Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe

INIZIO CONTENUTO

Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

19/05/2009

Montecitorio, Sala della Lupa - Convegno sul tema "La Corte dei Conti nella Costituzione"

Signor Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri,
Signor Presidente della Corte dei conti,
Autorità,
Signore e Signori!

Sono particolarmente lieto di ospitare alla Camera dei deputati questo Convegno di studi promosso dalla Corte dei conti con il concorso di illustri personalità del Parlamento e del Governo e con la partecipazione di studiosi di grande valore.

Questa è un'occasione preziosa per riflettere, a più di sessant'anni dell'entrata in vigore della Costituzione, sulla evoluzione del ruolo della Corte dei conti nella storia repubblicana del nostro Paese.

Un ruolo, quello riconducibile all'esigenza di "tutelare la pubblica fortuna e di curare l'osservanza della legge per parte di chi le debba maggiore riverenza, cioè del potere esecutivo", per usare le stesse parole pronunciate da Quintino Sella il 1° ottobre 1862 in occasione dell'inaugurazione della Corte dei conti del Regno, che, per molti versi, non è cambiato nel tempo, dal momento che nella storia amministrativa di tutti gli Stati l'esigenza del controllo, in relazione all'obbligo di dar conto di una gestione di risorse non proprie, si è sempre sostanziata, sia pure con modalità e connotazioni diverse, nell'affidare a riscontri sulla finanza pubblica una garanzia essenziale nei confronti prima del sovrano e poi delle istituzioni rappresentative e, in definitiva, di tutti i cittadini.

Oggi, nel mondo, sono 185 i Paesi che aderiscono all'Organizzazione internazionale delle Istituzioni Superiori di controllo (Organizzazione affiliata all'ONU e rappresentativa di tutte le Corti dei conti) e che mettono a confronto continuamente le diverse esperienze per individuare i denominatori comuni e i caratteri essenziali ed imprescindibili della funzione dei controlli secondo la regola per cui la loro finalità non può che risiedere nella giusta esigenza di verificare "l'efficace utilizzazione dei fondi pubblici, l'attuazione di una gestione rigorosa, la regolarità e l'efficienza dell'azione amministrativa e, infine, l'esatta informazione dei cittadini da parte dei pubblici poteri".

A questo riguardo, il sistema dei controlli dell'attività finanziaria pubblica, connaturale ad ogni Paese a diritto amministrativo quale rimane il nostro nonostante le massicce dosi di logiche di diritto comune introdotte nell'ordinamento in modo non sempre congruo, ha trovato autorevole fondamento dapprima nell'articolo 100 della Costituzione e poi, progressivamente, nel tempo, nel rilevante processo di riforme che il legislatore ordinario ha portato a compimento, al fine di individuare nuove e maggiori forme di controllo.

Lo stesso principio di legalità, che rappresenta il cardine anche dell'esercizio della funzione di controllo, è stato oggetto di attenta riflessione e di dibattito alla luce di due fenomeni che, soprattutto a partire dagli anni '90, si sono fortemente intersecati fra loro.

Il primo di questi fenomeni è scaturito dalla esigenza di valutare l'attività della pubblica amministrazione non solo sotto il profilo della corrispondenza dei suoi atti all'archetipo normativo, ma anche, e soprattutto, sotto il profilo della corrispondenza alla ratio legis e agli obiettivi di programmazione ed all'efficacia dell'azione amministrativa in modo da assicurare il massimo soddisfacimento dei bisogni pubblici con le limitate risorse disponibili, valorizzando così i princìpi fissati nell'articolo 97 della Costituzione.

Il secondo fenomeno, invece, è stato determinato dalla trasformazione del nostro ordinamento in senso federalista, trasformazione culminata, come è noto, con la riforma del titolo V della Costituzione, che ha tracciato un disegno della Repubblica alla quale concorrono livelli di governo diversi ed equiordinati.

Si è così enucleato dal nuovo assetto costituzionale un disegno organizzativo degli interessi generali della comunità che si compone attraverso una distribuzione orizzontale e verticale delle competenze dei pubblici poteri tra lo Stato, le regioni e gli altri enti che costituiscono la Repubblica, con riconoscimento a quest'ultimi di più ampi poteri di autonomia.

L'esaltazione del ruolo delle autonomie locali e territoriali deve quindi ora fare sistema con l'esigenza di rendere effettive le garanzie poste a difesa dei cittadini contribuenti, per il reale conseguimento degli interessi pubblici indicati dai competenti organi politici.

Una delle principali conseguenze della riforma consiste nella maggiore responsabilizzazione delle amministrazioni locali e regionali sotto il profilo economico e finanziario, con una finanza locale sempre più basata su entrate proprie di natura sostanzialmente tributaria e tariffaria.

Pertanto, sempre di più gli amministratori rispondono direttamente ai cittadini dell'impiego delle risorse in ordine al rapporto tra entità del prelievo fiscale o tariffario, nelle sue varie forme, e risultati in termini di servizi resi e prestazioni erogate.

In tale contesto, il controllo esterno non può che conservare tutta intatta la sua finalità di garanzia per l'ordinamento!

Da qui la necessità di contestualizzare la nostra riflessione, forti della consapevolezza, se vogliamo essere onesti intellettualmente con noi stessi, che non possiamo dare una risposta concreta alla domanda di quali debbano essere i rapporti tra i controlli collaborativi o sanzionatori ed i controlli interni nel sistema attuale dell'ordinamento costituzionale italiano, e specificamente nel sistema degli enti territoriali italiani, se non torniamo a ragionare su quali sono oggi, nel sistema vigente, le finalità istituzionali alle quali un ben organizzato e coerente sistema di controlli esterni deve rispondere.

E' ovvio, quindi, a mio avviso, che, in un quadro di controlli esterni efficaci e rispondenti altresì alle necessità di un ordinamento che deve comunque adempiere agli obblighi derivanti dal patto di stabilità e dai vincoli europei, l'adeguatezza di un soggetto istituzionale deputato ad esercitare sia il controllo economico-finanziario stricto sensu, sia quello di gestione, dovrebbe essere saggiata sotto molteplici aspetti: da quello organizzativo e strutturale, da valutare anche sotto il profilo delle competenze professionali richieste per accedervi, a quello legato agli effettivi poteri ad esso conferiti ed ai risultati ottenuti.

In questa prospettiva, conforta il fatto che, nel corso di questi ultimi anni, la Corte dei conti, come organo previsto dalla Costituzione in posizione di indipendenza e di neutralità, è venuta ad assumere, in forza della prassi giurisprudenziale e delle leggi di attuazione della Costituzione, il ruolo complessivo di organo posto al servizio dello Stato-Comunità, quale garante imparziale del rispetto dell'equilibrio economico-finanziario del settore pubblico allargato (sia statale, sia regionale e locale), e, in particolare, della corretta gestione delle risorse collettive sotto il profilo dell'efficacia, dell'efficienza e dell'economicità.

Tuttavia, nell'era del federalismo e della riforma del regime della finanza pubblica predisposta in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, dobbiamo rendere ancora più efficace il sistema dei controlli sulle "performance" delle pubbliche amministrazioni, così da assicurare trasparenza e chiarezza alla stessa azione amministrativa, senza avere peraltro il timore di allargare l'area dei controlli alle nuove forme di utilizzo delle risorse pubbliche, quali la gestione di servizi pubblici da parte di società a capitale pubblico o, più in generale, alle attività economiche il cui azionariato è sostanzialmente in mano pubblica.

La trasparenza dell'azione amministrativa rimane poi un obiettivo da perseguire, anche perché, come ha giustamente affermato il Presidente Lazzaro nella sua relazione per l'inaugurazione dell'anno giudiziario 2009, "là dove manca la trasparenza si genera il cono d'ombra entro cui possono trovare spazio quei fatti di corruzione o di concussione che rendono poi indispensabile l'intervento del giudice penale: intervento che a sua volta, prima ancora del definitivo accertamento dei fatti, può avere anche l'effetto, non voluto, di generare un clima di sospetto, una nebbia mefitica che tutto sembra avvolgere e che genera sfiducia da parte dei cittadini onesti".

In tal senso, pertanto, l'affinamento del ruolo della Corte dei conti giova ad una duplice causa: da un lato, al mantenimento di una soglia alta di tutela giurisdizionale della legalità nella gestione amministrativa e finanziaria delle amministrazioni non solo statali; dall'altro, ad assicurare al meglio la tenuta di un sistema unitario della finanza e l'effettività di un ruolo di cerniera essenziale per il nuovo volto autonomistico e federale della Repubblica.

Ed è in questo connubio di funzioni strategiche che sta il dato istituzionale saliente da valorizzare, per meglio corrispondere alle attese dei cittadini e per garantire quel "buon governo" da cui dipende la credibilità del Paese agli occhi dell'Europa.

Grazie.