XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 601 di venerdì 9 marzo 2012

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

La seduta comincia alle 10.

GREGORIO FONTANA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Brugger, Buonfiglio, Caparini, Cicchitto, Colucci, Commercio, Gianfranco Conte, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Fava, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Iannaccone, Leone, Lucà, Mazzocchi, Melchiorre, Migliavacca, Milanato, Misiti, Moffa, Mura, Nucara, Leoluca Orlando, Pisicchio, Stefani, Stucchi e Valducci sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente quarantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative per il rilancio del settore delle telecomunicazioni, con particolare riferimento alla situazione ed alle prospettive di Italtel - n. 2-01390)

PRESIDENTE. L'onorevole Peluffo ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01390, concernente iniziative per il rilancio del settore delle telecomunicazioni, con particolare riferimento alla situazione ed alle prospettive di Italtel (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi deputati, l'interpellanza in oggetto - come richiamato dal Presidente Lupi - riguarda la situazione e le prospettive future dell'Italtel, ex controllata dallo Stato. Voglio ricordare che è una delle ultime realtà italiane nella produzione di apparati per le telecomunicazioni. È stata protagonista delle storiche centrali a commutazione. Ha contribuito in maniera significativa alle infrastrutture della rete Telecom Italia.
È considerata da sempre leader delle aziende italiane che operano nel campo delle telecomunicazioni. Oggi l'Italtel è una società che progetta, sviluppa e realizza soluzioni per reti e servizi di telecomunicazioni di nuova generazione basate sul protocollo IP. Offre soluzioni e prodotti proprietari, servizi professionali integrati, servizi system integration e attività di network integration. Italtel ha tra i propri clienti circa 40 dei maggiori operatori di service provider ed è presente in 25 Paesi del mondo. Il 67 per cento dei ricavi è dato dalla vendita di servizi di system integration perché il mercato va in questa Pag. 2direzione, e Italtel dal 2009 si è inserita in questo settore. Per quanto riguarda gli azionisti, i soci industriali sono Telecom Italia con il 19,4 per cento, e Cisco con il 18,4 per cento; poi vi sono i fondi Clayton Dublier & Rice con il 48,8, Advent International con l'8,7, e Brera Capital, con i dirigenti, con circa il 3 per cento ciascuno.
Il fatturato di Italtel passa da 467 milioni del 2008 a circa 422 milioni del 2010; l'EBITDA scende da 79 milioni a 50 milioni. Per il 2011 era atteso un aumento del fatturato ma una consistente riduzione dei ricavi perché i costi sono ancora molto alti. L'indebitamento nel 2011 è cresciuto per effetto dell'apertura di nuove linee di credito con le banche, ed era di 230 milioni nel 2010. Più del 50 per cento del fatturato di Italtel viene prodotto all'estero, soprattutto in America latina e in Medio Oriente. I dipendenti sono 1.550, di cui 1.205 a Milano; i dirigenti sono 85 e 180 è il numero del personale all'estero. Le retribuzioni per i circa 1.600 dipendenti ad aprile 2011, esclusi i dirigenti, assommavano ad un valore annuo di 63 milioni di euro. Qui arriviamo ai nuovi esuberi che sono stati dichiarati dall'azienda a novembre del 2011: sono 500, 200 per il 2011 e 300 per il 2012, cioè circa un terzo della forza lavoro.
Con l'accordo del 14 dicembre scorso 300 eccedenti vengono assorbiti con il contratto di solidarietà per un giorno alla settimana per 1.078 persone, e 200 persone sono in cassa integrazione straordinaria per 9 mesi all'anno fino all'aprile del 2013. Di queste 200, circa 170 erano già in cassa integrazione, alcuni in rotazione di sei mesi, in base ad un accordo siglato nel gennaio 2011 per gestire 400 esuberi dichiarati nel 2010.
Assieme agli eccedenti è nata anche una rifocalizzazione con rallentamento dell'attività, ma anche chiusura di importanti progetti. L'azienda si riorganizza con lo scopo dichiarato di «efficientare». Dal 2009 sono uscite, si sono dimesse dall'azienda 637 persone, e questo ci fa dire che sia superata la soglia critica. Allora la domanda che dobbiamo porci è: che cosa rischia di diventare Italtel, come può funzionare un'azienda di dimensioni sempre più piccole visto che Italtel lavora in un settore di nicchia e questo ne costituisce il problema?
Fino a settembre dello scorso anno, rispetto al 2010, i ricavi di Italtel crescevano del 5 per cento, mentre gli utili, però, diminuivano del 7 per cento. I margini industriali rispetto al 2010 crescono grazie al contenimento dei costi. L'EBITDA migliorava rispetto al 2010, ma la situazione finanziaria, come descrivevo prima, non è buona.
Il rapporto tra banche e Italtel è complicato perché Italtel aveva garantito un EBITDA per il 2012 di 72 milioni di euro, invece, forse, si potrà arrivare a 64 milioni di euro. Insomma, le banche si aspettavano margini più alti e se non si arriverà a risultati importanti le banche minacciano di tagliare i finanziamenti. I prossimi mesi allora sono particolarmente importanti e molto delicati per il futuro di Italtel, dall'assetto azionario al rafforzamento della presenza su alcuni mercati e ancora sui costi. Voglio ricordare, come ho fatto prima citando le cifre, come i lavoratori di Italtel stiano facendo la loro parte con molti sacrifici, dal contratto di solidarietà alla cassa straordinaria, soprattutto alla cassa straordinaria a zero ore.
Signor Presidente, il Parlamento si è già occupato dell'Italtel. Qui voglio richiamare gli impegni presi dal Governo precedente in occasione di due atti di sindacato ispettivo che avevamo presentato sempre come Partito Democratico. Rispondendo ad un'interpellanza urgente del 21 gennaio del 2010 - quindi siamo a due anni fa - il sottosegretario Pizza parlava di un tavolo che si sarebbe aperto presso il Ministero, cosa che è stata fatta, e, in quella sede del tavolo, era stato illustrato un piano industriale che, pur prevedendo circa 400 esuberi, sembrava in grado di garantire stabilità all'azienda attraverso una diversificazione delle aree di business, con l'obiettivo di inserirsi nel campo della consulenza tecnologica di altissimo livello.
Rispondendo poi ad un'interrogazione in Commissione del 30 giugno, sempre del 2010, l'allora Viceministro Paolo Romani Pag. 3indicava i punti per il rilancio del settore delle telecomunicazioni, tra cui: finanziamenti sotto forma di contratti di programma per attività industriali, sostegno alla ricerca, incoraggiamento di opportune aggregazioni industriali, attuazione del piano nazionale banda larga, salvaguardia dei posti di lavoro per le società Italtel, Sirti e Sielte. Nel frattempo, come ho ricordato, dal 2009 si sono dimesse dall'azienda 637 persone; a novembre del 2011 l'azienda dichiara che i nuovi esuberi sono 500. A tutto questo si aggiunge, ovviamente, una situazione di crisi del mercato che incide notevolmente nella ripresa dell'Italtel. Tali previsioni sull'andamento del mercato sono confermate da ultimo anche dal rapporto di Assinform dove si evidenzia, nel settore dell'information technology e delle telecomunicazioni, già dal primo semestre del 2011, un calo per quanto riguarda apparati, terminali e servizi per reti fisse e mobili pari al 2,7 per cento maggiore rispetto all'anno precedente, che era stato del 2,3 per cento. Il punto, quindi, è sul futuro di questa azienda, su due versanti. Il primo è quello dell'assetto azionario. Lo cito perché da notizie apparse sulla stampa risultano ipotesi di riassetto azionario con la cessione della quota da parte di Telecom Italia, a fronte di due soluzioni alternative: la prima, che prevederebbe un interessamento di Huawey ed Ericsson ad acquisire però solo i segmenti di Italtel e la seconda che prevederebbe l'ingresso di Zte come azionista di Italtel. Un assetto azionario, quindi, completamente diverso rispetto a quello attuale. La domanda che rivolgiamo al Governo ovviamente è se ha notizie a questo riguardo...

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Peluffo.

VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. ...concludo, e quali iniziative urgenti di competenza del Ministero e del Governo si intendano intraprendere affinché si dia avvio in tempi rapidi ai cantieri per la banda larga che potrebbero sbloccare molte situazioni di difficoltà, inclusa Italtel. Insomma, chiediamo quali risorse si intendano impegnare affinché venga rilanciato il settore delle telecomunicazioni, strategico per lo sviluppo e la crescita dell'intero Paese.

PRESIDENTE. Saluto gli studenti della scuola primaria «Caterina Cittadini» di Roma e dell'istituto alberghiero «Colombatto» di Torino, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Stiamo svolgendo le interpellanze, così come previsto dal Regolamento, e sono presenti in Aula ovviamente solo i deputati che hanno rivolto interpellanze al Governo. Il Governo ha la facoltà di rispondere e il deputato interpellante di dichiararsi più o meno soddisfatto della risposta del Governo medesimo.
Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Claudio De Vincenti, ha facoltà di rispondere.

CLAUDIO DE VINCENTI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, l'interpellanza presentata dall'onorevole Peluffo e da altri deputati sottolinea un punto molto importante e anche critico della situazione nel settore delle telecomunicazioni in Italia, con risvolti più generali sulla situazione economica complessiva del Paese. Il Governo è ben consapevole della crisi che sta attraversando il mercato delle information technology nel nostro Paese e dei nodi che bisognerà sciogliere a questo riguardo. Partendo anzitutto dalle situazioni aziendali in essere cui si riferisce l'interpellanza, segnalo che per quanto riguarda la società Sirti abbiamo convocato e tenuto il tavolo il giorno 6 marzo scorso ed è stato deciso, su proposta del nostro Ministero, un aggiornamento del tavolo stesso con la presenza però dei massimi vertici dell'azienda per poter discutere delle strategie di fondo che la stessa si propone di percorrere. Entro questo mese si svolgerà questa seduta successiva del tavolo Sirti. Per quanto riguarda Sielte ed Italtel stiamo per riconvocare i rispettivi tavoli.
Venendo alla situazione Italtel, l'onorevole Peluffo ha già sottolineato la situazione Pag. 4di criticità dell'azienda legata in particolare all'elevato livello dell'indebitamento e all'insufficiente redditività che non consente di ridurre in modo significativo l'indebitamento.
Da questo punto di vista è anche importante puntare ad un aumento di capitale dell'azienda che consenta di abbattere il debito ma non è soltanto un problema finanziario: c'è un problema più generale di alleanze strategiche per riprendere a pieno ritmo l'attività di Italtel e avere prospettive forti sul mercato. A questo riguardo, come ricordava l'onorevole Peluffo, si sono manifestate delle dichiarazioni di interesse da parte di diverse società che prefigurano, come si sottolinea sempre nell'interpellanza, soluzioni diverse possibili.
Forse quella che più può essere coerente con l'esigenza di rafforzare Italtel - ma questo naturalmente è tema di valutazione prima di tutto da parte la società e poi da parte del Ministero - è la soluzione di ingresso nel capitale di una importante società internazionale mantenendo unita la capacità produttiva di Italtel, a differenza invece di soluzioni per segmenti. Questa è la situazione specifica dell'azienda e su questo stiamo lavorando. Come dicevo, riconvocheremo presto il tavolo per chiarire le prospettive in atto.
D'altra parte però giustamente l'interpellanza sottolinea come la situazione dell'azienda dipenda dal contesto di mercato complessivo oltre che da problematiche specifiche dell'azienda. Il contesto di mercato complessivo vede un ritardo del nostro Paese nell'avvio del programma banda larga su cui il Governo è impegnato fortemente a recuperare. Qualora vi fosse, come noi intendiamo che ci sia, un rilancio di tale programma, anche le prospettive di queste singole società di cui abbiamo parlato, in particolare di Italtel, naturalmente potrebbero migliorare in modo significativo.
In questo momento è prioritario, naturalmente, il completamento del Piano nazionale banda larga, in modo da garantire a tutti cittadini italiani la possibilità di connettersi ad Internet ad una velocità di almeno 2 Mbit/s entro il 2013. Su questo stiamo anche convogliando fondi nazionali, regionali e comunitari per completare il programma. Per le regioni del Nord stiamo cercando di reperire anche ulteriori risorse.
Il punto è, però, la prospettiva di più lungo termine. Qui, come sapete, abbiamo rilanciato, in particolare nell'ambito del decreto-legge in materia di semplificazioni, il progetto strategico Agenda digitale italiana che ha riscosso interesse da parte del mercato, delle associazioni di categoria, delle regioni, degli enti locali e che, in questo momento, è all'attenzione della Commissione europea nell'ambito della più complessiva strategia «Europa 2020».
La costituzione della cabina di regia per l'Agenda digitale ha come obiettivo quello di garantire l'accesso alla banda larga. Diciamo che la cabina di regia vuole accelerare la realizzazione del programma, che ha come obiettivo quello di garantire l'accesso alla banda larga entro il 2013, completare, quindi, il primo programma, e poi l'accesso a Internet ad una velocità di almeno 30 Mbit/s entro il 2020.
Il progetto strategico si sostanzia in due ambiti principali di intervento. Il primo è lo sviluppo della banda ultralarga, appunto su potenze superiori. In particolare, poi, pensiamo anche a connessioni con banda ultralarga per almeno il 50 per cento - questo è nel programma europeo - delle famiglie europee, ossia che questo 50 per cento possa avere connessioni di almeno 100 Mbit/s.
Per quanto concerne la banda ultralarga, noi sappiamo che abbiamo un'estensione di rete ancora molto ridotta in Italia e che i programmi di sviluppo oggi in essere da parte degli operatori privati, per quanto importanti, però, non sono sufficienti a realizzare gli obiettivi che ci siamo posti. Per il momento, con il piano di azione e coesione, abbiamo messo in campo 450 milioni di euro dedicati allo sviluppo della banda ultralarga che significa, in particolare, come sappiamo, un programma in termini di obiettivi e di Pag. 5modalità di intervento che dovrebbe costituire e collocarsi ai livelli delle migliori pratiche europee. Chiaramente Italtel, all'interno di un programma di questo genere, potrà avere un contesto di mercato più favorevole.
Ma anche sull'altro versante del programma si possono aprire possibilità interessanti di mercato per Italtel. Parlo della realizzazione dei data center dove ci si avvarrà delle più avanzate tecnologie: server ad alta densità, virtual machine, storage area network, ed altro e, naturalmente, con lo sviluppo di servizi di cloud computing. L'obiettivo è quello di sviluppare sistemi che favoriscano piccole e medie imprese e pubblica amministrazione, riducendo i costi legati alle tecnologie dell'informazione e rendendo più efficienti i sistemi di information and communication technology pubblici e privati. Anche questo progetto potrà dare risultati importanti, sempre di contesto di mercato. Attualmente, il finanziamento previsto ammonta a 121 milioni di euro e, in particolare, si concentra su regioni che hanno difficoltà a sviluppare autonomamente questo tipo di servizi; parliamo, in particolare, di Calabria, Basilicata, Sardegna e Molise.
Infine, segnaliamo che l'azione della cabina di regia è indirizzata non solo a sviluppare le infrastrutture, ma - e questo per Italtel può essere molto importante - il settore dei servizi, dove le priorità sono soluzioni di e-government, gestione di open data, soluzioni di sanità elettronica.
Insomma, si tratta di attività che contribuiranno a rilanciare il settore telecomunicazioni. L'intenzione del Governo è quella di accelerare su questo terreno, focalizzare l'uso delle risorse e, quindi, creare un contesto di mercato più favorevole anche per Italtel. Dopodiché, naturalmente, i problemi dell'azienda restano in campo, ma in un contesto diverso potranno trovare migliore soluzione. In ogni caso, intanto, convocheremo il tavolo e affronteremo i nodi giunti al pettine nelle ultime settimane.

PRESIDENTE. L'onorevole Gentiloni Silveri, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

PAOLO GENTILONI SILVERI. Signor Presidente, prendiamo atto con soddisfazione, sia della notizia - che il Governo ha dato - dell'imminente riconvocazione del tavolo Italtel, sia del fatto che lo scenario dei problemi - come si evince dalle parole del sottosegretario - è chiaramente all'attenzione e ben conosciuto da parte del Governo.
Approfitto dell'occasione soltanto per segnalare nuovamente all'attenzione del Governo un paio di questioni. La prima riguarda proprio Italtel. Quest'ultima non è solo l'erede di una grande storia: quelli della nostra generazione ricordano Italtel con 30 mila dipendenti e con una grande manager donna - Marisa Bellisario - che la guidava. Insomma, una storia di grande successo. Oggi si potrebbe dire che Italtel è ormai un'azienda ridotta a 1.500-2.000 unità e la si difende solo per ragioni sociali. Ovviamente, le ragioni sociali contano, eccome, ma Italtel continua ad essere, invece, un'azienda che produce - dal punto di vista dell'ingegneria dei sistemi di comunicazione e dei servizi avanzati di TLC - prodotti molto utili e all'avanguardia.
Credo, dunque, che evitare la conclusione di questa esperienza ed evitare anche, dal mio punto vista, che essa diventi - per capirci - un'esperienza cinese, sia una sfida che deve impegnare il Governo e mi fa piacere che il sottosegretario De Vincenti lo ricordi. Naturalmente non è una sfida semplice. Penso che il tavolo che il Governo ha convocato forse dovrebbe valutare anche - oltre, ovviamente, alle offerte che giungono da parte di diverse imprese multinazionali - la seguente possibilità: favorendo un consolidamento del debito, favorendo processi di aggregazione e, a quel punto, rendendo possibile anche l'intervento del Fondo strategico della Cassa depositi e prestiti - ma, naturalmente, solo dopo aver costruito un percorso di consolidamento del debito e di eventuale fusione con altri soggetti - ebbene, in quel caso potrebbe nascere, non Pag. 6dico un campione nazionale, ma un'impresa, in un settore in cui l'Italia è stata fortissima in decenni passati e in cui rischiamo di diventare semplicemente dei consumatori. Tra l'altro, siamo dei fortissimi consumatori, soprattutto di telefonia mobile, eppure rischiamo di vedere scomparire del tutto o, comunque, indebolire la nostra industria. Pertanto, la sollecitazione rivolta al Governo è quella di considerare anche la possibilità, nell'ambito di quella che una volta si chiamava politica industriale, di favorire un percorso di questo genere: ossia, valutare non solo le offerte che provengono da altre multinazionali, ma la possibilità di creare un'aggregazione che, una volta consolidato il debito, consenta anche al Fondo strategico della Cassa depositi e prestiti di intervenire.
Naturalmente, Italtel è strategica in particolare per quanto riguarda le reti di telecomunicazione del futuro, quelle di nuova generazione. Quindi, è importante che il Governo ribadisca il fatto che - oltre all'impegno sulla banda larga e sul digital divide, in relazione al quale il sottosegretario dice che investirà, oltre che attraverso il piano Eurosud, anche con altre risorse per le regioni del Nord, se ho capito bene - per Italtel, ma anche per le altre aziende del settore, è molto importante la cosiddetta banda ultralarga, perché molti dei sistemi che loro realizzano hanno più quella prospettiva.
Credo sia fondamentale ribadire l'impegno e l'interesse del Governo; ci aspettiamo naturalmente - è un lavoro che la IX Commissione della Camera ha sviluppato con varie audizioni e di cui forse, nelle prossime settimane, avremo la conclusione con l'audizione del Ministro Passera - di capire quale sarà il modello italiano di sviluppo di queste reti di prossima generazione. Il Governo precedente aveva messo in piedi un tavolo tra i diversi operatori, ipotizzando una sorta di società della rete; ci sono delle esperienze locali, per esempio in Lombardia, che prevedono un altro schema. È molto importante che l'obiettivo che veniva qui ribadito, del 50 per cento di copertura della banda oltre i 100 megabit al secondo, si traduca anche in una strategia; ce n'era una che non è riuscita, a mio avviso: quella del Governo precedente; ci sono delle esperienze private, l'esperienza Metroweb, nata in particolare a Milano. Serve, a mio parere, un segnale forte, da questo punto di vista, del Governo per rilanciare le prospettive di mercato in questo campo; il che non solo fa recuperare all'Italia il rischio di un ritardo ma naturalmente crea le condizioni per Italtel, Sirti e Sielte e le imprese di questo settore per avere maggiori opportunità.

(Iniziative in materia di inquadramento del personale della scuola trasferito dai ruoli degli enti locali a quelli dello Stato, con particolare riferimento al riconoscimento a fini giuridici ed economici dell'anzianità maturata presso l'ente locale di provenienza - n. 2-01387)

PRESIDENTE. L'onorevole Giammanco ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01387, concernente iniziative in materia di inquadramento del personale della scuola trasferito dai ruoli degli enti locali a quelli dello Stato, con particolare riferimento al riconoscimento a fini giuridici ed economici dell'anzianità maturata presso l'ente locale di provenienza (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

GABRIELLA GIAMMANCO. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, la mia interpellanza sottopone all'attenzione del Governo e di quest'Aula una questione che ho più volte sollevato, nel corso di questi mesi, all'Esecutivo. La mia iniziativa giunge infatti dopo una interrogazione presentata in Commissione Cultura e una risoluzione, di cui sono prima firmataria, attualmente in discussione in Commissione Lavoro. In entrambi i casi si tratta di provvedimenti ampiamente condivisi che godono di un sostegno trasversale da parte di colleghi parlamentari appartenenti a tutte le forze politiche presenti in questo Parlamento; segno evidente che l'argomento oggetto della mia interpellanza va al di là degli Pag. 7interessi del singolo partito e per questo merita la dovuta attenzione da parte del Ministero competente.
Ciò premesso, signor sottosegretario, la questione che le sottopongo vede protagonisti gli insegnanti tecnico-pratici transitati, ormai diversi anni fa, dagli enti locali allo Stato. L'articolo 8 della legge n. 124 del 1999 infatti, ha stabilito il trasferimento degli ITP, insegnanti tecnico-pratici, e del personale ATA, il personale ausiliario, tecnico e amministrativo, dai ruoli degli enti locali a quelli dello Stato, garantendo loro il completo riconoscimento dell'anzianità maturata presso l'ente di provenienza.
Il sopracitato articolo 8 della legge n. 124 del 1999 ha determinato, inoltre, una netta distinzione tra le due figure professionali, collocando il personale ATA al comma 2 e gli insegnanti tecnico-pratici al comma 3. Ciò in linea con il decreto legislativo n. 297 del 1994, e cioè con il Testo unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione, che esplicita chiaramente la diversità di funzioni tra il personale docente ITP a cui si richiama l'articolo 395 e il personale ATA a cui si richiama l'articolo 543. Queste precisazioni, sottosegretario, sono indispensabili per comprendere meglio ciò che è accaduto successivamente al 1999.
Nel 2000, infatti, le organizzazioni sindacali hanno stipulato un accordo con l'Aran, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni, stravolgendo l'articolo 8 della legge n. 124 del 1999, stabilendo che l'inquadramento del personale trasferito allo Stato avvenisse non più attraverso il riconoscimento ai fini giuridici ed economici dell'anzianità maturata presso l'ente locale di provenienza, come stabilito dalla legge, bensì attraverso il metodo del maturato economico sulla base di quanto percepito nell'ente di provenienza, considerando solo lo stipendio tabellare, alla data di entrata in vigore della legge n. 124 del 1999.
Questo, quindi, al netto - lo voglio sottolineare - di tutte quelle indennità che negli enti locali contribuivano, in massima parte, a determinare lo stipendio. In questo modo, chi aveva, per esempio, già vent'anni di anzianità presso l'ente locale di provenienza, ha ricevuto lo stipendio corrispondente a soli quattro anni di anzianità dallo Stato, mentre, per intenderci, chi ne aveva, ad esempio, maturato ventotto, ha ricevuto lo stipendio corrispondente a nove anni di servizio.
Si è, quindi, venuta a creare una situazione di evidente disparità, per cui due persone che fanno lo stesso lavoro, dallo stesso periodo di tempo, che lavorano nello stesso ambiente, che hanno la stessa qualifica, che sono pagati dallo stesso datore di lavoro, cioè lo Stato, hanno uno stipendio diverso solo perché prima del gennaio del 2000 uno dei due dipendeva da un ente locale. Comprensibili, quindi, i molteplici ricorsi da parte dei lavoratori.
Il contenzioso determinatosi dopo l'applicazione dell'accordo con i sindacati ha visto soccombere il MIUR di fronte alla quasi totalità delle sentenze emesse dai tribunali e dalle corti d'appello e alla totalità delle sentenze della Corte di Cassazione, che hanno sostanzialmente bocciato tale accordo, ritenendolo privo di natura normativa, ripristinando, come previsto all'articolo 8 della legge n. 124 del 1999, il diritto del personale al riconoscimento, ai fini giuridici ed economici, dell'anzianità maturata presso l'ente di provenienza.
Con il comma 218 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2006 il Governo ha poi disconosciuto il diritto acquisito dai lavoratori ex enti locali all'anzianità maturata presso l'ente di provenienza e ha riproposto sostanzialmente l'accordo tra i sindacati e ARAN, bocciato da numerosissime sentenze. Ma il suddetto comma 218 della finanziaria per il 2006 esclude totalmente dalla sua formulazione il personale docente ITP, gli insegnanti tecnico pratici; infatti, recita così: il comma 2 dell'articolo 8 della legge 1999, n. 124, si interpreta nel senso che il personale degli enti locali trasferito nei ruoli del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) statale è inquadrato nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali dei corrispondenti Pag. 8ruoli statali sulla base del trattamento economico complessivo in godimento all'atto del trasferimento.
Tra l'altro, a riprova che il personale ITP sia escluso dalla legge finanziaria per il 2006, che, lo sottolineo, faceva riferimento solo agli ATA, vi è il fatto che le sentenze e le ordinanze emesse dalla Corte costituzionale, che ha ritenuto legittimo il comma 218 della finanziaria sulle ordinanze di rinvio emesse da tribunali e corti d'appello, si sono unicamente riferite al comma 2 dell'articolo 8 della legge n. 124 del 1999, riguardante, appunto, il personale ATA, e mai agli insegnanti tecnico pratici di cui al comma 3 della suddetta legge.
Tra l'altro, recenti decisioni giurisprudenziali hanno riportato all'attenzione la questione. Per esempio, con la sentenza del 7 giugno 2011, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha riconosciuto che, in conseguenza del comma 218 della legge finanziaria per il 2006, i lavoratori si sono visti negare il diritto ad un giusto processo, per cui lo Stato italiano ha violato l'articolo 6, comma 1, della Convenzione dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. E ancora, il 6 settembre 2011 la Corte di giustizia europea ha emesso una sentenza con la quale censura i provvedimenti di inquadramento emanati dal Ministero che non riconoscano l'effettiva anzianità maturata presso l'ente di provenienza.
Sottosegretario, si tratta di decisioni autorevoli e recentissime, e anche per questo meritevoli di particolare attenzione da parte del Governo. Alla luce di questa lunga e problematica successione di eventi e anche in considerazione delle recenti decisioni giurisprudenziali, chiedo quindi a lei, sottosegretario, e al Governo, che lei rappresenta, quali iniziative intenda avviare per risolvere la questione degli ITP, al fine di garantire e riconoscere loro il giusto inquadramento, essendo esclusi dal comma 218 della finanziaria per il 2006 ed avendo diritto a quanto stabilito dal comma 3 dell'articolo 8 della legge n. 124 del 1999.
Le chiedo altresì, sottosegretario, di assumere iniziative finalizzate al blocco della riscossione delle somme dovute dagli ITP allo Stato per questa assurda catena di eventi. Questi insegnanti si trovano, infatti, nella condizione di dover restituire mensilmente allo Stato somme di notevole entità. Si tratta di ritenute mensili che arrivano fino a 750 euro e lo dico, sottosegretario, con i cedolini degli stipendi di questi lavoratori in mano, cedolini da cui si arriva a trattenere ogni mese fino ad un terzo dello stipendio. Si tratta di debiti individuali che arrivano ad ammontare anche a più di 50 mila euro recuperati a rate, ogni mese appunto, dalle buste paga. Signor sottosegretario, per tutto ciò le chiedo una risposta esaustiva e puntuale.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Elena Ugolini, a cui diamo il benvenuto, ha facoltà di rispondere.

ELENA UGOLINI, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, non so se sarò esaustiva. L'onorevole interpellante chiede quali iniziative il Ministro intenda adottare per risolvere le annose questioni sorte in occasione dell'inquadramento degli insegnanti tecnico pratici transitati dai ruoli degli enti locali a quelli dello Stato a norma dell'articolo 8 della legge n. 124 del 1999.
Come è noto, sulle modalità di inquadramento del personale ATA e degli insegnanti tecnico pratici nei ruoli dello Stato, il Governo ha più volte riferito in Parlamento, ricordando che tali modalità sono state univoche per entrambe le tipologie di personale e hanno dato luogo ad un rilevante contenzioso relativamente alla diversa determinazione del trattamento economico prevista per il personale scolastico statale e per quello degli enti locali, ai termini di calcolo dell'anzianità di servizio, ai rapporti tra l'articolo 8 della legge n. 124 del 1999 e l'accordo collettivo del 20 luglio 2000.
A seguito del sopravvenire di talune decisioni della Corte di Cassazione, e tenuto Pag. 9conto della portata dell'onere economico che sarebbe derivato dall'accoglimento delle richieste dei ricorrenti, si ritenne opportuno, onde porre conclusione alla vicenda, intervenire in via legislativa con una norma di interpretazione autentica dell'articolo 8 della legge n. 124 del 1999.
L'articolo 1, comma 218, della legge n. 266 del 2005 (finanziaria per il 2006), ha in tal senso stabilito che il personale in argomento «è inquadrato, nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali dei corrispondenti ruoli statali, sulla base del trattamento economico complessivo in godimento all'atto del trasferimento, con l'attribuzione della posizione stipendiale di importo pari o immediatamente inferiore al trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999 costituito dallo stipendio, dalla retribuzione individuale di anzianità nonché da eventuali indennità, ove spettanti, previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro del comparto degli enti locali, vigenti alla data dell'inquadramento. L'eventuale differenza tra l'importo della posizione stipendiale di inquadramento e il trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999, come sopra indicato, viene corrisposta ad personam e considerata utile, previa temporizzazione, ai fini del conseguimento della successiva posizione stipendiale. È fatta salva l'esecuzione dei giudicati formatisi alla data di entrata in vigore della presente legge». Questa è la citazione della legge finanziaria per il 2006.
In merito a tale disposizione, la giurisprudenza ha successivamente sollevato dubbi di legittimità costituzionale ritenuti dalla Corte costituzionale non fondati con la sentenza n. 234 del 2007. Gli interessati si sono quindi rivolti alla Corte europea dei diritti dell'uomo che ha assunto una decisione loro favorevole motivata dalla circostanza che, nel corso della vicenda, sarebbe stata compiuta una violazione dell'articolo 6, comma 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, concernente il diritto ad un giusto processo, e così accogliendo la richiesta all'inquadramento nei ruoli dello Stato da effettuare mediante il riconoscimento degli effetti giuridici ed economici maturati fino al 31 dicembre 1999.
Secondo quanto riferito dalla competente direzione generale per il personale scolastico, interpellata sul punto, allo stato attuale sono in corso di definizione le procedure concernenti il riconoscimento di quanto invocato dai ricorrenti, mediante la procedura della cosiddetta equa soddisfazione. Il Ministero è in attesa di conoscere le risultanze processuali e procedurali al fine di definire, congiuntamente alle istituzioni preposte, le modalità per pervenire alla corresponsione del differenziale economico invocato.
In tal senso, la citata direzione generale ha fatto presente che il personale in questione si vedrà attribuito quanto riconosciuto, sia nelle sedi europee sia per effetto di decisioni del giudice nazionale e, analogamente, si provvederà per la definizione dell'inquadramento nei ruoli.

PRESIDENTE. L'onorevole Giammanco ha facoltà di replicare.

GABRIELLA GIAMMANCO. Signor Presidente, mi dichiaro soddisfatta di questa risposta perché mi auguro che presto si possa passare dalle parole, dallo studio su questo argomento a fatti, a fatti concreti, a risposte che da tanti anni si attendono e che questi lavoratori attendono. Mi permetta di aggiungere, sottosegretario, che attualmente gli insegnanti tecnico pratici transitati dagli enti locali ai ruoli statali sono meno di 600 e che tale numero è destinato ad azzerarsi, essendo esclusa qualsiasi ipotesi di integrazione dell'attuale organico.
Si tratta, quindi, di un numero complessivamente esiguo, ragione in più per ritenere che l'impegno, sicuramente legittimo e ammirevole, del Governo di far quadrare i conti e di non disperdere le risorse pubbliche non debba e non possa entrare in contrasto con l'interesse di questi lavoratori, che giustamente - lo ripeto, giustamente - vorrebbero vedere loro riconosciuto il frutto di tanti anni di Pag. 10lavoro. Quindi, chiedo a gran voce a lei e al Governo che lei rappresenta di intraprendere azioni concrete per dare a questi lavoratori delle risposte che si rinviano ormai da troppi anni.

(Problematiche concernenti l'annunciata chiusura dell'Agenzia per il terzo settore - n. 2-01394)

PRESIDENTE. L'onorevole Barbaro ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01394, concernente problematiche concernenti l'annunciata chiusura dell'Agenzia per il terzo settore (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

CLAUDIO BARBARO. Signor Presidente, svolgo alcune considerazioni preliminari rispetto alla illustrazione complessiva dell'interpellanza, che fanno essenzialmente riferimento a un motivo specifico per il quale abbiamo inteso, io e il collega Della Vedova, presentare questa interpellanza, ma che possono essere ricondotte ad una disamina più generale di quelle che sono le problematiche del terzo settore. Nello specifico, l'interpellanza fa riferimento all'aspetto legato ad una intenzione, prima annunciata e poi decisa nella riunione del Consiglio dei Ministri del 24 febbraio 2012, che è quella relativa alla chiusura dell'Agenzia per il terzo settore.
Noi vorremmo, oltre che rappresentare lo sconcerto di tutti gli operatori del terzo settore, cercare anche di capire come questa decisione si rifletta più in generale su quelle che potrebbero essere le future mosse del Governo in questa materia. In particolare, vorremmo cercare di capire se da questa decisione possano seguire delle decisioni che in maniera ancora più incisiva vanno a determinare conseguenze ancora più negative per quello che riguarda la vita di un settore che già è abbondantemente vessato da parte delle istituzioni.
È vero che il provvedimento ha fatto riferimento ad una intenzione legittima, ci mancherebbe altro, di contenimento della spesa pubblica, ma è anche altrettanto vero che il risultato che ne è scaturito è stato abbastanza modesto perché stiamo parlando di un intervento che, in termini di contenimento, alla fine è risultato pari ad un risparmio per 700 mila euro. Però noi vogliamo cercare di capire se questo sta a significare un progressivo disimpegno nei confronti del terzo settore oppure fa esclusivamente riferimento ad un fatto contingente di natura finanziaria. Ma ovviamente è l'aspetto al quale ho fatto poc'anzi riferimento quello che ci interessa di più, ossia se possiamo considerarlo o meno un disimpegno nei confronti del terzo settore.
Noi di Futuro e Libertà, che siamo convinti sostenitori di questo Governo, ovviamente apprenderemmo con una certa preoccupazione se questa linea dovesse in qualche modo realizzarsi e se anche il Governo dovesse uniformarsi agli indirizzi dei precedenti. Per questo, ritengo che l'interpellanza, oltre che essere un fatto dovuto, possa anche apparire come un dovuto chiarimento sulle intenzioni politiche del Governo in materia.
Nello specifico, vorrei andare ad illustrare l'interpellanza che ho presentato, spero in maniera sintetica, cercando di limitarmi ad alcuni aspetti. In particolare, l'Agenzia in questione è un ente di diritto pubblico di emanazione governativa operativa dal 2002 e ha svolto importanti funzioni di indirizzo, promozione e controllo fiscale e giuridico sulle organizzazioni non lucrative di attività sociale e di soggetti del terzo settore, sugli enti non commerciali. È stata cioè il punto di riferimento per tutte quelle organizzazioni private che producono beni e servizi destinati al pubblico come le cooperative sociali, le associazioni di volontariato e quelli promozione sociale, le organizzazioni non governative e le ONLUS.
Anche sul piano del controllo, la sua azione è stata importante: la collaborazione con la Guardia di finanza e con l'Agenzia delle entrate nelle attività di accertamento su questo settore ha prodotto buoni risultati. Potremmo, quindi, dire che l'attività dell'Agenzia come organo terzo è stata importante dal punto di vista Pag. 11interno, ma anche dal punto di vista delle istituzioni, come dimostrato dal rapporto con la Presidenza del Consiglio a cui annualmente l'Agenzia era tenuta a riferire tramite relazione.
Pertanto, se da una parte la recente decisione del Governo di chiudere quest'ente e di mettere ordine nel settore delle authority è legittimato dalla necessità di razionalizzazione della spesa pubblica e dall'indispensabile esigenza di risanamento dei conti pubblici, dall'altro occorre comunque che l'Esecutivo mantenga elevata la soglia di attenzione sull'intero mondo del privato sociale e si impegni concretamente nel sostenerlo, sia attraverso una visione strategica strutturata di lungo periodo, sia economicamente. Una mancanza di considerazione nei confronti dell'associazionismo rischia di agevolare i numerosi soggetti che cercano di ingannare strumentalmente il fisco, producendo un ingente danno alla collettività ed espone al pericolo di disperdere un potenziale che, invece, deve essere messo a sistema.
Brevemente tenterò di analizzare alcuni degli innegabili pregi di questo settore. Innanzitutto, dal punto di vista economico la cosiddetta terza dimensione dà un prezioso aiuto, dal momento che questa, stando alle indagini ISTAT dello scorso anno che prende spunto dal censimento delle organizzazioni non governative eseguito nel 1999, garantirebbe un volume di entrate che ammonta intorno ai 40 miliardi di euro. Anche il CNEL, in un capitolo del rapporto del 2011 sul mercato del lavoro, ha sottolineato il potenziale di sviluppo qualitativo e quantitativo dell'impresa sociale.
In secondo luogo, la terza dimensione svolge naturalmente il ruolo di ammortizzatore sociale in un periodo in cui lo Stato centrale dimostra difficoltà a mantenere quelli tradizionali come la cassa integrazione guadagni. Servizi di qualità sempre più spesso vengono offerti da soggetti privati che si affiancano a strutture pubbliche o intervengono in aree in cui questi presentano carenze oggettive. La riorganizzazione del welfare - questo è un passaggio importante - non può prescindere da questa considerazione: è impossibile continuare a pensare che debba essere il cittadino a prendersi cura di se stesso ricorrendo alle sue risorse private senza il supporto dello Stato. È il caso, ad esempio, della cura degli anziani: troppo spesso questa è lasciata a carico delle famiglie, che sono indotte a ricorrere a badanti e colf intaccando i propri risparmi.
Un ulteriore motivo per cui ritengo improrogabile affrontare il destino del terzo settore è che, mentre scende vertiginosamente la fiducia dei cittadini nei confronti dei partiti - fatto di fronte al quale non dobbiamo rassegnarci, ma di cui è vitale prendere atto - quella nei confronti dei soggetti che operano nel privato sociale è ancora molto elevata. L'ultimo rapporto Eurispes riporta, infatti, un consenso nei confronti delle associazioni di volontariato pari al 77,4 per cento, a testimonianza del prezioso lavoro svolto negli ultimi anni, quando hanno saputo sopperire alle carenze dell'apparato centrale dello Stato.
Infine, ritengo che sia giusto adottare una visione europeista non solo quando si tratta di politiche economiche, ma anche in altri ambiti. Il condizionamento da parte dei processi di integrazione sovranazionale deve cioè funzionare da stimolo anche in altri campi. A tal proposito, penso alla politica dei conservatori britannici che, con il modello della big society, anche per rispondere alla crisi economica globale, hanno lavorato per creare una società estesa in cui i singoli individui riuniti in associazioni diventano i destinatari di una profonda decentralizzazione politica ed economica. In questo ambito, sarebbe interessante guardare alla Charity Commission, struttura indipendente che si propone di regolamentare il privato sociale e di rendere più consapevole la società del ruolo che questa può svolgere nello sviluppo delle comunità locali.
In base a tutte le considerazioni di cui sopra, come richiesto nell'interpellanza urgente presentata, ritengo opportuno che il Governo avvii tavoli tecnici per valutare il destino del settore cercando, insieme a Pag. 12tutte le principali forze che vi operano, di individuare piani di azione favorevoli al suo sviluppo e alla sua continua operatività.
Alla luce del trasferimento al Ministero del lavoro e delle politiche sociali delle competenze che prima erano dell'Agenzia per il terzo settore, invito l'Esecutivo a valutare anche l'opportunità di regolare l'indipendenza del mondo dell'associazionismo e ad evitare di caricarlo di eccessive responsabilità. Il pubblico non può sottrarsi e delegare al privato compiti essenziali ai fini della tenuta sociale, senza aver preventivamente analizzato la situazione e predisposto un disegno fatto di complementarietà.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Elena Ugolini, ha facoltà di rispondere.

ELENA UGOLINI, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, rispondo a nome del sottosegretario Cecilia Guerra, che mi ha chiesto di rispondere in suo nome perché impegnata in attività istituzionali che erano state precedente assunte e, perciò, mi ha fatto questa richiesta.
Questa interpellanza urgente, che ha come oggetto la soppressione dell'Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, ha ricordato un atto fondamentale che è appena stata approvato. Infatti, il decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, recante disposizioni urgenti in materia di semplificazione tributaria, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento, ha disposto, a decorrere dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto-legge, la soppressione dell'Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, agenzia che era stata istituita il 26 settembre 2000.
La soppressione dell'Agenzia è stata operata per garantire una razionalizzazione delle strutture pubbliche coinvolte sui temi del terzo settore. Con il medesimo decreto-legge viene stabilito che i compiti e le funzioni precedentemente esercitate dalla soppressa Agenzia sono trasferiti al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che li eserciterà attraverso la direzione generale per il terzo settore e le formazioni sociali, che già si occupa di promozione e sostegno delle attività di volontariato e di promozione sociale. A tal fine, la disposizione di cui al comma 23, dell'articolo 8, prevede che l'assetto organizzativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali sia aggiornato attraverso l'adozione di appositi regolamenti, che consentano di ricondurre alla citata direzione generale l'esatta attribuzione delle competenze precedentemente esercitate dalla soppressa Agenzia. Per il finanziamento di tali competenze il Ministero del lavoro e delle politiche sociali potrà avvalersi delle risorse finanziarie originariamente destinate al funzionamento dell'Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, che non verranno, quindi, sottratte al sostegno del terzo settore.
La valutazione favorevole a procedere ad un superamento dell'Agenzia del terzo settore, adottata dal Consiglio dei Ministri, non discende certo da una sottovalutazione né dell'importanza che il terzo settore riveste nel nostro sistema di welfare e nel Paese nel suo complesso, né dell'opportunità che ad esso siano assicurate funzioni di indirizzo, promozione e vigilanza. Ciò su cui ci si è interrogati è, al contrario, se, dato il livello di finanziamento che nell'attuale situazione di finanza pubblica si era in grado di assicurare all'Agenzia che, come da tempo è stato sostenuto da membri autorevoli della stessa, si è mostrato inadeguato per il pieno svolgimento della sua attività e stante l'impossibilità di dare corso a progetti più ambiziosi, quali la sua trasformazione in Authority, assistita ovviamente da un finanziamento più corposo, non esistesse una modalità di garantire al terzo settore un servizio migliore di quello attuale, senza aumento di costi.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ben consapevole e convinto della necessità di garantire attenzione e supporto al terzo settore, si è reso disponibile, Pag. 13nel caso in cui l'orientamento del Consiglio dei Ministri fosse, come poi è stato, a favore di un superamento dell'Agenzia, in spirito di servizio a subentrare nei compiti principali attualmente svolti dall'Agenzia stessa, con la funzione di garantire al terzo settore un punto di riferimento stabile, strutturato e competente.
In particolare, la direzione generale per il terzo settore e per le formazioni sociali del Ministero si farà carico delle funzioni principali attualmente svolte dall'Agenzia. In primo luogo, un ruolo di controllo e consulenza per il testo settore in materia fiscale e normativa, avvalendosi di personale adeguatamente formato ed anche instaurando tavoli di confronto, in particolare con l'Agenzia delle entrate, per trovare soluzioni ai problemi interpretativi più frequenti. Da sottolineare che già oggi la direzione generale per il terzo settore e le formazioni sociali svolge un ruolo di supporto e assistenza ad esempio per la preparazione delle domande per accedere ai finanziamenti e nel campo dell'erogazione dell'accesso al 5 per mille. Inoltre nel Ministero sono presenti le competenze di ispezione utili a fronteggiare il problema delle false ONLUS che tanto danno recano al settore. La direzione per il terzo settore potrà subentrare all'Agenzia anche per quanto riguarda il necessario coordinamento con altri Ministeri che attualmente ne sono interlocutori, ad esempio il Ministero dello sviluppo economico e il Ministro degli affari esteri.
La messa a punto di linee guida e altri orientamenti strategici su alcuni aspetti trasversali al terzo settore è il secondo impegno che la direzione si assume. In questo ambito un ruolo di rilievo potrebbe essere svolto dagli osservatori - osservatori delle associazioni di promozione sociale e osservatorio del volontariato - incardinati nella direzione per il terzo settore e le formazioni sociali che già agiscono in funzione di raccordo tra terzo settore e Ministero. La predisposizione di questi atti di indirizzo potrebbe essere preceduta da audizioni dei soggetti del terzo settore o di studiosi particolarmente attivi nella materia in cui si ritiene di dover intervenire.
È convinzione del Ministero che la soluzione proposta, che verrà costruita anche attraverso un confronto con il terzo settore, possa essere migliorativa rispetto all'esistente e aiutare la valorizzazione del terzo settore, che intende promuovere e sostenere su tutto il territorio nazionale.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola all'onorevole Barbaro che, poiché siamo in sede di svolgimento di interpellanze urgenti, avrà la facoltà di dichiararsi più o meno soddisfatto della risposta ricevuta dal sottosegretario, colgo l'occasione per salutare gli studenti del primo circolo didattico Oddino Montani, di Latina, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi). Il numero di deputati presenti in Aula è determinato semplicemente dal fatto che sono presenti i presentatori dell'interpellanza urgente al Governo.
L'onorevole Barbaro ha facoltà di replicare.

CLAUDIO BARBARO. Signor Presidente, preciso immediatamente che sono totalmente insoddisfatto...

PRESIDENTE. Almeno la chiarezza c'è!

CLAUDIO BARBARO. Assolutamente, anche perché non ho ricevuto una risposta politica, ma amministrativa, sarà la risposta degli uffici più che del sottosegretario, anzi mi ha francamente sorpreso questa risposta, perché non mi aspettavo addirittura dei riferimenti a strutture amministrative del Ministero che io vedo come assolutamente colpevoli per quello che riguarda alcune situazioni, anche di carattere finanziario, che fanno riferimento a tematiche del terzo settore. Soltanto per dirne una e circoscrivere ad aspetti legati al motivo per il quale oggi siamo qui a discutere - ossia il contenimento della spesa pubblica relativa al risparmio presunto, almeno per quello che riguarda poi Pag. 14eventuali ricadute derivanti dalla soppressione dell'Agenzia - in merito all'attività della direzione generale alla quale lei ha fatto riferimento, soltanto per accertare i requisiti relativi alla legittimità della concessione di un contributo qualsiasi a favore di associazioni del terzo settore, spende mediamente il triplo o il quadruplo del contributo concesso. Se questo è un risparmio della spesa pubblica, vorrei avere, anche da questo punto di vista, delle risposte da parte del Ministero.
O comunque vorrei avere risposte da parte del Ministro e del sottosegretario in ordine a fatti che riguardano situazioni di carattere politico che ritengo indispensabili per cercare di capire quale sarà il futuro del terzo settore, che ha ottenuto, se vogliamo dire in termini di discontinuità, da parte del Governo, soltanto un provvedimento, che è vero che è discontinuo rispetto ai Governi precedenti, ma che addirittura è andato ad eliminare uno degli elementi di equilibrio, se non di riferimento, che esistevano all'interno del terzo settore. Da un nuovo Governo ci si attende in genere che gli elementi di discontinuità possano essere legati non soltanto ad aspetti strutturali, ma soprattutto ad aspetti programmatici. Da questo punto di vista, notiamo una totale e assoluta carenza da parte della Presidenza del Consiglio, del Ministro e del sottosegretario competenti, in ordine alle tematiche da affrontare, non solo per quanto riguarda la chiusura di organi importanti, quali sono quelli per i quali oggi siamo qui, ma soprattutto per quanto riguarda il riordino normativo di un settore che è frammentato e anche vessato da una normativa per alcuni versi iniqua e che sempre di più continua a svolgere una funzione sociale importantissima all'interno del Paese che, pur non rappresentando, in termini di emergenza sociale, un problema da risolvere nell'immediato, comunque rappresenta un qualcosa al quale si deve inevitabilmente mettere mano per cercare di non compromettere la funzionalità di questo settore.
A tale proposito, lei faceva anche riferimento al funzionamento degli osservatori: ecco un'altra anomalia che vado a sottolineare delle attività del Ministero per quanto riguarda il terzo settore. Ebbene, gli osservatori - ne faccio parte anche io, essendo presidente di un'associazione nazionale che si occupa di attività del tempo libero, di attività sociali e di sport - sono un elemento di confronto all'interno del quale non si fa altro che prendere decisioni da controllori a favore dei controllanti, che saremo noi stessi per quanto riguarda l'erogazione dei contributi, con un rischio contenzioso che ci espone continuamente a prendere le misure con attenzioni che spesso e volentieri non sempre vengono attivate nella giusta misura. Da questo punto di vista, c'è anche l'imbarazzo di un componente dell'osservatorio nel far parte di un organismo che non riesce a produrre nulla se non la possibilità di arrivare a determinare l'assegnazione di contributi annui alle associazioni che ne fanno parte e a coloro che, invece, hanno il riconoscimento delle attività sociali. Pertanto, non credo che in questo contesto così frastagliato e privo di indirizzi, io possa dichiararmi soddisfatto della sua risposta, sottosegretario, ma credo anche che con la sua risposta oggi abbiamo certificato non solo un'esigenza di cui non si sentiva assolutamente il bisogno, rispetto al modesto risparmio che ha prodotto, ma anche una totale carenza di volontà e di indirizzi politici.

(Iniziative per chiarire la non applicabilità del blocco delle progressioni economiche nei confronti dei ricercatori universitari e dei professori associati confermati nel corso degli anni 2011, 2012 e 2013, nonché dei professori straordinari divenuti ordinari nel corso dello stesso periodo - n. 2-01392)

PRESIDENTE. L'onorevole Vassallo ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01392, concernente iniziative per chiarire la non applicabilità del blocco delle progressioni economiche nei confronti dei ricercatori universitari e dei professori associati confermati nel corso Pag. 15degli anni 2011, 2012 e 2013, nonché dei professori straordinari divenuti ordinari nel corso dello stesso periodo (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

SALVATORE VASSALLO. Signor Presidente, temo che non sia inappropriato, anche se il termine è spesso abusato, riferirsi a questa vicenda come ad una vicenda assolutamente kafkiana che, da un lato, chiama in causa la correttezza e la serietà dei rapporti tra Governo e Parlamento e, dall'altro, la serietà e la correttezza dei rapporti tra le amministrazioni centrali e le amministrazioni autonome delle università. La questione è presto detta: il decreto-legge n. 78 del 2010, all'articolo 9, comma 21, come è noto, ha stabilito un blocco generalizzato degli stipendi per i dipendenti pubblici, prevedendo puntualmente che in questo triennio non sono concessi gli adeguamenti stipendiali automatici ed eventuali progressioni di carriera valgono soltanto ai fini giuridici e non anche ai fini economici.
Capisco che il sottosegretario è qui solo per riferire...

PRESIDENTE. Onorevole Barbaro, per cortesia, permetta al sottosegretario di ascoltare.

SALVATORE VASSALLO. ... ma la correttezza del Governo verso il Parlamento presuppone che il Governo ascolti l'interpellante. Dunque, il decreto-legge n. 78 del 2010 ha fissato questo blocco triennale, ma ha chiarito che il blocco vale per le progressioni automatiche e che, nel caso di progressioni di carriera, queste valgono solo ai fini giuridici, e non economici.
Ma vi è un caso particolare, che è quello delle conferme dei ricercatori e dei professori universitari, che non ricade in nessuna di queste fattispecie, perché non si tratta di progressione stipendiale automatica, in quanto l'adeguamento dello stipendio, nel loro caso, è sottoposto ad una valutazione, che può anche essere negativa, e non si tratta di una progressione della carriera, perché si tratta della mera conferma in un ruolo che questi soggetti hanno già acquisito in un momento precedente al periodo per il quale vale il blocco.
Questo argomento è stato condiviso e confermato dal Governo rispondendo ad una prima interpellanza del 9 giugno dell'anno scorso. Quindi, nove mesi fa esatti il Governo, per la prima volta, ha confermato e condiviso questo orientamento; ma siccome, ciononostante, alcuni atenei non si erano adeguati a questo orientamento, è stato necessario presentare una seconda interpellanza, perché allora si diceva che, forse, non vi era un'opinione uniforme tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e il Ministero dell'economia e delle finanze.
Ad una seconda interpellanza, rivolta congiuntamente ai Ministeri dell'istruzione, dell'università e della ricerca e dell'economia e delle finanze, vi è stata una seconda conferma che quella interpretazione fosse corretta, e che quindi l'adeguamento stipendiale fosse dovuto. Siccome ci poteva essere il dubbio che nel passaggio tra un Governo e l'altro fossero cambiate le opinioni, e siccome comunque persistevano dei dubbi da parte di alcune amministrazioni, nel dicembre dello scorso anno è stata presentata una terza interpellanza. Il Governo, in questo caso il nuovo Governo, ha confermato nuovamente questa interpretazione con dovizia di dettagli e di argomenti.
Nello stesso mese di dicembre il Governo, attraverso il decreto del Presidente della Repubblica n. 232 del 15 dicembre 2011, ha di nuovo sancito il medesimo criterio, ponendolo come una norma a sé stante, espressamente prevista da un atto normativo del Governo, che prevede che, a partire dall'entrata in vigore della legge n. 240 del 30 dicembre 2010, e quindi almeno dal 29 gennaio 2011, i professori e i ricercatori che vanno a conferma vengono inquadrati nella classe stipendiale prevista dal decreto del Presidente della Repubblica n. 382 dell'11 luglio 1980.
Quindi, viene riconosciuto questo adeguamento. È molto chiaro, anche per il fatto che non si fa riferimento al blocco Pag. 16stipendiale per questa specifica fattispecie, mentre lo si fa per altre, a definitiva conferma che l'intenzione del Governo nel suo atto normativo era quella di confermare l'interpretazione già data per tre volte in Parlamento.
Ciononostante, a dieci giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale di questo atto normativo, a nostra richiesta, perché alcuni atenei continuavano ad essere dubbiosi, gli uffici del Ministero dell'economia e delle finanze, Ispettorato generale per gli ordinamenti del personale e l'analisi dei costi del lavoro pubblico IGOP-Ragioneria generale dello Stato, ci segnalano che stanno ancora esaminando il problema e che potrebbero essere sul punto di emanare una nota che potrebbe anche rimettere in discussione questo orientamento, ampiamente ribadito dal Governo e per di più incluso in un suo atto normativo.
Siccome ci sono ancora atenei che sono dubbiosi e siccome tutta questa incertezza genera non solo una palese iniquità nei confronti dei soggetti interessati, ma è anche irresponsabile, perché rischia di generare degli equivoci e dei problemi nella gestione finanziaria degli atenei, i quali potrebbe aver fatto dei bilanci sbagliando, cioè supponendo di non dover sopportare degli oneri a cui, invece, sono tenuti, ci aspettiamo che oggi finalmente il Governo, anche per ripristinare un minimo di serietà nel rapporto con il Parlamento e con gli atenei, ci dica in maniera definitiva come stanno le cose, sperabilmente confermando quanto ha più volte già ribadito in questa sede.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Elena Ugolini, ha facoltà di rispondere.

ELENA UGOLINI, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, rispondo per conto del Ministero dell'economia e delle finanze, quindi non in veste di sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca...

PRESIDENTE. Mi permetta, sottosegretario Ugolini, capisco che è la prima volta che ci vediamo in Aula, però la precisazione è doverosa. È evidente che non è la materia a cui lei è delegata, ma il sottosegretario presente risponde sempre a nome del Governo. Quindi la responsabilità in questo caso è del Governo in quanto tale, ovviamente poi nella specificità non è la delega che le è stata affidata (questo voleva dire). Altrimenti non potremmo procedere in altro modo allo svolgimento della nostra interpellanza. Prego.

ELENA UGOLINI, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Però la risposta è del Ministero dell'economia e delle finanze. Con questa interpellanza l'onorevole Vassallo ed altri pongono quesiti in ordine all'applicazione dell'articolo 9, comma 21, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, nelle ipotesi di conferma in ruolo del personale docente e ricercatore universitario. Al riguardo, si fa presente che i professori ordinari, i professori associati ed i ricercatori, vincitori di concorso, all'atto della nomina, e per la durata di tre anni accademici, conseguono la qualifica rispettivamente di professore straordinario, professore associato non confermato e ricercatore non confermato; solo al termine di tale periodo, se concluso con giudizio favorevole, essi sono confermati nei rispettivi ruoli. Tale modalità di conferma in ruolo, configurandosi come momento conclusivo di un iter relativo all'assunzione del tutto peculiare, non può evidentemente configurarsi come progressione di carriera, intendendosi comunemente per tale il conseguimento di posizioni giuridico-economiche più elevate all'interno dell'ordinamento di appartenenza.
Inoltre, lo stesso decreto del Presidente della Repubblica n. 382 dell'11 luglio 1980, recante il riordino della docenza universitaria, ha previsto espressamente al comma 2 dell'articolo 6 che le norme concernenti la disciplina dei professori ordinari si intendono riferite anche a Pag. 17quelli straordinari, proprio a voler sancire l'omogenea visione del legislatore rispetto alla figura contemplata. Infine, la fattispecie in esame, configurando l'attribuzione di uno status giuridico-economico conseguito a seguito del superamento di un concorso, ancorché previo giudizio favorevole di un periodo di prova, non può qualificarsi come progressione di carriera (articolo 9, comma 21) nei termini sopra descritti. Analogamente, tali modalità risultano applicabili a tutte le altre categorie con immissioni in ruolo assimilabili.
Rappresenta, invece, una fattispecie differente quella relativa allo sviluppo di carriera del personale di magistratura (ad eccezione del periodo iniziale del tirocinio) che, ancorché strutturato sulla base di valutazioni quadriennali di professionalità, rientrerebbe nella casistica propria prevista dall'articolo 9, comma 21, se il successivo comma 22 non avesse espressamente escluso tale categoria dall'ambito di applicazione della norma in questione (articolo 9, comma 22, terzo periodo). Dalle considerazioni sopra esposte si ritiene di escludere la possibilità di eventuali richieste emulative, nonché il paventato rischio di svuotare la portata della norma di contenimento della spesa.

PRESIDENTE. L'onorevole Vassallo ha facoltà di replicare.

SALVATORE VASSALLO. Signor Presidente, non posso che dichiararmi insoddisfatto perché nel merito il Ministero dell'economia e delle finanze sembra confermare l'orientamento interpretativo che il Governo ha espresso ripetutamente, nel senso che chiarisce che non si tratta nel caso della conferma di una progressione di carriera, si tratta della conferma in un ruolo che è stato già acquisito, e dunque questo sottrae questa fattispecie al vincolo dettato dal decreto-legge n. 78 del 2010, articolo 9, comma 21.
Non dice nulla ed è ancora una volta, in maniera imbarazzante, elusivo, lasciando il dubbio che si voglia perpetuare l'ambiguità - e questa sarebbe la quarta interpellanza - che aleggia nel rapporto tra il Ministero dell'economia e delle finanze, ed in particolare l'IGOP della Ragioneria generale dello Stato, e le amministrazioni degli atenei, i quali da nove mesi - ripeto: nove - si rimpallano la responsabilità a decidere, riferendosi sempre a dichiarazioni che il Governo ha reso qui, in maniera più o meno esplicita, ma citandole come una fonte improbabile e non definitiva; in alcuni casi richiedendo che l'IGOP, come se fosse il legislatore assoluto, emani una nota che faccia capire qual è la vera intenzione della Ragioneria generale dello Stato e, in altri casi, preferendo che questo non si faccia in modo che tutti gli atenei si comportino come credono.
Credo che, con tutte le accortezze del lessico giuridico-burocratico che sono state utilizzate nella risposta del Governo, ancora una volta si dica e non si dica. Francamente, quindi, credo che questo sia irresponsabile, non sia giustificabile, non sia comprensibile. Temo che ci debba far confermare l'idea che questa sia una vicenda assolutamente kafkiana, una tipica vicenda nella quale le burocrazie del Ministero dell'economia e delle finanze pensano di decidere senza prendersi nessuna responsabilità. Temo che dovremo ritornare a parlare di questo argomento.

(Iniziative per garantire un'adeguata presenza delle forze dell'ordine nei comuni di Santa Maria a Vico, Maddaloni, San Felice a Cancello, Arienzo e Cervino, in provincia di Caserta - n. 2-01399)

PRESIDENTE. L'onorevole D'Anna ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01399, concernente iniziative per garantire un'adeguata presenza delle forze dell'ordine nei comuni di Santa Maria a Vico, Maddaloni, San Felice a Cancello, Arienzo e Cervino, in provincia di Caserta (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

VINCENZO D'ANNA. Signor Presidente, volevo innanzitutto fare una premessa che travalica il contenuto stesso dell'interpellanza richiamando il fatto che Pag. 18la provincia di Caserta, almeno in un altro ambito, è tristemente nota per i fatti di cronaca e per le infiltrazioni della criminalità organizzata. Spesso questo marchio incide in maniera inappropriata ed inopportuna sulla stragrande maggioranza dei cittadini che da questa provincia vengono e che, ovviamente, altro non chiedono allo Stato che garantisca la legalità e la civile convivenza.
In quella parte della provincia di Caserta, interessata da questi fenomeni di criminalità diffusa e feroce, lo Stato ha dato delle risposte più che opportune, soprattutto conquistando il territorio, impiegando mezzi anche straordinari, come l'intervento dell'Esercito, arrestando latitanti che erano tali da dieci o venti anni. Si ha, cioè, la sensazione che lo Stato, negli ultimi anni, sia presente: credo che il Governo Berlusconi e il Ministro dell'interno Maroni debbano andar fieri di successi che non hanno paragone negli anni precedenti e che, per la verità, si riscontrano anche in questi giorni con la cattura di altri esponenti di spicco della criminalità organizzata. Vi è, invece, un'altra parte della provincia che non è interessata da questi fenomeni, ma che comincia a scontare l'infiltrazione delle famiglie camorristiche della vicina Napoli. Infatti, tra i comuni che ho citato e Scampia, tanto per citare un nome famoso per il degrado sociale e per la criminalità, ci sono in linea d'aria non più di 15-18 chilometri.
Lo dico questo perché chi mi ascolta possa capire che, con questa interpellanza urgente, tentiamo di sollecitare il Governo a che protegga per tempo queste enclave della provincia di Caserta che finora sono state immuni dai fenomeni della criminalità organizzata. Non si tratta di una captatio benevolentiae fatta per il contado, per la cinta daziaria dalla quale provengo ma perché, se viene meno anche la parte sana di questa provincia, allora gli sforzi, che sono stati fatti, in termini di repressione, nell'altra parte della provincia, saranno vanificati se mancherà la prevenzione nella parte che non è ancora preda e contaminata dalla criminalità comune e dalla criminalità organizzata. Sono, quindi, a chiedere con questa mia interpellanza che non vengano sguarniti, così come è capitato da qualche anno a questa parte, i pochi presidi delle forze dell'ordine.
Abbiamo stazioni dei carabinieri con macchine che ormai sono da museo della scienza e della tecnica. Abbiamo pochi uomini «sovraccaricati». Si immagini che nel comune di Santa Maria a Vico sono venuti meno, rispetto ad un organico già sottostimato, cinque carabinieri, il che significa lasciare ai rimanenti soltanto le funzioni del disbrigo delle pratiche burocratiche e della vigilanza in caserma.
Abbiamo il fiorire dello spaccio per conto delle famiglie napoletane e, quindi, della vicina Scampia su tutto il territorio dei comuni di Santa Maria a Vico e di San Felice a Cancello; lo spaccio quotidiano di droga con veri e propri assembramenti, con famiglie che trattano questo tipo di attività malavitosa e che tendono ad infiltrarsi nei consigli comunali candidando loro parenti o loro addentellati. Pertanto, anche in queste zone dove la democrazia e dove i partiti politici hanno sempre vissuto serenamente, potremmo andare incontro al triste fenomeno che ho sopra descritto, se non poniamo un concreto e valido argine all'inquinamento camorristico.
Siamo dunque qui a chiedere, così come i sindaci hanno già fatto con il prefetto di Caserta, che ci sia un minimo di attenzione ma non per compiere opere straordinarie. Non chiediamo che l'esercito si sposti da Castel Volturno o da Casal di Principe o da San Cipriano d'Aversa e venga nella zona dell'est maddalonese, ma che almeno non si depauperino di unità le caserme dei carabinieri e l'unico commissariato di polizia che è a Maddaloni, né di uomini né dei mezzi per poter attivare questa prevenzione.
Concludo perché ho promesso al Presidente Lupi di essere breve: infatti siamo qui di venerdì e probabilmente siamo rimasti in due e il fatto ci fa onore, Presidente Lupi, per lo stacanovismo parlamentare di cui potremmo menar vanto. Pag. 19
Vorrei, al di là di una risposta burocratica o di una risposta di circostanza, segnalare la situazione al sottosegretario perché veda, se c'è la possibilità, di spostare in questa zona uomini e mezzi, qualora vi sia eccedenza da qualche altra parte. Mi affido cioè ad un medico che non è chiamato più a «curare» ma, in questo caso, a «prevenire». Porto un unico esempio e concludo. I carabinieri non possono presidiare le zone dove avviene lo spaccio anzitutto perché non è possibile arrestare molte volte i pusher perché hanno la dose minima personale ma anche perché manca la macchina per l'appostamento, manca la benzina per poter fare appostamenti diuturni. Ancorché i comuni si siano dotati a proprie spese di telecamere per sorvegliare quelle zone, pur avendo molte volte l'avviso per il mezzo del sistema di controllo televisivo, manca la possibilità che i carabinieri materialmente si rechino sul luogo dello spaccio per tradurre in carcere coloro che vendono droga e altri generi similari.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Saverio Ruperto, ha facoltà di rispondere.

SAVERIO RUPERTO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli colleghi, con l'interpellanza urgente n. 2-01399 all'ordine del giorno, gli onorevoli D'Anna e Moffa chiedono di conoscere le iniziative che il Governo intende assumere per garantire la sicurezza nei territori dei comuni di Santa Maria a Vico, Maddaloni, San Felice a Cancello, Arienzo e Cervino, in provincia di Caserta. Il Governo risponde sulla base degli accertamenti disposti per il tramite della prefettura di Caserta e del Dipartimento della pubblica sicurezza.
Desidero, in primo luogo, assicurare che la situazione generale relativa alla sicurezza in quel territorio non è minimamente sottovalutata dai responsabili delle forze dell'ordine, in un contesto notoriamente caratterizzato dalla presenza della criminalità organizzata. In particolare, nei comuni di Santa Maria a Vico, Arienzo e San Felice a Cancello operano sodalizi alleati con il clan «Belforte» di Marcianise, attivi soprattutto nel campo delle estorsioni agli esercenti commerciali. Anche nell'area di Maddaloni sono presenti gruppi alleati con le famiglie «Belforte e Piccolo», già fortemente ridimensionati dalle azioni di contrasto delle forze di polizia, nonché gruppi che hanno acquisito una propria autonomia, come risulta dall'operazione «white snake».
In particolare, nel corso di tale operazione, svolta il 6 dicembre 2010, la Polizia di Stato ha eseguito ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di 28 indagati, ritenuti responsabili di appartenere ad un'organizzazione dedita al traffico e allo spaccio di ingenti quantitativi di stupefacenti nei territori di Caserta, Maddaloni e Cervino. Le attività di indagine hanno permesso anche di riscontrare la pericolosità dell'organizzazione, che disponeva di un vero e proprio arsenale e di un locale adibito a laboratorio ove modificare le armi, nonché di uniformi della Guardia di finanza.
La situazione generale della sicurezza e l'andamento della delittuosità nei comuni indicati nell'interpellanza in oggetto, al momento, non presentano particolari criticità. Il raffronto tra i dati del 2010 e quelli del 2011 evidenzia, infatti, alcuni segnali positivi anche in tema di reati predatori. In particolare, per quanto riguarda il comune di San Felice a Cancello si registra una rilevante diminuzione del numero complessivo dei delitti commessi, da 494 a 392, dei furti in generale, da 166 a 138, e delle rapine, da 9 a 4. Anche nel comune di Cervino vi è stato un sensibile calo dei delitti, da 66 a 48 e, in particolare, dei furti, passati da 39 a 20. Analogamente, nel territorio di Maddaloni si riscontra un decremento dei delitti, da 1.186 e a 1.091, e dei furti, da 498 a 491, mentre le rapine sono in aumento, da 19 a 39. Nel comune di Arienzo è in lieve diminuzione il dato relativo ai delitti: è immutato il numero delle rapine, 2, mentre vi è un incremento del numero dei furti, da 42 a 50. Anche nel comune di Santa Maria a Vico vi è stato un sensibile calo dei delitti, Pag. 20da 292 a 196, con particolare riferimento ai furti, da 129 a 74.
Per quanto riguarda la presenza delle forze dell'ordine sul territorio, faccio presente che in quell'area operano il commissariato di pubblica sicurezza e la compagnia dei carabinieri, entrambi con sede in Maddaloni, nonché sei stazioni dell'Arma (Arienzo, San Felice a Cancello, Cancello scalo, Maddaloni, Santa Maria a Vico e Valle di Maddaloni). Per quanto riguarda, in particolare, la situazione della stazione di Santa Maria a Vico, il sindaco di quel comune ha più volte richiesto il potenziamento della dotazione organica. La questione è stata esaminata, nei mesi scorsi, in sede di Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica che non ha ritenuto sussistenti le condizioni per proporre il richiesto potenziamento e, di recente, in sede di riunione di coordinamento delle forze di polizia, alla presenza del sindaco, è stato disposto un ulteriore approfondimento. Quell'occasione è stata utile anche per comunicare al sindaco il sensibile miglioramento dei dati relativi alla delittuosità nel suo comune, nonché le strategie di approccio all'applicazione del sistema generale della sicurezza integrata che verrà attuato anche in quella provincia.
È stato, inoltre, illustrato il programma - in questi giorni all'esame della prefettura di Caserta nell'ambito del progetto PON sicurezza - di potenziamento degli strumenti di controllo tecnologico del territorio, attraverso progetti di videosorveglianza.
Nonostante non siano emersi particolari fattori di criticità sotto il profilo della sicurezza pubblica, sono stati comunque sensibilizzati i responsabili delle forze dell'ordine sull'attuazione dei servizi preventivi e di vigilanza nell'ambito dei dispositivi di controllo del territorio.
Nei giorni successivi alla riunione, il sindaco ha rilasciato alla stampa dichiarazioni con le quali ha ridimensionato i precedenti segnali di allarme e ha proposto un progetto di videosorveglianza per il territorio comunale.
La forza effettiva degli operatori delle tre forze di polizia in ambito provinciale è attualmente costituita da 2.725 unità, mentre la previsione organica è di 2.772. Il 23 gennaio scorso sono state trasferite tre unità per le esigenze della questura, mentre altre quattro verranno assegnate al commissariato di Aversa entro il prossimo mese di aprile.
Rispetto al dato provinciale, gli uffici di polizia presenti sul territorio dei comuni indicati dagli onorevoli interpellanti dispongono di maggiori risorse rispetto alle previsioni organiche. In particolare, la forza effettiva presente nel comune di Maddaloni è di novantasette operatori, rispetto ai novantuno previsti; nel comune di San Felice a Cancello è di nove operatori, rispetto agli otto previsti; nel comune di Arienzo e in quello di Santa Maria a Vico sono, invece, rispettate le previsioni organiche (con, rispettivamente, sei e quattordici operatori).
Desidero, inoltre, ricordare che con decreto del Ministro dell'interno è stato prorogato - fino al 31 dicembre 2012 - il piano d'impiego del contingente militare appartenente alle Forze armate. Per la provincia di Caserta sono state destinate novanta unità nei servizi di vigilanza a siti e obiettivi sensibili e centottanta unità per il controllo del territorio congiuntamente alle forze di polizia.
L'attenzione del Governo e dei responsabili locali delle forze dell'ordine continuerà, pertanto, ad essere mantenuta ai massimi livelli, senza tralasciare la possibilità di potenziare ulteriormente i dispositivi in atto. I dati illustrati, peraltro, sembrano rilevare, per il momento, l'efficacia dei dispositivi di controllo del territorio finora attuati.

PRESIDENTE. L'onorevole D'Anna ha facoltà di replicare.

VINCENZO D'ANNA. Signor Presidente, mi ritengo parzialmente soddisfatto e la parzialità della mia soddisfazione nasce da un rilievo che mi consta: il numero di furti è diminuito - e lo dico non a detrimento delle forze dell'ordine, ma per rappresentare una situazione in cui i cittadini stessi appaiono sfiduciati - perché la gente non denuncia il furto. Pag. 21
Ci troviamo in una condizione di assoluta diffidenza e di assoluta apatia a causa dell'idea che il cittadino, purtroppo, si è formato dell'impotenza dello Stato e delle forze dell'ordine rispetto ai furti. Per il resto, mi compiaccio che il fenomeno criminale nel suo insieme sia stazionario o subisca decrementi.
Do atto al sottosegretario della doviziosa e completa illustrazione di quanto è stato fatto e di quanto si intende fare nel senso che non si abbasserà la guardia in quelle zone.
Mi permetto di chiedere, se non è possibile andare oltre gli organici previsti, almeno un ammodernamento dei mezzi perché veder passare una macchina dei carabinieri vecchia di quindici o venti anni - e che quindi, come tale, dà il segno plastico dell'impotenza e dell'insufficienza dei mezzi impegnati per far fronte alla repressione e alla prevenzione dei crimini - è il primo deterrente che viene a scapito dell'immagine che lo Stato deve dare. Tale immagine non deve essere di repressione ma quella di uno Stato in grado di offrire, anche in maniera visibile e palpabile, dei mezzi che siano ritenuti capaci dal cittadino di poter essere utilizzati. Confido quindi nell'interessamento del sottosegretario e del Governo, almeno per ottenere un adeguamento dei mezzi in forza alle stazioni dei carabinieri dei comuni che sono stati oggetto di questa interpellanza urgente.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 12 marzo 2012, alle 12:

1. - Discussione del disegno di legge:
S. 3111 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 gennaio 2012, n. 2, recante misure straordinarie e urgenti in materia ambientale (Approvato dal Senato) (C. 4999-A).
- Relatore: Tommaso Foti.

2. - Discussione delle mozioni Di Stanislao ed altri n. 1-00781, Pezzotta, Sarubbi ed altri n. 1-00408, Gidoni ed altri n. 1-00861, Porfidia ed altri 1-00862, Moffa ed altri n. 1-00907, Misiti ed altri n. 1-00908 e Rugghia ed altri n. 1-00909 sulla riduzione e razionalizzazione delle spese militari, con particolare riferimento al blocco del programma per la produzione e l'acquisto dei cacciabombardieri Joint Strike Fighter (JSF) F-35.

3. - Discussione delle mozioni Montagnoli ed altri n. 1-00896, Lombardo ed altri n. 1-00901, Fluvi ed altri n. 1-00910 e Misiti ed altri n. 1-00911 concernenti misure a favore delle piccole e medie imprese in materia di accesso al credito e per la tempestività dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni.

4. - Discussione delle mozioni Palagiano ed altri n. 1-00384, Binetti ed altri n. 1-00874, Martini ed altri n. 1-00897, Livia Turco ed altri n. 1-00900 e Palumbo ed altri n. 1-00904 concernenti iniziative per il potenziamento della «medicina di genere».

5. - Discussione delle mozioni Servodio ed altri n. 1-00869, Delfino ed altri n. 1-00905 e Bossi ed altri n. 1-00912 concernenti iniziative in materia di uso e sviluppo delle agroenergie, con particolare riferimento agli impianti alimentati a biomasse.

La seduta termina alle 11,40.