Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

19/02/2010

L'Aquila, Tensostruttura Polo Universitario di Coppito - Inaugurazione dell'anno accademico 2009/2010 dell'Università degli Studi dell'Aquila

Magnifico Rettore, Autorità accademiche, Autorità (civili e religiose), Signore e Signori, Cari Studenti!

Sono particolarmente lieto di partecipare all'inaugurazione dell'Anno Accademico dell'Università degli Studi dell'Aquila, inaugurazione che quest'anno assume un significato particolare, un valore altamente simbolico alla luce della terribile tragedia che dieci mesi fa ha colpito la vostra terra d'Abruzzo, spezzando la vita di tanti innocenti tra i quali, e li ricordiamo oggi con particolare commozione, cinquantacinque studenti universitari.

Penso che sia dovere morale di chi ha responsabilità istituzionali far sì che alle loro giovani vite spezzate e al dolore incancellabile delle loro famiglie vada, con i comportamenti prima ancora che con le parole, la nostra costante memoria!

Da sempre, nella lunga storia delle università italiane, gli atenei, all'indomani delle grandi tragedie causate da guerre o da calamità naturali, hanno svolto una determinante funzione propulsiva per la rinascita culturale, economica e sociale del territorio.

Così è stato, per ricordare solo alcuni dei più drammatici eventi, in occasione del rovinoso terremoto di Messina del 1908, dopo il quale il ritorno all'insegnamento universitario rappresentò anche il primo concreto segnale di ripresa della vita cittadina.

Del nesso tra Università e vita di un territorio fu ben consapevole il Governo che, dopo il terremoto che colpì il Friuli nel 1976, istituì, l'anno successivo, nell'ambito del piano di ricostruzione della Regione, l'Università degli Studi di Udine cui fu affidato il preciso compito di "contribuire - cito testualmente - al progresso civile e materiale del Friuli e di divenire organico strumento di sviluppo e di rinnovamento dei filoni originari della cultura, della lingua, delle tradizioni e della storia del Friuli".

E' noto che l'Anno Accademico che inauguriamo oggi ha aperto i suoi corsi con un numero di studenti - più di 20.000 - non di molto inferiore a quello raggiunto negli anni precedenti.

Questo è un primo risultato di grande importanza che, oltre a confermare la vitalità del vostro prestigioso Ateneo, testimonia, da un lato, la decisa volontà della popolazione abruzzese di ritornare alla normalità e, dall'altro, conferma l'efficacia della risposta che l'Università aquilana, con l'aiuto dello Stato, degli enti territoriali, e con l'importante concorso dei privati, ha saputo assicurare all'indomani delle gravissime distruzioni subìte dal suo patrimonio edilizio e dalle sue infrastrutture nella tragica notte del 6 aprile.

Del resto, la città dell'Aquila, proprio a causa di devastanti terremoti, è nata e risorta dalle sue rovine molte volte nei suoi quasi 800 anni di storia; ciò è la migliore dimostrazione della forte tradizione civica di una popolazione legata, come poche altre, alla sua cultura, ai suoi modi di vita, al peculiare contesto architettonico ed urbano della città capoluogo.

Del resto, anche la drammatica esperienza del recente terremoto ha evidenziato come le popolazioni colpite abbiano saputo affrontare con dignitosa e forte compostezza momenti di grande dolore e di lutto e lo abbiamo fatto con l'atteggiamento proprio di chi non si abbandona alla rassegnazione e guarda, invece, con speranza, nonostante tutto, al futuro.

E va detto che poche altre volte, nella martoriata storia d'Italia, i superstiti di catastrofiche calamità naturali hanno potuto sentire, intorno a sé, il sostegno costante, concreto e commosso, di tutta la Nazione, dal Capo dello Stato alle altre Autorità istituzionali fino al più umile tra gli italiani.

A l'Aquila è moralmente doveroso ricordare, e specie in queste giornate caratterizzate da gravi ipotesi di corruzione e di illegalità su cui siamo certi saprà fare piena luce la Magistratura, l'impegno e l'abnegazione con cui le autorità provinciali e comunali, unitamente ai vertici e ai volontari della Protezione civile, dei Vigili del fuoco, delle Forze dell'Ordine e della Croce Rossa, hanno affrontato, con grande prontezza e straordinaria efficacia, la gravissima emergenza e hanno posto le basi per una pronta ricostruzione.

Di fronte ad un sisma delle dimensioni e dell'intensità di quello che si è verificato in Abruzzo, nessun Paese forse avrebbe potuto fare di più e meglio di quello che è stato fatto e di questo straordinario impegno sono stati protagonisti indiscussi i molti cittadini anonimi e le numerose organizzazioni del volontariato presenti nei giorni immediatamente seguenti alla catastrofe e che, ancora oggi, in vario modo, si stanno prodigando nell'assistenza alla popolazione terremotata.

È questa l'Italia solidale ed autenticamente unita che, anche in altre occasioni, avremmo voluto vedere e che, proprio nell'occasione funesta che vi ha colpito, abbiamo potuto pienamente apprezzare: il nostro è un Paese caratterizzato da un'identità nazionale cui concorrono tradizioni civiche e regionali molteplici ed eterogenee, ma che pur tuttavia, quando occorre, dimostra di possedere e di essere in grado di esprimere un forte senso di appartenenza e di solidarietà.

In questo grande e commovente concorso i giovani hanno svolto un ruolo prevalente: quei giovani nei quali, a volte, non ci riconosciamo, che sembrano spesso allontanarsi da quei valori e dai quei legami familiari e sociali che hanno caratterizzato la nostra generazione, e che, invece, in questa tragica circostanza, hanno offerto una grande lezione di umanità, di efficienza, di spirito di sacrificio, di consapevole amore per il prossimo.

Protagoniste di questa bella pagina di solidarietà nazionale sono state anche le molte Università italiane che hanno offerto all'Università dell'Aquila, gravemente offesa nelle sue strutture, temporanea ospitalità per i corsi e per gli insegnamenti che, in un primo momento, si pensava non potessero più essere ospitati in città.

È prevalsa, invece, da parte dell'Ateneo aquilano, la giusta volontà di reagire alle avversità e di non "indebolire" l'Istituzione, di non disperdere, con il decentramento dei corsi, quella particolare sinergia ambientale, quel fecondo habitat che si crea in ogni realtà universitaria fortemente legata al proprio territorio.

Il campus di Coppito, l'utilizzo dell'ex Scuola Superiore Reiss Romoli e di altre sedi provvisorie nell'ambito comunale, hanno così permesso di dare una risposta rapida ed adeguata alle fondamentali esigenze di funzionamento di un importante polo universitario che le gravi difficoltà del momento finiranno per rafforzare e qualificare ulteriormente.

Di questo straordinario risultato va dato atto a tutti gli operatori dell'Università che, ad iniziare dal Magnifico Rettore, lo hanno creduto possibile e ne sono stati gli artefici: a loro desidero portare il ringraziamento più sincero della Camera dei deputati.

Oggi, ricostruire l'Aquila significa costruire il futuro dell'Aquila; vuol dire, in altre parole, avere e perseguire l'idea di come possa domani articolarsi un centro urbano, risanato dalle sue ferite e posto in condizione di riassumere le sue funzioni, assicurandosi, così, una vera vitalità.

È questo un tema tanto appassionante quanto cruciale: in Italia, "Paese delle 100 città", ciascuna con la sua lunga e peculiare tradizione storica e culturale, da sempre prevale l'idea di un centro urbano che racchiude e concilia in sé, spesso all'interno delle sue antiche mura, funzioni amministrative, residenziali, economiche, fino a quelle connesse al terziario avanzato.

A questo modello urbano, nelle sue successive ricostruzioni, l'Aquila si è sempre mantenuta fedele: può essere qui emblematico ricordare che, dopo il terribile terremoto del settembre 1349, sisma che devastò completamente la città causando più di 1000 morti, i Signori del Comune fecero sorvegliare le porte e chiudere con tavole di legno le brecce verificatesi nelle mura cittadine, affinché la popolazione non abbandonasse il centro storico, cancellando così con il suo esodo l'Aquila dal novero delle città del Regno di Napoli.

Oggi è quindi necessario chiedersi se la difesa delle ragioni di vita di un centro storico distrutto sia ancora una scelta urbanistica da adottare, al di là del doveroso restauro dei monumenti di grande valore storico-artistico che il terremoto ha gravemente danneggiato ed anche al di là delle vantaggiose occasioni offerte da una ricostruzione della città realizzata sulla base di criteri urbanistici più moderni e più adatti alle esigenze ed ai ritmi della vita di oggi.

Nel giusto ed opportuno dibattito che si sta aprendo su tale argomento, alcune autorevoli voci ammoniscono le autorità competenti a non focalizzare eccessivamente il proprio intervento sulla costruzione di nuove case per le persone rimaste senza tetto, sottolineando, invece, l'assoluta urgenza del ripristino del patrimonio edilizio del centro storico da garantire attraverso un'attenta e costante opera di restauro.

Questi moniti sono senz'altro da tener presenti, ma, nei limiti posti dal tempo e dalle risorse disponibili, nessuno deve mettere in dubbio la priorità che tutte le autorità competenti hanno indicato, cioè porre al primo posto la realizzazione di nuove abitazioni, senza le quali molti degli abitanti dell'Aquila e degli altri territori limitrofi colpiti dal sisma avrebbero inevitabilmente finito per lasciare la città e porre altrove la propria stabile residenza.

Consentire alla gente di continuare a vivere dignitosamente e di riorganizzare la loro propria vita sociale e professionale nell'ambito del territorio aquilano costituisce, infatti, la premessa indispensabile per il recupero e la rivitalizzazione dello stesso centro storico, perché un centro storico è vivo solo quando è abitato.

Un'attività di recupero che certo non si prospetta né breve, né facile. E ciò in ragione della vastità delle distruzioni verificatesi, dell'ampio numero di edifici da consolidare e da riqualificare, della necessità di provvedere ai monumenti della storia e dell'arte aquilana, senza alterare, con interventi inappropriati, proprio quell'organico contesto di edifici e di peculiarità che costituiva la ricchezza più vera ed il fascino più autentico della città antica.

Il recupero dell'antico centro storico potrà essere, quindi, solo il frutto di un lavoro estremamente lungo e complesso, un lavoro per il quale si dovrà far ricorso sia alla capacità scientifica ed alla maestria artigianale dei nostri restauratori, sia a soluzioni tecnologiche innovative che permettano di ridurre i tempi e di procedere nella maniera meno invasiva possibile al consolidamento e alla riabilitazione degli edifici.

Ricostruire fedelmente il centro dell'Aquila è, quindi, una sfida notevolissima per l'ingegno e l'intelligenza italiana ed è un debito che abbiamo con la fiorente storia di vita cittadina che caratterizza tutto il nostro Paese.

Sono, infatti, proprio gli splendidi centri urbani, con la loro particolarissima vita, i loro antichi negozi, le piazze, le fontane ed i palazzi pubblici e privati che attirano flussi sempre più importanti di un turismo "colto", che sa di trovare nella nostra penisola paesaggi e capolavori e che fanno dell'Italia, secondo l'Unesco, il luogo in cui si trova quasi la metà del patrimonio storico-culturale dell'umanità!

Da questo punto di vista, si può davvero affermare che il nostro immenso patrimonio architettonico si inserisce tra i più pregevoli connotati di una identità nazionale che vede la storia del nostro Paese affondare le sue origini nel ricchissimo tessuto di città antiche.

Per questi motivi, ritengo che anche la ricostruzione dell'interland aquilano non possa prescindere da un'idea generale di riassetto cittadino che, facendo prioritariamente salve le esigenze di tutela del patrimonio storico e culturale, si concili con un progetto di ampio respiro in grado di trasformare in opportunità gli interventi già realizzati in questa prima fase post-terremoto.

Le centinaia di case, ad esempio, che sono state consegnate o che sono attualmente in consegna, per il pregio e la razionalità degli edifici - costruiti anche secondo i più rigorosi e moderni sistemi antisismici - rappresentano un patrimonio ormai acquisito per la comunità abruzzese che non dovrà essere in futuro mortificato con una sua inadeguata utilizzazione.

Ma è chiaro che tutto avrà un senso solo se si creeranno le condizioni per la realizzazione di un valido sistema di servizi e di infrastrutture che permetta a questi nuovi quartieri di gravitare facilmente e velocemente su di un centro storico che mantenga inalterate le proprie varie attrattive e la propria capacità di aggregazione sociale e culturale.

All'elaborazione di questo necessario e complessivo disegno di riqualificazione è chiamata soprattutto a concorrere l'Università dell'Aquila, che, per la peculiarità dei suoi insegnamenti, potrà operare in sinergia con le migliori professionalità presenti nel nostro Paese e con tutte le amministrazioni centrali e territoriali impegnate a tradurre in risultati concreti il frutto di questo confronto di idee e di progetti.

Agire insieme, porsi in maniera costruttiva di fronte ai problemi e alle difficoltà, è stata la formula vincente che ha permesso di superare i giorni drammatici immediatamente seguenti al terremoto e di portare avanti in questi mesi una comune ed efficace opera di assistenza e di ricostruzione.

È proprio a questa formula che tutti dovranno attenersi nei prossimi mesi ed anni, in ossequio a quei princìpi di sussidiarietà e di leale collaborazione tra istituzioni pubbliche e private che debbono informare secondo la Carta Costituzionale la nostra "democrazia".

Ovviamente, è e sarà compito degli Uffici centrali del Governo, dell'Autorità regionale e provinciale, dei Comuni interessati dalla ricostruzione e degli organi tecnici competenti vigilare affinché questo grande sforzo di rinascita si svolga nel pieno rispetto delle leggi e delle norme poste a tutela della correttezza e della trasparenza dell'azione degli operatori pubblici e privati.

Nell'assegnazione degli appalti deve essere infatti assicurata l'imparzialità delle procedure e la celerità delle stesse. La capacità di un Paese di dimostrarsi realmente avanzato ed efficiente si misura anche con la capacità di realizzare le opere in tempi rapidi, ma sempre nel supremo rispetto della legge.
In uno Stato di diritto, le procedure ordinarie non devono e non possono essere considerate come degli inutili orpelli cui è possibile derogare fin troppo facilmente! Chi gestisce risorse pubbliche deve sempre ricordarsi che agisce in nome e per conto della comunità!

Infine, va ricordato che l'esperienza tragica che abbiamo vissuto rimette in discussione, ancora una volta, l'adeguatezza delle normative antisismiche. Si sente, infatti, sempre più il bisogno di una legislazione più puntuale e severa che renda maggiormente sicure le nuove costruzioni, là dove la minaccia sismica è davvero presente. Si dovrà vigilare sulla qualità dei materiali impiegati, sull'idonea realizzazione delle opere, sui livelli costanti di manutenzione che troppo spesso in Italia continuano ad essere trascurati, soprattutto in alcune regioni.

L'attività di vigilanza deve pertanto essere garantita non solo al fine di prevenire gli abusi e le frodi che si possono verificare nel settore delle costruzioni, ma anche al fine di verificare periodicamente la staticità e la funzionalità degli impianti, dal momento che in Italia questo obiettivo non è stato mai raggiunto pienamente spesso a causa della notevole confusione che continua ad esistere tra le diverse autorità preposte all'attività di controllo.

Tutte queste esigenze richiedono, però, che le autorità e gli organi tecnici competenti si possano avvalere di maggiori risorse e di poteri più incisivi.

Ci troviamo di fronte a problemi gravissimi che possono trasformarsi in straordinarie opportunità. Si tratta, in altre parole, di un'occasione da cogliere, anche se tale termine sembra in conflitto col doloroso evento che l'ha generata. In realtà, proprio questa sfida deve costituire la "cartina di tornasole" della maturità della nostra classe dirigente e della nostra cultura politica.

Solo se sappiamo vincere la sfida potremo davvero dire che il sacrificio delle centinaia di vittime del 6 aprile non è stato vano.