Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

06/11/2009

Bologna, intervento in occasione del convegno "Sviluppo economico e modelli sociali per una governance che assicuri coesione e diritti; il contributo del Prefetto"

Signor Ministro dell'Interno, Autorità, Signore e Signori!

Sono particolarmente lieto di partecipare al Convegno promosso dall'Associazione nazionale dei funzionari dell'Amministrazione civile dell'Interno che, quest'anno, ha ad oggetto il tema dello sviluppo economico e della coesione sociale evocato, non a caso, in un momento di grave crisi economica e di complessa interazione istituzionale tra i diversi livelli di governance.

È trascorso molto tempo da quando il ruolo del Prefetto è stato inevitabilmente coinvolto nei mutamenti istituzionali determinati dal passaggio dallo Stato autoritario al nuovo Stato democratico ispirato ai principi del pluralismo autonomistico nel quadro dell'unità e dell'indivisibilità della Repubblica, così come sancito dall'articolo 5 della Costituzione.

Nell'immediato dopoguerra l'istituto prefettizio era ancora considerato un simbolo negativo della struttura accentrata e autoritaria dello Stato fascista per ricordare un famoso saggio di un liberale prudente ed equilibrato come Luigi Einaudi ("Il buongoverno", Bari, 1955, pag. 68), che scrisse, cito testualmente, "Democrazia e prefetto ripugnano profondamente l'una all'altro. Né in Italia, né in Francia, né in Spagna si avrà mai democrazia finché esisterà il tipo di governo basato sulla figura del prefetto. Perciò il "delenda Carthago" della democrazia liberale è: Via il Prefetto! Via con tutti i suoi uffici e le sue ramificazioni".

Se, dunque, erano queste le dure e generalizzate critiche rivolte all'istituto prefettizio nel periodo successivo alla caduta del fascismo, non mancarono, tuttavia, opinioni più articolate, di senso contrario, che, contemporaneamente, miravano a collocare il prefetto fuori dallo Stato totalitario per identificarne e valutarne le potenzialità alla luce del nuovo ordinamento.

Nel passaggio, infatti, dallo Stato accentrato allo Stato delle autonomie, la posizione del prefetto, che era stata coinvolta nell'appassionante dialettica fra "autorità" e "libertà", ha saputo rappresentare, nel rispetto delle leggi e dei limiti derivanti dall'ordinamento, un punto di incontro tra esigenze autonomistiche ed esigenze unitarie, fra l'articolazione pluralistica del potere e l'interesse unitario statale.

È in questo quadro, pertanto, che va analizzata l'evoluzione storica del ruolo del prefetto, come garante dell'interesse generale dello Stato-comunità al mantenimento dell' " ordine pubblico " finalizzato ad assicurare l'esercizio delle libertà, impedendo prevaricazioni e prepotenze e garantendo che la forza del diritto prevalga sul diritto della forza ("ne cives ad arma ruant" è il noto brocardo dei giuristi latini).

Questo, dunque, è l'" ordine pubblico " che spetta al prefetto difendere e garantire nell'attuale ordinamento le cui tumultuose trasformazioni hanno richiesto e richiedono, ancora oggi, processi di adeguamento finalizzati a dare coerenza alla svolta che da anni è stata avviata in senso federalista.

Sotto questo profilo, va ricordato, infatti, come la riforma del Titolo V della Costituzione delinei i nuovi assetti territoriali dell'ordinamento, ridefinendo i tradizionali rapporti tra "centro" e "periferia" in una logica di riavvicinamento dei cittadini ai pubblici poteri che poggia le basi sul riconoscimento esplicito dei princìpi costituzionali di sussidiarietà, di differenziazione e di adeguatezza.

Da questo nuovo quadro ordinamentale dei rapporti tra "centro" e "periferia" è scaturito peraltro "un sistema" non più basato sul principio gerarchico, bensì su quello funzionale e, conseguentemente, sono stati abbandonati, talvolta non sempre a ragione, alcuni meccanismi di controllo ritenuti non più in linea con i princìpi di forte autonomia degli enti territoriali, per passare, invece, a forme di cooperazione e di raccordo.

E proprio al fine di garantire l'uniformità e l'omogeneità dell'indirizzo amministrativo, è necessario che "il principio di leale collaborazione", così come è stato elaborato dalla recente giurisprudenza della Corte costituzionale, si trovi al centro di un'area in cui il prefetto è chiamato ad esercitare funzioni vitali per la nostra democrazia.

Da qui l'esigenza che, nell'ambito del nuovo modello policentrico di articolazione amministrativa, si rafforzi la capacità del prefetto quale attore di mediazione tra la rappresentanza generale del Governo e gli interessi regionali, provinciali e comunali, con la costruzione di politiche integrate per il perseguimento dell'interesse pubblico generale.

Ruolo, questo, che è stato ribadito anche nel d.P.R. 3 aprile 2006, n. 180, in cui si afferma che la prefettura, avvalendosi delle Conferenze permanenti, "assicura la leale collaborazione degli uffici periferici dello Stato con i diversi livelli di governo esistenti sul territorio (articolo 1)" e "promuove tutte le possibili forme di collaborazione interistituzionale tra lo Stato e le autonomie territoriali, nel rispetto dei princìpi delineati dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (articolo 9)".

E' innegabile, quindi, che l'uniformità dell'indirizzo amministrativo venga soddisfatta proprio dal coordinamento generale della pubblica amministrazione in sede locale da parte del prefetto, che appare ed è sempre meno espressione del potere esecutivo e sempre più garante della buona amministrazione.

Del resto, dobbiamo constatare che, negli ultimi anni, si è trasformato il ruolo delle prefetture che sono diventate ancor di più il luogo dove il dibattito tra tutti i soggetti interessati si focalizza sui problemi più urgenti da affrontare congiuntamente e che riguardano il governo del territorio, le esigenze della collettività e le istanze dei cittadini.

In altre parole, si può dire che l'autorità del prefetto si è progressivamente tradotta in un'attività di "moral suasion" che ormai costituisce una componente costante della dinamica dei rapporti sociali nell'ambito delle diverse realtà territoriali.

Le politiche di integrazione sociale richiedono, peraltro, strumenti di collaborazione interistituzionale. Basta pensare al settore della sicurezza comune dove si è in presenza di iniziative che non appartengono più soltanto alle forze di polizia, ma che rientrano nelle competenze degli enti territoriali e che necessitano di adeguate politiche per addivenire a soluzioni concrete.

Sicurezza intesa non più come semplice prevenzione dei pericoli e come repressione di comportamenti dannosi, bensì come attività positiva che promuove i fattori di libertà, coesione sociale, relazionalità e qualità stessa dei servizi.

Come ha ricordato il Capo dello Stato in occasione della cerimonia di apertura della prima Conferenza dei prefetti - cito testualmente -, "nel nostro ordinamento, diversamente da altri Paesi, i Prefetti non sono mai stati classificati e chiamati Prefetti di polizia. Meno che mai possono oggi considerasi tali, dal momento che il loro ruolo di vigilanza, di impulso e di coordinamento nel campo della sicurezza è completamente cambiato".

Allo stesso modo, la funzione prefettizia, nella sua fisionomia più moderna, è mutata anche in relazione alle complesse dinamiche che incidono direttamente sulla qualità della vita dei cittadini, sia come utenti che come lavoratori.

Da questo punto di vista, la delicata questione, ad esempio, dei servizi pubblici locali rappresenta un terreno su cui è possibile configurare un nuovo ruolo dei prefetti in funzione di tutela degli utenti del servizio.

Come, infatti, ho avuto modo di dire in altre occasioni, le numerose riforme varate in questo settore nel corso degli ultimi anni hanno dimostrato di non essere state idonee a garantire un quadro certo di regole e, soprattutto, di limitare la tendenza al nuovo "socialismo municipale", che sottrae spazi al mercato e scarica le inefficienze sulle spalle di inconsapevoli contribuenti.

In contesti da tempo liberalizzati, il ricorso a procedure concorrenziali per l'assegnazione del servizio costituisce una esigenza non più differibile e bene ha fatto il Governo, con il decreto-legge sull'adeguamento agli obblighi comunitari ora all'esame delle Camere, a confinare nell'eccezionalità il cosiddetto "affidamento in house", che, alla prova dei fatti, ha prodotto non pochi effetti distorsivi.

In questo nuovo contesto, il prefetto potrebbe essere il soggetto istituzionale in grado di valutare con obiettività il funzionamento dei servizi pubblici locali soprattutto in termini di "qualità" percepita dall'utenza, ponendosi, da un lato, come osservatore terzo nell'esercizio di una costante attività di monitoraggio, e, dall'altro, come punto di riferimento per chi dovesse reputare la qualità del servizio non in linea con le legittime aspettative.

È questa una sfida tutta nuova che, mi auguro, possa essere subito raccolta in sede legislativa perché l'efficienza della "macchina" pubblica è un fattore determinante per la competitività e per le opportunità di sviluppo delle singole economie territoriali, soprattutto oggi che la crisi congiunturale che ha colpito l'economia reale ha ridotto sensibilmente le possibilità di offerta del mercato.

A voi, signori funzionari della carriera prefettizia, va il mio apprezzamento ed incitamento. Ho fiducia che anche grazie al vostro instancabile impegno a tutela dei cittadini si possa rapidamente uscire dalla difficile situazione che il Paese sta vivendo.