a rischio gli ottimi rapporti che storicamente hanno legato le due nazioni;
molte divergenze e problematiche, specialmente tra il Canton Ticino e le province di confine, erano sorte per la questione dei frontalieri, la gestione delle frontiere e altro, ma nelle ultime settimane i rapporti tra Italia e Svizzera e, in particolare, con il Canton Ticino, sono ulteriormente peggiorati a causa delle dichiarazioni del Ministro Tremonti che, a Bruxelles, nel corso del dibattito pubblico al Consiglio dei ministri europei dell'economia (Ecofin) sulla tassazione degli interessi sul risparmio, ha dichiarato: «È un tema serio, che va trattato in modo serio, non in modo svizzero»;
per il Ministro dell'economia e delle finanze, è «scandaloso» che nella direttiva sulla tassazione dei redditi da risparmio non siano previste sanzioni, ed è «inaccettabile che gli operatori di paesi che hanno firmato la direttiva accettino la sistematica violazione delle norme». Il Ministro Tremonti avrebbe poi puntato l'indice accusatore contro Lugano, terza piazza finanziaria della Confederazione, secondo cui: «Ci sono più società di Cayman a Lugano, che non a Cayman. E comunque ci sono più società di Cayman a Lugano, di residenti a Lugano»;
le dichiarazioni del Ministro Tremonti sono state stigmatizzate dal Governo svizzero, che già non aveva apprezzato l'inserimento della Svizzera nella black list dei Paesi che agevolano l'evasione fiscale e l'ultimo scudo fiscale varato dal Governo italiano;
l'Italia non ha ancora recepito l'accordo bilaterale fra Svizzera ed Unione europea sulla fiscalità del risparmio;
tuttavia il Consiglio federale, in virtù delle storiche relazioni bilaterali, in particolare di quelle economiche, con l'Italia si è reso disponibile ad avviare trattative per rinegoziare la convenzione per evitare la doppia imposizione sul reddito e sulla sostanza del 9 marzo 1976, finora evitate dall'Italia (mentre la Svizzera ha già potuto concludere accordi simili con gli altri Paesi vicini);
la Lega dei Ticinesi, movimento regionale ma presente anche nel Parlamento federale, che ha raggiunto la maggioranza relativa durante le recenti elezioni cantonali del 10 aprile 2011, sembrerebbe invece privilegiare un atteggiamento di totale chiusura nelle relazioni tra i due Paesi;
giova ricordare che la Lega ticinese ha basato buona parte della sua campagna elettorale contro i frontalieri italiani, accusati di sottrarre posti di lavoro ai ticinesi, aiutata in questa azione dal partito di estrema destra UdC che ha utilizzato una campagna di comunicazione politica denominata «bailarat» caratterizzata da dichiarazioni offensive nei confronti dei transfrontalieri italiani rappresentati come ratti affamati che addentano una forma di formaggio simboleggiante il Canton Ticino;
in particolare, la Lega punta a fissare un tetto massimo dei frontalieri a 35.000 e a bloccare i ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri prefigurando anche altre azioni più incisive, a partire dall'organizzazione di blocchi in dogana;
la Convenzione sui frontalieri risale al 9 marzo 1976 e comporta un ristorno del 38,8 per cento, in favore dei comuni italiani, delle imposte fiscali riscosse alla fonte sulle retribuzioni dei frontalieri. Bloccare il ristorno della quota-parte delle imposte prelevate alla fonte sui frontalieri italiani rappresenterebbe una violazione del diritto internazionale, ma è indicativo di una situazione che rischia di aggravarsi,


impegna il Governo:


ad intraprendere, in tempi rapidi, iniziative volte a riavviare un dialogo costruttivo con il Governo svizzero nell'interesse di entrambe le parti;

a programmare un percorso per la ripresa delle trattative per la rinegoziazione di una nuova convenzione di doppia imposizione (cdi) fra l'Italia e la Svizzera, nel rispetto delle reciproche sovranità fiscali e del comune interesse alla trasparenza;
ad assumere iniziative volte a recepire l'accordo bilaterale fra Svizzera ed Unione europea sulla fiscalità del risparmio non ancora fatto proprio dall'Italia;
ad adottare tutte le iniziative necessarie volte ad evitare qualsiasi riduzione del ristorno ai comuni italiani delle regioni di frontiera delle imposte alla fonte versate dai frontalieri in Svizzera;
a vigilare attentamente affinché non vengano applicate nei confronti dei lavoratori frontalieri misure discriminatorie rispetto al trattamento salariale o al mantenimento del posto di lavoro quale misura ritorsiva minacciata da esponenti di forze politiche ticinesi.
(1-00646)
«Galletti, Volontè, Adornato, Pezzotta, Ciccanti, Compagnon, Naro, Delfino, Poli».

La Camera,
premesso che:
la riforma del sistema di riscossione coattiva dei tributi, avviata con il decreto-legge n. 203 del 2005, che ha sancito la soppressione del sistema di affidamento in concessione del servizio nazionale della riscossione ed ha portato alla concentrazione nel gruppo Equitalia delle precedenti numerose società operanti nel settore, ha determinato, negli ultimi anni, un notevole miglioramento dell'efficacia dell'attività di riscossione coattiva, incrementando l'ammontare delle somme effettivamente riscosse, che è passato, in valore assoluto, da circa 3,8 miliardi di euro nel 2005 a circa 8,8 miliardi di euro nel 2010, con un aumento percentuale pari a circa il 130 per cento;
occorre che, nell'utilizzo dello strumento della riscossione, la cui migliorata efficienza ha costituito un elemento fondamentale per assicurare la tenuta delle entrate pubbliche nonostante l'attuale situazione di crisi, si tenga conto delle situazione di difficoltà in cui versa una parte dei contribuenti e delle imprese, a causa del negativo andamento congiunturale dell'economia mondiale;
infatti, la crisi economico-occupazionale che investe molti comparti del settore economico primario e secondario e che risulta particolarmente grave in alcune aree del Paese, ha determinato una significativa contrazione dei consumi e delle commesse, innescando in tal modo, a catena, la crisi del settore terziario, del commercio e dei servizi;
tale situazione è aggravata dalla debolezza strutturale di alcuni mercati locali, quali quelli delle regioni meridionali, notoriamente costituiti da micro-aziende, per lo più sottocapitalizzate ed esposte ad una cronica carenza di liquidità;
a questo quadro negativo deve aggiungersi il crescente ritardo dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, nonché da parte degli enti del Servizio sanitario nazionale, che pone molte imprese in una condizione di grave carenza di liquidità;
la scarsità di risorse finanziarie liquide e la cronica difficoltà di molte imprese, soprattutto di medie e piccole dimensioni, ad accedere a condizioni economicamente sostenibili al finanziamento bancario, hanno determinato a loro volta una condizione di diffusa morosità delle imprese nei confronti di Equitalia e degli altri enti della riscossione, e, a monte, nei confronti dell'erario, degli enti previdenziali e degli enti locali, tale da costituire una problema molto serio;
consapevoli dell'estrema gravità, non solo economica, ma anche sociale del fenomeno, le associazioni rappresentative del mondo produttivo hanno già sollecitato

a livello nazionale l'adozione di norme di rango legislativo e regolamentare, volte ad alleggerire il carico fiscale e contributivo gravante sulle imprese, a rendere più flessibili i meccanismi di riscossione coattiva, nonché a ridurre l'onerosità delle more, degli interessi e sanzioni previsti in caso di ritardo nei pagamenti dei tributi e dei contributi;
in tale prospettiva occorre sottolineare come l'intento di tali iniziative non debba essere quello di favorire in alcun modo forme di elusione o di evasione fiscale e contributiva, ma di affermare il principio dell'effettiva equità e sostenibilità del carico fiscale-contributivo, introducendo forme di flessibilità in favore di quei contribuenti onesti che dimostrino di non essere temporaneamente in grado di adempiere ai propri obblighi fiscali e contributivi a causa dell'attuale difficile congiuntura economica;
in questo contesto occorre anche evitare che la sanzione tributaria per il ritardo nel pagamento, sommata agli interessi ed agli aggi di riscossione, determini un incremento insostenibile e spropositato del debito tributario originario;
al di là degli apprezzabili segnali di disponibilità nei confronti delle ragioni del mondo produttivo, estrinsecatisi nella lettera aperta indirizzata alcuni mesi fa ai contribuenti dal direttore di Equitalia, Attilio Befera, nelle disposizioni da ultimo introdotte che prevedono l'applicazione di sanzioni disciplinari nel caso in cui i controlli fiscali siano effettuati con modalità vessatorie o poco rispettose dei principi dello statuto dei diritti del contribuente, nonché nella recentissima presa di posizione del Ministro dell'economia e delle finanze contro l'utilizzo indiscriminato e distorto del fermo amministrativo nel settore della riscossione coattiva, in particolare per quanto riguarda la riscossione delle entrate degli enti locali, occorre tuttavia affrontare il problema anche a livello legislativo;
in tale contesto è opportuno rammentare che una maggiore sensibilità rispetto alle legittime esigenze di settori produttivi in crisi corrisponde alla stessa esigenza di tutela degli interessi erariali, in quanto il collasso dei settori produttivi comprometterebbe la stessa possibilità di riscuotere effettivamente le somme dovute a titolo di imposte e contributi e determinerebbe una crescita smisurata delle spese per il sostegno del reddito e per il welfare in generale,


impegna il Governo:


ad assumere iniziative normative volte in particolare a:
a) introdurre elementi di maggiore flessibilità nelle procedure di riscossione coattiva nei confronti di quegli imprenditori che dimostrino di non essere in grado di ottemperare alle scadenze fiscali e contributive per una temporanea difficoltà economica legata alla congiuntura negativa, attraverso un intervento normativo teso a rendere strutturale la possibilità di concedere al debitore un nuovo piano di rateazione, in caso di mancato pagamento di una o più rate determinato da un comprovato peggioramento della situazione di difficoltà economica del debitore stesso;
b) rivedere la disciplina della riscossione degli importi non significativi, intendendosi per tali quelli inferiori o pari a 2.000 euro, stabilendo che, per gli stessi importi, l'agente della riscossione è tenuto semplicemente ad inviare al debitore solleciti di pagamento;
c) rivedere il meccanismo di espropriazione sugli immobili, elevando a 20.000 euro l'importo al di sotto del quale non è possibile iscrivere ipoteca ovvero procedere ad espropriazione, prevedendo inoltre che, qualora il debitore risulti proprietario di un solo immobile nel quale abbia la propria residenza l'iscrizione ipotecaria sia necessariamente preceduta dalla notifica di una comunicazione preventiva che assegni al debitore stesso un termine di trenta giorni per effettuare il pagamento, prima che si proceda all'iscrizione del gravame;

d) riformare il meccanismo di calcolo delle sanzioni tributarie, in particolare escludendo forme di anatocismo, legate all'applicazione di ulteriori interessi sulle sanzioni e sugli interessi di mora maturati per il mancato pagamento dei debiti tributari, limitando la crescita degli oneri connessi ai ruoli esecutivi e rivedendo il meccanismo dei compensi di riscossione;
e) favorire, anche nel contesto del processo di attuazione del federalismo fiscale, la riorganizzazione del sistema della riscossione coattiva da parte dei comuni, verificando in tale contesto l'opportunità di concentrare l'operatività di Equitalia sulla riscossione dei crediti di natura tributaria e contributiva, lasciando al sistema della riscossione degli enti locali la competenza in materia di riscossione delle altre entrate di spettanza dei medesimi enti locali.
(1-00647)
«Bernardo, Cicu, Pagano, Baldelli, Santelli, Bertolini, Angelucci, Berardi, Del Tenno, Dima, Vincenzo Antonio Fontana, Leo, Milanese, Misuraca, Antonio Pepe, Pugliese, Savino, Ventucci, Germanà, Lisi, Lorenzin, Moles, Testoni, Toccafondi».

La Camera,
premesso che:
i rapporti politici tra Italia e Confederazione elvetica sono caratterizzati da storici vincoli di amicizia e collaborazione; tuttavia, da diversi mesi a questa parte, risultano innegabili le tensioni sorte tra i due Paesi con l'introduzione dello «scudo fiscale» e a seguito dell'inserimento della Svizzera nella black list degli Stati che agevolano l'evasione fiscale;
tale clima di tensione sembra essersi trasformato in vera ostilità in occasione delle elezioni del 10 aprile 2011, quando il Canton Ticino è stato chiamato al rinnovo del Parlamento e del Governo regionale; il partito risultato vincitore è la Lega dei Ticinesi guidata da Giuliano Bignasca, che è passato dal 22 per cento al 30 per cento dei voti decretando lo storico sorpasso sul Partito liberale radicale (Plr), finora sempre detentore della maggioranza relativa che è sceso dal 28 per cento al 25 per cento;
la Lega dei Ticinesi si è sempre caratterizzata per le posizioni anti-frontalieri italiani, tanto è vero che già nei mesi scorsi il partito Udc ticinese, alleato della Lega ticinese, aveva promosso una campagna pubblicitaria denigratoria proprio contro i lavoratori frontalieri italiani, definiti ratti che rubano il lavoro agli svizzeri;
all'indomani del risultato elettorale le dichiarazioni rilasciate dal leader dei leghisti ticinesi hanno destato molte e fondate preoccupazioni per i toni, violenti ed offensivi, usati soprattutto nei confronti dei lavoratori frontalieri italiani;
sono quasi 48 mila gli italiani, di cui la maggior parte provenienti dalle province di Varese (circa 26 mila circa) e Como (20 mila circa), che ogni giorno varcano la frontiera per recarsi a lavorare in Svizzera e che costituiscono una risorsa fondamentale per l'economia dei cantoni Ticino, Vallese e Grigioni;
la presenza di un così consistente numero di frontalieri impiegati in Svizzera ha indotto l'Italia e la Confederazione elvetica a stipulare numerosi accordi bilaterali per regolare varie questioni riguardanti, tra l'altro, la previdenza sociale, l'imposizione fiscale, l'indennità di disoccupazione;
tra questi trattati, una posizione di rilievo è ricoperta dall'accordo del 3 ottobre 1974 relativo all'imposizione dei lavoratori frontalieri ed alla compensazione finanziaria a favore dei comuni italiani di confine; in conformità a tale convenzione la Svizzera ristorna ai comuni italiani che ne hanno diritto una consistente quota

(attualmente il 38,8 per cento) delle imposte fiscali riscosse alla fonte sulle retribuzioni dei frontalieri;
negli ultimi tempi sembra proprio che tale accordo voglia essere rinegoziato da parte della Svizzera a svantaggio naturalmente dei lavoratori frontalieri;
nel mese di marzo 2011 il Parlamento del Canton Ticino ha adottato all'unanimità un'iniziativa del Gruppo PPD «Rinegoziare l'Accordo sui frontalieri, rifondere al Ticino gran parte del ristorno dell'imposta alla fonte e togliere la Svizzera dalla black-list italiana» che pertanto sarà inserita nell'ordine del giorno della sessione del mese di giugno 2011 del Parlamento nazionale svizzero. La risoluzione chiede che la Confederazione apra la trattativa con l'Italia per rimediare all'assenza di reciprocità a danno dei residenti della fascia di frontiera svizzera che lavorano come dipendenti nella fascia di frontiera italiana, per attenuare l'ammontare del ristorno a carico di Ticino, Grigioni e Vallese in ragione del 38,8 per cento in modo analogo a quello del 12,5 per cento pattuito con l'Austria;
qualora venisse approvata, una simile modifica dei ristorni provocherebbe conseguenze nefaste per le risorse dei comuni italiani di confine,


impegna il Governo:


ad intraprendere le necessarie iniziative con il Governo della Confederazione elvetica al fine di riaprire un proficuo dialogo sulle tematiche fiscali a tutela delle migliaia di lavoratori frontalieri che ogni giorno si recano in Svizzera per lavorare onestamente, costituendo per la Svizzera una ricchezza;
a riprendere al più presto il negoziato sulla nuova convenzione fiscale per evitare la doppia imposizione sul reddito e sulla sostanza, formulando e discutendo in quella sede le legittime richieste d'interesse del nostro Paese;
a porre in essere tutte le misure idonee per scongiurare la rinegoziazione degli accordi già esistenti tra Italia e Confederazione elvetica in tema di ristorni fiscali ai comuni di frontiera.
(1-00648)
«Ventucci, Razzi, Berardi, Bernardo, Sardelli, Angelucci, Del Tenno, Dima, Vincenzo Antonio Fontana, Germanà, Leo, Milanese, Misuraca, Pagano, Antonio Pepe, Pugliese, Savino».

La Camera,
premesso che:
la riforma del sistema di riscossione coattiva dei tributi, avviata nel 2005, ha portato ad un oggettivo miglioramento dell'attività, con un notevole incremento delle somme effettivamente riscosse pari, nel 2010, a quasi nove miliardi di euro;
l'obiettivo del contrasto ad ogni forma di elusione ed evasione fiscale è stato e rimane obiettivo primario del Governo, che, anche attraverso il perfezionamento dell'attività di riscossione, sta operando il miglioramento dei conti pubblici;
l'attività di riscossione coattiva si scontra con gli effetti della più pesante crisi economica che il nostro Paese, insieme a tutte le economie occidentali, sta attraversando; la situazione delle aziende in Italia è, infatti, preoccupante: le aziende che chiudono o, peggio ancora, falliscono, trascinano dietro di loro centinaia di altre aziende, che devono già fare i conti con scadenze inderogabili, ordinativi in calo, contrazione dei consumi privati; le conseguenze sono l'allungamento dei tempi di incasso, il rallentamento o, addirittura, il blocco della produzione, l'inutilizzo delle linee di credito bancarie costituite essenzialmente dai «castelletti» (sconti fatture e Riba), il rallentamento dei pagamenti di dipendenti e fornitori, l'irrigidimento degli istituti bancari con ampliamento delle richieste di garanzie al fine del mantenimento

delle linee di credito in essere, fino alla inevitabile sospensione (dapprima temporanea e poi cronica) dei pagamenti dei tributi, dei contributi, delle ritenute e dell'imposta sul valore aggiunto;
le aziende più fragili sono naturalmente quelle piccole, che costituiscono la vera spina dorsale dell'intero sistema produttivo, protagoniste assolute nel Nord del Paese; queste subiscono anche le sofferenze del sistema pubblico, degli enti locali e del sistema sanitario, che, ingessati dai vincoli europei, ritardano all'inverosimile i pagamenti, generando nelle imprese soffocanti crisi di liquidità;
l'attuale sistema sanzionatorio prevede, in caso di omissione dei versamenti, l'addebito di sanzioni e interessi che possono raggiungere importi insostenibili, calcolati sulla base degli importi omessi, con l'aggravio dei compensi per la riscossione. Con la notifica delle cartelle esattoriali scattano le azioni cautelative ed esecutive del concessionario che determinano necessariamente la chiusura dell'azienda, secondo il tipico iter: dapprima il pignoramento immobiliare (qualora l'azienda sia proprietaria di beni immobili) e l'iscrizione di ipoteca esattoriale con vendita dei beni a prezzi lontani dai valori reali; poi il pignoramento mobiliare con la vendita di tutte le attrezzature entro qualche settimana, l'avvio immediato dell'istanza di fallimento in caso di pignoramento insufficiente, il blocco di tutti i conti correnti intestati alla ditta e notifica di pignoramenti di crediti presso terzi con contestuale distruzione dell'immagine aziendale; anche la rateizzazione non è di fondamentale aiuto, considerando le garanzie che devono essere prestate e gli importi delle prime rate, che spesso sono insostenibili;
in una fase delicata come questa è necessario trovare il giusto equilibrio tra esigenze dell'erario di incassare i crediti ed esigenze del mondo produttivo di sopravvivere per continuare a garantire lavoro e ricchezza a tutto il Paese, tenendo ben presente che un'azienda che fallisce non è in grado di far fronte ai propri debiti verso lo Stato e genera un aumento delle spese per ammortizzatori sociali, sostegni al reddito e prestazioni agevolate; occorre evitare che la somma di sanzioni, interessi ed aggi renda insostenibile il debito tributario originario e introdurre meccanismi per rendere più flessibili i meccanismi di riscossione coattiva per i contribuenti onesti che dimostrino di non essere temporaneamente in grado di adempiere ai propri obblighi fiscali e contributivi a causa della difficile congiuntura economica;
sia il Ministro dell'economia e delle finanze, sia il direttore dell'Agenzia delle entrate hanno recentemente dato segnali di disponibilità verso il sistema produttivo, affermando la volontà di penalizzare chi conduce in modo vessatorio i controlli fiscali e di limitare l'uso dello strumento del fermo amministrativo,


impegna il Governo:


ad assumere iniziative normative volte, in particolare, a:
a) introdurre elementi di maggiore flessibilità nelle procedure di riscossione coattiva nei confronti di quegli imprenditori che dimostrino di non essere in grado di ottemperare alle scadenze fiscali e contributive per una temporanea difficoltà economica legata alla congiuntura negativa, dando la possibilità al debitore di concordare con Equitalia un piano di rateazione idoneo, senza precludere la possibilità della rateazione in caso di mancato pagamento di una o più rate;
b) concentrare gli sforzi sulla riscossione degli importi più ingenti, rendendo più flessibile la riscossione degli importi non significativi;
c) limitare l'uso dello strumento del fermo amministrativo, soprattutto sui beni strumentali all'attività dell'impresa, in modo da non pregiudicare il normale proseguimento del ciclo produttivo;
d) limitare, per un periodo di tempo determinato, l'importo complessivo di interessi, sanzioni ed aggi a carico del

debitore, fino al superamento di questa particolare fase congiunturale e rivedere il meccanismo complessivo di calcolo delle sanzioni tributarie, escludendo ogni forma di anatocismo;
e) rivedere il meccanismo di espropriazione sugli immobili, elevando l'importo al di sotto del quale non è possibile iscrivere ipoteca ovvero procedere ad espropriazione, prevedendo una maggior tutela del debitore, qualora risulti proprietario di un solo immobile nel quale abbia la propria residenza;
f) favorire, all'interno del processo di attuazione del federalismo fiscale, la riorganizzazione del sistema della riscossione coattiva da parte dei comuni, verificando in tale contesto l'opportunità di concentrare l'operatività di Equitalia sulla riscossione dei crediti di natura tributaria e contributiva, lasciando al sistema della riscossione degli enti locali la competenza in materia di riscossione delle altre entrate di spettanza dei medesimi enti locali.
(1-00649)
«Reguzzoni, Lussana, Luciano Dussin, Fogliato, Montagnoli, Alessandri, Allasia, Bitonci, Bonino, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Guido Dussin, Fava, Fedriga, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Maggioni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Pirovano, Polledri, Rainieri, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi».

La Camera,
premesso che:
un rapporto equilibrato tra Stato e contribuente rappresenta una misura del grado di democrazia e libertà di un Paese;
a parere di molti esperti di diritto tributario, nella fase di riscossione coattiva il modus operandi di Equitalia spa viola i principi costituzionali di garanzia e tutela del contribuente;
le misure cautelari di Equitalia riguardano allo stato attuale circa 6 milioni di famiglie e 1,5 milioni di imprese, mentre il contenzioso tributario ha raggiunto dimensioni patologiche; l'ampio ricorso allo strumento delle procedure esecutive per attuare il recupero credito dello Stato finisce spesso per penalizzare quei contribuenti inconsapevolmente morosi, non distinguendo tra evasori e cittadini onesti in difficoltà;
il contrasto dell'evasione è un obiettivo imprescindibile, ma esso non può condurre a misure vessatorie per milioni di contribuenti onesti,


impegna il Governo:


a valutare l'opportunità di assumere iniziative volte a definire una disciplina nazionale, cui i concessionari della riscossione siano tenuti ad aderire, in materia di interessi di mora, di sanzioni e di aggio della riscossione, che tenga conto del costo medio delle attività di riscossione, valutato per il periodo di un triennio dal Ministero dell'economia e delle finanze;
a valutare l'opportunità di una disciplina nazionale delle convenzioni tra enti locali e concessionari della riscossione, che preveda procedure ad evidenza pubblica per l'affidamento del servizio di riscossione, sulla base del maggior favore per il contribuente delle condizioni offerte dal concessionario;
a favorire l'adempimento degli obblighi tributari dei contribuenti a più basso reddito, agevolando in particolare quanti sono stati colpiti più duramente dalla crisi economica e occupazionale degli ultimi anni, attraverso iniziative volte al conseguimento dei seguenti obiettivi: prolungamento dei piani di rateizzazione; abolizione delle sanzioni e degli interessi di mora applicati ai piani di rateizzazione dei

debiti tributari; cancellazione d'ufficio, all'accettazione del piano di rateizzazione, di tutte le misure cautelari adottate dai concessionari della riscossione; previsione di una disposizione in base alla quale la somma rateizzabile, sia con il concessionario della riscossione che in via amministrativa con gli enti impositori, non possa eccedere il quinto del reddito mensile dichiarato, salvo la disponibilità dell'impresa o del contribuente a versare una somma maggiore;
ad assumere iniziative per escludere dalle procedure esecutive la prima abitazione e, per le imprese, i beni mobili registrati utilizzati nell'esercizio della professione e d'impresa;
ad effettuare una ricognizione della normativa in materia di riscossione, eliminando, ove presente, il principio del solve et repete (prima paghi, poi reclami), contrario ai principi costituzionali di garanzia e di tutela del contribuente.
(1-00650)
«Raisi, Della Vedova, Proietti Cosimi, Di Biagio, Perina».

La Camera,
premesso che:
il sistema della riscossione tributaria, gestito nel nostro Paese da Equitalia spa, è, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, fortemente vessatorio e fonte di palesi violazioni delle norme e dei diritti dello statuto del contribuente, essendo lo stesso esercitato al di fuori di ogni controllo da parte di un organismo preposto. La normativa, infatti, esclude qualsiasi compito di verifica dell'operato dei concessionari che, in tale contesto, esercitano il loro potere in maniera incontrastata e fuori controllo;
per ciò che riguarda i controlli ai quali in passato soggiaceva l'attività di riscossione, a seguito dell'abolizione della relativa norma, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo è possibile affermare che ad oggi non esiste di fatto alcun ente, ufficio od organo che possa controllare la legittimità del comportamento di Equitalia spa, sebbene inizialmente tale potere era stato attribuito alla Corte dei conti;
in questo stato di cose le società regionali di Equitalia spa hanno sommerso l'Italia di fermi amministrativi, ipoteche, pignoramenti di stipendi e di crediti presso terzi per debiti tributari che nell'80 per cento dei casi risultano essere d'importi di modeste entità;
il fenomeno delle misure cautelari applicate riguarda ormai un numero che si avvicina ad oltre quindici milioni di azioni cautelari e che coinvolge quasi sei milioni di famiglie italiane ed un milione e mezzo di imprese;
a fare la «parte da leone» sono i quasi sei milioni e mezzo di fermi amministrativi delle autovetture, di cui oltre il 60 per cento, applicati senza che il contribuente abbia mai ricevuto alcuna notifica, ai quali seguono le ipoteche immobiliari con oltre tre milioni e mezzo di immobili ipotecati, ed ammonta a circa un milione il valore di pignoramenti di stipendio e di crediti. Oltre quattro milioni sono gli italiani che si ritrovano vittime di doppie o addirittura di triple misure cautelari. Quanto alle ipoteche sugli immobili, il 50 per cento di esse riguardano posizioni tributarie debitorie di meno di ottomila euro, nonostante la Corte di cassazione con una sentenza abbia sancito il principio della non ipotecabilità degli immobili per debiti inferiori a tale importo;
i concessionari, malgrado la suddetta sentenza della Corte di cassazione, vi ottemperano non procedendo, come dovrebbero, all'immediata cancellazione delle iscrizioni ipotecarie, ma, al contrario, pretendendo che i contribuenti, vittime di questa azione esecutiva illegittima, presentino un'istanza e addebitando loro ingiustamente le spese di cancellazione che, invece, non dovrebbero essere applicate proprio perché si tratta di debiti al di sotto della soglia degli otto mila euro stabilita dalla sentenza stessa;

sul fronte delle imprese sono oltre 1.200 quelle fallite o entrate in stato di crisi, in Italia, nel biennio marzo 2008-marzo 2010, a causa della riscossione coatta dei tributi e delle imposte operata dai concessionari di Equitalia spa, attraverso il blocco dei pagamenti dei crediti che le stesse vantavano nei confronti della pubblica amministrazione ed il conseguente pignoramento presso terzi, con la perdita di oltre 7.000 posti di lavoro;
la procedura del blocco dei crediti è un sistema che penalizza le imprese in quanto, una volta avviata, i concessionari incassano totalmente e fino alla concorrenza gli importi relativi ai debiti maturati nei loro confronti, senza consentire, in alcun modo, all'impresa in difficoltà la possibilità di rateizzare il debito contratto;
l'altro lato oscuro della gestione esattoriale riguarda la vendita delle case dei contribuenti morosi attraverso aste riservate a pochi che non vengono pubblicizzate e che vengono effettuate al semplice valore catastale e non al valore commerciale, con una base d'asta mediamente del 60 per cento più bassa del valore reale di mercato;
altro fenomeno di enorme entità riguarda le cosiddette «cartelle pazze». Infatti, fra tasse locali ed imposte nazionali almeno tre milioni di iscrizioni a ruolo non possono essere riscossi, in quanto trattasi di somme già pagate o addirittura non dovute dai contribuenti;
quanto premesso rappresenta per Equitalia spa un business interessante visto che, in ogni caso, gli enti impositori corrisponderanno alla stessa comunque un aggio a cui va aggiunto il valore di cartelle ormai prescritte per decorrenza dei termini e che maturano ulteriori aggi per Equitalia spa e su cui, a loro volta, vengono regolarmente iscritte misure cautelari nei confronti dei contribuenti;
per quanto concerne gli interessi di mora, che dovrebbero essere determinati secondo apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze avuto riguardo alla media dei tassi bancari attivi, è possibile affermare che la predetta soglia non viene quasi mai applicata poiché ad essa vengono a sommarsi diverse voci che comportano un pagamento reale degli interessi, oltre la soglia usuraria, e che includono: aggio di riscossione, diritti di notifica, spese procedure esecutive, spese iscrizione - cancellazione fermo amministrativo, spese accensione - estinzione di ipoteca. A ciò si aggiunga che per legge la Equitalia spa è legittimata a riscuotere gli interessi, oltre che sul tributo, anche sugli ulteriori interessi maturati, creando nella pratica il fenomeno del cosiddetto anatocismo. Inoltre, parte di detti interessi, così come calcolati, sono trattenuti dal concessionario e non dall'ente impositore;
altro aspetto non trascurabile è rappresentato dal sostanziale conflitto di interessi che caratterizza gli organi della Equitalia spa, come nel caso del doppio ruolo ricoperto dal direttore generale dell'Agenzia delle entrate, nonché di presidente di Equitalia spa;
il sistema di riscossione gestito da Equitalia spa non ha sortito effetti positivi nel recupero della lotta all'evasione, che nell'anno preso in considerazione, sul totale del riscosso è stata pari solo al 5 per cento, mentre il restante 95 per cento è frutto della regolarizzazione spontanea dei contribuenti;
il fenomeno delle rateizzazioni dei debiti tributari oggi possibile sino ad un massimo di 72 rate e non è sempre attuabile per le famiglie monoreddito o per le piccole e medie imprese che lamentano problemi di liquidità,


impegna il Governo:


a promuovere una seria riforma del sistema della riscossione che concili la capacità di riscossione delle imposte e la

tutela dei diritti dei contribuenti imperniata sui seguenti principi:
a) proporzionalità assoluta della sanzione tributaria, in relazione al profilo oggettivo, al profilo soggettivo della capacità reddituale del contribuente e della entità dei versamenti omessi;
b) omnicomprensività della sanzione applicata, con inclusione degli interessi e di ogni altro onere aggiuntivo;
c) opponibilità piena, e senza alcuna deroga, dell'azione esecutiva promossa dal soggetto impositore o dal concessionario esattore, attraverso l'estensione generalizzata dei rimedi giudiziali previsti dagli articoli 615 e 617 del codice di procedura civile;
d) rateizzabilità ampia del debito tributario, al fine di poter consentire un indebitamento massimo, fino all'estinzione del debito fiscale, pari ad 1/5 del reddito netto o di 1/10 del fatturato d'impresa;
e) cancellazione automatica delle misure, cautelari o coercitive, applicate, alla definizione, anche rateale, del debito tributario, con adozione di misure alternative consistenti in vincoli ai trasferimenti patrimoniali immobiliari, progressivamente revocabili;
f) innalzamenti delle soglie di debito per l'adozione iniziale delle misure cautelari reali o delle azioni esecutive;
g) introduzione di un principio di salvaguardia delle attività produttive dei contribuenti che aderiscono ai piani di rientro del debito fiscale;
h) salvaguardia assoluta del valore reale di mercato dei beni immobili sottoposti a vendita giudiziale;
i) esclusione della imposizione nei casi di indigenza comprovata e verificata nei modi definiti dalla legge;
ad adottare iniziative normative che prevedano un sistema di controllo dell'attività dei concessionari e la creazione di sezioni stralcio delle commissioni tributarie che affrontino, in tempi certi e rapidi, il crescente contenzioso tra contribuente e concessionario, con particolare riferimento all'illegittima applicazione delle misure cautelari.
(1-00651)
«Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo, Brugger».

La Camera,
premesso che:
l'inviolabile, fondamentale dovere di concorrere alle spese pubbliche deve essere continuamente ribadito a sostegno della lealtà civica e della solidarietà sociale;
correlativamente, i Governi e i Parlamenti, le regioni, le province e i comuni, secondo le competenze loro assegnate dalla legge, hanno il dovere di tutelare, vigilare, rinforzare il sistema impositivo, perché non risulti ingiusto per l'azione dei pubblici poteri;
le politiche tributarie, se in prima istanza rispondono all'esigenza di provvedere ai mezzi per la conduzione delle politiche pubbliche, debbono subito dopo soddisfare le insopprimibili attese di equità e giustizia della società in tutte le sue componenti, semmai promuovendole anziché trascurandole;
le imposte non possono costituire il fine pubblico, dovendo servirlo in una logica di ragionevolezza e ponderazione con l'interesse generale;
alcune norme, adottate con lo scopo condiviso di rendere più efficace la lotta all'evasione e più celere la riscossione, hanno bisogno di una dotazione di flessibilità, che, propriamente, non è tra le caratteristiche dei sistemi tributari, né degli uffici preposti;
le procedure per l'allungamento della rateizzazione per i contribuenti in difficoltà con il fisco ed altri enti sono disciplinate da nuove procedure introdotte con il «decreto milleproroghe» del 2010;

le istanze per ottenere eventuali rateizzazioni delle somme dovute dovrebbero essere presentate entro il 30 giugno 2011 e la stessa rateizzazione, per importi superiori ai 5.000 euro, può essere concessa solo previa certificazione del peggioramento della situazione economica dei contribuenti siano essi persone fisiche o piccole e medie imprese;
l'aggio di riscossione delle cartelle esattoriali è oggi stabilito nella misura del 9 per cento, di cui 4,65 per cento a carico del contribuente, se il pagamento avviene entro 60 giorni dalla notifica della cartella esattoriale, o per intero se si supera tale limite, con profili di approfittamento che non corrispondono alla doverosità della lealtà impositiva;
con le modifiche normative sopra citate, scaduto il termine previsto nell'avviso di accertamento, potrebbe accadere che l'agente riscossore venga abilitato ad eseguire l'espropriazione forzata senza che il debito sia stato ancora realmente accertato e, quindi, sulla sola base di una presunzione di colpevolezza, ovverosia che il contribuente sia costretto a pagare prima di essere giudicato da un organo giurisdizionale di primo grado;
le statistiche circa l'esito delle contestazioni dei contribuenti nei confronti delle pretese del fisco stanno a testimoniare che di esse almeno un terzo risultano accettate in primo grado e in secondo grado vengono riconosciute fondate la metà delle restanti;
può ragionevolmente ritenersi, quindi, in una logica di contenimento del rischio attinente alle entrate, che si avvarranno della richiesta di rateizzazione solo quelle imprese e quei contribuenti che intendono saldare il loro debito con il fisco o con l'ente richiedente;
non si possono gravare le imprese, già in difficoltà, o minare le libertà individuali in base al principio di accorciare i tempi della riscossione con metodi coercitivi e aggressivi, come il pignoramento presso terzi che compromette l'immagine e la credibilità di aziende disposte a pagare il loro debito con modalità compatibili con la loro sopravvivenza economica e, quindi, nella logica dell'interesse di sistema;
tutti gli indicatori mostrano come siano fortemente peggiorate le condizioni economiche generali, spingendo molte piccole e medie imprese sull'orlo del fallimento e della chiusura; i più recenti dati Istat parlano di 43 mila imprese chiuse, di 363 mila addetti rimasti senza lavoro; tale situazione è ancora più grave nel Mezzogiorno;
la criminalità organizzata risulta molto attiva nella partecipazione alle aste giudiziarie conseguenti a pignoramenti di beni immobili ed, inoltre, il meccanismo della messa all'asta senza incanto può favorire l'azione delle cosche che possono mettere in atto meccanismi illeciti di partecipazione alle vendite giudiziarie;
notevoli e numerose sono state le proteste da parte dei cittadini al punto da indicare una nuova questione sociale;
fatti dei calcoli sommari che si vorrebbero smentiti dal Governo, se un'impresa, un contribuente, dovessero saldare una propria cartella esattoriale dopo un anno dalla notifica si troverebbero a pagare oltre l'11 per cento a titolo di interessi, una sanzione amministrativa del 30 per cento e un aggio di riscossione nella misura del 9 per cento, per un esborso totale superiore al 50 per cento, con caratteristiche vessatorie;
tutto questo mentre l'agente di riscossione non anticipa alcuna somma, essendo stato abrogato l'obbligo del non riscosso come riscosso, e non si è, invece, mai intervenuto sugli interessi di mora;
la tutela del contribuente può arricchirsi di una fase precontenziosa, opportunamente sagomata sul modello della mediazione e della conciliazione, non solo per lo smaltimento dei processi tributari pendenti, ma anche per l'assunzione della variabile fiscale tra quelle gestionali, con

assunzione di responsabilità di risultato sia del pubblico funzionario, sia dell'operatore privato,


impegna il Governo:


ad assumere iniziative normative urgenti per impedire l'esecuzione forzata fino a quando almeno un giudice non abbia emanato apposita ordinanza sulla domanda di sospensione dell'atto esecutivo;
ad adottare iniziative per rinviare l'entrata in vigore delle norme al 1o luglio 2012;
ad allungare la rateizzazione prevista, anche in considerazione del particolare periodo di crisi che il Paese sta attraversando;
ad assumere iniziative normative per introdurre un limite massimo per le somme dovute relative ad aggi di riscossioni e rimborsi per riscossioni, sanzioni ed interessi, previa relazione al Parlamento sul funzionamento di Equitalia;
ad assumere iniziative volte ad estendere ai dirigenti di Equitalia le disposizioni sulla responsabilità dei magistrati;
ad adottare iniziative per ridurre consistentemente l'aggio e le sanzioni, rispetto alle percentuali ad oggi fissate, anche in considerazione dell'esenzione dell'obbligo di emettere le cartelle esattoriali, e ad eliminare gli interessi di mora;
ad adottare iniziative normative volte a prevedere che le sentenze che condannano il fisco a rimborsare siano di diritto provvisoriamente esecutive senza dover attendere il passaggio in giudicato;
a prevedere rigorosi controlli preventivi per evitare che cartelle «pazze» o palesemente errate possano danneggiare seriamente il contribuente nei propri rapporti civili e commerciali con le banche e i clienti;
a prevedere, anche nell'ambito delle annunciate iniziative per il Sud, disposizioni che consentano alle imprese del Mezzogiorno di iniziare a saldare le somme dovute, almeno per la parte che riguarda il fisco, a partire da un anno dall'approvazione dei piani di pagamento dilazionati;
ad assumere iniziative adeguate affinché, in sede di aste giudiziarie, si possano prevenire interventi illeciti aumentando la trasparenza di tutte le procedure, ivi comprese quelle di pubblicità, introducendo meccanismi più efficaci di controllo sui soggetti partecipanti;
ad assumere iniziative per estendere ad una fase precontenziosa la logica operativa e gli effetti della conciliazione giudiziale.
(1-00652)
«Pisicchio, Mosella, Tabacci, Brugger».

Risoluzioni in Commissione:

La X Commissione,
premesso che,
da tempo alcuni delle più importanti aziende italiane sono entrate nel mirino di diversi colossi stranieri, i quali risultano intenzionati a conquistare posizioni dominanti in settori strategici dell'economia italiana, nonché a limitare l'espansione della nostra economia sui mercati globali;
l'offerta pubblica di acquisto lanciata dalla multinazionale francese Lactalis su Parmalat è soltanto uno degli ultimi tentativi di scalata messi in atto dalle aziende francesi nei confronti di quelle italiane ed ha riacceso il dibattito sulla necessità di introdurre anche in Italia strumenti di difesa di settori strategicamente rilevanti da scalate straniere;
sono noti, infatti, i tentavi della francese Edf di accrescere la propria posizione nell'italiana Edison, come pure quelli di Groupama assicurazioni di acquisire il controllo in Premafin e Fondiaria-Sai, mentre si è da poco concretizzata l'acquisizione di Bulgari da parte del colosso

francese della moda Lmvh, con un'operazione da 4,3 miliardi di euro;
un'altra azienda storica del capitalismo italiana, la Prysmian, ex Pirelli cavi, è controllata al 28 per cento da fondi internazionali, i quali potrebbero cederla in qualsiasi momento a competitor stranieri, intaccando gli equilibri societari di un gruppo che fa parte della storia del nostro Paese;
il gruppo Prysmian è tra i leader mondiali nel settore dei cavi e sistemi ad elevata tecnologia per il trasporto di energia e per le telecomunicazioni e rappresenta una realtà di dimensioni globali con oltre 12.000 dipendenti e con un fatturato che nel 2009 ha superato i 3,7 miliardi di euro;
nell'ottica di difendere l'italianità di aziende che operano in settori strategici dell'economia italiana, il Consiglio dei ministri del 31 marzo 2011 ha autorizzato il Ministro dell'economia e delle finanze ad attivare strumenti di finanziamento e capitalizzazione, analoghi a quelli in essere in altri Paesi europei, mirati ad assumere partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale, includendo nell'operazione la Parmalat;
in tale senso, l'articolo 7 del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, ha autorizzato la Cassa depositi e prestiti spa ad assumere partecipazioni in società di interesse strategico, a condizione che siano caratterizzate da una stabile situazione di equilibrio finanziario e da adeguate prospettive di redditività, nel rispetto di specifici requisiti che saranno definiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze;
lo statuto della Cassa depositi e prestiti spa in conseguenza dell'emanazione del citato articolo 7 del decreto-legge n. 134 del 2011, è stato modificato dall'assemblea straordinaria degli azionisti del 14 aprile 2011;
le modifiche allo statuto dovrebbero portare all'immediata istituzione di un fondo partecipato dalla Cassa depositi e prestiti spa per l'acquisizione di quote di imprese private considerate strategiche per il sistema economico italico, come peraltro avviene con la francese Caisse des Depots et Consignation che possiede il 51 per cento del Fond Strategique d'Investissement (Fsi) a sostegno del capitale delle imprese francesi in caso di scalate straniere;
l'istituzione del fondo a tutela dell'italianità delle imprese strategiche è necessaria per salvaguardare l'apparato industriale e produttivo del nostro Paese, permettendo alle aziende italiane di essere maggiormente competitive nei confronti delle concorrenti europee;
occorre un maggior coinvolgimento delle competenti Commissioni parlamentari nella segnalazione delle società che, secondo i requisiti stabiliti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, possono essere qualificate come società di interesse nazionale,


impegna il Governo:


ad assumere quanto prima le iniziative necessarie a rendere effettivamente operativo il fondo a tutela delle imprese strategiche italiane;
ad adottare iniziative normative affinché le competenti Commissioni parlamentari possano esprimere un parere in ordine all'indicazione delle società di interesse nazionale che potrebbero essere oggetto di una possibile acquisizione da parte della Cassa depositi e prestiti Spa.
(7-00598)
«Torazzi, Allasia, Maggioni».

La XI Commissione,
premesso che:
la grave crisi economico-occupazionale, la contrazione dei consumi e delle commesse, la debolezza strutturale del mercato isolano, hanno ulteriormente fiaccato la «solidità» del tessuto imprenditoriale sardo, notoriamente costituito da «micro» aziende, per lo più sottocapitalizzate

ed esposte alla cronica carenza di liquidità. Se a ciò si aggiungono le ristrettezze del Sistema del credito, generate anche dall'applicazione degli accordi di Basilea ed i ritardi nei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazione, spesso per effetto del patto di stabilità, nonché quelli da parte delle ASL, di Abbanoa, oltre che di privati, appare evidente il quadro di una situazione oggettivamente complessa e drammatica che - in assenza di interventi urgenti e sinergici rischia di compromettere la sopravvivenza di diverse migliaia di piccole e medie imprese della Sardegna;
nasce da questo contesto la «diffusa» morosità delle imprese sarde nei confronti di Equitalia e, a monte, nei confronti dell'erario, degli Enti previdenziali e assicurativi. L'emergenza fiscale in Sardegna può essere affrontata senza demagogia e con interventi immediati a legislazione vigente;
in un documento recentemente predisposto dagli artigiani e commercianti di Confartigianato Sardegna, si legge che «le Associazioni coordinate in Rete Imprese Italia hanno già sollecitato a livello nazionale, l'adozione di norme legislative e regolamentari rivolte ad attenuare l'onerosità dell'attuale carico fiscale e contributivo, nonché la rigidità degli attuali meccanismi di riscossione e gli oneri eccessivi di more e sanzioni. Le Associazioni Imprenditoriali hanno ribadito che l'intento non è quello di favorire forme di elusione o, peggio, di evasione fiscale e contributiva, ma di affermare il principio della effettiva equità e sostenibilità del carico fiscale - contributivo e del corretto rapporto tra Stato e «Cittadini imprenditori contribuenti», evitando, da parte degli Organi preposti alla vigilanza ed alla riscossione, valutazioni pregiudiziali e sommarie, non coerenti con il doveroso esame delle reali condizioni dei vari soggetti contribuenti;
in particolare, si chiede a Equitalia: maggiore chiarezza nelle procedure di notifica; l'estensione dei termini di rateazione per le imprese sarde, superando l'attuale rigidità dei parametri presi in considerazione; la riduzione dei compensi di riscossione; la tempestiva cancellazione delle ipoteche e/o di altri vincoli, ove funzionale al recupero delle risorse per il pagamento del debito maturato; l'accoglimento integrale delle proposte contenute nel documento formulato da Rete Imprese Italia il 12 aprile 2011;
al Governo e al Parlamento si chiede: l'adozione di norme che facilitino da parte di Equitalia l'attuazione dei provvedimenti richiesti nel documento di Rete Imprese Italia; una normativa che riveda, verificato lo stato di crisi, il sistema d'interessi e more dei soggetti danti causa a Equitalia (enti previdenziali, agenzia entrate, enti locali e altro); un provvedimento che, verificato l'attuale stato di crisi, definisca un periodo di moratoria nei pagamenti;
sarebbe utile inoltre che la regione Sardegna provvedesse con la massima urgenza all'immediata convocazione del tavolo di concertazione per lo sblocco dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese; la «certificazione» dei crediti vantati dalle imprese, nei confronti delle pubbliche amministrazioni, che possa innescare procedimenti di canalizzazione di tali crediti a compensazione dei rispettivi debiti e la contestuale risoluzione delle problematiche del documento unico di regolarità contributiva; assistenza a linee di credito aggiuntive e mirate a sanare la posizione debitoria delle imprese nei confronti degli enti previdenziali, assicurativi e della stessa Equitalia, con il sostegno della regione sia in termini di abbattimento degli interessi che di controgaranzia con i consorzi fidi;
il Governo dovrebbe impegnarsi al fine di pervenire subito alla cancellazione dello strumento dell'accertamento esecutivo che entrerà in vigore il 1o luglio 2011 e che abolisce il periodo di iscrizione a ruolo permettendo alle aziende di fare ricorso amministrativo dopo che l'azienda si è già estinta. Inoltre, serve una normativa nazionale per riordinare l'operatività di Equitalia, con interventi concreti e non fittizi come l'annunciata doppia dilazione e

una moratoria fiscale per dodici mesi ai sensi dell'articolo 19-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973. Tale moratoria è dovuta quando si verificano situazioni eccezionali che alterano gravemente lo svolgimento di un corretto rapporto con i contribuenti, in alternativa, si può prevedere la sospensione del 50 per cento dei carichi da omessi versamenti (non quelli da accertamenti);
secondo quanto si apprende negli ultimi mesi, la Lombardia risulta essere la regione più vessata da Equitalia, ma in rapporto ai pagamenti, per «riscossione coattiva», dovuti e incassati, la regione nella quale si è avuto il maggiore aumento in termini percentuali è la Sardegna con il 25,7 per cento;
nel 2010 il gettito da riscossione coattiva (a seguito di espropri, sequestri conservati, ipoteche, ganasce fiscali) ha raggiunto nella regione Lombardia un importo pari 1,881 miliardi di euro, un risultato condizionato dal fatto che la Lombardia è la prima regione d'Italia per numero di abitanti e per numero di contribuenti e ha un reddito medio tra i più elevati del Paese;
al secondo posto si trova il Lazio, con un gettito di 1,246 miliardi di euro e al terzo la Campania, con 868,9 milioni di euro. Tra il 2009 e il 2010, invece, gli incrementi percentuali di crescita più elevati si sono registrati in Sardegna (+25,7 per cento), in Molise (+25,1 per cento) e in Puglia (+19,4 per cento);
è anche vero che il ritardo medio con cui la pubblica amministrazione italiana paga i propri fornitori è di 86 giorni, contro i 22 giorni di ritardo dall'amministrazione statale francese, i 19 giorni di quella inglese e gli 11 giorni di quella tedesca;
più di ventimila persone, artigiani, commercianti, pastori, disoccupati giunti da ogni parte della Sardegna ma in particolare dall'area del Sulcis Iglesiente, si sono dati appuntamento nelle scorse settimane a Cagliari, per manifestare contro Equitalia e chiedere aiuto, non solo alla regione, ma anche al Governo,


impegna il Governo:


ad assumere ogni iniziativa di competenza per garantire la rateizzazione agevolata pari al 3 per cento dei contributi previdenziali, per un massimo di cinque anni, con l'abolizione degli interessi esattoriali da applicare ad artigiani, commercianti, piccole e medie imprese, nonché per prevenire alla sospensione della riscossione e di tutti gli atti ingiuntivi (fermo amministrativo e accensione di ipoteche), degli effetti dei crediti previdenziali iscritti al ruolo e delle procedure cautelative;
ad assumere iniziative volte a erogare contributi finalizzati allo sgravio degli oneri previdenziali e assistenziali a carico dei datori di lavoro, per un periodo massimo di cinque anni, per coloro che si impegnano a mantenere gli occupati.
(7-00597)
«Schirru, Miglioli, Gnecchi, Bellanova, Mattesini, Codurelli, Pes, Fadda, Calvisi, Damiano».

La XIII Commissione,
premesso che:
la produzione di castagne rappresenta una voce importante nell'export agricolo;
è da tutti riconosciuto l'elevato valore nutrizionale e organolettico della produzione castanicola delle regioni centromeridionali italiane;
i terreni vocati alla produzione castanicola ricadono in zone altamente disagiate dal punto di vista infrastrutturale, tanto da rendere difficoltoso finanche l'utilizzo di mezzi meccanici per le operazioni di coltura e raccolta e, in generale, per le operazioni necessarie allo sviluppo del ciclo biologico della castagna;
la marginalità dei territori in cui si pratica la coltura della castagna è ancor più evidente laddove si considerino i fenomeni di spopolamento delle aree rurali,

fenomeni che assumono connotati di indubbia gravità nelle aree il cui assetto infrastrutturale risulta essere lontano da standard di efficienza accettabili;
ai fattori di criticità sopra evidenziati si aggiunge l'emergenza rappresentata dal cipinide del castagno, un parassita spesso presente nei castagneti della Cina e da lì diffusosi in modo abnorme,


impegna il Governo:


ad adottare tutte le iniziative e le misure, anche di carattere fiscale o indennitario, necessarie per il sostegno della castanicoltura;
ad attivarsi affinché le predette iniziative e misure di sostegno possano essere applicate con urgenza, provvedendo tempestivamente all'individuazione, d'intesa con le regioni, dei territori interessati e alla definizione delle modalità e delle procedure di applicazione, anche con riferimento alle competenze dei diversi livelli di governo interessati;
a prevedere che ogni misura a sostegno delle colture castanicole sia prioritariamente rivolta ai castagneti infestati dal cinipide del castagno.
(7-00596) «Paolo Russo».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:
la lotta all'Aids è un impegno globale cruciale, compreso nei Millennium Developing Goals (obiettivi del Millennio) sanciti sempre dall'Onu, per il raggiungimento dei quali è fondamentale l'impegno del Fondo globale per la lotta all'Aids, malaria e tubercolosi;
il Fondo globale è una partnership internazionale che si occupa di raccogliere e distribuire risorse per prevenire HIV, malaria e tubercolosi. L'organizzazione finanzia oltre 600 progetti in 140 Paesi del mondo;
è stata certificata in questi giorni l'estromissione del nostro Paese dal Fondo globale (di cui l'Italia era co-fondatore) per non aver versato né i 160 milioni di dollari previsti per il 2009, né i 183 milioni per il 2010 e ciò ha determinato, come da statuto, l'esclusione dell'Italia dal consiglio di amministrazione del Fondo globale, posto che sarà assegnato alla Francia;
eppure, in occasione del G8 tenutosi all'Aquila (8-10 luglio 2009), il Presidente del Consiglio assicurò formalmente che il versamento della quota sarebbe stato effettuato in tempi rapidissimi: «...verseremo i soldi entro un mese» furono, tra le altre, le parole pronunciate solennemente;
tutte le altre nazioni hanno onorato gli impegni sottoscritti: un miliardo di dollari gli Stati Uniti, 400 milioni la Francia, 184 il Regno Unito, 57 la Russia;
risulta da agenzie stampa che l'Italia abbia chiesto all'Onu, in vista del meeting sull'Aids dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, che si terrà a New York dall'8 al 10 giugno 2011, la cancellazione della dicitura «riduzione del danno» (harm reduction), una definizione universalmente riconosciuta che indica l'insieme delle buone pratiche per la riduzione di morti e patologie dovute agli stupefacenti e per la salvaguardia della salute pubblica;
tutte le associazioni che si occupano del problema della diffusione dell'HIV ritengono che questa, se confermata, appare come una posizione di retroguardia che non tiene conto, tra l'altro, delle nuove emergenze che si stanno aprendo nell'Europa

dell'Est e nell'Asia Centrale, proprio a causa dell'assenza in quelle aree di politiche di riduzione del danno, di cui l'Italia è stata invece pioniera riuscendo così a fermare il dilagare dell'epidemia nella popolazione tossicodipendente;
tra l'altro, un sedicente gruppo indipendente di attivisti, medici e ricercatori italiani si è recentemente riunito a congresso a Bari sotto il titolo «Aids e HIV: tutto quello che non vi hanno detto», organizzato dal gruppo HIV Informa, nell'ambito del quale è stata riproposta la teoria negazionista secondo cui l'HIV è solo un'invenzione e non una patologia virale che può condurre all'Aids, le terapie sono una truffa e la prevenzione è inutile;
«non è accettabile che la strategia di lotta all'Aids, globale e condivisa, efficace e trasparente, supportata da evidenze scientifiche acquisite da tempo, possa essere messa in discussione da fantasiose teorie negazioniste», hanno affermato la Lila, l'Arcigay, l'Anlaids e Nadir onlus in un comunicato congiunto;
dal 17 al 21 luglio 2011, si ospiteranno a Roma i lavori della conferenza mondiale sull'AIDS e appare alquanto imbarazzante la posizione che dovrà assumere il nostro Paese nel contesto appena determinatosi -:
come il Governo intenda garantire che nella prossima conferenza mondiale l'Italia si presenti, in veste di Paese ospitante, con la certezza di aver versato al Fondo globale per la lotta all'Aids, tubercolosi e malaria le quote mancanti con riferimento agli anni 2009 e 2010;
quali rassicurazioni intenda fornire relativamente a quanto citato in premessa, soprattutto con riferimento alla richiesta all'Onu da parte del nostro Paese di far cancellare la dicitura della riduzione del danno.
(2-01109)
«Di Stanislao, Evangelisti, Donadi».

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
nell'autunno 2004, a fronte della necessità di rafforzare l"organico dell'allora servizio informazione e diffusione dati del Dipartimento della protezione civile (DPC), si promuove un progetto sperimentale di inserimento lavorativo di persone svantaggiate, in particolare con disabilità fisica e sensoriale;
il progetto, che si chiama significativamente «Abili a proteggere» risponde ad un preciso intento di inclusione lavorativa di soggetti tradizionalmente escludi dal contributo fattivo in materia di protezione civile, dimostrando che la disabilità, se ridotta da un corretto adattamento ambientale e metodologico, non è un limite, ma una risorsa;
in pratica si decide di affidare ad una cooperativa sociale con esperienza nell'inserimento di persone svantaggiate, il compito di coordinare l'operazione in tutti i suoi aspetti: dalla selezione del personale alle misure di accessibilità, dal tutoraggio permanente al sostegno psicologico. Il progetto si inserisce in una convenzione esistente trae l'ISPRO, istituto presieduto dall'onorevole Zamberletti, storicamente indicato come il fondatore della protezione civile italiana;
il personale disabile della cooperativa «Europe Consulting Onlus» inizia così a collaborare coi colleghi dipendenti e consulenti del dipartimento della protezione civile, in diversi ambiti, tra i quali: la realizzazione della rassegna stampa quotidiana, il monitoraggio delle agenzie stampa e delle trasmissioni televisive; supporto all'Ufficio stampa nelle sue attività quotidiane, diventando anche unità di riferimento e di sperimentazione attiva di problematiche legate disabilità e protezione civile; cura dei vari aspetti dell'inserimento lavorativo, della formazione e

del tutoring dei lavoratori oltre ad affiancarsi a diverse missioni speciali e di ricerca;
nel 2006, a fronte del successo della suddetta sperimentazione, il dipartimento della protezione civile decide di darle seguito, siglando una convenzione direttamente con la «Europe Consulting Onlus»;
il progetto «Abili a proteggere» diventa il progetto di riferimento per le questioni inerenti protezione civile e disabilità, tanto che il suo logo viene messo nella home page del sito istituzionale del dipartimento della protezione civile;
da allora, e fino al 2010, la convenzione procede con rinnovi annuali e lo sviluppo e il consolidamento delle attività;
nel 2010, parte un concorso per l'assunzione di circa 150 lavoratori che, a vario titolo, avessero avuto esperienza professionale presso il decreto del Presidente del Consiglio negli anni precedenti: vengono stabilizzati tutti i partecipanti al concorso, meno uno. Paradossalmente tra gli assunti, c'è anche l'unico dei soci lavoratori non disabili della cooperativa ed in particole proprio quello che negli ultimi 6 anni aveva coordinato presso l'ufficio stampa del dipartimento il gruppo «Abili a proteggere». A lui, infatti, negli anni precedenti mentre lavorava per la cooperativa era stato proposto in contemporanea un breve contratto di collaborazione con il Dipartimento, e questo gli aveva dato i titoli per avere accesso al concorso;
nel dicembre 2010, nel discorso di presentazione al personale del nuovo capo dipartimento Franco Gabrielli in sostituzione di Guido Bertolaso, viene comunicato ai lavoratori della cooperativa l'idea di affidare i servizi dell'ufficio stampa attraverso una gara pubblica;
da tutte le parti interpellate la cooperativa riceve assicurazioni rispetto alla volontà di mantenere vivo il servizio e, comunque, anche in caso di vittoria di un'altra organizzazione diversa dalla «Europe Consulting ONLUS», mai viene messa in discussione la continuità lavorativa del gruppo di disabili impiegati presso il dipartimento;
sempre nel dicembre 2010, sfuma il progetto della gara per la prosecuzione del servizio, a seguito di una ristrutturazione dell'ufficio stampa e ad un ridimensionamento delle attività di pertinenza. Alla cooperativa viene proposta una proroga di tre mesi del servizio;
iniziano cosi una serie di colloqui con diversi dirigenti del dipartimento, per studiare come proseguire la collaborazione e garantire da un lato il lavoro del personale disabile, dall'altro la continuità dell'impegno nel campo della relazione tra protezione civile e disabilità;
all'inizio di marzo il dipartimento di protezione civile, elabora una proposta per la costituzione di un'unità di interfaccia con il mondo della disabilità, da istituire come gruppo di lavoro trasversale a diversi uffici del dipartimento, segnatamente nei campi della formazione, della comunicazione e della pianificazione delle emergenze. Viene detto che il servizio sarà oggetto di un bando di gara, ma che il budget disponibile (125.000 euro) sarebbe stato appena sufficiente a garantire il lavoro di alcuni dei ragazzi disabili impiegati nel progetto «Abili a proteggere». La cooperativa accetta di buon grado la sfida della gara, certa del fatto che, in caso di perdita, i ragazzi sarebbero comunque stati assorbiti da un altro organismo;
alla fine di marzo viene comunicato alla cooperativa che - visto l'importo economico particolarmente esiguo del nuovo progetto per l'unità di interfaccia con il mondo della disabilità - la legge consente di siglare una convenzione diretta, senza dover andare a gara. Contestualmente si chiede alla cooperativa un altro mese di proroga, fino al 30 aprile;
nel frattempo, il servizio di rassegna stampa viene esternalizzato attraverso una gara ad inviti, vinta da Telpress. La cooperativa «Europe Consulting» viene invitata dal dipartimento alla gara sebbene

pienamente consapevoli del fatto che la stessa non avrebbe potuto partecipare, perché non dispone delle strutture e degli strumenti che avrebbero consentito di realizzare la rassegna stampa nei modi e nei tempi richiesti; viene quindi chiesta alla cooperativa una proroga fino al 31 maggio: questa volta si specifica che sarà l'ultima e che non sarà successivamente richiesto l'operato del personale della «Europe Consulting» presso l'ufficio stampa. Il presidente della cooperativa in una mail ad un dirigente amministrativo del dipartimento chiede se la specifica nella proroga significa la fine del servizio. Il dirigente gli risponde che la chiusura fa riferimento solo al servizio stampa appena esternalizzato, mentre con il resto si procede con una nuova convenzione «Palazzo Chigi ha accolto la nostra convenzione che stiamo correggendo con le definitive modifiche» (riscontrabile da una e-mail del 4 maggio 2010);
venerdì 20 maggio, il vicecapo dipartimento dott. Angelo Borrelli, chiama il presidente della cooperativa Alessandro Radicchi comunicando che purtroppo nonostante tutti gli sforzi fatti la convenzione non si siglerà, perché dalla Presidenza del Consiglio è richiesta una non meglio precisata - a quanto consta alla cooperativa «Europe Consulting» - «assunzione di responsabilità» da parte del dipartimento. Una responsabilità che, a fronte della piena legalità degli estremi di questa convenzione, nessuno sembra volersi prendere;
il presidente della suddetta cooperativa, Alessandro Radicchi, al fine di tutelare il posto di lavoro delle nove persone disabili impiegate da sette anni presso il dipartimento, il 25 maggio 2011, ottiene un incontro con il capo dipartimento dottor Franco Gabrielli, il quale specifica che il problema principale è quello di una «impossibilità burocratico legislativa» che impedisce di dare continuità al progetto «Abili a proteggere»;
il risultato è che dal 1o giugno 2011, nove disabili che lavorano da sette anni presso l'ufficio stampa del Dipartimento della Protezione Civile sono senza lavoro per cavilli burocratici e di bilancio;
dal 1o giugno 2011, il progetto «Abili a proteggere» non esiste più, perché ad avviso dell'interrogante, non si è in realtà voluto dare seguito a un'esperienza che dura dal 2004, e trovare una modalità per continuare un servizio fondamentale per il Paese: una unità di interfaccia con il mondo della disabilità all'interno del dipartimento della protezione civile, gestito dalle persone disabili che, in sette anni, hanno imparato a conoscere il funzionamento del sistema;
lo stesso Antonio Guidi, ex ministro della famiglia ed attuale delegato sull'handicap del comune di Roma afferma che quando interrogò anni fa il dipartimento su come si stesse muovendo per tutelare le persone disabili prima e dopo le catastrofi, si era sentito rispondere che esisteva già il progetto Abili a proteggere. «Considero questa azione un atto grave non solo per la cultura della disabilità italiana ma anche per la stessa sicurezza del nostro paese», afferma oggi lo stesso Guidi, «farò tutto ciò che è in mio potere perché ciò non avvenga» -:
quali iniziative si intendano urgentemente adottare al fine di consentire ai nove lavoratori disabili, senza lavoro dal 1o giugno 2011, di poter continuare l'esperienza più che positiva di inserimento lavorativo nell'ambito della Protezione civile.
(2-01103)«Di Pietro».

Interrogazioni a risposta scritta:

ROSATO e GENOVESE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 1o ottobre 2009, nella provincia di Messina, avvenivano violenti fenomeni meteorologici che causavano alluvioni e frane;

sin dal primo giorno in cui accadevano tali eventi, circa 3000 vigili del fuoco intervenivano tempestivamente per svolgere attività di salvataggio, ricerca e recupero dei sopravvissuti, nonché operazioni di sbancamento del fango e dei detriti finalizzate al ripristino delle condizioni di sicurezza dei comuni colpiti;
l'attività straordinaria dei vigili del fuoco arrivava a coprire un periodo di ben 9 mesi, terminando il 5 giugno 2010; per tale attività straordinaria svolta sul territorio della provincia di Messina, i vigili del fuoco hanno maturato crediti che ammontano, ad oggi, a 17.417.475 euro;
il Governo aveva nominato un commissario delegato alla gestione dell'emergenza, individuandolo nella persona del presidente della Regione siciliana, on. Raffaele Lombardo;
con le due ordinanze n. 3815/2009 e 3865/2010 del Presidente del Consiglio dei ministri, si autorizzava il suddetto commissario a utilizzare somme pari a oltre 30 milioni di euro per pagare i crediti maturati dal personale intervenuto in soccorso della popolazione, fra cui i vigili del fuoco;
il 13 ottobre 2010 il commissario ha messo a disposizione 1 milione di euro a fronte degli oltre 17 vantati dai vigili del fuoco;
sono passati ben 19 mesi dagli eventi in questione e oltre 10 mesi dalla conclusione dell'opera prestata dai vigili del fuoco, che, ad oggi, non hanno ancora ricevuto, le somme loro spettanti -:
se le risorse siano state già versate effettivamente alla regione e se siano sufficienti a coprire tutti gli oneri di competenza statale;
se il Governo sia a conoscenza di questo insostenibile stato di cose e se intenda prendere provvedimenti opportuni finalizzati al pagamento delle somme maturate dai vigili del fuoco impegnati sul territorio del comune di Messina per l'opera prestata dal 1o ottobre 2009 al 5 giugno 2010.
(4-12161)

LO MONTE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nell'ottobre-novembre 2010 e nel marzo 2011 alcuni eventi alluvionali eccezionali hanno interessato il territorio della provincia di Messina, colpendo diversi territori e provocando danni ingenti soprattutto nei comuni della riviera ionica;
l'ondata di maltempo, oltre a provocare fatti tragici come quelli accaduti a Scaletta Zanclea, Giampilieri e San Fratello, ha colpito pesantemente tanti altri piccoli comuni, come ad esempio Castelmola, che non sono passati alle cronache ma che hanno dovuto fronteggiare allagamenti e danni, con zone rimaste isolate a causa di smottamenti e crolli, con accertato pericolo per la pubblica e privata incolumità;
il dipartimento della protezione civile della regione, dopo aver provveduto ad effettuare ricognizioni sui luoghi, costatando situazione di criticità per il superamento delle quali ha contribuito disponendo nell'immediato l'avvio di alcuni lavori di somma urgenza, ha predisposto la documentazione necessaria affinché la giunta di governo regionale dichiarasse lo stato di calamità;
la giunta di governo ha dichiarato lo stato di calamità richiedendo alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con provvedimenti n. 415 del 28 dicembre 2010, n. 447 del 2 dicembre 2010 e n. 87 del 15 marzo 2011, la dichiarazione di stato di emergenza;
alla richiesta del governo regionale di dichiarazione di stato di emergenza, si è aggiunta quella delle amministrazioni comunali, le quali hanno evidenziato di aver fatto fronte alle prime necessità attraverso

azioni urgenti e di primo soccorso, e questo sebbene si trovino in gravi difficoltà economiche per le magre risorse di cui dispongono;
nel caso di molti comuni, come il succitato Castelmola, si è in presenza di piccoli enti, nella quasi totalità sprovvisti di risorse finanziarie e di mezzi adeguati, con popolazione inferiore ai mille abitanti e con corpose quantità di territorio prettamente rurale da controllare, dove insistono numerosi insediamenti abitativi, con attività agricole e agrituristiche, e dove attualmente la popolazione ha difficoltà a raggiungere le abitazioni a causa dei danni alla viabilità e all'incombente rischio dovuto alla mancata messa in sicurezza del territorio -:
se il Governo intenda intervenire dichiarando lo stato di emergenza per i territori colpiti dagli eventi alluvionali descritti, con il conseguente stanziamento di adeguate risorse per finanziare gli interventi necessari, mettendo anche in sicurezza le zone a forte rischio idrogeologico censite dai comuni.
(4-12163)

LO MONTE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da diversi anni, «Ferrovie dello Stato Spa» sta praticando, ad avviso dell'interrogante con accanimento e determinazione, nel territorio della Regione siciliana ed in genere in tutto il Mezzogiorno una politica di disimpegno, di ridimensionamento e di totale esclusione dei piani di investimento;
negli ultimi anni gran parte degli investimenti sono stati fatti su pochi e costosissimi progetti, collocati tutti in territori geograficamente ben definiti, anziché sulla capillarità della rete, penalizzando così quei territori ove le infrastrutture sono più disastrate e fatiscenti;
le politiche innovative che il gruppo FS sta attuando hanno un confine di fatto nella regione Campania, non garantendo la continuità territoriale alla quale dovrebbe uniformarsi il trasporto pubblico ferroviario;
dallo scorso anno ad oggi i collegamenti tra la Sicilia e il resto del Paese, invece di migliorare, sono sensibilmente peggiorati;
quella che all'interrogante appare una strategia di oggettivo disimpegno di Trenitalia in Sicilia prevede, tra l'altro, il taglio delle cosiddette «antenne», ossia quei treni che partono da Palermo e Siracusa per poi unirsi a Messina dirigersi verso il Centro-nord del Paese, e che, nelle previsioni del nuovo piano, verranno sostituiti da pullman fino a Messina con una riduzione di vagoni e posti viaggiatori che raggiunge il 50 per cento dell'offerta di servizio;
negli ultimi tre anni si è verificata la decurtazione del 40 per cento dei treni notte per il continente con ripercussioni sul personale viaggiante;
la radicale diminuzione dei treni a lunga percorrenza da e per la Sicilia, a giudizio dell'interrogante, rende di fatto palese la scelta del gruppo FS di abbandonare il Mezzogiorno;
per l'area dello Stretto di Messina il disimpegno riguarda anche i collegamenti marittimi, per i quali si è arrivati al minimo storico con due sole navi di linea a fronte delle 14 che operavano nell'immediato dopoguerra;
alla totale assenza di investimenti infrastrutturali si aggiunge l'abbandono del trasporto merci perpetrata negli ultimi tempi dal gruppo FS ai danni del Meridione;
è difficile immaginare una crescita economica, in assenza di un sistema di trasporto capillare, efficace ed efficiente, che permetta di sfruttare pienamente il

mercato interno e le possibilità offerte dall'europeizzazione degli scambi commerciali;
non vi può certo essere uno sviluppo del sud e delle sue potenzialità turistiche, economiche ed imprenditoriali con una rete ferroviaria fortemente inadeguata e per lunghi tratti non elettrificata;
non si può quindi più restare impassibili di fronte all'ormai palese politica di disimpegno, di ridimensionamento o di assoluta esclusione dai piani di investimento nel Meridione, nell'isola e nei collegamenti tra le città siciliane, ed in particolare tra Messina e le dorsali orientale ed occidentale;
il Sud è costretto a subire da troppo tempo le conseguenze delle scelte del management delle Ferrovie dello Stato: mancanza di investimenti, nessun miglioramento del trasporto ferroviario, ritardi, soppressioni, aumenti tariffari e i continui e definitivi tagli del servizio offerto a media e lunga percorrenza, che isolano, di fatto, la Sicilia dal resto della penisola italiana;
il disimpegno di Ferrovie dello Stato spa dalla Sicilia è ormai conclamato, prova ne è il recentissimo crollo del ponte sulla ferrovia Catania-Gela, dove si è sfiorata la tragedia e dove la preoccupazione resta forte perché il rischio è che non si tratti di un caso isolato, considerato che Rfi in Sicilia ha smantellato i suoi due centri di manutenzione e non ha stanziato risorse per gli appalti relativi agli interventi alla rete ferroviaria, mantenendo precari anche i controlli (un solo addetto per tratta e tutto delegato ai carrelli automatici, che come si è visto non sono assolutamente affidabili);
le suddette scelte attuate fino ad oggi dal gruppo FS, gruppo di proprietà pubblica e principale gestore (di fatto unico) del sistema ferroviario italiano, lo rendono corresponsabile del ritardo dello sviluppo delle aree del Sud Italia e dell'accrescersi del divario con le regioni settentrionali e con il resto d'Europa, divario che, perseverando nelle stesse scelte, sarà sempre più arduo colmare in futuro;
non si tratta più solo di una questione di sottovalutazione delle potenzialità del trasporto ferroviario nel Sud, ma piuttosto di un atteggiamento che appare all'interrogante irresponsabile, esclusivamente orientato alle esigenze del Nord e tale da acuire il divario tra il Settentrione e il Meridione un atteggiamento riconducibile alla strategia del management, e prima di tutto all'amministratore delegato, ingegnere Moretti, che persegue di fatto, in modo radicale un progetto di eliminazione delle Ferrovie dal Mezzogiorno e in particolare dalla Sicilia;
le Ferrovie dello Stato spa perseguono peraltro una strategia espansionistica verso mercati esteri (vedi acquisizione di Arriva Deutschland, uno dei maggiori operatori privati nel trasporto pubblico regionale di passeggeri su ferro e su gomma in Germania, la valorizzazione in chiave commerciale della stazione ferroviaria di Praga, nonché l'ammodernamento di 450 chilometri di binari in Serbia e Montenegro), preferendo allargare gli orizzonti economici dell'azienda oltre i confini nazionali - utilizzando peraltro di fatto i fondi Fas - piuttosto che investire nel Mezzogiorno d'Italia;
la Commissione europea ha più volte ripreso il nostro Paese sulle condizioni delle ferrovie nel Mezzogiorno ed ha chiesto anche come venissero utilizzate le risorse che provenivano da fonte europea, sottolineando peraltro che esse dovrebbero essere concentrate per la realizzazione di collegamenti ferroviari necessari per potenziare i centri multimodali ed allargare lo spazio economico dei principali hub portuali del Meridione d'Italia;
la Commissione europea ha espresso preoccupazioni sugli ulteriori ritardi e sulle incertezze per l'attuazione della programmazione 2007-2013, perché ciò comprometterebbe irreparabilmente la strategia fissata dal quadro strategico nazionale e nel programma reti e mobilità, sottolineando

di non essere disponibile a riallocare risorse previste per le infrastrutture di trasporto su opere che non sono considerate di valenza strategica, al punto di dover riconsiderare la dotazione finanziaria del programma operativo a titolarità del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti -:
alla luce di quanto esposto in premessa, se il Governo, nella sua qualità di azionista unico del gruppo delle Ferrovie dello Stato spa non ritenga di dover verificare lo Stato spa di attuazione del contratto di programma del gruppo delle Ferrovie dello Stato spa in tutte le regioni meridionali, con particolare riferimento al mantenimento degli impegni assunti con la Commissione europea sull'adeguamento e miglioramento della rete ferroviaria nel Sud del Paese, e di dover assumere ogni iniziativa volta a revocare, attraverso il consiglio di amministrazione del gruppo, l'incarico di amministratore delegato dell'ingegnere Mauro Moretti.
(4-12190)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
tra l'ottobre 1980 e il maggio 1981 il Governo degli Stati Uniti annunciò quelli che poi vennero scoperti essere i primi cinque casi della Sindrome da immuno-deficienza acquisita.
il 5 giugno 1981 negli Stati Uniti viene pubblicato il primo studio relativo a una patologia infettiva che provoca un deficit del sistema immunitario. È l'atto di nascita dell'Aids;
sono passati trent'anni e la pandemia ha certamente insegnato molte cose al mondo contemporaneo. Oggi una sola pillola può tenere l'infezione sotto controllo pur non potendola curare e nuove ricerche mostrano che gli anti-retrovirali non sono solo terapeutici, ma possono anche ridurre il rischio d'infezione; la pandemia ha mostrato di quanto sia necessario fare massicce e mirate campagne d'informazione sulle malattie a trasmissione sessuale;
il Governo italiano, in occasione della giornata mondiale della lotta all'Aids, si è limitato a promuovere una campagna che ha come obiettivo quello di «incentivare i giovani adulti (30-40 anni), di qualunque orientamento sessuale, italiani e stranieri, ad effettuare il test HIV» (http://www.governo.it/GovernoInforma/campagne_comunicazione/aids_2010/index.html);
secondo l'esperienza acquisita in tutto il mondo, la lotta all'Aids non si fa solo nell'ambulatorio delle analisi, ma si concretizza nel momento in cui le persone scelgono di proteggersi durante i rapporti sessuali; è certamente quello il momento della scelta, della decisione da prendere, è li che si decide se si vuole combattere la battaglia o lasciarla sopraffare;
secondo le più importanti organizzazioni che si occupano di lotta all'Aids occorrono campagne, innanzitutto non sporadiche ma sistematiche, anche rivolte alle diverse comunità: migranti (quindi in diverse lingue), popolazione carceraria, eterosessuali, omosessuali, bisessuali, transessuali, coppie siero divergenti (come si fa in Svizzera). La necessità di un messaggio più mirato è d'altronde riconosciuto anche dalla Commissione Nazionale per la lotta contro l'AIDS che sin dal giugno 1987 ha istituito presso il Dipartimento di malattie infettive, parassitarie e immunomediate dell'Istituto superiore della sanità il Servizio nazionale telefono verde AIDS (TVA) che prevede il contributo di mediatori linguistico culturali per rivolgersi ai cittadini stranieri (http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/aids/telefono-verde.html);
studi e ricerche indicano che tali campagne dovrebbero essere mirate per le diverse comunità; negli Stati Uniti e nel Regno Unito ci sono per esempio dati aggiornati sul comportamento sessuale della comunità LGBT con dati sempre aggiornati sulla diffusione della malattia, in Italia cifre e analisi sulla salute della popolazione omosessuale sono limitate ad alcune realtà locali;

al meeting Onu su Hiv/Aids che si svolgerà dall'8 al 10 giugno 2011 a New York, il Governo italiano ha affidato la lotta all'Aids al sottosegretario Giovanardi e al suo dipartimento antidroga;
finora risulta soltanto che le proposte italiane saranno quelle della richiesta della cancellazione delle politiche sulla riduzione del danno che sono proprio quelle ritenute più efficaci;
l'ultimo dossier sull'AIDS rintracciabile sul sito del Governo risale al 2008;
l'Italia è stata esclusa dal consiglio di amministrazione del Fondo globale per la lotta contro Aids, malaria e tubercolosi perché indietro con i pagamenti di ben due anni e questo nonostante sia stata la promotrice del Fondo durante i lavori del G8 di Genova;
l'Italia ospiterà tra appena due mesi la IAS, uno dei più importanti eventi medico-scientifici dedicati alla lotta all'AIDS;
degli oltre 40 Paesi donatori (a cui vanno aggiunte associazioni come quelle che fanno capo a Bill Gates e a Bono Vox) l'Italia è l'unico a non aver ancora versato la quota del 2009 -:
quali altri iniziative abbia messo in campo il Governo riguardo la lotta all'Aids;
per quale motivo gli ultimi dati aggiornati sulla lotta all'Aids risalgano al 2008;
se il Governo non ritenga inopportuno inviare alla Conferenza Onu su Hiv/Aids dell'8-10 giugno il Sottosegretario Giovanardi che solitamente esprime posizioni politiche di evidente pregiudizio nei confronti delle persone omosessuali e se le proposte da lui annunciate sul proporre la cancellazione delle politiche «sulla riduzione del danno» siano rappresentative delle posizioni del Governo e su quali basi scientifiche e sociali si basa tale decisione;
se non ritenga il Governo un grave errore lasciare alle sole Associazioni l'iniziativa della lotta all'Aids che la considerano una priorità nazionale e che hanno promosso il Forum della società civile italiana sull'Hiv/Aids (http://www.forumhivaids.it/);
quale sarà l'atteggiamento del Governo italiano alla prossima riunione IAS;
se non ritenga il Governo che tale comportamento metta in una cattiva luce il nostro paese sia rispetto agli impegni presi, sia rispetto alla necessità del nostro paese di contribuire in modo determinante alla lotta all'Aids in tutto il mondo.
(4-12194)

CONCIA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
l'Aler, ovvero «Azienda lombarda edilizia residenziale», nella sua sede di Brescia, ha commissionato a una società, la Cispel Lombardia, braccio operativo di Confservizi Lombardia, che fornisce servizi ed assistenza alle aziende pubbliche, la selezione per il reclutamento di un dirigente tecnico;
una trentina di professionisti, tra ingegneri e architetti, si sono candidati per il posto a concorso, alcuni già dipendenti Aler, e l'11 marzo 2011 otto sono stati i candidati selezionati: questi otto candidati sono stati sottoposti a due test e a colloqui psicologici e attitudinali, dai quali sono risultati idonei quattro candidati;
il test predisposto dalla Cispel, basato sul metodo Cba-Cognitive behavioural assessment, a risposta multipla, conteneva richieste di informazioni che riguardavano: la vita sessuale in generale del candidato, eventuali esperienze con persone dello stesso sesso, problemi o disturbi in materia, relazioni extraconiugali e delucidazioni, per quanto riguardava le donne, sul proprio ciclo mensile, disturbi del sonno, problemi di incontinenza, propensione al suicidio, esperienze di interruzione della maternità, problemi psicologici

e relative terapie, ricoveri per problemi nervosi o mentali, e altre informazioni personalissime;
il fatto, emerso grazie ad una denuncia di un consigliere di amministrazione dell'Aler, Mirko Lombardi, evidenzia modalità di selezione chiaramente ed espressamente vietate dalla legge italiana, basti pensare ad esempio, alle previsioni contenute nel decreto del 9 luglio 2003 «Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro»: si tratta, infatti, di test che indagano profondamente nella privacy utilizzati per indagini cliniche sullo stato di salute di un paziente, non pertinenti quindi con la valutazione che doveva essere fatta per selezionare un professionista con competenze tecniche dimostrate ed adeguata esperienza nel campo;
Lombardi ha esposto la questione al consiglio di amministrazione di Aler il 29 marzo 2011, chiedendo, ed ottenendo, la denuncia alla Procura della Repubblica e copia in bianco dei test;
il presidente dell'Aler, Ettore Isacchini, dal canto suo, ha dichiarato in merito solo che si «tratta di una cosa di banalità assoluta. Una verifica non si nega a nessuno. Ma non bisogna confondere un test psicologico e con un test omofobico»;
sono stati, inoltre, informati i sindacati, e risulta all'interrogante che anche la CGIL abbia presentato una denuncia in merito ai fatti esposti: inoltre Lombardi fa sapere della sua intenzione di inoltrare copia della documentazione al Commissario europeo per la libertà, alle corrispondenti autorità italiane e al Parlamento;
in merito alla vicenda anche il Garante per la protezione dei dati personali ha aperto un'istruttoria relativamente al questionario somministrato ai candidati che partecipavano alla selezione per il reclutamento di un dirigente tecnico presso l'Aler di Brescia, al fine di verificare la liceità del trattamento dei dati dei candidati effettuato dall'Aler e dalla Cispel Lombardia -:
di quali elementi disponga il Governo sulla vicenda e quali iniziative di competenza intenda adottare, in ogni sede utile, in relazione a situazioni che a giudizio dell'interrogante configurano una gravissima discriminazione, ed altresì un danno per la Pubblica Amministrazione.
(4-12195)

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AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

DI PIETRO e EVANGELISTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'8 febbraio 2011 la petroliera italiana Savina Caylyn - 226 metri di lunghezza e 103mila tonnellate di stazza - con a bordo 5 italiani e 17 indiani, proveniente dal porto di Bashayer in Sudan e diretta a Pasir Gudang in Malaysia, è stata assaltata e sequestrata da 5 pirati a bordo di una piccola imbarcazione;
i ripetuti tentativi di respingimento messi in atto dall'equipaggio (manovre diversive, utilizzo di idranti di bordo) non sono risultati sufficienti a contrastare le raffiche di kalashnikov e i razzi RPG impiegati dagli assalitori;
pochi giorni fa, a distanza di quasi quattro mesi dal sequestro della Savina Caylyn, è stato rivolto alle autorità italiane, da parte del comandante della nave, un ulteriore e disperato appello telefonico nel quale lo stesso comandante, Giuseppe Lubrano Lavadera, ha denunciato le condizioni di precarietà ed estremo disagio in cui sono costretti a vivere: «ci danno un pugno di riso al giorno, un po' d'acqua [...], non ci sono medicine, alcuni hanno la febbre, altri malattie della pelle»;

il comandante ha tenuto a precisare che, a seguito delle interruzioni delle trattative, l'azione dei rapitori è divenuta sempre più violenta, come del resto si desume dal fatto che tre uomini dell'equipaggio, il primo ufficiale Bon, il terzo ufficiale Guardascione e l'allievo di coperta Cesaro, sono stati trasferiti a terra e condotti nel deserto dove per sopravvivere sono costretti, prosegue il comandante, «a scavare buche nella sabbia per recuperare un po' di acqua»;
dall'ultimo rapporto dell'Imb (International Maritime Bureau), il centro che monitora giornalmente il fenomeno della pirateria, è emerso che da gennaio ad aprile 2011 ci sono stati 156 atti di pirateria, di cui 107 proprio al largo delle coste somale;
al solo fine di evitare gli abbordaggi, diversi armatori hanno autorizzato gli equipaggi a seguire rotte più lunghe, a scapito ovviamente dei tempi di percorrenza e dei costi di trasporto;
il premio assicurativo di chi naviga nelle acque del golfo di Aden e nel tratto di mare a largo delle coste della Somalia è aumentato di circa 300 volte;
il costo per l'economia mondiale provocato dalla pirateria, secondo quanto stimato dalla fondazione statunitense One Earth Future, è di oltre 7 miliardi di dollari;
le diverse ed importanti iniziative adottate a livello internazionale per fronteggiare il pericolo di attacchi da parte di pirati non risultano ancora del tutto sufficienti, ci si riferisce, in particolare, alle risoluzioni delle Nazioni Unite 1846 e 1851 del 2008 che riconoscono la possibilità di intervenire nelle acque territoriali della Somalia e di operare nello spazio aereo del medesimo Paese, o, ancora, all'azione comune 2008/851/PESC del Consiglio dell'Unione europea relativa all'operazione militare dell'Unione europea volta a contribuire alla dissuasione, alla prevenzione e alla repressione degli atti di pirateria e delle rapine a mano armata al largo della Somalia;
a tali misure molti altri Paesi - tra cui la Francia, la Spagna, l'Inghilterra, gli USA ed il Sudafrica - hanno affiancato ulteriori interventi finalizzati, nell'immediato, a proteggere ed a garantire la sicurezza delle loro flotte commerciali -:
se esistano e siano in corso trattative con i sequestratori della petroliera italiana Savina Caylyn, e quali siano le iniziative e le misure adottate, o che il Governo intende adottare, per ottenere, nel minor tempo possibile, il rilascio di tutti i passeggeri della petroliera italiana;
se il Governo intenda dotare, anche mediante iniziative normative urgenti, gli armatori italiani, le cui navi operano nel golfo di Aden e a largo delle coste della Somalia, di ulteriori strumenti e mezzi di difesa.
(5-04846)

RENATO FARINA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
come riportato dall'agenzia di stampa Zenit in data martedì, 31 maggio 2011 (ZENIT.org) a meno di due mesi dalla sua nascita come Stato indipendente - in programma il 9 luglio 2011 - l'ombra di un nuovo conflitto armato pesa sul Sud Sudan. Il governo del Nord ha inviato infatti sabato 21 maggio i suoi carri armati ad Abyei ed ha assunto il controllo del capoluogo della contestata regione che si trova a cavallo tra Nord e Sud. Lo mossa di Khartoum ha provocato la protesta da parte di Juba e della comunità internazionale, la quale teme un ritorno alla guerra su vasta scala;
la tensione nella regione di Abyei, che gode di uno statuto speciale, era salita alle stelle dopo un attacco sferrato venerdì 20 maggio contro un convoglio militare di soldati di Khartoum e scortato dai caschi blu della Missione delle Nazioni Unite nel Sudan (UNMIS). Il Nord ha accusato il Sud dell'attacco, una tesi che non è stata smentita da fonti diplomatiche occidentali;

secondo il New York Times (22 maggio), a maggio forze del Sud hanno teso almeno due volte un agguato a militari del Nord, provocando decine di vittime. Secondo il quotidiano, la risposta del Nord all'ultimo attacco sembra essere stata «ben pianificata». Aerei di Khartoum, partiti dalla famigerata base di El Obied, che giocò un ruolo chiave nella lunga guerra civile tra Nord e Sud, hanno bombardato venerdì punti strategici nella città e dintorni, preparando la strada all'arrivo delle truppe di terra, che hanno invaso Abyei la sera del giorno successivo con decine di carri armati e migliaia di soldati;
un secondo gesto di sfida lanciato dal governo del presidente sudanese Omar Hassan al-Bashir è un decreto che ha posto fine all'amministrazione mista che gestiva Abyei, frutto del «Comprehensive peace agreement» (CPA o Accordo comprensivo di pace) siglato il 9 gennaio 2005 nella capitale keniota Nairobi tra il presidente sudanese e i ribelli sud sudanesi del Movimento/Esercito popolare per la liberazione del Sudan (SPLA/M);
mentre la situazione in quelle zone è stata definita «volatile e tesa» (The New York Times, 29 maggio) da un portavoce dell'ONU ad Abyei, Kouider Zerrouk, l'accaduto conferma ciò che si sapeva già. Abyei è - come ha scritto Irene Panozzo, studiosa del Sudan presso la University of Durham - il «nervo scoperto» nel rapporto fra Nord e Sud, «una ferita mai realmente cicatrizzata» (la Repubblica.it, 28 maggio);
nella regione di Abyei, ricca di petrolio ma anche di acqua, è saltato infatti un referendum speciale sulla secessione dal Nord che avrebbe dovuto svolgersi il 9 gennaio scorso in parallelo con la consultazione popolare organizzata nel Sud e conclusasi con la schiacciante vittoria (ben il 98,83 per cento dei partecipanti) del «sì» alla creazione di un Sud Sudan indipendente (a provocare la revoca del referendum su Abyei sono stati i continui disaccordi tra Juba e Khartoum su chi poteva partecipare alla consultazione locale: soltanto la tribù dei Dinka Ngok, etnicamente legata al Sud, o anche i pastori «arabi» Misseriya, che portano stagionalmente il loro bestiame al pascolo nel distretto);
la decisione del Governo sudanese di prendere il controllo di Abyei suscita sospetti sulle vere intenzioni del presidente al-Bashir, su cui pende ancora un mandato di arresto emesso dal tribunale penale internazionale (ICC in acronimo inglese) de L'Aja, in Olanda. Dopo l'invasione di Abyei, l'uomo forte del Nord, il quale aveva rassicurato solo pochi mesi fa la comunità internazionale che avrebbe rispettato il risultato del referendum del gennaio scorso ed accettato la secessione del Sud, ha dichiarato infatti che - almeno per ora - Khartoum non ha alcuna intenzione di ritirarsi. «Abyei è territorio nord sudanese», ha affermato al-Bashir (The Washington Post, 27 maggio);
dato che i principali pozzi petroliferi sudanesi (l'80 per cento all'incirca) sono concentrati nel futuro Sud Sudan, Khartoum non vuole perdere anche le risorse naturali di Abyei, anche se la produzione locale di greggio ha già superato il suo picco;
altrettanto netto è stato nei giorni scorsi un esponente del Governo sud sudanese, «Senza Abyei sulle altre questioni non c'è dialogo: non perderemo tempo a discutere di debito estero, diritti di cittadinanza o proprietà del petrolio», ha ribadito il ministro per la Cooperazione regionale, Deng Alor (Agenzia MISNA, 27 maggio). Più moderato il presidente del Sud, Salva Kiir Mayardit. Anche se ha detto che l'occupazione di Abyei da parte del Nord non è un incidente isolato e fa parte di uno scenario volto a creare scompiglio, ha dichiarato tuttavia che dopo decenni di guerra civile il Sud non vuole un nuovo conflitto. «Non torneremo in guerra, non accadrà», ha detto Kiir (The Vancouver Sun, 28 maggio);
come c'era da temere la nuova violenza ha creato l'ennesima emergenza

umanitaria nella zona. Secondo l'Ufficio di coordinamento per gli affari umanitari (OCHA in acronimo inglese) delle Nazioni Unite, l'offensiva di Khartoum ha messo in fuga almeno 40.000 persone. Dalle immagini raccolte dal satellite sentinel project (SSP) - un progetto di sorveglianza satellitare appoggiato da alcune stelle di Hollywood, fra cui George Clooney - emerge che circa un terzo di tutte le strutture civili della città di Abyei è stato raso al suolo. Anche un ponte strategico a sud della città è andato distrutto. L'ONG parla del resto di una vera e propria «pulizia etnica sponsorizzata dallo Stato» (Agence France-Presse, 29 maggio);
secondo l'amministratore Apostolico di Malakal (nel Sud Sudan), monsignor Roko Taban Mousa, la situazione umanitaria degli sfollati è «sempre più drammatica (...) Queste persone sono prive di assistenza, mancano cibo e medicine, anche perché le truppe nord sudanesi che hanno occupato Abyei si sono impadronite delle riserve alimentari conservate in città» - ha rivelato il presule all'agenzia Fides (27 maggio). «Continuano inoltre le piogge che flagellano e favoriscono, anche per la presenza di zanzare, l'insorgere di malattie come malaria e diarrea», ha aggiunto; la sfida che attende il nuovo Paese - il 54o del continente africano e il 193o del mondo - è già enorme. Cruciale per il Sud Sudan, definito da La Croix (1o aprile) un «immenso cantiere», sarà il contributo dato dalla Chiesa cattolica e dalle varie organizzazioni non governative impegnate sul terreno. Lo ha ammesso il governatore dello Stato dell'Equatoria orientale, Louis Lobong Lojore. «Oggi, non si può fare a meno del sostegno della Chiesa e della comunità internazionale», ha dichiarato al quotidiano francese. La diocesi di Torit (la capitale dello Stato) spera di potere dedicare 9 milioni di dollari allo sviluppo quest'anno. Più di 400 organizzazioni non governative sono attive nel Sud Sudan, una terra - come ricorda La Croix - dove più di un bambino su dieci muore prima dei cinque anni e una donna su dieci muore durante il parto o per implicazioni relative -:
se sia a conoscenza dei fatti riportati, se ne confermi la veridicità e quali valutazioni ne dia;
se e come sia intervenuto e intenda intervenire nelle congrue sedi per garantire il diritto alla protezione dei civili e il rispetto della legalità internazionale;
quali siano e quale sostegno abbiano dal Governo le organizzazioni non governative o comunque le presenze di italiani (missionari cattolici, volontari, cooperanti tecnici e umanitari) nel Sudan, nel Sud Sudan e in particolare nella zona di confine tra i due Stati oggi al centro del conflitto;
quale sia la politica dell'Unione europea al riguardo e quali valutazioni ne dia il Governo;
quali interessi economici e commerciali abbia l'Italia (aziende, contratti, e altri) e come intenda tutelarli, anche per il bene delle popolazioni locali, dinanzi alla aggressiva intraprendenza cinese;
se esista il rischio di «coltivazione» in Sudan del terrorismo di matrice islamica.
(5-04848)

Interrogazione a risposta scritta:

DI BIAGIO. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in data 29 settembre 2010 l'interrogante sottopose all'attenzione della Commissione affari esteri della Camera una risoluzione che impegnava il Governo a disporre gli adeguamenti retributivi per il personale a contratto a legge locale, in servizio in tutte le sedi a far data dall'ultimo adeguamento effettuato, e comunque a valere per il 2010, previa disposizione alle ambasciate a trasmettere i dati di competenza, nonché ad assumere iniziative normative al fine di escludere l'applicazione

dell'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010 convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, al personale del Ministero degli affari esteri con contratto sottoposto a legge locale, anche al fine di scongiurare evitabili quanto onerosi contenziosi locali;
in data 27 ottobre 2010 il Sottosegretario Scotti, intervenendo in sede di discussione della suindicata risoluzione in Commissione affari esteri, evidenziava il parere favorevole del Governo alla stessa e annunciava che per dirimere il nodo giuridico, (relativo all'applicazione dell'articolo 9 alla categoria) «la Farnesina ha provveduto a richiedere le valutazioni dell'IGOP (Ispettorato Generale per gli Ordinamenti del Personale e l'Analisi dei costi del lavoro pubblico) della Ragioneria Generale dello Stato, nell'auspicio che si possa ottenere un via libera agli adeguamenti previsti»;
ad oggi, l'impegno assunto dal Governo attraverso la risoluzione 8-00094 non ha trovato ancora applicazione né sono stati predisposti gli strumenti adatti per far fronte alle responsabilità in essa evidenziate;
immediatamente dopo l'approvazione del citato atto, il Ministero degli affari esteri aveva annunciato alla organizzazione sindacale più rappresentativa del personale direttamente coinvolto, di aver avviato delle trattative con il Ministero dell'economia e delle finanze nonché con l'ufficio centrale di bilancio affinché venisse resa una corretta interpretazione dell'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010 al fine di legittimare l'esclusione della categoria del personale a contratto a legge locale dalla sua applicazione;
stando alle informazioni in possesso dell'interrogante, sarebbe stata predisposta una circolare del Ministero dell'economia e delle finanze recante una interpretazione favorevole nei confronti degli impiegati a contratto a legge locale della citata norma, che attendeva soltanto di essere registrata dalla Corte dei conti, che da indiscrezioni sembrava condividere l'ipotesi di esclusione della stessa categoria di lavoratori dall'applicazione della legge, ipotesi peraltro condivisa, dal dipartimento della funzione pubblica;
in data 30 maggio 2011 il Ministero degli affari esteri avrebbe annunciato la volontà di interpretare il mancato riscontro da parte dei funzionari dell'ufficio centrale di bilancio come un dissenso verso l'ipotesi di escludere dall'applicazione dell'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010 la suindicata categoria di lavoratori;
immediatamente dopo l'accoglimento della risoluzione da parte del Governo, il sindacato più rappresentativo del personale coinvolto ha provveduto a raccogliere tutti i dati nonché i parametri di riferimento sulle retribuzioni erogate dagli altri Paesi nei confronti del proprio personale operante presso le rappresentanze diplomatiche, al fine di predisporre tutte le opportune procedure volte all'adeguamento retributivo - atteso in taluni casi anche da oltre 10 anni - del personale a contratto disciplinato dalla legge locale -:
quali siano le ragioni che impediscono al Ministero degli affari esteri di far fronte all'impegno assunto in Commissione affari esteri alla Camera in data 27 ottobre 2010;
quali iniziative i Ministri interrogati intendano predisporre al fine di chiarire sotto il profilo amministrativo e normativo la questione di cui in premessa.
(4-12154)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da un'inchiesta del quotidiano ecologista Terra del 3 giugno 2011, emerge che

il parco virgiliano di Napoli versa in uno stato di grave degrado;
si tratta di uno dei luoghi più belli che la città possa offrire, riaperto 9 anni fa, il 3 giugno 2002, e costituito da seimila metri quadrati di superficie, attrezzati, a picco sul mare, da dove è possibile godere dell'intera linea di costa di Napoli, e dove si trova la tomba di Giacomo Leopardi;
in particolare, le sue due stupende zone panoramiche - una che affaccia sulla zona Valle dei re e l'altra sull'isolotto di Trentaremi - sono mal transennate da un anno e mezzo, «in attesa di un intervento del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della provincia di Napoli, che hanno la competenza sui costoni dichiarati a rischio dissesto»;
a rendere difficile la gestione da parte della città dei 40 parchi urbani cittadini, secondo l'assessore uscente all'ambiente, Rino Nasti, vi sarebbero i tagli netti dell'attuale Governo ai fondi voluti dall'ex Ministro Pecoraro Scanio inseriti nella finanziaria per il 2008 con la quale si stanziavano 50 milioni di euro all'anno per tre anni per i parchi cittadini delle grandi aree urbane;
quanto ai giardinieri, l'articolo evidenzia un'età elevata, di media 58/59 anni e che stanno andando progressivamente in pensione. Così quelli in servizio sono sempre meno e non vengono rimpiazzati, causa il blocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione -:
se e quali iniziative di competenza il Ministro intenda adottare a tutela del parco virgiliano di Napoli, in particolare per quanto riguarda i costoni dichiarati a rischio dissesto delle due zone che affacciano sulla Valle dei re e sull'isolotto di Trentaremi.
(4-12176)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

ZAZZERA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
Canne della Battaglia è una frazione a pochi chilometri da Barletta (BAT) di grande pregio perché teatro della famosa battaglia del 216 a.C. che vide la vittoria dei cartaginesi sui romani;
il sito archeologico di Canne della Battaglia è ricco di reperti storici, oltre al museo che raccoglie innumerevoli frammenti;
a protezione dell'area nel 1998 è stato costruito un muro di contenimento, che però è crollato nel 2003, dopo soli cinque anni. Conseguentemente le fortificazioni medioevali sono state transennate per motivi di sicurezza, con il risultato che non è più possibile visitare parte dei sito divenuto inaccessibile;
risulta inoltre che la direttrice regionale per i beni culturali, Isabella Lapi, abbia dichiarato che le opere per il parco archeologico, realizzate con i fondi della regione, non sono mai state approvate dalla Soprintendenza territoriale per i beni architettonici e per il paesaggio, pertanto «una parte dell'Antiquarium, dove sono esposti reperti trovati nella cittadella, sarebbe abusivo» (Corriere del Mezzogiorno del 24 aprile 2011);
peraltro «da novembre, a causa del declassamento del sito deciso dal ministero in base al numero di visitatori, è stato chiuso il bookshop e non ci sono più le visite fisse» (Corriere del Mezzogiorno del 24 aprile 2011);
tutto questo ha provocato il disappunto del comitato «Pro Canne della Battaglia», che si occupa della valorizzazione e della difesa del sito, lasciato da quanto risulta, abbandonato a sé stesso;

la stessa Isabella Lapi ha denunciato che «la progressiva riduzione dei finanziamenti sui bilanci ordinari della Sovrintendenza» (soli 75 mila euro per il triennio 2009-2011) ha inciso molto sul sito di Canne -:
quali iniziative di competenza il Ministro intenda assumere al fine di tutelare il sito archeologico di Canne della Battaglia di Barletta ed evitare che presso l'area storica si verifichino danni irreparabili come quelli che hanno colpito Pompei.
(5-04845)

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DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:

SCHIRRU, MARIANI, LAGANÀ FORTUGNO, PES, MOTTA, FADDA e CALVISI. - Al Ministro della difesa, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
rispondendo in Assemblea il 9 luglio 2003 all'interrogazione n. 3-02497, l'allora Ministro per i rapporti con il Parlamento aveva dichiarato che erano «state eseguite bonifiche pubbliche nelle basi (militari sarde) alla presenza dei giornalisti per verificare in maniera scientifica se vi fosse qualche traccia di uranio impoverito e non ne è stata trovata traccia». Nella medesima circostanza il Ministro aveva pure messo in relazione la presenza di malformazioni registratesi nella zona del poligono militare del Salto di Quirra con «una presenza anomala di arsenico e di altri materiali, ad esempio zinco e piombo»;
già nel 2003, l'allora Sottosegretario alla difesa Cicu aveva annunciato l'avvio di una imponente campagna di campionatura nel Poligono del Salto di Quirra per cercare di capire quale sia la causa dell'anomalo ed elevatissimo numero di morti per tumori al sistema linfatico (La Nuova Sardegna, 10 luglio 2003, pagina 9); tali affermazioni erano contenute anche nell'interrogazione a risposta orale n. 3-02515 presentata da Tonino Loddo il 14 luglio 2003 nella seduta n. 339, con cui si chiedeva di sapere quali fossero stati i risultati di altra analoga campionatura eseguita nella base del Salto di Quirra alla presenza del Sottosegretario Cicu, atto a cui però non è seguita alcuna risposta;
in risposta all'interrogazione a risposta in Commissione n. 5-02466 presentata dalla prima firmataria del presente atto l'11 febbraio 2010, seduta n. 282, il Sottosegretario di Stato per la difesa, Giuseppe Cossiga, affermava: «la situazione ambientale del poligono interforze di Salto di Quirra (PISQ) ha, da tempo, particolare evidenza mediatica, in quanto alcuni organi di stampa hanno ricollegato, presumibilmente, il numero di "fenomeni patologici" - riscontrati fra gli animali e gli abitanti delle comunità residenti nelle zone limitrofe - alle esercitazioni militari che vi si tengono periodicamente, ipotizzando i rischi che la struttura militare comporterebbe per il territorio e per la popolazione. In particolare, l'ipotesi della presenza, nell'area adiacente al poligono (frazione di Quirra del comune di Villaputzu) di una maggiore incidenza di tali fenomeni non è stata confermata, a suo tempo, dall'apposita Commissione istituita dalla ASL 8 di Cagliari, che ha indicato che le possibili cause potrebbero essere, invece, ricercate proprio nel passato minerario dell'area. Chiarito questo aspetto, preciso che le attività addestrative all'interno del poligono si svolgono nel pieno rispetto sia della normativa ambientale, sia delle procedure volte a garantire la sicurezza del personale che vi opera»;
da gennaio 2011 è in corso un'inchiesta per omicidio plurimo e danni ambientali aperta dalla procura di Lanusei, dopo che una relazione dei veterinari delle asl di Cagliari e Lanusei ha rilevato un abnorme numero di casi di tumore fra la popolazione e di animali nati malformati. Contestualmente sono cominciate, nel cimitero di Perdasdefogu, le riesumazioni

delle salme di persone decedute - secondo l'ipotesi investigativa - per cause collegate alle sperimentazioni autorizzate negli anni scorsi nel poligono;
nei giorni scorsi il comandante del poligono di Quirra, il generale di brigata aerea Sanzio Bonotto, nominato custode giudiziario del poligono sequestrato su disposizione del gip, Paola Murru, che ha accolto la richiesta del procuratore capo, Domenico Fiordalisi, ha ordinato «il divieto, nell'area terrestre del poligono interforze sperimentale del Salto di Quirra, di ogni attività militare e civile non autorizzata dal Ministero della difesa. È fatto assoluto divieto, altresì, di accesso nell'area terrestre del poligono di qualunque soggetto civile e militare, a eccezione di coloro che debbano svolgere operazioni militari delle Forze armate, quelle commerciali e le operazioni industriali ad esse connesse e autorizzate dal ministero della Difesa». Nella stessa ordinanza, si precisa che la stessa «non si applica, sino alla data del 20 luglio 2011, all'attività agropastorale, così come disposto, per le vie brevi, in data 18 maggio, dall'autorità giudiziaria (Procura della repubblica di Lanusei)». Il documento è stato notificato a tutti i sindaci dei comuni interessati dal sequestro: in particolare, Perdasdefogu, Villaputzu, Villagrande Strisaili, Tertenia;
il 20 maggio 2011 a Cagliari, alla presenza del Sottosegretario alla difesa, Giuseppe Cossiga, è stato presentato il rapporto conclusivo del monitoraggio ambientale su Quirra commissionato dal Ministero della difesa a una commissione di esperti e diviso in diversi lotti di studio. Un tavolo al quale ha partecipato, oltre al presidente della regione e agli assessori dell'agricoltura e della sanità, anche una numerosa rappresentanza delle comunità e delle istituzioni locali, delle associazioni di categoria del mondo agricolo e delle forze sociali;
dalle precedenti considerazioni e dagli atti di sindacato ispettivo richiamati e presentati negli ultimi 10 anni sul Poligono di Quirra, emerge chiaro un problema ambientale non più procrastinabile, a cui si deve rimediare con una urgente bonifica dell'area, che è comunque interessata da residui di munizioni e metalli ferrosi -:
se non ritengano opportuno, alla luce dei recenti sviluppi sulla situazione del Poligono di Quirra, assumere iniziative volte a definire uno stanziamento straordinario per approfondire le indagini ambientali ed epidemiologiche, per avviare le necessarie misure sanitarie e di bonifica, per impiegare imprese e manodopera locale e dare inizio ad una procedura di risarcimento a favore della popolazione e delle aziende colpite.
(5-04843)

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano Il Riformista del 29 maggio 2011, a pagina 5, è stato pubblicato un articolo a firma di Sonia Oranges dal titolo «Militari e candidati nel PdL: a Milano violato il codice per la campagna in divisa»;
nell'articolo si legge «Non l'hanno presa bene i carabinieri di stanza a Milano (e probabilmente nemmeno i finanzieri), vedendosi recapitare ai propri indirizzi di posta elettronica di servizio, la propaganda elettorale dei colleghi candidati del PdL al consiglio comunale meneghino, in aperta violazione del nuovo codice dell'ordinamento militare approvato lo scorso anno, che vieta ai militari "di svolgere propaganda a favore o contro partiti, associazioni, sindacati, organizzazioni politiche o candidati a elezioni politiche e amministrative", e nel caso siano candidati alle elezioni, permette loro di "svolgere liberamente attività politica e di propaganda", ma solamente "al di fuori dell'ambiente militare e in abito civile", tanto che "sono posti in licenza speciale per la

durata della campagna elettorale", per evitare un uso distorto delle forze armate a favore dell'una o dell'altra parte politica. Dettagli che non devono essere parsi rilevanti a quei candidati che si sono tolti la divisa per correre tra le fila del PdL, come Gianni Lastella (867 preferenze), che pure è segretario regionale del Co.Ba.R. Lombardia della Guardia di finanza (l'organo di base di rappresentanza del personale militare), e che lo scorso 10 maggio ha inviato ai suoi colleghi una mail con tanto di "santini" e volantini elettorali allegati. (...) a dar man forte a Lastella ci ha pensato il maresciallo capo Pasquale Di Nardo, del gruppo di Monza, inoltrando a tutto l'indirizzario della struttura, analoga missiva (...) sempre il 10 maggio alla lista chiamata "Squadra Comando", ovvero all'intero indirizzario del Comando dei carabinieri di Milano, con tanto di materiale elettorale in allegato, è stata inoltrata dal luogotenente dell'Arma Giovanni Mola (310 voti), pure lui membro di un organo di rappresentanza (stavolta il Co.Ce.R., che ha carattere nazionale) (...) Una mail giudicata inopportuna da alcuni, se la questione la scorsa settimana è rimbalzata all'attenzione del Co.Ba.R. Lombardia, attraverso una mozione ad hoc in cui si chiede al Comandante dell'Unità di base se sia a conoscenza dei fatti, se ne sia stata informata l'autorità garante ministeriale, se vi sia stata una richiesta in proposito e su quali basi sia stata presa l'eventuale decisione di autorizzare un'iniziativa considerata anomala perché mette in discussione l'imparzialità nelle competizioni politiche delle istituzioni militari. E se l'appartenenza al Co.Ce.R. di Mola lo abbia agevolato, creando di fatto una disparità di trattamento con altri delegati e militari candidati nella Legione Lombardia. (...).»;
gli interroganti hanno sempre sostenuto che chi indossa una divisa deve avere le stesse libertà e diritti degli altri cittadini, ma ci sono degli obblighi per i militari che comportano di dover garantire l'assoluta estraneità del corpo di appartenenza alla competizione elettorale;
esporre il proprio programma politico e cercare consensi rappresenta un naturale e libero esercizio dei diritti costituzionali che devono essere garantiti a chi indossa una divisa al pari di qualsiasi altro cittadino ma quello che preoccupa gli interroganti è il metodo utilizzato e cioè, a quanto risulta, l'invio della loro propaganda elettorale sarebbe avvenuto direttamente agli indirizzi di posta elettronica istituzionale dei militari in forza ai comandi territoriali della Guardia di finanza e dell'Arma dei carabinieri, evidenziando, in tal modo, uno scarso rispetto di quella legalità dell'agire - condizione irrinunciabile per chiunque e a maggior ragione per coloro che indossano una divisa - che ci deve essere sempre e in ogni condizione, perché diversamente potrebbe verificarsi l'uso di apparati dello Stato per fini politici, a favore di questa o di quell'altra parte politica, e ciò non può essere accettabile in un Paese democratico -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa, se i fatti in esso narrati corrispondano al vero e quali immediate azioni intendano intraprendere per verificare la correttezza del comportamento tenuto dai militari e se siano intenzionati a segnalare i fatti eventualmente accertati, ove ve ne siano i presupposti, alle autorità giudiziarie competenti;
quanti siano stati i militari che si sono presentati come candidati alle recenti elezioni amministrative e in quali liste;
quanti dei militari candidati siano anche membri dei consigli della rappresentanza militare, quale sia l'Arma o Corpo armato di appartenenza e quale sia il grado gerarchico rivestito da ciascuno di essi.
(4-12164)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il giorno 4 giugno 2011 sul sito web http://it.peacereporter.net/ è stato pubblicato

un articolo a firma di Maso Notarianni dal titolo «Cristiano Congiu: parla il ragazzo afgano che il carabiniere ha ferito»;
nell'articolo si legge «Una testimonianza e due agenzie a confronto. Rimane da capire cosa ci facesse il carabiniere Congiu nel Panjshir. La testimonianza: "Io ed un mio amico stavamo salendo dal bazar alla montagna con un asino carico di cibo. Il sentiero era stretto e dalla montagna al bazar stavano scendendo il carabiniere italiano e una donna. Quando ci siamo incrociati l'asino ha urtato la donna e ho tentato di spostare l'asino. Immediatamente l'italiano ha tirato fuori la pistola. Quando ho visto l'arma pensavo stesse scherzando... Invece mi ha sparato. Il mio compagno è scappato ed è andato al bazar ad avvisare gli abitanti dell'accaduto. Dopo un po' di tempo sono tornate altre persone che prima hanno picchiato con bastoni e pietre l'italiano, poi gli hanno sparato e se ne sono andati". La testimonianza l'ha resa Mohtaudin, 24 anni, ricoverato e operato di urgenza venerdì 3 giugno all'ospedale di Emergency di Anabah, nella valle del Panjshir, per lesioni di arma da fuoco al fegato e a un rene, che gli è stato asportato. È lui il giovane afgano a cui Cristiano Congiu ha sparato. Numerosi altri testimoni hanno raccontato che l'italiano e la cittadina statunitense erano andati a visitare le miniere di smeraldi della zona di Khinch, nel Panjshir. Queste invece le agenzie uscite oggi. 9.45 Un ufficiale dei carabinieri - il tenente colonnello Cristiano Congiu, 50 anni, di Roma - è stato ucciso con un colpo di arma da fuoco in Afghanistan, dove era in servizio presso l'ambasciata italiana a Kabul come esperto antidroga. Lo apprende l'ANSA da fonti dell'Arma, le quali precisano che si è trattato di un fatto di criminalità comune, da non mettere in relazione alla sua attività. 09.56 Secondo una prima ricostruzione, Congiu - ufficiale della Dcsa, la Direzione centrale dei servizi antidroga, a Kabul dal 2007 - si trovava in una località della valle del Panjshir, nell'Afghanistan nord orientale, insieme a due suoi conoscenti di vecchia data, entrambi civili: un afgano (che aveva anche frequentato l'Accademia militare di Modena, 6 o 7 anni fa) e una donna americana. Durante questo loro viaggio - stando alle informazioni finora apprese da fonti dell'Arma - hanno incrociato un gruppo di afgani. Uno di questi, un giovane, per motivi ancora imprecisati avrebbe afferrato la donna, sbattendola violentemente contro un muro. Il tenente colonnello Congiu ha interpretato questo atto come un'aggressione nei loro confronti e ha fatto fuoco con la sua pistola, ferendo lievemente al fianco il ragazzo. Gli altri afgani sono scappati e lo stesso militare dell'Arma ha prestato le prime cure al giovane: stava per caricarlo in auto e trasportarlo in ospedale, quando i compagni del ragazzo ferito sono tornati, questa volta insieme ad altri uomini armati. Questi, da lontano, hanno sparato tre colpi di kalashnikov, uno dei quali ha centrato alla testa Congiu, che è morto sul colpo. La donna americana e l'afgano sono riusciti a raggiungere la loro vettura e a scappare. Al primo posto di polizia afgano, a circa un chilometro, hanno denunciato l'episodio. Le forze di sicurezza locali si sono recate sul posto ed hanno recuperato il corpo dell'ufficiale. Durante successive ricerche è stato individuato il ragazzo ferito, che è stato arrestato. 12.23 Un cittadino americano che si trovava nella provincia centrale afgana del Panjshir per turismo è stato ucciso oggi a bastonate durante una dura lite con alcuni abitanti del distretto di Khanj. Lo ha riferito l'agenzia di stampa Pajhwok. Atta Mohammad Amiri, responsabile del consiglio provinciale, ha indicato all'agenzia che l'americano stava visitando la Valle di Mokni insieme ad una donna che, in un confuso incidente con un afgano che guidava un carretto tirato da un asino, è caduta e ha rischiato di finire in una scarpata. Mentre il carrettiere cercava di salvare la donna, ha ancora detto Amiri, il cittadino americano ha estratto un arma e lo ha ferito. A questo punto un gruppo di abitanti della zona che avevano assistito all'incidente, ha sostenuto un testimone oculare, Mohammad Musa, hanno assalito l'uomo uccidendolo

a colpi di bastone e di pietre. Il capo della polizia provinciale, generale Qasim Jangalbagh, non ha rivelato l'identità della vittima, limitandosi a segnalare che non si trattava di un militare e che cinque persone sono state arrestate con l'accusa di omicidio. Rimane da capire, e qualcuno dovrebbe chiederlo formalmente al nostro ministro della Difesa, cosa ci facesse un Carabiniere italiano, armato, in compagnia di una cittadina statunitense in visita alle miniere di smeraldi della zona di Khinch, a oltre cinque ore di macchina da Kabul» -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dell'articolo in premessa e se i fatti in esso narrati corrispondano al vero;
per quali motivi il tenente colonnello Cristiano Congiu si trovasse in visita alle miniere di smeraldi della zona di Khinch, se vi si trovasse per ragioni del suo servizio e nel caso quali fossero gli ordini ricevuti e quali compiti stesse assolvendo.
(4-12193)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
dalla consultazione della rassegna stampa dell'Aeronautica militare di martedì 31 maggio 2011 è possibile apprendere che sul quotidiano Corriere del Trentino e sul quotidiano Adige edizione del giorno 31 maggio 2011 sono pubblicati articoli dai titoli «Patologia ignorata, causa al TAR» e «Botte al teleposto meteo dell'aeronautica al Rolle» con i quali gli autori offrono una sintetica ma efficace ricostruzione dei fatti avvenuti all'interno della struttura militare che in sintesi si possono riassumere: un maresciallo appartenente a detto Teleposto aggredisce un collega in servizio, durante il servizio e per motivi di servizio. L'aggressore viene condannato in primo grado dal Tribunale Militare di Verona. L'aggredito chiede il riconoscimento di dipendenza da causa di servizio delle infermità conseguenti e connesse. Trascorso oltre un anno dalla proposizione dell'istanza di riconoscimento di dipendenza da causa di servizio dell'infermità sofferta, il Maresciallo aggredito non è stato nemmeno chiamato alla dovuta e prevista visita medico legale presso la competente Commissione medico legale competente di Padova. Per tale ragione, vista l'illegittima inerzia è costretto ad impugnare il silenzio mantenuto dall'Amministrazione con ricorso dinnanzi al tribunale amministrativo regionale competente del Trentino Alto Adige sede di Trento;
il Tribunale amministrativo, in data 30 Maggio 2011 con sentenza n. 165 ha condannato l'Aeronautica Militare per l'illegittimo silenzio ed ha disposto l'obbligo di concludere il procedimento amministrativo con l'assunzione del provvedimento espresso dovuto entro 90 giorni. Si legge nella sentenza che qualora perdurasse il silenzio oltre il termine indicato il Tribunale «(...) adotterà tutti i provvedimenti di competenza, non esclusa la circostanziata segnalazione alle competenti Autorità Giudiziarie penale e contabile (...).». Nel dispositivo della sentenza si legge, ancora, che il Tribunale «(...) Condanna l'Amministrazione della Difesa al pagamento, a favore del ricorrente, delle spese di giudizio che liquida nella complessiva somma di euro 3.000 (tremila), oltre a I.V.A. e C.N.P.A. ed al 12,5 per cento sull'importo dei diritti e degli onorari a titolo di spese generali (...).» Da quanto si evince dagli articoli pubblicati e dalla lettura della sentenza emessa emerge che il comportamento dell'Amministrazione militare è stato ritenuto illegittimo dato che ha violato le disposizioni del Decreto del Presidente della Repubblica n. 461 del 2001 omettendo anche di tutelare il proprio dipendente;
ad avviso degli interroganti il quadro complessivo del comportamento mantenuto dal Ministero della difesa è causa diretta della condanna subita dall'Amministrazione militare per le omissioni perpetrate

da parte di autorità militari direttamente responsabili sia amministrativamente, sia disciplinarmente -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda in premessa;
se ritenga di assumere informazioni dettagliate in merito ai fatti accaduti ed in merito alle omissioni che hanno portato alla condanna del Dicastero e se ritenga di prendere provvedimenti ritenuti più opportuni, anche disciplinari, nei confronti dei responsabili delle omissioni compiute, affinché altri militari non si trovino nelle stesse condizioni del maresciallo aggredito ed affinché l'Amministrazione non debba più soccombere in giudizio per omissioni proprie e, nel caso, come intenda intervenire;
se ritenga opportuno agire nei confronti dei responsabili così individuati per tutti i danni economici conseguenti alla condanna emessa dal tribunale, data la contingente difficoltà e ristrettezza economica dei bilanci e disponibilità dei capitoli di spesa;
se sia a conoscenza di casi analoghi ove sia stata omessa la conclusione del procedimento di riconoscimento di dipendenza da causa di servizio e quanti essi siano, indicando le somme economiche a cui è stato eventualmente condannato il Ministero e le ragioni della condanna, ed ancora se ritenga di ripetere dette somme nei confronti dei responsabili di eventuali omissioni che hanno legittimato la condanna, a tutela dell'erario dello Stato ed in ossequio alle determinazioni di responsabilizzazione dirigenziale del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione;
se siano stati adottati, nei confronti del maresciallo aggressore, tutti i provvedimenti necessari e previsti dall'ordinamento vigente, quali essi siano, ed ove rilevate omissioni da parte delle autorità preposte, come intenda intervenire nei confronti dei responsabili;
se sia intenzionato, considerato quanto già rappresentato dagli interroganti con l'atto di sindacato ispettivo n. 4-11945 in data 17 maggio 2011, a porre in essere tutte le azioni necessarie a garantire il corretto funzionamento di tutti gli organismi a lui subordinati competenti nel procedimento di riconoscimento delle istanze di dipendenza da cause di servizio delle patologie sofferte dai militari.
(4-12196)

...

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta orale:

ANNA TERESA FORMISANO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto si evince anche da dichiarazioni del presidente della provincia di Frosinone, Antonello Iannarilli, il taglio di posti di lavoro al corpo docente in dotazione alle scuole di ogni ordine e grado nella provincia di Frosinone è eccessivo rispetto alle normative vigenti e costituisce una vera e propria ingiustizia ai danni della scuola e del personale in essa impiegato;
dai dati riportati sugli organi di stampa emerge che il taglio di posti di lavoro per i docenti della provincia di Frosinone, supera di gran lunga le esigenze dovute al minor numero di iscrizioni. Nell'anno 2011/2012, la popolazione scolastica provinciale ammonta, secondo i dati registrati a circa 70.575 unità suddivise tra i vari gradi di istruzione;
il dato numerico degli allievi per l'anno scolastico 2011/2012, valevole per la determinazione dell'«organico di diritto» risulta essere inferiore di circa 381 unità rispetto a quello dell'anno scolastico 2010/2011, con conseguente determinazione di una differenza tra gli organici di fatto dei due anni scolastici di riferimento oltremodo esigua;

sulla base della risultanza del rapporto tra le circa 381 unità di alunni iscritti in meno per l'anno scolastico 2011/2012 ed il numero medio di alunni per classi pari a circa 25 unità avrebbe dovuto essere previsto un taglio alle consistenze organiche destinate al territorio provinciale non superiore alle 15 unità. Sono stati soppressi, invece, 370 posti;
come già evidenziato dalla interrogante in Assemblea in occasione della discussione sulla «riforma Gelmini» e sul provvedimento recante disposizioni urgenti per garantire la continuità del servizio scolastico ed educativo per l'anno 2009-2010 decreto-legge n. 134 del 2009 nella seduta del 20 ottobre 2009, era evidente che questo tipo di riforma avrebbe prodotto inevitabili tagli di posti di lavoro nel settore della scuola e in più occasioni i Ministri interrogati risposero che sarebbero serviti a migliorare la qualità della scuola italiana -:
quali urgenti ed inderogabili misure i Ministri interrogati intendano attuare, alla luce di quanto riportato in premessa, per porre rimedio a quella che appare, a giudizio dell'interrogante, un'ingiustizia ai danni del corpo docente e indirettamente ai danni degli studenti della provincia di Frosinone.
(3-01686)

RAISI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nei mesi di giugno e ottobre 2010 le verifiche dell'Agenzia delle entrate e della Guardia di finanza hanno accertato maggiori imponibili ai fini IRES e IRAP per 134,3 milioni di euro, per gli anni 2005 e 2006 per Mediolanum vita e per il 2005 per Banca Mediolanum. Queste società sono controllate dalla Mediolanum spa, società quotata alla Borsa di Milano, di cui il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, detiene indirettamente, attraverso la Finivest, il 35 per cento del capitale azionario;
a dicembre 2010 sono stati notificati due avvisi di accertamento a Mediolanum Vita, per il periodo d'imposta 2005, con la contestazione di maggiori imponibili per 47,9 milioni di euro;
a seguito di queste notifiche la Compagnia ha presentato istanza di accertamento con adesione;
nel febbraio 2011 sono stati emessi ulteriori processi di constatazione a carico di Banca Mediolanum, per complessivi 121,4 milioni di euro di maggiori imponibili IRES e IRAP per il periodo dal 2006 al 2009, e con un avviso di accertamento ai fini iva e sanzioni per complessivi 64 milioni di euro per la mancata regolarizzazione dell'iva sulle provvigioni indirette ai promotori;
le diverse contestazioni dell'Agenzia delle entrate e della Guardia di finanza attengono:
a) per l'IRES e l'IRAP, alla scelta elusiva, che risale al 1998, di trasformare la Mediolanum International funds - società del Gruppo Mediolanum - nella mera cassaforte del risparmio raccolto in Italia, di modo che i profitti di gestione maturati sui fondi comuni di investimento e sulle polizze vita fossero tassati alla fonte dall'erario irlandese al 12.5 per cento;
b) per l'IVA ad una interpretazione del Gruppo Mediolanum in merito alle modalità di corresponsione delle provvigioni indirette ai promotori;
nell'ultimo decennio il tax rate del Gruppo Mediolanum a livello consolidato non ha mai superato il 20 per cento, risultando nettamente inferiore a quello degli altri grandi gruppi finanziari e bancari italiani;
il Gruppo Mediolanum ha di fatto «girato» gran parte della sua capacità contributiva al fisco irlandese, privandone lo Stato italiano, sebbene solo dall'Italia

attinga il risparmio che determina i suoi risultati economici e la ricchezza dei suoi azionisti -:
a quanto ammontino, sulla base delle verifiche e delle contestazioni dell'Agenzia delle entrate e della Guardia di finanza, le imposte comprensive di sanzioni e interessi, che le diverse società del Gruppo Mediolanum accertate e sanzionate sono state chiamate a rifondere allo Stato italiano dal 1998 ad oggi e se risultino i motivi per cui, per una lunga parte dell'ultimo decennio, non sia stata disposta alcuna verifica in merito alle scelte ad avviso dell'interrogante potenzialmente elusive che Mediolanum ha compiuto dal 1998, e di cui vi è da tempo evidente traccia nel tax rate consolidato inferiore al tax rate medio del settore finanziario.
(3-01688)

Interrogazioni a risposta scritta:

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il comando generale della Guardia di finanza ha fornito, con propria circolare, le indicazioni operative ai reparti territoriali sulle nuove modalità dei controlli definite dal decreto sviluppo (decreto-legge n. 70 del 2011). L'articolo 7 del provvedimento normativo stabilisce, tra l'altro, che i controlli nelle aziende che occupano meno di 250 persone e con un fatturato annuo inferiore ai 50 milioni devono avvenire senza duplicazioni e non si devono ripetere per periodi di tempo inferiori ai sei mesi;
inoltre vengono prefissati appositi limiti di durata in base all'effettiva presenza presso la sede del contribuente;
la circolare della Guardia di finanza precisa però che bisognerà attendere il decreto attuativo affinché le nuove norme possano trovare applicazione -:
se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, quali iniziative urgenti intenda assumere per garantire la rapida emanazione del decreto attuativo al fine di garantire il rispetto del principio dello stato di diritto.
(4-12183)

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
fonti di stampa hanno propalato la notizia in base alla quale sarebbe allo studio dell'Agenzia delle entrate la possibilità di inviare, prima della trasmissione delle dichiarazioni dei redditi e prima dei versamenti delle imposte di giugno, una comunicazione ai contribuenti che negli anni scorsi hanno mostrato una capacità di spesa eccessiva rispetto a quanto dichiarato al fisco;
in queste lettere l'amministrazione avviserebbe il contribuente di aver notato l'anomalia, tenendo conto della possibilità del ravvedimento, ammessa per il primo anno d'imposta di applicazione del redditometro e del nuovo accertamento sintetico -:
se i fatti riportati in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, quale sarà il periodo temporale di riferimento per valutare l'opportunità o meno di avvisare il potenziale evasore fiscale che sulla base delle indicazioni desunte dal redditometro si presume abbia capacità di spesa superiori rispetto al reddito percepito dichiarato al fisco.
(4-12184)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
al maresciallo ordinario del Corpo della guardia di finanza, Vincenzo Marchese, sono stati notificati gli atti del comando gruppo Giugliano in Campania

nr. 0271117/11 del 16 maggio 2011 e del reparto tecnico amministrativo Campania nr. 0262319/11 dell'11 maggio 2011;
con tali atti è stato comunicato che il militare è stato posto in congedo per infermità a decorrere dal 4 novembre 2010 e per tale motivo a decorrere dal mese di maggio 2011 l'amministrazione militare ha cessato di corrispondere le competenze mensili -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda in premessa;
quando e con quale atto il militare in premessa sia stato giudicato permanentemente non idoneo ai servizi di istituto, con quale motivazione e se sia stato valutato idoneo al transito nei ruoli civili della medesima amministrazione di appartenenza e se abbia presentato domanda per il passaggio nei ruoli civili a chi e quando.
(4-12185)

...

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:

PAGLIA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria (Osapp) ha più volte evidenziato le gravi e preoccupanti condizioni in cui versa il sistema penitenziario italiano;
in una lettera inviata al Presidente del Consiglio, il segretario generale dell'Osapp ha sottolineato che i debiti accumulati negli ultimi tre anni dagli enti centrali e periferici del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ammontano ad oltre 130 milioni di euro (tra canoni, affitti e spese di gestione);
tali debiti - come risulta dalla missiva - «riguardano situazioni anche di notevole allarme quali quelle riguardanti le spese per i servizi di missione e di traduzione dei detenuti da parte del personale di polizia penitenziaria o i canoni di acqua, luce e gas necessarie all'erogazione dei servizi nelle celle detentive e negli alloggi del personale» e i fondi per il pagamento del vitto ai detenuti termineranno non oltre il prossimo mese di settembre, tant'è che già adesso una notevole quantità di generi destinati ai detenuti è a carico delle associazioni di volontariato;
i debiti relativi ai citati servizi di missione ammontano a circa 6,7 milioni di euro, pari ad oltre il 70 per cento di una disponibilità di bilancio che, per l'anno in corso, non eccede i 9,3 milioni di euro e che, quindi, sarebbe già del tutto esaurita, con la conseguenza che il personale del Corpo continua a svolgere tali servizi a proprie spese, giungendo, in alcuni casi, persino ad anticipare le somme necessarie per l'acquisto dei titoli di viaggio dei detenuti;
per la sola regione Campania, la somma complessiva ancora da retribuire agli appartenenti alla polizia penitenziaria per i servizi di «traduzione» ammonta a 1,4 milioni di euro, di cui 250 mila euro per i 99 componenti del nucleo traduzioni di stanza presso la casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere e 800 mila euro nei confronti dei 450 componenti del nucleo traduzioni del centro penitenziario di Napoli-Secondigliano;
la carenza dei fondi è talmente grave che, oltre a rendere praticamente impossibile ogni iniziativa di aggiornamento e di formazione professionale per gli addetti del Corpo, ha indotto - ad avviso dell'interrogante - l'amministrazione penitenziaria centrale a sospendere sine die qualsiasi nuovo concorso interno per l'accesso ai ruoli di sovrintendente e di ispettore, nonostante le legittime aspettative di progressione in carriera del personale, e a rallentare le procedure relative ai concorsi già in atto da anni, rispettivamente per 271 e 630 posti di vice-ispettore -:
quali misure intenda adottare al fine di assicurare al personale di polizia penitenziaria la retribuzione delle somme anticipate

e non ancora restituite nonché l'attivazione di adeguate attività di formazione e aggiornamento professionale e se non ritenga opportuno assumere tempestivamente iniziative per attuare serie ed efficaci riforme strutturali del «sistema giustizia» nel suo complesso e nello specifico - tenuto conto dell'esiguità delle disponibilità attuali - integrare le risorse economiche destinate all'amministrazione penitenziaria per evitare il collasso del sistema carcerario italiano.
(3-01687)

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 22 maggio 2011 la prima firmataria del presente atto si è recata in visita ispettiva presso la casa di reclusione di Noto (Siragusa), accompagnata da Luigi Pappalardo e Gianmarco Ciccarelli, responsabili dell'Associazione Radicali Catania;
la struttura, un ex convento del XVII secolo, è ubicata nel cuore del centro storico;
la delegazione, ricevuta e accompagnata nel corso della visita dall'ispettore di polizia penitenziaria Celeste e dall'assistente capo Gambuzza, ha constatato la seguente situazione: l'istituto si compone di una parte vecchia, in condizioni fatiscenti, e di un'ala recentemente ristrutturata, aperta nel 2009, in cui sono ospitati i detenuti, in condizioni strutturali buone;
il carcere è sovraffollato: a fronte di una capienza regolamentare di 186 posti, sono presenti 256 detenuti; i detenuti stranieri sono circa 60, soprattutto sfollati da carceri del nord Italia (e in particolare da istituti di Milano); gli stranieri scarcerati in conseguenza della decisione della Corte di giustizia dell'Unione europea (sulla illegittimità della detenzione in carcere per il reato di clandestinità) sono circa 25;
il numero degli agenti di polizia penitenziaria è gravemente sottodimensionato: «siamo soltanto una cinquantina, dovremmo essere molti di più», affermano gli agenti; secondo la pianta organica gli agenti dovrebbero essere 169; questa carenza di organico così marcata si ripercuote sulla vita dei detenuti e determina condizioni di stress insopportabile per gli agenti, che denunciano: «siamo troppo pochi, facciamo turni massacranti, noi dalle istituzioni siamo stati dimenticati»; la carenza di agenti, inoltre, comporta seri rischi per la sicurezza della struttura; il carcere non è dotato del muro di cinta e le postazioni di vigilanza esterne (le cosiddette «garitte») non sono presidiate: «non riusciamo a garantire la vigilanza nelle garitte esterne, ma qui le sentinelle fuori sono fondamentali perché il carcere si affaccia sulla piazza e spesso i parenti riescono a colloquiare con i detenuti attraverso le finestre, c'è il rischio che riescano a fare passare perfino sostanze stupefacenti», spiega un agente;
alle finestre che si affacciano sull'esterno sono applicati pannelli in plexiglass («gelosie») e oltre alle sbarre sono presenti reti metalliche a maglia stretta: l'ingresso di luce naturale e la circolazione di aria risultano, pertanto, fortemente ridotti;
le ore d'aria di cui possono usufruire i detenuti sono quattro, 2 al mattino e 2 al pomeriggio; per un'ora e mezza, dalle 16.30 alle 18, è consentita la permanenza in una stanza per la socialità, dotata di televisione, in cui i detenuti vengono chiusi a chiave;
i detenuti che lavorano sono 124, poco meno della metà della popolazione detenuta; le officine per le lavorazioni, dove i detenuti lavorano come falegnami, fabbri, tessitori e sarti, sono ubicate nella parte vecchia della struttura; nelle sale per la lavorazione del legno, ampie e attrezzate con macchinari, lavorano circa 25 detenuti; in quest'ala si trovano anche le aule in cui si svolgono i corsi di scuola elementare e media e la sala per le perquisizioni;

oltre alle attività di lavoro, sono attivi diversi corsi (elettricisti, alberghiero, informatica, restauro);
l'ala ristrutturata del carcere si articola in 6 sezioni, dislocate su 3 piani (2 sezioni per ciascun piano); i detenuti, generalmente in 3 per ogni cella, dormono in un letto a castello a 3 piani; le docce sono all'interno della cella e l'erogazione dell'acqua calda è assicurata, secondo quanto riferiscono i detenuti;
la prima sezione del piano terra ospita 41 detenuti; alcuni di loro lamentano l'assenza di lavoro: «questa è una casa di reclusione, qui dovremmo lavorare tutti»; altri lamentano il fatto che il costo di alcuni beni del sopravitto sia superiore al prezzo di mercato («un pacco di pasta da 1 chilo ce la fanno pagare 1,65 euro»); molti lamentano l'assenza del magistrato di sorveglianza: «io non l'ho visto mai», afferma un detenuto; un altro detenuto dice di aver presentato istanza al magistrato di sorveglianza nei primi giorni di marzo, per scontare il residuo della pena agli arresti domiciliari in base alla legge 199 del 2010, ma di non aver ancora ricevuto alcuna risposta; un detenuto tunisino residente a Brescia sottolinea il problema dell'assenza di lavoro e aggiunge: «io non ho i soldi nemmeno per comprare i vestiti e le sigarette; ho bisogno di lavorare perché dalla Tunisia ci sono difficoltà per fare arrivare un vaglia»; «per lavorare viene fatta una graduatoria, ma si aspetta anche più di 7 mesi», segnala un detenuto;
gli educatori presenti nella casa di reclusione di Noto sono 2; molti detenuti sottolineano la carenza di queste figure: «gli educatori? E chi li ha visti mai?», dice un detenuto; un altro afferma: «io in 9 mesi che sono qua li ho visti una volta sola»;
la delegazione visita anche le sezioni del 2o piano e l'infermeria ubicata al 3o piano; l'assistenza sanitaria è assicurata da 4 medici che coprono, dal lunedì al venerdì, la fascia oraria dalle 10 alle 18, e da 4 infermieri (2 effettivi e 2 a parcella); il medico di guardia, dottor Paolo Teodoro, riferisce di una situazione «tutto sommato positiva: mancherebbe l'h24, ma posso dire che la situazione sotto il profilo sanitario è tranquilla»; anche i detenuti confermano che l'assistenza sanitaria è buona -:
quali iniziative intenda assumere per far rientrare la casa di reclusione di Noto nella dimensione regolamentare dei posti previsti;
quali urgenti provvedimenti intenda adottare per colmare il gravissimo deficit di organico di polizia penitenziaria;
quali iniziative intenda assumere per incrementare il numero degli educatori;
se ed in che modo si intendano potenziare le attività trattamentali, in particolare quelle lavorative, scolastiche e di formazione;
quali iniziative di propria competenza intenda assumere in relazione alle criticità rappresentate in premessa, con riferimento al ruolo della magistratura di sorveglianza;
in che modo intenda operare per ripristinare il principio della territorializzazione dell'esecuzione della pena evitando, oltre ai costosissimi sfollamenti dalle carceri di altre regioni prevalentemente del Centro-nord, la rottura dei legami affettivi dei detenuti con i loro familiari più stretti, in molti casi anche figli minori.
(4-12172)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 22 maggio 2011 la prima firmataria del presente atto si è recata in visita ispettiva presso la casa circondariale di Siracusa, accompagnata da Luigi Pappalardo e Gianmarco Ciccarelli, responsabili dell'Associazione «Radicali Catania»;

l'istituto, costruito nel 1997, sorge in una zona periferica della città (contrada Cavadonna); le condizioni della struttura sono buone;
la delegazione, ricevuta e accompagnata nel corso della visita dall'ispettore di polizia penitenziaria Antonino Landogna, ha constatato la seguente situazione: il carcere è gravemente sovraffollato; a fronte di una capienza regolamentare di 309 posti, sono presenti 575 detenuti, di cui 247 scontano una condanna definitiva, mentre 328 sono in attesa di giudizio (72 imputati in attesa di primo giudizio, 74 appellati, 62 ricorrenti); l'istituto ospita detenuti comuni in media sicurezza, detenuti in regime di alta sicurezza e detenuti «protetti» (sex offender ed ex appartenenti a forze di polizia); la struttura è suddivisa in 4 reparti: accettazione (20 detenuti), blocco 10 (28 detenuti), blocco 25 (142 detenuti), blocco 50 (385 detenuti);
i detenuti stranieri sono circa 120, quasi tutti provenienti da istituti del Nord Italia; «a volte arrivano interi pullman di detenuti stranieri sfollati da carceri del nord, soprattutto da Milano», riferiscono gli agenti, che aggiungono: «con tutti questi immigrati sfollati dal nord per noi è un problema, perché poi dobbiamo fare le traduzioni per accompagnarli alle udienze»;
il carcere ospita esclusivamente detenuti di sesso maschile; il padiglione femminile, presente all'interno della struttura, non è mai stato aperto per carenza di personale di polizia penitenziaria («è pronto, ci sono perfino le brande», riferiscono gli agenti);
la carenza di personale di polizia penitenziaria è una delle maggiori criticità; la pianta organica prevede 315 agenti, quelli in servizio sono 160, di cui però 27 sono distaccati e 3 in missione; inoltre 18 agenti sono in aspettativa elettorale e altri 6 agenti sono ormai prossimi alla pensione; la circostanza che l'organico di polizia penitenziaria sia così gravemente sottodimensionato determina condizioni di stress intollerabile per gli agenti: «ogni volta che si verifica un'emergenza, dobbiamo inventarci il modo per risolverla; così non riusciamo ad andare avanti, ma nessuno sembra capirlo», sottolinea l'ispettore Landogna; «il nostro carico di lavoro è troppo elevato, e anche per andare in bagno a volte è un problema, perché non c'è nessun collega che può sostituirti», denuncia un agente; la carenza di agenti determina gravi rischi per la sicurezza dell'istituto; «noi siamo pochi e anziani, mentre loro (i detenuti) sono molti e giovani» dice un agente; «quando apriamo una cella con 12 detenuti e noi in quel piano siamo in poche unità, andiamo realmente incontro a gravi pericoli», sottolinea un altro agente; le postazioni di guardia ubicate nelle mura perimetrali (le cosiddette «garitte») non sono presidiate, e il sistema di videosorveglianza non è funzionante; la carenza di personale di polizia penitenziaria si ripercuote in modo diretto anche sulle condizioni di vita dei detenuti, e in modo particolare sul loro diritto alla salute: spesso accade che i detenuti non possano effettuare le visite specialistiche prenotate in strutture ospedaliere esterne perché mancano gli agenti, o i mezzi, per effettuare le traduzioni;
i detenuti che lavorano sono circa 40, un numero inferiore al 10 per cento della popolazione detenuta; alcune unità sono impiegate in un panificio/biscottificio gestito da una cooperativa esterna; la maggior parte dei detenuti, invece, lavora alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria con mansioni di giardiniere, lavorante in cucina, portavitto, lavorante in lavanderia, scopino; le ore d'aria in cui i detenuti possono uscire dalla cella sono 4, due al mattino e due al pomeriggio; sono attivi corsi di scuola elementare, media e tecnico-agrario; inoltre, sono attivi corsi di laboratorio letterario, di raccolta differenziata e di training autogeno; i detenuti coinvolti in attività scolastiche e altri corsi sono circa 70; per tutti gli altri, nessuna attività; dopo l'assegnazione, quest'anno, di 4 nuovi educatori, sono presenti 5 educatori (di cui 2, però, sono in maternità);

per quanto riguarda l'assistenza sanitaria, sono presenti 1 medico e un infermiere h24; gli infermieri sono 10, di cui 3 dipendenti del Ministero e 7 parcellisti; un'infermiera parcellista denuncia: «non ce la facciamo più; gli infermieri ministeriali non ci stanno mai, sono sempre in malattia, a noi invece ci pagano a ore»; un defibrillatore è presente in ogni piano dell'istituto, «ma dovrebbero farci i corsi per come utilizzarlo», sottolinea l'infermiera; i detenuti con problemi di tossicodipendenza sono circa 65; sono molti i detenuti affetti da patologie di tipo psichiatrico;
nella sala colloqui è ancora presente il muretto divisorio; il carcere di Siracusa, malgrado vi siano ampi spazi esterni di verde, non è dotato di un'apposita area per il colloquio dei detenuti con i familiari minorenni;
il reparto accettazione, ubicato al piano terra, dovrebbe essere destinato ad ospitare i nuovi giunti in attesa della definitiva assegnazione in altri reparti; in realtà la permanenza in questo reparto spesso si prolunga fino a periodi di tempo molto lunghi; le celle non sono dotate di televisione; le docce sono all'interno della cella ma da circa un mese, a causa di un guasto alla caldaia, non c'è l'acqua calda: i detenuti, quando è possibile, vengono accompagnati in un altro reparto per fare la doccia, con ulteriore aggravio di lavoro per i pochi agenti presenti;
nella cella n. 1 è presente un detenuto italiano condotto in carcere poche ore prima; nella cella n. 3 è ristretto un detenuto in regime di alta sicurezza; questo reparto, secondo quanto riferito, ospita anche 2 detenuti in regime di semilibertà;
le altre celle del reparto accettazione ospitano detenuti di nazionalità egiziana che si trovano in questi ambienti detentivi dal 23 aprile 2011 e sono completamente indigenti: indossano i vecchi pigiami a strisce forniti dall'amministrazione penitenziaria e alcuni di loro non hanno nemmeno un paio di scarpe o di ciabatte; tentano di comunicare con la delegazione in visita ma non è possibile comprendere ciò che dicono, dato che parlano soltanto l'arabo; nel carcere di Siracusa non c'è un intermediatore culturale e nessun'altra figura in grado di parlare o quantomeno di comprendere la lingua araba; lo stato di sofferenza di questi detenuti stranieri, dovuto alle condizioni di estrema povertà e alla impossibilità di comunicare, appare evidente; secondo quanto riferito dagli agenti, l'unica persona all'interno del carcere in grado di parlare l'italiano e l'arabo è un detenuto lavorante ristretto in un'altra sezione;
nella cella n. 2 sono presenti 3 detenuti egiziani; 2 di loro dormono in un letto a castello, mentre 1 è costretto a dormire per terra; la cella n. 4 ospita 2 detenuti egiziani, così come la cella n. 6; nella cella n. 7 sono ristretti 3 detenuti egiziani, cosi come nelle celle n. 8 e n. 9;
la sezione blocco 50 è il reparto in cui l'emergenza del sovraffollamento si manifesta in modo più drammatico; il numero dei detenuti ospitati in questo reparto è superiore alla capienza regolamentare dell'intero istituto di pena; nel blocco 50 infatti sono ristretti 385 detenuti: 146 al primo piano (detenuti comuni), 140 al secondo piano (detenuti comuni); 99 al terzo piano (detenuti «protetti»); a causa della carenza di personale di polizia penitenziaria, ogni piano è presidiato da 1 solo agente: «uno di noi deve tenere a bada 150 detenuti, ma questo non è umanamente possibile, ve ne rendete conto?» si sfoga un agente;
nella cella n. 2 sono ristretti 11 detenuti in circa 25 metri quadrati: siamo ben al di sotto di 3 metri quadri di spazio per detenuto; «e in questa cella siamo stati anche in 13», riferiscono i detenuti; sono presenti tre letti a castello a 3 piani e un letto a 2 piani; le condizioni strutturali della cella sono buone, fatta eccezione per il vano doccia che si presenta in condizioni fatiscenti; l'acqua calda è erogata soltanto per un'ora al giorno; «con un'ora soltanto di acqua calda, in 11 persone, l'ultimo fa sempre la doccia

fredda; e dobbiamo essere veloci, altrimenti anche il penultimo!», dice un detenuto;
P.G. dichiara di non fare colloqui da circa 4 anni: «la mia famiglia vive a Rapolla (Potenza), ho i genitori anziani, sono detenuto dal 2003 e negli ultimi 5 anni sono sempre stato in carceri lontane dal mio paese; ho chiesto un avvicinamento, perché non mi viene accordato?»;
nella cella n. 1 sono ristrette 10 persone in circa 25 metri quadrati; pure i detenuti di questa cella raccontano di essere stati, recentemente, anche in 13;
R.G. è un detenuto che lavora in lavanderia e fa il volontario in biblioteca; lamenta il fatto che il magistrato di sorveglianza si ostini a rigettare le sue reiterate istanze volte ad ottenere un permesso-premio, nonostante la relazione di sintesi predisposta dagli operatori del carcere sia stata redatta nello scorso ottobre con valutazione positiva; «perché il magistrato di sorveglianza rigetta se il carcere ha dato parere favorevole?», si chiede, e aggiunge: «ho la sensazione che il magistrato di sorveglianza si limiti a rigettare senza esaminare in modo approfondito la situazione; ho 5 rigetti tutti uguali, sembrano fotocopiati, cambiano solo le date; in questi rigetti c'è scritto che "non appare ancora maturo il percorso di consapevolezza del condannato", ma quelli del carcere sanno come mi comporto, io sono effettivo in lavanderia e inoltre faccio il volontario in biblioteca, e infatti mi hanno dato parere positivo»; e conclude: «allora così il reinserimento è solo sulla carta!»;
nella cella n. 4 sono ristretti 11 detenuti; «non abbiamo nemmeno lo spazio per muoverci», sottolineano; lamentano anche loro il fatto che l'acqua calda sia disponibile soltanto per un'ora al giorno: «la caldaia viene azionata soltanto per un'ora al giorno perché dicono che mancano i fondi, ma così qualcuno di noi deve farsi la doccia con l'acqua fredda, vi sembra giusto?»;
la cella n. 3 ospita 11 detenuti stranieri: 7 tunisini, 1 egiziano, 1 algerino, 1 marocchino e 1 del Bangladesh; sono tutti provenienti da istituti del Centro e del Nord Italia;
S.M. 35 anni, tunisino, è stato sfollato dal carcere di Torino e si trova a Siracusa Cavadonna da 7 mesi; S.M. si avvicina alle sbarre con il supporto di una stampella e afferma di avere seri problemi ai piedi e di non ricevere adeguata assistenza: «c'ho un ferro in un piede e l'altro piede è fratturato, dovrei operarmi con urgenza; prima di essere trasferito qui, sono stato al centro clinico del carcere di Messina, dove non mi hanno fatto mai nemmeno una visita; da quando sono qua, mi hanno chiamato 4 volte per andare in un ospedale, ma 3 visite sono state annullate perché non c'erano gli agenti per accompagnarmi e così sono andato soltanto una volta per fare i raggi; lo specialista mi ha detto che dovrei operarmi e che dovrei avere due stampelle, ma purtroppo ne ho una sola»; e aggiunge: «mia moglie e mio figlio di 2 anni vivono a Torino; dallo scorso novembre chiedo di poter essere trasferito al centro clinico di Milano o di Torino: da quando sono qui non ho mai fatto un colloquio, né con la mia famiglia, che non ha i soldi per venirmi a trovare, né con l'avvocato, che è a Torino; non riesco a camminare e se posso fare la doccia è solo grazie all'aiuto dei miei compagni di cella: ho fatto la domandina anche per avere una seconda stampella e per avere un volontario che mi aiuti»;
A.N., detenuto algerino, lamenta di non aver ricevuto alcun compenso per il lavoro svolto, nel 2002, alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria (con la mansione di scopino); A.N. era ristretto nel carcere romano di Rebibbia ed è stato trasferito nel carcere di Siracusa da quasi un mese: «questo trasferimento - lamenta A.N. - mi impedisce di partecipare all'udienza per la rideterminazione del fine pena, fissata a Roma per il prossimo 7 giugno»;
M.K.B.M. detenuto tunisino con fine pena nel maggio 2012, lamenta di aver presentato, in data 26 gennaio 2011,

istanza di liberazione anticipata al magistrato di sorveglianza, senza aver ricevuto alcuna risposta; questo detenuto dice di trovarsi ristretto soltanto per non aver ottemperato all'ordine di lasciare il territorio italiano: «io sono qua dentro soltanto per clandestinità e ho sentito che l'Europa ha cancellato questo reato, ma allora perché non mi fanno uscire?»; altri detenuti dichiarano di essere nella stessa situazione e lamentano la difficoltà di parlare con il proprio avvocato: «ci sfollano in luoghi lontani e non possiamo fare colloqui con il nostro avvocato; le telefonate possiamo farle solo di mattina, ma l'avvocato di mattina è in tribunale»;
anche i detenuti di questa cella lamentano il fatto che l'acqua calda sia erogata soltanto per un'ora al giorno; inoltre lamentano l'assenza di lavoro e di qualsiasi attività: «nessuno di noi lavora, nessuno di noi fa i corsi!; per fare i corsi devi aspettare molto tempo»;
nella cella n. 5 sono ristrette 10 persone; i detenuti di questa cella ci segnalano subito le preoccupanti condizioni di salute di uno di loro, M.D.; M.D., volto scarno e visibilmente provato, dice di avere un tumore al fegato e di essere affetto da epatite B e C: «sto veramente male, avrei bisogno di cure; in 6 o 7 occasioni ero pronto per fare la visita specialistica che era stata prenotata in ospedale, ma alla fine queste visite sono state rinviate perché mancavano gli agenti penitenziari»;
la cella n. 8 ospita 11 detenuti stranieri, quasi tutti sfollati da carceri della Lombardia; S.A. (marocchino di 40 anni), dice di soffrire molto a causa di un problema di emorroidi: «non riesco quasi a camminare, non scendo neanche all'aria per il forte dolore»; e prosegue: «qualche tempo fa mi hanno chiamato alle 8 del mattino, mi hanno detto di alzarmi e prepararmi per andare in ospedale; poi, alle 14, mi hanno detto che non era possibile»;
un altro detenuto lamenta l'assenza di attività: «qui non facciamo niente, non c'è una palestra, non c'è una biblioteca»;
A.M.S. è disperato per la lontananza dalla compagna e dal piccolo figlio nato il 5 febbraio 2011: «circa 2 mesi fa ho fatto domanda al magistrato di sorveglianza per l'avvicinamento alla famiglia, ma ancora non ho avuto nessuna risposta»; e, mostrando la foto del neonato, spiega: «sono stato arrestato 2 giorni dopo la sua nascita e non ho potuto fare il riconoscimento; adesso ci vorrebbe un notaio ma io non ho i soldi, non ho i soldi nemmeno per pagarmi un avvocato»; A.M.S., alla fine del breve colloquio, avvicina le mani al collo e dice: «penso veramente di prendere la corda»;
H.U.U., detenuto cinese, dice di trovarsi in questo carcere da quasi 5 mesi: «prima ero a Poggioreale, lì nel mio libretto avevo 258,69 euro, ma questi soldi ancora non sono arrivati qua, io ho fatto la richiesta ma i soldi non sono arrivati»;
E.S.A. vorrebbe avvicinarsi alla famiglia, che vive a Milano: «sono qui da 3 anni e mezzo, prima ero a San Vittore, ho fatto domanda di avvicinamento 4 volte, ma non ho ricevuto nessuna risposta, né un sì né un no!»;
altri detenuti denunciano: «per poter lavorare deve passare 1 anno, ma se non hai soldi muori di fame, noi non abbiamo i soldi per mangiare!»;
nella cella n. 7 sono ristretti 11 detenuti;
M.M., dice di avere necessità di lavorare: «sono solo, non ho famiglia, prima lavoravo in cucina, poi 7 mesi fa mi hanno diagnosticato un'ernia e adesso non mi fanno lavorare più finché non sarò operato; ma io ho bisogno di lavorare!»;
un altro detenuto, A.G. dice di soffrire di anoressia e di essere tossicodipendente, e afferma di essere stato dichiarato incompatibile con il regime carcerario ordinario dai periti del tribunale di Palermo; «prima ero all'Ucciardone di Palermo, poi mi hanno trasferito al carcere di Augusta e ora mi hanno portato qua; ma io vorrei essere trasferito in un centro clinico per essere curato, oppure in una comunità;

qui non funziona niente, io ho i denti cariati e non posso neanche mangiare, ma il dentista non funziona; anche quelli del Sert non si vedono mai»;
S.A., ristretto in questa cella dal mese di gennaio, denuncia i ritardi per ottenere il certificato di detenzione: «2 mesi fa ho fatto la domanda per il foglio di detenzione, ho necessità di spedirlo alla mia famiglia, ma ancora non è stato possibile averlo, dicono che deve essere autenticato...»;
altri detenuti lamentano: «non cambiano le lenzuola da circa 3 mesi»; e ancora: «il vitto è scadente, la carne se la metti nel muro non scende, resta incollata»;
alcuni detenuti stranieri segnalano che il costo per effettuare telefonate nei loro Paesi è superiore rispetto ad altri istituti: ad esempio, 10,60 euro per una telefonata di 10 minuti in Egitto, oppure 7,00 euro per una telefonata di 10 minuti in Romania;
molti detenuti sono a conoscenza dell'iniziativa nonviolenta di Marco Pannella, in sciopero della fame dal 20 aprile 2011 con l'obiettivo, fra gli altri, di sollecitare il Parlamento ad approvare un provvedimento di amnistia ai sensi dell'articolo 79 della Costituzione; alcuni detenuti preannunciano il loro proposito di aderire al digiuno: «siamo con Pannella, voi siete gli unici a interessarvi della nostra misera condizione»;
il rapporto fra i detenuti e gli agenti di polizia penitenziaria appare buono; molti detenuti mostrano piena consapevolezza delle enormi difficoltà che quotidianamente gli agenti, largamente sotto organico, sono costretti ad affrontare;
«stasera avete trovato una serata tranquilla», evidenziano gli agenti, «ieri per esempio abbiamo avuto 9 nuovi giunti, ed è stato un problema: li dobbiamo perquisire, controllare, immatricolare, ubicare, ma quando si è in pochi tutto diventa complicato; ogni giorno dobbiamo perquisire circa 300 persone che vengono per fare i colloqui; il nostro è un lavoro massacrante, ma c'è totale disinteresse a livello centrale: non capiscono che noi, così, non ce la facciamo più» -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione descritta in premessa;
se non ritenga opportuno intervenire in modo deciso e tempestivo per fronteggiare il drammatico sovraffollamento della casa circondariale di Siracusa e, a tal fine, quali urgenti iniziative intenda assumere per far rientrare l'istituto nella dimensione regolamentare dei posti previsti;
quali atti intenda assumere affinché sia garantito il rispetto del terzo comma dell'articolo 27 della Costituzione;
quali urgenti provvedimenti intenda adottare per colmare il deficit di organico di polizia penitenziaria, posto che la gravissima carenza di agenti determina seri rischi in termini di sicurezza e notevoli disfunzioni per la vita dei reclusi e per le condizioni di lavoro degli agenti stessi;
quali atti intenda assumere affinché sia pienamente garantito il diritto alla salute delle persone ristrette;
se ed in che modo si intendano potenziare le attività trattamentali, in particolare quelle lavorative, scolastiche e di formazione;
se, e in che modo, intenda intervenire, per quanto di competenza, rispetto ai casi segnalati e alle specifiche criticità evidenziate in premessa;
se intenda dotare l'istituto di una figura di intermediazione culturale in grado di comunicare con i detenuti di lingua araba;
quali iniziative intenda adottare affinché sia garantita l'erogazione dell'acqua calda per un tempo congruo a soddisfare le basilari esigenze igieniche della popolazione detenuta;
quanto tempo occorrerà ancora attendere prima che sia rimosso il muretto divisore nella sala colloqui;

quali iniziative intenda assumere affinché sia attrezzata un'apposita area verde per lo svolgimento dei colloqui dei detenuti con i familiari minorenni;
quali iniziative di propria competenza intenda assumere in relazione alle criticità rappresentate in premessa con riferimento al ruolo della magistratura di sorveglianza;
in che modo intenda operare per ripristinare il principio della territorializzazione dell'esecuzione della pena, evitando i costosissimi sfollamenti dalle carceri di altre regioni, prevalentemente del Centro-nord;
quali iniziative urgenti intenda adottare, in definitiva, al fine di ricondurre le condizioni di detenzione vigenti all'interno dell'istituto penitenziario di Siracusa alla piena conformità al dettato costituzionale e normativo.
(4-12173)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano l'Arena del 30 maggio 2011 è apparso un articolo intitolato: «Proteste della polizia penitenziaria a Montorio. In carcere gli agenti sono pochi»;
la prima firmataria del presente atto, data l'importanza e la gravità di quanto esposto nel predetto articolo, ritiene di riportarne integralmente il contenuto: «Diritti dei detenuti, che in carcere hanno "scelto" di andare. Ma anche diritti della polizia penitenziaria, che in carcere ci deve lavorare. A Montorio lavorano 280 uomini e donne di polizia penitenziaria, compresi tutti gradi. La pianta organica prevederebbe 407 unità. Ed era stata stilata in base a una capienza massima del carcere di circa 500 detenuti. Oggi l'istituto circondariale di Montorio scoppia come tutte le altre carceri italiane. Qui si toccano picchi di mille detenuti. Per questa ragione tutte le organizzazioni sindacali della struttura hanno proclamato lo stato di agitazione. E hanno iniziato una serie di incontri, il primo con il direttore Antonio Fullone, che s'è dimostrato molto partecipe, d'altra parte lui e i suoi uomini sono nella stessa barca. O meglio sullo stesso barcone che rischia di affondare. L'altro giorno in carcere è arrivato il provveditore Felice Bocchino, che ha competenza regionale, ma davanti al documento che ha mostrato e che testimonia che lui aveva chiesto al ministero 1 milione e mezzo di euro per lavori di messa in sicurezza degli istituti del Veneto e gliene sono stati concessi 260 mila, ben si capisce che ormai s'è raschiato oltre il fondo del barile. Protestano i detenuti, che battono le posate sulle sbarre e rifiutano il cibo perché, dicono, sono in condizioni disumane e con il caldo la situazione peggiora. Protestano i poliziotti che non riescono più a reggere i ritmi, lavorando con cinque o sei incarichi diversi ogni giorno. "Il personale già carente continua a diminuire (turni di lavoro forzati anche di 15 ore consecutivi). Uomini di vigilanza e/o di scorta insufficienti tanto che solo grazie all'enorme spirito di sacrificio e di abnegazione si è riusciti a sventare in tempo, l'altro giorno un tentativo di evasione da parte di un detenuto che aveva già raggiunto il muro di cinta in prossimità dell'uscita", dice Carlo Taurino della Cgil. "Sono stati fatti tagli ai fondi già tagliati con rischi anche per l'igiene e la salubrità: abbiamo avuto tre casi di Tbc; mancano i soldi anche per acquistare la carta, o una lampadina per importanti zone di illuminazione dell'istituto; le missioni non vengono corrisposte da settembre 2010", gli fa eco Giovanni Sicilia del Sappe. E ancora ci sono automezzi insufficienti ed inadeguati, obsoleti. "Chiediamo fatti non propaganda", dicono i rappresentanti di Sappe Osapp Cisl Uil Sinappe Cgil Cnpp Ugl Notarfrancesco, Lioce, Ferrari, Budano, Nappi, Taurino, De Cieri e Floris. Il personale chiede lo sfollamento di almeno 153 detenuti di cui 53 protetti per riportare la presenza a tre detenuti per cella, il massimo consentito, cosi come ha stabilito da anni l'Asl di Verona; e

ancora la sospensione fino a nuova assegnazione di personale di tutti i corsi e futuri progetti di aree lavoro per i detenuti oltre alla revoca di ogni disposizione finalizzata all'apertura della nuova sezione di osservazione per detenuti affetti da patologie psichiche. Nei prossimi giorni il personale della penitenziaria incontrerà il sindaco Flavio Tosi affinché si faccia promotore delle loro istanze con il ministro Maroni, cui a sua volta verrà chiesto di intercedere dal ministro Alfano» -:
quali provvedimenti urgenti si intendano adottare al fine di risolvere i gravi problemi di cui soffre il carcere di Verona, con particolare riferimento alle condizioni di vita e di salute dei detenuti e del personale di polizia penitenziaria.
(4-12175)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano La Provincia del 30 maggio 2011, è stato pubblicato un articolo nel quale viene data notizia che nel carcere di Torre del Gallo sono state rinvenute piattole e pidocchi nelle celle; per questi motivi nelle celle del carcere di Pavia è esplosa la protesta: i reclusi lamentano la presenza di parassiti e chiedono, per questo, di essere visitati. Sono stati segnalati anche casi di scabbia, ma a tal proposito il direttore dell'istituto penitenziario, dottoressa Iolanda Vitale, ha dichiarato: «Qualche episodio c'è stato in passato, ora non abbiamo nessun problema di infezioni di questo tipo»;
i sindacati degli agenti di polizia penitenziaria, in particolare la Uil, hanno fatto pochi giorni fa un'ispezione nel carcere di Torre del Gallo, denunciando carenze igienico-sanitarie più generali: «Le celle sono sporche e da tempo i muri non vengono tinteggiati. La struttura cade a pezzi. I casi di infestazione da piattole registrati confermano la nostra analisi. Non dobbiamo dimenticare che le sezioni detentive sono anche luoghi di lavoro per il personale di polizia penitenziaria che, inevitabilmente, corre il rischio di essere contagiato. A Pavia i posti previsti sarebbero 244, ma ci sono 480 detenuti. Una situazione che chiaramente comprime gli spazi dei reclusi ed abbatte al minimo i livelli di civiltà» -:
se si intenda provvedere quanto prima ai lavori di manutenzione della struttura penitenziaria di Torre del Gallo;
se, vista la presenza di parassiti e piattole nelle celle, tutti i detenuti siano stati accuratamente visitati da personale medico qualificato;
se dal punto di vista igienico-sanitario la struttura carceraria in questione sia a norma;
se sia stata effettuata una disinfestazione delle celle e di tutti i relativi ambienti di lavoro;
a quando risalga l'ultima relazione della ASL in merito ai requisiti igienico sanitari di tutti gli ambienti del carcere di Pavia e cosa vi sia scritto in tale relazione.
(4-12177)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa Adnkronos del 31 maggio 2011, gli agenti di polizia penitenziaria della casa circondariale di Asti hanno indetto uno stato di agitazione permanente; lo hanno dichiarato sette sigle sindacali: Sappe, Osapp, Fns Cisl, Uilpa, Cgil, Ugl, Fsa - Cnpp. Le segreterie provinciali hanno sottoscritto un documento in cui sottolineano il «grave malessere che attanaglia il personale di polizia penitenziaria astigiano, sempre più massacrato nel quotidiano da carichi di lavoro che non hanno precedenti. Lo stato di agitazione permanente rimarrà convocato fino a quando

non saranno assunti - spiegano - concreti provvedimenti in termini di assegnazione di unità»;
i sindacati chiedono un intervento straordinario ed urgente che deve riguardare l'invio immediato di almeno 20 unità per porre rimedio alla grave drammaticità della casa circondariale di Asti. Il penitenziario astigiano conta oggi 126 agenti in servizio a fronte di una pianta organica prevista di 267 unità spiegano i sindacati. Per questo chiedono che si apra un tavolo di confronto immediato con il provveditore regionale al fine di trovare soluzioni concrete ed immediate unitamente alle segreterie provinciali delle organizzazioni sindacali della casa circondariale di Asti -:
quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di risolvere i gravi problemi che hanno indotto gli agenti di polizia penitenziaria della casa circondariale di Asti ad indire lo stato di agitazione permanente.
(4-12178)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa, Agostino Castagnola, recluso nel carcere Lorusso e Cutugno di Torino, si è tolto la vita infilando la testa in un sacchetto di plastica morendo soffocato;
Castagnola è il terzo detenuto della casa circondariale torinese a uccidersi nel giro di pochi giorni;
a metà maggio 2011 si era impiccato con la cintura nel bagno della cella Vincenzo Lemmo, 48 anni, di i Forcella, in carcere con una pesante condanna definitiva per traffico di stupefacenti e per i suoi legami con la camorra. La sua pena sarebbe terminata solo nel 2025;
dopo quest'ultimo suicidio Leo Beneduci, segretario del sindacato della polizia penitenziaria Osapp, ha dichiarato: «Dall'inizio dell'anno è il venticinquesimo suicidio, il terzo a Torino in venti giorni. È una strage continua. E la polizia penitenziaria è sempre più abbandonata al destino di prendere atto del disastro delle carceri italiane. È evidente che l'unica soluzione è incrementare l'organico con un provvedimento straordinario: quello che il ministro Alfano promette e non mantiene dall'inizio della legislatura» -:
di quali elementi disponga in merito alle modalità con le quali era seguito dal personale medico il detenuto Agostino Castagnola e a quando risalga l'ultimo incontro che il detenuto aveva avuto con lo psicologo, con l'educatore, con gli assistenti sociali;
se con riferimento al suicidio di Agostino Castagnola non ritenga opportuno avviare una indagine ministeriale all'interno della casa circondariale Lorusso e Cutugno di Torino al fine di verificare l'esistenza di eventuali profili di responsabilità.
(4-12179)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
Walter Bonifacio, quarantenne originario del veneziano, è morto il 24 maggio 2011 nella sua cella della casa di reclusione di Padova che condivideva con due altri detenuti;
la notizia è stata data dalla newsletter di Ristretti Orizzonti, il servizio giornalistico dei detenuti del carcere padovano;
dalle poche notizie trapelate sembra che l'uomo abbia inalato del gas e poi sia caduto, sbattendo violentemente la testa, circostanze che finora non hanno trovato conferma da parte dell'istituzione penitenziaria;
secondo quanto riportato da Ristretti Orizzonti, il giorno della morte di Walter Bonifacio il termometro segnava 34 gradi; con quelle temperature, le celle di cemento armato della casa di reclusione

diventano veri e propri forni e tre persone rinchiuse in otto metri quadrati comprensibilmente soffocano -:
quali siano le cause che hanno portato al decesso del detenuto Walter Bonifacio;
di quali elementi disponga in merito alle modalità con le quali era seguito dal personale medico il detenuto Walter Bonifacio e a quando risalga l'ultimo incontro che il detenuto aveva avuto con lo psicologo, con l'educatore, con gli assistenti sociali;
se, in particolare, fosse stato visitato dallo psichiatra del carcere e se quest'ultimo avesse segnalato un rischio suicidario del detenuto;
quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di contrastare il grave sovraffollamento che si registra nella struttura penitenziaria patavina, anche in vista dell'imminente arrivo della stagione estiva.
(4-12180)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
la chiusura dell'«anello di cintura ferroviaria» nel tratto nord di Roma rappresenta una delle opere infrastrutturali di carattere strategico più importanti e da lungo tempo attese nella Capitale;
tale opera consentirebbe, attraverso la realizzazione di un nuovo ponte ferroviario sul Tevere, di collegare la linea esistente proveniente da stazione San Pietro ed attualmente interrotta alla stazione di Vigna Clara con la linea nazionale «Dorsale Appenninica» - che collega Roma e Firenze -, con la linea FR1 Fara Sabina - Fiumicino e con l'asse strategico dell'Alta velocità nazionale baricentrato sulla nuova stazione tiburtina di Roma in corso di realizzazione;
la chiusura ad anello della linea ferroviaria intorno a Roma consentirebbe di realizzare una infrastruttura su ferro di carattere pienamente urbano in grado di servire popolosi quartieri di semicentro e di prima periferia in modo tangenziale alleggerendo il caratteristico flusso pendolare e radiale tra centro e periferia che caratterizza gran parte degli spostamenti quotidiani interni all'area urbana e metropolitana di Roma;
con la realizzazione di questa opera si otterrebbe il benefico risultato di innalzare l'offerta di trasporto pubblico di massa scoraggiando l'uso del mezzo privato e decongestionando il traffico che rappresenta notoriamente anche a Roma un problema centrale - tipico delle grandi metropoli ma anche legato alla storia urbanistica della Capitale - e che molte conseguenze negative produce sulla efficienza complessiva del sistema urbano e nazionale, essendo Roma la Capitale d'Italia;
la previsione di un viadotto ferroviario di collegamento nel settore nord di Roma per conchiudere l'anello fa parte delle previsioni urbanistiche di tutti i piani regolatori di Roma dal 1931 in poi e tale previsione è stata rafforzata dalle decisioni assunte - anch'esse da lungo tempo - nel programma per gli interventi di Roma Capitale ex lege 369 del 1990 e, in quanto tale, è di interesse strategico nazionale e pertanto ricompresa anche fra gli interventi di cui alla legge obiettivo n. 443 del 2001;
l'accordo di programma per il nodo ferroviario di Roma, sottoscritto in data 8 marzo del 2000 fra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la regione Lazio, la provincia di Roma il comune di Roma e Ferrovie dello Stato spa, ha previsto tra gli impegni, assunti dai sottoscrittori, la realizzazione della cosiddetta Gronda sud che unitamente alla chiusura dell'anello ferroviario, consente di realizzare

un by-pass del nodo ferroviario di Roma nel settore ovest da dedicare sia alle merci che ai passeggeri;
con successivo accordo del 27 novembre 2003 RFI spa del gruppo FS spa ha assunto l'impegno di completare la progettazione della Gronda sud e della chiusura ad anello di cintura nord di Roma e di avviarne la realizzazione da ultimare dopo il 2008;
la chiusura dell'anello nella zona di Vigna Clara ed, in particolare, di via di Camposampiero a Tor di Quinto presuppone la disponibilità delle aree del rilevato ferroviario realizzato all'uopo negli anni trenta e successivamente occupato da un denso comprensorio industriale ed artigianale, ancora ivi esistente, composto da 70 aziende che danno lavoro a 450 addetti ed il cui mancato trasferimento, finalizzato alla liberazione del sedime, ha costituito una delle cause del rinvio della realizzazione del viadotto ferroviario di chiusura dell'anello;
l'amministrazione comunale di Roma al fine di accelerare la realizzazione dell'infrastruttura e di salvaguardare al contempo gli interessi economici, sociali ed occupazionali di uno dei più significativi comprensori industriali dell'area nord di Roma, ha ritenuto di dare un contributo attivando una procedura urbanistica finalizzata alla delocalizzazione in area più idonea delle imprese e degli impianti;
tale procedura è stata perfezionata sul piano urbanistico tra il 2004 ed il 2007 con la ratifica di un accordo di programma tra la regione Lazio ed il comune di Roma che prevede il trasferimento presso un'area industriale in zona Prima Porta posta più a nord e che consentirà di realizzare un comprensorio pienamente aderente alle norme vigenti alle esigenze produttive ed alle destinazioni urbanistiche del piano regolatore generale, anche nel quadro di un miglioramento delle opere stradali di accesso e deflusso di mezzi ed automezzi;
lo spostamento fattuale del comprensorio è condizionato alla chiusura delle convenzioni urbanistiche successive all'accordo di programma, al rilascio dei permessi di costruire ed al finanziamento delle opere di urbanizzazione indispensabili per realizzare il nuovo insediamento;
gli organi di RFI spa del gruppo FS spa hanno più volte, in sedi formali ed informali, fatto intendere che nonostante i progressi verificatisi negli ultimi anni per la soluzione dell'antico problema della chiusura dell'anello Nord non sono in grado di affermare con certezza i tempi di progettazione esecutiva e di realizzazione almeno del viadotto ferroviario necessario per conchiudere il fatidico «anello» a causa della scarsezza di risorse e del mancato finanziamento dell'opera, sia da parte del bilancio nazionale, sia da parte del Cipe;
in occasione della candidatura di Roma alla edizione dei Giochi olimpici del 2020 il comune di Roma sembra aver modificato l'impostazione ratificata con l'accordo di programma del 2007 ed essersi orientato per la realizzazione di un viadotto ancor più complesso sia stradale che ferroviario dal costo ipotetico di 840 milioni di euro - il cosiddetto ponte dello sport - da reperire nell'ambito dei futuribili finanziamenti per ospitare i Giochi o nell'ambito di non meglio definiti «project financing»;
tale orientamento ha rallentato le procedure avviate, tra cui la stipula delle convenzioni finalizzate allo spostamento del comprensorio artigianale, e spostato nel futuro - ancora una volta - ogni credibile e concreta prospettiva di realizzare il tratto di ferrovia su viadotto mancante per chiudere l'anello -:
quali orientamenti intenda assumere per rilanciare la concreta realizzazione dell'opera suddetta di grande valore urbanistico, trasportistico, economico e sociale per la Capitale e per l'intero Paese;
quali risorse intenda individuare nell'ambito della programmazione strategica

delle opere pubbliche nazionali e dei fondi CIPE per consentire al gruppo Ferrovie dello Stato spa di concludere la progettazione dell'opera e la sua realizzazione posto che essa può essere stimata per un valore non superiore ai 200 milioni di euro se limitata al solo viadotto ferroviario - e non anche stradale - tra Vigna Clara e Forte Antenne -:
quali iniziative di competenza intenda porre in essere per accelerare lo spostamento del comprensorio industriale ed artigianale di Via Camposampiero sul rilevato ferroviario di proprietà del demanio ferroviario nazionale - e pertanto di interesse dello stesso Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - nell'area appositamente individuata nel piano regolatore generale di Roma e consensualmente concordata con il consorzio degli operatori artigianali attraverso specifico atto d'obbligo preliminare allegato agli elaborati dell'accordo di programma sottoscritto e ratificato dal consiglio comunale di Roma nel 2007;
in che tempi intenda eventualmente agire, per quanto di competenza, per facilitare, attraverso la programmazione di investimenti finanziari, la ripresa di una concreta azione delle amministrazioni interessate alla realizzazione delle opere essenziali e minimali finalizzate alla chiusura della cintura ferroviaria nord di Roma - l'anello ferroviario - ed alla entrata in esercizio di un servizio aggiuntivo di trasporto pubblico urbano di grande importanza per la città di Roma.
(2-01107)
«Morassut, Zaccaria, Pompili, Amici, Bratti, Carella, Causi, Concia, Recchia, Tidei, Argentin, Coscia, D'Antona, Trappolino, Peluffo, Meta, Velo, Verini, Marco Carra, Corsini, Margiotta, Sarubbi, Martella, Realacci, Sposetti, Rugghia, Tullo, Touadi, Tocci, Melandri, Gasbarra, Gentiloni Silveri, Ceccuzzi, Bocci, Iannuzzi, Esposito».

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
si fa riferimento ai numerosi atti di sindacato ispettivo presentati dal 2008 ad oggi sulla vicenda CIVIS di Bologna e ai nuovi elementi emersi dalla dichiarazione dell'ingegner Monzali, direttore dei lavori del CIVIS nel 2005, il quale aveva individuato già dall'epoca «43 criticità del mezzo» per descrivere le quali emanò un ordine di servizio;
secondo il suddetto infatti i punti di criticità sollevati andavano da problemi elettrici, agli specchietti retrovisori, alla visibilità. Quando nell'aprile 2005, il mezzo arrivò a Bologna per i test su strada fu emanato dal medesimo un secondo ordine di servizio su altre cose che non andavano. E subito dopo venne fatto anche un verbale negativo di accettazione del veicolo. Durante le prove (fu provato come filobus) ci furono questioni, ad esempio, di visibilità, di specchietti retrovisori, di frenatura e trazione elettrica. In totale sono stati 43 i punti oggetto delle prescrizioni di Monzali. Irisbus nel tempo ha cercato di adeguare, ma alcune tematiche sono ancora al vaglio della commissione sicurezza. I veicoli non sono ancora stati presi in consegna, perché per succedere devono avverarsi una serie di condizioni non ancora avverate, tra cui appunto, l'esito del lavoro della commissione sicurezza. Dei 43 punti sono rimasti problemi per specchietti e visibilità -:
quale sia la ragione del mancato intervento degli organi di controllo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di fronte ad una struttura che fin dall'inizio presentava evidenti e lampanti incongruenze in presenza peraltro di precise segnalazioni delle medesime, cosa che, ad avviso dell'interpellante, induce al sospetto di colpevoli negligenze da parte degli enti incaricati di verificare la rispondenza del progetto CIVIS ai criteri indispensabili per ottenere il finanziamento del Governo.
(2-01102) «Garagnani».

Interrogazione a risposta in Commissione:

SCHIRRU e MOTTA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 29 luglio 2010 il Senato ha approvato, in via definitiva, la legge n. 120 recante disposizioni in materia di sicurezza stradale;
l'articolo 58 modifica una norma del codice in materia di protezione dei dati personali (decreto legislativo n. 196 del 2003) e rende formalmente possibile l'adozione anche in Italia del modello di contrassegno unificato disabili europeo;
la legge n. 120 del 2010 tuttavia non specifica delle coordinate temporali circa la prevista emanazione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di un regolamento di attuazione, che pertanto deve ancora essere emanato;
durante l'iter di approvazione della detta legge n. 120 del 2010 il Governo ha accolto un ordine del giorno (a prima firma Farina Coscioni) presentato alla Camera, col quale ha assunto il preciso impegno di emanare idonea norma di rango regolamentare volta a rendere effettiva ed immediata l'adozione del contrassegno disabili europeo -:
se il Ministro non intenda adoperarsi per pervenire quanto prima all'emanazione di tale regolamento di attuazione e quali siano i tempi e le modalità previste per l'emanazione del regolamento, ovvero per la consegna del contrassegno disabili europeo ai legittimi titolari.
(5-04849)

Interrogazioni a risposta scritta:

GIANNI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da tempo, ormai, è stato predisposto dall'Anas il progetto per la realizzazione di una rotatoria per la messa in sicurezza dell'incrocio tra la strada statale 194 (Catania-Ragusa) e la strada provinciale contrada Seggio a Lentini in provincia di Siracusa;
con la realizzazione di questa opera si metterà in sicurezza un tratto a scorrimento veloce, teatro di ripetuti incidenti e, nello stesso tempo, si consentirà l'ingresso della bretella di Carrubazza, dove si trova anche la caserma dei vigili del fuoco e della zona nord est di Lentini all'altezza del mercato ortofrutticolo;
sia il consorzio Asi, che ha ceduto a titolo gratuito le aree per la realizzazione dell'opera, sia il Cosel (Consorzio per lo sviluppo economico di Lentini), sia le autorità locali hanno sollecitato più volte la realizzazione di questa opera destinata a favorire, tra l'altro, anche una maggiore fruibilità agli operatori economici e, di conseguenza, lo sviluppo economico della zona;
alla luce di tutto ciò appare incomprensibile che non si sia dato inizio, da parte dell'Anas, ai lavori della rotatoria -:
se non si ritenga necessario intervenire, per quanto di competenza, presso l'Anas affinché definisca le procedure necessarie e avvii l'opera in questione che risulta indispensabile al territorio di Lentini sia in termini di sviluppo economico che di messa in sicurezza di una strada, dove, purtroppo, più volte si sono verificati gravi incidenti.
(4-12156)

GIANNI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 26 luglio 2010 il Ministro interrogato firmava con l'Anas il contratto di programma 2010 che disciplinava la realizzazione degli interventi di manutenzione straordinaria e la gestione della rete stradale e autostradale;
il citato accordo di programma dava attuazione alla delibera del CIPE del 22 luglio 2010 che stanziava 268 milioni di euro a valere sul fondo infrastrutture da destinare alla manutenzione stradale;

gli interventi di manutenzione stradale riguardavano il ripristino della rete stradale danneggiata dagli eventi straordinari accaduti nel corso del 2010;
è passato circa un anno dalla firma dell'accordo di programma e quel programma di manutenzione straordinaria dovrebbe essere quasi completato -:
se il programma di manutenzione straordinaria di cui all'accordo di programma del 26 luglio 2010, relativo al ripristino della rete stradale danneggiata da eventi straordinari, sia stato avviato, in quali parti della rete stradale oggetto di manutenzione straordinaria i lavori siano stati completati e quali interventi abbiano riguardato tratti stradali siti nel Meridione e, in particolare, nella regione Siciliana.
(4-12157)

GIANNI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da più parti si solleva la questione della scarsità di risorse destinate alla manutenzione straordinaria stradale, manutenzione che ha una stretta attinenza con la sicurezza;
nel 2007 il presidente dell'Anas, nel corso di una audizione presso la Commissione lavori pubblici del Senato affermò che nel quinquennio 2007-2012 il piano dell'Anas per la manutenzione straordinaria delle autostrade prevedeva una spesa di 2,5 miliardi di euro;
a detta dei fruitori della rete autostradale non sembra che la manutenzione autostradale straordinaria delle autostrade abbia migliorato di molto il livello di sicurezza -:
in relazione al piano 2007-2012 e all'asserita spesa di 2,5 miliardi di euro, quali opere ad oggi siano state eseguite, per quali importi e quante di queste opere di manutenzione abbiano interessato le autostrade del Meridione e, in particolare, quelle nella regione Siciliana.
(4-12158)

GASBARRA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
i comitati dei pendolari dell'area di Civitavecchia denunciano da tempo una situazione grave relativa alla mobilità ferroviaria dalla città portuale verso la Capitale;
queste denunce sono state oggetto di dibattito pubblico e hanno avuto il giusto risalto mediatico che ha portato alla luce un'incredibile congestione tra le esigenze di chi ogni mattina prende il treno per andare a lavorare e le migliaia di turisti delle crociere che devono raggiungere Roma usando lo stesso mezzo;
i pendolari sono costretti a viaggiare in condizioni che, ad avviso dell'interrogante, sono indegne di un Paese civile;
nel 2010 il porto di Civitavecchia ha fatto registrare uno straordinario afflusso di croceristi pari a 2,3 milioni, togliendo il primato di leadership a Barcellona;
il 2011 dovrebbe vedere confermato lo stesso successo, in base anche all'incremento degli scali programmati dalle grandi compagnie di crociere;
non è immaginabile fornire ai turisti un servizio totalmente insufficiente, che danneggia l'immagine di Roma e del Paese, oltre che di Civitavecchia -:
quali iniziative intenda assumere per porre fine a questa inaccettabile situazione che mette in difficoltà migliaia di cittadini.
(4-12169)

...

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
l'assemblea legislativa della regione Emilia Romagna ha provato all'unanimità

dei presenti in data 30 marzo 2011 una risoluzione che impegna la giunta ad attivarsi presso il Ministero dell'interno per richiedere che anche nella suddetta regione venga costituita un'agenzia operativa della direzione investigativa antimafia (DIA);
a supporto di tale indirizzo, nella risoluzione viene evidenziato che l'Emilia-Romagna si caratterizza per la posizione geografica strategica di snodo tra Nord e Centro del Paese, per la conseguente ricca dotazione di infrastrutture di collegamento ferroviario, stradale ed autostradale e per un'economia florida che ha garantito un'equilibrata e diffusa distribuzione del benessere sul territorio, come è attestato dall'indice di povertà più basso a livello nazionale;
si rileva inoltre che proprio per le sue peculiarità economiche e la felice collocazione geografica tale regione costituisce uno stimolante polo di attrazione per interessi lavorativi, economici e anche - potenzialmente - criminali, soprattutto come terreno d'elezione per tentativi di riciclaggio di capitali da parte della criminalità organizzata;
si sottolinea poi che tale attività illecita, oltre a configurare un tentativo di controllo del territorio, attraverso l'esportazione di moduli operativi tipicamente mafiosi, può anche risultare funzionale all'infiltrazione di imprese controllate - in sostituzione di quelle estorte - nel tessuto economico locale, allo scopo di occupare il lucroso settore dei lavori pubblici e garantirsi valide occasioni di riciclaggio;
l'assemblea legislativa della regione Emilia Romagna ha accertato che, a fronte di una situazione nella quale sono evidenti i segnali di rischio che il territorio regionale corre, a tutt'oggi la regione è sprovvista di una agenzia operativa della direzione investigativa antimafia e ha evidenziato che dalla sintesi dei dati della relazione della direzione investigativa antimafia nazionale, relativa al primo semestre 2010, viene sottolineato che:
nei primi sei mesi dell'anno, su 12.828 segnalazioni di operazioni finanziarie sospette ad alto rischio di riciclaggio registrate in Italia ben 910 (il 7,09 per cento del totale - al quinto posto in Italia dietro Lombardia, Lazio, Campania e Toscana) provenivano dal territorio emiliano-romagnolo;
di queste 10 (il 4,5 per cento del totale nazionale) sono poi state effettivamente sottoposte dagli organi investigativi ad indagini più approfondite;
le segnalazioni inviate alle centrali investigative sono arrivate per lo più da istituti di credito (in 653 casi su 910), ma sono attivi sul terreno della repressione del fenomeno anche gli intermediari finanziari (128 casi) e le pubbliche amministrazioni (118 segnalazioni);
nel primo semestre del 2010 l'Emilia-Romagna risulta al quarto posto tra le regioni del Centro-nord per reati di estorsione: 106 i casi documentati (ma erano 180 nel secondo semestre dell'anno scorso), inferiori solo a Lombardia (301), Piemonte (186) e Toscana (134);
statistiche simili si registrano per quanto riguarda l'usura, con 9 casi segnalati in regione (che hanno fatto scattare 30 denunce) contro i 18 del Veneto e gli 11 della Lombardia;
in data 5 maggio 2011 il presidente della regione Emilia-Romagna, esprimendo la condivisione e l'adesione della giunta regionale alla richiesta dell'assemblea legislativa, soprattutto alla luce delle ultime statistiche e analisi che rivelano circostanziati pericolosi e documentati tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata nei territori in questione, ha avanzato al Ministro interpellato la richiesta della costituzione di un centro operativo della direzione investigativa antimafia per il territorio emiliano-romagnolo, dichiarando la disponibilità ad offrire la collaborazione della regione al riguardo -:
se, sulla base degli elementi sopra evidenziati, della risoluzione approvata dall'assemblea legislativa della regione Emilia Romagna e della richiesta avanzata dal presidente della regione Emilia-Romagna,

intenda attivarsi al fine di costituire un'agenzia operativa della direzione investigativa antimafia in Emilia Romagna.
(2-01108)
«Marchi, Migliavacca, Miglioli, La Forgia, Bratti, Lenzi, De Micheli, Marchignoli, Santagata, Benamati, Ghizzoni, Motta, Marchioni, Garavini, Castagnetti, Bordo, Bersani, Albonetti, Vassallo, Zampa, Brandolini, Levi, Veltroni, Piccolo, Bossa, Gozi, Beltrandi, Andrea Orlando, Burtone, Genovese, Marantelli, Marco Carra».

Interrogazioni a risposta orale:

MIOTTO e NACCARATO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in occasione dell'approvazione, nella seduta della Camera del 31 maggio 2011, dell'atto C. 4362 riguardante la conversione in legge del decreto-legge 11 aprile 2011, n. 37, recante disposizioni urgenti per le commissioni elettorali circondariali e per il voto dei cittadini temporaneamente all'estero in occasione delle consultazioni referendarie che si svolgono nei giorni 12 e 13 giugno 2011, è stato accolto dal Governo l'ordine del giorno n. 9/4362/8, a firma degli interroganti, riguardante l'estensione delle agevolazioni postali previste per la spedizione della propaganda elettorale dalla legge n. 515 del 1993, anche alle spedizioni effettuate in relazione ai quesiti oggetto della consultazione referendaria di metà giugno 2011;
l'ordine del giorno prevede l'impegno per il Governo «ad emanare disposizioni per consentire l'applicazione delle agevolazioni postali previste dalla legge n. 515 del 1993 anche ai prossimi referendum del 12 e 13 Giugno 2011», che il Sottosegretario di Stato per l'interno, Michelino Davico, ha dichiarato di accettare, come risulta dal resoconto stenografico della seduta;
sono decorsi tre giorni e non risulta che il Governo abbia approvato alcun provvedimento, peraltro il referendum è alle porte ed ogni spedizione postale deve essere consegnata agli uffici postali almeno cinque giorni prima della consultazione elettorale per cui, a quelli che, ad avviso degli interroganti, sono i ritardi iniziali del Governo, non si possono aggiungere altre colpevoli disattenzioni -:
quale siano le ragioni del ritardo nell'adempimento previsto dall'ordine del giorno in premessa citato.
(3-01684)

MIOTTO e NACCARATO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nei giorni 12 e 13 giugno 2011 sono previsti quattro referendum riguardanti 4 quesiti di grande interesse per i cittadini chiamati alle urne su tutto il territorio nazionale;
è importante l'informazione sul merito dei quesiti sottoposti a referendum, perciò la comunicazione che si avvale del servizio postale rappresenta un servizio importante per raggiungere tutti gli elettori, soprattutto in presenza di quello che agli interroganti appare uno scarso spazio finora dedicato ai referendum dalle televisioni;
la legge n. 515 del 1993 prevede la possibilità di inviare, tramite il servizio postale, materiale di propaganda mediante l'applicazione di una tariffa agevolata, che però deve essere autorizzata con apposita disposizione ministeriale che non risulta ancora emanata;
peraltro, in previsione dell'imminente svolgimento delle consultazioni referendarie il Ministero dell'interno ha diramato, come di consueto, direttive riguardanti adempimenti e prescrizioni, generalmente applicate in occasione delle elezioni amministrative

e politiche, in materia di propaganda elettorale, di delimitazione ed assegnazione degli spazi, di parità di accesso ai mezzi di informazione, di uso di locali di proprietà comunale, di diffusione dei sondaggi, ma nulla è stato disposto per quanto attiene alle agevolazioni fiscali e postali previste dalla legge n. 515 del 1993;
la non equiparazione del referendum alle normali consultazioni elettorali, anche per gli aspetti delle agevolazioni delle tariffe postali, rappresenterebbe un ostacolo alla espressione del voto degli elettori in una consultazione promossa da una iniziativa popolare -:
quali iniziative il Governo abbia assunto per rimuovere eventuali difficoltà che hanno finora impedito la piena attuazione delle misure agevolative previste dalla legge n. 515 del 1993, anche con riferimento alle agevolazioni tariffarie per le spedizioni postali della propaganda elettorale relativa ai quesiti referendari sottoposti alla consultazione del 12 e 13 giugno 2011.
(3-01685)

Interrogazioni a risposta scritta:

GARAVINI, BUCCHINO, GIANNI FARINA, FEDI e PORTA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 12 e il 13 giugno 2011, si terrà la consultazione referendaria con la quale gli italiani saranno chiamati a esprimersi sui quesiti relativi all'abrogazione delle leggi sull'energia nucleare, sulla privatizzazione dell'acqua e sul «legittimo impedimento»;
a meno di tre settimane dal voto, il Governo ha posto la questione di fiducia sul disegno di legge di conversione del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, cosiddetto «decreto-legge omnibus», che conteneva anche la moratoria sul nucleare;
a seguito di tale modifica alla normativa, la Corte di Cassazione è stata chiamata a decidere se la nuova norma superasse il quesito referendario sul nucleare o se invece gli elettori dovessero comunque essere chiamati a esprimersi sulla questione «nuove centrali per la produzione di energia nucleare»;
il 1o giugno il collegio dell'ufficio centrale per il referendum della Corte di Cassazione ha stabilito che il quesito referendario con la richiesta di abrogazione rimane valido, ma che invece di applicarsi alle precedenti norme (decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31) si applicherà alle nuove norme sulla produzione di energia nucleare, contenute nella legge 26 maggio 2011, n. 75;
esprimendosi il voto per i referendum dei cittadini residenti all'estero ed iscritti all'AIRE per corrispondenza, questi stanno ricevendo in questi giorni il plico elettorale a domicilio, da parte del Consolato di riferimento, contenente le schede e le istruzioni sulle modalità di voto;
le schede relative al quesito sulle «nuove centrali per la produzione di energia nucleare» pervenute al domicilio dei connazionali all'estero e sulle quali questi stanno esprimendo il loro voto sono state stampate prima dell'approvazione della legge 26 maggio 2011, n. 75, sono quindi formulate facendo riferimento a una normativa superata e sono formalmente diverse da quelle su cui, a seguito della decisione della Corte di Cassazione, si esprimeranno invece i cittadini residenti sul territorio nazionale;
le operazioni di voto per il referendum, ad avviso degli interroganti, potrebbero essere compromesse dall'incertezza sulla sorte e sulla validità dei voti espressi dai cittadini residenti all'estero: un'incertezza che può condizionare negativamente l'esercizio stesso del diritto di voto;
a tale insostenibile contusione si aggiungono le segnalazioni da parte di numerosi concittadini residenti all'estero sulla mancata ricezione del plico;
la stessa ambasciata d'Italia in Germania ha segnalato come nella circoscrizione di competenza del consolato di Monaco di Baviera 2000 plichi siano stati

inviati a indirizzi errati, in ragione della inesatta menzione del cognome del coniuge sulla busta -:
come si intenda intervenire per garantire la piena validità del voto referendario espresso dai connazionali all'estero sul quesito relativo al nucleare, formulato in relazione a una normativa superata, ma pienamente attuale nella sua essenza e nella ratio della consultazione referendaria;
a fronte delle numerose inadempienze registrate, come intendano intervenire i Ministri interrogati per garantire a tutti gli aventi diritto il regolare esercizio delle operazioni di voto.
(4-12153)

ALESSANDRI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nel 2004, l'allora assessore alla protezione civile del comune di Molinella (Bologna), Gabriele Cavacini, aveva provveduto ad aderire al progetto nazionale dei vigili del fuoco chiamato «20 minuti»;
nella sua carica di assessore, il predetto Gabriele Cavacini si era sempre attivato per rendere il territorio e di conseguenza la vita della locale comunità tranquilla e coesa, grazie anche al lavoro svolto di concerto con le forze dell'ordine e delle associazioni di volontariato presenti sul territorio;
nei primi mesi del 2005 fu comunicato agli uffici dell'assessore che la richiesta era stata accettata e pertanto lo stesso assessore Cavacini si attivò immediatamente per organizzare gli incontri necessari tra il sindaco di Molinella ed il responsabile provinciale dei vigili del fuoco di Bologna;
in tali circostanze si procedette a pubblicizzare l'inizio di uno specifico corso per conseguire il profilo di vigile del fuoco volontario, cui parteciparono un cospicuo numero di persone interessate, attualmente dislocate in sedi alternative;
successivamente lo stesso assessore richiese alle competenti sedi del Governo la possibilità di ottenere risorse per la realizzazione della caserma atta ad ospitare un presidio locale dei vigili del fuoco ed a tale istanza fu risposto che un eventuale finanziamento sarebbe stato concedibile ma previo avvio dei relativi lavori di costruzione;
nonostante l'attivo interessamento dell'assessore per conseguire l'attuazione del progetto, sembra che l'amministrazione competente del comune non abbia collaborato in maniera convinta affinché l'iniziativa giungesse a buon fine, vanificando il positivo proposito di rendere operativa sul territorio una struttura che avrebbe permesso di gestire le emergenze e meglio garantire la sicurezza;
a tutt'oggi la predetta caserma non è stata ancora edificata ed i mezzi già disponibili sono stati destinati ad altri dislocamenti o utilizzati per altri servizi;
il 24 maggio 2011 nel comune di Molinella una anziana signora è morta nella sua abitazione, uccisa dal fumo e dal fuoco sprigionatosi in casa. Le notizie diffuse sull'accaduto fanno sapere che sono intervenuti i vigili del fuoco di Budrio, ma che nonostante la corsa contro il tempo, quando essi sono arrivati, era ormai troppo tardi;
forse, se nel comune di Molinella fosse stato istituito il distaccamento dei vigili del fuoco e di conseguenza la caserma fosse stata operativa, i tempi per soccorrere l'anziana vittima non sarebbero stati così fatali -:
se risultino presso il Ministero dell'interno, istanze avanzate dall'amministrazione comunale di Molinella (Bologna) volte a richiedere la presenza in tale comune, di un distaccamento dei vigili del fuoco;
se, anche per evitare il verificarsi di casi luttuosi come quello accaduto il 24 maggio 2011, non intenda ad ogni modo intraprendere opportune iniziative volte a dare seguito all'iniziativa promossa dall'assessore

pro tempore, Gabriele Cavacini, tesa a realizzare una caserma dei vigili del fuoco volontari, nel territorio amministrativo del comune di Molinella.
(4-12162)

MURER. - Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
i cittadini stranieri residenti in Italia risultano essere 3.891.295, pari al 6,5 per cento del totale dei residenti. Sul totale dei residenti di cittadinanza straniera quasi 519 mila sono nati in Italia; gli stranieri nati nel nostro Paese sono un segmento di popolazione in costante crescita: nel 2001, in occasione del censimento, erano circa 160 mila. Essi costituiscono il 13,3 per cento del totale degli stranieri residenti e, non essendo immigrati, rappresentano una «seconda generazione» in quanto la cittadinanza straniera è dovuta unicamente al fatto di essere figli di genitori stranieri. Complessivamente, i minorenni stranieri sono circa 862mila. Circa la metà dei residenti stranieri (circa due milioni di individui, pari al 49 per cento del totale) proviene dai paesi dell'Est europeo: in particolare, circa un quarto (967mila) proviene dai «Paesi Ue di nuova adesione» (796mila sono cittadini rumeni); l'altro quarto è rappresentato dai cittadini dei Paesi est-europei non appartenenti all'Unione europea (940mila);
gli immigrati rappresentano il 7 per cento della forza lavoro del nostro Paese, con stipendi netti attorno ai 900 euro mensili ed un'età media di 15 anni più bassa di quella degli italiani, costituiscono l'1 per cento del gettito fiscale complessivo, hanno fatto lievitare di circa l'1 per cento la spesa pubblica nei settori del welfare, forniscono il 4 per cento dei contributi previdenziali, ricevendo per ora una quota minima dei trattamenti pensionistici;
a questa forza lavoro regolare vanno aggiunti i 422mila stranieri irregolari, secondo i dati Ismu, che sono quelli che lavorano di più e guadagnano di meno rispetto a chi ha i documenti in regola. Lavorano di sabato (80 per cento), di domenica (31,8 per cento), di notte (38 per cento) e guadagnano meno di 5 euro l'ora (il 40 per cento), in media il 12,4 per cento in meno di chi è in regola (il 17 per cento se donne). Sono questi i dati riportati nell'indagine «sicurezza, lavoro nero, immigrazione» condotta dall'economista Tito Boeri per la Fondazione Debenedetti e l'università Bocconi di Milano;
anche se laureato un lavoratore immigrato in Italia si ritrova spesso a fare l'operaio. Un terzo degli occupati stranieri, secondo il dossier Caritas-Migrantes, risulta (a fronte del 10 per cento dei lavoratori in generale), infatti, collocato nel segmento inferiore del mondo del lavoro. Gli immigrati svolgono, infatti, per lo più mansioni non qualificate: manovale, bracciante, operaio, collaboratore domestico, assistente familiare, portantino. Sono lavori a bassa qualificazione, per i quali è richiesta nella maggior parte dei casi capacità di forza fisica e resistenza. Eppure, circa la metà degli occupati stranieri è in possesso di una laurea o di un diploma;
la crisi economica nella quale si è immersi, espone milioni di cittadini immigrati a una nuova minaccia: la perdita del diritto di soggiorno, conseguenza automatica della perdita del lavoro; infatti, secondo l'articolo 18, comma 11, della legge «Bossi-Fini», l'immigrato che resta disoccupato non può ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno: alla scadenza del permesso vigente, può ottenere un rinnovo straordinario per un massimo di 6 mesi, poi in assenza di un nuovo contratto di lavoro deve lasciare il nostro Paese;
tanti cittadini immigrati, già colpiti dalla perdita del lavoro a causa della crisi economica, si trovano così esposti all'ulteriore, drammatico danno di perdere ogni diritto a vivere in Italia e sono costretti con le loro famiglie, con minori che magari sono nati in Italia o stanno completando un ciclo di studi nel nostro Paese, ad un ritorno coatto nei Paesi di origine; un'eventualità che ne interrompere i percorsi di integrazione;

che la crisi e l'aumento della disoccupazione colpiscano sempre di più gli stranieri è confermato anche dai dati che emergono dal rapporto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali su immigrazione e lavoro in Italia, presentato dal Ministro Maurizio Sacconi. Secondo questi dati negli ultimi due anni in Italia sono entrati nella condizione di disoccupazione 281mila lavoratori italiani e ben 104mila stranieri, rispettivamente con una variazione percentuale del 18,4 per cento e del 60 per cento, dato concentrato soprattutto nel primo anno di crisi;
nel Nordest dall'inizio della crisi il numero di disoccupati è aumentato di quasi 65mila unità, di cui 17mila sono stranieri. Questo significa che dei nuovi disoccupati, il 26,3 per cento è straniero; il dato arriva da uno studio della Fondazione Leone Moressa di Venezia che ha analizzato le dinamiche occupazionali degli stranieri nel Nord-est dalla metà del 2008, ossia il periodo da cui si ipotizza l'inizio della crisi economica; attualmente il tasso di disoccupazione degli stranieri si attesta al 9,8 per cento, contro una media degli italiani del 7,3 per cento. Nel Nordest la percentuale è al 13,4 per cento, contro una media territoriale del 5,5 per cento, quindi poco meno di dieci punti percentuali in più. In generale, i disoccupati stranieri sono oltre 47mila in tutta l'area del Nordest, di cui quasi 33mila nel solo territorio veneto -:
quanti siano, secondo i dati del Governo, i lavoratori stranieri che, dall'inizio della crisi, avendo perso il posto di lavoro, scaduti i sei mesi previsti dalla legge, hanno perso il titolo per soggiornare legalmente nel nostro Paese, scivolando così nella clandestinità o vedendosi costretti al rimpatrio con le loro famiglie e con figli minori che non hanno potuto completare cicli di studio e di integrazione;
se il Governo intenda promuovere un'iniziativa normativa per consentire ai lavoratori stranieri, presenti regolarmente sul nostro territorio, di non vedersi costretti alla clandestinità e al rimpatrio in caso di perdita di posto di lavoro, allungando, in considerazione della dura crisi economica che rende difficile la ricollocazione occupazionale, il periodo «finestra» di sei mesi di proroga del permesso per trovare un nuovo lavoro.
(4-12166)

PALADINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il servizio navale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco costituisce un patrimonio per la sicurezza dei porti e del soccorso in mare, sancito da vari provvedimenti normativi tra cui:
a) la legge 13 maggio 1940, n. 690 - recenti disposizioni in materia di organizzazione e funzionamento del servizio antincendi nei porti;
b) il decreto del Ministero della marina mercantile 1o giugno 1978 - recante approvazione delle «Norme interministeriali per il coordinamento delle operazioni di ricerca e soccorso della vita umana in mare tra i vari organi dello Stato che dispongono di mezzi navali, aerei e di telecomunicazioni»;
c) il decreto del Presidente della Repubblica 28 settembre 1994, n. 662 - recante il regolamento di attuazione della legge 3 aprile 1989, n. 147, concernente adesione alla convenzione internazionale sulla ricerca ed il salvataggio marittimo, adottata ad Amburgo il 27 aprile 1979;
d) il decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139 - in materia di soccorso pubblico ed estinzione degli incendi su tutto il territorio italiano (nel quale rientrano anche le acque territoriali - entro le 12 miglia dalla linea di base), al fine di salvaguardare l'incolumità delle persone e l'integrità dei beni;
recentemente alcune agenzie di stampa hanno riportato la notizia che il Conapo, sindacato autonomo dei vigili del fuoco, ha lanciato un grido di allarme per la diminuzione dei fondi del servizio nautico dei vigili del fuoco, tale da pregiudicare il buon funzionamento del servizio;

in conseguenza dei «tagli» disposti con la manovra correttiva, secondo il Conapo, nel 2011 risulterebbero stanziate per la gestione dei 24 distaccamenti nautici italiani risorse finanziarie pari a circa 400.000 euro, a fronte dei 3-4 milioni di euro stanziati negli anni precedenti; tale scarsità di fondi ha già costretto molti comandanti dei vigili del fuoco a vietare persino gli addestramenti, con i relativi rischi per la sicurezza pubblica e degli stessi operatori;
ad aggravare la situazione pervengono anche segnalazioni circa una mancanza di soccorso in mare da parte dei vigili del fuoco nautici durante l'emergenza immigrazione, a causa della mancanza di risorse finanziarie, circostanza che sarebbe doveroso approfondire;
l'ammontare stanziato potrebbe risultare insufficiente anche per il solo approvvigionamento di carburante, mentre in molte sedi il personale è numericamente esiguo per garantire il servizio -:
se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per stanziare fondi utili ed adeguati per il settore navale per far fronte al soccorso, alla manutenzione dei mezzi e delle attrezzature e alla formazione del personale specialista nautico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
se, non ritenga necessario, il ripristino delle dotazioni organiche dei distaccamenti nautici dei vigili del fuoco.
(4-12167)

DI PIETRO e FAVIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
i testimoni di giustizia sono persone e liberi cittadini che mettono «concretamente» a repentaglio la loro vita e la vita dei loro familiari al fine di aiutare lo Stato nella lotta alla criminalità;
i «testimoni» di giustizia non sono «collaboratori» di giustizia. Il testimone non è colui che, dopo aver commesso il fatto, con atto di resipiscenza operosa si attiva, ma è colui che, senza aver fatto parte di organizzazioni criminali, anzi essendone a volte vittima, ha sentito il dovere di testimoniare per ragioni di sensibilità istituzionale e rispetto delle esigenze della collettività, esponendo sé stesso e la sua famiglia alla reazione degli accusati e alle intimidazioni della delinquenza;
la legge 13 febbraio 2001, n. 45, afferma in modo chiaro che devono esservi misure di protezione fino all'effettiva cessazione del pericolo esistente per sé e per i familiari. Quindi, una protezione vera, reale ed effettiva. Sono previste misure di assistenza ed interventi volti a garantire un tenore di vita personale e familiare non inferiore a quello preesistente all'ingresso nel programma di protezione;
già nel 2008, nella «Relazione sui testimoni di giustizia», approvata dalla Commissione antimafia e trasmessa al Parlamento, venivano elencate in modo chiaro le problematiche e le criticità denunziate dalla quasi totalità dei testimoni di giustizia;
sono state già proposte moltissime interrogazioni ed interpellanze parlamentari bi-partisan relativamente alle delicate ed imbarazzanti situazioni in cui sono costretti a vivere i testimoni di giustizia;
la realtà odierna si caratterizza per la persistenza delle criticità già denunciate e relative alla difficoltà nel reinserimento socio-lavorativo, all'inadeguatezza delle misure di protezione, alla difficoltà nell'accesso alle agevolazioni bancarie, all'impossibilità di fare stabile affidamento sull'ausilio dei professionisti e consulenti nominati dalle istituzioni;
ma quel che è peggio sono le umiliazioni che i testimoni di giustizia sono costretti a sopportare a causa di certe istituzioni;
mentre le risposte formulate alle interrogazioni ed interpellanze parlamentari sembrerebbero tratteggiare un contesto di ineccepibile rispetto delle regole poste a garanzia di quanti decidono di servire lo

Stato con le loro testimonianze, la realtà sembrerebbe tutt'altra. I testimoni di giustizia continuano a sentirsi calpestati, offesi e annullati dalla arroganza ed indifferenza di certe istituzioni;
i testimoni di giustizia, pur avendo servito lo Stato, continuano ad assistere a comportamenti che umiliano i loro sacrifici e la loro onestà;
sfuggiva e purtroppo continua a sfuggire a certi rappresentanti delle istituzioni che i testimoni di giustizia sono prima di tutto «persone» e non entità astratte;
prima di diventare «testimoni» di «giustizia» erano normalissimi cittadini che si alzavano la mattina per recarsi sul posto di lavoro. Avevano una casa in cui ritirarsi alla fine della giornata per condividere ore liete con familiari ed amici;
i testimoni di giustizia erano e sono persone «oneste» che hanno avuto il coraggio di denunciare il malaffare, pur consapevoli delle difficoltà a cui sarebbero andati incontro, a causa delle possibili ritorsioni della criminalità organizzata;
sono persone che hanno creduto nelle istituzioni e che hanno il diritto di continuare a crederci per loro stessi e per i loro figli, vittime anch'essi prima delle mafie e poi della sufficienza e superficialità di certe istituzioni;
il nostro Paese commemora gli eroi di Stato soltanto quando gli stessi non sono più in vita e troppo spesso dimentica il dramma di tutti coloro che per onestà hanno deciso di sacrificare la loro esistenza per il bene comune -:
quali urgenti iniziative, anche di carattere normativo, il Ministro interrogato intenda adottare per non disincentivare le testimonianze e soprattutto per garantire, nei fatti e non soltanto nelle promesse, il rispetto della dignità dei testimoni di giustizia.
(4-12174)

TESTO AGGIORNATO ALL'8 GIUGNO 2011

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

SIRAGUSA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nel 2009 docenti di tutta Italia hanno fatto ricorso al Tar del Lazio per chiedere l'annullamento del decreto ministeriale n. 42 del 2009 nella parte in cui prevedeva l'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento «in coda» anziché «a pettine»;
quasi tutti i ricorrenti hanno ottenuto dal Tar le ordinanze di accoglimento e sospensione del decreto ministeriale n. 42 del 2009 nella parte in cui prevedeva l'inserimento in «coda» anziché a «pettine» e i legali ne hanno richiesto l'esecuzione coattiva;
risulta che l'ANIEF, essendosi attivata per prima, ha preceduto gli altri ricorsi ed ha ottenuto, prima dell'esecuzione, di effettuare la notifica per pubblici proclami a tutti i controinteressati d'Italia a costo zero tramite la pubblicazione sul sito Internet del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (vedasi, per esempio, l'ordinanza presidenziale n. 179 del 2009), ottenendo così immediatamente la nomina del commissario;
risulta ancora che in riferimento ai ricorsi successivi il Tar Lazio non avrebbe consentito la notifica con pubblicazione sul sito (notifica che in alcuni casi lo stesso Consiglio di Stato non ha ritenuta valida);
a molti altri ricorrenti, quindi, sarebbe stata imposta la notifica in Gazzetta Ufficiale (onerosissima, tenuto conto del grandissimo numero di pagine necessarie per la notifica a tutti i controinteressati d'Italia);
nel frattempo veniva approvata la norma di interpretazione autentica contenuta nel decreto-legge n. 134 del 2009, che impediva di fatto l'esecuzione delle ordinanze del Tar;

a quel punto il commissario nominato sospendeva le sue attività;
nella vigenza della norma di interpretazione autentica di cui al decreto-legge n. 134 del 2009 i giudizi pendenti sono stati sospesi;
intanto la questione è stata rimessa all'esame della Corte costituzionale;
la Corte costituzionale il 9 febbraio 2011 con sentenza n. 41 ha dichiarato l'incostituzionalità della norma citata;
cambiando radicalmente orientamento rispetto ad una propria nota del 21 marzo, con una nuova nota ministeriale del 7 aprile 2011, a firma del direttore generale - area personale -, dottor Luciano Chiappetta, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha disposto l'inserimento a «pettine» nelle graduatorie solo secondo quanto indicato dal Commissario nominato dal TAR;
il commissario, tuttavia, ha eseguito solo le ordinanze notificate sulla scorta della vecchia nomina;
una tale disposizione rischia di creare disparità di trattamento tra ricorrenti portatori invece dei medesimi diritti;
la sentenza della Corte costituzionale, peraltro, dichiarando incostituzionale la norma, non consente alcuna disparità fra ricorrenti aventi identici diritti;
infine risulta che alcuni uffici scolastici provinciali stiano inserendo a «pettine» tutti i ricorrenti, mentre altri si stiano limitando alla pedissequa attuazione della nota del direttore generale del 7 aprile -:
se quanto illustrato in premessa corrisponda al vero e, in caso affermativo, se non ritenga di dovere garantire un trattamento equo ai docenti inseriti, con modalità non conformi al decreto costituzionale, «in coda» dando applicazione alla sentenza della Corte costituzionale erga omnes procedendo all'inserimento a «pettine» di tutti i docenti e riconoscendo loro, ora per allora, il diritto sancito dalla Corte senza costringerli ad ulteriore contenzioso.
(5-04844)

SIRAGUSA e GHIZZONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il 13 settembre 2010 Norman Zarcone, un giovane dottorando in filosofia del linguaggio, si è tolto la vita gettandosi dal settimo piano della facoltà di lettere di Palermo;
questa drammatica vicenda ha commosso l'opinione pubblica suscitando immediati sentimenti di vivo e unanime cordoglio presso gli ambienti istituzionali, accademici e studenteschi;
alla memoria di Norman - che è diventato il simbolo di una intera generazione dal futuro incerto, che si confronta con una società difficile - sono stati intitolati uno sportello informativo-lavoro da parte della Cgil e una manifestazione culturale annuale da parte del presidente dell'Inter, Massimo Moratti. A queste iniziative si affianca l'annuncio fatto a nome dell'Ordine dei giornalisti di Sicilia, di una borsa di studio «Norman Zarcone» per giovani giornalisti (Norman era diventato anche giornalista pubblicista). E, infine, l'ateneo di Palermo gli ha dedicato uno spazio all'interno del Polididattico ed una targa con la scritta: «Generazione Norman, in memoria di Norman Zarcone»;
perché il gesto estremo di protesta di questo ragazzo contro l'attuale sistema universitario non venga dimenticato, sarebbe importante dedicare alla sua memoria anche una fondazione culturale -:
se condivida la necessità di dedicare una fondazione alla memoria di Norman Zarcone e se non ritenga di potersi attivare in tal senso nell'ambito delle sue competenze.
(5-04847)

Interrogazioni a risposta scritta:

GIULIO MARINI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica del 15 marzo 2010, la circolare ministeriale 101 del 2010 e il decreto di dimensionamento dell'ufficio scolastico regionale del Lazio del 19 gennaio 2011 prevedono che i genitori hanno diritto di scelta dell'istituto e degli eventuali indirizzi previsti dal regolamento;
il decreto di dimensionamento ha attivato per il liceo scientifico «Ruffini» di Viterbo e per il liceo scientifico «Meucci» di Ronciglione l'indirizzo «scienze applicate», rendendo così esecutiva la riforma prevista dal regolamento;
la circolare ministeriale 101 del 2010 detta le modalità per consentire agli istituti di adeguare la loro offerta in base alle richieste di iscrizione pervenute;
la circolare contempla il rifiuto motivato solo in caso di eccedenza del limite massimo dei posti complessivamente disponibili nella singola istituzione scolastica, prevedendo la definizione dei criteri di precedenza nell'ammissione, mediante apposita delibera del consiglio di istituto, da rendere pubblica prima dell'inizio delle iscrizioni;
il regolamento prevede all'articolo 8, comma 2, l'attivazione degli indirizzi senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;
nei tempi previsti 112 alunni hanno richiesto l'iscrizione al liceo scientifico «Ruffini» di Viterbo per l'indirizzo «scienze applicate» e 46 alunni hanno fatto la stessa scelta per il liceo scientifico «Meucci» di Ronciglione;
tali iscrizioni erano utili per la costituzione rispettivamente di 4 e 2 classi;
in data 2 maggio 2011 dalla direzione generale dell'ufficio scolastico regionale del Lazio è pervenuta disposizione prot. 12038 per la quale non era possibile costituire più di una classe per istituto;
a parere dell'interrogante, a seguito di tali considerazioni, risulterebbe di dubbia legittimità, una volta attribuito l'indirizzo ad una scuola e scaduti i termini, limitarne le iscrizioni senza aver preventivamente informato le famiglie -:
se e come intenda intervenire affinché sia data piena attivazione, per i casi citati in premessa, a quanto previsto dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 15 marzo 2010, dalla circolare ministeriale 101 del 2010 e del decreto di dimensionamento dell'ufficio scolastico regionale del Lazio del 19 gennaio 2011.
(4-12155)

ZAZZERA e DI GIUSEPPE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi tre anni, in applicazione dell'articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 («finanziaria estiva» 2008) recante «norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale utilizzo delle risorse umane della scuola», sono stati tagliati oltre 8 miliardi di euro nella scuola;
con la nota n. 10572 del 6 aprile 2011 inviata dal dirigente dell'ufficio X (ufficio scolastico regionale-provincia di Roma) è stata comunicata la dotazione organica dei docenti per le scuole elementari da applicare per il prossimo anno scolastico;
i tagli insostenibili coinvolgono anche tutte le scuole di Roma e provincia; a fronte di un aumento di nuove iscrizioni di circa 1600 alunni, sono state tagliate 111 classi e le nuove richieste (circa 50) di classi a tempo pieno non sono state soddisfatte;
la conseguenza sarà che nel prossimo anno scolastico si avrà un significativo aumento di alunni per classe anche in presenza di bambini diversamente abili,

fino a 29, nonostante la normativa vigente preveda un massimo di 23 bambini; il tutto a svantaggio della continuità didattica, dello smembramento del gruppo classe e della sicurezza per i bambini e per personale;
soltanto a Roma si è verificata, rispetto alle richieste dei Dirigenti scolastici e all'organico di fatto assegnato nel 2010-2011, una riduzione di più di mille docenti di scuola elementare; inoltre, nelle scuole non sono stati assegnati i docenti specialisti di lingua inglese, mentre nell'anno scolastico 2010-2011, erano circa 270; i docenti di sostegno in organico di diritto sono stati assegnati, per quasi tutte le scuole, con un rapporto di 1 ogni 4 alunni, circa;
in particolare, nella scuola romana Elsa Morante-Sant'Andrea, situata in una zona periferica di Roma, riconosciuta come ricadente in area rischio anche per la presenza di circa il 30 per cento di bambini stranieri, per il prossimo anno, sono state tagliate 5 cattedre (4 curriculari e un'insegnante specialista di inglese); ciò metterà seriamente a rischio il tempo pieno per le prime classi e per una classe quarta ora funzionante a tempo pieno, senza contare i problemi di riorganizzazione per gli insegnanti restanti per coprire tutte le classi, soprattutto per l'incertezza relativa al numero degli insegnanti con incarico annuale che saranno confermati a settembre;
inevitabilmente questo porterà a variazione del numero degli alunni nelle classi che potrebbe arrivare ad un totale di 28/29 bambini, nonostante l'ASL, per evidenti problemi di vivibilità e di sicurezza, abbia certificato un massimo di 23 bambini per classe -:
se il Ministro non ritenga opportuno riformulare gli organici di diritto attenendosi scrupolosamente al rispetto della normativa vigente in tema di sicurezza e delle esigenze di carattere didattico-pedagogico evidentemente non compatibili con il numero di alunni previsto.
(4-12159)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
l'articolo 19, comma 2, del decreto-legge 28 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, della legge 28 gennaio 2009 n. 2, ha previsto in via sperimentale per gli anni 2009-2010-2011 l'erogazione di una somma in un'unica soluzione pari al 10 per cento del reddito percepito l'anno precedente, ai collaboratori coordinati e continuativi di cui all'articolo 61, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, iscritti in via esclusiva alla gestione separata presso l'INPS di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, con esclusione dei soggetti individuati dall'articolo 1, comma 212, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, i quali soddisfino in via congiunta le seguenti condizioni:
a) operino in regime di monocommittenza;
b) abbiano conseguito l'anno precedente un reddito superiore a 5.000 euro e pari o inferiore al minimale di reddito di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 2 agosto 1990, n. 233, e siano stati accreditati presso la predetta gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, un numero di mensilità non inferiore a tre:
c) nell'anno di riferimento sia stato accreditato presso la predetta gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, un numero di mensilità non inferiore a tre;
d) non risultino accreditati nell'anno precedente almeno due mesi presso la

predetta gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335;
secondo la relazione tecnica allegata alla proposta di legge il reddito di cui alla lettera b) equivale, per l'anno 2008, a circa 13.820 euro;
l'articolo 2, comma 130, della legge 23 dicembre 2009 n. 191 ha modificato la disposizione in questione per gli anni 2010-2011 elevando la somma al 30 per cento del reddito percepito l'anno precedente, parzialmente modificando i requisiti per l'accesso. In particolare il reddito massimo è stato portato a 20.000 euro; con riguardo all'anno di riferimento il collaboratore deve essere stato accreditato presso la gestione separata INPS per almeno un mese, deve risultare senza lavoro da almeno due mesi e con almeno tre mensilità accreditate, nell'anno precedente, presso la predetta gestione separata. Rimangono fermi i requisiti originari per coloro che hanno maturato il diritto all'erogazione entro il 31 dicembre 2009;
secondo il rapporto sulla coesione sociale nell'anno 2010 diffuso dall'Inps nel dicembre del 2010 i collaboratori che non hanno versato contributi alla gestione separata nell'anno 2009 (presumibilmente perché hanno cessato il proprio contratto di collaborazione) sarebbero circa 147.000, riducendo il numero delle collaborazioni attive nei confronti della gestione separata INPS a 1.463.214 da 1.610.594 del 2008;
come segnalato in precedenti atti di sindacato ispettivo (Miglioli 5-01611 e 5-02329), ai quali il Governo non ha ancora risposto, sembrerebbe che soltanto un numero esiguo di una tantum siano state effettivamente liquidate, di fronte a una platea di collaboratori disoccupati estremamente più vasta. Tale esiguità sarebbe motivata dalla ristrettezza dei criteri e da alcune ulteriori restrizioni interpretative da parte del soggetto erogante, cioè l'Inps;
il rapporto Inps 2010, presentato alla Camera dei deputati il 25 maggio 2011, nelle 335 pagine non fornisce alcun dato sulla misura limitandosi soltanto ad enunciarne l'esistenza -:
quante siano le erogazioni della misura una tantum per collaboratori di cui all'articolo 19, comma 2, del decreto-legge 28 novembre 2008, n. 185, e successive modificazioni, negli anni 2009, 2010 e 2011;
quante richieste siano state prodotte per ciascun anno, quante siano state accettate e quali siano le principali motivazioni dei rifiuti;
quante siano le risorse stanziate, quante siano quelle utilizzate e quante attualmente disponibili;
quanti siano i beneficiari divisi per area geografica, età e genere e, ugualmente, quanti siano coloro a cui è stata negata l'erogazione divisi per area geografica, età e genere;
quali siano gli strumenti che sono stati utilizzati per pubblicizzare l'esistenza della misura una tantum.
(2-01106)
«Madia, Zampa, Melis, Gnecchi, Pedoto, Siragusa, Gatti, Miglioli, Santagata, Berretta, Froner, Murer, Mattesini, Livia Turco, Lenzi, Bossa, Braga, Zucchi, Pompili, Pes, D'antona, Motta, Colombo, Antonino Russo, Strizzolo, Cuperlo, Garofani, Losacco, Pierdomenico Martino, Vaccaro, Bobba, Castagnetti, Coscia, Fontanelli, Servodio, Schirru, Mogherini Rebesani, Graziano, Picierno, Samperi, Bellanova, Trappolino».

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
il drastico ridimensionamento dei fondi statali di carattere sociale deciso da

questo governo ha comportato l'agonia nonché la fine di importanti politiche socio assistenziali;
la stessa Conferenza delle regioni e delle province autonome ha espresso in data 5 maggio 2011, in un documento ufficiale molta preoccupazione e disagio «per l'andamento che hanno assunto i finanziamenti nazionali a favore delle Politiche Sociali e della Famiglia: a partire dal mancato rifinanziamento del Fondo per le non Autosufficienze, che sta creando gravi problemi a tutte le regioni ma soprattutto ai non autosufficienti, al Fondo Nazionale Politiche Sociali, già fortemente penalizzato con i tagli alla finanza regionale del 2010, che ha subito una ulteriore decurtazione, di 55 milioni di euro rendendolo pari al 47 per cento di quanto è stato erogato nel 2010, a sua volta già molto decurtato rispetto le precedenti annualità. Stessa sorte hanno subito i Fondi per la Famiglia, già dimezzati rispetto al 2010, ed ora ulteriormente ridotti di 25 milioni di euro. Anche per le Politiche Giovanili a fronte di un Accordo Quadro che doveva garantire un triennio (2010/2012) i finanziamenti del 2011 e 2012 non sono oggi reperibili nel bilancio statale. Anche se tecnicamente i "tagli" citati, sono considerati accantonamenti, è certo che in oggi tali finanziamenti non sono disponibili e non possono essere erogati alle Regioni e da queste ai Comuni. Ciò, provoca gravi disagi alle Amministrazioni ma soprattutto, ridurrà le prestazioni a favore delle fasce deboli, in un momento, dove non è difficile osservare che i problemi sociali e delle famiglie sono in aumento e non in diminuzione»;
il taglio più significativo riguarda il Fondo nazionale per le politiche sociali (FNPS) di cui all'articolo 20 della legge n. 328 del 2000;
le risorse del FNPS, che rappresenta la principale fonte di finanziamento statale degli interventi di assistenza alle persone e alle famiglie, contribuiscono in misura decisiva al finanziamento della rete integrata dei servizi sociali territoriali attraverso la quota del fondo ripartita tra le regioni (che a loro volta attribuiscono le risorse ai comuni, che erogano i servizi ai cittadini in conformità ai Piani sociali di zona).
la manovra di bilancio per il 2011 ha cancellato poi ogni stanziamento per il Fondo per la non autosufficienza, istituito dall'articolo 1, comma 1264 della legge finanziaria per il 2007 e finalizzato a garantire su tutto il territorio nazionale l'attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali in favore delle persone non autosufficienti;
in generale tutti i fondi di carattere sociale sono stati tagliati, il Fondo politiche per la famiglia, per le politiche giovanili, per il piano nidi, per l'affitto, per il servizio civile, per l'infanzia e l'adolescenza; per l'inclusione sociale degli immigrati, per le pari opportunità;
sul tema del rispetto dei ruoli fra livelli istituzionali e sussidiarietà orizzontale, per quanto riguarda, ad esempio, la sperimentazione della social card, che il decreto cosiddetto milleproroghe attribuisce ad enti caritativi che devono poi assegnarla direttamente alle persone in condizione di bisogno, non vengono rispettate le competenze, «bypassando» la programmazione regionale e il principio di «leale collaborazione» tra livelli istituzionali, già introdotto dalle modifiche del Titolo V della Costituzione e maggiormente sottolineato dalla legge n. 42 del 2009 sul Federalismo fiscale e amministrativo -:
quali misure economiche e finanziarie il Governo intenda assumere affinché le politiche sociali nel loro complesso tornino ad essere una priorità per questo Governo ed i fondi sociali precedentemente decurtati tornino ad avere le risorse economiche e finanziarie adeguate ad una reale e concreta politica di inserimento sociale delle fasce più bisognose;
quali siano i tempi entro cui il Governo intenda definire, in collaborazione con gli altri enti interessati, i livelli essenziali delle prestazioni sociali, al fine di

poter offrire ai cittadini più vulnerabili, le risposte dovute ai loro bisogni per una partecipazione vera ed attiva alla società civile;
quale sia allo stato attuale l'applicazione della «nuova social card» introdotta con il decreto cosiddetto milleproroghe, in particolare la sua diffusione e la sua utilizzazione;
quali siano le misure che il Governo intenda assumere in relazione alla problematica della non autosufficienza posto che, come ricordato da una recente ricerca promossa dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, a fronte di almeno 2,6 milioni di persone non autonome nello svolgere le normali funzioni quotidiane, le risorse pubbliche destinate a sostenere le disabilità e la non autosufficienza sono assolutamente esigue in rapporto a quanto accade nel resto d'Europa.
(2-01104)
«Livia Turco, Fontanelli, Miotto, Sarubbi, Bossa, Murer, Grassi, Bucchino, Sbrollini».

Interrogazioni a risposta scritta:

GIANNI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) ha riconosciuto, al signor Francesco Scicolone, 21 anni di esposizione all'amianto, ma, secondo l'Inps di Caltanissetta all'operaio non va certificata nemmeno la malattia professionale;
la persona in questione ha, giustamente, deciso di ricorrere per le vie giudiziarie contro la decisione presa dalla locale sezione dell'Inps; ciò nonostante appaiono del tutto incomprensibili le motivazioni che avrebbero portato l'Inps a prendere tale decisione, pur in presenza di un pronunciamento ufficiale da parte dell'Inail;
tale decisione appare del tutto ingiustificata in una situazione, come quella del comune di Gela, dove, purtroppo, si continuano a registrare decessi di operai dovuti, quasi certamente, all'esposizione all'amianto -:
se non si ritenga urgente compiere tutti gli accertamenti amministrativi del caso per verificare le motivazioni addotte dai responsabili della sede dell'Inps di Caltanissetta per non riconoscere al signor Scicolone gli anni di esposizione all'amianto, così come era stato certificato dal responsabile dell'Inail della stessa città;
come si intenda agire nel caso si accertasse negligenza e superficialità da parte di chi ha preso la decisione nella locale sezione dell'Inps, in merito alla situazione sopra esposta.
(4-12152)

GARAGNANI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
i controlli posti in essere dall'INPS assumono qualche volta l'aspetto di vessazioni vere e proprie nei confronti delle aziende di Bologna, alle quali di fatto, in alcuni casi, verrebbe impedito di svolgere la propria normale attività per effetto della presenza continuativa di persone estranee all'azienda medesima;
ad avviso dell'interrogante è necessario che la normale e giusta verifica del rispetto della legislazione vigente da parte degli esercenti attività economiche non si trasformi in pregiudizio nei confronti della libera impresa, con conseguenze anche psicologiche derivanti dal continuo timore di essere controllati in modo a volte «poliziesco» non conforme ad un Paese democratico, nel quale gli organi dello Stato deputati al controllo sulle varie attività economiche delle imprese non possono e non devono essere visti come grandi inquisitori; il tutto ovviamente non per facilitare le violazioni della legge, ma per garantire una pacifica convivenza sociale;

va aggiunto che le visite fiscali della Guardia di finanza, pure altrettanto frequenti, e dei funzionari delle aziende sanitarie locali, a volte effettuate per inezie con eccesso di zelo, creano un clima che turba il normale equilibrio lavorativo di tutti coloro che operano all'interno di un'azienda, clima che, evitando generalizzazioni improprie, a giudizio dell'interrogante, risente ancora oggi, nella città e provincia di Bologna, di una forzata ideologizzazione favorita anche dall'atteggiamento negativo di molti enti locali, tendenti a vedere nell'attività di impresa più un fattore di disturbo da controllare che non un elemento di ricchezza per tutta la collettività -:
se il Governo intenda assumere iniziative volte a modificare l'attuale normativa o a impartire direttive precise, salvaguardando i diritti elementari alla salute ed alla previdenza per garantire una effettiva libertà di impresa e una minore discrezionalità ai funzionari, dei quali non si vuole minimamente contestare la professionalità ma al limite, in determinati casi, un eccesso di zelo.
(4-12160)

NUCARA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro del turismo, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il Consiglio dei ministri, nella riunione del 5 maggio 2011, ha approvato uno schema di decreto legislativo concernente il testo unico dell'apprendistato;
il provvedimento definisce l'apprendistato come contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato all'occupazione dei giovani ed affida alle parti sociali un'ampia delega per la disciplina dell'istituto, affinché esso possa essere declinato nelle forme che meglio si attagliano alle caratteristiche dei diversi settori economici e dei singoli territori;
il contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti da aziende del settore turismo ha da tempo istituito un articolato sistema di tutele in favore degli apprendisti stagionali assunti a tempo determinato, tra le quali il diritto di precedenza nella riassunzione per la stagione successiva, la definizione di un limite specifico per la durata massima dei rapporti, la possibilità di essere richiamati in azienda in occasione di eventi che si svolgono tra una stagione e l'altra (manifestazioni, fiere, week end, e altro) e la possibilità di svolgere le attività formative durante i periodi di bassa stagione;
il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, aderendo alle sollecitazioni delle parti sociali, in passato ha più volte fornito indicazioni utili a consentire lo svolgimento dell'apprendistato in cicli stagionali;
la stagionalità costituisce una caratteristica strutturale del settore turismo, in seno al quale è occupato più di un milione di lavoratori dipendenti;
l'apprendistato costituisce il principale canale d'ingresso dei giovani nel mercato del lavoro turistico, che dà lavoro ogni anno a circa ottantamila apprendisti occupati in alberghi e ristoranti, di cui circa trentamila assunti con contratto stagionale;
per tal via viene offerta una importante opportunità d'impiego agli allievi degli istituti tecnici e professionali, che frequentemente prestano la propria opera con contratto di apprendistato stagionale presso aziende del settore del turismo durante i periodi di sospensione dei corsi scolastici;
se non ritengano opportuno assumere iniziative volte a modificare lo schema di decreto legislativo di cui in premessa, al fine di precisare esplicitamente che:
a) gli accordi o contratti collettivi di categoria stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative possono prevedere lo svolgimento dell'apprendistato in cicli stagionali, anche mediante contratti a tempo determinato;

b) l'impegno formativo previsto per la formazione dell'apprendista è commisurato alla effettiva durata del rapporto di lavoro, evitando ingiustificate discriminazioni e assicurando quindi che il numero di ore di formazione previste per l'apprendista che lavori per diciotto mesi distribuiti su tre stagioni sia pari a quello previsto per l'apprendista che lavori per diciotto mesi consecutivi;
c) nelle more della definizione dei suddetti accordi o contratti collettivi, è salvaguardata la possibilità di svolgere l'apprendistato in cicli stagionali, in conformità a quanto previsto dai vigenti contratti collettivi.
(4-12171)

MADIA, GATTI e MIGLIOLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 2, commi 144, 145, 146 e 147 della legge 23 dicembre 2009, n. 1919 (legge finanziaria per il 2010) dispone, per il tramite dell'agenzia strumentale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Italia Lavoro spa, lo stanziamento di 65 milioni di euro, per l'anno 2010, destinati a favorire l'occupazione delle fasce deboli della popolazione;
il dispositivo prevedeva di erogare premi differenziati (in base alla tipologia ed alla durata contrattuale) agli operatori del mercato del lavoro (autorizzati) che favorissero l'inserimento lavorativo di persone disoccupate iscritte agli elenchi INPS;
risulta agli interroganti che la suddetta normativa sarebbe inapplicata e gli stanziamenti non utilizzati;
risulta altresì agli interroganti che il Ministro in oggetto intenda indirizzare tali fondi al finanziamento del futuro Testo unico sull'apprendistato -:
se corrisponda al vero che le somme di cui all'articolo 2, commi 144, 145, 146 e 147 della legge 23 dicembre 2009, n. 1919 (legge finanziaria per il 2010) non siano state ancora utilizzate e quindi la società Italia lavoro spa non possa ottemperare, nei termini di legge, alla verifica e al monitoraggio degli effetti delle disposizioni citate identificando i costi e l'impatto delle misure, nonché la nuova occupazione generata per area territoriale, età, genere e professionalità;
se il Governo non ritenga sia più utile individuare modalità efficaci e rapide per l'utilizzo delle risorse a suo tempo stanziate mettendole a disposizione delle province, responsabili dei centri per l'impiego, affinché possano utilizzarle - attraverso una convenzione con Italia Lavoro spa - nei termini previsti dalla normativa.
(4-12192)

...

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:

GASBARRA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
da mesi i produttori italiani di kiwi denunciano uno stato di crisi provocato dal batterio PSA;
l'Italia è uno dei principali produttori mondiali di kiwi;
il batterio Psa ha colpito l'80 per cento della produzione, in particolare nelle province di Latina, Frosinone, Roma e Viterbo;
le associazioni dei produttori denunciano una perdita di circa 60 milioni di euro;
il batterio ha messo in stato di crisi migliaia di produttori italiani e del Lazio in particolare, colpendo duramente i livelli occupazionali;

il settore ha bisogno di misure straordinarie -:
quali interventi abbia intenzione di adottare per tutelare i produttori e risollevare l'intero comparto, ivi compresa la dichiarazione dello stato di calamità.
(4-12168)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto documenta un video di Gennaro Savio, attualmente e da anni, secondo i pescatori di Forio d'Ischia, pescherecci della Terraferma «posizionano in modo fisso e stabile migliaia di nasse in lunghissimi filari quasi paralleli a pochi metri dalla costa. Ciò ha creato una barriera nella quale qualsiasi esemplare che si imbatte, di dimensione anche ridotta, viene inevitabilmente attratto dall'esca che vi è all'interno e di conseguenza catturato. Per effetto di ciò si è gravemente alterato l'equilibrato sviluppo della fauna ittica in quanto è venuta a mancare una corretta riproduzione ciclica. Di conseguenza la già scarsa presenza faunistica si è ulteriormente impoverita»;
i pescatori di Forio da anni hanno rinunciato alla pesca con le nasse per evitare di arrecare danno all'ambiente marino;
le nasse sono dei contenitori reticolati nei quali si inseriscono dei pesci morti che fanno da esca attirando pesci di varie dimensioni che rimangono impigliati al loro interno. La nassa viene definita trappola mobile perché per legge (articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 2 ottobre 1968 n. 1639) deve essere calata in mare e salpata dopo una breve sosta;
tale tipo di pesca, viene effettuato indiscriminatamente ed in modo contrario a quanto previsto dalla legge perché le nasse risultano essere costantemente immerse e vengono salpate solo per pochi minuti al fine di prelevare il pescato. Ciò comporta un ulteriore problema poiché detto attrezzo è fonte di inquinamento del mare. L'esca all'interno delle nasse, costituita di piccoli pesci o crostacei già morti, viene lasciata per lunghi periodi immersa unitamente alle nasse e quindi va in decomposizione e putrefazione. Se si calcola che i menzionati attrezzi sono disseminati a migliaia lungo le coste, si può facilmente immaginare la vastità del'inquinamento che essi producono; inoltre le nasse intralciano gli altri attrezzi da pesca dei pescatori locali, in speciale modo le reti da posta. Difatti la presenza delle nasse nei fondali non è affatto segnalata e spesso capita che nelle immediate vicinanze al di sopra vi sono le reti dei pescatori locali. Nel tirare le nasse i pescherecci imbrigliano di conseguenza anche la rete e la rovinano irrimediabilmente, tagliano e gettano a mare i resti. Ciò capita in qualsiasi orario, sia di giorno che di notte e quindi resta pure difficile prevenire le operazioni dei pescherecci;
come evidenziano i pescatori locali in un esposto inviato dal presidente Domenico Barone al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, alla Capitaneria del porto di Napoli e all'Ufficio circondariale marittimo di Ischia, occorrerebbe quindi apportare dei correttivi alla normativa riguardante tale tipo di pesca, con limitazioni sia di carattere temporale, che territoriale, in modo da consentire il naturale ciclo produttivo della fauna ittica -:
quali iniziative intenda in proposito assumere il Ministro in merito al problema evidenziato in premessa;
in particolare se ritenga di consentire, come da antica consuetudine, la pesca con le nasse solo nel periodo antecedente alle festività natalizie e in prospettiva di tali ricorrenze il che consentirebbe di salvaguardare le specie marine nel periodo della fecondazione e riproduzione che avviene in primavera e nei primi mesi della stagione estiva;
se e come intenda meglio regolamentare l'uso delle nasse.
(4-12186)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato sul quotidiano ecologista Terra del 1o giugno 2011, si apprende che a Pontinia, sono stati rinvenuti fanghi sulle sponde del fiume Ufente che sarebbero provenienti da un'azienda casearia di Marcianise (Caserta) e sarebbero stati depositati sul terreno dell'azienda Fondana Allevamenti. Si tratta di circa 272 tonnellate divise in 8 cumuli;
secondo il rapporto della polizia provinciale e dell'Arpa, l'azienda avrebbe l'autorizzazione a stoccare questo tipo di fanghi ma le operazioni, sarebbero avvenute in difformità dalla stessa autorizzazione sulle sponde del fiume, senza rispettare la distanza minima;
la proprietà della società Fondana Allevamenti comprende una superficie di oltre 50 ettari nelle campagne del comune di Pontinia tra l'Appia, la Migliara 54 e l'Ufente dove sembra siano in corso ulteriori accertamenti;
non si tratta, peraltro, di un episodio isolato, poiché negli anni passati sono stati rinvenuti migliaia di fusti tossici nell'area industriale di Mazzocchio, si sono verificati alcuni incendi (all'azienda Sep 2, al centro di compostaggio e nei terreni circostanti), nell'area dell'ex Mira Lanza; c'è stato l'abbandono di rifiuti sulla sorgente Fontana di Muro, nell'area dei Gricilli (di proprietà della regione Lazio), nello stesso fiume Ufente, nella discarica abusiva della Migliara 49 -:
di quali informazioni disponga il Governo in merito ai fatti riferiti in premessa e quali iniziative di competenza intendano adottare a tutela della salute e dell'ambiente dei cittadini rispetto ad un'area che ha una forte vocazione agricola.
(4-12187)

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SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riferito dal garante dei detenuti di Livorno, dottor Marco Solimano, nel carcere delle Sughere «le condizioni di vita dei detenuti sono tutt'altro che migliorate. Una relazione dell'Asl ha stabilito che all'interno del carcere a causa delle condizioni fatiscenti c'è rischio di contrarre tubercolosi e scabbia e quindi diventa anche un pericolo per la salute pubblica. Per questo si potrebbero anche percorrere vie istituzionali per mettere in mora il ministero»;
sempre secondo quanto riferito dal garante e riportato dal quotidiano Il Tirreno del 29 maggio 2011, nel carcere di Livorno ci sono due docce per 65 persone. Nelle docce sono cresciute muffe e muschio. Sono terminati i disinfettanti, le lenzuola non vengono cambiate con regolarità. Le celle sono poco più di 8 metri e ci stanno in tre dove sono chiusi per 20 ore: devono fare i turni perché uno di loro faccia tre passi in un metro e mezzo -:
se intenda dotare il carcere di Livorno di un numero di docce proporzionato alla quantità dei detenuti ivi presenti;
se intendano, negli ambiti di rispettiva competenza, procedere ad una ispezione all'interno del predetto istituto di pena al fine di verificare se quanto detto dal garante dei diritti dei detenuti corrisponda al vero e, nel caso fossero riscontrate situazioni non tollerabili dal punto di vista igienico-sanitario, assumere urgentemente gli opportuni provvedimenti;

a quando risalga l'ultima relazione della ASL in merito ai requisiti igienico-sanitari di tutti gli ambienti del carcere di Pavia e cosa vi sia scritto in tale relazione.
(4-12181)

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
«IARC classifica le radiazioni elettromagnetiche come eventualmente cancerogene per gli esseri umani»: questo il titolo del comunicato stampa emesso dall'Organizzazione mondiale della salute in merito alla recente ricerca compiuta dall'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro;
sebbene un tema del genere susciti da sempre una grande attenzione, ciò che appare evidente dal resoconto ufficiale dei lavori del gruppo di ricerca è la grande cautela utilizzata nell'esposizione dei risultati. «il gruppo di lavoro della IARC ha discusso dell'ipotesi che queste esposizioni potrebbe produrre effetti a lungo termine sulla salute», «negli ultimi anni, c'è stata una grande discussione circa la possibilità di effetti avversi per la salute in merito all'esposizione alle radiazioni elettromagnetiche», «l'evidenza è stata rivalutata criticamente»: sono solo alcune delle espressioni scelte per spiegare e diffondere i dati dell'indagine;
l'agenzia dell'Organizzazione mondiale della sanità, in particolare, ha inserito i campi nei quali agiscono le radiazioni elettromagnetiche all'interno del «Gruppo 2B» ossia «potenzialmente cancerogene per gli individui», in base all'incremento del rischio di contrarre il glioma, un tumore al cervello maligno associato all'uso di apparecchi wireless;
la ricerca ha coinvolto 31 scienziati provenienti da 14 paesi, riuniti a Lione dal 24 al 31 maggio per discutere dell'annosa questione scientifica. Nel dettaglio, la discussione e la valutazione della letteratura sull'argomento ha considerato tre categorie particolari concernenti l'esposizione ai campi elettromagnetici: esposizione a radar e microonde sul posto di lavoro, esposizione ambientale associata alla trasmissione di segnali radio, televisivi e wireless e, infine, l'esposizione individuale associata all'uso di telefoni wireless. I ricercatori, dunque, hanno cercato di incrociare i dati sull'esposizione, gli studi sul cancro umano, quelli sperimentali sugli animali e altri dati tecnici rilevanti;
i risultati, come anticipato, invitano alla prudenza. L'evidenza, infatti, «è stata rivalutata criticamente» e definita «limitata» agli utenti di telefoni wireless per quanto concerne il glioma e il neuroma acustico. Tracciare conclusioni in merito ad altri tipi di cancro è stata definita un'operazione «inadeguata» data l'insufficiente qualità, consistenza e potere statistico delle ricerche a disposizione. In particolare, è stata considerata «inconsistente» l'evidenza relativa alla categoria riferita all'esposizione ambientale e professionale. Il team dei 31 non ha quantificato i rischi, ma è stato citato uno studio sull'uso dei telefoni cellulare rilevato fino al 2004, il quale segnala un aumento del rischio di glioma pari al 40 per cento nella categoria degli utenti assidui (30 minuti al giorno su un periodo di 10 anni). Altri ricercatori, come Robert Park del dipartimento di fisica dell'Università del Maryland, contestano queste affermazioni: «il cancro è causato dal mutazioni dei filamenti di DNA. Le radiazioni elettromagnetiche non possono causare la mutazione dei filamenti di DNA a meno che la frequenza non sia pari o superiore alla parte blu dello spettro visibile o nell'ultravioletto. La frequenza dei cellulari è circa 1 milione di volte più bassa»;
Jonathan Samet (della University of Southern California), a capo del gruppo di ricerca, ha spiegato che «l'evidenza, sebbene ancora da accumulare, è rilevante abbastanza da supportare una classificazione di tipo 2B. Tale conclusione significa che potrebbe esserci del rischio e, dunque, è necessario mantenere uno sguardo attento sul collegamento tra telefoni cellulari

e rischio di tumore». E, dunque, date le potenziali conseguenze per la salute pubblica - sostiene Cristopher Wild, Direttore della IARC - è importante che siano condotte altre ricerche sul lungo periodo circa l'uso significativo di telefoni cellulari -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti e, nell'eventualità positiva, quali iniziative urgenti intenda porre in essere per garantire la massima conoscibilità dei risultati degli studi effettuati dall'Organizzazione mondiale della sanità e per garantire un adeguato sistema di ricerca di lungo periodo sulle potenziali conseguenze per la salute pubblica derivanti dall'eccessiva esposizione a radiazioni elettromagnetiche.
(4-12188)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, per sapere - premesso che:
tutte le statistiche ci dicono che in Italia s'investe poco sia nel manufacturing sia nei servizi, ancor meno nella ricerca. Secondo le classifiche europee siamo il Paese dove è più difficile creare business insieme alla Grecia e uno dei più ostici al mondo. Le condizioni generali sono note. Tuttavia, vale sicuramente la pena di soffermarsi sulle ragioni di questa scarsa propensione all'investimento nel nostro Paese. Prima di tutto si dà conto di chi potrebbe investire e successivamente delle ragioni per cui non lo fa;
un investimento importante è una scommessa a lungo termine su un sistema Paese, e questa scommessa la può fare chi ha capitali a disposizione, è attrezzato con competenze per valutare delle alternative;
se questa decisione la deve prendere un'azienda straniera il confronto tra più Paesi è obbligato. Se invece la decisione spetta ad una azienda italiana o che ha già investimenti in Italia il processo decisionale è in primo luogo influenzato dai costi di un'eventuale delocalizzazione. Ne consegue che nuovi investimenti effettuati da aziende estere possono essere attirati altrove, ma anche che le aziende che già sono in Italia dovrebbero avere un tasso d'investimento almeno pari alle loro omologhe straniere. Invece così non è;
tra le ragioni principali di questa stasi ve ne sono alcune che riguardano le aziende e che spiegano la scarsa propensione all'investimento dell'imprenditoria italiana. Altre invece dipendono dalle condizioni che un investitore trova nella nostra nazione e quindi riguardano tutti e, se vogliamo, definiscono appunto la «facilità del fare business in Italia»;
non è questa la sede per analizzare l'evoluzione che l'impresa ha avuto in Italia negli ultimi 30 anni ed il ritardo della piccola e media azienda nel dotarsi di quegli strumenti che la renderebbero oggi appetibile per un investitore. Strumenti che risultano essere la base per una crescita degli investimenti. Infatti le nostre aziende medio piccole non hanno potuto e qualche volta saputo investire in informatica, sicurezza, organizzazione, qualità reale. Questo fatto è stato per anni considerato un alleggerimento della struttura aziendale e ha dato la sensazione di esser un elemento di flessibilità e di vantaggio competitivo. Oggi è uno svantaggio strutturale e la richiesta d'informazioni e di organizzazione che il mercato mondiale e le istituzioni finanziarie chiedono, preoccupa per l'onere che questi adempimenti caricano su imprese che per capitalizzazione e cultura non sono in condizione di affrontarlo;
nei confronti di questa richiesta, che spesso viene considerata sterile burocrazia, monta la protesta e l'insofferenza che

si concretizza nel chiedere meno carte e meno burocrazia. Ma l'esigenza di contabilità industriali trasparenti e controllate sistematicamente da organismi terzi, all'estero è regola usuale perché necessaria;
lo stesso può dirsi della dimestichezza con i moderni sistemi di programmazione e di gestione, la consuetudine a produrre le informazioni richieste in forma standard e in inglese è una regola;
qualità, sicurezza, norme ambientali sono effettivamente rispettate da tutti, e ciò rappresenta, naturalmente, anche un costo aziendale. La minor dimensione delle nostre aziende e la distanza da questi standard ormai globali non aiuta questo processo di modernizzazione e impedisce l'accesso a risorse estere che operano secondo questi schemi. La semplicità e la rapidità richiesta è altra rispetto a quella offerta dal nostro sistema;
se così è, dunque, non si comprende perché qualcuno dovrebbe investire in Italia avendo la possibilità di andare altrove. Il possibile investitore valuta una serie di aspetti: il mercato, l'offerta di lavoro, le scuole, l'università, le infrastrutture, l'interazione con il territorio e l'attenzione che le amministrazioni dedicano all'investimento;
il mercato italiano è un grande bacino di utenza composto da un pubblico sofisticato e mediamente benestante. Queste considerazioni sono vere se le si compara in valore assoluto medio sia nei confronti del mercato americano sia con quello asiatico. Ciò che sicuramente è cambiato nel consumatore europeo così come in quello americano è il «mood» che determina la spesa per beni e servizi. Questa nuova propensione del consumatore maturo occidentale, un consumatore che si muove più per sostituire ciò che ha già, sposta l'attenzione di tutti i settori verso i mercati asiatici e non è probabile che a tempi brevi la situazione possa cambiare;
da questo cambiamento di atteggiamento deriva una riduzione della spesa in assoluto ed una riduzione della qualità della spesa, facendo diventare l'Italia un mercato meno appetibile per prodotti di alta gamma. Non stupisce che in questo contesto marchi importanti della moda italiana decidano di quotarsi in Oriente, mercato ormai più vicino alle loro nuove prospettive;
l'offerta di lavoro di questi tempi è ampia in tutta Europa e negli Stati Uniti e l'Italia non esce troppo male dal confronto di costo medio di tale offerta nei confronti dei concorrenti continentali ed americani;
certamente la vicenda FIAT ha riportato la luce dei riflettori su una situazione in cui il lavoro in produzione nel nostro Paese è al contempo poco remunerato e poco efficiente, ricordandoci come la sfida della produttività si giochi su queste variabili. Da una parte le aziende, soprattutto quelle dove il costo del lavoro incide in modo importante sul costo di produzione, chiedono di poter differenziare i salari in funzione della produttività. Dall'altra anche perché il valore in termini assoluti di questi salari è molto basso, il sindacato difende lo status quo resistendo alle richieste di flessibilizzazione e semplificazione delle regole;
un nuovo investitore deve valutare se l'ampia disponibilità di mano d'opera di buon livello qualitativo compensi una rigidità normativa e una produttività distante da quella dei nostri partner europei più competitivi;
dolente il confronto sui sistemi di istruzione. Tutti i test comparativi degli ultimi anni sulle scuole medie superiori e sulle nostre università hanno dato esito impietoso soprattutto nelle materie scientifiche nel confronto non solo dei nostri partner del G20 ma anche di molti Paesi in via di sviluppo;
la spesa per la scuola è relativamente più bassa della media europea, ma quello che diverge in modo imbarazzante è la disponibilità di denaro per la ricerca rispetto alla spesa per il personale. La spesa

è poco focalizzata come dovrebbe su pochi atenei di qualità globale. Tutti vogliono la loro università sotto casa che generalmente non compete mai per i maggiori premi internazionali e non è quindi in condizione di attirare investimenti dall'estero basandosi sulle proprie competenze;
a fronte di risorse decrescenti urge un dibattito serio su che cosa si deve fare per dare al Paese un'università più competitiva e con regole di funzionamento e gestione confrontabili con i competitori esteri;
come sempre non si può generalizzare ed esistono eccellenze notevoli ma se si ci aspetta che un'azienda possa investire in Italia perché attirata dalla qualità delle nostre università, la delusione sarebbe all'ordine del giorno. Il nanismo dell'industria italiana certo non aiuta gli investimenti in ricerca dell'industria privata; la quasi totale assenza di fondi pubblici per la ricerca porta l'Italia in fondo a tutte le classifiche di settore;
una lettura attenta del sistema del credito di imposta per la ricerca scientifica lascia profondamente delusi. Si prevede che acceda al credito di imposta quella azienda che affidi ad università o struttura di ricerca affine un valore di ricerca in eccesso a quella fatta nel triennio precedente. Questo esclude o penalizza per definizione chi la ricerca la fa già da tempo e spinge le aziende ad avvalersi di strutture pubbliche che il Governo stesso ha fortemente penalizzato criticandone l'efficienza spesso a ragione;
la ricerca è una cosa seria, globalizzata, che prevede investimenti costanti e di lungo periodo. Questa l'esperienza di un imprenditore pubblicata su fonti di stampa: «Intenzionato a investire 200 milioni in ricerca, 40 milioni all'anno nei prossimi cinque anni, ho personalmente chiesto al Ministero dell'Economia e delle Finanze 200 milioni di matching funds per una ricerca che dia speranza alla chimica italiana e la risposta testuale è stata: "Lei non si rende conto delle condizioni in cui verte il Paese. Non ci sono contributi per 200 milioni su un singolo progetto per quanto interessante, neanche come matching funds. Questi contributi ci sono però in Corea, in Cina ma anche in Turchia e in Russia, oltre naturalmente in Francia, Germania, Danimarca, Canada"»;
un altro punto dolente del sistema Paese, uno dei più critici per una decisione d'investimento in Italia riguarda le infrastrutture. Nel nostro Paese il costo dell'energia è uno dei più alti del mondo industrializzato. I trasporti avvengono per una larga parte su gomma e le infrastrutture ferroviarie sono così penalizzate che le Ferrovie nel tentativo di recuperare competitività complessiva stanno tagliando e razionalizzando molti raccordi industriali già esistenti sul territorio escludendo una politica di promozione del trasporto su rotaia. L'Italia è un Paese dove i raccordi si chiudono e non si moltiplicano;
il ritardo importante accumulato dalle grandi opere di mobilità merci sia ferroviaria sia portuale ne mettono in discussione la realizzazione stessa. Se un imprenditore decidesse di investire in Italia il costo del trasporto e dei servizi non sarebbe un elemento che farebbe pendere la bilancia a favore del nostro Paese;
la cosa più preoccupante in questo settore è che non esiste un largo consenso politico nel Paese a favore della realizzazione delle infrastrutture. Quando le popolazioni coinvolte nell'opera devono valutare un non precisato vantaggio collettivo rispetto al disturbo facilmente verificabile che la realizzazione dell'opera reca per lunghi anni, la loro reazione lascia spazio a forti contestazioni che altro non sono che la presa di coscienza di un malessere profondo;
la conclusione è che l'Italia che ha goduto per buona parte della seconda metà del secolo scorso d'infrastrutture competitive, negli ultimi venticinque anni ha accumulato un ritardo grave che aumenta di anno in anno. Una soluzione strutturale non sembra immediata;

anche i rapporti con le amministrazioni pubbliche sono un tema fondamentale per le decisioni d'investimento da parte di un imprenditore, italiano o straniero che sia. E questo è anche il settore dove la differenza tra l'Italia e quasi tutto il resto del mondo è maggiore;
assumendo che le perplessità elencate prima fossero superate, l'imprenditore che deve decidere l'investimento si pone sempre il problema di come e con quali tempi questa sua decisione verrà valutata dal territorio e dalle amministrazioni locali;
la nostra legislazione sembra non essere stata emanata per favorire un investimento bensì, al contrario, sembra sia licenziata solo per difendere il territorio dall'impatto che tale investimento porterà;
le nostre amministrazioni non sono organizzate per dare elementi certi all'investitore. Si trovano invece a sostenere i costi importanti che le verifiche che conducono comportano. Il risultato è che quelle amministrazioni che sono favorevoli nella maniera più assoluta ad attirare investimenti sul loro territorio si trovano a dover applicare procedure di controllo senza strutture adeguate, con costi spesso enormi che si risolvono in oneri di urbanizzazione molto importanti. I tempi di queste procedure non sono mai certi ed i ritardi nelle concessioni non generano mai oneri nei confronti delle amministrazioni meno efficienti;
negli Stati Uniti, ad esempio, è compito del sindaco procurarsi i necessari permessi per gli investimenti sul proprio territorio e l'amministrazione comunale ha l'onere di dimostrare la propria sollecitudine. Su di essa ricade il danno economico degli eventuali ritardi;
in Italia, al contrario, con regolarità tutte le volte che qualche investimento viene prospettato sorgono comitati civici che esercitano pressione sugli amministratori che sono assediati dai cittadini, dall'opposizione, dalla stessa maggioranza nei consigli comunali e/o di quartiere. A quel punto gli amministratori badano soprattutto a giustificare la propria condotta nei confronti dell'opinione pubblica e mantenere il proprio consenso;
nella maggioranza dei comuni italiani mancano gli strumenti di programmazione urbanistica e quando ci sono non sono aggiornati al momento della decisione dell'investimento. Un ipotetico investitore deve scegliere il sito in funzione di un piano regolatore approvato anni o decenni prima e soggetto a varianti continue;
non va meglio su altri tipi di investimento. Per ottenere l'atto di approvazione di un piano di ricerca un imprenditore deve attendere in media 260 giorni e quando si supera questo primo esame se ne devono attendere altri 400 per vedere il primo anticipo del cofinanziamento pubblico;
i disincentivi per il nostro possibile investitore sono molti insomma, ma è soprattutto la cronica mancanza di interlocutore interessato e competente a scoraggiare chi fa impresa il quale, magari dopo aver passato anni ad attendere, viene a conoscenza del fatto che i fondi a lui assegnati, assegnati per merito 5 anni prima, rischiano la perenzione per mancanza di «ente pagatore» -:
se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, nell'eventualità positiva, quali iniziative gravi ed urgentissime intendano assumere per far sì che non si trasformi il rischio in pericolo di perdere la scia della competitività, affondando le residue speranze di sviluppo del sistema Paese.
(2-01105)
«Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti».

Interrogazioni a risposta scritta:

ANNA TERESA FORMISANO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
stando a quanto riferito dalle organizzazioni sindacali, la situazione della Videocon di Anagni non accenna a migliorare;

all'entusiasmo iniziale dei lavoratori e dei sindacati allorché la Ssim, società arabo-canadese con sede in Slovacchia, aveva siglato l'accordo preliminare nella sede del Ministero per rilevare e rilanciare l'azienda con un piano industriale innovativo ed incentrato sulla produzione di impianti per l'energia eolica e fotovoltaica e sull'assemblaggio di televisori, è subentrato un clima di paura ed incertezza tra le maestranze;
ad oggi, infatti, non vi sarebbe una manifestazione di intenti vincolante da parte della Ssim e ad aggravare la situazione si aggiungono le lungaggini dei tempi relativi all'omologazione del debito della Videocon da parte del tribunale di Frosinone -:
se non ritenga di convocare al più presto le parti sociali e le imprese interessate veramente a rilevare l'azienda al fine di addivenire ad una soluzione di una vicenda che dura da troppo tempo e che sta pregiudicando il mantenimento dei livelli occupazionali presenti.
(4-12150)

MURER. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nell'incontro avvenuto a Roma, lunedì 23 maggio 2011, nella sede di Confindustria, l'amministratore delegato Giuseppe Bono, ha comunicato il nuovo piano aziendale della Fincantieri;
il piano presentato dal gruppo prevede la chiusura degli stabilimenti di Sestri e di Castellammare di Stabia, e ulteriori 1.215 esuberi negli altri siti italiani;
una delle aree del territorio nazionale più significative dove è insediata Fincantieri è quella di Porto Marghera, dove sono occupati direttamente 1.085 dipendenti addetti solo alla costruzione di parte dello scafo e a funzioni amministrative e gestionali, mentre nella zona trovano occupazione circa 2.800 altri lavoratori; distribuiti in una miriade di piccole imprese di un vasto indotto;
secondo le organizzazioni sindacali i tagli previsti dal piano, oltre a sacrificare per intero le due unità produttive «pienamente valide» (quali Sestri e Castellammare) andrebbero ad incidere anche sui volumi occupazionali di Porto Marghera e del suo indotto; incidendo duramente su un'area industriale e produttiva già messa a dura prova dalla crisi;
lo stabilimento non sarebbe a rischio; al momento: una maxi commessa del gruppo Carnival per due navi da crociera potrebbe garantire l'operatività del cantiere per due anni; i lavoratori però temono che i tagli servano ad aumentare la terziarizzazione dello stabilimento e hanno grossi timori per le prospettive future;
nei giorni scorsi, ripetute proteste si sono registrate anche nella zona di Marghera; con uno sciopero e il blocco di un'importante arteria stradale (via della Libertà, la principale strada che collega Mestre a Venezia), segno che la tensione e la preoccupazione tra i lavoratori sono alte;
in prossimità dell'incontro al Ministero dello sviluppo economico del 3 giugno 2011, le organizzazioni sindacali assieme alle RSU, hanno messo in cantiere un programma di scioperi ed iniziative di protesta anche esterne all'azienda;
il settore è strategico per l'economia del Paese e rappresenta un importante polo di occupazione. I lavoratori della cantieristica navale pubblica sono circa 20 mila; ai fini del rilancio del settore sarebbe opportuno un nuovo piano complessivo, con un adeguamento infrastrutturale dei siti produttivi, con il coinvolgimento di regioni ed enti locali nella definizione degli investimenti necessari; con politiche industriali finalizzate al rilancio della cantieristica navale italiana attraverso l'individuazione di investimenti ed incentivi, in particolare alla ricerca e all'innovazione, che consentano di aumentare la competitività della produzione italiana -:
se non ritenga il Governo di intervenire, con la massima sollecitudine, affinché

si blocchino le linee strategiche e le soluzioni occupazionali individuate dal piano industriale di Fincantieri e sia avviata una discussione su una nuova piattaforma progettuale che coniughi investimenti e incentivi e rilanci la competitività della produzione italiana, garantendo così il mantenimento degli attuali livelli occupazionali sul territorio nazionale.
(4-12151)

MURER. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
si è riacutizzata la protesta dei lavoratori della chimica, in modo particolare di quelli dello stabilimento Vinyls di Porto Marghera; tre lavoratori, infatti, sono saliti nuovamente sulla fiaccola del Petrolchimico, a 150 metri di altezza, iniziando nel contempo uno sciopero della fame, motivandolo come una protesta «contro il commissariamento e la mancanza di prospettive» della loro azienda;
la protesta segue di alcune settimana un'iniziativa analoga avvenuta dopo la mancata conclusione nei termini previsti dell'accordo Eni-Gita per il rilancio di Vinyls, con due operai saliti su una ciminiera con uno striscione e la scritta «Romani-Eni, vogliamo i fatti», e altri operai saliti contemporaneamente sulla stessa fiaccola ai 150 metri di altezza di una torre del Petrolchimico;
la crisi degli stabilimenti produttivi della società Vinyls, di Porto Torres (Sassari), Ravenna e Porto Marghera (Venezia) si protrae ormai da diverso tempo senza adeguata soluzione;
ad avviso dell'interrogante la sottovalutazione da parte del Governo dello stato di crisi degli stabilimenti della Vinyls non ha favorito una soluzione positiva della vicenda ed ora il Paese rischia di perdere un'altra fondamentale filiera produttiva per l'industria italiana;
la questione principale e più importate è la salvaguardia di tutti i siti produttivi e l'adozione di un piano nazionale del settore, con investimenti, innovazione, incentivi in modo da rilanciare la competitività delle aziende e salvaguardare, quindi, i livelli occupazionali;
lo stesso Ministro dello sviluppo economico ha affermato testualmente che il salvataggio degli impianti della Vinyls «garantirebbe l'unitarietà del progetto chimico in Italia per quanto riguarda tutte le produzioni sia della Vinyls sia degli impianti che fanno capo all'Eni»;
ha avuto esito negativo l'offerta avanzata dal fondo Gita, nonostante le rassicurazioni più volte espresse in diverse circostanze e tempi da membri del Governo, dal Ministro competente e dallo stesso Presidente del Consiglio dei ministri; nel corso di un incontro in data 19 aprile 2011 con le istituzioni locali interessate e le parti sociali il Ministro dello sviluppo economico ha reso noto che non sono state concesse al fondo Gita ulteriori proroghe dei termini e che si è reso necessario attivare soluzioni alternative;
tali eventuali soluzioni, allo stato attuale, non garantiscono nessuna certezza sui tempi di chiusura della procedura né sulla massima tutela occupazionale;
per la conclusione positiva della questione è necessario che Eni, come richiamato da più parti, svolga fino in fondo il proprio ruolo per contribuire al rilancio dell'industria chimica nel nostro Paese;
occorre intervenire con urgenza anche perché la protesta dei lavoratori si è incanalata verso forme di lotta che possono recare pregiudizio all'incolumità degli stessi lavoratori -:
quali iniziative il Governo intenda adottare, entro brevi termini, per fornire una risposta adeguata e certa alle vicende descritte in premessa, garantendo la continuità produttiva e la tutela dei livelli occupazionali.
(4-12165)

DI PIETRO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la VII Commissione della Camera sta esaminando la proposta di legge - già approvata in sede legislativa in data 14 luglio 2010 e modificata durante l'esame al Senato conclusosi in data 2 marzo 2011 - recante la nuova disciplina del prezzo dei libri;
la suindicata proposta di legge affida all'editore o importatore di libri la determinazione del prezzo di vendita dei libri al pubblico, e dispone che il prezzo effettivo di vendita al consumatore finale, da chiunque e comunque effettuato, non possa contemplare sconti superiori al 15 per cento;
le disposizioni richiamate non trovano applicazione solo per alcune categorie di libri (d'arte, antichi, edizioni esaurite, e altro), e solo in alcune ipotesi espressamente previste (vendite per corrispondenza, vendite in occasioni di manifestazioni fieristiche o vendite destinate a particolari categorie di consumatori come ONLUS, scuole università e altro) lo sconto può arrivare fino al 20 per cento del prezzo originario;
l'Assogiocattoli, sottoscrittrice della «Dichiarazione sull'importanza vitale del giocattolo», sostiene, ormai, da tempo che il gioco consente, al pari dei libri, una crescita sana ed equilibrata sia in senso fisico che morale stimolando la creatività del bambino;
l'importanza del giocattolo nella socializzazione del bambino, sempre secondo quanto denunciato da molti rivenditori di giocattoli, non riceve da parte delle istituzioni la dovuta considerazione, e ciò a causa della mancata adozione di provvedimenti normativi che contrastino gli effetti prodotti dalle campagne di vendita della grande distribuzione che sempre più tagliano fuori dal mercato i dettaglianti;
i medesimi dettaglianti, che attribuiscono ai giocattoli una funzione educativa e di stimolo simile a quella dei libri, richiedono al legislatore un intervento normativo analogo a quello relativo ai prezzi dei libri -:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda adottare in merito.
(4-12170)

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
un dettagliato quadro di valutazione è stato pubblicato dalla Commissione europea per illustrare tutti i progressi compiuti dai vari Stati membri ad un anno esatto dall'avvio della cosiddetta agenda digitale. Un insieme corposo di dati e statistiche, messo dall'Unione a disposizione di tutti i soggetti interessati;
ne emerge un bilancio in cui viene sottolineato come in certi settori i progressi raggiunti dall'Italia si siano rivelati piuttosto deludenti, soprattutto nella diffusione delle nuove reti superveloci a banda larga;
l'Italia è risultata, inoltre, tra i Paesi con la più bassa percentuale di abitudinari della rete (48 per cento). Appare limitato anche il generale livello d'adozione dell'e-commerce come possibile soluzione d'acquisto -:
se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e, nell'eventualità positiva, quali iniziative urgenti intenda assumere per sfruttare appieno il potenziale dell'agenda, per conservare la competitività nazionale, stimolare l'innovazione, creare posti di lavoro e prosperità.
(4-12182)

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
lo scorso anno è stata compiuta una scelta normativa, da più parti ritenuta inefficiente, di modificare la disciplina legislativa sulla privacy prevedendo una deroga alla regola generale, in base alla quale i numeri telefonici contenuti negli elenchi abbonati possono essere utilizzati senza bisogno del consenso dell'interessato se quest'ultimo non ha espressamente manifestato una volontà di segno diverso, iscrivendo la propria utenza nel cosiddetto registro delle opposizioni a tal fine istituito;
la gestione di tale registro è stata affidata alla fondazione Ugo Bordoni per l'attivazione. Non sono ancora stati resi noti i dati relativi al numero di abbonati che hanno richiesto l'iscrizione al registro ma è facile immaginare che si tratti di un numero piuttosto modesto;
il risultato è che una grande quantità di numeri telefonici è attualmente utilizzabile dalle società di telemarketing sebbene all'esito di un processo - quello di verifica presso il registro delle opposizioni - complesso e costoso;
senza attendere di verificare la bontà della scelta effettuata, nei giorni scorsi il Governo ha, ad avviso degli interroganti in un sostanziale silenzio generale, esteso il regime dell'opt-out anche agli indirizzi di domicilio degli abbonati;
nell'articolo 6, comma 2, dell'ultimo decreto sviluppo, approvato lo scorso 5 maggio dal Consiglio dei ministri, è prevista anche per gli indirizzi postali contenuti negli elenchi abbonati dei cittadini italiani la possibilità di essere utilizzati a fini commerciali, senza bisogno di acquisire il consenso degli interessati, a condizione che questi ultimi non abbiano espressamente manifestato una volontà in senso contrario iscrivendo il proprio numero telefonico ed il proprio indirizzo presso il citato registro delle opposizioni;
dunque, inviare a mezzo posta comunicazioni promozionali e di marketing sarà più facile;
a farne le spese, ancora una volta, utenti e consumatori che oltre ad essere tempestati di telefonate, nelle prossime settimane rischiano di trovare la propria cassetta delle poste stracolma di ogni genere di comunicazione pubblicitaria;
ci vorrà naturalmente del tempo prima che il sistema vada a regime e che si possa dire se l'idea di affiancare alla regola generale dell'opt in anche il sistema dell'opt out si rivelerà vincente ma, proprio per questo, sarebbe stato opportuno attendere di disporre di qualche dato in più prima di estendere il nuovo regime anche agli indirizzi postali di milioni di cittadini;
peraltro, una scelta tanto importante per la privacy, necessiterebbe della più ampia conoscibilità possibile -:
se sia a conoscenza dei fatti narrati e, nell'eventualità positiva, quali iniziative urgenti intenda assumere per rendere conoscibile ai cittadini le novità introdotte nell'ordinamento giuridico, al fine di consentire agli stessi l'effettiva tutela del proprio diritto soggettivo alla privacy.
(4-12189)

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) ha decretato il «pensionamento» di gran parte delle cabine telefoniche;
l'autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha autorizzato Telecom Italia, con delibera pubblicata in Gazzetta ufficiale n. 77 del 2 gennaio 2010, a rimuovere i telefoni pubblici, risparmiando solo quelli presenti in ospedali, scuole e caserme;
anche le altre cabine, in ogni caso, possono essere salvate: in ognuna delle cabine destinate alla rimozione verrà affisso

un cartello con le indicazioni per inviare un'e-mail nel caso in cui si ritenga che la postazione meriti di essere risparmiata: l'utente interessato potrà scrivere all'indirizzo cabinatelefonica@agcom.it «per chiedere che questo telefono resti attivo», specificando i propri «dati, un recapito, l'indirizzo della cabina e le motivazioni della richiesta»;
in mancanza di missive volte a evitare lo smantellamento delle cabine, le prime rimozioni sono previste per il 20 giugno: l'autorità per le garanzie nelle comunicazioni riferisce che per ogni anno successivo all'entrata in vigore della delibera potranno essere al massimo 30mila cabine e Telecom entro il 31 gennaio di ogni anno dovrà comunicare all'autorità l'aggiornata banca dati della telefonia pubblica -:
di quali elementi disponga il governo in merito all'attuale mappatura geografica delle postazioni telefoniche pubbliche sull'intero territorio nazionale, con riferimento alle installazioni necessarie a garantire gli obblighi del servizio universale.
(4-12191)

...

Apposizione di una firma ad una mozione.

La mozione Narducci e altri n. 1-00631, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 aprile 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Piffari.

Apposizione di firme ad una risoluzione.

La risoluzione in Commissione Bernardo e altri n. 7-00590, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 maggio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Fluvi, Fugatti, Gianfranco Conte, Ventucci, D'Antoni, Angelucci, Berardi, Del Tenno, Dima, Vincenzo Antonio Fontana, Milanese, Misuraca, Pagano, Pugliese, Comaroli, Strizzolo, Forcolin, Montagnoli, Carella, Causi, Ceccuzzi, Fogliardi, Graziano, Marchignoli, Piccolo, Pizzetti, Sposetti, Vaccaro, Verini, Schirru, Calvisi, Fadda, Pes, Marrocu, Bellanova, Madia, Gnecchi, Berretta, Damiano, Arturo Mario Luigi Parisi, Melis, Vico, Mereu.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta orale Anna Teresa Formisano n. 3-01280 del 14 ottobre 2010 in interrogazione a risposta scritta n. 4-12150.

...

ERRATA CORRIGE

Interrogazione a risposta scritta Di Biagio n. 4-12111 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 479 del 30 maggio 2011. Alla pagina 22081, seconda colonna, dalla riga diciannovesima alla riga ventunesima deve leggersi: «Commissione per le adozioni internazionali realizzate nel 2010, la Colombia risulta il secondo Paese di provenienza dei» e non «Commissione per le adozioni internazionali realizzate nel 2010, la Colombia risulta il primo Paese di provenienza dei», come stampato.