XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 19 luglio 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


      La Camera,
          premesso che:
              le cronache degli ultimi giorni hanno evidenziato una recrudescenza degli attacchi nei confronti dei cristiani, in modo particolare in alcune regioni dell'Africa, fra cui la Nigeria ed il Kenya, ad opera di gruppi terroristici di ispirazione islamica, che si sono concretizzati in vere e proprie stragi;
              la persecuzione moderna dei cristiani avviene sotto varie forme, di cui l'eliminazione fisica è la più cruenta, ma non la sola: i due continenti nei quali le persecuzioni contro i cristiani sono maggiormente presenti sono l'Africa e l'Asia; in generale nei paesi arabi i cristiani sono oggetto, da parte della popolazione musulmana, di forme di discriminazione più o meno gravi, che negli ultimi decenni hanno portato molti di loro a emigrare o essere forzati a convertirsi all'Islam;
              in alcuni casi i Governi dei Paesi in cui avvengono tali persecuzioni sono impotenti di fronte al perpetrarsi di tali eccidi, e purtroppo in altri assistiamo alla connivenza dei Governi se non all'esplicita repressione della libertà di religione per legge: non si dimentichi che in alcune realtà in cui vige la legge della sharia la sola professione della fede cristiana è considerata blasfemia punibile con la pena di morte;
              è innegabile l'importanza che riveste l'azione di promozione e di tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali nell'attuale quadro delle relazioni internazionali, anche nella prospettiva della prevenzione dei conflitti e della promozione dello sviluppo e della pace;
              in seno alla comunità internazionale si registra in effetti una crescente consapevolezza che le situazioni di crisi potenzialmente in grado di mettere a rischio la sicurezza e la stabilità internazionali traggano spesso origine da contesti di sopraffazioni ed abusi dei diritti fondamentali e che pertanto una efficace ed adeguata attività di monitoraggio nel settore adempia anche ad una utile funzione di «early warning»;
              tale azione viene promossa dall'Italia sia a livello bilaterale che nel quadro di concertazione dell'Unione europea;
              la tutela dei diritti umani fondamentali ed il rispetto del principio di legalità formano oggetto di costante attenzione da parte dell'Unione europea e rappresentano delle linee guida cui sono stabilmente improntati il dialogo politico e le iniziative dell'Unione europea nei confronti dei Paesi terzi;
              esistono vari programmi europei, cui aderisce anche l'Italia, finalizzati alla cooperazione e allo sviluppo diretti a molti dei Paesi teatro di tali persecuzioni, e sono previste «clausole di sospensione», con le quali l'Unione condiziona la concessione degli aiuti all'adempimento, da parte dei Paesi beneficiari, degli impegni presi in tema di tutela dei diritti umani, ovvero clausole specifiche in merito alla sospensione dei finanziamenti in presenza di violazione dei diritti umani e di interruzione del processo democratico;
              per quanto concerne il tema degli «aiuti umanitari», è bene sottolineare che questi ultimi hanno come destinatari primari e diretti le popolazioni civili, e non i singoli governi beneficiari, ma che nei fatti tali aiuti stentano ad arrivare alle popolazioni interessate, poiché proprio a causa della situazione di attacco terroristico contro il quale i Governi in oggetto non possono o non intendono intervenire con fermezza, o di cui sono conniventi per omissione di intervento, tali aiuti spesso si disperdono prima di poter incidere favorevolmente sulle popolazioni vittime di persecuzioni e di abusi;
              si ritiene che allo stato dei fatti, non sia più possibile limitare l'intervento dei Paesi che hanno aderito alle convenzioni per la tutela e il rispetto dei diritti umani alla mera condanna di tali sanguinari episodi finalizzati al genocidio, e che sia necessario un più incisivo intervento di cui il nostro Paese può essere promotore,

impegna il Governo:

          ad operare un monitoraggio efficace per conoscere quali tra i Paesi che ricevono aiuti umanitari dall'Italia e non rispettano i diritti umani abbiano realmente adottato ogni comportamento utile a far giungere tali aiuti alle popolazioni e, d'intesa con i Paesi dell'Unione Europea, a promuovere ed adottare una strategia comune che leghi strettamente gli aiuti umanitari ad un progressivo miglioramento della tutela dei diritti fondamentali delle persone come riconosciuti dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo così come approvata dall'assemblea delle Nazioni Unite, in particolare a difesa della libertà di religione, o comunque ad adottare ogni azione necessaria a garantire che tali aiuti arrivino correttamente a destinazione;
          ad intervenire, quale primo proponente, in sede europea, per promuovere una drastica sospensione degli aiuti finanziari citati in premessa previsti o già in via di erogazione, nonché l'attuazione anche di altri comportamenti sanzionatori di carattere economico, nei confronti dei Paesi in cui la persecuzione per motivi religiosi sia pratica costante e i cui governi non pongono in pratica atti credibili per prevenire tali crudeltà, per perseguire i colpevoli di tali atti, per mettere fuori legge tutte le organizzazioni che si ispirano o ispirino in altri tali comportamenti;
          ad intervenire in sede di Nazioni unite per richiedere interventi decisi, di condanna e di carattere sanzionatorio, ivi compreso l'embargo, nei confronti degli Stati che permettono tacitamente o approvino palesemente la repressione religiosa, e qualunque intervento idoneo a salvaguardare la libertà di religione, nei confronti dei Paesi che pur tentando di salvaguardare tale diritto fondamentale, non abbiano i mezzi e le capacità per far fronte a tali sanguinari atti di terrorismo.
(1-01111) «Galli, Calabria, Oliveri, Menia, Paglia, Raisi, Binetti, Barbieri, Gianni, Cimadoro, Crolla, Pianetta, Proietti Cosimi, Giorgio Conte, Patarino, Lehner, Taddei, Scandroglio, Rosso, Torrisi, Di Biagio, Briguglio».


      La Camera,
          premesso che:
              il tribunale di Torino ha condannato i due imputati Louis Cartier De Marchienne e Stephan Shpidheiny a 16 anni di reclusione per avere nella loro qualità di questori di fatto delle industrie eternit in Italia violando coscientemente le normative in tutela della salute dei lavoratori, provocato dolosamente un disastro esteso oltre i confini degli stabilimenti e causato la morte di migliaia di persone per malattie riconducibili all'amianto;
              gli stessi imputati, in solido con i responsabili civili, sono stati condannati a risarcire i danni in favore delle parti civili costituite;
              le parti civili costituite sono varie centinaia di familiari deceduti e numerosi enti locali oltre le organizzazioni sindacali e di tutela ambientale, enti locali, INAIL, INPS e varie ASL;
              sono state previste per i soli casi più documentati, condanne provvisoriamente esecutive per un importo complessivo di 95.115.000 euro;
              tali condanne prevedono importi prò capite di circa 35.000 euro per i malati di mesotelioma e 30.000 euro per i familiari dei deceduti;
              agli enti sono state riconosciute le seguenti somme: all'INAIL 15 milioni di euro, al comune di Casale 25 milioni di euro, all'ASL di Alessandria 5 milioni di euro, alla regione Piemonte 20 milioni di euro;
              le condanne al pagamento delle provvisionali prevedono che i condannati spontaneamente diano esecuzione alla sentenza, ma nonostante ciò ad oggi non vi è stato alcun pagamento;
              nel caso in oggetto, i due imputati risiedono all'estero e non risultano avere proprietà in Italia;
              la soluzione può passare attraverso la cosiddetta «esecuzione forzata», ossia procedere ad un precetto esecutivo internazionale di sequestro di beni relativamente alle società che fanno capo allo svizzero Schmidheiny e alla Etex Group di De Cartier;
              si tratta di una procedura costosa, sia per la traduzione giurata della sentenza che andrebbe tradotta in tedesco e in fiammingo, sia per la relativa parcella;
              il costo è di circa 2.500 euro per ciascuna parte civile avente diritto al risarcimento, per ognuna delle procedure, una per gli svizzeri ed una per i belgi,

impegna il Governo:

      ad assumere iniziative di competenza per:
          a) a procedere alla traduzione della sentenza attraverso le ambasciate;
          b) anticipare le somme per coprire il procedimento di «esecuzione forzata» e fornire tutta l'assistenza necessaria ai parenti delle vittime per far valere i loro diritti rispetto a quanto stabilito nella sentenza.
(1-01112) «Boccuzzi, Esposito, Portas, Calgaro, Gasbarra, Carella, Pompili, Meta, Bernardini, Causi, Arturo Mario Luigi Parisi, Porcino, Trappolino, Berretta, Verini, Grassi, D'Incecco, Ginoble, Miglioli, La Forgia, Santagata, Giorgio Merlo, Laratta, Touadi, Marco Carra, Nannicini, Sarubbi, Mario Pepe (PD), Samperi, Bucchino, Gatti, Mattesini, Giulietti, Schirru, Fiorio, Madia, Gnecchi, Rampi, Bobba, Lovelli, Naccarato, Codurelli, Mazzarella, Albini, Froner, Fontanelli, Motta, Duilio, Osvaldo Napoli, Calderisi, Speciale, Mazzoni, Holzmann, Pagano, Mazzuca, Luciano Rossi, Ceroni, Aracu, Distaso, La Loggia, Nizzi, Laffranco, Lisi, Nola, Di Centa, Boniver, Ceccacci Rubino, Scelli, Vitali, Torrisi, Sisto, Cassinelli, Nastri, Angelino Alfano, Marinello, Toccafondi, Giro, Germanà, Stagno d'Alcontres, Galletti, Mereu, Dionisi, Libè, Binetti, Ria, Adornato, De Poli, Mantini, Occhiuto, Capitanio Santolini, Pezzotta, Enzo Carra, Naro, Delfino, Compagnon, Isidori, Laura Molteni, Buonanno, Vanalli, Comaroli, Allasia, Dozzo, Cavallotto, Togni, Simonetti, Pastore, Pini, Consiglio, Fava, Chiappori, Rondini, Polledri, Maggioni, Fedriga, Volpi, Di Vizia, Paolini, Fogliato, Torazzi, Munerato, Rivolta, Desiderati».


      La Camera,
          premesso che:
              costo dell'energia elettrica in Italia risulta essere il più elevato d'Europa;
              tale costo limita pesantemente: la capacità delle imprese italiane di essere concorrenziali sui mercati comunitari e internazionali; la conseguente conservazione di posti di lavoro; la capacità di attrarre investimenti esteri sul territorio nazionale; esso inoltre è concausa della dismissione di quelli esistenti, e incide negativamente in un crescendo inarrestabile sui bilanci delle famiglie e sul potere d'acquisto delle stesse, con pesanti risvolti economico sociali, come anche sancito dall'Autorità per l'energia che rileva nel 20 per cento la morosità delle piccole e medie industrie;
              è oltremodo evidente e provato che operatori industriali, divenuti non più competitivi anche a causa di questi aumenti, sono entrati in un vortice di antieconomicità della propria attività che sta determinando una perdita costante di posti di lavoro, e causando numerose chiusure delle attività stesse;
              sull'ingiustificato costo dell'energia elettrica sono state presentate diverse interrogazioni, allo stato rimaste senza risposta, volte a fare chiarezza sulla formazione del costo dell'energia elettrica in tutte le sue componenti, in merito alla trasparenza della gestione delle società coinvolte nella determinazione di tale costo (produzione, trasporto, dispacciamento), nonché a garantirne la sostenibilità economica da parte delle imprese e dei cittadini;
              la formazione dei prezzi dell'elettricità in Italia, bene essenziale per ogni individuo e impresa, avviene in modo molto articolato e composito, con una somma di infinite componenti non specificate, che vanno a costituire il prezzo complessivo, il vero e definito onere per il cittadino, da questi non analizzabile né comprensibile;
              solo una di queste componenti, la tariffa di vendita dell'elettricità prodotta, è conseguente ad una libera contrattazione in un mercato regolato da norme comuni europee;
              la componente del prezzo collegata al mercato libero, ovvero la produzione di elettricità, è aumentata nel corso di 4 anni dell'11 per cento: questa componente è l'unica correlata ai problemi energetici e finanziari mondiali, con una percentuale di aumento relativamente giustificata e contenuta alla luce delle gravi tensioni finanziarie ed energetiche di questi quattro anni;
              le componenti determinate dall'Autorità, non collegate ai prezzi internazionali dell'energia e dalla crisi finanziaria, ma solo conseguenti a libere decisioni di politica energetica nazionale ad avviso dei firmatari del presente atto eccessivamente condizionata dalla volontà di società pubbliche, sono aumentate negli ultimi quattro anni: del 40 per cento le tariffe per il dispacciamento (ovvero trasporto e smistamento dell'elettricità nelle reti di altissima tensione) ovvero i costi di competenza di Terna spa, e di circa il 180 per cento le tariffe per la distribuzione locale dell'energia e per le addizionali dovute a sovvenzioni o incentivi statali in massima parte ascrivibili al GSE;
              il Gestore dei servizi energetici (GSE), società di cui è azionista unico il Ministero dell'economia e delle finanze, ha il compito di erogare gli incentivi per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, incentivi che vengono attinti da una componente della bolletta definita A3, componente che può essere variata dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas su richiesta del Gestore servizi energetici;
              in seguito alle richieste del Gestore servizi energetici dal gennaio 2009 al gennaio 2012 la componente A3 è cresciuta del 190 per cento;
              nel 2011 il Gestore servizi energetici ha distribuito 11 miliardi di euro di incentivi alle rinnovabili, gestendo un mercato in assenza di trasparenza, come ad esempio dimostra il fatto che nel 2010 il Governo italiano abbia chiesto alla Commissione europea di conteggiare solo 12 TWh di energia elettrica importata da fonti rinnovabili, mai però certificata alla stessa Commissione; risulta inoltre che Gestore servizi energetici versi cospicui incentivi anche alla fonte idroelettrica, quando questa dovrebbe già essere remunerativa di per sé; è inoltre preoccupante il fatto che il Gestore servizi energetici ha caricato sul costo in bolletta centinaia di milioni di euro certificando come rinnovabile una importazione elettrica di dubbia provenienza attraverso certificati che l'Unione europea, con la risposta del commissario Oettinger a interrogazioni, ha definito Non probanti l'origine rinnovabile dell'energia;
              l'incredibile aumento del costo dell'energia elettrica italiana è stato oggetto di attenzione anche della trasmissione serale del TG2 del 15 luglio 2012;
              il Governo non ha finora risposto su una situazione che appare ormai fuori da ogni controllo,

impegna il Governo

ad assumere le iniziative di competenza, anche normative, per attuare interventi nell'interesse economico generale, in tempi rapidissimi, che riguardino: la verifica dei prezzi di fornitura di energia elettrica per le componenti che esulano dalle norme di libero mercato; la determinazione di una necessaria riduzione del peso complessivo dei suddetti prezzi, anche con una diversa, trasparente e controllata ridefinizione degli incentivi e delle sovvenzioni e con una attualizzazione delle accise e loro reale destinazione; una verifica dei costi effettivi di gestione, commisurati ai valori medi europei, e delle destinazioni degli investimenti delle società Terna s.p.a., Gestore servizi energetici, SOGIN e dei distributori locali; la verifica dell'opportunità di una revisione dei costi gestionali delle società pubbliche, nell'ottica di spending review l'opportunità di verificare ed intervenire per quanto di competenza sull'operato del GSE delle altre società pubbliche come Terna s.p.a.
(1-01113) «Galli, Toto, Gianni, Miserotti, Rubinato, Barbieri, Bocciardo, Bertolini, Proietti Cosimi, Scanderebech, Bocchino, Giorgio Conte, Oliveri, Di Biagio, Lehner, Menia».


      La Camera,
          premesso che:
              la gravità dell'attuale condizione economica e sociale impone di proseguire con determinazione l'azione di riequilibrio dei conti pubblici accompagnandola con il perseguimento dell'equità e della crescita dell'economia nazionale, che deve diventare, da questo momento in avanti, la priorità dell'azione del Governo e del Parlamento;
              lo sforzo fiscale che è stato attuato ha comportato un inasprimento senza precedenti della pressione fiscale, per cui è urgente avviare una sistematica attività di revisione della spesa pubblica (spending review), destinando prioritariamente le risorse ricavate, insieme a quelle derivanti dal contrasto all'evasione e all'elusione, alla riduzione della pressione fiscale, in particolare sui redditi da lavoro e da impresa, e ridefinendo, nell'ambito della riforma fiscale, un nuovo patto tra fisco e contribuenti;
              in questo contesto, profondamente cambiato rispetto al momento in cui fu approvata, acquista ancor più importanza la piena e completa attuazione della legge 5 maggio 2009 n.  42, recante «Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione», poiché i suoi principi ispiratori possono fortemente contribuire allo sforzo del Paese per uscire dalla crisi, anche se gli strumenti ivi previsti andranno verificati alla luce del mutato quadro normativo e macroeconomico;
              è indispensabile ad esempio superare rapidamente, attraverso l'approvazione della Carta delle autonomie locali, la separazione finora operata tra il federalismo fiscale e il processo di riallocazione e riorganizzazione delle funzioni tra i diversi livelli di governo, nonché di revisione della struttura organizzativa a più livelli di governo della Repubblica e di riduzione dei centri di spesa, il quale di per sé potrebbe consentire una riduzione della spesa corrente e una conseguente riduzione della tassazione a livello substatale;
              la responsabilità e l'autonomia dei governi locali e regionali in campo fiscale, che sono tra i principi ispiratori della legge delega, risulterebbero utili per attivare il circuito di controllo dei cittadini sulle prestazioni delle amministrazioni e per renderle di conseguenza più efficienti e più capaci anche di ridurre la spesa e gli sprechi;
              il meccanismo dei costi e dei fabbisogni standard per regioni ed enti locali relativo ai livelli essenziali delle prestazioni e alle funzioni fondamentali può rappresentare un modo efficace per effettuare la spending review nel sistema delle autonomie territoriali, attraverso la determinazione di parametri, che tengano conto di comportamenti di spesa virtuosi, e, come tale, può e deve essere portato avanti, se possibile accelerando le scadenze previste ed estendendone principi e strumenti attuativi anche all'apparato centrale dello Stato;
              il coordinamento dinamico della finanza pubblica e la collaborazione tra i vari livelli di governo della Repubblica, al fine di distribuire in modo equo il carico del necessario riequilibrio finanziario e anche di contenere la pressione tributaria, sono essenziali soprattutto in un momento di crisi come l'attuale;
              la perequazione verso i territori con minor capacità fiscale per abitante che la Costituzione affida allo Stato, al fine di garantire coesione e solidarietà tra aree forti e aree deboli del Paese, è uno dei pilastri della legge n.  42 del 2009. Nei decreti legislativi finora approvati, e negli interventi operati mediante la decretazione d'urgenza, ci si è limitati ad introdurre un fondo sperimentale di riequilibrio, senza attuare il principio stabilito dalla legge di delega. È perciò indispensabile dare priorità al tema della perequazione nel successivo percorso di attuazione del federalismo fiscale, per evitare che la funzione statale di riequilibrio venga progressivamente del tutto meno. Bisogna, peraltro, tener conto che in assenza di un previo adeguamento del sistema finanziario e fiscale delle regioni a statuto speciale ai principi e alle regole dell'articolo 119 della Costituzione e alle relative leggi di attuazione, non sarà possibile attuare un equilibrato sistema a livello nazionale;
              la stessa imposta municipale unica (IMU) sperimentale, introdotta come elemento della manovra finanziaria di emergenza effettuata nel mese di dicembre dello scorso anno, si discosta per alcuni aspetti essenziali dall'imposta, come era stata delineata nella legge n.  42 del 2009 e nel decreto legislativo n.  23 del 2011 e necessita di una revisione con cui si pervenga ad un disegno definitivo a regime. In tale disegno sarà necessario sciogliere il tema della compartecipazione di comuni e Stato ad un medesimo tributo che, per sua natura, è locale, assegnando ai comuni l'intero gettito dell'imposta. Sarà altresì necessario consegnare ai comuni una maggiore libertà di decisione in relazione agli elementi determinanti dell'imposta, in particolare effettuando una valutazione del sistema di detrazioni introdotto, in via sperimentale, nella manovra di dicembre 2011, il quale peraltro già oggi consente l'esenzione dall'imposta per più di un terzo dei contribuenti. Attribuendo ai comuni una maggiore flessibilità di manovra sulle aliquote e sulle detrazioni, è possibile ridurre il peso dell'imposta municipale unica sulla prima casa, fino ad arrivare sia a forme di esenzione parziale, sia all'ampliamento dei casi in cui l'imposta risulta azzerata, anche in relazione alle condizioni sociali ed economiche dei contribuenti;
              il prospetto sullo stato di attuazione della legge delega e le questioni ancora da affrontare, come risultano dai paragrafi 1.1 e 5 della seconda relazione semestrale della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, approvata nella seduta del 21 luglio 2011, e successivamente trasmessa alle Presidenze delle Camere e al Governo, indicano con chiarezza il percorso da compiere per una sua completa attuazione ed evidenziano il carico di adempimenti regolamentari e amministrativi prefigurati dalla legge n.  42;
              la Commissione ha successivamente provveduto, il 27 luglio 2011, ad esprimere parere sullo schema di decreto legislativo recante meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni, valutando negativamente che non fosse stato ancora approntato lo schema di bilancio di mandato, con l'effetto di non aver consentito l'attivazione della procedura di controllo e valutazione da parte dei cittadini fin dal turno di elezioni amministrative del maggio 2012. Nella seduta del 29 marzo 2012 la Commissione ha altresì espresso parere sullo schema di decreto legislativo recante ulteriori disposizioni in materia di ordinamento di Roma capitale;
              con le tre manovre economiche adottate con decreto-legge tra il luglio e il dicembre 2011 per stabilizzare la situazione finanziaria e abbassare gli interessi sul debito (decreto-legge 6 luglio 2011, n.  98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n.  111; decreto-legge 13 agosto 2011, n.  138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n.  148; decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n.  214) si è intervenuti con tagli alle risorse di regioni ed enti locali, con inasprimenti del patto di stabilità interno e con modifiche strutturali all'assetto tributario in particolare dei comuni, che hanno prodotto un aumento della pressione fiscale e una ulteriore riduzione della spesa per investimenti e, in misura molto inferiore, una riduzione della spesa corrente e l'adozione di modelli più efficienti di prestazione dei servizi locali;
              con la legge 8 giugno 2011, n.  85, è stato prorogato di sei mesi, fino al 21 novembre 2011, il termine per l'adozione dei decreti legislativi previsti dalla legge delega ed è stato prorogato a tre anni dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi adottati il termine per l'adozione di decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive;
              l'urgenza imposta dalla crisi rende necessaria la piena attuazione, entro la fine della legislatura in corso, della legge delega, pur con tutte le necessarie verifiche, con riferimento, in particolare, agli effetti finanziari delle misure introdotte;
              è necessario pertanto adottare tutti i decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive che saranno ritenuti utili, consentendo così l'avvio della transizione verso il nuovo assetto in tutti i suoi aspetti, che sono complementari tra di loro e non possono essere affrontati in modo separato;
              si tratta di colmare i vuoti ancora esistenti rispetto alla legge delega, di verificare lo stato di attuazione degli atti amministrativi previsti dai decreti legislativi già approvati e di coordinare con appositi decreti legislativi le nuove norme legislative che sono nel frattempo entrate in vigore, come quelle relative all'assetto tributario dei comuni, con i meccanismi previsti dalla legge delega e dai relativi decreti legislativi;
              la Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, dopo aver svolto un'approfondita attività conoscitiva in ordine alla verifica dello stato di attuazione della legge 5 maggio 2009, n.  42, ha approvato, nella seduta del 9 maggio 2012, la terza relazione semestrale, nella quale si dà conto nuovamente dello stato di attuazione della delega, delle questioni da affrontare e degli adempimenti previsti dai decreti legislativi già approvati;
              nella seduta del 29 maggio 2012, la medesima Commissione ha approvato, a norma del comma 4 dell'articolo 5 del proprio regolamento, un documento con cui si individuano le priorità di intervento in ordine alla piena attuazione del federalismo fiscale; il documento, come previsto dal regolamento della Commissione, è stato comunicato ai Presidenti delle Camere e al Governo;
              in piena coerenza con il documento approvato dalla Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale,

impegna il Governo:

          a dare piena e completa attuazione alla legge delega entro la fine di questa legislatura, adottando tutti i decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive che saranno ritenuti utili, previo raccordo del sistema tributario con le riforme organizzative in corso di approvazione ovvero di attuazione, e approvare in modo tempestivo tutti gli atti amministrativi previsti, in modo da garantire l'effettiva operatività del sistema di federalismo fiscale;
          a insediare con la massima urgenza la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, prevista dall'articolo 5 della legge delega, per la quale le regioni, le province e i comuni hanno già provveduto ad effettuare le rispettive designazioni secondo quanto stabilito dagli articoli da 33 a 37 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n.  68. La Conferenza deve, infatti, concorrere alla definizione degli obiettivi di finanza pubblica per comparto, anche in relazione ai livelli di pressione fiscale e di indebitamento e alla verifica periodica del nuovo ordinamento finanziario, proponendo eventuali modifiche o adeguamenti del sistema; è altresì prevista l'istituzione di una banca dati condivisa, la quale risulta indispensabile per avviare efficacemente le nuove relazioni finanziarie tra i diversi livelli di governo;
          a verificare prioritariamente l'attuazione della procedura per l'individuazione dei costi e fabbisogni standard e degli obiettivi di servizio, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 novembre 2010, n.  216, e dall'articolo 13 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n.  68, e ad adottare entro il termine di sei mesi dalla data di approvazione del presente atto, anche attraverso il coinvolgimento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, tutti gli atti conseguenti e necessari ai fini della loro compiuta determinazione, in modo da consentire l'avvio di una efficace revisione della spesa delle amministrazioni regionali e locali, specie in campo sanitario; i principi e gli strumenti attuativi relativi alla determinazione dei costi e dei fabbisogni standard dovrebbero essere estesi anche alle amministrazioni statali, quale elemento della spending review; l'operatività del criterio dei costi standard relativi al servizio sanitario e dei fabbisogni standard per comuni e province dovrebbe altresì consentire agli enti territoriali di contenere la pressione fiscale derivante dalle imposte di propria competenza, in particolare dalle addizionali, e indurre gli amministratori alla massima responsabilizzazione;
          ad adottare con gli strumenti di programmazione finanziaria e la legge di stabilità per il 2013 tutti i provvedimenti per il coordinamento dinamico della finanza pubblica previsti dalla legge delega e dai decreti legislativi approvati, con particolare riferimento al percorso di convergenza degli obiettivi di servizio ai livelli essenziali delle prestazioni e alle funzioni fondamentali di cui all'articolo 117, secondo comma, lettere m) e p), della Costituzione (articolo 13 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n.  68) e alla determinazione dell'obiettivo programmato della pressione fiscale complessiva, nel rispetto dell'autonomia tributaria delle regioni e degli enti locali (articolo 18 della legge delega);
          a rivedere, in coerenza con la normativa dettata dal decreto legislativo n.  149 del 2011, in materia di meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni, le regole del patto di stabilità interno nell'ambito della nuova legge in materia di finanza e contabilità pubblica che, in base alla legge costituzionale 20 aprile 2012, n.  1, «Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale», dovrà essere adottata entro il 28 febbraio 2013. Il patto di stabilità interno non dovrà più essere sottoposto a continue variazioni e dovrà porre alle autonomie territoriali gli stessi vincoli complessivi a livello di singoli comparti che valgono per il bilancio dello Stato, agevolando l'esercizio dell'autonomia locale e lo sviluppo della spesa per investimenti. Una volta definite, le nuove regole del patto di stabilità interno potranno essere adottate anche con legge ordinaria che anticipi la legge in materia di finanza e di contabilità pubblica;
          a coordinare le nuove norme previste dagli articoli 13 (Anticipazione sperimentale dell'imposta municipale propria) e 14 (Istituzione del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi) del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n.  214, e successive modificazioni, con i meccanismi di riequilibrio e perequazione individuati dalla legge delega e solo parzialmente attuati con il decreto legislativo 14 marzo 2011, n.  23, anche al fine di sciogliere l'attuale ambiguità dell'imposta municipale unica, che contiene al suo interno sia la componente comunale che quella erariale, assegnando ai comuni l'intero gettito dell'imposta, che deve costituire il fondamento dell'autonomia finanziaria di tali enti, in base al principio di responsabilità fiscale di ogni livello istituzionale nei confronti dei cittadini. Per il sistema perequativo a regime degli enti locali si tratta di passare da una perequazione dei soli trasferimenti fiscalizzati, come nell'attuale fondo sperimentale di riequilibrio, a una perequazione sul complesso delle risorse degli enti locali secondo i criteri dei fabbisogni standard e delle capacità fiscali standard. Alla luce dei principi della legge delega e dei successivi interventi normativi e nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, la disciplina dell'imposta municipale unica dovrà altresì essere riconsiderata, una volta acquisita l'entità del gettito relativo al versamento della prima rata previsto per giugno, aumentando, sia pur tenuto conto che il vigente sistema di detrazioni esenta dal pagamento dell'imposta sull'abitazione principale più del trenta per cento dei contribuenti, i margini di autonomia nella gestione dell'imposta da parte dei comuni, soprattutto per ciò che concerne le aliquote e le stesse detrazioni sull'abitazione principale, in modo da consentire la riduzione del carico fiscale che grava sull'abitazione principale, fino ad arrivare sia a forme di esenzione parziale, sia al completo azzeramento dell'imposta, anche in relazione alle condizioni sociali ed economiche dei contribuenti;
          per quanto riguarda la riforma delle istituzioni di governo di area vasta, introdotta dal decreto-legge n.  201 del 2011, a riconsiderare l'impatto che il trasferimento delle funzioni e delle risorse oggi gestite dalle province avrà sui bilanci e sull'organizzazione di regioni e comuni; a tal fine, a valutare l'opportunità di prorogare sino al 31 marzo 2013 gli organi di governo delle province che devono essere rinnovati entro il 31 dicembre 2012, in modo che entro tale data il Parlamento riesca ad approvare una riforma organica delle istituzioni di governo di area vasta, con la quale pervenire ad una nuova articolazione del sistema delle autonomie, caratterizzata da una chiara ripartizione delle funzioni, dalla eliminazione di sovrapposizioni e ridondanze e dall'adeguatezza rispetto agli ambiti territoriali relativi a ciascun livello di governo, nonché, conseguentemente, dall'eliminazione dei poteri, fiscali oggi attributi, in modo eccessivamente frammentato, agli enti che saranno soppressi per effetto dell'accorpamento, assicurando in particolare una effettiva razionalizzazione delle province, attraverso la riduzione del numero delle amministrazioni e una ridefinizione delle funzioni, anche con la soppressione degli enti strumentali (agenzie, società, consorzi) che svolgono funzioni esercitabili direttamente da parte delle autonomie territoriali, l'istituzione delle città metropolitane come enti per il governo integrato delle aree metropolitane, nonché il riordino delle amministrazioni periferiche dello Stato;
          ad assumere iniziative per coordinare l'assetto della finanza delle province con le modifiche ordinamentali già contenute nell'articolo 23 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n.  214, e con quelle in corso di approvazione nell'ambito della Carta delle autonomie locali, anche al fine di assicurare la proporzionalità tra l'autonomia impositiva riconosciuta a tali enti e le funzioni ad essi assegnate;
          a verificare il motivo della mancata emanazione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri che completano il percorso del federalismo demaniale previsto dal decreto legislativo 28 maggio 2010 n.  85, relativo all'attribuzione alle autonomie territoriali di un proprio patrimonio, anche al fine, se necessario, di rivedere la disciplina dettata dal citato decreto legislativo alla luce della priorità che va assegnata ad una decisa azione di riduzione del debito pubblico, anche attraverso la valutazione di una possibile dismissione immobiliare;
          a definire le modalità di finanziamento della spesa in conto capitale (accesso al debito, proventi straordinari) di regioni ed enti locali, anche coordinandole con la già citata legge conseguente alla riforma dell'articolo 81 della Costituzione e introducendo meccanismi trasparenti e valutabili di raccordo fra perequazione infrastrutturale, fabbisogni standard e norme programmatiche per il coordinamento fra spese in conto capitale ordinarie e interventi speciali di cui al decreto legislativo 31 maggio 2011, n.  88, anche con specifico riferimento ai territori montani e alle isole minori;
          a coordinare la facoltà di introdurre addizionali all'IRPEF da parte di regioni e comuni, in particolar modo per quanto riguarda la struttura delle addizionali per scaglioni e aliquote nonché la facoltà di introdurre detrazioni, con l'obiettivo, da un lato, di non pregiudicare l'autonomia finanziaria di regioni e comuni e, dall'altro, di semplificare gli adempimenti da parte dei sostituti d'imposta, nonché di riportare le addizionali a funzioni allocative, riducendone l'impatto sulla progressività del sistema tributario, anche in relazione a quanto previsto dal disegno di legge delega per la riforma del sistema fiscale; più in generale occorre recuperare il principio di invarianza della pressione fiscale complessiva, espressamente previsto dalla legge n.  42 del 2009, in modo da compensare con riduzioni dell'imposizione fiscale statale la più ampia autonomia di entrata di regioni ed enti locali e da superare le misure di aggravio del carico fiscale introdotte con le recenti manovre;
          a verificare l'attuazione della disciplina recata dal decreto legislativo n.  68 del 2011, con particolare riferimento a quanto previsto dall'articolo 12, concernente la quantificazione e fiscalizzazione dei trasferimenti regionali agli enti locali;
          ad accelerare l'attuazione dei principi del federalismo fiscale nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome, assegnando priorità al completamento degli accordi in fase di discussione ai tavoli di confronto istituiti presso la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome in base all'articolo 27 della legge delega considerato che è indispensabile rendere omogenea la disciplina dei tributi derivati dallo Stato sull'intero territorio nazionale ed estendere anche alle regioni a statuto speciale e alle province autonome i principi fondamentali dei sistemi perequativi basati sui criteri dei fabbisogni standard e delle capacità fiscali standard, anche modificando l'articolo 27 della legge delega;
          ad assumere iniziative per riconsiderare la disciplina in materia di tesoreria unica, introdotta dall'articolo 35 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n.  1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n.  27, per verificare i reali effetti sui bilanci comunali, valutando la possibilità di diverse forme di compensazione delle eventuali minori disponibilità per i comuni;
          a valutare l'opportunità di introdurre, anche nell'ambito della definizione e della successiva attuazione della legge delega per la riforma del sistema fiscale, misure che, in coerenza con quanto già previsto dall'articolo 16 del decreto-legge n.  1 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  27 del 2012, tengano conto delle attività connesse all'estrazione e raffinazione degli idrocarburi, al fine di destinare una quota di maggiori entrate da esse derivanti allo sviluppo di progetti infrastrutturali e occupazionali di crescita dei territori di insediamento degli impianti produttivi e dei territori limitrofi;
          a valutare, con riferimento alla normativa adottata in materia di conferimento di funzioni a Roma capitale, l'opportunità di esplicitare l'assegnazione a Roma capitale di ulteriori risorse finanziarie esclusivamente sulla base del criterio dei fabbisogni standard, con espressa esclusione della spesa storica;
          ove, al 1o gennaio 2013, non risulti operativa la riforma relativa alla riorganizzazione del sistema degli enti intermedi ad adottare iniziative normative dirette a sospendere, a decorrere dalla suddetta data, i poteri delle province di manovrare la propria fiscalità nel senso di aumentare il carico fiscale rispetto al 2011;
          ad adottare, con la massima tempestività, lo schema tipo per la redazione della relazione di fine mandato di cui all'articolo 4, comma 5, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n.  149, e a stabilire che, in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno relativo agli anni successivi al 2010, l'ente locale inadempiente sia assoggettato, nell'anno successivo a quello dell'inadempienza, ad una riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio o del fondo perequativo in misura pari alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato, e comunque per un importo non superiore al 5 per cento del complesso delle spese soggette al patto di stabilità interno registrate nell'ultimo consuntivo.
(1-01114) «La Loggia, Corsaro, Causi, Lanzillotta, Leone, Boccia, Iannuzzi, Leo, Lorenzin, Marsilio, Misiani, Nannicini».

Risoluzione in Commissione:


      La III Commissione,
          premesso che:
              i recenti incidenti di inizio giugno 2012 al confine tra Armenia e Azerbaijan e sulla linea di contatto del conflitto del Nagorno Karabakh tra Armenia e Azerbaijan destano grande preoccupazione nella comunità internazionale;
              alla luce della possibile recrudescenza del conflitto, l'8 giugno l'Alto Rappresentante della Ashton ha emesso una dichiarazione in cui, rammaricandosi per la perdita di vite umane, manifesta «grande preoccupazione» per gli episodi di violenza e richiama le parti a rispettare il cessate il fuoco e ad evitare ogni comportamento che possa portare ad una escalation della violenza sul terrene;
              i preoccupanti incidenti alla frontiera, che si registrano in maniera sempre più frequente negli ultimi mesi, evidenziano la necessità di continuare sulla strada del negoziato sulla base della nuova versione aggiornata dei principi di Madrid (2009) e delle intese raggiunte dalle parti nell'ambito del gruppo di Minsk in ambito OSCE e sulla base delle risoluzioni ONU;
              l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato il 14 marzo 2008 la risoluzione 62/243 che riafferma il rispetto dell'integrità territoriale dell'Azerbaijan, chiede il ritiro di tutte le forze armene dai territori occupati e ribadisce il diritto inalienabile della popolazione espulsa al rientro nelle proprie case;
              le conclusioni del Consiglio affari esteri dell'Unione europea del febbraio 2012 richiamano il sostegno alla nuova versione aggiornata dei principi di Madrid e invitano l'Armenia e l'Azerbaijan ad aumentare gli sforzi per trovare un accordo su tali principi quali base per una soluzione negoziata e condivisa. L'Unione europea ricorda inoltre la dichiarazione dei co-Presidente di gruppo di Minsk al Vertice G8 di Deville (26 maggio 2011) che afferma la necessità per le parti di compiere un «passo decisivo» per la risoluzione del conflitto nagornino e l'impegno assunto dal Presidente armeno ed azerbagiano nell'ambito del gruppo di Minsk volto a trovare una soluzione negoziata al conflitto;
              con una dichiarazione pubblicata il 19 giugno 2012, a margine del vertice del G20 a Los Cabos, i presidenti di Stati Uniti, Federazione Russia e Francia hanno invitato le parti a «non ritardare ulteriormente l'assunzione di decisioni necessarie a raggiungere una soluzione pacifica e duratura del conflitto», e quindi ad «accelerare il raggiungimento di un accordo sui Principi di Base per la soluzione del conflitto del Nagorno Karabakh», osservando che «in tal senso esse debbono evitare posizioni negoziali massimaliste; rispettare il cessate-il-fuoco del 1994; astenersi da una retorica ostile che accresce le tensioni». I tre presidenti hanno chiesto ai leader di Armenia e Azerbaijan di «ispirarsi ai principi dell'Atto finale di Helsinki, in particolare quelli relativi al non uso della forza o della minaccia di usarla; all'integrità territoriale e all'eguaglianza dei diritti e autodeterminazione dei popoli»,

impegna il Governo:

          a mantenere alta l'attenzione, anche nelle opportune sedi europee ed internazionali, sul perdurare delle tensioni e degli incidenti sulla frontiera tra Armenia e Azerbaijan e sulla linea di contatto del conflitto del Nagorno Karabakh tra Armenia e Azerbaijan;
          a valutare l'opportunità di promuovere o aderire a iniziative, in sede di Nazioni Unite, volte ad una effettiva applicazione delle risoluzioni adottate dall'ONU sul conflitto del Nagorno-Karabakh con riferimento ai principi dell'Atto di Helsinki;
          a promuovere nelle sedi internazionali ed europee iniziative volte a identificare e condannare i responsabili dei crimini contro le popolazioni civili nel corso del conflitto del Nagorno Karabakh e nel contempo a promuovere la comprensione tra le società civili al fine di superare le tragiche memorie storiche nella regione;
          a facilitare, nelle sedi internazionali, iniziative volte al miglioramento delle relazioni bilaterali tra l'Armenia e l'Azerbaijan e a sostenere gli sforzi della co-presidenza del gruppo di Minsk.
(7-00952) «Stefani».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


      CALVISI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          ogni anno si assiste al ripetersi della ineluttabile emergenza incendi che colpisce l'intero Paese, ma che per alcune regioni, come la Sardegna, assume contorni spesso drammatici, con ripercussioni sociali, economiche ed ecologiche;
          il problema degli incendi, oltre ad arrecare danni incalcolabili al patrimonio naturale sardo, costituisce una minaccia per l'incolumità delle comunità locali e di quanti nel periodo delle vacanze estive si trovano nelle splendide località turistiche della Sardegna;
          la Sardegna, anche quest'anno, è esposta a gravissimi rischi di natura ambientale e le alte temperature di questo periodo, aiutate dalla presenza di forte vento, non fanno altro che favorire il propagarsi di numerosi incendi;
          nella giornata del 15 luglio 2012 si è sviluppato un enorme incendio – partito verso le 13 dalla località «Li Cupuneddi», frazione di San Teodoro, che ha interessato un'ampia zona della Gallura;
          in contemporanea si è sviluppato un altro incendio di vaste dimensioni nel margine, in provincia di Nuoro, con epicentro nelle campagne del comune di Bolotana;
          in Gallura, le vaste proporzioni dell'incendio hanno provocato terribili conseguenze: sono andati distrutti oltre 700 ettari di macchia e di pascolo, sono state chiuse due importanti arterie stradali (prima la statale 131, poi la statale 125), si è resa necessaria l'evacuazione di case e villaggi, costringendo alla fuga turisti e residenti, per un totale di 880 sfollati; ad aggravare la situazione si registra il ferimento di cinque persone, volontari della protezione civile di Olbia, impegnati nelle operazioni di spegnimento del fuoco, di cui una, Giuseppe Budroni, in condizioni gravi, a causa dell'esplosione di una bombola in una struttura industriale che i volontari cercavano di proteggere;
          non di livello inferiore è stata la dimensione dell'incendio sviluppatosi nel comune di Bolotana: oltre mille ettari bruciati e ingenti danni al patrimonio boschivo e ai pascoli;
          al di là delle cause che hanno determinato gli incendi in Gallura e nel Nuorese, per le quali è auspicabile un rapido accertamento di eventuali responsabilità, sembra che vi siano stati ingiustificati ritardi negli interventi di spegnimento in Gallura, considerato che l'arrivo del vento maestrale – che ha aumentato la forza distruttiva dell'incendio – era stato ampiamente «annunciato» dai bollettini d'allerta della protezione civile regionale e nazionale; non è ammissibile che un incendio segnalato alle 12,48 veda l'arrivo del primo Canadair alle 14 e 30, dopo che il fuoco aveva creato un fronte di più di un chilometro, che il secondo raggiunga San Teodoro alle 15 e 30 e il terzo alle 17,30;
          lo stesso sindaco di San Teodoro, Tonino Meloni, ha dichiarato che «Se i soccorsi aerei fossero intervenuti per tempo non sarebbe avvenuto nulla. Un paio d'ore di ritardo per vedere il primo Canadair e cinque ore per vedere in azione gli altri due sono impensabili, e ne chiederemo conto nelle sedi opportune»;
          analoga denuncia sui ritardi dell'intervento aereo sono stati segnalati dall'assessore provinciale all'ambiente, Pietro Carzedda;
          a quanto risulta all'interrogante, i Canadair di stanza nell'aeroporto di Olbia – già ridotti da tre a due – erano impegnati nello spegnimento dell'altro incendio sviluppatosi nel nuorese ed è pertanto stato necessario l'invio di altri velivoli da Ciampino, con una inaccettabile perdita di tempo, che poteva portare conseguenze ancora più drammatiche;
          i cinque feriti, di cui uno grave, gli 880 evacuati oltre alle migliaia di ettari di patrimonio boschivo dimostrano, se mai ce ne fosse stato bisogno, non quanto fosse giusta la battaglia per tenere i Canadair all'aeroporto di Olbia, ma soprattutto quanto sia del tutto insufficiente la dotazione antincendi che lo Stato mette e a disposizione della Sardegna;
          non si tratta ovviamente di intervenire nel merito delle scelte operate dalla protezione civile su quale fronte fosse più urgente coprire nella giornata del 15 luglio 2012; quando soffia il maestrale la Sardegna può essere contemporaneamente aggredita dal fuoco al nord come al centro e al sud, come è successo proprio quel giorno a San Teodoro e Bolotana; però ad una prima analisi le responsabilità della protezione civile nazionale nel predisporre i piani operativi della campagna antincendi con l'ausilio dei mezzi aerei sembrano evidenti; ad avviso dell'interrogante è stata sbagliata la scelta di ridurre i Canadair impegnati nella lotta antincendi in Sardegna e velleitaria e non giustificata è stata la pianificazione della lotta antincendio ricorrendo ad un'irrazionale divisione della flotta antincendio tra Sicilia e Sardegna: una cosa è l'aiuto in condizioni di emergenza, fra diversi centri operativi di tutto il territorio nazionale, un'altra cosa è la pianificazione divisa delle operazioni ordinarie;
          appare inconcepibile, infine, che, nel pianificare le azioni antincendio non si sia tenuto adeguatamente conto – salvo che nel dietrofront operato, per scelta coraggiosa del capo della protezione civile, dottore Gabrielli sulla scelta di dislocare i mezzi a Cagliari inizialmente operata dalla struttura tecnica che organizza le attività aeree – che vi è una località in Sardegna e in Italia, la Gallura appunto, una delle capitali del turismo nazionale e internazionale, dove il pericolo degli incendi riguarda non solo la superficie boschiva, gli animali e le cose, ma investe direttamente la vita delle persone, come tragicamente testimoniato dagli incendi di Curraggia e San Pantaleo, ma anche da altre tragiche occasioni  –:
          come sia stato possibile un così grave e colpevole ritardo nell'intervento da parte dei mezzi antincendio e come mai non siano mai arrivati l'Elitanker e il Canadair dislocati presso l'aeroporto di Elmas;
          quali iniziative di competenza il Governo intenda urgentemente adottare per cercare di prevenire o quantomeno limitare i danni di eventuali altri incendi;
          se non sia necessario intensificare l'azione di controllo del territorio sardo con un potenziamento di uomini e mezzi, ripristinando immediatamente la dotazione di mezzi aerei presso l'aeroporto di Olbia degli anni passati e rivedendo i piani delle attività aeronautiche predisposti dalla struttura tecnica della protezione civile;
          se non si ritenga opportuno avviare una politica di prevenzione e di coordinamento, al fine di una più incisiva lotta agli incendi boschivi in Italia ed in Sardegna in particolare;
          se per affrontare l'emergenza estiva degli incendi siano state messe in campo tutte le risorse, la protezione civile e tutte le forze necessarie a contrastare questa gravissima calamità che devasta aree di grande pregio del nostro Paese;
          se non ritenga necessario il ripristino della dotazione numerica del personale dei vigili del fuoco a disposizione del comando generale di Sassari, per il periodo estivo, i cosiddetti, «vigili del fuoco discontinui» dotazione ridotta da 280 a 140 unità rispetto allo scorso anno. (4-17029)


      PINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il 21 aprile 2010 il dipartimento della protezione civile inviava una circolare sullo stato delle verifiche sismiche previste dall'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n.  3274/03 e sui programmi futuri;
          detta circolare prevedeva che le opere strategiche e rilevanti fossero sottoposte a verifica entro il mese di dicembre 2010;
          recitava la circolare: «Si tratta di una ricognizione di grande importanza finalizzata alla puntuale conoscenza dello stato di rischio delle opere più importanti in caso di terremoto, o perché fondamentali per le operazione di protezione civile (ospedali, prefetture, centri di comando, caserme VVFF, grandi arterie di collegamento) o perché suscettibili di creare grandi danni o molte vittime in caso di collasso (costruzioni con grandi affollamenti – scuole, industrie a rischio monumenti...) solo grazie ad un dettagliato rilievo del rischio di queste opere si può condurre un efficace programmazione di interventi mirati e prioritari di mitigazione che sfruttino al meglio le risorse disponibili»;
          la verifica è obbligatoria mentre non lo è l'intervento;
          le verifiche suddette sono a carico di proprietari o gestori delle opere, i quali sono in ogni caso responsabili della mancata effettuazione delle stesse;
          il sisma del 20-29 maggio 2012 ha evidenziato oltre ai danni a ospedali, caserme, palazzi comunali e altro, un enorme danno alla popolazione scolastica, 70.000 alunni sono a rischio per l'inizio dell'attività scolastica 2012-2013;
          sarebbe stata sufficiente una puntuale applicazione di quanto previsto nella circolare del dipartimento della protezione civile Prot. n.  DPC/SISM/0031471 del 21 aprile 2010 quanto meno per limitare buona parte di detti danni;
          ad oggi risultano in zona sismica 1o e 2o n.  145 comuni nella regione Friuli-Venezia Giulia, n.  266 nella regione Lazio, n.  311 comuni nella regione Emilia Romagna, n.  249 comuni nella regione Abruzzo, n.  146 comuni nella regione Basilicata, n.  429 comuni nella regione Calabria, n.  489 nella regione Campania, n.  31 comuni nella regione Liguria, n.  33 comuni nella regione Lombardia, n.  234 comuni nella regione Marche, n.  127 comuni nella regione Molise, n.  34 comuni nella regione Piemonte, n.  68 comuni nella regione Puglia, n.  355 comuni nella regione Sicilia, n.  190 comuni nella regione Toscana, n.  69 comuni nella regione Umbria, n.  86 comuni nella regione Veneto;
          è auspicabile che entro il 30 dicembre 2012 gli edifici sensibili delle zone sopraindicate ricadenti nell'area di rischio di 1o e 2o fascia siano tutti censiti, monitorati e certificati;
          la circolare di cui sopra era stata emanata a seguito dei catastrofici eventi della regione Abruzzo dell'aprile 2009  –:
          se il Governo sia intenzionato a predisporre un reale piano di censimento e di verifiche statiche affinché – in caso di nuovi eventi non prevedibili come quello nell'Emilia Romagna del 20 e 29 maggio 2012 – con una circostanziata opera di prevenzione, possano essere opportunamente contenuti i rischi sismici al fine di alleviare tutti i pericoli ed i disagi che così gravemente ad oggi hanno colpito le nostre comunità. (4-17036)


      VIOLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          sempre più spesso si verificano in varie zone d'Italia situazioni anomale connesse all'alternarsi di eventi meteorologici estremi di grande intensità e violenza con periodi di forte siccità. Tali eventi sono presumibilmente legati ai mutamenti climatici in corso e sollecitano politiche più efficaci e credibili sia sul fronte della mitigazione dei processi in atto che sul fronte dell'adattamento agli stessi;
          secondo alcune dichiarazioni dell'ufficio federale statunitense per i cambiamenti climatici, nell'anno 2012, si assiste «ad un costante incremento di eventi meteorologici come pioggia, siccità, neve, inondazioni e violente tempeste. Il surriscaldamento globale mette seriamente a rischio la salute pubblica». Di fronte a un anno particolarmente caldo è perciò pesante la situazione di molte parti d'Italia relativamente alla disponibilità di acqua;
          i dati pluviometrici delle precipitazioni registrate negli ultimi 6 mesi in alcune zone della regione risultano essere inferiori del 50 per cento rispetto al dato del 2011 e addirittura del 70 per cento rispetto al 2010. In particolare per quanto riguarda il bacino padano il Po registra un livello delle sue acque scarsissimo: –6.22 metri rispetto allo zero pluviometrico (dati 16 luglio 2012 — Pontelagoscuro/Agenzia interregionale per il fiume Po). Secca che persiste pressoché dal mese di marzo 2012;
          il deficit di precipitazioni della prima metà dell'anno 2012 è oggi comune a quasi tutte le regioni d'Italia. In vaste aree del Paese infatti l'assenza di precipitazioni, calcolato tramite confronto con le piogge degli ultimi 15 anni, ha raggiunto anche qui valori del 50 per cento in meno;
          l'attuale condizione di siccità è successiva ad un anno, il 2011, già caratterizzato da scarsità di pioggia e neve che ha determinato l'uso intensivo di risorse di falda per garantire l'approvvigionamento idrico durante tutta la stagione estiva e i primi mesi autunnali, con un conseguente depauperamento delle stesse risorse;
          l'inverno caratterizzato da scarse precipitazioni nevose in quota ha acuito il problema della siccità a partire dall'arco alpino con la conseguenza che le riserve idriche sono ai livelli minimi ormai da molti mesi;
          le associazioni agricole stanno segnalando gravissimi e irreversibili danni alle culture (mais, barbabietole e soia) e si stanno predisponendo a chiedere lo stato di calamità naturale dal Polesine alle province di Venezia (Portogruarese, Sandonatese e Riviera del Brenta) e Padova (Alta Padovana) con la richiesta non di indennizzi ma di agevolazioni fiscali e facilitazione di accesso al credito;
          nonostante l'impegno degli enti gestori per l'irrigazione delle aree interessate, il rischio è che la situazione non possa migliorare nel breve e che la continuità del servizio idrico in un'ampia area della regione Veneto non possa essere garantito con efficacia  –:
          quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo per impegnare le competenti unità tecniche ministeriali a monitorare le condizioni di approvvigionamento nella regione Veneto;
          se il Governo non intenda verificare la sussistenza di risorse economiche utili a garantire interventi di emergenza che, per quanto di competenza, possano ridurre il rischio derivante dall'interruzione del servizio e mettere in campo nuove infrastrutture e impianti moderni, riducendo al minimo i consumi «non idropotabili»;
          quali iniziative intenda assumere a favore dei territori per i quali verrà richiesto e dichiarato lo stato di calamità naturale;
          se non si ritenga opportuno rafforzare le politiche di contenimento dei cambiamenti climatici, per l'efficienza energetica e per l'adattamento ai fenomeni in atto. (4-17045)


      PINI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          il giorno 18 luglio 2012 dopo 9 mesi di lunga prigionia è tornata libera la cooperante Rossella Urru;
          nel rallegrarsi per la splendida notizia si rende comunque necessario per correttezza e serietà, chiarire se, come riporta il sito on line del quotidiano Corriere della Sera, sia stato pagato o meno un riscatto per tale liberazione  –:
          se la notizia riportata dal citato quotidiano corrisponda al vero;
          in caso affermativo, di quali ulteriori elementi disponga chiarendo, in particolare, quanto sia stato pagato, a chi questi fondi siano stati consegnati, attraverso quali canali siano stati consegnati e da dove provengano le provviste finanziarie utili alla costituzione del riscatto. (4-17048)

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta scritta:


      RICARDO ANTONIO MERLO. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          si è creata una situazione di grosso disagio per i nostri connazionali in Argentina nel riscuotere la pensione INPS;
          le difficoltà che stanno subendo, riguardano in particolar modo la valuta in cui viene riscossa la pensione stessa;
          secondo l'ultima circolare dell'INPS i beneficiati dovrebbero riscuotere le loro pensioni direttamente in euro e senza pagare alcuna commissione: da quanto riportato dalle associazioni italiane, dai Comites e da tanti connazionali, si riscontra invece che non vengono rispettate né la prima né la seconda affermazione;
          la pensione viene pagata in pesos argentini al cambio ufficiale fissato dal Governo, ossia 40 per cento meno del prezzo reale di mercato dell'euro  –:
          se, i Ministri interrogati, siano a conoscenza dei fatti;
          se possano confermare che i fondi trasmessi dall'INPS per il pagamento delle pensioni in Argentina debbano essere necessariamente trasformati in pesos;
          nel caso in cui esista questa disposizione, quali azioni i Ministri interrogati pensino di mettere in atto nei confronti del Governo Argentino per impedire questo vero e proprio saccheggio del potere d'acquisto delle pensioni dei nostri connazionali. (4-17025)


      PORTA, GIANNI FARINA, FEDI, GARAVINI e NARDUCCI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          dal 6 luglio 2012 il pagamento delle pensioni ai cittadini italiani residenti in Argentina presso gli sportelli del Banco Itaù, convenzionato con l'INPS, avviene non più in euro, solitamente convertiti in dollari statunitensi, ma in pesos, in forza della disposizione 5318 della Banca centrale della Repubblica argentina;
          la risoluzione della Banca centrale rappresenta una delle misure prese per recuperare valuta estera da destinare al pagamento in dollari dei bond e comporta un'obiettiva perdita di valore dei ratei riscossi dai pensionati, con intuibili conseguenze negative sia sul tenore di vita degli stessi che sulla capacità di realizzare piccoli risparmi;
          sui circa 80.000 pensionati europei residenti in Argentina, indiscriminatamente colpiti da queste restrittive misure finanziarie, quelli italiani sono circa la metà, un numero ragguardevole sia sotto il profilo del sostegno a migliaia di nuclei familiari che sotto quello delle ripercussioni che il sistematico impiego degli importi ha sull'economia locale;
          la conversione forzosa in pesos dei ratei pensionistici sta destando forti preoccupazioni tra gli interessati, molti dei quali erano già in condizioni di precarietà a causa dei bassi livelli di reddito, ed è vissuta dalla nostra comunità come un'indebita appropriazione di risorse direttamente erogate dallo Stato italiano a propri concittadini;
          i contatti che negli ultimi mesi sono intercorsi tra i nostri rappresentanti diplomatici e consolari e le autorità locali non hanno dato esiti concreti, anche se sembrerebbe esserci da parte dell’Administraciòn Federal de Ingresos Publicos (AFIP), l'ente tributario, una qualche apertura almeno per il rinvio delle misure restrittive;
          l'orientamento prevalente all'interno della nostra comunità, suffragato anche dalla valutazione di esperti, è che la trasmissione delle pensioni da parte dello Stato italiano a propri concittadini non possa essere assimilata ad una qualsiasi operazione valutaria, ma ad un rapporto tutelato dalla legge italiana e fondato su un diritto del cittadino;
          il pagamento delle pensioni italiane ai nostri connazionali in Argentina, peraltro, ha dei risvolti non solo finanziari, ma anche di privacy e di sicurezza, come dimostrano i casi purtroppo crescenti di aggressione da parte della piccola malavita locale a pensionati italiani, soprattutto nei giorni di riscossione;
          la perdita di valore delle pensioni percepite dai nostri connazionali in Argentina aggrava la già critica situazione di persone che spesso non possono contare su una diversa fonte di reddito e cade in momento di regressione dell'intervento pubblico italiano per l'assistenza diretta e indiretta delle persone in stato di indigenza  –:
          se non intendano promuovere ulteriori contatti con le autorità argentine per rappresentare la lesione dell'interesse dei pensionati italiani che con tali misure obiettivamente si determina e, nello stesso tempo, le ripercussioni critiche che possono ricadere sul contesto economico locale;
          se non sia utile approfondire attraverso il dialogo l'esigenza di una specifica sospensione delle misure di restrizione cambiaria, per considerazioni di ordine giuridico inerenti alla particolare natura dei rapporti pensionistici e di solidarietà umana e sociale, trattandosi di categorie di persone che hanno accumulato un notevole credito sociale e morale nel corso della loro esistenza e che oggi sono esposte a condizioni di marginalità e di bisogno. (4-17027)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
          con riferimento al disastro ambientale, avvenuto nella notte del 17 dicembre 2011 a nord dell'isola di Gorgona, risultano ancora essere abbandonati nei fondali 86 bidoni carichi di sostanze tossiche;
          la dinamica sulla caduta dei fusti tossici in mare è ancora tutta da chiarire, in particolare per quanto attiene l'ambito delle indagini sulle cause e sulle responsabilità;
          le ultime analisi dell'istituto superiore della sanità non hanno rilevato anomalie sulle acque campionate e sui pesci; tuttavia, a fronte del rilascio di una quantità rilevante e concentrata di materiale inquinante, resta in ogni caso alto il rischio che nel lungo periodo ci si possa trovare di fronte a un disastro ecologico in grado di compromettere l'ecosistema di buona parte del Mar Tirreno e, di conseguenza, l'economia legata a pesca e turismo;
          il dossier «rischi» redatto dall'Arpat nel mese di febbraio (quando ancora, da notizie stampa, si evinceva il fatto che il recupero dei fusti sarebbe stato solo questione di giorni), i tecnici dell'Agenzia regionale esprimevano la preoccupazione di come il rischio contaminazione «potrebbe diventare più consistente se il carico in fondo al mare dovesse rimanervi a lungo». In questo caso gli effetti sull'ambiente e la biodiversità potrebbero avere gravi ricadute anche per la riserva marina, santuario dei cetacei;
          la stessa Arpat ha potuto analizzare solo dopo quaranta giorni il contenuto dei fusti rimasti a bordo del Venezia, scoprendo, in tal modo, che le schede di carico contenevano informazioni non corrette e che non vi è ancora stato alcun rendiconto su questo;
          a parere dell'interpellante, la ricerca dei fusti è stata sottovalutata, poco accurata e comunque attivata con mezzi inadeguati dimostrando tutta l'inadeguatezza delle istituzioni preposte a far fronte a questa emergenza non sufficientemente considerata; la ricerca e il recupero sono a carico dell'armatore Grimaldi, proprietario della motonave Eurocargo Venezia, e qualora fossero classificati come rifiuti, anche della ERG;
          a causa delle correnti, del fondo sabbioso e mobile, dei ritardi nelle ricerche, aumenta di giorno in giorno il rischio che i carichi persi non saranno più recuperati;
          l'incidente ripropone, con preoccupazione, il problema del numero elevato di perdite di carico e affondamenti (25 in 34 anni) segnalati da reporter impegnati nelle inchieste sui traffici di rifiuti tossici;
          il traffico marittimo ha regole ormai inadeguate o comunque insufficienti, in materia di acque territoriali e pertanto servono norme vincolanti, con veri piani regolatori regionali o interregionali per garantire navigazione in sicurezza e tutela ambientale secondo il principio del «chi inquina paga»;
          è assolutamente necessario e prioritario che i bidoni tossici non abbandonati nei fondali a qualche miglio dal mare protetto di Pianosa e in pieno santuario internazionale dei mammiferi marini Pelagos;
          per monitorare con continuità le conseguenze possibili del disastro risulta indispensabile conoscere con esatta precisione la tipologia delle sostanze contenute nei bidoni, analizzando il contenuto dei fusti recuperati e diffondendo i risultati ai cittadini;
          anche il monitoraggio operato dall'Arpat (che deve essere esteso alle zone interessate dalle correnti ed essere costante) richiede parametri e ipotesi di partenza sui quali costruire modelli di rilevazione, altrimenti gli stessi controlli potrebbero risultare poco attendibili. Come pure è necessario obbligare mittente e vettore a fornire informazioni ufficiali e vere, perché la dinamica dell'incidente risulta, ancora oggi, piena di punti oscuri, a partire dal fatto di come sia stato possibile trasportare un carico simile in questo tratto di mare e senza accurate precauzioni viste le pessime condizioni meteorologiche; inoltre, le imprecise indicazioni sulla zona della perdita, le irregolarità sulla documentazione di viaggio, i ritardi nella comunicazione dell'incidente e nelle operazioni legittimano i molti dubbi e incertezze che potranno trovar risposte solo con l'avvio di procedimenti legali, per chiarire tutte le responsabilità e poter richiedere i dovuti risarcimenti;
          l'ambiente rappresenta una rilevante ricchezza del nostro Paese che va salvaguardata e curata anche per ragioni economiche, etiche e di tutela della salute  –:
          quali impegni concreti intenda assumere al fine di trovare una soluzione per recuperare e mettere in sicurezza tutti i bidoni, considerato che ancora molti giacciono sul fondo del mare e, come è stato da più parti evidenziato, non c’è tempo da perdere;
          quali iniziative intenda intraprendere per fare in modo che i costi non ricadano sulla collettività e siano invece addebitati ai responsabili del disastro;
          se non ritenga di tenere costantemente informati i cittadini e le istituzioni sullo stato delle ricerche e del recupero e sullo stato della collaborazione tra le diverse istituzioni in campo, quali l'ARPAT, la capitaneria, la regione, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
          se, alla luce di quanto esposto, ritenga di confermare quanto già affermato dal Sottosegretario Fanelli (in risposta a un'interrogazione a risposta orale 3-02766 della senatrice Granaiola del 17 aprile 2012) e cioè che il contenuto dei fusti è classificabile come rifiuto e quindi rendere noto il documento del gruppo tecnico nominato dal Ministero a supporto di tale affermazione;
          nel caso dovesse trattarsi di rifiuto, quali iniziative si intendano intraprendere presso il produttore ai fini dell'assolvimento dell'obbligazione in solido al recupero dei rifiuti dal fondo marino.
(2-01606) «Evangelisti, Piffari».

Interrogazioni a risposta scritta:


      DIMA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          Italia Nostra onlus, associazione per la tutela del patrimonio storico, artistico e naturale del Paese, ha presentato nei giorni scorsi la 5° campagna nazionale «Paesaggi sensibili 2012» dedicata ai parchi ed alle aree naturali protette;
          pur potendo definire il nostro Paese come uno dei più bei giardini d'Europa, avendo ben il 20 per cento del proprio territorio nazionale occupato da parchi ed aree protette a fronte di una media comunitaria del 17,5 per cento, mai come adesso, secondo il dossier di Italia Nostra, questo importante patrimonio ambientale e naturalistico sarebbe a serio rischio di deturpazione;
          la maggior parte di questi rischi sarebbe da collegare sia ad interventi invasivi, in alcuni casi realizzati abusivamente, in altri, addirittura, autorizzati dalle istituzioni competenti, in materia di trivellazioni, realizzazione di centrali a biomassa o eoliche e di cave sia a mancata o carente tutela del territorio sempre più esposto a pericoli di erosione e dissesto;
          questo primato europeo, raffigurato da ben 2.287 siti di importanza comunitaria, 601 zone di protezione speciale e 871 aree protette, potrebbe essere utilizzato come importante volano di sviluppo socio-economico dei nostri territori, atteso che rappresenta l'asse portante del cosiddetto «turismo verde» che, con oltre 99 milioni di presenze in parchi e aree protette nel 2010 (fonte Enit, Istat), con una crescita dello 0,46 per cento rispetto all'anno precedente, e 10,7 miliardi di euro di fatturato annuo, è diventato uno dei segmenti più importanti dell'economia nazionale;
          i parchi non sono solo natura ma anche storia, cultura, identità e lavoro e quindi fanno parte di un unico patrimonio storico, culturale, ambientale ed artistico che deve essere tutelato nella sua interezza contro infrastrutture troppo invasive che danneggiano le reti ed i corridoi ecologici;
          Italia Nostra ha redatto un elenco di 10 parchi in pericolo in cui sono compresi il parco della Sila e quello del Pollino, in Calabria, ed ha evidenziato che i rischi sarebbero legati a mancanza di controlli e continue violazioni dei regolamenti di gestione, scarsezza di finanziamenti, con risorse che dagli 8,5 milioni di euro del 2001 sono passate ai 3,6 milioni di euro del 2012, carenza di formazione del personale  –:
          quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere per garantire una maggiore tutela dei parchi e delle aree naturali protette, con particolare riferimento a quelli della Calabria, che secondo il dossier di Italia Nostra sarebbero a rischio e per favorire la realizzazione di un percorso di valorizzazione e promozione dei suddetti parchi che possa diventare effettivamente trainante per il territorio. (4-17022)


      BOSSA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          a nord di Napoli c’è una vasta area denominata «Giuglianese», cresciuta intorno al comune di Giugliano, confinante con altri comuni medio grandi come Qualiano e Villaricca, e con una parte della fascia costiera domiziana, dove risiedono centinaia di migliaia di abitanti;
          nell'area Giuglianese è in atto, da anni, una vera e propria emergenza ambientale determinata da sistemi diffusi, legali e fuorilegge, di smaltimento dei rifiuti che hanno gravemente inquinato il territorio;
          forte è stato, come si evidenzia da alcune inchieste giudiziarie, l'ingresso nel sistema di trattamento dei rifiuti dei clan di camorra, che proprio nel Giuglianese hanno localizzato molti impianti fuorilegge dove sono stoccati in maniera illegale rifiuti tossici e nocivi;
          tra i siti a più alta problematicità c’è quello della cava ex Resit, che ha funzionato come discarica per 24 anni; una vasta area al centro dello sversamento criminale e legalizzato di 341 mila tonnellate di rifiuti pericolosi, di 160 mila tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi e di 305 mila tonnellate di rifiuti solidi urbani; in prossimità della stessa ci sono due siti di stoccaggio Fibe (Ponte Riccio e Cava Giuliano) dove sono accatastati da 8 anni 275.000 metri cubi di rifiuti;
          l'ex Resit, insieme alla discarica di Novambiente, era di proprietà del boss pentito Gaetano Vassallo (considerato tra le menti dei traffici dei rifiuti tossici che dal Nord Italia giungevano in Campania); essa insieme alla discarica di Masseria del Pozzo, alla Schiavi e alla Cava Giuliani, occupa una vasta aerea di 120 ettari di terra;
          la gestione imprenditoriale degli impianti era del plurindagato avvocato di Parete, Cipriano Chianese, arrestato nel 2005 per concorso esterno in associazione mafiosa; alla fine degli Anni ottanta Chianese ha fondato la Setri, ribattezzata poi Resit, una società che si sarebbe dovuta occupare del trattamento dei rifiuti pericolosi che giungevano da tutta Italia; rifiuti che una volta sul posto, però, anziché essere smaltiti venivano solo seppelliti;
          il risultato è stato avvelenare il terreno e le falde acquifere; un disastro ambientale totale che, stando alle parole di Giovanni Balestri, il geologo incaricato dalla Dda di Napoli di indagare sul contenuto delle acque dei pozzi della zona, entro il 2064 diventerà inevitabile, quando cioè il percolato altamente tossico che «fuoriesce inesorabilmente dagli invasi sarà completamente penetrato nella falda acquifera che è collocata al di sotto dello strato di tufo sopra il quale si trovano le discariche. I veleni contamineranno decine di chilometri quadrati di terreno e tutto ciò che lo abiterà»;
          sul sito, attualmente, sono state segnalate esalazioni tossico-nocive, attribuite ad attività di autocombustione sotterranee dei rifiuti stoccati in questo impianto; in tutta l'area, varie indagini hanno determinato la necessità di una bonifica radicale, di una destinazione ad uso agricolo «no food», segnalando, come sopra detto, il rischio di una grave contaminazione dell'acqua di falda e dei pozzi, tanto che sono state emanate varie ordinanze sindacali per la chiusura dei pozzi stessi;
          tutta l'area è spesso oggetto di incendi per incuria e abbandono delle zone, delle vecchie discariche dismesse, con una spaventosa moltiplicazione dei pericoli; su alcune strade contigue ci sono da anni sversamenti abusivi di rifiuti mai rimossi; sono stati rilevati anche rifiuti speciali e amianto, a volte dati alle fiamme;
          sull'area ex Resit è stato costruito un progetto di bonifica e messa in sicurezza; l'area è stata definita Sin (sito di interesse nazionale per le bonifiche); è stata oggetto di una ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri (la n.  3891 del 4 ottobre 2010) denominata «interventi urgenti di messa in sicurezza e bonifica delle aree di Giugliano in c.e. dei laghetti di Castelvolturno»;
          si è provveduto ad uno stanziamento di 48 milioni di euro, con una responsabilità operativa affidata al commissariato straordinario per le bonifiche (su cui pende, però, l'incertezza di un mandato ufficialmente scaduto senza che nessuno sia ufficialmente subentrato nelle competenze e nei compiti) e alla società Sogesid;
          in data 7 ottobre 2010 è stata sottoscritta una apposita convenzione tra la SOGESID, il Commissario delegato ex. OPCM 3891/2010, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e la regione Campania, al fine di attuare gli interventi di cui alla citata OPCM;
          la procedura di bonifica appare andare a rilento; l'area è attualmente sottoposta a sequestro giudiziario da parte della procura della Repubblica di Napoli e questo allunga un'ombra aggiuntiva sui tempi di realizzazione della bonifica, che però appare non più rinviabile data la situazione di vero allarme sulla zona  –:
          se il Ministro sia a conoscenza della situazione di emergenza ambientale dell'area a nord di Napoli denominata «Giuglianese»; se e come intenda attivarsi, nell'ambito delle proprie competenze, perché in quella zona sia salvaguardata e tutelata la salute dei cittadini con l'avvio di una bonifica complessiva dei siti inquinati, in particolare nell'area ex Resit, di un monitoraggio costante del territorio, di una tutela effettiva della salute pubblica. (4-17049)


      REALACCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          come risulta da alcuni articoli apparsi sulla stampa locale, tra cui un pezzo pubblicato dal quotidiano «Il Tirreno» dello scorso 7 ottobre 2011, e da proteste promosse dai residenti, all'entrata del territorio comunale di Castelnuovo Val di Cecina (Pisa) insiste un'area, di proprietà della soluzione S.r.l, di Idilio Masi, in cui sono ammassati oggetti della natura più varia e rifiuti speciali come ad esempio vecchi pneumatici;
          a quanto si apprende la Soluzione S.r.l. è una delle 3 aziende italiane titolari di un appalto di recupero in conto vendita di beni dismessi dallo Stato tramite la Croce rossa italiana od a essa donati: all'atto di vendita una parte del ricavo va in favore della Croce rossa italiana, una parte, nella fattispecie, rimane a beneficio della società di Masi;
          nell'area sopraccitata sono ammassati oggetti anche di grosse dimensioni: macchine, caravan della CRI, mezzi militari, anche risalenti ai due conflitti mondiali, motopescherecci, lance della polizia di Stato o della Guardia di finanza, batterie, pneumatici militari e non, indumenti ed alcuni rifiuti classificabili come RAEE, ovvero «rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche», il cui stoccaggio, trasferimento e recupero sono regolamentati dalla direttiva RAEE (o Direttiva WEEE, da «Waste of electric and electronic equipment»), recepita in Italia dal Decreto «RAEE», n.  208 del 2008;
          risulta all'interrogante che per determinate tipologie di rifiuti è presumibilmente alto il rischio del suolo nelle aree interessate dallo stoccaggio di materiali, come: batterie, motori, RAEE ed oli esausti  –:
          se il governo sia a conoscenza della questione e se non ritenga opportuno, anche per tramite degli uffici territoriali del Governo, e del comando carabinieri per la tutela dell'ambiente verificare la condizione del rimessaggio e la sua conformità alla normativa europea e nazionale sullo stoccaggio dei rifiuti da parte della soluzione s.r.l. (4-17052)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          con le interrogazioni n.  4-04869 del 29 marzo 2011 (Senato) e n.  4-13533 del 10 ottobre 2011 (Camera), i deputati e senatori radicali hanno rivolto precisi quesiti in merito ai fatti che hanno coinvolto il maresciallo di prima classe Luca Marco Comellini, e chiesto di conoscere le eventuali azioni che intenda intraprendere in merito;
          a seguito dei fatti narrati negli atti di sindacato ispettivo, dopo un lungo periodo di malattia, in data 4 giugno 2012, con ampie e dettagliate motivazioni, il citato militare ha rinunciato al transito nelle corrispondenti aree funzionali del personale civile del Ministero della difesa;
          la rinuncia al transito del personale delle Forze armate e dell'Arma dei carabinieri giudicato non idoneo al servizio militare incondizionato per lesioni dipendenti o meno da causa di servizio nelle aree funzionali del Ministero della difesa, ai sensi dell'articolo 14, comma 5, della legge 28 luglio 1999, n.  266 (ora articolo 930 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n.  66) e del decreto interministeriale 18 aprile 2002, non può essere qualificata come revoca della domanda di transito, ma esprime invece, un autentico negozio abdicativo di un diritto soggettivo già entrato nel patrimonio del richiedente e come tale produttivo di effetti ex nunc e non già ex tunc;
          l'articolo 1877, primo periodo, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n.  66, che ha recepito l'articolo 29 della legge n.  599 del 1954, stabilisce che «1. Al militare cessato dal servizio permanente ai sensi dell'articolo 929, comma 1, sono corrisposti per un periodo di tre mesi gli interi assegni spettanti al pari grado del servizio permanente»;
          il decreto interdirettoriale del 14 maggio 2010, del direttore generale della direzione generale per il personale civile, di concerto con il direttore generale della direzione generale per il personale militare, è chiaro nello stabilire, all'articolo 2, che «Il personale di cui all'articolo 1 del presente decreto è considerato in aspettativa con il trattamento economico goduto all'atto dell'emissione del giudizio di non idoneità, dalla data di cessazione dal servizio nel ruolo della Forza armata di provenienza sino a quella del giorno precedente l'effettiva assunzione in servizio in qualità di personale civile»;
          l'articolo 14, comma 5, legge n.  266 del 1999 ha stabilito che «Il personale delle Forze armate, incluso quello dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della Guardia di finanza, giudicato non idoneo al servizio militare incondizionato per lesioni dipendenti o meno da causa di servizio, transita nelle qualifiche funzionali del personale civile del Ministero della difesa e, per la Guardia di finanza, del personale civile del Ministero delle finanze, secondo modalità e procedure analoghe a quelle previste dal decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982, n.  339, da definire con decreto dei Ministri interessati, da emanare di concerto con i Ministri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e per la funzione pubblica». Il procedimento di transito è stato individuato dal decreto ministeriale 18 aprile 2002;
          la giurisprudenza del Consiglio di Stato che ha fatto applicazione dell'articolo 14 cit. e del decreto ministeriale attuativo, ha avuto modo di precisare: «a) il militare giudicato inidoneo mantiene lo status proprio in s.p.e. (servizio permanente effettivo), ma nella posizione di aspettativa, ex articolo 2, comma 7, decreto ministeriale citato, fino al momento dell'assunzione nell'amministrazione civile previa stipulazione del relativo contratto individuale di lavoro; b) il legislatore ha sterilizzato – nel lasso temporale che va dalla data della visita medica a quella dell'effettivo transito nei ruoli civili – l'applicazione di tutte le disposizioni riguardanti solo ed esclusivamente le modifiche di posizioni di stato o di avanzamento (arg. ex articolo 2, comma 3, decreto ministeriale citato). Si sono, in tal modo, volute evitare soluzioni di continuità del rapporto d'impiego durante il periodo di tempo in concreto impegnato dall'amministrazione per effettuare il transito nei ruoli civili. Sotto tale angolazione il corrispondente periodo di aspettativa, antecedente all'assunzione in servizio presso l'amministrazione civile, è comunque da considerarsi prestato, a tutti gli effetti, alle dipendenze dell'amministrazione militare» (Consiglio di Stato, Sentenza 6825/2007);
          quindi, secondo la statuizione del Consiglio di Stato il militare è cessato dall'attività di servizio permanente in data 4 giugno 2012;
          in data 15 giugno 2012 la direzione generale per il personale militare, II reparto – 5a divisione, con il messaggio prot. nr. M-D GMIL1 II 5 1 -2012/0266603 15 giu 2012, ha dato comunicazione agli enti interessati che con decreto dirigenziale in corso di perfezionamento, di averne disposto la «cessazione dal servizio permanente per infermità ed il contestuale collocamento in congedo assoluto, a decorrere dal 28 gennaio 2009» e, «per il periodo dal 28 gennaio 2009 al 4 giugno 2012, il predetto maresciallo Comellini Luca Marco deve considerarsi in aspettativa [...]»;
          agli interroganti appare illogico e giuridicamente impossibile che possa determinarsi in capo allo stesso soggetto la coesistenza di due condizioni dello stato giuridico – quella del «congedo assoluto» e quella dell’«aspettativa» – che definiscono momenti distinti del rapporto di impiego con l'amministrazione datoriale. Conseguentemente, la decisione di non corrispondere il trattamento economico di cui al citato articolo 1877 non sembra rispondere a una corretta applicazione della norma ne appare sufficiente a superare quanto statuito dall'alto consesso in relazione alla qualificazione del rapporto di impiego durante il periodo che intercorre tra la dichiarazione di permanente inidoneità al servizio e l'effettivo transito nei ruoli dei dipendenti civili della difesa, ovvero fino alla data della rinuncia;
          consta inoltre agli interroganti che taluni militari, dichiarati permanentemente non idonei al servizio per lesioni non dipendenti da causa di servizio, non venga corrisposto alcun trattamento economico a seguito delle decurtazioni effettuate per l'effetto del superamento senza soluzione di continuità dei periodi di aspettativa precedenti alla dichiarazione di non idoneità al servizio e che dette decurtazioni incidono sull'erogazione del trattamento economico spettante durante tutto il periodo della procedura di transito, a volte annullandolo, con la conseguenza che in taluni casi il soggetto interessato si trova a non avere alcuna ogni forma di sostentamento economico e che tale situazione permane immutata fino all'effettivo transito nei ruoli civili dell'amministrazione o, in caso di rinuncia, fino all'effettiva corresponsione del trattamento pensionistico a cura dell'ente previdenziale. Appare solo il caso di ricordare che il personale in attesa di transito nei ruoli civili non può esercitare alcuna attività lavorativa dipendente  –:
          se sia a conoscenza dei fatti in premessa e quali immediate e urgenti iniziative intenda intraprendere per garantire la soluzione di continuità tra il trattamento economico stipendiale percepito dal militare in premessa fino al 4 giugno 2012 e il trattamento pensionistico che presumibilmente verrà erogato al militare ora in congedo assoluto soltanto a decorrere dal mese di settembre prossimo;
          se sia a conoscenza dell'esistenza di altre situazioni analoghe a quella narrata nell'ultimo capoverso delle premesse, quante siano e quali immediate iniziative intenda intraprendere in merito. (5-07473)

Interrogazioni a risposta scritta:


      BOCCUZZI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          esiste un lungo elenco di marescialli, ufficiali, soldati semplici deceduti, colpiti da mesotelioma pleurico;
          il procuratore Raffaele Guariniello ha aperto un fascicolo, che raccoglie informazioni fra le centinaia di cartelle cliniche, in Piemonte e nel resto d'Italia;
          questa indagine riguarda gli uomini dell'esercito che prestavano servizio nei settori meccanizzati, che venivano a contatto con carri armati o mezzi corazzati dotati fino a poco tempo fa di rivestimenti di amianto o allestiti con componenti meccanici ricchi della fibra «killer», il cui contatto può aver provocato la malattia;
          a seguito del monitoraggio dell'Osservatorio regionale piemontese sull'amianto si è riscontrata un'incidenza anomala di mesotelioma tra i militari deceduti negli ultimi anni o tuttora sottoposti a cure intensive;
          i casi accertati sono a oggi 335;
          sono stati presi in esame due periodi, prima e dopo il 1970;
          analizzando i dati su base nazionale, è stata riconosciuta una certa correlazione tra l'attività svolta nell'esercito e l'insorgenza, dopo decenni della malattia;
          molti soggetti colpiti da mesotelioma hanno guidato a lungo i mezzi cingolati o hanno fatto parte degli equipaggi. Altri hanno effettuato interventi di manutenzione dei mezzi corazzati o manipolato l'attrezzatura destinata ai veicoli. In alcuni casi, anche la vernice conteneva miscele di amianto per proteggere i veicoli da influssi termici e acustici;
          ormai dal 1992 l'amianto è fuori legge, ma la procura torinese ha il timore che alcuni mezzi oggi contengano ancora fibre, nonostante l'avviata bonifica e la sostituzione dei veicoli obsoleti da parte dell'Esercito  –:
          quali iniziative intenda assumere perché le strutture militari mettano in atto le prescrizioni necessarie affinché sia eliminato il rischio di venire a contatto con le particelle di amianto. (4-17031)


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 208 del codice dell'ordinamento Militare decreto legislativo n.  66 del 2012, come modificato dal decreto legislativo n.  20 del 2012 dispone che «L'attività sanitaria è consentita al personale in possesso dei titoli per l'esercizio delle professioni sanitarie e alle figure di supporto sanitario, riconosciute dal Ministero della salute, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 213 per i soccorritori militari»;
          la direttiva «Il sostegno sanitario di aderenza nelle operazioni di risposta alle crisi – edizione 2011» dello Stato Maggiore Esercito, inserisce al capitolo III – Le figure sanitarie, punto 10 – «L'Aiutante di Sanità che viene identificato come segue: "L'Aiutante di sanità, nonostante non sia riconosciuto come operatore sanitario a tutti gli effetti, svolge una funzione essenziale nelle attività del Servizio Sanitario, sia in Patria sia all'estero». In particolare, dispone, tra l'altro, che: «L'Asa opera sotto il diretto controllo e la responsabilità dell'ufficiale medico che lo impiega, in genere, per: la somministrazione della terapia orale e l'effettuazione di semplici medicazioni su indicazione e supervisione dell'Ufficiale medico; il completamento dei team di emergenza sui mezzi di soccorso che, in attività operativa, costituiscono l'equipaggio delle ambulanze non medicalizzate (squadre di trattamento di base); la compilazione e tenuta della documentazione sanitaria (registri, libretti di vaccinazione, eccetera); l'assistenza all'ufficiale medico nell'attività di visita ambulatoriale; la tenuta in ordine delle sale visita, dei magazzini sanitari e della sterilizzazione dei ferri chirurgici; l'assistenza al personale ricoverato presso le sale degenza delle infermerie di corpo; coadiuvare l'Ufficiale medico ed il SU. infermiere nell'attività di controllo su materiali, farmaci ed attrezzature in dotazione all'infermeria; l'allestimento del posto medicazione in addestramento ed in operazioni»;
          tale figura, per stessa affermazione delle forze armate non essendo riconosciuta come operatore sanitario a tutti gli effetti, non ricompresa tra le professioni sanitarie e nemmeno tra le figure di supporto sanitario di attuale possibile formazione riconosciute da parte del Ministero della salute;
          se ed in quali modalità tale qualificazione sia compatibile con lo stesso articolo 208 del codice dell'ordinamento della difesa e con le attuali norme che regolano l'esercizio delle professioni sanitarie e delle figure di supporto sanitario in Italia;
          quali urgenti iniziative i Ministri interrogati intendano assumere in merito a quanto segnalato, anche in relazione alle possibili ripercussioni per la salute del personale alle armi. (4-17053)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


      NEGRO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          la difficile situazione economica che in questi ultimi anni ha colpito i diversi Stati dell'Europa sta determinando ripercussioni molto pesanti anche sugli enti locali italiani;
          i numerosi provvedimenti adottati negli ultimi mesi, tra cui anche la legge di stabilità per l'anno 2012 e il «decreto Salva-Italia», hanno riguardato anche tutti gli enti locali, dalle regioni ai piccoli comuni, a cui è stato richiesto un importante sforzo come contributo degli enti periferici alla riduzione del debito pubblico italiano;
          organi di stampa, sia internet che via web, riportano la notizia secondo la quale la Corte costituzionale avrebbe accolto un ricorso presentato dalla regione Veneto, stabilendo che è illegittimo l'articolo 5-bis del decreto-legge n.  138 del 2011, relativo a misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, attraverso il quale il Governo assicurava a cinque regioni meridionali – Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia – di poter effettuare degli investimenti sforando il tetto del patto di stabilità a danno delle Regioni più virtuose;
          la norma contestata consentiva, attraverso un complesso meccanismo di finanziamento, di favorire le regioni meno virtuose consentendo loro di eccedere in termini di competenza e di cassa i limiti di spesa fissati dalla normativa nazionale, con la conseguenza che altre Regioni, tra cui anche il Veneto, oltre a vedersi costrette a rispettare le ristrettive leggi vigenti, avrebbero dovuto contribuire ai maggiori oneri determinati da tale meccanismo;
          la sentenza della Corte costituzionale ha ritenuto fondato il ricorso della Regione Veneto, sulla base del principio della piena responsabilità finanziaria di ciascun ente in relazione alle funzioni di cui è titolare, sancito dall'articolo 119 della Costituzione;
          il Governo ha deciso di adottare, in queste ultime settimane, un provvedimento d'urgenza, denominato «spending review» che fa seguito a precedenti e simili accorgimenti finalizzati a limitare voci della spesa pubblica e che gravano sempre più sul debito pubblico italiano, giunto ormai a lambire i 2.000 miliardi di euro e che continua a rappresentare un freno alla ripresa e alla crescita del sistema Paese  –:
          se il Ministro interrogato non ritenga opportuno considerare le indicazioni della Corte costituzionale adottando le necessarie iniziative normative al fine di modificare le disposizioni di riferimento.
(5-07472)

Interrogazioni a risposta scritta:


      FUCCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          l'Agenzia delle entrate per la provincia di Barletta-Andria-Trani ha decretato la chiusura estiva della sede decentrata di Andria;
          ciò crea disagi, in particolare alla popolazione anziana e con problemi di salute in un periodo tanto caldo, per quello che è il capoluogo più popoloso della provincia con circa 100 mila abitanti;
          inoltre è dal 2010 che, durante il periodo di apertura, la sede decentrata porta avanti orari di attività progressivamente ridottisi;
          la stampa locale ha evidenziato molte lamentele da parte dei cittadini sul progressivo diradarsi delle ore di attività della sede di Andria e sulle voci relative a una possibile mancata riapertura della stessa (per motivi di costi e di gestione del personale) dopo il 31 agosto prossimo, quando in teoria dovrebbe riprendere l'attività  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se ritenga opportune eventuali misure di indirizzo nei confronti dell'amministrazione dell'Agenzia delle entrate rispetto alle sua attività in una città capoluogo di provincia. (4-17026)


      MIGLIORI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 13, decreto legislativo n.  545 del 1992 stabilisce che il Ministro dell'economia e delle finanze con proprio decreto determina sia il compenso fisso mensile spettante ai componenti delle commissioni tributarie sia un compenso aggiuntivo per ogni ricorso definito;
          con l'articolo 37 del decreto-legge 6 luglio 2011, n.  98, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  111 del 2011, è stato disposto l'aumento del contributo unificato, introdotto anche nel processo tributario;
          secondo le previsioni normative, le somme derivanti dal contributo, una volta versate all'entrata del bilancio dello Stato, devono essere riassegnate ad apposito fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, per la realizzazione di interventi urgenti in materia di giustizia civile, amministrativa e tributaria;
          premesso altresì che i compensi ai giudici tributari sono invariati dal 2006;
          che nonostante gli importi irrisori sono divenuti cronici i ritardi con cui vengono erogati i compensi ai giudici tributari;
          che il direttore generale del dipartimento delle finanze, con nota n.  18813 del 22 novembre 2011, ha disposto di corrispondere soltanto il 36 per cento delle somme dovute per compenso variabile ai giudici tributari su quello dovuto per il primo semestre 2011;
          che quindi ad oggi risultano ancora da corrispondere il 64 per cento dei compensi del primo semestre 2011, oltre ai compensi maturati dal 1° luglio 2011 ad oggi  –:
          quali siano i dati relativi all'introduzione del contributo unificato nel processo tributario, con riferimento sia al gettito ricavato su base regionale sia al numero dei ricorsi o appelli presentati alle commissioni tributarie provinciali e regionali;
          se sia in itinere il procedimento amministrativo-contabile relativo all'erogazione dei compensi ai giudici tributari e quando presumibilmente detti giudici incasseranno i corrispettivi;
          quali siano i motivi in base ai quali il direttore generale del dipartimento delle finanze, con nota n.  18813 del 22 novembre 2011, ha disposto di corrispondere soltanto il 36 per cento delle somme dovute per compenso variabile ai giudici tributari su quello dovuto per il primo semestre 2011, nonostante il cospicuo gettito del contributo unificato che parrebbe essere stato nel secondo semestre di circa 20 milioni di euro;
          se si ritenga ancora ragionevole retribuire i giudici tributari con importi che l'interrogante considera del tutto irrisori nonostante la delicata funzione svolta.
(4-17042)


      TOCCAFONDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          Farmindustria ha diramato alcuni dati che dimostrano che a marzo del 2012 i tempi di pagamento da parte delle strutture pubbliche verso le aziende farmaceutiche, sono stati in media di 251 giorni, con crediti vantati da parte delle imprese del farmaco per circa 4 miliardi di euro;
          lo studio, pubblicato da Farmindustria, evidenzia che per il pagamento dei debiti con le case farmaceutiche, è presente ancora una forte variabilità tra le regioni. Ad esempio sono 86 giorni i giorni che occorrono nel Friuli Venezia Giulia mentre ne occorrono 740 giorni in Calabria e 630 giorni in Molise;
          in ogni caso l'84 per cento dei crediti dipende da regioni che pagano a oltre 200 giorni;
          secondo lo studio sopracitato il dato nazionale dei giorni necessari al pagamento dei debiti, è in crescita del 2 per cento rispetto a dicembre 2011 ma la maggior parte delle regioni (12) ha avuto un aumento superiore alla media, in 10 casi superiore al 5 per cento;
          si nota, inoltre, che il valore complessivo è infatti molto influenzato dalla regione Lazio che vale l'11,2 per cento dei crediti totali, che ha ridotto i tempi del 14,5 per cento (equivalente a 48 giorni) a seguito di pagamenti riferiti a crediti pregressi e transatti. Al netto di tale fenomeno, l'aumento dei tempi di pagamento a livello nazionale è pari a +6 per cento rispetto a dicembre 2011;
          se i dati dello studio sono reali, viene confermato in definitiva una tendenza all'allungamento dei tempi di pagamento di circa il 20 per cento rispetto a due anni fa, fenomeno che determina un rilevante svantaggio competitivo per le imprese in Italia, che in tal modo non possono disporre – a differenza di quelle negli altri Paesi con esposizione finanziaria molto minore – di risorse che potrebbero essere invece reinvestite;
          il settore è per sua natura collegato alle pubbliche amministrazioni, nazionali e decentrate;
          il settore dell'industria farmaceutica è un settore strategico per il nostro Paese che conta 25 miliardi di euro di produzione, con un export pari al 61 per cento, 2,4 miliardi di euro investiti sul territorio in produzione e ricerca ogni anno, 65.000 addetti altamente qualificati, molti dei quali occupati nelle 165 fabbriche farmaceutiche, 6.000 ricercatori;
          in termini di investimenti, occupazione e reddito, imposte pagate, indotto il contributo che il settore da all'economia del Paese vale più della spesa pubblica per medicinali a ricavo industria;
          l'industria farmaceutica italiana ha un bilancio di 10 mila addetti in meno solo negli ultimi anni  –:
          se il Governo sia a conoscenza della situazione descritta in premessa e se i dati sopra descritti corrispondano al vero;
          quali iniziative intendano intraprendere i Ministri interrogati in merito alla situazione descritta dall'interrogante, per ridurre al minimo i tempi di pagamento dei debiti che le strutture pubbliche hanno verso le aziende farmaceutiche e salvaguardare in questo modo, un settore altamente innovativo e strategico per l'economia del Paese. (4-17044)

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
          l'articolo 1 della legge n.  148 del 2011 contiene una delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa ed incremento di efficienza;
          in attuazione della delega, il Governo ha presentato uno schema di decreto legislativo recante nuova organizzazione dei tribunali ordinari;
          secondo gli interpellanti la delega non è stata applicata correttamente ed è stato disatteso l'orientamento espresso nella stessa relazione in quanto non è stato attuato né il principio previsto all'articolo 1, comma 2, lettera b), né quello prioritario della lettera e), e cioè il riequilibrio delle attuali competenze tra uffici limitrofi della stessa area provinciale caratterizzati da rilevante differenza di dimensioni;
          il tribunale di Catania si caratterizza, infatti, per l'esistenza di un'area vasta di un milione di abitanti, di un organico di 156 magistrati e di 563 amministrativi sul quale, sulla base dei criteri generali suesposti sarebbero dovute essere effettuate azioni finalizzate all'alleggerimento dei carichi di lavoro dal momento che, nei tribunali con pianta organica compresa tra 61 e 100 unità di magistrati, la produttività segna un vertiginoso crollo da 681 a 435;
          il tribunale di Caltagirone è l'unico altro tribunale della provincia di Catania che comprende una vasta area di 1217,37 chilometri quadrati che abbraccia tutta la parte meridionale della provincia di Catania, il cui circondario, sesto in Italia per giudici in pianta organica, caratterizzato da performance preoccupanti come tutti i grandi tribunali, necessita urgentemente di un sostanzioso alleggerimento del carico giudiziario;
          non risponde all'obiettivo dell'efficienza dell'amministrazione della giustizia né dell'economia di risorse finanziarie il mantenimento di un circondario così vasto come dimostrano diversi ordini del giorno accolti dal Governo durante l'approvazione della legge n.  148 del 2011 e varie proposte di legge presentate nella XIV e nella XV legislatura in funzione deflattiva di una realtà giudiziaria così grande da risultare inefficiente ed ingovernabile e tese ad una razionalizzazione delle risorse e ad un potenziamento degli uffici giudiziari di più piccole dimensioni (esemplificativamente si evidenzia come i comuni di Castel di Iudica, Raddusa e Ramacca, attualmente facenti parte del circondario di Catania, per ragioni storiche, culturali, economico-sociali, hanno sempre gravitato nell'area di Caltagirone nella cui circoscrizione giudiziaria erano ricompresi e dalla quale vennero ingiustificatamente rimossi nel 1963);
          il Governo, quindi, nell'applicazione della delega, ad avviso degli interpellanti avrebbe dovuto procedere attraverso il riequilibrio dei due circondari e non con la soppressione del tribunale di Caltagirone e il suo conseguente accorpamento al tribunale di Ragusa;
          secondo gli interpellanti la delega non è stata applicata correttamente ed è stato disatteso il criterio della specificità territoriale del bacino di utenza anche con riguardo alla situazione infrastrutturale; il tribunale di Caltagirone è stato accorpato a quello di Ragusa da cui dista, secondo la relazione, 59 chilometri mentre in effetti il comune del circondario di Caltagirone più decentrato rispetto al tribunale di Ragusa dista 80 chilometri, con una frequenza di autobus definita impropriamente scarsa visto che il tempo di percorrenza è stato calcolato in 200 minuti per soli 59 chilometri, una frequenza di treni definita impossibile da rilevare per la semplice ragione che non esiste nessuna tratta ferroviaria;
          la sede del tribunale di Caltagirone è ospitata in un moderno edificio al quale è stato aggiunto un corpo di fabbrica consegnato qualche anno fa. Nel corso dei lavori si è proceduto all'integrale, straordinaria manutenzione del plesso già esistente;
          il tribunale accorpante, che già non dispone delle strutture indispensabili a gestire gli attuali flussi giudiziari, dovrebbe ospitare gli uffici giudiziari della sezione staccata di Vittoria, del tribunale di Modica e del tribunale di Caltagirone, con quali costi e con quale dispendio di energia non è dato rilevare dalla relazione;
          nel circondario del tribunale di Caltagirone è presente una casa circondariale realizzata solo pochi anni fa e in via di ampliamento mediante la costruzione di un nuovo padiglione che dista dal plesso giudiziario appena 5 chilometri e ospita mediamente 270 detenuti;
          le forze dell'ordine che operano nel territorio sono costituite dall'Arma dei Carabinieri, attiva con ben due compagnie, quella di Caltagirone e quella di Palagonia, circostanza, questa, che dà la misura della criminalità purtroppo allignante nel territorio, dalla polizia di Stato, dalla polizia stradale, dalla polizia ferroviaria, dalla guardia di finanza, dal Corpo forestale dello Stato;
          il comune di Niscemi, annesso sin dal 1900 al circondario del tribunale di Caltagirone è stato spostato nel circondario di Gela, nonostante il parere contrario del consiglio comunale e dell'avvocatura di Niscemi che intendono rimanere saldamente ancorati al tribunale di Caltagirone e alla direzione distrettuale antimafia di Catania;
          secondo gli interpellanti la delega non è stata applicata correttamente ed è stato disatteso il criterio della specificità territoriale del bacino di utenza anche con riguardo alla valutazione del tasso di impatto della criminalità organizzata:
              Benedetto Santapaola detto Nitto, noto criminale italiano, condannato più volte per efferati e gravissimi delitti, uno tra i più potenti e sanguinari boss mafiosi di Cosa Nostra venne sottratto alla lunga latitanza e arrestato nelle campagne di Mazzarrone, in pieno territorio di competenza del tribunale calatino; Pietro Rampulla, coinvolto nei più gravi processi penali celebratisi in Sicilia contro le organizzazioni criminali, è originario proprio di Caltagirone e fu il tribunale calatino a giudicarlo per primo proprio per associazione mafiosa; Francesco La Rocca, affiliato a pericoli clan siciliani, con ruoli di organizzatore, è originario del territorio calatino, precisamente di San Michel di Ganzarla, a pochi chilometri da Caltagirone;
          nella graduatoria dei procedimenti pendenti al 31 dicembre 2006, davanti ai 165 tribunali italiani, il tribunale di Caltagirone, con i suoi 63 procedimenti pendenti occupa il sessantatreesimo posto, ovvero gestisce un numero di processi penali di competenza collegiale superiore a quello di ben 102 altri tribunali italiani e precede ben 48 tribunali aventi sede in città capoluogo di provincia che sono alle spalle del tribunale calatino in questa graduatoria;
          per citare un esempio certamente utile a significare il peso specifico dei processi penali che celebra il tribunale di Caltagirone in composizione collegiale sarà qui sufficiente richiamare quello generato dalle indagini avviate nell'anno 2003 (iscritto al n.  2155 del registro generale delle notizie di reato) contro A. A. e altri, giunto al dibattimento nell'anno 2008 (iscritto al n.  222 del ruolo generale), definito con la sentenza 22 gennaio 2010 con 196 imputati ai quali venivano addebitati numerosissimi delitti dall'associazione per delinquere alla turbativa di incanti passando per la truffa aggravata in ben 133 capi di imputazione;
          innumerevoli le operazioni delle Forze dell'ordine eseguite, all'esito di lunghe e complesse e articolate indagini, allo scopo di contrastare efferati e pericolosi gruppi criminali, talvolta in collusione con frange malate della politica, operazioni che hanno poi generato altrettanti processi penali celebrati in massima parte davanti ai Giudici calatini che hanno assicurato alla Giustizia migliaia di delinquenti;
          la rilevazione dei dati afferenti i flussi giudiziari, non può prescindere né da un elevata disaggregazione dei dati stessi né dalla ponderazione specifica dei procedimenti, utilizzando le categorie del numero degli imputati, delle imputazioni, dei testimoni, dei difensori, delle consulenze, nonché dalla tipologia dei reati contestati;
          la legge delega, nel disporre che venga garantita la permanenza dei circondari di tribunale nei comuni capoluoghi di provincia e di tre tribunali in ciascun distretto di corte d'appello introduce criteri discriminatori che comprimono qualsiasi razionale riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari con la conseguenza della soppressione di tribunali con indici molto più elevati di quelli posseduti dai tribunali che sopravvivono;
          è stata considerata la dotazione organica normativamente assegnata all'ufficio e non quella realmente presente con la conseguenza di gravi incongruità di risultati per quei circondari caratterizzati da carenza di organico  –:
          per quali ragioni, alla luce delle considerazioni suesposte, non si sia ritenuto di escludere il tribunale di Caltagirone dalla soppressione e non si sia proceduto al riequilibrio delle circoscrizioni endoprovinciali previsto dalla legge delega, in quanto la sua chiusura, oltre a non rispondere alle esigenze di maggior efficienza e di riduzione della spesa, produrrebbe un negativo impatto socio economico e costituirebbe un segnale gravissimo nella lotta alla criminalità organizzata.
(2-01607) «Samperi, Burtone, Marinello, Picierno, Grassi, Anna Teresa Formisano, Lo Moro, Sanga, Bossa, Sbrollini, Dionisi, Torrisi, Narducci, Siragusa, Fadda, Cardinale, Melis, Barbi, Servodio, Rossa, Mastromauro, Argentin, Viola, Scarpetti, Antonino Russo, Strizzolo, Pisicchio, Gibiino, Minardo, Vincenzo Antonio Fontana, Miotto, Marrocu, Capodicasa, Rampi, Schirru, Federico Testa, Pes, Berretta, Castagnetti, Ciriello, Corsini, Fontanelli, Garavini, Zucchi».

Interrogazioni a risposta scritta:


      SCHIRRU. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          con PDG 23 novembre 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – IV serie speciale – n.  30 del 16 aprile 2004, è stato indetto un concorso pubblico per esami a 50 posti nell'area C, posizione economica C2, profilo professionale di educatore (Ministero della giustizia, DAP);
          nel giugno del 2010 si sono concluse le prove orali e la graduatoria dei vincitori è stata pubblicata sul Bollettino ufficiale del Ministero della giustizia n.  21 del 15 novembre 2010;
          trascorsi altri 2 anni, si è arrivati a febbraio 2012, data in cui è stata autorizzata l'assunzione di soli 32 vincitori;
          sebbene i tempi del citato concorso siano stati lunghissimi (ad oggi 8 anni), non è stata ancora autorizzata l'assunzione di tutti i 50 posti messi a concorso;
          allo stato attuale vige il blocco delle assunzioni (legge n.  148 del 2011) le quali sono subordinate alla riduzione del 10 per cento degli organici;
          tale riduzione risulta già all'attenzione di un'apposita commissione e al termine dei lavori è possibile che si verifichi un esubero di educatori C2, tale da non consentire più l'assunzione delle restanti 18 unità, non considerando a fondo sia lo stato emergenziale delle carceri (molte volte pubblicamente riconosciuto), sia l'attuale piano di edilizia penitenziaria (il quale prevede un aumento delle sezioni e degli edifici carcerari), sia l'esiguo numero di persone inaspettatamente rimaste fuori dalla prima tornata di assunzioni (solo 18 unità);
          l'amministrazione ha tra l'altro sostenuto un considerevole costo per l'espletamento della lunga procedura concorsuale che se non avrà una positiva conclusione si configurerà come l'ennesimo spreco di denaro pubblico;
          nonostante siano state presentate diverse interrogazioni parlamentari, finora non è stata data alcuna risposta soddisfacente o risolutrice;
          la mancata o parziale assunzione è stata attribuita alla mancanza di fondi ma si registrano situazioni simili che dimostrano come lo scoglio della copertura finanziaria possa essere superato con impegno dal Ministero della giustizia se vogliamo assicurare ai cittadini detenuti un percorso più umano di rieducazione  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
          se non ritenga di attivarsi per portare ad un epilogo positivo, con impegno e attenzione, la vicenda riportata, visto anche il numero limitato di persone da assumere (diciotto educatori penitenziari);
          se, nell'ottica di una tanto richiamata funzione rieducativa della pena, non intenda di dover promuovere opportune iniziative a favore, innanzitutto, delle figure professionali che più direttamente se ne occupano. (4-17046)


      GRIMOLDI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          nessun sistema politico democratico può dirsi compiuto se il suo sistema giudiziario funziona male; si tratta di mali ormai quasi connaturati al sistema giustizia in Italia: l'elevato numero di processi da smaltire, tempi troppo ampi per arrivare a conclusione dei processi stessi, oltre sette anni nel civile e quasi cinque nel penale;
          la legge 14 settembre 2011 n.  148 contenente la delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari prevede la possibilità della soppressione dell'attuale sede distaccata di Desio mediante accorpamento con la sede centrale del tribunale di Monza;
          tale riforma viene dal Governo giustificata dalla necessità di risparmio delle spese di gestione dei tribunali sub-provinciali e delle sezioni distaccate di Tribunale, considerati secondari e dunque rami secchi da sfrondare nella prospettiva del contenimento dei costi;
          in realtà, e a prescindere dalla considerazione che la giustizia non può essere valutata solo da un punto di vista di ipotetico risparmio economico, tale contenimento dei costi non sussiste;
          approfonditi studi condotti dal Consiglio nazionale forense dimostrano che con la realizzazione della predetta riforma, non solo non si avrebbero effettivi tagli di spese, ma addirittura vi sarebbe un ingente aggravio di costi a carico della collettività;
          la sezione distaccata del tribunale di Desio, cuore pulsante dell'attività produttiva della Brianza, serve circa 400.000 cittadini, copre un territorio di circa 160 chilometri quadrati (pari a metà della sede di Monza) e ricomprende ben 20 comuni nella propria giurisdizione;
          gli attuali 12 magistrati, 7 togati e 5 onorari, evadono annualmente circa 6.000 procedimenti civili e 1.000 processi penali;
          i succitati numeri testimoniano l'efficienza e la produttività della sede di Desio ed impongono già di per sé la permanenza sul territorio della sezione stessa; ma a ciò si aggiunga che il paventato accorpamento della sezione di Desio in quella di Monza comporterebbe costi esagerati, oltre a rendere in prospettiva estremamente difficoltosa, anche da un punto di vista di logistica e di spazi, la gestione di un unico tribunale per l'intero territorio della Brianza  –:
          quali siano le ragioni della eliminazione della sede del tribunale di Desio (Monza e Brianza) e se siano state analizzate le ricadute che tale provvedimento potrebbe avere sul territorio brianzolo. (4-17050)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      BURTONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          in data 29 maggio 2012 è stata data dal Governo risposta alla mia interrogazione n.  5-05939 concernente i tempi di realizzazione del viadotto Calciano lungo la strada statale 407 Basentana abbattuto dalla furia della piena del Basento nel marzo 2011;
          il Governo rispose che: «la progettazione potrà essere ultimata entro il mese di luglio 2012 e che l'importo complessivo delle opere ammonterà a circa tre milioni di euro»;
          il mese di luglio sta per terminare va appurato il mantenimento del termine annunciato dal Governo;
          nell'ambito della stessa risposta il sottosegretario Vari fece presente che «il relativo finanziamento, appena le risorse saranno rese disponibili e le formali modalità compiute, sarà imputato al «Piano per il Sud», nell'ambito del progetto «Adeguamento strutturale e messa in sicurezza dell'itinerario basentano»;
          si ritorna su questa questione perché si tratta di un'arteria strategica per la Basilicata e l'intero Mezzogiorno, l'unica arteria a quattro corsie che collega la A3 alla strada statale 106 jonica;
          è stato dato ampio risalto alla attenzione del Governo circa l'impegno assunto è però ora necessario dare seguito a quell'impegno  –:
          se a distanza di due mesi il cronoprogramma sia rispettato e se siano state già reperite le risorse annunciate dal Governo. (5-07463)


      TULLO, ROSSA, LOVELLI, ORLANDO e ZUNINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          il 17 giugno 2012 il treno interregionale delle 18 da Albenga per Torino è arrivato a Finale Ligure con oltre 50 minuti di ritardo, stessa sorte per l’Intercity diretto a Milano centrale via Genova piazza Principe che ha raggiunto Finale Ligure con circa 50 minuti di ritardo, raggiungendo Genova P.P alle ore 20 invece che alle 19,06;
          ai passeggeri è stato negato il rimborso perché previsto solo dopo 60 minuti di ritardo, benché un viaggio che dovrebbe durare 50 minuti e ne dura più del doppio dovrebbe essere valutato diversamente; per giunta il ritardo veniva calcolato in soli 40 minuti, perché veniva sottratto il tempo di sosta del treno prima di ripartire per Milano;
          questo è un solo esempio dei disagi che si stanno verificando quotidianamente, sulle tratte Liguri e su quelle tra Liguria e Piemonte e tra Liguria e Lombardia;
          con l'entrata in vigore dell'orario estivo il treno 6203 delle 7,20 che ora parte da Ventimiglia alle 7,11 per Genova è stato soppresso in molte occasioni senza preavvisi determinando un forte disagio per i lavoratori pendolari; il servizio è garantito da un treno composto da un unica carrozza; si tratta di un convoglio diesel che racchiude sia la cabina che i posti a sedere, un mezzo vecchio che fatica a ripartire e che non offre un servizio dignitoso;
          è di oggi un servizio pubblicato dalla stampa genovese in cui sono stati monitorati diversi treni e si sono registrati ritardi, soppressioni e soprattutto l'utilizzo di materiale rotabile obsoleto privo di aria condizionata o con impianti mal funzionanti;
          ai disagi di chi usa il treno per lavoro, sulla tratta Ventimiglia/Genova/La Spezia, o su quelle verso il Piemonte o la Lombardia, si aggiungono i problemi e i disagi di chi in questa fase dell'anno sceglie o vorrebbe scegliere il treno come mezzo per recarsi nel fine settimana verso le località di mare;
          un servizio inadeguato spinge, inevitabilmente, all'utilizzo dell'auto privata generando su infrastrutture stradali e autostradali gravi conseguenze, con il traffico paralizzato per gran parte dei week end, e offre un pessimo biglietto da visita per l'economia del turismo;
          quale sia il motivo di tali disservizi e dell'utilizzo di materiale rotabile così inadeguato;
          quali iniziative possano da subito essere assunte per migliorare il servizio sia per chi utilizza quotidianamente il treno per recarsi al lavoro sia per chi sceglie o vorrebbe scegliere il treno per ragioni turistiche. (5-07469)

Interrogazioni a risposta scritta:


      DIMA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          gli automobilisti che si troveranno a percorrere la Salerno-Reggio Calabria nei mesi di luglio ed agosto dovranno fare i conti con i gravi disagi derivanti non solo dal mancato completamento dei lavori di ammodernamento e messa in sicurezza dell'autostrada e dalla conseguente presenza di cantieri che determinano lunghe ed estenuanti code ma anche dallo stato di agitazione promosso dai gestori delle aree di servizio;
          nello specifico, infatti, gli stessi hanno deciso di ridurre al minimo essenziale il servizio negli impianti durante tutti i fine settimana del periodo estivo, festivi compresi, assicurando, pertanto, la distribuzione dei carburanti esclusivamente con l'apertura di un'unica colonna in modalità self service post pay;
          gli obiettivi di questa protesta sono stati esposti dalle organizzazioni di categoria, Fenica Cisl, Anisa Confcommercio e Faib Confesercenti, che hanno evidenziato come sull'autostrada Salerno/Reggio Calabria siano concentrate tutta una serie di questioni ancora aperte che non riguardano soltanto i ritardi legati al suo completamento ma anche convenzioni scadute che l'ANAS non vorrebbe rinnovare, strutture fatiscenti prive di investimenti e del minimo di manutenzione, rifiuto delle compagnie petrolifere di negoziare il rinnovo degli accordi economici dei gestori e politiche di prezzo delle stesse compagnie che condannano gestori ed automobilisti della tratta ai prezzi dei carburanti più alti d'Italia;
          questa situazione, se dovesse permanere inalterata, porterà ad un inasprimento delle proteste e riguarderà anche la fornitura di altri servizi e si potrebbe estendere a tutto il periodo estivo  –:
          quali iniziative il Ministro intenda porre in essere per superare questi disagi nell'interesse degli automobilisti e degli esercenti. (4-17023)


      MELIS e TULLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          è notizia di questi giorni che Trenitalia cancellerà tutte le corse tra Sassari e Porto Torres, 12 nell'arco della giornata, 12 minuti di percorso ma fondamentali per raggiungere il nodo ferroviario di Sassari, isolando così uno dei maggiori porti della Sardegna dalla città capoluogo che ne costituisce da sempre il naturale retroterra;
          si evince inoltre dalle comunicazioni riportate sulla stampa locale che, per effetto della soppressione di questi primi 12 chilometri, cadranno di conseguenza anche la corsa Porto Torres-Cagliari, l'Ozieri-Chilivani-Porto Torres e il collegamento Porto Torres-Olbia;
          la inspiegabile decisione si inquadra in un contesto di progressiva soppressione di linee interne, alcune frequentate in modo assiduo da un'utenza di pendolari (studenti e lavoratori) in tutta la Sardegna e in particolare nelle aree settentrionali dell'isola (sul punto gli interroganti presentarono a suo tempo una puntuale interrogazione rimasta senza risposta);
          si aggiunga che da tempo ormai attende d'essere sottoscritto dalle due parti (Trenitalia e regione sarda) il contratto di servizio previsto nell'accordo di programma Governo-regione sarda nel quale si dovrebbe fissare l'intero quadro degli impegni di Trenitalia nell'isola, e cioè, a fronte di 42 milioni di euro, qualità dei servizi, tariffe, frequenza ed orari nonché penalità in caso di inadempienza. La mancata sottoscrizione del contratto – per responsabilità anche della regione – si riverbera negativamente nello stato generale del servizio;
          in questo quadro la decisione di Trenitalia, oltre ad accrescere i disagi dell'utenza, creando un nuovo serio disservizio, si riflette naturalmente su tutto l'indotto, in particolare sui servizi di pulizia, sulla manutenzione delle carrozze e delle macchine e altro, con prevedibili conseguenze negative sull'occupazione del settore  –:
          se il Ministro non ritenga di assumere ogni iniziativa di competenza al fine di un rapido ripristino della tratta Sassari-Porto Torres testé soppressa. (4-17037)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


      LIVIA TURCO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          da agenzia di stampa dell'ANSA si apprende la notizia che il giorno 17 luglio 2012 al porto di Bari sono stati respinti senza poter chiedere asilo politico 25 cittadini afghani provenienti dalla Grecia e nascosti in un semirimorchio frigorifero tra un carico di copertura di cozze, all'interno di un mezzo, con targa bulgara, spedito dalla Grecia e privo di motrice e autista;
          i 25 cittadini afghani sono stati trovati in condizioni disumane e sono stati respinti subito dopo essere stati scoperti, a giudizio dell'interrogante, in spregio al diritto internazionale che garantisce loro la possibilità di domandare asilo;
          per una violazione analoga, nel caso di respingimenti in mare, l'Italia è stata recentemente condannata dalla Corte europea per i diritti dell'uomo  –:
          quali misure urgenti il Ministro intenda assumere affinché situazioni analoghe non si debbano più ripetere e venga garantito a tutti coloro che entrano in territorio italiano il diritto di poter chiedere asilo politico. (5-07471)

Interrogazioni a risposta scritta:


      LARATTA, OLIVERIO e VILLECCO CALIPARI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          la situazione dei profughi ospitati da diverso tempo in Calabria si va facendo sempre più drammatica. Gli stessi risultano del tutto abbandonati, mentre la protezione civile non ha rispettato gli impegni assunti.
          i sindaci di Riace (RC) e Acquaformosa (Cs) hanno iniziato lo sciopero della fame per richiamare l'attenzione sulle condizioni di assoluto abbandono in cui sono stati lasciati da molti mesi a questa parte nella gestione dei profughi accolti nei loro comuni, ai quali ormai manca tutto;
          situazione gravissima anche nei centri per l'accoglienza degli immigrati di Amantea e Rogliano (Cs) dove nelle settimane scorse sono scoppiati gravi disordini. All'interno dei centri la situazione è esplosiva. Si ha la netta impressione che la situazione stia per sfuggire completamente di mano;
          quanto sopra segnalato è stato già portato a conoscenza del Governo nei mesi scorsi con atti di sindacato ispettivo degli interroganti  –:
          se il Governo sia a conoscenza della situazione nei comuni di Riace e Acquaformosa che ospitano alcune decine di profughi;
          se sia a conoscenza che i sindaci dei suddetti comuni hanno iniziato lo sciopero della fame per segnalare la grave condizione di abbandono in cui sono stati lasciati da oltre un anno;
          se sia a conoscenza che nei centri di accoglienza dei profughi di Amantea e Rogliano sono stati segnalati gravi disordini e atti di vandalismo che si sono estesi anche nelle aree circostanti;
          se sia possibile avviare una verifica sulla gestione dei suddetti centri, sul rispetto delle norme igienico-sanitarie, sulle condizioni di insopportabile sovraffollamento;
          se sia a conoscenza che nei centri suddetti la situazione è di grave confusione e i profughi denunciano condizioni di vita insopportabili e offensive per i diritti umani degli stessi rifugiati;
          cosa si intenda fare per risolvere quanto sopra segnalato, al fine di mettere a disposizione tutti gli strumenti adeguati e a suo tempo promessi, per meglio gestire la situazione;
          cosa si intenda fare, per quanto di competenza, per il rispetto dei diritti dei rifugiati e per il loro inserimento sociale. (4-17021)


      FUCCI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          con l'arrivo della stagione più calda sta nuovamente facendo ritorno il fenomeno degli incendi estivi;
          dai primi segnali che vi sono stati, una zona tra le più a rischio è certamente quella, già sempre colpita duramente in passato, circostante il Castel del Monte, nei pressi di Andria;
          l'interrogante già segnalò questa tematica, anche evidenziando il valore che quell'area ha sotto molti profili (dalla persistenza di estese attività agricole al grande afflusso di visitatori e turisti attratti dal grande manufatto di epoca federiciana), con le interrogazioni n.  4-00522 e n.  4-04346  –:
          quali iniziative – in termini di prevenzione e vigilanza – il Ministro interrogato intenda assumere in merito a quanto esposto in premessa. (4-17028)


      MURER. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          nell'ufficio del sindaco di Vigonovo, provincia di Venezia, è presente una bandiera di ispirazione leghista riportante il simbolo del «Sole delle alpi», comunemente nota come bandiera della «Padania» e simbolo politico riconducibile al movimento della Lega nord, di cui il sindaco è espressione;
          essa è esposta su un'asta posizionata alle spalle della scrivania del primo cittadino, sul suo lato sinistro, mentre sul lato destro sono esposte le bandiere della Repubblica italiana, dell'Unione europea, della regione Veneto;
          nel corso della seduta di consiglio comunale del venti febbraio 2012, un consigliere di minoranza, dopo aver spiegato di ritenere istituzionalmente non corretta la presenza di un simbolo di partito, politico e comunque di parte in un contesto istituzionale, demandato alla rappresentanza di tutta la cittadinanza, ha ufficialmente chiesto al sindaco di rimuovere la bandiera;
          alla richiesta si sono associati altri consiglieri comunali, alcuni appartenente anche alla maggioranza;
          alla richiesta del consiglio comunale, il sindaco ha replicato spiegando che nessuna legge vieta l'esposizione di quella bandiera nel suo ufficio e che non ha alcuna intenzione di rimuoverla;
          successivamente, il 29 febbraio 2012, alcuni consiglieri comunali hanno ritenuto di interpellare sulla questione il prefetto di Venezia, con una lettera ufficiale, chiedendo il suo intervento;
          il prefetto di Venezia ha risposto in data 12 marzo 2012, rilevando che ai sensi dell'articolo 12 del Decreto del Presidente della Repubblica n.  121 dell'aprile del 2000, l'esposizione delle bandiere all'esterno e all'interno delle sedi di regioni ed enti locali è oggetto dell'autonomia normativa e regolamentare delle rispettive amministrazioni;
          il prefetto ha ritenuto comunque di richiamare l'attenzione del sindaco sull'opportunità di tenere esposta una bandiera che potrebbe essere intesa come espressione di parte rispetto alla funzione di rappresentanza dell'intera comunità che qualifica la figura dell'amministratore locale;
          il sindaco, nonostante la richiesta del prefetto, continua ad esporre tale bandiera, rivendicandone il gesto anche sui mezzi di comunicazione;
          l'episodio sopra menzionato appare all'interrogante lesivo del prestigio istituzionale di un comune della Repubblica italiana  –:
          se non ritenga di assumere iniziative, anche normative, nell'ambito delle proprie competenze, nei modi e nelle forme che ritenga più opportuni e adeguati, per richiamare i Sindaci ad un più rigoroso e corretto comportamento istituzionale.
(4-17033)


      PALADINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          in data 19 giugno 2012 nel corso di un incontro tra l'Onorevole Antonio Di Pietro, l'Onorevole Giovanni Paladini ed il Ministro dell'interno, venivano discusse tra le altre tematiche quelle relative allo scorrimento delle graduatorie per le assunzioni della Polizia di Stato;
          il Ministro dell'interno manifestava nell'occasione la volontà di procedere alle sopradette assunzioni per il tramite tanto del bando di nuovi concorsi, quanto per il tramite dello scorrimento delle graduatorie stesse;
          in data 4 luglio 2012 l'ufficio per l'amministrazione generale del dipartimento della pubblica sicurezza comunicava lo svolgimento dal 10 luglio 2012 al 9 luglio 2013 del 185° corso di formazione per allievi agenti della Polizia di Stato al quale venivano ammessi 35 allievi di cui: 23 atleti da assegnare ai gruppi sportivi della Polizia di Stato, un allievo proveniente da una precedente procedura concorsuale in esecuzione di quanto disposto dall'autorità giudiziaria amministrativa, e 11 non meglio qualificati «idonei non vincitori»;
          nella nota a firma del direttore dell'ufficio per l'amministrazione generale del dipartimento della pubblica sicurezza – ufficio per le relazioni sindacali – dottore Castrese De Rosa non viene specificato da quale graduatoria ed in forza di quale tipologia di scelta vengano individuati gli 11 idonei non vincitori ammessi al 185° corso di formazione per allievi agenti;
          appare necessario avere certezze sui criteri che il Ministero voglia definitivamente adottare in materia di scorrimento delle graduatorie e/o emissioni di nuovi bandi  –:
          se il Ministro interrogato intenda indicare da quale concorso siano stati attinti gli 11 idonei non vincitori ammessi al 185° corso di formazione per allievi agenti della Polizia di Stato;
          se sia imminente l'emissione di un decreto avente ad oggetto la determinazione dei criteri da adottare in materia di assunzioni nei ranghi della Polizia di Stato. (4-17035)


      FAVA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          la compagnia e la stazione dei carabinieri di Busto Arsizio, sono da tempo collocati in un edificio concesso in locazione dalla provincia di Varese, che ne è proprietaria, al Ministero dell'interno;
          nel 1997 il comando provinciale dei carabinieri Varese rappresentava al Ministero dell'interno, tramite la locale prefettura, la necessità di una diversa sistemazione dei propri comandi territoriali siti in Busto Arsizio e proponeva l'assunzione in locazione di un nuovo immobile che sarebbe stato allo scopo costruito dalla società privata Firex s.r.l.;
          nell'agosto 2000 il Ministero dell'interno manifestava il proprio favorevole orientamento alla proposta di locazione del nuovo immobile avente superficie utile complessiva di metri quadri 5.898, per un canone allora stimato dall'UTE in 650.000.000 di lire;
          il 20 dicembre 2000 la Società Edilteco, autorizzata dal Ministero dell'interno a subentrare a Firex nell'iniziativa, sottoscrive l'atto di impegno a locare per la realizzazione del nuovo comando compagnia in prefettura a Varese;
          nel gennaio 2001 l'atto per il tramite del comando provinciale dei carabinieri veniva trasmesso dalla prefettura di Varese all'amministrazione comunale di Busto Arsizio;
          il 5 luglio 2001 la Edilteco stipulava convenzione con il comune di Busto Arsizio avente ad oggetto la concessione di un'area di proprietà comunale per la edificazione di un immobile con destinazione «attrezzature di interesse generale destinato ad ospitare i locali Comandi dei Carabinieri e da concedere in locazione al Ministero dell'interno»; e con rogito del notaio Trivi acquistava detta area in diritto di superficie al valore di lire 667.750.000 così come determinato dall'Agenzia del territorio. L'amministrazione comunale di Busto Arsizio previe leggere modifiche alla progettazione rilasciava il permesso a costruire;
          il 2 agosto 2001 iniziavano i lavori di costruzione della nuova caserma;
          nell'autunno 2001 la prefettura di Varese interpretando ad avviso dell'interrogante «in modo erroneo» la circolare n.  600/AFP.9527.9/21.32991.19844 dell'11 aprile 2001 che, per il contenimento della spesa, sospendeva tutte le iniziative ad eccezione di quelle già autorizzate, comunicava la probabile impossibilità del Ministero a prendere in consegna l'immobile. Firex ed Edilteco chiedevano lumi al Ministero dell'interno, e lo stesso in risposta invitava alla lettura della circolare stessa che al terzultimo capoverso recitava «inoltre potrà essere completato l’iter procedurale relativo ai casi in cui questo Dipartimento abbia autorizzato la sottoscrizione dell'Atto di impegno a Locare o del contratto definitivo». Quindi, chiarita la situazione, si completava la costruzione dell'edificio (l'atto di impegno a locare è del 20 dicembre 2000);
          nel maggio 2005 viene data comunicazione di disponibilità alla consegna dell'immobile al Ministero dell'interno da parte del costruttore;
          nel novembre 2005 il Ministero comunicava che l'intervento realizzato non era stato autorizzato e che quindi non poteva prenderlo in carico perché non esisteva nessun atto di impegno a locare sottoscritto con la prefettura di Varese;
          nel giugno 2009 in un faldone della vecchia caserma dei carabinieri negli archivi del comune di Busto Arsizio veniva rintracciato l'Atto di impegno a locare trasmesso dalla prefettura di Varese all'amministrazione comunale di Busto. A seguito di ciò l'amministrazione comunale di Busto Arsizio proponeva, in accordo con il l'amministrazione provinciale di Varese, proprietaria della vecchia caserma, una permuta ed incaricava con regolare delibera comunale, l'Agenzia del territorio di Varese di una stima della nuova caserma;
          nel dicembre 2009 veniva conclusa la stima con una valutazione di oltre 9.000.000,00 di euro;
          da allora sino alla data attuale, malgrado il Ministro dell'interno abbia invitato la prefettura di Varese, l'amministrazione provinciale ed il comune di Busto Arsizio a trovare un accomodamento, nulla è stato definito. Non solo, anche la richiesta della società Edilteco che in questi anni ha più volte chiesto al locale comando dei carabinieri di porre attenzione all'immobile (completamente ultimato e pronto per la consegna) non ha sortito alcun effetto. Di fatto il costruttore paga da anni un servizio di guardiania;
          l'atto d'impegno a locare costituisce la fonte di un obbligo giuridico assunto dall'amministrazione verso il privato costruttore e ripetutamente il Consiglio di Stato ha precisato che l'amministrazione è responsabile dei danni causati al privato laddove disattenda l'impegno senza alcun giustificato motivo. Questo anche se giurisprudenza amministrativa abbia negato natura contrattuale all'atto di impegno a locare. Nel caso di specie, peraltro, di fronte alle legittime rimostranze della Edilteco (che ha realizzato l'opera e preteso la presa in consegna della stessa), il Ministero dell'interno, nel 2011, ha promosso un accordo di programma finalizzato alla soluzione del problema. Allo stato attuale non si hanno informazioni sull’iter dello stesso, considerato che le amministrazioni coinvolte evitano qualsiasi confronto impedendo di fatto l'utilizzo della nuova stazione dei carabinieri con gravi danni al privato Edilteco. Quest'ultimo ha già minacciato di avviare iniziative giudiziarie nei confronti del Ministero dell'interno e degli altri enti pubblici coinvolti  –:
          quale sia l'intenzione del Ministero per risolvere la situazione. (4-17039)


      PINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          con delibera di giunta comunale n.  117 dell'11 luglio 2005, esecutiva, veniva approvato lo schema di comodato d'uso per la locazione della caserma provvisoria della stazione dei carabinieri di Muggiò a far data dal 1o gennaio 2004.
          con delibera del Consiglio comunale n.  23 del 7 marzo 2006, venivano revocati i contenuti delle delibere n.  5 del 22 gennaio 2002, n.  97 del 31 ottobre 2002, n.  40 del 14 aprile 2002 e n.  272 del 7 giugno 2002 ed il comune di Muggiò con pari delibera ha individuato l'area ritenuta idonea, dando atto che «la Caserma dei Carabinieri verrà realizzata a cura e spese dell'Impresa che verrà identificata dalla Prefettura di Milano e dall'Arma dei Carabinieri quale soggetto idoneo e deputato alla realizzazione dell'opera», impegnandosi a concedere a tale soggetto la detta area in diritto di superficie;
          nella stessa delibera si rinviava l'approvazione dello schema di convenzione per la costituzione del diritto di superficie alla sottoscrizione dell'atto di impegno a locare da parte della citata impresa;
          con nota del 26 ottobre 2009 il Ministero dell'interno ha comunicato l'assenso di massima circa la proposta di locazione in questione «chiavi in mano», autorizzando la sottoscrizione del citato atto di impegno in base al canone annuo di euro 221.250 congruito dall'Agenzia del demanio ed alle altre condizioni indicate nella stessa nota;
          tale provvedimento è stato adottato dopo che, da parte dei competenti organi locali, la stessa proposta di locazione era stata ritenuta pienamente idonea alle esigenze dell'Arma, in conformità al consolidato «iter» procedurale seguito in tutti gli analoghi casi di locazione di cosa futura;
          in data 18 dicembre 2009 nei locali della prefettura di Milano la Società Edilteco sottoscriveva l'atto di impegno a Locare;
          il comune di Muggiò con delibera di giunta comunale n.  101 del 27 luglio 2010 annulla gli atti deliberativi della delibera n.  23 del 7 marzo 2006 che aveva permesso l'inizio dell’iter per la costruzione della caserma;
          la Società Edilteco che si era impegnata per la realizzazione della caserma con lettera raccomandata in data 2 agosto 2010 diffidava il comune ed iniziava una procedura presso il T.A.R. contro il comune di Muggiò, Ministero dell'interno e la Prefettura di Milano;
          con sentenza n.  3008/2010 è stato accolto pienamente il ricorso ed annullato l'atto del 27 luglio 2010 del comune di Muggiò;
          in data 6 dicembre 2011 prot: 2011/0054637 la prefettura di Milano comunicava che il Ministero dell'interno dipartimento della pubblica sicurezza, vista la situazione deficitaria non permetteva di emettere alcuna autorizzazione per l'acquisizione di nuove sedi;
          sulla realizzazione di detta caserma,      l’iter procedurale era di fatto concluso e solo un provvedimento comunale poi annullato ha creato questo ritardo;
          quanto scritto dalla prefettura di Milano in data 6 dicembre 2011 estende una nota per nuovi interventi ad una procedura in atto dal 2006;
          l'atto d'impegno a locare costituisce la fonte di un obbligo giuridico assunto dall'amministrazione verso il privato costruttore e ripetutamente il consiglio di Stato ha precisato che l'amministrazione è responsabile dei danni causati al privato laddove disattenda l'impegno senza alcun giustificato motivo. Questo anche se giurisprudenza amministrativa abbia negato natura contrattuale all'atto di impegno a locare. Nel caso di specie, peraltro, di fronte alle legittime rimostranze della Edilteco (che deve realizzare l'opera e pretende la presa in consegna della stessa) per altro recepite dalla sentenza del T.A.R. Lombardia n.  02412/2011 Reg. Prov. Coll. N.03008/2010 Reg. Ric., allo stato attuale non si hanno informazioni sull’iter della pratica, considerato che le amministrazioni coinvolte evitano qualsiasi confronto, impedendo di fatto la realizzazione della nuova stazione dei carabinieri con gravi danni al privato Edilteco. Quest'ultimo ha già minacciato di avviare iniziative giudiziarie nei confronti del Ministero dell'interno e degli altri enti pubblici coinvolti  –:
          quale sia l'intenzione del Ministero per risolvere la situazione di stallo venutasi a creare. (4-17040)


      PINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          a seguito dell'incremento dovuto alla realizzazione del nuovo polo fieristico Rho-Pero con grande affluenza di espositori, operatori e pubblico, l'amministrazione comunale dava seguito a quanto deliberato dal consiglio comunale nella seduta n.  69 del 22 dicembre 2005;
          con delibera del consiglio comunale n.  22 del 29 maggio 2006, il comune di Pero ha individuato l'area ritenuta idonea per la realizzazioni del nuovo comando tenenza dei carabinieri specificando che «la Caserma dei carabinieri verrà realizzata a cura e spese dell'impresa che verrà identificata dalla Prefettura di Milano e dall'Arma dei Carabinieri quale soggetto idoneo e deputato alla realizzazione dell'opera», impegnandosi a concedere a tale soggetto la detta area in diritto di superficie;
          nella stessa delibera si rinviava l'approvazione dello schema di convenzione per la costituzione del diritto di superficie alla sottoscrizione dell'atto di impegno a locare da parte della citata impresa;
          con nota del 25 agosto 2009 il Ministero dell'interno ha comunicato l'assenso di massima circa la proposta di locazione in questione «chiavi in mano», autorizzando la sottoscrizione del citato atto di impegno in base al canone annuo di euro 451.600 congruito dall'Agenzia del demanio ed alle altre condizioni indicate nella stessa nota;
          tale provvedimento è stato adottato dopo che, da parte dei competenti organi locali, la stessa proposta di locazione era stata ritenuta pienamente idonea alle esigenze dell'Arma, in conformità del consolidato «iter» procedurale seguito in tutti gli analoghi casi di locazione di cosa futura;
          in data 07 ottobre 2009 nei locali della prefettura di Milano la società Edilteco sottoscriveva l'atto di impegno a locare;
          in data 08 luglio 2010 la Società Edilteco ritirava presso il comune di Pero permesso di Costruire;
          con nota prefettizia dell'ufficio territoriale di Milano Protocollo Nr. 2012 – 0017281 classifica 13.1 dell'11 maggio 2012 si comunicava l'intendimento di sospendere i lavori;
          la società Edilteco ad oggi ha ultimato le strutture e parte delle tamponature dell'edificio con un impegno di spesa superiore al 1.500.000 euro;
          l'atto d'impegno a locare costituisce la fonte di un obbligo giuridico assunto dall'amministrazione verso il privato costruttore e ripetutamente il Consiglio di Stato ha precisato che l'amministrazione è responsabile dei danni causati al privato laddove disattenda l'impegno senza alcun giustificato motivo. Questo anche se giurisprudenza amministrativa abbia negato natura contrattuale all'atto di impegno a locare. Nel caso di specie, peraltro, di fronte alle legittime rimostranze della Edilteco (che sta realizzando l'opera) allo stato attuale non si hanno informazioni sull’iter della pratica, considerato che l'ufficio territoriale di Milano ancora deve dare notizie precise in merito;
          evidenti sono i danni provocati alla società Edilteco che per mantenere fede all'impegno di consegna entro il corrente anno lavora senza certezze. Quest'ultima ha già minacciato di avviare iniziative giudiziarie nei confronti del Ministero dell'interno e degli altri enti pubblici coinvolti  –:
          quale sia l'intenzione del Ministero per risolvere la situazione di stallo venutasi a creare. (4-17041)


      GARAGNANI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          nella provincia di Bologna, sono al momento presenti quattro unioni di comuni («Valsamoggia», «Reno Galliera», «Terre di Pianura» e «Valli Savena-Idice»), nonché la «nuova comunità montana dell'Appennino bolognese», in corso di trasformazione in due presumibili nuove unioni di comuni («Alto Reno» e «Reno Setta»);
          la suriferita situazione complessiva, così come delineata allo stato attuale, appare pertanto perfettamente in linea con la più recente normativa statale, la quale, come noto, ravvisa proprio nell'esercizio associato in Unione un criterio di «ottimale coordinamento della finanza pubblica, contenimento delle spese degli enti territoriali e miglior svolgimento delle funzioni amministrative e dei servizi pubblici (articolo 16, comma 1, capoverso I, decreto-legge n.  138 del 2011, convertito, con modificazione dalla legge n.  148 del 2011);
          nonostante le sollecitazioni del legislatore nazionale e nonostante la tendenza statistica (anche regionale) di progressivo incremento numerico delle unioni, si registrano, tuttavia, nella provincia bolognese talune spinte in senso inverso, finalizzate allo scioglimento delle attuali Unioni, dirette alla costituzione di nuovi (maxi-) comuni unici e convogliate in avveniristici progetti di fusione;
          nulla volendo eccepire in ordine a siffatta più che legittima «controtendenza», forti perplessità sorgono, tuttavia, rispetto allo specifico caso della valle del Samoggia, dove l'attuale unione a sei comuni, di giovane istituzione, dovrebbe essere a breve liquidata attraverso una «procedura a gradi» particolarmente complessa ed ambiziosa;
          in particolare, secondo un recente studio di fattibilità in larga misura spesato dalla regione, una volta escluso espressamente dalla futura fusione il più grande dei sei comuni (Monte San Pietro), i restanti cinque comuni attualmente in unione dovrebbero, prima, confluire nel neocostituendo «comune di Valsamoggia» (una sorta di super-comune senza precedenti in Italia, con un territorio, per due terzi montano, di circa 180 chilometri quadrati ed una popolazione residente di circa trentamila unità) e, poi, – una volta acquista la veste formale di ente locale unico – riconfluire, come l'estromesso comune di Monte San Pietro ed insieme ad esso, in una nuova e diversa unione a cinque, a cui dovrebbero aderire tre comuni di cospicue dimensioni (Casalecchio, Zola Predosa, Sasso Marconi) al momento non partecipanti ad alcun'altra unione (cfr. Resto del Carlino del 28 luglio 2011, «Casalecchio pensa a una nuova Unione con la Valsamoggia», pagina 7);
          al di là della non marginale constatazione che, così come ipotizzata, la summenzionata «procedura a gradi» – tra trasformazioni, fusioni, scissioni e ri-unioni – sembra certo più affine ad una manovra di riassetto societario che ad una canonica riorganizzazione territoriale, è di tutta evidenza che il fine ultimo dell'intera operazione (partecipazione di ulteriori tre grandi comuni ad una futura unione) potrebbe comunque essere raggiunto in modo molto più agevole e diretto attraverso il semplice ampliamento dell'attuale unione della Valsamoggia e, quindi, attraverso il proficuo inserimento dei tre comuni di Casalecchio, Zola Predosa e Sasso Marconi all'interno della corrente gestione associata a sei comuni;
          la creazione del nuovo comune unico della Valsamoggia appare un passaggio intermedio che, oltre ad essere di immotivata utilità e di dubbia necessità, comporterebbe non irrisori oneri finanziari sia per lo Stato italiano che per la regione Emilia-Romagna, con una sovrapposizione ed una duplicazione dei contributi statali e regionali, in ragione della «doppia anima» di neo-comune unico e di neo-unione di comuni;
          come noto, il decreto ministeriale n.  318 del 2000, come da ultimo modificato dal decreto ministeriale n.  289 del 2004, stabilisce specifici contributi statali tanto per le unioni di comuni (articoli 2-5), quanto per i comuni derivanti da procedure di fusione (articolo 6);
          per parte sua, la legge regionale Emilia Romagna n.  10 del 2008 e successive modifiche prevede l'erogazione, da parte della regione, di contributi ordinari annuali alle unioni (articolo 14, comma 2), di contributi straordinari da erogarsi all'atto della costituzione di unioni in particolare se derivate dalla trasformazioni di preesistenti comunità montane (articolo 14, comma 2), di eventuali contributi in conto capitale in favore delle unioni (articolo 14, comma 9), di fondi per le spese di primo impianto e di mantenimento per le unioni che subentrino a preesistenti comunità montane disciolte (articolo 17 legge regionale n.  10 del 2008 ed articolo 7-bis legge regionale n.  11 del 2001), nonché di prioritarie incentivazioni alle fusioni di comuni, con specifiche premialità sia per quelle coinvolgenti comuni con meno di 3.000 abitanti (articolo 16, comma 1) che per quelle che attengono a comuni già precedentemente aderenti alla medesima unione (articolo 16, comma 1), con la possibilità di contributi straordinari (articolo 16, comma 4), con l'esclusione di qualsivoglia riduzione proporzionale rispetto alla generale previsione secondo cui la concessione di contributi è effettuata nei limiti dello stanziamento annuale di bilancio (articolo 14, comma 10 ed articolo 16, comma 5) e con l'ulteriore, assoluta priorità di accesso ai finanziamenti regionali nei 10 anni successivi alla fusione (articolo 16, comma 6);
          nata dalla trasformazione di una precedente comunità montana (a sua volta cessata formalmente il 1o gennaio 2010), l'attuale unione Valsamoggia ha ricevuto ed ancora riceve non solo le risorse statali previste, ex decreto ministeriale n.  218 del 2000, per le unioni di comuni, ma anche tutti i finanziamenti regionali erogati in virtù della legge regionale n.  10 del 2008 e, segnatamente, quelli spettanti alle unioni in quanto tali (contributo ordinario annuale ex articolo 14, comma 2 e contributi in conto capitale ex articolo 14, comma 9) e quelli previsti per lo specifico caso di unioni nate da preesistenti comunità montane disciolte (contributi straordinari all'atto della costituzione ex articolo 14, comma 2 e fondi per le spese di primo impianto e di mantenimento ex articolo 17 legge regionale n.  10 del 2008 ed articolo 7-bis legge regionale n.  11 del 2001);
          laddove venisse in toto attuata la «procedura a gradi» di cui si è precedentemente riferito, il futuro comune unico Valsamoggia – che ha già goduto per quasi tre anni di incentivazioni nella sua originaria qualità di ex comunità montana trasformata in un'unione a sei comuni – otterrebbe dunque tutta una serie di ulteriori risorse statali e regionali sulla base di un nuovo «doppio titolo»: innanzitutto, in ragione della fusione di cinque dei sei comuni oggi in unione; successivamente, in ragione della prevista costituzione dell'unione «allargata» a nove comuni;
          ai sensi dell'articolo 16, comma 2 legge regionale Emilia Romagna n.  10 del 2008, la trasformazione da unione a comune unico ed il prodromico «avvio di una apposita iniziativa legislativa regionale, d'intesa con i comuni interessati, finalizzata alla fusione» trovano ragion d'essere ed incoraggiamento, solo alla ricorrenza di tre precise condizioni: a) che l'Unione abbia già beneficiato di tre anni dei contributi regionali ad hoc previsti; b) che si tratti prioritariamente di un'Unione costituita da un numero ridotto di comuni e con una popolazione complessiva inferiore a 30.000 abitanti; c) che ricorrano adeguate «caratteristiche demografiche, territoriali e di integrazione delle funzioni»;
          nel caso de quo, come in parte già accennato, dalla fusione di cinque dei sei comuni attualmente in Unione, dovrebbe scaturire una sorta di maxi-comune costituito da 29.967 abitanti sparsi in 180 chilometri quadrati di territorio per due terzi montano;
          ebbene, se appare ragionevolmente soddisfatto il primo dei tre requisiti (triennio di contributi regionali) ed in parte disatteso il secondo (anche se il futuro comune unico rientrerebbe nella soglia dei 30.000 abitanti solo grazie all'estromissione di Monte San Pietro, va però ricordato che l'attuale Unione, che contempla la presenza del predetto comune, presenta una popolazione complessiva pari a 40.825 abitanti e non rientra, pertanto, nel regime di priorità di cui al citato articolo 16, comma 2), ben più controversa è la reale sussistenza del terzo requisito sostanziale («caratteristiche demografiche, territoriali e di integrazione delle funzioni» tali da giustificare la fusione), atteso che, alla vastità del territorio della Valsamoggia, si accompagna anche una significativa disomogeneità orografica, del tutto incompatibile col dettato di cui all'articolo 16 legge regionale Emilia Romagna n.  10 del 2008;
          al di là di qualsiasi considerazione in termini statistici (le fusioni in Italia, negli ultimi 12 anni, sono state solo cinque, hanno interessato un massimo di tre comuni ed hanno tutte comportato la creazione di comuni al di sotto della soglia di 6.000 abitanti), è al dato territoriale che bisogna innanzitutto guardare e quello della Valsamoggia – prim'ancora di rappresentare, per proporzioni e prospettive, una sorta di «anomalia statistica» – appare un progetto talmente disancorato dalle reali esigenze del territorio di riferimento, da non trovare, allo stato, altra giustificazione se non la sua stessa audacia ed originalità;
          va, infatti, registrata la presenza, in seno al futuro comune unico, di due distinte aree geografiche, profondamente diverse tra loro ed estremamente disomogenee: da un lato, vi è una zona assolutamente pianeggiante ed a forte conurbazione su cui insistono i due comuni maggiori (Crespellano, con i quasi 10.000 abitanti, e Bazzano, con quasi 7.000 abitanti); dall'altro, un'area ben più vasta (si parla di 130 chilometri quadrati sui 180 complessivi), con una percentuale montana che va dall'85 per cento al 100 per cento e con una forte varianza sia in termini di densità insediativa che in termini di escursione altimetrica, su cui insistono invece gli altri tre comuni minori parimenti interessati dal progetto di fusione (segnatamente: Savigno, con 2.788 abitanti; Monteveglio, con 5.286 abitanti; Castello di Serravalle, con 4.917 abitanti);
          ebbene, le anzidette differenze strutturali e geografiche rendono intuitivi non solo i diversi gradi di complessità che, oggi, i singoli comuni in unione devono affrontare nella gestione dei servizi, ma anche le elevate difficoltà cui, domani, andrebbe incontro il futuro comune unico. Precisato che il neocomune unico soffrirebbe di significative distanze tra gli attuali centri di aggregazione urbana (per esempio, tra le frazioni più esterne dell'attuale comune montano di Savigno ed il previsto «centro» del nuovo ente corre una distanza di oltre 30 chilometri), la manutenzione delle strade od il trasporto scolastico – che costituiscono, per antonomasia, le variabili su cui maggiormente incide il rapporto tra abitanti, estensione geografica e conformazione territoriale – sono già da sé in grado di far presagire tutte le criticità del caso de quo;
          come noto, con l'articolo 14 decreto-legge n.  78 del 2010 («Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica»), è stato fatto obbligo ai comuni con popolazione tra 1.001 e 5.000 abitanti di esercitare in forma associata le sei funzioni fondamentali attualmente elencate dall'articolo 21, comma terzo, legge n.  42 del 2009, ferma restante la facoltà loro comunque riconosciuta di scegliere, all'interno di siffatto «associazionismo forzato», se confluire in un'unione di comuni ai sensi dell'articolo 32 testo unico degli enti locali ovvero se avvalersi dello strumento convenzionale di cui all'articolo 30 testo unico degli enti locali (cfr. articolo 14, comma 28, decreto-legge n.  78 del 2010, come da ultimo novellato dal decreto-legge 13 agosto 2011, n.  138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n.  148);
          nell'ambito del predetto articolo di legge, che esprime a chiare lettere, anche per le realtà municipali più piccole, l'assoluto favor del legislatore nazionale per le unioni di comuni rispetto alle fusioni, è altresì previsto che le regioni debbano individuare, con propria legge e secondo i principi di economicità, efficienza e riduzione delle spese, la «dimensione territoriale ottimale ed omogenea per area geografica» per lo svolgimento, mediante convenzione od unione, delle citate sei funzioni fondamentali comunali e stabilire, nei confronti dei comuni che presenteranno una dimensione territoriale inferiore a quella ottimale, un termine entro cui avviare l'obbligatorio esercizio in forma associata (cfr. articolo 14, comma 30 decreto-legge n.  78 del 2010, come da ultimo modificato, in sede di conversione, dalla legge 30 luglio 2010, n.  122);
          sebbene esclusivamente rivolta ai comuni con popolazione tra 1.000 e 5.000 abitanti, la citata disposizione statale offre comunque l'occasione per rivalutare in modo più ampio e generalizzato il parametro territoriale. Un'occasione che, rispetto alle attuali prospettive, appare essere stata totalmente disattesa in Emilia Romagna;
          avvalendosi, infatti, della poco consona sede della legge finanziaria per l'anno 2012, l'Emilia Romagna è intervenuta sul punto con disposizioni asseritamente «transitorie ed urgenti», stabilendo che «I Comuni orientano le proprie scelte inerenti la gestione associata delle funzioni, nelle materie di competenza regionale, avendo a riferimento una dimensione territoriale ottimale di norma coincidente o ricompresa nei distretti socio-sanitari. Sono comunque considerati, in via transitoria, come ottimali gli ambiti del Nuovo Circondario Imolese, delle Unioni costituite ai sensi della legge regionale 30 giugno 2008 n.  10 e delle Nuove Comunità montane delimitate ai sensi della suddetta legge regionale» (cfr. articolo 47, comma 2 della legge regionale Emilia Romagna 22 dicembre 2011. n.  21);
          ebbene, per quanto si tratti, come detto, di disposizioni transitorie ed urgenti stabilite «nelle more dell'adozione della legge regionale...la quale disciplinerà, a regime, la dimensione territoriale ottimale per l'esercizio associato obbligatorio delle funzioni fondamentali» (articolo 47, comma 1 legge regionale n.  21 del 2011) e dettate «in via di prima applicazione delle disposizioni dell'articolo 14, commi 28, 29, 30 e 31 del d.l. n.  78 del 2010» (articolo 47, comma 3 legge regionale n.  21 del 2011), ciò nonostante non si può non guardare con preoccupazione al loro contenuto, anche e soprattutto in vista dell'emananda legge regionale;
          le perplessità più forti scaturiscono dalla circostanza, tutt'altro che ininfluente, che la finanziaria regionale ha sostanzialmente mancato l'obiettivo prefissato dal legislatore nazionale;
          il decreto-legge n.  78 del 2010 pretende, infatti, l'individuazione di una dimensione territoriale che sia non solo «ottimale» per l'esercizio associato delle funzioni comunali, ma anche «omogenea per area geografica»; la finanziaria emiliano romagnola, invece, completamente dimentica della seconda parte delle indicazioni statali, ha ritenuto sufficiente richiamarsi ai «vecchi ambiti» dei distretti socio-sanitari e delle unioni di comuni, ambiti che possono anche considerarsi «ottimali» dal punto di vista burocratico-amministrativo, ma che non sono certo automaticamente rispettosi di quella omogeneità orografica che oggi il legislatore statale espressamente richiede;
          è chiaro, dunque, che, così come attualmente formulato dalla legge finanziaria 2012, il parametro territoriale individuato in Emilia Romagna non solo appare inidoneo ad orientare le scelte dei piccoli comuni allorquando si apprestino a procedere ai sensi del decreto-legge n.  78 del 2010, ma non può neppure rappresentare, come si sarebbe sperato, un utile riferimento per tutti quegli altri comuni, che, indipendentemente dalla loro dimensione demografica, andrebbero comunque sostenuti, attraverso indicazioni regionali credibili e ragionate, nella rivalutazione di taluni progetti di fusione in discussione (come quello in Valsamoggia), nel potenziamento delle unioni già presenti e nella creazione di nuove unioni  –:
          se l'attuale Unione Valsamoggia (già Comunità montana) abbia ricevuto contributi da parte dello Stato ex decreto ministeriale n.  318 del 2000 e successive modificazioni e, in caso affermativo, in che misura, da quanto tempo e per quanti anni a venire;
          se lo Stato abbia erogato o abbia previsto l'erogazione di ulteriori contributi alla Valsamoggia in virtù del passaggio da originaria comunità montana ad attuale unione di comuni;
          se, in generale, saranno riconfermati i finanziamenti statali a scopo premiale previsti dalla normativa vigente per le fusioni di comuni e, in caso affermativo, in che misura e per quanti anni;
          se, nel particolare caso della Valsamoggia, la fusione di cinque dei sei comuni attualmente in unione e la loro successiva (ri)confluenza, come neocomune unico, in una nuova Unione a nove comuni determinerà l'erogazione di distinti finanziamenti che si andranno ad aggiungere a quelli (eventualmente) già percepiti dalla Valsamoggia per l'attuale unione di comuni;
          se non ritenga, di dover assumere iniziative normative, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni per disciplinare tutti i processi di fusione futuri e quelli ancora in corso, indicando parametri certi e definiti;
          se non ritenga di dover assumere le iniziative di competenza per una più compiuta definizione del parametro della «dimensione territoriale ottimale omogenea per area geografica» di cui all'articolo 14 decreto-legge n.  18 del 2010 al fine di scongiurare definitivamente il rischio che il legislatore regionale, operando un'attuazione puramente formale dell'obiettivo prefissato dal legislatore statale, si limiti a «ratificare» i vecchi ambiti dei distretti socio-sanitari e delle unioni di comuni e cada nella medesima disattenzione ad avviso dell'interrogante attualmente riscontrabile in Emilia Romagna (cfr. articolo 47 della legge regionale n.  21 del 2011 – legge finanziaria regionale 2012). (4-17054)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          la legge 12 ottobre 1993, n.  413 (Gazzetta ufficiale n.  244 del 16 ottobre 1993) relativa alle «Norme sull'obiezione di coscienza alla sperimentazione animale» recita che: «I medici, i ricercatori e il personale sanitario dei ruoli dei professionisti laureati, tecnici ed infermieristici, nonché gli studenti universitari interessati, che abbiano dichiarato la propria obiezione di coscienza, non sono tenuti a prendere parte direttamente alle attività ed agli interventi specificamente e necessariamente diretti alla sperimentazione animale» (articolo 2, comma 1), e che «Gli studenti universitari dichiarano la propria obiezione di coscienza al docente del corso, nel cui ambito si possono svolgere attività o interventi di sperimentazione animale, al momento dell'inizio dello stesso» (articolo 3, comma 2)  –:
          quali siano gli ultimi dati disponibili relativi a medici, ricercatori e personale sanitario dei ruoli dei professionisti laureati, tecnici ed infermieristici, nonché agli studenti universitari che, ai sensi della legge 12 ottobre 1993 n.  413, hanno dichiarato la propria obiezione di coscienza ad ogni atto connesso con la sperimentazione animale per i relativi corsi di laurea, nell'esercizio del diritto alle libertà di pensiero, coscienza e religione riconosciuta dalla dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, dalla convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e dal patto internazionale relativo ai diritti civili e politici.
(5-07476)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      GNECCHI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          il «Fondo di previdenza per il personale dipendente dalle aziende private del Gas» è stato istituito allo scopo di provvedere al trattamento di pensione in favore degli impiegati e degli operai dipendenti dalle aziende private del gas;
          il fondo gas rientra nella categoria dei fondi integrativi gestiti dall'INPS e sono obbligatoriamente iscritti al Fondo tutti i dipendenti delle aziende private del gas, con qualifica di impiegato od operaio;
          a seguito della liberalizzazione del settore, il fondo gas è stato interessato da diversi provvedimenti legislativi che hanno modificato sostanzialmente la previgente disciplina e che hanno comportato in sintesi che la relativa contribuzione al fondo, non è più a carico dell'azienda ma su base volontaria a carico del lavoratore;
          con l'accordo sindacale di settore del 22 giugno 2005, le parti hanno convenuto sulla necessità del superamento del fondo Gas e sulla correlata confluenza verso il sistema di previdenza complementare disciplinato dal decreto legislativo n.  124 del 1993;
          il 25 marzo 2010, l'INPS ha anticipato le valutazioni attuariali che indicano la non sostenibilità del fondo gas, sulla base del patrimonio, giacché quest'ultimo non sarebbe neanche sufficiente a garantire le prestazioni degli attuali pensionati;
          con successivo accordo sindacale di settore del 10 febbraio 2011, le parti hanno proposto nuovi criteri per il superamento del fondo Gas, che hanno sottoposto all'attenzione del Ministero e del legislatore per avere conferma della loro validità e per l'adozione dei provvedimenti normativi necessari;
          ad oggi non risulta all'interrogante che si siano attivate le iniziative idonee del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, atte alla risoluzione della problematica  –:
          se non ritenga il Ministro interrogato di attivare l'istituzione di un tavolo tecnico, coinvolgendo l'Inps e le parti sociali, che porti a soluzione la problematica segnalata. (5-07462)


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il decreto 11 novembre 2011, Ripartizione delle risorse finanziarie affluenti al Fondo per le non autosufficienze a favore di persone affette da sclerosi laterale amiotrofica, per l'anno 2011 (12A05808) (Gazzetta Ufficiale n.  118 del 22 maggio 2012) all'articolo 1: «Riparto delle risorse 1. Le risorse assegnate al «Fondo per le non autosufficienze» per l'anno 2011, pari ad euro 100 milioni, sono attribuite alle regioni per le finalità di cui all'articolo 2. Il riparto alle regioni avviene secondo le quote riportate nell'allegata tabella 1, che costituisce parte integrante del presente decreto. 2. I criteri utilizzati per il riparto per l'anno 2011 sono basati sui seguenti indicatori della domanda potenziale di interventi in tema di sclerosi laterale amiotrofica; a) popolazione residente, per regione, d'età pari o superiore a 45 anni, nella misura del 60 per cento; b) criteri utilizzati per il riparto del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all'articolo 20, comma 8, della legge 8 novembre 2000, n.  328, nella misura del 40 per cento»;
          con delibera n.  115 del 20 marzo 2012 la regione Campania ha deliberato di approvare il programma regionale attuativo per l'utilizzo del F.N.A. assegnato per l'anno 2011 con decreto interministeriale dell'11 novembre 2011, pari ad euro 9.070.000,00 ed acquisito sul bilancio gestionale 2012 – Capitolo 7870 U.P.B. 4.16.4;
          tale programma sarà realizzato nell'ambito del nuovo piano sociale regionale per il II triennio di attuazione della legge regionale n.  11 del 2007. Nel programma attuativo viene specificato che, in linea generale, per il Fondo 2011 la regione intende confermare i criteri di programmazione del fondo già utilizzati nel passato, ovvero la confluenza del F.N.A. nel Fondo sociale regionale destinato ai comuni capofila di ambito territoriale per la programmazione di interventi/prestazioni per ammalati di SLA nei piani sociali di Zona, per il triennio di attuazione del nuovo Piano sociale regionale 2013-2016. Ma a differenza del pregresso, tali risorse saranno vincolate per la realizzazione di prestazioni domiciliari sociali nell'ambito delle «cure domiciliari di III livello» per pazienti affetti da Sla, congiuntamente programmate con i distretti di competenza ed erogabili dai comuni sulla base di una valutazione del bisogno assistenziale da parte delle unità di valutazione integrate; contributi economici ai familiari degli assistiti finalizzati alla acquisizione di tecnologie come i facilitatori della comunicazione, e presidi sanitari utili a migliorare la qualità di vita dall'ammalato e lo stress dei familiari; prestazioni domiciliari sociali in forma indiretta, ovvero contributi economici ai familiari, parenti o vicini di casa, che si assumano il carico di cura dell'ammalato in sostituzione degli operatori sociosanitari, sulla base di valutazione complessa del bisogno sociosanitario, un progetto personalizzato ed un monitoraggio in itinere da parte della UVI distrettuale  –:
          quanti progetti siano stati presentati nella regione Campania;
          quanti progetti siano stati valutati e approvati. (5-07464)


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il decreto 11 novembre 2011, Ripartizione delle risorse finanziarie affluenti al Fondo per le non autosufficienze a favore di persone affette da sclerosi laterale amiotrofica, per l'anno 2011 (12A05808) (Gazzetta Ufficiale n.  118 del 22 maggio 2012) all'articolo 1: «Riparto delle risorse 1. Le risorse assegnate al «Fondo per le non autosufficienze» per l'anno 2011, pari ad euro 100 milioni, sono attribuite alle regioni per le finalità di cui all'articolo 2. Il riparto alle regioni avviene secondo le quote riportate nell'allegata tabella 1, che costituisce parte integrante del presente decreto. 2. I criteri utilizzati per il riparto per l'anno 2011 sono basati sui seguenti indicatori della domanda potenziale di interventi in tema di sclerosi laterale amiotrofica; a) popolazione residente, per regione, d'età pari o superiore a 45 anni, nella misura del 60 per cento; b) criteri utilizzati per il riparto del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all'articolo 20, comma 8, della legge 8 novembre 2000, n.  328, nella misura del 40 per cento»;
          con delibera di giunta la regione Molise n.  07 del 9 gennaio 2012 è stato approvato il «Programma Attuativo per i pazienti malati di SLA – Supporto ai pazienti ed alle famiglie delle persone affette da sclerosi laterale amiotrofica nella Regione Molise», predisposto in conformità con quanto disciplinato dal decreto in materia di interventi in tema di assistenza domiciliare ai malati di sclerosi laterale amiotrofica, emanato ai sensi dell'articolo 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006, n.  2, finanziato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali per un importo pari ad euro 650.000,00;
          il programma comprende:
              a) azioni finalizzate a potenziare percorsi assistenziali domiciliari con una presa in carico globale della persona con Sla e dei suoi familiari;
              b) azioni di supporto da parte degli assistenti familiari sviluppato per un numero di ore capaci di rispondere alle criticità emergenti per la tutela domiciliare della persona, tenendo conto dell'evoluzione della malattia, coprendo gli aspetti legati ai bisogni di mobilitazione, respirazione, nutrizione e comunicazione, inseriti nella dimensione domiciliare;
              c) percorsi formativi per assistenti familiari che siano in grado di rispondere alle difficoltà espresse da pazienti con gravi limitazioni motorie e di comunicazione;
              d) interventi volti al riconoscimento del lavoro di cura del familiare-caregiver, in sostituzione di altre figure professionali (quindi remunerati), svolti in base al progetto personalizzato ed opportunamente monitorati. Al caregiver è garantito un sostegno economico dell'importo massimo di 700 euro mensili ad integrazione dell'assegno di accompagnamento;
              e) fornitura ausili e presidi sanitari non compresi nel nomenclatore sanitario per migliorare la qualità della vita dei pazienti e ridurre l'onere assistenziale del caregiver;
          viene inoltre specificato che i destinatari degli interventi saranno «i pazienti residenti in Molise che presentano bisogni con elevato livello di complessità in presenza di diagnosi di Sla» (i criteri di identificazione sono specificati nell'allegato A della delibera stessa)  –:
          quanti malati di Sla siano attualmente residenti in Molise;
          quanti progetti siano stati presentati nella regione Molise;
          quanti progetti siano stati valutati e approvati. (5-07465)


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il decreto 11 novembre 2011, Ripartizione delle risorse finanziarie affluenti al Fondo per le non autosufficienze a favore di persone affette da sclerosi laterale amiotrofica, per l'anno 2011 (12A05808) (Gazzetta Ufficiale n.  118 del 22 maggio 2012) all'articolo 1: «Riparto delle risorse 1. Le risorse assegnate al «Fondo per le non autosufficienze» per l'anno 2011, pari ad euro 100 milioni, sono attribuite alle regioni per le finalità di cui all'articolo 2. Il riparto alle regioni avviene secondo le quote riportate nell'allegata tabella 1, che costituisce parte integrante del presente decreto. 2. I criteri utilizzati per il riparto per l'anno 2011 sono basati sui seguenti indicatori della domanda potenziale di interventi in tema di sclerosi laterale amiotrofica; a) popolazione residente, per regione, d'età pari o superiore a 45 anni, nella misura del 60 per cento; b) criteri utilizzati per il riparto del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all'articolo 20, comma 8, della legge 8 novembre 2000, n.  328, nella misura del 40 per cento»;
          con deliberazione della giunta regione Veneto n.  2499 del 29 dicembre 2011: «Approvazione programma regionale attuativo per la realizzazione di interventi in tema di malati di sclerosi laterale amiotrofica (SLA) per la ricerca e l'assistenza domiciliare dei malati, ai sensi dell'articolo 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006, n.  296, di cui al decreto interministeriale di assegnazione delle quote regionali» del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che ha riconosciuto alla regione Veneto 7.810.000 euro come quota regionale per la realizzazione di interventi in tema di malati di sclerosi laterale amiotrofica (SLA) per la ricerca e l'assistenza domiciliare;
          il provvedimento definisce il percorso socio-assistenziale integrato nei confronti di soggetti affetti da questa malattia neurologica degenerativa, con l'adozione di una cartella clinica informatizzata, percorsi di formazione per familiari e personale di assistenza (caregiver), progettazione di nuovi strumenti multimediali e avvio di ricerca finalizzata all'innovazione nelle prassi e nei modelli d'assistenza  –:
          quanti malati di sla siano attualmente residenti in Veneto;
          quanti progetti siano stati presentati nella regione Veneto;
          quanti progetti siano stati valutati e approvati. (5-07466)


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il decreto 11 novembre 2011, Ripartizione delle risorse finanziarie affluenti al Fondo per le non autosufficienze a favore di persone affette da sclerosi laterale amiotrofica, per l'anno 2011 (12A05808) (Gazzetta Ufficiale n.  118 del 22 maggio 2012) all'articolo 1: «Riparto delle risorse 1. Le risorse assegnate al «Fondo per le non autosufficienze» per l'anno 2011, pari ad euro 100 milioni, sono attribuite alle regioni per le finalità di cui all'articolo 2. Il riparto alle regioni avviene secondo le quote riportate nell'allegata tabella 1, che costituisce parte integrante del presente decreto. 2. I criteri utilizzati per il riparto per l'anno 2011 sono basati sui seguenti indicatori della domanda potenziale di interventi in tema di sclerosi laterale amiotrofica; a) popolazione residente, per regione, d'età pari o superiore a 45 anni, nella misura del 60 per cento; b) criteri utilizzati per il riparto del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all'articolo 20, comma 8, della legge 8 novembre 2000, n.  328, nella misura del 40 per cento»;
          la regione Toscana con deliberazione della giunta regionale n.  1053 del 28 novembre 2011 ha approvato il «Programma attuativo degli interventi di assistenza domiciliare a favore dei malati di SLA» ai sensi del decreto interministeriale per il riparto del fondo per le non autosufficienze per l'anno 2011 con assegnazione di un totale di 6.620.000 euro;
          tali fondi saranno finalizzati alla realizzazione di prestazioni e servizi assistenziali, in particolare domiciliari, alla persona malata e ai suoi caregivers includendo la erogazione di contributi economici per l'assistenza al domicilio (fino a 1.500 euro al mese), ed allo sviluppo della rete dei servizi che sostengono la domiciliarità, con la finalità di evitare fratture o interruzioni della continuità assistenziale e condizioni di abbandono delle famiglie. Parte dei contributi saranno indirizzati anche alla formazione e all'informazione dei familiari, dei caregiver e degli operatori della rete regionale dei servizi socio sanitari, e per l'1 per cento alla ricerca;
          le risorse assegnate al «Fondo per le non autosufficienze» saranno destinate alla realizzazione di prestazioni, interventi e servizi assistenziali nell'ambito dell'offerta integrata di servizi socio sanitari presente nelle 34 zone distretto e nelle incidenti società della salute dell'organizzazione territoriale toscana. Il programma attuativo prevede uno sviluppo biennale  –:
          quanti malati di sla siano attualmente residenti in Toscana;
          quanti progetti siano stati presentati nella regione Toscana;
          quanti progetti siano stati valutati e approvati. (5-07467)


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il decreto 11 novembre 2011, Ripartizione delle risorse finanziarie affluenti al Fondo per le non autosufficienze a favore di persone affette da sclerosi laterale amiotrofica, per l'anno 2011 (12A05808) (Gazzetta Ufficiale n.  118 del 22 maggio 2012) all'articolo 1: «Riparto delle risorse 1. Le risorse assegnate al «Fondo per le non autosufficienze» per l'anno 2011, pari ad euro 100 milioni, sono attribuite alle regioni per le finalità di cui all'articolo 2. Il riparto alle regioni avviene secondo le quote riportate nell'allegata tabella 1, che costituisce parte integrante del presente decreto. 2. I criteri utilizzati per il riparto per l'anno 2011 sono basati sui seguenti indicatori della domanda potenziale di interventi in tema di sclerosi laterale amiotrofica; a) popolazione residente, per regione, d'età pari o superiore a 45 anni, nella misura del 60 per cento; b) criteri utilizzati per il riparto del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all'articolo 20, comma 8, della legge 8 novembre 2000, n.  328, nella misura del 40 per cento»;
          la giunta del Friuli Venezia Giulia ha approvato il «Programma di attuazione degli interventi per l'accesso al riparto tra le regioni delle risorse assegnate dal fondo non autosufficienze (anno 2011) per interventi in tema di Sla per la ricerca e l'assistenza domiciliare ai malati», prevedendo uno stanziamento di 2.210.000 euro;
          il programma si sviluppa in quattro azioni:
              a) interventi finalizzati a realizzare o potenziare percorsi assistenziali domiciliari che consentano una presa in carico globale della persona affetta da SLA e dei suoi familiari attraverso:
                  1) interventi di analisi e riprogettazione dei Processi e degli Strumenti di presa in carico integrata;
                  2) interventi di promozione e facilitazione della comunicazione delle persone affette da SLA.
              b) interventi volti a garantire il necessario supporto di «assistenti familiari» sviluppate per un numero di ore corrispondente alle criticità emergenti con l'evoluzione della malattia. Le risorse progettuali saranno volte a:
                  1) integrare e potenziare l'intervento di sostegno economico assicurato dalla regione tramite il menzionato Fondo per l'autonomia possibile e per l'assistenza a lungo termine (FAP), in particolare attraverso il rafforzamento delle seguenti due tipologie d'intervento, scelte tra le quattro in cui esso attualmente si articola con l'obiettivo di renderle più appropriati ed efficaci rispetto ai bisogni dei malati di SLA: CAF – Contributo per l'aiuto familiare; sostegno alla vita indipendente e/o finanziamento di forme nuove e specifiche di rafforzamento del ricorso alle figure addette all'assistenza familiare e della loro valorizzazione, anche in raccordo con il piano di formazione previsto.
              c) interventi volti al riconoscimento del lavoro di cura del familiare caregiver in sostituzione di altre figure professionali e sulla base di un progetto personalizzato in tal senso monitorato. Le risorse progettuali in questo caso saranno volte ad integrare e potenziare:
                  1) la tipologia d'intervento, afferente anch'essa al FAP, più direttamente destinata a sostenere il lavoro di cura delle famiglie, cioè l'APA – Assegno per l'autonomia;
                  2) l'intervento regionale di sostegno economico finalizzato alla permanenza a domicilio di persone in situazioni di bisogno assistenziale di elevatissima intensità (Fondo gravissimi);
              attraverso il potenziamento delle risorse destinate a tale Fondo si intende rendere gli interventi da esso garantiti più appropriati ed efficaci rispetto ai bisogni dei malati di SLA;
              d) attivazione di specifici percorsi formativi per assistenti familiari per pazienti affetti da SLA che coprano gli aspetti legati alle diverse aree di bisogno;
          la regione intende finanziare la messa a punto e l'attuazione di percorsi di formazione specialistica. Il percorso formativo promuoverà conoscenze e comportamenti atti a garantire il mantenimento della qualità di vita a casa sia del paziente affetto da SLA che dei suo familiari. L'obiettivo della formazione è anche quello di orientare e favorire la creazione di reti tra strutture e associazioni che si occupano di malattie neuromuscolari;
          la proposta è quella di attivare moduli formativi dedicati a: orientamento; formazione in aula; formazione in situazione; creazione e consolidamento di reti tra mondo dell'associazionismo, strutture di cura e istituzioni; con particolare valorizzazione della formazione in situazione. La formazione in aula è volta ad approfondire i temi connessi alle specifiche aree di bisogno delle persone affette da SLA: area motoria, area respiratoria, area nutrizionale, area della comunicazione e area della dimensione domiciliare;
          nel realizzare i percorsi formativi la regione si coordinerà con i competenti Centri di riferimento  –:
          quanti progetti siano stati presentati nella regione Friuli Venezia Giulia;
          quanti progetti siano stati valutati e approvati. (5-07468)

Interrogazioni a risposta scritta:


      BOCCUZZI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          con il trascorrere dei mesi, la situazione occupazione nel Chivassese si sta facendo sempre più drammatica;
          è in continua crescita il numero delle aziende che chiudono e il numero di lavoratori in cassa integrazione;
          le ultime preoccupanti situazioni riguardano l'Industria Costruzioni di Volpiano e la Mabo ex Esilias di Caluso, due aziende ormai sull'orlo della definitiva chiusura;
          Industria Costruzioni di Volpiano è un'azienda che dagli anni ’80 opera in lavori edili e stradali come la posa di condotte per acquedotto, gas e fognature. Ha succursali ad Asti, in Liguria, nel Veneto, in Emilia Romagna e a Lecce;
          un tempo l'azienda contava quasi duecento lavoratori che si sono ridotti ormai a circa la metà, oggi si trova ad affrontare un'irreversibile crisi economico-finanziaria che ha determinato la messa in liquidazione della società;
          anche la situazione della Mabo è molto complicata;
          la ex Esilias di Caluso, azienda specializzata nella produzione di capannoni industriali in cemento precompresso occupa 53 lavoratori tra impiegati e operai;
          nel settembre del 2011 era iniziata la cassa integrazione, pagata fino a marzo 2012, da allora i lavoratori non hanno percepito nulla  –:
          quali iniziative intenda mettere in atto per scongiurare che precipiti definitivamente la situazione della «Industria Costruzioni» di Valpiano e della Mabo di Caluso, nonché la situazione di tutto il territorio che vive un momento molto difficile. (4-17030)


      BOCCUZZI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          la recessione ha portato più di 500 milioni di ore di cassa integrazione negli ultimi sei mesi;
          tale richiesta di ore di Cassa integrazione ordinaria ha comportato un taglio del reddito dei lavoratori di oltre 2 miliardi di euro, quasi 4.000 euro ciascuno;
          da inizio anno fino a giugno, per la precisione, il totale di ore di cassa integrazione ha raggiunto quota 523.761.036 con un incremento del 3,16 per cento rispetto al 2011. Dati allarmanti che uniti all'assenza di reali segnali di ripresa, fanno temere che il trend possa mirare al miliardo anche per l'anno in corso;
          nello specifico, la cassa integrazione ordinaria ha totalizzato da inizio anno un monte ore pari a 166.635.792 registrando un +40,77 per cento rispetto allo stesso periodo nel 2011. La cassa integrazione straordinaria è stata pari a 185.061.859 ore con una flessione del 16,38 per cento rispetto all'anno precedente;
          la cassa integrazione in deroga infine registra una richiesta di 172.063.385 ore, in aumento del 2,38 per cento sullo stesso periodo nello scorso anno;
          l'industria è il settore in cui maggiore è stato il ricorso alla cassa integrazione, seguita dal commercio, dall'edilizia e dall'artigianato  –:
          quali siano le iniziative messe in atto per arginare la preoccupante situazione esplicata nella premessa. (4-17032)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      DI GIUSEPPE, DI PIETRO, MESSINA e ROTA. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          la vexata questio dello zuccherificio del Molise è agli onori delle cronache ormai da tempo, ed oltre a quanto ampiamente documentato dalla cronaca giornalistica, anche il Governo era stato, a suo tempo, debitamente informato da più interrogazioni in merito;
          lo zuccherificio del Molise le cui quote al 31 dicembre 2011 erano così suddivise, il 37,7 per cento al socio privato Remo Perna, il 24,5 per cento alla regione Molise, il 34,5 per cento all'Arsiam e infine il 3,3 per cento alla regione Puglia, non riusciva a garantire la liquidità necessaria alla propria sopravvivenza, tanto che, già nel novembre 2011, una serie di scioperi e manifestazioni da parte dei lavoratori dello zuccherificio, avevano sollevato il problema del mancato pagamento degli stipendi come già si era verificato nel mese di settembre e ancora prima nel mese di luglio 2011;
          il problema degli stipendi si è di seguito aggravato alla luce del debito contratto dallo zuccherificio, una fattura da tre milioni di euro di gas non pagati, che fra interessi e more arriva a 4 milioni, e che aveva portato al pignoramento presso le diciannove banche che abitualmente servono lo zuccherificio del Molise allorquando la Energy Trading, che eroga il metano necessario per la campagna saccarifera, aveva fatto notificare un decreto ingiuntivo per l'ultima fattura del gas non pagata; questa situazione si è ripercossa sia sui bieticoltori in attesa del terzo acconto pari a circa 3 milioni di euro a fronte di una effettiva disponibilità di soli 48 mila euro, che sui titolari di numerose imprese che si occupano dell'ordinaria manutenzione dello zuccherificio in credito verso lo stabilimento;
          la Energy Trading aveva quindi chiesto di mettere in liquidazione lo stabilimento per una fattura da tre milioni di euro non pagata; all'epoca dell'accaduto la gestione era in mano al socio privato il signor Perna, l'uomo che lo stesso Iorio aveva presentato come il «Marchionne» del Molise, che gestiva anche le trattative per organizzare un piano di rientro con le bianche;
          il 13 dicembre 2012, il Consiglio di amministrazione dell'azienda saccarifera, su indicazione del governatore del Molise Iorio, ha nominato l'ex assessore regionale all'agricoltura Antonio Di Rocco, come nuovo presidente dello zuccherificio del Molise. Nella medesima seduta del Consiglio di amministrazione si è discusso della situazione finanziaria dello zuccherificio, in particolare dell'istanza di fallimento promossa dalla Energy Ti International Trading;
          già nel gennaio 2012, le organizzazioni sindacali dichiaravano allarmate che per la prima volta dopo circa quarant'anni i lavoratori dello zuccherificio del Molise SpA non hanno ricevuto la tredicesima e non hanno certezza sulla corresponsione della mensilità del mese di dicembre, prefigurando lo spettro del crac, mentre l'azienda assumeva con un contratto a tempo indeterminato il cognato del socio privato Remo Perna e la nipote del presidente di Fin-Molise Teresio Di Pietro;
          per tentare di salvare dal fallimento lo zuccherificio, la giunta Iorio ha proposto un aumento del capitale sociale pari a 15 milioni di euro, approntando contestualmente un piano di exit strategy, ovvero, dismissione delle quote appena comprate cedendole magari ad imprenditori eventualmente interessati;
          il 20 marzo 2012, la Giunta regionale Molise ha autorizzato l'azione di ricapitalizzazione combinata, attraverso una conversione di parte dei crediti, e di nuova capitalizzazione, ciascuno del 50 per cento per un totale di circa 8 milioni di euro, nella misura cautelativa di intervento esclusivo della regione, motivando la decisione con la conclusione che «permangono condizioni tali da dare fiducia al rilancio ed alla stabilizzazione del percorso dello zuccherificio, che dalla documentazione appare sostenibile, con il concorso di tutti»;
          nel corso del Consiglio di amministrazione dello stabilimento del 23 marzo 2012, si ratifica la fine dell'ingloriosa era Perna, sostituito dal top manager Alberto Alfieri, specializzato nelle ristrutturazioni aziendali, già consulente Parmalat, Danone, Gaudianello, San Gemini e al momento amministratore delegato della Cadey, chiamato a salvare l'azienda saccarifera, l'unica rimasta nel Meridione, per farla camminare con le proprie gambe, senza più l'aiuto del pubblico;
          a seguito delle indagini intorno allo zuccherificio, relative alle ipotesi di truffa il 18 aprile 2012 il giudice di Campobasso Maria Rosaria Rinaldi ha accolto la richiesta del pubblico ministero Fabio Papa, titolare della complessa indagine su aggiotaggio, truffa e ricettazione che vede nel mirino lo zuccherificio e ben 17 persone, fra cui il presidente della giunta regionale e l'assessore al bilancio Vitagliano, iscritte sul registro degli indagati; inoltre, il socio privato dello zuccherificio del Molise, Remo Perna, non potrà avere alcuna carica societaria, per sei mesi, né nelle proprie né in altre società, per l'ipotizzato pericolo che la «condotta criminosa adottata in occasione della sua permanenza nello stabilimento saccarifero molisano con la presenza di diverse società a lui collegate possa essere perpetrata». Oltre a Remo Perna l'ordinanza ha coinvolto altre persone, suoi uomini di fiducia con ruoli di primo piano in quel meccanismo societario di scatole cinese sul quale ormai da un pezzo si sono concentrate le attenzioni degli investigatori della procura di Campobasso. Si tratta di Romano Deni, Vittorio Testa e Antonio Mucciardi. La richiesta di misura interdittiva è accolta anche per Vittorio Testa, cognato di Remo Perna, e Antonio Mucciardi;
          all'attivo della procura molisana sussistono due filoni d'inchiesta legati alla vicenda dello zuccherificio confluiti in un unico imponente fascicolo. Il primo riguarda l'aggiotaggio, vale a dire false informazioni al mercato nel tentativo di condizionare in maniera illegittima il valore delle quote dello stabilimento in previsione della loro cessione al socio privato. Sotto accusa, in questo caso, il vecchio consiglio di amministrazione dello stabilimento saccarifero e l'ex collegio dei revisori dei conti. Il primo rappresentato da Domenico Porfido, Franco e Luigi Tesi, Gabriele La Palombara, Stefano Benatti, e Gino Vignone. Il secondo da Umberto Vaccarella, Franco D'Abbate e Paolo Veri. A loro si erano aggiunti, come indagati anche con l'accusa di falso in bilancio e abuso d'ufficio, il presidente della regione Molise Michele Iorio e l'ex assessore alla programmazione Gianfranco Vitagliano, che la procura individua, in virtù della sua funzione di «intermediario» nelle trattative, come l'ispiratore della presunta operazione illegittima, cioè aver condizionato il mercato fornendo una fotografia della situazione finanziaria interna, attraverso il bilancio del 2008, diffondendo «notizie false finalizzate a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari non quotati». In mezzo ci sono la cessione delle quote, la loro riconversione e la ricapitalizzazione dello zuccherificio, dunque il suo valore effettivo sui mercati, oltre alla famosa tassa di ristrutturazione da 30 milioni di euro imposta agli stabilimenti;
          il secondo fascicolo d'inchiesta è incentrato sulle ipotesi di reato di truffa e ricettazione e coinvolge altre persone: oltre a Remo Perna il figlio Francesco, e appunto membri dei Consiglio di amministrazione delle società interessate all'operazione «zucchero», come Deni Romano, Vittorio Testa, Antonio Mucciardi e Elvio Carugno. Il filone ruota attorno al presunto ingiusto profitto che la famiglia Perna avrebbe ottenuto grazie ai finanziamenti pubblici e all'assegnazione del pacchetto azionario privato del 37,7 per cento con l'individuazione senza gara d'appalto da parte della regione Molise;
          i giudici fallimentari, l'8 maggio 2012, hanno sciolto le riserve decidendo di accettare la richiesta di rinvio dell'udienza pre-fallimentare richiesta dalla società del gas che è in credito di tre milioni e seicentomila euro. L'udienza, che vede contrapposti zuccherificio ed Energy Trading, viene fissata all'11 luglio 2012, consentendo allo zuccherificio di proseguire nella sua attività e di organizzare la campagna dello zucchero per presentare un nuovo piano industriale di rilancio e convincere le banche a concedere prestiti che finora sono stati negati;
          secondo quanto emerso dagli atti pubblici dell'Agea a fine maggio scorso, si apprende una nuova preoccupante notizia circa la gestione dello zuccherificio del Molise; pare infatti che non siano stati versati i contributi per la ristrutturazione sulla campagna 2008-2009 né pagate le tasse sulla produzione delle campagne saccarifere dal 2009 al 2012; il totale debitorio a carico dell'azienda è pari a 12 milioni di euro; elemento di cui l'Agea ha già informato sia il Ministro dell'economia e delle finanze che quello delle politiche agricole, alimentari e forestali ed anche l'Avvocatura dello Stato per conoscere quali strumenti adottare;
          nella seduta regionale del 12 giugno si era deliberata, con voto a maggioranza, la salvaguardia di tutti i posti di lavoro dei dipendenti dello zuccherificio, invece, sempre nel giugno scorso è partito il piano di ristrutturazione del nuovo zuccherificio varato dal manager Alfieri, caratterizzato da forti tagli ai costi, ed i primi a rimetterci sono stati i lavoratori; nel documento, del quale la giunta regionale di Iorio ha preso atto, è indicato che resteranno 67 lavoratori su 103; la proposta prevede la nascita di una nuova società che gode di agevolazioni fiscali, senza debiti, pulita, da sostituire alla old company. Questa new co interamente controllata dal socio pubblico, la regione, dovrebbe affittare gli impianti di produzione dello zucchero per almeno tre anni, godere del diritto di prelazione degli «assets» e diventare titolare dei contratti con i bieticoltori e con clienti e fornitori dello zuccherificio;
          allo stato dei fatti, nell'organico dello zuccherificio, sono stati individuate 29 unità lavorative in esubero, motivate da varie ragioni finanziare, economiche e produttive dello stabilimento, che secondo l'interrogante, appaiono incongruenti con il dato relativo alla retribuzione del top manager Alberto Alfieri che solo tra aprile a giugno ha percepito una somma pari a 117 mila euro così suddivisi: 24 mila euro mensili come proprio compenso, per un totale ad oggi di 58 mila euro, ed i restanti 59 mila euro alla Tempogest srl, società, alla quale l'Alfieri ha affidato le sorti dello stabilimento;
          lo zuccherificio del Molise, nonostante abbia una produzione fortemente stagionale, che vede nei periodi della campagna saccarifera la necessita di aggiungere oltre 150 dipendenti avventizi ai 103 dipendenti in fissi, non ha previsto, nell'accordo, l'ipotesi di reinserimento nel ciclo produttivo dell'azienda dei 29 lavoratori in esubero, senza prevedere neanche il più classico dei turn-over con il personale che va in pensione. Allo stato attuale i 29 esuberi sono fuori da tutto: ciclo produttivo e tutele sociali e nello stabilimento si continuerà a produrre e a gestire la stessa mole di lavoro con minor numero dipendenti interinali;
          in una nota congiunta del 26 giugno 2012, i consiglieri regionali Paolo di Laura Frattura, Cristiano Di Pietro, Danilo Leva e Salvatore Ciocca, hanno annunciato di volersi fare promotori del percorso istituzionale più consono teso al recupero delle somme pubbliche sperperate in questi anni per finanziare lo zuccherificio del Molise, circa 100 milioni di euro di finanziamenti regionali, nazionali ed europei, che non hanno consentito il rilancio dell'azienda ma l'hanno portata di fatto al fallimento;
          la scorsa settimana il giudice del tribunale di Larino ha accolto la proposta degli avvocati dello stabilimento saccarifero ed ora ci si avvia verso il concordato preventivo per lo zuccherificio del Molise; si provvederà a nominare il commissario liquidatore, che dovrà preoccuparsi di programmare tempi e modalità per saldare i debiti, senza trascurare la vicenda dei dipendenti minacciati di licenziamento  –:
          se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
          se il Ministro interrogato non ritenga, nell'ambito delle proprie competenze, di verificare l'effettivo utilizzo dei fondi statali concessi negli ultimi anni;
          se il Ministro interrogato non intenda valutare opportune iniziative normative per garantire la continuità operativa dello zuccherificio del Molise attraverso il riconoscimento degli aiuti alla ristrutturazione degli impianti di produzione di zucchero così da tutelare gli attuali livelli occupazionali. (5-07475)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


      GRIMOLDI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          le pubbliche amministrazioni, nell'organizzare autonomamente la propria attività, utilizzano le tecnologie dell'informazione e della comunicazione per la realizzazione degli obiettivi di efficienza, efficacia, economicità, imparzialità, trasparenza, semplificazione e partecipazione, nonché per la garanzia dei diritti dei cittadini e delle imprese, ai sensi di quanto disposto dal codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n.  82, e successive modificazioni ed integrazioni;
          la riorganizzazione strutturale e gestionale delle pubbliche amministrazioni volta ai perseguimento degli obiettivi di efficientamento e risparmio avviene anche attraverso il migliore e più esteso utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione nell'ambito di una coordinata strategia che garantisca il coerente sviluppo del processo di digitalizzazione;
          in attuazione a tali obiettivi, le pubbliche amministrazioni devono provvedere in particolare a razionalizzare e semplificare i procedimenti amministrativi, le attività gestionali, i documenti, la modulistica, le modalità di accesso e di presentazione delle istanze da parte dei cittadini e delle imprese, assicurando che l'utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione avvenga in conformità alle prescrizioni tecnologiche definite nelle apposita disciplina normativa sopra richiamata;
          in particolare, ai sensi dell'articolo 6 del codice dell'amministrazione digitale, le pubbliche amministrazioni sono tenute nello svolgimento dei propri compiti ed attività ad attenersi all'utilizzo del sistema di posta elettronica certificata – PEC;
          esse devono quindi dotarsi di una casella di posta elettronica certificata per qualsiasi scambio di comunicazioni, documenti e informazioni e per ciascun registro di protocollo, secondo quanto disposto dall'articolo 47, comma 3, del medesimo codice;
          esse devono altresì pubblicare nella pagina iniziale del proprio sito web istituzionale l'indirizzo PEC a cui i cittadini possono rivolgersi per acquisire informazioni e documenti o rivolgere istanze, come previsto dall'articolo 54, comma 2-ter, del codice;
          le pubbliche amministrazioni devono rendere comunicazione all'Agenzia per l'Italia digitale, appena istituita dal decreto-legge 22 giugno 2012, n.  83, in sostituzione di DigitPa, degli indirizzi PEC disposti per ciascun registro di protocollo;
          DigitPA è chiamata a svolgere anche apposite funzioni di vigilanza e controllo sull'attività dei certificatori qualificati e dei gestori di posta elettronica certificata;
          nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili come previste negli appositi piani, le pubbliche amministrazioni devono attuare anche politiche di formazione del personale finalizzate alla conoscenza e all'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione;
          il codice dell'amministrazione digitale definisce anche gli obblighi in capo ai titolari e ai certificatori dei documenti di firma elettronica;
          l'utilizzo della posta certificata nella pubblica amministrazione costituisce un mezzo che consente di svolgere l'attività amministrativa in tempi più rapidi e con minori costi a carico dell'erario pubblico, oltre che in primis un obbligo di legge;
          sennonché ad oggi le predette disposizioni sull'utilizzo del sistema di PEC non vengono osservate da molte amministrazioni pubbliche senza che esista in capo ad esse e ai dirigenti preposti ai rispetti ruoli generali una specifica sanzione per il caso di violazione delle prescrizioni normative, ovvero di loro inosservanza o inottemperanza  –:
          se si intendano assumere le necessarie iniziative volte a garantire l'osservanza delle richiamate disposizioni di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n.  82, recante il codice dell'amministrazione digitale, in riferimento all'obbligo per le pubbliche amministrazioni di utilizzo del sistema di posta elettronica certificata – PEC, nonché delle previsioni in tema di amministrazione aperta e accessibilità delle informazioni della pubblica amministrazione, affinché le stesse trovino definitiva e compiuta attuazione, valutando anche l'opportunità di introdurre una specifica sanzione per il caso di inottemperanza ovvero inosservanza da parte delle amministrazioni pubbliche. (4-17051)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


      ANNA TERESA FORMISANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          ad oggi risultano ancora disattesi i termini dell'accordo, firmato il 30 novembre 2011, tra la regione Lazio e la Fondazione Santa Lucia, struttura di eccellenza nel campo della neuroriabilitazione in Italia e centro di rilievo internazionale per la ricerca scientifica nel campo delle neuroscienze di fatto e di diritto equiparata alle strutture pubbliche del servizio sanitario nazionale;
          dopo mesi di faticose trattative, si era giunti ad un accordo condiviso che ha previsto l'impegno da parte della regione Lazio e che apriva uno spiraglio nella difficile situazione dell'istituto;
          a sette mesi da tale data, i termini dell'accordo si possono considerare solo parzialmente rispettati;
          risultati inutili gli innumerevoli solleciti scritti ed orali per il pagamento del saldo, la Fondazione Santa Lucia ha richiesto al tribunale di Roma un decreto ingiuntivo al quale la regione Lazio, per mezzo della propria avvocatura ha proposto opposizione;
          dalla memoria difensiva presentata dall'avvocatura della regione Lazio emerge che l'accordo firmato, nella sede della regione Lazio, tra i vertici del Santa Lucia e il capo dipartimento Guido Magrini, il direttore generale della programmazione e delle risorse Ferdinando Romano, il sub-commissario governativo Giuseppe Spata sarebbe da considerare privo di valore;
          da anni la Fondazione Santa Lucia ha evidenziato «la situazione di estremo disagio della Fondazione stessa, a causa della ormai cronica inadempienza della giunta regionale del Lazio, nei rimborsi per i ricoveri e le prestazioni specialistiche ambulatoriali erogate in convenzione nell'ultimo triennio»; tuttavia, pur avendo firmato un accordo conclusivo, non sono stati ancora rispettati gli impegni presi;
          il ruolo e la funzionalità della sanità pubblica devono essere privilegiati, puntando sull'integrazione funzionale, da un lato fra le strutture pubbliche e quelle ad esse equiparate (IRCCS, ospedali classificati), come nel caso dell'IRCCS Fondazione Santa Lucia, e dall'altro quelle private accreditate  –:
          se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e se intenda adottare, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro, urgenti iniziative in merito;
          quale sia stato il ruolo ricoperto, nello specifico dal sub-commissario governativo nominato, se abbia agito in conformità al ruolo affidatogli, ed in tale caso quali siano le ragioni per cui le sue decisioni, in merito alle vicende citate in premessa, sarebbero da considerare nulle. (3-02402)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      IANNUZZI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          la costituzione della facoltà di medicina e chirurgia presso l'università degli studi di Salerno è stata, dopo anni di lavoro e di vive attese della comunità locali, il risultato di un lungo qualificato e tenace percorso, che si è svolto nel segno della intesa e preziosa collaborazione fra tutte le istituzioni interessate;
          è importante rimarcare che lo scorso 16 luglio 2012, i primi sedici studenti hanno completato i sei anni del corso di studio ed hanno così conseguito le prime lauree in medicina e chirurgia presso la nuova facoltà Salernitana;
          ciononostante, non è ancora intervenuto il decreto interministeriale, che deve essere adottato di concerto fra i Ministri della salute, dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dell'economia e delle Finanze, necessario – alla luce del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n.  517 – per la creazione dell'azienda ospedaliera, attraverso la trasformazione dell'azienda ospedaliera «San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona» di Salerno, nella quale insiste la prevalenza del predetto corso di laurea in medicina e chirurgia;
          infatti, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, lettera b) del suddetto decreto legislativo n.  517 del 1999, la collaborazione fra l'università e sistema sanitario nazionale si realizza attraverso aziende ospedaliere universitarie aventi autonoma personalità giuridica, denominate, nella ipotesi che interessa la facoltà di medicina dell'università di Salerno, azienda ospedaliera integrata con l'università;
          per la nascita dell'azienda ospedaliera universitaria di Salerno occorre, ai sensi dell'articolo 8, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.  502, l'adozione di specifico decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro della salute di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca; tale concerto, nel caso del regime di commissariamento operante per la sanità nella regione Campania, è esteso al Ministro dell'economia e delle finanze;
          la richiesta (avanzata sia dall'università di Salerno, sia dalla regione Campania) di adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è rimasta sino ad oggi ancora inevasa e non ne ha avuto, quindi, risposta risolutiva e positiva dopo più di due anni;
          il protrarsi ulteriore e con altri ritardi, che sarebbero del tutto ingiustificati, di questa situazione di stallo penalizzerebbe e pregiudicherebbe gravemente il processo di crescita così ben iniziato in questi anni, e lo sviluppo complessivo delle attività della facoltà di medicina di Salerno, sia dal punto di vista didattico e scientifico, sia da quello organizzativo ed operativo;
          fra l'altro l'Università di Salerno ha giustamente formalizzato un atto di diffida a messa in mora nei confronti della Regione Campania e dei Ministeri competenti, per conseguire finalmente l'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per la nascita dell'azienda universitaria, anche con l'ipotesi di adire a tal fine la giustizia amministrativa;
          tale situazione è stata puntualmente evidenziata dall'interrogante al Ministro della salute, in sede di replica alla risposta, resa dal Governo alla sua precedente interrogazione n.  5-06480, nella seduta della XII Commissione in data 3 luglio 2012  –:
          quando i Ministri interrogati intendano agire per l'adozione, tempestiva e senza ulteriori, gravi e ingiustificati ritardi, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri necessario per la costituzione dell'azienda ospedaliera universitaria di Salerno, ai sensi del decreto legislativo n.  517 del 1999 ed attraverso la trasformazione dell'azienda ospedaliera «San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona» di Salerno essendo a tal fine indispensabile l'immediata proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ed il Ministro dell'economia e delle finanze; tenendo conto del completamento del corso in medicina presso la facoltà di Salerno da parte dei primi sedici studenti, che nei giorni scorsi hanno conseguito il diploma di laurea, nonché della iniziativa giurisdizionale giustamente promossa dall'università degli studi di Salerno per porre fine ad un'incredibile ed incresciosa situazione di stallo e di paralisi che da due anni intercorre fra la regione Campania ed il Governo nazionale, con gravissimo pregiudizio per la nuova facoltà e per l'intera comunità salernitana e che esige la rapida adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. (5-07461)


      OLIVERIO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          sul quotidiano Il Crotonese di giovedì 12 luglio 2012 è stata pubblicata la notizia relativa alla chiusura delle guardie mediche estive, rivolte ai turisti, in tutta la provincia di Crotone;
          nell'articolo si legge che il Dipartimento di assistenza distrettuale dell'azienda sanitaria provinciale di Crotone avrebbe scritto una lettera datata 5 luglio 2012 ai medici addetti al servizio di continuità assistenziale (in pratica, i medici di famiglia), avente ad oggetto «Assistenza ai turisti», in cui si chiede agli stessi, considerata la soppressione della Guardia medica turistica nella provincia di Crotone dovuta alla pesante scure sulla sanità calabrese che vige da diversi anni, di rendere le prestazioni mediche ai turisti presenti nel territorio nel periodo estivo;
          la suddetta lettera indica anche che le prestazioni saranno retribuite esclusivamente dal cittadino non residente presso l'azienda sanitaria provinciale, ovvero i turisti, come stabilito dalla convenzione di medicina generale del 2009, e precisamente: 15 euro per visita ambulatoriale, 25 euro per la visita domiciliare, ad esclusione delle prestazioni aventi carattere di urgenza;
          questo rappresenta uno degli ultimi provvedimenti, di una lunga serie, adottati dalla regione Calabria e in particolare dall'Asp nei confronti della provincia crotonese, che continua a vedersi sempre più privata di una efficiente e appropriata rete delle cure primarie;
          in un territorio già colpito da un forte ritardo di sviluppo e dalla crisi economica, la situazione sopra descritta sarebbe un ulteriore disincentivo al turismo, già reso problematico dalle gravi carenze infrastrutturali dell'intera regione  –:
          se il Ministro sia a conoscenza della situazione descritta in premessa e se essa sia determinata da esigenze di razionalizzazione delle spese imposte dal piano di rientro dei disavanzi sanitari regionali;
          se e quali iniziative di competenza anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dei disavanzi sanitari intenda adottare per garantire ai cittadini non residenti, temporaneamente presenti sul territorio calabrese, la garanzia del pieno godimento del diritto alla tutela della salute, al pari degli altri cittadini italiani, come sancito dall'articolo 32 della Costituzione. (5-07474)

Interrogazione a risposta scritta:


      FUCCI e DISTASO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          secondo una ricerca effettuata dalla Gazzetta del Mezzogiorno (edizione del 1o luglio 2012), in Puglia a pesare sui bilanci già in crisi delle principali ASL regionali vi sarebbero anche gli alti costi relativi alla gestione, spesso affidata a soggetti esterni, degli archivi delle cartelle cliniche;
          l'articolo richiamato afferma, in particolare, che i costi risultano molto elevati nella ASL di Lecce e nella ASL di Bari (mentre sul versante opposto il costo minore lo si registra nella ASL Bat) e che in generale vi sono differenze notevoli a seconda delle realtà di riferimento;
          la questione è tutt'altro che secondaria pensando al dato di fatto che stima in circa 800 mila il numero di ricoveri che avvengono annualmente in Puglia;
          la gestione della sanità è materia di competenza regionale, tuttavia si ricorda che la regione Puglia, a causa del grave disavanzo creatosi nel corso degli ultimi sette anni di Governo del presidente Nichi Vendola e dei vari assessori alla sanità succedutisi nel tempo, è sottoposta a piano di rientro ed è quindi vincolata a razionalizzare le troppe spese inutili oggi sostenute  –:
          quali iniziative di competenza, nell'ambito dei vincoli creati dal piano di rientro dal disavanzo sanitario in vigore, intenda assumere il Governo per verificare quanto esposto in premessa e per razionalizzare le risorse dedicate al servizio di gestione delle cartelle cliniche. (4-17034)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza:


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
          la colossale opera di risanamento e contenimento dei conti pubblici volta a ripristinare la credibilità complessiva dei fondamentali della nostra economia, rischia di veder vanificare gli effetti dei pur pesanti sacrifici richiesti a quasi tutti gli strati sociali, laddove non fosse accompagnata da un forte impegno per la salvaguardia di quel tessuto produttivo che rappresenta tuttora il secondo complesso manifatturiero europeo;
          è fin troppo evidente, infatti, che senza una forte politica di sostegno e rilancio produttivo, il continuo indebolimento del denominatore nel rapporto debito/Pil che si registra da anni e che si sta accentuando in questi mesi (da ultime, le dure previsioni di Confindustria), rischia di avvitarci in una spirale recessiva che non potrà non comportare anche un aggravio della finanza pubblica;
          da questo punto di vista, le recenti affermazioni dell'amministratore delegato di Fiat relative alla possibile prossima chiusura di un altro stabilimento industriale del gruppo dopo quello di Termini Imerese, desta – forse sarebbe meglio dire, dovrebbe destare – una profonda preoccupazione in tutti coloro che hanno a cuore le sorti di un comparto industriale che equivale, tenendo conto dell'intera filiera e nonostante le flessioni degli ultimi mesi, all'11 per cento del Pil;
          del famoso piano «Fabbrica Italia» sembra non esservi più traccia, nemmeno dal punto di vista delle intenzioni, tenuto conto degli evidenti ritardi nella sua realizzazione e a fronte di scenari che sembrano radicalmente cambiati. Si pensi solo che nel 2010, si prevedeva «di incrementare gradualmente i nostri volumi di produzione negli stabilimenti italiani fino al 2014, quando raggiungeranno 1.400.000 unità, più del doppio delle 650.000 prodotte nel 2009». Al contrario, nel 2011 la produzione di automobili negli stabilimenti Fiat in Italia è risultata inferiore a 480.000 unità, ovvero di meno 200.000 veicoli rispetto alla previsione del piano e, per arrivare all'obiettivo ipotizzato per il 2014, si dovrebbe registrare un incremento di un milione di automobili nel triennio 2012-2014;
          non c’è dubbio che sia l'intero mercato continentale a registrare una contrazione, ma le performance delle diverse imprese europee sono assai diversificate e il gruppo italiano è quello che sembra subire maggiormente l'andamento negativo delle vendite, tenuto conto anche di una limitata varietà e innovatività della gamma dei modelli offerti;
          anche la francese Peugeot ha annunciato tagli all'occupazione per 10 mila posti, ma a differenza del caso italiano, come si può leggere nel numero di Affari e finanza del 9 luglio, l'allegato al quotidiano la Repubblica, il Governo d'oltralpe è immediatamente intervenuto e per iniziativa del Ministro per il riassetto produttivo, Amaud Monteborg, ha annunciato «un piano per salvare la filiera dell'auto francese in una fase di contrazione del mercato», invitando i vertici del gruppo Psa a «fare immediatamente la massima trasparenza sulle loro intenzioni». Affermazioni, se possibile, ancor più rafforzate dallo stesso Presidente Hollande. Al contrario, in Italia, sempre secondo quanto riportato dal citato supplemento giornalistico, il Ministro dello sviluppo economico si sarebbe limitato a ad affermare che «nessuno può mettere in discussione le scelte di un'azienda privata. Lo Stato può intervenire con aiuti all'innovazione e alla competitività»;
          in materia di politiche industriali volte a favorire la mobilità mediante veicoli che non producono emissioni di anidride carbonica, sin dall'ottobre 2009, il Partito democratico ha presentato un'apposita proposta di legge che nel giugno 2012 ha concluso una prima fase di esame presso la Commissione attività produttive della Camera del deputati e su cui ci si auspica un sollecito varo definitivo e un sostegno decisivo da parte del Governo;
          va rilevato, inoltre, che la strategia sin qui seguita dal gruppo Fiat – e non solo – per quanto riguarda la redistribuzione delle produzioni, da un lato è certamente orientata a soddisfare la richiesta di mercati emergenti, come nel caso brasiliano, dall'altro sembra prediligere i territori extra-Unione europea, come nel caso serbo, dove non vigono le restrittive regole comunitarie in materia di aiuti alle imprese;
          agli esordi del suo mandato, lo stesso amministratore delegato Fiat riconobbe che l'incidenza del costo della manodopera sul prezzo finale dei prodotti automobilistici si aggira attorno all'8 per cento, evidenziando la relativa marginalità di tale dato rispetto alle altre componenti riconducibili alla capacità organizzativa delle imprese e ai costi delle materie prime;
          se questi sono alcuni degli elementi che caratterizzano le sorti del principale gruppo industriale italiano, viene da chiedersi se si ha un'idea del modello economico-industriale che si ritiene più appropriato per il nostro Paese; se si ritiene auspicabile il mantenimento di un sistema produttivo che rappresenta tutt'ora il secondo complesso manifatturiero dell'Europa o ci si rassegna ad assistere a un progressivo impoverimento del comparto industriale proprio nei settori più innovativi e con i più alti tassi di contenuto tecnologico, scivolando verso un'economia di servizi o di produzioni tradizionali e a basso valore aggiunto e produttività, ritagliandoci un ruolo marginale nella suddivisione internazionale del lavoro; in sintesi se si ha ancora l'ambizione di continuare a concorrere con la Germania o se si pensa di potercela cavare inseguendo i Paesi di nuova industrializzazione;
          nel recente rapporto ISFOL su «Le competenze per l'occupazione e la crescita» si evidenzia un quadro davvero preoccupante: con riferimento agli andamenti dei dati occupazionali 2010-2011 si può leggere infatti «in termini generali, non si può non osservare come il contenuto della crescita occupazionale risulti fortemente caratterizzato da occupazioni a bassa o media qualificazione, ovvero di tipo low-skilled, come nel caso del lavoro di assistenza (circa 60 mila lavoratori in più) e nel commercio (circa 30 mila addetti in più)» e più avanti «Le previsioni diffuse dal CEDEFOP (Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale) nel marzo 2012 per il totale dei Paesi comunitari indicano una robusta crescita delle opportunità di lavoro verso professioni caratterizzate da elevate competenze» tuttavia «Il nostro Paese si allontana dal trend europeo: le previsioni per il futuro mostrano in Italia una stagnazione della crescita delle professioni a elevata specializzazione e una crescita delle professioni elementari. Le professioni tecniche, dopo un quindicennio di crescita, mostrano un assestamento sui valori registrati nel 2010. Prosegue l'andamento decrescente delle professioni manuali qualificate. Il disallineamento tra offerta e domanda di competenze, segnalato al CEDEFOP, è in Italia più elevato rispetto ad altri Paesi: il fenomeno del sottoinquadramento caratterizza i livelli più scolarizzati della forza lavoro, specialmente la componente giovanile nella fase di ingresso nell'occupazione. Anche il livello delle competenze della forza lavoro qualificata nel nostro Paese risulta inferiore rispetto ai maggiori Paesi europei: oltre ad avere una quota di professioni ad elevata specializzazione tra le più basse nel confronto continentale (superiore solo ad Austria e Portogallo), la base occupazionale con i livelli professionali più elevati è composta per poco più della metà (53,6 per cento) da lavoratori con istruzione terziaria, a fronte del 70,6 per cento della media comunitaria, del 72 per cento della Germania e del 71 per cento della Francia. La dinamica registrata nel periodo 2004-2010 evidenzia come in Italia ad un incremento di occupati con istruzione terziaria, di poco superiore alla media europea, non sia corrisposto un aumento delle professioni high-skilled, che risultano invece diminuite con un tasso di variazione negativo secondo solo a quello del Portogallo. Un simile scenario rivela una distorsione sensibile nella dinamica delle competenze nel nostro Paese, dove l'incremento di laureati non viene assorbito in misura sufficiente dall'aumento delle professioni ad elevata specializzazione, tradizionalmente composte da occupati con istruzione terziaria»  –:
          quali siano gli orientamenti del Governo relativamente alle prospettive di un settore chiave per il comparto industriale italiano quale è quello automobilistico e della mobilità e quali siano le strategie che si intende mettere in campo, attraverso il più amplio coinvolgimento dei diversi attori economici, sociali, di rappresentanza dei territori nonché del mondo della scienza e della ricerca al fine di salvaguardare una presenza significativa della capacità produttiva nazionale, di occupazione e di know how di cui l'Italia è da sempre all'avanguardia;
          quali atti concreti e immediati si intendano assumere al fine di avviare un confronto con i responsabili del gruppo Fiat al fine di definire obiettivi, procedure e soluzioni volti a scongiurare un ulteriore impoverimento della nostra struttura industriale e dare sollecita attuazione del piano «Fabbrica Italia»;
          più in generale, quali siano, pur tenendo conto della particolare congiuntura economico-finanziaria in cui ci si trova ad operare, le iniziative che si intendono adottare al fine di mantenere e rafforzare i connotati industriali del sistema economico italiano, favorendo i settori ai più alta intensità innovativa e tecnologica;
          se non ritengano opportuno facilitare, per quanto di propria competenza, un sollecito iter delle iniziative legislative volte a sostenere le forme di mobilità a minor impatto ambientale.
(2-01608) «Damiano, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru».

Interrogazione a risposta in Commissione:


      TULLO e ROSSA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          in questi giorni il gruppo Ericsson ha comunicato alle organizzazioni sindacali, l'intenzione di procedere alla risoluzione del rapporto di lavoro per 374 dipendenti di cui quasi 100 nella sede di Genova;
          questo avviene in un quadro di difficoltà del settore delle telecomunicazioni a livello mondiale;
          appare incomprensibile che ciò avvenga nella realtà genovese dove recentemente è stato siglato un accordo di programma tra la regione Liguria, il Governo e la stessa Ericcson che ha permesso l'insediamento dell'azienda nel polo tecnologico degli Erzelli. Si tratta di un accordo che prevede una serie di finanziamenti pubblici a sostegno di progetti nell'innovazione e la ricerca, e che portava in quella occasione l'amministratore delegato della società a ribadire la volontà di un maggiore radicamento nel capoluogo ligure;
          è necessario e auspicabile il rispetto degli accordi presi e che allo sforzo pubblico corrisponda un analogo sforzo privato a difesa dei livelli occupazionali  –:
          se sia a conoscenza delle intenzioni del gruppo Ericcson di procedere alla risoluzione del contratto di lavoro per 374 dipendenti di cui un centinaio a Genova;
          quali iniziative intenda assumere per far rispettare ad Ericsson gli impegni assunti con la stipula dell'accordo di programma sottoscritto con regione Liguria e Governo e per cui sono previsti finanziamenti pubblici, al fine di un suo maggiore radicamento nel capoluogo ligure a partire dalla difesa degli attuali livelli occupazionali. (5-07470)

Interrogazioni a risposta scritta:


      CASSINELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          l'importanza del commercio ambulante nel nostro Paese è sottolineata dai dati, che confermano l'Italia come la nazione con il maggior numero di imprese ambulanti (circa 165mila);
          i venditori ambulanti sono un'importante realtà socio-economico-culturale del nostro Paese, che ha saputo resistere al cambiamento delle mode, delle tendenze e delle consuetudini, diventando un'attività fondamentale per la vita delle persone;
          il 5 luglio 2012 la Conferenza unificata (Stato-regioni-comuni) ha raggiunto un'intesa sull'articolo 70, riguardante il commercio ambulante, del decreto legislativo n.  59 del 2010 di recepimento della direttiva 2006/123/CE (Bolkestein);
          tale risultato oltre che parziale, è anche estremamente negativo per il commercio ambulante: la durata delle concessioni non è rinnovabile automaticamente alla scadenza ma saranno regioni e comuni a decidere la durata; l'inizio dell'applicazione non sarà nel 2020 ma nel 2017 data in cui tutte le concessioni scadranno anche quelle rinnovate da poco tempo; nel primo bando per l'assegnazione l'anzianità varrà per il 40 per cento mentre il restante 60 per cento sarà stabilito dalle regioni e comuni tenendo conto del Durc/CRC regolare, e di altri elementi al momento sconosciuti; nel secondo bando nessun valore verrà riconosciuto all'esperienza e alla professionalità conseguite in tanti anni di lavoro  –:
          quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per far sì che la situazione, che da tempo si manifesta come palesemente critica, venga risolta, promuovendo un tavolo tecnico tra Stato, regioni, comuni e organizzazioni ambulanti in cui discutere la normativa e prendere decisioni concrete per il futuro del commercio ambulante, che altrimenti andrebbe via via ridimensionato fino a scomparire. (4-17024)


      DIMA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          nei giorni scorsi, Poste Italiane spa ha presentato all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) un piano di razionalizzazione degli uffici postali e delle strutture di recapito che non garantiscono l'equilibrio economico e che quindi dovrebbero essere soppressi e trasformati in centri multi servizi;
          da questo piano, molto dettagliato nell'elencazione degli uffici da sopprimere ed al tempo stesso molto generico sul versante della spiegazione di quali funzioni e compiti dovranno svolgere le nuove strutture, deriverebbe la soppressione di 100 uffici postali in Calabria, la stragrande maggioranza dei quali al servizio di tante piccole realtà comunali e territoriali;
          il rischio concreto a cui andrebbero incontro i cittadini, nel caso In cui il piano di Poste Italiane spa dovesse andare in porto anche alla luce dei dati che stanno circolando in questi giorni sulla stampa regionale, sarebbe quello di privare i comuni calabresi di un servizio importante che non è rappresentato solo dalle funzioni di spedizione e recapito ma anche da quelle di gestione ed investimento dei risparmi;
          la situazione potrebbe diventare ancora più problematica per quanti non hanno la possibilità di spostarsi liberamente e quindi di raggiungere i centri più vicini dove è attivo il servizio postale;
          in una regione dove si sta assistendo, per volontà del Governo nazionale, ad una riduzione dei servizi ed a un dimensionamento degli uffici dello Stato, questo ulteriore intervento sarebbe ancora più grave per via del fatto che verrebbe limitata la fornitura di servizi di base per il cittadino  –:
          quali iniziative di competenza il Ministro intenda porre in essere per scongiurare un piano di questa portata che penalizzerebbe ulteriormente una regione difficile e complessa come la Calabria. (4-17038)


      FRONER. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          le imprese assicuratrici hanno tentato più volte, da ultimo durante l'esame del decreto-legge 24 gennaio 2012, n.  1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n.  27, di ottenere, nell'ambito del settore della responsabilità civile auto, la gestione diretta del mercato dell'autoriparazione attraverso la penalizzazione delle carrozzerie non facenti parte delle reti fiduciarie;
          il Parlamento ha bocciato tale tentativo, che avrebbe introdotto una norma lesiva del principio della libera concorrenza; tuttavia, le compagnie d'assicurazione continuano a praticare una politica anticoncorrenziale attraverso il tentativo di imporre all'assicurato/danneggiato clausole contrattuali limitative della libertà di contrarre con i terzi;
          tali clausole sono sostanzialmente di due tipi:
              a) quelle tese ad imporre un preteso obbligo contrattuale di effettuare la riparazione del mezzo solo presso carrozzerie convenzionate;
              b) quelle tese ad imporre all'assicurato divieti contrattuali alla stipula di eventuali cessioni del credito risarcitorio a favore di carrozzieri che non fanno parte di reti convenzionate;
          a giudizio dell'interrogante appare evidente l'obiettivo perseguito dalle società assicuratrici, di ottenere il controllo del mercato dell'autoriparazione mediante intese restrittive della concorrenza, attuate con l'abuso della propria posizione dominante, a discapito della qualità e della sicurezza del lavoro, oltre che della libertà di scelta dell'assicurato  –:
          quali iniziative, anche normative, intenda adottare per rafforzare il processo di liberalizzazione nell'intero settore delle assicurazioni, salvaguardando la libera concorrenza anche nell'ambito delle autoriparazioni, a tutela dell'utente finale.
(4-17043)


      FITTO, DISTASO, SISTO e DI CAGNO ABBRESCIA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          il 5 luglio 2011 l'OM Carrelli ha comunicato ai sindacati nel corso di un incontro tenutosi presso la sede di Confindustria il 5 luglio 2011 la dismissione del sito industriale di Bari e il trasferimento della produzione ad Amburgo;
          dopo vari incontri presso il Ministero dello sviluppo economico il 21 dicembre 2011 è stata presentata l'offerta da parte della Hybrid, società che vorrebbe costruire taxi verdi;
          a febbraio 2012 la stessa società Hybrid ha comunicato la sua volontà di rinunciare al progetto di riconversione industriale;
          nel mese di giugno il presidente Vendola ha dichiarato che è stato manifestato un interessamento da parte della società Calvi Holding successivamente venuto meno;
          nel mese di giugno 2012 è stato sottoscritto a Roma l'accordo per la concessione della Cassa integrazione per i 274 lavoratori dell'OM Carrelli di Bari;
          da ultimo l'azienda QBell Technology ha manifestato interesse per la riconversione dello stabilimento OM Carrelli di Bari offrendo occupazione a 120 persone  –:
          quali iniziative istituzionali intenda adottare per procedere alla riconversione dello stabilimento OM Carrelli di Bari, dando una risposata concreta ai lavoratori dello stabilimento. (4-17047)

Apposizione di firme ad una mozione.

      La mozione Gianni e altri n.  1-01110, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 luglio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Papa, Barani, Galli, Fabbri, Oliveri, Toccafondi, Raisi, Pagano, Porcu, De Nichilo Rizzoli, Frassinetti, Lorenzin, Landolfi, Bocciardo, Mannucci, Murgia, Stradella, Armosino, Ghiglia, Nola, Nastri, De Angelis, Di Biagio.

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

      La risoluzione in Commissione Marco Carra e altri n.  7-00937, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 luglio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fiorio.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

      L'interpellanza urgente Mogherini Rebesani e altri n.  2-01593, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 luglio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Codurelli.

Apposizione di firme ad una interrogazione.

      L'interrogazione a risposta in Commissione Gnecchi e altri n.  5-06938, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 maggio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Rampi, Bobba.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

      Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interpellanza Evangelisti n.  2-01584 del 4 luglio 2012.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


      CASTAGNETTI e MARCHI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          quattordici ragazzi di una classe della quarta dell'istituto tecnico agrario di Reggio Emilia in gita scolastica a Montegrotto Terme in provincia di Padova, nei giorni 23 e 24 marzo 2011, vittime di una intossicazione alimentare, essendosi sentiti male ed essendosi rivolti alla guardia medica locale, si sono sentiti rispondere di non potere essere assistiti poiché non cittadini veneti, in ossequio ad una precisa disposizione di legge regionale e dovendo per questo rivolgersi direttamente al pronto soccorso dell'ospedale di Abano Terme;
          il giorno seguente un genitore di uno dei ragazzi si è nuovamente rivolto allo stesso ufficio della guardia medica per verificare se l'incidente fosse attribuibile al comportamento negligente e riprovevole di un medico o se invece esistesse veramente una tale inqualificabile disposizione regionale, sentendosi rispondere da un altro medico che in effetti il servizio medesimo non era tenuto a visitare «turisti o persone non venete a causa di una norma regionale», e, di fronte all'insistenza del genitore che eccepiva che in ogni caso il medico «fosse tenuto a curare una persona che stava male», si è nuovamente sentito rispondere che la disposizione regionale era quella e non poteva essere messa in discussione;
          secondo l'assessore regionale, Luca Poletto, in effetti si sarebbe trattato di un «fraintendimento», poiché non esiste alcuna legge regionale in tal senso;
          all'interrogante appare fondato il sospetto che l'indagine interna, avviata dal direttore generale dell'ULSS 16 di Padova tenda a chiudere in tempi affrettati l'episodio, senza acquisire le testimonianze degli insegnanti, dei ragazzi e dei loro genitori  –:
          di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione alla vicenda di cui in premessa e quali iniziative intenda assumere, nell'ambito delle sue competenze, anche al fine di accertare se, pur in assenza di una specifica legge regionale al riguardo, esistano circolari o altre disposizioni interne, scritte o verbali, che inducano gli operatori del Servizio sanitario, in generale, e veneto, in particolare, a comportamenti così irresponsabili oltreché di dubbia legittimità, oppure se si sia trattato di una mera responsabilità individuale dei medici di guardia interpellati, frutto di quello che agli interroganti appare «uno zelo culturale e politico» tributario verso un atteggiamento discriminatorio più generale nei confronti di cittadini italiani di altre regioni. (4-11423)

      Risposta. — Si risponde alla interrogazione parlamentare in esame indicata tenendo conto della disciplina normativa introdotta dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.  3, recante «Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione», e della conseguente autonomia organizzativa e gestionale dei servizi sanitari regionali.
      La Prefettura — Ufficio territoriale del Governo di Padova, ha trasmesso una dettagliata documentazione, dalla quale si evincono le circostanze dell'episodio in esame.
      Alle ore 20:00 del giorno 24 marzo 2011 l'insegnante di una classe dell'Istituto tecnico agrario di Reggio Emilia, accompagnatrice dei ragazzi in una gita scolastica, contattava telefonicamente il Servizio di Continuità assistenziale di Montegrotto Terme, in quanto alcuni alunni della sua classe, ospitata da alcuni giorni presso un hotel di Montegrotto Terme, avevano manifestato da alcune ore nausea e vomito.
      «Interrogata sulla presenza di sintomi di rilievo quali cefalea, dolori addominali, diarrea, febbre e vertigini, l'insegnante rispondeva negativamente, spiegando che la ragione della telefonata era quella di ottenere indicazioni su eventuali provvedimenti o farmaci da somministrare ai ragazzi».
      La dottoressa di turno «informava l'insegnante della sua disponibilità a prescrivere sintomatici del caso da somministrare ai ragazzi e suggeriva di somministrare liquidi in piccole quantità per evitare una eventuale disidratazione secondaria al vomito.
      Sottolineava la necessità di rivolgersi al pronto soccorso nel caso in cui le condizioni dei ragazzi si fossero aggravate.
      Precisava inoltre che, secondo quanto definito dalla normativa, il Servizio di continuità assistenziale viene erogato ai soggetti residenti nel territorio di competenza. Forniva comunque la sua disponibilità per ogni ulteriore informazione richiesta per l'assistenza degli alunni».
      Alle ore 20:45 l'insegnante contattava nuovamente la stessa dottoressa «informandola che nel frattempo altri alunni avevano presentato la medesima sintomatologia e che aveva contattato il direttore sanitario dello stabilimento termale, il quale l'aveva informata che il caso era di competenza del medico di continuità assistenziale».
      La dottoressa dava indicazione di rivolgersi al pronto soccorso «visto che l'aumento del numero di casi fra gli studenti che nelle giornate precedenti avevano consumato i pasti tutti nello stesso ristorante, poneva il sospetto diagnostico di una intossicazione alimentare, rendendo necessaria l'effettuazione di indagini ematochimiche volte a chiarire la situazione e fornire adeguata terapia.
      Gli studenti sono stati tempestivamente accompagnati in ambulanza al pronto soccorso della Casa di cura di Abano Terme, dove hanno ricevuto le cure del caso».
      Al turno notturno del giorno seguente un collega della dottoressa riceveva un'ulteriore telefonata da parte dell'insegnante, che chiedeva chiarimenti sulla normativa che regolamenta le prestazioni erogate dal personale del Servizio di continuità assistenziale.
      L'Azienda ULSS n.  16 di Padova ha inteso precisare che l'Accordo collettivo nazionale del 23 marzo 2005 – testo integrato con Accordo collettivo nazionale del 29 luglio 2009 – all'articolo 67, comma 1, sancisce: «Il medico di continuità assistenziale assicura le prestazioni sanitarie non differibili ai cittadini residenti nell'ambito territoriale afferente alla sede di servizio».
      La regione Veneto, in deroga alle relative norme dell'Accordo collettivo nazionale, ha stabilito, con delibera giunta regionale n.  4395 del 2005, l'obbligo per il medico di continuità assistenziale di assicurare le prestazioni sanitarie non differibili agli assistiti del Servizio sanitario regionale in deroga agli ambiti territoriali di cui all'articolo 67, comma 1.
      Ciò premesso e per rispondere al quesito posto, questo Ministero osserva che l'articolo 67, comma 14, dell'Accordo collettivo nazionale 23 marzo 2005, facendo riferimento all'articolo 32 dello stesso Accordo, stabilisce che «Nell'ambito degli Accordi regionali e sulla base del disposto dell'articolo 32, è organizzata la continuità dell'assistenza ai cittadini non residenti nelle località a forte flusso turistico».
      Infatti, il comma 1 dell'articolo 32 precisa che «sulla base di apposite determinazioni regionali sono individuate le località a forte flusso turistico nelle quali organizzare un servizio di assistenza sanitaria rivolta alle persone non residenti».
      Inoltre, il comma 3 dello stesso articolo prevede che le prestazioni di assistenza ai turisti sono retribuite dal cittadino non residente sulla base del disposto di cui all'articolo 57 dell'Accordo collettivo nazionale 23 marzo 2005.
      Poiché il potenziamento del servizio di assistenza ai turisti delle strutture sanitarie è demandato alla contrattazione regionale, nessuna iniziativa può essere avviata dal Ministero della salute.
Il Ministro della salute: Renato Balduzzi.


      CATONE. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          il console a Osaka Mario Vattani è stato oggetto di un circo mediatico giudiziario che si è messo in moto il 29 dicembre 2011 con un video pubblicato dall'Unità che lo ritraeva nella sede romana di Casapound, sul palco sotto pseudonimo a cantare canzoni di gioventù;
          il console di Osaka è stato prima richiamato dalla Farnesina, poi reintegrato da una sentenza del Tar ed ora di nuovo richiamato in Italia dopo una decisione monocratica del Consiglio di Stato;
          il nuovo richiamo in Italia avviene senza alcuna decisione della commissione di disciplina;
          il Consiglio di Stato esprimerà una sentenza collegiale solo il 29 maggio 2012;
          secondo la Farnesina il ricorso al Consiglio di Stato è basato su una considerazione che la militanza missina del console Vattani negli anni ottanta e questo renderebbe la permanenza all'estero del console una palese contraddizione con le alte funzioni di rappresentanza dello Stato che egli è chiamato a svolgere;
          far rientrare il console ad Osaka Mario Vattani, senza attendere la sentenza del Consiglio di Stato del 29 maggio 2012, significherebbe anche non ottemperare ad impegni istituzionali già programmati con autorità giapponesi cosa che rappresenterebbe un grave sgarbo  –:
          se non ritenga necessario sospendere il richiamo in Italia del console di Osaka Mario Vattani, in attesa della sentenza collegiale del Consiglio di Stato prevista per il 29 maggio 2012, e in questo modo garantendo il mantenimento di impegni istituzionali già programmati in Giappone con le autorità locali. (4-16173)

      Risposta. — Il Ministro plenipotenziato Mario Vattani ha cessato dalle funzioni di Console Generale a Osaka lo scorso 21 maggio 2012 ed il giorno successivo ha preso servizio al Ministero degli affari esteri in Roma, come disposto da questa amministrazione in ottemperanza al decreto n.  01845/2012 del Presidente della sezione quarta del Consiglio di Stato, che ha ripristinato gli effetti del richiamo di cui al decreto ministeriale n.  273 del 21 febbraio 2012.
      Il decreto del Consiglio di Stato in questione, ancorché assunto in forma monocratica, è stato emesso dopo aver sentito entrambe le parti. Con successivo decreto n.  01921/2012 il Presidente della citata sezione quarta ha respinto la domanda di revoca del suddetto decreto 01845/2012, presentata nel frattempo dal Ministro plenipotenziato Vattani, confermandone la vigenza, anticipando al tempo stesso al 29 maggio la camera di consiglio originariamente fissata per il 19 giugno 2012.
      Non è alcun rapporto tra il procedimento disciplinare a carico del Ministro plenipotenziato Vattani, che dovrà concludersi con una proposta di sanzione della Commissione di disciplina al Ministro degli affari esteri, e il richiamo a Roma.
      Per quanto riguarda l'affermazione secondo la quale il ricorso dell'Amministrazione davanti al Consiglio di Stato si sarebbe basato sulla militanza missina del Ministro plenipotenziato Vattani negli anni ottanta, si precisa che la decisione dell'Amministrazione, nel richiamare il predetto dalla sede di Osaka, è stata motivata dalla constatazione del danno d'immagine prodotto all'Amministrazione stessa da specifici comportamenti posti in essere dal Ministro plenipotenziato Vattani. Non è quindi la passata appartenenza del Ministro plenipotenziato Vattani a una formazione politica ad essere messa in discussione, bensì l'incompatibilità di comportamenti (parole e gesti) chiaramente «identitari», quali manifestatisi nell'esibizione del maggio 2011, avversivi delle istituzioni repubblicane, con le funzioni di alta rappresentanza dello Stato proprie di un Console generale all'estero.
      Per quanto riguarda altresì la continuità degli impegni istituzionali già programmati con le autorità giapponesi, essa è assicurata dall'ufficio consolare nel suo complesso indipendentemente dal titolare.
Il Ministro degli affari esteri: Giuliomaria Terzi di Sant'Agata.


      DE MICHELI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          la strada statale n.  45 «di Val Trebbia» (SS 45), arteria nevralgica che attraversa la provincia di Piacenza ed è caratterizzata da un livello di traffico particolarmente intenso, di natura pendolare e con circolazione di numerosi mezzi pesanti, versa da anni in uno stato di profondo dissesto e necessita di urgenti interventi di manutenzione e messa in sicurezza in vari tratti del suo tracciato;
          per il tratto della SS 45 che attraversa il territorio del comune di Travo (Piacenza), circa dal chilometro 107 al chilometro 115, sono stati progettati e in attesa di essere realizzati numerosi interventi di ripristino e sostituzione di guard rail, costruzione di muretti di contenimento e di cunette «alla francese», collocazione di segnaletica verticale, manutenzione della rete di meteoriche, nonché, in prossimità dei centri abitati, realizzazione di passerelle pedonali esterne per consentire il transito in condizioni di sicurezza dei pedoni;
          in data 14 febbraio 2012 il sindaco del comune di Travo ha trasmesso al compartimento ANAS spa di Bologna l'elenco specifico dei lavori da realizzarsi nel tratto in questione;
          i lavori di ammodernamento della SS 45 sono stati inseriti tra gli «interventi di preminente interesse nazionale» di cui alla legge 21 dicembre 2001, n.  443, nell'allegato 2 della deliberazione del CIPE del 21 dicembre 2001 n.  121 (legge obiettivo: 1° Programma delle infrastrutture strategiche) e, successivamente, tra gli «interventi di preminente interesse strategico» nell'intesa generale quadro, sottoscritta il 19 dicembre 2003 tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la regione Emilia Romagna;
          il 28 maggio 2010, nella sede del comune di Ottone, è stato sottoscritto un protocollo d'intesa per la promozione di interventi di messa in sicurezza e di riqualificazione della SS 45, sottoscritto dalle amministrazioni provinciali di Piacenza e Genova e che coinvolge le regioni Emilia Romagna e Liguria, gli enti locali liguri ed emiliani della vallata, le camere di commercio di Piacenza e Genova e le associazioni di categoria piacentine; tale protocollo, nelle intenzioni dei sottoscrittori, individua come partner effettivi i compartimenti ANAS spa di Emilia Romagna e Liguria;
          nel corso dell'audizione tenuta presso la VIII Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati il 3 febbraio 2011, il presidente di ANAS spa ha informato che era in corso di redazione l'accordo di programma per l'anno 2011, con la possibile previsione di ulteriori 2,0-2,5 milioni di euro per l'esecuzione dei lavori più urgenti di manutenzione straordinaria della SS 45;
          tali lavori, tra i quali rientrano – per un importo di 1.630.000,00 euro – la messa in sicurezza delle barriere stradali, la sistemazione di segnaletica sia verticale che orizzontale e la sistemazione delle scarpate, dovevano già essere inclusi nella rimodulazione dell'accordo di programma precedente, con appaltabilità 2010;
          la manovra di finanza pubblica relativa all'anno 2011 (leggi 13 dicembre 2010, n.  220 e 221) non ha previsto stanziamenti a favore di ANAS spa;
          il 9 febbraio 2011 l'VIII Commissione della Camera dei deputati ha approvato una risoluzione (8-00110), a firma degli onorevoli Foti, Poliedri, Alessandri, Benamati e Bratti, che impegna il Governo «a verificare la possibilità di rimodulare il quadro delle risorse finanziarie recate dal programma predisposto ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge 21 dicembre 2001, n.  443, (allegato infrastrutture), al fine di disporre dei fondi necessari al completamento degli interventi di ammodernamento e messa in sicurezza della SS 45»;
          in data 17 maggio 2011, l'interrogante insieme con l'onorevole Benamati ha presentato un'interrogazione parlamentare a risposta scritta (n.  4-11881) in cui si segnalava lo stato di degrado della SS 45, e la necessità non più prorogabile dell'avvio di un programma straordinario di ammodernamento e messa in sicurezza della strada, per il quale tuttavia l'ANAS non appariva in grado di assicurare la necessaria copertura finanziaria  –:
          se si intenda dare attuazione alla risoluzione n.  8-00110, sulla quale il Governo pro tempore aveva dato parere favorevole e che è stata approvata dalla VIII Commissione nella seduta del 9 febbraio 2011, ai fini dell'ammodernamento e messa in sicurezza della SS 45, in considerazione della pericolosità della strada, del frequente verificarsi di incidenti e danneggiamenti e dei conseguenti disagi per i cittadini e gli operatori economici;
          quale sia lo stato di avanzamento della progettazione e della realizzazione da parte di ANAS spa dei lavori afferenti al territorio del comune di Travo ed esposti in premessa e, eventualmente, quali ragioni giustifichino il mancato avvio delle procedure di affidamento e avvio dei lavori;
          quali iniziative il Governo intenda adottare per assicurare le risorse necessarie alla immediata cantierabilità dei citati lavori. (4-15634)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, ANAS ha comunicato che nel Piano degli investimenti ANAS 2007-2011 (capitolo fondi ordinari) era previsto per la strada statale 45 «di Val Trebbia» esclusivamente l'ammodernamento del tratto Perino – Rio Cernusca. Tale intervento è stato recentemente completato e aperto al traffico.
      Con particolare riferimento al tratto della statale 45 che interessa la provincia di Piacenza, ANAS ha fatto presente che è stato redatto un progetto preliminare relativo a lavori di manutenzione straordinaria per migliorare le condizioni di percorribilità dell'arteria tra il chilometro 62+000 ed il chilometro 135+000 con particolare riguardo agli interventi di prevenzione per caduta massi, all'adeguamento e alla integrazione delle barriere di sicurezza e al ripristino delle pavimentazioni nei tratti ammalorati.
      La somma complessiva dei lavori ammonta a circa 12,38 milioni di euro, ma ad oggi, l'intervento è privo di adeguata copertura finanziaria.
      Nel contratto di programma ANAS 2011 è stato, tuttavia, inserito un intervento parziale di manutenzione straordinaria per la messa in sicurezza delle barriere stradali, su alcune parti del tratto in argomento, con una spesa complessiva di circa 1,63 milioni di euro.
      ANAS informa, inoltre, che sono in corso di svolgimento attività di studio e monitoraggio sulla franosità del pendio relativi ad un tratto della statale 45, nei pressi di Cassolo in comune di Bobbio, al fine di predisporre un adeguato progetto di stabilizzazione del versante e di difesa dell'alveo del fiume Trebbia.
      Risulta, infine, in fase di perfezionamento un progetto di ampliamento e consolidamento del ponte «Lenzino» per il quale è prevista una spesa di 3,20 milioni di euro.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Corrado Passera.


      DI PIETRO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          il 12 settembre 2011 la regione Molise ha approvato la delibera n.  804 che riporta in oggetto «Scalo aeroportuale del Molise – Localizzazione in agro comuni di Cantalupo nel Sannio (IS) e San Massimo (CB). Provvedimenti di programmazione»;
          la giunta regionale, con delibera n.  1126, già nel 1998, stanziò 200 milioni di lire per la redazione di uno studio di fattibilità «per la realizzazione di una struttura aeroportuale», individuando il consorzio per il nucleo di industrializzazione Campobasso-Bojano quale Ente attuatore;
          nel 1999 la regione individuò il comune di Sepino (Campobasso) per la realizzazione dello scalo e nacque così una società «Aeroporto di Sepino» che ad oggi risulta ancora «in via di scioglimento»;
          la regione Molise nel 2004 definiva l'aeroporto «indispensabile per contribuire con concretezza alla ripresa economica del Molise»;
          la giunta di Michele Iorio nel 2006 ha stanziato altri 750 mila euro per il progetto definitivo dello scalo;
          Michele Iorio, eletto alla carica di presidente della regione Molise nel 2001 e confermato nel 2006, non ha portato avanti la realizzazione dell'aeroporto a Sepino, mentre – in piena campagna elettorale, prima di essere nuovamente eletto per il terzo mandato consecutivo nel 2011 – ha riconsiderato la possibilità di creare lo scalo molisano che sarebbe sorto, questa volta, a venti chilometri di distanza tra i comuni di Cantalupo nel Sannio e San Massimo;
          un aeroporto in Molise è ad avviso dell'interrogante inutile, costoso e pertanto irrealizzabile mentre, nel contempo, continuano a essere create, ancora una volta, società ad hoc con presidenti e consigli di amministrazione che opzionano terreni, generano incarichi, consulenze, studi di fattibilità per centinaia di migliaia di euro;
          l'Enac fa sapere che «in relazione alla prevista domanda di traffico commerciale, la particolare natura del territorio non lascia prevedere livelli significativi da giustificare l'onerosa realizzazione e gestione di un nuovo aeroporto»;
          lo stesso ente ha autorizzato nella zona indicata dalla regione la realizzazione di un'aviosuperficie e non di un aeroporto, consentendo, così, il volo a velivoli da nove posti al massimo e nessun volo di linea;
          i piccoli aeroporti d'Italia sono in difficoltà con un crollo, per fare qualche numero, del 90 per cento per Crotone, del 50 per cento Forlì, del 38 per cento a Bolzano;
          da Termoli, seconda città della regione, si arriva prima a Pescara con un'ora di autostrada, piuttosto che a Cantalupo;
          il Molise è con la Basilicata la peggiore regione per infrastrutture: solo 36 chilometri di autostrada e 23 di binari doppi elettrificati  –:
          si sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza per avviare la realizzazione di opere, come quelle di cui in premessa, finanziate con fondi pubblici che potrebbero essere dirottati sul settore dei trasporti su ferro e gomma, con un ritorno senz'altro superiore per l'economia del Molise. (4-15414)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si conferma che la proposta di Piano nazionale degli aeroporti, attualmente all'esame dei competenti uffici ministeriali, teso a ridefinire la rete aeroportuale nazionale e che si caratterizza per il fatto che, salve limitate eccezioni, non contempla l'istituzione di nuovi aeroporti, non prevede la realizzazione di un aeroporto in Molise.
      Ciò in quanto la prevedibile domanda di traffico commerciale non sarebbe tale da giustificare gli ingenti oneri di costruzione e soprattutto di esercizio per un nuovo scalo.
      Ciò non di meno, potrebbe risultare idonea alle esigenze imprenditoriali locali, tenuto conto della modesta accessibilità delle aree, la realizzazione di un'infrastruttura classificata aviosuperficie, regolata con decreto ministeriale 1° febbraio 2006, recante: «Norme di attuazione della legge 2 aprile 1968, n.  518, concernente la liberalizzazione dell'uso delle aree di atterraggio».
      Tale infrastruttura potrà, se del caso, essere realizzata alle condizioni di cui al citato decreto del 1° febbraio 2006, previa autorizzazione dell'Enac, ove richiesta.
      Pertanto, in definitiva, l'azione sin qui svolta dal Governo appare perfettamente in linea con quanto auspicato dall'interrogante.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Corrado Passera.


      DI STANISLAO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          nei giorni scorsi è stato presentato uno studio del Forum Ania-Consumatori in collaborazione con l'università di Milano dal quale emerge come sia notevolmente peggiorate soprattutto le condizioni di vita dei bambini e dei minori che pagano il prezzo più alto della crisi. Sono 10 milioni 229 mila i minori in Italia, il 16,9 per cento, del totale della popolazione: uno su cinque (24,4 per cento) è a rischio povertà, il 18,3 per cento vive in povertà (1.876.000 minori, in famiglie che hanno una capacità di spesa per consumi sotto la media), il 18,6 per cento in condizione di deprivazione materiale e il 6,5 per cento (653.000 ragazzi) in condizione di povertà assoluta, privi dei beni essenziali per il conseguimento di uno standard di vita minimamente accettabile;
          anche Save the children nel secondo «Atlante dell'infanzia a rischio» dichiara che dal 2008 ad oggi sono proprio le famiglie con minori ad aver pagato il prezzo più alto della recessione mondiale: negli ultimi anni la percentuale delle famiglie a basso reddito con un minore è aumentata dell'1,8 per cento, e tre volte tanto (5,7 per cento) quella di chi ha due o più figli;
          dal dossier emerge che nel nostro Paese due minori su tre che sono in povertà relativa e più di un minore su due che è in povertà assoluta vivono nel mezzogiorno. In particolare è la Sicilia ad avere la quota più elevata di minori poveri (il 44,2 per cento), seguita dalla Campania (31,9 per cento) e Basilicata (31,1 per cento), mentre Lombardia (7,3 per cento), Emilia Romagna (7,5 per cento) e Veneto (8,6 per cento) sono le regioni con la percentuale inferiore di minori in povertà relativa. Per quanto riguarda i bambini in povertà assoluta, anch'essi si concentrano nel sud Italia dove rappresentano il 9,3 per cento di tutta la popolazione minorile;
          inoltre il 18,6 per cento di minori italiani versa in condizione di deprivazione materiale: nel nord est il 7 per cento delle famiglie con minori dichiara di aver difficoltà a fare un pasto adeguato almeno ogni due giorni e al sud il 14,7 per cento di famiglie con minori non ha avuto soldi per cure mediche almeno una volta negli ultimi 12 mesi;
          con la crisi economica che ha toccato tutti i settori e ha ridotto in maniera drastica la qualità della vita di tutti i cittadini, le famiglie ed in particolare i minori hanno subito maggiormente le conseguenze con maggiori e gravi difficoltà ad andare avanti;
          ad oggi l'Italia investe in maniera residuale e poco incisiva sulle politiche sociali ed in particolare sulle famiglie, punto invece che dovrebbe essere al primo posto nell'agenda di ogni Governo che punti ad un reale rilancio dell'economia e del Paese  –:
          come il Governo intenda arginare tale situazione che tende ad espandersi sempre di più se non vengono prese immediati provvedimenti tesi a sostenere la famiglia e i bambini che vivono in condizioni di povertà. (4-13944)

      Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, concernente le misure che il Governo intende attuare al fine di arginare gli effetti della crisi economica che, secondo gli studi condotti dal Forum Ania-Consumatori in collaborazione con l'università di Milano e da save the children, colpiscono in modo particolare le famiglie con minori, si rappresenta quanto segue.
      In primo luogo si precisa che è in fase di predisposizione il decreto con il quale saranno riviste le modalità di determinazione dell'indicatore della situazione economica equivalente che, secondo quanto stabilito dall'articolo 5 del cosiddetto decreto-legge «salva Italia», convertito nella legge 22 dicembre 2011, n.  214, dovrà tener conto del peso dei carichi familiari, in particolare dei figli successivi al secondo e di persone disabili a carico del nucleo familiare.
      Inoltre, si rammenta che è in via di definizione il decreto attuativo della carta acquisti sperimentale. La nuova «social card», destinata alle famiglie in disagio economico, affiancherà la carta acquisti istituita nel 2008 che, nel frattempo, continuerà a essere distribuita su tutto il territorio nazionale. La gestione della social card sperimentale sarà affidata unicamente ai comuni con più di 250 mila abitanti (le 12 città italiane di maggiori dimensioni: Milano, Torino, Venezia, Verona, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Catania e Palermo), avrà la durata di un anno e potrà contare su risorse per 50 milioni di euro.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e quello dell'economia e delle finanze definiranno i criteri di identificazione, per il tramite dei comuni, dei soggetti che potranno utilizzare la nuova carta acquisti e l'ammontare delle relative disponibilità. Andranno inoltre stabilite le modalità con cui i comuni potranno adottare la carta acquisti come strumento all'interno del sistema integrato di interventi e servizi sociali di cui alla legge 8 novembre 2000, n.  328. Attraverso la presa in carico dei beneficiari, si potrà vincolare il rilascio della Carta alla adesione ad un progetto personalizzato, secondo una logica di empowerment della persona e non di mero mantenimento. Mentre la carta acquisti ordinaria è destinata solo agli italiani, la social card sperimentale andrà a beneficio anche dei cittadini comunitari e dei cittadini extracomunitari cosiddetti «lungo soggiornanti». Gli enti del terzo settore potranno essere coinvolti dal comune nello sviluppo e nella gestione di progetti mirati all'inserimento lavorativo e all'inclusione sociale dei soggetti beneficiari, come avviene nella rete integrata di interventi e servizi sociali territoriali.
      Obiettivo della sperimentazione è quello di acquisire i necessari elementi di valutazione per la successiva proroga del programma carta acquisti istituita dall'articolo 81, comma 32, del decreto-legge 25 giugno 2008, n.  112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n.  133, nonché di favorire la diffusione della carta acquisti, tra le fasce di popolazione in condizione di maggiore bisogno, e la valutazione della possibile generalizzazione della social card sperimentale come strumento di contrasto alla povertà assoluta.
      Si segnala, inoltre, che il III Piano biennale nazionale di azioni e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, approvato con decreto del Presidente della Repubblica del 21 gennaio 2011 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.  106 del 9 maggio 2011, prevede il sostegno alla genitorialità nelle famiglie fragili per prevenire l'allontanamento dei minori dalle stesse, al fine di tutelare il diritto del minore a crescere nella propria famiglia.
      Al riguardo si prefigurano, oltre alla convocazione di un tavolo tra Stato e Regioni per la definizione di linee di orientamento condivise in materia di supporto alle famiglie giovani, a quelle numerose e a quelle monoparentali e con particolare attenzione a favorire la permanenza del «primo anno di età del figlio in famiglia», specifici interventi di sostegno, accompagnamento e presa in carico della famiglia d'origine per evitare qualunque forma di allontanamento di minori, soprattutto per cause di tipo economico e/o di carenze «materiali».
      A tal proposito, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha avviato due progetti che cercano di superare questa criticità.
      Il Progetto risc «Rischio per l'infanzia e soluzioni per contrastarlo», avviato con la Fondazione Zancan nel 2009 e proseguito fino al 2011, è centrato sul tema della valutazione di efficacia degli interventi e sulla conseguente proposta di uno strumento che permetta di realizzare la valutazione, nella logica della prevenzione del rischio.
      Lo studio sperimentale ha visto la partecipazione di sei regioni (Abruzzo, Basilicata, Emilia Romagna, Piemonte, Toscana, Veneto) e, al loro interno, di dodici unità operative territoriali.
      La ricerca utilizza un modello di presa in carico attraverso la costruzione di un disegno sperimentale da attuare nelle aree territoriali selezionate, che aiuti a identificare criteri di soglia di allontanamento, a sviluppare la capacità di valutazione dell'efficacia degli interventi di contrasto all'allontanamento e di aiuto e sostegno ai bambini e alle famiglie prese in considerazione anche attraverso il confronto con le cosiddette famiglie di controllo, e a mettere a punto soluzioni professionali per la prevenzione dell'allontanamento.
      Il Programma pippi, «programma di intervento per prevenire l'istituzionalizzazione», che ha la finalità di individuare, sperimentare, monitorare, valutare, codificare un approccio intensivo, continuo, flessibile, ma allo stesso tempo strutturato, di presa in carico del nucleo familiare multiproblematico, capace di promuovere le abilità parentali e la ritessitura delle relazioni sociali fra il nucleo e l'ambiente sociale, riducendo significativamente i rischi di allontanamento del bambino o del ragazzo ovvero di rendere l'allontanamento, quando necessario, un'azione fortemente limitata nel tempo facilitando i processi di riunificazione familiare.
      L'intervento si concentra, quindi, sulla promozione di fattori protettivi nella prospettiva della resilienza, piuttosto che sulla riduzione del rischio.
      La prima implementazione di PIPPI consiste in una ricerca-intervento partecipativa (anni 2011-2012) che inizialmente è stata aperta a tutte le quindici città riservatavi e del Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza di cui alla legge n.  285 del 1997 ma a cui solo dieci (Venezia, Milano, Torino, Genova, Firenze, Bologna, Napoli, Bari, Reggio Calabria, Palermo) hanno aderito.
      Infine, nel previsto Gruppo sperimentale di PIPPI sono state incluse 95 famiglie che aderiscono al piano di azione e di valutazione; nel gruppo di controllo sono coinvolte 40 famiglie.
      Altro punto qualificante del Programma è quello rivolto a favorire la conciliazione dei tempi di cura e dei tempi di lavoro che incide positivamente sull'occupazione femminile. Tra questi, è stata prevista la sperimentazione controllata e verificata di esperienze dei cosiddetti «asili domiciliari», incentrati su persone, adeguatamente formate, che, presso il proprio domicilio, offrono educazione e cura a bambini.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Cecilia Guerra.


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il quotidiano Il Mattino nella sua edizione del 15 maggio 2010 ha pubblicato uno sconcertante articolo di Paolo Barbuto, intitolato: «Santa Maria del Purgatorio, l'altare dell'800 usato per smontare i motorini rubati»;
          nel citato articolo si racconta come a Napoli un pezzo di storia della città giace «... dimenticato e quindi ridotto in malora: il cimitero delle 366 fosse, quello dei colerosi; ma la chiesetta del Purgatorio è la rappresentazione estrema dell'abbandono di quei luoghi»;
          si afferma inoltre che «sotto la collina di Poggioreale, in mezzo a una giungla di alberi, rovi e sterpaglia, c’è il rudere di una chiesa-simbolo della Napoli di metà ’800. Sorta nel 1837 per accogliere i morti dell'epidemia di colera prima della sepoltura al cimitero loro dedicato, questa chiesa è stata lungamente frequentata dai napoletani: tutti avevano un parente tra i diciottomila morti portati in quel luogo, non c'era distinzione fra ricchi e poveri, fra nobili e borghesi. E tutti venivano a sentire messa qui, per onorare e ricordare una sorella, un figlio, una madre, un marito. Alla chiesa si accedeva per mezzo di una scaletta di bel marmo»;
          oggi dei marmi non c’è più memoria, e i gradini sono talmente malmessi che «ad ogni passo tremano vistosamente, come se volessero venire giù da un momento all'altro; la scaletta è completamente coperta da rovi e da erbacce»;
          la chiesa, realizzata da Leonardo Laghezza, è stata descritta da autorevoli studiosi «come un piccolo gioiello, con un “altare di marmi scelti bianchi e neri”. Alla parete dietro l'altare c'era una tela del Salvatore datata 1600, di mano ignota, portata lì da un fedele. Le pareti erano affrescate da Serafino Giannini. Deve essere stata bella, prima che la città decidesse di destinarla alla distruzione. Quel che oggi si vede nella chiesa è semplicemente una sequenza di animali morti per terra, su un pavimento che non c’è, perché è coperto da un palmo di terreno e schifezze»;
          nel citato articolo si riferisce altresì: «ciò che salta agli occhi è la recente trasformazione in officina, con tanto di armadietti addossati alle pareti, pezzi di motore, attrezzi sparsi ovunque. L'altare di marmi scelti c’è ancora, purtroppo. No, non è un errore quel “purtroppo”. Perché gli idioti che hanno fatto i meccanici qui dentro l'hanno usato come bancone. L'hanno preso a martellate e ridotto a un tavolaccio scheggiato, ci hanno vomitato sopra litri e litri d'olio per auto che, con il tempo, s’è infilato nella pietra porosa e l'ha ridotto a una macchia nera e collosa, sulla quale adesso c’è di tutto. Nemmeno le pareti affrescate sono state risparmiate. Una bella mano d'azzurro-Napoli ha cancellato ogni traccia del passato e forse ha ripulito la coscienza di chi si sentiva “osservato” dai santi e dai martiri dipinti dal Giannini nel 1837»;
          la chiesa del Purgatorio è stata abbandonata anche dai meccanici che si dedicavano a smontare motocicli di dubbia provenienza: «Oggi è in balia degli animali, delle piante e delle intemperie. Non c’è più nemmeno il portone che la protegge: è semplicemente una orrenda grotta in cui nessuno ha più voglia di mettere piede»  –:
          se quanto sopra descritto corrisponde a verità;
          quali siano i motivi di un così clamoroso caso di mancato controllo e sorveglianza di un luogo che – al di là del valore religioso – ha un indiscutibile valore storico e culturale;
          quali iniziative si intendano attuare per individuare le cause di tale scempio;
          quali iniziative di competenza si intendano adottare e promuovere a fronte di tale degradata e avvilente situazione.
(4-07235)

      Risposta. — Si fa riferimento all'interrogazione in esame, con la quale l'interrogante chiede informazioni relative alla situazione di degrado della chiesa Santa Maria del Purgatorio nel cimitero dei colerici di Napoli, denunciata dagli organi di stampa, per comunicare quanto segue.
      Nel cimitero dei «colerici» di Napoli, situato nella zona dell'Arenaccia, alle spalle del più noto cimitero delle 366 fosse, è situata la piccola chiesa di Santa Maria del Purgatorio che si deve all'architetto Leonardo Laghezza, attivo a Napoli nella prima metà dell'Ottocento. Edificata dopo il 1838, con la costruzione del muro di cinta del cimitero, la chiesa è posta immediatamente dopo l'ingresso e presenta la facciata priva ormai del rivestimento dell'intonaco originario, con i mattoni di tufo a vista.
      Attraverso una scala si accede all'ingresso, sormontato da un finestrone semicircolare chiuso da una vecchia rostra di ferro, mentre alla base della facciata si apre un basso vano d'accesso agli ambienti sottoposti. L'interno ad aula unica, privo di transetto, coperto da una volta a botte, presenta due pilastri sui quali è un arco a tutto sesto che separa la piccola navata dalla zona absidale, dove è un altarino addossato alla parete di fondo. La tela del XVII secolo raffigurante il Salvatore, un tempo sull'altare, è andata perduta mentre non sono più leggibili i dipinti murali ottocenteschi di Serafino Giannini, che decoravano l'interno. Il complesso del cimitero dei colerici, di proprietà del comune di Napoli, venne realizzato a partire dal 1837 a seguito dell'epidemia di colera scoppiata nel 1836. Ha subito ampliamenti nel 1865, dopo una nuova ondata epidemica e può considerarsi un vero e proprio giardino sepolcrale di grande importanza. Nel suo interno vi sono monumenti funerari di grande interesse, che costituiscono un vero e proprio repertorio della scultura napoletana dell'Ottocento.
      L'area, che ha ospitato in passato il servizio comunale gestione «parchi e giardini», è stata restituita nel 2001 al servizio cimiteri del comune di Napoli, che vi effettuò un primo intervento di pulizia e di bonifica; a questo intervento non hanno fatto seguito, però, altre opere conservative, pur sollecitate dalla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici, storici artistici ed etnoantropologici per Napoli e provincia, ed il complesso è rimasto abbandonato e con esso la chiesa, ormai invasa dai rovi, nonostante l'interesse di studiosi e volontari.
      Si comunica, inoltre, che, con delibera del Consiglio comunale n.  35 del 1° marzo 2005, venne approvato il Piano regolatore cimiteriale che conteneva una ipotesi di restauro e di riuso del cimitero dei colerici nell'ambito del grande parco cimiteriale, che dovrebbe comprendere la collina di Poggioreale, l'area di Santa Maria del Pianto, il sepolcreto dei colerici, il cimitero delle 366 Fosse, il fondo Zevola, alternando zone di sepoltura, aree monumentali, giardini e percorsi nel verde. Al momento, però, non è stata realizzata dal comune alcuna iniziativa.
      Si fa presente, infine, che la Soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il Polo museale della città di Napoli, che ha curato negli anni passati, con fondi ministeriali, una campagna di catalogazione dei monumenti funerari del cimitero monumentale di Poggioreale e ha condotto l'alta sorveglianza sull'intervento di restauro di 157 monumenti funerari racchiusi nel recinto degli uomini illustri nel cimitero monumentale di Poggioreale, effettuato con fondi del Comune di Napoli, provvederà a richiedere un intervento del comune per la salvaguardia di questo eccezionale patrimonio storico-artistico, architettonico e scultoreo, per il cui recupero risulta indispensabile uno stanziamento speciale di fondi.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Lorenzo Ornaghi.


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro per le pari opportunità, al Ministro della gioventù. — Per sapere – premesso che:
          riferisce l'agenzia «Redattore Sociale», nella sua edizione del 27 agosto 2010 ha riferito che nel parco dei divertimenti di Gardaland si sarebbe verificato l'ennesimo caso di discriminazione ai danni di una bambina down di otto anni;
          la piccola in particolare, sarebbe stata allontanata dall'attrazione «monorotaia», per questioni di sicurezza;
          il padre della piccola, un magistrato, ha fatto sapere di essere intenzionato a condurre una battaglia per vie legali, «anche in sede civile in modo da indurre a eliminare il pregiudizio»;
          secondo quanto riferito dalla famiglia della piccola, la bambina avrebbe effettuato un primo giro sulla «monorotaia», per poi essere allontanata dal personale dello staff al secondo giro;
          non è la prima volta che si verificano episodi del genere. Fece infatti molto discutere una vicenda del settembre 2007, quando a un gruppo di giovani down accompagnati da operatori e genitori non fu consentito l'accesso all'ottovolante;
          la signora Patrizia Tolot, presidente veneta dell'associazione Dadi (down, autismo e disabilità intellettiva), denunciò il fatto protestando le persone down «non sono malati psichici. I ragazzi si sono sentiti umiliati e delusi, e anche se hanno cercato di far valere le proprie ragioni, e nonostante tra loro ci siano sportivi ed atleti dell'Aspea, le signorine dell'accoglienza sono state irremovibili»;
          a giugno 2009 un analogo episodio si è verificato, sempre ai danni di un gruppo di giovani down;
          sempre nel giugno 2009 è accaduto a un uomo non vedente di 47 anni di essere aspramente redarguito per aver fatto un giro sulle montagne russe in compagnia della figlia. In quell'occasione i protagonisti della vicenda scrissero una lettera aperta alla direzione del parco: «... Voi perpetrate discriminazioni del tutto ingiustificate nel nome della sicurezza»  –:
          se quanto sopra esposto corrisponda a verità;
          in caso affermativo quali siano gli intendimenti dei ministri in ordine a questi episodi chiaramente discriminatori ed improntati a pregiudizio;
          se non ritengano di dover intervenire, nell'ambito delle loro prerogative e facoltà, per assicurare una adeguata informazione per contrastare questi fenomeni di discriminazione e pregiudizio;
          quali iniziative si intendano promuovere, adottare e sollecitare perché simili episodi non abbiano più a ripetersi.
(4-08426)

      Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, concernente alcuni presunti episodi di discriminazione, avvenuti nel parco di Gardaland di Castelnuovo del Garda (Verona), nei confronti di persone affette da diverse forme di disabilità, sulla base degli elementi informativi forniti dai competenti uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, si fa presente quanto segue.
      Il nostro ordinamento, al fine di assicurare effettiva parità di trattamento e garantire pari opportunità alle persone disabili, prevede specifiche disposizioni normative. In particolare, con la legge n.  67 del 2006 è stata estesa la tutela giurisdizionale, già riconosciuta alle persone con disabilità vittime di discriminazioni nel contesto lavorativo, a tutte le situazioni in cui il disabile risulti destinatario di trattamenti discriminatori.
      Particolare rilevanza riveste, inoltre, la legge n.  18 del 2009, di ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (fatta a New York il 13 dicembre 2006), che, all'articolo 30, prevede l'adozione di misure volte a consentire alle persone con disabilità di partecipare alle attività ricreative, turistiche, e sportive.
      Allo scopo di promuovere la piena integrazione delle persone con disabilità, in attuazione dei principi sanciti dalla citata Convenzione, la legge di ratifica ha, tra l'altro, istituito l'osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità.
      Si segnala, inoltre, che con l'emanazione del decreto legislativo n.  79 del 2011 – Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo – sono stati promossi i principi in tema di turismo accessibile per consentire alle persone con disabilità motorie, sensoriali e intellettive di fruire dell'offerta turistica, ricevendo servizi di qualità senza aggravi sul prezzo finale.
      In merito alle specifiche questioni poste all'attenzione dall'interrogante, la Direzione di Gardaland srl ha reso noto che, nell'ottica di rendere accessibili il maggior numero di attrazioni alle persone con disabilità, il Parco dispone di una serie di servizi dedicati, quali ingresso riservato, parcheggi gratuiti adiacenti all'ingresso, ufficio informazioni e opuscoli informativi con mappa delle attrazioni e illustrazione delle regole di accessibilità, noleggio gratuito di sedie a rotelle, biglietto di ingresso gratuito o ridotto anche per l'accompagnatore, accesso gratuito agli spettacoli teatrali, aree riservate all'interno dei teatri, servizi igienici attrezzati e percorsi privi di barriere architettoniche.
      La Direzione ha inoltre riferito che, a partire dal corrente anno, sono divenute fruibili anche ai disabili quattro ulteriori attrazioni.
      Per ciò che riguarda l'episodio, avvenuto nel 2010, relativo al diniego ad una bambina affetta dalla sindrome di Down di accesso all'attrazione denominata «monorotaia», la Direzione del Parco ha riferito che si tratta di un'attrazione costituita da un treno composto da vagoncini senza vetri, aperti sui lati e privi di dispositivi di bloccaggio dei passeggeri, che sviluppa il suo percorso ad un'altezza variabile tra i cinque i sette metri.
      Le procedure di emergenza, all'epoca dei fatti, prevedevano, peraltro, che i passeggeri fossero presi in carico singolarmente, a mezzo di piattaforma aerea per il 70 per cento del percorso, a mezzo di «scala italiana» a pioli per il 20 per cento del percorso e per il restante 10 per cento tramite una passerella.
      La Direzione del Parco ha riferito che l'operatore coinvolto nel caso in questione, avrebbe segnalato ai parenti della bambina la presenza nel Parco di due attrazioni, simili alla «monorotaria», ma prive dei rischi ad essa connessi e quindi pienamente accessibili alle persone disabili.
      Relativamente agli ulteriori episodi di presunta discriminazione nei confronti di disabili, posti all'attenzione nell'interrogazione in esame, la Direzione ha precisato che l'attrazione denominata «blue tornado», è una montagna russa, alta quasi 34 metri, caratterizzata da treni che scorrono al di sotto dei binari, con sedili sospesi privi di pedane poggiapiedi, per cui i passeggeri si trovano appesi con le gambe che penzolano nel vuoto.
      Anche con riferimento a quest'ultima attrazione le procedure di evacuazione prevedevano l'uso di piattaforme aeree.
      Infine, riguardo ad un episodio accaduto nel giugno 2009, durante il quale un uomo non vedente di 47 anni sarebbe stato aspramente redarguito per essere salito sulle montagne russe con la figlia, la Direzione del Parco ha rappresentato che anche in questo caso si trattava dell'attrazione «blue tornado» sopra descritta.
      Secondo quanto riportato dalla Direzione del Parco, sembra che l'uomo, con l'aiuto della figlia, avesse eluso il divieto di accesso all'attrazione posto ai non vedenti, per cui, una volta terminato il giro, l'operatore addetto al controllo, accortosi del comportamento tenuto dall'uomo, aveva ritenuto necessario richiamarlo al rispetto delle prescrizioni relative all'accessibilità delle attrazioni per le persone disabili.
      In definitiva, la Direzione riferisce che le misure adottate sono state finalizzate alla tutela della salute e della sicurezza degli ospiti e che esse non costituiscono in alcun modo discriminazioni in quanto definite secondo un criterio di adeguatezza e all'esito di un'analisi condotta con associazioni che si occupano di persone con disabilità.
      In proposito, la Direzione ha precisato che le persone disabili e i loro accompagnatori vengono informati dei limiti posti all'accessibilità delle attrazioni tramite la consegna, all'ingresso del Parco, di un apposito opuscolo, predisposto dal Parco in collaborazione con alcune associazioni, presenti sul territorio veronese, attive nel campo della tutela delle persone disabili (quali la consulta comunale delle associazioni che operano in favore delle persone con disabilità, l'Associazione italiana assistenza spastici e l'Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti) che viene costantemente aggiornato.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Cecilia Guerra.


      FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro per le pari opportunità, al Ministro della gioventù, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto riferito dall'agenzia di informazioni ANSA dell'11 ottobre 2010 si è verificato un nuovo caso di discriminazione nel parco dei divertimenti di Gardaland, ai danni di una bambina down;
          secondo quanto riferisce l'agenzia, la piccola, «Lucrezia, dieci anni, secondo quanto denunciato dalla madre signora Cristina Cantoni, in occasione della giornata nazionale promossa da “Coordown”, alla ragazzina per supposte norme di sicurezza che sarebbero in vigore nel parco, alla piccola è stato impedito di salire nella “Magic House”, la casetta con il pavimento che trema, perché “portatrice di un ritardo intellettivo”»;
          l'episodio, l'ennesimo di una serie già denunciati in altrettante interrogazioni, risale al 29 dicembre 2009: la famiglia, padre, madre, e quattro bambine, tra cui Lucrezia è la più grande, aveva compiuto diversi giri sulle altre attrazioni di Gardaland, ma quando ha fatto per accedere alla «Magic House», un inserviente del parco ha bloccato madre e figlia, spiegando che la piccola non poteva entrare; la donna ha chiesto spiegazioni, ma alla fine è stata Lucrezia a voler lasciar perdere  –:
          quali urgenti iniziative, nell'ambito delle rispettive prerogative e facoltà, intendano promuovere, sollecitare, adottare, a fronte di questi ripetuti e odiosi episodi di discriminazione. (4-08984)

      Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, concernente alcuni presunti episodi di discriminazione, avvenuti nel parco di Gardaland di Castelnuovo del Garda (Verona), nei confronti di persone affette da diverse forme di disabilità, sulla base degli elementi informativi forniti dai competenti uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, si fa presente quanto segue.
      Al fine di assicurare l'effettiva parità di trattamento e garantire pari opportunità alle persone disabili sono previste, nel nostro ordinamento, specifiche disposizioni normative. In particolare, con la legge n.  67 del 2006 è stata estesa la tutela giurisdizionale, già riconosciuta alle persone con disabilità vittime di discriminazioni nel contesto lavorativo, a tutte le situazioni in cui il disabile risulti destinatario di trattamenti discriminatori.
      Particolare rilevanza riveste, inoltre, la legge n.  18 del 2009, di ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (fatta a New York il 13 dicembre 2006), che, all'articolo 30, prevede l'adozione di misure volte a consentire alle persone con disabilità di partecipare alle attività ricreative, turistiche e sportive.
      Allo scopo di promuovere la piena integrazione delle persone con disabilità, in attuazione dei principi sanciti dalla citata Convenzione, la legge di ratifica ha, tra l'altro, istituito l'osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità.
      Si segnala, inoltre, che con l'emanazione del decreto legislativo n.  79 del 2011 – Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo – sono stati promossi i principi in tema di turismo accessibile per consentire alle persone con disabilità motorie, sensoriali e intellettive di fruire dell'offerta turistica, ricevendo servizi di qualità senza aggravi sul prezzo finale.
      Sulla questione specifica posta dall'interrogante, la direzione di Gardaland srl, ha riferito che, nell'ottica di rendere accessibili alle persone disabili il maggior numero di attrazioni, il Parco dispone di una serie di servizi dedicati, quali ingresso riservato, parcheggi gratuiti adiacenti all'ingresso, ufficio informazioni e opuscoli informativi con mappa delle attrazioni e illustrazione delle regole di accessibilità, noleggio gratuito di sedie a rotelle, biglietto di ingresso gratuito o ridotto anche per l'accompagnatore, accesso gratuito agli spettacoli teatrali, aree riservate all'interno dei teatri, servizi igienici attrezzati e percorsi privi di barriere architettoniche.
      A partire dal corrente anno, sono divenute, inoltre, fruibili anche ai disabili ulteriori quattro attrazioni.
      Per ciò che riguarda l'episodio posto all'attenzione, relativo all'attrazione denominata «magic house», la direzione del Parco ha reso noto che trattasi di un'attrazione sotterranea destinata a far perdere il senso dell'orientamento agli ospiti, composta da un tamburo che ruota a 360° e da una gondola centrale che oscilla con gradazione di 30 gradi.
      In particolare i fruitori dell'attrazione scendono in una sala sotterranea, posta a circa sette metri nel sottosuolo e qui si posizionano su due spalti posti uno di fronte all'altro, i quali prendono ad oscillare contemporaneamente alle pareti della sala, tanto che la sovrapposizione delle due oscillazioni crea negli ospiti l'illusione che il pavimento si sostituisca al soffitto. Nella sala vengono, inoltre, utilizzati effetti di luce che, unitamente alla perdita del senso dell'orientamento causato dai movimenti oscillatori, possono provocare panico, vertigini e reazioni claustrofobiche.
      Al riguardo, la Direzione ha precisato che le persone disabili e i loro accompagnatori vengono informati dei limiti posti all'accessibilità delle attrazioni tramite la consegna, all'ingresso del Parco, di un apposito opuscolo predisposto dal Parco in collaborazione con alcune associazioni, presenti nel territorio veronese, attive nel campo della tutela delle persone disabili (quali la Consulta comunale delle associazioni che operano in favore delle persone con disabilità, l'Associazione italiana assistenza spastici e l'Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti) costantemente aggiornato.
      Con le predette associazioni sono state quindi analizzate le caratteristiche tecniche di ogni singola attrazione, le relative procedure di emergenza ed evacuazione e considerati i diversi fattori di rischio.
      La Direzione ha fatto presente conclusivamente che le misure adottate verso gli ospiti disabili sono state finalizzate alla tutela della loro salute e sicurezza per garantirne l'incolumità.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Cecilia Guerra.


      FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute, al Ministro per le pari opportunità. — Per sapere – permesso che:
          come si apprende da numerosi articoli di stampa, e in particolare da La Repubblica, La Stampa, Il Corriere della Sera del 28 marzo 2011, quattordici liceali di Reggio Emilia colpiti da intossicazione alimentare durante una gita scolastica non sarebbero stati visitati dalla guardia medica di Montegrotto, località termale alle porte di Padova;
          gli insegnanti si sarebbero sentiti rispondere: «Qui curiamo solo i veneti»;
          secondo quanto riportato dai giornali citati un gruppo di giovani del liceo scientifico Zanelli di Reggio Emilia avrebbe accusato una serie di malori; incassato il rifiuto da parte della guardia medica, agli insegnanti non sarebbe rimasto che «chiamare il 118: gli studenti sono stati prelevati in ambulanza e condotti al vicino ospedale di Abano»  –:
          di quali elementi disponga il Governo in merito alla dinamica dell'episodio e se in particolare, trovi conferma il fatto che la guardia medica di Montegrotto abbia risposto agli insegnanti del liceo Zanelli che «si curano solo i veneti»;
          quali iniziative di competenza ritengano di dover adottare in relazione a quanto sopra esposto. (4-11422)

      Risposta. — Si risponde alla interrogazione parlamentare in esame indicata tenendo conto della disciplina normativa introdotta dalla Legge Costituzionale 18 ottobre 2001, n.  3, recante «Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione», e della conseguente autonomia organizzativa e gestionale dei servizi sanitari regionali.
      La Prefettura – ufficio territoriale del Governo di Padova, ha trasmesso una dettagliata documentazione, dalla quale si evincono le circostanze dell'episodio in esame.
      Alle ore 20:00 del giorno 24 marzo 2011 l'insegnante di una classe dell'Istituto tecnico agrario di Reggio Emilia, accompagnatrice dei ragazzi in una gita scolastica, contattava telefonicamente il Servizio di continuità assistenziale di Montegrotto Terme, in quanto alcuni alunni della sua classe, ospitata da alcuni giorni presso un hotel di Montegrotto Terme, avevano manifestato da alcune ore nausea e vomito.
      «Interrogata sulla presenza di sintomi di rilievo quali cefalea, dolori addominali, diarrea, febbre e vertigini, l'insegnante rispondeva negativamente, spiegando che la ragione della telefonata era quella di ottenere indicazioni su eventuali provvedimenti o farmaci da somministrare ai ragazzi».
      La dottoressa di turno «informava l'insegnante della sua disponibilità a prescrivere sintomatici del caso da somministrare ai ragazzi e suggeriva di somministrare liquidi in piccole quantità per evitare una eventuale disidratazione secondaria al vomito.
      Sottolineava la necessità di rivolgersi al pronto soccorso nel caso in cui le condizioni dei ragazzi si fossero aggravate.
      Precisava inoltre che, secondo quanto definito dalla normativa, il Servizio di continuità assistenziale viene erogato ai soggetti residenti nel territorio di competenza. Forniva comunque la sua disponibilità per ogni ulteriore informazione richiesta per l'assistenza degli alunni».
      Alle ore 20:45 l'insegnante contattava nuovamente la stessa dottoressa, «informandola che nel frattempo altri alunni avevano presentato la medesima sintomatologia e che aveva contattato il direttore sanitario dello stabilimento termale, il quale l'aveva informata che il caso era di competenza del medico di continuità assistenziale».
      La dottoressa dava indicazione di rivolgersi al pronto soccorso, «visto che l'aumento del numero di casi fra gli studenti che nelle giornate precedenti avevano consumato i pasti tutti nello stesso ristorante, poneva il sospetto diagnostico di una intossicazione alimentare, rendendo necessaria l'effettuazione di indagini ematochimiche volte a chiarire la situazione e fornire adeguata terapia.
      Gli studenti sono stati tempestivamente accompagnati in ambulanza al pronto soccorso della Casa di cura di Abano Terme, dove hanno ricevuto le cure del caso».
      Al turno notturno del giorno seguente un collega della dottoressa riceveva un'ulteriore telefonata da parte dell'insegnante, che chiedeva chiarimenti sulla normativa che regolamenta le prestazioni erogate dai personale del servizio di continuità assistenziale.
      L'Azienda U.L.S.S. n.  16 di Padova ha inteso precisare che l'Accordo collettivo nazionale del 23 marzo 2005 – testo integrato con Acn 29 luglio 2009 – all'articolo 67, comma 1, sancisce: «Il medico di continuità assistenziale assicura le prestazioni sanitarie non differibili ai cittadini residenti nell'ambito territoriale afferente alla sede di servizio».
      La regione Veneto, in deroga alle relative norme dell'Acn ha stabilito, con delibera giunta regionale n.  4395 del 2005, l'obbligo per il medico di continuità assistenziale di assicurare le prestazioni sanitarie non differibili agli assistiti del Servizio sanitario regionale in deroga agli ambiti territoriali di cui all'articolo 67, comma 1.
      Ciò premesso e per rispondere al quesito posto, questo Ministero osserva che l'articolo 67, comma 14, dell'Accordo collettivo nazionale 23 marzo 2005, facendo riferimento all'articolo 32 dello stesso Accordo, stabilisce che «Nell'ambito degli Accordi regionali e sulla base del disposto dell'articolo 32, è organizzata la continuità dell'assistenza ai cittadini non residenti nelle località a forte flusso turistico».
      Infatti, il comma 1 dell'articolo 32 precisa che «sulla base di apposite determinazioni regionali sono individuate le località a forte flusso turistico nelle quali organizzare un servizio di assistenza sanitaria rivolta alle persone non residenti».
      Inoltre, il comma 3 dello stesso articolo prevede che le prestazioni di assistenza ai turisti sono retribuite dal cittadino non residente sulla base del disposto di cui all'articolo 57 dell'Accordo collettivo nazionale 23 marzo 2005.
      Poiché il potenziamento del servizio di assistenza ai turisti delle strutture sanitarie è demandato alla contrattazione regionale, nessuna iniziativa può essere avviata dal Ministero della salute.
Il Ministro della salute: Renato Balduzzi.


      FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro per le pari opportunità, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della gioventù, al Ministro della salute. — Per sapere — premesso che:
          la signora Rita Masini ha raccontato al sito superabile.it che il 6 settembre 2011 Luca, il figlio sedicenne, affetto da sindrome di down, è stato fatto scendere da due attrazioni di Gardaland;
          le due attrazioni non presentavano pericolosità per il ragazzo, e sono state negate unicamente perché i responsabili delle strutture, come dice la signora Masini, «lo hanno visto in faccia»;
          la prima attrazione, chiamata Ikarus, e consiste in una giostra che gira su se stessa compiendo movimenti in verticale;
          non è la prima volta che Luca accede a una simile attrazione, presente per esempio all’«Acquafan» di Riccione, senza che nessuno abbia mai opposto un divieto;
          Luca non è stato respinto solo dalla struttura Ikarus di Gardaland; analogo divieto si è ripetuto per quel che riguarda la monorotaia, sempre a Gardaland;
          i due rifiuti sono stati vissuti come una grave umiliazione da Luca. «Mio figlio – racconta la signora Rita – è molto intelligente, quando lo hanno fatto scendere ci è rimasto malissimo e soprattutto non ne ha compreso le ragioni, non ha compreso perché la giostra veniva negata solo a lui, non è giusto»;
          il divieto in vigore al parco di Gardaland appare un caso unico al mondo, perché non risulta che in nessun altro parco giochi in Italia o all'estero vieti le sue attrattive alle persone con sindrome di Down, piuttosto vengono spiegati gli eventuali rischi ai genitori, che scelgono di assumersi la responsabilità di far salire i figli sulla giostra;
          quanto accade a Gardaland appare un'applicazione discutibile del codice penale in fatto di responsabilità del parco giochi, che, secondo gli interroganti, viola la Convenzione Onu sui diritti delle persone disabili e tutta la normativa antidiscriminazione;
          l'episodio, l'ennesimo di una serie, già denunciati in altrettante interrogazioni, si configura ad avviso degli interroganti come un caso di ingiustificata discriminazione  –:
          quali urgenti iniziative, nell'ambito delle rispettive prerogative e facoltà, intendano promuovere, sollecitare, adottare a fronte di questi ripetuti e odiosi episodi. (4-13194)

      Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, concernente alcuni presunti episodi di discriminazione, avvenuti nel parco di Gardaland di Castelnuovo del Garda (Verona), nei confronti di persone affette da diverse forme di disabilità, sulla base degli elementi informativi forniti dai competenti uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, si fa presente quanto segue.
      Al fine di assicurare l'effettiva parità di trattamento e garantire pari opportunità alle persone disabili sono previste, nel nostro ordinamento, specifiche disposizioni normative. In particolare, con la legge n.  67 del 2006 è stata estesa la tutela giurisdizionale, già riconosciuta alle persone con disabilità vittime di discriminazioni nel contesto lavorativo, a tutte le situazioni in cui il disabile risulti destinatario di trattamenti discriminatori.
      Particolare rilevanza riveste, inoltre, la legge n.  18 del 2009, di ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (fatta a New York il 13 dicembre 2006), che, all'articolo 30, prevede l'adozione di misure volte a consentire alle persone con disabilità di partecipare alle attività ricreative, turistiche e sportive.
      Allo scopo di promuovere la piena integrazione delle persone con disabilità, in attuazione dei principi sanciti dalla citata Convenzione, la legge di ratifica ha, tra l'altro, istituito l'osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità.
      Si segnala, inoltre, che con l'emanazione del decreto legislativo n.  79 del 2011 – Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo – sono stati promossi i principi in tema di turismo accessibile per consentire alle persone con disabilità motorie, sensoriali e intellettive di fruire dell'offerta turistica, ricevendo servizi di qualità senza aggravi sul prezzo finale.
      Sulla questione specifica posta all'attenzione nell'interrogazione in esame la direzione di Gardaland srl ha reso noto che, nell'ottica di rendere accessibili il maggior numero di attrazioni da parte delle persone con disabilità, il Parco dispone di una serie di servizi dedicati, quali ingresso riservato, parcheggi gratuiti adiacenti all'ingresso, ufficio informazioni e opuscoli informativi con mappa delle attrazioni e illustrazione delle regole di accessibilità, noleggio gratuito di sedie a rotelle, biglietto di ingresso gratuito o ridotto anche per l'accompagnatore, accesso gratuito agli spettacoli teatrali, aree riservate all'interno dei teatri, servizi igienici attrezzati e percorsi privi di barriere architettoniche.
      A partire dal 2012 sono divenute inoltre fruibili alle persone disabili ulteriori quattro attrazioni.
      Per ciò che riguarda l'episodio relativo alle attrazioni denominate «Ikarus» e «monorotaia», la direzione del Parco ha riferito – quanto ad «Ikarus» – che si tratta di un'attrazione composta da una torre rotante alta 28 metri, dotata di 4 bracci cui sono appese sette cabine che ospitano due passeggeri ciascuna. L'attrazione, nella salita, nella discesa ed in quota, effettua una rotazione del rotore centrale contemporaneamente alla rotazione delle cabine.
      Inoltre, l'attrazione presenta un'elevata possibilità di creare panico, paura, vertigini e reazioni claustrofobiche.
      Quanto all'attrazione denominata «monorotaia», la direzione del Parco ha reso noto che detta attrazione è costituita da un treno composto da vagoncini privi di vetri, aperti sui lati e privi di ritenzione dei passeggeri, che sviluppa il suo percorso ad un'altezza variabile tra i cinque e i sette metri. All'epoca dei fatti, le procedure di emergenza prevedevano che gli ospiti fossero fatti scendere dai vagoni singolarmente, a mezzo piattaforma aerea o manitou per il 70 per cento del percorso, a mezzo «scala italiana» a pioli per il 20 per cento del percorso e solo per il 10 per cento a mezzo passerella.
      Al riguardo, la Direzione ha fatto presente che le persone disabili e i loro accompagnatori vengono informati dei limiti posti all'accessibilità delle attrazioni, tramite la consegna, all'ingresso, di un apposito opuscolo che, già a partire dal 2004, è stato predisposto dal Parco di divertimenti in collaborazione con alcune associazioni che si occupano di disabilità presenti nel territorio veronese (quali la consulta comunale delle associazioni che operano in favore delle persone con disabilità, l'Associazione italiana assistenza spastici e l'Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti).
      Con tali associazioni sono state analizzate le caratteristiche tecniche di ogni singola attrazione, le relative procedure di emergenza ed evacuazione e considerati i diversi fattori di rischio.
      In definitiva, la Direzione riferisce che le misure adottate sono state finalizzate alla tutela della salute e della sicurezza degli ospiti per tutelarne l'incolumità.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Cecilia Guerra.


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          un operaio di Alanno, vicino Pescara, il 23 novembre 2011 è rimasto gravemente ferito a Cugnoli, dove stava eseguendo dei lavori su un tetto ed è caduto, riportando diversi traumi e si trova in stato di coma  –:
          quale sia l'esatta dinamica dell'incidente;
          se le normative relative alla sicurezza sul lavoro siano state rispettate. (4-14009)

      Risposta. — L'interrogazione in esame si riferisce all'infortunio occorso, il 23 novembre 2011, al signor Alberto Di Serio, titolare di pensione di vecchiaia in qualità di ex dipendente del Comune di Alanno (Pescara).
      Nel rispondere al primo quesito, ci si limiterà, in questa sede, a riportare gli elementi informativi acquisiti presso la Direzione territoriale del lavoro di Pescara nonché quelli fomiti dall'Inail.
      Il signor Lindoro Marini, proprietario di un immobile sito in Cugnoli (Pescara), aveva commissionato al signor Remo Palanza, nella sua qualità di artigiano, la sostituzione di una finestra in alluminio posta al primo piano del fabbricato.
      Si precisa, in via preliminare, che i signori Marini, Palanza e Di Serio sono legati tra loro da vincoli di parentela.
      Il giorno 23 novembre 2011, intorno alle ore 13:00, il signor Di Serio si recava presso l'officina del Palanza ed entrambi provvedevano al trasporto della nuova finestra presso l'immobile del signor Marini, utilizzando a tal fine un autocarro di proprietà dell'artigiano.
      Giunti sul luogo, i due procedevano a scaricare dall'autocarro il materiale trasportato e, al termine dell'operazione, il Di Serio si allontanava alla guida del mezzo per lo svolgimento di non meglio precisate commissioni.
      Intorno alle ore 15:30 circa, l'artigiano, intento ad effettuare i lavori di sostituzione della finestra, udiva dei lamenti e, recatosi nei pressi del luogo di provenienza degli stessi, rinveniva il corpo del Di Serio riverso a terra in corrispondenza del piccolo corpo di fabbrica sottostante la finestra oggetto di sostituzione. La posizione della vittima, pertanto, farebbe presumere che il signor Di Serio sarebbe caduto dal tetto del piccolo corpo di fabbrica sottostante la finestra posta a m. 2,40 da terra.
      Sul luogo dell'infortunio sono intervenuti i Carabinieri della stazione di Alanno che hanno effettuato, in qualità di organo di polizia giudiziaria, tutti gli accertamenti di competenza, riferendone gli esiti alla competente Autorità indiziaria.
      Nel corso delle indagini, in particolare, il signor Palanza ha riferito, in qualità di unico testimone, di non avere mai avuto dipendenti e di non aver richiesto all'infortunato nessuna collaborazione per il montaggio della finestra. Quest'ultimo, peraltro, attualmente sottoposto a cure riabilitative, ha dichiarato di non ricordare alcunché di quanto accaduto.
      Pertanto, dagli accertamenti effettuati non è emerso alcun elemento da cui si potesse desumere la sussistenza di un rapporto di lavoro in atto tra l'infortunato e l'artigiano.
      Riguardo alla normativa in materia di sicurezza sul lavoro, i funzionari del competente ufficio territoriale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, successivamente intervenuti sul luogo dell'infortunio, hanno accertato che l'artigiano, nell'eseguire i lavori di sostituzione, ha fatto uso di un ponteggio metallico in difformità a quanto previsto dall'articolo 21, comma 1, del decreto legislativo n.  81 del 2008 (come modificato dall'articolo 14 del decreto legislativo n.  106 del 2009).
      Tale ponteggio, infatti, non è risultato ancorato a strutture murarie fisse mentre i parapetti posti sui lati aperti verso il vuoto dei piani di lavoro dello stesso e del tetto adiacente non soddisfano i requisiti di legge.
      Nel rispondere all'ultimo quesito posto nell'interrogazione in esame, occorre precisare che il tema della prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali costituisce obiettivo strategico del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dell'Inail, nell'ottica del tendenziale azzeramento del fenomeno infortunistico e tecnopatico.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, infatti, intende perseguire la promozione di comportamenti rispettosi delle norme di legge applicabili in materia di salute e sicurezza sul lavoro ed efficaci in funzione prevenzionistica, sia completando l'attuazione del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81 (Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro) e successive modifiche e integrazioni, sia favorendo ogni iniziativa promozionale idonea a determinare un accrescimento delle conoscenze in materia di salute e sicurezza nelle aziende, nei lavoratori e negli studenti, con particolare attenzione all'aspetto della formazione.
      In relazione allo specifico e gravissimo problema degli infortuni sul lavoro si rende necessario intervenire sulla formazione – informazione dei lavoratori e delle imprese, nonché sulla prevenzione e sul rafforzamento dei controlli da parte degli enti preposti, al fine di promuovere una consapevolezza sempre più ampia sulle esigenze della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è attivamente impegnato su tali fronti, nell'intento precipuo di favorire il dialogo e la collaborazione fra tutti i soggetti interessati, istituzionali e sociali, al fine di ridurre gli incidenti e le malattie professionali e la diffusione di sempre più elevati standards di sicurezza nei luoghi di lavoro. L'esistenza in concreto di una efficace strategia di contrasto al fenomeno infortunistico non passa solo attraverso il completamento, mediante le fonti di rango secondario previste dal decreto legislativo n.  81 del 2008, del quadro giuridico di riferimento, ma anche attraverso la realizzazione di una serie di azioni pubbliche e private dirette a migliorare la prevenzione e i livelli di tutela in tutti gli ambienti di lavoro.
      Per tale ragione, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sta attivando ogni possibile sinergia con soggetti pubblici e privati, al fine di migliorare «l'impatto» delle rispettive attività in termini di efficacia.
      In tale ottica si colloca, ad esempio, la definizione, con Accordo in Conferenza Stato – regioni del 20 novembre 2008, dei criteri di impiego e l'attivazione delle somme (pari a 50 milioni di euro) di cui all'articolo 11, comma 7, del Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, da destinare in favore di attività promozionali della salute e sicurezza, tra le quali una campagna di comunicazione (per complessivi 20 milioni di euro) sulla salute e sicurezza sul lavoro ed attività di formazione su base regionale (per complessivi 30 milioni di euro).

      Con il decreto correttivo n.  106 del 2009 si è poi consentito il superamento delle difficoltà operative da più parti evidenziate nel corso dei primi mesi di applicazione del Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, perfezionando, in tal modo, il quadro normativo in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e rendendolo, oltre che pienamente coerente con le normative internazionali e comunitarie in materia, idoneo a costituire il fondamento giuridico della strategia di contrasto al fenomeno infortunistico.
      L'imprescindibile finalità delle misure varate resta quella di rendere maggiormente effettiva la tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro secondo linee di azione consistenti, tra l'altro, nel miglioramento dell'efficacia dell'apparato sanzionatorio, al fine precipuo di assicurare una migliore corrispondenza tra infrazioni e sanzioni.
      A tale scopo si tiene conto dei compiti effettivamente svolti da ciascun attore della sicurezza, favorendo l'utilizzo di procedure di estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi mediante regolarizzazione da parte del soggetto inadempiente. La sanzione penale è riservata ai soli casi di violazione delle disposizioni sostanziali e non di quelle meramente formali (come, ad esempio, la trasmissione di documentazione, notifiche, eccetera.
      Tutti gli interventi proposti garantiscono, in ogni caso, il rispetto dei livelli di tutela oggi assicurati ai lavoratori e alle loro rappresentanze in qualsiasi ambiente di lavoro e in tutto il territorio nazionale, nonché l'equilibrio delle competenze tra lo Stato e le regioni in materia.
      Il risultato finale dell'intervento legislativo di riforma potrà comunque compiutamente apprezzarsi una volta che verrà completata l'emanazione di provvedimenti attuativi del Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, di grande rilevanza e impatto sulle aziende e sui lavoratori.
      Molte delle iniziative dirette alla attuazione delle disposizioni del Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro sono devolute dal legislatore alla Commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro (ex articolo 6 del decreto legislativo n.  81 del 2008), composta, in maniera paritaria e tripartita, da rappresentanti delle amministrazioni pubbliche centrali competenti in materia, delle regioni, dei sindacati e delle organizzazioni dei datori di lavoro.
      Ricostituita con decreto ministeriale del 3 dicembre 2008, la Commissione ha costituito al suo interno nove gruppi «tecnici» di lavoro, nei quali è garantita la presenza paritetica di rappresentanti delle amministrazioni pubbliche (comprese le regioni) e delle parti sociali, per affrontare, in tali sedi, gli argomenti attribuiti dalla legge alla Commissione (ad esempio l'elaborazione di linee metodologiche per la valutazione dello stress lavoro-correlato, l'individuazione delle regole di funzionamento della cosiddetta «patente a punti» per gli edili) e per i quali si prevedono attività finalizzate alla attuazione del Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
      Tali gruppi si sono regolarmente insediati e svolgono con continuità le attività ad essi attribuiti. All'esito delle attività istruttorie compiute in tali consessi, sono stati elaborati documenti di notevole importanza per gli operatori della salute e sicurezza sul lavoro e altri sono di prossima emanazione. Tra gli altri, si ricorda che a seguito dell'adozione del parere sul concetto di «eccezionalità» di cui al punto 3.1.4 dell'allegato VI al decreto legislativo n.  81 del 2008, la Commissione consultiva permanente – nella seduta del 18 aprile 2012 – ha ritenuto opportuno individuare specifiche procedure operative di sicurezza in materia di sollevamento di persone con attrezzature di lavoro non previste a tal fine al fine di garantirne la sicurezza nell'uso. Tali procedure costituiscono indicazioni di natura non vincolante per gli operatori e sono finalizzate a fornire indicazioni operative sulle modalità di utilizzo di dette attrezzature nei casi indicati dalla Commissione.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha completato talune ulteriori attività previste dal decreto legislativo n.  81 del 2008, tra le quali occorre ricordare:
          la predisposizione, in data 17 novembre 2010, delle indicazioni per la valutazione dello stress lavoro-correlato (articolo 28, comma 1-bis del «Testo Unico») da parte della Commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro, con avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.  304 del 30 dicembre;
          la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n.  159 dell'11 luglio 2011 del decreto interdipartimentale del 13 aprile 2011, recante: «Disposizioni in attuazione dell'articolo 3, comma 3-bis, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81, come modificato ed integrato dal decreto legislativo 3 agosto 2009, n.  106 in materia di salute e sicurezza sul lavoro» che disciplina le particolari modalità di svolgimento delle attività delle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n.  381, delle organizzazioni di volontariato della Protezione civile, compresi i volontari della Croce rossa italiana e del Corpo nazionale soccorso alpini e speleologico, e i volontari dei vigili del fuoco;
          la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n.  98 del 29 aprile 2011 – supplemento ordinario n.  111 – del decreto interministeriale dell'11 aprile 2011 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero della salute e con il Ministero dello sviluppo economico, che disciplina le modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'allegato VII del decreto legislativo del 9 aprile 2008, n.  81, nonché i criteri per l'abilitazione dei soggetti di cui all'articolo 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo;
          la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n.  60 del 12 marzo 2012 – supplemento ordinario n.  47 – dell'accordo, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo n.  281 del 28 agosto 1997 tra il Governo, le regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, stipulato il 22 febbraio 2012, concernente l'individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori, nonché le modalità per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità della formazione, in attuazione dell'articolo 73, comma 5, del decreto legislativo n.  81 del 9 aprile 2008, e successive modifiche e integrazioni;
          la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n.  83 dell'11 aprile 2011 del decreto del 4 febbraio 2011 «Lavori su impianti elettrici ad alta tensione» a firma del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, che definisce i criteri per il rilascio delle autorizzazioni alle aziende che effettuano lavori sotto tensione, in attuazione dell'articolo 82, comma 2, del decreto legislativo n.  81 del 2008 e successive modifiche e integrazioni;
          l'istituzione, con decreto interministeriale del 27 maggio 2011 (pubblicato sul bollettino ufficiale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n.  6 del 30 giugno 2011), del Comitato consultivo per la determinazione e l'aggiornamento dei valori limite di esposizione professionale e dei valori limite biologici relativi agli agenti chimici previsto dall'articolo 232, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81 e successive modifiche e integrazioni.
      Merita menzione, inoltre, il decreto interministeriale recante regole tecniche per la realizzazione ed il funzionamento del Sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP), ai sensi dell'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 2008 n.  81 e successive modifiche e integrazioni.
      Il Sinp, in particolare, mira a fornire dati utili per orientare, programmare, pianificare e valutare l'efficacia della attività di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, relativamente ai lavoratori iscritti e non iscritti agli enti assicurativi pubblici, nonché per indirizzare le attività di vigilanza, attraverso l'utilizzo integrato delle informazioni disponibili negli attuali sistemi informativi, anche tramite l'integrazione di specifici archivi e la creazione di banche dati unificate.
      Su tale decreto è stato acquisito il parere favorevole della Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano. Da ultimo, sul provvedimento si è espresso il parere da parte del Consiglio di Stato.
      Inoltre, nella medesima Conferenza si sono perfezionati gli accordi concernenti gli articoli 34 e 37 del Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro che disciplinano, rispettivamente, la formazione del datore di lavoro, che svolge in proprio dei compiti di prevenzione e protezione, e la formazione dei lavoratori, preposti e dirigenti. Tali accordi sono stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n.  8 dell'11 gennaio 2012.
      In ordine alle iniziative in materia di lavorazioni in «ambienti confinati», si evidenzia che nella Gazzetta Ufficiale n.  260 dell'8 novembre 2011 è stato pubblicato il decreto del Presidente della Repubblica n.  177 del 14 settembre 2011 recante: «Norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati», a norma dell'articolo 6, comma 8, lettera g) del decreto legislativo n.  81 del 2008. Il decreto è frutto di un lavoro che ha coinvolto Stato, regioni e parti sociali nell'intento, da tutti condiviso, di predisporre misure innovative ed efficaci a contrasto al fenomeno degli infortuni, gravissimi per numero e drammatici per modalità, verificatisi, negli ultimi anni, nei lavori in ambienti cosiddetti «confinati», quali silos, cisterne e simili.
      A tal proposito si fa presente che, al fine di fornire soluzioni tecniche, organizzative e procedurali per i lavori da realizzare nelle diverse tipologie di ambienti sospetti di inquinamento o confinati, la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro – nella seduta del 18 aprile 2012 – ha adottato un manuale pratico. Tale manuale, come previsto dall'articolo 3, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n.  177 del 2011, indica i contenuti di una procedura di sicurezza per lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati ed è rivolto a quanti operano a vario titolo in tale settore e, soprattutto, a tutte quelle micro e piccole imprese che si occupano di bonifiche e/o manutenzione in ambienti confinati.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali persegue l'obiettivo della riduzione del fenomeno infortunistico anche perseguendo la massima efficacia delle attività di vigilanza sui luoghi di lavoro di propria competenza. In tali ambiti, ed in primo luogo nell'edilizia, è stata da tempo fornita alle strutture amministrative di riferimento l'indicazione di realizzare, innanzitutto, le attività dirette a perseguire le violazioni in materia di salute e sicurezza più gravi, in quanto in grado di mettere in pericolo la vita dei lavoratori. Tale impostazione ha consentito di raggiungere risultati molto soddisfacenti.
      Infine, va ricordato come il Ministero del lavoro e delle politiche sociali abbia predisposto e messo a disposizione dell'utenza una sezione del sito internet specificamente dedicata alla diffusione di notizie e pubblicazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
      Tutto quanto sin qui esposto consente di affermare come la riforma delle regole volte a tutelare la salute e sicurezza sul lavoro abbia fornito l'Italia di un sistema di regole moderno e sistematicamente coeso, suscitando un interesse, finalmente non più solo specialistico, sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro che costituisce, a sua volta, un importante punto di partenza per l'abbattimento del numero e della gravità degli infortuni.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Elsa Fornero.


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          il Corriere.it ha pubblicato sul suo sito la notizia «La Rai nel giorno dell'AIDS: non dite “profilattico”», a proposito di una presunta mail «interna» che rispecchierebbe la linea del ministero della Salute;
          in particolare si riferisce che la parola «profilattico» nell'Italia 2011 sarebbe ancora «un tabù»;
          almeno lo è «per la Rai e per il Ministero della salute... Non bisogna pronunciarla nemmeno in occasione della giornata mondiale contro l'Aids... i conduttori e le redazioni dei programmi coinvolti nell'iniziativa hanno ricevuto un’e-mail che lasciava adito a pochi dubbi: “Carissimi, segnalo che nelle ultime ore il ministero ha ribadito che in nessun intervento deve essere nominato esplicitamente il profilattico; bisogna limitarsi al concetto generico di prevenzione nei comportamenti sessuali e alla necessità di sottoporsi al test Hiv in caso di potenziale rischio. Se potete, sottolineate questo concetto”»;
          l’e-mail in questione, «con priorità alta», sarebbe firmata dalla signora Laura De Pasquale «funzionaria della TV di Stato in rapida ascesa, nonché fidanzata del “cameraman privato” dell'ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi»  –:
           se quanto riferito dal Corriere.it corrisponda a verità, e in particolare se su impulso e indicazione del Ministero della salute sia stata diffusa una mail nella quale si invitava non usare la parola «profilattico»;
          in caso affermativo, quale sia la ragione di tale iniziativa da parte del Ministero della salute al quale certamente non compete stabilire o invitare cosa devono dire o non devono dire conduttori e redattori della RAI TV;
          in caso negativo, quali iniziative intenda assumere per tutelare la credibilità del Ministero a fronte di una tale iniziativa, attribuita al Ministero della salute;
          quali iniziative comunque si intendano promuovere, sollecitare e adottare in ordine a quanto sopra esposto. (4-14147)

      Risposta. — La legge 5 giugno 1990, n.  135, recante «Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l'Aids» promuove, tra l'altro, la realizzazione, da parte del Ministero della salute, di iniziative di informazione allo scopo di contrastare la diffusione del virus Hiv. Ogni anno vengono pianificate iniziative di comunicazione, in base alle indicazioni formulate dalla Commissione nazionale per la lotta all'Aids.
      In linea con quanto espresso dalla Commissione nazionale, l'obiettivo della campagna informativa-educativa 2011 «Aids: la sua forza finisce dove comincia la tua. Fai il test !», è stato quello di incentivare i giovani adulti (30-40 anni), di qualunque orientamento sessuale, italiani e stranieri, ad effettuare il test Hiv, di contrastare l'abbassamento della soglia di attenzione della popolazione italiana nei confronti del problema Aids, di favorire una assunzione di responsabilità nei comportamenti sessuali.
      Infatti, gli ultimi dati epidemiologici sottolineano che le caratteristiche di coloro che oggi si infettano con Hiv sono completamente diverse da quelle di coloro che si infettavano dieci o venti anni fa. Non si tratta più di persone giovani e prevalentemente tossicodipendenti, ma piuttosto di adulti maturi che si infettano attraverso i rapporti sessuali non protetti (in prevalenza eterosessuali). Inoltre, altro dato significativo è che in Italia più della metà dei soggetti con una nuova diagnosi di Aids ignora la propria sieropositività (sei italiani su dieci scoprono di aver contratto il virus Hiv solo a malattia conclamata).
      Il «target» della campagna è stato, quindi, costituito da quella fascia di popolazione rappresentata dai cosiddetti «inconsapevoli», vale a dire da coloro i quali, non essendosi sottoposti al test, ignorano la propria sieropositività, infettano gli altri attraverso i rapporti sessuali e ricevono una diagnosi tardiva della malattia.
      La campagna di comunicazione, oltre a promuovere l'effettuazione del test Hiv, invitava ad approfondire tutte le problematiche relative all'Aids e tutte le altre misure di prevenzione, attraverso la consultazione dell'area tematica Hiv/Aids del portale del Ministero della salute ed il Numero verde Aids e Ist (infezioni a trasmissione sessuale) 800-861061 dell'Istituto superiore di sanità, il cui orario di funzionamento è stato appositamente prolungato per la celebrazione della giornata mondiale Aids che ricorre il 1o dicembre.
      Proprio in occasione di tale giornata, il Ministero della salute ha stipulato un accordo con la Rai-Radiotelevisione italiana (Rai) volto a realizzare una maratona radiofonica sui canali radio 1 e radio 2, ed avente ad oggetto la veicolazione dei contenuti della campagna di comunicazione così come stabiliti dalla Commissione nazionale per la lotta all'Aids.
      A tal riguardo, la Rai ha proposto di utilizzare per l'iniziativa una serie di programmi già presenti nel palinsesto radiofonico giornaliero delle proprie emittenti, prevedendo, a tal fine, la realizzazione, nell'ambito di ciascun programma coinvolto, di interventi redazionali informativi sui messaggi della campagna. All'interno di tali programmi, lo spazio di pochi minuti riservato ai Ministero della salute comprendeva anche interviste in diretta ad esperti scientifici e a rappresentanti istituzionali e delle associazioni, indicati dallo stesso Ministero.
      In riferimento a quanto riportato nell'articolo citato nell'interrogazione in esame, si precisa che la nota del 2 dicembre 2011 ha sottolineato l'estraneità del Ministero riguardo ad indicazioni sull'uso del termine profilattico e preservativo all'interno di programmi Rai nella giornata mondiale Aids; segnalando che anche gli esperti indicati dal Ministero erano completamente liberi di gestire i loro interventi. Inoltre, il Ministero della salute non è a conoscenza di alcun elemento volto a confermare l'esistenza o meno di una comunicazione interna alla Rai con intenti censori nei confronti dell'utilizzo del termine profilattico. In effetti, il termine profilattico/preservativo è stato espressamente richiamato, quale misura di prevenzione, nel corso dei programmi coinvolti anche negli spazi del Ministero della salute dedicati all'iniziativa. Per quanto riguarda le future iniziative di comunicazione volte a promuovere l'informazione per la prevenzione dal virus Hiv, si è in attesa che la Commissione nazionale per la lotta all'Aids si riunisca ed esprima le indicazioni di competenza.
      Si segnala che, stante la rilevanza socio-sanitaria della problematica in questione, lo stanziamento di fondi allocato annualmente nel capitolo di spesa del bilancio del Ministero della salute, specificamente dedicato alla realizzazione di iniziative di informazione sull'Aids – in considerazione dei sensibili tagli intervenuti negli ultimi anni – è stato adeguatamente integrato, attingendo ulteriori risorse da altri capitoli di spesa.
Il Ministro della salute: Renato Balduzzi.


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          il 23 gennaio 2012 le agenzie di stampa hanno riferito di una tragedia sul lavoro al cantiere dell'autostrada di Brebemi di Calcio, in provincia di Bergamo, e in particolare della morte di un operaio, che secondo una prima ricostruzione sarebbe stato colpito da un pannello cassero, un manufatto di contenimento generalmente utilizzato prima della colata di cemento; per conoscere l'esatta dinamica dell'incidente  –:
          se la vittima fosse di nazionalità italiana o straniera;
          se risulti essere stato assunto secondo la normativa che regola il lavoro;
          se le norme relative alla sicurezza del lavoro risultino essere state osservate o meno;
          quali iniziative, nell'ambito delle proprie facoltà e prerogative, si intendano promuovere, sollecitare, adottare in ordine a quanto sopra esposto. (4-14604)

      Risposta. — L'interrogazione in esame si riferisce all'infortunio mortale sul lavoro occorso il 23 gennaio 2012 al signor Sherbet Bashmeta, dipendente della società Sicos srl di Milano, durante la realizzazione di un sottovia nei lavori di costruzione del «raccordo autostradale Brescia-Bergamo-Milano».
      Nel rispondere ai primi quattro quesiti, ci si limiterà in questa sede, a riportare gli elementi informativi acquisiti presso la direzione territoriale del lavoro di Bergamo, nonché quelli forniti dall'Inail.
      Preliminarmente, si precisa che la società Sicos, in virtù di contratto di sub-appalto stipulato con l’«Impresa Ottavio Cavalieri» Spa di Dalmine (Bergamo) – quest'ultima quale appaltatrice del Consorzio «BBM» – doveva realizzare, nell'ambito del predetto cantiere edile, le opere d'arte in cemento armato.
      Dagli accertamenti compiuti e dalle dichiarazioni acquisite è emerso che il signor Sherbet Bashmeta – nato a Bago (Albania) il 7 giugno 1963 – era regolarmente assunto dal 26 maggio 2011 presso la predetta società con la qualifica di operaio-ferriolo.
      Per quanto riguarda la dinamica dei fatti, è emerso che il giorno dell'infortunio, alle ore 13 circa, in prossimità dello svincolo di Calcio (Bergamo), erano in corso i lavori di disarmo di un muro in calcestruzzo armato. Nello specifico, tale operazione di disarmo consisteva nella rimozione di una struttura avente funzione di cassero – di altezza complessiva di 6,60 metri – utilizzando una gru con tiro verticale. In tale attività erano impegnati, insieme al signor Bashmeta, il signor Maurizio Agatino Di Maggio, gruista, e il signor Jeti Daiu, operaio, entrambi dipendenti della Sicos srl. In particolare, il signor Di Maggio si trovava sull'ultimo impalcato del ponteggio installato in adiacenza al muro in costruzione e manovrava la gru con l'apposito radiocomando, il signor Daiu Jeti operava in uno dei piani intermedi del ponteggio, mentre il signor Bashmeta era a terra – al di sotto del primo impalcato – per effettuare lo sgancio delle ganasce che tenevano insieme i vari elementi dei casseri e per controllare gli stessi durante il sollevamento.
      Proprio durante il sollevamento, una parte di tale struttura si è allontanata dalla sua posizione di partenza compiendo una rotazione verso il basso e cadendo nello spazio di circa 30 centimetri compreso tra ponteggio e muro in costruzione. In quel frangente, per motivi imprecisati, il signor Bashmeta Sherbet si sporgeva in tale spazio e veniva colpito al capo dalla struttura in caduta, che ne provocava la morte. Dalle prime verifiche è emerso, inoltre, che il lavoratore indossava il casco di protezione.
      Secondo quanto reso noto dai tecnici del servizio prevenzione infortuni della Asl di Treviglio, non sono state commesse violazioni in materia di sicurezza, ma l'incidente sarebbe causa di un errore nell'esecuzione di procedure riguardanti lavorazioni svolte di frequente dai lavoratori.
      Sul luogo dell'incidente sono intervenuti, inoltre, i Carabinieri di Calcio (Bergamo) e il servizio Asl 118. Si precisa che per l'accertamento delle cause e delle responsabilità dell'incidente è stato aperto un procedimento penale presso la competente Procura della Repubblica di Bergamo.
      Per quanto riguarda l'erogazione delle prestazioni dovute per tale infortunio mortale, la sede Inail competente, in base alle risultanze istruttorie, ha costituito la rendita in favore del coniuge del lavoratore ed ha corrisposto l'assegno funerario, ai sensi dell'articolo 85 del decreto del Presidente della Repubblica n.  112 del 1965. La stessa sede provvederà alla erogazione del beneficio
una tantum a carico del fondo per le vittime di gravi incidenti sul lavoro non appena saranno disponibili le necessarie risorse economiche.
      Nel rispondere all'ultimo quesito posto nell'interrogazione in esame, occorre precisare che il tema della prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali costituisce obiettivo strategico del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dell'Inail, nell'ottica del tendenziale azzeramento del fenomeno infortunistico e tecnopatico.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, infatti, intende perseguire la promozione di comportamenti rispettosi delle norme di legge applicabili in materia di salute e sicurezza sul lavoro ed efficaci in funzione prevenzionistica, sia completando l'attuazione del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81 (Testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro) e successive modifiche e integrazioni, sia favorendo ogni iniziativa promozionale idonea a determinare un accrescimento delle conoscenze in materia di salute e sicurezza nelle aziende, nei lavoratori e negli studenti, con particolare attenzione all'aspetto della formazione.
      In relazione allo specifico e gravissimo problema degli infortuni sul lavoro si rende necessario intervenire sulla formazione-informazione dei lavoratori e delle imprese, nonché sulla prevenzione e sul rafforzamento dei controlli da parte degli enti preposti, al fine di promuovere una consapevolezza sempre più ampia sulle esigenze della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è attivamente impegnato su tali fronti, nell'intento precipuo di favorire il dialogo e la collaborazione fra tutti i soggetti interessati, istituzionali e sociali, al fine di ridurre gli incidenti e le malattie professionali e la diffusione di sempre più elevati
standards di sicurezza nei luoghi di lavoro. L'esistenza in concreto di una efficace strategia di contrasto al fenomeno infortunistico non passa solo attraverso il completamento, mediante le fonti di rango secondario previste dal decreto legislativo n.  81 del 2008, del quadro giuridico di riferimento, ma anche attraverso la realizzazione di una serie di azioni pubbliche e private dirette a migliorare la prevenzione e i livelli di tutela in tutti gli ambienti di lavoro.
      Per tale ragione, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sta attivando ogni possibile sinergia con soggetti pubblici e privati, al fine di migliorare «l'impatto» delle rispettive attività in termini di efficacia.
      In tale ottica si colloca, ad esempio, la definizione, con Accordo in Conferenza Stato-regioni del 20 novembre 2008, dei criteri di impiego e l'attivazione delle somme (pari a 50 milioni di euro) di cui all'articolo 11, comma 7, del Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, da destinare in favore di attività promozionali della salute e sicurezza, tra le quali una campagna di comunicazione (per complessivi 20 milioni di euro) sulla salute e sicurezza sul lavoro ed attività di formazione su base regionale (per complessivi 30 milioni di euro).
      Con il decreto correttivo n.  106 del 2009 si è poi consentito il superamento delle difficoltà operative da più parti evidenziate nel corso dei primi mesi di applicazione del Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, perfezionando, in tal modo, il quadro normativo in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e rendendolo, oltre che pienamente coerente con le normative internazionali e comunitarie in materia, idoneo a costituire il fondamento giuridico della strategia di contrasto al fenomeno infortunistico.
      L'imprescindibile finalità delle misure varate resta quella di rendere maggiormente effettiva la tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro secondo linee di azione consistenti, tra l'altro, nel miglioramento dell'efficacia dell'apparato sanzionatorio, al fine precipuo di assicurare una migliore corrispondenza tra infrazioni e sanzioni.
      A tale scopo si tiene conto dei compiti effettivamente svolti da ciascun attore della sicurezza, favorendo l'utilizzo di procedure di estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi mediante regolarizzazione da parte del soggetto inadempiente. La sanzione penale è riservata ai soli casi di violazione delle disposizioni sostanziali e non di quelle meramente formali (come, ad esempio, la trasmissione di documentazione, notifiche, eccetera).
      Tutti gli interventi proposti garantiscono, in ogni caso, il rispetto dei livelli di tutela oggi assicurati ai lavoratori e alle loro rappresentanze in qualsiasi ambiente di lavoro e in tutto il territorio nazionale, nonché l'equilibrio delle competenze tra lo Stato e le regioni in materia.
      Il risultato finale dell'intervento legislativo di riforma potrà comunque compiutamente apprezzarsi una volta che verrà completata l'emanazione di provvedimenti attuativi del Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, di grande rilevanza e impatto sulle aziende e sui lavoratori.
      Molte delle iniziative dirette alla attuazione delle disposizioni del Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro sono devolute dal legislatore alla Commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro (
ex articolo 6 del decreto legislativo n.  81 del 2008), composta, in maniera paritaria e tripartita, da rappresentanti delle amministrazioni pubbliche centrali competenti in materia, delle regioni, dei sindacati e delle organizzazioni dei datori di lavoro.
      Ricostituita con decreto ministeriale del 3 dicembre 2008, la Commissione ha costituito al suo interno nove gruppi «tecnici» di lavoro, nei quali è garantita la presenza paritetica di rappresentanti delle amministrazioni pubbliche (comprese le regioni) e delle parti sociali, per affrontare, in tali sedi, gli argomenti attribuiti dalla legge alla Commissione (ad esempio l'elaborazione di linee metodologiche per la valutazione dello stress lavoro-correlato, l'individuazione delle regole di funzionamento della cosiddetta «patente a punti» per gli edili) e per i quali si prevedono attività finalizzate alla attuazione del Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
      Tali gruppi si sono regolarmente insediati e svolgono con continuità le attività ad essi attribuiti. All'esito delle attività istruttorie compiute in tali consessi, sono stati elaborati documenti di notevole importanza per gli operatori della salute e sicurezza sul lavoro e altri sono di prossima emanazione. Tra gli altri, si ricorda che a seguito dell'adozione del parere sul concetto di «eccezionalità» di cui al punto 3.1.4 dell'allegato VI al decreto legislativo n.  81 del 2008, la Commissione consultiva permanente – nella seduta del 18 aprile 2012 – ha ritenuto opportuno individuare specifiche procedure operative di sicurezza in materia di sollevamento di persone con attrezzature di lavoro non previste a tal fine al fine di garantirne la sicurezza nell'uso. Tali procedure costituiscono indicazioni di natura non vincolante per gli operatori e sono finalizzate a fornire indicazioni operative sulle modalità di utilizzo di dette attrezzature nei casi indicati dalla Commissione.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha completato talune ulteriori attività previste dal decreto legislativo n.  81 del 2008, tra le quali occorre ricordare:
          la predisposizione, in data 17 novembre 2010, delle indicazioni per la valutazione dello stress lavoro-correlato (articolo 28, comma 1-
bis, del «Testo Unico») da parte della Commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro, con avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.  304 del 30 dicembre;
          la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n.  159 dell'11 luglio 2011 del decreto interdipartimentale del 13 aprile 2011, recante: «Disposizioni in attuazione dell'articolo 3, comma 3-
bis, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81, come modificato ed integrato dal decreto legislativo 3 agosto 2009, n.  106 in materia di salute e sicurezza sul lavoro» che disciplina le particolari modalità di svolgimento delle attività delle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n.  381, delle organizzazioni di volontariato della Protezione civile, compresi i volontari della Croce rossa italiana e del Corpo nazionale soccorso alpini e speleologico, e i volontari dei vigili del fuoco;
          la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n.  98 del 29 aprile 2011 – supplemento ordinario n.  111 – del decreto interministeriale dell'11 aprile 2011 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero della salute e con il Ministero dello sviluppo economico, che disciplina le modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'allegato VII del decreto legislativo del 9 aprile 2008, n.  81, nonché i criteri per l'abilitazione dei soggetti di cui all'articolo 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo;
          la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n.  60 del 12 marzo 2012 – supplemento ordinario n.  47 – dell'accordo, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo n.  281 del 28 agosto 1997 tra il Governo, le regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, stipulato il 22 febbraio 2012, concernente l'individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori, nonché le modalità per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità della formazione, in attuazione dell'articolo 73, comma 5, del decreto legislativo n.  81 del 9 aprile 2008, e successive modifiche e integrazioni;
          la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n.  83 dell'11 aprile 2011 del decreto del 4 febbraio 2011 «Lavori su impianti elettrici ad alta tensione» a firma del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, che definisce i criteri per il rilascio delle autorizzazioni alle aziende che effettuano lavori sotto tensione, in attuazione dell'articolo 82, comma 2, del decreto legislativo n.  81 del 2008 e successive modifiche e integrazioni;
          l'istituzione, con decreto interministeriale del 27 maggio 2011 (pubblicato sul Bollettino Ufficiale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n.  6 del 30 giugno 2011), del Comitato consultivo per la determinazione e l'aggiornamento dei valori limite di esposizione professionale e dei valori limite biologici relativi agli agenti chimici previsto dall'articolo 232, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81 e successive modifiche e integrazioni.

      Merita menzione, inoltre, il decreto interministeriale recante regole tecniche per la realizzazione ed il funzionamento del Sistema informativo nazionale per la prevenzione (Sinp), ai sensi dell'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 2008 n.  81 e successive modifiche e integrazioni.
      Il Sinp, in particolare, mira a fornire dati utili per orientare, programmare, pianificare e valutare l'efficacia della attività di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, relativamente ai lavoratori iscritti e non iscritti agli enti assicurativi pubblici, nonché per indirizzare le attività di vigilanza, attraverso l'utilizzo integrato delle informazioni disponibili negli attuali sistemi informativi, anche tramite l'integrazione di specifici archivi e la creazione di banche dati unificate.
      Su tale decreto è stato acquisito il parere favorevole della Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano. Da ultimo, sul provvedimento si è espresso il parere da parte del Consiglio di Stato.
      Inoltre, nella medesima Conferenza si sono perfezionati gli accordi concernenti gli articoli 34 e 37 del Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro che disciplinano, rispettivamente, la formazione del datore di lavoro, che svolge in proprio dei compiti di prevenzione e protezione, e la formazione dei lavoratori, preposti e dirigenti. Tali accordi sono stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n.  8 dell'11 gennaio 2012.
      In ordine alle iniziative in materia di lavorazioni in «ambienti confinati», si evidenzia che nella Gazzetta Ufficiale n.  260 dell'8 novembre 2011 è stato pubblicato il decreto del Presidente della Repubblica n.  177 del 14 settembre 2011 recante: «Norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento a confinati», a norma dell'articolo 6, comma 8, lettera
g) del decreto legislativo n.  81 del 2008. Il decreto è frutto di un lavoro che ha coinvolto Stato, regioni e parti sociali nell'intento, da tutti condiviso, di predisporre misure innovative ed efficaci a contrasto al fenomeno degli infortuni, gravissimi per numero e drammatici per modalità, verificatisi, negli ultimi anni, nei lavori in ambienti cosiddetti «confinati», quali silos, cisterne e simili.
      A tal proposito si fa presente che, al fine di fornire soluzioni tecniche, organizzative e procedurali per i lavori da realizzare nelle diverse tipologie di ambienti sospetti di inquinamento o confinati, la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro – nella seduta del 18 aprile 2012 – ha adottato un manuale pratico. Tale manuale, come previsto dall'articolo 3, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n.  177 del 2011, indica i contenuti di una procedura di sicurezza per lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati ed è rivolto a quanti operano a vario titolo in tale settore e, soprattutto, a tutte quelle micro e piccole imprese che si occupano di bonifiche e/o manutenzione in ambienti confinati.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali persegue l'obiettivo della riduzione del fenomeno infortunistico anche perseguendo la massima efficacia delle attività di vigilanza sui luoghi di lavoro di propria competenza. In tali ambiti, ed in primo luogo nell'edilizia, è stata da tempo fornita alle strutture amministrative di riferimento l'indicazione di realizzare, innanzitutto, le attività dirette a perseguire le violazioni in materia di salute e sicurezza più gravi, in quanto in grado di mettere in pericolo la vita dei lavoratori. Tale impostazione ha consentito di raggiungere risultati molto soddisfacenti.
      Infine, va ricordato come il Ministero del lavoro e delle politiche sociali abbia predisposto e messo a disposizione dell'utenza una sezione del sito
internet specificamente dedicata alla diffusione di notizie e pubblicazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
      Tutto quanto sin qui esposto consente di affermare come la riforma delle regole volte a tutelare la salute e sicurezza sul lavoro abbia fornito l'Italia di un sistema di regole moderno e sistematicamente coeso, suscitando un interesse, finalmente non più solo specialistico, sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro che costituisce, a sua volta, un importante punto di partenza per l'abbattimento del numero e della gravità degli infortuni.

Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Elsa Fornero.


      FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          l'agenzia ANSA il 20 febbraio 2012 ha informato della morte di un operaio di nazionalità croata, schiacciato sotto il peso di un blocco di metallo staccatosi all'improvviso;
          l'operaio era dipendente della ditta siderurgica Ormis, di Castegnato, in provincia di Brescia  –:
          di quali elementi disponga in merito alla dinamica dell'incidente;
          se le normative vigenti sulla sicurezza del lavoro risultino essere state osservate;
          quali iniziative di competenza si intendano promuovere o adottare in ordine a quanto sopra esposto, tenuto conto che dall'inizio dell'anno sono almeno 72 le vittime nel mondo del lavoro, 1.234.645 gli infortuni e 291 gli invalidi. (4-15004)

      Risposta. — L'interrogazione in esame si riferisce all'infortunio sul lavoro occorso, il 20 febbraio 2012, al signor Kulji Damir che lavorava, con la qualifica di operaio e mansioni di saldatore, alle dipendenze della società FOMI srl, con sede legale in località Castel Mella (Brescia) operante nel settore della carpenteria metallica.
      Nel rispondere ai primi due quesiti, ci si limiterà, in questa sede, a riportare gli elementi informativi acquisti presso la direzione territoriale del lavoro di Brescia nonché quelli forniti dall'Inail.
      Preliminarmente occorre precisare che, in data 31 gennaio 2012, la FOMI srl aveva stipulato con la ORMIS spa, con sede in Castegnato (Brescia), un contratto di appalto per la realizzazione di lavori di carpenteria metallica, da consegnare entro il 15 marzo 2012.
      Nelle premesse del citato contratto, la ditta FOMI srl si impegnava ad effettuare opere di carpenteria speciale e a misura presso lo stabilimento produttivo della ORMIS spa.
      Contestualmente, quest'ultima, per l'espletamento dei lavori, concedeva alla ditta appaltatrice, in comodato gratuito, un capannone sito all'interno dell'area perimetrale di proprietà della ORMIS e staccato dai locali nei quali quest'ultima svolgeva la propria attività produttiva.
      Il giorno 20 febbraio 2012, il signor Kulji Damir, intorno alle ore 9:00, si trovava insieme altri colleghi, all'interno del capannone, per ultimare un manufatto in acciaio (del peso di circa 4000 chilogrammi) che doveva essere agganciato ad un carroponte, per essere sollevato ad un'altezza di circa 3 metri da terra.
      Nel corso dell'operazione, per cause ancora in fase di accertamento, il manufatto si sganciava dal carroponte investendo il lavoratore che rimaneva schiacciato nella parte inferiore del corpo.
      Il lavoratore, soccorso da colleghi di lavoro presenti sul luogo e dai sanitari della Asl di Castenedolo, veniva trasportato al pronto soccorso dell'ospedale di Ome (Brescia) dove, purtroppo, ne veniva constatato il decesso.
      Con riferimento all'osservanza della normativa in materia di sicurezza sul lavoro, si precisa che sono tutt'ora in corso gli accertamenti tecnici da parte dell'Asl – servizio prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro di Brescia del cui esito verrà informata la competente Autorità giudiziaria.
      Nel rispondere all'ultimo quesito posto nell'interrogazione in esame, occorre precisare che il tema della prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali costituisce obiettivo strategico del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dell'Inail, nell'ottica del tendenziale azzeramento del fenomeno infortunistico e tecnopatico.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, infatti, intende perseguire la promozione di comportamenti rispettosi delle norme di legge applicabili in materia di salute e sicurezza sul lavoro ed efficaci in funzione prevenzionistica, sia completando l'attuazione del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81 (Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro) e successive modifiche e integrazioni, sia favorendo ogni iniziativa promozionale idonea a determinare un accrescimento delle conoscenze in materia di salute e sicurezza nelle aziende, nei lavoratori e negli studenti, con particolare attenzione all'aspetto della formazione.
      In relazione allo specifico e gravissimo problema degli infortuni sul lavoro si rende necessario intervenire sulla formazione-informazione dei lavoratori e delle imprese, nonché sulla prevenzione e sul rafforzamento dei controlli da parte degli enti preposti, al fine di promuovere una consapevolezza sempre più ampia sulle esigenze della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è attivamente impegnato su tali fronti, nell'intento precipuo di favorire il dialogo e la collaborazione fra tutti i soggetti interessati, istituzionali e sociali, al fine di ridurre gli incidenti e le malattie professionali e la diffusione di sempre più elevati standards di sicurezza nei luoghi di lavoro. L'esistenza in concreto di una efficace strategia di contrasto al fenomeno infortunistico non passa solo attraverso il completamento, mediante le fonti di rango secondario previste dal decreto legislativo n.  81 del 2008, del quadro giuridico di riferimento, ma anche attraverso la realizzazione di una serie di azioni pubbliche e private dirette a migliorare la prevenzione e i livelli di tutela in tutti gli ambienti di lavoro.
      Per tale ragione, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sta attivando ogni possibile sinergia con soggetti pubblici e privati, al fine di migliorare «l'impatto» delle rispettive attività in termini di efficacia.
      In tale ottica si colloca, ad esempio, la definizione, con Accordo in Conferenza Stato-regioni del 20 novembre 2008, dei criteri di impiego e l'attivazione delle somme (pari a 50 milioni di euro) di cui all'articolo 11, comma 7, del Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, da destinare in favore di attività promozionali della salute e sicurezza, tra le quali una campagna di comunicazione (per complessivi 20 milioni di euro) sulla salute e sicurezza sul lavoro ed attività di formazione su base regionale (per complessivi 30 milioni di euro).
      Con il decreto correttivo n.  106 del 2009 si è poi consentito il superamento delle difficoltà operative da più parti evidenziate nel corso dei primi mesi di applicazione del Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, perfezionando, in tal modo, il quadro normativo in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e rendendolo, oltre che pienamente coerente con le normative internazionali e comunitarie in materia, idoneo a costituire il fondamento giuridico della strategia di contrasto al fenomeno infortunistico.
      L'imprescindibile finalità delle misure varate resta quella di rendere maggiormente effettiva la tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro secondo linee di azione consistenti, tra l'altro, nel miglioramento dell'efficacia dell'apparato sanzionatorio, al fine precipuo di assicurare una migliore corrispondenza tra infrazioni e sanzioni.
      A tale scopo si tiene conto dei compiti effettivamente svolti da ciascun attore della sicurezza, favorendo l'utilizzo di procedure di estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi mediante regolarizzazione da parte del soggetto inadempiente. La sanzione penale è riservata ai soli casi di violazione delle disposizioni sostanziali e non di quelle meramente formali (come, ad esempio, la trasmissione di documentazione, notifiche, eccetera).
      Tutti gli interventi proposti garantiscono, in ogni caso, il rispetto dei livelli di tutela oggi assicurati ai lavoratori e alle loro rappresentanze in qualsiasi ambiente di lavoro e in tutto il territorio nazionale, nonché l'equilibrio delle competenze tra lo Stato e le regioni in materia.
      Il risultato finale dell'intervento legislativo di riforma potrà comunque compiutamente apprezzarsi una volta che verrà completata l'emanazione di provvedimenti attuativi del Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, di grande rilevanza e impatto sulle aziende e sui lavoratori.
      Molte delle iniziative dirette alla attuazione delle disposizioni del Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro sono devolute dal legislatore alla Commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro (
ex articolo 6 del decreto legislativo n.  81 del 2008), composta, in maniera paritaria e tripartita, da rappresentanti delle amministrazioni pubbliche centrali competenti in materia, delle regioni, dei sindacati e delle organizzazioni dei datori di lavoro.
      Ricostituita con decreto ministeriale del 3 dicembre 2008, la Commissione ha costituito al suo interno nove gruppi «tecnici» di lavoro, nei quali è garantita la presenza paritetica di rappresentanti delle amministrazioni pubbliche (comprese le regioni) e delle parti sociali, per affrontare, in tali sedi, gli argomenti attribuiti dalla legge alla Commissione (ad esempio l'elaborazione di linee metodologiche per la valutazione dello stress lavoro-correlato, l'individuazione delle regole di funzionamento della cosiddetta «patente a punti» per gli edili) e per i quali si prevedono attività finalizzate alla attuazione del Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
      Tali gruppi si sono regolarmente insediati e svolgono con continuità le attività ad essi attribuiti. All'esito delle attività istruttorie compiute in tali consessi, sono stati elaborati documenti di notevole importanza per gli operatori della salute e sicurezza sul lavoro e altri sono di prossima emanazione. Tra gli altri, si ricorda che a seguito dell'adozione del parere sul concetto di «eccezionalità» di cui al punto 3.1.4 dell'allegato VI al decreto legislativo n.  81 del 2008, la Commissione consultiva permanente – nella seduta del 18 aprile 2012 – ha ritenuto opportuno individuare specifiche procedure operative di sicurezza in materia di sollevamento di persone con attrezzature di lavoro non previste a tal fine al fine di garantirne la sicurezza nell'uso. Tali procedure costituiscono indicazioni di natura non vincolante per gli operatori e sono finalizzate a fornire indicazioni operative sulle modalità di utilizzo di dette attrezzature nei casi indicati dalla Commissione.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha completato talune ulteriori attività previste dal decreto legislativo n.  81 del 2008, tra le quali occorre ricordare:
          la predisposizione, in data 17 novembre 2010, delle indicazioni per la valutazione dello stress lavoro-correlato (articolo 28, comma 1-
bis, del «Testo Unico») da parte della Commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro, con avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.  304 del 30 dicembre;
          la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n.  159 dell'11 luglio 2011 del decreto interdipartimentale del 13 aprile 2011, recante: «Disposizioni in attuazione dell'articolo 3, comma 3-
bis, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81, come modificato ed integrato dal decreto legislativo 3 agosto 2009, n.  106 in materia di salute e sicurezza sul lavoro» che disciplina le particolari modalità di svolgimento delle attività delle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n.  381, delle organizzazioni di volontariato della Protezione civile, compresi i volontari della Croce italiana e del Corpo nazionale soccorso alpini e speleologico, e i volontari dei vigili del fuoco;
          la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n.  98 del 29 aprile 2011 – supplemento ordinario n.  111 – del decreto interministeriale dell'11 aprile 2011 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero della salute e con il Ministero dello sviluppo economico, che disciplina le modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'allegato VII del decreto legislativo del 9 aprile 2008, n.  81, nonché i criteri per l'abilitazione dei soggetti di cui all'articolo 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo;
          la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n.  60 del 12 marzo 2012 – supplemento ordinario n.  47 – dell'accordo, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo n.  281 del 28 agosto 1997 tra il Governo, le regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, stipulato il 22 febbraio 2012, concernente l'individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori, nonché le modalità per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità della formazione, in attuazione dell'articolo 73, comma 5, del decreto legislativo n.  81 del 9 aprile 2008, e successive modifiche e integrazioni;
          la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n.  83 dell'11 aprile 2011 del decreto del 4 febbraio 2011 «Lavori su impianti elettrici ad alta tensione» a firma del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, che definisce i criteri per il rilascio delle autorizzazioni alle aziende che effettuano lavori sotto tensione, in attuazione dell'articolo 82, comma 2, del decreto legislativo n.  81 del 2008 e successive modifiche e integrazioni;
          l'istituzione, con decreto interministeriale del 27 maggio 2011 (pubblicato sul Bollettino Ufficiale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n.  6 del 30 giugno 2011), del Comitato consultivo per la determinazione e l'aggiornamento dei valori limite di esposizione professionale e dei valori limite biologici relativi agli agenti chimici previsto dall'articolo 232, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81 e successive modifiche e integrazioni.

      Merita menzione, inoltre, il decreto interministeriale recante regole tecniche per la realizzazione ed il funzionamento del Sistema informativo nazionale per la prevenzione (Sinp), ai sensi dell'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 2008 n.  81 e successive modifiche e integrazioni.
      Il Sinp, in particolare, mira a fornire dati utili per orientare, programmare, pianificare e valutare l'efficacia della attività di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, relativamente ai lavoratori iscritti e non iscritti agli enti assicurativi pubblici, nonché per indirizzare le attività di vigilanza, attraverso l'utilizzo integrato delle informazioni disponibili negli attuali sistemi informativi, anche tramite l'integrazione di specifici archivi e la creazione di banche dati unificate.
      Su tale decreto è stato acquisito il parere favorevole della Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano. Da ultimo, sul provvedimento si è espresso il parere da parte del Consiglio di Stato.
      Inoltre, nella medesima Conferenza si sono perfezionati gli accordi concernenti gli articoli 34 e 37 del Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro che disciplinano, rispettivamente, la formazione del datore di lavoro, che svolge in proprio dei compiti di prevenzione e protezione, e la formazione dei lavoratori, preposti e dirigenti. Tali accordi sono stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n.  8 dell'11 gennaio 2012.
      In ordine alle iniziative in materia di lavorazioni in «ambienti confinati», si evidenzia che nella Gazzetta Ufficiale n.  260 dell'8 novembre 2011 è stato pubblicato il decreto del Presidente della Repubblica n.  177 del 14 settembre 2011 recante: «Norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati», a norma dell'articolo 6, comma 8, lettera
g) del decreto legislativo n.  81 del 2008. Il decreto è frutto di un lavoro che ha coinvolto Stato, regioni e parti sociali nell'intento, da tutti condiviso, di predisporre misure innovative ed efficaci a contrasto al fenomeno degli infortuni, gravissimi per numero e drammatici per modalità, verificatisi, negli ultimi anni, nei lavori in ambienti cosiddetti «confinati», quali silos, cisterne e simili.
      A tal proposito si fa presente che, al fine di fornire soluzioni tecniche, organizzative e procedurali per i lavori da realizzare nelle diverse tipologie di ambienti sospetti di inquinamento o confinati, la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro – nella seduta del 18 aprile 2012 – ha adottato un manuale pratico. Tale manuale, come previsto dall'articolo 3, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n.  177 del 2011, indica i contenuti di una procedura di sicurezza per lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati ed è rivolto a quanti operano a vario titolo in tale settore e, soprattutto, a tutte quelle micro e piccole imprese che si occupano di bonifiche e/o manutenzione in ambienti confinati.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali persegue l'obiettivo della riduzione del fenomeno infortunistico anche perseguendo la massima efficacia delle attività di vigilanza sui luoghi di lavoro di propria competenza. In tali ambiti, ed in primo luogo nell'edilizia, è stata da tempo fornita alle strutture amministrative di riferimento l'indicazione di realizzare, innanzitutto, le attività dirette a perseguire le violazioni in materia di salute e sicurezza più gravi, in quanto in grado di mettere in pericolo la vita dei lavoratori. Tale impostazione ha consentito di raggiungere risultati molto soddisfacenti.
      Infine, va ricordato come il Ministero del lavoro e delle politiche sociali abbia predisposto e messo a disposizione dell'utenza una sezione del sito internet specificamente dedicata alla diffusione di notizie e pubblicazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
      Tutto quanto sin qui esposto consente di affermare come la riforma delle regole volte a tutelare la salute e sicurezza sul lavoro abbia fornito l'Italia di un sistema di regole moderno e sistematicamente coeso, suscitando un interesse, finalmente non più solo specialistico, sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro che costituisce, a sua volta, un importante punto di partenza per l'abbattimento del numero e della gravità degli infortuni.

Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Elsa Fornero.


      FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. —       Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Per sapere – premesso che:
          la società «Autostrade per l'Italia» ha comunicato che nella notte del 21 febbraio 2012 si verificato un incidente mortale sul lavoro, di cui è stato vittima un operatore di una delle imprese appaltatrici dei servizi invernali;
          un operaio, il signor Silvano Della Casa, durante le abituali fasi di caricamento di un automezzo spargisale presso il posto di manutenzione di Ronco Scrivia, in provincia di Genova, è caduto dalla scaletta su cui era salito, per cause ancora non chiarite ed è deceduto  –:
          di quali elementi disponga in merito alla dinamica dell'incidente;
          se, nel caso in questione, si siano rispettate le norme e le procedure di sicurezza. (4-15007)

      Risposta. — L'interrogazione in esame si riferisce all'infortunio mortale sul lavoro occorso il 20 febbraio 2012 al signor Silvano Dellacasa, collaboratore della società Navone trasporti snc di Busalla (Genova), durante i lavori di prevenzione e sgombro ghiaccio sull'autostrada «A7 Genova-Milano».
      Nel rispondere ai quesiti, ci si limiterà in questa sede, a riportare gli elementi informativi acquisiti presso la direzione territoriale del lavoro di Genova, nonché quelli fomiti dall'Inail.
      Preliminarmente, si precisa che la società Navone fa parte di una associazione temporanea d'imprese (ati) affidataria da parte della società Autostrade per l'Italia Spa dell'appalto per il servizio di spargisale e sgombro ghiaccio.
      Dagli accertamenti compiuti e dalle dichiarazioni acquisite è emerso che il signor Silvano Dellacasa operava per conto della predetta ditta in virtù di un contratto di collaborazione a progetto – ai sensi del decreto legislativo n.  276 del 2003 (cosiddetto decreto Biagi) – che era stato stipulato il 21 dicembre 2011 con scadenza al 15 marzo 2012.
      Per quanto riguarda la dinamica dei fatti, è emerso che il giorno dell'infortunio il Dellacasa era impegnato nell'attività di prevenzione e sgombro ghiaccio sulla predetta autostrada nei pressi dell'area di manutenzione di pertinenza della Autostrade per l'Italia sito in località Ronco Scrivia (Genova). Nello specifico, il lavoratore si trovava sulla scaletta di un mezzo spargisale quando improvvisamente cadeva al suolo da un'altezza di circa 2 metri battendo la nuca.
      Dalle prime indagini svolte e dall'esito degli esami autoptici, sembra che, prima della caduta al suolo, il lavoratore sia stato colto da infarto, al quale sarebbe da ricondurre la morte.
      Sul luogo dell'incidente sono intervenuti il Servizio Asl 118 e l'Asl 3 di Genova – Dipartimento prevenzione e sicurezza ambienti di lavoro – Nucleo operativo ponente.
      Per quanto riguarda l'erogazione delle prestazioni dovute per tale infortunio mortale, la sede Inail competente, in base alle verifiche effettuate ha accertato l'assenza di aventi diritto alla erogazione della rendita prevista dall'articolo 85 del Testo Unico n.  1124 del 1965 e del beneficio a carico del Fondo per le vittime di gravi incidenti sul lavoro. In mancanza dei superstiti sarà riconosciuto l'assegno funerario a chiunque dimostri di aver sostenuto le relative spese, sempreché dall'istruttoria ancora in corso risulti che l'evento sia comunque riconducibile all'attività lavorativa.

Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Elsa Fornero.


      GIANNI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          per il tratto autostradale Siracusa-Gela nel tratto ragusano vi è il rischio concreto che l’iter dell'appalto sia bloccato;
          attualmente si è in attesa del rilascio del parere da parte della Commissione europea delle grandi opere che dovrebbe apporre questo «sigillo» alla scheda dei lotti autostradali 6, 7 e 8 (Rosolini-Modica);
          solo in questo caso si sbloccherebbe il finanziamento regionale (pari a 213 milioni di euro) e quello europeo di 262 milioni di euro;
          la realizzazione dei tre lotti in questione, attesi ormai da troppo tempo, consentirebbe, secondo i sindacati di categoria, l'impiego, per cinque anni, tra diretto ed indotto, di quasi tremila lavoratori;
          le istituzioni locali hanno, giustamente, richiesto all'Unione europea e all'ANAS di stringere i tempi e avviare tali opere affinché non si perdano i fondi previsti e sia realizzata un'opera infrastrutturale indispensabile per il territorio in questione;
          il tratto stradale Siracusa-Gela è ormai conosciuto come «l'autostrada infinita» e sul sito dell'ANAS si legge, con dati aggiornati al 10 marzo 2010, «progetto esecutivo in corso di approvazione»;
          il progetto in questione risulta definito nel 2003 a cui vanno aggiunti otto anni, e si arriva al 2011, per l'approvazione di una variante;
          il Consorzio autostrade siciliane ha definito, nella seconda metà del 2011, il progetto definitivo, con tanto di fondi disponibili sia a livello regionale che europeo;
          ma su tutto ciò pesa ancora il pronunciamento dell'Unione europea e l'approvazione del progetto definitivo da parte dell'ANAS;
          la storia di questo tratto autostradale si commenta da sola: nel 1965 partì l’iter e nel 1983 fu aperto il tratto Siracusa-Cassibile (9 chilometri), dopo venticinque anni si arrivò a Noto (16 chilometri), nell'ottobre 2008 fu aperto il tratto sino a Rosolini (inaugurato e poi sequestrato dalla magistratura per irregolarità e successivamente riaperto);
          dei previsti 114,6 chilometri, ne sono stati ultimati 41,5 e di questi lunghi tratti sono ancora ad una sola carreggiata per non parlare dell'asfalto che versa in pessime condizioni;
          adesso se non si agirà in fretta anche i 38 chilometri dei lotti 6, 7 e 8 rischiano di non essere mai completati;
          è inconcepibile che invece di accelerare i lavori come sarebbe naturale, gli stessi vengano ritardati a giudizio dell'interrogante anche per il colpevole ritardo dell'ANAS che continua a considerare il sistema viario in Sicilia e in tutto il Mezzogiorno come secondario, come si può facilmente dedurre sia dai ritardi nell'esecuzione dei lavori previsti, sia dallo stato di abbandono in cui versano la maggior parte dei tratti autostradali;
          in tal senso, l'interrogante, avendola verificata di persona, denuncia la mancanza di illuminazione nella maggior parte delle gallerie nel tratto autostradale che va da Catania a Messina;
          quanto accade è la dimostrazione evidente di come si proceda in modo inaccettabile nella realizzazione delle opere infrastrutturali in Sicilia (poche e con ritardi vergognosi) ed evidenzia uno dei motivi per i quali si continua a registrare una doppia velocità tra l'economia del Nord del Paese e nel Mezzogiorno, per non parlare del turismo che non può essere valorizzato come meriterebbe proprio per la mancanza di un sistema di trasporti e di una rete viaria all'altezza di un Paese moderno  –:
          quali iniziative intenda assumere il Governo nei confronti dell'ANAS e della Commissione europea, affinché un'opera attesa da anni abbia finalmente a proseguire dando un po’ di respiro ad un'economia territoriale sempre più asfittica e rilanciando, al contempo, l'occupazione in un'area del Paese che sta conoscendo uno dei momenti più difficili della sua storia;
          come s'intenda intervenire, anche convocando i responsabili dell'ANAS, affinché vi sia un'inversione di tendenza e di comportamento per quanto riguarda le opere viarie in Sicilia e nel Mezzogiorno che debbono essere, almeno le poche previste, portate a conclusione nei tempi stabiliti e che non possono essere lasciate nell'abbandono e nell'incuria. (4-15039)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, relativa al tratto ragusano dell'itinerario autostradale Siracusa-Gela, si comunica quanto segue.
      Ormai da anni, il Consorzio per le autostrade siciliane (Cas), concessionaria della rete autostradale della Regione, è oggetto di numerose contestazioni da parte dell'Ispettorato vigilanza concessioni autostradali (Ivca) presso l'Anas, tali da condurre alla dichiarazione di decadenza della citata concessione avvenuta nel 2010.
      Tale provvedimento è stato, tuttavia, annullato dal Tar di Palermo con sentenza n.  1255 del 2011 del 29 giugno 2011. Avverso tale decisione è stato presentato dal Ministero dell'economia e delle finanze e dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un ricorso in appello avanti al Consiglio di giustizia amministrativa della Regione Sicilia, la cui udienza di merito si è tenuta in data 29 marzo 2012; a tutt'oggi la relativa sentenza non è ancora stata pubblicata.
      Nonostante la condizione
sub iudice della convenzione, l'Ivca, per salvaguardare la sicurezza e l'incolumità degli utenti autostradali, ha continuato a contestare al Cas la «non conformità» su numerosi atti previsti nella citata convenzione, senza ottenere, peraltro, gli adempimenti richiesti da parte del soggetto concessionario.
      Inoltre, Anas ha fatto presente che l'effettuazione di visite ispettive sulle infrastrutture autostradali risulta essere alquanto problematica, causa la mancanza di contraddittorio dovuta all'assenza di funzionari della concessionaria.
      Per quanto concerne, più specificamente, i progetti esecutivi relativi ai lotti 6 e 7 «Viadotti Scardina e Salvia» e al lotto 8 «Modica», essi sono stati approvati dall'Anas nel 2003. I relativi lavori, tuttavia, non sono stati mai appaltati dal Cas.
      Al riguardo, l'Anas ha specificato che, per problemi di natura archeologica rilevati dalla Soprintendenza ai beni culturali e ambientali di Ragusa e per altre criticità di carattere tecnico, il Consorzio ha revisionato nel 2008 i progetti relativi ai citati tre lotti, ripresentando un unico progetto funzionale che ha trasmesso all'Anas in data 9 agosto 2011.
      Il nuovo progetto prevede un aumento dei costi, pari ad euro 130.585.200,00, rispetto a quelli precedentemente approvati. Tale maggior costo, secondo quanto dichiarato dal Cas, una volta ottenuta l'approvazione tecnica da parte dell'Anas, sarebbe finanziato dalla Regione Sicilia utilizzando i fondi del Programma operativo – Fondo europeo per lo sviluppo regionale 2007-2013.
      Sulla base delle informazioni assunte dai competenti uffici del Ministero dello sviluppo economico si informa che il Programma operativo regionale Sicilia finanzia l'autostrada Siracus-Gela, lotti 6+7+8 «Ispica – viadotti Scardina e Salvia – Modica» per un valore di 339,72 milioni di euro.
      Il grande progetto è stato notificato alla Commissione europea in data 30 settembre 2009 ed è stato oggetto di osservazioni da parte della medesima, cui la Regione siciliana ha dato risposta da ultimo in data 30 settembre 2011.
      In data 23 febbraio 2012 la Regione siciliana ha trasmesso alla Commissione europea una nuova versione della scheda aggiornata nelle parti che hanno subìto una modifica in seguito alla Decisione C(2011)9028 del 6 dicembre 2011 che approva il Por modificato. Da una nota della Commissione europea datata 21 marzo 2012, inoltre, risulta che è stata avviata la procedura decisionale di approvazione.
      Si segnala, infine che l'Anas, con provvedimento del 10 novembre 2011, ha disposto l'approvazione in linea tecnica del progetto, invitando il Cas, dopo aver ottenuto il finanziamento della Regione, a procedere alla trasmissione del progetto esecutivo per l'approvazione definitiva ai sensi della vigente normativa.
      Attualmente, la concessionaria non ha fatto pervenire all'Anas alcuna comunicazione in tal senso.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Corrado Passera.


      GIANNI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          con sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa della regione Sicilia, venivano dichiarate illegittime le tariffe di estimo applicate al comune di Francofonte (Siracusa);
          l'agenzia del territorio di Roma rendeva noto, nella Gazzetta Ufficiale n.  254 del 29 ottobre 2010 l'accoglimento del ricorso demandando al Ministero dell'economia e delle finanze, l'emanazione del relativo decreto riguardante l'applicazione delle tariffe di estimi perequati a quelle dei comuni limitrofi;
          ad oggi non risulta, all'interrogante, emanato alcun provvedimento e il perdurare della situazione penalizza fortemente i cittadini di Francofonte che da oltre dieci anni si vedono costretti a subire l'applicazione di tariffe di estimi sperequati e doppie rispetto a quelli dei comuni vicini;
          il consiglio comunale dovrà deliberare quanto prima sulle aliquote di Imu, derivanti dal decreto «salva Italia»;
          è improcrastinabile che si giunga nel più breve tempo possibile all'emanazione del provvedimento che consenta al cittadini francofontesi l'applicazione di una tariffa catastale equa e rispettosa dei diritti individuali  –:
          se non ritenga necessario procedere in tempi brevissimi, tenuto conto anche dei tempi di determinazione dell'Imu, all'emanazione del decreto relativo alle tariffe degli estimi catastali per gli immobili nel comune di Francofonte (Siracusa) come da ricorso accolto dall'Agenzia delle entrate di Roma. (4-16034)

      Risposta. — L'interrogante chiede perché non si sia provveduto all'emanazione del decreto ministeriale per la revisione delle tariffe degli estimi catastali degli immobili siti nel comune di Francofone (Siracusa) considerato l'intervenuto annullamento parziale, da parte del Consiglio di giustizia amministrativa per la regione Sicilia, del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 6 giugno 2002, n.  159, recante la determinazione delle tariffe d'estimo e la delimitazione delle zone censuarie, emanato in attuazione dell'articolo 9, comma 11, della legge 28 dicembre 2001, n.  448.
      In sostanza, con la decisione n.  87 del 2009, depositata in data 2 marzo 2009, il Giudice amministrativo ha annullato il suddetto decreto ministeriale nella parte relativa alle tariffe del comune di Francofonte, di fatto ripristinando, ex tunc, per il solo comune di Francofonte, la vigenza delle tariffe determinate con decreto del Ministro delle finanze 27 settembre 1991, emanato in attuazione della revisione generale degli estimi del catasto edilizio urbano disposta con decreto ministeriale 20 gennaio 1990.
      A seguito di detta decisione, l'Agenzia del territorio ha comunicato al comune di Francofonte che avrebbe dato esecuzione a quanto statuito con la pronunzia stessa e pertanto provveduto a ripristinare le previgenti tariffe, ripristino effettuato e reso noto con comunicato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.  254 del 29 ottobre 2010.
      L'Agenzia ha, inoltre, fatto presente che la richiesta di revisione degli estimi avrebbe dovuto disporsi, ai sensi dell'articolo 37, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.  917, con apposito decreto del Ministro delle finanze, al fine di recepire, previo il previsto parere della Commissione censuaria centrale (costituita, ma non ancora operante), i dati tecnico-estimativi già elaborati dal gruppo di lavoro congiunto attivato fra il comune di Francofonte e l'Ufficio provinciale di Siracusa dell'Agenzia.
      In proposito, il Dipartimento delle Finanze, in tempi meno recenti, aveva individuato nel decreto del Ministro delle finanze, da emanarsi ai sensi degli articoli 28, 37 e 38 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.  917, lo strumento giuridico più corretto per la modifica e la conseguente perequazione delle tariffe d'estimo del comune di Francofonte.
      Lo stesso Dipartimento, peraltro, aveva rappresentato che, nell'ambito della procedura di cui trattasi, «assumono rilevanza le Commissioni censuarie di cui agli articoli 16 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.  650», il cui parere, obbligatorio, è propedeutico all'emanazione del decreto.
      Sotto tale ultimo profilo, l'Agenzia del territorio ha rappresentato che il procedimento di nomina dei componenti della Commissione censuaria centrale, all'attualità, non è ancora completato.
      In particolare, al fine del completamento dell'intero organico necessario per la corretta operatività dell'organismo, mancano tuttora, le designazioni, da parte di taluni Enti, di due componenti effettivi della prima sezione di catasto terreni, di un componente effettivo della seconda sezione di catasto edilizio urbano, nonché di un componente supplente per ciascuna delle due predette sezioni.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Vieri Ceriani.


      GIRLANDA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          diverse aziende sanitarie locali stanno avviando procedure di prenotazione di analisi, esami e visite specialistiche attraverso il proprio sito internet, affiancando l'attività di prenotazione disponibile presso i Cup delle farmacie o l'apposito numero telefonico;
          tali procedure stanno interessando anche il ritiro dei referti, qualora la prestazione in questione lo consenta, come nel caso di analisi ematiche o altro genere di responsi, sia attraverso l'invio attraverso la posta elettronica del referto, sia attraverso il collegamento al sito internet della Asl, previa fornitura di una password nel corso della compilazione di un apposito modulo prima di effettuare l'esame o la visita nella struttura sanitaria;
          queste pratiche hanno luogo in alcuni casi in via sperimentale, mentre in molti altri costituiscono una prassi ormai consolidata da qualche anno, che si sta invece arricchendo di opzioni e funzionalità volte ad agevolare il rapporto tra la struttura sanitaria, l'ottimizzazione del servizio ed il paziente stesso;
          questo genere di procedure consente di velocizzare la prenotazione e la gestione delle analisi e delle visite mediche, nonché un risparmio di tempo per l'utente, soprattutto in termini di ore di lavoro al momento della richiesta di permessi per recarsi a ritirare i referti, ma anche un risparmio di costi per la struttura sanitaria ed un'ottimizzazione della gestione della clientela, eliminando le ormai famose code agli sportelli;
          l'esperienza maturata ormai da diverse realtà locali come, ad esempio, quella del Lazio o quella della Asl2 dell'Umbria, a diretta conoscenza dell'interrogante, costituiscono un modello che è possibile esportare in tutto il Paese, uniformando i servizi e valutando, a partire da quei modelli, le procedure ottimali in termini di risparmio di tempo, di costi, di gestione e di soddisfazione da parte dell'utente  –:
          quali iniziative di competenza verranno attuate dal Governo al fine di promuovere l'adozione in tutte le aziende sanitarie locali di sistemi di gestione informatizzata delle procedure di prenotazioni di analisi e visite specialistiche, nonché di ricezione dei referti attraverso la posta elettronica. (4-13945)

      Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame si osserva quanto segue.
      Il Ministero della salute, in collaborazione con le Regioni, ha predisposto apposite linee guida nazionali sulle quali è stata acquisita il 29 aprile 2010 l'intesa della Conferenza Stato-Regioni.
      Le stesse definiscono un modello di riferimento a livello nazionale, attraverso il quale si può giungere ad una visione completa e pienamente integrata della rete di offerta dei servizi sanitari. Esse, inoltre, sono finalizzate all'armonizzazione dei sistemi Cup (Centro unico di prenotazione), attraverso la definizione di caratteristiche minime ed uniformi relative a tali sistemi a livello nazionale.
      Le linee guida, basate su aspetti di natura organizzativo-gestionale, informativo-semantica e funzionale – quali necessarie precondizioni all'efficace impiego delle nuove tecnologie –, forniscono una disamina dei possibili canali di accesso attraverso i quali il cittadino può fruire dei servizi di prenotazione. Tra questi ultimi vi sono lo sportello presidiato, il telefono, l'accesso tramite la rete internet e, infine, le farmacie territoriali.
      Il recepimento delle linee guida viene valutato all'atto degli adempimenti connessi ai Livelli essenziali di assistenza (Lea) attuando un monitoraggio finalizzato al superamento dell'eterogeneità rilevata nel territorio nazionale in termini funzionali e tecnologici dei diversi sistemi Cup. Da tale monitoraggio risulta che alcune regioni hanno già attuato le indicazioni contenute nelle linee guida, mentre altre hanno posto in essere gli atti propedeutici al loro pieno recepimento.
      Come sopra illustrato, le linee guida Cup hanno previsto, quale possibile canale di accesso a servizi di prenotazione da parte dei cittadini, le farmacie territoriali. Tale previsione ha trovato riscontro nel decreto legislativo 3 ottobre 2009, n.  153, che individua la farmacia come presidio nel quale il cittadino, oltre ai farmaci, trova una serie di servizi aggiuntivi ad alta valenza socio-sanitaria. Tra i nuovi servizi previsti, il citato decreto legislativo include i servizi di prenotazione delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale presso le strutture sanitarie pubbliche e private accreditate, il pagamento delle relative quote di partecipazione alla spesa a carico del cittadino, il ritiro dei relativi referti.
      Al fine di regolamentare tali servizi, il Ministero della salute ha emanato il decreto ministeriale 8 luglio 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.  229 del 1o ottobre 2011, recante «Erogazione da parte delle farmacie, di attività di prenotazione delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, pagamento delle relative quote di partecipazione alla spesa a carico del cittadino e ritiro dei referti relativi a prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale».
      Per dare piena attuazione all'erogazione dei servizi previsti nel citato decreto, dovranno essere predisposte specifiche convenzioni dalle regioni, ai sensi dell'articolo 2, comma 3, del medesimo decreto.
Il Ministro della salute: Renato Balduzzi.


      GIRLANDA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          con trattamento sanitario obbligatorio (T.S.O.), in Italia si intendono procedure sanitarie normate e con specifiche tutele di legge, che possono essere applicate in caso di motivata necessità e urgenza clinica, avanti al rifiuto al trattamento del soggetto che soffra di una grave patologia psichiatrica o infettivologica non altrimenti gestibile, a tutela della sua salute e sicurezza e/o della salute pubblica;
          il trattamento sanitario obbligatorio, istituito dalla legge n.  180 del 1978 e attualmente regolamentato dalla legge n.  833 del 1978, articoli 33-35, è un atto composito, di tipo medico e giuridico, che consente l'effettuazione di determinati accertamenti e terapie ad un soggetto affetto da malattia mentale che, anche se in presenza di alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici, rifiuti il trattamento solitamente per mancanza di consapevolezza di malattia;
          dal punto di vista normativo, il trattamento sanitario obbligatorio viene emanato dal sindaco del comune presso il quale si trova il paziente, su proposta motivata di un medico. Qualora il trattamento preveda un ricovero ospedaliero, è necessaria inoltre la convalida di un secondo medico, appartenente ad una struttura pubblica; la procedura impone infine l'informazione dell'avvenuto provvedimento al giudice tutelare di competenza;
          il trattamento sanitario obbligatorio ospedaliero viene disposto, di norma, in tre casi: rifiuto del trattamento, impossibilità all'adozione di adeguate misure extra ospedaliere, affezione da malattie mentali che necessitano di trattamenti sanitari urgenti;
          sono frequenti i casi di un involontario abuso di potere o incompetenza da parte del personale sanitario, soprattutto in relazione a malattie mentali di lieve entità, che provocano una recrudescenza del comportamento del paziente, tale da inasprirne i gesti e condizionare così anche i comportamenti e le scelte delle persone più vicine al paziente;
          la percezione comune del trattamento sanitario obbligatorio in ambito lavorativo ed occupazionale, ma anche presso l'opinione pubblica, equivale alla presenza di gravi disturbi di varia natura tali da condizionare fortemente l'atteggiamento verso la persona interessata, anche e soprattutto con un'accezione negativa  –:
          se il Ministro intende attuare iniziative anche normative volte a rivedere gli ambiti di applicazione del trattamento sanitario obbligatorio e dei requisiti in possesso delle autorità e del personale medico preposto, dopo un attento esame della casistica più recente, al fine di valutare l'impatto dei casi in cui tale trattamento ha assunto le caratteristiche di un atto spropositato rispetto alle condizioni dei pazienti. (4-13946)

      Risposta. — Come ricordato nell'interrogazione in esame, il trattamento sanitario obbligatorio istituito con la legge 13 maggio 1978, n.  180 «Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori» e disciplinato anche dagli articoli 34 e 35 della legge 23 dicembre 1978, n.  833, è un atto dalla doppia natura, medica e giuridica.
      Se correttamente applicato, esso è in grado di tutelare sia la salute che i diritti della persona a cui viene somministrato.
      I problemi segnalati nell'interrogazione non appaiono essere attribuibili a disfunzioni normative, bensì ad «incompetenza» e ad «abusi» più o meno volontari, come è ipotizzato anche nello stesso atto ispettivo.
      Non si ritiene, pertanto, che sia necessario rivedere l'istituto da un punto di vista normativo, tanto meno in relazione agli ambiti di applicazione; appare opportuno, invece, vigilare sulla sua corretta applicazione.
      Vale la pena, inoltre, segnalare che la professionalità degli operatori sanitari coinvolti e la correttezza dei percorsi applicativi attengono alle competenze e responsabilità delle Amministrazioni regionali.
Il Ministro della salute: Renato Balduzzi.


      LARATTA, BERNARDINI, SERVODIO, STRIZZOLO, OLIVERIO, RUBINATO, BOSSA, VASSALLO e LENZI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 11 del decreto legge 31 maggio 2010, n.  78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, legge 30 luglio 2010, n.  122 comma 13, disposto che «Il comma 2 dell'articolo 2 della legge 25 febbraio 1992, n.  210 e successive modificazioni si interpreta nel senso che la somma corrispondente all'importo dell'indennità integrativa speciale non è rivalutata secondo il tasso d'inflazione»;
          il successivo comma 14 ha stabilito che «Fermo restando gli effetti esplicati da sentenze passate in giudicato, per i periodi da esse definiti, a partire dalla data di entrata in vigore del presente decreto cessa l'efficacia di provvedimenti emana fine di rivalutare la somma di cui al comma 13, in forza di un titolo esecutivo. Sono fatti salvi gli effetti prodottisi fino alla data di entrata in vigore del presente decreto». Con recentissima sentenza del 9 novembre 2011 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 11, commi 13 e 14, del decreto legge 31 maggio 2010, n.  78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e competitività economica), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, legge 30 luglio 2010, n.  122;
          la norma censurata aveva consentito al Governo di risparmiare ingiustamente l'erogazione di molte decine di milioni di euro a favore di cittadini gravemente danneggiati da emotrasfusioni di sangue infetto, che si contano nell'ordine di 20.000 persone;
          l'AMEV (Associazione malati emotrasfusi e vaccinati) di Firenze, in persona suo presidente nazionale, avvocato Marcello Stanca, è intervenuta nel giudizio di costituzionalità nell'interesse di numerosi associati chiedendo anche che il Governo ponga rimedio ad una grave ingiustizia contraria alla Costituzione, che si protrae ormai dal 31 maggio del 2010 a carico di cittadini, tutelati dall'Associazione, gravemente ammalati per HCV, HIV, spesso in fin di vita;
          gli indennizzi mensili dovuti ai sensi della legge n.  210 del 1992 sui quali è stata operata l'illegittima riduzione tramite la norma censurata dalla consulta, sono erogati oggi dalle regioni tramite le Asl, così che tutti gli enti indicati saranno obbligati a restituire ai cittadini, con gli interessi di mora, solidalmente con il Ministero della salute, tutto quanto illegittimamente trattenuto per 17 mesi, sull'intero territorio nazionale  –:
          quali iniziative di natura finanziaria, ed in quali termini temporali, intendano adottare, con urgenza, al fine di restituire il maltolto ai cittadini danneggiati da emotrasfusioni anche al fine di evitare la proliferazione di azioni giudiziarie, sicuramente dannose per il bilancio dello Stato. (4-14073)

      Risposta. — A seguito della sentenza n.  293 del 2011 della Corte costituzionale, che ha dichiarato «l'illegittimità costituzionale dell'articolo 11, commi 13 e 14, del decreto-legge 31 maggio 2010, n.  78 convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, legge 30 luglio 2010, n.  122», il Ministero della salute ha provveduto, con note del 17 novembre 2011 e del 2 dicembre 2011, ad informare il competente ufficio del Ministero dell'economia e delle finanze circa la necessità di procedere, in tempi brevi, all'adeguamento mensile dell'indennizzo vitalizio dei soggetti beneficiari della legge n.  210 del 1992 di competenza statale, erogato a titolo di rivalutazione dell'indennità integrativa speciale dal prossimo rateo bimestrale.
Il Ministro della salute: Renato Balduzzi.


      MANCUSO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          alla foce del Serchio, tra Viareggio e Marina di Pisa, si trova la casa in cui si stabilì, tra il 1936 e il 1944, il nucleo segretissimo di assalitori subacquei della prima flottiglia Mas, che nel 1941 fu ribattezzata Decima Flottiglia Mas;
          in questo casolare i primi incursori della Regia Marina si preparavano per le azioni contro le navi inglesi (non contro gli equipaggi) dove il nemico si sentiva invulnerabile, cioè nei porti;
          nel luglio 1941, da quella casa partì per la sua ultima missione l'eroe Teseo Tesei che sacrificò la sua vita facendosi esplodere per distruggere il ponte S. Elmo, all'ingresso del Poto La Valletta di Malta per aprire un vantaggio che consentisse il passaggio dei «Barchini esplosivi» (i motoscafi da turismo modificati) contro le navi inglesi in transito sulla rotta Alessandria-Gibilterra; la casa è in stato di fatiscenza e il tetto rischia di crollare;
          già l'Anaim (Associazione nazionale arditi incursori della Marina) da anni protesta e lotta per dare alla casa del Serchio il decoro che merita  –:
          se il Governo intenda assumere iniziative per stanziare dei fondi per il recupero di un monumento alla storia italiana e all'eroe martire Teseo Tesei, qual è casa del Serchio. (4-15513)

      Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame con la quale l'interrogante esprime preoccupazione per lo stato di degrado dell'immobile, posto alla foce del Serchio tra Viareggio e Marina di Pisa e denominato casa del Serchio dove, tra il 1936 e il 1944, si stabilì il nucleo di assalitori subacquei della prima flottiglia Mas, si precisa quanto segue.
      La competente Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio, per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico per le province di Pisa e Livorno fa presente che il complesso immobiliare in questione è stato dichiarato di interesse storico artistico con decreto ministeriale n.  232 del 2008 del 22 ottobre 2008, ai sensi dell'articolo 10, comma 3, lettera d) del decreto legislativo n.  42 del 2004.
      La proprietà sta attualmente predisponendo un progetto di conservazione e restauro per l'immobile; a questo scopo ha preso contatti con il funzionario di zona della suddetta Soprintendenza, che è in attesa di ricevere il progetto per le valutazioni di competenza.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Lorenzo Ornaghi.


      MINARDO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          nel mese di dicembre 2011 sono stati posti, a cura dell'ANAS, avvisi di obbligo di pneumatici da neve o catene a bordo nel tratto delle strade statali 115 e 194 che collegano Ragusa a Modica (Ragusa), in base all'ordinanza n.  234/2011 della sezione compartimentale dell'ANAS di Catania;
          nella zona interessata la neve è quasi sconosciuta;
          il provvedimento è stato preso in assoluto silenzio e senza dare spiegazioni;
          l'obbligo si riferisce al periodo che intercorre tra il 15 dicembre ed il 15 marzo e, in occasione delle scorse festività natalizie, i commercianti hanno già lamentato un calo nelle vendite dovuto dai conseguenti problemi di collegamento stradale, non essendo gli abitanti in possesso di dotazione da neve;
          anche se i veicoli in transito avessero a bordo le catene, in un'ipotetica situazione di necessità, non ci sarebbe dove montarle in sicurezza, non essendo la statale 115 dotata di aree di sosta;
          tale obbligo danneggia il trasporto locale ed i trasferimenti da e per l'aeroporto di Catania  –:
          se il Ministro interrogato non intenda intervenire tempestivamente affinché l'ANAS revochi il provvedimento che rischia di danneggiare seriamente i collegamenti già insufficienti con la provincia di Ragusa e che ha già provocato troppe polemiche. (4-14426)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
      L'ordinanza n.  234 del 26 ottobre 2011, emessa dalla Sezione compartimentale Anas di Catania, in ottemperanza all'articolo 6, comma 4 lettera e) del codice della strada (decreto legislativo n.  285 del 1992), come modificato dall'articolo 1, comma 1, della legge 120 del 2010, ha stabilito che gli Enti proprietari o gestori delle strade, ad esempio i sindaci, avessero la facoltà di imporre agli utenti stradali l'obbligo di avere a bordo adeguati mezzi antisdrucciolevoli: catene o pneumatici invernali, da utilizzare in caso di ghiaccio o neve, durante i mesi invernali, in particolare da dicembre a marzo.
      Tale obbligo aveva quale fine prioritario quello di tutelare la sicurezza viaria e poteva essere imposto anche nel caso in cui non vi fosse una concreta previsione di fenomeni nevosi.
      L'Anas, a seguito di sollecitazioni pervenute dagli Enti territoriali interessati, ha valutato l'opportunità, anche in considerazione della particolare posizione geografica dei tratti viari oggetto dell'ordinanza, di mantenere l'obbligo di catene solo in presenza di ghiaccio o neve sul manto stradale.
      Sono rimaste, tuttavia, escluse da tale decisione alcune strade statali, più frequentemente colpite da precipitazioni nevose, per le quali è stato, invece, confermato l'obbligo per i veicoli di avere a bordo i mezzi antisdrucciolevoli e più precisamente:
          la strada statale 115 «Sud occidentale Sicula» dal chilometro 326+531 al chilometro 338+000 e dal chilometro 314+700 al chilometro 335+000;
          la strada statale 194 «Ragusana» dal chilometro 32+100 al chilometro 86+340.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Corrado Passera.


      MINARDO, VINCENZO ANTONIO FONTANA, GIAMMANCO, GIBIINO, GAROFALO e MARINELLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          da articoli di stampa si apprende che sarebbero a rischio i finanziamenti comunitari per i lotti 6, 7 ed 8, tratta Rosolini-Modica dell'autostrada Siracusa-Gela;
          già altri tratti hanno usufruito dei fondi europei;
          l'Unione europea ha manifestato il timore che tale finanziamento si configuri come aiuto di Stato;
          la Commissione europea è già in possesso, e sta valutando, la scheda «grande progetto» predisposta dall'Anas e dalla regione siciliana, che dimostrerebbe che non si determina alcun aiuto di Stato;
          si tratta di un'opera attesa da oltre venti anni a causa delle lungaggini burocratiche a livello locale, che stanno contribuendo a mettere a rischio tali finanziamenti;
          i lotti in questione si trovano in una zona del meridione d'Italia già fortemente penalizzata dal punto di vista dei trasporti e dei collegamenti;
          la realizzazione di questi tre lotti rientra nell'elenco delle 19 opere pubbliche di importanza strategica realizzato dall'assessore regionale alle infrastrutture e mobilità  –:
          se il Ministro interrogato non intenda occuparsi prioritariamente del problema, attivandosi in sede comunitaria per evitare il taglio dei finanziamenti per i lotti Rosolini-Modica;
          se non ritenga necessario intervenire quanto prima, di concerto con l'Anas e la regione siciliana, affinché si arrivi all'approvazione definitiva della scheda «grande progetto» redatta dagli uffici competenti dell'Anas e della regione, al fine di consentire la pubblicazione del bando e la realizzazione dell'opera. (4-14517)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, relativa al tratto ragusano dell'itinerario autostradale Siracusa-Gela, si comunica quanto segue.
      Ormai da anni, il Consorzio per le autostrade siciliane (Cas), concessionaria della rete autostradale della Regione, è oggetto di numerose contestazioni da parte dell'Ispettorato vigilanza concessioni autostradali (Ivca) presso l'Anas, tali da condurre alla dichiarazione di decadenza della citata concessione avvenuta nel 2010.
      Tale provvedimento è stato, tuttavia, annullato dal Tar di Palermo con sentenza n.  1255 del 2011 del 29 giugno 2011. Avverso tale decisione è stato presentato dal Ministero dell'economia e delle finanze e dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un ricorso in appello avanti al Consiglio di giustizia amministrativa della Regione Sicilia, la cui udienza di merito si è tenuta in data 29 marzo 2012; a tutt'oggi la relativa sentenza non è ancora stata pubblicata.
      Nonostante la condizione sub iudice della Convenzione, l'Ivca, per salvaguardare la sicurezza e l'incolumità degli utenti autostradali, ha continuato a contestare al Cas la «non conformità» su numerosi atti previsti nella citata convenzione, senza ottenere, peraltro, i richiesti adempimenti da parte del soggetto concessionario.
      Inoltre, Anas ha fatto presente che l'effettuazione di visite ispettive sulle infrastrutture autostradali risulta essere alquanto problematica, causa la mancanza di contraddittorio dovuta all'assenza di funzionari della concessionaria.
      Per quanto concerne, più specificamente, i progetti esecutivi relativi ai lotti 6 e 7 «viadotti Scardina e Salvia» e al lotto 8 «Modica», essi sono stati approvati dall'ANAS nel 2003. I relativi lavori, tuttavia, non sono stati mai appaltati dal Cas.
      Al riguardo, l'Anas ha specificato che, per problemi di natura archeologica rilevati dalla Soprintendenza ai beni culturali e ambientali di Ragusa e per altre criticità di carattere tecnico, il Consorzio ha revisionato nel 2008 i progetti relativi ai citati tre lotti, ripresentando un unico progetto funzionale che ha trasmesso all'Anas in data 9 agosto 2011.
      Il nuovo progetto prevede un aumento dei costi, pari ad euro 130.585.200,00, rispetto a quelli precedentemente approvati. Tale maggior costo, secondo quanto dichiarato dal Cas, una volta ottenuta l'approvazione tecnica da parte dell'Anas, sarebbe finanziato dalla Regione Sicilia utilizzando i fondi del Programma operativo – Fondo europeo per lo sviluppo regionale 2007-2013.
      Sulla base delle informazioni assunte dai competenti uffici del Ministero dello sviluppo economico si informa che il Por (Programma operativo regionale) Sicilia finanzia l'autostrada Siracusa-Gela, lotti 6+7+8 «Ispica – viadotti Scardina e Salvia – Modica» per un valore di 339,72 milioni di euro.
      Il grande progetto è stato notificato alla Commissione europea in data 30 settembre 2009 ed è stato oggetto di osservazioni da parte della medesima, cui la Regione siciliana ha dato risposta da ultimo in data 30 settembre 2011.
      In data 23 febbraio 2012 la Regione siciliana ha trasmesso alla Commissione europea una nuova versione della scheda aggiornata nelle parti che hanno subito una modifica in seguito alla Decisione C(2011) 9028 del 6 dicembre 2011 che approva il Por modificato. Da una nota della Commissione europea datata 21 marzo 2012, inoltre, risulta che è stata avviata la procedura decisionale di approvazione.
      Si segnala, infine che l'Anas, con provvedimento del 10 novembre 2011, ha disposto l'approvazione in linea tecnica del progetto, invitando il Cas, dopo aver ottenuto il finanziamento della Regione, a procedere alla trasmissione del progetto esecutivo per l'approvazione definitiva ai sensi della vigente normativa.
      Attualmente, la concessionaria non ha fatto pervenire all'Anas alcuna comunicazione in tal senso.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Corrado Passera.


      MORASSUT, GIULIETTI e META. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          il console italiano ad Osaka, Mario Vattani, risulta essere aderente a organizzazioni politiche e culturali che si richiamano esplicitamente alla Repubblica di Salò e che professano ideologie neofasciste in aperta e palese contraddizione con i valori della Repubblica italiana e della Costituzione;
          lo stesso Vattani non ha nascosto la sua adesione e ideologia manifestando altresì apertamente la sua appartenenza e arrivando a definire la Repubblica italiana una Repubblica di epuratori;
          peraltro nel corso di manifestazioni pubbliche il console Vattani ha connotato tale sua ispirazione ideologica anche in forme di spettacolo, partecipando ad esibizioni musicali di gruppi «fascio-rock» con l'appellativo di «Katanga»;
          tutto ciò – lungi dal rappresentare una forma di discriminazione politico-ideologica – appare evidentemente incompatibile con incarichi rilevanti di rappresentanza diplomatica della Repubblica italiana presso sedi estere e più in generale di rappresentanza istituzionale di qualsivoglia natura;
          a seguito di tali notizie il Ministro degli affari esteri Giulio Terzi ha pubblicamente annunciato attraverso gli organi del Ministero la decisione di deferire il consigliere Vattani alla commissione disciplinare della Farnesina, comunicandolo personalmente all'interessato;
          l'inaspettata vicenda ha sollevato sorpresa e proteste da parte del mondo delle associazioni da sempre impegnate per conservare e rinnovare la memoria della Resistenza che è alla base della Costituzione e della Repubblica;
          i sottoscrittori della presente interrogazione hanno rivolto al Ministro specifica interrogazione il giorno 21 gennaio 2012 – interrogazione n.  4-14466, singolo atto 79931 – per conoscere lo stato dell’iter della richiesta di deferimento presso la commissione disciplinare;
          in data 23 marzo 2012 il Sottosegretario di Stato agli affari esteri Steffan De Mistura ha pubblicato – facendone regolarmente pervenire copia agli interroganti – risposta scritta che informava che la Farnesina confermava l'avvenuta richiesta di deferimento;
          la Commissione si esprimerà su tale richiesta non prima della fine del mese di aprile 2012;
          il console Vattani ha opposto presso il TAR del Lazio ricorso alla richiesta di deferimento;
          da notizie pubblicate dalla stampa – e non smentite ne dal TAR né dalla Farnesina – il TAR stesso ha ritenuto di accogliere la richiesta di sospensiva del ricorrente, rinviando tuttavia al 21 novembre 2012 la decisione di merito;
          appare quindi evidente la possibilità che la decisione sulla vicenda, non certo positiva per l'immagine della Repubblica all'estero e nell'opinione pubblica nazionale, rischi di protrarsi per lunghi mesi senza concreto esito  –:
          se il Ministro degli affari esteri non ritenga necessario verificare la possibilità di un ricorso immediato circa la suddetta decisione assunta dal Tar del Lazio. (4-15679)

      Risposta. — A seguito della notizia dell'esibizione musicale che il Ministro Mario Andrea Vattani aveva tenuto con il gruppo musicale «sotto fascia semplice», nel maggio 2011, a Roma, presso la sede dell'associazione «Casapound», l'Amministrazione degli affari esteri ha disposto, da una parte, l'avvio di un procedimento disciplinare tuttora in corso, mentre, sotto il distinto profilo relativo agli effetti sull'organizzazione del personale diplomatico all'estero, ha disposto il richiamo del diplomatico a Roma, con decreto n.  273 del 21 febbraio 2012.
       L'ordinanza n.  1223 del 2012 del Tar del Lazio, Sez. I, evocata dall'interrogante attiene esclusivamente al sopracitato richiamo e ne ha disposto la sospensione degli effetti a seguito di ricorso del Ministro Vattani, depositato il 14 marzo 2012. Il Giudice amministrativo ha ritenuto inesistente il pregiudizio agli interessi ed all'immagine dell'Amministrazione e del Paese, in ragione dell'asserita assenza di prova di un danno specifico concretizzato in loco, nonostante le prove fornite dall'Amministrazione e il carattere immateriale dei beni giuridici tutelati dal disposto richiamo.
      Nel rispettare tale pronuncia, il Ministero degli affari esteri ha tuttavia ritenuto di non condividerne il deliberato e le motivazioni ad esso sottese. A seguito dell'appello proposto dal Ministero degli affari esteri, è dunque intervenuto il decreto n.  1845 del 14 maggio 2012, con cui il Presidente della Sezione IV del Consiglio di Stato ha interinalmente riformato la citata ordinanza del Tar Lazio n.  01223 del 2012 ed ha ripristinato integralmente gli effetti del provvedimento di richiamo a Roma del Ministro Vattani, rinviando la definizione del giudizio cautelare alla camera di consiglio, originariamente fissata per il 19 giugno 2012 e anticipata al 29 maggio 2012 su istanza del Ministro Plenipotenziario Vattani.
Il Ministro degli affari esteri: Giuliomaria Terzi di Sant'Agata.


      MURA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          nell'articolo intitolato «La Rai nel giorno dell'Aids: non dite profilattico», pubblicato sul Corriere della Sera del 2 dicembre 2011 a firma di Maria Teresa Meli, è riportata la notizia di una mail inviata da una funzionaria della Rai di nome Laura De Pasquale ai conduttori e ai redattori che stavano preparando le trasmissioni che sono andate in onda su Radio 1 dedicate alla giornata mondiale della lotta all'AIDS. In questa mail, facendo riferimento al Ministro della salute Renato Balduzzi si segnalava che «in queste ore il Ministro ha ribadito che in nessun intervento deve essere nominato esplicitamente il profilattico»;
          questa notizia è stata smentita il 2 dicembre 2011 con una nota stampa del portavoce del Ministro della salute che ha dichiarato che nessuna indicazione è pervenuta dal Ministero circa l'uso del termine profilattico, aggiungendo che ogni altra iniziativa non è da ascriversi alla responsabilità del Governo ma ai dirigenti della Rai;
          l'HIV continua ad essere una malattia molto diffusa nel mondo e molto pericolosa. Dal 1982 ad oggi sono 40.000 le persone morte in Italia, mentre il contagio si propaga con una media di 3.000 infezioni all'anno. Le stime effettuate sulle modalità del contagio relative all'anno 2010 dicono che l'80,7 per cento dei casi di infezione e avvenuto a seguito di rapporti sessuali non protetti e che l'età media dei contagiati è relativamente giovane attestandosi a 39 anni per gli uomini e 35 per le donne;
          a fronte di tali dati, e ancora di più a fronte delle statistiche del fenomeno su scala mondiale, appare evidente che la prima e più efficace forma di prevenzione al diffondersi dell'HIV è un corretto uso del profilattico  –:
          se quanto riportato nell'articolo citato in premessa corrisponda al vero e se così non fosse quali azioni intenda intraprendere il Ministro della salute per tutelare la credibilità del Ministero rispetto all'eventuale non veridicità della direttiva volta ad impedire l'uso del termine profilattico nei programmi della Rai;
          quali misure intenda realizzare il Ministro al fine di realizzare la massima prevenzione nei confronti della diffusione dell'HIV, con particolare riferimento alla diffusione dell'uso del profilattico. (4-14143)

      Risposta. — La legge 5 giugno 1990, n.  135, recante «Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l'Aids» promuove, tra l'altro, la realizzazione, da parte del Ministero della salute, di iniziative di informazione allo scopo di contrastare la diffusione del virus Hiv. Ogni anno vengono pianificate iniziative di comunicazione, in base alle indicazioni formulate dalla Commissione nazionale per la lotta all'Aids.
      In linea con quanto espresso dalla Commissione nazionale, l'obiettivo della campagna informativa-educativa 2011 «AIDS: la sua forza finisce dove comincia la tua Fai il test !», è stato quello di incentivare i giovani adulti (30-40 anni), di qualunque orientamento sessuale, italiani e stranieri, ad effettuare il test Hiv, di contrastare l'abbassamento della soglia di attenzione della popolazione italiana nei confronti del problema Aids, di favorire una assunzione di responsabilità nei comportamenti sessuali.
      Infatti, gli ultimi dati epidemiologici sottolineano che le caratteristiche di coloro che oggi si infettano con Hiv sono completamente diverse da quelle di coloro che si infettavano dieci o venti anni fa. Non si tratta più di persone giovani e prevalentemente tossicodipendenti, ma piuttosto di adulti maturi che si infettano attraverso i rapporti sessuali non protetti (in prevalenza eterosessuali). Inoltre, altro dato significativo è che in Italia più della metà dei soggetti con una nuova diagnosi di Aids ignora la propria sieropositività (sei italiani su dieci scoprono di aver contratto il virus Hiv solo a malattia conclamata).
      Il «target» della campagna è stato, quindi, costituito da quella fascia di popolazione rappresentata dai cosiddetti «inconsapevoli», vale a dire da coloro i quali, non essendosi sottoposti al test, ignorano la propria sieropositività, infettano gli altri attraverso i rapporti sessuali e ricevono una diagnosi tardiva della malattia.
      La campagna di comunicazione, oltre a promuovere l'effettuazione del test Hiv, invitava ad approfondite tutte le problematiche relative all'Aids e tutte le altre misure di prevenzione, attraverso la consultazione dell'area tematica Hiv/Aids del portale del Ministero della salute ed il numero verde Aids e Ist (infezioni a trasmissione sessuale) 800-861061 dell'Istituto superiore di Sanità, il cui orario di funzionamento è stato appositamente prolungato per la celebrazione della giornata mondiale Aids che ricorre il 1° dicembre.
      Proprio in occasione di tale giornata, il Ministero della salute ha stipulato un accordo con la Rai-Radiotelevisione italiana (RAI) volto a realizzare una maratona radiofonica sui canali Radio 1 e Radio 2, ed avente ad oggetto la veicolazione dei contenuti della campagna di comunicazione così come stabiliti dalla Commissione nazionale per la lotta all'Aids.
      A tal riguardo, la RAI ha proposto di utilizzare per l'iniziativa una serie di programmi già presenti nel palinsesto radio fonico giornaliero delle proprie emittenti, prevedendo, a tal fine, la realizzazione, nell'ambito di ciascun programma coinvolto, di interventi redazionali informativi sui messaggi della campagna.
      All'interno di tali programmi, lo spazio di pochi minuti riservato al Ministero della salute comprendeva anche interviste in diretta ad esperti scientifici e a rappresentanti istituzionali e delle associazioni, indicati dallo stesso Ministero.
      In riferimento a quanto riportato nell'articolo citato nell'interrogazione in esame si precisa che la nota del 2 dicembre 2011 ha sottolineato l'estraneità del Ministero riguardo ad indicazioni sull'uso del termine profilattico e preservativo all'interno di programmi Rai nella giornata mondiale Aids, segnalando che anche gli esperti indicati dal Ministero erano completamente liberi di gestire i loro interventi.
      Inoltre, il Ministero della salute non è a conoscenza di alcun elemento volto a confermare l'esistenza o meno di una comunicazione interna alla Rai con intenti censori nei confronti dell'utilizzo del termine profilattico.
      In effetti, il termine profilattico/preservativo è stato espressamente richiamato, quale misura di prevenzione, nel corso dei programmi coinvolti anche negli spazi del Ministero della salute dedicati all'iniziativa.
      Per quanto riguarda le future iniziative di comunicazione volte a promuovere l'informazione per la prevenzione dal virus Hiv, si è in attesa che la Commissione nazionale per la lotta all'Aids si riunisca ed esprima le indicazioni di competenza.
      Si segnala che, stante la rilevanza socio-sanitaria della problematica in questione, lo stanziamento di fondi allocato annualmente nel capitolo di spesa del bilancio del Ministero della salute, specificamente dedicato alla realizzazione di iniziative di informazione sull'Aids – in considerazione dei sensibili tagli intervenuti negli ultimi anni – è stato adeguatamente integrato, attingendo ulteriori risorse da altri capitoli di spesa.
Il Ministro della salute: Renato Balduzzi.


      MURGIA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere, premesso che:
          le capacità ed il curriculum – come diplomatico – del console Mario Vattani sono fuori discussione;
          le sue competenze diplomatiche, la cura delle comunità italiane all'estero, la collaborazione tra i popoli, l'innovazione ma soprattutto la conoscenza della cultura giapponese, denotano un professionista serio ed estremamente affidabile che ha sempre svolto il suo mandato nel nome e per il bene dell'Italia;
          molte delle idee che ha lanciato sono diventate spesso patrimonio dell'attività italiana tutta;
          nel 1999 viene trasferito in Egitto, e nominato console al Cairo. Nella nuova sede avvia un programma d'azione innovativo per migliorare i servizi consolari a favore dei cittadini italiani e egiziani. D'intesa con le autorità egiziane, mette in atto misure atte a prevenire frodi e in particolare la falsificazione di permessi di soggiorno;
          nel 2000, il console Vattani è il primo, in tutta la rete diplomatica italiana, a ideare e ad applicare al Cairo il moderno sistema di «appuntamenti telefonici» per i richiedenti il visto, risolvendo così l'annoso problema delle lunghe code del pubblico di fronte all'ingresso del consolato. Il Ministero degli affari esteri approverà questo nuovo metodo di lavoro e lo estenderà a tutta la rete diplomatica e consolare;
          avvia inoltre, iniziative significative per modernizzare alcune strutture dell'imponente ospedale italiano «Umberto I» al Cairo. Cogliendo l'occasione di alcune visite istituzionali, come quella del Presidente della Repubblica, Ciampi e del Presidente del Consiglio pro tempore D'Alema, ottiene importanti sponsorizzazioni per il rifacimento delle sale operatorie e per la consegna di nuove apparecchiature tecnologiche. Queste iniziative avviate dal Consolato d'Italia al Cairo hanno indotto il Ministero degli affari esteri a effettuare per la prima volta una rilevazione di tutti gli ospedali Italiani sparsi per il mondo. La segreteria generale del Ministero ha quindi realizzato due pubblicazioni riguardanti la rete di questi ospedali che costituiscono una prova tangibile della generosità e della solidarietà che hanno sempre caratterizzato le nostre comunità all'estero;
          nel 2007 Vattani viene nominato Cavaliere ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica (Governo Prodi);
          rientrato a Roma nel 2008, assume le funzioni di consigliere diplomatico del sindaco di Roma, Gianni Alemanno. Su richiesta del sindaco, Vattani segue anche i problemi della convivenza delle numerose comunità migranti presenti nella Capitale: mantiene costanti contatti con le ambasciate interessate e con i rappresentanti in consiglio di queste comunità, organizza visite e incontri con delegazioni, guidate da Capi di Stato e di Governo, venute in Italia da Romania, Albania e Bulgaria;
          un'altra trattativa che Vattani conduce dal 2001, organizzando la visita del Ministro in Giappone – e concluderà poi con successo una volta assegnato all'ambasciata d'Italia a Tokyo – riguarda l'accesso al mercato giapponese delle arance rosse di Sicilia, problema questo che si trascinava da 15 anni;
          nel 2003, grazie alla sua conoscenza della lingua e della cultura giapponese, vince il concorso per una borsa di studio della Commissione europea (ETP) che gli assicura il soggiorno di studio di un anno a Tokyo. Vattani supera con successo gli esami finali di proficiency in lingua e cultura giapponese, e viene quindi assegnato all'ambasciata d'Italia a Tokyo, con funzioni di capo dell'ufficio commerciale;
          l'ambasciatore Mario Bova gli affida inizialmente la conduzione del delicato dossier «Consiglio di Sicurezza – Giappone». Ma l'incarico più impegnativo che Vattani è chiamato a svolgere è quello della promozione dell'immagine dell'Italia in Giappone, attraverso la grande rassegna «Primavera Italiana 2007». Vattani ne cura ogni aspetto: progetta e realizza il programma degli eventi (oltre 300) e ne assicura un'ampia diffusione attraverso i media. I principali eventi vengono inaugurati dal Presidente del Consiglio pro tempore Prodi, dal Ministro degli affari esteri pro tempore D'Alema e dal vice presidente pro tempore Rutelli;
          il 26 luglio 2011 assume servizio a Osaka come console generale. Con la convinta collaborazione del personale italiano e giapponese rilancia le attività del consolato generale, modernizzando il sito web e diffondendo regolarmente presso la comunità italiana le informazioni sui principali eventi;
          in pochi mesi riattiva la rete dei gemellaggi tra città italiane e giapponesi e incontra i sindaci e i governatori delle principali città della sua circoscrizione: Osaka, Kobe, Kyoto, Toyama e Ichinomiya. Organizza missioni di imprenditori giapponesi in varie regioni italiane. Tra queste, una missione di tredici aziende appartenenti al distretto farmaceutico di Toyama e una riguardante imprenditori della regione del Kansai del settore del design;
          date le restrizioni imposte dalla crisi economica e finanziaria, Vattani riapre una trattativa con la proprietà per ottenere una riduzione per le spese di affitto e di funzionamento del consolato generale. La trattativa si conclude a dicembre con un notevole risparmio per l'erario;
          nell'ottobre 2011 ospita a Kyoto la ventitreesima assemblea annuale dell'Italy-Japan Business Group;
          istituisce nel novembre 2011, coinvolgendo nell'iniziativa il sindaco di Kyoto e le principali autorità cittadine, il premio Marco Polo destinato a ricercatori italiani e giapponesi. Nel corso di una solenne cerimonia il premio viene per la prima volta conferito ad alcuni professori dell'università Ca’ Foscari di Venezia e ad autorevoli ricercatori giapponesi, nel contesto di un Seminario sulle nanotecnologie, patrocinato dal consolato generale;
          come ha dichiarato il Ministro Terzi – durante un suo intervento televisivo – si sta parlando di un funzionario che ha dato prova di competenza ed attaccamento al servizio;
          ad avviso dell'interrogante l'ingiusto accanimento politico nei confronti del console Vattani denota ad avviso dell'interrogante, una preclusione ed una miopia che nulla ha a che fare con l'idea di meritocrazia che dovrebbe muovere il nostro Paese  –:
          se non ritenga di assumere iniziative per interrompere quella che all'interrogante appare una vera e propria azione persecutoria condotta dal dicembre 2011 nei confronti di Mario Andrea Vattani, un funzionario diplomatico che – come anche dichiarato dallo stesso Ministro interrogato – in 21 anni di carriera «ha dato prove di grandissima competenza e di grande attaccamento al servizio» (Rai, Otto e Mezzo 16 gennaio 2012), del quale da parte dei Ministero si censura prima la militanza negli anni ’80 nell'organizzazione giovanile del MSI, e poi la semplice partecipazione ad un concerto di musica alternativa, facendo cenno al risalto mediatico conseguente che avrebbe creato imbarazzo e danno all'immagine dell'amministrazione;
          se vengano tenute a tale riguardo nella giusta considerazione le prese di posizione di un soggetto terzo assai qualificato, come il presidente Politi della I sezione del tribunale amministrativo regionale del Lazio, che nel decreto cautelare di sospensione del provvedimento di richiamo al Ministero di Vattani, reso in data 15 marzo 2012, sottolinea che «la sovraesposizione mediatica del caso è stata in larga parte provocata da ripetute esternazioni dei vertici del Ministero»;
          se sia vero, come sostenuto recentemente in un'intervista rilasciata al quotidiano Il Foglio in data 17 maggio 2012 dallo stesso console Vattani, che nella memoria presentata dal Ministero degli affari esteri al Consiglio di Stato sarebbero contenute le seguenti considerazioni: «che il Ministro Vattani non fa mistero della sua militanza, dapprima, attraverso l'appartenenza al Fronte della Gioventù negli anni 80», e poi attraverso la musica da lui proposta, e che «tale fatto, già di per sé, rende la permanenza all'estero del Console Vattani in palese contraddizione con le alte funzioni di rappresentanza dello Stato che egli è chiamato a svolgere;
          se sia vero che nella stessa memoria le anzidette sorprendenti considerazioni vengono considerate «a monte ed attengono alla tutela dei beni primari sopracitati (l'immagine dello Stato e la rappresentatività delle proprie istituzioni all'estero, oltreché il buon andamento, l'efficacia e l'efficienza dell'azione amministrativa), di cui è custode l'Amministrazione»;
          se vi siano quindi persone con incarichi di alta responsabilità presso l'amministrazione del Ministero degli affari esteri, che considerino una passata adesione al MSI o alla sua organizzazione giovanile come incompatibile con l'attività di rappresentanza dell'Italia all'estero;
          se sia stata tale posizione, chiaramente discriminatoria a motivare il richiamo immediato del console Vattani in soli 5 giorni, e non certamente una preoccupazione per l'immagine dell'Italia all'estero, visto che tale richiamo repentino ha peraltro causato l'annullamento di importanti impegni istituzionali, non ultimo il ricevimento per la Festa nazionale a Osaka, con grave discredito per l'immagine del nostro Paese;
          se, nell'insistere in quella che appare all'interrogante una vera e propria persecuzione personale di Vattani, mirata ad un suo rientro anticipato dal Giappone, si stia tenendo adeguato conto delle sue specifiche capacità nel contesto giapponese: unico funzionario della Farnesina a parlare correntemente la lingua giapponese, che vanta rapporti cordiali e amichevoli con i rappresentanti istituzionali, e del mondo della cultura, dell'economia nelle regioni della sua circoscrizione consolare, come dimostrano peraltro le attività del consolato generale ad Osaka, ampiamente presentate nella pagina web del consolato generale;
          se non ritenga che per il solo fatto di essere pienamente introdotto nella società giapponese, Vattani rappresenti per il nostro ministero un asset del quale non appare economico disfarsi sulla base di una campagna mediatica condotta da fogli che appaiono chiaramente orientati politicamente;
          se non ritenga che vi siano priorità ben più importanti ad avviso dell'interrogante della battaglia legale contro il console Vattani in relazione alle quali occupare le limitate risorse della Farnesina in queste settimane, e se non ritenga che sia venuto il momento di lasciar lavorare il nostro console generale a Osaka con la necessaria serenità. (4-16239)

      Risposta. — 1. Si desidera assicurare l'interrogante che il decreto ministeriale 273 del 21 febbraio 2012 di richiamo del Ministro Vattani dal Consolato generale in Osaka è stato emanato dopo la più attenta e ponderata valutazione di tutti gli elementi di fatto e di diritto e dopo che la relativa decisione era stata condivisa con il Consiglio di Amministrazione, organo collegiale che riunisce i vertici amministrativi del Ministero degli affari esteri.
      Detto richiamo era motivato dalla constatazione del danno d'immagine prodotto allo Stato e all'Amministrazione da specifici comportamenti posti in essere dal Ministro plenipotenziario Vattani e in particolare dall'incompatibilità con le funzioni di alta rappresentanza dello Stato proprie di un Console generale all'estero di comportamenti posti in essere nell'esibizione del 24 maggio 2011 presso la sede di Casapound, il cui significato contrasta con le istituzioni repubblicane e la loro immagine.
      L'Amministrazione ha pertanto legittimamente ritenuto che la validità del decreto di richiamo non venisse meno per il solo fatto di essere oggetto di un ricorso giurisdizionale del Ministro Vattani. Pertanto, il Ministero ha ottemperato alla prima decisione del Tar, sfavorevole all'Amministrazione, sospendendo l'efficacia del provvedimento di richiamo, così come ha preso atto che il successivo decreto n.  01921 del 2012 del Presidente della sezione quarta del Consiglio di Stato emanato monocraticamente ma dopo aver sentito le parti, nel revocare la sospensiva concessa dal Tar, determinava la reviviscenza dell'efficacia del decreto ministeriale di richiamo.
      Poiché la data di rientro originariamente stabilita da tale decreto era ormai trascorsa, nel fissare il nuovo termine l'Amministrazione si è uniformata all'urgenza che era alla base del decreto del Presidente della IV sezione del Consiglio di Stato, contemperandola con gli adempimenti essenziali connessi con la cessazione dalla Sede.
      Non di azione discriminatoria né di accanimento si è trattato pertanto, bensì di coerenza nell'esecuzione di provvedimenti amministrativi correttamente motivati e la cui efficacia non è al momento sottoposta ad alcuna sospensione.
      2. Il provvedimento di richiamo non è in alcun modo fondato né sulla passata appartenenza politica del Ministro Vattani né sulle sue capacità professionali, evidenziate dall'interrogante e mai messe in dubbio dall'Amministrazione, bensì esclusivamente sulla già menzionata incompatibilità con le elevatissime funzioni di rappresentanza delle Istituzioni repubblicane.
      La memoria dell'Avvocatura generale dello Stato contiene due riferimenti meramente fattuali alla passata appartenenza del Ministro Vattani all'organizzazione giovanile dell'MSI (Fronte della Gioventù).
      Il primo compare nella citazione di un'intervista rilasciata dallo stesso Ministro Vattani (Novopress Italia del 25 luglio 2006), in cui egli illustra la sua attività condotta con lo pseudonimo «Katanga».
      Il secondo si inserisce nella constatazione che l'assimilazione fra la militanza di «Katanga» ed il ministro Vattani è emersa, allorché il diplomatico era in servizio all'estero nelle funzioni di Console generale in Giappone a seguito delle notizie stampa apparse a partire dal 29 dicembre 2012 sul modo fortemente alternativo e avversivo delle Istituzioni repubblicane con il quale si sono realizzati i comportamenti ed i propositi tenuti in occasione della nota esibizione.
      Le argomentazioni di fondo della memoria difensiva si basano, invece, sulla considerazione che l'assimilazione tra Vattani e Katanga e le sue parole e gesti nel concerto del maggio 2011 rendono la permanenza all'estero del Console Generale Vattani in palese contraddizione con le altissime funzioni di rappresentanza dello Stato italiano che egli è chiamato a svolgere. Per l'Avvocatura generale dello Stato, «il comportamento tenuto dalla controparte è intrinsecamente oltraggioso nei confronti della Repubblica italiana ed incompatibile con la carica di Console e con il giuramento di fedeltà alla Repubblica».
      Conferma ne è che il Tar non ha mosso «alcuna obiezione relativamente alla chiara connotazione identitaria dei comportamenti che hanno visto protagonista il Ministro Vattani».
      Il Presidente della Quarta Sezione del Consiglio di Stato Gaetano Trotta nel suo decreto del 14 maggio 2012 rileva che «nella vicenda in esame i dati fattuali posti in evidenza dalla difesa dell'Amministrazione appellante assumono un'oggettiva rilevanza che va ben al di là delle “diplomatiche” contestazioni formali del Mae».
      Qualunque altra interpretazione che si ritenga di trarre da brani delle memorie difensive estrapolati dal loro contesto complessivo non corrisponde alla posizione dell'Amministrazione.
      3. In merito all'evocato collegamento della «sovraesposizione mediatica del caso» con le «ripetute esternazioni dei vertici del Ministero», si osserva che il «caso» stesso nasce da un'esposizione mediatica – avvenuta il 29 dicembre 2011 con la diffusione del video – del comportamento del Ministro plenipotenziario Vattani e con i resoconti poi ampiamente riportati dalla stampa italiana e internazionale a riprova del danno dell'immagine del Paese. Rispetto a tale esposizione i vertici e la Farnesina non hanno mai espresso commenti sul fatto specifico e sul procedimento disciplinare che ne è derivato.
      4. Per quanto concerne, infine, la continuità degli impegni istituzionali assunti dal Console generale a Osaka, si ricorda che gli stessi – in primis la celebrazione della Festa della Repubblica il 2 giugno – investono le nostre Istituzioni all'estero, indipendentemente dal funzionario pro tempore in servizio. Ne è prova il fatto che il ricevimento del 2 giugno è stato confermato e sarà assicurato dall'Ufficio consolare nel suo complesso nella persona del Reggente, con la presenza inoltre del funzionario vicario dell'Ambasciata d'Italia a Tokyo.
Il Ministro degli affari esteri: Giuliomaria Terzi di Sant'Agata.


      NASTRI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          l'interrogante è venuto a diretta conoscenza che in diverse occasioni, sono state segnalate sull'autostrada A26 detta anche «autostrada dei trafori» per l'elevato numero di gallerie presenti, che collega Voltri a Sempione e in particolare sulla tratta da Vercelli e Verbania, comportamenti scorretti da parte di numerosi automobilisti, che in alcuni casi addirittura, in senso inverso a quello indicato dalla segnaletica stradale, hanno rischiato di provocare incidenti con ripercussioni pericolose sull'incolumità degli stessi oltre che di altri conducenti;
          pochi giorni fa, in prossimità dello svincolo di Brovello-Carpugnigno, all'interno della galleria del vergante all'interno nella suddetta arteria, è accaduto un incidente stradale che ha provocato due decessi, che conferma come il livello di pericolosità dell'autostrada A26, a giudizio dell'interrogante, sia diventato allarmante;
          l'interrogante evidenzia inoltre che da più di due anni e quasi sempre nei tratti autostradali precedentemente esposti, avvengono incidenti stradali sia di modeste entità, che di notevole gravità con vittime, spesso di giovane età, causate sia da comportamenti spesso pericolosi e imprudenti, sia da una serie di carenze, a giudizio dell'interrogante, provocate dalla mancanza di sufficiente segnaletica stradale, orizzontale e verticale predisposta sulle rampe di accesso, sulle suddette vie di comunicazione stradale;
          ulteriori profili di criticità, a giudizio dell'interrogante, sono riscontrabili, nel medesimo tratto autostradale, successivo al casello-barriera di Arona sulle successive uscite Meina, Carpugnino, Baveno e Gravellona, in cui non sono previsti caselli a pagamento e conseguentemente manca un controllo diretto degli autoveicoli e automezzi che accedono nella stessa autostrada  –:
          se quanto esposto in premessa, sia a conoscenza da parte del Ministro interrogato e in caso affermativo, quali iniziative urgenti, intenda assumere, al fine di prevedere attraverso il gestore della rete stradale ed autostradale italiana di interesse nazionale, sottoposto al controllo ed alla vigilanza tecnica ed operativa del Ministro interrogato, un potenziamento dei sostegni e dei supporti delle infrastrutture della segnaletica stradale all'interno del tratto autostradale esposto in premessa ed in particolare, quella orizzontale e verticale predisposta sulle rampe di accesso, sulle suddette vie di comunicazione stradale, anche con opportuni strumenti segnaletici quali lampeggianti, videocamere, pannelli luminosi e spire magnetiche. (4-14491)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, ANAS ha comunicato che il tasso di mortalità sull'autostrada A26 si è ridotto negli ultimi anni in misura sensibile: nell'anno 2011 ha addirittura raggiunto il valore più basso rispetto alla media della rete nazionale (0,23 contro 0,26), qualificando la A26 come una delle autostrade più sicure d'Italia.
      In particolare, si segnala che negli incidenti mortali verificatisi sulla A26 la causa «veicolo contromano» incide mediamente per meno dell'1 per cento sul totale degli incidenti, mentre le componenti velocità, distrazione, guida in stato di ebbrezza e colpo di sonno, determinano oltre il 70 per cento dei sinistri.
      Si sottolinea, comunque, che l'incidentalità legata ai veicoli contromano, sebbene, come detto, di assoluta marginalità dal punto di vista statistico, è da tempo all'attenzione delle società concessionarie e risulta oggetto di attento monitoraggio da parte dell'Ispettorato di vigilanza dell'ANAS.
      Per quanto riguarda gli svincoli relativi al tratto autostradale A26 Vercelli-Verbania, citati dall'interrogante, si comunica che gli stessi sono già provvisti di un'adeguata segnaletica verticale e orizzontale conforme a quanto previsto dalla normativa vigente e che sono in corso d'installazione ulteriori cartelli indicatori, in modo da aumentare la percezione degli utenti autostradali sulla direzione di accesso vietata.
      Va sottolineato, inoltre, che l'azione di contrasto del fenomeno «direzione contromano» viene svolta dall'Anas anche attraverso l'informazione all'utenza. Infatti, i sistemi predisposti prevedono che appena gli operatori (h24) dei centri radio della società concessionaria segnalano, al sistema informativo, la presenza di un veicolo contromano, l'avviso venga immediatamente trasmesso sia dai pannelli a messaggio variabile, di ingresso in autostrada, con l'indicazione di chiusura per veicolo contromano nella direzione interessata (equivalente al divieto di accesso), sia dai pannelli in itinere con la segnalazione di pericolo per «Veicolo contromano – fermarsi a destra».
      Alle suddette misure, si aggiungeranno, a breve, i primi impianti di segnalazione in galleria, realizzati nell'ambito del piano di adeguamento previsto dal decreto legislativo n.  264 del 2006. Tali sistemi prevedono, sulle gallerie di lunghezza superiore ai 1.000 metri, telecamere e sensori in grado di rilevare, tra le diverse situazioni di potenziale pericolo, la presenza di un veicolo contromano, in modo da consentire, quindi, agli operatori dei centri radio, di pubblicare il relativo avviso su un pannello alfanumerico posto all'ingresso della galleria stessa.
      Nello specifico, sulla tratta A26 Vercelli- Verbania l'attivazione riguarderà la galleria Massimo Visconti, nel tratto Meina-Carpugnino, mentre entro l'anno prossimo saranno completati gli impianti nelle gallerie del successivo tratto tra Carpugnino e Baveno.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Corrado Passera.


      PALAGIANO e MURA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          come si apprende da agenzie e numerosi articoli di stampa del 27 e 28 marzo 2011, quattordici ragazzi di una classe della quarta dell'istituto tecnico agrario Zanelli di Reggio Emilia, in gita scolastica a Montegrotto Terme, in provincia di Padova, nei giorni 23 e 24 marzo 2011, sono stati vittime di una intossicazione alimentare e non sarebbero stati visitati dalla guardia medica del luogo;
          in particolare, alla richiesta di un tempestivo intervento, le insegnanti si sono sentite rispondere di non potere assistere i quattordici ragazzi poiché non cittadini veneti, nel rispetto di una precisa disposizione di legge regionale e dovendo per questo rivolgersi direttamente al pronto soccorso dell'ospedale di Abano Terme;
          considerato il precipitare della situazione di ora in ora, gli studenti sono stati così trasportati all'ospedale di Abano con una staffetta di ambulanze (solo 2 quelle a disposizione di questo piccolo pronto soccorso) e taxi;
          il giorno seguente un genitore di uno dei ragazzi si è nuovamente rivolto allo stesso ufficio della guardia medica per verificare se l'incidente fosse attribuibile al comportamento negligente e riprovevole di un medico o se invece esistesse veramente una tale disposizione regionale. La risposta è stata eloquente: «in effetti il servizio medesimo non era tenuto a visitare turisti o persone non venete a causa di una norma regionale»;
          di fronte all'insistenza del genitore, che eccepiva che in ogni caso il medico «fosse tenuto a curare una persona che stava male», la risposta è stata sempre la stessa, ossia che «la disposizione regionale era quella e non poteva essere messa in discussione»;
          lo stesso medico – diverso da quello di guardia la sera dell'incidente – afferma inoltre che all'estero – ad esempio in Francia e Svezia – non esiste la guardia medica e ci si rivolge al pronto soccorso;
          l'assessore veneto alla sanità, Luca Coletto, nel frattempo, dichiara ai media che «non esiste al mondo che in una struttura sanitaria veneta possano essere rifiutate le cure a qualcuno che ne ha bisogno», assicurando che non lascerà nel dimenticatoio questo grave episodio  –:
          di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione alla vicenda di cui in premessa;
          quali iniziative intenda assumere, nell'ambito delle sue competenze, anche al fine di accertare se, pur in assenza di una specifica legge regionale, esistano circolari o altre disposizioni interne, che inducano gli operatori del Servizio sanitario veneto a comportamenti, ad avviso degli interroganti, irresponsabili, che mettono a rischio la salute dei cittadini, operando una vera e propria discriminazione nei confronti dei non residenti in regione. (4-11442)

      Risposta. — Si risponde alla interrogazione parlamentare in esame tenendo conto della disciplina normativa introdotta dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.  3, recante «modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione», e della conseguente autonomia organizzativa e gestionale dei servizi sanitari regionali.
      La prefettura – ufficio territoriale del governo di Padova, ha trasmesso una dettagliata documentazione, dalla quale si evincono le circostanze dell'episodio in esame.
      Alle ore 20:00 del giorno 24 marzo 2011 l'insegnante di una classe dell'Istituto tecnico agrario di Reggio Emilia, accompagnatrice dei ragazzi in una gita scolastica, contattava telefonicamente il servizio di continuità assistenziale di Montegrotto Terme, in quanto alcuni alunni della sua classe, ospitata da alcuni giorni presso un hotel di Montegrotto Terme, avevano manifestato da alcune ore nausea e vomito.
      «Interrogata sulla presenza di sintomi di rilievo quali cefalea, dolori addominali, diarrea, febbre e vertigini, l'insegnante rispondeva negativamente, spiegando che la ragione della telefonata era quella di ottenere indicazioni su eventuali provvedimenti o farmaci da somministrare ai ragazzi».
      La dottoressa di turno «informava l'insegnante della sua disponibilità a prescrivere sintomatici del caso da somministrare ai ragazzi e suggeriva di somministrare liquidi in piccole quantità per evitare una eventuale disidratazione secondaria al vomito.
      Sottolineava la necessità di rivolgersi al pronto soccorso nel caso in cui le condizioni dei ragazzi si fossero aggravate.
      Precisava inoltre che, secondo quanto definito dalla normativa, il servizio di continuità assistenziale viene erogato ai soggetti residenti nel territorio di competenza. Forniva comunque la sua disponibilità per ogni ulteriore informazione richiesta per l'assistenza degli alunni».
      Alle ore 20:45 l'insegnante contattava nuovamente la stessa dottoressa, «informandola che nel frattempo altri alunni avevano presentato la medesima sintomatologia e che aveva contattato il direttore sanitario dello stabilimento termale, il quale l'aveva informata che il caso era di competenza del medico di continuità assistenziale».
      La dottoressa dava indicazione di rivolgersi al pronto soccorso, «visto che l'aumento del numero di casi fra gli studenti che nelle giornate precedenti avevano consumato i pasti tutti nello stesso ristorante, poneva il sospetto diagnostico di una intossicazione alimentare, rendendo necessaria l'effettuazione di indagini ematochimiche volte a chiarire la situazione e fornire adeguata terapia.
      Gli studenti sono stati tempestivamente accompagnati in ambulanza al pronto soccorso della casa di cura di Abano Terme, dove hanno ricevuto le cure del caso».
      Al turno notturno del giorno seguente un collega della dott.ssa riceveva un'ulteriore telefonata da parte dell'insegnante, che chiedeva chiarimenti sulla normativa che regolamenta le prestazioni erogate dal personale del Servizio di continuità assistenziale.
      L'azienda U.L.S.S. n.  16 di Padova ha inteso precisare che l'accordo collettivo nazionale del 23 marzo 2005 – testo integrato con A.C.N. del 29 luglio 2009 – all'articolo 67, comma 1, sancisce: «Il medico di continuità assistenziale assicura le prestazioni sanitarie non differibili ai cittadini residenti nell'ambito territoriale afferente alla sede di servizio».
      La Regione Veneto, in deroga alle relative norme dell'A.C.N., ha stabilito, con decreto della giunta regionale n.  4395/2005, l'obbligo per il medico di continuità assistenziale di assicurare le prestazioni sanitarie non differibili agli assistiti del Servizio Sanitario Regionale in deroga agli ambiti territoriali di cui all'articolo 67, comma 1.
      Ciò premesso e per rispondere al quesito posto, questo Ministero osserva che l'articolo 67, comma 14, dell'accordo collettivo nazionale 23 marzo 2005, facendo riferimento all'articolo 32 dello stesso accordo, stabilisce che «nell'ambito degli accordi regionali e sulla base del disposto dell'articolo 32, è organizzata la continuità dell'assistenza ai cittadini non residenti nelle località a forte flusso turistico».
      Infatti, il comma 1 dell'articolo 32 precisa che «sulla base di apposite determinazioni regionali sono individuate le località a forte flusso turistico nelle quali organizzare un servizio di assistenza sanitaria rivolta alle persone non residenti».
      Inoltre, il comma 3 dello stesso articolo prevede che le prestazioni di assistenza ai turisti sono retribuite dal cittadino non residente sulla base del disposto di cui all'articolo 57 dell'accordo collettivo nazionale 23 marzo 2005.
      Poiché il potenziamento del servizio di assistenza ai turisti delle strutture sanitarie è demandato alla contrattazione regionale, nessuna iniziativa può essere avviata dal Ministero della salute.
Il Ministro della salute: Renato Balduzzi.


      REALACCI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          nella risposta all'interrogazione 4-01350 del 20 ottobre 2008 a firma onorevole Realacci, Fontanelli, Gatti, il Ministro per i beni e le attività culturali, onorevole Sandro Bondi, ha confermato di aver inserito e finanziato nella programmazione ordinaria di lavori pubblici, annualità 2007-2009, per un importo di euro 1.000.000 con previsione di un ulteriore finanziamento di pari importo per l'annualità 2008, l'intervento di ricostruzione del prezioso campanile della basilica romanica di San Piero a Grado, distrutto dall'esercito tedesco nel luglio del 1944;
          il progetto di ricostruzione è stato avviato grazie ai 2 milioni di euro garantiti dal Ministero dei beni culturali nel 2007, ma di cui è stata effettivamente poi stanziata solo la metà. I fondi disponibili permetteranno di continuare la ricostruzione del campanile di San Piero a Grado fino ad una altezza di circa 16 metri dei quasi 37 metri complessivi;
          il Ministro, cogliendo la preoccupazione della soprintendenza ai beni ambientali, architettonici e artistici di Pisa sulla necessità di non sprecare denaro pubblico con un intervento di restauro incompiuto, aveva assicurato: «In ogni caso, tenuto conto dell'effettiva urgenza del restauro e del particolare interesse dell'opera a suo tempo distrutta, si assicura che questo Ministero valuterà con la migliore predisposizione la possibilità di assegnare sui fondi dell'esercizio finanziario 2009, l'ulteriore stanziamento per il complesso rifacimento del campanile della basilica romanica di San Piero a Grado»;
          la mancata erogazione dei fondi previsti comporterebbe una chiusura del cantiere tutt'ora aperto stimata al prossimo novembre, considerando i fondi ancora disponibili;
          la chiusura del cantiere lascerebbe l'opera nuovamente tronca e obbligherebbe lo smontaggio del cantiere già allestito per poi doverlo allestire nuovamente raddoppiando la spesa; di cambiare completamente le maestranze per le quali, poiché il progetto riveste carattere di peculiare complessità operativa, si è reso necessario un preliminare affinamento nell'organizzazione del cantiere e addestramento degli operai, nonché l'organizzazione nei rapporti con i tagliatori che approntano i blocchi squadrati di pietra simili a quelli originali  –:
          se il Ministro interrogato non intenda dare seguito alle assicurazioni già espresse nel precedente atto di sindacato ispettivo e all'effettiva previsione di spesa di un ulteriore milione di euro messa già a bilancio per l'annualità 2008 tenuto conto della particolare urgenza del restauro del campanile di San Pietro a Grado, del vantaggio economico che la prosecuzione dei lavori già appaltati darebbe nel progetto di spesa e nella tempistica dell'intervento.
(4-06780)

      Risposta. — Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, con la quale l'interrogante esprime preoccupazione sullo stato dei finanziamenti per il completamento dei lavori di ricostruzione del campanile della Basilica di San Pietro a Grado, nel comune di Pisa, si rappresenta quanto segue.
      Un primo stanziamento di un milione di euro, assegnato alla citata soprintendenza per l'anno finanziario 2007, ha permesso l'affidamento di incarichi per le necessarie consulenze (petrografica, geotecnica, strutturale), per l'effettuazione di indagini sull'apparato fondale e sulla consistenza delle murature preesistenti, per la realizzazione di opere preliminari e per l'ultimazione della progettazione esecutiva finalizzata al consolidamento, al restauro e al completamento della ricostruzione del Campanile, secondo le intenzioni progettuali del professor Piero Sanpaolesi che, nell'immediato dopoguerra, ne aveva iniziato la realizzazione.
      Attraverso il succitato finanziamento è stato possibile, inoltre, individuare le cave di pietra idonee alla realizzazione dell'opera e si è proceduto ad acquistare i blocchi di pietra per la ricostruzione di una prima porzione di campanile.
      Il consolidamento delle fondazioni originali e delle preesistenti murature ha preceduto le opere di ricostruzione dell'elevato che, ad oggi, ha raggiunto l'altezza complessiva di metri 12,50 a fronte dei 37 metri da raggiungere al definitivo completamento dell'opera.
      A seguito della risposta (19 novembre 2008), ad una precedente interrogazione parlamentare n.  4-01350, con la quale questo Ministero assicurava che avrebbe valutato con «la migliore predisposizione la possibilità di assegnare sui fondi dell'esercizio finanziario 2009, l'ulteriore stanziamento» necessario per il completamento del campanile in questione, la soprintendenza di Pisa propose, tra le priorità della programmazione ordinaria 2009, lo stanziamento di euro 1.800.000,00 – come definito in sede di progettazione esecutiva – per il completamento del campanile della Basilica di San Piero a Grado.
      Tale proposta non fu accolta, così come non fu possibile assicurare un ulteriore finanziamento con fondi speciali lotto, per l'esiguità delle risorse messe a disposizione della Soprintendenza per i beni architettonici, paesaggistici, storici, artistici ed etnoantropologici per le province di Pisa e Livorno.
      Nel 2011, allo scopo di non vanificare gli sforzi economici già sostenuti, lasciando l'opera incompiuta, la citata Soprintendenza, ha inoltrato alla Presidenza del Consiglio dei ministri una richiesta di euro 1.800.000, a valere sui fondi dell'otto per mille, suddivisi in tre lotti funzionali, per l'ultimazione del progetto di ricostruzione.
      Nel 2012 la suddetta richiesta, rimasta inevasa, è stata reiterata alla Presidenza del Consiglio dei ministri dalla medesima soprintendenza.
      Tenuto conto dell'interesse storico-artistico-archeologico e religioso dell'importante Basilica Petrina, nonché del suo valore simbolico ed identitario e delle legittime aspettative di tutta la città, dalle autorità locali a quelle civili e religiose, si rinnova, nei limiti delle effettive disponibilità economiche derivanti dall'attuale congiuntura economica sfavorevole, la volontà di questo Ministero di porre in essere ogni utile iniziativa tesa a finanziare il completamento dei lavori in argomento.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Lorenzo Ornaghi.


      REGUZZONI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          l'archeologia industriale è un metodo interdisciplinare che studia tutte le testimonianze, materiali e immateriali, appositamente create al fine di attuare processi industriali od originatesi a causa di questi, al fine di approfondire la conoscenza della storia del passato e del presente industriale;
          le testimonianze attraverso cui l'archeologia industriale può giungere a questa conoscenza sono i luoghi dei processi produttivi, le tracce archeologiche causate da questi, i mezzi e i macchinari attraverso cui questi processi si sono attuati, i prodotti di questi processi, tutti le fonti scritte a loro inerenti, le fonti orali e i paesaggi segnati da questi processi e perciò detti paesaggi industriali;
          in Italia, a quel che consta all'interrogante, i musei che raccolgono testimonianze storiche relative ai processi produttivi anche in settori tradizionali del genio italiano (quali ad esempio il settore tessile, nel quale l'Italia è sicuramente tra i leader mondiali), sono spesso raccolte rimesse all'intraprendenza e alla buona volontà degli enti locali e dei privati, mentre sarebbe auspicabile che anche questo settore dei beni culturali vedesse un intervento dello Stato al fine di evitare che la dispersione ed il deterioramento dei beni ed anche al fine di stabilire d'intesa con le regioni, titolari delle competenze in tema di valorizzazione dei beni culturali, gli opportuni strumenti per favorire lo sviluppo di tali strutture;
          già esistono importanti realtà come il Museo del tessile e della tradizione industriale di Busto Arsizio (Varese) che potrebbero costituire un buon punto di partenza per essere enti catalizzatori delle iniziative di recupero e conservazione di beni di archeologia industriale;
          in particolare il citato Museo del tessile e della tradizione industriale rappresenta un unicum nel panorama nazionale per dimensioni, importanza storica, valore dell'edificio ospitante, significato culturale e della tradizione per l'area in cui è inserito;
          l'industria tessile, come si ricordava ha assunto recentemente il valore di vero e proprio «portabandiera» delle capacità nazionali, dell'estro creativo e della vena artistica e artigianale della nostra manifattura –:
          quali iniziative di competenza intenda il ministro interrogato assumere al fine di promuovere la realizzazione di una rete museale di archeologia industriale a livello nazionale, anche individuando delle strutture, come ad esempio il Museo del tessile e della tradizione industriale di Busto Arsizio, che possano divenire dei referenti per la conservazione del patrimonio archeologico industriale italiano. (4-05052)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, con la quale l'onorevole interrogante chiede di sapere quali iniziative intenda assumere il Ministero per i beni e le attività culturali al fine di promuovere la realizzazione di una rete museale di archeologia industriale, si rappresenta quanto segue.
      In primo luogo, occorre precisare che non esiste ancora nel nostro paese una normativa specifica per la preservazione dei beni industriali che consenta allo Stato di intervenire per tutelare fabbriche e macchinari, in quanto la tutela e valorizzazione dei patrimoni archeologici industriali, spesso, non coincide con gli interessi dei proprietari degli impianti dismessi. Al riguardo, si precisa che l'unica associazione operante in questo settore a livello nazionale è l'associazione italiana per il patrimonio archeologico industriale (AlPAI), di natura privatistica, che, nel corso degli ultimi anni, ha promosso e coordinato attività di studio e ricerca, finalizzate all'analisi del patrimonio archeologico industriale e delle sue connessioni con il sistema dei beni culturali.
      Su un piano più generale, si rappresenta che gli uffici periferici del Ministero per i beni e le attività culturali riservano una grande attenzione al patrimonio industriale, in particolar modo delle regioni del nord Italia. Tale interesse ha portato anche alla realizzazione di un programma di censimento e catalogazione di immobili di interesse, riconducibili all'archeologia industriale, al fine di poterne consentire una adeguata tutela e valorizzazione.
      In tale contesto, già nel maggio del 2002, è stata perfezionata un'intesa tra il Dipartimento di edilizia, urbanistica ed ingegneria dei materiali della facoltà di ingegneria di Genova, la soprintendenza per i beni architettonici ed per il paesaggio di Genova e la soprintendenza regionale per i beni e le attività culturali della Liguria finalizzata a «censire il patrimonio storico industriale presente sul territorio», nonché «promuovere, coordinare e svolgere attività di ricerca fondate sull'apporto di diverse competenze disciplinari» e «promuovere la conservazione, la valorizzazione e la pubblica fruizione del patrimonio storico industriale presente sul territorio regionale». Attraverso tale censimento è stato possibile individuare e meglio valutare la consistenza del patrimonio architettonico industriale ligure e, soprattutto, di avviare procedimenti per il riconoscimento culturale di diversi immobili, sia di proprietà privata che pubblica. È stato anche predisposto un programma di ricognizione che ha avuto ad oggetto i beni appartenenti al patrimonio storico del porto di genova ed i beni facenti parte del patrimonio marittimo ligure, con particolare riferimento alle imbarcazioni di lavoro.
      Analoghe attività sono state condotte a cura della Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici della Lombardia, ove hanno sede il museo del tessile e della tradizione industriale di Busto Arsizio richiamato dall'interrogante, il villaggio operaio di Crespi d'Adda (Bergamo), la valle delle Cartiere in provincia di Brescia, il museo civico della seta Abegg di Garlate (Lecco) ed il museo dell'Industria e del lavoro a Sesto San Giovanni. Parte del citato patrimonio è già stato sottoposto a provvedimenti di tutela, mentre è costante l'attività degli uffici periferici del Ministero tesa alla individuazione ed alla valorizzazione di tale tipologia di patrimonio, sia in termini di «contenuti», ovvero delle attrezzature industriali e collezioni di strumenti manifatturieri, sia in termini di «contenitori», ovvero edifici industriali, officine, laboratori e altri.
      Si rappresenta anche il costante impegno degli uffici del Ministero, attraverso specifici Accordi di programma, commissioni e protocolli di intesa con i comuni e le province dove tale patrimonio è ubicato, per la sua gestione, valorizzazione e fruizione pubblica. A titolo di esempio si segnalano le dichiarazioni di eccezionale interesse decretate per le collezioni della fondazione Antonio Ratti di Como, del Museo del tessile di Leffe (Bergamo), del museo storico della Società SAME DEUTZ-FAHR Italia e le dichiarazioni di interesse particolarmente importante decretate per le collezioni di macchinari ed attrezzature industriali dell'Istituto tecnico industriale «G. Feltrinelli» di Milano e per l'Archivio e il museo storico dell'ex fabbrica di automobili Alfa Romeo di Rho (Milano).
      Tuttavia, dato l'alto numero e la varietà di musei significativi per la storia dell'industria, soprattutto legati ad imprese tuttora operanti, risulta concretamente impossibile sistematizzarli in un ambito univoco su scala nazionale. Al riguardo sembrerebbe più coerente l'istituzione di reti tematiche per distretti o ambito produttivi, ovvero per tipologie museali.
      La creazione di reti museali e la valorizzazione dei musei, in particolare non statali, costituisce una delicata attività da esercitarsi in stretta collaborazione con le amministrazioni regionali e gli altri enti locali, in virtù di quanto stabilito dalla parte I del Codice dei beni culturali e del paesaggio introdotto con il decreto legislativo n.  42 del 2004.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Lorenzo Ornaghi.


      ROSATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          l'Aero Club d'Italia è un ente di diritto pubblico sottoposto alla vigilanza dei Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti, della difesa, dell'economia e delle finanze, per i beni e le attività culturali e dell'interno;
          l'ente riunisce tutte le associazioni e federazioni aeronautiche e aero club del nostro Paese, ma è finanziato per la maggior parte da trasferimenti statali ed è federato al CONI;
          negli ultimi dieci anni l'Aero Club d'Italia è stato commissariato già due volte;
          nel 2002, nella prima occasione, era stato nominato commissario il senatore Giuseppe Leoni, a succedergli, però in qualità di presidente, è stato lo stesso senatore Giuseppe Leoni, sino al 2010 quando, in occasione del secondo commissariamento, il senatore Giuseppe Leoni è stato nominato nuovamente commissario;
          infatti, con decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n.  188, si è disposto l'aggiornamento dell'organizzazione dell'Aero Club d'Italia disponendo come termine ultimo il novantesimo giorno successivo per l'adozione del nuovo statuto e il centottantesimo giorno successivo per la nomina dei nuovi organi collegiali;
          venendo meno a tali adempimenti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 dicembre 2010 gli organi dell'ente sono stati sciolti ed è stato nominato il commissario straordinario, il senatore Giuseppe Leoni, per la durata di sei mesi per l'attivazione delle procedure previste dal decreto del Presidente della Repubblica n.  188 del 2010, poi prorogati di sei mesi e poi, a gennaio 2012, per ulteriori tre;
          ad oggi l'ente non si è conformato alla nuova normativa nonostante il commissariamento sia stato motivato proprio per raggiungere tale scopo  –:
          quali ragioni abbiano condotto il Governo a prorogare la gestione commissariale del senatore Giuseppe Leoni per un periodo di ulteriori tre mesi;
          se in considerazione delle già molteplici proroghe del commissariamento, il Governo non intenda intervenire per giungere ad una rapida cessazione della gestione commissariale. (4-15569)


      ROSATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
          nella precedente interrogazione 4-15569 l'interrogante chiedeva al Governo quali fossero le ragioni che avevano condotto l'Esecutivo a prorogare la gestione commissariale del senatore Giuseppe Leoni all'Aero Club d'Italia;
          l'Aero Club d'Italia è un ente di diritto pubblico sottoposto a vigilanza di diversi Ministeri, finanziato soprattutto attraverso trasferimenti statali e federato al CONI;
          successivamente all'inadempimento di quanto disposto dal decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n.  188, che imponeva l'aggiornamento dell'organizzazione dell'Aero Club d'Italia, l'adozione di un nuovo statuto e la nomina di nuovi organi collegiali, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 dicembre 2010 sono stati sciolti gli organi collegiali dell'ente ed è stato nominato un commissario;
          la nomina del senatore Giuseppe Leoni – che si precisa essere stato presidente dell'ente fino al momento del commissariamento e quindi tra gli amministratori che non avevano aggiornato l'organizzazione dello stesso – è stata prorogata ripetutamente, in quanto l'ente non si è ancora conformato alla nuova normativa nonostante il commissariamento abbia quest'unico scopo;
          a fine aprile il Governo ha deciso di prorogare per ulteriori tre mesi la gestione commissariale del senatore Giuseppe Leoni;
          la gestione commissariale è chiamata sì a conformare lo statuto e gli organi collegiali alla nuova disciplina, ma non è autorizzata ad apportare ulteriori innovazioni non richiese dal decreto, e a confermare tale mandato si è espresso anche il Consiglio di Stato che il 22 marzo 2012 ha bocciato la proposta di modifiche statutarie avanzata dal commissario, ravvisando profili di abnormità sia nell’iter formale di approvazione sia sotto il profilo sostanziale;
          sono passati quasi 17 mesi dal commissariamento nonostante fosse inizialmente previsto per una durata di sei mesi, e nonostante che, a norma dell'articolo 7 della legge 29 maggio 1954, n.  340, non si sarebbe potuto estendere oltre l'anno;
          la scelta del senatore Giuseppe Leoni quale commissario risulta all'interrogante non sia la più corretta alla luce anche delle molte segnalazioni apparse su televisioni e riviste specializzate, sullo stato di sofferenza degli associati verso questa situazione e verso una non sempre trasparente gestione dell'ente da parte del commissario;
          l'interrogante, peraltro, non ravvisa ragioni per le quali la gestione commissariale dovesse essere affidata al presidente dell'ente, amministratore inadempiente alla nuova normativa, inadempienza causa del commissariamento  –:
          quali ragioni abbiano condotto il Governo a prorogare la gestione commissariale del senatore Giuseppe Leoni, e per quali motivi non si è decisa la nomina di un'altra persona estranea alla precedente amministrazione dell'ente;
          se il Governo intenda terminare la costosa e lunga amministrazione commissariale e quali tempistiche preveda.
(4-15971)

      Risposta. — In riferimento alle interrogazioni parlamentari in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
      L'articolo 2, comma 634, lettera h) della legge 244 del 2007 prevede che «Al fine di conseguire gli obiettivi di stabilità e crescita, di ridurre il complesso della spesa di funzionamento delle amministrazioni pubbliche, di incrementare l'efficienza e di migliorare la qualità dei servizi», con uno o più regolamenti, da emanarsi con le modalità e nei tempi ivi previsti, «sono riordinati, trasformati o soppressi e messi in liquidazione, enti ed organismi pubblici statali, nonché strutture pubbliche statali partecipate dallo Stato, anche in forma associativa», nel rispetto dei diversi principi e criteri fissati nello stesso articolo. In attuazione di tale norma, l'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 188 del 2010, ha previsto la modifica dello statuto dell'ente in parola, stabilendo ulteriori, specifici criteri direttivi quali:
          la riduzione dei membri componenti il Collegio federale a cinque;
          la soppressione del membro supplente del collegio dei revisori dei conti;
          la previsione della possibilità del rinnovo del mandato del presidente dell'ente per due anni;
          il trasferimento dei compiti di vigilanza sull'ente dal Ministero per i beni e le attività culturali alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
      Le procedure di revisione di tale statuto si sono rivelate particolarmente complesse anche in ragione della pluralità di amministrazioni ed organismi competenti ad esprimersi in proposito (Presidenza del Consiglio dei ministri – ufficio per lo Sport, Ministero dell'economia e delle finanze, Ministero della difesa, Ministero dell'interno, Ministero per i beni e le attività culturali, comitato olimpico nazionale – ufficio vigilanza antidoping, statuti e regolamenti).
      Occorre anche sottolineare che la disciplina in argomento riveste natura del tutto peculiare e complessa ed ha dovuto essere rivista anche alla luce delle indicazioni specificamente fornite al riguardo dal CONI.
      Tale complessità ha determinato, dunque, l'esigenza di tempi procedurali maggiori rispetto a quanto previsto; infatti è stato necessario prevedere numerose riunioni e scambi di documenti tra le amministrazioni concertanti al fine di esaminare i singoli aspetti delle modifiche proposte, ulteriormente riviste anche in relazione, come detto, a quanto segnalato dal Coni al commissario straordinario.
      Si fa presente che il Consiglio di Stato, con il parere reso nell'adunanza 19 aprile 2012, ha chiesto che vengano apportate modifiche allo strumento formale per l'approvazione dello Statuto, nonché al contenuto delle relative disposizioni, in modo da limitarle a quanto richiesto dallo stretto dettato della legge di riordino degli enti.
      Nelle more dell'acquisizione del parere del suddetto organo e dei necessari adempimenti, si è resa pertanto indispensabile la proroga dell'incarico al Commissario straordinario per ulteriori tre mesi, dal momento che, allo stato della procedura, non sono sembrate possibili, per tutte le amministrazioni coinvolte, scelte diverse da quella di addivenire ad una nuova proroga dell'incarico in questione. Ciò, anche al fine di consentire la definitiva adozione del nuovo Statuto e la nomina dei nuovi organi di governo dell'ente e, quindi, il ripristino dell'ordinarietà nella gestione dello stesso.
      Una diversa valutazione avrebbe comportato, tra l'altro, un ulteriore allungamento dei tempi procedurali connessi all'esigenza, per un eventuale nuovo commissario, di approfondimento delle tematiche connesse all'emanando Statuto.
      La scelta di addivenire ad una nuova proroga, quindi, è dovuta all'interesse pubblico prevalente di consentire al più presto che i rappresentanti di ciascuna delle specialità degli sport aeronautici, attraverso l'espressione del diritto di voto in assemblea, partecipino alla designazione del presidente dell'aero club d'Italia, dei membri del consiglio federale e del presidente della commissione centrale sportiva aeronautica, nonché all'elezione dei membri del Collegio dei probiviri e del collegio dei revisori dei conti, in modo che l'aeroclub sia nuovamente governato da soggetti eletti secondo i meccanismi di rappresentatività specificatamente previsti.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Corrado Passera.


      ROSATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 156, comma 1, codice civile dispone che «Il giudice pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall'altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri»;
          l'articolo 5, commi 6 e 7, della legge 1° dicembre 1970, n.  898 recante «Disciplina dei casi di scioglimento dei matrimoni», come modificato dalla legge 6 marzo 1987, n.  74, dispone che «il Tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive» e che questo debba essere adeguato automaticamente con riferimento agli indici di svalutazione monetaria;
          le valutazioni, che seguiranno, per l'assegno di mantenimento (articolo 156, comma 1, codice civile) si ripropongono egualmente per il cosiddetto, dalla giurisprudenza, assegno divorzile (articolo 5, commi 6 e 7, della legge 1° dicembre 1970, n.  898);
          il quadro nazionale, consegnato dalle statistiche, ci disegna una situazione per cui la maggioranza delle sentenze di separazione vede la moglie quale coniuge a cui spetti il percepimento dell'assegno di mantenimento da parte dell'altro coniuge, infatti in tre casi su quattro è la donna a chiedere la separazione, e nel 21 per cento dei casi queste prevedevano, nel 2009, l'assegno di mantenimento a carico del marito e nel 13 per cento dei casi di divorzio la sentenza addebitava all'uomo l'assegno di divorzio;
          è nota, anche alla cittadinanza le problematiche che riscontrano i padri separati, spesso, nel riuscire ad assicurare il regolare versamento dell'assegno stabilito dal tribunale nell'insieme delle spese che si trovano ad affrontare;
          si fa presente che l'articolo 156, comma 7, codice civile dispone che «In caso di inadempienza, su richiesta dell'avente diritto, il giudice può disporre il sequestro di parte dei beni del coniuge obbligato e ordinare a terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di denaro all'obbligato, che una parte di essa venga versata direttamente agli aventi diritto»;
          il coniuge che è tenuto al versamento dell'assegno di mantenimento è tenuto a farlo in costanza di validità della sentenza che l'ha quantificato, quindi anche nei periodi in cui venissero meno i presupposti sui quali era stato giustificato l'instaurarsi dell'obbligo di corresponsione dello stesso verso l'altro coniuge;
          il coniuge separato è, quindi, tenuto a versare tale assegno all'altro coniuge anche se quest'ultimo instaura una nuova convivenza cosiddetta more uxorio, non implicando la stessa, normativamente parlando, alcun diritto al mantenimento (confronta Cassazione civile, sezione I, 30 ottobre 1996, n.  9505);
          il rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia realizzato dalla Caritas- Zancan, su un campione di 80 mila persone delle 600 mila che si rivolgono ai centri di ascolto delle Caritas diocesane, indica che gli uomini separati che si rivolgono sono il 16,1 per cento;
          per i mariti separati che hanno difficoltà a versare regolarmente l'assegno rimane l'unica strada della revisione della sentenza, ai sensi dell'articolo 156, comma 7, codice civile, per l'ottenimento di una nuova quantificazione dell'assegno alle mutate condizioni economiche, con la consapevolezza che tale revisione comporta gli oneri per le spese legali del caso;
          va ricordato che, contestualmente al sorgere dell'obbligo di mantenimento dell'altro coniuge (articolo 156, comma 1, codice civile), sono soliti sorgere in capo al coniuge «colpevole» ulteriori trattamenti economici sfavorevoli: mancata assegnazione della casa familiare, divisione dei beni mobili ed immobili;
          sebbene con la separazione donne e uomini entrino in crisi economica, l'emergenza abitativa, soprattutto nelle realtà urbane, colpisce specialmente gli uomini;
          lo stesso rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia realizzato dalla Caritas-Zancan indica che le donne separate che si rivolgono sono il 19,2 per cento;
          le difficoltà per i mariti separati a corrispondere puntualmente l'assegno, causa difficoltà economiche personali, o anche e non di rado, per semplice scelta di non adempiere ai propri doveri, crea notevoli problemi alle donne separate soprattutto se con i figli a carico;
          le separazioni e i divorzi sono causa, quindi, di nuove povertà e a peggiorare la in alcuni casi, c’è anche l'assenza o la perdita del lavoro da parte del genitore divorziato o separato con figlio a carico;
          la povertà colpisce, comunque, l'intero nucleo familiare in quanto vengono meno le economie di scala e si impoverisce a maggior ragione in questi anni di crisi economica  –:
          se presso la Presidenza del Consiglio dei ministri sia monitorato o quantificato il fenomeno delle nuove povertà causate dalle separazioni e dai divorzi;
          se il Governo abbia intenzione di intervenire per rimuovere gli oggettivi ostacoli per i coniugi separati esclusi da graduatorie a causa del proprio reddito lordo che non viene considerato al netto dell'assegno di mantenimento o divorzile. (4-13820)

      Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame con cui si chiede quali interventi si intendano assumere per rimuovere il fenomeno delle nuove povertà causate dalle separazioni e dai divorzi, si rappresenta quanto segue.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha finanziato l'indagine Istat «condizioni di vita delle persone separate, divorziate e coniugate dopo un divorzio» diffusa il 7 dicembre 2011 al fine di fornire al legislatore uno strumento utile per l'individuazione delle tematiche più urgenti e lo studio delle soluzioni da offrire a coloro i quali, dopo la separazione o il divorzio, vivono, loro malgrado, una situazione di difficoltà.
      Da tale indagine è emerso che la separazione e il divorzio rappresentano una causa di difficoltà economica che colpisce in misura maggiore le donne. Al momento della separazione, infatti, la maggior parte degli uomini sono occupati (83,1 per cento), mentre le donne occupate sono il 61,4 per cento (52,7 per cento a tempo pieno e l'8,7 per cento in part-time). Le donne non occupate sono per lo più casalinghe (22,7 per cento), o in cerca di occupazione (11,5 per cento contro il 5,6 per cento degli uomini).
      Il 76,3 per cento degli individui che hanno vissuto lo scioglimento di un'unione non cambia condizione occupazionale nei due anni successivi alla separazione. Tra coloro che, al contrario, modificano la propria posizione nel mercato del lavoro, si osserva più frequentemente la transizione da inattivo a occupato (9,4 per cento degli individui), soprattutto per le donne (che rappresentano il 78,2 per cento di coloro che iniziano a lavorare a seguito dello scioglimento dell'unione).
      Nei due anni successivi allo scioglimento dell'unione, quasi la metà delle persone dichiara di trovarsi in una situazione economica peggiore rispetto a quella precedente la separazione (46 per cento). A veder peggiorare le cose sono soprattutto le donne (il 51 per cento contro il 40,1 per cento degli uomini) e coloro che al momento dello scioglimento non avevano un'occupazione a tempo pieno (il 52,3 per cento delle persone in cerca di occupazione, il 53,9 per cento degli inattivi e il 61 per cento degli occupati a tempo parziale).
      Ha visto peggiorare la propria situazione economica il 52,9 per cento delle persone che avevano figli al momento della separazione contro il 37,1 per cento di chi non ne aveva. È emerso, inoltre, che in seguito all'interruzione dell'unione coniugale, le donne ricoprono più spesso il ruolo di genitore solo (35,8 per cento contro il 7,3 per cento) con le quote più elevate di rischio di povertà (28,7 per cento per le single e 24,9 per cento le madri sole).
      Dall'istruttoria effettuata presso il Ministero per la cooperazione internazionale e l'integrazione, emerge che il trattamento fiscale dell'assegno di mantenimento versato in favore del coniuge è differente da quello dell'assegno di mantenimento che viene versato in favore del figlio: solo il primo, infatti, è deducibile dal reddito imponibile del coniuge obbligato.
      Al contempo, gli assegni periodici costituiscono per il coniuge separato che ne beneficia reddito imponibile e quindi il coniuge separato è obbligato a versare l'Irpef sull'importo percepito a titolo di mantenimento.
      È evidente, comunque, che gli effetti della situazione economica e finanziaria di oggi si riversano sulle famiglie e, in particolare, su quelle che dopo la separazione contano su un solo reddito.
      Gli effetti di una separazione sono numerosi e coinvolgono questioni psicologico-affettive, mutamenti dello stile di vita, aspetti economici. L'istituto di ricerca Eurispes ha recentemente analizzato il fenomeno delle separazioni e dai dati emerge che i genitori soli in difficoltà economiche sono il 23 per cento (2009), in diminuzione (-1,4 per cento) però rispetto all'anno precedente. A fronte di una diminuzione del numero dei matrimoni, si registra un aumento del numero delle separazioni, che coinvolgono spesso i figli minori per i quali viene disposto l'affidamento congiunto o ad uno dei genitori.
      Quanto ai provvedimenti economici adottati in caso di separazione e divorzio, è emerso che dal 2007 al 2009 la disposizione di versare un assegno al coniuge è in diminuzione mentre resta piuttosto stabile in presenza di affidamento di minori; la casa, infine, viene assegnata nella maggior parte dei casi alla moglie, anche se – dal 2007 al 2009 – si registra un lieve aumento dei casi in cui viene assegnata al marito.
      Il dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri, attraverso l'osservatorio famiglia, elabora ogni due anni una relazione sulla situazione familiare in Italia, finalizzata ad aggiornare le conoscenze sulle principali dinamiche demografiche, sociologiche, economiche e di politica familiare, che tiene conto anche del fenomeno delle separazioni e dei divorzi e delle conseguenze che ciò comporta sia a livello economico che sociale.

      Il rapporto contiene sia un approfondito quadro d'insieme della situazione della famiglia in Italia, sia una ricognizione delle esperienze e degli interventi attuati in varie regioni per dare risposte concrete ai bisogni delle famiglie. Tale pubblicazione costituisce già di per sé un indispensabile e utile spunto di riflessione per assumere, ad ogni livello di governo, azioni mirate in favore delle famiglie.
      Una sempre maggiore attenzione istituzionale è posta dunque alle questioni di carattere sociale ed economico che possono avere origine dalla fine del rapporto matrimoniale e una maggiore tutela viene oggi offerta ai coniugi separati, sia sotto il profilo psicologico che dal punto di vista economico, conseguente soprattutto alla mancata assegnazione dell'abitazione familiare.
      In merito a specifiche misure per considerare il reddito dei coniugi separati al netto dell'assegno di mantenimento o divorzio, risultano all'esame del Parlamento alcuni disegni di legge in materia di affido condiviso che contengono norme in merito alla regolamentazione dei rapporti economici tra i coniugi (AS 2454 e AS 957), ovvero disposizioni per il sostegno dei padri separati in condizioni di disagio (AS 2405).
      Per quanto concerne le modalità di accesso alle graduatorie dell'edilizia residenziale popolare, la normativa regionale può già prevedere che gli assegni di mantenimento pagati dal genitore non affidatario vengano detratti dal suo reddito, preso in considerazione al fine della richiesta di inserimento nella graduatoria. La regione Liguria, fin dal 2008, ad esempio, ha legiferato (legge regionale n.  34 del 2008) per garantire un sostegno ai genitori separati in situazione di difficoltà.
      Gli interventi economici per la gestione dell'emergenza della crisi familiare devono essere accompagnati anche da seri investimenti sulla prevenzione della crisi, avendo come principio ispiratore l'interesse superiore del minore a crescere in un contesto sereno e stabile. In tale direzione si muovono le azioni a sostegno della genitorialità previste nel terzo piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 21 gennaio 2011.
      Si segnala inoltre che nel piano nazionale per la famiglia, in corso di definitiva approvazione, tra le priorità nelle azioni e negli interventi da realizzare sono state individuate, tra l'altro, proprio le famiglie con disagi conclamati sia nella coppia, sia nelle relazioni genitori-figli, che richiedono sostegni urgenti.
      Con riferimento alle considerazioni sull'assegno di mantenimento o divorzile nella nozione di reddito rilevante per l'accesso a prestazioni sociali agevolate, l'articolo 5 del decreto legge 6 dicembre 2011, n.  201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n.  214 («Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici»), nel prevedere l'introduzione dell'ISEE per la concessione di agevolazioni fiscali e benefici assistenziali, con destinazione dei relativi risparmi a favore delle famiglie, demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (da emanarsi entro il 31 maggio 2012 e attualmente in fase di predisposizione), il compito di rivisitare le modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'indicatore della situazione economica equivalente, al fine di rafforzare la rilevanza degli elementi collegati alla ricchezza patrimoniale della famiglia e ai trasferimenti monetari.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Cecilia Guerra.


      ROSATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          la sera del 12 dicembre 2011 era in programma, al nuovo Palazzetto dello Sport di Trieste un concerto musicale;
          nel pomeriggio la cooperativa On Stage stava lavorando al montaggio del palcoscenico quando questi sarebbe crollato, investendo gli operai che vi stavano lavorando;
          le motivazioni del crollo, riportate sui quotidiani possono essere molteplici, ma solo le inchieste avviate saranno in grado di fare luce sulle cause dell'incidente;
          nel crollo della struttura numerosi operai che lavoravano al montaggio della struttura sono stati travolti, uno, giovanissimo, ha perso la vita, altri sette sono restati feriti, alcuni anche gravemente;
          la normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, è stata recentemente innovata con il decreto legislativo 9 aprile 2008 n.  81, e le diverse valutazione che vengono fatte ne riconoscono con sottolineature diverse la sua efficacia, la sua complessità, i molti adempimenti per l'impresa (anche burocratici) che comporta la sua applicazione, ma tutti convengono sulla necessità che alle norme si accompagnino stringenti ed efficaci controlli  –:
          alla luce dell'invio degli ispettori del Ministero, di quali informazioni sia in possesso al termine delle indagini del caso circa i motivi dell'incidente e delle responsabilità del crollo avvenuto a Trieste;
          se le norme in vigore sulla sicurezza sul lavoro siano adeguate;
          se le risorse assegnate agli organismi di controllo siano adeguate. (4-14220)

      Risposta. — L'interrogazione parlamentare in esame si riferisce all'infortunio mortale sul lavoro occorso il 12 dicembre 2011 al signor Francesco Pinna in forza presso la società cooperativa On Stage di Trieste, azienda operante nel settore «montaggio palchi e altri servizi di supporto alle imprese».
      Nel rispondere al primo quesito, ci si limiterà in questa sede, a riportare gli elementi informativi acquisiti presso la direzione territoriale del lavoro di Trieste, nonché quelli forniti dall'Inail.
      Dagli accertamenti esperiti e dalle dichiarazioni acquisite è emerso che il signor Francesco Pinna, di 20 anni, aveva sottoscritto, con la predetta società, un contratto di collaborazione coordinata e continuativa (ai sensi dell'articolo 61, 2° comma, del decreto legislativo 276 del 2003: cosiddetto mini co.co.co.) per il periodo dal 16 ottobre-18 dicembre 2011 e per un numero massimo di 30 giornate lavorative. È emerso, inoltre, che il giorno dell'infortunio il signor Pinna era impegnato nella movimentazione di casse musicali e di altre attrezzature audio dai mezzi di trasporto fino ai piedi della struttura «Ground Support» allestita presso il Palatrieste; tale struttura, realizzata per l'esecuzione del concerto musicale di un noto cantante, era stata montata la notte precedente dalla società Stage System s.r.l., con sede in Zibido S. Giacomo (Milano).
      In particolare è emerso che alle ore 14 circa, mentre il signor Pinna era intento ad eseguire le predette movimentazioni, la suddetta struttura crollava procurandogli lesioni mortali. Il cedimento della struttura provocava, inoltre, il ferimento di altri dieci lavoratori che stavano operando nello stesso luogo.
      Si precisa, che per l'accertamento delle cause e delle responsabilità dell'incidente è aperto un procedimento penale presso la procura della Repubblica di Trieste mentre sono in corso accertamenti per la verifica del corretto assolvimento degli oneri contributivi e assicurativi per il lavoratore deceduto e per tutti gli altri lavoratori infortunati.
      Per quanto riguarda l'erogazione delle prestazioni dovute per tale infortunio mortale, la sede Inail competente, in base alle risultanze istruttorie, ha costituito la rendita in favore del coniuge del lavoratore ed ha corrisposto l'assegno funerario, ai sensi dell'articolo 85 del decreto del Presidente della Repubblica n.  1124 del 1965. La stessa sede ha provveduto alla erogazione del beneficio a carico del Fondo per le vittime di gravi incidenti sul lavoro.
      Nel rispondere al secondo quesito relativo all'adeguatezza delle norme in materia di sicurezza sul lavoro con specifico riferimento al settore di attività richiamato nel presente atto, occorre precisare che gli uffici del Ministero che rappresento hanno provveduto a richiedere, alla competenti strutture dell'Inail e del coordinamento tecnico delle regioni, le designazioni di esperti al fine di costituire un apposito gruppo di lavoro che dovrà valutare i necessari approfondimenti per le opere provvisionali utilizzate in occasione degli spettacoli musicali o per le manifestazioni sportive e similari.
      Nel rispondere all'ultimo quesito relativo all'adeguatezza delle risorse assegnate agli organismi di controllo, si fa presente che all'inizio di ogni anno vengono stanziati i fondi per l'espletamento dell'attività di vigilanza degli uffici territoriali appartenenti al Ministero del lavoro e delle politiche sociali; tali risorse, attribuite sulla base della programmazione annuale che tiene conto anche delle specificità dei singoli contesti produttivi, sono suscettibili di successiva integrazione in corso d'anno sulla base delle specifiche richieste che pervengono dagli uffici territoriali.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Elsa Fornero.


      ROSATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          il 19 marzo 2012 la commissione trasporti e turismo del Parlamento europeo ha visitato la città di Trieste nell'ambito del tour che ha interessato nell'arco di tre giorni anche Venezia, Verona e Milano;
              la delegazione guidata dal presidente della commissione, Brian Simpson, ha verificato sul campo i progetti, le potenzialità e lo stato dell'arte delle grandi infrastrutture strategiche per il nordest italiano e di rilevanza comunitaria: stradali, ferroviarie, portuali e aeroportuali;
          la tappa triestina della visita italiana della commissione si è sviluppata su due incontri istituzionali con le autorità locali;
          il primo incontro si è svolto presso la presidenza della regione autonoma Friuli Venezia Giulia, organizzato dal presidente Renzo Tondo, al quale hanno preso parte anche l'assessore regionale alle infrastrutture e ai trasporti Riccardo Riccardi, il prefetto Alessandro Giachetti, il segretario dell'InCE (Iniziativa Centro Europea) Gerhard Pfanzelter, il sindaco di Trieste Roberto Cosolini, la presidente della provincia di Trieste Maria Teresa Bassa Poropat, l'assessore provinciale alle infrastrutture Vittorio Zollia, il direttore della direzione marittima di Trieste Antonio Basile;
          il secondo incontro si è svolto presso la sede dell'InCE al quale hanno partecipato il segretario vicario dell'InCE Giorgio Rosso Cicogna, l'assessore regionale alle infrastrutture e ai trasporti Riccardo Riccardi, il direttore delle Ten-T alla direzione generale trasporti della Commissione europea, Alain Baron, il presidente del Comitato Transpadana, Antonio Paoletti, alcuni tecnici dell'InCE e di RFI;
          la presidente dell'autorità portuale di Trieste, Marina Monassi, non ha partecipato né al primo incontro istituzionale, né al secondo nel quale, peraltro, era in programma un suo intervento;
          la presidente Monassi non ha ritenuto di far partecipare agli incontri l'autorità portuale di Trieste nemmeno incaricando un suo delegato di rango adeguato, che pure avrebbe potuto esporre ai membri della commissione le caratteristiche del porto giuliano;
          l'assenza di una figura di rappresentanza dell'autorità portuale di Trieste risulta aggravata dal fatto che la delegazione della commissione nella mattina ha svolto, come da programma, un sopralluogo alle strutture del porto anche via mare a bordo di una motovedetta messa a disposizione dal comandante della capitaneria di porto;
          il tema del porto è stato al centro dei confronti che si sono susseguiti sui due tavoli tra le autorità locali e la delegazione della commissione e ha, difatti, caratterizzato la maggior parte delle dichiarazioni di impegno politico del presidente della commissione stessa, Brian Simpson;
          l'importanza della questione della portualità del Nord Adriatico e del suo collegamento con il progetto del corridoio con il Baltico è sottolineata dall'evenienza che la medesima tematica è stata trattata nell'incontro con le autorità venete a Venezia il giorno seguente, 20 marzo;
          per la tematica affrontata e per le sue ricadute sullo sviluppo economico del porto, quindi, la presenza della presidente dell'autorità portuale di Trieste o di un suo delegato si rendeva indispensabile per un ottimale raccordo tra le istituzioni protagoniste del progetto di rilancio del sito portuale;
          l'assenza, a giudizio dell'interrogante volontaria, a tutti gli effetti dell'autorità portuale di Trieste da un incontro di simile livello ha inevitabilmente creato sconcerto nella delegazione della commissione, e conseguente discapito dell'immagine delle potenzialità dello scalo di Trieste, che alla presidente Monassi è affidato  –:
          se il Ministro, alla luce della corretta rilevanza che il Governo assicura alle strategie di sviluppo infrastrutturale dei trasporti ferroviari e marittimi all'implementazione degli scali portuali nazionali, ritenga di esortare la presidente dell'autorità portuale di Trieste a una massima collaborazione con le autorità nazionali e locali, a tutela di un superiore interesse nazionale, anche al fine di non dare l'immagine di un panorama istituzionale frastagliato e incapace di fare sistema nel momento in cui scelte decisive per il nostro futuro vengono assunte nelle sedi europee. (4-15474)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, inerente la presunta assenza di un rappresentante dell'autorità portuale di Trieste alla visita della delegazione della commissione trasporti e turismo del Parlamento europeo in data 19 marzo 2012, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
      Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è ben consapevole che lo spirito di massima e fattiva collaborazione, da parte delle autorità nazionali e locali, riveste un ruolo fondamentale e decisivo nell'ambito degli incontri con le delegazioni europee, volti a promuovere e sostenere scelte decisive per il futuro e la crescita di questo Paese.
      In tale ottica, al fine di verificare quanto indicato dall'interrogante, si è provveduto a richiedere dettagliati chiarimenti sulla vicenda segnalata.
      L'autorità portuale di Trieste, all'uopo interessata, ha fornito precise informazioni al riguardo.
      In primo luogo, è stato evidenziato che il Presidente dell'ente non ha potuto presenziare personalmente alle riunioni con la suddetta commissione per impegni fuori sede, già assunti in precedenza.
      Tuttavia, al fine di garantire la presenza dell'ente in tale ambito, sono stati comunque delegati a partecipare due dipendenti dell'autorità medesima, uno dei quali appartenente al Servizio relazioni esterne.
      In particolare, lo stesso presidente dell'autorità portuale ha evidenziato che tali dipendenti hanno presenziato al primo ed al secondo incontro istituzionale, nonché al sopralluogo alle strutture del porto, fornendo accurate informazioni ai membri della commissione che ne hanno fatto richiesta: al riguardo, alcuni fra i partecipanti alla delegazione hanno espresso soddisfazione per le risposte ricevute.
      Peraltro, per doverosa completezza d'informazione, si fa presente che secondo quanto riferito dallo stesso presidente, l'autorità portuale non è mai stata contattata ufficialmente in ordine all'organizzazione del sopralluogo alle strutture portuali.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Corrado Passera.


      ROSSA e TULLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 5 del decreto-legge n.  201 del 2011 convertito dalla legge n.  214 del 2011 regolamenta i nuovi criteri di calcolo e le nuove modalità di applicazione dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), ovvero quello strumento attualmente usato ai fini dell'accesso a prestazioni e servizi sociali e alle tariffe agevolate;
          tale articolo attribuisce alla Presidenza del Consiglio dei ministri la facoltà di rivedere i criteri dell'ISEE entro il 31 maggio 2012, dopo aver sentito le commissioni parlamentari competenti;
          il testo fissa la revisione dei criteri di calcolo e l'elencazione delle agevolazioni, benefici, prestazioni a cui applicare il nuovo ISEE dal gennaio 2013;
          attualmente l'ISEE è applicato per un numero molto limitato di servizi sociali e benefici, mentre viene escluso per altri. Per l'accesso a prestazioni monetarie (pensioni, assegni indennità) e altri servizi si fa abitualmente riferimento al reddito personale o, per alcune provvidenze o maggiorazioni, anche quello del coniuge. Nessuna agevolazione fiscale è attualmente legata all'ISEE; alcuni benefici fiscali sono esclusi o rimodulati al di sopra di prefissate soglie reddituali (esempio carichi di famiglia) personali;
          nel calcolo del futuro ISE (situazione economica) peserà maggiormente la componente del patrimonio di ciascun componente del nucleo senza far alcun riferimento all'eventuale ISE personale;
          per «patrimonio» abitualmente si considera quello mobiliare e quello immobiliare e cioè titoli e depositi bancari, abitazioni, terreni e altro: si terrà quindi in maggiore considerazione ciò che una famiglia, nella sua interezza, possiede in termini di ricchezza;
          contribuiranno al reddito anche somme che attualmente non entrano nel computo, perché esentate dall'imposizione fiscale: le provvidenze assistenziali agli invalidi civili, ai ciechi e ai sordi, alcune borse di studio, l'assegno sociale;
          nella formulazione di criteri di calcolo dell'ISEE si dovrà tenere conto dei carichi familiari «in particolare dei figli successivi al secondo»; e della presenza nel nucleo familiare di una persona con disabilità;
          l'articolo 5, prevede espressamente l'emanazione di decreto applicativo che elenchi le «situazioni» alle quali verrà applicato il nuovo ISEE, ovvero: le agevolazioni fiscali (esempio carichi di famiglia, spese di assistenza, e altro), le agevolazioni tariffarie (elettricità, gas, asporto rifiuti), le provvidenze di natura assistenziale (esempio pensione e indennità per gli invalidi civili, assegni e pensioni sociali e altro);
          si presume che l'ISEE sarà applicato anche a situazioni in cui finora non sono previsti i limiti reddituali: il caso più evidente è quello dell'indennità di accompagnamento a ciechi, invalidi civili, sordi con la conseguenza che una parte di attuali titolari potrebbe perdere il diritto all'indennità di accompagnamento;
          dal primo gennaio 2013, le agevolazioni non potranno più essere riconosciute alle persone in possesso di un ISEE superiore alla soglia individuata con il decreto stesso –:
          se il Governo non ritenga necessario valutare l'opportunità di rivedere i criteri di calcolo e le modalità di applicazione dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), rimuovendo dal computo complessivo l'indennità di accompagnamento. (4-14965)

      Risposta. — Con l'interrogazione in esame si chiede al Governo di valutare l'opportunità di rivedere i criteri di calcolo e le modalità di applicazione dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), rimuovendo dal computo complessivo l'indennità di accompagnamento, in occasione della definizione del decreto di cui all'articolo 5 del decreto legge 6 dicembre 2011, n.  201, convertito nella legge 22 dicembre 2011, n.  214.
      Il decreto, attualmente in fase di predisposizione dovrà adottare, secondo quanto stabilito dall'articolo 5 del citato decreto legge n.  201 del 2011, cosiddetto decreto «salva Italia», una definizione di reddito disponibile che includa la percezione di somme anche se esenti da imposizione fiscale e che tenga conto delle quote di patrimonio e di reddito dei diversi componenti della famiglia nonché dei pesi dei carichi familiari, in particolare dei figli successivi al secondo e di persone disabili a carico.
      È ancora in fase di studio l'elenco delle situazioni cui verrà applicato il nuovo indicatore della situazione economica equivalente, ma posso assicurare che l'esigenza indicata nell'atto in esame sarà tenuta nella più adeguata considerazione.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Cecilia Guerra.


      TOCCAFONDI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          si apprende da notizie di stampa che a Firenze esiste un patrimonio immobiliare di 72 immobili, 26 dei quali dentro il complesso dei giardini di Boboli, immobili di proprietà dello Stato, affidati alla Soprintendenza ai beni architettonici;
          come riportato dalla stampa locale sono case in contesti eccezionali affittati a canoni molto bassi, canoni che oscillerebbero tra i 230 e i 280 euro al mese, per appartamenti che vanno dagli 80 ai 106 metri quadri, che sono stati assegnati a soprintendenti e direttori generali dei beni culturali e paesaggistici della Toscana, oggi in pensione o trasferiti ad altri incarichi;
          inoltre, si apprende che del patrimonio farebbero parte anche abitazioni sfitte e altre di grandi dimensioni locate a pensionati o ai loro eredi in a base a criteri non di mercato;
          nel 2010 fu effettuata dal Ministero per i beni e le attività culturali un'ispezione, per un'indagine su 10 istituti culturali, che ebbe come unico effetto noto, la richiesta di aumentare il canone, ma comunque anche dopo gli adeguamenti gli affitti sarebbero aumentati di poco;
          nella relazione compilata al termine dell'indagine, come si apprende da articoli di stampa, si sottolineava che pur reputando «apprezzabile l'intenzione della soprintendenza di agevolare l'assegnazione delle abitazioni a personale dell'amministrazione per evitare la loro immissione sul libero mercato, che comporterebbe l'ingresso di estranei in compendi museali» esisteva «l'oggettiva sperequazione» data dalla gestione degli immobili affidati ad altri enti;
          ad oggi, da quanto si apprende da notizie di stampa, alcuni immobili sarebbero abitati da alcuni ex soprintendenti e dirigenti;
          l'articolo 4 della legge di stabilità finanziaria del mese di luglio 2011 esclude dall'utilizzo di immobili pubblici i titolari di uffici decaduti dalla carica, mentre il regolamento di gestione del canone di concessione, approvato nel 2005 dalla Soprintendenza, prevede il diritto degli inquilini di restare anche dopo il pensionamento  –:
          se sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e quali siano i contenuti della relazione degli ispettori del Ministero fatta anche sugli alloggi a Firenze;
          quali iniziative intenda intraprendere il Governo per fare chiarezza sulla questione dei canoni di affitto di abitazioni in contesti museali;
          se esista una incompatibilità tra quanto sancito dall'articolo 4 della legge di stabilità finanziaria del mese di luglio 2011 e il regolamento della Soprintendenza in merito alla concessione delle abitazioni a persone in pensione, e in caso affermativo come questa incompatibilità si risolva. (4-14166)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, in con la quale l'interrogante chiede informazioni circa la locazione a terzi degli immobili demaniali in consegna alla soprintendenza per i beni architettonici, paesaggistici, storici, artistici ed etnoantropologici per le province di Firenze, Pistoia e Prato, si rappresenta quanto segue.
      Come emerge dalla stessa interrogazione, ed è dunque noto, l'amministrazione ha svolto nel 2010 sul tema un'apposita istruttoria ispettiva presso gli uffici periferici interessati.
      Con particolare riguardo ai criteri di determinazione del canone di concessione degli immobili demaniali di cui sopra, la competente soprintendenza ha fornito, con propria nota protocollo n.  11838 del 25 giugno 2010, ogni utile elemento di risposta alla richiesta formulata in merito dagli ispettori ministeriali con verbale in data 10 giugno 2010, n.  6649.
      In particolare, la soprintendenza ha ricordato come, per la gestione della materia, erano stati istituiti i seguenti organi:
          commissione per la redazione del regolamento di gestione e determinazione del canone degli alloggi demaniali;
          unità operativa per la gestione degli alloggi demaniali, a sua volta suddivisa in:
              ufficio tecnico alloggi demaniali;
              ufficio amministrativo alloggi demaniali.
      In base al lavoro del primo organo, necessario per dotare l'amministrazione di un regolamento che consentisse di rideterminare tutti i canoni con un criterio unico, che tenesse conto di tutti i parametri presenti, in data 25 maggio 2005, con decreto soprintendentizio n.  616, era stato approvato il «regolamento per la determinazione del canone di concessione di alloggi demaniali del ramo storico artistico in uso al personale del Ministero per i beni e le attività culturali», d'ora in poi denominato «regolamento».
      L'impianto generale della determinazione del canone (articoli 1, 3, 4 del regolamento) è stato mutuato dall'accordo territoriale sulle locazioni abitative (articolo 2, comma 3 e articolo 5, comma 1 legge 431 del 1998 – decreto Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 30 dicembre 2002) comuni di Firenze, Bagno a Ripoli, Calenzano, Campi Bisenzio, Impruneta, Lastra a Signa, Scandicci, Sesto Fiorentino, Signa, e dei comuni non più ad alta tensione abitativa di Fiesole, Greve in Chianti, S. Casciano in Val di Pesa» sottoscritto fra le associazioni degli inquilini e dei proprietari il 25 novembre 2004 (con successive integrazioni sottoscritte in data 11 gennaio 2005). Da questo accordo, inoltre, sono state desunte le tabelle di costo euro al metro quadro di cui all'articolo 2 del regolamento.
      Successivamente sono state redatte le schede di valutazione degli alloggi, in cui sono stati riportati tutti i dati oggettivi richiesti per la determinazione del canone. Tra essi, va ricordata l'individuazione delle porzioni con altezze inferiori alla norma o totalmente prive della necessaria illuminazione, da scomputare in percentuale nel calcolo delle superfici, così come peraltro già effettuato a norma di legge nei contratti dell'agenzia del demanio. Un primo gruppo di 43 schede è stato trasmesso, in data 22 settembre 2005, dall'ufficio tecnico all'ufficio amministrativo per la redazione dei contratti.
      I nuovi canoni determinati in base al regolamento sono tutti, ad eccezione di 13, più alti di quelli applicati in precedenza dall'agenzia del demanio (che si occupava della determinazione del canone nonché della sua riscossione prima che, nel 2004, con vari atti, la stessa cedesse, in attuazione della legge 4 del 1993, la gestione totalmente alla soprintendenza de qua). In alcuni casi si sono registrati aumenti anche del 100 per cento.
      I contratti sono stati stipulati su un modello di base strettamente corrispondente alle direttive in merito impartite dal Ministero delle finanze.
      Va, inoltre, ricordato che molti concessionari occupavano gli alloggi, a seguito di regolare assegnazione dopo bando di concorso, senza che tuttavia l'agenzia del demanio avesse provveduto alla formalizzazione della relativa concessione, pur percependo i canoni dovuti.
      Dopo la sopra menzionata ispezione ministeriale del 2010, da cui erano emerse alcune criticità, la soprintendenza ha intrapreso le seguenti iniziative.
      È stata avviata la redazione di un nuovo regolamento che chiarisca la natura di «alloggi di servizio» degli immobili, nonché preveda la rideterminazione dei canoni di concessione. Tale nuovo regolamento verrà emanato entro il mese di ottobre 2012, mese in cui vanno in scadenza i contratti fino ad oggi sottoscritti, in modo che i nuovi contratti dovranno essere rispondenti a quanto in esso previsto. Una delle più significative novità introdotte dal nuovo regolamento è la previsione di fasce di reddito – da documentare con la presentazione dell'ISEE (indicatore della situazione economica equivalente) – in base alle quali graduare gli aumenti del canone di concessione, nonché individuare eventuali condizioni di agevolazioni a fronte di situazioni di grave disagio economico.
      Per quanto riguarda, poi, l'assegnazione di alloggi di servizio a soprintendenti o direttori generali oggi in pensione, lamentata nell'interrogazioni, o trasferiti ad altri incarichi, si rappresenta che, in merito, sono stati presi i seguenti provvedimenti:

Scheda n.  66
      La soprintendenza, in data 27 giugno 2011, ha inviato richiesta di rilascio dell'alloggio ai sensi dell'articolo 9 del contratto di concessione e del regolamento.
      In data 26 ottobre 2011 è pervenuta la risposta dell'occupante, attualmente in pensione, che ha comunicato la sua intenzione di lasciare l'alloggio nel più breve tempo possibile. Ad oggi il trasloco è quasi completato e il rilascio dell'alloggio assolutamente imminente.

Scheda n.  1
      La soprintendenza, sempre in data 27 giugno 2011, ha inviato richiesta di rilascio dell'alloggio ai sensi dell'articolo 9 del contratto di concessione e del regolamento.
      La lettera è indirizzata per conoscenza alla direzione regionale per i beni culturali dell'Emilia Romagna, dove l'occupante presta oggi servizio. In data 01 agosto 2011, la direzione regionale suddetta comunicava la mancata disponibilità di alloggi di servizio per l'occupante e la prevista disponibilità di un alloggio per la fine del 2013. Considerato che il soggetto occupante utilizza l'alloggio di Firenze come base per spostarsi quotidianamente alla sede di Bologna, la soprintendenza competente ha ritenuto legittimo prorogare la concessione fino alla disponibilità di alloggio di servizio nella sede di Bologna.
      Per quanto riguarda, poi, le abitazioni sfitte, la competente soprintendenza ha intrapreso le seguenti azioni:
          1. due alloggi sono stati banditi come casierato nel complesso Palazzo Pitti e Scuderie in Firenze, luoghi per i quali è necessario il servizio di portineria;
          2. per tre alloggi è in corso la redazione del bando di assegnazione, subordinato alla certificazione della conformità degli impianti alla normativa vigente;
          3. altri tre alloggi non sono a norma per quanto riguarda la dotazione di impianti e pertanto non abitabili. Sono stati richiesti fondi per intervenire, ma non sono stati assegnati specificamente allo scopo. Con le limitate risorse assegnate dal piano di spesa 2012 in generale per i complessi in consegna, la soprintendenza competente verificherà la fattibilità di interventi opportuni;
          4. per quanto riguarda due appartamenti ubicati all'interno di Palazzo Pitti, considerato che sono in strettissima adiacenza con le zone museali di pertinenza del polo museale fiorentino ed interferenti con esse, la soprintendenza, in accordo con l'agenzia del demanio di Firenze e lo stesso polo museale, ha ritenuto, per motivi di sicurezza, di non assegnarli più come abitazione ma di utilizzarli solo ed esclusivamente per motivi istituzionali.
      Per quanto riguarda, inoltre, abitazioni concesse a eredi di pensionati o altri soggetti non aventi diritto, la soprintendenza ha preso i provvedimenti che si elencano di seguito:
          scheda n.  12; l'alloggio è occupato dall'orfana di una titolare di atto di concessione. La soprintendenza ha inviato nota in data 03 novembre 2011, con richiesta di rilascio dell'abitazione, propedeutica alla procedura di sfratto, in quanto l'alloggio è occupato senza titolo; è seguita nota in data 2 dicembre 2011, propedeutica allo sfratto.
          In data 27 gennaio 2012, l'occupante ha comunicato che rilascerà l'alloggio il 30 giugno 2012, in quanto in procinto di acquistare un appartamento;
          scheda n.  57; l'alloggio è occupato dalle orfane del deceduto vedovo della titolare dell'atto di concessione; la soprintendenza ha inviato nota in data 03 novembre 2011 con richiesta di rilascio dell'abitazione, propedeutica alla procedura di sfratto, successivamente, con decreto della soprintendenza n.  1410, in data 28 febbraio 2012 è stata emessa ordinanza di sfratto;
          scheda n.  79; l'occupante, che risultava priva dei presupposti da regolamento vigente, a fronte di richiesta della soprintendenza, quest'ufficio ha rilasciato l'alloggio;
          scheda n.  9; la soprintendenza ha avviato una procedura di sfratto per morosità e mancata titolarità nei confronti dell'occupante, il quale occupa un alloggio di circa 300 metri quadri ed ha contestato il canone richiestole dalla soprintendenza, non ottemperando alla intimazione di sfratto comunicatagli, con scadenza 01 ottobre 2011.
          Era prevista per il giorno 14 novembre 2011 la procedura coattiva, ai sensi dell'articolo 822 del Codice civile, con l'intervento della forza pubblica. La procedura è stata sospesa in seguito a sospensiva del TAR; tuttavia, in sede di camera di consiglio in data 24 novembre 2011, la richiesta è stata respinta, e pertanto sono in corso le procedure di sfratto.

      Per quanto riguarda la presenza di pensionati fra gli occupanti, la soprintendenza ha comunicato che, in vista della prossima scadenza del secondo quadriennio dei contratti (ottobre 2012) e con preavviso di sei mesi, è stata data comunicazione a n.  18 concessionari con contratto, pensionati e vedovi, della volontà dell'amministrazione di non procedere al rinnovo del contratto, fatta salva la facoltà dell'amministrazione di rinnovare la concessione qualora si riscontrassero i requisiti previsti dal nuovo regolamento in fase di elaborazione.
      Per quanto concerne la sperequazione tra canone di mercato e canoni applicati dalla soprintendenza, lamentata nell'interrogazione, si fa presente che la situazione concessoria non è certamente equiparabile ad un normale situazione di mercato. Difatti, le abitazioni ubicate nei complessi museali presentano alcune restrizioni che nei limitano la piena e totale fruibilità e disponibilità e, pertanto, concorrono nella generale valutazione del canone. Fra queste restrizioni, si può ricordare, a titolo di esempio, l'obbligo di lasciare la chiave all'amministrazione per la sicurezza del sito, limitazione nell'ospitare animali domestici, limitazione negli orari di ingresso agli abitanti e necessità di autorizzazione per l'accesso di persone esterne, impedimento all'accesso per motivi di sicurezza in concomitanza di eventi speciali quali vertici politici, limitazione della privacy per la continua sorveglianza di telecamere e altri.
      Per quanto attiene, poi, al terzo quesito posto dall'interrogante e relativo alla presunta presenza di una situazione di incompatibilità tra quanto sancito dall'articolo 4 del decreto legge 6 luglio 2011, n.  98 («Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria») ed il regolamento per la determinazione del canone di concessione di alloggi demaniali del ramo storico artistico in uso al personale del Ministero per i beni e le attività culturali si chiarisce quanto segue.
      Come dimostrato nella precedente esposizione delle azioni poste in essere di recente dall'amministrazione, i casi di concessione in uso di beni demaniali ad uso abitativo a personale in pensione sono ormai del tutto sporadici e in via di definitiva cessazione.
      Comunque, su un piano generale, occorre rilevare che le pregresse vicende relative alla concessione dei predetti alloggi non sembrano ricadere appieno nell'ambito applicativo dell'articolo 4 del decreto legge 6 luglio 2011, n.  98, rubricato «Benefits» (ossia «premi non in denaro aggiuntivi allo stipendio»). L'articolo 4 prescrive che: «dopo la cessazione dall'ufficio, a favore dei titolari di qualsiasi incarico o carica pubblica, elettiva o conseguita per nomina, anche negli organi costituzionali e di rilevanza costituzionale, ivi compresi quelli indicati nell'articolo 121 della Costituzione, non possono essere utilizzati immobili pubblici, anche ad uso abitativo, né destinato personale pubblico, né messi a disposizione mezzi di trasporto o apparati di comunicazione e di informazione appartenenti ad organi o enti pubblici o da questi comunque finanziati».
      Orbene, nel caso in questione l'alloggio non veniva concesso come benefit, bensì dato in concessione a fronte di un canone stabilito dal regolamento non solo per i dirigenti, ma per tutti gli occupanti, alcuni dei quali ad oggi derivanti da precedenti concessioni dell'agenzia del demanio, come normali concessioni che non si configurano come alloggi di servizio. A conferma di ciò, si fa presente che nessun alloggio è mai stato concesso a soprintendenti in forma di benefit, ma sempre a fronte di un canone di concessione. È comunque ferma intenzione della competente soprintendenza chiarire, con il nuovo regolamento in corso di elaborazione, la natura di alloggio di servizio che impronterà le regole per la sottoscrizione dei nuovi contratti.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Lorenzo Ornaghi.


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          la legge 8 agosto 1995, n.  335 recante la «Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare», ha sancito un cambiamento dei trattamenti previdenziali con il passaggio dal periodo di calcolo retributivo a quello contributivo;
          il personale delle Forze armate e delle Forze di polizia arruolato dal 1° gennaio 1996, nonché quello che alla data del 31 dicembre 1995 non poteva vantare un'anzianità retributiva pari o superiore a 18 anni, ha subito sensibili conseguenze previdenziali dalla riforma suddetta;
          la legge 23 dicembre 1998, n.  448, all'articolo 26, comma 20 – similmente a quanto avvenuto per altri comparti – ha previsto l'istituzione di forme pensionistiche integrative per il personale del comparto sicurezza-difesa, attraverso procedure di negoziazione e di concertazione;
          il problema in argomento, a distanza di circa diciassette anni, non è stato ancora risolto con conseguenze difficilmente giustificabili rispetto ad altri comparti;
          il decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201, convertito, con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n.  214 all'articolo 24, comma 18, ha previsto di adottare, «con regolamento da emanare entro il 30 giugno 2012», «le relative misure di armonizzazione dei requisiti di accesso al sistema pensionistico, tenendo conto delle obiettive peculiarità ed esigenze dei settori di attività nonché dei rispettivi ordinamenti»  –:
          se il Ministro interrogato non ritenga necessario e urgente adottare iniziative normative volte a prevedere anche l'istituzione di forme pensionistiche integrative per i lavoratori del comparto sicurezza-difesa. (4-14669)

      Risposta. — Con riferimento all'interrogazione meglio in esame, con cui si chiede quali iniziative normative si intendano adottare in merito all'istituzione di forme pensionistiche integrative per i lavoratori del comparto sicurezza-difesa, si rappresenta quanto segue.
      In via preliminare si osserva che la normativa relativa alle fonti istitutive delle forme pensionistiche complementari – specificamente destinate ai pubblici dipendenti – è prevista dall'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n.  252 (Disciplina delle forme pensionistiche complementari).
      In particolare, per il personale del pubblico impiego cosiddetto contrattualizzato, di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165, – nel cui ambito rientra anche il personale militare e le Forze di polizia di Stato – le forme pensionistiche complementari possono essere istituite secondo le norme dei rispettivi ordinamenti ovvero, in mancanza, mediante accordi tra i dipendenti stessi promossi da loro associazioni.
      L'articolo 26, comma 20, della legge 23 dicembre 1998, n.  448 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo) prevede inoltre che, per il personale delle Forze di polizia, anche ad ordinamento militare, e delle Forze armate – esclusi i dirigenti civili e militari, il personale e gli ausiliari di leva –, l'istituzione di forme pensionistiche complementari è realizzata mediante le procedure di negoziazione e di concertazione previste dal decreto legislativo 12 maggio 1995, n.  195 «Attuazione dell'articolo 2 della legge 12 maggio 1995, n.  216, in materia di procedure per disciplinare i contenuti del rapporto di impiego delle Forze di polizia e delle Forze armate). Tali procedure prevedono una concertazione tra varie amministrazioni ed i rappresentanti del Consiglio centrale di Rappresentanza (COCER), mentre l'iniziativa del procedimento per la concertazione spetta al Ministero per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Dette procedure si concludono con l'emanazione di appositi decreti del Presidente della Repubblica.
      L'articolo 67 del decreto del Presidente della Repubblica 16 marzo 1999, n.  254 (recepimento dell'accordo sindacale per le Forze di polizia ad ordinamento civile e del provvedimento di concertazione delle Forze di polizia ad ordinamento militare relativi al quadriennio normativo 1998-2001 ed al biennio economico 1998-1999) ha precisato altresì che le procedure di negoziazione e di concertazione attivate ai sensi del citato articolo 26, comma 20, della legge n.  448 del 1998 provvedono a definire:
          a) la costituzione di uno o più fondi nazionali pensione complementare per il personale delle Forze armate e delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare, ai sensi del decreto legislativo n.  124 del 1993 (disciplina delle forme pensionistiche complementari, a norma dell'articolo 3, comma 1, lettera v), della legge 23 ottobre 1992, n.  421), della legge n.  33 del 1995 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), della legge n.  449 del 1997 (misure per la stabilizzazione della finanza pubblica) e successive modificazioni ed integrazioni, anche verificando la possibilità di unificarlo con analoghi fondi istituiti ai sensi delle normative richiamate per i lavoratori del pubblico impiego;
          b) la misura percentuale della quota di contribuzione a carico delle amministrazioni e di quella dovuta dal lavoratore, nonché la retribuzione utile alla determinazione delle quote stesse;
          c) le modalità di trasformazione della buonuscita in trattamento di fine rapporto, le voci retributive utili per gli accantonamenti del trattamento di fine rapporto, nonché la quota di trattamento di fine rapporto da destinare a previdenza complementare. Poiché le predette procedure negoziali e concertative non hanno ancora definito le modalità di finanziamento della previdenza complementare, anche mediante la destinazione del Tfr dei dipendenti del comparto in parola, lo stesso Trattamento di fine rapporto (che, al momento, ancora non esiste per queste categorie) non è disponibile per il finanziamento delle forme pensionistiche complementari.

      Con riferimento alla possibilità di passare dal Tfs (indennità di buonuscita) al Tfr da parte del personale dei comparti difesa e sicurezza, si evidenzia che, ai sensi dell'articolo 26, comma 20, della legge 23 dicembre 1998 n.  448, le citate procedure concertative e negoziali devono provvedere non solo all'istituzione delle forme pensionistiche complementari, ma anche alla disciplina del trattamento di fine rapporto.
      Pertanto, i dipendenti dei comparti difesa e sicurezza continuano a rimanere in regime Tfs fintantoché le citate procedure, ovvero altre norme di legge, non prevedano il passaggio dal Tfs al Tfr (ivi comprese le modalità di trasformazione del Tfs in Tfr).
      Si ricorda che queste modalità sono state definite dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 dicembre 1999 (di recepimento dei contenuti dell'accordo quadro Aran sindacati del 29 luglio 1999) con riguardo esclusivamente al personale pubblico cui si applica l'articolo 2, commi 2 e 3, del decreto legislativo n.  165 del 2001 (vale a dire il personale cosiddetto «contrattualizzato»).
      Tenuto conto del quadro di regole attualmente vigente, un dipendente appartenente ai comparti difesa e sicurezza:
          non può optare per la trasformazione del Tfs in Tfr all'atto dell'adesione ad una forma pensionistica complementare, perché questa facoltà non è stata introdotta dalle procedure concertative e negoziali di cui al decreto legislativo n.  195 del 1995 ed alle quali la legge ha demandato il compito di istituire le forme pensionistiche complementari su base collettiva e di disciplinare l'estensione del Tfr;
          non può aderire ad una forma pensionistica complementare su base collettiva, perché non è stata ancora istituita;
          può aderire invece ad una qualsiasi forma pensionistica individuale ai sensi degli articoli 9, 9-bis e 9-ter del decreto legislativo n.  124 del 1993 con la sola contribuzione a proprio carico e senza la contribuzione a carico del datore di lavoro (prevista solo per le forme collettive ancora da costituire), e senza poter destinare ad un'eventuale forma pensionistica individuale il proprio Tfr, non solo perché mancano le fonti istitutive (che ne devono disciplinare la destinazione a questo scopo), ma anche perché è ancora assente la disciplina che regola il passaggio dal Tfs al Tfr.
      È opportuno infine precisare che dalle informazioni fornite dalla Commissione di vigilanza sui Fondi pensione, è emerso che allo stato attuale, nessuna forma pensionistica complementare risulta essere stata istituita ai sensi delle sopra indicate previsioni normative, né risultano iscritte all'albo della medesima commissione di vigilanza forme pensionistiche riferite ai lavoratori del settore Forze armate e di polizia.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Elsa Fornero.


      ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto riporta il Fatto Quotidiano di giovedì 3 giugno 2010, in Sicilia sarebbe cominciata la corsa alle trivellazioni con permessi concessi in gran segreto alle società petrolifere;
          i siciliani stanno lottando contro i permessi di ricerca del petrolio nel loro mare. Si tratta di licenze per oltre mille chilometri quadrati nel tratto di mare compreso tra Marsala, Sciacca e le Egadi (ma altre richieste sono state presentate per Pantelleria e Lampedusa);
          spiega il giornalista d'inchiesta Vincenzo Figlioli: «Le licenze sono state date tanto dal centrosinistra che dal centrodestra, ma oggi qui i due schieramenti si ritrovano uniti a lanciare l'allarme»;
          si tratta di una vicenda che da una parte vede protagonisti i giganti del petrolio (ma anche società con capitali di poche migliaia di euro), dall'altra comitati e associazioni ambientaliste. Una lotta impari che ha come protagonisti l'oro nero e la Sicilia: una storia lunga decenni. Sull'isola si raffina il 30 per cento del petrolio consumato in Italia, tanto che le aree di Priolo, Milazzo e Gela sono qualificate ad elevato rischio ambientale (con tanto di inchieste giudiziarie, a Gela si procede per disastro ambientale). Con dubbio vantaggio perché, come ricorda il giornale L'isola, le royalties che le compagnie pagano alla Sicilia sono tra le più basse d'Italia, che nel complesso vanta royalties tra le più basse del mondo. Lo dicono i produttori di petrolio nei loro siti: «La struttura delle royalties in Italia è una delle migliori del mondo. Per i permessi offshore le tasse sono solo del 4 per cento, ma nulla è dovuto fino a 300.000 barili l'anno». Ciò ha permesso la corsa alle trivellazioni nel mare siciliano;
          secondo l'associazione l'AltraSciacca sono una trentina i permessi già concessi in gran segreto, «senza la pubblicità prescritta». I primi cinque arrivano nel novembre 2006. «Ad aggiudicarseli sono stati la Shell e la Northern Petroleum (tra Marettimo e Favignana). Poi è arrivata la Audax Energy e nel 2009 è toccato a tre autorizzazioni alla San Leon Energy», ricostruisce Ignazio Passalacqua, consigliere provinciale di Trapani, in prima fila contro le trivellazioni;
          a questo punto si inserisce la denuncia dei trapanesi, considerato che quel mare vale oro per il turismo e la pesca. Pertanto i comitati di Sciacca cominciano a indagare sui permessi e le società petrolifere. Innanzitutto: «Lo Studio Ambientale presentato dalla società a noi sembra inadeguato e zeppo di imprecisioni, inoltre la popolazione è stata male informata». Secondo: «la San Leon Energy è una srl con un capitale di diecimila euro. La sede è in un paesino della Puglia. Abbiamo cercato di contattarli, ma ai recapiti forniti rispondono altre società. Non solo: la ditta risulta inattiva ed è stata ceduta ad una società madre con sede in Irlanda». Nessuna irregolarità, tuttavia si tratta di elementi che, secondo le associazioni, suscitano allarme: «Come si fa a concedere a un soggetto di queste dimensioni il permesso di realizzare sondaggi tanto delicati?», si chiedono l'ingegnere Mario Di Giovanna e l'associazione AltraSciacca;
          la questione più delicata: «Il ministero dello sviluppo economico nel 2009 (Ministro Scajola) ha autorizzato le ricerche nel mare antistante la Zona Archeologica di Selinunte e le spiagge di Menfi (da 14 anni Bandiera Blu), per non dire della città turistica di Sciacca con uno dei più grandi porti del Mediterraneo per il pesce azzurro. Le ricerche arriveranno a meno di due chilometri dalla costa e si estenderanno per 482 chilometri quadrati». Inoltre: «Siamo a due passi da due vulcani sottomarini attivi: una zona sismica». (Secondo L'Espresso di venerdì 4 giugno 2010, il vulcano Empedocle si trova a poche miglia dalla costa e il suo fermento è certificato dagli studi dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e dalle ricerche di Minimo Macaluso, partite all'analisi dell'isola Ferdinandea, un piccolo cono di terra che affiora periodicamente per poi scomparire. L'isolotto è una delle bocche del gigante sommerso). Infine, incalzano i comitati di Sciacca: «Il piano prevedrebbe indagini condotte con l’airgun (pistola ad aria che crea un'onda sonora ad alta intensità) e la trivellazione di due pozzi di esplorazione. Nessuno si è ricordato le riserve naturali e i banchi di coralli»;
          il documento che ha consentito alla San Leon Energy la concessione del ministero dello sviluppo economico – si legge in un articolo de L'Espresso di venerdì 4 giugno 2010 – è, d'altra parte, ricco di incongruità e stranezze. La descrizione delle marinerie costiere del versante sud della Sicilia e delle loro attività è davvero bizzarra. Nelle tabelle tecniche è descritto che a Sciacca, una delle principali sedi della pesca siciliana, esisterebbero solo tre pescherecci attivi nella pesca a circuizione, per poi sostenere che «il traffico marittimo per le motonavi di appoggio e rifornimento sarà limitato a un passaggio giornaliero da e verso il porto d'approdo più vicino (presumibilmente Ancona)». Citare Ancona nella relazione dedicata alle ricerche del canale di Sicilia potrebbe significare che la San Leon Energy abbia interessi anche in Adriatico;
          nell'articolo del Fatto Quotidiano si sottolinea infine che il sottosegretario all'ambiente Roberto Menia, rispondendo ad un'interrogazione del senatore Antonio D'Alì, scriveva: «La Northern Petroleum non può procedere alla perforazione di un pozzo, né all'allestimento di un qualunque impianto di estrazione, finché non abbia ottenuto l'ulteriore verifica di compatibilità ambientale e le autorizzazioni specifiche»  –:
          se i Ministri interrogati siano al corrente dei dati sopra riferiti e se li confermino;
          se il Governo intenda accertare la situazione sul piano ambientale e paesaggistico per quanto di propria competenza, in particolare verificando se le autorizzazioni concesse siano state sottoposte alla prevista verifica di compatibilità ambientale e alle autorizzazioni specifiche;
          se non intenda promuovere, per quanto di competenza, un'indagine, sulle perforazioni in Sicilia;
          se e quali misure si intendano assumere per verificare l'affidabilità e riconoscibilità dei soggetti operanti nel settore;
          per quali ragioni il Ministero dello sviluppo economico abbia autorizzato le ricerche petrolifere nel mare antistante la zona archeologica di Selinunte, considerato il rischio sismico, l'importanza dei Siti balneari per il turismo e la pesca, la presenza di riserve naturali e di banchi di coralli;
          se il Ministro sia a conoscenza di interessi della società irlandese San Leon Energy anche nell'Adriatico (Ancona in particolare) e se intenda sostenerli, considerato l'impatto ambientale che le trivellazioni stanno causando sul territorio e considerato l'enorme giro di business legato alle ricerche petrolifere. (4-07469)

      Risposta. — La zona di mare ubicata nel canale di Sicilia, antistante la costa sud dell'isola, si è rivelata da tempo di notevole interesse per le attività di ricerca e di coltivazione di idrocarburi. Tale attività, implementata sin dagli anni ’70 e ’80, ha consentito la scoperta di importanti giacimenti di idrocarburi liquidi e gassosi.
      A tal riguardo, occorre precisare che con l'entrata in vigore del decreto legislativo 29 giugno 2010, n.  128 sono state introdotte rigorose misure restrittive per lo svolgimento dell'attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi in mare.
      Tale decreto, infatti, stabilisce il divieto assoluto di ricerca, prospezione ed estrazione di idrocarburi all'interno delle aree marine e costiere protette e per una fascia di mare di 12 miglia attorno al perimetro esterno delle stesse.
      Il citato decreto, inoltre, contiene il divieto di svolgere attività di ricerca ed estrazione di olio nella fascia marina di 5 miglia lungo l'intero perimetro costiero nazionale. Al di fuori di tali aree, in cui vige il divieto, le attività in questione dovranno essere sottoposte a valutazione di impatto ambientale, sentiti gli enti territoriali costieri interessati.
      In applicazione di tali disposizioni, il Ministero dello sviluppo economico ha, quindi, provveduto a verificare l'interferenza delle aree indicate nelle istanze di permesso di ricerca per idrocarburi con le zone tutelate.
      Per quanto attiene il canale di Sicilia è risultato che nove istanze di permesso di ricerca sono state oggetto della procedura di rigetto, ai sensi della legge n.  241 del 1990, trattandosi di aree ubicate all'interno della zona vietata.
      In particolare sono state respinte: due istanze della società Puma Petroleum denominate «d 341 C.R.-PU» e «d 342 C.R.-PU», una della società Mayfair Petroleum Limited denominata «d 345 C.R-.MF», una della Società Eni spa denominata «d 346 C.R. EA», una della società Sviluppo Risorse Naturali srl denominata «d 355 C.R.-SR», una della società Transunion Petroleum s.r.l. denominata «d 360 C.R.-.TU» ed una della società Petroceltic Italia s.r.l. denominata «d 358 C.R.-EL».
      Per quanto concerne le tre istanze di permesso presentate dalla società San Leon Energy s.r.l, denominate convenzionalmente «d. 352.CR-SL», «d. 353.CR.SL» e «d. 354.CR.SL», si evidenzia che la stessa società ha rinunciato volontariamente alla istanza «d 352 C.R.-SL» e «d 354 C.R.-SL», attesa l'interferenza con le zone vietate.
      Con riguardo, invece, all'istanza denominata «d 353 C.R-.SL», insistente su di una area marina antistante in particolare le coste di Selinunte, Sciacca e Menfi, i competenti uffici del Ministero dello sviluppo economico hanno provveduto a riperimetrare, ai sensi dell'articolo 4, comma 2, decreto legislativo n.  625 del 1996, l'area su cui la stessa insiste, attesa la sua interferenza con area interdetta, ossia con il sito di importanza comunitaria nonché di protezione speciale «Paludi di Capo Feto» e «Margi Spanò».
      Allo stato risulta, quindi, che la Società San Leon Energy s.r.l non è titolare di alcun permesso di ricerca e che neanche il relativo programma di ricerca è stato ancora sottoposto alla procedura di valutazione d'impatto ambientale propedeutica e necessaria ai fini del rilascio del permesso di ricerca.
      Da quanto sopra riferito, in merito al primo quesito posto nel testo dell'interrogazione in esame, si rappresenta che la notizia relativa all'autorizzazione alla perforazione non corrisponde a verità, in quanto nessun permesso di ricerca nella zona prospiciente Sciacca è stato rilasciato alla società San Leon Energy s.r.l.
      Di conseguenza, quanto riportato in merito ad una presunta «segretezza» delle procedure di rilascio dei permessi di ricerca non corrisponde alla effettiva procedura svolta per il conferimento dei permessi di ricerca la quale, in osservanza del quadro normativo vigente, prevede la partecipazione e l'informazione del pubblico per una corretta valutazione d'impatto ambientale (V.I.A.).
      A tal riguardo occorre segnalare che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al fine di facilitare e promuovere il coinvolgimento del pubblico nel processo decisionale, ha predisposto la pubblicazione on-line della documentazione tecnico-amministrativa fornita dai proponenti, nonché degli atti prodotti dalle commissioni VIA e dal Ministero stesso.
      Inoltre, le disposizioni in materia di rilascio di permessi di ricerca di idrocarburi prevedono la pubblicazione delle istanze nel Bollettino ufficiale degli idrocarburi e della geotermia (in sigla BUIG), al fine di consentire l'apertura di una procedura di concorrenza ad evidenza pubblica. Tale bollettino viene pubblicato online sul sito del Ministero dello sviluppo economico.
      Si segnala, inoltre, che sul sito digitando l'indirizzo: http://unmig.sviluppoeconomico.gov.it/dgrme/dgrme.asp, è possibile reperire informazioni sui dati essenziali e sullo stato dei procedimenti di conferimento dei permessi e delle concessioni di coltivazione idrocarburi relativi sia al canale di Sicilia che all'intero territorio nazionale.
      In merito a quanto richiesto circa l'accertamento da parte del Ministero dello sviluppo economico della situazione sul piano ambientale e paesaggistico, come già riferito in precedenza, l'eventuale conferimento dei permessi di ricerca sarà possibile solo successivamente alle valutazioni di competenza al Ministero dell'ambiente, che sulla base della nuova disciplina introdotta con il decreto legislativo n.  128 del 2010, esprimerà il proprio eventuale giudizio circa la compatibilità ambientale dei lavori da eseguire.
      Per quanto riguarda un'eventuale indagine, per quanto di competenza, sulle perforazioni in Sicilia si rappresenta che le stesse, nel caso dovessero essere autorizzate, saranno monitorate dalle amministrazioni competenti.
      In relazione alle misure che si intendano assumere per verificare l'affidabilità e riconoscibilità dei soggetti operanti nel settore è da segnalare che il Ministero dello sviluppo economico ha provveduto a disciplinare, con determinazione dirigenziale del 22 marzo 2011 (disciplinare tecnico), puntualmente i requisiti di idoneità tecnica ed economica cui devono rispondere le società richiedenti permessi di ricerca che saranno assoggettate a controllo specifico di conformità.
      Per quanto riguarda l'ultimo quesito ovvero se il Ministero dello sviluppo economico sia a conoscenza di interessi della società irlandese San Leon Energy anche nell'Adriatico (Ancona in particolare), si evidenzia che ad oggi non risultano essere state presentate istanze di permessi di ricerca nella zona in questione.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Claudio De Vincenti.


      ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          la regione Veneto è stata interessata nel recente passato da fenomeni di subsidenza dovuti alla sovrapposizione di diverse cause, non ultima l'attività di estrazione di fluidi dal sottosuolo, con ricadute sull'assetto idraulico, geomorfologico e territoriale tali da richiedere iniziative volte al controllo ed al contrasto attivo di tali fenomeni; il fenomeno della subsidenza è conosciuto dalle popolazioni dei territori colpiti che ne hanno subito gli effetti nel passato e le preoccupazioni sono state evidenziate da tutte le amministrazioni interessate (regione, comuni e province), oltre che dagli altri enti territoriali (consorzi di bonifica e altri) ed interessa in particolare la parte meridionale e la costa del Veneto al punto da aver indotto la stessa regione a svolgere un monitoraggio continuo;
          nell'area polesana l'estrazione di metano venne interrotta nel 1963 a causa, appunto, del fenomeno di subsidenza;
          nonostante questa grave situazione, in provincia di Treviso la società inglese «Celtique Energie Petroleum» ha avuto il permesso dal Ministero dello sviluppo economico per i prossimi sei anni di scavare alla ricerca di gas e petrolio (4 chilometri di profondità) su un'area di oltre 500 chilometri quadrati mentre la «AleAnna Resources» società con sede legale a S. Antonio in Texas e con sede secondaria a Matera, risulta aver avanzato oltre che alla regione Veneto, anche al Ministero dello sviluppo economico, la richiesta per due progetti di ricerca di idrocarburi nei territori di Saline – tra Padova e Rovigo per 579 chilometri quadrati – e di Tre ponti nell'area bassopolesana per 640 chilometri quadrati;
          da notizie di stampa risulta che AleAnna Resources «ha un eccellente posizionamento nella valle del Po, uno dei più prolifici bacini di gas d'Europa ed è il secondo possessore di permessi nell'area dietro a Eni/Agip» e che «possiede undici permessi di esplorazione nella valle del Po e nel bacino del Bradano, per un totale di 3.100 chilometri quadrati», sottolineando come quello denominato «BUGIA» sia stato autorizzato il 28 settembre 2010, mentre per gli altri quattro «permessi addizionali» che riguardano la valle del Po si attenda l'autorizzazione entro la fine del 2011 o inizio 2012;
          nonostante i progetti riguardano gli studi sismici preliminari, per verificare se nelle aree vi siano presenze di quantità di gas metano tali da giustificare l'apertura di un pozzo esplorativo, notizie di stampa (la Gazzetta del Mezzogiorno 5 settembre 2010) riferiscono che la «AleAnna Resources», che ha interessi, oltre che nel Veneto anche in Basilicata e in Puglia, oltre ai rilievi sismici non esclude affatto pozzi esplorativi fino a 3500 metri di profondità;
          nel decreto ministeriale 28 settembre 2010, n.  170, conferimento del permesso di ricerca «BUGIA» alla Società AleAnna Resources LLC (pubblicato sul BUIG – Bollettino ufficiale degli idrocarburi e delle georisorse – anno LIV n.  10 – 31 ottobre 2010) si sottolinea che il titolare del permesso è tenuto a corrispondere allo Stato il canone annuo anticipato di euro 5,16 per chilometro quadrato di superficie, che è pari a 197,80 chilometri quadrati;
          nonostante gli impegni assunti in tal senso dal Governo, non si è ancora proceduto alla definizione di una strategia energetica nazionale, in assenza della quale risulta improvvido procedere in attività estrattive di combustibili fossili;
          l'attività di indagine proposta contrasta inoltre, a giudizio degli interroganti, con gli indirizzi per il sistema della difesa del suolo;
          appare inaccettabile agli interroganti ricevere limitate compensazioni a fronte di inevitabili e costosi interventi di riassetto idrogeologico, di difesa idraulica e di rinascimento delle coste  –:
          se quanto riferito in premessa corrisponda al vero;
          se il Ministro dello sviluppo economico intenda negare le autorizzazioni per i tentativi di sfruttamento degli idrocarburi presenti nel sottosuolo veneto;
          quando il Governo intenda definire il proprio modello di sviluppo sulla base della definizione della strategia energetica nazionale;
          se i Ministri interrogati intendano rispettare il principio di precauzione, a fronte dell'esempio offerto da quanto accaduto in occasione delle estrazioni di metano avvenute in Polesine dal 1938 al 1964 che provocarono abbassamento del suolo fino a 30 centimetri l'anno. (4-12931)

      Risposta. — In ordine a quanto indicato nell'interrogazione in esame, appare opportuno premettere che lo sviluppo della ricerca e della coltivazione degli idrocarburi, sia in forma liquida che gassosa, costituisce un irrinunciabile elemento di valorizzazione delle risorse energetiche del Paese, avente rilevanza strategica, in considerazione della ben nota scarsità delle stesse sul territorio nazionale.
      Al riguardo giova precisare che se le attività di ricerca proposte avranno esito positivo, ed in particolare se la rielaborazione delle linee sismiche esistenti e la realizzazione del rilievo sismico in progetto evidenzieranno la presenza di trappole di gas nel sottosuolo, sarà individuato un sito puntuale in cui effettuare un sondaggio esplorativo finalizzato a confermare la presenza di gas, tecnicamente ed economicamente sfruttabile.
      Si precisa, inoltre, che sia la perforazione del sondaggio esplorativo (afferente ancora alla fase di ricerca), sia il successivo eventuale progetto di coltivazione della risorsa sono soggetti a specifiche e successive procedure di valutazione impatto ambientale di competenza regionale; in tali ambiti dovranno essere presentati e valutati gli studi volti a dimostrare l'idoneità del sito individuato, prima alle attività di perforazione del sondaggio esplorativo e successivamente alle attività di estrazione idrocarburi (differenti tecnicamente e sotto il profilo degli impatti correlati, dalle attività di ricerca).
      Ciò posto, per quanto riguarda in particolare la regione Veneto, si rappresenta che sono stati richiesti n.  4 permessi di ricerca per idrocarburi, come peraltro evidenziato dall'interrogante e che le tre istanze di permesso di ricerca sono denominate: «Tre Ponti», «Le saline», «La risorta», e «Reno Centese». I primi due sono stati richiesti dalla società Aleanna Resources Llc, il terzo, dalla società Northsun Italia srl, ed infine, il quarto dalla società Exploenergy.
      Inoltre nella stessa regione, e precisamente nella provincia di Treviso, è stato rilasciato in data 9 luglio 2010 un permesso di ricerca per idrocarburi denominato «Carità» per una estensione di 529 chilometri quadrati, intestato alle società Certique energie e appenning energy.
      Relativamente a tale permesso la società Apennine Energy ha inviato in data 16 maggio 2012 alla provincia di Treviso – ufficio Valutazione impatto ambientale, lo Studio di impatto ambientale per l'avvio della procedura di compatibilità ambientale per la «perforazione del pozzo Nervesa 02 dir» ricadente nel comune di Nervesa della Battaglia. Pertanto, considerato che nell'ambito dell'attività di ricerca non viene svolta attività di estrazione di idrocarburi dal sottosuolo, sarà possibile verificare ed esaminare i possibili effetti della subsidenza.
      In tale ambito, la regione Veneto in condivisione con le amministrazioni locali, dovrà quindi esprimere un giudizio sulla compatibilità ambientale delle attività di estrazione e detto giudizio è vincolante per le successive autorizzazioni di competenza del Ministero dello sviluppo economico.
      Il fenomeno della subsidenza, come rilevato dall'interrogante, nella regione Veneto è ben noto ed ha suscitato un ampio dibattito sia in sede giurisdizionale che in ambito scientifico. Al termine di un procedimento penale decennale, la magistratura ha emesso un provvedimento che costituisce una pietra miliare interpretativa, degli effetti della ricerca e della coltivazione di idrocarburi sulla subsidenza nel Veneto e nell'Emilia Romagna.
      Lo scorso anno (14 febbraio 2011), infatti, il Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Ravenna ha emesso «l'ordinanza di archiviazione» in merito alla vicenda che trae origine da indagini avviate dalla procura di Rovigo nel 2001 con riguardo alle conseguenze delle numerose attività estrattive in essere da parte dell'Eni, progettate in terraferma ed off-shore in zone di mare prospicienti l'Emilia Romagna ed il Veneto, con particolare riferimento agli effetti della subsidenza nelle quattro province di Venezia, Rovigo, Ferrara e Ravenna.
      Nell'ordinanza viene anche precisato che «la subsidenza è un dato di fatto scontato da una disciplina legislativa che ammette, in via di principio, come legittima ed autorizzatile l'estrazione di fluidi – acque e metano – che siano. La disciplina dell'estrazione di gas presuppone che all'estrazione si accompagni il fenomeno dell'abbassamento di terreno; abbassamento accettato come ammissibile dall'ordinamento giuridico».
      Inoltre si è stabilito che: «la subsidenza, concretizzandosi in una mera modifica permanente del territorio, non ha di per sé alcun rilievo penale nel nostro ordinamento. Ciò non significa che il fenomeno della subsidenza non debba essere monitorato, o meglio, non debba continuare ad essere monitorato dagli enti pubblici...., dovendosi ritenere infatti doveroso e necessario un continuo e serrato monitoraggio che abbia il fine specifico di stabilire l'incidenza dell'attività di estrazione in atto sul fenomeno della subsidenza e la valutazione di impatto ambientale».
      Per quanto concerne l'attività della società Aleanna Resources Llc in Italia si precisa che attualmente, la predetta società è titolare di otto permessi di ricerca denominati: Belgioioso, Bugia, Corte dei signori, Fantozza, Molino, Ponte dei grilli, Ponte del diavolo, Torrente acqua fredda per complessivi 1.419,64.
      Di questi, sette sono ubicati nella regione Emilia Romagna, mentre l'ultimo «Torrente Acqua Fredda» nella regione Basilicata.
      Per quanto riguarda, inoltre, l'adeguatezza del «canone annuo» corrisposto allo Stato dai titolari dei permessi o delle concessioni si rappresenta quanto segue:
          il canone, corrisposto allo Stato, non costituisce l'unico beneficio derivante dalla ricerca e coltivazione di idrocarburi;
          il titolare di ciascuna concessione di coltivazione è tenuto a corrispondere annualmente allo Stato, alle regioni ed ai comuni interessati, il valore di un'aliquota del prodotto della coltivazione (royalty) pari al 10 per cento della quantità di idrocarburi liquidi e gassosi sbratti in terraferma (articoli 19 e 20 del decreto legislativo n.  625 del 1996 e articolo 45 della legge n.  99 del 2009);
          l'aliquota di royalties del 10 per cento applicata dall'Italia e dalla Germania, è la più alta di Francia, Olanda, Danimarca, Inghilterra e Norvegia, che sono importanti produttori europei di idrocarburi (dati Assomineraria);
          i versamenti sono effettuati ad ogni regione a statuto ordinario presso l'ufficio finanziario regionale ed affluiscono direttamente ai bilanci dei comuni interessati;
          i comuni destinano tali risorse allo sviluppo dell'occupazione e delle attività economiche, all'incremento industriale e a interventi di miglioramento ambientale, nei territori nel cui ambito si svolgono le ricerche e coltivazioni.

      È anche previsto che royalties pari al 3 per cento siano destinate (articolo 45, secondo comma della legge n.  99 del 2009) al: fondo preordinato alla riduzione del prezzo alla pompa dei carburanti per i residenti nelle regioni interessate dalla estrazione di idrocarburi.
      Ad esempio, nei soli anni 2008-2009, le regioni Basilicata (popolazione 597.768) ed Emilia Romagna (popolazione 3.983.346) hanno percepito rispettivamente euro 217.019.498,37 ed euro 26.588.165,35.
      In relazione ai quesiti posti dagli interroganti si ricorda che il quadro normativo vigente prevede la pubblicazione delle istanze nel Bollettino ufficiale degli idrocarburi e della geotermia (in sigla BUIG), in modo da consentire l'apertura di una procedura di concorrenza ad evidenza pubblica. Il Bollettino viene pubblicato on-line sul sito del Ministero dello sviluppo economico ed è facilmente consumabile reperibile da chiunque abbia interesse. Inoltre questo Ministero ha attivato da tempo una importante iniziativa per la trasparenza pubblicando sul proprio sito all'indirizzo http://unmig.sviluppoeconomico.gov.it/dgrme/dgrme.asp. informazioni sui dati essenziali e sullo stato dei procedimenti relativi al conferimento dei permessi e delle concessioni di coltivazione su tutto il territorio nazionale.
      In relazione al possibile diniego delle richieste autorizzazioni per la ricerca di idrocarburi si fa presente che la stessa autorizzazione è soggetta a valutazione di compatibilità ambientale presso la competente legione Veneto. Qualora nell'ambito delle procedura in questione dalla comparazione delle specifiche progettuali con le caratteristiche ambientali del sito di localizzazione, emerga un giudizio complessivamente positivo, saranno impartite tutte le prescrizioni ritenute utili e necessarie per assicurare il contenimento degli impatti attesi e la sicurezza degli impianti. Al contrario, qualora la stessa comparazione porti alla formulazione di un giudizio negativo, in quanto il progetto risulta non sostenibile per il territorio interessato, il Ministero dello sviluppo economico non potrà rilasciare il titolo minerario ed il progetto di ricerca o coltivazione non sarà realizzato.
      Per quanto attiene lo sviluppo della strategia energetica nazionale si conferma che la valorizzazione delle risorse minerarie di idrocarburi sono un obiettivo irrinunciabile della strategia nazionale in quanto il Paese è ampiamente deficitario di tali risorse.
      Infine, relativamente all'applicazione del principio di precauzione all'estrazione di metano nelle aree in questione si rappresenta che diversamente dagli anni che vanno dal 1938 al 1964 sono state inserite importanti modifiche nel quadro normativo che regola la materia della ricerca e coltivazione degli idrocarburi.
      Infatti, nell'ambito della procedura di compatibilità ambientale potranno essere esaminati e valutati gli effetti della subsidenza, nonché di altre criticità ambientali.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Claudio De Vincenti.


      ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          da notizie apparse sul quotidiano «Senzacolonne», è prevista la realizzazione a Francavilla Fontana di un impianto eolico tra i più imponenti di tutta Europa poiché prevede l'installazione di 53 generatori alti ognuno come un palazzo di 50 piani (in media 160 metri), sparsi su un'area di oltre 21 mila metri quadrati fra le contrade Casalicchio, Cantagallo e Mogaveri, per una potenza complessiva che dovrebbe sfiorare i 132 megawatt di potenza;
          il progetto è stato avanzato dalla società energetica «South Wind 2 srl» circa due anni fa, nel novembre 2009 ma solo recentemente è divenuto di dominio pubblico per l'intervento dell'assessore provinciale Maurizio Bruno che ha ritenuto l'amministrazione comunale responsabile d'aver sottaciuto intenti dei quali, invece, l'intera cittadinanza avrebbe dovuto essere tempestivamente informata;
          secondo la regione Puglia – cui fino a poco tempo fa spettavano le procedure di valutazione di impatto ambientale – vi sono «pendenti» altre due richieste d'impianti eolici ai confini di Francavilla Fontana, quelli delle società «En.it. Puglia srl» e «New Energy Snc Alla Natural Energy» per un numero complessivo di generatori che dovrebbe superare le 50 unità. Impianti che, aggiunti ai 53 di «South Wind 2 srl», portano il conto totale a 103 installazioni: una foresta di giganti d'acciaio, metà dei quali concentrati fra le sole contrade Casalicchio, Cantagallo e Mogaveri;
          stando a quanto riferito dal dirigente del servizio ecologia e politiche energetiche della regione Puglia Antonello Antonicelli, la verifica di assoggettabilità per 17 dei nuovi generatori è già stata chiusa, mentre sono in corso i procedimenti per i restanti 33;
          si tratterebbe, se confermati, di progetti che stravolgerebbero il paesaggio di Francavilla Fontana compromettendo oasi di protezione e zone di ripopolamento e cattura oltre che ulivi monumentali e come tali tutelati dalla legge, campi e vigneti;
          ogni singolo impianto richiede un'area di 400 metri quadrati e dunque un totale di 21.200 metri quadri per la realizzazione dell'intero progetto della «South Wind 2 srl» a cui devono aggiungersi una rete di cavidotti interrati per il collegamento tra le singole pale per un totale di circa 70.000 metri quadri;
          non risulta che gli elaborati progettuali siano stati messi a disposizione sul sito web della Provincia, come prevede la legge. Di contro la «South Wind 2 srl» ha pubblicato l'avviso del deposito del progetto con avvio della procedura di VIA ma riferendosi a soli 45 giorni di tempo per produrre osservazioni in palese contraddizione con i 60 giorni imperativamente previsti dal decreto legislativo n.  152 del 2006 e smi;
          un precedente progetto della Sorgenia, 14 torri da 3 mega watt che interessava sempre il piccolo comune di Francavilla Fontana, ha visto un esito negativo del parere di VIA emesso dalla regione;
          numerosi ulteriori progetti sono stati proposti e sono in avanzata fase di valutazione o addirittura già approvati negli altri piccoli comuni contermini a quello in questione (Grottaglie, Ceglie, Manduria, Sava, eccetera);
          di quali elementi disponga in relazione a quanto riferito in premessa in particolare con riguardo a possibili effetti sul piano paesaggistico, oltre che sulle culture agricole, in particolare ulivi e vigne, e sull'avifauna; se, alla luce della situazione descritta che appare ormai del tutto tipica, compromissiva e fuori controllo in tutto il Mezzogiorno con prevedibili, gravi conseguenze su vasta scala, non ritenga di arginare tale dinamica promuovendo con urgenza il taglio degli incentivi, i più alti del mondo, a questo settore.       (4-13136)

      Risposta. — In riscontro all'interrogazione in esame, si forniscono qui di seguito gli elementi per la risposta.
      Gli interroganti osservano che, se confermata la notizia apparsa sul quotidiano Senza colonne, secondo la quale è prevista la realizzazione a Francavilla Fontana di un impianto eolico da parte della South Wind 2 s.r.l. costituito da 53 generatori, sparsi su un'area di oltre 21 mila metriquadri, per una potenza complessiva di 132 megawatt circa, si avrebbe come conseguenza lo stravolgimento del paesaggio della predetta località, in quanto verrebbero compromesse le oasi di protezione e le zone di ripopolamento e cattura, compresi uliveti e vigneti; tale situazione diverrebbe più grave se saranno autorizzati ulteriori progetti presentati da altre società, in avanzata fase di valutazione, da attuare su territori comunali limitrofi a quello del comune di Francavilla Fontana.
      Alla luce di ciò, gli interroganti chiedono al Ministro:
          a) di quali elementi si disponga «in relazione a quanto riferito in premessa in particolare con riguardo a possibili effetti sul piano paesaggistico, oltre che sulle culture agricole, in particolare ulivi e vigne, e sull'avifauna»;
          b) «se, alla luce della situazione descritta che appare ormai del tutto tipica, compromissiva e fuori controllo in tutto il mezzogiorno con prevedibili, gravi conseguenze su vasta scala, non ritenga di arginare tale dinamica promuovendo con urgenza il taglio degli incentivi, i più alti del mondo a questo settore».

      Al riguardo, per quanto di competenza di questo Ministero, si osserva che con l'emanazione delle linee guida nazionali (decreto ministeriale 10 settembre 2010) per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, sono stati adottati regole e principi unitari per l'analisi degli impatti sulle varie componenti ambientali e paesaggistiche e per il loro inserimento nel paesaggio, nonché le relative azioni di mitigazione, con specifico riguardo agli impianti eolici, cui è dedicato uno specifico allegato tecnico (allegato 4).
      In attuazione delle predette linee guida, alle regioni e province autonome, in sede di programmazione o pianificazione del territorio, è consentito apporre limitazioni e divieti all'installazione di specifiche tipologie di impianti, tramite un apposito procedimento di individuazione delle aree e dei siti non idonei, avente ad oggetto la ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell'ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico-artistico, delle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversità e del paesaggio rurale che identificano obiettivi di protezione non compatibili con l'insediamento, in determinate aree, di specifiche tipologie di impianti, i quali determinerebbero, pertanto, una elevata probabilità di esito negativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione.
      L'individuazione della non idoneità dell'area è operata in coordinamento con il sistema normativo e pianificatorio di tutele ambientali e paesaggistiche, che assicura un corretto bilanciamento tra le esigenze di accrescimento dei livelli di produzione di energia da fonti rinnovabili e gli interessi di tutela ambientale.
      Si segnala che quasi tutte le regioni hanno emanato il provvedimento di individuazione delle aree e siti non idonei, segnatamente per le tecnologie fotovoltaica ed eolica.
      Con specifico riferimento alla regione Puglia, le disposizioni delle linee guida sono state recepite con la delibera della Giunta regionale 30 dicembre 2010, n.  3029, mentre con il regolamento 30 dicembre 2010, n.  24, sono state dettate le linee guida regionali e individuate le aree e i siti non idonei per la realizzazione di impianti a fonti rinnovabili. Al momento il citato regolamento è sub iudice in quanto si è in attesa della decisione del Consiglio di Stato sull'impugnazione della sentenza del Tar di Lecce, n.  2156 del 14 dicembre 2011 che lo ha dichiarato illegittimo.
      Per quanto riguarda il taglio degli incentivi, si osserva che il decreto legislativo n.  28 del 3 marzo 2011 (attuativo della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili), ha previsto la riforma del sistema degli incentivi delle fonti rinnovabili, per incrementare l'efficienza e l'utilizzo di fonti di energia rinnovabili per conseguire l'obiettivo assunto dall'Italia in termini di consumo lordo di energia da fonti rinnovabili. I criteri per la riforma degli incentivi mirano a rendere economicamente sostenibili detti sistemi che incidono sui consumatori finali.
      Il decreto legislativo n.  28 del 2011 prevede la chiusura dell'attuale sistema di incentivazione, basato sui certificati verdi, a partire dal 2015, e l'introduzione delle aste per il riconoscimento di incentivi per impianti di potenza superiore a determinate soglie, con lo scopo di massimizzare la concorrenza e minimizzare i costi di incentivazione. Le predette soglie e le aste, nonché opportuni meccanismi di controllo della spesa, saranno disciplinati con decreto ministeriale, attualmente all'esame della Conferenza unificata. Il provvedimento intende modificare il sistema di incentivazione per tutte le fonti per la produzione di energia elettrica (meno il fotovoltaico, disciplinato con decreto a parte), ivi inclusa la produzione da fonte eolica; l'approccio è quello di porre in essere una complessiva revisione che conduca i livelli di incentivo verso quelli medi europei.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Claudio De Vincenti.