XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di mercoledì 14 marzo 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:

La I Commissione,
premesso che:
la Direzione investigativa antimafia (DIA), istituita nell'ambito del dipartimento della pubblica sicurezza con la legge 30 dicembre 1991, n. 410, si configura come un organismo investigativo con competenza monofunzionale, composta da personale specializzato a provenienza interforze, con il compito esclusivo di assicurare lo svolgimento, in forma coordinata, delle attività di investigazione preventiva attinenti alla criminalità organizzata, nonché di effettuare indagini di polizia giudiziaria relative esclusivamente a delitti di associazione mafiosa o comunque ricollegabili all'associazione medesima;
la DIA pur essendo stata istituita nell'ambito del dipartimento di pubblica sicurezza si colloca al di fuori delle articolazioni gerarchiche e strutturali del dipartimento medesimo: a conferma di tale configurazione appare opportuno evidenziare che la legge 1o aprile 1981, n. 121 in materia di nuovo ordinamento dell'amministrazione della pubblica sicurezza, malgrado le successive modifiche ed integrazioni non annovera all'articolo 5 - organizzazione del dipartimento della pubblica sicurezza - la Direzione investigativa antimafia tra gli uffici e le direzioni che la compongono;
stando alla normativa vigente la configurazione della Direzione investigativa antimafia non può essere assimilata sotto il profilo sostanziale alle strutture territoriali delle forze di polizia poiché come ufficio centrale non ha competenza connessa alla specificità territoriale ma opera senza alcun vincolo territoriale, coprendo l'intero territorio nazionale ed internazionale. Sotto il profilo organizzativo ed esecutivo i centri operativi e le sezioni della Direzione investigativa antimafia rappresentano una sorta di prolungamento della struttura centrale e non una sua riproduzione territoriale con competenze limitate all'area in cui si collocano;
la Direzione investigativa antimafia inoltre non può essere assimilata sotto il profilo formale alle strutture territoriali delle forze di polizia poiché la funzione della direzione è chiaramente tracciata dall'articolato della legge istitutiva che chiarisce la missione specifica, e ne delinea la specificità operativa;
a sostegno della succitata specificità normativa ed operativa in capo alla direzione investigativa antimafia è possibile annoverare alcune pronunce giurisprudenziali che hanno confermato la peculiare natura monofunzionale della stessa rispetto ad altre forze dell'ordine ed uffici investigativi anche per quanto concerne il riconoscimento del trattamento economico accessorio (TEA);
nello specifico a seguito di alcuni ricorsi formulati da operatori di polizia e finalizzati al riconoscimento del citato trattamento economico accessorio anche ad alti uffici investigativi, il Consiglio di Stato si è pronunciato nel 2005 con sentenza n. 6211/2005 nella quale ha evidenziato che «il principio di uguaglianza (...) postula l'omogeneità delle situazioni giuridiche messe a confronto; e pertanto non può essere invocato quando trattasi di situazioni non raffrontabili perché intrinsecamente eterogenee» ribadendo di fatto il carattere specifico della Direzione investigativa antimafia nel confronto con l'operato prestato dal personale presso altri uffici delle altre forze di polizia;
successivamente il Consiglio di Stato, con sentenza n. 461/2007 ha ribadito in merito alla suindicata richiesta di estensione del TEA anche ad altri uffici che svolgono compiti di lotta alla criminalità con elevato rischio e livello di responsabilità che «(...) il legislatore ha ritenuto (...) di limitarne l'attribuzione a specifici uffici sulla base di criteri non esclusivamente legati alla pericolosità del

servizio (...) considerandosi come decisivo per la concessione del compenso in parola il rapporto di dipendenza dall'ufficio considerato e non le mansioni in concreto svolte dal personale stesso»;
nel 2010 il Tar del Lazio chiamato a pronunciarsi sulla medesima fattispecie ha evidenziato che «la questione è già stata affrontata dalla giurisprudenza e il Collegio è dell'avviso che non vi sono motivi per discostarsi dall'orientamento manifestato»;
le suindicate pronunce giurisprudenziali definiscono in maniera chiara la configurazione sui generis del personale della Direzione investigativa antimafia rispetto al personale operante in altri comparti del Dipartimento di pubblica sicurezza;
in data 16 febbraio 2012, in occasione della discussione di un'interrogazione a risposta immediata in Commissione affari costituzionali, avente ad oggetto le misure di natura economica ed operativa per le strutture ed il personale della Direzione investigativa antimafia il sottosegretario all'interno Carlo De Stefano pure evidenziando che «lo svolgimento di (...) delicate funzioni richiede che venga posta particole attenzione alla capacità operativa della DIA» ha segnalato «di fronte all'urgente necessità di contenimento della spesa (...) si è ritenuto intervenire sul trattamento economico aggiuntivo del personale della DIA»;
il sottosegretario nell'evidenziare il carattere «inderogabile» del taglio al Trattamento economico aggiuntivo (TEA) del personale della Dia, - operato nell'ambito della legge n. 183 del 2011 - ha affermato che in tal modo si sarebbe provveduto a «ristabilire un principio di equità tra gli operatori di polizia» in considerazione del fatto che «gli appartenenti alle strutture territoriali delle Forze di polizia non godono del trattamento economico accessorio percepito dal personale interforze della Dia»;
la suindicata affermazione alla luce di quanto suindicato si configura secondo i firmatari del presente atto di indirizzo come illegittima sotto il profilo normativo e giurisprudenziale in quanto contravviene a quanto enunciato dalla normativa in materia nonché dalle pronunce giurisprudenziali in materia di specificità operativa, amministrativa ed economica del personale della Direzione investigativa antimafia;
a conferma della specificità della Direzione investigativa antimafia, di cui non fa minimamente menzione il sottosegretario nella risposta all'atto di sindacato ispettivo sopra ricordato, è opportuno evidenziare che i poteri di cui è titolare esclusivo il direttore della Direzione investigativa antimafia rendono la configurazione strutturale della direzione ulteriormente non equiparabile ad ogni altra struttura nell'ambito delle forze di polizia;
nella fattispecie è opportuno evidenziare che all'articolo 1 del decreto-legge 29 ottobre 1991 n. 345 convertito dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410 (legge istitutiva) il direttore della Direzione investigativa antimafia è annoverato tra i componenti del consiglio generale per la lotta alla criminalità organizzata, istituito presso il Ministero dell'interno e presieduto dal Ministro dell'interno quale responsabile dell'alta direzione e del coordinamento in materia di ordine e sicurezza pubblica;
la legge 13 agosto 2010 n. 136 recante «Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia» prevede all'articolo 15 una modifica della composizione del Consiglio suindicato, con la finalità di valorizzarne le potenzialità e le capacità come strumento strategico e di impulso nell'ambito delle attività di contrasto alle organizzazione mafiose;
tale disposizione conferma il carattere specifico della Direzione investigativa antimafia, sicuramente con equiparabile ad altra «struttura territoriale delle forze di polizia», considerando che nessuna di queste prende parte - al pari della Direzione

investigativa antimafia - al Consiglio generale di cui all'articolo 1 della citata legge n. 410 del 1991;
sul versante del riconoscimento di un trattamento economico accessorio in capo al personale della Direzione investigativa antimafia, è opportuno evidenziare che ai sensi dell'articolo 3 comma 2 della legge 486 del 1988 «al personale comunque posto alle dipendenze dell'Alto commissario è attribuito un trattamento economico accessorio (...) Tale trattamento non può in ogni caso superare la misura massima degli emolumenti accessori erogati al personale di corrispondente grado o qualifica appartenente ai Servizi per le informazioni e la sicurezza». Ai sensi dell'articolo 4 commi 4 e 4-bis della citata legge istitutiva, tale trattamento è stato riconosciuto anche al personale della Direzione investigativa antimafia;
la legge 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilità per il 2012) ha previsto la decurtazione del trattamento economico aggiuntivo in capo al personale della Direzione investigativa antimafia che ha subito consistenti riduzioni, pari al 64 per cento, per l'anno 2012, e 57 per cento, a decorrere dal 2013;
nonostante il Ministero abbia fatto appello ad un principio di equità tra operatori di polizia al fine di giustificare quanto operato dalla legge di stabilità appare eloquente evidenziare che la decurtazione stipendiale succitata che si configura in percentuali che arrivano oltre il 20 per cento della retribuzione mensile del singolo lavoratore, paradossalmente non sembra essere stata attuata nei confronti di alcuna altra categoria. Svilendo di fatto il principio di equità medesimo, ferma restando l'insostenibilità normativa dello stesso in considerazione della già espressa natura specifica e straordinaria della Direzione investigativa antimafia;
a conferma delle notevoli criticità che la suindicata modifica normativa ha arrecato al personale della direzione si sottolinea il fatto che il trattamento economico accessorio, in quanto voce accessoria della retribuzione del personale della Direzione investigativa antimafia fa parte della base retributiva che concorre alla determinazione dell'importo della pensione ai sensi dell'articolo 2, comma 9, della legge 8 agosto 1995, n. 355;
a ciò va aggiunto il fatto che gli stessi operatori della Direzione investigativa antimafia sono già stati colpiti dalle disposizioni previste dall'articolo 9 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, che prevede gli stipendi bloccati fino al 31 dicembre 2014, nessun riconoscimento stipendiale relativo al compimento dell'anzianità di servizio (cosiddetto assegno di funzione), nessun riconoscimento stipendiale per avanzamento di grado, riduzione del premio produttività e contempla ulteriori tagli sugli straordinari e sulla tredicesima;
l'indebolimento retributivo e funzionale descritto in premessa va ad aggiungersi ad un graduale depotenziamento delle strutture della Direzione investigativa antimafia sul territorio: infatti malgrado quanto evidenziato dal sottosegretario di Stato in occasione delle risposte al citato atto di sindacato ispettivo secondo cui «non è prevista alcuna riduzione dell'organico dell'ufficio (...) anzi incremento dell'attività operativa impone la necessità di consolidare il dispositivo territoriale, distribuendo le risorse disponibili in aree sensibili, nonché rafforzare la presenza dei centri Dia sul territorio, (...) è in atto l'istituzione, a Bologna, di una Sezione Operativa dipendente dal centro di Firenze», si sta realizzando uno spostamento di risorse e di potenzialità da altri uffici della struttura o dalle forze di polizia andando a indebolire l'organico attualmente operativo, già inferiore a quanto disposto dalle previsioni originarie;
è opportuno segnalare che le attività di contrasto alla criminalità organizzata condotte dalla Direzione investigativa antimafia consentono il recupero di notevoli risorse che confluiscono nel Fondo unico giustizia ai sensi dell'articolo 48 del

decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, disciplinante il codice delle leggi, antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia;
sulla base della suindicata evidenza potrebbe apparire come percorribile l'ipotesi di prevedere un meccanismo indiretto di autofinanziamento in capo alla Direzione investigativa antimafia al fine di consentire il mantenimento del TEA al personale della direzione anche attingendo dalle risorse del fondo unico giustizia, in considerazione del carattere determinante che tale corresponsione assume nelle dinamiche di funzionamento della Direzione investigativa antimafia;
l'ipotesi suindicata consentirebbe un reintegro di quanto decurtato con la citata legge di stabilità, anche alla luce del ruolo determinante svolto dalla Direzione investigativa antimafia che contribuisce ad implementare le risorse del Ministero dell'interno e del Ministero della giustizia attraverso il Fondo unico giustizia;
un auspicato rafforzamento delle potenzialità della Direzione investigativa antimafia, anche sotto il profilo delle disponibilità finanziarie dovute al personale, si inserisce in maniera armonica con quanto disposto dalla risoluzione del Parlamento europeo del 25 ottobre 2011 sulla criminalità organizzata nell'Unione europea nella quale viene segnalato sostegno agli «Stati membri nelle loro azioni di contrasto alla criminalità organizzata e li incoraggia a rafforzare le autorità giudiziarie e le forze dell'ordine sulla base delle migliori esperienze esistenti, anche confrontando le normative e i mezzi predisposti a sostegno delle loro attività, e a destinare a tal fine adeguate risorse umane e finanziarie» inoltre nella stessa si «invita gli Stati membri a sviluppare un approccio investigativo proattivo, a elaborare piani nazionali di contrasto al crimine organizzato e ad assicurare il coordinamento centrale delle azioni attraverso adeguate strutture dedicate, prendendo spunto dalle migliori esperienze di alcuni Stati membri»;
in questa prospettiva la direzione investigativa antimafia si colloca come una «migliore esperienza esistente» e si configura come un esempio lodevole di strumento operativo investigativo sul fronte della lotta alla criminalità organizzata che in questo momento l'Europa auspica ma di cui l'Italia ha riscontrato l'esigenza già da decenni;
appare evidente che il descritto depotenziamento finanziario oltre che organizzativo messo in atto con gli ultimi provvedimenti rischia seriamente di compromettere una struttura fiore all'occhiello del sistema di controllo e di lotta all'illecito italiano, con il rischio di disattendere in maniera palese quanto auspicato da Bruxelles e di sfaldare in maniera vistosa un sistema virtuoso ed efficace strutturato in venti anni di sacrifici, passione e duro lavoro,


impegna il Governo


a predisporre opportune quanto tempestive iniziative volte al reintegro delle risorse destinate al trattamento economico accessorio riconosciuto al personale della Direzione investigativa antimafia anche attraverso un riorientamento delle risorse rientranti nel Fondo unico giustizia verso questo capitolo, al fine di garantire un adeguato riconoscimento al lavoro e alle attività svolte dal personale della direzione, in capo al quale sussiste una configurazione di specificità normativa e operativa.
(7-00809)
«Giorgio Conte, Di Biagio, Granata, Menia».

La VII Commissione,
premesso che:
l'arte figurativa e contemporanea sta da tempo attraversando una profonda crisi, malgrado rappresenti uno dei settori più rilevanti della cultura italiana e un punto di riferimento e di apprezzamento anche di molti Paesi stranieri;

nel luglio 2007 Governo e Parlamento furono sollecitati ad avviare un'ampia indagine conoscitiva attenta a tutti gli aspetti dell'arte e delle sue dinamiche produttive in Italia, in comparazione con esperienze di altri Paesi d'Occidente;
la Commissione cultura di allora verificava la situazione italiana ed il particolare aggravio per il mercato dell'arte nel nostro Paese a causa di una tassazione per le transazioni più onerosa rispetto agli altri Stati d'Europa, giungendo alla formulazione di alcune proposte;
l'urgenza attuale di realizzare interventi da parte dello Stato è dovuta al fatto che la crisi si è ulteriormente aggravata, rischiando di essere irreversibile per l'intero comparto dell'arte contemporanea;
la sopravvivenza del mercato dell'arte in Italia costituisce una necessità non solo per i diretti operatori del settore, ma anche per la stessa permanenza dell'attività artistica nel nostro Paese;
infatti, la grave situazione di emergenza ha obbligato molte gallerie ed artisti a spostare le proprie sedi amministrative ed operative all'estero, lasciando completamente senza mezzi gli operatori che non hanno abbandonato il nostro Paese;
non bisogna dimenticare, inoltre, che l'arte non è rappresentata solo dalle poche punte di eccellenza certificate dai borsini delle case d'asta e da un sistema di circolazione del tutto autoreferenziale, ma anche e soprattutto da nuovi talenti e giovani di solida reputazione che operano nel mercato italiano,


impegna il Governo:


ad assumere ogni iniziativa di competenza per dare attuazione alle proposte tese ad armonizzare il nostro ordinamento con quello degli altri Stati europei;
ad assumere iniziative volte a favorire e sviluppare ulteriormente l'interesse degli acquirenti per le opere d'arte, attraverso la semplificazione della disciplina contabile e fiscale, necessaria per una sana ripresa economica dell'intero settore.
(7-00808)«Carlucci».

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ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:

BURTONE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
la Sicilia orientale è stata particolarmente colpita da una ondata di maltempo che ha provocato ingenti danni nelle province di Catania e Siracusa;
si sono verificati il naufragio di un mercantile a largo di Siracusa, danni alla rete infrastrutturale stradale e ferroviaria, allagamenti di campi, esondazioni di torrenti e fiumi, interi quartieri sommersi dal fango;
ciò si va ad aggiungere a situazioni di criticità dovute ad un clima davvero inclemente che ha accompagnato questo territorio dall'autunno scorso fino ad oggi;
il comparto agricolo è letteralmente in ginocchio -:
se e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per decretare da subito lo stato di emergenza e se si intendano assumere iniziative normative per consentire il rinvio delle scadenze tributarie e previdenziali, dando respiro all'economia locale, e al contempo per porre in essere un piano straordinario per la manutenzione e messa in sicurezza del territorio.
(3-02161)

Interrogazione a risposta in Commissione:

OLIVERIO e LARATTA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nelle ultime settimane di febbraio 2012 e nei primi giorni di marzo 2012, l'area del crotonese, in particolare la frazione di Papanice, è stata colpita da violenti fenomeni alluvionali, causando disagi e problemi alla popolazione;
l'amministrazione comunale ha tempestivamente avviato un'analisi geologica e geomorfologica delle zone dell'abitato di Papanice, al fine di valutarne le condizioni e gli elementi di rischio;
dai risultati dell'indagine - consegnata al segretario dell'autorità di bacino - è emerso che l'abitato di Papanice insiste sulla parte sommitale di rilievi collinari caratterizzati da una particolare morfologia, caratterizzata dalla presenza di depositi biocalcarenitici e sabbiosi, che rende tutti i versanti dei rilievi particolarmente franosi, sia per quanto riguarda gli strati di terreno superficiale, sia per quanto riguarda gli strati più profondi; l'analisi ha sostanzialmente confermato le indicazioni del piano di assetto idrogeologico;
durante gli intensi eventi meteorici sopra citati, i dissesti cartografati come quiescenti si sono attivati, interessando, in alcuni tratti, nuove porzioni di territorio; in diversi casi le corone di frana hanno subito una «migrazione» verso l'interno del paese e interessando alcuni fabbricati, per i quali sono state emesse ordinanze di sgombero a salvaguardia della pubblica incolumità;
le principali cause dei dissesti in atto sono - secondo la relazione geologica - imputabili ai seguenti fattori:
a) il contatto tra litotipi a diverso grado di permeabilità (argille sottostanti e sabbie nella porzione superiore), che favorisce i fenomeni di scivolamento dei litotipi sovrastanti;
b) assenze o inadeguatezza delle opere di drenaggio, superficiali e profonde, a protezione del versante;
c) appesantimento del bordo di terrazzo da edificazione;
d) fattore antropico, cioè riempimento dell'area con materiale di riporto;
gli interventi che dovrebbero essere fatti in zona sono i seguenti:
a) potenziamento del sistema drenante profondo;
b) palificazione dei tratti nei pressi dei quali insistono fabbricati;
c) alleggerimento di fasce sul quale gravano manufatti in cemento armato;
d) sistemazione del versante per facilitare lo scorrimento delle acque di ruscellamento;
sono, in tutta evidenza, indispensabili ingenti risorse per avviare gli interventi di messa in sicurezza necessari, mentre sembra che le disponibilità della regione Calabria siano insufficienti;
secondo le dichiarazioni di esponenti del Governo riportate dagli organi di stampa locali, gli amministratori del crotonese non dovrebbero richiedere lo stato di calamità poiché, secondo il discutibile meccanismo denominato «tassa sulle disgrazie», introdotto dal Governo Berlusconi con il decreto milleproroghe del 2011, si penalizzerebbe economicamente i cittadini della Calabria, poiché la recente norma impone alle regioni di deliberare aumenti fiscali per poter accedere ai fondi della protezione civile per fronteggiare situazioni di crisi;
in realtà, con la sentenza numero 22/2012, depositata il 16 febbraio 2012, la Consulta ha accolto il ricorso presentato dalle regioni Liguria, Basilicata, Puglia, Marche, Abruzzo e Toscana e ha dichiarato l'illegittimità costituzionale proprio dell'articolo 2, comma 2-quater, del citato decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, nelle parti in cui impone alla regione di deliberare aumenti fino al massimo consentito

dei tributi di competenza in caso di dichiarazione dello stato di emergenza -:
se il Governo intenda intervenire celermente con adeguate risorse per finanziare i primi interventi necessari al ripristino dei danni subiti dall'alluvione che ha colpito la zona del crotonese le scorse settimane, e in particolare la frazione di Papanice, provvedendo anche ad attuare le misure per mettere in sicurezza l'intera zona, così come indicato dallo studio geologico commissionato dal comune di Crotone, e sul cui caso data la gravità della situazione è stato già istituito un tavolo tecnico dal prefetto di Crotone, Vincenzo Panico, al quale hanno preso parte l'assessore comunale di Crotone ai lavori pubblici e protezione civile Claudio Liotti e altri rappresentanti istituzionali, che hanno riconosciuto come le difficoltà in cui versa la frazione di Papanice costituisca ora una priorità per la sicurezza dei suoi abitanti;
se, anche alla luce della citata sentenza della Corte costituzionale, il Governo non ritenga di dover rivedere l'iniquo principio secondo il quale il costo delle calamità naturali debba gravare proprio sulle popolazioni colpite.
(5-06412)

Interrogazioni a risposta scritta:

SCILIPOTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
si apprende dai giornali che il 6 ottobre 2011 l'ingegner Andrea Rossi ha condotto a Bologna un esperimento relativo a una rivoluzionaria nuova sorgente di energia nucleare. Il sistema presentato è in grado di erogare una potenza dell'ordine dei kilowatt per diverse ore. L'enorme energia prodotta esclude in maniera categorica la possibilità di errori sperimentali;
l'esperimento vede coinvolto il professor Sergio Focardi, professore emerito dell'università di Bologna ed ex preside della Facoltà di scienze; l'esperimento è basato sulla fusione nucleare dell'idrogeno con alcuni isotopi stabili del nickel. Sembra che nessun materiale radioattivo è utilizzato nel sistema. Le ceneri della combustione nucleare sono costituite da isotopi stabili (non radioattivi) del rame. Il brevetto italiano è stato già rilasciato: «processo ed apparecchiatura per ottenere reazioni esotermiche, in particolare da nickel ed idrogeno», n. brevetto 0001387256;
le probabilità di trovarsi in presenza di una scoperta rivoluzionaria sono molto alte, considerando che oggi sono molti i gruppi di ricerca nel mondo che, pur con livelli di energia decisamente inferiori, sostengono di ottenere una produzione anomala di energia in sistemi che utilizzano il nickel o il palladio e l'idrogeno o il deuterio. Centinaia di pubblicazioni scientifiche e di brevetti sostengono la possibilità di una nuova fonte di energia nucleare. Tra i brevetti più simili, troviamo ad esempio il brevetto del professor Piantelli: «Method for producing energy and apparatus therefor» W02010058288A1, il brevetto del professor Ahem del MIT (Massachusetts Institute of Technology) «Method of maximizing anharmonic oscillations in deuterated alloys» US5411654 e il brevetto del professor Arata dell'università di Osaka «Hydrogen condensate and method of generating heath therewith» W02004034406;
gli ambienti accademici italiani e internazionali hanno spesso ignorato tali ricerche, in quanto molte riviste scientifiche non accettano lavori sperimentali che richiedono un cambiamento di paradigma delle teorie scientifiche più consolidate. Tuttavia la potenziale gigantesca importanza scientifica ed economica di tali ricerche impone oggi decisamente un'indagine risolutiva sull'esperimento in questione, cercando di non lasciare cadere nel vuoto risultati sperimentali interessantissimi, come avvenuto nel recente passato con il Rapporto 41, un documento dell'Istituto nazionale di fisica nucleare di

Frascati in cui si dimostrava la possibilità di ottenere reazioni nucleari a bassa energia in un sistema deuterio/palladio;
in Italia sono diversi i gruppi che si sono interessati alla fusione fredda:
a) il gruppo del fisico Giuliano Preparata (morto nel 2000,) professor ordinario all'università di Milano, autore di un eccellente libro di fisica teorica «qed coherence in matter», dove un capitolo è dedicato alla teoria della fusione fredda;
b) il gruppo della professoressa Antonella De Ninno dei laboratori INFN (Istituto nazionale di fisica nucleare) di Frascati, autore del famoso Rapporto 41;
c) il gruppo del professore Francesco Piantelli dell'università di Siena che, in collaborazione col professor Sergio Focardi dell'università di Bologna, aveva già ottenuto risultati interessanti nel 1994 in sistemi nickel/idrogeno;
d) Il gruppo dell'ingegner Andrea Rossi (un industriale privato) che, collaborando con Sergio Focardi (distaccatosi da Piantelli), è riuscito ad ottenere risultati interessanti non solo dal punto di vista scientifico ma anche economico, riuscendo a produrre quantità enormi di energia (decine di kilowatt termici per diverse ore) con apparecchiature dal costo irrisorio -:
se il Presidente del Consiglio e i Ministri interrogati non intendano adottare opportune misure, anche normative, tese ad una rapida ed effettiva apertura a questo tipo di ricerche, considerato che, per svariati motivi, in Italia sono state sospese le ricerche dei privati e degli enti pubblici che, di fatto, sono all'avanguardia mondiale con una tecnologia che, se verificata, in breve tempo potrebbe risolvere tutte le questioni relative alla produzione di energia elettrica a bassissimo costo senza danni all'ambiente, permettendo al Paese di poter diventare esportatore di energia elettrica a bassissimo costo, e con l'ulteriore eventuale vantaggio, nello sviluppare l'ingegnerizzazione dell'apparecchio brevettato dall'ingegner Rossi o di altri scienziati, di liberare l'Italia dalla dipendenza degli approvvigionamenti di petrolio, carbone e da altri acquisti di energia elettrica, con enormi vantaggi ecologici e di bilancio.
(4-15321)

CESARIO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - per sapere - premesso che:
l'articolo 39, comma 4, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito dalla legge n. 111 del 2011 ha previsto l'indizione da parte del Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria di procedure selettive per la copertura di 960 posti vacanti presso le commissioni tributarie, riservate a magistrati ordinari, amministrativi, militari e contabili, avvocati e procuratori dello Stato in servizio che non siano già impiegati presso le Commissioni tributarie;
la predetta norma ha fissato altresì al 1o gennaio 2012 il termine per la conclusione della procedura selettiva e per l'immissione in servizio dei nuovi giudici tributari, ciò al dichiarato fine di porre fine alla cronica carenza di giudici tributari, di procedere al programma di abbattimento dell'arretrato accumulato negli anni precedenti e di rendere più celeri le decisioni delle commissioni;
la procedura selettiva di cui al citato articolo 39, comma 4, del decreto-legge n. 98 del 2011 è stata bandita in data 3 agosto 2011, con bando pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 65 del 16 agosto 2011, con termine di presentazione delle domande fissato al 15 settembre 2011;
l'articolo 4, comma 39, della legge 12 novembre 2011, n. 183, ha altresì previsto che tutti i candidati risultati idonei all'esito del predetto concorso bandito nel mese di agosto 2011 sono comunque nominati componenti delle commissioni tributarie ed immessi in servizio, anche in sovrannumero, nella sede di commissione tributaria scelta per prima da ciascuno di essi;

ad oggi, nonostante il termine del 1o gennaio 2012 fissato dalla legge per l'immissione in servizio dei nuovi giudici tributari, il concorso bandito nel mese di agosto 2011 non risulta concluso;
tale ritardo non appare giustificabile posto che i criteri di selezione, peraltro di applicazione automatica in ragione dei punteggi chiaramente fissati nel bando, sono resi più agevoli dal fatto che il citato 4, comma 39, della legge n. 183 del 2011 ha comunque previsto la nomina a componente delle commissioni tributarie di tutti gli idonei al concorso di che trattasi, il che rende ancora più semplice l'espletamento della selezione e, altresì, molto più limitato il rischio di contenziosi riguardanti la legittimità della procedura;
il ritardo nella definizione della procedura selettiva sta rischiando di vanificare o comunque sta rallentando in modo significativo il perseguimento degli obiettivi fissati dal legislatore con le normative sopra richiamate ovvero di colmare la cronica carenza di giudici tributari, di procedere alla tempestiva esecuzione del programma di abbattimento dell'arretrato accumulato negli anni precedenti e di rendere più celeri le decisioni delle commissioni tributarie;
si è altresì a conoscenza del fatto che, a causa dei ritardi nella conclusione della procedura selettiva, è stata anche interessata l'autorità giudiziaria competente al fine di verificare la sussistenza di eventuali fattispecie di reato nella condotta degli organismi preposti;
solo di recente, si ha notizia dell'avvio della pubblicazione di alcune (ma poche) graduatorie relativamente ad altrettante sedi di commissioni tributarie;
dopo la pubblicazione delle graduatorie, è peraltro necessario svolgere altri adempimenti che potrebbero allungare i tempi di conclusione della procedura e, conseguentemente, di immissione in servizio dei nuovi giudici tributari, tanto che la mancata definizione celere del concorso potrebbe allungare i tempi di effettiva immissione in servizio dei nuovi giudici tributari;
al fine di rafforzare le cause di incompatibilità dei giudici tributari (articolo 39, comma 1, lettera a)), il comma 2 del citato articolo 39 del decreto-legge n. 98 del 2011 ha introdotto criteri più stringenti di incompatibilità con riferimento ai componenti delle commissioni tributarie, introducendo tra l'altro limiti alla permanenza nelle sedi provinciali e regionali delle commissioni confinanti a quelle in cui parenti fino al terzo grado o gli affini in primo grado svolgono anche in modo saltuario attività comunque attinenti alla materia tributaria;
sempre in tema di incompatibilità, il successivo comma 3 ha previsto che i giudici tributari che vertano in una delle situazioni di incompatibilità previste dalla normativa vigente (articolo 8, commi 1 e 1-bis, del decreto legislativo n. 545 del 1992, come modificato dal citato articolo 39, comma 2, del decreto-legge n. 98 del 2011) avrebbero dovuto comunicare la cessazione delle cause di incompatibilità entro il 31 dicembre 2011 al Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria, nonché alla direzione della giustizia tributaria del dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze e in caso di mancata rimozione nel termine predetto delle cause di incompatibilità, tali giudici sarebbero decaduti;
la norma citata demanda al Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria l'accertamento della corretta applicazione delle disposizioni in materia di incompatibilità -:
quali iniziative si intendano assumere per portare alla più celere definizione della procedura concorsuale avviata nel mese di agosto 2011 dal Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria e dare finalmente attuazione alle finalità ed agli obiettivi fissati dalle leggi dello Stato;
quante dichiarazioni riguardanti le cause di incompatibilità siano state presentate

dai giudici tributari interessati, ai sensi dell'articolo 39, comma 3, del decreto-legge n. 98 del 2011;
quante dichiarazioni di intervenuta rimozione delle cause di incompatibilità siano pervenute entro il 31 dicembre 2011 da parte di giudici delle Commissioni tributarie;
quante riunioni del Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria siano state convocate per esaminare le predette dichiarazioni di incompatibilità e quali esiti abbiano prodotto;
quante declaratorie di decadenza da giudice di commissione tributaria siano state pronunciate a causa di incompatibilità non rimosse entro il 31 dicembre 2011;
quale attività di accertamento sulla corretta applicazione delle disposizioni in materia di incompatibilità dei giudici tributari sia stata fino ad ora svolta dall'organo di autogoverno;
quali attività di accertamento sulla corretta applicazione delle disposizioni in materia di incompatibilità dei giudici tributari sia in corso di svolgimento da parte del Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria.
(4-15324)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

BOSSA, ANDREA ORLANDO e PICCOLO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in penisola sorrentina, in difformità da quanto previsto dal decreto legislativo n. 152 del 2006 recante «Norme in materia ambientale» e successive modifiche ed integrazioni, la gran parte dei reflui provenienti da scarichi civili non è sottoposto ad alcuna depurazione, pervenendo per la gran parte alla condotta fognaria di Punta Gradelle, che trasporta i reflui sul fondo marino a circa 1,5 chilometri dalla costa;
tale condotta è dotata di una griglia di immissione che spesso si ostruisce; inoltre, frequentemente essa è soggetta, per le correnti marine, a rotture che determinano periodicamente fenomeni di inquinamento che rendono impossibile la balneazione;
sono in funzione, recependo parte dei reflui del comune di Sorrento ed i reflui del comune di Massa Lubrense, unicamente i depuratori di Marina Grande (Sorrento) e Marina della Lobra (Massa Lubrense);
il depuratore di Marina Grande da sempre ha presentato problemi di funzionamento; in tempi recenti l'amministrazione di Sorrento ha manifestato l'intenzione di chiudere il depuratore, deviando il flusso verso la condotta fognaria di Punta Gradelle; in tal modo, sarebbe certamente aggravato l'inquinamento del mare specialmente per lo specchio antistante il comune di Vico Equense;
nel comune di Vico Equense, nel passato, sono stati costruiti ben quattro i depuratori (Rivo Vergini, Ticciano, Rivo D'Arco e depuratore del Consorzio Faito);
di questi, per problematiche inerenti agli scarichi abusivi, solo il depuratore del Consorzio Faito ha funzionato; tale depuratore è stato recentemente chiuso preferendosi un'onerosa opera di allaccio alla fogna comunale con la realizzazione di chilometri di condotta;
le condotte fognarie di proprietà dell'ente d'ambito sarnese vesuviano e gestite da GORI, sono in buona parte miste (con acqua piovana e di fogna), per cui, in occasione di forti piogge, le acque miste eccedenti la portata delle fogne, attraverso stramazzi di troppo pieno, pervengono

direttamente a mare, comportando un inquinamento marino visibile anche per giorni dopo gli eventi piovosi;
è stata finanziata la realizzazione di un depuratore biologico con i fondi dell'Unione europea, del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della regione, con uno stanziamento di circa 77 milioni e 500mila euro;
tale impianto di depurazione è nato sulle tubature della vecchia grande fogna di Vico Equense, tuttora in funzione, e si articola a 70 metri di profondità sotto la roccia, in un susseguirsi di tunnel che confluiscono nella grande vasca di depurazione e nella immensa galleria di scarico delle acque depurate;
con l'impianto terminato e funzionante, le acque sarebbero depurate a tal punto da poter diventare acqua di irrigazione ad uso agricolo;
lo stato di avanzamento dei lavori è al 45 per cento e sembra svanire la consegna prevista per la prossima primavera, dopo che altri slittamenti erano già avvenuti in passato;
i tempi ipotizzati al momento sono di un allungamento fino al 2016. Attualmente, sono in giacenza 8 milioni di euro di macchinari ad alta tecnologia che non possono entrare in funzione; le case produttrici sollecitano il pagamento ma mancano gli interlocutori principali essendo scaduto il mandato del commissario di Governo ex OPCM n. 3849 senza che si sia proceduto né a proroga né a disposizione inerenti al passaggio di competenze; inoltre la regione Campania da circa 1 anno non eroga le risorse previste e stanziate in accordo di programma quadro provenienti dal Ministero dello sviluppo economico;
la situazione crea un giustificato allarme su tutta la penisola sorrentina, da Sorrento a Vico Equense, in un'area che raccoglie circa 70.000 abitanti, che si triplicano in estate, e che guardano con comprensibile apprensione al rischio di forte inquinamento marino in uno dei più bei litorali del Mediterraneo; una zona che trae dal turismo e dal mare risorse economiche fondamentali per la sua sopravvivenza -:
se il Governo sia a conoscenza dell'allarmante situazione sopra evidenziata;
che cosa intenda fare, nell'ambito delle sue competenze, per evitare che sulla costiera sorrentina si determino situazioni di emergenza ambientale, che potrebbero riguardare anche la balneazione, a causa del blocco dei lavori al depuratore di Punta Gradelle;
come si intenda affrontare la questione relativa alla scadenza del commissariamento.
(4-15322)

BRAMBILLA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della salute, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 21 febbraio 2012 sono arrivati in Italia presso lo stabilimento della ditta Harlan di Correzzana 104 esemplari della specie Macaca fascicularis e Macaca mulatta, dalla Cina e dalle isole Mauritius, con un volo Air China proveniente dalla Cina e che si tratta di animali destinati alla sperimentazione;
il Ministero della salute, sentito il Consiglio superiore di sanità, avrebbe autorizzato la ditta Harlan ad importare, in deroga alla legge n. 116 del 1992, ben 900 esemplari appartenenti alle specie Macaca fascicularis e Macaca mulatta;
le due specie di Macaca fascicularis e Macaca mulatta sono specie incluse nell'appendice II CITES (Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione) e gli esemplari giunti in Italia dovrebbero provenire da centri di allevamento e riproduzione in cattività per rifornire i laboratori di sperimentazione e vivisezione;
già nel 2008 nel documento «The Crab-eating Macaque (Macaca fascicularis):

Widespread and Rapidly Declining, Ardith A. Eudey Asian Section, IUCN/SSC Primate Specialist Group, Upland, CA, US» si denunciava il reiterato ed illegale prelievo in natura di esemplari per il costante approvvigionamento degli allevamenti degli animali destinati alla sperimentazione nei distretti cinesi e di molti altri Paesi del Sud Est asiatico;
a causa di questo grave impatto sulle popolazioni in natura causato dall'illegale prelievo, in particolare per la specie Macaca fascicularis già nel 2008 questa specie è stata inserita nella «least concern» della IUCN/SSC, ovvero nella lista rossa delle specie minacciate. Per la stessa ragione numerosi primatologi hanno considerato indispensabile rivalutare lo stato di conservazione della specie e hanno ritenuto opportuno che lo stesso impatto del commercio sia riconsiderato dal Segretariato del CITES al fine di garantire maggiore tutela della specie;
esiste una evidente e significativa documentazione che dimostra come storicamente si siano registrate tali modalità di approvvigionamento di macachi da parte delle ditte cinesi con esemplari catturati in Paesi quali il Laos, la Tailandia, il Vietnam e la Cambogia;
in numerosi distretti sono stati addirittura costruiti gli allevamenti per animali destinati alla sperimentazione in prossimità di aree protette nelle quali i macachi sono invece catturati dai locali, anche attraverso il metodo dell'abbattimento delle foreste. Apparentemente tali aziende sono delle joint venture ma sono in realtà di proprietà di imprenditori cinesi e di Hong Kong, tra cui alcuni già operanti in Vietnam e gestite dagli stessi;
a testimonianza di questo fenomeno documentato la stessa autorità di gestione CITES della Cambogia afferma che le scimmie catturate illegalmente e rivendute hanno un valore di mercato che oscilla tra i venti e gli ottanta dollari americani a seconda del peso e delle condizioni degli animali;
anche numerosi osservatori appartenenti ad organizzazioni non governative internazionali hanno denunciato il traffico illegale di macachi provenienti dalla natura e successivamente destinati agli allevamenti e venduti per la sperimentazione;
gli stessi osservatori hanno registrato la presenza di oltre 480 allevamenti tra il Vietnam, il Laos e la Cina che si approvvigionano con animali catturati illegalmente in natura;
ve tenuto conto dell'elevato tasso di illegalità, corruzione e clientelismo della Cina e del Sud est Asiatico di cui la stessa IUCN (Unione mondiale per la conservazione della natura), la CITES e il Traffic (Network sul commercio della fauna internazionale) hanno denunciato la presenza quantificando l'imponente e massiccio utilizzo e commercio di specie appartenenti a flora e fauna protette;
per ottenere l'aumento innaturale delle nascite in cattività, è d'uso indurre l'ovulazione nelle femmine allontanando forzatamente e prematuramente i cuccioli appena nati dalle madri. Tale pratica rappresenta un'evidente e grave forma di maltrattamento degli animali che nel nostro Paese è considerato un reato;
eminenti ricercatori in campo scientifico ed etologico - uno tra tutti il professor Marc Bekoff (zoologo ed etologo dell'università di Boulder, Colorado) - ha dichiarato che «l'importazione di animali per la ricerca invasiva, durante la quale si soffre un dolore intenso e il probabile destino è quello di essere ucciso, è un atto ripugnante e deve essere fermato»;
anche l'illustre oncologo, ed ex Ministro, professor Veronesi, si è espresso in modo fermamente contrario all'utilizzo di primati per la sperimentazione -:
quali siano i presupposti che il Ministero della salute ha considerato validi per autorizzare l'importazione in deroga alla legge n. 116 del 1992 di un così elevato numero di animali;

quali siano le garanzie che l'autorità di gestione CITES può fornire ai richiedenti relativamente alla fonte di origine dei macachi importati e da importare presso lo stabilimento dell'Harlan e quali siano i documenti verificati che attestino e garantiscano l'allevamento e non il prelievo in natura;
se non si ritenga opportuno, a seguito delle ponderate considerazioni di ricercatori internazionali di fama mondiale, assumere iniziative volte a fermare l'importazione dei macachi;
quali iniziative di carattere generale, alla luce di quanto rappresentato in premessa, il Governo intenda assumere considerata anche l'intensa partecipazione con cui l'opinione pubblica segue le vicende di questi animali e il dibattito sulla sperimentazione in vivo.
(4-15323)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

ZAZZERA e DI STANISLAO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
con legge 11 novembre 2003 n. 310 è costituita la fondazione Teatro Petruzzelli i cui soci fondatori sono comune di Bari, provincia di Bari e regione Puglia, Ministero per i beni e le attività culturali, camera di commercio, industria, agricoltura di Bari;
con l'articolo 18, commi 2 e 3 del decreto-legge 3 ottobre 2006, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2006 n. 286, il teatro Petruzzelli è stato espropriato ai proprietari Messeni Nemagna;
la Corte costituzionale con sentenza n. 128 del 30 aprile 2008 ha dichiarato incostituzionale l'articolo 18 commi 2 e 3 del decreto-legge n. 262 del 3 ottobre 2006;
il 1o marzo 2012 il Ministero per i beni e le attività culturali ha nominato il commissario della fondazione teatro Petruzzelli nella persona di Carlo Fuortes;
Trifone Altieri, vicepresidente della provincia di Bari e della fondazione lirico sinfonica Petruzzelli di Bari, ha dichiarato sulla stampa che la situazione contabile del teatro «è sembrata alquanto confusa già dalla presentazione del bilancio di previsione del 2011». Secondo Trifone Altieri vi sarebbero state spese «accessorie» sproporzionate rispetto ai finanziamenti certi ed operazioni d'immagine che hanno determinato seri danni all'ente;
secondo quanto riportato dalla stampa, al direttore Lorin Maazel sarebbe stato corrisposto un cachet pari a 120 mila euro a concerto (e ne ha diretti due), ed inoltre sarebbero stati spesi 500.000 euro per far spostare l'orchestra negli Stati Uniti;
Sabino Persichella, successore dell'assessore regionale Silvia Godelli nel consiglio di amministrazione in rappresentanza della regione, ha dichiarato che «per quanto possa apparire strano, il cda non ha mai avuto contezza dei costi analitici della Fondazione», nonostante i dati analitici di assunzioni e costi delle produzioni artistiche siano stati sempre fermamente richiesti dai consiglieri di amministrazione e sempre burrascosamente resi inaccessibili;
secondo l'assessore Godelli «a disposizione del consiglio di amministrazione sono state messe solo ed esclusivamente le macrovoci dei bilanci di previsione e dei consuntivi, con la costante pressante richiesta di approvarle, pena il rendersi colpevoli del commissariamento ministeriale»;
se la pianta organica della Fondazione approvata dal Ministero ha fissato in 171 unità l'organico a regime, a fine marzo 2011

il numero di dipendenti dichiarati ammontava a 555, a 440 a fine giugno ed a 418 a fine settembre;
se nella pianta organica del Teatro sono previsti 68 Professori d'orchestra, di fatto ne sono stati assunti 90, e ancora, se i coristi previsti nella pianta organica sono 50, in realtà ne risultano 80;
certamente si tratta di soglie superabili qualora vi siano necessità legate alla programmazione artistica, tuttavia «in assenza di una qualsivoglia procedura di selezione pubblica il personale della Fondazione sembra essere stato reclutato senza procedure chiare, ma a semplice chiamata diretta» (Corriere del Mezzogiorno del 6 marzo 2012);
nella conferenza stampa del 9 marzo 2012 il commissario Fuortes ha parlato di una situazione molto grave per i bilanci della fondazione, il cui indebitamento totale sarebbe cresciuto dai 5 milioni di euro del 2009 agli 8,5 milioni di euro del 2011, che aggiunti ai 4 milioni previsti per il 2012 farebbe schizzare la situazione debitoria dell'ente a oltre 12 milioni di euro;
sempre il commissario Fuortes ha rilevato un incremento di spesa per il personale pari a 2,5 milioni di euro a fronte di una riduzione di entrate derivante dalla vendita dei biglietti di 550 mila euro;
alcune forze politiche di centrodestra hanno inoltre denunciato pratiche clientelari di assunzione del personale presso il teatro Petruzzelli. Il personale in questi anni sarebbe stato assunto non su base concorsuale né meritocratica, ma su chiamata diretta per appartenenze politiche e familiari. Gli articoli di stampa parlano di «parentopoli»;
in tema di personale il commissario straordinario Carlo Fuortes ha dichiarato che la situazione è complessa e che va approfondita per fare chiarezza;
il direttore generale del Ministero per i beni e le attività culturali, Salvatore Nastasi, ha concesso lo sblocco di anticipo del contributo del Fondo unico per lo spettacolo nella misura dell'80 per cento dell'ammontare del contributo del 2011;
l'anticipo in questione è di 5,5 milioni di euro, ma il fabbisogno di un teatro come il Petruzzelli che programma la sua attività tutto l'anno, è certamente maggiore e non serve a risolvere neppure il problema del precariato dei dipendenti;
il commissario Fuortes ha chiesto ai soci fondatori della Fondazione un contributo straordinario di 6 milioni di euro altrimenti ci sarebbe il rischio concreto del fallimento -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda attivare, anche attraverso il commissario straordinario Carlo Fuortes, al fine di accertare eventuali responsabilità nella gestione non proprio trasparente delle risorse economiche dell'ente;
considerato che risulta non del tutto risolto il contenzioso di esproprio del teatro Petruzzelli, se tale patrimonio immobiliare possa essere utilizzato a garanzia dei debiti della Fondazione;
quali iniziative il Ministro intenda avviare per salvaguardare la programmazione artistica della stagione e se intenda per quanto di competenza, assumere iniziative per riconoscere all'ente un contributo straordinario.
(5-06413)

Interrogazioni a risposta scritta:

MANCUSO, GIRLANDA e DE LUCA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
l'archivio di Stato di Roma ha sede nel complesso borrominiano di Sant'Ivo alla Sapienza, straordinaria opera nel cuore della Roma barocca;
il palazzo mostra gravissimi segni di decadenza architettonica, all'esterno e negli interni;
tra sei mesi andrà in pensione la signora Angela Lanconelli, oggi unica medievista

dell'archivio e portatrice di competenze esclusive che, con la sua quiescenza, andranno perdute;
l'archivio conserva il «Liber Regulae dell'Ospedale di Santo Spirito», rarissimo codice miniato che oggi sul mercato varrebbe almeno dieci milioni di euro;
il volume risale alla metà del Trecento, con bellissime miniature dipinte, quasi certamente da un artista di area avignonese, rappresentanti animali fantastici e scene di vita ospedaliera;
l'oro del Liber sta andando a pezzi e il lapislazzulo blu sta visibilmente sbiadendo;
la signora Lanconelli spiega che occorre procedere d'urgenza allo scioglimento della rilegatura del XVII secolo, in quanto troppo stretta; per questo i fogli di pergamena si stanno arricciando e ciò è motivo della perdita dei colori;
per salvare il Liber basterebbero tra i 25mila e i 50mila euro;
delle 25mila pergamene conservate, solo 5mila sono state messe in salvo con interventi di restauro;
il direttore Eugenio Lo Sardo lamenta che l'istituto riesce a malapena a pagare le utenze -:
se il Governo intenda assumere iniziative per finanziare gli urgenti interventi necessari sia sul palazzo sia sulle opere dell'archivio di Stato di Roma;
quali iniziative il Governo intenda assumere affinché la Soprintendenza nomini una medievista che possa sostituire, alla pensione, la signora Lanconelli.
(4-15309)

MANCUSO, BARANI, DE LUCA e GIRLANDA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il sito archeologico di Pompei è patrimonio artistico mondiale;
negli ultimi anni si sono verificati numerosi distacchi e crolli dovuti solo alle intemperie;
recentemente si è staccata una parte di intonaco di colore rosso da una delle pareti che si trovano nell'atrio della domus della «Venere in conchiglia»;
la soprintendenza ha poi reso noto che circoscritti distacchi hanno interessato anche «la superficie di rivestimento in coccio pesto grezzo di una delle pareti della fullonica della regio VI, nell'insula 14 e di uno stipite situato lungo il vicolo delle Terme Regio VII, nella sesta insula VI»;
Antonio Irlando, esperto di scavi pompeiani, ha stimato che per ogni crollo che viene reso noto ne corrispondano nove tenuti nascosti;
sono disponibili 105 milioni di euro di fondi europei, ai quali ne vanno aggiunti 20 messi a disposizione dall'Unesco e da alcuni imprenditori francesi e 40 milioni già in possesso della soprintendenza;
il Ministero per i beni e le attività culturali ha assicurato di rispettare il crono programma per l'utilizzo dei fondi europei;
la squadra di manutenzione oggi operante nello scavo di Pompei è composta da sole 4 persone, insufficienti ad assicurare un'efficiente manutenzione del sito -:
quali iniziative intenda intraprendere il Governo per intervenire con urgenza nella manutenzione del sito pompeiano;
se si intenda procedere a un'urgente revisione del crono programma per l'utilizzo dei fondi europei e degli altri fondi a disposizione per la manutenzione del sito.
(4-15313)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:

MANCUSO, BARANI, DE LUCA e GIRLANDA. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nelle flotte aeronautiche italiane sono presenti 250 velivoli obsoleti da sostituire;
l'Italia aveva previsto di acquistare 131 caccia previsti dal programma Joint Strike Fighter (JSF);
il Ministro della difesa ha deciso di acquistarne solo 90;
il Jsf, ha dichiarato lo stesso Ministro, «è il miglior velivolo in linea di produzione, nei programmi di ben 10 Paesi»;
la riduzione di 40 unità nelle previsioni di acquisto dei Jsf sarebbe motivata da una necessaria drastica riduzione dei costi della difesa nazionale;
la difesa nazionale rappresenta un fondamentale baluardo per la democrazia del nostro Paese e un importante strumento nella cooperazione e nelle trattative internazionali;
la produzione dei Jfs è caratterizzata da «economie di scala»: più se ne producono, minore è il costo relativo;
è stato stipulato un contratto con il raggruppamento temporaneo d'imprese (RTI) tra la ditta Alenia Aeronautica, nel ruolo di mandataria del RTI e Lockheed Martin, nel ruolo di mandante, per la realizzazione della capacità di assemblaggio e verifica (FACO) dei velivoli Jsf, incluse le predisposizioni infrastrutturali per evolvere, in futuro, in centro euro-mediterraneo di manutenzione, riparazione, revisione e aggiornamento nella città di Cameri (NO);
il cantiere di Cameri, divenuto quindi parte della filiera internazionale di costruzione di Jfs, è già in avanzata fase di completamento, comprenderà oltre 500 addetti nella fase costruttiva e oltre 1.500 addetti nella fase produttiva;
vi sono 40 ditte italiane inserite nei piani di partecipazione industriale dei prime contractor e 32 ditte italiane (in prevalenza piccole e medie imprese) coinvolte in recenti attività conoscitive e/o competizioni;
da dati industriali risulta che sono oltre 1.00 gli addetti attualmente impiegati nel comparto italiano per il solo programma Eurofighter;
la realizzazione delle attività di partecipazione industriale Jsf si stima possa creare opportunità di lavoro per circa 10.000 addetti sul territorio nazionale;
quanto sopra si verificherà solo se il programma di acquisizione italiano resterà sui 131 velivoli;
secondo stime prudenziali, l'Italia, partner del progetto, avrà un ritorno stimato di 13,2 miliardi di dollari, oltre a un ritorno in know-how non quantificabile -:
se il Governo intenda riconsiderare la scelta di diminuire il numero di velivoli Jsf da acquistare, in considerazione dell'aumento del costo del singolo velivolo per motivi industriali.
(5-06397)

Interrogazioni a risposta scritta:

SCILIPOTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 3 della Costituzione italiana sancisce che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione

politica, economica e sociale del Paese; l'articolo 4 sancisce che la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società;
«La partecipazione ai concorsi indetti da pubbliche amministrazioni non è soggetta a limiti di età, salvo deroghe dettate da regolamenti delle singole amministrazioni connesse alla natura del servizio o ad oggettive necessità dell'amministrazione.»; «sono aboliti i titoli preferenziali relativi all'età e restano fermi le altre limitazioni e i requisiti previsti dalle leggi e dai regolamenti per l'ammissione ai concorsi pubblici.»; questi sono due commi della legge n. 127 del 1997 (Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 113 del 17 maggio 1997 - Supplemento ordinario) dove viene fissata la regola di accesso ai concorsi pubblici;
come si desume dalla lettura dei bandi delle pubbliche amministrazioni, il limite d'età è un criterio preselettivo presente, che ha da sempre creato discussione sul tema: e in effetti, le discussioni sono spesso animate da molta rabbia e senso di frustrazione, perché il limite è interpretato come un atto di discriminazione vera e propria;
c'è una direttiva europea che vieta espressamente la discriminazione per età sia nel campo pubblico che privato, recepita nel nostro ordinamento con il decreto legislativo n. 216 del 2003;
attualmente il limite di età degli arruolamenti nelle Forze Armate in Italia è di 25 anni; in molti Stati del mondo tale limite è superiore a 35 anni -:
se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, non ritenga di dover intervenire, anche assumendo iniziative normative, adottando opportune urgenti misure tese ad una rapida revisione di queste norme, innalzando il limite di età oltre i 35 anni o eliminando decisamente tale limite, anche alla luce del fatto che la vita media si è alzata e considerando comunque come, per certi ruoli, una certa maggiore maturità sarebbe senz'altro preferibile.
(4-15312)

CONTENTO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
i residenti di via Montereale, a Pordenone, lamentano la grave situazione di degrado in cui versa il così detto «Palazzo dei Generali», una struttura di proprietà dell'Esercito da qualche tempo abbandonata e preda di sbandati e tossicodipendenti;
la palazzina, che potrebbe essere riqualificata a tutto vantaggio dell'area limitrofa e con buoni introiti per l'erario, è stata vandalizzata in ogni angolo, tanto che attualmente viene segnalata anche la presenza di persone che vi stazionano di notte -:
se non ritenga di dover intervenire per una rapida messa in sicurezza del sito;
per quali ragioni l'immobile di cui in premessa non possa essere alienato, nell'ottica di un complessivo recupero della vasta area sulla quale lo stesso si affaccia.
(4-15317)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

RUBINATO, DE POLI, FOGLIARDI, GAVA, SBROLLINI, MURER e DAL MORO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
Latteria di Soligo, Latterie Vicentine e La Centrale del Latte sono tra le maggiori

aziende del comparto lattiero-caseario veneto: la latteria di Soligo di Treviso, azienda fondata nel 1883 con lusinghieri successi nell'ambito della ricerca e della qualità, con oltre 250 soci distribuiti nelle province del Veneto e del Friuli Venezia Giulia e 200 persone tra dipendenti e distributori, lavora quotidianamente, nei 4 stabilimenti specializzati nella lavorazione di diversi prodotti, circa 2.000 quintali di latte per un fatturato complessivo di oltre 60 milioni di euro; la società cooperativa Latterie Vicentine, che raggruppa 400 aziende agricole socie e 120 dipendenti e produce il 40 per cento del formaggio Asiago fresco, raccoglie in media 3.000 quintali di latte al giorno, quasi interamente provenienti dal territorio vicentino, sviluppando un fatturato di circa 80 milioni di euro; la Centrale del Latte di Vicenza, nata nel 1929 per volontà del comune di Vicenza e poi acquisita nel 2002 dalla Centrale del Latte di Torino & C., lavora nello stabilimento produttivo di Vicenza Est circa 23 milioni di litri di latte al giorno per un fatturato complessivo di 28 milioni di euro, occupando 69 dipendenti;
le aziende del settore caseario acquistano il latte crudo in stalla con un'aliquota Iva al 10 per cento mentre rivendono i prodotti lattiero-caseari con un'aliquota Iva al 4 per cento vantando così da sempre un credito fiscale nei confronti dello Stato, che può essere compensato nel limite di 516.000 euro l'anno; a tal fine le aziende presentano trimestralmente apposita richiesta di rimborso all'Agenzia delle entrate che, fino a qualche tempo fa, veniva saldata in un periodo di circa sei mesi dall'inoltro della stessa, mentre attualmente, a fronte della richiesta di rimborso effettuata per il 3o trimestre 2010, sono stati superati i 15 mesi di attesa;
per effetto di tale ritardo, al 4o trimestre 2011, il credito Iva accumulato da tali aziende ammonta ad oltre 14 milioni di euro, di cui 8.303.741 di euro spettanti alle Latterie Vicentine, 5,443.717 di euro alla Latteria di Soligo e 914.598 di euro alla Centrale del Latte di Vicenza;
a causa del grave ritardo le aziende hanno rappresentato le loro proteste all'Agenzia delle entrate, sollecitando anche l'intervento del prefetto, per cui nel giro di qualche mese l'Agenzia delle entrate ha certificato i rimborsi ed emesso i relativi mandati di pagamento;
appare singolare tuttavia che, ciò nonostante, Equitalia, sulla base di asseriti problemi di liquidità, non abbia ancora provveduto al relativo pagamento, mentre in altre province, quali ad esempio Mantova e Belluno, si è già provveduto alla liquidazione degli analoghi rimborsi Iva;
il gravissimo ritardo sta seriamente compromettendo la situazione economico-finanziaria delle aziende lattiero-casearie del territorio, mettendo a rischio il pagamento degli stipendi dei dipendenti e dell'acconto del prezzo alle aziende agricole associate -:
quali siano le ragioni della mancata liquidazione da parte di Equitalia dei crediti Iva spettanti alle aziende venete sopra menzionate, a fronte di richieste di rimborso risalenti ancora al terzo trimestre 2010, mentre in altre province si è già provveduto regolarmente;
quali iniziative urgenti intenda assumere il Ministro interrogato per assicurare che Equitalia provveda senza ulteriore ritardo ad effettuare il pagamento dei dovuti rimborsi Iva alle citate aziende lattiero-casearie di Vicenza e Treviso, nonché per garantire che in futuro non abbia a ripetersi tale grave inadempienza che pregiudica l'equilibrio economico-finanziario delle aziende già messe a dura prova dall'attuale situazione di crisi economica e di carenza di liquidità dovuta alla stretta creditizia;
se non ritenga di assumere un'apposita iniziativa anche in sedenormativa per stabilire un termine certo entro il quale Equitalia provveda al rimborso dei crediti fiscali, così come il contribuente è tenuto al rispetto di un termine perentorio per il versamento dell'Iva, al fine di evitare di mettere in difficoltà le aziende sottraendo

per un tempo troppo lungo e di durata indeterminata la liquidità loro necessaria per pagare stipendi ed aziende fornitrici, assicurando maggiore certezza alla loro pianificazione finanziaria.
(5-06394)

CONTENTO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
sta suscitando scalpore la notizia diffusasi in questi giorni nella zona di Aviano (Pordenone) secondo cui l'Agenzia delle entrate starebbe eseguendo decine di contestazioni a carico di altrettante attività gravitanti nell'orbita della locale base militare Usaf;
nello specifico, i rilievi riguarderebbero la mancata applicazione dell'iva dal 2007 al 2011 per servizi fruiti dal personale statunitense che opera nel presidio di Aviano;
normativa fiscale e regolamenti internazionali alla mano, i rappresentanti del settore stanno tutelando la buona fede degli esercenti coinvolti da tali accertamenti;
da una prima interpretazione delle disposizioni vigenti, sembra che l'iva non dovesse essere calcolata sulle prestazioni erogate a favore di rappresentanti governativi o loro emissari per ragioni di servizio, mentre andasse addebitata regolarmente ai semplici militari per esigenze personali;
i solleciti dell'Agenzia delle entrate raggiungerebbero somme considerevoli, a volte superiori ai 100 mila euro, e, comunque, tali da compromettere il delicato equilibrio economico dell'area geografica in questione, la cui principale fonte di reddito è proprio quella legata alla struttura americana -:
se la situazione esposta in premessa corrisponda al vero e, in caso di risposta affermativa, quanti esercenti riguardi e per quali importi complessivi;
se non ritenga di dover intervenire, come peraltro sollecitato dagli stessi operatori e rappresentanti sindacali, per addivenire ad una soluzione che chiarisca gli esatti termini della questione ed eviti pesantissime ripercussioni sull'economia del pordenonese, nonché scongiuri situazioni di disparità.
(5-06399)

TOMMASO FOTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
sono numerosissime le piccole e medie imprese agricole in crisi a causa delle molteplici difficoltà economiche che hanno colpito l'intero comparto;
l'entrata in vigore dell'Imposta municipale unica (IMU) e l'applicazione alle stesse così prospettata è destinata certamente ad aggravarne lo stato di crisi;
rebus sic stantibus, l'Imposta municipale unica si applica ai fabbricati rurali, che sono beni strumentali per le imprese agricole il cui reddito è già conteggiato nella rendita domenicale dei terreni, così sottoponendo gli stessi ad una doppia imposizione. Non solo ma appare del tutto evidente come numerosi fabbricati rurali (le vecchie case coloniche e i vecchi casali, ad esempio) che risultano in stato di abbandono, se non esentati dal pagamento dell'Imposta municipale unica, finiranno per essere abbattuti dai proprietari, circostanza che determinerà la cancellazione di una parte significativa di quel grande patrimonio di edilizia rurale di cui l'Italia è ricca;
appare poi del tutto contraddittorio che mentre i terreni siti nelle zone di collina e di montagna sono giustamente esentati dal pagamento dell'Imposta municipale unica, poiché ritenuti terreni di basso reddito, così non è per gli edifici che sugli stessi terreni insistono;
secondo studi diffusi dalle principali organizzazioni agricole gli incrementi impositivi arriveranno a sfiorare il 400 per

cento e, in particolare, sono valutati in oltre un miliardo di euro gli oneri finanziari aggiuntivi che peseranno sugli agricoltori a causa dell'applicazione dell'Imposta municipale unica come ora prevista;
il comparto agricolo ha registrato nel terzo trimestre dello scorso anno un andamento congiunturale più negativo del valore aggiunto con il suo meno 0,9 per cento;
nuove imposte, aumento dei contributi previdenziali, unitamente all'impennata del prezzo del gasolio, stanno creando le premesse per la chiusura di molte imprese agricole, la qual cosa comporterà: meno occupazione, aumento dei prezzi al dettaglio, impoverimento ulteriore delle famiglie già penalizzate dalle recenti manovre del Governo -:
quali urgenti iniziative, anche di carattere normativo, intenda assumere, con l'urgenza che il caso conclama, al fine di modificare radicalmente le disposizioni che disciplinano attualmente l'applicazione dell'Imposta municipale unica alle imprese agricole - soprattutto per quanto riguarda gli stabili agricoli non più funzionali all'attività e trasformati in abitazione e i fabbricati strumentali al lavoro e che da sempre sono stati inseriti nel valore dei terreni - dando concreta attuazione all'ordine del giorno 9/4940-A/92 approvato, nonostante il parere contrario del Governo, dalla Camera dei deputati con 495 voti favorevoli nella seduta n. 603 di martedì 12 marzo 2012.
(5-06410)

VICO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il comune di Maruggio (Taranto) con delibera di giunta comunale n. 69 del 30 marzo 2001 affidava direttamente la gestione della riscossione dell'ICI e della TARSU alla SOGET spa e approvava la relativa convenzione;
nella medesima convenzione, all'articolo 22, stabiliva un aggio per la riscossione della TARSU nella misura del 6,5 per cento delle somme riscosse;
con successiva delibera di giunta comunale n. 331 del 28 dicembre 2004 veniva rinnovata la convenzione con la SOGET spa per la gestione della riscossione delle entrate comunali per altri 4 anni e ridotto l'aggio di riscossione della TARSU dal 6,5 per cento al 6 per cento in deroga a quanto stabilito dall'articolo 22 della convenzione;
con delibera di giunta comunale n. 96 del 13 giugno 2007 disponeva la proroga della convenzione per la gestione della riscossione delle entrate comunali alla società SOGET spa fino al 31 dicembre 2010 alle stesse condizioni contrattuali stabilite con atto giuntale n. 331 del 2004;
il decreto ministeriale del 4 agosto 2000 del Ministero delle finanze per l'ambito territoriale costituito dalla provincia di Taranto, ex articolo 79, prevede un aggio sulle somme riscosse a seguito di riscossione spontanea a mezzo ruolo delle entrate non erariali pari all'1 per cento;
il comma 5-bis dell'articolo 32 («Riscossione») della legge 28 gennaio 2009, n. 2, recita «Limitatamente alla riscossione spontanea a mezzo ruolo, l'aggio spetta agli agenti della riscossione nella percentuale stabilita dal decreto 4 agosto 2000 del Ministero delle finanze», ovvero dell'1 per cento;
in altri comuni e anche in quello di Taranto la stessa SOGET nel 2008, a seguito della delibera di giunta comunale di Taranto n. 35 del 6 ottobre 2008, ha rivisitato l'aggio riscossione TARSU, modificando la convenzione e portandolo per la riscossione ordinaria tramite avviso notificato dal 6 per cento all'1 per cento e per la riscossione coattiva all'8,74 per cento, così come previsto per tutta la provincia di Taranto dall'articolo 79 del decreto ministeriale (Finanze) del 4 agosto 2000;
l'aggio del 6 per cento sulla riscossione volontaria della TARSU, comprensivo dei servizi aggiuntivi, appare ingiustificabile e sproporzionato rispetto all'1 per cento previsto dalla legge;

l'amministrazione comunale di Maruggio secondo l'interrogante ha procurato un aggravio delle spese all'ente locale per aver pagato dal 2001 ad oggi, alla suddetta società, un aggio per riscossione della TARSU superiore all'1 per cento percentuale massima prevista dalla legge dello Stato sin dall'anno 2000;
le fatture emesse dalla SOGET hanno esposto le casse comunali a una corresponsione di maggiori aggi a far data dall'anno di convenzione dell'affidamento diretto (delibera giunta 69/2001) fino al corrente anno in proroga -:
di quali elementi disponga in relazione ai fatti descritti in premessa e se intenda verificare, anche mediante i servizi ispettivi di finanza pubblica la regolarità delle procedure seguite dal comune di Maruggio, che avrebbe corrisposto all'istituto di riscossione SOGET spa un aggio sulla riscossione volontaria TARSU superiore 6 volte a quello previsto dalla legge.
(5-06415)

Interrogazioni a risposta scritta:

MOFFA, ROMANO, GIANNI, RUVOLO e SCILIPOTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il ragioniere generale del comune di Palermo Paolo Bohuslav Basile ha comunicato in una nota, al commissario straordinario Luisa Latella la necessità di procedere al raddoppio dell'addizionale Irpef dallo 0,4 allo 0,8 per cento e alla applicazione dell'Imu, la nuova Ici al massimo, 6 per mille sulle prime case non esenti e al 10,6 per mille sulle seconde abitazioni allo scopo di attenere già nel corso del 2012 un gettito di circa 115 milioni di euro;
a detta del dottor Basile l'attuazione delle misure è da ritenersi un atto obbligatorio in mancanza del quale il comune sarebbe precipitato nel dissesto finanziario, con le prevedibili e gravissime ricadute sul personale dipendente, sugli amministratori, sulla cittadinanza e sui creditori;
qualora venga dichiarato il dissesto finanziario i dipendenti comunali che risultano in sovrannumero rispetto ai rapporti medi dipendenti-popolazione fissati dalla legge, questi sarebbero collocati in disponibilità e rischierebbero la mobilità collettiva o individuale;
gli amministratori comunali in caso di dichiarazione di dissesto finanziario, che entro cinque giorni sarebbe trasmessa alla Corte dei conti, rischiano di vedersi quantificare e richiedere i danni oltre che il divieto a candidarsi o ricoprire incarichi di sottogoverno qualora riconosciuti responsabili;
i cittadini, in caso di dichiarazione di dissesto finanziario, si vedrebbero inasprire le aliquote e le tariffe nella misura massima consentita per un periodo non inferiore a cinque anni, mentre i creditori subirebbero l'abbattimento percentuale dei crediti;
le misure «salva Comune», a detta del dottor Basile, non sono derogabili ma non sarebbero risolutive, l'eventuale aumento dell'Irpef e dell'Imu, servirebbe solo a turare le falle causate dalla riduzione dei trasferimenti di entrate statali e regionali che nel 2012 sono pari a 94 milioni di euro;
per quanto riguarda le società partecipate del comune di Palermo queste per essere salvate al netto dei fondi per la ricapitalizzazione, avrebbero bisogno di uno stanziamento di 98 milioni di euro che ovviamente non ci sono;
l'aumento delle tasse dovrebbe scattare dal 31 marzo 2012 che è il termine per l'approvazione del bilancio anche se questo termine potrebbe essere prorogato al 30 giugno 2012;
il Partito Tradizional Popolare da tempo e con numerose iniziative e prese di posizione denuncia la gravissima crisi economica

e il dissesto finanziario del comune di Palermo -:
di quali elementi disponga il Governo in merito alla situazione finanziaria del comune di Palermo ivi comprese le aziende partecipate nonché in merito alla possibilità che il comune di Palermo sia in procinto di compiere operazioni di riduzione del personale;
se non intenda valutare se sussistano i presupposti per un rinvio delle elezioni amministrative del comune di Palermo.
(4-15327)

BITONCI e MONTAGNOLI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
organi di stampa nazionale (Corriere della Sera del 3 marzo 2012) riportano la notizia secondo la quale nel paese di Comitini, in provincia di Agrigento, il sindaco abbia deciso di utilizzare 35.000 euro, reperiti tramite dei fondi regionali dell'ente della regione Sicilia e ai quali verranno aggiunte ulteriori risorse pari al 20 per cento dell'importo erogato dal comune, per finanziare un progetto al cui interno è previsto un viaggio in crociera per alcuni anziani del paese;
il paese di Comitini era già in passato solito all'onore delle cronache per lo scandalo del personale pubblico all'interno dell'ente, laddove la pianta organica dell'amministrazione contava 65 impiegati, di cui nove vigili, a fronte dei 960 abitanti dello stesso comune;
il decreto-legge n. 78 del 2010, all'articolo 6, comma 8, afferma come «A decorrere dall'anno 2011 le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, incluse le autorità indipendenti, non possono effettuare spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza, per un ammontare superiore al 20 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009 per le medesime finalità»;
numerosi comuni, anche in ragione delle difficoltà legate al rispetto dei vincoli del Patto di Stabilità, hanno già evidenziato la palese problematicità, stante anche la complessa situazione legata all'applicazione dell'IMU, di riuscire ad approvare il bilancio previsionale per l'esercizio in corso, tanto che lo stesso Governo, all'interno del provvedimento noto come «Milleproroghe», ha posticipato al 30 Giugno 2012 tale adempimento;
se anche alla luce della difficile situazione economica e finanziaria nella quale si trovano gli enti locali nonché dei vincoli europei in materia di contenimento dei debiti pubblici nazionali non intenda promuovere iniziative di coordinamento in particolare per la definizione in senso più stringente delle spese che possono effettivamente configurarsi come spese per relazioni pubbliche.
(4-15329)

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GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:

CONCIA, RAO, PICIERNO e PERINA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel novembre 2010 si sono svolte le elezioni per il rinnovo del Consiglio dell'ordine nazionale dei biologi;
l'esito della consultazione è stato oggetto di cinque ricorsi promossi ai sensi degli articoli 22 e seguenti della legge 24 maggio 1967, n. 369;
gli anzidetti giudizi sono stati accolti dal Consiglio nazionale dei biologi con altrettanta pronunce, recanti tutte il seguente dispositivo; «P.Q.M. Il Consiglio nazionale dei biologi nella riunione del 10 giugno 2011, a maggioranza di 11 consiglieri

e definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso, annullando per l'effetto le operazioni elettorali e l'elezione del Consiglio dell'ordine nazionale dei biologi e del consiglio nazionale dei biologi. Chiede al Ministro della Giustizia l'immediata nomina di un commissario straordinario che provveda alla convocazione degli elettori per il rinnovo del Consiglio dell'Ordine Nazionale dei Biologi e del Consiglio Nazionale dei Biologi»;
l'Ordine nazionale dei biologi e alcuni dei consiglieri eletti, hanno impugnato le predette pronunce dinanzi al T.A.R. Lazio-Roma che, con ordinanze del 7 settembre 2011, ha rigettato le istanze di sospensione degli atti impugnati, rinviando la discussione del merito delle controversie all'udienza pubblica del 22 febbraio 2011;
le suddette ordinanze sono state impugnate anche dinanzi al Consiglio di Stato che, con ordinanze 4176, 4177, 4178, 4179 e 4180 del 27 settembre 2011, ha così statuito: «considerato che, sulla base di una valutazione delle contrapposte esigenze cautelari prospettate, ritiene il Collegio di accogliere l'appello al solo fine di sospendere il rinnovo delle operazioni elettorali in attesa della definizione in primo grado del merito della vicenda processuale, per la quale è stata già fissata l'udienza del 22 febbraio 2011; ritenuto che, d'altra parte, deve essere mantenuta ferma, nelle more di tale decisione, la disposta caducazione degli organi collegiali, così come la nomina del commissario straordinario»;
le sentenze 02029, 02030, 02031, 02032, 02034 del 29 febbraio, il T.A.R Lazio-Roma ha respinto i ricorsi presentati dall'ex Presidente dell'Ordine nazionale dei biologi dottor Ermanno Calcateli, ed altri, con i quali si richiedeva l'annullamento delle sentenze emesse dal Consiglio nazionale dell'ordine dei biologi, ovvero i provvedimenti con i quali sono state annullate tutte le operazioni di voto per il rinnovo delle cariche ordinistiche e confermato il professor Lucio Botte nel suo ruolo di commissario dell'Ordine nazionale dei biologi - nominato già con decreto adottato dal Ministro della giustizia il 2 novembre 2011, ai sensi dell'articolo 20 della legge n. 396 del 1967 - per il disbrigo delle attività correnti e per la preparazione delle elezioni per il rinnovo degli organi dell'Ordine nazionale dei biologi;
il 17 gennaio 2012 il commissario ha proceduto alla nomina di un «Consiglio tecnico gestionale» di 5 persone, tutti candidati alle scorse elezioni, nelle persone del dottor Pietro Sapia, del dottor Paolo Levoni; della dottoressa Claudia Dello Iacovo; del dottor Antonio Romano; del dottor Giovanni Venditto, attribuendo loro un gettone di presenza così come stabilito dal verbale n. 1 del 31 gennaio 2012 del suddetto Consiglio;
il Commissario avrebbe interrotto l'erogazione dell'attività formativa già deliberata e avrebbe provveduto a nominare il dottor Maurizio Podico - un candidato non eletto nelle ultime elezioni per il rinnovo del Consiglio dell'ONB - quale direttore del periodico istituzionale «biologi italiani»;
il contiguo affidamento di responsabilità, nell'ambito della gestione commissariale, a persone candidate e non elette ovvero comunque coinvolte nella attività ordinistica e nelle vicende che hanno determinato la conflittualità interna che ha poi condotto al commissariamento, rischia di non essere rispettoso del principio di indipendenza e terzietà che caratterizza la pubblica amministrazione e che dovrebbe raccomandarsi ancor di più ad una governance provvisoria come quella commissariale -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere al riguardo;
quali azioni il Ministro intenda assumere al fine di garantire la massima indipendenza della gestione commissariale dell'ente anche in vista di prossime eventuali elezioni.
(3-02163)

Interrogazione a risposta in Commissione:

CONTENTO. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
capita spesso che i difensori d'ufficio si trovino nell'incombenza di richiedere i dati di residenza dell'assistito, atteso che non sempre il luogo di domicilio indicato dall'autorità giudiziaria risulta corretto o che, nelle more, l'indagato lo ha mutato;
risulta all'interrogante che in questi casi non venga applicata una prassi unitaria da parte dei comuni italiani, tanto che alcuni enti forniscono in breve tempo riscontro all'avvocato richiedente, mentre altri sollecitino addirittura il previo versamento di marche da bollo e diritti vari;
non pare ammissibile che al difensore d'ufficio, affidatario del fascicolo per mandato di un organo giudiziario, vengano imposte spese di questa natura, visto anche che senza il rilascio dei dati in questione lo stesso procedimento potrebbe subire dei potenziali ritardi per inefficacia delle notifiche -:
se ritengano opportuno assumere ogni iniziativa di competenza per individuare una prassi comune, anche valutando se ricorrano i presupposti per inviare circolare agli uffici interessati, che uniformi la condotta da mantenere nei casi esposti in premessa, vietando ogni forma di esborso a carico dei difensori d'ufficio che, in quanto tali, svolgono un servizio pubblico.
(5-06398)

Interrogazione a risposta scritta:

FRONER. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
con il contributo finanziario della provincia di Trento è stata realizzata una nuova struttura carceraria, già in funzione, in sostituzione della vecchia obsoleta e malsana;
il nuovo carcere di Trento è ubicato in Spini di Gardolo, area decentrata rispetto alla città, con utilizzo di un grande spazio;
attualmente sono detenuti 273 uomini e 19 donne, mentre i posti previsti sarebbero 240;
le persone detenute per violazione, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti sono 159 uomini e 9 donne; i tossicodipendenti dichiarati sono 61 uomini e 5 donne; il 60 per cento dei detenuti è straniero; gli agenti di polizia penitenziaria sono 170 anziché 280 come da pianta organica; 100 sono i detenuti che frequentano un corso di alfabetizzazione;
molti spazi risultano inutilizzati, mentre non è stato realizzato un refettorio dove i detenuti possano mangiare assieme; alla palestra mancano gli attrezzi; mancano stanze per l'affettività; lo spazio per il colloquio con i famigliari, realizzato con barriera visiva in contrasto con la normativa, è inutilizzato -:
per quale motivo sia stato progettato dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria un carcere nuovo con criteri che appaiono superati;
per quale motivo non sia realizzato un refettorio, non sia attrezzata la palestra e non siano previsti spazi per l'affettività;
quali iniziative il Ministro intenda assumere per varare un piano per l'accoglienza di detenuti senza domicilio in strutture pubbliche o private e per consentire l'applicazione della legge sulla detenzione domiciliare.
(4-15310)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:

BURTONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la società appaltatrice dei lavori della strada statale 655 Bradanica Lotto La

Martella-Matera ha interrotto da tempo i pagamenti ai subappaltatori e ai fornitori;
la Intini Angelo Srl, infatti, è debitrice di ingenti somme verso diverse piccole imprese locali, titolari di contratti sia di subappalto che di fornitura e trasporto di materiali presso il cantiere della Bradanica;
questa situazione, ha causato serie difficoltà di ordine economico e finanziario alle imprese creditrici, mettendo a rischio numerosi posti di lavoro;
è notizia di oggi che i dipendenti saranno collocati in cassa integrazione straordinaria per un anno;
ora il rischio riguarda il completamento di un lotto fondamentale per un'arteria strategica per la Basilicata;
la crisi del gruppo Intini rischia di rallentare ulteriormente i lavori -:
se e quali iniziative il Governo intenda intraprendere nei confronti dell'Anas per assicurare il completamento del lotto in questione.
(5-06393)

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INTERNO

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
la Riela Group è un gruppo attivo nel settore dell'autotrasporto formata da quattro società con sede a Piano Tavola, Belpasso (CT). Lo stesso gruppo è stato sottoposto a sequestro nel 1993, e poi definitivamente confiscato - ex legge n. 565 del 1965 - con sentenza della Corte di cassazione n. 950 del 1999;
nel luglio del 2007, Riela Luigi, Riela Filippo e Riela Rosario coinvolti nel procedimento di confisca, sono stati licenziati dalle società del Gruppo Riela. A seguito del licenziamento dei fratelli Riela, i dipendenti in forza alle società del gruppo rassegnavano le dimissioni ed i fornitori, nella quasi totalità, recedevano dai rapporti commerciali. Quasi tutti i dipendenti trasmigravano poi nel Consorzio SETRA così come le commesse venivano assunte dallo stesso consorzio;
il consorzio SETRA risulta essere ancora oggi il maggior creditore del Riela Group, per circa 6,5 milioni di euro per debiti derivanti da rapporti commerciali con il gruppo Riela quali la cessione di magazzini in subaffitto e contratti di appalto per l'autotrasporto;
a ragione dei debiti derivanti dai predetti contratti di trasporto il consorzio SETRA richiedeva ed otteneva dal tribunale di Catania tre ingiunzioni di pagamento rispettivamente per euro 4.673.813,11, euro 1.829.207,34 e per euro 90.618,66. Ad oggi, pendono avanti al Tribunale di Catania i giudizi di opposizione ai decreti ingiuntivi;
in data 19 luglio 2011 il direttivo dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, ha emesso il decreto di liquidazione della Riela Group a cui L'Agenzia nazionale ha dato seguito in data 10 gennaio 2012. A seguito della liquidazione della Riela Group, devono essere corrisposte dallo Stato al Consorzio SETRA somme che oggi ammontano ad oltre 6,5 milioni di euro;
già nel 2007, la questione della liquidazione era già stata poi ampiamente esaminata dal tavolo di governance (Agenzia del demanio, Unioncamere, Italia Lavoro, Confcooperative e Lega delle Cooperative) istituito presso l'Agenzia del demanio per l'applicazione del protocollo istituzionale firmato il 10 maggio 2007 dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dal Ministero dell'economia e delle finanze, Italia Lavoro e Agenzia del demanio per la salvaguardia delle aziende confiscate alla mafia, il tavolo di governance, dopo un'attenta analisi delle condizioni giuridiche, socio-economiche e ambientali

dell'Agenda in questione, ha escluso la liquidazione e all'unanimità ha espresso parere di destinare l'Azienda alla vendita, previo un piano di rafforzamento della tenuta industriale e della riqualificazione dei lavoratori. L'Agenzia del demanio, dopo il parere favorevole della prefettura, ha adottato l'atto di destinazione formale a favore della vendita del Riela Group ai sensi dell'articolo 2-undecies, comma 3, della legge 575 del 1965;
attualmente, le società confiscate del gruppo Riela hanno in organico 22 dipendenti. Lavoratori selezionati dalle liste di mobilità e di disoccupazione di lunga durata del centro per l'impiego di Catania e sottoposti al vaglio della prefettura di Catania al fine di verificare possibili collegamenti con i prevenuti, con risultato per tutti negativo -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti segnalati e se il Ministro non ritenga opportuno chiedere all'Agenzia nazionale per l'Amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata di rivedere la decisione della liquidazione anche alla luce di quanto già discusso ed elaborato sulla vicenda in precedenza da organi istituzionali preposti e da tavoli di governance.
(2-01409) «Berretta».

Interrogazione a risposta orale:

DI PIETRO e PALOMBA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
i cappellani della polizia di Stato sono sacerdoti che profondono grande dedizione nell'importante ed apprezzatissimo compito che svolgono nelle questure d'Italia accanto agli uomini della polizia, che supportano in tutti i momenti delicati nei quali essi possono trovarsi;
la riforma della polizia di Stato (legge n. 121 del 1981, articolo 69) e la revisione del concordato (legge n. 121 del 1985, articolo 11) hanno recepito l'assistenza religiosa cattolica per il personale della polizia di Stato nel rispetto dei principi costituzionali (articoli 8, 19 e 20), modificando e adattando lo stato giuridico e l'organizzazione dei cappellani in rapporto alle nuove esigenze, mediante «intese» bilaterali tra Ministero dell'interno e Conferenza episcopale italiana;
con il decreto del Presidente della Repubblica n. 421 del 27 ottobre 1999 si è regolamentato il servizio pastorale dei cappellani, oltre che negli istituti di istruzione, anche nelle strutture territoriali della polizia di Stato;
il decreto ministeriale dell'8 ottobre 2004 ha ulteriormente precisato aspetti amministrativi e organizzativi del «servizio» dei cappellani nella polizia di Stato (articolo 6);
questa categoria di servitori dello Stato sta vivendo una situazione incresciosa ed umanamente difficile in quanto nel 2012 non ha ancora ricevuto la retribuzione e vive in una pesante incertezza. Trattandosi per lo più di persone che non hanno altre risorse, e spesso danno del loro per le opere benefiche che seguono, per far fronte alle esigenze di vita si stanno trovando costretti a fare ricorso ad altre risorse, comprese le famiglie di origine o persone amiche;
questa situazione deve essere subito rimossa per evitare seri inconvenienti ai cappellani ed allo stesso servizio della polizia di Stato -:
quali siano le ragioni di questo grave ritardo che sta generando seri problemi, anche di dignità, e quali rimedi immediati intenda porre in essere per eliminare subito questa situazione, assicurando la giusta e pronta retribuzione dei cappellani della polizia di Stato.
(3-02162)

Interrogazione a risposta in Commissione:

COSCIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da notizie apprese dalla stampa, il giorno 8 marzo 2012, davanti al Liceo

Righi di Roma, alcuni studenti che stavano volantinando per promuovere l'adesione alla manifestazione della Fiom sono stati assaliti da un gruppo di ragazzi che si sono presentati, pochi secondi prima dell'aggressione, come militanti di destra del gruppo Controtempo;
gli aggressori erano una quindicina e hanno colpito violentemente gli studenti del Righi con pugni e caschi. Durante la colluttazione, tre studenti del liceo romano sono rimasti feriti e sono stati trasportati al policlinico Umberto I dai sanitari del 118, due in codice giallo e uno in codice verde;
il più grave è stato ricoverato per la frattura del setto nasale e per questo sarà operato in questi giorni;
anche la vicepreside del liceo è stata coinvolta nell'aggressione insieme ad alcuni professori che erano usciti dall'edificio per vedere cosa stesse accadendo e per cercare di sedare gli animi. Tuttavia, nonostante il tentativo di impedire l'aggressione sono stati coinvolti nello scontro e strattonati;
a Roma, ormai da qualche mese a questa parte, sono molti gli episodi di violenza politica ispirati e condotti da gruppi di estrema destra che di fatto stanno impedendo lo svolgersi di un sano confronto democratico delle idee -:
quali iniziative siano state prese dalle forze di polizia per identificare le persone coinvolte;
quali iniziative si intendano mettere in atto per impedire il ripetersi di gravi episodi di intolleranza e di violenza che già hanno pericolosamente inquinato il confronto democratico in città.
(5-06396)

Interrogazioni a risposta scritta:

MARINELLO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano il Crotonese di sabato 10 marzo è stata pubblicata a tutta pagina la lettera aperta di «Alcuni dei giovani partecipanti al corso di formazione per la gestione dei beni confiscati Isola Capo Rizzuto» tenutosi nel 2011 per conseguire l'attestato di qualifica per imprenditore sociale ed agricoltura biologica;
il corso era finalizzato a formare i partecipanti per la gestione dei beni confiscati alla criminalità organizzata (soprattutto alla famiglia Arena di Isola di Capo Rizzuto). I partecipanti, selezionati attraverso una manifestazione di interesse (30 persone su circa 130 domande presentate), sono stati preparati a gestire il piano d'impresa articolato su tre direttrici: agricoltura agrobiologia, turismo sociale e servizi di tutela ambientale e paesaggistica;
i giovani erano stati reclutati tra incitamenti e lodi sperticate delle autorità locali: una filiera sana, lavoro legale per i giovani disoccupati; il contrasto alla criminalità organizzata; il valore intrinseco dei prodotti; il valore della legalità;
il bando di concorso presentato venerdì 24 febbraio 2012 presso il comune di Isola di Capo Rizzuto per selezionare la cooperativa ha di fatto escluso la gran parte dei ragazzi che avevano seguito il corso di formazione: sul bando non è stata prevista nessuna figura al di fuori che agronomi, contadini, trattoristi e un responsabile di prodotto con titolo di studio molto specifico;
la rabbia tra i giovani illusi dalle autorità è stata molto forte; ci si domandava a che pro organizzare un corso di formazione specifico se poi quasi tutti i partecipanti sono esclusi dalla partecipazione alla gestione dei terreni sequestrati; che fine avesse fatto la promessa di «garantire possibilità occupazionali per decine di giovani disoccupati del territorio» e per quali ragioni i bandi di concorso per selezionare i soci delle cooperative in altre città calabresi erano tutti omogenei e questo sia completamente diverso;
è stato espresso anche il timore che il gruppo che dirigerà la cooperativa non saranno i ragazzi selezionati dal bando,

ma qualche «gruppo tecnico» che si è già proposto per la gestione dei terreni -:
per quali motivi la prefettura locale, i comuni di Isola Capo Rizzuto e Cirò e varie associazioni abbiano deciso di indire un nuovo bando per la gestione dei terreni sequestrati alla malavita organizzata, con figure professionali completamente diverse da quelle previste dal corso di formazione, posto che secondo l'interrogante tali comportamenti delle istituzioni altro non fanno che accrescere la sfiducia dei giovani verso di esse;
se non ritenga opportuno per quanto di competenza assumere ogni iniziativa al fine di ritirare il bando e rivedere tutta la gestione dell'iter finora seguito per l'assegnazione dei terreni, di fatto oggi abbandonati nonostante l'assegnazione ad una non ben precisata ATS e che nell'abbandono potrebbero tornare di fatto ai precedenti proprietari.
(4-15320)

MIGLIORI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la giornata nazionale del ricordo delle foibe e dell'esodo istriano-dalmata deve essere momento di autentica riflessione di tutta la comunità nazionale in uno spirito di coesione e condivisa memoria storica;
le amministrazioni comunali sono state tendenzialmente, anche in questo 2012, meritoriamente attive in iniziative atte a sottolineare, senza sciovinismi o nuovi odi, il dramma del genocidio nei confini orientali;
si registrano tuttavia singole situazioni nelle quali ripetutamente alcune amministrazioni locali - ad esempio quella di San Casciano Val di Pesa (Firenze) - si sono rifiutate di organizzare iniziative di vera adesione politica e culturale al senso ed agli obiettivi della giornata nazionale, decisa da una legge - n. 92 del 30 marzo 2004 - votata quasi all'unanimità dal Parlamento;
ad avviso dell'interrogante tali situazioni sono il sintomo di una certa diffusa resistenza nel riconoscere pienamente la verità storica del genocidio perpetrato da bande comuniste in Istria e dell'esodo giuliano-dalmata, con il rischio di promuovere atteggiamenti negazionisti o giustificazionisti sulla questione -:
se abbia promosso o intenda promuovere azioni di monitoraggio, in particolare tramite le prefetture, in relazione allo stato di attuazione della legislazione in materia e se risultino i motivi per cui alcune amministrazioni locali non abbiano sostanzialmente applicato la legge n. 92 del 30 marzo 2004.
(4-15328)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:

FRASSINETTI e CORSARO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
un'organizzazione non governativa di ricercatori e professionisti denominata «Gherush92», consulente speciale presso il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite, sostiene che lo studio della Divina Commedia di Dante Alighieri andrebbe eliminata dai programmi scolastici in quanto conterrebbe frasi razziste, islamofobiche, omofobiche e antisemitiche;
Valentina Sereni, presidente di «Gherush92», ha dichiarato che il poema di Dante presenterebbe contenuti offensivi e discriminatori sia nel lessico che nella sostanza e non verrebbero fornite delle adeguate considerazioni critiche ed adeguati filtri dagli insegnanti;
in particolare, sarebbero sotto accusa alcuni canti dell'Inferno, tra i quali il XXVIII in cui Maometto viene condannato ad espiare le proprie colpe nella nona bolgia del cerchio ottavo come «seminatore di scandalo e di scisma» e il XXIX in

cui a Giuda viene dato dell'ebreo traditore e raffigurato tra le fauci di Lucifero a testa in giù, con il rischio di estenderne il significato negativo a tutto il popolo ebraico; sotto la lente dell'organizzazione di studio ci sarebbero anche alcuni canti del purgatorio come il XXVI in cui sono puniti i lussuriosi e i sodomiti;
è inconcepibile pensare di poter interpretare e giudicare la Divina Commedia secondo i principi, i criteri e l'impostazione filosofica e culturale di oggi, declinandoli al pensiero dell'uomo di diversi secoli fa;
la Divina Commedia rappresenta un opera dall'incommensurabile valore culturale e formativo per i nostri studenti ed è inaccettabile consentirne l'eliminazione dai programmi scolastici o una censura -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e quali iniziative, intenda adottare per scongiurare il rischio di una inaccettabile eliminazione dello studio della Divina Commedia di Dante dai programmi curricolari.
(4-15314)

GHIZZONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1985, n. 751, che reca esecuzione dell'intesa tra l'autorità scolastica italiana e la Conferenza, episcopale italiana l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche, così come modificato dal decreto del Presidente della Repubblica 23 giugno 1990, n. 202, stabilisce al punto 2.7 che:
«Gli insegnanti incaricati di religione cattolica fanno parte della componente docente negli organi scolastici con gli stessi diritti e doveri degli altri insegnanti ma partecipano alle valutazioni periodiche e finali solo per gli alunni che si sono avvalsi dell'insegnamento della religione cattolica, fermo quanto previsto dalla normativa statale in ordine al profitto e alla valutazione per tale insegnamento. Nello scrutinio finale, nel caso in cui la normativa statale richieda una deliberazione da adottarsi a maggioranza, il voto espresso dall'insegnante di religione cattolica, se determinante, diviene un giudizio motivato iscritto a verbale»;
per quanto riguarda la normativa statale il decreto legislativo n. 296 del 1994, all'articolo 309, stabilisce che: «Per l'insegnamento della religione cattolica, in luogo di voti e di esami, viene redatta a cura del docente e comunicata alla famiglia, per gli alunni che di esso si sono avvalsi, una speciale nota, da consegnare unitamente alla scheda o alla pagella scolastica, riguardante l'interesse con il quale l'alunno segue l'insegnamento e il profitto che ne ritrae»;
a quanto consta all'interrogante nel presente anno scolastico in alcune scuole statali e paritarie non viene rispettata la suddetta normativa -:
se intenda segnalare agli uffici scolastici regionali l'opportunità di richiamare le scuole, che non li adempiano al rispetto degli accordi concordatari e delle leggi dello Stato.
(4-15318)

TESTO AGGIORNATO AL 27 MARZO 2012

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

SANTAGATA, GNECCHI, DAMIANO, BOBBA, MADIA, BERRETTA, BOCCUZZI, CODURELLI, RAMPI, BELLANOVA, MIGLIOLI, SCHIRRU, GATTI e MATTESINI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, come convertito dalla legge n. 122 del 2012 (in particolare all'articolo 12), ha previsto che qualsiasi trasferimento o ricongiunzione di contributi avviene su domanda dell'interessato ed esclusivamente a titolo oneroso;

gli enti previdenziali, come è noto, suggerivano ai cittadini che si recavano ai loro sportelli di non affrettarsi con le richieste di ricongiunzione, perché si sarebbe trattato comunque di ricongiunzioni a titolo gratuito, se verso l'Inps;
a seguito dell'entrata in vigore di tale disposizione normativa i lavoratori interessati si sono trovati, con una norma retroattiva, senza le certezze e i diritti che solo qualche giorno prima erano in vigore;
per rendere evidente l'iniquità della norma introdotta, si riporta il caso di una dipendente part-time nata il 18 aprile 1947. La lavoratrice ha versato circa 27 anni di contributi all'Inps come dipendente di ditte private e dal gennaio 2002 è dipendente part-time di una amministrazione provinciale con iscrizione all'Inpdap. La dipendente con la costituzione della posizione assicurativa presso l'Inps poteva trasferire gratuitamente i contributi versati all'Inpdap e accedere alla pensione di vecchiaia a carico dell'Inps al compimento del sessantesimo anno di età (1o maggio 2007), con il calcolo retributivo. Rinvia il pensionamento e continua l'attività lavorativa. All'inizio del 2010, ormai sessantatreenne, decide di andare in pensione ed il 20 luglio presenta domanda di ricongiunzione dei contributi dall'Inpdap all'Inps. Nel novembre 2011, dopo un anno e mezzo dalla presentazione della domanda, l'Inps in accoglimento della ricongiunzione comunicava che l'onere per trasferire la contribuzione accreditata presso l'Inpdap dal 27 dicembre 2001 al 31 luglio 2010 ammonta ad euro 29.067 se pagati in unica soluzione, oppure con pagamento in 40 rate mensili di 782,75 euro, a 31.309 euro. Con il pagamento di detto onere avrebbe avuto diritto ad una pensione di 838 euro mensili lordi. Impossibilitata a pagare tale cifra decide di continuare l'attività lavorativa e dovrà rimanere in servizio fino ad almeno 66 anni e 6 mesi di età per poi chiedere la pensione in totalizzazione;
l'errore della lavoratrice è di aver deciso di continuare l'attività lavorativa; poteva già andare in pensione dal 1o maggio 2007, e fino al giugno 2010 poteva ricongiungere o trasferire gratuitamente i contributi dall'Inpdap all'Inps (è rimasta in servizio perché era certa di maturare una pensione maggiore con il versamento di ulteriore contribuzione; il risultato è quello che avrà una pensione notevolmente inferiore). Tenuto conto che non è assolutamente in condizioni di far fronte al gravoso onere di ricongiunzione l'unica possibilità di pensionamento è di accedere a pensione di vecchiaia in totalizzazione erogabile non prima dei 66 anni e mezzo di età (in caso di interpretazione restrittiva della legge n. 214 del 2011 la decorrenza potrebbe essere ulteriormente posticipata) per avere calcolato in modalità retributiva pro-quota Inps e contributivo il pro-quota Inpdap. Anche in questo caso, la retroattività della norma ha leso l'affidamento che la signora aveva riposto nella norma in vigore all'atto della domanda che disponeva la gratuità della ricongiunzione. Per queste motivazioni sta valutando di intraprendere un contenzioso legale volto a dichiarare l'illegittimità della norma nella parte in cui ha fatto decorrerà gli effetti dal 1o luglio anziché dal 31 luglio 2010, data di entrata in vigore della legge di conversione -:
se non ritenga il Ministro interrogato, in coerenza con gli ordini del giorno e la mozione n. 1-00690 approvata dalla Camera dei deputati accolti dal Governo, correggere la norma sopra richiamata che sta comportando pesanti e negative penalizzazioni per lavoratori e le lavoratrici.
(5-06386)

RAMPI, GNECCHI, DAMIANO, BOBBA, BERRETTA, BOCCUZZI, CODURELLI, SANTAGATA, BELLANOVA, MIGLIOLI, MATTESINI, GATTI e MOSCA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'ultima manovra, decreto-legge n. 201 del 2011, approvata nel dicembre 2011, è intervenuta sul sistema previdenziale penalizzando fortemente coloro che

erano prossimi al raggiungimento dei requisiti pensionistici previgenti, allungando oltremodo il periodo di attesa;
le deroghe previste dal comma 14 dell'articolo 24 che consentono per alcune situazioni particolari di poter mantenere i previgenti requisiti di accesso alla pensione, non coprono comunque tutte quelle situazioni che si sono prodotte nel corso di questi anni di crisi occupazionale;
nello specifico si rappresenta il caso della lavoratrice che compie 60 anni il 17 gennaio 2012 con 23 anni di contribuzione, disoccupata da 4 anni. Con la vecchia normativa avrebbe maturato il diritto alla pensione di vecchiaia a gennaio 2012, con decorrenza della pensione febbraio 2013. Con la nuova normativa potrà andare in pensione a 63 anni e 9 mesi con decorrenza novembre 2016;
il caso di cui sopra, che non è l'unico, è l'ennesima dimostrazione che le fattispecie individuate con il comma 14 dell'articolo 24 del succitato decreto-legge non hanno previsto alcune casistiche di uscita dal mercato del lavoro -:
se non ritenga il Ministro interrogato di promuovere una specifica modifica normativa che consenta a coloro che hanno perso il lavoro, che sono senza alcun reddito e che erano prossimi alla maturazione dei requisiti pensionistici, di poter rientrare nelle deroghe previste dal comma 14 dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011.
(5-06387)

GATTI, GNECCHI, MADIA, DAMIANO, MIGLIOLI, SANTAGATA, BERRETTA, BOCCUZZI, MOSCA, BOBBA, RAMPI, MATTESINI, BELLANOVA, SCHIRRU e CODURELLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'ultima manovra, decreto-legge n. 201 del 2011, approvata nel dicembre 2011, è intervenuta sul sistema previdenziale penalizzando fortemente coloro che erano prossimi al raggiungimento dei requisiti pensionistici previgenti, allungando oltremodo il periodo di attesa;
le deroghe previste dal comma 14 dell'articolo 24 che consentono per alcune situazioni particolari di poter mantenere i previgenti requisiti di accesso alla pensione, non coprono comunque tutte quelle situazioni che si sono prodotte nel corso di questi anni di crisi occupazionale;
nello specifico si rappresenta il caso del lavoratore licenziato in data 26 gennaio 2010 per cessata attività dell'azienda e posto in lista di mobilita ex articolo 4 della legge n. 236 del 1993. Questo lavoratore non è rientrato nelle deroghe previste dalla legge n. 122 del 2010 e neanche nelle deroghe previste dal decreto-legge n. 201 del 2011. A fine marzo 2011, aveva 2011 settimane di contributi, si è rioccupato con contratto a termine (risulta quindi «occupato» anche se precariamente il 31 dicembre 2011) e arriverà al traguardo delle 2080 settimane entro dicembre 2012. Questa casistica ritarda tutti quei lavoratori, vicini al traguardo della pensione, ma che sono stati licenziati per cessata attività di piccole imprese e che vedono allontanarsi di molti anni la possibilità di accedere alla pensione;
il caso di cui sopra, che non è l'unico, è l'ennesima dimostrazione che le fattispecie individuate con il comma 14 dell'articolo 24 del succitato decreto-legge non hanno previsto alcune casistiche di uscita dal mercato del lavoro -:
se non ritenga il Ministro interrogato di promuovere una specifica modifica normativa che consenta a coloro che hanno perso il lavoro, che sono senza alcun reddito e che erano prossimi alla maturazione dei requisiti pensionistici, di poter rientrare nelle deroghe previste dal comma 14 dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011.
(5-06388)

BELLANOVA, GNECCHI, BOBBA, MADIA, DAMIANO, BERRETTA, BOCCUZZI, CODURELLI, MOSCA, RAMPI, SANTAGATA, MIGLIOLI, SCHIRRU, MATTESINI e GATTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'ultima manovra, decreto-legge n. 201 del 2011, approvata nel dicembre 2011, è intervenuta sul sistema previdenziale penalizzando fortemente coloro che erano prossimi al raggiungimento dei requisiti pensionistici previgenti, allungando oltremodo il periodo di attesa;
le deroghe previste dal comma 14 dell'articolo 24 che consentono per alcune situazioni particolari di poter mantenere i previgenti requisiti di accesso alla pensione, non coprono comunque tutte quelle situazioni che si sono prodotte nel corso di questi anni di crisi occupazionale;
nello specifico si rappresenta il caso del lavoratore che ha sottoscritto un accordo individuale di esodo in data 11 novembre 2011 ma la cui risoluzione del rapporto di lavoro avverrà con decorrenza 30 marzo 2012. Non rientra nelle deroghe previste dalla legge n. 214 del 2011 e neanche in quelle previste per gli esodati dal decreto «mille proroghe», perché rientrano nelle esenzioni soltanto i lavoratori che hanno risolto il rapporto di lavoro entro il 31 dicembre 2011;
il caso di cui sopra, che non è l'unico, è l'ennesima dimostrazione che le fattispecie individuate con il comma 14 dell'articolo 24 del succitato decreto-legge non hanno previsto alcune casistiche di uscita dal mercato del lavoro -:
se non ritenga il Ministro interrogato di promuovere una specifica modifica normativa che consenta a coloro che hanno perso il lavoro, che sono senza alcun reddito e che erano prossimi alla maturazione dei requisiti pensionistici, di poter rientrare nelle deroghe previste dal comma 14 dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011.
(5-06389)

MOSCA, GATTI, GNECCHI, RAMPI, BOBBA, SANTAGATA, MADIA, BELLANOVA, DAMIANO, MIGLIOLI, SCHIRRU, BERRETTA, MATTESINI, BOCCUZZI e CODURELLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'ultima manovra, decreto-legge n. 201 del 2011, approvata nel dicembre 2011, è intervenuta sul sistema previdenziale penalizzando fortemente coloro che erano prossimi al raggiungimento dei requisiti pensionistici previgenti, allungando oltremodo il periodo di attesa;
le deroghe previste dal comma 14 dell'articolo 24 che consentono per alcune situazioni particolari di poter mantenere i previgenti requisiti di accesso alla pensione, non coprono comunque tutte quelle situazioni che si sono prodotte nel corso di questi anni di crisi occupazionale;
nello specifico si rappresenta il caso del cassaintegrato Alitalia che ad ottobre 2012 andrà in mobilità. L'accordo sottoscritto da Alitalia con le organizzazioni sindacali è precedente al 4 dicembre 2012 (l'accordo risale al 2008) e prevedeva l'accompagnamento dei lavoratori alla pensione con 4 anni di cassa integrazione e 3 anni di mobilità. Ora i lavoratori Alitalia che hanno sottoscritto l'accordo si chiedono se rientreranno nelle deroghe previste dalla legge n. 214 del 2011. L'Inps ha effettuato il monitoraggio chiesto dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, considerando i lavoratori già collocati in mobilità alla data del 4 dicembre e già a questa data i lavoratori sarebbero più di 65.000. In base alle risorse stanziate, quindi, tutti gli altri andati in mobilità dopo il 4 dicembre 2011 sarebbero fuori, anche se gli accordi sono stati sottoscritti prima di tale data;
il caso di cui sopra, che non è l'unico, è l'ennesima dimostrazione che le fattispecie individuate con il comma 14 dell'articolo 24 del succitato decreto-legge non

hanno previsto alcune casistiche di uscita dal mercato del lavoro -:
se non ritenga il Ministro interrogato di promuovere una specifica modifica normativa che consenta a coloro che hanno perso il lavoro, che sono senza alcun reddito e che erano prossimi alla maturazione dei requisiti pensionistici, di poter rientrare nelle deroghe previste dal comma 14 dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011.
(5-06390)

CODURELLI, MOSCA, GNECCHI, DAMIANO, BOBBA, BERRETTA, BOCCUZZI, RAMPI, SANTAGATA, BELLANOVA, MIGLIOLI, SCHIRRU, MATTESINI, GATTI e MADIA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'ultima manovra, decreto-legge n. 201 del 2011, approvata nel dicembre 2011, è intervenuta sul sistema previdenziale penalizzando fortemente coloro che erano prossimi al raggiungimento dei requisiti pensionistici previgenti, allungando oltremodo il periodo di attesa;
le deroghe previste dal comma 14 dell'articolo 24 che consentono per alcune situazioni particolari di poter mantenere i previgenti requisiti di accesso alla pensione, non coprono comunque tutte quelle situazioni che si sono prodotte nel corso di questi anni di crisi occupazionale;
nello specifico si rappresenta il caso della lavoratrice che ha compiuto 58 anni di età a novembre del 2011. Ha 32 anni di contribuzione, è disoccupata da due anni e mezzo e nonostante la ricerca di un nuovo posto è riuscita a trovare solo lavoretti «in nero». Ha una figlia che lavora come precaria. Con la vecchia normativa avrebbe maturato il diritto a pensione nell'aprile 2014, con decorrenza maggio 2015. Con la nuova normativa potrà andare in pensione solo nel 2020, con decorrenza novembre 2020;
il caso di cui sopra, che non è l'unico, è l'ennesima dimostrazione che le fattispecie individuate con il comma 14 dell'articolo 4 del succitato decreto-legge non hanno previsto alcune casistiche di uscita dal mercato del lavoro -:
se non ritenga il Ministro interrogato di promuovere una specifica modifica normativa che consenta a coloro che hanno perso il lavoro, che sono senza alcun reddito e che erano prossimi alla maturazione dei requisiti pensionistici, di poter rientrare nelle deroghe previste dal comma 14 dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011.
(5-06391)

MIGLIOLI, GNECCHI, BOBBA, MADIA, DAMIANO, BERRETTA, BOCCUZZI, CODURELLI, MOSCA, RAMPI, BELLANOVA, SCHIRRU, MATTESINI, GATTI e SANTAGATA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'ultima manovra, decreto-legge n. 201 del 2011, approvata nel dicembre 2011, è intervenuta sul sistema previdenziale penalizzando fortemente coloro che erano prossimi al raggiungimento dei requisiti pensionistici previgenti, allungando oltremodo il periodo di attesa;
le deroghe previste dal comma 14 dell'articolo 24 che consentono per alcune situazioni particolari di poter mantenere i previgenti requisiti di accesso alla pensione, non coprono comunque tutte quelle situazioni che si sono prodotte nel corso di questi anni di crisi occupazionale;
nello specifico si rappresenta il caso del lavoratore che compie 60 anni nel maggio 2012 con 37 anni di contribuzione versata in passato, disoccupato da qualche tempo a causa di licenziamento individuale senza accordi. Con la vecchia normativa avrebbe maturato il diritto a pensione con le quote nel 2012, con decorrenza della pensione a giugno 2013. Il lavoratore ha una madre di 91 anni completamente inabile, ed un fratello invalido al 100 per cento a causa di motivi psichiatrici. In base alla nuova normativa il lavoratore in questione potrà andare in

pensione solo nel 2016 con 64 anni di età, con decorrenza giugno 2016. Il lavoratore è disperato: è disoccupato, non può fare i versamenti volontari per mancanza di reddito, ha finito il periodo di percezione dell'indennità di disoccupazione, ha provato a cercare lavoro senza alcun risultato, deve garantire la dovuta assistenza ai famigliari disabili;
il caso di cui sopra, che non è l'unico, è l'ennesima dimostrazione che le fattispecie individuate con il comma 14 dell'articolo 24 del succitato decreto-legge non hanno previsto alcune casistiche di uscita dal mercato del lavoro -:
se non ritenga il Ministro interrogato di promuovere una specifica modifica normativa che consenta a coloro che hanno perso il lavoro, che sono senza alcun reddito e che erano prossimi alla maturazione dei requisiti pensionistici, di poter rientrare nelle deroghe previste dal comma 14 dell'articolo 24 del decreto-legge 201 del 2011.
(5-06392)

BOCCUZZI, BACCINI, GNECCHI, DAMIANO, CODURELLI, GATTI, BELLANOVA, BERRETTA, SANTAGATA, RAMPI, MIGLIOLI, MADIA, SCHIRRU, MOSCA e MATTESINI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 24, comma 14, del decreto-legge n. 201 del 2011, prevede delle deroghe in base alle quali, si continuano ad applicare i previgenti requisiti pensionistici;
alla lettera a) del richiamato comma 14 tali deroghe si applicano ai lavoratori collocati in mobilità, ai sensi degli articoli 4 e 24, della legge 23 luglio 1991, n. 23, e successive modificazioni, sulla base di accordi sindacali stipulati anteriormente al 4 dicembre 2011 e che maturano i requisiti per il pensionamento entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità di cui all'articolo 7 commi 1 e 2 della legge luglio 1991, n. 223;
gli accordi di cui sopra, stipulati antecedentemente al 4 dicembre 2011 esplicano chiaramente i loro effetti negli anni successivi al 2012 e ciò comporta così come stabilito dal comma 15 dell'articolo 24, che ai suddetti soggetti vengono comunque aggiunti tre mesi per l'aspettativa di vita a partire dal 2013, di cui al comma 12 dell'articolo 24, per la maturazione del requisito per la pensione;
l'aver aggiunto per il diritto di accesso alla pensione, cioè al momento in cui si perfezionano i requisiti anagrafici e/o contributivi, tre mesi corrispondenti all'adeguamento della speranza di vita, comporterà in moltissimi casi, l'esclusione dalla deroga prevista dal comma 14 lettera a), poiché l'ulteriore forbice temporale può comportare il mancato perfezionamento dei requisiti, entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità, condizione indispensabile per beneficiare della deroga di cui sopra;
giova ricordare, a tale proposito, che già oggi l'Inps respinge le domande di pensione, di lavoratori in mobilità per accordi stipulati ante 30 aprile 2010 (deroghe previste), quando abbiano maturato il requisito pensionistico previgente, solo perché raggiunto qualche mese dopo il termine della fruizione dell'indennità di mobilità e ciò può avvenire perché, ad accordo concluso, l'impresa ha 120 giorni di tempo per licenziare i dipendenti interessati; si tratta di persone che al momento della firma dell'accordo, non essendo prevista l'aspettativa di vita, sarebbero rientrati nel perfezionamento dei requisiti e avrebbero goduto o godrebbero della pensione;
l'impianto della norma risulterebbe quindi incongruente, perché i tre mesi aggiuntivi a partire dal 2013, rischiano di escludere molti lavoratori dalla deroga prevista dal comma 14, lettera a), con la drammatica conseguenza di lasciarli senza reddito e senza pensione per diversi anni -:
se non ritenga il Ministro di assumere iniziative finalizzate a fare chiarezza

sulla corretta applicazione delle deroghe previste dal comma 14 dell'articolo 24, poiché come già richiamato in premessa, l'Inps già oggi, rispetto alle deroghe previste dal decreto-legge n. 78 del 2010, respinge le domande di pensione dei soggetti che non maturano i requisiti, anche solo per qualche settimana, entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità.
(5-06395)

GNECCHI, CODURELLI, GATTI, MATTESINI, FRONER, RAMPI, SCHIRRU, MADIA e BELLANOVA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in questi ultimi tre anni il Parlamento, su proposta dei Governi che si sono succeduti, è intervenuto in più occasioni per apportare modifiche sostanziali al sistema previdenziale, creando, ad avviso degli interroganti, confusione e incertezza fra lavoratori e lavoratrici, che con grande fatica, soprattutto nel settore privato, cercano di costruirsi attraverso i contributi, una futura prestazione previdenziale;
l'ultima manovra, approvata nel dicembre 2011, seppur motivata da urgenti contingenze di bilancio, ha peggiorato ancora di più la situazione di coloro che erano prossimi al raggiungimento dei requisiti pensionistici previgenti, allungando oltremodo il periodo di attesa, con seri rischi di rimanere senza alcun reddito, di lavoro o di pensione per diversi anni;
fra le tante modifiche apportate con la manovra sulle pensioni del dicembre 2011, agli interroganti preme segnalare nella fattispecie, l'accelerazione sui requisiti di età per l'accesso alla pensione di vecchiaia delle donne nel settore privato, che di fatto penalizza ulteriormente la condizione di queste lavoratrici, che già sono soggette a retribuzioni più basse e a forzate interruzioni dell'attività lavorativa per dedicarsi a lavori di cura e che arriveranno a fruire di un assegno pensionistico di vecchiaia, di poco superiore ai 600 euro lorde mensili in media (fonte banca dati dell'INPS: pensioni vecchiaia donne - 643 euro mensili lordi - anno di liquidazione 2010);
dai dati pubblicati nella banca dati dell'INPS, risulta che il numero delle pensioni di vecchiaia liquidate a lavoratrici dipendenti negli ultimi 10 anni, varia dalle 36.000 dell'anno 2000, alle 74.000 dell'anno 2009, con una media quindi di circa 60.000 pensioni annue -:
quante donne siano in possesso di 20 anni di contributi e abbiano compiuto 60 anni nel 2011, o li compiranno nell'anno 2012, nel 2013 e nel 2014.
(5-06400)

BOBBA, MOSCA, MADIA, SANTAGATA, DAMIANO, GNECCHI, BERRETTA, BOCCUZZI, CODURELLI, BELLANOVA, MIGLIOLI, RAMPI, MATTESINI, GATTI e SCHIRRU. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, come convertito dalla legge n. 122 del 2010 in particolare all'articolo 12, ha previsto che qualsiasi trasferimento o ricongiunzione di contributi avviene su domanda dell'interessato ed esclusivamente a titolo oneroso;
gli enti previdenziali, come è noto, suggerivano ai cittadini che si recavano ai loro sportelli di non affrettarsi con le richieste di ricongiunzione, perché si sarebbe trattato comunque di ricongiunzioni a titolo gratuito, se verso l'Inps;
a seguito dell'entrata in vigore di tali disposizione normativa i lavoratori interessati si sono trovati, con una norma retroattiva, senza le certezze e i diritti che solo qualche giorno prima erano in vigore;
per rendere evidente l'iniquità della norma introdotta, si riporta il caso specifico di un'insegnante nata il 9 dicembre 1940; la signora ha insegnato presso lo stesso istituto scolastico per oltre 37 anni fino al 31 agosto 2010. Dal 1o settembre 2001, l'istituto scolastico da privato diventa

istituto «parificato» e ciò determina, a decorrere dalla stessa data, il passaggio dell'obbligo assicurativo di tutti i dipendenti dall'Inps all'Inpdap;
l'insegnante viene collocata a riposo per raggiunti limiti di età a decorrere dal settembre 2010. Nei primi giorni del mese di agosto va all'Inps per presentare domanda di pensione con l'intento di chiedere il trasferimento dei 9 anni di contributi versati all'Inpdap dal 1o settembre 2001 al 31 agosto 2010 presso l'Inps ai sensi della legge n. 352 del 1958, come negli anni precedenti avevano fatto gli altri dipendenti dell'istituto scolastico che erano andati in pensione;
non sapeva dell'abrogazione della legge n. 352 del 1958 operata con decorrenza immediata dalla legge n. 122 del 2010 di conversione del citato decreto-legge tre giorni prima (abitualmente legge i quotidiani, non la Gazzetta Ufficiale). Nei primi giorni di settembre 2010 riceve il provvedimento di liquidazione della pensione di vecchiaia Inps in modalità provvisoria in attesa del trasferimento della contribuzione versata presso l'Inpdap. Pensione liquidata sulla base della sola contribuzione accreditata presso l'Inps (28 anni e 5 mesi);
i 9 anni di contributi versati all'Inpdap presso la cassa pensione insegnanti dal 1o settembre 2001 fino al 31 agosto 2010, non possono essere utilizzati in alcun modo;
infatti la lavoratrice: non può attivare la ricongiunzione onerosa al sensi dell'articolo 1 della legge n. 29 del 1979 perché titolare di pensione diretta Inps; non può chiedere la costituzione della posizione assicurativa all'Inps ai sensi della legge n. 322 del 1958 perché è stata abrogata dal 31 luglio 2010; non può chiedere la totalizzazione perché titolare di pensione diretta; non può chiedere la pensione supplementare all'Inpdap perché tale prestazione non è prevista nei fondi esclusivi -:
se non ritenga il Ministro interrogato, in coerenza con gli ordini del giorno accolti dal Governo, e la mozione n. 1-00690 approvata dalla Camera dei deputati assumere iniziative dirette a correggere la norma sopra richiamata che sta comportando pesanti e negative penalizzazioni per i lavoratori e le lavoratrici, nonché prevedere che anche per i contributi versati all'Inpdap, l'istituto della pensione supplementare, quando non utilizzati per la pensione di base, (così come previsto dalla proposta di legge 3871 e abbinate e relativo testo unico approvato all'unanimità dalla commissione lavoro).
(5-06401)

BERRETTA, GNECCHI, DAMIANO, GATTI, BOBBA, BOCCUZZI, CODURELLI, MOSCA, RAMPI, BELLANOVA, MIGLIOLI, SCHIRRU, MATTESINI, SANTAGATA e MADIA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, come convertito dalla legge n. 122 del 2010, in particolare all'articolo 12, ha previsto che qualsiasi trasferimento o ricongiunzione di contributi avviene su domanda dell'interessato ed esclusivamente a titolo oneroso;
gli enti previdenziali, come è noto, suggerivano ai cittadini che si recavano ai loro sportelli di non affrettarsi con le richieste di ricongiunzione, perché si sarebbe trattato comunque di ricongiunzioni a titolo gratuito, se verso l'Inps;
a seguito dell'entrata in vigore di tale disposizione normativa i lavoratori interessati si sono trovati, con una norma retroattiva senza le certezze e i diritti che solo qualche giorno prima erano in vigore;
per rendere evidente l'iniquità della norma introdotta, si riporta il caso specifico di un dipendente comune privato nata il 30 marzo 1952 la lavoratrice ha versato 27 anni contributi lavorando come dipendente di un'amministrazione comunale con iscrizione INPDAP. Nel 2003 è diventata dipendente di un'azienda privata e ha continuato a versare fino ad oggi con iscrizione INPS. Quando si è rivolta all'Inps

per trasferire gratuitamente la contribuzione all'INPS, le è stato suggerito di aspettare il momento della pensione. Quando, ormai prossima alla pensione ha ritenuto giunto il momento per il trasferimento, la ricongiunzione era diventata onerosa e le è stato chiesto di ripagare per trasferire 27 anni di contributi un onere di euro 265.673, in 163 comode rate mensili di euro 2.169,90 cadauna. Intanto per effetto della cosiddetta legge Monti si è allontanato il momento per il perfezionamento del diritto a pensione;
l'impossibilità di trasferire la contribuzione all'INPS fa, di questa lavoratrice privata, una dipendente pubblica: sullo spezzone INPDAP si applicano dunque le regole di accesso introdotte dalla legge Monti per le lavoratrici dipendenti del pubblico impiego;
la prima decorrenza utile ipotizzata, prima della legge n. 122 del 2010 era il 1o gennaio 2012 con l'esercizio dell'opzione al sistema contributivo, dopo l'intervento della legge n. 122 del 2010 diventa possibile solo dietro il pagamento di un onere elevatissimo pari a circa euro 265.673,94 per il trasferimento della contribuzione da INPDAP ad Inps prima gratuito; la decorrenza, comunque, per effetto della nuova finestra mobile si sposterebbe a maggio 2012;
nella seconda ipotesi, sempre pagando un onere elevatissimo di ricongiunzione verso INPS, la signora subisce uno slittamento della decorrenza di pensione di circa 3 anni e 6 mesi per effetto della legge Monti (usufruendo peraltro della deroga prevista per le lavoratrici private);
la totalizzazione non rappresenta un'alternativa alla ricongiunzione onerosa perché totalizzando con 40 anni non può andare in pensione con la medesima decorrenza che avrebbe in caso di ricongiunzione verso INPS (1o maggio 2016), ma 1 anno e 10 mesi più tardi (1o novembre 2017);
oltre quindi attendere più a lungo con totalizzazione avrebbe un calcolo interamente contributivo -:
se non ritenga il Ministro interrogato, in coerenza con gli ordini del giorno accolte dal Governo, e con la mozione n. 1-00690 approvata dalla Camera dei deputati, assumere iniziative normative per correggere la norma sopra richiamata che sta comportando pesanti e negative penalizzazioni per i lavoratori e le lavoratrici.
(5-06402)

MADIA, GNECCHI, DAMIANO, GATTI, BOBBA, BERRETTA, BOCCUZZI, CODURELLI, SANTAGATA, BELLANOVA, MIGLIOLI, SCHIRRU, RAMPI e MATTESINI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 come convertito dalla legge n. 112 del 2010, in particolare all'articolo 12, ha previsto che qualsiasi trasferimento o ricongiunzione di contributi avviene su domanda dell'interessato ed esclusivamente a titolo oneroso;
gli enti previdenziali, come è noto, suggerivano ai cittadini che si recavano ai loro sportelli di non affrettarsi con le richieste di ricongiunzione, perché si sarebbe trattato comunque di ricongiunzioni a titolo gratuito, se verso l'Inps;
a seguito dell'entrata in vigore di tale disposizione normativa i lavoratori interessati si sono trovati con una norma retroattiva senza le certezze e i diritti che solo qualche giorno prima erano in vigore;
per rendere evidente l'iniquità della norma introdotta, si riporta il caso specifico di una lavoratrice postale nata il 21 gennaio 1954. La signora ha svolto sempre lavoro dipendente con la stessa qualifica e mansioni dapprima presso ditte private poi con società collegate a Poste Italiane con iscrizione INPS per oltre 33 anni, infine con Postel con iscrizione IPOST per oltre 7 anni; il 21 luglio 2010 presenta la domanda di ricongiunzione verso INPS (articolo 1 della legge n. 29 del 1979) ed il 31 dicembre 2010 cessa l'attività lavorativa; tra Inps e ex Ipost ha complessivamente oltre 40 anni di contributi e riteneva che la ricongiunzione all'Inps della contribuzione Ipost fosse gratuita

(la legge 122 che l'ha resa onerosa è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 30 luglio 2010, la lavoratrice ha presentato la domanda 9 giorni prima, il 21 luglio 2010, quando ancora tale operazione era gratuita);
solo dopo 1 anno, il 20 luglio 2011 riceve il provvedimento di ricongiunzione che però non è gratuito, come pensava, ma oneroso e peraltro pure sbagliato. Dopo riesame l'Inps comunica a dicembre 2011 che per ricongiungere il periodo Ipost all'Inps ha un costo di 36.857,87 euro. Il pagamento della prime tre rate il cui costo è di 2.670 euro scade il 31 marzo 2012; la signora, però, non è in condizione di pagare, non lavora più e non è pensionata, nessuno è disposto a concederle prestiti; per avere la pensione di anzianità Inps calcolata con il sistema retributivo dal 1o gennaio 2011 (ha presentato domanda a dicembre 2010) deve pagare la ricongiunzione. Altrimenti deve chiedere la pensione in regime di totalizzazione con calcolo contributivo, sia la quota Inps che quella Ipost; oltre ad un trattamento notevolmente inferiore perderebbe oltre un anno di pensione -:
se non ritenga il Ministro interrogato, in coerenza con gli ordini del giorno accolti dal Governo e la mozione n. 1-00690 approvata dalla Camera dei deputati, di assumere iniziative normative per correggere la norma sopra richiamata che sta comportando pesanti e negative penalizzazioni per il lavoratori e le lavoratrici.
(5-06403)

DAMIANO, GNECCHI, BOBBA, BERRETTA, BOCCUZZI, CODURELLI, MOSCA, RAMPI, SANTAGATA, BELLANOVA, MIGLIOLI, SCHIRRU, MATTESINI e GATTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, come convertito dalla legge n. 122 del 2010, in particolare all'articolo 12, ha previsto che qualsiasi trasferimento o ricongiunzione di contributi avviene su domanda dell'interessato ed esclusivamente a titolo oneroso;
gli enti previdenziali, come è noto, suggerivano ai cittadini che si recavano ai loro sportelli di non affrettarsi con le richieste di ricongiunzione, perché si sarebbe trattato comunque di ricongiunzioni a titolo gratuito, se verso l'Inps;
a seguito dell'entrata in vigore di tale disposizione normativa i lavoratori interessati si sono trovati, con una norma retroattiva, senza le certezze e i diritti che solo qualche giorno prima erano in vigore;
per rendere evidente l'iniquità della norma introdotta, si riporta il caso specifico di una dipendente statale nata il 1o gennaio 1953. La signora, dipendente statale, ha cessato l'attività lavorativa per dimissioni volontarie il 30 settembre 2010, con l'intenzione di andare in pensione dal 1o ottobre 2010. La lavoratrice ha svolto attività lavorativa dipendente presso ditte private dal luglio 1968 al gennaio del 2000, con iscrizione Inps dove vanta circa 29 anni e 8 mesi di contribuzione utile ai fini del diritto. Dal gennaio del 2000 è stata assunta presso la pubblica amministrazione con contratti a tempo determinato prorogati annualmente fino al 2007. Infine, dal 2007, è stata assunta a tempo indeterminato con iscrizione Inpdap. Complessivamente ha maturato 40 anni di contribuzione ad aprile del 2010 (10 anni e 4 mesi presso l'Inpdap e 29 anni e 8 mesi all'Inps);
il 6 luglio 2010 decide di presentare la domanda per ricongiungere la contribuzione versata presso l'Inpdap all'Inps, operazione a quel tempo ancora gratuita, e dà le dimissioni, nel rispetto dei termini di preavviso, a far data dal 30 settembre 2010. L'intento è di andare in pensione di anzianità con l'Inps a cui presenta la relativa domanda di pensione. Il 31 luglio, giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, entra in vigore la legge n. 122 del 2012 che introduce retroattivamente, a decorrere dal 1o luglio 2010, l'onerosità della ricongiunzione

dall'Inpdap all'Inps ed abroga contestualmente, sempre in sede di conversione, la possibilità di costituire la posizione assicurativa presso l'Inps nei casi di cessazione dal servizio senza diritto a pensione;
la lavoratrice, a seguito delle dimissioni presentate all'inizio di luglio e convinta della gratuità della ricongiunzione, cessa dal servizio il 30 settembre 2010. Solo a luglio 2011, a distanza di 1 anno, l'Inps comunica che l'onere di ricongiunzione per trasferire la contribuzione dall'Inpdap all'Inps ammonta a 53.607 euro, se pagati in unica soluzione, onere che sale a 60.256 euro se pagata ratealmente in 64 mensilità;
a questo punto, non essendo in condizioni di far fronte a tale onere, non può far altro che rinunciare al provvedimento di ricongiunzione; in base alle norme vigenti la lavoratrice può optare per le seguenti soluzioni:
a) pensione di anzianità in totalizzazione con calcolo interamente contributivo sia per il pro-quota Inps che per il pro-quota Inpdap (con forte riduzione del trattamento pensionistico complessivo);
b) pensione di vecchiaia in totalizzazione erogabile non prima dei 66 anni e mezzo di età (in caso di interpretazione restrittiva della legge n. 214 del 2011 la decorrenza potrebbe essere ulteriormente posticipata) per avere calcolata in modalità retributiva il pro-quota Inps e limitare la forte riduzione del calcolo interamente contributivo;
c) pensione di vecchiaia a carico dell'Inps a decorrere dal gennaio 2020 (all'età di 66 anni e 11 mesi se verranno confermati gli incrementi stimati dell'aspettativa di vita); in tal caso gli oltre 10 anni di contribuzione accreditata presso l'Inpdap non potranno essere valorizzati se non con l'indennità «una tantum»;
ad oggi l'interessata non ha ancora deciso, dato che l'unica scelta attualmente praticabile è quella di avere un trattamento di gran lunga inferiore all'importo preventivato al momento della decisione (inizio luglio 2010). È evidente che la retroattività della norma ha leso, nel caso specifico, l'affidamento che la signora aveva riposto nella norma in vigore all'atto della domanda che disponeva la gratuità della ricongiunzione. Per queste motivazioni sta valutando di intraprendere un contenzioso legale volto a dichiarare l'illegittimità della norma nella parte in cui ha fatto decorrere gli effetti dal 1o luglio anziché dal 31 luglio 2010, data di entrata in vigore della legge di conversione -:
se non ritenga il Ministro interrogato, in coerenza con gli ordini del giorno accolti dal Governo e la mozione n. 1-00690 approvata dalla Camera dei deputati, assumere iniziative dirette a correggere la norma sopra richiamata che sta comportando pesanti e negative penalizzazioni per i lavoratori e le lavoratrici.
(5-06404)

MATTESINI, GNECCHI, DAMIANO, GATTI, BOBBA, BERRETTA, BOCCUZZI, CODURELLI, MOSCA, SANTAGATA, BELLANOVA e RAMPI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 come convertito dalla legge n. 122 del 2010 in particolare articolo 12, ha previsto che qualsiasi trasferimento o ricongiunzione di contributi avviene su domanda dell'interessato ed esclusivamente a titolo oneroso;
gli enti previdenziali, come è noto, suggerivano ai cittadini che si recavano ai loro sportelli di non affrettarsi con le richieste di ricongiunzione, perché si sarebbe trattato comunque di ricongiunzioni a titolo gratuito, se verso l'Inps;
a seguito dell'entrata in vigore di tale disposizione normativa i lavoratori interessati si sono trovati, con una norma retroattiva, senza le certezze e i diritti che solo qualche giorno prima erano in vigore;

per rendere evidente l'iniquità della norma introdotta, si riporta il caso specifico di una lavoratrice dipendente di un comune nata il 31 agosto 1949. La signora ha lavorato dal 1964 al 2000 con ditte private con contribuzione Inps per quasi 20 anni, poi dal 2000 come dipendente di un ente locale (Comune) con iscrizione all'Inpdap. Per avere una sola pensione fa domanda di ricongiunzione all'Inpdap. Nel 2009 riceve il provvedimento di ricongiunzione: il costo per ricongiungere i 19 anni e 10 mesi di contributi dall'Inps all'Inpdap è di 42.788,69 euro. La pensione Inpdap è più elevata, ma la sua retribuzione è di circa 20.000 euro annui lordi, poco meno di 1.200 euro al mese netti; non può far altro che rinunciare alla ricongiunzione. Decide per la soluzione inversa a quel tempo praticabile: trasferire gratuitamente i contributi dall'Inpdap all'Inps e andare in pensione con l'Inps; l'importo della pensione è più basso ma non deve pagare nulla. All'inizio del 2010 rassegna le dimissioni, cessa dal servizio il 30 luglio 2010 ed il giorno successivo, il 31 luglio 2010, inoltra con raccomandata A-R la domanda di costituzione della posizione assicurativa all'Inps ai sensi della legge n. 322 del 1958. Il 30 luglio 2010 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge 122 del 2010 che ha abrogato la legge n. 322 del 1958; la domanda di trasferimento gratuito dei contributi all'Inpdap all'Inps viene respinta. Presenta all'Inps domanda di ricongiunzione ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 29 del 1979 per trasferire i contributi dall'Inpdap all'Inps onerosamente (tale operazione prima gratuita è diventata onerosa ma il costo dovrebbe essere inferiore ai quasi 43.000 euro richiesti per trasferire i contributi dall'Inps all'Inpdap). L'Inps respinge la domanda perché non sono trascorsi 10 anni dalla precedente demanda di ricongiunzione. La signora dal 31 luglio 2010 è senza alcun reddito -:
se non ritenga il Ministro interrogato, in coerenza con gli ordini del giorno accolti dal Governo, e la mozione n. 1-00690 approvata dalla Camera dei deputati assumere iniziative normative per correggere la norma sopra richiamata che sta comportando pesanti e negative penalizzazioni per i lavoratori e le lavoratrici.
(5-06405)

GNECCHI, GATTI, DAMIANO, CODURELLI, BELLANOVA, BERRETTA, SANTAGATA, RAMPI, MIGLIOLI, MADIA, SCHIRRU, MOSCA e MATTESINI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la riforma strutturale della disciplina della materia pensionistica, effettuata mediante, il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 («salva Italia»), pur avendo l'obiettivo dichiarato di garantire la stabilità economico-finanziaria e di rafforzare la sostenibilità di lungo periodo del sistema pensionistico, ha però generato situazioni di oggettiva disparità di trattamento tra i lavoratori;
a tal proposito, si cita il caso di un lavoratore di 57 anni nel 2011, collocato in mobilità collettiva ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 del 1991 per crisi aziendale, dal 1° novembre 2010 a seguito di un accordo tra azienda e sindacato, stipulato antecedentemente al 30 aprile 2010;
esauriti i 3 anni di mobilità, il lavoratore avrebbe dovuto sostenere 3 mesi di contribuzione volontaria per raggiungere i 40 anni di contribuzione, maturando così il diritto alla pensione di anzianità nel gennaio 2014, con decorrenza dall'agosto 2015;
le nuove disposizioni introdotte dall'articolo 24 del decreto-legge 201 del 2011 non consentono, purtroppo, al lavoratore, di accedere ai requisiti necessari per il diritto al trattamento pensionistico, poiché questi non rientra in nessuna delle deroghe previste dalla nuova disciplina: egli, infatti non rientra nelle deroghe previste per i lavoratori in mobilità, poiché non raggiungerà, per soli 3 mesi, il diritto alla pensione durante il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità; inoltre, non rientrerà nella deroga per gli autorizzati ai

versamenti volontari, avendo inoltrato domanda a dicembre 2011; infine, neanche le deroghe previste per gli esodati dal decreto «mille proroghe» potranno essere applicate nei suoi confronti, poiché, pur avendo cessato il lavoro dal 1° novembre 2010 a seguito di un accordo azienda sindacato, la decorrenza del suo trattamento pensionistico, in base alla previgente disciplina, avverrebbe oltre i 24 dalla entrata in vigore del decreto legge «salva Italia»;
vi è da aggiungere un ulteriore elemento di criticità: l'articolo 12, comma 5, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e integrato dall'articolo 1, comma 37, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, stabilisce che le disposizioni in materia di trattamenti pensionistici vigenti prima della entrata in vigore del suddetto decreto-legge, continuano ad applicarsi, nel limite di 10 mila soggetti che maturano i requisiti per l'accesso al pensionamento a decorrere dal 1° gennaio 2011, ai lavoratori collocati in mobilità ordinaria, su tutto il territorio nazionale, sulla base di accordi stipulati anteriormente al 30 aprile 2010 e che maturino i requisiti di accesso al pensionamento entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità; anche in questo caso, il lavoratore resta escluso dalle disposizioni di deroga;
il lavoratore, non rientrando in nessuna delle suddette deroghe, dovrebbe ricorrere alla contribuzione volontaria fino al raggiungimento dei 42 anni di versamenti contributivi, per poter poi accedere al pensionamento anticipato nel dicembre 2017; non avendo, però, la possibilità di sostenere l'onere di 2 anni aggiuntivi di contributi volontari, il lavoratore sarà costretto ad attendere il raggiungimento dell'età necessaria per l'accesso alla pensione di vecchiaia, nel settembre 2021;
nel frattempo egli rimarrà senza lavoro, senza ammortizzatori sociali e senza pensione; a tal proposito dalle dichiarazioni del Ministro interrogato si evince che non avrebbe permesso che si creassero situazioni del genere e che il Governo si sarebbe attivato al fine di rispettare tale impegno -:
se non ritenga di adoperarsi, con la massima urgenza, al fine di adottare tutte le iniziative necessarie affinché vicende come quelle riportate in premessa siano sanate nonché per impedire che la riforma pensionistica appena varata costringa i lavoratori a rimanere senza lavoro, senza ammortizzatori sociali e senza pensione.
(5-06406)

CODURELLI, GNECCHI, BOCCUZZI, BELLANOVA, BERRETTA, BOBBA, DAMIANO, SANTAGATA, RAMPI, MIGLIOLI, MATTESINI, MADIA, GATTI, MOSCA e SCHIRRU. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'ultima manovra, del decreto-legge n. 201 del 2011, approvata nel dicembre 2011, è intervenuta sul sistema previdenziale penalizzando fortemente coloro che erano prossimi al raggiungimento dei requisiti pensionistici previgenti, allungando oltremodo il periodo di attesa;
le deroghe previste dal comma 14 dell'articolo 24 che consentono per alcune situazioni particolari di poter mantenere i previgenti requisiti di accesso alla pensione, non coprono comunque tutte quelle situazioni che si sono prodotte nel corso di questi anni di crisi occupazionale;
nello specifico si rappresenta il seguente caso: non è un lavoratore precoce, non svolge un lavoro usurante e, non è esodato. Ugualmente però la sua vita personale e quella della sua famiglia - dopo questo nuovo rinvio, repentino e senza un minimo di gradualità - sono state colpite nelle aspettative e nei programmi. Presentando la manovra, il Ministro interrogato aveva dichiarato che tutto sommato la vita lavorativa veniva allungata solo di due anni. A parte che non si tratta di solo due anni, per meglio comprendere lo stato

d'animo di chi oggi incappa nella riforma, si riepiloga il curriculum di un «aspirante pensionato»: nato nel 1952, ed entrato nel mondo del lavoro nel giugno del 1973, aveva un'aspettativa di pensionamento luglio 2008, passata dopo la riforma «Dini» al luglio 2009, dopo la riforma «Maroni» al luglio 2013, dopo la «mitigazione» «Prodi» luglio 2012, con l'aggiunta della «prima finestra» al gennaio 2013, con l'aggiunta della «seconda finestra» al luglio 2013, con l'aggiunta di 1 mese di aspettativa di vita all'agosto 2013, con la riforma «Fornero» all'agosto 2015, riforma «Fornero» con scatto al gennaio 2016, quindi con scatto di ulteriori 4 mesi al maggio 2016;
è una rincorsa senza fine e gli spiranti pensionati si sentono pensionandi a vita: si tratta di una stortura da correggere, necessitano misure migliorative per le centinaia di migliaia di persone che si trovano in queste situazioni. Si tratta di situazioni paradossali, ancor più se si considerano le disparità che si sono create tra annate «diverse»: colleghi nati nel 1950 hanno potuto accedere alla pensione nel 2007 (precedendo Maroni), quindi a parità di età 7 anni prima del caso riportato; i nati nel 1951 accederanno nel 2012, quindi 4 anni prima;
secondo gli interroganti avrebbe dovuto essere usata gradualità, come peraltro richiesta; dopo aver già effettuato un rinvio («Maroni») poco tempo fa, a pochi mesi dalla maturazione del diritto, migliaia di persone si ritrovano nuovamente bloccate -:
se non ritenga il Ministro interrogato, di promuovere una specifica modifica normativa che consenta a coloro che stanno rincorrendo ormai da anni le novità normative ed erano prossimi alla maturazione dei requisiti pensionistici, di poter rientrare nelle deroghe previste dal comma 14 dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011.
(5-06409)

MANCUSO, BARANI, DE LUCA e GIRLANDA. - Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
i centri di assistenza fiscale (CAF) autorizzati in Italia sono 83;
la stragrande maggioranza di essi sono di matrice sindacale, di cui rappresentano un'importante fonte di finanze e di tessere;
nel 2009 le pratiche intermediate dai centri di assistenza fiscale sono state 6.670.685, nel 2010 7.285.081;
in base a convenzioni tra le parti, l'INPS eroga ai centri di assistenza fiscale un importo compreso tra i 10 e i 16,5 euro per ogni dichiarazione compilata da cittadini richiedenti benefici pubblici;
gli ispettori dell'INPS hanno sporto denuncia alla procura accusando i centri di assistenza fiscale di falsare le dichiarazioni per il calcolo dell'Ise e dell'Isee, gli indicatori che consentono ai cittadini meno abbienti di beneficiare di una serie di prestazioni agevolate a carico dello Stato (dall'assistenza domiciliare all'ospitalità nelle case di riposo fino al contributo sulle spese di affitto e sulle bollette);
negli ultimi tre anni il sistema informativo dell'INPS ha intercettato 195.790 dichiarazioni sostitutive uniche arrivate dai centri di assistenza fiscale di Campania, Sicilia e Calabria, che costituivano semplicemente dei doppioni di altre pratiche e che, di conseguenza, erano già state respinte;
sono state quindi messe sotto osservazione le Dsu presentate nel triennio 2008-2010 dai centri di assistenza fiscale delle tre regioni del Mezzogiorno: 8.768.876 dossier, pari al 43 per cento circa del totale nazionale;
sono state individuate 19.462 pratiche sottoscritte da persone decedute, alcune da molti anni;
sono state individuate 2.118 pratiche presentate lo stesso anno in più regioni diverse;

sono state individuate 112.242 nuclei famigliari che hanno presentato più di una dichiarazione;
a oggi la cifra, stimata dallo stesso INPS, pagata per le dichiarazioni falsate ammonta a euro 2.114.341,80;
nel 2010 sono scadute, e sono ancora in attesa di rinnovo, le convenzioni tra INPS e centri di assistenza fiscale, regolanti il contributo versato dall'INPS per ogni dichiarazione compilata per conto di richiedenti benefici pubblici;
il costo di quella che appare agli interroganti una condotta fraudolenta a danno dello Stato rischia di ricadere per intero sui cittadini -:
se il Governo intenda a sua volta assumere iniziative per recuperare i milioni di esborso pubblico assistenziale erogati nel 2008-2010 sulla base di dichiarazioni falsate;
se il Governo intenda assumere iniziative affinché l'INPS consideri la possibilità di non rinnovare le convenzioni con i centri di assistenza fiscale imputati.
(5-06416)

Interrogazione a risposta scritta:

EVANGELISTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nell'ambito dei servizi dati in appalto del Ministero della difesa orbitano, per quanto riguarda il territorio toscano, diversi dipendenti divisi tra pulizie e ristorazione; i tagli per tali servizi - prevalentemente per il settore delle pulizie - che si sono susseguiti con le ultime disposizioni legislative, hanno creato forti problemi dal punto di vista occupazionale e retributivo;
infatti, proprio nel 2011, presso la caserma Vannucci della Brigata Folgore, all'Ardenza, i tagli di risorse sono stati tali da dover attingere ad ammortizzatori sociali per garantire un minimo di sussidio economico alle persone che lavoravano nei settori in appalto, dopo tali tagli la gara d'appalto per la pulizia della caserma è stata vinta da una nuova società, l'Antares società cooperativa; la nuova società ha chiesto alle dipendenti di firmare un contratto come socie della cooperativa, cosa che le stesse hanno rifiutato di fare; inoltre, la ditta ha assunto le lavoratrici con un orario settimanale pari a 7,5 ore;
nel corso del 2011 la società che gestiva precedentemente l'appalto, la MB Professional, ha iniziato a palesare gravi problematiche sia per l'invio della documentazione inerente alla cassa integrazione in deroga sia per la mancata erogazione delle spettanze economiche ai dipendenti; successivamente, attraverso la direzione territoriale del lavoro della Toscana è stata presentata una diffida nei confronti della citata società chiamata a risponderne;
diverse azioni dimostrative e di protesta si sono succedute davanti alla prefettura di Livorno, dove le lavoratrici si sono incatenate per chiedere che venissero loro erogate le competenze spettanti e ricevere rassicurazioni circa il futuro occupazionale;
il vice prefetto di Livorno è intervenuto nei confronti dei comandi militari e, attraverso un'azione congiunta, sono stati bloccati i pagamenti in favore della vecchia società da parte delle caserme e solo a fine febbraio 2012 le lavoratrici hanno ricevuto parte delle loro spettanze pari a circa 86 per cento dell'ammontare complessivo, inerente alle retribuzioni dei mesi di ottobre, novembre, dicembre e tredicesima mensilità 2011; solo per una caserma, la Pisacane, pare sia stato possibile ottemperare per intero al pagamento dovuto;
in questo comparto non esistono ammortizzatore sociali, una condizione che ad oggi pare non solo drammatica dal punto lavorativo ma anche dal punto dell'uguaglianza sociale;
altra questione riguardante lo stesso comparto è quella dell'Accademia navale

di Livorno, dove operano 40 addette con contratto a 14 ore settimanali; l'accademia avrebbe comunicato alla società che gestisce l'appalto delle pulizie una riduzione del 22 per cento a decorrere dal mese di marzo 2012;
su tutta la questione degli appalti del Ministero della difesa le segreterie nazionali delle organizzazioni sindacali hanno richiesto un incontro con i vertici ministeriali -:
di quali informazioni disponga il Governo in merito alla problematica evidenziata in premessa;
quali iniziative si intendano adottare affinché vengano garantiti il rispetto delle condizioni lavorative delle persone e, conseguentemente, la pulizia e l'igiene delle strutture militari;
se si intenda valutare l'opportunità di istituire un tavolo tecnico, con la partecipazione di enti locali, organizzazioni sindacali e prefetto, con il compito di individuare soluzioni volte alla protezione dei diritti di quanti lavorano in questo comparto.
(4-15326)

...

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione. - Per sapere - premesso che:
da un'analisi di 65 indagini condotte tra il 1966 e il 2004 in dodici Paesi europei, emergeva che morire alla nascita o nella prima settimana di vita, nascere con malformazioni congenite, da un parto prematuro o con un basso peso, costituivano evenienze che si manifestavano in misura maggiore nei bambini nati da madri straniere, rispetto a quelli nati da madri che partoriscono nel loro Paese d'origine;
detto fenomeno risultava crescente anche nel nostro Paese;
il dato più preoccupante risultava essere quello relativo alla mortalità: un rischio che i figli degli stranieri correvano in misura estremamente superiore rispetto agli altri neonati, circa il 50 per cento;
i bambini di stranieri nati prima del termine della gravidanza, risultano il 24 per cento in più rispetto agli altri neonati;
i bambini di stranieri con rischio di riportare malformazioni congenite risultano il 61 per cento più alto rispetto agli altri neonati;
secondo le citate indagini, tra le mamme straniere risultava in aumento anche il tasso di aborti, arrivato, secondo quanto riferito dal professor Aldo Morrone, direttore dell'Istituto nazionale per la promozione della salute dei migranti (INMP) a circa il 40 per cento del totale;
la pratica dell'aborto presso le mamme straniere è diffusa anche perché le donne in questione arrivano tardi ai controlli in gravidanza, spesso dopo il terzo mese di gestazione, fattore che preclude la possibilità di effettuare esami di diagnosi prenatale;
secondo quanto riferito dalla professoressa Rosaria Bottini, questa è anche una delle ragioni dell'alto ricorso al taglio cesareo d'urgenza, all'epoca il 38,1 per cento del totale, contro il 36,8 per cento per le italiane;
secondo quanto stimato all'epoca dal professor Mario De Curtis, per quel che riguarda le patologie dei neonati figli di stranieri, quelle più frequenti sono le infezioni dell'apparato urinario, l'anemia e la malattia emolitica del neonato che si manifesta nei bambini con gruppo sanguigno RH positivo, nati da madri RH negative, che producono anticorpi anti-RH capaci di attraversare la placenta e distruggere i globuli rossi del feto, generando

anemia; una situazione che si verifica nelle seconde gravidanze, se le mamme non hanno provveduto alla profilassi che consiste nella somministrazione, entro 72 ore dal primo parto, di anticorpi anti RH -:
se i risultati dell'indagine siano stati aggiornati, dal momento che quelli sopra citati sono dati che si riferiscono alla situazione 1966-2004, e quali siano;
nel caso l'indagine non sia stata aggiornata, e in considerazione del numero crescente di donne straniere residenti in Italia, se non si ritenga di promuovere un'analisi al riguardo per poi successivamente individuare e poter predisporre iniziative ad hoc per almeno limitare l'alta percentuale di rischi che donne straniere e i loro neonati con tutta evidenza corrono e di cui sono vittime.
(5-06407)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
risulterebbe che quel che resta di nove aerei MD80 della flotta Alitalia, oggi Linee aeree italiane, società commissariata, risultano essere abbandonati su uno dei piazzali della manutenzione dell'aeroporto romano di Fiumicino;
detti aerei dovevano essere in parte smembrati per una eventuale vendita o rottamazione;
durante le fasi di smontaggio, i tecnici hanno rilevato la presenza, a bordo degli aerei, negli arredi, in alcune componenti meccaniche e strutturali, di una quantità di amianto tale da richiedere il fermo delle operazioni in attesa di una bonifica, come previsto dalla legge, per procedere in sicurezza alla rimozione delle componenti d'amianto, fino al loro completo smaltimento in discarica, come rifiuti tossici e pericolosi;
sugli MD80 in questione, risulterebbero presenti numerosi pezzi visibilmente danneggiati, esposti al contatto con l'aria, sia nelle parti meccaniche che negli arredi di bordo;
di conseguenza, le pericolosissime particelle e polveri d'amianto, estremamente sottili e volatili simili a spore, facilmente inalabili e assorbibili dall'organismo umano, con conseguenze micidiali per lo stesso, rischiano di essere disperse nell'area aeroportuale, nei piazzali e nelle piste, luoghi frequentati da migliaia di lavoratori del settore e da milioni di passeggeri -:
quanti siano gli aerei MD80 della ex Alitalia, che oggi si chiama CAI, e che contengono parti in amianto;
se gli enti preposti al controllo della navigazione abbiano mai effettuato analisi o bonifiche delle piste o dei piazzali aeroportuali;
quali iniziative si intendano promuovere o adottare, per quanto di competenza, per evitare presenze di amianto superiori agli standard consentiti per la sicurezza e la difesa della salute, e garantire la salubrità dell'aria e di un ambiente in cui operano migliaia di lavoratori e transitano milioni di passeggeri;
in considerazione del fatto che le leggi italiane sull'obbligo di dismissione e smaltimento dell'amianto ne vietano da anni l'utilizzo nella costruzione, ad esempio, dei sistemi frenanti, quali iniziative si siano adottate, o si intendano adottare per garantire che le leggi in questione siano pienamente applicate e rispettate da tutte le compagnie aeree internazionali che volano e transitano nel nostro Paese;
quali urgenti iniziative si intendano promuovere, o adottare, per quanto di competenza, in ordine a quanto sopra esposto, e in particolare in relazione ai numerosi pezzi e componenti di MD80 visibilmente danneggiati, esposti al contatto con l'aria sia nelle parti meccaniche

che negli arredi di bordo, e giacenti nell'aeroporto romano di Fiumicino.
(5-06408)

FABI, LAURA MOLTENI, MARTINI e RONDINI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 17 gennaio 2012 la Camera dei deputati ha approvato all'unanimità una mozione unitaria relativa alle malattie rare; tale approvazione ha rappresentato un momento molto importante nel dibattito parlamentare impegnando il Governo in particolare a verificare fino a che punto i bisogni dei pazienti vengano soddisfatti, ad adottare entro il 2013 un piano nazionale per le malattie rare, garantire ai pazienti un equo accesso ai servizi socio-sanitari e soprattutto aggiornare l'elenco delle malattie rare;
infatti il decreto del Ministro della sanità 18 maggio 2001, n. 279 (recante «Regolamento di istituzione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie»), contiene, all'allegato 1, l'elenco delle malattie riconosciute come rare dal servizio sanitario nazionale (per le quali è prevista l'esenzione dai costi delle relative prestazioni sanitarie) e prevede che tale elenco sia aggiornato almeno ogni tre anni; ma tale aggiornamento non è stato ancora approntato, sebbene vi sia un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 marzo 2008 del precedente Governo, decreto mai entrato in vigore, che ha individuato circa 109 patologie da includere ai fini del riconoscimento dello status di malattie rare;
il Governo in sede di dibattito parlamentare, inoltre, non solo ha ribadito di voler recuperare la lista delle 109 malattie rare attraverso un nuovo patto per la salute, ma anche di sottoporre la predetta lista ad aggiornamento;
nel nostro Paese numerose sono le famiglie con malati affetti da malattie rare che versano in gravi condizioni e che ancora non possono beneficiare di adeguati trattamenti e della dovuta assistenza sanitaria per il mancato ampliamento delle malattie rare;
di recente è emersa una gravissima situazione che ha colpito una famiglia del comune di Scorzè (Venezia). Una malattia rara, detta «febbre periodica ereditaria», ha colpito tutti e tre i figli in tenera età;
la «febbre periodica ereditaria» è una malattia genetica caratterizzata da un disturbo congenito del sistema immunitario caratterizzato da episodi infiammatori ricorrenti che durano giorni o settimane e da segni infiammatori di entità variabile che si localizzano a cute, mucose, tubo gastroenterico, articolazioni o sistema nervoso;
tale malattia è proprio una di quelle incluse nell'allegato 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 aprile 2008 non entrato in vigore;
la famiglia è stata costretta a rivolgersi a diverse strutture sanitarie anche al di fuori della regione Veneto, non essendo disponibili protocolli e codificazioni che riconoscano ufficialmente tale patologia tra le malattie rare;
è di tutta evidenza che l'appello lanciato dai genitori sia da ascoltare e rappresenti un ulteriore motivo per richiedere che, quanto in aula promesso dal Governo venga realizzato nel più breve tempo possibile;
tante sono le famiglie in attesa, e la famiglia di Scorzè né è un esempio drammatico, famiglie che oltre a non ricevere aiuti quali l'esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie, si ritrovano ad essere colpite dalle manovre finanziarie che costringono le stesse regioni a tassare le visite specialistiche e gli esami diagnostici;
risulta urgente e prioritario che la questione delle malattie rare venga affrontata con le modalità indicate dalla mozione approvata all'unanimità alla Camera il 17 gennaio 2012 anche assumendo iniziative per permettere un più ampio e

veloce accesso alle cure innovative, non ancora introdotte in Italia, attraverso l'autorizzazione temporanea di utilizzo per favorire l'accesso ai farmaci orfani -:
quali iniziative urgenti il Ministro abbia predisposto al fine di ampliare il numero delle malattie, rare esenti, quali la «febbre periodica ereditaria», incluse nell'allegato 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 aprile 2008 non entrato in vigore;
quali iniziative urgenti, nel rispetto delle competenze di tutti i soggetti coinvolti, il Governo abbia attivato per l'adozione del piano strategico per le malattie rare, finalizzato ad assicurare un equo accesso ai servizi socio-sanitari presenti sul territorio nazionale ed improntato alla prevenzione, diagnosi tempestiva, monitoraggio, trattamento, assistenza, riabilitazione e assistenza protesica a tutti i pazienti affetti da tali patologie, nonché la necessaria assistenza alle famiglie in cui sono presenti uno o più malati rari, migliorando la qualità della vita delle persone affette da tali patologie e delle loro famiglie.
(5-06411)

Interrogazioni a risposta scritta:

MANCUSO, GIRLANDA e DE LUCA. - Al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
i posti di ispezione transfrontaliera (PIF) sono degli uffici veterinari, riconosciuti su base comunitaria, che effettuano i controlli igienico sanitari su animali vivi e prodotti di origine animale, provenienti da Paesi extracomunitari e destinati sia all'Italia che all'Unione europea, o anche solo in transito;
i posti di ispezione transfrontaliera investono un'importanza fondamentale per la salute e la sicurezza alimentare pubblica;
l'aeroporto di Caselle è un importante snodo commerciale per le merci, anche quelle alimentari e/o di origine animale;
in particolare, il posto di ispezione transfrontaliera dell'aeroporto di Caselle è abilitato al controllo degli animali che viaggiano con passeggeri e provengono da Paesi extra comunitari;
si apprende che il Ministero della salute ha deciso di chiudere il posto di ispezione transfrontaliera dell'aeroporto di Caselle -:
se il Governo intenda rivalutare l'intervento di chiusura di questo importante avamposto di sicurezza pubblica.
(4-15311)

PICCOLO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'acufene è una patologia molto problematica, ingiustamente trascurata, che procura grossi problemi a chi ne è affetto: si tratta di una sensazione uditiva, un sibilo continuo e costante, un disturbo costituito da rumori (forme di fischi, ronzii, soffi o pulsazioni) che si originano all'interno dell'orecchio ma sono percepiti nella testa come fastidiosi suoni provenienti dall'ambiente esterno, provocando un grave e doloroso disagio;
la predetta patologia, spesso, viene liquidata semplicisticamente ed incautamente come «un disturbo molto fastidioso» ma, in fin dei conti, sopportabile e, comunque, non tale da meritare un'adeguata e seria considerazione in campo sanitario;
trattasi, invece, di una vera e propria malattia invalidante, che crea uno stato di acuta sofferenza fisica ed emotiva, coinvolgendo l'equilibrio psicologico del malato, la sua vita di relazione, il ritmo sonno-veglia, le attitudini lavorative, il livello di concentrazione e inducendo o accrescendo stati ansioso-depressivi, che si ripercuotono pesantemente sulla qualità della vita;
l'Associazione italiana tinnitus-acufene-Ait Onlus da tempo si batte per la tutela dei diritti delle persone affette dall'acufene, nonché per la promozione della

conoscenza di questa malattia presso istituzioni, centri di ricerca e opinione pubblica;
in assenza di altri riferimenti, detta associazione, che conta alcune centinaia di aderenti, è diventata il solo interlocutore di una vasta platea di cittadini che richiedono insistentemente informazioni circa le strutture di cura specializzate, a conferma che la patologia è molto diffusa e preoccupa non poco la popolazione;
ad oggi, in Italia, tale malattia non è ancora sufficientemente conosciuta, né adeguatamente approfondita in campo medico-sanitario, nonostante molteplici ricognizioni abbiano segnalato l'esistenza di oltre cinque milioni di persone affette da forme di acufene;
reiterati appelli sono stati inoltrati ai parlamentari ed alle istituzioni competenti da parte della suddetta Associazione e da numerosi cittadini che sollecitano, con forza, iniziative ed interventi da parte delle autorità sanitarie per affrontare efficacemente il problema -:
se il Ministero interrogato disponga di adeguate informazioni sull'entità e sulla valutazione degli effetti dell'anzidetta patologia, nonché sulla quantità dei casi accertati;
se non ritenga di assumere idonee iniziative per incrementare gli studi e la ricerca scientifica su tale malattia al fine di definire un idoneo protocollo terapeutico e di riconoscere l'acufene come malattia fortemente invalidante.
(4-15315)

MANCUSO, BARANI, DE LUCA, GIRLANDA e MANNUCCI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha riconosciuto che il sesso (dati biologici) e il genere (dati di ruolo socio-culturale) sono importanti determinanti della salute che regolano le condizioni di salute e malattia degli uomini e delle donne e in ogni programma che riguarda la salute le differenze di genere devono essere prese in considerazione;
le donne vivono più degli uomini, ma si ammalano di più, usano di più i servizi sanitari e passano, mediamente, un maggior numero di anni in cattiva salute;
l'organismo femminile è profondamente diverso da quello maschile e, in quanto tale, va curato in maniera differenziata;
ad esempio, le donne hanno maggiori probabilità degli uomini di avere un secondo infarto entro un anno dal primo, hanno una probabilità di 3 volte superiore a quella degli uomini di essere colpite da depressione, rappresentano l'80 per cento della popolazione colpita da osteoporosi, hanno una probabilità doppia di contrarre malattie sessualmente trasmesse e, a parità di esposizione al fumo, hanno maggiori probabilità di contrarre tumori polmonari;
«medicina di genere» non significa semplicisticamente «medicina delle donne», ma prendere in considerazione uomini e donne al di là degli stereotipi e promuovere all'interno della ricerca medica e farmacologica l'attenzione alle differenze biologiche, psicologiche e culturali che ci sono tra i due sessi -:
se il Governo intenda inserire la ricerca e lo studio della medicina di genere nel piano sanitario nazionale.
(4-15316)

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. - Per sapere - premesso che:
con la legge regionale n. 9 dell'11 maggio 2007, articolo 7, in Calabria le 11 aziende sanitarie presenti sul territorio regionale sono state accorpate in cinque aziende sanitarie locali che hanno assunto la denominazione di azienda sanitaria provinciale di Catanzaro, Cosenza, Reggio

Calabria, Vibo Valentia e Crotone, il cui territorio di riferimento corrisponde alle attuali circoscrizioni provinciali;
la richiamata disposizione, limitatamente alle aziende sanitarie n. 9 di Locri (in quella data commissariata per infiltrazione mafiosa) e n. 11 di Reggio Calabria, sarebbe stata attuata successivamente, previo accordo con il Ministro dell'interno;
tale accorpamento è stato introdotto dal legislatore regionale a causa della gravissima situazione finanziaria e qualitativa della sanità calabrese, che si presentava fin troppo articolata e con costi chiaramente non proporzionati alla non eccellente qualità del servizio sanitario reso alla cittadinanza;
l'accorpamento previsto dal citato articolo 7 della legge regionale Calabria n. 9 del 2007 fu immediatamente reso esecutivo per quattro delle cinque province calabresi con la delibera della giunta regionale n. 272/2007 che ne indicava le procedure dettagliate di attuazione;
la fusione, per come disposto dal comma 6 del citato articolo 7, venne costituita solo parzialmente per l'ASP n. 5 di Reggio Calabria, lasciando fuori l'ASL n. 9 di Locri, al tempo, come già ricordato, commissariata per infiltrazione mafiosa e, quindi, gestita da commissari nominati dal Ministero dell'interno;
nel 2008, prima della conclusione del periodo di commissariamento dell'ASL n. 9 di Locri, anche la neonata azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria, che aveva accorpato la ex ASL n. 10 di Palmi e la ex ASL n. 11 della città, veniva commissariata sempre a causa di infiltrazioni di natura mafiosa (D.P.R del 19 marzo 2008;
la bontà dell'accorpamento delle 11 ASL della Calabria in 5 ASP, quale virtuosa semplificazione amministrativa, era stata confermata e riportata espressamente quale obiettivo del piano di rientro in ambito sanitario, approvato con delibera della giunta regionale n. 845/2009 e sottoscritto in accordo con il Ministero dell'economia e delle finanze, il Ministero della salute e con il dipartimento affari regionali della Presidenza del Consiglio dei ministri;
allo scadere del periodo di commissariamento dell'ASL di Locri, la giunta regionale della Calabria ripristinava la gestione ordinaria, con la nomina di un direttore generale, mentre la gestione commissariata dell'azienda sanitaria provinciale n. 5 di Reggio Calabria giungeva a conclusione solo nel marzo 2010;
in data 14 marzo 2010 la giunta regionale calabrese, con delibera n. 229/2010 nominava due direttori generali, il dottor Renato Carullo per l'azienda sanitaria provinciale n. 5 di Reggio Calabria e il dottor Giustino Ranieri per l'ASL n. 9 di Locri; i due direttori generali venivano specificamente incaricati dalla regione di attuare l'accorpamento dell'ASL n. 9 di Locri nell'ASP n. 5 di Reggio Calabria, secondo le direttive che il dipartimento regionale tutela della salute avrebbe loro impartito;
nel giugno 2010 la nuova giunta regionale della Calabria, il cui nuovo presidente si era mantenuto la delega all'assessorato della tutela della salute, anziché fornire ai due direttori generali le direttive per procedere all'accorpamento dell'ASL n. 9 di Locri nell'ASP n. 5 di Reggio Calabria, provvedeva, con delibera n. 441/2010, ad estinguere immediatamente entrambe le aziende sanitarie con contestuale costituzione dell'ASP n. 5 di Reggio Calabria;
con la stessa delibera n. 441/2010, la giunta regionale revocava gli incarichi ai direttori generali in carica e nominava tre commissari straordinari nelle persone della dottoressa Squillacioti per la gestione futura dell'ASP n. 5 di Reggio Calabria, del dottor Sacchetti per la stessa ASP n. 5 dichiarata estinta e del dottor Pelaggi per l'ASL n. 9 di Locri anch'essa dichiarata estinta;
da quella data l'accorpamento era compiuto e, quindi, il commissario straordinario

dell'ASP n. 5 iniziava ad amministrare tutto il servizio sanitario dell'intera provincia reggina e conseguentemente provvedeva ad emanare atti di gestione e di attuazione del piano di rientro in ambito sanitario, anche per ciò che riguardava il comprensorio dell'ex ASL di Locri;
dopo il giugno 2010 la ASL di Locri cessava di esistere ed in tutti i rapporti attivi e passivi gli succedeva l'ASP di Reggio Calabria; venivano chiusi la partita iva dell'ex ASL di Locri ed il rapporto con la tesoreria di riferimento e decadevano, altresì, gli organi interni dell'azienda; i procedimenti giurisdizionali in cui era già costituita l'estinta ASL di Locri venivano incardinati nell'azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria;
in data 30 luglio 2010, il Presidente della giunta regionale della Calabria, veniva nominato commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro;
nel frattempo il precedente direttore generale dell'ASP n. 5 di Reggio Calabria, dottor Renato Carullo, dichiarato decaduto al momento dell'attuazione dell'accorpamento, ricorreva al tribunale del lavoro considerando irregolare il suo allontanamento poiché adottato in violazione del divieto di spoil system sanitario, nonché perché già direttore generale dell'ASP n. 5 di Reggio, la quale non avrebbe dovuto essere dichiarata estinta, ma solamente territorialmente ampliata in occasione della estinzione della sola ASL n. 9 di Locri;
il tribunale del lavoro, con ordinanza cautelare del 3 novembre 2010, ordinava la reintegra dell'allontanato direttore generale Carullo alla direzione dell'ASP n. 5 di Reggio Calabria, ma tale ordinanza non veniva eseguita dalla giunta regionale, che si dichiarava incompetente in materia atteso l'avvenuto commissariamento della sanità, né veniva adempiuta dal presidente della giunta regionale nella sua qualità di commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro;
il commissario straordinario dell'ASP n. 5 di Reggio Calabria, dottoressa Squillacioti continuava, dunque la sua opera di direzione dell'accorpata azienda sanitaria che comprendeva anche il territorio locrese ed il compito del commissario straordinario dottor Pelaggi, incaricato di concludere l'estinzione dell'ex ASL di Locri finiva nell'aprile 2011;
in data 8 luglio 2011, il commissario straordinario dell'ASP di Reggio Calabria dottoressa Squillacioti, veniva nominato direttore generale per l'intera ed accorpata ASP di Reggio Calabria, mentre nessun direttore generale era nominato per l'ASL di Locri, attesa la sua precedente definitiva estinzione;
in data 1° agosto 2011 il tribunale di Reggio Calabria, per la seconda volta, accoglieva l'ulteriore ricorso cautelare dell'allontanato direttore Carullo, ma ancora una volta la relativa ordinanza, ancorché autoesecutiva e perentoria, non veniva attuata dal commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro, il quale, per tale motivo, veniva convenuto in giudizio, ancora una volta, dal direttore Carullo ed il tribunale del lavoro, in data 23 novembre 2011, adottava un ulteriore ordinanza di attuazione con la quale si «assegnava al Presidente della Giunta regionale in qualità di commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro, un termine di trenta giorni per attuare l'ordinanza emessa in data 1° agosto 2011, immettendo effettivamente il ricorrente Renato Carullo in possesso dell'incarico di direttore generale dell'azienda sanitaria provinciale n. 5 di Reggio Calabria»;
nelle more il direttore dell'azienda sanitaria provinciale n. 5 di Reggio Calabria dottoressa Squillacioti continuava ad adottare anche atti previsti dal piano di rientro tra cui il piano aziendale riguardante l'intera ASP n. 5 di Reggio Calabria, naturalmente comprensiva del territorio di Locri, che veniva indicato quale mero distretto;
allorquando il direttore Carullo avrebbe dovuto essere reintegrato nell'incarico di direttore generale dell'accorpata ASP n. 5 di Reggio Calabria, il consiglio

regionale, in data 22 dicembre 2011, adottava l'articolo 40 della legge regionale 47 del 2011, con il quale si disponeva che: "All'articolo 7, comma 6 della legge regionale 11 maggio 2007, n. 9 è aggiunto, alla fine, il seguente periodo: "se l'accordo con il Ministero dell'Interno non è più necessario, l'accorpamento delle aziende sanitarie n. 11 di Reggio Calabria e n. 9 di Locri avviene entro il 31 gennaio 2012, attraverso la nomina dell'organo di vertice della nuova azienda sanitaria, il cui territorio di riferimento corrisponde alla circoscrizione provinciale di Reggio Calabria e, ove necessario, attraverso la nomina dei commissari liquidatori delle Aziende preesistenti"»;
in data 29 dicembre 2011, il presidente della giunta regionale calabrese nella qualità di commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro, con decreto n. 137, in esecuzione al comando giudiziale, disponeva il reintegro del dottor Carullo nelle funzioni di direttore generale dell'ASP di Reggio Calabria, tuttavia solamente qualche giorno lavorativo dopo la giunta regionale, presieduta dal medesimo presidente, con delibera n. 1 del 4 gennaio 2012, nominava nella medesima posizione, per gli effetti dell'intervenuto articolo 40 della legge regionale Calabria n. 47 del 2011, la dottoressa Squillacioti quale direttore generale dell'azienda sanitaria provinciale n. 5 di Reggio Calabria;
il direttore Carullo non si è mai, dunque, insediato nelle funzioni di direttore generale dell'ASP n. 5 di Reggio Calabria per come disposto dal tribunale;
la vicenda giudiziaria della direzione generale dell'ASP n. 5 di Reggio Calabria è stata molto seguita dagli organi di stampa locali i quali hanno individuato quale unico effetto voluto dall'articolo 40 della legge regionale n. 47 del 2011, quello di legittimare ex post la nomina, politicamente voluta, della dottoressa Squillacioti nelle funzioni di direttore generale dell'ASP n. 5 di Reggio Calabria;
ad avviso dell'interrogante l'articolo 40 della legge regionale Calabria n. 47 del 2011, è stato adottato in conflitto con il potere statale in quanto ostacola la corretta prossima attuazione del piano di rientro in ambito sanitario e vanifica la pregressa attuazione dello stesso;
sempre ad avviso dell'interrogante ove il citato articolo 40 continuasse a spiegare i suoi effetti tutti gli atti di gestione, di amministrazione e soprattutto gli atti di esecuzione del piano di rientro sanitario concordati con l'amministrazione statale, emessi dagli organi dell'azienda sanitaria provinciale n.5 di Reggio Calabria dal 2007 al dicembre 2011 diverrebbero privi di validità e di certezza giuridica, poiché adottati da direttori generali e da commissari straordinari di un'azienda sanitaria provinciale mai stata validamente costituita;
l'incertezza giuridica ingenerata dalla legge regionale n. 47 2011, non può che causare disordine e contenzioso che impiegherà preziose risorse, le quali, invece, piuttosto che sperperate con danno alla collettività, dovrebbero essere destinata all'attuazione del piano di rientro -:
se il Governo condivida le iniziative assunte dal commissario ad acta e ricordate in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di evitare possibili rischi di contenzioso e ulteriori costi che potrebbero compromettere il rispetto dei vincoli stabiliti dal piano di rientro dei disavanzi sanitari.
(4-15325)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:

BOBBA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
presso il sito Eurex di Saluggia, gestito dalla Sogin spa, sono attualmente stoccati circa 100 metri cubi di rifiuti liquidi altamente radioattivi e pericolosi;

per ridurne la pericolosità è stato da tempo previsto di procedere al trattamento ed al condizionamento di tali rifiuti mediante cementazione;
in data 27 luglio 2010 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea un primo bando di gara, emesso dalla Sogin spa, per i lavori di realizzazione (progettazione esecutiva ed esecuzione) e avvio dell'impianto di cementazione di soluzioni liquide radioattive (impianto CEMEX);
l'importo stimato da Sogin era pari a circa 144 milioni di euro;
secondo quanto riportato nel bando, l'appalto comprendeva:
la realizzazione delle opere civili per due edifici (processo e stoccaggio) costituenti il CEMEX;
la fornitura e la posa in opera di apparecchiature e componenti da installare all'interno dei due edifici per cementare, movimentare e stoccare le soluzioni liquide di partenza;
la fornitura di fusti e cestelli necessari per il processo di solidificazione e per il successivo stoccaggio;
l'avviamento dell'impianto;
i ricambi che dovessero necessitare in tale fase e per tutto il periodo di garanzia;
i servizi di assistenza e di manutenzione ordinaria e straordinaria durante i primi 2 anni di esercizio dell'impianto di cementazione;
all'interno del bando, nella sezione III: informazioni di carattere giuridico, economico, finanziario e tecnico, erano riportati i requisiti richiesti alle imprese partecipanti per essere ritenute idonee quali partecipanti alla gara;
le condizioni necessarie per stabilire la capacità tecnica delle imprese concorrenti erano specificate al punto III.2.3) - Capacità tecnica e in particolare, al punto III.2.3.2, si richiedeva di aver realizzato, singolarmente o quale componente di RTI o GEIE con ruolo rilevante (maggiore o uguale al 40 per cento del lavoro), un impianto di trattamento e condizionamento di rifiuti liquidi radioattivi a media/alta attività o altro impianto affine in campo nucleare (attività regolate dal decreto legislativo n. 230 del 1995 e successive modificazioni e integrazioni e sottoposte ad attività di vigilanza da parte dell'autorità di controllo nucleare nazionale, ovvero equivalenti per lo Stato d'appartenenza);
al punto III.2.3.5 dello stesso bando era inoltre richiesto l'«Elenco dei principali progetti dal quale risulti che l'impresa che si candida singolarmente, ovvero complessivamente dal raggruppamento in caso di RTI o GEIE, ha eseguito progetti nel campo della progettazione meccanica, della progettazione elettrica e della progettazione strumentale per scopi nucleari»;
in sostanza si chiedeva una generica esperienza nel campo della progettazione per scopi nucleari e una specifica esperienza, acquisita sul campo e sorvegliata dall'autorità di controllo, nella realizzazione (progettazione ed esecuzione) di impianti per il trattamento di rifiuti liquidi radioattivi molto pericolosi;
in data 14 gennaio 2011 tale bando è stato annullato da Sogin stessa con la formula dell'autotutela;
in seguito, il 25 marzo 2011, Sogin ha provveduto all'emissione di un altro bando, di pari oggetto e all'incirca di pari importo (circa 135 milioni di euro);
alle attività comprese nell'appalto viste in precedenza, è stata aggiunta la voce seguente: servizi di formazione del personale;
nella sezione concernente la capacità tecnica delle imprese concorrenti, al punto III.2.3.4 il nuovo bando richiede l'elenco dei principali progetti dal quale risulti che l'impresa che si candida singolarmente, ovvero complessivamente dal raggruppamento in caso di RTI o GEIE, ha eseguito

progetti nel campo della progettazione meccanica, della progettazione elettrica e strumentale nel campo nucleare o equivalenti (esempio petrolchimico e altro);
al punto III.2.2.3, nella sezione concernente la capacità economica e finanziaria richiesta alle imprese concorrenti, il nuovo bando richiede una cifra d'affari specifica per attività di lavori in campo nucleare (o equivalente ad esempio petrolchimico e altro) svolta nel quinquennio 2006-2010 non inferiore a 15.000.000,00 euro;
al punto III.2.2.5 il nuovo bando, nella medesima sezione, richiede un fatturato globale per servizi di progettazione svolti nel quinquennio 2006-2010 in campo nucleare per un importo pari ad almeno 3.000.000,00 euro;
non è quindi richiesta alcuna esperienza specifica concernente la realizzazione (progettazione ed esecuzione) di impianti di trattamento dei rifiuti radioattivi liquidi ed è affermata, per la prima volta nella storia della Sogin, l'esistenza di una «equivalenza» tra l'attività realizzativa (progettazione ed esecuzione) nel settore nucleare e quella nel settore petrolchimico; per le attività di progettazione ed esecuzione, inoltre, è in pratica scomparso qualsiasi riferimento alla normativa nazionale (decreto legislativo n. 230 del 1995 e successive modificazioni e integrazioni) e all'attività di vigilanza da parte dell'autorità di controllo nucleare nazionale e/o internazionale;
è richiesta solo una generica esperienza nella fornitura di servizi di progettazione in campo nucleare, inserita, ad avviso dell'interrogante stranamente, tra i requisiti economico-finanziari e non in quelli tecnici;
il problema principale per la sicurezza delle opere e/o impianti dedicati al settore petrolchimico è costituito dal rischio d'incendio e/o esplosione; nel settore del trattamento di rifiuti liquidi fortemente radioattivi il rischio maggiore è costituito dalla diffusione di tali liquidi radioattivi nell'ambiente (diffusione potenzialmente ascrivibile a molteplici cause);
l'equivalenza tra realizzazioni nel settore nucleare e realizzazioni nel settore petrolchimico, affermata da Sogin nel nuovo bando, potrebbe avere, come diretta conseguenza, l'assegnazione di attività molto impegnative a ditte prive di esperienza specifica nel settore degli impianti di trattamento per rifiuti liquidi radioattivi molto pericolosi; al massimo tali ditte potranno essere dotate di una generica esperienza nella progettazione di opere (non nella esecuzione) in campo nucleare;
nel nuovo bando non è richiesta ai partecipanti alcuna competenza specifica per provvedere ai servizi di formazione del personale;
come dichiarato da Sogin nei chiarimenti alle imprese concorrenti, tale attività potrà essere affidata a ditte terze in un secondo tempo, ma solo nella misura del 30 per cento. In altre parole, secondo quanto deducibile nel bando, la formazione del personale potrebbe essere condotta da esperti del settore petrolchimico che non hanno mai operato nel campo del trattamento di rifiuti liquidi radioattivi;
l'esperienza maturata sul campo è considerata da tutti gli addetti al settore nucleare un elemento fondamentale per la sicurezza degli operatori, della popolazione e dell'ambiente;
la Sogin gestisce da tempo un'importante scuola di radioprotezione, ubicata all'interno del sito nucleare di Caorso, il cui scopo principale è quello di addestrare il personale della Sogin stessa, e non solo della Sogin ad operare in sicurezza in presenza di materiali radioattivi, anche valorizzando le esperienze regresse -:
se non si ritenga urgente e doveroso accertare che vi sia equivalenza dei requisiti tecnici significativi (equivalenza di normative applicabili ai due settori, esperienze internazionali, pareri di esperti di entrambi i settori, analisi di sicurezza comparative dei rischi per la sicurezza delle popolazioni e la salvaguardia dell'ambiente,

esperienze Sogin pregresse, e altro) fra le attività realizzative (progettazione ed esecuzione) del settore petrolchimico e quelle del settore nucleare;
quale sia, ad oggi, la funzione della scuola di radioprotezione gestita da Sogin e se il personale Sogin possa essere addestrato ad attività importanti, quali il trattamento di rifiuti liquidi altamente radioattivi, da ditte eventualmente prive di esperienza nello specifico settore;
se non si ritenga urgente assicurare che l'affidamento di operazioni particolarmente delicate, quali appunto il trattamento di rifiuti liquidi altamente radioattivi, a ditte prive di esperienza specialistica, ovvero esperte in altri settori (ad esempio, quello petrolchimico), non comporti un rischio aggiuntivo per la sicurezza degli operatori e, più in generale, dell'ambiente circostante l'impianto di trattamento.
(5-06414)

Interrogazione a risposta scritta:

BOCCIA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è unanimemente considerata, a livello planetario, una straordinaria opportunità per la salvaguardia dell'ambiente e lo sviluppo del tessuto produttivo;
anche in Italia, specie nel Mezzogiorno, negli ultimi anni il settore delle fonti rinnovabili ha consentito la produzione di una grande quantità di energia elettrica «pulita», la nascita di nuove imprese, la creazione di decine di migliaia di posti di lavoro e l'aumento delle entrate per Stato ed enti locali;
il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 («Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE»), ha definito gli strumenti, i meccanismi, gli incentivi e il quadro istituzionale, finanziario e giuridico, necessari per il raggiungimento degli obiettivi fino al 2020 in materia di quota complessiva di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia e di quota di energia da fonti rinnovabili nei trasporti;
lo stesso decreto legislativo n. 28 del 2011, all'articolo 24 («Meccanismi di incentivazione») prevede, tra l'altro, che con decreti del Ministro dello sviluppo economico, adottati entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e, per i profili di competenza, con il Ministro delle politiche agricole e forestali, sentite l'autorità per l'energia elettrica e il gas e la Conferenza unificata, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, siano definite le modalità per l'attuazione dei sistemi di incentivazione;
il termine stabilito dall'articolo 24 del decreto legislativo n. 28 del 2011 per l'emanazione, da parte del Governo, dei decreti attuativi per la disciplina delle modalità di incentivazione della produzione di energia da fonti rinnovabili (per il periodo successivo al 2012) è scaduto il 28 settembre 2011;
la ritardata emanazione dei predetti decreti attuativi da parte del Governo sta creando gravissimi disagi tra gli operatori del settore della produzione di energia da fonti rinnovabili (in particolare eolico, geotermico, biomasse, mini-idro) e rischia di provocare un preoccupante fermo (e blocco degli investimenti) di uno dei pochi settori produttivi italiani che sono riusciti ad affrontare efficacemente la crisi economica -:
quale sia lo stato di elaborazione dei decreti attuativi di cui all'articolo 24 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28.
(4-15319)

...

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

La risoluzione in commissione Damiano e altri n. 7-00799, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Codurelli.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05022, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05043, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05046, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05049, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05050, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05052, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05067, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05083, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05084, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05086, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta in commissione Gnecchi n. 5-06317, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o marzo 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Codurelli.