Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

16/02/2010

Roma, Istituto Storico italiano per il Medioevo - Giornata di studi dedicata a "Lotta politica nell'Italia medievale"

Signore, Signori, Autorità! Desidero innanzi tutto ringraziare il Presidente dell'Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, professor Massimo Miglio, per l'invito a partecipare a questo importante seminario che può offrire un interessante momento di riflessione sulle radici storiche della vita civile e politica italiana. Considero assai significativo che l'incontro odierno si svolga nel periodo in cui più o meno distrattamente ci apprestiamo a celebrare il 150° anniversario dell'Unità nazionale. Questo fondamentale appuntamento, che coinvolge Istituzioni, società e mondo della cultura, deve essere di stimolo per una approfondita riflessione sull'identità italiana, in un momento in cui s'avverte con particolare forza la necessità di rinsaldare la coesione nazionale attorno a valori condivisi e comuni traguardi di crescita civile. Personalmente non ritengo a rischio l'unità nazionale, ma occorre riflettere su cosa significhi coesione nazionale e cosa significhi oggi essere Italia. Non c'è dubbio che non può esserci solida coscienza nazionale senza piena consapevolezza della storia, con tutta la sua ricchezza e con tutta la sua complessità. Non penso che possa adeguatamente costruire il proprio futuro un popolo che tende a dimenticare il proprio passato. Per questo - e non solo per questo - ritengo che il lavoro degli storici presenti importanti valenze civili, accanto a quelle propriamente culturali. E qui colgo l'occasione per rivolgere un plauso convinto al Presidente, al Comitato Scientifico e a tutti gli studiosi dell'Istituto Storico Italiano per il Medio Evo per l'alto impegno e l'alta qualità del lavoro scientifico che essi svolgono nel solco di una illustre tradizione. Esprimo l'auspicio che, pur nelle note condizioni finanziarie per il Governo, a fronte delle quali il Parlamento esprime parimenti le sue preoccupazioni, si trovino le possibilità e le modalità per garantire sopravvivenza a istituti come questo. Il lavoro degli storici offre, tra i suoi tanti meriti, l'importante opportunità di ricordare all'Italia di oggi come la sua vicenda passata sia da sempre segnata dal dialogo e quindi dall'incontro di realtà religiose, etniche, culturali, socioeconomiche profondamente diverse tra di loro. Grande molo sul Mediterraneo, la Penisola è stata nei millenni un attracco e un piano di scorrimento di genti diverse che si sono incontrate, confrontate, magari affrontate ma altresì fuse in una lunga serie di nuove, talora drammatiche, ma sempre feconde, sintesi. Ne deriva che l'identità italiana non è mai stata un'identità chiusa e impermeabile all'eterogeneità degli influssi che l'hanno attraversata nei secoli. Parte fondamentale dell'identità storica italiana - e qui entro brevemente e direttamente nel tema del convegno - è la civiltà politica fiorita grazie ai liberi Comuni del Medioevo. E' in questi Comuni, in queste città, che la nozione di libertà civica - che ha nella polis il suo modello originario - trova una nuova e profonda declinazione: una declinazione che produce i suoi frutti esprimendosi attraverso il confronto, la dialettica, il dibattito, lo stesso contrasto. Accanto alle luci, gli storici ci hanno però descritto anche le ombre. Lo scontro d'idee, d'istanze e d'interessi si è svolto anche secondo modalità violente. Protagoniste di quella fase sono state le fazioni. Solo in sede storiografica si può stabilire in che misura e secondo quali direttrici la vicenda delle fazioni medievali ha condizionato la storia politica italiana dei secoli successivi, fino a giungere ai nostri giorni, dove il termine di "faziosità" viene spesso utilizzato per descrivere anche l'eccessiva animosità e le tendenza allo scontro che compaiono, abbastanza spesso, nella vita pubblica. E sono certo che importanti spunti di riflessione verranno forniti dagli illustri studiosi che partecipano al convegno. E' superfluo rilevare che il tasso di polemica, di conflittualità e faziosità presente nella politica odierna rimanda alla nostra storia recente. Però ritengo che la ricostruzione storica della lotta politica del Medio Evo contribuisca non poco a individuare molti di quei caratteri originari che ci aiutano a definire, nel profondo, il complesso rapporto che gli italiani hanno con la politica. Ciò significa che nella vicenda dei "partiti" medievali non sono impressi solo i caratteri negativi e rovinosi della faziosità, ma anche - e direi soprattutto - quelli positivi e fecondi dell'entusiasmo, del desiderio di cambiare le cose in meglio, del bisogno di partecipare in modo energico e incisivo alla vita pubblica, dell'amore spesso altamente disinteressato per la propria città e il proprio paese. Non a caso, i secoli di minor tensione civica e di più cupa rassegnazione sono stati segnati, in Italia, dal cinismo di proverbi come "O Franza o Spagna - purché se magna", o come "guelfo non son, né ghibellin m'appello - chi mi dà da mangiar, m'attacco a quello". E - sia detto per inciso - sono, queste, lontane memorie che ogni tanto riemergono per definire quella tendenza all'affievolimento delle passioni civili, quel rifugio nel particulare individualismo, quella voglia di fuga dalle responsabilità civili, che talvolta scorgiamo in taluni comportamenti presenti nella nostra società. E allora la passione politica nell'Italia medievale deve apparirci anche come la matrice storica originaria della nostra libertà. Vorrei in proposito ricordare quanto Carlo Cattaneo scrisse dei Comuni e delle Repubbliche italiane, in particolare di quella di Firenze, attribuendo a queste esperienze il merito - cito testualmente - di «aver diffuso sino all'ultima plebe il senso del diritto e della dignità civile, superando anche l'antica Atene, la cui gentile cittadinanza aveva pur sempre il sostrato della schiavitù». Vorrei concludere osservando che la riflessione storica e la coscienza storica sono requisiti indispensabili per compiere con fiducia il cammino della libertà. Una libertà vissuta senza consapevolezza storica, sarebbe una libertà senza radici e senza memoria, quindi senz'anima: e non potrebbe reggere all'urto degli eventi. Ecco perché abbiamo civicamente e politicamente bisogno della storia. E' importante sanare il divorzio, o la permanente distrazione della politica e delle istituzioni dalla cultura. La dimensione pedagogica della politica non è un retaggio del passato, ma rappresenta il sale della crescita civile.