Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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INIZIO CONTENUTO

Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

28/05/2010

Aula di Montecitorio - Manifestazione finale del progetto "Dalle aule parlamentari alle aule di scuola. Lezioni di Costituzione"

Care ragazze e cari ragazzi innanzitutto vi do, a nome di tutti i deputati della Repubblica italiana, un sincero benvenuto in quest'Aula che, come avete avuto modo di vedere, ha una sua solennità, una solennità che doverosamente deve essere posta a rappresentanza delle istituzioni, in particolar modo di un'istituzione fondamentale qual è il Parlamento. Vi do il benvenuto a questa manifestazione finale, con la quale - come dicevo - si conclude un anno di lavoro sulla Costituzione che abbiamo svolto insieme.

Siamo giunti alla terza edizione del progetto, la cui realizzazione è stata possibile grazie alla collaborazione tra la Camera, il Senato - saluto, a tal proposito, il Presidente del Senato Renato Schifani, che svolgerà l'intervento conclusivo della manifestazione - ed il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Ringrazio il Ministero per la collaborazione che ha fornito per rendere possibile lo svolgimento della III edizione di questa bella iniziativa.

Ringrazio anche il comitato di parlamentari, i senatori Possa e Amati e gli onorevoli Aprea e Nicolais, che hanno seguito tutte le fasi di svolgimento del progetto, fino a quella relativa alla valutazione degli elaborati inviati dalle scuole.

Soprattutto ringrazio voi, ragazzi e ragazze, che sotto la guida dei vostri insegnanti, avete aderito con entusiasmo alla nostra proposta di approfondire, nel corso dell'ultimo anno scolastico che si sta per concludere, un tema da voi scelto e legato alla Costituzione italiana.

Vale la pena ricordare che la prima edizione del nostro progetto fu lanciata nel 2008, per celebrare il sessantesimo anniversario dell'entrata in vigore della Carta costituzionale.

L'iniziativa di quest'anno, che si è svolta con una partecipazione ancora maggiore rispetto alle esperienze precedenti, credo che sia il segno più eloquente di come, al di là delle ricorrenze, che comunque vanno onorate, non si tratti soltanto di ricordare, ma anche di tramandare quello che c'è dietro quella data, quella ricorrenza, e dimostra che la Costituzione è davvero come la grammatica per una lingua, una lingua viva, parlata, di cui si conoscono anche le sfumature, i significati più belli soltanto se si conosce la grammatica.

Voi l'avete dimostrato, in modo molto convincente, con i vostri elaborati, che hanno colpito la Camera ed il Senato - nella persona dei parlamentari, dei colleghi, che hanno composto il comitato di valutazione - innanzitutto per la capacità che avete dimostrato di affrontare, in modo molto originale, e anche attraverso le forme più moderne del linguaggio visivo e grafico, temi che sono particolarmente complessi e difficili.

Credo che uno degli elementi che noi parlamentari dobbiamo valutare consiste - per l'appunto - nel fatto che voi, figli pienamente del vostro tempo, comunicate anche attraverso mezzi e strumenti che hanno la capacità di innovare o meglio di rendere ancor più vivo un aspetto così denso di significati, qual è il contenuto più profondo della nostra Costituzione.

La visione della Costituzione dai vostri elaborati esce - per certi aspetti - rafforzata. Risulta evidente che questa, anche ai vostri occhi, non è un testo sacro, una sorta di totem polveroso ed intoccabile. Credo che si possa dire che è un codice aperto di convivenza civile, un codice che tutti dobbiamo conoscere e che tutti, al tempo stesso, possiamo migliorare.

Credo che questo fosse anche l'orientamento delle donne e degli uomini che - ormai tanti anni fa - contribuirono a scrivere quel testo costituzionale che, pur modificato, è ancora la pietra miliare delle nostre istituzioni.

Voglio salutare, ringraziandolo di essere qui oggi, il senatore Emilio Colombo, che di quei momenti antichi, ma ancor vivi nella memoria, è stato uno dei protagonisti.

Italo Calvino, un autore che avete imparato a conoscere, amava dire, a proposito dei grandi classici della nostra letteratura, che non finiscono mai di dire quello che hanno da dire.

Vi sono delle opere che si possono leggere dieci, venti o trenta volte: ogni qual volta le si rilegge, si scopre che vi è un aspetto che non era stato colto; è la grande capacità dei classici. Credo che la Costituzione, per certi aspetti, possa essere pienamente assimilata a quella valutazione che Calvino faceva nei confronti dei classici.

Infatti, per capire tutta la ricchezza e la densità di valori e di significati che sono propri della prima parte della Costituzione - in particolar modo, sapete che la prima parte è quella dei principi e dei valori - è importante leggerla in profondità, e non soltanto limitarsi ad una rapida scorsa di ciò che vi è scritto.

Soprattutto, è importante saper porre le domande giuste rispetto ai tanti interrogativi del nostro tempo. La Costituzione è stata scritta tanti anni fa, ma è estremamente attuale e viva, perché riesce, se le domande sono poste nel modo giusto, a rispondere anche ai problemi di oggi.

Non è una Costituzione che risenta del peso degli anni. Se uniamo, ad esempio, tutti i vostri lavori, se li leggiamo in modo unitario, si scopre, innanzitutto, che dal vostro lavoro risulta evidente l'immagine concreta della Costituzione, innanzitutto, come fondamento e garanzia dell'unità della Repubblica.

Voi siete ragazze e ragazzi che provengono da scuole di ogni parte d'Italia, di ogni ordine di studi: dalla lettura comparata dei vostri lavori risulta evidente che vi è ben chiaro che la Costituzione è garanzia dell'unità nazionale. Credo che sia importante ricordarlo proprio oggi, che siamo alla vigilia del 150° anniversario dell'unificazione nazionale.

Leggendo i vostri lavori si scopre che avete ben chiaro che a farci sentire tutti italiani, a farci essere italiani, a tenerci insieme, non è un fattore di carattere geografico - essere nati al nord o al sud- e non è, men che meno, un fattore di carattere etnico.

A tenerci insieme è la partecipazione consapevole di tutti i cittadini, che sentono la necessità di costruire, giorno per giorno, una comunità civile che sia basata, innanzitutto, sul rispetto per l'altro e sul pluralismo politico e culturale.

Vi è un autore che mi è particolarmente caro, Renan, che amava dire che la nazione è un plebiscito che si rinnova ogni giorno. Voleva dire che, per essere e sentirsi italiani, nel nostro caso, ogni giorno dobbiamo in qualche modo partecipare, ognuno di noi, per costruire questa comunità e questo senso di appartenenza.

Parliamoci francamente: i tempi che viviamo non sono facili e spesso, anche nei giovani, finiscono per affacciarsi, e speriamo non prevalere, sentimenti di sfiducia, in alcuni casi di scoraggiamento. È una questione che non riguarda soltanto la nostra società, ma riguarda, più in generale, la società occidentale.

Forse si può dire che il futuro, la modernità, che è sempre stata percepita come la garanzia, comunque come la promessa, di nuove libertà, di un più diffuso benessere e di maggiori opportunità, è oggi vista, in molti casi, nelle vesti, assai meno rassicuranti, di una modernità liquida, per usare un'espressione felice, che rischia di travolgere o comunque di mettere in discussione anche le conquiste e i diritti che sembravano acquisiti quando i vostri padri e le vostre madri avevano vent'anni.

In certi momenti sembra quasi essere venuta meno nella nostra società la capacità di indicare dei valori condivisi, che siano da tutti avvertiti come tali e che siano la guida per il futuro delle società e degli individui; valori che, in qualche modo, diano forza, sicurezza e senso di appartenenza.

Di qui, forse, questo senso di scoramento, di perdita di identità e di disorientamento collettivo che, qualche volta, colpisce i più giovani.

Qualche giorno fa l'ISTAT, il nostro Istituto di statistica, nella presentazione del bilancio annuale ha reso noto un dato che ci deve preoccupare (non parlo in questo momento a voi, ragazzi e ragazze: parlo alla politica, alle istituzioni). Nel 2009 più di 2 milioni di ragazzi italiani tra i 15 e i 29 anni, pari al 21 per cento della popolazione giovanile, sono risultati del tutto inattivi: non studiano e non lavorano (con acronimo inglese, NEET); sono completamente inattivi, privati di qualsiasi tipo di partecipazione se non alla vita familiare. Una realtà che non ci deve comunque deprimere, una realtà di fronte alla quale non ci si deve rassegnare.

Perché non è una realtà nuova! Giacomo Leopardi nel 1824 (aveva 26 anni, quindi era all'epoca un ragazzo) scriveva: "C'è una dissoluzione dei principi sociali: sta prevalendo il caos, c'è grande dubbio circa il futuro destino della società e grande incertezza del come essa possa durare e sussistere in avvenire". All'epoca si disse che questa espressione di Leopardi fosse una voce isolata nel deserto. Tutto si ripete; ma la differenza qual è? Che oggi la vostra voce, la voce che fra poco sentiremo, non è certamente una voce nel deserto; perché vivete in un Paese che ha alle spalle un passato difficile, vive un momento denso di incognite, ma nel quale, grazie alla Costituzione, i valori più importanti si sono radicati, e sono molto più profondi nella società e nella comunità nazionale di quel che era qualche tempo fa.

È caduta la barriera ideologica, che per tanti anni rendeva difficile una democrazia dell'alternanza: è una novità della vostra generazione, è una novità che può dare piena attuazione a tutto il dettato costituzionale. L'anelito europeista si è realizzato oltre forse le aspettative dei padri: siete i figli della generazione Erasmus, siete ragazzi e ragazze che possono muoversi nel continente europeo senza barriere, e in molti casi avendo in tasca la stessa moneta. E anche soltanto negli ultimi 10 anni, 15 anni si sono rafforzate ancor di più le modalità di partecipazione del cittadino alla vita sociale e politica del Paese.

E voglio anche ricordare che quei valori che si sono consolidati hanno reso possibile sventare il rischio, che c'era anche nel passato recente, del terrorismo, delle stragi, di legami oscuri tra eversione e criminalità organizzata. La grande manifestazione tutta giovanile che si è svolta qualche giorno fa a Palermo per ricordare Giovanni Falcone, gli uomini della scorta, la moglie, è stata anch'essa una bellissima testimonianza di come si voglia tener viva questa lotta per la libertà, che è una lotta a difesa della Costituzione; perché ogni qualvolta si lotta e ci si sacrifica per la libertà, per la legalità, per la trasparenza, si lotta per la Costituzione. Questo intendo dire quando dico: "una Costituzione viva"!

Insomma, e concludo, la Costituzione è sotto stress, sotto stress perché viviamo tempi turbolenti; ma se è diventata, per usare l'espressione di una bella canzone, "il centro di gravità permanente" della nostra democrazia, è perché è la stella polare che può guidare la nostra società: non se ne può più fare a meno nel mondo del lavoro, nella famiglia, nella società. E badate, non si tratta di principi declamati: si tratta in qualche modo di valori che sono resi concreti giorno per giorno.

Per questo non ho condiviso le critiche di chi dice: "Ma come, ci si mette ad insegnare nelle scuole la Costituzione?". Qualcuno si è permesso di dire: "Ma che cos'è, una sorta di catechismo laico, di indottrinamento ideologico?". Nulla di tutto ciò! Insegnare la Costituzione significa non insegnare delle nozioni astratte, bensì fornire capacità critiche; significa insegnare ai più giovani quali sono quei valori fondamentali in assenza dei quali il vivere civile è più complesso. E credo che sia stato estremamente saggio insegnare ai più giovani, anche attraverso questi corsi di Costituzione e di cittadinanza, ad avere fiducia in se stessi. Perché in quei principi della Parte prima della Costituzione vi sono tutti gli elementi che possono dare fiducia ad una generazione.

Non dovete avere paura del futuro! Dovete aver fiducia in voi stessi, dovete in qualche modo sapervi conquistare le prospettive del vostro domani, dovete essere capaci di garantirvele.

Può essere un'espressione retorica…

Può essere un'espressione retorica, ma dico anch'io, come disse un grande personaggio: non chiedetevi sempre che cosa lo Stato fa per voi; chiedetevi che cosa fate voi per lo Stato, che cosa fate voi per la società, che cosa fate voi per migliorare la qualità della vita nelle vostre famiglie, per conquistarvi il futuro. E sopratutto - se me lo posso permettere - diffidate di chi vi dice: largo ai giovani. Cercate di prendervelo da soli il vostro futuro, cercate in qualche modo di conquistarvelo con la vostra capacità e con lo studio dei fondamentali valori del nostro vivere insieme.

Carlo Jemolo, un grande italiano, ammoniva - mentre si scriveva la Costituzione - che la libertà, come tutti i beni della vita, come tutti i valori, non basta averla conquistata una volta per sempre, ma occorre conservarla con uno sforzo ogni giorno. E aggiungeva: né la pace dei popoli, né la giustizia sociale, né alcun altro bene è suscettibile di conquista definitiva; oggi ogni generazione deve dare la sua prova.

Sono parole che si capiscono se pensate all'immediato dopoguerra, all'esperienza del fascismo, alla guerra civile; sono parole attualissime anche oggi. Non vi è una dittatura che minaccia la vostra libertà, ma vi sono altre insidie: nella Costituzione vi sono gli antidoti culturali per vincere quelle insidie. È un'altra prova, ma sono certo che la vostra generazione quella prova la supererà a pieni voti, come a pieni voti avete superato con i vostri elaborati l'esame - tutt'altro che generoso e semplice - della Commissione che siede qui .

Vi ringrazio