Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

18/02/2011

Montecitorio, Sala Aldo Moro - Convegno su "1861, il primo Parlamento dell'Italia unita"

Autorità, signore, signori!

Il 18 febbraio 1861, con il discorso inaugurale della Corona, entrava formalmente in funzione il primo Parlamento nazionale che avrebbe, di lì a poco, proclamato l'Unità d'Italia.

Oggi la Camera dei deputati rievoca quella importante pagina di storia italiana, e lo fa nel quadro delle celebrazioni per il Centocinquantenario dell'unificazione politica del Paese, con l'intento di evidenziare, nell'identità storica della Nazione, la centralità dell'Istituzione parlamentare.

Saluto e ringrazio gli illustri relatori: la professoressa Ester Capuzzo, docente di Storia contemporanea all'Università La Sapienza di Roma, il professor Carlo Ghisalberti, storico delle istituzioni e professore emerito presso lo stesso Ateneo, il Sen. Carlo Scognamiglio Pasini, già Presidente dell'Assemblea di Palazzo Madama e docente di Economia applicata all'Università LUISS Guido Carli di Roma, il professor Lucio Villari, docente di Storia contemporanea all'Università Roma Tre.

Quel Parlamento di 150 anni fa mantiene ancora oggi forti significati simbolici, storici e civili.

Simbolici perché la nascita della Nazione -intesa naturalmente in senso politico, non culturale - si palesò proprio in quell'Assemblea, dove erano riuniti, per la prima volta nella nostra storia, i rappresentanti di tutte le genti italiane della Penisola, escluse ovviamente quelle non ancora comprese nello Stato unitario.

Storici perché l'essenza del nuovo Stato si precisò nelle Istituzioni rappresentative e nel loro essere presidio dei diritti e delle libertà.

Civili perché, proprio allora, prese avvio un processo che avrebbe portato all'estensione completa dei diritti democratici, a partire dal diritto di voto.

Va infatti ricordato che, secondo l'ordinamento del tempo, solo a una ristretta minoranza della popolazione era concessa la facoltà di eleggere i propri rappresentanti in Parlamento.

Fu un cammino lungo, che si snodò per diversi decenni e che conobbe una fase di arresto durante la stagione del fascismo. L'approdo fu la rinascita democratica dell'Italia sancita dalla Costituzione repubblicana del 1948.

Da allora il Parlamento rappresenta la casa comune di tutti gli italiani e uno dei più alti fattori di identificazione dei cittadini con le Istituzioni.

Le idealità democratiche e liberali che percorrono la nostra storia unitaria vanno riaffermate perché rappresentano ancora oggi una costante garanzia di libertà.

Il Centocinquantenario dell'unità italiana deve essere in tal senso l'occasione per rafforzare la consapevolezza comune che la democrazia liberale, proprio perché frutto di una conquista lunga e sofferta, richiede sempre di essere sostenuta dall'impegno convinto e dalla coscienza vigile dei cittadini.

L'odierna Nazione repubblicana è certo diversa da quella affermata nel 1861 dai padri dello Stato unitario. L'allargamento dei diritti sociali, la tutela del lavoro e l'elevazione delle condizioni di vita dei ceti meno abbienti sono stati posti dalla Costituzione al centro di una rinnovata identità nazionale.

Ma consistenti fermenti democratici erano già presenti in quel primo Parlamento del 1861, come testimoniato nelle discussioni che accompagnarono l'approvazione del progetto di legge sull'assunzione del titolo di Re d'Italia da parte di Vittorio Emanuele II.

La componente democratica si batteva per riconoscere con decisione l'esistenza di una realtà nuova, basata sulla fusione nel nuovo Stato delle entità statali preesistenti e suggellata dai plebisciti svolti a suffragio universale.

A prevalere fu la linea moderata, d'ispirazione cavouriana, secondo cui le Istituzioni del nascente Regno d'Italia dovevano muoversi nella continuità con l'ordinamento previgente del Regno di Sardegna.

A ben guardare, quella differenza di vedute traeva origine da due diversi modi -entrambi necessari - di concepire la concreta costruzione della libertà. Per gli uni, libertà significava, principalmente, dar voce al popolo. Per gli altri, che oggi chiameremmo moderati, la libertà stessa si sostanziava, secondo una rigorosa impostazione liberale, in primo luogo nella tutela delle prerogative parlamentari da ogni possibile arbitrio da parte del governo e nella possibilità, per i gruppi organizzati, della rappresentanza e del confronto politico nella sede istituzionale .

E' ovviamente compito degli studiosi approfondire i profili storici e giuridici di quell'importante dibattito all'alba dell'Italia unita.

E' però interessante sottolineare che il processo di progressivo allargamento della democrazia fu reso possibile dal carattere flessibile dello Statuto Albertino, a cui si riconoscevano ampie potenzialità evolutive. Era la tesi lucidamente espressa da Cavour fin dal suo articolo su "Lo Statuto di Carlo Alberto e i partiti avanzati" del 10 marzo 1848, destinato a connotare la cultura parlamentare della prima fase dello Stato unitario.

La fecondità di questa cultura politica e istituzionale fu sottolineata, molti decenni dopo e in un'altra cruciale temperie storica, da Vittorio Emanuele Orlando in occasione della seduta inaugurale dell'Assemblea Costituente. Nel discorso tenuto in qualità di presidente provvisorio, rilevò che l'ordinamento del 1848 - cito testualmente - "aveva dimostrato una flessibilità e una capacità di progresso veramente prodigiose". E tutto questo dopo aver rivolto il suo "fervido augurio a un'Assemblea nella quale -cito sempre testualmente - il popolo italiano, per la prima volta nella sua storia, si può dire rappresentato nella sua totalità perfetta, senza distinzione né di sesso, né di classi, né di regioni, né di genti".

Lo statista che aveva guidato il Paese nell'ultimo, vittorioso anno della Prima guerra mondiale volle rappresentare, con queste parole, l'ideale consegna del testimone dell'Italia liberale e risorgimentale, nata nel 1861, all'Italia democratica e repubblicana, nata nel 1946.

Un'altra feconda eredità della prima rappresentanza parlamentare dell'Italia unita consiste nella sua concretezza politica unita a un alto senso dello Stato e della Nazione.

Il liberalismo moderato che caratterizzava la classe dirigente del Risorgimento voleva dire, prima di tutto, efficace prassi di governo, profonda cultura delle regole, alta efficienza burocratica, infaticabile azione riformatrice, costruttiva dialettica parlamentare.

Quei deputati -pur nell'esiguità della base elettorale che li aveva designati - rappresentavano il bisogno di libertà e modernità di una Nazione diventata finalmente protagonista del proprio destino.

In quell'assemblea c'erano, tra gli altri, anche personaggi di grande carisma. Pensiamo a Giuseppe Garibaldi e a Giuseppe Verdi, che sintetizzavano meglio di altri, nella coscienza popolare, il fervore dei valori patriottici e la voglia di partecipazione attiva alle sorti dell'Italia.

Una nobile testimonianza su cui desidero in conclusione soffermarmi è quella di Aurelio Saffi, triunviro della Repubblica Romana con Mazzini e Armellini. L'unificazione dell'Italia ad opera della dinastia sabauda strideva con i suoi ideali repubblicani e democratici. Eppure Saffi volle essere comunque presente nelle prime due legislature della Camera dei deputati del Regno d'Italia (che poi erano nominate VIII e IX in base allo Statuto Albertino). Fu eletto e prestò giuramento. Fu egualmente eletto anche nelle due legislature successive, ma, essendosi rifiutato di giurare, non assunse l'ufficio.

Motivando in una lettera l'assunzione dell'incarico parlamentare nei primi anni del Regno d'Italia, affermò che in quei "tempi era debito di ogni italiano subordinare le proprie opinioni politiche alla suprema questione dell'esistenza nazionale".

E' una lezione di italianità e di spirito pubblico che si impone anche oggi alla nostra attenzione e che indica il superiore interesse della Nazione come il grande valore che deve essere condiviso dai vari soggetti della dialettica politica.

Il primo Parlamento d'Italia si dimostrò dunque in grado di attrarre le migliori energie del Paese e di porsi, fin da subito, come fattore di coesione e di unità, perché,

grazie all'impegno e alla testimonianza dei primi deputati dell'Italia unita, le diverse culture politiche si accreditavano e si nobilitavano a vicenda, a vantaggio del Parlamento e del Paese.

E, fra i vari insegnamenti che possiamo trarre dall'odierna ricorrenza, questo mi pare particolarmente attuale, perché ribadisce l'importanza di mantenere alta l'autorità dell'Istituzione parlamentare, come presidio dei diritti e delle libertà che rappresentano, dal Risorgimento alla Repubblica, il patrimonio più prezioso della nostra comunità nazionale.