Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

23/07/2009

Montecitorio, Sala della Lupa - Presentazione del documento conclusivo dell'indagine conoscitiva svolta dalla Commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria

Autorità, Signore e Signori!


I principali studi di teoria economica tendono a prescindere da considerazioni di ordine sociologico o morale nella spiegazione degli esiti economici e privilegiano il principio di razionalità quale unica determinante delle scelte individuali.

Tuttavia, la crisi economica che stiamo vivendo a livello mondiale ha messo in discussione schemi analitici consolidati, ha fatto riscoprire il valore della morale dei comportamenti e ha sollecitato la ricerca di regole in grado di allineare l'agire economico a principi di eticità.

L'interesse personale e la sete di ricchezza e di potere - portati all'estremo - esprimono infatti una forza disgregante per il sistema economico e per il consesso sociale.

La pur legittima ambizione individuale deve necessariamente trovare un freno in un'etica della responsabilità e del dovere collettivo.

Un monito al quale ci richiama la recente enciclica papale, "Caritas in Veritate", cui, peraltro, gli stessi vertici politici internazionali sembrano guardare con interesse.

Lo dimostra il G8 dell'Aquila che si è concluso con un indubbio successo perché ha registrato l'impegno dei Governi a riscrivere il quadro di regole finanziarie globali sulla base di valori e princìpi condivisi di "armoniosa" convivenza sociale, pur nel doveroso rispetto delle leggi del mercato.

Anche le iniziative per una maggior trasparenza nelle transazioni "cross-border" e per la lotta ai paradisi fiscali si inseriscono in questa scelta di riallineare lo sviluppo delle relazioni economiche internazionali entro binari di conformità dei mercati all'etica dei comportamenti.

Una seria lotta all'evasione si colloca proprio in questa ottica di valorizzazione del principio etico e morale su cui si deve basare l'agire economico. Essa risponde ai più elementari princìpi di uno Stato di diritto e a quelli più specifici di etica pubblica e di coesione sociale.

A questi princìpi si devono informare tutte le istituzioni, pena la perdita di autorevolezza e di credibilità nei confronti dei cittadini e degli osservatori internazionali. Tali valori trovano peraltro pieno riconoscimento nella nostra Carta costituzionale e nelle leggi di attuazione finalizzate a contrastare fenomeni di occultamento del reddito e a sanzionare, in nome del principio della legalità, l'aggiramento o la violazione dei relativi obblighi contributivi.

E' di tutta evidenza infatti come la propensione individuale a dichiarare il vero risulti strettamente correlata alla probabilità ed all'asprezza della sanzione comminata e, in tal senso, la minaccia del potere di controllo rappresenta, in funzione deterrente, il miglior presidio contro illegali occultamenti.

Del resto, l'evasione fiscale mette in discussione lo stesso principio di "equità" cui si informa l'intero sistema tributario, il quale richiede che situazioni simili, espressive della medesima capacità contributiva, ricevano analogo trattamento.

Collegato al tema dell'equità è anche quello della salvaguardia di reali condizioni di "concorrenza" tra imprese.

Il prodursi degli effetti virtuosi della competizione (in termini di riduzione dei prezzi, di miglioramento della qualità dei prodotti e servizi e di contenimento dei costi) richiede, infatti, che le imprese possano concorrere "ad armi pari", senza che l'indisturbato occultamento di parte della base imponibile possa garantire all'operatore disinvolto e disonesto un vantaggio rispetto ai concorrenti onesti.

Peraltro, l'evasione mina alle fondamenta il principio di "progressività" del nostro sistema tributario e, pertanto, svilisce la funzione redistributiva e di giustizia sociale su cui si fondano i nostri princìpi costituzionali.

L'occultamento al fisco di presupposti d'imposta contrasta inoltre con il dovere di "solidarietà" in cui si deve riconoscere una comunità.

Il senso civico che ne costituisce il "collante sociale" richiede a tutti di adempiere ai propri doveri.

La stessa Costituzione, all'articolo 2, richiama esplicitamente ciascun cittadino a tale obbligo di solidarietà, "in ragione della propria capacità contributiva", e il dovere tributario si configura, pertanto, come obbligo di solidale partecipazione alle spese pubbliche per lo sviluppo dell'intera collettività.

E' un obbligo che il cittadino ha per il solo fatto di essere cittadino. Violarlo significa non contribuire a quel sistema di servizi e di strutture pubbliche di cui la collettività si fa carico "solidalmente" per evitare di "lasciare indietro i più bisognosi".

Peraltro, il minore gettito tributario causato dall'evasione determina tendenzialmente una contribuzione individuale più alta da parte dei cittadini onesti ed è concausa dei tagli alla spesa pubblica o della riduzione della qualità dei servizi, ancora una volta a danno soprattutto delle fasce sociali meno abbienti.

Sul piano delle priorità più strettamente economiche, la lotta all'evasione rappresenta il principale strumento per il risanamento finanziario e la fonte essenziale di risorse per una equa redistribuzione della ricchezza.

Essa costituisce un impegno imprescindibile, da perseguire con tenacia e continuità, per riallineare i conti pubblici, ridurre le aliquote legali (con conseguente riduzione di distorsioni e disincentivi a consumo e produzione), finanziare una più equa allocazione del benessere, anche tra le generazioni.

L'attuale difficile contingenza, nonostante i primi incoraggianti segnali di recupero, e la necessità di finanziare la ripresa richiedono un'azione ancor più incisiva, in grado di produrre decisivi risultati in termini di lotta al fenomeno dell'evasione.

La lotta all'evasione contribuisce inoltre anche alla nostra credibilità sul piano internazionale. Sebbene caratterizzate da oscillazioni notevoli, anche in funzione della metodologia utilizzata, le stime più recenti sull'evasione in Italia danno l'imponibile occultato pari a circa un quarto del PIL.

Quel che più ferisce è che l'evasione fiscale si manifesta da noi con un'intensità superiore rispetto a quanto avviene in altri Paesi avanzati e presso i principali partner europei.

Ciò detto, va anche ribadito che una seria lotta all'evasione richiede una preliminare conoscenza sulla genesi del fenomeno: è necessario comprendere le cause della decisione di evadere e i fattori che agevolano l'illecito occultamento; ed è necessario farlo prima di individuare adeguati strumenti d'intervento da parte della pubblica amministrazione.

I meccanismi di contrasto vanno tarati sulle peculiarità della struttura economico-produttiva del nostro Paese, sulla diversa propensione e possibilità di evadere dei singoli cittadini o gruppi economici e sulle specificità delle diverse transazioni.

A questo proposito, è doveroso ricordare, anche in questa sede, l'encomiabile attività di controllo che quotidianamente viene svolta dall'Amministrazione Finanziaria, sia civile che militare.

A loro va il più sentito ringraziamento della Camera e di tutti gli italiani onesti. L'impegno costante per la promozione di effettive condizioni di uguaglianza nell'assolvimento ai propri obblighi contributivi dà lustro alle nostre istituzioni e ne accresce la credibilità.

Permane, comunque, l'esigenza di dotare l'Amministrazione di meccanismi d'azione ancora più efficaci e di valutare le inefficienze che hanno caratterizzato alcune delle soluzioni adottate negli ultimi anni.

In tal senso, il documento approvato dalla Commissione Parlamentare di Vigilanza sull'Anagrafe Tributaria costituisce senz'altro un prezioso contributo sul versante del potenziamento degli strumenti di contrasto all'evasione. Esso, in particolare, ha il pregio di proporre soluzioni concrete, tutte realizzabili in tempi relativamente brevi, con costi contenuti e certamente inferiori ai potenziali benefici futuri.

Di ciò siamo grati alla Commissione ed al suo Presidente, on. Leo, cui cedo la parola.