XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di giovedì 2 febbraio 2012

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 2 febbraio 2012.

Albonetti, Alessandri, Antonione, Bindi, Bongiorno, Boniver, Bosi, Brugger, Buonfiglio, Caparini, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Gianfranco Conte, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Fallica, Fava, Gregorio Fontana, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Iannaccone, Jannone, La Malfa, Leo, Leone, Lo Monte, Lucà, Lupi, Lussana, Mazzocchi, Melchiorre, Migliavacca, Migliori, Milanato, Misiti, Moffa, Mura, Nucara, Leoluca Orlando, Palumbo, Paniz, Pisicchio, Stefani, Stucchi, Valducci, Vitali.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

Albonetti, Alessandri, Antonione, Bindi, Bongiorno, Bosi, Brugger, Buonfiglio, Caparini, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Gianfranco Conte, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Fallica, Fava, Gregorio Fontana, Franceschini, Frassinetti, Giancarlo Giorgetti, Iannaccone, Jannone, La Malfa, Leo, Leone, Lo Monte, Lucà, Lupi, Lussana, Mazzocchi, Melchiorre, Migliavacca, Migliori, Milanato, Misiti, Moffa, Mura, Nucara, Leoluca Orlando, Palumbo, Pisicchio, Stefani, Stucchi, Valducci, Vitali.

Annunzio di proposte di legge.

In data 1o febbraio 2012 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
SBROLLINI: «Innalzamento dell'età di competenza dell'assistenza territoriale pediatrica fino al compimento del diciottesimo anno» (4921);
CALDERISI: «Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, in materia di elezione della Camera dei deputati, e al testo unico di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, in materia di elezione del Senato della Repubblica» (4922);
PALAGIANO ed altri: «Introduzione del patentino nautico a punti e istituzione di una banca dati nazionale per la rilevazione satellitare delle unità da diporto» (4923);
GOLFO ed altri: «Istituzione della Commissione di garanzia della parità delle donne e degli uomini nell'accesso ai massimi livelli per l'esercizio delle funzioni pubbliche o di funzioni comunque connesse a interessi pubblici spettanti allo Stato e agli altri enti pubblici» (4924).

Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di un disegno di legge.

In data 1o febbraio 2012 è stato presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge:
dal ministro per gli affari europei:
«Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2012» (4925).

Sarà stampato e distribuito.

Adesione di deputati a proposte di legge.

La proposta di legge BIANCOFIORE e MARIAROSARIA ROSSI: «Istituzione dell'Osservatorio sulle agenzie di valutazione del merito di credito (rating) nonché di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'attività delle medesime agenzie» (4751) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Barbieri e Sammarco.

La proposta di legge ABRIGNANI: «Delega al Governo per la determinazione di ulteriori servizi socio-sanitari erogati dalle farmacie nell'ambito del Servizio sanitario nazionale» (4802) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Barani, Barbieri, Boccia, Bocciardo, Cambursano, Cassinelli, Catone, Ceroni, Di Virgilio, Divella, Fucci, Galati, Girlanda, Polledri, Rampelli, Razzi, Saglia, Scalera, Scandroglio e Toto.

Assegnazione di un progetto di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, il seguente progetto di legge è assegnato, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e II (Giustizia):
FERRANTI: «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, per il contrasto della corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato» (4906) Parere delle Commissioni V, VI, VIII, X, XI e XIV.

Trasmissione dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere.

Il presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, con lettera in data 27 gennaio 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera o), della legge 4 agosto 2008, n. 132, la «Relazione sulla prima fase dei lavori della Commissione con particolare riguardo al condizionamento delle mafie sull'economia, sulla società e sulle istituzioni del Mezzogiorno».

Tale documento sarà stampato e distribuito (doc. XXIII, n. 9).

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: DISPOSIZIONI PER L'ADEMPIMENTO DEGLI OBBLIGHI DERIVANTI DALL'APPARTENENZA DELL'ITALIA ALLE COMUNITÀ EUROPEE - LEGGE COMUNITARIA 2011 (A.C. 4623-A)

A.C. 4623-A - Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SU UNA PROPOSTA EMENDATIVA PRESENTATA

NULLA OSTA

sull'emendamento 14.100 della Commissione.

A.C. 4623-A - Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SULL'ARTICOLO 14 DEL PROVVEDIMENTO E SU UNA PROPOSTA EMENDATIVA PRESENTATA

PARERE FAVOREVOLE

sull'articolo 14 del disegno di legge comunitaria 2011,
con la seguente condizione, volta a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione:
sia approvato l'emendamento 14.100 con la seguente condizione, volta a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione:

Al comma 1 dopo la lettera b), aggiungere la seguente: c) adeguamento delle procedure contabili in materia di flessibilità di bilancio e rafforzamento della programmazione dei flussi di cassa.

Conseguentemente al comma 3, dopo le parole: sono emanati aggiungere le seguenti:, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre n. 2009, n. 196.

Si intende conseguentemente revocata la condizione soppressiva dell'articolo 14, volta a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, contenuta nel parere reso in data 31 gennaio 2012.

A.C. 4623-A - Articolo 26

ARTICOLO 26 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 26.
(Dichiarazione preventiva in caso di spostamento del prestatore di servizi).

1. All'articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206 le parole: «30 giorni prima, salvo i casi di urgenza,» sono sostituite dalle seguenti: «in anticipo».

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 26 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 26.
(Dichiarazione preventiva in caso di spostamento del prestatore di servizi).

Sopprimerlo.
26. 100. La Commissione.
(Approvato)

A.C. 4623-A - Articolo 27

ARTICOLO 27 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 27.
(Delega al Governo per il riordino normativo in materia di medicinali ad uso veterinario).

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con le modalità e secondo i princìpi e criteri direttivi di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 5 della presente legge, uno o più decreti legislativi al fine di coordinare le disposizioni attuative della direttiva 2004/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, con la vigente normativa in materia di medicinali per uso veterinario, nonché con i regolamenti (CE) n. 1234/2008 della Commissione, del 24 novembre 2008, n. 470/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, e n. 37/2010 della Commissione, del 22 dicembre 2009.
2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati, su proposta del Ministro per gli affari europei e del Ministro della salute, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dello sviluppo economico, dell'economia e delle finanze, dell'istruzione, dell'università e della ricerca e per gli affari regionali, il turismo e lo sport, anche nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) riordino e coordinamento delle disposizioni vigenti, nel rispetto delle normative dell'Unione europea e delle convenzioni internazionali in materia di armonizzazione della disciplina della produzione e commercializzazione dei medicinali ad uso veterinario, anche mediante l'abrogazione totale o parziale delle vigenti disposizioni in materia;
b) previsione di un sistema che consenta, ai fini della tutela della salute pubblica e del benessere animale, la tracciabilità del medicinale ad uso veterinario nelle fasi di produzione, distribuzione e commercializzazione, attraverso una banca dati nazionale e un nuovo modello di prescrizione medico-veterinaria;
c) snellimento delle procedure di collaborazione e interscambio delle informazioni concernenti la farmacovigilanza dei medicinali veterinari in commercio nell'Unione europea tra le amministrazioni coinvolte nelle attività di controllo;
d) riordino della disciplina dell'uso in deroga dei medicinali omeopatici veterinari tenuto conto delle nuove norme dell'Unione europea in materia di limiti massimi di residui negli alimenti di origine animale;
e) adeguamento delle disposizioni vigenti relative ai termini per il rilascio delle autorizzazioni all'immissione in commercio di medicinali per uso veterinario alle disposizioni contenute nel regolamento (CE) n. 1234/2008;
f) razionalizzazione delle operazioni di registrazione eseguite dai soggetti interessati, quali in particolare la tenuta delle scorte di medicinali veterinari e i trattamenti effettuati sugli animali;
g) razionalizzazione del sistema delle tariffe e dei diritti spettanti al Ministero della salute per i servizi resi relativamente al rilascio dell'autorizzazione all'immissione in commercio di medicinali veterinari mediante procedure semplificate.

3. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo può emanare disposizioni integrative e correttive dei decreti medesimi con le modalità e secondo i princìpi e criteri direttivi di cui ai commi 1 e 2.
4. Dall'attuazione della delega di cui al presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono all'adempimento dei compiti derivanti dall'attuazione della delega con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 27 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 27.
(Delega al Governo per il riordino normativo in materia di medicinali ad uso veterinario).

Al comma 2, lettera b), sostituire le parole: una banca dati nazionale con le seguenti: l'implementazione della banca dati del farmaco umano del Ministero della salute.
27. 300. (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento)
(Approvato)

A.C. 4623-A - Articolo 28

ARTICOLO 28 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 28.
(Delega al Governo per il riordino e la revisione della disciplina sanzionatoria in materia di protezione delle galline ovaiole e la registrazione dei relativi stabilimenti di allevamento).

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo di riordino e revisione della disciplina sanzionatoria per le violazioni delle prescrizioni contenute nella direttiva 1999/74/CE del Consiglio, del 19 luglio 1999, che stabilisce le norme minime per la protezione delle galline ovaiole, attuata con il decreto legislativo 29 luglio 2003, n. 267. Nell'esercizio della delega di cui al presente comma, il Governo è tenuto al rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) adeguamento delle sanzioni da irrogare in base ai princìpi di effettività, proporzionalità e dissuasività;
b) riformulazione, razionalizzazione e graduazione dell'apparato sanzionatorio, in conformità ai criteri indicati all'articolo 2, comma 1, lettera c), con previsione di una sanzione amministrativa il cui importo non sia inferiore a 500 euro né superiore a 500.000 euro.

2. Il decreto legislativo di cui al comma 1 è adottato ai sensi dell'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro per gli affari europei e del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri della salute, delle politiche agricole alimentari e forestali, degli affari esteri, per gli affari regionali, il turismo e lo sport e dell'economia e delle finanze.
3. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri né minori entrate a carico della finanza pubblica.
4. Le amministrazioni pubbliche interessate provvedono all'adempimento dei compiti derivanti dall'attuazione del presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

A.C. 4623-A - Articolo 29

ARTICOLO 29 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 29.
(Repertorio nazionale dei dispositivi medici).

1. All'articolo 1, comma 409, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e successive
modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) alla lettera d), le parole: «contributo pari al 5 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «contributo pari al 5,5 per cento»;
b) alla lettera e), le parole da: «Per l'inserimento delle informazioni» fino a: «manutenzione del repertorio generale di cui alla lettera a)» sono soppresse.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 29 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 29.
(Repertorio nazionale dei dispositivi medici).

Sopprimerlo.
29. 100. La Commissione.
(Approvato)

A.C. 4623-A - Articolo 14

ARTICOLO 14 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 14.
(Attuazione della direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali).

1. Il presente articolo, in attuazione dell'articolo 3 della direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, si applica a ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale tra imprese. Per transazioni commerciali tra imprese si intendono quelle che comportano la fornitura di merci o la prestazione di servizi dietro pagamento di un corrispettivo. Sono esclusi dall'applicazione del presente articolo i debiti che formano oggetto di procedure concorsuali aperte a carico del debitore, comprese le procedure finalizzate alla ristrutturazione del debito.
2. Ai fini del presente articolo si applicano le seguenti definizioni:
a) «transazioni commerciali», le transazioni tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni che comportano la fornitura di merci o la prestazione di servizi dietro pagamento di un corrispettivo;
b) «impresa», ogni soggetto organizzato, diverso dalle pubbliche amministrazioni, che agisce nell'ambito di un'attività economica o professionale indipendente, anche quando tale attività è svolta da una sola persona;
c) «ritardo di pagamento», il pagamento non effettuato durante il periodo di pagamento contrattuale o legale e in relazione al quale devono essere soddisfatte le condizioni di cui al comma 3;
d) «interessi di mora», gli interessi legali di mora o gli interessi a un tasso concordato tra imprese, soggetti alle disposizioni di cui ai commi da 11 a 14;
e) «interessi legali di mora», gli interessi semplici di mora a un tasso che è pari al tasso di riferimento maggiorato di almeno otto punti percentuali;
f) «tasso di riferimento», il tasso di interesse applicato dalla Banca centrale europea alle sue più recenti operazioni di rifinanziamento principali;
g) «importo dovuto», la somma principale che avrebbe dovuto essere pagata entro il termine contrattuale o legale di pagamento, compresi le imposte, i dazi, le tasse o gli oneri applicabili indicati nella fattura o nella richiesta equivalente di pagamento;
h) «riserva di proprietà», l'accordo contrattuale in base al quale il venditore rimane proprietario delle merci fino al completo pagamento del prezzo;
i) «titolo esecutivo», ogni decisione, sentenza od ordine di pagamento, sia immediato che rateale, pronunciato da un'autorità giurisdizionale o da un'altra autorità competente, inclusi i provvedimenti provvisoriamente esecutivi, che consente al creditore di ottenere, mediante esecuzione forzata, il soddisfacimento della propria pretesa nei confronti del debitore.

3. Nelle transazioni di cui al comma 1 il creditore ha diritto agli interessi legali di mora o agli interessi a un tasso concordato tra le imprese interessate, senza che sia necessario un sollecito, qualora il creditore abbia adempiuto agli obblighi contrattuali e di legge, non abbia ricevuto nei termini l'importo dovuto e quando il ritardo di pagamento sia imputabile al debitore. Per ritardo di pagamento si intende il pagamento non effettuato durante il periodo contrattuale o legale in applicazione dei criteri di cui al comma 5.
4. Nei casi di cui al comma 3, il tasso di riferimento applicabile per il primo semestre dell'anno in cui devono essere versati gli interessi di mora è quello in vigore il 1o gennaio dell'anno medesimo, per il secondo semestre è quello in vigore il 1o luglio dell'anno medesimo.
5. Qualora siano soddisfatti i criteri di cui al comma 3:
a) il creditore ha diritto agli interessi di mora a decorrere dal giorno successivo alla data di scadenza o alla fine del periodo di pagamento stabiliti nel contratto;
b) se la data di scadenza o il periodo di pagamento non sono stabiliti nel contratto, il creditore ha diritto agli interessi di mora alla scadenza di uno dei termini seguenti:
1) trenta giorni di calendario dal ricevimento da parte del debitore della fattura o di una richiesta equivalente di pagamento;
2) se non vi è certezza sulla data di ricevimento della fattura o della richiesta equivalente di pagamento, trenta giorni di calendario dalla data di ricevimento delle merci o di prestazione dei servizi;
3) se la data in cui il debitore riceve la fattura o la richiesta equivalente di pagamento è anteriore a quella del ricevimento delle merci o della prestazione dei servizi, trenta giorni di calendario dalla data di ricevimento delle merci o di prestazione dei servizi;
4) se la legge o il contratto prevedono una procedura di accettazione o di verifica diretta ad accertare la conformità delle merci o dei servizi al contratto e se il debitore riceve la fattura o la richiesta equivalente di pagamento anteriormente o alla stessa data dell'accettazione o della verifica, trenta giorni di calendario da tale data.

6. Ove sia prevista una procedura di accettazione o di verifica diretta ad accertare la conformità delle merci o dei servizi al contratto, la durata massima di tale procedura non può superare i trenta giorni di calendario dalla data di ricevimento delle merci o di prestazione dei servizi, se non diversamente concordato espressamente nel contratto e purché ciò non sia gravemente iniquo per il creditore ai sensi del comma 11.
7. Il periodo di pagamento stabilito nel contratto non può superare sessanta giorni di calendario, se non diversamente concordato espressamente nel contratto e purché ciò non sia gravemente iniquo per il creditore ai sensi del comma 11.
8. Il presente articolo non pregiudica la facoltà delle parti di concordare, fatte salve le vigenti disposizioni di legge, termini di pagamento che prevedono il versamento a rate. In tali casi, qualora una delle rate non sia pagata alla data concordata, gli interessi e il risarcimento previsti dal presente articolo sono calcolati esclusivamente sulla base degli importi scaduti.
9. Ove gli interessi di mora siano esigibili in una transazione commerciale ai sensi del comma 5, il creditore ha diritto di ottenere dal debitore almeno un importo forfetario di 40 euro. L'importo forfetario è esigibile senza che sia necessario un sollecito e quale risarcimento dei costi di recupero sostenuti dal creditore.
10. Il creditore, oltre all'importo forfetario di cui al comma 9, ha diritto di esigere dal debitore un risarcimento ragionevole per ogni costo di recupero che eccede tale importo forfetario sostenuto a causa del ritardo di pagamento del debitore, comprese le spese che il creditore ha eventualmente sostenuto per l'affidamento di un incarico a un avvocato e a una società di recupero dei crediti.
11. Una clausola contrattuale o una prassi relativa alla data o al periodo di pagamento, al tasso dell'interesse di mora o al risarcimento per i costi di recupero non può essere fatta valere o dare diritto a un risarcimento del danno qualora risulti gravemente iniqua per il creditore.
12. Ai sensi del comma 11 una clausola contrattuale o una prassi è in particolare gravemente iniqua per il creditore nel caso in cui si verifichi qualsiasi grave scostamento dalla corretta prassi commerciale. Per determinare se una clausola contrattuale o una prassi sia gravemente iniqua per il creditore, ai sensi del presente comma, si tiene conto di tutte le circostanze del caso e in particolare:
a) qualora si verifichi qualsiasi grave scostamento dalla corretta prassi commerciale, in contrasto con il principio della buona fede e della correttezza;
b) sulla base della natura del prodotto o del servizio;
c) qualora il debitore abbia un motivo oggettivo per derogare al tasso d'interesse di mora legale di cui al comma 3, al periodo di pagamento di cui ai commi 6 e 7 o all'importo forfetario di cui al comma 9.

13. Ai fini di cui al comma 11, si considerano clausole contrattuali o prassi gravemente inique quelle che escludono l'applicazione di interessi di mora di cui al comma 3 e il risarcimento per i costi di recupero di cui al comma 10.
14. Al fine di stabilire mezzi efficaci e idonei per impedire il ricorso a clausole contrattuali e a prassi gravemente inique ai sensi del comma 11, le associazioni di categoria rappresentate nelle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura ovvero nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro sono legittimate a proporre azioni in giudizio, ai sensi dell'articolo 4 della direttiva 2011/7/UE, affinché tali clausole contrattuali o prassi siano adeguatamente sanzionate.
15. Al fine di assicurare la piena trasparenza in merito ai diritti e agli obblighi derivanti dal presente articolo, il Ministro dell'economia e delle finanze rende pubblico il tasso d'interesse legale di mora applicabile.
16. Il Ministro dello sviluppo economico istituisce un tavolo tecnico al quale partecipano le associazioni maggiormente rappresentative delle micro, piccole e medie imprese e delle grandi imprese, al fine di promuovere l'adozione di codici di pagamento rapido che prevedano termini di pagamento chiaramente definiti e un adeguato procedimento per trattare tutti i pagamenti oggetto di controversia o qualsiasi altra iniziativa che affronta la questione dei ritardi di pagamento e contribuisce a sviluppare una cultura di pagamento rapido.
17. Il venditore conserva il diritto di proprietà sulle merci fino a quando non siano state pagate totalmente, qualora sia stata esplicitamente concordata una clausola di riserva di proprietà, di cui all'articolo 1523 del codice civile, tra l'acquirente e il venditore prima della consegna delle merci. Relativamente alla conservazione del diritto di proprietà di cui al presente comma devono essere considerati gli anticipi già versati dal debitore.
18. Ai sensi dell'articolo 1992 del codice civile, un titolo esecutivo di pagamento come definito dall'articolo 474 del codice di procedura civile può essere ottenuto, anche mediante una procedura accelerata e indipendentemente dall'importo del debito, di norma entro novanta giorni di calendario dalla data in cui il creditore ha presentato un ricorso o ha proposto una domanda dinanzi all'autorità giurisdizionale o a un'altra autorità competente, ove non siano contestati il debito o gli aspetti procedurali. Per calcolare il periodo di cui al presente comma non si tiene conto dei periodi necessari per le notificazioni e di qualsiasi ritardo imputabile al creditore, come i termini necessari per regolarizzare il ricorso o la domanda.
19. Le disposizioni del presente articolo si applicano alle medesime condizioni a tutti i creditori stabiliti nell'Unione europea.
20. Sono fatte salve le vigenti disposizioni del codice civile e delle leggi speciali che contengono una disciplina più favorevole per il creditore.
21. Il Governo è delegato ad adottare, entro il termine di due mesi antecedenti a quello di recepimento indicato nella direttiva 2011/7/UE, i decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione all'articolo 4 della direttiva medesima, relativamente alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali tra imprese e pubbliche amministrazioni.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 14 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 14.
(Attuazione della direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali).

Sopprimerlo.
14. 300. (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento)

Sostituire l'articolo 14 con il seguente:

Art. 14.
(Attuazione della direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 febbraio 2011 relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali).

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per gli affari europei e del Ministro dell'economia e delle finanze, uno o più decreti legislativi per dare attuazione alla direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento delle transazioni commerciali, sulla base dei principi e criteri direttivi di cui all'articolo 2, lettere a), b), c), e), f), g) e h), nonché dei seguenti ulteriori principi e criteri direttivi:
a) individuazione di modalità applicative della direttiva, con riferimento ai contratti conclusi tra pubbliche amministrazioni e imprese prima del termine di cui all'articolo 12, paragrafo 4, della direttiva 2011/7/UE;
b) individuazione, con riferimento ai contratti conclusi prima del termine di cui all'articolo 12, paragrafo 4, della direttiva 2011/7/UE, di una disciplina transitoria relativa ai pagamenti delle imprese che vantano crediti nei confronti delle pubbliche amministrazioni, per quanto concerne i relativi contratti di subfornitura;
c) adeguamento delle procedure contabili in materia di flessibilità di bilancio e rafforzamento della programmazione dei flussi di cassa.

2. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono corredati della relazione tecnica di cui all'articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e sono trasmessi, dopo l'acquisizione degli altri pareri previsti dalla legge, alle Camere ai fini dell'espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari. Decorsi quaranta giorni dalla data di trasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza del parere. Qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare di cui al presente comma scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine di delega previsto al comma 1 o successivamente, quest'ultimo è prorogato di tre mesi. Il Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni formulate con riferimento all'esigenza di garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, ritrasmette alle Camere i testi, corredati dei necessari elementi integrativi di informazione, per i pareri definitivi delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari, che devono essere espressi entro venti giorni.
3. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre n. 2009, n. 196, solo successivamente all'entrata in vigore di provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.
4. All'articolo 10, comma 1, della legge 11 novembre 2011 n. 180 l'alinea è sostituita dal seguente: «1. Il Governo è delegato ad adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione un decreto legislativo recante modifiche al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231 per il recepimento della direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 febbraio 2011 sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi:».
14. 100.(Nuova formulazione). La Commissione.
(Approvato)

Al comma 21, sostituire le parole da: il termine di due mesi fino a: direttiva medesima con le seguenti: due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione all'articolo 4 della direttiva 2011/7/UE.

Conseguentemente, dopo il comma 21, aggiungere il seguente:
22. Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 20 del presente articolo si applicano dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 21.
14. 51. Stradella.

A.C. 4623-A - Articolo 30

ARTICOLO 30 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 30.
(Modifiche al decreto legislativo 10 agosto 2007, n. 162, a seguito dell'apertura del caso EU Pilot 1254/10/MOVE per mancata applicazione della direttiva 2004/49/CE in materia di indagine sugli incidenti ferroviari).

1. Al decreto legislativo 10 agosto 2007, n. 162, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 20:
1) al comma 1, secondo periodo, le parole: «resta comunque subordinata a» sono sostituite dalle seguenti: «è svolta in coordinamento con»;
2) al comma 2, l'alinea è sostituito dal seguente: «Gli investigatori incaricati, nel rispetto di quanto previsto dalla normativa vigente, possono:»;
3) dopo il comma 2 è inserito il seguente:
«2-bis. Nei casi in cui l'Autorità giudiziaria avvia un procedimento a seguito di un evento nel quale si ravvisino ipotesi di reato, la stessa Autorità dispone affinché sia permesso agli investigatori incaricati di svolgere i compiti di cui al comma 2»;
4) il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. Ove l'Autorità giudiziaria abbia sequestrato eventuali prove, gli investigatori incaricati possono accedere a tali prove e possono utilizzarle nel rispetto degli obblighi di riservatezza previsti dal diritto dell'Unione europea e nazionale. A tal fine, e comunque in considerazione dei tempi previsti dall'articolo 22, comma 2, competente al rilascio delle necessarie autorizzazioni è, nel corso delle indagini preliminari, il pubblico ministero; dopo la chiusura delle indagini preliminari è competente il giudice che procede. L'esercizio delle attività e dei diritti degli investigatori incaricati non deve pregiudicare l'indagine giudiziaria. Se l'esame o l'analisi di alcuni elementi di prova materiale può modificare, alterare o distruggere tali elementi, è richiesto il preventivo accordo tra l'Autorità giudiziaria competente e gli investigatori incaricati. Accordi possono essere conclusi tra l'Organismo investigativo e l'Autorità giudiziaria al fine di disciplinare, nel rispetto della reciproca indipendenza, gli aspetti riguardanti l'utilizzo e lo scambio di informazioni nonché le attività di cui ai commi 1, 2 e 2-bis»;
b) all'articolo 21, comma 1, le parole: «previa espressa autorizzazione dell'Autorità» sono sostituite dalle seguenti: «previo accordo con l'Autorità».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 30 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 30.
(Modifiche al decreto legislativo 10 agosto 2007, n. 162, a seguito dell'apertura del caso EU Pilot 1254/10/MOVE per mancata applicazione della direttiva 2004/49/CE in materia di indagine sugli incidenti ferroviari).

Dopo l'articolo 30 aggiungere il seguente:
Art. 30-bis. - (Modifiche alla legge 13 aprile 1988, n. 117). - 1. All'articolo 2 della legge 13 aprile 1988, n. 117, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. Chi ha subìto un danno ingiusto per effetto di un comportamento, di un atto o di un provvedimento giudiziario posto in essere dal magistrato in violazione manifesta del diritto o con dolo o colpa grave nell'esercizio delle sue funzioni ovvero per diniego di giustizia può agire contro lo Stato e contro il soggetto riconosciuto colpevole per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e anche di quelli non patrimoniali che derivino da privazione della libertà personale. Costituisce dolo il carattere intenzionale della violazione del diritto»;
b) il comma 2, è sostituito dal seguente:
«2. Salvo i casi previsti dai commi 3 e 3-bis nell'esercizio delle funzioni giudiziarie non può dar luogo a responsabilità l'attività di valutazione del fatto e delle prove»;
c) dopo il comma 3, è inserito il seguente:
«3-bis. Ai fini della determinazione dei casi in cui sussiste una violazione manifesta del diritto ai sensi del comma 1, deve essere valutato se il giudice abbia tenuto conto di tutti gli elementi che caratterizzano la controversia sottoposta al suo sindacato con particolare riferimento al grado di chiarezza e di precisione della norma violata, al carattere intenzionale della violazione, alla scusabilità o inescusabilità dell'errore di diritto. In caso di violazione del diritto dell'Unione europea, si deve tener conto se il giudice abbia ignorato la posizione adottata eventualmente da un'istituzione dell'Unione europea, non abbia osservato l'obbligo di rinvio pregiudiziale ai sensi dell'articolo 267, terzo paragrafo, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, nonché se abbia ignorato manifestamente la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea».

2. Agli oneri derivanti dall'attuazione del comma 1, valutati in 2,45 milioni di euro per l'anno 2011 e in 4,9 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2012, si provvede, quanto a 2,45 milioni di euro per l'anno 2011, mediante utilizzo delle risorse di cui all'articolo 1, comma 14, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, e quanto a 4,9 milioni di euro a decorrere dall'anno 2012, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa prevista all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, relativa al fondo per interventi strutturali di politica economica.
3. Ai sensi dell'articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, il Ministro della giustizia provvede al monitoraggio degli oneri di cui al presente articolo e riferisce in merito al Ministro dell'economia e delle finanze. Nel caso si verifichino, o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di cui al comma 2, il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro della giustizia, provvede, con proprio decreto, alla riduzione, nella misura necessaria alla copertura finanziaria del maggior onere risultante dall'attività di monitoraggio, delle dotazioni finanziarie di parte corrente iscritte, nell'ambito delle spese rimodulabili di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b), della legge n. 196 del 2009, nel programma «Giustizia civile e penale» della missione «Giustizia» dello stato di previsione del Ministero della giustizia. Il Ministro dell'economia e delle finanze riferisce senza ritardo alle Camere con apposita relazione in merito alle cause degli scostamenti e all'adozione delle misure di cui al secondo periodo.
30. 052. Pini.
(Approvato)

Dopo l'articolo 30, aggiungere il seguente:
Art. 30-bis. - (Modifiche agli articoli 28 e 29 della legge 25 febbraio 2008, n. 34, recante disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2007). - 1. All'articolo 28, comma 1, alinea, della legge 25 febbraio 2008, n. 34, le parole: «entro il termine di dodici mesi» sono sostituite dalle seguenti «entro il 31 luglio 2012».
2. L'articolo 29 della legge 25 febbraio 2008, n. 34, è sostituito dal seguente:
«Art. 29. - (Principi e criteri direttivi di attuazione della decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato). 1. Il Governo adotta, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione alla decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato, nel rispetto dei principi e criteri direttivi generali stabiliti dalle disposizioni di cui all'articolo 2, nonché delle disposizioni previste dalla decisione quadro medesima, nelle parti in cui non richiedono uno specifico adattamento dell'ordinamento italiano, e sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi, realizzando il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti:
a) introdurre nel libro II, titolo VIII, capo II, del codice penale la fattispecie criminosa specifica di corruzione in affari privati che punisca con la reclusione da uno a cinque anni la condotta di chi, nell'ambito di attività professionali, intenzionalmente sollecita o riceve, per sé o per un terzo, direttamente o tramite un intermediario, un indebito vantaggio di qualsiasi natura, oppure accetta la promessa di tale vantaggio, nello svolgimento di funzioni direttive o lavorative non meramente esecutive per conto di una entità del settore privato, per compiere o omettere un atto, in violazione di un dovere, sempreché tale condotta comporti o possa comportare distorsioni di concorrenza riguardo all'acquisizione di beni o servizi commerciali;
b) prevedere la punibilità con la stessa pena anche di colui che, intenzionalmente, nell'ambito di attività professionali, direttamente o tramite intermediario, dà, offre o promette il vantaggio di cui alla lettera a);
c) introdurre nel libro II, titolo VIII, capo II, del codice penale e fra i reati di cui alla sezione III del capo I del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, anche la fattispecie criminosa di istigazione alla corruzione in affari privati, con la previsione di una riduzione di pena qualora l'offerta, la promessa o la sollecitazione alla promessa non siano state accettate;
d) introdurre fra i reati di cui alla sezione III del capo I del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, le fattispecie criminose di cui alle lettere a) e b), con la previsione di adeguate sanzioni pecuniarie e interdittive nei confronti delle entità nel cui interesse o vantaggio sia stato posto in essere il reato».
30. 058. Pini.

Dopo l'articolo 30, aggiungere il seguente:
Art. 30-bis. - (Modifiche al decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, e successive modificazioni). - 1. Al decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'allegato 1B, al numero 1, le parole: «(con esclusione di quelli fissi e di grandi dimensioni)» sono soppresse;
b) all'allegato 1B, al numero 1.18, dopo le parole: «d'aria» sono aggiunte le seguenti: «e per il condizionamento»;
c) all'allegato 1B, dopo il numero 8.9 è aggiunto il seguente: «8.9-bis Test di fecondazione».
30. 061. Gottardo.
(Approvato)

Dopo l'articolo 30, aggiungere il seguente:
Art. 30-bis. - (Modifiche alla legge 15 dicembre 2011 n. 217 - Legge comunitaria 2010). - 1. Alla legge 15 dicembre 2011, n. 217, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) sono premessi i seguenti articoli:
«Art. 01. - (Delega al Governo per l'attuazione di direttive comunitarie). - 1. Ove non diversamente previsto nei successivi articoli, i decreti legislativi di cui alla presente legge sono adottati, nel rispetto dell'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche europee e del Ministro con competenza istituzionale prevalente per la materia, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati in relazione all'oggetto della direttiva.
2. Gli schemi dei decreti legislativi sono trasmessi, dopo l'acquisizione degli altri pareri previsti dalla legge, alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica affinché su di essi sia espresso il parere dei competenti organi parlamentari. Decorsi quaranta giorni dalla data di trasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza del parere. Qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare di cui al presente comma ovvero i diversi termini previsti dai commi 3 e 8 scadano nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termini di delega previsti dalla presente legge ovvero dal comma 4 del presente articolo o successivamente, questi ultimi sono prorogati di tre mesi.
3. Gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive, di cui alla presente legge, che comportino conseguenze finanziarie sono corredati della relazione tecnica di cui all'articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni. Su di essi è richiesto anche il parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari. Il Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni formulate con riferimento all'esigenza di garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, ritrasmette alle Camere i testi, corredati dei necessari elementi integrativi di informazione, per i pareri definitivi delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari, che devono essere espressi entro venti giorni.
4. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi fissati dalla presente legge, il Governo può adottare, con la procedura indicata nei commi 1, 2 e 3, disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi emanati ai sensi del citato comma 1, fatto salvo quanto previsto dal comma 6.
5. I decreti legislativi adottati, ai sensi dell'articolo 117, quinto comma, della Costituzione, nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, si applicano alle condizioni e secondo le procedure di cui all'articolo 11, comma 8, della legge 4 febbraio 2005, n. 11.
6. I decreti legislativi adottati ai sensi della presente legge, se attengono a materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, sono emanati alle condizioni e secondo le procedure di cui all'articolo 11, comma 8, della legge 4 febbraio 2005, n. 11.
7. Il Ministro per le politiche europee, nel caso in cui una o più deleghe di cui alla presente legge non risultino esercitate alla scadenza del termine previsto, trasmette alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica una relazione che dà conto dei motivi addotti a giustificazione del ritardo dai Ministri con competenza istituzionale prevalente per la materia. Il Ministro per le politiche europee ogni sei mesi informa altresì la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica sullo stato di attuazione delle direttive da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano nelle materie di loro competenza, secondo modalità di individuazione delle stesse, da definire con accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
8. Il Governo, ove non intenda conformarsi ai pareri parlamentari di cui al comma 3, relativi a sanzioni penali contenute negli schemi di decreti legislativi recanti attuazione delle direttive, di cui alla presente legge, ritrasmette con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni i testi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica. Decorsi venti giorni dalla data di ritrasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza di nuovo parere».

«Art. 02. - (Princìpi e criteri direttivi generali della delega legislativa). - 1. Salvi gli specifici princìpi e criteri direttivi stabiliti dalle disposizioni di cui al capo II, e in aggiunta ai princìpi e criteri direttivi contenuti nelle direttive da attuare ai sensi della presente legge, i decreti legislativi di cui alla presente legge sono informati ai seguenti princìpi e criteri direttivi generali:
a) le amministrazioni direttamente interessate provvedono all'attuazione dei decreti legislativi con le ordinarie strutture amministrative, secondo il principio della massima semplificazione dei procedimenti e delle modalità di organizzazione e di esercizio delle funzioni e dei servizi;
b) ai fini di un migliore coordinamento con le discipline vigenti per i singoli settori interessati dalla normativa da attuare, sono introdotte le occorrenti modificazioni alle discipline stesse, fatti salvi i procedimenti oggetto di semplificazione amministrativa ovvero le materie oggetto di delegificazione;
c) al di fuori dei casi previsti dalle norme penali vigenti, ove necessario per assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono previste sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti stessi. Le sanzioni penali, nei limiti, rispettivamente, dell'ammenda fino a 150.000 euro e dell'arresto fino a tre anni, sono previste, in via alternativa o congiunta, solo nei casi in cui le infrazioni ledono o espongono a pericolo interessi costituzionalmente protetti. In tali casi sono previste: la pena dell'ammenda alternativa all'arresto per le infrazioni che espongono a pericolo o danneggiano l'interesse protetto; la pena dell'arresto congiunta a quella dell'ammenda per le infrazioni che recano un danno di particolare gravità. Nelle predette ipotesi, in luogo dell'arresto e dell'ammenda, possono essere previste anche le sanzioni alternative di cui agli articoli 53 e seguenti del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, e la relativa competenza del giudice di pace. La sanzione amministrativa del pagamento di una somma non inferiore a 150 euro e non superiore a 150.000 euro è prevista per le infrazioni che ledono o espongono a pericolo interessi diversi da quelli indicati nei periodi precedenti. Nell'ambito dei limiti minimi e massimi previsti, le sanzioni indicate nella presente lettera sono determinate nella loro entità, tenendo conto della diversa potenzialità lesiva dell'interesse protetto che ciascuna infrazione presenta in astratto, di specifiche qualità personali del colpevole, comprese quelle che impongono particolari doveri di prevenzione, controllo o vigilanza, nonché del vantaggio patrimoniale che l'infrazione può recare al colpevole ovvero alla persona o all'ente nel cui interesse egli agisce. Ove necessario per assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono previste inoltre sanzioni amministrative accessorie della sospensione fino a sei mesi e, nei casi più gravi, della privazione definitiva di facoltà e diritti derivanti da provvedimenti dell'amministrazione, nonché sanzioni penali accessorie nei limiti stabiliti dal codice penale. Al medesimo fine è prevista la confisca obbligatoria delle cose che servirono o furono destinate a commettere l'illecito amministrativo o il reato previsti dai medesimi decreti legislativi, nel rispetto dei limiti stabiliti dall'articolo 240, terzo e quarto comma, del codice penale e dall'articolo 20 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni. Entro i limiti di pena indicati nella presente lettera sono previste sanzioni anche accessorie identiche a quelle eventualmente già comminate dalle leggi vigenti per violazioni omogenee e di pari offensività rispetto alle infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi. Nelle materie di cui all'articolo 117, quarto comma, della Costituzione, le sanzioni amministrative sono determinate dalle regioni;
d) eventuali spese non contemplate da leggi vigenti e che non riguardano l'attività ordinaria delle amministrazioni statali o regionali possono essere previste nei decreti legislativi recanti le norme necessarie per dare attuazione alle direttive, nei soli limiti occorrenti per l'adempimento degli obblighi di attuazione delle direttive stesse; alla relativa copertura, nonché alla copertura delle minori entrate eventualmente derivanti dall'attuazione delle direttive, in quanto non sia possibile farvi fronte con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni, si provvede a carico del fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183;
e) all'attuazione di direttive che modificano precedenti direttive già attuate con legge o con decreto legislativo si procede, se la modificazione non comporta ampliamento della materia regolata, apportando le corrispondenti modificazioni alla legge o al decreto legislativo di attuazione della direttiva modificata;
f) nella predisposizione dei decreti legislativi si tiene conto delle eventuali modificazioni delle direttive dell'Unione europea comunque intervenute fino al momento dell'esercizio della delega;
g) quando si verificano sovrapposizioni di competenze tra amministrazioni diverse o comunque sono coinvolte le competenze di più amministrazioni statali, i decreti legislativi individuano, attraverso le più opportune forme di coordinamento, rispettando i princìpi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione e le competenze delle regioni e degli altri enti territoriali, le procedure per salvaguardare l'unitarietà dei processi decisionali, la trasparenza, la celerità, l'efficacia e l'economicità nell'azione amministrativa e la chiara individuazione dei soggetti responsabili;
h) quando non sono d'ostacolo i diversi termini di recepimento, sono attuate con un unico decreto legislativo le direttive che riguardano le stesse materie o che comunque comportano modifiche degli stessi atti normativi»;
b) all'articolo 24, il comma 1 è abrogato.
30. 0100.(versione corretta). La Commissione.
(Approvato)

A.C. 4623-A - Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

La Camera,
premesso che:
lo Stato, le Regioni e le Province autonome, in data 24 gennaio 2008, hanno sancito in Conferenza unificata un accordo avente ad oggetto le modalità di attuazione degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea e sulle garanzie di informazione da parte del Governo (articolo 1, comma 2);
in particolare l'articolo 5, comma 5, dell'accordo stabilisce che le responsabilità nella mancata esecuzione delle sentenze di condanna ex articolo 228, paragrafo 1, del Trattato CE (oggi articolo 260 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea), sono definite sulla base di criteri da concordare;
ad oggi tali criteri non sono stati ancora concordati e si sono nel frattempo verificate disfunzionalità nell'applicazione della vigente disciplina sulla rivalsa, anche rispetto alle sentenze di condanna rese dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nei confronti dello Stato per la violazione di disposizioni della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali;
l'accordo sancito in Conferenza Unificata del 24 gennaio 2008 non riguarda anche le responsabilità per violazione di disposizioni della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali;
il 1o dicembre 2009 è entrato in vigore il Trattato che modifica il Trattato sull'Unione Europea (TUE) e il Trattato che istituisce la Comunità Europea (TCE), firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007 e ratificato dall'Italia con la legge 2 agosto 2008, n. 130;
tra le novità del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea (ex TCE) è prevista l'accelerazione delle procedure d'infrazione per mancato recepimento delle direttive o per inadempimento a precedenti sentenze di condanna della Corte di giustizia dell'Unione europea;
la legge 4 febbraio 2005, n. 11, recante «Norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari» contiene, all'articolo 16-bis, il cosiddetto diritto di rivalsa dello Stato nei confronti di regioni o altri enti pubblici responsabili di violazioni del diritto comunitario;
la Camera dei deputati ha approvato nel marzo 2011 l'Atto Camera n. 3866 in tema di revisione della legge 4 febbraio 2005, n. 11, attualmente in discussione presso l'altro ramo del Parlamento;
il predetto Atto al Capo VII (articoli 39 e 40) detta norme in materia di contenzioso, disciplinando i ricorsi alla Corte di Giustizia (articolo 39) ed il diritto di rivalsa dello Stato nei confronti delle regioni e degli altri enti pubblici responsabili di violazioni. In particolare, il comma 3 dell'articolo 40 prevede che lo Stato ha il diritto di rivalersi nei confronti degli enti responsabili di violazioni degli obblighi europei nelle regolazioni finanziarie operate a carico dell'Italia a valere sulle risorse del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA), del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e di altri fondi aventi finalità strutturali.
la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, nella riunione del 20 aprile 2011, ha approvato una posizione sul diritto di rivalsa dello Stato nei confronti delle Regioni e degli enti locali e delle proposte di intesa da sancire in Conferenza Unificata contenenti emendamenti all'articolo 16-bis della legge n. 11 del 2005 (11/42/CR6/C2-C3);
il documento è stato comunicato al Governo il 16 maggio 2011, ma non risulta che il Governo abbia fatto ancora conoscere alla Conferenza la propria posizione su di esso;
in occasione del parere reso il 19 gennaio 2012 dalla Conferenza permanente sullo schema di disegno di legge comunitaria 2012, la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome (12/06/SRC1/C2-C3) ha segnalato nuovamente al Governo la necessità di dare attuazione all'articolo 1, comma 2, dell'Accordo sancito nella conferenza unificata del 24 gennaio 2008, rinnovando alle Amministrazioni coinvolte l'invito ad attivare un tempestivo confronto per individuare le direttive e gli altri atti europei incidenti in materia di competenza statale e regionale;
ha inoltre sollecitato il Governo a dare seguito al confronto sulla modifica dell'esercizio del diritto di rivalsa di cui all'articolo 16-bis della legge 4 febbraio 2005, n. 11,

impegna il Governo:

a dare attuazione all'articolo 1, comma 2, dell'Accordo sancito nella conferenza unificata del 24 gennaio 2008, in merito alle modalità di attuazione degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee e sulle garanzie di informazione da parte del Governo;

a proseguire proficuamente il confronto con la Conferenza sulle modifiche da apportare all'esercizio del diritto di rivalsa regolato dalla legge 4 febbraio 2005, n. 11, proponendo nelle sedi opportune gli emendamenti all'articolo 16-bis della legge citata legge n. 11 del 2005 suggeriti dalla Conferenza.
9/4623-A/1. Porcino.

La Camera,
premesso che:
lo Stato, le Regioni e le Province autonome, in data 24 gennaio 2008, hanno sancito in Conferenza unificata un accordo avente ad oggetto le modalità di attuazione degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea e sulle garanzie di informazione da parte del Governo (articolo 1, comma 2);
in particolare l'articolo 5, comma 5, dell'accordo stabilisce che le responsabilità nella mancata esecuzione delle sentenze di condanna ex articolo 228, paragrafo 1, del Trattato CE (oggi articolo 260 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea), sono definite sulla base di criteri da concordare;
ad oggi tali criteri non sono stati ancora concordati e si sono nel frattempo verificate disfunzionalità nell'applicazione della vigente disciplina sulla rivalsa, anche rispetto alle sentenze di condanna rese dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nei confronti dello Stato per la violazione di disposizioni della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali;
l'accordo sancito in Conferenza Unificata del 24 gennaio 2008 non riguarda anche le responsabilità per violazione di disposizioni della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali;
il 1o dicembre 2009 è entrato in vigore il Trattato che modifica il Trattato sull'Unione Europea (TUE) e il Trattato che istituisce la Comunità Europea (TCE), firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007 e ratificato dall'Italia con la legge 2 agosto 2008, n. 130;
tra le novità del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea (ex TCE) è prevista l'accelerazione delle procedure d'infrazione per mancato recepimento delle direttive o per inadempimento a precedenti sentenze di condanna della Corte di giustizia dell'Unione europea;
la legge 4 febbraio 2005, n. 11, recante «Norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari» contiene, all'articolo 16-bis, il cosiddetto diritto di rivalsa dello Stato nei confronti di regioni o altri enti pubblici responsabili di violazioni del diritto comunitario;
la Camera dei deputati ha approvato nel marzo 2011 l'Atto Camera n. 3866 in tema di revisione della legge 4 febbraio 2005, n. 11, attualmente in discussione presso l'altro ramo del Parlamento;
il predetto Atto al Capo VII (articoli 39 e 40) detta norme in materia di contenzioso, disciplinando i ricorsi alla Corte di Giustizia (articolo 39) ed il diritto di rivalsa dello Stato nei confronti delle regioni e degli altri enti pubblici responsabili di violazioni. In particolare, il comma 3 dell'articolo 40 prevede che lo Stato ha il diritto di rivalersi nei confronti degli enti responsabili di violazioni degli obblighi europei nelle regolazioni finanziarie operate a carico dell'Italia a valere sulle risorse del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA), del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e di altri fondi aventi finalità strutturali.
la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, nella riunione del 20 aprile 2011, ha approvato una posizione sul diritto di rivalsa dello Stato nei confronti delle Regioni e degli enti locali e delle proposte di intesa da sancire in Conferenza Unificata contenenti emendamenti all'articolo 16-bis della legge n. 11 del 2005 (11/42/CR6/C2-C3);
il documento è stato comunicato al Governo il 16 maggio 2011, ma non risulta che il Governo abbia fatto ancora conoscere alla Conferenza la propria posizione su di esso;
in occasione del parere reso il 19 gennaio 2012 dalla Conferenza permanente sullo schema di disegno di legge comunitaria 2012, la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome (12/06/SRC1/C2-C3) ha segnalato nuovamente al Governo la necessità di dare attuazione all'articolo 1, comma 2, dell'Accordo sancito nella conferenza unificata del 24 gennaio 2008, rinnovando alle Amministrazioni coinvolte l'invito ad attivare un tempestivo confronto per individuare le direttive e gli altri atti europei incidenti in materia di competenza statale e regionale;
ha inoltre sollecitato il Governo a dare seguito al confronto sulla modifica dell'esercizio del diritto di rivalsa di cui all'articolo 16-bis della legge 4 febbraio 2005, n. 11,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di dare attuazione all'articolo 1, comma 2, dell'Accordo sancito nella conferenza unificata del 24 gennaio 2008, in merito alle modalità di attuazione degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee e sulle garanzie di informazione da parte del Governo;

a proseguire proficuamente il confronto con la Conferenza sulle modifiche da apportare all'esercizio del diritto di rivalsa regolato dalla legge 4 febbraio 2005, n. 11, proponendo nelle sedi opportune gli emendamenti all'articolo 16-bis della legge citata legge n. 11 del 2005 suggeriti dalla Conferenza.
9/4623-A/1.(Testo modificato nel corso della seduta)Porcino.

La Camera,
premesso che:
il lungo percorso legislativo seguito dai Paesi europei per assicurare un risarcimento alle vittime di reati necessita oggi di rapide realizzazioni, come sostenuto da più parti;
era stato un rappresentante della scuola positiva italiana, Raffaele Garofalo, a far rilevare che quella inerente alla «riparazione a coloro che soffrirono per un delitto» era, insieme a quella concernente la riparazione dell'errore giudiziario, la «parte difettosa delle legislazioni moderne»;
il commissario europeo ai trasporti Siim Kallas, nel corso di un intervento sulla tragedia della Costa Concordia in Commissione Trasporti del Parlamento europeo ha rammentato che dal 1o gennaio 2013 entra in vigore la normativa sugli indennizzi prevista dalla Convenzione di Atene (trasporto via mare di passeggeri e del loro bagaglio), che però l'Italia non ha ancora ratificato;
tale Convenzione obbliga le parti a prevedere nelle loro legislazioni o pratiche amministrative un sistema di compensazione per risarcire, con fondi pubblici, le vittime di infrazioni violente, dolose che hanno causato gravi lesioni corporali o la morte;
la Convenzione si basa sul principio di giustizia sociale, che esige che lo Stato indennizzi non solo i proprio nazionali ma anche le vittime di altre nazionalità, compresi i lavoratori emigranti, i turisti, gli studenti,

impegna il Governo

per le ragioni in premessa, ad accelerare il procedimento di ratifica della Convenzione di Atene.
9/4623-A/2. Evangelisti

La Camera,
premesso che,
il provvedimento in esame prende in considerazione nell'allegato B la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, (2011/36/UE) concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI;
tale direttiva si inserisce nell'azione globale a livello comunitario contro la tratta di esseri umani. La nuova disciplina, che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI recepita dall'Italia con la legge n. 228 del 2003 (Misure contro la tratta di persone) prevede norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni in materia di tratta, nonché disposizioni volte a rafforzare notevolmente la prevenzione di tale reato e la protezione delle vittime, in particolare minori;
la direttiva provvede a riordinare la materia in maniera più organica proponendo, in particolare, una nuova e più ampia definizione del delitto di tratta di esseri umani, attualmente previsto dall'articolo 601 del nostro codice penale;
l'Italia partecipa alla missione internazionale di pace in Afghanistan contribuendo, con interventi per la cooperazione allo sviluppo, seppur con risorse di minore entità rispetto agli interventi di carattere militare, alla ricostruzione e al sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione;
l'Afghanistan secondo un recente rapporto del Dipartimento di Stato USA è una zona di transito e di destinazione per uomini, donne e bambini sottoposti a lavoro forzato e vittime della tratta sessuale;
la maggior parte sono state ragazze costrette al matrimonio prima di raggiungere l'età legale. Circa l'81 per cento si è sposato prima dei 18 anni, dei quali circa il 50 per cento sotto i 15 anni. Circa il 29 per cento è stato costretto a sposarsi dopo essere stata violentata, rapita, molestata o esposta alla violenza. Il rapporto ha identificato 1.889 casi di traffico di donne e bambini. Sia le Nazioni Unite sia le ONG locali hanno riportato casi di abusi sessuali sui ragazzi dai membri della Afghan National Security Forces (ANSF);
le condizioni di vita negli orfanotrofi gestiti dal governo sono estremamente povere e alcuni funzionari corrotti possono avere abusato sessualmente di bambini costringendoli a prostituirsi;
il Governo afgano non ha fatto alcuno sforzo per indagare e fronteggiare tali crimini e proteggere donne e bambini dai pericoli del traffico umano;
le raccomandazioni per l'Afghanistan sono volte ad aumentare le attività e i controlli di applicazione della legge contro il traffico di esseri umani, compreso perseguire sospetti trafficanti e condannare e imprigionare trafficanti per gli atti di traffico sessuale e lavoro forzato, inclusa schiavitù; assicurare che le vittime della tratta non vengano puniti per illeciti atti commessi come diretta conseguenza di essere vittime del traffico, come la prostituzione o adulterio; collaborare con le ONG per garantire che tutti i bambini, compresi i ragazzi di età superiore agli 11 anni vittime di tratta sessuale ricevano tutta la protezione necessaria; rafforzare la capacità dell'unità anti-trafficking/smuggling, anche aumentando il numero dei funzionari dedicata alla lotta contro la tratta, distinguendo tra il contrabbando e il traffico; avviare una serie di iniziative al fine di prevenire il traffico, come l'avvio di una campagna di sensibilizzazione per avvertire le popolazioni a rischio dei pericoli del problema,

impegna il Governo

a collaborare maggiormente con le forze di polizia locale e le ong impegnate in Afghanistan al fine di tutelare i diritti umani, in particolare di tutti i bambini, ed impedire che il fenomeno della tratta di esseri umani dilaghi ulteriormente, con l'impegno ulteriore di mettere in campo ogni iniziativa possibile per arrestarlo definitivamente.
9/4623-A/3. Di Stanislao.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, all'articolo 20, reca disposizioni finalizzate a dare attuazione alla direttiva 2010/23/UE del Consiglio, del 16 marzo del 2010, e a contrastare l'evasione in materia di imposta sul valore aggiunto;
la citata direttiva integra la precedente n. 2006/112/CE, consentendo agli Stati membri di prevedere, per un periodo limitato di tempo, l'applicazione del meccanismo di inversione contabile (cosiddetto reverse charge) per cui, per le operazioni comportanti cessioni di beni o prestazioni di servizi imponibili effettuate nell'ambito del sistema per lo scambio di quote ed emissioni di gas a effetto serra (come disciplinato dalla direttiva 2003/87/CE), gli obblighi di assolvimento dell'imposta ricadono sul soggetto al quale sono trasferite le quote di emissioni e non - come di norma previsto - al soggetto passivo che effettua l'operazione;
tale meccanismo rappresenta, per certi aspetti, uno strumento utile ed efficace per contrastare gli attacchi al sistema comune dell'IVA e per combattere le frodi, sempre più frequenti, nei settori ad alto valore aggiunto e a più elevato rischio di comportamenti fraudolenti;
nell'attuale situazione di estrema sofferenza per l'intero sistema economico-produttivo nazionale, appare quanto mai essenziale ed urgente adottare specifiche misure che siano anche in grado di contrastare il grave fenomeno dell'evasione fiscale in materia di IVA, soprattutto se si considera che esso non solo determina un ingente danno ai bilanci dei singoli Stati nazionali nonché dell'Unione europea nel suo complesso (si è calcolato, infatti, che ogni anno circa il 12 per cento dell'IVA non viene riscosso, soprattutto a causa di un meccanismo di riscossione complesso che favorisce l'evasione), ma rappresenta, altresì, un elemento che falsa le condizioni della concorrenza tra i soggetti passivi dell'imposta;
gli Stati membri dell'Unione europea hanno sistemi differenziati e non omogenei di prelievo fiscale IVA e le divergenze nella sua applicazione nonché le complessità nella riscossione e le numerose esenzioni applicate generano, tra l'altro, una inaccettabile distorsione del traffico merceologico doganale verso paesi quali l'Olanda e la Germania, con inevitabili ricadute negative per il bilancio nazionale (in termini di minori entrate) nonché per l'intero settore produttivo italiano già duramente colpito dalla forte crisi economica e finanziaria in atto;
tale distorsione - che, secondo alcuni studi effettuati, si aggira attorno al 32 per cento circa - è causata non solo da una significativa diversificazione tra i tassi normali IVA vigenti nei paesi membri ma da numerosi fattori connessi, principalmente, ai differenti sistemi doganali adottati;
in sostanza, la mancanza di una disciplina comune, l'esistenza di complesse procedure burocratiche e la differenziazione degli orari di apertura delle dogane sono solo alcuni dei fattori decisivi che spingono gli operatori internazionali a preferire le dogane degli Stati del Nord Europa (soggetti ad un valore ridotto di IVA e di controlli per entrare nel mercato unico comunitario), con inevitabili danni oltre che per l'erario pubblico soprattutto per il sistema logistico nazionale;
va sottolineato, inoltre, che il ricorso ai cosiddetti depositi IVA, in Italia, ha creato problemi burocratici di doppio pagamento delle imposte fiscali, con un significativo allontanamento degli esportatori dalle nostre dogane;
il problema dell'utilizzo fraudolento dei depositi IVA, in particolare, ha assunto una tale importanza negli ultimi anni da costituire oggetto sia di uno studio approfondito da parte del Parlamento italiano, cui è seguita - in parziale attuazione della risoluzione n. 7/00589 della VI Commissione Finanze della Camera - una modifica dell'articolo 50-bis del decreto-legge n. 331 del 1993 (ex articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106) sia di un'interrogazione con risposta scritta alla Commissione Europea (risposta del 15 giugno 2011);
è importante tener presente che le pratiche evasive ed elusive, oltre a causare una forte perdita del gettito della imposta IVA, generano fattori potenzialmente in grado di determinare pericolose distorsioni nella concorrenza - a livello sia nazionale che europeo - e di ostacolare la libera circolazione delle merci e dei servizi, con inevitabili riflessi negativi anche sul complesso e delicato processo di risanamento del bilancio pubblico;
è evidente, quindi, che, per rilanciare la crescita, favorire lo sviluppo e rafforzare il programma di risanamento del bilancio pubblico, è necessario porre in essere un profondo processo di riordino complessivo del «sistema Paese», che non può non tener conto anche delle criticità sopra evidenziate,

impegna il Governo:

ad adottare, già a partire dai prossimi provvedimenti, tutte le misure di competenza - anche di carattere normativo - volte a rilanciare e a rendere più competitivo il sistema produttivo nazionale mediante l'introduzione e l'attivazione di strumenti e meccanismi che la stessa Comunità europea indica per la risoluzione delle disparità e delle difficoltà riscontrate in materia di prelievi IVA e di sdoganamento delle merci, al fine di eliminare gli eventuali fattori distorsivi della concorrenza, di snellire le procedure burocratico-amministrative e di venire, così, incontro alle esigenze delle imprese, soprattutto in termini di significative riduzioni di costi e di adempimenti;

ad adoperarsi tempestivamente nelle competenti sedi europee affinché - sulla base anche delle proposte contenute nel Libro Verde sul futuro dell'IVA, presentato dalla Commissione europea il 1o dicembre del 2010 (COM(2010)695) ed esaminato nei mesi scorsi dalla VI Commissione Finanze - si proceda, in tempi celeri, alla modernizzazione e all'armonizzazione del sistema IVA e del sistema doganale - soprattutto al fine di contrastare i comportamenti fraudolenti posti in essere in occasione delle operazioni transfrontaliere intra-UE e di rafforzare e rendere omogenei i meccanismi di controllo ed i metodi di verifica sull'adempimento degli obblighi IVA - in modo che il mercato possa essere caratterizzato da una maggiore trasparenza e da una effettiva e leale concorrenza.
9/4623-A/4. Menia, Della Vedova.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, all'articolo 20, reca disposizioni finalizzate a dare attuazione alla direttiva 2010/23/UE del Consiglio, del 16 marzo del 2010, e a contrastare l'evasione in materia di imposta sul valore aggiunto;
la citata direttiva integra la precedente n. 2006/112/CE, consentendo agli Stati membri di prevedere, per un periodo limitato di tempo, l'applicazione del meccanismo di inversione contabile (cosiddetto reverse charge) per cui, per le operazioni comportanti cessioni di beni o prestazioni di servizi imponibili effettuate nell'ambito del sistema per lo scambio di quote ed emissioni di gas a effetto serra (come disciplinato dalla direttiva 2003/87/CE), gli obblighi di assolvimento dell'imposta ricadono sul soggetto al quale sono trasferite le quote di emissioni e non - come di norma previsto - al soggetto passivo che effettua l'operazione;
tale meccanismo rappresenta, per certi aspetti, uno strumento utile ed efficace per contrastare gli attacchi al sistema comune dell'IVA e per combattere le frodi, sempre più frequenti, nei settori ad alto valore aggiunto e a più elevato rischio di comportamenti fraudolenti;
nell'attuale situazione di estrema sofferenza per l'intero sistema economico-produttivo nazionale, appare quanto mai essenziale ed urgente adottare specifiche misure che siano anche in grado di contrastare il grave fenomeno dell'evasione fiscale in materia di IVA, soprattutto se si considera che esso non solo determina un ingente danno ai bilanci dei singoli Stati nazionali nonché dell'Unione europea nel suo complesso (si è calcolato, infatti, che ogni anno circa il 12 per cento dell'IVA non viene riscosso, soprattutto a causa di un meccanismo di riscossione complesso che favorisce l'evasione), ma rappresenta, altresì, un elemento che falsa le condizioni della concorrenza tra i soggetti passivi dell'imposta;
gli Stati membri dell'Unione europea hanno sistemi differenziati e non omogenei di prelievo fiscale IVA e le divergenze nella sua applicazione nonché le complessità nella riscossione e le numerose esenzioni applicate generano, tra l'altro, una inaccettabile distorsione del traffico merceologico doganale verso paesi quali l'Olanda e la Germania, con inevitabili ricadute negative per il bilancio nazionale (in termini di minori entrate) nonché per l'intero settore produttivo italiano già duramente colpito dalla forte crisi economica e finanziaria in atto;
tale distorsione - che, secondo alcuni studi effettuati, si aggira attorno al 32 per cento circa - è causata non solo da una significativa diversificazione tra i tassi normali IVA vigenti nei paesi membri ma da numerosi fattori connessi, principalmente, ai differenti sistemi doganali adottati;
in sostanza, la mancanza di una disciplina comune, l'esistenza di complesse procedure burocratiche e la differenziazione degli orari di apertura delle dogane sono solo alcuni dei fattori decisivi che spingono gli operatori internazionali a preferire le dogane degli Stati del Nord Europa (soggetti ad un valore ridotto di IVA e di controlli per entrare nel mercato unico comunitario), con inevitabili danni oltre che per l'erario pubblico soprattutto per il sistema logistico nazionale;
va sottolineato, inoltre, che il ricorso ai cosiddetti depositi IVA, in Italia, ha creato problemi burocratici di doppio pagamento delle imposte fiscali, con un significativo allontanamento degli esportatori dalle nostre dogane;
il problema dell'utilizzo fraudolento dei depositi IVA, in particolare, ha assunto una tale importanza negli ultimi anni da costituire oggetto sia di uno studio approfondito da parte del Parlamento italiano, cui è seguita - in parziale attuazione della risoluzione n. 7/00589 della VI Commissione Finanze della Camera - una modifica dell'articolo 50-bis del decreto-legge n. 331 del 1993 (ex articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106) sia di un'interrogazione con risposta scritta alla Commissione Europea (risposta del 15 giugno 2011);
è importante tener presente che le pratiche evasive ed elusive, oltre a causare una forte perdita del gettito della imposta IVA, generano fattori potenzialmente in grado di determinare pericolose distorsioni nella concorrenza - a livello sia nazionale che europeo - e di ostacolare la libera circolazione delle merci e dei servizi, con inevitabili riflessi negativi anche sul complesso e delicato processo di risanamento del bilancio pubblico;
è evidente, quindi, che, per rilanciare la crescita, favorire lo sviluppo e rafforzare il programma di risanamento del bilancio pubblico, è necessario porre in essere un profondo processo di riordino complessivo del «sistema Paese», che non può non tener conto anche delle criticità sopra evidenziate,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di adottare, già a partire dai prossimi provvedimenti, tutte le misure di competenza - anche di carattere normativo - volte a rilanciare e a rendere più competitivo il sistema produttivo nazionale mediante l'introduzione e l'attivazione di strumenti e meccanismi che la stessa Comunità europea indica per la risoluzione delle disparità e delle difficoltà riscontrate in materia di prelievi IVA e di sdoganamento delle merci, al fine di eliminare gli eventuali fattori distorsivi della concorrenza, di snellire le procedure burocratico-amministrative e di venire, così, incontro alle esigenze delle imprese, soprattutto in termini di significative riduzioni di costi e di adempimenti;
ad adoperarsi tempestivamente nelle competenti sedi europee affinché - sulla base anche delle proposte contenute nel Libro Verde sul futuro dell'IVA, presentato dalla Commissione europea il 1o dicembre del 2010 (COM(2010)695) ed esaminato nei mesi scorsi dalla VI Commissione Finanze - si proceda, in tempi celeri, alla modernizzazione e all'armonizzazione del sistema IVA e del sistema doganale - soprattutto al fine di contrastare i comportamenti fraudolenti posti in essere in occasione delle operazioni transfrontaliere intra-UE e di rafforzare e rendere omogenei i meccanismi di controllo ed i metodi di verifica sull'adempimento degli obblighi IVA - in modo che il mercato possa essere caratterizzato da una maggiore trasparenza e da una effettiva e leale concorrenza.
9/4623-A/4.(Testo modificato nel corso della seduta)Menia, Della Vedova.

La Camera,
premesso che:
con la recente sentenza del 24 novembre 2011 (causa C-379/2010), la Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha stabilito, senza possibilità di fraintendimenti, che la legge 13 aprile 1988, n. 117, sul risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e sulla responsabilità civile dei magistrati è incompatibile con il diritto UE, almeno nella parte in cui la legge pone limiti alle azioni di responsabilità nei confronti dello Stato per danni provocati ai singoli da organi giurisdizionali di ultimo grado che non applicano correttamente il diritto UE;
in precedenza, e precisamente il 13 giugno del 2006, la stessa Corte di giustizia delle Comunità europee aveva già ritenuto la normativa italiana (ed in specie la legge Vassalli del 1988, n. 117) incompatibile con il diritto comunitario nella parte in cui non consente di affermare la responsabilità dello Stato per danni arrecati ai singoli e derivanti da una cattiva interpretazione del diritto comunitario operata da un giudice di ultima istanza. Nel caso di specie, il dispositivo della Sentenza della Grande Sezione, in causa C-173/03, così recitava: «47. [...] Il diritto comunitario osta ad una legislazione nazionale che escluda, in maniera generale, la responsabilità dello Stato membro per i danni arrecati ai singoli a seguito di una violazione del diritto comunitario imputabile a un organo giurisdizionale di ultimo grado per il motivo che la violazione controversa risulta da un'interpretazione delle norme giuridiche o da una valutazione dei fatti e delle prove operate da tale organo giurisdizionale. Il diritto comunitario osta altresì ad una legislazione nazionale che limiti la sussistenza di tale responsabilità ai soli casi di dolo o colpa grave del giudice, ove una tale limitazione conducesse ad escludere la sussistenza della responsabilità dello Stato membro interessato in altri casi in cui sia stata commessa una violazione manifesta del diritto vigente, quale precisata ai punti 5356 della sentenza 30 settembre 2003, causa C-224/01, Kóbler»;
la legge sulla responsabilità civile dei magistrati (legge Vassalli) veniva approvata a seguito della vittoria dei SI in occasione del cosiddetto «Referendum Tortora», promosso dal Partito Radicale e finalizzato proprio ad introdurre nel nostro ordinamento ipotesi di responsabilità civile dei magistrati;
l'intervento normativo che a seguito del referendum - nell'intento di adeguare il nostro ordinamento al voto popolare - veniva posto in essere, si concretizzava nella predisposizione di una normativa giudicata dalla quasi totalità dei commentatori eccessivamente restrittiva e di conseguenza ineffettiva, oltre che pressoché inapplicabile;
ora, a seguito delle citate sentenze della Corte di Lussemburgo, la norma italiana viene ad essere censurata (potendo al limite essere addirittura disapplicata dallo stesso giudice interno) divenendo necessario un intervento normativo per adeguare il nostro ordinamento agli obblighi derivanti dal diritto comunitario;
secondo quanto stabilito dalla Corte già in anni passati, ogniqualvolta sia ravvisabile una responsabilità dei magistrati interni per cattiva interpretazione e conseguente cattiva applicazione del diritto comunitario e secondo i cogenti principi del diritto comunitario, viene a determinarsi una responsabilità civile (dello Stato e di chi ha agito per esso) nei confronti del cittadino danneggiato da tale cattiva applicazione del diritto;
allo stato appare dunque immediatamente necessario un intervento legislativo quantomeno nei limiti individuati dalle due importanti pronunce dei giudici comunitari - nella prima occasione si è addirittura pronunciata la «Grande sezione» della Corte di giustizia, ovvero la formazione giudicante più importante prevista nel sistema giurisdizionale comunitario;
una eventuale ulteriore inerzia determinerebbe una chiara responsabilità dello Stato italiano e del Governo per inadempimento e violazione del diritto comunitario sanzionabile anche attraverso il rimedio del ricorso per inadempimento ex articolo 226 TCE;
il mancato adeguamento della normativa in materia di responsabilità civile dei magistrati a quanto stabilito dalla Corte europea di Lussemburgo, espone il nostro Paese a multe milionarie con grave nocumento per la nostra finanza pubblica conseguente all'incremento degli esborsi subiti in conseguenza delle connesse infrazioni degli obblighi assunti in sede comunitaria;
risulta dunque necessario un intervento del Governo - cui incombe il dovere di garantire l'adeguamento del diritto interno al diritto CE (articolo 10 della legge n. 11 del 2005) - e del legislatore a garanzia della coerenza del nostro ordinamento e della certezza del diritto e soprattutto del rispetto degli obblighi comunitari (il cui rispetto è divenuto, col nuovo articolo 117, primo comma, della Costituzione, un obbligo anche costituzionalmente sancito);
in particolare, per dare attuazione effettiva alle affermazioni della Corte europea di Lussemburgo, il nuovo sistema normativo dovrà rendere possibile un'azione per responsabilità patrimoniale dello Stato anche nei casi di errori di interpretazione o dovuti alla valutazione di fatti e prove, senza alcun onere probatorio riguardo all'esistenza di dolo o colpa del magistrato che commette un errore, abrogando le restrizioni aggiuntive alla responsabilità extracontrattuale inserite nel nostro ordinamento;
va inoltre precisato come un eventuale intervento dovrebbe spingersi al di là di quanto strettamente ritenuto necessario dalla CGCE in quanto altrimenti si determinerebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra situazioni comunque assimilabili a quelle prese in considerazione dai giudici comunitari; ciò in quanto applicandosi la pronuncia solo ad ipotesi connesse a casi di cattiva interpretazione ed applicazione del diritto comunitario rimarrebbero senza tutela i soggetti coinvolti in situazioni concernenti l'applicazione di altre norme interne in materia civile, penale ed amministrativa;
è probabilmente giunto il momento di una revisione dell'intero impianto della legge Vassalli, in tal modo recuperando, dopo più di 20 anni, anche grazie all'intervento dei giudici di Lussemburgo, lo spirito del voto referendario,

impegna il Governo

ad intraprendere ogni utile iniziativa normativa al fine di:
a) ricondurre l'ordinamento interno in linea con gli obblighi comunitari;
b) riportare a coerenza l'intero sistema per quanto concerne le ipotesi non direttamente coinvolte dalle due pronunce della Corte di giustizia della Comunità europea citate in premessa, nel contempo promovendo la riforma della intera disciplina riguardante la materia della cosiddetta responsabilità civile dei magistrati.
9/4623-A/5. Bernardini, Beltrandi, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
la Commissione europea ha presentato la proposta di revisione della direttiva 2003/96/CE (in appresso la «direttiva sulla tassazione dell'energia») per far sì che gli Stati membri utilizzino al meglio, nel nuovo quadro strategico, uno strumento esistente. Una tassazione più razionale e mirata dell'energia contribuirà, in maniera neutra sotto il profilo tecnologico, a rendere il consumo di energia più pulito ed efficiente, tutto a vantaggio della crescita sostenibile;
la proposta, in sintesi, mira a riequilibrare l'onere fiscale tra i vari combustibili, comprese le energie rinnovabili, in modo oggettivo (in base al contenuto energetico e alle emissioni di CO2); e a istituire un quadro normativo per la tassazione della CO2 nel mercato interno e in tal modo fissare un prezzo per le emissioni di CO2 che non sono coperte dal sistema di scambio delle quote di emissioni dell'UE;
la proposta s'inserisce inoltre perfettamente nel dibattito sulla ristrutturazione e sull'ammodernamento dei regimi fiscali, attualmente in corso nell'ambito delle strategie nazionali per uscire dalla crisi economico-finanziaria. Essa indica inoltre la strada per migliorare il modo di generare introiti, nello spirito della strategia Europa 2020 e in accordo con la necessità di incoraggiare un'adeguata ripresa economica e la creazione di posti di lavoro. La proposta non mira tanto ad aumentare il gettito fiscale quanto a riequilibrare l'onere tra le diverse fonti d'energia e i vari consumatori d'energia (partecipanti e non al sistema di scambio di quote di emissioni dell'Unione europea - ETS),

impegna il Governo:

a) a sostenere la proposta di revisione della direttiva 2003/96/CE avanzata dalla Commissione, incoraggiando la Commissione stessa, come suggerito dagli esperti di Green Budget Europe:
1) ad alzare le aliquote minime in modo progressivo attraverso gli anni, ma significativo e deciso, in modo da incentivare un'intensa innovazione tecnologica e dare il tempo a produttori e consumatori di adattare le loro scelte di consumo e investimento;
2) a eliminare tutte le esenzioni, agevolazioni e riduzioni fiscali richieste dagli Stati Membri, in modo progressivo ma rapido;
3) a scollegare i livelli minimi della tassazione dell'energia dai prezzi della CO2 derivanti dal mercato degli ETS finché questi non avranno superato i problemi di volatilità e scarso impatto sulla riduzione della CO2;
b) ad avviare la revisione dei trattati internazionali che prevedono l'esenzione dalle accise sui carburanti sui trasporti aerei e navali internazionali;
c) ad avviare un intenso dibattito sul modo di impiegare le imposte per promuovere la transizione verso un'economia sostenibile;
d) a considerare e a valutare come la tassazione dell'energia e delle risorse possa consentire di ridurre di molti punti la tassazione dei cittadini e delle imprese, riorientando la crescita nel senso della sostenibilità e dei limiti di carico del pianeta;
e) a tenere conto degli ultimi sviluppi europei di questo settore, nella fattispecie l'introduzione negli Stati membri delle tasse sui rifiuti, sui sacchetti di plastica e sui biglietti aerei, come descritto dall'Agenzia Europea dell'Ambiente nella Conferenza organizzata dal Ministero dell'economia e delle finanze del 15 dicembre 2011 «Tasse con Impatto Ambientale e Riforma Fiscale».
9/4623-A/6. Zamparutti, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco.

La Camera,
premesso che:
la Commissione europea ha presentato la proposta di revisione della direttiva 2003/96/CE (in appresso la «direttiva sulla tassazione dell'energia») per far sì che gli Stati membri utilizzino al meglio, nel nuovo quadro strategico, uno strumento esistente. Una tassazione più razionale e mirata dell'energia contribuirà, in maniera neutra sotto il profilo tecnologico, a rendere il consumo di energia più pulito ed efficiente, tutto a vantaggio della crescita sostenibile;
la proposta, in sintesi, mira a riequilibrare l'onere fiscale tra i vari combustibili, comprese le energie rinnovabili, in modo oggettivo (in base al contenuto energetico e alle emissioni di CO2); e a istituire un quadro normativo per la tassazione della CO2 nel mercato interno e in tal modo fissare un prezzo per le emissioni di CO2 che non sono coperte dal sistema di scambio delle quote di emissioni dell'UE;
la proposta s'inserisce inoltre perfettamente nel dibattito sulla ristrutturazione e sull'ammodernamento dei regimi fiscali, attualmente in corso nell'ambito delle strategie nazionali per uscire dalla crisi economico-finanziaria. Essa indica inoltre la strada per migliorare il modo di generare introiti, nello spirito della strategia Europa 2020 e in accordo con la necessità di incoraggiare un'adeguata ripresa economica e la creazione di posti di lavoro. La proposta non mira tanto ad aumentare il gettito fiscale quanto a riequilibrare l'onere tra le diverse fonti d'energia e i vari consumatori d'energia (partecipanti e non al sistema di scambio di quote di emissioni dell'Unione europea - ETS),

impegna il Governo:

a) a valutare l'opportunità di sostenere la proposta di revisione della direttiva 2003/96/CE avanzata dalla Commissione, incoraggiando la Commissione stessa, come suggerito dagli esperti di Green Budget Europe:
1) ad alzare le aliquote minime in modo progressivo attraverso gli anni, ma significativo e deciso, in modo da incentivare un'intensa innovazione tecnologica e dare il tempo a produttori e consumatori di adattare le loro scelte di consumo e investimento;
2) a eliminare tutte le esenzioni, agevolazioni e riduzioni fiscali richieste dagli Stati Membri, in modo progressivo ma rapido;
3) a scollegare i livelli minimi della tassazione dell'energia dai prezzi della CO2 derivanti dal mercato degli ETS finché questi non avranno superato i problemi di volatilità e scarso impatto sulla riduzione della CO2;
b) ad avviare la revisione dei trattati internazionali che prevedono l'esenzione dalle accise sui carburanti sui trasporti aerei e navali internazionali;
c) ad avviare un intenso dibattito sul modo di impiegare le imposte per promuovere la transizione verso un'economia sostenibile;
d) a considerare e a valutare come la tassazione dell'energia e delle risorse possa consentire di ridurre di molti punti la tassazione dei cittadini e delle imprese, riorientando la crescita nel senso della sostenibilità e dei limiti di carico del pianeta;
e) a tenere conto degli ultimi sviluppi europei di questo settore, nella fattispecie l'introduzione negli Stati membri delle tasse sui rifiuti, sui sacchetti di plastica e sui biglietti aerei, come descritto dall'Agenzia Europea dell'Ambiente nella Conferenza organizzata dal Ministero dell'economia e delle finanze del 15 dicembre 2011 «Tasse con Impatto Ambientale e Riforma Fiscale».
9/4623-A/6.(Testo modificato nel corso della seduta)Zamparutti, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca, tra la altre, anche una delega per introdurre entro il 2013 nell'ordinamento italiano il contenuto della direttiva europea 2010/75/UE, la quale stabilisce norme riguardanti la prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento proveniente da attività industriali molto pesanti;
in particolare la direttiva stabilisce regole rigide in materia di controlli e sanzioni sull'inquinamento dell'ambiente causato da attività industriali in impianti di combustione, in impianti di incenerimento e coincenerimento di rifiuti, in installazioni che usano solventi organici e in installazioni che producono biossido di titanio;
la regolazione di questa delicata materia è tanto più importante in Italia poiché il nostro Paese risente tuttora della pesantissima eredità, in termini di danni causati all'ambiente e all'ecosistema oltre che alla salute dei cittadini, delle molte attività industriali fortemente inquinanti dismesse nel corso degli ultimi vent'anni;
come riportato dal recente congresso dell'Ordine dei geologi della Campania, sono quantificabili in oltre 9 milioni gli italiani che vivono su terreni contaminati, mentre porti, ex miniere, cave e discariche non conformi alla legislazione rappresentano addirittura il 3 per cento dell'intero territorio nazionale;
in Italia vi sono 54 siti industriali dismessi classificati come «siti di interesse nazionale» (SIN) in cui, in base al decreto del Ministro dell'ambiente n. 471 del 1999 e successive modificazioni, gli interventi di bonifica sono stabiliti con provvedimenti di carattere nazionale (primo tra tutti il decreto Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 18 settembre 2001, n. 468, recante: «Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale») che prevedono finanziamenti statali al fianco di quelli regionali;
tuttavia in molte di queste aree, di fatto non essendo mai stati del tutto avviati gli interventi di bonifica e recupero, si registrano ancora i postumi della presenza di sostanze inquinanti presenti in tutte le attività produttive cessate di varia natura e pericolosità, con il conseguente rischio di contaminazione del suolo, del sottosuolo e delle acque di falda e di superficie;
bisogna inoltre considerare che molti di questi SIN (si pensi tra tutti al litorale domizio e alla costa meridionale della Puglia) si trovano in aree costiere che sono di grande pregio naturalistico-ambientale e di grande importanza per lo sviluppo del turismo, che è una delle maggiori fonti di reddito nel Mezzogiorno,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità, nell'ambito della fase di concreta attuazione della direttiva europea richiamata in premessa, di ulteriori interventi che consentano nuove e più efficienti forme di coordinamento degli interventi di competenza statale per la definitiva chiusura delle opere di bonifica e recupero dei SIN;
nello specifico, a garantire massima attenzione allo specifico tema dei SIN ricadenti in aree costiere, ciò anche al fine di tutelare tratti di mare di enorme bellezza e di altrettanto enorme importanza economico-turistica.
9/4623-A/7. Cosenza.

La Camera,
premesso che:
uno degli obiettivi principali dell'Unione europea è la politica di integrazione nell'area del Mediterraneo;
molte delle norme previste nella legge comunitaria 2011 in esame vanno in questa direzione e colgono questo spirito;
l'obiettivo dell'integrazione nel Mediterraneo dell'Europa è particolarmente urgente e di grande attualità dopo i recenti sconvolgimenti politici che hanno interessato Libia, Egitto, Tunisia e più in generale l'intera area del Medio-Oriente;
l'Italia è sede dell'agenzia ONU per lo sviluppo industriale: UNIDO che può svolgere un ruolo fondamentale per la crescita di imprenditoria diffusa nei paesi in via di sviluppo ed in particolare nel Mediterraneo nell'interesse dell'Europa e del nostro Paese;
l'Organizzazione delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Industriale (UNIDO), è l'agenzia specializzata delle Nazioni Unite che assiste i paesi in via di sviluppo (PVS) ed i paesi in transizione al fine di favorire uno sviluppo industriale sostenibile e la cooperazione internazionale tra imprese. Con i suoi 46 uffici nei paesi in via di sviluppo ed in collaborazione con i 173 paesi membri, UNIDO persegue tale scopo attraverso la mobilitazione di risorse umane, conoscitive e tecnologiche in grado di favorire l'occupazione produttiva ed uno sviluppo economico attento alle problematiche ecologiche ed ambientali;
l'UNIDO ITPO Italy (Ufficio per la promozione tecnologica e degli investimenti), con sede a Roma, opera dal 1987 in virtù di un accordo siglato nel 1985 tra UNIDO HQs ed il Governo italiano;
l'Ufficio per la promozione tecnologica e degli investimenti (ITPO Italy), ha il mandato di favorire lo sviluppo industriale e la crescita economica dei PVS identificando e mobilizzando risorse tecniche, finanziarie e manageriali al fine di rafforzare la competitività economica, l'occupazione e la tutela dell'ambiente;
in questi anni, l'UNIDO ITPO Italy è divenuto un fondamentale punto di riferimento per il mondo imprenditoriale italiano, le istituzioni e le agenzie specializzate nello sviluppo del settore privato, e le attività di cooperazione poste in essere spaziano dal Bacino del Mediterraneo all'Asia, dall'America Latina all'Africa Sub-Sahariana;
l'Ufficio si avvale inoltre di una rete di strutture analoghe operanti a livello europeo che agisce in qualità di network, una vera e propria piattaforma internazionale in grado di catalizzare a livello multilaterale le migliori tecnologie esistenti, promuovendo, a livello globale, il settore privato dei PVS al fine di conseguire il raggiungimento degli obbiettivi del millennio definiti dalle Nazioni Unite. In particolar modo, considerata la natura di promozione economica, industriale ma altresì sociale della missione dell'UNIDO, l'ITPO Italy contribuisce direttamente al raggiungimento dei seguenti obbiettivi:
obbiettivo 1: eliminare la povertà estrema e la fame, concorrendo attraverso la cooperazione industriale con le imprese dei paesi in via di sviluppo alla promozione e al rafforzamento delle relazioni economiche ed industriali tra tali paesi e l'Italia, e a dimezzare entro il 2015, la percentuale di persone che vivono con meno di un dollaro al giorno;
obiettivo 3: promuovere l'uguaglianza fra i sessi e conferire potere e responsabilità alle donne favorendo attraverso programmi di formazione ed assistenza tecnica la partecipazione delle donne al mondo del lavoro e alle attività di impresa;
obiettivo 7: assicurare la sostenibilità ambientale attraverso l'introduzione di tecnologie pulite e la promozione di energie rinnovabili, invertendo la tendenza al depauperamento delle risorse naturali;
obiettivo 8: sviluppare una partnership globale per lo sviluppo attraverso programmi di assistenza tecnica rivolti ad incrementare l'accesso di beni e prodotti provenienti dai PVS sui mercati internazionali rendendoli partecipi delle opportunità e dei processi di liberalizzazione del mercato globale, favorendo altresì, in questo contesto, la cooperazione industriale tra le imprese italiane e le imprese dei paesi in via di sviluppo e contribuendo alla promozione e al rafforzamento delle relazioni economiche ed industriali tra tali paesi e l'Italia;
l'UNIDO ITPO Italy si impegna a raggiungere detti obbiettivi attraverso lo sviluppo del settore agroindustriale e attraverso la promozione di tecniche e tecnologie di raccolta, conservazione, lavorazione e confezionamento di origine italiana, volte a minimizzare le perdite agricole post-raccolto e ad aumentare il valore aggiunto e la competitività dei generi alimentari prodotti. L'Ufficio concentra, altresì, i suoi sforzi nella diffusione di tecnologie ecosostenibili ed efficienti, utili a garantire nei PVS uno sviluppo economico/industriale attento alle tematiche ambientali ed all'efficienza energetica. Parimenti, l'UNIDO ITPO Italy ha avviato specifici programmi di sviluppo industriale volti a coinvolgere tutti quei settori ove l'Italia eccelle a livello mondiale, quali: l'agroalimentare, il tessile, il conciario-calzaturiero. Tale impegno, focalizzato sulle forti complementarietà e potenzialità di interazione fra il settore industriale italiano e le specificità delle economie dei PVS e dei paesi in transizione, si fonda, in prevalenza, sulla logica paritaria della promozione del partenariato industriale, sul miglioramento degli standard ecologici e qualitativi e sulle attività di assistenza tecnica e capacity building alle istituzioni nazionali e settoriali presenti nei paesi in questione;
l'Ufficio persegue tali scopi, in stretta collaborazione con il Ministero degli affari esteri e la Direzione generale cooperazione allo sviluppo, attraverso l'erogazione di servizi gratuiti destinati alle imprese ed alle istituzioni specializzate operanti nei suddetti paesi;
l'UNIDO ITPO Italy in particolare è specializzato nell'erogazione dei seguenti servizi:
1) raccolta e diffusione dei dati relativi a: quadro macroeconomico dei Paesi di riferimento, indicatori di sviluppo dei settori produttivi, leggi e norme che regolano e facilitano gli investimenti stranieri, capacità tecnologiche disponibili nei Paesi destinatari dei progetti industriali individuati;
2) identificazione e promozione di progetti industriali:
raccolta e verifica di dati relativi alle proposte di collaborazione industriale;
sistematica attività di ricerca di controparti interessate ad accordi di natura economica ed industriale;
organizzazione di delegazioni imprenditoriali a fiere specializzate e a fora di investimenti;
organizzazione di incontri business to business;
assistenza alle negoziazioni;
3) study tour: organizzazione di missioni tecniche per approfondimenti specialistici relativi allo sviluppo industriale e d'impresa (ad esempio, visite di studio ai distretti industriali italiani, ai consorzi export e a tutte quelle realtà produttive che caratterizzano l'eccellenza del made in Italy);
4) programma delegati: UNIDO ITPO Italy ospita presso i suoi uffici rappresentanti dei PVS, identificati tra funzionari appartenenti a controparti istituzionali, al fine di supportare il trasferimento di conoscenze e le attività promozionali a favore dei paesi di origine. Durante il periodo di permanenza i delegati possono giovarsi di corsi di formazione relativi agli strumenti ed alle metodologie di UNIDO;
5) definizione ed implementazione di programmi di assistenza tecnica per lo sviluppo di specifici settori industriali; assistenza al consolidamento dei servizi offerti dalle associazioni industriali, artigianali e delle camere di commercio; facilitazione di contatti con istituzioni che operano a sostegno delle PMI a livello nazionale ed internazionale; promozione dei settori produttivi e delle opportunità di investimento nei PVS attraverso seminari, tavole rotonde e newsletter di carattere economico ed industriale;
negli ultimi anni è drasticamente diminuito il finanziamento erogato per le attività della struttura fino a mettere in seria discussione la sua stessa sussistenza;
in considerazione dei recenti sconvolgimenti che hanno portato alla caduta dei regimi antidemocratici nell'area del Mediterraneo e a tutte le conseguenze che tali avvenimenti hanno avuto come ricaduta sul sistema produttivo italiano fortemente presente in questa area così cruciale per il nostro Paese sia per ciò che riguarda le esportazione di prodotti e tecnologia che per gli investimenti diretti nell'area, minacciata dal perdurare di una situazione di incertezza e instabilità che inevitabilmente si riverbera sul quadro economico e sociale determinando il verificarsi di flussi migratori importanti e di difficile gestione del nostro Paese in questo frangente macroeconomico;
considerato inoltre il progressivo affermarsi su tali mercati ed in quelli dell'Africa Sub-Sahariana della presenza economica di vecchi e nuovi competitors economici del nostro Paese (Cina, India, Turchia) e delle potenzialità rappresentate per il nostro settore manifatturiero da questi mercati a forte e rapida espansione;
considerato il ruolo stabilizzatore e di motore del progresso sociale e democratico che lo sviluppo del settore privato riveste in queste economie, e tenuto conto del ruolo che l'Italia, in considerazione della sua posizione strategica, può e deve giocare nel bacino del Mediterraneo ed in Africa in generale in termini di cooperazione allo sviluppo ed espansione e globalizzazione del suo sistema economico;
considerata l'imminente realizzazione di uno spazio comune di libero scambio tra i paesi dell'area del Mediterraneo in grado di competere in termini di produttività e qualità della produzione industriale con i principali mercati emergenti;
considerato l'impegno del nostro Paese a favorire politiche di pace e di sostegno al lavoro, all'occupazione, al progresso economico, alla salvaguardia dell'ambiente; tematiche direttamente concernenti le attività di cooperazione economica ed industriale poste in essere dall'UNIDO ITPO Italy,

impegna il Governo:

a valorizzare le funzioni primarie ed indifferibili di questo organismo (UNIDO ITPO Italy), quale strumento di sviluppo economico ed umano nei PVS, unitamente al ruolo di accrescimento delle capacità e del primato delle industrie e delle tecnologie italiane in aree sempre più importanti e strategicamente vitali per il nostro Paese dal punto di vista economico ed imprenditoriale;
a sostenere concretamente il raggiungimento degli Obbiettivi del millennio e del benessere socio-economico delle popolazioni dei paesi in via di sviluppo anche attraverso la stabilizzazione ed il potenziamento della struttura dell'UNIDO ITPO Italy sotto l'egida del Ministero degli affari esteri;
a garantire il finanziamento stabile della struttura e delle attività di UNIDO ITPO Italy valutando la possibilità di svincolarlo dall'attuale logica di incertezza conseguente a finanziamenti annuali che ne minano alla base le potenzialità di programmazione su medio e lungo termine, orizzonte naturale per il dispiegamento di attività complesse volte alla creazione di benessere sociale ed economico.
9/4623-A/8. Vannucci.

La Camera,
premesso che,
nel maggio del 2011 si sono svolti ad Istanbul i lavori che hanno portato alla stesura di un testo per una «Convenzione europea per la prevenzione e la lotta alla violenza sulle donne», un trattato che rappresenterebbe il primo strumento giuridicamente vincolante in Europa per la creazione di un quadro giuridico completo per combattere la violenza tramite la prevenzione, l'azione giudiziaria e il supporto alle vittime;
nel testo di tale Convenzione sono indicate una serie di misure che gli Stati devono adottare per prevenire la violenza, proteggere le vittime e perseguire gli autori dei reati: è previsto in particolare che siano sanzionate le violenze contro le donne, i matrimoni forzati, le mutilazioni genitali, lo stalking, le violenze fisiche, psicologiche e sessuali, ed è altresì prevista la creazione di un sistema di monitoraggio;
tale Convenzione - aperta alla firma di tutti i membri del Consiglio d'Europa, degli Stati non membri che hanno partecipato alla sua elaborazione, nonché della stessa Unione europea - ad oggi è stata firmata da 18 Stati, tra i quali figurano la Germania, la Francia, l'Austria, la Grecia, la Spagna, la Norvegia, il Portogallo, mentre per la sua entrata in vigore occorre raggiungere il numero di 10 ratifiche, inclusi 8 stati membri del Consiglio d'Europa;
nel provvedimento in esame è stata inserita nell'allegato B la direttiva 2011/36/UE concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, che pur rappresentando un significativo passo in avanti anche sul piano della tutela delle donne contro questa specifica forma di violenza, non è ancora sufficiente a garantire una tutela più generale contro ogni forma di violenza;
né l'Italia né l'Unione europea hanno sino ad oggi firmato la suddetta Convenzione, né ovviamente proceduto alla sua ratifica,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile nelle opportune sedi europee al fine di favorire in tempi brevi la firma e la ratifica da parte dell'Unione europea della suddetta Convenzione, provvedendo altresì ad apporre la firma italiana e conseguentemente a sottoporre il provvedimento al Parlamento italiano per la sua ratifica.
9/4623-A/9. Villecco Calipari, Cenni, Livia Turco, Bossa, Pes, Lenzi, Servodio, Garavini, Schirru, D'Incecco, Siragusa, Motta, Gnecchi, De Biasi, Lo Moro, Gozi, Coscia, Capano, Perina, Angela Napoli, Rubinato, Samperi, Mattesini, Mosca, Madia, Argentin, Albini, Braga, Ghizzoni, Mogherini Rebesani, Sbrollini, Di Giuseppe, Zampa, Gatti, Saltamartini, Bergamini, De Pasquale, Anna Teresa Formisano, Capitanio Santolini, Mura, Rivolta, Negro, Comaroli, Pastore, Munerato, Fabi, Froner, Gatti, Murer, Pollastrini, Marchioni, Paladini, Codurelli.

La Camera,
premesso che:
la direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali sia tra imprese, sia tra imprese e pubbliche amministrazioni, introduce il rispetto di vincoli temporali più stringenti al fine di realizzare la tempestività dei pagamenti e garantire il corretto funzionamento del mercato interno, favorendo in tal modo la competitività delle imprese e in particolare delle PMI;
con l'articolo 14 della legge comunitaria 2011 viene recepito l'art, 3 della suddetta direttiva quanto ai rapporti tra imprese, mentre si delega il Governo ad adottare la normativa interna attinente ai pagamenti della Pubblica Amministrazione entro il 16 gennaio 2013, anticipando di due mesi la scadenza dei termini di recepimento rispetto a quanto previsto dalla direttiva (16 marzo 2013);
nel 2010 i pagamenti della pubblica amministrazione sono arrivati a una media di oltre centocinquanta giorni di ritardo rispetto ai quarantacinque giorni dei clienti privati mentre il recepimento della direttiva imporrebbe un termine massimo di 30 giorni, con possibilità di deroga solo in ipotesi eccezionali e fino a un termine massimo di 60 giorni;
la Pubblica Amministrazione ha un debito pregresso con le imprese dai 60 ai 70 miliardi di euro e tale inadempimento costituisce uno degli elementi che deprime la crescita, incide sulla competitività delle imprese italiane accentuando, in questa contingenza economica, le particolari difficoltà soprattutto di piccole e medie aziende, che soffrono più di altre la recessione e la stretta creditizia;
la necessità di assicurare un'effettiva puntualità nei pagamenti e di garantire una priorità in favore delle PMI costituisce uno degli scopi principali della suddetta direttiva (articolo 1); i considerando 3, 4 e 6 della medesima, richiamando le raccomandazioni della Commissione europea «Small Business Act» del 25 giugno del 2008, segnalano la necessità «di creare un contesto giuridico ed economico che favorisca la puntualità dei pagamenti nelle transazioni commerciali», osservando come nell'alleviare problemi di liquidità «alle pubbliche amministrazioni spetti una particolare responsabilità al riguardo»;
il documento «Le prossime tappe per la crescita e l'occupazione», presentato dal Presidente della Commissione europea al recente Consiglio europeo al 30 gennaio 2012, inserisce tra le misure volte a promuovere la crescita e la competitività delle imprese la necessaria riduzione dei ritardi nei pagamenti;
le proposte della Commissione europea hanno trovato accoglimento nelle conclusioni nel Consiglio europeo del 30 gennaio 2012, in particolare laddove si sottolinea la necessità di concentrarsi fin da ora su un'azione di risanamento favorevole alla crescita e alla creazione di posti di lavoro, in grado di incrementare il finanziamento dell'economia, in particolare delle PMI - che rappresentano la spina dorsale del successo economico europeo - ribadendo la necessità di assumere misure atte a superare l'attuale contrazione del credito e a ridurre i ritardi nei pagamenti;
la ripresa della crescita economica e lo sviluppo di una maggiore competitività delle imprese non può prescindere da una radicale riforma dei tempi di pagamento alle imprese, soprattutto da parte delle P.A.; appare necessario anticipare l'adeguamento del nostro ordinamento interno alla suddetta direttiva, recependola nella sua completezza, sia per quanto attiene alle transazioni fra imprese che alle transazioni fra imprese e P.A, al fine di onorare con tempi certi gli obblighi per i pagamenti futuri;
parimenti, occorre predisporre procedure e misure in grado di estinguere, seppure gradualmente, la mole dei crediti pregressi delle imprese nei confronti delle pubbliche amministrazioni. In tal senso provvede, anche se ancora parzialmente, l'articolo 35 del cosiddetto «decreto liberalizzazioni» (decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1) mediante la predisposizione di una serie di strumenti finalizzati ad estinguere una parte dei debiti pregressi delle amministrazioni statali, mediante anche il ricorso ai titoli di stato, destinando allo scopo circa 4,7 miliardi per i crediti maturati entro il 31 dicembre 2011,

impegna il Governo:

ad anticipare i tempi per l'attuazione della suddetta direttiva europea nella sua interezza sostenendo in tal modo un contesto favorevole alla ripresa del sistema produttivo, in accoglimento degli orientamenti contenuti nei recenti documenti della Commissione e del Consiglio europeo;
a reperire le risorse economiche necessarie ad esercitare la delega prevista dall'articolo 14 della legge comunitaria 2011, al fine di rispettare l'obbligo di onorare i futuri pagamenti;
a predisporre ulteriori misure che, facendo seguito a quanto già previsto nel cosiddetto «decreto liberalizzazioni», concorrano ad estinguere i debiti pregressi e a garantire la tempestività dei pagamenti; a tal fine, valutare la possibilità di attivare linee specifiche dedicate allo smobilizzo di risorse per i pagamenti della P.A. presso istituti di credito, mediante accordi specifici con costi limitati e garanzie automatiche; di introdurre meccanismi in grado di far rispettare i nuovi parametri previsti dalla direttiva in esame, come sistemi di premialità per le amministrazioni virtuose, nonché l'accantonamento di postazioni di bilancio nell'ambito delle pubbliche amministrazioni, al fine di riservare una quota di risorse per i pagamenti alle PMI, colpite maggiormente dalla recessione e dalla stretta creditizia.
9/4623-A/10. Gozi, Lulli, Baretta, Misiani, Vannucci, Beltrandi, Mariani.

La Camera,
premesso che:
la direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali sia tra imprese, sia tra imprese e pubbliche amministrazioni, introduce il rispetto di vincoli temporali più stringenti al fine di realizzare la tempestività dei pagamenti e garantire il corretto funzionamento del mercato interno, favorendo in tal modo la competitività delle imprese e in particolare delle PMI;
con l'articolo 14 della legge comunitaria 2011 viene recepito l'art, 3 della suddetta direttiva quanto ai rapporti tra imprese, mentre si delega il Governo ad adottare la normativa interna attinente ai pagamenti della Pubblica Amministrazione entro il 16 gennaio 2013, anticipando di due mesi la scadenza dei termini di recepimento rispetto a quanto previsto dalla direttiva (16 marzo 2013);
nel 2010 i pagamenti della pubblica amministrazione sono arrivati a una media di oltre centocinquanta giorni di ritardo rispetto ai quarantacinque giorni dei clienti privati mentre il recepimento della direttiva imporrebbe un termine massimo di 30 giorni, con possibilità di deroga solo in ipotesi eccezionali e fino a un termine massimo di 60 giorni;
la Pubblica Amministrazione ha un debito pregresso con le imprese dai 60 ai 70 miliardi di euro e tale inadempimento costituisce uno degli elementi che deprime la crescita, incide sulla competitività delle imprese italiane accentuando, in questa contingenza economica, le particolari difficoltà soprattutto di piccole e medie aziende, che soffrono più di altre la recessione e la stretta creditizia;
la necessità di assicurare un'effettiva puntualità nei pagamenti e di garantire una priorità in favore delle PMI costituisce uno degli scopi principali della suddetta direttiva (articolo 1); i considerando 3, 4 e 6 della medesima, richiamando le raccomandazioni della Commissione europea «Small Business Act» del 25 giugno del 2008, segnalano la necessità «di creare un contesto giuridico ed economico che favorisca la puntualità dei pagamenti nelle transazioni commerciali», osservando come nell'alleviare problemi di liquidità «alle pubbliche amministrazioni spetti una particolare responsabilità al riguardo»;
il documento «Le prossime tappe per la crescita e l'occupazione», presentato dal Presidente della Commissione europea al recente Consiglio europeo al 30 gennaio 2012, inserisce tra le misure volte a promuovere la crescita e la competitività delle imprese la necessaria riduzione dei ritardi nei pagamenti;
le proposte della Commissione europea hanno trovato accoglimento nelle conclusioni nel Consiglio europeo del 30 gennaio 2012, in particolare laddove si sottolinea la necessità di concentrarsi fin da ora su un'azione di risanamento favorevole alla crescita e alla creazione di posti di lavoro, in grado di incrementare il finanziamento dell'economia, in particolare delle PMI - che rappresentano la spina dorsale del successo economico europeo - ribadendo la necessità di assumere misure atte a superare l'attuale contrazione del credito e a ridurre i ritardi nei pagamenti;
la ripresa della crescita economica e lo sviluppo di una maggiore competitività delle imprese non può prescindere da una radicale riforma dei tempi di pagamento alle imprese, soprattutto da parte delle P.A.; appare necessario anticipare l'adeguamento del nostro ordinamento interno alla suddetta direttiva, recependola nella sua completezza, sia per quanto attiene alle transazioni fra imprese che alle transazioni fra imprese e P.A, al fine di onorare con tempi certi gli obblighi per i pagamenti futuri;
parimenti, occorre predisporre procedure e misure in grado di estinguere, seppure gradualmente, la mole dei crediti pregressi delle imprese nei confronti delle pubbliche amministrazioni. In tal senso provvede, anche se ancora parzialmente, l'articolo 35 del cosiddetto «decreto liberalizzazioni» (decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1) mediante la predisposizione di una serie di strumenti finalizzati ad estinguere una parte dei debiti pregressi delle amministrazioni statali, mediante anche il ricorso ai titoli di stato, destinando allo scopo circa 4,7 miliardi per i crediti maturati entro il 31 dicembre 2011,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di anticipare i tempi per l'attuazione della suddetta direttiva europea nella sua interezza sostenendo in tal modo un contesto favorevole alla ripresa del sistema produttivo, in accoglimento degli orientamenti contenuti nei recenti documenti della Commissione e del Consiglio europeo;
a reperire le risorse economiche necessarie ad esercitare la delega prevista dall'articolo 14 della legge comunitaria 2011, al fine di rispettare l'obbligo di onorare i futuri pagamenti;
a predisporre ulteriori misure che, facendo seguito a quanto già previsto nel cosiddetto «decreto liberalizzazioni», concorrano ad estinguere i debiti pregressi e a garantire la tempestività dei pagamenti; a tal fine, valutare la possibilità di attivare linee specifiche dedicate allo smobilizzo di risorse per i pagamenti della P.A. presso istituti di credito, mediante accordi specifici con costi limitati e garanzie automatiche; di introdurre meccanismi in grado di far rispettare i nuovi parametri previsti dalla direttiva in esame, come sistemi di premialità per le amministrazioni virtuose, nonché l'accantonamento di postazioni di bilancio nell'ambito delle pubbliche amministrazioni, al fine di riservare una quota di risorse per i pagamenti alle PMI, colpite maggiormente dalla recessione e dalla stretta creditizia.
9/4623-A/10.(Testo modificato nel corso della seduta)Gozi, Lulli, Baretta, Misiani, Vannucci, Beltrandi, Mariani, Codurelli, Lovelli, Marco Carra.

La Camera,
premesso che:
l'introduzione nel nostro ordinamento della legge comunitaria annuale come strumento in grado di assicurare il costante e tempestivo recepimento della normativa comunitaria è un atto che dovrebbe permettere una maggiore certezza nell'organizzazione della futura legislazione;
l'approvazione della legge comunitaria annuale ed il contestuale esame della relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea nella fase discendente diventano, in particolare, il momento per compiere, in sede parlamentare, una verifica complessiva dell'adempimento di tutti gli obblighi comunitari da parte dell'Italia;
la storia dell'Europa è da sempre legata ai principi derivanti dalla cultura e dall'etica cristiana, per cui è necessario affermare le comuni radici cristiane che legano i Paesi dell'Unione europea anche nell'affermazione degli obblighi ai quali sono chiamati i singoli stati;
riconoscere l'importanza di tali tradizioni, memoria storica della civiltà e delle radici europee, da trasmettere anche alle future generazioni, rappresenta un momento di fondamentale unione e crescita democratica per il processo di integrazione europeo,

impegna il Governo

affinché si adoperi nelle sedi opportune per far sì che nei Trattati europei sia previsto un riferimento specifico alle radici cristiane che costituiscono un elemento fondamentale della civiltà europea.
9/4623-A/11. Garagnani.

La Camera,
premesso che:
i consumatori chiedono, ormai da anni, chiarezza e informazione, in particolare nella materia alimentare, assai delicata e strettamente correlata alla salute umana;
le cattive pratiche produttive e commerciali di alcune aziende, nonché le notizie preoccupanti che arrivano, in alcune circostanze, sui rischi connessi ai cibi, con una legislazione e controlli non sufficienti, non mettono il cittadino nella condizione di potere esercitare liberamente le proprie scelte;
particolare allarme desta, poi, l'utilizzo, ormai massiccio, di sostanze chimiche, quali additivi per cibi e bevande destinati all'alimentazione umana, nonostante la loro inutilità per l'alimentazione umana, nonché, per alcuni di essi, la certa o presunta cancerogenicità, l'impiego di tali additivi è ammesso e regolato dalla normativa comunitaria (direttiva 89/107/CEE del 21 dicembre 1988 del Consiglio);
tale utilizzo è giustificato per lo più per meri calcoli commerciali ed economici, nonostante molte ricerche scientifiche abbiano evidenziato i pericoli per la salute umana per via di tali additivi;
non si può dimenticare, in tal senso, la ricerca dell'Università di Southampton (Inghilterra), che evidenziò come certi coloranti, in combinazione con il conservante benzoato di sodio, possano provocare, anche nella fascia di età tra i 3 e i 10 anni, alterazioni di comportamento e perdita di concentrazione;
ciò che appare incomprensibile è che molti Paesi, tra i quali gli Stati Uniti, la Norvegia, l'Australia, l'Austria e altri ancora, abbiano proibito l'uso di moltissimi coloranti e additivi in quanto pericolosi e che, al contrario, l'uso degli stessi sia consentito dalle norme comunitarie;
appare del tutto evidente, di conseguenza, che, stante la particolare attenzione che si è sempre posta nel nostro Paese in materia di controlli alimentari, non si può più ritardare un intervento risolutivo su questa materia,

impegna il Governo

a verificare la possibilità di adottare tutte le iniziative di competenza, con gli strumenti normativi atti allo scopo, al fine di individuare gli additivi dannosi o presunti tali per la salute umana, in maniera tale da proibirne l'utilizzo da parte dei produttori e la vendita da parte dei commercianti in tutti i prodotti alimentari, facendo quindi cadere, ove esistesse, la limitazione ai soli prodotti destinati ai bambini.
9/4623-A/12. Scilipoti.

La Camera,
premesso che:
14 settembre 2011 il Governo ha accolto l'ordine del giorno n 9/4612/49 con il quale si impegnava l'esecutivo ad accelerare il recepimento della direttiva 2010/45/UE del 13 luglio 2010, concernente la cosiddetta «IVA di cassa» entro la fine dell'anno in corso, aiutando il sistema imprenditoriale italiano ad avere una maggiore liquidità;
purtroppo l'IVA è stata aumentata ulteriormente in una situazione molto difficile per famiglie e imprese;
questa direttiva rappresenterebbe una boccata d'ossigeno per il sistema delle imprese;
l'IVA di cassa, con il recepimento della direttiva si rivolgerebbe a tutte le imprese con volume di affari fino a 500 mila euro, innalzabili a 2 milioni di euro previa consultazione del Comitato IVA,

impegna il Governo

a dare seguito all'impegno già assunto in sede di approvazione del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 138 del 2011, accelerando il recepimento della direttiva 2010/45/UE del 13 luglio 2010, il prima possibile aiutando il sistema imprenditoriale italiano ad avere una maggiore liquidità.
9/4623-A/13. Burtone.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legislativo 31 marzo 1998, n. 114, stabilisce i principi e le norme generali sull'esercizio dell'attività commerciale con l'obiettivo di garantire la trasparenza del mercato, la concorrenza, la libertà di impresa e la libera circolazione delle merci oltre a quello di tutelare il consumatore dal punto di vista dell'informazione, alla vicinanza degli esercizi commerciali, all'assortimento e alla sicurezza dei prodotti;
la lettera g) del comma 2 dell'articolo 4 esclude dal decreto i pescatori e le cooperative di pescatori che vendano al pubblico, al dettaglio, i prodotti ittici provenienti esclusivamente dall'esercizio della loro attività;
sarebbe opportuno, fatte salve le disposizioni vigenti in materia di sicurezza, igienico-sanitaria, di etichettatura e fiscale, al fine di incrementare il reddito dei produttori, favorire l'accorciamento della filiera e la diversificazione multifunzionale dell'impresa ittica, garantendo ai consumatori la freschezza dei prodotti e contribuendo alla promozione del consumo delle specie minori;
la filiera corta consentirebbe inoltre acquisti selettivi e premierebbe una scelta attenta al gusto, ma anche alle ragioni economiche in quanto abbatte tutti i costi di distribuzione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di modificare la normativa vigente in materia consentendo ai pescatori e alle cooperative di pescatori di poter vendere al pubblico, al dettaglio, i prodotti ittici provenienti esclusivamente dall'esercizio della loro attività prevedendo, a tutela delle informazioni al consumatore e per evitare conflitti e distorsioni nell'interpretazione delle norme, l'armonizzazione della normativa nazionale con quella comunitaria in materia di tracciabilità nella filiera ittica, poiché la materia è stata già disciplinata dall'articolo 58 del Reg. 1224 del 2009.
9/4623-A/14. Ciccanti, Delfino.

La Camera,
premesso che:
nel Programma comunitario SFOP 1994/1999, relativo alla creazione di un Fondo di garanzia, è previsto l'utilizzo di un contributo chiamato «Accesso al credito di capitali»;
tale contributo è destinato a promuovere il miglioramento, l'ammodernamento e la crescita imprenditoriale attraverso l'accesso al credito ai mercati finanziari e creditizi;
scopo dello SFOP è contribuire al conseguimento degli obiettivi della politica comune della pesca;
esso sostiene le azioni strutturali nel settore della pesca, dell'acquacoltura e della trasformazione e commercializzazione di loro prodotti;
la ristrutturazione del settore è così promossa, creando condizioni propizie al suo sviluppo e alla sua modernizzazione,

impegna il Governo

ad intraprendere le misure necessarie al fine del rafforzamento e consolidamento delle misure previste dai programmi di intervento strutturale per un reale sostegno al mondo imprenditoriale, in particolare quello del settore ittico.
9/4623-A/15. Delfino, Ciccanti.

La Camera,
premesso che:
la direttiva 2006/123/CE, in materia di servizi del mercato interno, meglio nota come «direttiva Bolkestein», reca disposizioni miranti a regolamentare la libera circolazione dei servizi tra gli Stati membri e la libertà di stabilimento delle attività economiche di servizi;
il suindicato provvedimento, recepito definitivamente dall'ordinamento italiano con il decreto-legislativo 26 marzo del 2010, n. 59, si configura come una direttiva-quadro, che dispone norme di portata generale nonché principi operativi, riconoscendo ai singoli Stati membri le modalità nonché i tempi di applicazione degli stessi;
in particolare, le disposizioni in oggetto, con l'obiettivo di salvaguardare l'impatto del commercio ambulante sulle aree pubbliche, introducono significativi limiti all'eccesso e all'operatività nel settore, basato sul principio della disponibilità di suolo pubblico destinata dagli strumenti urbanistici all'esercizio dell'attività stessa;
all'articolo 16 il provvedimento irrigidisce il sistema autorizzatorio, in particolare al comma 4 non viene riconosciuta la dinamica di proroga automatica ai titoli autorizzatori scaduti, creando delle oggettive difficoltà operative agli oltre 160.000 operatori ambulanti e microimprese operanti nel settore;
alle suindicate criticità si aggiungono ulteriori relative al portato dell'articolo 70, comma 1, del medesimo provvedimento, in materia di riconoscimento di titoli autorizzatori alle società di capitali operanti nel settore del commercio ambulante,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere, nei prossimi provvedimenti, le necessarie iniziative dirette a modificare l'articolo 16 del decreto legislativo n. 59 del 2010, riconoscendo l'estraneità della categoria dei commercianti su area pubblica alle disposizioni della direttiva europea, e dirette a modificare l'articolo 70 del decreto legislativo n. 59 del 2010 al fine di prevedere che l'attività di commercio al dettaglio su aree pubbliche sia riservata esclusivamente alle imprese individuali e alle società di persone.
9/4623-A/16. Di Biagio, Muro.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame introduce una serie di disposizioni inerenti gli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alla Comunità Europea, introducendo all'articolo 1 una delega al Governo per l'attuazione di direttive comunitarie;
lo scorso 12 ottobre 2011 la Commissione Europea ha emanato un progetto di riforma della politica agraria comune (PAC) per il periodo 2014-2020, all'interno di un quadro di proposte relative al piano di indirizzamento delle risorse finanziarie;
le misure proposte risultano di fatto altamente penalizzanti per l'Italia, che subirà una riduzione complessiva dei finanziamenti pari a circa il 18 per cento delle attuali disponibilità, di cui un 12 per cento è dovuto alla contrazione delle risorse disponibili complessivamente, mentre un 6 per cento è dovuto al calcolo della convergenza;
in particolare il calcolo della c.d. «convergenza» risulta altamente penalizzante per il nostro Paese per via dei criteri di riferimento adottati per il calcolo stesso, giacché si è utilizzato come unico parametro di riferimento la sola SAU (superficie agricola utilizzata) ammissibile ai premi della PAC 2009, dunque considerando solo il 70 per cento e non il 100 per cento delle superfici coltivate;
ulteriori perplessità interessano la definizione di «agricoltore attivo» e i parametri di accesso alle contributo per il greening, previsto nella nuova suddivisione dei pagamenti diretti, nonché sul rischio che tale suddivisione determini un incremento degli impegni burocratici a carico degli agricoltori, che renderebbero più complesso l'accesso ai finanziamenti;
la diminuzione degli aiuti diretti destinati agli agricoltori italiani ammonterebbe a circa 285 milioni di euro tra il 2013 e il 2019 e moltissime aziende agricole vedrebbero seriamente compromesso il proprio futuro, con conseguenti criticità sul piano occupazionale, nonché sul prestigio e il primato del marchio made in Italy nel mondo,

impegna il Governo

a valutare l'eventualità di intraprendere tutte le misure necessarie affinché il recepimento delle misure proposte nella nuova PAC tengano in conto le specificità della realtà mediterranea, in particolare italiana, e la sua lunga e consolidata tradizione agricola, anche al fine di consentire un'opportuna ed equilibrata definizione del concetto di «agricoltore attivo» e dei parametri di accesso al contributo per il greening e di evitare che, dalle nuove misure, derivino maggiori impegni e oneri burocratici per gli attori coinvolti.
9/4623-A/17. Muro, Di Biagio.

La Camera,
premesso che:
l'ammodernamento del nostro sistema giudiziario passa anche attraverso l'adeguamento del diritto - penale, civile e processuale - agli standard comuni europei e internazionali, presupposto necessario e imprescindibile affinché sia meglio coniugata la lotta alla criminalità con la tutela dei diritti fondamentali e prosegua il processo di armonizzazione di istituti e procedure degli Stati membri dell'Unione europea;
il mancato recepimento di alcune decisioni-quadro dell'Unione europea in materia di giustizia ha determinato un ritardo del nostro Paese nel processo di adattamento e di ridefinizione degli strumenti normativi definiti a livello europeo;
in particolare, non hanno ancora trovato attuazione la decisione-quadro 2003/577/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa all'esecuzione nell'Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio, e la decisione-quadro 2006/783/GAI del Consiglio, del 6 ottobre 2006, relativa al reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca, per le quali sono già scaduti i termini di attuazione, e delle quali la finalità principale è di realizzare, in modo uniforme sul territorio europeo, un efficace contrasto alla formazione dei profitti economici della criminalità organizzata;
la delega per il recepimento della decisione-quadro 2006/783/GAI era contenuta nell'articolo 50 della legge 7 luglio 2009, n. 88 (legge comunitaria 2008), ma il termine previsto dalla medesima legge per l'esercizio della delega è trascorso senza che sia stato adottato dal Governo il necessario decreto legislativo di attuazione;
anche la Commissione europea, chiamata a controllare l'attuazione della decisione quadro 2006/783/GAI e la sua osservanza da parte degli Stati membri, in una relazione del febbraio 2010 e in una comunicazione dell'agosto 2010, ha invitato i Paesi che non hanno ancora emanato la legislazione a provvedere in tal senso, mettendo in luce come uno scarso livello di attuazione della normativa contenuta nella decisione quadro, unitamente alla permanenza di ostacoli burocratici, impedisca il reciproco riconoscimento delle sentenze concernenti la confisca;
in altre occasioni parlamentari è stata sollecitata l'urgenza del recepimento di tale decisione quadro; la mancanza di una normativa di attuazione rende difficoltosa la collaborazione fra le nostre autorità giudiziarie e quelle degli altri Stati membri e pregiudica un'efficace azione di contrasto del crimine transfrontaliero; l'esecuzione all'estero dei provvedimenti di confisca dei proventi di reato, compresi i patrimoni della mafia e delle altre organizzazioni criminali, costituisce uno strumento di contrasto fondamentale e insostituibile ed è un obiettivo che l'Italia dovrebbe inserire tra le priorità di azione, anche in considerazione del rientro di cospicue risorse che lo strumento della confisca consente, quanto mai opportuno in un momento di grave crisi economico-finanziaria,

impegna il Governo

a presentare entro tre mesi un'iniziativa legislativa volta la recepimento della decisione-quadro 2006/783/GAI del Consiglio, del 6 ottobre 2006, relativa al reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca, e la decisione-quadro 2003/577/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa all'esecuzione nell'Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio.
9/4623-A/18. Garavini, Ferranti, Bossa, Burtone, Genovese, Marchi, Andrea Orlando, Piccolo, Veltroni, Samperi, Gozi.

La Camera,
premesso che:
l'allungamento dei tempi di pagamento è causa di fallimento di attività economicamente sane, quali quelle di tante piccole e medie imprese, oltre che causa di fallimento di numerosi liberi professionisti, assimilati agli imprenditori sotto questo particolare punto di vista;
ciò è grave in sé stesso perché viola lo stato di diritto, ma ancor di più è grave in un momento di grave crisi economica in cui gli imprenditori capaci, i migliori, sono gravemente penalizzati, sino alla perdita dello status ed all'uscita dal mercato per fatti non imputabili a loro scelte, incapacità o comportamenti;
non si conoscono stime attendibili degli importi dovuti e pagati in ritardo tra privati, ma il fenomeno è imponente poiché in Italia le PMI sono circa 4,5 milioni. L'importo è sicuramente notevole ed è un importo di cui le imprese, soprattutto quelle piccole, devono farsi carico per far fronte alla mancanza di liquidità provocata dal ritardo nell'incasso delle fatture emesse soprattutto nei confronti della grande impresa italiana;
questa situazione, diffusissima in Italia, costringe molte aziende a ricorrere a prestiti bancari per finanziare l'attività. A questo extraonere sono da includere anche i costi delle risorse umane impegnate nel sollecito dei pagamenti, o quelli da sostenere quando si è costretti a rivolgersi ad un legale o ad una società di recupero crediti;
la giustizia, in Italia, versa in uno stato drammatico, uno stato tale da non garantire alcuna giustizia ad imprenditori seri, capaci e onesti, ed i tempi della giustizia civile sono una delle prime cause di mancati investimenti stranieri nel nostro paese;
sempre il cattivo funzionamento della giustizia civile pesa sul sistema delle imprese per circa l'1 per cento del PIL;
le aziende private, soprattutto i piccoli e medi imprenditori, vantano complessivamente, nei confronti della pubblica amministrazione, crediti non ancora riscossi per una somma che sfiora i 90 miliardi di euro. Una situazione che non ha eguali in Europa;
molto è stato fatto da questo Governo il quale, meritoriamente, ha iniziato a reperire risorse per effettuare i pagamenti, come imposto dal codice civile e dalla normativa comunitaria, inserendo nel provvedimento in esame al Senato, il disegno di legge S 3110, di conversione del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, sulle liberalizzazioni, 5,7 miliardi di euro per iniziare un piano di rientro dal debito della P. A. verso i privati;
secondo una ricerca effettuata dall'Ue è emerso, soprattutto in Italia, che i ritardi di pagamento imputabili alle grandi imprese si verificano con una frequenza doppia rispetto a quelli addebitabili alle piccole imprese. Inoltre, la durata delle dilazioni è doppia nel caso dei pagamenti effettuati dalle grandi imprese alle PMI, rispetto a quelli effettuati da queste ultime alle grandi imprese;
in conseguenza di quanto descritto, si consideri che tra il 2008 ed il 2011 sono fallite oltre 39.500 imprese, generando il pericolo che si verifichi un aumento dell'usura e del numero di infiltrazioni malavitose nel nostro sistema economico;
nel 2011, quasi un fallimento su tre è stato causato dai ritardi nei pagamenti. A fronte di 11.615 imprenditori italiani che hanno portato i libri contabili in Tribunale, circa 3.600 (pari al 31 per cento del totale) lo hanno fatto a causa dell'impossibilità di incassare in tempi ragionevoli le proprie spettanze. Una situazione, purtroppo, che non ha eguali in Europa;
se in Italia fallisce il 31 per cento delle imprese, la percentuale di aziende che in Europa falliscono a causa dei ritardati pagamenti è pari al 25 per cento del totale. Se teniamo conto che nel nostro Paese i ritardi superano la media europea di 26 giorni, si stima che la nostra media nazionale oltrepassa il 30 per cento del totale europeo;
indubbiamente anche la crisi economica ha contribuito ad aggravare questa situazione. Infatti, il trend dei ritardi avvenuto in Italia in questi ultimi 4 anni è quasi raddoppiato (+97,5 per cento). Se, infatti, nel 2008 la media era di 27 giorni, l'anno scorso gli imprenditori italiani sono stati pagati mediamente con 53 giorni di ritardo. Se poi si tiene conto che i tempi medi effettivi di pagamento che si registrano in Italia sono i più elevati d'Europa (180 giorni se il committente è la pubblica amministrazione, 103 giorni se il committente è un'azienda privata), la situazione che si è sviluppata in questi ultimi anni è drammatica: tra il 2008 ed il 2011 hanno fallito in numero assoluto oltre 39.500 aziende;
pur riconoscendo che questo Governo ha dimostrato ottime intenzioni con riguardo ai pagamenti della P.A. verso i privati, è necessario che recepisca quanto prima la direttiva europea contro il ritardo nei pagamenti. La mancanza di liquidità sta facendo crescere il numero degli «sfiduciati», ovvero di quegli imprenditori che hanno deciso, nonostante i grossi problemi che si sono accumulati in questi ultimi anni, di non ricorrere all'aiuto di una banca;
si consideri, altresì, che il mancato pagamento del crediti costa alle imprese attorno ai 10 miliardi di euro l'anno. Un importo di cui le imprese, soprattutto quelle piccole, devono farsi carico per far fronte alla mancanza di liquidità provocata dal ritardo nell'incasso delle fatture. Questa situazione, diffusissima in Italia, costringe molte aziende a ricorrere a prestiti bancari per finanziare l'attività. In questo extraonere sono da includere anche i costi delle risorse umane impegnate nel sollecito dei pagamenti, o quelli da sostenere quando si è costretti a rivolgersi ad un legale o ad una società di recupero crediti;
quella descritta è una situazione critica la quale, benché aggravata dalle problematiche di mercato, ha portato a una catena di eventi drammatici con decine di casi di suicidio tra gli imprenditori;
i casi di suicidi per crediti sono particolarmente odiosi perché sono il frutto di violazioni di legge, violazione che lo Stato avrebbe il dovere di impedire sia per una ordinata convivenza sociale, sia per evitare che il disordine si trasformi in tragedia,

impegna il Governo:

ad adottare quanto prima il provvedimento di recepimento della nuova disciplina comunitaria in ordine al ritardo nei pagamenti e, nel frattempo, a proseguire nell'opera meritoria e necessaria di saldo di quanto dovuto dalla P.A. a numerosissime imprese private, soprattutto piccole e medie;
a studiare gli opportuni provvedimenti per facilitare i pagamenti tra privati, a partire da una efficace riforma della giustizia, e comunque ad aprire un tavolo di consultazione con i rappresentanti delle categorie interessate per approfondire le problematiche collegate alla questione addotta;
a provvedere ad uno studio specifico della filiera produttiva, al fine di verificare quanto corrisponda al vero il fatto che le grandi imprese utilizzino le PMI come una sorta di banca, soprattutto nel confronti di quegli imprenditori gergalmente detti «terzocontisti», poiché il ritardato pagamento del credito, oltretutto connotato da un termine finale incerto, è del tutto assimilabile ai reperimento di risorse finanziarie normalmente devolute all'opera di imprese specializzate in ciò, ovvero le banche e gli altri istituti finanziari, generando un onere ingiusto e insopportabile a danno della parte più debole della transazione commerciale avvenuta.
9/4623-A/19. Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
l'ultimo Consiglio Europeo ha portato alla definizione dell'Accordo di stabilità a condizioni che tengono conto delle peculiari esigenze dell'Italia e consentono vincoli ragionevoli per il rientro dell'extradebito del nostro Paese;
si è contemporaneamente deciso di aprire il confronto sui temi della crescita, del lavoro, dell'occupazione, della competitività e del completamento del mercato interno, in particolare di quello dei servizi;
è stata sostanzialmente accolta l'impostazione contenuta nella mozione approvata dalla Camera dei deputati il 25 gennaio scorso;
con l'azione efficace del Governo, sostenuta dal Parlamento, l'Italia è tornata ad affermarsi come protagonista del processo decisionale europeo, come «parte della soluzione» piuttosto che solo come «parte del problema»,

impegna il Governo:

a rilanciare con forza la visione dell'Europa come famiglia di popoli in cammino verso un'unione sempre più stretta;
a riprendere e rafforzare l'idea politica dell'Europa;
a sostenere in questo contesto in ogni sede opportuna, anche nei futuri Trattati, l'importanza delle comuni radici culturali greche, romane e giudaico cristiane dell'Europa.
9/4623-A/20. Volontè, Buttiglione, Casini, Cesa, Ciccanti, Adornato, Binetti, Bonciani, Bosi, Calgaro, Capitanio Santolini, Carlucci, Carra, Cera, Compagnon, De Poli, Delfino, Dionisi, D'Ippolito Vitale, Anna Teresa Formisano, Galletti, Libè, Lusetti, Mantini, Marcazzan, Mereu, Ricardo Antonio Merlo, Mondello, Naro, Occhiuto, Pezzotta, Poli, Rao, Ria, Ruggeri, Tassone, Nunzio Francesco Testa, Volontè, Zinzi.

La Camera,
premesso che:
il principio delle 3 R (Reduction, Refinement, Replacement) è ampiamente condivisibile ed è auspicabile rendere possibile l'adozione, nelle procedure sperimentali, di metodi alternativi all'uso di animali vivi che siano tuttavia scientificamente giustificati, tecnicamente realizzabili, nonché validati dalle competenti Autorità a livello internazionale;
nonostante i continui progressi delle tecniche e delle conoscenze, l'impiego degli animali a fini scientifici, purtroppo, oggi continua ad essere necessario e vincolato a precisi obblighi richiesti dalle disposizioni vigenti;
l'articolo 16 del provvedimento in esame, nel prevedere ulteriori principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre del 2010, sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici, presenta, tuttavia, delle forti criticità, in quanto, pur in un'ottica condivisibile di salvaguardia della salute degli animali, introduce limiti e restrizioni eccessive che potrebbero, di fatto, ostacolare pesantemente le attività di ricerca nel nostro Paese;
esistono, infatti, diverse tipologie di studi sperimentali - condotti per fini regolatori e, quindi imposti per legge - che non consentono di ricorrere all'anestesia o analgesia perché ritenute per l'animale più traumatiche di quanto possa essere il test da eseguire oppure incompatibili con la natura e lo scopo della procedura sperimentale;
ogni condizionamento restrittivo introdotto soltanto nel nostro Paese costringerebbe le imprese a spostare all'estero le proprie attività di sperimentazione essenziali ed imprescindibili per portare a termine le fasi precliniche dello sviluppo dei medicinali;
inoltre, vietare l'allevamento su tutto il territorio nazionale di primati, cani e gatti destinati alla sperimentazione come previsto dalla lettera c) del comma 1 del citato articolo, oltre a determinare una contrazione dei posti di lavoro per il settore interessato, imporrebbe a chi svolge attività sperimentale di acquistare all'estero gli animali e comporterebbe un maggiore stress per gli animali correlato al viaggio ed al trasporto e non certo in una diminuzione del loro numero impiegato,

impegna il Governo

a tener conto, nell'emanazione dei successivi decreti, delle criticità evidenziate in premessa anche al fine di valutare l'opportunità di escludere dal divieto di cui alla lettera f) del comma 1 dell'articolo 16 del provvedimento in esame le prove sperimentali che risultino obbligatorie sulla base di legislazioni o da farmacopee nazionali o internazionali.
9/4623-A/21. Patarino.

La Camera,
ricordato come l'articolo 14 dia attuazione ad un'importante direttiva relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali;
ricordato, altresì, che il fenomeno riveste particolare importanza nei rapporti tra imprese e pubbliche amministrazioni, ragion per cui risulterebbe opportuno disporre di una rilevazione dell'ammontare dei crediti vantati dalle prime nei confronti delle seconde ed allo stato non ancora onorati,

impegna il Governo

ad adottare ogni opportuna iniziativa volta a favorire, da parte delle singole amministrazioni pubbliche, la ricognizione dei debiti esistenti e non ancora onorati, alla data del 31 dicembre 2011, nei confronti del sistema delle imprese, al fine di fornire al Parlamento i relativi risultati.
9/4623-A/22. Contento.

La Camera,
premesso che:
la direttiva 2011/7/UE interviene sulla materia dei ritardi di pagamento disponendo, tra l'altro, l'abrogazione, a decorrere dal 16 marzo 2013, della normativa previgente nell'ordinamento comunitario (direttiva 2000/35/CE);
la direttiva 2011/7/UE, entrata in vigore il 15 marzo 2011, indica quale termine per il recepimento nel diritto interno degli Stati membri il 16 marzo 2013;
in sede comunitaria è stata avanzata la proposta di anticipare de facto di un anno il recepimento di tale direttiva negli ordinamenti nazionali, in considerazione del rilievo e dell'urgenza della materia oggetto della direttiva - lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali -;
la stessa proposta è prevista nell'Allegato all'Analisi annuale della crescita 2012 (COM(2011)815 def. del 23 novembre 2011) il documento della Commissione UE che segna l'inizio del semestre europeo di governance economica 2012;
la questione è di tale importanza che l'anticipo di un anno per il recepimento di tale direttiva in esame è considerato, dalle Istituzioni comunitarie, «funzionale all'accrescimento del potenziale di crescita economica dell'Area e costituisce una specifica misura di aiuto nei confronti delle PMI»;
la problematica dei ritardati pagamenti delle pubbliche amministrazioni nelle transazioni commerciali ha assunto, soprattutto in Italia, dimensioni sempre più gravi e preoccupanti, causando forti stress finanziari, in particolar modo alle piccole e medie imprese che, nella maggior parte dei casi, godono di scarso potere contrattuale; secondo un recente studio della Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa, il ritardo medio nei pagamenti delle pubbliche amministrazioni è di 158 giorni, contro una media europea di 68; i ritardi, talora, superano i due anni e mezzo; secondo l'ABI, l'esposizione delle imprese nei confronti della pubblica amministrazione si può stimare pari a circa 50/60 miliardi di euro, con ricadute negative sul cash flow delle aziende, distorsioni nella concorrenza e ostacoli all'integrazione economica e al commercio transfrontaliero; la Confindustria parla di ritardati pagamenti per non meno di 9 miliardi di euro;
nel testo originario del disegno di legge, la direttiva 2011/7/UE era contenuta in allegato B; in quella data la Commissione Bilancio - nella seduta del 25 ottobre 2011 - ha deliberato di riferire favorevolmente sulla legge comunitaria al nostro esame con una condizione volta a richiedere, al fine di garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, che stabilisce l'obbligo di copertura finanziaria, la soppressione dall'allegato B della direttiva 2011/7/UE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali;
successivamente con l'articolo 14 del disegno di legge al nostro esame - e con la contemporanea eliminazione della direttiva 2011/7/UE dall'allegato B - si è data diretta attuazione all'articolo 3 della direttiva solo per i debiti commerciali tra imprese, delegando il Governo all'adozione entro il 16 gennaio 2013 dei decreti legislativi per l'attuazione della direttiva contro i ritardi di pagamento nella transazioni commerciali tra imprese e pubbliche amministrazioni;
da ultimo la Commissione Bilancio ha tuttavia espresso parere favorevole al testo del disegno del legge in esame a condizione che, per garantire il rispetto del comma quarto dell'articolo 81 della Costituzione, sia soppresso l'articolo 14;
tuttavia, se in tal modo si rispetta l'articolo 81 della Costituzione, non si dà alcuna risposta al problema più urgente per il mondo produttivo, in particolare per le piccole e medie imprese: la necessità di provvedere - nel tempo più breve possibile, compatibilmente con i vincoli di bilancio e con gli accordi assunti in sede comunitaria - a rimborsare i crediti delle imprese nei confronti di tutto il settore pubblico, un problema enorme che sottrae ingenti volumi di liquidità al settore produttivo con conseguenze gravissime: la chiusura di molte aziende, il licenziamento dei lavoratori, la disperazione degli imprenditori e delle loro famiglie;
oggi - come è stato sottolineato da autorevoli Centri di ricerca - «il debito commerciale è venuto crescendo in particolare in capo a quei soggetti istituzionali (Regioni, Province, Comuni) verso i quali andavano spostandosi competenze crescenti non accompagnate da adeguati trasferimenti di risorse nonché alle ASL i cui costi crescevano nel tempo più dei flussi di finanziamento per l'evoluzione della composizione della popolazione e per la cresciuta domanda di tutela della salute»;
la legislazione vigente - il decreto legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e successive integrazioni e modificazioni, prevede la ricognizione dei debiti «certi, liquidi ed esigibili» della pubblica amministrazione verso le imprese fornitrici di beni e servizi funzionale a favorire l'accelerazione dei pagamenti consentendo all'impresa la cessione pro soluto a favore di banche o intermediari finanziari riconosciuti dalla legislazione vigente del credito verso la Pubblica Amministrazione;
la norma consente alle P.A. locali di utilizzare una parte delle risorse spendibili nell'esercizio, ma entro gli stretti vincoli posti alla finanza regionale e locale dal decreto legge n. 112 del 2008; la «certificazione», «su istanza del creditore di somme dovute per somministrazioni, forniture e appalti» è, infatti, una «facoltà» dell'amministrazione; non è una ricognizione esaustiva della situazione finanziaria dell'ente ma solo una diversa modalità di pagamento;
l'articolo 10 della legge 11 novembre 2011, n. 180 (c.d. Statuto delle imprese), ha già conferito al Governo la delega per adottare entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge predetta un decreto legislativo recante modifiche del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, per l'integrale recepimento della direttiva 2011/7/UE;
appare essenziale nelle more consentire, nell'ambito di una integrale ricognizione di tali pendenze - una ricostruzione della situazione dell'indebitamento commerciale, funzionale a quantificare le effettive esigenze delle amministrazioni e ad individuare le risorse necessarie ai governi regionali e locali per «finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite»;
studiosi attenti della materia hanno di recente sottolineato che in regime di «autonomia finanziaria di entrata e di spesa» una errata individuazione del pregresso rischia non solo di porre problemi per far fronte al debito sommerso - o di determinare situazioni di surplus per alcuni enti - ma di determinare una base di calcolo delle risorse necessarie a regime che non sarà semplice modificare in un secondo tempo e che segnerà il corso della successiva gestione di quella istituzione;
appare essenziale separare nettamente il problema della ricostruzione del debito delle istituzioni regionali e locali da quello dei pagamenti conseguenti;
una esatta individuazione della dimensione dell'indebitamento commerciale della P.A. nei confronti delle imprese è la premessa per elaborare una soluzione corretta volta a garantire la fluidità di tali pagamenti e ridare vita al tessuto produttivo del Paese in un momento di crisi dei mercati e di razionamento del credito alle imprese;
è necessario, senza indugio, porre le basi concrete per dare piena attuazione alla citata direttiva per contrastare in modo particolare il fenomeno dei ritardati pagamenti della pubblica amministrazione nei confronti di imprese,

impegna il Governo:

ad emanare disposizioni regolamentari entro breve termine dall'entrata in vigore della legge comunitaria al nostro esame per garantire, entro il primo semestre del 2012, la generale ricognizione dei debiti commerciali di tutte le pubbliche amministrazioni, compresi gli enti territoriali, verso le imprese, in particolare verso le PMI; la ricognizione dovrà essere opportunamente accompagnata dall'accertamento - motivato - della validità e titolarità del credito; inoltre, le pubbliche amministrazioni dovranno inviare entro e non oltre il primo semestre del 2012 al Ministero dell'economia e delle finanze l'elenco dei singoli crediti certi, liquidi ed esigibili delle imprese nei loro confronti che prevedono non possano essere pagati entro la data del 31 dicembre 2012;
a stabilire, nelle medesime disposizioni regolamentari, i contenuti essenziali del predetto motivato accertamento affinché questo consenta di valutare la congruità dei predetti crediti, sia sotto il profilo del quantum che della qualità, con particolare riguardo alla valutazione dell'equilibrio economico tra le prestazioni corrispettive;
ad individuare i soggetti e le modalità idonei ad assicurare, anche con la previsione di sanzioni amministrative, disciplinari e penali, la veridicità di tale accertamento;
a definire, sulla base della predetta ricognizione, l'avvio, entro la fine dell'anno in corso, di un piano straordinario pluriennale per il rientro dei debiti commerciali pregressi delle pubbliche amministrazioni, in particolare verso le piccole e medie imprese; il piano dovrà essere concordato in sede europea secondo principi di leale collaborazione e trasparenza e tenuto conto della prevista prossima entrata in vigore di ulteriori vincoli di bilancio;
a prevedere che il piano citato contenga la classificazione dei debiti pregressi a seconda che siano congrui, ovvero determinati da inefficienze amministrative e/o da eccessi nella gestione, ovvero risultino, in tutto o in parte, determinati da costi delle prestazioni o dei beni eccedenti quelli medi rilevati in sede di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard, e ciò allo scopo di individuare in modo congruo l'ammontare dell'importo effettivamente riconoscibile;
a indicare con chiarezza le risorse necessarie ed erogabili in tempi certi per la copertura del rientro e le modalità per procedere al rimborso dei crediti, prevedendo espressamente che questo possa essere realizzato anche tramite compensazione di adempimenti tributari e/o contributivi, nonché mediante cessione pro soluto a favore di banche o intermediari finanziari;
a disporre espressamente l'intervento della Cassa depositi e prestiti come concessionario di ultima istanza, in particolare allorché condizioni di credit crunch rendessero difficile o troppo onerosa la cessione del credito agli intermediari privati;
a fissare tempi certi per il rimborso, sostenibili per le imprese ed in particolare per le PMI;
con riferimento ai debiti commerciali degli enti locali in particolare, a definire le modalità con le quali gli stessi enti, ove abbiano disponibilità di tesoreria in cassa, possano provvedere, anche in deroga al patto di stabilità interno, al pagamento di fatture per opere pubbliche e forniture eseguite da piccole e medie imprese, il cui termine di pagamento, contrattualmente stabilito, sia scaduto da oltre due mesi;
a prevedere, considerata la definitività del piano di rientro per i debiti progressi, le modalità per accertare e sanzionare l'eventuale mancato rispetto dello stesso da parte dei singoli enti ed amministrazioni.
9/4623-A/23. Rubinato, Baretta, Vannucci, Duilio, Nannicini, Servodio, Gozi, Farinone, Lulli.

La Camera,
premesso che:
la direttiva 2011/7/UE interviene sulla materia dei ritardi di pagamento disponendo, tra l'altro, l'abrogazione, a decorrere dal 16 marzo 2013, della normativa previgente nell'ordinamento comunitario (direttiva 2000/35/CE);
la direttiva 2011/7/UE, entrata in vigore il 15 marzo 2011, indica quale termine per il recepimento nel diritto interno degli Stati membri il 16 marzo 2013;
in sede comunitaria è stata avanzata la proposta di anticipare de facto di un anno il recepimento di tale direttiva negli ordinamenti nazionali, in considerazione del rilievo e dell'urgenza della materia oggetto della direttiva - lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali -;
la stessa proposta è prevista nell'Allegato all'Analisi annuale della crescita 2012 (COM(2011)815 def. del 23 novembre 2011) il documento della Commissione UE che segna l'inizio del semestre europeo di governance economica 2012;
la questione è di tale importanza che l'anticipo di un anno per il recepimento di tale direttiva in esame è considerato, dalle Istituzioni comunitarie, «funzionale all'accrescimento del potenziale di crescita economica dell'Area e costituisce una specifica misura di aiuto nei confronti delle PMI»;
la problematica dei ritardati pagamenti delle pubbliche amministrazioni nelle transazioni commerciali ha assunto, soprattutto in Italia, dimensioni sempre più gravi e preoccupanti, causando forti stress finanziari, in particolar modo alle piccole e medie imprese che, nella maggior parte dei casi, godono di scarso potere contrattuale; secondo un recente studio della Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa, il ritardo medio nei pagamenti delle pubbliche amministrazioni è di 158 giorni, contro una media europea di 68; i ritardi, talora, superano i due anni e mezzo; secondo l'ABI, l'esposizione delle imprese nei confronti della pubblica amministrazione si può stimare pari a circa 50/60 miliardi di euro, con ricadute negative sul cash flow delle aziende, distorsioni nella concorrenza e ostacoli all'integrazione economica e al commercio transfrontaliero; la Confindustria parla di ritardati pagamenti per non meno di 9 miliardi di euro;
nel testo originario del disegno di legge, la direttiva 2011/7/UE era contenuta in allegato B; in quella data la Commissione Bilancio - nella seduta del 25 ottobre 2011 - ha deliberato di riferire favorevolmente sulla legge comunitaria al nostro esame con una condizione volta a richiedere, al fine di garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, che stabilisce l'obbligo di copertura finanziaria, la soppressione dall'allegato B della direttiva 2011/7/UE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali;
successivamente con l'articolo 14 del disegno di legge al nostro esame - e con la contemporanea eliminazione della direttiva 2011/7/UE dall'allegato B - si è data diretta attuazione all'articolo 3 della direttiva solo per i debiti commerciali tra imprese, delegando il Governo all'adozione entro il 16 gennaio 2013 dei decreti legislativi per l'attuazione della direttiva contro i ritardi di pagamento nella transazioni commerciali tra imprese e pubbliche amministrazioni;
da ultimo la Commissione Bilancio ha tuttavia espresso parere favorevole al testo del disegno del legge in esame a condizione che, per garantire il rispetto del comma quarto dell'articolo 81 della Costituzione, sia soppresso l'articolo 14;
tuttavia, se in tal modo si rispetta l'articolo 81 della Costituzione, non si dà alcuna risposta al problema più urgente per il mondo produttivo, in particolare per le piccole e medie imprese: la necessità di provvedere - nel tempo più breve possibile, compatibilmente con i vincoli di bilancio e con gli accordi assunti in sede comunitaria - a rimborsare i crediti delle imprese nei confronti di tutto il settore pubblico, un problema enorme che sottrae ingenti volumi di liquidità al settore produttivo con conseguenze gravissime: la chiusura di molte aziende, il licenziamento dei lavoratori, la disperazione degli imprenditori e delle loro famiglie;
oggi - come è stato sottolineato da autorevoli Centri di ricerca - «il debito commerciale è venuto crescendo in particolare in capo a quei soggetti istituzionali (Regioni, Province, Comuni) verso i quali andavano spostandosi competenze crescenti non accompagnate da adeguati trasferimenti di risorse nonché alle ASL i cui costi crescevano nel tempo più dei flussi di finanziamento per l'evoluzione della composizione della popolazione e per la cresciuta domanda di tutela della salute»;
la legislazione vigente - il decreto legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e successive integrazioni e modificazioni, prevede la ricognizione dei debiti «certi, liquidi ed esigibili» della pubblica amministrazione verso le imprese fornitrici di beni e servizi funzionale a favorire l'accelerazione dei pagamenti consentendo all'impresa la cessione pro soluto a favore di banche o intermediari finanziari riconosciuti dalla legislazione vigente del credito verso la Pubblica Amministrazione;
la norma consente alle P.A. locali di utilizzare una parte delle risorse spendibili nell'esercizio, ma entro gli stretti vincoli posti alla finanza regionale e locale dal decreto legge n. 112 del 2008; la «certificazione», «su istanza del creditore di somme dovute per somministrazioni, forniture e appalti» è, infatti, una «facoltà» dell'amministrazione; non è una ricognizione esaustiva della situazione finanziaria dell'ente ma solo una diversa modalità di pagamento;
l'articolo 10 della legge 11 novembre 2011, n. 180 (c.d. Statuto delle imprese), ha già conferito al Governo la delega per adottare entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge predetta un decreto legislativo recante modifiche del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, per l'integrale recepimento della direttiva 2011/7/UE;
appare essenziale nelle more consentire, nell'ambito di una integrale ricognizione di tali pendenze - una ricostruzione della situazione dell'indebitamento commerciale, funzionale a quantificare le effettive esigenze delle amministrazioni e ad individuare le risorse necessarie ai governi regionali e locali per «finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite»;
studiosi attenti della materia hanno di recente sottolineato che in regime di «autonomia finanziaria di entrata e di spesa» una errata individuazione del pregresso rischia non solo di porre problemi per far fronte al debito sommerso - o di determinare situazioni di surplus per alcuni enti - ma di determinare una base di calcolo delle risorse necessarie a regime che non sarà semplice modificare in un secondo tempo e che segnerà il corso della successiva gestione di quella istituzione;
appare essenziale separare nettamente il problema della ricostruzione del debito delle istituzioni regionali e locali da quello dei pagamenti conseguenti;
una esatta individuazione della dimensione dell'indebitamento commerciale della P.A. nei confronti delle imprese è la premessa per elaborare una soluzione corretta volta a garantire la fluidità di tali pagamenti e ridare vita al tessuto produttivo del Paese in un momento di crisi dei mercati e di razionamento del credito alle imprese;
è necessario, senza indugio, porre le basi concrete per dare piena attuazione alla citata direttiva per contrastare in modo particolare il fenomeno dei ritardati pagamenti della pubblica amministrazione nei confronti di imprese,

impegna il Governo:

ad emanare disposizioni regolamentari per garantire, entro il primo semestre del 2012, la generale ricognizione dei debiti commerciali di tutte le pubbliche amministrazioni, compresi gli enti territoriali, verso le imprese, in particolare verso le PMI; la ricognizione dovrà essere opportunamente accompagnata dall'accertamento - motivato - della validità e titolarità del credito;
a stabilire, nelle medesime disposizioni regolamentari, i contenuti essenziali del predetto motivato accertamento affinché questo consenta di valutare la congruità dei predetti crediti, sia sotto il profilo del quantum che della qualità, con particolare riguardo alla valutazione dell'equilibrio economico tra le prestazioni corrispettive;
ad individuare i soggetti e le modalità idonei ad assicurare, anche con la previsione di sanzioni amministrative, disciplinari e penali, la veridicità di tale accertamento;
a fissare tempi certi per il rimborso, sostenibili per le imprese ed in particolare per le PMI;
con riferimento ai debiti commerciali degli enti locali in particolare, a definire le modalità con le quali gli stessi enti, ove abbiano disponibilità di tesoreria in cassa, possano provvedere, anche in deroga al patto di stabilità interno, al pagamento di fatture per opere pubbliche e forniture eseguite da piccole e medie imprese, il cui termine di pagamento, contrattualmente stabilito, sia scaduto da oltre due mesi;
a prevedere, considerata la definitività del piano di rientro per i debiti progressi, le modalità per accertare e sanzionare l'eventuale mancato rispetto dello stesso da parte dei singoli enti ed amministrazioni.
9/4623-A/23.(Testo modificato nel corso della seduta)Rubinato, Baretta, Vannucci, Duilio, Nannicini, Servodio, Gozi, Farinone, Lulli, Codurelli.

La Camera,
premesso che:
soprattutto in questa contingenza economica negativa i ritardi con cui avvengono i pagamenti delle pubbliche amministrazioni stanno creando fortissimi disagi soprattutto tra le piccole e medie imprese (PMI) che non riescono a far fronte all'esposizione verso le banche e verso i loro fornitori e spesso verso i loro dipendenti;
secondo recenti stime il ritardo nei pagamenti sarebbe la causa del 31 per cento dei fallimenti delle imprese mentre in Europa tale percentuale scende al 25 per cento e questa situazione aggravata dalle problematiche di accesso al credito ha portato a una catena di suicidi tra gli imprenditori locali;
è stato riconosciuto che una delle cause alla base dell'impossibilità di poter procedere al pagamento, risiede nei vincoli del Patto di stabilità, che pone tetti invalicabili alla spesa degli enti locali che, pur avendo disponibilità finanziaria, non possono saldare i loro debiti;
secondo la CGIE di Mestre il Veneto ha un miliardo e 350 milioni di depositi nella Tesoreria unica a Roma e al tempo stesso ha dei creditori che attendono di essere pagati per opere o servizi erogati alla regione;
l'esigenze di messa in sicurezza e sostenibilità della finanza pubblica non possono tuttavia condannare il Paese alla scomparsa di realtà imprenditoriali altrimenti sane e alla perdita di lavoro per molti addetti collocati in queste piccole e medie imprese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di introdurre modifiche normative al Patto di stabilità degli enti locali volte a prevedere deroghe al rispetto dei vincoli se derivanti da pagamenti effettuati nei confronti di fornitori di beni e servizi dell'amministrazione, nonché volte ad inserire fra i parametri che fanno scattare sanzioni automatiche o premialità rispetto ai limiti del Patto, i tempi di pagamento dei fornitori.
9/4623-A/24.Galletti, Ciccanti.

La Camera,
premesso che:
la direttiva 2011/7/UE, relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, entrata in vigore il 15 marzo 2011, indica quale termine per il recepimento nel diritto interno degli Stati membri il 16 marzo 2013 (articoli 12 e 14);
nell'allegato all'analisi annuale della crescita 2012 (COM(2011)815 def. del 23 novembre 2011), è stata avanzata la proposta di anticipare de facto di un anno il recepimento di tale direttiva negli ordinamenti nazionali, in quanto tale anticipo è ritenuto funzionale all'accrescimento del potenziale di crescita economica dell'Unione e costituisce una specifica misura di aiuto nei confronti delle PMI;
i tempi medi di pagamento da parte delle pubbliche amministrazioni italiane raggiungono livelli intollerabili sia in termini comparativi sia in termini di sostenibilità per le imprese fornitrici di opere e servizi;
secondo la stima fornita dal ministro per lo sviluppo economico lo scaduto dei pagamenti raggiunge ormai le cifra di 60-80 miliardi di euro;
una delega per il recepimento della direttiva è già contenuta all'articolo 10 nella legge n. 180 del 2011 (Statuto delle imprese);
la materia è stata ulteriormente oggetto di approfondita discussione nel corso dell'esame del disegno di legge comunitaria 2011,

impegna il Governo

ad assumere le iniziative necessarie a dare rapida attuazione alla direttiva 2011/7/UE, prima del termine di recepimento, in coerenza con le indicazioni da ultimo giunte dalla Commissione europea, provvedendo nelle more a dare immediata attuazione alle disposizioni di cui all'articolo 31, comma 1-bis del decreto-legge n. 78 del 2010 (convertito con modificazioni dalla legge n. 122 del 2010) in materia di certificazione e compensazione dei crediti vantati nei confronti di amministrazioni pubbliche con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo e a quelle sulla medesima materia di cui all'articolo 13, commi da 1 a 4, della legge n. 183 del 2011, nonché, con riferimento specifico allo stock di debiti delle pubbliche amministrazioni accumulato sino ad oggi, ad individuare ulteriori meccanismi di compensazione dei crediti vantati dai privati nei confronti delle pubbliche amministrazioni con le obbligazioni di natura fiscale.
9/4623-A/25.Formichella, Bernini Bovicelli, Gottardo.

La Camera,
premesso che:
la direttiva 2011/7/UE, relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, entrata in vigore il 15 marzo 2011, indica quale termine per il recepimento nel diritto interno degli Stati membri il 16 marzo 2013 (articoli 12 e 14);
nell'allegato all'analisi annuale della crescita 2012 (COM(2011)815 def. del 23 novembre 2011), è stata avanzata la proposta di anticipare de facto di un anno il recepimento di tale direttiva negli ordinamenti nazionali, in quanto tale anticipo è ritenuto funzionale all'accrescimento del potenziale di crescita economica dell'Unione e costituisce una specifica misura di aiuto nei confronti delle PMI;
i tempi medi di pagamento da parte delle pubbliche amministrazioni italiane raggiungono livelli intollerabili sia in termini comparativi sia in termini di sostenibilità per le imprese fornitrici di opere e servizi;
secondo la stima fornita dal ministro per lo sviluppo economico lo scaduto dei pagamenti raggiunge ormai le cifra di 60-80 miliardi di euro;
una delega per il recepimento della direttiva è già contenuta all'articolo 10 nella legge n. 180 del 2011 (Statuto delle imprese);
la materia è stata ulteriormente oggetto di approfondita discussione nel corso dell'esame del disegno di legge comunitaria 2011,

impegna il Governo

ad assumere le iniziative necessarie a dare rapida attuazione alla direttiva 2011/7/UE, prima del termine di recepimento, in coerenza con le indicazioni da ultimo giunte dalla Commissione europea, provvedendo nelle more a dare immediata attuazione alle disposizioni di cui all'articolo 31, comma 1-bis del decreto-legge n. 78 del 2010 (convertito con modificazioni dalla legge n. 122 del 2010) in materia di certificazione e compensazione dei crediti vantati nei confronti di amministrazioni pubbliche con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo e a quelle sulla medesima materia di cui all'articolo 13, commi da 1 a 4, della legge n. 183 del 2011.
9/4623-A/25.(Testo modificato nel corso della seduta)Formichella, Bernini Bovicelli, Gottardo.

La Camera,
premesso che:
la sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 13 giugno 2006, Traghetti del Mediterraneo SpA (causa C-173/03), vincola l'Italia a risarcire le vittime di errori giudiziari che si verifichino per manifesta ignoranza di diritto o per evidente fraintendimento dei dati di fatto da parte del giudice; i criteri indicati dalla Corte di giustizia sembrano non contraddire quelli della legge italiana che parla di dolo o colpa grave, dato che la manifesta ignoranza di diritto o il fraintendimento di dati di fatto evidenti non possono non essere considerati una esplicitazione della colpa grave, avendo il magistrato il dovere di coltivare la propria professionalità e di considerare diligentemente tutti i dati di fatto disponibili; la sentenza della Corte di giustizia non dice nulla sulla responsabilità civile diretta del giudice autore della sentenza ed è quindi del tutto lasciato all'autonomia dello Stato membro di decidere se e in quale misura lo Stato intenda rivalersi sul magistrato autore della sentenza,

impegna il Governo

a dare pronta e corretta esecuzione alla citata sentenza e ad affrontare nelle sedi appropriate il tema della responsabilità civile dei giudici.
9/4623-A/26.Buttiglione, Costa, Gozi, Ronchi, Bernini Bovicelli, Ferranti, Rao, Mantini, Formichella, Ria, Della Vedova, Lehner, Mosella, Lanzillotta.

RELAZIONE CONSUNTIVA SULLA PARTECIPAZIONE DELL'ITALIA ALL'UNIONE EUROPEA PER L'ANNO 2010 (DOC. LXXXVII, N. 4).

Doc. LXXXVII, n. 4 - Risoluzione

RISOLUZIONE

La Camera,
esaminata la relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, relativa all'anno 2010;
considerato che:
a) il documento in esame costituisce la prima relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea presentata ai sensi del nuovo testo dell'articolo 15 della legge n. 11/2005 (Norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea), novellato dall'articolo 8 della legge comunitaria 2009 (legge n. 96/2010);
b) in coerenza con l'impostazione del nuovo articolo 15 della legge 11 del 2005, la relazione consuntiva dovrebbe fornire alle Camere gli elementi utili a valutare i principali sviluppi del processo di integrazione europea e delle politiche e della normativa dell'UE, nonché l'efficacia dell'azione del Governo nelle sedi decisionali europee e la sua coerenza con gli indirizzi definiti dal Parlamento;
c) la relazione in esame è stata trasmessa alla Camera il 19 maggio 2011, oltre quattro mesi dopo il termine del 31 gennaio entro cui essa avrebbe dovuto essere presentata ai sensi del richiamato articolo 15 della legge 11 del 2005;
d) la relazione è giunta all'attenzione dell'Assemblea della Camera con un'ulteriore forte ritardo, essendo stato l'esame della legge comunitaria 2011 avviato alla Camera soltanto il 12 ottobre 2011 in ragione del difficile e lungo iter che ha caratterizzato l'approvazione del disegno di legge comunitaria 2010 alla Camera in seconda lettura e al Senato in terza e definitiva lettura;
e) tale ritardo pregiudica in misura significativa l'utilità e l'efficacia dell'esame parlamentare dell'azione svolta dal Governo a livello europeo nell'anno 2010. Va ribadita, pertanto, l'esigenza di una rapida approvazione delle modifiche alla disciplina della legge comunitaria, prospettata dal testo di riforma della legge 11 del 2005 (C. 2854 e abbinate), approvato all'unanimità dalla Camera nella seduta del 23 marzo e attualmente all'esame del Senato (S. 2646), cui dovrebbero fare seguito le opportune modificazioni dei regolamenti parlamentari, al fine di garantire tempi di esame certi per il disegno di legge comunitaria e per la relazione consuntiva;
f) la relazione in esame presenta inoltre numerosi elementi di criticità sotto il profilo della struttura e della tecnica redazionale e risulta di non agevole lettura, anche in considerazione delle dimensioni complessive;
g) le diverse sezioni tematiche del documento sono redatte secondo criteri non omogenei e in alcuni casi non sono concentrate su aspetti strettamente attinenti alla partecipazione italiana all'Unione europea e all'azione svolta nelle sedi decisionali dal Governo;
h) la relazione precisa solo occasionalmente le iniziative assunte e i provvedimenti adottati dal Governo per dare attuazione ai numerosi atti di indirizzo approvati dalle Camere;
i) in rari casi viene altresì precisato se ed in quale modo è stato realizzato un coordinamento tra l'azione del Governo e quella delle regioni e degli enti locali, delle parti sociali e delle categorie produttive ai fini della migliore tutela dell'interesse nazionale;
j) in molti casi non sono neanche indicati le posizioni che il Governo ha tenuto nell'esame di specifici provvedimenti e questioni e gli orientamenti generali in merito allo sviluppo del processo di integrazione europea nel suo complesso,

impegna il Governo:

a) ad assicurare che le prossime relazioni consuntive annuali sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea;
siano presentate entro il termine del 31 gennaio di cui all'articolo 15 della legge n. 11 del 2005 e siano redatte secondo criteri più omogenei ed in forma più sintetica;
diano adeguatamente e specificamente conto del seguito dato dal Governo agli atti di indirizzo approvati dalle Camere in merito alla formazione delle politiche e della normativa dell'Unione europea, nonché dei casi di apposizione della riserva di esame parlamentare ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 11 del 2005;
indichino le posizioni che il Governo ha tenuto nell'esame di specifici provvedimenti e questioni e gli orientamenti generali in merito allo sviluppo del processo di integrazione europea nel suo complesso, evidenziando in quali casi e in quali materie abbia ritenuto di non doversi conformare agli indirizzi parlamentari;
b) a rafforzare le strutture del Governo incaricate di definire e rappresentare la posizione italiana nelle sedi decisionali dell'Unione europea, con particolare riguardo al Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei (CIACE), rafforzando le competenze e le risorse umane e finanziarie a sua disposizione;
c) ad accrescere la presenza dei funzionari dei ministeri e delle altre amministrazioni presso la rappresentanza italiana all'Unione europea, in maniera da consentire un più efficace lavoro ai vari tavoli in cui si svolgono i negoziati nella fase di predisposizione della normativa europea;
d) a migliorare le attività di comunicazione e informazione in materia di integrazione europea, in particolare avviando specifiche iniziative volte a promuovere la conoscenza dell'ordinamento e delle politiche europee e del loro impatto sull'Italia e promuovendo la trasmissione da parte della RAI, in fasce orarie di ascolto medio-alto, di contenuti europei appropriati sia nei tele e radiogiornali, sia nelle trasmissioni di approfondimento o divulgative.
(6-00103) «Fucci, Pescante, Gozi, Buttiglione, Razzi, Cambursano, Porcino».

INTERPELLANZE URGENTI

Delega al Governo per la salvaguardia della salute pubblica rispetto ai rischi di inquinamento nelle zone interessate da impianti, anche provvisori, per il deposito, il trattamento o lo smaltimento di rifiuti urbani e industriali - 2-01319

A)

I sottoscritti chiedono di interpellare i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute, per sapere - premesso che:
la grave situazione di emergenza che si continua a protrarre nella gestione, trattamento e smaltimento dei rifiuti in varie parti del Paese non fa che aumentare la possibilità di rischi per la salute dei cittadini;
tutto ciò contribuisce ad alimentare la sostanziale diffidenza e la sfiducia dei cittadini verso quelle istituzioni che non riescono a tutelare nella giusta misura la salute pubblica;
più in generale, non è più possibile sottovalutare il problema della salvaguardia del diritto alla salute dei cittadini da eventuali danni arrecati dall'inquinamento delle acque, del suolo e dell'aria;
più volte si è tentato di dare un assetto più organico alla legislazione vigente, in linea con quanto stanno facendo gli altri Paesi membri dell'Unione europea in materia di sicurezza ambientale e in ossequio anche al riconoscimento dell'esclusività della potestà legislativa statale sulla tutela del paesaggio da parte della Corte costituzionale;
non va dimenticato, inoltre, che tale materia ha rilevanza istituzionale, come indicato dall'articolo 32, primo comma, della Costituzione che tutela la salute come diritto fondamentale dell'individuo e della collettività;
tale problematica non può essere affrontata solo quando vi sono dei «picchi» di emergenza per poi essere lasciata nel dimenticatoio, ma è necessario affrontarla in maniera organica garantendo, in maniera compiuta, la salute pubblica;
in questo senso appare necessario arrivare ad un impegno preciso, attraverso lo strumento della delega al Governo affinché si tuteli la salute pubblica nei luoghi ove insistono o sono presenti impianti, anche provvisori, per il deposito, il trattamento o lo smaltimento dei rifiuti -:
se non si ritenga opportuno assumere iniziative normative che consentano al Governo, sull'intero territorio nazionale, di garantire la salvaguardia della salute pubblica dai rischi di inquinamento ambientale, con particolare riferimento alla falde idriche, ai terreni e alla qualità dell'aria, nelle zone ove insistono, o sono in via di realizzazione, impianti, anche provvisori, per il deposito, il trattamento o lo smaltimento di rifiuti urbani e industriali;
se non si ritenga necessario, per quanto attiene, in particolare agli impianti di selezione e trattamento dei rifiuti, ai siti adibiti a discariche, nonché agli impianti per il deposito temporaneo, attivi o da attivare, di assumere iniziative, anche normative, per assicurare:
a) la realizzazione di un sistema di monitoraggio permanente delle acque di falda delle aree interessate e comunque delle acque potabili dei comuni ubicati, in tali aree, assicurando la conoscenza dei relativi dati da parte delle popolazioni coinvolte;
b) la realizzazione di una rete di rilevamento dei gas maleodoranti (NH3-ammoniaca; H2S-acido solforico; mercaptani; VOCs-composti organici volatili) e di un sistema di allarme e di gestione degli impianti, al fine di consentire, ove necessario, il blocco di tali impianti qualora siano superate le soglie di molestia olfattiva previste dalla normativa comunitaria, assicurando, altresì, la conoscenza dei dati rilevati da parte delle popolazioni coinvolte;
c) la realizzazione di una rete di rilevamento della qualità dell'aria in grado di monitorare gli inquinanti convenzionali e i microinquinanti, in modo da valutare le eventuali perturbazioni della qualità dell'aria da essi provocata, al fine di adottare, ove necessario, adeguati provvedimenti a tutela della salute pubblica;
d) la realizzazione di termovalorizzatori alimentati con combustibile derivato da rifiuto (cdr) aventi caratteristiche chimico-fisiche conformi ai requisiti stabiliti dalla normativa di settore;
e) che i fattori di emissione degli inquinanti convenzionali (S02-anidride solforosa; NOx-collettività di ossidi di azoto; HCL-acido cloridrico; CO-monossido di carbonio e altri) e dei microinquinanti (diossine; IPA-idrocarburi policiclici aromatici; PM; metalli pesanti) dei termovalorizzatori realizzati ai sensi della lettera d) siano inferiori, rispettivamente, ad almeno un ordine e due ordini di grandezza rispetto ai valori limite stabiliti dalla legge, al fine di mitigare gli impatti ambientali degli impianti e i rischi associati per i cittadini residenti nell'area interessata;
f) che i sistemi di monitoraggio e di rilevamento di cui alle lettere a), b) e c), e le azioni di controllo sulla salute pubblica e sull'ambiente siano estesi a tutte le regioni, e, in via prioritaria, a quelle interessate dalla presenza di impianti destinati al deposito e al trattamento dei rifiuti urbani e industriali.
(2-01319) «Scilipoti, Moffa».
(17 gennaio 2012)

Elementi in merito al termovalorizzatore di Acerra (Napoli) - 2-01334

B)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere - premesso che:
la gestione dei rifiuti nella regione Campania, da troppi anni, costituisce un terreno estremamente problematico per l'azione dei pubblici poteri e, nonostante la dichiarazione legislativa della cessazione dello stato di emergenza, la permanente condizione di precarietà e la carenza di una durevole autonomia del sistema di raccolta, trattamento e smaltimento impongono, tuttora, un'attenta vigilanza da parte dello Stato;
l'attuale e operante sistema, frutto di una lunga gestione extra ordinem e relativi provvedimenti nonché dei recenti interventi normativi - decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123; decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 febbraio 2010, n. 26 - è incentrato su un sistema di discariche e sul termovalorizzatore di Acerra (Napoli), il quale, nell'anno 2011, ha bruciato seicentomila tonnellate di rifiuti, esaurendo pienamente la portata per la quale ha conseguito l'autorizzazione integrata ambientale;
il comune di Acerra e la Presidenza del Consiglio dei ministri, rappresentata dal Sottosegretario di Stato all'emergenza rifiuti in Campania, in data 26 marzo 2009, hanno sottoscritto un protocollo d'intesa con il quale veniva convenuto «un piano di interventi di tipo infrastrutturale, ambientale e sociale, volto a mitigare e, pertanto, compensare i potenziali impatti di natura sociale, ambientale e paesaggistica derivanti dalla realizzazione e dall'esercizio dell'impianto»;
il piano oggetto del protocollo d'intesa, destinato alla sostenibilità sociale dell'impianto, considerato «determinante ai fini del definitivo superamento dell'emergenza nel settore dei rifiuti» in Campania, si articolava in un «piano bonifiche «suolo/acqua», ristori ambientali, opere infrastrutturali di collegamento viario per l'accesso al termovalorizzatore, l'osservatorio ambientale, il piano occupazionale, recupero della casina Spinelli e parco archeologico e naturalistico «Calabricito», apertura sezione archeologica del museo civico con reperti ritrovati sul territorio comunale; lo sgravio energia elettrica e misure economiche incidenti sull'imposta di smaltimento dei rifiuti»;
il protocollo d'intesa, per quanto riguardava i «ristori ambientali», ribadiva, in realtà, quanto era stato in precedenza già disposto con le ordinanze della Presidenza del Consiglio dei ministri n. 3479 del 14 dicembre 2005 e n. 3286 del 2003 e l'ordinanza ministeriale n. 3032 del 1999, a firma del Ministro dell'interno;
in attuazione dell'articolo 11, comma 12, del decreto-legge n. 90 del 2008, il comune di Acerra sottoscriveva, in data 4 agosto 2009, con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la regione Campania ed il commissario delegato ex ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri, un accordo di programma, per complessivi trenta milioni di euro circa, successivamente dimezzati, per gli interventi di compensazione ambientale;
all'accordo di programma, il cui originario stanziamento complessivo ammontava a 526 milioni di euro, ha investito tutti i comuni della Campania sul cui territorio erano stati individuati impianti di trattamento dei rifiuti o, comunque, esistevano impianti dismessi, attualmente si provvede finanziariamente ai sensi e per gli effetti del comma 2 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 196 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 gennaio 2011, n. 1;
l'articolo 7 del decreto-legge n. 195 del 2009 stabiliva che «entro il 31 dicembre 2011 con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è trasferita la proprietà del termovalorizzatore di Acerra alla regione Campania, previa intesa con la regione stessa, ovvero alla Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento della Protezione Civile o a soggetto privato»;
il decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, all'articolo 5, ha stabilito una proroga di trenta giorni del richiamato termine -:
quali siano gli orientamenti del Governo, fermo restando l'ingente e corposo contenzioso, che tra l'altro investe per taluni aspetti la Corte costituzionale, in ordine alla proprietà del termovalorizzatore di Acerra e, se, in particolare, si intenda ribadire la natura pubblica della proprietà, in considerazione della necessità di fornire ampie garanzie al territorio e alla comunità di Acerra che ospita l'impianto;
quale sia l'ammontare dei «ristori ambientali» maturati in questi anni a favore del comune di Acerra, quale sia l'ammontare delle somme - a tale titolo - effettivamente versate allo stesso e quale sia il livello di attuazione del protocollo d'intesa sottoscritto il 26 marzo 2009 tra la Presidenza del Consiglio dei ministri e il comune di Acerra;
quale sia il grado di attuazione degli interventi di bonifica, a totale carico del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - ai sensi dell'articolo 3 dell'accordo di programma del 4 agosto 2009 - e quale sia il livello di progettazione raggiunto dalla società pubblica incaricata delle opere di compensazione ambientale di cui all'articolo 4 del citato accordo per il comune di Acerra e per gli altri trentasei comuni interessati;
se il Governo intenda fornire elementi in ordine al livello di attuazione delle disposizioni contenute nei richiamati decreti-legge n. 90 del 2008, n. 195 del 2009 e n. 196 del 2010, con particolare riferimento alla raccolta differenziata e al completamento dell'impiantistica industriale funzionale ad essa e alla chiusura del ciclo integrato dei rifiuti nella regione Campania.
(2-01334)
«Mazzarella, Bratti, Mariani, Bossa, Rampi, Graziano, Piccolo, Mario Pepe (PD), Nicolais, Ciriello, Andrea Orlando, Cuomo, Sarubbi, Braga, Fadda, Melis, Touadi, Duilio, De Pasquale, Tocci, Schirru, Marini, Sbrollini, Narducci, De Biasi, Pes, Vannucci, Zucchi, Zampa, Viola, Zaccaria, De Torre, Velo, Lo Moro, D'Antona, Ginefra, Gatti, Giovanelli, Laganà Fortugno, Boffa, Garavini, Farinone, Vaccaro».
(26 gennaio 2012)

Iniziative volte a garantire la liquidazione dei crediti maturati dalle società operanti in Libia allo scoppio della crisi e la sospensione del pagamento delle imposte - 2-01336

C)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:
è trascorso quasi un anno dallo scoppio della grave crisi politico-istituzionale che ha colpito la Libia e numerose imprese italiane, specialmente quelle medie e piccole che non avevano stipulato l'assicurazione Sace (stipulata da due imprese su 130 operanti in Libia), hanno oggettive difficoltà a seguito della mancata riscossione dei crediti maturati per forniture di beni e servizi effettuate in quel Paese;
tali crediti, già iscritti, in adempimento agli obblighi civilistici e fiscali, a bilancio, risultano attualmente inesigibili;
dette imprese si trovano a subire un duplice danno consistente, per un verso, nella mancata acquisizione dei crediti maturati e, per altro verso, nell'impossibilità di dar corso al pagamento delle imposte per la crisi in corso che le espone a sanzioni anche di tipo penale, imposte che dovrebbero essere sospese in applicazione dell'articolo 9 della legge 27 luglio 2000, n. 212;
nell'aprile del 2011 la III Commissione (Affari esteri) della Camera dei deputati ha approvato una risoluzione che riguarda i problemi delle imprese che operavano nei Paesi del Mediterraneo in crisi, e successivamente nel maggio 2010 è stata presentata una proposta di legge, la n. 4394, in favore delle imprese o società italiane coinvolte nella crisi socio-politica sviluppatasi in Libia, Tunisia ed Egitto, non ancora esaminata;
non sono stati ancora attuati gli ordini del giorno accettati dal Governo Berlusconi il 2 agosto 2011, in ordine alfabetico, ordine del giorno Compagnon (gruppo UdC, n. 9/04551/194551); Gidoni (gruppo LNP, n 9/04551/1), Gottardo (PdL, n. 9/04551/20) e Rosato (PD, n. 9/04551/23) e dal Governo Monti (Gidoni n. 9/4829-A/194), con i quali si trattano i crediti maturati e la sospensione delle imposte;
al Parlamento europeo le risposte ad alcune interrogazioni (Angelilli, Cancian e altri E-008353/2011, risposta del 14 novembre 2011; Serracchiani P-007827/2011 risposta del 25 ottobre 2011; Oreste Rossi E-010582/2011, risposta del 4 gennaio 2012) presentate al Consiglio europeo ritengono autorizzabile la liquidazione dei crediti maturati attraverso l'utilizzo dei fondi libici congelati, specialmente a quelle società che operavano con enti pubblici o ad essi equiparabili;
per quanto riguarda la liquidazione dei crediti maturati è stato effettuato un censimento dal quale risulta che le aziende che richiedono la liquidazione sono circa 80 e l'importo è di circa 230 milioni di euro;
il Ministero degli affari esteri ha raccolto la documentazione giustificativa dei crediti maturati nel novembre 2011;
è urgentissimo ed improrogabile che il Ministero degli affari esteri proceda direttamente, o tramite altri soggetti, alla verifica della documentazione presentata dalle società che operavano in Libia per consentire l'immediata liquidazione degli importi accertati al fine di consentire, specialmente alle aziende medie e piccole, di salvarsi dal fallimento e riprendere le attività che avevano in corso in Libia;
nella recente visita in Libia, il Presidente del Consiglio dei ministri, Mario Monti, ha sottoscritto con il Capo del Governo provvisorio libico Abdel Rahim Al Kib la «Dichiarazione di Tripoli» che comporta una nuova visione dei rapporti bilaterali e multilaterali rispetto al trattato di amicizia firmato nel 2008, com'è scritto nel testo, e, dal punto di vista più strettamente operativo, questo si è tradotto in un'intesa fra i due Governi sul recupero dei crediti legittimi fra i rispettivi enti e imprese;
la liquidazione dei crediti maturati può essere effettuata con i fondi libici congelati (7 miliardi di euro), o con i fondi del trattato di amicizia italo-libico (5 miliardi di euro), o anticipati con altri fondi anche in percentuale delle somme richieste;
l'aiuto alle società che operavano in Libia, prima dello scoppio della crisi, è essenziale sia perché queste ultime contribuiscono allo sviluppo economico dell'Italia, sia affinché possano mantenere le attività ed i contratti che avevano in corso, senza che vengano sostituite da aziende straniere che sono già pronte a farlo -:
quali iniziative siano state adottate o si intendano adottare tempestivamente per la liquidazione dei crediti maturati dalle società già operanti in Libia allo scoppio della crisi e che hanno presentato la documentazione al Ministero degli affari esteri;
quali iniziative normative si intendano assumere per la sospensione delle imposte, stabilendo una posticipazione delle scadenze ad una data successiva alla liquidazione dei crediti maturati in Libia.
(2-01336)
«Gottardo, Pecorella, Contento, Cazzola, Vincenzo Antonio Fontana, Palmieri, Minardo, Germanà, De Corato, Distaso, Fitto, Piso, Mussolini, Lorenzin, Formichella, Tommaso Foti, Nizzi, Golfo, Biancofiore, Stanca, Dell'Elce, Pelino, Beccalossi, Faenzi, Nastri, Garagnani, Scandroglio, Minasso, Bocciardo, Paolo Russo, Dima, De Camillis, Mantovano, Del Tenno, Torrisi, Milanese, Castiello, Leo, Bellotti, Nicolucci, Brambilla, Sbai, Porcu, Lehner».
(31 gennaio 2012)

Orientamenti e iniziative circa le modalità di alienazione delle abitazioni di proprietà degli enti di previdenza, con particolare riferimento alla vicenda di un appartamento di proprietà dell'Istituto nazionale della previdenza sociale a suo tempo acquisito dal Ministro Filippo Patroni Griffi - 2-01316

D)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri e i Ministri dell'economia e delle finanze e del lavoro e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
nel gennaio del 2008 l'attuale Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione Filippo Patroni Griffi ha acquistato un appartamento sito in via Monte Oppio a Roma, di 109 metri quadrati e di proprietà dell'Istituto nazionale della previdenza sociale;
per l'acquisto il Ministro, allora membro del Consiglio di Stato, ha versato un importo di circa 177 mila euro a fronte di una stima di mercato di oltre 800 mila euro;
stando alle notizie riportate dalla stampa, la procura della Repubblica di Roma avrebbe aperto un fascicolo per verificare eventuali illeciti legati all'acquisto dell'immobile;
la procura starebbe indagando in particolare sulla sentenza del Consiglio di Stato che, nel luglio del 2005, concesse agli inquilini di acquistare le abitazioni di proprietà dell'Inps di via Monte Oppio dichiarandole «non di pregio», nonostante fossero nelle prossimità del Colosseo e dei Fori Imperiali;
i cittadini italiani, chiamati a fare enormi sacrifici, per via delle manovre varate dall'Esecutivo, hanno il diritto di conoscere la verità sulla gestione degli immobili di proprietà degli istituti di previdenza -:
come il Governo intenda affrontare la delicata questione delle abitazioni di proprietà degli enti di previdenza e, in generale, dello Stato, e se non ritenga di dover avviare una fase di ricognizione degli stessi al fine di poterli alienare al loro effettivo prezzo di mercato;
quali iniziative il Presidente del Consiglio dei ministri intenda adottare nei confronti del Ministro Filippo Patroni Griffi e se non ritenga di doverne chiedere le dimissioni alla luce dell'imbarazzante vicenda che lo riguarda.
(2-01316)
«Iannaccone, Belcastro, Porfidia».
(17 gennaio 2012)

Orientamenti del Governo in ordine all'aumento dell'accisa sull'energia elettrica, al fine di tutelare le imprese - 2-01335

E)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
in base all'articolo 18, comma 5, del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, recante disposizioni in materia di autonomia di entrate delle regioni a statuto ordinario e province, si stabilisce che a decorrere dall'anno 2012 l'addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica (di cui all'articolo 52 del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504) è soppressa e il relativo gettito spetta allo Stato e che, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, è rideterminato l'importo dell'accisa sull'energia elettrica in modo da assicurare l'equivalenza di gettito;
il 30 dicembre 2011, il Ministero dell'economia e delle finanze ha emanato due decreti con i quali, con decorrenza 1o gennaio 2012, si è provveduto ad aumentare l'accisa sull'energia elettrica a seguito della cessazione dell'applicazione dell'addizionale comunale e della soppressione dell'addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica;
per quanto concerne il decreto che sopprime l'addizionale provinciale, che è quello che riguarda direttamente le imprese, la previsione desta grande preoccupazione per il forte impatto economico che ha sul sistema industriale;
infatti, come si evince da alcune tabelle di simulazione pubblicate da Confindustria, a fronte di lievi modifiche per le aziende con consumi inferiori ai 200.000 chilowatt (piccole imprese) e per quelle con consumi superiori a 1.200.000 chilowatt (grandi imprese), la fascia delle medie imprese (con consumi tra i 200.000 e 1.200.000) potrebbe subire un aumento anche superiore al doppio delle accise fino ad oggi pagate;
nel citato decreto legislativo si parla di equivalenza di gettito, tuttavia, considerato che il tessuto industriale è costituito in larga parte dalle medie imprese con consumi tra i 200.000 chilowatt e i 1.200.000 chilowatt, l'eventuale diminuzione per le piccole e grandi imprese che deriverebbe dall'applicazione della nuova disciplina potrebbe non essere in grado di compensare l'aumento previsto per le medie aziende;
secondo una prima simulazione, un'azienda con consumi di circa 500.000 chilowatt al mese, che nel 2011 pagava 3.822 euro tra addizionale provinciale e accisa erariale, nel 2012, a seguito della soppressione dell'addizionale provinciale e il conseguente aumento dell'accisa erariale, potrebbe essere gravata da un onere di 6.049,99 euro, con un incremento di 2.227,99 euro (+58,29 per cento), mentre per altre fasce di consumo (come ad esempio 1.199.999 chilowatt al mese) si arriverebbe ad un incremento del 142,3 per cento;
inoltre, in alcune province ove l'addizionale provinciale era più bassa rispetto ad altre, come, ad esempio, per la provincia di Bari, tali aumenti potrebbero essere anche superiori; infatti, nelle tabelle stilate da Confindustria si evidenzia come un'azienda con consumi, ad esempio, di circa 500.000 chilowatt al mese, che nel 2011 pagava 3.410 euro tra addizionale provinciale e accisa erariale, nel 2012 potrebbe arrivare a pagare 6.050 euro con un incremento di 2.640 euro pari al 77,4 per cento; per altre fasce di consumo (come, ad esempio, 1.199.999 chilowatt al mese) si arriverebbe ad un incremento del 160,2 per cento;
infine, si evidenzia che l'effetto dell'aumento delle accise potrebbe condurre a un incremento percentuale sul costo totale della bolletta compreso tra lo 0,4 per cento e il 5 per cento, corrispondente ad un aumento in valore assoluto compreso tra un minimo di 3.216 euro al mese e un massimo di 8.295 euro al mese;
è necessario tenere in considerazione la vocazione manifatturiera del Paese, il ruolo essenziale che la media impresa svolge in tale contesto e gli elevati costi dell'energia che già, tra aumento del costo della materia prima e componente A3, pressano le imprese italiane -:
se esista una relazione tecnica o una simulazione effettuata dal Ministero dell'economia e delle finanze che evidenzi gli effetti delle disposizioni recate dal citato decreto ministeriale sulle imprese e sul gettito erariale e da cui si evinca anche l'equivalenza di gettito;
se non ritenga opportuno, alla luce dell'allarme generatosi nel mondo delle imprese, rimodulare l'aumento dell'accisa erariale sull'energia elettrica in modo da garantire anche una perequazione della tariffa e, soprattutto, al fine di non deprimere ulteriormente la competitività delle imprese italiane in un momento già di grave crisi economica.
(2-01335) «Mastromauro, Ventura».
(26 gennaio 2012)

Orientamenti del Governo per garantire l'efficienza e la qualità del trasporto ferroviario notturno e per assicurare il mantenimento dei livelli occupazionali del comparto nella regione Puglia - 2-01314

F)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, il cosiddetto «decreto Salva Italia», che gli interpellanti hanno condiviso e votato, poggia le sue basi sui principi di unità e coesione nazionale: presupposti indispensabili per restituire competitività e occasioni di crescita all'intero Paese. Dato fondamentale che con rammarico si è costretti a registrare assente nella politica, che gli interpellanti ritengono scellerata, che Trenitalia sta realizzando in buona parte della nostra nazione, nel Sud e in Puglia in particolare;
dei ritardi «epici» degli eurostar in partenza dalla regione Puglia, della loro sostituzione con gli intercity, della soppressione graduale dei treni di lunga percorrenza sulla dorsale adriatica e sul collegamento Reggio Calabria-Taranto verso il Nord la Camera dei deputati e le rispettive Commissioni permanenti possiedono ampia e documentata memoria (a cominciare dalle interrogazioni presentate nel lontano 2007 sul caso dell'eurostar Lecce-Roma rimasto bloccato per oltre 6 ore alla vigilia del Natale). Così come vi è certificata documentazione (persino una recente inchiesta giornalistica) che racconta del modo incivile in cui i cittadini del Sud sono costretti a viaggiare quelle rare volte in cui questo diritto universale, nonché servizio sociale, è ancora consentito. Si parla di carrozze maleodoranti e obsolete, di locomotori trainati, di ritardi di molte ore fino ai recenti tagli che in Puglia hanno riguardato tutte le tratte dirette verso il Centro-Nord e soprattutto i treni a lunga percorrenza notturni, usati dalle famiglie, da studenti e lavoratori;
sul grado di efficienza e qualità del servizio offerto da Trenitalia ai cittadini di questa regione sarebbe il caso di indagare responsabilità e colpevoli inadempienze, proprio mentre l'Italia prova a viaggiare unita verso la sua indispensabile occasione di riscatto che veda il Nord infrastrutturato e altamente capace dal punto di vista dei trasporti, al fianco di quella parte del Paese che non ha più voglia di rappresentare il locomotore rotto da trainare;
anche sul tema delle scelte economiche operate da Trenitalia sarebbe il caso di approfondire dati e statistiche, anche in virtù di una richiesta sempre più pressante di servizi di trasporto da parte dei cittadini del Sud che mal si conciliano con i rincari nel costo del biglietto, specie se raffrontati con il servizio realmente offerto. Scelte diseconomiche e illogiche che contribuiscono, ancora una volta, ad alimentare nei cittadini della regione Puglia l'idea di uno Stato che appare distante e disinteressato alle grandi potenzialità di un territorio tra i più vivaci del sud Italia;
malgrado i vari tentativi posti in essere da tutti gli amministratori, gli enti istituzionali e i rappresentanti del governo regionale della Puglia di giungere ad una revisione delle scelte messe in atto da Trenitalia contro i cittadini pugliesi, ancora oggi si registra l'assoluta mancanza di risposte adeguate e ragionevoli da parte dell'amministratore delegato della compartecipata statale, dottor Moretti;
in tal senso, non è escluso il ricorso ad una class action e a forti azioni di protesta provenienti da tutti i comparti produttivi, economici, sindacali, istituzionali e sociali della Puglia che non possono assolutamente più subire tali prevaricazioni e negazioni di un diritto -:
se il Ministro interpellato intenda assumere tutte le informazioni necessarie per capire in quale condizione sia costretta a viaggiare buona parte del Sud e della Puglia in particolare, e come intenda garantire il ripristino dei treni-notte soppressi che sinora hanno già registrato un calo nel mercato ferroviario a tutto vantaggio di quello su gomma e centinaia di licenziamenti per tutto il personale impegnato nelle tratte notturne;
se intenda, altresì, convocare rapidamente le istituzioni della regione Puglia per affrontare e risolvere le questioni poste.
(2-01314)
«Vico, Distaso, Ria, Pisicchio, Buttiglione, Boccia, D'Alema, Fitto, Cesa, Antonio Pepe, Ginefra, Bellanova, Fucci, Zazzera, Concia, Bordo, Servodio, Lazzari, Vitali, Lisi, Sisto, Capano, Ruggeri, Mastromauro, Grassi, Losacco, Sardelli, Patarino, Carlucci, Gaglione, Cera, Di Cagno Abbrescia».
(12 gennaio 2012)

Iniziative per il ritiro dello schema di regolamento in materia di valutazione delle menomazioni derivanti da incidenti stradali, approvato dal Consiglio dei ministri il 3 agosto 2011 - 2-01260

G)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
l'articolo 138 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, recante il codice delle assicurazioni private, ha previsto la predisposizione di una specifica tabella, unica su tutto il territorio della Repubblica, delle menomazioni all'integrità psicofisica comprese tra 10 e 100 punti e del valore pecuniario da attribuire a ogni singolo punto di invalidità;
al fine di procedere alla predisposizione della tabella, è stata istituita nel 2004, presso il Ministero della salute una commissione di studio che ha concluso i suoi lavori con la redazione di barèmes recanti l'indicazione delle menomazioni e delle relative percentuali di invalidità da rinviare al Ministero dello sviluppo economico per la predisposizione dei valori pecuniari da assegnare ai vari punti di invalidità;
l'elaborazione ex ante di barèmes medico-legali tramite il contributo di un lavoro collegiale di esperti e l'elaborazione ex post dei valori economici a carico del Ministero dello sviluppo economico, senza alcuna consultazione con esperti esterni, suscita forti perplessità, come peraltro manifestato dall'Associazione familiari vittime della strada;
a riprova di ciò, il valore-punto di 674 euro scaturito dalla decisione unilaterale del Ministero dello sviluppo economico risale al 2005 ed è la metà del valore-punto del tribunale di Milano di 1374 euro (tale valore include il danno morale al netto della valutazione delle condizioni soggettive del danneggiato, ugualmente prevista);
i risarcimenti complessivi saranno pertanto dimezzati;
le tabelle del tribunale di Milano sono state riconosciute due volte dalla Corte di cassazione quale parametro risarcitorio nazionale;
l'iter del provvedimento si è concluso il 3 agosto 2011, con l'approvazione, da parte del Consiglio dei ministri, di uno schema di decreto del Presidente della Repubblica che è stato considerato da tutte le associazioni delle vittime della strada come fortemente lesivo della dignità umana e non rispondente al principio di riparazione integrale del danno;
le compagnie assicuratrici, come viene riferito dalle associazioni familiari vittime della strada, già oggi propongono liquidazioni per danni gravi o gravissimi basati sui nuovi e riduttivi valori previsti dallo schema di decreto del Presidente della Repubblica;
il decreto potrebbe avere valore retroattivo, creando un grave nocumento per soggetti deboli quali sono le vittime della strada, che hanno radicato un contenzioso per ottenere un maggior danno;
la risposta del Ministro della salute pro tempore, Ferruccio Fazio, all'interrogazione n. 3-01804 del 6 settembre 2011, non è stata soddisfacente, in quanto non ha tenuto conto della reale e devastante portata del provvedimento;
il richiamo del Ministro Fazio al forum Ania-consumatori, organismo presieduto e diretto dal presidente dell'Ania, quale fonte di legittimazione «politica» di tale provvedimento, è del tutto fuorviante, in quanto le associazioni dei consumatori non hanno alcuna competenza in materia di risarcimento del danno alla persona, men che meno quelle che risultano integrate in strutture governate dalle loro naturali controparti;
ad avviso degli interpellanti, il provvedimento non avrà alcun effetto sulle tariffe assicurative, come peraltro dichiarato dall'Ania, ma solo di riequilibrio di bilancio, con regole mutate durante il gioco, di qualche compagnia para-statale, con gravi problemi generati da una gestione dissennata delle risorse -:
se il Governo intenda evitare l'ingiusta penalizzazione di migliaia di famiglie che hanno già subito gravissimi danni ritirando immediatamente il provvedimento di cui in premessa e fornendone ampia notizia, con il contestuale riconoscimento delle tabelle di Milano quale parametro risarcitorio nazionale di riferimento.
(2-01260) «Raisi, Della Vedova».
(8 novembre 2011)