Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe

INIZIO CONTENUTO

Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

15/07/2010

Montecitorio, Sala della Lupa - Presentazione del Rapporto Annuale 2009 del Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione economica sugli interventi nelle aree sottoutilizzate

Autorità, Signore e Signori!

La Camera dei deputati è lieta di presentare il Rapporto Annuale 2009 del Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione Economica sugli interventi nelle aree sottoutilizzate, rapporto presentato al Parlamento dal Ministro per i Rapporti con le Regioni e per la Coesione territoriale, on. Raffaele Fitto, che saluto e ringrazio.

Il Rapporto s'inserisce in una congiuntura economica estremamente delicata per l'Italia e per l'Europa.

Per questo, le analisi e i dati elaborati nel documento rappresentano un quadro di riferimento importante per ribadire quanto sia necessario intensificare le politiche a sostegno del Mezzogiorno per garantire quella coesione sociale e territoriale che è uno principi fondamentali della nostra Costituzione e del Trattato di Lisbona.

Va sottolineato con forza, e intendo farlo anche in questa circostanza, quanto tale principio rappresenti un cardine del nostro ordinamento giuridico, delineato in primis dalla Costituzione nella valorizzazione delle autonomie locali e territoriali, prevista dagli articoli 118 e119.

La sua rilevanza strategica è stata ulteriormente ribadita a livello europeo con il Trattato di Lisbona e dall'articolo 1 della legge sul federalismo fiscale, la n. 42 del 2009.

Non è dunque in alcun modo eludibile l'obiettivo di dar vita ad interventi che consentano, attorno alle politiche di coesione sociale, anche in un momento di crisi economica, di favorire processi di sviluppo equi e unitari.

E' la ragione per cui la necessità di questi processi è più volte sottolineata nel Rapporto e specie laddove è messo in luce il divario tra il Nord e il Sud del Paese, con le conseguenti difficoltà che si presentano nel Mezzogiorno d'Italia.

«L'economia meridionale - si legge nel documento - ha continuato a scontare l'esiguità e la maggiore fragilità del suo tessuto produttivo caratterizzato, da una parte da una eccessiva frammentazione del sistema imprenditoriale e dalla sua minore capacità di fare sistema, e dall'altra, dalla persistente condizione di arretratezza del suo contesto infrastrutturale e sociale che riducono il potenziale di crescita dell'area e scoraggiano l'afflusso degli investimenti».

Non voglio annoiare citando le numerose percentuali, purtroppo di segno negativo, che sono riportate dal Rapporto nelle sue 300 pagine, ricche di dati e tabelle che ne rendono immediata la comprensione. Intendo tuttavia sottolineare come gli indicatori delle regioni del Sud relativi al Prodotto interno lordo, al lavoro, ai consumi, alla ricchezza delle famiglie, ai livelli di povertà, all'istruzione, alla dotazione infrastrutturale, ai servizi della pubblica amministrazione, presentino differenze rilevanti rispetto al Centro-Nord, ponendole purtroppo al pari delle regioni più povere dell'Eurozona.

Occorre essere coscienti che l'Italia meridionale, se non sapremo approntare con urgenza interventi incisivi, rischia di diventare una sorta di zona di frontiera tra l'Europa e il Sud del mondo.

I problemi del Mezzogiorno derivano da responsabilità che, in misura diversa, gravano sulle classi dirigenti che si sono succedute nel tempo.

Eppure oggi sembra che la Questione Meridionale sia stata derubricata a tema astratto di grande fascinazione politico-culturale. Ma, come ha recentemente scritto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nella prefazione a un volume sul Meridione, «non possiamo consentirci il lusso del lasciar incancrenire quella che è rimasta la più grave incompiutezza del nostro processo nazionale unitario».

E desidero ricordare sul tema dell'utilizzo delle risorse UE al Mezzogiorno, rispetto ad alcuni aggettivi in qualche modo pesanti che sono stati utilizzati, che se la responsabilità che certamente c'è, è una responsabilità condivisa dalle autonomie locali con gli organismi centrali.

Ritengo che l' "Albero Storto dell'Italia non sia soltanto il dissesto dei conti economici, come ha icasticamente osservato il ministro Tremonti: l' "Albero Storto" dell'Italia è anche il mancato sviluppo del nostro Mezzogiorno.

Oggi più che mai questa importante area del nostro Paese non può essere trascurata o peggio abbandonata al suo destino in nome di una difficile e complessa transizione verso il federalismo fiscale che, se non adeguatamente congegnato ed applicato, rischia di compromettere la coesione nazionale, di approfondire le divisioni e di ridurre, anziché incrementare, la competitività del sistema economico.

Anche per queste ragioni, risultano improcrastinabili interventi nel Sud caratterizzati da un ampio profilo strategico. Il Governo - come ha ricordato il Rapporto - ha lodevolmente presentato nell'ottobre del 2009 il Piano per il Sud.

Come ha sottolineato il prof. Carlo Trigilia, è necessario uscire dalla logica di un «Sud episodico e incidentale».

Sono convinto - uso le parole dello studioso - che occorra «un progetto politico per il Meridione che leghi - invece di contrapporre - Governo e Regioni in un'azione efficace di riqualificazione del territorio».

È pertanto necessario rifiutare la logica delle misure parcellizzate in una miriade di interventi una tantum, a volte clientelari, parcellizzati. Piuttosto è indispensabile, anche con le poche risorse disponibili, puntare a grandi e pochi interventi di qualità ispirati in primo luogo allo sviluppo del capitale umano e delle reti, materiali ed immateriali.

Occorre uno sviluppo della dotazione infrastrutturale che consenta al Mezzogiorno, nel suo complesso, di collegarsi ai grandi snodi di comunicazione italiani ed europei attraverso nuove e più moderne infrastrutture ferroviarie, autostradali, e aeroportuali; è un settore che, secondo il Rapporto, presenta segni di crescita potenziale.

La crescita infrastrutturale del Mezzogiorno dipende in buona misura dall'efficace utilizzo del Fas, Fondo per le Aree Sottoutilizzate la cui delega è stata recentemente attribuita al Ministro Fitto, e dei fondi dell'Unione Europea, in una piena e fattiva collaborazione tra Stato e Regioni che devono garantire il loro impegno e utilizzo. Desidero sottolineare tuttavia che la questione non può essere considerata soltanto in termini di governance, che è senz'altro importante. Occorre considerare la Questione Meridionale come Questione Nazionale, perché, come ha rilevato il prof. Angelo Panebianco un'Italia divisa o meno coesa subirebbe un drastico declassamento in Europa, e il Nord ne sarebbe danneggiato, non certo avvantaggiato.

Anche la formazione e l'istruzione, secondo quanto rileva il Rapporto, sono anelli deboli del Sud d'Italia che presenta tassi di abbandono scolastico al di sopra della media nazionale. Senz'altro importanti sono state le misure intraprese contro questo fenomeno. Tuttavia la profondità delle differenze strutturali, che sono la causa del divario tra il Sud e il Nord, determina la persistenza di sperequazioni che si manifestano con particolare evidenza anche in campo scolastico. Si legge testualmente nel Rapporto: «Per gli indicatori sulle competenze degli studenti quindicenni, l'ultimo dato disponibile è quello del 2006, quando il divario fra la percentuale di studenti in difficoltà nel Mezzogiorno e la media italiana era di quasi 13 punti per la matematica e 10,6 punti per la lettura».

Mi chiedo quanto questo gap inciderà nelle scelte fondamentali della vita di questi giovani, e quale possa essere il mercato del lavoro nel quale troveranno accesso e nel quale dovranno essere competitivi. È di tutta evidenza che l'esclusione sociale, causata da un percorso scolastico precocemente interrotto, provoca un abbassamento della vita collettiva, mortifica le possibilità di sviluppo e può anche indurre a singoli comportamenti illegali o tolleranti verso la criminalità organizzata.

Altro grande problema resta il depauperamento del capitale umano a causa del quale, in questi ultimi 10 anni, 700 mila laureati meridionali hanno lasciato la propria terra per emigrare nel Centro Nord e lì dispiegare le loro capacità, contribuendo al benessere delle regioni ospitanti.

Occorre fare in modo che i giovani laureati meridionali siano messi in grado di creare ricchezza laddove è più importante il suo incremento, dando così concretezza alla speranza di una vita migliore del nostro Mezzogiorno. Tali risultati potranno essere conseguiti se innanzitutto si proseguirà sulla strada della lotta alla criminalità organizzata che è uno dei principali ostacoli allo sviluppo della società civile, dell'impresa e del lavoro. A questo fine, assume particolare importanza la promozione dell'impegno civico - a partire dall'attività associativa - che, come sostiene il sociologo americano Robert Putnam nel suo saggio "La Tradizione civica nelle Regioni d'Italia" rappresenta «un anticipatore dello sviluppo socio-economico».

Una particolare attenzione dovrà essere assicurata all'impegno volto a ridurre il divario tra il Sud e il Nord per quanto riguarda i tempi della giustizia civile e della pubblica amministrazione.

Proprio in virtù della riforma del federalismo fiscale e del dibattito sulla standardizzazione dei costi, è assolutamente indispensabile avviare con sollecitudine una riflessione che si imprima una svolta anche per la standardizzazione dei livelli dei servizi pubblici che, come ha stabilito il Trattato di Lisbona, assumono un ruolo fondamentale ai fini della coesione sociale e regionale.

E' evidente che occorre ragionare su quanto può costare il medesimo servizio al Nord come al Sud, ma non si potrà omettere una discussione altrettanto seria sulla qualità del servizio che viene offerto al Nord come al Sud

Il 2010 è l'anno dell'inclusione sociale: elaborare un piano globale per il Mezzogiorno che consenta a quest'area, il 38 per cento della popolazione italiana, di essere considerata non più come problema ma come potente risorsa del Sistema Italia, è il miglior regalo che possiamo fare al nostro Paese per celebrare degnamente il 150° anniversario della sua Unità.

Uno dei più grandi poeti e pensatori italiani, Giacomo Leopardi, scrisse nel "Discorso sopra lo stato presente del costume degli Italiani": «Sembra che il tempo del Settentrione sia venuto». Eravamo nel XIX secolo.

Oggi, nel XXI secolo, mi auguro arrivi quello del Meridione.

Dipenderà dall'impegno di tutti noi, a partire da quello delle forze migliori del nostro Mezzogiorno. Forze che, nonostante i tanti problemi, rappresentano ancora la grande maggioranza dei soggetti attivi nel nostro Sud.