XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di lunedì 5 marzo 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
le piccole e medie imprese, pur costituendo la spina dorsale dell'economia italiana, rappresentando il 98 per cento del totale delle aziende italiane e dando lavoro al 74,8 per cento del totale degli addetti stanno vivendo un momento estremamente difficile, strette da una parte dal cosiddetto credit-crunch e dall'altra dalla mancata riscossione dei crediti vantati nei confronti della pubblica amministrazione;
i problemi connessi alla crisi dei debiti sovrani, e gli interventi regolamentari che hanno imposto alle banche di procedere ad ingenti ricapitalizzazioni, contribuiscono notevolmente all'acutizzarsi delle difficoltà nell'accesso al credito;
i più alti requisiti di capitale imposti dall'Accordo cosiddetto «Basilea 3» e dall'European banking authority (Eba) non stanno diffondendo quella fiducia che era nelle intenzioni dei proponenti. Al contrario, accrescono le difficoltà delle banche che hanno avviato un processo di riduzione dell'indebitamento. A tal proposito, interessanti appaiono quelle proposte avanzate nei mesi scorsi dall'Abi in ordine all'introduzione di specifici coefficienti (quali il Pmi Supporting Factor da applicare all'ammontare destinato a riserva secondo i parametri di Basilea 3) per fare in modo che le difficoltà degli istituti bancari nel fronteggiare i più rigidi requisiti patrimoniali richiesti, non abbiano effetti restrittivi ulteriori nell'erogazione del credito alle Pmi;
sono auspicabili misure dirette ad una maggiore elasticità nella concessione di finanziamenti nel breve periodo, attraverso un ampliamento del sistema di garanzia pubblico, tramite il rafforzamento del Fondo di garanzia e di altri strumenti quali il Fondo italiano d'investimento;
la crescita vertiginosa dello spread nei mesi passati ha appesantito la stretta creditizia, di 1,5 per cento negli ultimi tre mesi e del 2,2 per cento nel solo mese di dicembre 2011. Il sistema produttivo è stato gravato da un costo aggiuntivo nei tassi d'interesse di 3,7 miliardi di euro, mentre le insolvenze hanno superato gli 80 miliardi di euro (+36 per cento rispetto al 2010);
il credit crunch, quella condizione di calo significativo o di inasprimento improvviso delle condizioni dell'offerta di credito da parte del sistema bancario, produce un avvitamento finanziario che danneggia la fisiologia interna delle Pmi, poiché ne mina la residua base patrimoniale;
d'altra parte il nostro sistema bancario non concede anticipazioni o apre linee di credito allo scopo di finanziare progetti, ma si muove nella logica esclusiva delle garanzie. È evidente allora che le difficoltà di accesso al credito già in essere per le Pmi italiane, legate a questo modus operandi delle banche e alla minore capacità delle imprese più piccole di fornire solide garanzie, si accentueranno a tal punto che si paventa il rischio concreto di una paralisi degli investimenti, del sistema produttivo e quindi dell'economia tutta;
la crisi economica ha fatto diminuire del 30 per cento il fatturato delle piccole aziende, inducendo gli istituti di credito a chiedere loro un piano di rientro dai fidi in tempi ristrettissimi;
è pari al 43,3 per cento il numero di Pmi con meno di venti dipendenti che negli ultimi tre mesi ha avuto problemi di accesso a un finanziamento bancario, e, nella maggioranza dei casi, per il 57,1 per cento, la richiesta di credito serve a colmare una carenza di liquidità;
recentemente il Governo si è fatto promotore di una moratoria di 12 mesi sui prestiti bancari alle Pmi in bonis, cioè senza debiti in sofferenza, incagliati, ristrutturati o esposizioni scadute da oltre 90 giorni, con lo scopo di assicurare loro

liquidità e traghettarle oltre la crisi economica. Ne potranno beneficiare le imprese con meno di 250 dipendenti, fatturato inferiore a 50 milioni di euro, oppure con un attivo di bilancio fino a 43 milioni;
presso il Ministero per lo sviluppo economico è istituito il Fondo centrale di garanzia che ha lo scopo di favorire l'accesso al credito delle piccole e medie imprese (Pmi), attraverso il rilascio di una garanzia pubblica sui finanziamenti erogati dalle banche. Grazie alle risorse disponibili nel Fondo, infatti, lo Stato si fa garante del rimborso del prestito da parte dell'impresa, consentendo così una più facile erogazione del finanziamento, il cui plafond complessivo è stato progressivamente incrementato, e portato, nel 2009, a circa 2 miliardi di euro, ancora insufficienti e disponibili soltanto fino a tutto il 2012;
per quanto riguarda l'altro elemento di difficoltà, considerato una tra le piaghe peggiori che gravano sul sistema produttivo italiano, relativo ai ritardi di pagamento dalla pubblica amministrazione che ha portato quest'ultima a contrarre circa 70 miliardi di euro di debiti nei confronti delle aziende private, provocando il fallimento di una su tre di esse, i dati numerici divulgati dall'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici hanno restituito un'immagine preoccupante: i tempi di pagamento oscillano in un range compreso tra un minimo di 92 giorni ed un massimo di 664 giorni. L'entità dei ritardi mediamente accumulati è circa doppia rispetto a quanto si registra nel resto dell'Unione europea: mediamente 128 giorni contro i 65 che si computano a livello europeo;
la complessità dell'organizzazione delle procedure amministrative e dei criteri per il trasferimento dei fondi tra le varie strutture burocratiche (tra questi i vincoli del patto di stabilità) e l'ampio potere di mercato della pubblica amministrazione, sono fattori determinanti che contribuiscono all'allungamento delle tempistiche di pagamento. La principale conseguenza di questi ritardi è la mancanza di liquidità nelle casse delle imprese fornitrici. Ne consegue, anzitutto, la difficoltà nell'onorare i pagamenti ai propri fornitori e, in subordine, l'impossibilità di porre in essere gli investimenti necessari;
a tutto ciò si aggiunga che, inevitabilmente, non solo è limitata la capacità di queste aziende di prevenire il ritardo dei pagamenti in sede di contrattazione con le pubbliche amministrazioni, ma è ridotta anche la possibilità di ricorrere alla tutela giurisdizionale, in ragione dei costi economici e sociali che questa comporta;
il ritardo dei pagamenti della pubblica amministrazione, fenomeno che ha ormai raggiunto e superato i livelli di guardia, finisce quindi con il trasferire alle imprese fornitrici il problema di liquidità del settore pubblico;
nonostante sia in difetto, lo Stato non manca di chiedere alle imprese massima regolarità nel pagamento dei contributi previdenziali, la qual cosa per molte aziende risulta quasi impossibile a causa della mancanza di liquidità, aggravata proprio dal ritardo nei pagamenti da parte della Pubblica amministrazione, e paradossalmente richiede, per ricevere il pagamento dei crediti accumulati con gli enti pubblici, la presentazione del DURC (Documento unico di regolarità contributiva);
con l'approvazione del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, è possibile compensare i crediti che le imprese vantano nei confronti della pubblica amministrazione ma ciò vale solo per i debiti iscritti a ruolo e per i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, e comunque con procedure molto complesse;
anche il decreto sulle liberalizzazioni, appena approvato dal Senato, rappresenta un tiepido segnale di apertura del Governo al problema, prevedendo all'articolo 35 lo sblocco di circa 6 miliardi di euro attraverso un incremento delle dotazioni dei fondi speciali (somma certo rilevante ma ancora inadeguata rispetto ai 70 miliardi di euro di debiti) a

cui va affiancato lo statuto delle imprese, che all'articolo 10 anticipa la scadenza per il recepimento della direttiva europea 2011/7/UE sui ritardi di pagamento;
la suddetta direttiva europea rientra nello Small Business Act (SBA) ed obbliga le pubbliche amministrazioni a pagare i fornitori entro 30 giorni, e, in casi eccezionali, entro 60 giorni per forniture sanitarie e per imprese a capitale pubblico; superato tale termine, nelle transazioni commerciali, la pubblica amministrazione dovrà versare interessi di mora pari all'8 per cento maggiorati del tasso di riferimento della BCE. Tra imprese private, la scadenza è fissata a 60 giorni a meno di diverse intese stipulate tra le parti, e a condizione che non si tratti di patti bilaterali iniqui;
lo stesso anticipato recepimento della direttiva non risolverà comunque immediatamente il problema dell'enorme debito pregresso della pubblica amministrazione nei confronti delle Pmi, in quanto è evidente che le pubbliche amministrazioni non sono in grado in un breve lasso di tempo di onorare i debiti già assunti;
nessuna ipotesi di uscita dalla recessione è immaginabile senza una tempestiva riattivazione di flussi di finanziamento verso le Pmi, le sole che finora hanno sfidato la grave congiuntura economica senza alcun paracadute,


impegna il Governo:


ad assumere iniziative normative dirette ad introdurre nel nostro ordinamento un meccanismo di compensazione dei crediti vantati nei confronti di amministrazioni pubbliche dalle piccole e medie imprese con i propri debiti e relativi accessori dovuti nei confronti della pubblica amministrazione, tramite un rinvio dei pagamenti senza interessi da effettuare attraverso la semplice certificazione da parte di consulenti del lavoro;
ad assumere iniziative normative per incrementare, al fine di renderlo operativo per i prossimi anni, il Fondo centrale di garanzia la cui dotazione è insufficiente e disponibile soltanto fino a tutto il 2012.
(1-00901)
«Lombardo, Commercio, Lo Monte, Oliveri, Brugger».

Risoluzioni in Commissione:

Le Commissioni VIII e X,
premesso che:
il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, recepimento della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, nonché il decreto legislativo 31 marzo 2011, n. 55, recepimento della direttiva 2009/30/CE per quanto riguarda le specifiche relative a benzina, combustibile diesel e gasolio e l'introduzione di un meccanismo inteso a controllare e ridurre le emissioni di gas a effetto serra, hanno tradotto in Italia i principi di sostenibilità per biocarburanti e bioliquidi definiti nella normativa europea, fissandone i criteri sul territorio nazionale;
il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, del 23 gennaio 2012 n. 2 concernente il sistema nazionale di certificazione per biocarburanti e bioliquidi, è finalizzato a fornire le specifiche attuative per il nostro Paese relativamente a quanto previsto nei due decreti legislativi sopramenzionati;
biocarburanti e bioliquidi sono categorie di prodotti che stanno acquisendo una particolare rilevanza nel panorama nazionale e internazionale in virtù delle importanti prospettive di impiego che essi già manifestano nel settore dei trasporti e soprattutto in ambito energetico nella produzione di energia da fonti rinnovabili, una voce ormai non trascurabile nella copertura del fabbisogno energetico globale;

va ricordato che negli ultimi dieci anni la produzione di energia da impianti alimentati a «biocombustibili» è cresciuta quasi del 18 per cento in Italia, portando tali risorse a coprire quasi l'11 della produzione elettrica da fonti rinnovabili. Nello specifico la produzione da bioliquidi si è sviluppata principalmente negli ultimi anni, consentendo tuttavia il conseguimento di ottimi risultati;
per quanto non siano ancora disponibili i dati relativi al 2011, i dati del Gestore dei servizi elettrici sugli impianti attivi in Italia per la sola produzione di energia elettrica da bioliquidi - oli vegetali grezzi e altro - mostrano che il numero di impianti attivi di potenza superiore a 1 megawatt è più che raddoppiato dal 2009 al 2010, passando da 42 a 97. Tali impianti hanno conseguito, a fine 2010, una potenza di 601 megawatt e una produzione lorda di 3.078 gigawatt orari, raddoppiando la produzione rispetto al 2009 (1.447 gigawatt orari) e superando in tal modo la produzione energetica da biogas (2.054 gigawatt orari per il 2010);
il decreto 23 gennaio 2012 n. 2, fornisce specifiche indicazioni relative alla certificazione della sostenibilità di biocarburanti e bioliquidi, istituendo all'articolo 3 un sistema nazionale di certificazione che include la definizione di un organismo di accreditamento che accredita tutti gli organismi di certificazione ai sensi della norma UNI CEI EN 45011:1999, ai fini del rilascio di certificati di conformità e di sostenibilità dell'azienda;
in particolare l'articolo 2 comma 3 del medesimo decreto nel definire gli «operatori economici» interessati dalla certificazione include «ogni persona fisica o giuridica stabilita nella Comunità o in uno Paese terzo che offre o mette a disposizione di terzi contro pagamento o gratuitamente biocarburanti e bioliquidi destinati al mercato comunitario e ogni persona fisica o giuridica stabilita nella Unione Europea che produce biocarburanti e bioliquidi e li utilizza successivamente per proprio conto sul territorio nazionale, nonché ogni persona fisica o giuridica stabilita nella Unione europea o in uno Paese terzo che offre o mette a disposizione di terzi contro pagamento o gratuitamente materie prime, prodotti intermedi, rifiuti, sottoprodotti o loro miscele per la produzione di biocarburanti e bioliquidi destinati al mercato comunitario»;
alla luce della suddetta disposizione, il coinvolgimento diretto di tutti gli attori della filiera, indipendentemente da come questa si struttura, evidenzia la sussistenza di vincoli stringenti sull'operatività e le possibilità della stessa legittimando una sorta di celato proibizionismo suscettibile di alterare gravemente l'equilibrio della concorrenza e mortificare completamente il settore;
il requisito di certificazione è, infatti, introdotto per tutti i biocarburanti, e bioliquidi che debbano essere impiegati ai fini di ottemperare agli obblighi di cui alla legge n. 81 del 2006 (miscelazione), agli obblighi di riduzione delle emissioni di gas serra di cui all'articolo 7-bis, comma 5, del decreto legislativo 21 marzo 2005, n. 66, come introdotto dal comma 6 dell'articolo 1 del decreto legislativo 31 marzo 2011, n. 55, nonché ai fini di accedere ai meccanismi di incentivazione di cui agli articoli 24, 33, 38 e 39, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, per l'impiego nella produzione di energia da fonti rinnovabili;
in pratica, per poter impiegare bioliquidi e biocarburanti nella produzione energetica e nel trasporto sul territorio nazionale, gli operatori economici, ad ogni stadio della filiera, dovranno essere in grado di certificarne la sostenibilità e la conformità secondo specifici criteri;
occorre tener presente che la capacità di soddisfare la necessità di materie prime degli impianti energetici attivi, usufruendo delle sole colture oleaginose nazionali, è pressoché irrisoria. La superficie agricola utilizzata (SAU) in Italia nel 2010 ammontava a 12,7 milioni di ettari (dati Ispra). Uno studio dell'ente nazionale per la meccanizzazione agricola (ENAMA) relativo

a fine 2010 riferiva che per alimentare i sopraccitati impianti sarebbero stati necessari 300.000 ettari/anno di superficie coltivata a oleaginose e interamente destinata alla produzione di oli per il settore energetico. Secondo la medesima fonte, alla fine del 2010 la superficie agricola italiana coltivata a oleaginose ammontava 280.000 ettari/anno - 2 per cento della SAU - di cui meno di un quinto erano destinati al settore energetico;
i dati sopra citati evidenziano come nel settore considerato sia consistente la dipendenza italiana dai partner internazionali, per l'impossibilità di supplire al necessario quantitativo di materia prima con le sole produzioni interne. Le importazioni italiane in questo ambito provengono principalmente da partner afferenti i paesi del sud-est asiatico, prima fra tutte la Malesia per l'olio di palma. Una situazione analoga, sull'approvvigionamento delle materie prime, interessa altresì il settore dei biocarburanti;
ferma restando la pur lodevole esigenza di privilegiare la filiera corta nella produzione di energia da fonte rinnovabile non si può non sottolineare quanto questa legittima ambizione sia poco sostenibile sul territorio nazionale dove le potenzialità produttive e colturali sono assai limitate;
di conseguenza la configurazione stessa della certificazione in oggetto, mal concilia con le caratteristiche della filiera italiana e pone delle serie criticità in capo ai contratti di fornitura già in esercizio alla data di entrata in vigore dei menzionati decreti, all'inevitabile lievitazione dei costi di fornitura e alla struttura stessa del comparto interessato;
nell'ottica di certificare la sostenibilità dell'intera filiera, dalla coltivazione alla distribuzione ed impiego, gli operatori italiani si troveranno inevitabilmente nella difficoltà di non poter sempre offrire le dovute garanzie sulle partite di materie prime interessate, nonché nella difficoltà di reperire effettivamente le stesse;
è prevedibile che l'entrata in vigore delle indicate dinamiche di certificazione comporterà un incremento dei costi delle materie prime, una scarsa disponibilità delle stesse e l'impossibilità di accedere e materie prime provenienti da altre aree geografiche impedendo in tal modo agli operatori italiani di poter privilegiare una specifica qualità o un determinato costo, con la conseguenza di svilire le potenzialità ed il futuro del settore;
in particolare la difficoltà operativa risulta assai maggiore per tutti i contratti di fornitura stabiliti in data precedente all'entrata in vigore delle direttive europee 2009/28/CE e 2009/30/CE e dei successivi decreti di recepimento nazionale;
tutti gli operatori che avessero stabilito contratti di acquisto o fornitura di biocarburanti o bioliquidi prima dell'approvazione di tali norme, dunque senza la definizione dei richiesti parametri, incorreranno nell'impossibilità di proseguire la propria attività qualora non siano in grado di aggiornare ex post i contratti in essere, inserendo le clausole di certificazione per i produttori o di conformità per le partite di materie prime;
tale circostanza è destinata a determinare gravi criticità per i circa 5.000 addetti impegnati attivamente nel settore - per non parlare degli ulteriori impianti ancora in via di attivazione che non potranno mai iniziare la produzione - sia per l'aumento dei costi a seguito delle necessità di adeguamento alla certificazione, sia per il rischio di chiusura del proprio mercato, con conseguente depressione dei diversi comparti interessati dalla filiera;
difatti, sebbene il decreto interministeriale non faccia riferimento esplicito ad un divieto di vendita per i prodotti non sostenibili, a seguito delle disposizioni introdotte e del requisito di certificazione, questi non avranno più mercato, essendo di fatto inutilizzabili sia ai fini di ottemperare

agli obblighi di miscelazione di cui alla legge n. 81 del 2006, sia ai fini di ottemperare agli obblighi di riduzione delle emissioni di gas serra di cui all'articolo 7-bis, comma 5, del decreto legislativo n. 66 del 2005, come introdotto dal comma 6 dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 55 del 2011, sia ai fini dell'accesso agli incentivi di cui al decreto legislativo n. 28 del 2011;
le norme transitorie di cui all'articolo 13 del decreto interministeriale prevedono delle deroghe alla certificazione dell'intera filiera solo per i biocombustibili prodotti nel 2011 o prodotti nel 2012 da materie prime coltivate nel 2011 e vendute al soggetto che paga la relativa accisa entro il 31 agosto 2012. In ogni caso la certificazione andrà fornita entro il 31 agosto 2012. Non viene fatta alcuna distinzione invece tra gli investimenti precedenti l'entrata in vigore delle direttive europee 2009/28/CE e 2009/30/CE e quelli successivi;
quanto evidenziato, che configura una violazione del principio di legittimo affidamento e sembra contrastare con i principi comunitari di tutela della concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato istitutivo Comunità europea, crea i presupposti per la definizione di contenziosi tra gli operatori e l'amministrazione;
un'ulteriore criticità emerge per quanto riguarda l'impiego, come materia prima, dei prodotti di risulta provenienti da altri comparti nazionali, come quello degli oli alimentari, non soggetti a certificazione: tali materiali, essendo privi della necessaria certificazione diverranno non più utilizzabili, nonostante il loro riutilizzo consenta di conseguire ottimi risultati sia sul versante della produzione, sia sul versante della riduzione di impatto ambientale degli stessi;
la normativa sopracitata non rispecchia in alcun modo le specificità e le caratteristiche dei sistemi produttivi italiani nel settore, ignorando in maniera palese i limiti del potenziale produttivo italiano in termini di materia coltivata, rischiando di compromettere l'operatività, l'autonomia ed il mercato di migliaia di aziende italiane e di un intero settore legato alle fonti rinnovabili,


impegnano il Governo


a predisporre in tempi celeri un'iniziativa normativa volta a modificare l'attuale configurazione del sistema di certificazione - così come introdotta dal decreto di cui in premessa - al fine di adeguare la norma in materia alla reale caratterizzazione del sistema produttivo italiano, rispettando le reali esigenze degli operatori e tutelandone in tal modo le esigenze produttive, economiche e professionali.
(7-00804)
«Di Biagio, Raisi».

L'VIII Commissione,
premesso che:
attualmente i canoni relativi a concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, sono determinati sulla base del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, e del decreto ministeriale 5 agosto 1998, n. 342;
il decreto-legge in esame, recando il differimento del termine per la rimodulazione dei canoni demaniali marittimi, offre lo spunto per un ripensamento dell'istituto delle stesse concessioni demaniali marittime;
per quanto concerne l'accesso agli arenili dati in concessione, questo è regolato attualmente da apposite ordinanze emanate dalle competenti capitanerie di porto e, in alcuni casi, congiuntamente a ordinanze predisposte dai relativi enti locali; nelle aree demaniali marittime date in concessione, l'accesso oggi è consentito unicamente per il raggiungimento della battigia, senza però alcuna possibilità di poter sostare;
anche questa disposizione trova troppo spesso difficoltà nella sua corretta applicazione, nel momento in cui con

troppa frequenza a molti cittadini viene impedito il semplice accesso al mare, la legge comunitaria 2010 (legge n. 217 del 2011, articolo 15, comma 2) ha delegato il Governo a rivedere la disciplina delle concessioni demaniali marittime attraverso un decreto legislativo secondo una serie di principi e criteri direttivi, tra i quali quello (punto d) del riconoscimento, in assoluto, del diritto libero e gratuito di accesso e di fruizione della battigia, anche ai fini di balneazione,


impegna il Governo


ad assumere iniziative per garantire l'accesso gratuito per raggiungere il mare anche attraverso le aree demaniali marittime date in concessione, anche al fine di poter sostare sulla battigia, assicurando comunque che ciò non rechi pregiudizio ai mezzi di soccorso operanti nelle ipotesi previste dalla legge.
(7-00805)
«Zamparutti, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco».

TESTO AGGIORNATO AL 6 MARZO 2012

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:

DE ANGELIS e PAGLIA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
molti organi di informazione dei giorni scorsi hanno pubblicato allarmate inchieste sul traffico d'armi che si starebbe svolgendo in Libia dopo la caduta del regime di Gheddafi, dove gli immensi arsenali dell'esercito regolare e della milizia sono di fatto accessibili praticamente a chiunque;
in particolare, sul mensile internazionale «The Middle East magazine» in un articolo intitolato «Dove sono andate a finire le armi libiche», si denuncia la scomparsa di ingenti quantitativi di armamenti di ogni tipo, scomparsa che preoccupa seriamente il governo libico transitorio e gli Stati confinanti; sul mensile italiano «Raids» un giornalista denuncia di aver visto un libico non identificato offrire un lanciamissili spalleggiabile russo SA-7 ai giornalisti presenti per 50 dollari, lanciamissili probabilmente non più funzionante;
è legittimo presumere che in questo momento si stiano svolgendo commerci di questo tipo, dei quali chiunque potrebbe approfittare; organizzazioni terroriste ma anche criminalità comune, anche proveniente dall'Europa;
venti giorni fa nel deserto algerino al confine con la Libia le forze di sicurezza algerine hanno trovato sepolto un ingente quantitativo di armi perfettamente in efficienza destinate a qualche misterioso acquirente -:
se i servizi di intelligence italiani siano al corrente dei traffici di queste armi e dei soggetti che ne possano avere la disponibilità;
se il Ministero della difesa conosca la tipologia delle armi ivi stoccate e possieda una mappa degli arsenali stessi;
quali provvedimenti il nostro Governo intenda prendere per monitorare ed eventualmente intervenire per interrompere questo traffico che, qualora fosse accertata la natura denunciata dalla stampa, potrebbe mettere a serio rischio la sicurezza non solo di tutto il Maghreb ma anche dell'Europa e dell'Italia considerato che tra le armi «in vendita» vi sono migliaia di missili spalleggiabili di varia provenienza, con i quali un uomo solo può facilmente abbattere un aereo di linea stando anche a considerevole distanza.
(5-06325)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. - Per sapere - premesso che:
in base a un orientamento comunitario ormai consolidato, le opere di urbanizzazione, anche se eseguite da parte dell'operatore privato, sono opere pubbliche e in quanto tali devono essere assoggettate alle norme contenute nel codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE;
su questa materia, la normativa italiana è stata oggetto di diverse e successive censure comunitarie, alla luce delle quali è stata progressivamente modificata recependo l'orientamento comunitario secondo il quale l'esecuzione delle opere di urbanizzazione costituisce comunque un «appalto pubblico di lavori» ai sensi dell'articolo 1, lettera a), alla direttiva 93/37/Cee;
a questo riguardo, l'articolo 16 comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 stabilisce che la quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione va corrisposta al comune all'atto del rilascio del permesso di costruire e, su richiesta dell'interessato, può essere rateizzata, e che a scomputo totale o parziale della quota dovuta, il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione, nel rispetto delle disposizione del codice dei contratti, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, con conseguente acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune;
in base al codice dei contratti, le opere di urbanizzazione di importo inferiore alla cosiddetta soglia comunitaria sono eseguite da impresa selezionata dagli operatori privati mediante procedura negoziata ai sensi del combinato disposto degli articoli 57, comma 6, e 122, comma 8;
in base allo stesso codice, le opere di urbanizzazione di importo pari o superiore alla cosiddetta soglia comunitaria sono eseguite da impresa selezionata dagli operatori privati mediante procedura di evidenza pubblica (aperta o ristretta) ai sensi del combinato disposto degli articoli 32, comma 1, lettera g), primo periodo, e 55, commi 5 o 6;
con l'articolo 45, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011, è stato introdotto all'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 il comma 2-bis, in base al quale, nell'ambito degli strumenti attuativi e degli atti equivalenti comunque denominati nonché degli interventi in diretta attuazione dello strumento urbanistico generale, l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria, di importo inferiore alla soglia comunitaria, funzionali all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio, è a carico del titolare del permesso di costruire e non trova applicazione il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;
la disposizione normativa sopracitata - utilizzando la locuzione «a carico del titolare del permesso di costruire - non si limita a esonerare il titolare del permesso di costruire dall'obbligo del rispetto del codice dei contratti per l'esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria sotto la soglia comunitaria, ma qualifica la medesima esecuzione quale prestazione patrimoniale, che si andrebbe ad aggiungere a quella, comunque in vigore, che comporta la corresponsione del contributo commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione di cui al comma 1 dell'articolo 16 dello stesso decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001;
la novità normativa ispirata da principi di semplificazione e di «liberalizzazione» delle attività economiche nel nostro Paese - se non univocamente e correttamente

interpretata e applicata da parte delle amministrazioni locali - può divenire, al contrario, fonte di ulteriore incertezza per gli operatori e i cittadini, e determinare, contrariamente alle aspettative, una situazione di stallo -:
se e quali iniziative di competenza si intendano assumere al fine di una revisione della normativa in questione, per chiarire:
a) se l'esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia comunitaria - a carico del titolare del permesso di costruire in base articolo 16, comma 2-bis - costituisca prestazione patrimoniale obbligatoria aggiuntiva e non sostitutiva dell'obbligo di corrispondere un contributo commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione, di cui al comma 1 del medesimo articolo 16, e dunque se per i titolari di permesso a costruire - nel caso in cui l'importo del lavori per l'esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria sia inferiore alla soglia comunitaria - vada esclusa la possibilità di portare le spese sostenute per l'esecuzione dei medesimi lavori in detrazione dal contributo comunque dovuto;
b) se nella determinazione del contributo - che il titolare del permesso di costruire è comunque tenuto a corrispondere «in ragione dell'obbligo del privato di partecipare ai costi delle opere di trasformazione del territorio» (consiglio di Stato, sezione V, 23 gennaio 2006, n. 159) - le amministrazioni locali debbano tenere in considerazione il fatto che il medesimo titolare del permesso si farà carico, direttamente e a proprie spese, di una quota parte (quella relativa alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria) dei costi delle opere di trasformazione del territorio;
c) se le opere di urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia comunitaria - che devono comunque essere acquisite al patrimonio indisponibile del comune - vadano equiparate, ai fini della loro approvazione ed esecuzione, a un opera privata per il quale deve essere rilasciato il necessario titolo abilitativo, con le modalità previste dal decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 e dalla legislazione regionale in materia, e non siano dunque soggette a una procedura di validazione tecnico-economica da parte delle amministrazioni locali;
d) se le amministrazioni locali, in vista della consegna e dell'acquisizione patrimonio indisponibile delle opere di urbanizzazione primaria - eseguite in forza dell'articolo 16, comma 2-bis, e dunque senza l'obbligo di rispettare le disposizioni vigenti in materia di appalti pubblici - possano richiedere, al momento del rilascio del titolo abilitativo, la presentazione di garanzie fideiussorie di importo pari a quello delle opere da eseguire, svincolabili definitivamente soltanto al momento dell'effettiva immissione in possesso delle medesime opere;
e) se, in che modo e a spese di chi le opere di urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia comunitaria - eseguite direttamente dal titolare del permesso di costruire ai sensi dell'articolo 16, comma 2-bis, e senza le procedure previste dal codice dei contratti - siano collaudate, ai fini della successiva consegna delle medesime all'amministrazione;
f) se l'esecuzione diretta, a carico del titolare del permesso di costruire, di cui all'articolo 16, comma 2-bis, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, costituisca una facoltà ovvero un obbligo e dunque se il titolare del permesso di costruire possa comunque optare - anche nel caso in cui il costo delle opere di urbanizzazione primaria sia inferiore alla soglia comunitaria - per l'esecuzione delle medesime a scomputo degli oneri concessori e nel rispetto delle norme vigenti in materia di contratti pubblici.
(4-15167)

DI PIETRO e PALAGIANO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. - Per sapere - premesso che:
in data 22 febbraio 2012 il procuratore regionale per la Corte dei Conti del Lazio Dottor Angelo Raffaele De Dominicis ha redatto una memoria per l'adunanza di inaugurazione dell'anno giudiziario 2012;
nelle pagine 41 e 42 della suddetta relazione si legge che «Nell'ambito della Regione Lazio si è potuto, poi, accertare un'anomala contiguità decisionale con la società convenzionata San Raffaele s.p.a., fino al punto che una dirigente regionale, responsabile delle procedure di autorizzazione e accreditamento, è parsa collaborare con i vertici della società per non avere mai emesso alcun atto sanzionatorio. La vicenda contenziosa de qua, con i suoi 137 milioni di euro di sprechi e di truffe, ancorché limitata ad una tipologia di prestazioni sanitarie (la riabilitazione), desta particolare sconcerto e preoccupazione soprattutto ove si consideri che oltre il 68% dell'intero debito sanitario nazionale è costituito dal disavanzo accumulato da due regioni: Lazio e Campania. Gli illeciti rimborsi al gruppo imprenditoriale San Raffaele s.p.a. sono continuati nel corso dell'anno 2011 ed il Comando NAS dei Carabinieri ha di recente trasmesso il rapporto investigativo sulla casa di cura di Cassino. Dalle risultanze istruttorie è, comunque, emerso che la predetta casa di cura ha percepito pagamenti che hanno sforato il budget regionale. Inoltre, per le sostanziali irregolarità delle prestazioni assistenziali, prendendo in esame il periodo 2007-2009, il danno erariale è stato di circa 85 milioni di euro. Il che consegue non solo alla violazione sistematica delle convenzioni sanitarie ma soprattutto all'omissione di controllo sulla conformità e sulla regolarità delle prestazioni poste a rimborso»;
già mesi fa il gruppo dell'Italia dei Valori, e in particolare il consigliere regionale del Lazio Giulia Rodano, avevano ripetutamente sostenuto, sia nel corso del dibattito in consiglio regionale, sia attraverso comunicati stampa che «Nel decreto 62 del 27 luglio 2011 il commissario Polverini modifica, soltanto per un gruppo privato, il finora ferreo e inamovibile criterio della divisione della regione in quattro macroaree: scelta che tanti danni ha prodotto, chiudendo nelle province del Lazio tanti posti letto, venti ospedali e lasciando sfornite di assistenza intere popolazioni, come hanno sancito ben due sentenze del TAR. Quello che viene negato pervicacemente agli ospedali pubblici e a tanti operatori privati viene però concesso al Gruppo Tosinvest. La Polverini procede, infatti, ad una parziale revisione della rete ospedaliera delineata dal decreto n. 80 del 2010 e prevede una riorganizzazione dell'offerta sanitaria di alcune strutture del gruppo "San Raffaele" s.p.a. Il famigerato "comma 12" lo preannunciava: un soggetto che controlli più strutture accreditate sul territorio regionale, può rimodulare i propri posti letto su base regionale e non sulla macroarea. Ed a pochi mesi, ecco il provvedimento esecutivo che si avvale di questa norma: in barba alle regole che valgono per gli altri, il decreto 62 consente al gruppo guidato dal parlamentare Pdl Angelucci di recuperare nelle cliniche del gruppo ben 187 posti letto derivanti da una struttura cui la stessa Regione ha dovuto revocare l'autorizzazione, il San Raffaele di Velletri. Il risultato è quindi il combinato disposto delle nuove norme e della chiusura del San Raffaele di Velletri, struttura appartenente alla holding del parlamentare Pdl su cui grava un'inchiesta della magistratura [...] la Regione cede su tutta la linea e decreta secondo una legge-sanatoria, la cui legittimità, è stata osservata persino dal Governo Berlusconi. [...] Siamo di fronte ad un trattamento di favore talmente disinvolto che in un passaggio del decreto il commissario Polverini riconosce l'evidente conflitto d'interessi che verrà sollevato ed è costretta a mettersi al riparo da eventuali rilievi di legittimità ricorrendo a una formula a dir poco spericolata sul

piano amministrativo: il San Raffaele, si legge, potrà procedere alla riorganizzazione "fatti salvi eventuali mutamenti normativi che si rendessero necessari per superare i rilievi di legittimità costituzionale sollevati dal Governo nei confronti delle disposizioni sopra richiamate"»;
ad oggi a quanto risulti agli interroganti l'unico provvedimento di accreditamento definitivo rilasciato dalla regione Lazio durante l'amministrazione Polverini risulta essere il decreto AD U0108 del 24 novembre del 2011 a favore della casa di cura San Raffaele Montecompatri gestita dalla San Raffaele s.p.a, in cui si sono trasferiti i posti letto chiusi nella clinica San Raffaele di Velletri;
il 22 febbraio 2012 il consigliere regionale dell'Italia dei Valori Giulia Rodano ha commentato la memoria del Dottor De Dominicis tramite un'agenzia di stampa nella quale sosteneva che «Nel 2011 la giunta Polverini ha concesso al gruppo San Raffaele, di proprietà del senatore Pdl Angelucci, una vera e propria legge ad aziendam: la relazione del procuratore De Dominicis ripercorre nei dettagli quanto stia costando alla Regione Lazio questo trattamento di favore, illecito e indegno dei principi di terzietà della Pubblica Amministrazione»;
lo stesso pomeriggio del 22 febbraio 2012 la presidente della regione Lazio Renata Polverini ha diramato un comunicato stampa nel quale si legge che «A tutela dell'onorabilità della regione Lazio, è stato dato mandato all'avvocatura regionale di presentare querela avente ad oggetto le dichiarazioni rilasciate alla, stampa in data odierna dalla consigliera Idv Giulia Rodano» -:
in base a quanto sopra esposto, quali siano gli orientamenti che il Governo intende esprimere in merito alle scelte amministrative compiute dal presidente della regione Lazio in qualità di commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal deficit sanitario in relazione al gruppo San Raffaele s.p.a.
(4-15173)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato il 23 febbraio 2012, dal sito del quotidiano La Repubblica emerge che secondo il sostituto procuratore di Tempio Pausania Rossi titolare dell'inchiesta sulle bonifiche dopo i lavori per il mancato G8, si è ampliata la zona da ripulire che prima delle operazioni di pulitura era di 7 ettari di fondali divenuti ora dodici;
l'area subacquea antistante l'ex Arsenale, è stata dissequestrata e messa a disposizione della protezione civile per procedere alle successive bonifiche, costate 30 milioni di euro;
tuttavia dalle indagini tecniche effettuate sarebbe emersa la presenza di materiale fortemente inquinante in misura rilevante, come piombo, mercurio e idrocarburi;
secondo il direttore del dipartimento di Sassari dell'Arpas, Antonio Furesi: «Ci sono picchi di mercurio superiori anche dieci volte il consentito»;
sulla vicenda della mancata bonifica era stata già presentata l'interrogazione numero 4-07796 tutt'ora senza risposta;
nel frattempo lo stesso magistrato ha aperto una seconda inchiesta sulle bonifiche a terra (Main Center, ex Arsenale ed ex ospedale della Marina Militare) -:
di quali ulteriori informazioni disponga il Governo in merito ai fatti riferiti in premessa;
se e quali azioni si intendano promuovere in vista della prossima stagione turistica a tutela della salute delle persone.
(4-15176)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, in legge 30 luglio 2010, n. 122, al comma 10 dell'articolo 12 stabilisce «con effetto sulle anzianità contributive maturate a decorrere dal 1° gennaio 2011, per i lavoratori alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, per i quali il computo dei trattamenti di fine servizio, comunque denominati, in riferimento alle predette anzianità contributive non è già regolato in base a quanto previsto dall'articolo 2120 del codice civile in materia di trattamento di fine rapporto, il computo dei predetti trattamenti di fine servizio si effettua secondo le regole di cui al citato articolo 2120 del codice civile, con applicazione dell'aliquota del 6,91 per cento». La citata norma impone che il computo dei trattamenti di fine servizio, comunque denominati, in riferimento alle predette anzianità contributive deve avvenire secondo la disciplina del codice civile (articolo 2120), stabilendo un accantonamento del 6,91 per cento sull'intera retribuzione. Ne consegue l'illegittimità del cumulo dei due istituti (ossia la perdurante trattenuta del 2,50 per cento sull'80 per cento dei redditi del dipendente, in aggiunta all'istituto di nuova introduzione per effetto della norma in esame). Fino al 31 dicembre 2010 la normativa imponeva al datore di lavoro pubblico un accantonamento complessivo del 9,60 per cento sull'80 per cento della retribuzione lorda, con una trattenuta a carico del dipendente pari al 2,50 per cento sempre sull'80 per cento della retribuzione. In ordine alla percentuale complessiva della ritenuta, l'articolo 18 della legge 20 marzo 1980, n. 75 ha poi stabilito che «Ferma restando la rivalsa del 2,50 per cento a carico dei dipendenti, la scala crescente della misura dei contributi previdenziali obbligatori di cui all'articolo 37 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032, è ulteriormente prorogata fino a raggiungere il 9,60 per cento dal 1° gennaio 1984»;
alla luce di tale premessa l'intero complesso normativo da ultimo riportato è da intendersi implicitamente abrogato dal predetto comma 10 dell'articolo 12 «con effetto sulle anzianità contributive maturate a decorrere dal 1o gennaio 2011». Invero, la disposizione da ultimo citata possiede ed esplica un chiaro effetto novativo dell'istituto, dal momento che disciplina ex novo la medesima materia, in costanza dei medesimi presupposti di fatto che erano presi in esame nella normativa precedentemente in vigore, introducendo una differente modulazione del contributo (diversa percentuale sull'intera base stipendiale), esaustivamente regolata, e richiamando la disciplina dell'articolo 2120 del codice civile, e dunque la disciplina civilistica del trattamento di fine rapporto, nell'ambito della quale la rivalsa del 2,50 per cento a carico dei dipendenti non è praticata, perché non prevista in alcun modo;
non a caso, il comma 10 dell'articolo 12 citato non fa salva la rivalsa del 2,50 per cento come, invece, aveva chiarito lo stesso legislatore nei precedenti interventi modificativi della disciplina preesistente, conformemente al noto brocardo «ubi lex voluit, dixit». Secondo i consueti princìpi in tema di successione delle leggi nel tempo, la legge posteriore abroga la legge anteriore e, dunque, a decorrere dal 1° gennaio 2011 la ritenuta per il trattamento di fine servizio non sarà più del 9,60 sull'80 per cento della retribuzione (gravante nella misura del 7,10 per cento sul datore di lavoro e del 2,50 per cento sul lavoratore), bensì, esaustivamente, del 6,91 per cento sull'intera retribuzione: ne consegue che a decorrere dalla suddetta data del 1° gennaio 2011 non ha più titolo ad essere effettuata la ritenuta del 2,50 per cento sull'80 per cento della retribuzione a carico dei dipendenti pubblici;

la giurisprudenza (ex multis, Cons. Stato, V, 30 ottobre 1997 n. 1207; Corte Costituzionale 15 luglio 2005 n. 282; Corte Costituzionale 23 ottobre 2009, n. 263) ha costantemente affermato che, tra più possibili interpretazioni, deve essere sempre preferita quella conforme alla (o non contrastante con la) Costituzione;
consta all'interrogante che numerosi militari abbiano presentato domande volte ad ottenere la cessazione del prelievo del 2,50 per cento sull'80 per cento della retribuzione per l'intervenuta abrogazione della disciplina sull'indennità di buonuscita, disposta - a decorrere dall'1° gennaio 2011 - dal comma 10 dell'articolo 12 («Interventi in materia previdenziale») del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni della legge 30 luglio 2010 n. 122, in modo conforme a quanto enunciato nella sentenza n. 53/2012 del tribunale amministrativo regionale per la Calabria - sezione staccata di Reggio Calabria -:
quali immediate iniziative intenda avviare affinché sia correttamente applicata la norma nei confronti dei dipendenti pubblici secondo l'interpretazione data dal giudice amministrativo.
(4-15185)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il 16 febbraio 2012 si è svolto presso la Palazzina di Pio IV o Borromeo, il consueto incontro per festeggiare l'anniversario dei patti lateranensi sottoscritti tra lo Stato italiano e la Santa Sede, da Benito Mussolini e dal cardinale Pietro Gasparri -:
da chi fosse composta la delegazione italiana, da chi sia stata selezionata e, fatto salvo per i membri del Governo, con quali criteri e a chi sia stato esteso l'invito a parteciparvi e se qualcuno lo abbia declinato.
(4-15196)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il 27 febbraio 2012 intervenendo presso la Commissione industria, commercio e turismo del Senato per illustrare un emendamento del Governo, il Presidente del Consiglio dei ministri,«evidenziando che la presentazione da parte del Governo di un emendamento riguardante l'esenzione dall'imposta comunale sugli immobili - ora imposta municipale propria - riservata agli enti non commerciali persegue una precisa finalità: chiarire in modo definitivo la compatibilità della normativa tributaria italiana con il diritto comunitario»;
dal resoconto sommario risulta inoltre che il Presidente Monti abbia affermato tra l'altro: «Per il caso specifico delle scuole, è necessario precisare che non è propriamente corretto chiedersi se le scuole, in quanto tali, siano esenti o meno dall'imposta municipale propria, bensì è più corretto domandarsi quali scuole possano essere esenti e quali, viceversa, siano soggette alla disciplina comune. La risposta chiara ed inequivoca è la seguente: sono esenti le scuole che svolgono la propria attività secondo modalità concretamente ed effettivamente non commerciali. Fermo restando che la definizione dettagliata degli aspetti più particolari è demandata ad un successivo decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, appare del tutto ragionevole considerare strettamente necessari i seguenti parametri:
1) l'attività paritaria rispetto a quella statale è valutata positivamente se il servizio effettivamente prestato è assimilabile a quello pubblico, sotto il profilo dei programmi di studio e della rilevanza sociale, dell'accoglienza di alunni con disabilità, dell'applicazione della contrattazione collettiva del personale docente e non docente;

2) il servizio sia aperto a tutti i cittadini alle stesse condizioni, nonché le modalità di eventuale selezione all'ingresso ovvero successiva esclusione, correlata al rendimento scolastico, siano articolate secondo norme non discriminatorie;
3) l'organizzazione dell'ente - anche con specifico riferimento ai contributi chiesti alle famiglie, alla pubblicità del bilancio, alle caratteristiche delle strutture - sia tale da preservare senza alcun dubbio la finalità non lucrativa ed eventuali avanzi non rappresentino profitto, ma sostegno direttamente correlato ed esclusivamente destinato alla gestione dell'attività didattica;
non si tratta, però, di circoscrivere la chiarificazione individuata dal Governo ad uno specifico settore, quale quello scolastico» -:
se oggi sia previsto che il servizio prestato dagli istituti scolastici non statali, pubblici e privati, possa non essere assimilabile a quello pubblico, sotto il profilo dei programmi di studio e della rilevanza sociale, dell'accoglienza di alunni con disabilità, dell'applicazione della contrattazione collettiva del personale docente e non docente;
se possa non essere aperto a tutti i cittadini alle stesse condizioni, e quali siano le modalità di eventuale selezione all'ingresso ovvero successiva esclusione, correlata al rendimento scolastico, se e quali controlli siano stati effettuati e con quali risultati negli ultimi 10 anni scolastici.
(4-15197)

...

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:

RENATO FARINA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in Tunisia nella notte tra sabato 25 febbraio e domenica 26 febbraio alcuni vandali hanno reso inutilizzabile una tenda-chiesa utilizzata dai cristiani del campo profughi (soprattutto eritrei);
l'episodio è stato denunciato da don Mussie Zerai, presidente dell'agenzia Habeshia, sulla base delle testimonianze raccolte telefonicamente da un nigeriano e un eritreo; esprime «preoccupazione per la sicurezza nel campo». Conferma il fatto Sir don Sandro De Pretis, il sacerdote che segue i cattolici del campo: «Sì qualcuno ha tagliato i teli del tetto e la tenda non è più utilizzabile; non sappiamo chi è stato e per quale ragione. Al campo non ci sono mai state e non ci sono tuttora tensioni tra cristiani e musulmani, forse è opera di qualche fanatico. È un episodio ulteriore di varie difficoltà, ma non lo ricondurrei a problemi tra religioni. Ho avvertito il colonnello, mi ha promesso che aprirà un'inchiesta interna. Probabilmente non si saprà mai chi è stato»;
don Mussie Zerai prosegue: «un eritreo telefona, dicendomi che avevano rovinato la chiesa. Verso le nove arrivo al campo, intorno alla chiesa vi sono una trentina di cristiani, solenni e si direbbe in lutto, e vedo che durante la notte di domenica qualcuno ha tagliato tutto il tetto della nostra tenda-chiesa. Non manca nulla, anche la bottiglia del vino per la messa è li, ma anche un'immagine di Gesù è stata strappata, ed è chiaro che uno o più fanatici si sono messi all'opera per distruggere il nostro luogo di preghiera. Vado subito dal colonnello responsabile della sicurezza del campo, che avevo già incontrato qualche giorno fa per dirgli che un soldato durante la distribuzione di giacche pesanti contro il freddo aveva intimato a un eritreo di nascondere la crocetta che portava appesa al collo (praticamente tutti i cristiani la hanno). Appena mi vede mi dice che ha comunicato a tutti i suoi militari di non disturbare i cristiani... e gli comunico l'altra notizia, ben peggiore (...). Telefono a una responsabile dell'UNHCR perché avverta le persone competenti; oggi il loro personale non è venuto a Shousha - ormai è quasi la regola - perché si sentono minacciati dai

lavoratori locali che reclamano o lavoro o soldi. Da giorni - mi hanno detto - non riforniscono più il campo di acqua potabile per i rifugiati. Non è una situazione facile, non so chi abbia ragione o torto, ma è chiarissimo che i rifugiati sono gli ultimi di tutti, senza alcun diritto. Chiamo anche il parroco di Gabès, responsabile ufficiale della zona, e poi il vicario generale a Tunisi. Finalmente il colonnello arriva con i responsabili della comunità eritrea, due musulmani e due cristiani: vede i danni e sente la richiesta di poter lasciare questo posto, ai limiti del campo e senza nessuno intorno (tranne un posto di guardia dell'esercito tunisino), per trasferire la chiesa all'interno del campo eritreo, la comunità cristiana di gran lunga più numerosa. Penso che sia la sola struttura che sia rimasta allo stesso posto da un anno, quando i primi migranti africani erano arrivati, scappando dalla Libia in guerra. Ora è venuto il momento di cambiare posto, qui non si può domandare a nessuno protezione contro questo vandalismo»;
prosegue il sacerdote: «Il nostro appello è rivolto alle autorità tunisine di garantire la sicurezza per la vita delle persone, e per i luoghi di culto, che sono spazi di grande importanza per questi profughi che stanno vivendo momenti molto difficili della loro esistenza. Auspichiamo che gli stati che hanno accettato di accogliere questi richiedenti asilo accelerino i tempi di trasferimento di queste persone, per evitare che la situazione vada peggiorando, al punto di mettere in pericolo la vita dei rifugiati nel campo -:
se i fatti narrati corrispondano al vero;
se il Governo non ritenga di far presente alle autorità tunisine le preoccupazioni espresse in premessa, per la sicurezza di realtà cristiane nei campi profughi;
di quali altre notizie sia a conoscenza il Governo riguardo alla situazione dei profughi eritrei in Tunisia e negli altri Paesi del Mediterraneo, in particolare in Egitto.
(5-06323)

Interrogazioni a risposta scritta:

SBAI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la Libia è totalmente scomparsa dalle cronache internazionali dalla morte del colonnello Gheddafi;
in Libia è in atto una repressione feroce, testimoniata da articoli di giornale e filmati relativi, contro ex lealisti di Gheddafi e intellettuali dissidenti;
Medici senza Frontiere aveva già denunciato le sevizie nelle carceri libiche ai danni degli ex lealisti (http://www.ilsole24ore.com);
è di questi giorni l'ennesimo episodio aberrante in terra di Libia, ai danni di ex lealisti;
in un video si mostra come alcuni di loro siano stati rinchiusi in una gabbia dello zoo e costretti, nel pubblico ludibrio, a mangiare la bandiera dell'ex regime di Gheddafi (http://video.corriere.it);
a tutti gli effetti il Paese è in una guerra civile ancora in corso, cosa testimoniata dagli scontri di Tripoli e di Misurata delle settimane;
le tv mondiali e satellitari paiono restie a diffondere notizie contro il Cnt e Mustapha Jalil, che oggi regge il Governo libico;
è in atto, ad avviso dell'interrogante, una vera e propria disinformazione che privilegia le violenze e la repressione -:
di quali elementi il Governo disponga, viste le relazioni politico-economiche intessute dal nostro Paese con la Libia, sui fatti che lì avvengono;
se il Governo intenda porre in essere iniziative di sollecito presso la comunità internazionale, affinché cessino le violenze ai danni dei dissidenti in Libia.
(4-15187)

SBAI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
da nove mesi ormai la piccola Martina è sequestrata dal padre, Hassan Abdeljeli, in Tunisia;
la bambina è stata illegalmente sottratta alla madre e portata in Tunisia;
la madre, Marzia Tolomeo, non la può vedere e la può solo, a scatti, ascoltare via telefono per pochi secondi;
il tribunale di Milano ha tolto al padre la patria potestà;
la situazione si fa ogni giorno più difficile per un ritorno della bambina, che è cittadina italiana, in patria -:
quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per risolvere questa vicenda drammatica e di altri sette bambini che sarebbero stati sequestrati in Tunisia;
se intenda il Governo porre in essere iniziative che portino all'immediato ritorno di Martina e di tutti gli altri bambini in Italia, visto che la minore è a tutti gli effetti cittadina italiana.
(4-15190)

SANTAGATA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
sul sito istituzionale dell'assessorato alle politiche culturali e centro storico di Roma Capitale http://www.culturaroma.it/home si legge un comunicato relativo al seguente evento culturale: «Risveglio Rivoluzionario. Il 27 febbraio del 1989 una grande protesta popolare contro le misure neoliberali del governo di Carlos Andres Perez terminò con un bagno di sangue: il Caracazo. Lunedì 27 febbraio 2012, ore 19:00 presso il Nuovo Cinema Aquila in occasione dell'anniversario di "El Caracazo", in programma la proiezione del documentario "Dalla Concertazione allo sconcerto" di Liliane Blaser, e l'inaugurazione della mostra fotografica "Risveglio Rivoluzionario. Il popolo contro il neoliberalismo" in esposizione sino al 4 marzo 2012. L'iniziativa, ad ingresso libero, è organizzata dall'Ambasciata della Repubblica Bolivariana del Venezuela presso la Repubblica Italiana, in collaborazione con Roma Capitale Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico e Nuovo Cinema Aquila.»;
la seguente notizia viene riportata sul sito online www.microtalk.it, dove il giornalista Gianni Riotta, editorialista de la Stampa, si chiede: «Al cinema Aquila il Comune di Roma e l'ambasciata di Venezuela lanciano una mostra che incensa il "risveglio rivoluzionario" del despota Chavez, condannato da ogni ONG che si occupa di diritti civili. Ma perché abbiamo questa fregola per i dittatori?»;
tutte le organizzazioni internazionali che si occupano di diritti umani - Amnesty international, Human rights watch, la Commissione interamericana dei diritti civili dell'Organizzazione degli Stati americani (Osa), Reporter senza frontiere - denunciano da anni il graduale indebolimento del sistema democratico venezuelano sotto la presidenza Chavez e il contestuale aggravamento della situazione dei diritti umani attraverso il sistematico attacco alla libertà di espressione, alla libertà dei lavoratori di associarsi liberamente e alla possibilità per le organizzazione che si occupano di tutela dei diritti umani di intervenire a tutela degli stessi;
appare all'interrogante inopportuno che un Capo di Stato condannato da tutte le organizzazioni che si occupano di diritti umani, venga celebrato con una mostra ospitata a Roma, città da sempre simbolo di democrazia, attenta e famosa per il rispetto dei valori e dei diritti fondamentali di tutti -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, di quali elementi disponga con riguardo al rispetto dei diritti umani nella Repubblica bolivariana del Venezuela e quali siano, i suoi intendimenti in proposito.
(4-15198)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, FARINA COSCIONI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
su iniziativa di Maurizio Bolognetti, segretario di radicali lucani e componente la direzione nazionale del movimento politico Radicali italiani, è stata sollevata la necessità di provvedere all'istituzione di un'anagrafe pubblica dei siti da bonificare;
il 5 febbraio del 1997, in attuazione delle direttive CEE 91/156 sui rifiuti, 91/689 sui rifiuti pericolosi e 94/62, sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio, viene licenziato il decreto legislativo n. 22 del 1997, meglio noto come decreto Ronchi. Il comma 12 dell'articolo 17 prevede l'istituzione dell'anagrafe dei siti da bonificare;
circa 2 anni dopo, il 25 ottobre 1999, viene licenziato il decreto ministeriale 471, recante «criteri, procedure e modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati». Nell'articolo 17 del citato decreto ministeriale si afferma che «le regioni, sulla base dei criteri definiti dall'Anpa, predispongono entro un anno l'Anagrafe dei siti da bonificare»;
il concetto di anagrafe viene ripreso 7 anni dopo dal codice dell'ambiente (decreto legislativo n. 152 del 2006), che all'articolo 251 recita: «Le regioni, sulla base dei criteri definiti dall'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), predispongono l'anagrafe dei siti oggetto di procedimento di bonifica»;
a 15 anni di distanza dall'approvazione del decreto Ronchi, la regione Basilicata - e non solo la regione Basilicata - risulta inadempiente rispetto all'obbligo di redigere una «anagrafe dei siti da bonificare» nonostante la presenza, nel 2000, di oltre 800 siti contaminati, dei quali oltre la metà connessi alle attività di prospezione petrolifera -:
quale sia, sul piano nazionale, lo stato di attuazione delle norme che prevedono l'istituzione dell'anagrafe dei siti da bonificare;
quali iniziative di competenza si intendano promuovere al fine di sostenere la creazione dell'anagrafe dei siti da bonificare, a partire dalla Basilicata, in modo da assicurare la bonifica delle aree, favorendo il coinvolgimento dei comitati di cittadini e delle associazioni.
(4-15179)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riferito dalla stampa lucana, il perito incaricato da pubblico ministero della procura della Repubblica di Potenza in almeno due punti lungo la strada che porta al pozzo Tempa Rossa 2, nelle campagne attorno a Corleto Perticara, ha rilevato che sono stati sversati illegalmente fanghi prodotti dal processo di perforazione, che sarebbero rimasti nascosti per quasi 20 anni sotto ad un «terreno di copertura», prelevato con molta probabilità dal letto di qualche torrente;
in particolare, i fanghi sarebbero stati rinvenuti fino a 2 metri e mezzo di profondità con aggiunta di piombo, vanadio, idrocarburi pesanti e leggeri ben oltre i limiti previsti dalla legge, insieme ad un ulteriore metro di impasto grigio scuro dal caratteristico odore di bitume e con le medesime componenti chimiche;
si tratta di un ritrovamento avvenuto nell'ambito delle indagini, che proseguono, dei carabinieri del Noe, che quasi un anno

e mezzo fa hanno messo sotto sequestro 6 distinte particelle di pascoli e campi coltivati in località Serra d'Eboli;
su quest'area, ricoperta poi dal verde, si è svolta attività di coltivazione e pascolo e il pastore che portava le sue bestie a mangiare l'erbe sulla «Montagnola», Giuseppe Lombardi di 68 anni, è morto nel 2008 per un carcinoma al rene;
la necessità di decarbonizzare la nostra economia per contrastare i cambiamenti climatici non dovrebbe prevedere interventi normativi finalizzati a rendere competitivo il settore petrolifero come invece è avvenuto con recenti decreti, quali quello sulle liberalizzazioni e la semplificazione -:
quali iniziative si intendano adottare a tutela della salute, anche alimentare, e dell'ambiente nell'area interessata allo sversamento illegale di fanghi da perforazioni petrolifere;
quali iniziative di competenza si intendano promuovere per verificare l'esistenza di altre aree di sversamento illegale di fanghi da perforazioni petrolifere in Basilicata e a sostegno delle relative bonifiche;
se non si ritenga di assumere iniziative dirette a rivedere misure che agevolano la ricerca e l'estrazione di idrocarburi anche a scapito dei controlli ambientali.
(4-15180)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo una relazione prodotta da tre epidemiologi di fama, i professori Annibale Biggeri, Maria Triassi e Francesco Forestiere, su richiesta dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Taranto, Patrizia Todisco, che ha sul suo tavolo gli atti di un'inchiesta a carico dei dirigenti dello stabilimento siderurgico Ilva, emerge un quadro allarmante delle conseguenze che l'attività di questo stabilimento ha avuto ed ha sulla salute dei cittadini di Taranto;
i medici per la prima volta stabiliscono una connessione tra le malattie, le morti causate da tumori e l'inquinamento prodotto dalle emissioni dagli impianti industriali. Secondo i periti infatti: «nei 13 anni di osservazione sono attribuibili alle emissioni industriali 386 decessi totali (30 per anno). Negli ultimi sette anni 178 sono stati i morti soltanto per colpa del pm10. Novantuno abitavano i quartieri Borgo e Tamburi, quelli più vicini allo stabilimento siderurgico Ilva insieme con il Paolo VI. Proprio in questa zona è stato riscontrato un più 27 per cento di mortalità rispetto alle stime effettuate sui dati messi a disposizione dell'Organizzazione mondiale della sanità con un incremento nella popolazione maschile del 42 per cento per i tumori maligni e del 64, addirittura, per le malattie dell'apparato respiratorio. Al Tamburi invece si ammalano particolarmente le donne (+46) di malattie ischemiche del cuore e +24 di malattie cardiache. I più colpiti sono stati i dipendenti dell'Ilva. Novantotto le morti da inquinamento in 10 anni. Gli operai che hanno lavorato negli anni '70-'90 hanno mostrato, si legge nella relazione, "un eccesso di mortalità per patologia tumorale (+11 per cento) in particolare per tumore dello stomaco (+107 per cento), della pleura (+71 per cento), della prostata (+50 per cento) e della vescica (+69 per cento). Tra le malattie non tumorali sono risultate in eccesso le malattie neurologiche (+64 per cento) e quelle cardiache (+14 per cento)" ... "I lavoratori con la qualifica di impiegato hanno presentato eccessi di mortalità per tumore della pleura (+153 per cento) e dell'encefalo (+111 per cento)"»;
«Ci troviamo di fronte - scrivono i periti nelle conclusioni della loro relazione - a un effetto statisticamente significativo per i ricoveri ospedalieri per cause respiratorie e un effetto al limite della significatività statistica per i tumori in età pediatrica»;

in risposta alle risoluzioni 7-00393 e 7-00405, che ponevano il problema di un impropria attuazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente perché andava ad allentare i vincoli in materia di immissioni di benzo(a)pirene, il Governo pro tempore aveva riconosciuto che talune delle questioni affrontate meritavano un supplemento di riflessione e pertanto si era dichiarata la disponibilità del Governo pro tempore a riapprofondire la materia e a valutare l'opportunità di reintrodurre norme analoghe a quelle recate dal decreto legislativo n. 152 del 2007 in ordine al vincolo dell'obiettivo di qualità del benzo(a)pirene -:
se e quali azioni il Governo intenda adottare per limitare il danno sanitario ed ambientale provocato;
se e quali azioni si intendano promuovere affinché il soggetto gestore che ha cagionato danni sanitari ed ambientali assuma le necessarie misure di riparazione e ripristino;
se si sia proceduto, e con quali esiti, a svolgere un supplemento di riflessione valutando l'opportunità di reintrodurre norme analoghe a quelle recate dal decreto legislativo n. 152 del 2007 in ordine al vincolo dell'obiettivo di qualità del benzo(a)pirene.
(4-15182)

FAVA e ALESSANDRI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nel territorio del comune di Castel Focognano, in provincia di Arezzo, è insediato il cementificio Colacem;
tale impianto è inserito nell'elenco S.I.R.A.-ARPAT della regione Toscana tra gli impianti di gestione dei rifiuti e viene indicato nella categoria «Inceneritore (Coincenerimento-Cementificio) - vedasi il sito web:http://sira.arpat.toscana.it/sira/rifiuti/igr-inc.htm);
l'impianto è ubicato alle porte del parco nazionale del Casentino, una delle zone protette di maggior pregio della provincia di Arezzo oltre che della regione Toscana;
dati dell'impianto indicano che esso movimenti annualmente oltre 189.000 tonnellate di materiale, emetta ogni anno più di 700.000 tonnellate di anidride carbonica, oltre 1.300 tonnellate di ossidi di azoto e 770 tonnellate di monossido di carbonio (dati del 2001); sono altresì da considerare gli ossidi di zolfo e le emissioni dei contaminanti non principali quali metalli pesanti (arsenico, mercurio, cadmio, zinco, cromo, nichel rame, piombo) I.P.A. (idrocarburi policiclici aromatici) PCDD/PCDF, cloro e fluoro inorganici, benzene;
tali emissioni sono connesse alla produzione di cementi non polverizzati detti clinkers. Al riguardo si segnala che la produzione di cemento rientra tra le industrie insalubri di prima classe ai sensi del numero 33, lettera B) dell'allegato al decreto ministeriale 5 settembre 1994. Si tratta di un'attività altamente energivora, essendo necessarie circa 970 chilo-calorie per produrre un chilogrammo di clinker;
i cittadini che risiedono nella zona hanno manifestano forti preoccupazioni circa i livelli di emissione degli inquinanti provenienti da tale cementificio;
da una prima analisi delle carte reperibili anche in rete, sarebbero sorti ragionevoli dubbi circa la salubrità dell'aria intorno a tale stabilimento;
risulterebbe all'interrogante che la provincia di Arezzo, dalla fine del 2005, provveda a concedere alla Colacem l'autorizzazione in deroga (di recente ulteriormente prorogata) alle emissioni in atmosfera di carbonio organico totale (C.O.T.) per il quale era stato fissato in origine un valore limite giornaliero di 57 mg/Nm3. Inoltre risulterebbe che da tempo la stessa provincia procrastini, sempre in deroga, l'iscrizione alla Colacem nel registro delle imprese che recuperano rifiuti speciali in procedura semplificata e le abbia confermato la facoltà di sostituire la misurazione

in continuo dell'acido fluoridrico con misurazioni periodiche quadrimestrali -:
se i Ministri siano a conoscenza dei possibili profili critici dell'impianto di incenerimento rispetto alla tutela della salute e dell'ambiente del territorio di suo insediamento;
quali iniziative di competenza, anche normative, i Ministri intendano assumere al fine di tutelare l'ambiente e la salute dei cittadini di fronte ad attività di incenerimento di rifiuti ad opera di cementifici, come nel caso di cui in premessa.
(4-15192)

BITONCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il 29 Dicembre 2009 la regione Veneto, attraverso la delibera di giunta n. 4153, ha previsto un accordo di programma assegnando alla ditta «Kitaly S.r.l.» la realizzazione di una centrale idroelettrica per lo sfruttamento del salto idraulico localizzato in prossimità del ponte della Vittoria, sul fiume Brenta e nel territorio del comune di Campo San Martino (Padova);
il provvedimento riporta come già nell'agosto del 2009 il genio civile di Padova avesse trasmesso alla competente difesa del suolo un progetto preliminare per la realizzazione di una traversa sul fiume Brenta, proprio in prossimità del ponte della Vittoria in comune di Campo San Martino (Padova);
in seguito, l'azienda Kitaly S.r.l. ha presentato istanza di attivazione di un accordo di programma per la realizzazione di un impianto idroelettrico sul fiume Brenta, ai sensi dell'articolo 32 della legge regionale n. 35 del 2001 e della delibera di giunta regionale n. 3178 del 16 ottobre 2007 e con la finalità di realizzare essa stessa la traversa prevista;
la regione Veneto, non trovando applicazione la forma di accordo di programma, ha invitato la ditta Kitaly S.r.l., la quale pare, da una prima ricerca catastale aver acquisito la proprietà del terreno interessato dalla costruzione della centrale idroelettrica già in data 1o agosto 2008, tre anni prima l'assegnazione nello stesso sito del permesso per la realizzazione della centrale, a presentare istanza di autorizzazione unica per la costruzione ed esercizio di impianto per la produzione di energia idroelettrica ai sensi dell'articolo 7 del regio decreto-legge n. 1775 del 1933;
la ditta Kitaly S.r.l. presenta domanda, in data 25 gennaio 2010, di concessione per derivazione d'acqua dal fiume Brenta (così come pubblicato sul BUR n. 34 del 23 aprile 2010) e che a seguito di tale pubblicazione sono pervenute le domande in concorrenza della ditta ITALY STYLE MILANO S.r.l. in data 17 maggio 2010, della ditta ZOLLET INGEGNERIA S.r.l in data 21 maggio 2010 e della ditta ETRA s.p.a., società a intera partecipazione pubblica, in data 21 maggio 2010;
con ordinanza n. 14238 del 13 gennaio 2011 il genio civile di Padova ha disposto il deposito delle istanze ed ha fissato la visita locale d'istruttoria in data 22 febbraio 2011 nel corso della quale sono state presentate osservazioni/opposizioni da tutte le ditte e dallo stesso comune di Campo San Martino che ha messo in evidenza, in rapporto agli interessi pubblici connessi alla natura dell'opera, come con deliberazione di giunta comunale n. 161 del 9 dicembre 2010, fosse stata approvata una convenzione con la ditta «Italy Style Milano» per l'attivazione di forme di collaborazione per l'utilizzo di risorse rinnovabili per la produzione di energia elettrica;
il giorno 23 giugno 2011 la commissione tecnica regionale per il parere su opposizioni, osservazioni e domande in concorrenza ex articolo 9 del regio decreto-legge n. 1775 del 1933 - DGR 3493/2010 ha ritenuto preferibile all'unanimità la domanda presentata dalla ditta «Kitaly S.r.l.» in quanto «... tale impianto produrrebbe una potenza nominale media e una energia media annua superiori a

quelle degli impianti proposti e non prevederebbe l'occupazione dell'alveo del fiume»;
la società «Kitaly S.r.l.», costituita il 24 giugno 2008 e con sede legale in Padova, in via Caterino Davila n. 14, ha un amministratore unico ed un capitale sociale di diecimila euro, è una società partecipata da due società fiduciarie, quindi non persone fisiche, entrambe con sede a Milano, la UBS fiduciaria s.p.a. e la società fiduciaria Vonwiller s.p.a., società dietro la quale operava l'immobiliarista Gian Guido Bonatti, arrestato insieme ad altre persone nel giugno del 2011 nel corso di una inchiesta che vedeva accusato lo stesso Bonatti per la gestione di società che acquisivano immobili generanti plusvalenze nascoste poi all'erario;
in talune fattispecie è emerso come l'adesione di società partecipate a gare o bandi di pubblico interesse, laddove la trasparenza e l'interesse della collettività rappresentano i punti cardine delle stesse, non si coniughi con i requisiti sopra descritti, proprio in ragione del fatto che in certe fattispecie e in determinati casi non risulta di facile comprensione capire chi siano i soci operanti all'interno delle società stesse;
organi di stampa locale (Gazzettino e Mattino di Padova del 27 febbraio 2012) riportano la notizia secondo la quale su iniziativa del comitato di vigilanza sulla centrale idroelettrica, composta da circa 700 aderenti, si è svolta una manifestazione di protesta, nei pressi del ponte della Vittoria sul Brenta, per chiedere chiarezza sulla vicenda;
alla manifestazione hanno partecipato numerosi cittadini, parlamentari, amministratori locali e sindaci della zona che hanno sottolineato l'assoluta urgenza di un intervento da parte della regione, sia allo scopo di chiarire le procedure con le quali si è svolto la gara, al fine di prevedere sia allo scopo di verificare i soci della società che ha ottenuto l'appalto -:
di quali elementi disponga in relazione a quanto descritto in premessa;
se non intenda assumere iniziative anche normative in merito alla regolamentazione della partecipazione di società controllate attraverso fiduciarie all'interno di gare ad evidenza pubblica.
(4-15193)

...

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
con l'atto di sindacato ispettivo n. 4-14672 gli interroganti hanno chiesto chiarimenti in merito alla gara per l'affidamento in concessione con gestione completa del servizio di somministrazione di vivande calde e fredde, a mezzo di distributori automatici, presso le caserme ubicate nel territorio del comando legione carabinieri «Toscana»;
il 3 febbraio 2012, il legale della ditta Joyfull Break srl unipersonale, avvocato Carmelo D'Antone, con diffusa e ampiamente motivata memoria, indirizzata all'avvocatura distrettuale dello Stato, sede di Firenze, interveniva nel collaterale procedimento che il capo del servizio amministrativo del predetto comando aveva avviato per chiedere il parere dell'avvocatura erariale in merito alle eccezioni sollevate da una delle concorrenti alla gara e, il successivo giorno 20 febbraio, diffidava l'amministrazione appaltante a concludere il procedimento di gara entro il termine di sette giorni;
il 24 febbraio, il capo servizio amministrativo del comando legione carabinieri «Toscana» con la nota di protocollo n. 272/20-2-2010 comunicava alle ditte partecipanti alla gara che «In data 10 febbraio 2012 l'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze ha reso a questo

servizio amministrativo circostanziato parere in merito al quesito precedentemente posto, pervenuto in data 23 febbraio 2012. Si fa riserva di comunicare la conseguente determinazione» e il seguente 29 febbraio, con la nota di protocollo n. 272/26-2010, disponeva, in autotutela, l'annullamento dell'intera procedura di gara in quanto la lettera di invito 272/6-2010 del 21 giugno 2011 «è affetta da vizio di legittimità nella parte in cui viene previsto come criterio di aggiudicazione, in aggiunta allo sconto offerto, l'attribuzione di un punteggio (da 1 a 10) da attribuire ad una valutazione tecnico-qualitativa delle offerte»;
le motivazioni dell'atto di annullamento dell'intera procedura di gara, che appare comunque tardivo rispetto alla fase del procedimento in cui si viene a incardinare, rivelano, da un lato, come sia stata ignorata e non applicata la disciplina normativa e regolamentare vigente in materia di appalti da parte del capo del servizio amministrativo e, dall'altro, fanno sorgere concreti dubbi sulla liceità dell'azione amministrativa posta in essere solo successivamente alla conoscenza delle offerte economiche avanzate dalle concorrenti -:
se in relazione ai fatti narrati in premessa non ritenga doveroso informare le autorità giudiziarie competenti e comunque assumere iniziative per una rimozione dall'incarico di capo servizio amministrativo;
quali le immediate azioni che intenderà avviare per il ristoro dei danni eventualmente arrecati dall'annullamento della gara in premessa alla ditta concorrente la cui offerta, allo stato degli atti, sia risultata essere la più conveniente.
(4-15177)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano Corriere della Sera, ed. Roma del 5 marzo 2012, è pubblicato un articolo dal titolo «Favori agli amici e abusi. I carabinieri di Fiumicino accusano il loro comandante»;
il capitano Nino Pappalardo è anche membro del Consiglio di base della rappresentanza militare della legione carabinieri Lazio;
sembrano essere sempre più frequenti i fatti che coinvolgono militari membri dei consigli della rappresentanza militare (attualmente in regime di proroga per la terza volta consecutiva), portati all'attenzione della magistratura competente e degli organi di stampa, verso i quali il Comando Generale dell'Arma dei carabinieri dovrebbe, secondo gli interroganti, intervenire sollecitamente -:
quali immediati provvedimenti intenderà adottare nei confronti del militare di cui in premessa.
(4-15184)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
successivamente alla pubblicazione sul settimanale il Venerdì di Repubblica del 17 febbraio 2012, di un articolo dal titolo «Il caffè che piace a La Russa divide l'Arma - Ha vinto molte gare nelle caserme per l'appalto delle macchinette dell'espresso: l'associazione Podgora è nata sotto una buona stella (quella dell'ex Ministro), ma qualcuno vuole vederci chiaro», gli interroganti hanno appreso che in data 28 febbraio 2012 il comando legione carabinieri «Lazio», ha emanato un atto con il quale informa i Comandi interessati e il personale dipendente che nel servizio di gestione dei distributori automatici di bevande calde e fredde e snack, installati presso la caserma «Ten. M.A.V.M. G Acqua» e la caserma «Podgora Bassa», è subentrata la ditta «Aromatika» in luogo dell'associazione carabinieri in servizio «Podgora»;
con numerosi atti di sindacato ispettivo gli interroganti hanno chiesto al Ministro

della difesa di fare chiarezza sulle attività svolte dall'Associazione e dai suoi membri, in particolare da coloro che ricoprono l'incarico di delegato in seno al Consiglio centrale della rappresentanza militare;
dalle dichiarazioni rese dal brigadiere Antonio Tarallo, membro dell'associazione e delegato del Cocer carabinieri, in occasione dell'intervista riportata nel citato articolo, appare evidente che l'amministrazione militare sia stata responsabile dell'affidamento del servizio in questione senza aver svolto alcuna gara di appalto -:
se vi sia stata una specifica procedura di gara in relazione all'affidamento del servizio di cui all'atto datato 28 febbraio 2012 a firma del comandante del reparto comando della legione carabinieri «Lazio»; in caso contrario, quali siano le motivazioni del diverso affidamento del servizio in argomento;
quando sia stata effettuata la gara, e in quale forma, per l'affidamento della gestione dei distributori automatici di bevande calde e fredde e snack per le caserme citate dove era affidataria l'associazione carabinieri in servizio «Podgora» e se al momento dell'affidamento del servizio la predetta associazione fosse in possesso dei requisiti di legge previsti per l'attività di commercio e distribuzione di alimenti;
quali siano gli enti, reparti, comandi dove attualmente sono installati distributori automatici affidati alla gestione dell'associazione Podgora, quando siano state svolte le relative gare e quali siano state le ditte partecipanti e le relative offerte;
quali immediate azioni intenda avviare in merito a quanto in premessa per tutelare l'Arma dei carabinieri da ulteriori e possibili coinvolgimenti in questioni che ne ledono il prestigio e l'onore.
(4-15191)

...

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
il comma 21 dell'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica (Gazzetta Ufficiale del 30 luglio 2010, n. 176), prevede che i meccanismi di adeguamento retributivo per il personale non contrattualizzato come previsti dall'articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, non si applicano per gli anni 2011, 2012 e 2013 e non danno comunque luogo a successivi recuperi. Per le categorie di personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, che fruiscono di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi, gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti, e le progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici;
in data 9 giugno 2011, in risposta all'interpellanza urgente al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 2-01113, il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali pro tempore Luca Bellotti ha chiarito, a nome del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che passaggi da ricercatore o professore associato non confermati a confermati e da professore straordinario ad ordinario devono essere intesi non come avanzamento di carriera ma, più correttamente, come atti di conferma del suddetto personale nel ruolo già acquisito

e che, non trattandosi peraltro di adeguamenti stipendiali automatici, non trova applicazione, alle suddette conferme in ruolo, la disposizione di cui all'articolo 9, comma 21, del decreto-legge n. 78 del 2010 con conseguente efficacia delle stesse sia ai fini giuridici sia ai fini economici con attribuzione del relativo adeguamento stipendiale;
in data 15 settembre 2011, in risposta all'interpellanza urgente 2-01186 indirizzata sia al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca sia al Ministro dell'economia e dello finanze, il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca pro tempore Giuseppe Pizza ha ribadito, a nome di entrambi i Ministeri, la non applicabilità della citata disposizione alle progressioni economiche dovute ai ricercatori universitari e ai professori associati che ottengono la conferma nel corso degli anni 2011, 2012 e 2013, ed ai professori straordinari che divengono ordinari nel corso dello stesso periodo, perché tali passaggi devono essere intesi non come avanzamento di carriera ma come atti di conferma nei ruolo già acquisito;
in data 1o dicembre 2011, in risposta all'interpellanza urgente 2-01263, indirizzata nuovamente sia al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca sia ai Ministro dell'economia e delle finanze, il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca Marco Rossi Doria ha confermato le soluzioni precedentemente fornite. Ha ribadito, in particolare, come la conferma del personale docente e ricercatore universitario nel ruolo di appartenenza e la corresponsione dei miglioramenti economici relativi alla ricostruzione di carriera, al sensi e per gli effetti degli articoli 6, 23, 31 e 103 del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980, non risultano fattispecie assoggettate ai meccanismi di contenimento della spesa di cui all'articolo 9, comma 21, dei decreto-legge n. 78 del 2010. Il Sottosegretario ha infatti affermato che il giudizio di conferma non costituisca un meccanismo di progressione automatica dello stipendio né di una progressione di carriera, quanto, piuttosto, una conferma nel ruolo di appartenenza. In ragione della predetta conferma, a quanto riferisca il Sottosegretario, l'interessato può chiedere il riconoscimento, sia ai fini della carriera, che ai fini retributivi e previdenziali, dei pregressi servizi prestati ai sensi dell'articolo 103 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382. Tale riconoscimento, infatti, per un verso è condizionato al superamento del predetto giudizio di conferma, per altro verso è subordinato alla presentazione di apposita istanza (e non integra pertanto un meccanismo di «automatico» riconoscimento dei servizi prestati), per altro verso ancora i servizi da considerare ai fini dei provvedimenti di ricostruzione della carriera disposti nel periodo 2011/2013 sono relativi a periodi di servizio antecedenti al triennio di conferma e perciò precedenti al gennaio 2011;
nonostante la chiarezza delle risposte fornite dai Ministri interpellati agli atti di sindacato ispettivo sopra citati, e nonostante anche l'associazione del dirigenti amministrativi delle università (CODAU) abbia recepito l'orientamento espresso in risposta alle interpellanze, alcuni atenei continuano e dichiararsi «in attesa di un documento ufficiale» da parte dei Ministeri interessati, e in particolare dal Ministero dell'economia e delle finanze, e a negare gli effetti economici dei passaggi da ricercatore o professore associato non confermati a confermati e da professore straordinario ad ordinario;
diversi ricercatori e docenti interessati riferiscono che tra le altre l'università degli studi di Milano, l'università degli studi di Milano-Bicocca, l'università degli studi di Bari e l'università di Bologna non procedono agli adeguamenti stipendiali in attesa di un parere dall'IGOP (Ispettorato generale per gli ordinamenti del personale e l'analisi dei costi del lavoro pubblico), incardinato presso la ragioneria generale dello Stato;

l'università degli studi di Salerno, che aveva sottoposto tale quesito all'IGOP nel mese di luglio 2011, non avendo ricevuto alcuna risposta sta emanando decreti di conferma ai fini esclusivamente giuridici. Stesso orientamento restrittivo si è affermato presso la seconda università degli studi di Napoli, i cui decreti di conferma, pur riportando le risposte fornite dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca alle interpellanze urgenti di cui sopra, le contraddicono apertamente e recitano: «... le posizioni di altre Amministrazioni non sono vincolanti, non essendo, tra l'altro, supportate da alcuna disamina giuridica tanto più che, invece, la conferma non costituisce un evento straordinario della dinamica retributiva, bensì la normalità del percorso professionale del personale docente e ricercatore; da un punto di vista sostanziale, la conferma nel ruolo nel pubblico impiego comporta la retrodatazione della conferma stessa alla data di assunzione in servizio del dipendente, con conseguente mantenimento della retribuzione in godimento a quella data; viceversa, la conferma nel ruolo del personale (docente e) ricercatore a seguito di valutazione dello stesso comporta l'immissione in una nuova qualifica - ricercatore confermato - a decorrere dal giorno successivo al compimento del triennio, nonché l'attribuzione continuativa di una retribuzione maggiorata prevista da una nuova tabella stipendiale; ritenuto, pertanto, di considerare la conferma nel ruolo una progressione di carriera rientrante nella previsione di cui all'articolo 9 comma 21 della legge 122/10, e dunque di dover procedere a decorrere dal 2 maggio 2011, alla conferma ai soli fini giuridici nel ruolo»;
secondo le medesime fonti, sarebbe stato preparato un parere dall'Ispettorato generale per gli ordinamenti del personale e l'analisi dei costi del lavoro pubblico che fornisce indicazioni agli atenei nel senso espresso dal Governo in risposta alle interpellanze, ma esso non è stato diffuso perché in attesa dell'approvazione da parte dell'ufficio legislativo del Ministero dell'economia e delle finanze;
i vertici amministrativi del servizio IGOP, interpellati direttamente, hanno fornito nel corso del tempo risposte mutevoli ed elusive: in precedenza aveva convenuto con quanto dichiarato dal Governo in Parlamento ma da ultimo, a nove mesi dalla prima interpellanza parlamentare sulla questione, pochi giorni orsono, in data successiva alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto del Presidente della Repubblica n. 232 del 2011 citato, ha affermato che la struttura da lei diretta e l'ufficio legislativo del Ministero dell'economia e delle finanze stanno ancora analizzando il problema;
il decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 2011, n. 232, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 9 febbraio 2012, recante «Regolamento per la disciplina del trattamento economico dei professori e dei ricercatori universitari, a norma dell'articolo 8, commi 1 e 3 della legge 30 dicembre 2010, n. 240», all'articolo 2, commi 4 e 5, esplicitamente prevede che: «4. I professori di prima e di seconda fascia e i ricercatori di cui all'articolo 1, comma 2, lettere a) e b), che alla data di entrata in vigore della legge non hanno ancora effettuato ovvero completato il periodo di straordinariato o di conferma ai sensi degli articoli 6, 23 e 31 del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980, alla scadenza del predetto periodo accedono rispettivamente alle procedure preordinate alla nomina a professore ordinario o alla conferma nel ruolo degli associati o dei ricercatori e, in caso di esito positivo delle stesse, sono inquadrati nella classe della progressione biennale spettante ai sensi degli articoli 36, 38 e 39 del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980, tenendo conto della ricostruzione di carriera eventualmente richiesta ai sensi dell'articolo 103 del medesimo decreto n. 382 del 1980. 5. La trasformazione della progressione biennale in progressione triennale del personale di

cui al comma 4 avviene al momento in cui viene maturato il primo passaggio nella classe o scatto successivi a quelli di inquadramento ai sensi del medesimo comma 4, fermo restando quanto previsto dall'articolo 9, comma 21, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. L'inquadramento nel nuovo regime avviene con le modalità di cui al comma 2. Per l'attribuzione delle classi stipendiali successive si applica quanto previsto al comma 3». Dunque, mentre il comma 4 chiarisce senza dubbio che la ricostruzione della carriera e il riconoscimento stipendiale sono in ogni caso dovuti al momento della conferma, il comma 5, richiama, come in altri numerosi commi del medesimo decreto del Presidente della Repubblica, le norme sul blocco stipendiale dettate «dall'articolo 9, comma 21, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122» con riferimento al primo passaggio alla classe stipendiale successiva, norme che invece non sono richiamate nel comma 4 a significare quale sia la sola univoca possibile lettura del comma stesso -:
se non ritenga di ribadire in maniera definitiva il suo orientamento sulla questione e di sollecitare al tempo stesso la rapida emanazione di un parere da parte dell'Ispettorato generale per gli ordinamenti del personale e l'analisi dei costi del lavoro pubblico, che, semplicemente, lo recepisca, onde evitare l'ulteriore protrarsi di una situazione paradossale che vede alcune università adottare orientamenti manifestamente contrari a quelli espressi ripetutamente dal Governo in Parlamento, ed ora anche incorporati in un atto normativo, evitando altresì che tali comportamenti possano trovare una giustificazione nella «attiva inerzia» degli apparati amministrativi che rispondono al Ministro interpellato.
(2-01392)
«Vassallo, Ghizzoni, Madia, Ciriello, Coscia, Strizzolo, Berretta, Motta, De Torre, Bachelet, Siragusa, Vaccaro, De Micheli, Sbrollini, Tocci, Pes, Benamati, Rossa, Merloni, Servodio, Gozi, Gnecchi, Fontanelli, Andrea Orlando, Melis, Laratta, Bobba, Sani, Levi, Melandri, Arturo Mario Luigi Parisi».

Interrogazioni a risposta scritta:

BERSANI, VENTURA, MISIANI, SERENI, BARETTA, DUILIO, NANNICINI, MARCHI, CAUSI, FLUVI e ALBINI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con l'articolo 37, comma 8, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, in attesa dell'introduzione della normativa sulla fatturazione informatica, fu previsto l'obbligo di presentazione telematica degli elenchi annuali dei clienti verso i quali era stata emessa fattura e dei fornitori titolari di partita IVA;
tale obbligo è stato operante per gli anni 2006 e 2007, essendo stato eliminato con l'articolo 33, comma 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112;
con l'articolo 21 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, è stato previsto l'obbligo di comunicare telematicamente all'Agenzia delle entrate tutte le singole operazioni rilevanti ai fini dell'IVA di importo non inferiore a tremila euro (tremila e seicento euro quando non ricorre l'obbligo di emissione della fattura), soglia questa tale da escludere dalla comunicazione gran parte delle operazioni commerciali che avvengono annualmente nel nostro Paese;
peraltro, per l'anno 2010 tale obbligo è stato in gran parte disapplicato dall'Agenzia delle entrate, che ha fissato la soglia a venticinquemila euro ed ha escluso dalla comunicazione le operazioni non soggette all'obbligo di fatturazione;
come segnalato da più parti, l'obbligo previsto dal citato articolo 21 del decreto-legge n. 78 del 2010 crea notevoli difficoltà

di adempimento agli operatori economici, sembra essere scarsamente efficace per il contrasto dell'evasione, favorendo in molti casi accordi per aggirare la disposizione, e rischia addirittura di scoraggiare i consumi finali interni di importo superiore alla soglia stabilita per la comunicazione dell'operazione -:
quale utilizzazione sia stata fatta da parte dell'Agenzia delle entrate e della Guardia di finanza dei dati contenuti negli elenchi clienti e fornitori pervenuti per gli anni 2006 e 2007, se siano stati fatti incroci per individuare le evasioni fiscali e quali risultati siano stati eventualmente conseguiti;
quale effetto sugli imponibili dichiarati e sui tributi spontaneamente versati abbia prodotto la presentazione degli elenchi clienti e fornitori negli anni 2006 e 2007, anche in rapporto all'andamento dell'evasione negli anni precedenti e successivi;
quale rilevanza abbia la comunicazione dei dati relativi ai rapporti con i clienti e fornitori ai fini della corretta applicazione degli studi di settore, considerato che, dopo l'eliminazione dell'obbligo degli elenchi, l'effetto degli studi sembra essersi notevolmente indebolito anche a causa della facile occultabilità di una parte degli acquisti di beni e servizi;
quali altre forme di incrocio delle informazioni rilevanti ai fini fiscali siano attualmente adottate dall'Amministrazione finanziaria, oltre a quella che riguarda i redditi soggetti a ritenuta d'acconto, e quali risultati tali incroci abbiano prodotto in termini di emersione spontanea degli imponibili e di recupero dell'evasione;
se gli incroci effettuati sulla base dell'elenco clienti e fornitori abbiano fornito risultati unitari di ammontare più elevato degli altri incroci;
per quali motivi il Governo non abbia assunto iniziative volte a prevedere la reintroduzione dell'elenco.
(4-15171)

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il Tax research London ha svelato che l'economia sommersa in Italia nel 2009 è stata pari a 418,23 miliardi. Quasi un terzo delle entrate totali scompare nel nulla. Dopo di noi vengono Germania e Francia, fanno meglio di noi Spagna e Gran Bretagna;
il risultato della ricerca svela una realtà ancora più grave di quanto finora si ipotizzava, poiché la nostra evasione fiscale è posizionata oltre la soglia dei 180 miliardi di euro;
in Italia nel 2009 il valore dell'economia sommersa è stata pari a 418,23 miliardi, per un'evasione fiscale stimata in 180,257 miliardi, quasi un terzo delle entrate totali. È quanto si desume, come detto, dai dati raccolti da «Tax research London» per il gruppo parlamentare S&D (Progressive Alliance of Socialists & Democrats);
data l'entità delle cifre non c'è da stupirsi se l'Italia è considerata la maglia nera nell'Unione europea per l'economia sommersa e quindi anche per l'evasione fiscale. Nell'Unione europea a 27, sempre secondo lo studio inglese l'evasione complessiva ammonta a circa mille miliardi l'anno;
in prospettiva comparata, alle spalle dell'Italia, si sono piazzate Germania e Francia. L'economia tedesca in nero vale poco meno di 400 miliardi di euro, facendo perdere al fisco tedesco oltre il 16 per cento delle entrate totali, per un totale di 158 miliardi. In Francia, il sommerso sfiora invece i 290 miliardi, generando un'evasione fiscale pari a 120,61 miliardi (il 15 per cento del gettito fiscale complessivo);

un maggior rispetto dello stato di diritto pare vigere in Spagna e Gran Bretagna. In questi casi il fenomeno del sommerso appare più contenuto. In Spagna si conteggiano 239 miliardi in nero e 72 evasi, in Gran Bretagna il nero vale invece 212 miliardi e l'evasione ammonta a 74 miliardi;
le posizioni in questa triste ed illegale classifica, però, cambiano se si considera il rapporto tra mancato gettito e incassi complessivi del fisco. L'Italia, maglia nera in termini assoluti, viene in questo caso superata da ben nove Paesi con economie che per dimensioni e struttura non possono certo essere paragonate a quella della Penisola. Il 27 per cento italiano, infatti, viene superato dal primato negativo dalla Bulgaria con il 35,3 per cento, seguito da Romania (32,6), Lituania (32), Estonia (31,2), Lettonia (29,2), Cipro (28), Grecia (27,5), Malta e Polonia (27,2);
l'Italia torna nei posti di vertice della classifica se si considera invece il rapporto tra ammontare dell'evasione causata dall'economia sommersa e la spesa per l'assistenza sanitaria. Su questo fronte il 228,2 per cento fatto registrare dall'Italia è superato solo dal 260,5 dell'Estonia -:
se i fatti corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva quali ulteriori interventi strutturali intenda adottare per impedire che alcuni o molti disonesti si sottraggano al proprio dovere civico e al rispetto delle leggi in un momento di grave crisi economica e morale, mentre sono tanti i disagi arrecati a pensionati e lavoratori dipendenti e persino ai tanti lavoratori senza possibilità di contrarre rapporti di lavoro connotati da una stabilità contrattuale - garantita nel nostro sistema giuridico solo a parte dei lavoratori dipendenti -, possano continuare a sostenere il Governo nella meritoria opera di riforma e salvataggio dell'Italia senza sentirsi offesi, umiliati scoraggiati da evasori che non rispettano le regole fondanti della pacifica e civile convivenza.
(4-15183)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato sul sito http://sulatestagiannilannes.blogspot.com si apprende che società finanziarie - nel caso in questione viene indicata la Agos Ducato - offrono carte di credito «revolying» rispetto alle quali vi sono titolari che lamentano tassi da usura;
in particolare, viene riferito il caso di una persona che ebbe ad usufruire nel mese di luglio 2007 della somma di euro 4 mila a mezzo prelievo Mastercard e dall'agosto 2007 sino all'agosto 2011 ha puntualmente versato la somma di euro 135 mensili, corrispondendo la somma di euro 6.480, salvo poi apprendere che avrebbe dovuto versare ancora la somma di euro 3.702,71;
in un altro caso, una signora usufruì, invece, di 3.500 euro con prelievo Mastercard e dal settembre 2008 all'agosto 2011 ha puntualmente versato la somma di euro 155 mensili, corrispondendo ben 5.580 euro, ma gli incaricati dell'Agos Ducato pretendono ancora una notevole quantità di denaro;
le carte revolving spesso sono proposte per facilitare l'acquisto di una merce con «comode rate»;
secondo l'Adiconsum si tratta però di «una proposta insidiosa poiché nasconde interessi rilevanti di circa il 20-30 per cento cui ci si accorge, ad esempio, nel caso in cui si paga in ritardo una rata. A quel punto, infatti, scatta un meccanismo di ricalcolo degli interessi che porta in molti casi all'applicazione di tassi usurari». Le associazioni a difesa di consumatori e cittadini hanno sempre sconsigliato l'uso delle carte revolving sia per gli elevati interessi applicati che per la non trasparenza del contratto. Adiconsum invita

i consumatori a «verificare i tassi applicati sulla propria carta e in caso di tassi usurari a chiedere il rimborso alla propria banca o alla società emittente e a presentare ricorso all'Arbitro Bancario Finanziario presso la Banca d'Italia» -:
di quale elementi disponga in relazione a quanto riferito in premessa;
di quali informazioni disponga il Governo in merito alle dimensioni del fenomeno e se e quali azioni si intendano promuovere per contrastarlo e tutelare i consumatori.
(4-15194)

...

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

PALADINI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel 2001 il Governo, per ridurre il sovraffollamento nelle carceri, decise di potenziare l'applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari attraverso l'impiego di braccialetti elettronici;
il contratto stipulato con la Telecom Italia s.p.a. per la fornitura in esclusiva dei previsti braccialetti e di tutti i congegni necessari al relativo controllo risulterebbe prevedere una spesa di 11 milioni di euro all'anno regolarmente erogati, per una durata minima di 10 anni;
per i dubbi congiunti al loro funzionamento il numero di braccialetti utilizzati dal 2001 al 2011 sarebbe stato di poche unità all'anno, e per tale ragione ciascun braccialetto avrebbe avuto un costo di circa un milione di euro all'anno;
all'interrogante pare sia avvenuto uno spreco di denaro pubblico enorme, in un settore come quello della giustizia che è privo delle risorse essenziali;
in linea con i princìpi previsti dalla nostra Carta costituzionale sono da privilegiare servizi importanti quali la rieducazione, le condizioni igienico-sanitarie, e la reale informatizzazione degli uffici -:
se il Ministro, per quanto di competenza, non ritenga di intervenire analizzando le criticità connesse ai costi fino ad oggi sostenuti a fronte dello scarso utilizzo dei braccialetti;
se non ritenga utile considerare la possibilità di affidare la gestione diretta dei suddetti braccialetti alla polizia penitenziaria.
(4-15175)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa AGI dello scorso 27 febbraio, un detenuto extracomunitario avrebbe tentato di togliersi la vita nel carcere di contrada Cavadonna a Siracusa. Il fatto sarebbe avvenuto alle 2.30 del mattino in una sezione protetta del penitenziario;
stando alle prime ricostruzioni, l'immigrato si sarebbe arrotolato la cintura dell'accappatoio al collo, l'avrebbe quindi legata a una finestra della sua cella tentando di impiccarsi. L'uomo per fortuna è stato subito soccorso dall'agente di custodia e quindi rianimato dal personale medico in servizio nel carcere;
sulla vicenda il vice segretario nazionale dell'Osapp, Mimmo Nicotra, ha rilasciato la seguente dichiarazione: «Ancora una volta la professionalità della polizia penitenziaria ha evitato il peggio. Il mese scorso a Siracusa i detenuti ad alta sicurezza hanno protestato anche per il freddo, i termosifoni sono spenti a causa assenza di risorse. Nonostante la grave carenza di personale di polizia penitenziaria, un agente si occupa di più posti di servizio, continuiamo a fornire sicurezza ai cittadini» -:
quali misure di sorveglianza siano state disposte nei confronti dell'uomo dopo il tentato suicidio;

quante siano le unità dell'équipe psico-pedagogica e se e come coprano le esigenze dei detenuti del carcere di Siracusa;
se intenda provvedere all'ampliamento del numero degli agenti di polizia penitenziaria addetti all'istituto di pena in questione;
quali siano le condizioni umane e sociali del carcere in questione e quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di rendere le condizioni di detenzione delle persone ivi recluse conformi al dettato costituzionale e alle norme dell'ordinamento penitenziario.
(4-15181)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto pubblicato sul quotidiano La Sicilia dello scorso primo marzo, la segreteria generale del Cnpp (Coordinamento nazionale polizia penitenziaria) avrebbe denunciato alla procura della Repubblica di Siracusa le gravi carenze che affliggono la casa di reclusione di Augusta (Siracusa);
attraverso l'esposto si chiede l'immediata soluzione delle varie problematiche di cui soffre il penitenziario siciliano, a partire dalle carenze strutturali ed igienico-sanitarie, dovute al cedimento delle inferriate esterne, allo scoppio e cedimento della canna fumaria del gruppo elettrogeno, nonché alla presenza serbatoi di gas inutilizzati di impianti elettrici non a norma;
nell'esposto vengono inoltre denunciate l'inagibilità del camminamento lungo il muro di cinta, l'anello antincendio non funzionante, le pareti scrostate, i sanitari malridotti, le docce fatiscenti, i riscaldamenti non funzionanti, le infiltrazioni d'acqua e la precarietà dei dispositivi elettrici delle celle -:
se quanto riportato in premessa corrisponda al vero;
quali provvedimenti urgenti intenda adottare, sollecitare e/o promuovere al fine di risolvere tutte le criticità strutturali che affliggono il carcere di Augusta così come denunciate dalla segreteria del coordinamento nazionale polizia penitenziaria.
(4-15186)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 18 febbraio 2012 la prima firmataria del seguente atto di sindacato ispettivo ha visitato il carcere Montacuto di Ancona accompagnata da Marco Pannella, Irene Testa, Stefano Pagliarini, Matteo Mainardi, Mauro Paolinelli;
alla visita ha presenziato la direttrice dottoressa Santa Lebborani;
i detenuti presenti sono 381, ristretti nei 172 posti regolamentari; il 50 per cento sono stranieri, prevalentemente magrebini; i detenuti lavoranti alle dipendenze dell'amministrazione sono solo 35: pertanto la percentuale dei detenuti «occupati» non arriva nemmeno al 10 per cento, i tossicodipendenti e i casi psichiatrici sono moltissimi; 24 detenuti sono in trattamento metadonico; 101 ristretti sono in attesa del primo giudizio;
nell'istituto penitenziario di Ancona convivono due realtà, quella della casa circondariale e quella della casa di reclusione che ospita 70 detenuti fra i quali anche qualche ergastolano non definitivo; le sezioni sono 4: quella dei detenuti comuni, due sezioni «alta Sicurezza» e una sezione-filtro per i detenuti promiscui/protetti; le celle di isolamento sono 4;
gli agenti di polizia penitenziaria effettivamente in servizio sono 120 (compreso il nucleo traduzioni) a fronte di una pianta organica che ne prevedrebbe 170;
quanto al «trattamento», i detenuti trascorrono in cella 18 ore al giorno; circa 150 frequentano le scuole elementari, medie

e superiori e i corsi di Yoga e radiofonia; l'accesso alle docce è previsto a giorni alterni;
nell'istituto operano uno psichiatra per 4/5 volte alla settimana, uno psicologo di ruolo per 6 ore giornaliere e una psicologa di supporto; i detenuti nuovi giunti effettuano il colloquio con la psicologa solo se segnalati come casi gravi, altrimenti si incontrano solo con l'educatore; gli educatori affettivamente in servizio sono in tutto 4, compreso il responsabile di area perché uno è stato distaccato nel carcere di Bari e uno ha vinto il concorso da commissario; il volontariato in istituto è scarso; solo la Caritas è presente;
la maggior parte delle celle, predisposte per un detenuto, ne ospitano in realtà tre; pertanto la delegazione ha visto letti a castello a tre piani e raccolto testimonianze secondo le quali due detenuti nel giorno della visita o poco prima avevano riportato contusioni agli arti e alla testa dovute alle cadute dalla branda posta più in alto;
la delegazione ha avuto modo di vedere un giovane detenuto con problemi psichiatrici rinchiuso da solo in una indecente cella liscia con gravissime carenze igieniche, pareti sporche e scrostate, porte arrugginite, bagno sporco con, al posto del wc, il vecchio bugliolo;
nella sezione-filtro, i detenuti lamentano il divieto, confermato dalla direttrice, di poter utilizzare il PC per studiare, oltre che la possibilità di accedere alla biblioteca; in particolare C.B. afferma che a Verona si era iscritto a giurisprudenza e che il fatto di non poter disporre di un computer gli crea non poche difficoltà di studio; in questa sezione non è prevista la possibilità di frequentare le scuole e le ore che si passano in cella sono in realtà 20, perché per il sovraffollamento non ci sono spazi per fare le due ore previste di socialità; un ragazzo ventenne fa colloqui solo una volta al mese con i genitori che sono di Pesaro; il magistrato di sorveglianza - affermano i detenuti - viene per effettuare i colloqui individuali, ma non visita le celle di detenzione;
nella cella n. 93 manca il vetro in bagno (da notare che la visita ispettiva è stata effettuata subito dopo i giorni delle grandi nevicate che hanno colpito l'Italia e, in particolare, le Marche); «stiamo chiusi tutto il giorno» afferma un detenuto cardiopatico; «se uno chiama, rischia di morire perché nessuno ti sente»; poiché non fa colloqui, si lamenta del fatto di non poter effettuare le 2 telefonate al mese su cellulare previste dal regolamento in assenza di incontri con i familiari; nella cella non ci sono prese elettriche per l'eventuale uso del computer per motivi di studio o di lavoro;
gran parte dei detenuti stranieri lamenta di non poter telefonare ai familiari per mancanza di soldi o per problemi burocratici dovuti alla compilazione delle richieste che arrivano incomplete al magistrato di sorveglianza cui spetta il rilascio delle autorizzazioni; nell'istituto manca la figura del mediatore culturale;
sezione 1a; Cella 101: B.J. C.M. un detenuto portoghese, detenuto dal 29 settembre 2011, piange in presenza della delegazione per la mancanza di contatti con la sua compagna e la figlia che stanno in Spagna e con la madre che si trova in Portogallo; dice che non riesce nemmeno a parlare con il consolato, ma il problema viene risolto seduta stante dalla direttrice; un detenuto americano di colore conosce solo l'inglese e chiede di poter lavorare «non ho nessuno in Italia» dice, «quando uscirò sarò un homeless»; il terzo detenuto della cella 101 è affetto da celiachia e si lamenta del fatto che la moglie non può portargli la pasta per celiaci perché non gliela fanno passare (anche in questo caso la direttrice risolve il problema seduta stante: la pasta potrà essere inserita nel pacco); nella cella 123, la delegazione incontra A.D.S. i cui familiari vivono a Sant'Eramo in Colle in provincia di Bari e non possono venire a trovarlo; da un anno non vede i tre figli, uno dei quali minore;

da tre mesi ha avanzato un'istanza al DAP per essere avvicinato alla famiglia indicando gli istituti di Matera, Turi, Trani o Bari, ma non ha ancora ricevuto risposta; A.D.S., privo di denti, ha fatto una richiesta il 14 novembre 2011 per ricevere una protesi senza la quale ha grosse difficoltà a mangiare, ma non ha ricevuto risposta, «qui è un lager» dice, ma «gli psicofarmaci sono abbondanti» e «per le emergenze notturne non c'è il medico»; nella cella 122 ci sono due rumeni e un bosniaco, il quale racconta di non fare colloqui perché i suoi 5 figli stanno a Roma; uno dei due rumeni è da 4 mesi nel carcere di Ancona e dice che non riesce a fare i colloqui con la sua compagna di Jesi nonostante abbia presentato l'atto di convivenza del comune; nella cella 106 un detenuto greco è senza lenzuola e cuscino e non c'è il sapone per lavarsi e per pulire la cella; nella cella 110 ci sono tre macedoni uno dei quali afferma di essere dimagrito 12 chilogrammi in otto mesi; un altro dice di aver fatto il 13 dicembre 2011 domanda per scontare gli ultimi mesi ai domiciliari secondo la legge n. 199 del 2010, ma di non aver ricevuto risposta; nella cella 117 ci sono un kosovaro, un bulgaro e un albanese; raccontano che il cibo del carcere è immangiabile e che ogni mese mettono assieme 50 euro per fare la spesa allo spaccio interno e in questo modo riescono a tirare avanti; nella cella 115 ci sono due rumeni e un egiziano; uno dei due rumeni dice «non posso fare colloqui, non possiedo niente; ho chiesto di lavorare, ma niente; non ho nemmeno una casa per andare ai domiciliari... gli avvocati d'ufficio non fanno niente»; nella cella 114 la delegazione incontra un detenuto egiziano: diabetico, dice di avere un dolore fortissimo alla testa e agli occhi, ma di non essere curato; è anche senza denti, quattro glieli hanno tirati via proprio nel carcere di Ancona; gliene sono rimasti tre e desidera tanto una dentiera per poter mangiare;
la delegazione visita i locali delle docce veramente fatiscenti; la direttrice afferma che l'ingegnere ha assicurato che «il soffitto non dovrebbe crollare» e che è in via di approvazione un progetto per il rifacimento delle docce del valore di 1.700.000 euro;
il detenuto N.G. che la delegazione incontra nella saletta dei nuovi giunti perché ha chiesto di parlare con il comandante, racconta di essere caduto dal letto a castello e che il 4 gennaio 2011 ha tentato di impiccarsi perché è un anno che non lavora e per protesta contro la terza branda; è pieno di lividi, zoppicante e chiede le stampelle;
L.G. ha fatto richiesta di trasferimento a Palermo (dove peraltro è stato per due anni all'Ucciardone) per avvicinamento colloqui in quanto non vede i famigliari da 14 mesi; simile è la situazione di E.R. che ha avanzato istanza per essere avvicinato ai suoi famigliari di Palermo;
V.L. ergastolano definitivo vive in cella con un altro detenuto in alta sicurezza; a metà dello scorso anno ha presentato istanza per poter fare gli studi universitari presso il carcere di Rebibbia, ma non ha ricevuto risposta; anche A.C. ha presentato istanza per la facoltà di economia e commercio grazie ad un trasferimento o ad Opera o a Rebibbia: anche lui è rimasto senza risposta;
i commi 1 e 2 dell'articolo 69 della legge 26 luglio 1975, n. 354 stabiliscono che «Il magistrato di sorveglianza vigila sulla organizzazione degli istituti di prevenzione e di pena e prospetta al Ministro le esigenze dei vari servizi, con particolare riguardo alla attuazione del trattamento rieducativo. Esercita, altresì, la vigilanza diretta ad assicurare che l'esecuzione della custodia degli imputati sia attuata in conformità delle leggi e dei regolamenti»;
il 1o comma dell'articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 30 giugno 2000 prevede altresì che «Il magistrato di sorveglianza» visita «con frequenza i locali dove si trovano i detenuti e gli internati, agevolando anche in tal modo la possibilità che questi si rivolgano individualmente ad essi per i

necessari colloqui ovvero per presentare eventuali istanze o reclami orali (...)»;
il comma 4 dell'articolo 19 della legge n. 354 del 1975 (ordinamento penitenziario) stabilisce che «è agevolato il compimento degli studi dei corsi universitari ed equiparati ed è favorita la frequenza a corsi scolastici per corrispondenza, per radio e per televisione» -:
se sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e se intenda intervenire per ridurre, fino a portarla a quella regolamentare, la popolazione detenuta nel carcere Montacuto di Ancona;
se e quali iniziative di competenza intenda assumere per colmare il deficit di organico della polizia penitenziaria, degli psicologi e degli educatori;
se e quali iniziative di competenza si intendano assumere affinché sia assicurata un'adeguata assistenza sanitaria ai detenuti e l'assoluto rispetto dei livelli essenziali di assistenza;
se nelle relazioni semestrali della competente ASL siano state segnalate le evidenti scadenti condizioni igienico-sanitarie delle celle e, in particolare, delle docce;
se intenda incrementare i fondi relativi alle mercedi per il lavoro dei detenuti, quelli riguardanti i sussidi per i più indigenti, quelli per le attività trattamentali e, infine, quelli da destinare alla pulizia dell'istituto e, in particolare, delle celle;
in che modo intenda intervenire in merito ai casi singoli segnalati in premessa;
cosa intenda fare, affinché sia rispettato il principio della territorializzazione della pena;
se abbia mai valutato o intenda valutare la possibilità di utilizzare tecnologie tipo Skype per ridurre il costo delle telefonate effettuate dai detenuti ai loro congiunti;
quali iniziative di propria competenza intenda assumere in relazione alle criticità rappresentate in premessa con riferimento al ruolo della magistratura di sorveglianza;
se il magistrato di sorveglianza abbia prospettato al Ministro le esigenze dei vari servizi del carcere di Ancona, con particolare riguardo alla attuazione del trattamento rieducativo;
cosa intenda fare per agevolare il compimento degli studi universitari dei due detenuti citati in premessa;
quali provvedimenti di competenza ritenga opportuno adottare al fine di modificare radicalmente le condizioni della vita penitenziaria nel carcere di Ancona, così da garantire finalmente il rispetto dei diritti alla dignità, alla salute, allo studio, alla tutela dei rapporti familiari dei detenuti e di quanto prescritto dall'articolo 27 della Costituzione riguardo alle finalità rieducative della pena.
(4-15188)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sul sito di Ristretti Orizzonti del 1° marzo 2012, è apparso il seguente appello lanciato da Maria Grazia Caligaris, presidente dell'associazione «Socialismo Diritti Riforme»: «È urgente il trasferimento dal carcere di Nuoro di Biagio Campailla, 42 anni. Lo conferma la recente diagnosi del neurochirurgo dell'Ospedale San Francesco dott. Carlo Piu che ha suggerito un esame più approfondito nel Centro di Neurochirurgia di Rovigo per un possibile intervento chirurgico. Lo specialista, dirigente medico dell'Unità Operativa di Neurochirurgia del San Francesco, evidenzia la presenza di un'ipostenia dell'arto superiore sinistro. In sostanza il detenuto rischia, oltre che dolori insopportabili, una paralisi del braccio corrispondente. Insomma ancora una volta i certificati medici non lasciano spazio a soluzioni alternative. In Sardegna infatti come sottolinea

il dott. Piu non si esegue tale intervento. Le condizioni di salute del detenuto, peraltro diabetico, insulino dipendente, si sono progressivamente aggravate negli ultimi mesi divenendo sempre più pericolose per il mantenimento della funzionalità del braccio sinistro. Sulle condizioni di salute si era espresso nei mesi precedenti anche Georges Mansour, che ha redatto uno specifico certificato dopo i risultati di una risonanza magnetica della colonna cervicale, con cui sottolineava "un rischio di paresi e di parestesia per la presenza di un'ernia discale"»;
le vicissitudini sanitarie del detenuto Biagio Campailla sono iniziate nel mese di agosto del 2011, allorquando la madre dell'uomo si rivolse all'associazione «Socialismo Diritti e Riforme» esprimendo vive preoccupazioni per la salute del figlio trasferito inopinatamente a Nuoro. La donna, anziana, ma soprattutto in precarie condizioni di salute, abita in Belgio. Ha quindi ripetutamente chiesto che venga accettata la domanda di trasferimento del figlio per poter effettuare i colloqui in un istituto più facilmente raggiungibile nel territorio nazionale essendo la sede di Nuoro eccezionalmente distante da dove lei risiede;
della vicenda si è interessato anche il Consolato italiano in Belgio che ha preso contatti con le autorità italiane per verificare le reali condizioni di salute del signor Campailla sollecitando anche il suo trasferimento in una struttura detentiva belga;
secondo la recente sentenza della Corte di Cassazione n. 46479/11, «il diritto alla salute del detenuto va tutelato anche al di sopra delle esigenze di sicurezza sicché, in presenza di gravi patologie, si impone la sottoposizione del medesimo al regime degli arresti domiciliari o comunque il ricovero in idonee strutture» -:
se non si ritenga di intervenire presso il carcere di Nuoro affinché al detenuto in questione siano assicurate le condizioni minime per la cura e per la riabilitazione;
se sia fondata la notizia di una richiesta di trasferimento del detenuto avanzata dal consolato italiano in Belgio e quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato in ordine a detta richiesta.
(4-15200)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

LUPI, TOCCAFONDI, RENATO FARINA, PALMIERI, DI CATERINA, ROSSO e VELLA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
secondo notizie di stampa l'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie (Ansf) ha provveduto a compiere un sopralluogo ed acquisire elementi sull'ultimo incidente accaduto al treno veloce Frecciargento lungo la linea direttissima in prossimità di Chiusi (Siena), in relazione all'episodio verificatosi lunedì 27 febbraio 2012, nel quale un portellone dell'Eurostar partito da Roma alle 18,40 e diretto a Brescia, si è sganciato dalla penultima carrozza, e dopo essersi schiantato su quella di coda è finito sui binari;
il macchinista essendosi reso tempestivamente conto dell'accaduto ha dato l'allarme e i passeggeri sono stati trasferiti su un treno sostitutivo;
secondo gli ultimi dati resi noti dall'Agenzia per la sicurezza ferroviaria, nel corso del 2011 si sono verificate 120 «anormalità» a treni Eurostar, alcune delle quali hanno avuto come conseguenza anche piccoli incidenti -:
quali siano gli esiti dell'indagine condotta dall'Agenzia per la sicurezza delle ferrovie;
quali tempestive iniziative il Ministro intenda assumere, nell'ambito delle proprie competenze di vigilanza sul sistema ferroviario italiano per ricondurre la società

Ferrovie dello Stato italiane ad una più attenta e continua verifica della sicurezza dei convogli;
se l'incidentalità che si registra nel sistema ferroviario italiano sia in linea con quella che si verifica negli altri Paesi dell'Unione europea aventi una estensione della rete equiparabile a quella dell'Italia.
(5-06322)

PES. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la costruzione del nuovo carcere di Oristano è stata affidata nel dicembre 2005 alla società Intini costruzioni srl;
l'importo complessivo dei lavori per la realizzazione del complesso ammonta a circa 40 milioni di euro;
il nuovo carcere sarà in grado di ospitare una popolazione di circa 300 unità e permetterà di chiudere l'attuale casa circondariale di Oristano inadeguata e invivibile per i detenuti e per il personale ivi impiegato;
i lavori del nuovo edificio risultano terminati, ma per l'apertura manca ancora il collaudo;
il trasferimento del personale e dei detenuti era previsto per il mese di dicembre 2011;
da notizie di stampa (L'Unione Sarda, 29 febbraio 2012) si apprende che alcune ditte locali sono ancora in attesa di ricevere il pagamento per i lavori eseguiti per la realizzazione della nuova casa circondariale;
nella fattispecie, l'articolo di stampa sopracitato riporta che la ditta di movimento terra P.C. di Raimondo Corrias deve incassare 390 mila euro; l'officina di Nicola Cadeddu che si è occupata degli infissi, 60 mila; Flavio Usai che ha realizzato le opere in cartongesso circa 40 mila euro; la rivendite di materiali edili Tecnicom sas 105 mila euro; Tecnica commerciale termoidraulica 85 mila euro; la Cooperativa Sacro Cuore 1.460 euro, oltre ai quasi 7.500 euro per i detriti già smaltiti e la tassa sui rifiuti che ha anticipato per la Intini;
tali imprese hanno già anticipato la tassa sul valore aggiunto compresa nelle fatture e altre tasse;
il responsabile amministrativo della Intini sas nel mese di giugno 2011 aveva dichiarato, rispondendo a una ditta creditrice, che la società non aveva più liquidità, in quanto il Ministero non avrebbe erogato i fondi stanziati;
risulterebbe che le ditte creditrici si siano rivolte al Ministero, al provveditorato interregionale per le opere pubbliche, ricevendo l'assicurazione che si sarebbe provveduto al sollecito del saldo presso la Uniland, la società che si è occupata di affidare l'appalto alla Intini;
le ditte coinvolte, per mezzo della stampa, hanno intimato di legarsi ai cancelli del carcere, impedendone l'apertura, se non riceveranno le somme dovute -:
se siano a conoscenza di quanto riportato in premessa;
se non ritengano improcrastinabile intervenire per risolvere tale situazione e permettere che le ditte riscuotano quanto prima l'importo dovuto per le opere prestate;
quali iniziative intendano intraprendere per consentire in tempi rapidi il completamento della struttura e il relativo trasferimento dei detenuti e del personale in una struttura più adeguata e vivibile.
(5-06327)

META. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 1o marzo 2012 si è verificato l'ennesimo disservizio alla Ferrovia Roma-Lido, di proprietà della regione Lazio ma concessa in gestione ad Atac Spa, società di Roma capitale;

in particolare, stando a quanto riferito dall'Atac, un treno per la manutenzione si sarebbe ribaltato durante la notte bloccando di fatto la circolazione sulla linea ed impedendo al mattino il ripristino del normale servizio che viene svolto su due binari;
la ferrovia Roma-Lido costituisce di fatto l'unico collegamento di trasporto pubblico tra Ostia, il XIII Municipio ed il centro della Capitale, attraversando un bacino di circa 500.000 utenti che vivono nel quadrante a sud-est di Roma;
si tratta della prima ferrovia italiana ad essere costruita per servizi ferroviari metropolitani, per una lunghezza di 28 chilometri circa, ed è stata inaugurata nel 1924;
sulla base dei dati pubblicati da alcuni quotidiani risulta che solamente nel 2008 sono state registrate 985 corse saltate a causa di disservizi e problemi al materiale rotabile con gravissimo pregiudizio per una linea di trasporto su ferro che ha caratteristiche simili alle linee metropolitane per tipologia di servizio e frequenza di passaggio;
sempre nel 2011 i dati sulle corse cancellate sono ulteriormente peggiorati arrivando ad una media di 4 corse soppresse al giorno per un totale di 1.514 treni in meno nel periodo gennaio-agosto;
sulla tratta Roma-Lido dovrebbero essere utilizzati quotidianamente circa 12 convogli che però, a causa delle gravissime carenze nella manutenzione, scendono ad appena 4-7 treni al giorno;
ben sei treni dei dodici utilizzati sulla Ferrovia Roma-Lido hanno un'anzianità di servizio compresa tra i 40 e i 50 anni;
i disagi sono ormai una consuetudine per gli utenti della Ferrovia Roma-Lido che, guardando agli ultimi episodi resi noti dalle cronache, l'11 novembre 2011 sono stati abbandonati su di un treno che improvvisamente si era fermato per un problema ai freni dai quali proveniva del fumo;
non è tollerabile oltremodo che venga garantito a singhiozzo un servizio pubblico per decine di migliaia di cittadini che non hanno alternative al mezzo di trasporto privato e per i quali viene messa a disposizione un'offerta di treni davvero inconcepibile per una Capitale europea -:
se il Governo intenda assumere iniziative anche normative, per tutelare i pendolari costretti a viaggiare nelle condizioni descritte in premessa.
(5-06328)

Interrogazione a risposta scritta:

COMMERCIO, LO MONTE, LOMBARDO e OLIVERI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il sistema dei trasporti è il perno fondamentale per lo sviluppo economico e sociale di un Paese moderno e per garantire la mobilità delle persone e delle merci;
da anni oramai Rete ferroviaria italiana sta praticando, soprattutto nel territorio siciliano, una politica di riduzione, disimpegno ed esclusione da qualsiasi piano di investimento che ha visto negli ultimi mesi un drastico taglio dei trasporti ferroviari da e per la Sicilia;
a questa situazione già molto compromessa si è aggiunta il 29 febbraio 2012 la decisione, presa in modo unilaterale da Rete ferroviaria italiana navigazione, di lasciare attiva, per il traghettamento dei treni merci, la sola nave Sicilia;
la decisione, peraltro comunicata attraverso una semplice nota, informa che, sino a nuovo avviso, la nave Iginia resterà ferma con la conseguenza che sarà operativo un solo servizio di traghettamento, dal momento che la nave Villa è ferma oramai da tempo per riparazioni;
questo determinerà, se la situazione dovesse rimanere invariata, un vero e proprio collasso del trasporto, con la soppressione di circa 12 treni merci al giorno e danni incalcolabili per l'intero indotto;

l'ennesimo taglio del trasporto ferroviario da parte di Rete ferroviaria italiana è solo l'epilogo di una serie di soppressioni che sono state operate negli ultimi anni;
nel dicembre del 2010 Trenitalia aveva operato la soppressione di diverse vetture dalle tratte Palermo-Roma, Siracusa-Roma, Palermo-Milano andata e ritorno, Siracusa-Milano andata e ritorno e aveva soppresso, a partire dal 13 dicembre 2010, i treni a lunga percorrenza da Siracusa e Messina e viceversa e da Agrigento a Roma e viceversa;
con l'arrivo dell'orario invernale, dall'11 dicembre 2011, in Sicilia Trenitalia ha operato ulteriori tagli ai treni a lunga percorrenza. In particolare, da 26 treni ordinari più quattro periodici, si è passati in tutto a 5 collegamenti fra Palermo-Roma (un collegamento prevede andata e ritorno) e 5 fra Siracusa-Roma;
i tagli sopra citati hanno comportato, solo nel mese di dicembre 2011, la perdita di 85 posti di lavoro cui andranno ad aggiungersi il venir meno di altri posti a seguito dell'ultima decisione riguardo al trasporto merci;
questo atto comprometterà ulteriormente la continuità territoriale e rischierà di dare l'ennesimo colpo al trasporto ferroviario dell'Isola, in particolare al settore cargo;
il diritto alla continuità territoriale si colloca nell'ambito della garanzia, dell'uguaglianza dei cittadini e della coesione di natura economica e sociale che, deve tradursi, nella capacità di garantire un servizio di trasporto che non penalizzi cittadini residenti in territori meno favoriti;
il servizio di trasporto è un servizio di interesse economico generale e si configura come elemento essenziale del diritto alla mobilità sancito dall'articolo 16 della Costituzione;
le scelte fino ad ora attuate da Rete ferroviaria italiana, rendono l'intero gruppo complice del ritardo dello sviluppo delle aree del Sud Italia e dell'accrescersi del divario con le regioni settentrionali e con il resto d'Europa, che sarà sempre più difficile colmare in futuro -:
se il Ministro interrogato non ritenga necessario assumere tempestivamente iniziative affinché venga garantita l'operatività completa del traghettamento presso lo stretto di Messina;
se il Governo, nel suo ruolo di azionista unico del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e di decisore strategico, non intenda intervenire urgentemente ed in modo risolutivo per assicurare una modifica delle decisioni di Rete ferroviaria italiana di disimpegno in Sicilia e per assicurare servizi di mobilità uniformi in tutto il territorio nazionale.
(4-15169)

...

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
gli incidenti avvenuti in Val di Susa, in Piemonte, ed in particolare la caduta di un manifestante da un traliccio dell'alta tensione sul quale era salito per protestare contro l'ampliamento del cantiere per la realizzazione della tratta ferroviaria dell'alta velocità fra Torino e Lione, hanno provocato scontri a catena in tutta Italia;
sono state occupate stazioni e binari ferroviari a Roma, Bologna, Pisa, Firenze, Napoli, Palermo e Venezia, impedendo di fatto la libera circolazione dei cittadini e danneggiando i treni;
la protesta ha riguardato anche strade ed autostrade, con il blocco in particolare dell'autostrada A32, Torino-Bardonecchia, su cui è stata ripristinata la circolazione dopo più di 53 ore;
il capo della polizia Antonio Manganelli, il comandante dei carabinieri Leonardo

Gallitelli e i vertici di Aise ed Aisi hanno comunicato al Governo che il livello di scontro di settori dei «No Tav» si sta alzando di giorno in giorno, e si alzerà ancora di più quando inizieranno materialmente gli espropri;
il 22 febbraio 2012 il capo della polizia Antonio Manganelli, durante l'audizione in I Commissione alla Camera dei deputati, descrivendo il fenomeno dell'anarco-insurrezionalismo ha dichiarato che «l'anarco-insurrezionalismo (...) ci sta dicendo che sta per fare salti di qualità nello specifico si parla di assassinio» e che esiste un «cartello» sovranazionale degli anarco-insurrezionalisti capitanato dalla Grecia di cui fanno parte anche i movimenti italiani. Un accordo criminale che ha già causato morti in altri Paesi e le stesse azioni perpetrate in Italia non hanno portato morti solo per caso. Inoltre, facendo riferimento ai fatti del G8, il prefetto Manganelli ha evidenziato una sostanziale disaggregazione dei movimenti per parteciparono alle manifestazioni di Genova a causa di una mai trovata sintesi tra i gruppi violenti ed i movimenti per la non violenza e che la Polizia di Stato ha istituito una Scuola per l'ordine pubblico per fronteggiare una violenza civile che nel nostro Paese non si riscontrava dagli anni Settanta;
nelle ultime ore sono aumentati gli appelli del Ministro dell'interno alle forze dell'ordine al fine di mantenere atteggiamenti e forme di puro contenimento delle proteste;
i manifestanti imputano la responsabilità di quanto è capitato a Luca Abbà (il ragazzo caduto dal traliccio), indipendentemente dalla dinamica tecnica dell'episodio, ai vertici delle forze dell'ordine e alle scelte che queste hanno adottato, con il consenso del Governo, sostenendo che la situazione di tensione creatasi sia stata messa in conto, ed anzi anticipata, dal capo della Polizia, «reo» di aver applicato la stessa strategia già sperimentata a Genova durante gli scontri del 2001 in occasione del G8;
le manifestazioni dello scorso ottobre a Roma e adesso quelle della Val di Susa non sono pacifiche manifestazioni di protesta ma si è lasciato ampio spazio a gruppi violenti strutturati, addestrati all'uso della violenza e della provocazione, mimetizzati e aiutati nell'azione dal tamtam mediatico che si sviluppa su internet;
uno dei leader storici del movimento No Tav ha dichiarato: «Quel che faremo lo scoprirete quando l'avremo fatto»;
le aggressioni dei manifestanti non sono state solo verbali, come nei confronti del Carabiniere che, insultato e provocato, non ha reagito, e che per questo ha giustamente ricevuto l'encomio solenne del Comandante generale Gallitelli, ma anche reali contro le troupe televisive e i giornalisti; la questura di Torino ha riferito, peraltro, che il bilancio dei feriti tra le Forze dell'ordine è di 29 persone, di cui 18 poliziotti e 11 carabinieri;
sulla facciata esterna del quotidiano «Roma», a Napoli, è stata disegnata una stella a cinque punte con una scritta contro il direttore del giornale e le parole «No Tav Luca resisti», in riferimento all'attivista del movimento finito in ospedale a Torino;
il sindaco di Chiomonte, Enzo Pinard, che appoggia il progetto TAV, ha dichiarato che: «Così non possiamo andare avanti, anni e anni di vite blindate, segregate, rallentate, bloccate, ostaggi dei rancori» e che se ciascun cittadino può mettere in discussione ogni decisione pubblica salta il contratto sociale ma soprattutto è evidente che se «lo Stato non ha la forza di affrontare questo confronto democratico, omissis, è lo Stato a non fare lo Stato». «Occorre un confronto corale, coordinato da un'istituzione»;
il Ministro dello sviluppo economico, Corrado Passera, ha dichiarato che «Il lavoro è in corso e deve continuare nel modo migliore come previsto»;
il Ministro dell'interno, Anna Maria Cancellieri, ha offerto un'apertura al dia

logo sostenendo comunque, dopo aver parlato con il prefetto di Torino e con i sindaci che ci sarà la «massima attenzione, pronti ad ascoltare tutte le esigenze, ma senza mettere in discussione l'opera» e che pensa «che con il dialogo si possano risolvere molti problemi» ma «su certe cose» è «per una fermezza assoluta»;
le dichiarazioni della questura di Torino parlano di «necessario e urgente ripristino della legalità» -:
se non ritenga opportuno chiarire, in maniera definitiva ed inequivocabile, quali siano i reali intendimenti del Governo, riguardo alla delicata questione espressa in premessa;
se non si possa anche in Italia realizzare ciò che già esiste in Germania, in Inghilterra e Francia, dove da anni le forze di polizia non consentono ai gruppi più violenti di raggiungere ed unirsi ai cortei di protesta, utilizzando il fermo di polizia o di identificazione;
se non si ritenga opportuno avviare un attento monitoraggio degli strumenti, anche normativi, a disposizione delle Forze dell'ordine per valutare se servono ulteriori strumenti sottolineando che il tema della sicurezza pubblica è prioritario;
se non si ritenga opportuno intraprendere tutte le iniziative opportune per evitare la possibile degenerazione delle manifestazioni stabilendo precise disposizioni sulle modalità di protesta, il numero dei partecipanti e gli spazi affinché essi siano compatibili con gli interessi della popolazione.
(2-01389)«Cicchitto, Santelli».

Interrogazioni a risposta scritta:

BARBIERI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 97 della Costituzione recita «agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvi i casi stabiliti dalla legge»;
con decreto ministeriale n. 5140 del 6 novembre 2008 è stato bandito un concorso pubblico, per titoli ed esami, a ottocentoquattordici posti per l'accesso alla qualifica di vigile del fuoco del ruolo dei vigili del fuoco del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
nel bollettino ufficiale del personale del Ministero dell'interno, supplemento straordinario n. 1/25 del 16 luglio 2010 è stata pubblicata la graduatoria finale del concorso pubblico, per titoli ed esami, a ottocentoquattordici posti per l'accesso alla qualifica di vigile del fuoco del ruolo dei vigili del fuoco del Corpo nazionale dei vigili del fuoco registrato all'ufficio centrale del bilancio presso il Ministero dell'interno in data 14 luglio 2010 con il nr. 7458;
per quanto sopra riportato e come dichiarato dallo stesso Ministro dell'interno, tale graduatoria rappresenta, ad oggi, l'unico «serbatoio» utile cui attingere per l'assunzione di vigili del fuoco nei prossimi anni;
dalla data di pubblicazione della graduatoria del concorso sono stati già avviati due corsi di formazione professionale, il 70° ed il 71° corso per allievi vigili del fuoco, che hanno complessivamente coinvolto, all'incirca, 1.600 individui;
infatti, fino alla data del 7 febbraio 2011 sono stati chiamati a visita circa 2.900 soggetti, di cui 2.700, circa, sono risultati idonei;
rimangono in attesa di chiamata quindi circa 1.100 soggetti risultati idonei;
è ormai trascorso più di un anno dalla visita medica di idoneità;
permane una forte carenza di organico per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco -:
se alla luce della manifesta carenza di organico in cui versa il comparto del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, il Ministro non intenda avviare, quanto prima, un ulteriore corso di formazione professionale, attingendo a tutti coloro che

sono rimasti tra gli idonei al 7 febbraio 2011, onde evitare che decorra ulteriore tempo dalla verifica di idoneità e ottimizzando così le risorse già impiegate per l'espletamento del concorso e delle stesse visite di idoneità.
(4-15189)

MURO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
a quanto si è appreso da notizie giornalistiche e istituzionali il giorno 11 gennaio 2012 una donna, accompagnata da un bambino di pochi anni e da un neonato, si recava nell'atrio della scuola di specializzazione per le professioni legali di Napoli presso l'Ateneo Federico II insultando una studentessa, senza che né le guardie giurate né i custodi intervenissero. L'alterco stava degenerando in una vera e propria aggressione da parte della donna, con la studentessa visibilmente impaurita, fin quando per placare la lite interveniva uno studente che era di passaggio, Raffaele Pellegrino 25 anni, iscritto al primo anno della scuola di specializzazione per le professioni legali di Napoli presso l'Ateneo Federico II. L'intervento del giovane veniva visto dalla donna come una indebita intromissione e quindi iniziava a profferire minacce nei confronti del giovane stesso. Dopo pochi minuti le minacce della donna si concretizzavano con l'arrivo del marito e di altri cinque o sei individui che liberamente sono entrati all'interno dell'edificio universitario senza alcun controllo pur essendo palesi le loro poco affidabili intenzioni;
iniziava, sotto gli occhi del personale preposto alla sicurezza dell'Ateneo, una brutale e violenta aggressione durata complessivamente 6 o 7 minuti circa e cessata solo quando il corpo del giovane è rimasto a terra esanime. L'aggressione si è svolta tutta all'interno dell'edificio universitario, sotto gli occhi di una sessantina di aspiranti magistrati e la ripresa delle telecamere a circuito interno;
dell'accaduto Raffaele Pellegrino ha sporto regolare querela presso il Commissariato di Polizia di Stato «Decumani» offrendo tutti gli elementi per l'individuazione dei responsabili dell'aggressione -:
di quali elementi disponga il Ministro in merito a quanto descritto in premessa;
se risulti se la scuola di specializzazione e quindi l'ateneo Federico II abbiano sporto denuncia per l'accaduto;
se risulti se la scuola di specializzazione abbia fornito le immagini del circuito di sorveglianza alle autorità di polizia;
se e quali provvedimenti siano stati messi in campo per tutelare l'incolumità del giovane Raffaele Pellegrino che a tutt'oggi ancora non ha ripreso la sua attività accademica.
(4-15195)

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
il decreto del Presidente della Repubblica n. 233 del 1998 ed il decreto-legge n. 98 del 06 luglio 2011 regolano l'adozione dei piani di dimensionamento della rete scolastica stabilendone i criteri;
la circolare della regione siciliana n. 28 del 05 ottobre 2011 ha previsto parametri diversi rispetto alla normativa nazionale e ribadisce che l'assessorato regionale, in merito alle operazioni di dimensionamento delle istituzioni scolastiche per il riconoscimento dell'autonomia nonché della personalità giuridica, avrebbe fatto riferimento agli articoli 2 e 3 della legge regionale n. 6 del 2000 individuando la soglia minima in 500 alunni, quando la normativa nazionale prevede la soglia di 100 alunni;
nel territorio del comune di Acireale, nell'anno scolastico 2011/2012 sono funzionanti 9 istituzioni scolastiche e l'amministrazione

comunale, d'accordo con le rappresentanze sindacali ed in base alla popolazione scolastica acese, ha proposto all'assessorato regionale otto istituzioni scolastiche rispettose dei criteri previsti dalla circolare regionale n. 28 di cui sopra, quindi con la soglia dei 500 alunni per ogni istituzione scolastica;
la legge di stabilità 2012 n. 12 novembre del 2011 n. 183, ha modificato ulteriormente detti criteri innalzando la soglia a 600 alunni ed il comune di Acireale, adeguandosi, ha ridotto le istituzioni proposte a sette ed, ottenuto il parere favorevole da parte dell'ufficio scolastico provinciale di Catania, inoltrava la proposta all'assessorato regionale siciliano all'istruzione;
il tavolo tecnico regionale, tenutosi in data 30 gennaio 2012, alla presenza dell'Amministrazione regionale, delle organizzazioni sindacali, dei rappresentanti degli enti locali, dell'ufficio scolastico provinciale e dell'ufficio scolastico regionale approvata all'unanimità la proposta di 7 istituzioni scolastiche formulata dal comune di Acireale;
nel corso della riunione del tavolo tecnico del 30 gennaio 2012, è accaduto un fatto singolare e solo per la proposta del comune di Acireale, nel senso che i rappresentanti regionali disconoscono la proposta dell'Amministrazione comunale e ne avanzano una che prevede solo 6 istituzioni scolastiche. La proposta della Ragione siciliana viene respinta ed approvata all'unanimità quella del comune di Acireale;
a dispetto della deliberazione del tavolo tecnico regionale, l'assessorato all'istruzione trasmette, l'8 febbraio, al Ministero la proposta bocciata di 6 istituzioni scolastiche;
tralasciando la questione di merito relativa all'inopportunità del comportamento della principale istituzione regionale del settore, la proposta dell'assessorato regionale all'istruzione trasmessa al Ministero interrogato è viziata, a giudizio dell'interpellante, sotto diversi profili;
la competenza sul dimensionamento scolastico, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 223 del 1998, è di competenza esclusivamente comunale ed i criteri sono stabiliti da norme nazionali, a cui quelle regionali si debbono adeguare non potendo certo «derogare» alle stesse in peius;
l'assessorato regionale ha proposto al Ministero una serie di dimensionamenti che appaiono in contrasto con i parametri imposti con la legge di stabilità, con moltissime istituzioni con meno di 600 alunni, disponibili alle deroghe con tutte le amministrazioni comunali tranne che con quella di Acireale;
la proposta del comune di Acireale, invece, garantiva tutti istituti comprensivi, popolazione scolastica al di sopra dei 600 alunni, rispetto della territorialità, mantenimento dell'autonomia dell'istituto comprensivo «Fuccio-La Spina» che ricade in un quartiere con alto disagio sociale, mantenimento delle autonomie scolastiche ritenute essenziali nel singolo territorio, così da assicurare un servizio scolastico pienamente efficace, in modo particolare in quelle realtà territoriali periferiche e/o con presenza di evidenti forme di disagio sociale;
l'assessorato regionale siciliano ha trasmesso una proposta diversa da quella uscita dal tavolo tecnico a seguito di osservazioni e proposte pervenute da soggetti istituzionali, culturali, produttivi, formativi ed occupazionali, espressioni di criticità territoriali, delle loro affinità culturali e delle tradizioni locali, così come pervenute ufficialmente all'assessorato in data successiva alla concertazione del predetto tavolo tecnico, come se tutti i soggetti presenti al tavolo tecnico non possano rappresentare, nel pieno rispetto della legge, le esigenze del territorio;
la notizia della modifica, da parte regionale, del piano di dimensionamento scolastico ha destato grande sorpresa e

stupore nella cittadinanza, innanzitutto, e nell'amministrazione comunale subito dopo e un'affollata assemblea pubblica ha chiesto alla regione siciliana l'immediato ritiro del piano inviato al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e l'adozione della proposta di dimensionamento di cui alla delibera di giunta municipale n. 07/2012 -:
se alla luce di quanto rappresentato in premessa, e tenuto conto del fatto che per l'approvazione del piano di dimensionamento richiede un'intesa con il Ministro interrogato, non si ritenga di valutare l'opportunità di subordinare la citata intesa al riconoscimento di sette istituzioni scolastiche nel territorio di Acireale come del resto sostenuto nei pareri espressi dagli organi periferici del Ministero.
(2-01391) «Catanoso».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

DUSSIN e GOISIS. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la legge 5 febbraio 1992, n. 104, prevede all'articolo 33, che tra le varie agevolazioni a cui hanno diritto i portatori di handicap vi sia l'assistenza da parte dei familiari;
in particolare al comma 3 dell'articolo 33, viene prevista l'assistenza al portatore di handicap da parte di parenti con la possibilità di esentarsi periodicamente dal lavoro. Il predetto comma recita «A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa»;
in base al predetto «comma» il citato diritto non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l'assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità. Per l'assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, il diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente. Il dipendente ha diritto di prestare assistenza nei confronti di più persone in situazione di handicap grave, a condizione che si tratti del coniuge o di un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti;
il diritto all'assistenza di un congiunto portatore di handicap e bisognoso di cure è sacrosanto ed inalienabile e trova radicamento nella Costituzione e nei fondamenti della democrazia; gli interroganti ritengono che tale diritto non debba essere utilizzato in maniera arbitraria o ancora peggio per sfruttare la possibilità di assentarsi periodicamente dal posto di lavoro creando disagi ai colleghi e all'organizzazione della struttura lavorativa, con un aggravio finanziario a carico del bilancio dello Stato e della comunità;
corre voce che alcuni insegnanti usufruiscano in modo indiscriminato di giorni di permesso concessi non per i fini indicati dalla legge n. 104 del 1991, quali giorni contigui con le festività, con relativa riduzione dell'attività didattica;
le disposizioni attualmente vigenti consentono alle autorità scolastiche, qualora sussistano motivate ragioni ovvero anche con metodi a campione, di richiedere ulteriori accertamenti sulla sussistenza delle condizioni personali o familiari che danno diritto a fruire dei benefici della legge n. 104 del 1992. Questi ultimi sono svolti da un'unità sanitaria locale

diversa da quella che ha esaminato la documentazione ai sensi dell'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 -:
se non ritenga opportuno sollecitare, per il tramite delle gerarchie competenti, controlli più efficaci, anche al fine di evitare che vi sia un abuso della legge n. 104 del 1992, e un uso distorto degli istituti in essa previsti.
(5-06321)

BOCCIA, GHIZZONI e GINEFRA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 2001, n. 328, recante «Modifiche ed integrazioni della disciplina dei requisiti per l'ammissione all'esame di Stato e delle relative prove per l'esercizio di talune professioni, nonché della disciplina dei relativi ordinamenti» ha equiparato la laurea in ingegneria vecchio ordinamento al ceppo delle lauree ex decreto ministeriale 3 novembre 1999, n. 509 tra le quali sono comprese quelle triennali e le 3+2;
sono state presentate quattro petizioni popolari, con allegate oltre 54mila firme, che hanno prodotto le varie proroghe al periodo transitorio riconoscendo, come principio, la necessità di garantire a tutti coloro che si fossero laureati con il vecchio ordinamento di sostenere il relativo esame di Stato secondo l'ordinamento previgente al decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 2001, n. 328;
il decreto-legge mille proroghe 28 dicembre 2006, n. 300 convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2007, n. 17 ha stabilito con una proroga fino al 2009, per i possessori di laurea conseguita secondo gli ordinamenti didattici antecedenti la riforma del 1999, la possibilità di svolgere le prove degli esami di Stato per alcune professioni tra cui ingegnere secondo le modalità vigenti prima del 2001, anche se la predetta proroga potrebbe non consentire a tutti i soggetti interessati di poter svolgere le prove secondo le modalità vigenti prima del 2001;
negli anni passati, a differenza di questo in corso, è stata sempre prorogata l'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 2001, n. 328;
la proroga, non onerosa per il bilancio dello Stato, non si protrarrà all'infinito dato che il numero degli studenti del vecchio ordinamento va esaurendosi, mentre la mancata proroga causerebbe una discriminazione, a parità di ordinamento, tra chi ha potuto fare l'esame di Stato nel 2011 e chi lo farà dal 2012 in poi -:
se non ritenga opportuno assumere un'iniziativa normativa per la proroga del decreto succitato al fine di garantire a tutti i possessori di laurea conseguita secondo gli ordinamenti didattici antecedenti la riforma del 1999, la possibilità di svolgere le prove degli esami di Stato.
(5-06324)

GIAMMANCO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il 9 febbraio 2012 l'assessorato regionale all'istruzione della Sicilia ha annunciato, con una nota stampa, l'invio al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del piano di dimensionamento della rete scolastica siciliana;
nella nota di cui sopra si legge che: «Il piano di dimensionamento collega l'autonomia scolastica dei singoli istituti al rispetto di determinati parametri numerici e comporterà, già a decorrere dall'inizio del prossimo anno scolastico, la soppressione di 143 autonomie scolastiche. Per la predisposizione del documento, l'assessorato regionale dell'Istruzione e della Formazione professionale ha coinvolto, con un tavolo tecnico, tutti i soggetti istituzionali interessati alla procedura: enti locali, Upi, Anci, sindacati della scuola regionali e territoriali, consigli scolastici provinciali. Uffici scolastici territoriali e Ufficio scolastico

regionale. I parametri numerici tenuti in considerazione, così come previsto dalla direttiva del presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, sono stati quelli fissati dalla legge regionale n. 6/2000»...omissis... «Per coniugare le esigenze di garantire un servizio scolastico ottimale e al contempo ridurre la spesa, si è proceduto agli accorpamenti di istituzioni scolastiche in tutti i casi in cui non pregiudicheranno l'efficienza del servizio scolastico anche al di sopra dei limiti minimi fissati dalla legge n. 6. Solo per circoscritte situazioni l'assessorato si è discostato dalle indicazioni formulate in sede di tavolo tecnico, a seguito di una valutazione positiva di una serie di osservazioni pervenute da soggetti istituzionali, culturali, occupazionali, espressioni di specificità territoriali in data successiva alla concezione del tavolo tecnico»;
nei giorni successivi l'assessore regionale all'istruzione ha diramato una nuova nota nella quale si afferma che con una errata corrige al piano erano state disposte «limitate variazioni» in entrambi i settori formativi, a seguito di «osservazioni e proposte pervenute da soggetti istituzionali, culturali, del mondo della produzione, formativi ed occupazionali, espressioni di specificità territoriali e delle loro affinità culturali e delle tradizioni locali»;
si tratterebbe, invece, di accorpamenti, riorganizzazioni, aggregazioni, fusioni che coinvolgerebbero due province - quella di Palermo e quella di Messina - diversi comuni ed una ventina di scuole;
queste variazioni, in alcuni casi, hanno stravolto quanto definito in sede di tavolo tecnico regionale, già talora divergente rispetto ai criteri stabiliti in precedenza dalla stessa regione siciliana e dalle prescrizioni contenute nel comma 5 dell'articolo 19 del decreto-legge n. 178 del 2011 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, come modificato dall'articolo 4, comma 69, della legge n. 183 del 2011: sono state fatte aggregazioni tra succursali diverse molto distanti tra loro, senza tenere conto dell'affermato principio della territorialità, sono state fatte aggregazioni tra comuni diversi e si sono ottenuti istituti comprensivi sommando alunni provenienti da plessi diversi, pur di raggiungere gli obiettivi prefissati;
sfugge pertanto la ratio di tali modifiche frettolose e non adottate in sede di una trasparente discussione del tavolo regionale;
l'assessorato regionale, nel mettere mano al dimensionamento siciliano, si è purtroppo trincerato dietro la legge regionale n. 6 del 2000 (che definisce i parametri numerici per le autonomie scolastiche), valutando cifre troppo basse nel calcolo del numero minimo di studenti per determinare l'autonomia degli istituti siciliani (300/500), ignorando del tutto quanto deriva dalla legge di stabilità per il 2012 che impone, per poter attribuire DS e DSGA ad una scuola autonoma, le cifre minime di 400/60 alunni (rinviata nel tempo, poi, l'operazione di costituzione di comprensivi con un minimo 1000 studenti);
anche se dimensionamento e attribuzione dei DS e DSGA viaggiano su binari di competenza amministrativa diversi, in realtà, in termini di determinazione della qualità del servizio scolastico finale, finiscono con il coincidere producendo istituti scolastici autonomi, ma con DS e DSGA a reggenza;
sarebbe stato quindi opportuno valutare ciò, oltre a considerare, statistiche alla mano, i trend delle popolazioni scolastiche delle scuole siciliane, per ottenere cifre stabili nel tempo ed evitare di attribuire autonomie della durata di un solo anno;
bisogna inoltre ricordare che dalle tabelle allegate alla nota protocollo n. 8220 del 7 ottobre 2011 della direzione generale per il personale scolastico del dipartimento ministeriale dell'istruzione in Sicilia risulta uno scarto di circa 262 istituti scolastici in più rispetto al numero attuale di 835 ed al numero ideale di 574, mentre nella sola provincia di Palermo gli

attuali 198 istituti scolastici dovrebbero essere stati portati a 141 con uno scarto in negativo di 57 istituti in meno corrispondente ad un taglio del 29 per cento;
intanto il piano complessivo della rete scolastica siciliana con il taglio dell'autonomia di 143 istituti scolastici, come inviato al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, non è ancora stato reso pubblico dall'assessorato;
in questi ultimi giorni molti istituti coinvolti da accorpamenti e divisioni fanno sentire la loro decisa contrarietà a tali misure e denunciano di non essere stati avvisati e di non aver potuto partecipare al tavolo tecnico o di aver visto stravolte le proprie proposte, corredate di pareri favorevoli da parte dei collegi dei docenti, dei consigli d'istituto dei consigli scolastici provinciali. È il caso, ad esempio, di alcune scuole ricadenti nei comuni montani del distretto sanitario n. 35 di Petralia Sottana, nella provincia di Palermo, dove in maniera disomogenea la regione ha smembrato istituti che storicamente erano in un unico istituto comprensivo dal 1970 (istituto comprensivo di Polizzi Generosa con 310 alunni e istituto comprensivo di Castellana Sicula con 351 alunni) e che con propri atti deliberativi, responsabilmente e contro ogni forma di campanilismo, avevano invece proposto la fusione degli stessi;
a tal proposito nei giorni scorsi la commissione legislativa V dell'assemblea regionale siciliana, in audizione ha accolto le osservazioni proposte dai comuni al piano regionale di dimensionamento scolastico che, nell'occasione, hanno preannunciato un ricorso al T.A.R. avverso l'eventuale decreto assessoriale di approvazione finale dello stesso -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e se non ritenga opportuno, considerato che è necessaria un'intesa col Ministro interrogato per l'approvazione del piano di dimensionamento, acquisire elementi in relazione a quanto riportato in premessa e se, prima di rendere l'intesa ai sensi dell'articolo 3 della legge regionale n. 6 del 2000, non intenda eventualmente richiedere modifiche e integrazioni alla regione Sicilia.
(5-06326)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
l'Italtel, ex controllata dallo Stato, è una delle ultime realtà italiane nella produzione di apparati per le telecomunicazioni, è protagonista delle storiche centrali a commutazione, ha contribuito in maniera significativa all'infrastruttura della rete Telecom Italia, ed è considerata da sempre leader delle aziende italiane che operano nel campo delle telecomunicazioni;
Italtel ha tra i propri clienti circa 40 dei maggiori operatori di service provider ed è presente in 25 Paesi nel mondo. Il 67 per cento ricavi è dato dalla vendita di servizi di system integration;
tra i soci azionisti vi sono Telecom con il 19,4 per cento e Cisco con il 18,4 per cento oltre ai fondi Clayton Dublier & Rice con il 48,8 per cento, Advent International con l'8,7 per cento e Brera Capital con i dirigenti, con circa il 3 per cento ciascuno;
nella risposta all'interpellanza n. 2-00579 del 21 gennaio 2010 il sottosegretario pro tempore Giuseppe Pizza dichiarava che era stato insediato, nel mese di aprile 2009, presso il Ministero dello sviluppo economico un tavolo di confronto con l'azienda e le parti sociali; in quella sede fu illustrato un piano industriale che, pur prevedendo circa 400 esuberi, sembrava in grado di garantire stabilità all'azienda, attraverso una diversificazione

delle aree di business e con l'obiettivo di inserirsi nel campo della consulenza tecnologica di altissimo livello;
in data 30 giugno il Viceministro allo sviluppo economico pro tempore, Paolo Romani, rispondendo in Commissione all'interrogazione n. 5-02912, indicava i punti per il rilancio del settore telecomunicazioni tra cui: finanziamenti sottoforma di contratti di programma per attività industriali; sostegno alla ricerca; incoraggiamento di opportune aggregazioni industriale; attuazione del piano nazionale banda larga; salvaguardia dei posti di lavoro per le società ITALTEL, SIRTI e SIELTE;
dal 2009 si sono dimessi dall'azienda 637 persone;
a novembre 2011 l'azienda dichiara che i nuovi esuberi sono 500 (200 per il 2011 e 300 per 2012), un terzo della forza lavoro;
la situazione di crisi del mercato incide notevolmente nella ripresa dell'Italtel;
tali previsioni sono confermate anche dall'ultimo rapporto dell'Assinform, dove si evidenzia nei settori dell'information technology e delle telecomunicazioni, già dal primo semestre 2011, un calo per quanto riguarda apparati, terminali e servizi per reti fisse e mobili pari al 2,7 per cento maggiore rispetto all'anno precedente (2,3 per cento)
da notizie apparse sulla stampa risultano ipotesi di riassetto azionario, con la cessione della quota da parte di Telecom Italia, e due soluzioni alternative: la prima prevede un interessamento di Huawey ed Ericsson ad acquisire solo i segmenti di Italtel, la seconda prevederebbe l'ingresso di ZTE come nuovo azionista di Italtel -:
quali iniziative urgenti di competenza si intendano intraprendere affinché si dia avvio, in tempi rapidi, ai cantieri per la banda larga che potrebbero sbloccare molte situazioni di difficoltà, inclusa Italtel, perseguendo anche gli obiettivi della neonata cabina di regia per l'Agenda digitale italiana;
quali risorse si intendano impegnare affinché venga rilanciato il settore delle telecomunicazioni, strategico per lo sviluppo e la crescita dell'intero Paese.
(2-01390)
«Peluffo, Gentiloni Silveri, De Biasi, Quartiani, Duilio, Vico, Scarpetti, Rosato, Froner, Farinone, Zucchi, Zunino, Pizzetti, Nannicini, Baretta, Causi, Marantelli, Lulli, Federico Testa, Marco Carra, Soro, Velo, Zaccaria, Veltroni, Martella, Verini, Pedoto, Mosca, Bordo, Naccarato, Cuperlo, Pollastrini».

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

D'IPPOLITO VITALE. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il proprietario di un'azienda di trasformazione delle arance sita nella piana di Rosarno ha comunicato in questi giorni che la multinazionale Coca Cola ha disdetto, per tutelare la sua immagine, le ordinazioni delle arance con le quali la stessa produce la Fanta, marchio di sua proprietà;
il tutto sarebbe partito da un'inchiesta della rivista britannica The Ecologist - ripresa da Corriere TV riguardante il coinvolgimento della Coca Cola nello sfruttamento della manodopera africana in Calabria;
secondo The Ecologist la multinazionale americana acquisterebbe a costi ridottissimi succo d'arancia concentrato

dalle aziende calabresi, e questo sarebbe il motivo per cui gli agrumicoltori sarebbero costretti a sottopagare gli immigrati;
nell'immediatezza della notizia, il sindaco di Rosarno, Elisabetta Tripodi avrebbe adombrato l'ipotesi che la disdetta di Coca Cola sia intervenuta nel momento in cui la ditta locale ha chiesto un aumento del 4 per cento per la vendita dei succhi in vista del rinnovo del contratto per la prossima campagna agrumicola;
Gioia Tauro è un territorio piagato da antichi e irrisolti problemi dove gli agrumeti sono tra le poche fonti di ricchezza;
due anni fa a Rosarno, proprio per le condizioni di precarietà in cui vivono gli immigrati impiegati nella raccolta degli agrumi, ci fu una rivolta dei lavoratori stranieri e la successiva reazione degli abitanti, con decine di feriti;
dopo quei fatti ci fu una bonifica delle aree in cui erano accampati gli immigrati;
il presidente della Coldiretti Calabria, interpellato, ha sollecitato affinché le multinazionali «dell'aranciata» in particolare la coca-cola, in trasparenza e nel rispetto delle regole commerciali riconoscano alla produzione calabrese il giusto valore, nel rispetto dei valori di eticità e dei vincoli sociali, a beneficio dei cittadini-consumatori e dell'economia di un territorio;
basterebbe, infatti, che le multinazionali pagassero il giusto prezzo di 15 centesimi al chilo e la situazione cambierebbe radicalmente;
la Coldiretti, inoltre, partendo dal fatto che la quantità di succo di arancia nelle bibite è molto basso, ha richiesto interventi in questo senso -:
se non si ritenga opportuno aprire un tavolo di confronto, di concerto con i Ministri competenti, affinché vengano definiti dei protocolli di intesa per favorire iniziative volte alla revisione della politica dei prezzi, adoperandosi affinché le arance calabresi possano ricevere adeguate remunerazioni in rapporto alla loro qualità e genuinità e predisporre altresì iniziative urgenti, per quanto di competenza, volte ad evitare il disimpegno della Coca cola company che se confermata genererebbe un danno per l'intera economia calabrese e per la salvaguardia dei già deboli livelli occupazionali.
(5-06320)

Interrogazioni a risposta scritta:

NASTRI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
secondo una recente segnalazione della Coldiretti di Novara e di Verbano Cusio Ossola, gli aumenti registrati in rapida successione del carburante, avvenuti recentemente, unitamente all'ultima ondata di gelo che si è registrata in Italia, stanno creando seri problemi economici, per le imprese floricole del novarese in particolare quelle situate verso il lago Maggiore;
il settore florovivaistico, a giudizio della suesposta associazione agricola, appare quello più direttamente colpito da una situazione anomala che coinvolge e preoccupa l'intero settore primario;
il quadro generale risulta infatti allarmante e impedisce alle imprese del comparto suddetto di proseguire l'attività produttiva nella programmazione del futuro con maggiore serenità, a causa del costo del gasolio agricolo che in meno di un anno ha fatto registrare un aumento sproporzionato, pari addirittura al 58 per cento;
a rischio di cessazione definitiva, o per lo meno di riconversione produttiva, sono decine d'imprese, che lungo il lago Maggiore, l'asta del fiume Toce e nelle altre aree della provincia di Verbano Cusio Ossola e del novarese, coltivano un'ampia

gamma di piante e fiori, il cui punto d'eccellenza è rappresentato dai fiori tipici del lago Maggiore -:
quali orientamenti intendano esprimere, nell'ambito delle rispettive competenze, con riferimento a quanto esposto in premessa;
se non ritengano opportuno, prevedere un'iniziativa normativa ad hoc, compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili, e con la normativa europea in materia di aiuti di Stato, volta a stabilire l'introduzione di tariffe agevolate per il prezzo del gasolio nei riguardi del comparto agricolo, attraverso una riduzione dell'accisa.
(4-15174)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato dal «Venerdì di Repubblica», si apprende che nelle acque del Mediterraneo il ritmo della riproduzione del pesce selvatico non riesce a reggere quello della pesca e, per fare fronte alla crescente domanda del mercato, si moltiplicano le acquicolture, secondo un fenomeno diffuso in tutto il mondo;
questi allevamenti forniscono attualmente il 46 per cento del pesce che viene consumato senza però riuscire a contenere la pressione sul pesce selvatico che verrebbe usato per nutrire quello d'allevamento a danno anche della biodiversità marina;
secondo quanto riportato nell'articolo, le mappe satellitari di Google Earth, costituiscono un utile strumento per effettuare controlli sugli allevamenti in mare fino a poco tempo fa molto difficile;
detti controlli sono particolarmente importanti se si considera che lo studio Fish Farms at Sea: the Ground Truth from Google Earth (Acquacolture nel mare: la misurazione esatta da Google Earth) pubblicato su PLoS One, a cura di Chiara Piroddi, Pablo Trujillo e Jennifer Jacquet, biologi marini della University of British Columbia di Vancouver, documenta l'esistenza di oltre 21.000 gabbie per pesci nel solo Mediterraneo e che se si violano le norme in materia di allevamento si rischia «l'eutrofizzazione, ossia la crescita smodata di alghe che porta all'esaurimento dell'ossigeno disponibile per i pesci, oppure l'introduzione di specie non native nell'ambiente, con scompensi per la catena alimentare naturale, o anche il propagarsi di malattie» -:
se e quale uso si intenda fare dei rilevamenti satellitari ai fini della correttezza delle procedure di itticultura nel nostro Paese;
se non si ritenga di adottare misure per ridurre il consumo di pesce.
(4-15178)

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SALUTE

Interrogazioni a risposta orale:

BINETTI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
numerosi sono gli atti di sindacato ispettivo e di indirizzo depositati in questo ramo del Parlamento riguardanti l'ampia problematica legata alle malattie rare, da ultimo la mozione bipartisan n. 1-00780 discussa e approvata in Assemblea;
nel contesto generale di trascuratezza nel quale si trovano le malattie rare in Italia, vi è l'obbligo di stipulare un'assicurazione specifica per ogni sperimentazione spontanea, che di fatto impedisce la sperimentazione stessa per mancanza di fondi delle aziende sanitarie;
il decreto ministeriale 14 luglio 2009, con l'articolo 3, impone all'azienda sanitaria od ospedaliera di «estendere la propria copertura assicurativa prevista per l'attività assistenziale della propria struttura o di munirsi, eventualmente tramite una ulteriore polizza, di una specifica copertura assicurativa per la responsabilità

civile derivante dalla attività di sperimentazione clinica» e «che la copertura del rischio sia di almeno 10 anni quando si svolge su minori e quando si tratta di terapie geniche, terapie cellulari e radio farmaci»;
la conseguenza dell'entrata in vigore di tale norma, nel marzo 2010, è stata l'arresto dell'attività di ricerca spontanea, quella particolarmente rivolta alle malattie rare e ai bambini malati, perché le aziende sanitarie non hanno fondi per adempiere all'obbligo di cui al citato articolo 3: alcune pongono a carico delle associazioni onlus che promuovono la sperimentazione il costo del premio, che nel caso di pazienti adulti si aggira in media attorno ai 10.000 euro;
l'Agenzia italiana del farmaco (AIFA), interpellata in merito alle difficoltà interpretative dell'articolo 3, nel confermare il disagio generale, non ha fornito diverse indicazioni. Le sperimentazioni spontanee sono bloccate perché le compagnie di assicurazione chiedono premi esagerati, soprattutto quando si tratta di bambini: ad esempio, 75.000 euro sono stati chiesti per sperimentare compresse da 300 milligrammi al giorno di vitamina B6 su 50 bambini con sindromi autistiche. L'autorizzazione del comitato etico che era già stata concessa nella primavera del 2010 è stata sospesa in attesa del finanziamento che non è mai stato trovato dall'AUSL di Bologna. In questo modo si vanifica l'attività delle associazioni di genitori di malati rari e si mortifica la capacità di fare ricerca dei sanitari, in un settore che dovrebbe costituire una delle punte dello sviluppo economico e sociale;
la giunta regionale dell'Emilia Romagna il primo febbraio 2010 ha approvato la delibera n. 107 del 2010 con la quale ha istituito lo screening delle malattie metaboliche rare per tutti i neonati, sul modello di quanto fatto dalla regione Toscana fin dal 2004, ma a differenza della Toscana ha deciso di non comunicare ai genitori l'esito del test per 17 di queste 40 patologie;
al momento attuale non esiste terapia efficace: si dimentica che la gran parte delle terapie per le malattie rare sono state messe in atto per l'interessamento delle associazioni di genitori, che hanno trovato i fondi e la disponibilità di sanitari ad effettuare sperimentazioni spontanee, almeno finché il decreto ministeriale del 14 luglio 2009 non ha imposto il blocco;
la patologia rara è ancora una «non patologia»: si dimentica che la conseguenza di queste «non patologie» è il ritardo mentale lieve, che non è certamente un problema lieve;
i genitori non dovrebbero sapere della patologia finché non si manifesta, godendosi l'illusione che il figlio sia sano: si dimentica che i genitori con un figlio appena nato potrebbero generare un altro figlio, che avrebbe molte probabilità di avere la stessa patologia del fratello maggiore, senza essere avvistati del rischio -:
quali iniziative di competenza, anche normative, intendano assumere per garantire che vengano adottate, uniformemente in tutto il Paese, iniziative volte a tutelare il diritto alla salute e a vedere opportunamente diagnosticata una malattia che, se presa in tempo, potrebbe non avere le drammatiche conclusioni che, con elevate probabilità, si avrebbero se diagnosticata in ritardo;
se non si ritenga necessario assumere, tempestivamente, iniziative volte ad adottare un piano nazionale per le malattie rare, finalizzato ad assicurare prevenzione, sorveglianza, diagnosi tempestiva, trattamento e riabilitazione ai pazienti con malattie rare, e a garantire equo accesso ai servizi socio-sanitari a tutti i pazienti con malattie rare sul territorio nazionale, conformemente agli impegni derivanti dall'approvazione della mozione n. 1-00780.
(3-02141)

BINETTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'acufene è una sensazione uditiva reale la cui origine non ha riscontro in

una sorgente sonora nell'ambiente esterno. Vengono definiti oggettivi quelli che, avendo origine esternamente all'orecchio, possono essere percepiti dall'esaminatore e sono quindi obiettivabili; i soggettivi sono invece percepiti esclusivamente dal soggetto interessato;
gli acufeni possono esprimersi in molti modi; comunemente sono percepiti come fischi «sottili» di frequenza acuta (ad esempio pentola a pressione), altre volte come ronzii e quindi più spostati verso le frequenze gravi (ad esempio risacca del mare), in altre occasioni hanno uno suono variabile e diffuso su tutte le frequenze dell'udibile (ad esempio cinguettio, cicale, grilli, cigolio), oppure sono di tipo pulsante come il cuore o intermittente come uno scatto meccanico;
gli acufeni non sono definibili come una specifica malattia, possono costituire un sintomo di malattie, non necessariamente a carico dell'orecchio o delle vie acustiche, anche se molto spesso dietro all'acufene c'è solo un modesto danno all'orecchio interno;
l'incidenza reale degli oggettivi è bassissima, attestandosi intorno all'1 per cento del totale; si tratta per lo più di rumori di origine vascolare, tubarica, muscolare, articolare, trasmessi per via ossea e quindi in grado di stimolare fisiologicamente il recettore; essi possono avere carattere pulsante, manifestarsi in soggetti normoudenti ed hanno per lo più tonalità grave;
gli acufeni propriamente detti (soggettivi) costituiscono, invece, percezioni sonore in assenza di stimolazione fisiologica dei recettori cocleari; sono provocati dall'attivazione abnorme di un punto qualsiasi della via acustica, hanno per lo più tonalità acuta e, quasi sempre (93 per cento), sono accompagnati da ipoacusia (condizione patologica caratterizzata dalla perdita parziale dell'udito);
si tratta, dunque, di una malattia che provoca uno stato invalidante dal punto di vista dell'assetto psicologico ed emozionale, del ritmo sonno-veglia, del livello di attenzione e concentrazione, della vita di relazione;
questi fattori portano spesso ad uno stato di depressione, che induce il paziente ad isolarsi e a non partecipare alla vita sociale;
non tutte le persone che soffrono di acufeni sono disturbate nelle loro attività quotidiane. La ragione di ciò non è determinata dalla intensità dell'acufene che è generalmente modesta. Infatti è stato rilevato con test di acufenometria (L. Rubio 2004) che nel 78 per cento delle persone che soffrono di acufene l'intensità dell'acufene è minore o uguale a 10dB, mentre nel 44,5 per cento dei casi è compreso tra 1 e 5 dB. La realtà è che persone con il medesimo tipo di acufene reagiscono in modo differente, alcune soffrendone in modo particolare altri no. La principale differenza tra i due gruppi è che i pazienti in cui l'acufene risulta molto fastidioso, vivono, quasi sempre a livello inconscio, questo sintomo come una minaccia o comunque come qualcosa di pericoloso per la propria integrità fisica. Molti pazienti affetti da acufene lo considerano un sintomo grave; infatti pensano che un acufene sia il campanello di allarme di una grave patologia nascosta. Altri sono convinti che l'acufene significhi un danno permanente all'orecchio piuttosto che una limitazione temporanea della capacità uditiva. Altri ancora associano l'acufene a tumori cerebrali, problemi vascolari o malattie mentali.Queste preoccupazioni sono molto spesso infondate. Quasi tutte le persone temono che l'acufene possa diventare più forte, durare per sempre e non essere curato -:
quali iniziative di competenza intenda assumere per incentivare studi e ricerche su questa patologia, che può colpire tutti indistintamente, con risvolti invalidanti nel mondo emozionale e lavorativo delle persone colpite.
(3-02142)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
risultano essere giunte, con volo Air China, all'aeroporto di Roma Fiumicino, 900 scimmie destinate allo stabilimento di allevamento di animali della multinazionale USA «Harlan Italy» di Correzzana (Monza-Brianza), via Fermi, 8;
tali animali sono destinati ad essere venduti a diversi laboratori e università, per la sperimentazione;
a gruppi di 150 individui, gli animali sarebbero stati portati su camion presso la Harlan di Correzzana dove dovrebbero essere tenuti in quarantena -:
se l'importazione di animali dalla Cina sia stata effettuata nel rispetto della legislazione internazionale, in particolare della convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione (CITES);
se gli animali importati dalla Cina siano selvatici o provenienti da allevamento;
se le procedure di messa in quarantena siano state correttamente autorizzate ed eseguite, non presso gli stabulari dell'aeroporto di Fiumicino, bensì presso l'azienda che li ha importati;
se risulti chi siano i clienti della Harlan Italy e se, in qualità di acquirenti finali, utilizzatori degli animali, abbiano richiesto ed ottenuto dal Ministero della salute le autorizzazioni in deroga previste dalla normativa(articoli 8 e 9 del decreto legislativo n. 116 del 1992);
se le condizioni di trasporto e detenzione degli animali rispettino le normative vigenti e le «esigenze etologiche» della specie;
se risulti che tra gli utilizzatori finali degli animali vi siano enti, istituti e università pubbliche o paritarie destinatarie di finanziamenti pubblici;
se il Ministero della salute - qualora abbia effettivamente autorizzato tali esperimenti in deroga - abbia condotto una approfondita analisi sulla reale utilità di tali esperimenti e sulla loro potenziale ripetizione e reiterazione.
(4-15168)

DE POLI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
generalmente viene definito acufene quel disturbo costituito da rumori che, sotto diversa forma (fischi, ronzii, fruscii, crepitii, soffi, pulsazioni e altro), vengono percepiti in un orecchio, in entrambi o, in generale, nella testa, e che risultano talmente fastidiosi da influire fortemente sulla qualità della vita di chi ne soffre;
questo disturbo si origina all'interno dell'apparato uditivo, ma alla prima comparsa viene illusoriamente percepito come suoni provenienti dall'ambiente eterno. La definizione più comune, basata sull'erronea convinzione che debba essere considerato acufene qualunque tipo di rumore proveniente dal nostro corpo, o comunque non proveniente dall'esterno, è origine di confusione e forse è questo uno dei motivi principali che impediscono di focalizzare le ricerche ai fini di una terapia ad hoc;
questa patologia non è semplicemente un «disturbo molto fastidioso», come si usa spesso liquidarlo, ma una vera e propria malattia invalidante che affligge in Italia il 10 per cento della popolazione priva di difetti uditivi. Si tratta di una patologia che fa vivere per mesi, anni, decenni, sentendo ininterrottamente nelle orecchie e nella testa rumori, anche multipli, che definire fastidiosi è riduttivo. Si tratta di un disturbo invalidante dal punto di vista dell'assetto psicologico ed emozionale, del ritmo sonno-veglia, del livello di attenzione e concentrazione, della vita di

relazione. Questi fattori portano spesso ad uno stato di forte depressione, a volte con risvolti drammatici, come la morte per suicidio;
secondo alcuni studi (ma i risultati sono molto disomogenei) nella popolazione priva di difetti uditivi un soggetto su dieci soffre o ha sofferto di acufeni, mentre nella popolazione con ipoacusia, cioè con riduzione uditiva, la percentuale salirebbe a circa il 50 per cento; inoltre, più del 20 per cento degli abitanti avrebbe avuto esperienze non traumatiche di acufeni che, per il 7 per cento hanno richiesto l'assistenza del medico otorinolaringoiatra, per il 5 per cento avrebbero provocato disabilità e per il 2 per cento un grave handicap;
come detto, gli studi fatti paiono essere molto approssimativi ed è molto difficile stabilire statisticamente l'incidenza degli acufeni;
numerosi sono gli spazi di discussione e confronto che si stanno sviluppando su internet per cercare aiuto e ci si auspica che si intervenga per portare avanti la ricerca scientifica che a tutt'oggi nel nostro Paese appare pressoché nulla;
a fronte di ciò si registra da parte delle associazioni delle persone colpite da questo disturbo una accorata richiesta, affinché si avviino e sostengano ricerche e studi riguardanti questa patologia devastante -:
in che modo il Ministro intenda favorire la ricerca scientifica sui problemi uditivi in generale e lo studio dell'acufene in particolare e quali iniziative intenda assumere per investire risorse in relazione a tali finalità.
(4-15170)

GRIMOLDI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il programma di gestione dei dati personali dei soggetti iscritti all'ASL 8 di Arezzo consente di fatto la visione di tutti i dati dei degenti e dei non degenti tramite, da un lato, la cartella di degenza (che, con l'inserimento di un numero di matricola e di una password da parte di medici e personale infermieristico, permette di visionare i dati di tutti i ricoverati nel territorio dell'ASL medesima) dall'altro, la cartella relativa agli esami di laboratorio (che, con l'inserimento da parte di medici e personale infermieristico del reparto di riferimento e di una password, permette di accedere a tutte le informazioni cliniche degli iscritti alla suddetta ASL (ricoveri, trattamenti, esami effettuati, e altro);
tali procedure, in assenza di adeguati controlli (o comunque a ben vede non funzionanti) sull'effettuazione degli accessi tramite questo tipo di sistema informatizzato, possono dare adito ad abusi, tanto da indurre alcuni cittadini, al fine di tutelare la propria privacy, soprattutto in casi clinici delicati o complessi, ad andare ad effettuare esami presso altre ASL in territorio toscano;
se il fine del programma di gestione dei dati degli iscritti alla ASL 8 di Arezzo è quello di permettere a chiunque di poter informare in qualsiasi momento il personale medico e infermieristico sul proprio background sanitario, non va però sottovalutato il fatto che esso può generare un abuso di accessi alla banca dati, non per finalità strettamente sanitarie, come denunciato da alcuni cittadini, quanto per una mera curiosità da parte degli operatori sanitari -:
quali iniziative di competenza il Ministro intenda assumere, anche promovendo apposite intese in sede di Conferenza Stato-regioni e nel rispetto delle competenze dell'Autorità garante, per assicurare che la digitalizzazione dei dati sanitari sia realizzata senza le distorsioni che procedure come quella di cui in premessa possono causare e nel rispetto della privacy degli utenti.
(4-15199)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:

LUONGO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il Gruppo Fondiaria-Sai attraversa una grave crisi economico-finanziaria, con perdite nell'ultimo biennio superiori a 2 miliardi di euro, perdite che sono riconducibili a insufficienze delle riserve sinistri e a irrilevanti minusvalenze del settore immobiliare e del settore delle partecipazioni, anche non assicurative;
l'Isvap esercita la propria funzione di vigilanza sui gruppi assicurativi mediante periodiche ispezioni nelle imprese e che questa periodicità ha generalmente cadenza temporale non superiore al triennio;
durante l'attuale Presidenza e Vicepresidenza Generale dell'Isvap (immutata da circa 10 anni), sia stato dato avvio ad una ispezione su Fondiaria-Sai solo alla fine dell'anno 2010, quando era già ampiamente manifesta sul mercato la situazione di crisi del gruppo assicurativo, e nonostante in precedenza fosse stata più volte richiesta;
nel corso dell'ispezione sembrerebbe siano emerse gravissime operazioni con parti correlate, in particolare riconoscimenti economici alla famiglia Ligresti sotto varie forme e per somme rilevanti e che tali operazioni siano ancora, dopo oltre 18 mesi dall'evidenza, oggetto di analisi da parte dell'Isvap;
negli anni passati l'ISVAP ha autorizzato un forte indebitamento del gruppo Fondiaria-Sai (per diverse centinaia di milioni di euro) per operazioni non assicurative e prive di fondamento economico, tra cui la cessione a Fondiaria-Sai di Atahotels da parte di venditori riconducibili alla famiglia Ligresti, autorizzata dall'Isvap ad un prezzo di 30 milioni di euro;
come risulta da un articolo pubblicato su La Repubblica in data 18 febbraio 2012; «A sole 24 ore dalla richiesta dell'Isvap, Sator e Palladio hanno fatto pervenire le loro risposte all'authority sul patto di consultazione siglato sull'8 per cento delle azioni Fondiaria Sai. Allo stesso tempo l'authority che deve avere a cuore la stabilità e la solidità del sistema assicurativo non ha ancora ricevuto alcun documento sul piano di rafforzamento patrimoniale che Fondiaria Sai dovrebbe portare avanti attraverso l'intervento di Unipol, nonostante la lettera dell'Isvap che lo richiedeva sia stata spedita, il 10 gennaio scorso»;
il complesso dei fatti esposti riveste una gravità tale, anche in relazione all'entità delle somme in discussione, da sussistere forti perplessità sull'idoneità degli organi di vertice dell'istituto a svolgere i propri compiti -:
di quali elementi disponga circa i fatti illustrati in premessa;
se non ritenga vi siano i presupposti per esercitare i poteri di cui all'articolo 10, comma 2, della legge n. 576 del 1982.
(4-15172)

...

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05436, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05466, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05479, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05484, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05485, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05486, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05487, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05488, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05489, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore:
Interrogazione a risposta in Commissione Rainieri n. 5-06254 del 24 febbraio 2012.