Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

08/02/2011

Montecitorio, Sala della Lupa – Inaugurazione della mostra “Cesare Beccaria – La civiltà dei diritti”

Autorità, signore, signori!

Desidero iniziare questo incontro con le parole di un illustre pensatore illuminista, Pietro Verri. «Gli strazi, le torture, le atrocità furono o tolte affatto o diminuite in tutte le procedure criminali. E questa è l'opera di un libro solo».

Il libro è "Dei delitti e delle pene" del grande Cesare Beccaria, che ha fornito uno dei più alti contributi al progresso della civiltà giuridica moderna.

L'Italia di oggi deve ricordare con orgoglio quella feconda stagione della nostra cultura sforzandosi sempre di valorizzarne l'eredità morale e spirituale, sia attraverso la promozione costante, in sede nazionale e internazionale, del principio della dignità della persona sia attraverso alti momenti di rievocazione storica.

La Camera dei deputati è onorata di ospitare l'importante mostra dal titolo "Cesare Beccaria - La civiltà dei diritti", che presenta documenti di rilevante valore storico e culturale sull'opera del grande illuminista, documenti mai finora esposti in una rassegna pubblica. Questo prezioso materiale proviene dalla Veneranda Biblioteca Ambrosiana. Ringrazio, doverosamente e sentitamente, il prefetto di questa storica istituzione, monsignor Franco Buzzi, per la sensibilità e la disponibilità offerte.

Saluto cordialmente monsignor Buzzi unitamente agli altri illustri oratori: l'On. Pietro Folena, presidente dell'Associazione "Metamorfosi" che valorizza il patrimonio artistico e storico della Biblioteca Ambrosiana, il professor Giovanni Francioni, filosofo dell' Università di Pavia e direttore dell'Edizione Nazionale delle Opere di Beccaria. Nel programma era previsto anche l'intervento di Vladimiro Zagrebelsky, magistrato e giurista, che dal 2001 al 2010 è stato giudice alla Corte europea dei diritti dell'uomo. L'influenza non gli consente di essere oggi tra noi. Il dottor Zagrebelsky ci ha però inviato il testo del suo intervento, che verrà gentilmente letto da Giovanni Tamburino, presidente del Tribunale di Sorveglianza di Roma. Ringrazio il dottor Tamburino per la sua cortese disponibilità.

Rievocare la figura e l'opera di Beccaria vuol dire risalire alle origini storiche di una nobile vocazione dell'Italia, quella che conduce le Istituzioni e la società civile del nostro Paese ad essere all'avanguardia nella campagna internazionale contro la pena di morte e contro le discriminazioni, le ingiuste detenzioni, le torture ancora perpetrate in molte parti della Terra.

"Dei delitti e delle pene" produsse, già qualche anno dopo la sua pubblicazione, un evento politico che il nostro Paese ricorda con legittimo orgoglio. Il primo Stato nel mondo ad abolire la pena capitale fu uno Stato italiano: il Granducato di Toscana, nel 1786. Il granduca Pietro Leopoldo aveva tratto ispirazione dalle idee e dalle teorie di Beccaria.

La straordinaria e immediata circolazione in Europa del libro contribuì in modo rilevante a far sì che tanti altri sovrani illuminati avviassero un processo di rinnovamento della giustizia e del sistema penale nel senso dell'umanizzazione e della razionalità. Ancora alla fine del XVIII secolo, gli Stati del Continente praticavano infatti la tortura, la mutilazione ed altre crudeltà che mortificavano la persona umana.

La mostra documenta in modo ampio e approfondito il grande influsso esercitato dall'insigne pensatore italiano sulla cultura e sui governanti dell'Europa del Settecento.

L'eredità ideale di Beccaria non cessa di essere vitale e feconda anche nell'Italia e nell'Europa di oggi. In tal senso, è doveroso ricordare che il nostro Paese ha ottenuto un alto e lusinghiero risultato con la moratoria universale delle esecuzioni capitali approvata dall'Assemblea Generale dell'ONU nel dicembre del 2007. Quella storica dichiarazione è venuta grazie a una decisa iniziativa delle Istituzioni italiane e da una vasta campagna internazionale promossa con convinzione dalle politiche sociali del nostro Paese.

Approvando la moratoria, l'organismo più rappresentativo delle Nazioni Unite ha anche indicato la prospettiva della completa abolizione della pena capitale, sottolineando espressamente che il ricorso allo strumento della pena di morte mina, in radice, la dignità umana.

Questo ed altri incoraggianti risultati devono essere da sprone per accrescere l'opera di sensibilizzazione verso quei Paesi che ancora prevedono e applicano la pena capitale. Il numero complessivo delle esecuzioni rimane drammaticamente alto e dobbiamo purtroppo, con senso di realismo, riconoscere che la battaglia per estendere in tutto il mondo il divieto al ricorso della pena di morte sarà una battaglia ancora lunga e impegnativa. Ma l'Italia deve continuare sostenerla con determinazione, nella consapevolezza che non c'è impresa più nobile e più bella che costruire un mondo in cui siano ovunque banditi istituti che mortificano la dignità della persona.

Tornando a Beccaria, il fatto di aver condotto la cultura dell'illuminismo ad applicare i grandi princìpi della ragione e dell'emancipazione dell'uomo al sistema della giustizia e delle pene rappresenta un merito storico inestimabile. Il varco spirituale e culturale aperto nella società del '700 da "Dei delitti e delle pene" ha avviato un imponente processo storico-politico contribuendo a diffondere quella civiltà dei diritti che è posta a fondamento della cultura e della politica dell'Europa odierna .

In tal senso, è importante ribadire che la particolare attenzione della nostra società per i princìpi della dignità della persona e per l'umanità del sistema penale, non recepisce solo l'eredità dell'illuminismo giuridico ma trae anche alimento antico e profondo dalla cultura cristiana.

Dobbiamo comunque scorgere la modernità e l'attualità di Beccaria anche in altri elementi, come ad esempio nell'idea che la giustizia «è un'istituzione per garantire l'efficienza di uno Stato fondato sull'imperio della legge».

Il grande giurista attribuiva centralità, accanto all'umanità e congruità, anche alla certezza della pena.

Questo significa che un moderno sistema penale, giudiziario e penitenziale raggiunge il suo scopo fondamentale di assicurare la giustizia e tutelare la sicurezza dei cittadini quando vengono contemporaneamente garantite la effettività della pena e l'efficace rieducazione del condannato.

E qui dobbiamo purtroppo rilevare le difficoltà incontrate dal nostro Paese nell'attuare questi due fondamentali princìpi.

Dove l'odierna realtà italiana stride in modo particolare con i princìpi sostenuti da Beccaria è nella condizione carceraria.

I mali del settore - denunciati in primo luogo dai rappresentanti dell'Amministrazione penitenziaria - sono principalmente il sovraffollamento e la vetustà degli edifici. La coabitazione forzata di numerose persone in ambienti spesso degradati non può certo favorire un processo di recupero dei detenuti alla vita civile, in adempimento dell'istanza rieducativa fissata dalla Costituzione all'art. 27.

Appartenere alla Patria di Beccaria ci deve quindi spingere a non perdere mai la consapevolezza che il livello di civiltà di un Paese si misura anche dalla sua capacità di recuperare alla vita sociale chi, commettendo un reato, ha violato le regole fondamentali della convivenza civile.

Un elemento che desidero infine sottolineare è che la rievocazione di Beccaria e della stagione intellettuale de "Il Caffè" acquista un ulteriore e importante significato nel Centocinquantenario dell'unità nazionale, ancorché quell'esperienza preceda di quasi un secolo la nascita dello Stato unitario.

E' bene infatti ricordare che fu proprio la stagione dell'illuminismo italiano a creare le premesse culturali e ideali per la diffusione della coscienza nazionale e per l'avvio del movimento risorgimentale.

Una continuità che, nel caso di Beccaria, è anche familiare, poiché il grande illuminista era il nonno materno di Alessandro Manzoni, sommo interprete della letteratura nel Risorgimento.

Il patrimonio etico e culturale che viene dall'illuminismo giuridico deve impegnare il nostro Paese a continuare anche oggi con determinazione e convinzione la sua azione di sostegno dei diritti umani e di promozione della dignità della persona.

Attorno a questi princìpi si può edificare quel mondo nuovo, più giusto e più umano, che uomini come Beccaria seppero indicare, oltre due secoli fa, come uno degli ideali più alti della civiltà europea.