XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di giovedì 9 giugno 2011

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 9 giugno 2011.

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Antonione, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Bratti, Brugger, Brunetta, Caparini, Carfagna, Casero, Castiello, Catone, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, D'Amico, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Duilio, Fava, Fitto, Antonino Foti, Franceschini, Frattini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Graziano, La Russa, Leone, Lo Monte, Lombardo, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Mecacci, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Mura, Leoluca Orlando, Pecorella, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Rigoni, Roccella, Romani, Romano, Rotondi, Saglia, Sardelli, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tremonti, Vito.

Annunzio di proposte di legge.

In data 8 giugno 2011 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
GIANNI: «Norme in materia di applicazione degli accordi provinciali di riallineamento retributivo derivanti da contratti collettivi per i lavoratori del settore agricolo» (4410);
MARGIOTTA: «Disposizioni per la prevenzione e la tutela dei lavoratori contro la violenza e la persecuzione psicologica nell'ambito dell'attività lavorativa» (4411).

Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

La proposta di legge CARLUCCI: «Norme per la salvaguardia dei laghi minori italiani» (4104) è stata successivamente sottoscritta dal deputato De Camillis.

La proposta di legge RIGONI ed altri: «Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e al testo unico di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533. Introduzione del sistema elettorale maggioritario a doppio turno con ballottaggio per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica» (4206) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco e Zamparutti.

La proposta di legge RIGONI ed altri: «Modifiche al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di nomina e di funzioni del vice-sindaco e del vice-presidente della provincia» (4265) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Oliverio.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
IV Commissione (Difesa):
DI STANISLAO: «Istituzione della riserva militare nazionale» (4385) Parere delle Commissioni I, V e XI.
XII Commissione (Affari sociali):
NUNZIO FRANCESCO TESTA ed altri: «Disposizioni in materia di donazione del corpo post mortem e di utilizzo dei cadaveri a fini di studio, di ricerca scientifica e di formazione» (4251) Parere delle Commissioni I, II, V, VII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali. XVI.
Commissioni riunite X (Attività produttive) e XI (Lavoro):
RAISI e DELLA VEDOVA: «Deleghe al Governo per l'adozione di norme in materia di disciplina dei rapporti di lavoro, di formazione e di misure di protezione sociale per favorire l'accesso dei giovani al lavoro, di previdenza e di politiche per la famiglia, nonché disposizioni concernenti la concorrenza nella prestazione di servizi, il riconoscimento delle professioni non regolamentate e la promozione di progetti imprenditoriali mediante la partecipazione a fondi d'investimento in capitale di rischio» (4277) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento), V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

La Commissione europea, in data 8 giugno 2011, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulle statistiche congiunturali conformemente al regolamento (CE) n. 1165/98 del Consiglio del 19 maggio 1998 (COM(2011)329 definitivo), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 302/2009 concernente un piano pluriennale di ricostituzione del tonno rosso nell'Atlantico orientale e nel Mediterraneo (COM(2011)330 definitivo), che è assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura);
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche europee sulla sicurezza dalla criminalità (COM(2011)335 definitivo), che è assegnata in sede primaria alla II Commissione (Giustizia). Tale proposta è altresì assegnata alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione, europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 9 giugno 2011.

Comunicazioni ai sensi dell'articolo 3, comma 44, della legge 24 dicembre 2007, n.244.

L'Azienda sanitaria provinciale di Caltanissetta, con lettera in data 1o giugno 2011, ha trasmesso alla Presidenza, ai sensi dell'articolo 3, comma 44, della legge 24 dicembre 2007, n.244, la comunicazione concernente atti comportanti spese per emolumenti o retribuzioni, con l'indicazione dei destinatari e dell'importo dei relativi compensi.

Tali comunicazioni sono trasmesse alla V Commissione (Bilancio).

Comunicazione di una nomina ministeriale

La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 8 giugno 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, la comunicazione concernente il conferimento al dottor Giovanni Totino, ai sensi dei commi 4 e 6 del medesimo articolo 19, dell'incarico di livello dirigenziale generale di direttore generale dell'Istituto agronomico per l'Oltremare in Firenze, che è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla III Commissione (Affari esteri).

Richiesta di un parere parlamentare su atti del Governo

Il ministro della giustizia, con lettera in data 6 giugno 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 32, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n.448, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto ministeriale concernente il riparto dello stanziamento iscritto nello stato di previsione della spesa del Ministero della giustizia per l'anno 2011, relativo a contributi ad enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi (371).

Tale richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento alla II Commissione (Giustizia), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 29 giugno 2011.

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

INTERPELLANZE URGENTI

Chiarimenti in ordine alla realizzazione del centro di eccellenza oncologico presso l'azienda ospedaliera Papardo-Piemonte di Messina e all'utilizzo dei relativi finanziamenti statali - 2-01063

A)

I sottoscritti chiedono di interpellare i Ministri della salute e dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
il Ministero della salute con decreto dirigenziale del 21 aprile 2005 (del quale si riportano le premesse più significative) ha stabilito:
«vista la delibera della giunta regionale siciliana del 25 settembre 2001 n. 356, avente per oggetto "legge n. 67 del 1988 - accordo di programma delle risorse e degli investimenti di ammodernamento del patrimonio sanitario pubblico";
visto l'accordo di programma per il settore degli investimenti sanitari sottoscritto il 30 aprile 2002 dal Ministero della sanità e dalla regione siciliana di concerto con il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome;
vista la rimodulazione del citato accordo proposto dalla regione siciliana con delibera della giunta regionale n. 417 del 17 febbraio 2002, il parere espresso dal nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici del Ministero della salute e le determinazioni in merito concordate nell'incontro del 4 marzo 2003 tra il Ministero della salute e la regione siciliana;
visto l'accordo di programma quadro «sanità» riguardante l'utilizzo delle risorse di cui alla delibera Cipe 142/99, sottoscritto in data 23 dicembre 2003, che prevede 10.000.000 euro quale cofinanziamento per la realizzazione di un centro di eccellenza oncologico nell'ambito del presidio ospedaliero «Papardo» di Messina;
viste le richieste di ammissione a finanziamento presentate dalla regione siciliana per un importo complessivo di 29.707.891,98 euro con la seguente nota: nota prot. serv. 5/6308 del 30 dicembre 2004 per l'intervento denominato «Realizzazione di un centro di eccellenza oncologico nell'ambito del P.O. "Papardo" di Messina per un importo di 29.438.043,25 euro (...)»;
che a valere sulle autorizzazioni del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica previste dall'articolo 50, comma 1, lettera c) della legge 23 dicembre 1998, n. 448, integrato dall'articolo 4-bis del decreto-legge del 28 dicembre 1998, n. 450, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 1999, n. 39, nonché la tabella F delle leggi finanziarie 23 dicembre 1999 n. 488, 23 dicembre 2000 n. 388, 28 dicembre 2001 n. 448, 27 dicembre 2002 n. 289, 24 dicembre 2003 n. 350 e 30 dicembre 2004 n. 311, sono ammessi a finanziamento i seguenti interventi, per un importo complessivo a carico dello Stato di 29.707.891,98 euro (al netto della quota a carico della regione siciliana);
realizzazione di un centro di eccellenza oncologico nell'ambito del presidio ospedaliero «Papardo» di Messina per un importo di 29.438.043,025 a carico dello Stato (...)";
in data 17 maggio 2005, con protocollo n. 2091 l'assessorato regionale alla sanità provvede a notificare all'azienda ospedaliera Papardo il decreto sopra citato; in seguito a ciò si avviano tutte le procedure per procedere alla gara e alla realizzazione del suddetto centro di eccellenza oncologico ad oggi in via di completamento;
l'articolo 23 della legge regionale n. 5 del 14 aprile 2009, «Norme per il riordino del servizio sanitario regionale», dispone lo scioglimento di tre fondazioni destinatarie delle strutture, in particolare la fondazione «Gesualdo Clementi» di Catania - centro di eccellenza ortopedico e traumatologico, la fondazione «Michele Gerbesi» di Palermo - centro di eccellenza materno-infantile e la fondazione «Saverio D'Aquino» di Messina - centro di eccellenza oncologico; all'articolo 23, comma 2, proprio in considerazione del fatto che i lavori del centro di eccellenza oncologico di Messina, nell'ambito dell'azienda ospedaliera «Papardo», risultavano in corso di realizzazione, si è così normato: «il centro di eccellenza oncologico di cui alla fondazione »Saverio D'Aquino« di Messina, in ogni caso, deve essere attivato nella città di Messina»;
la delibera assessoriale n. 0748/lC a firma dell'assessore regionale alla salute, dottore Massimo Russo, quantifica il numero dei posti letto dell'azienda ospedaliera «Papardo-Piemonte» di Messina in 495, di cui 435 ordinari e 60 in day hospital;
nel decreto nessun dato numerico né alcuna tipologia di disciplina medica conducono all'istituzione del centro di eccellenza oncologico né vengono citati in alcun modo l'esistenza del finanziamento del Ministero della salute e l'attuale svolgimento dei lavori relativi alla realizzazione della struttura;
si ritiene che i lavori in corso per il centro di eccellenza oncologico presso l'azienda ospedaliera «Papardo-Piemonte» ed i relativi posti letto, non essendo più individuati nella rete ospedaliera siciliana, sollevino seri dubbi sulla volontà del Governo regionale di attenersi agli accordi stipulati con lo Stato al fine di realizzare tale struttura sanitaria, determinando, ad avviso degli interpellanti, profili di illegittimità giuridica e contabile; in particolare si evidenzia il mancato rispetto dell'accordo di programma tra Stato e regione e dell'articolo 23 della legge regionale n. 5 del 2009. Si ricorda che la destinazione del finanziamento ministeriale è vincolata alla realizzazione del centro oncologico di eccellenza presso l'azienda ospedaliera ospedali riuniti Papardo di Messina -:
se i Ministri interpellati non ritengano opportuno mettere in atto una procedura di verifica che accerti che si stia veramente procedendo alla realizzazione del centro di eccellenza oncologico presso l'azienda ospedaliera Papardo-Piemonte di Messina o che, diversamente dall'accordo di programma tra Stato e regione e da quanto sancito dalla legislazione regionale, si intenda destinare le strutture ad oggi realizzate, con finanziamento finalizzato del Ministero dell'economia e delle finanze, ad altre finalità del tutto estranee all'oncologia;
se, nell'ambito della citata verifica, intendano accertare se i fondi finalizzati alla realizzazione del centro di eccellenza oncologico nell'ambito dell'azienda ospedaliera Papardo-Piemonte di Messina siano stati utilizzati esclusivamente per tali finalità.
(2-01063)
«Stagno D'Alcontres, Pionati, Razzi, Scilipoti, Iannaccone, Naro, Grimaldi, Di Virgilio, Torrisi, Scapagnini, Pagano, Tommaso Foti, Paolini, Fallica, Cicu, Terranova, Berardi, Pugliese, Marinello, Garofalo, Minardo, Germanà, Vincenzo Antonio Fontana, Giammanco, Ghiglia, Antonio Martino, Moles, Chiappori, Gibiino, Catanoso Genoese».

Iniziative per il rispetto degli impegni internazionali assunti dall'Italia in materia di cooperazione allo sviluppo - 2-01089

B)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
gli stanziamenti previsti a favore della legge n. 49 del 1987, in materia di cooperazione allo sviluppo, hanno registrato, come è noto, un trend allarmante negli ultimi 4 anni, passando dai 732 milioni di euro stanziati nel 2007 per l'anno 2008 - ultimo anno del Governo Prodi - fino ai soli 75 milioni di euro stanziati con l'ultima legge finanziaria per l'anno 2011, che segnano la sostanziale fine della cooperazione bilaterale italiana allo sviluppo;
è appena il caso di notare che per la prima volta con finanziamenti così bassi sulla legge n. 49 del 1987, l'incidenza dei costi amministrativi di una struttura ormai ridotta ai minimi termini rispetto ad una accettabile capacità operativa, sono percentualmente lievitati, passando dal 6 per cento del 2008 al 10 per cento del 2011, determinando tra l'altro delle diseconomie di scala, in base alle quali qualunque intervento di cooperazione allo sviluppo che aspiri oggi ad avere un minimo di rilievo internazionale, o che ambisca ad avere un qualche impatto effettivo sul territorio di destinazione, obbliga a prevedere interventi ad hoc, potenzialmente altamente costosi;
questi dati, ormai da tempo noti, appaiono allarmanti non solo in relazione alla netta caduta quanto ad efficacia ed impatto della cooperazione allo sviluppo bilaterale italiana, ma anche perché incidono in maniera gravissima sul ruolo dell'Italia nell'ambito della cooperazione allo sviluppo portata avanti dall'Unione europea e dal sistema della Nazioni Unite e, più in generale, sulle politiche di vicinato, nelle quali è interesse e dovere dell'Italia essere impegnata, specie alla luce degli ultimi avvenimenti, nell'area del Mediterraneo;
anche sul piano multilaterale, l'Italia ha ridotto i propri impegni e, per banche e fondi di sviluppo nel 2011, sono state più che dimezzate le risorse disponibili nel 20101 e già allora inadeguate; il nostro Paese sconta inoltre rinvii e ritardi che sono alla base della perdita di credibilità dell'Italia nei consessi internazionali: basti pensare alla lentezza nel pagamento di obblighi assunti in sede multilaterale, tra i quali è sufficiente citare in questa sede il mancato versamento al Fondo africano di sviluppo e alla Convenzione di Londra sull'aiuto alimentare (nei confronti della quale il nostro debito ammonta a 270 milioni di euro); inoltre la riduzione della quota contributiva dovuta dall'Italia, operata in occasione dell'ultima Conferenza di rifinanziamento dell'Aida tenutasi nel 2010, ha determinato una riduzione del peso del nostro Paese in sede di Consiglio di amministrazione, contribuendo ad un'ulteriore perdita di credibilità sul piano internazionale;
il gravissimo ritardo nel pagamento delle quote dovute al Fondo globale per l'Aids, la tubercolosi, e le altre pandemie - quote dovute dall'Italia e mai più versate a partire dall'anno 2009 e che hanno determinato anche la perdita da parte dell'Italia del seggio unico permanente presso il Fondo - non solo sta mettendo a rischio la vita di 2,9 milioni di persone sottoposte a terapia, ma altresì sta vanificando gli sforzi compiuti dall'Italia fino al 2009, mostrando un atteggiamento miope e inefficiente da parte dell'Italia anche sotto il profilo squisitamente economico;
l'unico soggetto a cui l'Italia, per vincoli inderogabili, continua a versare il dovuto è la Commissione europea, dove l'Italia risulta terzo contribuente del bilancio dell'Unione europea in materia di sviluppo e quarto del Fondo europeo di sviluppo, contribuendo significativamente a fare sì che la Commissione europea rappresenti il terzo donatore a livello mondiale nel settore della cooperazione allo sviluppo. Appare, invece, assai ridotta e insufficiente la capacità italiana di influenzare e orientare le politiche di cooperazione europee anche a causa dell'avvenuta chiusura da più di due anni delle strutture italiane specificamente preposte in ambito europeo alla cooperazione allo sviluppo e alla promozione delle istanze italiane nella programmazione europea di cooperazione. Gli Stati membri sono, infatti, chiamati a concordare con l'Unione europea sia il rispetto di standard quantitativi e l'impegno di risorse, sia l'armonizzazione di procedure e di cornici operative ispirate a principi comuni - come quelli del massimo coordinamento e della complementarità e della «divisione del lavoro» per aree e Paesi degli Stati membri - che richiedono presenza e competenze assidue;
complessivamente, l'Italia con appena lo 0,15 per cento sul prodotto interno lordo di risorse attribuite alla cooperazione è ormai collocata in posizione lontanissima dal raggiungimento di quegli obiettivi fissati nel Consiglio europeo del maggio 2005, che prevedevano il raggiungimento dello 0,51 per cento del prodotto interno lordo entro il 2010 e dello 0,70 per cento entro il 2015, e nell'anno della scadenza di questi obiettivi, l'Italia è il Paese responsabile per il 40 per cento del loro mancato raggiungimento, con un ammontare di risorse complessivo destinato all'aiuto pubblico allo sviluppo, in percentuale al prodotto interno lordo, inferiore persino alle risorse impegnate a questo scopo dalla Grecia;
è evidente che l'attuale situazione dei fondi destinati alla cooperazione allo sviluppo italiana, sia bilaterale che multilaterale, nonché l'andamento fortemente negativo registratosi nell'ultimo quadriennio non costituiscono certo un adeguato biglietto da visita, anche sotto il profilo della credibilità internazionale, per partecipare con successo alle attività di cooperazione dell'Unione europea e del sistema delle Nazioni Unite a partire dal prossimo Forum sull'efficacia dell'aiuto che si terrà a Busan in Corea nel mese di novembre 2011;
tra gli strumenti innovativi introdotti a livello europeo in questo settore, va certamente menzionato l'istituto della cooperazione delegata - affidata dall'Unione europea ad enti di Stati membri ritenuti idonei, e per i quali l'Italia ha candidato la direzione generale cooperazione e sviluppo del Ministero degli affari esteri - che presuppone, tra gli altri, l'applicazione di un principio di reciprocità, costituito da un impegno da parte degli Stati membri a trasferire alla Commissione un importo pari almeno alla metà di quanto è già stato ad essi delegato: quindi la capacità potenziale di gestione di fondi delegati è strutturalmente collegata alla quantità di fondi disponibili a livello nazionale, benché questo strumento sia ancora in fase di sviluppo e non risulta che tale principio sia stato finora rigorosamente applicato;
tuttavia, con gli attuali fondi messi a disposizione dall'Italia sulla legge n. 49 del 1987, pari a meno di 100 milioni di euro per nuovi progetti da finanziarsi nel 2011, una volta a regime la macchina europea, potremmo sperare di gestire non più di 200 milioni di fondi europei delegati, mentre, solo per fare un esempio, i fondi attribuiti per il 2008 pari a 732 milioni di euro avrebbero permesso all'Italia di aspirare a gestire un ammontare di fondi europei delegati pari a circa 1 miliardo e quattrocento milioni di euro;
va altresì sottolineato che le risorse dell'aiuto pubblico allo sviluppo, nelle percentuali indicate a livello internazionale come obiettivi da rispettare, dovrebbero aggiungersi, e non essere semplicemente sostituite dalle nuove forme di finanziamento allo sviluppo, fondate anche su eventuali partnership pubblico/privato secondo il cosiddetto «whole of cuntry approach», che sia pur molto interessanti e assai utili, necessitano ancora di sperimentazione e adeguato approfondimento, e certamente sono da sviluppare, ma in maniera rigorosamente addizionale, rispetto alla componente più squisitamente pubblica dell'aiuto pubblico allo sviluppo, oggetto degli impegni internazionali sottoscritti dal nostro Paese nelle sedi internazionali;
del resto, proprio le vicende che negli ultimi quattro mesi hanno attraversato i vicini Paesi del Nord Africa hanno riproposto con forza il tema delle potenzialità connesse ad una efficace attività di cooperazione allo sviluppo, e della necessità di avere una forte cooperazione bilaterale in queste aree da mettere in sinergia con l'attività e il finanziamento dello sviluppo portato avanti dall'Unione europea (come nel caso dei fondi della Banca europea per gli investimenti e delle politiche di vicinato, peraltro da ripensare), che dovrebbero produrre un significativo impatto in queste realtà sociali, senza dimenticare che anche dalla mancanza di efficaci politiche di sviluppo derivano oggi i forti e inattesi flussi migratori, innanzitutto verso l'Italia;
l'assenza di fondi adeguati sulla legge n. 49 del 1987 per il finanziamento di nuovi progetti ha determinato, proprio in alcuni Paesi del Nord Africa, l'utilizzo da parte dell'Italia di strumenti inadeguati a finanziare progetti di sviluppo in senso proprio, quali il fondo rotativo per i crediti di aiuto o l'utilizzazione di strutture dello Stato alternative a quelle deputate alla cooperazione allo sviluppo, quale la protezione civile;
non stupisce allora che, secondo i dati diffusi il 6 maggio 2011 dalla Commissione europea, l'Italia, pur essendo un Paese che vantava relazioni privilegiate con la Libia, figura solamente all'ottavo posto per ammontare di aiuti destinati alla crisi libica, con soli 3 milioni di euro, su un totale dei 100 milioni di euro impegnati dai ventisette Stati membri dell'Unione europea per azioni di intervento umanitario in Libia, un dato non confrontabile con i 13 milioni di euro versati dall'Inghilterra, i 7 milioni di euro versati dalla Germania ed inferiore persino ai 4 milioni di euro versati dalla Spagna;
pur senza considerare la cooperazione allo sviluppo come l'unico strumento possibile atto a contenere i flussi migratori, non vi è dubbio che una cooperazione efficace, trasparente e posta in sinergia con quella portata avanti dall'Unione europea - e pensata all'interno di rinnovate politiche di sviluppo comunitarie - può produrre un significativo impatto nei Paesi della sponda sud del Mediterraneo, attualmente impegnati in difficili e complesse transizioni verso la democrazia;
l'attuale situazione dei fondi destinati alla cooperazione allo sviluppo è, ad avviso degli interpellanti, in forte contraddizione con la posizione espressa da membri del Governo appartenenti alla Lega Nord in merito alla condivisibile necessità, proprio in relazione ai Paesi della sponda sud del Mediterraneo, di aiutare lo sviluppo degli stessi Paesi di origine dei migranti;
in conclusione, l'attuale situazione di carenza di fondi in relazione alla cooperazione bilaterale e di grave ritardo nel pagamento di alcuni impegni assunti a livello multilaterale ha già gravemente compromesso la credibilità dell'Italia a livello internazionale e le sue legittime aspirazioni a diventare Paese leader anche nella cooperazione delegata europea;
peraltro solo una visione non miope oggi potrà consentirci un domani di mettere proprio l'Italia nelle condizioni di avanzare una forte candidatura in Europa quale Paese adeguato ad essere leader in quest'area -:
alla luce della quasi totale eliminazione di fondi e risorse come, con quali strumenti e in quali tempi intenda il Ministro interpellato finanziare una cooperazione bilaterale pubblica italiana, ritenuta l'importanza di questo settore per il futuro dei nostro Paese;
se, in particolare, intenda finanziare una programmazione di riallineamento pluriennale (piano di rientro) che favorisca anche gradualmente, in tempi diversi da quelli inizialmente previsti, il rispetto degli impegni internazionali, come chiesto anche dall'Ocse-Dac.
(2-01089)
«Tempestini, Bersani, Pistelli, Barbi, Fassino, Maran, Arturo Mario Luigi Parisi, Veltroni, Amici, Villecco Calipari, Boccia, Lenzi, Zaccaria, Livia Turco, Ferranti, Argentin, Cuperlo, D'Antoni, Capano, Fedi, Garavini, Gasbarra, Levi, Migliavacca, Morassut, Mosca, Andrea Orlando, Pompili, Santagata, Sbrollini, Tocci».

Iniziative in relazione alla ripartizione e alla classificazione delle spese sostenute dall'Italia per l'immigrazione e l'emergenza profughi - 2-01053

C)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
ad onta dell'interpretazione costantemente avanzata dalla sinistra che l'immigrazione costituisca in ogni caso un «valore» o una «risorsa» e come tale arricchisca il Paese, dalla mera lettura della «direttiva generale» del 2010 del Ministero dell'interno e dei documenti del bilancio dello Stato, e senza tener conto delle risorse per la sicurezza e l'integrazione accantonate nei bilanci regionali e comunali, risulta che il costo annuale di gestione di flussi migratori, ovvero controllo delle frontiere, identificazione dei clandestini, espulsione, eventuali politiche di integrazione per coloro che sono in regola, ammonta annualmente a 460 milioni di euro;
si registrano, peraltro, fenomeni di sottodotazione, come accade, ad esempio, al fondo destinato all'accompagnamento tramite vettore aereo del clandestino nel proprio Paese, che si esaurisce rapidamente, impedendo, di fatto, il rimpatrio di gran parte di coloro per i quali la misura è stata predisposta; si registrano casi di spreco obbligato di risorse, in quanto, a causa della normativa comunitaria, il clandestino trattenuto nei centri di identificazione ed espulsione non può essere trattenuto per più di sei mesi, decorsi i quali, se non si è riusciti ad identificarlo, deve essere lasciato libero di circolare sul territorio nazionale;
ogni immigrato clandestino ospitato nei centri di identificazione ed espulsione, attualmente presenti sul territorio, costa allo Stato italiano circa 45 euro al giorno, comprensivi di vitto, alloggio, assistenza sanitaria; ogni clandestino rimane mediamente nei centri di identificazione ed espulsione per l'identificazione 150 giorni e costa all'Italia circa 7 mila euro; la gestione completa di un immigrato irregolare, dal fermo fino all'espulsione effettiva, è valutabile in 10 mila euro, tenendo conto delle spese per il volo di rientro e la scorta degli agenti impiegati nei rimpatri. La sola pratica legale si aggira intorno ai 650 euro; ogni clandestino costa allo Stato italiano oltre il doppio della spesa per l'istruzione di un bambino della scuola elementare, che non supera di molto i 4 mila euro annui;
per quanto riguarda la spesa sanitaria, che non è registrata a bilancio, da una stima ricavata dai dati delle singole aziende sanitarie locali l'assistenza agli stranieri irregolari costerebbe al sistema sanitario nazionale circa 250 milioni di euro l'anno;
con il Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra Italia e Libia, fatto a Bengasi il 30 agosto 2008 e approvato con legge 18 febbraio 2009, n. 7, praticamente all'unanimità dal Parlamento, si è stabilita la collaborazione tra i due Paesi nella lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata, al traffico di stupefacenti, all'immigrazione clandestina, promuovendo la realizzazione di un sistema di controllo delle frontiere terrestri libiche; nei due anni trascorsi dalla sua approvazione il Trattato ha registrato ottimi risultati, letteralmente azzerando i flussi migratori clandestini attraverso il Mar Mediterraneo; la cooperazione e l'amicizia della Libia per il rimpatrio immediato dei barconi diretti in Italia è stata ottenuta in cambio di un'offerta di 177 milioni di euro l'anno, per un totale di 5 miliardi di dollari in 20 anni, per nuove infrastrutture. L'Italia si è impegnata, inoltre, a sostenere il 50 per cento dei costi di pattugliamento, con mezzi tecnici e uomini;
a febbraio 2011, di fronte ai primi segnali dalla Tunisia che indicavano la fuga di migliaia di giovani verso Lampedusa, il Governo ha previsto una spesa straordinaria del Ministero dell'interno di circa 6 milioni di euro, più 15,1 milioni di euro per il lavoro della Croce rossa e per l'invio in Sicilia di 200 militari, oltre a 1 milione di euro affidato alla gestione del commissario straordinario;
per l'emergenza profughi che si sta delineando in questi giorni dalla Libia sono stati già ulteriormente stanziati oltre 20 milioni di euro; il numero dei profughi è attualmente valutato in 50.000 (cifra presumibilmente stimata per difetto), con un costo di 2,5 milioni di euro al giorno: un costo insostenibile per il Governo italiano per un periodo troppo prolungato;
il Ministro dell'interno Roberto Maroni sta chiedendo con insistenza all'Europa di distribuire tra tutti i Paesi dell'Unione europea profughi che chiedono asilo appena sbarcati; i suoi lodevoli tentativi sono stati sinora senza esito; ad oggi i fondi offerti dall'Unione europea all'Italia per l'intero anno al capitolo rimpatri e profughi ammontano rispettivamente a 12 milioni e 3 milioni e 300 mila euro, cioè meno di quanto l'Italia ha stanziato per la primissima emergenza -:
se non ritengano opportuno:
a) adottare con urgenza ogni utile iniziativa in sede di Unione europea, al fine di imputare le spese sostenute per l'emergenza profughi ed immigrazione clandestina a decorrere dal gennaio 2011 come oneri spettanti all'Unione europea, prevedendo la possibilità di scomputare le somme necessarie, salvo la quota a carico dell'Italia, direttamente dalle risorse economiche che annualmente l'Italia trasferisce al bilancio comunitario;
b) adottare le iniziative di competenza per introdurre una specifica voce di classificazione nei bilanci degli enti territoriali e degli altri enti pubblici, a cominciare dalle aziende sanitarie locali, che individui le spese sostenute a qualsiasi titolo per l'immigrazione (con suddivisione tra immigrazione legale e clandestina), al fine di individuare con precisione gli oneri sostenuti annualmente dal sistema Italia per il mantenimento di questa (presunta) risorsa;
c) in considerazione delle polemiche, sia interne che internazionali, sollevate contro l'attuale Governo in relazione al mancato sostegno alle etnie rom e sinti, adottare le iniziative di competenza per l'attuazione dell'ordine del giorno 9/1366/59 Marinello, accolto il 16 luglio 2008, che impegnava il Governo ad introdurre in sede di contabilità pubblica nazionale, ma soprattutto locale, un'apposita voce di classificazione tramite la quale individuare i costi complessivi connessi alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno a favore delle suddette etnie.
(2-01053)
«Carlucci, Vella, Aprea, Centemero, Tommaso Foti, Ghiglia, Marinello, Germanà, Iannarilli, Berardi, Luciano Rossi, Ceroni, Marsilio, Palmieri, Minardo, Barba, Murgia, Del Tenno, Milanese, Leo, Botta, Speciale, Mazzoni, Holzmann, Giulio Marini, Cicu, Paroli, Romele, Scalera, Garagnani».

Iniziative di competenza in ordine alla gestione contabile e finanziaria del comune di Parma - 2-01086

D)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
dai bilanci di previsione e dai rendiconti del comune di Parma, dagli atti dell'amministrazione del comune di Parma e della società interamente partecipata dallo stesso comune Holding STT spa, dagli atti del collegio dei revisori dei conti del comune di Parma, dalla deliberazione n. 17/2011/PRSP della Corte dei conti - sezione regionale del controllo per l'Emilia-Romagna, depositata il 7 aprile 2011 - dall'ordinanza del Consiglio di Stato, sezione quinta, depositata il 4 maggio 2011, in tema di anomala nomina dei revisori del comune, nonché dalle notizie reiteratamente riportate da articoli e interviste pubblicati da organi di stampa nazionali e locali, emerge un grave quadro di irregolarità contabili e di dissesto finanziario del comune di Parma che coinvolge direttamente le società partecipate del comune stesso;
in particolare, i rendiconti del comune relativi agli esercizi dal 2003 al 2010 evidenziano un crescente disavanzo di parte corrente, particolarmente elevato negli esercizi più recenti (nei quali, in rapporto alla somma di spese correnti e spese per rimborso prestiti, ha toccato l'11,6 per cento nel 2007; il 11,7 per cento nel 2008; il 13,4 per cento nel 2009; il 10,2 per cento nel 2010);
per la copertura di tale squilibrio di parte corrente il comune ha utilizzato entrate straordinarie che, di regola, dovrebbero essere destinate al finanziamento di spese di investimento:
a) entrate da permessi di costruire: in tutti gli esercizi il comune, utilizzando le deroghe via via concesse agli enti locali dal legislatore statale, ha destinato al finanziamento della spesa corrente una quota assai rilevante di tali entrate (58,9 per cento nel 2007; 65,3 per cento nel 2008; 69 per cento nel 2009; 68,1 per cento nel 2010);
b) plusvalenze da alienazione di beni: dal 2006 al 2010, per fronteggiare le crescenti spese correnti, il comune ha sistematicamente utilizzato anche entrate derivanti dall'alienazione di beni patrimoniali (utilizzo consentito dall'articolo 1, comma 66, della legge n. 311 del 2004 per il finanziamento del rimborso delle quote di capitale delle rate dei mutui in ammortamento, ma ammesso ai sensi dell'articolo 3, comma 28, della legge n. 350 del 2003 per spese aventi carattere non permanente). Tra il 2006 e il 2010 le plusvalenze utilizzate a copertura dello squilibrio di parte corrente sono ammontate complessivamente a ben 47,4 milioni di euro;
sono, inoltre, riscontrabili irregolarità contabili: le alienazioni di beni patrimoniali sono state essenzialmente effettuate verso società controllate dal comune stesso, spostando quindi il bene dal patrimonio dell'ente a quello della controllata; tali operazioni «infragruppo» non appaiono, peraltro, sempre funzionali allo sviluppo dei progetti specifici e dell'attività delle controllate, ma piuttosto finalizzate a rifinanziare il deficit cronico del comune, perché a fronte del corrispettivo ricevuto (che consente al comune di ottenere liquidità altrimenti non possibile, dati i limiti del ricorso all'indebitamento derivanti dai vincoli del patto interno di stabilità), viene erogato dal sistema bancario un finanziamento alla società pubblica, sostanzialmente garantito dallo stesso comune con lettere di patronage a firma del sindaco o di un dirigente incaricato;
la Corte dei conti, sezione regionale del controllo per l'Emilia-Romagna, con delibera n 17 del 7 aprile 2011, ha dichiarato che il bilancio di previsione 2010 del comune di Parma «non risulta redatto in conformità ai principi di sana gestione finanziaria e di veridicità ed attendibilità delle scritture contabili», segnalando le seguenti gravi irregolarità contabili:
a) utilizzazione sistematica e ripetuta nei diversi esercizi di rilevanti plusvalenze da alienazione dei beni patrimoniali finalizzata al raggiungimento dell'equilibrio di bilancio di parte corrente. Ad avviso della Corte è consolidato principio di sana gestione che i proventi derivanti da alienazione di beni patrimoniali debbano finanziare esclusivamente spese d'investimento, onde non comportare un depauperamento del patrimonio dell'ente. Quando il finanziamento della spesa corrente mediante detti proventi è sistematico e ripetuto, con incidenze rilevanti, costituisce grave irregolarità contabile in quanto la costruzione degli equilibri viene garantita con modalità non corrette e può comportare, oltre ad una rigidità strutturale del bilancio, anche una situazione di evidente precarietà finanziaria che richiede l'adozione di particolari misure correttive atte a ricondurre gli equilibri all'interno della loro ordinaria fonte di finanziamento o ad operare precisi e mirati adeguamenti delle previsione dell'entrata e/o della spesa;
b) rilascio di forme di garanzia atipica negli esercizi precedenti e nel 2010 attraverso lettere di patronage «deboli» e «forti». In più occasioni il comune ha rilasciato lettere di patronage a firma del sindaco o di dirigenti apicali del comune che costituiscono una forma di garanzia impropria a favore di società partecipate. La Corte dei conti, sulla base della documentazione inviata dal comune, ha rilevato l'esistenza di lettere di patronage «forte» che assumono veri e propri impegni, ponendo in essere un vero e proprio rapporto di garanzia atipica, assimilabile all'obbligazione del fideiussore, che espone l'ente garante al rischio di escussione in caso di insolvenza della società debitrice. Tali lettere potrebbero alterare l'esposizione debitoria dell'ente rispetto a quella contabilmente rilevata, ponendosi come uno schema negoziale elusivo dei vincoli normativi stringenti in materia di indebitamento degli enti locali;
la Corte dei conti ha segnalato, altresì, la presenza delle seguenti criticità/irregolarità rilevate dai dati contabili trasmessi:
a) concessione di credito a società interamente partecipate al fine di riclassificare la spesa ed eludere il Patto di stabilità interno;
b) previsioni di incremento delle voci di entrate straordinarie, destinazione di entrate da permessi di costruire al finanziamento della spesa corrente e applicazione al bilancio di previsione dell'avanzo di amministrazione in presenza di residui attivi derivanti da crediti vetusti o di dubbia esigibilità;
c) presenza di organismi partecipati per i quali sono previsti interventi per aumenti di capitale o del fondo di dotazione per copertura di perdite (con un rischio per la stabilità dell'equilibrio di bilancio del comune), di società in perdita per un importo tale da richiedere interventi di reintegro del capitale sociale e di una società patrimoniale totalmente partecipata dall'ente da sottoporre a verifica in relazione al rispetto dei vincoli del patto interno di stabilità;
l'amministrazione ha posto in essere anche operazioni di leasing immobiliare, le quali appaiono un'ulteriore manovra con finalità elusive dei vincoli di finanza pubblica che rischia di «scaricare» sulle generazioni future aumenti di spesa corrente. A titolo esemplificativo, nella prima delibera in cui è stato utilizzato lo strumento del leasing finanziario (n. 1295 del 30 settembre 2010) per la realizzazione dell'impianto sportivo polivalente per 24 milioni di euro, manca la convenienza del leasing dal punto di vista sia finanziario sia economico (anzi il solo tasso di interesse consta essere più alto di quello per il prestito obbligazionario);
l'indebitamento del comune tra il 2007 e il 2010 è passato da 134,1 milioni di euro a 175,8 milioni di euro, con un aumento del 31,1 per cento. Tali dati non tengono conto né delle garanzie (lettere di patronage) offerte a favore delle società controllate né delle citate operazioni di leasing immobiliare;
negli ultimi anni il comune ha perseguito una strategia sempre più volta alla esternalizzazione di una serie di servizi e progetti, attraverso la creazione sia di società di servizio strumentali sia di società di scopo. Nell'agosto 2009 è stata costituita la STT spa con l'obiettivo di creare una holding di controllo e di gestione delle principali società controllate dal comune che hanno per oggetto la valorizzazione del territorio e per lo sviluppo e la realizzazione di nuovi progetti;
un'analisi condotta da Kpmg sui bilanci consuntivi 2007/2009 di 20 società partecipate rientranti nel perimetro di consolidamento del gruppo STT spa ha evidenziato che il debito complessivo a carico del comune è salito da 169 milioni di euro nel 2007 a 234 milioni di euro nel 2008 fino a 320 milioni di euro nel 2009. La stima per il 2011, secondo quanto riportato dagli organi di stampa, sarebbe di circa 500 milioni di euro. L'incremento del debito complessivo risulta interamente riconducibile all'aumento del debito bancario, passato dai 139 milioni di euro del 2007 ai 262 milioni di euro del 2009. Circa il 60 per cento dell'indebitamento totale delle partecipate (192 milioni su 320) è riconducibile alle società facenti capo a STT spa;
con delibera di giunta 1626/80 del 26 novembre 2010 è stata autorizzata la concessione di un prestito fruttifero a breve termine alla STU authority spa, società totalmente partecipata dal comune, per finalità connesse alla realizzazione della scuola dell'Europa di cui alla legge n. 115 del 2009, prestito qualificato come «concessione di credito» al fine di eludere le disposizioni sul patto di stabilità interno. Il collegio dei revisori dei conti, con lettera del 15 dicembre 2010, ha segnalato che l'operazione, quanto meno se eseguita nel 2010 (prima cioè dell'entrata in vigore della legge di stabilità 2011 che dal 1o gennaio 2011 esclude espressamente dai vincoli del patto di stabilità i pagamenti per le opere connesse all'assegnazione a Parma dell'EFSA - Autorità europea per la sicurezza alimentare), appare lesiva del patto interno di stabilità in quanto non può essere qualificata come concessione di credito. Sembrerebbe, per quanto consta agli interpellanti, che la segnalazione sia stata «respinta» dal direttore generale del comune. Questo e altri episodi in cui da parte dell'ente sono state poste limitazioni all'esercizio delle funzioni dell'organo di revisione hanno indotto i tre componenti del collegio a comunicare in data 11 febbraio 2011 le loro dimissioni irrevocabili dall'incarico, con effetto immediato;
la predetta delibera di giunta non ha peraltro avuto alcuna esecuzione sino al 31 dicembre 2010 (la delibera di giunta appare finalizzata a riclassificare la spesa ed eludere le disposizioni sul patto di stabilità per il 2010), per cui la Corte dei conti si è limitata ad invitare il comune ed il collegio dei revisori a voler attentamente considerare la natura giuridica e gli effetti di eventuali ulteriori concessioni di credito a favore di società/organismi partecipati;
va peraltro segnalato, a conferma della gravità dell'accaduto, che i revisori dimissionari sono stati immantinente sostituiti con una votazione effettuata riaprendo una seduta del consiglio comunale già chiusa, in assenza e all'insaputa delle opposizioni. Il 3 maggio 2011 la quinta sezione del Consiglio di Stato ha accolto, con propria ordinanza, l'istanza presentata dai consiglieri comunali di opposizione circa «l'anomala nomina dei revisori, dopo la dichiarazione di chiusura della seduta»;
con proposta n. 612/2011 dell'11 febbraio 2011, sono state sottoposte all'approvazione del consiglio comunale le «Linee di indirizzo relative ai rapporti con le società controllate, al contenimento degli effetti del patto di stabilità e autorizzazione al rafforzamento patrimoniale di Parma Infrastrutture spa e STT Holding spa». Nell'atto viene rilevata la necessità - a causa della dimensione e della natura degli interventi affidati, delle crescenti difficoltà delle società nell'accesso ai mercati finanziari e, con riferimento a STT spa, del rallentamento del programma di dismissioni con l'interruzione del normale ciclo finanziario e la potenziale emersione di erosioni patrimoniali - di prevedere un riequilibrio qualitativo e quantitativo a favore delle due società, mediante trasferimenti di asset patrimoniali bancabili, finalizzati a garantire il rafforzamento patrimoniale delle stesse per un migliore accesso al mercato del credito e per riequilibrare i rapporti con il sistema bancario ed in generale con i creditori. A tal fine, è stato approvato il conferimento a titolo gratuito alle due società di beni in natura, e precisamente:
il conferimento di azioni di IREN spa (libere ai sensi del patto sottoscritto da FSU e dai soci pubblici ex ENIA) in nuda proprietà fino al 30 giugno con piena proprietà;
il conferimento di azioni di IREN spa (bloccate ai sensi del patto sottoscritto da FSU e di soci pubblici ex ENIA) in nuda proprietà fino al 30 giugno 2015, con autorizzazione a concedere le azioni in pegno a fronte dell'ottenimento di finanziamenti e divieto di alienazione, fatta salva la piena proprietà dal 1o luglio 2015;
complessivamente, quindi, è stato previsto il conferimento di 72.417.703 di azioni di IREN spa, di cui 20.217.703 a Parma infrastrutture e 52.200.000 a STT holding, per un controvalore di circa 100 milioni di euro -:
quali iniziative abbiano assunto o intendano assumere, per quanto di loro competenza, a fronte della grave condizione citata in premessa in cui versa il comune di Parma e delle responsabilità ad essa riconducibili;
se risulti ai Ministri interpellati, anche in base alle attività ispettive a tutela del bilancio pubblico spettanti alla Guardia di finanza ed agli accertamenti in possesso dell'ispettorato generale di finanza pubblica presso il Ministero dell'economia e delle finanze o di altri organismi preposti, la possibile sussistenza di elementi da segnalare ai fini delle responsabilità amministrativo-contabili e penali.
(2-01086) «Misiani, Ventura, Motta».

Elementi in ordine allo scorporo del sito industriale della ThyssenKrupp di Terni - 2-01082

E)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
in data 13 maggio 2011 il comitato di sorveglianza di ThyssenKrupp AG ha approvato il progetto di scorporo della divisione Stainless Global, il settore della multinazionale dedicato all'acciaio inox. La decisione di ThyssenKrupp coinvolge 3800 dipendenti italiani e, in particolare, riguarda il sito produttivo dell'AST di Terni, un complesso industriale di eccellenza destinato alla produzione di acciaio inox che conta, a oggi, circa 2800 lavoratori;
nonostante le rassicurazioni di ThyssenKrupp circa il mantenimento della forza lavoro - criterio che, stando alle dichiarazioni della multinazionale, sarà misura, nel caso di vendita, della credibilità della trattativa - non c'è, ad oggi, alcuna certezza circa il futuro dell'impianto di Terni;
il sito industriale di ThyssenKrupp-AST di Terni negli ultimi anni è stato oggetto di importanti investimenti tali da qualificare il ciclo di trasformazione in direzione di una qualità riconosciuta a livello internazionale;
si è dinanzi ad una realtà industriale di straordinaria importanza e centralità per il sistema manifatturiero italiano ed europeo, caratterizzata da livelli di eccellenza produttiva e che chiuderà il biennio 2010/2011 con un utile di 53 milioni di euro. Dato il numero degli occupati, i servizi connessi e la movimentazione finanziaria, ThyssenKrupp-AST di Terni determina in maniera profonda il carattere dell'economia ternana ed umbra;
le istituzioni regionali umbre hanno richiesto immediatamente l'intervento del Governo e della diplomazia italiana al fine di conoscere i dettagli dell'iniziativa di scorporo e invocato la massima attenzione da parte dei Ministeri competenti affinché l'esito di questo imminente processo di scorporo non danneggi gli interessi nazionali, della collettività e dell'economia umbra e dei lavoratori;
a conferma del valore strategico dell'impianto e delle vitali interconnessioni tra ThyssenKrupp-AST, complesso industriale di interesse nazionale e territoriale, nel 2005 venne siglato, a Palazzo Chigi, il «Patto di territorio» tra Governo, regione Umbria, istituzioni locali, sindacati e ThyssenKrupp-AST con il quale le parti si impegnavano nella realizzazione di investimenti e infrastrutture atte a favorire processi di sviluppo e ad innovare le produzioni e raggiungere livelli di eccellenza. Mentre l'azienda ThyssenKrupp-AST ha, negli anni, provveduto agli impegni sottoscritti, effettuando investimenti per un importo superiore a quanto stabilito e incrementando la base occupazionale, il Governo italiano si è mostrato inadempiente in particolare nei riguardi della realizzazione di infrastrutture convergenti sul porto di Civitavecchia (completamento superstrada Orte-Terni-Civitavecchia) -:
se il Governo abbia già avviato contatti formali ed informali con il board di ThyssenKrupp AG al fine di assumere informazioni più circostanziate in ordine all'iniziativa di scorporo della Stainless Global che comprende il sito produttivo di Terni;
se il Governo intenda rapidamente convocare le parti e coinvolgere le istituzioni locali al fine di ricercare la migliore soluzione per mantenere integri i livelli occupazionali e le specificità qualitative delle produzioni siderurgiche del sito ternano.
(2-01082)
«Bersani, Franceschini, Trappolino, Sereni, Bocci, Verini, Gozi, Vico, Boccuzzi».

Misure a sostegno della cantieristica navale italiana, con particolare riferimento al nuovo piano industriale di Fincantieri - 2-01111

F)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
il nuovo piano industriale di Fincantieri - azienda pubblica controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze attraverso Fintecna - che prevede 2.551 esuberi (pari al 30 per cento della forza lavoro attualmente impiegata), la chiusura dei cantieri di Castellammare di Stabia, Genova Sestri Ponente e il ridimensionamento di quello di Riva Trigoso, conferma le peggiori previsioni dei mesi scorsi;
in tutti i siti, migliaia di lavoratori delle ditte di appalto e, più in generale, dell'indotto hanno perso o rischiano di perdere il lavoro, spesso senza la possibilità di vedersi riconoscere l'accesso agli ammortizzatori sociali;
a seguito della crisi, gli ordinativi di Fincantieri hanno visto un drastico ridimensionamento delle unità commissionate, a causa della caduta della domanda armatoriale ma anche della perdita totale del business delle navi mercantili, appannaggio esclusivo dei cantieri asiatici;
il temuto ridimensionamento industriale era prevedibile a fronte di un portafoglio ordini del tutto inconsistente rispetto alla capacità produttiva di Fincantieri;
i tagli occupazionali sono anche conseguenza della situazione di degrado e di abbandono di una parte dei siti di Fincantieri, segnati dal continuo peggioramento delle condizioni complessive di lavoro, della salute e della sicurezza dei lavoratori e dal declino dell'efficienza complessiva del sistema e dei risultati qualitativi, da addebitarsi principalmente ad un modello produttivo che si fonda sulla crescente esternalizzazione di attività, con il solo scopo di abbattere i costi e che ha determinato la perdita del controllo del processo produttivo da parte dell'azienda;
tuttavia, è il quadro complessivo dell'industria navalmeccanica nazionale a destare preoccupazione, nonostante le sollecitazioni di Ancanap, Confitarma, Rina, Cetena, Vasca navale; in questo contesto le strategie adottate dall'Unione europea per affrontare la crisi del settore, con particolare riferimento al comparto dei traghetti, potrebbero favorire nuovi investimenti con ricadute positive sull'intero comparto;
per cogliere le opportunità di possibile rilancio del settore e di settori contigui sarebbe indispensabile un adeguamento infrastrutturale dei siti produttivi di Fincantieri, coinvolgendo le regioni e gli enti locali nella definizione degli investimenti necessari alla realizzazione delle infrastrutture ed, in particolare, al miglioramento delle infrastrutture di accesso ad alcuni cantieri come quello di Sestri Ponente;
il Governo, nonostante gli impegni assunti ufficialmente, con l'accordo del 18 dicembre 2009 tra il Ministro dello sviluppo economico, l'impresa e le istituzioni locali interessate - che dava seguito all'intesa del 16 luglio 2009 tra Fincantieri e le organizzazioni sindacali - per il rilancio delle commesse pubbliche e la ristrutturazione in senso efficientistico dei cantieri in Italia, non si è attivato, ad avviso degli interpellanti, per individuare le politiche e gli strumenti di difesa e di sostegno della cantieristica navale italiana necessari per mantenere inalterati gli attuali livelli produttivi ed occupazionali del settore;
tale comportamento è conseguenza, a giudizio degli interpellanti, della totale assenza di una politica industriale da parte del Governo, particolarmente evidente nel settore navalmeccanico, dove si registrano gravi inadempienze e ritardi, a partire dalla mancata riconvocazione del tavolo, sollecitata da mesi senza riscontro alcuno;
l'assenza del Governo e la mancanza di prospettive alternative nel confronto sul piano industriale ha fatto crescere, tra i lavoratori, preoccupazione e sconcerto e infine, dopo l'annuncio dei «tagli» ha suscitato la «collera dei poveri», così come denunciato dal monito di monsignor Giancarlo Maria Bregantini, presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, sfociata nelle manifestazioni di questi giorni;
a seguito delle manifestazioni dei lavoratori di Fincantieri, il Ministro dello sviluppo economico ha finalmente convocato per venerdì 3 giugno 2011 i vertici dell'azienda e i sindacati nazionali per discutere il piano di riorganizzazione industriale; nel corso di tale incontro si è registrato il ritiro del piano industriale annunciato dall'impresa;

la gravità della situazione della cameristica nazionale era già ampiamente nota al Parlamento, che già il 25 gennaio 2011, con la risoluzione 8-00104 approvata dalla X Commissione (Attività produttive, commercio e turismo), della Camera dei deputati aveva unanimemente impegnato il Governo ad attivarsi per la gestione e il superamento della fase di crisi;
sono, infatti, indispensabili azioni volte a:
a) mettere in campo progetti di riconversione industriale concreti e condivisi con i sindacati e gli enti locali, scongiurando la messa in opera dei piani di chiusura degli stabilimenti e la riduzione strutturale della capacità produttiva, sospendendo gli effetti dell'«informativa-piano industriale» di Fincantieri;
b) garantire nel settore navalmeccanico il pieno rispetto degli impegni assunti dal Governo al tavolo del 18 dicembre 2009;
c) sollecitare la mobilitazione tempestiva del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione per intervenire subito a sostegno dell'occupazione, altresì indispensabile per promuovere l'attività produttiva;
d) consolidare le politiche industriali finalizzate al rilancio della cantieristica navale italiana attraverso l'individuazione di investimenti ed incentivi, in particolare alla ricerca e all'innovazione, che consentano di aumentare la competitività della produzione italiana e al contempo di garantire il mantenimento degli attuali livelli occupazionali, operando attivamente per ottenere garanzie, da parte di Fincantieri, nel senso del mantenimento della produzione nei cantieri in Italia;
e) rifinanziare la legge 9 gennaio 2006, n. 13 - approvata dall'Unione europea e definanziata dall'attuale Governo - che consente la rottamazione delle navi passeggeri e traghetti misti passeggeri e merci, dal momento che in Italia la flotta di questa tipologia navale è particolarmente vetusta, insicura, ad alto consumo energetico ed inquinante, con una anzianità di 40,50,60 fino ad 80 anni;
f) garantire un adeguato livello delle commesse pubbliche nel settore della navalmeccanica, contemporaneamente alla realizzazione della terza fregata Fremm, reperendo le risorse necessarie alla costruzione di ulteriori fregate;
g) fornire a Fincantieri indirizzi precisi per un piano industriale basato su commesse pubbliche immediatamente cantierabili, su investimenti in diversificazione produttiva e innovazione tecnologica volta alla sostenibilità e compatibilità ambientale, sul recupero di un modello produttivo ed organizzativo rispettoso del diritto alla salute ed alla sicurezza dei dipendenti Fincantieri e dei lavoratori delle ditte degli appalti;
h) sostenere in sede europea la proposta di un piano straordinario per il rinnovo della flotta dei traghetti nei Paesi dell'Unione europea;
i) vigilare sulla corretta applicazione delle misure finalizzate a scoraggiare le iniziative di delocalizzazione previste dalla legge n. 80 del 2005 e confermare l'impegno a difendere la fair competition sui mercati internazionali e a contrastare fenomeni di concorrenza sleale, promuovendo il monitoraggio rispetto agli effetti generati dall'attuazione del nuovo accordo commerciale tra Unione europea e Corea del Sud -:
quali siano le ragioni per le quali non si è dato corso agli impegni e ai programmi assunti con l'impresa, le parti sociali e le amministrazioni territoriali interessate;
come si intenda recuperare il ritardo accumulato nella gestione della crisi della cantieristica nazionale nonostante le sollecitazioni e gli indirizzi del Parlamento;
quali urgenti misure si intendano adottare per consentire un proficuo confronto tra l'impresa, le organizzazioni sindacali e gli enti locali interessati, volto all'individuazione di un realistico piano per aumentare la competitività della produzione italiana, superare i vincoli infrastrutturali e al contempo garantire il mantenimento degli attuali livelli occupazionali, scongiurando l'annunciata chiusura di alcuni stabilimenti, in coerenza con quanto sottoscritto nel dicembre 2009;
quale ruolo rivesta il sistema della cantieristica nazionale negli obiettivi del Governo di rilancio dell'industria italiana.
(2-01111)
«Bersani, Franceschini, Ventura, Lulli, Damiano, Meta, Vico, Tullo, Boccia, Baretta, Garofani, Melandri, Andrea Orlando, Rossa, Zunino, Boffa, Bonavitacola, Bossa, Ciriello, Cuomo, D'Antona, Graziano, Iannuzzi, Mazzarella, Nicolais, Pedoto, Mario Pepe (Pd), Piccolo, Picierno, Santagata, Sarubbi, Vaccaro, Dal Moro, Fogliardi, Martella, Miotto, Mogherini Rebesani, Murer, Naccarato, Rubinato, Sbrollini, Tempestini, Federico Testa, Viola, Maran, Rosato, Strizzolo, Agostini, Cavallaro, De Torre, Giovanelli, Merloni, Pistelli, Vannucci, Berretta, Burtone, Capodicasa, Cardinale, Causi, D'Antoni, Genovese, Gozi, Levi, Pierdomenico Martino, Antonino Russo, Samperi, Siragusa».

Iniziative di competenza per garantire la corretta erogazione dei servizi all'utenza da parte di Poste italiane Spa, con particolare riguardo agli uffici postali del Friuli Venezia Giulia - 2-01114

G)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
dallo scorso mercoledì 1o giugno 2011 ad oggi, in molte regioni italiane (Friuli Venezia-Giulia, Toscana, Marche, Lazio e Campania) perdurano i gravissimi disservizi agli sportelli postali generati da un problema al sistema informatico di Poste italiane spa;
tali disservizi, oltre a rappresentare un'inaccettabile restrizione di un servizio pubblico universale e della credibilità della società che dovrebbe garantirlo, stanno provocando danni esiziali a milioni di cittadini-utenti, specie a coloro i quali appartengono alle fasce economicamente e socialmente più fragili, quali: anziani soli e privi di propri mezzi di mobilità, disabili, pensionati con pensione minima e così via;
una delle regioni colpite dal guasto alla piattaforma del software di Poste italiane è stato il Friuli Venezia-Giulia, territorio da anni particolarmente penalizzato da continue «rimoduzioni» dei giorni e degli orari di apertura al pubblico durante il periodo estivo (come segnalato nelle interrogazioni n. 3-00864 del 22 gennaio 2010 e 3-01093 del 1o giugno 2010);
dal 15 giugno al 15 settembre 2011 si ripresenterà il rischio della chiusura totale o parziale di ben 50 uffici postali in 42 comuni del Friuli Venezia-Giulia (18 nella provincia di Pordenone, 17 in quella di Udine, 4 in provincia di Gorizia e 3 a Trieste), unitamente ad una serie di disservizi già lamentati dai cittadini residenti nei predetti territori nel corso dell'anno;
l'11 maggio 2010, nell'ambito dello svolgimento di interrogazioni alla Camera dei deputati, il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Stefano Saglia, rispondendo sulla legittimità delle sopra menzionate rimodulazioni, garantiva circa l'impegno del proprio dicastero a: «(...) continuare a monitorare il territorio della regione Friuli Venezia-Giulia per assicurarsi che gli utenti possano usufruire della completa funzionalità degli uffici postali e dei servizi di corrispondenza; e per verificare che un servizio così essenziale come quello postale sia erogato nel modo migliore, ed assicurare, così, alla cittadinanza un servizio sempre efficiente e di qualità»;
ad oggi, tale impegno risulta di fatto disatteso -:
quali misure intenda avviare nei confronti di Poste italiane spa affinché vengano risolti e superati i recenti gravissimi disservizi che, secondo alcuni, potevano essere prevenuti;
quali interventi concreti e definitivi intenda mettere in atto per scongiurare il rischio che i 50 uffici postali in Friuli Venezia-Giulia vengano totalmente o parzialmente chiusi nel prossimo periodo estivo e affinché sia, comunque, assicurato a tutti i cittadini della regione il diritto di usufruire del servizio universale postale, con particolare riguardo a quelle zone montane colpite, ormai da anni, da un irreversibile fenomeno di spopolamento che, proprio per questo, sono fortemente penalizzate.
(2-01114) «Compagnon, Galletti».

Elementi e iniziative in merito all'entrata in vigore del Sistema di tracciabilità dei rifiuti speciali e pericolosi (Sistri) - 2-01092

H)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
mercoledì 11 maggio 2011 le imprese iscritte al Sistri hanno organizzato un test di operatività del nuovo sistema informatico per la tracciabilità dei rifiuti, per provare la tenuta e l'efficienza del sistema;
il risultato della prova generale (cosiddetto clic day) indetto dalle categorie produttive è stato, a detta di tutte costoro, un vero flop, con sito internet bloccato, chiavette usb non funzionanti, call center muto;
per fare un solo esempio, il clic day sperimentato nella provincia di Treviso ha visto cercare di collegarsi 200 industriali trevigiani, 250 agricoltori e 500 artigiani, passati tramite le associazioni, oltre a numerosi uffici ambiente degli enti locali, ma il sistema era i già in tilt la mattina alle ore 9, seguitando a incedere a singhiozzo fino a sera. La stragrande maggioranza delle imprese ha segnalato l'impossibilità di accedere o completare la registrazione e ripetuti blocchi del sistema con relative apparizioni di scritte del tipo «si è verificato un errore», «il server, a causa di un errore interno, non ha potuto soddisfare questa richiesta», «contattare l'amministratore di sistema per ulteriori informazioni». I rari casi di successo hanno richiesto tempi lunghissimi, mentre le difficoltà sono state molte, soprattutto per l'accesso al servizio;
inoltre anche il call center di supporto era irraggiungibile; le associazioni di categoria hanno, quindi, inviato una lettera al Presidente del Consiglio ed al Ministro interpellato, in cui affermano che questi problemi hanno interessato il 90 per cento delle imprese del Paese e, tenuto conto che non si è certo raggiunto l'11 maggio 2011 l'apice di collegamenti che si prospetta con l'entrata in vigore del Sistri dal 1o giugno 2011, hanno chiesto di prorogare l'entrata in vigore del sistema, per rivedere i principi di funzionamento e l'operatività complessiva del tracciamento digitale;
pur condividendo gli obiettivi del sistema di tracciabilità dei rifiuti, che dovrebbe servire a garantire maggiore trasparenza e a combattere la criminalità organizzata in un settore critico, oltre che comportare una semplificazione della gestione, eliminando la documentazione cartacea, le rappresentanze delle imprese, ritengono infatti che, così com'è stato realizzato, si rischi solo di far ritrovare le imprese in una situazione troppo complessa da gestire, in quanto il Sistri non è stato, a loro avviso, sufficientemente collaudato e rende impossibile a molte di esse rispettare la normativa vigente in materia, con la conseguente possibile soggezione a sanzioni e ritenute oltretutto sproporzionate rispetto alla reale gravità della violazione;
il Governo, d'altra parte, continua ad affermare che i problemi sarebbero dovuti alla mancata preparazione all'evento da parte delle associazioni di categoria, principale fattore della congestione del sistema nella predetta giornata, ed il direttore operativo di Sistri ha affermato che normalmente produttori, trasportatori e gestori di rifiuti lavorano con tempi diversi e non si collegano certo tutti insieme;
in particolare, nella risposta data dal Ministro per i rapporti con il Parlamento Elio Vito ad una recente interrogazione a risposta immediata in Assemblea, la n. 3-01649 dell'onorevole Mario Pepe, il Governo ha confermato che il sistema sarà operativo dal 1o giugno 2011 e che le proroghe sin qui concesse sono dipese «da molti fattori. Innanzitutto, dall'ampia gamma dei soggetti interessati, oltre 320.000 soggetti pubblici e privati coinvolti lungo tutta la filiera dei rifiuti, dalle dimensioni più differenziali ed appartenenti ai settori produttivi più diversi, con diverso grado di propensione all'innovazione tecnologica e con una molteplicità di situazioni specifiche da disciplinare, e, inoltre, dalla complessità della normativa in tema di rifiuti aggiornata, per ultimo, a seguito dell'avvenuta approvazione del decreto legislativo n. 205 del 2010 di recepimento della direttiva europea 2008/98 CE», ammettendo che «sul piano operativo vi sono stati ritardi sia nella fase di iscrizione dei soggetti obbligati al Sistri, sia nella successiva fase di distribuzione dei dispositivi elettronici che, in diversi casi, hanno scontato malfunzionamenti, anche se, ad onor del vero, va detto che non sono mancati episodi di vera e propria, deliberata, resistenza al cambiamento»;
a parere degli interpellanti, tuttavia, proprio le citate argomentazioni esposte dal Ministro Vito depongono a favore di una revisione e semplificazione del sistema, come richiesto dagli imprenditori, ad avviso dei quali il Governo non sembra avere percepito la gravità della situazione;
nelle imprese la preoccupazione è fortissima e il malumore generalizzato, anche in considerazione del fatto che esse hanno già versato sia il contributo per l'anno 2010, sia quello dovuto per il 2011, senza che il sistema sia ad oggi funzionante. Al riguardo il Ministro Vito, sempre nella citata risposta all'interrogazione n. 3-01649, ha affermato che il versamento annuale di un contributo stabilito dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare da parte degli enti obbligati ad iscriversi al Sistri è «destinato alla copertura dei costi del sistema. L'istituzione del Sistri non ha dunque comportato impiego di risorse pubbliche. Non escludiamo peraltro che, una volta terminata la contabilizzazione dei costi e delle entrate relative al 2010, possano verificarsi delle eccedenze destinabili alla riduzione dei livelli contributivi. Non sarà possibile in ogni caso procedere a tale aggiornamento per il corrente anno, vista la complessità delle verifiche che si stanno effettuando. Oltre sette mila imprese hanno infatti chiesto la revisione dei contributi versati o la loro restituzione»; infine, il Ministro Vito ha precisato che il sistema tariffario è stato organizzato con particolare attenzione alle problematiche sollevate dalle piccole e medie imprese -:
se non si ritenga opportuno assumere iniziative per sospendere l'avvio del sistema Sistri almeno sino al 31 dicembre 2011 e, in ogni caso, quali iniziative urgenti si intendano assumere per attuare una revisione e semplificazione del sistema, atte ad evitare il ripetersi dei malfunzionamenti sopra esposti e a garantire la piena funzionalità del sistema, così da evitare ulteriori aggravi a carico delle imprese e degli enti locali, anche per prevenire il rischio concreto che aumenti sul territorio il fenomeno di abbandono sconsiderato di rifiuti pericolosi paventato dall'Anci in una recente nota sul tema;
a quale somma ammontino i contributi complessivamente versati allo Stato per l'anno 2010 e per l'anno in corso dai soggetti pubblici e privati tenuti ad iscriversi al sistema Sistri;
se non si ritenga equo che il contributo sia dovuto dai soggetti tenuti all'iscrizione solo a far data dall'efficiente funzionamento del sistema, il cui onere non può che far carico al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il quale ha assunto tutte le decisioni relative alla sua gestione, compresa quella di affidare senza gara l'appalto del progetto Sistri alla società Selex management, con la conseguente compensazione a favore di imprese ed enti locali degli importi già versati in assenza del servizio con quelli che matureranno a far data dalla sua piena operatività, in aggiunta alla già prospettata riduzione dei livelli contributivi in caso di eccedenze delle entrate rispetto ai costi del sistema stesso.
(2-01092)
«Rubinato, Fogliardi, Lulli, Benamati, Bobba, Bocci, Boffa, Bonavitacola, Burtone, Capodicasa, Causi, Cuomo, Dal Moro, D'Alema, Fioroni, Gentiloni Silveri, Giachetti, Ginoble, Graziano, Laratta, Letta, Lolli, Lucà, Luongo, Marchi, Cesare Marini, Marrocu, Mastromauro, Melis, Merloni, Peluffo, Portas, Quartiani, Samperi, Tenaglia, Federico Testa, Viola, Marco Carra, Fiorio, Rigoni, Sbrollini».

Iniziative nei confronti del Governo cinese per la tutela dei monaci e civili tibetani, con particolare riferimento al monastero di Kirti - 2-01085

I)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:
dall'articolo di la Repubblica del 16 aprile 2011 e dal titolo «L'assedio di Kirti: duemila monaci bloccati in convento», si apprendono le seguenti notizie:
dal 19 marzo 2011 oltre duemila monaci tibetani sono sotto assedio dentro il monastero di Kirti, il quale è situato nella contea di Ngaba all'interno della regione sudoccidentale del Sichuan, in Cina;
l'esercito e la polizia cinesi hanno circondato il monastero e non permettono ai monaci di uscire o entrare e ai fedeli impediscono di portare loro offerte di cibo;
la situazione intorno al monastero di Kirti è diventata critica dopo che il 16 marzo 2011 un giovane monaco, appartenente al suddetto monastero e di nome Phuntsog, si è dato fuoco per protestare contro la repressione di Pechino ai danni del popolo tibetano e contro la cinesizzazione culturale della regione himalayana;
a seguito di tale suicidio sono scoppiate proteste e manifestazioni dei monaci appartenenti al monastero di Kirti per chiedere la fine delle politiche di discriminazione del Governo cinese nelle quali è stato invocato il ritorno del Dalai Lama nelle regioni cinesi del Tibet, e perciò la zona è stata bloccata dall'esercito cinese e ora la contea di Ngaba è inaccessibile;
l'area attorno al monastero è, infatti, sorvegliata dai militari cinesi che hanno sigillato anche gli accessi laterali dislocando dieci militari davanti ad ogni porta;
a loro volta migliaia di abitanti della contea di Ngaba hanno circondato i militari per cercare di impedire che i monaci del monastero di Kirti siano deportati nei campi del partito per seguire corsi di «rieducazione patriottica»;
a tal proposito, il superiore del monastero gemello di Kirti, a Dharamsala, ha dichiarato che «numerosi monaci negli ultimi giorni sono scomparsi e che sono stati rinchiusi in campi del partito per seguire corsi di rieducazione patriottica, e tra questi ci sarebbe anche il fratello del religioso che si è dato alle fiamme». Egli ha, inoltre, dichiarato che: «a chi è barricato nel monastero di Kirti viene, invece, impedito di pregare, cantare, lavorare la terra e muoversi liberamente»;
contro gli abitanti della contea di Ngaba, che si erano riuniti davanti al monastero per tentare di impedire l'accesso delle forze dell'ordine dentro la struttura, i soldati hanno reagito aizzando cani da combattimento e picchiandoli, e alcune di queste persone hanno subito gravi ferite mentre altre sono state arrestate;
durante tali scontri il servizio dei cellulari è stato bloccato per poi riprendere a funzionare a stento, mentre tutti i negozi della città di Ngaba sono stati chiusi e solo i veicoli militari circolavano per le strade;
sempre dalle pagine dell'articolo di la Repubblica, si evince che:
il Governo cinese ha smentito quanto sta accadendo nella contea di Ngaba e, a tal proposito, il Ministero degli esteri ha dichiarato di non esserne informato, mentre il portavoce del Partito comunista di Ngaba ha detto che «la polizia sta effettuando normali pattugliamenti, passando pertanto anche nelle vicinanze del monastero»;
gli abitanti dei villaggi vicini hanno confermato, invece, che Kirti è circondato e isolato e che i militari ogni giorno costringono la popolazione a partecipare a manifestazioni pubbliche per inneggiare a favore delle autorità e del partito cinesi;
nella zona la tensione sale da tre anni e il monastero, dopo la repressione a Lhasa, è diventato l'epicentro spirituale e politico della rivolta che i tibetani oramai da anni portano avanti contro il tentativo di colonizzazione da parte del Governo cinese -:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopramenzionati;
se a fronte di essi intenda adottare iniziative nei confronti del Governo cinese affinché quest'ultimo ponga immediatamente fine alla violazione dei diritti umani, agli arresti e detenzioni arbitrarie nei confronti di monaci e civili tibetani, nonché ripristini la libertà di movimento nella contea di Ngaba.
(2-01085)
«Mecacci, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Maurizio Turco, Zamparutti, Bressa, Barbieri, Bossa, Bucchino, Ciccioli, D'Antona, Delfino, Ferrari, Fiano, Fogliardi, Giulietti, Gozi, Iannuzzi, Lo Moro, Losacco, Mancuso, Martella, Melandri, Migliori, Mogherini Rebesani, Motta, Narducci, Pezzotta, Picierno, Porta, Raisi, Rubinato, Soro, Touadi, Vaccaro, Vernetti, Zacchera».

Orientamenti del Governo in merito all'introduzione del pedaggio in alcuni tratti autostradali della regione Sicilia - 2-01083

L)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
la decisione di introdurre il pedaggio autostradale in moltissime tratte autostradali siciliane ha determinato una mobilitazione immediata, sia da parte di cittadini e associazioni che dell'intera classe dirigente isolana;
la decisione dell'Anas di fare slittare tale provvedimento non ha certo calmato gli animi, stante la situazione di oggettiva arretratezza che il sistema viario presenta nell'intera isola che, proprio in virtù di questi ritardi infrastrutturali, paga una notevole ammenda in quanto a mobilità e, quindi, a possibilità di sviluppo;
appare agli interpellanti fuorviante, da questo punto di vista, il ragionamento esposto dal presidente dell'Anas Pietro Ciucci che, nell'affermare che le tariffe saranno introdotte non appena sarà realizzato un sistema di pedaggiamento, ha ribadito che nell'isola sarebbero stati fatti investimenti notevoli per modernizzare la rete stradale e autostradale, senza tenere conto del ritardo oggettivo che i siciliani hanno dovuto subire per decenni e della differenza di situazione economica tra la stessa e le restanti regioni italiane;
in Sicilia dovrebbero essere 425 i chilometri di autostrade, pari al 45 per cento dell'intera rete di Anas, sottoposti a pedaggio;
tale decisione rischia non solo di rivelarsi appellabile, in quanto in contrasto con lo statuto di autonomia della Regione siciliana, ma di risultare del tutto inappropriata nella situazione specifica siciliana, stante lo stato di disastrato della rete stradale e, soprattutto, considerata la mancanza di strutture di comunicazione alternative, quali quelle ferroviarie, che si possano definire quantomeno decenti;
è a tutti nota, in tal senso, la situazione di arretratezza del sistema ferroviario in Sicilia;
a questo si aggiunge lo sconcerto dei cittadini siciliani alla notizia che i soldi ricavati non saranno utilizzati per migliorare la rete infrastrutturale dell'isola ma per sottrarre la quota equivalente dai contributi annui che lo Stato versa all'Anas;
tale situazione ha provocato le sentite reazioni da parte sia di tutte le istituzioni locali che della massa di pendolari che tra breve si troveranno, in una situazione economica di grande difficoltà per le famiglie, a dover sopportare un altro aggravio di spese mensili -:
quale sia la situazione allo stato attuale e se non si ritenga indispensabile rivedere la decisione presa in merito al pagamento dei pedaggi autostradali in Sicilia per non far pagare ai cittadini dell'isola, costretti spesso ad utilizzare la rete autostradale in mancanza di valide alternative, un'ingiusta ed inopportuna «tassa» che peserà soprattutto nelle tasche di settori sociali, come quello dei pendolari, che già subiscono i danni prodotti dall'attuale crisi economica;
se non si ritenga opportuno, al contrario, sostenere, così com'è previsto oltretutto nel programma dell'attuale maggioranza, un processo accelerato di ammodernamento infrastrutturale nella regione siciliana che ne favorisca il rilancio economico e consenta ai cittadini di potere usufruire, finalmente, di un sistema di mobilità idoneo alle loro esigenze.
(2-01083) «Gianni, Sardelli».

Orientamenti del Governo in merito alla nomina del presidente dell'autorità portuale di Bari e alla revoca dell'attuale incarico commissariale - 2-01088

M)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
il signor Francesco Palmiro Mariani ha svolto il ruolo di presidente dell'autorità portuale di Bari per un quadriennio, fino al 19 gennaio 2011;
a seguito di pesanti irregolarità accertate nella gestione del porto di Bari durante la presidenza del signor Francesco Palmiro Mariani, si è provveduto con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 17 giugno 2009 alla rimozione dello stesso ed al contestuale commissariamento dell'autorità portuale di Bari;
all'adozione di tale decreto il Ministro competente era pervenuto, sulla scorta delle conclusioni rassegnate da un'apposita commissione ministeriale - istituita con decreto del direttore generale dei porti n. 20/08 del 19 dicembre 2008 - la quale, nella relazione conclusiva del 4 maggio 2009, aveva stigmatizzato che «il Presidente dell'Autorità portuale ha posto in essere iniziative ed atti quanto meno discutibili, in contrasto con le funzioni d'ufficio che postulerebbero la serena ed efficiente gestione, sotto il profilo istituzionale ed operativo, del Porto di Bari» evidenziando che «Alla luce dell'accertamento svolto, vi è ragione di ritenere che la situazione del Porto di Bari, già molto grave, sia destinata a peggiorare ulteriormente, proprio per effetto delle improvvise iniziative dell'Autorità portuale destinate a compromettere irreversibilmente lo sviluppo futuro dello scalo barese»;
la medesima commissione d'indagine evidenziava che il presidente dell'autorità portuale di Bari privilegiava la cooperativa multi servizi portuali, alla quale era stato affidato dalla stessa autorità portuale «con una procedura che desta forti perplessità, un appalto di svariati milioni di euro per lo svolgimento di servizi» - tanto che tale affidamento è stato censurato sia dal Tar Puglia che dal Consiglio di Stato - e stigmatizzava «la presenza di »soggetti discutibili« (con riferimento a trascorsi penali certificati per molti componenti) nella stessa cooperativa che, con sprezzo di ogni dovere d'ufficio, sono stati dal Presidente dell'autorità portuale utilizzati addirittura come addetti di security per la sicurezza e la prevenzione nei confronti di eventuali attacchi terroristici internazionali»;
numerosi articoli di stampa hanno evidenziato che risultano in corso indagini, da parte della procura della Repubblica di Bari, volte ad accertare irregolarità nella procedura di affidamento di alcuni servizi, nonché l'esistenza di infiltrazioni malavitose nell'ambito del porto di Bari, essendo particolarmente elevato il grado di esposizione dello scalo barese ai rischi di traffici illeciti, sia per la contiguità fisica con il borgo antico di Bari che per i collegamenti internazionali;
ciò nonostante, in data 19 gennaio 2011, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il signor Mariani è stato nominato commissario della stessa autorità portuale, fino alla nomina del nuovo presidente;
ciò nonostante, il sindaco di Bari, dottor Michele Emiliano, noto procuratore antimafia, ha designato il signor Mariani nella terna per la nomina del nuovo presidente dell'autorità portuale di Bari;
nei giorni scorsi, il Ministro interpellato ha perfezionato l'intesa con la regione Puglia per la nomina del presidente dell'autorità portuale di Bari per il prossimo quadriennio, scegliendo nella terna designata dagli enti territoriali competenti, proprio il signor Francesco Palmiro Mariani;
successivamente all'intesa tra il Ministro interpellato e la regione Puglia, con deliberazione del comitato portuale dell'autorità portuale di Bari del 29 aprile 2011, è stato approvato il rendiconto generale dell'esercizio 2010, il cui conto economico consuntivo presentava un disavanzo di gestione di euro 622.665,73;
nella relazione del collegio dei revisori dei conti dell'autorità portuale è evidenziato chiaramente che «le ragioni principali del risultato negativo della gestione economica vanno ricercate nell'incremento dei costi del personale e delle spese di funzionamento e per servizi istituzionali», a fronte di ricavi sostanzialmente immutati rispetto all'anno precedente, ossia rispetto al 2009;
nei conti consuntivi degli ultimi due anni sono stati contabilizzati, illegittimamente in quanto in contrasto con l'articolo 36, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 97 del 2003, crediti non esigibili di circa 600.000 euro per il 2010 e di circa 1.400.000 euro per il 2009, a titolo di eccedenze rinvenienti dall'adeguamento del canone di concessione che l'autorità portuale ha assunto dovessero essere pagate dalla partecipata Bari Porto Mediterraneo srl;
inoltre, in base a due sentenze del Tar Puglia del 9 maggio 2011, tali presunti crediti dell'autorità portuale sono stati dichiarati inesistenti, per cui il conto economico consuntivo del 2009, approvato con un avanzo di gestione di circa 900.000 euro, presenta effettivamente un disavanzo di circa 500.000 euro, mentre il conto economico consuntivo del 2010 registra un disavanzo non più di 622.665,13 euro, bensì di circa 1.200.000 euro;
da tali atti, ancora una volta, appare evidente la mala gestio dell'autorità portuale di Bari operata dal signor Mariani, che ha determinato disavanzi nei conti economici consuntivi per ben due anni consecutivi;
l'articolo 7, comma 3, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, e successive modifiche ed integrazioni, stabilisce che «Con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione vengono disposti la revoca del mandato del presidente e lo scioglimento del comitato portuale qualora: (..) b) il conto consuntivo evidenzi un disavanzo», mentre il successivo comma 4 stabilisce che «Con decreto di cui al comma 3, il Ministro dei trasporti e della navigazione nomina altresì un commissario che esercita, per un periodo massimo di sei mesi, le attribuzioni conferitegli con il decreto stesso»;
da alcuni articoli di stampa pubblicati nei giorni scorsi, si è appreso che il signor Mariani ha dichiarato erroneamente che il «conto consuntivo», di cui all'articolo 7, comma 3, lettera b), della legge n. 84 del 1994, non corrisponde al «conto economico» gestionale del rendiconto, generale, dichiaratamente in disavanzo, bensì alla «situazione amministrativa» di cui allo stesso rendiconto, che risulta essere in avanzo per circa 26 milioni di euro in quanto comprende i finanziamenti in conto capitale ottenuti dallo Stato esclusivamente per la realizzazione delle infrastrutture portuali e non già per il pagamento delle spese correnti di gestione dell'autorità portuale;
da un ulteriore articolo pubblicato sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 22 maggio 2011, si è appreso che la Gazzetta del Mezzogiorno avrebbe consultato sull'argomento la direzione generale per i porti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che avrebbe confermato la tesi sostenuta dal signor Mariani, in quanto «alle Autorità portuali si applica il regolamento di contabilità degli enti locali dello Stato, cioè il decreto del Presidente della Repubblica n. 97 del 2003»;
il richiamo al decreto del Presidente della Repubblica 27 febbraio 2003, n. 97, «Regolamento concernente l'amministrazione e la contabilità degli enti pubblici di cui alla legge 20 marzo 1975, n. 70», risulta del tutto inconferente, in quanto assolutamente inadatto a supportare un'interpretazione dell'articolo 7 della legge n. 84 del 1994 che faccia coincidere il conto consuntivo con la situazione amministrativa dell'autorità portuale;
al riguardo, occorre innanzitutto rilevare che l'articolo 7 della legge n. 84 del 1994, essendo riferito allo specifico settore portuale, costituisce norma di carattere speciale, in quanto tale destinata a prevalere sulle norme di carattere generale, anche se successive;
che con l'espressione «conto consuntivo» debba intendersi il risultato di gestione, riferito ad uno specifico esercizio finanziario e non la complessiva situazione amministrativa dell'autorità portuale, è reso palese non soltanto dal dato letterale della disposizione di cui al sopra citato articolo 7, ma anche dalla ratio della legge in cui essa è contenuta; elementi che depongono entrambi in senso assolutamente contrario alla tesi riportata nella Gazzetta del Mezzogiorno;
al riguardo, giova ricordare che la legge n. 84 del 1994 ha avuto origine dall'esigenza di «privatizzare» la gestione dei porti in Italia, in quanto gli stessi assorbivano ingentissime risorse dalla finanza pubblica, registrando spaventosi disavanzi soprattutto in tema di lavoro portuale, che dovevano essere poi ripianati a carico dell'erario;
pertanto, con la legge n. 84 del 1994, si è inteso creare l'autonomia gestionale tramite l'istituzione delle autorità portuali, un nuovo modello di governance improntato a criteri di managerialità - ciò che è confermato dai requisiti di «massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale» richiesti per la nomina a presidente - nonché dare il via all'autonomia finanziaria delle stesse autorità portuali, sanzionando con la revoca il presidente che si sia dimostrato incapace nella gestione dell'autorità stessa, producendo un disavanzo;
inoltre, se si ritenesse corretta la tesi riportata nella Gazzetta del Mezzogiorno, si finirebbe per attribuire al Ministro interpellato il potere di decidere in modo arbitrario sulla sorte del mandato di ogni presidente di autorità portuale, in qualunque momento, revocando o concedendo quantità di finanziamenti pubblici tali da modificare in negativo o in positivo i risultati economici delle stesse autorità;
l'insostenibilità di tale tesi viene ulteriormente confermata laddove si ponga mente al comma 4 dell'articolo 7 della legge n. 84 del 1994, che perderebbe completamente di significato, non avendo più senso sia la nomina di un commissario che la possibilità di imporre oneri aggiuntivi a carico delle merci sbarcate e imbarcate nel porto, se per superare il caso di disavanzo di cui all'articolo 7, comma 3, lettera b) si ritenesse possibile che il Ministro conceda al presidente dell'autorità portuale che ha determinato il disavanzo finanziamenti adeguati per coprire il disavanzo stesso;
va inoltre osservato che i finanziamenti ministeriali sono vincolati esclusivamente alla realizzazione delle infrastrutture e non sono quindi legittimamente utilizzabili per coprire un disavanzo determinato da un aumento delle spese correnti nella gestione ordinaria;
pertanto, qualora si ritenesse valida la tesi riportata nella Gazzetta del Mezzogiorno, per assurdo, il presidente dell'autorità portuale sarebbe incentivato a non realizzare alcuna infrastruttura, ma a tenere accantonate le risorse finanziarie corrispondenti a detti finanziamenti per coprire fittiziamente le spese di gestione corrente;
alla luce di quanto sopra osservato, deve pertanto necessariamente concludersi che, con l'espressione «conto consuntivo» di cui all'articolo 7, comma 3, lettera b), della legge n. 84 del 1994, si faccia riferimento solo ed esclusivamente al risultato di gestione;
in definitiva, la tesi riportata nella Gazzetta del Mezzogiorno, producendo un risultato assurdo e aberrante, risulta dunque del tutto insostenibile;
è, pertanto, evidentissimo il tentativo del signor Mariani di mistificare la realtà dei risultati negativi conseguiti nel rendiconto generale 2010 e di difendere, secondo gli interpellanti maldestramente, con incredibile pervicacia, una gestione disastrosa dell'autorità portuale di Bari, aggravata da perdite finanziarie crescenti negli ultimi due anni;
alla luce delle considerazioni, dei dati e delle disposizioni di legge sopra riportati, appare evidente che il Ministro interpellato è tenuto a disporre la revoca del mandato del presidente dell'autorità portuale e che il signor Francesco Palmiro Mariani non può né essere rinominato presidente dell'autorità portuale di Bari, né continuare a svolgere le funzioni di commissario della stessa autorità -:
se non intendano revocare la scelta del signor Francesco Palmiro Mariani quale futuro presidente dell'autorità portuale di Bari, considerando che, in caso contrario, l'atto sarebbe, ad avviso degli interpellanti, gravemente censurabile in quanto illegittimo, sia perché in contrasto con l'articolo 7 comma 3 della legge n. 84 del 1994, sia perché in totale contraddizione con i precedenti atti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che avevano determinato l'adozione di un provvedimento di rimozione del signor Mariani dal suo incarico di presidente dell'autorità portuale di Bari e di contestuale commissariamento dell'ente medesimo;

se non intendano procedere alla revoca immediata del mandato dell'attuale commissario dell'autorità portuale di Bari, signor Francesco Palmiro Mariani - avendo la sua gestione determinato i disavanzi, causa di revoca necessaria dell'incarico di vertice dell'autorità portuale - ed allo scioglimento del comitato portuale, nonché alla contestuale nomina di un commissario, ai sensi dell'articolo 7, comma 4, della legge n. 84 del 1994.
(2-01088)
«Tassone, Galletti, Mereu, Compagnon, Cera, Ruggeri, Adornato, Binetti, Bosi, Buttiglione, Calgaro, Capitanio Santolini, Enzo Carra, Ciccanti, De Poli, Delfino, Dionisi, Anna Teresa Formisano, Libè, Lusetti, Mantini, Marcazzan, Ricardo Antonio Merlo, Mondello, Naro, Occhiuto, Pezzotta, Poli, Rao, Ria, Scanderebech, Nunzio Francesco Testa, Volontè, Zinzi».

Elementi circa l'erogazione da parte dell'Istituto nazionale di previdenza sociale di una misura economica in favore dei lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa - 2-01106

N)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
l'articolo 19, comma 2, del decreto-legge 28 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, della legge 28 gennaio 2009 n. 2, ha previsto in via sperimentale per gli anni 2009-2010-2011 l'erogazione di una somma in un'unica soluzione pari al 10 per cento del reddito percepito l'anno precedente, ai collaboratori coordinati e continuativi di cui all'articolo 61, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, iscritti in via esclusiva alla gestione separata presso l'inps di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, con esclusione dei soggetti individuati dall'articolo 1, comma 212, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, i quali soddisfino in via congiunta le seguenti condizioni:
a) operino in regime di monocommittenza;
b) abbiano conseguito l'anno precedente un reddito superiore a 5.000 euro e pari o inferiore al minimale di reddito di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 2 agosto 1990, n. 233, e siano stati accreditati presso la predetta gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, un numero di mensilità non inferiore a tre;
c) nell'anno di riferimento sia stato accreditato presso la predetta gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, un numero di mensilità non inferiore a tre;
d) non risultino accreditati nell'anno precedente almeno due mesi presso la predetta gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335;
secondo la relazione tecnica allegata alla proposta di legge il reddito di cui alla lettera b) equivale, per l'anno 2008, a circa 13.820 euro;
l'articolo 2, comma 130, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, ha modificato la disposizione in questione per gli anni 2010-2011 elevando la somma al 30 per cento del reddito percepito l'anno precedente, parzialmente modificando i requisiti per l'accesso. In particolare, il reddito massimo è stato portato a 20.000 euro; con riguardo all'anno di riferimento il collaboratore deve essere stato accreditato presso la gestione separata Inps per almeno un mese, deve risultare senza lavoro da almeno due mesi e con almeno tre mensilità accreditate, nell'anno precedente, presso la predetta gestione separata. Rimangono fermi i requisiti originari per coloro che hanno maturato il diritto all'erogazione entro il 31 dicembre 2009;
secondo il rapporto sulla coesione sociale nell'anno 2010 diffuso dall'Inps nel dicembre del 2010 i collaboratori che non hanno versato contributi alla gestione separata nell'anno 2009 (presumibilmente perché hanno cessato il proprio contratto di collaborazione) sarebbero circa 147.000, riducendo il numero delle collaborazioni attive nei confronti della gestione separata Inps a 1.463.214 da 1.610.594 del 2008;
come segnalato in precedenti atti di sindacato ispettivo (interrogazioni a risposta in Commissione Miglioli n. 5-01611 e n. 5-02329), ai quali il Governo non ha ancora risposto, sembrerebbe che soltanto un numero esiguo di una tantum siano state effettivamente liquidate, di fronte a una platea di collaboratori disoccupati estremamente più vasta. Tale esiguità sarebbe motivata dalla ristrettezza dei criteri e da alcune ulteriori restrizioni interpretative da parte del soggetto erogante, cioè l'Inps;
il rapporto Inps 2010, presentato alla Camera dei deputati il 25 maggio 2011, nelle 335 pagine non fornisce alcun dato sulla misura limitandosi soltanto ad enunciarne l'esistenza -:
quante siano le erogazioni della misura una tantum per collaboratori di cui all'articolo 19, comma 2, del decreto-legge 28 novembre 2008, n. 185, e successive modificazioni, negli anni 2009, 2010 e 2011;
quante richieste siano state prodotte per ciascun anno, quante siano state accettate e quali siano le principali motivazioni dei rifiuti;
quante siano le risorse stanziate, quante siano quelle utilizzate e quante siano quelle attualmente disponibili;
quanti siano i beneficiari divisi per area geografica, età e genere e, ugualmente, quanti siano coloro a cui è stata negata l'erogazione divisi per area geografica, età e genere;
quali siano gli strumenti che sono stati utilizzati per pubblicizzare l'esistenza della misura una tantum.
(2-01106)
«Madia, Zampa, Melis, Gnecchi, Pedoto, Siragusa, Gatti, Miglioli, Santagata, Berretta, Froner, Murer, Mattesini, Livia Turco, Lenzi, Bossa, Braga, Zucchi, Pompili, Pes, D'antona, Motta, Colombo, Antonino Russo, Strizzolo, Cuperlo, Garofani, Losacco, Pierdomenico Martino, Vaccaro, Bobba, Castagnetti, Coscia, Fontanelli, Servodio, Schirru, Mogherini Rebesani, Graziano, Picierno, Samperi, Bellanova, Trappolino».

Iniziative di competenza in merito all'adeguamento stipendiale di ricercatori e docenti universitari - 2-01113

O)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
l'articolo 9, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica (Gazzetta Ufficiale del 30 luglio 2010, n. 176), prevede che per gli anni 2011, 2012 e 2013, il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, previsto dai rispettivi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione non può superare, in ogni caso, il trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010, fermo in ogni caso quanto previsto dal comma 21, terzo e quarto periodo, per le progressioni di carriera comunque denominate;
il citato comma 21 dello stesso articolo prevede che i meccanismi di adeguamento retributivo per il personale non contrattualizzato di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, così come previsti dall'articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, non si applicano per gli anni 2011, 2012 e 2013 e non danno comunque luogo a successivi recuperi. Per il personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, le progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici;
molte università stanno interpretando tale norma nel senso di considerare i passaggi da ricercatore o professore associato non confermati a confermati, da professore straordinario ad ordinario come «avanzamento di carriera» e, pertanto, per la lettera del comma 21 dell'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010, validi solo ai fini giuridici e non ai fini economici;
la nozione di «conferma in uno stesso ruolo» esclude a priori l'idea di una «progressione di carriera», benché il passaggio non sia automatico, essendo previsto un giudizio dal quale può conseguire una mancata conferma;
la conferma nel ruolo di ricercatore, così come la conferma nel ruolo di professore di seconda o di prima fascia, paiono dunque rientrare nella categoria degli «eventi straordinari della dinamica retributiva», di cui parla il citato articolo 9, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2010, al pari, in qualche misura, del «conseguimento di funzioni diverse in corso d'anno»;
l'inammissibilità, ai sensi dell'articolo 9, comma 1, di una progressione stipendiale rispetto al 2010 applicata ai confermati determinerebbe inoltre pesanti effetti discriminatori quando entrerà in vigore la disposizione della legge n. 240 del 2010 relativa all'abolizione dello straordinariato ed all'accesso diretto ai ruoli dell'ordinariato. In tal modo, infatti, l'ordinario che nel 2012 vincerà un concorso si vedrà applicare i tabellari dei professori ordinari, al contrario dell'ordinario che è divenuto tale per conferma nello stesso 2012, avendo già fruito del trattamento economico dello straordinario;
ulteriori distorsioni si produrrebbero nella scelta tra il tempo pieno e il tempo definito che usualmente avviene al termine del triennio di conferma. Il blocco dello stipendio a seguito della conferma, infatti, inciderebbe unicamente per chi opta per il tempo pieno, il che porrebbe in una situazione di svantaggio i ricercatori che optano per il tempo pieno rispetto a coloro che optano per il tempo definito -:
se non ritenga opportuno emanare una circolare interpretativa di tale disposizione che consenta l'adeguamento stipendiale per i ricercatori e gli associati che vengono confermati o per gli straordinari divenuti ordinari nel corso degli anni 2011, 2012, 2013, chiarendo che tali circostanze consistono in «eventi straordinari della dinamica retributiva» esclusi, ai sensi dell'articolo 9, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2010, dal blocco dei trattamenti economici determinato dalla medesima normativa.
(2-01113)
«Vassallo, De Biasi, Ghizzoni, Bachelet, Nicolais, Mazzarella, Lo Moro, Sani, De Pasquale, Picierno, Calvisi, Sanga, Fluvi, Pes, Scarpetti, Ginefra, Zazzera, Ciriello, Zucchi, Fontanelli, Mariani, Arturo Mario Luigi Parisi, Laratta, Viola, Merloni, Naccarato, Bellanova, Ferranti, Federico Testa, Boccuzzi, Ferrari, De Torre, Porta, Bucchino, Bobba, Schirru, Agostini, Fedi, Mogherini Rebesani, Villecco Calipari».

Orientamenti del Governo sulla costituzione di un'articolazione operativa della direzione investigativa antimafia in Emilia-Romagna - 2-01108

P)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
l'assemblea legislativa della regione Emilia Romagna ha provato all'unanimità dei presenti, in data 30 marzo 2011, una risoluzione che impegna la giunta ad attivarsi presso il Ministero dell'interno per richiedere che, anche nella suddetta regione, venga costituita un'agenzia operativa della direzione investigativa antimafia (Dia);
a supporto di tale indirizzo, nella risoluzione viene evidenziato che l'Emilia-Romagna si caratterizza per la posizione geografica strategica di snodo tra Nord e Centro del Paese, per la conseguente ricca dotazione di infrastrutture di collegamento ferroviario, stradale ed autostradale e per un'economia florida che ha garantito un'equilibrata e diffusa distribuzione del benessere sul territorio, come è attestato dall'indice di povertà più basso a livello nazionale;
si rileva, inoltre, che proprio per le sue peculiarità economiche e la felice collocazione geografica tale regione costituisce uno stimolante polo di attrazione per interessi lavorativi, economici e anche - potenzialmente - criminali, soprattutto come terreno d'elezione per tentativi di riciclaggio di capitali da parte della criminalità organizzata;
si sottolinea poi che tale attività illecita, oltre a configurare un tentativo di controllo del territorio, attraverso l'esportazione di moduli operativi tipicamente mafiosi, può anche risultare funzionale all'infiltrazione di imprese controllate - in sostituzione di quelle estorte - nel tessuto economico locale, allo scopo di occupare il lucroso settore dei lavori pubblici e garantirsi valide occasioni di riciclaggio;
l'assemblea legislativa della regione Emilia Romagna ha accertato che, a fronte di una situazione nella quale sono evidenti i segnali di rischio che il territorio regionale corre, a tutt'oggi la regione è sprovvista di una agenzia operativa della direzione investigativa antimafia e ha evidenziato che, dalla sintesi dei dati della relazione della direzione investigativa antimafia nazionale, relativa al primo semestre 2010, viene sottolineato che: nei primi sei mesi dell'anno, su 12.828 segnalazioni di operazioni finanziarie sospette ad alto rischio di riciclaggio registrate in Italia, ben 910 (il 7,09 per cento del totale - al quinto posto in Italia dietro Lombardia, Lazio, Campania e Toscana) provenivano dal territorio emiliano-romagnolo;
di queste, 10 (il 4,5 per cento del totale nazionale) sono poi state effettivamente sottoposte dagli organi investigativi ad indagini più approfondite;
le segnalazioni inviate alle centrali investigative sono arrivate per lo più da istituti di credito (in 653 casi su 910), ma sono attivi sul terreno della repressione del fenomeno anche gli intermediari finanziari (128 casi) e le pubbliche amministrazioni (118 segnalazioni);
nel primo semestre del 2010 l'Emilia-Romagna risulta al quarto posto tra le regioni del Centro-Nord per reati di estorsione: 106 i casi documentati (ma erano 180 nel secondo semestre del 2009), inferiori solo a Lombardia (301), Piemonte (186) e Toscana (134);
statistiche simili si registrano per quanto riguarda l'usura, con 9 casi segnalati in regione (che hanno fatto scattare 30 denunce) contro i 18 del Veneto e gli 11 della Lombardia;
in data 5 maggio 2011 il presidente della regione Emilia-Romagna, esprimendo la condivisione e l'adesione della giunta regionale alla richiesta dell'assemblea legislativa, soprattutto alla luce delle ultime statistiche e analisi che rivelano circostanziati pericolosi e documentati tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata nei territori in questione, ha avanzato al Ministro interpellato la richiesta della costituzione di un centro operativo della direzione investigativa antimafia per il territorio emiliano-romagnolo, dichiarando la disponibilità ad offrire la collaborazione della regione al riguardo -:
se, sulla base degli elementi sopra evidenziati, della risoluzione approvata dall'assemblea legislativa della regione Emilia Romagna e della richiesta avanzata dal presidente della stessa regione, intenda attivarsi al fine di costituire un'agenzia operativa della direzione investigativa antimafia in Emilia Romagna.
(2-01108)
«Marchi, Migliavacca, Miglioli, La Forgia, Bratti, Lenzi, De Micheli, Marchignoli, Santagata, Benamati, Ghizzoni, Motta, Marchioni, Garavini, Castagnetti, Bordo, Bersani, Albonetti, Vassallo, Zampa, Brandolini, Levi, Veltroni, Piccolo, Bossa, Gozi, Beltrandi, Andrea Orlando, Burtone, Genovese, Marantelli, Marco Carra».