Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

15/06/2010

Montecitorio, Sala della Lupa - Presentazione della Relazione annuale dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato

Autorità, Signore e Signori!

Il tradizionale appuntamento con la relazione dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che la Camera è lieta di ospitare, cade, anche quest'anno, in un momento davvero delicato per il nostro sistema economico-sociale.

Una fase di accentuata turbolenza, non solo finanziaria, investe il cuore dell'Europa: all'orizzonte, c'è il rischio di una crisi strutturale, che mette a dura prova finanche la tenuta della moneta unica.

Il deciso intervento delle Istituzioni comunitarie ed internazionali sembra per ora averci avviato verso una lenta, ma progressiva stabilizzazione, anche se le insidie della speculazione internazionale sono ancora dietro l'angolo.

Le conseguenze della catena di eventi destabilizzanti che si sono susseguiti hanno inciso pesantemente sull'economia reale: il sistema produttivo fatica a riprendersi; la disoccupazione aumenta; i consumi tendono a calare.

Proprio in un momento in cui avremmo bisogno di far leva su politiche di sostegno all'economia, nuove manovre di correzione dei conti pubblici si rendono indispensabili in ogni paese europeo. L'austerità e il rigore si impongono come vie obbligate per conseguire stabilità e solidità.

Gli effetti dell'attuale congiuntura economica sono comunque già molto gravi sul piano del sentire collettivo. Ovunque, in Europa, cresce un preoccupante senso di disorientamento, se non di timore per il futuro.

Di fronte a valori ed obiettivi fino a ieri celebrati come vessilli di prosperità e di benessere (l'allargamento dei mercati, il mercato unico, la moneta europea), c'e' il rischio non secondario che ciò che sta accadendo venga vissuto dai cittadini come un tradimento, come il frantumarsi di una promessa. Non a caso si riaffacciano con forza pericolose spirali protezionistiche.

Da tempo, si è tornato, infatti, a parlare di carenze generalizzate del mercato e di vincoli alla libera iniziativa. Emerge, in ampi settori, una sfiducia di fondo nelle virtù benefiche del mercato. Aumenta la domanda di protezione, si torna a confidare nell'azione del potere pubblico.

Del resto, non si puo' non evidenziare che la crescita impetuosa dell'economia finanziaria e, più in generale, la progressiva integrazione dei mercati attraverso la globalizzazione hanno accentuato le asimmetrie, generando posizioni di vantaggio e provocando nuovi squilibri che i regolatori pubblici non hanno saputo o potuto prevedere e regolare adeguatamente.

Per quanto concerne specificamente il settore finanziario, la centralità assunta dall'obiettivo della massimizzazione dei profitti e dalla crescita della redditività ha indotto gli operatori a una spasmodica propensione al rischio e alla creazione incessante di prodotti innovativi sostenuta, soprattutto negli Stati Uniti, da politiche monetarie fortemente espansive.

Solo la gravità dell'ultima crisi finanziaria ha indotto ad avviare una fase di drastico ripensamento delle logiche adottate in precedenza e, in parte, anche un'autocritica delle tesi sostenute per troppo tempo.

In particolare, è stata rimessa in discussione la sicurezza - diventata una forma di vero e proprio fondamentalismo di mercato - di una crescita continua e apparentemente ininterrotta e sono emerse le preoccupazioni sugli effetti distorsivi che questo sviluppo accelerato può produrre, soprattutto in termini di equità e di distribuzione del reddito.

Ciò detto, va tuttavia ribadito che abbandonarsi a pessimistiche letture, preconizzando l'inevitabile declino, è improprio e fuorviante.

La crisi attuale non ha posto in discussione le virtù della libera concorrenza, né ha decretato il fallimento del libero mercato. Ad aver mancato l'obiettivo è stata, semmai, una certa cultura affermatasi soprattutto al di là dell'Atlantico, che, per anni, ha alimentato l'idea dell'intervento pubblico come inutile, dannoso intralcio ai mercati e alla libera iniziativa privata, unico fattore capace (se lasciato fare) di moltiplicare all'infinito il benessere collettivo.

Sulla base di tale suggestione si è innescata una sorta di illusione collettiva, una fiducia cieca ed irrazionale nel mercato - dalla quale siamo noi Europei più immuni - che ha indotto a guardare ad esso come a un totem, confidando nella sua capacità, una volta liberato dalla zavorra delle regole, di creare ricchezza all'infinito.

Ancora una volta e' bene ribadire, soprattutto in occasioni come questa, che le cose non stanno così, perché l'intervento pubblico non e' soltanto rappresentato, come maliziosamente si è fatto credere, dal costo imposto dalla classe politica per la sua "legittimazione", ma anche, e soprattutto, dallo strumento attraverso il quale si cerca di controllare alcune delle dinamiche spontanee del mercato, sanzionandone i difetti e le potenziali anomalie e correggendo anche talune carenze.

In altri termini, l'intervento pubblico non può significare necessariamente partecipazioni statali, ma soprattutto deve significare la capacità di verificare i comportamenti tenuti dai privati e la loro riconducibilità alle regole necessarie per garantire la correttezza e la trasparenza, oltre che l'equo contemperamento dei diversi interessi coinvolti.

Va riproposto con forza il valore di quel modello di economia sociale di mercato che rappresenta il frutto più maturo e proficuo dell'evoluzione delle democrazie europee, ed in cui il riconoscimento dell'importanza della libera espressione delle potenzialità di innovazione e di crescita dello spirito imprenditoriale si coniuga con l'attenzione alla tutela dei soggetti più deboli, siano essi lavoratori, risparmiatori o consumatori.

Oggi più che mai è importante credere convintamente in queste idee se si vogliono impostare le giuste risposte alla crisi.

Del resto, la lezione principale che le recenti vicende ci offrono è, per la politica e per le Istituzioni, anche un imperativo categorico: occorre evitare che, abbagliati dai falsi miti della globalizzazione, i pubblici poteri finiscano asserviti alla logica economica e risultino indotti ad "inseguire" e ad assecondare le esigenze dei mercati, abdicando alla propria insostituibile missione di garantire gli interessi generali, di cui tutti i diritti sociali sono diretta espressione.

Se c'è una sfida cruciale che l'apertura dei mercati, la competizione globale estesa agli ordinamenti e le recenti crisi lanciano alle istituzioni democratiche è proprio quella di continuare a favorire i processi concorrenziali nel mercato, senza però consentire che ai benefici che tali processi arrecano ai singoli nella veste di consumatori corrisponda un indebolimento dei diritti loro garantiti come cittadini.

Oggigiorno, e' doveroso dirlo, il deficit etico del capitalismo contemporaneo deriva dall'inversione della gerarchia tra politica ed economia, che spesso diviene pura e semplice subordinazione della prima alla seconda.

Non è, però, il caso di essere pessimisti ad oltranza. A fronte dell'ultimo shock che ha travolto la Grecia, l'Europa ha mostrato una coralità inaspettata che fa timidamente sperare per il futuro in nuovi progressi sulla strada dell'integrazione politica.

E' fondamentale rilanciare il mercato unico, insostituibile pilastro di qualunque progetto politico più avanzato.

In questo, le istituzioni comunitarie e i governi possono e devono fare di più. E' essenziale ricostruire il consenso attorno al mercato europeo, spiegando che l'integrazione economica non è nemica della sicurezza sociale, ma anzi è una sua importante alleata, come dimostra il fatto che entranbe hanno assicurato prosperità, pace e benessere in Europa per oltre un cinquantennio.

In tale contesto, l'Italia, pur colpita meno di altri dalla crisi, presenta diversi aspetti di criticità.

Lo scenario complessivo rimane condizionato da alcuni nodi strutturali specifici in rapporto alle altre economie dell'area euro che, se non risolti, possono spingere il Paese lungo una fase di pericoloso declino.

Serve, quindi, un'efficace strategia di crescita che, affiancata a quella della stabilità, possa garantire a tutta la comunita' nazionale il pieno recupero di competitività sulla scena internazionale.

Le chiavi del nostro futuro le conosciamo tutti: si chiamano investimenti nelle reti di nuova generazione, ammodernamento della pubblica amministrazione, miglioramento del livello di formazione scolastica ed universitaria (perché il capitale umano ha un ruolo cruciale nel progresso economico), maggiori risorse ed investimenti per la ricerca scientifica e l'innovazione tecnologica ( l'Italia occupa solo il dodicesimo posto in base al Rapporto OCSE 2010 sulle strategie dell'innovazione).

Si tratta di nodi cruciali per i quali il mercato non è la soluzione. Riporre anzi esclusivamente fiducia nei suoi meccanismi per affrontarli suonerebbe come un'inammissibile declinazione di responsabilità.

Su tali versanti è la Politica, e soltanto la Politica, ad essere chiamata ad un ruolo centrale, perché in gioco c'è lo sviluppo socio-economico del Paese e la tenuta stessa del patto sociale. Ma accanto a questi obiettivi che richiedono un deciso e qualificato impulso politico, resta fondamentale consolidare e rilanciare i processi di liberalizzazione.

Un solo esempio: l'Italia è all'avanguardia in Europa nella liberalizzazione del trasporto ferroviario: la concorrenza in questo settore è iniziata da qualche anno nel trasporto delle merci ed è prossima ad essere avviata anche nel trasporto ad alta velocità delle persone.

La concorrenza, in quanto spinge le aziende a migliorare la qualità dei servizi ed a contenere costi e prezzi, darà un contributo determinante a tale sviluppo. Se ne avvantaggerà il mercato, cioè i consumatori, che finalmente avranno un'alternativa e, quindi, la possibilità di scegliere il servizio di cui usufruire in base al valore del rapporto qualità/prezzo.

Naturalmente, una vera concorrenza è possibile ed efficace se impostata su basi di equità e trasparenza, in modo da consentire a tutte le imprese pari condizioni operative. A tal fine, è determinante il sistema regolatorio alla base del processo di liberalizzazione. Il sistema attuale, se pure ha consentito l'avvio del processo, presenta ancora importanti margini di miglioramento.

L'irrisolto problema della nostra economia è, infatti, la sua debole produttività. Occorre ripristinare un ritmo elevato di crescita e il modo migliore per rilanciare la produttività è consentire ai meccanismi di mercato di dispiegare i loro effetti positivi.

A questo riguardo, la libera concorrenza, incentivando l'innovazione, liberando la creatività e i talenti individuali, va promossa perché costituisce una fondamentale leva per lo sviluppo economico. Bisogna sfrondare la foresta pietrificata di privilegi, corporativismi e particolarismi che continuano a gravare sulla nostra economia.

La legge annuale per la concorrenza e il mercato, approvata dal Parlamento lo scorso luglio 2009, offre l'occasione per sciogliere i tanti lacci e laccioli che tutt'oggi soffocano le preziose energie creative che alla nostra comunita' non mancano.

Uscire dalla crisi sarà lungo e costoso, ma si può. Peraltro, il particolare momento storico che il Paese attraversa evidenzia che la crescita non è l'unico obiettivo in gioco. Oggi più che mai la promozione del mercato può diventare incisivo strumento di contrasto alla corruzione e di integrazione e altrettanto efficace strumento di mobilità sociale.

Laddove il mercato è aperto e la libera iniziativa non soffocata da politiche collusive e condotte abusive, ciascun individuo può intraprendere con successo un'attività economica, elevarsi e contribuire al benessere collettivo, sentendosi parte sostanziale del tessuto sociale.

In tale ottica, si comprende che tutelare la concorrenza all'interno della nostra società assume un valore etico perché significa garantire a ciascuno la possibilità di mettersi in gioco, di riscattarsi, di essere davvero "artefice del proprio destino"!

Per tutte queste ragioni, è importante ascoltare la Relazione annuale dell'Antitrust, il cui contributo alla causa del corretto funzionamento del mercato e della tutela del consumatore che ne è protagonista indiscusso e' davvero funzionale a garantire dinamismo economico e sociale e, in una prospettiva di sistema, il mantenimento di una struttura aperta della società.

Come ha scritto l'economista indiano Amartya Sen, "il futuro del mondo è intimamente connesso al futuro delle libertà nel mondo, ciò che è cruciale per il futuro del mondo è il consolidamento delle diverse istituzioni che contribuiscono ad accrescere la libertà economica, politica, sociale e culturale".

E' con questo auspicio che do la parola al Presidente Catricala', convinto che la Relazione che oggi viene presentata fornira' un importante contributo alle Istituzioni per meglio comprendere e deliberare.

Grazie.