Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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INIZIO CONTENUTO

Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

02/09/2008

VII Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti del G8 a Hiroshima il 1° e 2 settembre 2008 - Seconda sessione sul tema "Il processo decisionale nei Parlamenti bicamerali"

Il tema della sessione, concernente il rapporto tra sistemi bicamerali e processi decisionali, offre l'occasione per affrontare una questione di fondo: il rapporto tra rappresentatività dei Parlamenti ed efficacia della loro azione. Rappresentatività ed efficacia sono due esigenze entrambe irrinunciabili, perché una democrazia parlamentare possa definirsi tale. Sono i due poli tra i quali ciascun Parlamento è chiamato a trovare il proprio punto di equilibrio. Tra questi poli, quello dell'efficacia - della capacità di decidere utilmente e tempestivamente - ha avuto maggiore attenzione negli ultimi anni, a causa di due richieste che il mondo di oggi impone ai Parlamenti: la rapidità delle scelte e il governo della complessità.
La rapidità delle decisioni politiche è un imperativo ineludibile nelle società contemporanee. L'evoluzione della tecnologia e delle comunicazioni, la globalizzazione dell'economia e della finanza, la complessità delle relazioni internazionali impongono che i sistemi politico-istituzionali elaborino risposte alle necessità dei cittadini e delle imprese in tempi sempre più ristretti, nella consapevolezza che una risposta tardiva, qualunque essa sia, è una risposta inefficace.
La seconda caratteristica delle società avanzate di oggi è il moltiplicarsi dei centri decisionali. Àmbiti di decisione politico-normativa si sono progressivamente trasferiti - in misura più accentuata in alcuni Paesi, in misura minore in altri - dal Parlamento e dal Governo centrale verso altri soggetti, alcuni con radici storiche profonde, altri di nuova istituzione: mi riferisco agli enti rappresentativi di istanze territoriali (non esclusivamente negli stati federali); alle autorità amministrative indipendenti; alle agenzie regolatrici di particolari settori economici; alle istituzioni sovranazionali ed internazionali, prima fra le quali, per i Paesi che ne sono membri, l'Unione europea.
Il Parlamento è la sede primaria della rappresentanza popolare, è il luogo di sintesi del confronto e del conflitto tra gli interessi emergenti dalla società. Esso deve pertanto assumere piena consapevolezza di queste sfide e deve dimostrarsene all'altezza, se si vuole conservare un significato alla democrazia rappresentativa ed ai suoi valori. Ogni discorso sul bicameralismo deve tener conto di tale contesto.
Sono molti i Paesi in cui il bicameralismo si è realizzato, ma in ciascuno ha origini, storie e caratteri diversi. I nostri otto Stati, tutti accomunati da un sistema parlamentare bicamerale, sono un buon esempio di quanto detto: sia la composizione sia le funzioni della "seconda Camera" (o "Camera alta"), e in specie la misura e le modalità in cui questa interviene nel procedimento legislativo, variano grandemente da un Paese all'altro, in correlazione con la forma di Stato (federale o unitario) e con la forma di Governo (orientato verso il sistema parlamentare o verso quello presidenziale).
Quali che siano, tuttavia, le differenze, la domanda dalla quale mi sembra necessario avviare la nostra riflessione è se e come la funzione assolta dal bicameralismo, o più precisamente il "valore aggiunto" da questo apportato al processo della decisione politico-legislativa nei Paesi democratici, possa aver ancora pregio nel mondo di oggi - mondo rapido e complesso - e come possano essere sciolti i nodi critici che la dottrina e l'esperienza hanno individuato.
Parlando di nodi critici mi riferisco principalmente al riflesso che l'articolazione in due Camere dell'organismo parlamentare inevitabilmente riverbera sui processi decisionali, in termini di maggiore complessità e, a volte, di eccessiva lentezza delle procedure.
L'obiettivo è quello di far sì che il bicameralismo non si traduca in un fattore di rallentamento o di intralcio alla decisione politica, ma realizzi le sue potenzialità e di arricchimento della decisione medesima.
Può forse giovare, al riguardo, un accenno all'esperienza italiana. Il sistema parlamentare del mio Paese è caratterizzato da quello che è stato definito "bicameralismo perfetto", con due Camere assai simili per composizione e del tutto parificate tra loro quanto alle funzioni. Si tratta di un sistema unico nel panorama delle democrazie parlamentari ma proprio tale peculiarità è in grado di offrire un interessante esempio per evidenziare i nodi critici e le possibili vie di evoluzione del sistema.
Va ricordato che l'attuale bicameralismo nasce in Italia, con la Costituzione repubblicana, all'indomani di una lunga e disastrosa guerra, e due decenni di dittatura. Alla luce di ciò, risulta comprensibile che i Costituenti, nel disegnare il nuovo Parlamento, abbiano tenuto conto soprattutto delle esigenze di garanzia proprie di una democrazia rinata, e abbiano a tal fine diversificato la rappresentanza popolare in due Camere con pari poteri e sottoposto il Governo al voto di fiducia di entrambe. Dopo sessant'anni di solida democrazia, tuttavia, tali esigenze sono venute meno, e sono di contro emersi, nel tempo, gli aspetti problematici del modello prescelto.
In Italia è oramai opinione comune che la duplicazione del Parlamento in due Camere dotate di sistemi elettorali quasi identici, titolari entrambe del rapporto fiduciario con il Governo, e parificate in tutto con riguardo alla funzione legislativa, sia causa di lentezze decisionali, di potenziale instabilità dell'esecutivo, e costituisca un segnale di ipertrofia della classe politica.
Tutti i progetti di riforma istituzionale avanzati e discussi dal Parlamento italiano nel corso degli ultimi venticinque anni hanno pertanto incluso un'incisiva riforma del sistema bicamerale. È tuttavia significativo che nessuno fra tali progetti abbia ipotizzato una riforma in senso monocamerale. Sarebbe semplicistico ritenere che ciò sia dovuto unicamente alla naturale resistenza delle istituzioni ad ipotesi di riforma radicale. In realtà, i vantaggi offerti dall'esistenza di una seconda Camera come elemento di garanzia e bilanciamento istituzionale sono sempre stati ben presenti.
A ciò deve aggiungersi, soprattutto nell'ultimo decennio, la graduale evoluzione dell'assetto della Repubblica italiana in senso federalistico. Le riforme costituzionali intervenute tra il 1999 e il 2001 - che hanno accresciuto l'autonomia delle regioni e degli enti locali - hanno reso evidente la necessità di individuare, al vertice delle istituzioni rappresentative, un organo che trovi legittimazione nelle comunità territoriali e si faccia interprete delle loro istanze. Ciò proprio allo scopo di ricondurre a unità il disegno di revisione istituzionale riconfermando nel Parlamento il soggetto "federatore", cioè coordinatore della pluralità di centri di rappresentanza e di decisione che caratterizza le società moderne.
Nei progetti di riforma sin qui elaborati e discussi dal Parlamento, la scelta a favore di una seconda Camera mirata sulla rappresentanza territoriale (denominata "Senato federale" o "Senato delle Regioni") si è in varia misura intrecciata con l'attribuzione ad essa anche di un ruolo di rappresentanza politica e di funzioni di garanzia, il che ha portato a ipotizzare soluzioni assai diversificate tra loro.
La difficoltà ha riguardato in particolar modo il grado di partecipazione e il peso da attribuire alla seconda Camera nel procedimento legislativo. È su questo terreno che si pone un delicato problema di contemperamento: tra l'esigenza di attribuire un ruolo non marginale alla seconda Camera, e la contrapposta esigenza di semplificare e rendere efficace l'iter decisionale.
Le soluzioni possibili sono certamente molteplici; ma va comunque sottolineata l'esigenza di attribuire alla Camera che (nelle forme di governo parlamentare) è titolare del rapporto fiduciario con il Governo la possibilità di effettuare tempestivamente le scelte inerenti all'attuazione dell'indirizzo politico. Di converso, entrambe le Camere devono essere coinvolte a pieno titolo nelle scelte che incidono sull'assetto costituzionale e definiscono il quadro delle regole che presiedono all'ordinamento democratico.
Va comunque ricordato che il procedimento legislativo non esaurisce l'ambito delle potestà - anche decisionali - di un Parlamento: vanno assumendo anzi sempre maggiore importanza, soprattutto in presenza, come si è detto, di un pluralismo crescente dei centri normativi, le sue funzioni di indagine e di controllo, nonché le funzioni consultive e di indirizzo nei confronti del Governo. Sono principalmente gli strumenti e le procedure conoscitive (nei confronti del Governo, ma anche delle istituzioni locali, di quelle sovranazionali e, più in generale, delle realtà economiche e sociali) a fare la differenza: il loro grado di adeguatezza è funzionale all'efficacia di qualsiasi decisione del Parlamento e, in ultima analisi, condiziona la sua stessa possibilità di svolgere un ruolo di peso nella dinamica istituzionale.
Anche in quest'ambito, l'attribuzione alla "seconda Camera" di competenze specifiche può costituire - in ragione anche della diversa composizione di questa - un elemento di approfondimento e arricchimento della decisione politica.
Come la visione congiunta dei due occhi consente allo sguardo di percepire la profondità, i sistemi bicamerali offrono alle democrazie la preziosa, duplice opportunità di diversificare le forme di rappresentanza dei cittadini e di affrontare da punti di vista diversi le delicate questioni che li riguardano; tale opportunità, se assistita dalle giuste regole e prassi costituzionali e procedurali, non può che tradursi in maggior rappresentatività e, al tempo stesso, in maggior efficacia.