Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe

INIZIO CONTENUTO

Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

04/03/2011

Aula di Montecitorio - Sessione di apertura della Assemblea Parlamentare dell'Unione per il Mediterraneo

Onorevoli Colleghi,

è per me motivo di grande soddisfazione aprire, anche a nome del Presidente del Senato, Renato Schifani - che vi indirizzerà successivamente il suo saluto - i lavori dell'Assemblea parlamentare dell'Unione per il Mediterraneo, nell'Aula in cui si riunisce la Camera dei deputati e, nei casi previsti dalla Costituzione della Repubblica, il Parlamento italiano in seduta comune.

Questa sessione conclude il turno annuale di presidenza che il Parlamento italiano ha esercitato dalla precedente sessione di Amman ad oggi, tenendo quattro riunioni del Bureau - la prima nella città di Palermo e le altre a Roma - ed impegnandosi per favorire la più intensa attività delle Commissioni e dei Gruppi di lavoro e per realizzare il loro costante raccordo con il versante intergovernativo dell'Unione per il Mediterraneo.

In tal modo, la Presidenza italiana ha inteso sottolineare il preminente ruolo politico-istituzionale che spetta all'Assemblea parlamentare dell'UpM garantendo che la sua voce fosse autorevolmente ascoltata.

Nell'anno trascorso, infatti, il Bureau ha dapprima stigmatizzato che non si sia svolto il vertice che avrebbe dovuto celebrare il quindicesimo anniversario della Dichiarazione di Barcellona ed ha quindi, sin dalle prime manifestazioni tunisine, espresso solidarietà alle legittime aspirazioni dei popoli mediterranei, richiamando le responsabilità dell'UpM.

Oggi la folta partecipazione dei colleghi parlamentari di entrambe le sponde del Mediterraneo testimonia la grande attenzione di tutti i Paesi membri per quel che accade nella regione. Evidenzia altresì la bontà dell'intuizione politica dell'istituzione di quest'Assemblea, che fu deliberata su proposta dell'Italia nella Conferenza di Napoli del dicembre 2003, a conclusione dell'ultimo semestre di presidenza italiano.

Il nostro primo pensiero - prima ancora di svolgere qualsiasi considerazione politica - deve andare al popolo libico che sta pagando un così elevato tributo di sangue - inconcepibile nel XXI secolo - per conquistare la sua libertà e per uscire da una dittatura personale ormai ridotta alla violenza più bestiale e già condannata dall'ONU come autrice di crimini contro l'umanità.

Desidero rendere noto a tutti voi che nei giorni scorsi, anche in relazione alle mie funzioni di copresidente di questa Assemblea, mi sono rivolto al Presidente del Parlamento libico perché cessasse la repressione e si aprisse il dialogo. Come era purtroppo scontato, non ho ricevuto alcuna risposta. Allo stesso interlocutore avevo in passato prospettato, senza alcun esito, l'eventualità di concordare forme di collaborazione interparlamentare, ferma restando la volontà di Tripoli di non aderire all'UpM.

I movimenti politici che stanno cambiando i contorni della società mediterranea - del tutto inimmaginabili sino a qualche settimana fa - confermano la validità dei valori su cui si è fondato il Partenariato euromediterraneo, al di là delle sue insoddisfacenti realizzazioni pratiche, da ultimo comprovate dalle dimissioni del primo Segretario generale dell'UpM.

Mi riferisco innanzitutto alla portata universale della concezione della dignità dell'uomo e dello sviluppo della sua personalità nella libertà e nella democrazia: valori che non sono appannaggio di una sola civiltà e cultura, ma rimandano alla natura umana in quanto tale e sono pertanto validi ad ogni latitudine del pianeta.

In secondo luogo, abbiamo avuto la prova della stretta interrelazione tra le due sponde del bacino mediterraneo, in cui storia e geografia hanno modellato una comunità di destini che dobbiamo orientare al progresso collettivo. Quel che accade a Tunisi, al Cairo, a Tripoli è non solo percepito, ma vissuto in Europa, come parte del nostro presente e del nostro futuro, e viceversa.

Infine, se è vero come è vero che la Dichiarazione di Barcellona è ben lungi dall'aver conseguito i suoi ambiziosi obiettivi in termini di sicurezza internazionale e di area di libero scambio, è innegabile che il terzo volet del partenariato, quello sociale, culturale ed umano, ha invece registrato significativi risultati.

Enti locali, università, organizzazioni non governative, organismi economici e sociali, reti imprenditoriali e sindacali, forum della società civile hanno negli ultimi quindici anni contribuito a tessere una fitta rete di relazioni tra le due sponde mediterranee che ha oltrepassato la rigida sfera dei rapporti intergovernativi. La nostra stessa Assemblea fa parte di questo processo ed infatti si è sempre aperta a tutte le istanze sociali e culturali, cercando di dare un esempio di pluralismo.

Ebbene, ho l'impressione che questa nuova realtà pluralistica non sia del tutto estranea, anche in virtù della moltiplicazione tecnologica delle modalità di comunicazione, alla diffusione, soprattutto tra i giovani, della domanda di libertà, autentica democrazia e migliori condizioni di vita.

Credo, perciò, che nel nuovo scenario che si delinea la nostra Assemblea potrà accrescere la sua importanza, non solo come sede privilegiata di dialogo e di confronto, ma anche come centro di elaborazione politica comune.

Questa Assemblea, infatti, richiama tutti gli Stati dell'UpM al valore supremo della sovranità popolare, per cui soltanto dal consenso dei cittadini deriva la legittimazione dei governi. Si tratta di un valore non negoziabile, in quanto non è ammissibile il ricorso a nessun mezzo coercitivo per bloccare o coartare la volontà popolare. E non sembrino parole rivolte soltanto ad una parte di noi, perché siamo ben consapevoli che la coercizione della democrazia può anche avere modi meno evidenti, ma non meno fuorvianti.

Per l'una come per l'altra sponda del Mediterraneo, il rafforzamento delle istituzioni parlamentari resta il più saldo ancoraggio democratico, tanto più quanto esse siano emanazione diretta e trasparente della sovranità popolare. La democrazia non si esaurisce infatti in un meccanismo istituzionale né nella pratica elettorale, ma vive dell'esercizio quotidiano della cittadinanza, dei diritti fondamentali e delle libertà civili, a cominciare dalla libertà di pensiero e di professione religiosa. Valori che nella rappresentanza politica pluralistica trovano la loro più alta garanzia.

Penso che la nostra Assemblea possa essere molto utile nel definire un paradigma di sviluppo per il bacino mediterraneo in cui la crescita civile si intrecci con la crescita economica, favorendo la redistribuzione del reddito e contrastando la corruzione che accentra la ricchezza in poche mani.

I temi che abbiamo scelto per i lavori di questa sessione plenaria vanno in tale direzione, dalla gestione dei flussi migratori alla protezione dell'ambiente ed agli strumenti finanziari per lo sviluppo.

Ringrazio, a questo proposito, i relatori che prenderanno via via la parola ed in modo particolare il presidente della Banca europea per gli investimenti, Philippe Maystadt, che ascolteremo a conclusione degli interventi introduttivi. Ci attendiamo dalla BEI la definizione di un "contratto di sviluppo" per il Mediterraneo, che crei in ciascun paese opportunità di lavoro qualificato, diversificazione produttiva, vocazione imprenditoriale.

Confido, quindi, che da questa sessione possa prendere le mosse una nuova fase della vita della nostra Assemblea, capace di interpretare le richieste di cambiamento che vengono dalla società mediterranea. Richieste che forse non abbiamo saputo sino ad ora prevedere con la necessaria lungimiranza, ma che a questo punto non possiamo più ignorare.

Una certa dose di ottimismo mi viene da una duplice considerazione. Da un lato, la risposta dell'Unione europea mi sembra sia stata priva di ogni velleità di ingerenza ed anzi ispirata esclusivamente da una volontà di cooperazione costruttiva e consapevole. Il presidente del Consiglio europeo Van Rompuy ha convocato un vertice straordinario che avrà luogo a Bruxelles venerdì prossimo, dopo che l'Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza aveva istituito una task force. Il nostro auspicio - su cui certamente il Ministro Frattini si soffermerà - è che sia lanciato un Piano Marshall per i paesi della sponda sud.

Inoltre, i movimenti delle masse, che pure legittimamente rivendicano la dignità di ciascun popolo, non sembrano agitare i vecchi fantasmi del nazionalismo e del settarismo, né le più recenti ossessioni religiose dello scontro tra civiltà. La posizione assunta dagli Stati Uniti d'America con la presidenza Obama, simboleggiata dal discorso all'Università Al-Azhar del Cairo, ha senz'altro contribuito a migliorare i rapporti tra mondo islamico e mondo occidentale, con l'auspicabile messa ai margini del ricatto fondamentalista.

Sempre più isolata appare infatti la leadership iraniana che non potrà a lungo persistere nella stridente contraddizione tra lo strumentale sostegno alle proteste nelle capitali arabe e la sanguinaria repressione delle manifestazioni di piazza a Teheran, con la condanna dei capi dell'opposizione come eretici e nemici dello stato.

C'è una cartina al tornasole di cui non possiamo omettere di sottolineare fin d'ora l'importanza, ed è l'atteggiamento nei confronti dello Stato di Israele. Sappiamo bene quanto abbia pesato negativamente sullo stallo del partenariato euromediterraneo il mancato avanzamento del processo di pace. Ma sappiamo altrettanto bene quanto sia necessario alle due parti in conflitto l'appoggio sincero e disinteressato delle organizzazioni multilaterali - come ad esempio la Lega Araba il cui impegno è sempre stato particolarmente significativo - e di tutti i Paesi della regione.

E' assolutamente imprescindibile per ogni sviluppo della cooperazione euromediterranea che Israele possa continuare a godere delle garanzie dei trattati stipulati e possa anzi aspirare a stipularne di nuovi. E' tuttavia al tempo stesso indispensabile che Israele a sua volta prenda atto dei mutamenti in corso e rilanci la carta dei negoziati di pace nei confronti sia dei palestinesi sia dei libanesi e dei siriani.

Un'occasione storica è davanti a noi. Abbiamo la possibilità di corrispondere alle aspettative dei nostri popoli, in particolare dei nostri giovani, che vogliono essere uomini tra gli uomini, cittadini tra i cittadini, credenti tra i credenti: abitanti di una casa comune euromediterranea in cui i confini non siano né barriere né fratture, in cui sia possibile convivere rispettando le proprie tradizioni, ma anche costruendo insieme qualcosa di nuovo e di comune attraverso la diffusione del pluralismo e della democrazia.

Per raccogliere questa sfida, occorre un salto di qualità dell'Unione per il Mediterraneo che sono sicuro la nostra Assemblea vorrà e saprà promuovere. Possiamo e dobbiamo elaborare uno "statuto più avanzato" nelle relazioni tra l'Unione europea e i Paesi partner dell'UpM; occorre andare oltre gli accordi di associazione già sottoscritti ed i piani d'azione già avviati nel quadro della politica di vicinato.

L'Unione per il Mediterraneo deve diventare come un cerchio più largo dell'Unione Europea, non un mero ufficio-progetti in cui la tecnica si distacca dalla politica, ma una dimensione comunitaria in cui si promuove un partenariato globale anche in virtù dell'accresciuto ruolo dell'Assemblea parlamentare. In tal modo, sulla base di un nuovo patto tra le sue due sponde, il Mediterraneo potrà cessare di essere sfogo di un'antica conflittualità e trovare in se stesso la forza di contribuire alla stabilità mondiale grazie all'energia dalle sue giovani generazioni, una volta messe nelle condizioni di sfruttare il loro talento.

L'ansia di rinnovamento che viene dal Mediterraneo ha suggerito raffronti e paragoni con altre stagioni storiche a partire dal crollo del Muro di Berlino e dalla fine dei regimi comunisti. A me piace sottolineare la concomitanza con la ricorrenza del centocinquantesimo anniversario dell'unità nazionale italiana, che ebbe la sua anticipazione nella primavera dei popoli europei del 1848. Oggi come allora, è attuale il monito che il grande patriota Giuseppe Mazzini indirizzava agli italiani del suo tempo: "In qualunque terra voi siate, dovunque un uomo combatte pel diritto, pel giusto, pel vero, ivi è un vostro fratello; dovunque un uomo soffre, tormentato dall'errore, dall'ingiustizia, dalla tirannide, ivi è un vostro fratello".