Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

17/05/2010

Roma, V incontro internazionale dei Ministri della Giustizia promosso dalla Comunità di Sant'Egidio sul tema "Dalla moratoria all'abolizione della pena di morte - No Justice without life"

Onorevoli Ministri, Onorevoli Rappresentanti dell'Unione europea e del Consiglio d'Europa, Autorità, Signore e Signori!

Sono particolarmente lieto di prendere la parola nella sessione inaugurale di questa quinta edizione dell'Incontro internazionale dei Ministri della Giustizia promosso dalla Comunità di Sant'Egidio per discutere le strategie migliori per un'effettiva moratoria globale della pena capitale.

Desidero rinnovare il mio più vivo apprezzamento al professor Andrea Riccardi per il modo con cui la Comunità da Lui fondata ha saputo dar vita, nel corso degli anni, ad un'inedita forma di mediazione dei conflitti, che vanta al suo attivo diversi successi nel complesso scacchiere internazionale.

"Fare pace" per la Comunità di Sant'Egidio non ha mai rappresentato l'assunzione di sterili prese di posizione ideologica, riconducibili ad un astratto umanitarismo, ma ha invece sempre comportato la massima attenzione e la concreta solidarietà nei riguardi dei più bisognosi.

In questo senso, come ho detto qualche giorno fa, ripercorrendo la lunga vicenda storica della Comunità mi ha molto colpito il realismo che ha ispirato ed ispira molte delle scelte compiute dalla vostra Associazione.

Penso, ad esempio, alle giornate mondiali delle "Città per la vita-Città contro la Pena di morte", lanciate per la prima volta nel 2002, che riuniscono oggi più di mille centri cittadini e quaranta capitali dei cinque continenti, con iniziative a carattere educativo e spettacolare, che mobilitano centinaia di migliaia di persone, come accadde, per la prima volta, il 12 dicembre 1999, qui a Roma, al Colosseo, per celebrare l'abolizione della pena capitale in Albania.

Questa intensa opera di sensibilizzazione dell'opinione pubblica sarebbe stata sicuramente apprezzata da Albert Camus, che, nelle sue "Riflessioni sulla pena di morte", scriveva (cito testualmente): "Quando l'immaginazione dorme, le parole si svuotano di senso: un popolo registra distrattamente la condanna di un uomo. Ma che si mostri il meccanismo, che si faccia toccare con mano il legno ed il ferro, che si faccia sentire il tonfo della testa che cade, e l'immaginazione pubblica, risvegliata di soprassalto, ripudierà al tempo stesso il vocabolario ed il supplizio".

Con l'approvazione, il 18 dicembre 2007, della risoluzione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, per una "Moratoria nell'uso della Pena di morte", il movimento abolizionista ha raggiunto un obiettivo storico, perché il problema della pena capitale è, oggi, un problema di tutta la Comunità internazionale.

L'Italia ha giocato un ruolo decisivo nella partita che ha condotto all'adozione della risoluzione: la nostra diplomazia ha, infatti, saputo condurre un efficace e sapiente "gioco di squadra" non soltanto con le diplomazie dei Paesi comunitari e degli alti Stati extra-europei abolizionisti, ma, soprattutto, ha saputo operare sinergicamente con la vasta realtà delle organizzazioni umanitarie più impegnate in questa battaglia, come la Comunità di Sant'Egidio, l'Associazione "Nessuno tocchi Caino", Amnesty International e la Coalizione mondiale contro la pena di morte.

Gli effetti benefici della Risoluzione non si sono fatti attendere, se è vero che in pochi mesi, tra il 2007 ed il 2009, ben quattordici Stati sono divenuti abolizionisti.

A riprova dell'efficacia della moratoria, ricordo che tra questi sono significativamente inclusi il New Jersey ed il Nuovo Messico: non accadeva da più di quarant'anni che due Stati americani cancellassero dal loro ordinamento la pena capitale.

La moratoria universale è stata, quindi, qualcosa di più di una "Pausa dalla morte", come titolò l'editoriale del New York Times all'indomani dello storico voto al Palazzo di Vetro; essa ha rappresentato una via pragmatica ed intelligente per creare un terreno d'intesa tra Stati mantenitori e Stati abolizionisti, superando un approccio forse troppo "occidentalista" al problema e puntando chiaramente ad un'intesa tra Stati del Sud e del Nord del pianeta.

Interi continenti si sono liberati definitivamente della pena capitale: assai incoraggiante appare, a tale riguardo, l'attitudine delle classi dirigenti di numerose democrazie africane che, pur provate da conflitti e povertà, hanno progressivamente smesso di concepire la pena di morte come strumento inevitabile per garantire l'ordine pubblico e la sicurezza interna.

Purtroppo, queste luci di speranza, che catalizzano il nostro ottimismo, sono in parte oscurate dalle terribili notizie che arrivano dai quarantasei Paesi che applicano ancora oggi la pena di morte, puntualmente analizzate nel Rapporto annuale di "Nessuno Tocchi Caino".

Il 2009 ci restituisce un panorama mondiale fatto di dolore e di disumane atrocità commesse in nome dello Stato: si pensi ai quattro minorenni giustiziati in Iran, alle cinquemila esecuzioni in Cina, alle 346 in Iran, alle 102 in Arabia Saudita.

Gli "assassinii di Stato" perpetrati in questi Paesi ci fanno tornare alla memoria le parole di Dostoevskij: "La punizione di uccidere chi ha ucciso è incomparabilmente più grande del delitto stesso. L'omicidio in base a una sentenza è incomparabilmente più atroce che non l'omicidio del malfattore".

Proprio i successi conseguiti dalla moratoria devono indurci a rafforzare la nostra opera di sensibilizzazione verso quei Paesi che ancora applicano la pena capitale e segnatamente verso quegli Stati di democrazia liberale che, nel corso del 2008, hanno effettuato in tutto sessantacinque esecuzioni, pari all'l'1,1% del totale mondiale: sono gli Stati Uniti (37), il Giappone (15), l'Indonesia (almeno 10), il Botswana (almeno 1), Saint Kitts e Nevis (1).

E' importante proseguire in questa strategia internazionale, incentrata sul coinvolgimento dell'opinione pubblica mondiale e sulla sinergia con le grandi organizzazioni umanitarie.

Abolire la pena capitale richiede un coraggio politico che, spesso, travalica le forze ed i programmi della classe di governo di un singolo Stato e che, pertanto, deve essere sollecitato da una forte mobilitazione delle coscienze.

Per questo motivo ho accolto con grande favore l'annuncio della presentazione, da parte del Governo italiano, di una nuova risoluzione contro le esecuzioni capitali da presentare nella prossima sessione autunnale dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

E' un impegno che avrà il convinto sostegno dell'Assemblea che ho l'onore di presiedere, così come accadde dieci anni fa quando, con unanimità di consensi, la Camera dei deputati impegnò il Governo affinché si facesse promotore di un rilancio, a livello comunitario, dell'iniziativa della moratoria universale.

Oggi, come allora, la Camera sarà in campo per sostenere le iniziative in difesa dei diritti dell'uomo, al fianco di quegli Stati, di quelle organizzazioni e di quelle personalità che si battono per la dignità umana.

E' importante ribadire la piena disponibilità dell'Italia ad impegnarsi nella battaglia abolizionista, specie ora che il nostro Paese è entrato a far parte del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite.

Operare sul versante internazionale e su quello di una piena tutela dei diritti umani nel nostro ordinamento è, forse, il modo migliore per riscoprire la duplice tensione emancipatrice insita nell'abolizione della pena capitale: "sradicare la pena di morte - ha scritto Robert Badinter, storico protagonista d'Oltralpe dell'impegno abolizionista - porta a promuovere i diritti umani e lo Stato di diritto, perché il rispetto della vita umana è universale ed invisibile".