Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

28/11/2009

Cadenabbia (CO) - Convegno su "Il futuro della Democrazia" organizzato dalle fondazioni Farefuturo e Konrad Adenauer Stiftung

Sono lieto di partecipare a questo incontro che completa il ciclo di iniziative organizzate dalla Fondazione Farefuturo e dalla Fondazione Konrad Adenauer nel 2009. Rivolgo a tutti i partecipanti il mio saluto più cordiale.
Ritengo che i momenti di collaborazione tra centri di studio e ricerca europei siano necessari per far sviluppare un nuova cultura politica. Ed è mio auspicio che tali esperienze di scambio culturale si sviluppino e si consolidino ulteriormente.
Entrando nel tema dell'incontro, vorrei partire dalla considerazione che il processo di affermazione della democrazia non lo dobbiamo mai considerare concluso. La sfida per l'estensione della partecipazione politica e per la garanzia dei diritti non deve infatti conoscere cadute di tensione. E' una scommessa permanente che trova sempre nuove condizioni storiche e sociali per ridefinirsi.
La democrazia non è solo una forma di governo. E' un ordinamento civile, un ideale comune della società, un sistema di regole morali e sociali. Ha scritto in proposito Hans Kelsen: "Se la democrazia è soltanto una forma, soltanto un metodo di creazione dell'ordine sociale, il suo valore appare assai problematico".
La democrazia è anche un programma, un progetto in divenire. Essa accompagna l'evoluzione sociale e interviene per combattere l'emarginazione e l'esclusione. E' un impegno che la Costituzione italiana stabilisce espressamente all'articolo 3: "È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese".
Il "progetto" della democrazia ha trovato nella seconda metà del XX secolo, pur tra tante difficoltà e tante contraddizioni, un grande campo di affermazione sia in Italia sia in Germania sia nel resto d'Europa.
Il rispetto delle libertà civili, la pari dignità delle persone, l'eguale libertà delle confessioni religiose, la piena libertà di espressione, l'autonomia delle formazioni sociali, la dimensione universalistica dei diritti sociali, le varie declinazioni del principio di sussidiarietà, fanno ormai parte di un patrimonio condiviso e consolidato. Tali conquiste sono state possibili proprio perché la democrazia non è stata concepita dalle classi dirigenti politiche europee in modo statico, solo cioè come "forma" e come "metodo", ma in modo dinamico e sostanziale, vale a dire come spinta costante per l'allargamento dei diritti e per il consolidamento della coesione sociale.

Tali obiettivi mantengono intatta la loro validità anche nel XXI secolo. L'emersione dei nuovi problemi determini dalla crescente complessità del mondo contemporaneo non ci deve mai portare a credere che la democrazia sia in crisi e che si attenui la sua forza di affermazione nella società.
Proprio perché è una sfida permanente, la democrazia incontrerà sempre ostacoli sul suo cammino. L'importante è che essa non si riduca mai a fatto "formale" o semplicemente "procedurale" . Condizioni essenziali sono la capacità di ascolto della società da parte delle classi dirigenti e la profondità del rinnovamento delle culture politiche.
Con ciò non intendo sminuire la portata dei nuovi problemi. Il professor Hennecke ne ha fornito una lucida e articolata analisi nella sua relazione introduttiva. Tra le nuove criticità emergono fenomeni come l'aumento dell'area del non voto, il calo della partecipazione politica, la diminuzione di fiducia nelle Istituzioni.
Sono questioni comuni a tutti i Paesi europei e impongono a governi e parlamenti di rilanciare la loro capacità di guidare i processi sociali e di indicare nuove mete collettive all'intera società.
Nuove mete per il domani e, naturalmente, rapidità di risposta ai problemi dell'oggi. E qui emergono le difficoltà legate ai "tempi" della democrazia, che appaiono talvolta rallentati rispetto alla velocità della società globale. Ha scritto in proposito Ralf Dahrendorf: "Gli individui sono sempre più impazienti. In qualità di consumatori sono abituati a ricevere immediata gratificazione. Da elettori invece sono costretti ad attendere prima di vedere i risultati prodotti dalla scelta esercitata alle urne. A volte i desiderata non si realizzano. La democrazia ha bisogno di tempo, non solo per le elezioni, ma per deliberare ed esercitare un ruolo di controllo e di equilibrio. L'elettore-consumatore però non sa accettare tutto questo e volta le spalle".
Da questa considerazione dobbiamo trarre due fondamentali conclusioni: è necessario, per la vitalità della democrazia, rafforzare la sua capacità di decisione; è altrettanto necessario rilanciare il modello dell'elettore-cittadino in alternativa alla figura dell'elettore-consumatore.

Il problema della decisione politica è, come è noto, particolarmente avvertito in Italia e ha animato il grande dibattito di questi anni sulle riforme costituzionali. Con una felice immagine si è parlato - e si continua a parlare - della necessità di affermare una democrazia governante capace di rispondere alle numerose e complesse domande della società moderna.
Ma, accanto alla democrazia governante (connessa al rafforzamento del ruolo dell'esecutivo), deve essere affermata con altrettanta forza la democrazia rappresentativa. E quindi il ruolo del Parlamento dovrà essere adeguatamente valorizzato (come peraltro accade nei sistemi presidenziali, semipresidenziali o che comunque assegnano ampi poteri al capo del governo) nel senso dell'indirizzo e del controllo dell'azione del governo nonché nel senso della rappresentatività delle idee, delle opinioni, delle culture di un Paese.
Proprio perché la democrazia, oltre che forma di governo è anche ordinamento civile e ideale comune della società, le riforme non vanno viste con un approccio solo tecnico-politico, ma come un fattore di rilancio della coesione morale e sociale. Per l'Italia, in particolare, le riforme istituzionali significano anche rinnovamento del patto di cittadinanza.
Una Costituzione, oltre che Legge fondamentale dello Stato, rappresenta la Carta dei valori su cui si fonda la convivenza civile. E' qui che nasce l'identificazione dei cittadini con le Istituzioni ed è sempre qui che trova alimento la partecipazione politica. "La Repubblica - ha scritto Piero Calamandrei - è la nostra famiglia, la nostra casa. E' un senso di civica responsabilità di un popolo che finalmente si sente padrone del proprio destino. E' un senso di vicinanza e di solidarietà in cui ci riconosciamo".
Il rilancio della partecipazione politica non passa solo per l'ammodernamento delle istituzioni, che è certamente necessario, passa anche per il rinnovamento dei partiti. Questi si sono indubbiamente "alleggeriti" con la fine delle contrapposizioni ideologiche e con l'avvento di una società aperta e complessa. Ma rimangono strumenti fondamentali della democrazia. Ai partiti del XXI secolo spetta il compito di aprirsi alle nuove forme di partecipazione, ai movimenti e alle associazioni nazionali e transnazionali, traendo anche da queste esperienze lo spunto per selezionare classi dirigenti sempre più in sintonia con la società.

Il carattere dinamico della democrazia, il suo tendere naturalmente all'allargamento dei diritti trova nell'inclusione degli immigrati nella vita civile dei Paesi europei un nuovo e cruciale terreno di affermazione. E' una delle nuove grandi sfide che la politica del XXI secolo, specie in Europa, ha il dovere di vincere.
E' la grande sfida dell'integrazione e deve essere vinta attraverso un programma di estensione della cittadinanza sociale e di quella politica.
Alla sua base deve esserci anche un ambizioso programma di ricostruzione civile. Deve in tal senso affermarsi un nuovo modello di nazione. Si tratta di una battaglia culturale decisiva perché democrazia e nazione sono in stretto binomio: la nazione - e lo Stato che ne rappresenta la forma istituzionale- sono lo spazio naturale della democrazia.
Oggi deve affermarsi l'idea che l'appartenenza alla nazione non può discendere solamente da un retroterra etnico, ma che è anche il prodotto di una scelta individuale, di un atto volontario di amore verso il Paese che si è scelto come la propria patria. Le democrazie europee devono suscitare sentimenti di appartenenza anche in coloro che vengono da Paesi lontani, facendoli partecipi attivamente e lealmente della vita collettiva, dei valori sociali , degli obiettivi di fondo della società. Occorre promuovere un'educazione alla cittadinanza attraverso la diffusione della lingua e della conoscenza della storia e dei princìpi costituzionali presso i nuovi cittadini.
Nell'epoca del multiculturalismo, la democrazia deve svolgere una grande opera di pedagogia civile e di valorizzazione delle reti di solidarietà sociale.

Un'altra e decisiva sfida per la democrazia del XXI secolo si svolge sui nuovi terreni della sovranazionalità e della globalità. Anche qui non mancano i problemi. Le decisioni che riguardano la vita di milioni e milioni di uomini sono prese da una pluralità di soggetti, alcuni dei quali si trovano al di fuori del controllo diretto da parte dei cittadini.
Questo fenomeno rischia di creare nuove distanze e nuove incomprensioni tra le Istituzioni e la società, come peraltro sta già accadendo con la presenza di diffusi sentimenti di euroscetticismo in una parte dell'opinione pubblica continentale. Occorre risolvere questa contraddizione che rischia di creare un deficit di democrazia.
Una risposta è contenuta nel Trattato di Lisbona, che prevede maggiori poteri di decisione al Parlamento europeo e attribuisce un nuovo ruolo ai parlamenti nazionali. Si tratta di un passaggio cruciale per l'avvenire della società continentale. E deve essere sostenuto da una nuova consapevolezza culturale sui nuovi spazi europei della politica.

Per quanto riguarda specificamente la dimensione della globalizzazione, stiamo assistendo alla diffusione di una rinnovata domanda di governo politico dei processi economici. E' un'esigenza scaturita dalle conseguenze sociali della crisi economica provocata nell'ultimo anno dall'anarchia finanziaria del tempo precedente. E' una domanda di nuove regole, come emerso nei vertici internazionali del 2009. Ma è anche una domanda di processi decisionali più trasparenti nelle scelte che si ripercuotono sulla vita di milioni e milioni di persone.
La partecipazione democratica trova in tal senso un nuovo terreno di affermazione, perché la trasparenza dei processi globali richiede anche un più elevato livello di consapevolezza nell'opinione pubblica, che deve sempre più "globalizzarsi" e aprirsi agli orizzonti dell'interdipendenza sociale, economica, culturale e politica. "L'adozione di processi aperti e democratici - dice Joseph Stiglitz - può contribuire a limitare i poteri di determinati gruppi che favoriscono interessi particolari. Una cittadinanza informata e impegnata può capire come far funzionare la globalizzazione, o almeno come farla funzionare meglio, e pretendere che i leader politici agiscano di conseguenza".
In tale operazione sono favorite le organizzazione non governative. Ai partiti politici nazionali spetta pertanto di compiere un notevole sforzo di crescita e di aggiornamento. Una rinnovata partecipazione democratica dovrà servire soprattutto a ridurre il divario culturale che si è spalancato negli ultimi decenni tra le elités economico-finanzieri e i popoli.
Vorrei però avvertire che in questa fase di trasformazione si annida anche il rischio del populismo. La legittima e doverosa critica alle degenerazioni del capitalismo finanziario non deve diventare critica alla globalizzazione in quanto tale. Sarebbe un esito rovinoso, perché porterebbe a mettere in discussione le considerevoli opportunità di progresso e i grandi traguardi di libertà raggiunti negli ultimi decenni nel mondo grazie alla libera circolazione dei capitali e all'abbattimento delle barriere commerciali. Nel richiedere nuove regole per la finanza, non dobbiamo mai dimenticare che dall'attività finanziaria stessa viene il credito alle imprese e la redditività del risparmio.
L'esperienza della crisi economica ci insegna che democrazia sociale e libertà economica devono marciare insieme.

Vorrei ribadire, in conclusione, che la considerazione degli odierni ostacoli al cammino della democrazia non deve assolutamente portarci a concludere che essa non sia in grado di reggere ai nuovi processi storici.
Il mondo odierno offre opportunità di crescita alle persone e alla loro azione associata assai superiori a quelle di cui potevano disporre le generazioni precedenti. La vita democratica può oggi svolgersi con modalità più ampie e articolate rispetto al passato. E ciò grazie alla fitta rete della collaborazione sociale oggi in sviluppo. Questo pluralismo civile deve essere favorito e garantito dalle Istituzioni pubbliche. Dopo il tramonto dello Stato-apparato, quello delle provvidenze a pioggia e delle burocrazie soffocanti, deve affermarsi lo Stato-comunità, quello dell' autonomia, della libertà e della pluralità dei centri decisionali.
I rischi che può correre oggi la democrazia sono, al dunque, i rischi che vengono normalmente dall'affievolimento del legame sociale, dall'individualismo esasperato, dalla caduta dei valori dell'uomo.
Le parole con cui Alexis de Tocqueville analizzò nel XIX secolo i pericoli della libertà mantengono intatta la loro forza. "Se cerco di immaginarmi - scrisse il pensatore francese - il nuovo aspetto che il dispotismo potrà avere nel mondo, vedo una folla innumerevole di uomini eguali, intenti solo a procurarsi piaceri piccoli e volgari, con i quali soddisfare i loro desideri. Ognuno di essi, tenendosi da parte, è quasi estraneo al destino di tutti gli altri: i suoi figli e i suoi amici formano per lui tutta la specie umana; quanto al rimanente dei suoi concittadini, egli è vicino ad essi, ma non li vede; li tocca ma non li sente affatto; vive in se stesso e per se stesso e, se gli resta ancora una famiglia, si può dire che non ha più patria".
La democrazia è una grande sfida collettiva, che si rinnova ad ogni epoca storica. E richiede sempre la partecipazione attiva e l'adesione convinta dei cittadini.