Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

22/07/2010

Montecitorio, Sala del Mappamondo - Presentazione del libro di Giuliano Cazzola "C'era una volta il sindacato - Cgil, Cisl e Uil nella Prima Repubblica"

Autorità, Signore, Signori!

La Camera dei deputati è lieta di presentare il libro di Giuliano Cazzola dedicato alla vita del sindacato nei decenni passati. E' un aspetto non secondario della storia italiana che merita di essere riletto e studiato, anche alla luce delle enormi trasformazioni avvenute nel mondo dell'economia e del lavoro negli ultimi anni.

Saluto l'autore unitamente agli illustri relatori: il Ministro per la Pubblica Amministrazione e l'Innovazione, Renato Brunetta, il Presidente del Gruppo del PdL alla Camera, Fabrizio Cicchitto, il presidente della Commissione Lavoro della Camera, Silvano Moffa, il Capogruppo Pd nella stessa Commissione, Cesare Damiano, il Senatore Paolo Nerozzi, componente della Commissione Lavoro dell'Assemblea di Palazzo Madama.

La lettura del volume di Cazzola offre notevoli spunti di riflessione sul ruolo svolto dal sindacato nell'evoluzione della società italiana sotto l'aspetto dei rapporti tra le forze della politica, dell'imprenditoria e del lavoro.

Il libro si ferma al 1993, anno in cui venne siglato il patto di concertazione tra governo, organizzazioni sindacali e organizzazioni degli imprenditori. Le nuove regole della contrattazione collettiva vennero stabilite in un contesto storico caratterizzato, sul piano nazionale, da profondi cambiamenti politici e, su quello internazionale, da grandi eventi come l'adesione dell'Italia alla moneta unica europea, che imponeva, tra le altre cose, un adeguamento della dinamica salariale ai parametri della lotta all'inflazione stabilita in sede comunitaria.

Cazzola ha scelto di non soffermarsi sui processi politico-sindacali che si produssero con quell'accordo, limitandosi, nel finale del libro, ad alcuni accenni critici che offriranno sicuramente ampia materia di discussione. Dopo aver definito il protocollo del '93 una "pietra miliare della concertazione", l'autore afferma anche che rappresentò in sostanza un "tentativo di governo neocorporativo dell'economia". E credo che questa netta affermazione meriti già una riflessione.


Il cuore del libro è comunque nella ricostruzione dei mutamenti avvenuti nei rapporti sindacali in Italia nell'arco di un cinquantennio. Tornano le vicende, i problemi, gli accordi, i conflitti di decenni decisivi della storia repubblicana. Tornano soprattutto i protagonisti, che Cazzola rievoca nelle loro intuizioni e nei loro errori, nelle loro vittorie e nelle loro sconfitte, nella loro capacità di assecondare l'evoluzione della società italiana, ma anche, contemporaneamente, nei momenti di resistenza (spesso di natura ideologica) al cambiamento: dai padri del sindacalismo dell'Italia democratica, Bruno Buozzi, Giuseppe Di Vittorio, Giulio Pastore, Italo Viglianesi ai leader degli anni Sessanta e Settanta, Luciano Lama, Bruno Storti, Giorgio Benvenuto e ai protagonisti del decennio successivo e della fase che portò all'abbandono della scala mobile, Pierre Carniti, Antonio Pizzinato, Bruno Trentin, Ottaviano Del Turco e tanti altri.


Non è, quella di Cazzola, una ricostruzione fredda o asettica. E' anzi un racconto carico di passione. L'autore esprime i suoi giudizi su eventi e personaggi, ispirandosi anche alla sua testimonianza diretta, avendo ricoperto importanti incarichi in seno alla Cgil. Si definisce scherzosamente un "testimone informato dei fatti" e afferma di essere diviso dal mondo sindacale da un "rapporto di reciproco amore-odio".

Uno dei temi di fondo del libro è il complesso e sofferto rapporto tra il mondo del sindacato e quello della politica, un rapporto comune a tutte le moderne democrazie industriali, ma che in Italia ha assunto connotati particolari, e forse più esasperati che altrove, per la forte contrapposizione ideologica che ha caratterizzato il confronto politico nei primi decenni della storia repubblicana.

L'istanza di perseguire, al di là del profilo strettamente rivendicativo, obiettivi più generali di progresso collettivo si è dovuta a lungo confrontare in Italia con culture politiche che avevano come obiettivo il superamento del capitalismo e la costruzione di una società socialista.

Questa tensione è risultata particolarmente forte e lacerante nella Cgil.

Emblematico il caso del Piano del Lavoro, lanciato da Di Vittorio tra il 1949 e il 1950, che prevedeva l'appoggio del sindacato a politiche di espansione economica. "Il benessere generalizzato dei lavoratori - sosteneva in quegli anni lo storico leader della Cgil- non può che derivare da un maggior sviluppo dell'economia nazionale, da un aumento incessante della produzione, da un maggior arricchimento del Paese, oltre che da una più giusta ripartizione dei suoi prodotti".

Cazzola mette in evidenza che il Pci "non gradì del tutto quella scelta che, ad avviso del gruppo dirigente, rischiava di condurre il movimento su una deriva economicistica che peraltro non avrebbe sovvertito il sistema economico (Il Piano non si proponeva di certo la fuoriuscita dal capitalismo), mentre avrebbe distolto le masse operaie dalla lotta per il potere, quando solo la costruzione di una società socialista avrebbe assicurato l'emancipazione del lavoro". E questo è certamente un esempio della dialettica e del confronto tra i sindacati e la politica anche con comuni radici culturali.


Un altro caso significativo ricordato da Cazzola vide per protagonista la Cisl di Pastore, che lanciò l'idea di legare l'aumento della produttività al livello delle retribuzioni. Il progetto prevedeva anche lo sviluppo della contrattazione aziendale. Si trattò, come giustamente rileva l'autore, di una linea innovativa, che peraltro anticipava, già all'inizio degli anni Cinquanta, diversi temi che sono ancor oggi oggetto del dibattito politico-sindacale.

Quella posizione fu allora contrastata sia dalle associazioni imprenditoriali sia dalla Cgil che paventava il rischio di "chiusure aziendalistiche".

Pagine critiche Cazzola le dedica anche all'autunno caldo del 1969, in particolare alle sue ripercussioni sul sistema delle relazioni industriali. Per l'autore, la vittoria sindacale del 1969 "non fu vera gloria" perché favorì le dinamiche inflattive all'interno dell'economia, portò all'appiattimento delle retribuzioni e colpì la meritocrazia.


Quella stagione appare oggi assai lontana. Ben altri sono i problemi che riguardano attualmente il mondo del lavoro e il ruolo del sindacato all'interno della società moderna.

Cazzola non affronta questi profili. Ma la lettura del suo libro porta inevitabilmente a porsi il problema delle relazioni tra sindacati, politica e mondo imprenditoriale in una fase storica in cui la rappresentanza degli interessi del lavoro deve fare i conti con i nuovi sistemi di produzione.

In questo contesto sono sensibilmente aumentate le tipologie di contratti di lavoro e le nuove figure professionali. Ciò comporta un indebolimento della contrattazione a livello nazionale e richiede nuovi modelli di rappresentanza per le nuove fasce deboli della società, in particolare i giovani, che vedono le loro prospettive strette nella tenaglia tra precariato e bassi livelli retributivi. E questo sono sfide che la politica ha davanti a sé tra le più impegnative ed urgenti

Oggi la tutela collettiva degli interessi del lavoro può comunque trovare nuove opportunità e nuovi spazi di affermazione attraverso la via della contrattazione di secondo livello e una più compiuta espressione in ambito territoriale.

Tutto questo è specificamente oggetto del confronto tra le parti sociali, ma è indubbio che anche la politica possa svolgere un ruolo di rilievo nella definizione delle nuove relazioni industriali. Recitarlo attraverso una riforma del welfare che estenda le tutele a chi oggi ne è privo e che punti a garantire, non tanto il posto di lavoro, quanto il lavoratore in tutto l'arco della sua vita professionale e dei cambiamenti che la caratterizzano.

Naturalmente, di primaria importanza è anche il rilancio della competitività generale del sistema. E, mai come oggi, appare evidente la convergenza di interessi tra capitale e lavoro. Questa condivisione non poté mai emergere pienamente, durante il cinquantennio descritto da Cazzola, per la forte influenza esercitata da culture politiche ispirate al mito del conflitto di classe. Oggi lo scenario è del tutto diverso e assai più promettente, specie se si ha conoscenza delle dinamiche del recente passato. E il libro di Cazzola è al riguardo un ottimo riferimento.