XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 582 di martedì 7 febbraio 2012

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

La seduta comincia alle 11,30.

SILVANA MURA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 2 febbraio 2012.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Antonione, Bergamini, Bindi, Brugger, Buonfiglio, Caparini, Cicchitto, Cimadoro, Cirielli, Colucci, Gianfranco Conte, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Fallica, Fava, Favia, Gregorio Fontana, Anna Teresa Formisano, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Iannaccone, Leone, Lo Monte, Lombardo, Lucà, Mazzocchi, Melchiorre, Migliavacca, Migliori, Milanato, Misiti, Moffa, Mussolini, Nucara, Leoluca Orlando, Pisicchio, Rainieri, Rigoni, Paolo Russo, Sani, Stefani, Stucchi, Valducci, Vannucci e Vico sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente.

PRESIDENTE. Il Presidente del Senato, con lettera in data 6 febbraio 2012, ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla II Commissione (Giustizia):
S. 3075 - «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 212, recante disposizioni urgenti in materia di composizione delle crisi da sovraindebitamento e disciplina del processo civile» (Approvato dal Senato) (4933) - Parere delle Commissioni I, V, VI, X, XI e XIII.
Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Discussione della mozione Volontè ed altri n. 1-00817 recante iniziative in ambito comunitario ed internazionale in materia di tassazione delle transazioni finanziarie (ore 11,40).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Volontè ed altri n. 1-00817 (Nuova formulazione) recante iniziative in ambito comunitario ed internazionale in materia di tassazione delle transazioni finanziarie (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione Pag. 2della mozione è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
Avverto che sono state, altresì, presentate le mozioni Di Pietro ed altri n. 1-00848, Cambursano, Commercio, Mannino, Melchiorre ed altri n. 1-00849, Tempestini ed altri n. 1-00850, Dozzo ed altri n. 1-00851 e Corsaro ed altri n. 1-00852 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione.

Sull'ordine dei lavori (ore 11,41).

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, volevo chiedere alla Presidenza che si adoperasse per verificare la disponibilità del Governo a relazionare in Aula sulla difficile situazione che si è determinata nel Paese per l'emergenza maltempo, per la neve, nel Centro Italia come al Nord e nel Meridione. Signor Presidente, il gruppo Partito democratico chiede formalmente alla Presidenza di verificare con il Governo relativamente a questa opportunità.

PRESIDENTE. Onorevole Quartiani, la Presidenza si attiverà in questo senso.

Si riprende la discussione (ore 11,42).

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Volontè, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00817 (Nuova formulazione). Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, cari colleghi presenti in questa sessione di discussione generale, mi permetto di presentare la nostra mozione in materia di tassazione delle transazioni finanziarie. È noto a tutti che il sistema finanziario internazionale ha subito alcuni tracolli, crisi e soprattutto è soccombente davanti a transazioni finanziarie internazionali non regolamentate. L'impegno di regolamentare il mercato finanziario internazionale era stato assunto per la prima volta nel vertice de L'Aquila (il G8), ma da quel momento in poi alle buone intenzioni non si è passati all'introduzione di riforme considerevoli da questo punto di vista. Gli stessi impegni erano stati presi o auspicati da tutti i leader dei più importanti Paesi mondiali, dal presidente Zoellick della Banca mondiale, dal Fondo monetario internazionale. Tuttavia, rimane di una certa validità l'idea di una tassazione sulle transazioni finanziarie che rappresenta, fino a questo momento, un unico e concreto sviluppo e strumento per il sostegno dei conti pubblici degli Stati, ma anche, allo stesso tempo, di una regolamentazione per le transazioni finanziarie internazionali.
Infatti, frenando la speculazione, questo tipo di tassazione sulle transazioni finanziarie diminuirebbe l'instabilità dei mercati, con ricadute positive anche per le imprese in termini di minor rischio valutario. Voglio solo ricordare che il Parlamento europeo ha adottato già, il 10 marzo del 2010, una risoluzione favorevole a questa introduzione. Analisi indipendenti del Fondo monetario internazionale hanno individuato adeguate forme di transazione finanziaria, la Commissione europea, il 28 settembre 2011, ha presentato una proposta di direttiva del Consiglio europeo e, nello stesso periodo, il Pontificio consiglio giustizia e pace, nella sua nota indirizzata a tutti i leader del G20 sulla crisi del debito e lo sviluppo sostenibile, ha annoverato esplicitamente le transazioni finanziarie tra le misure da adottare per promuovere lo sviluppo globale sostenibile secondo i principi di giustizia sociale e solidarietà. Pag. 3
Nelle stesse conclusioni del G20 a Cannes il 3 e 4 novembre del 2011, per la prima volta, significativamente, è stata citata esplicitamente la tassazione delle transazioni finanziarie. Inoltre, nella seduta del 25 gennaio 2012, proprio la Camera dei deputati, nel corso dell'esame delle mozioni sulla politica europea dell'Italia, ha approvato impegni specifici sull'introduzione di questa tassazione sulle transazioni finanziarie nell'ambito comunitario. L'introduzione di questa tassa è sostenuta da un vasto movimento, anche della società civile, un movimento globale, internazionale oltre che italiano. Anche in Italia è attiva, infatti, una campagna «Zerozerocinque» che riunisce circa 50 organizzazioni della società civile, tra cui le principali sigle sindacali, associazioni del terzo settore, associazioni non governative di sviluppo e anche autorità locali amministrative.
Chiediamo alcuni impegni al Governo. Intanto, di operare di concerto con tutti gli altri Paesi che hanno già espresso positive valutazioni sull'introduzione di questa tassazione finanziaria, per giungere anche a un coinvolgimento della Gran Bretagna che, invece, ha sollevato molte perplessità su questo tipo di tassazione. Inoltre, di sostenere l'opportunità di inserire alcune modifiche nella proposta di direttiva del 2011 che prevedano esplicitamente: di collegare il pagamento dell'imposta, anche alla nazionalità dello strumento finanziario, al fine di ridurre ulteriormente il rischio di manovre elusive; di estendere la base imponibile anche al mercato valutario; di assicurare la destinazione del gettito per le politiche sociali interne agli Stati membri e per i programmi di lotta alla povertà nel mondo e di contrasto ai cambiamenti climatici. Chiediamo, in aggiunta, al Governo di prevedere anche meccanismi di correzione, laddove si possa introdurre un rallentamento delle transazioni con effetti negativi sulla liquidità e, conseguentemente, sulle condizioni di finanziamento del debito, e di considerare l'opportunità di elaborare una propria relazione annuale, rispetto a quella quinquennale prevista dall'ipotesi di direttiva, per esaminare l'impatto della nuova tassazione sul mercato finanziario italiano e sull'economia reale.
Concludo ricordando a quest'Assemblea che il gruppo del Partito Popolare Europeo, di concerto e anche con la condivisione di gruppi europei di altre formazioni politiche, ha presentato al Consiglio d'Europa, proprio nell'ultima sessione parlamentare della fine del gennaio scorso, un'analoga mozione per risoluzione e ha assegnato già un rapporto con un relatore sullo stesso tema, evidentemente con lo scopo, non solo di ritornare sull'argomento, ma di tentare di estendere questo strumento della tassazione delle transazioni finanziarie, non solo nell'ambito circoscritto, seppur importantissimo, dell'Unione europea, ma anche allargando tale consenso davanti a tutti i 47 Paesi del Consiglio. Ricordo solo che, oltre ai 27 dell'Unione europea, sono lì presenti altri 20 Paesi di una certa importanza economico-finanziaria, oltre che culturale e sociale, come la Turchia, la Russia e altri Paesi di questa natura. Per una doppia ragione, quindi, quella di una prosecuzione più dettagliata degli impegni già presi con la mozione unitaria del nostro Parlamento del 25 gennaio 2012 e quella che è stata presentata su iniziativa del gruppo del Partito Popolare Europeo al Consiglio d'Europa, ricordo e sottolineo al Governo - e concludo - l'importanza che riveste per tutti noi questo tipo di azione e questo tipo di iniziativa italiana ed europea.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi, che illustrerà anche la mozione Di Pietro ed altri n. 1-00848, di cui è cofirmatario.
Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, rappresentante del Governo e colleghi, io credo sia opportuno che questo tema sfoci in un invito al Governo ad assumere alcuni comportamenti su di esso. Noi stiamo attraversando uno dei momenti forse più difficili - noi Italia, noi Europa, noi mondo occidentale ed anche il Giappone Pag. 4devo dire, diciamo le economie cosiddette industrializzate - in ordine all'economia reale e, qualunque sia il giudizio su questa crisi, nessuno può mettere in dubbio che essa abbia avuto un'origine di natura finanziaria.
Noi abbiamo assistito - purtroppo senza che nessuno Stato e nessuna comunità internazionale, come l'Europa o come gli Stati Uniti, se ne rendesse probabilmente conto in tempo - ad una sorta di costruzione senza fondamenta, basata su attività finanziarie prive di solidità nella struttura, che nascevano sul niente e che venivano costruite sul niente. Credo che quando diciamo che le attività finanziarie hanno avuto un'entità in valore pari a nove o dieci volte il PIL prodotto da tutto il mondo, già questo dice che qualcosa non ha funzionato. Infatti, permettere di costruire su una base solida, una base che su quella doveva reggersi ma che è diventata pari a nove o dieci volte la base solida, è la testimonianza migliore che le cose non hanno funzionato, che chi doveva vigilare non ha vigilato, che chi doveva intervenire non è intervenuto. Ed ora noi ci troviamo di fronte ad una difficoltà che ancora non sappiamo se ed in che modo supereremo. Poiché l'origine finanziaria della crisi è per tutti evidente, per cui non è contestabile, immaginare che anche quelle entità che hanno contribuito a questa crisi ne paghino una parte, sia pure molto piccola rispetto all'enormità della crisi stessa ed al valore in gioco, attraverso un qualche strumento, sembra comunque un atto necessario, tanto più che si tratterebbe non tanto di interrompere le correnti speculative, ma di ricavare da quelle correnti speculative qualche somma di denaro da poter investire in modo utile per affrontare la situazione in cui ci troviamo.
Poiché in molti casi la finanza internazionale e le correnti speculative si muovono moltiplicando gli acquisti e le vendite anche per pochi centesimi, per speculare su pochi centesimi, l'idea che una qualche tassa possa colpire queste transazioni potrebbe in qualche caso rappresentare anche un deterrente, sia pure modesto. Questo strumento è oggi identificato appunto in questa imposta sulle transazioni finanziarie, di cui si parla da tempo e che ha avuto un'antesignana che si chiamava Tobin tax e che di fatto non è stata applicata, perlomeno nelle modalità con cui era stata proposta e non era stata applicata finora anche perché vi erano alcune obiezioni che oggi sembrano venute meno. Le obiezioni erano principalmente che solo se fosse stata una tassa globale, istituita a livello mondiale da tutti, poteva in effetti incidere realmente sulle transazioni. Infatti si diceva: altrimenti, se una parte del mondo non ce l'ha, basta che le transazioni si vadano a fare in quella parte del mondo e si sfugge all'imposta, anzi vorrebbe dire far sfuggire anche dei capitali dalla parte del mondo in cui invece la tassa c'è.
In realtà, questo giudizio è risultato falso, perché, oggi, esistono ben 23 Paesi che la applicano unilateralmente: quello che ha la tassa più alta, è quello che oggi si oppone alla sua istituzione. Anche questo è un ragionamento che dovrebbe farci riflettere, perché, com'è noto, la Gran Bretagna già applica questo tipo di tassazione, che è anche molto alta rispetto alle percentuali di cui si parla per l'imposta che si vorrebbe applicare nelle altre parti d'Europa. La tassa, infatti, è una tassa del 5 per mille e consente, oggi, di raccogliere 5 miliardi di sterline all'anno.
Vi sono, poi, lavori scientifici che hanno cercato di misurare anche l'elasticità rispetto al valore e all'importo della tassazione, all'aliquota di tassazione, che hanno dimostrato che, in realtà, l'elasticità è piuttosto bassa e, quindi, non favorisce la fuga di capitali. È risultata infondata anche l'obiezione concernente un impatto della tassa sul costo del capitale, perché tale costo, in realtà, è molto basso. Anche la terza obiezione, cioè che diminuisca la liquidità di mercato, è risultata assai opinabile.
Quella che si propone è una tassazione a tasso ridotto, tra lo 0,01 per cento e lo 0,1 per cento, da applicare su ogni compravendita di titoli. Il vero problema è che, oggi, in realtà, questo tipo di operazioni viaggiano su due enormi, grandi, gigantesche Pag. 5piattaforme informatiche e telematiche, per cui, anche agendo solamente sulle piazze e gli scambi dell'area euro, in entrata e in uscita, si potrebbero intercettare molte operazioni anche dirette su Londra, piuttosto che su New York, su Wall Street. È per questo che diventerebbe, comunque, una tassa efficace.
Per questo motivo, tra l'altro, vi è un largo consenso anche da parte del Parlamento europeo, con una risoluzione già del marzo 2010; vi è la proposta della Commissione europea del 28 settembre 2011 di direttiva del Consiglio, in cui si indicano nel dettaglio anche quattro obiettivi sui quali non voglio dilungarmi; la Commissione ha svolto una valutazione dell'impatto derivante da questa imposta sulle transazioni finanziarie, raccomandando anche alcune linee guida; inoltre, persino nel G20 del novembre del 2011 tenutosi a Cannes, per la prima volta, nel comunicato finale viene menzionata la proposta in oggetto come forma per soddisfare esigenze di sviluppo ed anche per intervenire sugli effetti del cambiamento climatico.
Così come disegnata dalla Commissione europea, tale misura darebbe un gettito di circa 60 miliardi di euro all'anno, che potrebbero diventare, però, anche il quadruplo attraverso un allargamento della base imponibile o aumentando l'aliquota, ad esempio, sui derivati, o se venisse meglio chiarito l'intervento sulle transazioni in valuta. Pertanto, ciò appare utile ed anche la nostra Camera dei deputati si è pronunciata attraverso l'approvazione di tre risoluzioni; vi sono, inoltre, una serie di proposte di legge, tra cui anche una del sottoscritto, su questo tema.
Per questi motivi, noi chiediamo al Governo un impegno a sostenere con forza, in tutte le sedi europee, le proposte di introduzione della tassa; a prendere iniziative per estendere, anche gradualmente, tale imposta a livello internazionale, cominciando a coinvolgere le potenze emergenti che hanno già dato il loro consenso a questa imposta; e a sostenere l'adozione della proposta di direttiva del Consiglio avanzata dalla Commissione europea.
Chiediamo, inoltre, al Governo di monitorare e verificare che una percentuale rilevante della tassazione venga poi impiegata per raggiungere gli obiettivi del millennio, soprattutto affinché serva a sostenere, da un lato, interventi di natura sociale, quanto più necessari in questo momento, e, dall'altro lato, anche interventi di natura infrastrutturale a livello europeo. Chiediamo, infine, altresì, di valutare le opportune iniziative, anche legislative, ferme restando le prerogative del Parlamento, per introdurre l'imposta sulle transazioni finanziarie nel nostro Paese.
Mi auguro che il Governo possa esprimere parere favorevole su questa nostra mozione - così come anche sulle altre, dato che in linea di massima si tratta di impegni abbastanza simili in tutte le mozioni presentate - e, dunque, chiediamo al Governo di valutarla e sostenerla.
Anche il nostro Presidente del Consiglio ha dato la disponibilità ad intervenire a livello europeo per sostenere questa iniziativa e, quindi, ci auguriamo che il dibattito nel suo prosieguo veda una larga parte del Parlamento dire «sì» alle mozioni proposte.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cambursano, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00849. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, su come sia nata l'attuale crisi finanziaria, economica e poi produttiva e sociale, dove sia sorta e, soprattutto, da chi sia stata generata, ormai sappiamo quasi tutto.
I padri di questo disastro - lo diciamo in modo molto aperto - sono quelli della scuola economica di Chicago, con il loro padre fondatore Milton Friedman, ma esso è imputabile anche a chi aveva il dovere di controllare, e non lo ha fatto, proprio negli Stati Uniti - mi riferisco in modo esplicito ad Alan Greenspan - poiché avevano insieme e congiuntamente dichiarato che Pag. 6bisognava lasciare libere le briglie che tenevano fermi, bloccati i cavalli, affinché potessero scorrazzare nelle libere praterie della finanza. Tale teoria fu fatta propria, in Italia, anche dall'ex Ministro dell'economia e delle finanze Giulio Tremonti, salvo poi pentirsene.
I figli di questo disastro sono le grandi banche d'affari, che si sono buttate a capofitto, tutto il sistema finanziario-assicurativo anglosassone, con i noti fallimenti e le note operazioni di salvataggio fatte dagli Stati, in particolare gli Stati Uniti d'America, la Gran Bretagna e, poi, a seguire, ricordiamo il Belgio, congiuntamente con la Francia, sulla Dexia, così come anche in Germania sono avvenute altre operazioni di salvataggio.
I risultati sono ovviamente quelli che conosciamo: la crescita a dismisura del debito pubblico, portato a compimento proprio da questi prodotti, quali i mutui subprime e i derivati, nelle loro variegate forme. Gli Stati si sono accollati i disastri finanziari provocati dai privati ed oggi facciamo il conto sul debito pubblico degli Stati, salvo l'Italia, il cui debito era già molto alto, si è incrementato, ma non certamente a causa di ciò o non come causa diretta.
Ecco perché si rende necessaria, a nostro parere, l'introduzione di una tassazione sulle transazioni finanziarie: tale tassa, infatti, dovrebbe frenare la speculazione diminuendo l'instabilità dei mercati, con ricadute positive anche per le imprese in termini di minor rischio valutario. Le analisi fatte, per esempio, dal Fondo monetario internazionale hanno individuato in questa tassazione una delle misure adeguate a regolamentare il mercato finanziario.
Nella seduta del 25 gennaio ultimo scorso, in quest'Aula, discutendo di mozioni sull'Europa e sulla politica europea dell'Italia, sono stati approvati impegni trasversali, proposti da tutti i gruppi, volti all'introduzione di una tassazione sulle transazioni finanziarie. Ecco, quindi, che siamo dentro un solco tracciato dal Parlamento europeo, sin dal maggio 2010 e poi ancora nel marzo 2011, con ben tre risoluzioni, dai Capi di Stato e di Governo, nel marzo del 2011, e dal Consiglio europeo sempre nello stesso mese, che hanno convenuto sull'esigenza di esplorare e sviluppare l'opportunità di introdurre una tassazione di questa specie. La Commissione europea, forte del supporto del Parlamento, del Consiglio e dei Capi di Stato ha proposto la direttiva che è al nostro esame. L'obiettivo delle autorità comunitarie è triplice: assicurare che le istituzioni finanziarie contribuiscano in modo giusto ai costi della perdurante crisi, e cioè chi l'ha prodotta se ne accolli anche l'onere; creare disincentivi appropriati contro le transazioni eccessivamente rischiose ed, infine, evitare una frammentazione del mercato interno.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Cambursano.

RENATO CAMBURSANO. Ecco perché, signor Presidente, l'approvazione, mi auguro unanime, di queste mozioni, può rafforzare il ruolo del Governo a livello europeo e non farlo rimanere - non mi riferisco a questo Governo, ma a quello precedente - nel limbo di essersi tenuto molto distante da un impegno forte nell'espressione a livello parlamentare e a livello anche europeo. Noi, invece, con queste mozioni, vogliamo che finalmente, anche su questo fronte, si volti pagina.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Barbi, che illustrerà anche la mozione Tempestini ed altri n. 1-00850, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

MARIO BARBI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi, la mozione sulla tassazione delle transazioni finanziarie del Partito Democratico che vado ad illustrare ha, oggi, un rilievo particolare. Si inserisce, infatti, in modo non marginale, nella discussione sulla crisi e sulle misure per superarla. Da anni il nostro Paese sconta gli effetti della crisi economica e finanziaria e le tensioni sul nostro debito pubblico sono uno degli effetti di questa crisi. Una crisi, in parte, Pag. 7generata e, per gran parte, aggravata da mercati finanziari privi di regole e da una finanza globale che si è sempre più allontanata dalla realtà dell'economia ed è degenerata in una sfrenata speculazione che ha coinvolto nel gioco d'azzardo chi giocatore non è e che ha scaricato le sue perdite e i suoi eccessi sui cittadini comuni e sugli Stati.
È ora, direi, di porre un freno a questi anonimi e sregolati processi speculativi ed è ora, anche, che si passi dalle parole ai fatti e che il nostro Governo si impegni concretamente per l'introduzione, a partire dalla dimensione europea, di una tassa sulle transazioni finanziarie che scoraggi concretamente la speculazione e, allo stesso tempo, chiami il settore finanziario a contribuire a coprire i costi della crisi. Pare, finalmente, che i tempi per un impegno italiano in questo senso siano maturi; è noto infatti che il Governo in carica, per bocca del Presidente del Consiglio, ha assunto, su questo tema, una posizione in discontinuità con il precedente Governo, annunciando che assumerà una posizione «in sede europea, in senso più favorevole alla proposta di tassazioni finanziarie, come già Francia e Germania ritengono necessario fare». Linea, questa, confermata e ribadita nella mozione sull'Europa approvata in questa Aula, a larghissima maggioranza, il 25 gennaio scorso. È infatti un dato di fatto, che vorrei ricordare, che il Governo precedente, purtroppo, aveva sempre osteggiato questa prospettiva, subordinando qualsiasi sua iniziativa a un consenso unanime della comunità internazionale, che era un modo, nemmeno tanto elegante, di lavarsene le mani ed esprimere la propria contrarietà, svolgendo nelle sedi internazionali, nel G20, nel G8 e nell'Unione europea una funzione di freno, anziché di spinta. Infatti, se è evidente che una tassa del genere non possa essere introdotta in modo efficace soltanto a livello nazionale, e infatti nessuno in Italia lo ha mai proposto, è anche evidente che non doveva essere scartata la possibilità di introdurla gradualmente, a partire dalla dimensione europea o almeno dalla zona euro, per poi promuoverne l'introduzione anche nelle altre grandi aree economiche e finanziarie.
È ormai evidente che a livello europeo il tema ha fatto breccia e che la possibilità di introdurre l'imposta non è più una chimera. Lo dimostra la risoluzione del Parlamento europeo - qui più volte citata dai colleghi che mi hanno preceduto - approvata il 10 marzo dello scorso anno, nella quale ci si esprime a favore della tassa sulle transazioni finanziarie, perché in questo modo si migliorerebbe il funzionamento del mercato, si ridurrebbe la speculazione e si contribuirebbe a finanziare i beni pubblici mondiali, nonché a ridurre i deficit pubblici, precisando, inoltre, che - e cito - «(...) in mancanza di una sua introduzione a livello globale, l'Unione europea dovrebbe, come primo passo, attuare una tassa a livello europeo».
Dimostra ciò anche la proposta di direttiva del 28 settembre scorso - anche questa precedentemente menzionata - che, riconosciutane la realizzabilità e l'applicabilità, ha proposto un sistema comune di imposta sulle transazioni finanziarie da applicarsi in tutti gli Stati membri dell'Unione a partire dal 1o gennaio 2014. E lo ha fatto con una relazione di cui vorrei leggere l'incipit: «La recente crisi economica e finanziaria mondiale ha avuto un impatto considerevole sulle nostre economie e sulle finanze pubbliche; il settore finanziario è stato uno dei principali responsabili della crisi economica, mentre i Governi e i cittadini europei ne hanno sostenuto i costi; in Europa e a livello internazionale è diffusa l'opinione che il settore finanziario debba contribuire in modo più giusto dati i costi legati alla gestione della crisi e l'attuale tassazione insufficiente del settore». Molto ben detto.
Dunque, si è fatto largo ed ha fatto strada l'idea che il settore finanziario sia stato uno dei fattori scatenanti e decisivi della crisi e che sia giusto che ne sostenga, almeno in parte, i costi. Tutto questo fa piacere, ma allora, proprio perché sembra delinearsi, almeno nel nostro Paese, un consenso assai largo sia sull'opportunità Pag. 8che sull'utilità di introdurre questa imposta, è anche il caso di ricordare che questa idea è stata a lungo osteggiata, che questa idea ha una storia lunga e che ancora pochi anni fa era considerata un'idea eccentrica e dannosa, una specie di balocco per disquisizioni accademiche. Se non è più così lo dobbiamo, innanzitutto, a movimenti della società civile, a larghe coalizioni di associazioni che si sono costituite per questo fine e a cui io, in questa sede istituzionale, vorrei esprimere apprezzamento e ringraziamento. Penso, innanzitutto, alla campagna «ZeroZeroCinque», che prende il nome dalla misura dell'aliquota di imposta dello 0,05 per cento proposta per la tassazione delle transazioni finanziarie, e che è stata lanciata in Italia nel marzo 2010, a partire da una base di pressione politica e di mobilitazione sociale ultradecennale condotta da tante organizzazioni che si erano battute già in passato per l'introduzione della Tobin tax. Vorrei ricordare che sono più di cinquanta le organizzazioni promotrici della campagna «ZeroZeroCinque» in Italia, cominciando dalla «A» di ACLI per finire con la «W» di WWF Italia, ma passando, e cito soltanto alcuni, per ARCI, Azione Cattolica, CGIL, CINI, CISL, FOCSIV, Legambiente, Oxfam Italia e UIL. Mi scuso con gli interessati per non averli menzionati tutti, ma sono decine e decine solo in Italia, e sono migliaia nel mondo, perché la campagna «ZeroZeroCinque» è l'espressione italiana di un movimento globale assai più vasto ed esteso, al quale hanno aderito anche un migliaio di economisti, di cui un centinaio italiani.
Questa campagna sta avendo successo, non ha ancora conseguito il risultato che persegue, ma ha infranto il muro dell'ostilità ed ha già raccolto consensi politici importanti, penso al Global Progressive Forum, al Partito Socialista europeo e penso naturalmente al Partito Democratico, che ha avanzato una proposta di legge sull'argomento con la prima firma del suo segretario. Sarebbe tuttavia ingiusto non osservare che la questione ha fatto breccia anche nell'altro campo, come si sa, in Francia ed anche in Italia, come dimostrano le risoluzioni di tutte le parti politiche approvate in Commissione affari esteri nel giugno 2010, pur con le formule prudenti richieste dal Governo di allora, già allora incerto e diviso al proprio interno su questo come su molti altri argomenti, come dimostra anche una proposta di legge a prima firma del democratico Sarubbi, ma sottoscritta da parlamentari di tutti i gruppi, con l'unica eccezione della Lega.
Se questa idea si è imposta ed ha fatto in pochi mesi la strada che non era riuscita a compiere in decenni è perché la crisi finanziaria, nella quale siamo precipitati e dalla quale non siamo ancora usciti, si è incaricata di dimostrarne la ragionevolezza e la desiderabilità. La forza di questa idea è la sua semplicità: occorre estendere la fiscalità al settore della grande finanza per scoraggiare la speculazione e generare risorse che potranno essere impiegate a favore di chi è stato maggiormente colpito dalla crisi e, quindi, per politiche sociali nei Paesi più sviluppati e per la lotta alla povertà nel mondo nei Paesi meno sviluppati.
La crisi finanziaria, esplosa nel 2007-2008, ha avuto - ed ha tutt'oggi - impatti devastanti per l'insieme del pianeta. Gli effetti si possono riassumere così: il nostro denaro non è stato usato per promuovere un'economia migliore ed il benessere della società, questo denaro è stato messo a rischio in un gioco d'azzardo che ha condotto alla crisi, la crisi ha avuto conseguenze pesantissime sulla vita delle persone in tutto il mondo e, per salvare il sistema finanziario che l'ha causata, sono stati effettuati enormi salvataggi con i nostri soldi. Solo i cittadini normali hanno pagato, chi poteva ha sfruttato i paradisi fiscali per evadere le tasse ed oggi dobbiamo sopportare tagli alle spese sociali e piani di austerità perché i conti pubblici sono disastrati. Interi Governi, anche nella ricca Europa, rischiano oggi il default e le conseguenze sociali sono evidenti. Come se non bastasse, dopo tutto ciò, la speculazione è ripartita a pieno ritmo, sempre con i nostri soldi e sulle nostre spalle. Come dire che, grazie alla crisi ed agli Pag. 9interventi pubblici, si è amplificato ulteriormente quel gigantesco spostamento di risorse dall'economia reale verso la finanza e dai redditi da lavoro verso il capitale speculativo che è, in ultima analisi, la principale causa della crisi stessa.
A fronte di questa situazione, malgrado il moltiplicarsi di vertici internazionali, a distanza di oltre quattro anni dallo scoppio della crisi, stiamo ancora aspettando delle misure serie di regolamentazione della finanza. Se i primi vertici del G20 hanno probabilmente contribuito ad evitare il completo collasso della finanza globale e a concordare dei piani di salvataggio del settore, negli ultimi due anni il focus si è spostato - giustamente - sulla necessità di riscrivere le regole del gioco, ma con risultati scarsi e deludenti.
L'imposta sulle transazioni finanziare è un modo per cominciare a mettere in pratica la regolazione del settore, con indubbi e numerosi vantaggi sistemici. Ne elenco alcuni. In primo luogo, le attività finanziarie sono tassate in maniera del tutto inadeguata o non lo sono per nulla, in particolare rispetto alla tassazione da lavoro, l'imposta sulle transazioni finanziarie andrebbe quindi nella direzione di una maggiore giustizia fiscale. In secondo luogo, a pagare la tassa sarebbero i grandi attori della finanza, in particolare quelli a vocazione speculativa: la tassa sarebbe dunque uno strumento di redistribuzione delle ricchezze su scala globale e obbligherebbe la finanza a pagare almeno una parte del costo alla crisi. In terzo luogo, la sfera politica recupererebbe una forma di controllo su quella finanziaria, con una misura che permetterebbe di tutelare la stabilità finanziaria, un bene per tutti. In quarto luogo, verrebbe diminuito il volume complessivo delle attività finanziarie, liberando risorse che potrebbero essere investite nell'economia reale e riequilibrando, almeno in parte, le enormi disparità tra economia reale e attività meramente finanziarie. In quinto luogo, l'imposta permetterebbe di migliorare la trasparenza e la tracciabilità dei flussi finanziari.
In sintesi, si può dire che l'introduzione di un'imposta sulle transazioni finanziarie avrebbe effetti benefici sull'intera economia. Occorre anzi sottolineare come siano infondate le critiche di chi sostiene che l'introduzione dell'imposta possa comportare una diminuzione del PIL e impatti negativi sulla crescita. L'imposta, semmai, consentirebbe di sostenere investimenti di lungo periodo e scoraggerebbe le operazioni ad alta velocità - anche queste, qui più volte menzionate - che sono le più dannose e causano forte instabilità. I pro ed i contro, peraltro, ci sono in qualsiasi ambito, in questo caso prevalgono di gran lunga i pro.
Si tratta di fare una scelta politica, considerando anche che, al momento attuale, il settore finanziario è l'unico a non essere appropriatamente tassato. Gli effetti di questa imposta sarebbero estremamente positivi, in particolare in Italia, dove la struttura produttiva è fondata sulle piccole e medie imprese. Chi esporta verrebbe ridotto il rischio di speculazioni sulle valute, la quotazione del petrolio e delle materie prime sarebbe più stabile e prevedibile, diminuirebbero anche le possibilità di attacco sui titoli di Stato.
A noi sembra insomma che l'imposta sulle transazioni finanziarie sia uno strumento che ben concorre a perseguire l'obiettivo di coniugare crescita sostenibile, risanamento dei bilanci pubblici e regolazione dei mercati finanziari. Muoversi in direzione di questo obiettivo è sempre più necessario anche perché è avvertita come improcrastinabile l'esigenza di reperire nuove risorse con cui risanare le finanze pubbliche, ridurre il peso dei debiti sovrani e avviare gli investimenti necessari per uscire dalla stagnazione e dalla situazione di bassissima crescita in cui versano molte economie nazionali. L'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie, se realizzata in modo appropriato, può contribuire in questo momento storico a coprire in parte i costi generati dalla crisi, rappresentando al contempo un'efficace misura per frenare le attività speculative senza colpire l'economia reale e può quindi essere uno strumento utile per reperire risorse da destinare allo sviluppo. Pag. 10
Ecco quindi lo sfondo dal quale muove la nostra mozione ed ecco quindi la nostra richiesta al Governo, che intendo ora specificare, di impegnarsi in primo luogo ad adottare ogni iniziativa utile nelle opportune sedi europee per assicurare il pieno coinvolgimento di tutti gli Stati membri dell'Unione perché si giunga alla graduale applicazione della tassa a livello europeo - e mi permetto di aggiungere - facendo in modo da non consentire ad alcuno Stato, e penso tanto perché sia chiaro al Regno Unito, di esercitare un veto e bloccare ogni decisione. Penso che in quel caso si dovrebbero trovare soluzioni alternative. In secondo luogo, a sostenere in sede europea la proposta di una direttiva europea prevedendo alcuni miglioramenti, in particolare assicurando che il pagamento dell'imposta venga collegato al criterio della nazionalità - anche su questo ho registrato convergenze nell'intervento precedente - e dello strumento finanziario per ridurre la possibilità di elusione dell'imposta, ed inoltre assicurando che la destinazione del gettito - questo è straordinariamente importante - sia impegnata in parte per progetti di sviluppo e di contrasto dei cambiamenti climatici, in parte per la lotta alla povertà nel mondo e per il sostegno dei progetti a questo fine realizzati e quindi cooperazione allo sviluppo e realizzazione degli obiettivi di sviluppo del millennio, in parte per le politiche sociali negli Stati membri ed in parte per la riduzione dei debiti sovrani.
Questo è quello che chiediamo al Governo e che ci auguriamo voglia accogliere. Detto questo, lasciatemi concludere dicendo che noi sappiamo bene che l'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie non può certo risolvere tutti i problemi determinati dalla crisi né ha la pretesa di essere il solo strumento adatto a combattere la speculazione, ma il gettito non sarebbe certo trascurabile, volutamente ho evitato di parlare di cifre perché troppe ne circolano e troppo diverse fra loro, ma questo non vuol dire che non siano cifre importanti nell'ordine soltanto a livello europeo, come la Commissione valuta nel suo documento, di decine e decine di miliardi di euro. Sappiamo anche, infine, che questa imposta può rivelarsi uno strumento efficace sia per arginare l'attività speculativa dei mercati - che ha poco a che vedere con l'economia reale - e sia per spostare parte del peso della crisi sugli operatori finanziari, in particolare su quelli che svolgono attività speculativa che pur avendo avuto responsabilità determinanti nell'esplodere della crisi finanziaria non hanno ancora contribuito in alcun modo a sostenerne i costi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Comaroli, che illustrerà anche la mozione Dozzo ed altri n. 1-00851, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.

SILVANA ANDREINA COMAROLI. Signor Presidente, in merito alla nostra mozione occorre fare riferimento agli ultimi quattro anni, da quando cioè sono emersi gli effetti disastrosi di un sistema finanziario mondiale, non opportunamente regolamentato, soggetto ad improvvisi e non controllati fenomeni speculativi, ed è aumentata la pressione sui bilanci di molti degli Stati europei.
L'attacco ai titoli del debito pubblico italiano fa parte di una strategia di speculazione che sta inquinando i mercati internazionali, favorita dal costo del denaro a breve termine sul dollaro offerto alle banche dalla Federal Reserve che è quasi a zero. Vendere al ribasso, allo scoperto, in queste condizioni senza parametri patrimoniali, costa molto poco e se lo si fa contro l'euro si aiuta l'impiego in dollari, che è in crisi. Gli USA continuano a stampare dollari perché la disoccupazione rimane al 9 per cento, nonostante il deficit del bilancio oltre il 9 per cento. Il debito pubblico sul PIL sta superando il livello consentito dalla legge vigente.
La finanza cinese e degli altri Stati emergenti con grosse riserve valutarie hanno bisogno di investire i surplus in titoli diversi da quelli in dollari, così interessano gli investimenti in euro. La Pag. 11debolezza della Grecia e dell'Irlanda ha consentito di scatenare una speculazione sui loro debiti pubblici con operazioni di vendita a termine dei loro titoli, che si basano sul fatto oggettivo che gli Stati in questione e le loro banche sono deboli. Queste speculazioni hanno reso parecchio e hanno costretto gli Stati dell'eurozona ad intervenire con prestiti ad Irlanda e Grecia, ai quali ha partecipato anche l'Italia con il 17 per cento. La speculazione, dopo aver sfruttato questa opportunità, spremendoli per quanto possibile, si è indirizzata al Portogallo, che è in situazione difficile ma meno critica. Queste operazioni di speculazione fruttano a chi le fa e forse anche alle agenzie di rating, ora sotto inchiesta, avendo diffuso valutazioni tendenziose. La speculazione non è utile all'economia perché, essendo un gioco a somma zero, dove pochi si arricchiscono a danno di moltissimi che si impoveriscono, essa non aggiunge nessun valore al sistema economico. La speculazione non è utile nemmeno al funzionamento di un mercato perché, se guardiamo al mercato come a un sistema che deve prima di tutto essere stabile, in modo tale da incentivare gli individui che lo animano ad investire nel futuro e nello sviluppo, la speculazione rappresenta un elemento perturbatore, capace di generare veri e propri terremoti finanziari, che lasciano gli investitori seri, cioè noi, letteralmente tramortiti in un angolo a leccarsi le ferite. La conseguenza è la depressione economica che stiamo vivendo, in cui gli investimenti di capitale sono divisi in due: da una parte, la finanza che si assorbe tutto il capitale d'azzardo, dall'altra, la povera economia reale, letteralmente deprivata dei soldi necessari per fare le cose, innovare e creare lavoro. Nel 2008 il PIL del mondo, vale a dire l'economia reale, fatta di lavoro e cose concrete, ammontava a circa 60 trilioni di dollari. Nello stesso periodo la speculazione finanziaria fatta di derivati raggiungeva la cifra incredibile di 2.400 trilioni di dollari. Cosa vuol dire? Che per ogni dollaro di economia reale, 40 dollari di finanza su finanza. È un gigantesco capitale d'azzardo puntato sulla vorticosa roulette finanziaria globale, una cifra enorme che è ulteriormente aumentata nel 2011, che mai era stata raggiunta nella storia prima d'ora e che ci sta letteralmente soffocando. È assolutamente necessario non ripetere gli errori del passato e la politica ne ha fatto uno fondamentale in quanto ha ceduto al potere delle banche. I governi hanno fatto il tragico errore di affidare la scrittura delle regole ai banchieri, al mondo bancario, che oggi è più pericoloso di prima. Bisogna ripensare il mondo oltre la crisi economica, sottolineando che anzitutto bisogna capire da dove viene la crisi e che cosa è. Oggi la ricchezza sta mangiando le nazioni e alla fine divorerà se stessa. Per questo servono regole morali e principi, e noi crediamo che un metodo sia cercare di limitare l'azione degli speculatori. Sarebbe giusto che, invece delle classi meno abbienti e degli industriali onesti, fossero gli speculatori a ripagare con una tassa la popolazione dei lauti guadagni ottenuti, non sempre cristallini. Una delle possibili azioni è appunto l'introduzione di un'imposta sulle transazioni finanziarie, che potrebbe essere una significativa risposta ad un drammatico bisogno di risorse finanziarie da dedicare alla ripresa dell'economia reale, al risanamento dei deficit e dei debiti nazionali. La discussione, in merito, sugli effetti sui mercati risale ormai a quaranta anni fa, quando James Tobin propose un'imposta di modico valore sulle transazioni valutarie al fine di stabilizzare il mercato delle valute stesse. Da allora, gli economisti hanno discusso vivacemente sull'aliquota della tassa, sugli effetti distorsivi causati da un'eventuale applicazione solo su alcuni mercati, sulla quantificazione dell'eventuale gettito e, naturalmente, sulla destinazione del gettito stesso, senza che però si arrivasse mai ad una diffusa applicazione per lunghi periodi.
In questa fase economica il peso della pressione fiscale non può gravare ulteriormente né sulle famiglie, né sulle imprese, già colpite dagli aumenti delle imposte dirette ed indirette, dall'aumento dei costi delle materie prime, anche quelle di prima Pag. 12necessità, e dall'incremento dei costi dei servizi pubblici. Il sistema finanziario, al contrario, sarebbe in grado di assorbire un'imposta sulle transazioni con un'aliquota bassa, tale da risultare assolutamente sopportabile a livello di una singola transazione, ma in grado di generare, a livello complessivo, un gettito rilevante.
Sempre più soggetti vedono l'introduzione della suddetta imposta come un modo di arginare quel sistema di «fare finanza» che crea solo speculazione a danno degli Stati. Anche le istituzioni comunitarie, supportate da studi autorevoli, stanno convergendo su alcune proposte concrete di imposta. La Commissione europea ha ipotizzato l'introduzione di una forma di tassazione sul settore finanziario in una comunicazione del 7 ottobre 2010, con lo scopo di migliorare l'efficienza e la stabilità del settore finanziario, così da scoraggiare le attività speculative e generare una nuova fonte di entrata, di risanare i conti pubblici a contropartita del sostegno ricevuto da alcuni Governi a seguito della recente crisi, di assoggettare a tassazione attività in gran parte esenti dall'imposta sul valore aggiunto. La Commissione europea ha inoltre ipotizzato che l'imposta possa costituire, in tutto o in parte, una nuova risorsa propria, da introdurre nel bilancio dell'Unione europea, andando progressivamente a sostituire i contributi nazionali, alleviando così il relativo onere per i bilanci statali. La proposta è stata oggetto di una consultazione pubblica svoltasi tra il 22 febbraio ed il 19 aprile 2011, con la partecipazione di un gran numero di soggetti, anche istituzionali, all'esito della quale è stata adottata la proposta di direttiva del Consiglio concernente un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie a decorre dal 1o gennaio 2014.
Anche al di fuori delle istituzioni sono sempre più numerose le forze sociali, i movimenti di cittadini e le associazioni che sostengono l'introduzione di una simile imposizione, ma per l'applicazione di questa imposta sulle transazioni finanziarie è fondamentale il rispetto del principio di sussidiarietà. Infatti, il funzionamento del mercato interno sarebbe pregiudicato ove gli Stati membri agissero unilateralmente nell'introduzione dell'imposta. La mancanza di coordinamento fra i sistemi di tassazione comporterebbe distorsioni della concorrenza tali da accrescere i rischi di delocalizzazione delle attività finanziarie all'interno e all'esterno dell'Unione europea, oltre al rischio che il settore finanziario possa essere soggetto a doppia tassazione.
È per questo che la Lega Nord, con la mozione presentata, chiede che il Governo metta in atto le azioni volte sì a sostenere l'introduzione di un'imposta sulle transazioni finanziarie a livello europeo, ma in modo che questo avvenga in tutti i Paesi dell'Unione europea, non soltanto negli Stati che adottano l'euro. Inoltre, questa imposta non può essere introdotta solo da alcuni Stati e da altri no, altrimenti si creerebbe un serio e gravissimo problema di investimenti nell'area euro, e non solo. Il Governo dovrebbe fare sì che anche l'Unione europea si attivi affinché l'imposta venga estesa anche al resto del mondo.
Chiediamo, altresì, al Governo di cercare di differenziare le modalità di imposizione in modo da gravare maggiormente sulle transazioni tipicamente speculative, ossia quelle di breve o brevissimo periodo, quelle che stanno danneggiando il mondo della finanza a danno dei cittadini, perché l'economia reale è la vera forza di uno Stato e sono le piccole e medie imprese a sostenere l'economia, non la finanza.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bernardo, che illustrerà anche la mozione Corsaro ed altri n. 1-00852, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

MAURIZIO BERNARDO. Signor Presidente, sottosegretario Vieri Ceriani, gli argomenti e il tema di oggi certamente rappresentano un momento delicato non solo per il nostro Paese ma in uno scenario certamente più ampio anche perché, se si osserva nel dovuto modo quanto è capitato da quella crisi finanziaria e dei mercati fino poi alla crisi reale, che ha toccato le famiglie e le imprese anche Pag. 13italiane, dovrebbe essere condotta un'analisi attenta, rispetto alle misure che abbiamo inteso intraprendere nel corso degli anni precedenti, rispetto a quello che abbiamo deciso di fare con il sostegno all'attuale Governo, da parte delle forze politiche e in particolar modo di quanto rappresenta il Popolo della Libertà, e rispetto anche ad una continuità che io credo non vada mai dimenticata rispetto a quelle azioni di politica economica internazionale su cui e per cui l'Italia ha preso posizioni importanti.
Oggi andiamo anche a vedere quegli effetti positivi di chi ora porta avanti una politica economica, che non è solo dell'Italia, e va nella direzione di adottare provvedimenti importanti e - lo abbiamo sempre detto - un sostegno che conduca anche ad un momento di discussione su quello che interessa il Paese e soprattutto per quello che può riguardare i nostri concittadini.
Certamente parlare di crisi economica mondiale e globale, nel momento in cui intendiamo prendere oggi decisioni e rispetto anche ai momenti di prospettiva che ci attendono, non può evitare l'idea di doverci confrontare con i mercati asiatici e con gli Stati Uniti.
Ciò che abbiamo sempre inteso fare nel corso dei momenti precedenti all'attuale Governo, è stato pensare che la nostra diventi comunque una scelta comune e condivisa, laddove l'Unione europea non è soltanto un'unione della moneta o dei mercati finanziari, ma deve anche raggiungere un traguardo che noi riteniamo importante, che è quello di un'azione politica condivisa, e laddove anche le misure riguardano la tassazione sulle transazioni finanziarie.
Il riferimento che si è fatto ai diversi momenti istituzionali intrapresi dal Parlamento europeo, peraltro da noi condivisi anche recentemente attraverso mozioni, sottoscritte anche dagli altri partiti che sostengono il Governo Monti, ha messo in evidenza una volontà costruttiva di dare delle risposte - per quanto poi si immagini non debbano essere penalizzati i mercati italiani che superano certamente i nostri confini - che possano portare ad un'economia globale, in cui l'Europa gioca un ruolo fondamentale.
Ecco perché noi abbiamo anche in passato sottolineato l'esigenza che anche l'adozione di un'imposta sulle transazioni finanziarie debba avere il consenso e la condivisione da parte degli Stati membri e che non sia un percorso in solitudine secondo l'impostazione culturale, che non ci appartiene, di aumentare l'imposizione fiscale e immaginando che questa possa essere una ricetta, ricetta che noi non abbiamo condiviso allora e che non condividiamo oggi.
Ecco da dove deriva la richiesta che noi avanziamo in termini di impegno al Governo, laddove, pensando anche a quanto la storia democratica e repubblicana del nostro Paese ricordi, oggi più che mai il consenso che raccoglie in quest'Aula questo Governo consente di presentarsi di fronte all'Europa - e non solo travalicando anche i confini europei - con una maggioranza parlamentare che non ha precedenti nella storia e, quindi, forte di azioni, che noi riteniamo debbano essere apportate e condivise come sistema Paese e come Italia.
La Svezia ha provato negli anni precedenti ad adottare misure che riportano al Premio Nobel per l'economia James Tobin, mentre il Regno Unito vi si oppone fermamente. Immaginare che ci sia un distinguo tra alcuni Paesi, rispetto ad una scelta che deve essere condivisa, certamente porta ad avere alcuni tentennamenti, per quanto anche noi, come Popolo della Libertà, ci stiamo esprimendo a favore di un'azione che però deve vedere presenti tutti gli Stati membri in un'unica direzione.
Le preoccupazioni espresse anche da quei Paesi possono essere anche le nostre. Certo è che se l'Europa dovesse essere penalizzata nel confronto con i mercati stranieri per quello che significhi il mercato del Sud-est asiatico oppure nel rapporto con gli Stati Uniti, è auspicabile che quegli organismi, nel sedersi al tavolo, possano immaginare una soluzione comune, non pensando soltanto a speculazioni Pag. 14e a momenti di attrazione nell'interesse della propria area geografica, perché questo ovviamente non lo consentiremmo.
Ecco perché noi diciamo che pensare ad una tassazione, ad un'imposizione che possa portare ad un gettito di dimensione significativa e che questo stesso gettito possa essere spalmato, nell'interesse generale, su azioni di politica dell'Unione europea, che poi vengano calate per ogni singolo Stato, è certamente lo spirito con cui decidiamo di condividere un percorso.
Allo stesso tempo ci piacerebbe anche capire se l'azione svolta dalla Banca centrale europea nei confronti del sistema del credito delle banche a livello di singolo Stato sta dando quei giusti frutti nel tenere nella considerazione necessaria il mondo del piccole e medie imprese ovvero l'impalcatura che rappresenta la nostra economia reale; capire, inoltre, gli effetti di quei controlli, che necessariamente devono essere effettuati dal momento in cui ci fosse un gettito di questa dimensione - qualcuno immagina possa essere pari a 57 miliardi di euro -, e gli effetti che esso potrebbe produrre di fronte agli scenari dei singoli Stati membri.
Ebbene, nella medesima direzione noi dovremmo andare anche a verificare quello che è successo nel corso di questi mesi e quello che significa anche il rilancio dell'economia italiana. Va bene il rigore e va bene anche rivedere - seppure in parte modificata, mi rivolgo al sottosegretario oggi qui presente - la riforma fiscale, della quale noi siamo in attesa, perché richiamata in diverse occasioni, per quanto alcuni provvedimenti abbiano assorbito porzioni importanti di quella riforma che abbiamo trattato nel corso dei mesi scorsi, affinché essa possa essere ripresa per dare un giusto rilancio alle famiglie italiane e al mondo delle nostre imprese.
Ecco perché, avviandomi verso la conclusione, mettiamo in risalto alcuni legittimi dubbi, che riteniamo essere condivisi, per quello che riguarda un'imposizione sulle transazioni finanziarie, che vada ad evitare che ci sia un'imposizione maggiore, che già è poco sopportabile nel nostro Paese.
Una seconda ricaduta riguarda il settore industriale, perché non dimentichiamo che il giusto ossigeno di cui hanno bisogno le nostre attività industriali in un mercato globale è avere gli stessi strumenti e le stesse modalità di un rilancio necessario.
Una terza implicazione riguarda una preoccupazione che noi manifestiamo ed è relativa al debito pubblico. Pensare, ad esempio, al fatto che ogni investitore chiederà un rendimento sempre più alto, per quello che significa acquistare titoli sempre più tassati, capire qual è lo scenario rispetto all'adozione di misure come queste, a favore delle quali ci siamo espressi in altre occasioni, con quei dubbi legittimi e necessari che facciamo nostri e che trasferiamo a chi oggi governa il nostro Paese, anche con il nostro sostegno. Andare, quindi, in Europa forti di quella maggioranza parlamentare che metta in evidenza alcuni contenuti importanti che travalichino il sistema europeo - perché questo ci è chiaro - e che ci consenta di sederci ad un tavolo con la giusta dignità e legittimazione che ci viene data come Paese, per quella eredità che abbiamo raccolto nei confronti degli Stati Uniti e del Sud-est asiatico e che eviti, quindi, che l'Italia diventi sempre meno attraente non soltanto come sistema Paese ma anche all'interno dei confini dell'Europa.
Chiediamo soprattutto - concludo - che ci sia una condivisione di azione di politica economica che veda presenti, a pari titolo, tutti e ci veda andare nella stessa direzione. Allora su questo noi daremo il giusto contributo e il giusto sostegno perché si raggiungano, nell'interesse del nostro Paese e dei nostri cittadini, quei risultati che noi riteniamo oggi debbano essere ottenuti per una rilancio reale dell'economia.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
Il rappresentante del Governo ha comunicato alla Presidenza che si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito. Pag. 15
Il seguito della discussione è rinviato alla parte pomeridiana della seduta.

Sull'ordine dei lavori (ore 12,40).

GIANLUCA BUONANNO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANLUCA BUONANNO. Signor Presidente, volevo intervenire solo per evidenziare, per un disguido tecnico, una mia votazione fatta il 1o febbraio sull'emendamento 16.58 a firma Patarino e Raisi, in occasione del quale ho votato sì, invece che no. In altre parole è figurato che il mio voto era favorevole mentre invece io penso esattamente il contrario. Riguarda la difesa degli animali, la vivisezione, cioè il famoso green hill di Montichiari a Brescia, a proposito del quale sono nettamente contrario a queste situazioni in cui si fanno esperimenti sugli animali, sui cani (in questo caso sui beagle), ma anche - in altre situazioni - sui gatti. Volevo sottolineare il fatto che sono nettamente contrario.
Purtroppo mi sono accorto di questa votazione perché sono stato messo su Internet come se fossi un delinquente insieme ad altri (in maniera giusta o sbagliata che sia, perché ognuno può pensarla come meglio crede). Mi sono visto come fossi un nazista. Ho sbagliato e sono fermamente convinto della difesa degli animali, ma se anche avessi pensato una cosa diversa, non mi sembra giusto essere identificato come una specie di delinquente. Vorrei fare anche un esempio. Sono contro la droga, contro la droga eventualmente libera, sono contro qualsiasi tipo di situazione del genere, e mi sono ritrovato con questo voto come uno che invece - per fare un esempio - è a favore della droga libera.
Ci tengo a sottolineare questa situazione e chiedo a lei, Presidente, scusa di quello che è capitato. Ribadisco la mia netta contrarietà alla vivisezione. Penso che gli animali abbiano veramente tanti diritti e che noi esseri umani tante volte dovremmo imparare da loro tante cose. Vedere invece situazioni in cui luoghi come green hill sembrano dei campi di concentramento (questa è stata la mia idea vedendo i filmati a Striscia la notizia) mi fa veramente pensare che in questo Paese - come in altre parti del mondo - bisogna assolutamente vietare questo tipo di situazioni perché anche se si tratta di animali, dei cani, mi hanno dato l'esatta percezione di vedere dei campi di concentramento moderni: non devono esserci assolutamente per gli uomini, ma credo anche che non debbano esserci in un Paese civile come il nostro neanche per gli animali, in questo caso per i cani.

PRESIDENTE. Onorevole Buonanno, nessun motivo di scusarsi, è un errore materiale. La sua dichiarazione rimane agli atti.

ROBERTO MORASSUT. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO MORASSUT. Signor Presidente, vorrei porre all'attenzione dei colleghi e alla sua quanto è accaduto in questi giorni in occasione dell'emergenza neve, in particolare nella Capitale d'Italia. Il contesto, conosciuto a tutti, di ritardi, di difficoltà e anche di inefficienze nell'azione di prevenzione e di soccorso, che si è manifestato in questi giorni pubblicamente e con gravi disagi per i cittadini, merita di essere approfondito, anche per le polemiche che ne sono scaturite.
Tra le tante polemiche ve n'è, però, una che merita di essere risolta in un chiarimento che sarebbe opportuno. Per questo le chiedo di invitare il Governo, attraverso il Ministro dell'interno, a riferire qui in Aula. Abbiamo assistito ad uno scontro, abbastanza spiacevole e anche abbastanza inopportuno perché è avvenuto nelle ore di più alta criticità della situazione, tra il sindaco della Capitale Alemanno e il capo della Protezione civile, dottor Gabrielli. Uno scontro che, certamente, non ha accresciuto in generale la credibilità delle istituzioni, soprattutto in passaggi come Pag. 16questi. In particolare, è apparso abbastanza sorprendente proprio per la situazione che molti cittadini hanno dovuto vivere sottoposti a disagi pesanti mentre assistevano, invece, a questo incredibile palleggio e scarico di responsabilità tra il comune e lo Stato.
Personalmente, come credo la gran parte dei cittadini, in queste ore, dovendo esprimere un'impressione, non credo onestamente a quanto il sindaco di Roma ha affermato e, cioè, di non aver avuto notizie e informazioni sufficienti e puntuali, da parte della Protezione civile, sull'entità delle precipitazioni. Non lo credo perché tutti, a livello di opinione pubblica diffusa, aspettavano una consistente nevicata. Infatti, i bollettini meteorologici diffusi dalla televisione e dai giornali lo avevano ampiamente fatto capire. Tuttavia, le affermazioni del sindaco aprono due importanti interrogativi. Il primo concerne lo stato di efficienza della nostra Protezione civile, che il sindaco di Roma ha formalmente e pubblicamente definito come un «ufficio di passacarte». La seconda riguarda la mancanza evidente di coordinamento tra quest'ultimo, il Dipartimento della protezione civile, e il comune di Roma che ha di fatto esposto la popolazione di Roma a rischi gravi e a gravi disagi. Su questo la prego di rivolgere al Ministro dell'interno la richiesta di voler rapidamente riferire all'Assemblea.

PRESIDENTE. Onorevole Morassut, porteremo a conoscenza del Governo, per quanto di sua competenza, la richiesta da lei effettuata che, peraltro, è coincidente con quella precedentemente espressa dall'onorevole Quartiani.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15 con il seguito della discussione delle mozioni concernenti iniziative per il contrasto all'evasione e all'elusione fiscale.

La seduta, sospesa alle 12,50, è ripresa alle 15,05.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bocci, Bongiorno, Jannone, Palumbo e Vitali sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione delle mozioni Donadi ed altri n. 1-00826, Fluvi ed altri 1-00830, Cambursano ed altri n. 1-00831, Moffa ed altri n. 1-00832, Dozzo ed altri n. 1-00833, Leo ed altri n. 1-00843 e Di Biagio, Galletti, Pisicchio ed altri n. 1-00847 concernenti iniziative per il contrasto all'evasione e all'elusione fiscale (Vedi l'allegato A - Mozioni).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Donadi ed altri n. 1-00826 (Ulteriore nuova formulazione), Fluvi ed altri 1-00830, Cambursano ed altri n. 1-00831, Moffa ed altri n. 1-00832, Dozzo ed altri n. 1-00833, Leo ed altri n. 1-00843 (Nuova formulazione) e Di Biagio, Galletti, Pisicchio ed altri n. 1-00847 concernenti iniziative per il contrasto all'evasione e all'elusione fiscale (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Avverto che, dopo la conclusione della discussione sulle linee generali, che ha avuto luogo nella seduta di martedì 31 gennaio 2012, è stata presentata la mozione Di Biagio, Galletti, Pisicchio ed altri n. 1-00847, che è già stata iscritta all'ordine del giorno.
Avverto, altresì, che alla mozione Donadi ed altri n. 1-00826 (Ulteriore nuova formulazione) è stato presentato l'emendamento Maurizio Turco ed altri n. 1-00826/1.
Quanto alle modalità di esame degli emendamenti, conformemente alla prassi seguita in analoghe occasioni (sedute del 16 dicembre 1996, 9 luglio 1998, 23 marzo 2000, 20 febbraio 2007, 27 novembre 2008, 7 luglio 2010, 9 novembre 2010, 21 luglio Pag. 172011 e 27 luglio 2011), se non vi sono obiezioni, procederemo dapprima all'esame ed alla votazione dell'emendamento riferito alla mozione 1-00826, previe eventuali dichiarazioni di voto, indi in sequenza al voto delle singole mozioni, preceduto da un'unica fase di dichiarazioni di voto riguardanti l'insieme delle mozioni presentate.

(Intervento e parere del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo, che esprimerà altresì il parere sulle mozioni all'ordine del giorno e sull'emendamento presentato.

VIERI CERIANI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, sulla mozione Donadi ed altri n. 1-00826 (Ulteriore nuova formulazione) il Governo esprimerebbe parere favorevole, a condizione che nel dispositivo la lettera h) venisse riformulata nel modo che espongo: eliminare le parole «della Guardia di finanza e di» e sostituirle con la parola «tra» e, all'ultimo rigo, eliminare le parole «con l'Agenzia delle entrate». Con questa riformulazione il Governo esprimerebbe parere favorevole, se accoglibile dai firmatari. Riguardo all'emendamento presentato alla stessa mozione il parere è contrario.

PRESIDENTE. Signor sottosegretario, però deve darci il parere anche sulle altre mozioni, non solo sulla prima.

VIERI CERIANI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Proseguo: riguardo alla mozione Fluvi ed altri 1-00830 il Governo esprimerebbe parere favorevole se all'inizio del dispositivo, dopo le parole «impegna il Governo», la parola «assumere» fosse sostituita con la parola «valutare». Riguardo alla mozione Cambursano ed altri n. 1-00831, il Governo potrebbe dare parere favorevole qualora fossero accolte dai relatori le seguenti modifiche: all'inizio del dispositivo, dopo «impegna il Governo», la parola «assumere» fosse sostituita con «valutare»; alla lettera b) sopprimere le prime tre righe e sostituire la parola «indicando» con la parola «indicare»; sopprimere la successiva lettera c) e altrettanto per la successiva lettera d), nonché per la successiva lettera g).
Alla lettera h) del primo capoverso del dispositivo, il Governo chiede di sopprimere le parole: «chi ha il passaporto italiano paghi le tasse anche in Italia, a prescindere dalla residenza, dedotte le imposte già pagate all'estero, in modo che»; e di sostituire le parole: «ha un passaporto», con la parola «sia». Se queste modifiche fossero accettate, il Governo esprimerebbe, dunque, parere favorevole.
Il Governo esprime parere favorevole sulla mozione Moffa ed altri n. 1-00832 a condizione che i presentatori convengano su alcune modifiche. In particolare, al sesto capoverso della premessa sostituire le parole: «criticare una scelta, che vede in Equitalia l'esecutore materiale, che ha portato a», con le parole: «rilevare con criticità». Riguardo al dispositivo, dopo le parole: «impegna il Governo», aggiungere le parole: «a valutare l'opportunità di iniziative volte». Al secondo capoverso del dispositivo, sopprimere le parole: «ruolo dell'Agenzia delle entrate che dovrebbe svolgere una funzione di». Al penultimo capoverso del dispositivo, sostituire le parole: «con certezza l'autorità preposta a predisporre», con le parole: «la predisposizione di». Con queste modifiche, se accettabili dai presentatori, il Governo esprime parere favorevole.
Sulla successiva mozione Dozzo ed altri n. 1-00833, il Governo non può che esprimere parere contrario.
Con riferimento alla successiva mozione Leo ed altri n. 1-00843 (Nuova formulazione), il Governo esprime parere favorevole qualora i presentatori accettassero la seguente riformulazione. Dopo le parole: «impegna il Governo», sostituire le parole «ad adottare», con le parole: «a valutare». Pag. 18
Infine, sulla mozione Di Biagio, Galletti, Pisicchio ed altri n. 1-00847, il Governo esprime parere favorevole, a condizione che il penultimo capoverso del dispositivo sia riformulato, sostituendo le parole: «della Guardia di finanza e la sua», con le parole: «degli enti preposti alla» e, in fondo al periodo, sopprimendo le parole: «con l'Agenzia delle entrate».

RENATO CAMBURSANO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, sono arrivato qualche istante in ritardo perché impegnato in Commissione bilancio, che è ancora in corso e sta per esprimere un parere sul provvedimento «svuota carceri». Quindi, non ho potuto assistere né ascoltare il parere espresso dal rappresentante del Governo sulla mozione a mia prima firma. Se cortesemente volesse ripeterlo, mi farebbe una cortesia grande.

PRESIDENTE. Onorevole Cambursano, di per sé il parere espresso è acquisito e potrebbe leggerlo dagli atti. Tuttavia, se il signor sottosegretario vuole ripeterlo succintamente, ne ha facoltà.

VIERI CERIANI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, s'impegna il Governo a «valutare» anziché ad «assumere»; alla lettera b) del primo capoverso del dispositivo, sopprimere le prime tre righe e iniziare con la parola: «indicare», anziché con la parola: «indicando»; sopprimere le successive lettere c), d) e g).
Alla lettera h) sopprimere le parole: «chi ha il passaporto italiano paghi le tasse anche in Italia a prescindere dalla residenza, dedotte le imposte già pagate all'estero, in modo che» e, alla terz'ultima riga, sostituire «ha un passaporto» con «sia».

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 15,19).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15,40.

La seduta, sospesa alle 15,20, è ripresa alle 15,40.

In ricordo del professor Luciano Cafagna.

FRANCESCO TEMPESTINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO TEMPESTINI. Signor Presidente, mi consenta, e mi consentano i colleghi, di dire poche parole, ma molto sentite, su Luciano Cafagna. Se ne è andato nella giornata di ieri quello che il Presidente della Repubblica ha definito storico di alto profilo, professore di storia contemporanea a Pisa, che ha lasciato alcune delle pagine più importanti e più attente sulla recente storia del nostro Paese. Vorrei ricordare il libro La formazione di una base industriale in Italia tra il 1896 e il 1914, quello sul dualismo e il formidabile libro su Cavour, che costituisce uno dei due grandi testi per comprendere l'evoluzione della storia d'Italia assieme a quello di Rosario Romeo.
Lo storico di alto profilo era anche l'intellettuale che nel corso della sua vita ha voluto esplorare le novità delle organizzazioni istituzionali, le novità delle organizzazioni sociali: è stato con Giolitti per una preziosa esperienza alla Comunità europea, è stato uno di quelli che ha contribuito alla costruzione dell'Authority per la concorrenza. Una curiosità che naturalmente faceva il paio con una Pag. 19grande passione politica, e questo è il Cafagna che voglio ricordare, con qualche argomento e con qualche annotazione in più.
Cafagna lasciò il Partito Comunista nel 1956, sull'onda dei fatti di Ungheria, e da quegli anni ha costituito e ha sviluppato, e per il Partito Comunista e per il Partito Socialista, lungo tutto una storia ricca di contributi importanti alla conoscenza e alla comprensione di ciò che accadeva, un'iniziativa per alcuni versi radicale, nella nettezza delle posizioni, ma per altri versi molto unitaria, con l'idea che dovessero trovarsi le ragioni per superare - quella che in un libro famoso scritto a due mani con Giuliano Amato chiamò Duello a sinistra - le ragioni che impedivano alla sinistra italiana di farsi quello che doveva essere: una sinistra moderna, una sinistra unita e capace di stare con atteggiamento concorrenziale sul mercato della politica.
Quel Cafagna questo approccio, questo contributo, lo ha dato vincendo anzitutto con il mondo operaio in una stagione di grande importanza per la storia delle idee del dopoguerra del Paese; vincendo con quegli intellettuali una grande battaglia contro il massimalismo dei fatti, che imperava, che aveva una grande udienza nella sinistra, anche nello stesso Partito Socialista, e affermando una visione moderna, una visione laica del riformismo. Quella visione laica del riformismo di Cafagna è quel patrimonio che ancora oggi consente a noi, nel Partito Democratico e non solo, di comprendere, di capire le novità della società, di capire e di comprendere quali possano e debbano essere i compromessi, ma anche quale debbano essere le scelte irrinunciabili che si debbono fare per mantenere un alto profilo riformista. Penso che questo approccio di Luciano Cafagna non lo dimenticheremo.
Quando la Prima Repubblica è crollata, Cafagna ha saputo parlare anche a molti di noi. Chi non ricorda La grande slavina, che è stato forse il contributo più acuto e più vero alla comprensione della crisi di un'intera storia politica.
Insomma, sono tante le ragioni, Presidente, per le quali credo che dobbiamo avvicinarci con rispetto e con gratitudine alla figura di Luciano Cafagna. Lo facciamo in questa sede, ma ci saranno altri momenti per ricordarne la sua qualità di scienziato della storia e la sua tempra di politico e di animatore della libertà e dell'eguaglianza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Tempestini. Mi consenta di unirmi, a titolo personale, ma anche in rappresentanza dell'Assemblea, alle parole che lei molto opportunamente ha detto in ricordo di un grande intellettuale, un grande storico, uno dei riferimenti fondamentali del riformismo italiano.

GIULIANO CAZZOLA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIULIANO CAZZOLA. Signor Presidente, ringrazio il collega Tempestini per le parole che ha voluto dire in memoria di Luciano Cafagna e mi associo, dalla prima all'ultima, alle considerazioni che il collega ha svolto perché non potrei dire nulla di meglio e di diverso da quello che ha detto lui.
Cafagna era un esponente di punta di quella cultura socialista e riformista che si raccolse intorno ad Antonio Giolitti, che trovò il modo di esprimere il proprio pensiero, le proprie idee su una gloriosa rivista come Mondo Operaio e fu anche tutto sommato un profeta, un premonitore di quello che pochi anni dopo sarebbe successo alla sinistra nel libro ricordato da Tempestini, scritto con Giuliano Amato, intitolato Duello a sinistra.
Purtroppo, possiamo solo constatare oggi, con tanti rimpianti su quello che avrebbe potuto essere e non è stato, che una grande tradizione si è dissolta, si è consumata e si è separata. Però quella tradizione socialista, quella tradizione riformista, laddove si ritrova oggi, anche se in settori separati, in settori diversi, in settori che spesso hanno militato in campi diversi, ha saputo piantare il seme del Pag. 20riformismo, ha saputo migliorare i compagni di viaggio che si è trovata a fianco e ha saputo in buona sostanza far valere e far prosperare quella cultura socialista riformista anche in terreni che non la conoscevano (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

GIORGIO LA MALFA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, intervengo solo per associarmi alle parole dette dall'onorevole Tempestini a proposito di una persona di grande valore che è venuta a mancare, ma anche per lamentare, signor Presidente, il comportamento della nostra Aula perché, mentre si commemora un intellettuale, una persona che comunque il Parlamento ha il dovere di ricordare, un po' di silenzio e un po' di attenzione sarebbero, secondo me, un segno di serietà che qualche volta questo Parlamento dovrebbe saper dare (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Si riprende la discussione (ore 15,50).

(Esame dell'emendamento Maurizio Turco - Mozione n. 1-00826)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'emendamento Maurizio Turco n. 1-00826/1 (Vedi l'allegato A - Mozioni), che avverrà ai sensi dell'articolo 113, comma 4, del Regolamento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Villecco Calipari. Ne ha facoltà.

ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Signor Presidente, intervengo sull'emendamento a prima firma Maurizio Turco relativamente alla questione del Corpo della guardia di finanza. Vorrei sottolineare che il Partito Democratico ritiene che alcuni dei temi posti all'interno dell'emendamento non siano non di rilievo, anzi sicuramente la mission principale della guardia di finanza è quella di effettuare verifiche sul piano tributario.
Detto ciò, all'interno di questo emendamento si sta procedendo di fatto ad una revisione dell'intero Corpo della guardia di finanza, alla sua smilitarizzazione e alla sua sottoposizione al Ministero dell'economia come unico ministero competente.
Mi sembra che sia del tutto inadeguato il momento nel quale questo emendamento viene proposto. Viene cioè presentato un emendamento di carattere totalmente ordinamentale, relativamente al Corpo della guardia di finanza, all'interno di una mozione, dando tra l'altro (mi scuso con l'Esecutivo) solo al Governo la possibilità di riformare interamente il Corpo della guardia di finanza. Credo che sia un argomento complesso, che ovviamente è all'attenzione della nostra parte politica rispetto al merito, ma che richiede non solo un approfondimento, ma soprattutto una legge ordinaria. Credo che questo non sia il momento opportuno per la sua approvazione. Quindi, dichiaro il voto contrario del Partito Democratico sull'emendamento Maurizio Turco n. 1-00826/1 (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Maurizio Turco. Ne ha facoltà.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, abbiamo presentato questo emendamento non per proporre all'attenzione del Parlamento e del Governo il tema della smilitarizzazione della guardia di finanza, ma per riproporre e cercare di avere una adeguata attenzione rispetto ad un problema che si discute da decenni. Non è né un fatto nuovo, né che si vuole improvvisamente portare all'attenzione del Parlamento.
Visto che abbiamo poco tempo, potrei ricordare incidentalmente che la smilitarizzazione della guardia di finanza è stata oggetto di una richiesta referendaria promossa Pag. 21insieme ai finanzieri democratici, cioè a coloro che sono attenti alla specializzazione, alla professionalizzazione, alla peculiarità e alla particolarità della guardia di finanza, che riteniamo debba prevalere sul dato militare della militarizzazione.

PRESIDENTE. Onorevole Maurizio Turco, la prego di concludere.

MAURIZIO TURCO. Purtroppo, non fu possibile portare quel referendum all'attenzione dei cittadini, perché - come è stato innumerevoli volte ricordato - ci fu una pressione rispetto alla Corte costituzionale, documentata da parte dei vertici della guardia di finanza. Nulla di nuovo.

PRESIDENTE. Onorevole Maurizio Turco, dovrebbe concludere.

MAURIZIO TURCO. Tuttavia, noi vorremmo che ci fosse l'attenzione perché non si arrivi alla prossima volta in cui porremo il problema e ci si venga a dire che non è il momento o è un problema che forzatamente si vuole discutere (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, trattandosi di un emendamento alla nostra mozione, vorrei osservare che il tema di questo emendamento richiede sicuramente adeguate riflessioni, che abbiamo inizialmente fatto anche noi in sede di redazione della nostra mozione, tant'è che in una prima versione c'era anche l'impegno verso la smilitarizzazione. Una serie di valutazioni che abbiamo fatto successivamente ci hanno portato ad espungere quella parte, proprio perché il tema non può essere affrontato all'interno di una mozione come questa. Infatti, richiede adeguati approfondimenti e un intervento con legge ordinaria.
Per questo motivo, siamo giunti alla determinazione di non ricomprenderlo più tra gli impegni che chiedevamo al Governo.
Per questo motivo, ovviamente il gruppo Italia dei Valori preannuncia un voto contrario sull'emendamento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Ricordo che, trattandosi di emendamento sostitutivo, ai sensi dell'articolo 113, comma 4 del Regolamento, si pone prima ai voti l'inciso che l'emendamento tende a sostituire; se l'inciso è mantenuto, l'emendamento cade; se è soppresso, allora si pone ai voti l'emendamento.
Ricordo, quindi, che si mette in votazione il mantenimento dell'inciso.
Pertanto, chi vuole sopprimere l'inciso - e, quindi, successivamente approvare l'emendamento - deve esprimere voto contrario.
Chi vuole mantenere l'inciso - e, quindi, respingere l'emendamento - deve esprimere voto favorevole.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul mantenimento della lettera h) del primo capoverso del dispositivo della mozione Donadi ed altri n. 1-00826 (Ulteriore nuova formulazione).
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Ricordo che chi vuole mantenere il testo attuale deve votare «sì». Invece, chi vuole sopprimere il testo attuale deve votare «no». Evidentemente, chi vuole approvare l'emendamento deve prima sopprimere il testo attuale e, quindi, in questa prima fase deve votare «no».
Onorevole Volontè. Fate votare l'onorevole Volontè. Onorevoli Casini, Scilipoti, D'Anna, Giro... Abbiamo votato tutti? Onorevoli Pizzolante, Ferranti, Pes, Colaninno, Brugger, Lo Presti... Ci siamo tutti? L'onorevole Volontè è ancora lì? Fate votare l'onorevole Volontè! Che succede... Pag. 22Onorevole Vaccaro... Abbiamo un caso disperato, l'onorevole Volontè non riesce proprio a votare. Gli stanno cambiando di nuovo la tessera. Un attimo di pazienza. Controllate che stiano facendo qualcosa. Chiedo scusa all'onorevole Volontè. Onorevole Caparini...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 453
Votanti 448
Astenuti 5
Maggioranza 225
Hanno votato
441
Hanno votato
no 7).

Pertanto, decade l'emendamento Maurizio Turco n. 1-00826/1.
Prendo atto che i deputati Mazzarella e Cilluffo hanno segnalato che non sono riusciti a votare e che i deputati Ruben, Lo Moro, Brandolini e Barbato hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, il Governo mi chiede di modificare la lettera b) del dispositivo e indicare, quindi, che quanto ricavato dalla lotta all'evasione fiscale venga ridistribuito a favore di chi lavora, investe e produce. Non posso che concordare e, quindi, accetto la riformulazione proposta dal Governo.
Purtroppo, mi viene chiesto anche di sopprimere la lettera c) e la lettera d), laddove si chiede - è vero, in modo un po' forte - che venga costituita una superagenzia, accorpando tutte quelle istituzioni che oggi combattono o tentano di fare una seria lotta all'evasione fiscale.
Accetto la proposta di espungere la lettera c) dell'impegno, ma chiedo al Governo che si tenga conto di questo messaggio, almeno come coordinamento tra le forze dell'ordine e le agenzie che si occupano di lotta all'evasione fiscale.
Mi sta bene, infine, la soppressione della lettera d) dell'impegno della mia mozione n. 1-00831.
Per quanto riguarda la lettera g) accetto la riformulazione, volta a non rendere obbligatorio il consolidato fiscale.
Quindi, in conclusione, accetto le osservazioni del Governo su questa mozione e accetto la riformulazione (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisicchio. Ne ha facoltà.

PINO PISICCHIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il discorso pubblico sulla questione fiscale in Italia è sembrato talvolta soffrire di un deficit di coinvolgimento dal lato della politica e della pubblica opinione. Non che la storia della democrazia repubblicana non abbia segnalato esempi di straordinaria sensibilità - come l'onorevole Ezio Vanoni e lo stesso onorevole La Malfa senior - oltre naturalmente alla grande qualità del dibattito in Assemblea costituente, che portò a «scolpire» la norma principio che regola il diritto dello Stato ad esigere le imposte da parte del cittadino, all'interno del più alto principio della progressività e della solidarietà. Sta di fatto però che, a differenza delle culture del nord Europa, la cultura politica italiana ha storicamente privilegiato altri temi, lasciando in chiaroscuro la questione fiscale, sbrigativamente liquidata come ineluttabile necessità.
Forse la felicità del pagare le tasse è solo un esercizio ossimorico, ma è certo che la politica non è apparsa impegnata più di tanto nell'esercizio della sua funzione, che è anche pedagogica. Tanto più assente la politica degli ultimi vent'anni, che è apparsa impegnata nei suoi esempi rappresentativi a legittimare certe versioni Pag. 23caricaturali, care al cinema della commedia all'italiana, che alimentò il mito della furbizia, piuttosto che a impostare un'idea di etica pubblica che spieghi la dignità della cittadinanza attraverso il pagamento delle tasse.
Dobbiamo ammetterlo: troppo spesso la politica ci ha fatto assistere a brutte repliche dei film dei fratelli Vanzina piuttosto che dare l'esempio delle virtù civiche. Le cifre impressionanti che l'evasione fiscale ha accumulato nel nostro Paese - 120 miliardi e 250 miliardi di sommerso - e che trovano puntuale riscontro nel comportamento elusivo che la finanza ha evidenziato nei blitz di Cortina e di Milano testimoniano, prima ancora che l'enorme diffusione dei comportamenti antigiuridici, il radicarsi di una cultura, che non ha avuto una sufficiente azione di contrasto da parte della politica.
Il nostro grande compito, il compito storico del Governo e del Parlamento è rimuovere ogni sentimento del retropensiero che fa del reato fiscale un reato minore. Va costruita, a partire dall'esempio della politica, una nuova sensibilità sociale che racconti chiaramente cos'è l'evasione fiscale: non un comportamento da furbi, bensì la piaga sociale che contamina il sistema, danneggiando concretamente i cittadini, gli imprenditori, i commercianti ed i professionisti onesti.
Bisogna dare atto al Governo Monti di avere intrapreso un percorso virtuoso, non solo con innovazioni in tema di trasparenza, coerentemente contenute nella manovra, ma anche con i comportamenti, con l'esempio e con l'adesione a modelli e stili ben lontani dal mito devastante della furbizia.
La nostra mozione, la mozione del Terzo Polo, intende rafforzare questa qualità che il Governo ha già evidenziato offrendo indicazioni concrete per una politica fiscale più incisiva e capace anche di raccogliere i buoni esempi, come quelli del comune di Milano, di comportamenti dei poteri pubblici per un fisco sempre più efficiente e sempre più umano (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Donadi. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, l'Italia dei Valori ha presentato questa mozione di contrasto all'evasione fiscale perché dobbiamo renderci conto che la dimensione, la portata e l'estensione del fenomeno dell'evasione fiscale in Italia è qualcosa che si può davvero definire una pandemia nazionale.
Basti pensare alle poche cifre che, per quanto approssimative, circolano in proposito: l'Agenzia delle entrate stima l'evasione fiscale in Italia in 120 miliardi di euro l'anno, non di imponibile evaso ma di imposte evase. Questo dà la dimensione dell'enormità del fenomeno. Invece secondo le stime dell'Unione europea quasi un quarto dell'imposta sul valore aggiunto (IVA), che può rappresentare il termometro dell'evasione nel suo complesso, in Italia viene evaso. Per dare un'idea del raffronto con gli altri principali Paesi europei, a fronte del quarto di IVA evaso in Italia siamo al 10 per cento evaso in Germania, al 7 per cento evaso in Francia e al 3 per cento, inarrivabile, evaso in Olanda.
È evidente che, in un momento di straordinaria crisi economica quale è quella che stiamo vivendo, con sacrifici crescenti e pesantissimi che si stanno chiedendo a tutti i cittadini italiani, ai lavoratori, alle famiglie e ai pensionati, non intervenire da parte del Governo e di questo Parlamento con ancora maggiore decisione e determinazione nello stroncare la piaga dell'evasione fiscale sarebbe oggi incomprensibile e intollerabile. Si usa spesso dire che, se abbiamo accumulato un così imponente debito pubblico, è perché gli italiani hanno vissuto al di sopra delle proprie possibilità. Io non so quanta verità c'è in questa frase; di sicuro, chi ha vissuto al di sopra delle proprie possibilità è chi ha evaso le tasse in questi anni, chi, con la propria evasione, ha creato i presupposti di quella «macelleria sociale» che purtroppo la crisi oggi ci sta costringendo ad infliggere ai cittadini italiani. Pag. 24
Pertanto, noi con questa mozione proponiamo una vera e propria rivoluzione copernicana: fino ad oggi l'evasione fiscale si è fatta rincorrendo i redditi non dichiarati, è un po' come cercare un ago in un pagliaio, dimostrare che ogni singolo imprenditore, artigiano, commerciante o professionista ha non dichiarato una singola prestazione, ha non emesso uno scontrino, ha non certificato un rapporto con un cliente. Noi invece proponiamo, considerato che oggi esistono gli strumenti informatici e tecnici e le norme giuridiche per farlo, di invertire completamente l'approccio, senza cercare più i redditi non dichiarati ma cercando di ricostruire il regime e gli importi di spesa delle singole famiglie. Noi proponiamo per ogni anno, tutti gli anni, per tutti i codici fiscali italiani, di incrociare due dati semplicissimi: il dato dei redditi dichiarati e il dato delle spese sostenute nel corso di quell'anno. In questo modo sarà possibile verificare tutte le circostanze in cui non c'è congruità tra i redditi dichiarati e le spese effettuate (oggi il dato delle spese è un dato che il Governo può acquisire direttamente, chiedendolo al sistema interbancario alla cui banca dati ha accesso). Crediamo che in questo modo...

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Donadi, vorrei pregare i colleghi di ridurre il brusio perché oggettivamente è difficile riuscire a seguire l'intervento dell'onorevole Donadi che dice cose che invece meriterebbero di essere ascoltate. Prego, onorevole Donadi.

MASSIMO DONADI. In questo modo, sarà semplicissimo, una volta ricostruita la spesa, chiedere al contribuente di giustificare le ragioni della differenza e, tutte le volte in cui non sarà in grado di giustificare la differenza di spesa, presumere che quello sia reddito e su quello far partire l'accertamento. Siccome crediamo però che un sistema di questo genere, che sostanzialmente stroncherà l'evasione fiscale in Italia, debba essere accompagnato da un patto chiaro tra il fisco ed i cittadini, chiediamo anche che questa riforma si basi su un secondo pilastro, oltre a questo: un patto vero e proprio, «di sangue», tra Governo, Stato italiano e contribuenti, in base al quale ogni singolo euro recuperato dall'evasione fiscale debba andare in un fondo destinato, in base ad una norma non derogabile, quindi di anno in anno da parte dei Governi, interamente alla riduzione del carico fiscale.
Lo voglio dire sbrigativamente. Noi crediamo che da questa impostazione potranno derivare enormi vantaggi per il nostro Stato: una lotta all'evasione fiscale davvero incalzante e incisiva, la possibilità di semplificare straordinariamente tutte le normative in materia di dichiarazione dei redditi, in materia di burocrazia amministrativa imposta alle aziende dalle norme fiscali, perché non dovendo più partire dalla ricerca dei redditi, sarà anche possibile chiedere meno adempimenti ai singoli come alle imprese. Crediamo anche che questo sarà uno straordinario elemento di contrasto alla criminalità organizzata, perché non c'è nulla, come la criminalità organizzata, che produce grandi quantità di denaro liquido, che poi spende e investe, di cui non è in grado di giustificare la provenienza. In Paesi dove questo sistema già si usa da decenni, la lotta all'evasione fiscale è diventata anche uno straordinario strumento di lotta alla criminalità organizzata. Basti pensare che ancora un secolo fa negli Stati Uniti Al Capone è stato arrestato non per i tanti omicidi compiuti, ma per aver evaso il fisco. Noi crediamo si tratti non solo di un modo per portare molti soldi alle casse dello Stato, non solo di un modo per creare sviluppo riducendo la pressione fiscale, ma anche di un modo per introdurre un elemento di moralità davvero decisivo nel nostro sistema politico ed economico (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cesario. Ne ha facoltà.

BRUNO CESARIO. Signor Presidente, in una fase di congiuntura economica Pag. 25particolarmente delicata come quella che stiamo vivendo, con stime di crescita o meglio di decrescita del prodotto interno lordo pari al 2,2 per cento per l'anno in corso e allo 0,6 per cento per il 2013 - fonti e stime del Fondo monetario internazionale - e con una pressione fiscale che supera il 45 per cento, l'esigenza di adottare ogni misura per contrastare l'evasione e l'elusione fiscale è ormai improcrastinabile per almeno due ragioni. La prima ovvia è di natura tributaria e di contrasto all'illegalità. È richiesta da fasce sempre più ampie di contribuenti onesti, oltre che dai noti vincoli di finanza pubblica. La seconda, che, in qualità di componente del gruppo Popolo e Territorio e di illustratore della presente mozione, mi permetto di sottolineare, è quella dello strumento per il riequilibrio della pressione fiscale a favore dei tanti soggetti, cittadini ed imprese, che le tasse già le pagano fino all'ultimo euro. È uno strumento per il rilancio dell'economia del nostro Paese. L'evasione e l'elusione fiscale infatti generano importanti effetti distorsivi nell'economia reale, alterando le condizioni di concorrenza e corretto funzionamento dei mercati, i meccanismi fisiologici di allocazione delle risorse, con riflessi in definitiva sulla stessa stabilità, efficienza e competitività del sistema economico. Soprattutto nelle aree del Paese nelle quali è più forte la presenza della criminalità organizzata, cittadini ed imprese spesso sono disincentivati ad avere comportamenti leciti e virtuosi nei confronti del fisco. Ciò è vero sia nel Mezzogiorno del Paese, dove maggiore è la presenza della criminalità organizzata, sia nel Centro-Nord, dove è più forte e radicata la struttura produttiva, ma non per questo meno esposto al rischio di una sottrazione di quote significative del reddito prodotto all'imposizione fiscale. Sappiamo bene che questo Esecutivo, in continuità con il lavoro iniziato dal precedente Governo, ha proseguito la lotta contro l'evasione e l'elusione fiscale. In Commissione finanze, il 31 gennaio, il direttore dell'Agenzia delle entrate, dottor Befera, ha ricordato che nel 2011 sono stati recuperati 11,6 miliardi di euro. Occorre tuttavia rimodulare l'azione del Governo, evitando la spettacolarizzazione delle operazioni ed apportando opportuni interventi correttivi.
In tal senso, la nostra mozione consente di migliorare l'efficacia dell'azione di contrasto all'evasione e all'elusione fiscale, impegnando il Governo: a promuovere un processo di riforma complessivo del sistema tributario con la finalità di perseguire l'obiettivo della riduzione della pressione fiscale, in modo particolare sulle piccole e medie imprese, sulle famiglie e sul lavoro dipendente; ad ammodernare il sistema di lotta all'evasione e all'elusione fiscale, rafforzando il ruolo dell'Agenzia delle entrate, che dovrebbe svolgere una maggiore funzione di coordinamento tra i vari soggetti oggi preposti a questo compito di controllo e repressione; ad indirizzare la battaglia contro l'evasione e l'elusione fiscale nei confronti dei principali responsabili di tale fenomeno, tenendo conto dei risultati degli studi sopra riportati che individuano con chiarezza dove dirigere con maggiore attenzione le proprie ricerche; a stabilire con certezza l'autorità preposta a predisporre un rapporto ufficiale ed unico, a cadenza annuale, che illustri il cosiddetto tax gap (la differenza tra entrate effettive e presunte da parte del fisco), assicurando che tale rapporto sia illustrato dal Governo al Parlamento, con la stessa cadenza temporale, al fine di studiare strategie sempre più articolate e puntuali nella lotta all'evasione e all'elusione fiscale; ad assumere iniziative volte a prevedere che i fondi derivanti dalla lotta all'evasione e all'elusione fiscale siano destinati prioritariamente allo sviluppo e ad un recupero del reddito, tramite minori aliquote, per tutti quei cittadini onesti, che sono la netta maggioranza, che le tasse le hanno sempre pagate.
Come evidenziato nell'indagine conoscitiva sulla delega al Governo per la riforma fiscale ed assistenziale (A.C. 4566), in particolare nell'audizione del presidente dell'ISTAT, professor Enrico Giovannini, lo scorso 7 dicembre alla 6a Commissione Pag. 26(Finanze e tesoro) del Senato, l'entità del valore aggiunto prodotto dall'area del sommerso economico è stimata per il 2008 in una forbice compresa tra 255 e 275 miliardi di euro ovvero tra il 16,3 per cento e il 17,5 per cento del PIL.
Per tali ragioni, gli interventi che noi proponiamo consentiranno la riduzione dell'ammontare dell'economia sommersa e consentiranno il riequilibrio del peso tributario nella direzione dei soggetti, cittadini ed imprese, che le tasse le hanno sempre pagate e che non possono continuare ad essere mortificati da chi, non adempiendo agli obblighi tributari, altera i principi fondamentali dell'equità sociale, del mercato e della concorrenza (Applausi dei deputati del gruppo Popolo e Territorio).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Biagio. Ne ha facoltà.

ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, siamo giunti, dopo un'approfondita analisi, alla definizione di un testo unificato delle mozioni in esame, che raccoglie le riflessioni dei referenti dell'intero Terzo Polo, frutto di un lavoro congiunto e condiviso su un tema complesso ed urgente.
Tale approdo rappresenta certamente un ottimo punto di partenza per tracciare le basi di un intervento fattivo e repentino del Governo sulla piaga economica per eccellenza, rappresentata dall'evasione e dall'elusione fiscale nel nostro Paese, un cancro del sistema finanziario italiano, capace di alterare le dinamiche di mercato e di compromettere le potenzialità del sistema economico del Paese, dinanzi al quale dobbiamo abbandonare l'omertà a vantaggio di iniziative forti e puntuali.
Se ne parla tanto sui giornali, a partire dalle tv, passando per i social network, ma niente di concreto fino a pochi mesi fa è stato mai realizzato, lasciando di fatto questo fenomeno nell'Olimpo dei vizi inviolabili. Raramente la parola «evasione» è stata accompagnata da considerazioni spregevoli o da moniti. Il più delle volte è considerata come qualcosa di giusto, confortata dalla sempreverde considerazione secondo cui le tasse sono troppe e, quindi, è giusto non pagarle, come se si trattasse di un dispetto da fare a qualcuno, non comprendendo che il dispetto lo si fa al futuro dell'Italia, sfaldando il sistema dei servizi e deprimendo le potenzialità dell'erario.
L'evasione è qualcosa di diffuso, radicato e tentacolare e necessita di un intervento che sia altrettanto diffuso, radicato e tentacolare, che non si limiti a spot che, sebbene di effetto, sempre spot sono, ma che renda veramente operativi gli strumenti messi a punto dalle recenti disposizioni, come quelli entrati in vigore con la manovra «salva Italia» e che parta da una stima effettiva e più concreta del fenomeno dell'evasione, che resta purtroppo vaga, e che miri ad utilizzare le risorse derivanti da questa lotta proprio per alleggerire la pressione fiscale sulle famiglie dei contribuenti. Sarebbe auspicabile - anche questo chiediamo nel nostro atto - prevedere la deducibilità e la detrazione parziale delle spese dei contribuenti, proprio per strutturare quel circolo virtuoso che dovrebbe sussistere alla base di un fattivo percorso di lotta all'evasione. Alla base di tutto questo ci deve essere un controllo serrato che parta dagli accordi con gli istituti bancari sul versante dei capitali esteri e che passi per il controllo incrociato di redditi, patrimoni e disponibilità e che vada a monitorare anche le liberalità e le donazioni per impedirne l'uso fraudolento, per stroncare di fatto anche l'evoluzione più drammatica dell'evasione, quale la corruzione, di cui si è spesso dimenticato gli effetti deleteri. Tutto questo passa anche attraverso il rafforzamento del ruolo degli enti preposti al controllo dell'evasione e il miglioramento del rapporto tra fisco e contribuenti, limitando il carattere conflittuale che talvolta lo condiziona. La lotta all'evasione e all'elusione non si deve più configurare soltanto come un meccanismo di incremento del «gettito fantasma», ma deve essere la premessa per consentire un'equa redistribuzione dell'onere fiscale, nonché dei vantaggi che ne derivano attraverso le detrazioni ed aliquote più Pag. 27basse. Quindi anche la mentalità che accompagna queste previsioni normative deve essere diversa, rinnovata e maggiormente concreta. Non possiamo più differire questo impegno. Il confronto parlamentare in queste ore si identifica come una concreta volontà di voltare pagina, perché la lotta ai furbetti e ai soliti noti sia un progetto condiviso e realizzabile, una lotta che siamo certi si rafforzerà attraverso le disposizione del disegno di legge anti-corruzione già approvato al Senato e il cui esame è previsto alla Camera nelle prossime settimane. Per tali ragioni esprimiamo soddisfazione per quanto auspicato dal Governo, per l'impegno che intende accogliere, e a nome di quel Terzo Polo, indiscussa espressione della responsabilità nei confronti di un'Italia che vuole crescere ed emanciparsi, e nello specifico come referente di Futuro e Libertà per il Terzo Polo, esprimo voto favorevole alla mozioni accolte dal Governo (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Galletti. Ne ha facoltà.

GIAN LUCA GALLETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non vi tedierò con i numeri dell'evasione fiscale. Tutti conosciamo il livello dell'evasione fiscale italiana anche paragonata a quella degli altri Paesi, ma non è questo il punto. Il tema è un altro: se anche in questo Paese ci fosse un solo euro di evasione fiscale, sarebbe compito dello Stato andare a recuperare quell'euro perché nell'evasione fiscale si nasconde la mancata equità di questo Paese. Non riusciremo mai a fare manovre fiscali ed economiche senza prima aver posto in essere un'azione forte di recupero dell'evasione fiscale e «recupero dell'evasione» vuol dire applicare nei fatti l'equità fiscale. Certo, sarebbe ingeneroso se pensassimo di fare il recupero dell'evasione fiscale senza mettere in campo contestualmente - è questo che chiediamo al Governo - una forte azione di semplificazione del sistema fiscale stesso. Sia chiaro, il fatto che la pressione fiscale in questo Paese è elevata non è una scusa per nessuno, non deve essere e non può essere una scusa per non pagare le tasse. Il fatto che questo Paese abbia un sistema fiscale caotico non deve essere e non può essere una scusa per nessuno, però un sistema fiscale caotico va a scapito di quei contribuenti onesti che vogliono versare le imposte e che vogliono essere tranquilli con la propria coscienza e verso lo Stato.
Guardate, un sistema fiscale semplice ed efficace è condizione indispensabile perché questo Paese possa tornare a crescere. Noi oggi respingiamo capitali esteri che potrebbero essere investiti in Italia, per il solo fatto che il nostro sistema fiscale è troppo complicato da una parte e, dall'altra parte, non assicura nessuna certezza nel tempo. Questi due elementi vanno combattuti in maniera forte. Un sistema fiscale semplice è un sistema fiscale che attrae capitali dall'estero, che permette agli investitori di altri Paesi di poter investire nel nostro Paese con tranquillità. Il fatto di cambiare le regole, in media una o due volte all'anno, spaventa gli investitori esteri e preoccupa gli investitori italiani. Noi abbiamo deduzioni che spariscono di sei mesi in sei mesi. Quello che abbiamo dato sulle energie rinnovabili non è un bel segnale. Se noi diciamo che chi investe in un settore ha diritto ad avere delle agevolazioni fiscali e poi dopo qualche mese - una volta effettuati gli investimenti - cambiamo quelle regole, facciamo un danno enorme al Paese, in termini di crescita.
Se noi ogni anno giriamo intorno al sistema fiscale cambiando la deduzione di alcuni costi, continuiamo a danneggiare il sistema imprenditoriale del Paese. Su questo il Governo ha la necessità e il dovere di agire, e di agire in fretta. Noi, nel prossimo decreto di semplificazione fiscale, ci aspettiamo proprio questo, un fisco più equo, più trasparente e anche più semplice, e soprattutto un impegno: di non cambiarlo dopo qualche giorno o dopo qualche mese. Mi aspetto che da quella riforma fiscale esca un sistema fiscale Pag. 28stabile, che possa essere impiegato nel nostro Paese per alcuni anni. Ci dovrebbe essere un impegno di questo Governo e del successivo a non cambiare il sistema fiscale per un periodo di tempo lungo, perché solo così si darà certezza agli investitori.
Altra cosa: dove impegnare le risorse che provengono dal recupero dell'evasione fiscale? Noi qui abbiamo le idee chiare, e chiediamo che queste risorse vadano investite immediatamente in un abbattimento delle imposte delle persone oneste, che finora le hanno versate, con una particolarità: noi vogliamo che in questa revisione fiscale - che si potrà fare se il recupero dell'evasione darà buoni risultati - con la relativa riduzione delle tasse, si tenga conto di chi in questi anni ha sostenuto la crescita economica del Paese, e che, dal 2008 ad oggi, ha evitato che questo Paese cadesse nello scontro sociale. Questo soggetto si chiama famiglia, ed è l'unico che ha sorretto il Paese in tutti questi anni, ed è venuto il momento di premiarla dal punto di vista fiscale.
Quindi per noi qualsiasi intervento sul fisco dovrà tener conto della composizione del nucleo familiare e del reddito familiare stesso, dando particolare rilevanza al numero dei figli. È chiaro che ci vuole un patto leale tra Stato e cittadini. Questo patto leale passa anche attraverso un'altra cosa, che è lo Statuto del contribuente. Il nostro Paese è stato tra i primi in Europa a dotarsi di uno Statuto del contribuente completo. Quello Statuto viene ogni anno svilito dalle leggi fiscali che vengono adottate in deroga allo Statuto stesso. Allora: lotta dura all'evasione fiscale, ma anche patti chiari con i contribuenti onesti. Eleviamo lo Statuto del contribuente a livello costituzionale, in maniera che non sia più derogabile da nessuna legge ordinaria.
Allora noi diciamo al Governo: avanti tutta sul recupero dell'evasione; abbiamo apprezzato e abbiamo sostenuto i provvedimenti che sono stati introdotti nell'ultima manovra, in particolare quelli sull'abbassamento dell'uso del contante e sulla trasparenza dei conti correnti bancari da parte dell'Agenzia delle entrate. Questo ci sembra un buon inizio, andiamo avanti. Noi voteremo secondo il parere dato dal Governo sulle singole mozioni (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro per il Terzo Polo e Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Forcolin. Ne ha facoltà.

GIANLUCA FORCOLIN. Signor Presidente, il Governo Berlusconi, sostenuto dalla Lega Nord Padania, con la strategia adottata di concerto con l'Agenzia delle entrate, ha consentito all'erario di recuperare a tassazione, negli anni che vanno dal 2008 al 2011, somme come mai erano state recuperate. Dai dati esposti nella VI Commissione (Finanze) la settimana scorsa, emerge, infatti, che sono stati recuperati oltre 11 miliardi e mezzo di euro, con un trend assolutamente crescente. Ciò dimostra il netto aumento dell'efficacia dell'azione di contrasto all'evasione e all'elusione fiscale posta in atto dal nostro precedente Governo. Condividendo la priorità assoluta, quindi, della lotta contro l'evasione, dobbiamo, però, dire che il raggiungimento di questo obiettivo è oltremodo difficile in questo momento e in questa fase economica nella quale l'attività di recupero si scontra con gli effetti di una pesante crisi economica. La situazione delle aziende in Italia è, infatti, preoccupante. Le aziende che chiudono o, ancor peggio, falliscono, trascinano dietro di loro centinaia di altre aziende, che devono già fare i conti con scadenze inderogabili, ordinativi in calo, contrazioni dei consumi privati, con conseguenze che sono: l'allungamento dei tempi di incasso, il rallentamento o, addirittura, il blocco della produzione, l'inutilizzo delle linee di credito bancarie costituite essenzialmente dai castelletti, sconti fatture, ricevute bancarie e il rallentamento dei pagamenti, quindi, ai dipendenti e ai fornitori.
La stessa struttura dello Stato, attraverso le istituzioni locali, non dà certo il buon esempio nei pagamenti alle imprese, con tempi biblici che mettono in ginocchio Pag. 29l'intero sistema economico delle nostre imprese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Vi è, inoltre, l'irrigidimento degli istituti bancari con l'ampliamento delle richieste di garanzie messe in essere al fine dell'apertura delle linee di credito, fino all'inevitabile sospensione - dapprima temporanea e, poi, cronica - dei pagamenti dei tributi, dei contributi, delle ritenute d'acconto e dell'IVA. Se fino a 2007-2008 la priorità per un imprenditore era quella di pagare le imposte, i contributi dei dipendenti e, poi, gli stipendi, oggi, purtroppo, la priorità è consentire ai propri dipendenti di sostenere la propria famiglia e quindi il pagamento delle imposte, in molti casi, passa in secondo piano. Le aziende più fragili sono naturalmente quelle piccole, che costituiscono la vera spina dorsale del nostro sistema produttivo, protagoniste assolute nel nord del Paese. Queste soprattutto subiscono anche le sofferenze del sistema pubblico, enti locali e sistema sanitario in particolare che, ingessati da un assurdo Patto di stabilità impostoci dai vincoli europei, ritardano all'inverosimile i pagamenti, generando nelle imprese soffocanti crisi di liquidità. Non è proprio infrequente che gli enti locali blocchino letteralmente i pagamenti alle imprese, addirittura fino a un anno solare successivo, per non sforare i vincoli del patto, con ripercussioni che si traducono in veri e propri boomerang sociali per il nostro territorio.
Nelle ultime settimane, complice anche il periodo festivo, si è assistito ad una sorta di spettacolarizzazione della lotta all'evasione. I mass media hanno diffuso notizie di operazioni straordinarie effettuate dalla Guardia di finanza, che ha scatenato, in alcune grandi città e località turistiche, una vera e propria caccia all'evasore, con metodi intimidatori, per ottenere risultati che si sarebbero potuti ottenere con un semplice controllo incrociato dei dati già in possesso dell'Agenzia delle entrate stessa (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). In alcune località turistiche, piccoli commercianti sono stati costretti a mettere a disposizione degli agenti unità di personale a tempo pieno per un'intera giornata proprio nel periodo più intenso di attività. Il tutto per mettere in atto un'operazione esclusivamente mediatica, i cui risultati nel dettaglio non sono stati fra l'altro ancora diffusi, nonostante le richieste avanzate dai sindaci di quelle città. Di recente, poi, le dichiarazioni del direttore dell'Agenzia delle entrate danno un senso a queste operazioni condotte. Attilio Befera, infatti, ha dichiarato che per combattere l'evasione fiscale un sano timore è necessario; il direttore ha proseguito considerando normali i controlli effettuati a Cortina d'Ampezzo e ha definito perfino eccessive le proteste che ne sono scaturite. Noi crediamo che i metodi usati a Cortina d'Ampezzo il 30 dicembre scorso, e a Milano nei giorni scorsi, siano assolutamente da censurare. Obiettivo della Lega Nord Padania è quello di avvicinare il contribuente al fisco diffondendo la presenza degli uffici capillarmente sul territorio, soprattutto dove oggi la presenza è bassa, e trasformare l'immagine del sistema fiscale italiano in modo che i cittadini possano vedere nell'amministrazione finanziaria anche una sorta di consulente e non solo di poliziotto fiscale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Se la repressione dei fenomeni di evasione è doverosa, la spettacolarizzazione è da evitare. Aumenta la distanza tra operatore economico e Agenzia delle entrate, incrinando il rapporto contribuente-fisco. L'amministrazione finanziaria deve coinvolgere in maniera organica gli enti locali, in particolare i comuni, non solo attribuendo loro nuove e gravose attribuzioni in materia di verifiche e controlli, ma anche significative quote delle loro maggiori entrate.
L'ente locale deve essere al centro anche del sistema fiscale, coerentemente con l'impostazione federalista che la Lega Nord Padania voleva dare a questo Paese, e che ora rischia di perdersi dietro a queste operazioni hollywoodiane (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Altro obiettivo deve essere quello di diffondere i controlli su tutto il territorio Pag. 30nazionale, colpendo non solo le zone più ricche, ma anche le zone dove l'attitudine a pagare le imposte è inferiore. Da un'analisi condotta dalla stessa Agenzia delle entrate qualche mese fa, risulta che i dati sull'evasione non sono affatto omogenei sul territorio nazionale. Se infatti la media nazionale dell'evasione, ponderata con il reddito prodotto, è pari al 38 per cento, l'analisi a livello provinciale fa emergere che tale rapporto è minimo (10 per cento) nel gruppo di province composto da Milano, Torino, Genova, Lecco, Cremona e Brescia e massimo (65 per cento) nel gruppo di province composto da Caserta, Salerno, Cosenza, Reggio Calabria e Messina, mentre l'area che comprende tutte le altre province del Sud, con esclusione di Bari, Napoli, Catania e Palermo, si attesta su una percentuale del 64 per cento. Sintetizzando quindi questi dati, possiamo dire che emerge chiaramente che nelle zone dove il tenore di vita è più basso e meno forte è la presenza dello Stato, l'attitudine dei cittadini a pagare le tasse è sicuramente inferiore.
Da segnalare tra l'altro che le campagne portate avanti dall'Agenzia delle entrate nelle ultime settimane, vanno addirittura in netto contrasto con le stesse dichiarazioni ed indicazioni poste nel 2011 dal direttore Befera ai responsabili degli uffici regionali e locali, con le quali chiedeva di predisporre, rispetto agli obiettivi prefissati, la riduzione nella misura del 20 per cento del target relativo agli indicatori/accertamenti nei confronti di contribuenti di piccole dimensioni (piccole imprese e professionisti), mantenendo invece invariato l'obiettivo monetario assegnato. Il direttore riassumeva così la mission dell'Agenzia: coniugare efficienza e correttezza, recuperare evasione favorendo lo sviluppo della fiducia reciproca e della collaborazione fra fisco e cittadini, promuovere in questo modo la crescita della coscienza civica; è questo l'obiettivo ultimo della nostra missione. Mi pare che in questo caso abbia cambiato diametralmente rotta, su indicazione di questo nuovo Governo.
Riteniamo e ripetiamo con forza quanto sia necessario cambiare strategia ed arrivare finalmente ad un modello di fisco amico, coinvolgendo i comuni ed attribuendo loro non solo la responsabilità in tema di controlli, ma appunto significative quote delle maggiori entrate. È ormai imprescindibile riformare il sistema tributario nel suo complesso e ridurre la pressione fiscale complessiva, che in Italia ormai si attesta su livelli insostenibili. Secondo il rapporto realizzato dalla Banca Mondiale, in cui vengono analizzati sistemi di tassazione di 183 Paesi e di economie nel mondo, l'Italia si colloca al centotrentatreesimo posto, e considerando il carico fiscale complessivo si posiziona ultima in Europa, con una percentuale del 68 per cento contro una media del 43 per cento, di ben 25 punti superiore alla media europea. Riteniamo quindi necessario introdurre nella legislazione fiscale il principio che i proventi illeciti di qualsiasi natura prodotti sul territorio nazionale siano in ogni caso oggetto di tassazione, che vi sia una modifica al codice antimafia nel senso di ampliare la definizione di associazione mafiosa al fine di ricomprendervi l'attività delle associazioni criminali straniere operanti nel nostro Paese. Riteniamo sia necessario costituire strutture e task force dedicate, volte a consentire la riemersione fiscale e contributiva in relazione a talune specifiche attività poste in essere da cittadini extracomunitari nei settori della produzione tessile e manifatturiera, del commercio all'ingrosso e al minuto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), sia in sede fissa sia ambulante, oggi davvero territorio di nessuno, ma che senza dubbio avrebbe effetti importanti per le stesse casse previdenziali e dell'erario.
Riassumendo, quindi, riteniamo sia importante invertire la rotta, abbandonare la spettacolarizzazione dei controlli, dare rispetto ai cittadini e allo Statuto degli stessi contribuenti, migliorare il rapporto con i cittadini, tenendo conto che solo attraverso un rapporto meno conflittuale si può aumentare la propensione a versare le imposte. Quindi, con le indicazioni che la Pag. 31Lega Nord Padania ha dato, procedendo non solo nelle zone più ricche del Paese, ma dove la compliance fiscale è minore e l'evasione fiscale è maggiore, ridurre e semplificare gli adempimenti fiscali in modo da diminuire significativamente anche gli errori formali dei nostri contribuenti e dei nostri cittadini, porre in essere una complessiva riforma del sistema fiscale in direzione della riduzione della pressione fiscale, attestata ormai su livelli insostenibili - ultimo Paese in Europa - per imprese e famiglie, davvero insostenibile, come certificato non sicuramente dalla Lega Nord, ma dalla Banca Mondiale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Causi. Ne ha facoltà.

MARCO CAUSI. Signor Presidente, c'è nel Paese una nuova attenzione, una nuova sensibilità pubblica intorno alla lotta all'evasione fiscale e per questo il Partito Democratico non può non manifestare apprezzamento. È certamente una conseguenza della crisi, dei sacrifici che sono in corso, a fronte dei quali i cittadini chiedono più giustizia e più uguaglianza. Ridurre l'evasione è questione di giustizia, perché tutti devono pagare le imposte in base alla loro capacità contributiva, ed è questione di uguaglianza, perché con le imposte si pagano i servizi pubblici che tutti possono poi utilizzare.
Ma questo nuovo clima è anche conseguenza del nuovo clima politico nel Paese e, con riferimento a ciò, vanno ringraziate le parole forti e nette espresse dal Presidente Napoletano, dal Presidente Monti e dallo stesso Pontefice. Il comandante della guardia di finanza, il generale Di Paolo, si è spinto a dichiarare che le principali nuove misure introdotte con il decreto-legge «salva Italia» - la tracciabilità e la fine del segreto bancario - sono svolte epocali.
Siamo, quindi, di fronte a svolte importanti ma, prima di soffermarmi su come tali svolte possano essere ulteriormente migliorate e rafforzate - che è il contenuto della mozione proposta dal gruppo del Partito Democratico -, vi è una questione politica preliminare e di fondo che va affrontata: la lotta all'evasione non può essere confinata all'emergenza. Da impegno nazionale in questa fase straordinaria di risanamento deve diventare impegno permanente e condiviso, alla stessa stregua degli impegni europei per il rigore fiscale.
Mai più deve accadere nella lotta all'evasione e, più in generale, sulle politiche fiscali, che ciascun Governo pro tempore smonti ciò che ha fatto il precedente, come è accaduto, ad esempio nel 2008, salvo, poi, tornare indietro con progressivi, per quanto timidi, pentimenti a partire dal 2010. Mai più il patto fiscale, che è patto fondante di cittadinanza, deve essere messo in dubbio da scudi e da condoni. Mai più cittadini e imprese dovranno dubitare della credibilità dello Stato. Con riferimento alla credibilità, la questione è esattamente come quella dello spread sui titoli pubblici: è necessario costruire condizioni che diano fiducia sul fatto che lo Stato farà sempre il suo dovere a difesa dei principi di giustizia e di uguaglianza, al di là del ciclo politico-elettorale.
Le misure del decreto-legge «salva Italia», quindi, hanno avviato una svolta, ma molta della loro efficacia dipenderà dalla loro operatività. E qualcosa di più si può fare, secondo il Partito Democratico, in cinque direzioni.
Primo: migliorare la compliance e, quindi, l'adesione spontanea dei contribuenti agli obblighi fiscali, che deve convergere, anche in Italia, verso la media europea. Va bene la tracciabilità, ma la soglia può essere abbassata ed estesa a tutti i pagamenti rilevanti ai fini fiscali e ai distributori automatici. Va bene l'interoperabilità fra le banche dati degli istituti di credito e le banche dati fiscali, ma valuti il Governo un'importante «terza gamba» e, cioè, la prospettiva di andare ad una trasmissione telematica dell'elenco clienti-fornitori, che, fra l'altro, è un adempimento più semplice e più facile da Pag. 32gestire rispetto agli attuali obblighi di comunicazione sulle singole operazioni superiori a 3 mila o 3.600 euro.
Secondo: con riferimento all'accertamento, valuti il Governo di introdurre un metodo di confronto collaborativo ex ante fra amministrazione e contribuente, superando anche le discrasie attualmente esistenti fra forme di accertamento sintetico e forme di accertamento analitico.
Terzo: si rafforzino i controlli, in particolare, sulle frodi e sui fenomeni criminali connessi.
Quarto: si completi la riforma del sistema di riscossione, superando il sistema dell'aggio esattoriale di Equitalia entro il 2012, e non entro il 2013.
Quinto: si migliori la conoscenza pubblica che abbiamo del fenomeno dell'evasione, trasformando l'attuale relazione annuale sulla lotta all'evasione secondo le linee proposte dal gruppo di lavoro Giovannini, e cioè, facendo una stima del tax gap e valutando, anno per anno, con metodologie controllate ed efficaci, quali sono stati i risultati effettivi delle misure e delle politiche sulle entrate.
Infine, c'è un importante impegno politico che il Partito Democratico chiede al Governo di assumere. Infatti, nel decreto-legge «salva Italia» abbiamo introdotto l'aiuto alla crescita economica abbattendo la fiscalità sulle imprese che capitalizzano; abbiamo ridotto la componente del costo del lavoro sull'IRAP; abbiamo, in sostanza, introdotto delle riduzioni fiscali sulle imprese alla stregua di veri e propri strumenti di svalutazione amministrativa. Abbiamo sostenuto questo approccio perché esso dà maggiore competitività alle nostre imprese esportatrici e l'export è, in questa fase, l'unica speranza cui aggrapparsi per la ripresa dell'economia italiana. Tuttavia, d'ora in poi, ogni euro recuperato all'evasione, al di là di quanto già è previsto nei quadri di finanza pubblica, grazie ai nuovi strumenti e grazie al nuovo clima, deve andare a ridurre la prima aliquota dell'IRPEF; tendenzialmente, dobbiamo portare la prima aliquota dell'IRPEF dal 23 per cento al 20 per cento, compatibilmente con i saldi di finanza pubblica. I lavoratori ed i pensionati italiani, le lavoratrici e le pensionate italiane pagano più del 90 per cento del gettito dell'IRPEF, pur producendo meno del 60 per cento del valore aggiunto del Paese; stanno facendo, oggi, tanti sacrifici ed è ora di dare loro un messaggio di speranza con impegni non soltanto programmatici ma scritti in norme cogenti che prevedano la riduzione della prima aliquota IRPEF; norme cogenti che invitiamo il Governo a portare al più presto all'esame del Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leo. Ne ha facoltà.

MAURIZIO LEO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, penso che sia assolutamente necessario sgombrare il campo dalle strumentalizzazioni politiche e dalle speculazioni in materia di lotta all'evasione. Come stanno a dimostrare i dati che sono stati forniti dal direttore dell'Agenzia delle entrate, interventi importanti in materia di lotta all'evasione sono stati compiuti nel lasso temporale che va dal 2008 al 2011. In particolare nel 2010 sono stati recuperati oltre dieci miliardi di euro di imposte e nel 2011, sono questi dati previsionali, circa 11 miliardi e mezzo di euro; è quindi possibile che ci sia un ulteriore incremento anche per l'anno 2011. Va quindi dato atto al Governo di centrodestra, al Governo Berlusconi che, attraverso una serie di misure normative, ha combattuto efficacemente l'evasione fiscale. Mi riferisco in particolare alle misure sul redditometro, alle misure sullo spesometro, sull'accertamento esecutivo, sulla partecipazione dei comuni all'attività di accertamento; sono, queste, tutte misure concrete, non sono affermazioni di principio. Sono misure che hanno consentito all'amministrazione finanziaria di effettuare i recuperi di cui abbiamo parlato. Tuttavia, quando si affronta il tema dell'evasione fiscale, lo si deve fare con argomenti tecnici; ci vuole un approccio scientifico, non bisogna trattare questi Pag. 33temi come si fa al bar dello sport. Quindi, quando si parla di evasione fiscale, occorre distinguere la cosiddetta evasione di massa dall'evasione interpretativa che coincide, solo in parte, con l'elusione. Si ha evasione di massa quando non viene dichiarato il reddito, quando c'è una sottodichiarazione del reddito, utilizzando degli espedienti quale la sottofatturazione. L'evasione interpretativa, o anche elusione in alcuni casi, invece si sostanzia nell'aggiramento di obblighi o divieti; si sostanzia nell'utilizzo di forme negoziali particolarmente complesse o nell'utilizzo di operazioni straordinarie. Ebbene, l'evasione di massa viene di regola posta in essere da soggetti di ridotte dimensioni, da soggetti che non hanno strutture amministrative articolate; mentre, invece, l'elusione o l'evasione interpretativa viene di regola realizzata da strutture che hanno una composizione amministrativa più rigida e che utilizzano, appunto, gli strumenti negoziali per ottenere dei vantaggi fiscali.
L'evasione di massa da una parte, e l'evasione interpretativa dall'altra, come vanno combattute? In modo assolutamente diverso. L'evasione di massa va combattuta attraverso l'utilizzo delle banche dati, dell'anagrafe tributaria: non è più pensabile che a fronte dell'evasione di 120 miliardi di euro si utilizzi solo la struttura della guardia di finanza e dell'Agenzia delle entrate. Queste stanno svolgendo un'opera e un'attività notevole, ma sappiamo che gli addetti all'attività di controllo sono circa 35 mila, tra Agenzia delle entrate e guardia di finanza, a fronte di oltre 5 milioni di partite IVA. Quindi, sostanzialmente, vi è un «controllo umano» di circa il 2 per cento delle dichiarazioni presentate. L'evasione di massa si deve combattere solo attraverso l'utilizzo delle banche dati, della telematica, degli strumenti tecnologici, e avvalendosi anche delle strutture degli enti locali.
Gli enti locali possono dare un valido supporto nella lotta all'evasione di massa e al tempo stesso recuperare anche risorse. Il Governo di centrodestra ha consentito, con la manovra di questa estate, di far affluire alle casse degli enti locali il 100 per cento di quello che si recupera con la lotta all'evasione. Quindi, la lotta all'evasione di massa va fatta con la tecnologia; la lotta all'evasione di massa va fatta con l'impiego sul territorio di coloro i quali hanno più diretto contatto con il mondo delle imprese.
L'elusione è tutt'altra cosa. Per l'elusione, o evasione interpretativa, vi è necessità dell'intervento dell'uomo. Solo attraverso un'attività di intelligence, solo attraverso un'attività che vada a colpire quelli che sono i fenomeni più preoccupanti dell'elusione si recupera materia imponibile, e questo lo si deve fare non attraverso metodologie estremamente complesse, ma anche avvalendosi, appunto, degli strumenti che di recente il Governo Berlusconi prima, e il Governo Monti poi, hanno apprestato all'amministrazione finanziaria, basti pensare alle indagini finanziarie.
Il Governo di centrodestra non ha sottovalutato questo aspetto. Se si vanno a leggere le manovre di questa estate, già allora si andava nella direzione di acquisire elementi dal sistema bancario che sarebbero stati utilizzati poi per il contrasto all'evasione. Questa norma è stata affinata dal Governo Monti, ma il solco era stato tracciato. Attenzione però, perché a fronte delle indagini finanziarie, bisogna anche tutelare il contribuente. È necessario che la privacy venga garantita per evitare che si faccia un uso distorto di queste informazioni, per evitare che magari qualche funzionario poco zelante possa dare queste informazioni a malavitosi che poi ne possono fare un uso improprio.
Quindi, bene le indagini finanziarie, ma al tempo stesso bisogna garantire la riservatezza e la privacy del contribuente. Ma su un altro punto vorrei richiamare l'attenzione dei colleghi, che è un punto che ritengo assolutamente fondamentale: dobbiamo avviarci ad una revisione del sistema fiscale. Era stata predisposta una delega da parte del precedente Esecutivo, delega che è stata in molte parti recepita dal Governo Monti - si è fatto prima riferimento all'ACE e si è fatto riferimento Pag. 34all'IRAP e, in particolar modo, alla deduzione del costo del lavoro -, ma tanti altri passi debbono essere fatti.
Da quello che apprendiamo dalla stampa specializzata, il Governo si appresta ad intervenire nuovamente, con alcuni strumenti quali decreti-legge, sulla delega predisposta dal Governo Berlusconi per introdurre delle misure che vengono a gran voce richieste dalla mondo delle imprese e dalle parti sociali in genere. Dobbiamo indirizzarci verso una semplificazione radicale del sistema tributario; dobbiamo indirizzarci verso uno snellimento delle norme.
Oggi è assolutamente ingestibile il magma tributario che affonda le radici nel tempo. Non dimentichiamoci che le norme che ancora oggi applichiamo sono norme datate, norme che risalgono agli anni Settanta, agli anni della riforma tributaria del 1973, che fu concepita in un altro contesto storico, anche se contribuirono a redigere queste norme valenti studiosi del calibro di Cosciani e del calibro di Visentini. Il primo intervento che deve essere fatto è quello della razionalizzazione e semplificazione.
Ma, al tempo stesso, dobbiamo ragionare su una revisione del sistema del contenzioso tributario. Sappiamo che - e non sono dati che do io, ma sono dati acquisiti dal Consiglio superiore della giustizia tributaria - il 40, 50 per cento delle controversie vedono soccombente l'amministrazione finanziaria. Quindi, dobbiamo interrogarci: è possibile che vi sia un tale tasso di sconfitta per l'amministrazione finanziaria? Qualcosa non funziona.
Pertanto, sul versante delle commissioni tributarie, della giustizia tributaria occorre necessariamente intervenire perché vi è necessità di una giustizia puntuale in materia tributaria. Non è comprensibile che in altri rami altrettanto importanti della giustizia vi sia un giudice togato mentre, invece, la giustizia tributaria venga gestita in modo marginale, laddove la materia del contendere è estremamente rilevante per lo Stato. Quindi, l'invito che il Popolo della Libertà fa al Governo è quello di porre l'attenzione sul problema della giustizia tributaria, che non è più differibile.
Infine, un tema che è stato evocato anche da altri colleghi è quello dell'abuso del diritto. Occorre dare certezza ai contribuenti, occorre distinguere quello che è legittimo risparmio di imposta da quello che è elusione: colpire l'elusione, ma consentire al contribuente di scegliere tra comportamenti definiti dal legislatore come ciò che è corretto dal punto di vista tributario. Se si delinea il sistema tributario in questo modo, possiamo fare notevoli passi in avanti. Si può veramente assicurare al sistema tributario di assumere degli standard qualitativi che portino l'Italia al livello dei Paesi più avanzati dell'Unione europea (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Donadi ed altri n. 1-00826 (Ulteriore nuova formulazione), nel testo riformulato, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Onorevoli De Biasi, Di Stanislao, De Girolamo, Cesario, Rampelli, Consolo...

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 493
Votanti 443
Astenuti 50
Maggioranza 222
Hanno votato
266
Hanno votato
no 177).

Prendo atto che il deputato Bosi ha segnalato che non è riuscito a votare. Pag. 35
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Fluvi ed altri n. 1-00830, nel testo riformulato, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Pianetta, Sardelli, Rampelli, Marini, Mondello...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 493
Votanti 329
Astenuti 164
Maggioranza 165
Hanno votato
274
Hanno votato
no 55).

Prendo atto che il deputato Bosi ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Cambursano ed altri n. 1-00831, nel testo riformulato, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole D'Antoni... Onorevole Sardelli... Onorevole Mannino... Onorevole Pianetta...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 497
Votanti 333
Astenuti 164
Maggioranza 167
Hanno votato
282
Hanno votato
no 51).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Moffa ed altri ed altri n. 1-00832, nel testo riformulato, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Scilipoti... Onorevole Bonaiuti... Onorevole Bressa... Onorevole Catone... Onorevole Rampelli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 501
Votanti 310
Astenuti 191
Maggioranza 156
Hanno votato
310).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Dozzo ed altri n. 1-00833, non accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Moffa... Onorevole Pianetta... Onorevole Tommaso Foti... Onorevole Murer... Onorevole Buonanno... Onorevole Lo Presti... Presidente Casini...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 495
Votanti 333
Astenuti 162
Maggioranza 167
Hanno votato
63
Hanno votato
no 270).

Prendo atto che il deputato Razzi ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione della mozione Leo ed altri n. 1-00843 (Nuova formulazione).
Avverto che l'onorevole Evangelisti ne ha chiesto la votazione per parti separate, nel senso di votare distintamente il primo capoverso, lettera e), del dispositivo dalla restante parte della mozione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Leo ed altri n. 1-00843 (Nuova formulazione), nel testo riformulato, ad eccezione del primo capoverso, lettera e), del dispositivo, accettata dal Governo. Pag. 36
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 499
Votanti 251
Astenuti 248
Maggioranza 126
Hanno votato
247
Hanno votato
no 4).

Prendo atto che il deputato Razzi ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Leo ed altri n. 1-00843 (Nuova formulazione), nel testo riformulato, limitatamente al primo capoverso, lettera e), del dispositivo, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Ricordo che stiamo votando sul primo capoverso, lettera e) del dispositivo, della mozione Leo ed altri n. 1-00843 (Nuova formulazione), accettata dal Governo.
Onorevoli Scilipoti, Calderisi, Pianetta, Capano, Marchignoli, Razzi... Ci siamo tutti? Onorevole Scajola. Ci siamo.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 501
Votanti 453
Astenuti 48
Maggioranza 227
Hanno votato
248
Hanno votato
no 205).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Di Biagio, Galletti, Pisicchio ed altri n. 1-00847, nel testo riformulato, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Mondello, Di Stanislao, Scilipoti, Capano, Cicchitto... Ci siamo?

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 499
Votanti 347
Astenuti 152
Maggioranza 174
Hanno votato
299
Hanno votato
no 48).

Seguito della discussione delle mozioni Volontè ed altri n. 1-00817, Di Pietro ed altri n. 1-00848, Cambursano, Commercio, Mannino, Melchiorre ed altri n. 1-00849, Tempestini ed altri n. 1-00850, Dozzo ed altri n. 1-00851 e Corsaro ed altri n. 1-00852 recanti iniziative in ambito comunitario ed internazionale in materia di tassazione delle transazioni finanziarie (ore 17,08).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Volontè ed altri n. 1-00817 (Nuova formulazione), Di Pietro ed altri n. 1-00848, Cambursano, Commercio, Mannino, Melchiorre ed altri n. 1-00849, Tempestini ed altri n. 1-00850, Dozzo ed altri n. 1-00851 e Corsaro ed altri n. 1-00852, recanti iniziative in ambito comunitario ed internazionale in materia di tassazione delle transazioni finanziarie (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta odierna si è conclusa la discussione sulle linee generali.
Avverto che, dopo la conclusione della discussione sulle linee generali, sono state presentate le mozioni Pisicchio ed altri n. 1-00853 e Della Vedova ed altri n. 1-00854. I relativi testi sono in distribuzione.

(Intervento e parere del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per l'economia e le Pag. 37finanze, Vieri Ceriani, che esprimerà altresì il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.

VIERI CERIANI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, mi scusi ma noto che vi sono due mozioni che sono state presentate dopo la chiusura della seduta di stamattina. Pertanto, le chiedo una sospensione, di cinque, dieci minuti, per poterne prendere visione.

PRESIDENTE. Accogliamo la richiesta del Governo. Sospendo la seduta che riprenderà alle ore 17,20.

La seduta, sospesa alle 17,10, è ripresa alle 17,20.

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.

VIERI CERIANI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, la ringrazio per avermi dato il tempo di esaminare anche le ultime mozioni. Il tema è senza dubbio di grande rilievo, l'imposta sulle transazioni finanziarie trova un vasto consenso, non solo a livello di opinione pubblica, ma anche di forze politiche, Parlamenti nazionali e Parlamento europeo. Quindi, abbiamo esaminato con attenzione queste mozioni ed esprimerò il parere del Governo puntualmente su tutte.
Riguardo alla mozione Di Pietro ed altri n. 1-00848 sarebbe opportuna qualche modifica. Al primo capoverso del dispositivo, si chiede di sopprimere l'inciso «con forza» e di sostituire le parole «oppure a livello dell'eurozona» con le parole «considerandone eventualmente l'introduzione a livello di eurozona».
Il Governo propone, altresì, di modificare il terzo capoverso del dispositivo nel senso di sostituire la parola «proponendo» con la parola «valutando». Si propone, inoltre, di sostituire, alla lettera a), la locuzione «definire la destinazione del» con la locuzione «considerare di destinare il».
Al successivo capoverso del dispositivo si chiede di sostituire le parole «a monitorare e verificare che» con le parole «ad adoperarsi affinché».
Il Governo, pertanto, esprime parere favorevole sulla mozione Di Pietro ed altri n. 1-00848, a condizione che queste modifiche vengano accettate dai presentatori.
Il Governo esprime parere favorevole sulla mozione Cambursano ed altri n. 1-00849, se riformulata nel senso di sostituire, all'ultimo capoverso del dispositivo, la parola «sostenere» con la parola «considerare».
Il Governo esprime parere favorevole sulla mozione Tempestini ed altri n. 1-00850, se riformulata nel senso di sostituire, al secondo capoverso del dispositivo, l'espressione «prevedendone alcuni miglioramenti» con la seguente: «valutando alcuni possibili miglioramenti».
Il Governo esprime parere favorevole sulla mozione Dozzo ed altri n. 1-00851, se riformulata nel senso di inserire, al terzo capoverso del dispositivo, davanti alle parole «differenziare le modalità di imposizione», le parole «considerare la proposta di», e al quarto capoverso, davanti alle parole «destinare il gettito», la locuzione «a valutare di».
Il Governo esprime parere favorevole sulla mozione Corsaro ed altri n. 1-00852, a condizione che nel dispositivo venga soppressa la parola «inderogabile».
Il Governo esprime parere favorevole sulla mozione Pisicchio ed altri n. 1-00853, a condizione che, al secondo capoverso del dispositivo, si sostituisca la parola «assumere» con la parola «valutare».
Il Governo esprime parere favorevole sulla mozione Della Vedova ed altri n. 1-00854, a condizione che, al secondo capoverso del dispositivo, si sostituisca la parola «proporre» con la parola «valutare».

PRESIDENTE. Signor sottosegretario, non ho però compreso il parere sulla Pag. 38mozione Volontè ed altri n. 1-00817 (Nuova formulazione), può ripeterlo?

VIERI CERIANI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il Governo esprime parere favorevole sulla mozione Volontè ed altri n. 1-00817 (Nuova formulazione), a condizione che, al secondo capoverso del dispositivo, si sostituisca la parola «sostenere» con la parola «valutare» e che, al penultimo capoverso, si sostituisca la parola «prevedere» con la parola «considerare».

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, se ho inteso bene, con qualche sfumatura e qualche piccola correzione tutte le mozioni hanno il parere favorevole del Governo. Quindi questo sta a significare la volontà unanime di questa Camera a sostenere unitariamente il Governo dandogli un mandato pieno a presentarsi ad una Europa negli organismi preposti per introdurre finalmente, per intanto almeno nell'Eurozona, ma poi auspicabilmente in tutti i 27 Paesi dell'Europa, questa tassa o imposta sulle transazioni finanziarie. Sappiamo che soprattutto l'alta finanza, oltre ai subprime e a tutti i prodotti derivati, è stata negli anni antecedenti la grande crisi la vera responsabile della crisi attuale. Sappiamo anche da che scuola vengono, quella di Chicago, che aveva dato pieno e ampio mandato ad operare senza alcun vincolo.
Bene, finalmente dopo aver prodotto questa crisi, si chiede agli operatori finanziari di intervenire per risolvere la crisi che hanno prodotto.
Con questa imposta si vuole sostanzialmente sostenere tre cose: aumentare le risorse proprie del bilancio europeo per far fronte soprattutto all'occupazione e alla crisi di crescita che sta attraversando, aiutare la cooperazione internazionale ed infine sostenere soprattutto le fasce più deboli della nostra popolazione.
Credo che si farà un buon servizio anche alle imprese, perché vi sono tutte le condizioni affinché i mercati comincino di nuovo a rispettare le regole. Solo così riusciremo ad avviare finalmente l'uscita da questa crisi. Quindi, accetto la riformulazione che il Governo propone.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Commercio. Ne ha facoltà.

ROBERTO MARIO SERGIO COMMERCIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il mondo della finanza è vulnerabile ed esposto alle conseguenze di quegli stessi fattori che ne costituiscono i punti di forza: libero movimento dei capitali, deregolamentazione, assenza di vincoli per gli operatori, costante innovazione dei prodotti finanziari. Ma ciò che è grave è che le crisi finanziarie non sono un gioco a somma zero, dove le perdite di una parte sono compensate dai guadagni di un'altra. Anche chi non partecipa al gioco viene travolto dagli effetti economici e sociali delle crisi. In più la fuga dei capitali, che usualmente si accompagna alle crisi valutaria, rende il credito più costoso, cosicché anche imprese sane sono costrette a chiudere o a ridimensionare la loro attività, con un effetto spesso drammatico sull'occupazione. L'esplodere della crisi economica e finanziaria internazionale ha evidenziato le numerose debolezze dell'attuale sistema, ponendo con forza la necessità di adottare misure politiche in ambito fiscale e finanziario in grado di stabilizzare il sistema bancario, rilanciare l'economia reale e coprire i costi della crisi. Nonostante il recente invito della Commissione europea ai Governi nazionali di introdurla entro il 2013, sta salendo il livello di scontro attorno all'introduzione della cosiddetta Tobin tax. In tale contesto, l'Italia, appoggiando a livello di Eurozona, attraverso le necessarie intese, l'introduzione Pag. 39di una tassazione sulle transazioni finanziarie, che penalizzi le speculazioni a breve termine, può giocare un'importante ruolo da apripista, contribuendo a restituire il potere di intervento di politica economica alle autorità nazionali ed internazionali e a rendere più efficaci le politiche macroeconomiche (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisicchio. Ne ha facoltà.

PINO PISICCHIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il sentimento della pubblica opinione in Europa come negli Stati Uniti sembra aver colto - seppure con sensibilità diseguali, che vanno dalla protesta estrema dei giovani di Wall Street ad una più misurata, ma non meno decisa, critica mossa da molti osservatori politici ed economici - il peso spropositato e ingiusto delle speculazioni finanziarie nella dinamica della crisi che sta mordendo le economie di tutto il mondo occidentale. In discussione allora è come arginare gli effetti deteriori di una speculazione in un contesto in cui la fragilità delle economie dei Paesi europei - rammentiamo soltanto che nel giro di quattro anni il debito pubblico nell'area euro è balzato dal 60 per cento del prodotto interno lordo all'80 per cento - appare in tutta la sua pericolosa evidenza e il valore del rapporto tra le transazioni finanziarie e l'economia reale, quella che ha dietro di sé il senso concreto del lavoro umano e della produzione, ha assunto dimensioni sproporzionate, provocando conseguenze dannose per tutta l'economia. Non va dimenticato oltretutto che il settore finanziario ha beneficiato di una tassazione di vantaggio molto rilevante che si è tradotta in benefici fiscali pari a circa 18 miliardi di euro con l'agevolazione relativa alle esenzioni dell'IVA. È apparsa pertanto opportuna l'iniziativa della Commissione europea volta ad introdurre nei Paesi dell'Unione europea un'imposta sulle transazioni finanziarie, che copra tutte le transazioni di strumenti finanziari nel territorio europeo. Si tratterebbe, come è noto, di un'aliquota dello 0,1 per cento per gli scambi di azioni ed obbligazioni, mentre per i derivati il tasso sarebbe attestato intorno allo 0,01 per cento.
Il ricavato di quest'imposizione, nota come Tobin tax, ammonterebbe ad un gettito pari a 57 miliardi di euro all'anno. È del tutto evidente che l'imposta condurrebbe il settore finanziario a sostenere almeno parte dei costi della crisi economica in un disegno di eterogenesi virtuosa dei fini - visto che la speculazione finanziaria non può certo definirsi estranea alla condizione di difficoltà in cui siamo precipitati - agendo da disincentivo per il trading ad alto rischio ed a bassa produttività.
Certo, continua a pesare come un macigno il veto della Gran Bretagna, che si è fatta portavoce delle istanze delle lobby e degli intermediari finanziari, commissionando alla Oxera, una società indipendente di Oxford, uno studio sull'impatto della tassazione tendente a svilirne il significato ed il peso reale. Noi crediamo, invece, che oltre l'intrinseca moralità di un intervento che tenda a scoraggiare le speculazioni selvagge, esista una ragione concreta per l'adozione di un meccanismo di riequilibrio, che serva ad alleggerire l'imposizione fiscale sulle famiglie e le imprese e che dimostra scientificamente di poter drenare risorse ingenti, senza mettere in ginocchio gli interventi di finanza ispirati ad una corretta azione di sostegno dell'economia.
Le condizioni fondamentali affinché la Tobin tax abbia una possibilità di affermarsi in modo virtuoso sono due: una prima è legata alla partecipazione di un consorzio di Paesi che tenda all'universalità; la seconda è che gli effetti della sua applicazione non vengano pagati dagli anelli deboli della catena finanziaria, visto che la tassa sulla speculazione si traduce con l'essere una tassa sulle banche che la fanno.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Pisicchio.

Pag. 40

PINO PISICCHIO. Non vorremmo, allora, che una tassa, nominalmente concepita per una categoria, venisse trasferita su un'altra fascia sociale. Si tratterebbe di una tassa occulta, dunque, spalmata sulla platea dei clienti.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Pisicchio.

PINO PISICCHIO. In conclusione, signor Presidente, questa sì che rappresenterebbe una beffa, quell'eterogenesi dei fini malevola, non virtuosa, che troppe volte però siamo stati costretti a vedere in Europa.
Noi abbiamo proposto una mozione e, come Alleanza per l'Italia, accettiamo anche le indicazioni correttive del Governo e ci compiacciamo del fatto che il Governo abbia accolto tutte le mozioni che si muovono nella stessa direzione (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, richiamo qui integralmente il mio intervento in sede di discussione sulle linee generali e mi limito ora a sottolinearne alcuni aspetti per motivare il perché l'Italia dei Valori è favorevole all'introduzione di questa tassa, o meglio questa imposta sulle transazioni finanziarie. Peraltro, dichiaro fin d'ora che accettiamo le piccole modifiche della riformulazione proposta dal Governo.
Noi abbiamo la consapevolezza che la finanza stia alla base di una delle più gravi crisi, che è quella che stiamo vivendo oggi (non è ancora terminata), a seguito della quale gli Stati sono stati costretti a mettere sul tappeto oltre 6 mila miliardi di dollari per sostenere le banche e per impedire il fallimento delle stesse. Siamo altrettanto consapevoli che questa crisi è figlia della totale mancanza di regolazione delle attività finanziarie, in particolare di quelle speculative, al punto che, sulla base solida dell'economia vera, questa finanza ha costruito finanza creativa - più o meno creativa - pari a dieci volte il PIL di tutto il mondo. È evidente che la base era troppo piccola per poter sostenere il peso di dieci volte il PIL prodotto dal mondo.
Diciamo che in qualche modo si vuole far in modo, a proposito di questa finanza speculativa, che è all'origine della crisi economica, che almeno si contribuisca un poco al ripianamento di ciò che ha prodotto e a condizioni che consentano una ripresa a tutta l'economia mondiale ed in particolare a quella dei Paesi che più stanno subendo, che sono i Paesi cosiddetti industrializzati.
In passato sono state avanzate proposte in tal senso, la Tobin tax in qualche modo è l'antesignana dell'imposta sulle transazioni finanziarie e, per lungo tempo, si è pensato che non si potesse introdurre un'imposta di questo tipo se non con un'applicazione totale in tutto il mondo. L'idea era che, altrimenti, vi sarebbe stato uno spostamento delle transazioni finanziarie laddove la tassa non fosse stata prevista. Noi sappiamo che non è così, molti studi hanno documentato anche l'ipotesi di un'applicazione parziale, soprattutto in seguito al fatto che queste transazioni avvengono su due gigantesche piattaforme telematiche e che dunque è possibile intercettare anche le transazioni rivolte alla City, quindi a Londra, piuttosto che a Wall Street, quindi agli Stati Uniti, e ciò permette che anche un'applicazione non estesa a tutto il mondo possa avere certi effetti. Questa è un'acquisizione ormai di molti studi: ad esempio la Gran Bretagna rifiuta di accettare l'istituzione di questa imposta oggi, ma ne ha istituita una similare dalla quale ritrae tra l'altro circa 5 miliardi di sterline all'anno. Si tratta pertanto di un'obiezione che non c'è più, come non c'è più l'obiezione che si possa incidere sul costo del capitale perché la dimensione stessa della tassa dimostra che il costo è pressoché nullo rispetto al capitale ed anche la terza obiezione, ossia che possa ridurre la liquidità dei mercati, appare del tutto opinabile.

Pag. 41

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 17,40)

ANTONIO BORGHESI. Anzi, una tassa così come formulata in seguito alle proposte avanzate dalla Commissione europea riporterebbe ai costi di transazione e alla liquidità di dieci anni fa, un periodo sicuramente più florido di quello attuale. Per tale motivo, pensiamo che il nostro Governo debba impegnarsi in tutte le sedi europee e procedere all'introduzione dell'imposta sulle transazioni finanziarie, partendo dal livello dell'Unione europea e possibilmente allargandolo, sostenendo la proposta di direttiva del Consiglio del 28 settembre 2011 e considerando anche alcuni elementi di finalizzazione di questa imposta; mi riferisco in particolare ai programmi di tipo sociale, a quelli volti al miglioramento dell'efficienza energetica nonché a quelli tesi alla cooperazione allo sviluppo dei Paesi più poveri. Sostanzialmente questo è ciò che noi chiediamo e siamo, come dire, in linea con le proposte di modifica avanzate dal Governo che quindi accogliamo e quindi ci auguriamo che questa imposta, che alcuni Paesi europei hanno già dichiarato di volere introdurre anche unilateralmente, possa essere applicata in larga parte del mondo anche se non in tutto il mondo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Raisi. Ne ha facoltà.

ENZO RAISI. Signor Presidente, credo che sulla cosiddetta Tobin tax, cioè sulla tassazione sulle transazioni finanziarie, sia stato già fatto un passo in avanti importante in Europa e credo sia passato il principio che questa, che potrebbe essere sicuramente una tassazione giusta e corretta, debba avvenire però in un quadro di adesione, almeno a livello europeo, e comunque trovare una condivisione a livello internazionale.
Il Parlamento europeo ha già predisposto una risoluzione in questo senso, adottata l'8 marzo 2011, ed è già all'attenzione della Commissione europea una proposta di direttiva del Consiglio, e credo che l'Italia debba in questo senso sostenere in sede comunitaria, in sede di Unione Europea, questa proposta che ha già avuto un primo iter. Dobbiamo inoltre far sì che la scelta di arrivare ad una tassazione sulle transazioni finanziarie abbia una valenza mondiale, coinvolgendo tutti i grandi della terra; già in Europa vi è il problema della Gran Bretagna che non ci «sente» da questo punto di vista, quindi non possiamo pensare che, tassando queste transazioni in Europa, poi le borse vadano altrove. Allora, ci vuole un accordo in sede internazionale e il Governo italiano, anche attraverso l'Unione europea, deve promuovere in questo senso un accordo condiviso, anche perché è ovvio che è importante che queste transazioni finanziarie «tornino» sui titoli nei Paesi in cui questi titoli vengono emessi (questo è un dato molto importante e rilevante).
Ma, attenzione, è anche importante capire (laddove - come noi auspichiamo - si possa arrivare attraverso questa condivisione prima europea e poi mondiale a questa eventuale tassazione sulle transazioni finanziarie) come utilizzare queste risorse. È importante che queste risorse servano a risolvere la crisi odierna dei Paesi europei, dei Paesi occidentali, che è sotto gli occhi di tutti. Questo eventuale gettito di nuove imposte (deve essere un gettito congruo, un'aliquota bassa e su base della nazionalità dello strumento per evitare elusioni e applicazione senza discriminazione a tutte le attività finanziarie, ovviamente per non distorcere un'allocazione efficiente della ricchezza) deve avere un giusto obiettivo. Noi proponiamo nel nostro documento che tale gettito serva ad un rafforzamento delle politiche del welfare degli Stati membri. Ci riferiamo anche alla ricerca pubblica, che è l'altro motivo importante su cui noi vogliamo investire, ad un incentivo all'imprenditoria, nonché all'abbattimento di quel debito sovrano che oggi, purtroppo, sta mettendo in ginocchio Paesi come l'Italia. Pag. 42
Crediamo quindi - lo abbiamo inserito nella nostra mozione - che il Governo italiano debba favorire nelle sedi opportune il dialogo tra l'Unione europea ed i Governi dei maggiori Paesi del mondo, a cominciare da Stati Uniti, Cina, Paesi arabi, Singapore (e tutte le altre realtà emergenti), affinché si apra un negoziato su questa proposta che noi, in linea di principio, condividiamo, ma che deve trovare evidentemente una condivisione anzitutto in sede europea. Proprio venerdì ho partecipato ad un dibattito con alcuni amici del partito conservatore inglese che non ci «sentivano» da questo punto di vista, quindi è chiaro che sarà necessario anche un coinvolgimento della Gran Bretagna che è il primo partner europeo nei movimenti delle transazioni finanziarie. Lasciarla fuori sarebbe un grande errore ovviamente, ma dobbiamo anche qui, oltre all'Europa, convincere tutti i Paesi che operano nel campo delle transazioni finanziarie a partecipare a quella che ormai tutti riconoscono come una giusta imposta, e perché la riscossione di queste aliquote sia impegnata verso i problemi strutturali di un'economia occidentale che oggi è in sofferenza (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, non ripeterò ciò che ho affermato questa mattina e quindi cercherò di toccare i punti in comune. Intanto, voglio ringraziare lei, l'Aula, sempre così acuta nei confronti di questi argomenti, soprattutto il Governo per l'attenzione dimostrata, attento alle ragioni che hanno mosso molti esponenti e molti gruppi parlamentari ad insistere per la calendarizzazione di queste mozioni, ed il nostro gruppo ha insistito particolarmente per questa calendarizzazione per molte ragioni. La prima ovviamente è quella di riprendere un impegno comune del 25 gennaio scorso: tra gli impegni di una politica comune e di un'azione comune a livello europeo il Parlamento aveva inserito in una mozione comune un accenno alla tassazione delle transazioni finanziarie in ambito comunitario.
Ma anche riprendere una tradizione che si è via via sviluppata all'interno del Parlamento europeo il 10 marzo del 2010 o l'impegno preso finalmente dal G20 del 3 e 4 novembre del 2011, in cui i leader hanno esplicitamente voluto sottolineare che la tassazione delle transazioni finanziarie rappresenta un punto fondamentale. Il dibattito, come sappiamo, è pluridecennale; in favore di questa tassazione, anche se in forme diverse, conosciuta come tobin tax, negli ultimi dieci anni, da quando è scoppiata la crisi dei mercati finanziari globali, si erano alzate più voci, dal presidente della Banca mondiale Zoellick, al Pontificio consiglio della giustizia e della pace, negli ultimi mesi. Moltissimi, a tutti i livelli, dai leader politici ai responsabili dei mercati e dei controlli finanziari, hanno invocato, da un lato più controlli e, dall'altro, l'introduzione di questo strumento di tassazione delle transazioni finanziarie. Ovviamente, sul piano dei controlli, la discussione è ancora aperta e invitiamo, per quanto è possibile, per la sua attenzione, anche il Governo a insistere su questo aspetto purtroppo lacunoso. Il Parlamento europeo, la Commissione europea e il Parlamento italiano, vogliono insistere e dare ancora più risalto a questa misura della tassazione delle transazioni finanziarie come primo strumento, non per bloccare il mercato. Infatti, questo è il punto che mi sembra caratterizzi, insieme a molti altri, nel dispositivo, l'analisi di tutte le risoluzioni e di tutte le mozioni: qui non c'è chi vuole bloccare il libero mercato, ma c'è chi responsabilmente (Parlamenti, Commissione europea, Capi di Stato e di Governo) si rende conto che le speculazioni finanziarie danneggiano direttamente anche quegli sforzi economici che i singoli Paesi negli ultimi anni stanno facendo per superare la propria crisi. Ci sono delle cavallette che speculano sugli sforzi che i singoli Paesi e interi continenti, come l'Unione europea, fanno e, quindi, vanificano Pag. 43quegli sforzi. Ciò, ovviamente, a scapito, non solo della stabilità economica, ma anche delle misure a favore dell'occupazione, delle piccole e medie imprese e della coesione sociale, come diciamo nel contesto europeo.
Mi piace citare in fondo quello che ho detto in conclusione del mio intervento mattutino - grazie dell'attenzione ovviamente a lei Presidente e al Governo - e, cioè, che, contemporaneamente a questa discussione, il gruppo del Partito Popolare Europeo ha presentato una risoluzione della stessa natura al Consiglio d'Europa, e l'ha presentata per uno scopo fondamentale che va oltre la discussione, pur importante, ma perché siamo interessati all'ipotesi di una direttiva al Consiglio europeo dei 27, affinché tale misura possa riguardare non solo i 27 Paesi dell'Unione europea, ma i 47 Paesi del Consiglio d'Europa, tra cui la Turchia, la Russia e tanti altri, in modo da estendere questa idea di tassazione delle transazioni finanziarie e così renderla ancora più efficace.
Dicevo che, non solo l'abbiamo presentata a novembre-dicembre, ma proprio qualche settimana fa è stato nominato un rapporter per questa risoluzione. Ciò vuol dire che, contestualmente agli sforzi che il nostro Governo farà, insieme ai 27 Paesi dell'Unione europea - e, insieme a loro, nei tavoli del G20 e del G8, anche agli organismi internazionali europei più larghi, come il Consiglio d'Europa - entro l'estate si arriverà ad una risoluzione che, francamente, tutti auspichiamo - anche i partiti socialisti, liberali e conservatori che sono con noi su questa linea - che ottenga un ampio consenso, prima dell'estate, anche da parte di quegli organismi e di quei Paesi, perché sia reso più efficace il nostro lavoro. Ringrazio nuovamente il Governo per l'attenzione che presta in questa seduta a questo dibattito; la questione, di grande importanza, la possiamo stimolare a partire dal contesto italiano. Il nostro impegno di oggi, quindi, si contestualizza nel panorama europeo e di moltissimi altri Paesi che lavorano nella stessa direzione, ed è quello volto a introdurre le tassazioni finanziarie come strumento importante per evitare speculazioni e sacrifici che molti Paesi e molti continenti stanno facendo per combattere la tenaglia della crisi economica (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Montagnoli. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MONTAGNOLI. Signor Presidente e signor sottosegretario, anche la Lega Nord Padania ha presentato una mozione sulle imposte sulle transazioni finanziarie. Direi innanzitutto che bisogna fare una premessa: occorre capire oggi, nel 2012, perché siamo in questa situazione economica. Tra i principali responsabili vi è sicuramente il settore finanziario, con la finanza derivata, con la speculazione, con le vendite allo scoperto, che hanno provocato dei disastri economici e dei disastri finanziari, che gli Stati e i cittadini hanno dovuto coprire con i propri bilanci. Se oggi siamo in questa situazione difficilissima, la responsabilità è soprattutto del mondo finanziario, è della mancanza di regole, è di chi ha sfruttato i cittadini e le casse degli Stati.
Il fatto che le mozioni siano più o meno simili impegna il Governo a considerare un dato importante: si tratta un'imposta che tra l'altro, come sappiamo tutti, non è di facile applicazione. Infatti vi sono pareri favorevoli e pareri contrari, ma è un dato di fatto che debba essere applicata su scala almeno europea, se non globale. Questo evidentemente anche per evitare possibili fughe di capitali.
Oggi nell'Unione europea ci risulta che la stragrande maggioranza sia favorevole. Qualche Paese importante non lo è, come la Gran Bretagna, ma è evidente che è una realtà in cui il 10 per cento del PIL lo fa il settore finanziario. Quindi è fondamentale che il Governo imposti le trattative con gli altri Paesi sulla base di un'impostazione complessiva. È un'imposta che viene discussa da quarant'anni. Allora si parlava - e si discute anche oggi probabilmente - della Tobin tax. L'economista Tobin l'ha ideata nel 1981, nel momento in Pag. 44cui il Presidente Nixon aveva posto fine al regime di cambi fissi, allo scopo di evitare la speculazione sulle valute. Oggi sicuramente gli Stati hanno esigenze di risorse e vi è la volontà da parte di tutti di andare a prenderle magari da quelle realtà che fino ad oggi hanno speculato e danneggiato. Su questo non solo in quest'aula, ma anche fra i cittadini, penso che si ritenga che sia corretto che la parte della finanza cominci a dare qualcosa.
Signor sottosegretario, le dico già che accogliamo nella nostra mozione anche la proposta di lieve modifica, volta a destinare le risorse - come hanno fatto gli altri gruppi - in un ambito ben preciso, nella considerazione che il nostro Paese è ad oggi - come è stato certificato dalla Banca Mondiale - la realtà a livello europeo in cui si pagano più tasse (siamo infatti al 68 per cento); allora diciamo «sì» a questa nuova imposta sulle transazioni finanziarie, ma cerchiamo, nelle discussioni a livello europeo, di fare in modo che le risorse che con essa si ottengano, vengano destinate alla riduzione della pressione fiscale. Penso che questa possa essere una valutazione che il Governo possa portare avanti, tenendo conto della peculiarità del nostro Paese e altresì della battaglia alle attività speculative nel breve periodo. Questo sicuramente è un impegno importante, così come lo è il fatto che tutto il Parlamento dia un mandato chiaro al Governo di promuovere un'imposta che gli attuali studi della Commissione europea - prevedendo l'ingresso della tassa nel 2014 e calcolando di applicare lo 0,1 per cento su azioni ed obbligazioni e lo 0,01 per cento sui derivati - calcolano che possa apportare un'entrata intorno ai 55 miliardi. E se applicata a livello mondiale, si andrebbe su una cifra intorno ai 600-650 miliardi. Sono risorse importanti. Oggi gli Stati non ce la fanno più a livello di bilanci interni. Sicuramente una collegialità a livello europeo sarebbe utile per ottenere questo risultato. L'impegno che noi chiediamo è quello di cercare di approfondire la questione, non solo con gli Stati attualmente favorevoli, ma anche con quelle realtà che oggi nicchiano, ed è facile capire il perché. Magari possiamo fare riferimento a quei fondi, anche di banche nostre, locali, che attualmente hanno la sede legale a Dublino, perché abbiano una tassazione ovviamente diversa. Ecco perché la valutazione deve essere complessiva e a livello europeo.
Il fatto che già vi siano state delle mozioni del Parlamento e che la Commissione si sia già espressa, è un dato importante, ed è fondamentale riuscire a condividerlo con gli altri Paesi. Anche alcune economie emergenti hanno già espresso parere favorevole su questa proposta. È evidente, che la valutazione sull'eventuale fuga di capitali va fatta in maniera attenta. Alcune realtà, come la Francia, hanno ipotizzato di applicare la Tobin tax già direttamente al proprio interno, ma questo rischierebbe, secondo i maggiori economisti, di produrre una fuga di capitali, con riferimento a quelle realtà che lì vanno ad investire. Quindi, va benissimo l'applicazione e l'appoggio di tutto il Parlamento; al Governo chiediamo attenzione affinché la proposta venga applicata in tutte le realtà dell'Europa, anche dei 27 Paesi, con un occhio di riguardo alla realtà degli Stati Uniti; ma è fondamentale anche come vengono poi impegnate le risorse.
Pertanto, confermando il voto favorevole della Lega, con l'auspicio che il Governo si batta affinché le risorse vengano destinate alla riduzione della pressione fiscale e al sostegno delle piccole e medie imprese, confermo che accettiamo le modifiche che il sottosegretario ci ha chiesto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tempestini. Ne ha facoltà.

FRANCESCO TEMPESTINI. Signor Presidente, l'importante, anzitutto, è osservare che l'Aula, nella sua totalità, fornisce sostanzialmente al Governo una delega per operare, nelle condizioni che si riveleranno più opportune, per contribuire, a livello europeo, all'introduzione di una tassa sulle transazioni internazionali. Pag. 45
Ciò non toglie, come testimonia la presentazione di alcuni progetti di legge - voglio citare anche il progetto di legge a prima firma del nostro segretario Bersani - che si possa determinare anche un'iniziativa più specifica in termini legislativi da parte italiana. Tuttavia, questa iniziativa legislativa, che noi caldeggiamo e sosteniamo, deve naturalmente avere un quadro di riferimento europeo che, con questa mozione, noi invitiamo il Governo a costruire nel corso delle prossime settimane e dei prossimi mesi.
È evidente, colleghi, l'intento, la causale risarcitoria di questa tassa: su questo punto, naturalmente, non mi dilungherò, perché è stato già detto moltissimo. Si tratta di risarcire politiche che hanno determinato squilibri che si sono scaricati sulle spalle dei debiti sovrani e, quindi, sulle spalle dei cittadini. Tuttavia, vorrei osservare che, accanto all'intento risarcitorio, noi dobbiamo evidenziare altri due punti.
Quando l'amministrazione Clinton decise di smantellare il sistema regolatorio che governava la finanza internazionale in quegli anni - penso alle normative che hanno sostanzialmente superato la divisione tra banche retail e banche d'investimento e d'affari (faccio solo un esempio, ne potrei fare molti altri), - quelle operazioni di liberalizzazione e di smantellamento furono motivate dall'idea che occorresse mettere in campo, come dire, a briglia sciolta, la finanza internazionale, perché essa doveva fornire i finanziamenti necessari allo sviluppo di quella fase particolarmente accentuata della globalizzazione internazionale.
Ebbene, a distanza di più di dieci anni ormai da quelle scelte, noi possiamo dire che si è trattato di scelte che non hanno colto il segno, ma che hanno «piegato» la finanza internazionale sul versante puramente speculativo. Dico questo, naturalmente, ribadendo, ancora una volta, che la finanza è indispensabile per approvvigionare, diciamo così, il sistema economico internazionale, ma farla nelle condizioni date nel corso di questi ultimi dieci anni, com'è sotto gli occhi di tutti, si è trattato di una scelta assolutamente da correggere.
Da questo punto di vista l'introduzione della tassa non ha soltanto un intento e un obiettivo risarcitorio; può, invece, significare qualcosa di più. Può significare, cioè, un primo, anche se parziale, avvio di un processo di regolamentazione, oserei dire di riregolamentazione del sistema finanziario internazionale. Naturalmente sarebbe un processo che ci riconduce esattamente al punto di partenza perché, come sappiamo, nel dibattito pubblico degli Stati Uniti, abbiamo potuto registrare, nel corso di questi anni, il tentativo dell'amministrazione Obama di reintrodurre quel sistema di regole; il Presidente Obama ha ingaggiato una difficilissima e complicatissima contrattazione con il Senato, il risultato è stato francamente scarso e deludente, ma quella resta la via di fondo che bisogna perseguire. Da questo punto di vista, l'idea della tassazione che parte dal mercato europeo può costituire un primo tassello per la ripresa di un'iniziativa di carattere più generale tendente a ricostruire i punti cardinali di una struttura più regolamentata del sistema finanziario internazionale.
C'è poi un terzo ed ultimo punto che mi pare assolutamente di rilievo da sottolineare e che forse è stato colto meno nel dibattito. Penso che questa tassa possa significare un'occasione in più per il processo di consolidamento delle politiche unitarie europee in termini di bilancio, in termini quindi di avanzamento di una prospettiva comunitaria dell'Unione europea. Dico ciò se, come penso, sarà negli intendimenti del Governo il fatto che noi e i nostri partner europei daremo all'introduzione della tassa un alto grado di comunitarizzazione. Ritengo che questo ragionamento, tutto da sviluppare dal punto di vista tecnico, abbia un fondo fortissimo di natura politica: la tassa può rappresentare, per alcuni versi, un tassello assai importante nella costruzione di quegli asset finanziari di cui tanto stiamo parlando e di cui tanto sentiamo il bisogno, penso alla giusta insistenza sugli eurobond e cioè su fonti di finanziamento Pag. 46comunitarie in grado di dare gambe vere alle politiche di sviluppo guidate dall'Unione. Ebbene, da questo punto di vista una tassa che abbia un alto grado di comunitarizzazione, nel senso quantomeno che essa sia figlia, come inevitabilmente deve essere, di scelte comuni, può dare un contributo assai importante all'inversione di tendenza che ancora vede paralizzato il sistema politico europeo intorno al tema di come dotare il sistema di mezzi comunitari sufficientemente forti, non solo per sconfiggere i rischi di default - ne abbiamo uno incombente che ci minaccia, assai poco tranquillizzante, quale quello greco - ma per costruire, per mettere fieno in cascina per le politiche di sviluppo. Ebbene, la tassa sulle transazioni può essere un segnale, può dare il via ad un procedimento virtuoso che vada nel senso che un attimo fa indicavo. Anche per queste ragioni di carattere più generale noi esprimiamo consenso, naturalmente, ad un voto che, come il Governo ha indicato, è di larga adesione e condivisione fra tutti i gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bernardo. Ne ha facoltà.

MAURIZIO BERNARDO. Signor Presidente, vorrei richiamare la sua attenzione perché credo vi sia un'ipotesi...

PRESIDENTE. Onorevole Bernardo, lei sta intervenendo per dichiarazione di voto, dopodiché il Governo ha chiesto di fare, prima del voto, una precisazione sulle diverse mozioni.

MAURIZIO BERNARDO. La ringrazio, signor Presidente. Oggi stiamo discutendo di una mozione che abbiamo presentato su un argomento così delicato, che rappresenta punti fondamentali di un programma che ci ha consentito di guidare questo Paese e quella che è la scelta che abbiamo voluto fare, nel corso di questi anni, anche come azione di politica economica a livello internazionale e che il Governo Monti sta portando avanti in una continuità che, è bene ricordare, spesso, coloro che sostengono per ragioni diverse l'attuale Governo, nell'interesse del Paese, preferiscono dimenticare.
Questo argomento e anche ciò che arriva a significare tassare le transazioni finanziare, sarà anche l'allergia per il termine imposizione, anche se nell'interesse del Paese, dei cittadini italiani e del mondo delle imprese, ci vede sempre tentennare nel condividere una politica che vada in questa direzione. Veniva anche ricordato oggi che da questo punto di vista il Governo precedente e chi lo ha guidato si sia sempre opposto ad una scelta che arrivasse ad approvare ciò, così come oggi accadrà. Ma abbiamo dimostrato nel corso di questi mesi, in maniera leale, nei confronti del nostro Paese, di condividere un processo di modifiche che possano essere davvero sostanziali, perché però si possa anche immaginare che accanto al rigore richiesto e condiviso a livello europeo vi sia anche la possibilità chiara e precisa di rilanciare il Paese attraverso alcuni provvedimenti che riteniamo importanti e su cui stiamo esprimendo puntualmente le nostre posizioni.
E così sulla mozione abbiamo chiesto vi sia un'intesa che veda l'Europa unita, che non sia soltanto quella dei mercati finanziari, ma che vi sia anche una visione politica che, purtroppo, troppo frequentemente, l'Unione europea ha mancato su passaggi importanti.
Le preoccupazioni che abbiamo, da questo punto di vista, e che intendiamo manifestare, è che non vi sia una penalizzazione che riguardi il sistema Paese; che non vi sia quella attuazione necessaria per un rilancio effettivo dell'economia italiana; che non vi sia un aggravio ulteriore dell'imposizione che riguarda le famiglie ed il mondo delle imprese e che si giochi una partita importante anche sul sistema del credito. Basta ricordare che circa un mese fa la Banca centrale europea ha preso decisioni importanti perché vi fosse un momento in cui le risorse venissero assegnate anche al mondo del credito, Pag. 47delle banche, a livello italiano, ma che questo potesse servire anche al rilancio dell'economia reale.
Quello che possiamo purtroppo constatare è che vi è ed esiste una distanza tra quella che è la crisi del mondo della finanza e dei mercati da quella che è la crisi reale, di quella che vivono le famiglie a livello quotidiano. Ecco perché su un argomento come quello della Tobin tax, rispetto ad un già vissuto da parte di alcuni Paesi che compongono l'Unione europea e su scelte già fatte, alcune perplessità, per quanto ancora questa volta vi sia il convincimento di dare un sostegno al Governo, si possano esprimere, purché lo si faccia nella convinzione di rilanciare anche l'economia del nostro Paese.
Perché lo ricordavo stamattina, lo ricordavano anche coloro che rappresentano oggi il gruppo parlamentare del Popolo della Libertà e il segretario politico, ma in diverse occasioni anche il Presidente Berlusconi, laddove riguardava la lealtà, ma soprattutto una maggioranza che mai dalla storia repubblicana il Parlamento italiano, così come oggi si presenta, ha dato la forza al Governo e ad un Governo di presentarsi in Europa in maniera decisa, in grado di rappresentare, come è giusto che sia, con quella dignità che deve rappresentare e deve essere rappresentata da un sistema com'è l'Italia, per poter anche avere un ruolo che travalichi i confini dell'Unione europea.
Infatti, in questa partita non si gioca soltanto una decisione che, anche nella mozione già approvata anche dal Popolo della Libertà su politiche che riguardano il sistema internazionale e su cui noi ci siamo ben espressi, veda presente gli Stati Uniti, il sud est asiatico. Perché noi non possiamo mettere in gioco quello che è il ruolo dell'Italia rispetto ad una economia mondiale e globale dove altri possano giocare con regole differenti e possano essere momento di attrazione per un rilancio dell'economia che non sarebbe la nostra, ma certamente quella di altri.
Ecco perché la mozione ha un suo valore laddove noi, dal punto di vista culturale e delle scelte di politica economica già fatte in passato, ricordiamo e sottolineiamo nuovamente anche quello che oggi il Governo fa in una continuità vera. Basterebbe, quindi, guardare i provvedimenti ad oggi approvati e quelli che andremo ad approvare, su cui noi ci confrontiamo anche rispetto a contenuti alti.
Ebbene, anche su questo abbiamo detto chiaramente che una presenza compatta dell'Unione europea debba esserci rispetto al ruolo che noi oggi giochiamo come Parlamento italiano, ma che soprattutto - il sottosegretario Vieri Ceriani lo sa - possiamo giocare attraverso la figura del Presidente del Consiglio di oggi. Si tratta di un ruolo che va al di là della nostra storia e che è bene che ci sia per risolvere i problemi dell'Italia con il nostro contributo e con quello che svolge il Popolo della Libertà. Ovviamente esprimiamo voto favorevole alla nostra mozione (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Vieri Ceriani, prima di passare ai voti, ha chiesto di parlare. Ne ha facoltà.
Credo che si tratti di una precisazione sulla mozione Corsaro ed altri n. 1-00852.

VIERI CERIANI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, sì, in effetti è sulla mozione Corsaro ed altri n. 1-00852. Nel dispositivo, al secondo rigo, dopo le parole «impegna il Governo», si parla di «necessità». Propongo, rispetto a quanto detto prima, di sostituire le parole «la necessità inderogabile» con le parole «l'indispensabilità».

PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori della mozione Corsaro ed altri n. 1-00852 se accettino la riformulazione proposta dal Governo.

MAURIZIO BERNARDO. Sì, accettiamo la riformulazione.

Pag. 48

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Volontè ed altri n. 1-00817, (Nuova formulazione), accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Nizzi, Galletti, Mondello, Cesare Marini, Castagnetti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 469
Votanti 352
Astenuti 117
Maggioranza 177
Hanno votato
347
Hanno votato
no 5).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Di Pietro ed altri n. 1-00848, nel testo riformulato, in quanto non assorbita, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Rao... Onorevole Costa... Onorevole Di Caterina... Onorevole Scilipoti... Onorevole Sardelli... Onorevole Mazzuca... Onorevole Tommaso Foti... Onorevole Castagnetti... Onorevole Reguzzoni... Onorevole Carfagna... Onorevole Cesaro... Onorevole Scanderebech... Onorevole Marini...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 473
Votanti 280
Astenuti 193
Maggioranza 141
Hanno votato
266
Hanno votato
no 14).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Cambursano, Commercio, Mannino, Melchiorre ed altri n. 1-00849, nel testo riformulato, in quanto non assorbita, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Mazzuca... Onorevole Orsini... Onorevole Corsini... Onorevole Vella...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 472
Votanti 276
Astenuti 196
Maggioranza 139
Hanno votato
267
Hanno votato
no 9).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Tempestini ed altri n. 1-00850, nel testo riformulato, in quanto non assorbita, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Bonaiuti... Onorevole Soglia...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 467
Votanti 264
Astenuti 203
Maggioranza 133
Hanno votato
258
Hanno votato
no 6).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Dozzo ed altri n. 1-00851, nel testo riformulato, in quanto non assorbita, accettata dal Governo. Pag. 49
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Dozzo... Onorevole Cesare Marini... Onorevole Proietti Cosimi... Onorevole Paolini... Onorevole Tanoni... Onorevole Di Stanislao... Onorevole Zeller... Onorevole Veltroni... Onorevole Sardelli... Onorevole De Girolamo... Onorevole Vella...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 467
Votanti 302
Astenuti 165
Maggioranza 152
Hanno votato
300
Hanno votato
no 2).

Prendo atto che il deputato Vella ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Corsaro ed altri n. 1-00852, nel testo riformulato, in quanto non assorbita, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Cesare Marini... Onorevole Paolini... Onorevole Sardelli... Onorevole Tanoni... Onorevole De Girolamo... Onorevole Mario Pepe... Onorevole Bruno...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 472
Votanti 369
Astenuti 103
Maggioranza 185
Hanno votato
369).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Pisicchio ed altri n. 1-00853, nel testo riformulato, in quanto non assorbita da precedenti votazioni, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Pisicchio, Vella, Cesare Marini, Sardelli, Gianni, Calderisi, Saltamartini, Cesaro, Marchioni, Caparini... Onorevoli Servodio e Calderisi... È riuscita a votare, onorevole Servodio?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 471
Votanti 301
Astenuti 170
Maggioranza 151
Hanno votato
298
Hanno votato
no 3).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Della Vedova ed altri n. 1-00854, nel testo riformulato, in quanto non assorbita da precedenti votazioni, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Cesare Marini... Onorevole Pisicchio, ha votato? Onorevole Sanga, ha votato?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 472
Votanti 399
Astenuti 73
Maggioranza 200
Hanno votato
386
Hanno votato
no 13).

Prendo atto che il deputato Mario Pepe (PD) ha segnalato che non è riuscito a votare.

Sull'ordine dei lavori (ore 18,30).

ALDO DI BIAGIO. Chiedo di parlare.

Pag. 50

PRESIDENTE. Ne ha facoltà per un minuto.

ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, in queste ore si avvicendano gli allarmismi circa la stretta sulle forniture estere di gas. A rischio, come sempre, ci sono le aziende, vittime sacrificali di un sistema di rifornimento privo di una strategia o di un'organizzazione lungimirante. Come sempre, su tale impasse veglia il monopolio indiscusso dell'ENI, che ha il potere su tutte le forniture in ingresso nel nostro Paese.
Poi ritorniamo, come una filastrocca annoiata, ai soliti discorsi sull'esigenza di diversificare la produzione di energia, puntando sulle alternative, lontane dai «giochini» di monopolio e dalle potenze energetiche europee e certamente meno costose.
Invito, pertanto, il Governo ad avviare un ragionamento di buonsenso sulle future strategie energetiche del Paese, perché quanto si sta verificando riempie di imbarazzo il nostro Paese e quanti si impegnano per salvarne il futuro economico.

MASSIMO VANNUCCI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà per un minuto.

MASSIMO VANNUCCI. Signor Presidente, credo che nella mattinata altri colleghi siano intervenuti per chiedere al Governo di riferire e, comunque, di agevolare una discussione sullo stato di calamità che ha colpito il nostro Paese.
Come lei sa, vengo da una regione particolarmente colpita e ho assistito allibito alle polemiche che ci sono state per realtà colpite anche molto meno rispetto alla nostra. Questo è il momento di cercare di risolvere i problemi e non di polemizzare. Però, voglio sottolineare un fatto richiamandomi, come ho già fatto molte volte in quest'Aula, al «milleproroghe» del 2010 che, di fatto, blocca l'operatività della Protezione civile.
Abbiamo, anche a tal proposito, intrapreso iniziative nell'ambito della Commissione ambiente con il prefetto Gabrielli e questa Aula ha prodotto ancora, a luglio del 2011, una risoluzione nella quale si chiedeva al Governo di modificare quelle norme e di rivedere la legge.
Oggi siamo di fronte ad un paradosso, signor Presidente. Lo voglio dire perché lei assuma una sua iniziativa: nessuna regione ha dichiarato lo stato di emergenza, stante il fatto di queste norme e stante l'esperienza delle Marche, che pur avendo deliberato e decretato un aumento delle accise non ha visto interventi dello Stato. Non sono stati ancora dichiarati stati di emergenza proprio per i vincoli imposti da questa legge. Bisogna che lei se ne faccia interprete perché dobbiamo dare risposte precise.

PRESIDENTE. Onorevole Vannucci, adesso le rispondo.
Su sollecitazione di diversi gruppi parlamentari, la Presidenza non solo ha allertato, ma ha anche invitato il Governo a riferire all'Assemblea e stiamo attendendo informazioni circa la sua disponibilità.
Il Governo potrebbe riferire all'Assemblea giovedì, stiamo concordando con il Ministro per i rapporti con il Parlamento di dare riscontro ad una richiesta che non è solo sua, ma che proviene da tutti i gruppi parlamentari.

AMEDEO CICCANTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà, ma chiedo ai colleghi di rispettare i tempi perché dobbiamo procedere all'esame del prossimo punto all'ordine del giorno.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, il mio intervento sarà brevissimo. Vorrei sollevare la stessa questione esposta dall'onorevole Vannucci perché la situazione, soprattutto nelle regioni di Marche e Abruzzo, è diventata insostenibile. Pertanto, dobbiamo ottenere, in qualche modo, una risposta da parte del Governo per consentire ai sindaci di potersi organizzare per le future nevicate, dato che è previsto che venerdì e sabato sopraggiungano ulteriori nevicate.

Pag. 51

PRESIDENTE. Onorevole Ciccanti, rispondendo all'onorevole Vannucci, ho risposto anche a lei.

FRANCESCO BARBATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà, per un minuto, altrimenti le darò la parola alla fine della seduta.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, intervengo soltanto per denunciare all'Assemblea cosa sta succedendo in questo Paese, ma soprattutto le tecniche un po' medioevali che si stanno utilizzando nel mondo del lavoro.
La FIAT di Pomigliano D'Arco sta riassumendo nella nuova società i lavoratori che erano in standby. Negli ultimi dieci giorni ne ha assunti 662, e con questi si raggiunge il numero di circa 1.500 lavoratori, dei 4.002 che stanno in standby.
Ebbene, nessuno di questi nuovi lavoratori riassunti dalla FIAT di Pomigliano D'Arco ha la tessera della FIOM. Qui si fa una selezione tra i lavoratori che, se sono iscritti ad altri sindacati, vengono riassunti e vedono garantiti i loro diritti, se invece appartengono alla FIOM CGIL vengono esclusi dall'azienda. È gravissimo: signor Presidente, nel Medioevo si praticavano queste modalità di lavoro. Noi non possiamo permettere cose di questo genere!

Per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo.

ANDREA MARTELLA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà, per un minuto.

Testo sostituito con errata corrige volante ANDREA MARTELLA. Signor Presidente, intervengo per sollecitare il Governo a fornire una risposta ad una mia interrogazione a risposta scritta, presentata nel mese di novembre. Ad oggi, il Governo non ha dato alcuna risposta. La questione riguarda i lavoratori della ditta Vastes International: sono 182 i lavoratori che hanno perso il posto di lavoro, così come molti altri lavoratori occupati nel settore dei treni notturni in Italia.
L'interrogazione era rivolta al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Chiedo di poter avere una risposta urgente, affinché il Governo, nell'ambito delle proprie prerogative e delle proprie competenze, possa intervenire per contribuire a risolvere questa questione.
ANDREA MARTELLA. Signor Presidente, intervengo per sollecitare il Governo a fornire una risposta ad una mia interrogazione a risposta scritta, presentata nel mese di novembre. Ad oggi, il Governo non ha dato alcuna risposta. La questione riguarda i lavoratori della ditta Wasteels International: sono 182 i lavoratori che hanno perso il posto di lavoro, così come molti altri lavoratori occupati nel settore dei treni notturni in Italia.
L'interrogazione era rivolta al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Chiedo di poter avere una risposta urgente, affinché il Governo, nell'ambito delle proprie prerogative e delle proprie competenze, possa intervenire per contribuire a risolvere questa questione.

PRESIDENTE. Onorevole Martella, la Presidenza si farà carico di sollecitare la risposta del Governo alla interrogazione da lei richiamata.

Discussione del disegno di legge: S. 3074 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211, recante interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri (Approvato dal Senato) (A.C. 4909) (ore 18,33).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211, recante interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri.
Considerata l'assenza dei relatori per la maggioranza, onorevoli Vitali e Ferranti, sospendo la seduta per cinque minuti.

La seduta, sospesa alle 18,35, è ripresa alle 18,40.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 4909)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Partito Democratico e Lega Nord Padania ne hanno chiesto l'ampliamento Pag. 52senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.

RAFFAELE VOLPI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RAFFAELE VOLPI. Signor Presidente, ringrazio sicuramente la relatrice, onorevole Ferranti, ma forse sarebbe opportuno che ci fosse almeno la presidente della Commissione. Credo che sarebbe opportuno per coerenza, se non per regola.

PRESIDENTE. Per Regolamento è sufficiente la presenza del relatore. Infatti, il Presidente ha sospeso la seduta perché non c'era il relatore. Adesso che è presente possiamo, quindi, tranquillamente procedere.
Il relatore per la maggioranza, onorevole Ferranti, ha facoltà di svolgere la relazione.

DONATELLA FERRANTI, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, chiedo di poter consegnare un'esplicazione scritta più dettagliata e poi svolgerò la relazione orale.
Il disegno di legge in esame, trasmesso dal Senato ed approvato senza modifiche dalla Commissione giustizia, è volto a convertire in legge il decreto-legge n. 211 del 22 dicembre 2011, recante interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri, il cui termine di conversione scade proprio il 20 febbraio prossimo.
È importante, sin da subito, tenere a mente questa data, in quanto ha sicuramente condizionato fortemente i lavori della Commissione, sia dal punto di vista dei tempi che nel merito, in quanto il rischio di una mancata conversione, a causa di un terzo passaggio parlamentare, è parso a tutti i gruppi, salvo la Lega Nord e l'Italia dei Valori, tale da consigliare di non modificare in alcun punto il testo, nonostante alcune criticità che il testo presentava in alcuni punti.
Si è, in sostanza, accolto l'invito fatto dal Ministro in occasione dell'inizio dell'esame degli emendamenti - ringrazio il Ministro per essere qui presente - di non insistere su modifiche che avrebbero fortemente messo a rischio la conversione di un decreto-legge, che comunque è rivolto a ridurre il sovraffollamento delle carceri, eliminando quell'odioso fenomeno della «porta girevole», cioè della carcerazione per pochi giorni in attesa della convalida che avviene da parte del giudice.
In particolare, il Ministro si è affidato alla sensibilità di ogni parlamentare affinché rinunci ad insistere su modifiche del testo che potrebbero compromettere la conversione del decreto-legge proprio per i tempi ristretti. Quindi, ha ribadito gli importanti obiettivi che esso si pone, al fine di contrastare il sovraffollamento delle carceri, essendo comunque una prima misura di intervento concreto in questa direzione.
Prima di passare all'esame in Commissione, ritengo opportuno soffermarmi brevemente sulle principali innovazioni della normativa vigente contenute nel testo trasmesso dal Senato.
In primo luogo, si prevede il ricorso solamente in via residuale alla detenzione in carcere dell'arrestato in flagranza di reato per illeciti di competenza del giudice monocratico, in attesa proprio dell'udienza di convalida dell'arresto e del rito direttissimo. Si prevede, pertanto, in via prioritaria che sia disposta la custodia dell'arrestato presso l'abitazione, in subordine che sia disposta la custodia presso idonee strutture della polizia giudiziaria e solo in via ulteriormente subordinata e ben individuata e con decreto motivato del pubblico ministero sia disposto l'accompagnamento nella casa circondariale.
Questo provvedimento intende ovviare al problema, considerato in varie mozioni approvate anche nel corso della legislatura e con il precedente Governo, delle «porte girevoli», cioè ai casi di detenuti condotti Pag. 53nelle case circondariali per periodi brevissimi (nel 2010 vi sono state 21.093 persone trattenute per un massimo di tre giorni). Dopo la convalida dell'arresto e il giudizio direttissimo queste persone, per vari motivi, poi venivano messe in libertà, anche perché molte volte potevano beneficiare della sospensione della pena o avevano patteggiato con sospensione della pena.
Vi è poi il dimezzamento (da 96 a 48 ore), sempre con riferimento al testo approvato in Senato, del termine entro il quale deve avvenire l'udienza di convalida e l'estensione da dodici a diciotto mesi della soglia di pena detentiva, anche residua, per l'accesso alla detenzione domiciliare, già prevista per dodici mesi dalla legge approvata nel 2010 in Aula all'unanimità, ovvero la legge n. 199 del 2010.
Sono integrate le risorse finanziarie, per una somma pari a 57,27 milioni di euro, per l'adeguamento, potenziamento e messa a norma di infrastrutture carcerarie. Sono superati gli ospedali psichiatrici giudiziari, di cui si prevede la chiusura entro il 1o febbraio 2013. Si estende la partecipazione al dibattimento a distanza alla testimonianza di persone detenute. È esteso il regime delle visite in carcere, senza autorizzazione dell'amministrazione penitenziaria, ai parlamentari europei. Si introduce un nuovo caso di illecito disciplinare dei magistrati, per inosservanza delle disposizioni relative al luogo di svolgimento dell'udienza di convalida.
Viene infine dettata una disciplina speciale, che estende la disciplina sull'ingiusta detenzione (articolo 314 del codice di procedura penale) ai procedimenti definiti prima dell'entrata in vigore del nuovo codice, purché con sentenza passata in giudicato, prendendo a riferimento una data, che viene individuata, nel provvedimento del Senato, oggi in discussione alla Camera, ossia dal 1o luglio 1988.
Come si è detto non tutte le modifiche apportate al Senato al testo sono apparse realmente migliorative del testo. Alcune, come quella che estende la disciplina speciale riguardante l'ingiusta detenzione ed il risarcimento del danno conseguente (introdotta dal nuovo codice di procedura penale entrato in vigore il 24 ottobre 1989) sono apparse poco convincenti nel merito (la Commissione affari costituzionali ne ha chiesto anche la soppressione, ravvisando possibili contrasti con principi costituzionali ed in particolare con l'articolo 3 della Costituzione) e nel metodo, trattandosi di importanti innovazioni dell'ordinamento, che avrebbero forse richiesto un esame più approfondito di quello che può avvenire su un emendamento che viene inserito nell'altro ramo del Parlamento in sede di conversione del decreto-legge.
La stessa soppressione degli ospedali psichiatrici giudiziari è sicuramente condivisa. Io ricordo personalmente come questa problematica è stata appunto trattata da tutti i gruppi in varie circostanze, come in sede di discussione nelle Commissioni e nella discussione in Aula delle mozioni riguardanti il sovraffollamento carcerario. Può darsi che le modalità o anche le forme di finanziamento abbiano potuto creare sicuramente delle perplessità. Anche in questo caso un dibattito parlamentare, più approfondito di quello che può avvenire su un emendamento votato dall'altra Camera, avrebbe consentito di verificare con maggiore attenzione tutte le ricadute pratiche che comporterà questa soppressione. Vorrei segnalare che su questo punto non si è riuscita ad esprimere - e ci dispiace questo - la Commissione affari sociali che, data la ristrettezza dei tempi a disposizione, non è stata appunto in grado di far pervenire un parere che consenta di capire anche l'orientamento della Commissione medesima.
Gli stessi relatori, qualora non vi fosse stato il rischio di una mancata conversione a causa di una terza lettura, avrebbero potuto e, forse, voluto presentare alcuni emendamenti che, come è stato già esposto al Ministro, potranno comunque essere oggetto di specifici ordini del giorno. In particolare questi emendamenti avrebbero riguardato le seguenti questioni: l'assunzione del personale civile dell'amministrazione penitenziaria, sanando un errore, una svista, del Parlamento all'articolo 1, Pag. 54comma 5, del decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, laddove appunto la deroga al divieto di assunzione venne prevista solo con riferimento al Corpo della polizia penitenziaria, dimenticando per una svista - lo ripeto - di comprendere, invece, il personale dell'amministrazione penitenziaria, che comprende in sé anche il personale civile.
Mi riferisco alle figure di particolare rilievo all'interno delle carceri che assumono proprio gli educatori e gli psicologi. Avrebbero poi riguardato la possibilità di trovare (mi riferisco ad alcune proposte emendative in tal senso, lo avremmo potuto fare, come relatori, ma cercheremo di rappresentarne il contenuto in ordini del giorno nell'accoglimento dei quali confidiamo da parte del Governo) la copertura finanziaria per retribuire gli straordinari delle forze dell'ordine necessari per lo svolgimento di nuovi compiti affidati loro dal provvedimento in esame; pensiamo appunto alle camere di sicurezza, ai tempi accorciati anche per le convalide e mi riferisco, in particolare, all'attività del personale dell'amministrazione della giustizia connessa proprio alle convalide che dovranno necessariamente (il termine è stato accorciato a quarantotto ore), intervenire anche nei giorni festivi, di sabato e di domenica o quando necessario, proprio per fare in modo che la custodia cautelare derivante dall'arresto in flagranza prima della convalida del giudizio direttissimo abbia una durata limitata nel tempo e, quindi, con le conseguenze che riguardano proprio tutti gli operatori della giustizia.
Mi riferisco anche alla previsione da parte del Ministro della giustizia, d'intesa, per la parte di competenza, con il Ministro dell'interno, di una relazione, ad esempio, alle Camere entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge, sugli effetti derivanti dall'applicazione del novellato articolo 558, anche ai fini del minor numero di ingressi in carcere, quindi alla possibilità di riscontrare effetti positivi, nonché risparmi di spesa e comunque effetti sul numero e la tipologia anche dei reati, ma anche eventuali difficoltà operative e organizzative presso gli uffici giudiziari, gli uffici di polizia giudiziaria, anche con riferimento agli standard di sicurezza, igiene, salubrità, rispetto della riservatezza, idoneità delle strutture in cui vengono custodite le persone arrestate su disposizione del pubblico ministero, impegni che potrebbero riguardare il Ministero della giustizia ma d'intesa con il Ministero dell'interno.
La sensibilità richiamata dal Ministro ha tuttavia indotto i presentatori di emendamenti, salvo appunto i colleghi della Lega e dell'Italia dei Valori, a non insistere nella loro votazione e il relatore a non esprimere parere favorevole ma a invitare appunto al ritiro. Alcuni di questi meritavano se non l'approvazione almeno un'attenta valutazione sicuramente da parte della Commissione. Mi riferisco, ad esempio, agli emendamenti volti a circoscrivere la discrezionalità del magistrato nel valutare la pericolosità del soggetto, in vista della scelta del luogo dove deve essere detenuto, in attesa appunto della convalida ovvero i casi di necessità e urgenza che consentono di derogare al principio della detenzione domiciliare. Particolarmente delicato è stato anche l'esame dell'articolo 3-bis, come dicevo nella premessa, inserito al Senato, che introduce una disciplina speciale che estende la disciplina dell'ingiusta detenzione, ex articolo 314 del codice di procedura penale, ai procedimenti definiti prima dell'entrata in vigore del nuovo codice, appunto il 24 ottobre 1989, purché con sentenza passata in giudicato dal 1o luglio 1988. La norma ha suscitato in sede di Commissione molte perplessità, rafforzate dal fatto che, secondo molti, non appare comprensibile la scelta della data del 1o luglio 1988, prima della quale la nuova norma non trova applicazione. Siamo consapevoli del fatto che questa norma ha ricevuto l'approvazione pressoché unanime del Senato. I deputati della Lega hanno addirittura oggi abbandonato i lavori della Commissione per protesta contro l'atteggiamento ritenuto in qualche modo reticente del Governo, che non Pag. 55avrebbe dato spiegazioni in ordine all'approvazione di questa norma in questo contesto e fuori anche del decreto-legge, perché questa norma non vi era contenuta. In realtà, proprio il Ministro Paola Severino Di Benedetto (ho rivisto oggi l'iter della Commissione e il resoconto), durante l'esame preliminare, ha spiegato che quella data era stata individuata, tenendo conto della data del varo del nuovo codice di procedura penale, che è diversa da quella dell'entrata in vigore: essendo una norma di garanzia, in qualche modo ne è stata estesa l'efficacia.
Proprio in merito a questo articolo la Commissione Affari costituzionali ha espresso una condizione soppressiva. In particolare, la Commissione ha rilevato che tale articolo appare suscettibile di determinare un'irragionevole disparità di trattamento, in contrasto con l'articolo 3, nei confronti di soggetti potenzialmente beneficiari della norma, i cui procedimenti siano stati definiti prima del 31 luglio 1988. Tuttavia, anche in questo caso, ha prevalso la sensibilità richiamata dal Ministro, e anche in qualche modo in risposta è stato rappresentato anche dal sottosegretario che ci sarà e c'è la consapevolezza e la volontà di tener presente le criticità, le perplessità su questa norma, e di cercare anche di rettificarla anche in provvedimenti successivi. Non hanno invece ritenuto di aderire alla richiesta del Ministro - come dicevo prima - i deputati della Lega e dell'Italia dei Valori che, sia pure con motivazioni e atteggiamenti diversi, hanno insistito nella votazione degli emendamenti presentati.
In qualità di relatrice insieme al collega Luigi Vitali non posso però non rappresentare anche al Governo che, per certe posizioni, in particolare per certe norme, anche noi abbiamo dovuto in qualche modo far venire meno la volontà di modifica, di perfezionamento, di assestamento di una normativa. Una normativa di cui però comprendiamo l'importanza, lo sforzo di trovare una soluzione che deve avere un'immediata risposta e che ci sembra un primo passo (in un percorso avviato dal Governo che abbiamo cercato di affiancare) verso la soluzione del grave problema del sovraffollamento delle carceri.
L'importante è che questa nostra posizione - ma credo che il Ministro l'abbia compreso - e questo nostro sforzo non siano interpretati come un mero passaggio di carte alla Camera, e che anche questo sforzo sia interpretato come un contributo attivo e positivo verso un risultato finale che speriamo di poter condividere con tutti i gruppi. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione.

PRESIDENTE. Onorevole Ferranti, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. Ricordo che l'onorevole Ferranti ha parlato anche a nome dell'altro relatore per la maggioranza, l'onorevole Vitali. Ha facoltà di parlare il relatore di minoranza, onorevole Nicola Molteni.

NICOLA MOLTENI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, intervengo in qualità di relatore di minoranza su questo grave provvedimento che il Governo porta all'attenzione della Camera. Intervengo in qualità di relatore di minoranza perché crediamo che su questo tipo di provvedimento (che noi abbiamo avversato, che abbiamo contrastato e che continueremo a contrastare in tutti i modi e in tutte le forme civili, democratiche previste dal nostro ordinamento) la nostra voce sia l'unica di dissenso vero e duro rispetto a questo provvedimento. Noi riteniamo opportuno dare voce a quei milioni di cittadini che, nel momento in cui questo decreto verrà approvato, si troveranno in una situazione di minore sicurezza, e soprattutto dare voce alle forze dell'ordine che con questo provvedimento si troveranno gravate di maggiore responsabilità, di maggiori oneri, ma senza gli strumenti e le risorse adeguate per poter far fronte a questo provvedimento.
Abbiamo apprezzato - forse è una delle poche cose che abbiamo apprezzato Pag. 56di questo provvedimento - il fatto (e diamo atto della presenza del Ministro in Aula, Ministro che, intestandosi il provvedimento, verrà ricordato in questo anno e mezzo o meno, e ci auguriamo ovviamente meno, come il Ministro dello «svuotacarceri», il Ministro di un'amnistia, di un indulto generalizzato, di un'amnistia mascherata) che il Ministro abbia seguito, per quel poco tempo che ci è stato concesso, i lavori in Commissione ed è presente oggi in aula durante la discussione sulle linee generali.
Ovviamente, il nostro augurio e il nostro auspicio è che il Ministro rimanga con noi anche se in questo momento vedo che è più attenta ad altre situazioni.
L'augurio da parte nostra è che il Ministro rimanga con noi, insieme a noi, per tutta la notte perché abbiamo intenzione di dire quello che la Lega Nord Padania pensa su questo provvedimento. Interverranno, infatti, tantissimi altri parlamentari per esprimere il proprio dissenso in merito a questo sciagurato decreto-legge che voi portate all'attenzione della Camera. Diamo atto, quindi, al Ministro di aver seguito i lavori in Commissione, così come è stato sempre presente il sottosegretario Mazzamuto, anche se quella del Ministro è stata una presenza impercettibile, assolutamente silente, in quanto, più volte e in varie circostanze, non solo durante la presentazione degli emendamenti, ma anche in sede di discussione e di dichiarazioni di voto, abbiamo sollecitato il Governo e il Ministro ad intervenire per poter dare ai componenti della Commissione giustizia i doverosi, necessari e opportuni chiarimenti in merito a tantissimi aspetti, non di natura politica, in cui poi, ovviamente, entreremo nel merito, ma di natura prettamente giuridica. Lei, Ministro, è un ottimo professionista, è un professionista stimato, è un professionista la cui capacità professionale è riconosciuta da tutti. Ci saremmo aspettati da un Governo di tecnici, dal Governo degli ottimati, dal Governo dei migliori, dal Governo di coloro i quali avrebbero dovuto salvare le sorti del nostro Paese maggior attenzione e maggiore scrupolo nella stesura e nella formulazione di alcune norme giuridiche. Ci saremmo attesi da parte vostra, soprattutto con riferimento alla norma a cui anche la collega Ferranti faceva cenno prima, e mi riferisco in modo particolare alla norma inserita nell'articolo 3-bis, ovvero all'estensione della possibilità di determinare l'applicazione dell'equo indennizzo per un'errata detenzione, una maggiore attenzione giuridica, un maggiore scrupolo giuridico e un maggiore studio, vista la portata assolutamente anticostituzionale della norma stessa. Che quella norma sia anticostituzionale non lo dice l'onorevole Molteni, non lo dice la Lega Nord Padania, ma lo dicono i componenti espressione del Partito Democratico, persone serie, persone assolutamente rispettabili che, nel dare il parere al provvedimento in sede consultiva all'interno dalla Commissione affari costituzionali, hanno posto una condizione assolutamente vincolante e tranciante ritenendo che l'articolo 3-bis andasse soppresso in quanto anticostituzionale con riferimento all'articolo 3 della nostra Carta costituzionale.
Credo, quindi, sia grave, estremamente grave, che su una norma di questa portata giuridica il Governo non abbia avuto il buonsenso e anche l'umiltà di porre un rimedio, visto che i tempi di scadenza di questo decreto-legge sono fissati al 20 febbraio e, quindi, vi era tutto il tempo e la possibilità di poter ovviare a questa grave svista - e mi auguro che possa essere considerata semplicemente una svista, cosa che io, purtroppo, non credo - per poi approvare il presente decreto-legge. Ma torneremo poi su questa norma perché ci sono altri aspetti interessanti che vorremo prendere in considerazione. Noi crediamo che questo provvedimento, Ministro, sia un provvedimento inutile; l'abbiamo più volte detto all'interno della Commissione. Si tratta di un provvedimento inutile perché, se è vero come è vero che il titolo del vostro decreto-legge mira a risolvere l'annoso problema del sovraffollamento delle carceri e, quindi, ad alleggerire quella che voi definite la tensione presente all'interno delle carceri, Pag. 57allora questo provvedimento non risolve minimamente tale problema, non sposta di una virgola questo grave e reale problema; anche noi, che ovviamente non condividiamo la vostra impostazione e il testo, siamo consapevoli del grave problema del sovraffollamento delle carceri. Le nostre carceri oggi hanno una capacità detentiva di circa 44-45 mila detenuti, mentre abbiamo nelle nostre carceri 68 mila detenuti. Sappiamo fare i conti anche noi e siamo assolutamente consapevoli che un problema di sovraffollamento delle carceri esiste. Ne siamo talmente consapevoli e sappiamo che il problema c'è che nel 2010, con il Ministro Alfano e con l'allora maggioranza Lega Nord Padania-PdL, decidemmo di intervenire con una legge, la n. 199, che ha prodotto alcuni effetti, pur consapevoli che non era sicuramente quello il modo prioritario per poter risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri.
Noi, come gruppo della Lega Nord Padania, riteniamo che questo problema vada risolto in modo strutturale, in modo organico e non a colpi di decreto o, peggio ancora, a colpi di indulti o di amnistie, come è stato fatto nel 2006 dal Governo Prodi; indulto, quello, che non ha portato alcun effetto benefico al problema del sovraffollamento delle carceri, anzi ha aggravato ancora di più il problema della sicurezza dei nostri cittadini sul territorio. Che l'indulto non sia stato positivo lo dimostra il fatto che tutti coloro i quali sono usciti per effetto dell'indulto stesso, sono poi tornati in carcere e, a distanza di quattro anni e mezzo, noi ci ritroviamo esattamente col medesimo problema. Quindi non è con l'indulto, non è con l'amnistia, né con indulti o amnistie mascherate, che si risolve il problema del sovraffollamento delle carceri.
Nel Governo precedente, col Ministro Alfano, noi abbiamo tentato di individuare quelle che potevano essere le possibili soluzioni per ovviare a questo grave problema. Per noi il modo per poter risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri, rimane individuabile sostanzialmente in due strumenti: il primo è l'implementazione dell'edilizia carceraria, tant'è che il precedente Governo ha avviato meritoriamente un piano carceri. Abbiamo stanziato qualcosa come 600 milioni e passa di euro per dare attuazione alla possibilità di poter costruire nuove carceri da un lato, e per poter implementare e ristrutturare i padiglioni delle carceri presenti nel nostro Paese, dall'altro. Ricordo che il nostro Paese è dotato di qualcosa come 206 carceri, molte delle quali hanno una storia e una data di costruzione assolutamente antica. Quindi per noi il problema del sovraffollamento delle carceri va affrontato attraverso una seria politica di edilizia carceraria.
Noi abbiamo più volte chiesto conto - non solo noi come gruppo della Lega, ma anche tutte le forze politiche presenti all'interno della Commissione giustizia, tutti i gruppi parlamentari di maggioranza, di opposizione, dell'ex maggioranza e dell'ex opposizione - a lei e al sottosegretario Mazzamuto, dello stato dell'arte del piano carceri e non abbiamo mai avuto alcuna risposta da parte vostra. Noi riteniamo che sarebbe stato molto più serio adottare qualunque tipo di provvedimento, con riferimento al problema del sovraffollamento delle carceri, dopo avere fatto una rigorosa ed idonea mappatura in tema di edilizia carceraria. Ma da questo punto di vista devo dire che non abbiamo avuto alcuna risposta da parte vostra. Io credo che questo sia un aspetto estremamente grave. Tra l'altro rivolgo per l'ennesima volta l'invito al Ministro presente e al sottosegretario di esercitare questo vostro doveroso compito, ovvero verificare a che punto è lo stato dell'arte dei suddetti 600 milioni di euro. Tra l'altro voglio anche ricordare che per affrontare il problema delle carceri, e quindi per poter dare attuazione al piano carceri, vi è stata la nomina di un commissario straordinario, proprio per evidenziare l'emergenzialità del problema, che è serio e grave, e, proprio per rendere, con i suoi poteri straordinari, tutto l'iter di costruzione e di ammodernamento delle carceri, molto più rapido e molto più snello, anche in deroga ai principi di trasparenza - quei rigorosi Pag. 58principi di tutela giuridica amministrativa - per bypassare tutte quelle lungaggini amministrative e burocratiche che il nostro sistema Paese ci impone, proprio per arrivare nel più rapido tempo possibile ad avere nuove carceri.
Si stimava, se non ricordo male, che con l'entrata in vigore del piano carceri - tra l'altro è stata fissata anche una data precisa in cui esso doveva trovare attuazione, che era il 31 dicembre 2013, quindi fra un anno e mezzo - si potesse recuperare qualcosa come ventimila posti per i detenuti all'interno delle carceri ed arrivare ad una soglie di ottantamila possibili detenuti ospitabili all'interno delle carceri, dando quindi una risposta seria al problema.
Altra soluzione più volte proposta e perorata dalla Lega, e rispetto alla quale da parte del Ministro non abbiamo mai avuto alcuna risposta, ma segni di insofferenza particolarmente palesi, e che tra l'altro non hanno mai trovato cenno in alcuna relazione del Ministro (sul problema del sovraffollamento delle carceri) è relativa al problema della presenza dei detenuti stranieri all'interno delle suddette carceri.
Noi crediamo che questo sia e possa rappresentare un problema grave. Noi non solleviamo il problema dei detenuti stranieri perché siamo la solita Lega razzista che ce l'ha, e se la prende, con i detenuti stranieri, ma perché il 40 per cento della popolazione carceraria presente nelle nostre carceri è di origine straniera. Quindi, io credo che ci si debba interrogare sul motivo di questa situazione, ricordando, tra l'altro, che la media è del 40 per cento al nord. Con riferimento ad alcune carceri del nord, l'ex sottosegretario Alberti Casellati ricordava che, ad esempio nel carcere di Padova, la percentuale di detenuti stranieri presenti arrivava addirittura a toccare soglie del 60-70 per cento.
Quindi, noi crediamo che questo sia un problema grave: quando parliamo del 40 per cento, ci riferiamo a circa 27-28-30 mila detenuti. Abbiamo anche avanzato una proposta al riguardo, al fine di gestire questa situazione di emergenzialità riferita alla presenza di detenuti stranieri: quella di implementare e stipulare convenzioni, atti bilaterali, accordi con i Paesi di origine di questi detenuti, affinché essi possano scontare la pena all'interno delle proprie carceri, ottenendo con ciò un doppio risultato positivo: innanzitutto, quello di fargli scontare la pena nei loro Paesi d'origine, cosa che mi sembra anche un atto di civiltà giuridica; in secondo luogo, quello di ottenere, alla fine, un risparmio importante di risorse per lo Stato ottenendo lo spostamento di 20-30 mila detenuti verso le carceri dei Paesi d'origine. Tuttavia, di entrambi i temi - piano carceri, da un lato, e possibilità di far scontare la pena nei Paesi di origine ai detenuti stranieri, dall'altro lato - non solo in questo provvedimento, ma in qualsiasi tipo di intervento formulato dal Ministro e dal Governo, non troviamo traccia.
Pertanto, cogliamo l'occasione di questo intervento per sollecitare e stimolare nuovamente il Governo a riprendere quella politica, che era stata opportunamente adottata tanto dal Ministro Alfano, quanto dal Ministro Maroni, nel precedente Governo. Certo, sottoscrivere le intese con gli Stati è una cosa difficile e lunga, tuttavia, noi crediamo che se non si inizia non si arriverà mai a trovare una soluzione a questo problema. Quindi, queste sono le soluzioni che noi proponiamo.
Signor Ministro, il nostro giudizio sul provvedimento in discussione è estremamente negativo. Dicevo prima che questo è un provvedimento inutile, proprio perché modificare quanto previsto dalla legge n. 199 del 26 dicembre 2010 portando il limite di pena di coloro i quali potranno scontare la stessa ai domiciliari (o la parte residua di essa) da 12 a 18 mesi - secondo le stime fatte dal Ministero - porterebbe circa 3.500 detenuti ad uscire dal carcere. Credo che questo sia un dato incontrovertibile che nemmeno lei può confutare: escono dal carcere 3.500 detenuti che hanno commesso un reato - e stiamo parlando di persone condannate con sentenza definitiva - le quali prendono, lasciano il carcere - quando hanno ancora Pag. 59un residuo di pena da scontare di 18 mesi - e vanno a scontarla seduti comodamente sul proprio divano di casa, guardando la televisione, magari guardando anche noi in televisione.
Io credo che in questo modo noi lanciamo innanzitutto un messaggio estremamente negativo al Paese: un messaggio di impunità, che non possiamo permetterci di lanciare in questo momento di particolari tensioni sociali. Ma, al tempo stesso, diamo un messaggio estremamente negativo alle vittime dei reati, a coloro i quali hanno subito dei reati, che sono stati parte offesa o parte lesa di reati, magari anche particolarmente gravi, che vedono, coloro i quali li hanno determinati, scontare gli ultimi 18 mesi - stiamo parlando di un anno e mezzo - della pena comodamente, agiati, con una coca cola e un panino, seduti sul proprio divano di casa.
Noi crediamo che questo sia un colpo mortale, un colpo ferale ad un principio di cui tutti si riempiono la bocca, che tutte le forze politiche affermano essere un principio cardine, un principio guida della propria azione politica, ovvero il principio della certezza della pena. Credo che i cittadini non pretendano tante cose dalla politica, però pretendono che, su questo punto, sul tema relativo alla certezza della pena, ci sia rigore, ci sia disciplina e ci siano delle certezze. È per questo che noi contestiamo fortemente la norma contenuta all'interno dell'articolo 3, anche perché, l'aggravante relativa a questa ulteriore estensione della possibilità di scontare la pena agli arresti domiciliari, risiede nel fatto che, nel 2010, con il Governo Berlusconi, il Ministro Alfano, la maggioranza Lega-PdL, nel momento in cui noi abbiamo approvato la legge n. 199 del 2010 - tra l'altro l'approvazione di quella legge fu una approvazione molto tormentata: la Lega Nord Padania pose, per coerenza, all'epoca come oggi, esattamente le medesime perplessità - grazie al Ministro Alfano, allora venne concessa al Parlamento la possibilità di una discussione sul merito. La legge n. 199 del 2010 era un disegno di legge, non un decreto-legge; voi avete fatto un decreto-legge a fine dicembre e ne imponete al Parlamento una approvazione rapida. Abbiamo dovuto contingentare anche la discussione all'interno della Commissione, abbiamo dovuto discutere di questo provvedimento in una sola settimana, abbiamo dovuto presentare gli emendamenti da un giorno all'altro, il lunedì mattina alle ore dieci, con Roma sommersa dalla neve mentre, quando abbiamo affrontato e discusso lo stesso provvedimento con un'altra maggioranza, avevamo anche tenuto presente il fatto che se noi determiniamo la possibilità di far scontare la pena non più all'interno del carcere ma agli arresti domiciliari per determinate categorie di detenuti - e quindi determiniamo il fatto che molti più detenuti andranno ai domiciliari - in questo caso sarà necessario - serviva all'epoca come serve oggi - una forte implementazione dell'organico delle forze di polizia penitenziaria. Per questo noi all'epoca approvammo un emendamento che consentiva la possibilità di poter assumere duemila agenti della polizia penitenziaria.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

NICOLA MOLTENI, Relatore di minoranza. Mi avvio a concludere, signor Presidente, ci sarà poi occasione e modo di intervenire nuovamente. Questo è un decreto-legge ed è un provvedimento vergognoso; voi vi assumete la responsabilità di quello che state approvando, la Lega Nord Padania non vuole assolutamente essere complice di questo provvedimento che va contro la sicurezza dei cittadini e che garantisce l'impunità a coloro i quali hanno commesso dei reati (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
Per organizzare i lavori di tutti noi, comunico che la Presidenza ha deciso di proseguire così i nostri lavori: andremo avanti ininterrottamente fino alle ore 21 o 21,15, a seconda degli interventi, quindi ci sarà una piccola pausa; la seduta riprenderà Pag. 60alle ore 22 e si concluderà alle ore 24. Domani mattina la seduta inizierà alle ore 9.
È iscritta a parlare l'onorevole D'Ippolito Vitale. Ne ha facoltà.

IDA D'IPPOLITO VITALE. Signor Presidente, signor Ministro, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, il disegno di legge in esame, trasmesso dal Senato con importanti modifiche, volto a convertire in legge il decreto-legge n. 211 del 22 dicembre 2011, recante interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinato dal sovraffollamento delle carceri, ormai in scadenza, ha avuto, anche alla Camera, durante l'esame svoltosi in Commissione, significativi e costruttivi momenti di confronto su questioni rilevanti, che avrebbero potuto costituire occasione di ulteriore miglioramento del testo e che la responsabilità delle forze politiche proponenti ha rimesso all'attenzione del Governo per gli opportuni approfondimenti. Tali questioni saranno probabilmente oggetto di ordini del giorno che ella, Ministro, saprà approfondire nel merito, nella comune consapevolezza che questo pur necessario provvedimento, richiede un serio monitoraggio in sede attuativa, idoneo a valutarne l'impatto, l'efficacia e le eventuali criticità.
La giustizia...

MARIO TASSONE. Signor Presidente, vi è affollamento ai banchi del Governo. Non si può far così quando parla un oratore.

PRESIDENTE. Scusate colleghi, ha assolutamente ragione l'onorevole D'Ippolito Vitale a fermarsi e l'onorevole Tassone a protestare.

IDA D'IPPOLITO VITALE. Signor Presidente, gradirei l'attenzione del Governo.

PRESIDENTE. Chiederei a tutti i colleghi, visto che si tratta di un tema delicato, importante...

MARIO TASSONE. Se no ce ne andiamo.

PRESIDENTE. Onorevole Tassone, no, non ce ne andiamo. Siamo qui, siamo tutti contenti e ascoltiamo con interesse l'intervento dell'onorevole D'Ippolito Vitale, prego.

IDA D'IPPOLITO VITALE. Signor Presidente, con serenità.
La giustizia, come tutti ben sappiamo, rappresenta una delle grandi sfide che la politica deve saper raccogliere per garantire equità e giustizia in un Paese - il nostro - di grandi tradizioni giuridiche, da troppi anni, però, precipitato in un clima che impedisce la serena valutazione di aggiustamenti necessari e conseguenti alle inevitabili trasformazioni di società complesse e moderne.
Mettere da parte le divergenze e le contrapposizioni, anche frontali, che hanno contraddistinto la materia negli ultimi diciotto anni e che si sono inasprite in questa legislatura, costituisce, a mio avviso, un dovere e una prova di maturità che questo Parlamento è obbligato a dare in nome di un superiore interesse nazionale.
La lotta alla criminalità organizzata, il contrasto alla violenza sessuale, lo stalking, la normativa sull'utilizzo dei magistrati di prima nomina nelle sedi disagiate: tutti provvedimenti approvati all'unanimità che hanno già dato prova della nostra capacità di sintesi condivisa. Oggi è il momento di fare un passo avanti, di superare gli ultimi ostacoli, di trovare il comune denominatore per rendere finalmente il sistema giustizia all'altezza di un Paese culla del diritto - ormai ridotto al capezzale del diritto - che vuole riscattarsi agli occhi del mondo e risorgere da quello stato di prostrazione, immobilismo e inefficienza in cui lo hanno gettato anni di violente e spesso sterili polemiche politiche consumate prevalentemente su singoli processi.
L'urgenza di una riforma strutturale della giustizia, che interpreti l'esigenza del cittadino di risposte rapide ed efficaci, Pag. 61chiama il Parlamento a declinare i vari capitoli di questa complessa agenda, nella consapevolezza di un momento storico particolarmente delicato, caratterizzato da sentimenti profondamente contraddittori, che oscillano tra il grido di dolore per una giustizia giusta negata e la potenziale ribellione ad una norma, quella di oggi, che mette detenuti in libertà. Per questo vi è bisogno di responsabilità. Anzi, mi auguro che nessuno agiti demagogicamente e populisticamente le folle su equivoci che tocca a noi chiarire.
Questo provvedimento non rappresenta né un indulto mascherato, né un'amnistia, né un atto di generica clemenza a favore di condannati; esso segna un avanzamento dell'attività giuridica sulla scorta della triste ma reale esperienza di tanti presunti colpevoli trattenuti in carcere a dispetto di tanti colpevoli in libertà. Per onestà e completezza di informazione mi preme ricordare in quest'Aula che per fronteggiare il problema del sovraffollamento carcerario, già nel 2006, con la legge n. 241 il Guardasigilli Mastella ricorse all'indulto, dedicando il provvedimento al Santo Padre, Papa Giovanni Paolo II, che in occasione della sua visita a Montecitorio dichiarava: « (...) senza compromettere la necessaria tutela della sicurezza dei cittadini, merita attenzione la situazione delle carceri, nelle quali i detenuti vivono spesso in condizione di penoso sovraffollamento. Un segno di clemenza verso di loro mediante una riduzione della pena costituirebbe una chiara manifestazione di sensibilità, che non mancherebbe di stimolarne l'impegno di personale recupero in vista di un positivo reinserimento nella società».
Ancora, nel 2010, con la legge n. 199, il Ministro Alfano introduceva la possibilità di scontare presso la propria abitazione o in altro luogo, pubblico o privato o di cura, assistenza e accoglienza, la pena detentiva non superiore ad un anno, anche se costituente parte residua di pena maggiore. Io stessa ho presentato nella passata e riproposto nell'attuale legislatura un progetto di legge (A.C. 3044) sull'istituzione di un comitato parlamentare permanente di garanzia sugli istituti di pena, che mi auguro che ella, Ministro, voglia attenzionare.
L'essere partiti dalla drammatica situazione delle carceri ha, dunque, un valore non soltanto simbolico, che noi dell'Unione di Centro riteniamo giusto sottolineare in quest'Aula. Se vogliamo restituire dignità a chi sconta la pena nelle carceri italiane, a chi vi opera in condizioni estreme con grande professionalità ed umanità e ben oltre quelli che sono i propri compiti, al limite della sopravvivenza e dell'umana capacità, dovremo impegnarci a risolvere in modo definitivo questa grave anomalia.
Nell'ultimo decennio, l'aumento della popolazione carceraria ha generato un forte sovraffollamento degli istituti di pena. Gli ultimi dati nazionali forniti dal sindacato UIL penitenziari parlano di 68 mila persone a fronte di una capienza di poco più di 44 mila: 23 mila, dunque, in più di quanto gli stessi potrebbero contenerne. La maglia nera spetta alla Calabria e, in modo particolare, alla struttura di Lamezia Terme, la mia città: 30 posti e 91 detenuti, con un indice di sovraffollamento che supera quota 300 per cento e che ha contribuito ad un notevole deterioramento della qualità di vita dei detenuti, già provati per le condizioni di limitata libertà.
Quanto ai numeri, bisogna ricordare, inoltre, che oltre 28 mila persone risultano detenuti in attesa di giudizio, costituendo il 42 per cento del totale dei carcerati, e testimoniano in modo inconfutabile che parlare solo di disagio è riduttivo, siamo infatti più vicini ad una tragedia quotidiana. Condizioni igienico-sanitarie inadeguate, malattie, assenza di riscaldamento, suicidi, violenza, allarmanti condizioni di lavoro degli operatori penitenziari abbandonati a loro stessi per sottodimensionamento e carenza di mezzi sono soltanto alcuni dati che confermano come ci si trovi di fronte ad una questione di prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile.
Le carceri si riempiono giorno dopo giorno ogni oltre tollerabile misura. Sono come bolge di inferno in cui folle di Pag. 62dannati, ergastolani, tossicodipendenti, insani di menti, minori, stranieri, autentici criminali o miseri malcapitati che difficilmente avrebbero scelto di vivere insieme, si ritrovano a convivere in una realtà confusa e disordinata, dove diviene indistinto ogni limite e la stessa identità personale rischia di perdersi. Paralizzati in un'ininterrotta inattività, serrati nell'immobile stretta dei corpi, mortificati nell'intimità, per tutti costoro resistere è una prova durissima, così, sempre più frequentemente, qualcuno crolla e cerca nella morte la liberazione dal dolore.
L'anno scorso si sono uccisi in carcere oltre 60 detenuti. Il carcere sottrae all'individuo la cura di se stesso, lo priva della sua autonomia, della sua libertà, lo separa dal proprio mondo, dalla propria realtà sociale, dai propri affetti, dai propri ruoli ed esercita su di lui un'azione totale e spersonalizzante. In soli tre o quattro anni - denuncia il portavoce di Sant'Egidio, Marazziti - con l'aggiunta della crisi economica si è creata un'accelerazione nel numero di carcerati che non ha precedenti nella storia d'Italia e che non ha alcuna corrispondenza con il tasso di criminalità. Eppure, quasi tutti i reati sono in diminuzione da circa due decenni, salvo poche eccezioni.
Più volte, come ho già precedentemente rilevato, si è cercato di ridurre le tensioni causate dal sovraffollamento attraverso indulti o amnistie, ma in difetto di azioni mirate sulla durata dei processi e sulla introduzione di misure alternative alla detenzione.
A nulla sono serviti i moniti del Presidente della Repubblica e di Benedetto XVI, i quali da tempo e con parole angosciate sollecitano la coscienza morale di tutto il Paese su questa emergenza. Lo ripeto: senza quelle azioni mirate nessun miglioramento sarà possibile.
A tutto ciò si aggiunge anche un'emergenza di pubblica sicurezza, posto che l'incremento del numero dei detenuti non è accompagnato da un proporzionale aumento delle forze dell'ordine penitenziarie, che da tempo denunciano questa situazione senza mai avere risposte reali, concrete ed efficaci. Né può costituire un concreto supporto all'azione delle stesse la sperimentazione dei braccialetti elettronici, non soltanto per i costi, ma soprattutto per l'adeguatezza tecnica ancora tutta da dimostrare.
Il decreto-legge cosiddetto «svuota carceri» interpreta l'invito del primo Presidente della Corte di cassazione contenuto nella relazione sull'amministrazione della giustizia dell'anno 2011 e rivolto alla politica, alla magistratura, nonché all'opinione pubblica e all'informazione a cambiare cultura sul carcere. Il Presidente Lupo ha detto testualmente che l'emergenza carceraria chiama in causa innanzitutto il legislatore, che pare troppo condizionato dalla perdurante concezione panpenalistica che assegna alla risposta penale la sanzione di ogni comportamento deviante.
Il difetto endemico del nostro sistema - a causa dell'eccessiva distanza temporale tra condanna ed esecuzione della pena - comporta sovente la spinta ad anticipare in corso di processo e di indagini il ricorso al carcere al fine di offrire una risposta illusoriamente rassicurante alla percezione collettiva di insicurezza sociale. L'appello ai giudici ad essere innanzitutto garanti della libertà e della dignità delle persone va accompagnato dall'altrettanto fermo appello all'opinione pubblica e soprattutto a chi ha la responsabilità di informarla, formarla e orientarla. Non si può a giorni alterni, sotto la spinta di diverse emozioni, evocare la presunzione di innocenza contro i provvedimenti di cautela processuale per taluni indagati e indignarsi per la mancata adozione di misure carcerarie per altri indagati, anche in assenza dei presupposti di legge.
Stipare 68 mila detenuti in condizioni logistiche adeguate ad un numero nettamente inferiore contrasta palesemente con i principi della nostra Carta costituzionale. In particolare, contrasta con gli articoli 27 («le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato») e con l'articolo 32 («la Repubblica tutela la salute come fondamentale Pag. 63diritto dell'individuo e interesse della collettività»). Si tratta di principi inderogabili anche a fronte di gravi difficoltà economiche che ostacolano l'ammodernamento delle strutture carcerarie esistenti o la realizzazione di nuove strutture.
Voltaire affermava che il grado di civiltà di un Paese si misura osservando la condizione delle sue carceri. Queste rappresentano certamente un luogo di espiazione che però non deve perdere di vista i diritti fondamentali dell'uomo e le finalità costituzionali della stessa detenzione che è la rieducazione. Lei stessa, Ministro Severino, ha giustamente evidenziato come lo Stato non ripaga mai con la vendetta anche chi si è macchiato di delitti gravissimi, ma vince con le armi del diritto e dell'applicazione scrupolosa della legge.
La rieducazione, però, non può essere intesa se non come sinonimo di recupero sociale, di reinserimento sociale e di risocializzazione. Giova ricordare che nella sentenza del 16 luglio 2009 la Corte europea dei diritti dell'uomo per la prima volta condanna l'Italia per violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, proprio in ragione delle condizioni di sovraffollamento da me descritte.
Secondo gli standard di riferimento utilizzati dalla Corte di Strasburgo, infatti, ogni detenuto ha diritto a 7 mq di spazio in cella singola e 4,5 mq in quella multipla. Non risultando rispettati tali parametri, il nostro Paese è stato condannato - lo ricordo - al risarcimento di mille euro per danno morale al cittadino bosniaco Sulejmanovic, un rom condannato per furto nel 2002.
Per questo, lo ribadiamo, è giunto il momento di affrontare le emergenze e di individuare interventi strategici che consentano, anche nel nostro Paese, un miglioramento strutturale di una situazione dannosa che umilia la dignità umana dei detenuti e degli operatori, inadeguata ad una nazione di grande civiltà e cultura giuridica come l'Italia.
Il decreto-legge «svuota carceri», preceduto da quello «salva Italia», che ha riavviato il programma di edilizia carceraria, rappresenta, senza dubbio, un primo e importante passo in avanti in tale direzione. Finalmente, si affronta un tema da sempre dimenticato e ridotto ad un problema di mera edilizia penitenziaria o, peggio, strumentalizzato in chiave securitaria, secondo una logica che identifica sempre nel reo un nemico pubblico da escludere, privo di diritti e garanzie, anziché un trasgressore della legge da rieducare ai valori della legalità e che, nonostante l'impianto rigorosamente garantisca della nostra Carta costituzionale, troppo spesso, a causa dell'inefficienza della macchina giudiziaria, nei fatti nega a troppi presunti colpevoli le garanzie di libertà.
Particolarmente significativo è, in tal senso, l'estensione a diciotto mesi del residuo di pena che consente ai detenuti di essere ammessi alla detenzione domiciliare. Non escluderei, in linea di previsione, il possibile impiego, una volta liberati, in vari settori socialmente utili. Una disposizione questa che, lo voglio ricordare, non si applica ai reclusi per reati particolarmente gravi o soggetti a regime di sorveglianza particolare, peraltro disposta caso per caso dal giudice che acquisisce una relazione dal carcere sulla condotta penitenziaria del condannato.
Bisogna, tuttavia, avere cura che questa misura non comporti un aggravio eccessivo per le forze dell'ordine chiamate, senza risorse sufficienti, a monitorare i detenuti domiciliari, con il rischio che siano essi a pagare penalmente il possibile aumento delle evasioni, cosa che costituirebbe un'ingiustizia inaccettabile.
Questo è il bilanciamento realizzato da tale norma, fra difesa sociale ed esigenze di rieducazione del condannato e, quindi, in un certo senso la cifra del decreto-legge, che è uscito dal Senato ulteriormente migliorato, soprattutto nelle parti volte ad evitare le cosiddette «porte girevoli», ossia l'ingresso in carcere di soggetti in attesa della convalida dell'arresto, che spesso vengono subito rilasciati a piede libero e talora addirittura senza la convalida di quell'arresto. Pag. 64
L'esigenza di arginare il fenomeno è, del resto, necessaria non solo in funzione deflattiva della popolazione degli istituti penitenziari ma, anche e soprattutto, perché, come dimostrano le statistiche, il maggior numero dei suicidi in carcere si verifica proprio nei primi giorni di ingresso, quando i detenuti sono in attesa di giudizio e, per giunta, presunti colpevoli o potenziali innocenti. Va, dunque, evitato il più possibile che laddove non vi siano esigenze di difesa sociale i soggetti non pericolosi siano tradotti in carcere nella fase precautelare.
In questa direzione, il testo prevede un sistema di custodia graduale, ispirato al principio della residualità della detenzione in carcere. Rappresenta, senza dubbio, un'importante conquista sul terreno delle garanzie, prevedere in prima istanza, esclusi i soggetti pericolosi, l'arresto domiciliare, non solo per la richiamata funzione di deflazionare le carceri ma, anche e soprattutto, per non immettere nel circuito penitenziario persone che ne uscirebbero dopo due giorni, ma gravemente segnate da quella esperienza a dir poco traumatica.
In sintesi, quale misura ordinaria da disporsi in caso di arresto per reati di competenza del tribunale monocratico, esclusi furto con scasso, in abitazione e rapina, si prevedono gli arresti domiciliari. Solo in caso di indisponibilità di un domicilio o di luoghi di cura ovvero di pericolosità dell'arrestato, il soggetto sarà condotto in strutture idonee nella disponibilità della polizia giudiziaria o, in caso di necessità, in carcere.
Il testo originario del decreto-legge aveva sottostimato grandemente l'impatto della previsione della custodia, limitandolo solo alle camere di sicurezza nella disponibilità delle forze di polizia, notoriamente inidonee a contenere stabilmente i detenuti in attesa di convalida con il rischio, altresì, che nei grandi tribunali il GIP dovesse peregrinare da un commissariato all'altro, con inevitabili e pericolosi ritardi.
A tal proposito non si può non sottolineare che anche l'incremento dell'uso delle celle di sicurezza e della detenzione domiciliare, data l'esiguità di risorse umane e strumentali, richiede alle forze dell'ordine attività di controllo aggiuntive rispetto a quelle istituzionali proprie come, ad esempio, il controllo del territorio o di priorità assoluta a fronte di una sempre maggiore richiesta di sicurezza. Sarebbe, quindi, auspicabile un innesto di nuovo personale tenuto conto della natura di tali compiti che richiedono operatività ed efficienza fisica.
Apprezziamo l'integrazione delle risorse finanziarie pari a circa 57,27 milioni di euro per l'adeguamento, potenziamento, messa a norma di infrastrutture carcerarie; l'estensione della partecipazione al dibattimento a distanza e la testimonianza di persone detenute; l'applicazione del regime delle visite in carcere senza autorizzazione dell'amministrazione penitenziaria ai parlamentari europei.
Ci auguriamo che siano presto adottate misure organiche e che in via strutturale vadano a modificare il sistema giudiziario quali la depenalizzazione dei reati minori cosiddetti bagattellari e l'incentivazione delle pene alternative alla detenzione.
Avviandomi alla conclusione, voglio infine richiamare l'attenzione su un'altra piaga del sistema carcerario: la situazione sanitaria. Nonostante la legge sul riordino della medicina penitenziaria attribuisca a detenuti e internati diritti ben precisi, i morti per problemi di salute aumentano di anno in anno.
In questa delicata cornice si inserisce il dramma degli OPG - estremo orrore inconcepibile in qualsiasi Paese appena civile, così li ha definiti il Presidente Napolitano - che ci auguriamo finalmente superato in favore di strutture a vocazione essenzialmente terapeutica e garantite, tuttavia, dalla presenza all'esterno della polizia penitenziaria così da coniugare esigenze di difesa sociale e diritti alla salute e alla dignità per gli internati.
Il termine di chiusura fissato il 1o febbraio 2013 è una sfida impegnativa che ci auguriamo sia vinta non soltanto nella formula ma anche nella sostanza, assicurando non solo un cambio di luoghi di Pag. 65cura, ma tutte le risorse necessarie non solo a curare malati pericolosi ma anche a garantire la sicurezza sociale.
Si tratta comunque di un passo importante, di civiltà giuridica atteso da anni e non più rinviabile, segno di una rinnovata attenzione alle garanzie e ai diritti fondamentali che speriamo possa essere il tratto caratterizzante della politica, in primo luogo, ma non solo, sul terreno della giustizia e, altresì, di una nuova stagione politica che riporti al centro la persona quale cifra fondamentale nella declinazione di qualsivoglia provvedimento diretto ad affrontare e a risolvere i problemi antichi e nuovi di una società come la nostra, moderna e complessa, in continua e imprevedibile evoluzione (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Nicco. Ne ha facoltà.

Testo sostituito con errata corrige volante ROBERTO ROLANDO NICCO. Signor Presidente, colleghe e colleghi, signor Ministro, nella sua recente comunicazione alle Camere sull'amministrazione della giustizia lei ha focalizzato lungamente la questione delle carceri ponendo l'accento sulla piaga del sovraffollamento, sulle problematiche condizioni degli oltre 67 mila detenuti che, salvo poche e virtuose eccezioni, soffrono modalità di custodia francamente inaccettabili per un Paese come l'Italia, manifestando in merito la sua angoscia.
Ci propone oggi con questo decreto-legge misure per far fronte a tale situazione, tra cui l'innalzamento da 12 a 18 mesi della soglia della pena detentiva residua per l'accesso alla detenzione domiciliare, che consentirà a 3.327 detenuti di lasciare il carcere con un risparmio di spesa precisamente quantificato in 375.318 euro ogni giorno.
È una società la nostra che, a differenti livelli, dedica molta attenzione a Caino, giustamente, in ossequio al principio costituzionale secondo cui le pene devono tendere alla rieducazione del condannato.
Vorrei nel contempo ricordare che tra i diritti inviolabili dell'uomo garantiti dalla Costituzione all'articolo 2 vi è - o dovrebbe esserci, come sancisce la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo adottata dall'Assemblea delle Nazioni Unite nel 1948, all'articolo 3 - anche il diritto di ogni individuo alla sicurezza della propria persona.
Quando ci occupiamo di giustizia o di carceri non dovremmo, quindi, mai prescindere da questo punto essenziale che dovrebbe, anzi, stare alla base, informare, indirizzare ogni nostra azione in materia. Compito primario dello Stato è - o dovrebbe essere - difendere e proteggere il cittadino onesto tanto dalle grandi organizzazioni criminali quanto dalla microcriminalità.
Le relazioni sullo stato della giustizia presentate in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario e in altre occasioni solenni ci dicono, purtroppo, quale distanza vi sia ancora tra la realizzazione di quel diritto - il diritto alla sicurezza - e la realtà attuale italiana.
Qualche anno fa il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura non esitò ad affermare che l'attuale sistema è costruito in maniera tale che la prescrizione dei reati è una quasi certezza.
Oggi, come ci ricordava anche lei, signor Ministro, siamo ad una enorme mole processuale di arretrato da smaltire, quasi 9 milioni di cause, mentre lo scorso 26 gennaio il primo presidente della Corte di cassazione ha segnalato gli allarmanti rilievi circa la capacità operativa ed espansiva sull'intero territorio nazionale ed all'estero di mafia, camorra e 'ndrangheta. Sono fotografie impietose, purtroppo ripetitive, di una realtà che sostanzialmente nel tempo non muta. Un corto circuito pericoloso: crimine sempre a livelli preoccupanti e giustizia paralizzata.
Una realtà costellata da vicende giudiziarie francamente sconcertanti, dal rom Ahmetovic che, guidando ubriaco, recide quattro giovani vite ad Appignano e viene condannato a sei anni e mezzo, alle 97 coltellate vibrate da Omar a Novi, lavate con nove anni di carcere che hanno fatto scrivere a Granellini «lo scarto fra la brutalità del gesto e la velocità del perdono Pag. 66è troppo forte per non sembrare inaccettabile», fino alla rom Yovanovic che, con 138 precedenti di polizia giudiziaria, proseguiva indisturbata nella sua attività abituale di furti.
Ora siamo al paradosso della Cassazione che considera facoltativo il carcere per lo stupro di gruppo e all'assoluzione dall'accusa di omicidio aggravato del pugile che massacrò a Milano una donna perché ritenuto incapace di intendere e di volere. Neanche un giorno di carcere. Ma che altro dobbiamo ancora vedere partorire in questo sistema giudiziario malato dal collasso? E le forze dell'ordine, carabinieri e polizia, invece di dedicare ogni loro risorsa a presidio costante del territorio dovrebbero trasformarsi in guardie delle camere di sicurezza!
Anche le cronache di questi ultimi tempi hanno continuato a raccontarci vicende drammatiche ed inaccettabili che mettono a nudo la carenza dello Stato sul delicato e fondamentale tema della sicurezza del cittadino. Su una di queste, che ha profondamente scosso la mia regione, vorrei soffermarmi a titolo esemplificativo: il 3 dicembre scorso due sbandati tossicodipendenti di Aosta nella loro folle corsa per raggiunge un pusher a Torino hanno travolto sulle strisce pedonali una famiglia e spezzato la vita di un bimbo di sette anni, Alessandro Sgrò.
Ecco, signor Ministro, mi rivolgo direttamente a lei: non so lei, ma io mi sono sentito moralmente corresponsabile di quella morte.
Noi legislatori, Governo e Parlamento, con le nostre norme spesso assurdamente ed ipocritamente buoniste, non siamo riusciti a debellare le reti di pusher che operano indisturbati in tutte le città italiane, con le conseguenze che ciò porta con sé, in questo caso drammaticamente irreparabili. E così è per troppi altri reati.
Lei, signor Ministro, ha giustamente evocato in una recente intervista quei bimbi, figli di detenuti, che, incolpevoli, la mattina svegliandosi vedono il cielo da dietro le sbarre. E noi concordiamo con lei che ciò è indegno di una società civile e provoca una pena immensa.
Vorremmo che lo Stato si ricordasse ogni giorno anche di Alessandro Sgrò, che l'azzurro del cielo proprio non lo vedrà mai più.
E ci auguriamo che tra quei 3327 detenuti che verranno scarcerati grazie a questo decreto-legge non ci sia qualche pusher per raggiungere il quale altri balordi possano spezzare altre vite, il cui valore, di ognuna di esse, non è quantificabile in euro.
Oltre a Caino esiste anche Abele, troppo spesso abbandonato a se stesso, vittima due volte: di Caino e dello Stato. Già altre volte abbiamo detto in quest'Aula, in particolare nell'esprimere la nostra ferma opposizione all'indulto, nella seduta del 24 luglio 2006, che a nostro giudizio l'unico vero deterrente contro il crimine è la certezza, l'inesorabilità, l'effettività della pena, l'infallibilità, per usare il termine di Beccaria nel suo «Dei delitti e delle pene». Altro che prescrizione! E questo rimane tuttora il nostro fermo convincimento.
ROBERTO ROLANDO NICCO. Signor Presidente, colleghe e colleghi, signor Ministro, nella sua recente comunicazione alle Camere sull'amministrazione della giustizia lei ha focalizzato lungamente la questione delle carceri ponendo l'accento sulla piaga del sovraffollamento, sulle problematiche condizioni degli oltre 67 mila detenuti che, salvo poche e virtuose eccezioni, soffrono modalità di custodia francamente inaccettabili per un Paese come l'Italia, manifestando in merito la sua angoscia.
Ci propone oggi con questo decreto-legge misure per far fronte a tale situazione, tra cui l'innalzamento da 12 a 18 mesi della soglia della pena detentiva residua per l'accesso alla detenzione domiciliare, che consentirà a 3.327 detenuti di lasciare il carcere con un risparmio di spesa precisamente quantificato in 375.318 euro ogni giorno.
È una società la nostra che, a differenti livelli, dedica molta attenzione a Caino, giustamente, in ossequio al principio costituzionale secondo cui le pene devono tendere alla rieducazione del condannato.
Vorrei nel contempo ricordare che tra i diritti inviolabili dell'uomo garantiti dalla Costituzione all'articolo 2 vi è - o dovrebbe esserci, come sancisce la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo adottata dall'Assemblea delle Nazioni Unite nel 1948, all'articolo 3 - anche il diritto di ogni individuo alla sicurezza della propria persona.
Quando ci occupiamo di giustizia o di carceri non dovremmo, quindi, mai prescindere da questo punto essenziale che dovrebbe, anzi, stare alla base, informare, indirizzare ogni nostra azione in materia. Compito primario dello Stato è - o dovrebbe essere - difendere e proteggere il cittadino onesto tanto dalle grandi organizzazioni criminali quanto dalla microcriminalità.
Le relazioni sullo stato della giustizia presentate in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario e in altre occasioni solenni ci dicono, purtroppo, quale distanza vi sia ancora tra la realizzazione di quel diritto - il diritto alla sicurezza - e la realtà attuale italiana.
Qualche anno fa il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura non esitò ad affermare che l'attuale sistema è costruito in maniera tale che la prescrizione dei reati è una quasi certezza.
Oggi, come ci ricordava anche lei, signor Ministro, siamo ad una enorme mole processuale di arretrato da smaltire, quasi 9 milioni di cause, mentre lo scorso 26 gennaio il primo presidente della Corte di cassazione ha segnalato gli allarmanti rilievi circa la capacità operativa ed espansiva sull'intero territorio nazionale ed all'estero di mafia, camorra e 'ndrangheta. Sono fotografie impietose, purtroppo ripetitive, di una realtà che sostanzialmente nel tempo non muta. Un corto circuito pericoloso: crimine sempre a livelli preoccupanti e giustizia paralizzata.
Una realtà costellata da vicende giudiziarie francamente sconcertanti, dal rom Ahmetovic che, guidando ubriaco, recide quattro giovani vite ad Appignano e viene condannato a sei anni e mezzo, alle 97 coltellate vibrate da Omar a Novi, lavate con nove anni di carcere che hanno fatto scrivere a Gramellini «lo scarto fra la brutalità del gesto e la velocità del perdono Pag. 66è troppo forte per non sembrare inaccettabile», fino alla rom Yovanovic che, con 138 precedenti di polizia giudiziaria, proseguiva indisturbata nella sua attività abituale di furti.
Ora siamo al paradosso della Cassazione che considera facoltativo il carcere per lo stupro di gruppo e all'assoluzione dall'accusa di omicidio aggravato del pugile che massacrò a Milano una donna perché ritenuto incapace di intendere e di volere. Neanche un giorno di carcere. Ma che altro dobbiamo ancora vedere partorire in questo sistema giudiziario malato e al collasso? E le forze dell'ordine, carabinieri e polizia, invece di dedicare ogni loro risorsa a presidio costante del territorio dovrebbero trasformarsi in guardie delle camere di sicurezza!
Anche le cronache di questi ultimi tempi hanno continuato a raccontarci vicende drammatiche ed inaccettabili che mettono a nudo la carenza dello Stato sul delicato e fondamentale tema della sicurezza del cittadino. Su una di queste, che ha profondamente scosso la mia regione, vorrei soffermarmi a titolo esemplificativo: il 3 dicembre scorso due sbandati tossicodipendenti di Aosta nella loro folle corsa per raggiunge un pusher a Torino hanno travolto sulle strisce pedonali una famiglia e spezzato la vita di un bimbo di sette anni, Alessandro Sgrò.
Ecco, signor Ministro, mi rivolgo direttamente a lei: non so lei, ma io mi sono sentito moralmente corresponsabile di quella morte.
Noi legislatori, Governo e Parlamento, con le nostre norme spesso assurdamente ed ipocritamente buoniste, non siamo riusciti a debellare le reti di pusher che operano indisturbati in tutte le città italiane, con le conseguenze che ciò porta con sé, in questo caso drammaticamente irreparabili. E così è per troppi altri reati.
Lei, signor Ministro, ha giustamente evocato in una recente intervista quei bimbi, figli di detenuti, che, incolpevoli, la mattina svegliandosi vedono il cielo da dietro le sbarre. E noi concordiamo con lei che ciò è indegno di una società civile e provoca una pena immensa.
Vorremmo che lo Stato si ricordasse ogni giorno anche di Alessandro Sgrò, che l'azzurro del cielo proprio non lo vedrà mai più.
E ci auguriamo che tra quei 3327 detenuti che verranno scarcerati grazie a questo decreto-legge non ci sia qualche pusher per raggiungere il quale altri balordi possano spezzare altre vite, il cui valore, di ognuna di esse, non è quantificabile in euro.
Oltre a Caino esiste anche Abele, troppo spesso abbandonato a se stesso, vittima due volte: di Caino e dello Stato. Già altre volte abbiamo detto in quest'Aula, in particolare nell'esprimere la nostra ferma opposizione all'indulto, nella seduta del 24 luglio 2006, che a nostro giudizio l'unico vero deterrente contro il crimine è la certezza, l'inesorabilità, l'effettività della pena, l'infallibilità, per usare il termine di Beccaria nel suo «Dei delitti e delle pene». Altro che prescrizione! E questo rimane tuttora il nostro fermo convincimento.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Follegot. Ne ha facoltà.

FULVIO FOLLEGOT. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, abbiamo ora in discussione in Aula il decreto-legge n. 211 del 2011, che ha ad oggetto interventi urgenti in materia di sovraffollamento carcerario.
Il Ministro Severino, nella seduta del 17 gennaio 2012, quindi recentemente, in occasione delle comunicazioni sull'amministrazione della giustizia, si è soffermato a lungo su questo tema, ritenendo fondamentale risolvere quella che ritiene una vera e propria emergenza.
Diceva, tra l'altro: ho già manifestato in più occasioni la mia personale preoccupazione, anzi la mia angoscia per lo stato delle carceri italiane e degli ospedali psichiatrici giudiziari. È un segno eloquente di sensibilità nei confronti di persone che vivono spesso in uno stato di degrado, senza neppure aver subito una condanna definitiva o, peggio ancora, senza che sia ancora iniziato un processo. Pag. 67
E che questo sia ritenuta dal Governo una priorità è evidente dal fatto che già il 22 dicembre 2011 era stato approvato il provvedimento definitivo, il cosiddetto «svuota carceri».
Ma, signor Ministro, su una questione complessa e delicata come il sovraffollamento delle carceri il decreto-legge non è certamente la soluzione migliore, perché nella sostanza impedisce una discussione approfondita ed una analisi dettagliata dei singoli problemi.
In Commissione giustizia il provvedimento è arrivato qualche giorno fa e non c'è stato assolutamente il tempo di una discussione franca e reale.
Se formalmente possono sussistere la necessità e l'urgenza, diventa poi difficile un confronto per cogliere la migliore normativa possibile. A maggior ragione, un Governo, che taluno definisce ancora tecnico, dovrebbe su temi così sensibili lasciare al Parlamento l'iniziativa legislativa.
A volte la fretta di fare le cose diventa una cattiva consigliera e può indurre in errori, le cui conseguenze ricadono sui cittadini onesti, quelli che rispettano le regole.
Il fenomeno del sovraffollamento è stato tenuto in considerazione da tutti i Governi. Ricordo, in particolare, che il Ministro Alfano si era attivato per la realizzazione di nuove carceri e per l'ampliamento, dove fosse possibile e necessario, di quelle esistenti, impegnando una somma rilevante, circa 600 milioni di euro.
Ma quanto fatto finora è insufficiente a rispondere alla domanda. D'altro canto, gli edifici esistenti destinati a carcere sono spesso in pessime condizioni, essendo stati realizzati molto in là nel tempo: il 60 per cento degli edifici penitenziari risale addirittura al periodo tra il 1600 e il 1800 e ben il 20 per cento al periodo tra il 1200 e il 1500.
Le risorse destinate alle manutenzioni non sono adeguate e, peggio, negli ultimi anni, sono andate diminuendo.
La situazione, dunque, pur evolvendo positivamente nel medio e lungo periodo, è ben lontana dal trovare una soluzione definitiva. Se, da un lato, l'edilizia carceraria è tuttora in un momento difficile, dall'altro, le persone detenute sono in continuo aumento.
La popolazione carceraria è di circa 67 mila unità, a fronte di poco più di 45 mila posti disponibili. Nel 2000 erano circa 52 mila unità con 14 mila stranieri. In dieci anni i detenuti sono cresciuti di circa 15 mila unità, un aumento imputabile in larga parte ai reclusi stranieri, aumentati di 11 mila unità. I detenuti marocchini sono ora circa 5 mila (erano 3 mila nel 2000); i romeni sono 3 mila (erano poco più di 500 nel 2000); i tunisini sono circa 3 mila (erano 2 mila nell'anno 2000). Ma non sono persone comuni, signor sottosegretario. Queste persone sono specializzate, specializzate però nella droga, nei furti, magari in villa, e nella prostituzione.
Un altro dato lascia sconcertati : la maggiore concentrazione di detenuti stranieri riguarda le regioni del nord d'Italia: in Valle d'Aosta il 70 per cento, in Trentino-Alto Adige il 65 per cento, in Friuli Venezia Giulia il 60 per cento, in Liguria il 55 per cento, in Veneto il 57 per cento, in Emilia Romagna il 52 per cento, in Piemonte il 49 per cento, in Lombardia oltre il 40 per cento. Sono dati che dovrebbero far riflettere. Oltre 24 mila sono immigrati e questo costituisce un ulteriore problema legato alle difficoltà di rapporto e di convivenza. Circa 14 mila, poi, sono in attesa di giudizio e solo 37 mila sono condannati in via definitiva.
Bastano questi dati per far capire che c'è qualcosa che non va, che così non può funzionare, che il sistema non è gestibile.
Se a ciò si aggiunge il fatto che la polizia penitenziaria è sotto organico, allora si cominciano a capire le difficoltà e le emergenze. A ciò si deve aggiungere che circa 21 mila detenuti sono coinvolti nel fenomeno delle cosiddette porte girevoli (un numero troppo elevato di persone rimane in carcere per pochissimi giorni).
È evidente, dunque, la necessità di ridurre il sovraffollamento, se si vuole impedire un aggravamento delle condizioni di vita all'interno delle citate strutture, ma noi non condividiamo le soluzioni proposte dal Governo. Pag. 68
Dato l'elevato numero di immigrati detenuti, quasi il 40 per cento, si deve percorrere la strada degli accordi bilaterali per fare scontare la pena nei loro Paesi di origine. È questo un obiettivo fondamentale. Ridurremmo così la «pressione carceraria» e, nel contempo, a riusciremmo anche a ridurre i costi che ora sono molto, molto elevati.
Ma su questo il Governo non ci sente e non si è mai espresso.
Non è, invece, percorribile la strada dell'indulto e dell'amnistia, soluzione già paventata dal Ministro e dai membri dell'attuale maggioranza. Ricordo che qualche anno fa, nel 2006, è stato approvato un indulto, fortemente contrastato dalla Lega Nord, l'unico partito che votò compattamente contro. Se allora uscirono dal carcere oltre 20 mila persone, i benefici furono ben pochi, tanto che già un anno dopo la popolazione carceraria era di nuovo al limite della capienza.
E, dunque, non solo non fu risolto il problema, ma furono consumati anche fatti criminali di particolare efferatezza. Ricordo, tra tutti, il delitto avvenuto a Gorgo al Monticano, in provincia di Treviso, dove due coniugi furono barbaramente maltrucidati da chi aveva goduto proprio dei benefici dell'indulto. Senza dimenticare che molti altri sono rientrati in carcere dopo aver commesso altri reati a tutto scapito della sicurezza dei cittadini, la sicurezza dei cittadini che è un bene fondamentale, su cui non possiamo transigere.
E, allora, se bisogna rispettare la dignità delle persone detenute, non possiamo dimenticare che, dall'altra parte, abbiamo cittadini onesti, che non devono pagare le colpe di altri.
Abbiamo sentito parlare anche ultimamente di amnistia e di altri provvedimenti per ridurre drasticamente il sovraffollamento, ma simili provvedimenti da parte nostra non sono accettabili, non sono condivisibili e non saranno accettati perché rimettono in libertà in maniera indiscriminata persone in percentuale elevata, che in percentuale elevata torneranno a delinquere.
Una delle principali modifiche introdotte al Senato in questo provvedimento, è contenuta nell'articolo 1 dove si prevede che, nei confronti dell'arrestato in flagranza di reato per illeciti che sono di competenza del giudice monocratico, in attesa dell'udienza di convalida dell'arresto e del rito direttissimo, è disposta in via prioritaria la custodia domiciliare. Solo in secondo luogo è prevista la custodia nelle camere di sicurezza e solo per ultimo l'accompagnamento in carcere. Il comma 4-ter peraltro prevede che, per reati di particolare allarme sociale, come scippo, furto in abitazione, rapina ed estorsione, non sia possibile la custodia domiciliare ma solo in camera di sicurezza e, solo ove ciò non sia possibile, in carcere. Ebbene, riteniamo che l'elenco dei reati debba essere esteso. Non si può sottacere il fatto che le camere di sicurezza raramente sono idonee ad accogliere le persone anche se solo per il trattenimento tanto che da parte dell'Europa è stata aperta una procedura di infrazione. D'altro canto, all'articolo 1, comma 1, lettera b), le celle di sicurezza sono state individuate e derubricate come idonee strutture nella disponibilità degli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria che hanno eseguito l'arresto o che hanno avuto in consegna l'arrestato, senza indicarne i requisiti. È difficile capire perché la maggioranza ha preferito non porsi il problema, bocciando l'emendamento proposto. Un altro motivo che rende difficilmente applicabile l'uso delle celle di sicurezza è l'insufficienza dell'organico delle forze dell'ordine che dovrebbe essere destinato anche a questo compito che richiede personale e soprattutto personale qualificato.
Particolare contrarietà vi è da parte della Lega Nord verso l'articolo 3 del provvedimento in cui viene elevata da 12 a 18 mesi la soglia di pena detentiva anche residuale per accedere alla detenzione domiciliare. Rimane invece fermo il termine del 31 dicembre 2013 come vigenza della norma e permangono le condizioni che limitano la detenzione presso il domicilio. Si presume che siano oltre 3.300 i detenuti che potranno beneficiarne, con un risparmio Pag. 69- così si legge - di oltre 350 mila euro giornaliere. Sull'argomento la Lega Nord ha sollevato notevoli perplessità: un numero elevato di forze dell'ordine dovrà essere distratto dai suoi compiti normali per essere destinato ai controlli di queste persone. Poiché da un lato l'Arma dei carabinieri e la polizia di Stato e la Guardia di finanza sono ampiamente sotto organico, gli effettivi sono in continua diminuzione e non sono previste ulteriori risorse per le sopraggiunte attività, è difficile capire come ciò potrà avvenire. Al riguardo d'altra parte, sono giunte numerose rimostranze da parte dei rappresentanti sindacali delle forze dell'ordine, quanto meno, signor sottosegretario, i risparmi derivanti dalla mancata detenzione in carcere dovrebbero essere destinate allo scopo, ovvero all'assunzione di nuovi agenti. Inoltre, come è già stato proposto, potrebbe essere esteso l'uso del braccialetto elettronico per i detenuti agli arresti domiciliari. Invero risulta che a tutt'oggi, di fronte ad una spesa elevata - si parla di oltre 100 milioni di euro in circa dieci anni - la sperimentazione sia stata largamente insufficiente e del tutto inadeguata. Delle cause si sa ben poco: fatto sta che una somma considerevolissima è stata sprecata. Quello che chiediamo al Ministro è di valutare la possibilità di estendere l'uso nei casi di detenzione domiciliare al fine di poter ridurre i controlli e quindi di liberare personale per il controllo del territorio, sempre che ovviamente permanga il contratto con la ditta convenzionata, che peraltro pare sia già stato rinnovato e mi auguro sia stato valutato attentamente anche il relativo costo. Un'altra norma introdotta dal Senato, l'articolo 3-bis, contiene norme in materia di riparazione per ingiusta detenzione: viene estesa la disciplina sull'ingiusta detenzione ma non è dato sapere perché debba valere solo per coloro che sono stati prosciolti con sentenza passata in giudicato tra il 1o luglio 1988 e il 24 ottobre 1989, data di entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale. Non si sa quale sia stato il criterio, la discriminante.
Lo stesso sottosegretario non ha saputo rispondere e si è meravigliato di questo. Perché solo chi rientra in questa fascia di tempo, e non anche quando ad esempio vi sia stata una sentenza definitiva anteriore, può richiedere un indennizzo che non può superare i 516 mila euro, importo determinato dal giudice secondo equità? A questa domanda va data una risposta, tanto più che viene previsto un onere per l'anno 2012 di cinque milioni di euro, quindi un importo consistente attinto dal Fondo per gli interventi strutturali di politica economica (risorse che potrebbero essere destinate decisamente ad un uso migliore).
E poi che senso ha inserire questa materia nel decreto avente ad oggetto il sovraffollamento nelle carceri? Dov'è la necessità? Dov'è l'urgenza? Corre l'obbligo di ricordare come il Comitato per la legislazione, nel dare il parere in ordine all'omogeneità del contenuto, abbia rilevato come gli articoli 3-bis e 3-ter (che intervengono, rispettivamente, in materia di riparazione per ingiusta detenzione e in materia di ospedali psichiatrici giudiziari) non appaiono riconducibili né all'ambito materiale né alle finalità perseguite dal provvedimento in esame. E a maggior ragione il Comitato permanente pareri della I Commissione, nel dare parere favorevole, pone come condizione che l'articolo 3-bis sia soppresso. L'articolo 3-bis, come ho detto, prevede che la disciplina sull'ingiusta detenzione (che dà la possibilità di ottenere un indennizzo) possa essere applicata retroattivamente anche a quanti siano stati definitivamente prosciolti con sentenza passata in giudicato tra il 1o luglio 1988 e il 24 ottobre 1989 (data di entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale), creando così una disparità di trattamento nei confronti dei soggetti che sono potenzialmente beneficiari della norma e i cui procedimenti siano stati definiti prima del 1o luglio 1988, e ciò in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione.
Alla luce quindi della disomogeneità del contenuto, da un lato, e della possibile incostituzionalità dall'altra, è opportuno Pag. 70che questa norma venga stralciata, e anzi ci meravigliamo perché il Governo non abbia detto la sua, non abbia preso posizione su questa parte, anche se il Governo intende arrivare all'approvazione di questo decreto-legge così com'è (ma c'è tutto il tempo per una modifica). Il rappresentante del Governo, a specifica domanda sulla motivazione e l'origine della norma, non ha saputo rispondere mostrandosi comunque contrario, e analoga contrarietà è stata manifestata dai membri di maggioranza della Commissione. Allora, signor sottosegretario, signor Presidente, forse vale la pena di fare il passo successivo.
Attenzione particolare va data all'articolo 3-ter del provvedimento che ha ad oggetto il definitivo superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari. Pensare di risolvere un problema così grave, prevedendo il termine del 1o febbraio 2013 per completare il processo di superamento degli OPG è del tutto fuori luogo. La domanda che ci viene spontanea è: che fine faranno queste persone visto che il termine entro il quale attivare il nuovo percorso è ridotto? Non è possibile fare una innovazione così importante senza che vi sia stato un dibattito serio e costruttivo, visto che in Senato, dove è stato introdotto il nuovo articolo, si è lasciato ben poco spazio alle proposte e alla discussione e sono rimasti molti dubbi. Non vorremmo essere cattivi profeti, ma, vista la qualità del servizio anche sanitario che viene offerta in alcune regioni, alla fine queste persone saranno molto probabilmente abbandonate a se stesse. Quindi, signor sottosegretario, faccia attenzione a queste osservazioni. Meglio, dunque, sopprimere l'articolo e predisporre una proposta di legge organica che valuti attentamente il problema e trovi delle soluzioni adeguate che risolvano il problema e non solo sulla carta.
Al 31 dicembre 2011 erano presenti negli ospedali psichiatrici giudiziari oltre 1.300 persone, tra le quali troviamo un po' di tutto: internati prosciolti per infermità mentale, detenuti minorati psichici, internati con infermità mentale sopravvenuta, detenuti cui deve essere accertata l'infermità psichica qualora non sia stato possibile sottoporli ad osservazione presso l'istituto penitenziario in cui si trovano, detenuti condannati con sopravvenuta infermità di mente, e molte altre fattispecie ancora.
A questi si sarebbe dovuto garantire, al fine del reinserimento sociale, assistenza, tenendo conto delle più avanzate acquisizioni terapeutiche. A tutt'oggi, però, mancano strutture all'altezza della situazione e personale adeguato e la soluzione proposta dal Governo in tempi così rapidi sicuramente non risolve il problema. Dunque, entro il 1o febbraio 2013 deve essere completato il passaggio delle competenze, ma l'ipotesi è difficilmente praticabile tanto che, al comma 9 dell'articolo 3-ter, si prevede che, in caso di mancato rispetto del termine da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, il Governo provvede in via sostitutiva al fine di assicurare piena esecuzione. Signor sottosegretario, non è questo il modo di proseguire. In un periodo di vacche magre, il percorso appare ancor più complicato e a maggior ragione non si capisce perché il Governo voglia accelerare i tempi, almeno per questa fattispecie.
Infine, l'articolo 5 dispone che all'attuazione delle disposizioni del decreto-legge si provveda mediante l'utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi oneri a carico del bilancio dello Stato, salvo che per quanto riguarda il potenziamento, la ristrutturazione e la messa a norma delle strutture carcerarie dove è previsto un finanziamento ad hoc di 57 milioni di euro. Ma è ben difficile pensare di risolvere il fenomeno del sovraffollamento delle carceri senza risorse adeguate (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Ciò che contraddistingue la maggioranza dall'opposizione, dall'unica opposizione che è rappresentata dalla Lega Nord Padania, è il modello sociale di riferimento; se PdL, PD, UdC e altri ancora guardano alla società futura come multietnica e multiculturale, noi abbiamo riguardo alla cultura e all'identità dei popoli e quando dobbiamo dare risposte Pag. 71alle necessità di coloro che hanno commesso reati, non possiamo non tener conto delle esigenze di sicurezza dei cittadini onesti che rispettano le regole. Ecco perché poniamo particolare attenzione e contrastiamo quelle norme che mettono in libertà chi dovrebbe, invece, rimanere in carcere e scontare la sua pena fino in fondo. Si arriva in questo modo alla resa dello Stato, non più in grado di svolgere i suoi compiti e la certezza della pena, che dovrebbe avere funzione deterrente, viene a mancare. Indulti, sconti di pena, prescrizione e il fatto che raramente viene individuato chi ha commesso il reato, rende l'immagine di una giustizia «colabrodo».
Bisogna anche ricordare il numero delle cause penali pendenti che è di oltre tre milioni e mezzo e che costituisce un debito giudiziario insostenibile che grava sui cittadini e sulla credibilità del nostro sistema. In molti casi, ci troviamo di fronte ad una giustizia negata e il nostro Paese, un tempo culla del diritto, finisce col diventarne, invece, la tomba. E, allora, pur avendo a cuore le criticità delle carceri e la dignità di coloro che sono rinchiusi, riteniamo che ogni norma, ogni scelta, debba essere vagliata attentamente al fine di impedire il verificarsi di una situazione sociale che peggiori la qualità della vita della gente onesta. E ci dispiace, signor sottosegretario, che non siano stati accolti alcuni emendamenti importanti della Lega Nord Padania, in particolare quello che prevede l'esecuzione condizionata della pena detentiva presso il domicilio. In esso, si chiede, con il provvedimento che dispone l'esecuzione presso il domicilio della pena detentiva, nel limite massimo di cui all'articolo 1, di disporre, per il periodo corrispondente alla pena, la prestazione del lavoro di pubblica utilità da parte del condannato. Il Governo è favorevole a questa norma, ma ci chiede di trasformarla in un ordine del giorno. Noi riteniamo che il decreto-legge sia il luogo adatto a fare questa modifica perché, come ripeto, c'è tutto il tempo per modificare e per comunque avere una legge approvata. Ma, se mi consente, sottosegretario, continuo a leggere il testo dell'emendamento perché è importante: «il lavoro di pubblica utilità consiste nella prestazione di attività lavorative non retribuite in favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province e i comuni o presso enti od organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato per un periodo corrispondente all'esecuzione della pena detentiva presso il domicilio».
Allora perché non essere d'accordo su questa norma e inserirla già nel decreto-legge in esame? È possibile, signor sottosegretario: c'è tutto il tempo per un ulteriore passaggio anche al Senato per rispettare i tempi per la conversione del decreto-legge. Se mi consente, comunque, il decreto svuota carceri non è condivisibile, perché fa uscire dal carcere persone condannate che dovrebbero rimanere rinchiuse e scontare la pena fino in fondo, facendo venir meno la certezza della pena e l'effetto deterrente della pena stessa. Mettendo ai domiciliari persone condannate anche per reati gravi vengono meno i livelli minimi di sicurezza, perché ai domiciliari è molto più facile delinquere rispetto alla detenzione in carcere, dove non è assolutamente possibile. Ma chi pagherà il conto per questa legge? Ovviamente saranno i soliti cittadini onesti che rispettano le regole (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tidei. Ne ha facoltà.

PIETRO TIDEI. Signor Presidente, rappresentante del Governo e onorevoli colleghi, il decreto-legge in esame è stato adottato dal Governo nella piena consapevolezza della gravità della situazione carceraria e della conseguente necessità di introdurre misure efficaci ed urgenti per porvi rimedio ed evitare così il collasso del sistema carcerario. Non a caso il Presidente Napolitano in tante occasioni, anche recenti, ha ricordato e richiamato l'attenzione del Parlamento sulla drammatica situazione penitenziaria. Le nostre carceri sono in gran parte obsolete e strutturalmente inadeguate, sovraffollate da circa Pag. 7267.000 detenuti ospitati in celle che al massimo ne potrebbero contenere 45.000. Si tratta di una piaga che costituisce una vera e propria pena aggiuntiva per i reclusi, costringendo troppe persone in spazi ridottissimi, ostacolando la possibilità di proficuo contatto con gli operatori dediti al trattamento ed impedendo di fatto ogni tentativo di socializzazione del detenuto. In tali condizioni risulta del tutto inattuato il principio della finalità rieducativa della pena sancito dall'articolo 27 della Costituzione, principio che passa attraverso il trattamento individualizzato in carcere e le misure alternative alla detenzione. Siamo da tempo ben oltre il numero di reclusi che le nostre carceri permettono di contenere in termini di rispetto dei diritti umani e del regolamento penitenziario. Le strutture carcerarie italiane non appaiono assolutamente in grado di sopportare a lungo un simile carico umano. L'articolo 3 della legge n. 848 del 1955, di ratifica della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, proibisce in termini assoluti, oltreché la tortura, anche le pene consistenti in trattamenti inumani o degradanti, principi richiamati solennemente dall'articolo 1 della legge n. 254 del 1975 sull'ordinamento penitenziario, che prevede che il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona. Proprio per questo nel 2009 l'Italia è stata condannata proprio dalla Corte europea dei diritti dell'uomo per aver costretto un detenuto con altri 6 in una cella chiusa per 18 ore al giorno, in uno spazio di appena 2,7 metri quadrati a persona, invece dei 7 che gli standard di civiltà della pena e di decenza imporrebbero.
Va ricordato tra l'altro che la capienza regolamentare delle celle e degli istituti penitenziari prevede in 9 metri quadrati l'area minima di una cella singola, con un aumento di 5 metri quadrati per ogni detenuto in più. Nonostante gli sforzi degli addetti ai lavori, tali parametri raramente possono essere rispettati. Di fatto è la capienza tollerabile, troppo spesso intollerabile, quella che in concreto viene utilizzata per le assegnazioni ai diversi istituti. Eppure, la riforma dell'ordinamento penitenziario del 1975 e l'ampio dibattito seguito alla legge Gozzini del 1986 sulle misure alternative avevano posto il problema delle carceri all'attenzione di un'opinione pubblica che ha sempre visto con sospetto l'apertura del carcere verso l'esterno, un'apertura che lasciava intravedere una politica volta all'introduzione di misure non detentive.
Dopo la crisi dell'ideologia della pena come retribuzione, si era, tuttavia, fatta faticosamente strada una teoria emendativa più aderente allo spirito dell'articolo 27 della Costituzione, ovvero una teoria che vedeva la pena come occasione di ripensamento e di reinserimento del reo nella società, e culminata nella fase di entusiasmo riformatore del 1986 con il citato varo della legge Gozzini, il cui fulcro era costituito dalle misure alternative e dal concetto della cosiddetta flessibilità della pena.
La pregiudiziale sicurezza, che non era del resto scomparsa negli anni dello slancio riformatore, torna, però, prepotente a farsi sentire negli anni Novanta e fino ai giorni nostri, sotto la spinta prima dei durissimi colpi della criminalità organizzata (stragi Falcone e Borsellino) e, poi, della paura dello straniero e della criminalità urbana, con il risultato principale di produrre un irrigidimento della normativa penitenziaria. Anche grazie alla crescente immigrazione degli ultimi quindici anni, il nostro sistema carcerario è parso da allora sempre più in sofferenza, fino ad arrivare alla situazione attuale foriera di sviluppi pericolosi, in assenza di una diversa impostazione e ripensamento della politica penale penitenziaria.
Le risposte messe in campo dal legislatore per risolvere una situazione carceraria esplosiva e illegale sono senza dubbio state insoddisfacenti e politicamente miopi: nuove tipologie di reato, nuove aggravanti, pene edittali sempre più pesanti, esaltazione della sola certezza della pena, grandi piani di edilizia carceraria. Una vecchia concezione, che potremmo definire utilitaristica della pena, Pag. 73per la quale il carcere è considerato come una forma di riequilibrio sociale, che serve essenzialmente a placare i sentimenti di una società offesa dal crimine; il carcere come pietra angolare del sistema penale.
Il nostro sistema risente di un panpenalismo che pare determinarne, di fatto, l'ingovernabilità. Sembra che se la violazione di una norma non è sanzionata penalmente, il bene giuridico non risulti tutelato. È necessario che il Parlamento inizi il più rapidamente possibile a discutere di quanto, ormai, è effettivamente inderogabile per dare una risposta di sistema, e non emergenziale, ai problemi di sovraffollamento degli istituti e alla sofferenza del nostro sistema penitenziario, oltre, ovviamente, ad un impegno finanziario che sia finalmente strutturalmente adeguato da parte del Governo.
Si tratta, in sintesi, dei seguenti interventi. Ne cito alcuni. Pur assicurando l'effettività della pena e la tutela della comunità, si tratta della necessità di ridurre l'area dell'illecito penale, intervenendo con una profonda riforma del codice penale ed una radicale depenalizzazione dei reati minori; bisogna, da un lato, limitare l'utilizzo della custodia cautelare in carcere e, dall'altro lato, ripensare il sistema sanzionatorio, potenziando le misure alternative alla detenzione; adottare il principio di territorializzazione dell'esecuzione della pena, almeno a livello regionale, facilitando così i contatti dei detenuti con le famiglie d'origine; intensificare l'azione diplomatica per concludere accordi finalizzati a far scontare, per quanto possibile, ai detenuti stranieri la detenzione nei Paesi d'origine; apprestare nuovi strumenti legislativi volti ad incentivare le occasioni di lavoro dei detenuti e di investire sul loro reinserimento sociale. In tal senso, ricordo la proposta di legge n. 124 ed abbinate, in discussione qui in Aula dal prossimo 13 febbraio, che intende agevolare il ruolo delle imprese che assumono personale detenuto, garantendo alle stesse l'assunzione a carico dello Stato di tutti gli oneri contributivi ed assistenziali. E ancora: mandare, finalmente, a regime la riforma della sanità penitenziaria. In tale ambito, si pone il superamento dell'orrore costituito dagli attuali ospedali psichiatrici giudiziari, oggetto di una disposizione del decreto-legge in discussione introdotta dal Senato; completare l'organico e disegnare nuovi percorsi di carriera per un personale di custodia e civile attualmente scontento e demotivato; rafforzare la magistratura di sorveglianza, anche affiancandogli come strumento di garanzia un garante nazionale dei detenuti. Anche in questo caso, abbiamo presentato proposte di legge in tal senso.
Si tratta di una serie di interventi che, a mio giudizio, disegnerebbero una strategia vincente per risolvere gran parte delle criticità del sistema. Ciò premesso, bisogna dire che, nell'attuale situazione di emergenza, il decreto-legge n. 211 del 2011 interviene, finalmente, con convinzione, sul problema carcerario, con modifiche all'ordinamento processuale e all'ordinamento penitenziario, che possono concretamente e rapidamente alleviare la condizione di sofferenza nelle nostre carceri, ovviamente, almeno, a livello parziale. Ciò avviene, per fortuna, in un clima politico nuovo, rispetto ad un recente passato e, certamente, meno esasperato dalle polemiche sulla contrapposizione tra politica e magistratura, che ha spesso fatto da tappo ad un costruttivo dialogo sulla giustizia. Spero che in tal senso l'approvazione dell'emendamento alla legge comunitaria, che ha introdotto la responsabilità civile diretta dei magistrati, costituisca solo un incidente di percorso che non interrompa il dialogo fin qui proficuo.
Ci auguriamo tutti che affrontare le riforme che i cittadini si aspettano dal Parlamento sia meno complicato; in ogni caso, aver posto l'emergenza carceraria come una tra le prime questioni all'attenzione del Governo segna un salto qualitativo notevole, se non altro in termini di civiltà giuridica. Dobbiamo augurarci, quindi, che all'intervento emergenziale, oggi all'attenzione della Camera, impropriamente definito «svuota carceri», sia possibile affiancare le misure forti e strutturali Pag. 74che rendano il sistema giustizia, nel suo complesso, più efficaci ed aderenti ai reali bisogni dei cittadini.
Venendo al merito del provvedimento intervengo solo su alcuni punti che ritengo di maggiore rilievo; in particolare mi sembra opportuno il ricorso solo in via residuale alla conduzione in carcere dell'arrestato in flagranza per reati di non particolare gravità, in attesa dell'udienza di convalida e del contestuale rito direttissimo. Oltre ad ovviare al problema delle cosiddette «porte girevoli», evitando anche l'impiego di personale per le traduzioni, l'intervento sull'articolo 558 del codice di procedura penale evita opportunamente il contatto di numerosissimi soggetti con la dura realtà carceraria. Si avrà quindi, in tali ipotesi, in via prioritaria, il ricorso alla custodia dell'arrestato presso la propria abitazione, in subordine la custodia presso le camere di sicurezza, ovvero idonee strutture nella disponibilità della polizia giudiziaria. Come ulteriore ipotesi derogatoria, disposta dal pubblico ministero con provvedimento motivato, vi è il ricorso al carcere quando non sia possibile assicurare altrimenti la custodia dell'arrestato da parte degli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria ove manchino locali idonei per ragioni di salute o per altre specifiche ragioni. Ulteriori deroghe alla custodia domiciliare sono state, opportunamente, previste in sede di conversione, in relazione a reati di non eccezionale gravità ma comunque di notevole allarme sociale per i cittadini, se non altro per la loro frequenza e invasività.
Anche se tali novità non risolveranno certo il problema del sovraffollamento, credo che possano rappresentare, lo stesso, il segnale che il Governo marcia ora nella giusta direzione: quella di un ordinamento che, in conformità al dettato costituzionale, considera il sacrificio della libertà personale come extrema ratio. Come accennavo, ringrazieranno il Ministro Severino anche gli agenti di polizia penitenziaria, che vedranno ridotto l'impegno per le numerose e per lo più inutili scorte, visto che perlopiù il giudice, nella gran parte dei casi, ordina la scarcerazione dell'arrestato.
Nella stessa ottica, anti-traduzioni, si pone la modifica introdotta all'articolo 146-bis delle disposizioni di attuazione al codice di procedura penale che prevede l'estensione dell'audizione a distanza di testimoni al dibattimento a qualsiasi titolo detenuti presso un istituto penitenziario. Ritengo misura di rilievo, poi, l'aver dimezzato i tempi per lo svolgimento dell'udienza di convalida davanti al giudice da 96 a 48 ore; opportuno in tal senso sarebbe prevedere presso gli uffici giudiziari un turno di magistrati appositamente dedicato al rito direttissimo; una proposta, questa, mi pare avanzata al Senato dal collega senatore D'Ambrosio che, se recepita, avrebbe fatto da giusto corollario a quella sul citato dimezzamento dei tempi per l'udienza.
Meno coraggioso ritengo però il contenuto dell'articolo 3 del decreto-legge ovvero l'estensione a 18 mesi del limite di pena detentiva, anche residua, che permette l'accesso al beneficio della detenzione domiciliare di cui alla legge n. 199 del 2010. Una soglia di due anni, forse, avrebbe avuto un effetto deflattivo molto maggiore con l'effetto di triplicare, secondo recenti stime, il numero delle persone che sarebbe uscite dal carcere. Come detto dallo stesso Ministro, l'adeguamento del sistema penitenziario italiano ad un accettabile standard di civiltà, passa anche per il recupero di risorse edilizie, reso obiettivamente difficili dai pesanti tagli alle risorse apportati dalle manovre del precedente Governo. In tal senso l'articolo 4 integra le risorse finanziarie per il potenziamento e l'adeguamento delle strutture edilizie penitenziarie. Si tratta di poco più di 57 milioni di euro che vanno ad integrare gli stanziamenti per l'ormai famosissimo piano straordinario per le carceri. Proprio sul piano carceri, per esigenze di trasparenza, nonché di doverosa informazione al Parlamento, ritengo che il Governo debba far conoscere sia lo stato di avanzamento dei lavori, sia l'entità delle risorse finanziarie utilizzate. Dico ciò Pag. 75perché il piano carceri ormai è diventato un po' come il Fondo unico giustizia: tutti sanno che esiste ma nessuno ne sa nulla; una specie di animale mitologico, tipo il Minotauro. Se il nuovo Ministro della giustizia volesse fornire al Parlamento un filo d'Arianna per capirci qualcosa, farebbe opera altamente meritoria. Non posso, infine, non accennare con soddisfazione alla norma del decreto-legge in esame che dispone la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari entro il primo febbraio 2013.
A partire dal 31 marzo dello stesso anno, infatti, la misura di sicurezza potrà essere eseguita esclusivamente nelle strutture sanitarie appositamente individuate dalle regioni. Al 31 marzo 2013 le persone che avranno cessato di essere socialmente pericolose, dovranno essere dimesse dagli ospedali psichiatrici giudiziari e presi in carico dai dipartimenti di salute mentale territoriale.
Sono personalmente presentatore di un atto di sindacato ispettivo sulla vergogna degli ospedali psichiatrici. Conosco il problema e ho registrato con soddisfazione che tutti i gruppi abbiamo, in Senato, sottoscritto una norma che prima che di legge è una norma di civiltà, che riporta la disciplina in questione nell'alveo costituzionale.
Credo che le sconcertanti risultanze della cosiddetta Commissione Marino, cui va riconosciuto il merito di aver scoperchiato il vaso di Pandora della sofferenza e del dolore vissuti negli ospedali psichiatrici giudiziari, abbiano fatto definitivamente capire al Parlamento che era giunto il momento di chiudere questo capitolo, anche prevedendo poteri sostitutivi dello Stato. Dal rapporto della Commissione parlamentare d'inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del servizio sanitario nazionale, presieduta dal senatore Marino, è emerso un quadro di ordinaria disumanità: abbandono igienico-sanitario delle strutture; abusi e vessazioni sugli internati, nonché un uso improprio delle cosiddette proroghe all'internamento. Basti pensare - richiamo i dati prodotti proprio dalla citata Commissione - che all'11 aprile 2011, su 376 internati dichiarati dimissibili solo 65 sono stati effettivamente dimessi, mentre per altri 115 è stata prevista una proroga dell'internamento.
Di questi ultimi, i socialmente pericolosi erano solo 5, mentre tutti gli altri non sono usciti dall'ospedale psichiatrico giudiziario, perché non hanno ricevuto un progetto terapeutico, non hanno avuto una famiglia, una comunità o una struttura sanitaria residenziale in grado di accogliergli. Negli anni si è andati sempre avanti così, con la magistratura di sorveglianza che è andata di proroga in proroga per mancanza di un programma di inserimento territoriale. Si parla di soggetti che, se in passato hanno manifestato qualche disagio mentale o disturbi della personalità, e magari sono guariti da tempo, ora sono spesso internati per reati minori come oltraggio, resistenza a pubblico ufficiale e altro, che da sani si ritrovano in ospedali psichiatrici giudiziari a tempo indeterminato, solo perché nessuno si può prendere cura di loro.
Storie, insomma, di denegata giustizia e di ergastoli bianchi, come si dice. Su questa disposizione, che qualcuno ha definito «Basaglia 2» - ricordo che il passaggio alle regioni delle competenze sugli OPG è previsto sin dal 2008, nell'ambito del passaggio delle competenze in materia di sanità penitenziaria e sistema sanitario nazionale - qualcuno ha sollevato obiezioni con particolare riferimento alle esigenze di sicurezza. Credo che le preoccupazioni sulla sicurezza, pur comprensibili, non debbano costituire un ostacolo alla piena realizzazione del processo messo in campo che, ripeto, ci fa fare un salto di civiltà di cui tutto il Parlamento dovrebbe andare orgoglioso.
Mi auguro - e concludo - che tutto questo impegno e tutto questo lavoro del Governo, sicuramente impreziosito dall'apporto dei colleghi senatori, vada quindi premiato da un voto favorevole della Camera sul decreto-legge; voto favorevole che, personalmente, darò con grande soddisfazione.

Pag. 76

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, signor sottosegretario, che è rimasto qui con pazienza, colleghi presenti, dobbiamo innanzitutto denunciare le condizioni impossibili in cui la Camera si è trovata ad operare su questo tema, anche per la grave riduzione dei tempi disponibili.
Siamo stati ridotti a prendere atto di un lavoro - anche quello tecnicamente e socialmente inaccettabile - fatto da altri, fatto dal Senato. Noi non siamo in una situazione di monocameralismo. In questo testo sono state inserite disposizioni errate ed erratiche, come l'articolo 3-bis, sul diritto all'indennizzo per ingiusta detenzione - sul quale ritorneremo - che, per eliminare una supposta disparità di trattamento ne ha creata un'altra; o come quella norma che ha previsto la provvista finanziaria reperita sottraendo i fondi agli emotrasfusi, invece che, magari, alla «legge mancia» o al bilancio della difesa.
Chi le pensa queste cose, chiediamo al Governo? La fretta o qualche manina lesta con il retropensiero può fare pensate stravaganti quando non concepire delle azioni pro domo propria. Questo lo diciamo perché non si può pretendere che la Camera metta un bollo su un lavoro fatto da altri senza poter cambiare neanche una virgola, senza poter contribuire a formulare un testo magari costringendo colleghi seri, come quelli del Partito Democratico, che hanno dovuto votare contro un emendamento di un loro collega per carità di patria, cioè per mantenere un testo che non andava bene così com'era.
A loro va l'ammirazione per il sacrificio che hanno dovuto fare, che hanno voluto fare, ma insieme non possiamo non riscontrare che è un modo di lavorare assolutamente inaccettabile, con il quale si operano e si producono dei vulnera non soltanto al diritto costituzionale, non soltanto alla nostra Costituzione che prevede, fino a quando c'è, il bicameralismo, cioè che entrambe le Camere devono contribuire a licenziare un testo di legge. Ma è un vulnus anche di carattere giuridico, come in questo caso abbiamo verificato.
Io ho denunciato in Commissione questa aberrazione costituzionale e ho chiesto alla presidente Bongiorno che si faccia interprete, presso il Presidente Fini, dell'esigenza di non essere costretti in tre ore a ricevere un provvedimento, discuterlo, esaminare gli emendamenti e poi andare a discuterlo magari in Aula. Non è una cosa seria, lo dico anche al Vicepresidente presente affinché si faccia, per favore, interprete di questa dignità della Camera. Non è una questione personale o comunque proposta perché pensiamo di essere migliori di altri, ma è perché vi è una regola costituzionale che non può esser modificata. Altrimenti, la conseguenza è che, se si prevede che un testo sia lavorato a due mani, se lavora una sola mano il testo che viene elaborato poi non è detto che sia positivo.
Nel merito del provvedimento abbiamo apprezzato che la Ministra Severino, presentandosi con un gesto di grande cortesia alle Commissioni, abbia illustrato il proprio programma e che al primo punto del proprio programma abbia messo l'intervento per l'emergenza carceraria. È una cosa molto apprezzabile perché anche noi dell'Italia dei Valori consideriamo da migliorare profondamente la situazione delle carceri, come dirò tra poco.
Per dire il vero abbiamo sempre considerato la situazione penitenziaria e carceraria come oggetto di un intervento da fare da molto tempo. Da quando siamo in Parlamento e anche prima, molti di noi a titolo personale, abbiamo incalzato i Governi invitandoli ad affrontare con serietà il problema, ma con interventi di carattere strutturale e non con interventi on the spot, con interventi episodici a rapsodici che impediscono di affrontare in maniera seria il problema nella sua globalità.
Questa è la ragione per la quale Italia dei Valori si è sempre opposta a provvedimenti indulgenziali. Noi siamo filosoficamente ed eticamente contrari a soluzioni di questo genere, tanto che quando ci fu nel 2006 l'indulto opponemmo una dura e forte resistenza. Infatti, comprendevamo Pag. 77che i problemi seri non si risolvono con pannicelli caldi che sono inidonei a risolvere il problema, ma capaci solo di depotenziare la sicurezza, di umiliare lo Stato, di deprimere le vittime, di deludere le forze di sicurezza e la magistratura che magari hanno molto faticato per arrivare alla decisione.
Ci eravamo duramente opposti, quindi, all'indulto che era stato voluto in maniera bipartisan dalle maggiori forze presenti nel Parlamento ed avevamo ragione purtroppo, devo dire, per quello che si è verificato. Infatti, il problema non è stato risolto: dopo due anni la situazione della pressione penitenziaria è ritornata uguale a quella che c'era prima dell'indulto. Si è cercato, in altre parole, di fare come chi svuota una vasca con un cucchiaino, mentre la vasca si riempie continuamente, magari con la stessa acqua che è stata svuotata, nel senso che purtroppo molti di quelli che erano usciti per indulto e per condono hanno commesso altri reati e poi sono ritornati in carcere.
Noi non volevamo che le vittime che avevano denunziato gli estorsori se li vedessero di nuovo di fronte, magari strafottenti e di nuovo minacciosi a chiedere il pizzo e non volevamo che le forze di polizia, che avevano arrestato pericolosi delinquenti o che avevano compiuto le indagini nei loro confronti, se li vedessero di nuovo di fronte irridenti e sprezzanti. Non volevamo che i magistrati si rendessero conto di avere lavorato a vuoto. È una depressione complessiva del tasso e del livello di aspettativa alla sicurezza che noi, se siamo uno Stato serio, non possiamo infliggere né allo Stato, né alla nostra collettività.
Solo in Italia i problemi si risolvono con i ripetuti condoni, con provvedimenti indulgenziali che fanno rompere il termometro per non vedere la malattia o che curano la febbre, ma lasciano intatta la virulenza della malattia stessa. Purtroppo, questa è la nostra vergogna nazionale. Non c'è nessun altro Paese serio nel quale i problemi del rapporto tra sistema penale, detenzione, condanna e sistema carcerario si risolvono in questo modo.
Ecco perché Italia dei Valori ha sempre detto «no» e dirà sempre «no» a soluzioni pasticciate e liquidatorie con le quali non si guarda in faccia il problema. Eppure noi di Italia dei Valori non siamo meno sensibili di altri alla sofferenza delle persone detenute. Riteniamo soltanto che bisogna dare condizioni di vivibilità nelle carceri, ma bisogna impegnarsi per fare questo. Non bisogna aspettare che dopo un anno o due si verifichino nuovamente condizioni di sovraffollamento o si mantengano le condizioni di ridotta dignità nella situazione penitenziaria senza che niente si faccia.
Se c'è una condizione di sofferenza a cagione della detenzione è su quella che bisogna intervenire, non riducendo la presenza e la pressione. Noi siamo i primi a chiedere il rispetto dei diritti umani e di quelle disposizioni che sono previste nelle diverse convenzioni europee, da quella sui diritti dell'uomo a quella sui diritti delle persone in stato di detenzione, che sono traguardi di civiltà. Ma questo che cosa ha a che vedere con la misura delle presenze nelle carceri? Non ha niente a che vedere. Ma noi cosa faremo? Ridurremo per un po' la pressione carceraria, ma i problemi di quelli che restano saranno sempre gli stessi e i problemi di quelli che arriveranno saranno sempre gli stessi. È lì che bisogna intervenire, in profondità, per risolvere i problemi e noi abbiamo delle proposte da fare, che sono chiare e serie e che tra poco esporrò.
D'altra parte, vorrei anche ricordare che le garanzie per il trattamento, non per le condizioni oggettive, delle persone detenute ci sono. Il nostro ordinamento è uno dei pochi che ha previsto una garanzia giurisdizionalizzata di rispetto delle condizioni dei detenuti, che è rappresentata dalla magistratura di sorveglianza. Non crediamo, certo, che aumentare il numero delle persone che entrano negli stabilimenti penitenziari possa dare una garanzia maggiore. È giusto il controllo, può aiutare, ma ci sono delle istituzioni che sono a ciò preposte e sappiamo che quelle istituzioni svolgono il loro mestiere in maniera corretta. Pag. 78
Allora, noi proponiamo un disegno organico per risolvere il problema penitenziario, un disegno organico che sia capace di aggredire il problema alla radice per avviarlo a soluzione in tempi brevi. Qual è questo disegno? La premessa dalla quale partiamo è che la sicurezza è e deve essere considerata una funzione sovrana indefettibile, che viene prima di altre cose meno essenziali, perché la sicurezza, come funzione sovrana, attiene alle garanzie dei cittadini, alla pace sociale, alla prevenzione, alla certezza della pena, al rispetto per la dignità degli operatori della sicurezza, al rispetto per la sofferenza delle vittime. Altrimenti, se non si parte da questa visione e da questo concetto arriveremo che magari, con grande dispendio di energie e di risorse economiche e di energie morali, una condanna sarà applicata, ma assisteremo alla «burletta» di una condanna che poi non arriva sino alla fine e a compimento.
Un processo è complicato. Un processo è frutto di sofferenza per gli operatori di controllo di legalità. Ma è una sofferenza anche per la vittima che denuncia il fatto, per il testimone che, magari, con timore, ma con speranza nelle garanzie dello Stato, rende il proprio dovere civico di testimonianza.
Oggi nelle carceri italiane sono presenti 68 mila detenuti e 38 mila agenti di polizia penitenziaria. Questo contrariamente alla previsione iniziale per cui la capienza era tarata su 43 mila detenuti, a fronte dei quali vi era un organico di 45 mila agenti di polizia penitenziaria.
Quindi una sproporzione terribile, una sproporzione inaccettabile, che scarica un peso enorme sul personale di polizia penitenziaria, in genere sul personale carcerario e, come tale, fa diventare detenuti e personale penitenziario ugualmente sofferente per la situazione di grave carenza. Vediamo un attimo quale è il disegno organico che abbiamo in mente. Il primo può essere rappresentato dalla ipertrofia del sistema penale. Anche noi sforniamo continuamente nuove sanzioni penali, nuove ipotesi di reato per un sistema penale che non è in condizioni di portarli tutti a compimento, che quindi renderà sempre più difficile arrivare alla definizione dei processi. A meno che non si voglia accedere alle teorie abolizioniste quali quelle caldeggiate da Hulsman come capofila e che mi sembra però ogni tanto echeggino anche qui dai posti alti di questa Camera, ad esempio, nelle dichiarazioni dei radicali i quali dicono che non si deve andare nelle carceri perché ci sono condizioni non corrette. Allora apriamole e svuotiamole, non è che prendiamo solo diecimila fortunati e gli altri restano lì. Se c'è un problema così drastico apriamole, anzi aboliamole, sopprimiamole e così non ci sarà più il problema, ma al di fuori di questa ipotesi radicale dell'abolizionismo del sistema penale bisogna arrivare a porsi il problema di come gestire complessivamente il sistema penale.
Riteniamo che bisogna mettere mano finalmente ad una profonda revisione del nostro sistema penale. Dobbiamo decidere quali sanzioni meritano effettivamente la pena detentiva come pena residuale ma in quei casi in cui decidiamo che la pena detentiva deve rimanere, quella pena magari inferiore rispetto a quella oggi prevista deve essere espiata fino in fondo per una ragione di serietà del nostro Stato. Bisogna operare una profonda depenalizzazione. L'ultima risale a trent'anni fa e non mi risulta che abbia determinato un collasso del sistema di sicurezza del nostro Stato. Se problemi ci sono stati non sono certamente dovuti al fatto che alcune violazioni oggi sono punite con la pena pecuniaria, non sono più reati, hanno una deterrenza forse uguale a quella della sanzione detentiva, rendono più facile che il sistema penale si concentri sulle violazioni più serie, una depenalizzazione.
Certo non pensiamo alla depenalizzazione di cui si era giovato il precedente Capo del Governo che su questa ipotesi ha fondato quelle che lui chiama assoluzioni e che invece sono leggi che si è fatto di persona soltanto per scansare le responsabilità penali. Pensiamo che si tratti di una questione molto più seria e cioè vediamo che cosa il nostro sistema penale è capace di sopportare in termini di processo, Pag. 79di sanzione, di espiazione della pena detentiva e quindi di efficacia della pena detentiva e lì andiamo ad operare: così si lavora seriamente. Prevediamo sanzioni alternative. Ci sono sanzioni pecuniarie, ci sono sanzioni interdittive che spesso sono più serie e sono più pesanti anche delle sanzioni detentive o almeno quanto esse. Vediamo di operare una deflazione del sistema penale precondanna, prima della condanna. Vediamo di fare una scrematura. Nel processo penale minorile è prevista una ipotesi di irrilevanza del fatto: già nella competenza del giudice di pace, ugualmente nell'articolo 34 della legge sulla competenza penale c'è una previsione per la quale nei casi poco rilevanti lo Stato non ha interesse a portare avanti il processo, non ha le forze, non ha l'economia. Per una ragione di economia di risorse lo Stato decide che non è il caso di investire spese, persone e risorse in generale perché ritiene che sia opportuno concentrarle sui casi più seri.
Riduciamo le sanzioni. Se sono troppo alte le sanzioni penali, benissimo: le riduciamo. Ma quelle che riteniamo debbano essere applicate devono essere applicate, così si comporta seriamente uno Stato. Altrimenti, da una parte si minaccia - se fai questo io ti punisco - ma dall'altra parte si dimostra che si tratta di una minaccia in bene.
Il secondo aspetto di questo disegno di legge organico è rappresentato dagli interventi di edilizia penitenziaria. Noi abbiamo contestato duramente nel 2008 il provvedimento per salvare l'Alitalia o gli amici dell'Alitalia, quella pattuglia di sedici capitani di ventura che avevano avuto la fortuna di prendersi la parte buona dell'Alitalia lasciando a noi il compito di pagare i debiti, soprattutto perché il costo di quell'operazione era stato calcolato riducendo, anzi eliminando e saccheggiando, il capitolo per l'edilizia penitenziaria nel triennio.
Abbiamo contestato duramente questa decisione, però la logica era che degli aspetti penitenziari non ci si doveva occupare. Invece, bisogna fare un'attenta ricognizione, rimettere risorse sull'edilizia penitenziaria e razionalizzarla, aprendo gli stabilimenti che sono chiusi ed eventualmente anche prevedendo - e qui mi avvicino di più al testo di cui stiamo discutendo - come già prevede l'ordinamento penitenziario, che ci siano sezioni distaccate e separate per accogliere gli arrestati, diverse da quelle che accolgono chi è in espiazione di pena.
Il terzo aspetto è quello dell'organizzazione, cioè bisogna investire risorse per il personale, non solo quello di polizia penitenziaria, che è carente di settemila unità rispetto a quello che era previsto, e che andrebbe anzi aumentato e potenziato, ma anche per tutto il resto del personale penitenziario: non si fanno più le convenzioni con gli psicologi, gli educatori non vengono rimpiazzati, complessivamente il personale penitenziario va in pensione e si riducono i presidi essenziali per gli interventi nelle strutture penitenziarie, compresi gli interventi di rieducazione e di risocializzazione che sono essenziali in quanto la pena deve avere una funzione rieducativa.
Perché non si è messo mano a questi interventi che erano razionali e possibili? Noi in questo senso rivolgiamo una condanna, politica naturalmente, a quei partiti che hanno governato negli ultimi dodici anni e che si sono occupati prevalentemente, per quanto riguarda la giustizia, di vedere come non farla funzionare, anziché come farla funzionare e come umanizzare maggiormente il trattamento penitenziario.
È così perché, se non si affrontano i problemi, se si rimanda sempre ai nostri antenati, le responsabilità politiche non ci sono mai, e invece bisogna che le responsabilità politiche se le prenda chi ha governato.
Noi, sotto questo profilo, abbiamo ripetutamente incalzato i Governi che si sono succeduti ad affrontare i problemi in termini complessivi e globali.
Ciò detto, vengo ad alcune considerazioni sul testo. Per noi esso presenta due punti critici. Il primo è quello che riguarda che cosa deve accadere per le persone arrestate. Era previsto originariamente Pag. 80che queste persone andassero nelle camere di sicurezza, ma poi c'è stata la giusta sollevazione delle forze di polizia che hanno detto: teoricamente ne abbiamo 4 mila, ma agibili sono soltanto mille.
Sì, li potemmo anche ospitare e mettere lì, però i diritti penitenziari, di cui tanta gente si riempie la bocca, i diritti che spettano a tutti gli altri detenuti - ora d'aria, colloqui, vestiario, rapporti - come li risolviamo?
Quello era un modo per scaricare un problema degli istituti penitenziari su altre istituzioni dello Stato, che hanno già i loro grandi problemi finanziari, economici e di personale. Si lavora su una coperta corta e si dice: adesso ne scopro una parte e poi ne scopro un'altra. Non è un modo serio di affrontare il problema.
Poi, il Senato ha pensato bene che, invece delle camere di sicurezza, chi viene arrestato stia a casa sua. Non so se questo sia un modo di ragionare. Noi pensiamo che se una persona viene arrestata perché ha commesso un reato per il quale è previsto l'arresto, obbligatorio o facoltativo, debba essere tradotta in un posto deputato alla sorveglianza. Questo posto è principalmente lo stabilimento penitenziario, con l'avvertenza che noi abbiamo detto, cioè che si attrezzino parti degli stabilimenti penitenziari per raccogliere le persone arrestate, che devono essere tenute distinte dalle altre persone detenute in espiazione di pena, perché possono essere assolte o scarcerate il giorno dopo. Devono avere una corsia diversa rispetto alla gestione del resto dello stabilimento penitenziario.
Ecco perché noi non approviamo la modifica che è stata fatta. Si vogliono evitare le porte girevoli? Si possono evitare non facendoli tornare a casa, magari accompagnandoli, oppure mettendoli nelle camere di sicurezza. I problemi così si aggravano, perché poi a casa chi li controlla? A casa deve andare la volante. Le volanti devono andare a controllare chi è in detenzione domiciliare. Le volanti che vanno a controllare chi è in detenzione domiciliare vengono sottratte magari al presidio del territorio, al pattugliamento dei quartieri. Vengono sottratte alla prevenzione e alla sicurezza e alla sicurezza di prevenzione.
Ecco perché non si può pensare che con provvedimenti tampone si possano risolvere problemi seri.
Il secondo punto critico è rappresentato dall'estensione da dodici a diciotto mesi della trasformazione della pena residua da espiare in detenzione domiciliare. Non siamo d'accordo per tante ragioni, perché è operata acriticamente, non ha presente i recidivi.

PRESIDENTE. Onorevole Palomba, la prego di concludere.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione.

PRESIDENTE. Onorevole Palomba, deve concludere.

FEDERICO PALOMBA. Sto proprio concludendo. Ci sarebbero altri aspetti che noi non condividiamo, ma sostanzialmente la ragione per la quale l'Italia dei Valori non potrà votare e non voterà a favore di questo provvedimento è perché, ancora una volta, esce fuori dai grandi disegni che possono risolvere questo problema per ripiegare, invece, su soluzioni tampone che non risolvono proprio niente.

PRESIDENTE. Come già preannunciato, sospendiamo a questo punto la seduta, che riprenderà alle 22, per il prosieguo della discussione sulle linee generali.

La seduta, sospesa alle 21,05 è ripresa alle 22,05.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Brugger, Caparini, Pag. 81Cicchitto, Gianfranco Conte, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Jannone, Lo Monte, Lucà, Migliavacca, Misiti, Moffa, Nucara, Pisicchio e Valducci sono in missione a decorrere dalla ripresa notturna della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione.

(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 4909)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, questo provvedimento è denominato con un agnome significativo «svuota carceri». Non casualmente i nomignoli vengono coniati sui provvedimenti, perché sostanzialmente, qualche volta offrono l'idea, il precipitato, di come un provvedimento legislativo vada ad incidere su determinati quadranti dell'ordinamento, forse molto di più della sensazione che si ha nell'inseguire il titolo formale del provvedimento, che qualche volta risente della necessità di essere in qualche modo tecnicamente orientato a ricoprire tutte le caselle che un provvedimento deve necessariamente ricoprire.
Io registro due problemi in questa dizione «svuota carceri». «Svuota» significa che c'è in qualche modo sicuramente un eccesso di folla carceraria, cioè si percepisce che vi è nel nostro Paese una sensazione - e non soltanto fisicamente - che non è soltanto una sensazione, non è solo un'emozione, ma è un dato assolutamente pacifico sul piano numerico, ovvero che non tanto le carceri sono inadeguate a contenere un numero di detenuti, ma che probabilmente vi sono troppi detenuti rispetto a quello che il sistema stilato e scritto dalla nostra Costituzione, segnatamente negli articoli 24, 25 e 27, ha disegnato.
Il primo segnale è che probabilmente il ricorso alla custodia cautelare carceraria - e qui non faccio ancora differenze tra quella derivante dall'applicazione delle misure cautelari e quella derivante dalla definitività delle sanzioni - ha un rapporto eccessivo tra il numero dei soggetti e il luogo in cui essi sono detenuti. Nel concetto di «eccesso di presenze» nel carcere non c'è soltanto una consapevolezza di un rapporto squisitamente numerico, ma anche un disagio di ciascun «carcerato». Uso questa brutta parola per rendere l'idea di come il soggetto recluso nelle carceri non possa essere diversamente definito. Non posso dire un «custodito» che potrebbe significare altro. Si tratta del difetto di qualità del rapporto tra la struttura ed il carcerato, perché io non voglio mai dimenticarlo e voglio che sia ben chiaro a qualsiasi interlocutore su questo tema: nel nostro sistema le pene devono tendere alla rieducazione.
«Rieducazione» può sembrare una parola priva di contenuti, può sembrare anche una parola qualche volta amara con riferimento al rapporto tra responsabilità e soggetto. Ma se la Costituzione disegna la pena come una sanzione non squisitamente retributiva, che non è soltanto una sorta di legge del taglione sociale, arricchita dalla qualità del rapporto Stato-diritto soggettivo di punire e soggetto, che diventa comunque un'espiazione, che deve essere connaturata dalla chance di recupero, tale deve essere l'orientamento che noi dobbiamo mantenere ben saldo nelle nostre riflessioni.
Guai, se noi per un solo attimo pensassimo che la pena deve essere una sorta di espunzione, di abrasione, di obliterazione del soggetto rispetto alla necessità che il soggetto possa, ovvero abbia la chance, di rientrare nel tessuto connettivo sociale.
Questo ci hanno insegnato i padri costituenti, questo ci hanno insegnato nelle nostre università, questo è quello che è scritto nella Costituzione e che noi anche Pag. 82come legislatori, indipendentemente dal momento e indipendentemente dalla foga dell'emotività e delle passioni che la piazza qualche volta esige, dobbiamo avere il coraggio di pretendere dalla nostra legislazione.
Quindi il termine «svuota», significa che ci sono tutte queste fibrillazioni, tutti questi disagi: un eccesso di detenuti, un'incapienza di contenitori per i detenuti, una difficoltà nell'individuazione di un buon rapporto qualitativo tra il detenuto e la pena che deve tendere comunque alla rieducazione.
La seconda parola è «carceri». Ecco, mi sono posto un problema come sempre metodologico. Tutto sommato credo debbano essere i primi problemi rispetto, poi, a come riempiamo un metodo che correttamente viene impostato. Rispetto al merito, lo dico molto spesso e ne sono convinto, lo dicevano i miei maestri, è comunque il metodo quello che caratterizza la qualità dell'intervento. Possiamo poi scegliere diverse soluzioni, possiamo condividere o non condividere, ma se il metodo resta saldo quella soluzione comunque sarà una soluzione tesa ad un risultato.
Mi chiedo, con riguardo alle carceri: c'è o no nel nostro Paese - ed è quello che il Popolo della Libertà dall'inizio di questa legislatura ha cercato di chiarire - un eccesso di carcere? Non è soltanto un problema di provvedimenti eseguiti, ma di tendenza del nostro ordinamento penal-processuale a privilegiare delle misure carcerarie, soprattutto nella fase delle indagini preliminari.
Voglio essere chiaro: il nostro è un processo che tende al carcere, fatalmente, inesorabilmente, secondo alcuni, secondo me in maniera assolutamente evitabile, perché non dimentico mai che il processo non è fatto soltanto di regole, è fatto di uomini: chi applica le regole sono degli uomini. Allora, se c'è una regola che può essere applicata correttamente...

ANNA ROSSOMANDO. Ma anche tante donne...

FRANCESCO PAOLO SISTO. Per «uomini» intendo dire uomini e donne, ma soprattutto donne; anzi, se potessi dire quello che accade nei nostri tribunali, direi soprattutto donne, con mio grande compiacimento, sinceramente. Devo dire che c'è sempre un'ala del Partito Democratico vivace. Adesso stiamo ragionando su assi cartesiani molto spesso condivisi e questo rende il dibattito ancora più piacevole.
Quindi, le regole sono applicate da uomini. In altri termini, è evidente che l'eccesso di carcere non deriva semplicemente da una regola che tende verso il carcere, ma da un ordinamento che, dal punto di vista ermeneutico, sposa una soluzione carceraria, lo dico con la grande franchezza di chi frequenta, oltre che il piacere delle aule di Montecitorio, non ho timore a dirlo, i marciapiedi delle aule giudiziarie, nel senso migliore del termine, perché nelle aule giudiziarie si tocca la realtà di lacrime e sangue di qualsiasi cittadino.
E, quindi, è proprio un contatto con la realtà diretta che forse ci rende in quest'Aula più capaci di esprimere un know-how credibile rispetto alla palude che molto spesso veste gli interventi che non tengono conto di quello che è l'humus in cui si muovono le norme del processo penale, le sofferenze in cui si muove il processo penale.
Voglio dire, signor Presidente, che il nostro processo tende fatalmente ad una soluzione custodiale: il carcere applicato durante il processo diventa la vera sanzione, è il vero processo. Il processo si chiude con la custodia cautelare.
Ebbene, di questa realtà, drammaticamente, quotidianamente, prendo atto, perché quando il processo ha una misura cautelare fatalmente scivola lentamente nei tempi biblici di un ipotizzabile dibattimento e di qui il problema poi dell'estinzione dei reati per decorso del tempo. Sono sempre convinto che non è una responsabilità che può essere addossata esclusivamente o direi in parte alla difesa, ma nasce da un atteggiamento: è come se ci fosse una zoppia leggibile nel sistema Pag. 83che fatalmente, privilegiando la parte cruenta, che è quella custodiale durante le indagini preliminari, poi diventa quasi indifferente all'esito del dibattimento, tanto il risultato del sangue versato è raggiunto.
Giustamente o ingiustamente il processo penale deve tendere alla sentenza di merito. L'articolo 111 della Costituzione lo abbiamo riformato per questo, perché la prova vale se è formata nel contraddittorio. La prova della misura cautelare carceraria durante le indagini per essere chiara non si forma nel contraddittorio, si forma nella Camera oscura del rapporto tra pubblico ministero e GIP e viene improvvisamente folgorata sull'indagato che solo dopo l'esecuzione ha la possibilità di esercitare in concreto il suo diritto di difesa.
Allora, questo eccesso di carcere - «svuota carceri» - è un fenomeno di cui dobbiamo prendere atto: vi è un processo penale che, anziché andare naturalmente verso il contraddittorio, la formazione della prova nel dibattimento, tende a restringere le fila delle indagini, fino a giungere ad una sanzione direi a corto circuito, che è quella custodiale endoprocedimentale, lasciando poi la formazione della prova come mera opzione e come mero esercizio, qualche volta inutile e sterile, perché tanto il tempo ammanta con la prescrizione sia torti e ragioni dell'accusa, sia torti e ragioni della difesa.
Una soluzione amara; allora, forse limitare e rendere il carcere più giusto (voglio usare questo termine per rubare un'espressione al 111 della Costituzione), un processo più giusto in un carcere più giusto che sia in qualche modo commisurato a determinate esigenze, a me non sembra tanto uno iato rispetto alla realtà che noi percepiamo. Proprio quando la piazza chiede più carcere, il legislatore saggio è capace di uniformare le sue scelte a quello che dice la Costituzione. E se questa è la verità, e noi dobbiamo tendere a dare al carcere il giusto valore, quindi non tanto uno «svuotacarceri» ma svuotare il processo dall'eccesso di carcere, restituirlo ad una fisiologia che possa essere in qualche modo più credibile, credo che questo provvedimento non risolva il problema - lo dico subito - però si colloca nella scia di una giusta (forse faccio un eccessivo abuso di questa parola) riforma del rapporto tra processo e carcere e sostanzialmente costituisce una sorta di prologo rispetto a quello che deve essere un intervento a «piedi uniti», deciso, nel rapporto che l'articolo 275 del codice di rito (mi correggano coloro che hanno capacità di maggiore dimestichezza con le norme) già prevede.
La misura carceraria è una misura eccezionale nel nostro sistema, è scritto già nel codice, non sto inventando assolutamente niente. Allora, se dicessimo per esempio, facendo riferimento ad un periodo futuro che mi auguro sia domani mattina, che, per i soggetti incensurati (tolti determinati reati di particolare allarme sociale, il nostro sistema è ormai abituato, in quanto il doppio binario costituisce un leitmotiv cui siamo costantemente abituati), non ci debba essere la possibilità del ricorso diretto al carcere, non penso che questo sia un principio che non è in progressione aritmetica rispetto a quello che noi stiamo approvando. Intanto ritengo di poter dare il mio via libera a questo pacchetto normativo perché lo vedo soltanto come una sorta di avvicinamento alle statuine del mito della conoscenza platonica per cui noi, avvicinandoci a quelle statuine, capiamo davvero ciò che deve essere il tipo di intervento. Deve cioè trattarsi di un intervento che finalmente escluda che il carcere possa rappresentare una sanzione anticipata che vada a punire ingiustificatamente soggetti che, per anamnesi, per esempio gli incensurati, non meritano direttamente di essere messi in carcere, in violazione dell'articolo 27 della Costituzione, cioè senza alcun tipo di trattamento rieducativo, associato alle carceri.
Allora, se il problema è quello dell'umanizzazione delle pene, quando dico pena sostanzialmente c'è un errore perché la pena nel nostro sistema non è la misura cautelare custodiale; la pena è quella che scaturisce dalla sanzione definitiva, cioè la pena da un punto di vista giuridico è quella che deriva da una sentenza definitiva Pag. 84di condanna che abbia accertato una responsabilità. Se noi definissimo pena la misura custodiale endoprocedimentale, noi già daremmo a quel tipo di intervento un significato che invece non ha. Perché - ricorderò molto rapidamente - gli articoli 273 e 274 certamente non consentono di dare ad una sanzione comminata nel corso dell'indagine preliminare il valore di pena. Il giudizio prognostico non è mai un giudizio di responsabilità, è un giudizio sempre di ipotetica responsabilità secondo una valutazione che il giudice effettua secondo il 273 e/o secondo il 274. Dico e/o perché basta soltanto una delle condizioni ex articolo 274 per poter far scattare la legittimità della custodia.
Allora, se questo è vero, se il carcere per espressa scelta della Costituzione non è capace da solo di rieducare ma rieduca soltanto se è in concreto preordinato a favorire la rieducazione, credo che l'esame di queste norme non possa che essere relegato nella prospettiva che il PdL ha fatto sua quando ha governato con il Ministro Alfano, con interventi che in qualche maniera consentissero un'umanizzazione di questo trattamento. Mi riferisco all'aver dimezzato nell'articolo 1 del provvedimento i tempi di convalida da 96 a 48 ore. Lo diceva bene nella relazione la collega Ferranti in Commissione Giustizia, e ho letto molto attentamente quella relazione molto precisa che invito tutti quanti a leggere perché mi sembra che abbia in sé tutti i requisiti per rendere il provvedimento comprensibile.
Il fatto di aver creato, signor Presidente, una sorta di climax ascendente fra il domicilio, le cosiddette celle di sicurezza e il carcere, secondo una progressione che, in qualche maniera, obbliga a motivare sul perché si sposta il baricentro custodiale dal domicilio alle celle di sicurezza e, in casi eccezionali, al carcere, mi sembra perfettamente rispettoso di questo principio. Come anche aver portato il termine per la detenzione domiciliare dai 12 ai 18 mesi quando, invece, in questo ambito, credo non si possa, ma si debba, con lealtà, prendere atto di due situazioni previste dagli articoli 3-bis e 3-ter. Partirò dall'articolo 3-ter che trovo di straordinaria necessità. Credo che chi non ha mai visitato un ospedale psichiatrico giudiziario non si possa rendere conto di che tipo di barbarie si possano trovare, indipendentemente da come viene gestito. Non voglio dire gestito bene o male, non mi interessa, ne dirò quelli che ho visitato, ma vi assicuro che continuare a mantenere, in un Paese che si vuole civile, con un minimo di civiltà, un ospedale psichiatrico giudiziario significa offendere la stessa dignità del Parlamento. Lo dico con grande pacatezza e con grande umiltà e con gli occhi colmi di quelle immagini drammatiche che ho potuto percepire e che, comunque, a tutti costi, con tutti i pareri delle Commissioni possibili e immaginabili, mi portano a dire che abbiamo l'obbligo, non soltanto giuridico e politico, ma anche morale, di sopprimere questi istituti. Dapprima manicomi, poi ospedali psichiatrici giudiziari, ma possiamo chiamarli anche alberghi per affetti da vizio totale di mente, tanto le parole non cambiano il dramma umano a cui ciascuno di noi è costretto ad assistere laddove abbia la necessità - perché soltanto per necessità - di visitare strutture quali quelle che sono gli ospedali psichiatrici giudiziari, indipendentemente, come ripeto, da come vengono gestiti.
Un plauso, quindi, sicuramente, ad un maggiore afflato e alla necessità di raggiungere questo obiettivo. Non esito, però, a manifestare qualche perplessità - e sono in linea su questo con il parere della I Commissione - sull'articolo 3-bis del presente decreto-legge, perché mi lascia perplesso il limite temporale che viene ascritto alla possibilità di applicare retroattivamente l'articolo 314 del codice di procedura penale. Lo dico con grande onestà culturale, non potrei dire il contrario, anche se noi dobbiamo comunque mandare avanti questo provvedimento. Invito, però, il Governo a rivedere, con ogni urgenza, questa norma, al di là della ragion politica che, qualche volta, condiziona le nostre scelte, giustamente per certi versi. È come quando si gioca in dieci e si gioca all'arma bianca per raggiungere Pag. 85in qualche modo il risultato, qualche volta magari anche con un po' di agonismo in più e con qualche fallo veniale. Può accadere. Invito, però, caldamente il Governo a rivedere questa norma che mi sembra abbia trovato, nel parere della I Commissione, un elemento di riflessione di grande pacatezza. Tra l'altro, questo elemento era già stato anticipato nella scheda presente in Commissione giustizia laddove, quando si fa riferimento alla conformità con altri principi costituzionali, proprio riguardo all'articolo 3-bis si era ipotizzato un contrasto con l'articolo 3 della Costituzione. Quando le voci di distonia con i principi costituzionali si moltiplicano, il livello di attenzione di un Governo deve salire. Il Governo deve essere, forse, a mio avviso, più attento a questi parametri in quanto si tratta di un Governo che si presenta come qualificato, di un Governo che si presenta come particolarmente orientato a privilegiare gli aspetti tecnici più che quelli politici, anche se molte volte non si riesce a distinguerli. Ma se vi è il consenso del Parlamento e le regole sono scritte da questo Governo, credo che questa norma vada rivista, perché possa essere digeribile e perché non si pensi - perché no - ad una norma che in qualche maniera abbia una scadenza non casuale. Questa, infatti, è la grande angoscia, politica e non tecnica. Perché proprio il 1o luglio del 1988 e non il 1o luglio del 1987 o del 1986 o del 1989?
Voglio dire che questa scelta risulta - poi il Governo lo spiegherà e lo chiarirà - difficile da comprendere, cioè il fatto che coloro che hanno maturato il diritto un giorno dopo debbano essere esclusi da un ripescaggio, il quale, se ci deve essere, deve essere secondo me, ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione, garantito a tutti i cittadini, salvo che non vi siano delle ragioni, ma la Corte costituzionale, nelle sentenze in cui si è parlato di termini da cui una certa norma possa prendere vigore, soprattutto andando a ritroso, è stata molto severa e molto spesso ha censurato le scelte del legislatore ordinario. Dunque, il Popolo della Libertà ovviamente non ha presentato, come in Commissione, alcun emendamento, signor Presidente, perché riteniamo che questo sia un passaggio obbligato verso una riforma più ampia della custodia cautelare, soprattutto con riferimento a quella che non derivi da sentenza definitiva, per restituire ad un Paese non più carceri, non più carcere, ma un carcere più giusto, che sia in qualche modo commisurato anche all'anamnesi di ogni cittadino. È per questo che il Popolo della Libertà, come già affermato in Commissione giustizia, voterà favorevolmente sul provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Paolini. Ne ha facoltà.

LUCA RODOLFO PAOLINI. Signor Presidente e onorevoli colleghi, la Lega Nord, come tutti ormai sapete, è molto critica nei confronti del provvedimento in esame, che secondo me sarebbe più corretto definire provvedimento «scaricabarile» piuttosto che «svuota carceri», con sottotitolo «vorrei ma non posso». Infatti, contiene una serie di misure che, in teoria, dovrebbero far conseguire dei risultati, mentre in realtà non potranno farli conseguire. Quindi, da un lato abbiamo una mera aspettativa positiva - perché per carità, che le carceri scoppino tutti lo sappiamo, è un fenomeno che va avanti da molti anni - ma dall'altro lato che questo provvedimento possa arrivare al risultato che almeno dal sottotitolo si aspetta mi pare inverosimile. Basta leggere i numeri: abbiamo 67.000 detenuti, le prospettive di liberazione con questo sistema sono attorno alle 3.500 unità, il numero di posti massimo, in condizioni ottimali, è di 45.000. Se facciamo una semplice sottrazione e da 67.000 ne togliamo 4.000 avremo comunque una sovrabbondanza di popolazione carceraria, salvo poi recidiva, gente che ci ritorna dopo un po' e via dicendo. Quindi, già dai numeri capiamo che il risultato non sarà ottenuto: avremo delle carceri leggermente meno affollate, ma sempre affollate.
Poi da un Governo tecnico ci si aspetta delle misure sul piano anche formale, Pag. 86tecnico e concettuale molto efficienti, magari non utili ad ottenere il risultato che ci si prefiggeva, però tecnicamente fatte bene. Una l'ha ricordata poco fa il collega Sisto, che mi ha anticipato, perché oggi in Commissione noi della Lega l'abbiamo evidenziato al sottosegretario, il quale, con grandissima e devo riconoscere inusitata onestà intellettuale, ha detto di non saper spiegare perché è stata scelta la data del 1o luglio 1988 da cui far decorrere retroattivamente la possibilità di chiedere il ristoro per un'ingiusta detenzione. Non si capisce perché un soggetto, la cui sentenza sia diventata definitiva il 30 giugno 1988, non abbia diritto a ciò cui ha diritto colui che, il giorno dopo, ha raggiunto lo stesso risultato. Francamente a quel punto avrei fatto decorrere la norma dall'inizio della Repubblica, così non vi era alcun rischio di incostituzionalità, anche perché i tempi sono passati, parliamo già di 25 anni trascorsi; questo signore che ipoteticamente ha avuto una sentenza definitiva il 1o luglio 1988 già ha subito dieci anni di processo a dire poco, quindi non credo che la platea degli aspiranti al risarcimento sarebbe comunque molto più numerosa. Pertanto, si sarebbe evitata una facile censura di costituzionalità, ma soprattutto di lesione del buon senso comune con poco. Ho chiesto al sottosegretario, qui presente e lo può confermare, che se dovesse scoprire come è venuto fuori questa data del 1o luglio 1988, saremmo curiosi di saperlo.
Ma voglio affrontare alcune delle criticità rilevate: per esempio, più carcere «no», le camere di sicurezza «sì». Benissimo, ma quante sono le camere di sicurezza? Il vice capo della polizia ha detto che sono 1.387. Si dice che, a fronte di un'aspettativa di 3.000-4.000 persone, potrebbero essere sufficienti, ma questo in astratto, perché se queste 3.000 o 4.000 persone fossero concentrate in un luogo o negli stessi luoghi in cui vi sono camere di sicurezza idonee, sarebbe vero, ma non è detto che ciò accada.
Io provengo da una città dove la caserma dei carabinieri dispone di due celle di camere di sicurezza: quindi, se quel giorno dovessero arrestare sette persone, o le pressano lì dentro, perché sono molto piccole, oppure, dove le mettono non si sa. Aggiungo che vi è un ulteriore problema, che ha già sollevato il vicecapo della Polizia, relativo alla promiscuità. Infatti, non sempre i detenuti sono dello stesso sesso e, quindi, è necessario avere, comunque, un numero di camere di sicurezza idoneo a mantenere separati i due sessi, per una basilare ragione di correttezza.
Inoltre, le camere in cui queste persone, in teoria, restano almeno 48 ore sono dotate di quei servizi minimi che, comunque, un carcere deve avere? Parlo dei bagni per esempio. Non credo, io non li ho visti. Il personale di custodia è sufficiente? Noi sappiamo tutti che la ragione per cui esistono le carceri è che pochi sorvegliano molti. Qui, invece, avremmo il paradosso che, per due camere di sicurezza, qualora si predisponesse un turno di tre o quattro carabinieri per sorvegliare i due detenuti, si avrebbe bisogno di quattro uomini al giorno per sorvegliarne due. Quindi, anche sul piano strettamente numerico, mi sembra una soluzione poco autosostenibile sul piano della logicità e dell'operatività.
Un altro aspetto singolare del provvedimento in discussione che complica la vita è il seguente. Noi abbiamo sempre parlato, e pochi giorni fa, addirittura, alcuni nostri deputati hanno presentato un emendamento molto incisivo in ordine alla responsabilità dei magistrati. Tuttavia, prevedere sanzioni disciplinari per il magistrato che, in 48 ore, non riesce a convalidare un arresto, in condizioni date, mi sembra un azzardo, essendo una norma predisposta da gente che sta molto negli uffici ministeriali e poco, forse, sulla strada.
Immaginiamo, infatti, il caso tipico: un arresto per detenzione di droga alle due di notte del venerdì (quindi, è già sabato). In precedenza, la convalida poteva avvenire - e, come per prassi, sappiamo tutti che avveniva - il lunedì o il martedì successivo; quindi, c'era il tempo, innanzitutto, per il magistrato di essere informato, per il difensore di fiducia di contattare il suo Pag. 87cliente e per la Polizia di svolgere quelle minime ricerche, che specie con molti extracomunitari non sono facili (penso agli AFIS, penso ad un'identificazione certa di gente che, spesso, circola senza documenti).
Adesso noi ci troveremo nella situazione in cui, alle due di notte, inizieranno a decorrere le 48 ore, che dovranno scadere alle due di notte di lunedì; quindi, praticamente, avremo a disposizione per predisporre la convalida o il direttissimo solo la domenica. Immaginate voi il magistrato di turno che, per carità, sarà reperibile, i carabinieri o i poliziotti, che devono istruire sommariamente questa pratica - non so cosa debbano fare il sabato o la domenica -, e i difensori. Qui c'è una violazione palese dei diritti della difesa: il difensore di fiducia non sempre sarà immediatamente reperibile il sabato notte o la domenica. Non avendo il tempo minimo per leggere le carte, probabilmente, non potrà partecipare e, quindi, l'imputato, a cui noi, da un lato, vogliamo garantire dei diritti, si vedrà privato del diritto fondamentale di essere assistito dal difensore di fiducia. Quest'ultimo verrà sostituito da un difensore d'ufficio, il quale, poiché non è pagato o non lo è, certamente, in modo adeguato, alle due di notte di sabato o al primo pomeriggio di domenica, non sarà disponibile e, quindi, si andrà a scalare su tutta la lista dei difensori d'ufficio. Questo per dire le vicende pratiche che si verificheranno, e che non si sarebbero verificate con il vecchio termine che, onestamente, mi sembrava non troppo afflittivo.
Andiamo avanti ancora. Parallelamente a questo provvedimento, abbiamo rinnovato quella sorta di scandalo, ormai, di barzelletta, direi io, dei braccialetti elettronici: 9 milioni di euro spesi per rinnovare dei braccialetti che non servano a niente, per ammissione di tutti. A cosa serviva ciò? Con 9 milioni di euro, si potevano assumere degli ausiliari di Polizia penitenziaria e/o di Polizia di Stato e/o dei carabinieri e pagarli per un anno per svolgere almeno quel minimo lavoro di sorveglianza ai domiciliari. Ne avremmo assunti circa 200 - ho fatto un conto sommario -, che avrebbero potuto vigilare, loro sì, fisicamente, i detenuti ai domiciliari.
I domiciliari sono una misura certamente prevista, ma con una limitazione non da poco: il domicilio dell'indagato deve insistere nell'ambito del circondario. Vorrei fare l'esempio di una località che tutti conoscete: se uno viene arrestato a Pesaro, ma ha la residenza a Cattolica, non può essere mandato agli arresti domiciliari, perché, benché sia distante solo 20 chilometri, è già in un altro circondario. Quindi, questo signore, comunque, finirà in carcere o nella camera di sicurezza del tribunale di Pesaro. Questo per fare un esempio; ce ne sono di tutti i colori.
Per quanto riguarda gli ospedali psichiatrici giudiziari, siamo tutti d'accordo che sono una stortura epocale, su questo non c'è dubbio; ma, vi sembra normale che un problema che non si risolve, si può dire, da cinquant'anni - ma credo anche di più - si possa risolvere con un decreto-legge, con un decretino - qualcuno può pensare che io faccia dell'ironia, ma dico decretino nel senso che è piccolo, è dimensionalmente molto ridotto. Questo decreto-legge interviene sugli OPG, sostituendo una struttura infame, desueta e scandalosa, che esiste da tanti anni, per metterci cosa? Boh! Ancora una volta, in Italia, come spesso accade, buttiamo giù quello che c'è, che sarà brutto ma almeno è qualcosa, e lo sostituiamo con qualcosa che è di là da venire. Oggi abbiamo sei strutture a livello nazionale, che possono essere considerate poche o tante; secondo me, per 1.387 persone non sono poi così insufficienti, dal punto di vista numerico; quindi, anziché investire nella loro riqualificazione, nella loro riorganizzazione e nella loro umanizzazione, cosa facciamo? Noi queste sei strutture le spacchettiamo in venti strutture, perché nel momento in cui le affidiamo ai servizi sanitari regionali, in ipotesi, arriviamo a venti diversi luoghi dove i trattamenti verranno effettuati. È vero che la norma prevede un periodo transitorio di due anni, per cui i Pag. 88primi due anni le varie strutture si faranno carico dei territori viciniori, ma è altrettanto vero che è una disposizione che, a mio avviso, avendo aspettato cento anni, si poteva aspettare qualche altro mese o un anno, e fare una cosa più organizzata. Avremmo dovuto prima creare il contenitore in cui mandare questi signori, e poi chiudere gli ospedali psichiatrici giudiziari esistenti.
Con un'altra norma si estende il diritto di visita al carcere senza preavviso ai parlamentari europei, però ci si dimentica di specificare che sono parlamentari europei «italiani». Non è che i parlamentari europei faranno a pugni per venire a visitare il detenuto in cella di sicurezza, che ci sta anche poco ma, dal punto di vista formale, è una ineleganza quanto meno singolare. Il deputato inglese viene a visitare le carceri italiane (con questa norma può farlo), viceversa, essendo noi come sempre italiani che dimenticano l'articolo della Costituzione che prevede la condizione di reciprocità, il nostro eurodeputato non potrebbe andare a visitare le carceri inglesi, che sono tra l'altro abbastanza dure, a quanto mi risulta.
Sull'udienza di convalida ho già parlato. Per quanto riguarda ancora gli ospedali psichiatrici giudiziari, devo aggiungere che il destino alcune volte è cinico e baro, in questo caso lo è nei confronti di questo Governo, perché proprio oggi è accaduto un fatto che ha colpito in modo clamoroso l'opinione pubblica. Un signore che, colto da schizofrenia, ha ucciso a pugni, senza alcun motivo, una passante e cioè la prima persona che ha incontrato per strada - e pure dopo averlo annunciato, uscendo: «vado giù e ammazzo il primo che incontro» - è stato assolto, o meglio è stato condannato a cinque anni di OPG. Quindi, nel momento in cui questo Governo e questo Parlamento - non noi della Lega Nord Padania - approveranno questo provvedimento, dove lo manderanno questo signore? Attualmente in un OPG, ma poi, finiti i cinque anni, non si sa bene dove finirà, e soprattutto non si sa bene con che metodi verrà sorvegliato e, speriamo, curato (e comunque ho poca fiducia che per certi tipi di malattia la cura possa esistere veramente). Di fatto, questo signore tra cinque anni girerà per strada e, con la stessa identica noncuranza, voglio dire così, con cui, da ex pugile, ha ucciso a pugni una donna, spaccandole il cranio e slogandosi le mani, data la violenza dei colpi, potrà domani mattina incontrare ciascuno di noi, speriamo di no, e magari riservarci lo stesso trattamento. Questa è una delle conseguenze a cui andremo incontro con questa norma. Mentre oggi almeno avremmo la certezza che dentro un OPG questa persona verrebbe vigilata, chissà cosa faranno poi le regioni che, notoriamente, non sono il top per quanto riguarda l'organizzazione di certi servizi, specie in materia sanitaria. Cosa faranno? Non lo so e anche questo è un punto che vedremo che frutti darà.
Altro problemino: la legge prevede la modifica delle norme di attuazione dell'articolo 123 del codice di procedura penale, e introduce il principio sacrosanto - che già c'era, veramente - per cui l'udienza di convalida e l'interrogatorio si svolgono nel medesimo luogo in cui si svolge l'interrogatorio. Porto ad esempio un caso di scuola, ma che potrebbe verificarsi in una città di medie dimensioni, in cui cinque persone vengono arrestate contemporaneamente e non possono usufruire della detenzione domiciliare e altre cinque persone invece possono usufruire della detenzione in camera di sicurezza. La norma prevede che il magistrato possa portare questi dieci fermati e imputati presso di sé, ma cosa succederebbe in questo caso?
Succederebbe che mentre i cinque che sono agli arresti domiciliari è previsto che il magistrato possa farli accompagnare in tribunale - presumo -, quelli che, invece, sono nelle camere di sicurezza, dovrebbe interrogarli direttamente lì. Quindi, si potrebbe verificare - chiaramente faccio un caso di scuola, ma questo è - che i cinque che sono a casa bisognerebbe andare a prenderli e, siccome per portante un detenuto ci vogliono almeno tre uomini di scorta - perché questa è la normativa, se non ricordo male, almeno tre, più uno che Pag. 89guida il pulmino - o si utilizza una specie di scuolabus per imputati e si fa il giro delle cinque abitazioni - che potrebbero essere anche molto distanti, perché parliamo di un circondario di tribunale - ovvero si mandano cinque pattuglie di polizia penitenziaria, carabinieri o polizia a prenderli uno per uno per portarli in tribunale. Quindi, per prenderne cinque bisognerebbe mobilitare, in teoria, quindici più cinque, in totale venti uomini: non mi sembra un grande passo avanti nella sicurezza.
Tuttavia, sono sicuro che, con il buonsenso che caratterizza molti dei nostri magistrati, anzi la maggioranza dei nostri magistrati - checché ne dica qualcuno - costoro convocheranno tutti in tribunale, così come avviene adesso. Ma se in teoria il magistrato applicasse la legge, fatte le prime convalide di quei signori mandati a prendere uno per uno a casa dalla penitenziaria - e riaccompagnati a casa, a questo punto, perché, evidentemente, se non hanno una pena superiore ai diciotto mesi, ritornano a casa, questa volta come condannati, perché magari hanno patteggiato - poi egli dovrebbe andare nelle cinque camere di sicurezza a fare a ciascuno la convalida nel luogo dove il detenuto si trova e, quindi, il povero magistrato, che ha passato la notte ad attendere e a smaltirsi nelle sue famose quarantott'ore le convalide di cui sopra, poi, magari, si trova a fare un po' di touring nelle varie camere di sicurezza, per fare lì le convalide.
Queste sono osservazioni che sono venute da un'analisi sommaria, ma sono certo che poi l'esegesi giurisprudenziale troverà moltissime altre lacune. E tutto questo per ottenere cosa? Per ottenere una cosa molto semplice, cioè salvare con una foglia di fico la coscienza di questo Governo, il quale si è impegnato di fronte l'opinione pubblica ad ottenere dei risultati, ma poi, si è reso conto che fare quello che chiedono i radicali, cioè fare un indulto, sarebbe stato politicamente molto difficile. Noi della Lega Nord Padania, naturalmente, siamo da sempre contrari a forme di clemenza, mentre siamo molto favorevoli a superare il problema alla radice, cioè costruendo nuove carceri o strutture temporanee. Noi siamo, comunque, per risolvere in modo definitivo il problema, per tirare avanti si potevano usare altri metodi. Ma questo Governo non ha avuto il coraggio di adottare un provvedimento di indulgenza e, quindi, sta adottando un provvedimento che, alla fine, non servirà a nulla.
Inoltre, in merito alle stranezze che vi sono in questo provvedimento, caratterizzato, come dicevo, dal «vorrei, ma non posso», si prevede alla lettera b-bis) dell'articolo 2, il dibattimento a distanza. Si immagini che in questo brevissimo lasso di tempo, cioè quarantott'ore - che potrebbero cadere a cavallo tra la notte di venerdì e quella di lunedì e, quindi, in un periodo feriale - noi, che riusciamo a fare i procedimenti in teleconferenza solo per i grandi processi di mafia, o comunque per gli imputati eccellenti, in questo lasso di tempo dovremmo svolgere il procedimento in teleconferenza. Infatti, secondo tale articolo «la partecipazione al dibattimento avviene a distanza anche quando si procede nei confronti di detenuto al quale sono state applicate le misure di cui dell'articolo 41-bis».
Immaginiamo che in questo caos, che si genera per tutte le ragioni che ho appena espresso, addirittura inseriamo la teleconferenza.
Poi, l'ultima cosa - ultima, ma non ultima - è chiaramente quella della sostituzione del termine di un anno con quello di diciotto mesi. Dato il tipo di reati che potenzialmente possono essere sanzionati in questa maniera, ci si chiede davvero, con una pena di diciotto mesi, chi verrà più punito. Un anno era un termine, diciamo così, già alto, ma portarlo a diciotto mesi significa che con un minimo di gioco procedurale, richiesta di qualche rito abbreviato e qualche attenuante, praticamente non metteremo più in carcere - ma neanche in carcere, non metteremo agli arresti domiciliari -, praticamente nessuno.
È un indulto, voi lo volete spacciare come qualcosa d'altro, ma è evidentemente Pag. 90un indulto mascherato, perché si rivolge ad una platea di imputati che non rischiano vent'anni di galera. Si rivolge ad una platea di imputati che hanno pene, comunque, certamente di non elevatissima entità. Ergo, con la previsione dei diciotto mesi, voi capite che con un'attenuante, un rito abbreviato, parliamo tranquillamente di pene che rientrano tra i tre anni e mezzo e i quattro anni, e quindi è chiaro che non entrerà in carcere più nessuno.
Infine, dell'ingiusta detenzione ho già detto, ma è altrettanto strano e singolare che si fa retroagire il diritto al risarcimento addirittura a venticinque anni fa, e poi si danno solo sei mesi per presentare domanda. Cioè, la vittima dell'ingiusta carcerazione, che ha avuto la sua sentenza divenuta definitiva il 1o luglio 1988 o dopo, poi ha solo sei mesi per chiedere conto allo Stato di questa sua ingiusta detenzione. A quel punto lì si poteva dare un termine più congruo o, perlomeno, prescindere addirittura da un termine comunque così esiguo per chiedere appunto il risarcimento per questa ingiusta detenzione che, ricordiamolo, non è che viene fatta dallo Stato pro bono pacis, viene fatta dallo Stato perché è stato gravato, nell'ultimo anno, se non ricordo male, da oltre 110 milioni di euro di risarcimento inflittici dalla Corte europea dei diritti dell'uomo.
Quindi, non solo non si sono eliminate le cause strutturali di queste sanzioni continue, ma addirittura si pensa di mettersi a posto la coscienza con una norma retroattiva, ma retroattiva poi non si sa perché al 1o luglio 1988, senza incidere su quelle che sono le cause del problema.
Come dicevo all'inizio, è un provvedimento «scarica barile» che vuole scaricare poi il problema dal Ministero della giustizia al Ministero dell'interno perché, in definitiva, quell'azione di sorveglianza, trasporto e vigilanza che viene sottratta alla polizia penitenziaria, viene scaricata, come ha ricordato giustamente il vice capo della polizia, sulla polizia o sui carabinieri, sul Ministero dell'interno. Diciamo così: è una partita di giro all'interno del comparto sicurezza che, di fatto, non porta ad un miglioramento, anzi, secondo me, a conti fatti, porterà ad un peggioramento del bilancio della sicurezza, perché molti più uomini dovranno essere impiegati per sorvegliare questa gente ai domiciliari.
Di un'altra cosa non siamo stati capaci; leggevo l'altro giorno che negli Stati Uniti persino le scuole usano dei braccialetti elettronici che segnalano quello che mangia l'alunno. Una misura di sicurezza che negli Stati Uniti viene utilizzata nelle scuole di New York per segnalare cosa mangiano i bambini e per evitare che vadano in soprappeso, nel nostro Paese in dieci anni non si è riusciti a farla funzionare, perché anche lì, caro Governo, dovevi intervenire sulla causa. Finché tu metti una norma per cui il braccialetto elettronico può essere utilizzato per sorvegliare una persona ai domiciliari, o che sta scontando la pena, solo con il suo consenso, francamente è come il classico esempio di chiedere ai tacchini di anticipare l'arrivo del Natale: è chiaro che non lo daranno il consenso, e d'altronde perché dovrebbero darlo?
Chi fa un po' di pratica penale sa benissimo che molti di quelli che sono ai domiciliari, un minuto dopo che è passata la pattuglia, sapendo perfettamente che per tutta la sera non tornerà, salvo proprio casi sfortunati, bellamente se ne vanno in giro a fare le loro cose o a commettere altri reati.
Proprio ieri o l'altro ieri è capitato un caso di un signore che ha compiuto un grave reato proprio evadendo dagli arresti domiciliari. Si dice che pochi evadono. È così perché, essendoci pochissimi controlli, è molto difficile essere beccati fuori. Questo lo sanno perfettamente tutti quelli che esercitano la professione penale perché glielo dicono a volte gli stessi clienti imputati. Escono perché tanto è chiaro che, quando passa la pattuglia alle otto di sera, fino al giorno dopo non arriva nessuno e, quindi, possono andare tranquillamente in giro. Certamente, si rischia qualcosa, ma questa è una delle spiegazioni per cui non molti evadono.
Ma questo accade soprattutto per chi vive in certe condizioni. Penso sempre alle Pag. 91Vele di Scampia dove praticamente la sorpresa da parte delle forze dell'ordine è impossibile per la configurazione dei luoghi. È di tutta evidenza che la misura è inefficace. Non si capisce perché questo Governo di tecnici non riesce (visto che abbiamo rinnovato il contratto con la Telecom a 9 milioni se non ricordo male) a far funzionare questi braccialetti elettronici. La cosa incredibile è che tutti i telefonini di ultima generazione hanno inserito al loro interno un GPS, quindi un segnalatore di posizione. Addirittura se ti rubano o smarrisci un iPad o un prodotto tecnologico di quelli che ho appena richiamato, direttamente dal tuo computer puoi vedere dov'è.
È chiaro che un uomo potrebbe usare mille artifizi per nasconderlo, ma la tecnologia possiede ormai, a livello di consumatore, il bagaglio tecnico per individuare un oggetto e, quindi, anche una persona. Eppure, il nostro Paese è uno dei principali che fornisce tecnologia e software. Non dimentichiamo che l'inventore del microprocessore è un italiano. Non riusciamo da dieci anni a far funzionare i braccialetti elettronici. Abbiamo speso un patrimonio, abbiamo rinnovato questo contratto e ancora non riusciamo.
Questa è una cosa che invito il Governo a fare subito, presto e bene perché si può fare, si dovrebbe fare con poca fatica e poca spesa in rapporto ai benefici che ne deriverebbero; anziché inventarci norme di questo genere che, a tutto dire, provocheranno secondo me più problemi di quelli che risolvono. Hanno un effetto immediato evidente: la deflazione di qualche migliaio di unità dal carcere. Ma nel prosieguo vedremo che quel piccolo vantaggio iniziale verrà poi perduto per le complicazioni.
Poi immagino le conseguenze per quel povero magistrato che dovrà fare questo lavoro in 48 ore col patema di dover evitare anche la sanzione disciplinare. Vi rendete conto di che cosa significa fermare una persona che non ha documenti, identificarla, magari di sabato notte o di domenica quando anche gli uffici di polizia sono meno guarniti del solito (che poi è il momento in cui spesso accadono di più le vicende che interessano questo tipo di reati che probabilmente incapperanno nelle norme comprese in questo provvedimento)?
Quindi, il nostro giudizio come Lega Nord è certamente negativo. È questa la ragione per cui voteremo contro questo provvedimento, invitando naturalmente il Governo a ritirarlo e magari a pensare a qualcosa di nuovo. Oppure invitiamo il Parlamento ad affossarlo definitivamente in un sussulto di dignità oppure di mandarlo al Senato perché venga ulteriormente migliorato, anche perché il testo iniziale presentava alcune cose ancora peggiori. Quindi, come è noto, al peggio non c'è mai fine. Però il meglio si può sempre perseguire ed è doveroso farlo. Quindi, con questo concludo il mio intervento e auspico un voto conforme al senso del discorso che ho appena fatto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole D'Amico. Ne ha facoltà.

CLAUDIO D'AMICO. Signor Presidente, signor ed unico rappresentante del Governo, colleghi, questa sera noi deputati della Lega Nord Padania stiamo portando avanti una nostra operazione di esplicitazione, ai cittadini di questo Paese, di un fatto molto grave che sta avvenendo. La portiamo avanti con un disinteresse quasi totale da parte del Governo e, infatti, abbiamo visto che il Ministro della giustizia è stato presente a questa discussione, sulle linee generali, su un provvedimento, sul quale verrà posta sicuramente la questione di fiducia, solo per pochi minuti, forse un'ora, in questo tardo pomeriggio. Poi, i banchi del Governo sono risultati assolutamente vuoti se non per la presenza almeno di un sottosegretario, che ringrazio, perché almeno lui è rimasto qui con noi a permettere a questa seduta di andare avanti. Probabilmente, come qualche mio collega suggerisce, sarebbe anche andato da un'altra parte se non vi fosse almeno l'obbligo della presenza di un rappresentante del Governo. Pag. 92
Questo Governo è nato in un modo anomalo, perché il Governo legittimo, uscito dalle elezioni che hanno portato alla vittoria di una coalizione, formata da Lega Nord Padania e Popolo della Libertà, è stato ribaltato da una manovra di palazzo che ha fatto sì che un certo numero di parlamentari, eletti con la maggioranza e sotto le liste del Popolo della Libertà, siano passati da altre parti. Il Governo che, invece, era stato legittimamente eletto e che ha lavorato per molto tempo seguendo i programmi che i cittadini hanno votato - e uno di quei programmi concerneva la lotta alla criminalità - ha portato significativi risultati. Devo ricordare che il Governo uscente è stato l'Esecutivo che ha portato il maggior numero di mafiosi nelle patrie galere. Questa grande operazione di lotta alla criminalità ha portato dei risultati, tra i quali anche quello di riempire le carceri.
Sì, signori, perché le carceri non si riempiono per caso, infatti questi «poveracci», che sono chiusi nelle carceri e che vivono male in quel brutto posto, non ci arrivano per caso o per sorteggio. Quelle persone ci arrivano perché hanno commesso dei reati e perché qualcuno, che di lavoro fa l'agente di polizia, il carabiniere o, comunque, appartiene alle forze dell'ordine, ha fatto in modo che, con il duro lavoro, quelle persone venissero assicurate alle patrie galere.
Quindi, se troviamo le carceri piene è perché vi è stato un lavoro per riempirle e perché probabilmente sul nostro territorio ci sono molti cittadini di questo Paese e di altri Paesi, visto che il 40 per cento ormai dei detenuti sono stranieri, che vengono sul nostro territorio a delinquere. Dunque, ringraziamo le forze dell'ordine che hanno causato questo problema del riempimento delle carceri.
Il nuovo Governo, pertanto, arriva in una situazione che era positiva, poiché vi era un trend positivo nella lotta alla criminalità. Il nuovo Governo, però, arriva senza una legittimazione popolare, senza un programma sottoscritto dai cittadini di questo Paese ma con un obiettivo forte, quello di combattere la crisi. Un Governo tecnico, non politico, quindi, che deve prendere decisioni importanti per fronteggiare la crisi. Ci aspettavamo e ci aspettiamo che il Governo faccia questo.
Siamo stati contrari ai provvedimenti che ha adottato il Governo in quel settore, però almeno possiamo dire che erano argomenti per i quali quel Governo è stato votato da questo Parlamento e per i quali si è insediato. Una grande maggioranza votò la fiducia - non noi della Lega Nord Padania - a questo Governo espressamente con queste finalità e non con finalità politiche.
Ora questo Governo si trova ad affrontare un problema tra i tanti, che è quello, come dicevamo prima, del sovraffollamento delle carceri.
Questo Governo ha iniziato a parlare di diritti umani, di diritti dei carcerati e quindi è arrivato a proporre norme per «alleviare» queste problematiche. Ma, signori, devo constatare tuttavia che di fronte ai cosiddetti diritti di circa 60 mila persone detenute ci sono in modo predominante i diritti di 60 milioni di cittadini che sono diritti sanciti dall'articolo 3 della Dichiarazione dei diritti dell'uomo approvata dalle Nazioni Unite nel 1948. Infatti, all'articolo 3 si dice testualmente che uno dei diritti fondamentali dei cittadini e dell'uomo è quello della sicurezza ancora prima di tutti gli altri diritti, ancora prima degli articoli secondo il cui dettato ogni persona ha diritto ad un giusto processo dove può far presente le proprie posizioni. Prima di tutto questo, nel primo articolo che elenca i diritti vi è il diritto alla sicurezza. Quindi un Governo che vuole seguire la Dichiarazione dei diritti umani deve seguire in primo luogo l'articolo principale di quella dichiarazione, secondo il quale la sicurezza dei cittadini è uno dei diritti fondamentali e noi non stiamo assicurando la sicurezza dei cittadini.
Non l'assicuriamo sicuramente lasciando liberi dei carcerati, persone pericolose che sono finite in galera perché hanno commesso reati anche gravi. Non è facendo diventare ogni nostra abitazione un carcere che risolviamo il problema perché, attenzione, il diritto di noi cittadini Pag. 93alla sicurezza non vuol dire quello che sta avvenendo che siamo costretti - e in Padania soprattutto, ma non solo - a installare inferriate sempre più grosse alle nostre finestre, a installare antifurti sempre più potenti, ad assumere guardie giurate armate che vigilano la notte sulle nostre case. Infatti, stiamo arrivando al paradosso, e con questo provvedimento si va nella direzione del paradosso, di avere i delinquenti, i criminali liberi e i cittadini onesti chiusi in casa come in un carcere. Non si può più vivere con la finestra aperta, non certo in questo periodo, d'estate non è possibile aprire una finestra della propria abitazione perché qualcuno ti entrerà dentro e sarà impunito. Questo non è tollerabile. Quindi, prima di tutto, un Governo, se intende andare a toccare l'argomento dei diritti umani, dovrebbe seguire gli articoli della Dichiarazione dei diritti umani e quindi, in primo luogo, la sicurezza dei cittadini. Ma in questa situazione invece il Governo che cosa decide di fare? Decide di intervenire non a sostegno di tutti i cittadini ma di una parte di questi 60 mila circa cittadini italiani e, in buona parte, stranieri che vivono nelle carceri e fa diventare questo provvedimento di grande importanza, prima approvandolo con un decreto-legge e poi cercando di portarlo avanti senza neanche un dibattito parlamentare a colpi di fiducia. Questo è molto grave perché questo Governo interviene, un Governo tecnico, su una materia assolutamente politica che è quella della decisione di come agire nei confronti dei carcerati, se tenerli dentro, se farli uscire, se costruire altre carceri perché i metodi sono diversi. Questo Governo interviene seguendo una linea politica che è quella non del rigore e quindi di prevedere che comunque tutti i delinquenti rimangano in carcere ma con provvedimenti che prevedono che queste persone abbiano sempre più benefici per poter scontare sempre meno in carcere e sempre più in altri luoghi come il proprio domicilio che in alcuni casi ricordiamolo è le roulotte del campo nomadi.
La cosa grave che questo Governo sta facendo è intervenire con un provvedimento assolutamente politico - un Governo tecnico, un provvedimento politico - che necessitava, invece, di un Governo politico votato con un programma che avrebbe dovuto prevedere espressamente delle indicazioni in questo senso; e solo dopo un voto positivo da parte dei cittadini un Governo così legittimamente eletto avrebbe potuto intervenire in questo settore, ma non in questo caso, un Governo tecnico che si sottrae anche al dibattito parlamentare.
Sottrarsi al dibattito parlamentare è un elemento molto grave: è già successo per altri provvedimenti economici, ma in questo caso era ancora più importante per un Governo che non ha avuto il suffragio dei cittadini ascoltare e lasciare che il Parlamento si esprimesse anche presentando emendamenti. Infatti, se andiamo a guardare come questo provvedimento affronta il problema, ci rendiamo conto che di problemi ce ne sono tanti e sarebbe stato assolutamente necessario ed utile lasciare il Parlamento libero di esprimersi sui tanti emendamenti presentati dal nostro gruppo ed anche dagli altri gruppi.
In questo provvedimento troviamo alcuni passaggi veramente forti, come quello di prevedere che per tutti i casi di flagranza di reato per reati di competenza del giudice monocratico non vi è più l'arresto, ma la persona che viene colta mentre commette il reato deve essere portata ad aspettare in attesa di giudizio in casa sua, ripeto magari ancora la roulotte di cui parlavo prima.
Questa è una cosa molto forte: se non in casa perché non ce l'ha, in una cella che dovrebbe essere allestita presso la polizia giudiziaria, cioè in un commissariato o in un posto di questo tipo. In questo caso in Commissione bilancio (ma non solo in questo caso, vi dirò anche in quali altri casi) abbiamo rilevato dei gravi problemi di copertura: non solo queste previsioni sono molto pesanti perché violano i diritti alla sicurezza dei cittadini, perché lasciano liberi o eventualmente agli arresti domiciliari e non in carcere o in custodia, non in carcere ma nell'abitazione, i delinquenti - quindi con la facilità anche di poter Pag. 94evadere, uscire e commettere ancora reati - ma anche perché questi provvedimenti hanno un vulnus di copertura.
Questo è stato evidenziato in Commissione bilancio la quale, dopo un esame approfondito del provvedimento, ha preparato un dossier di numerose pagine con diversi appunti. Vi voglio solo leggere e sottolineare uno dei tanti appunti che sono stati fatti questa mattina in aula di Commissione. Per quanto riguarda proprio l'articolo che prevede che il reo, colto in flagranza di reato, non venga più portato in carcere in attesa di processo, ma possa essere custodito presso la sua abitazione o eventualmente, se non ha abitazione, presso una camera di sicurezza presso la polizia giudiziaria, il servizio studi della Commissione bilancio ci dice: si rileva che non sono state fornite informazioni circa il possibile impatto delle norme in sede applicativa. Al fine di poter valutare tali effetti occorrerebbe disporre di ipotesi suffragate da dati ed elementi di valutazione circa il numero dei detenuti che a regime si presume saranno custoditi presso le camere di sicurezza, nonché circa la durata della loro permanenza media all'interno delle camere di sicurezza.
Infatti, l'onere a carico delle forze di polizia che effettuano l'arresto appare collegato all'incidenza delle predette ipotesi e alla conseguente rilevanza del nuovo compito di natura istituzionale assegnato dalle norme. Inoltre, ai fini della stima di tali oneri, occorre considerare non solo le esigenze di adeguamento delle strutture, bensì lo svolgimento di funzioni per le quali le forze di polizia diverse dalla polizia penitenziaria potrebbero non disporre delle necessarie risorse, anche di natura strumentale. Ecco, questo è uno dei vari appunti che sono stati fatti dalla Commissione bilancio, ai quali il Governo ha fornito delle spiegazioni molto, molto generiche. Addirittura, la cosa più grave è che, nonostante fosse stata chiesta sempre in Commissione bilancio questa mattina, la relazione tecnica aggiornata dopo le modifiche introdotte al Senato, quindi dopo l'impossibilità di tenere valida la prima relazione tecnica che corredava questo provvedimento, nonostante le assicurazioni del Governo e nonostante le assicurazioni e le richieste del relatore in Commissione bilancio, la relazione tecnica non è arrivata e il Governo con un atto repentino, mentre - questo è un fatto grave - l'Aula aveva già iniziato i lavori, quindi avremmo dovuto sospendere i lavori della Commissione, pur di arrivare a un parere, ha preteso che il parere fosse votato, anche in mancanza della relazione tecnica e fornendo chiarimenti generici relativamente a tutte le coperture. Addirittura, quando la Lega ha proposto che venisse almeno inserito nel parere il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione, quindi che fosse previsto per norma, legandolo a norma costituzionale, che non ci sarebbero stati ulteriori oneri per la pubblica amministrazione, questa previsione volutamente non è stata inserita, per volontà del Governo. Questo è un fatto che ritengo grave, perché non solo queste norme prevedono delle libertà troppo spinte rispetto a quelle attuali per gli autori di reati, ma addirittura sono state predisposte senza tenere debito conto delle coperture. Tutto quello che sto dicendo è suffragato dai verbali della Commissione bilancio, ma vi dirò di più: il relatore in Commissione bilancio, onorevole Mantovano, nel suo parere ha posto delle condizioni, almeno per cercare di porre rimedio ad alcuni macroscopici errori o sviste. Quindi, ha subordinato il suo parere favorevole a delle condizioni. Il Governo non ha voluto inserire anche quella del rispetto dell'articolo 81 della Costituzione, ma in questo parere delle condizioni sono state inserite. Ecco, signori, lo stesso relatore oggi con dei comunicati stampa ci ha fatto sapere che presenterà anche degli emendamenti a questo provvedimento e che chiederà che queste condizioni siano recepite dal Governo. Ma quello che si preannuncia invece non è questo, perché, per quello che si riesce a capire dai comunicati stampa usciti dopo l'ultimo Consiglio dei ministri, quello che noi ci apprestiamo a votare domani o dopodomani, se domani mattina verrà posta Pag. 95la fiducia, è un provvedimento che non terrà conto di tutte queste richieste. Questo sarebbe molto grave. Questo per correre dietro e per evitare che il decreto-legge non decada. Quando si fanno le cose male, signor sottosegretario e signor Ministro che non c'è, forse bisogna anche capirlo e, al limite, avere il coraggio di ritirare le cose fatte male e sbagliate.
Qui siamo proprio in questa fattispecie di cose fatte male - da componente della Commissione bilancio lo dico soprattutto per quanto riguarda le coperture - e fatte male anche perché si va a toccare in modo pesante qualcosa per cui questo Governo non ha avuto mandato da nessuno, se non da un Parlamento che ha votato una fiducia, che però era una fiducia per fare un qualcosa che non era questo. Il minimo è che in questo caso, ovvero affrontando un tema politico, si desse la possibilità al Parlamento di esprimersi in tutta la sua facoltà.
Ma c'è ancora di più. Le coperture che sono state previste sono assolutamente sconcertanti, perché vanno ancora a togliere a chi ha bisogno. Infatti, addirittura si sono andati a toccare gli stanziamenti che erano stati previsti per i risarcimenti a favore dei danneggiati da trasfusioni di sangue. Persone che hanno contratto malattie a causa di trasfusioni di sangue avevano la possibilità di ottenere degli indennizzi, in quanto per loro fu previsto un fondo, e questo fondo viene prosciugato per andare a coprire spese dovute a questo provvedimento.
Non si tratta solo dei danneggiati da trasfusioni di sangue, ma si è andato anche a toccare un qualcosa che va a prendere e a mettere mano in tasca a tutti i cittadini ed alle proprie dichiarazioni dei redditi. Infatti siamo andati, o meglio siete andati a coprire una parte di questo provvedimento, attingendo fondi dell'8 per mille. Quando i cittadini firmano per devolvere una parte del loro reddito allo Stato, lo fanno pensando che quella parte di reddito potrà andare ad un ente locale, ad un comune, magari al loro comune, per realizzare qualche opera che in caso contrario non si potrebbe mai realizzare.
Dico ciò come sindaco perché l'8 per mille è una grande risorsa per gli amministratori locali ed andare a toccare i fondi dell'8 per mille è vergognoso. Per fare cosa? Per permettere a dei delinquenti di non stare in cella. Questo è ancora più vergognoso.
Quindi, questo provvedimento rappresenta un vulnus non solo politico per quello che si sta facendo, ma anche tecnico di copertura, rispetto a come si è coperto quello si andava a coprire.
Vi è un'altra cosa che ci ha lasciato sbigottiti, per quanto concerne l'articolo che prevede che il residuo di pena necessario per poter andare agli arresti domiciliari passi dai 12 mesi ai 18 mesi. La relazione tecnica presentata al Senato ed allegata al testo, verifica che dovrebbero esserci 300 mila euro al giorno di risparmio. Perché, allora, non siamo andati a coprire le spese con questi risparmi? No! Queste entrate andranno tutte all'amministrazione della giustizia e non si sa per quale voce. Si va, invece, ad attingere ai fondi stanziati per i danneggiati da trasfusioni, si va a prendere dall'8 per mille, senza prendere quello che dovrebbe entrare. Questo è un altro problema grave che abbiamo evidenziato in Commissione bilancio.
Ma c'è di più. Quando si vanno a toccare, come in questo caso, e si modificano i metodi di reazione dello Stato ai comportamenti devianti, si producono, caro rappresentante del Governo, anche significativi risvolti sociali, soprattutto in un mondo dove ormai i confini non esistono quasi più. Quindi, quando noi permettiamo che chi viene preso in flagranza di reato non sia neanche tradotto in carcere, ma sia tradotto a casa sua, facciamo sì che questa diventi un'operazione di immagine, di incentivazione ai delinquenti da tutta Europa o da tutto il mondo a venire a delinquere in questo Paese, perché stiamo dando la sensazione dell'impunità.
E sappiamo benissimo che ormai in tutta l'Unione europea, grazie a Schengen che ha tolto le frontiere, non ci sono più neanche controlli e quindi un delinquente Pag. 96si muove anche in base a dove sarà toccato in modo più leggero dalla legge. Per questo ci troviamo poi ad avere il 40 per cento dei carcerati stranieri, e addirittura nelle regioni del nord arriviamo fino al 70 per cento. Di fronte a tutto questo, invece di inventare qualcosa di nuovo, il Governo è andato sulla cosa più semplice: lasciare fuori quelli che sono in carcere. Ma, signor rappresentante del Governo, c'erano tanti altri metodi per intervenire in questo settore, perché questo metodo che voi utilizzate non è risolutivo, servirà solo a lasciar fuori un po' di delinquenti ma, in poco tempo, quei tremila che usciranno, saranno già rimpiazzati da altri che arriveranno, forse gli stessi, che commetteranno altri reati, mentre bisognerebbe andare più a fondo per risolvere il problema.
E noi della Lega Nord Padania lo abbiamo detto come si può fare, ad esempio in ambito internazionale, signor rappresentante del Governo, in ambito OSCE. Ho qua un estratto della dichiarazione di Vilnius del luglio 2009, quando l'Assemblea parlamentare dell'OSCE che - lo ricordo brevemente, è l'unica assemblea parlamentare a livello mondiale che racchiude della stessa Aula, parlamentari russi, degli Stati Uniti e di tutti paesi europei, e quindi è un consesso importante al quale il nostro Paese partecipa con molta forza con la delegazione del Parlamento italiano - approvò una risoluzione, su proposta della Lega Nord Padania, intitolata: Risoluzione sulla cooperazione per l'esecuzione delle condanne penali, nella quale si invitano tutti i Paesi OSCE ad adottare strumenti negoziati, bilaterali o multilaterali, per il riconoscimento reciproco delle condanne penali, per poter fare scontare la pena ai condannati nei propri Paesi di origine. Facendo patti di questo tipo, visto che il 40 per cento dei carcerati sono stranieri, noi potremmo svuotare il 40 per cento delle nostre carceri tenendoci solo i carcerati italiani e non anche quelli rumeni, bulgari, eccetera. Questo sarebbe un metodo importante: si prende un sottosegretario alla giustizia e uno agli esteri e li si manda ogni settimana in uno Stato diverso, con una risoluzione di questo tipo, partendo dagli Stati appartenenti all'OSCE - che quindi dovrebbero utilizzare questa risoluzione come elemento di sviluppo delle proprie politiche in questo settore - a cercare di concludere degli accordi, che permettano di non lasciare liberi i delinquenti, ma che cerchino di fargli scontare la pena nel loro Paese. Visto che sono cittadini di quel Paese è il minimo che si possa fare e noi faremmo lo stesso con i nostri cittadini che eventualmente siano arrestati e condannati in un paese straniero.
Oppure un'altra possibilità potrebbe essere quella di costruire carceri - ricordo che dovrebbero esserci 600 milioni di euro stanziati già dal Governo precedente per questo - perché se c'è necessità di tenere le persone in prigione, non è mandandole a casa che si risolve il problema, ma rimandandole nel loro Paese a scontare la pena, oppure costruendo nuove carceri...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

CLAUDIO D'AMICO. Volendo, si potrebbe anche - sto per concludere, signor Presidente - pensare di costruire carceri, come abbiamo già fatto in Albania, dove noi abbiamo costruito un carcere ad uso del Governo albanese. Potremmo, sempre con accordi bilaterali, costruire noi carceri in un Paese straniero, magari pagando un servizio di vigilanza a prezzi di costruzione del carcere e di mantenimento del detenuti - ovviamente nel rispetto di tutte le norme internazionali sui diritti del detenuto - e potremmo in questo modo avere un luogo di detenzione ad un costo molto ridotto rispetto a quello che abbiamo noi qua in Italia.
Perché non capisco, se possiamo trasferire un detenuto da Milano magari a Palermo in un carcere a Palermo, il motivo per cui non possiamo mandarlo magari a Tirana o in un Paese dell'Unione europea ancora più vicino, dove magari ci costerebbe di meno. Il trasporto più o meno costerebbe lo stesso, anzi forse meno, ma la detenzione e il mantenimento di quelle persone sarebbe molto più economico. Pag. 97Per tutti questi motivi, signor sottosegretario, noi della Lega Nord siamo qui stanotte per poter esprimere questi concetti ed il nostro disappunto totale rispetto ad un provvedimento gravissimo che va a minare le fondamenta del nostro Stato che sono la sicurezza e la libera e pacifica convivenza tra i cittadini.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Rossomando. Ne ha facoltà.

ANNA ROSSOMANDO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intanto comincio con il dire che il titolo del provvedimento ovviamente non è «svuota carceri» ma è un titolo vorrei dire più tecnico e cioè misure contro l'emergenza del sovraffollamento. Ma la precisazione è solo per dire che è un provvedimento che vuole intervenire su un'emergenza al di fuori di ogni retorica, non solo argomentativa ma anche di approccio, e che interviene puntualmente su alcune ben individuate questioni che - ahimè - ancora una volta hanno un contenuto strettamente tecnico. Mi corre l'obbligo di fare una precisazione malgrado la fatica dell'ora tarda, perché spesso purtroppo il diritto ha questo vizio per il quale noi usiamo il termine «combinato disposto,» che purtroppo ha un suo perché. Lo dico a beneficio del collega Paolini e di altri perché con riferimento alle norme è vero che si incrociano un po' gli occhi e non è semplicissimo - lo ammetto - però poi vi sono delle conseguenze.
Vengo subito al punto. Quanto alla questione del luogo dove deve svolgersi l'interrogatorio, dove deve andare il giudice, le paventate storture, i problemi e via seguitando, in realtà, la questione può essere semplificata come segue. L'articolo 2, che è quello che stabilisce che l'interrogatorio deve svolgersi nel luogo dove la persona è detenuta, esordisce, dicendo: «salvo quanto previsto dall'articolo 121 nonché dagli articoli 449 comma 1 e 558 del codice (...)», che è l'articolo che riguarda la convalida con contestuale giudizio direttissimo. Che cosa significa? Che quando c'è l'arresto in flagranza con il giudizio direttissimo la persona deve essere portata direttamente in udienza in un tempo più ridotto, cioè nelle 48 ore, e in quei casi (e solo in quei casi) si svolgerà il tutto, la convalida nel giudizio direttissimo, e in quel caso residualmente ci può essere la camera di sicurezza.
Quindi quando discutiamo di luogo dove il giudice deve andare, non andrà mai nella camera di sicurezza perché non stiamo parlando di giudizio direttissimo, perché si usa la parola «salvo» e quindi stiamo parlando di altri casi. Peraltro, nella prassi già si verifica in alcuni tribunali. Ad esempio, a Torino, quando vi è una paventata sequenza di arresti, ad esempio ben più di cinque, perché in alcuni venerdì notte e quando si fanno delle operazioni in certe zone della città per un certo numero di reati, si pongono in essere 15,16, 20 convalide di seguito e le si fanno tranquillamente in via Pianezza 300, al carcere di Le Vallette che oggi si chiama Lorusso e Cotugno. Questa precisazione è d'obbligo per la tranquillità del collega Paolini e non solo, ma è anche per dire che si interviene molto concretamente su alcuni punti. Sono punti che soddisfano e esauriscono completamente? Certamente no.
Vogliono però intervenire senza retorica su alcune questioni, su alcuni elementi, che sono la causa dell'emergenza sovraffollamento, perlomeno in parte. Innanzitutto, il problema cosiddetto delle «porte girevoli». Alla premessa che ho fatto, infatti, bisogna anche aggiungere che questo sovraffollamento spesso non è causato da persone che poi staranno o dovrebbero stare in carcere. Sul tema si può molto discutere, vorrei, però, tranquillizzare invece un altro collega sul timore di un problema di sicurezza dei cittadini. Molte di queste persone, infatti, sarebbero comunque uscite dopo due o tre giorni. Anche dal punto di vista della sicurezza dei cittadini non c'è niente di più devastante, dal punto di vista della sicurezza e della percezione, di sapere che una persona viene portata in carcere e dopo due giorni fatta uscire. Se vogliamo proprio discutere, quindi, seriamente di sicurezza, Pag. 98stiamo parlando di questo e l'intervento del provvedimento intende affrontare tale problema, cioè quello delle «porte girevoli», con alcuni accorgimenti, che non sono esaustivi, ma che sono puntati a ciò. La seconda questione, invece, riguarda l'estensione della detenzione domiciliare, a determinate condizioni, da 1 anno a 18 mesi, basandosi su una verifica, su un monitoraggio e su un provvedimento che noi abbiamo già approvato. E la terza questione riguarda gli ospedali giudiziari.
Voglio impiegare ancora pochi minuti per esprimere alcune considerazioni. Per un verso vi è, appunto, un intervento su un'emergenza che, però, ci dà delle linee anche per quello che noi vogliamo e auspichiamo siano poi delle linee di intervento più sistematico. Laddove, cioè, si comincia ad affrontare il problema della custodia cautelare e della detenzione in carcere complessivamente considerata, prendendo anche in considerazione per esempio gli arresti domiciliari, si ha un approccio che mi sembra importante per poi proseguire un intervento più di sistema su una differenziazione delle misure coercitive veramente a seconda della pericolosità e delle esigenze, in modo tale da arrivare ad una risposta. Qui, naturalmente, entra in gioco una concezione che legittimamente può essere diversa e, cioè, sono convinta che un approccio diverso alla pena detentiva è un provvedimento anche per la sicurezza dei cittadini, non a discapito della sicurezza dei cittadini, e che anche il trattamento penitenziario e, quindi, più umano, rieducativo e quant'altro, è un modo per far iniziare ad affrontare il problema della sicurezza dei cittadini anche dentro il carcere. E da questo punto di vista anche l'approccio sul provvedimento che, appunto, è molto concreto, sull'estensione da 1 anno a 18 mesi della detenzione domiciliare, per come l'abbiamo poi concepito, seppur in un modo imperfetto e perfettibile certamente, per esempio non rendendolo automatico e con una valutazione della condotta e del percorso, mi sembra indice di un cambiamento di passo e comunque di un'idea di approccio alla pena che vuol vedere nell'esecuzione della pena un percorso che, nella fase dell'esecuzione e non più della cognizione, può tener conto molto di più della personalità del soggetto, cosa che ovviamente è diametralmente opposta al momento del giudizio; tener conto della personalità e del percorso, in un processo di adeguamento che non mi piace definire, anche se tecnicamente più esatto, premiale, ma che mi piace definire come un qualcosa che si adegua e rende veramente la pena anche utile sotto il profilo della rieducazione, della riabilitazione e, quindi, anche della prevenzione.
Quindi, mi sembra che il provvedimento in esame per un verso non abbia l'ambizione di risolvere completamente il problema o per lo meno, nonostante il fatto che noi lo voteremo e comunque lo sosteniamo, sappiamo benissimo che non verrà risolta in toto la questione del sovraffollamento o l'annosa questione della detenzione in carcere. Pensiamo però che affronti una parte delle emergenze, ma soprattutto segni un cambiamento di passo, perché, comunque, si intravede un'impostazione che pensiamo possa guidare la discussione prossima in Parlamento per provvedimenti poi più di sistema sull'intera materia.
L'unico cruccio - e concludo - è appunto quello che hanno citato altri colleghi e che riguarda l'articolo 3-bis. Noi abbiamo riflettuto e peraltro avevamo delle perplessità, già quando è giunto il testo alla Camera, su questa formulazione. Pensiamo e diciamo anche al Governo - so che anche il sottosegretario qui presente da questo punto di vista ha espresso non solo un'attenzione, ma qualcosa di più, una disponibilità - che bisogna appunto farsi carico e porre un rimedio per un principio che non soltanto non è astratto e che riguarda quello che ovviamente dovrebbe essere ovvio, ma spesso e non sempre in questi ultimi tempi lo è stato, cioè quello del rispetto del dettato costituzionale, ma per il rispetto del principio di legalità, che sotto questo profilo sta sullo sfondo e che è la critica che viene mossa a questo articolo. Noi pensiamo che proprio quando si sta in un'ottica di Pag. 99garanzie e quindi si invoca giustamente, con riferimento a quello che avviene nelle carceri, il rispetto del principio di legalità, allora questo principio di legalità deve valere a tutto tondo, perché, altrimenti, rischia poi di esserci meno legittimazione nel richiederne il rispetto rigoroso. Da questo punto di vista, stiamo parlando di una norma strettamente processuale, e quindi le perplessità poste all'unanimità, come vorrei ricordare, dalla Commissione Affari costituzionali sono assolutamente serie, perché non si riesce ad intravedere una ragionevole motivazione per questa retroattività. Mi verrebbe da dire naturalmente che in altri campi su estensione in avanti o all'indietro di diritti vediamo che si incontrano ben altre resistenze, quindi vorrei che appunto l'attenzione fosse molto articolata su questo punto e non fosse soltanto di maniera, perché naturalmente non è un tecnicismo, ma è un problema di impianto generale e di sostanza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bernardini. Ne ha facoltà.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, signor sottosegretario e onorevoli colleghi, inizierò con una notizia che credo sia importante ai fini di questa discussione: l'Italia è stata oggi condannata dalla Corte europea dei diritti umani per aver sottoposto un detenuto a trattamento inumano e degradante. Il caso riguarda la reclusione nel carcere di Parma di Nicola Cara-Damiani, detenuto nonostante non potesse ricevere cure adeguate al suo caso né, data la paralisi alle gambe, muoversi agevolmente in sedia a rotelle, a causa della presenza di barriere architettoniche. Con questa sentenza, la Corte di Strasburgo, che ha condannato l'Italia anche a versare alla parte lesa un risarcimento di 10.000 euro, ha ribadito il principio secondo cui gli Stati hanno l'obbligo - ripeto: l'obbligo - di assicurare che tutti i carcerati siano detenuti in condizioni compatibili con il rispetto della dignità umana e avendo riguardo, per le esigenze pratiche della detenzione, di garantire che la salute dei carcerati sia salvaguardata in maniera adeguata.
Come delegazione radicale giriamo molto le carceri e vi assicuro che la mancanza di cure è una costante nel 90 per cento delle carceri italiane. Proprio recentemente, sono stata a Badu' e Carros: vi era un detenuto con un tumore alla prostata che, da un anno e mezzo, non riceveva le cure e i controlli che gli erano necessari. Trattamenti inumani e degradanti: questa è la condanna, l'ennesima condanna di oggi.
Ma voglio dare anche un'altra notizia, perché - caso strano - è passata poco sui mezzi di informazione, vi sono degli argomenti tabù dei quali non si può parlare. Ebbene, ieri, il Presidente del Senato, Renato Schifani, è andato a visitare il carcere di Regina Coeli, carcere che, con una precisa interrogazione parlamentare, noi della delegazione radicale avevamo denunciato e trasmesso al magistrato di sorveglianza di Roma, al presidente Tamburrino, che, adesso, sappiamo è stato nominato capo del DAP. Questo è accaduto due mesi fa. Il magistrato di sorveglianza non ha fatto nulla per detenuti che stanno in cella in meno di due metri quadrati ciascuno, per 23 ore e 40 minuti, che hanno diritto solamente a 20 minuti d'aria al giorno, in condizioni igieniche disastrose, con malati che non vengono curati. Questa è la condizione, inumana e degradante? Altroché!
Ebbene, il Presidente del Senato, ieri, ha detto che è giunto il momento che ognuno faccia la sua parte, perché siamo quasi ad un punto di non ritorno. O riusciamo - ha detto Schifani - a risolvere il problema una volta per tutte, oppure sarebbe bene che tutte le istituzioni indistintamente facessero un passo indietro. Lo ha detto, appunto, il Presidente del Senato, aggiungendo: l'emergenza carceri è un fatto ineludibile e improcrastinabile, perché ne va del senso di civiltà del Paese. Lo ripeto: il Presidente del Senato ha detto «ineludibile» e «improcrastinabile». Pag. 100
Intervistato da Radio radicale, ha aggiunto anche - e il Presidente del Senato lo sa che al Senato è stato convertito il decreto e che adesso lo stiamo discutendo qui alla Camera dei deputati - che il Parlamento deve tornare immediatamente a discutere questa questione, perché nelle carceri italiane non si rispetta la dignità umana né viene messa in atto la funzione rieducativa della pena prevista dall'articolo 27 della nostra Costituzione.
Questo decreto-legge, in fase di conversione, in realtà, non risolve minimamente il problema delle carceri: questo lo sappiamo e lo sanno i membri del Governo, basta fare pochi conti. Nelle carceri italiane, in questo momento, vi sono 22 mila detenuti in più dei posti regolamentari. Con il decreto-legge in oggetto, in un anno, con la norma dei 18 mesi da poter scontare ai domiciliari - che è sempre una pena, voglio ricordarlo ai colleghi della Lega - usciranno 3.300 detenuti. In un anno. Vi ricordate l'altra cifra? 22 mila. Mancano 22 mila posti.
In un anno ne usciranno 3.300. Poi si dice: ma sì, abbiamo fatto il provvedimento sulle porte girevoli; anche qui un po' di conti sono necessari. Quante sono le persone che in un anno passano nelle nostre carceri per pochi giorni tramite il fenomeno delle porte girevoli? Sono 21 mila, il che significa, diviso 365, poco più di 50 detenuti al giorno nelle 206 carceri italiane; poi si dice: per evitare l'ingolfamento. Con tutte le limitazioni dei reati che avete previsto, non saranno 50, saranno una decina. Di cosa stiamo parlando, allora? Si vuole far passare questo provvedimento come qualcosa che interrompe la flagranza di violazioni precise di leggi, della Costituzione italiana, ma non solo di leggi italiane, basti pensare alle norme europee. La condanna di oggi è la violazione di una norma europea, prevista dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, violazione dell'articolo 3: trattamenti inumani e degradanti. Di cosa stiamo parlando, quindi? Il Governo cosa ci propone? Certamente noi Radicali abbiamo una proposta; avremmo voluto ascoltare altri discorsi piuttosto che il piagnisteo che siamo costretti ad ascoltare ormai da mesi, del tipo: l'amnistia si potrebbe fare, ma bisogna vedere - questo lo dice il Ministro della giustizia - ci vuole la maggioranza, è il Parlamento che la deve approvare.
Ma insomma, un Ministro della giustizia - e non veniteci a raccontare che non è un organismo politico ma tecnico, no, qui non è questione di tecnica - può promuovere quello che è necessario, altrimenti ci proponga altro. Ci proponga altro perché è necessario, perché l'Italia non può continuare ad avere una condotta che, secondo quel che ha detto il Presidente della Repubblica (poi si è dimenticato, non l'ha più affermato, non ci ha fatto pervenire nemmeno un messaggio) ci umilia in Europa. Noi che adesso dobbiamo mostrare il nostro volto di ripresa, continuiamo ad avere una condotta che ci umilia in Europa. Questo è gravissimo per un Governo e un Parlamento che non vogliono assumersi le responsabilità. D'altra parte, avete molti complici in questo atteggiamento. Ci sono molti complici perché, ad esempio, i mezzi di informazione evitano di invitare Marco Pannella ed i Radicali, quando si parla di carceri. Si parla di finanziamento pubblico dei partiti, scusate questa digressione, ma noi abbiamo promosso un referendum, anzi ne abbiamo promossi diversi sul finanziamento pubblico, e uno vinto a stragrande maggioranza, oltre il 90 per cento nel 1993, ed invitano tutti tranne i Radicali che hanno vinto quel referendum.
Di fronte a questa situazione, che riguarda la giustizia - è innegabile che questa situazione delle carceri deriva da una giustizia che in Italia non funziona - le preannunzio, signor sottosegretario, che se porrete la questione di fiducia, noi ci asterremo, per non negarvi esplicitamente la fiducia, perché questo provvedimento che voi proponete è la conferma ed il prolungamento di uno Stato che volete criminale, perché agisce contro le leggi e contro la Costituzione, ed è astensione anche perché non vogliamo confonderci con le motivazioni veramente repellenti di chi la fiducia vi negherà.

Pag. 101

PRESIDENTE. Essendo giunti così nell'immediata prossimità delle ore 24, interrompiamo a questo punto l'esame del provvedimento, che riprenderà nella seduta di domani a partire dalle ore 9, per il seguito della discussione sulle linee generali e per il seguito dell'esame.

Modifica nella costituzione di una Commissione permanente.

PRESIDENTE. Comunico che nella seduta di oggi la VIII Commissione permanente (Ambiente, territorio e lavori pubblici) ha proceduto alla elezione del deputato Gabriella Mondello a segretario, a seguito della decadenza da tale incarico del deputato Mauro Libè.
Molti auguri al nuovo segretario e un ringraziamento a quello uscente.

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Senato ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi i senatori Maurizio Gasparri e Vanni Lenna, rispettivamente in sostituzione dei senatori Achille Totaro e Massimo Palmizio, dimissionari.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 8 febbraio 2012, alle 9:

(ore 9 e ore 16)

1. - Seguito della discussione del disegno di legge (per il seguito della discussione sulle linee generali e il seguito della discussione):
S. 3074 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211, recante interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri (Approvato dal Senato) (C. 4909).
- Relatori: Ferranti e Vitali, per la maggioranza; Nicola Molteni, di minoranza.

2. - Seguito della discussione delle mozioni Della Vedova e Toto n. 1-00828, Monai ed altri n. 1-00834, Misiti ed altri n. 1-00835, Moffa ed altri n. 1-00836, Lanzillotta ed altri n. 1-00837, Lo Monte ed altri n. 1-00838, Dozzo ed altri n. 1-00839, Galletti ed altri n. 1-00840, Valducci ed altri n. 1-00841 e Meta ed altri n. 1-00844 concernenti iniziative volte a favorire lo sviluppo delle reti a banda larga.

(ore 15)

3. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

La seduta termina alle 23,50.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO DONATELLA FERRANTI SUL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 4909

DONATELLA FERRANTI, Relatore per la maggioranza. L'articolo 1 è stato profondamente modificato nel corso dell'esame al Senato.
Il comma 01 dell'articolo 1, introdotto dal Senato, integra il contenuto del comma 4 dell'articolo 386 del codice di procedura penale (in materia di doveri della polizia giudiziaria in caso di arresto o di fermo) precisando che sono fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 558. La disposizione ha natura di coordinamento con le modifiche introdotte all'articolo 558 c.p.p. dallo stesso articolo 1 del decreto-legge. Pag. 102
Il comma 1, lett. a), dell'articolo 1 riformula il comma 4 dell'articolo 558 c.p.p. in materia di convalida dell'arresto e giudizio direttissimo innanzi al tribunale in composizione monocratica
Il nuovo comma 4 dimezza i tempi massimi previsti per la convalida dell'arresto che passano da 96 a 48 ore. Si prevede, infatti, che ove il PM ordini che l'arrestato in flagranza sia posto a sua disposizione, lo può presentare direttamente all'udienza, in stato di arresto, per la convalida e il contestuale giudizio, entro 48 ore dall'arresto. Si applicano al giudizio di convalida le disposizioni dell'articolo 391, in quanto compatibili.
Coerentemente con l'introduzione del comma 01, il Senato ha sostituito la lett. b) del comma 1 dell'articolo 1.
Il comma 1, lett. b) riformulato dal Senato aggiunge due commi (4-bis e 4-ter) all'articolo 558 c.p.p.. Il nuovo comma 4-bis, mediante il rinvio all'articolo 284, comma 1, stabilisce come regola generale che il PM disponga la custodia dell'arrestato nel proprio domicilio (o in altro luogo di privata dimora o luogo pubblico di cura o assistenza). Gli arresti domiciliari costituiscono così la regola in caso di arresto per i reati meno gravi, di competenza del tribunale monocratico. Per gli stessi reati, lo stesso PM dovrà, invece, ordinare la custodia del soggetto in idonee strutture nella disponibilità degli ufficiali o agenti della polizia giudiziaria (sostanzialmente, le camere di sicurezza) che hanno eseguito l'arresto o che hanno avuto in consegna l'arrestato, nelle seguenti ipotesi: mancanza, indisponibilità o inidoneità dei luoghi previsti dall'articolo 284, comma 1; l'ubicazione di tali luoghi fuori dal circondario in cui è stato eseguito l'arresto; se l'arrestato sia ritenuto pericoloso. Sarà, invece, disposta la custodia nel carcere del circondario di esecuzione dell'arresto (con decreto motivato del PM) nei seguenti casi: mancanza, indisponibilità o inidoneità delle strutture della polizia giudiziaria; se ricorrano altre specifiche ragioni di necessità o urgenza. La custodia del soggetto in carcere presso altra casa circondariale vicina sarà possibile solo per evitare grave pregiudizio alle indagini.
Il nuovo comma 4-ter, aggiunto all'articolo 558 c.p.p. in sede di conversione al Senato, prevede ulteriori specifiche deroghe alla regola della custodia presso il proprio domicilio, stabilendo il ricorso alla custodia dell'arrestato in flagranza per reati meno gravi presso le camere di sicurezza del circondario (idonee strutture nella disponibilità della polizia giudiziaria che ha eseguito l'arresto o ha avuto in consegna l'arrestato) quando la misura debba essere disposta per i seguenti delitti: scippo e furto in abitazione (articolo 624-bis c.p.), salvo ricorra l'attenuante della speciale tenuità del danno patrimoniale; rapina (articolo 628 c.p.) ed estorsione (articolo 629 c.p.).
Anche in tali casi, si dovrà invece fare ricorso alla custodia in carcere, con decreto motivato del PM, quando siano mancanti, indisponibili o inidonee le strutture di custodia a disposizione della polizia giudiziaria ovvero in presenza di altre specifiche ragioni di necessità o urgenza; il possibile pregiudizio alle indagini potrà giustificare anche in questo caso la custodia dell'arrestato in carcere di un circondario diverso rispetto a quello dell'avvenuto arresto.
L'articolo 2 reca, al comma 1, modifiche alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al Decreto Legislativo 28 luglio 1989, n. 271.
In particolare, la lett. a) dell'articolo 2 sostituisce l'articolo 123 del citato D. Lgs. n. 271 del 1989, nel senso di prevedere che anche l'interrogatorio delle persone che si trovino, a qualsiasi titolo, in stato di detenzione (e quindi non più soltanto l'udienza di convalida dell'arresto e del fermo) debba avvenire nel luogo dove la persona è custodita. Una modifica introdotta dal Senato ha peraltro previsto come eccezione a tale regola l'ipotesi che l'arrestato sia custodito presso la propria abitazione.
Una ulteriore modifica del Senato ha stabilito che il Procuratore capo della Pag. 103Repubblica debba predisporre le necessarie misure organizzative per assicurare il rispetto dei tempi previsti dal novellato articolo 558.
La lett. a) prevede, inoltre, che soltanto in presenza di eccezionali motivi di necessità o urgenza - e quindi non di «specifici» motivi di necessità o urgenza come in precedenza previsto - l'autorità giudiziaria possa disporre il trasferimento dell'arrestato, del fermato o del detenuto per la comparizione davanti a sé. Il testo del novellato articolo 123 specifica, infine, che in tale evenienza il giudice decida con decreto motivato.
Per esigenze di coordinamento con le nuove disposizioni introdotte in sede di conversione, il Senato ha soppresso la lett. b) del comma 1 dell'articolo 2 del decreto-legge, che introduceva l'articolo 123-bis alle citate Disposizioni di attuazione del c.p.p. Tale norma prevedeva come regola generale, nei casi di cui all'articolo 558, la custodia dell'arrestato presso le camere di sicurezza.
Una ulteriore modifica introdotta dal Senato concerne il comma 1-bis dell'articolo 146-bis delle disposizioni di attuazione del codice di rito in tema di partecipazione al dibattimento a distanza.
Il comma 1-bis dell'articolo 146-bis viene integrato prevedendo, ove possibile e salva diversa motivata disposizione del giudice, l'audizione a distanza di testimoni in dibattimento a qualunque titolo detenuti presso un istituto penitenziario.
Un'ultima modifica all'articolo 2 è stata introdotta in sede di conversione al Senato, ove si è aggiunto il comma 1-bis in base al quale, ove l'arrestato o fermato abbia bisogno di assistenza medica o psichiatrica, questi debba essere preso in carico dal Servizio sanitario nazionale ai sensi del DPCM 1o aprile 2008.
L'articolo 2-bis, introdotto dal Senato in sede di conversione del decreto-legge, modifica l'articolo 67 della legge 354/1975 sull'ordinamento penitenziario inserendo i membri del Parlamento europeo tra i soggetti che possono visitare gli istituti penitenziari senza preventiva autorizzazione. Si ricorda che proprio tale modifica all'articolo 67 è contenuta nella proposta di legge C. 3722 presentata dall'onorevole Bernardini ed attualmente all'esame della Commissione Giustizia, sia pure con riferimento ai soli parlamentari europei spettanti all'Italia. Un nuovo articolo 67-bis precisa, inoltre, che la disciplina delle visite prevista dall'articolo 67 si applica anche alle camere di sicurezza.
L'articolo 2-ter, introdotto nel corso dell'esame al Senato, aggiunge la lettera gg-bis) al comma 1 dell'articolo 2 del D.Lgs 109 del 2006 in materia di illeciti disciplinari dei magistrati.
La nuova disposizione integra il catalogo degli illeciti disciplinari nell'esercizio delle funzioni prevedendo anche l'inosservanza da parte del giudice della novellata disciplina dell'udienza di convalida dell'arresto e dell'interrogatorio di cui all'articolo 123 delle Disposizioni di attuazione del codice di procedura penale (di cui all'articolo 2 del decreto-legge in esame).
L'articolo 3 del decreto-legge in esame, intervenendo sull'articolo 1 della legge n. 199 del 2010, innalza da 12 a 18 mesi la soglia di pena detentiva, anche residua, per l'accesso alla detenzione presso il domicilio ivi prevista; restano invariate le altre disposizioni della citata legge 26 novembre 2010, n. 199, in particolare i commi 1 e 2 dell'articolo 1 che, rispettivamente, limitano al 31 dicembre 2013 la vigenza della medesima legge e stabiliscono le cause ostative alla predetta detenzione domiciliare.
Il Senato ha introdotto modifiche all'articolo 3: alcune prevedono - a seguito del citato aumento a 18 mesi del limite di pena detentiva - la conforme correzione del titolo della legge e le opportune sostituzioni nella rubrica dell'articolo I e nel testo della legge 199/2010, ovunque necessario (comma 1, lett. a) e b); una ulteriore novella interessa l'articolo 5 della legge 199/2010 relativa agli obblighi di relazione alle Camere sull'applicazione della legge. Con la modifica si prevede che la relazione del ministro riguardi anche il numero dei detenuti e la tipologia dei reati cui si applica il beneficio della detenzione domiciliare introdotto dalla legge. Pag. 104
L'articolo 3-bis, introdotto dal Senato in sede di esame del disegno di legge di conversione, introduce una disciplina speciale che estende la disciplina sull'ingiusta detenzione (articolo 314 c.p.p.) ai procedimenti definiti prima dell'entrata in vigore del nuovo c.p.p. (24 ottobre 1989), purché con sentenza passata in giudicato dal 1o luglio 1988.
L'articolo 3-bis stabilisce, ai fini del diritto alla riparazione (comunque non trasmissibile agli eredi) un termine di sei mesi (dalla data di entrata in vigore della legge di conversione) per la proposizione della relativa domanda; è precisato come un eventuale precedente rigetto per inammissibilità della domanda stessa per la definizione del procedimento prima dell'entrata in vigore del nuovo c.p.p. non pregiudica la nuova domanda di risarcimento. La concreta determinazione del quantum del risarcimento è operata secondo la disciplina di cui ai commi 2 e 3 dell'articolo 315 c.p.p.
Un'ultima disposizione provvede alla copertura finanziaria per il 2012 degli oneri derivanti dall'attuazione dell'articolo 3-bis, che sono quantificati in 5 milioni di euro per il 2012.
L'articolo 3-ter prevede la definitiva chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari entro il 1o febbraio 2013. A partire dal 30 marzo dello stesso anno, infatti, la misura di sicurezza potrà essere eseguita esclusivamente nelle strutture sanitarie appositamente individuate dalle regioni.
Analiticamente, il comma 1 precisa che entro il 1o febbraio 2013 deve essere completato il processo di superamento degli OPG, già previsto nell'ambito del passaggio delle competenze in materia di sanità penitenziaria al Sistema sanitario nazionale e dunque alle regioni.
In particolare, l'articolo 5 del DPCM 1o aprile 2008, per dare completa attuazione al riordino della medicina penitenziaria, ha previsto che le regioni disciplinano gli interventi da attuare attraverso le aziende sanitarie, in conformità ai principi definiti dalle linee guida di cui all'allegato C, che costituisce parte integrante del decreto.
Il processo di trasferimento delle funzioni è costantemente seguito dalla Conferenza unificata nel cui ambito è stato creato, già nel luglio 2008, un Tavolo di consultazione permanente sulla sanità penitenziaria, con l'obiettivo di garantire l'uniformità nell'intero territorio nazionale degli interventi e delle prestazioni sanitarie e trattamentali nei confronti dei detenuti. Agli accordi maturati in sede di conferenza, tra cui l'ultimo del 13 ottobre 2011, fa riferimento ora il comma 1 della disposizione in commento.
I commi 2 e 3 prevedono che il Ministro della salute, di concerto con il Ministro della Giustizia e d'intesa con la Conferenza unificata, adotti un decreto per individuare gli ulteriori requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi che dovranno soddisfare le strutture destinate ad accogliere gli attuali internati negli OPG. In particolare, il decreto dovrà porre attenzione ai profili della sicurezza e vigilanza interna ed esterna delle strutture, confermando l'esclusiva gestione sanitaria delle strutture stesse e la loro destinazione ai soggetti provenienti, di norma, dal territorio regionale.
Il comma 4, a completamento del processo di superamento degli OPG, stabilisce che a decorrere dal 31 marzo 2013, le misure di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario e dell'assegnazione a casa di cura e custodia dovranno essere eseguite esclusivamente all'interno delle strutture sanitarie regionali. A tal fine, il comma 9 autorizza il Governo ad esercitare poteri sostitutivi ai sensi dell'articolo 120 della Costituzione, laddove le Regioni e le Province autonome non abbiano provveduto all'attuazione del comma 1 e dunque non sia stato completato il percorso per il superamento degli OPG.
Il comma 4 aggiunge che alla data del 31 marzo 2013 le persone che hanno cessato di essere socialmente pericolose devono essere dimesse e prese in carico ai Dipartimenti di salute mentale territoriali, senza indugio.
Il comma 5 autorizza tutte le regioni (e le province autonome) ad assumere personale Pag. 105qualificato da dedicare al percorso terapeutico, riabilitativo e di reinserimento sociale dei pazienti internati provenienti dagli OPG, anche in deroga alle disposizioni sul contenimento della spesa pubblica.
I commi 6 e 7 dispongono in ordine alla copertura finanziaria dell'articolo.
Il comma 8 affida al Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza il monitoraggio e la verifica dell'attuazione dell'articolo.
Ricordato che il comma 9 autorizza il Governo all'esercizio di poteri sostitutivi in caso di inerzia regionale (v. sopra, commento al comma 4), il comma 10 stabilisce che gli immobili già sede di OPG che, in attuazione della disposizione dovranno essere dismessi, saranno destinati a nuova funzione d'intesa tra il DAP (Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria), l'Agenzia del demanio e le regioni interessate.
L'articolo 4, sostanzialmente non modificato nel corso dell'esame al Senato, dispone in merito all'integrazione delle risorse finanziarie da destinare al potenziamento delle strutture penitenziarie. A tal fine, autorizza la spesa di 57 milioni e 277 mila euro per far fronte alle necessità di edilizia carceraria.
Ai fini della copertura è previsto l'utilizzo delle risorse che si rendono disponibili a seguito della riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 47, comma 2, della legge 20 maggio 1985, n. 222, relativamente alla quota destinata allo Stato dell'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), per l'anno 2011.
L'articolo 5, non modificato nel corso dell'esame al Senato, dispone in ordine alla copertura finanziaria.
L'articolo 6 disciplina l'entrata in vigore del decreto-legge, stabilendone la vigenza a partire dal giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Moz. Donadi e a 1-826 u.n.f. -em.1 453 448 5 225 441 7 44 Appr.
2 Nom. Moz. Donadi e a 1-826 u.n.f. 493 443 50 222 266 177 38 Appr.
3 Nom. Moz. Fluvi e a 1-830 rif. 493 329 164 165 274 55 37 Appr.
4 Nom. Moz. Cambursano e a 1-831 rif. 497 333 164 167 282 51 37 Appr.
5 Nom. Moz. Moffa e a 1-832 rif. 501 310 191 156 310   37 Appr.
6 Nom. Moz. Dozzo e a 1-833 495 333 162 167 63 270 37 Resp.
7 Nom. Moz. Leo e a 1-843 n.f. I parte 499 251 248 126 247 4 37 Appr.
8 Nom. Moz. Leo e a 1-843 n.f. II parte 501 453 48 227 248 205 37 Appr.
9 Nom. Moz. Di Biagio e a 1-847 rif. 499 347 152 174 299 48 37 Appr.
10 Nom. Moz. Volontè e a 1-817 n.f. 469 352 117 177 347 5 35 Appr.
11 Nom. Moz. Di Pietro e a 1-848 rif. 473 280 193 141 266 14 35 Appr.
12 Nom. Moz. Cambursano e a 1-849 rif. 472 276 196 139 267 9 35 Appr.
13 Nom. Moz. Tempestini e a 1-850 rif. 467 264 203 133 258 6 35 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 17)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nom. Moz. Dozzo e a 1-851 rif. 467 302 165 152 300 2 36 Appr.
15 Nom. Moz. Corsaro e a 1-852 rif. 472 369 103 185 369   36 Appr.
16 Nom. Moz. Pisicchio e a 1-853 rif. 471 301 170 151 298 3 34 Appr.
17 Nom. Moz. Della Vedova e a 1-854 rif. 472 399 73 200 386 13 34 Appr.