Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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INIZIO CONTENUTO

Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

26/01/2010

Montecitorio, Sala della Lupa - Commemorazione di Andrea Costa a cento anni dalla scomparsa, organizzato dalla Fondazione della Camera dei deputati, alla presenza del Capo dello Stato

Saluto e ringrazio il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, unitamente al Presidente della Fondazione Camera dei deputati, Fausto Bertinotti, alle Autorità presenti, agli illustri studiosi che interverranno al convegno: Giuseppe Tamburrano, Giuseppe Parlato, Giuseppe Vacca, Angelo Ventrone. Saluto inoltre il Presidente della Regione Emilia Romagna, Vasco ERRANI, la Presidente della Provincia di Bologna, Beatrice DRAGHETTI, il Sindaco Daniele Manca e la Delegazione di cittadini e studenti della città di Imola che sono qui presenti.

Con l'evento odierno, promosso dalla Fondazione della Camera dei deputati, viene ricordato Andrea Costa a cent'anni dalla scomparsa. La sua figura ci riporta alle forti passioni politiche e ideali vissute dalle generazioni di italiani che sono stati protagonisti, a cavallo tra il XIX e XX secolo, del primo cinquantennio della storia unitaria nazionale.
In quell'Italia, le ansie di giustizia sociale, da un lato, e le spinte alla modernizzazione economica e culturale, dall'altro, si scontravano con una struttura sociale non ancora compiutamente permeata da istanze democratiche e liberali.
Rievocare quella stagione storica equivale a ricostruire un capitolo fondamentale della vicenda italiana. In tal senso, desidero esprimere il mio plauso per questa iniziativa della Fondazione della Camera dei deputati che riporta all'attenzione quell'Italia così lontana e lo fa ricordando uno dei suoi protagonisti.
E' una iniziativa che assume un particolare rilievo, oltre che per la ricorrenza del centenario della morte di Costa, anche perché si svolge nell'anno che precede le celebrazioni del centocinquantesimo anniversario dell'unità politica del Paese, un'occasione che dovrà permettere a tutti di rileggere la comune autobiografia nazionale per trarvi gli insegnamenti necessari per costruire un avvenire di sempre maggiore libertà, coesione e tutela dei diritti della persona.
In questa ideale autobiografia nazionale un posto di primo piano è sicuramente occupato dagli ideali di riscatto sociale e di emancipazione degli strati poveri della società che trovavano espressione in quella inquieta generazione di uomini politici di cui Costa fu uno degli esponenti più rappresentativi.

Spetta agli storici stabilire quanta parte, nella diffusione in Italia dei miti rivoluzionari, ebbero i ritardi e le insufficienze di un sistema politico che non riusciva a fornire adeguata risposta alle domande di partecipazione democratica e di elevazione sociale poste dall'irruzione delle masse sulla scena politica, e quanta parte va invece assegnata all'influenza e alla capacità di diffusione, nel quadro tumultuoso della rivoluzione industriale europea del XIX secolo, di correnti ideologiche che rifiutavano i princìpi della democrazia parlamentare e liberale.

In questo quadro così complesso, la figura di Andrea Costa presenta di certo aspetti di indubbio interesse nel suo essere testimonianza di un significativo percorso verso la democrazia parlamentare; un percorso che lo portò, dalle iniziali posizioni di rivoluzionario, anarchico, internazionalista seguace di Bakunin, a quelle di primo uomo socialista nelle Istituzioni, e in particolare alla Camera dei deputati, dove fu eletto il 29 ottobre 1882 e rimase, salvo una breve interruzione, fino al 1910 - anno della scomparsa -, diventandone anche Vicepresidente nel 1909.
Merita in tal senso di essere citato quanto rilevò Giuseppe Rapelli, nel corso della commemorazione nell'Aula di Montecitorio, avvenuta nel 1951, del centenario della nascita di Andrea Costa. Il deputato democristiano - che era anche uno degli esponenti più rappresentativi del sindacalismo cattolico - sottolineò che era stata scelta la sede parlamentare per il ricordo dell'uomo politico per esprimere al meglio il senso dello stretto legame che intercorre tra ruolo del Parlamento e ascesa sociale del popolo.
Lo storico Gaetano Arfè osservò in tal senso che Costa vedeva nel Parlamento lo strumento privilegiato per produrre riforme e ammodernamenti capaci di rendere "meno dura, meno feroce, meno selvaggia la lotta delle classi preparando la soluzione più civile possibile".
La figura dell'uomo politico romagnolo presenta tanti e interessanti profili che verranno approfonditi dagli studiosi che animeranno il convegno. Da parte mia, desidero soltanto rilevare, in conclusione, come la parte più viva dell'esperienza storica di Andrea Costa - quella che ritengo sia ancor oggi a noi più vicina - sia rappresentata dal suo cammino verso e nella democrazia. E' certo che la cultura del libero confronto delle idee, unita alla consapevolezza del primato dei diritti della persona, si è affermata dopo un lungo e drammatico percorso costellato di errori e orrori. Ma rimane una delle eredità più feconde e intangibili dell'Italia di ieri. Un'eredità che le generazioni del XXI secolo hanno il compito di difendere ed accrescere.