Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe

INIZIO CONTENUTO

Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

14/03/2009

Trieste - V Conferenza nazionale sulle politiche antidroga e sui problemi connessi alla diffusione delle sostanze stupefacenti e psicotrope

E' con piacere che prendo parte ai lavori di chiusura della V Conferenza nazionale sulle politiche antidroga e sui problemi connessi alla diffusione delle sostanze stupefacenti e psicotrope.

Ringrazio il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Carlo Giovanardi, per avermi invitato e per aver realizzato questa manifestazione che, nel solco della continuità con il recente passato, rappresenta un importante foro in cui si raccolgono idee, riflessioni, contributi per una più incisiva azione delle istituzioni ai vari livelli nelle politiche antidroga.

Ringrazio tutti gli operatori del settore che hanno partecipato ai lavori della Conferenza, quelli che sono oggi qui presenti e quelli che lo sono stati nel corso di questi tre giorni.

Un pensiero affettuoso lo rivolgo a tutte le famiglie italiane, e non solo, coinvolte dal fenomeno, davvero drammatico, della droga.

Viviamo un'epoca in cui è sempre più evidente il dilagare, in ogni parte del mondo, del traffico di droga, cui si accompagna una continua azione di promozione, un vero e proprio marketing della droga stessa, di cui i principali responsabili sono le organizzazioni criminali del narco-traffico.

Un marketing sempre più evoluto, con strategie sempre più sofisticate che mirano a far cadere le barriere psicologiche e a generare consenso sociale intorno a quella che è giusto definire la "cultura della morte".

Tutto ciò accresce enormemente il consumo della droga, conduce ad una subdola "trasformazione" delle droghe in "beni di consumo", che si realizza associando il "prodotto droga" ad altri prodotti legali, o illegali, che fungono, in qualche modo, da "eccipiente".

Oltre al tipo di sostanze utilizzate, sono cambiate, infatti, anche le modalità di consumo, i profili del consumatore e i luoghi del consumo stesso.

"Nuove droghe" e "nuovi consumi" pongono nuovi problemi conoscitivi e di impatto e sollecitano la necessità di ideare nuove strategie e di ripensare radicalmente l'offerta dei servizi necessari all'utenza potenziale e ai problemi di cui essa è portatrice.

Sappiamo che oggi il personale è spesso scarso, demotivato, mal utilizzato e che finisce per limitarsi a dispensare il metadone, tralasciando gli altri compiti che la legge gli affida: prevenzione, colloqui psicosociali, cure riabilitative, ecc..

E' un mercato quello delle "nuove droghe", costruito su misura per i giovani che, però, si rivolge anche ad altre categorie sociali e, in particolare, a coloro che sono inseriti in attività lavorative e produttive ben strutturate, dove grande è l'enfasi posta sul presunto "potere" di certe sostanze di aumentare i livelli delle performances e delle prestazionali personali.

Sensibile a questi mutamenti culturali, il mercato, più che da droghe che provocano lo "sballo", l'intorpidimento intellettuale, il ritiro da una partecipazione attiva alla realtà, è adesso dominato da sostanze stimolanti, eccitanti, dotate di caratteristiche farmacologiche tali da produrre effetti percepiti dai consumatori come "elementi di sostegno" dell'IO. Sono droghe che creano l'illusione di rispondere adeguatamente alle richieste di una società sempre più basata sull'efficientismo, sulla necessità di migliorare le proprie prestazioni fisiche ed intellettuali e di vivere soggettivamente - attraverso la realizzazione di un'espansione ipo-maniacale del proprio Ego - la sensazione di poter modulare il mondo secondo le proprie esigenze.

I pericoli connessi all'uso di queste droghe non riguardano, ovviamente, soltanto la salute fisica e mentale di chi ne fa uso, ma sono collegati anche alle reali potenzialità della droga di "colonizzare" intere fasce sociali.

A strategie così sofisticate occorre rispondere con una "azione antidroga", che, per essere incisiva, deve agire, in modo mirato, sia sul versante della riduzione della domanda, sia su quello del completo recupero delle persone dedite all'uso di sostanze stupefacenti.

Da qui la necessità di uno stretto e funzionale collegamento fra i due poli del sistema, quello rappresentato, in generale, dalle Forze dell'Ordine con la loro azione di prevenzione e repressione e quello rappresentato dalle strutture pubbliche, e del privato sociale, tutte impegnate, attraverso i loro instancabili protagonisti, nella meritoria opera di prevenzione, cura e riabilitazione delle dipendenze patologiche.

Proprio per questo, è indispensabile spostare l'attenzione ed il dibattito dalle cosiddette "sostanze" all'"individuo", considerato, quest'ultimo, nei suoi aspetti più intimi, quelli sociali, psichici e biologici.

E' un'esigenza tanto più sentita in un momento come l'attuale in cui la percezione sociale del "fenomeno droga" è più tollerata culturalmente e, quindi, maggiormente in grado di spalancare le porte a modi di essere sempre più possibilisti nei confronti di esperienze "estreme" e, fino a poco tempo fa, giudicate pericolose.

Questo grave processo di "normalizzazione" culturale, che occorre fortemente contrastare, trasforma l'offerta di droga, un tempo di "nicchia", e limitata alle aree di degrado sociale, in un mercato illegale ampiamente diffuso e raffigurabile come un vero e proprio supermarket delle droghe, in cui ciascuno può trovare le più diverse varietà di sostanze, in relazione alle proprie esigenze e al contesto in cui dovrà avvenire l'assunzione.

Purtroppo, all'evoluzione del mercato e delle sue strategie non sempre corrispondono adeguate politiche di pronto intervento terapeutico e riabilitativo e, soprattutto, preventivo.

Questo è un fatto cruciale di cui, a mio avviso, non si è tenuto in debito conto quando, soprattutto all'estero, si è ritenuto di controllare e circoscrivere il fenomeno della tossicomania, creando delle vere e proprie aree franche dalle quali l'uso degli stupefacenti si è ulteriormente diffuso e propagato.

E' lecito, quindi, domandarsi se sia ancora possibile fare prevenzione e, nel caso, in che modo essa debba svilupparsi.

Sappiamo che la più elevata probabilità di consumo di droghe è associata a determinati fattori di rischio: deficit di vigilanza familiare, ampio mercato, a bassi costi, delle sostanze stupefacenti, problemi personali, quali la mancanza di ideali di vita o di positive prospettive professionali.

Esistono, però, anche i cosiddetti fattori protettivi che concorrono a limitare il fenomeno della tossicodipendenza: la stessa funzione di "controllo" esercitata dalle famiglie, l'efficacia di un'"azione antidroga" corale e uniforme, l'opportunità di uno sviluppo culturale e professionale dei singoli cittadini.

L'anello debole, tra i fattori protettivi, continua ad essere rappresentato, per certi versi, dalla famiglia, pur potendo, invece, questa rivestire, se effettivamente aiutata, un ruolo centrale nella realizzazione di efficaci politiche di prevenzione che abbiano il carattere di organicità e di sistematicità.

E' dimostrato, infatti, scientificamente, che i fattori familiari sono importanti tanto nell'aumentare i rischi derivanti dall'assunzione di droghe, quanto, però, nel proteggere i giovani dall'approccio all'uso di droghe.

Con riferimento a quest'ultimo aspetto, è noto a tutti che coinvolgere la famiglia in programmi di prevenzione serve a ridurre in maniera significativa i livelli di consumo di sostanze stupefacenti.

Tale risultato può essere ottenuto soltanto quando le famiglie siano, nello stesso tempo, consapevoli e coese verso questo obiettivo.

Purtroppo, se si osserva la famiglia italiana ne esce spesso l'immagine di una famiglia non sempre adeguata ad orientare i propri figli. Figli su cui ha investito molto, ma in relazione ai quali è in difficoltà ad esercitare fino in fondo quel difficile ed insostituibile magistero che le compete.

Sempre più spesso, infatti, i genitori, di fronte ad un mondo che sembra porre tutto in termini nuovi e diversi rispetto alla loro personale esperienza, si sentono incapaci di educare i propri figli, di instillare in essi un forte senso critico in grado di far discernere i valori dai disvalori.

Il peso dell'informazione, in una società globalizzata, arriva soprattutto da canali esterni, ed essa non è più mediata dai genitori: tutto ciò gioca un ruolo fondamentale nel rendere i giovani maggiormente permeabili a messaggi fuorvianti.

Per questo motivo, la conoscenza del "pericolo-droga" deve essere attentamente veicolata dalla globalità dai mass media, chiamati a svolgere un ruolo di utilità sociale e di formazione critica delle coscienze delle generazioni più giovani.

In tal senso, è importante capire che l'informazione e la comunicazione non sono tecnologie. Possono essere, secondo il caso, una risorsa o un problema. E prima di pensare a quali altre meraviglie o incubi potrà riservarci il futuro, sarà fondamentale, se si vuole ipotizzare un qualunque tipo di intervento culturale, informativo o preventivo, approfondire il modo in cui i sistemi di comunicazione ed informazione sono usati e come potrebbero essere meglio adattati alle esigenze.

Anche la politica, sotto questo punto di vista, è chiamata a fare la sua parte: essa, infatti, non deve rinunciare a svolgere la sua fondamentale funzione pedagogica e maieutica che consiste nel far crescere nella cultura diffusa della società due principi irrinunciabili:

non esiste un diritto a drogarsi e drogarsi è da considerasi illecito per i danni che il consumo arreca alla singola persona e alla società stessa;

ogni terapia o intervento sulla persona tossicodipendente per la tutela e il ripristino della sua salute e della sua integrazione sociale è accettabile solo nella misura in cui siano inseriti in un programma più ampio dove il fine ultimo deve essere il recupero totale della persona.

In altre parole, solo attraverso una concertazione efficace e concreta, basata sulla piena condivisione di questi principi e dei fini da perseguire, noi tutti potremo rafforzare la "cultura della vita" nella salda cornice di un vero umanesimo.