Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe

INIZIO CONTENUTO

Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

27/01/2009

Montecitorio, Sala della Lupa - Convegno "Memoria: dalle testimonianze dirette al Museo della Shoah"

La memoria è un dovere, soprattutto quando contiene il dolore, l'abominio, l'orrore. Ritengo sia questo il senso più profondo della giornata dedicata alla rievocazione della Shoah.
Nel convegno odierno approfondiremo il significato etico della testimonianza nel suo intimo legame con il valore della memoria. Parleremo in primo luogo della testimonianza che verrà della nascita a Roma del Museo della Shoah. E' una iniziativa dal grande valore morale e civile per la Capitale e per l'Italia intera. Una iniziativa che dimostra la piena consapevolezza raggiunta dalla nostra società e dalle Istituzioni circa la necessità di mantenere sempre vivo il ricordo dell'immane disegno criminale concepito e attuato contro il popolo ebraico.

Saluto - e li ringrazio per i contributi che forniranno a questo incontro - il Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, il Presidente della Fondazione Museo della Shoah Leone Paserman, il Sindaco di Roma Gianni Alemanno, il Presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo, il Presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti, il segretario del Pd Walter Veltroni, già sindaco della Capitale dal 2001 al 2008, la testimone della Shoah Goti Bauer, lo storico Marcello Pezzetti, gli architetti Giorgio Maria Tamburini e Luca Zevi che hanno realizzato il progetto del Museo.

E' mia convinzione che istituire un luogo del ricordo, della riflessione e del raccoglimento sia una modalità - che il trascorrere del tempo rende necessaria - per mantenere sempre vigile la coscienza dei cittadini sull'obbligo di difendere i valori dell'uomo. Vuol dire contribuire a preservare gli italiani di oggi - e a maggior ragione quelli di domani - dai veleni mai del tutto scomparsi dell'antisemitismo e del razzismo.

Per le Istituzioni il dovere della memoria è parte integrante del loro quotidiano impegno per la difesa e per la promozione dei princìpi di dignità della persona sanciti dalla Costituzione. E' il dovere di far sì che i valori democratici e repubblicani, che sono ormai da molti anni patrimonio condiviso del nostro popolo, siano recepiti in profondità e acquistino una sempre maggiore forza civile.
La Camera dei deputati ha voluto recentemente dare il suo contributo a questo impegno civile apponendo una lapide nella Sala della Regina a ricordo perenne della vergogna delle Leggi razziali che vennero approvate proprio a Montecitorio -circostanza che è triste rammentare - poco più di settant'anni fa e che rappresentano una delle pagine più buie della nostra storia.
Colgo questa occasione anche per annunciare che la Camera dei deputati ospiterà il prossimo aprile una mostra fotografica dal titolo "Prove di sterminio - L'eliminazione dei disabili nella Germania nazista" organizzata dalla Comunità di Sant'Egidio, dall'associazione Omnibus e dall'Istituto per gli Affari Sociali presieduto da Antonio Guidi. E' noto infatti che la politica criminale del nazismo si abbattè anche sui portatori di handicap fisici e psichici, sui rom, sugli omosessuali, sugli oppositori politici e su quanti finirono nei lager per il solo fatto di esistere. Di esistere al di fuori del delirio ideologico di Hitler e dei gerarchi nazisti.

Ci sono naturalmente diversi modi di testimoniare la tragedia della Shoah. In primo luogo ci sono i racconti dei sopravvissuti. Ci sono le visite ai luoghi dello sterminio. Ci sono i documenti storici, i filmati, i libri degli scrittori come Primo Levi, Elie Wiesel e dei tanti che hanno sperimentato direttamente sulla propria carne l'azione quotidiana e sistematica di annullamento dell'uomo svolta nei lager.
Chi ha conosciuto quell'inferno è stato per sempre sconvolto nell'anima. La tremenda esperienza del campo di sterminio è una traccia indelebile nella coscienza dei testimoni diretti. Questo mutamento dell'identità personale è descritto con grande efficacia da Jean Améry, lo scrittore ebreo austriaco che fu torturato dalla Gestapo e poi deportato ad Auschwitz. "Chi è stato torturato rimane torturato. L'abominio dell'annullamento non si estingue mai". Sono parole che turbano e scuotono ancor oggi le coscienze. Ma sono parole che ci ricordano come la Shoah rappresenti non solo un mutamento dell'identità personale dei sopravvissuti, ma un cambiamento della stessa identità collettiva dell'uomo europeo, che da allora ha cominciato a non percepire più se stesso come prima. Ancor oggi a tanti anni da quei terribili eventi risuona questa domanda: come mai la civilissima Europa ha potuto generare l'orrore di Auschwitz?
E' un angoscioso interrogativo che tanti scrittori, filosofi e storici del mondo occidentale continuano a porsi da oltre sessant'anni.

Il dovere della memoria è quindi non solo il dovere di ricordare, ma anche il dovere di capire, di indignarsi e di non minimizzare quando riecheggiano teorie negazioniste sempre infami, e ancor di più se chi le espone ricopre un incarico religioso.
Sono i meccanismi della discriminazione, che cominciano prima ad attaccare la vita civile e che poi sfociano, con agghiacciante consequenzialità, nella distruzione della vita stessa.
Sono i meccanismi di una identità esasperata, chiusa e aggressiva. Una identità malintesa e malata. Perché la vera identità è scambio e arricchimento con le culture che provengono da altri popoli.
Sono i meccanismi del fanatismo ideologico che si sono manifestati in tutta la loro devastante potenza nel secolo scorso, oscurando, durante la fase più tragica della storia europea, l'eredità morale dell'umanesimo e dei Lumi. Sono meccanismi di ieri, che possono però riprodursi anche nel XXI secolo.
Per questo il dovere della memoria è il dovere di mantenere vivo un insegnamento perennemente attuale. Rimuovere l'orrore può produrne altri. Per questo la memoria è in primo luogo un dovere morale. Per questo è opportuno anche un museo: per esprimere nel silenzio, solo visivamente, ciò a cui la parola non può arrivare. Perché l'orrore della Shoah è anche in parte indicibile.