Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

15/09/2008

Visita ufficiale in Albania - Tirana: intervento nell'Aula dell'Assemblea del Popolo sul tema "I rapporti italo-albanesi nella prospettiva europea"

Signora Presidente, Onorevoli Colleghi, è veramente un onore per me potermi rivolgere ai rappresentanti della Nazione albanese, per rendere innanzitutto testimonianza dei forti vincoli di amicizia e di solidarietà che legano storicamente i nostri due Popoli.
L'intera vicenda delle relazioni tra i nostri due Paesi nasce da una vicinanza spirituale e culturale che, grazie ad un intreccio di culture che nel corso dei secoli hanno saputo incontrarsi e dialogare, va al di là del mero dato geografico.
Gli splendori archeologici di Durazzo, i bastioni veneziani di Scutari, le comunità arbaresh nell'Italia meridionale, lo stesso profilo urbanistico della vostra Capitale ci parlano di un passato condiviso che spetta alle classi politiche di oggi rinnovare ed attualizzare.
In questi ultimi anni le nostre Assemblee hanno notevolmente concorso a rafforzare questi legami, ponendo le basi per un'efficace cooperazione politico-istituzionale e costruendo un canale efficace di confronto e di intenso dialogo tra le rispettive rappresentanze parlamentari.
Questo lavoro di riflessione comune, approfondito nella recente tavola rotonda tra i Presidenti dei Parlamenti dei Paesi della regione, promossa a Roma dalla Camera dei deputati, acquista un valore particolare in un'epoca in cui si può sovente percepire una certa sfiducia nel metodo parlamentare che rischia di tradursi in una "democrazia senza popolo", dalle istituzioni indebolite e delegittimate.
Viviamo in anni in cui permane - ed è in un certo senso ineliminabile - una tensione tra le promesse e la realtà della vita democratica, tra legittimazione e sfiducia negli istituti della rappresentanza politica, problemi di cui, come legislatori, siamo chiamati a farci carico ogni giorno, per evitare che assumano connotati populistici e regressivi.
Di fronte a queste insidie, la democrazia parlamentare albanese ha concretamente dimostrato di avere la capacità per gestire l'alternanza al governo tra forze di diversa ispirazione ed ha saputo governare in questi ultimi mesi un impegnativo processo di riforma istituzionale.
L'intenso percorso di democratizzazione del sistema politico e della società civile vissuto dall'Albania e da altri Paesi dell'area balcanica in questi anni, con i suoi alti e bassi, le sue difficoltà e le sue realizzazioni, rappresenta forse la conferma più emblematica del "paradosso" delineato da Alexis de Tocqueville sull'essenza degli ordinamenti democratici: la loro supremazia non risiede infatti nella "qualità" delle decisioni adottate - che talvolta possono apparire ed essere criticabili, al pari degli attori che le hanno approvate - ma nell'essere strutturalmente orientati all'auto-correzione, senza con ciò mettere a repentaglio la convivenza civile e gli assetti istituzionali.
L'impegno per il rafforzamento della democrazia, attraverso la salvaguardia dei suoi valori, delle sue regole e dei suoi istituti, non può essere separato dall'assunzione, soprattutto da chi è titolare di responsabilità politiche, di un impegno fattivo per lo sviluppo economico e civile.
Ciò presuppone che venga mantenuto sempre aperto - ed anzi approfondito - il dialogo tra le diverse culture presenti nei Balcani occidentali, attingendo alla vocazione mediterranea che pervade le società dei Paesi dell'area. La capacità di convivere nella pluralità culturale e di trarre ispirazione dalla diversità costituisce infatti una ricchezza immensa che le classi dirigenti devono valorizzare sempre di più.
Parlamenti forti e "decidenti" possono svolgere nei Balcani occidentali un ruolo chiave nella salvaguardia della stabilità e della sicurezza. In quanto luoghi della rappresentazione e del confronto tra le diverse istanze della società civile, i Parlamenti infatti costituiscono la sede più idonea per la gestione dei processi di pacificazione e di riconciliazione nazionale, assolutamente necessari affinché le ferite degli anni Novanta possano definitivamente rimarginarsi.
In questa prospettiva, la costruzione di uno Stato democratico e pluralista in Kosovo rappresenta un terreno sul quale si misurerà non soltanto l'autorevolezza dell'Unione europea ma anche la credibilità delle classi di governo dei Paesi dei Balcani occidentali, la loro capacità di dimostrarsi parte integrante della grande famiglia europea.
In questa mia breve missione a Tirana sono rimasto profondamente colpito dalla "domanda di Europa" che anima le parole dei miei interlocutori albanesi, appartenenti a tutte le forze politiche.
E' una richiesta d'integrazione non circoscritta ai soli ambienti politici, ma che si coglie nell'opinione pubblica, sempre molto attenta alle prese di posizione delle istituzioni comunitarie, così come nei comportamenti dei cittadini Albanesi, soprattutto delle giovani generazioni, che dimostrano con le loro decisioni di sentirsi cittadini europei a pieno titolo, ad esempio scegliendo di lavorare o di studiare, in numero sempre crescente, negli Stati comunitari.
Spetta alla classe politica albanese non deludere queste aspirazioni, che spesso comportano rilevanti sacrifici personali e difficili scelte di vita, proseguendo nel percorso per una compiuta integrazione euro-atlantica e consolidando i rilevanti successi colti dal vostro Paese con l?accordo di associazione e stabilizzazione con l?Unione europea del giugno 2006 e con il recente protocollo di adesione all?Alleanza atlantica del 9 luglio scorso.
Mi preme ribadire, a questo proposito, che l'Italia ed il suo Parlamento sono stati e sono al vostro fianco nel sostenere le vostre aspirazioni ad una piena integrazione nelle strutture comunitarie ed atlantiche ed operano anche sul piano bilaterale per accelerare questo processo, cooperando in particolare con le autorità albanesi per la realizzazione di tutte le riforme legislative ed amministrative propedeutiche all'ingresso nell'Europa comunitaria.
Come sapete, la cooperazione italiana in Albania ha acquisito negli anni grande rilevanza, spaziando dagli interventi per la tutela dell'ordine pubblico e per la lotta alla criminalità organizzata ed ai traffici illeciti, alle iniziative a sostegno delle istituzioni, fino alla miriade di attività promosse dal volontariato per lo sviluppo di una società civile più libera e più giusta.
Il lavoro svolto in questi settori è stato unanimemente riconosciuto e costituisce un "modello" che potrebbe essere efficacemente proposto anche con riferimento ai Paesi della sponda meridionale del Mediterraneo. Consentitemi allora, in una circostanza così solenne, di rivolgere un ringraziamento, a nome della Camera dei deputati, a tutti gli Italiani e le Italiane che quotidianamente operano in Albania, dimostrando una straordinaria efficienza e professionalità nell'adempimento dei loro compiti ed offrendo un'immagine nobile e generosa del nostro Paese.
Sono sempre stato convinto che il fermo sostegno italiano alle aspirazioni euro-atlantiche dell'Albania e degli altri Paesi dei Balcani occidentali non trovi origine da ragioni altruistiche ma dalla consapevolezza che in caso contrario tali Paesi rischierebbero di divenire una sorta di "buco nero" nella geopolitica europea, che inevitabilmente condizionerebbe in maniera negativa la stabilità e la sicurezza dell?intero continente.
Non possiamo infatti parlare di un'Europa stabile e "riunificata" senza il contributo dei Paesi dei Balcani occidentali: l'allargamento ai Paesi dell'Europa centro-orientale nel 2004-2007 ha in qualche modo emarginato i Balcani occidentali, ritagliando uno spazio extracomunitario nel quale -tra l'altro - i traffici criminali scavano corridoi privilegiati. Per questo è necessario che l'allargamento ai Balcani occidentali torni ad essere una priorità nelle scelte di fondo dell'Unione europea.
In questa prospettiva, alcune iniziative multilaterali, operanti nell'area e sorte sulla base di una felice intuizione italiana a partire dalla fine degli anni Ottanta - penso all'Iniziativa adriatico-ionica ed all'InCE - possono svolgere un ruolo strategico per l'allargamento adriatico dell'Unione europea, anche attraverso le rispettive dimensioni parlamentari.
Il processo di "europeizzazione" della regione implica infatti una stretta cooperazione parlamentare nella definizione degli interventi legislativi finalizzati all'assimilazione dell'acquis comunitario, per l'adozione di una legislazione commerciale di libero accesso dei prodotti dell'area ai grandi mercati dell'Europa comunitaria, nonché per la definizione di accordi infraregionali di cooperazione commerciale.
Questo percorso passa altresì attraverso un vero e proprio "salto di qualità", quale la definizione di uno spazio economico integrato dei Balcani occidentali che possa più facilmente interagire con le economie degli Stati comunitari. La formazione di tale spazio è oggi condizionato dalla somiglianza delle specializzazioni produttive tra le economie dell'area, dalla carenza di grandi reti infrastrutturali, dalla mole di normative doganali.
L'integrazione dell'area - fino ad oggi marginalizzata dai grandi flussi commerciali che hanno invece favorito il Mediterraneo occidentale ed i Paesi dell'Europa settentrionale - richiede anche una rivitalizzazione dell'Adriatico che può svolgere una funzione promotrice di reti e partenariati tra il Baltico, il Mediterraneo ed il Mar nero.
In tale ottica assume un carattere prioritario lo sviluppo delle direttrici di comunicazione di elevata rilevanza strategica come il cosiddetto "Corridoio paneuropeo di trasporto n. 8" (Bari/Brindisi-Durazzo-Skopje-Varna/Burgas) e la creazione di nuove infrastrutture e connessioni energetiche, come l'elettrodotto di interconnessione con la rete di trasmissione albanese, la cui costruzione è stata deliberata da parte italiana poche settimane fa.
La realizzazione di questo nuovo elettrodotto si inserisce in un quadro più ampio di iniziative economiche, segnato da una collaborazione sempre più intensa fra i nostri due Paesi che, prendendo le mosse dai progetti di cooperazione allo sviluppo, si è ora estesa al settore delle infrastrutture e dei servizi pubblici e sociali, determinando elevati livelli di interscambio ed assicurando all'Italia il primato nel settore della partnership commerciale e negli investimenti.
Ritengo inoltre che anche l'Unione per il Mediterraneo può rappresentare un ulteriore strumento di "ancoraggio" dei Paesi dell'area nel quadro comunitario, valorizzando le loro specificità geopolitiche di raccordo tra Oriente ed Occidente ed il loro patrimonio culturale, segnato dal pluralismo di etnie e di fedi religiose.
Valuto quindi in termini assai positivi l'adesione di alcuni dei Paesi dei Balcani occidentali al progetto rilanciato dal Vertice di Parigi del 13 luglio scorso ed auspico un'integrazione di tutti gli Stati della regione nell'assetto istituzionale dell'Unione per il Mediterraneo, a partire dall'Assemblea parlamentare euro-mediterranea.
Nel luglio 2003, un mio autorevole predecessore, l'on. Pierferdinando Casini, ebbe l'opportunità di rivolgersi anch'egli al Parlamento albanese e parlò delle prospettive di un Paese che usciva allora da una crisi economico-finanziaria gravissima, ancora lontano dai traguardi dell'integrazione europea ed atlantica.
Dopo appena cinque anni trovo un'Albania, che nel frattempo avevo già visitato in qualità di Ministro degli Esteri, trasformata sotto tutti gli aspetti e la società albanese sembra essere definitivamente fuggita dal terribile "Palazzo dei sogni" del romanzo del grande Ismail Kadaré e capace di costruire, con tutto il coraggio che fu di Giorgio Castriota Scanderbeg, un futuro di democrazia e di libertà.