Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

27/09/2010

Montecitorio, Sala della Lupa – Lectio magistralis di Jeremy Rifkin sul tema “Un secondo Rinascimento: il mondo verso la civiltà dell’empatia”

E' con vivo piacere che la Camera dei deputati ospita oggi la lectio magistralis di Jeremy Rifkin sulle grandi trasformazioni sociali prodotte dall'innovazione tecnologica e sui contemporanei rischi di dissipazione delle risorse della Terra.

Sono temi sui quali si concentra con sempre maggiore intensità l'interesse delle Istituzioni e dei cittadini nei Paesi industriali avanzati.

Rifkin non ha certo bisogno di presentazioni essendo una delle figure intellettuali di maggiore rilievo nel panorama internazionale. I suoi studi e le sue analisi spaziano dall'ambito sociologico a quello economico, dall'ambito antropologico a quello tecnologico-scientifico ed ecologico.

I suoi libri suscitano sempre un grande dibattito. E non lasciano mai indifferenti né gli esperti né il grande pubblico.

Quello che maggiormente colpisce nel suo pensiero è lo sforzo di offrire una visione unitaria dell'uomo e della sua civiltà.

E' un tratto di indubbia originalità in un'epoca, come la nostra, in cui risultano ancora diffuse le tendenze alla frammentazione, alla parcellizzazione, alla separazione fra saperi.

Se ciò che è stato definito "pensiero debole" ha contribuito meritoriamente a dissolvere le narrazioni ideologiche del passato, nondimeno, presso le scienze umane contemporanee, s'avverte sempre più forte l'esigenza di uscire dall'unidimensionalità e dalla settorialità per offrire visioni globali della vita sociale.

Ben pochi sono gli autori che oggi si cimentano nella sfida di elaborare teorie generali sulla civiltà dell'uomo. Non viviamo più nell'epoca degli Spengler, dei Toynbee, degli Huxley. Viviamo piuttosto nell'età delle statistiche, delle proiezioni e delle simulazioni. Tutti strumenti certamente preziosi per orientare le grandi scelte che riguardano la vita di tutti, ma che non ci rendono comunque più intelligibile il mondo in cui viviamo.

Rifkin invece tenta di individuare le tendenze di fondo del nostro tempo e di indicare una direzione possibile.

Ciascuno potrà avere legittimamente le più diverse opinioni sulle teorie e sulle previsioni dell'illustre studioso che tra poco ascolteremo. Ma tali teorie e previsioni ci inducono comunque a riflettere. Esse ci impongono in particolare di guardare alla nostra vita, alla vita sociale contemporanea, oltre le angustie di quello che è stato definito "presentismo" , cioè l'idea che occorra concentrarsi solo sull'oggi, sull'hic et nunc, nell'illusione che il futuro sarà più o meno la replica del presente.

Tutti sanno che non è così, ma molti vivono come se fosse così.

Ritengo sia dovere delle Istituzioni della politica riflettere sui possibili esiti dei processi in atto nella società, nell'economia, nella tecnologia. E ciò al fine di predisporre le strategie atte a guidare - e non subire - i grandi cambiamenti che s'annunciano.

Rifkin afferma che una nuova civiltà è alle porte, la civiltà dell'empatia. Ma ci avverte anche che questo passaggio epocale è minacciato dalla dissipazione delle risorse terrestri, l'entropia. Con un'immagine indubbiamente forte parla di "un rullo compressore entropico in progressiva accelerazione".

Ci stiamo dirigendo verso il mondo dell'empatia perché la società umana è arrivata a un alto grado di interconnessione grazie allo sviluppo tecnologico e per effetto della diffusione di una più ampia coscienza cosmopolitica.

Questo processo è particolarmente evidente presso i giovani che si sono formati nel primo decennio degli anni 2000. Rifkin utilizza una bella espressione, di grande forza e suggestione, "Generazione del Millennio", e afferma che si tratta della prima generazione della storia cresciuta con Internet e completamente assuefatta ai social network, allo scambio degli sms e ad altre innovazioni.

Richiamando nuove ricerche, lo studioso sostiene che la natura distribuita dell'informazione e della comunicazione tecnologica e i rapporti collaborativi che essa promuove si riflettono sempre più sulla psicologia collettiva dei giovani odierni.

E' un'immagine carica di speranza e ci fa pensare che tra venti o trent'anni, quando i ragazzi di oggi saranno nel pieno della loro età adulta, la società possa essere più libera, più aperta e con più ampie reti di collaborazione al proprio interno.

La realizzazione di tale speranza deve purtroppo fare i conti con tendenze opposte, con processi che stanno minando la coesione sociale nei Paesi industrialmente avanzati e con l'esplosione di integralismi, nazionalismi e xenofobie. Il naturale cammino verso un mondo di più diffusa libertà, di più diffusa giustizia e di più diffusa cooperazione tra uomini e popoli si scontra con pulsioni regressive ispirate dalla paura, dall'insicurezza, dall'egoismo e dalla chiusura mentale.

Non si può quindi che essere d'accordo con Rifkin quando ci avverte che viviamo in un'epoca di grandi opportunità, sconosciute alle generazioni precedenti ma, nello stesso tempo, anche di grandi rischi e di pericolose tendenze dissolutive.

Il rischio su cui l'illustre studioso richiama in modo particolare la nostra attenzione è quello del degrado ambientale. "Il riscaldamento globale -scrive Rifkin - non è altro che il costo entropico della Rivoluzione industriale Abbiamo bruciato ingenti quantitativi di carbone, petrolio e gas naturale per permetterci uno stile di vita industriale e urbano. Il CO2 che ne è derivato, cioè l'entropia, ora sta soffocando l'atmosfera, impedendo al calore di disperdersi nello spazio".

L'ammonimento sui pericoli derivanti dall'aumento della temperatura terrestre arriva ad intensità crescente dalla comunità scientifica, dai mass media, e da un vasto arco di forze sociali, culturali e politiche. Il riscaldamento globale è oggetto delle preoccupazioni di governi e organizzazioni internazionali.

Rifkin propone un cambiamento di paradigma economico-energetico e parla di una Terza Rivoluzione industriale nella quale dovrebbe affermarsi un nuovo modello di capitalismo fondato sulle energie distribuite e rinnovabili. Tale tipo di capitalismo si dovrebbe basare sulla "natura collaborativa" degli uomini e risulterebbe "motivato dal senso del bene comune" .

Come tutte le prospettive di lungo periodo, quella indicata di Rifkin non è certo priva di fascino e di suggestione. E può sicuramente stimolare un grande dibattito, non solo in ambito economico e scientifico, ma nell'ambito della più vasta opinione pubblica, vista la crucialità dei temi affrontati e vista anche la grande diffusione delle opere di Rifkin.

Il tema di un'economia eco-sostenibile è comunque da tempo entrato anche nel novero degli interessi della politica. Stiamo assistendo a un notevole cambiamento di prospettiva. La tutela dell'ambiente non appare più come un "limite" al progresso economico e tecnologico, ma piuttosto come un fattore di sviluppo e come un fattore di crescita.

L'impegno profuso, in tale direzione, sia dall'Europa sia dagli Stati Uniti ha di mira le opportunità economiche che un mercato "verde" può offrire nel presente e nel futuro. Non punta quindi solo alla salvaguardia ambientale pura e semplice ma all'economia e alla domanda di mercato, con l'elaborazione di politiche che fungano da volano pubblico per sviluppare un aumento di beni e servizi a minore impatto ambientale.

Desidero a questo punto rilevare che i suggerimenti presenti nell'opera di Rifkin sono ampi e numerosi. E vanno al di là dell'ambito economico, tecnologico ed ecologico. Proprio perché la sua idea di empatia tende a essere il criterio base per una nuova interpretazione della storia della civiltà, meritano di essere approfonditi anche i suoi giudizi sui valori fondamentali della nostra società.

In modo particolare, mi ha colpito il suo concetto non individualistico di libertà. Dice Rifkin che la "libertà non è mai una faccenda solitaria", ma un'esperienza profondamente condivisa. "Siamo veramente liberi solo quando riusciamo a fidarci l'uno dell'altro e permettiamo a noi stessi di aprirci a condividere la lotta dell'altro per la sopravvivenza".

Questo concetto di libertà è strettamente legato ai concetti di responsabilità e di condivisione, che oggi risultano fondamentali per rafforzare il legame sociale.

Se con la fine dei totalitarismi si sono affermati i valori della dignità della persona e dei diritti inviolabili dell'uomo, oggi occorre permettere alle persone di realizzare concretamente i loro obiettivi di vita attraverso la collaborazione e l'interconnessione.

Nelle società autoritarie del Novecento le persone erano costrette a "collaborare" tra loro da un potere pervasivo e onnipresente. In realtà, non di vera collaborazione si trattava, quanto piuttosto di massificazione e mobilitazione dall'alto.

Solo tra uomini autenticamente liberi è possibile la collaborazione. Solo uomini che non soffrono a causa di ingiuste costrizioni possono raggiungere grandi obiettivi comuni. E mi piace in tal senso ricordare che anche alcuni grandi esponenti del pensiero liberale insistono sul concetto di collaborazione tra uomini. August von Hayek ha definito ad esempio il capitalismo "ordine spontaneo della cooperazione umana".

Il concetto di Hayek di capitalismo è certo diverso dal concetto di "capitalismo distribuito" elaborato da Rifkin, non foss'altro perché fu concepito nel cuore della civiltà industriale del secolo scorso.

Però alla sua base vi è pur sempre l'idea che gli uomini tendono spontaneamente alla collaborazione e che occorre assecondare i processi economici senza pretendere di far scendere dall'alto soluzioni confezionate da improbabili "ingegneri sociali".

Molte altre suggestioni si ricavano dalla lettura del libro di Rifkin. Ma è ora venuto il momento di dargli la parola ascoltando direttamente da lui le sue teorie sull'avvenire della civiltà dell'uomo. Ciascuno potrà valutarle come crede. Ritengo però che, mai come in questo momento, sia necessario porsi il problema del futuro della nostra società.

E' un atto di responsabilità verso la nostra vita e verso la vita delle nuove generazioni.