Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

11/02/2009

Montecitorio, Sala della Lupa - Convegno "Giuseppe Tatarella: la politica come idee, la politica come confronto"

Oggi ricordiamo un uomo che ha creduto profondamente nella politica. Pinuccio Tatarella è nella storia della democrazia italiana. La sua azione e il suo pensiero non cessano di essere attuali e di produrre insegnamenti a beneficio di tutti coloro che, al di là degli schieramenti, si pongono con responsabilità davanti ai problemi del Paese. Tatarella rimane anche nel cuore dei suoi tanti amici. La sua intelligenza politica faceva tutt'uno con la sua qualità umana. Ed è impossibile ricordare il politico senza ricordare l'uomo.
Saluto e ringrazio il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il ministro dell'Interno Roberto Maroni, il Presidente Massimo D'Alema, l'Onorevole Gennaro Malgieri per aver accettato di partecipare a questa manifestazione e per i contributi che ad essa si apprestano a fornire .
In questa occasione viene anche presentato un volume realizzato dalla Camera dei deputati sulla figura dell'illustre uomo politico. Il libro è stato curato con grande intelligenza e sensibilità dalla moglie Angiola Filipponio Tatarella, che saluto unitamente al fratello di Pinuccio, Salvatore Tatarella.
E' difficile racchiudere una personalità ricca come quella di Tatarella in una formula. Direi però che, volendo cogliere un tratto fondamentale della sua opera di costruttore politico, potremmo definirlo senza timore di sbagliare uomo del bipolarismo compiuto. Aveva capito che l'Italia degli anni Novanta aveva la necessità di tradurre in nuovi stili, l'ansia di modernizzazione e cambiamento che pervadeva il Paese.
Lo stile principale era quello della semplificazione politica in due grandi schieramenti contrapposti. Tale semplificazione era necessaria proprio perché la società era diventata più complessa, più ricca, più veloce e quindi bisognosa di maggiore capacità e rapidità di decisione da parte delle istituzioni della politica.
Semplicità non voleva però dire semplicismo. La diversità delle ispirazioni politiche non voleva dire faziosità cronica e conflittualità sterile. Anzi, la necessità di costruire un bipolarismo maturo e moderno, richiedeva un lavoro in più di ascolto, di dialogo, di sintesi di culture, idee ed opinioni. Soprattutto nel campo delle innovazioni in campo istituzionale.
Tatarella riteneva necessario arrivare ad esse attraverso una formula condivisa tra gli schieramenti. Credeva nel confronto sereno e civile delle idee, anche con coloro che rappresentavano istanze molto diverse dalle sue. Ritengo che sia una lezione quanto mai valida oggi. Oggi che il Paese ha bisogno -come ho avuto più volte modo di ribadire - di una corale assunzione di responsabilità da parte della generalità delle forze politiche -nel rispetto della distinzione dei ruoli tra maggioranza e opposizione - per la realizzazione delle riforme.
Tatarella va sicuramente annoverato tra i più convinti assertori dell'idea che, in una moderna democrazia bipolare, ciò che unisce sia altrettanto importante di ciò che divide. Che esista un terreno comune di incontro sul piano dei valori e dei princìpi fondamentali. Che in democrazia non devono esistere nemici, ma solo avversari che si confrontano lealmente
Per questa sua vocazione al dialogo fu chiamato il "ministro dell'armonia".
Quella definizione non deve trarre in inganno. La forza di Pinuccio non stava solo nella sua capacità di mediazione e di ascolto, che pure, da fine politico qual era, possedeva in dosi considerevoli. Stava nel suo straordinario intuito politico. Nella sua speciale capacità di individuare un obiettivo più alto e più ambizioso rispetto alle questioni contingenti del confronto tra partiti.
Una delle sue grandi intuizioni fu l'idea che la nascita dei poli di centrodestra e di centrosinistra non fosse un punto di arrivo ma di partenza. Da quel momento in poi doveva cominciare un processo per trasformare i due grandi cartelli elettorali in vere alleanze politiche, cementate da valori e culture comuni. "Se la situazione attuale - scrisse nell'ottobre del 1994 - è quella del rodaggio e dell'assestamento di tutte le aree politico-culturali, il futuro va costruito fin da ora con il dibattito e l'azione. Occorre cioè rendere finalmente praticabile e attuabile la democrazia compiuta e l'alternanza con due soli schieramenti, non monolitici, ma sempre e solo due grandi coalizioni in competizione aperta".
La capacità di dialogo è un carattere che risalta in modo ancora più significativo se consideriamo il fatto che Pinuccio ha trascorso quasi interamente la sua vita politica all'opposizione. Egli maturò l'idea della politica come atto di responsabilità verso l'intera comunità nazionale proprio quando poteva apparire più facile e redditizio preferire il modello della contrapposizione, della delegittimazione e della polemica.
Intendiamoci, non che come oppositore Tatarella abbia mai fatto sconti ai propri avversari. Non gli faceva certo difetto le capacità di critica e di denuncia.
Aggiungo anche che viveva con passione i propri ideali politici. Era uomo di destra, coerentemente e senza ambiguità. La sua azione politica fu sempre ispirata ai valori guida della nazione, della socialità e dello Stato . Ma la sua non era una concezione statica, rigida e immobile dell'identità politica. Questa non rappresentava per lui uno stendardo da issare in una competizione vissuta come un'ordalia permanente, ma un nucleo di idee in cammino e in evoluzione.
Era talmente sicuro della propria identità, da non sentire il bisogno di gridarla ed esibirla in ogni occasione. Men che mai per sancire divisioni o alimentare polemiche. La interpretava piuttosto come un elemento indispensabile al dibattito delle idee. Un confronto a cui partecipare con spirito laico e nella consapevolezza che non c'era da rimpiangere il tempo degli scontri ideologici e delle certezze d'acciaio.
La sua era la visione di una grande Destra moderna e modernizzatrice, inclusiva e dialogante. Una Destra - scriveva nel 1991 - capace di porsi interrogativi "senza certezze dogmatiche, senza pregiudizi, con l'ansia construens dell'analisi e del confronto".
Una Destra repubblicana e costituzionale, desiderosa di colmare il fossato che l'aveva fino ad allora divisa dal resto della comunità politica italiana e pronta a fornire il proprio contributo all'ammodernamento delle istituzioni e all'ulteriore consolidamento della democrazia.
Da quando era caduto il Muro di Berlino, tutto era possibile e tutto doveva essere reso possibile. Di quella immane ondata storica aveva compreso le enormi potenzialità di trasformazione sociale. Aveva capito che le culture politiche, pur vivendo nel solco delle storia del Novecento, non potevano più essere ispirate dalle religioni secolarizzate dell'ideologia.
Gli uomini e le idee potevano dialogare e confrontarsi senza più il timore di correre il rischio di anatemi e scomuniche. A nessuno più di Tatarella poteva apparire giusta e veritiera la massima di Konrad Adenauer secondo cui "i partiti non vivono per se stessi ma per il popolo".
L'Italia politica era insomma un grande cantiere, nel quale realizzare nuove sintesi e nuovi soggetti politici. Con questo spirito, Tatarella si interrogò anche sulla possibilità di allargare ad altre forze i confini del centrodestra. Nacque da lì l'idea di "Oltre il Polo", che aveva l'obiettivo di costruire la casa comune di tutti i moderati italiani. Non si trattò - è bene sottolinearlo- di una semplice operazione di aritmetica elettorale, ma di una strategia politico-culturale ambiziosa e di vasto respiro. Tatarella si rivolgeva con particolare attenzione all'area di opinione che si era in passato riconosciuta nei vecchi partiti laici, ritenendo che questa dovesse partecipare con la propria cultura alla definizione di un programma comune.
Questa capacità di interrogarsi sugli esiti politici dei grandi processi storici derivava certo da quello straordinario intuito che tutti gli hanno sempre riconosciuto.
Ma derivava anche dallo stretto legame che Tatarella riuscì a stabilire tra politica e cultura. Gli strumenti editoriali erano, per Pinuccio, una modalità di espressione non meno importante di quella politica in senso stretto. Le sue grandi iniziative erano precedute o accompagnate sempre dalla nascita di riviste e giornali, che Tatarella considerava indispensabili laboratori di cultura politica.
C'è poi un altro elemento che è necessario tenere presente per capire da dove venissero le grandi capacità di dialogo di Tatarella. E' l' elemento della sua formazione politica, che avvenne nell'ambiente storico e culturale della realtà meridionale. In tale ambiente, dove era assente la tragica memoria dell'esperienza diretta della guerra civile, era più facile che altrove, per un uomo di destra come lui, trovare interlocutori con i quali confrontarsi al di fuori degli ideologismi.
E' il caso anche di aggiungere che in questa sua formazione c'era l'esempio dei grandi uomini politici e sindacalisti pugliesi del Novecento. Mi riferisco in particolare a figure come Araldo di Crollalanza, Giuseppe Di Vittorio, Aldo Moro.
Per lui furono esempi di sensibilità sociale e di meridionalismo. In Di Vittorio c'era l'esperienza dell' impegno per l'equità sociale e per i diritti delle fasce più povere della gente del Sud. La linea di Moro era quella dell'intervento statale per avviare lo sviluppo.
Tatarella rifiutava naturalmente i modelli dell'assistenzialismo e del provvidenzialismo. Per lui l'intervento pubblico doveva servire essenzialmente a stimolare le energie e le iniziative della società meridionale. Nella sua concezione, il Mezzogiorno doveva essere messo in grado di farcela da solo. Era questo in particolare l'insegnamento di Crollalanza, esempio di un meridionalismo fattivo e concreto, che per Tatarella doveva essere anche elemento qualificante di una Destra moderna ed evolutiva.
Tante e tante altre cose ancora ci sarebbero da dire sulla personalità di Pinuccio Tatarella e sul significato del suo insegnamento politico. Ma ritengo sia venuto il momento di dare la parola agli illustri oratori che sono preseneti. Penso che per definire in una immagine conclusiva la sua figura non ci siano parole migliori di quelle contenute in questa frase dello scritto di Angiola Filipponio Tatarella che compare nel volume realizzato dalla Camera: "Ciò che rende ancora attuale e vitale l'azione politica di Pinuccio Tatarella risiede, secondo me, nell'aver posto come concetto chiave della politica,e più a fondo della sua stessa esistenza, l'idea che il pensiero è azione. Per Tatarella, infatti, il pensiero senza l'azione è vuoto, l'azione senza il pensiero è cieca".
E' un grande insegnamento politico. Ma è anche un luminoso insegnamento di vita.
E come tale appartiene a tutti gli italiani, al di là degli schieramenti politici.