Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

23/05/2011

Montecitorio, Sala della Lupa - Presentazione della relazione annuale dell'Istat

Autorità, Signore e Signori!

la Camera dei deputati è lieta di ospitare, per il terzo anno consecutivo, la presentazione del Rapporto ISTAT, che costituisce sempre un'autorevole occasione per fare il punto sull'andamento dell'economia e della società italiana in un momento particolarmente delicato per tutte le economie globalizzate.

Mi sia consentito, in primo luogo, sottolineare l'impegno profuso dall'ISTAT nello svolgere al meglio le sue funzioni istituzionali, a dimostrazione che la disponibilità di dati statistici accurati e costantemente aggiornati rappresenta il presupposto imprescindibile per ogni Paese che voglia avere piena consapevolezza del suo stato e delle tendenze in atto.

Al riguardo, non è casuale che le istituzioni europee negli ultimi anni abbiano costantemente insistito sulla necessità di rafforzare i requisiti dell'affidabilità, dell'indipendenza e dell'autorevolezza degli istituti di statistica, a tal punto che presto sarà adottata, a livello comunitario, un'apposita disciplina legislativa nell'ambito di un nuovo sistema di governance economica.

Sulla scia di tale indirizzo, il Rapporto dell'ISTAT, "Noi Italia", ci offre oggi un quadro oggettivo ed articolato, che ci fa capire come, per governare un sistema complesso qual è l'Italia e per affrontare e risolvere i suoi problemi strutturali, non siano di aiuto né banalizzazioni nè semplificazioni eccessive.

Si deve infatti evitare di innescare nell'opinione pubblica reazioni emotive e di alimentare aspettative inevitabilmente destinate ad essere frustrate; al contrario, è sempre più urgente elaborare, sulla base di conoscenze neutre e puntuali, strategie ed interventi di riforma modellati in modo tale da rispondere pienamente, e nel tempo, agli interessi generali della collettività.

A tale proposito, dalla lettura degli indicatori elaborati dall'ISTAT, colpiscono, in particolare, i dati che si riferiscono agli andamenti demografici e all'invecchiamento della popolazione.

Costituisce ormai una costante degli ultimi decenni la riduzione della quota di popolazione in età giovanile e ciò è dovuto, per un verso, ad un fattore positivo qual è la crescita della durata media della vita per i progressi compiuti nel campo socio-sanitario e, per l'altro verso, ad un dato negativo qual è il ridotto tasso di natalità, molto al di sotto del cosiddetto "livello di sostituzione".

L'indice di vecchiaia del nostro Paese, all'incirca una volta e mezzo quello dell'Unione Europea, è, dunque, un evidente ostacolo alla capacità di rinnovamento e alle spinte dinamiche che pure sono presenti all'interno della nostra società.

I giovani italiani versano da troppi anni in una condizione di crescente difficoltà nella realizzazione personale e nella capacità di rendersi autonomi economicamente e socialmente, ciò determina una sorta di stallo esistenziale in cui loro stessi prolungano l'età adolescenziale ben oltre i limiti accettabili.

Assai preoccupanti, specie se li confrontiamo con quelli degli altri paesi europei, sono i dati relativi alla quota di giovani (pari al 19,2%) che, con riferimento all'anno 2009, hanno interrotto prematuramente gli studi.

Questo dato evidenzia, inoltre, un aumento fortemente differenziato tra le diverse aree del Paese, essendo soprattutto elevato il tasso di abbandono nelle regioni del Mezzogiorno (il 23% dei giovani meridionali non proseguono gli studi contro il 16,5% dei coetanei del Centro-Nord).

In tal modo, s'innesca una spirale negativa per cui le possibilità d'impiego dei giovani nel Sud risultano ridotte, oltre che per la fragilità del tessuto produttivo di questa parte del Paese, anche per le minori competenze di chi aspira ad una occupazione.

Difficoltà di analogo tenore, se non addirittura accentuate, si registrano per quanto concerne il ritardo del nostro Paese relativamente alla percentuale dei giovani (solo il 19,0%) che conseguono un titolo di studio universitario.

Colpisce che mentre quasi la metà dei paesi dell'Unione Europea ha già raggiunto il target fissato nella strategia "Europa2020" (target rappresentato dal 40% dei laureati), in Italia, i giovani sembrano aver maturato una crescente sfiducia nell'istruzione secondaria superiore e nella formazione universitaria, quali strumenti che contribuiscono al raggiungimento di una piena realizzazione professionale.

Mi limito a citare questi pochi, ma significativi, dati per sottolineare che se i giovani non investono più nel proprio futuro, ma attendono passivamente che qualcuno risolva la loro condizione di inattività, si crea un cortocircuito permanente nel rapporto "istruzione-lavoro" da cui, nel medio periodo, discenderanno squilibri non solo per la "tenuta" del nostro sistema pensionistico che ha bisogno di nuova linfa lavorativa per garantire adeguati standard di prestazioni, ma soprattutto per le prospettive del nostro sistema produttivo e tecnologico che già sconta la mancanza di sufficienti investimenti finanziari in settori strategici, quali la ricerca, l'innovazione, la conoscenza.

In questo quadro, purtroppo, continuano a pesare i nostri ritardi storici rappresentati soprattutto dall'incapacità di selezionare adeguatamente, nel rigoroso rispetto dei vincoli di bilancio, gli interventi pubblici da destinare alla soluzione di quei nodi strutturali che impediscono di raggiungere una crescita più consistente ed equilibrata nell'interesse delle future generazioni.

Dispiace constatare come il Sistema Paese non riesca ancora a compiere uno sforzo risolutivo per dare concretezza al concetto di "sviluppo sostenibile", inteso quale complesso di risorse economiche, sociali ed ambientali che ogni generazione trasferisce a quelle successive.

Non è questa la sede per indicare quali nodi strutturali debbano essere sciolti e tramite quali riforme farlo, ma è certo che la conoscenza dei dati fattuali e delle tendenze in atto - puntualmente garantita dall'Istat - è uno strumento essenziale per il legislatore.

Grazie.