XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 3 aprile 2012

TESTO AGGIORNATO AL 18 APRILE 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
il CONI nella riunione del 29 settembre 2011 ha adottato una delibera programmatica per il piano di risparmi che prevede la chiusura dei comitati provinciali, trascurando di considerare che la soppressione di questi produrrebbe un risparmio di alcuni milioni di euro, non risolutivo di un eventuale problema di bilancio;
il peso economico dei comitati periferici nel bilancio complessivo del CONI risulta relativo (6,5 milioni pari all'1,6 per cento del bilancio complessivo del CONI, che nell'anno 2011 ha superato i 450 milioni di euro), anche in virtù del fatto che questi sono spesso finanziati da enti privati e che i componenti delle relative giunte e dei consigli provinciali, non ricevono compensi ma assumono incarichi onorifici;
la decisione di chiudere i comitati provinciali è stata ribadita dal consiglio nazionale CONI nella riunione del 30 novembre 2011, quando è stata approvata l'ipotesi di modifica dello statuto CONI in base alla quale i delegati provinciali andrebbero a sostituire i comitati provinciali, e le funzioni di questi verrebbero trasferite ai comitati regionali;
i comitati provinciali del CONI rappresentano sul territorio una struttura fondamentale per organizzare lo sport, in contatto diretto con le scuole e gli enti locali, punto di riferimento delle federazioni e delle società. La capillarità delle sedi, l'esperienza delle persone che vi operano gratuitamente, assieme alla consolidata offerta di servizi, garantiscono il valore sociale dello sport, nonché quello educativo-formativo;
nel corso degli ultimi anni la domanda di sport è cresciuta e si è diversificata, provenendo anche da settori ed ambienti culturalmente e tradizionalmente al di fuori del mondo sportivo. I comitati provinciali con la riforma dei primi anni del XXI secolo hanno vista accresciuta la propria centralità e il proprio ruolo rappresentativo all'interno dell'intero sistema, configurandosi come referenti principali di questa domanda;
con l'autoriforma del CONI verrebbe meno il ruolo di coordinamento e raccordo tra le istituzioni, le federazioni e gli enti di promozione sportiva svolto sino ad oggi dai comitati provinciali, e si avrebbe un impoverimento delle attività promozionali e formative poste in essere sul territorio - di cui lo sport nelle scuole rappresenta l'esempio più significativo;
con il nuovo assetto strutturale verrebbero penalizzate le tante persone che prestano la loro opera di volontariato presso gli organi periferici, incidendo così negativamente su quell'economia civile che, in un periodo di difficoltà economica, sta dando un importante contributo allo Stato e alle sue strutture,


impegna il Governo


ad assumere ogni iniziativa di competenza per assicurare che il nuovo assetto organizzativo del CONI risponda a criteri di trasparenza, efficienza, operatività e capillarità sul territorio, e garantisca contemporaneamente che per tutti i cittadini vi sia il diritto allo sport.
(1-00998)
«Barbaro, Concia, Goisis, Compagnon, Zazzera, Ghizzoni, Bratti, Marco Carra, Lolli, Sanga, Libè, Motta».

La Camera,
premesso che:
una ricerca condotta dall'istituto di fisiologia clinica del Cnr ha rivelato che quattro italiani su dieci «giocano d'azzardo»,

ossia circa 17 milioni di italiani, di cui 1 milione e 720 mila sono giocatori a rischio e ben 708.225 sono giocatori adulti patologici;
la ludopatia è una «dipendenza senza sostanze», come è stata definita dall'Istituto superiore di sanità, che può divenire un'autentica malattia sociale se non affrontata idoneamente con mezzi di informazione e prevenzione;
il gioco è diffuso in particolare fra le fasce più deboli della popolazione: giovani, disoccupati, famiglie povere e anziani soli, e si sta espandendo in maniera allarmante fra i minorenni, secondo i dati un adolescente su dieci gioca d'azzardo;
il gioco d'azzardo costituisce «la terza impresa» italiana, preceduta solo da Eni ed Enel, l'unica con un bilancio sempre in attivo in un paese in crisi come l'Italia;
il fatturato legale del gioco d'azzardo è stimato in 76,1 miliardi di euro - conferendo all'Italia il primo posto in Europa e il terzo posto nel mondo tra i paesi che giocano di più - a cui si dovrebbero aggiungere i proventi illegali stimati in circa 10 milioni di euro; sono, infatti, quarantuno i clan che gestiscono i cosiddetti giochi delle mafie, divenuti un canale privilegiato per il riciclaggio di profitti illeciti;
nell'ultimo anno dieci procure della Repubblica direzioni distrettuali antimafia hanno effettuato indagini, e sono ventidue le città dove nel 2010 sono state effettuate indagini e operazioni delle forze di polizia in materia di gioco d'azzardo, con arresti e sequestri direttamente riferibili alla criminalità organizzata;
risulta necessario un intervento nel settore a livello normativo al fine di rendere più efficace il sistema delle autorizzazioni, dei controlli e delle sanzioni, accompagnato da azioni educative, d'informazione, culturali e formative rivolte in special modo ai più giovani, nonché da interventi di prevenzione e cura delle patologie di dipendenza dal gioco,


impegna il Governo:


assumere iniziative di competenza anche normative per disciplinare il gioco d'azzardo, ridefinendo le procedure d'autorizzazione e assicurando la massima trasparenza in riferimento alle vincite e alle perdite degli utenti dei giocatori d'azzardo;
adottare iniziative anche normative volte a limitare i messaggi pubblicitari sul gioco d'azzardo garantendo forme di reale e corretta informazione per il pubblico e promuovendo iniziative di sensibilizzazione ai rischi collegati al gioco d'azzardo attraverso campagne di informazione.
(1-00999)
«Pugliese, Misiti, Fallica, Grimaldi, Iapicca, Miccichè, Pittelli, Soglia, Stagno d'Alcontres, Terranova».

La Camera,
premesso che:
la filiera ittica sta attraversando una crisi di portata emergenziale, con gravi ripercussioni socioeconomiche ed occupazionali, a fronte di un inesorabile peggioramento di tutti gli indici macroeconomici, che nell'ultimo decennio hanno registrato il crollo verticale delle catture (-48,84 per cento), del personale imbarcato (-38,26 per cento), della flotta (-28,1 per cento) e dei ricavi (-31 per cento) con una crisi di redditività che ha raggiunto dimensioni straordinarie, come il parallelo deficit della bilancia commerciale ittica nazionale;
la situazione degli stock ittici, seppur in forma differenziata nei diversi bacini, mostra evidenti segni di sofferenza, che richiedono attente politiche di gestione nel perseguimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale, sociale ed economica della pesca;
su ciò si innesta una drastica riduzione degli stanziamenti nazionali destinati alla programmazione di settore che

dal 2000 al 2010 hanno subito una contrazione pari al 77 per cento, passando da 27 milioni di euro a circa 6 milioni di euro;
le prospettive che si aprono per il futuro del settore sono ulteriormente preoccupanti soprattutto alla luce della proposta di riforma della politica comune della pesca, destinata ad entrare in vigore nel 2014, con la previsione di una serie di interventi, dall'abolizione di qualsiasi aiuto alle demolizioni all'introduzione delle concessioni di pesca trasferibili, fino al totale divieto dei rigetti, che preannunciano conseguenze ancora una volta devastanti per la pesca mediterranea, in quanto difficilmente gestibili perché avulse dalle specificità e peculiarità del bacino;
il settore è al centro di un gravoso processo di adeguamento alla profonda evoluzione dei diversi assetti normativi disposti a livello comunitario (regolamento sulla pesca mediterranea, regolamento IUU, regolamento controlli, legislazione alimentare e igienico-sanitaria del cosiddetto pacchetto Igiene) che, pur nella fondatezza degli obiettivi, hanno profondamente modificato gli scenari di riferimento, senza tener conto delle proposte avanzate dalle rappresentanze nazionali e comunitarie (Copa-Cogeca, Européche, RAG MED), creando appesantimenti non solo burocratici, ma anche di natura strutturale e sociale;
si registra un progressivo aumento dei costi di produzione in particolare, il prezzo del gasolio, che per lo strascico arriva ad incidere fino al 60 per cento sui costi di produzione, ha raggiunto quotazioni insostenibili per le imprese;
il prezzo al consumo dei prodotti ittici si è ridotto del 3 per cento a fronte di una stabilità dei prezzi di vendita che perdura da oltre un decennio; la nazione del potere d'acquisto sta determinando scelte d'acquisto meno premianti per il prodotto nazionale e per la qualità;
pur essendo state approvate all'unanimità dalla Commissione agricoltura della Camera dei deputati 5 risoluzioni bipartisan che, riconoscendo il momento emergenziale, impegnano il Governo a fronteggiare la crisi in atto nella filiera ittica, le stesse non hanno trovato alcun riscontro normativo;
le associazioni della pesca dell'Alleanza delle cooperative italiane (AGCI AGRITAL, Federcoopesca e Lega Pesca), che rappresentano l'80 per cento della filiera ittica hanno richiesto, con grande forza, l'apertura di un confronto approfondito per individuare interventi capaci di rilanciare il settore,


impegna il Governo:


a convocare una conferenza nazionale di settore per aprire un confronto qualificato e costante con la categoria, atto a porre le basi per la prossima programmazione triennale 2013-2015, con la predisposizione di un piano per lo sviluppo della della filiera ittica, cui garantire una adeguata copertura finanziaria, volto a dare risposte all'emergenza e a promuovere azioni di urgente riposizionamento del settore, un piano capace di promuovere le azioni necessarie per l'accesso al credito agevolato e al capitale di rischio, nonché per il recupero della redditività attraverso il sostegno all'innovazione, alla competitività e all'efficienza aziendale, alla integrazione della filiera, alla concentrazione dell'offerta, alle ristrutturazioni e fusioni aziendali, ad interventi per la ricerca e lo sviluppo tecnologico;
a ritirare il decreto ministeriale 9 novembre 2011, perché inadeguato ad assumere un valido grado di rappresentatività e di rappresentanza delle associazioni, che vanno ridefinite tenendo conto delle valutazioni già condivise dalle organizzazioni professionali del settore;
a rendere immediatamente operative le convenzioni tra associazioni e pubblica amministrazione, di cui al decreto-legge cosiddetto liberalizzazioni n. 1 del 2012, per favorire azioni volte allo sviluppo della multifunzionalità delle imprese ittiche ed al sostegno del credito;

a dare certezza di attuazione al fermo di pesca 2012, assumendo iniziative volte a prevedere, anche per la grave crisi che il settore attraversa, una remunerazione per gli armatori e gli ammortizzatori sociali per gli imbarcati;
a continuare l'azione di semplificazione, avviata nel decreto-legge n. 1 del 2012 con l'attribuzione alle cooperative di adempimenti in materia di lavoro, o mediante la semplificazione delle procedure per la dismissione di bandiera, nonché degli adempimenti burocratici a carico delle imprese che costituiscono un notevole aggravio di spesa;
a proseguire sulla strada della modernizzazione del settore valutando l'opportunità di adottare disposizioni integrative in attuazione della delega del Parlamento al Governo di cui all'articolo 28 della legge comunitaria 2009, per realizzare e dare attuazione ad efficaci strumenti di supporto al settore, quali la programmazione negoziata, la patrimonializzazione diretta dei Confidi, la rete nazionale della ricerca e i contratti di filiera;
ad avviare le necessarie procedure per dare piena attuazione al disposto dagli articoli 14 e 14-bis del decreto legislativo n. 154 del 2004 relativi alla copertura dei fabbisogni per il programma assicurativo nazionale, recuperando 8 anni di ritardo, e prevedendo specifici fondi nella prossima programmazione nazionale triennale, o ricorrendo a affondi già esistenti gestiti da ISMEA;
ad avviare l'iter per la previsione di un nuovo sistema fiscale e previdenziale nell'ambito della riforma già prevista per tali sistemi, promuovendo a livello fiscale una tassazione forfettaria assimilabile alla tonnage tax, attualmente in vigore per il settore marittimo e, a livello previdenziale, una riforma della legge n. 250 del 1958, per adeguarla alla nuove esigenze dei soci delle cooperative;
ad assumere iniziative per stabilizzare gli ammortizzatori sociali ed, in specie, a prevedere l'istituzione della cassa integrazione ordinaria;
a rendere più efficace la presenza del Governo a Bruxelles nella fase ascendente dei provvedimenti, coinvolgendo le organizzazioni di rappresentanza, per mettere in campo tutte quelle iniziative necessarie per una rivisitazione della normativa sui controlli e sulle misure tecniche per il Mediterraneo, nonché per intervenire, condividendo i contenuti con le organizzazioni di rappresentanza, nei negoziati in atto relativamente alla riforma della politica comune della pesca ed al nuovo strumento finanziario di settore per il 2014-2020 (FEAMP), con particolare riferimento alle misure difficilmente applicabili alla pesca mediterranea, come ad esempio l'eliminazione totale dei rigetti e l'applicazione delle concessioni di pesca trasferibili, oltre alla previsione di un abbandono totale del finanziamento dell'arresto temporaneo e di quello definitivo.
(1-01000)
«Delfino, Naro, Galletti, Ciccanti, Compagnon, Volontè».

Risoluzioni in Commissione:

La VI Commissione,
premesso che:
ai sensi dell'articolo 20, comma 2, del decreto-legge n. 159 del 2007, anche le associazioni sportive dilettantistiche riconosciute dal CONI ai fini sportivi sono state ammesse al riparto del 5 per mille;
ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 aprile 2008 alle associazioni sportive dilettantistiche interessate a tale riparto è stato richiesto di inoltrare alle competenti direzioni regionali dell'Agenzia delle entrate un'apposita dichiarazione sostitutiva per gli anni 2006, 2007 e 2008 su modelli, predisposti dallo stesso ente, nei quali i legali rappresentanti delle associazioni dichiaravano, per conto di ciascuna associazione interessata, il possesso dei requisiti per l'ammissione al riparto fondi;
le modalità di inserimento delle associazioni sportive dilettantistiche negli

elenchi per il riparto del 5 per mille sono state più volte modificate negli anni: in particolare, per gli anni 2006 e 2007 ciascuna associazione sportiva dilettantistica interessata all'inclusione era chiamata ad inoltrare, per via telematica, alla direzione regionale dell'Agenzia delle entrate competente, una richiesta preliminare, seguita dall'invio di una dichiarazione sostitutiva, mentre per l'anno 2008, le associazioni sportive dilettantistiche erano chiamate ad inoltrare al CONI, e non più alle direzioni regionali dell'Agenzia delle entrate, la documentazione utile;
mentre si è data ampia e chiara pubblicità alla procedura di ammissione delle associazioni al riparto dei fondi del 5 per mille relativa all'anno 2009, lo stesso non è accaduto per il nuovo adempimento sorto in capo alle associazioni sportive dilettantistiche a seguito del decreto ministeriale 2 aprile 2009, con la conseguenza che molte associazioni sportive dilettantistiche, seppure in possesso dei requisiti richiesti e avendo adempiuto agli obblighi richiesti fino a quel momento, si sono viste escluse dai benefici per gli anni 2006, 2007 e 2008;
il predetto decreto ministeriale 2 aprile 2009, unitamente alla previsione del nuovo adempimento, ha richiesto alle associazioni sportive dilettantistiche di dichiarare, con effetto retroattivo, il possesso di taluni nuovi requisiti, stabiliti con il decreto-legge n. 112 del 2008 e non previsti al momento della richiesta di ammissione negli elenchi dei beneficiari per gli anni 2006, 2007 e 2008;
la Commissione Finanze della Camera, approvando, il 27 novembre 2008, la risoluzione n. 7-00016 (che ha assunto il n. 8-00017) ha impegnato il Governo a valutare l'opportunità di intervenire in materia, al fine di evitare che meri errori formali ed inutili duplicazioni procedurali determinassero l'esclusione del riparto dei fondi del 5 per mille di quelle associazioni in possesso dei requisiti necessari, ed a porre in essere le misure di propria competenza per ammettere ai benefici anche le associazioni sportive dilettantistiche in grado di dimostrare di aver adempiuto a tutti gli obblighi di legge, in particolare di avere trasmesso la documentazione necessaria all'Agenzia delle entrate;
a seguito di tale risoluzione il Governo, attraverso il decreto-legge n. 194 del 2009 (cosiddetto «Milleproroghe»), ha riaperto i termini per l'ammissione al riparto del 5 per mille dell'IRPEF degli anni 2006, 2007 e 2008, incaricando il CONI di predisporre gli elenchi delle associazioni sportive dilettantistiche iscritte al registro dell'Ente medesimo che ne facessero opportuna richiesta, avendone i requisiti;
gli elenchi predisposti dal CONI con provvedimenti della Giunta nazionale nn. 425 e 426 del 19 dicembre 2010 sono stati regolarmente inviati all'Agenzia delle entrate al fine della pubblicazione ufficiale;
nonostante le continue istanze degli interessati, ad oggi, né l'Agenzia delle entrate, né il CONI, né gli enti preposti al pagamento delle quote di spettanza delle singole associazioni (Ministero del lavoro per il 2006 e 2007 e Presidenza del Consiglio dei ministri per il 2008) hanno ritenuto di provvedere alla pubblicazione degli elenchi delle associazioni ammesse al riparto delle quote del 5 per mille;
tale ingiustificato ritardo sta determinando gravi danni di ordine finanziario e gestionale a quelle associazioni che avevano programmato la propria attività confidando sulle somme regolarmente dovute per effetto del 5 per mille, causando notevoli disagi e grave pregiudizio per la loro futura attività;
il ritardo ha altresì pregiudicato la possibilità di accedere ad eventuali anticipazioni di credito da parte di istituti bancari, che rivolgono la propria attenzione al settore del volontariato richiedendo quale garanzia esclusivamente la

pubblicazione degli elenchi per l'ammissione al riparto delle quote del 5 per mille,


impegna il Governo


ad adottare misure atte a garantire la rapida pubblicazione in Gazzetta Ufficiale degli elenchi comprovanti l'ammissione delle associazioni sportive dilettantistiche al riparto dei fondi del 5 per mille, eliminando in tal modo gli ostacoli di natura burocratica che impediscono a tali organismi di fruire dei finanziamenti degli istituti di credito e, conseguentemente, di svolgere in maniera ordinaria la loro attività di volontariato.
(7-00828) «Pagano».

La VI Commissione,
premesso che:
sotto il profilo dell'imposizione fiscale e del sistema di pressione doganale dei prodotti impiegati nella produzione di energia elettrica, il comparto produttivo degli oli vegetali e dei relativi sottoprodotti appare condizionato da una regolamentazione confusa, relativamente ai dazi di importazione e alle accise;
sul versante del diritto comunitario, il codice doganale comunitario - che riunisce le norme, i regimi e le procedure applicabili alle merci oggetto di scambi tra la Comunità europea (CE) ed i Paesi terzi - riconosce un trattamento tariffario agevolato in caso di «destinazione particolare» della merce oggetto di scambio;
nello specifico, il capitolo 2 del Regolamento CEE n. 2454/93 del 2 luglio 1993 - che fissa disposizioni d'applicazione del regolamento CEE n. 2913/92 del Consiglio che istituisce il codice doganale comunitario - disciplina l'«ammissione di talune merci al beneficio di un trattamento tariffario favorevole a motivo della loro destinazione particolare»;
è opportuno evidenziare che il Regolamento CEE n. 2658/87 del Consiglio, del 23 luglio 1987, ha istituito ima nomenclatura nota come «nomenclatura combinata», basata sulla Convenzione internazionale sul sistema armonizzato di designazione e codificazione delle merci, al fine di garantire una specifica definizione ai prodotti ed una adeguata configurazione daziaria;
dagli anni '70 la Comunità Europea ha definito un sistema delle preferenze tariffarie generalizzate (SPG) avente in origine l'obiettivo di accordare specifiche preferenze commerciali a tutti i Paesi in via di sviluppo: attualmente il SPG dell'Unione europea prevede specifiche riduzioni dei dazi doganali ai Paesi in via di sviluppo per determinati prodotti importati nel mercato europeo al fine di supportare l'integrazione dei Paesi destinatari delle agevolazioni nelle dinamiche del commercio internazionale, consentendone nel contempo lo sviluppo socio-economico;
il sistema delle preferenze tariffarie agevolate, prevedendo un regime speciale a favore dei Paesi meno sviluppati fa riferimento all'elenco dei Paesi meno sviluppati (PMS) redatto dalle Nazioni Unite e pertanto la configurazione di PMS risulta suscettibile di evoluzione;
in tale prospettiva si colloca - ad esempio - quanto disposto dal Regolamento CE n. 1547 del 20 dicembre 2007 della Commissione, che fissa un periodo transitorio per l'esclusione della Repubblica di Capo Verde - leader nell'esportazione di olio e semi - dall'elenco dei Paesi beneficiari del regime speciale a motivo della sua cancellazione dall'elenco dei PMS delle Nazioni Unite a partire dal 1o gennaio 2008;
le evidenze suindicate sottolineano come, ai fini del più adeguato trattamento tariffario della merce oggetto di scambio, possa essere maggiormente valida una coerente classificazione della stessa in relazione alla sua natura, alla sua origine e al suo impiego;
per quanto concerne l'importazione di oli vegetali, la loro classificazione nella tariffa doganale comune corrisponde

alle voci comprese tra il codice NC 1507 e il codice NC 1518 della suindicata nomenclatura combinata;
malgrado la suddetta configurazione specifica, per quanto riguarda l'individuazione della «destinazione» produttiva di tali prodotti all'impiego nella produzione energetica, le disposizioni non appaiono completamente chiare in merito alla possibilità che essi rientrino o meno nelle fattispecie agevolate;
la suddetta mancanza di chiarezza potrebbe essere legittimata dalla specifica «anche raffinati ma non modificati chimicamente» che illustra gli oli vegetali nella tabella dei dazi, tale da creare un dubbio interpretativo sulla reale configurazione del prodotto e sul suo utilizzo e di conseguenza da consentire l'applicazione di aliquote daziarie non congruenti con la finalità dell'importazione di quel prodotto;
gli oli vegetali e i loro sottoprodotti, ai fini dell'impiego nella produzione energetica, devono essere sottoposti a processi diversi dalla raffinazione, dunque non configurabili nella classificazione suindicata. In molti casi il processo al quale tali prodotti devono necessariamente essere sottoposti è quello di esterificazione, che ne modifica l'acidità ai fini dell'impiego. Tuttavia tale processo consiste nella semplice aggiunta di un 3 per cento di glicerina, prodotto non derivato dal petrolio e che non consente in alcun modo un'equiparazione del prodotto finale ad un olio minerale o combustibile fossile e - dunque - non giustifica la mancata inclusione nelle tariffazioni agevolate;
alle evidenze suindicate, si aggiungono ulteriori criticità in merito alla sussistenza stessa di dazi sulle importazioni italiane di oli vegetali destinati alla produzione energetica: infatti l'attuale disciplina sembra non essere in linea con le esigenze economiche e produttive dell'intero comparto in Italia, anche in considerazione del fatto che il riconoscimento del dazio su un prodotto, la cui produzione non è riscontrabile nel mercato interno, risulterebbe anche contraddittoria rispetto alla finalità originaria del sistema daziario, che - nel caso di specie - si configurerebbe come un ostacolo;
appare opportuno evidenziare che la strutturazione del comparto energetico di produzione da oli vegetali in Italia si fonda su una consistente importazione delle succitate risorse dall'estero in virtù della oggettiva insufficienza delle colture oleaginose nazionali a sopperire al basilare sostentamento del comparto;
sul versante della pressione fiscale italiana sulla materia prima, il decreto legislativo, n. 504 del 1995 riconosce specifiche aliquote distinte per prodotti;
per gli oli vegetali, utilizzati per la produzione diretta o indiretta di energia elettrica in impianti obbligati alla denuncia di attivazione, il decreto legislativo n. 26 del 2007, attuazione della direttiva 2003/96/CE sulla tassazione dei prodotti energetici, e il suddetto decreto legislativo n. 504 del 1995 hanno previsto l'esenzione dal pagamento dell'accisa, limitata anche in questo caso agli oli classificati nei codici da NC 1507 a NC 1515, ossia gli oli non modificati chimicamente;
la menzionata esenzione è nuovamente esclusa per gli oli vegetali delle voci NC 1516, 1517 e 1518, sottoposti a trasformazioni di natura diversa dalla raffinazione (quali idrogenazione, esterificazione, o altre). La previsione mette tuttavia in luce il fatto che i prodotti menzionati vengono di fatto trattati alla stregua di ogni altro prodotto energetico, dunque analogamente ai combustibili fossili e derivati del petrolio, benché la loro natura chimico fisica e il loro impatto ambientale sia sostanzialmente differente;
appare opportuno evidenziare che ai fini della classificazione di fonti rinnovabili per l'alimentazione di un impianto di produzione energetica e il conseguente accesso ai meccanismi incentivanti da parte del GSE, la trasformazione cui gli oli vegetali possono essere sottoposti deve essere inferiore al 5 per cento, lasciando quindi integro il 95 per cento del prodotto

originario. Nella maggior parte dei casi si tratta del già citato processo di esterificazione, compiuto tramite l'aggiunta di un di glicerina. Con tale configurazione, il GSE riconosce questi prodotti come fonte rinnovabile, mentre lo Stato li sottopone ad accisa alla stregua di un olio minerale o combustibile fossile;
la citata configurazione degli oli vegetali nelle previsioni tariffarie comuni che di fatto li equipara ad ogni altro prodotto energetico, appare ingiustificata e manifesta la mancanza di conoscenza della realtà operativa considerata e i processi che la contraddistinguono oltre che una palese quanto rettificabile superficialità normativa,


impegna il Governo:


ad adottare ogni opportuna iniziativa anche di natura normativa finalizzata a rettificare, nel settore della produzione energetica da oli vegetali, il quadro suindicato, al fine di rendere coerente le previsioni tariffarie doganali e fiscali sugli oli vegetali e loro sottoprodotti, con le specificità del settore, i limiti produttivi del Paese, e le particolari tecniche di lavorazione delle materie prime;
a valutare l'opportunità di avviare ogni opportuno ed utile confronto in sede europea volto ad apportare le rettifiche - di cui in premessa - al sistema di configurazione della merce ai fini del riconoscimento del dazio applicabile.
(7-00829)
«Della Vedova, Bocchino, Di Biagio».

L'VIII Commissione,
premesso che:
il decreto legislativo n. 152 del 2006, individua chiaramente i limiti per l'immissione su suolo o corpo idrico degli effluenti dei depuratori, assegnando specifiche responsabilità ai comuni e ai soggetti gestori degli impianti;
la direttiva comunitaria 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane, recepita nell'ordinamento italiano con il decreto legislativo n. 152 del 2006, dispone agli articoli 3, 4 e 5 che gli agglomerati siano provvisti di rete fognaria e che le acque reflue urbane siano sottoposte prima dello scarico ad un opportuno trattamento depurativo entro scadenze temporali ben definite, che vanno dal 1998 per la realizzazione di reti fognarie ed il trattamento degli scarichi recapitanti in aree sensibili al 2005 per la realizzazione di reti fognarie ed il trattamento degli scarichi recapitanti in aree normali;
i termini di scadenza per l'adeguamento posti dalla direttiva, come su genericamente riportati, sono ampiamente superati e che risulta essere in atto una procedura d'infrazione comunitaria, la n. 2009/2034, in relazione alla quale la Commissione europea ha emesso il parere motivato ex articolo 258 Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (ex articolo 226 Trattato Comunità Europea);
il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare coordina e indirizza gli enti territoriali verso soluzioni definitive che garantiscano la massima conformità alla norma;
le regioni sono quasi tutte impegnate a legiferare, programmare e vigilare che nel proprio territorio siano assicurati piani e investimenti tendenti a superare le carenze impiantistiche e gestionali con scadenze certe;
in particolare la regione Lazio, nel segnalare quanto l'attuale impegno profuso per l'aggiornamento e adeguamento del sistema non sia sufficiente a superare le criticità connesse allo scarico, rendendo quindi di difficile attuazione il trasferimento degli impianti dal comune al gestore unico dell'ATO2, che, quale subentrante, richiede, legittimamente una perfetta messa a norma dell'impianto stesso, ha posto la questione di poter ottenere deroghe ai parametri di scarico dei reflui, a fronte comunque di un rigido crono-programma

degli interventi, oltre il quale tornerebbe in capo al gestore stesso ogni responsabilità per il mancato adeguamento e aggiornamento;
l'ambito territoriale ottimale 2 Lazio Centrale - Roma (ATO2) è costituito dai comuni individuati dalla legge regionale del 22 gennaio 1996 n. 6 poi modificata dalla legge regionale 31 del 1999. Nell'ambito ricadono n. 112 comuni, 2 comuni appartengono alla provincia di Viterbo (comuni di Veiano ed Oriolo Romano); 108 comuni appartengono alla provincia di Roma (tutti i comuni tranne: Campagnano di Roma, Magliano Romano, Mazzano Romano, Montelibretti, Montorio Romano, Monteflavio, Moricone, Nerola, Palombara Sabina, Vallinfreda, Vivaro Romano, Anzio, Nettuno) ivi compreso il nuovo comune di Fonte Nuova istituito con legge regionale 25 del 1999; 2 comuni appartengono alla provincia di Frosinone (Comuni di Filettino e Trevi nel Lazio);
l'ATO2 dal punto di vista idrografico comprende la parte terminale del bacino del Tevere (sottobacini in destra a valle del Treia ed in sinistra a valle del Farfa), tutto il sottobacino dell'Aniene ed i bacini regionali del litorale dal fiume Mignone ad Ardea ed il bacino Valle Sacco-area prenestina;
i comuni e le province dell'ATO2 hanno deciso di cooperare, con apposita Convenzione di cooperazione, al fine di realizzare una gestione unica del servizio idrico integrato, ove gli acquedotti, le fognature e gli impianti di depurazione di proprietà sono affidati ad un unico soggetto, individuato nella ACEA ATO2 spa;
al fine di semplificare le consultazioni tra gli enti locali è prevista una consulta d'ambito, ossia una conferenza di sindaci;
la segreteria tecnico operativa (S.T.O.), ufficio tecnico della conferenza dei sindaci e della consulta d'ambito, ha il compito di effettuare tutti i necessari controlli sull'operato del gestore, elaborare le proposte tecniche per la stesura dei programmi di intervento e dei relativi aggiornamenti nonché elaborare le valutazioni sulla tariffa da applicare;
il piano d'ambito, che è il documento illustrativo del programma degli interventi, del modello gestionale ed organizzativo e del piano finanziario, è parte integrante della convenzione di gestione;
gli investimenti individuati nel piano d'ambito allegato alla convenzione di gestione sono classificati come previsione di spesa vincolante per il gestore, e non come interventi puntuali da realizzare;


impegna il Governo


ferme restando il rispetto da parte italiana delle disposizioni della direttiva comunitaria 91/271/CEE e degli articoli di recepimento presenti nel decreto legislativo n. 152 del 2006, a svolgere ogni azione utile presso la Comunità europea onde ottenere per quegli impianti e per i quali è in corso una procedura di messa a norma dei depuratori della normativa solo per il tempo necessario al completamento dei lavori di adeguamento degli impianti, facenti parte di piani di ambito con finanziamenti certi e scadenze garantite dalle regioni.
(7-00830)«Misiti».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
nei giorni dal 1° al 6 marzo 2011 il territorio della regione Marche e la provincia

di Teramo, in Abruzzo, sono state interessate da un'eccezionale ondata di maltempo che ha provocato tre vittime, esondazione dei fiumi, allagamenti diffusi, importanti danneggiamenti alle infrastrutture pubbliche, ingenti danni alle attività produttive ed alle abitazioni private;
in particolare, nel territorio teramano l'esondazione di corsi di acqua ha provocato allagamenti di aziende artigiane, industriali, commerciali, con conseguente interruzione dell'attività e pregiudizio della ripresa generalizzata e fortemente compromesso le colture, causando danni per oltre 12 milioni di euro;
in data 10 marzo 2011 con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è stato riconosciuto lo stato di emergenza per gli eventi alluvionali in Abruzzo;
tale emergenza è stata la prima a ricadere nel campo dell'applicazione delle disposizioni previste dal decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito in legge 26 febbraio 2011, n. 10, cosiddetto «Milleproroghe» che all'articolo 2, comma 2-quater ha istituito la cosiddetta «tassa sulle disgrazie» prevedendo che, in caso di situazioni emergenziali, la regione interessata debba acquisire le maggiori risorse tramite tassazioni aggiuntive a carico della stessa comunità regionale danneggiata, prima di poter accedere al fondo nazionale di protezione civile;
la Corte Costituzionale con sentenza n. 22 del 13 febbraio 2012 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del suddetto articolo 2, comma 2-quater, laddove impone alla regione di deliberare aumenti fino al massimo consentito dei tributi di competenza in caso di dichiarazione dello stato di emergenza;
la Corte nella medesima sentenza ha dichiarato incostituzionale anche la norma che consente l'utilizzo del fondo nazionale di protezione civile solo nell'ipotesi in cui la regione non possa far fronte alle spese, aumentando i propri tributi fiscali;
a seguito di tale sentenza, il 17 marzo 2012, il presidente della regione Marche ha ratificato un'intesa sullo schema di ordinanza - già sottoposto al concerto del Ministero dell'economia e delle finanze e del Presidente del Consiglio dei ministri - in cui, accanto alle disposizioni normative, è stato previsto a favore di tale regione uno stanziamento di 25 milioni di euro a carico del fondo della protezione civile nazionale da destinare all'evento alluvionale del marzo 2011, oltre all'emanazione dell'ordinanza di nomina del commissario delegato;
al contrario di quanto previsto per la regione Marche, nessun intervento economico è stato programmato in favore della provincia di Teramo con grave compromissione degli obiettivi di ripresa del territorio;
ad oggi dopo quasi un anno dall'alluvione, l'amministrazione provinciale di Teramo ed i comuni del Teramano, non hanno ricevuto alcun finanziamento per fronteggiare la difficile situazione conseguente all'alluvione del marzo 2011;
con la delibera del 30 settembre 2011 del n. 79 il CIPE ha stabilito l'avvio della fase di riprogrammazione delle risorse FAS 2000-2006 non programmate e non impegnate e di quelle derivanti da economie e accantonamenti, oltre che delle risorse liberate della programmazione comunitaria 2000-2006 che risultano non impegnate;
con lo stesso provvedimento il CIPE ha stabilito che sarebbe stata una successiva delibera a definire gli obiettivi, i criteri e le modalità da seguire nella riprogrammazione di tali risorse;
con la delibera n. 80 del 2011 del 30 settembre 2011 il CIPE ha stabilito di definanziare le vecchie risorse della programmazione FAS per il periodo 2000/2006, fissando i criteri e le modalità per riassegnarle alle regioni;
per la regione Abruzzo la riprogrammazione delle somme definanziare, secondo quanto dispone la delibera n. 80/2011, dovrebbe essere pari a circa 10,3 milioni di euro;

tale somma è il residuo della programmazione PAR-FAS 2000/2006 che il CIPE dovrà esaminare per una nuova ed ulteriore riprogrammazione ed eventuale nuova assegnazione alla regione Abruzzo -:
quali siano i motivi per cui il Governo non abbia ancora provveduto a disporre a favore della regione Abruzzo, al pari di quanto avvenuto per la regione Marche nei giorni scorsi, gli stanziamenti necessari a fronteggiare i gravi oneri economici e i profondi disagi che l'evento calamitoso del marzo 2011 ha arrecato e ancora sta arrecando ai cittadini e agli operatori economici della provincia di Teramo;
se, anche alla luce della recente sentenza della Corte costituzionale n. 22 del 2012, non si ritenga di dover provvedere con la massima urgenza alla emanazione dell'ordinanza attuativa assegnando alla regione Abruzzo le risorse finanziarie provenienti dal fondo nazionale di protezione civile;
se non si ritenga di dover intervenire affinché il CIPE provveda in tempi rapidi alla riprogrammazione e quindi all'assegnazione dei 10,3 milioni di euro dei fondi FAS 2000-2006 a favore della regione Abruzzo;
se, infine, il Presidente del Consiglio dei ministri non ritenga necessario prevedere una proroga dello stato di emergenza dichiarato con il decreto del 10 marzo 2011 la cui scadenza è fissata per il prossimo 31 marzo 2012, al fine di poter perfezionare l'iter per l'emanazione dell'ordinanza, con conseguente assegnazione di risorse sulla disponibilità del fondo nazionale di protezione civile.
(2-01444)
«Ginoble, Carella, Concia, Merloni, Benamati, D'Antoni, Viola, Genovese, Pompili, Tenaglia, Servodio, Cambursano, Cuomo, Cuperlo, Morassut, Graziano, Giorgio Merlo, Mario Pepe (PD), Mazzarella, Giulietti, Ginefra, Murer, Corsini, Bratti, Margiotta, Garofani, Burtone, Mariani, D'Incecco, Ferranti, Zampa, Marantelli, Braga, Lolli, Giovanelli».

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere - premesso che:
nell'audizione davanti alla commissione cultura e trasporti del Senato, del 21 marzo 2012, sulle problematiche emerse nel settore internet, in materia di diritto d'autore, il presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, dottor Corrado Calabro, ha espresso la volontà di attendere una norma di legge predisposta dalla Presidenza del Consiglio che ribadisca la legittimazione dell'Ag com e ne definisca meglio la competenza e i poteri nella materia del diritto d'autore, prima di adottare un regolamento in materia per cui era stato audito in quella occasione come nel luglio del 2011 -:
quali siano i contenuti di detta ipotesi normativa concernente il diritto d'autore.
(2-01440)
«Giulietti».

Interrogazione a risposta orale:

STRIZZOLO, CAUSI, DUILIO, CAMBURSANO, FRONER e RUBINATO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
recentemente la Giunta di Confindustria ha proceduto alla designazione del suo nuovo presidente nella persona di Giorgio Squinzi;
la designazione del nuovo vertice di Confindustria è avvenuta con una votazione che ha visto l'associazione degli industriali italiani dividersi praticamente a

metà, infatti Giorgio Squinzi ha ottenuto 93 voti contro gli 82 ottenuti dall'altro candidato Alberto Bombassei;
alla votazione per la designazione del nuovo presidente di Confindustria hanno preso parte anche i rappresentanti di alcune importanti aziende in cui l'azionista di riferimento è lo Stato per il tramite del Ministero dell'economia e delle finanze;
su diversi quotidiani e agenzie di stampa specializzate nei temi economici e finanziari è apparsa la notizia che, in particolare, l'Eni ha rivendicato il merito di essere stata decisiva - con i suoi sei voti - alla designazione di Giorgio Squinzi;
è del tutto evidente che, essendo stati i voti di differenza tra Giorgio Squinzi ed Alberto Bombassei soltanto undici, lo spostamento ipotetico di sei voti da un campo all'altro avrebbe determinato un risultato diverso da quello che alla fine si è registrato;
nell'ottica di un corretto rapporto tra azionista di riferimento e vertici operativi delle aziende che vedono lo Stato detentore della golden share, si presuppone che vi sia stata una comune riflessione sulle posizioni da assumere in un passaggio così importante e delicato per l'economia italiana come il rinnovo del vertice di Confindustria;
sempre sulla stampa specializzata, sono emerse dichiarazioni e affermazioni che evidenziano il supporto, diretto e indiretto, dato alla candidatura di Giorgio Squinzi dal presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, uomo di fiducia del già Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi il Governo ha proceduto - per larga parte - ai rinnovi dei vertici delle principali aziende con azionista di riferimento lo Stato -:
se vi siano stati dei contatti tra i Ministeri dell'economia e delle finanze o dello sviluppo economico con i vertici delle aziende Eni, Finmeccanica, Fincantieri, Enel, Ferrovie dello Stato o altre, per concordare o fornire delle indicazioni in relazione al rinnovo del vertice di Confindustria;
quali siano state, eventualmente, le motivazioni e il contenuto di tali indicazioni e se siano state il frutto di una preventiva discussione in seno al Consiglio dei ministri.
(3-02184)

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AFFARI REGIONALI, TURISMO E SPORT

Interrogazione a risposta scritta:

DE POLI. - Al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. - Per sapere - premesso che:
l'autoriforma del CONI cancella i comitati provinciali CONI e le federazioni, con conseguenze pesanti per il futuro dello sport di base. In considerazione del fatto che queste strutture locali rivestono sul territorio un valore sociale ed educativo irrinunciabile;
la presenza dei CONI provinciali e delle federazioni è vista come fondamentale, tra le altre cose, come supporto all'attività sportiva scolastica (giochi sportivi studenteschi, giochi della gioventù, alfabetizzazione motoria, giocosport) oltre alle numerose iniziative locali come organizzazione dei corsi di formazione, sportello per consulenza gratuita alle società sportive, feste provinciali dello sport, valorizzazione delle eccellenze del territorio;
una delegazione dei presidenti dei comitati provinciali CONI che contestano l'autoriforma è stata in questi giorni, ascoltata in audizione dalla VII Commissione della Camera dei deputati Cultura, Scienza e Istruzione. In questa occasione hanno potuto ribadire la loro posizione sulla questione e avanzare le ragioni che motivano le iniziative critiche che stanno portando avanti. Infatti, i comitati provinciali del Coni sono sul territorio il presidio di riferimento per tutto il movimento sportivo: la capillarità delle sedi, la diffusa

esperienza dei servizi e delle persone del Coni che operano gratuitamente, garantiscono il fondamentale valore educativo e sociale dello sport;
a tutti appare evidente che se c'è lo sport nelle scuole lo si deve anche ai comitati provinciali del Coni, che sono interlocutori diretti e continui con tutti i comuni e le direzioni scolastiche. I presidenti dei comitati provinciali hanno presentato un documento «Dalla protesta alla proposta per una nuova riforma del Coni» dei Comitati - per correggere una visione centralista che mette in crisi l'organizzazione e la promozione sportiva sul territorio, l'attività delle Federazioni e delle associazioni, che hanno tutte base provinciale, disperdendo le importanti energie del volontariato che animano dal basso la pratica sportiva e la crescita sociale. Al termine dell'incontro in Commissione è stato dichiarato che «Il confronto con tutti i Parlamentari della Commissione è stato molto positivo, la loro ampia disponibilità lascia sperare che possa presto tradursi in un indirizzo di correzione di quanto c'è di sbagliato nell'autoriforma Coni, mantenendo il ruolo e le funzioni dei Comitati territoriali e delle Federazioni Provinciali come primo passo per la rivisitazione delle organizzazioni a sostegno della funzione sociale e formativa dello sport -:
se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative normative in merito alla riforma del CONI anche alla luce del documento presentato dai presidenti dei Comitati provinciali CONI.
(4-15589)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

ROSATO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, al Ministro per la coesione territoriale. - Per sapere - premesso che:
la val Rosandra, situata nel comune di San Dorligo della Valle (Trieste), è incisa dal torrente Rosandra ed è caratterizzata dal particolare, repentino ed evidente passaggio dal clima continentale subalpino, a monte, al clima mediterraneo, a valle;
la val Rosandra riassumendo al suo interno la landa carsica, le pinete di pino nero, l'ambiente montano di tipo illirico, la vegetazione endemica condizionata dall'azione della bora, costituisce un habitat raro;
parco naturale comunale dal 1984, qui sono ancora presenti piante, sia alpine sia mediterranee, che nei territori circostanti sono andate perse con le glaciazioni, e diverse specie animali estremamente rare all'esterno della valle;
la specialità di questa area è stata riconosciuta con l'istituzione della «Riserva naturale regionale della val Rosandra» con legge regionale 30 settembre 1996, n. 42, articoli 51 e 52;
la val Rosandra è anche sito di importanza comunitaria (SIC) dal 1996 e zona di protezione speciale (ZPS) dal 1998;
la regione autonoma Friuli Venezia Giulia ha dato avvio al progetto «Alvei puliti 2012», nell'ambito del quale con decreto dirigenziale 254/PC/2012 del 19 marzo, ha predisposto l'intervento per ripristinare «l'officiosità idraulica dei corsi d'acqua del territorio e l'asporto della vegetazione arborea e arbustiva infestante l'alveo del torrente Rosandra»;
nel progetto di intervento ne sono stati inseriti degli altri, tra cui la pulizia della vegetazione, la pulizia del torrente Dolina, nonché un ulteriore tratto del torrente Rosandra;
al termine della prima sessione dei lavori, svolti tra il 23 e 24 marzo 2012, è emerso con evidenza che durante le operazioni di pulizia sono stati arrecati alcuni danni alla flora e alla fauna;

la Protezione civile ha assicurato che la manutenzione è stata svolta regolarmente e che tagli e abbattimenti nell'alveo del torrente sono stati effettuati senza compromettere piante e nidi nel resto del territorio;
le segnalazioni e le testimonianze, anche video disponibili sul web, attestano che l'intervento non si è limitato alla vegetazione «arborea e arbustiva infestante» come espressamente previsto nel decreto dirigenziale 254/PC/2012 del 19 marzo della regione autonoma Friuli Venezia Giulia, ma che sono stati effettuati dei tagli radicali lungo tutto il letto del fiume e nelle golene, con cancellazione della foresta a «galleria» di salice e pioppo bianco che garantiva ombreggiamento e ossigenazione alle specie che la abitavano (il picchio rosso maggiore, il picchio verde, la ballerina bianca e gialla e il merlo acquaiolo), compromettendone l'habitat;
nell'intervento sono stati asportati e abbattuti molti alberi vecchi almeno quarant'anni tra cui pioppi bianchi di 90 centimetri di diametro, ontani neri, salici, lasciando invece intatte le robinie e i fichi;
l'intervento è stato programmato in pieno periodo riproduttivo per l'avifauna e gli anfibi, ed è stato realizzato in deroga al piano di gestione della riserva, in via di approvazione, e della valutazione di incidenza ai sensi della cosiddetta direttiva Habitat, direttiva 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992;
va riconosciuto alle autorità del comune di San Dorligo della Valle-Dolina, di aver valutato positivamente la necessità di effettuare una pulizia dell'alveo del fiume, a garanzia della sicurezza delle abitazioni e degli insediamenti produttivi a valle, nonché del complessivo equilibrio del sistema pluviale, e che quella valutazione riguardava un intervento di pulizia che non poteva essere confuso con altra azione più simile al disboscamento -:
se alla luce della competenza dello Stato in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, se i Ministri non ritengano opportuno richiedere chiarimenti alla protezione civile regionale e alla regione autonoma Friuli Venezia Giulia;
se, anche per evitare eventuali violazioni alle normative europee e nazionali, in considerazione che il programma dei lavori prevede per la metà di aprile una nuova ed ulteriore sessione di abbattimenti e operazioni, i Ministri non ritengano opportuno intervenire a tutela delle zone di protezione speciale e del sito di importanza comunitaria citato in premessa.
(4-15587)

MENIA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'Assessorato all'ambiente e protezione civile della Regione Friuli Venezia Giulia ha recentemente disposto la cosiddetta «operazione Alvei puliti». La stessa avrebbe dovuto riguardare la pulizia degli alvei di fiumi e torrenti al fine di prevenire eventuali esondazioni avvalendosi della protezione civile;
tale intervento è stato però eseguito, per ciò che riguarda l'alveo del torrente Rosandra, che scorre nei pressi del confine di stato con la Slovenia, in provincia di Trieste, in un'area di elevato pregio naturalistico, parte di Riserva comunale e regionale gravata da precisi vincoli comunitari nonché zona di protezione speciale («aree Carsiche»), modalità devastanti e non adeguate ad interventi di protezione civile;
l'intervento si è purtroppo palesato in tagli radicali e indiscriminati di decine di alberi di alto fusto ed è stata di fatto cancellata la cosiddetta foresta «a galleria» che garantiva ombreggiamento e ossigeno alle diverse specie che vi vivevano, tanto che appare ora compromessa la nidificazione di diverse specie di uccelli (picchio rosso maggiore, picchio verde, merlo acquaiolo e altri);

come denuncia il dottor Sergio Dolce, già direttore del museo di storia naturale di Trieste dal 1990 al 2010, «in Val Rosandra, tra il Rifugio Premuda e la Fonte Oppia, è stato distrutto un buon tratto dell'ambiente ripariale costituito da vegetazione igrofila ed idrofila composta da notevoli esemplari di Pioppo nero (Populus nigra) il cui tronco raggiungeva anche due metri di circonferenza. Distrutti anche alberi assenti dall'altopiano carsico (perché troppo secco) come gli Ontani comuni (Alnus glutinosa). Tagliati pure i salici rossi (Salix purpurea), le Sanguinelle (Comus sanguinea) ed il Sambuco comune (Sambucus nigra). Il tratto caratterizzato da una fitta vegetazione a Petasites hybridus (farfaraccio maggiore) non esiste più»;
lo stesso naturalista sottolinea come sia comunque notorio che «anche volendo intervenire per evitare esondazioni, gli alberi vanno lasciati e casomai va fatto un dragaggio del fondo. Comunque in quel tratto il Rosandra scorre su terreno carsico e le acque sono per la maggior parte in subalveo». Ed ancora: «interventi del genere comunque non vanno effettuati in primavera ma in autunno. Insomma tutto sbagliato: intervento, luogo e momento»;
gravi danni per l'ecosistema sono stati infatti denunciati per l'alterazione e distruzione dei siti riproduttivi degli anfibi risultando l'area compromessa dal passaggio di camion, ruspe, e mezzi meccanici utilizzati per il devastante intervento; va peraltro aggiunto che il periodo prescelto per lo stesso appare il peggiore perché coincidente con la stagione riproduttiva dell'avifauna e degli anfibi;
la vicenda ha generato nella comunità locale vivo sgomento e sdegno, manifestazioni pacifiche di protesta e denuncia, comprese iniziative giudiziarie e di sensibilizzazione delle istituzioni tuttora in corso -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra descritti;
se e come ritenga di intervenire, fermo restando il rapporto di collaborazione tra Ministero e regione Friuli Venezia Giulia, con cui sono in corso diversi progetti di cooperazione ambientale, per far valere l'interesse precipuo e prevalente dello Stato alla tutela del bene pubblico ambientale considerato che l'area è sia una zona di protezione speciale che un sito di importanza comunitaria.
(4-15590)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per i beni e le attività culturali, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
come è noto nei depositi museali o in altre sedi giacciono numerose opere d'arte, già catalogate, inutilizzate o sottoutilizzate;
tali situazione risulta incomprensibile sia perché si priva della loro visione gli appassionati d'arte sia perché queste opere, se solo si pensasse ad una forma di noleggio sicuro, potrebbero rappresentare, in un momento oltretutto di grave crisi economica, una fonte di entrate per il Bilancio dello Stato;
se infatti si pensasse ad una forma di noleggio attraverso aste telematiche gestite dal Ministero dei beni e delle attività culturali, si avrebbero entrate certe e si diffonderebbe la cultura italiana nel mondo;
a tale risorsa potrebbe aderire anche gli enti locali che potrebbero con una parte cospicua del ricavato finanziare progetti culturali nel proprio territorio;
si potrebbe pensare ad una forma per cui gli offerenti alle aste telematiche potrebbero essere ammessi a partecipare, ai sensi delle regole identificate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, a seguito della verifica della loro capacità di garantire l'ammontare offerto

e soprattutto l'idonea copertura assicurativa circa il trasporto, la conservazione e la restituzione delle opere;
i partecipanti all'asta dovrebbero, inoltre, prestare idonee garanzie fideiussorie bancarie o assicurative sia con riferimento al prezzo offerto in asta, sia con riferimento alla conservazione e custodia delle opere d'arte, con le modalità previste in apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze;
con i proventi derivanti dai canoni di noleggio si potrebbe pensare a finanziare sia il Fondo per la riduzione del debito pubblico (ex Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato), sia il Ministero per i beni e le attività culturali che potrebbe, al netto delle spese correnti di gestione delle aste, destinare tali risorse alla repertazione, catalogazione e restauro di altre opere ad oggi non esponibili;
oltre a ciò si potrebbe pensare di destinare una quota parte di queste risorse ad un fondo statale di solidarietà per gli indigenti e per i più bisognosi, per i giovani disoccupati, per le famiglie con minori e/o diversamente abili, per gli anziani -:
se non si ritenga opportuno promuovere iniziative, anche di carattere normativo, al fine di attuare quanto previsto in premessa;
se non si ritenga necessario, stante la gravità della crisi economica che perdura e colpisce pesantemente tutti i cittadini italiani, trovare percorsi nuovi, come appunto quello proposto, che contribuiscano a reperire fondi utili per le disastrate casse dello Stato, trovando altresì le risorse necessarie per aiutare le fasce sociali economicamente svantaggiate che più di altre stanno accusando gli effetti devastanti determinati dalla crisi economica.
(2-01443)«Scilipoti, Moffa».

Interrogazione a risposta immediata:

BARBIERI e SCALERA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
recentemente vi sono stati ulteriori danneggiamenti del sito archeologico di Pompei, con il distacco di un pezzo di intonaco rosso pompeiano di circa un metro e mezzo nella Casa di Venere in conchiglia, situata a circa trenta metri dalla Schola armaturarum, nonché il distacco di un pezzo di intonaco grezzo di circa un metro dal paramento esterno della parete orientale del Tempio di Giove;
sono stati stanziati 105 milioni di euro dal Commissario europeo Johannes Hahn per gli interventi stabiliti dal Ministero per i beni e le attività culturali per il restauro delle cinque domus più a rischio;
da notizie di stampa si apprende che la pubblicazione del primo avviso di gara per la realizzazione degli interventi di restauro avrà luogo il 5 aprile 2012 a Napoli, con una cerimonia ufficiale alla quale parteciperanno i Ministri competenti;
analoghe informazioni di stampa indicano che sarà affidato ad un prefetto ad hoc il compito di vigilare che gli stanziamenti assegnati dall'Unione europea siano finalizzati alla realizzazione degli interventi programmati -:
quali iniziative intenda adottare per assicurare in tempi certi la realizzazione degli interventi di restauro programmati del sito archeologico di Pompei.
(3-02185)

Interrogazione a risposta in Commissione:

BOSSA, MARIANI e BRATTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il fondo Lauro è un vasto agrumeto molto noto a Piano di Sorrento, in costiera sorrentina, provincia di Napoli; un terreno che era fitto di aranci, limoni, mandarini

ed è appartenuto alla famiglia del comandante Achille Lauro, prima di passare di mano più volte e finire nelle proprietà di una società immobiliare;
il 14 marzo del 2011, tale società, tramite l'amministratore e legale rappresentante, ha presentato istanza al comune di Piano di Sorrento per realizzare sul fondo Lauro, 56 box interrati; l'area, per intanto, era stata frazionata in due particelle, su richiesta dei proprietari: su una insistono alcune opere abusive, già oggetto di denuncia; sull'altra, libera da manufatti, si intende allestire il parcheggio;
il comune di Piano, con un proprio provvedimento, ha accolto la richiesta avanzata dalla società immobiliare, autorizzando la costruzione dei box interrati, e in luogo dell'obbligo a ripiantare gli alberi una volta terminato lo scavo, come prevede la legge sui parcheggi interrati, si è accordato per la realizzazione di un'area mercatale che sarà utilizzata dall'amministrazione un paio di volte a settimana; il tutto con una procedura oggetto di forti contestazioni e ritenuta illegittima;
nel comune della costiera, sono scattate le proteste, si è attivata la mobilitazione a difesa del territorio; la sezione Wwf della costiera ha presentato una denuncia alla procura della Repubblica di Napoli, sia in relazione agli abusi realizzati in passato, sia in merito alla vicenda dei box;
il fondo Lauro non è il solo ad essere al centro delle polemiche sulla tutela ambientale; secondo la denuncia del Wwf, l'amministrazione comunale avrebbe deliberato di realizzate in una porzione di fondo agricolo, un'isola ecologica. Ai proprietari dell'area, in cambio della mancata opposizione all'esproprio di 730 metri quadrati, si concede il cambio della destinazione d'uso della parte che rimane in loro possesso, pari a 10.000 metri quadrati, che diventa così zona G, dove si possono realizzare attrezzature sportive e similari anche da parte del privato;
un altro caso si sta verificando nell'agrumeto in via San Liborio, con l'autorizzazione, già rilasciata, pare al fratello di un consigliere comunale di maggioranza, per costruire 16 box interrati sullo stesso terreno dove sarebbero state realizzate in passato opere edilizie abusive, poi avviate a condono;
la vicenda dei parcheggi nell'area sorrentina è complessa e si trascina da qualche anno; con legge regionale n. 19 del 2001, si è resa possibile l'edificazione di parcheggi interrati anche in aree dove sussistono i vincoli imposti dal piano urbanistico territoriale della penisola sorrentino-amalfitana; nel 2004, compresa la gravità della situazione, la stessa regione Campania promosse una modifica della legge e cancellò la deroga generalizzata consentendo di realizzare parcheggi solo in situazioni di compatibilità e di rispetto dei vincoli posti dal piano territoriale; di recente il testo della legge n. 19 del 2001 è stato nuovamente modificato in senso peggiorativo e si torna a consentire la realizzazione di parcheggi interrati anche nelle aree dove il piano urbanistico territoriale della costiera-amalfitana non lo consentirebbe;
la situazione sopra menzionata avrebbe determinato numerosi abusi, sia nelle modalità di realizzazione dei parcheggi (mancata ricollocazione degli alberi nelle zone di scavo) sia nell'entità dei parcheggi interrati realizzati, che ammonterebbero a circa 9mila sventrando gli uliveti e gli agrumeti che avevano reso celebre la costiera sorrentina nel mondo -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto sopra esposto e se non ritengano, per quanto di competenza, di valutare la sussistenza dei presupposti per assumere iniziative finalizzate a tutelare uno dei patrimoni paesaggistici e ambientali di maggior pregio del Paese.
(5-06542)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
recentemente è emersa la notizia circa la denuncia di un militare su alcuni appalti in Afghanistan;
la notizia proviene da un'intervista fatta ad un esperto di logistica operativa nei più importanti e delicati teatri di guerra al portale di informazione MetroNews dalla quale emerge che il 6 novembre 2011 a Farah è stata annullata una gara per il completamento del sistema di videosorveglianza giorno-notte. In una riunione era emerso che troppi dati sensibili erano fuoriusciti dalla base;
la fonte ha dichiarato che «in genere vengono appaltati alcuni lavori a ditte locali, per tenere buoni rapporti e far muovere l'economia. Piccoli importi, da 100mila a 300mila euro, soprattutto per lavori e forniture che non richiedono particolari tecnologie. Ma da un annetto a questa parte una ditta di Dubai capeggiata da un libanese con passaporto brasiliano ha in mano tutti i nostri dati circa la sicurezza e ha ricevuto appalti per lavori a volte noti eseguiti. A lui è stato concesso di partecipare a ogni genere di gara. Per importi milionari. Lavori non fatti e pagati, lavori fatti senza i requisiti minimi di sicurezza, senza progettazione, che invece è sempre richiesta, milioni e milioni di euro buttati via»;
emergono altresì preoccupazioni dei soldati anche per la presenza di una discarica a cielo aperto nella quale vengono bruciati i rifiuti. Il tutto a pochi metri dalla Fob Dimonions italiana. Numerosi militari hanno espresso preoccupazione circa il fumo che si sprigiona. Secondo questo specialista, anche i comandanti avrebbero lamentato lavori non eseguiti nelle Fob (i comparti operativi più rischiosi) -:
se il Governo intenda chiarire le informazioni citate in premessa e i motivi per i quali, nonostante le preoccupazioni manifestate dai militari, non siano state avviate azioni per migliorare la loro condizione lavorativa e di salute.
(4-15585)

TESTO AGGIORNATO AL 4 APRILE 2012

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GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
da giorni il deputato Luigi Vitali, è vittima di una violentissima campagna di stampa diffamatoria portata avanti con particolare livore da due quotidiani locali, il Quotidiano di Brindisi e Senza colonne, che fanno riferimento ad atti di una indagine preliminare per corruzione, per la quale la locale procura della Repubblica ha ritenuto peraltro di avanzare richiesta di archiviazione e di cui, ad oggi 27 marzo 2012, l'interessato è totalmente all'oscuro, pur essendo evidentemente nota al resto del mondo;
la stampa riporta con dovizia di particolari colloqui intercorsi tra l'avvocato e imprenditore Giovanni Faggiano, poi arrestato nell'ambito dell'inchiesta napoletana sui rifiuti, e l'onorevole Vitali secondo cui quest'ultimo avrebbe chiesto l'assunzione di persone in cambio di un interessamento per la costruzione di un carcere, fatti di cui evidentemente sono stati informati i giornalisti, ma non il medesimo interessato, ad oggi ancora in attesa di conoscere e leggere i documenti che lo riguardano;
la richiesta di archiviazione si fonderebbe, sempre secondo i virgolettati riportati dai giornali, non per insussistenza dei fatti ma perché, trattandosi di un parlamentare, l'attivazione della richiesta di autorizzazione a procedere alla Camera

dei deputati per le intercettazioni necessarie all'indagine di fatto vanifica l'attività investigativa, in quanto il soggetto monitorato è ormai a conoscenza di essere sottoposto al controllo; più precisamente il pubblico ministero scrive: «pur consapevole che solo l'attivazione di esso (richiesta di autorizzazione alla Camera dei deputati) avrebbe permesso di fare piena luce sulla vicenda, sia nel senso di poter raggiungere la prova dell'accordo criminoso al fine di poter utilmente esercitare l'azione penale, sia nel senso di acclarare come l'originaria ipotesi di reato fosse in realtà inesistente perché sconfessata dai fatti»;
il pubblico ministero ha, dunque, ritenuto di optare per l'archiviazione del caso non volendo attivare la procedura di richiesta di autorizzazione per procedere ad ulteriori intercettazioni di un deputato;
il messaggio che emerge sembra essere quello che piuttosto che arrivare alla verità dei fatti non è conveniente intercettare i deputati se bisogna chiedere l'autorizzazione;
la scelta di non chiedere l'autorizzazione ha non solo lasciato ombre e sospetti sulla condotta di Luigi Vitali (con conseguenti gravissimi danni d'immagine e di reputazione) ma, ad avviso degli interpellanti comporta, di fatto, anche una rinuncia a indagare se per proseguire le indagini occorre intercettare il deputato, perché, secondo il magistrato, ciò significa avvertire l'indagato, rendendo di conseguenza inutili le ulteriori indagini;
ancora una volta sembra essere stato violato il segreto imposto sulle indagini preliminari, con la pubblicazione sulla stampa di atti e intercettazioni prima ancora che gli interessati ne siano a conoscenza con le debite forme previste dai codici;
occorrerebbe chiarire come sia possibile che terzi, estranei alle indagini, come i giornalisti, possano ottenere, senza averne diritto, copie di atti il cui contenuto non può essere divulgato, e avviare ancora una volta la ormai nota macchina del «fango», per fini scandalistici o politico-elettorali, in violazione delle disposizioni di cui all'articolo 684 del codice penale nonché di cui all'articolo 326 stesso codice, letti alla luce degli articoli 114 e 329 del codice di procedura penale;
emerge un'esigenza di tutelare dei cittadini comuni da simili comportamenti che segnano a vita la loro reputazione e il loro onore, a prescindere dall'esito delle indagini, ormai cannibalizzati dalla pubblica opinione informata malamente e influenzata dagli organi di stampa in possesso di notizie che non dovrebbero avere -:
quali iniziative di competenza, anche normativa il Ministro intenda assumere per combattere questa diffusa prassi contra legem delle procure di divulgare o per lo meno non custodire notizie e documenti relativi a indagini ancora in corso e quindi riservati;
se non intenda adottare le iniziative di competenza per verificare, sul piano disciplinare la correttezza della condotta del magistrato di rinuncia ad accertare la verità dei fatti su cui indagava con la motivazione, riportata nella richiesta di archiviazione, secondo cui chiedere l'autorizzazione al Parlamento equivale ad avvertire gli interessati delle indagini in corso e quindi vanificare le stesse, rendendole inutili.
(2-01442)
«Lazzari, Simeoni, Lainati, Fucci, De Corato, Crosetto, Lisi, Savino, Formichella, Garagnani, Galati, Golfo, Pianetta, Stanca, Saglia, Torrisi, Mancuso, Di Caterina, Traversa, Di Stanislao, Cassinelli, Pizzolante, Mazzuca, Minardo, Garofalo, Girlanda, Bocciardo, Abelli, Ghiglia, Di Cagno Abbrescia, Aracri, Vignali, Romani, Paniz, Scelli, Stagno d'Alcontres, Gottardo».

Interrogazioni a risposta scritta:

DI PIETRO e PALOMBA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 14 marzo 2012 il dottor Olindo Canali, magistrato attualmente in servizio presso la quinta sezione penale del tribunale di Milano, è stato condannato dal giudice per l'udienza preliminare presso il tribunale di Reggio Calabria, alla pena di due anni di reclusione per il delitto di falsa testimonianza;
come si legge nella richiesta di rinvio a giudizio il dottor Canali avrebbe commesso la falsa testimonianza nell'aprile 2009 innanzi alla Corte di assise di appello di Messina, nel maxiprocesso alle cosche mafiose della fascia tirrenica della provincia di Messina, denominato mare nostrum;
in particolare, il dottor Canali avrebbe, affermando il falso, negato di aver redatto, oltre a un memoriale prodotto in quel processo alla Corte di assise di appello di Messina dai difensori del boss Giuseppe Gullotti, all'inizio del 2006 un altro memoriale sulla sua esperienza di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, iniziata nel maggio 1992, e in particolare sui suoi rapporti con il giornalista Beppe Alfano, ucciso dalla mafia barcellonese capeggiata dal boss Gullotti l'8 gennaio 1993, e sulle indagini dalle stesso dottor Canali svolte sull'omicidio Alfano;
ancora, il dottor Canali avrebbe, affermando il falso, negato di aver ricevuto dal giornalista Alfano personali confidenze riguardanti il duplice omicidio Iannello-Benvenga, commesso il 17 dicembre 1992, e il ruolo del boss Gullotti, che proprio per quel duplice omicidio nel primo grado del processo denominato Mare Nostrum era stato condannato alla pena dell'ergastolo;
nella stessa udienza del 14 marzo 2012 lo stesso giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Reggio Calabria ha condannato alla pena di due anni di reclusione il boss Giuseppe Gullotti per il delitto di minaccia a corpo giudiziario con l'aggravante del metodo mafioso, da lui commesso minacciando l'11 marzo 2009 con dichiarazioni spontanee la corte di assise di appello di Messina che aveva inizialmente rigettato la richiesta, avanzata dai suoi difensori, di esaminare quale testimone il dottor Olindo Canali;
il dottor Canali aveva svolto le funzioni di pubblico ministero durante il dibattimento di primo grado del processo mare nostrum, fino a quando, su richiesta dell'allora procuratore della Repubblica presso il tribunale di Messina, era stata disposta la revoca della sua applicazione alla Direzione distrettuale antimafia in ragione dei suoi rapporti di amicizia e frequentazione con tale Salvatore Rugolo, cognato del capomafia barcellonese Giuseppe Gullotti;
il dottor Canali aveva svolto le funzioni di pubblico ministero anche durante le indagini preliminari e il giudizio di primo grado del processo per l'omicidio del giornalista Beppe Alfano;
il giudizio di primo grado per l'omicidio Alfano si era concluso con l'assoluzione di Giuseppe Gullotti, che poi in secondo grado, allorché la pubblica accusa era stata sostenuta da magistrato diverso dal dottor Canali, era stato condannato quale mandante dell'omicidio Alfano alla pena di trenta anni di reclusione e non all'ergastolo solo perché nell'imputazione a suo carico, formulata con la richiesta di rinvio a giudizio dal dottor Canali; era stata omessa la contestazione dell'aggravante della premeditazione, del tutto necessaria per un'imputazione per omicidio commesso su mandato;
presso la quinta sezione penale del tribunale di Milano è iniziato il dibattimento del noto processo a carico di Emilio Fede, Nicole Minetti e Lele Mora per il delitto di associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione, commesso secondo l'accusa nella residenza di Arcore dell'ex presidente del Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi;

il dottor Olindo Canali non compone il collegio che sta trattando il processo a carico di Fede, Mora e Minetti ma, svolgendo le sue funzioni presso quella sezione e in considerazione della presumibile lunga durata di quel processo che potrebbe comportare mutazioni nella composizione del collegio, è concreta la possibilità che il dottor Canali in futuro potrebbe essere chiamato a integrare quel collegio per un processo particolarmente delicato;
peraltro, al di là di quel processo, appare comunque causa di discredito dell'immagine dell'ordine giudiziario in generale e del tribunale di Milano in particolare che un magistrato condannato in primo grado per il delitto di falsa testimonianza possa continuare a svolgere le proprie delicate funzioni giurisdizionali;
è da ritenere che agli occhi degli imputati e, ancor più, agli occhi dei testimoni chiamati a impegnarsi sotto giuramento a dire la verità e delle vittime dei reati, il dottor Olindo Canali, nello svolgere le funzioni di giudice, non possa più avere la credibilità che la giurisdizione deve garantire ai cittadini -:
se il Ministro interrogato, non ritenga che nel caso del dottor Olindo Canali ricorrano le condizioni per promuovere l'azione disciplinare.
(4-15591)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il signor Giuseppe Marfia, 73 anni, si trova attualmente detenuto nel carcere di Spoleto per l'espiazione della pena dell'ergastolo, relativa ad una condanna per concorso in un omicidio, contestato come commesso il 19 gennaio 1980;
in più occasioni l'avvocato del Marfia ha chiesto per il suo assistito la sospensione dell'esecuzione pena per gravi motivi di salute, se del caso anche mediante l'applicazione della detenzione domiciliare cosiddetta per «motivi umanitari»;
il tribunale di sorveglianza di Palermo, nel 2009, e quello di Perugia, nel 2010, hanno respinto le istanze della difesa sul presupposto che il dirigente sanitario, pure evidenziando le gravi patologie dalle quali il detenuto è affetto, aveva comunque ritenuto lo stato patologico complessivo dell'uomo compatibile con il regime carcerario;
le condizioni di salute del detenuto - persona già operata per due diversi carcinomi nel 2005 e che aveva contratto l'epatite C - restano comunque gravi e necessitano di svariati controlli, sicché il suo avvocato difensore ha scritto più volte al direttore del carcere per sollecitare gli esami e le visite cui sottoporre il detenuto;
in data 13 luglio 2011, il difensore del detenuto, stante il continuo aggravarsi delle condizioni di salute del suo assistito, depositava un'ulteriore istanza di sospensione esecuzione pena al magistrato di sorveglianza di Spoleto evidenziando il degenerare della epatopatia correlata all'HCV e la diagnosticata encefalopatia degenerativa e/o tossica;
a seguito di tale richiesta, il magistrato di sorveglianza chiedeva una relazione al dirigente sanitario della casa circondariale di Spoleto il quale, nella relazione sanitaria del 6 agosto 2011, evidenziava quanto segue: «(...) considerato che il paziente è dimagrito fortemente e gradatamente nel corso del tempo, considerando le precarie condizioni fisiche e di deambulazione e le patologie sopra esposte si ritiene che il paziente necessita di cure costanti e controlli frequenti presso strutture esterne territoriali (...)». E ancora, nella successiva relazione sanitaria del 23 agosto 2011, scriveva: «(...) Si chiarisce che il detenuto è sofferente di patologie importanti e già segnalate e che le sue condizioni vanno progressivamente scadendo, pertanto si rimanda alle decisioni che ella vorrà prendere riguardo alla detenzione specificando che sarebbe stata

nostra cura segnalare la possibilità di ricovero presso un CDT dell'APP se ciò fosse stato risolutivo o utile per il paziente (...)»;
nonostante le predette relazioni, in data 26 agosto 2011, il magistrato di sorveglianza di Spoleto rigettava l'istanza di sospensione esecuzione pena ed inviava gli atti per il prosieguo al tribunale di sorveglianza di Perugia rilevando che «in particolare non viene segnalata assoluta incompatibilità con il regime carcerario» e che nell'istanza della difesa non sarebbero state indicate cure migliori o diverse che il condannato potrebbe ricevere in ambiente libero;
fissata dal tribunale di sorveglianza di Perugia l'udienza del 6 ottobre 2011, perveniva dalla casa circondariale una nuova relazione sanitaria del 29 settembre 2011, nella quale il dirigente sanitario evidenziando ulteriori peggioramenti del detenuto scriveva quanto segue: «(...) considerando le condizioni molto scadute, le pluripatologie severe da cui è affetto l'uomo, il peggioramento costante delle condizioni fisiche e degli esami di laboratorio, evidenziato che nonostante i numerosissimi esami e le visite specialistiche eseguite non si è giunti ad una diagnosi certa, si conclude che il paziente ha bisogno di continui e costanti controlli ultra specialistici presso strutture sanitarie territoriali e nazionali, e che quindi non può essere seriamente curato presso i CDT dell'APP in cui rischierebbe solo di cronicizzare senza mai risolvere i suoi problemi di salute e a parere dello scrivente non è compatibile con il regime carcerario almeno fino a risoluzione delle gravi patologie da cui è affetto. Si invita il Magistrato di Sorveglianza a decidere in tempi rapidi anche nominando un proprio perito, se lo riterrà opportuno, affinché il paziente possa avere la possibilità di curarsi adeguatamente e scegliersi autonomamente le strutture sanitarie migliori prima che le patologie stesse prendano il sopravvento e diventino irreversibili (...)»;
all'esito della predetta udienza però il tribunale di sorveglianza decideva di non scarcerare il detenuto ammalato e nominava un Ctu per valutare la compatibilità dello stesso con il regime carcerario;
la trattazione del procedimento veniva dunque rinviata dapprima al 27 ottobre 2011 e, successivamente, dopo il giuramento del medico legale, al 19 gennaio 2012. Nel frattempo, l'avvocato del detenuto chiedeva al dirigente sanitario un aggiornamento circa le condizioni di salute del Marfia. Il dirigente sanitario redigeva in data 17 gennaio 2012 una nuova relazione nella quale nel ribadirsi l'incompatibilità delle condizioni patologiche del detenuto con il regime carcerario, dava contezza dell'esito dei nuovi esami effettuati rilevando tra l'altro quanto alla patologia epatica la «presenza di sciuni porto cavali (...) presenza di modesta quota di liquido libero in sede pelvica», nonché un ulteriore peggioramento dei livelli ematici a distanza di un solo mese dall'ultimo controllo, «tale riduzione spiega l'astenia, la scarsa concentrazione e i momenti di disorientamento del paziente da riferire anche alla sofferenza cerebrale di natura degenerativa»;
inoltre la predetta relazione del dirigente sanitario evidenziava, come esito di una ecografia tiroidea, «la presenza di piccoli linfonodi di natura reattiva in sede laterocervicale bilaterale, per cui è stata richiesta una consulenza specialistica»; inoltre rilevava che la valutazione neuropsicologica di controllo già richiesta da qualche mese e già programmata non era stata ancora effettuata;
nel frattempo il Ctu nominato dal tribunale di sorveglianza depositava la propria perizia concludendo che «a causa delle molteplici gravi patologie croniche ad andamento evolutivo da cui il Marfia risulta affetto, lo stesso necessita di terapie farmacologiche e di continuo monitoraggio clinico finalizzato al tempestivo rilievo di qualsiasi variazione, più o meno acuta, delle sue condizioni cliniche e/o delle possibili complicanze, che possono essere effettuati in qualsiasi casa di reclusione dotata di una guardia medica nonché di

periodici controlli specialistici, laboratoristici e strumentali, secondo quanto precedentemente indicato, la maggior parte dei quali possono essere eseguiti soltanto presso strutture sanitarie esterne»;
nel corso dell'udienza del 19 gennaio 2012, il procuratore generale si opponeva alla richiesta di sospensione dell'esecuzione pena sulla scorta delle conclusioni della consulenza tecnica d'ufficio depositata, dicendosi in subordine favorevole all'inserimento del detenuto in una casa circondariale dotata di centro clinico. Il tribunale, preso atto delle osservazioni della difesa, decideva di chiamare a chiarimenti il consulente tecnico d'ufficio, il quale, all'udienza del 23 febbraio 2012, sosteneva, tra le altre cose, che il detenuto non era stato operato al ginocchio perché vi aveva rinunciato e che era guarito dalla cataratta bilaterale. A questo punto il tribunale consentiva alla difesa di formulare ulteriori quesiti al Ctu, dando ulteriore termine a quest'ultimo per sottoporre il detenuto ad una visita specialistica oculistica e ad una cardiologia, al fine di valutare meglio il quadro generale e rispondere ai quesiti della difesa;
ad oggi pare che il Ctu non abbia ancora provveduto alle visite specialistiche necessarie per integrare la sua perizia; nel frattempo, precisamente in data 16 marzo 2012, il difensore del Marfia ha inoltrato al magistrato di sorveglianza di Spoleto una nuova istanza, stavolta ex articolo 11 ordinamento penitenziario, al fine di ottenere che il suo assistito venga sottoposto, al più presto alla visita specialistica già indicata come necessaria nella relazione sanitaria del 17 gennaio 2012, poiché si è paventata al detenuto la possibilità della presenza di un nuovo tumore, con conseguente necessità di intervento chirurgico;
attualmente non risulta che le visite specialistiche, quella ai linfonodi, quella neurologica, prescritta a dicembre 2010, e quella psichiatrica richiesta nell'agosto 2011, siano state effettuate; pertanto - indipendentemente dalle valutazioni che saranno operate dal Ctu e, successivamente, dal tribunale di sorveglianza - resta incontrovertibile che un detenuto, ammalato grave, attende inutilmente, dallo scorso mese di agosto, che le sue patologie siano seriamente diagnosticate e curate;
decorsi oltre cinque mesi da quando il dirigente sanitario ha certificato, senza possibilità di dubbio od interpretazioni plurime, l'assoluta incompatibilità delle condizioni di salute del Marfia col regime carcerario, quest'ultimo risulta essere ancora detenuto, peraltro non in un centro diagnostico terapeutico, ed attende ancora le visite specialistiche indicate come necessarie da oltre un anno;
il trattamento penitenziario deve essere realizzato secondo modalità tali da garantire a ciascun detenuto il diritto inviolabile al rispetto della propria dignità, sancito dagli articoli 2 e 3 della Costituzione; dagli articoli 1 e 4 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 2000; dagli articoli 7 e 10 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1977; dall'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali del 1950; dagli articoli 1 e 5 della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948; nonché dagli articoli 1, 2 e 3 della raccomandazione del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa del 12 febbraio 1987, recante «Regole minime per il trattamento dei detenuti» e dall'articolo 1 della Raccomandazione (2006)2 del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa dell'11 gennaio 2006, sulle norme penitenziarie in ambito europeo;
il diritto alla salute, sancito dall'articolo 32 della Costituzione, rappresenta un diritto inviolabile della persona umana, non suscettibile di limitazione alcuna e idoneo a costituire un parametro di legittimità della stessa esecuzione della pena, che non può in alcuna misura svolgersi secondo modalità idonee a pregiudicare il diritto del detenuto alla salute ed alla salvaguardia della propria incolumità psico-fisica;
l'articolo 11 della legge 26 luglio 1975, n. 354, sancisce una rigorosa disciplina

in ordine alle modalità ed ai requisiti del servizio sanitario di ogni istituto di pena, prescrivendo tra l'altro che «ove siano necessari cure o accertamenti diagnostici che non possono essere apprestati dai servizi sanitari degli istituti, i condannati e gli internati sono trasferiti (...) in ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura»;
la recente sentenza della Corte di cassazione n. 46479/2011, del 14 dicembre 2011 ha evidenziato, fra l'altro, come «il diritto alla salute del detenuto va tutelato anche al di sopra delle esigenze di sicurezza sicché, in presenza di gravi patologie, si impone la sottoposizione al regime degli arresti domiciliari o comunque il ricovero in idonee strutture»;
a giudizio della prima firmataria del presente atto, è necessario un intervento urgente al fine di verificare le reali condizioni di salute del detenuto in questione, affinché siano adottati i provvedimenti più opportuni, per garantire che l'espiazione della pena non si traduca di fatto in un'illegittima violazione dei diritti umani fondamentali, secondo modalità tali peraltro da pregiudicarne irreversibilmente le condizioni psico-fisiche, già gravemente compromesse -:
di quali informazioni dispongano circa i fatti narrati in premessa;
se risulti per quali motivi il detenuto in questione non sia ancora stato sottoposto alla visita specialistica ai linfonodi, a quella neurologica, prescritta a dicembre 2010, ed a quella psichiatrica richiesta nell'agosto 2011;
se il Ministro della giustizia intenda assumere iniziative ai fini dell'esercizio dei poteri di competenza, in rapporto ai fatti esposti in premessa e quali ulteriori iniziative si intendano assumere per quanto di competenza al fine di tutelare il diritto alla salute del signor Giuseppe Marfia.
(4-15592)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
si fa riferimento alla controversa vicenda CIVIS di Bologna, ai numerosi atti di sindacato ispettivo presentati dal sottoscritto, alle parziali risposte del Governo ed alle numerose incongruenze continuamente evidenziate dalle indagini condotte dalla Magistratura ordinaria e contabile; si ritiene che il caso non possa più essere considerato una vicenda a sé stante ma sia il risultato di una serie di errori, omissioni ed anche, sulla base dell'indagine della magistratura, di responsabilità delle varie giunte susseguitesi nel governo della città di Bologna, della regione Emilia Romagna e di comportamenti non sempre comprensibili di organi ministeriali;
si ritiene che sia giunto il momento di una risposta complessiva che definisca chiaramente l'atteggiamento dell'Esecutivo in riferimento all'iter di questa struttura e alla sospensione dei lavori e stabilisca una volta per tutte, in termini ultimativi, tempi e modalità precise per una risposta da parte del comune di Bologna ai quesiti posti dal Ministero in modo da accertare, per quanto di competenza, parallelamente ed indipendentemente dall'indagine della magistratura in corso, le eventuali responsabilità degli organi preposti alla progettazione, esecuzione e gestione di questa importante infrastruttura nel rispetto del principio di leale collaborazione fra enti;
l'interpellante pur rammaricandosi dell'impossibilità di accedere per la visione alle comunicazioni intercorse tra Ministero e comune di Bologna, ella ha comunque presentato a suo tempo un esposto a seguito del quale sta indagando la magistratura, contenente riferimenti tecnici precisi che richiedono risposte tecniche

altrettanto precise da parte del Ministero che si intendono pertanto sollecitare con il presente atto -:
se il Governo intenda fornire gli opportuni chiarimenti con riferimento a quanto rappresentato in premessa.
(2-01441) «Garagnani».

Interrogazioni a risposta immediata:

CATONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la tangenziale di Napoli, nell'attraversare il tratto Vomero-Fuorigrotta, incide fortemente per circa 1,2 chilometri nel tratto abitato con immissioni rumorose superiori ai 75 decibel, come risulta dalle verifiche effettuate dall'Arpac, causando l'invivibilità della medesima fascia di abitazioni che abbraccia oltre 3.000 persone, con tutti i problemi legati, oltre che al mancato riposo, alle conseguenze che questo comporta: stress, difficoltà di concentrazione nello studio e nel lavoro, diffusione di malattie respiratorie come asma, tumori;
le normative vigenti in tema di inquinamento acustico prevedono un limite di emissioni per le zone residenziali pari a 65 decibel;
la tangenziale costruita negli anni '70, ovvero successivamente all'edificazione delle zone interessate risalente agli anni '50 e '60, attraversa in quel tratto aree prettamente residenziali, non essendoci insediamenti industriali o produttivi, ma addirittura scuole, case di cura, limitate attività commerciali ed aree a verde, dove è obbligatorio rispettare per legge (si fa riferimento a tutta la normativa di settore oltre al dettato costituzionale) tutte le disposizioni normative per il contenimento e la prevenzione dell'inquinamento acustico ed ambientale del traffico veicolare, nonché il piano di zonizzazione acustica esistente;
la Tangenziale di Napoli spa, concessionaria dell'Anas, a giudizio dell'interrogante, non rispetta in modo più assoluto i limiti di immissione imposti dalla legge n. 447 del 1995 e successive, non solo mancando di opere recenti di adeguamento alle mutate normative, ma anche non adottando nemmeno le più elementari cautele dovute al sempre crescente aumento dei passaggi che sfiora le 500 mila unità giornaliere; non viene previsto, almeno nelle more di provvedimenti definitivi, quantomeno il rispetto dei limiti di velocità propri dei tratti urbani, al fine di evitare, con tutti i dispositivi necessari, che le auto vadano ad oltre 80 chilometri all'ora, di giorno e di notte -:
quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, si intendano adottare, anche intervenendo nei confronti della società Tangenziale di Napoli spa, concessionaria dell'Anas, affinché siano rispettate le norme vigenti in materia di inquinamento acustico e sia tutelato il diritto alla salute dei cittadini residenti in prossimità della tangenziale.
(3-02190)

PORFIDIA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'aeroporto Grazzanise in provincia di Caserta è stato costruito dopo la seconda metà degli anni '60 ed è stato intitolato alla memoria di Carlo Romagnoli, asso dell'Aeronautica militare italiana. Si tratta di un aeroporto militare aperto al traffico civile autorizzato dal 25 novembre 2004, che consta di una sola pista in conglomerato bituminoso e di una pista di rullaggio parallela a questa;
nel febbraio 2008 è stato firmato un protocollo d'intesa tra il presidente della regione Campania e il Ministro dei trasporti pro tempore per la realizzazione del nuovo aeroporto di Napoli-Grazzanise;
in tal modo il traffico aereo in eccesso dell'aeroporto di Napoli verrebbe «delocalizzato» su Grazzanise, creando

un sistema aeroportuale integrato, che comprenderà anche l'aeroporto di Salerno-Pontecagnano;
nel luglio 2009 è stato firmato un accordo tra Enac, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la regione Campania per affidare a Gesac la realizzazione e la gestione del nuovo aeroporto;
una volta realizzato, rappresenterebbe, per la prima volta nella storia della Campania, un sistema aeroportuale integrato e nella fattispecie il più grande aeroporto che si realizzerà nei prossimi anni in Italia. Un'infrastruttura importante anche sotto il profilo territoriale ed economico, per il riequilibrio dei pesi insediativi nell'area metropolitana di Napoli e Caserta, fornendo, altresì, opportunità di sviluppo e occupazione;
i ritardi sin qui accumulati sull'iter di pianificazione dell'opera, oltre ad aver prodotto un considerevole spreco di denaro pubblico, ha anche causato notevoli ritardi allo sviluppo dell'intero territorio regionale -:
se e quali iniziative di competenza intenda assumere per dar seguito agli impegni presi dal suo predecessore in merito alla costruzione dell'aeroporto civile di Grazzanise.
(3-02191)

...

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
come hanno riportato alcuni organi di stampa, nell'operazione della direzione distrettuale antimafia di Napoli del 9 febbraio 2012 che ha portato all'arresto, tra gli altri, del sindaco del comune di Casapesenna, Fortunato Zagaria, sono state effettuate alcune intercettazioni tra l'indagato e Paolo Maddaloni, all'epoca dirigente del Ministero dell'interno ed attualmente designato prefetto di Lecco dopo essere stato prefetto di Frosinone;
in queste telefonate il prefetto Maddaloni consigliava e rassicurava sui tempi delle procedure per lo scioglimento del comune di Casapesenna, scioglimento provocato, secondo la direzione distrettuale antimafia di Napoli, dalle minacce e dalle pressioni effettuate dallo Zagaria, anche in collegamento con il clan camorristico dei casalesi. Nell'ipotesi accusatoria Zagaria avrebbe anche poi favorito gli affari di esponenti del clan dei casalesi. Questa parte delle accuse è stata messa in discussione dal tribunale della libertà che ha revocato la custodia in carcere dello Zagaria, ma la direzione distrettuale antimafia di Napoli ha presentato ricorso;
il prefetto Maddaloni era sicuramente a conoscenza della delicatezza dei rapporti tra camorra e politica in quel territorio avendo svolto per molti anni incarichi presso la prefettura di Caserta, ed essendo anche stato candidato sindaco (sconfitto) nelle elezioni comunali di Caserta nel 2006. Come pure era a conoscenza che lo Zagaria era vicesindaco dell'amministrazione di Casapesenna per la quale, al contrario di quelli che avrebbero dovuto essere i suoi doveri, progettava lo scioglimento anticipato;
lo stesso prefetto Maddaloni ha ricevuto nel 2010 un avviso di garanzia per appalti truccati quando era subcommissario sul tema rifiuti al comune di Caserta (la direzione distrettuale antimafia di Napoli ne aveva chiesto l'arresto) sempre a favore di imprenditori legati alla camorra. Questo procedimento risulta ancora in corso, il prefetto risulta rinviato a giudizio dopo che il procedimento originario è stato separato in due tronconi. Gli imputati nell'altro troncone, con alcuni dei quali secondo l'accusa il prefetto intratteneva numerosi colloqui, sono stati già condannati in primo grado a pene molto

pesanti (10 anni a Nicola Schiavone, 9 anni e 4 mesi a Nicola Ferraro, 7 anni e sei mesi a Luigi Ferraro -:
se il Ministro fosse a conoscenza del comportamento del prefetto Maddaloni;
se a seguito dell'ultima operazione della direzione distrettuale antimafia di Napoli abbia avviato un qualche tipo di procedimento ispettivo interno;
se non si ritenga necessario, per meglio tutelare l'amministrazione e l'interesse pubblico, procedere ad un immediato avvicendamento del prefetto destinandolo ad attività che non prevedano l'interazione con amministrazioni comunali ovunque siano situate sul territorio nazionale.
(2-01439)
«Codurelli, Garavini, Fiano, Naccarato, Pizzetti, Murer, Fluvi, Velo, Albini, Gatti, Santagata, Marantelli, Marchignoli, Bressa, Boccuzzi, Esposito, Laganà Fortugno, Gianni Farina, Fadda, Corsini, Farinone, Miglioli, Mosca, Rampi, Pollastrini, Ciriello, Ferrari, Concia, Cenni, Duilio, Cuperlo, Amici, Colombo, Marchioni, Pedoto, Zucchi».

Interrogazione a risposta immediata:

BARBARO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con la delibera del consiglio comunale del 17 maggio 2004, il comune di Pontinia (Latina) ha dichiarato il dissesto finanziario ai sensi e per gli effetti dell'articolo 244 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
a causa del dichiarato dissesto finanziario e non potendo disporre di aumenti di spesa corrente, gli amministratori in carica hanno continuato a percepire fino alla cessazione anticipata del mandato amministrativo (2006) le indennità di funzione, secondo quanto stabilito dalla tabella A del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'interno 4 aprile 2000, n. 119, ridotte del 50 per cento, secondo la delibera della giunta comunale 21 febbraio 2000, n. 32;
la legge n. 266 del 2005 ha stabilito, all'articolo 1, comma 54, che «per esigenze di coordinamento della finanza pubblica, sono rideterminati in riduzione nella misura del 10 per cento rispetto all'ammontare risultante alla data del 30 settembre 2005» gli emolumenti di cui all'articolo 82 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
il 21 novembre del 2005 il Ministero dell'interno ha approvato il bilancio comunale riequilibrato, mentre la giunta comunale ha confermato la riduzione del 50 per cento delle indennità di funzione, stabilendo, quindi, una decurtazione superiore al 10 per cento, che è assorbita nella riduzione del 50 per cento delle indennità, nel rispetto di quanto stabilito dalla legge finanziaria per il 2006;
con atto del consiglio comunale 20 aprile 2007, n. 29, di approvazione del bilancio di previsione dell'esercizio 2007, i nuovi amministratori, entrati in carica a seguito delle elezioni amministrative del 2006, hanno deliberato le indennità di sindaco, assessori e consiglieri nella loro misura massima prevista dal decreto del Ministero dell'interno n. 199 del 2000, decurtate del 10 per cento, aumentando la spesa corrente dell'ente dissestato;
come stabilite dalla nuova amministrazione, a partire dal 2006 le indennità risultano raddoppiate rispetto a quanto disposto con la delibera della giunta comunale 21 febbraio 2000, n. 32, confermata nel 2005, in aperta violazione di quanto stabilito dall'articolo 1, comma 54, della legge finanziaria per il 2006 e dall'articolo 82 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, come modificato dall'articolo 2, comma 25, della legge n. 244 del 2007;
da allora nessuna contestazione è stata avanzata dal revisore contabile del comune e né dal responsabile del settore finanziario;

recentemente (8 luglio 2011) la Corte dei conti ha inviato al segretario comunale una nota richiedendo di mettere in mora sia quanti concorsero all'approvazione della delibera n. 29 del 20 aprile 2007, sia il segretario comunale, il responsabile del settore finanziario e il revisore dei conti dal 2007 la 2011 e di quantificare in modo analitico le somme erogate in più a titolo di indennità dal 2007 ad oggi -:
se il Governo sia a conoscenza dell'aumento delle indennità da parte degli amministratori subentrati nel 2006 al comune di Pontinia e se questo aumento sia compatibile con le prescrizioni eventualmente disposte ai sensi dell'articolo 261 del decreto legislativo n. 267 del 2000, tenuto conto della dichiarazione di dissesto finanziario, e quali iniziative di carattere normativo intenda adottare anche al fine di prevenire abusi in tale ambito.
(3-02192)

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata:

DOZZO, BOSSI, LUSSANA, FOGLIATO, MONTAGNOLI, FEDRIGA, FUGATTI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DAL LAGO, DESIDERATI, DI VIZIA, DUSSIN, FABI, FAVA, FOLLEGOT, FORCOLIN, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MARONI, MARTINI, MERONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, POLLEDRI, RAINIERI, REGUZZONI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
con più di un atto di sindacato ispettivo la Lega Nord aveva sollevato la problematica dei lavoratori cosiddetti esodati, ovvero di coloro che avevano concluso una trattativa, in base alla previgente normativa, per andare in pensione ed ora non possono più farlo perché son cambiate le regole di accesso ed i requisiti richiesti, ma purtroppo sono al contempo rimasti senza posto di lavoro e, quindi, ovviamente senza stipendio;
a titolo di memoria, si citano l'interrogazione a risposta immediata in Assemblea n. 3-02000 e gli ordini del giorno n. 9/4865-AR/99, accolto dal Governo in data 26 gennaio 2012, e n. 9/04865-B/41, accolto dal Governo in data 23 febbraio 2012;
il Ministro interrogato ha dichiarato - e ribadito - che avrebbe monitorato la problematica e che nessuno dei lavoratori in mobilità alla data del 31 dicembre 2011 sarebbe rimasto senza copertura reddituale, perché le risorse indicate erano sufficienti per garantire tutti i lavoratori che a tale data si fossero trovati in mobilità;
secondo l'articolo di stampa de Il Corriere della Sera di venerdì 30 marzo 2012, invece, le risorse sono insufficienti perché il Governo aveva calibrato la salvaguardia su 65 mila lavoratori, mentre le stime approssimative quantificano il dato in 350 mila lavoratori;
ancora secondo notizie di stampa, il Ministro interrogato si sarebbe impegnato a risolvere la questione entro il 30 giugno 2012, preannunciando la presentazione di un apposito decreto-legge che dovrà prevedere anche nuove risorse, destinate a fornire una sorta di «mini-sussidio» ai lavoratori che dovessero rimanere fuori dalla possibilità di andare in pensione con le vecchie regole e che correrebbero il rischio di rimanere per qualche anno senza stipendio e senza pensione, dichiarando, peraltro (si veda il convegno de Il Sole 24 ore del 19 marzo 2012), l'intento di salvaguardare nell'immediato alcuni lavoratori «più deboli», mentre altri «più

forti» potranno vedere maturare il loro diritto alla pensione con un differimento di un anno ed altri ancora saranno esclusi;
se corrispondesse al vero che il Governo stia riconsiderando la platea dei cosiddetti lavoratori esodati - come individuati prima dal decreto-legge n. 214 del 2011 e successivamente dal decreto-legge n. 216 del 2011 - vorrebbe dire che persevera nel proposito di creare cittadini di serie A, di serie B e persino di serie C, contravvenendo ad ogni principio di equità sociale;
il Sottosegretario per l'economia e le finanze, Gianfranco Polillo, nel corso della trasmissione In Onda su La7, di lunedì 2 aprile 2012, ha ipotizzato come soluzione alternativa la previsione di rendere nulli gli accordi ovvero di rivedere quelli che vietano a chi ha siglato l'accordo con l'azienda di cercare un altro lavoro, proposte non piaciute al Ministro interrogato -:
quali siano realmente le ipotesi allo studio del Governo per risolvere la questione dei lavoratori cosiddetti esodati e se lo stesso Governo possa garantire che le nuove ed ulteriori risorse necessarie per la salvaguardia di tutti i lavoratori interessati - nessuno escluso - non siano reperite attraverso un aumento della pressione fiscale ovvero del costo del lavoro, ricordando il tentativo fatto in occasione dell'esame del «decreto-legge milleproroghe» di aumentare le aliquote contributive per artigiani e commercianti a copertura degli oneri.
(3-02186)

PEZZOTTA, GALLETTI, POLI, CICCANTI, COMPAGNON, NARO, VOLONTÈ, CERA, DELFINO e CALGARO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
sono circa 350 mila le persone (con le famiglie si arriva a oltre un milione) che, per effetto della recente riforma previdenziale e per aver sottoscritto accordi individuali o collettivi di mobilità o uscita incentivata dalle aziende dove lavoravano (Poste italiane, Ibm e molte aziende private), si trovano senza più lavoro, né pensione;
si tratta di persone che oggi sono costrette a vivere nell'incertezza, a ridurre le loro condizioni di vita e a comprimere radicalmente tutte le spese per la famiglia, comprese quelle destinate all'istruzione dei figli e alla cura parentale, e che vantano lunghi anni di onorato lavoro e, in moltissimi casi, più di trent'anni di contributi;
oggi queste persone vivono una drammatica e umanamente intollerabile situazione di insicurezza -:
come intenda affrontare la questione e con quali tempi, in modo da garantire a queste persone un reddito adeguato alle necessità e al lavoro svolto.
(3-02187)

MADIA, MARAN, LENZI, QUARTIANI, GIACHETTI, DAMIANO, BELLANOVA, BERRETTA, BOBBA, BOCCUZZI, CODURELLI, GATTI, GNECCHI, MATTESINI, MIGLIOLI, MOSCA, RAMPI, SANTAGATA e SCHIRRU. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
dopo le note e più che giustificate polemiche sulla così detta «clausola 10» dei contratti di consulenza predisposti e sottoposti alla sottoscrizione da parte della concessionaria pubblica di emittenza televisiva, il direttore generale della Rai Lorenza Lei dichiarò di non avere alcuna difficoltà a togliere la contestata clausola sulla maternità;
è stata salutata con soddisfazione tale disponibilità, così come l'impegno del Ministro interrogato di incontrare la dirigenza Rai al fine di addivenire rapidamente al superamento di una situazione che oggettivamente rappresenta un segnale preoccupante - oltre che un evidente pregiudizio per la condizione delle tante lavoratrici e dei lavoratori coinvolti - circa la conciliazione della prestazione lavorativa con la condizione di maternità,

di malattia o di infortunio, soprattutto per alcune figure contrattuali cui troppo spesso si ricorre per prestazioni e mansioni che non sempre sembrano corrispondere all'effettiva attività svolta -:
quali iniziative il Ministro interrogato abbia già assunto o intenda assumere al fine di assicurare che la concessionaria televisiva pubblica riveda definitivamente tale pratica all'interno dei contratti applicati per il personale a termine.
(3-02188)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:

FAENZI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. - Per sapere - premesso che:
l'investimento di circa tre milioni di euro per la manutenzione straordinaria e il ripristino dei laghetti, inteso come piccoli idrici multifunzionali in grado di fronteggiare alle necessità dell'agricoltura nei particolari periodi di siccità, recentemente annunciato dalla regione Toscana, nonostante rappresenti a giudizio dell'interrogante, una misura condivisibile, non costituisce tuttavia un provvedimento risolutivo in una fase emergenziale come quella attuale, in cui la situazione idrologica della Toscana è investita pesantemente sia per quanto riguarda i consumi domestici che le esigenze dell'agricoltura e del sistema produttivo;
un censimento effettuato nel 2006, stabilì che il territorio toscano era dotato di 2.462 piccoli invasi, la cui capacità complessiva era pari a quella del grande invaso di Bilancino, ovvero un lago artificiale nei pressi di Barberino del Mugello;
questa risorsa attualmente non utilizzabile in parte, per mancanza di manutenzione, è stata ripristinata nonostante gli ostacoli frapposti dalle autorità europee che considerano l'irrigazione consentita da questi piccoli invasi come foriera di eccedenze produttive;
l'irrigazione attraverso i laghetti, in condizioni di evidente criticità come quelle attuali provocate dalla siccità, possono infatti rappresentare una valida soluzione anche se temporanea, per mettere al sicuro l'esistenza stessa delle colture toscane;
i danni economici causati dalla siccità, nei confronti dell'agricoltura toscana, riguardano principalmente seminativi e cereali e ammontano per circa 60 milioni di euro e secondo quanto sostengono le autorità della regione Toscana, nel caso dovesse prolungarsi la mancanza di pioggia, i rischi maggiori sono rivolti verso la produzione di olio e di vivaismo, che rappresenta tra l'altro, il 30 per cento del Pil agricolo regionale;
in prossimità dell'imminente avvio della stagione estiva, in cui aumentano le problematiche derivanti dalla siccità, a giudizio dell'interrogante, occorre conseguentemente predisporre una seria programmazione in grado di stabilire adeguate politiche di prevenzione e di potenziamento delle infrastrutture idriche previste dal Piano irriguo nazionale;
sulla base dell'articolo 2, comma 2 del decreto legislativo n. 143 del 1997, di conferimento alle regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura, pesca e della riorganizzazione dell'amministrazione centrale, spettano al Ministero interrogato, i compiti di disciplina generale e di coordinamento nazionale in tema di grandi reti infrastrutturali di irrigazione di rilevanza nazionale;
in prossimità dell'utilizzazione delle risorse economiche, la cui disponibilità solitamente è prevista in sede di approvazione

della legge di stabilità, sono stabiliti i criteri per il completamento, la sistemazione e la revisione delle infrastrutture idriche inseriti in un contesto programmatico anche sotto il profilo della integrazione funzionale delle singole iniziative;
il Governo Berlusconi nel luglio del 2011, stanziò attraverso il decreto interministeriale del luglio 2011, 598 milioni di euro a favore del Piano irriguo nazionale, confermando l'attenzione sul futuro della gestione delle acque in agricoltura e la validità dell'integrazione pubblico-privato presente nei consorzi di bonifica;
a giudizio dell'interrogante, in considerazione della fase emergenziale della mancanza di acqua che sta danneggiando l'agricoltura toscana, a cui si aggiunge la carenza infrastrutturale della rete idrica, che provoca gravi perdite dell'esigua disponibilità esistente, occorre conoscere l'utilizzo delle disponibilità finanziarie assegnate nell'ambito del Piano irriguo nazionale e in caso di ritardo di spesa, accelerare il pieno ed efficiente utilizzo degli stanziamenti previsti per il miglioramento delle infrastrutture idriche -:
quale sia la situazione idrogeologica della regione Toscana, dal punto di vista dell'efficienza infrastrutturale quale sia l'ammontare delle risorse utilizzate dalla medesima regione nell'ambito dello stanziamento previsto dal Piano irriguo nazionale;
quali iniziative intendano intraprendere, nei confronti del settore agricolo già colpito da una grave crisi finanziaria, che rischia di essere ulteriormente penalizzato dalla situazione di siccità e di carenza d'infrastrutture idriche idonee, come quelle rappresentate dalle aziende agricole della regione Toscana, ed esposto in premessa.
(4-15583)

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:

DI PIETRO. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'8 marzo 2012 nel corso di una conferenza stampa, il presidente della Corte dei conti del Molise - Michael Sciascia - ha affermato che il valore delle condanne inflitte nei confronti di amministratori pubblici è stato, in un anno, di un milione e 168 mila euro. Al primo posto, nell'elenco degli sperperi, c'è la sanità, ma anche il settore delle opere pubbliche e la gestione del personale; nella nota del presidente si legge, proprio riguardo quest'ultimo campo, «si denotano cedimenti all'illegalità con scarsi controlli sul rispetto dell'orario di servizio, corresponsione di incentivi a pioggia, compensi ed indennità speciali senza alcun collegamento all'effettivo svolgimento delle particolari mansioni che li giustificano o con il raggiungimento degli obiettivi, che spesso non sono stati nemmeno posti, e con il ricorso disinvolto alle consulenze esterne, peraltro molto gravose per l'Erario, pur in presenza di adeguate professionalità non valorizzate esistenti nell'apparato amministrativo»;
il 9 marzo 2012 è stato inaugurato l'anno giudiziario 2012 con la relazione illustrata del procuratore della Corte dei conti del Molise - Francesco Paolo Romanelli - che riporta un elenco di casi di mala gestione messi in campo da enti locali e amministrazioni, ma soprattutto, dalle società pubbliche partecipate riconducibili alla regione Molise;
Molise Acque - ente sub regionale le cui quote fanno capo alla regione Molise - è stata condannata a risarcire oltre 2 milioni di euro per avere affidato la costruzione di un acquedotto a 4 impiegati sprovvisti del titolo di studio necessario - laurea

in ingegneria - per progettare le opere dell'appalto. Il Tar prima e il Consiglio di stato poi hanno condannato Mo lise Acque ad un risarcimento del danno di oltre 2 milioni di euro in favore dell'impresa seconda classificata determinando così un grave danno erariale di pari importo all'ente sub regionale;
è stata evidenziata una mancanza di trasparenza nella gestione di risorse pubbliche all'interno dell'Arsiam - agenzia regionale per lo sviluppo e l'innovazione dell'agricoltura in Molise - anch'esso ente sub regionale; la Corte dei conti ha appurato l'illecita liquidazione di indennità non dovute in favore del direttore regionale per un ammontare di circa 179.000 euro e rimborsi spese non dovuti in favore del presidente per un importo di circa 11.000 euro;
la procura della Corte dei conti ha riscontrato un numero consistente di consulenze di dubbia utilità e trasparenza affidate dalle pubbliche amministrazioni: si passa dall'affidamento di consulenze che mascherano vere e proprie assunzioni di personale per l'espletamento di ordinarie attività istituzionali - ovvero di cui non sono ben chiari i contenuti e l'utilità - alla mancata osservanza dei tetti di spesa fissati dalla legge, all'attribuzione di compensi sproporzionati rispetto alla natura e all'oggetto dell'incarico, alla violazione del criterio di oggettiva trasparenza durante le specifiche operazioni di selezione; in questi casi, diversi e a più livelli, si incorre sistematicamente in sanzioni pari allo stesso importo dell'incarico affidato;
la procura della Corte dei conti ha affrontato il caso di un soprintendente ai beni culturali della Regione Molise che ha autorizzato un'impresa privata a stendere del misto di cava su un antico tratturo di epoca sannitica e dal notevole interesse archeologico alterandone profondamente i caratteri originari così da consentire il passaggio degli automezzi in direzione dell'impianto eolico realizzato dalla stessa impresa; la Corte dei conti ha contestato al soprintendente una «macroscopica negligenza e imperizia, tradottasi in oggettivi e indebiti vantaggi ottenuti dall'impresa privata» richiedendo un risarcimento pari a circa 1.140.000 euro;
le numerose indagini della magistratura contabile hanno ormai rivelato come, la struttura messa in piedi di assunzioni, attribuzioni di cariche sociali e favoritismi nei confronti dei privati, non si possa esattamente definire finalizzata a una più efficiente ed oculata gestione dei servizi pubblici bensì «strumentalmente diretta a sottrarsi alle stringenti regole del patto di stabilità, se non proprio ad esclusivi fini clientelari»;
ad avviso dell'interrogante i fatti esposti, oltre alle responsabilità amministrative o penali, mettono in pregiudizio l'uso responsabile di denaro pubblico, con grave ricaduta sulla spesa e sui contribuenti -:
quali siano gli orientamenti dei Ministri interrogati in ordine ai fatti indicati in premessa e con quali strumenti, per quanto di competenza, intendano porvi rimedio, anche in relazione a quanto disposto dall'articolo 60, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001.
(4-15580)

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SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la Guardia di Finanza il 29 marzo 2012 ha arrestato il professor Mario Dini, primario della chirurgia plastica e ricostruttiva dell'ospedale fiorentino di Careggi, su ordine della procura della Repubblica;
assieme al professor Dini risultano esserci numerosi indagati tra medici e informatori scientifici di un'azienda produttrice

di protesi per il seno, e secondo notizie riferite dalla stampa 160 finanzieri hanno effettuato una cinquantina di perquisizioni tra Toscana, Emilia Romagna, Veneto, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Lazio e Campania;
che le ipotesi di reato contestate sono particolarmente gravi: da peculato a corruzione, da concussione a falsità ideologiche in atti pubblici e abuso d'ufficio;
in particolare, secondo l'ipotesi accusatoria, l'azienda produttrice di protesi sarebbe stata facilitata dal primario in cambio di favori di vario genere, e sarebbero in corso anche accertamenti riguardo allo spostamento di pazienti dal pubblico al privato; il professor Dini avrebbe favorito un'azienda nella vendita di protesi al seno all'ospedale di Careggi in cambio della promessa di vantaggi personali: apparizioni televisive o viaggi all'estero a spese della società;
al professor Dini vengono inoltre contestati «profitti illeciti» connessi alla sua attività libero professionale in regime di «intramoenia»; secondo gli investigatori, in particolare avrebbe stravolto questo tipo di attività, da eseguire fuori dall'orario di lavoro, facendo di fatto «direttamente e stabilmente» la libera professione in strutture convenzionate e non, appropriandosi di denaro destinato all'azienda ospedaliera di Careggi;
secondo quanto è dato apprendere, il professor Dini avrebbe inoltre indotto un medico del reparto di chirurgia plastica dell'ospedale Careggi a prestare la sua assistenza presso strutture private distogliendolo così dal servizio pubblico;
la procura, oltre alle protesi e all'attività privata del professore, starebbe anche approfondendo le vicende che riguardano alcuni concorsi universitari -:
di quali elementi disponga il Ministro in merito a quanto esposto in premessa e se intenda inviare presso l'ospedale fiorentino di Careggi i carabinieri del NAS.
(5-06543)

Interrogazioni a risposta scritta:

PALAGIANO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nella risposta del Ministero della salute all'atto n. 5-05562 presentato dall'interrogante in data 20 ottobre 2011, veniva chiarito che la non attivazione della biobanca nazionale per la crioconservazione embrionale, prevista dal decreto ministeriale del 4 agosto 2004, presso l'ospedale Maggiore di Milano, era giustificata da un elevato contenzioso giuridico legato a mancate gravidanze imputabili a una «non adeguata messa a punto della catena del freddo»;
la stessa risposta faceva riferimento a un numero di 30.000 embrioni crioconservati all'entrata in vigore della legge n. 40 del 2004;
in particolare, di questi embrioni, quelli che corrispondono ai criteri definiti dal decreto succitato «in stato di abbandono» sono stati quantificati nel numero di 10.141;
la sentenza della Corte costituzionale n. 151 del 1o aprile 2009 ha di fatto reintrodotto la pratica della crioconservazione embrionale, non prevista dalla legge 40 del 2004;
il decreto legislativo n. 191 del 2007, «Attuazione dello direttivo 2004/23/CE sullo definizione delle norme di qualità e di sicurezza per la donazione, l'approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani, prevede, all'articolo 6, l'emanazione, entro 6 mesi dall'entrata in vigore del decreto stesso, dei requisiti minimi organizzativi, strutturali e tecnologici degli istituti dei tessuti nonché delle linee guida per l'accreditamento degli stessi istituti, sulla base di indicazioni fornite dal Centro nazionale trapianti (CNT), dal Centro nazionale sangue (CNS) e dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome;

tali provvedimenti riguardano anche i centri di procreazione medicalmente assistita (PMA), in quanto uniformati agli istituti dei tessuti;
gli intenti del decreto del 2007 sono ribaditi ed ampliati anche dal successivo decreto legislativo n. 16 del 2010;
secondo i decreti suddetti «tutti gli embrioni che sono in attesa di un futuro impianto verranno congelati e crioconservati presso i centri dove le tecniche sono state effettuate. I relativi oneri verranno definiti sulla base della normativa vigente»;
al momento, all'interrogante non risulta che siano stati promulgati né i requisiti minimi, né le linee guida, nonostante sia stato ampiamente superato il termine massimo previsto dall'articolo 6 del decreto 191 del 2007 con conseguente disomogeneità nell'assistenza nelle diverse realtà e regioni italiane, nonché insicurezza ed incertezze relative all'organizzazione e la gestione dei centri di procreazione medicalmente assistita;
nella seduta della conferenza Stato regioni del 15 marzo 2012, è stato recepito uno schema di accordo tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sul documento concernente: «Requisiti minimi organizzativi, strutturali e tecnologici delle strutture sanitarie autorizzate di cui alla legge 19 febbraio 2004, n. 40 per la qualità e la sicurezza nella donazione, l'approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di cellule umane» che dovrebbe essere esaminato nelle prossime sedute. Al momento, quindi, l'iter dei decreti del 2007 e del 2010 non è stato ancora completato;
l'assenza di regolamentazione sta producendo una grande difformità dell'offerta di assistenza nell'ambito della procreazione medicalmente assistita da regione a regione, con la conseguente incertezza, per le coppie e i cittadini italiani che decidono di ricorrere alle tecniche di fecondazione assistita, circa la qualità e la sicurezza dell'assistenza ricevuta;
a seguito di un'audizione del 28 marzo 2012 in Commissione affari sociali e in una nota (ANSA 21:04 del 31 marzo 2012) il presidente della società italiana di fertilità sterilità e medicina della riproduzione dichiarava come «non tutte le strutture abbiano coperture assicurative adeguate alle esigenze di questo settore e come questa condizione sia di enorme importanza per la serenità degli operatori»;
le regole della buona pratica clinica, anche in assenza di normativa specifica, prevedono l'impiego di taniche diverse contenenti azoto liquido per la crioconservazione di embrioni e gameti;
nell'episodio del San Filippo Neri, del 31 marzo 2012, sono andati perduti, in un solo momento, 94 embrioni, 130 ovociti e 5 campioni di liquido seminale;
il direttore generale del nosocomio, Domenico Alessio, ha dichiarato l'ospedale parte lesa, scaricando le responsabilità «esclusiva» dell'accaduto alla ditta fornitrice di azoto liquido e non al personale «interno» addetto al periodico controllo;
i sistemi di mantenimento e conservazione di gameti ed embrioni a bassa temperatura in azoto liquido possono prevedere il controllo periodico, a intervalli regolari, dei livelli del liquido refrigerante attraverso l'immersione manuale di una barra centimetrata ovvero un sofisticato sistema automatico che consta di «un serbatoio esterno di azoto liquido della capienza di 700 litri, collegato ad un circuito che alimenta tre contenitori per la crioconservazione, collocati in un laboratorio dedicato a queste pratiche e dotato di allarmi locali e remoti in funzione h24, con una verifica automatica dei livelli e delle pressioni di esercizio» simile a quello in dotazione all'ospedale San Filippo Neri, come dichiarato in data 1o aprile 2012 dallo stesso direttore generale (ANSA 18:30);
sul sito dell'Istituto superiore di sanità relativo al registro nazionale procreazione medicalmente assistita (http://www.iss.it/site/registropma/PUB/Centri/CentriPma.aspx?regione=12),

consultato in data 1° aprile 2012, risulta che «la Regione Lazio non ha ancora emanato le autorizzazioni dei centri per l'applicazione di tecniche di procreazione medicalmente assistita - Legge 40 del 2004»;
il Ministro ha disposto un'ispezione presso l'ospedale San Filippo Neri -:
quali siano le condizioni dei centri italiani, pubblici e privati, di procreazione medicalmente assistita e se essi siano dotati d'impianto di crioconservazione di embrioni e gameti in condizioni di efficienza e quali siano le modalità di controllo del liquido refrigerante messi in atto onde evitare il ripetersi di episodi come quello incorso nel nosocomio romano;
se non sia il caso d'identificare, presso ogni centro di procreazione medicalmente assistita un responsabile per la crioconservazione - a prescindere dalla metodica manuale o automatizzata del controllo del liquido refrigerante - al fine di evitare, nel caso di futuri, non auspicabili ma possibili, incidenti, un irritante reciproca attribuzione di responsabilità;
se non sia il caso di prevedere che tutti i centri di procreazione medicalmente assistita, pubblici e privati, abbiano una polizza assicurativa equa e calmierata che possa far fronte ad eventuali richieste di risarcimento da parte dei pazienti che si ritengono vittime di malpratica sanitaria;
se sia a conoscenza che, nonostante la regione Lazio detenga il primato di bilancio negativo nel comparto sanitario e sia obbligata a un piano di rientro, sia stato acquistato un costosissimo impianto di crioconservazione automatica che garantiva, in maniera evidentemente non ottimale, il congelamento di soli 94 embrioni e come sia possibile che non sia stato percepito alcun allarme per la segnalazione dei bassi livelli di azoto liquido;
chi sia il direttore scientifico o di laboratorio del centro di procreazione medicalmente assistita del San Filippo Neri e quali siano i compiti attribuitigli dall'amministrazione del nosocomio;
quali siano le risultanze dell'ispezione disposta dal Ministro in relazione alla vicenda esposta in premessa con specifico riferimento al rispetto dei criteri di qualità, sicurezza e appropriatezza nelle procedure di cui in premessa.
(4-15586)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO, ZAMPARUTTI e CERONI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 25 marzo 2012, sul sito internet dell'associazione adiantum (www.adiantum.it), è apparso un articolo intitolato: «Antonella Flati: scoperta nelle Marche una casa famiglia tugurio»;
l'articolo in questione si basa su un comunicato stampa diramato da Antonella Flati, responsabile della neonata Associazione PSF (Pronto soccorso famiglie), nel quale si dà conto della inchiesta che ha portato l'avvocato Miraglia, noto professionista attivo nel segnalare gli scandali di molte case famiglia italiane e di alcuni tribunali minorili, a inviare un esposto alla procura della Repubblica territorialmente competente per sollecitare indagini su una struttura per minori dove, secondo i resoconti fotografici e video, i bambini vivrebbero in locali in condizioni pietose, certamente non rispondenti agli standard qualitativi che un servizio di questo tipo, peraltro molto costoso per gli enti locali (fino a 250 euro al giorno per ciascun bambino ospitato), dovrebbe avere in ogni caso;
nel suo comunicato stampa, la responsabile dell'associazione «Pronto soccorso famiglie» scrive quanto segue: «La casa famiglia Dina Sergiacomi sita a Montalto Delle Marche è una struttura a due piani che ospita al piano inferiore mamme con bambini e al piano superiore bambini allontanati dalla propria famiglia. Dopo esserci documentati sulla struttura, raccogliendo

silenziosamente materiale fotografico fornito degli stessi occupanti, testimonianze delle mamme ospiti e di alcuni ex dipendenti della struttura, abbiamo ritenuto necessario rivolgerci all'avvocato Francesco Miraglia di Modena, con il quale abbiamo esaminato tutta la documentazione e ci siamo sentiti in dovere di informare l'autorità giudiziaria competente, affinché si accertino le gravi condizioni igienico-sanitarie in cui versa la struttura, l'esistenza in essa di bagni in condizioni igieniche abominevoli, di camere con mobilio pericolante, di finestre senza alcuna protezione e prive di serrande, di muffa sui muri a causa di eccessiva umidità. Senza contare la mancanza di una stanza per gli operatori del turno di notte, l'assenza di un medico del lavoro che vigili sulla salute psicofisica degli operatori con controlli annuali soprattutto per chi è addetto ai turni notturni, la presenza di minori che devono assumere psicofarmaci senza la presenza di un medico, e molto altro. Di fronte a ciò dobbiamo chiederci quali controlli vengano fatti sugli istituti in cui questi bambini vengono «rinchiusi per il loro bene. Regioni e comuni, infatti, compiono un grosso sforzo economico per mantenere i centri per minori e adulti in difficoltà ma non sembra vengano effettuati controlli sulle condizioni igieniche e strutturali di queste aziende. Sarebbe auspicabile una verifica sui bilanci di ogni casa-famiglia, in modo da avere una maggiore trasparenza. Ogni casa famiglia dovrebbe rendere pubbliche le modalità di spesa dei fondi percepiti per cibo, vestiario, trasporti e personale dipendente, ma soprattutto la pubblicazione della tabella degli utili che sono soggetti a tassazione agevolata. Inoltre emerge altresì dal materiale fotografico ricevuto che nella casa famiglia in questione è presente una dispensa contenente all'interno prodotti a marchio CEE, cioè alimenti destinati a titolo gratuito a persone non abbienti, pertanto a costo zero, mentre nel capitolato approvato dal comune e dalla Asl locale, l'azienda si impegna a fornire pasti che vengono regolarmente finanziati. Alla luce di queste sconcertanti immagini, riteniamo che l'opinione pubblica debba sapere come la tutela a favore dei bambini spesso e volentieri viene usata come strumento per alimentare un vero e proprio mercato sulla pelle dei bambini e delle famiglie»;
al comunicato sopra riportato sono state allegate foto e video, poi pubblicati sul sito dell'associazione Adiantum, dai quali si evincono le precarie condizioni igienico-sanitarie in cui versa la struttura Dina Sergiacomi;
sulla vicenda Dino Latini, consigliere regionale delle Marche e presidente della Commissione bilancio, ha diramato il seguente comunicato: «Nella mia qualità di consigliere regionale, sto seguendo con particolare attenzione la situazione di tre comunità gestite dalla Cooperativa Sociale «San Marco», che sono state oggetto di un esposto presso la procura della Repubblica di Ascoli Piceno. Le tre strutture in questione sono: la comunità per minori Don Giuseppe Barbizzi di Montalto delle Marche, la comunità-alloggio Dina Sergiacomi sempre di Montalto delle Marche, per madri in difficoltà, e la, comunità educativa per Minori San Marco di Ripe San Ginesio. In tutti i casi sono state contestate gravi inadempienze di carattere strutturale, normativo e sanitario. In particolare, risulterebbe sovradimensionato il numero degli ospiti, il cibo utilizzato non sarebbe adeguato (soprattutto quello destinato ai bambini) i bagni non sarebbero a norma e le disposizioni di sicurezza degli ospiti e degli operatori non verrebbero rispettate se non in minima parte. Seguirò personalmente l'evolversi della situazione e se necessario porterò la questione all'attenzione dei massimi organismi del consiglio regionale»;
della comunità-alloggio Dina Sergiacomi di Montalto delle Marche si è anche occupata la trasmissione Mattino 5 andata in onda lo scorso 27 settembre; la trasmissione è stata caratterizzata dagli interventi dell'avv. Miraglia, di Antonella Flati e dalle interviste ad alcune mamme ospitate nella struttura;

sarebbe opportuno, ad avviso degli interroganti, che gli enti competenti in tempi brevissimi inviino un'ispezione presso la comunità-alloggio Dina Sergiacomi di Montalto delle Marche al fine di verificare, nell'ambito delle proprie competenze, l'eventuale presenza delle gravi inadempienze di carattere strutturale, normativo e sanitario indicate in premessa, anche considerata l'opportunità di rendere pubbliche eventuali convenzioni in corso fra la citata comunità-alloggio e gli enti locali e quali finanziamenti la comunità-alloggio in questione abbia percepito, per quali e quanti bambini e per quali periodi di ospitalità -:
se intenda, inviare i Nas presso la struttura al fine di accertare se sussistano gli elementi di criticità descritti in premessa.
(4-15593)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nelle scorse settimane la stampa e la televisione - a partire dal programma televisivo Mattino 5 andato in onda il 27 marzo 2012 - si sono occupati della comunità alloggio per minori «Dina Sergiacomi» di Montalto nelle Marche (Ascoli Piceno), struttura che ospita bambini con genitori in difficoltà e/o minori allontanati dalle proprie famiglie;
la vicenda - che sta sollevando forte preoccupazione a livello nazionale per via delle presunte irregolarità amministrative che sarebbero state riscontrate all'interno della comunità alloggio dai NAS e, in particolare, per via delle immagini e del documento video che una mamma ospitata in quella struttura ha consegnato ad Antonella Flati, responsabile dell'associazione Pronto soccorso famiglie, e da questa segnalate alle autorità competenti - è già stato oggetto di una interrogazione parlamentare rivolta al Ministro della giustizia e della salute e sottoscritta dalla prima firmataria del presente atto;
lo scorso 31 marzo la signora M.C. - ossia la donna che ha consentito la diffusione del video da lei stessa girato all'interno della struttura nel quale si vedono i locali dove vivono i bambini ospitati dalla comunità alloggio ridotti in condizioni pietose, e comunque non rispondenti agli standard qualitativi che un servizio di questo tipo dovrebbe offrire - è stata sottoposta, in seguito a circostanze tutte da chiarire, ad un trattamento sanitario obbligatorio (T.S.O.), pare solamente perché sorpresa in luogo pubblico in stato di ebbrezza;
la donna, fino a quel momento ospite presso la struttura Dina Sergiacomi insieme ai figli, è stata sottoposta al trattamento sanitario obbligatorio - guarda caso - pochi giorni dopo la diffusione del video da lei stessa girato e, quindi, successivamente ai controlli effettuati dai NAS e dai carabinieri all'interno della predetta comunità alloggio;
attualmente M.C. si trova ricoverata in un ospedale di Ascoli Piceno su richiesta del sindaco di Montalto nelle Marche;
il trattamento sanitario obbligatorio (T.S.O.), istituito dalla legge n. 180 del 1978 e attualmente regolamentato dalla legge n. 833 del 1978 (articoli 33-35), è un atto composito di tipo medico e giuridico, che consente l'effettuazione di determinati accertamenti e terapie ad un soggetto affetto da malattia mentale che, anche se in presenza di alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici, rifiuti il trattamento;
il concetto di TSO è basato su valutazioni di gravità clinica e di urgenza ed è quindi inteso come una procedura esclusivamente finalizzata alla tutela della salute e della sicurezza del paziente;
dal punto di vista normativo, il trattamento sanitario obbligatorio viene emanato dal sindaco del comune presso il quale si trova il paziente, su proposta motivata del medico. Qualora il trattamento preveda un ricovero ospedaliero, è

necessaria inoltre la convalida di un secondo medico, appartenente ad una struttura pubblica;
il sindaco può emanare l'ordinanza di trattamento sanitario obbligatorio nei confronti di un libero cittadino solo in presenza di due certificazioni mediche che attestino che la persona si trova in una situazione di alterazione tale da necessitare urgenti interventi terapeutici; che gli interventi proposti vengono rifiutati e che non è possibile adottare tempestive misure extraospedaliere;
le tre condizioni di cui sopra devono essere presenti contemporaneamente e devono essere certificate da un primo medico (che può essere il medico di famiglia, ma anche un qualsiasi esercente la professione medica) e convalidate da un secondo medico che deve appartenere alla struttura pubblica;
le certificazioni oltre a contenere l'attestazione delle condizioni che giustificano la proposta di TSO, devono essere motivate nella situazione concreta. In altre parole non dovrebbero essere ammesse certificazioni che si limitano alla mera enunciazione delle tre condizioni sopra indicate, né tanto meno prestampati. Così come non dovrebbero essere prese in considerazione certificazioni che si limitano alla sola indicazione della diagnosi;
l'articolo 33 della legge n. 833 del 1978, istitutiva del servizio sanitario nazionale, stabilisce che gli accertamenti ed i trattamenti sanitari sono di norma volontari; qualora previsti, i trattamenti sanitari obbligatori devono comunque rispettare la dignità della persona, i diritti civici e politici, compreso, per quanto possibile, il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura;
l'articolo 33, comma 3 della legge n. 833 del 1978 aggiunge inoltre che gli accertamenti ed i trattamenti sanitari obbligatori devono essere accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi è obbligato -:
quale sia stata l'esatta dinamica degli avvenimenti che hanno portato alla decisione di sottoporre la donna a TSO mediante degenza ospedaliera coatta, chi sia stato a proporre il TSO nei confronti della signora M.C. e se sia nota la ragione per la quale il sindaco di Montalto nelle Marche lo abbia disposto;
se non si ritenga opportuno che siano resi pubblici tutti gli atti in base ai quali è stato attuato tale provvedimento (compresi gli eventuali verbali dei carabinieri);
se si intenda in ogni caso fare chiarezza sulla vicenda e verificare per quanto di competenza la regolarità della procedura.
(4-15594)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta immediata:

PORCINO, CIMADORO, DONADI, BORGHESI, EVANGELISTI, BARBATO, MESSINA e ANIELLO FORMISANO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
i livelli raggiunti da benzina e gasolio oggi sono da record. Dopo gli ultimi rincari annunciati da Q8 ed Esso, la benzina, a livello di media nazionale, si avvicina ormai inesorabilmente a quota 1,80 euro al litro, una soglia, tra l'altro, ampiamente superata in alcune aree del Centro, dove si arriva a sfiorare la quota di 1,87 euro al litro. Il diesel, da parte sua, è ormai mediamente oltre 1,73 euro al litro, con picchi al Sud superiori a 1,77 euro al litro;
ormai la direzione è quella dei 2 euro, tanto che si sono registrate punte massime, per la verde, di 1,95 euro nei distributori del Centro Italia (dove la benzina sembra costare qualcosa di più che nel resto del Paese). Una situazione davvero insostenibile per le famiglie italiane e che rischia di aggravarsi ulteriormente se

il Governo deciderà di attuare la modifica dell'iva al 23 per cento, come deciso nel decreto-legge n. 201 del 2011;
i rincari maggiori sono stati effettuati sul gasolio (non a caso la quota di vetture diesel era aumentata negli ultimi anni), che ora arriva quasi a sfiorare il prezzo della benzina verde. Non a caso si registrano punte di 1,85 euro al litro e una media nazionale che si aggira tra 1,76 e 1,80 euro al litro;
il costo della benzina verde è aumentato in 12 anni di quasi l'80 per cento, passando da 1,08 euro al litro a oltre 1,80 euro al litro. Sorte peggiore è toccata al gasolio, che è aumentato del 95 per cento, passando da 0,89 euro al litro a 1,75 euro e oltre;
negli ultimi mesi i prezzi della benzina verde e del gasolio si stanno, dunque, avvicinando a quota 2 euro al litro, con conseguenze pesanti per i budget familiari, non solo relativamente al costo del trasporto, ma anche di riflesso sui prezzi di tutti i generi di prima necessità;
il settore dei carburanti è un settore in cui non c'è vera concorrenza e chi controlla tutta la filiera, dai pozzi petroliferi alla pompa, ossia le grandi compagnie, può fare il bello e il cattivo tempo;
il Governo può e deve intervenire con diversi strumenti:
a) tenendo conto che sul prezzo della benzina incide «una tassa sulla tassa», si può agire ristabilendo l'accisa mobile: un meccanismo previsto dalla legge finanziaria per il 2008 del Governo Prodi, che prevedeva una riduzione trimestrale delle accise compensata dalle maggiori entrate dell'iva che lo Stato incassa ad ogni aumento del prezzo dei prodotti petroliferi;
b) dando piena attuazione alle norme previste sulla liberalizzazione della distribuzione dei carburanti, superando con un'azione di Governo decisa ed attenta tutte le prevedibili resistenze che le compagnie petrolifere metteranno in atto per impedire l'attuazione di tali disposizioni;
c) creando una borsa dei carburanti, che può innescare meccanismi di concorrenza e di ribasso dei prezzi;
d) monitorando le difficoltà tecnico-burocratiche che oggi, di fatto, continuano a scoraggiare i gruppi della grande distribuzione organizzata ad aprire nuovi impianti presso gli ipermercati ed i supermercati -:
quali concrete misure ed iniziative intenda assumere il Governo al fine di calmierare gli aumenti dei prezzi dei carburanti.
(3-02189)

Interrogazioni a risposta scritta:

VERINI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in data 19 marzo 2012, Poste italiane ha comunicato all'amministrazione comunale di Castiglione del Lago la decisione di voler procedere alla chiusura dell'ufficio postale di Porto;
la chiusura dell'ufficio postale è stata notificata con il preavviso di una sola settimana e senza garantire la necessaria informazione all'utenza;
tale decisione, se venisse confermata, creerebbe enormi disagi alla comunità di questa frazione che si vedrebbe privata di un servizio essenziale;
Porto è la frazione più distante dal Capoluogo ed è lontana da altri servizi analoghi, non ha a disposizione servizi pubblici di trasporto, ed è abitata da numerosi anziani;
la località di cui sopra è interessata da progetti di rilancio e rivitalizzazione che potrebbero innescare processi produttivi di rilancio della vita sociale ed economica di questo territorio;
in tale prospettiva, quindi, la presenza di un ufficio postale diverrebbe fondamentale;

il Consiglio comunale di Castiglione del Lago in data 22 marzo 2012 ha approvato un ordine del giorno con il quale si chiede a Poste italiane di «soprassedere a tale decisione e di garantire il regolare funzionamento del servizio come effettuato ad oggi; quanto meno di posticipare tale decisione a fine anno per consentire ai cittadini ed alle istituzioni locali di confrontarsi in maniera approfondita e di valutare unitamente a Poste Italiane eventuali soluzioni per garantire la comunità del servizio stesso» -:
se il Ministro interrogato non intenda intervenire, per quanto di sua competenza, affinché Poste italiane sospenda la decisione di chiudere l'ufficio postale di Porto al fine di consentire il necessario confronto tra la società, il comune e i cittadini.
(4-15581)

LORENZIN. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
le associazioni di categoria delle emittenti locali nel passaggio delle trasmissioni dal sistema analogico al digitale terrestre hanno denunciato un declassamento nell'assegnazione della numerazione automatica (LCN);
inoltre, l'implementazione delle nuove tecnologie e la definizione di una nuova governance degli impianti di trasmissione e dei servizi trasmessi devono necessariamente muovere, al fine di verificarne la legittimità e la regolarità, dal puntuale esame della compatibilità con il contesto normativo e giurisprudenziale comunitario, nonché, ancor prima, costituzionale;
come noto, l'arco di numerazione 20-70 è assegnato dall'articolo 6 dell'allegato A alla delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 366/2010 ai canali televisi definiti «semigeneralisti nazionali», ove per tale definizione si intende dall'articolo 1, lettera k), dell'allegato «programmazione dedicata a generi differenziati inclusa l'informazione, nessuno dei quali raggiunge il 70 per cento della programmazione stessa»;
come previsto dalla determina del Ministero dello sviluppo economico del 22 novembre 2010, i fornitori di servizi di media audiovisivi, che diffondono canali semigeneralisti nazionali, devono far transitare la propria programmazione dalla numerazione attualmente occupata a quelle previste dall'articolo 6 dell'allegato A alla delibera n. 366/10/Cons -:
se sia a conoscenza della presenza sull'arco di numerazione di cui in premessa, di canali televisi che non rientrano nella dicitura «semigeneralisti nazionali», bensì in quella prevista dall'articolo 1, lettera r), dell'allegato A della delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni «genere di programmazione tematico televendite» per cui si intende «genere di programmazione tematico, dedicato alle offerte dirette al pubblico allo scopo di fornire, dietro pagamento, beni o servizi, compresi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni»;
se il Ministro intenda verificare che tale procedura sia stata rispettata, e che nell'arco di numerazione di cui nella premessa, non siano stati assegnate numerazioni a canali televisivi privi delle caratteristiche descritte dall'articolo 1, lettera k) dell'allegato A alla delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni di cui sopra, e quali iniziative il Ministro intenda assumere alla luce di quanto descritto in premessa, affinché vi sia una corretta assegnazione dell'arco di numerazione;
se il Ministro intenda adottare le iniziative di competenza atte ad incrementare l'entità delle misure compensative finalizzate a promuovere un uso più efficiente dello spettro destinato alla diffusione di trasmissioni in ambito locale.
(4-15582)

OLIVERIO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
negli scorsi giorni, diversi cittadini residenti presso il comune di Gimigliano

in provincia di Catanzaro hanno protestato poiché recandosi presso l'ufficio postale di via Vittorio Emanuele IIIo, dove già da diversi mesi l'apertura era stata garantita solo a giorni prestabiliti, hanno preso visione di un cartello con cui si avvisava la clientela che dal 19 marzo 2012, i servizi espletati dal suddetto ufficio, sarebbero stati fruibili solo presso un qualsiasi altro sportello della rete poste italiane dislocato sul territorio della zona. Tale chiusura segue quella dell'ufficio postale sito nella popolosa frazione di Cavorà, avvenuta nel mese di luglio 2011 e il cui ufficio forniva un utile e necessario servizio pubblico anche per i residenti del nuovo insediamento di Buda;
queste decisioni seguono la linea aziendale intrapresa già da diverso tempo dalle Poste spa sull'intero territorio nazionale, nel tentativo di erogare lo stesso volume complessivo di servizi (ovvero mantenendo i fatturati) con un numero sempre più ridotto di sportelli e di personale (cioè con minori costi), ma il tutto effettuato senza rendersi conto che gli sportelli degli uffici postali rappresentano una necessità indispensabile per le moltissime persone che vivono in zone periferiche e soprattutto nei piccoli comuni, dove a pagarne le conseguenze sono sempre i cittadini delle fasce più deboli, che sono inoltre penalizzati dalle carenze di collegamenti, dovuti anche alle conformazione e alla dislocazione delle frazioni sul territorio;
le Poste spa non dovrebbero decidere da sole dove chiudere e dove tenere aperto. Queste valutazione di tipo strategico devono essere frutto di un percorso che coinvolga anche le amministrazioni locali, sempre più indignate da tali scelte. Uno sportello costituisce un servizio essenziale per mantenere in vita paesi o frazioni e la continua soppressione di essi contrasta anche con l'approvazione da parte della Camera dei deputati all'unanimità del disegno di legge sulla valorizzazione dei piccoli comuni (AC 1174 e abb.) con meno di 5000 abitanti -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti suesposti e se possano accertare se nel piano di razionalizzazione portato avanti da Poste italiane sia presente la chiusura definitiva dell'ufficio postale di Gimigliano di corso Vittorio Emanuele IIIo e di quello di Cavorà, e in caso affermativo, quali iniziative il Governo, in qualità di principale azionista delle Poste spa, intenda porre in essere, affinché possa essere scongiurata la chiusura degli uffici postali nei piccoli comuni, come nel caso di Gimigliano, assicurando la permanenza di un servizio pubblico essenziale, che per decenni ha servito un'intera comunità, e che ultimamente risulta invece essere sempre più rarefatto e sporadico e non più garantito, con grave disagio per tutta la popolazione locale.
(4-15584)

LAZZARI, ANTONIO PEPE, LISI, DISTASO, FUCCI, SAVINO, VITALI, TORRISI, DI CAGNO ABBRESCIA, BARBA, SISTO e ROSSO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
si fa riferimento alla grave situazione che si è creata nel comparto delle aziende televisive locali private della Puglia che per oltre 40 anni hanno assicurato un patrimonio di idee e di comunicazione pluralista in favore delle comunità pugliesi. Il processo di attuazione per il digitale delle frequenze radiotelevisive della regione Puglia, infatti, sta producendo sin da ora effetti devastanti che potrebbero avere la conseguenza della scomparsa della stragrande maggioranza della televisione locale in ambito provinciale o territoriale;
infatti il bando mette a disposizione della Puglia (territorio che ha una lunghezza di circa 400 chilometri) un numero di frequenze pari a 18, ma sarebbero in effetti 16 perché per il 2015 è prevista la riduzione di altre frequenze, in considerazione del fatto che ancora 10 canali saranno sottratti per altri servizi;

per l'assegnazione di queste frequenze il bando mette a disposizione 45 punti su 100 per chi ha una copertura regionale. Tuttavia, lo stesso bando, pur ammettendo una forma di intesa associativa tra più televisioni di diverse province della Puglia, per l'interpretazione che gli uffici ministeriali darebbero al bando medesimo, non consentirebbe la possibilità di sommare il punteggio di ciascuna azienda televisiva, provinciale e territoriale in un'associazione di intesa, ma il punteggio sarebbe soltanto calcolato per un'azienda capofila, cioè un'azienda provinciale o territoriale, anche se nell'intesa le aziende associate, insieme, coprono gran parte del territorio regionale;
la conseguenza che se ne ricava da tutto ciò è che le frequenze programmate per il digitale in Puglia saranno esclusivamente a favore di gruppi televisivi regionali e di altre aziende televisive, provenienti da altre regioni, che sono presenti con impianti di alta frequenza sul territorio pugliese e dove per lo più si programmano televendite e messaggi promozionali;
finora gli elementi di riferimento per fare una graduatoria regionale, come quella del Corecom, sono stati il numero dei dipendenti e il fatturato. In sede di assegnazione delle frequenze regionali, invece, diventa determinante per il bando la presenza territoriale di una singola azienda con copertura regionale o di quelle aziende che fino alla pubblicazione del bando hanno fatto intese con altre strutture aziendali operando con il passaggio dei canali all'azienda capofila. Questo evento è stato possibile soltanto per quei pochi che sapevano dell'interpretazione che si sarebbe data al bando;
gli interroganti denunciano questa situazione di enorme gravità che riguarda non solo l'apparato televisivo locale, che ha dato voce in tutti questi anni ai cento «campanili d'Italia», ma anche le norme del bando e le interpretazioni «capestro», che impediscono di fatto alla vera tv locale di sopravvivere alla riforma digitale;
per tutto quanto rappresentato gli interroganti chiedono che il Governo si faccia carico, in via urgente, di una decisione assolutamente portata a garantire un pluralismo democratico del quale finora si è fatta carico la tv locale di dimensione provinciale;
sarebbe opportuno, per dare un segnale utile consentire, in un'associazione di intesa la somma dei punteggi di ciascuna azienda televisiva partecipante;
se tutto questo non dovesse avvenire in tempi brevi, le aziende televisive colpite da questo iniquo trattamento hanno annunciato che si rivolgeranno ai comparti dello Stato e agli organismi europei di vigilanza per la difesa del pluralismo e di una democrazia veramente partecipata e vissuta -:
quali iniziative di competenza, anche normative, il Ministro interrogato intenda assumere per favorire un maggiore pluralismo nel settore delle comunicazioni, con particolare riferimento all'emittenza locale.
(4-15588)

...

Apposizione di firme ad una mozione ed indicazione dell'ordine dei firmatari.

La mozione Mogherini Rebesani e altri n. 1-00971, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 marzo 2012, è stata sottoscritta anche dai deputati: Paglia e Menia e, conseguentemente, con il consenso del primo firmatario e degli altri sottoscrittori, l'ordine dei firmatari si intende così modificato:
«Mogherini Rebesani, La Malfa, Boniver, Pezzotta, Paglia, Mosella, Commercio, Baccini, Boccuzzi, Bossa, Brandolini, Cambursano, Marco Carra, Coscia, De Biasi, D'Incecco, Farinone, Grassi, Marchi, Mattesini, Melandri, Menia, Moles, Motta, Nicco, Peluffo, Pistelli, Porta, Rosato, Rubinato, Rugghia, Sbrollini, Servodio e Siragusa».

Apposizione di firme a mozioni.

La mozione Dozzo e altri n. 1-00989, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 aprile 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

La mozione Pianetta e Baldelli n. 1-00993, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 aprile 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Frattini.

La mozione Caparini e altri n. 1-00994, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 aprile 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-13076, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 settembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-13078, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 settembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni e Nicola Molteni n. 4-13497, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 ottobre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-13562, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 ottobre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni e Giancarlo Giorgetti n. 4-13652, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 ottobre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-13814, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 novembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-13883, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 novembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-14141, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 dicembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-14191, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 dicembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni e altri n. 4-14303, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 dicembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Lo Moro n. 4-15573, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 aprile 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Zampa, Livia Turco, Velo, De Torre, Ferranti, Rubinato, Samperi, Sereni, Rossa, Coscia, Amici, Lenzi, Villecco Calipari, Gnecchi, Mosca, Pedoto, Rossomando, Merloni, Mogherini Rebesani, Mariani, Braga, Servodio, Sbrollini, Bossa, Rampi, Pes, Garavini, Mattesini, Miotto, Gatti, Albini, Pollastrini, Cenni, Murer, Laganà Fortugno, Marchioni, De Biasi, Codurelli, Farina Coscioni, Zamparutti, Bernardini, Bellanova, Motta, De Pasquale, Ghizzoni, Cardinale, Froner.

Pubblicazione di un testo riformulato.

Si pubblica il testo riformulato della interpellanza Cicu n. 2-01433, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 615 del 2 aprile 2012.

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
l'individuazione e l'assegnazione di risorse per gli interventi di rilievo nazionale ed interregionale di rilevanza strategica regionale, per l'attuazione del piano nazionale per il Sud, deliberate dal Cipe il 3 agosto 2011, il cui obiettivo prioritario è la realizzazione ed il completamento di numerose opere infrastrutturali dotate di rilevanza strategica regionale, ai sensi del punto 3 della delibera dell'11 gennaio del 2011, n. 1, ha previsto a favore della regione Sardegna, lo stanziamento di oltre 100 milioni di euro, per il compimento dell'intera opera della strada statale n. 125 Cagliari-Tortoli, come individuato nell'allegato dell'elenco infrastrutture strategiche interregionali e regionali pubblicato dalla Gazzetta Ufficiale n. 304 del 31 dicembre 2011;
in particolare la citata delibera CIPE ha assegnato:
a) 19 milioni di euro al tronco Tertenia-Tortoli (4o lotto 2o stralcio) della strada statale 125 Cagliari-Tortoli;
b) 40 milioni di euro al 1o stralcio del 1o lotto della Tertenia-San Priamo;
c) 50 milioni di euro al 2o stralcio del 1o lotto della Tertenia-San Priamo;
gli interventi stradali precedentemente esposti, rientrano in un generale e più articolato Piano nazionale per il Sud, fortemente sostenuto dal precedente Governo Berlusconi ed in particolare dall'ex Ministro per gli affari regionali e la coesione territoriale Fitto, che rispondono all'esigenza di colmare rilevanti fabbisogni trasportistici attualmente non adeguatamente soddisfatti;
l'insieme degli interventi consente di attivare un volume complessivo di investimenti di 192,8 milioni di euro con ingenti ripercussioni sul sistema economico della regione Sardegna sia in termini di adeguamento infrastrutturale sia soprattutto in chiave anticiclica;
la realizzazione definitiva del collegamento stradale Cagliari-Tortoli, la cui arteria è ad alto scorrimento, a giudizio dell'interpellante, risulta determinante e prioritaria, in considerazione che il completamento garantirà un traffico più fluido e veloce consentendo l'aggiramento di alcuni centri abitati;
lo stato di attuazione per la realizzazione definitiva della suesposta opera infrastrutturale affidata al gestore della rete stradale ed autostradale italiana di interesse nazionale, risulta attualmente incompleta e in grave ritardo rispetto ai tempi previsti e indicati dall'ANAS, in considerazione sia dell'avvio di cantierizzazione dei lavori risalenti ad alcuni decenni trascorsi, sia alla mancata assegnazioni dei lotti, la cui aggiudicazione sarebbe dovuta avvenire di recente;
a giudizio dell'interpellante, il grave ritardo e le criticità derivanti dallo stato di attuazione della suesposta strada statale n. 125, con riferimento alla definitiva realizzazione dell'opera, appaiono ancora più evidenti, se si valuta che l'intervento infrastrutturale rientra, come precedentemente riportato, all'interno di una serie di interventi di rilevanza strategica previsti dal Piano nazionale per il Sud che costituiscono uno strumento prioritario per lo sviluppo del Mezzogiorno ed in coerenza con quanto previsto dal decreto legislativo n. 88 del 2011;
la citata delibera CIPE n. 62 prevedeva la sottoscrizione dei contratti Istituzionali di sviluppo, quale strumento attutivo per la definizione delle responsabilità, dei tempi e delle regole di realizzazione

degli interventi programmati, le sanzioni per eventuali inadempienze e le condizioni per l'attivazione di poteri sostitutivi;
i finanziamenti assegnati inoltre, secondo quanto risulta all'interpellante, risultano tuttora non disponibili e contribuiscono in maniera sostanziale a determinare il mancato completamento dell'opera stradale del tratto regionale interessato -:
quali iniziative urgenti si intendano intraprendere al fine di avviare concretamente il completamento della strada statale n. 125 Cagliari-Tortoli esposto in premessa, anche attraverso la sottoscrizione del contratto istituzionale di sviluppo con l'obiettivo di individuare tempi e responsabilità certe per la realizzazione delle opere anche al fine di favorire politiche infrastrutturali di riequilibrio nei confronti del Mezzogiorno.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta scritta Catone n. 4-14827 dell'8 febbraio 2012;
interrogazione a risposta scritta Porfidia n. 4-15054 del 23 febbraio 2012.

Ritiro di firme da una interrogazione.

Interrogazione a risposta scritta Castiello e altri n. 4-15278, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 marzo 2012: sono state ritirate le firme dei deputati: Rosso, Dell'Elce, Nastri.