Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

14/06/2010

Montecitorio, Sala della Lupa - Presentazione del documento conclusivo dell'indagine conoscitiva su taluni fenomeni distorsivi del mercato del lavoro svolta dalla Commissione Lavoro Pubblico e Privato

Signor Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Autorità, Signore e Signori!

L'indagine conoscitiva che la Commissione Lavoro della Camera dei deputati ha concluso lo scorso 26 maggio, e di cui oggi presentiamo ufficialmente gli atti, affronta i fenomeni distorsivi del mercato del lavoro, dal lavoro nero, al caporalato, allo sfruttamento della manodopera.

Qualche settimana fa il Presidente dell'ISTAT, Enrico Giovannini, ha ricordato, nel corso della sua audizione in Commissione Lavoro, che (cito testualmente) "il lavoro senza contratto, il lavoro in nero, il lavoro nascosto, il lavoro privo di contribuzione sociale e di garanzie assicurative, in altri termini, il lavoro non regolare rappresenta una vera e propria piaga da estirpare».

Quello del "lavoro nero" è un fenomeno diffuso, anche se in modo non uniforme, a livello europeo, che, in Italia, assume, però, forme e connotazioni tali da richiedere riforme di ampia prospettiva, da farsi con il coinvolgimento di diversi attori sociali ed istituzionali.

Al riguardo, l'indagine ha evidenziato alcuni fattori che, nel nostro Paese, aumentano la presenza del lavoro non regolare: l'ingombrante presenza della criminalità su talune parti del territorio; la disomogeneità del tessuto produttivo composto prevalentemente da piccole e medie imprese; il persistere di forti divari nello sviluppo economico-sociale; il peso rilevante delle attività economiche a uso prevalente del fattore lavoro.

La XI Commissione ha affrontato, senza alcuna reticenza, queste problematiche, cercando di comprendere in che modo taluni effetti collaterali alle dinamiche del mercato del lavoro possano addirittura giungere a snaturare la libera concorrenza tra imprese, producendo anche forme aggressive di "dumping" sociale.

Come evidenzia il documento conclusivo dell'indagine, "l'attuazione di adeguate riforme di più ampio respiro di natura economica, fiscale e del mercato del lavoro possono rappresentare una condizione necessaria in vista di una efficace attività di contrasto al lavoro nero".

Prima di soffermarmi sul contenuto delle risoluzioni approvate dalla Commissione, vorrei citare alcuni dati per quantificare il fenomeno a livello settoriale e territoriale.

Le più recenti stime prodotte dall'ISTAT, riferite all'anno 2009, indicano in circa 2.966.000 le unità di lavoro che versano in una condizione di oggettiva irregolarità.

Il tasso di non regolarità (calcolato come incidenza dell'unità di lavoro non regolare sul totale dell'unità di lavoro) è pari al 12,2 per cento, mentre l'incidenza del valore aggiunto prodotto dalle unità produttive che impiegano lavoratori irregolari risultava, al 2006 (ultimo anno di pubblicazione delle stime ISTAT), pari al 6,4 per cento del PIL.

Quest'ultimo dato è in calo rispetto agli inizi degli anni 2000: ciò, in parte, è dovuto al fatto che la legislazione in materia di lavoro è cambiata in modo significativo, e oggi offre alle imprese la possibilità di ricorrere a forme di lavoro flessibile, sia in termini di durata del contratto, sia di orario di lavoro.

Le nuove tipologie contrattuali (ad esempio, il lavoro interinale e il lavoro a termine) hanno infatti consentito di incrementare il livello dell'occupazione dipendente, mentre il cosiddetto "lavoro nero" ha registrato un leggero decremento.

Quanto alle tipologie, gli irregolari residenti (circa 1.650.000 nel 2009) rappresentano l'elemento più rilevante delle unità di lavoro non regolari, mentre gli stranieri clandestini sono, invece, la componente più ridotta (circa 377.000 nel 2009). E, nonostante le sanatorie, si registra, nel periodo 2001-2008, un aumento del numero dei lavoratori stranieri irregolari, con inversione di tendenza solo nel 2009.

A livello territoriale, vi sono poi differenze significative. La diversa intensità emerge chiaramente dall'analisi dei dati "ripartizionali" sui tassi di irregolarità. In particolare, analizzando i dati forniti dall'ISTAT, e da taluni centri di ricerca, quali il CENSIS e l'EURISPES, si nota come la quota di lavoro irregolare del Mezzogiorno è più che doppia rispetto a quella delle aree centro-settentrionali.

Vorrei, inoltre, soffermarmi brevemente sui dati che riguardano l'occupazione straniera. Nel 2009, si assiste alla forte caduta dell'occupazione italiana (meno 527.000 unità) e alla crescita di quella straniera (più 147.000 unità).

Nel corso dell'anno, peraltro, mentre prosegue senza soluzione di continuità la riduzione degli occupati italiani, appare evidente la sostanziale contrazione della domanda di lavoro per gli stranieri, che passano da un tasso di crescita su base annua del 12,5 per cento, nella prima parte del 2009, al 4,9 per cento della seconda.

Alla discesa del tasso di occupazione si accompagna la crescita della popolazione in cerca di un impiego, secondo una tendenza che coinvolge sia gli italiani che gli stranieri.

Tutti questi dati non fanno altro che confermare quanto indicato dalla XI Commissione, vale a dire che la manodopera straniera ha assunto una rilevanza del tutto particolare nel nostro sistema economico e produttivo; e ciò a causa di evidenti ragioni demografiche e culturali che hanno condotto i giovani italiani ad abbandonare talune forme di impiego, ritenute non più qualificate e remunerative.

E' evidente che il fenomeno del "lavoro nero" presenta proporzioni più vaste, che non possono essere circoscritte alla sola regolamentazione dei flussi migratori: non va dimenticato, infatti, che il lavoro nero coinvolge altri soggetti deboli della società, come i giovani e le donne.

Tuttavia, i lavoratori immigrati, per oggettivi motivi di necessità che derivano dal fatto che il lavoro costituisce un requisito indispensabile per soggiornare regolarmente nel nostro Paese, sono i soggetti più disposti ad accettare impieghi non pienamente rispondenti alla loro qualifica e preparazione culturale, con il conseguente rischio di sfruttamento.

E' per questi motivi che il documento conclusivo dell'indagine ci invita (cito testualmente) ad "investire particolarmente sulla regolamentazione delle forme di impiego della manodopera straniera, atteso che la presenza di lavoratori extracomunitari risulta significativa proprio in quei settori in cui si registra una percentuale più elevata di lavoro sommerso". E' un invito che, personalmente, considero di grande rilievo.

Infatti, gli elementi acquisiti dalla XI Commissione inducono ad una riflessione importante circa l'esigenza di favorire un corretto incontro tra domanda ed offerta di lavoro straniero, partendo dal dato inconfutabile che la richiesta attuale di manodopera viene considerata non adeguatamente soddisfatta, come hanno indicato i principali rappresentanti del mondo imprenditoriale, in particolare di quello agricolo ed edile.

La questione richiede una riflessione sulle stesse modalità di ingresso nel Paese e ciò per evitare il diffondersi del lavoro sommerso che riguarda sicuramente gli immigrati irregolari, ma, in misura maggiore, quelli regolari con lavoro stabile.

Si tratta - come è evidente - di temi dai quali non possiamo far finta di non vedere. La politica, infatti, deve comprendere queste dinamiche, facendosi carico di affrontare i problemi che sono sotto gli occhi di tutti.

Ma c'è di più: sebbene l'indagine non realizzi in via automatica un collegamento, sembra evidente che i dati esposti possano essere letti anche sotto un profilo più strettamente demografico.

Con riferimento all'anno 2009, è emerso, infatti, che il tasso di natalità in Italia (circa 1,4 figli per coppia) è ben al di sotto della soglia di equilibrio demografico (di poco superiore a 2 figli): questo è un problema che chiama in causa non solo la capacità degli italiani di progettare il proprio futuro, ma anche la sostenibilità del nostro sistema sociale.

Solo per dare un dato - la fonte è l'INPS - ricordo che occorrerebbero all'incirca 300.000 lavoratori stranieri all'anno per assicurare l'entrata di contributi previdenziali in grado di "pagare" le nostre pensioni: di fronte a questa evidenza, ha ancora senso ignorare l'importanza che riveste oggi il lavoro straniero?

In conclusione, ringrazio la Commissione Lavoro e il suo Presidente, on. Moffa, per il prezioso contributo fornito con l'indagine e il Ministro Sacconi, per aver voluto onorare, a nome del Governo, l'incontro di oggi.

Auspico che su questi temi si possa proseguire, entro tempi certi, in collaborazione con lo stesso Esecutivo, nella definizione di un'azione di aggiornamento del quadro normativo, non circoscritta ad un solo settore di intervento, così da superare alcune specifiche criticità del mercato del lavoro.

Siamo sulla giusta direzione e il volume che viene oggi presentato al pubblico vuole essere proprio una base solida e seria per le future riflessioni del Parlamento sull'intera materia.