XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di mercoledì 26 ottobre 2011

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 26 ottobre 2011.

Albonetti, Alessandri, Belcastro, Berlusconi, Bernini Bovicelli, Bindi, Bonaiuti, Bongiorno, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Caparini, Carfagna, Casero, Catone, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Gianfranco Conte, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Fava, Fitto, Gregorio Fontana, Franceschini, Frattini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Leone, Lo Monte, Lupi, Lusetti, Madia, Mantovano, Maroni, Martini, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Misiti, Moffa, Nucara, Leoluca Orlando, Polidori, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Romano, Rotondi, Saglia, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tremonti, Vernetti, Vito.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta)

Albonetti, Alessandri, Belcastro, Berlusconi, Bernini Bovicelli, Bindi, Bonaiuti, Bongiorno, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Caparini, Carfagna, Casero, Catone, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Gianfranco Conte, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Fava, Ferranti, Fitto, Gregorio Fontana, Franceschini, Frattini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Jannone, La Russa, Leone, Lo Monte, Lupi, Lusetti, Madia, Mantovano, Maroni, Martini, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Misiti, Moffa, Nucara, Leoluca Orlando, Polidori, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Romano, Rotondi, Saglia, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tremonti, Vernetti, Vitali, Vito.

Annunzio di proposte di legge.

In data 25 ottobre 2011 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
DAMIANO ed altri: «Modifica dell'articolo 8 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, in materia di sostegno alla contrattazione collettiva di prossimità» (4712);
BELTRANDI ed altri: «Deroga temporanea alle norme in materia di reintegrazione dei lavoratori nel posto di lavoro e disposizioni per la valutazione degli effetti della disciplina sperimentale introdotta» (4713);
GENOVESE: «Modifica dell'articolo 57 del codice penale, in materia di reati commessi con il mezzo della stampa» (4714);
GENOVESE: «Modifiche all'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, in materia di dilazione del pagamento dei debiti tributari iscritti a ruolo» (4715).

Saranno stampate e distribuite.

Trasmissione dal Senato.

In data 25 ottobre 2011 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge:
S. 2232. - «Norme per la regolazione dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa di Gesù Cristo dei santi degli ultimi giorni, in attuazione dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione» (approvato dalla 1a Commissione permanente del Senato) (4716).

Sarà stampato e distribuito.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
VI Commissione (Finanze):
BITONCI ed altri: «Istituzione di una lotteria per l'incentivazione del rilascio delle ricevute e degli scontrini fiscali» (4671) Parere delle Commissioni I, V e X.
VII Commissione (Cultura):
GHIZZONI ed altri: «Deroga al limite di rapporto tra le spese per il personale e i trasferimenti statali a carico del Fondo per il finanziamento ordinario delle università, relativamente all'attuazione del piano per la chiamata di docenti di seconda fascia previsto dall'articolo 29, comma 9, della legge 30 dicembre 2010, n. 240» (4648) Parere delle Commissioni I e V.

Trasmissione dal ministro dell'economia e delle finanze.

Il ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 18 ottobre 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 14, comma 4, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, la relazione sul conto consolidato di cassa delle amministrazioni pubbliche, comprensiva del raffronto con i risultati del precedente biennio, aggiornata al 31 marzo 2011 (doc. XXV, n. 12).
Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal Comitato interministeriale per la programmazione economica.

La presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, in data 26 ottobre 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, le seguenti delibere CIPE, che sono trasmesse alla V Commissione (Bilancio), nonché alle Commissioni sottoindicate:
n. 94/2010 del 18 novembre 2010, concernente «Schema di convenzione unica tra ANAS Spa e Società Autostrada Brescia-Verona-Vicenza-Padova Spa» - alla VIII Commissione (Ambiente);
n. 13/2011 del 5 maggio 2011, concernente «Contratto di programma ANAS 2011» - alla VIII Commissione (Ambiente);
n. 14/2011 del 5 maggio 2011, concernente «Schema di convenzione unica tra ANAS Spa e Società Autostrada Brescia-Padova Spa - Integrazione prescrizioni delibera CIPE n. 94/2010» - alla VIII Commissione (Ambiente);
n. 61/2011 del 3 agosto 2011, concernente «Ripartizione dei contributi previsti per gli anni 2008 e 2009 a favore dei siti che ospitano centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile nucleare (legge n. 368 del 2003 di conversione del decreto-legge n. 314 del 2003 - Articolo 4, comma 1-bis e successive modifiche e integrazioni)» - alla VIII Commissione (Ambiente) e alla X Commissione (Attività produttive).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

La Commissione europea, in data 25 ottobre 2011, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio - Quarta relazione finanziaria della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) - Esercizio finanziario 2010 (COM(2011)672 definitivo), che è assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura);
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio - Quarta relazione finanziaria della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sul funzionamento del Fondo europeo agricolo di garanzia - Esercizio 2010 (COM(2011)673 definitivo), che è assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura);
Proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo che istituisce un'associazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l'America centrale, dall'altra (COM(2011)679 definitivo), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
Lettera rettificativa n. 3 al progetto di bilancio generale 2012 - Stato delle spese per sezione - Sezione III - Commissione (COM(2011)698 definitivo), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio).

Comunicazioni ai sensi dell'articolo 3, comma 44, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.

Fintecna Spa, con lettere in data 18 e 20 ottobre 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 44, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, le comunicazioni concernenti atti comportanti spese per emolumenti o retribuzioni, con l'indicazione del nominativo dei destinatari e dell'importo dei relativi compensi.

Tale comunicazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio).

Richieste di parere parlamentare su atti del Governo.

Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 25 ottobre 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, commi 8 e 10, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante attuazione dell'articolo 30, comma 9, lettere a), b), c) e d), della citata legge n. 196 del 2009, in materia di valutazione degli investimenti relativi a opere pubbliche (414).
Tale richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla VIII Commissione (Ambiente) nonché, per le conseguenze di carattere finanziario, alla V Commissione (Bilancio), che dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 25 dicembre 2011.

Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 25 ottobre 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, commi 8 e 10, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante attuazione dell'articolo 30, comma 9, lettere e), f), e g), della citata legge n. 196 del 2009, in materia di procedure di monitoraggio sullo stato di attuazione delle opere pubbliche, di verifica dell'utilizzo dei finanziamenti nei tempi previsti e di costituzione del «Fondo opere» e del «Fondo progetti» (415).
Tale richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla VIII Commissione (Ambiente) nonché, per le conseguenze di carattere finanziario, alla V Commissione (Bilancio), che dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 25 dicembre 2011.

Ritiro di una richiesta di parere parlamentare su una proposta di nomina.

Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 26 ottobre 2011, ha comunicato di ritirare la richiesta di parere parlamentare sulla proposta di nomina del signor Matteo Marzotto a presidente dell'ENIT - Agenzia nazionale del turismo (127).

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Iniziative normative per assicurare la copertura finanziaria per le borse di studio universitarie - 3-01908

DI PIETRO, ZAZZERA, DI GIUSEPPE e BORGHESI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
ai sensi del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, il fondo integrativo nazionale per le borse di studio per l'anno accademico 2009-2010 ammontava a euro 246.459.482,00;
nello stesso anno accademico 2009-2010 si sono registrati 183.323 idonei, di cui soltanto 154.263 hanno beneficiato della borsa di studio (84,15 per cento), mentre gli altri 29.060 sono stati esclusi, pur rientrando nei parametri di idoneità;
ai sensi del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, e del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, il cosiddetto decreto sviluppo, il fondo previsto per l'anno accademico 2011-2012 è di euro 101.628.250,00. La diminuzione del fondo è, quindi, stimabile in circa euro 144.831.232,00;
in base all'importo medio di una borsa di studio in Italia (euro 3.192,50) e senza considerare le probabili restrizioni dei contributi regionali a seguito delle ultime manovre, si avrebbe, quindi, un aumento nel corrente anno accademico di circa 45.366 studenti, che, pur risultando idonei, non riceveranno la borsa di studio;
le istituzioni europee chiedono al nostro Paese urgenti misure per la crescita e lo sviluppo, a prescindere dalle attuali manovre e dall'obiettivo del pareggio di bilancio;
lo Stato è tenuto, dal punto di vista economico, ad investire nella conoscenza e nell'innovazione, come stabilito nel 2000 nella strategia di Lisbona dal Consiglio europeo e come ribadito più volte dai vertici dell'Unione europea;
la copertura totale delle borse di studio, calcolata secondo il numero degli idonei nell'anno accademico 2009-2010, ammonta a euro 585.258.678,00 e lo Stato italiano spende annualmente circa euro 25.000.000.000,00 in armamenti;
la legge di stabilità per il 2012, attualmente all'esame al Senato della Repubblica, prevede l'incremento di 150 milioni di euro della dotazione del fondo di intervento integrativo per la concessione dei prestiti d'onore e l'erogazione delle borse di studio da ripartire tra le regioni, di cui alla legge 11 febbraio 1992, n 147;
è evidente che il sopra citato incremento rappresenta, ad avviso degli interroganti, ben poca cosa rispetto alle reali esigenze e, inoltre, riferendosi genericamente all'anno 2012, non risulta chiaro a quale anno accademico si riferisce; pertanto, se dovesse riferirsi all'anno accademico 2012-2013, lascerebbe fuori gli idonei esclusi nell'anno accademico 2011-2012;
la condizione di idoneo non beneficiario rappresenta una palese e doppia violazione del diritto alle pari opportunità, del diritto allo studio e del principio di uguaglianza: doppia in quanto gli studenti interessati non solo non possono proseguire gli studi «anche se privi di mezzi», ma non possono farlo neppure a seguito dell'idoneità acquisita, ovvero la certificazione della loro condizione disagiata secondo i parametri fissati dalla legge;
in una situazione dove l'attuale crisi grava sulle famiglie, aumentano le tasse universitarie, gli atenei tagliano i servizi e i corsi di laurea e sul fondo di finanziamento ordinario gravano pesantemente i tagli operati da questo Governo, il fatto che nel prossimo anno accademico più della metà degli idonei non potranno effettivamente proseguire gli studi, a prescindere dalle loro capacità, rende matematicamente e tecnicamente impossibile perseguire l'obiettivo del Governo circa la promozione della meritocrazia e della qualità -:
se il Ministro interrogato non ritenga urgente intervenire affinché siano adottate iniziative normative urgenti volte a prevedere ulteriori strumenti di tutela per garantire la copertura necessaria delle borse di studio per tutti gli idonei durante l'anno accademico 2011-2012 e per gli anni accademici successivi. (3-01908)

Iniziative per dare concreta attuazione al fondo di garanzia per l'acquisto della prima casa da parte delle giovani coppie, con particolare riferimento ai titolari di contratto di lavoro a tempo determinato - 3-01909

BALDELLI e TOCCAFONDI. - Al Ministro della gioventù. - Per sapere - premesso che:
nel corso del suo mandato il Governo ha affrontato, con interventi costanti e mirati alle differenti necessità, le problematiche legate alla tutela delle fasce più deboli della popolazione e, in particolare, l'inserimento delle nuove generazioni nel tessuto produttivo del Paese;
tutte le analisi socio-economiche, infatti, individuano nel coinvolgimento dei giovani nella vita economica uno dei pilastri sul quale fondare una nuova politica di sviluppo, anche per evitare che si radicalizzi in Italia una vera e propria contrapposizione tra generazioni;
una delle ricette per far crescere la nostra economia è quella di ampliare l'offerta di occupazione e al tempo stesso, in considerazione della precarietà in cui si trovano spesso i lavoratori con contratto atipico, di garantire loro l'accesso al credito, in particolare a quello finalizzato all'acquisto della prima casa;
secondo recenti dati forniti dal Censis, il 18 per cento dei trentenni abita in un alloggio di proprietà di familiari, mentre per chi non ha genitori o nonni proprietari rimane solo la prospettiva di un affitto che spesso è equivalente alla rata di un mutuo;
una politica organica di attenzione nei confronti dei giovani non può prescindere, dunque, dall'affrontare il problema della difficoltà delle nuove generazioni ad accedere a mutui per l'acquisto della prima casa;
molte giovani coppie lavorano per anni con contratti a tempo determinato e vedono preclusa ogni possibilità di accedere a finanziamenti per acquistare un alloggio perché non offrono, a giudizio degli istituti di credito, sicure garanzie;
il Governo, con l'articolo 2, comma 39, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, su proposta del Ministro interrogato, ha già istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della gioventù, un fondo per l'accesso al credito per l'acquisto della prima casa da parte delle giovani coppie o dei nuclei familiari monogenitoriali con figli minori, con priorità per quelli i cui componenti non risultano occupati con rapporto di lavoro a tempo indeterminato -:
quali siano le iniziative che il Governo, ed in particolare il Ministro interrogato, abbia adottato, o intenda adottare, per dare concreta attuazione al citato fondo che offrirebbe a molte giovani coppie la possibilità di ottenere un mutuo finalizzato all'acquisto della prima casa, garantendo in particolare coloro che lavorano a tempo determinato. (3-01909)

Iniziative di competenza per garantire i livelli essenziali di assistenza con riferimento al recente piano di rimodulazione dei punti nascita ospedalieri nella regione Sicilia - 3-01911

STAGNO D'ALCONTRES, FALLICA, PUGLIESE, TERRANOVA, GRIMALDI e IAPICCA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la Regione siciliana, su iniziativa del suo assessore alla sanità pro tempore, ha presentato, nel mese di settembre 2011, un piano di rimodulazione dei punti nascita ospedalieri, ove è prevista la soppressione di quelli ubicati nelle isole minori di Pantelleria e Lipari. Il piano prevede che gli stessi siano sostituiti da punti di emergenza attrezzati -:
fatte salve le competenze della regione autonoma Sicilia, se il Ministro interrogato non ritenga opportuno vigilare affinché vengano in ogni caso garantiti i livelli essenziali di assistenza con riferimento agli istituendi punti di emergenza, posto che per poter assistere adeguatamente una puerpera con gravidanza a rischio o con complicanze è necessario che coesistano nello stesso ambito un'unità di terapia intensiva neonatale, una di anestesia e rianimazione ed un centro sangue. (3-01911)

Chiarimenti in ordine a sospetti condizionamenti dell'azione del Governo desumibili da intercettazioni di conversazioni telefoniche del signor Lavitola diffuse da organi di stampa - 3-01910

DI BIAGIO. - Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi - su alcuni quotidiani nazionali - sono state pubblicate nuove e sconcertanti intercettazioni telefoniche tra membri del Governo, nonché esponenti delle istituzioni, e Valter Lavitola, ex direttore del giornale L'Avanti, attualmente indagato per induzione a rendere false dichiarazioni e per associazione a delinquere, nell'ambito del filone d'inchiesta relativo alle commesse estere di Finmeccanica, e, ad oggi, latitante;
dalle intercettazioni - effettuate dalla procura di Pescara nell'ambito dell'inchiesta sulla maxi evasione fiscale dell'imprenditore Giuseppe Spadaccini e pubblicate dal quotidiano la Repubblica - emerge, con estrema chiarezza, l'equivoca e pericolosa vicinanza e familiarità del signor Lavitola con gli alti ambienti istituzionali (Ministri, Sottosegretari, parlamentari, ufficiali della Guardia di finanza e dei servizi segreti);
da quanto si legge, sussisterebbe una fitta e oscura rete di interessi e affari alimentata da pressioni e richieste relative a nomine, provvedimenti governativi e atti legislativi ancora in fase di esame parlamentare e resa ancora più inquietante dal fatto che, in molte circostanze, lo stesso Lavitola si vanta di agire in nome e per conto - o quanto meno con l'avallo - del Presidente del Consiglio dei ministri, nonché di poter intercedere presso di lui per svariate questioni;
poco importa se il signor Lavitola e le persone da lui «raccomandate» abbiano ottenuto o meno gli incarichi cui aspiravano o se le cause da lui perorate, negli ambienti istituzionali, siano andate a buon fine, in quanto ciò che veramente imbarazza e sconvolge non è tanto l'effettività dei condizionamenti sull'attività istituzionale e governativa, quanto piuttosto la loro mera potenzialità;
con riferimento, poi, alla partecipazione del signor Lavitola ad alcuni incontri del Ministro degli affari esteri con delegazioni di Paesi stranieri, non è tanto rilevante individuare il luogo preciso in cui tali incontri siano avvenuti (nell'ufficio del Ministro, nell'anticamera, all'ingresso o nella sala stampa), né precisare la natura degli eventi in cui tali incontri si siano tenuti (ufficiali, ufficiosi, istituzionali, informali o privati), né tanto meno verificare se il Ministro abbia effettivamente «mescolato» o meno «l'attività istituzionale con attività di altro genere»: in verità, le stesse precisazioni e giustificazioni fornite dal Ministro, tra l'altro prontamente smentito anche dalla stampa albanese, appaiono alquanto deboli e inconsistenti;
fermo restando che, per questi ed altri aspetti, sarà l'autorità giudiziaria competente ad accertare le eventuali responsabilità e gli illeciti commessi, è, invece, particolarmente importante - perché ne va non solo della credibilità del nostro Paese, ma, soprattutto, della sua sicurezza - capire quali siano le motivazioni reali per cui esponenti delle nostre istituzioni si accompagnino a persone che esercitano un'intensa attività di «intermediazione» tra politica ed affari in maniera discutibile ed equivoca e quali siano gli interessi «in gioco»;
ciò che preoccupa seriamente - in quanto non solo rischia di alimentare un generale sentimento di disaffezione e delegittimazione nei confronti delle istituzioni, nonché di ledere irrimediabilmente l'immagine del nostro Paese, ma soprattutto perché testimonia l'inadeguatezza e la leggerezza con cui esponenti pubblici valutano la convenienza e l'opportunità di certe frequentazioni - è comunque la familiarità con cui il signor Lavitola abbia potuto avere libero accesso agli alti ambienti istituzionali, ai cellulari privati di personaggi noti, nonché la facilità con cui abbia potuto muoversi, a nome e per conto del Presidente del Consiglio dei ministri, negli ambienti privati, nelle istituzioni pubbliche e all'estero;
il progetto di delegittimare gli avversari politici attraverso la pratica del «dossieraggio», quello di influire sull'iter di provvedimenti - come la nomina del commissario per la ricostruzione dell'Aquila, la designazione dei vertici della Guardia di finanza, la legge sull'editoria, il cosiddetto lodo Alfano - nonché quello di condizionare la politica estera sulla base di presunti e non chiari interessi e vantaggi (personali o di lobby equivoche) rappresentano - al di là della loro effettiva realizzazione - un grave vulnus per la correttezza della vita istituzionale nel nostro Paese;
alla luce di quanto sta emergendo, sarebbe, quindi, opportuno, oltre che doveroso - al di là di giustificazioni meramente formali - chiarire i molti punti oscuri dell'intera vicenda, nonché sgombrare il campo da ogni dubbio circa possibili e inquietanti intrecci di affari ed interessi pubblici e privati -:
se e quali elementi il Governo sia in grado di fornire per fugare preoccupazioni o sospetti circa i condizionamenti operati dal signor Lavitola sulle scelte del Governo o di singoli esponenti dell'Esecutivo, in relazione a vicende non private o meramente politiche, ma di rilievo tipicamente istituzionale. (3-01910)

Iniziative per garantire la continuità della produzione presso lo stabilimento Firema di Caserta e misure a favore del settore dei trasporti - 3-01912

PORFIDIA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
Firema trasporti è una società per azioni italiana del settore metalmeccanico operante nella progettazione, costruzione e riparazione di locomotive, treni, metropolitane e tram;
solo poco tempo fa lo stabilimento Firema di Caserta veniva indicato da un importante quotidiano nazionale tra le dieci eccellenze imprenditoriali campane. La Firema si qualificava, infatti, per punti di forza ritenuti essenziali nel settore, ovvero ricerca tecnologica, impianti all'avanguardia e maestranze di elevata specializzazione;
l'azienda è stata poi colpita da una crisi finanziaria, meglio ancora da una crisi di liquidità, in quanto col precedente management ha incamerato anticipi su treni da produrre, con penali già scattate e col rischio, pertanto, che le commesse risultino in perdita. Il problema è derivato, soprattutto, dalla cessione di crediti ad altre aziende partner, circostanza che, in pratica, si è tradotta nel paradosso che Firema produce ma non incamera profitto;
a partire dal 2 agosto 2010, con decreto del Ministro interrogato, la Firema trasporti s.p.a. è stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria, a norma dell'articolo 2, comma 2, del decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, ed è stato nominato commissario straordinario l'ex parlamentare Ernesto Stajano, cui è stata affidata la gestione dell'impresa;
a causa di questa situazione di forte disagio ed insicurezza sul futuro, gli operai - duramente colpiti dall'intera vicenda - hanno dato vita ad una serie di iniziative per richiamare l'attenzione degli enti responsabili sulle sorti dell'azienda, facendo ripetutamente notare come la Firema rappresenti in realtà non un'azienda in declino, bensì un fiore all'occhiello dell'intero settore e che essa stessa potrebbe rappresentare il punto di forza per un rilancio dell'intero settore in nome di un autentico made in Italy;
l'obiettivo potrebbe essere la costituzione di un vero e proprio polo tecnologico in provincia di Caserta in grado di costruire prodotti italiani di qualità nel settore dei trasporti, occupando tecnici e lavoratori italiani;
la Firema del resto rappresenta, per dimensioni e potenzialità, forse l'ultima grande realtà produttiva della provincia di Caserta, coinvolgendo migliaia di famiglie ed aziende legate all'indotto, e la sua chiusura rappresenterebbe l'ennesimo dramma per l'economia e la salute sociale della regione;
anche la vendita dell'azienda a privati stranieri sembra alle parti interessate una sorta di suicidio industriale che toglie ai molti per dare ai pochi, senza nessuna garanzia per i lavoratori ed i consumatori italiani;
tenendo presente le vertenze simili dell'Irisbus, dell'Alenia, della Fiat, di Fincantieri ed altre, appare sostanzialmente oscura quale sia, al momento, la nostra strategia industriale, che dovrebbe essere finalizzata a dare una possibilità di lavoro ed economia reale alle popolazioni meridionali, che sembrano sempre più condannate all'abbandono;
in questo senso prende consistenza l'ipotesi formulata nel recente rapporto Svimez, in cui si prevede che i giovani meridionali saranno costretti a lasciare la propria terra e portare le proprie forze e intelligenze al Nord -:
tenendo conto della necessità per l'Italia e per il Sud in particolare di rilanciare il proprio quadro industriale ed occupazionale e la centralità del settore dei trasporti, quali provvedimenti il Ministro interrogato abbia intenzione di assumere per garantire il futuro lavorativo all'azienda Firema e rilanciare al contempo l'intero settore a livello nazionale e internazionale. (3-01912)

Chiarimenti in merito allo stato dei conti della RAI, con particolare riferimento all'ipotesi di ulteriori trasferimenti di risorse statali - 3-01913

REGUZZONI, LUSSANA, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DAL LAGO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
i mass media mettono in evidenza la grave crisi della televisione generalista e, in particolare, della Rai (si veda Il Corriere della Sera del 9 ottobre 2011, pagine 1 e 8), che, nonostante da anni insegua il concorrente commerciale Mediaset, a scapito ovviamente degli investimenti nel servizio pubblico, vanterebbe nei confronti dello Stato, cioè del contribuente, un credito di un miliardo e mezzo di euro;
tale credito, almeno da quanto appare da notizie di stampa mai smentite, troverebbe la sua motivazione, che oseremmo definire quantomeno anomala, nel fatto che la Rai, pur inseguendo il carattere commerciale di Mediaset, abbia speso per il servizio pubblico un miliardo e mezzo in più di quanto ricevuto dallo Stato;
quanto sopra dimenticando che il servizio pubblico è regolato anche nel quantum dal contratto di servizio, che prevede appunto, triennio per triennio, la possibilità di incremento del canone tenendo conto dell'inflazione;
in base alle sentenze della Corte costituzionale il cosiddetto canone Rai è da considerare una imposta di possesso sull'apparecchio televisivo, il cui importo è definito da leggi dello Stato e non da convenzioni di servizio;
il contratto di servizio necessario per l'espletamento del servizio pubblico è stato rinnovato con grave ritardo, solamente a metà del 2011, nonostante i richiami dell'authority competente;
la Rai, ad avviso degli interroganti, è l'unico caso nel settore commerciale mondiale dove al cliente che paga, il cittadino contribuente, è preclusa la possibilità di conoscere il prodotto che compra;
il cittadino nulla sa in concreto sulle modalità di scelta delle fiction, sull'individuazione degli artisti, sui costi, che non ci meraviglieremmo che fossero messi a carico del servizio pubblico e, pertanto, dell'utenza;
lo stesso dicasi per gli spettacoli di varietà (peraltro, molti dei quali in oggettivo contrasto con le finalità del servizio pubblico), che non vorremmo anche quelli pagati con i canoni dei contribuenti;
gli unici bandi pubblici per l'assunzione di personale sono quelli dei componenti dell'orchestra della Rai, per gli altri undicimila non si sa se le assunzioni e le carriere avvengano per meritocrazia o in base ad altri principi;
nulla si sa sulle modalità di scelta degli artisti, dei presentatori e di tutte quelle persone che acquistano notorietà attraverso il mezzo televisivo, se i compensi, secretati nel loro ammontare, tengano conto dei guadagni aggiuntivi derivanti dalla predetta popolarità (pubblicità, promozioni, serate e quant'altro), se sia rispettato il principio della libera concorrenza e delle pari opportunità;
nulla si sa dei contratti della Rai, dei compensi, dei criteri di scelta e quant'altro, pur essendo noto che le spese e la qualità dei prodotti vengono generati dai contratti;
nulla si sa, se non per voce di popolo, in quante cause la Rai sia risultata vincitrice e in quante parte soccombente, quante siano le cause in corso e quale sia l'importo previsto in caso di soccombenza;
l'unica cosa che si è venuti a sapere dai media è che la sommatoria di tutte le attività e le modalità previste per la messa in onda dei programmi di servizio pubblico, per cui non è stata definita la natura, tipologia e quant'altro a causa della vacanza del contratto di servizio, avrebbero portato a un dissesto di per sé idoneo a mettere in pericolo l'attività della Rai -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per fare definitivamente chiarezza sullo stato dei conti di Rai spa, rigettando la richiesta di trasferimenti ulteriori di risorse rispetto a quelle derivanti dall'ordinario canone Rai. (3-01913)

Intendimenti del Governo in merito a misure volte ad assicurare la piena operatività della Direzione investigativa antimafia - 3-01914

FIANO, VILLECCO CALIPARI, MARAN, AMICI, QUARTIANI, GIACHETTI, MINNITI, META, TOUADI, NACCARATO, GARAVINI, ANDREA ORLANDO, SAMPERI, BELLANOVA, MADIA, MELIS, RAMPI, LAGANÀ FORTUGNO e SIRAGUSA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la criminalità organizzata, sia nazionale che autoctona, si è ormai stabilmente insediata in ampie aree del territorio nazionale, mostrando di saper abilmente sfruttare qualsiasi smagliatura del sistema legislativo e giudiziario;
essa ha un volume d'affari quantificato in 311 miliardi di euro nei 27 Paesi dell'Unione europea, classifica nella quale l'Italia è seconda, con 81 miliardi di euro, secondo quanto emerso in un convegno tenuto a Napoli a maggio 2011, nel prologo del Festival dell'economia di Trento: stima inferiore al reale per la difficoltà di quantificare risorse sottratte all'economia attraverso corruzione e controllo di attività illegali;
secondo un dossier della Banca d'Italia intitolato «I costi economici della criminalità organizzata», le mafie sottraggono al Mezzogiorno il 15 per cento del prodotto interno lordo pro capite;
tali dati confermano che le mafie rappresentano un grave problema di sicurezza pubblica ed un ancor più pressante problema di ordine economico, impedendo lo sviluppo delle regioni del Sud e falsando l'economia del Nord;
i sistemi di contrasto necessitano di continue evoluzioni che consentano non solo di reprimere, ma anche soprattutto di prevenire gravi fenomeni di inquinamento della società civile;
il Governo ha fatto della lotta alla criminalità organizzata una dei pilastri fondanti della sua politica sulla sicurezza, senza che alla parole abbia fatto seguito l'adozione di misure coordinate e di adeguati investimenti;
a fronte di un'organizzazione ormai sempre più strutturata secondo criteri imprenditoriali, che fa della pianificazione del proprio agire uno dei pilastri della gestione delle attività illecite, vengono riproposti modelli di contrasto inefficaci, consistenti nell'adozione di misure tampone verso eventi che appaiono gestiti come se si versasse di continuo in una situazione emergenziale;
a tale incomprensibile logica risponde la creazione di sempre più numerosi, settoriali, gruppi di lavoro chiamati ad occuparsi di singole realtà criminali, parcellizzando l'attività antimafia, come sta accadendo nel caso degli appalti per la ricostruzione dell'Aquila, nel caso dell'Expo Milano 2015 e della tav, lavori pubblici per i quali sono stati creati, presso la direzione centrale della polizia criminale, nuovi organismi interforze, con notevole dispendio di risorse economiche nonché di personale;
ai proclami del Governo in tema di lotta al crimine organizzato hanno fanno riscontro una serie di tagli indiscriminati che hanno colpito le forze dell'ordine e gravemente compromesso la funzionalità dell'attività di contrasto al crimine, dando agli operatori di polizia una sensazione di isolamento mai avuta prima, come dimostrano le sempre più frequenti proteste di piazza;
tra le strutture maggiormente penalizzate in termini di risorse umane e professionali figura la direzione investigativa antimafia creata nel 1991 con la legge n. 410, fortemente voluta da Giovanni Falcone, al fine di allineare il sistema di contrasto italiano a modelli organizzativi già efficacemente collaudati in altri Paesi, dotando il nostro Paese di un organismo omologo a strutture investigative, quali Fbi e Bka, con una forte vocazione al contrasto del crimine organizzato;
dalla data della sua creazione si è assistito ad una costante riduzione dei fondi, passati dai 28 milioni di euro nel 2001 agli attuali 15 milioni di euro nel 2011, di cui 5 accordati in un secondo momento ed attinti dal fondo «spese impreviste», non sufficienti neanche a pagare le spese correnti ed i contratti in corso, stimati in 9 milioni di euro;
tale «naturale» depauperamento, scaturito dalla volontaria mancata attuazione del dettato normativo, è stato in parte assorbito dalla continuità garantita dal personale formatosi, nel corso degli anni, anche attraverso complesse attività addestrative, finalizzate all'elaborazione di metodologie di contrasto alla mafia, sempre più professionali, fondate non solo sulla mera repressione dei delitti, ma specialmente sulle attività di analisi dei fenomeni criminali;
nonostante questo, grazie alla professionalità degli operatori della direzione investigativa antimafia, sono in aumento i risultati conseguiti in materia di monitoraggio degli appalti e di sequestri che, dal 2009 al primo semestre 2011, hanno raggiunto l'importo di 5,7 miliardi di euro di beni sequestrati beni e 1,2 miliardi di euro di beni confiscati;
tutto ciò rende la direzione investigativa antimafia in termini aziendalistici, «un'azienda in attivo», che contribuisce in maniera consistente ad implementare le risorse del Ministero dell'interno e del Ministero della giustizia -:
se il Governo intenda rassicurare gli interroganti sul mantenimento in vita della direzione investigativa antimafia nella pienezza delle sue capacità operative quale insostituibile strumento di lotta alla mafia, smentendo l'adozione delle misure richiamate in premessa che ne mortificherebbero la funzione, quali, ad esempio, i prospettati ulteriori tagli al settore, il distacco del personale altamente qualificato in gruppi di lavoro superflui, la mancata attuazione delle previsioni della legge n. 41 del 1991, che conferisce alla struttura il coordinamento delle indagini in materia di criminalità organizzata, l'ipotesi di cancellare il trattamento economico aggiuntivo corrisposto a tutto il personale in servizio presso le sedi della direzione investigativa antimafia. (3-01914)

Iniziative di competenza nei confronti di Trenitalia per garantire collegamenti adeguati tra la capitale e il Mezzogiorno - 3-01915

CERA, RUGGERI e RIA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da alcuni giorni si è dovuto registrare la soppressione degli Eurostar ES9352 e ES9359 che collegano la Puglia e la Campania a Roma;
trattasi di corse di treni in partenza da Foggia alle ore 11,23 e in partenza da Roma alle 18,45, che collegano la Puglia e la Campania con la capitale in una fascia oraria ad alta frequenza di utenza;
le uniche corse in partenza alle 8,23 da Foggia con arrivo a Roma alle ore 11,15 e l'ultima corsa di ritorno alle ore 16,45 consente agli utenti (cittadini, operatori economici, universitari, amministratori) solo un paio di ore utili per sbrigare tutte le procedure legate ai loro bisogni;
lasciare come ultima partenza da Roma il treno delle ore 16,45 è penalizzante in quanto accorcia di molto la permanenza a Roma, creando a tutti non pochi problemi di natura organizzativa e lavorativa per il disbrigo delle commissioni e obbligando molti anche all'oneroso impegno del pernottamento nella capitale;
come se non bastasse le vetture messe a disposizione per il ritorno alle ore 14,45 e 16,45 per la Campania e Puglia sono in condizioni pessime, sia dal punto di vista strutturale che igienico-sanitario -:
se non si ritenga di sollecitare, per quanto di competenza, Trenitalia spa affinché chiarisca i motivi di tali soppressioni e proceda con sollecitudine alla loro riattivazione, onde poter collegare la capitale con il Mezzogiorno. (3-01915)

MOZIONI IANNACCONE, LANDOLFI, DESIDERATI ED ALTRI N. 1-00701, DI PIETRO ED ALTRI N. 1-00732, NUNZIO FRANCESCO TESTA ED ALTRI N. 1-00735, DI BIAGIO ED ALTRI N. 1-00736, LULLI ED ALTRI N. 1-00738, LOMBARDO ED ALTRI N. 1-00739 E MOSELLA ED ALTRI N. 1-00744 CONCERNENTI INIZIATIVE IN RELAZIONE ALLA ANNUNCIATA CHIUSURA DELLO STABILIMENTO IRISBUS DI FLUMERI (AVELLINO)

Mozioni

La Camera,
premesso che:
il gruppo Fiat ha deciso di chiudere lo stabilimento Irisbus di Flumeri, in Irpinia, che produce autobus;
quella dell'Irisbus è una realtà industriale intorno alla quale, negli anni, si è creato un indotto che dà lavoro a centinaia di famiglie, non solo in Irpinia ma nell'intera regione Campania;
è inconcepibile che il management della Fiat, dopo aver incassato milioni di euro di sovvenzioni pubbliche, decida dall'oggi al domani di dismettere uno stabilimento di notevole entità, lasciando senza futuro un territorio già fortemente penalizzato dalla crisi economica in corso;
tutto il comparto produttivo dell'Irpinia sta subendo gravi contraccolpi che rischiano di affossare ogni ipotesi di crescita dell'intera area, stante l'enorme influenza che il comparto Fiat ricopre in quel territorio;
nella provincia di Avellino vi sono 80 mila disoccupati che corrispondono ad una percentuale del 30-35 per cento della popolazione; se a questi si dovessero aggiungere i lavoratori dell'Irisbus, si registrerebbe, sul fronte occupazionale, una crisi profonda che colpirebbe l'intera economia dell'Irpinia, andando ad aggravare ulteriormente la già difficile situazione delle popolazioni locali;
alcuni incontri tra le rappresentanze sindacali e la Fiat, tenutisi presso il Ministero dello sviluppo economico, hanno portato ad un sostanziale nulla di fatto, confermando la volontà del management del Lingotto di cedere lo stabilimento al gruppo industriale Dr;
in tale occasione va sottolineato che, pur essendo presenti dei funzionari del Ministero dello sviluppo economico, non vi è stata la presenza di alcun esponente del Governo;
tale chiusura appare immotivata visto che il settore potrebbe avere un forte impulso, stante la necessità, espressa in più d'una occasione, delle aziende di trasporto pubblico di favorire lo svecchiamento dei mezzi di trasporto pubblico circolanti, la cui età media in Italia si aggira intorno ai 12 anni, di gran lunga superiore a quella europea, che si attesta intorno ai 7 anni di vita;
in tal senso, appare necessario elaborare un piano per il trasporto pubblico locale che preveda il contestuale svecchiamento dell'attuale parco mezzi, portando l'Italia in linea con gli attuali standard europei,

impegna il Governo:

ad elaborare ed approvare, dopo il necessario confronto in un tavolo tecnico con tutte le istituzioni locali coinvolte, un piano nazionale per il trasporto pubblico locale;
ad assumersi l'onere di reperire, con le altre istituzioni preposte allo scopo, le risorse necessarie per attuare il piano nazionale dei trasporti e per evitare l'ulteriore invecchiamento del parco autobus nel nostro Paese;
ad affrontare concretamente la vertenza Irisbus all'interno di un piano più complessivo legato all'ammodernamento dei mezzi di trasporto pubblico in Italia, garantendo una presenza attiva nella vertenza in corso.
(1-00701)
«Iannaccone, Landolfi, Desiderati, Moffa, Porfidia, Paolo Russo, De Girolamo».

La Camera,
premesso che:
l'azienda Irisbus Italia spa è nata nel gennaio 1999 dalla decisione di due importanti gruppi industriali e commerciali europei (Fiat Iveco e Renault) di unire le loro attività nel campo del trasporto pubblico attraverso la fusione dei rispettivi settori autobus;
il principale stabilimento produttivo in Italia è quello di Valle Ufita di Flumeri (Avellino), che presenta una superficie totale di circa un milione di metri quadri, di cui 100.000 coperti, e che attualmente conta 684 dipendenti, di cui 561 operai e 123 impiegati, con un indotto che supera i 300 addetti;
nella giornata del 14 settembre 2011, la Fiat ha comunicato la decisione di dismettere il citato stabilimento Irisbus di Flumeri, che rappresenta, non solo per l'Irpinia, ma per l'intera regione Campania, un bacino industriale ed occupazionale di fondamentale importanza. Nella sola provincia di Avellino si contano ben 80.000 disoccupati, che rappresentano circa il 35 per cento della popolazione attiva, e la chiusura della Irisbus non farà altro che aggravare in modo irreversibile una situazione già particolarmente critica;
la vicenda della chiusura dello stabilimento dell'Irisbus di Flumeri, infatti, non può ridursi semplicemente all'ennesima storia di una grande fabbrica del Sud Italia che viene chiusa, ma ad un evento ben più ampio, che chiama in causa una serie di problemi di livello generale, che vanno dalla politica industriale del più grande gruppo meccanico nazionale alla gestione da parte del Governo delle crisi aziendali, dei problemi occupazionali, della politica della programmazione infrastrutturale e, in particolare, come peraltro evidenziato nell'ambito della mozione presentata dal gruppo dell'Italia dei Valori n. 1-713, di quella del trasporto pubblico locale nel nostro Paese;
appare grave e particolarmente preoccupante che il Governo italiano continui ad assistere inerme ad un disimpegno continuo del principale gruppo industriale del Paese, senza vincolarlo ad una coerente politica industriale, tanto più che lo Stato italiano nei decenni ha sempre generosamente contribuito a consolidare il fatturato della Fiat, intervenendo attraverso l'erogazione di risorse pubbliche ogni volta in cui l'azienda si è trovata in difficoltà;
da quando l'amministratore delegato del gruppo Fiat, Sergio Marchionne, ha annunciato il progetto «Fabbrica Italia», che avrebbe dovuto portare in Italia investimenti per 20 miliardi di euro, le conseguenze sono state quelle che ormai tutti conoscono, ovvero: la cassa integrazione a Pomigliano, a Mirafiori, alla Bertone e in Iveco, la chiusura di Termini Imerese ed oggi la dismissione dello stabilimento di Irisbus a Flumeri;
in nessun Paese europeo la Fiat potrebbe permettersi quello che sta facendo in Italia. La differenza è che in Francia, in Germania, perfino in Polonia, esiste un Governo che ha una propria politica industriale. In Italia - ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo - questo non accade. La dirigenza Fiat, dopo aver già ottenuto negli ultimi anni tutto quello che chiedeva, ora beneficia grazie all'Esecutivo dell'inserimento dell'articolo 8 nell'ambito del decreto-legge n. 138 del 2011, chiudendo in tempi rapidissimi lo stabilimento della Irisbus di Flumeri e cancellando, giorno dopo giorno, migliaia di posti di lavoro;
il dramma sociale e occupazionale di Avellino non è altro che la fotografia di un Governo - a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo - eccessivamente attento alle richieste della dirigenza del gruppo Fiat, che, di fatto, sta perseguendo una politica di svendita del patrimonio industriale nazionale;
occorrerebbe una seria regia governativa per una strategia di rivisitazione e riqualificazione del parco mezzi del trasporto pubblico locale. Invece gli interventi di finanza pubblica adottati nel corso dell'ultimo biennio hanno pesantemente inciso sulla disponibilità delle risorse finanziarie per il trasporto pubblico locale, avendo, da un lato, drasticamente ridotto i trasferimenti statali destinati al pagamento dei servizi di trasporto pubblico e, dall'altro, di fatto interrotto il già previsto processo di fiscalizzazione che avrebbe condotto, per questa materia fondamentale per le regioni e per gli enti locali, al passaggio dal sistema di finanza derivata al sistema di finanza propria;
occorrerebbe una politica industriale ed occupazionale del Governo che ponga al centro della propria azione l'obiettivo primario della stabilità sociale e della valorizzazione della persona, nel quadro di un intervento reale per il rilancio del Sud del Paese, che sta pagando un prezzo altissimo sotto il profilo economico e sociale,

impegna il Governo:

a porre in essere ogni iniziativa di competenza finalizzata ad assicurare il sostegno e il rilancio del comparto automotive in Campania, scongiurando la cessazione dello stabilimento Irisbus di Valle Ufita di Flumeri e garantendo il pieno utilizzo degli impianti ed il livello occupazionale;
a dare seguito, nell'immediato, alle istanze provenienti dalla regione Campania, nonché dagli stessi lavoratori dell'Irisbus, per stanziare, già con le prossime iniziative di natura finanziaria, 700 milioni di euro per il 2012 ed il 2013 e 600 milioni di euro per il 2014 per il rinnovo del parco autobus delle aziende operanti nel settore del trasporto pubblico locale, tenendo conto che tali risorse potranno essere reperite a valere sulle destinazioni, nazionali e regionali, del fondo per le aree sottoutilizzate 2007-2013, ovvero sulla quota ancora utilizzata delle risorse del fondo per le aree sottoutilizzate 2000-2006 attraverso la rimodulazione dell'attuale programmazione dei fondi strutturali europei, sottoponendo al Cipe il provvedimento per l'individuazione della specifica fonte finanziaria e la ripartizione delle risorse tra le amministrazioni centrali e regionali, previa apposita concertazione con le regioni interessate;
ad assumere iniziative, anche normative, tese ad incrementare le risorse attualmente previste per il finanziamento del trasporto pubblico locale;
a predisporre in tempi celeri un piano nazionale per il trasporto pubblico locale che incentivi l'utilizzo delle modalità a più basso impatto ambientale, al fine di evitare l'ulteriore invecchiamento del parco autobus italiano.
(1-00732)
«Di Pietro, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Barbato, Cambursano, Cimadoro, Di Giuseppe, Di Stanislao, Favia, Aniello Formisano, Messina, Monai, Mura, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Porcino, Rota, Zazzera».

La Camera,
premesso che:
dopo una lunga e sofferta vertenza appare definitiva la decisione da parte del gruppo Fiat industrial spa di cedere il ramo d'azienda Irisbus di Flumeri (provincia di Avellino), attiva nel mercato di produzione di autobus granturismo e per trasporto urbano;
le ragioni dell'annunciata chiusura sono da attribuire agli effetti della crisi che ha colpito il mercato degli autobus urbani in Italia, le cui immatricolazioni hanno subito pesanti cali negli ultimi anni;
sulla vicenda è stato promosso un tavolo di concertazione tra Governo, azienda, sigle sindacali e rappresentanti dei lavoratori occupati che ha portato alla sospensione della procedura di vendita e all'autorizzazione da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali della corresponsione del trattamento d'integrazione salariale per un massimo di 818 unità lavorative fino al 29 agosto 2011, previsione che ha permesso di coprire tutte le 690 unità lavorative impegnate nel ciclo produttivo;
a seguito del mancato accordo, che doveva portare alla prosecuzione dell'attività industriale fino alla fine del 2011 per consentire nel frattempo la ricerca di eventuali imprenditori interessati all'acquisto, il 30 settembre 2011 l'azienda Irisbus ha aperto la procedura di mobilità per tutti i lavoratori;
Irisbus è una realtà produttiva importante dell'intero settore industriale irpino che, negli anni, ha creato sviluppo e occupazione per il territorio e da cui dipendono centinaia di famiglie tra lavoro diretto ed indotto in tutta la regione Campania;
la chiusura così repentina della struttura, motivata dalla Fiat con il venir meno di una già insufficiente domanda di nuovi pullman da parte delle aziende di trasporto pubblico locale a seguito dei recenti provvedimenti restrittivi della spesa pubblica, pur avendo una sua logica, appare immotivata in quanto rappresenta una vera sconfitta per tutto il sistema Paese incapace di investire nei settori strategici ed essenziali per lo sviluppo;
ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, non è accettabile, inoltre, che il Governo assista inerme al verificarsi di situazioni di questa portata senza intervenire fermamente e senza sviluppare una seria politica industriale e di miglioramento dell'intero settore del trasporto pubblico locale in crisi, con risorse ormai ridotte all'osso e tali da mettere a rischio il mantenimento per i cittadini di quello che è considerato un servizio essenziale e costituzionalmente garantito;
la chiusura dello stabilimento, inoltre, non solo aggraverà una situazione di criticità occupazionale in una regione del Sud già fortemente penalizzata, ma rappresenta un ulteriore gravissimo danno all'economia nazionale e all'ammodernamento del parco di autoveicoli circolanti, in quanto porrà probabilmente fine alla produzione di autovetture italiane per il trasporto gommato;
è auspicabile un intervento del Governo per far fronte a tale emergenza, soprattutto per le negative ricadute occupazionali, e per sviluppare adeguate politiche di sostegno al settore del trasporto pubblico locale su gomma,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative concrete, d'intesa con le istituzioni locali e gli operatori del settore e fatta salva la normativa europea e nazionale in materia di aiuti di Stato, che permettano la prosecuzione dell'attività produttiva dell'Irisbus e la salvaguardia delle unità lavorative in essa occupate;
a definire un piano nazionale di finanziamento del settore dei trasporti finalizzato a favorire politiche di ammodernamento delle reti di trasporto, in particolare di quello pubblico locale, e del parco vetture circolanti, valutando anche la possibilità di destinare una quota parte del maggior gettito proveniente dall'aumento dell'imposta sul valore aggiunto a tale fine.
(1-00735)
«Nunzio Francesco Testa, Zinzi, Galletti, Mereu, Compagnon, Naro, Ciccanti, Volontè, Libè, Anna Teresa Formisano, Tassone».

La Camera,
premesso che:
il 30 settembre 2011, dopo il ritiro dalle trattative di vendita dell'unico candidato a rilevare lo stabilimento, l'azienda Irisbus, di proprietà del gruppo Fiat Iveco, ha aperto la procedura di mobilità, ex articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 1991 per cessazione di attività, per i lavoratori del sito di Flumeri (Avellino);
la decisione del gruppo di chiudere lo stabilimento irpino, unico sito italiano di produzione di autobus urbani e granturismo, è motivata dall'azienda quale effetto della grave crisi del comparto di produzione di autobus urbani, che ha determinato un drastico calo dei volumi produttivi;
la chiusura dello stabilimento irpino coinvolge direttamente i circa 700 lavoratori che da mesi affrontano una condizione lavorativa e personale di totale precarietà e di incertezza sulle future sorti dell'attività e del proprio posto di lavoro. A queste si aggiungono le perplessità dell'intero territorio della Valle Ufita, il cui indotto è quasi interamente legato alle attività dello stabilimento Irisbus;
la cessazione dell'attuale produttività specifica costituirà una perdita significativa per il settore industriale italiano, per il territorio irpino, il cui indotto è legato quasi interamente alla produzione dello stabilimento di Flumeri, e per l'intera regione Campania, determinando una grave crisi sul piano sociale per la cancellazione di più di 2.000 posti di lavoro, tra attività dirette e indirette, in un'area già gravata da una forte disoccupazione;
la chiusura delle attività comporterà, altresì, la perdita delle eccellenze acquisite anche in termini di attrezzature, dal momento che lo stabilimento è attrezzato di un impianto di cataforesi altamente sofisticato e unico in Italia;
si determinerà, inoltre, la quasi totale cancellazione della rappresentanza italiana nella produzione di veicoli per il trasporto pubblico su gomma. In tal modo, il nostro Paese dipenderà interamente dall'estero per una produzione sulla quale può a ben diritto vantare un ottimo livello;
anche per questa ragione, è logico ipotizzare un interesse per lo stabilimento da parte di altri operatori del settore, europei o internazionali, di cui ci si deve augurare che l'attuale proprietà vagli le eventuali offerte sulla base della loro concretezza e serietà;
non si può fare a meno di ricordare che il gruppo Fiat è stato beneficiario, lungo tutto il corso della sua storia aziendale, di aiuti statali di diversa natura, il cui ammontare, secondo fonti di stampa, si attesta intorno ai 200 mila miliardi di lire. A fronte di tale sostegno, sarebbe auspicabile che l'azienda stessa, nelle situazioni di criticità, fornisca delle risposte in grado di tutelare i lavoratori e l'eccellenza italiana, bilanciando la fiducia che le istituzioni dello Stato hanno sempre dimostrato nei suoi riguardi;
a fronte di ciò, si evidenzia un ricorrente atteggiamento dimissionario del gruppo nei confronti delle tante strutture industriali presenti sul territorio nazionale, che, seppure motivato da esigenze di mercato, non sembra corrispondere adeguatamente al forte sostegno statale conseguito sul territorio nazionale;
nonostante gli impegni presi e i tentativi di mediazione da parte del Ministero dello sviluppo economico sulle criticità in questione, non si è riuscito a raggiungere un punto di proficua mediazione tra le parti, situazione che, nell'ottica dei firmatari del presente atto di indirizzo, getta molte perplessità sulle reali capacità del Governo di fornire risposte concrete e adeguate alle esigenze dei lavoratori italiani e dell'economia nazionale. Emerge, altresì, la necessità di intensificare l'impegno anche attraverso la presentazione di piani di crescita strutturale;
analoghe situazioni interessano, infatti, stabilimenti industriali di varia natura, le cui attività costituiscono spesso esempi unici ed eccellenti non solo per il Paese, ma spesso anche a livello comunitario;
nel caso dello stabilimento di Flumeri, alle criticità evidenziate si associano le gravi carenze di natura strutturale, che sono legate in primo luogo alla mancanza di un piano di finanziamento del trasporto pubblico nazionale, con conseguente calo delle immatricolazioni di autobus;
le recenti manovre finanziarie hanno colpito in maniera determinante i bilanci comunali, determinando inaccettabili tagli ai servizi, con particolare riferimento al settore del trasporto pubblico;
le circostanze evidenziate impediscono di provvedere al pur necessario rinnovo del parco di autoveicoli circolanti, sebbene in moltissimi casi si tratti di modelli euro 0 o euro 1, obsoleti e non in linea con gli standard di sostenibilità ambientale richiesti in sede europea. D'altra parte, tale situazione imporrà nel medio periodo la stringente richiesta di sostituzione dei veicoli, la cui produzione, a seguito della chiusura della Irisbus in Italia, sarà interamente demandata ad aziende produttrici estere, rendendo il nostro Paese ulteriormente dipendente dalle stesse,

impegna il Governo:

ad attivare tutte le iniziative necessarie, d'intesa con le istituzioni competenti e gli operatori interessati, al fine di identificare un percorso di recupero delle attività dello stabilimento, assumendosi la responsabilità di reperire le opportune risorse finanziare, che permetta di salvaguardare gli attuali livelli occupazionali della Irisbus e, allo stesso tempo, che sia in linea con la vocazione industriale del sito;
ad elaborare e varare in tempi rapidi un efficace piano strutturale per il trasporto pubblico urbano, assumendo tutte le iniziative necessarie allo stanziamento delle risorse, da reperire all'interno dei fondi per le aree sottoutilizzate residui o ancora da destinare, elaborando contestualmente dei meccanismi che ne consentano l'immediata fruizione da parte delle regioni, per il rinnovo del parco degli autoveicoli circolanti, con un conseguente beneficio per le aziende operanti nel settore.
(1-00736) «Di Biagio, Toto, Della Vedova».

La Camera,
premesso che:
l'8 luglio 2011 Iveco spa, società del gruppo Fiat Industrial, ha inviato alle rappresentanze sindacali unitarie di Irisbus Italia spa, stabilimento di Flumeri (Avellino), una lettera nella quale comunicava che intendeva cedere il ramo d'azienda costituito dallo stabilimento di Valle Ufita alla società Dr motor company dell'imprenditore molisano Massimo Di Risio;
le strategie di Dr automobiles groupe sono, soprattutto, orientate alla produzione di auto e soltanto marginalmente a quella di autobus gran turismo e componentistica per suv; pertanto, lo stabilimento irpino dovrebbe subire una profonda ristrutturazione degli impianti, testati oggi per una produzione fino a mille autobus in un anno;
l'Irisbus conta 700 dipendenti, con un indotto che supera i 300 addetti, e soltanto nel 2010 ha investito 8 milioni di euro nella ristrutturazione aziendale, che diventano 30 milioni, considerando l'insieme degli investimenti degli ultimi 5 anni;
Irisbus, partecipata al 100 per cento da Iveco spa, produce autobus in tutto il mondo, con stabilimenti in Brasile, India, Argentina, Cina, e cinque siti produttivi in Europa, a Annonay e Rorthais in Francia, Valle Ufita in Italia, Barcellona in Spagna e Vysoke Myto nella Repubblica Ceca;
solo per il sito italiano è stata annunciata la chiusura, attribuendone le ragioni agli effetti della grave crisi che ha colpito il mercato degli autobus urbani in Italia, le cui immatricolazioni hanno registrato una drastica riduzione, passando da 1.444 unità del 2006 a 1.113 del 2010, a 291 nel 2011;
nello stesso periodo la produzione complessiva dello stabilimento di Valle Ufita è scesa da 717 autobus nel 2006 a 472 nel 2010, mentre nei primi sei mesi del 2011 sarebbe arrivata a 145 autobus;
dopo il taglio del personale, passato da 1.400 a 700 addetti, due terzi dei quali sono in cassa integrazione da mesi, Fiat è passata direttamente alla chiusura dello stabilimento, sancendo l'uscita di Fiat, solo in Italia, dalle produzioni per il trasporto pubblico;
in risposta all'interrogazione n. 5-05168 dell'onorevole Andrea Lulli, riguardante la continuità produttiva dello stabilimento Irisbus di Flumeri, il rappresentante del Governo ha affermato che il Ministero dello sviluppo economico avrebbe seguito, fin dal mese di luglio 2011, la situazione che si è creata sul territorio in seguito alla decisione del gruppo Fiat Industrial di cedere il ramo di azienda Irisbus di Flumeri, autorizzando, attraverso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, la corresponsione del trattamento d'integrazione salariale per un massimo di 818 unità lavorative, per il periodo dal 30 agosto 2010 al 29 agosto 2011;
il 21 settembre 2011, il Ministro dello sviluppo economico ha convocato Fiat Industrial, Anfia e i segretari generali di Cgil, Cisl, Uil e Ugl per esaminare le problematiche della società Irisbus di Valle Ufita, incontro che si è concluso con la proposta rivolta a Irisbus di continuare l'attività produttiva fino al 31 dicembre 2011, per consentire nel frattempo la ricerca di eventuali imprenditori interessati all'acquisizione del sito, oltre a Dr motor company, e la ricollocazione di un'ulteriore parte dei lavoratori interessati presso altre aziende del gruppo Fiat Iveco e il possibile utilizzo di ammortizzatori sociali, per la rimanente quota dei dipendenti;
a seguito del rifiuto unanime di tale soluzione da parte dei lavoratori e della conferma della necessità che la gestione della vicenda venga assunta Presidenza del Consiglio dei ministri, anche «al fine di rivendicare la definizione e il finanziamento del piano nazionale trasporti, unica soluzione per mantenere in Valle Ufita il sito produttivo del settore bus», la società Irisbus ha aperto, il 30 settembre 2011, la procedura di mobilità per tutti i lavoratori del sito. Le organizzazioni sindacali provinciali e la rappresentanze sindacali unitarie hanno, di conseguenza, chiesto all'azienda l'incontro procedurale, previsto dall'articolo 4 della legge n. 223 del 1991;
in occasione dello svolgimento del citato atto di sindacato ispettivo si è appreso, inoltre, che per il Governo:
a) la definizione di un piano nazionale dei trasporti, seppure assolutamente necessario in relazione all'oggettiva obsolescenza del parco autobus nazionale, difficilmente potrà contribuire alla risoluzione della vertenza Irisbus per l'oggettiva carenza di risorse già destinate al fondo trasporto pubblico locale istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per la realizzazione di un piano organico di rinnovo del parco e per le regole volte alla realizzazione di bandi europei che non consentono riserve per l'industria nazionale;
b) la richiesta di assumere iniziative per stanziare una congrua quota di risorse nazionali e regionali al rinnovo del parco vetture delle aziende operanti nel settore del trasporto pubblico su rotaia e su gomma non è prevista dal piano per il Sud, approvato dal Consiglio dei ministri del 26 novembre 2010, che ha individuato una priorità nelle grandi opere ferroviarie e viarie per rafforzare i collegamenti tra il Nord e il Sud del Paese, destinando ad esse 1,6 miliardi di euro delle risorse del fondo per le aree sottoutilizzate - attualmente denominato fondo per lo sviluppo e la coesione;
c) ove fosse considerato prioritario, le risorse del fondo per le aree sottoutilizzate potrebbero essere destinate anche al finanziamento del rinnovo del parco vetture delle aziende operanti nel settore del trasporto pubblico su gomma, fatta salva la normativa nazionale ed europea in materia di aiuti di stato;
d) le risorse nazionali del fondo per le aree sottoutilizzate, allo stato attuale, sono coinvolte nei processi di attuazione delle manovre finanziarie di luglio ed agosto 2011 sul contenimento della spesa pubblica;
la chiusura dello stabilimento di Flumeri esaspera le tensioni sociali e incrina, ulteriormente, i rapporti con le parti sociali, determinando un vero e proprio terremoto sociale nella Valle Ufita e, più in generale, nella provincia di Avellino, che già registra 80.000 disoccupati;
in Italia, gli autobus del trasporto pubblico che continuano a circolare, pur non essendo a norma rispetto agli standard di legge in materia di emissioni inquinanti e di ammodernamento del parco circolante, sono almeno ventimila;
la totale mancanza di una chiara politica industriale nel nostro Paese che individui priorità, regole e risorse cui tutti i soggetti interessati dovrebbero sentirsi coinvolti e vincolati, rende possibili le più imprevedibili scelte dei diversi gruppi industriali, senza che questo possa essere tempestivamente gestito nell'interesse più generale dell'economia e dell'occupazione nazionale;
dopo la chiusura degli impianti di Termini Imerese e Imola, il gruppo Fiat si accinge a dismettere anche l'unico stabilimento che produce autobus in Italia, in un preoccupante crescendo di disimpegno produttivo nel nostro Paese, strategia che non sembra vedere l'assunzione da parte del Governo della necessaria e incisiva azione di interlocuzione per la salvaguardia delle produzioni nazionali, soprattutto nei settori a più alto fattore qualitativo e tecnologico. L'esempio dei Governi dei principali Paesi industrializzati, quali la Germania, la Francia o gli Stati Uniti, tuttora, non viene seguito nel nostro Paese;
la gravità di tali scelte industriali e della mancata elaborazione di una politica industriale assumono i caratteri della tragedia economica e sociale in aeree già duramente provate, come quelle del Mezzogiorno;
l'Italia ha esercitato per decenni un ruolo primario nella produzione industriale di autobus e appare paradossale che tale patrimonio possa essere disperso, proprio in una fase dove sono sempre più evidenti, da un lato, i problemi del nostro trasporto pubblico locale e, dall'altro, la consapevolezza della necessità di un riequilibrio modale nei sistemi di trasporto a favore dei mezzi collettivi;
sarebbe grave e inaccettabile che il Governo accettasse eventuali veti da parte della Fiat riguardo alla volontà di altri grandi operatori industriali, anche stranieri, di rilevare gli impianti di Flumeri volti a consentire la continuità operativa degli impianti e delle produzioni di mezzi di trasporto pubblico,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative immediate per garantire la continuità della produzione di autobus e i posti di lavoro nello stabilimento Irisbus di Flumeri, dando immediatamente il via libera ad altri eventuali investitori, anche stranieri, che volessero rilevare il ramo di azienda Irisbus di Flumeri;
a prevedere nei prossimi provvedimenti di carattere economico e finanziario un impegno di risorse pari ad almeno 700 milioni di euro annui per il triennio 2012-2014, finalizzate al sostegno di un piano nazionale del trasporto pubblico, che valorizzi il sistema industriale nazionale di produzione, stimolando innovazione di prodotto e sostenibilità nella propulsione dei motori;
ad utilizzare, ad esempio, le maggiori entrate accertate, rispetto a quelle iscritte in bilancio, derivanti dall'asta delle frequenze analogiche per reintegrare le risorse per il trasporto pubblico locale necessarie a garantire la continuità del servizio pubblico e a superare la grave emergenza del momento, anche favorendo interventi per il rinnovo del parco circolante, o, ancora, quelle derivanti dalla rinuncia alla realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina, anche alla luce delle ultime indicazioni della Commissione europea in materia di reti trans-europee di trasporto;
a convocare un tavolo nazionale, con i vertici del gruppo Fiat, per verificare le reali intenzioni riguardo agli impegni assunti il 13 febbraio 2011 nell'incontro tra il gruppo medesimo e il Governo, nel corso del quale i vertici dell'azienda si erano impegnati a investire 20 miliardi di euro in Italia e a proseguire negli obiettivi di sviluppo, che prevedevano la crescita della produzione nel nostro Paese da 650 mila a 1 milione e 400 mila auto.
(1-00738)
«Lulli, Colaninno, Fadda, Froner, Marchioni, Martella, Mastromauro, Peluffo, Portas, Quartiani, Sanga, Scarpetti, Federico Testa, Vico, Zunino, Bossa, Graziano, Iannuzzi, Mario Pepe (PD)».

La Camera,
premesso che:
l'8 luglio 2011 Iveco spa, società del gruppo Fiat Industrial, ha inviato alle rappresentanze sindacali unitarie di Irisbus Italia spa, stabilimento di Flumeri (Avellino), una lettera nella quale comunicava che intendeva cedere il ramo d'azienda costituito dallo stabilimento di Valle Ufita alla società Dr motor company dell'imprenditore molisano Massimo Di Risio;
le strategie di Dr automobiles groupe sono, soprattutto, orientate alla produzione di auto e soltanto marginalmente a quella di autobus gran turismo e componentistica per suv; pertanto, lo stabilimento irpino dovrebbe subire una profonda ristrutturazione degli impianti, testati oggi per una produzione fino a mille autobus in un anno;
l'Irisbus conta 700 dipendenti, con un indotto che supera i 300 addetti, e soltanto nel 2010 ha investito 8 milioni di euro nella ristrutturazione aziendale, che diventano 30 milioni, considerando l'insieme degli investimenti degli ultimi 5 anni;
Irisbus, partecipata al 100 per cento da Iveco spa, produce autobus in tutto il mondo, con stabilimenti in Brasile, India, Argentina, Cina, e cinque siti produttivi in Europa, a Annonay e Rorthais in Francia, Valle Ufita in Italia, Barcellona in Spagna e Vysoke Myto nella Repubblica Ceca;
solo per il sito italiano è stata annunciata la chiusura, attribuendone le ragioni agli effetti della grave crisi che ha colpito il mercato degli autobus urbani in Italia, le cui immatricolazioni hanno registrato una drastica riduzione, passando da 1.444 unità del 2006 a 1.113 del 2010, a 291 nel 2011;
nello stesso periodo la produzione complessiva dello stabilimento di Valle Ufita è scesa da 717 autobus nel 2006 a 472 nel 2010, mentre nei primi sei mesi del 2011 sarebbe arrivata a 145 autobus;
dopo il taglio del personale, passato da 1.400 a 700 addetti, due terzi dei quali sono in cassa integrazione da mesi, Fiat è passata direttamente alla chiusura dello stabilimento, sancendo l'uscita di Fiat, solo in Italia, dalle produzioni per il trasporto pubblico;
in risposta all'interrogazione n. 5-05168 dell'onorevole Andrea Lulli, riguardante la continuità produttiva dello stabilimento Irisbus di Flumeri, il rappresentante del Governo ha affermato che il Ministero dello sviluppo economico avrebbe seguito, fin dal mese di luglio 2011, la situazione che si è creata sul territorio in seguito alla decisione del gruppo Fiat Industrial di cedere il ramo di azienda Irisbus di Flumeri, autorizzando, attraverso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, la corresponsione del trattamento d'integrazione salariale per un massimo di 818 unità lavorative, per il periodo dal 30 agosto 2010 al 29 agosto 2011;
il 21 settembre 2011, il Ministro dello sviluppo economico ha convocato Fiat Industrial, Anfia e i segretari generali di Cgil, Cisl, Uil e Ugl per esaminare le problematiche della società Irisbus di Valle Ufita, incontro che si è concluso con la proposta rivolta a Irisbus di continuare l'attività produttiva fino al 31 dicembre 2011, per consentire nel frattempo la ricerca di eventuali imprenditori interessati all'acquisizione del sito, oltre a Dr motor company, e la ricollocazione di un'ulteriore parte dei lavoratori interessati presso altre aziende del gruppo Fiat Iveco e il possibile utilizzo di ammortizzatori sociali, per la rimanente quota dei dipendenti;
a seguito del rifiuto unanime di tale soluzione da parte dei lavoratori e della conferma della necessità che la gestione della vicenda venga assunta Presidenza del Consiglio dei ministri, anche «al fine di rivendicare la definizione e il finanziamento del piano nazionale trasporti, unica soluzione per mantenere in Valle Ufita il sito produttivo del settore bus», la società Irisbus ha aperto, il 30 settembre 2011, la procedura di mobilità per tutti i lavoratori del sito. Le organizzazioni sindacali provinciali e la rappresentanze sindacali unitarie hanno, di conseguenza, chiesto all'azienda l'incontro procedurale, previsto dall'articolo 4 della legge n. 223 del 1991;
in occasione dello svolgimento del citato atto di sindacato ispettivo si è appreso, inoltre, che per il Governo:
a) la definizione di un piano nazionale dei trasporti, seppure assolutamente necessario in relazione all'oggettiva obsolescenza del parco autobus nazionale, difficilmente potrà contribuire alla risoluzione della vertenza Irisbus per l'oggettiva carenza di risorse già destinate al fondo trasporto pubblico locale istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per la realizzazione di un piano organico di rinnovo del parco e per le regole volte alla realizzazione di bandi europei che non consentono riserve per l'industria nazionale;
b) la richiesta di assumere iniziative per stanziare una congrua quota di risorse nazionali e regionali al rinnovo del parco vetture delle aziende operanti nel settore del trasporto pubblico su rotaia e su gomma non è prevista dal piano per il Sud, approvato dal Consiglio dei ministri del 26 novembre 2010, che ha individuato una priorità nelle grandi opere ferroviarie e viarie per rafforzare i collegamenti tra il Nord e il Sud del Paese, destinando ad esse 1,6 miliardi di euro delle risorse del fondo per le aree sottoutilizzate - attualmente denominato fondo per lo sviluppo e la coesione;
c) ove fosse considerato prioritario, le risorse del fondo per le aree sottoutilizzate potrebbero essere destinate anche al finanziamento del rinnovo del parco vetture delle aziende operanti nel settore del trasporto pubblico su gomma, fatta salva la normativa nazionale ed europea in materia di aiuti di stato;
d) le risorse nazionali del fondo per le aree sottoutilizzate, allo stato attuale, sono coinvolte nei processi di attuazione delle manovre finanziarie di luglio ed agosto 2011 sul contenimento della spesa pubblica;
la chiusura dello stabilimento di Flumeri esaspera le tensioni sociali e incrina, ulteriormente, i rapporti con le parti sociali, determinando un vero e proprio terremoto sociale nella Valle Ufita e, più in generale, nella provincia di Avellino, che già registra 80.000 disoccupati;
in Italia, gli autobus del trasporto pubblico che continuano a circolare, pur non essendo a norma rispetto agli standard di legge in materia di emissioni inquinanti e di ammodernamento del parco circolante, sono almeno ventimila;
la totale mancanza di una chiara politica industriale nel nostro Paese che individui priorità, regole e risorse cui tutti i soggetti interessati dovrebbero sentirsi coinvolti e vincolati, rende possibili le più imprevedibili scelte dei diversi gruppi industriali, senza che questo possa essere tempestivamente gestito nell'interesse più generale dell'economia e dell'occupazione nazionale;
dopo la chiusura degli impianti di Termini Imerese e Imola, il gruppo Fiat si accinge a dismettere anche l'unico stabilimento che produce autobus in Italia, in un preoccupante crescendo di disimpegno produttivo nel nostro Paese, strategia che non sembra vedere l'assunzione da parte del Governo della necessaria e incisiva azione di interlocuzione per la salvaguardia delle produzioni nazionali, soprattutto nei settori a più alto fattore qualitativo e tecnologico. L'esempio dei Governi dei principali Paesi industrializzati, quali la Germania, la Francia o gli Stati Uniti, tuttora, non viene seguito nel nostro Paese;
la gravità di tali scelte industriali e della mancata elaborazione di una politica industriale assumono i caratteri della tragedia economica e sociale in aeree già duramente provate, come quelle del Mezzogiorno;
l'Italia ha esercitato per decenni un ruolo primario nella produzione industriale di autobus e appare paradossale che tale patrimonio possa essere disperso, proprio in una fase dove sono sempre più evidenti, da un lato, i problemi del nostro trasporto pubblico locale e, dall'altro, la consapevolezza della necessità di un riequilibrio modale nei sistemi di trasporto a favore dei mezzi collettivi;
sarebbe grave e inaccettabile che il Governo accettasse eventuali veti da parte della Fiat riguardo alla volontà di altri grandi operatori industriali, anche stranieri, di rilevare gli impianti di Flumeri volti a consentire la continuità operativa degli impianti e delle produzioni di mezzi di trasporto pubblico,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative immediate per garantire la continuità della produzione di autobus e i posti di lavoro nello stabilimento Irisbus di Flumeri, dando immediatamente il via libera ad altri eventuali investitori, anche stranieri, che volessero rilevare il ramo di azienda Irisbus di Flumeri;
a prevedere nei prossimi provvedimenti di carattere economico e finanziario un impegno di risorse finalizzate al sostegno di un piano nazionale del trasporto pubblico, che valorizzi il sistema industriale nazionale di produzione, stimolando innovazione di prodotto e sostenibilità nella propulsione dei motori;
a convocare un tavolo nazionale, con i vertici del gruppo Fiat, per verificare le reali intenzioni riguardo agli impegni assunti il 13 febbraio 2011 nell'incontro tra il gruppo medesimo e il Governo, nel corso del quale i vertici dell'azienda si erano impegnati a investire 20 miliardi di euro in Italia e a proseguire negli obiettivi di sviluppo, che prevedevano la crescita della produzione nel nostro Paese da 650 mila a 1 milione e 400 mila auto.
(1-00738)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Lulli, Colaninno, Fadda, Froner, Marchioni, Martella, Mastromauro, Peluffo, Portas, Quartiani, Sanga, Scarpetti, Federico Testa, Vico, Zunino, Bossa, Graziano, Iannuzzi, Mario Pepe (PD)».

La Camera,
premesso che:
l'Irisbus, azienda che produce autobus e filobus e totalmente acquisita nel 1999 dal gruppo Fiat Iveco, rappresenta oggi il secondo produttore mondiale di autobus dopo la Daimler, che controlla, invece, i marchi Mercedes-Benz, Setra ed Orion;
il principale stabilimento produttivo in Italia di Irisbus è quello di Valle Ufita di Flumeri (Avellino), che ricopre una superficie totale di circa un milione di metri quadri, di cui 100.000 coperti, e che attualmente conta 684 dipendenti, di cui 561 operai e 123 impiegati;
l'azienda, fino ad oggi attiva nella produzione e commercializzazione di autobus da granturismo e per trasporto urbano, ha registrato negli ultimi anni un forte calo di immatricolazioni, determinato dalla grave crisi del mercato degli autobus, che ha determinato una progressiva e costante contrazione dei volumi produttivi dello stabilimento, che sono passati dai 717 veicoli del 2006 ai soli 145 autobus, di cui meno di 100 urbani, dei primi sei mesi del 2011, situazione che l'azienda ha arginato facendo ricorso ad ammortizzatori sociali ed avviando un processo di riorganizzazione produttiva, che ha comportato una riduzione del personale attraverso il ricorso a prepensionamenti e a misure di incentivazione all'esodo;
il 30 settembre 2011 il gruppo Fiat ha deciso, essendo fallito il tentativo di cedere il ramo d'azienda al gruppo automobilistico di Isernia Dr motor company, l'unico che aveva manifestato interesse a rilevare lo stabilimento di Valle Ufita, di avviare la procedura di mobilità per tutti i circa 700 dipendenti, ai quali aggiungere i circa 300 dell'indotto, scelta questa destinata ad aggravare la già pesante la situazione occupazionale che soffre la provincia di Avellino, ove si contano ben 80.000 disoccupati, circa il 35 per cento della popolazione attiva;
la crisi della Irisbus non rappresenta una mera vertenza territoriale, ma è una vicenda emblematica che, oltre a coinvolgere un insediamento industriale storico del Mezzogiorno che occupa un numero elevato di lavoratori, chiama in causa, da una parte, la politica industriale del più grande gruppo meccanico nazionale e, dall'altra, una cattiva gestione da parte del Governo delle crisi aziendali e dei problemi occupazionali connessi e della politica di programmazione infrastrutturale e dei trasporti in Italia;
la scelta del gruppo Fiat di dismettere lo stabilimento irpino, che si affianca a quella della delocalizzazione degli altri due siti meridionali, quello di Termini Imerese e quello di Pomigliano d'Arco, determineranno nel Mezzogiorno un ulteriore impoverimento totale attraverso un forte declassamento del reddito ed una profonda diminuzione del prodotto interno lordo;
la chiusura dello stabilimento della Irisbus, che con l'indotto coinvolge ben 2.000 lavoratori, oltre ad abbattersi sull'intero tessuto economico-sociale irpino, sferra l'ennesimo colpo al sistema industriale italiano: sul piano produttivo mortifica il made in Italy, essendo la Irisbus l'unica azienda in Italia a produrre autobus, mentre sul piano occupazionale comporterà ulteriori squilibri di ordine sociale, che non gioveranno affatto alla tenuta dei conti pubblici;
inoltre, la pesante sanzione inferta all'Italia dall'Unione europea a causa dell'inquinamento metropolitano, pari ad un miliardo e 700 mila euro, avvalora il giudizio sull'importanza strategica della sopravvivenza dell'unico stabilimento in Italia che produce autobus, peraltro a basso impatto ambientale;
il gruppo Fiat continua a mantenere, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, un atteggiamento di indeterminatezza, dichiarando prima di voler investire in Italia, ma di fatto riducendo sempre più la sua presenza nel nostro Paese;
in Italia si ha il parco autobus più vecchio d'Europa, con il 60 per cento di mezzi circolanti obsoleti che non rispettano nemmeno le leggi in materia di sicurezza, che necessiterebbe di un forte ammodernamento attraverso piani e risorse adeguate che mirino ad uno sviluppo sostenibile del trasporto urbano;
quanto premesso, oltre a determinare una drammatica situazione sul fronte occupazionale, comporta anche la svendita di un patrimonio che invece, con una politica seria e lungimirante nell'ambito del trasporto pubblico locale, avrebbe potuto contribuire in modo determinante al rilancio del sistema industriale nazionale,

impegna il Governo:

a predisporre un piano nazionale dei trasporti, con il coinvolgimento della conferenza Stato-Regioni, che riqualifichi il trasporto pubblico locale e che disponga, in tempi certi, la sostituzione dei veicoli pubblici attualmente in circolazione con altri a basso impatto ambientale;
ad adoperarsi al fine di pervenire ad un esito positivo della vicenda, anche esaminando tutte le eventuali soluzioni che garantiscano la vocazione industriale del sito produttivo di Flumeri ed il mantenimento dei suoi attuali livelli occupazionali.
(1-00739)
«Lombardo, Lo Monte, Commercio, Oliveri, Brugger».

La Camera,
premesso che:
il 14 settembre 2011 la Fiat ha reso nota la sua decisione di avviare le procedure per la cessazione dell'attività dello stabilimento Irisbus di Valle Ufita, a seguito della rinuncia del gruppo Dr all'acquisto dello stabilimento campano;
secondo quanto fatto sapere dall'azienda, alla base di una scelta così grave si collocano gli effetti drammatici della crisi che ha duramente colpito l'intero settore degli autobus urbani, determinando una drastica riduzione delle immatricolazioni e una complessiva diminuzione della capacità produttiva dello stabilimento, passata dai 717 veicoli del 2006 ai 145 autobus, di cui meno di 100 urbani, dei primi sei mesi del 2011;
sino a questo momento i diversi tentativi di concertazione e di dialogo intercorsi tra le istituzioni, i vertici dell'azienda, le parti sociali e i rappresentanti locali non hanno avuto i risultati sperati e, in seguito al mancato raggiungimento dell'accordo tra le parti in causa, l'azienda ha avviato le procedure di mobilità per tutti i lavoratori;
l'Irisbus non solo rappresenta l'unica fabbrica in Italia a produrre autobus, ma costituisce uno snodo importante per lo sviluppo industriale e produttivo di un territorio, quale quello campano, già fortemente provato dall'attuale grave crisi economica e da decenni di arretratezza e di mancata crescita;
la chiusura dello stabilimento segna un colpo durissimo per l'intera regione Campania e darà luogo a forti ripercussioni sul settore dell'automotive, oltre a determinare un aumento dei livelli di disoccupazione già di per sé altissimi in questi territori;
la chiusura dell'Irisbus, infatti, mette in discussione il futuro di circa 700 dipendenti, senza contare le numerose imprese dell'indotto anch'esse coinvolte, seppure indirettamente, dalle vicende dello stabilimento di Flumeri;
i numeri della crisi in Campania sono drammatici e mettono in evidenza tutte le difficoltà di un territorio che stenta a ripartire: nella sola provincia di Avellino si contano ben 83 vertenze industriali in atto e sono 14.426 gli addetti che rischiano il posto di lavoro;
è evidente che la chiusura dello stabilimento di Flumeri rappresenta l'ennesima duro colpo ad un settore di estrema importanza, quale il trasporto pubblico locale: i continui tagli realizzati dal Governo con le ultime manovre economiche, che hanno prodotto nel comparto una riduzione delle risorse pari a 1,5 miliardi di euro, hanno determinato una contrazione della produzione e degli investimenti, mettendo a rischio il futuro e la capacità produttiva dell'Irisbus,

impegna il Governo:

ad adottare ogni iniziativa, per quanto di competenza, al fine di superare lo stallo nella vicenda Irisbus e giungere ad una soluzione che preveda la continuità nella produzione e assicuri l'occupazione dei dipendenti dello stabilimento;
a prevedere un piano nazionale di finanziamento del settore dei trasporti volto ad incentivare l'ammodernamento del parco vetture circolanti, con conseguente beneficio per le aziende che operano nel settore;
ad assumere, nell'ambito delle proprie competenze, tutte le iniziative necessarie per garantire un sistema di mobilità sostenibile dal punto di vista economico ed ambientale.
(1-00744)
«Mosella, Lanzillotta, Pisicchio, Tabacci, Vernetti, Brugger».

MOZIONI BOCCIA ED ALTRI N. 1-00714, EVANGELISTI ED ALTRI N. 1-00722, NUNZIO FRANCESCO TESTA, TOTO ED ALTRI N. 1-00734, VALDUCCI, DESIDERATI, PIONATI ED ALTRI N. 1-00737, COMMERCIO ED ALTRI N. 1-00740 E PISICCHIO ED ALTRI N. 1-00743 CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE A GARANTIRE UN ADEGUATO RISARCIMENTO A FAVORE DELLE PERSONE CHE HANNO SUBITO DANNI DA INCIDENTI STRADALI

Mozioni

La Camera,
premesso che:
l'articolo 138 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, recante il codice delle assicurazioni private, ha previsto la predisposizione di una specifica tabella, unica su tutto il territorio della Repubblica, delle menomazioni all'integrità psicofisica comprese tra 10 e 100 punti e del valore pecuniario da attribuire a ogni singolo punto di invalidità;
la disposizione traeva fondamento dal fatto che la monetizzazione dei danni conseguenti a incidente stradale non avveniva in modo uniforme su tutto il territorio nazionale poiché effettuata in base a «tabelle» elaborate da ciascun tribunale. Ciò poteva comportare, quindi, un'ingiustificata disparità di trattamento a svantaggio dei danneggiati da sinistri avvenuti nelle circoscrizioni di quei tribunali che osservavano criteri di quantificazione più ristretti in sostanziale violazione del principio di uguaglianza;
al fine di procedere alla predisposizione della tabella è stata istituita, presso il Ministero della salute, una commissione di studio che ha concluso i suoi lavori con la redazione di uno schema, recante l'indicazione delle menomazioni e del relativo punto percentuale di invalidità da rinviare al Ministero dello sviluppo economico per la predisposizione dei valori pecuniari da assegnare ai vari punti di invalidità;
l'iter si è concluso il 3 agosto 2011 con l'approvazione, da parte Consiglio dei ministri, di uno schema di decreto del Presidente della Repubblica, attualmente in attesa del parere da parte del Consiglio di Stato, che è stato considerato dalle principali associazioni delle vittime degli incidenti stradali come «fortemente lesivo della dignità umana e non rispondente alle esigenze di solidarietà consolatorie, riparatorie e satisfattive del danno da rc auto»;
lo schema, infatti, adegua al ribasso i valori risarcitori che risultano di gran lunga inferiori ai valori proposti dalle tabelle del tribunale di Milano, considerate congrue dalla Cassazione e utilizzate dalla maggioranza dei tribunali. Secondo le vittime «esse sono inadatte a risarcire integralmente il danno subito rispetto al costo della vita nelle principali città italiane»;
inoltre, poiché si interviene su parametri formatisi nel corso degli anni presso l'autorità giudicante competente, è evidente il rischio di un aumento esponenziale del contenzioso sia in relazione al danno biologico, ma anche per garantire alle vittime il risarcimento globale del danno secondo i più recenti orientamenti giurisprudenziali in materia;
la risposta del Ministro della salute all'interrogazione n. 3-01804, nella quale il Ministro ha sostenuto che l'obiettivo del provvedimento è quello di dare maggiore certezza ai diritti spettanti ai danneggiati, evitando sperequazioni, differenze territoriali ed aumenti dei prezzi delle assicurazioni - causati dalla presunta anomalia nella crescita della percentuale di sinistri con danni alla persona - appare elusiva ed insoddisfacente, anche considerato che, a fronte della riduzione dei valori dei risarcimenti, non risulta essere stato stipulato nessun accordo con le compagnie assicurative per garantire una contestuale diminuzione dei prezzi delle assicurazioni;
il Governo, anziché impegnarsi nel rilevare eventuali casi fraudolenti, colpisce tutti i cittadini vittime di sinistri con danni alla persona,

impegna il Governo

ad evitare l'ingiusta penalizzazione di migliaia di famiglie che hanno già subito gravissimi danni, ritirando il provvedimento di cui in premessa in vista dell'adozione di una nuova tabella delle menomazioni all'integrità psicofisica, che risulti più equilibrata e rappresentativa dei valori presi a riferimento dalla consolidata giurisprudenza al riguardo.
(1-00714)
«Boccia, Maran, Lenzi, Recchia, Misiani, Letta, Ginefra, Pedoto, Graziano, Esposito, Marantelli, Andrea Orlando, De Micheli, Vaccaro, Mosca, Dal Moro, Garavini, Mazzarella, Martella, Vico, Bordo, Genovese, Mastromauro, Rossomando, Velo, Boccuzzi, Causi, Lulli, Cesare Marini, Sarubbi, Giovanelli, Fontanelli, Concia, Cuomo, Iannuzzi, Realacci, Oliverio, Marco Carra».

La Camera,
premesso che:
relativamente al risarcimento del danno biologico per gli incidenti stradali nei casi di invalidità che vanno dal 10 al 100 per cento, l'articolo 138 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, recante il codice delle assicurazioni private, prevedeva la predisposizione - finora mai attuata - di una specifica tabella, unica su tutto il territorio nazionale e da aggiornarsi annualmente, delle menomazioni all'integrità psicofisica comprese tra dieci e cento punti e del valore pecuniario da attribuire a ogni singolo punto di invalidità comprensiva dei coefficienti di variazione corrispondenti all'età del soggetto leso;
finora la monetizzazione dei danni subiti a seguito di un incidente stradale veniva calcolata sulla base di tabelle predisposte da ciascun tribunale, con la conseguenza di risarcimenti spesso diversi da regione a regione;
la Corte di cassazione, con la sentenza n. 12408 del giugno 2011, ha risolto la disparità esistente fra i tribunali italiani uniformando i risarcimenti sui valori del tribunale di Milano, che ha sempre mostrato particolare sensibilità sui diritti e le aspettative delle vittime di incidenti stradali, riconoscendo - sia per le invalidità permanenti di un certo rilievo che per i danni morali da morte - somme mediamente superiori rispetto a quelle riconosciute da gran parte degli altri uffici giudiziari;
al fine della predisposizione di un'unica tabella valida per l'intero territorio nazionale in grado di garantire in modo uniforme i risarcimenti dei danni in sede assicurativa rc auto e superare ingiustificate difformità territoriali, il Governo ha predisposto uno schema di decreto del Presidente della Repubblica, varato il 3 agosto 2011 dal Consiglio dei ministri, che adegua però al ribasso i valori risarcitori che risultano così di gran lunga inferiori ai valori proposti dalle tabelle del tribunale di Milano, considerate invece congrue dalla stessa Corte di cassazione;
con l'applicazione della disciplina prevista da questo nuovo schema di decreto del Presidente della Repubblica, che deve ancora passare al parere consultivo del Consiglio di Stato, il risparmio delle società assicuratrici sarà consistente, soprattutto se le tabelle verranno ritenute applicabili anche retroattivamente a tutti i sinistri per i quali non si siano concluse trattative in sede transattiva o non si sia giunti a sentenza definitiva. Inoltre, va sottolineato come i valori pecuniari previsti non sono stati adeguati all'inflazione, essendo gli stessi risalenti al 2005, e perciò sono ulteriormente penalizzanti;
secondo le tabelle fissate dal Governo, un ventenne con invalidità permanente del 90 per cento che oggi ha diritto a ricevere dai 900 mila a un milione e cento mila euro, incasserà invece tra i 500 e i 600 mila euro. Un altro esempio: se un ragazzo, sempre di venti anni, sopravvive a un incidente automobilistico con una invalidità del 30 per cento, oggi può ottenere tra 150 e 200 mila euro. Con i nuovi criteri ministeriali, tra i 75 e i 98 mila euro: la metà. Un bel risparmio per le assicurazioni, un danno per i cittadini e una forte discriminazione fra le vittime di incidenti stradali e le vittime di altri infortuni alle quali il decreto del Presidente della Repubblica non sarebbe applicabile;
inoltre, dall'esame delle medesime tabelle si ricava una disparità tra l'infortunato uomo e l'infortunata donna, laddove la cifra per ogni punto di invalidità «femminile» è inferiore a quello «maschile»;
va, peraltro, ricordato come le compagnie assicuratrici abbiano finora «beneficiato» sia del fatto che negli ultimi dieci anni - come certifica l'Istat - il numero degli incidenti stradali è andato progressivamente diminuendo, sia della riduzione (prevista dal decreto del Ministero della salute del 3 luglio 2003) in questi anni dei risarcimenti da piccole invalidità. Il tutto a fronte di nessuna riduzione dei premi delle polizze per l'assicurazione obbligatoria da responsabilità civile automobilistica;
il 17 settembre 2011 l'assemblea dell'organismo unitario dell'avvocatura approvava un deliberato contro il suddetto schema di decreto del Presidente della Repubblica ricordando, tra l'altro, come con questo provvedimento si annullano di fatto 40 anni di evoluzione giurisprudenziale e dottrinale che aveva posto la persona al centro del diritto e non il mero calcolo economico aziendale;
nel documento, quindi, si fa istanza al Governo «affinché ritiri il provvedimento, ingiustificato e lesivo dei diritti dei danneggiati nonché in aperto contrasto con i principi del giusto ed integrale risarcimento e dell'articolo 32 della Costituzione e rivolge nel contempo appello al Presidente della Repubblica affinché non apponga la propria firma al decreto del Presidente della Repubblica»;
la stessa Aifvs-Associazione italiana familiari e vittime della strada ha incontrato il sottosegretario per lo sviluppo economico, Stefano Saglia, per protestare contro questo schema di decreto del Presidente della Repubblica che «anziché riconoscere il diritto delle vittime al congruo ed integrale risarcimento del danno, riducendo i risarcimenti favorisce di fatto i profitti economici e imprenditoriali privati assicurativi a scapito delle esigenze di solidarietà sociale di rilievo costituzionale»,

impegna il Governo:

a ritirare lo schema di decreto del Presidente della Repubblica, di cui in premessa, in quanto ingiustificato e fortemente lesivo dei diritti dei danneggiati a ottenere un equo risarcimento;
a prendere a riferimento per tutto il territorio nazionale le tabelle del tribunale di Milano, quali tabelle di risarcimento delle menomazioni all'integrità psicofisica comprese fra dieci e cento punti di invalidità e per il valore pecuniario da attribuire ad ogni singolo punto considerate congrue dalle stesse recenti pronunce della Corte di cassazione;
ad attuare, nell'ambito delle proprie prerogative, azioni di contrasto a truffe e abusi ai danni delle compagnie assicuratrici, finalizzate all'ottenimento illegittimo del risarcimento dei danni.
(1-00722)
«Evangelisti, Donadi, Borghesi, Palagiano, Mura, Monai».

La Camera,
premesso che:
in data 3 agosto 2011, il Consiglio dei ministri ha approvato lo schema di regolamento recante la tabella delle menomazioni all'integrità psicofisica comprese tra dieci e cento punti di invalidità, a norma dell'articolo 138 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (codice delle assicurazioni);
le associazioni a tutela dei diritti delle vittime di incidenti hanno subito denunciato l'iniquità dei valori economici di queste nuove tabelle di legge del danno biologico, in quanto lo schema di regolamento ha, di fatto, dimezzato l'importo del risarcimento del danno subito dalle vittime della strada e dai loro familiari rispetto a quanto veniva riconosciuto dai tribunali;
in questi ultimi anni la giurisprudenza ha prodotto diverse prassi di calcolo del valore del risarcimento da danno permanente subito e, proprio in virtù di questa mancanza di uniformità di trattamento sul territorio nazionale, la Corte di cassazione ha valutato come congrue e sufficienti le stime elaborate dal tribunale di Milano e, pertanto, utilizzate dalla maggioranza dei tribunali italiani;
le valutazioni contenute nella tabella del tribunale di Milano erano considerate sufficienti e congrue, non solo dalla Corte di cassazione, ma anche dall'Aifvs (Associazione italiana familiari e vittime della strada);
i valori contenuti nella tabella elaborata dalla commissione e contenuta nello schema di regolamento si discostano nettamente da quelli del tribunale di Milano, comportando, come detto, una riduzione di circa il 50 per cento dei risarcimenti da danno biologico permanente subito;
le tabelle attualmente vigenti, elaborate da due diverse e distinte commissioni ministeriali nel 2005, andavano rivalutate ed aggiornate nel 2011 per definire il risarcimento con un'unica voce di danno non patrimoniale onnicomprensiva;
quelle approvate dal Consiglio dei Ministri del 3 agosto 2011, invece, riportano valori insufficienti a risarcire integralmente il danno subito rispetto al costo della vita nelle principali città italiane;
non bisogna trascurare il fatto che le nuove tabelle di legge contribuiranno ad aumentare il contenzioso giudiziario con un aggravio di costi sociali per le vittime, che saranno costrette ad adire le vie legali per vedersi riconosciuto il maggior danno non patrimoniale subito;
il provvedimento varato dal Consiglio dei Ministri, a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo, lede la dignità umana, non risponde alle esigenze di solidarietà consolatorie, riparatorie e satisfattive del danno da rc auto, è in palese contrasto con i principi ispiratori dell'aumento dei massimali di garanzia rc auto europei a 5.000.000,00 di euro e con il principio costituzionale del risarcimento «integrale» del danno alla persona;
inoltre, la tabella unica nazionale contravviene alla prassi giurisprudenziale che quantifica il valore del risarcimento del danno con riferimento al caso specifico, prendendo in considerazione anche il costo della vita nell'area geografica del soggetto menomato affinché si addivenga ad un valore effettivamente congruo al danno subito,

impegna il Governo

ad adottare iniziative tempestive atte ad impedire che vengano ulteriormente violati i diritti delle vittime della strada, sostituendo le tabelle contenute nel citato schema di regolamento con quelle utilizzate dal tribunale di Milano, quali tabelle uniche di risarcimento del danno alle vittime di incidenti stradali, su tutto il territorio nazionale, così come indicato dalle recenti pronunce della Corte di cassazione.
(1-00734)
«Nunzio Francesco Testa, Toto, Galletti, Di Biagio, Binetti, De Poli, Calgaro, Compagnon, Naro, Ciccanti, Volontè, Anna Teresa Formisano, Mereu, Tassone».

La Camera,
premesso che:
l'articolo 138 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, recante il codice delle assicurazioni private, ha previsto la predisposizione di una specifica tabella, unica su tutto il territorio della Repubblica, delle menomazioni all'integrità psicofisica comprese tra 10 e 100 punti e del valore pecuniario da attribuire a ogni singolo punto di invalidità;
la ragione dell'intervento risiede nella necessità di intervenire affinché non si verifichino disparità di trattamento a danno dei cittadini vittime di incidenti stradali, facendo in modo che la monetizzazione dei danni conseguenti a incidente stradali avvenga in modo uniforme su tutto il territorio nazionale;
lo scopo dell'intervento risiede nella volontà di eliminare possibili disparità di trattamento nella valutazione del danno biologico da incidente stradale anche in caso di lesioni di grave entità. A seguito dell'intervento legislativo i tribunali dovranno, infatti, uniformare i criteri di liquidazione sin qui adottati ai nuovi parametri fissati dal Governo e validi per tutto il territorio nazionale sulla falsariga di quanto già stabilito per i danni più lieve entità. Le tabelle e i coefficienti sono stati uniformati per fare giustizia di un sistema eterogeneo e suscettibile di creare disuguaglianze tra categorie di vittime identiche ma residenti in regioni diverse;
il provvedimento definisce una tabella nazionale unica per le menomazioni all'integrità psico-fisica comprese tra 10 e 100 punti di invalidità. I principi di monetizzazione del danno, resi uniformi dal decreto interministeriale del 3 luglio 2003 per le lesioni comprese tra 1 e 9 punti, saranno ora estesi, con gli opportuni adattamenti, anche a quelle di maggior gravità. E questo sulla base di coefficienti di variazione proporzionali all'entità della lesione, ma decrescenti in funzione dell'età della persona danneggiata;
nello specifico il decreto definisce, in primo luogo, i casi di «confine», stabilendo che il danno biologico permanente in misura inferiore al 10 per cento deve essere valutato in base ai parametri individuati nelle tabelle sulle menomazioni comprese tra 1 e 9 punti. I quadri clinici più complessi dovranno, invece, essere decisi secondo i nuovi criteri che racchiudono un'ampia ed elastica casistica, vista la necessità di personalizzare le varie tipologie di lesione. In tale ambito rientrano le ipotesi in cui la valutazione varia da soggetto a soggetto, come i disturbi post-traumatici da stress o il pregiudizio estetico complessivo, che sarà considerato «moderato» se caratterizzato da cicatrici evidenti comprese tra il sopracciglio o il labbro inferiore, «grave» qualora comporti la perdita di gran parte del naso e «gravissimo» in caso di deformazione, tanto severa da comprometterne l'accettazione;
in coerenza con il metodo adottato per le invalidità «micropermanenti» si è stabilito che l'importo si riduce con il crescere dell'età a un tasso dello 0,5 per cento annuo a partire dall'undicesimo anno di vita. Un soggetto di 35 anni con invalidità pari a 10 punti percepirà, quindi, circa 13.600 euro di risarcimento che diventeranno 560.000 in caso di invalidità totale, mentre un anziano di 95 anni ne otterrà, rispettivamente, circa 8.470 e 356.000;
l'intervento si motiva anche con lo scopo di evitare possibili richieste di risarcimento non motivate, che nell'eterogeneità del sistema previgente potevano trovare maggiore spazio; in effetti in Italia la percentuale di sinistri con danni alla persona è crescente negli ultimi anni: nel 2009 è arrivata al 21,8 per cento rispetto al totale dei sinistri, a fronte di una media europea valutata intorno al 10 per cento. Il costo totale dei risarcimenti nel 2010 in Italia è stato di 14 miliardi di euro. Il provvedimento, sollecitato anche dal Forum dei consumatori, di cui fanno parte otto delle associazioni che sono più rappresentative, si basa, quindi, anche sul presupposto di riuscire a contribuire alla riduzione delle tariffe assicurative;
gli importi della tabella unica nazionale saranno definitivamente stabiliti con apposita delibera del Consiglio dei ministri a seguito dell'acquisizione del prescritto parere del Consiglio di Stato e saranno comunque aggiornati annualmente con decreto del Ministro dello sviluppo economico,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di esaminare comunque, in occasione dei primi aggiornamenti annuali delle tabelle, necessariamente vincolati agli indici Istat di adeguamento al costo della vita, anche altri indici più particolarmente caratteristici del settore, quali quelli di sinistrosità, di invalidità per incidente, di mortalità per singolo evento, nonché gli effetti del provvedimento relativamente alle auspicate riduzioni delle tariffe assicurative, al fine di rivalutare l'effettiva corrispondenza della tabella unica nazionale agli obiettivi perseguiti anche in relazione al congruo risarcimento del danno subito dalle vittime di incidenti stradali e, ove occorre, ad avviare le opportune ulteriori iniziative normative di adeguamento delle tabelle stesse;
contestualmente, a mettere in campo tutti gli strumenti e gli interventi di competenza necessari affinché siano meglio individuati i rischi di frode e scoraggiati e repressi i raggiri in ambito assicurativo, che creano danno a tutta la collettività.
(1-00737)
«Valducci, Desiderati, Pionati, Biasotti, Bernardo, Simeoni, Garofalo, Bergamini, Cesaro, Colucci, Antonino Foti, Landolfi, Lupi, Nizzi, Piso, Testoni, Verdini».

La Camera,
premesso che:
relativamente al risarcimento del danno biologico per gli incidenti stradali, il Consiglio dei ministri, nella riunione del 3 agosto 2011, ha approvato su proposta del Ministro della salute, uno schema di decreto del Presidente della Repubblica recante la «nuova tabella delle menomazioni all'integrità psicofisica comprese fra dieci e cento punti di invalidità e del valore pecuniario da attribuire a ogni singolo punto, comprensiva dei coefficienti di variazione corrispondenti all'età del soggetto leso»;
lo schema di decreto, ora in attesa del parere del Consiglio di Stato, è il frutto del lavoro di un'apposita commissione istituita presso il Ministero della salute per dare attuazione all'articolo 138 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, recante il codice delle assicurazioni private;
sino a questo momento la quantificazione dei danni subiti a seguito di un incidente stradale veniva calcolata sulla base di tabelle predisposte da ciascun tribunale, con la conseguenza che molto spesso di verificavano differenze notevoli da regione a regione;
in tal senso la Corte di cassazione civile, sezione III, con la sentenza n. 12408 del 7 giugno 2011 si è pronunciata, superando le disparità di cui sopra, relativamente ai criteri di risarcimento del danno non patrimoniale derivante da incidente stradale. La Corte di cassazione ha, infatti, ribadito che, per il risarcimento del danno biologico per le lesioni di lieve entità (cosiddette micropermanenti), trova sempre applicazione la tabella unica da applicare su tutto il territorio nazionale, predisposta dal legislatore in attuazione dell'articolo 139 del codice delle assicurazioni (decreto legislativo n. 209 del 2005) e ha ritenuto - in attesa della tabella unica di legge per le lesioni di non lieve entità (da 10 a 100 punti - cosiddette macropermanenti), prevista dall'articolo 138 del codice, di riconoscere come parametri generali da porre alla base del risarcimento del danno su tutto il territorio nazionale quelli elaborati dal tribunale di Milano, notoriamente più favorevoli nei confronti delle vittime di incidenti stradali;
l'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica determinerà l'applicazione vincolante per tutti i giudici e in ogni contenzioso pendente al momento dell'entrata in vigore del provvedimento, visto che niente viene detto con riferimento ad una disciplina transitoria;
da più parti sono state sollevate pesanti critiche al provvedimento, la cui applicazione determinerebbe un calo medio dal 40 per cento al 50 per cento dei risarcimenti del danno alla persona in caso di sinistro stradale;
la stessa assemblea dell'organismo unitario dell'avvocatura, riunitasi in Roma il 17 settembre 2011, ha approvato un deliberato contro il decreto del Presidente della Repubblica varato dal Consiglio dei ministri, rilevando che il provvedimento «caso strano, interviene appena due mesi dopo che una sentenza della Cassazione aveva stabilito che le tabelle del tribunale di Milano fossero quelle da ritenersi più congrue per il metodo di calcolo e i valori determinati»,

impegna il Governo

a ritirare il provvedimento, ingiustificato e lesivo dei diritti dei danneggiati, e a predisporre, in tempi rapidi, un nuovo decreto teso a determinare valori medi di risarcimento del danno biologico per le lesioni di non lieve entità che prendano a riferimento quelli delle tabelle elaborate dal tribunale di Milano.
(1-00740)
«Commercio, Lo Monte, Lombardo, Oliveri, Brugger».

La Camera,
premesso che:
il Consiglio dei ministri del 3 agosto 2011 ha proceduto all'approvazione dello schema di decreto del Presidente della Repubblica recante la tabella unica nazionale del danno biologico per le menomazione all'integrità psicofisica, dando finalmente esecuzione a quanto previsto dall'articolo 138 del codice delle assicurazioni, decreto legislativo n. 209 del 2005;
quest'ultimo, infatti, stabiliva l'adozione di una specifica tabella finalizzata a rendere uniforme su tutto il territorio nazionale i risarcimenti delle menomazioni all'integrità psicofisica, comprese tra dieci e cento punti, e il valore pecuniario da attribuire a ogni singolo punto di invalidità comprensiva dei coefficienti di variazione corrispondenti all'età del soggetto leso, ciò allo scopo di ovviare ad un sistema eterogeneo fondato su tabelle predisposte dai singoli tribunali e suscettibili di dar vita a forti disuguaglianze e disparità di trattamento tra le vittime dei sinistri;
a tal fine, la Corte di cassazione, con la sentenza n. 12408 del 2011, aveva stabilito che le tabelle del tribunale di Milano fossero quelle più proporzionali e congrue da applicare, considerato il metodo di calcolo e i valori determinati;
il provvedimento approvato dal Consiglio dei ministri, invece, modifica al ribasso i valori risarcitori, che risultano così fortemente inferiori ai valori contenuti nelle tabelle del tribunale di Milano;
la conseguenza più immediata del regolamento in esame è il dimezzamento dei risarcimenti del danno alla persona per sinistro stradale, che subirebbero un calo dal 40 per cento al 50 per cento: ad esempio, il danno biologico da invalidità permanente di un ragazzo di trent'anni, costretto su una sedia a rotelle da un incidente stradale, oggi è pari a 868.265,00 euro; con le nuove tabelle sarà pari a 495.452,91 euro;
per questo motivo si sono avute forti reazioni da parte delle molte associazioni dei consumatori e dei famigliari delle vittime di incidenti stradali, che ritengono il provvedimento fortemente lesivo del diritto di tutti i danneggiati ad un adeguato e dignitoso risarcimento dei danni subiti, a fronte di un evidente e cospicuo risparmio per il comparto assicurativo,

impegna il Governo:

a ritirare il provvedimento di cui in premessa contenente la «Nuova tabella delle menomazioni all'integrità psicofisica comprese fra dieci e cento punti di invalidità e del valore pecuniario da attribuire ad ogni singolo punto, comprensiva dei coefficienti di variazione corrispondenti all'età del soggetto leso»;
a definire un nuovo regolamento utilizzando come valido criterio di riferimento i valori previsti nelle tabelle del tribunale di Milano.
(1-00743)
«Pisicchio, Lanzillotta, Mosella, Tabacci, Vernetti, Brugger».

MOZIONI DI PIETRO ED ALTRI N. 1-00391, TEMPESTINI ED ALTRI N. 1-00621, PEZZOTTA ED ALTRI N. 1-00623, ANTONIONE, DOZZO, SARDELLI ED ALTRI N. 1-00625, PISICCHIO ED ALTRI N. 1-00629, DI BIAGIO E DELLA VEDOVA N. 1-00712 E OLIVERI ED ALTRI N. 1-00726 CONCERNENTI INIZIATIVE PER GARANTIRE LA TRASPARENZA DELLE INFORMAZIONI RELATIVE ALL'AIUTO PUBBLICO ALLO SVILUPPO

Mozioni

La Camera,
premesso che:
uno degli impegni sottoscritti da tutti i donatori nel 2008 al III Forum di alto livello sull'efficacia dell'aiuto allo sviluppo è quello di garantire la massima accessibilità alle informazioni relative all'aiuto stesso e la massima trasparenza del medesimo, che consentirebbe ai Governi una maggiore capacità di programmazione, ai Parlamenti di esercitare uno scrutinio più puntuale e alle comunità e ai cittadini dei Paesi partner di effettuare un controllo capillare locale, vale a dire uno dei migliori antidoti alla corruzione;
un primo studio della Princeton university ha finalmente presentato i primi risultati statisticamente solidi del rapporto tra trasparenza degli aiuti che un Paese riceve e il livello interno di corruzione, confermando l'ipotesi iniziale: maggiori sono le informazioni disponibili sugli aiuti per il Paese, minore è il livello generale di corruzione. L'analisi ha potuto anche sostenere che una riduzione significativa delle informazioni porta a un deterioramento dei livelli di corruzione del Paese;
per dare seguito all'impegno sull'efficacia dell'aiuto, molti donatori si sono uniti per dare vita alla Iniziativa internazionale per la trasparenza dell'aiuto (international aid transparency Initiative - Iati) che ha lo scopo di garantire la massima accessibilità in tempo reale alle iniziative di aiuto allo sviluppo finanziate dai donatori con l'ambizione di avere certamente, come punto di riferimento, l'esperienza del database del Dac-Ocse (Development assistance committee), ma anche di superarne alcuni dei limiti attuali: il ritardo nella pubblicazione dei dati (con una media di oltre un anno di ritardo), la mancanza di dettagli sui risultati dei programmi e i pochi dettagli geografici che impediscono di situare correttamente le iniziative di sviluppo nei Paesi partner;
l'Italia non ha preso alcuna posizione sulla sua partecipazione o meno a questa Iniziativa internazionale per la trasparenza dell'aiuto;
i Governi di natura liberal-conservatore inglese e svedese hanno annunciato una politica di piena e aperta divulgazione della documentazione per tutti gli interventi di cooperazione allo sviluppo, che saranno tutti disponibili on line appena effettuata l'approvazione degli interventi;
negli ultimi tre anni era migliorata la trasparenza e l'accessibilità delle informazioni per la cooperazione della direzione generale per la cooperazione allo sviluppo (Dgcs) del Ministero degli affari esteri, mentre le informazioni delle attività di cooperazione gestite dal Ministero dell'economia e delle finanze erano e sono ancora affidate esclusivamente alla relazione annuale al Parlamento che è resa disponibile dopo più di due anni. In entrambi i casi, le informazioni sono disponibili generalmente solo in italiano e ciò ne pregiudica la fruibilità nei Paesi partner;
dall'inizio del 2010, l'interruzione della pubblicazione dei bollettini elettronici della cooperazione ha quasi azzerato gli sforzi fatti in precedenza per aumentare la trasparenza della direzione generale per la cooperazione allo sviluppo; le informazioni pubblicate in precedenza sui bollettini non riportavano una descrizione dettagliata dell'iniziativa e soprattutto non permettevano alcuna ricerca;
in termini di accuratezza della reportistica internazionale, solo lo 0,6 per cento delle iniziative d'aiuto italiane non è classificato per settore, collocando il nostro Paese al quinto posto in termini di accuratezza. Tuttavia, la stessa attenzione non si presta quando si tratta di notificare l'aiuto legato. Il Development assistance committee rivela, infatti, che il 10 per cento delle iniziative italiane non sono valutate rispetto al criterio dello slegamento: un risultato tra i peggiori fra i 23 membri del Development assistance committee, secondo solo a Giappone e Germania. Secondo una recente valutazione sulla trasparenza basata sulla completezza della reportistica, l'Italia risulta penultima, prima del Portogallo, tra tutti i donatori bilaterali e multilaterali;
«Publish what you fund», la campagna della società civile per una maggiore trasparenza dell'aiuto, ha recentemente pubblicato il primo indice di trasparenza dei donatori (Paesi Ocse, agenzie delle Nazioni Unite e banche multilaterali di sviluppo). La valutazione sulla trasparenza si basa su tre criteri: impegno a garantire la trasparenza (intesa soprattutto come quantità delle informazioni disponibili nei database), trasparenza e comunicazione delle informazioni ai Paesi partner e reattività alle richieste d'informazioni o chiarimenti da parte degli utenti dei loro siti web;
la classifica complessiva sulla trasparenza dei donatori vede in testa la Banca mondiale e in coda il Giappone, in trentesima posizione. L'Italia occupa la ventisettesima posizione. Il nostro Paese è soprattutto penalizzato dalla difficoltà di trasmettere ai Governi partner informazioni sui futuri piani di spesa (complice un ciclo di bilancio per la cooperazione solo annuale che è soggetto a tagli continui e spesso imprevedibili) e dalla limitata reattività di risposta alle domande di chiarimento;
per rispondere alla crescente pressione dell'opinione pubblica globale sui risultati concreti che l'aiuto ha conseguito, i Paesi donatori finanziariamente più impegnati hanno creato unità di valutazione sistematica dell'impatto degli interventi. Ad esempio, la cooperazione danese ha una struttura di valutazione separata dall'Agenzia che esegue gli interventi di cooperazione, con uno staff di otto persone e un bilancio di 3 milioni di dollari l'anno. In altri casi si sono avviate vere campagne di comunicazione pubblica di massa per dimostrare che l'investimento di denaro pubblico ha prodotto risultati, come nel caso inglese con la campagna «UK Aid works»;
per l'Italia, dal 2002 non è stata prodotta alcuna valutazione sistematica diffusa pubblicamente. Un'unità di valutazione è stata ricostituita nel 2008 e ha approvato un piano di lavoro annuale dotato di un bilancio. Una valutazione è stata conclusa - ma non ancora caricata sul sito della cooperazione allo sviluppo - ma fino a oggi la citata unità non è stata dotata di un proprio bilancio che le garantisse l'effettiva operatività;
l'articolo 36 della legge di disciplina della cooperazione allo sviluppo (legge n. 49 del 1987) prevede che sia istituita presso la direzione generale per la cooperazione allo sviluppo una banca dati in cui siano inseriti tutti i contratti, le iniziative, i programmi connessi con l'attività di cooperazione disciplinata dalla presente legge e la relativa documentazione e stabilisce che l'accesso alla banca dati sia pubblico. Ad oggi nessuna banca dati è accessibile on line,

impegna il Governo:

a pubblicare on line in un unico sito tutte le valutazioni prodotte dalla direzione generale per la cooperazione allo sviluppo, le relazioni del dipartimento del tesoro relativamente all'azione verso banche e fondi di sviluppo e i documenti strategici come le programmazioni pluriennali per Paese (stream);
a pubblicare on line, contestualmente alla loro approvazione, tutte le iniziative di cooperazione allo sviluppo, rendendo pubbliche le informazioni che sono contenute sul sistema informatico della direzione generale per la cooperazione allo sviluppo per l'approvazione delle iniziative - il «sistema SIC 99 (sistema informativo della cooperazione)»;
ad aderire all'Iniziativa internazionale per la trasparenza dell'aiuto (Iati).
(1-00391)
(Nuova formulazione) «Di Pietro, Evangelisti, Donadi, Borghesi, Leoluca Orlando, Di Stanislao, Cimadoro».

La Camera,
premesso che:
uno degli impegni sottoscritti da tutti i donatori nel 2008 al III Forum di alto livello sull'efficacia dell'aiuto allo sviluppo è quello di garantire la massima accessibilità alle informazioni relative all'aiuto stesso e la massima trasparenza del medesimo, che consentirebbe ai Governi una maggiore capacità di programmazione, ai Parlamenti di esercitare uno scrutinio più puntuale e alle comunità e ai cittadini dei Paesi partner di effettuare un controllo capillare locale, vale a dire uno dei migliori antidoti alla corruzione;
un primo studio della Princeton university ha finalmente presentato i primi risultati statisticamente solidi del rapporto tra trasparenza degli aiuti che un Paese riceve e il livello interno di corruzione, confermando l'ipotesi iniziale: maggiori sono le informazioni disponibili sugli aiuti per il Paese, minore è il livello generale di corruzione. L'analisi ha potuto anche sostenere che una riduzione significativa delle informazioni porta a un deterioramento dei livelli di corruzione del Paese;
per dare seguito all'impegno sull'efficacia dell'aiuto, molti donatori si sono uniti per dare vita alla Iniziativa internazionale per la trasparenza dell'aiuto (international aid transparency Initiative - Iati) che ha lo scopo di garantire la massima accessibilità in tempo reale alle iniziative di aiuto allo sviluppo finanziate dai donatori con l'ambizione di avere certamente, come punto di riferimento, l'esperienza del database del Dac-Ocse (Development assistance committee), ma anche di superarne alcuni dei limiti attuali: il ritardo nella pubblicazione dei dati (con una media di oltre un anno di ritardo), la mancanza di dettagli sui risultati dei programmi e i pochi dettagli geografici che impediscono di situare correttamente le iniziative di sviluppo nei Paesi partner;
l'Italia non ha preso alcuna posizione sulla sua partecipazione o meno a questa Iniziativa internazionale per la trasparenza dell'aiuto;
i Governi di natura liberal-conservatore inglese e svedese hanno annunciato una politica di piena e aperta divulgazione della documentazione per tutti gli interventi di cooperazione allo sviluppo, che saranno tutti disponibili on line appena effettuata l'approvazione degli interventi;
negli ultimi tre anni era migliorata la trasparenza e l'accessibilità delle informazioni per la cooperazione della direzione generale per la cooperazione allo sviluppo (Dgcs) del Ministero degli affari esteri, mentre le informazioni delle attività di cooperazione gestite dal Ministero dell'economia e delle finanze erano e sono ancora affidate esclusivamente alla relazione annuale al Parlamento che è resa disponibile dopo più di due anni. In entrambi i casi, le informazioni sono disponibili generalmente solo in italiano e ciò ne pregiudica la fruibilità nei Paesi partner;
dall'inizio del 2010, l'interruzione della pubblicazione dei bollettini elettronici della cooperazione ha quasi azzerato gli sforzi fatti in precedenza per aumentare la trasparenza della direzione generale per la cooperazione allo sviluppo; le informazioni pubblicate in precedenza sui bollettini non riportavano una descrizione dettagliata dell'iniziativa e soprattutto non permettevano alcuna ricerca;
in termini di accuratezza della reportistica internazionale, solo lo 0,6 per cento delle iniziative d'aiuto italiane non è classificato per settore, collocando il nostro Paese al quinto posto in termini di accuratezza. Tuttavia, la stessa attenzione non si presta quando si tratta di notificare l'aiuto legato. Il Development assistance committee rivela, infatti, che il 10 per cento delle iniziative italiane non sono valutate rispetto al criterio dello slegamento: un risultato tra i peggiori fra i 23 membri del Development assistance committee, secondo solo a Giappone e Germania. Secondo una recente valutazione sulla trasparenza basata sulla completezza della reportistica, l'Italia risulta penultima, prima del Portogallo, tra tutti i donatori bilaterali e multilaterali;
«Publish what you fund», la campagna della società civile per una maggiore trasparenza dell'aiuto, ha recentemente pubblicato il primo indice di trasparenza dei donatori (Paesi Ocse, agenzie delle Nazioni Unite e banche multilaterali di sviluppo). La valutazione sulla trasparenza si basa su tre criteri: impegno a garantire la trasparenza (intesa soprattutto come quantità delle informazioni disponibili nei database), trasparenza e comunicazione delle informazioni ai Paesi partner e reattività alle richieste d'informazioni o chiarimenti da parte degli utenti dei loro siti web;
la classifica complessiva sulla trasparenza dei donatori vede in testa la Banca mondiale e in coda il Giappone, in trentesima posizione. L'Italia occupa la ventisettesima posizione. Il nostro Paese è soprattutto penalizzato dalla difficoltà di trasmettere ai Governi partner informazioni sui futuri piani di spesa (complice un ciclo di bilancio per la cooperazione solo annuale che è soggetto a tagli continui e spesso imprevedibili) e dalla limitata reattività di risposta alle domande di chiarimento;
per rispondere alla crescente pressione dell'opinione pubblica globale sui risultati concreti che l'aiuto ha conseguito, i Paesi donatori finanziariamente più impegnati hanno creato unità di valutazione sistematica dell'impatto degli interventi. Ad esempio, la cooperazione danese ha una struttura di valutazione separata dall'Agenzia che esegue gli interventi di cooperazione, con uno staff di otto persone e un bilancio di 3 milioni di dollari l'anno. In altri casi si sono avviate vere campagne di comunicazione pubblica di massa per dimostrare che l'investimento di denaro pubblico ha prodotto risultati, come nel caso inglese con la campagna «UK Aid works»;
per l'Italia, dal 2002 non è stata prodotta alcuna valutazione sistematica diffusa pubblicamente. Un'unità di valutazione è stata ricostituita nel 2008 e ha approvato un piano di lavoro annuale dotato di un bilancio. Una valutazione è stata conclusa - ma non ancora caricata sul sito della cooperazione allo sviluppo - ma fino a oggi la citata unità non è stata dotata di un proprio bilancio che le garantisse l'effettiva operatività;
l'articolo 36 della legge di disciplina della cooperazione allo sviluppo (legge n. 49 del 1987) prevede che sia istituita presso la direzione generale per la cooperazione allo sviluppo una banca dati in cui siano inseriti tutti i contratti, le iniziative, i programmi connessi con l'attività di cooperazione disciplinata dalla presente legge e la relativa documentazione e stabilisce che l'accesso alla banca dati sia pubblico. Ad oggi nessuna banca dati è accessibile on line,

impegna il Governo:

a pubblicare on line in un unico sito tutte le valutazioni prodotte dalla direzione generale per la cooperazione allo sviluppo, a pubblicare on line dopo la presentazione in Parlamento, le relazioni del dipartimento del tesoro relativamente all'azione verso banche e fondi di sviluppo e i documenti strategici come le programmazioni pluriennali per Paese (stream);
a pubblicare on line, subito dopo la loro approvazione, tutte le iniziative di cooperazione allo sviluppo;
a sostenere - in linea con gli orientamenti a livello UE - l'adozione di misure per ottimizzare la trasparenza ed assicurare il massimo accesso alle informazioni sulle risorse di cooperazione allo sviluppo, facendo ricorso al consolidato sistema di rapportistica internazionale «Creditor Reporting System ++» (che costituisce lo standard internazionalmente accettato in ambito OCSE/DAC) e all'Iniziativa internazionale per la trasparenza dell'aiuto (IATI), compatibilmente con la disponibilità di adeguate risorse umane per adempiere alle necessarie competenze statistiche.
(1-00391)
(Nuova formulazione nel testo modificato) «Di Pietro, Evangelisti, Donadi, Borghesi, Leoluca Orlando, Di Stanislao, Cimadoro».

La Camera,
premesso che:
nel settembre 2008 tutti i donatori a livello globale, in occasione del III Forum di alto livello sull'efficacia degli aiuti atti a favorire il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del millennio, svoltosi ad Accra, in Ghana, hanno lanciato un'importante iniziativa per la trasparenza degli aiuti internazionali allo sviluppo - l'international aid transparency Initiative (Iati) - nella convinzione di una relazione cruciale fra l'aumento dell'efficienza e dell'efficacia degli aiuti e la trasparenza accompagnata da una maggiore responsabilità nell'uso delle risorse pubbliche (agenda d'azione di Accra);
tale iniziativa, che riunisce i donatori, i Paesi partner e le organizzazioni della società civile, mira a rendere pubbliche le informazioni sul flusso degli aiuti allo sviluppo, anche al fine di pervenire al rispetto di standard comuni, di regole condivise e comparabili, rendere trasparenti i flussi di aiuti e massimizzare l'impatto delle risorse;
in seguito a consultazioni avvenute con i paesi partner e le organizzazioni della società civile, l'international aid transparency Initiative ha elaborato un codice di condotta, volto a rendere accessibili e pubbliche le informazioni circa il flusso di aiuti e di attività, ad aiutare i Governi dei Paesi in via di sviluppo e a migliorare la loro pianificazione; si tratta di una serie di prescrizioni comprensive di dettagli sugli aiuti di ciascun Paese, sui costi dei singoli progetti, sui loro obiettivi e su tutte le altre informazioni in materia di aiuti;
nel febbraio 2009, 16 donatori hanno firmato l'international aid transparency Iniziative: Paesi Bassi, Germania, Australia, Nuova Zelanda, Spagna, Norvegia, Finlandia, Irlanda, Svezia, Danimarca, la Commissione europea, la Banca mondiale, la United nations development programme (Undp), la fondazione Hewlett, la Gavi Alliance e il Regno Unito. Molti Paesi non hanno ancora aderito a questa importante iniziativa (sono solo 8 i Paesi membri dell'Unione europea aderenti) e anche l'Italia manca all'appello, non avendo ancora espresso alcuna posizione circa la sua adesione;
negli ultimi anni anche l'Unione europea si è impegnata in una riforma degli strumenti di finanziamento, sulla base dei principi stabiliti prima dalla Dichiarazione di Parigi sull'efficacia degli aiuti (2005) e in seguito dall'agenda per l'azione di Accra (2008), ponendo al centro delle sue sfide anche quello di rendere trasparenti gli aiuti, in particolare gli aiuti comunitari. In tale direzione la Commissione europea sta predisponendo un documento di lavoro su trasparenza e responsabilità, anche in vista del IV Forum ad alto livello sull'efficacia degli aiuti, che si svolgerà dal 29 novembre al 1o dicembre 2011 in Corea;
aumentare l'accessibilità e la disponibilità delle informazioni relative alla cooperazione allo sviluppo è un importante obiettivo che tutti gli Stati dovrebbero concretamente perseguire, in quanto ciò consentirebbe di operare un maggior controllo sul flussi degli aiuti, una maggiore capacità di programmazione, sia in riferimento ai settori di intervento che alle priorità, ma soprattutto incoraggerebbe i soggetti donatori a una maggiore responsabilità, con ricadute importanti sul piano della trasparenza, elemento che concorre a monitorare e a prevenire fenomeni distorsivi e corruttivi;
il tema è particolarmente nevralgico nell'attuale situazione di crisi globale economico-finanziaria che rende difficile per molti paesi, e in particolare per l'Italia, il mantenimento di un adeguato investimento pubblico per gli aiuti allo sviluppo. La trasparenza sulla spesa è fondamentale per una risposta convincente e necessaria a mantenere il sostegno pubblico alla cooperazione internazionale e per assicurare una maggiore consapevolezza da parte delle opinioni pubbliche e delle organizzazioni della società civile circa i risultati degli aiuti;
la massima accessibilità alle iniziative finanziate dai donatori e la trasparenza degli aiuti allo sviluppo risulta poi di particolare rilevanza, laddove emerge uno specifico rapporto fra modalità di aiuto e corruzione, con particolare riferimento agli aiuti che potrebbero distorcere l'impatto sullo sviluppo, incoraggiando, anche indirettamente, la propensione da parte dei Governi a usare i finanziamenti come diretto sostegno di bilancio, con conseguente diffusione di una bassa responsabilità e una maggiore dipendenza per gli aiuti forniti dall'alto. Una più efficace trasparenza sui dettagli dei programmi e sui risultati degli aiuti, dunque, contribuirebbe anche a superarne i limiti attuali;
in Italia, purtroppo, alcuni sforzi compiuti dalla direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero per gli affari esteri, volti ad aumentare la trasparenza, a produrre una sistematica valutazione dell'impatto degli interventi e a predisporre una pubblicazione accessibile all'opinione pubblica, risultano fortemente insufficienti, anche a causa dei tagli di bilancio operati con le ultime manovre finanziarie. Secondo una recente valutazione della trasparenza, basata sulla completezza della reportistica, l'Italia risulta classificata come penultima, prima del Portogallo, fra tutti i donatori bilaterali e multilaterali;
le informazioni delle attività di cooperazione gestite dal Ministero dell'economia e delle finanze risultano ancora più fortemente inadeguate, essendo affidate esclusivamente a una relazione annuale al Parlamento che giunge costantemente in ritardo, dopo due anni. Ad aggravare la situazione dal punto di vista della scarsa accessibilità e della scarsa trasparenza dei flussi informativi si aggiunge un altro elemento non secondario, ossia le informazioni risultano solo nella lingua italiana, precludendo così agli altri Paesi partner di poter fruire facilmente della pubblicazione dei dati,

impegna il Governo:

ad aderire tempestivamente all'iniziativa lanciata dall'international aid transparency Initiative (Iati) per la trasparenza dell'aiuto allo sviluppo;
a migliorare la trasparenza dell'aiuto pubblico italiano, mediante la predisposizione da parte del Ministero degli affari esteri e del Ministero dell'economia e delle finanze, di una sistematica informazione e pubblicazione on line, di tutti i documenti sulla cooperazione allo sviluppo, comprensivi dei dati disponibili presso la direzione generale per la cooperazione allo sviluppo, con le relative previsioni di spesa qualora disponibili, delle risorse impegnate e di quelle effettivamente erogate, nonché della misura dei relativi residui e delle informazioni concernenti prestiti, aiuti condizionati alla fornitura di beni e servizi italiani e accordi bilaterali concordati dal nostro Paese;
a prevedere uno specifico accantonamento di risorse, nell'ambito dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri, per la concreta realizzazione di una pianificazione da parte della direzione generale per la cooperazione allo sviluppo, in grado di garantire un'effettiva operatività in tema di trasparenza e accessibilità delle informazioni sull'aiuto allo sviluppo;
a favorire, anche in vista del IV Forum ad alto livello sull'efficacia degli aiuti previsto per l'autunno 2011 in Corea del Sud, tutte le iniziative volte a promuovere un consenso globale per la trasparenza degli aiuti, nonché ad intraprendere ogni iniziativa utile affinché l'Unione europea assuma un ruolo guida per l'attuazione dell'agenda d'azione di Accra, con particolare riferimento all'impegno a rendere effettiva la produzione e la divulgazione al pubblico di una completa, tempestiva e regolare informazione sugli aiuti, comprensiva di tutte le condizioni relative alle erogazioni, per la verifica sia delle compatibilità con i sistemi dei Paesi beneficiari sia per una valutazione del loro impatto sulla dimensione dello sviluppo.
(1-00621)
«Tempestini, Barbi, Maran, Amici, Fluvi, Narducci, Colombo, Corsini, Losacco, Pistelli, Porta, Touadi, Mogherini Rebesani».

La Camera,
premesso che:
nel settembre 2008 tutti i donatori a livello globale, in occasione del III Forum di alto livello sull'efficacia degli aiuti atti a favorire il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del millennio, svoltosi ad Accra, in Ghana, hanno lanciato un'importante iniziativa per la trasparenza degli aiuti internazionali allo sviluppo - l'international aid transparency Initiative (Iati) - nella convinzione di una relazione cruciale fra l'aumento dell'efficienza e dell'efficacia degli aiuti e la trasparenza accompagnata da una maggiore responsabilità nell'uso delle risorse pubbliche (agenda d'azione di Accra);
tale iniziativa, che riunisce i donatori, i Paesi partner e le organizzazioni della società civile, mira a rendere pubbliche le informazioni sul flusso degli aiuti allo sviluppo, anche al fine di pervenire al rispetto di standard comuni, di regole condivise e comparabili, rendere trasparenti i flussi di aiuti e massimizzare l'impatto delle risorse;
in seguito a consultazioni avvenute con i paesi partner e le organizzazioni della società civile, l'international aid transparency Initiative ha elaborato un codice di condotta, volto a rendere accessibili e pubbliche le informazioni circa il flusso di aiuti e di attività, ad aiutare i Governi dei Paesi in via di sviluppo e a migliorare la loro pianificazione; si tratta di una serie di prescrizioni comprensive di dettagli sugli aiuti di ciascun Paese, sui costi dei singoli progetti, sui loro obiettivi e su tutte le altre informazioni in materia di aiuti;
nel febbraio 2009, 16 donatori hanno firmato l'international aid transparency Iniziative: Paesi Bassi, Germania, Australia, Nuova Zelanda, Spagna, Norvegia, Finlandia, Irlanda, Svezia, Danimarca, la Commissione europea, la Banca mondiale, la United nations development programme (Undp), la fondazione Hewlett, la Gavi Alliance e il Regno Unito. Molti Paesi non hanno ancora aderito a questa importante iniziativa (sono solo 8 i Paesi membri dell'Unione europea aderenti) e anche l'Italia manca all'appello, non avendo ancora espresso alcuna posizione circa la sua adesione;
negli ultimi anni anche l'Unione europea si è impegnata in una riforma degli strumenti di finanziamento, sulla base dei principi stabiliti prima dalla Dichiarazione di Parigi sull'efficacia degli aiuti (2005) e in seguito dall'agenda per l'azione di Accra (2008), ponendo al centro delle sue sfide anche quello di rendere trasparenti gli aiuti, in particolare gli aiuti comunitari. In tale direzione la Commissione europea sta predisponendo un documento di lavoro su trasparenza e responsabilità, anche in vista del IV Forum ad alto livello sull'efficacia degli aiuti, che si svolgerà dal 29 novembre al 1o dicembre 2011 in Corea;
aumentare l'accessibilità e la disponibilità delle informazioni relative alla cooperazione allo sviluppo è un importante obiettivo che tutti gli Stati dovrebbero concretamente perseguire, in quanto ciò consentirebbe di operare un maggior controllo sul flussi degli aiuti, una maggiore capacità di programmazione, sia in riferimento ai settori di intervento che alle priorità, ma soprattutto incoraggerebbe i soggetti donatori a una maggiore responsabilità, con ricadute importanti sul piano della trasparenza, elemento che concorre a monitorare e a prevenire fenomeni distorsivi e corruttivi;
il tema è particolarmente nevralgico nell'attuale situazione di crisi globale economico-finanziaria che rende difficile per molti paesi, e in particolare per l'Italia, il mantenimento di un adeguato investimento pubblico per gli aiuti allo sviluppo. La trasparenza sulla spesa è fondamentale per una risposta convincente e necessaria a mantenere il sostegno pubblico alla cooperazione internazionale e per assicurare una maggiore consapevolezza da parte delle opinioni pubbliche e delle organizzazioni della società civile circa i risultati degli aiuti;
la massima accessibilità alle iniziative finanziate dai donatori e la trasparenza degli aiuti allo sviluppo risulta poi di particolare rilevanza, laddove emerge uno specifico rapporto fra modalità di aiuto e corruzione, con particolare riferimento agli aiuti che potrebbero distorcere l'impatto sullo sviluppo, incoraggiando, anche indirettamente, la propensione da parte dei Governi a usare i finanziamenti come diretto sostegno di bilancio, con conseguente diffusione di una bassa responsabilità e una maggiore dipendenza per gli aiuti forniti dall'alto. Una più efficace trasparenza sui dettagli dei programmi e sui risultati degli aiuti, dunque, contribuirebbe anche a superarne i limiti attuali;
in Italia, purtroppo, alcuni sforzi compiuti dalla direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero per gli affari esteri, volti ad aumentare la trasparenza, a produrre una sistematica valutazione dell'impatto degli interventi e a predisporre una pubblicazione accessibile all'opinione pubblica, risultano fortemente insufficienti, anche a causa dei tagli di bilancio operati con le ultime manovre finanziarie. Secondo una recente valutazione della trasparenza, basata sulla completezza della reportistica, l'Italia risulta classificata come penultima, prima del Portogallo, fra tutti i donatori bilaterali e multilaterali;
le informazioni delle attività di cooperazione gestite dal Ministero dell'economia e delle finanze risultano ancora più fortemente inadeguate, essendo affidate esclusivamente a una relazione annuale al Parlamento che giunge costantemente in ritardo, dopo due anni. Ad aggravare la situazione dal punto di vista della scarsa accessibilità e della scarsa trasparenza dei flussi informativi si aggiunge un altro elemento non secondario, ossia le informazioni risultano solo nella lingua italiana, precludendo così agli altri Paesi partner di poter fruire facilmente della pubblicazione dei dati,

impegna il Governo:

a sostenere - in linea con gli orientamenti a livello UE - l'adozione di misure per ottimizzare la trasparenza ed assicurare il massimo accesso alle informazioni sulle risorse di cooperazione allo sviluppo, facendo ricorso al consolidato sistema di rapportistica internazionale «Creditor Reporting System ++» (che costituisce lo standard internazionalmente accettato in ambito OCSE/DAC) e all'Iniziativa internazionale per la trasparenza dell'aiuto (IATI), compatibilmente con la disponibilità di adeguate risorse umane per adempiere alle necessarie competenze statistiche;
a pubblicare, subito dopo la loro approvazione, tutte le iniziative di cooperazione;
a pubblicare on line, dopo la presentazione in Parlamento, le relazioni del dipartimento del Tesoro relativamente all'azione verso banche e fondi di sviluppo;
a prevedere, nell'ambito dello stato di previsione del MAE, risorse appositamente dedicate a garantire trasparenza e accessibilità delle informazioni sull'APS;
a verificare in occasione del Quarto Forum ad alto livello sull'efficacia degli aiuti previsto per il prossimo autunno in Corea del Sud, i risultati ottenuti in materia di trasparenza degli aiuti.
(1-00621)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Tempestini, Barbi, Maran, Amici, Fluvi, Narducci, Colombo, Corsini, Losacco, Pistelli, Porta, Touadi, Mogherini Rebesani».

La Camera,
premesso che:
i dati preliminari sullo stato dell'aiuto pubblico dell'Italia allo sviluppo, comunicati dall'Ocse, sono la dimostrazione del drammatico stato in cui versa la cooperazione allo sviluppo nel nostro Paese. L'aiuto italiano, stando ai dati forniti dall'Ocse/Dac, sarebbe sceso dallo 0,16 per cento allo 0,15 per cento del Prodotto interno lordo, con una contrazione in termini reali rispetto al 2009 dell'1,5 per cento, ma del 35 per cento rispetto al 2008;
rispetto ad una media dell'Unione europea del 6,7 per cento, l'Italia si conferma fanalino di coda dei Paesi dell'Unione europea al pari di Belgio e Danimarca, ma addirittura dopo la Grecia che, nonostante le difficoltà nella tenuta dei conti pubblici, continua a destinare lo 0,17 per cento del prodotto interno lordo all'aiuto pubblico allo sviluppo;
nonostante la crisi economica sono pochi i Paesi dell'Ocse che hanno tagliato gli aiuti: oltre all'Italia sono stati la Grecia, l'Irlanda e la Spagna, ma, a parte la Grecia, gli altri due Paesi destinano rispettivamente lo 0,53 per cento e lo 0,43 per cento del loro prodotto interno lordo all'aiuto pubblico allo sviluppo;
la scelta del Governo italiano potrebbe determinare un forte ridimensionamento della credibilità europea in materia di cooperazione allo sviluppo, nonostante gli sforzi di quei Paesi dell'Unione europea che hanno incrementato la quota di aiuti e di quelli che, nonostante la crisi economica, hanno mantenuto i livelli degli anni precedenti;
gli impegni presi dal nostro Paese, insieme a tutta la comunità internazionale, in occasione del G8 di Gleneagles del 2005, rischiano di essere compromessi se, come già affermato dall'Ocse, non vi saranno piani specifici che possano garantire l'allocazione delle risorse promesse per l'aiuto pubblico allo sviluppo;
è da rilevare che, dello 0,15 per cento del prodotto interno lordo italiano per l'aiuto allo sviluppo, lo 0,11 per cento è gestito dal Ministero dell'economia e delle finanze, ma non è dato di sapere come vengono gestite queste risorse (le informazioni delle attività di cooperazione gestite dal Ministero dell'economia e delle finanze sono ancora affidate esclusivamente alla relazione annuale al Parlamento, che è resa disponibile dopo più di due anni); inoltre, malgrado promesse e rassicurazioni, continuano i ritardi nei pagamenti dei progetti in corso alle organizzazioni non governative;
oltre alla scarsità delle risorse esiste un problema di trasparenza ed efficacia della spesa e degli aiuti ai Paesi poveri;
con la Dichiarazione di Parigi del marzo 2005 sull'efficacia dell'aiuto, 88 Paesi e 40 organizzazioni e partner internazionali hanno convenuto su cinque concetti chiave: rafforzare la leadership dei Paesi in via di sviluppo che devono decidere le proprie strategie di sviluppo e gestire le proprie risorse; allineare gli interventi dei Paesi donatori alle strategie nazionali di sviluppo elaborate dai Paesi beneficiari; lavorare insieme per intensificare l'efficacia degli aiuti; focalizzare i risultati dello sviluppo; donatori e Paesi in via di sviluppo sono responsabili l'un l'altro, nonché davanti alla popolazione, per i risultati ottenuti;
l'Unione africana ritiene che la corruzione costi alle economie africane oltre il 25 per cento del prodotto interno lordo annuo dell'Africa, ma per poter affrontare il problema della corruzione è necessario creare capacità nelle istituzioni centrali e locali per lottare contro la corruzione, in particolare alla luce della crescita dell'aiuto concesso sotto forma di aiuto di bilancio;
per rendere efficace l'aiuto, affinché generi cambiamenti concreti nella vita dei Paesi poveri, è necessario che esso risponda alle priorità delle strategie di lotta alla povertà dei Paesi partner e che sia gestito e controllato dalle istituzioni dei Paesi partner, garantendo comunque il continuo controllo dei cittadini. L'aiuto deve anche rafforzare il ruolo di controllo della società civile dei Paesi partner;
nonostante alcuni progressi, si riconosce che i risultati europei sono ancora insufficienti: l'aiuto degli Stati europei è poco trasparente, dà poca importanza ai gruppi delle donne con troppe condizioni non negoziabili e l'obiettivo principale di alcune iniziative d'aiuto è spesso non indirizzato alla lotta alla povertà;
nel dicembre 2010 il Ministro britannico per lo sviluppo internazionale (Dfid), Andrew Mitchell, ha esortato l'Unione europea ad adottare la Garanzia per la trasparenza degli aiuti, organismo fondato dal Regno Unito che impegna i Paesi partecipanti a fornire informazioni sui flussi degli aiuti e incoraggerà i partner internazionali ad aderirvi;
secondo il Ministro inglese occorre fornire una visione chiara e trasparente della spesa sugli aiuti, «in modo che ai contribuenti sia garantito come viene speso il loro denaro (...). L'Unione europea ha portato avanti molti progetti di successo, ma, in tempi di difficoltà economiche, è importante che i contribuenti del continente possano vedere la differenza reale nell'aiuto ai più poveri portata dai loro soldi»;
nonostante gli sforzi fatti per aumentare la trasparenza della direzione generale per la cooperazione allo sviluppo, si registra l'interruzione della pubblicazione dei bollettini elettronici della cooperazione dall'inizio del 2010 e il blocco dell'aggiornamento delle delibere elettroniche,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative per un immediato reintegro della quota di risorse da destinare ai Paesi poveri e ad aumentare la percentuale di aiuto pubblico allo sviluppo destinata alle organizzazioni non governative, riallineandosi alla media degli altri donatori;
a fornire un'informazione più rapida e puntuale delle decisioni e dei finanziamenti definiti dal Ministero dell'economia e delle finanze in tema di aiuto pubblico allo sviluppo;
a promuovere l'approvazione della proposta della Commissione europea per l'introduzione di un meccanismo di monitoraggio tra Stati membri relativamente all'aiuto pubblico allo sviluppo;
ad accelerare, così come richiesto dalle organizzazioni non governative, la messa in opera delle riforme necessarie a garantire una maggiore efficacia degli aiuti, pubblicando annualmente i dati relativi ai progressi fatti, in particolare su: diritti delle donne (considerare l'uguaglianza di genere centrale per l'azione di cooperazione allo sviluppo); trasparenza (aumentare l'accessibilità e la disponibilità delle informazioni relative alla cooperazione allo sviluppo); aiuti vincolati e gare d'appalto (non condizionare la concessione di aiuti alla fornitura di beni o servizi del Paese donatore, favorire l'acquisto locale nel Paese partner e l'utilizzo della normativa d'appalto nazionale); destinazione dell'aiuto (assicurarsi che ogni iniziativa di aiuto sostenga la riduzione della povertà e non la promozione di interessi commerciali del donatore);
a partecipare all'Iniziativa internazionale per la trasparenza dell'aiuto (international aid transparency Initiative - Iati);
a riferire al Parlamento sullo stato di attuazione e di partecipazione dell'Italia agli obiettivi del millennio delle Nazioni Unite.
(1-00623)
«Pezzotta, Adornato, Volontè, Galletti, Compagnon, Ciccanti, Naro, Enzo Carra».

La Camera,
premesso che:
l'agenda internazionale dell'efficacia degli aiuti trova nella trasparente comunicazione dei dati sull'aiuto pubblico allo sviluppo e nello spirito della mutual accountability fra donatori e beneficiari fissato dalle Dichiarazioni di Parigi e Accra, un suo elemento centrale anche ai fini della prevedibilità dei flussi di aiuto;
solo una politica di cooperazione fattivamente ispirata ai criteri della massimizzazione dei risultati sul terreno, in piena intesa con i Paesi partner del sud del mondo, può continuare a motivare, anche in una fase di rigorosa messa sotto controllo dei conti pubblici, la destinazione di fondi pubblici ad attività di aiuto allo sviluppo;
l'Italia sarà chiamata a dare conto, insieme agli altri donatori, di quanto fatto nel campo della trasparenza e della valutazione dei risultati della propria attività di cooperazione, in occasione del IV Foro di alto livello sull'efficacia degli aiuti che si terrà a Busan (Corea del Sud) alla fine del 2011;
l'intero spettro delle attività di aiuto allo sviluppo del nostro Paese dovrebbe essere messo a sistema per evitare le dispersioni di risorse pubbliche a vario titolo erogate da diversi soggetti, senza reale impatto sul terreno, auspicabilmente coinvolgendo anche soggetti privati e della società civile in uno sforzo sinergico che contribuisca a rendere più leggibile e meglio comunicabile tutto il mondo italiano della cooperazione,

impegna il Governo:

a rendere tempestivamente accessibile on line ogni possibile informazione sugli interventi di cooperazione approvati dal comitato direzionale del Ministero degli affari esteri, subito dopo la loro delibera;
a ripristinare quanto prima la regolare pubblicazione del bollettino Dipco, come insostituibile strumento di trasparenza delle attività di cooperazione allo sviluppo;
a dotarsi di linee d'azione e di strumenti, anche finanziari, per avviare al più presto un'organica attività di valutazione dei risultati delle attività di cooperazione svolte ai sensi della legge n. 49 del 1987;
ad adottare iniziative di coordinamento che, nel rispetto della legislazione vigente, consentano di dare progressivamente vita a un vero e proprio «sistema Italia» della cooperazione, in linea con lo spirito della normativa vigente e del ruolo che la stessa affida al Ministero degli affari esteri in questo campo.
(1-00625)
«Antonione, Dozzo, Sardelli, Pianetta, Angeli, Biancofiore, Bonciani, Boniver, Renato Farina, Lunardi, Malgieri, Moles, Osvaldo Napoli, Nicolucci, Nirenstein, Picchi, Scandroglio, Zacchera, Pini».

La Camera,
premesso che:
nel settembre 2008, in occasione del «Terzo Forum di alto livello sull'efficacia degli aiuti allo sviluppo», i Paesi donatori hanno assunto l'impegno di garantire la massima accessibilità alle informazioni relative all'aiuto stesso e la massima trasparenza del medesimo;
tale iniziativa, dunque, mira a rendere pubbliche le informazioni relative alle politiche di dono e al flusso degli aiuti per lo sviluppo;
aumentare e facilitare la disponibilità delle informazioni e dei programmi intrapresi dai donatori è un obiettivo fondamentale da perseguire per la realizzazione di un'efficace politica di aiuto pubblico e di sviluppo;
in Italia il problema della trasparenza sugli interventi sulle politiche di dono e sull'accessibilità ai documenti ad esse relative risulta particolarmente grave;
le informazioni sulle attività di cooperazione gestite dal Ministero dell'economia e delle finanze risultano inadeguate, rimanendo ancora affidate esclusivamente alla relazione annuale al Parlamento, che giunge costantemente in ritardo;
tra l'altro, le informazioni sulle attività di cooperazione gestite dal Ministero degli affari esteri e dal Ministero dell'economia e delle finanze potrebbero essere disponibili non solo in lingua italiana, ma anche in lingua inglese, per non precludere agli altri Paesi di poter fruire facilmente della pubblicazione dei dati;
nell'ordinamento italiano, in base a quanto statuito dalla legge n. 241 del 1990, la trasparenza amministrativa costituisce un principio essenziale in base al quale le attività della pubblica amministrazione devono essere rese pubbliche e accessibili agli utenti;
solo rispettando il principio di trasparenza, che per lo più si concretizza in un facile accesso ai documenti amministrativi al fine di comprendere le motivazioni poste alle base degli stessi, le pubbliche amministrazioni italiane ottemperano agli impegni assunti e sottoscritti al «Terzo Forum di alto livello sull'efficacia degli aiuti allo sviluppo»;
attraverso il rispetto del dettato della legge n. 241 del 1990, si dà concreta effettività al principio canonizzato nell'articolo 97 della Carta costituzionale, dando, allo stesso tempo, seguito ad una politica di aiuto e di sviluppo maggiormente efficace,

impegna il Governo:

a migliorare la trasparenza dell'aiuto pubblico allo sviluppo dell'Italia finalizzato alle politiche di dono, garantendo la massima accessibilità alle iniziative e ai programmi intrapresi e coordinando le modalità suggerite in ambito internazionale con i principi della legislazione italiana, segnatamente quelli recati dalla legge n. 241 del 1990, e successive modificazioni;
ad operare, nell'ambito delle iniziative internazionali, perché le regole di trasparenza e di contrasto alla corruzione corrispondano agli standard legali del nostro Paese e risultino di immediata operatività;
a rivedere e predisporre, di conseguenza, proposte regolative, articolate e correlate alle norme sulla trasparenza amministrativa, nella forma di modelli di accesso agli aiuti allo sviluppo stabiliti nel nostro Paese;
a riferire in Parlamento sulle iniziative assunte, in vista della partecipazione al quarto Forum sull'efficacia degli aiuti e all'attuazione dell'agenda di azione di Accra.
(1-00629)
«Pisicchio, Tabacci, Mosella, Brugger».

La Camera,
premesso che:
la cooperazione allo sviluppo - nata dall'esigenza di garantire il rispetto della dignità umana, assicurare la crescita economica di tutti i popoli e aiutare i Paesi in via di sviluppo a rafforzare le rispettive istituzioni - rappresenta sempre più una componente essenziale della politica estera italiana, soprattutto alla luce delle «nuove» emergenze che richiedono interventi urgenti, in particolare, per il mantenimento della pace e la gestione dei flussi migratori;
l'aiuto pubblico allo sviluppo - pur non rappresentando, in termini quantitativi, la fonte principale di finanziamento dello sviluppo - svolge, tuttavia, un ruolo essenziale, in particolare nei Paesi meno avanzati (least developed Countries), di sostegno agli sforzi fatti localmente per adeguare le istituzioni e i mercati, affinché sappiano cogliere le opportunità di sviluppo che i processi di globalizzazione schiudono e, al tempo stesso, proteggere le fasce più deboli della popolazione;
ogni anno l'Ocse elabora le statistiche sul volume degli aiuti nell'anno precedente e, secondo una recente tabella che evidenzia il trend dell'aiuto pubblico allo sviluppo italiano dal 1990 al 2010, l'aiuto italiano sarebbe sceso dallo 0,16 per cento (nel 2009) allo 0,15 per cento (nel 2010) del reddito nazionale lordo;
tali dati certificano il drammatico stato in cui versa la cooperazione allo sviluppo nel nostro Paese e confermano le difficoltà rispetto al mantenimento degli impegni assunti in sede internazionale in materia di aiuto pubblico allo sviluppo (0,51 per cento la percentuale da raggiungere nel 2010, secondo quanto concordato in ambito di Unione europea), peraltro rafforzate dai drastici tagli recentemente effettuati dal Governo;
lo stesso Ministro degli affari esteri, in un'intervista che correda il rapporto 2011 di ActionAid su «L'Italia e la lotta alla povertà nel mondo» - che sarà presentato a Roma il 27 settembre 2011 - ha affermato che i tagli al bilancio della cooperazione «non giovano alla nostra posizione nei Paesi dove eroghiamo un volume di aiuti inferiore al passato e in organizzazioni internazionali dove il nostro peso relativo sta diminuendo»;
tali tagli rischiano di determinare un forte ridimensionamento della credibilità europea in materia di cooperazione allo sviluppo, nonostante gli sforzi di quei Paesi dell'Unione europea che hanno incrementato la quota di aiuti e di quelli che, nonostante la crisi economica, hanno mantenuto i livelli degli anni precedenti;
oltre alla scarsità delle risorse e al fatto che, sempre più di recente, il tema della cooperazione allo sviluppo sembra uscito dalle priorità dell'agenda di Governo, esiste un reale problema di trasparenza ed efficacia della spesa e degli aiuti ai Paesi poveri;
nel settembre 2008 tutti i donatori a livello globale - in occasione del III forum di alto livello sull'efficacia degli aiuti atti a favorire il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del millennio, svoltosi ad Accra, in Ghana - hanno lanciato un'importante iniziativa per la trasparenza degli aiuti internazionali allo sviluppo - l'international aid transparency Initiative (Iati);
per dare seguito all'impegno sull'efficacia dell'aiuto, nel febbraio 2009, 16 donatori hanno firmato l'international aid transparency Initiative, che ha lo scopo di garantire la massima accessibilità in tempo reale alle iniziative di aiuto allo sviluppo finanziate dai donatori, con l'ambizione di avere certamente, come punto di riferimento, l'esperienza del database del Dac-Ocse (Development assistance committee), ma anche di superarne alcuni dei limiti attuali: il ritardo nella pubblicazione dei dati (con una media di oltre un anno di ritardo), la mancanza di dettagli sui risultati dei programmi e i pochi dettagli geografici che impediscono di situare correttamente le iniziative di sviluppo nei Paesi partner;
molti Paesi non hanno ancora aderito a questa importante iniziativa e, tra questi, vi è l'Italia, che non ha ancora espresso alcuna posizione circa la sua adesione;
negli ultimi anni anche l'Unione europea si è impegnata in una riforma degli strumenti di finanziamento, sulla base dei principi stabiliti prima dalla dichiarazione di Parigi sull'efficacia degli aiuti (2005) e in seguito dall'agenda per l'azione di Accra (2008), ponendo al centro delle sue sfide anche quello di rendere trasparenti gli aiuti, in particolare gli aiuti comunitari: in tale direzione la Commissione europea sta predisponendo un documento di lavoro su trasparenza e responsabilità, anche in vista del IV forum ad alto livello sull'efficacia degli aiuti, che si svolgerà dal 29 novembre al 1o dicembre 2011 in Corea del Sud;
aumentare l'accessibilità e la disponibilità delle informazioni relative alla cooperazione allo sviluppo è un importante obiettivo che tutti gli Stati dovrebbero concretamente perseguire, in quanto, senza dubbio, sussiste una relazione stretta fra l'aumento dell'efficienza e dell'efficacia degli aiuti e l'adozione di strumenti volti ad incrementarne la trasparenza;
l'adozione di meccanismi efficaci di controllo «diffuso» ed immediato sul flusso degli aiuti potrebbe, tra l'altro, incentivare una maggiore responsabilità nell'uso delle risorse pubbliche,

impegna il Governo:

ad assumere ogni iniziativa, anche economica, utile a rilanciare la politica di cooperazione, anche incrementando la percentuale di risorse destinate all'aiuto pubblico allo sviluppo, al fine di consentire un riallineamento alla media e agli standard di efficacia degli altri Paesi donatori dell'Unione europea;
a sviluppare misure utili a garantire la massima accessibilità alle iniziative e ai programmi intrapresi in materia di aiuti pubblici allo sviluppo;
ad aderire all'Iniziativa internazionale per la trasparenza dell'aiuto (international aid transparency Initiative - Iati);
a riferire al Parlamento sullo stato di attuazione e di partecipazione dell'Italia agli obiettivi del millennio delle Nazioni Unite.
(1-00712) «Di Biagio, Della Vedova».

La Camera,
premesso che:
tra il 29 novembre e il 1o dicembre 2011 si svolgerà il quarto Forum mondiale di Busan (in Corea del Sud) per l'efficacia degli aiuti allo sviluppo. A prendervi parte saranno i rappresentanti di Governi da tutto il mondo, Paesi donatori e Paesi in via di sviluppo, organizzazioni no profit e imprenditori del settore privato;
il Forum di Busan è il quarto appuntamento mondiale sull'efficacia degli aiuti, dopo Roma nel 2003, Parigi nel 2005 e Accra nel 2008. A Parigi sono stati delineati i principi dell'efficacia e stabiliti gli impegni a livello globale; ad Accra sono state coinvolte nel processo, in maniera diretta e concreta, le organizzazioni della società civile;
il tema centrale dell'aiuto pubblico allo sviluppo è costituito oggi dalla necessità di una maggiore trasparenza. Un maggior livello di informazioni consentirebbe un più facile coordinamento tra i diversi attori (Governi, istituzioni internazionali, organizzazioni non governative e altro) e faciliterebbe la pianificazione delle priorità d'intervento dei Paesi partner;
la trasparenza negli aiuti allo sviluppo costituisce la precondizione per una maggiore efficacia degli aiuti stessi. Con una maggiore trasparenza aumenterebbero le capacità di valutazione e le probabilità di apprendere da successi e fallimenti del passato, nonché si determinerebbe un maggiore controllo pubblico da parte dei contribuenti dei Paesi donatori e dei cittadini dei Paesi fruitori degli aiuti, riducendo di conseguenza corruzione e sprechi;
sedici Paesi donatori hanno firmato, nel febbraio 2009, l'Iniziativa internazionale per la trasparenza dell'aiuto (international aid transparency Initiative - Iati). L'Italia non ha ancora aderito a questa importante iniziativa;
nel giugno 2011, 97 organizzazioni della società civile di tutto il mondo si sono riunite e hanno lanciato una campagna denominata «Make Aid Transparent» che chiede ai Paesi donatori di aumentare il loro livello di trasparenza. Si tratta di aderire ad un codice di condotta condiviso che metta a disposizione on line informazioni sugli esborsi e previsioni d'esborso degli aiuti suddivise per settore e distretto geografico;
sulla base del primo indice di trasparenza dei donatori, di «Publish what you fund», l'Italia occupa la ventisettesima posizione in quanto a trasparenza delle informazioni relative ai propri aiuti allo sviluppo. Su trenta tipi d'informazione individuati come importanti per gli aiuti, l'Italia ne pubblica in modo sistematico soltanto quattro, trovandosi nella parte bassa della classifica assieme a Portogallo, Grecia, Polonia e Ungheria;
a questo si aggiunge che l'aiuto pubblico dell'Italia allo sviluppo nel 2010 è pari allo 0,15 per cento del prodotto interno lordo, percentuale (peraltro in continuo calo) di gran lunga inferiore a quella di qualsiasi altro Paese dell'Unione europea,

impegna il Governo:

al fine di migliorare l'efficacia dell'aiuto pubblico allo sviluppo, ad adottare ogni iniziativa affinché sia ridotta la corruzione e sia assicurata la trasparenza e vengano pubblicati puntualmente tutti i dati relativi agli aiuti pubblici del nostro Paese allo sviluppo;
a sottoscrivere l'Iniziativa internazionale per la trasparenza dell'aiuto (international aid transparency Initiative - Iati);
a prevedere, mediante la predisposizione da parte del Ministero degli affari esteri e del Ministero dell'economia e delle finanze, una sistematica informazione e pubblicazione on line di tutti i documenti sulla cooperazione allo sviluppo, con le previsioni di spesa delle risorse impegnate e l'indicazione di quelle effettivamente erogate;
ad impegnarsi, compatibilmente con il momento di forte difficoltà dei conti pubblici, ad un sostanziale aumento degli aiuti pubblici allo sviluppo raggiungendo una percentuale del prodotto interno lordo paragonabile alla media degli altri Paesi donatori.
(1-00726)
«Oliveri, Lo Monte, Commercio, Lombardo, Brugger».

La Camera,
premesso che:
tra il 29 novembre e il 1o dicembre 2011 si svolgerà il quarto Forum mondiale di Busan (in Corea del Sud) per l'efficacia degli aiuti allo sviluppo. A prendervi parte saranno i rappresentanti di Governi da tutto il mondo, Paesi donatori e Paesi in via di sviluppo, organizzazioni no profit e imprenditori del settore privato;
il Forum di Busan è il quarto appuntamento mondiale sull'efficacia degli aiuti, dopo Roma nel 2003, Parigi nel 2005 e Accra nel 2008. A Parigi sono stati delineati i principi dell'efficacia e stabiliti gli impegni a livello globale; ad Accra sono state coinvolte nel processo, in maniera diretta e concreta, le organizzazioni della società civile;
il tema centrale dell'aiuto pubblico allo sviluppo è costituito oggi dalla necessità di una maggiore trasparenza. Un maggior livello di informazioni consentirebbe un più facile coordinamento tra i diversi attori (Governi, istituzioni internazionali, organizzazioni non governative e altro) e faciliterebbe la pianificazione delle priorità d'intervento dei Paesi partner;
la trasparenza negli aiuti allo sviluppo costituisce la precondizione per una maggiore efficacia degli aiuti stessi. Con una maggiore trasparenza aumenterebbero le capacità di valutazione e le probabilità di apprendere da successi e fallimenti del passato, nonché si determinerebbe un maggiore controllo pubblico da parte dei contribuenti dei Paesi donatori e dei cittadini dei Paesi fruitori degli aiuti, riducendo di conseguenza corruzione e sprechi;
sedici Paesi donatori hanno firmato, nel febbraio 2009, l'Iniziativa internazionale per la trasparenza dell'aiuto (international aid transparency Initiative - Iati). L'Italia non ha ancora aderito a questa importante iniziativa;
nel giugno 2011, 97 organizzazioni della società civile di tutto il mondo si sono riunite e hanno lanciato una campagna denominata «Make Aid Transparent» che chiede ai Paesi donatori di aumentare il loro livello di trasparenza. Si tratta di aderire ad un codice di condotta condiviso che metta a disposizione on line informazioni sugli esborsi e previsioni d'esborso degli aiuti suddivise per settore e distretto geografico;
sulla base del primo indice di trasparenza dei donatori, di «Publish what you fund», l'Italia occupa la ventisettesima posizione in quanto a trasparenza delle informazioni relative ai propri aiuti allo sviluppo. Su trenta tipi d'informazione individuati come importanti per gli aiuti, l'Italia ne pubblica in modo sistematico soltanto quattro, trovandosi nella parte bassa della classifica assieme a Portogallo, Grecia, Polonia e Ungheria;
a questo si aggiunge che l'aiuto pubblico dell'Italia allo sviluppo nel 2010 è pari allo 0,15 per cento del prodotto interno lordo, percentuale (peraltro in continuo calo) di gran lunga inferiore a quella di qualsiasi altro Paese dell'Unione europea,

impegna il Governo:

al fine di migliorare l'efficacia dell'aiuto pubblico allo sviluppo, ad adottare ogni iniziativa affinché sia ridotta la corruzione e sia assicurata la trasparenza e vengano pubblicati puntualmente tutti i dati relativi agli aiuti pubblici del nostro Paese allo sviluppo;
a sostenere - in linea con gli orientamenti a livello UE - l'adozione di misure per ottimizzare la trasparenza ed assicurare il massimo accesso alle informazioni sulle risorse di cooperazione allo sviluppo, facendo ricorso al consolidato sistema di rapportistica internazionale «Creditor Reportin System ++» (che costituisce lo standard internazionalmente accettato in ambito OCSE/DAC) e all'Iniziativa internazionale per la trasparenza dell'aiuto (IATI), compatibilmente con la disponibilità di adeguate risorse umane per adempiere alle necessarie competenze statistiche;
a pubblicare, subito dopo la loro approvazione, tutte le iniziative di cooperazione;
a pubblicare on line, dopo la presentazione in Parlamento, le relazioni del dipartimento del Tesoro relativamente all'azione verso banche e fondi di sviluppo;
a continuare ad assumere ogni iniziativa utile a rilanciare la politica di cooperazione, incrementando, compatibilmente con i vincoli di bilancio e con il momento di forte difficoltà dei conti pubblici, la percentuale di risorse destinate all'aiuto pubblico allo sviluppo.
(1-00726)
(Testo modificato nel corso della seduta).«Oliveri, Lo Monte, Commercio, Lombardo, Brugger».