XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di mercoledì 22 febbraio 2012

TESTO AGGIORNATO AL 13 MARZO 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:

La XI Commissione,
premesso che:
negli ultimi anni è sempre più frequente il caso di ex parlamentari che - una volta cessati dal mandato - hanno visto interrompere unilateralmente il precedente rapporto di lavoro da parte di amministrazioni o aziende, pubbliche e private;
al contempo, si sono registrati casi di deputati o senatori ai quali, cessato il mandato parlamentare, è stato negato il reintegro nella posizione di lavoro occupata prima dell'inizio del mandato stesso ovvero non è stato riconosciuto il diritto alle qualifiche spettanti in termini di carriera e mansioni;
la situazione descritta appare particolarmente grave, non soltanto a causa degli evidenti profili di incostituzionalità (inosservanza dell'articolo 51 della Costituzione), ma anche perché si configura la palese violazione di diritti previdenziali e contributivi,

impegna il Governo

a valutare l'adozione di possibili iniziative, anche di carattere normativo, dirette ad assicurare il rispetto della normativa vigente in tema di diritti del lavoratore e di salvaguardia della contribuzione previdenziale per i casi di cui in premessa.
(7-00790) «Moffa, Pelino».

La XII Commissione,
premesso che:
gli anni '70 sono stati un decennio straordinariamente ricco di innovazioni che hanno profondamente trasformato la sanità;
l'evoluzione dei dispositivi medici è passata attraverso processi di innovazione di natura incrementale che ne semplifica la valutazione sul piano della loro sicurezza ed efficacia, potendo infatti la valutazione di sicurezza ed efficacia risultare relativamente più immediata o far riferimento a specifiche norme armonizzate (ad esempio, quelle riferite all'impiego di determinati materiali);
il recente caso delle protesi mammarie difettose ha riportato all'attenzione dell'opinione pubblica il tema e la necessità di controlli più severi sia sull'immissione in commercio che sull'utilizzo di prodotti impiantabili, rendendosi necessarie evidenze riguardo alla sicurezza e all'efficacia;
ogni sistema sanitario deve fare il possibile per assicurare la massima sicurezza a tutela del cittadino e del paziente che da tale sistema deve essere curato;
la regolamentazione riguardante il settore può essere implementata nella fase della prevenzione dotandosi di strumenti orientati alla salvaguardia della salute e anche tutelando l'innovazione tecnologica e potenziando la ricerca che hanno consentito la messa a disposizione di prodotti sempre più efficaci per la diagnosi precoce, la cura e la riabilitazione;
è necessario trovare un equilibrio che, non rallentando l'accesso al mercato, mantenga e migliori gli elevati standard di qualità,

impegna il Governo:

a rafforzare i controlli sugli organismi notificati, i quali hanno la responsabilità dei processi di certificazione prima che il dispositivo acceda al mercato, secondo un principio di precauzione rigido e coordinato anche a livello europeo;
ad assumere ogni iniziativa di competenza per garantire che i dispositivi medici siano impiantati presso strutture

pubbliche o private riconosciute e abilitate secondo criteri di qualità delle strutture stesse;
ad assumere iniziative normative finalizzate alla implementazione dei registri per gli impianti, al fine di mantenere un monitoraggio continuo per fini epidemiologici e di tracciabilità, nel pieno rispetto della gestione dei dati sensibili e della privacy;
a rafforzare i rapporti di collaborazione tra il Ministero della salute e l'Istituto superiore di sanità in raccordo con i sistemi sanitari regionali;
a promuovere, per quanto di competenza, linee guida che possano garantire la sicurezza dei pazienti e degli operatori per evitare le maggiori spese delle complicanze e dei costi indiretti, nell'interesse della sostenibilità del sistema e della tutela della salute dei cittadini.
(7-00789)
«Pedoto, Bucchino, Grassi, Lenzi, Sarubbi, Sbrollini».

TESTO AGGIORNATO AL 23 FEBBRAIO 2012

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ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

I Commissione:

VANALLI, RIVOLTA, NICOLA MOLTENI e BITONCI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il tribunale del lavoro di Milano, con sentenza del 12 gennaio 2012, si è espresso circa il ricorso promosso dal signor Syed Shahzad Tanwir, cittadino pachistano con regolare permesso di soggiorno in Italia, contro quanto stabilito dalla normativa in vigore riguardante il servizio civile nazionale, nella parte in cui prevede che possano partecipare al bando per la selezione di volontari in servizio civile esclusivamente persone in possesso della cittadinanza italiana;
il cittadino pachistano aveva presentato istanza di partecipazione al bando 2011 per un progetto di Caritas Italiana;
il tribunale del lavoro di Milano ha accolto il ricorso del cittadino pachistano dichiarando il «carattere discriminatorio dell'articolo 3 del Bando per la selezione di 10.481 volontari da impiegare in progetti di servizio civile all'Italia e all'estero... nella parte in cui richiede tra i requisiti e le condizioni di ammissione il possesso della cittadinanza italiana»;
lo stesso tribunale «ordina alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - UNSC di sospendere le procedure di selezione, di modificare il bando nella parte in cui richiede il requisito della cittadinanza italiana consentendo l'accesso anche agli stranieri soggiornanti regolarmente il Italia e di fissare un nuovo termine per la presentazione delle domande», ma non fa alcun cenno agli altri 21 bandi riguardanti le regioni e le province autonome, che pertanto non possono risultare interessati alla sospensione delle procedure di selezione ed alla fissazione di un nuovo termine per la presentazione delle domande;
il 26 gennaio 2012 il tribunale di Milano ha peraltro concesso la sospensiva della sentenza per ciò che riguarda l'avvio al servizio dei giovani;
nonostante ciò, il 1o febbraio 2012 hanno preso servizio solo 2.000 giovani sui 18.000 pronti alla partenza per il loro anno di servizio civile. I restanti 16.000 vedranno «scaglionate» le loro partenze da marzo a ottobre 2012, con un ritmo di 2.000-2.500 avvii mensili -:
quali iniziative organizzative e finanziarie si possano mettere in atto al fine di accelerare la immissione dei volontari in servizio civile.
(5-06237)

Interrogazione a risposta scritta:

MANNINO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il Vecchio Duomo di Naro (Agrigento), costruito nel secolo XII, dichiarato monumento nazionale nel 1918 e restaurato l'ultima volta nei primi anni del XXI secolo, costituisce un monumento architettonico tra i più importanti della provincia di Agrigento;
a seguito della frana del 4 febbraio 2005 (che investì una vasta area del centro storico provocando lesioni a ben 148 abitazioni e lasciando 40 famiglie senza un tetto) il Vecchio Duomo è stato gravemente danneggiato;
occorrono oggi dei seri e poderosi interventi per salvaguardare, recuperare e valorizzare il Vecchio Duomo, poiché allo stato, essendo privo di copertura, rischia tra l'altro il degrado assoluto;
gli interventi auspicati servono ad impedire che la rovina della sua struttura avanzi e possono restituire alla fruizione pubblica il monumento ecclesiastico che insieme al Castello medievale (monumento civile) rappresenta il simbolo della città di Naro;
nel tempo sono state portate avanti numerose iniziative meritorie, come la realizzazione di cartoline a cura dell'artista agrigentino Gianni Provenzano, la raccolta di firme per sensibilizzare i cittadini dell'agrigentino sulla necessità di salvaguardare il Duomo, o le campagne pro-Duomo delle emittenti televisive della provincia -:
se e come il Governo intenda o possa intervenire, per quanto di competenza, per mettere in sicurezza e salvaguardare un'opera artistica e monumentale di grande rilevanza, attivando eventualmente i canali della protezione civile.
(4-15031)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:

SCALERA, LAINATI, CECCACCI RUBINO, PETRENGA, VELLA, SAVINO, MARIO PEPE (Misto-R-A), PAGANO, IAPICCA, MISITI, MARIO PEPE (PD), CERONI, BARBIERI e DE ANGELIS. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
l'arrivo della «America's Cup» a Napoli sta determinando delicati interventi strutturali nell'area di via Caracciolo, uno dei grandi attrattori paesaggistici della città;
la manifestazione, di indubbio interesse per il rilancio dell'immagine di Napoli non sembra prevedere, al momento la creazione di strutture permanenti, fruibili al di là dell'evento sportivo internazionale;
si sono manifestate in questi giorni, da parte del FAI e di molti intellettuali napoletani significative perplessità sullo sbancamento della spiaggia prospiciente la rotonda Diaz e su una serie di interventi collaterali -:
se la Soprintendenza ai beni architettonici e paesaggistici di Napoli sia in grado di assicurare realisticamente, almeno in prospettiva, il corretto ripristino dei luoghi così gravemente deturpati, affinché l'America's Cup non si trasformi in un'imprevedibile danno per i cittadini napoletani.
(3-02123)

Interrogazioni a risposta scritta:

MURGIA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la cosiddetta sentenza Eternit del tribunale di Torino ha riaperto il caso degli ex operai della ex Montefibre e dell'ex Enichem di Ottana;

gli ex operai attendono da anni il riconoscimento dei benefici contributivi per coloro che hanno lavorato a contatto con l'amianto;
l'Inail nega i contributi sostenendo che, nelle fabbriche citate, non fosse usato il pericoloso materiale;
il responsabile dell'Aiea di Nuoro (associazione italiana esposti all'amianto) sostiene che i morti siano almeno 45 nel solo paese di Ottana. La percentuale, su 180 lavoratori, è elevata;
altri lavoratori sono in cura presso vari ospedali, malati di tumore;
nell'analoga fabbrica di Pisticci sono stati riconosciuti i diritti per l'esposizione all'amianto;
secondo l'Aiea, il picco delle morti dovrebbe avvenire tra il 2015 e il 2020; l'età media è sessanta anni -:
se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non ritenga necessario fare luce sulle morti degli operai;
se il Governo non ritenga opportuno avviare, per quanto di competenza, una serie di verifiche tese a scoprire se vi sia stato uso di amianto nelle lavorazioni delle citate fabbriche e se il pericoloso materiale non sia stato fatto sparire di nascosto, con il rischio di danni ingenti all'ambiente e alle persone, per non parlare poi degli stessi operai;
se il Governo non ritenga opportuno, una volta appurata la presenza dell'amianto, riconoscere immediatamente i benefìci contributivi alle famiglie degli operai morti e a quelli ancora in vita.
(4-15024)

DIMA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la legge 27 marzo 1992, n. 257, recante «Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto», ha definitivamente messo al bando la produzione, l'importazione, l'utilizzo e la commercializzazione dell'amianto e dei prodotti che lo contengono ed ha imposto l'attivazione di misure idonee a favorire la decontaminazione e la bonifica delle aree interessate dall'inquinamento da amianto nonché l'avvio di ricerche finalizzate all'individuazione di materiali sostitutivi, alla riconversione produttiva ed al controllo delle forme di inquinamento da amianto;
la stessa disposizione legislativa ha, inoltre, imposto di procedere alla classificazione, all'imballaggio ed all'etichettatura dell'amianto e dei prodotti che lo contengono a seguito delle procedure di smaltimento e di bonifica che obbligatoriamente le aziende, che hanno utilizzato direttamente o indirettamente nei loro processi produttivi questo materiale o i suoi derivati, hanno dovuto avviare al fine della tutela dell'ambiente e della salute;
la norma in questione, inoltre, ha previsto che le regioni debbano adottare piani di protezione dell'ambiente, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica ai fini della difesa dei pericoli derivanti dall'amianto attraverso il censimento sia dei siti interessati da attività di estrazione sia delle stesse imprese che hanno utilizzato amianto nelle attività produttive, nonché attraverso la predisposizione dei programmi per favorire gli smaltimenti e le bonifiche;
la questione è ritornata di strettissima attualità con la conclusione del processo di primo grado per le circa 2.000 persone uccise dalle fibre di amianto in alcune zone del Piemonte dove esistevano insediamenti produttivi di amianto e che si è tradotta nella condanna da parte del tribunale di Torino a 16 anni di reclusione per disastro doloso permanente ed omissione dolosa di misure antinfortunistiche dei proprietari della fabbrica «Eternit»;

alla luce del clamore suscitato da questa sentenza, che a giusta ragione è stata definita storica dai familiari delle vittime di amianto, perché si è finalmente riconosciuto il danno subito a seguito dell'utilizzo di questo materiale, l'attenzione della pubblica opinione si è concentrata non solo sullo stato di attuazione della mappatura dei siti che, purtroppo, a trent'anni dal divieto imposto per legge di utilizzo di questo materiale altamente nocivo, è ancora incompleta ma anche e soprattutto sulla parziale applicazione della stessa legge che prevede il rispetto di alcuni obblighi tuttora disattesi dalle istituzioni, come l'indizione annuale della conferenza nazionale sull'amianto finalizzata a fare il punto sullo stato di avanzamento del censimento, della bonifica e dell'analisi dei dati epidemiologici la cui ultima edizione si è tenuta nel lontano 1999;
il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, a cui spetta il coordinamento del censimento relativo alla mappatura dei siti da bonificare, non è in possesso di alcun dato riguardante la Calabria;
solo da poco tempo la Calabria si è dotata di una specifica legge, la n. 14 del 2011, che prevede interventi urgenti per la salvaguardia della salute dei cittadini attraverso iniziative dirette ad eliminare i rischi derivanti dall'esposizione a siti e manufatti contenenti amianto e di conseguenza il relativo censimento si trova ancora allo stato iniziale così come qualunque tipo di iniziativa diretta a risolvere questo problema nonostante la presenza di numerosi siti industriali altamente inquinanti in cui si è fatto uso di tale prodotto -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere, nei limiti delle competenze previste dalla legislazione in materia, al fine di assicurare una rapida definizione di un problema che, riguardando la salute del cittadino, dovrebbe essere affrontato con puntualità e chiarezza di interventi.
(4-15030)

NASTRI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la sentenza di Torino, definita giuridicamente di proporzioni storiche, che condanna a 16 anni di reclusione i vertici aziendali della Eternit di Casale Monferrato, a seguito dei decessi di numerosi lavoratori contaminati da amianto, a distanza di vent'anni dalla messa al bando, quando l'Italia, divenendo il primo Paese a livello europeo, con le disposizioni previste dalla legge del 27 marzo 1992, n. 257 ha decretato la cessazione dell'impiego dell'amianto, ripropone nuovamente il grave e perdurante problema dello smaltimento e della relativa bonifica su tutto il territorio nazionale delle aree contaminate;
secondo quanto risulta da un articolo pubblicato dal quotidiano Il Corriere della Sera il 14 febbraio 2012, le stime riportano che nel nostro Paese, ci sono tuttora tra i 30 e i 40 milioni di tonnellate di materiali contenente amianto, di cui 12 milioni di tonnellate di lastre in cemento amianto che coprono edifici industriali, agricoli pubblici ma anche edifici privati e 1,2 miliardi di metri quadri per le coperture che dovranno essere sostituite nell'arco di 5-10 anni con relativi costi che si avvicinano a 25 miliardi di euro;
il suesposto quotidiano, riporta inoltre che da undici mesi, è decaduta l'ex Commissione nazionale prevista dall'articolo 4 della suesposta legge, istituita con il compito di una scrupolosa valutazione dei problemi ambientali e dei rischi sanitari connessi all'impiego dell'amianto, con l'incarico, tra l'altro, di traghettare il passaggio da un'Italia pesantemente contaminata ad un Paese completamente bonificato;
il comma 2 dell'articolo 10 della medesima legge indica che, all'interno dei piani di protezione dell'ambiente, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall'amianto, le regioni prevedano un censimento dei siti contaminati;

l'articolo del medesimo quotidiano, descrive fra l'altro, che a distanza di vent'anni dall'introduzione della legge n. 257 del 1992, la situazione a livello nazionale della cosiddetta mappatura delle aree territoriali contaminate non è stata tuttora completata;
regioni, come la Sicilia e la Calabria non hanno ancora trasferito la loro mappatura, mentre altre, come la Campania o la Puglia, hanno effettuato un censimento solo parziale, ma anche tra quelle che hanno ottemperato a quanto previsto dal suesposto articolo 10, esistono notevoli differenze;
la predetta disposizione stabilisce infatti che ogni regione approvi un piano di protezione dell'ambiente, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica dell'amianto secondo la normativa statale di principio;
secondo il responsabile dell'Istituto sull'inquinamento atmosferico del Consiglio nazionale delle ricerche, vi è una evidente mancanza di coordinamento, che determina la mancata esattezza di quanto amianto sia presente sull'intero territorio nazionale e quanto è stato invece smaltito;
i dati raccolti, a giudizio del dirigente del Cnr, sono disomogenei, i sistemi di monitoraggio utilizzati sono diversi: dall'invio dei questionari fino al telerilevamento;
le informazioni, secondo quanto riportato dal quotidiano, sono allarmanti, in considerazione che su 27 mila siti segnalati dalle regioni, solo 320 sono quelli parzialmente bonificati;
le suesposte e differenti problematiche in ordine alla mappatura generale del censimenti dei siti contaminati, sono confermate anche dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il quale avvalora l'attuale situazione di pericolosità sull'esistenza dell'amianto in Italia e in particolare delle aree che devono essere tuttora risanate;
quanto esposto in premessa, se confermato, rappresenterebbe una situazione a livello nazionale grave e pericolosa, per la tutela della salute dei soggetti, che abitano o transitano nelle aree contaminate, con evidenti rischi di malattie provocate dall'esposizione di amianto;
la mancanza di un esatto monitoraggio dei siti in attesa di essere risanati dalla presenza di amianto determinerebbe per il nostro Paese l'esposizione ad insidie temibili per la tutela dell'intero sistema-ambiente -:
quali siano gli intendimenti del Governo in merito a quanto esposto in premessa;
quali siano inoltre le motivazioni per le quali la Commissione per la valutazione dei problemi ambientali e dei rischi sanitari connessi all'impiego dell'amianto, istituita dall'articolo 4 della legge del 27 marzo 1992, n. 257, a cui sono attribuiti compiti indispensabili ai fini del monitoraggio complessivo, dei siti contaminati da amianto, sia decaduta;
quali iniziative, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano intraprendere, al fine di correggere l'attuale situazione di precarietà dal punto di vista del mancato coordinamento fra le regioni e il Governo, in merito ai dati sull'esatto quantitativo di amianto esistente e su quello rimosso e smaltito, evitando che in Italia, che nel 1992 è stato il primo Paese, europeo ad introdurre il bando completo dell'amianto, possa esservi un rischio a livello nazionale per i cittadini e per l'intero sistema ambientale.
(4-15053)

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COOPERAZIONE INTERNAZIONALE E INTEGRAZIONE

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

I Commissione:

BRESSA e LIVIA TURCO. - Al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione. - Per sapere - premesso che:
il giudice del lavoro di Milano, in un ricorso proposto da un giovane pakistano

che aveva presentato domanda di ammissione al servizio civile presso la Caritas di Milano ha reputato discriminatorio il «bando per la selezione di 10.481 volontari da impiegare in progetti di servizio civile in Italia e all'estero» pubblicato il 20 settembre 2011 dall'Ufficio nazionale per il servizio civile in quanto tra i requisiti, come sempre, c'era la cittadinanza italiana e questo aveva impedito a Syed S., ventiseienne milanese di origine pakistana che vive in Italia da quando aveva undici anni di poterci partecipare;
gli immigrati che hanno il permesso di soggiorno fanno parte «in maniera stabile e regolare» della «comunità» e quindi anche a loro deve essere riconosciuto il diritto di svolgere il servizio civile, che è allo stesso tempo un dovere di «solidarietà politica, economica e sociale» nei confronti della patria in cui vivono;
la decisione del tribunale conferma che il servizio civile rappresenta una forma di partecipazione alla vita civile e al progresso della collettività, dalla quale non possono essere esclusi coloro che, indipendentemente dalla loro cittadinanza formale, appartengono stabilmente ad una comunità e condividono diritti e doveri con tutti coloro che vivono su un territorio. Del resto, se tali giovani non si sentissero parte integrante della comunità, non deciderebbero di dedicarle dieci mesi della loro vita;
si tratta di una prima azione, quella promossa dal giovane pakistano, che, alla luce della recente sentenza, si spera aprirà la strada a tante altre seconde generazioni. Il giudice del lavoro di Milano ha infatti dichiarato «il carattere discriminatorio» del bando e ha ordinato «alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Ufficio nazionale per il servizio civile di sospendere le procedure di selezione, di modificare il bando (...), consentendo l'accesso anche agli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia e di fissare un nuovo termine per le domande»;
già alcune regioni sperimentano da anni la partecipazione dei giovani stranieri al servizio civile, con ottimi risultati ai fini delle politiche di integrazione, per cui questa sentenza pone fine ad una assurda discriminazione da superare -:
quali iniziative urgenti il Ministro intenda assumere affinché, per quanto di competenza, da una parte, sia rispettata la decisione del tribunale di Milano e anche gli stranieri legalmente soggiornati in Italia possano svolgere il servizio civile e, dall'altra, siano rispettate le partenze già previste per l'anno 2012.
(5-06238)

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DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nel corso della missione militare in Afghanistan sono deceduti a causa di incidenti stradali occorsi al mezzo su cui stavano svolgendo il loro servizio:
il 3 ottobre 2004 nel distretto di Surobi, il caporal maggiore Giovanni Bruno;
il 20 settembre, Kabul, il caporal maggiore Giuseppe Orlando;
il 15 ottobre 2009, tra Herat e Shindand, il caporal maggiore Rosario Ponziano;
il 3 settembre 2011, nei pressi di Herat, il tenente Riccardo Bucci, il caporal maggiore Mario Frasca, il caporal maggiore Massimo Di Legge;
il 20 febbraio 2012, nei pressi di Shindand, il caporal maggiore capo Francesco Currò, il primo caporal maggiore Francesco Paolo Messineo, il primo caporal maggiore Luca Valente;
da fonti di stampa si apprende che sono numerosi gli incidenti e i casi di

ribaltamento del mezzo Lince, avvenuti anche sul territorio nazionale -:
se il Ministro interrogato non ritenga di dover disporre una verifica delle condizioni di stabilità del mezzo Lince e sospenderne l'impiego nei teatri operativi.
(4-15032)

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nel settembre 1997 il soldato francese nei Balcani Ludovic Acaries è deceduto a causa di un linfoma maligno non Hodgkin e successivamente riesumato su mandato della giustizi interpellata dal padre;
nel 2005 i tessuti del soldato, conservati dall'ospedale di Pontoise, furono spediti per analisi ad un laboratorio italiano specializzato in nano-particelle che, con rapporto n. 3/2005 del 25 febbraio 2005 affermò di non aver riscontrato tracce di uranio, ma sostanzialmente metalli pesanti;
l'assenza di uranio fu documentata e inviata all'allora presidente dell'AIPRI, l'ex comandante NATO Maurice Eugene André, sommo fisico nucleare, grande conoscitore dei pericoli interni del fallout atomico, «radioanalista» di primo rango, esperto NBCR a funzione esclusiva, invitato dal padre del soldato ad analizzare le analisi e le procedure;
M. E. André dichiarò che le analisi del laboratorio italiano erano vistosamente incomplete per motivi logici, empirici e radiologici e il padre del soldato richiese ed ottenne dalla giustizia la riesumazione, l'autopsia e la «ri-analisi» spettrometrica di campioni di tessuti e di ossa del figlio;
le analisi del laboratorio francese, compiute alla fine del 2010, confermano la presenza di particelle di metalli pesanti, allungandone la lista e confermando la presenza di uranio impoverito. Rilevano la presenza sia nei tessuti, con una media di 3,34 nanogrammo per grammo pari a 4,12E-5 Bq, che nelle ossa, con una media di 0,76 nanogrammo per grammo pari a 9,37E-6 Bq. Altresì viene segnalato un altro elemento estraneo alla composizione atomica degli esseri viventi, il tungsteno. L'uranio e il tungsteno, due elementi micidiali, non sono stati rilevati dal laboratorio italiano nel 2005;
si segnala, altresì, che il padre del maresciallo Giovanni Pilloni ha dichiarato che, a seguito delle analisi effettuate sul figlio furono rinvenute tracce di uranio e che successivamente gli furono inviate altre analisi che smentivano le precedenti -:
se il Governo sia a conoscenza del caso del soldato francese Ludovic Acaries;
di quali elementi disponga il Governo in merito alla smentita a giudizio dell'interrogante eclatante, delle analisi del laboratorio italiano sul soldato francese;
se, e come, il Governo intenda intervenire per assicurarsi della completezza e dell'imparzialità delle analisi finora eseguite sui soldati interessati;
se il Governo possa escludere che le patologie come quelle di cui in premessa siano dovute alla variabile nucleare;
se il Governo possa escludere categoricamente che molti dei nostri soldati siano deceduti in mancanza di cure adatte alla loro contaminazione radioattiva interna negata con dati, a giudizio dell'interrogante, non corrispondenti alla realtà dei fatti.
(4-15052)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

ZUCCHI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
le imprese del comparto agricolo sono colpite da difficoltà finanziarie e di accesso al credito che diventano particolarmente difficili e gravi in relazione alla crisi economica in atto;

il decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, ha esteso all'imprenditore agricolo gli istituti disciplinati dall'articolo 182-bis del regio decreto n. 267 del 1942, concernente gli accordi di ristrutturazione dei debiti, dall'articolo 182-ter concernente la transazione fiscale -:
quali siano stati, dopo l'approvazione del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 89, le iniziative e gli atti adottati dalle amministrazioni competenti per dare attuazione alle misure richiamate in premessa;
quanti siano gli imprenditori agricoli in stato di crisi o di insolvenza che, alla data odierna, hanno già attivato le procedure per accedere agli accordi di ristrutturazione dei debiti e alle transazioni e se vi siano casi di mancata adesione da parte delle amministrazioni creditrici.
(5-06230)

CONTENTO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al MInistro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni la «Rai» sta inviando a diversi titolari di partita IVA una comunicazione relativa all'obbligo di adeguamento alla previsione di cui all'articolo 27 del regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246, convertito dalla legge 4 giugno 1938, n. 880, recante «Disciplina degli abbonamenti alla radioaudizioni»;
la comunicazione in questione farebbe leva sulla corresponsione del canone di abbonamento, introdotta dall'articolo 1 del provvedimento citato, nei confronti di «chiunque detenga uno o più apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni»;
l'iniziativa, in realtà, più che di una campagna pubblicitaria avrebbe, ad avviso dell'interrogante, sapore di un tentativo volto ad ottenere il pagamento del canone speciale dovuto per le «audizioni date in locali pubblici o aperti al pubblico» sulla base di un ragionamento basato su di una catena di presunzioni del seguente tenore: se hai una partita IVA, molto probabilmente hai anche un computer che, nella sostanza, è un apparecchio «atto o adattabile» alla ricezione delle radioaudizioni, ma siccome non rientri tra gli utenti che ne fanno un uso privato (ad esempio, nucleo familiare), non puoi che essere annoverato tra coloro che devono versare il canone dovuto da chi offre «audizioni in locali pubblici o aperti al pubblico»;
si tratta, a parere dell'interrogante, di un tipico caso di «furbizia interpretativa» volta a raccogliere, tramite il canone di abbonamento, fondi per la società concessionaria che, notoriamente, non brilla per i risultati di gestione;
sempre a parere dell'interrogante, tale interpretazione appare in contrasto con l'articolo 27, il quale non contiene una previsione analoga a quella di cui all'articolo 1, ma collega il «canone speciale» alle «audizioni date in locali pubblici o aperti al pubblico», come si evince dalla distinzione, richiamata dal comma 3, con l'uso privato di cui all'articolo 2 del regio decreto-legge;
l'iniziativa, inoltre, sembra diretta a far pagare ai malcapitati, in via subordinata, il canone previsto per l'uso privato sulla base del semplice possesso di un apparecchio atto o adattabile alla ricezione delle radioaudizioni;
alcuni effetti si possono già immaginare: uffici dotati di computer, officine con apparecchi analoghi, ambulatori e studi professionali sarebbero tutti tenuti a versare il canone, quasi che, durante le attività esercitate, in luogo del fatturato, ci si occupi dei programmi televisivi distribuiti dalla società concessionaria;
proprio tale iniziativa rende urgente una modifica della normativa vigente, ma nel frattempo appare opportuna un'iniziativa volta ad evitare che molti piccoli imprenditori o lavoratori autonomi si trovino coinvolti in procedure sanzionatorie

derivanti da quella che all'interrogante appare un'assurda interpretazione -:
quali urgenti iniziative intenda assumere per scongiurare i possibili effetti derivanti dall'iniziativa avviata dalla RAI.
(5-06234)

MANCUSO, CICCIOLI, BARANI e DE LUCA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il settore ippico coinvolge 50 mila famiglie, 15 mila cavalli e a livello agricolo vale più di quello del pomodoro in termini di ettari occupati;
la drastica riduzione per il 2012 dello stanziamento che l'Agenzia per lo sviluppo del settore ippico (Assi, ex Unire) destina a corse, allevamento e gestione degli ippodromi mette tutta la filiera ippica italiana nelle condizioni di non avere un futuro, con migliaia di persone private di lavoro e quindicimila cavalli da destinare al macello con effetti disastrosi sull'indotto e con l'impossibilità da parte dello Stato di introitare, come è avvenuto nel 2011, circa 180 milioni di euro di imposte;
per molti mesi gli ippodromi hanno sospeso l'attività, per mancanza di fondi, e organizzato molte manifestazioni di protesta;
gli ippodromi hanno dichiarato la propria disponibilità a riavviare temporaneamente le loro attività, seppur in perdita, nel caso in cui il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali avviasse un percorso di ristrutturazione del settore non più rimandabile;
le condizioni di profonda difficoltà del settore ippico vengono ormai da lontano, almeno da quando lo Stato, con il decreto del Presidente della Repubblica n. 168 del 1998, in attuazione della legge 23 dicembre 1996, n. 662, ha trasferito dall'Unire al Ministero dell'economia e delle finanze la gestione delle scommesse sulle corse dei cavalli senza la tutela e gli investimenti che sarebbero stati necessari per evitare la riduzione degli spettatori negli ippodromi e dei volumi di gioco, come invece è avvenuto in altri Paesi;
l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (Aams) ha costruito sulle reti di raccolta delle scommesse ippiche buona parte del grande sviluppo del gioco pubblico, promuovendo e valorizzando tipologie di giochi che, non avendo alcuna filiera da sostenere, hanno fidelizzato il grande pubblico grazie ad una percentuale di premi enormemente più alta; la raccolta totale dai giochi per il 2011 è stata pari a 80 miliardi di euro, di cui 11 destinati all'erario;
le «Linee di indirizzo strategico per il rilancio dell'ippica italiana» del 29 luglio 2009, elaborate dal dicastero agricolo con il concorso delle associazioni di categoria e rimaste fino ad ora inattuate impegnano il Governo a valutare la possibilità di assicurare anche per l'anno 2012 il necessario finanziamento al settore ippico prorogando l'applicazione delle disposizioni legislative che gli attribuiscono quota parte delle entrate derivanti dai giochi e dalle scommesse pubbliche ovvero, in caso contrario, ad individuare nuove fonti di finanziamento che consentano l'effettiva trasformazione e ristrutturazione del settore per il superamento della crisi che investe l'intera filiera e per garantire un orizzonte pluriennale alle componenti maggiormente qualitative della stessa;
l'ippica cade nelle competenze di due diversi Ministeri, quello dell'economia e delle finanze e quello delle politiche agricole, alimentari e forestali e questo allunga inevitabilmente i tempi di intervento;
il 19 dicembre 2011 le associazioni di categoria del trotto, del galoppo e degli ippodromi hanno inviato una lettera indirizzata, tra l'altro, al Presidente del Consiglio dei ministri Mario Monti per denunciare la situazione di crisi drammatica del

mondo dell'ippica che a partire dall'inizio del prossimo anno rischia la chiusura delle attività -:
quali iniziative intenda intraprendere il Governo a tutela del settore ippico;
se il Governo intenda assumere iniziative normative volte a stanziare ulteriori fondi per il rilancio del settore.
(5-06236)

Interrogazioni a risposta scritta:

NACCARATO e MIOTTO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
dall'inizio di febbraio 2012 nella zona industriale di Padova è in corso la protesta di una trentina di lavoratori della cooperativa Salerno Trasporti, indetta in seguito alla cessazione del contratto di servizio tra la medesima cooperativa e la filiale padovana della società Sda Express Courier Spa. Tra le richieste dei lavoratori vi sono, oltre alla riassunzione nelle cooperative succedute a Salerno Trasporti nell'appalto con Sda, anche l'erogazione di circa 140.000 euro di spettanze arretrate oltre a contributi non versati;
nelle ultime settimane la vertenza sindacale sopra descritta ha assunto toni accesi e modalità preoccupanti, a causa dell'estrema rigidità dimostrata dai responsabili della Sda a tutti i livelli nei confronti delle richieste dei lavoratori, delle rappresentanze sindacali e dei rappresentanti delle istituzioni locali. Al riguardo, risulta sintomatico del clima di tensione l'investimento di un sindacalista della Cgil da parte di un mezzo in servizio alla Sda avvenuto il 9 febbraio 2012 durante lo svolgimento di un presidio di protesta davanti ai cancelli della filiale Sda in Corso Stati Uniti a Padova, come riportato da numerosi organi dell'informazione locale (Il Corriere del Veneto, Il Gazzettino e Il Mattino di Padova, edizioni del 10 febbraio 2012);
i dirigenti a tutti i livelli di Sda, ad oggi, non si sono mai presentati agli incontri negoziali predisposti dal prefetto di Padova, dall'assessore con delega al lavoro della provincia di Padova e dalle rappresentanze sindacali. Un atteggiamento, a giudizio degli interroganti, grave e del tutto ingiustificato, dato che Sda Express Courier Spa, dal 1998, è una società del Gruppo Poste Italiane spa (a sua volta interamente di proprietà del Ministero dell'economia e delle finanze e sottoposta al controllo e la vigilanza del Ministero dello sviluppo economico) a cui è stato affidato un servizio pubblico, e che il prefetto, rappresentante del Governo nel territorio, è la figura di riferimento nella risoluzione delle vertenze occupazionali -:
se i Ministri siano al corrente dei fatti esposti in premessa;
quali misure concrete, nell'ambito delle proprie competenze, i Ministri intendano porre in essere al fine di agevolare la risoluzione della vertenza sindacale in corso nella filiale di Padova di Sda Express Courier Spa, con l'obiettivo di mantenere gli attuali livelli occupazionali e la qualità del servizio pubblico erogato.
(4-15035)

PROIETTI COSIMI, RAISI, MURO, TOTO e GIORGIO CONTE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da fonte di stampa si apprende che al gruppo Unicredit sarebbero stati notificati due avvisi di accertamento emessi dall'Agenzia delle entrate e relativi ad operazioni di finanza derivata, per cui all'istituto di credito è stato contestato un abuso di diritto con finalità elusiva per una imposta evasa, nel periodo 2004-2005, complessivamente pari a circa 574 milioni di euro;
dalla medesima fonte risulta che la contestazione sarebbe stata risolta mediante accertamento con adesione e il pagamento di un imposta pari al 17 per cento di quelle inizialmente pretesa;

il gruppo Unicredit è stato inizialmente coinvolto in un inchiesta per frode fiscale, rilevante anche sotto il profilo tributario -:
a quanto ammontino dal 2004 ad oggi gli avvisi di accertamento complessivamente emessi a carico delle società del gruppo Unicredit, in relazione ai rispettivi anni d'imposta;
quali atti di accertamento siano stati definiti con adesione e con quale riduzione d'imposta rispetto a quella inizialmente pretesa da parte dell'Agenzia delle entrate;
se in questi casi lo «sconto» riconosciuto all'istituto di credito in questione sia coerente con quello praticato nei confronti della generalità dei contribuenti che procedono all'accertamento con adesione.
(4-15036)

PROIETTI COSIMI, RAISI, MURO, TOTO e GIORGIO CONTE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da fonte di stampa si apprende che il gruppo Intesa San Paolo avrebbe chiuso un contenzioso tributario complessivo di 1,65 miliardi di euro pagando un'imposta pari a circa 270 milioni di euro;
dalla medesima fonte risulta che l'imposta pagata sarebbe pari al 16 per cento del valore complessivo dei relativi atti di accertamento -:
a quanto ammontino dal 2004 ad oggi gli avvisi di accertamento complessivamente emessi a carico delle società del gruppo Intesa San Paolo, in relazione ai rispettivi anni d'imposta;
quali atti di accertamento siano stati definiti con adesione e con quale riduzione d'imposta rispetto a quella inizialmente pretesa da parte dell'Agenzia delle entrate;
se in questi casi lo «sconto» riconosciuto all'istituto di credito in questione sia coerente con quello praticato nei confronti della generalità dei contribuenti che procedono all'accertamento con adesione.
(4-15037)

BITONCI e MONTAGNOLI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la grave situazione economica internazionale che negli ultimi anni ha coinvolto molti Paesi, e con particolare gravità quelli dell'Europa, ha determinato un aggravamento degli indicatori macroeconomici e del quadro di finanza pubblica italiana, acuito ulteriormente dalla ultima manovra promossa dal Governo che, orientando la propria strategia nell'obiettivo di riportare i saldi di finanza pubblica ai livelli concordati con le istituzioni europee nell'ambito del patto di stabilità e crescita, ha altresì adottato, per tal fine, politiche fortemente restrittive;
la stessa crisi economica e finanziaria, oltre a causare un ovvio rallentamento delle economie nazionali evidenzia, tra le diverse priorità, quella di rivedere gli strumenti della governance economica europea e di promuovere nuove proposte finalizzate alla adozione di procedure di controllo della finanza pubblica tali da consentire tanto azioni di controllo più efficienti, quanto interventi più tempestive in caso di difficoltà finanziaria;
all'interno del contesto italiano le politiche di risanamento della finanza pubblica adottate negli ultimi anni hanno inevitabilmente coinvolto tutti i livelli della pubblica amministrazione costringendo gli stessi, ed in particolar modo i comuni, a ridurre le spese, al fine di incidere in misura minore sul livello di indebitamento e sui vincoli di finanza pubblica italiana;
nel 2011, in occasione del 150° anniversario dell'Unità d'Italia, sono stati investite elevate risorse economiche per finanziare manifestazioni, eventi e la costruzione di opere pubbliche, come il museo della Magna Grecia di Reggio Calabria, allo scopo di celebrare l'avvenimento storico;

tra le opere pubbliche finanziate per le celebrazioni, vi è il progetto per l'Auditorium di Isernia, un complesso di 35 mila metri quadrati coperti con quasi tremila posti a sedere tra cinema, anfiteatro e sala principale, e che sarebbe dovuto costare, secondo un appalto bandito nel 2005 dall'amministrazione locale di Isernia, cinque milioni di euro, diventati però nel tempo, per il medesimo progetto, 55 milioni di euro;
l'opera, il cui progetto è stato finanziato economicamente, tra gli altri, anche dalla regione Molise e dal Ministero per i beni e le attività culturali, è stata assegnata con un bando pubblico ad una società che poi, nel corso dei mesi successivi, ha modificato l'importo di realizzazione, inizialmente sottostimato, per poi portarlo ad una cifra, oggi stimata, in circa 55 milioni di euro;
l'autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, in una delibera del 23 novembre 2011 inviata alla procura della Repubblica e alla Corte dei conti, ha contestato al comune di Isernia e alla società che stava eseguendo i lavori per la realizzazione dell'opera, una lunga serie di irregolarità, non ritenendo a norma l'appalto, definendolo non in linea con il bando di gara iniziale, non rispettoso della vigente normativa e, soprattutto, non in linea con i costi iniziali preventivati, lievitati in breve tempo di oltre 41 milioni di euro -:
quali siano gli intendimenti del Governo in relazione alla vicenda sopra descritta e quali iniziative, anche alla luce della difficile situazione economica e finanziaria nella quale si ritrovano i comuni oggi giorno, ritenga opportuno adottare per verificare come gli enti locali utilizzino le risorse pubbliche.
(4-15043)

MURGIA e PALMIERI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la Rai rappresenta un'importantissima risorsa per il Paese;
il regio decreto 21 febbraio 1938, n. 246, convertito dalla legge 4 giugno 1938, n. 880, prevede il pagamento di un canone di abbonamento per chiunque possegga un apparecchio per la ricezione delle radioaudizioni;
l'articolo 1, primo comma, del predetto regio decreto-legge n. 246 del 1938 così dispone: «Chiunque detenga uno o più apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni è obbligato al pagamento del canone di abbonamento»;
il legislatore del 1938 non poteva immaginare la produzione di apparecchiature simili ai moderni videofonini ed ai sempre più diffusi tablet;
una interpretazione estensiva della normativa vigente consente di imporre il pagamento del canone a chi possiede un tablet od un telefonino di ultima generazione anche solo in qualità di titolare di partita IVA;
nelle ultime settimane la Rai ha inviato quasi cinque milioni di cartelle in cui si chiedeva agli esercenti un'impresa il pagamento di euro 1 in qualità di abbonati al servizio radiotelevisivo;
la ratio della procedura di accertamento e riscossione è legata ad una mera presunzione di potenziale fruibilità del servizio pubblico erogato dalla Rai a causa di un collegamento alla rete internet, sia essa su banda larga o in modalità wireless;
molte di queste persone non hanno nessuno apparecchio radiotelevisivo nella sede della propria azienda;
il livello del contenzioso tributario collegato a questa nuova imposizione raggiungerà nel brevissimo periodo livelli altissimi -:
se il Governo non ritenga idoneo assumere ogni iniziativa di competenza per una sospensione della relativa procedura di riscossione;
se il Ministero dell'economia e delle finanze non ritenga necessario attivare, tramite l'Agenzia delle entrate, particolari

procedure di dialogo con i contribuenti obbligati a versare il quantum in questione;
se il Governo non ritenga importante assumere le iniziative di competenza per evitare che si applichi in modalità eccessivamente estensiva il sopraccitato regio decreto del 1938.
(4-15047)

...

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:

MANCUSO, CICCIOLI, BARANI e DE LUCA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 40 della legge n. 149 del 2001 obbligava il Ministero della giustizia a definire una banca dati dei minori adottabili e delle coppie disponibili all'adozione;
a oggi il Ministero non ha ancora adempiuto a tale obbligo, con un ritardo di 10 anni;
il sistema italiano sull'infanzia abbandonata è diviso tra le competenze di 27 tribunali minorili e ognuno di essi è titolare di una banca dati, ma manca totalmente un sistema che metta in rete le diverse competenze e informazioni;
se un bambino viene dichiarato adottabile a Palermo, ma nella competenza del tribunale di Palermo non c'è una coppia disponibile il bambino non verrà adottato, anche se magari a Milano c'è una coppia disponibile;
la riforma «Brunetta» permette agli utenti di lanciare una class action contro la pubblica amministrazione, in caso di lesione di interessi giuridicamente rilevanti;
sfruttando tale normativa, l'Aibi, l'Associazione amici dei bambini, ha iniziato la procedura di class action contro il Ministero, invitando le altre organizzazioni per i diritti dell'infanzia e le famiglie che abbiano fatto domanda di adozione da più di 3 anni senza ricevere riscontro a unirsi all'azione;
gli stessi minori, dichiarati adottabili da almeno 6 mesi, ma non ancora adottati, potranno costituirsi in giudizio, tramite un loro rappresentante legale;
il TAR del Lazio ha fissato per il 4 luglio 2012 l'udienza pubblica durante la quale verrà discussa la causa;
il ritardo decennale del Ministero risulta davvero ingiustificabile, soprattutto in considerazione della delicatezza dei diritti la cui tutela è in questione;
a oggi, in Italia, vi sono 35.000 bambini sistemati in case famiglia, in affido e in comunità educative, la metà dei quali stranieri;
la legge italiana tutela in comunità i ragazzi fino al compimento del 18esimo anno di età; dopo di che, se non adottati, sono abbandonati a sè stessi;
in Italia si compiono circa 1.000 adozioni nazionali l'anno, 4.000 internazionali; l'Italia, in questo, è seconda solo agli USA -:
se, ed entro quali termini, il Ministero della giustizia intenda compilare il database dei minori adottabili e delle coppie disponibili all'adozione, ottemperando così agli obblighi previsti dalla legge n. 149 del 2001.
(5-06226)

Interrogazioni a risposta scritta:

SBROLLINI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
a Vicenza da anni è attivo il cantiere del nuovo tribunale;
si è oramai giunti al termine dei lavori, con la consegna definitiva dell'opera prevista tra circa 2 mesi. L'esigenza della struttura è diventata una vera priorità sia per gli utenti che per i lavoratori e gli operatori del settore giustizia;

da tempo la città attende risposte adeguate, in termini di finanziamento statale, per poter rendere operativa la nuova struttura;
le onerose operazioni di trasferimento rappresentano un elemento critico che deve trovare una soluzione rapida e sicura;
il precedente Governo, nella figura del Sottosegretario pro tempore Elisabetta Alberti Casellati, aveva annunciato di «assommare la cifra necessaria per rendere possibile l'apertura»;
tale cifra non è mai stata destinata e resa disponibile per le operazioni sopra citate;
l'amministrazione comunale di Vicenza è disponibile ad un ragionamento complessivo, per poter rendere operativo il tribunale in tempi rapidi -:
se il Governo sia a conoscenza dell'attuale situazione della nuova struttura del tribunale di Vicenza;
se si intenda assumere iniziative volte a recuperare e destinare una cifra adeguata alla copertura delle spese necessarie per l'avvio della nuova struttura;
se la cifra ipotizzata dal precedente Governo, circa 2 milioni di euro, sia ancora destinata a questa struttura o se l'importo sia stato modificato.
(4-15038)

BITONCI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la legge 14 settembre 2011, n. 148, ha previsto una delega al Governo tesa alla riorganizzazione e distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa e incrementare l'efficienza;
poiché la delega sopra richiamata prevede la possibilità di procedere alla soppressione o alla riduzione delle attuali 220 sezioni distaccate di tribunale, anche mediante accorpamento, si potrebbero avere pesanti ricadute sul territorio, con disagi ed aumento dei costi per i cittadini e le realtà economiche di tutto il territorio;
nel contesto di tale riordino, anche la città di Cittadella (Padova), comprensorio produttivo e di servizi di riferimento per la popolazione dell'Alta Padovana potrebbe vedere cancellata l'amministrazione della giustizia di prossimità;
la sezione distaccata di Cittadella, pur con organico fortemente ridotto - con l'amministrazione cittadellese che partecipa già al pagamento di parte delle spese gestionali ed è proprietaria del fabbricato in uso - svolge egregiamente la sua attività, per cui sarebbe incongruo e dannoso chiudere detta sezione;
pur non disconoscendo le difficili condizioni economiche, si ritiene che tale emergenza non possa tradursi in inefficienze o disagi a scapito della collettività, aumentando la mole dei procedimenti pendenti presso il tribunale di Padova, atteso il buon servizio in materia di giustizia che viene fornito dal presidio giudiziario di Cittadella;
il conseguente trasferimento nel capoluogo Padovano non determinerebbe alcun risparmio di spesa, dal momento che eliminerebbe la spesa di un ufficio giudiziario, per trasferirla su un altro;
il tessuto economico e la produttività locale del territorio della sezione distaccata di Cittadella sono superiori a quelli circondariali -:
se il Ministro intenda indicare chiaramente quali siano i possibili interventi con riferimento alla sezione distaccata di Cittadella e quali iniziative intenda mettere in atto al fine di scongiurare la eventuale soppressione di un presidio giudiziario di eccellenza, tra i pochi in grado di garantire il buon funzionamento del sistema giustizia nell'interesse dei cittadini.
(4-15040)

LO MORO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi alcuni articoli di stampa hanno riportato la notizia che

l'amministrazione di appartenenza avrebbe messo a disposizione dell'allora dirigente del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, dottor Franco Ionta, un appartamento in pieno centro storico a Roma di metri quadrati 170 con un valore superiore ai 3 milioni di euro;
è anche emerso che l'appartamento in questione è stato ristrutturato per rispondere alle esigenze del dirigente del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, il quale non avrebbe però preso possesso dell'immobile;
ove fossero vere tali circostanze, non è dato sapere se alla base dell'assegnazione vi siano stati motivi di sicurezza e se per l'uso è stato previsto un qualche canone;
a prescindere dal caso specifico, è importante sapere se, come sembrerebbe, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha la disponibilità di altri immobili ad uso abitazione e come vengono utilizzati, chi siano, in particolare, gli occupanti e quale canone paghino per l'uso -:
se sia a conoscenza delle notizie di stampa sopra riportate, con riferimento all'immobile destinato all'allora dirigente del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, dottor Franco Ionta;
di che immobile si tratti, quanto sia stato speso per la ristrutturazione, quali siano i motivi dell'assegnazione e quale canone sia stato eventualmente previsto per l'uso;
quali altri immobili ad uso abitazione siano nella disponibilità del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria come vengano utilizzati, con quale criterio vengano assegnati e quale sia la controprestazione eventualmente prevista.
(4-15044)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato, tra gli altri, dal quotidiano La Stampa il 20 febbraio 2012, un detenuto di 21 anni, Alessandro Gallelli, accusato di molestie sessuali e violenza sessuale ai danni di ragazze minorenni, si sarebbe impiccato nel carcere milanese di San Vittore dopo aver più volte denunciato di aver subito violenze;
il ragazzo si trovava da quattro mesi in carcere in attesa di giudizio e si sarebbe tolto la vita dopo una seduta psichiatrica. Appresa la notizia, il suo avvocato ha rilasciato la seguente dichiarazione: «Sono sconcertato per quanto di terribile è successo. I genitori mi avevano affidato l'incarico di difenderlo ed io, fin da subito, avevo presentato istanza di scarcerazione con richiesta di arresti domiciliari, ma era stata respinta. Dopo l'emissione di rigetto, datata metà gennaio, il padre mi aveva revocato il mandato di conferimento, ma questa vicenda mi era rimasta a cuore. Non vi erano, a mio parere, gravi indizi di colpevolezza e Alessandro era incensurato. Mi chiedo come possano avvenire queste cose e, qualora fosse vero, è inaccettabile che venisse picchiato da altri detenuti. Alessandro avrebbe dovuto essere controllato a vista»;
secondo il fratello della vittima, Alessandro Gallelli - dopo essere stato arrestato «per aver provocato una rissa con la Polfer a causa di un biglietto del treno non pagato; per aver consumato marijuana; per aver compiuto piccole molestie su alcune minorenni e per alcuni disturbi psicologici (asocialità) peraltro non accertati dalle perizie» - «è stato messo senza motivo in una cella di pochi metri quadri con il vetro rotto oltre le sbarre. I carabinieri di Cerro Maggiore hanno fatto pressioni con rapporti minuziosi, reati mai accaduti, come una violenza su una ragazza che non esiste. Non è possibile che mio fratello si sia ucciso, tra 20 giorni sarebbe uscito per andare in comunità. Voleva rimanere nel mondo del calcio, non morire. Se è andato in carcere lui, ci può finire chiunque. Morti così non devono accadere mai più»;

la direzione dell'istituto di pena all'interno della quale era rinchiuso l'uomo garantisce che il giovane era in isolamento e che quindi non poteva essere vittima di pestaggi o percosse; per l'avvocato Antonio Romano, «occorrerà aspettare gli esiti dell'autopsia. Ma non crediamo al suicidio, pensiamo sia stato ucciso e siamo pronti a intraprendere azioni legali, anche perché la detenzione non era necessaria»;
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa ANSA del 21 febbraio 2012, l'autopsia di Alessandro Gallelli avrebbe confermato l'ipotesi del suicidio; in particolare il medico legale avrebbe confermato che il ragazzo si è impiccato, rompendosi le vertebre cervicali con una felpa usata come cappio, e non avrebbe individuato sul corpo altri segni di lesioni che possano far sospettare che il detenuto sia stato costretto a un gesto autolesionistico -:
di quali elementi disponga in merito alla dinamica del decesso di Alessandro Gallelli, anche alla luce degli esiti ai quali è giunta l'autopsia disposta dal pubblico ministro titolare delle indagini;
se l'uomo fosse un tossicodipendente o alcoldipendente e se per questi motivi ne fosse stato disposto il ricovero in comunità;
quanti colloqui con lo psicologo del carcere avesse effettuato il detenuto prima di suicidarsi;
se l'uomo assumesse dei medicinali e, se del caso, quali;
se corrisponda al vero il fatto che il detenuto fosse stato oggetto di percosse e/o pestaggi all'interno del carcere da parte di altri detenuti;
se e quali fossero le misure di prevenzione e/o cautela attivate dalla direzione dell'istituto di pena nei confronti del giovane detenuto;
per quali motivi il detenuto non fosse guardato a vista;
se nel caso di specie non intenda avviare una indagine amministrativa interna al fine di appurare se non siano ravvisabili profili di responsabilità disciplinare in capo al personale penitenziario tenuto alla custodia dell'uomo;
se e quali urgenti iniziative di carattere normativo il Governo intenda adottare al fine di: a) ridurre il potere della magistratura nel ricorrere alla misura della custodia cautelare in carcere, perlomeno per i reati meno gravi; b) limitare il potere della magistratura di applicare le misure cautelari personali ai casi tassativamente previsti dal legislatore, previa modifica dell'articolo 280 del codice di procedura penale, così come previsto dalla mozione n. 1-00288 approvata dalla Camera dei deputati il 12 gennaio 2010;
se non si ritenga oramai indifferibile riferire sulla reale consistenza del fenomeno delle morti in carcere, nei centri di identificazione ed espulsione (CIE) e in tutti gli altri luoghi di privazione della libertà, in modo che possano essere concretamente distinti i suicidi dalle morti per cause naturali e da quelle, invece, avvenute per cause sospette.
(4-15050)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:

MENIA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
una delle più prestigiose guide turistiche del panorama mondiale, l'australiana Lonely Planet, ha indicato Trieste come la città più affascinante e più sconosciuta al mondo, che merita, dunque, di essere scoperta;
se fa certo piacere il riconoscimento del valore storico, culturale ed artistico del capoluogo giuliano, d'altra parte si è indotti a riflettere sulla evidente sottovalutazione di un patrimonio non solo regionale ma di carattere nazionale ed internazionale;

nell'ultimo mese sono apparsi anche numerosi articoli di stampa che hanno portato alla luce la sconcertante situazione dei collegamenti ferroviari del capoluogo della regione Friuli Venezia Giulia che rafforzano quest'impressione di Trieste come una città che non conta, non ha valore economico, culturale e turistico;
appare del tutto evidente che è in atto una politica di isolamento del capoluogo giuliano, operata da Trenitalia, testimoniata da una ingiustificata riduzione dell'offerta, dalla soppressione di linee e treni, dalla riduzione di investimenti, dalla marginalizzazione progressiva, da viaggi interminabili alla volta delle più importati città italiane;
si ripetono da parte delle istituzioni locali pressioni e appelli sempre più inutili verso Trenitalia, che sembra peraltro essersi ultimamente accorta di Trieste solo per rimuovere le panchine della sala d'aspetto della stazione centrale, divenute alloggio di barboni nei giorni del grande freddo;
mentre a Nordovest si costruisce il tratto della TAV Torino Lione, segmento del ben più ampio corridoio trans europeo che prevede il collegamento tra Lisbona e Kiev via Trieste, ad un normale e neutrale osservatore dovrebbe sembrare quantomeno strano che nell'Italia del 2012, nel Nordest «locomotiva d'Italia», percorrere in treno il tratto fra Venezia e Trieste significhi impiegare lo stesso tempo delle «Littorine» del periodo fascista;
secondo l'amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, Mauro Moretti, la giustificazione a questa condizione è semplice: «In Friuli Venezia Giulia non c'è mercato e non investiamo». In altre parole, il milione e 200mila abitanti del Friuli Venezia Giulia non giustifica investimenti funzionali a un miglioramento sostanziale dei collegamenti con l'area della pianura Padana, del centro Italia e del Nord ovest. L'idea di fondo è quella di far arrivare a Mestre i passeggeri italiani o stranieri che arrivano da est, e poi, attraverso questo hub fare sì che possano prendere i convogli dell'alta velocità verso le maggiori città del Paese. E viceversa;
fa eccezione - l'unica al momento - il Frecciabianca che collega Trieste direttamente a Milano in circa 4 ore, senza imporre ai passeggeri di cambiare a Mestre. Anche se risulta difficile non accorgersi del fatto che il tempo impiegato da Trieste per raggiungere Mestre (1 ora e 40 minuti per 140 chilometri) è più o meno lo stesso che si impiega dalla stessa Mestre per arrivare alla stazione centrale di Milano (2 ore e 20 minuti però per 260 chilometri). Per il resto, la soluzione è la stessa descritta sopra: interregionale fino a Mestre e poi Eurostar verso Roma o Milano;
un recente articolo di Susanna Tamaro (Corriere della Sera, 13 febbraio 2012) ha descritto con accuratezza e sensibilità le difficoltà che un viaggiatore (oggi definito esclusivamente cliente) deve affrontare quando prende un treno, a maggior ragione se quel treno è da o per Trieste. Nello specifico, la Tamaro racconta di un assurdo viaggio su un Intercity Napoli-Trieste, bloccato in aperta campagna nel cuore della notte per ore senza fornire alcuna spiegazione ai passeggeri e in arrivo a Trieste con 5 ore di ritardo, in una stazione obsoleta, senza servizio taxi e all'alba;
ancor peggiore appare la situazione per i collegamenti di Trieste con l'Europa. Un accurato spaccato si ricava da una puntuale indagine di stampa di Paolo Rumiz (Repubblica, 29 gennaio 2012): cent'anni fa Trieste era al centro d'Europa; con una sola coincidenza si arrivava a Praga, Cracovia, Stoccarda. Persino, con la cortina di ferro che separava materialmente l'est comunista dall'ovest e senza convenzione di Schengen, lo stato dei collegamenti ferroviari era di gran lunga migliore. Passava ancora il Simplon Orient Express diretto ad Istanbul, in vagon lit si poteva andare a Parigi, Genova, Roma, Budapest e Belgrado. Oggi si possono raggiungere soltanto Udine e Venezia, peraltro con dei treni lentissimi; circa due

mesi fa è stato tolto l'ultimo treno tra Trieste e Lubiana, il collegamento con Gorizia non c'è più dai tempi della Guerra fredda, non ci sono più treni per l'Ungheria, per Zagabria, per l'Istria, Fiume e la Dalmazia. E il confronto più deprimente è quello con Vienna: prima c'erano 12 treni al giorno, tutti diretti, oggi nessuno; con trazione a vapore il viaggio durava 10 ore e 7 minuti, oggi dura 9 ore e 28 minuti, con due cambi, tre biglietti e una tratta in pullman;
a parere dell'interrogante è indiscutibile che la situazione dei collegamenti, soprattutto ferroviari, in cui versa la città di Trieste e di riflesso tutta la regione Friuli Venezia Giulia, meriti di essere affrontata in maniera seria, studiandone le criticità e le potenzialità, per consentire uno sviluppo adeguato e competitivo all'intera regione e al suo capoluogo, nell'ambito di un più generale ripensamento della strategia del sistema Italia e della sua proiezione in Europa -:
quali siano gli orientamenti del Governo a proposito della situazione sopra riportata;
se e quali interventi, anche di «moral suasion», intenda adottare nei confronti delle politiche di Trenitalia per ovviare urgentemente alle storture denunciate;
quali iniziative intenda adottare per scongiurare la condizione di isolamento e marginalità di Trieste e del Friuli Venezia Giulia nel sistema Italia che, attualmente porta alla considerazione «de facto» che l'Italia ad est finisce a Mestre;
quali iniziative intenda promuovere, anche di supporto finanziario e eventualmente di ordine normativo, per riconsegnare all'area giuliana una proiezione strategica nazionale e internazionale, sotto i diversi profili della competizione del sistema infrastrutturale, portuale, commerciale, turistico, garantendo alla città di Trieste un ruolo internazionale coerente con le sue aspirazioni e con quella che per secoli è stata la sua attitudine a fare da cerniera con il centro e l'est Europa.
(3-02124)

Interrogazione a risposta in Commissione:

BERGAMINI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da anni si registra una progressiva riduzione dei servizi di trasporto ferroviario in più parti di Italia - generalmente a scapito dei pendolari e degli studenti costretti ad utilizzare il treno per spostamenti quotidiani - tesa a garantire soltanto i treni relativi a tratte che assicurino ragionevoli margini di profitto;
alla riduzione dei servizi si accompagna un generalizzato aumento dei prezzi del trasporto, non giustificato da alcun miglioramento di qualità dei servizi medesimi, ma anzi affiancato dal crescere dei ritardi, da un sempre maggiore grado di sporcizia e da una generale inaffidabilità del trasporto ferroviario;
in particolare, in Versilia si è assistito, negli ultimi giorni, ad un aumento indiscriminato dei prezzi sia dei biglietti sia degli abbonamenti per studenti e pendolari, beffardamente preceduto dalla soppressione della fermata di alcuni treni veloci a Viareggio;
nel mese di dicembre 2011, infatti, la stazione di Viareggio è stata interessata dalla soppressione delle fermate di coppie giornaliere di treni Eurostar, che, nel periodo invernale, sono passati da 5 a 2;
tale soppressione risulta incomprensibile alla luce del numero di passeggeri che transitano nella stazione di Viareggio, in media 4.108 al giorno, della rilevante richiesta turistica e della classificazione che la stessa Trenitalia attribuisce alla stazione medesima, «gold», rispetto alla stazione di Pietrasanta, classificata «bronze», a quella di Massa, classificata «silver» e a quella di Pisa, classificata «platinum»;

inoltre, non è stata potenziata l'offerta del servizio di trasporto ferroviario per l'aeroporto di Pisa, il cui traffico ha registrato sensibili aumenti negli ultimi anni;
a tale soppressione è seguito nei giorni scorsi un aumento dei prezzi, che è stato pari a 1 euro per il biglietto della tratta Viareggio-Pisa, il cui costo è passato da 5 a 6 euro e a 15 euro per l'abbonamento sulla medesima tratta, il cui costo che è passato da 45 a 60 euro al mese;
appaiono all'interrogante del tutto inaccettabili le risposte date da Trenitalia al sindaco della città di Viareggio, che ha espresso vibranti proteste al riguardo;
la soppressione delle fermate Eurostar è stata infatti motivata con argomenti di tipo economico, ossia che i treni Frecciabianca comportano rilevanti perdite per la società, mentre nessuna spiegazione è stata fornita per l'ingente aumento dei prezzi praticata qualche giorno fa -:
se il Ministro non ritenga opportuno assumere le necessarie iniziative di competenza per il ripristino delle fermate dei treni Frecciabianca nella stazione di Viareggio e per far sì che la società Trenitalia pratichi una politica dei prezzi in linea con la qualità dell'offerta, evitando aumenti indiscriminati che si ripercuotono negativamente sulle fasce più deboli della popolazione.
(5-06225)

Interrogazioni a risposta scritta:

MURER. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'Ente nazionale per l'aviazione civile, con riguardo all'aeroporto Marco Polo di Venezia, nella relazione tecnica ai cosiddetti piani di vincolo, fa un esplicito riferimento alla realizzazione della terza pista aeroportuale a Venezia, dandone per effettiva l'entrata in servizio entro il 2030 e prevedendo di conseguenza i vincoli ad essa assegnati nelle apposite mappe;
il 6 febbraio 2012, il consiglio comunale di Venezia, con un voto ad una mozione collegata al Pat (piano di assetto del territorio) si è opposto a tale ipotesi ritenendo «improponibile nel breve e medio termine ogni ipotesi di espansione del sedime aeroportuale a nord della statale 14 Triestina per la realizzazione di nuove piste aeroportuali»;
le mappe di vincolo sono state approvate dall'Enac il 6 dicembre 2011 e sono state trasmesse il 19 dicembre a 17 comuni per l'apposita pubblicazione; resteranno in visione fino al 3 aprile del 2012 ed entro questo termine si potranno inviare osservazioni oppure opposizioni ad esse;
per ammissione dello stesso Ente nazionale per l'aviazione civile, le mappe non sono state concertate con le amministrazioni comunali interessate ma sono state direttamente predisposte dal gestore aeroportuale, in qualità di soggetto titolare del certificato di aeroporto, la Save spa;
è allo studio dell'ufficio tecnico del comune di Venezia l'intero complesso delle mappe consegnate da Enac al fine di capire l'impatto sulle nuove costruzioni e le problematiche connesse alle fasce di rispetto, che potrebbero avere serie conseguenze su alcuni progetti di edilizia pubblica e privata già avviati;
la costruzione di una terza pista all'aeroporto Marco Polo di Venezia appare all'interrogante del tutto inutile rispetto alle esigenze di sviluppo di un aeroporto proporzionato alle esigenze di una città importante come Venezia;
molto più importante appare intervenire sullo sviluppo del sedime a disposizione della Save spa, utilizzando al meglio i 330 ettari, che, se ben configurati con terminal all'avanguardia, nuova aerostazione, radar, parcheggi aeromobili, possono portare il Marco Polo a 15 milioni di passeggeri e oltre, lasciando nel contempo inalterato il territorio e la vita civile -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se non

ritenga di intervenire, per quanto di propria competenza, al fine di bloccare una mappatura che prevede la terza pista senza alcuna consultazione con le amministrazioni locali interessate; se non ritenga di assumere iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, per favorire una concertazione reale tra i comuni e l'ente titolare dell'aeroporto per le dinamiche di sviluppo dello scalo, che non possono essere programmate a dispetto della volontà delle comunità locali.
(4-15033)

GIANNI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
per il tratto autostradale Siracusa-Gela nel tratto ragusano vi è il rischio concreto che l'iter dell'appalto sia bloccato;
attualmente si è in attesa del rilascio del parere da parte della Commissione europea delle grandi opere che dovrebbe apporre questo «sigillo» alla scheda dei lotti autostradali 6, 7 e 8 (Rosolini-Modica);
solo in questo caso si sbloccherebbe il finanziamento regionale (pari a 213 milioni di euro) e quello europeo di 262 milioni di euro;
la realizzazione dei tre lotti in questione, attesi ormai da troppo tempo, consentirebbe, secondo i sindacati di categoria, l'impiego, per cinque armi, tra diretto ed indotto, di quasi tremila lavoratori;
le istituzioni locali hanno, giustamente, richiesto all'Unione europea e all'ANAS di stringere i tempi e avviare tali opere affinché non si perdano i fondi previsti e sia realizzata un'opera infrastrutturale indispensabile per il territorio in questione;
il tratto stradale Siracusa-Gela è ormai conosciuto come «l'autostrada infinita» e sul sito dell'ANAS si legge, con dati aggiornati al 10 marzo 2010, «progetto esecutivo in corso di approvazione»;
il progetto in questione risulta definito nel 2003 a cui vanno aggiunti otto anni, e si arriva al 2011, per l'approvazione di una variante;
il Consorzio autostrade siciliane ha definito, nella seconda metà del 2011, il progetto definitivo, con tanto di fondi disponibili sia a livello regionale che europeo;
ma su tutto ciò pesa ancora il pronunciamento dell'Unione europea e l'approvazione del progetto definitivo da parte dell'ANAS;
la storia di questo tratto autostradale si commenta da sola: nel 1965 partì l'iter e nel 1983 fu aperto il tratto Siracusa-Cassibile (9 chilometri), dopo venticinque anni si arrivò a Noto (16 chilometri), nell'ottobre 2008 fu aperto il tratto sino a Rosolini (inaugurato e poi sequestrato dalla magistratura per irregolarità e successivamente riaperto);
dei previsti 114,6 chilometri, ne sono stati ultimati 41,5 e di questi lunghi tratti sono ancora ad una sola carreggiata per non parlare dell'asfalto che versa in pessime condizioni;
adesso se non si agirà in fretta anche i 38 chilometri dei lotti 6, 7 e 8 rischiano di non essere mai completati;
è inconcepibile che invece di accelerare i lavori come sarebbe naturale, gli stessi vengano ritardati a giudizio dell'interrogante anche per il colpevole ritardo dell'ANAS che continua a considerare il sistema viario in Sicilia e in tutto il Mezzogiorno come secondario, come si può facilmente dedurre sia dai ritardi nell'esecuzione dei lavori previsti, sia dallo stato di abbandono in cui versano la maggior parte dei tratti autostradali;
in tal senso, l'interrogante, avendola verificata di persona, denuncia la mancanza di illuminazione nella maggior parte delle gallerie nel tratto autostradale che va da Catania a Messina;
quanto accade è la dimostrazione evidente di come si proceda in modo

inaccettabile nella realizzazione delle opere infrastrutturali in Sicilia (poche e con ritardi vergognosi) ed evidenzia uno dei motivi per i quali si continua a registrare una doppia velocità tra l'economia del Nord del Paese e nel Mezzogiorno, per non parlare del turismo che non può essere valorizzato come meriterebbe proprio per la mancanza di un sistema di trasporti e di una rete viaria all'altezza di un Paese moderno -:
quali iniziative intenda assumere il Governo nei confronti dell'ANAS e della Commissione europea, affinché un'opera attesa da anni abbia finalmente a proseguire dando un po' di respiro ad un'economia territoriale sempre più asfittica e rilanciando, al contempo, l'occupazione in un'area del Paese che sta conoscendo uno dei momenti più difficili della sua storia;
come s'intenda intervenire, anche convocando i responsabili dell'ANAS, affinché vi sia un'inversione di tendenza e di comportamento per quanto riguarda le opere viarie in Sicilia e nel Mezzogiorno che debbono essere, almeno le poche previste, portate a conclusione nei tempi stabiliti e che non possono essere lasciate nell'abbandono e nell'incuria.
(4-15039)

MENIA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
l'antica stazione ferroviaria di Campo Marzio a Trieste è un patrimonio di fatto sconosciuto, da conservare e da sviluppare, tanto a livello museale, culturale, architettonico (di recente un dirigente delle ferrovie francesi lo ha definito «un gioiello da valorizzare, uno dei più bei musei ferroviari d'Europa»), quanto sotto il diverso profilo del mantenimento dei vecchi e tradizionali collegamenti di Trieste con l'Istria, e il centro dell'Europa;
di questo patrimonio, Trenitalia sembra ad avviso dell'interrogante, non avere considerazione alcuna, avendo di fatto decretato la chiusura della stazione di Campo Marzio, capolinea di quella che ai tempi dell'Impero Asburgico si chiamava Transalpina, costringendo i volontari che la gestivano ad andarsene, triplicando loro un affitto già di per sé pesantissimo: canone quasi triplicato e innalzato da 54 mila euro l'anno (senza alcun aiuto pubblico) a 140 mila euro;
nel museo annesso alla stazione sono conservate e mantenute vere e proprie meraviglie e testimonianze dei tempi dei treni a vapore: timbri, telefoni a manovella, quadri di comando, carri passeggeri, amperometri, pompe, scambi, segnali, divise, spartineve, fotografie, mappe, plastici, sigilli doganali per la piombatura dei vagoni, decorazioni in oro;
ci sono, soprattutto, numerosi treni con carrozze di fine '800 e tappezzeria intatta, che potrebbero essere adoperati per i cosiddetti «viaggi della nostalgia», ma, mentre Austria e Germania con questi viaggi ci guadagnano, Trenitalia sembrerebbe ritenere sia più semplice e produttivo chiudere;
il rischio è anche, come segnalato, di giungere alla definitiva cancellazione di Trieste Campo Marzio dalla mappa ferroviaria italiana, e la cosa appare illogica di fronte alla semplice considerazione che da quella stazione, un secolo fa, si andava direttamente, o con una sola coincidenza, a Budapest, Belgrado, Praga, Cracovia, Stoccarda;
tale quadro appare tanto più illogico di fronte al recente stanziamento di milioni di euro di fondi europei (progetto «Adria A») per riattivare i vecchi binari della stazione Campo Marzio che possono essere utilizzati per linee metropolitane -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto sopra segnalato;
se e come intendano intervenire per assicurare e promuovere un adeguato piano di interventi che miri a preservare e valorizzare il patrimonio museale, storico, artistico, culturale della stazione di Campo Marzio a Trieste e prevederne uno sviluppo,

piuttosto che una cancellazione come decretato dai vertici di Trenitalia.
(4-15046)

...

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:

D'AMICO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nel comune di Gorgonzola (Milano) è situata una caserma dei vigili del fuoco in una struttura di proprietà dell'amministrazione comunale. La caserma è considerata di estrema importanza, in quanto assicura una copertura di buona parte del territorio provinciale ad est di Milano;
la caserma necessita di urgenti lavori di manutenzione che se non effettuati a breve ne pregiudicherebbero l'operatività;
l'amministrazione comunale ha, anche a causa dei continui tagli ai trasferimenti di fondi dallo Stato, difficoltà a far fronte alla situazione;
ad aggravare ulteriormente la situazione vi è il fatto che l'amministrazione dell'interno non corrisponde dal 2008 il canone annuo d'affitto al comune di Gorgonzola per un totale dovuto e non riscosso pari complessivamente ad euro 332.573,50 -:
per quali motivi non sia stato corrisposto il dovuto canone di locazione;
se esistano ancora motivi ostativi al pagamento del suddetto canone e se, considerata la gravità della situazione, sia possibile corrispondere urgentemente al comune di Gorgonzola gli importi dovuti per il canone di locazione dell'immobile in cui è ubicata la locale caserma dei vigili del fuoco, in modo da onorare il contratto di locazione permettendo poi la realizzazione di lavori di manutenzione.
(4-15026)

TASSONE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da tempo è insorta una controversia tra il comune di Cittanova (Reggio Calabria) e il Ministero dell'interno, dipartimento affari interni, a causa del diniego del dipartimento ministeriale alla richiesta del comune di rideterminazione degli oneri sostenuti per il personale A.T.A. (a seguito del passaggio allo Stato) da portare in riduzione dei trasferimenti erariali;
l'istanza avanzata dall'ente comunale era intesa ad ottenere la rettifica della certificazione prodotta, in applicazione della legge 3 maggio 1999, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico), e dei decreti attuativi in materia di personale ATA;
al fine di ottenere l'annullamento dell'istanza di rigetto ministeriale, il comune si è visto costretto a presentare ricorso al TAR del Lazio, imputando all'atto in questione un'illegittimità tale da renderlo nullo;
pur nel riconoscimento, da parte del Ministero, della giustezza e fondatezza della richiesta avanzata dal comune di Cittanova, esso ha tuttavia ritenuto opportuno respingerla, adducendo l'intervenuta prescrizione del diritto, in quanto l'istanza sarebbe stata depositata oltre il termine del 31 marzo 2010;
il comune di Cittanova ritiene però che il rigetto dell'istanza debba ritenersi del tutto infondato, in quanto le norme in materia, pur avendo indicato i termini per la trasmissione della documentazione, non precludono successive rettifiche, né pongono dei termini a dette rettifiche;
peraltro, si esprimono forti dubbi sulla possibilità che una amministrazione statale possa opporre ad altra amministrazione pubblica la prescrizione di una richiesta fondata e legittima, senza incorrere a una violazione dei principi costituzionali;
appare quindi notevolmente dubbia la tesi sostenuta nell'atto impugnato, anche

considerato che, se fosse vero che il diritto si prescrive con il decorso del termine decennale, questo potrebbe valere solo per l'anno 2000 e non per gli anni successivi, per i quali le somme richieste dovrebbero comunque continuare ad essere corrisposte -:
quali iniziative ritenga di assumere per agevolare il raggiungimento di una rapida soluzione anche in vista del giudizio avviato dal comune, per cui, comunque, non è ancora stata fissata l'udienza per la trattazione del ricorso.
(4-15027)

BITONCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
un quotidiano locale riferisce che indagini delle forze dell'ordine hanno portato al sequestro di un appartamento all'Arcella di proprietà di Francesco Muncivì, 62 anni, esponente di spicco della famiglia Emmanuello di Gela;
questa brillante operazione di polizia, dimostra come, anche l'organizzazione criminale «Cosa nostra» si sia interessata alla città di Padova e all'economia veneta degli appalti;
Francesco Muncivì è un imprenditore che opera nel campo dell'edilizia, titolare della Fiass Srl e amministratore di fatto delle società cooperative «Città Futura», «Giada», «Halley», «Casa nostra», già conosciute per aver preso parte alla convenzione conclusa col comune di Gela per la costruzione di 170 alloggi di edilizia agevolata-convenzionata, di pubblici servizi e di opere di urbanizzazione;
i poliziotti delle questure di Padova e Caltanissetta hanno sequestrato beni mobili e immobili per 800 mila euro riconducibili appunto a Muncivì, già arrestato nell'aprile 2011 per associazione mafiosa è considerato affiliato a Cosa nostra di Gela;
il provvedimento è stato disposto dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di Caltanissetta, su proposta della direzione distrettuale antimafia. Sotto sequestro sono finiti un appezzamento di terreno di 20 ettari, di proprietà in una società riconducibile all'indagato, quote sociali della stessa ditta, un appartamento a Gela e quello di Padova in via Viotti 8;
l'immobile è stato acquistato nel 2005 al prezzo di 110 mila euro pagati con due assegni emessi su un conto corrente per il quale risultano movimenti complessivi di 107.100 euro;
sempre organi di stampa locali, riferiscono che le forze dell'ordine avrebbero il forte sospetto che questa abitazione potesse costituire una base d'appoggio in città per ben altri traffici;
la crisi economica e la stretta creditizia ha portato molte imprese locali a chiudere l'attività, e si sono creati forse, i presupposti per l'ingresso sul mercato di altre realtà imprenditoriali, in cui la liquidità non è un problema, visto che deriva da attività illecite -:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti citati e quali concrete iniziative di competenza ritenga di dover porre in essere per prevenire e contrastare i continui tentativi di infiltrazioni e radicamento della criminalità organizzata di stampo mafioso nel Nord Italia e in particolare in Veneto.
(4-15034)

DI PIETRO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata (Anbsc) ha divulgato i dati aggiornati al gennaio 2012 in merito alle aziende poste sotto sequestro;
tra le aziende incriminate moltissime sono attività di ristorazione, imprese edili, palestre, aziende di informatica nate come aziende di copertura e poi, il più delle volte, utilizzate per reciclare denaro «sporco»;

le aziende finite sotto sigillo sono 1.516, delle quali l'11 per cento (176) risulta attivo;
l'89 per cento delle aziende, attualmente, è fermo o rischia di chiudere a stretto giro;
il 60 per cento dei beni confiscati alle organizzazioni criminali da destinare ai comuni - da quanto riportato da Davide Pati, responsabile nazionale «Libera» - è inutilizzabile perché gravato da ipoteche bancarie;
le aziende confiscate non hanno le risorse necessarie per sopravvivere e ripartire;
è fondamentale nella lotta alle mafie trainare le sopracitate aziende sul binario della legalità;
con l'effettiva operatività di tutte le aziende sottratte alla criminalità organizzata si potrete creare nuova occupazione nelle realtà in cui il tasso di disoccupazione e il rischio di delinquere è sono più alti -:
quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di porre rimedio a questa intollerabile situazione che rappresenta un vero e proprio regalo alla criminalità organizzata e se non ritenga, opportuno adottare iniziative normative urgenti volte a sostenere le aziende in questione, agevolandone l'accesso al credito e devolvendo ad esse parte delle risorse sottratte ai mafiosi e confluite nel fondo unico giustizia.
(4-15042)

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:

PALOMBA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'ENPAP (Ente nazionale di previdenza e assistenza per gli psicologi) è una fondazione di diritto privato, ai sensi dell'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo del 10 febbraio 1996, n. 103, concernente la tutela previdenziale obbligatoria dei soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione;
l'iscrizione all'ente è obbligatoria per gli psicologi che esercitano la propria attività in forma di libera professione o in collaborazione coordinata e continuativa. Sono inoltre obbligati all'iscrizione tutti gli psicologi dipendenti delle pubbliche amministrazioni o di enti privati, iscritti all'INPDAP o ad altre casse di previdenza, che esercitano attività libero professionale intra-moenia e/o in convenzione con partita iva;
l'ENPAP è sottoposto alla vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nonché del Ministero dell'economia e delle finanze;
la Corte dei conti esercita il controllo sulla gestione delle assicurazioni obbligatorie e riferisce al Parlamento, secondo quanto stabilito dall'articolo 3, comma 5, del decreto legislativo 30 giugno 1994;
il 31 gennaio 2011 l'ENPAP ha acquistato un immobile in via della Stamperia a Roma per 44,5 milioni di euro (54 milioni di euro con l'IVA) dalla società «Estate due», amministrata dal senatore Riccardo Conti (Pdl), che questi aveva acquistato soltanto poche ore prima dal Fondo Omega per 26 milioni di euro e rivenduto, soltanto poche ore dopo;
l'acquisto di questo immobile, che versa peraltro in pessime condizioni di conservazione, ad un prezzo pari quasi al doppio di quello pagato dal venditore soltanto poche ore prima, ha arrecato un pesante disequilibrio nei conti dell'ente previdenziale per gli psicologi;
il prezzo pagato per l'immobile corrisponde a circa il 10 per cento del patrimonio dell'ente, con grave pregiudizio per i diritti degli iscritti alla cassa;
in attesa che venga completata la riforma delle casse di previdenza dei liberi

professionisti, sarebbe opportuno che i Ministeri vigilanti, per quanto di loro competenza, dispongano la presenza di propri rappresentanti negli organi dei predetti enti al fine di garantire gli iscritti da comportamenti degli amministratori che possano compromettere il futuro equilibrio finanziario degli stessi;
nel caso specifico dell'ENPAP, i fatti narrati rendono necessario ed urgente il commissariamento dell'Ente a garanzia dei diritti previdenziali, costituzionalmente garantiti degli iscritti alla cassa -:
se non ritengano improcrastinabile e urgente una maggiore vigilanza sulle casse dei professionisti, anche assumendo iniziative per garantire la presenza di un rappresentante dei Ministeri vigilanti negli organi amministrativi dei predetti enti, e l'immediato commissariamento dell'ENPAP, atteso il grave vulnus inferto dagli atti posti in essere dal suo presidente e da quanti altri abbiano agito in rappresentanza dell'ente che, a prescindere da altre azioni che saranno eventualmente portate avanti dagli organi della magistratura ordinaria e contabile, ha arrecato sicuro pregiudizio aliante attraverso l'acquisto di un immobile, in pessime condizioni di conservazione, ad un prezzo pari quasi al doppio di quello pagato dal venditore soltanto poche ore prima.
(3-02126)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

FLUVI, DAMIANO, SCHIRRU, CODURELLI, MATTESINI, BOBBA e GNECCHI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo n. 151 del 2001 permette ai familiari di una persona con gravi disabilità di poter utilizzare, ai fini dell'assistenza, di un periodo di congedo straordinario;
la signora B.M., madre del piccolo F.L., sta utilizzando da tempo un periodo di congedo straordinario così come comunicato dall'INPS, agenzia di Empoli;
il piccolo F.L. (di 18 mesi) è affetto da una grave malattia ed è in cura presso il dipartimento di oncoematologia pediatrica dell'azienda ospedaliera A. Meyer di Firenze;
il programma di cura del bambino, così come certificato dai medici del reparto, si prolungherà ben oltre il periodo massimo di congedo straordinario previsto dal decreto legislativo n. 151 del 2001;
l'età del bambino e la situazione di salute richiedono una continua assistenza e rendono impossibile il ritorno al lavoro della madre alla fine del congedo straordinario -:
se non ritenga necessario assumere iniziative normative volte a prevedere, per situazioni di comprovata gravità, come quelle connesse a patologie oncologiche, quindi di gravità accertata e conclamata, di prolungare il congedo straordinario anche oltre quanto previsto dalla legislazione vigente, in modo da consentire alla madre di assistere il proprio figlio.
(5-06231)

MATTESINI, AMICI, CODURELLI, BELLANOVA, SCHIRRU, MOSCA, GATTI, MADIA, RAMPI, MIGLIOLI, GNECCHI, MARCHIONI e MOTTA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa e dal sito dell'Associazione «Errori di stampa» si apprende di un «contratto di consulenza» Rai che al punto 10 recita: «Nel caso di sua malattia, infortunio, gravidanza, cause di forza maggiore od altre cause di impedimento insorte durante l'esecuzione del contratto, Ella dovrà darcene tempestiva comunicazione. Resta inteso che, qualora per tali fatti ella non adempia alle prestazioni convenute, fermo restando il diritto della RAI di utilizzare le prestazioni già acquisite, le saranno dedotti i compensi relativi alle prestazioni non effettuate.» E prosegue: «Comunque, ove i fatti richiamati impedissero a nostro parere, il regolare e continuativo adempimento

delle obbligazioni convenute nella presente, quest'ultima potrà essere da noi risoluta di diritto, senza alcun compenso od indennizzo a suo favore»;
la clausola va a ledere, a giudizio degli interroganti, l'articolo 3 della Costituzione italiana, il quale tutela l'eguaglianza dei cittadini e la loro pari dignità sociale senza distinzione di sesso, di razza o condizioni personali e sociali e afferma che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese;
la clausola suddetta afferma in modo nitido che una donna in gravidanza non ha diritto al compenso per le prestazioni lavorative che non ha effettuato e che non può chiedere un indennizzo per il periodo di gestazione, in quanto la RAI potrà valutare l'incidenza della gravidanza sulla produttività della lavoratrice e, se questa ne risultasse compromessa, si riserva sostanzialmente di risolvere il contratto;
tale clausola, ad avviso degli interroganti retrograda, di dubbia legittimità ed umiliante, perché avere un figlio dovrebbe significare la rinuncia al posto di lavoro potrebbe servire, fatto ancor più grave, anche da deterrente;
anche se finora nessun caso di licenziamento per gravidanza è stato effettuato, così come si rileva anche dalle dichiarazioni della direttrice generale della RAI, Lorenza Lei, tale contratto è stato sottoposto alla firma di molte giornaliste che lo hanno dovuto sottoscrivere;
tale clausola svela la natura subordinata del rapporto di lavoro -:
se il Governo intenda assumere ogni iniziativa di competenza affinché sia cancellata da tutti i contratti della RAI l'insopportabile «clausola gravidanza».
(5-06232)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

MANCUSO, CICCIOLI, BARANI e DE LUCA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro per gli affari europei. - Per sapere - premesso che:
il Parlamento europeo (con 395 sì, 225 no e 31 astensioni) ha approvato l'accordo Unione europea-Marocco che liberalizza, in parte, il commercio di prodotti agricoli e di pesca;
l'accordo commerciale rappresenta una tappa verso un accordo di libero scambio e porterà a eliminare circa il 55 per cento delle tariffe doganali sui prodotti agricoli e di pesca marocchini (dal 33 per cento attuale) e il 70 per cento delle tariffe sui prodotti agricoli e di pesca nell'Unione europea in 10 anni (rispetto all'attuale 1 per cento);
l'accordo prevede l'obbligo, per il Marocco, di rispettare, nell'esportazione, gli standard sanitari europei;
in Marocco il costo del lavoro è circa un ventesimo rispetto a quello italiano e, di conseguenza, i prezzi delle merci sono di molto inferiori;
il Marocco non è chiamato al rispetto delle medesime regole in materia di scambi commerciali di tutela della salute del consumatore, nella produzione agricola, che invece devono rispettare gli operatori dei settori agricolo e ittico in Europa;
l'Italia corre il concreto rischio di essere invasa da prodotti agricoli a prezzo non concorrenziale proveniente dal Marocco;
soprattutto considerando il periodo di contingente crisi, il settore agricolo e ittico italiano rischia di subire un ulteriore

gravissimo contraccolpo, con la chiusura di aziende e la perdita di migliaia di posti di lavoro -:
quali iniziative il Governo intenda difendere il settore agricolo e ittico italiano;
quali modalità il Governo intenda monitorare il rispetto degli standard sanitari europei nell'esportazione da parte del Marocco.
(5-06228)

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SALUTE

Interrogazione a risposta orale:

BINETTI, NUNZIO FRANCESCO TESTA, DE POLI e CALGARO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la crisi economica ha acutizzato la drammatica situazione della maggioranza dei pronto soccorso italiani, caratterizzati da strutture decadenti, carenza di personale qualificato, a tutto ciò purtroppo si aggiungono i tagli ai posti letto, la difficoltà a ricoverare i pazienti bisognosi e il precariato incalzante;
manca in Italia un'effettiva scuola di specializzazione in medicina d'urgenza, per cui si supplisce alla competenza specifica necessaria per affrontare l'urgenza con una moltiplicazione di figure di specialisti, ognuno dei quali competente in un determinato settore, ma privo della flessibilità necessaria a gestire l'emergenza nella sua globalità e nella sua complessità;
manca in tutti pronto soccorso la possibilità di accogliere e di farsi carico dei familiari che accompagnano i pazienti, tenendo conto che molto spesso si trovano anche loro in condizione di visibile disagio fisico e psicologico. La sensazione di abbandono percepita da malati e familiari accentua ed esaspera la sofferenza del malato e crea l'immagine di un anonimato relazionale e assistenziale, che appare come la causa principale della percezione di non-qualità del pronto soccorso;
le politiche sanitarie italiane sono state improntate sulla razionalizzazione della rete sanitaria nazionale, considerata troppo «ospedalocentrica», attraverso una riduzione costante e progressiva dei posti letto ospedalieri, soprattutto di quelli per acuti;
lo spostamento del centro di assistenza dall'ospedale al territorio non è stato mai accompagnato da un'effettiva ristrutturazione dei servizi di medicina generale, per cui i pazienti si rivolgono al pronto soccorso, nella convinzione di poter trovare solo lì un'attenzione reale per i propri problemi, 24 ore su 24;
secondo i dati del Ministero della salute tra il 2000 e il 2009 sono stati tagliati in tutto quasi 45 mila posti letto, pari al 15,1 per cento del totale con un rapporto posti letto abitanti passato dal 5,1 ogni mille abitanti di 12 anni fa, al 4,2 attuale (di cui 3,6 per mille dei letti per acuti e 0,6 per mille per le lungodegenze);
le rilevazioni del Quotidiano Sanità dagli annuari statistici del servizio sanitario nazionale del Ministero della salute evidenziano un netto calo dei posti letto soprattutto nel pubblico. A livello medio nazionale si registra, infatti, un ridimensionamento dei posti pubblici del 17,2 per cento pari a più di tre volte quello intervenuto nel privato, dove i tagli hanno riguardato solo il 5,3 per cento dei letti di case di cura private accreditate;
i tagli maggiori sono stati effettuati in Sardegna, Friuli Venezia Giulia e Puglia con riduzioni superiori al 20 per cento. I tagli più modesti in Campania e Abruzzo (che, come per quasi tutto il meridione, partivano però da una realtà ospedaliera già sottodimensionata rispetto al centro-nord). Hanno evitato i tagli solo Molise e Valle d'Aosta, dove c'è stato addirittura un incremento dei posti letto ospedalieri;
di fatto, il risultato dell'operazione di ristrutturazione sanitaria ha portato al collasso della rete ospedaliera nazionale, ma soprattutto di alcune grandi città, come Roma, Napoli, Genova, Torino e

Milano, dove la riduzione dei letti in corsia sta provocando l'intasamento dei pronto soccorso ospedalieri, con il moltiplicarsi di situazioni limite, come quella evidenziata dalla cronaca di questi giorni al pronto soccorso del Policlinico Umberto I di Roma dove una donna di 53 anni è stata per 4 giorni su una barella ed ha ottenuto un letto solo dopo la denuncia di due parlamentari -:
se non ritenga opportuno assumere ogni iniziative di competenza per potenziare modelli di assistenza territoriale affidati ai medici di medicina generale, in collegamento tra di loro, funzionanti 24 ore su 24, per evitare che si creino concentrazioni di richieste improprie nei punti di pronto soccorso;
se non ritenga necessario svolgere per quanto di competenza, un monitoraggio sulle strutture di pronto soccorso, che tenga conto del blocco delle assunzioni del personale medico-infermieristico, che inevitabilmente causa una maggiore difficoltà del malato ad essere prontamente assistito;
quali urgenti iniziative intenda attuare per fare in modo che alla politica del ridimensionamento dei posti letto si accompagni un'adeguata crescita dei servizi territoriali che, a giudizio degli interroganti, stenta a realizzarsi in molte regioni italiane.
(3-02125)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MANCUSO, CICCIOLI, BARANI e DE LUCA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
politica sanitaria significa non solo cura, ma soprattutto prevenzione;
un cittadino in buona salute costa meno allo Stato e produce, contribuendo alla crescita economica;
il settore dei servizi sociali e sanitari italiani occupa il 10 per cento dei lavoratori totali, per tre quarti donne;
l'8,3 per cento del prodotto interno lordo nazionale è spiegato dalla spesa sanitaria;
solo il 3 per cento del bilancio nazionale viene investito nella prevenzione;
la spesa sanitaria nazionale è destinata ad aumentare a causa del progressivo invecchiamento della popolazione italiana ed europea;
la telemedicina, in particolare l'eHealth, sono moderni strumenti chiave per lo sviluppo di una politica sanitaria efficiente ma, contemporaneamente, in linea con le previsioni dei costi -:
quali iniziative intenda intraprendere il Governo per favorire lo sviluppo delle innovative tecnologie di eHealth;
se il Governo intenda assumere iniziative per implementare gli investimenti nella politica di prevenzione, e in che misura.
(5-06227)

MOTTA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la fibrosi cistica è una malattia genetica progressiva e mortale per la quale non esiste a oggi una cura, mentre la ricerca va avanti, ci si sforza di combatterne i sintomi e la speranza di vita è passata da meno di 6 anni degli anni '60 ai quasi 40 odierni;
la legge 23 dicembre 1993, n. 548, «Disposizioni per la prevenzione e la cura della fibrosi cistica», ha costituito il modello per tante altre patologie croniche o rare ed è tuttora attuale e molto avanzata;
detta legge attribuisce una serie di compiti alle regioni, tra i quali la ricerca, l'inserimento sociale, scolastico e lavorativo, la formazione di personale qualificato, l'organizzazione di un servizio di ospedalizzazione domiciliare e molti altri, oltre alle competenze in materia di cura e riabilitazione;
le persone affette da fibrosi cistica, che lottano ogni giorno contro una malattia

mortale ad oggi senza cura, grazie a questa legge lungimirante e all'alleanza con la ricerca e con gli operatori sanitari, stanno vincendo una battaglia dopo l'altra e allungando la loro speranza di vita;
la legge è finanziata, in misura insufficiente con complessivi 4.390.000 di euro a valere sul fondo sanitario nazionale, dei quali 3.100.000 per l'assistenza e 1.290.000 per la ricerca, ripartiti tra le regioni in base al numero dei malati e degli abitanti e le già esigue risorse non sono mai state rivalutate, mentre i pazienti sono raddoppiati;
per consentire un'adeguata assistenza le associazioni di volontariato contribuiscono con borse di studio, contratti ed altre attività per circa 1.600.000 euro (pari ad oltre il 50 per cento di quanto erogato dallo Stato per la sola assistenza);
questo stato di cose, anche se imperfetto, ha portato l'Italia a ottimizzare le risorse riducendo i costi e ad essere il Paese in Europa con la migliore sopravvivenza (età mediana 21,13 anni, contro 15,71 della Francia, 18,71 dell'Inghilterra, 17,63 della Germania, 12,4 della Grecia, secondo dati forniti dal registro europeo dei pazienti con fibrosi cistica);
nei prossimi giorni la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano discuterà il patto per la salute 2013-2015, all'interno della quale si introduce la possibilità di abolire la quota di finanziamento del fondo sanitario nazionale finalizzato alla cura della fibrosi cistica, dell'AIDS, e altro con relativa messa a disposizione delle regioni delle risorse dedicate a tali patologie nel fondo indistinto;
il finanziamento dello Stato con i fondi finalizzati rappresenta una parte inferiore al 40 per cento di quanto la maggioranza delle regioni spendono per la fibrosi cistica e che dovranno comunque continuare a spendere, anche se in misura ridotta per i tagli che verranno introdotti;
per una piccola minoranza di regioni tali fondi rappresentano, invece, una quota sotto la quale è impossibile scendere per offrire un minimo di assistenza, comunque inadeguata, ai pazienti affetti da fibrosi cistica;
senza un finanziamento specifico una normativa avanzata come quella recata dalla legge 23 dicembre 1993 n. 548, che non ha ancora trovato piena applicazione ma che ha comunque portato in Italia enormi benefici sia in termini di organizzazione, che di risparmi e non ultimo in termini di prolungamento della durata della vita dei pazienti, sarà di fatto svuotata di significato;
negli anni le associazioni di volontariato hanno sostenuto con tutte le energie possibili, soprattutto economiche, i centri di cura di riferimento, ma nel caso si dovesse attuare la citata proposta, per i pazienti affetti da fibrosi cistica il tanto auspicato diritto alla salute verrebbe meno -:
quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato affinché si escluda, nella discussione sul patto per la salute 2013-2015, la possibilità che la quota di finanziamento del fondo sanitario nazionale finalizzata alla fibrosi cistica sia cancellata, finendo nel fondo indistinto;
se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative volte al rifinanziamento, in misura sufficiente, delle risorse destinate alla cura dei pazienti affetti da fibrosi cistica e alla ricerca finalizzata a sconfiggere questa malattia.
(5-06229)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da un'indagine pubblicata dal sito aipsimed.org emerge una situazione relativa a sprechi nelle asl di Napoli e di Rieti che non è esagerato definire sconcertanti e scandalosi;

in particolare, da un'indagine su dieci centri di salute mentale di Napoli emergerebbe che ogni centro - che serve un bacino di utenza medio di circa centomila abitanti - svolge mediamente 3 interventi, notturni o festivi, su 30 giorni;
si desume, quindi, che per oltre venti giorni ogni mese c'è un inutile impiego di personale con la conseguenza che vengono sottratte risorse, di per sé già scarse, all'assistenza psichiatrica;
i dati citati si riferiscono al numero mensile di interventi notturni e festivi urgenti, svolti tra gennaio e settembre 2011 da ogni singolo centro;
questa che appare una vera e propria anomalia sembra essere caratteristica della città Napoli, perché le altre asl campane hanno già applicato le leggi vigenti, che a Napoli stentano ad essere applicate;
nella città di Napoli i centri di salute mentale che fanno capo all'Asl Napoli 1 sono aperti 24 ore su 24, come si trattasse della asl con maggiori risorse economiche disponibili, mentre al contrario risulta essere tra le più indebitate e inefficienti d'Italia, per quanto riguarda il denaro speso a fronte dei servizi forniti;
in ogni modo, come denuncia aipsimed.org, tale apertura sarebbe del tutto fittizia;
detta Asl Napoli 1 avrebbe curiosamente demandato, a partire dal 1986, quando si iniziava finalmente a pensare alla chiusura dei manicomi, l'apertura notturna e festiva dei centri di salute mentale a infermieri e operatori socio-sanitari: tre o cinque per turno, per ogni centro di salute mentale;
pur aperti giorno e notte, detti centri di salute mentale non sembrano essere assolutamente in grado di fornire quei servizi che dovrebbero invece assicurare, dal momento che risultano essere sprovvisti praticamente di tutto l'essenziale, stabilito per legge, per gestire un'urgenza (che in oltre il 50 per cento dei casi è medica: intossicazione da sostanze, patologie internistiche e altro): personale addestrato per la gestione delle urgenze sia mediche che non, farmaci e strumenti per le urgenze, mezzi di soccorso (auto medicalizzate o ambulanze) e, soprattutto, personale medico;
le varie amministrazioni che si sono succedute sembrano essere state incuranti (almeno fino a un anno fa, quando la regione Campania ha posto fine a questo paradosso con una legge, che però tarda ad essere applicata), del fatto che fin dal 1994 è stata approvata una legge nazionale che regola la gestione delle urgenze e un numero unico nazionale dedicato per rispondervi (detta legge prevede personale medico e infermieristico specificamente addestrato nella gestione di tutte le urgenze, ivi compresa quella psichiatrica - codice C05 - preparato nella diagnosi differenziale, fornito di mezzi di soccorso che possono raggiungere il paziente in pochi minuti: il 118);
nella situazione che si è venuta a creare, accade che un cittadino che si rivolge a un centro di salute mentale di notte o in giorni festivi, si senta dire che deve chiamare prima il 118 o recarsi al pronto soccorso. Si determina così una assurda confusione: un cittadino che chiama il 118 per un problema psichiatrico si sente altre volte dire che deve chiamare il centro di salute mentale;
è quindi costretto a cercare, tra centinaia di numeri di telefono, quello esatto, sperare che il telefono funzioni (perché spesso sono guasti e naturalmente le telefonate non sono registrate come al 118, registrazioni necessarie per motivi medico-legali) e che in un paio d'ore si possa ricevere l'intervento urgente;
esiste una rigida procedura: chiamare un'auto di servizio, chiamare uno psichiatra reperibile, sperare che sia patentato, abiti a Napoli e sia in condizione, finalmente, di andare al domicilio del paziente: il tutto comporta ore e ore, quando spesso un intervento efficace deve svolgersi in pochi minuti;

i centri di salute mentale in questione risultano essere sprovvisti di posti letto e di malati da curare e sorvegliare, per la semplice ragione che non hanno i requisiti tecnici, igienici, strutturali, per tenere persone ricoverate;
come si è detto, è stata svolta un'indagine sugli interventi effettuati dai dieci centri di salute mentale di Napoli, notturni e festivi, su un lasso di tempo che va da gennaio a settembre 2011, da cui, come si è detto, risulta che ogni centro svolge meno di tre interventi, con centri che ne svolgono meno di uno ogni 30 giorni; da ciò risulta che per oltre venti giorni su trenta il personale non lavora, pur essendo regolarmente retribuito;
oltre allo spreco economico, calcolato in 13 milioni di euro l'anno per la regione Campania, unitamente al depauperamento del personale, tale «organizzazione» sottrae risorse preziose, già scarse, all'attività diurna, come visite, attività domiciliare, riabilitazione;
nel dicembre 2010 la Corte dei Conti aprì un processo per un danno erariale di ben 2 milioni di euro, dovuto all'erogazione «a pioggia», prolungatasi per oltre un decennio e del tutto illegittima, di una indennità di circa 4 euro per turno lavorativo agli infermieri, ma queste sono piccolezze;
in un dossier-choc prodotto dalla struttura commissariale è emerso che il salario accessorio che fa lievitare le buste paga degli oltre 10mila dipendenti dell'Asl Napoli 1, relativo a incentivi, straordinari, reperibilità, progetti di produttività, solo nel 2009 ammontava a 145 milioni. Il salario accessorio, insomma, rappresenta oltre il 50 per cento dello stipendio: un caso unico in tutto il Paese;
il confronto con le altre regioni è impietoso. Per far funzionare la sanità, la Campania spende 3.246 miliardi di euro l'anno per 52mila dipendenti, mentre il Veneto 2,7 per 60mila dipendenti, l'Emilia Romagna 2,9 per ben 60mila dipendenti, il Piemonte 2,9 miliardi per 58mila dipendenti;
circa 2 anni fa gli ispettori della ragioneria generale dello Stato scoprivano al Cardarelli stipendi gonfiati da ore di straordinario mai realmente compiute: circa duecento ore al mese, il corrispettivo di sette-ottocento euro;
già dal 2007, prima Benevento, poi Caserta, poi la provincia di Napoli, poi Avellino, in rapida successione, hanno progressivamente abolito l'apertura notturna e festiva dei centri di salute mentale per la gestione delle urgenze, visto che c'è già un servizio qualificato e certamente più veloce, efficace ed efficiente;
tale abolizione non sembra aver prodotto alcun disservizio, ma al contrario un miglioramento dell'assistenza globale -:
di quali elementi disponga il Governo, anche per il tramite del commissario ad acta per il rientro dai disavanzi sanitari, in relazione a quanto esposto in premessa;
quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, intenda promuovere e adottare, in ordine a quanto sopra esposto, in particolare al fine di assicurare la massima efficienza dei servizi dedicati all'urgenza psichiatrica.
(5-06239)

SCALERA, PILI e CENTEMERO - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'Istituto di neuropsichiatria infantile del Policlinico Umberto I di Roma vive una condizione di profondo disagio legata ad una drammatica carenza di personale;
nella struttura, che ha attualmente in organico dieci neuropsichiatri e due psicologi, vengono garantite, nonostante tutto, 6 mila visite ambulatoriali ed oltre 700 ricoveri annuali;
i tempi di attesa, in quest'ultimo periodo, si sono notevolmente dilatati, toccando i 4-6 mesi;
dal 16 gennaio 2012 la situazione si è ulteriormente aggravata per il blocco di consulenze e ricoveri, alla luce del mancato

rinnovo da parte della regione Lazio del contratto di uno dei neuropsichiatri presente nella struttura -:
se non ritenga opportuno, anche per il tramite del Commissario ad acta per il rientro dai disavanzi sanitari della regione Lazio, assumere le iniziative di competenza per la stabilizzazione dei precari e l'internazionalizzazione delle ditte d'appalto utilizzate per l'assistenza, ridando dignità ad una delle più importanti strutture della neuropsichiatria infantile del Paese, fondata e diretta per anni da Giovanni Bollea.
(5-06240)

Interrogazioni a risposta scritta:

CASSINELLI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'acufene è una malattia riferibile alla percezione di un rumore non dovuto ad onde sonore provenienti da una fonte esterna: si tratta di un disturbo caratterizzato da fischi, ronzii, fruscii, soffi, pulsazioni, e altro, che, se persistenti nel tempo, possono portare a stati di estrema depressione;
l'incidenza del sintomo dell'acufene è piuttosto rilevante: si calcola che esso interessi il 10-14 per cento della popolazione mondiale. In Italia tale patologia, ancora scarsamente conosciuta, affligge il 10 per cento della popolazione priva di difetti uditivi e nell'1 per cento dei casi causa notevoli problemi come ansia, nervosismo e disturbi del sonno;
le probabili cause dell'acufene sono i rumori troppo forti, infezioni all'orecchio, l'uso di farmaci che risultano essere tossici per l'orecchio e patologie delle articolazioni temporomandibolari, vertebrali, dell'apparato circolatorio e neurologiche;
il paziente che soffre di tale patologia, apparentemente banale, può sviluppare uno stato invalidante che interferisce gravemente sulla qualità della vita, portandolo a gravi disturbi di attenzione e di concentrazione destinati a ripercuotersi sulla vita lavorativa e di relazione, alterando i ritmi di sonno e di veglia e influendo fortemente sull'assetto psicologico del malato nel potenziamento degli stati ansiosi e depressivi -:
quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere sia al fine di incrementare e potenziare progetti e strutture per aiutare le persone colpite da tale patologia, sia per avviare una campagna di prevenzione e sensibilizzazione su questo grave tema.
(4-15025)

MANCUSO, CICCIOLI, BARANI e DE LUCA. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il numero unico europeo per le emergenze 112 semplificherebbe la gestione delle chiamate d'emergenza da parte del privato cittadino europeo;
la facilità di viaggio attraverso l'Unione europea aumenta l'importanza dell'adozione del numero unico;
l'Italia nel 2004 aveva previsto l'adozione del 112 nelle province di Salerno, Catanzaro e Palermo;
successivamente la sperimentazione si doveva limitare alla provincia di Salerno, ma, in realtà, non è mai partita;
oggi il documento per l'attivazione di una «Commissione nazionale di coordinamento tra il Ministero della salute, le regioni, le province autonome e le amministrazioni dello Stato, responsabili della gestione dei codici per i servizi di emergenza 112, 113, 115 e 118 finalizzata all'attivazione del numero unico europeo 112» tenta di mettere ordine nella normativa relativa;
il progetto, in Italia, tarda a parare anche a causa dei finanziamenti insufficienti: a fronde di una valutazione di investimento pari a 88 milioni di euro una tantum e a 20 milioni di canone annuo, la legge «salva-infrazioni» del 19 novembre 2009

inseriva risorse per meno della metà, 42 milioni di euro dedicati all'implementazione del 112, mentre si delegava ad altri interventi la destinazione di fondi - in ogni caso intesi a carico delle regioni - per le centrali 118;
sono state attivate negli ultimi anni numerose sperimentazioni di numero unico sul territorio regionale italiano, ma gestite a macchia di leopardo e con difficile estensione a livello nazionale;
nel 2009 e nel 2010 la Commissione europea ha chiesto di comminare una pesante sanzione al Governo italiano per non aver adottato il numero unico -:
quali iniziative il Governo intenda intraprendere per favorire l'adozione del numero unico europeo;
di quali e quanti fondi il Governo intenda promuovere lo stanziamento per il compimento di tale iniziativa.
(4-15028)

TESTO AGGIORNATO AL 28 FEBBRAIO 2012

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:

PELUFFO, MARTELLA, ZUCCHI, MOTTA, SCARPETTI, PISTELLI, ANTONINO RUSSO, DE BIASI, MARCO CARRA, VIOLA, MARAN, VASSALLO, BOCCI, RUGGHIA, GRASSI, FLUVI, FRONER, PICIERNO, RIGONI, BRANDOLINI, GARAVINI, LARATTA, GINEFRA, LOVELLI, GIACHETTI, FIANO, BERNARDINI, DE PASQUALE, MATTESINI, CODURELLI, ESPOSITO, CENNI, FARINONE, COSCIA, PEDOTO e CARELLA. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 17 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (cosiddetto «Salva Italia») ha previsto l'obbligo per le imprese e le società di indicare il numero di abbonamento speciale alla radio o alla televisione nel modello di dichiarazione dei redditi;
a seguito dell'entrata in vigore di tale disposizione, la RAI-Radiotelevisione Italiana spa ha provveduto ad inviare indistintamente a diversi soggetti (imprese, società, studi professionali, e altri) il bollettino postale per provvedere al pagamento dell'abbonamento speciale, specificando che lo stesso è dovuto, oltre che per il possesso di un apparecchio televisivo, anche in presenza di computer con collegamento alla rete internet, in quanto strumento «atto o adattabile alla ricezione delle radioaudizioni» (articolo 1 del regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246);
il canone speciale Rai deve essere corrisposto nel caso di attività commerciali, a scopo di lucro diretto o indiretto (decreto legislativo Lgt 21 dicembre 1944, n. 458) e a prescindere dall'utilizzo effettivo dello strumento;
l'obbligo del pagamento è stato affermato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 184 del 2002, con la quale la Consulta stabilisce la natura di tributo del canone, facendo discendere la sua obbligatorietà dal possesso stesso dello strumento: «...il collegamento dell'obbligo di pagare il canone alla semplice detenzione dell'apparecchio, atto o adattabile alla ricezione anche solo di trasmissioni via cavo o provenienti dall'estero (...), indipendentemente dalla possibilità e dalla volontà di fruire dei programmi della concessionaria del servizio pubblico, discende dalla natura di imposta impressa al canone...»;
anche la Corte di cassazione a sezioni unite ha ribadito che il canone di abbonamento radiotelevisivo «non trova la sua ragione nell'esistenza di uno specifico rapporto contrattuale che le leghi il contribuente, da un lato, e l'ente RAI dall'altro (...), ma si tratta di una prestazione tributaria, fondata sulla legge» (sentenza n. 24010 del 20 novembre 2007);
la giurisprudenza ha fornito chiarimenti circa l'obbligatorietà della corresponsione del canone speciale, ma non ha risolto i dubbi interpretativi circa la legittimità della richiesta in relazione al possesso di strumenti che l'evoluzione della

tecnologia ha reso atti o adattabili alla trasmissione dei programmi televisivi (computer, videofonini, apparecchi modem, e altro), né circa l'opportunità del pagamento qualora tali strumenti non fossero utilizzati a scopo di intrattenimento, ma perché funzionali all'attività di impresa;
già nel 2008, l'Agenzia delle entrate, sollecitata da una associazione di consumatori che chiedeva di specificare la tipologia di strumenti per l'utilizzo dei quali il pagamento del canone speciale RAI fosse dovuto, con propria risoluzione n. 102 del 19 marzo 2008 ha confermato la debenza del pagamento, ma si è dichiarata incompetente a risolvere la questione, in quanto l'individuazione specifica degli apparecchi avrebbe dovuto essere determinata dal Ministero delle comunicazioni (oggi la competenza in materia è del Ministero dello sviluppo economico). L'Agenzia ha successivamente provveduto ad inoltrare la richiesta all'amministrazione competente, senza tuttavia ottenere risposta;
l'introduzione dell'articolo 17 del decreto «Salva Italia» è finalizzato all'emersione delle situazioni illegittime in cui i soggetti si sono sottratti al pagamento del dovuto, ma, in assenza della determinazione di cui sopra, obbliga al pagamento del canone speciale anche i soggetti che utilizzano gli apparecchi informatici ai fini dell'attività professionale o di impresa. In merito, si ricorda che, in taluni casi, i soggetti economici si sono dotati di tali apparecchiature proprio per assolvere ad obblighi normativi, quali l'adozione della posta elettronica certificata o l'obbligo di comunicazione per via telematica tra imprese e pubblica amministrazione;
in ragione delle difficile situazione economica, le richieste di pagamento avanzate dalla RAI alle imprese e società, in relazione all'uso di strumenti non tassativamente individuati ed a prescindere dall'effettivo uso che viene fatto di questi, appare un ulteriore ed ingiustificato aggravio a carico delle imprese -:
in che modo e con quale tempistica il Governo intenda procedere all'individuazione degli strumenti per l'utilizzo dei quali si debba corrispondere il canone speciale RAI;
attraverso quali iniziative di competenza il Governo, nelle more dell'adozione degli atti successivi necessari alla risoluzione della questione, intenda sospendere gli effetti delle richieste di pagamento inviate dalla RAI-Radiotelevisione Italiana spa per la corresponsione del canone speciale di abbonamento e, conseguentemente, l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 17 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
(5-06233)

CONTENTO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da qualche tempo numerose aziende, associazioni e persino consultori familiari stanno segnalando la ricezione di solleciti ad iscriversi al registro nazionale delle imprese, con ovvio riferimento all'obbligo scaduto il 29 novembre 2011 di dotarsi di apposito indirizzo internet certificato;
esiste un'azienda con sede in Germania che, utilizzando un logo grafico quasi identico a quello della Telecom Italia spa e la dicitura «Registro italiano delle imprese, sta facendo sottoscrivere contratti anche sul territorio nazionale;
in realtà, il servizio reso altro non è che la pubblicazione sul sito www.Registro-Italiano-in-Internet.com del nome della realtà giuridica con un eventuale link al sito personale;
il contratto ha una durata triennale e comporta una spesa pari a 1.140,00 euro all'anno, con sensibili difficoltà, anche sul piano del diritto applicabile, a recedere dall'accordo pattizio, in quanto una controprestazione, pur formalmente priva di effetti pratici per l'accettante, e stata, comunque, eseguita;
trattasi di una situazione che già in passato è stata sanzionata dalla competente

autorità garante (provvedimenti n. 16098 del 13 novembre 2006 e n. 14992 del 7 dicembre 2005) ma senza evidente efficacia;
tentativi di carpire l'altrui buona fede simili a quello citato risultano diffusi anche a livello europeo, tanto che è già stato denunciato un approccio alle aziende da parte di una società di diritto spagnolo che usa addirittura un logo facilmente confondibile con quelle delle istituzioni comunitarie -:
quali urgenti iniziative, anche normative, intenda adottare per risolvere la situazione indicata in premessa, coinvolgendo, per quanto di competenza, la stessa Autorità garante sulle regole del commercio.
(5-06235)

Interrogazioni a risposta scritta:

MANCUSO, CICCIOLI, BARANI e DE LUCA. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il rigassificatore è un impianto industriale collocato nelle zone costiere in grado di ritrasformare allo stato gassoso il gas naturale liquefatto all'origine, nei Paesi produttori;
la rigassificazione ha il vantaggio di diversificare l'importazione del gas naturale da più Paesi esportatori, anche molto distanti dal luogo di consumo, mettendoli in concorrenza tra loro e con i fornitori via gasdotto, con prevedibili vantaggi nei prezzi di acquisto oltre che in termini di sicurezza sulle quantità necessarie;
a oggi, in Italia, sono in funzione due rigassificatori: quello da 8 miliardi di metri cubi teorici annui (un decimo dell'attuale fabbisogno italiano) a Rovigo, gestito da Edison, Exxon e Qatar Petroleum, e quello più piccolo da 3,5 miliardi di metri cubi annui dell'Eni a Panigaglia, in Liguria:
l'Italia, soprattutto nella stagione fredda, rischia spesso di rimanere «ostaggio» di Paesi grandi produttori di gas naturale, quali la Russia;
gli esperti del settore dicono che sarebbero necessari, in Italia, almeno 5 nuovi rigassificatori, per garantire almeno 30 miliardi di metri cubi teorici annui di gas aggiuntivo -:
quali iniziative intenda intraprendere il Governo per promuovere la nascita di nuovi rigassificatori nel nostro Paese;
se il Governo intenda studiare un disegno di agevolazioni fiscali per i costruttori di gassificatori in Italia.
(4-15029)

BITONCI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
gli esercizi commerciali rappresentano uno dei punti di forza dell'economia italiana, sia per il flusso economico che ogni anno generano, sia perché, nei piccoli centri storici sono parte integrante, da sempre, del tessuto urbano ed economico delle città italiane;
la grave crisi internazionale che negli ultimi anni si è manifestata in tutti Paesi ma, soprattutto, in Europa, ha avuto ripercussioni sull'intero sistema economico nazionale italiano, colpendo quindi anche il settore del commercio, in particolar modo quello operato dalla distribuzione medio-piccola, che da molti mesi manifesta ormai segnali evidenti di diminuzione del volume di fatturato;
il Governo attuale, attraverso l'approvazione dell'articolo 31 del decreto-legge n. 201 del 2011 che prevede liberalizzazione degli orari per gli esercizi commerciali, mette a repentaglio la sopravvivenza dei negozi al dettaglio, che rischiano di scomparire, perché schiacciati dagli operatori della grande distribuzione in grado, a differenza dei piccoli negozi a conduzione familiare, di usufruire del turn-over del personale;

alcune regioni italiane, come il Veneto, sono pronte ad impugnare il provvedimento governativo, sulla base del fatto che la Costituzione italiana, all'articolo 117, delega alle regioni stesse il commercio interno, come materia di competenza esclusiva delle regioni medesime;
la regione Veneto, dopo aver preventivamente consultato le associazioni di categoria, ha approvato nel mese di dicembre 2011, e quasi contemporaneamente alla emanazione del decreto-legge n. 201 del 2011, la legge regionale n. 30 del 2011 che, all'articolo 3, comma 4, stabilisce: «Le attività di commercio al dettaglio derogano all'obbligo di chiusura domenicale e festiva di cui al comma 2 nel mese di dicembre, nonché, in via sperimentale, in ulteriori sedici giornate nel corso dell'anno, scelte dai comuni interessati entro il 30 novembre dell'anno precedente, sentite le organizzazioni di cui al comma 1 e favorendo la promozione di iniziative di marketing territoriale concertate con la piccola, media e grande distribuzione, finalizzate alla valorizzazione del tessuto commerciale urbano»;
numerosi comuni del Veneto, come anche riportato dai quotidiani locali di Padova (Mattino e Gazzettino), hanno recepito la normativa regionale, emanando così apposite ordinanze sindacali per regolamentare il commercio fisso nel proprio territorio comunale ed andando incontro alle istanze delle associazioni di categoria, come Ascom e Confesercenti che, da tempo, sostengono la necessità di rivedere la normativa;
organi di stampa locali (Gazzettino di Padova del 17 gennaio 2012) riportano anche la notizia secondo cui l'associazione Comres, associazione di commercianti del centro storico di Padova, abbia raccolto oltre trecento firme di operatori commerciali per chiedere al Governo di rivedere l'attuale disposizione governativa in materia di liberalizzazioni;
la norma, così come concepita, rischia pertanto di creare un grave danno proprio al principio della libera concorrenza, ovvero quel principio che intende invece sostenere, danneggiando i piccoli esercizi commerciali e la loro pluralità di offerta di servizio, che rappresentano invece una ricchezza, ed avvantaggiando così la sola grande distribuzione -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, alla luce della grave crisi internazionale e del quadro normativo venutosi a creare, assumere iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, per rivedere la disposizione della liberalizzazione degli orari di apertura dei negozi, così come oggi prevista dalla legge statale.
(4-15041)

BERTOLINI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la Commissione europea, dopo aver avviato una procedura, antidumping sul comparto delle piastrelle in ceramica, ne ha di recente iniziata una anche contro le importazioni di ceramica da tavola e da cucina, prodotte soprattutto in Cina;
tale procedura interessa l'intero settore dell'industria della ceramica italiana, ed in particolare il distretto ceramico di Sassuolo-Scandiano, che rappresenta un comparto molto significativo dell'economia modenese e che vede impiegati numerosi attori economici;
tale indagine è stata avviata in seguito ad una denuncia da parte di un importante gruppo di produttori europei di stoviglie in ceramica, assistiti dalle loro associazioni di categoria, tra cui la sassolese Confindustria Ceramica per l'Italia;
dalla denuncia emergono dati preoccupanti: negli ultimi anni in Europa le importazioni dalla Cina di ceramica da cucina e da tavola sono molto aumentate, raggiungendo una quota del consumo comunitario superiore al 60 per cento, grazie ai prezzi particolarmente aggressivi. Nel primo semestre del 2011, infatti, il prezzo medio è stato dell'80 per cento inferiore al

prezzo medio delle importazioni UE da altri paesi, arrecando danni notevoli all'industrie europee del settore;
dal 2007 l'intero comparto ha perso oltre 10.000 posti di lavoro a causa di una concorrenza sleale delle importazioni in dumping, che a lungo termine lede gravemente le imprese UE;
anche altri Paesi, come Colombia, Egitto e Indonesia, hanno avviato misure antidumping nei confronti delle importazioni cinesi di ceramiche da tavola e da cucina -:
se sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
quali ulteriori elementi abbia a disposizione in merito al problema indicato;
se e quali iniziative intenda adottare, anche di concerto con la Commissione europea, per la lotta alla concorrenza sleale nel settore delle ceramiche, sia per quanto riguarda le piastrelle che le ceramiche da cucina e da tavola, che sta arrecando un rilevante danno economico ad un settore importante della nostra economia, fiore all'occhiello del made in Italy.
(4-15045)

MONTAGNOLI e REGUZZONI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246, all'articolo 1, prevede che «chiunque detenga uno o più apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni è obbligato al pagamento dei canone di abbonamento»;
l'articolo 17 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 prevede che le società e le imprese, nella relativa dichiarazione dei redditi, debbano indicare il numero di abbonamento speciale alla radio o alla televisione e la categoria di appartenenza, ai fini della verifica del pagamento del canone di abbonamento radiotelevisivo speciale;
la RAI, Radiotelevisione italiana spa, anche come conseguenza dell'entrata in vigore del suddetto articolo 17, sta conducendo una massiccia campagna nei confronti delle imprese, chiedendo il pagamento del canone speciale per la detenzione di uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni radiotelevisive al di fuori dall'ambito familiare, compresi computer collegati in rete (digital signage e similari), indipendentemente dall'uso al quale gli stessi vengono adibiti;
calcolando che la cifra da versare, a seconda della tipologia dell'impresa, può variare da un minimo di 200 ad un massimo di 6 mila euro, secondo una prima stima la Rai potrebbe incassare fino a 1,4 miliardi di euro per apparecchi che non vengono utilizzati per ricevere i canali Rai: 2 milioni di liberi professionisti per oltre 400 milioni di euro di versamento e 5 milioni di imprese italiane per 980 milioni di euro;
per quanto riguarda l'individuazione della tipologia di apparecchi che determinano l'obbligo del pagamento del canone RAI, l'Agenzia delle entrate, con nota del 15 marzo 2008, prot. n. 954-38963, ha avuto modo di affermare che «spetta al Ministero delle comunicazioni procedere a tale individuazione», ed in effetti l'Agenzia ha poi proceduto a chiedere al predetto Ministero di fornire precisazioni riguardo alla problematica, senza peraltro ottenere mai risposta;
la RAI, facendo leva sul nuovo obbligo per le imprese introdotto dall'articolo 17 del decreto n. 201 del 2011, si sostituisce di fatto al legislatore nel tradurre in regola concreta una norma che certamente non ha come scopo quello di obbligare al pagamento del canone chi utilizza i propri strumenti di lavoro per finalità intrinseche, e a volte addirittura per effetto di norme che obbligano l'impresa a dotarsene (si consideri l'obbligo per le società di dotarsi di posta elettronica certificata e la previsione che i contatti tra imprese e pubblica amministrazione

debbano avvenire esclusivamente in forma telematica);
il computer è uno strumento indispensabile allo svolgimento di qualsiasi attività lavorativa e l'inclusione dello stesso fra gli apparecchi tassati significherebbe di fatto imporre una nuova imposta sull'innovazione, sullo sviluppo tecnologico e sul lavoro -:
se non ritenga opportuno, nelle more dell'adozione degli atti successivi necessari alla risoluzione della questione, assumere ogni iniziativa di competenza volta a sospendere gli effetti delle richieste di pagamento inviate dalla RAI-Radiotelevisione Italiana spa per la corresponsione del canone speciale di abbonamento e conseguentemente l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 17 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazione dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214;
se non si ritenga opportuno identificare con chiarezza ed urgenza quali siano gli apparecchi per i quali è dovuto il pagamento del canone Rai, escludendo specificatamente quegli strumenti che normalmente sono utilizzati come strumenti di lavoro quotidiano nelle imprese, nelle società e negli studi professionali.
(4-15048)

BITONCI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il regio decreto n. 246 del 1938, all'articolo 1, recita espressamente: «Chiunque detenga uno o più apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni, è obbligato al pagamento del canone di abbonamento». La presenza di un impianto aereo atto alla captazione o trasmissione di onde elettriche o di un dispositivo idoneo a sostituire l'impianto aereo, ovvero di linee interne per il funzionamento di apparecchi radioelettrici, fa presumere la detenzione o l'utenza di un apparecchio radioricevente;
secondo una libera interpretazione di tale norma, la Rai, ha deciso di chiedere il pagamento del canone speciale a tutte quelle imprese che detengono dispositivi video destinati agli usi più vari e disparati, monitor, computer, videofonini, finanche i sistemi di videosorveglianza;
pare che il canone Rai dovrà essere pagato persino da possessori di personal computer, iphone e videofonini, compresi i professionisti con personal computer collegati a più reti;
in tutto il Paese di sono levate ovvie proteste da parte dei detentori di queste apparecchiature, ai quali Rai ha richiesto il pagamento del canone; l'esborso previsto per le aziende risulterebbe di quasi un miliardo di euro;
le associazioni dei consumatori hanno confermato che la Rai sta chiedendo il pagamento del canone a studi professionali e aziende diverse anche per il solo uso di reti aziendali collegate a personal computer via internet -:
se il Governo sia a conoscenza della situazione e non intenda assumere ogni iniziativa di competenza al fine di evitare che venga introdotto un obbligo non previsto dalle norme per estendere il pagamento del canone, come una nuova tassa, a tutte le azienda e studi professionali detentori di computer collegati a reti.
(4-15049)

GRIMOLDI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nonostante sia da poco entrato in vigore il superbollo previsto dal decreto cosiddetto «salvaItalia», sono già molte le pratiche messe in atto dai proprietari delle auto di lusso per aggirarlo;
sono diverse le società di servizi che, in nome di una maggiore integrazione europea, hanno trovato il modo di aggirare la legge e di offrire ai propri clienti servizi finanziari e assicurativi estremamente vantaggiosi;
le società propongono infatti ai propri clienti di cancellare la vettura dal

pubblico registro automobilistico italiano, provvedendo loro stesse alla riconsegna delle targhe, e di immatricolarla in Germania, mantenendone comunque la proprietà in Italia;
tale prassi è del tutto legale e consiste nell'acquistare una vettura di lusso in Italia per rivenderla subito dopo ad una società di servizi estera, conservandone però il diritto alla proprietà, all'uso e alla vendita;
i proprietari delle auto di lusso possono liberamente circolare in Italia con vetture immatricolate in Germania, avendo un risparmio su bollo e assicurazione valutato nell'ordine del 42,3 per cento;
i danni maggiori ricadono su tutti quei cittadini che, pur non potendo permettersi un'auto di lusso e un intermediario finanziario, pagano comunque le tasse automobilistiche che sono sempre più care, anche a seguito del perpetrarsi di comportamenti scorretti, come quelli sopra descritti;
il decreto liberalizzazioni in materia di Responsabilità Civile Auto appare, ad avviso dell'interrogante, assolutamente poco soddisfacente sul fronte delle frodi assicurative ad arreca inoltre scarsi vantaggi ai cittadini in termini di riduzione del costi delle tariffe;
al sottoscrivente della polizza RCA dovrebbe essere riconosciuta la facoltà di scegliersi il periodo di copertura dell'assicurazione, che in Italia è tassativamente di dodici mesi, come avviene in altri Paesi europei, dove l'utente sceglie la copertura della polizza, secondo la propria convenienza, con grandi risparmi per tutti i cittadini -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e quali iniziative intenda adottare per porre fine al perpetrarsi di tali pratiche, ad avviso dell'interrogante, scorrette, che alla fine ricadono su tutti i cittadini in termini di aumento dei costi delle tariffe assicurative;
se intenda assumere iniziative, anche normative, per far si che anche in Italia venga data la possibilità ai sottoscriventi la polizza RCA auto di scegliersi liberamente il periodo di copertura dell'assicurazione, come avviene negli altri Paesi europei.
(4-15051)

...

Apposizione di una firma ad una mozione.

La mozione Pezzotta e altri n. 1-00408, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Codurelli.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-00774, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 luglio 2008, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli n. 4-00864, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 luglio 2008, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Reguzzoni.

L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli e altri n. 4-01148, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 settembre 2008, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Reguzzoni.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-01445, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 ottobre 2008, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-01755, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 novembre 2008, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-02658, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 marzo 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta orale Reguzzoni n. 3-00483, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 aprile 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-03063, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 maggio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli n. 4-03087, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 maggio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Reguzzoni.

L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli n. 4-03096, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 maggio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Reguzzoni.

L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli e Stucchi n. 4-03388, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Reguzzoni.

L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli e Stucchi n. 4-04593, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Reguzzoni.

L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli e altri n. 4-07640, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Reguzzoni.

L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli e altri n. 4-07771, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Reguzzoni.

L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli n. 4-07867, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Reguzzoni.

L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli e Stucchi n. 4-08122, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Reguzzoni.

L'interrogazione a risposta in Commissione Delfino n. 5-04997, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 giugno 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Libè.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-14716, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-14732, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-14771, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-15009, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Livia Turco n. 5-05983 del 23 gennaio 2012.