Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

14/04/2010

Inaugurazione della Mostra "E' Dio che fa - Il Beato Don Luigi Guanella"

La Camera dei deputati è lieta di ospitare la mostra «È Dio che fa- il Beato Don Luigi Guanella».
Un saluto ai partecipanti: il Vicepresidente della Camera dei deputati, Maurizio Lupi, il Ministro delle Pari Opportunità, Mara Carfagna, l'on. Enrico Letta; un caloroso benvenuto a Don Aniello Manganiello, accompagnato da rappresentanti delle diverse realtà del centro Don Guanella di Napoli, ai volontari che operano a Roma e a Don Mariolino Mapelli, promotore assieme a Guglielmo Gualandris, della mostra itinerante che oggi presentiamo.

Prima di entrare nel merito della esposizione, voglio sottolineare l'importanza della figura di Don Guanella.

Nonostante sia vissuto nella seconda metà dell'Ottocento e abbia attraversato la difficile ed entusiasmante temperie dell'Italia pre e post-unitaria, la sua testimonianza è straordinariamente attuale.

Don Guanella rappresenta un esempio di quello che oggi chiameremmo 'prete di frontiera' che ha saputo testimoniare il suo spirito evangelico attraverso le opere di educazione e di assistenza agli anziani, ai disabili, ai poveri e ai bambini abbandonati, incarnando la passione per il sociale, corroborata da un profondissimo senso di carità cristiana e di responsabilità nei confronti dei più sfortunati.

Un modello di cui abbiamo importanti esempi oggi grazie all'attività di sacerdoti coraggiosi e profondamente impegnati nella realtà sociale come Don Manganiello, con la sua meritoria opera di riscatto dei giovani di Scampia volta a strapparli dalle mani della criminalità e dal degrado, e come Don Mariolino Mapelli che prosegue la missione di Don Guanella nella cura e nell' assistenza dei bisognosi attraverso le tante strutture esistenti in Italia e all'estero.

Don Guanella fu un sacerdote globale -diremmo sempre oggi- che ha attraversato non solo l' Italia ma anche l'Europa e gli Stati Uniti d'America, andando in aiuto anche degli italiani emigrati, e lasciando ovunque andasse il suo segno con opere tangibili - case-famiglia, case per anziani, ospizi, scuole- e insegnamenti morali e intellettuali.

E aver memoria dell'emigrazione italiana significa - o dovrebbe significare - rispetto per gli immigrati che oggi sono nel nostro Paese.

Un aspetto particolarmente attuale della sua figura fu il suo essere un comunicatore capace di utilizzare tutti gli strumenti d'informazione allora a disposizione. Creò collane editoriali e il bollettino della Divina Provvidenza per formare la popolazione alla fede e promuovendo al contempo la diffusione della cultura tra i ceti meno abbienti.

Era consapevole dell'importanza della comunicazione come strumento di formazione in un'Italia in cui la cultura apparteneva alle classi più agiate: «Temerei di peccare - disse una volta - se non mi servissi della stampa per l'apostolato».
Non è azzardato immaginare che se fosse vissuto ai nostri giorni, avrebbe sicuramente utilizzato internet al fine di portare la sua testimonianza di fede e il suo impegno sociale anche nella rete.

Per questo suo impegno civile fu anche osteggiato dalle autorità civili e segnalato come soggetto pericoloso sulla base della legislazione allora vigente. Ma non si tirò mai indietro, anche in virtù di quel carattere da montanaro che lo fortificava nelle asperità.
La sua formazione seminariale fu indirizzata soprattutto agli aspetti squisitamente pastorali, con una particolare attenzione alla vita della gente, ai suoi problemi e speranze.
Animato da uno spirito pragmatico, Don Guanella riuscì a coniugare l'educazione e la formazione con il lavoro. Attraverso la creazione delle scuole di arti e mestieri, era convinto che anche esistenze penalizzate dall'ignoranza, dalla povertà e dalla disabilità avessero la possibilità di riscatto, acquisendo un ruolo nella società del tempo.
In tale senso, fu decisivo nella sua attività missionaria l'incontro con Don Bosco, del quale fu discepolo per tre anni e al quale s'ispirò durante tutta la sua vita.

Il suo spirito pratico non era tuttavia disgiunto da una fede incrollabile che gli consentì di acquisire immobili da trasformare in chiese, anche disponendo di scarse risorse finanziarie nella convinzione che la Provvidenza gli avrebbe consentito di onorare gli impegni assunti: «Del resto - replicava a chi mostrava perplessità a causa della penuria di mezzi economici a disposizione - con soli 5 pani Gesù sfamò 5 mila persone».

Un 'prete coraggio', dunque, al quale la Camera dei deputati rende omaggio ospitando questa interessante mostra, presentata per la prima volta nell'agosto del 2008 al 'Meeting per l'amicizia tra i popoli' di Rimini per comprendere il metodo pedagogico del grande educatore, proclamato Beato dal Papa Paolo VI nel 1964.

Questa rassegna non intende soltanto celebrare una figura che ha risposto ai reali bisogni del suo tempo, ma anche e soprattutto sottolineare un insegnamento conserva la sua attualità anche oggi, fondato sulla centralità della persona e della sua dignità a ogni latitudine, perché diceva il Beato: «Tutto il mondo è patria nostra».

Questi insegnamenti, le sue opere benefiche, ma soprattutto - come ha scritto Padre Alfonso Crippa, Superiore generale dei Servi della Carità- «il bisogno di dare un significato al dolore; la vocazione a lottare contro il male; l'aspirazione a una vita futura non più segnata dalla sofferenza», costituiscono un modello che deve ispirare la riflessione di ogni uomo di buona volontà sia laico che cattolico.